Berlusconi ai servizi sociali

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Berlusconi ai servizi sociali
VENERDÌ 11 APRILE 2014 ANNO 139 - N. 86
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Tempi
mp
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liberii
Oggi
Il weekend si fa in due
e
di Martina Pennisi
Su Io Donna
In video senza veli:
la scelta di Giorgia
Domani
Samantha Cristoforetti,
Senso del possesso,
prima astronauta italiana il demone che unisce
«Lo spazio? Un camping» uomini e animali
Domani il magazine
in edicola con il Corriere
di Matteo Persivale
Esclusa la detenzione domiciliare, passo verso l'agibilità politica. Decisione prevista per martedì
DIECI ANNI DOPO
COME UN SECOLO
«Berlusconi ai servizi sociali»
di ANGELO PANEBIANCO
La Procura dice sì alla difesa. Sollievo dell’ex premier
delle azioni di quei Papi e,
per conseguenza, della
Chiesa nel suo insieme.
Papa Francesco ha fatto
altre scelte. Non ha certo
abbandonato la difesa di
principio della famiglia
naturale (solo gli sciocchi
potrebbero pensarlo) ma
ha chiarito, fin dai primi
discorsi che inaugurarono
il suo Pontificato, che non
su quei temi avrebbe caratterizzato la sua azione.
Alla inflessibilità e alla
energia — c’è chi le dice
genuinamente evangeliche e chi le dice, forse più
grossolanamente, latinoamericane — sui temi della
ingiustizia sociale, non
corrisponde una uguale
energia spesa nel confronto/scontro su altri argomenti: in particolare,
contro chi sostiene e incoraggia i cambiamenti, dovuti a una combinazione
di innovazioni tecnologiche e di mutamenti del
costume, che investono la
famiglia (e le concezioni
della famiglia) nel mondo
occidentale, Italia inclusa.
È probabile che molti
prelati, che avrebbero forse levato le loro voci con
durezza qualche anno fa,
oggi tacciano perché non
è ancora a tutti chiaro
quali direzioni sceglierà
e, soprattutto, in quale
modo deciderà di confrontarsi con il mondo secolare, su diversi temi
sensibili, la Chiesa di papa Francesco.
In questi dieci anni è
anche cambiato molto nel
costume italiano. Dicono i
sondaggi (quale che ne sia
l’affidabilità, soprattutto
su temi come questi) che
si è largamente diffusa
una concezione pluralistica della famiglia, l’idea
che di famiglie possano
essercene legittimamente
di tipi diversi, anche molto lontani da ciò che un
tempo si intendeva per famiglia naturale. Come
sempre, le motivazioni sono le più varie.
CONTINUA A PAGINA 13
La Procura di Milano dice sì all’affidamento in prova ai servizi sociali di
Silvio Berlusconi. Esclusa la detenzione
domiciliare: per l’ex premier, se la misura ora sarà concessa dal Tribunale di
Sorveglianza, si tratta di un passo avanti sulla strada dell’agibilità politica.
Giannelli
ALLE PAGINE 2 E 3 Di Caro
di GIUSEPPE GUASTELLA
D
i fronte al rinvio a giudizio lo
scorso 3 marzo per l’ipotesi di
associazione a delinquere finalizzata
alla corruzione, Roberto Formigoni
disse di essere «puro come acqua di
fonte». Ieri, in seguito all’inchiesta
sulla sanità, l’ex governatore lombardo
si è visto sequestrare tutti i conti in
banca (meno uno), la villa in Sardegna
in località Li Liccioli ad Arzachena,
frazioni di altre proprietà immobiliari
a Lecco e tre auto «fino a 49 milioni».
PER UN GIORNO
È UNO COME TANTI
di LUIGI FERRARELLA
I
l via libera della Procura Generale
ai servizi sociali per Berlusconi
spiazza soltanto chi amava
terrorizzarlo nel bunker di Arcore o
chi gli consigliava di lucrare un po’
di vittimismo pre-elettorale.
A PAGINA 21 Senesi
CONTINUA A PAGINA 57
Unica certezza: l’assassino è il figlio illegittimo di un autista morto
Mister Fisco lascia dopo sei anni: i blitz e la scorta
L
Yara, c’è il Dna ma non il colpevole
di MARCO IMARISIO
L’
uomo che ha ucciso nel 2010 Yara Gambirasio (nella foto) è un figlio illegittimo di Giuseppe
Guerinoni, autista morto nel 1999. Il suo Dna ha una compatibilità del 99,99% con una
macchia di sangue trovata sul corpo della ragazza. Quindi Guerinoni è il padre di «Ignoto 1», il
A PAGINA 24
killer. Di cui si sa tutto, ormai. Tranne il nome. Una maledizione.
Europa League, bianconeri in semifinale
Pirlo-Marchisio
La Juventus
batte il Lione
e va avanti
PEGASO NEWS
CONTINUA A PAGINA 23
CONTINUA A PAGINA 57
di ENRICO MARRO
di STEFANO BUCCI
con l’articolo di Arachi e Gasperetti
aumenta l’impegno a darsi
da fare per ridurre disagi,
garantire assistenza,
assicurare un servizio,
vuol dire che c’è nel
Paese un capitale umano
su cui investire e di cui
si dovrebbe tener conto
per ogni discorso sulla
ripresa: all’innovazione,
oltre alla creatività e
all’intelligenza, servono
anche il coraggio e la
generosità.
L’addio di Befera a maggio
L’Agenzia delle Entrate
si fonderà con Equitalia
Io e Giuseppe, una storia normale
na storia normale: mi piace pensare che
quella mia e di Giuseppe sia prima di tutto
questo. Capisco che per qualcuno non sia facile
accettarlo, ma giuro che è proprio così, da ventisette anni. Da quando, a Firenze, ci siamo incontrati per strada (in via Maggio, alle dieci del mattino, doveva essere la fine di febbraio) davanti al
negozio di un comune amico antiquario («io che
sto sempre sulla porta, non me ne sono accorto»).
IL SERVIZIO
CIVILE
CHE FA BENE
ALL’ITALIA
a voglia di volontariato
Colpo a Formigoni L
che aumenta
nonostante la crisi è una
notizia da mettere
Sequestrati i conti buona
sul piatto della crescita. Se
Dopo la sentenza di Grosseto sulle nozze gay il racconto di una convivenza
A Stefano Bucci, giornalista del Corriere
della Sera, abbiamo chiesto di raccontare
la storia del suo «matrimonio».
Giovani e impegno
di GIANGIACOMO
SCHIAVI
L’inchiesta sulla sanità
CORBIS
ra che con la sua
sentenza la Corte
costituzionale ha
dichiarato illegittimo il divieto di fecondazione eterologa seppellendo così, di fatto, la legge 40 varata dieci anni fa
(nel 2004), si può fare un
confronto fra il clima di
allora e quello di oggi. Nel
2004, quando la legge
venne approvata dal Parlamento, e ancora nel 2005,
quando su quella legge si
tenne un referendum, il
Paese si spaccò in due,
venne trascinato dentro
una specie di «scontro di
civiltà». Il fronte che vinse
allora, per via politica, e
che adesso esce sconfitto
per via giurisdizionale,
sembra quasi silente. Poche e isolate sono state, fino ad ora, le voci cattoliche che si sono levate a
criticare la sentenza. Nel
suo complesso, la Chiesa
sembra orientata a scegliere una condotta prudente, di implicita, più o
meno rassegnata, accettazione dell’esito che si è determinato.
Che cosa è cambiato?
Diverse cose e in diversi
luoghi: nella Chiesa, nella
società, nella politica italiana.
Quanto alla Chiesa, il
cambiamento si chiama
Francesco. Nel 2004 era
ancora alla testa della
Chiesa (sarebbe morto
l’anno successivo) Giovanni Paolo II, il Papa venuto dal freddo, il Papa
che aveva fatto della lotta
contro la secolarizzazione
la vera cifra del suo Pontificato. Seguito da papa
Ratzinger, un Pontefice
che, del predecessore,
con un diverso stile,
avrebbe continuato l’opera. Quelli che giornalisticamente (ma non certo
nella dottrina cristiana)
vengono chiamati «temi
etici» — in buona sostanza, la difesa, in tutti i suoi
aspetti, della famiglia naturale — erano al centro
delle preoccupazioni e
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BONSIGNORE, PERRONE
e TOMASELLI
ALLE PAGINE 64 E 65
o ha fatto sapere in tutti i
modi: vuole andare in pensione. E così, Attilio Befera, direttore generale dell’Agenzia
delle Entrate e presidente di
Equitalia, lascerà l’incarico.
Non avrà bisogno di dimettersi,
perché il suo mandato, il secondo, scade il 29 giugno quando compirà 68 anni. Befera,
probabilmente, lascerà prima,
visto che il 24 maggio scade il
termine entro il quale il governo deve confermare o meno
tutti gli alti dirigenti dello Stato. Il governo Renzi, quindi,
una volta conclusa nei prossimi
giorni la prima tornata di nomine, quella nelle grandi aziende pubbliche come Eni, Enel e
Finmeccanica, dovrà trovare il
successore di Mister Fisco che,
in sei anni, ha recuperato 64,9
miliardi di gettito evaso .
A PAGINA 5 Basso
Il governo e le nomine
Renzi: manager
dal pubblico
al privato?
Vadano pure
di ROBERTO BAGNOLI
e MARCO GALLUZZO
A PAGINA 6
Quella trincea
dei «continuisti»
oltre il limite
dei tre mandati
di SERGIO RIZZO
A PAGINA 6
2
Primo Piano
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Politica e giustizia Il caso
❜❜
Berlusconi è un simbolo, non si imbavaglia. Pensi a San Suu Kyi. Quando
si zittiscono, i simboli diventano più forti
Renato Brunetta, Forza Italia
Berlusconi, esclusa la detenzione domiciliare
Un’ora e mezza di udienza, dalla Procura sì ai servizi sociali. La decisione è prevista martedì
MILANO — Via libera all’affidamento in prova ai servizi
sociali per Silvio Berlusconi. La
Procura generale di Milano dice
sì alla concessione all’ex premier della misura alternativa
alla detenzione che, se ora sarà
concessa dal Tribunale di Sorveglianza, lascerà pressoché integra quella che molti amano
chiamare la sua «agibilità politica» per le prossime elezioni
europee di maggio.
Dopo un’ora e mezza di
udienza, quando di norma un
singolo caso viene trattato in 610 minuti, Berlusconi vede
scongiurato lo spettro di una
richiesta di detenzione domiciliare (con annesso divieto di
uscire di casa salvo appena due
ore di libertà al giorno e solo
per esigenze fondamentali di
vita), grazie al parere favorevole ai servizi sociali da parte del
sostituto procuratore generale
Antonio Lamanna. Dei 4 anni ai
quali è stato condannato definitivamente l’1 agosto 2013 nel
processo per frode fiscale sui
diritti tv Mediaset, l’ex premier
deve scontare i 12 mesi superstiti dopo la sforbiciata assicuratagli dall’indulto approvato
dalla sua maggioranza parlamentare quand’era premier nel
2006. Questi 12 mesi però si ridurranno a 10 mesi e 15 giorni
grazie al beneficio penitenziario (45 giorni in meno dopo 6
mesi scontati) della «liberazio-
ne anticipata».
L’affidamento in prova ai
servizi sociali lascia un margine di manovra abbastanza ampio al condannato che, di norma, deve restare in casa la notte
tra le 11 di sera e le 6 di mattina,
non deve lasciare il territorio
della regione di residenza e non
può avere contatti con detenuti
e tossicodipendenti. Ma le deroghe sono frequentissime,
specialmente per motivi di lavoro. Le «prescrizioni» dell’affidamento all’Ufficio esecuzione penale esterna (Uepe) di Milano, che il condannato deve
firmare dinanzi al direttore dell’ente entro dieci giorni dalla
decisione del Tribunale, possono essere modulate dai giudici
in base alle necessità familiari e
lavorative del soggetto, il quale
comunque può essere autorizzato a non rispettarle in presenza di cause giustificate. «Quando la decisione verrà depositata
e notificata farò un comunicato», si limita ad annunciare Pasquale Nobile de Santis, che ha
presieduto il collegio del Tribunale di Sorveglianza composto
dal giudice relatore Beatrice
Crosti, e, come esperti, dalla sociologa Federica Brunelli e dalla
criminologa Silvia Guidali. Il
deposito dell’ordinanza è ipotizzabile a partire da martedì.
L. Fer.
G. Gua.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In Tribunale
Giornalisti,
fotografi e
curiosi in attesta
dell’udienza
sulla richiesta
di affidamento
ai servizi sociali
dell’ex premier
Silvio Berlusconi
presso il Tribunale di Milano
(Fotogramma).
Nel dettaglio,
l’ordine delle
udienze di ieri
(Newpress)
La giornata L’accusa favorevole al programma degli assistenti
Espulsioni e permessi,
prima dell’ex Cavaliere
sfilano 58 casi anonimi
Per tutti sedute lampo di 6-10 minuti
MILANO — Il nome di uno degli uomini
più ricchi e famosi al mondo si dissolve tra
altri 58 di perfetti sconosciuti. Confuso in
una umanità varia e dolente di nordafricani,
sudamericani, europei dell’Est e molti italiani, «Berlusconi Silvio» è al posto numero 9
nel rigoroso elenco alfabetico dei 59 protagonisti delle udienze in calendario ieri al Tribunale di Sorveglianza di Milano. Solo del suo
procedimento, il n. 7854/2013, sa tutto la folla di giornalisti che (molti per la prima volta
in vita loro) si avvicina al Tribunale di Sorveglianza, informata sul perché e percome l’ex
premier abbia chiesto l’affidamento in prova
al servizio sociale dopo la condanna per frode fiscale nel processo diritti tv Mediaset.
C’è il carcerato straniero che ha scontato la
pena e quasi lo si sente implorare di non essere espulso dall’Italia, quello che ricorre
contro una punizione che gli hanno dato in
carcere, quell’altro che fa reclamo perché
Il volontariato
Per il magistrato preferibile la scelta di
un centro per anziani vicino ad Arcore,
non il volontariato in una proprietà
dell’ex premier, proposto dalla difesa
Simbolo La bandiera di FI ieri davanti al tribunale
non gli hanno concesso un permesso premio, e l’altro ancora che vuole gli rifacciano il
conto della liberazione anticipata. E ci sono
tantissimi condannati che, dalla libertà,
chiedono di essere affidati in prova al servizio sociale, esattamente come l’ex Cavaliere.
Un altoparlante dalla voce metallica con
stanca cadenza teutonica ne scandisce i nomi, neanche si fosse in coda alla Posta. I pochi presenti, seguendo i loro avvocati probabilmente quasi tutti d’ufficio, entrano con
deferenza nell’aula al piano terra del palazzo
di giustizia ogni 6/10 minuti, tanti quanti bastano a chiudere ciascun procedimento e assegnare all’affidamento coloro che ne hanno
fatto richiesta. C’è perfino qualcuno degli avvocati che con il cellulare scatta una foto ricordo all’elenco affisso alla porta dell’aula in
cui il nome del proprio assistito compare vicino a quello del celebre imprenditore e leader di Forza Italia. Alle 14,30, pausa-pranzo
compresa, il collegio esaurisce tutte le prati-
che. Tranne una: quella di Berlusconi Silvio,
al quale è riservato un appuntamento personalizzato per le 17 in punto, lontano e isolato
dalla massa. Un paio di ore prima i carabinieri provvedono ad allestire transenne per contenere i giornalisti e interdire con solerzia
l’accesso al corridoio battezzato «Arianna»,
senza che si capisca bene il motivo visto che
Berlusconi non sarà presente: ci sono i suoi
due avvocati Niccolò Ghedini e Franco Coppi, che, coadiuvati dalle colleghe Angela Maria Odescalchi e Michela Andresano, arrivano con una mezz’ora di anticipo.
La relazione del giudice togato Beatrice
Crosti ripercorre i passi della recente memoria della difesa di Berlusconi laddove essa,
nel richiedere l’affidamento in prova al servizio sociale, spiega candidamente che il capo
di Forza Italia, quando attacca la magistratura, lo farebbe solo ed unicamente per motivi
elettorali e politici, e mai invece per colpire le
persone dei giudici. Una affermazione che ha
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
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Primo Piano
italia: 51575551575557
La Sorveglianza saprà giudicare tenendo presente la statura
umana e politica della persona che ha di fronte Giovanni Toti, Forza Italia
10
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3
Spero non si scopra che il processo di riforme subirà cambiamenti
a causa delle decisioni della Sorveglianza
Dario Stefano, Sel
Dietro le quinte Ad Arcore con Francesca Pascale, i figli e pochi fedelissimi
mesi e 15 giorni è il periodo di pena che resta
effettivamente da scontare a Berlusconi.
Dei 4 anni, 3 sono coperti da indulto. Ai 12 mesi rimanenti
va applicato il beneficio penitenziario
(45 giorni dopo i primi 6 mesi) della «liberazione anticipata»
L’ex premier ora è più sereno
Ottimismo sull’agibilità politica
I suoi: è andata bene. E Renzi apre a un incontro
La vicenda
La condanna di agosto
in Cassazione
lo scopo preciso di rispondere a uno dei requisiti fissati dalla Cassazione, quello secondo il quale il condannato, anche se non gli è
richiesto di «pentirsi» o ammettere gli addebiti, deve almeno dimostrare di accettare la
sentenza e le sanzioni, primo passo verso il
reinserimento sociale. La difesa abbozza anche un percorso che prevede un’attività di
Berlusconi per la sensibilizzazione e la motivazione dei disabili, da svolgere in una struttura di prossima realizzazione finanziata da
lui stesso. Nemmeno questo è peraltro obbligatorio, perché sono moltissimi i casi di condannati affidati al servizio sociale anche senza un programma riabilitativo, ma solo con
l’obbligo di periodici colloqui con un assistente sociale dell’Ufficio esecuzione penale
esterna (Uepe). Tuttavia anche la disponibilità ad un’opera riparatoria può pesare favorevolmente nella decisione dei giudici, ed è
per questo che gli avvocati Coppi e Ghedini
non vi hanno rinunciato, sebbene questa
proposta non abbia convinto il pg Lamanna,
favorevole invece alla soluzione prospettata
dall’Uepe: e cioè una mezza giornata alla settimana, mattina o pomeriggio a scelta, in una
casa di cura per anziani nell’hinterland milanese, neanche troppo lontano da Arcore. Al
Tribunale la scelta, probabilmente martedì.
Luigi Ferrarella
[email protected]
Giuseppe Guastella
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ad agosto la Cassazione
conferma per Berlusconi la
condanna a 4 anni, di cui
3 coperti da indulto, per
frode fiscale. E rimanda
in Appello, per il ricalcolo,
la pena dell’interdizione
La decadenza
e l’interdizione
Il 27 novembre l’Aula vota la
decadenza di Berlusconi da
senatore, in base alla legge
Severino. La Cassazione
conferma la pena accessoria
di 2 anni di interdizione
dai pubblici uffici il 18 marzo
Richiesto per la pena
l’affidamento in prova
Ieri si svolge l’udienza del
Tribunale di sorveglianza,
dopo la richiesta dell’ex
premier, presentata a
ottobre, di scontare la pena
con l’affidamento in prova
ai servizi sociali. È prevista
martedì la decisione
ROMA — Che l’aria potesse
essere buona, Silvio Berlusconi l’aveva capito già nella serata di mercoledì. Nonostante si
accavallassero voci allarmate
— arresto, domiciliari, regime
di pena durissimo — i suoi fedelissimi gli avevano già assicurato che «fonti alte e attendibili» prevedevano una decisione del Tribunale di sorveglianza sicuramente
accettabile. I servizi sociali appunto, quelli che lo stesso Procuratore generale della Cassazione ha proposto ai giudici.
Così ieri, chi è riuscito con
grande difficoltà a rompere il
muro che ad Arcore avevano
costruito per proteggerlo, ha
trovato l’ex premier «più tranquillo». Assieme alla compagna Francesca, alla fedele capo
staff Maria Rosaria Rossi, ai figli che gli hanno fatto visita, al
medico Zangrillo, Berlusconi
ha dunque accolto con un certo sollievo le notizie comunicate dai suoi avvocati. «È andata bene, benissimo...», si lasciavano andare in privato i
suoi. In pubblico, però, la linea
è quella della prudenza: «Fino
al giudizio — ha osservato lo
stesso ex Cavaliere — è meglio
non essere sicuri di niente...
Ne ho viste troppe. E comunque, resta che devo scontare
una pena non avendo commesso alcun crimine, e questo
è e rimarrà intollerabile. Inaccettabile, anche se io non mollo e non mollerò».
E dunque a commentare
quella che è ancora un’attesa ci
ha pensato il suo braccio destro Giovanni Toti, con parole
pesate con il bilancino: «Chi
parla di un presidente abbattuto e di un partito ripiegato in
se stesso si sbaglia di grosso e
se ne accorgerà presto. Prendiamo atto del parere favorevole della Procura generale sui
servizi sociali e restiamo fiduciosi che il tribunale di Sorveglianza saprà giudicare tenendo ben presente la statura
umana e politica della persona
che ha di fronte e soprattutto
la responsabilità verso i milioni di moderati che si riconoscono in Silvio Berlusconi».
La richiesta, e la speranza,
d’altra parte è sempre la stes-
sa: che Berlusconi abbia «l’agibilità politica» per fare campagna elettorale, tanta da permettere a FI di identificare ancora il partito con il suo leader
in un momento in cui la linea
politica appare incerta e ondeggiante tra abbracci a Renzi
e prese di distanza. Berlusconi,
raccontano, da ieri ci crede. E
crede anche che sia possibile
risalire la china nei sondaggi
fino a insidiare il secondo posto di Grillo, magari sfruttando proprio la visibilità mediatica delle prime uscite ai servizi sociali come il leader che
«porta ottimismo e fiducia».
Poi certo, resta un margine
di incertezza e paura. Mariastella Gelmini interpreta
l’umore altalenante del capo:
A Palazzo Chigi o al Nazareno
Il leader pd: un bene che ci sia
Forza Italia a scrivere le riforme
Ci vedremo? Non è previsto, se mai
sarà a Palazzo Chigi o al Nazareno
La doppia sfida
Nel fine settimana si decideranno
le liste per le Europee e resta
da stabilire la strategia da tenere
nei confronti del governo
La direttrice dell’Uepe
Ecco chi è la dirigente
che «sorveglierà» il leader
Dirigente Severina
Panarello, 51 anni,
guida l’Ufficio esecuzione penale esterna
di Milano e Lodi.
È lei che dovrà occuparsi della condanna
di Silvio Berlusconi
MILANO — Il suo ufficio dista pochi passi
da San Vittore, ma l’obiettivo di Severina
Panarello è quello di tenere il carcere molto
lontano dalle vite dei suoi 4.200 «clienti». La
messinese Panarello, 51 anni, è la direttrice
dell’Ufficio esecuzione penale esterna
(Uepe) di Milano e Lodi. A lei e alla sua
équipe di 46 assistenti sociali (dovrebbero
essercene 90) è in carico il futuro dell’ex
premier Silvio Berlusconi. Dirigente del
ministero della Giustizia (68.551 euro di
stipendio), Severina Panarello è laureata in
giurisprudenza alla Statale di Milano e ha
un diploma di laurea di assistente sociale
all’Università di Messina. Prima di guidare
l’ufficio di Milano ha diretto l’Uepe di
Brescia e Bergamo sempre all’insegna di un
principio: «L’unica alternativa al sistema
detentivo e al sovraffollamento è quella
delle misure alternative: la percentuale di
recidiva scende al 15%, per chi sconta la
pena solo in carcere è dell’80%». L’Ufficio
milanese ha in carico 4.133 persone, quasi il
doppio di quelle seguite nel 2013 (2.190).
Negli uffici di piazza Venino si svolgeranno i
colloqui periodici con assistenti sociali,
psicologi e criminologi che dovranno
verificare il percorso di reinserimento
dell’ex premier durante i nove mesi di affido
ai servizi sociali. (c. giu.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«Al di là delle decisioni che assumerà il tribunale di sorveglianza sul presidente Berlusconi, quella di oggi è una
giornata infausta per la democrazia». E Renato Brunetta va
oltre, paragonando la «prigionia» di Berlusconi a quella di
Aung San Suu Kyi. Ma a dominare è l’attesa. Che dovrà però
presto trasformarsi in fatti su
almeno due terreni. Il primo è
quello delle candidature: nel
weekend, annuncia Toti, si definiranno le liste, con la grana
in più del dover rispondere a
Renzi sul piano delle candidature al femminile. Il secondo è
l’atteggiamento da tenere sulle
riforme e quindi nei confronti
del governo.
Mentre anche gli avversari
del Nuovo centrodestra, con il
leader Alfano, auspicano che
Berlusconi abbia la possibilità
di fare campagna elettorale, è
Matteo Renzi che tende di fatto la mano al leader azzurro.
Lo fa scindendo il piano del
destino giudiziario da quello
politico: «Le questioni della
giustizia riguardano la giustizia, per quel che riguarda la
politica è fondamentale che si
facciano le riforme e per me è
un bene che ci sia Forza Italia a
scriverle». Poi, aprendo ancora una volta a un possibile incontro con Berlusconi, a testimonianza del fatto che — per
lui — l’ex Cavaliere resta un
interlocutore politico nonostante sia un condannato che
sconta una pena: «Un incontro
tra me e lui? Non è previsto,
ma se mai ve lo facciamo sapere, immagino sarà a palazzo
Chigi o al Nazareno dove ci
siamo trovati bene».
Piuttosto è Toti che sembra
frenare rispetto all’imminenza
del rendez-vous: in attesa di
capire quale sarà il regime di
pena assegnato a Berlusconi, e
quale il possibile accordo da
siglare in clima di campagna
elettorale che non può essere
troppo ammorbidito dall’abbraccio con il premier, il consigliere politico prende tempo:
«Non credo che ci sia questa
esigenza ora. Forse ci sarà in
futuro».
Paola Di Caro
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
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Le tasse La nomina
Il personaggio
Mister Fisco prepara l’uscita dopo sei anni
Il caccia evasori ha scovato 65 miliardi
Befera lascia a maggio. La fusione tra l’Agenzia delle entrate ed Equitalia
La carriera
Doppia vita
tra pubblico e privato
Attilio Befera, 67 anni,
romano, è direttore
dell’Agenzia delle entrate dal
24 giugno 2008. Prima di
iniziare il suo percorso da
dirigente pubblico, ha lavorato
a lungo nel privato. Per
trent’anni, infatti, è stato alle
dipendenze di Efibanca, una
banca d’affari al servizio di
aziende medie o mediograndi, fino a diventarne
direttore centrale. Una
carriera iniziata dal basso, con
l’assunzione a 19 anni e la
laurea con lode da studente
lavoratore. La «svolta» nel ‘95
quando l’allora ministro delle
Finanze del governo Dini,
Augusto Fantozzi, lo chiama al
Secit, il servizio centrale degli
ispettori tributari, con il ruolo
di ispettore centrale. Nel 97,
dopo meno di due anni dal
suo passaggio al settore
pubblico, Befera arriva al
ministero delle Finanze con il
ruolo di direttore generale e
riforma il servizio nazionale
dei concessionari della
riscossione. Nel 2006
acquisisce anche l’incarico di
presidente di Equitalia,
società pubblica nata nello
stesso anno. L’arrivo
all’Agenzia delle entrate
avviene dopo la pubblicazione
in rete da parte dell’ente
(anche se per poche ore)
delle dichiarazioni dei redditi
degli italiani. Scoppia la
polemica. Il suo predecessore
si dimette. E Befera viene
chiamato al nuovo incarico.
Ora il suo secondo mandato
al vertice dell’Agenzia scade il
prossimo 29 giugno. Ma le
dimissioni potrebbero arrivare
con qualche anticipo. Befera
si è sposato in seconde nozze
nel 2010 e ha due figli dal
primo matrimonio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — Una volta conclusa, nei
prossimi giorni, la prima tornata di nomine nelle grandi aziende pubbliche
(Eni, Enel, Finmeccanica, eccetera), il governo Renzi dovrà fare una scelta importantissima, quella del successore di Attilio Befera. Mister Fisco, infatti, lascerà in
prossimità della scadenza del suo mandato, il secondo, che termina a giugno
quando (il 29) tra l’altro Befera compirà
68 anni. Il direttore generale dell’Agenzia
delle entrate e presidente di Equitalia lascerà probabilmente a fine maggio, visto
che il 24 scade per il governo il termine
(90 giorni dal giuramento) entro il quale
I blitz
Dai blitz a Cortina alla
ridefinizione della macchina
dei controlli e delle banche
dati
deve confermare o meno tutti gli alti dirigenti dello Stato (spoils system). Befera
ha fatto sapere che, dopo sei anni, vuole
andar via. E il governo Renzi, del resto,
aveva già deciso di cambiare.
Il 2 aprile, convocato in audizione dalla Commissione finanze del Senato, Befera ha voluto lasciare un lungo e dettagliato bilancio della sua gestione. Nel 2008
gli incassi della lotta all’evasione ammontavano a 6,9 miliardi di euro. Sono
saliti di anno in anno, fino ad arrivare al
record di 13,1 miliardi nel 2013. Nonostante la crisi dell’economia e nonostante i dipendenti dell’Agenzia siano scesi
da 49 mila nel 2001 a 46 mila nel 2008 a
40 mila nel 2013. «Per ogni 100 euro di
gettito complessivamente incassato il
costo sostenuto per l’Agenzia si è attestato nel triennio 2011-2013 intorno a 85
centesimi», ha sottolineato con orgoglio.
Certo, si potrebbe obiettare che 13 miliardi di euro recuperati equivalgono ad
appena il 10% del gettito evaso, secondo
le stime della stessa Agenzia e che, come
ha osservato la Corte dei conti, solo la
metà viene da controlli sostanziali (accertamenti) mentre il resto deriva da errori materiali nelle dichiarazioni dei redditi e da controlli documentali. Ma questi
64,9 miliardi recuperati in 6 anni, a una
media di 10,8 miliardi l’anno, sono costati attacchi ingenerosi a Befera, scelto
nel 2008 dal governo Berlusconi (ministro dell’Economia Giulio Tremonti) e
confermato dai governi Monti e Letta, e
perfino minacce di morte, al punto che il
direttore non può fare più un passo senza la scorta.
La polemica più clamorosa, forse,
quella sul blitz di Cortina nella notte di
San Silvestro del 2011, che scatenò le
proteste di albergatori, turisti e politici
che gridarono allo «Stato di polizia». Blitz difeso fino in fondo da Befera, che proprio nell’audizione al Senato ha rivelato
che con questa operazione sono stati incassati 2 milioni di euro e che su 163 accertamenti avviati 142 sono stati definiti
e incassati. Una vittoria quindi, che però
non convince l’attuale presidente del
Consiglio che, dopo aver twittato, l’altro
ieri, «lotta all’evasione? Vedrete, vedrete...» ha commentato con i suoi collaboratori: «La lotta all’evasione non si fa con
i blitz a Cortina o a Ponte Vecchio, ma con
un investimento massiccio in tecnologia
e innovazione». E non è un caso che Renzi stia pensando a un incrocio sistematico delle banche dati (sommando quelle
sparse in tutte le amministrazioni ce ne
Album
Matrimonio Attilio
Befera il giorno
delle nozze civili con
la moglie Annarita
Pelliccioni, il 22
ottobre 2012. Tra i
300 invitati molti
nomi noti, da
Corrado Passera a
Fulvio Conti
Dipendenti
Luglio 2013: il
direttore
dell’Agenzia delle
entrate incontra i
dipendenti insieme
con il ministro
Fabrizio Saccomanni
e il presidente del
Consiglio Enrico
Letta
Verifiche
Durante il governo
Monti numerosi i
controlli a sorpresa
dell’Agenzia delle
entrate. Il primo a
Cortina, il 31
dicembre 2011. Qui
Attilio Befera con
l’allora presidente del
Consiglio Mario Monti
sono 129, ma non dialogano tra loro) e
all’unificazione dell’Agenzia delle entrate
e di Equitalia, la società per la riscossione
posseduta al 51% dall’Agenzia e al 49%
dall’Inps. Il prossimo direttore generale
dovrebbe quindi essere a capo di un colosso (considerando che l’Agenzia delle
entrate ha assorbito anche l’Agenzia del
territorio) con circa 48 mila dipendenti.
L’operazione dovrebbe consentire anche
risparmi sulle strutture di vertice: un solo consiglio di amministrazione, un solo
direttore, il cui stipendio tra l’altro dovrebbe essere sottoposto al nuovo tetto
(239 mila euro lordi l’anno, come il presidente della Repubblica) contro i
302.900 euro lordi che prende Befera.
Per il totonomina è presto, anche se
nei corridoi alcuni nomi iniziano a circolare. Se verrà scelto un interno, la candidatura naturale è quella di Marco Di Capua, vicedirettore vicario, 54 anni, ex ufficiale della Guardia di finanza. Se la scelta dovesse restare in ambito tecnico ma
Un colosso
L’Agenzia delle entrate
ha assorbito anche l’Agenzia
del territorio. Con Equitalia
conta circa 48 mila dipendenti
cadere su una donna, gira il nome di Fabrizia Lapecorella, capo dipartimento finanze del ministero dell’Economia,
mentre si considera in corsa anche Gabriella Alemanno, ex numero uno dell’Agenzia del territorio, diventata vice
dopo la fusione con le Entrate. Tra le soluzioni tecniche anche Giuseppe Peleggi,
55 anni, direttore dell’Agenzia delle dogane, e il vice Luigi Magistro, 54 anni, già
capo dell’accertamento con Befera. Ma la
scelta di Renzi e del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan potrebbe invece
ricadere su un profilo più politico, ancora una volta per stupire. «Vedrete, vedrete...».
Enrico Marro
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Evasione Greco: la riforma è chiesta da tutti, Banca d’Italia, Agenzia entrate, Procura antimafia, magistratura e Ocse
Rientro
dei capitali,
il nodo
antiriciclaggio
La norma sul rientro dei capitali è attesa per prima dell’estate. Si stima che gli
italiani abbiano nascosto all’estero tra
180 e 200 miliardi di euro. Per il pm di
Milano Francesco Greco è necessario inserire nel disegno di legge il reato dell’autoriciclaggio, come ha spiegato due
giorni fa nella sua audizione in commissione Finanze alla Camera. La manovra
del rientro dei capitali – ha detto il pm
che ha lavorato al decreto sulla voluntary
disclosure del precedente governo – deve
essere «collegata strettamente all’introduzione della riforma del riciclaggio, per
dimostrare che non si sta facendo né uno
scudo,né un condono».
Sul tema il dibattito è forte. E pare che
ci sia il rischio che il reato dell’autoriciclaggio non venga incluso nel nuovo ddl.
Eppure è presente negli ordinamenti
giuridici di numerosi Paesi (tra cui Fran-
Le nuove norme
Sul tema il dibattito è forte. E
pare ci sia il rischio che il reato
non venga incluso nel nuovo
disegno di legge
cia, Spagna, Gran Bretagna, Belgio e Portogallo, ma anche Svizzera e Usa). La disciplina italiana è simile solo a quella
della Cina e pochi altri Stati. Inoltre «la
riforma del riciclaggio – ha ricordato
Greco – è chiesta da tutti: da Banca d’Italia, Agenzia delle entrate, Procura nazionale antimafia, magistratura e Ocse».
Il vecchio decreto sulla voluntary disclosure, poi non convertito, si era dimostrato poco efficace. Come osserva Stefano Simontacchi, direttore del Transfer
Pricing Research Center dell’Università
di Leiden in Olanda, «la nuova norma per
essere attrattiva dovrebbe depenalizzare
non solo l’infedele dichiarazione ma anche la dichiarazione fraudolenta». Ma sia
chiaro che «l’introduzione del reato di
autoriciclaggio si presenta come il complemento alla voluntary disclosure». Per
Simontacchi «c’è la necessità di una riforma del riciclaggio che deve prevedere
la tutela degli interessi della collettività
rispetto ad attività fino ad oggi non coperte e suscettibili di ledere gli interessi
diffusi». Inoltre la riforma «avrebbe senza dubbio l’effetto di massimizzare il ritorno della voluntary disclosure».
Francesca Basso
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6
Primo Piano
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Le nomine Le società
«Manager, meglio il privato? Vadano pure»
Il premier difende il tetto ai dirigenti pubblici e striglia le banche: basta demagogia
Il Tesoro sui vertici di Eni, Enel e Finmeccanica: saranno nuovi e competenti
ROMA — Ai piani alti di Forza Italia dicono che la situazione
è in alto mare. Di sicuro Gianni
Letta ha incontrato Matteo Renzi,
giorni fa, anche per discutere di
nomine nelle aziende partecipate
dallo Stato: sembra che il confronto sia stato costruttivo sino a
un certo punto, i riferimenti di
Berlusconi nelle aziende pubbliche non sono proprio collimanti
con quelli del premier. Sul tavolo
di Renzi in questo momento ci
sono i nomi suggeriti dal ministro dell’Economia, sembra in
forma di terna per ciascuna casella, quelli cui ha lavorato con il
sottosegretario Delrio e/o suggeriti dalle società di cacciatori di
teste.
Da Washington ieri il ministro
Padoan ha detto che i nomi scelti
«dovranno essere competenti e
in alcuni casi nuovi». «Nomine ha aggiunto - che sono enormemente importanti e dalle quali
dipende la decisione di investire
nel nostro Paese per dimostrare
che le cose stanno cambiando».
Criterio cui si sono aggiunte le
parole di Delrio in un’intervista
da Avvenire, «gli italiani saranno
sorpresi, faremo scelte di discontinuità, senza disperdere le energie migliori già presenti».
Dichiarazioni diplomatiche
che lasciano aperto lo scenario a
ogni soluzione. La più probabile
è un innesto di persone nuove, in
gran parte provenienti dall’interno delle aziende. Tra i rumor di
palazzo ieri si registrava la candidatura del numero uno delle Ferrovie Mauro Moretti come ad di
Finmeccanica, ipotesi che costituirebbe un’autentica sorpresa
viste le polemiche di pochi giorni
fa fra il manager e il premier, sugli stipendi degli amministratori.
Lunedì potrebbe essere il
giorno della verità non solo per i
supermanager di Eni, Enel,
Finmeccanica e Poste, ma anche
per i 38 posti nei consigli di amministrazione, a cui andrebbero
aggiunti i 29 solo nella galassia
Poste. E’ di ieri anche la decisione
da parte della Consob di avviare
una consultazione pubblica sulla
trasparenza delle buonuscite dei
manager delle società quotate.
L’iniziativa non è comunque destinata a influenzare la retribuzione dei futuri supermanager
(si riferisce solo ai casi di «risoluzione anticipata» del contratto:
interesserebbe solo Alessandro
Pansa, se non venisse confermato in Finmeccanica) ed è destinata a entrare in «funzione» alla fine di giugno. E comunque la posizione del premier sulle retribuzioni pare sufficientemente
chiara: «Ho sentito super manager dire: allora io per 238 mila
Le partecipazioni del Tesoro
Ministero
del Tesoro
3,934%
SOCIETÀ NON QUOTATE
32,447%
31,244%
80,01%
100%
100%
26,369%
Cassa Depositi
e Prestiti
29,999%
76%
CORRIERE DELLA SERA
euro me ne vado nel privato», ha
detto Renzi al Tg3. «Se ti prendono vai, vorrei vederli. Noi – ha
aggiunto – abbiamo detto che ci
deve essere un limite nel pubblico e 238 mila euro lordi sono tanti soldi».
Dopo giorni di indiscrezioni
anche il dg della Rai Luigi Gubitosi ha precisato che «tutte le voci sulla mia dipartita sono ampiamente esagerate» e ha escluso
di lasciare viale Mazzini. Palazzo
Chigi, in modo ufficioso, ha
smentito ipotesi di nomina degli
ambasciatori Castellaneta e Mas-
solo, quest’ultimo oggi a capo
del Dis, incarico che scade nel
2016.
Sempre al Tg3 Renzi ha detto
che «è naturale che chi fa un investimento, dunque anche le
banche, paghi quanto i cittadini,
il 26% e non il 12,5. Tutto si può
dire tranne che le banche in questi anni siano state svantaggiate.
Abbiamo dato tutti una mano alle banche, ora è il momento che
le banche diano una mano loro».
Roberto Bagnoli
Marco Galluzzo
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Boiardi Le candidature rosa e dei servizi segreti
Una poltrona, anche piccola
L’ultima lotta dei continuisti
Qualcuno, in questi giorni di trattative frenetiche, ha coniato per loro un singolare neologismo: continuisti. Sono coloro che contrasterebbero i cosiddetti rottamatori, quelli che vorrebbero dare il benservito ai manager della vecchia guardia che hanno gia’ superato, in
qualche caso pure ampiamente, il limite dei tre
mandati.
Dal fronte renziano assicurano che le ultime
resistenze sono ormai superate. Per capirci,
quelle di chi sperava se non proprio in una riconferma, almeno nel passaggio dalla poltrona
di amministratore delegato a quella di presidente. Per quanto, a giudicare dai nomi che girano, consistenti schegge di «continuismo» restano in circolazione. Con precise paternità. C’è
per la sicurezza: i servizi segreti di Palazzo Chigi. Scelta che ha tutto il sapore di un compromesso bello e buono con gli apparati burocratici ai quali i renziani avevano lanciato il guanto
di sfida. Del resto, non era stato lo stesso Renzi
a dire in televisione qualche giorno fa che
«L’Eni è un pezzo fondamentale dei nostri servizi segreti?». E l’attuale presidente della
Finmeccanica Gianni De Gennaro, nominato lo
scorso anno dal governo di Enrico Letta e a
quanto pare l’unico destinato a restare al proprio posto, non è forse stato il predecessore di
Massolo alla guida dell’intelligence della presidenza del Consiglio?
Ecco allora che il confronto fra continuisti e
rottamatori è molto più dialettico di quanto
non si possa pensare. O non si voglia far credere. Ed ecco perché la
diatriba in qualche caso assume
una veste inedita: fra chi vorrebbe
optare per scelte interne (vedi Demila euro Il limite
scalzi) e chi, invece, preferirebbe
di stipendio per i
voltare pagina puntando su candimanager pubblici
dature esterne. Caso tipico, l’Enel.
Certo l’amministratore delegato di
per esempio chi ha provato a candidare per
Greenpower Francesco Starace non può essere
qualche presidenza l’ambasciatore Giovanni
considerato emblema della continuità con FulCastellaneta, classe 1942: diplomatico di rango vio Conti: ne è stato il principale oppositore inche è stato per anni consigliere diplomatico terno. Eppure se la dovrà vedere al ballottaggio
dell’ex premier Silvio Berlusconi. Oggi è già con il capo di Gdf Suez Italia, Aldo Chiarini.
presidente di un’altra società pubblica, la Sace.
Per chiudere la partita ci sono ancora quaE c’è oggettivamente da chiedersi quale po- rantotto ore di tempo. Con una complicazione
trà essere il tasso di innovazione all’Eni se tro- in più rispetto ai precedenti rituali: lo stipendio
veranno conferme le indiscrezioni che voglio- che il governo suggerirà alle assemblee dei soci
no al posto di Paolo Scaroni l’attuale suo diret- di limitare a 400 mila euro annui. L’ultimo scotore generale Claudio Descalzi. Tanto più se alla glio, a quanto pare, è la faccenda del genere. Si
presidenza si dovesse davvero materializzare cercano donne di peso disponibili ad assumere
Giampiero Massolo, altissimo funzionario del- gli incarichi di presidenza. Confidiamo che non
la Farnesina dove ha fra l’altro ricoperto l’inca- sia questa la sola vera innovazione.
rico di capo di gabinetto di Gianfranco Fini, atSergio Rizzo
tualmente capo del Dipartimento informazioni
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Su corriere.it/economia
Ecco tutti i compensi d’oro a Piazza Affari
Si parte con gli 8,2 milioni di Franco
Bernabè (ex Telecom Italia), i 6,1 milioni
di Enrico Cucchiani (ex Intesa Sanpaolo)
e i 5,9 milioni di Sergio Marchionne:
sono i compensi del 2013 più alti nella
classifica - provvisoria - dei presidenti e
amministratori delegati delle prime 20
società quotate a Piazza Affari.
Superliquidazioni e bonus non sono
mancati anche nel 2013: lo testimoniano
i bilanci e le relazioni che stanno
pubblicando le società quotate e che
includono le tabelline con le retribuzioni
assegnate ai consigli di
amministrazione. La classifica con tutti i
dati a oggi disponibili, per un totale di 23
compensi milionari, è sul sito del
Corriere.
Delle 23 retribuzioni milionarie, otto
superano i tre milioni e 13 i due milioni.
In diversi casi, poi, ai compensi da
presidente o amministratore delegato
bisogna aggiungere quelli ricevuti per gli
incarichi ricoperti nei consigli
d’amministrazione di altre aziende.
Senza dimenticare le stock option e altri
piani retributivi; e, naturalmente, le
retribuzioni plurimilionarie che esistono
anche sotto il primissimo livello di
presidente e amministratore delegato o
nelle poltrone di comando di aziende al
di fuori della «top 20» di Piazza Affari.
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COMPENSI E CLASSIFICA
sono on line su
www.corriere.it/economia
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
9
Il governo Le misure
«Per l’Italia conti sostenibili, bonus strutturale»
Padoan: «I risultati visibili tra 2-3 anni». L’Fmi: riformare il mercato del lavoro
✒
A Washington
DAL NOSTRO INVIATO
WASHINGTON — Il risanamento in Europa è quasi finito, e
l’Italia può vantare «uno dei sistemi di bilancio più sostenibili
delle economie avanzate». Il ministro dell’Economia, Pier Carlo
Padoan si dice «molto contento» di questo risultato anche se
«certo, il Paese ha un debito alto,
lo è da decenni, ma calerà molto
presto». Ora, quindi, bisogna
pensare solo alla crescita. Padoan illustra le linee portanti della
politica economica del governo
Renzi — dal Documento di economia e finanza alle nomine —
in un’intervista alla Cnbc e nelle
sue risposte c’è tutta l’intenzione di ridisegnare l’Italia, anche
perché «nel mondo circola molta liquidità e gli investitori sono
pronti ad impiegarla anche nel
nostro paese ma aspettano la
conferma definitiva di un cambiamento». E sulla ripresa «mi
aspetto sorprese positive nel
medio termine». I numeri sono
nel Def: «Iniziamo da un aumento del Prodotto interno lordo pari allo 0,8% quest’anno, per
aggiungere, il prossimo, un altro progresso dello 0,4%, che
rappresenta un incremento del
50%». Insomma, «tra due-tre
anni avremo risultati visibili»,
spiega. Poi osserva come l’aggiustamento dei conti pubblici
sia stato fin qui «doloroso» ma
ora «sta dando i suoi frutti», in
termini di bassi tassi di interesse. «Non si tratta solo di
spread», aggiunge il ministro
che nel Def ha quantificato in 3,5
milardi la minor spesa per interessi sul debito per quest’anno e
in 6,7 miliardi per il prossimo. Il
ministro assicura poi che i tagli
saranno strutturali come lo saranno gli interventi sul cuneo fiscale e sul lavoro.
Il taglio di 80 euro al mese per
chi guadagna meno di 1.500 euro «sarà confermato anche per i
prossimi anni» ha ripetuto ieri
lo stesso premier Matteo Renzi,
definito da Padoan nell’intervista televisiva «una persona dinamica» a capo di un governo
«che ha tutte le intenzioni di durare in carica 4 anni» e di cambiare le cose. I problemi non
mancano, dalle resistenze corporative alle riforme che «vanno
non solo completate ma attuate», aggiunge infine Padoan. Da
Roma arrivano gli echi delle
proteste degli statali per il blocco dei contratti (fino al 2020 si
paga soltanto l’indennità di vacanza contrattuale, dice il Def):
per il leader della Cisl Raffaele
Bonanni è «aberrante».
A Washington Padoan si preoccupa di spiegare che il governo è «impegnato a migliorare il
saldo strutturale del 2015»
quando, secondo il Def, sarà attuata «una manovra di consolidamento interamente finanziata
da riduzioni di spesa pari a 0,3
Ministro Pier Carlo Padoan
80 euro in più anche
nei prossimi anni
1
Il bonus di 80 euro
in busta paga per
i redditi più bassi
sarà strutturale.
Il premier Matteo
Renzi ha detto che
«sarà confermato
anche per i
prossimi anni»
Fondo monetario Christine Lagarde
Taglio agli stipendi Il calo degli interessi
dei dirigenti pubblici sul debito pubblico
2
Tagli alle retribuzioni
dei dirigenti pubblici.
Il governo sta
pensando a un
prelievo del 6% per
chi guadagna più di
90 mila euro, ma la
soglia potrebbe
scendere a 70 mila
3
Il calo dei
rendimenti sui titoli
di Stato farà
risparmiare 3,5
miliardi di euro di
spesa per interessi.
È il calcolo del
ministero
dell’Economia
punti percentuali di Pil», ossia
4,9 miliardi. Quanto al futuro
dell’economia c’è da combattere
il pericolo deflazione che «sarebbe una cosa davvero brutta».
Conti a posto, dunque, in una situazione che presenta ancora
molte incertezze, come conferma anche il Fondo monetario
che ribadisce i rischi di deflazione e attende le mosse della Bce,
anche se i toni dopo i dissapori
dei giorni scorsi si attenuano. Il
direttore del Fmi, Christine Lagarde, spiega che c’è «un dialogo con le autorità europee e rispettiamo la Bce che ha il polso
della situazione europea. Siamo
fiduciosi che sia solo una questione di tempo». Nel dialogo a
distanza, la Bce ieri ha ribadito
di esser pronta a interventi straordinari in presenza di una ripresa che «resta moderata ma è
sempre più sostenuta dal consolidamento della domanda interna». Sui mercati l’attenzione
nel frattempo è sui cattivi dati
del commercio estero di Cina e
Giappone e sulla volontà della
Fed di tenere i tassi bassi: l’euro
si è rafforzato a ridosso di 1,39
dollari, le borse europee hanno
chiuso al ribasso tra timori sulla
crisi ucraina e realizzi dopo i
guadagni. Wall Street ha chiuso
in calo dell’1,62%, colpisce soprattutto il Nasdaq che cede il
3,1%, è il calo peggiore dal novembre 2011.
Stefania Tamburello
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Spending review Previsti quasi 4 milioni di risparmi. I dipendenti verranno redistribuiti negli uffici pubblici
Il primo taglio per il Cnel, addio indennità
Congelamento degli assegni per i consiglieri
ROMA — Il governo accelera sulla soppressione del Cnel, il Consiglio nazionale dell’Economia e del
Lavoro, al primo posto nella lunga
lista degli enti inutili. Per l’effettiva
cancellazione bisognerà aspettare
ancora mesi, perché la parola fine è
scritta nello stesso disegno di legge
costituzionale che trasforma il Senato in organo non elettivo. Tempi
lunghi ma inevitabili visto che il
Cnel è un organo previsto dalla Costituzione.
Ma il governo sta preparando un
decreto legge per eliminare subito
le indennità dei suoi 64 consiglieri,
gli esperti indicati in larga parte da
25
mila euro
lordi l’anno è l’importo
dell’indennità per
i consiglieri del Cnel,
il Consiglio nazionale
dell’Economia e del Lavoro. L’indennità aumenta per chi guida una
commissione di lavoro
e per la presidenza
sindacati e associazioni degli imprenditori. Il provvedimento dovrebbe essere portato in consiglio
dei ministri venerdì prossimo. E il
blocco delle indennità partirebbe
immediatamente, da maggio. L’accelerazione è possibile perché se il
Cnel è previsto dalla Costituzione il
suo funzionamento è regolato da
legge ordinaria. Di fatto si chiederebbe ai consiglieri di lavorare gratis fino al rompete le righe. I consiglieri hanno un’indennità di 25 mila euro lordi l’anno, quelle per il
presidente e i due vice sono molto
più alte. Considerando anche i contributi pagati dallo Stato il rispar-
mio sfiora i 4 milioni di euro l’anno. Un piccolo scalpo da esibire prima delle elezioni europee. Ma anche un modo per evitare che l’operazione si inceppi.
Il Def, il documento di economia
e finanza approvato nei giorni scorsi dal governo, dice che il disegno
di legge costituzionale che lo cancella sarà approvato entro dicembre 2015. Potrebbe essere troppo
tardi. Già a settembre di quest’anno, in teoria, dovrebbero partire le
procedure per la nomina dei nuovi
consiglieri, visto che quelli in carica scadono l’estate prossima. E la
macchina per il rinnovo potrebbe
partire comunque, visto che a settembre il Cnel esisterà ancora. Tagliare subito le indennità è un modo per fermare ogni tentativo di resistenza, uno svuotamento di fatto
che ripete il modello già seguito
con le province. Nei giorni scorsi il
segretario del Cnel Franco Massi ha
scritto al presidente Antonio Marzano chiedendogli un «esplicito atto di indirizzo» sulla «opportunità
o meno di limitare l’impiego delle
risorse finanziarie all’ordinaria
amministrazione». In attesa della
soppressione formale, le attività
dell’ente potrebbero fermarsi subito. Aprendo le porte al commissario che avrà il compito di redistribuire i suoi 90 dipendenti in altri
uffici pubblici.
Lorenzo Salvia
@lorenzosalvia
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Il Tesoro taglia
le provvigioni
sui titoli
di Stato
di GIOVANNI STRINGA
I
l ministero dell’Economia
ha ridotto, a partire da
oggi, le provvigioni che versa
agli intermediari — come le
banche — che comprano titoli
di Stato a medio e lungo
termine per conto dei
risparmiatori. Il Tesoro parla
di mutate condizioni del
mercato: oggi è molto più
facile collocare Btp rispetto a
qualche anno fa. Il risultato
sono costi più bassi per lo
Stato e introiti più contenuti
per le banche. Dopo l’aumento
annunciato delle aliquote
sulle plusvalenze delle quote
Bankitalia, per le banche è il
secondo «colpo» in pochi
giorni. Per lo Stato, invece,
è tempo di «incassi». Lo
conferma, almeno per il
momento e passando ai Bot,
l’asta di ieri: il ministero
dell’Economia ha assegnato
tutti i 7,5 miliardi di euro dei
nuovi titoli a 12 mesi,
spuntando un tasso in calo
al nuovo minimo storico dello
0,589% dallo 0,592% del mese
scorso. Il miglior andamento
dei tassi sui titoli pubblici
consentirà quest’anno al
governo di risparmiare 3,5
miliardi di spesa per il
pagamento degli interessi,
secondo il Tesoro. Intanto
oggi partono le nuove aste: fra
3 e 3,5 miliardi di euro di Btp
a tre anni, fra 2 e 2,5 miliardi
di euro di Btp a 7 anni e Btp a
30 anni fino a 1,250 miliardi
di euro. E qui si inaugurano
le nuove provvigioni, con un
calo di cinque punti base per i
Btp dai 3 ai 15 anni, per i Ctz e
per i Cct. Il Tesoro si sente
sicuro, dopo le tempeste degli
anni scorsi, e per questo — a
quanto sembra — ha ridotto
le provvigioni pagate agli
intermediari. Nella speranza,
si presume, che la calma
continui a lungo.
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10 Primo Piano
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
I partiti Le scelte
Pd, il ritiro di Nicolini ed Emiliano
«Donne? No, veline». Lite Grillo-Renzi
Alta tensione nel partito sulle liste. Il premier: dai 5 Stelle attacchi inutili
ROMA — A parole son tutti
contenti. Dai capibastone sconfessati ai capilista retrocessi, i
democratici ostentano esultanza
e orgoglio per la svolta al femminile di Matteo Renzi. Ma i fatti
scrivono un’altra storia, dicono
che sul territorio le correnti sono in rivolta e che il metodo dei
fuochi d’artificio sta facendo
saltare i nervi a molti «big». Uno
psicodramma collettivo, dal
Nord alle Isole.
Michele Emiliano ha saputo
del sorpasso di Pina Picierno
l’altra notte con un sms del leader e si è tirato polemicamente
fuori dalla corsa per l’Europa. E
ancor più brucia lo strappo in Sicilia di Giusi Nicolini. Il sindaco
di Lampedusa aveva ceduto agli
«insistenti inviti» di Renzi con la
promessa che avrebbe guidato la
lista nelle Isole e quando ha saputo che le era stata preferita Caterina Chinnici ha rinunciato:
«Sono prevalse altre logiche». In
Sicilia è guerra di fazioni. Antonello Cracolici, sostenuto dal segretario Fausto Raciti, è stato
fatto fuori e si dipinge come una
«vittima del presidente Crocetta
e della rappresaglia da parte del
circo Barnum della pesudo antimafia». Beppe Lumia, che Crocetta voleva in lista, denuncia un
«veto» sul suo nome che sa di
«fatwa, feroce e vergognosa».
Finché, sulla bufera democra-
tica, piomba via web il tuono di
Beppe Grillo, il quale si diverte a
lanciare online un fotomontaggio di Alessia Mosca, Pina Picierno, Alessandra Moretti e Simona Bonafé in versione showgirl: «Sono donne usate a fini di
marketing secondo la migliore
L’impegno iniziale era per il 25 maggio
Nel Def il sì all’Italicum slitta a settembre
ROMA — Il via libero definitivo della legge
elettorale «entro settembre del 2014», insieme
al sì in prima lettura della riforma
costituzionale del Senato e del Titolo V, che
sarà varata definitivamente «entro il mese di
dicembre 2015». È questo il calendario del
governo che emerge dalla lettura del
«Programma nazionale di riforma» allegato al
Documento economia e finanza. Tempi più
ampi rispetto a quanto annunciato nelle scorse
settimane dal premier: riforme costituzionali
in prima lettura (servono due passaggi per
ciascuna Camera) e Italicum entro il 25
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maggio, la data delle Europee.
tradizione berlusconiana: quattro veline e Renzie a fare il Gabibbo. Una presa per il c..., ma
tinta di rosa».
La campagna elettorale è iniziata e non è all’insegna del fair
play. «Grillo, vergogna!», replica
la lettiana Mosca, testa di serie
nel Nordovest. E Picierno affida
un telegramma a Twitter: «Ci
sentiamo il 26 maggio, Beppuzzo. E l’unica (carta) velina che riconoscerai sarà quella utile a
asciugarti i lacrimoni». Le Europee saranno una sfida a due, Pd e
M5S l’un contro l’altro armati. Al
Tg3 Renzi dichiara che «Grillo si
alza ogni mattina e pensa “come
posso attaccare il Pd”?», mentre
lui si alambicca il cervello per
«cambiare l’Italia». Quanto alle
cinque donne, il premier non si
è pentito: «Nel momento in cui
ogni settimana si dice “che vergogna per le leggi sulla parità di
genere”, il Pd risponde con i fatti». E il passo indietro di Emiliano, che non vuole stare all’ombra della Picierno? «Lo stimo
molto, non credo che lo faccia
per questo».
Nel pomeriggio la rinuncia
del sindaco di Bari sembrava sul
punto di rientrare, tanto che il
vicesegretario Lorenzo Guerini
ammetteva un pressing in corso
per convincerlo. Ma poi un comunicato di Emiliano ha chiuso
i giochi, almeno per ora. Renato
Soru, altro pezzo grosso declassato nelle Isole, dispensa pillole
di filosofia: «Sono i voti a determinare il capolista reale, non la
posizione in classifica». Come il
patron di Tiscali anche David
Sassoli, 415 mila preferenze alle
ultime Europee, si è rassegnato a
correre da numero due: «Non
conta il posto in lista, ma il numero di voti che porti al partito».
Renzi ostenta una calma
olimpica, eppure con la minoranza c’è qualche ruvidezza.
L’avvertimento del segretario
sulle riforme arriva forte e chiaro alle orecchie di Bersani, Civati
e di tutti coloro che lavorano per
modificare la riforma del Senato:
«Il Pd ha delle regole, la minoranza non va per i fatti suoi, va
dove va la maggioranza». L’attacco di Renzi punta ad affondare il ddl di Vannino Chiti, che
dopo le firme dei civatiani ha ricevuto l’appoggio dei dissidenti
grillini e che il premier vorrebbe
ridurre in coriandoli: «Quell’ipotesi è buona per essere
Retrocessi
Soru e Sassoli hanno
accettato di correre
al secondo posto: «Alla
fine contano i voti presi»
sventolata sui giornali, ma non
ha possibilità di essere realizzata. Forza Italia manterrà gli impegni». La fronda «dem» resiste.
«Anche la Costituzione ha le sue
regole» ribatte Pippo Civati, ricordando al leader che l’articolo
67 della Carta lascia i parlamentari liberi dal vincolo di mandato: «Renzi non ricorra alla disciplina di partito quando c’è un
dibattito aperto».
Monica Guerzoni
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Il sindaco di Bari
«Picierno al mio posto?
Politicamente
è più anziana di me»
Democratico
Michele
Emiliano, primo cittadino
pd di Bari, ha
rinunciato alla
candidatura
alle Europee
del 25 maggio
(Ansa)
ROMA — «Renzi è specializzato in elettroshock».
Non si è ancora ripreso, sindaco Emiliano?
«Sono stato svegliato nel cuore della notte dal famoso sms».
Del premier?
«No, della Serracchiani. Le liste erano grigie, la mossa delle cinque
donne è intelligente, dal punto di vista politico e del marketing».
A Bari raccontano che lei sia andato su tutte le furie.
«Solo un attimo di stupore, il disappunto di chi da mesi si preparava a
guidare la lista. Se così non è, preferisco non rubare voti agli altri».
Si è sentito tradito?
«Io non volevo candidarmi. Renzi mi aveva chiesto di fare il capolista e
io ho obbedito».
Perché non resta? Perché le hanno messo una donna davanti?
«È inutile mandarmi in Europa se appartengo alle truppe d’assalto. A
Matteo ho spiegato che la mia candidatura non ha più alcun senso. Era
preoccupato per la mia arrabbiatura, non sapendo che sono sollevato».
La campagna per le Europee è faticosa...
«E molto costosa. Il Pd non ha un soldo e neppure io».
Non le piace fare il numero due, lo ammetta.
«Da sindaco della città del Sud meglio amministrata, dovevo
rappresentare la questione meridionale. Ma si è scelto di puntare sulla
parità di genere e io faccio un passo indietro».
Per la vittoria della giovane Picierno?
«Donna competente e giovane dal punto di vista anagrafico, ma
politicamente parlando è ben più anziana di me».
M.Gu.
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Primo Piano 11
italia: 51575551575557
Leghisti
In Aula
con la bandiera
del Veneto
Mentre si discuteva sul
Salva Roma, i leghisti
hanno sventolato alla
Camera la bandiera del
Veneto. È stato prima
Emanuele Prataviera a
sfilare davanti al banco
della presidenza con il
vessillo di San Marco.
Seguito dal collega di
partito Roberto Caon
(nella foto Agf). Sono
intervenuti i commessi
e il vicepresidente
Simone Baldelli ha
richiamato all’ordine i
deputati: «Sarò
costretto a espellere il
prossimo che esporrà
una bandiera davanti al
banco di presidenza».
Centristi
«Imbarazzo» per la linea di Scelta civica
Bombassei lascia la presidenza del partito
L’addio Alberto Bombassei, 74 anni, presidente della Brembo
e, fino a ieri, di Scelta
civica ha lasciato
la carica di partito
ROMA — Alberto Bombassei
si è dimesso dalla carica di
presidente di Scelta civica per
«crescente imbarazzo» per la
linea del partito. «Oggi fatico
a riconoscere le idee e lo
spirito che ne hanno animato
la nascita» con Mario Monti,
ha scritto. Spiegando anche
di dissentire dalle «prevalenti
aspirazioni personali» che
hanno prevalso, dalla
rinuncia a ministeri di natura
economica «con modalità
che mi sono estranee. Così
come mi sono altrettanto
estranee le modalità con cui
abbiamo sostanzialmente
condiviso il percorso
attraverso il quale il
presidente del Consiglio ha
fatto cadere il governo Letta.
Mi è stato detto “è la
politica”. Però non è quella
che mi sento di praticare».
Sembra che in un primo
tempo Bombassei avesse
accettato di rinviare
l’annuncio a Europee
avvenute, ma l’adesione di
Scelta civica alla linea
renziana avrebbe accelerato
lo strappo. Dal partito sono
arrivati diversi messaggi di
«rammarico» e di invito a
mantenere una
collaborazione in vista
dell’appuntamento elettorale
di maggio, come quello del
ministro dell’Istruzione
Stefania Giannini, del
capogruppo alla Camera
Andrea Romano e di diversi
altri parlamentari. Ma anche
parole di «condivisione» con
le sue ragioni, come quelle
del viceministro dello
Sviluppo economico Carlo
Calenda, di Maria Ida
Germontani e di Andrea
Causin.
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Cinquestelle I due si sentono al telefono, ma la tensione resta alta
Tra il leader M5S e Pizzarotti
sfida a colpi di Guccini e Cohen
DAL NOSTRO INVIATO
PARMA — Se le sono cantate,
in tutti i sensi. E non è detto che
abbiano risolto i loro problemi
di incomunicabilità. Prima è
stato Beppe Grillo a gelare il
«suo» sindaco più importante,
Federico Pizzarotti, rovesciandogli addosso dal blog un verso
della canzone di Francesco
Guccini, Vedi cara che equivale
a una pietra tombale su qualsiasi possibilità di dialogo: «Vedi
cara, è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito
già…». Per tutta risposta, Pizzarotti, che aveva chiesto un
incontro chiarificatore e che
alla fine si è
dovuto accontentare di una
telefonata, gli
ha replicato
con un verso
della canzone
Anthem di Leonard Cohen:
«C’è una crepa
in ogni cosa
ed è da lì che entra
ra la luce». Rottura evitata,
tata, per ora. Si
sono parlati, ma la ruggine resta. Lontani (era solo il 2012) i
tempi in cui il giovane e sconosciuto Pizzarotti riceveva pubblica investitura da Grillo, sbaragliava l’armata (si fa per dire)
del Pd, conquistando la poltrona di sindaco di Parma con tanto di solenne promessa (rimasta tale) di impedire l’avvio dell’odiato inceneritore. Da allora,
sono state più spine che rose.
Da oltre un anno i due non si incontrano di persona. L’ultima
scintilla riguarda le candidature
grilline alle Europee. Pizzarotti
ha espresso perplessità su criteri e qualità delle scelte. Grillo è
partito a testa bassa. Dopo averlo bollato come «Capitan Pizza», ieri ha affondato il colpo,
replicando alla richiesta di un
incontro con la canzone di Guc-
Sul blog
L’attacco del blog di Grillo a
Renzi per la scelta delle donne
capolista: l’unica risparmiata
è Caterina Chinnici
cini: storia di un amore finito e
di un dialogo impossibile. Non
contento, il leader ha postato il
video del marzo scorso in cui
Pizzarotti compare con il pd Civati e il sindaco di Milano Pisapia alla presentazione di un libro. Un modo per ridare fiato ai
sospetti sulla fedeltà del sindaco, incrinata dalla freddezza
con la quale Pizzarotti prese le
distanze dalle espulsioni dei senatori e dalla scelta di organizzare quell’incontro con gli amministratori grillini per nulla
gradito ai vertici. Fino a ieri Pizzarotti aveva scelto un profilo
basso, mantenendosi sul terreno a lui più congeniale: quello
del pubblico amministratore.
Su Facebook, si era limitato a ricordare che «mentre in Italia le
imprese chiudono, a Parma ne
apriamo di nuove grazie al bando del Comune». Poi la telefonata con il leader (ieri sera a Bologna con il suo spettacolo «Te
la do io l’Europa»). «Cosa ci siamo detti? Sono fatti nostri…»
ha tagliato corto il sindaco. Uno
dei primi espulsi, Giovanni Favia, ricordava: «A me Grillo dedicò De Andrè. I versi delle canzoni sono un brutto segno…».
Pizzarotti gode di un robusto
sostegno nel movimento e nella
squadra dei consiglieri comunali. Da vedere se basterà.
Francesco Alberti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’intervista
Il capogruppo di Ncd in Senato: moderati uniti, Alfano sarà il nostro Renzi
Sacconi: al governo
prevale la cultura
del centrodestra
«In Forza Italia ora hanno capito gli errori»
ROMA — «Angelino Alfano sarà
quello che è stato Matteo Renzi per la
sinistra: il candidato che ridà speranza
al centrodestra». Maurizio Sacconi,
presidente dei senatori del Ncd, si prepara alla tre giorni di Assemblea costituente del suo partito, che comincia oggi alla Fiera di Roma.
Alfano come Renzi?
«Quella che si apre ora è l’assemblea
costitutiva del Nuovo centrodestra, ma
punta a definire un percorso ancora più
ambizioso. Che si può paragonare alla
crescita di Renzi nella sinistra».
Un modo per chiudere con il passato e aprire un’altra fase?
«All’atto della trasformazione del Pdl
in Forza Italia fu questa la causa della
rottura. Il non voler rinunciare a
un’ambizione maggioritaria. Venuta
meno la candidatura di Berlusconi, per
ragioni ancorché ingiuste, serve una
nuova leadership. Che, in partenza, è
minoritaria come fu quella di Renzi, ma
rappresenta l’unico futuro possibile per
il popolo moderato nel breve periodo».
Perché nel breve periodo?
«Perché il primo passo è rappresentato dall’unità dei moderati di governo.
Questo esecutivo si va definendo ormai
come un governo bipartitico, con una
formazione che aderisce al Pse e una al
Ppe».
Il governo però è guidato da Renzi.
«Se Renzi è il motore dell’esecutivo, i
moderati uniti ne sono il timone. Il nostro ruolo è quello di garantire la direzione di marcia. E di proteggere le decisioni di questo governo anche dallo
stesso Pd».
L’opposizione interna a Renzi, dice?
«Sì. C’è una vecchia sinistra che subisce a fatica la nuova direzione intrapresa da Renzi. Noi ci assumiamo il
compito delle iniezioni liberali negli atti di governo e di difenderli. Come sta
accadendo sul decreto legge sul lavoro
e come accadrà per le riforme economiche e istituzionali».
Però ci sono anche non pochi punti
di discordia tra voi e il Pd. A cominciare dalla questione dell’elettività dei
nuovi senatori.
«I problemi veri riguardano i sindaci, che è impossibile scegliere in modo
che siano rappresentativi del popolo,
così come non possono fare il doppio
mestiere. Ma sulla riforma del Senato
Senatore
Maurizio
Sacconi, ex
ministro
del Lavoro,
è capogruppo
del Nuovo
centrodestra a
Palazzo
Madama
(LaPresse)
non sarà difficile andare d’accordo. Si
tratta anche di raggiungere una solida
intesa su Titolo V e federalismo responsabile».
Non è un problema stare al governo
con un pezzo di sinistra?
«Noi non possiamo che essere soddisfatti del prevalere della cultura del
centrodestra. Ci siamo posti due obiettivi: meno tasse e meno vincoli sul lavoro e sull’impresa. E quando una persona intellettualmente onesta come
Fassina ribadisce che la sinistra dovrebbe spendere per la crescita, noi andiamo in un’altra
direzione: quella
di restituire alla
società un pezzo
dei costi dello Stato».
E se Renzi non
ce la facesse?
«Se dovesse malauguratamente
fallire, Alfano rappresenterà l’alternativa democratica. Per questo abbiamo scritto il suo nome nel simbolo delle Europee».
Dialogherete con Forza Italia? E
con Berlusconi?
«Il popolo di Forza Italia, ma anche
molti dirigenti, si rendono conto delle
nostre ragioni. Quanto a Berlusconi,
continuiamo a ritenere ingiusta la sua
vicenda giudiziaria. E sbagliata ogni
volontà di inibire la sua agibilità politica. Per questo crediamo che questo governo dovrebbe fare quello che non siamo riusciti a fare in 20 anni: riforme vere della giustizia penale, per mettere fine all’anomalia giudiziaria italiana».
Alessandro Trocino
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Primo Piano 13
italia: 51575551575557
Il Parlamento Le tensioni
Il sistema
La «ghigliottina»
è la possibilità,
prevista
dal regolamento
del Senato
(a differenza
di quello della
Camera)
di abbreviare
il dibattito
parlamentare,
tagliando anche
gli emendamenti,
per arrivare al
voto. Secondo gli
articoli 78 e 55
del regolamento,
può scattare
al 30° giorno
dall’approdo a
Palazzo Madama,
se il ddl è stato
presentato
al Senato, o al
60° se trasmesso
dalla Camera
Bagarre e saluti fascisti
sul voto di scambio
Tensioni sul salva Roma
La ghigliottina al dibattito scatena i 5 Stelle
ROMA — Con la chiusura della seduta fissata alle 14 di un giovedì, per i grillini scatenati nell’Aula del Senato («Fuori la mafia
dallo Stato», hanno urlato ai colleghi) è stato un gioco da ragazzi
bloccare il testo che riformula, e di
fatto rende applicabile, il reato di
voto di scambio politico-mafioso
(416 ter). Pd, FI e Ncd hanno provato a forzare la mano votando
una richiesta di «chiusura anticipata della discussione generale»
(una «ghigliottina» sul dibattito)
ma poi, vista la protesta dei Cinquestelle, il controllo dell’Aula è
sfuggito di mano ai presidenti di
turno (Roberto Calderoli e Linda
Lanzillotta; il presidente Pietro
Grasso è impegnato all’estero) e la
mattinata si è conclusa senza che
fosse votato un solo emendamento. Mentre alla Camera, qualche
ora dopo, si registravano altri momenti di tensione sul decreto salva Roma, tra M5S e Pd, per il numero legale che è venuto a mancare (a Montecitorio non accadeva
dal 2007) con 104 assenze solo sui
banchi della maggioranza, prima
dell’approvazione finale a tarda
sera.
Per il ddl sul voto di scambio
tutto rinviato a martedì 15, dopo
una mattinata di autentica bagarre
con urla, strepiti, minacce, saluti
fascisti, insulti tra senatori inviati
per sms. A scaldare gli animi ci si è
messo poi anche il sanguigno
campano Giuseppe D’Anna, del
gruppo fiancheggiatore di Forza
Italia denominato Gal, che ha raccolto una per una le provocazioni
del M5S («Siete degli squadristi»,
li ha incalzati) e infine ha addirittura reagito avanzando nell’emiciclo col braccio alzato del saluto ro-
A Bergamo
Bossi a giudizio
per vilipendio
del presidente
Umberto Bossi a processo
per gli epiteti contro
Napolitano. Lo ha stabilito
ieri il Tribunale di
Bergamo, che ha anche
fissato la data del processo:
il 3 febbraio 2015. I fatti
risalgono al 2011, quando
l’allora leader leghista, alla
festa «Berghem frecc»
diede al capo dello Stato
del «terùn» (terrone).
Il processo sarà dunque
per offesa all’onore
del presidente della
Repubblica, vilipendio al
governo della Repubblica
con l’aggiunta della
discriminante etnica.
Il commento
DIECI ANNI DOPO
COME UN SECOLO
SEGUE DALLA PRIMA
Alcuni applaudono al cambiamento considerandolo un
segno di progresso, altri sono
semplicemente rassegnati di
fronte a quella che ritengono la
sua inevitabilità. Soprattutto, là
dove il cambiamento è favorito,
come nel caso dell’impianto di
ovuli fecondati, dalla tecnologia, è idea diffusa che resistere
al cambiamento sia una fatica
inutile. La tecnica, soprattutto
quando si sposa con il mercato,
ha una forza irresistibile. Prima
o poi travolge qualunque argine
legale le venga velleitariamente
opposto.
E ci sono, infine, le vicissitudini della politica italiana e, soprattutto, i problemi della nostra malandata democrazia.
Proprio il caso della legge 40 è
un buon punto di osservazione.
Documentava ieri il Corriere
(Mario Pappagallo, pagina 3)
che nel corso di questi dieci anni ben trentadue sentenze hanno smantellato la legge pezzo
per pezzo. Attraverso un lungo
lavorio compiuto dai tribunali
ordinari e dalla Consulta. E ciò
che è accaduto alla legge 40 è accaduto ad altre leggi, votate dal
Parlamento, su altri temi controversi. È un bene? È un male?
Quello che è certo è che gli spazi
decisionali degli organi rappresentativi, dei luoghi deputati alla rappresentanza della volontà
popolare così come si manifesta
attraverso libere elezioni, sono
ormai assai ristretti. Potremmo
dire: la politica propone, l’orga-
no giurisdizionale dispone.
Ma, si dice, c’è il vincolo di
costituzionalità. Sarà, ma occorre per lo meno riconoscere
che si tratta di un vincolo piuttosto elastico, variamente interpretabile (tanto è vero che sulla
legge 40 la Corte si è spaccata in
due: otto contro sette). E il vincolo risulta più o meno stringente a seconda di quanto debole oppure forte, screditata oppure rispettata, risulti, nel momento storico dato, la politica
rappresentativa. Se, ad esempio,
la politica fosse stata forte e rispettata, la Corte costituzionale
non si sarebbe mai potuta permettere l’invasione di campo
che ha fatto sentenziando sulla
legge elettorale.
Una buona ragione per ridare
credibilità alla politica rappresentativa è anche quella di allentare il vincolo, di non spostare definitivamente su tribunali,
Corti, e relativi funzionari, il
monopolio in ultima istanza
dell’interpretazione della volontà popolare.
A proposito di costume, va
segnalato infine quanto siano
stati inappropriati certi commenti sulla sentenza della Corte
in materia di fecondazione. È legittimo pensarla come si vuole.
Non lo è invece immiserire questioni così essenziali per la vita
sociale tutto appiattendo e tutto
riducendo, semplicisticamente,
a uno scontro fra cosiddetti
amanti del progresso e cosiddetti oscurantisti.
Angelo Panebianco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
mano e spargendo epiteti tipo
«guarda lo str... che sei». Così, alla
fine, lo spettacolo desolante visto
al Senato ha causato uno stop di
almeno sei giorni. E a nulla è servito l’appello del capogruppo del
Pd, Luigi Zanda, che ha speso l’argomento tempo. Non secondario
in questa vicenda: «Ogni rinvio di
questa legge favorisce chi non
vuole che la nuova norma entri in
vigore prima delle Europee».
In prima lettura, il testo di questa tormentata legge fu licenziato
all’unanimità dalla Camera; in seconda battuta, il Senato ha inasprito la norma (contraria Forza
Italia, astenuto il Ncd) provocan-
In Aula Il senatore di Gal Vincenzo D’Anna fa il saluto romano in segno di scherno verso il gruppo M5S (Ansa/Vista)
do però la reazione inaspettata dei
pm antimafia e dell’Anm che, forse, hanno visto in quel 416 ter disegnato a Palazzo Madama «una
gabbia troppo stretta» per il concorso esterno di stampo mafioso;
così, in terza lettura la Camera
(con i voti della maggioranza e di
Forza Italia e l’opposizione del
M5S) ha di nuovo alleggerito la
norma, abbassando le pene per i
politici a 4/10 anni come d’altronde avevano suggerito le commissioni Fiandaca e Garofoli per evitare che fossero uguali a quelle
previste per i mafiosi colpiti dal
416 bis (7/12 anni).
Per il senatore Mario Giarrusso
(M5S), questo è il più grande regalo alla mafia anche perché «l’in-
filtrazione delle cosche al Nord si
serve di un solo mezzo: la politica». Anche per il senatore Felice
Casson (Pd), che si è astenuto in
commissione, «il testo della Camera è un compromesso al ribasso». Il sottosegretario Cosimo Ferri (Giustizia), non condivide: «La
norma attuale, non efficace, è stata applicata 2 volte nel 2010, 6 nel
2011, 12 nel 2012. Noi ora la rendiamo applicabile». Donatella
Ferranti (Pd),ricorda ai grillini che
è la pena massima (10 anni) a determinare l’obbligo di arresto e
che «il nuovo testo è stato giudicato ottimo dal procuratore nazionale antimafia».
Dino Martirano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
14
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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Esteri
Caccia
al bond
4,95%
Il tasso di interesse ieri ad Atene nell’asta di titoli di Stato
a 5 anni per 3 miliardi di euro. La domanda è stata di 20 miliardi
L’Eurozona Ha successo la prima asta di titoli di Stato dall’inizio della crisi: collocati tre miliardi di buoni del tesoro quinquennali
Atene, bomba il giorno prima della Merkel
Attentato (senza vittime) alla Banca centrale mentre la Grecia torna sui mercati
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES — I simboli
contano, sempre. E ancor di
più in tempi di crisi, di torbidi.
Così ieri è stato un simbolo
importante l’annuncio che la
Grecia è tornata sui mercati finanziari internazionali dopo 4
anni di mortificante recessione, piazzando bene tutti i titoli
di Stato che aveva offerto, e rispondendo a una domanda
entusiastica da 20 miliardi di
euro. Ma nello stesso giorno,
all’alba, prima che ad Atene
aprissero le loro porte il Tesoro
e il ministero dell’Economia, è
stato un simbolo importante
— di ben altro genere — anche
l’auto carica di tritolo o chissà
cosa fatta esplodere vicino alla
Banca centrale greca e agli uffici della Trojka, la commissione
Scoppio Poliziotti
greci alla ricerca di
indizi tra i rottami
dell’auto esplosiva
saltata in aria fuori
dalla sede della
Banca di Grecia ad
Atene. Ventimila
persone hanno
marciato ieri pacificamente nella
capitale manifestando contro le
condizioni imposte alla Grecia
(Afp/Louisa
Gouliamaki)
mista che unisce Ue, Banca
centrale europea e Fondo monetario internazionale. Nessun
ferito, pochi danni, due strane
telefonate che mezz’ora prima
avvisano un quotidiano e una
testata web: cose già viste, fra
l’altro, in azioni compiute da
gruppi paramilitari o vicini ad
apparati dello Stato. Ma intanto, chiunque sia il mittente, il
messaggio ha raggiunto il suo
probabile scopo: diffondere
smarrimento, soprattutto a
poche ore dall’arrivo (oggi) di
Angela Merkel in visita di Stato, la seconda visita della cancelliera tedesca dopo quella
che nell’ottobre 2012 incendiò
le piazze ateniesi. Fra gli inquirenti, c’è già chi collega l’attentato all’ondata populista e anti-europea che sta percorrendo
un po’ tutti i Paesi. Perché gli
Quattro anni di buio
La crisi e i salvataggi
Nel 2010 la Grecia
arriva sull’orlo della
bancarotta: salvata da
due interventi
internazionali, con due
megaprestiti pari a 240
miliardi di euro.
I tagli e l’austerity
Per i prestiti da Fondo
Monetario e Ue Atene ha
accettate un severo piano
di austerity. Per una
nuova tranche, in queste
settimane licenziati 11
mila dipendenti pubblici.
La caduta del 25%
L’economia greca ha
sofferto una contrazione
del 25%. Il tasso di
disoccupazione rimane
vicino al 28%: mai così
tanti disoccupati negli
ultimi 33 anni
Il ritorno sui mercati
All’asta dei titoli di Stato a
5 anni hanno risposto
550 investitori. A fronte di
un’offerta pari a 3 miliardi
di euro, la richiesta è
stata di 20 miliardi. Tasso
d’interesse al 4,95%
obiettivi prescelti — la Banca
centrale greca, o la Trojka —
sono le istituzioni che ad Atene
incarnano vantaggi e svantaggi dell’austerità, del fiscal
compact, del rapporto con
l’Europa. Le indagini ufficiali
puntano soprattutto verso
l’estrema sinistra e uno dei
suoi capi: quel Christodoulos
Xiros, leader del movimento
«17 Novembre», evaso a gennaio e ritenuto responsabile di
23 omicidi. Nel mirino c’è anche un suo compagno di fede,
Nikos Maziotis del gruppo
«Lotta rivoluzionaria», anch’egli evaso e già autore di un
attentato alla Borsa di Atene.
Ma si indaga pure nella direzione opposta, cioè verso
l’estrema destra, che predica
con un linguaggio assai simile
contro i «vampiri della finanza
internazionale», la Bce, e la ramazza sui bilanci auspicata da
Angela Merkel. I rottami dell’auto esplosa erano ancora
sulla strada, e il centro della
città era ancora in stato d’allerta, quando sono arrivate le altre notizie, quelle buone, quelle dal mercato dei titoli. Una
domanda da 20 miliardi, quasi
un’ovazione internazionale
verso la Grecia in via di guarigione. E un’offerta andata a
buon fine: piazzati 7,5 miliardi
di buoni annuali al tasso d’interesse dello 0,58%, e 3 miliardi di buoni quinquennali a un
tasso del 4,95%. Un tempo si
offriva il triplo, «infiocchettando» i titoli nella speranza
(vana) di sedurre gli investitori
internazionali.
Il primo ministro Antonis
Samaras ha detto che «i mercati internazionali hanno manifestato in modo indiscutibile la
loro estrema fiducia nell’economia greca, nel futuro della
Grecia e nella capacità del nostro Paese di uscire dalla crisi
prima del previsto». Per il vicepremier socialista Evangelos
Venizelos il ritorno sui mercati
è stato «un grande successo,
ancora migliore che in altri Paesi come Irlanda e Portogallo».
Si va verso la stabilizzazione: e
forse è proprio questo il pensiero che ha mosso gli attentatori alla Banca centrale.
Luigi Offeddu
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Stati Uniti
Lascia la ministra della Sanità
dopo i guai della riforma
WASHINGTON — Il ministro della Sanità Usa, Kathleen Sebelius,
ha deciso di lasciare l’incarico in seguito alla riforma della legge
sull’assistenza sanitaria ostacolata da ripetuti problemi e
lentezze. Sebelius, che sarà sostituita da Sylvia Mathews Burwell,
ora all’Ufficio del Budget, è una delle collaboratrici più «longeve»
di Obama. Ma i problemi legati al debutto della riforma hanno
danneggiato fortemente la Casa Bianca. E lei si è dimessa.
Consiglio di Sicurezza
Sì ai Caschi blu in Centrafrica
L’Onu dà via libera alla missione
NEW YORK — L’Onu ha dato via libera all’invio di Caschi Blu
nella Repubblica Centrafricana a partire dal 14 settembre 2014.
Tempi lunghi per una crisi che avrebbe bisogno di aiuti
immediati: l’altro ieri almeno 30 persone sono state uccise
durante gli scontri tra milizie cristiane anti-Balaka (letteralmente
anti-machete) e le bande degli ex ribelli musulmani (ed ex
governativi) nella città di Dekoa. Migliaia di persone sono morte,
1,3 milioni hanno dovuto lasciare le proprie case.
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Esteri 15
italia: 51575551575557
La crisi La condanna Usa: «Combustibile usato come mezzo di coercizione»
Le rotte del gas
Putin agita l’arma del gas
«A rischio anche l’Europa»
FINLANDIA
FI
In Ucraina Manifestanti filorussi in divisa militare sovietica nella città di Odessa (Afp)
«Non vogliamo la partizione
Ma l’Ucraina resti neutrale
e si trasformi in federazione»
L’ambasciatore Razov: apprezziamo l’Italia
ROMA — «Concentrare forze armate in un
punto o nell’altro del proprio territorio rientra nei diritti di uno Stato sovrano. In Ucraina non stiamo violando alcun accordo o impegno internazionale, com’è stato appurato
nel corso di recenti controlli di esperti internazionali. Il presidente Putin, nel discorso
del 18 marzo, ha fatto appello agli ucraini a
non fidarsi di chi agita la minaccia russa, dicendo che dopo la Crimea toccherà ad altre
regioni. La Russia non desidera la divisione
dell’Ucraina. Non ci serve questo. Purtroppo
in Occidente molti vogliono accreditare la
falsa immagine di Mosca come forza occupante, nemica e non partner».
Sergej Razov è da quasi un anno l’ambasciatore della Federazione Russa in Italia.
Nell’intervista al nostro giornale, il diplomatico dice che Mosca «condivide la preoccupazione per il fatto che a Donetsk come nelle
altre grandi città dell’Ucraina orientale,
Kharkov e Lugansk, la situazione sia lontana
dalla normalità». Però, osserva, il «disordine
è stato provocato non dalla mano di Mosca
ma dalla politica delle autorità di Kiev. È il riA Roma Sergej
Razov, 61 anni,
ambasciatore
della Federazione Russa in
Italia. Ha ricoperto incarichi
al ministero
degli Esteri
e in diverse sedi
diplomatiche
fiuto del dialogo con la popolazione della riva sinistra del Dnepr ad aver prodotto azioni
di risposta altrettanto radicali».
Ambasciatore, l’annessione della
Crimea ha prodotto l’isolamento internazionale della Russia, l’esclusione dal G8 e
una serie di sanzioni. Vi aspettavate una
reazione così dura dalla comunità internazionale?
«È infondato parlare di isolamento della
Russia. La recente votazione all’Onu sull’integrità territoriale dell’Ucraina ha portato 70
Paesi a votare contro o ad astenersi, fra questi potenze come Cina, India e Brasile, mentre la maggioranza dei Paesi non ha partecipato al voto. L’esclusione, spero temporanea,
dal G8 non è un dramma per la Russia, che vi
partecipava in modo informale per approfondire il dialogo sulle questioni di maggiore attualità dell’agenda internazionale. La
nostra non partecipazione a questo club implicherà il suo indebolimento. Quanto alle
sanzioni, la pressione esercitata non è una
cosa piacevole. Se si estendesse all’ambito
economico-finanziario, essa comporterebbe
per noi perdite secche. Ma va ricordato che le
sanzioni sono arma a doppio taglio e che lo
scambio commerciale tra la Ue e la Russia
supera i 400 miliardi di dollari l’anno».
Il presidente Putin difende l’annessione
della Crimea sulla base della volontà popolare e dei legami storici con la Russia. Ma
esiste anche il diritto internazionale, che
avete invocato in altre situazioni come in
Cecenia e che in questo caso avete violato...
«La Crimea faceva parte della Russia da
secoli. Venne concessa all’Ucraina nel 1954
con decisione arbitraria dal dirigente sovietico Kruscev, senza approvazione popolare.
Ci vivono 1,5 milioni di russi su 2,3 milioni
di persone. In Crimea nacque la flotta russa,
che vi ha ancora una base. Questi sono fatti
incontestati. Nel referendum del 16 marzo, il
96% dei partecipanti ha deciso di riunirsi alla
Russia. Sul piano dei diritto internazionale,
la decisione è stata presa sulla base del regolamento dell’Onu e in conformità alla dichiarazione dell’Assemblea generale, secondo cui quando un popolo non può esercitare
i propri diritti nello Stato in cui abita, acquisisce il diritto all’autodeterminazione, separandosi o annettendosi a un altro Stato. Vorrei ricordare che nel caso della separazione
del Kosovo dalla Serbia, gli Stati Uniti hanno
affermato che le dichiarazioni di indipendenza spesso violano il diritto interno, ma
non la legalità internazionale. Anche l’Ucraina nel 1991, uscendo dall’Urss, ha invocato
l’autodeterminazione. Nessun partner occidentale sollevò questioni giuridiche di fronte alla disgregazione dell’Unione Sovietica».
Il peggioramento dei rapporti con l’Occidente avrà conseguenze sulla collaborazione russa alla soluzione delle crisi regionali, come Iran e Siria?
«Sui dossier siriano e iraniano abbiamo
una posizione di principio costruttiva. La
nostra diplomazia continua il suo lavoro
nella cornice creatasi. Sarebbe auspicabile
che i nostri partner occidentali riconoscessero a loro volta che la Russia è membro autonomo e attivo della vita internazionale e
che anch’essa, come altri Paesi, ha interessi
nazionali che vanno considerati e rispettati».
Come giudica la posizione dell’Italia?
«Apprezziamo la posizione dei colleghi
italiani che invitano a conservare canali di
dialogo con la Russia. Speriamo che gli appelli insistenti a restrizioni, punizioni e sanzioni non portino alla chiusura di questi canali».
Ma voi tornerete al dialogo?
«La Russia vuole una soluzione della crisi
ucraina con mezzi politici e diplomatici. Abbiamo formulato proposte serie, come la
creazione del “gruppo di sostegno”, con una
composizione accettabile per tutte le forze
politiche ucraine. Riteniamo indispensabile
che la Rada Suprema convochi un’Assemblea
costituente, dove tutte le regioni siano rappresentate su base paritaria, per redigere una
nuova Costituzione: federalismo, bilinguismo e neutralità dovrebbero essere i cardini
del nuovo assetto politico ucraino».
Paolo Valentino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MOSCA — Vladimir Putin è
deciso a giocare la sua carta più
forte nella partita sul futuro dell’Ucraina e minaccia di chiudere
definitivamente i rubinetti del
gas se non si avvierà una seria
trattativa con l’Europa. Questo
mentre a Washington i Paesi del
G7 (il G8 senza la Russia, per intenderci) si riuniscono per valutare aiuti a Kiev e nuove sanzioni contro Mosca se scattasse un
intervento armato.
La Nato ha infatti diffuso foto
satellitari che mostrano senza
ombra di dubbio la presenza
militare russa proprio a ridosso
dell’Ucraina: 35-40 mila uomini
con mezzi di tutti i tipi che potrebbero consentire loro di
avanzare rapidamente in poche
ore. Formalmente non è una
violazione dei trattati perché la
task force è nei limiti previsti e
si trova in territorio russo. Ma è
come puntare una pistola «in
direzione» di un vicino e sostenere che non si tratti di una minaccia. Secondo la Russia, comunque, sono i Paesi Nato a
violare le regole con l’invio di
qualche aereo e pochi uomini
negli Stati membri che si sentono più minacciati.
Putin ha scritto ai leader dei
18 Paesi europei che consumano gas russo, Italia compresa. Si
tratta di uno sfogo, ma anche di
un chiaro monito che da molti
considerato una provocazione.
Dopo che in una riunione al
Cremlino si era parlato di un de-
San
Pietroburgo
NORD STREAM
RUSSIA
FRATELLANZA
DANIMARCA
IMAR
MAR
RCA
A
Mosca
LIT
ITTUANIA
BIEL
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BIELORUSS
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GERMANIA
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Mosca potrebbe interrompere le forniture a Kiev
L’intervista Il rappresentante del Cremlino a Roma
YAMAL
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POLONIA
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UNGH
GH
HER
RIA
RI
FRANCIA
UCRAINA
LEGENDA
Gasdotti russi
esistenti
in programma
Gasdotti
di altri Paesi
Opal
White Stream
Trans-Caspian
Tap
Interconnettori
(in programma
o costruiti)
BLUE STREAM
Baku
ITALIA
Ankara
SPAGNA
GRECI
GRECIA
CIA
A
Tbilisi
GEORG
GIA
G
IA
A
TURCHIA
SOUTH STREAM
Fonte: l’Economist
bito totale dell’Ucraina di 16,6
miliardi di dollari, Putin ha alzato la posta: «Negli ultimi quattro
anni la Russia ha sovvenzionato
l’economia ucraina con tagli sul
prezzo del gas che ammontano a
35,4 miliardi di dollari».
CORRIERE DELLA SERA
L’Europa parlava, sostiene
Vladimir Vladimirovich, e la
Russia «pagava». La contropartita era il mantenimento di Kiev
nell’orbita di Mosca, ma questo
il presidente nella lettera non lo
dice. Ora il Cremlino non è più
L’appuntamento
Berlino, forum sull’Europa Orientale
Vita (Unicredit): saggezza e dialogo
BERLINO — (p. l.) Il primo vicepremier russo Igor Shuvalov non
ha avuto esitazioni quando gli è stato chiesto se avesse stretto la
mano al ministro dello Sviluppo economico ucraino, Pavlo
Sheremeta, presente come lui all’East Forum Berlin, organizzato
da Unicredit e dalla commissione tedesca per i rapporti economici
con l’Europa Orientale. «Certamente» ha risposto. La crisi ucraina
non poteva non dominare questo appuntamento, al quale hanno
partecipato uomini di governo e dell’economia di trenta Paesi per
sviluppare la collaborazione nella prospettiva di «uno spazio
economico da Lisbona a Vladivostok». Sintetizzando lo spirito
della discussione, il presidente di Unicredit, Giuseppe Vita, ha
sottolineato la necessità di sfruttare fino in fondo «la saggezza del
dialogo». «Altrimenti — ha aggiunto — perderemo tutti».
disposto a venire incontro alle
esigenze del vicino. A meno che
non si apra un tavolo di trattativa e che gli europei facciano la
loro parte «tenendo conto di
quanto la Russia ha sborsato».
Il problema è che poi Mosca
vuole anche dire la sua sull’assetto costituzionale dell’Ucraina, chiedendo uno stato federale. Soluzione che non è accettata
dall’attuale governo di Kiev, ma
nemmeno dal partito delle regioni (quello filorusso) che l’ha
rigettata. L’alternativa? Blocco
del gas all’Ucraina e, visto che
Kiev potrebbe «rubare» il metano destinato agli altri Paesi europei, riduzione anche delle altre forniture. Naturalmente Mosca giura che non si tratta affatto
di un ricatto. Mentre gli Usa
hanno condannato ieri il Cremlino per il suo tentativo di usare
il gas come «mezzo di coercizione» nella disputa con Kiev.
Fabrizio Dragosei
@Drag6
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Il caso Renzi: «Inaccettabile l’avversione ideologica all’italianità»
Per un pugno di olive
Italia e Spagna
alla guerra dell’olio
Duello sull’export del gruppo Deoleo
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
MADRID — Tutt’e due sono
cresciuti a pane e olio, solo che
uno lo chiama bruschetta e l’altro tostada. Da una parte l’andaluso di Jaen, capitale mondiale
degli ulivi, Cristobal Montoro.
Dall’altra il toscano di Firenze,
Matteo Renzi. L’andaluso ora fa
il ministro delle Finanze a Madrid e nel caos della ristrutturazione bancaria spagnola ha annusato il pericolo di veder tornare all’Italia il controllo della
filiera dell’olio d’oliva. Non preoccupatevi — ha detto tre giorni
fa —. Dovesse servire lo Stato è
pronto ad intervenire. Il toscano, ora presidente del Consiglio,
ha reagito ad una fiera vinicola.
«Lo dico da persona rispettosa
dei mercati: quella sorta di avversione ideologica emersa pochi giorni fa rispetto all’italianità della proprietà è inaccettabile».
La reazione italiana è forse arrivata tardi per difendere gli interessi nostrani, però ha almeno
avuto l’effetto di dare all’operazione un’apparenza di rispetto
delle regole di mercato. Solo
un’apparenza, forse. Gli spagnoli hanno scelto un partner
inglese, ma imponendogli, secondo voci di corridoio, di ri-
spettare l’integrità della società
e quindi gli interessi nazionali.
In palio c’era Deoleo, il conglomerato di produzione e commercializzazione che vende
(calcoli del presidente della
Coldiretti, Roberto Moncalvo)
300 milioni di litri di olio spagnolo sfruttando marchi storici
del Made in Italy. L’intera società
vale, secondo i suoi nuovi futuri
proprietari, 439 milioni. Per un
confronto, sempre lungo la linea di faglia tra le economie di
Italia e Spagna, salvare l’italianità di Telecom sarebbe costato all’incirca 2,3 miliardi. Fatte le debite proporzioni, quindi, le olive
restano comunque affare serio.
Il gruppo
Deoleo produce e
commercializza l’olio
spagnolo sfruttando
marchi del Made in Italy
Bruschetta e tostada
Il premier italiano
assicura: «Parlerò
della questione
con il mio amico Rajoy»
Esteri 17
italia: 51575551575557
Siamo noi ad avere lanciato la
moda: spaghetti, olio e parmigiano e tutti si vedevano a tavola
con Sofia Loren. La Spagna però
è di gran lunga il più grande
produttore globale. Una volta latifondi e manovalanza, oggi cooperative e clientele politiche.
La Spagna produceva e l’Italia
imbottigliava. Poi è arrivata la
riscossa iberica e la sbadataggine italiana.
Spinte dal credito facile, le
imprese iberiche hanno comperato i marchi italiani. Sfruttando
il crac Ferruzzi si sono portati a
casa Carapelli. Con il crac Cirio,
Bertolli. Primo e quarto marchio
mondiale. Grazie al mezzo miliardo di debiti di Deoleo, l’olio
spagnolo non deve più lasciare
il Paese nelle navi cisterna, ma
in bottiglia con etichetta italiana
e a prezzo pieno. Ne guadagnano produttori e bilancia dei pagamenti. Spagnoli.
Con la crisi del sistema bancario iberico tutto è tornato in
discussione. Gli istituti di credito legati ai potentati politici locali sono crollati. La famigerata
Bankia salvata con 19 miliardi
europei, è costretta a disfarsi
delle partecipazioni azionarie,
Deoleo inclusa. Così come un’altra nazionalizzata: Bnm. Altre
due banche si erano aggiunte al-
✒
In cifre
750.000.000
Gli alberi di ulivo coltivati nel mondo:
il 95% nella regione del Mediterraneo
3.000.000
Le tonnellate di olio prodotte
nel mondo nella stagione 2013-14
La scommessa di Cameron
Un figlio d’immigrati alla Cultura
di FABIO CAVALERA
IL CONFRONTO
Produzione annuale in tonnellate
1,5 milioni
Spagna
500 mila
Italia
Il 93% della
produzione europea
viene da Spagna,
Italia e Grecia
Tradizionalmente l’80% della produzione
spagnola era venduta all’ingrosso in Italia
e da qui rivenduta all’estero. Oggi la
percentuale è calata a circa il 50%
LE REGIONI DOVE SI CONCENTRA LA PRODUZIONE
ITALIA
SPAGNA Catalogna
Estremadura
Puglia
D
ivisi e impauriti dall’onda populista dell’Independence
Party di Nigel Farage, i conservatori mettono in rampa di
lancio una nuova «stella»: quella di un musulmano, figlio di
un emigrato arrivato nel Regno Unito con una sola sterlina in
tasca, poi conducente di autobus. David Cameron, in crisi di
consensi, ha nominato il quarantaquattrenne Sajid Javid
ministro della Cultura e delle Pari opportunità al posto di
Maria Miller costretta alle dimissioni per avere aggirato le
regole sulle note spese parlamentari (5.800 sterline). Un
avvicendamento necessario ma che, al di là della formalità,
ha un significato di un certo rilievo. Sajid David è la sintesi
del «nuovo» tory. Non il tory che esce dalla upper class,
dall’aristocrazia, dai circoli etoniani o oxoniani. E non è il
tory bianco, inglese doc e supponente. È un asiatico, è l’ex
studente discriminato che alla fine del liceo i professori non
pensavano fosse in grado di frequentare l’università, l’ex
ragazzo di una famiglia che abitava in Stapleton Road a
Campania
pa
la
Calabria
In ascesa
Sajid Javid,
44 anni, conservatore, è nato in una
famiglia di immigrati pachistani
a Rochdale, nel
Lancashire, ed è
cresciuto a Bristol
ia
Castiglia- Sicilia
La Mancha
Circa
l’80% delle
coltivazioni
si trova in
Andalusia
Circa il 90%
della produzione
proviene
dalle regioni
meridionali
la dismissione, ma poi ci hanno
ripensato facendo valere il loro
peso (e quello di Madrid) sul futuro assetto del gruppo. L’asta
era stata deludente con offerte
inferiori al prezzo corrente delle
azioni. In lizza anche una cordata costituita dal Fondo Strategico Italiano e dal fondo del Qatar
contro la quale si sono puntate
le attenzioni politiche spagnole.
Il prezzo più alto è stato proposto da Cvc, un fondo inglese, e in
tarda serata il Consiglio di amministrazione Deoleo ha scelto
di accettare comunque la magra
offerta britannica. In cambio
Cvc Capital Partners avrebbe dato assicurazioni a Madrid di non
dividere la società in pezzetti e
non sottrarre alla regia spagnola
il ciclo dell’olio, dall’albero al
supermercato. Gli italiani mancata questa prima finestra per
rientrare in gioco, potrebbero
non trovarne altre per molti anni a venire. «Ne parlerò con il
mio amico Rajoy», ha promesso
Renzi. Probabilmente è tardi. La
faccenda, per sua natura, è scivolata via in fretta.
Andrea Nicastro
@andrea_nicastro
Bristol, una delle strade più violente dell’Inghilterra.
Insomma, un proletario che però a vent’anni si dichiarava
supporter di Margaret Thatcher. È un conservatore anomalo
che si è fatto da solo fino a diventare banchiere, il più giovane
vicepresidente (a 24 anni) della Chase Manhattan Bank e
successivamente direttore della Deutsche Bank. Nel 2010 ha
rinunciato a tre milioni di sterline di stipendio (lui ex povero)
per le 150 mila sterline di Westminster. Ha sostenuto la legge
sui matrimoni gay, è moderatamente europeista e contrario
agli estremismi anti-immigrati. Eppure si professa seguace
della Lady di Ferro della quale tiene la foto appesa dietro la
scrivania. È la scommessa dei tory. Per risalire la china,
specie in vista delle elezioni politiche del 2015.
@fcavalera
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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ANCHE SABATO E DOMENICA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
21
italia: 51575551575557
Cronache
L’inchiesta sulla sanità Secondo il gip il senatore era il «fulcro» di un’associazione «che trasferiva fondi»
Napoli
Villa e soldi sequestrati a Formigoni
«Un tesoretto a sua disposizione»
Mastella
e la moglie
a giudizio
ne a delinquere «volta a trasferire indebitamente e con sorprendente continuità al San Raffaele
e alla Maugeri ingenti finanziamenti regionali tangibilmente
maggiori di quanto sarebbe stato permesso dai parametri e dai
limiti della discrezionalità amministrativa e tecniche». «Secondo un piano preordinato sin
dal 2000-2011», a detta del gip
«una notevole quota di tali somme dovevano essere drenate
odierno presidente della Com- dalle Fondazioni verso società
missione Agricoltura di Palazzo estere e conti riconducibili a
Madama, non morirà però di fa- Daccò e Simone», i mediatori
me: il sequestro risparmia infatti d’affari sanitari di area ciellina
il conto sul quale l’attuale sena- «sempre in contatto con Formitore non più del partito di Berlu- goni». E mentre Daccò «si recava
sconi ma di quello di Alfano con continuità nei corridoi e ne(Ncd) percepisce ciò che non gli uffici regionali per raccordarpuò essere vincolato, e cioè l’in- si con Sanese e Lucchina», Dacdennità parlamentare mensile cò e Simone erano «i gestori di
di 5.300 euro netti (poi ci sono un “tesoretto” dell’ordine di de3.500 di diaria, 1.650 di rimbor- cine di milioni di euro che in
so spese generali, e 2.090 di rim- parte, negli anni, veniva messo a
borso spese per l’esercizio del disposizione del presidente Formandato). Il sequestro colpisce migoni e del suo entourage».
anche i beni di Perego, e si
Formigoni «non ha contestaestende ai coimputati Daccò, to» di aver ad esempio «goduto
Antonio Simone e Costantino dell’integrale pagamento» da
Passerino già privati nel luglio Daccò e Simone «di costose va2012 di 25,4 milioni.
canze e fatto uso con Perego
Formigoni, «coadiuvato dal (previ contratti di noleggio mai
segretario generale della Regio- pagati) di imbarcazioni di alto
ne, Nicola Maria Sanese e, quan- bordo», ma «si è limitato a sotomeno da un certo periodo in stenere» che era «per mera stipoi, dal direttore generale della ma e amicizia». E qui il gip nota
Sanità lombarda, Carlo Lucchi- come, «pur non avendolo mai
na», «sino al 2011» per il gip è proposto in nessuna denuncia,
stato «fulcro» di una associazio- la difesa di Formigoni va nel
senso che Daccò e Simone
avrebbero commesso una sorta
di millantato credito nei loro
rapporti» con gli ospedali. Formigoni, aggiunge il gip richiamando i ricordi del capo area
della Banca Popolare di Sondrio,
«ha avuto disponibilità di ingenti contanti non giustificati
dai suoi legittimi introiti
(non intaccati da alPorto Cervo
cuna spesa), in
parte fatti arrivare all’ex
Arzachena
compagna
Località
Emanuela
Li Liccioli
SS125
Talenti e a
Porto
Perego»; e
Rotondo
ha «fatto
pervenire a
SP16
titolo di mutuo 1 milione a
Olbia
Perego per acquiSP24
stare la villa in Sardegna, senza aver mai dato giustificazione della provenienza di tale somma».
Sigilli a beni «fino a 49 milioni di euro», tra cui conti correnti e tre auto
La vicenda
I reati
Corruzione
e associazione
a delinquere
Il 3 marzo scorso l’ex
presidente della Lombardia e
attuale senatore di Ncd
Roberto Formigoni è stato
rinviato a giudizio. I reati
contestati sono associazione
a delinquere e corruzione in
relazione ai rapporti tra la
Regione e le Fondazioni
sanitarie Maugeri e San
Raffaele
MILANO — In principio furono le «ricevute» dei viaggi prima date per certe e poi però mai
esibite nei rapporti con il mediatore Pierangelo Daccò, «apriporte» dei gruppi sanitari privati
Maugeri e San Raffaele all’interno della Regione Lombardia
presieduta allora dal «Celeste».
Quindi subentrò la teoria delle
«vacanze di gruppo», di cui soltanto testoni faticavano a comprendere le taumaturgiche virtù
nell’asserita ripartizione delle
spese in viaggi-vacanze-cenecampagne elettorali. Infine, di
fronte al rinvio a giudizio lo
scorso 3 marzo per l’ipotesi di
associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, pervenne
l’autocertificazione di essere
«puro come acqua di fonte».
Tutto sommato, era meglio ritrovare le ricevute: perché ieri
mattina Formigoni si è visto sequestrare tutti i propri conti in
banca (meno uno), la milionaria
villa in Sardegna ricondotta a lui
in località Li Liccioli ad Arzachena, frazioni di altre proprietà
immobiliari condivise a Lecco
con parenti, e tre auto sino all’equivalente di una concorrenza
teorica di 49 milioni.
Il sequestro preventivo dei
saldi bancari, trasferiti sul Fondo Unico Giustizia, è stato infatti
ordinato dal giudice Paolo Guidi
su richiesta il 26 febbraio dei pm
Laura Pedio, Antonio Pastore e
Gaetano Ruta, a garanzia della
futura confisca (in caso di condanna) del profitto dei reati addebitati a Formigoni (per circa 8
milioni) nel decreto che lo ha
rinviato a giudizio dal prossimo
6 maggio: poco o tanto che giaccia sui conti di Formigoni passa
quindi sotto controllo dello Stato sino a un valore di 49 milioni
di euro per l’associazione a delinquere (per l’accusa i profitti
sono di più, ma ai fini del provvedimento cautelare contano
solo quelli dopo l’entrata in vigore di una novella legislativa
nel 2006), sino a 39 milioni per
le corruzioni Maugeri, e sino a
7,6 milioni per le corruzioni San
Raffaele.
Lo stesso vale per la trascrizione immobiliare da operare
nei registri sardi della favolosa
villa ceduta nel 2011 da una società di Daccò a prezzo di favore
(per un vantaggio stimato dagli
inquirenti in 1,5 milioni di risparmio rispetto ai valori veri di
mercato) a un coinquilino di
Formigoni nella comunità laicale dei «Memores Domini» di Cl,
Alberto Perego, finanziato nello
stesso periodo con 1,1 milioni
proprio da Formigoni.
L’ex governatore lombardo,
Risparmiato
Al provvedimento della
magistratura sfugge
solo lo stipendio
di parlamentare
I regali
Viaggi esotici,
yacht e sconti
sulla megavilla
A Formigoni viene contestato
in particolare di avere
ricevuto regali per un valore
complessivo di 8 milioni di
euro tra vacanze e viaggi in
località esotiche, uso gratuito
di yacht oltre alla famosa villa
in Sardegna che l’ex
governatore ha pagato a un
prezzo scontato di 1,5 milioni
sul valore di mercato
I favori
Porte aperte
a Maugeri
e San Raffaele
Con Formigoni andranno a
processo Pierangelo Daccò,
«apriporte» in Regione per
conto di Maugeri e San Raffaele,
il dirigente della sanità
lombarda Carlo Lucchina e il
collaboratore di Formigoni
Antonio Simone. Tutti si
sarebbero attivati per far
arrivare finanziamenti regionali
alle due istituzioni sanitarie
La sorpresa
Lo Stato blocca
al senatore
soldi e immobili
Ieri il gip di Milano ha
ordinato il sequestro a scopo
preventivo di beni
appartenenti a Formigoni
fino a 49 milioni di euro.
Passano sotto il controllo
dello Stato conti bancari,
automobili e anche la famosa
villa in Sardegna. Per i giudici
i 49 milioni sono il «frutto»
della corruzione
Gioiello La villa in località Li Liccioli ad Arzachena sotto sequestro: fu acquistata dal coinquilino di Formigoni, Alberto Perego (Ansa)
Luigi Ferrarella
[email protected]
Giuseppe Guastella
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’ex governatore «Fa parte della strategia e della violenza diffamatoria che mi hanno colpito»
«Vogliono farmi passare per Paperone»
MILANO — Parla di sé in terza persona, il politico di razza è nervoso, quasi
stizzito. «Vogliono far passare Roberto
Formigoni per un riccone sfondato, dopo aver tentato di distruggerlo politicamente». Prova con l’ironia: «Hanno messo sotto sequestro un conto con 18 euro
di attivo e un altro in rosso di 75 mila.
Spero che ora almeno il debito in banca
sia da considerarsi estinto».
Le hanno messo sotto sequestro beni fino a 49 milioni di euro. Lei è ricco,
come fa a negarlo?
«Dei conti correnti ho già detto. La
villa in Sardegna non è intestata a me. Le
tre macchine sono una Panda, una Multipla e una Mito. Non fuoriserie, come si
vede. E poi ho una piccola casa a Sanremo ereditata dai miei genitori e due appartamenti a Lecco abitati dai miei fratelli. Le sembro un Paperone? Violenza
diffamatoria, ecco cos’è. Dopo avermi
colpito politicamente ora tentano di farlo sul piano personale. È una damnatio
memoriae a Formigoni ancora in vita.
Sono rimasto sbalordito da queste modalità. E d’altra parte io ho lasciato una
Regione con la sanità migliore d’Italia e i
Sotto accusa Roberto Formigoni, 67 anni
conti in pareggio. Come può esserci corruzione in un sistema che ha questi primati? E perché non vanno a indagare nei
conti delle altre Regioni?».
Secondo i giudici, Simone e Daccò
«gestivano un tesoretto dell’ordine di
decine di milioni di euro che in parte,
negli anni, veniva messo a disposizione
del presidente Formigoni e del suo entourage, in relazione a spese per ville,
imbarcazioni di alto bordo, lussuose
vacanze, cene, appuntamenti elettorali». Come si difende da queste accuse?
«Fino a ieri mi venivano contestate
“utilità” per otto milioni di euro, di cui
quattro e mezzo per l’acquisto di tre barche che non sono mai state mie. E poi per
le cene pagate da Daccò, un uomo che
conoscevo da decenni e che offriva cene
a decine di commensali, non certo solo a
Formigoni».
E le vacanze. Le famose ricevute che
lei non ha mai esibito?
«Erano vacanze tra amici. E tra amici
non esistono né ricevute, né fatture, né
contabilità burocratica. C’era chi offriva i
biglietti di viaggio e chi si sdebitava
comprando qualcosa durante il soggior-
no. Alla fine il saldo era comunque in pareggio. Se poi Daccò e Simone hanno
commesso degli errori ne risponderanno e pagheranno le eventuali conseguenze penali».
La Fondazione San Raffaele e la Fondazione Maugeri hanno ricevuto finanziamenti regionali «tangibilmente
maggiori di quanto sarebbe stato permesso dai parametri e dai limiti della
discrezionalità amministrativa e tecniche». Come può affermare che nella
sanità lombarda tutto era pulito?
«Le quindici delibere che la Procura
mi contesta sono state approvate nell’ordine dal Tar, dal Consiglio di Stato e dalla
Corte dei Conti. Nessuno dei tre organi
giudiziari ha avuto nulla da eccepire.
Erano delibere perfettamente corrette.
Non un euro è stato regalato alla Maugeri e al San Raffaele».
Si candiderà alle Europee?
«Sto valutando. Ho dato la mia disponibilità al mio partito, ma al Parlamento
europeo sono già stato. Non bramo, se è
necessario però non mi sottrarrò».
Andrea Senesi
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NAPOLI — Clemente
Mastella e sua moglie
Sandra Lonardo (nella
foto) saranno processati,
insieme con altri quindici
imputati, per associazione
per delinquere. Una
associazione che, secondo
la tesi sostenuta dalla
Procura di Napoli e
condivisa ieri dal giudice
dell’udienza preliminare
che ha disposto il rinvio a
giudizio, aveva un nome
ben preciso: Udeur.
Secondo l’accusa il
partito, che è sempre
stato di fatto identificato
nei coniugi Mastella,
agiva, nei suoi vertici, per
commettere «una serie
indeterminata di delitti
contro la pubblica
amministrazione», e
mirava «soprattutto
all’acquisizione del
controllo delle attività
pubbliche di concorso per
il reclutamento di
personale e gare
pubbliche per appalti ed
acquisizioni di beni e
servizi bandite da enti
territoriali campani,
aziende sanitarie e
Agenzie regionali». La
vicenda giudiziaria è
quella relativa
all’inchiesta sulle nomine
all’Arpac, l’agenzia
regionale per l’ambiente,
che secondo il pm
Francesco Curcio (oggi
alla Direzione nazionale
antimafia e in passato
sostituto alla Dda di
Napoli) furono gestite in
maniera clientelare da
Mastella e dagli altri
dirigenti dell’Udeur.
L’accusa di associazione
per delinquere, però, fu
inizialmente respinta dal
giudice che per primo —
circa tre anni fa — valutò
la richiesta della Procura.
Ci furono vari rinvii a
giudizio, tra i quali quelli
degli stessi Mastella e
Lonardo, ma per altri
reati. Il pubblico
ministero, però, fece
ricorso in Cassazione e
ottenne una nuova
udienza preliminare. Che
stavolta si è conclusa
diversamente. «Mai nella
storia repubblicana
italiana si era verificata
una tale circostanza — è il
commento di Mastella —.
Sarei il capo di
un’associazione a
delinquere chiamata
Udeur. Un partito che ha
contribuito a eleggere
presidenti della
Repubblica e primi
ministri». Il processo
comincerà il prossimo 18
giugno.
F. B.
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22 Cronache
I nodi I problemi del legislatore dopo la Consulta
I figli potranno cercare
i genitori biologici?
I dilemmi dell’eterologa
Meno Paesi garantiscono l’anonimato
L’eterologa ora si può fare
anche in Italia. Ma come? Con
quali regole? Per i giuristi ci
sono, per i politici vanno
scritte per richiamare i centri
a una disciplina univoca. La
Corte costituzionale ha cancellato il divieto contenuto
nella legge, la numero Quaranta del 2004, sulla procreazione medicalmente assistita.
Una svolta storica. Eravamo
l’unico Paese europeo a vietarla. Fra un mese usciranno
le motivazioni. E allora si capirà meglio cosa hanno deciso i giudici e come potrà avvenire la riapertura alle tecniche
che implicano l’impiego di
cellule-gameti (ovocita e
spermatozoi) non appartenenti alla coppia ma donati.
Molti sono i punti da approfondire. A cominciare dall’anonimato di chi «fornisce»
gameti, cioè chi li cede a persone infertili. È un loro diritto? O deve prevalere l’interesse del bambino desideroso o
bisognoso per motivi medici,di sapere chi ha reso possibile la sua nascita?
scientifiche devono produrre
delle linee guida, siamo pronti a partire», non vede difficoltà Andrea Borini, della Sifes (Società italiana di fertilità
e sterilità). Ma sarà davvero
così semplice ricominciare?
«Non c’è certezza del diritto
— commenta Cinzia Caporale, vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica —. Il
cittadino, medico o paziente
che sia, gira come bendato. Se
non è un fine giurista non è in
grado di capire cosa è lecito e
cosa no. È il peggiore dei mali». Sarà forse necessaria una
nuova legge che tenga conto
di quanto hanno sancito i giudici in questi anni. Il ministro
della Salute Betarice Lorenzin
ragiona: «L’introduzione dell’eterologa nel nostro ordinamento è un evento complesso
che difficilmente potrà essere
attuato solo con decreti. Ci
sono aspetti delicati. Non bastano atti amministrativi».
Il dibattito
Per i giuristi le regole
esistono già nella legge
Nuova legge?
Prima del 2004 la materia 40, per la politica vanno
era molto confusa. I centri si invece riscritte
autogestivano. «Le società
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Le norme in Europa
Secondo l’ultimo rapporto
della Commissione europea
sulla donazione di cellule per
fini riproduttivi, l’eterologa è
permessa in tutta Europa.
L’Italia era l’unica a vietarla.
Prima del 2004 era consentita
solo nelle cliniche private
perché una circolare del ministro della Salute Degan, nel
1985, l’aveva esclusa dagli
ospedali pubblici. In alcuni
Paesi oltre a essere prevista
dalla legge è normata da linee
guida nazionali o internazionali. In Irlanda manca una
legge. In Italia un riferimento
potrebbe essere il parere del
Comitato nazionale di bioetica dove viene richiamata l’attenzione soprattutto sul diritto del figlio a sapere come è
stato concepito. Con un’inversione di tendenza sul piano
etico e giuridico internazionale: l’abbandono della tesi
dell’anonimato totale del do-
I compensi
Quasi ovunque le
donazioni sono per legge
gratuite ma sono stati
introdotti rimborsi spese
In Europa
La legislazione sulla fecondazione eterologa a confronto
Legenda
Donazione dell’embrione
(i genitori non hanno legami genetici con il nascituro)
Finlandia
Svezia
Donazione aperta
(è possibile conoscere l’identità del donatore)
Donazione del seme
Norvegia
Donazione dell’ovulo
Estonia
Olanda
Regno
Unito
Lettonia
Danimarca
Polonia
Irlanda
Slovacchia
Germania
Belgio
Rep. Ceca
Ungheria
Lussemburgo
Austria
Francia
forma di rimborso».
Gratuita o a pagamento?
Quasi ovunque viene affermato il valore della gratuità
della donazione. Questo è
scritto nella maggior parte delle leggi Ue e dove non è scritto,
come in Germania e Danimarca, c’è una raccomandazione a
non pagare. Però i modi di aggirare l’ostacolo esistono. Si ricorre alla formula del «rimborso spese». Certo è che per
una donna produrre ovociti
non è uno scherzo. Deve prendere ormoni e sottoporsi a un
prelievo. Insomma, per farlo
da volontarie bisogna essere
molto motivate e altruiste.
Romania
Svizzera
Le tutele per il nascituro
I figli dell’eterologa sono
Slovenia
Croazia
Bulgaria
ITALIA
Spagna
Grecia
Portogallo
Fonti: Eshre, Comitato di Bioetica
natore. Due le linee di pensiero emerse: una a sostegno
dell’anonimato parziale (accesso solo alle informazioni
genetiche), l’altra favorevole a
rivelare anche l’identità del
donatore.
L’anonimato del donatore
Il diritto del donatore di
ovociti e spermatozoi a restare anonimo era previsto in
tutta Europa fino all’inizio del
2000. Poi il paletto è saltato in
molti Paesi. Ha cominciato
l’Austria, seguita da Germania, Svizzera, Olanda, Norve-
Le informazioni
C’è chi sostiene che
sia giusto rivelare ai figli
l’identità del donatore e
chi solo i suoi dati genetici
CORRIERE DELLA SERA
gia, Gran Bretagna, Svezia,
Finlandia e, al di fuori dell’Europa, Australia. In Svezia
l’abolizione di questo segreto
ha comportato un drastico calo di donatori. L’anonimato
totale in ogni caso non può
essere mantenuto nei confronti del centro di pma: nei
registri delle banche in genere viene indicata l’identità. In
Gran Bretagna sono richiesti
ai donatori informazioni sul
numero di bambini avuti col
proprio partner e su eventuali
problemi medici. Si può addirittura lasciare un messaggio
di benvenuto al figlio biologico. In Spagna gli uomini non
possono donare più di sei
volte per evitare incroci tra
fratelli di famiglie diverse.
«Negli anni è stata data la
precedenza all’interesse del
bambino. In Australia hanno
legiferato in senso retroattivo» dice Edgardo Somigliana,
direttore del Centro per la cura dell’infertilità della Mangiagalli di Milano. E aggiunge: «Per affossare l’eterologa
basterà decidere che si può
accedere all’identità del donatore e che è vietata ogni
ben protetti in Italia. Già la
legge 40 stabilisce che «nel
caso la coppia si sottoponga a
eterologa all’estero non può
disconoscere il nascituro e il
donatore non può avanzare
nessun diritto sul bambino».
«Abbiamo un sistema di garanzie ben consolidato, più
avanzato rispetto ad altre realtà, servono solo dei ritocchi.
Il Far West non è tornato» rassicura il costituzionalista Stefano Rodotà.
Margherita De Bac
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Il dibattito
Partiti divisi
su una nuova legge
Centri pronti
L’ipotesi di intervenire con una nuova legge,
invocata da alcuni subito dopo la sentenza
della Consulta che ha abbattuto il divieto alla
eterologa, divide il Parlamento e le coscienze.
La decisione della Corte costituzionale,
secondo la Conferenza episcopale italiana,
lascia «alcuni nodi problematici che suscitano
dubbi e preoccupazioni». In particolare «viene
affermato un non meglio precisato diritto al
figlio o diritto alla genitorialità, col rischio di
confondere il piano dei desideri con il piano
dei diritti». E mentre i centri in tutta Italia si
dicono già pronti a praticare la eterologa, si
solleva il dubbio di un vuoto normativo. Per il
ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, servirà
capire se toccherà al Parlamento occuparsi di
aspetti come l’eventuale anonimato di chi cede
i gameti. «Come ci comporteremo con i figli
dell’eterologa? Ci vorrà una norma, non credo
che bastino i decreti». «Nessun vuoto
normativo» invece, secondo Amedeo
Santosuosso, bioeticista e consigliere di Corte
d’appello a Milano: «Il regime giuridico è
perfetto». Altro possibile effetto della sentenza:
migliaia di coppie che non potevano avere figli,
se non attraverso il ricorso alla eterologa,
potrebbero chiedere un risarcimento allo Stato.
A valutare questa ipotesi sono gli avvocati
dell’associazione Coscioni, che hanno seguito
buona parte dei procedimenti contro questo
aspetto della legge 40.
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Giustizia e costumi
Dalle radio libere a Eluana:
l’Italia cambiata dai giudici
Non capita tutti i giorni che due decisioni della
magistratura incidano così profondamente, come il sì all’eterologa e quello alle nozze tra persone dello stesso sesso. Anche se la storia d’Italia è
scandita da salti in avanti dei giudici, rivoluzioni
scoppiate prima nei tribunali e solo dopo diventate leggi: dal delitto d’onore alle radio libere,
dalla privacy al diritto di famiglia.
Franca Viola, diciassettenne di Alcamo, nel dicembre 1965 venne rapita e violentata dall’ex fidanzato, ma si rifiutò di mettere tutto a posto con
un «matrimonio riparatore» come suggeriva la
morale comune e autorizzava il codice. Un giudice le diede ragione, le vecchie norme iniziarono a
essere scalfite, la morale comune si adeguò e così
anche il legislatore (ma soltanto nel 1981).
Anni Settanta, dopo il Boom e il Sessantotto, la
società ha cambiato pelle. Le sentenze sono il grimaldello per allinearsi ai tempi, i giudici da custodi dell’ortodossia diventano i paladini del
nuovo. I «pretori d’assalto», alfieri della cresciuta
sensibilità ambientalista, sfidano multinazionali
e poteri forti. Il democristiano Flaminio Piccoli
tuona che «non siamo disposti a dare ai pretori il
governo del Paese» ma loro, in qualche modo, se
lo prendono lo stesso. Non solo giovani toghe all’arrembaggio. Sono i maturi giudici della Consulta a rendere legali nel 1974 le centinaia di radio già nate da Nord a Sud, sancendo la fine del
monopolio Rai e aprendo a nuovi orizzonti della
musica e dell’informazione.
Per carità, a volte i costumi cambiano «nonostante» i giudici. Dieci anni dopo, nell’ottobre
1984, tre magistrati di Torino, Roma e Pescara
mandano i finanzieri a sequestrare le cassette e
fermare le reti tv dell’astro nascente Berlusconi.
Sappiamo tutti come è andata a finire.
Il diritto di famiglia, dalle coppie di fatto ai diritti e doveri dei genitori, per esempio, è stato
adattato, rimodellato e spesso capovolto prima
nelle aule dei tribunali. È stata una sentenza della
Corte di cassazione, nell’ottobre 2007, a mettere
dei punti fermi sulla storia di Eluana Englaro, riconoscendo al padre il diritto a non tenerla «in
vita» a tutti i costi, a interrompere l’alimentazione artificiale quando «la condizione di stato vegetativo sia irreversibile e non vi sia la benché
minima possibilità di un qualche recupero di co-
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Cronache 23
italia: 51575551575557
Grosseto In dissenso con la decisione che ordina al Comune l’iscrizione nel registro dello stato civile del matrimonio celebrato a New York
La Procura impugna l’ordinanza sulle nozze gay. I vescovi: uno strappo
ROMA — Francesco Verusio,
pubblico ministero di Grosseto, non ha esitato: impugnerà
l’ordinanza del tribunale che
ha imposto la trascrizione nei
registri comunali del matrimonio fra Stefano e Giuseppe, celebrato a New York nel dicembre del 2012. Con decisione.
Dice, il pm: «Non capisco come il tribunale abbia potuto interpretare a suo modo una sentenza della Cassazione che è in-
vece molto chiara e vieta in Italia la trascrizione di matrimoni
fra persone dello stesso sesso».
L’ordinanza del tribunale era
stata semplice: il matrimonio
fra persone dello stesso sesso
non è contrario all’ordine pubblico. Di più: il giudice ha anche ricordato che il matrimonio celebrato all’estero è valido, quanto alla forma, «se considerato tale dalla legge del
luogo di celebrazione». E aveva
chiuso il cerchio, chiedendo al
comune di Grosseto di trascrivere quell’atto. Con la gioia del
sindaco.
«Accettiamo l’ordinanza e
non abbiamo alcuna intenzione di impugnarla» ha commentato infatti ieri Emilio Bonifazi, sindaco di Grosseto. E
ha spiegato: «Era stato il mio
comune a fare opposizione alla
prima richiesta di trascrizione,
ma non era stato un no ideolo-
gico». Il sindaco non ha dubbi:
«Il diniego è stato una necessità dell’ufficiale di stato civile:
c’era una confusione normativa, una mancanza di legislazione. Non avrebbe potuto fare altrimenti. Ma adesso il problema è stato risolto e Stefano e
Giuseppe sono sposati anche
per noi». Critiche sono arrivate
invece dalla Cei: i vescovi italiani hanno definito il riconoscimento uno «strappo» e una
«pericolosa fuga in avanti».
Stefano Bucci e Giuseppe
Chigiotti, un giornalista del
Corriere della Sera e un architetto, si erano sposati a New
York il 6 dicembre del 2012 per
celebrare i loro venticinque anni di convivenza. Con l’ordinanza del tribunale di Grosseto, la prima in Italia, il loro matrimonio ha spalancato le porte
a una revisione delle norme
che potrebbe passare attraver-
so la Corte costituzionale, un
po’ come è successo alla legge
sulla fecondazione eterologa.
Ma il pubblico ministero di
Grosseto non ci sta. Francesco
Verusio ha già pronta carta e
penna per contestare davanti
alla Corte d’appello, prima, e in
Cassazione, poi, la sentenza firmata da Paolo Cesare Ottati,
che del tribunale di Grosseto è
il presidente.
Spiega il pm Verusio: «Siamo
convinti di essere dalla parte
della ragione giuridica, pubblicheremo le nostre motivazioni
fra una settimana». Commenta
il primo cittadino di Grosseto:
«Se la Procura si oppone potrebbero esserci dei ritardi. La
mia sensazione, però, è che ormai la strada sia stata aperta e
una legge sia indispensabile».
Alessandra Arachi
Marco Gasperetti
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Il racconto Il giornalista del «Corriere» che ha fatto il ricorso
Io e Giuseppe insieme
Storia di una coppia
e di una vita normali
SEGUE DALLA PRIMA
Le nozze
Uno sguardo, un saluto: «Pensavo
che fossi americano» mi avrebbe poi
confessato e invece venivo da Fiesole.
Poi l’invito a accompagnarlo su un cantiere: invito accettato senza tentennamenti, sarà stata la mia passione per
l’architettura. Certo la testata contro lo
stipite della porta, in quella casa in costruzione, avrebbe dovuto mettermi in
allarme, così almeno dicevano gli amici
(invece era solo la mia innata goffaggine), ma così non è stato: dopo il cantiere, la trattoria e infine l’invito a raggiungerlo a Milano nel fine settimana. Detto
fatto. E tutto è cominciato.
Normale, dunque, ma non certo facile. Ognuno di noi ha portato in questa
storia un passato complesso. Giuseppe
dopo la laurea in architettura si era stabilito a Chicago, già lavorava e insegnava, ma la morte del fratello l’aveva riportato a Grosseto, a occuparsi dell’azienda
di famiglia: Firenze era in fondo solo
Il documento
Giuseppe
Chigiotti e
Stefano Bucci si
sono sposati a
New York
il 6 dicembre
2012 (sotto,
il certificato
di nozze)
Mercoledì
il tribunale
di Grosseto
ha ordinato al
Comune di
trascriverlo (cioè
di riconoscerlo)
I casi
In onda Francesco De Gregori a Radio Città
Futura, nella fase pionieristica delle radio
libere. Il monopolio Rai fu abolito dalla
sentenza 225 del 1974 della Consulta
Coraggio
Franca Viola, nel
1965 quando aveva
17 anni, ebbe il
coraggio di
denunciare l’ex
fidanzato che la rapì
e la violentò. Venne
liberata dopo otto
giorni dalla polizia
una tappa, l’inizio della sua carriera accademica come assistente di Giovanni
Klaus Koenig (poi sarebbe venuto il Politecnico di Milano), l’apertura del primo studio. Io stavo cercando ancora la
mia strada mentre mia madre continuava a ripetermi «per me giornalista o
giornalaio sono la stessa cosa».
Più volte ci siamo detti: siamo stati
fortunati, erano gli anni della promiscuità, quelli che avrebbero anticipato il
triste momento dell’Aids. Invece sono
stati gli anni della stabilità, inseguita a
tutti i costi: una casa da dividere e due
mondi lavorativi per fortuna lontanissimi, l’architetto con il suo studio e io che
finalmente ero stato ammesso alla
Scuola di giornalismo della Luiss (due
anni, cinque giorni su sette, in treno da
Firenze a Roma e ritorno, per non perdere un giorno di corso). A fare da collante ci sono stati (fin da allora) gli amici. Sono loro, i milanesi come i grossetani, i veneziani, i genovesi che in qualche
modo ci hanno insegnato il valore
della (nostra)
normalità: Alessandro, Paolo,
Piccia, Sandro,
Titta, Nicoletta
come Stefano,
Andrea, Giuliana, Stefano, Roberta, Sergio come Cristina,
Gianni, Stefania, Piero, Antonio, Marco. Nessuno ci
ha mai chiesto conto della nostra
storia, per loro siamo stati sempre Giuseppe e Stefano (o viceversa dipende
dalla confidenza) facendoci diventare
scienza».
La Corte di giustizia (questa volta europea, ma
poco cambia) nel 1995 diede ragione al calciatore
belga Jean-Marc Bosman che non riusciva a cambiare squadra: da allora un giocatore di pallone
europeo è come ogni altro lavoratore, compreso
il diritto alla libera circolazione nei Paesi dell’Unione. I tifosi sanno bene come sono cambiate
da allora le loro squadre, anche se il povero Bosman è rimasto lo stesso senza lavoro e ha dovuto
disintossicarsi per eccesso di alcol.
La differenza tra droghe leggere e pesanti è
stata rimessa in discussione poche settimane fa
non da un ripensamento del legislatore, ma dall’accetta di incostituzionalità decretata dalla Consulta. Anche il diritto alla privacy (nonostante la
tutela della Carta del 1948), si è fatto strada grazie
alla Cassazione che nel 1975 fissò in una decisione caposaldo l’interesse a difendere «situazioni e
vicende strettamente personali e familiari».
Sentenze che segnano una svolta, non solo su
grandi temi. Un giudice milanese, due anni fa,
smentendo tanti altri suoi colleghi e persino la richiesta del pm, ha assolto un giovane writer, in
arte «Manu Invisible», valutando la sua opera come abbellimento di un muro che era brutto e
sporco. Insomma, non tutti i graffitari sono imbrattatori. A suo modo, anche questa una decisione storica, che, chissà, potrà aiutare a isolare i
vandali e rendere più belle le nostre città.
Riccardo Bruno
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In America Giuseppe Chigiotti, 67 anni, e Stefano Bucci, 56, a New York il giorno prima delle nozze
parte di un universo fatto anche di matrimoni, di battesimi (i loro figli sono un
po’ tutti nostri nipoti, da Bianca la figlia
di mio fratello Luigi ad Andrea, Virginia,
Caterina e Maria Giulia fino ai suoi assistenti di studio), di vacanze condivise.
Come in tutte le storie, tante cose ci
dividono: io amo la tv, Giuseppe l’opera;
io non so cucinare, Giuseppe spadella in
continuazione; io amo il dolce, Giuseppe il salato. E anche il nostro reciproco
lavoro continua a tenerci per fortuna distanti. Due mondi separati che nel 2012,
Giuseppe mi ha chiesto a freddo di riunire (guarda caso eravamo ancora una
volta a Firenze) con questo «matrimo-
nio» (che metto tra virgolette per rispetto di chi non la pensa come me). Ho detto di sì subito, senza pensare. Perché era
giusto, come credo che sia giusto che
ogni coppia (etero, gay o altro che sia)
abbia il diritto di condividere in pieno il
proprio destino.
Come hanno detto subito di sì i trenta
amici che ci hanno seguito a New York
per la cerimonia: è stato «normalmente» bellissimo (c’era persino la statuina
degli sposi, in versione riveduta e corretta, in cima alla torta) con repliche a
Milano e in Maremma. Certo che l’ordinanza di Grosseto (grazie prima di tutto
al nostro avvocato Claudio Boccini) sta
sconvolgendo la nostra normalità: ne
siamo felici (ieri il sindaco di Grosseto
ha ordinato la registrazione dell’atto)
ma ora vorremmo davvero un po’ di calma (c’è tempo per i ricorsi, noi siamo
pronti a dare battaglia). Se penso però
che, qualche anno fa, dopo un incidente
stradale non mi hanno permesso di assistere Giuseppe perché «non facevo
parte della sua famiglia», quella calma e
quella normalità sono disposto a perderle. Da subito.
Stefano Bucci
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24 Cronache
Il misterioso assassino della ragazzina è figlio illegittimo dell’autista Guerinoni morto 15 anni fa: per gli inquirenti la probabilità è ormai del 99,99%
3
Le tappe
1
Il 26 novembre 2010, Yara Gambirasio,
ginnasta tredicenne scompare poco
dopo essere uscita dalla palestra
di Brembate Sopra (Bergamo).
Le indagini puntano su un
immigrato marocchino
Mohamed Fikri:
una pista inconcludente
2
5
Su alcuni indumenti della vittima
vengono rinvenute tracce di un dna
maschile, di un uomo europeo
Tre mesi dopo, in un campo
a Chignolo d’Isola, a 9 chilometri
da Brembate viene trovato
il cadavere di Yara
4
Il dna del killer
risulta essere molto
simile a quello di due
fratelli di Gorno
(Bergamo) che però non
possono essere gli assassini
6
Il genetista Emiliano Giardina, consulente della procura, sostiene che attraverso
la comparazione dei dna, l’omicida deve
essere il figlio di un autista di Gorno,
Giuseppe Guerinoni, morto nel ’99
ma i cui figli sono già stati scagionati
proprio dal test biologico.
Giardina ipotizza dunque che
Guerinoni possa avere avuto
un figlio fuori dal matrimonio
Le analisi scientifiche hanno convinto
la procura che il killer di Yara,
al 99,9%, è proprio il figlio illegittimo
di Guerinoni
E.LAMEDICA
Il giallo
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Yara, la maledizione di «Ignoto 1»
Del killer si sa tutto (tranne il nome)
I 18 mila test del Dna non bastano a risolvere il mistero
Per gli inquirenti ormai non ci sono più dubbi: con il 99,99%
delle probabilità l’uomo che ha ucciso Yara Gambirasio è un figlio che Giuseppe Guerinoni, autista morto nel ‘99, ha avuto
fuori dal matrimonio. La certezza matematica del legame si è
avuta approfondendo l’esame sulla somiglianza tra la traccia
genetica scoperta sul cadavere di Yara e il Dna di Guerinoni. Ma
nonostante questa certezza scientifica e 18 mila test genetici già
effettuati, l’assassino della ginnasta tredicenne di Brembate Sopra (Bergamo) non si trova ancora.
DAL NOSTRO INVIATO
BERGAMO — Anche una variazione minima può dare l’illusione della
speranza.
«Ignoto 1» sembra ormai un personaggio reale. Il profilo genetico del
presunto assassino di Yara Gambirasio viene chiamato così, nei corridoi
della procura di Bergamo, nel piccolo
ufficio dove un gruppo sempre più ri-
stretto di carabinieri e poliziotti continua a frugare nei ricordi delle persone, alla ricerca di un volto, forse di una
madre che abbia il coraggio di parlare
scardinando il decoro e la naturale ritrosia bergamasca al racconto di sé e
degli altri.
I risultati dell’esame fatto dopo la
riesumazione del corpo di Giuseppe
Guerinoni hanno portato la definitiva
conferma scientifica, le possibilità so-
no passate dal 99,87 al 99,99 per cento. «Ignoto 1» è il figlio illegittimo
dell’autista di Gorno scomparso nel
1999 a 61 anni. Non c’è più margine di
errore, sembra una questione di virgole ma l’approssimazione ancora più
ridotta fornisce comunque il valore di
prova giudiziaria a quel profilo genetico. Il magro differenziale certifica
quel che già si sapeva, nient’altro. C’è
qualcosa di consolatorio nell’enfasi
attribuita dagli inquirenti a una notizia già nota. Almeno su questo, sembrano dire, il nostro impegno non è
stato vano, anche se «Ignoto 1» nessuno sa dove si trova, che faccia possa
avere.
La strada dei diciottomila profili
genetici prelevati a donne e uomini
della provincia di Bergamo, seguendo
il percorso che faceva il pullman gui-
dato da Guerinoni, aveva portato tutti
in un vicolo cieco. La decisione di ricominciare daccapo l’inchiesta era
stata vista come l’ammissione di un
fallimento e un primo segno di resa,
dopo indagini che ormai sfiorano il
costo di tre milioni di euro, 150 in media per ogni esame genetico, e avevano consegnato la vicenda della ragazza di Brembate di sopra a una dimensione quasi metafisica.
«Ignoto 1» è anche una maledizio-
Vicolo cieco
Appena un mese fa la
decisione della procura
di ricominciare le indagini
non ha portato a nulla
ne. Fin dall’inizio, la scoperta della
sua identità non ha potuto redimere
gli investigatori dal peccato di non
potergli dare un nome. Anzi, è diventato una aggravante, fa sembrare vicina la soluzione di un delitto angosciante per il vuoto che lo circonda ma
si rivela invece una illusione ottica.
L’esame di «paternità provata» sulle
spoglie dell’autista è l’ultima tappa di
una specie di via crucis che lambisce
quella di Yara, ma non la incrocia mai.
Comincia in un campo di Chignolo
d’Adda, che in questi anni era diventato una specie di santuario laico della
piccola ginnasta mentre ora è ritornato a essere rovi, cespugli e lattine di
birra abbandonate. Quando ritrovano
il corpo, sui suoi pantaloncini ci sono
quindici minuscole macchie di sangue, annacquate dalla pioggia, perché
il giorno della scomparsa coincide
con quello della morte. Il Dna stabilisce un laconico «maschio caucasico».
Passa quasi un anno e migliaia di esami genetici, fin quando si arriva a un
trentenne che frequenta la discoteca
davanti al campo. Non è lui, ma quasi.
Viene «mappata» tutta la sua famiglia,
si risale ai figli di Guerinoni con il Dna
ancora più simile a quello di «Ignoto
1» e infine a lui, all’autista.
La marca da bollo della sua patente
e alcuni francobolli confermano. Il
Dna combacia. Il 7 marzo 2013 viene
riesumata la salma di Guerinoni.
L’esame delle parti genetiche si estende, da 13 che erano si passa a 27, da
qui il piccolo scarto che oggi avvicina
ancora di più alla certezza assoluta e
aumenta la frustrazione di chi si sente
così vicino e al tempo stesso così lontano dalla verità. «Un lavoro senza
precedenti e senza risultati concreti»
dice il genetista Giorgio Portera, consulente della famiglia Gambirasio.
La scienza afferma che «Ignoto 1» è
l’assassino. La logica porta a sostenere
che abiti da queste parti, dato quel che
ha fatto. Eppure non si trova. Hanno
raccolto confidenze e peccati di paese.
Hanno cercato relazioni segrete che
ormai risalgono a cinquant’anni fa,
percorrendo le valli bergamasche e
segreti svelati controvoglia. Sono andati a chiedere in val di Scalve, provincia di Sondrio, dove le ragazze madri andavano a partorire lontano dagli
sguardi della loro gente. Negli ultimi
giorni sono state convocate le donne
bergamasche, ormai di una certa età,
che negli anni Sessanta trascorrevano
le vacanze a Salice Terme, il luogo dove la famiglia Guerinoni andava in villeggiatura. Lo 0,12% in più di una certezza risaputa non aggiunge nulla. Al
massimo è uno stimolo a riprovare,
magari per fallire ancora, e poi riprovare nuovamente. Perché è giusto così.
Marco Imarisio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Cronache 25
italia: 51575551575557
Reggio Emilia Le conclusioni della commissione consegnate alla Protezione civile: «Risultati da approfondire»
Anniversario Ieo
Gli scienziati del ministero, il sisma
e i dubbi sull’estrazione di petrolio
Veronesi ai media:
«Parlate di cancro
colpisce uno su tre»
«Science» anticipa il rapporto: non è escluso un legame
di ANNA MELDOLESI
L’
estrazione di petrolio nel
giacimento di Cavone potrebbe aver scatenato il
doppio terremoto che due anni fa
ha colpito l’Emilia Romagna? Forse sì. A questa sconcertante conclusione è arrivato il comitato
tecnico-scientifico Ichese, insediato presso il ministero dello
Sviluppo economico nel maggio
del 2012 proprio per rispondere a
questa domanda. L’acronimo, infatti, sta per Commissione internazionale per la valutazione delle
possibili relazioni tra attività di
esplorazione per gli idrocarburi e
aumento di attività sismica in
Emilia Romagna. Il rapporto redatto dai sei membri, tre italiani e
tre stranieri, è stato consegnato
alla Protezione civile oltre un mese fa e quindi alla Regione, confermano al Corriere della Sera le
parti interessate. Se non è ancora
stato pubblicato, ci dicono fonti
del ministero dello Sviluppo Economico e della Protezione civile, è
perché un gruppo di lavoro sta effettuando gli opportuni approfondimenti. Diversa la versione
fornita dalla rivista Science sul
numero che esce oggi: il documento sarebbe rimasto in un cassetto per il timore espresso da politici di livello regionale e nazionale sulle possibili conseguenze
politiche ed economiche delle rivelazioni.
Secondo la rivista americana,
Le macerie I vigili del Fuoco a Medolla (Modena) il 29 maggio 2012
LOMBARDIA
Fiume Po
San Possidonio (Mo)
Giacimento di petrolio di Cavone
EMIL IA
MODENA
FERRARA
ROMAGNA
A13
BOLOGNA
che ha potuto leggerne in anteprima le conclusioni, gli esperti
scartano l’ipotesi che ad accendere la miccia siano state le indagini
invasive effettuate nel deposito di
gas vicino al centro di Rivara. Il
dito viene puntato invece su un
altro sito di proprietà della Gas
Plus (società che attende di leggere il rapporto ufficiale prima di far
conoscere la sua posizione). Si
tratta del giacimento di Cavone, a
venti chilometri dall’epicentro
della scossa del 20 maggio. Di per
sé i cambiamenti di pressione
sulla crosta terrestre dovuti alla
Vaticano
Il Papa incontra
le ex prostitute
Incontro «toccante». Così
l’hanno definito le 4 ex
prostitute che ieri hanno
visto il Papa prima di una
conferenza contro la tratta.
Le quattro, straniere,
hanno denunciato i loro
sfruttatori. © RIPRODUZIONE RISERVATA
rimozione del greggio e all’iniezione di fluidi per facilitarne il
flusso non sarebbero stati sufficienti per provocare la tragedia,
sostiene il rapporto. Ma «non si
può escludere» che la faglia fosse
già vicina al punto di rottura e che
l’attività estrattiva abbia funzionato da innesco per il primo
evento sismico. Questo a sua volta avrebbe scatenato il secondo
nove giorni più tardi, il 29 maggio. La correlazione tra la quantità
crescente di petrolio estratto da
Cavone a partire dall’aprile del
2011 e l’aumentata sismicità dell’area prima del 20 maggio 2012
costituirebbe un indizio, anche se
per rafforzare la tesi di un legame
causale bisognerebbe sviluppare
un modello fisico che tenga conto
della dinamica nel serbatoio e
nelle rocce circostanti.
La commissione nata su richiesta del presidente dell’Emilia Romagna Vasco Errani ha lavorato
per mesi in sordina senza contatti
diretti con il pubblico né con la
stampa. Si è riunita diverse volte a
Roma e ha eseguito sopralluoghi
nell’area colpita dal terremoto e
negli impianti di Cavone. «Il rapporto finale raccomanda ulteriori
monitoraggi delle attività e predispone delle linee guida che saranno pubblicate a breve», ci dice
Franco Terlizzese, membro del
comitato e direttore generale per
le risorse minerarie ed energetiche del ministero dello Sviluppo.
È già accaduto in altri Paesi che
degli studi suggerissero un legame fra attività umane ed eventi
sismici. I tre forti terremoti del
2011 in Oklahoma, ad esempio,
potrebbero essere stati innescati
dal pompaggio di acqua in un
pozzo svuotato. Ma il caso italiano è più incandescente per l’elevato numero delle vittime, ventisette, che non avrebbe precedenti
per un sisma indotto dall’uomo.
@annameldolesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La parola cancro deve essere utilizzata
sui diversi mezzi di comunicazione
senza ipocrisie, assurde scaramanzie,
tentativi di esorcizzare un male che fa
paura. Anche se, oggi, curabile. La
prevenzione funziona, ma l’opinione
pubblica deve essere informata (e
formata) a sentirne parlare come se si
trattasse dell’influenza stagionale.
Senza allarmismi né panico indotto.
Così non è. Sui media (in particolare
italiani) si muore sempre di una
lunga malattia o di un male
incurabile, mai di un tumore, mentre
si può morire di Aids (spesso prevale
il gossip) quasi si trattasse di una
medaglia al merito, o di un infarto, se
non di un ictus. Eppure il cancro non
è contagioso come la lebbra. Eppure il
cancro non è uno stigma. È epidemia,
ma non infettiva. «Cinquant’anni fa si
ammalava di tumore un italiano su
30, oggi si ammala uno su 3 e in un
futuro prossimo ne resterà colpito
uno su 2». Umberto Veronesi è
tranquillo mentre lo dichiara.
Nessuna enfasi, nessun allarmismo.
Lui e i suoi scienziati dell’Istituto
europeo di oncologia (Ieo) hanno
deciso di festeggiare i 20 anni di
questa sfida scientifica (ormai adulta
e affermata) all’università Iulm di
Milano, confrontandosi con i direttori
di giornali, di carta e online, e di tg.
L’incontro «I media nella lotta al
cancro: sette direttori a confronto» è
stata l’occasione per proporre un
patto, un’alleanza tra la scienza e il
mondo dell’informazione. Veronesi è
convinto: «Così si vince la battaglia
contro il cancro». Messaggio rivolto a
tutti i media. Sfida raccolta? Si vedrà.
Mario Pappagallo
@Mariopaps
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Cronache 27
italia: 51575551575557
ILLUSTRAZIONE DI GUIDO ROSA
Riposo e lavoro
Napoleone sosteneva
che bastassero 4 ore
di sonno , Einstein
dormiva almeno 12 ore
di MARIA LUISA AGNESE
C
apita che la mattina davvero di
buon’ora, tra le 5 e le 6, Chicco
Testa mandi un sms al nostro
neo-premier Matteo Renzi. E che dopo un minuto al massimo arrivi la risposta. I mattutini e fulminei scambi
di opinione sono avvenuti, negli ultimi tempi, alle 5.01, alle 6.01 e alle
5.49.
Lo racconta così, con diaristica
precisione, in una letterina al Foglio,
lo stesso Chicco Testa, manager e politico navigato, consegnando al Paese
l’immagine di un nuovo corso attivista e antelucano, e rivelando una cura
per quel dettaglio che non è solo gossip ma illumina la storia, e che a volte
sfugge persino ai noi giornalisti di
professione.
E questa voglia di correre, di dare la
sveglia al Paese, è codice di comportamento che da Renzi si dirama per i
corridoi di Palazzo Chigi e sciama
nelle stanze dei vari Palazzi del nuovo
potere, dando fiato a un’aneddotica di
gesta antelucane che narrano di un lavorio di tweet, caffè sul far dell’alba,
riunioni ultramattiniere; ancora
Chicco Testa cita per esempio il caso
di Federica Guidi, Ministro dello Sviluppo Economico, che gli ha dato appuntamento alle 8 di mattina. Una
frenesia su cui la destra un po’ spiazzata si starebbe interrogando: «Ma
questi sono matti, o ci fottono?».
Un terreno sul quale l’entourage
renziano sembra cedere il passo soltanto a papa Bergoglio, che punta la
sveglia alle 4.45 e alle 5 si raccoglie in
?
SVEGLIARSI PRESTO
O ANDARE A LETTO TARDI
Le telefonate all’alba di Agnelli, Obama in riunione alle 11 di sera
L’iniziativa Rcs Sport e Gazzetta
La corsa «Color run», via alle sei tappe
Non solo corsa, ma allegria e tantissimo colore. La «Color Run»,
manifestazione organizzata da Rcs Sport e promossa dalla Gazzetta
dello Sport, quest’anno raddoppia e offre sei appuntamenti. Il via a
Torino il 10 maggio, poi Trieste (24 maggio) quindi Roma, Marina di
Pietrasanta, Rimini e conclusione il 6 settembre a Milano. © RIPRODUZIONE RISERVATA
✒
La lettera
La gestione folle delle Grotte di Catullo
❜❜
Caro direttore,
«delle penisole, dell’isole pupilla,
o Sirmione, quanti nei chiari laghi
regge e nel mare il duplice
Nettuno, oh di che cuore, come lieto ritorno! Io
stento a credere… di rivederti in salvo! Che più
felice dell’ansie ormai finite, quando il bagaglio
pon giù la mente e stanchi del viaggiare
giungiamo ai nostri Lari e riposiamo nel
sospirato tetto? Questo compensa così grandi
travagli. Salve, o leggiadra Sirmione, gioisci del
tuo signore, gioite onde del lago, ridete quante
vi son risate in casa». Così canta Catullo
(Carmi, 115, traduzione C. Saggio), della
notabile gens Valeria di Verona (suo padre
aveva ospitato Cesare). Fu pazzamente
innamorato di Lesbia, cioè di Clodia, perversa
nobile romana sorella di Clodio (il peggior
nemico di Cicerone). Morì trentenne, nel 54 a.C.
Il poeta era facoltoso: aveva una casa a Verona,
una a Roma, una villa a Tivoli e una appunto
sul Lago di Garda. La villa sull’estrema punta
del promontorio di Sirmione, nota come «Grotte
di Catullo» ricorda, alta sul lago, le ville
marittime del Lazio e della Campania. Si data
al I secolo d.C., ma il suo nucleo più antico
potrebbe essere quello posseduto da Catullo.
Nella versione definitiva, si accedeva da un
giardino porticato entro un avancorpo che
immetteva nel grande complesso rettangolare.
Prima si incontrava un complesso termale e di
servizio, inframmezzato da un secondo
giardino, il quale a sua volta si apriva su un
vastissimo peristilio, fiancheggiato da due
piste lunghe e strette per passeggiare e correre
al coperto. Portici e passeggiate all’aperto
orlavano l’edificio su tre lati (nelle stanzette al
di sotto abitavano gli schiavi). Seguiva un terzo
giardino, condiviso da due appartamenti
padronali, che culminavano in un ulteriore
avancorpo, costituito da saloni di ricevimento
rivestiti da portici e protesi sul lago, fulcro e
culmine dell’intera costruzione. Questo insigne
monumento è uno dei tanti esempi della nostra
incapacità di dare valore al patrimonio
culturale. La Soprintendenza dispone
solamente di 30.000 euro per mantenere il
vasto complesso: un terzo del necessario. La
villa incassa ogni anno 450.000 euro di
biglietti, ma di questi solo un quarto torna alla
Soprintendenza, quando va bene, e a volte
nulla, come nel 2013: massima follia! La guida
della villa (E. Roffia, Le grotte di Catullo a
Sirmione, Milano 2005) si vende soltanto dal
giornalaio e nel bar davanti alla villa,
regolarmente chiusi nella stagione invernale.
Per i servizi il ministero consente solamente
grandi appalti, mentre servirebbe una piccola
cooperativa locale per le ville di Sirmione e di
Desenzano. Così sul sito è disponibile per i
visitatori solo un foglio plastificato
appartenente alla biglietteria, che il visitatore
deve restituire, non potendosi vendere la guida
(anche per l’opposizione dei sindacati). I
pieghevoli stampati sono terminati, anche se
l’equivalente si trova online, perché i pochi
fondi devono andare oramai tutti alla
prevenzione. Infine a Sirmione non esiste
pubblicità per le «Grotte di Catullo» — assurdo
strabiliante —, mentre abbondano cartelli per
ristoranti e alberghi. Mi sono incontrato con il
nuovo Soprintendente ai beni archeologici della
Lombardia. Si tratta di un funzionario
competente e attivo, che fa bene sperare. Mi ha
spiegato le difficoltà burocratiche che rendono
ardua la sua azione e ha promesso che chiederà
un incontro con il sindaco di Sirmione per
risolvere i problemi che da lui dipendono.
L’intera questione dei «servizi aggiuntivi» deve
essere riconsiderata dal ministero competente,
evitando il sistematico e il grande a favore del
piccolo e dell’opportuno nelle diverse e concrete
circostanze. E i soldi dei biglietti devono andare
tutti alla Soprintendenza, in modo che il
Soprintendente che si prodighi per la gestione e
la comunicazione sia incentivato a farlo. Dai
circoli viziosi si tratta di passare a quelli
virtuosi. Per quanti luoghi speciali d’Italia
valgono considerazioni di questo genere? Fino a
poco fa’ mancava ogni didascalia perfino al
Foro e al Palatino!
Andrea Carandini
Presidente del FAI
© RIPRODUZIONE RISERVATA
preghiera e meditazione. E che si è
goduto lo spettacolo di veder accorrere drappelli di politici assonnati alla
Santa Messa che aveva loro riservato:
alle 7 di mattina.
Meglio dunque i mattinieri dei tiratardi? L’Italia si starebbe allineando
alle abitudini dei paesi «civili» del
Nord Europa che scendono in pista di
buonora, onorando il detto di Benjamin Franklin per cui «alzarsi presto e
andare a letto presto fanno l’uomo sa-
no, ricco, e saggio»? E forse anche un
po’ santo — potremmo aggiungere
noi — seguendo il rito di Francesco.
Lontani i tempi in cui Emma Marcegaglia, allora Presidente di Confindustria, aveva dovuto ricordare in
un’intervista a Fabio Fazio che «esiste
un’altra Italia che va a letto presto e si
sveglia presto, che lavora seriamente,
fa impresa e si impegna». Erano gli
anni del bunga bunga e Marcegaglia
raccontava che rispondeva così anche
a chi all’estero la interrogava sulle vicende di casa nostra.
Molti gli scrittori convinti che le
ore del mattino abbian l’oro in bocca
e che aiutino la fantasia, da Alberto
Moravia a Ernest Hemingway. Leggendarie, prima di quelle di Renzi,
sono state d’altronde le telefonate
mattutine di Gianni Agnelli, Franco
Tatò, Giulio Andreotti: la sua fama di
insonne era tale che i giornalisti nei
tempi gloriosi si appostavano all’alba
in automobile sotto casa per rubargli
una dichiarazione. Una mattina uno
di loro fu svegliato dal Presidente che
tamburellava sul vetro: «Che fa, Stanganelli, dorme?». Per il potere la vigilanza insonne ha rappresentato spesso un’arma suggestiva: Napoleone,
parecchio misogino, sosteneva che
«agli uomini bastano 4 ore di sonno,
alle donne 5, agli imbecilli 6».
Ma ai tanti mattinieri smaniosi di
performance si oppone anche una
banda di tiratardi che ha parecchie armi in canna. Perché annovera fra le
sue fila testimonial di tutto rispetto,
da Cicerone che scriveva a letto a
Winston Churchill che si faceva il pisolino il pomeriggio per godersi la cena serale, e si narra che a Yalta per alzarsi ben riposato si alternasse addirittura su due letti per sera. Tiratardi
anche i presidenti americani Bill Clinton e Barack Obama (che fissa riunioni del suo staff alle 23) o alcuni manager come il melomane Francesco Micheli. Tiratardi programmatico Marcel Proust, che sul tempo si arrovellò
parecchio e lo sfidava ogni sera non
facendo mai finire le sue serate, quasi
come il contemporaneo Vittorio Sgarbi che comincia a vivere sul far della
sera. Una ricerca condotta dalla Us Air
Force sulle sue reclute dice che i dormiglioni sono portatori sani di «pensiero laterale». D’altra parte la mente
più brillante dell’ultimo periodo, Albert Einstein, amava dormire almeno
12 ore. E tra un pisolino e l’altro si è
pensato la Teoria della Relatività.
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
29
italia: 51575551575557
Tempiliberi
Viaggi
Benessere
Food
Moda
L’età ideale: per lei e per lui
Fonte: Barabino
&Partners
Occasioni mancate, cose non dette, struggimenti.
Tornare indietro, in un tempo che si crede sia stato il migliore.
È il racconto, tra narrazione e analisi, di «Le rose che non colsi.
Psicologia del rimpianto» (Mondadori) della psicoterapeuta Gianna
Schelotto. Ma a che punto della vita si vorrebbe «fermare il tempo»?
donne
30-40
35%
29,22%
uomini
26,83%
35,23%
20-30
72,5%
Adesso
Design
Tecnologia
27,5%
Famiglia
Vita speciale Ingegnere e capitano dell’aeronautica, è la prima
astronauta italiana. A novembre partirà per la stazione orbitale
Samantha
Cristoforetti
«Nello spazio bisogna
organizzarsi, come
in campeggio. Gravity
è un bel film, ma la scena
fra Clooney e Bullock...»
«D
ecidere di fare l’astronauta non è come decidere di fare l’avvocato o l’architetto. Si
devono verificare una
serie di condizioni e ci
vuole anche una buona dose di fortuna». E lei,
Samantha Cristoforetti, ci è riuscita. Nel maggio del 2009 è stata la prima donna italiana selezionata dall’Agenzia spaziale europea, come
astronauta appunto. «Ma quello è solo il primo
passo, il vero sogno da realizzare è quello di andare nello spazio». Classe 1977, Samantha Cristoforetti è riuscita a centrare anche questo
obiettivo e il prossimo 24 novembre partirà per
la Stazione spaziale internazionale. Il primato si
conferma: è, sarà, la prima donna italiana a varcare i confini del pianeta terra. «Sono cresciuta
in montagna, con poco inquinamento luminoso e mi affascinava moltissimo guardare le stelle. Credo che tutto sia partito da lì», racconta.
Ed è uno dei pochi particolari che svela della
sua vita personale. Forse l’unico.
Nespoli
L’astronauta
Paolo Nespoli,
54 anni, di Verano
Brianza (Milano),
sulla cyclette a
bordo della ISS
Tutto il mondo
L’ingegnere e capitano dell’Aeronautica militare italiana Cristoforetti è una donna molto
determinata e focalizzata sui suoi obiettivi. Non
è sposata e non ha figli. Parla correntemente
quattro lingue (inglese, francese, tedesco e russo), oltre all’italiano, e quando tornerà dalla
missione, intorno al mese di maggio, vuole
«imparare in modo definitivo anche il cinese».
Ha vissuto in tutto il mondo, con il percorso di
studi che l’ha portata a Monaco di Baviera, in
Francia e in Russia e l’addestramento da pilota
che le ha fatto scoprire gli Stati Uniti, e ha dell’Italia una bellissima percezione e considerazione. «Ho ricevuto un’ottima formazione scolastica. Ho
avuto la possibilità di fare
l’accademia militare e adesso,
grazie all’Agenzia spaziale
italiana che ha rapporti diretti con la Nasa e con l’Agenzia
spaziale europea, di andare
nello spazio».
Bullock
Sandra Bullock
nel film «Gravity»
di Alfonso Cuarón
Nessun piano B
Un percorso lungo, iniziato con la laurea in ingegneria
aerospaziale: «In realtà non
c’è mai stato un piano B.
Quando si è giovani bisogna mettersi alla prova
e prendere sempre la strada più difficile. Ci sono un sacco di reti di protezione, è il momento
giusto». Lei lo ha fatto con il famoso concorso
all’Esa per diventare astronauta. «Se non mi
avessero preso o avessero scelto qualcun altro
avrei continuato la carriera di pilota militare».
La giusta dose di fortuna. O meglio, la fortuna
(e la competenza necessaria) di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Adesso inizia la
parte divertente perché il sogno, e siamo già al
terzo in via di realizzazione, è quello di «condi-
videre questa esperienza, comunicarla, rendere
le persone partecipi. Come dice qualcuno, pulire la finestra e permettere loro di vedere oltre».
Cristoforetti lo farà, come prima di lei gli italiani Paolo Nespoli e Luca Parmitano, con la connessione a Internet disponibile sulla stazione.
«È un po’ lenta ma ci permette di fare qualsiasi
cosa, anche telefonare con voip (solo audio
verso numeri di telefoni mobili o fissi). Basta
organizzarci con dei turni, come se fossimo in
campeggio». Un campeggio di lusso, più che
altro, perché sulla stazione c’è tutto: tablet per
guardare film o ascoltare la musica, libri in formato elettronico e persino un piccolo dimostratore per la stampa a tre dimensioni. «È destinata a rivoluzionare la logistica. Invece di
portare pezzi di ricambio che non serviranno ci
si potrà limitare ai materiali con cui stampare i
componenti in caso di bisogno».
Libri di carta
Sa quello che dice e parla con passione di tecnologia e affini, anche se per la lettura preferirà
affidarsi alla carta. «Non credo proprio che mi
metterò a leggere l’ultimo best seller, per quello
ci sarà tempo quando torno. Sto pensando di
portare dei libricini con una serie di scritti significativi per me sull’esplorazione dello spazio e sulla meraviglia davanti al cielo». Di suo,
di personale, nient’altro. «Sono poco attaccata
agli oggetti, porterò quelli di altre persone perché possano dire che questa catenina e quell’anello sono stati nello spazio». All’abbigliamento c’è chi ci penserà per lei, che invece tiene
molto all’aspetto dell’alimentazione. «Lo spazio è un ambiente stressogeno, può creare squilibri a livello fisiologico. Io cercherò di far passare l’importanza del cibo non solo come fonte
di energia ma come prima medicina. Quello
che ingeriamo è fondamentale per farci stare
bene, farci performare al massimo e garantirci
un futuro in salute». Nello spazio non basta una
buona dieta mediterranea, bisogna assicurarsi
che gli alimenti mantengano una corretta consistenza, anche una buona appetibilità e che
vengano applicate corrette tecniche di conservazione e imballaggio. Un mix di cucina e tecnologia. Cristoforetti si è affidata a una ditta
italiana, la Argotec, e allo chef Stefano Polato.
Olio e sgombri
Bambina
Samantha
Cristoforetti a 6 anni
nel cortile di casa
sua in montagna
Nella sua dispensa personale ci saranno
«molti cereali integrali, che garantiscono una
fonte di energia senza creare picchi di glicemia.
La quinoa, lo sgombro. Il pesce azzurro serve
come fonte di omega 3. E poi frutta, olio d’oliva». Osservare le reazioni del corpo in una condizione di microgravità è utile per la comunità
scientifica perché si verificano una serie di processi analoghi a quelli sulla terra ferma, in tempi diversi ovviamente: «Si dice spesso che il
corpo dell’astronauta nello spazio è il modello
di invecchiamento con una serie di effetti che
accadono in maniera accelerata». Perdita di
massa muscolare e ossea, ad esempio. Il cibo è a
ARMANDO ROTOLETTI/LUZPHOTO
di MARTINA PENNISI
Tra le stelle
Trentasei anni, Samantha Cristoforetti è laureata in ingegneria aerospaziale
ed è capitano dell’Aeronautica militare. Parla correntemente inglese,
francesco, tedesco
e russo e ha intenzione di studiare il
cinese. Nel maggio
del 2009 è stata la
prima donna italiana selezionata dall’Agenzia spaziale
europea: il 24 novembre partirà per
la Stazione spaziale
internazionale
(Rotoletti/Luzphoto)
❜❜
Osare
maggior ragione importante. Anche quando si
parla di attività sportive Cristoforetti svela una
particolare attenzione a corpo e spirito: «Mi
piace camminare, fare hiking (escursionismo,
nda) e yoga».
Da giovani bisogna prendere
Il film «vero»
sempre la strada più
La passeggiata che tutti si aspettano è quella
difficile. Ci sono un sacco di fuori
dalla base spaziale: un po’ perché l’abbiamo
vista fare a Parmitano, un po’ perché il sucreti di protezione
❜❜
Invecchiare
Il corpo dell’astronauta è il
modello di invecchiamento
accelerato. Mi piace
camminare e fare yoga
❜❜
Mangiare
Nella dispensa ci saranno
cereali integrali, quinoa e
pesce azzurro che serve
come fonte di Omega 3
cesso cinematografico Gravity l’ha resa una
pratica un po’ più familiare anche agli occhi del
grande pubblico. «Sì, ho visto il film, mi hanno
colpito bellezza estetica, effetti visivi e musica.
Quello che succede però non è molto realistico». A partire, spiega, dal volo che separa George Clooney da Sandra Bullock in pochi secondi
dopo la drammatica apertura del moschettone
che li teneva uniti: «In realtà avrebbe solo continuato a fluttuare lì vicino». Al momento per
Cristoforetti non è previsto alcun intervento
fuori dalla stazione: «Ci stiamo comunque addestrando tutti (saranno in 6, nda) per questo.
Se dovesse essere necessario è fondamentale
che ogni astronauta sia preparato a uscire.
Chiaramente mi piacerebbe che accadesse».
Non c’è un briciolo di tensione o paura nella
sua voce, né pensando all’eventuale momento
a contatto con il nulla né alla missione. «Non lo
so, forse mi entusiasma talmente tanto, ho così
voglia di partire che a livello psicologico è impossibile avere anche preoccupazioni di qualsiasi genere».
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30 Tempi liberi
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Viaggi la formula
Nuove tendenze L’effetto Babbo Natale e il divertimento intelligente
Come dentro a una favola
La strada che porta a Heidi
di Fabrizio
Guglielmini
Non considerate Tunisi come
una semplice «porta» ai resort
sulla costa o ai tour nel deserto.
La capitale tunisina, visitabile in
assoluta tranquillità, offre
motivi per un soggiorno dai tre
ai cinque giorni, e non solo per i
souk della Medina e i boulevard
della città nuova. Sidi Bou Said
e Cartagine sono due mete a
pochi chilometri da qui e
meritano altrettanta
attenzione. Nella «ville
nouvelle» uno stop obbligato è
al museo del Bardo
(www.bardomuseum.tn tel.
00216.71.513650) che
custodisce una delle collezioni
di mosaici antichi più
importanti del mondo e
un'esposizione di sculture
Romane curata in
collaborazione con il Louvre. La
Medina, patrimonio
dell’Umanità Unesco, ospita
circa 700 monumenti, costruiti
a partire dal dodicesimo secolo:
procuratevi la mappa
distribuita dall’Ufficio del
turismo (Avenue Mohammed V
1 tel. 00216.71.34.10.77)
perché contiene un percorso
dettagliato con le soste al
museo Dar Ben Abdallah alla
Moschea Al Zaytouna (o
dell’Olivo) e un itinerario fra
decine di dimore nobiliari divise
in sette zone. Per raggiungere
Sidi Bou Said e le altre località
della costa (compresa la
fermata «Carthage Byrsa» per il
sito archeologico) utilizzate la
linea su rotaia TGM o gli
economici taxi (chiedete
sempre che il tassametro sia in
funzione). A Sidi Bou Said,
l’hotel Dar Said (Rue Toumi, tel.
00.216.717.296.66) nasce dalla
ristrutturazione di una vecchia
villa: oggi è un quattro stelle
con 24 camere al centro del
villaggio. Sidi fu «scoperta»
dagli artisti Paul Klee e August
Macke, attratti dai contrasti fra i
bianchi e i blu elettrici della
kasbah. Da adesso in poi le
fioriture la rendono uno dei
luoghi più affascinanti del
Mediterraneo. Se il Café des
Nattes (reso celebre da Colette
e André Gide) è assediato dai
turisti puntate al meno
frequentato Café Sidi
Chabaane. Si vola a Tunisi con
Alitalia (Alitalia.com) e Tunisair
(Tunisair.com.tn)
& WPC
Dalla Germania dei fratelli Grimm
alla Toscana di Collodi (e Pinocchio):
la corsa per «catturare» i baby turisti
Medio raggio
La Medina
e Cartagine
Ecco perché
vedere Tunisi
µGTC
D
eve piacere al
bambino, ma a decidere sono i genitori. Nel 2013 oltre
5 milioni di famiglie hanno dovuto
scegliere una meta
divertente, ma intelligente, per la
vacanza con i propri figli. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sul turismo giovanile l’esercito che si sposta ogni anno è di 7 milioni e 800 mila ragazzi
sotto i 18 anni, di cui una buona fetta è rappresentata dai bambini. «Il turismo si è subito accorto di questi piccoli viaggiatori, formulando
itinerari mirati», dice Chiara Rosati, fondatrice
del sito www.bimboinviaggio.com, una specie
di bussola per genitori smarriti alla vigilia delle
vacanze. «Quelli che si ispirano al mondo della
fiaba sono diventati un modo più istruttivo di
viaggiare rispetto ai parchi di divertimento tra-
dizionali: andare a Rovaniemi, durante le vacanze di Natale, è per esempio l’occasione per
vedere un vero ufficio postale ma con gli impiegati che vestiti da elfi smistano le lettere».
La Svizzera di Heidi
Il personaggio è così trasversale e di lunga
tenuta, che andare alla ricerca della baita di Heidi è un’avventura per grandi e bambini. A Oberrofels, in Svizzera, c’è la casa del «vecchio della
montagna», il nonno del personaggio inventato da Johanna Spyri, che trascorreva le sue vacanze a Maienfeld, un paesino di 2.000 anime al
Il piccolo esercito
Secondo l’Osservatorio nazionale
sul turismo giovanile ogni anno
sono 7 milioni e 800 mila gli under
18 anni che vanno in vacanza
confine con il Principato del Liechtenstein e attaccato a Oberrofels. La fama ultracentenaria
per l’ottimo vino Maienfelder prodotto nelle vigne del territorio è stata quasi superata da quella della casa-museo di Heidi. Raggiungerla è
un’avventura nell’avventura: si può partire da
Tirano o da St. Moritz a bordo del trenino rosso
Bernina. Dalla stazione, una passeggiata di 30
minuti conduce ad Oberrofels, per tutti ormai
«Heididorf», la casa di Heidi: qui, ad attendervi,
troverete anche le celebri caprette.
La treccia dalla torretta
Trendelburg è la città di Raperonzolo dove i
fratelli Grimm hanno vissuto diversi anni: la
storia della principessa imprigionata in una
torre senza porte che incontra il principe calando giù la sua lunga treccia di capelli ispira le
stanze di una torretta dell’Hotel Burg Trendelburg. Vent’anni fa il castello medievale è stato
acquistato da una coppia appassionata di leggende che ha riportato in vita la fiaba di Rape-
Dove dormire
Germania
A Trendelburg,
l’Hotel Burg
Trendelburg è in un
castello medievale
nella regione
dell’Assia. Qui rivive
la fiaba di
Raperonzolo. Le
camere sono 22
(www.burg-hoteltrendelburg.com), i
prezzi da 105 euro a
stanza
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Svizzera
A pochi metri dalla
casa di Heidi, si
dorme all’hotel
Heidiof, 15 stanze
con vista sulle
montagne svizzere e
mobili in cirmolo. Da
70 euro a stanza
(www.heidihof.ch).
India
Pench National Park
è un campo tendato
nel Madhya Pradesh
per immergersi nel
Libro della Giungla:
un cartello con
Mogwli, accoglie i
visitatori, che
possono incontrare
gli animali con le
guide del luogo
(www.tajhotels.com)
ronzolo: proprio da aprile a ottobre l’hotel organizza una rappresentazione della favola, con
tanto di treccia che pende dalla torre. Per i grandi c’è la cucina con i prodotti regionali del Café
Rapunzelsaal e le torte fatte in casa. Sempre in
Germania, lungo la Märchenstraße, ovvero il
«Sentiero delle fiabe», capita di incrociare La
Bella Addormentata del Bosco, Cappuccetto
Rosso e il Pifferaio Magico. La strada di 600 km
collega Brema ad Hanau passando per i luoghi
che hanno fatto da sfondo alle favole dei
Grimm: a Brema si assiste alla rappresentazione all’aperto de «I Quattro Musicanti di Brema». Lungo il tragitto che porta ad Hamelin
Parigi Ricostruiti cinque habitat
Aspettare per vedere
gli animali nascosti
A Vincennes apre
lo zoo «al contrario»
U
na delle migliori difese
dell’idea stessa di zoo
l’ha scritta Yann Martel
nel romanzo Vita di Pi
(Piemme): «Lo zoo è per gli
animali quello che la casa è
per noi: un luogo circoscritto
in un cui viene raccolto e organizzato ciò che ci serve. Per
un animale il recinto non è
una soluzione peggiore o migliore del suo habitat di origine. Uno zoo ben concepito è
un luogo di coincidenze ben
calcolate: nel punto esatto in
cui un animale ci dice Fuori!
con l’urina o altre secrezioni,
noi gli rispondiamo Dentro!
con le nostre barriere. In queste condizioni di armonia diplomatica dove gli animali
sono soddisfatti, e noi rilassati, possiamo osservarci a vicenda».
Il nuovo zoo di Vincennes,
che riapre domani a Parigi
dopo una ristrutturazione
durata cinque anni, porta talmente all’estremo questa nozione di «armonia diplomati-
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Tempi liberi 31
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Il progetto
Cinque anni
in navigazione
La missione
di Mediterranea
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conviene fermarsi nel quartiere medievale di
Schnoor, tra antiche casette di pescatori e botteghe tipiche. L’acchiappatopi più famoso del
mondo fa gli onori di casa ad Hamelin, dove rivivono i fasti del giovane eroe che con il piffero
libera la città dai ratti. Il momento per visitarla
è ora: a maggio a settembre, nel giardino civico,
ogni domenica c’è una rappresentazione ispirata alla fiaba, e di mercoledì viene messo in
scena il musical della storia nella Hochzeitshaus-Terrasse. Proseguendo si incontra il bosco di Cappuccetto Rosso, a Schwalmstad, e con
curioso tempismo appare anche Cenerentola,
che oggi abita nel castello rinascimentale di
ca» tra animale e uomo da
rendere più difficile del solito
osservarci a vicenda: il caimano resta lontano nell’ombra, il
giaguaro Aramis continua a
fare la siesta dietro una roccia
e non c’è modo di vederlo, le
15 giraffe non sono ancora
abituate ai visitatori e preferiscono non uscire dal loro rifugio notturno. Nella giornata di anteprima, si riesce a intravedere per un istante il lupo Diablo dopo avere atteso a
lungo la sua apparizione dietro a un cespuglio.
Alla fine, la sensazione è
che la nuova disposizione di
uno dei più grandi zoo d’Europa sia un successo, a patto
di non avere fretta. «Non sono
gli animali che vengono esposti agli uomini ma gli uomini
che sono invitati a scoprire gli
animali», spiega la direttrice
del parco Sophia Ferreira Le
Morvan. Per 22 euro i visitatori hanno accesso a cinque
grandi ricostruzioni di am-
Da Est a Ovest
Nel campo
tendato in India
si entra nel
Libro della
Giungla. A
Orlando, in
Florida, si
dorme a casa
di Topolino
bienti naturali — la Patagonia, il Sahel-Sudan, l’Europa,
l’Amazzonica-Guyana e il
Madagascar — dove vivono
190 specie e in totale un migliaio di animali. «Sono un
po’ meno numerosi che in altri zoo, ma vogliamo insegnare ai visitatori a esercitare il
loro sguardo, a fare lo sforzo
di pazientare in silenzio fino a
quando l’animale ha finito di
Polle, con vista sulla valle del Weser.
Da Collodi a Orlando
Se per il burattino i viaggi iniziavano in
groppa a un tonno e finivano nella pancia di
una balena, i suoi piccoli ammiratori possono
semplicemente fermarsi a Collodi, dove oggi c’è
proprio la Casa di Pinocchio. La leggenda racconta che nella cucina della seicentesca Villa
Garzoni, monumento nazionale immerso in un
bel giardino barocco, Collodi, avrebbe scritto la
favola più poetica del mondo: la casa dista circa
200 metri dall’entrata del parco dedicato a Pinocchio, dove c’è anche l’abitazione della fata
In gruppo
Le giraffe allo zoo di Vincennes,
che riapre domani a Parigi
dopo 5 anni di ristrutturazione
Gli animali non vivono in
gabbie ma in ambienti che
ricostruiscono il loro habitat
turchina. I personaggi del passato continuano
ad affascinare i bambini di oggi: secondo una
ricerca dell’Università di Glasgow su 7644 persone (di cui 600 italiani) suddivisi in tre generazioni (nonni, genitori e figli), Topolino è
l’eroe Disney più popolare e convive con successo accanto a nuovi eroi come Jack Sparrow,
della saga dei Pirati dei Caraibi. Per vedere Topolino da vicino si va lontano, in Florida: qui il
nuovo Four Seasons di Orlando (apertura agosto 2014) è costruito proprio dentro al parco di
Disneyworld e le avventure con i personaggi
Disney proseguono molto più a lungo del tempo di validità del biglietto (www.foursea-
riposare ed esce dalla sua tana».
L’evoluzione degli zoo accompagna quella delle società: nell’Ottocento, epoca della
loro maggiore diffusione, gli
zoo sono concepiti con gusto
enciclopedico come una collezione di esseri viventi, e del
resto anche gli uomini vengono esposti. Geoffroy de SaintHilaire, direttore del Jardin
sons.com/orlando/). Dall’altra parte del mondo, in India, si entra nel Libro della Giungla: il
Baghvan - Pench National Park è uno dei campi
tendati di Taj Safaris nel Madhya Pradesh conosciuto anche come la terra di Mowgli. Qui i piccoli entrano nel set di una delle favole più avventurose: scrivendo il libro Kipling si ispirò
proprio a questo parco dove un cartello con
Mogwli accoglie i bambini, che possono poi
esplorare la giungla e incontrare vedere dal vivo gli animali.
d’acclimatation, organizza a
Parigi «spettacoli etnografici»
con eschimesi e nubiani, e la
«venere ottentotta» Sarah
Sartjie, dell’etnia sudafricana
Khoisan, viene esibita prima a
Londra poi a Parigi. I suoi genitali e il suo cervello rimasero esposti al pubblico al Musée de l’Homme fino al 1974,
finché Mandela nel 2002, appena eletto presidente, ottenne il rimpatrio dei resti.
Quell’era è fortunatamente
lontana, anche per gli animali. Se ancora negli anni Cinquanta gli zoo prevedevano
spettacoli di animazione e i
domatori entravano nelle
gabbie dei leoni per divertire
il pubblico, uno zoo moderno
si vuole più come una riproduzione in piccolo dell’ambiente naturale degli animali
che come una specie di circo.
«Questo non è un parco di attrazioni», dice Thomas Grenon, il direttore del Museo di
Storia naturale dal quale lo
Michela Proietti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
zoo di Vincennes dipende
dalla sua creazione nel 1934, e
gli animali non sono stelle
dello spettacolo come nel film
«Madagascar».
Il benessere degli ospiti è la
priorità, e al pubblico viene
chiesto di immaginarsi più
come esploratori che come
spettatori, a costo di portare
pazienza e andare a cercarsi
gli animali. Nella enorme serra che produce artificialmente
i climi della Amazzonia-Guyana e del Madagascar, la paesaggista Jacqueline Osty ha
potuto usare la vegetazione
tropicale per «ricreare ambienti che appartengono al
nostro immaginario» e ospitare centinaia di uccelli che
volano liberamente. Avvistare
un pappagallo non è scontato,
ma la ricompensa per la pazienza e il rispetto.
Stefano Montefiori
StefMontefiori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Manca poco più di un mese al
via di Mediterranea (sopra), la
barca a vela che salperà il
prossimo 17 maggio da San
Benedetto del Tronto e
navigherà per 5 anni tra
Mediterraneo, Mar Nero e Mar
Rosso. La spedizione italiana, la
prima esperienza al mondo di
co-sailing, nasce con un intento
di ricerca nautica, culturale e
scientifica: il due alberi di 60
piedi (18 metri) navigherà per i
tre continenti europeo, asiatico
e africano. Nata da un gruppo di
appassionati di navigazione, tra
cui lo scrittore e marinaio
Simone Perotti, la spedizione si
concluderà a Genova dopo aver
percorso circa 20.000 miglia
(32.000 km), facendo scalo in
oltre 100 centri costieri di 29
paesi con un equipaggio che si
darà il cambio. Tra gli obiettivi
del progetto c’è l’incontro con
intellettuali ed artisti, filosofi e
operatori culturali per
fronteggiare la crisi
intellettuale, morale e civile
dell’epoca. Tra i primi nomi ci
sono Gianluca Solera, Daniele
Biacchessi, Ersi Sotiropoulos,
Petros Markaris, Sotiris
Chatzakis, Denys
Zacharopoulos e molti altri.
Mediterranea ha stipulato
accordi di collaborazione
scientifica e opererà come
«laboratorio galleggiante»
svolgendo ricerche ed
esperimenti insieme ai
ricercatori britannici del Sahfos,
al professore Ferdinando Boero
dell’Università del Salento e
Cnr-Ismar, all’Università di
Siena, al Centro EuroMediterraneo sui Cambiamenti
climatici. La spedizione nasce
anche per riportare l’attenzione
sui valori della marineria: in
attesa del patrocinio del
Presidente della Repubblica e
del Ministero degli Esteri, ha già
ottenuto il sostegno del
Comando Generale Capitanerie
di Porto, Lega Navale Italiana,
Iic di Istanbul. Mediterranea
sarà alimentata solo da fonti
rinnovabili (solare ed eolico) e
lungo la sua rotta diffonderà
notizie sul sito
www.progettomediterranea.co
m e attraverso le mediapartnership con l’Ansa
(AnsaMed e AnsaMare) e con il
Corriere della Sera (nelle pagine
Viaggi sul sito www.corriere.it a
cura di DOVE).
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32 Tempi liberi
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Sapori & amori
L’ingrediente Il segreto: per friggere va bene qualsiasi tipo
Il Pane di segale
Farina, la bussola
per scegliere sempre
quella perfetta
In Sicilia
Con lievito
e acqua
diventa
una scultura
Pane che nutre. Non soltanto
lo stomaco. E chi l’ha detto
che l’arte e la cultura in
generale non danno da
mangiare? Basta guardare
un po’ più in alto. Magari alle
suggestive installazioni
pasquali di San Biagio
Platani, paesino
dell’entroterra agrigentino
che ha recuperato una
tradizione settecentesca.
Quella di realizzare vere e
proprie architetture di pane:
archi, porte, cupole, fontane
(nella foto uno degli archi
realizzati l’anno scorso).
All’opera i panificatori di due
confraternite locali in
competizione: quella dei
«Signurara» e quella dei
«Madunnara». Le loro opere,
che verranno inaugurate la
domenica di Pasqua e
resteranno in allestimento
fino al 18 maggio, acquistano
suggestioni sempre nuove
che trascendono l’ispirazione
religiosa. Quest’anno, ad
esempio, la tradizionale festa
degli «Archi di Pane», a cura
di Agorà con la direzione
artistica di Tanino Bonifacio,
è dedicata al centenario di
Mario Luzi. In omaggio al
poeta, Marco Nereo Rotelli
assieme a Mimmo Di Cesare
(scultore), Letterio Pomara
(fotografo) e Carmelo
Navarra (pittore locale)
imprimeranno nel pane la
poesia. In particolare Rotelli,
che fu amico personale di
Luzi, inciderà su uno degli
archi un verso tratto dalla
poesia Tra quattro mura: «E
penso al pane della salvezza
tenuto in serbo, .... e altro non
desidero che il mare e il
vento». Parole di pane ad
altezza d’uomo, per dare
forma al desiderio di nutrire
corpo e anima. Saranno
inserite nelle architetture
realizzate dalle maestranze
locali e poi custodite nel
museo degli Archi di Pane
(www.archidipane.com).
C. R. d’A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I
n ciascun sacco la sua farina. Ma c’è
una farina per ogni piatto?
Ve ne sarete accorti, non esistono
solo la 0 e la 00. Gli scaffali di alimentari e supermercati sono invasi
di sacchi variopinti: farine bianche e
integrali, di frumento ma anche di
mais, segale, farro, riso, orzo, ceci,
castagne... E poi la kamut e la Manitoba, diventate quasi due star. Ora
avanza la fama di Quinoa e Amaranto, che non
sono però cereali: si ottengono macinando due
piante erbacee, la prima della famiglia delle
Chenopodiaceae (quella degli spinaci e della
barbabietola), l’altra, l’Amaranto, originaria
dell’America centrale, forse già nota agli antichi
greci, ora in grande spolvero (scusate il gioco di
parole) per le sue proprietà nutritive (ricca di
proteine e sali minerali).
Vi siete persi? Dovete preparare una torta oggi e una impanatura per frittura domani e non
sapete quale farina mettere nel vostro sacco?
Sfatiamo subito un mito: non esiste una farina
per la frittura. O meglio, qualsiasi farina va bene. Parola di esperto. «Quella farina lì va bene
per friggere è un modo di dire che usiamo nel
mondo mugnaio — spiega Claudio Grossi, coltivatore di cereali rari sulle colline parmensi —
per disprezzare una farina, perché una qualunque va bene per friggere». Mito sfatato. Saranno ora gli addetti ai lavori — coltivatori, mugnai, panificatori — a suggerire quale farina
comprare, per fare cosa, e perché. Una piccola
bussola per orientarsi nella vera e propria «farinomania».
Non è certo casuale che il fenomeno sia
scoppiato ora, contestualmente al ritorno al pane fatto in casa che — complice la crisi, ma anche l’esigenza di tradizioni antiche e la ricerca
di cibo sano, con ingredienti tracciati — sta
contagiando proprio tutti.
Ecco come scegliere la farina più adatta. Meglio, soprattutto per i principianti, che abbia
molto glutine. Non fatevi suggestionare dalla
diffusione della celiachia: se non siete intolleranti, sappiate che il glutine non è altro che una
proteina che determina la struttura della pasta
creando una maglia che tiene, come una rete, la
lievitazione. Ecco spiegato perché la Manitoba,
tipica farina di forza (così si chiamano quelle
ricche di proteine) è particolarmente adatta per
la preparazione di dolci cresciuti, brioche e panettoni.
Se volete preparare in casa un pane lievitato
come la michetta dovrete quindi acquistare una
farina di forza (le proteine indicate in etichetta
devono superare il 13%). Con una farina di media forza potreste invece preparare pani di campagna, mentre se volete fare la pasta frolla dovrete optare per una farina che abbia al massi-
INGREDIENTI
Bianche, integrali,
di frumento o mais e
segale: una facile guida per
orientarsi tra gli scaffali
E non fare errori «fatali»
Quinoa e Amaranto, le due
nuove star del momento
20
Le farine alternative
Ricche di fibre le farine
integrali di frumento,
mais, riso, segale, farro,
avena, orzo, kamut, grano saraceno, miglio,
amaranto e teff. A garantire un’alimentazione
varia anche le farina di
legumi, patate, soia. Per
i dolci quelle di castagne,
di mandorle e la Manitoba. La maizena dona
morbidezza. La tapioca,
molto digeribile, è ideale
per neonati e anziani
Racconti di Cucina
di Angela Frenda
Il pane
cucinato
in pentola
con i semi
di papavero
F
mo l’8 per cento di proteine. Attenzione: meno
glutine c’è e più l’impasto sarà delicato e dovrà
quindi essere lavorato poco, delicatamente.
Non c’è solo il frumento. Una curiosità, l’Italia del pane è spaccata in quattro: al nord si usa
il grano tenero; sulle Alpi la segale; al centro
prevalentemente il farro; al sud il grano duro
(quello della pasta) che resiste bene alla siccità.
Dentro e fuori i confini nazionali c’è poi una riscoperta dei grani antichi. Ormai onnipresente
è il kamut, nome commerciale del grano Khorasan, molto digeribile. Niente a che vedere con
l’integrale: tutte le farine possono essere integrali, cioè poco raffinate e pertanto ricche di fibre e pertanto indicate nelle diete. Mentre avvicinandosi allo 00 (in una scala ascendente che,
dopo integrale e semi-integrale, va verso il 2) la
farina è sempre più bianca e raffinata. «Un tempo considerata la più preziosa, in realtà è la più
povera». Lo sottolinea Davide Longoni, panificatore artigiano brianzolo che sta recuperando
le antiche tecniche di lievitazione naturale con
pasta madre per la panificazione con cereali
minori come segale, farro e orzo.
«Il grano antico non fa il pane più buono. È
un percorso culturale, perché richiede agricolture biologiche rispettose dell’ambiente e della
salute», dice Silvio Grassi, Ad dell’azienda di famiglia (Molino Grassi) che tra un mese lancerà
il Grano del Miracolo, ri-scoperto da Claudio
Grossi dai chicchi conservati da suo nonno
(classe 1898) in soffitta. C’è di nuovo il pane di
una volta. Solo che una volta ogni farina andava
bene per tutto. Ora divertitevi con quella di riso
(per biscotti) o di orzo (per freselle). Oppure
addolcitevi con la Manitoba.
are il pane in casa per me è una
sorta di rito. Da quando poi ho
scoperto la ricetta di Jim Lahey,
un momento irrinunciabile. Di
questo metodo mi sono innamorata
quasi subito, grazie all’intuizione di
questo panettiere newyorkese un po’
speciale. Sua, infatti, la formula del
pane in pentola di ghisa. Una sera,
mentre tutti dormivano in casa, l’ho
provata. Ed è stata un’esperienza
magica. Il trucco di Jim è che la
cottura mantiene umido e morbido
l’impasto, proprio come in un forno
a vapore. Noi proveremo a farla
insieme, oggi, nella mia videoricetta
di Racconti di cucina su Corriere.it
Attrezzatura: una pentola pesante di
ghisa da 26-28 cm di diametro
Ingredienti per una pagnotta da 25
cm di diametro e circa 500 grammi
400 gr di farina di tipo 0, sale, 1 gr
lievito secco attivo, 300 gr acqua
fredda (13/18 gradi), crusca, farina
Caterina Ruggi d’Aragona
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PRE-IMPASTO
200 gr. di lievito madre
250 gr. di farina integrale di segale
250 ml di acqua 28° C
IMPASTO
700 gr. di pasta madre
400 gr di farina integrale di segale
200 gr di farina di frumento
400 ml di acqua
20 gr. di sale
PREPARAZIONE
9 ore
COTTURA
60 minuti
FIORETTO DI MAIS
Farina di mais a
macinatura molto
fine adatta per la
preparazione di biscotti.
In Lombardia viene
utilizzata per il pane
giallo dei contadini
Foto: Claudia Ferri
Le foto
Le fasi
finali della
preparazione del
pane:
l’estrazione dalla
pentola e
la pagnotta
finita (foto
Claudia Ferri)
di mais o semi di sesamo per
spolverare.
Preparazione: mescolate la farina, il
sale e il lievito in una ciotola di
dimensioni medie. Aggiungete
l’acqua e girate, con il cucchiaio di
legno o con la mano, per 30 secondi
circa, fino ad avere un impasto
bagnato e appiccicoso. Deve essere
molto appiccicoso. Se non lo è
aggiungete due cucchiai di acqua.
Coprite la ciotola con un piatto, un
canovaccio o la pellicola e lasciate
riposare a temperatura ambiente (22
gradi circa) in un posto che non sia
colpito dalla luce diretta del sole,
FARINA MANITOBA
Tipica farina di forza,
ossia ricca di proteine
(glutine), è particolarmente adatta per la
preparazione di dolci
lievitati, brioche
e panettoni
finché l’impasto è raddoppiato e la
superficie è punteggiata di bollicine.
Ci vorranno 12 /18 ore max. Questa
lievitazione lenta è la chiave del
sapore. Quando la prima lievitazione
è completa, infarinate il piano di
lavoro. Rovesciate l’impasto. Non
aggiungere farina. Modellatelo con
le mani infarinate per ottenere un
disco. Mettete un canovaccio di
cotone o di lino sul piano di lavoro e
spolveratelo con abbondante crusca,
farina di mais o semi di sesamo.
Ripiegatelo e aggiungete crusca e
semi di sesamo. Lasciate lievitare per
1o 2 ore in posto caldo. L’impasto è
pronto quando raddoppiato di
volume mezz’ora prima del termine
della seconda lievitazione.
Riscaldate il forno a 245 gradi,e sulla
griglia bassa mettete la pentola di
ghisa. Poi tirate fuori dal forno la
pentola e cospargete l’impasto con
farina 0 o crusca. Sollevatelo e
rovesciatelo nella pentola. Mettete il
coperchio e infornate per 30 minuti.
Togliete il coperchio e lasciate per
altri 15 o max 30 minuti. Tirate fuori
e fate raffreddare su una griglia.
Aggiungete semi di sesamo o
papavero per decorare.
angelafrenda
cucina.corriere.it
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Tempi liberi 33
italia: 51575551575557
Le
fasi
1
2
Laa ricetta
rricet
icetta
ta ddii D
DAVIDE LONGONI
LA PASTA MADRE
Impasto con
co le farine
la madre cconservata in
frigorif
frig
or ero per rivitalizzarla
frigorifero
4
FARINA DI CECI
Usata per la cecina
tipica nel livornese e
per le crespelle. Ricca
di magnesio, folato
e Omega 3, contrasta
i disturbi circolatori e
il colesterolo «cattivo»
FARINA DI FARRO
Grano bicocco diffuso
nell’antica Roma, ha
pochissimo glutine. Per
pani di campagna molto
profumati e saporiti
FARINA DI RISO
Priva di glutine, è molto
pesante e poco adatta
alla panificazione (mai
in purezza). Ottima per
biscotti o pasta alternativa
L’IMPAST
L’IMPASTO
Quando è fermentato lascio
riposare tr
tre ore. Poi impasto
con acqu
aacquaa e sale
5
3
IL COMP
COMPOSTO
POS
Lavoro fifino a ottenere
un comp
post omogeneo,
composto
privoo ddi gru
priv
grumi
6
Chef
Tre stelle
da 46 anni
La saga
di Troisgros
PRIMA LI
LIEVITAZIONE
Lascio 2 oore l’impasto sotto
un panno per evitare che
sba
sbal
zi term
sbalzi
termici lo danneggino
7
LA PAGNO
PAGNOTTA
Formo una
un pagnotta
senza stro
stropicciare l’impastoo
ormai ferm
orma
fermentato
8
IL PENNELLO
Inumidisco la pagnotta
con acqua per rallentare
la formazione della crosta
SECOND
SECONDA
DA LIEVITAZIONE
infarino
La infari
in e la faccio riposare
2 ore in un
u cestino, sotto
una telaa ddi cotone
9
LA COTTURA
In forno ben caldo (220° C)
per 50-60 min, preferibilmente
sopra una pietra
IL TAMBURELLO
La pagnotta è cotta quando il
picchiettio sul suo fondo la fa
suonare come un tamburello
Foto: Stockfood
Foto
FARINA
INTEGRALE DI ORZO
Utilizzata come taglio
per il pane (max 20%)
e, in Puglia, per le
freselle. NB: Tutte le
farine integrali sono
indicate nelle diete
L’ARTIGIANO
GIANO
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Davide Longon
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aggio uuscirà
scirà il suo
Slow Food.
maggio
ibro: Il ssenso
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Davide per
nuovo libro:
a. Storiaa ddii pane
pane e passione.
la farina.
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Un’impresa
tutta
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razie)
(ed. Ponte
Grazie)
Dolcezze
Croccante e sottile: istruzioni per l’uovo. Di cioccolato
P
rezzo, etichetta, croccantezza.
L’uovo di Pasqua perfetto si
riconosce così. «Non deve
costare troppo poco, altrimenti
significa che è industriale. E un
buon uovo di Pasqua è per
definizione artigianale. Non deve
contenere più di due ingredienti:
cacao e zucchero. Eventualmente il
latte, se il cioccolato non è
fondente. Infine, quando lo si
assaggia deve fare snap, come si
dice in gergo. Cioè essere
croccante». A parlare è Guido
Gobino, maître chocolatier
torinese, figlio d’arte, titolare di un
laboratorio di lavorazione del
cioccolato aperto dal padre
Giuseppe nel 1964. Gobino elenca
la sua miniguida per consumatori
pasquali tutto d’un fiato, con una
premessa: «Quando dico che è
meglio spendere un po’ di più e
comprare un uovo buono,
non lo dico per interesse
personale. Lo dico perché il
cioccolato industriale può
contenere dei grassi che non
fanno affatto bene alla
salute. Gli stessi
consumatori ne diventano
man mano sempre più
consapevoli: negli ultimi
anni ho visto che si
acquistano meno uova
rispetto a un tempo, ma di
qualità migliore. Anche il
peso sta diminuendo: se
fino a qualche anno fa
Maître chocolatier Guido Gobino
andavano le uova da chilo,
cioccolato deve essere usato al
adesso la misura standard si è
massimo della sua purezza.
dimezzata. Sono tendenze giuste».
«Bisogna guardare l’etichetta: se
Ecco i consigli del maître, allora:
c’è scritto cacao e zucchero l’uovo è
«Un uovo buono costa dai 30 euro
di ottima qualità. Se il cioccolato è
al chilo in su. Questo è il primo
al latte il terzo ingrediente deve
indicatore per orientarsi». Poi: il
essere il latte, non il lattosio
o il siero di latte. Attenzione
a questi aspetti, sono
fondamentali». Superati i
primi due passaggi, bisogna
aspettare di aprire l’uovo per
essere sicuri di aver fatto
una buona scelta. Queste le
indicazioni: «Il guscio di
cioccolato deve essere
sottile, non più di tre
millimetri. Deve essere
croccante, divertente da
masticare. Allora significa
che il cioccolato è stato
lavorato bene». Una volta
degustato, però, non
bisogna commettere l’errore di
metterlo in frigo: «I frigoriferi di
casa sono luoghi umidi, tolgono al
cioccolato il suo gusto. Meglio
conservare l’uovo a temperatura
ambiente avvolto nella stagnola, a
un massimo di 22 gradi. Oppure
sciogliere il cioccolato e usarlo per
preparare dolci o bevande». Ma
non si può parlare di uova di
Pasqua senza citare la sorpresa.
«Certo, la sorpresa è parte
integrante dell’uovo. Per portarne
a casa una carina si deve puntare
su uova di qualità. Il costo
dell’uovo è strettamente legato a
quello della sorpresa: più l’uovo è
caro, più l’omaggio sarà bello».
Ultimo consiglio: meglio
prediligere le uova di cioccolato
fondente o vanno bene anche le
variazioni? «Per me il cioccolato
vero è quello fondente. Non è un
caso che gli appassionati
degustino quello. Ma vanno bene
anche le variazioni, purché si
mantenga una qualità di base».
Alessandra Dal Monte
@Ale_Dalmo
Tre stelle Michelin dal 1968
senza mai una défaillance.
Una cucina ricca di
riferimenti e suggestioni,
molto spesso italiane. Come
le «anguille e seppie alla
saltimbocca» e i «cannelloni
tiepidi ripieni di caprino ed
erbe», chiamati così nel
menu francese. «Ho due
fonti d’ispirazione: l’Italia,
che adoro perché mia
mamma è di origini friulane,
e il Giappone». Michel
Troisgros (foto), 56 anni, è
l’erede di tre generazioni di
grandi chef. Il padre Pierre e
lo zio Jean hanno formato
Gualtiero Marchesi negli anni
Settanta. Il nonno JeanBaptiste ha aperto per primo
il ristorante di famiglia a
Roanne, 90 chilometri da
Lione, davanti alla stazione
ferroviaria. Oltre ottant’anni
dopo Michel annuncia il
trasloco: «Ci trasferiamo in
campagna, a 5 chilometri da
Roanne. La “Maison
Troisgros” diventerà un hotel
e un ristorante agricolo. Era il
mio sogno, finalmente entro
due-tre anni riuscirò a
realizzarlo. Io gestirò il
ristorante insieme ai miei
figli, mia moglie si occuperà
dell’albergo. Ci sarà l’orto,
avremo i nostri prodotti, sarà
un luogo completo». Il suo
entusiasmo è tangibile.
Come l’amore per la cucina:
«Per me è un atto di
generosità verso gli altri». Ci
mette così tanta passione
che se gli si chiede qual è il
suo piatto meglio riuscito,
Michel Troisgros non sa
rispondere: «Li studio tutti
con tanta cura». La pietanza
italiana preferita, invece, gli
viene in mente subito:
«Gnocchi di patate con sugo
al pomodoro. Me li faceva la
nonna a Buja, vicino Udine,
da ragazzino». Ma come si fa
a mantenere tre stelle
Michelin dal 1968? «Non lo
so. I miei occhi brillano. Forse
la risposta è questa».
A.D.M.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
34 Tempi liberi
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Sapori & amori
Saranno cuochi Nel carcere di Bollate, dove si studia da chef: morbidelle di tacchino, bavarese e la volontà di rimettersi in gioco
7
Il libro
Storie di donne
ai fornelli:
dalla medicina
alla televisione
Crespelle
alla valdostana
Morbidelle
al curry
Bavarese
all’arancia
Le ha preparate
Francesco Stagnitto,
28 anni, originario di
Caltanissetta. Uscirà
dal carcere tra 7 anni.
Sogna di aprire un
ristorante con il fratello Davide
Questi bocconcini di
tacchino li ha preparati
Ramon Villarroel, 44
anni, di Santiago del
Cile. Uscirà dal carcere
nel 2020. Prepara le torte
per i parenti dei detenuti
L’aiutante è Gaetano
Papa (il piatto è di Mario),
46 anni, del Trapanese.
Starà «dentro» fino al
2019, poi vorrebbe aprire
un ristorante self service
(Duilio Piaggesi/Fotogramma)
Le crespelle di Francesco
Che sarà libero fra 7 anni
Il cibo, i modi di cucinarlo e
consumarlo, possono narrare
un paese meglio di tante
approfondite cronache
storiche. La cucina, che in
Italia regna sempre più
sovrana, ha una memoria.
Che forse è da recuperare ora
più che mai. È quello che si
propone di fare Stefania Aphel
Barzini nel suo libro Fornelli
d’Italia (Mondadori). Un
viaggio nel tempo e nei tempi
della nostra terra, raccontato
da un punto di vista originale:
le tante cuoche che si sono
avvicendate nelle cucine delle
nostre case. Dunque
ricostruire la storia d’Italia con
occhi femminili, attraverso il
cibo. Si parte da fine
Ottocento con Marietta
Sabatini, domestica e aiutante
di Pellegrino Artusi, e con la
cuoca-medico Amalia Moretti
Foggia Della Rovere (al secolo
Petronilla). Nei primi decenni
del Novecento con Lidia
Morelli, che chiudeva
«mussolinianamente» i suoi
libri con l’esortazione:
«Credere, obbedire,
combattere». Poi il
dopoguerra, il boom
economico. Le donne ne
usciranno trasformate grazie
all’invenzione di sofisticati
elettrodomestici, oltre a
tantissimi prodotti nuovi.
Infine, a poco a poco, l’arrivo
delle donne migranti, che
entrano nelle nostre case e
portano in tavola gli
ingredienti delle loro terre
d’origine, cambiando anche le
nostre abitudini alimentari e i
modi di vivere. Concludendo
con le chef mediatiche, eredi
di una indimenticabile Ave
Ninchi. E i menu virtuali della
rete, dove spignattano
inarrestabili le blogger. Una
storia interessante fatta di
personaggi, aneddoti, ricette,
ingredienti. Un come eravamo
raccontato con grande ironia.
Ma anche tanta passione per
la cucina.
A. F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di ELVIRA SERRA
E
ntriamo con la tessera
numero 24, dopo aver
lasciato i documenti all’ingresso. Sembra una
scuola d’altri tempi, è
una prigione. Saranno
cuochi anche qua, con
le grate alle finestre,
nella succursale dell’alberghiero Paolo Frisi di
Milano dentro il carcere di Bollate, una iniziativa fortissimamente voluta da Silvia Polleri,
fondatrice della cooperativa di catering «Abc.
La sapienza in tavola» che da tempo dà lavoro
ai detenuti. La sfida è partita in sordina due
anni fa con un finanziamento a fondo perduto
di un gruppo di imprenditori. Ci hanno creduto i dirigenti scolastici e quelli del Dap, il
dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: va bene, purché lo Stato non debba
metterci un soldo. Venti studenti hanno fatto
l’esame da privatisti e a settembre hanno cominciato l’anno regolarmente: quelli di prima
La scuola
Nel carcere di
Bollate c’è la
succursale
dell’alberghiero
Paolo Frisi di
Milano.
L’iniziativa è
decollata grazie
al sostegno
della
cooperativa
«Abc. La
sapienza in
tavola». Sono
partiti in venti,
da privatisti:
adesso gli
iscritti al primo
anno sono
venticinque
ora sono 25. Li hanno scelti tra chi deve scontare una pena lunga, sono più motivati a completare il ciclo per riaffacciarsi sul mercato del
lavoro con una competenza spendibile.
La cucina è nel Terzo reparto, assomiglia a
quella di un ospedale. Tra i fornelli spunta
Elio Gracioppo, una vita in cattedra e gli occhi
che brillano per questa docenza più speciale
delle altre, perché qui non si tratta soltanto di
dosare gli ingredienti, ma di mescolare dolori,
reati, rabbia e il risultato della convivenza acquista un gusto ben più saporito di un piatto
riuscito. La divisa è rigorosa: pantaloni a quadretti per gli aspiranti cuochi e blu con coreana bianca per i futuri operatori di sala. L’unica
donna è Chiara Guercio, assistente di classe.
Dice: «In questi mesi ho imparato a non distinguere tra noi e loro, ho lasciato il giudizio
fuori dalla porta. Anche perché ho capito che
la vita può cambiare molto repentinamente».
Del primo si sta occupando Francesco Stagnitto, 28 anni, della provincia di Caltanissetta. Sono sue le crespelle alla valdostana. La
doratura è perfetta, consistenza croccante, si
sente subito il fungo e poi il prosciutto. «An-
che la besciamella l’abbiamo fatta noi», spiega
con un certo orgoglio. Salatura perfetta, sapore di montagna. «Uscirò di qui tra sette anni.
Mi piacerebbe aprire un ristorante con mio
fratello Davide, lui è bravo, ha già lavorato al
Baglioni di Londra e di Bologna. Gli avevano
proposto di andare in Cina, ma vuole aspettarmi, adesso vive a Milano». Il risultato promette bene, Francesco non cambiare strada.
Il secondo è di Ramon Villarroel, lo aiuta
Giovanni. Sono morbidelle di tacchino al curry. Ramon si è concentrato sulla salsa al curry,
quaranta minuti senza smettere di girare con
il cucchiaio di legno. La presentazione è deliziosa, le polpette hanno una superficie croccante di mandorle, il condimento aggiunge
Il progetto
Vince la gara il primo piatto:
salatura e doratura perfette
Il progetto è finanziato
da un gruppo di imprenditori
punti di felicità al piatto. L’autore è di Santiago del Cile e ha 44 anni. «Uscirò nel 2020. Studio e cucino, abbiamo un forno in comune per
tutta la sezione con il quale preparo la pizza
per mia figlia e gliela porto ai colloqui, una
volta alla settimana. Gli altri mi chiedono di
preparare le torte per i loro parenti, l’ultima
che ho fatto era al cocco». Il dolce lo ha preparato Mario, ma lo ha aiutato Gaetano Papa, 46
anni, del Trapanese. È una bavarese all’arancia presentata dentro il frutto, con la crema
sofficissima e dolce, funestata, purtroppo,
dalla colla di pesce che non si è sciolta. Peccato, perché i sapori erano freschi e genuini. Gaetano starà «dentro» fino a gennaio del 2019.
L’obiettivo, dopo, è lavorare. «Appena mi sarò
sistemato sarebbe bello aprire un bar self service, la mia famiglia mi supporterà».
La gara prevede un vincitore, ed è Francesco. Ma vincono tutti, per la volontà di riprovarci e di rimettersi in gioco. Per non aver perso la speranza che una vita, dopo, è ancora
possibile.
@elvira_serra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Milano Nel sotterraneo della chiesa del Settecento di via Borgospesso. Lo chef: «Niente svolazzi, ma piatti rassicuranti»
Enoteca e ristorante, riapre la drogheria del Quadrilatero
E
ra la Drogheria del Quadrilatero milanese del
lusso, dentro un edificio
del Settecento, tra via Borgospesso e Montenapoleone:
scaffali e bancone nel sotterraneo della Chiesa di San Francesco di Paola. La prima vita è
durata quasi un secolo, dal
1915 al 2012. Il futuro comincia, invece, tra pochi giorni
quando la Drogheria Parini
riaprirà (a cavallo di Pasqua)
con look nuovo di zecca, spazi
più ampi e progetti ambiziosi.
Il punto vendita gourmet, con
una sessantina di prodotti selezionati, a marchio della Casa,
certo, rimarrà. Ma ci saranno
anche l’Enoteca con punto degustazione e una ristorante a
più sale, godibile in vari momenti della giornata: prima
colazione, aperitivo, lunch, cena. Seicento metri quadrati rimessi a nuovo, sotto la guida
dell’architetto GioPagani, che
ha ricreato gli ambienti mantenendo inalterata la struttura
preesistente. La cucina è firmata da Marco Parizzi, lo chef
del «Parizzi» (1 stella) di Parma. Chiarisce: «Alla Drogheria
niente svolazzi, va in scena la
lussuosa tradizione. I piatti
devono essere rassicuranti.
Quelli che l’avventore italiano
e straniero si aspetta a Milano». Per analogia, cita le «Sorelle Picchi» della sua città: salumeria con cucina dove agnolotti e culatelli regnano sovrani. Nel cuore meneghino, il
tono sarà più elevato ma la sostanza non cambia: l’anima è
vintage. Esemplifica: «La Mi-
Restyling La nuova area della Drogheria Parini adibita a ristorante
lanese sarà una costoletta alta
due dita. Il risotto allo zafferano sarà servito con lo spezzatino di ossobuco. L’osso a parte,
per chi vuole mangiare anche
il midollo». E poi mozzarella
freschissima («fatta a Mila-
no»), salumi di prima qualità,
la cassettina di verdure fresche
per il pinzimonio, eccetera.
Chi ha finanziato la rinascita
della Drogheria Parini (investimento da 2.300.000 euro,
l’affitto dei muri va alla Curia)
è una holding italiana, la
«Compagnia della Ristorazione». Che, a Milano, ha già acquisito altri due locali storici
del food: «Al Panino» di piazza
Liberty, locale cult degli anni
’80, e «Il Taveggia» di via Visconti di Modrone, celebre pasticceria. Nel sotterraneo di via
Borgospesso, il lavori di restyling stanno per concludersi, la corsa è contro il tempo.
Accompagnati dall’architetto,
scendiamo le scale in pietra
medicea chiaroscura, che richiama le vecchie macellerie.
La stessa pietra, oltre al legno,
si ripete nell’area bottega per il
pavimento e gli scaffali, le cui
pareti sono di specchio anticato. Più avanti, ecco l’Enoteca.
Al centro, un vecchio tagliere
che funge da banco degusta-
zione: champagne, spumanti,
selezione di bianchi e rossi italiani e stranieri. Sulle mensole,
ci saranno gli oggetti legati al
vino: cavatappi, decanter, secchielli. Il percorso è ad anello.
Ambiente dopo ambiente (la
cucina è in posizione strategica), si torna al punto di partenza, il negozio. Passando per le
sale del ristorante (una è a corridoio, con un lungo divano a
parete, le poltroncine comode
disegnate appositamente, e i
tavoli con piano in noce e
gambe di ghisa anticata), il
bar-bistrot. Riassume Parizzi:
«Alla Drogheria, l’ospite non
trova il classico menu ma una
serie di piatti che vorrebbe
mangiare».
Marisa Fumagalli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Tempi liberi 35
italia: 51575551575557
Sapori & amori
Il personaggio Dai jeans alla partecipazione nel capitale di NaturaSì
Mister Diesel e la terra
«Nella mia fattoria
i vitelli vivono liberi»
Renzo Rosso investe
nei supermercati bio
«A 5 anni curavo
già l’orto, il vero lusso
è il cibo sano»
Street food
Gli arancini
di Scicli fritti
nell’Ape
vintage
«I
Un Ape Piaggio color crema
rivestito in tela di sacco dove si
friggono arancini da mattina a
sera. Arancini rossi (al ragù di
carne), bianchi (prosciutto e
formaggio) e anche light, con
spinaci, serviti su coni di carta
pane: arrivano freschi ogni
giorno da Scicli, in Sicilia e si
mangiano sotto il glicine fiorito
dell’Orto Botanico di Brera.
L’idea è venuta ai due fratelli
milanesi Lucrezia e Ludovico
Bonaccorsi, che insieme
all’amico Edoardo Giardini (foto
sopra), in occasione del Salone,
hanno portato a Milano il
LuBar, un’idea già rodata la
scorsa estate nell’oasi di
Vendicari, tra Noto e
Marzamemi. La ricetta è
sempre la stessa: fritture con
prodotti freschissimi da
abbinare ai vini siciliani, dal
rosso dell’Etna al bianco di
Salina e all’olio di famiglia di
Castelluccio. «Serviamo la
spuma, il chinotto e la gazzosa
di Polara, una marca di bibite
siciliane introvabili a Milano.
Con un po’ di fortuna i clienti
assaggiano anche i cannoli di
ricotta fresca, che arrivano di
tanto in tanto», racconta
Lucrezia, stilista come la
mamma, Luisa Beccaria. Per il
rivestimento dell’Ape lei e la
sorella Lucilla hanno scelto la
iuta per l’esterno e una carta
da parati di paglia per l’interno.
«Così l’effetto è estremamente
naturale». LuBar, che ha un sito
(www.lubarslowstreetfood.it),
dopo il Salone girerà in lungo e
in largo la città, aggiornando i
clienti sui suoi spostamenti
attraverso una app. Alla
friggitrice ci sarà sempre
Ludovico, che è appassionato
del prodotto e vuole seguire
personalmente la cucina. I
costi sono da street food: un
arancino costa 4 euro, così
come il calice di vino. All’ora
dell’aperitivo viene servito uno
spumante del Trapanese e a
richiesta LuBar offre un
servizio catering su tre ruote.
Poi, questa estate, si tornerà a
friggere tra i pellicani di
Vendicari.
Michela Proietti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
o la terra ce l’ho nel sangue.
Sono cresciuto nei campi: mio
padre era un agricoltore. A
cinque anni avevo già il mio
primo lavoro: innaffiare l’orto, tutte le mattine. E nella vita poi ho sempre cercato i sapori e i profumi di quei ricordi. Ecco perché ora voglio buttarmi, convinto, in questa nuova avventura». E se Renzo
Rosso, mister Diesel, dice, sicuramente farà,
perché lui è l’uomo che ha venduto (e vende) i jeans persino agli americani che il denim lo hanno inventato. Da pochi mesi è
entrato nel capitale della catena di supermercati bio EcorNaturaSì.Gli altri soci sono
Giorgio Rossi Cairo, entrato con Rosso, la
famiglia Crespi Pallavicini e la Fondazione
Antroposofica Rudolf Steiner, i fondatori:
413 negozi in Italia e 230 milioni di giro
d’affari. La prossima settimana, le prime
riunioni con già più di un’idea: «Parlerò con
Matteo Renzi. Gli proporrò di mappare le
terre ad uso agricolo e di assegnarle a chi ha
voglia di coltivarle bio. Basta con le speculazioni. Faremo come negli Stati Uniti, creeremo posti di lavoro a stipendi equi, con i
quali la gente, i giovani potranno vivere di
agricoltura». E poi parla di scuole e campagne di sensibilizzazione: «Il biologico è il
futuro perché fa vivere un po’ più sani. I cibi
che mangiamo hanno troppo veleni, non
vedete quante reazioni cutanee e quante allergie hanno i ragazzini di oggi?».
E magari i prezzi di questi prodotti si abbasseranno: «Potrebbe anche essere. Ma
non posso negare che oggi mangiare e an-
Chi è
che bere sano, cioè bio, senza trattamenti, e
non parlo solo di pesticidi o transgenica ma
penso anche al surgelato e al congelato, è il
vero lusso che, ahimè, difficilmente sarà
commercializzabile in larga scala». Detto da
uno che fa moda, fa una certa impressione.
«Il gusto dell’insalata appena colta o del
frutto appena staccato dall’albero lo senti
subito. Penso a quei grandi alberghi che ti
servono tutta quella roba che non sa di nulla». Lei viaggia molto: riesce a ritrovare,
qualche volta, i sapori dei ricordi? «Cerco, i
posti dove mangi sano ci sono. Il Giappone
su tutti: fantastico. Ma sapete che hanno
aperto le scuole del caffè e dei cappuccini?
Loro vogliono la qualità prima di tutto. Comunque preferisco le cose semplici a quelle
lavorate: un pesce ai ferri con un buon olio,
un' insalata verde e un bicchiere di vino giusto, un Brunello o uno Chateau Cheval Blanc
o uno Chateau Margaux... O un bianco di
Rosso o un rosso di Rosso!». Ma gli ultimi
due sono della sua tenuta, la Diesel Farm,
profit Only The
Brave Foundation.
È presidente della
Red Circle e
proprietario della
Diesel Farm di
Marostica (nella
foto), degli hotel
Pelican di Miami e
Chiltern Firehouse
di Londra e della
squadra di calcio
della sua città, il
Bassano Virtus 55.
Ora è nel capitale
di EcorNaturaSì
A 15 anni
vendeva i jeans
in classe
Renzo Rosso nasce
Brugine il 15
settembre del
1955. A 15 anni
confeziona il suo
primo jeans con la
Singer della madre.
A 16 anni già ne
produce otto
modelli che vende
ai compagni di
classe. A 23 anni
fonda la Diesel.
Oggi con la sua
holding, la «Only
The Brave»,
controlla anche
Martin Margiela,
Viktor & Rolf, Marni
e la Staff
International
(Dsquared, Just
Cavalli, Westwood,
Marc Jacobs Man).
Sua
l’organizzazione no
oltre 100 ettari sulle colline attorno a Marostica, non vale. «Abbiamo le coltivazioni e il
bestiame e stiamo attrezzandoci per prendere la classificazione bio. Vino e olivi e l’orto che lavora già a chilometro zero per alcuni ristoranti. E la carne poi: senti che non è
mai stata nel congelatore. Abbiamo vitelli e
galline e conigli: vivono liberi, sulle colline.
A volte passa anche un giorno prima di trovare il vitellino appena nato naturalmente
all’aperto. E con queste materie prime non
hai bisogno di aggiungere altro».
Se chiude gli occhi e ritorna per una attimo bambino, quale sapore sente? «La polenta con la crosta inzuppata nel caffelatte o
In cantina Renzo Rosso fra le botti di vino prodotto nella sua fattoria di Marostica (Alberto Bevilacqua)
quella con il formaggio fresco che facevamo
a casa. I fagioli alla Bud Spencer. La carne
lessa cotta per ore o il baccalà e la polenta
con il tòcio. E su questo sono ancora adesso
intransigente: litigo sempre con il mio cuoco, gli dico lascia, lascia sul fuoco lento, come faceva mia madre. Volete mettere un
pollo arrosto che cuoce tre ore e piano piano? Non c’è paragone con quello servito dopo un’ora di cottura a fuoco massimo». Era
sua mamma la cuoca? «Sì. Passavo ore a
guardarla. Non mi sono mai prodigato ai
fornelli, non ho mai avuto il tempo, ma potrei raccontare per ore delle sue ricette». La
preferita? «La zuppa inglese: uno strato di
savoiardi e giù di Alchermes e ancora i biscotti. Ancora adesso ne vado pazzo». Perché gliela prepara ancora? «Purtroppo sì: ho
un debole e lei lo sa».
Le piace il cibo in tv? «Sta diventando tutto troppo commerciale. Capire cosa fare in
cucina non è MasterChef. E sono simpatici i
bambini, ma dal punto di vista professionale è una cosa ridicola». Gli chef sono le nuove star, un po’ come gli stilisti: «Adoro Cracco, un grande che mi ha fatto sognare. Ma
non parlatemi di molecolare o scomposta o
chissà-che-diavolo».
Paola Pollo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Live with
Showroom Milano
via Giulio Romano 11
www.ilve.it
36 Tempi liberi
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Sapori & amori
Scorribande Piccola guida per il recupero dei piatti della tradizione. Fra agnelli e nuove sensibilità animaliste
Casatiello e colomba vegana
Pasqua in cucina batte Natale
di Corinna
De Cesare
Il fascino
( e i profumi)
del «fatto
in casa»
Rigorosamente fatto in
casa. Che sia pane, torta,
merenda, cornetti per fare
colazione o brioche salutari
da far mangiare ai bambini,
il tema scelto questa
settimana da
#Foodstagram è
l’homemade. Sarà quindi
tutta «naturale» la gallery
di questa settimana della
rubrica di Corriere.it in cui
vengono pubblicate le
migliori foto/ricette dei
lettori. Come quella di
Betta Brescia,
imprenditrice del settore
automotive: «Non sono
una salutista in senso
assoluto — ci ha scritto via
mail — ma prediligo
un’alimentazione naturale
il più possibile, con pochi
grassi: friggo poco (ma
friggo), uso prodotti di
qualità e faccio tanti dolci
in casa». Come il suo pane
con le gocce di cioccolato e
farina di grano saraceno.
«Tipico dolce da credenza
— specifica — perché si
conserva tranquillamente
per 4/5 gg in dispensa e si
può mangiare sempre».
Elisa invece, architetto e
mamma vicentina, ci ha
inviato la sua foto/ricetta di
uno speciale soufflé al
pecorino sardo con
bottarga e vellutata di
pisellini freschi. Per
pubblicare su Corriere.it la
vostra fotoricetta basta
inviare una mail
([email protected])
oppure condividerla sui
social network usando
l’hashtag #fotoincucina.
corinnadecesare
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di ROBERTO PERRONE
Scelti da noi
«P
asqua, Gesù è risorto. Tutto è bello, pure
pecché se mangia ‘o
casatiello». A Pasqua
si condensano meravigliose tradizioni in cucina, forse, addirittura, i piatti pasquali sono anche
più brillanti — se mi passate il termine
— di quelli natalizi, però Natale è con i
tuoi, è «il pranzo», e Pasqua con chi
vuoi, con meno vincoli a tavola. Ecco
dunque una piccola guida per la resurrezione gastronomica della Pasqua.
Per questioni patriottiche cominciamo con una bella pasqualina dell’Antica Sciamadda di Genova. La pasqualina è una torta antica, con uovo, biete
ma anche spinaci e erbette (circolano
anche versioni con i carciofi): secondo
la tradizione dovrebbe essere preparata con 33 fogli di pasta, come gli anni
di Cristo. Pasqua chiama le torte salate: strepitosa la pizza di formaggio, conosciuta in molte regioni del Centro
Italia come crescia o panettone di formaggio, questo esce, fragrante, ad Ancona, dal forno Sapor del Grano della
famiglia Toccalite da oltre 150 anni.
Parente stretto di queste torte al formaggio dell’Italia centrale è il casatiello che troviamo a Napoli da Grangusto,
bar, ristorante (che si sta dando una
nuova vitalità con il cuoco Roberto
ILLUSTRAZIONE DI MICHELE TRANQUILLINI
#Foodstagram
Verducci e il contributo di Gino Pesce
dell’Acqua Pazza di Ponza), pizzeria,
supermercato e gastronomia. Non può
essere Pasqua senza l’Osterschinken, il
prosciutto altoatesino che da Schrott a
Bolzano preparano con la ricetta di papà: naturale, senza conservanti, lavorato a mano. Molto buoni anche quelli
del maso Stofnerhof di Sarentino o del
macellaio Nigg di Terlano, il paese degli asparagi. Con questi (ma anche con
Cioccolato e pesche
Un dolce alternativo sono i «persi
pien», bicchierini di cioccolato
alle pesche e amaretto,
frammenti golosi di memorie
delle campagne piemontesi
il cren) è la morte sua. Per agnelli toscani e capretti sardi l’indirizzo giusto è
Pregiate Carni Piemontesi con il mitico
Brunetto Rebuffi in regia. Con l’amico/
socio di una vita, Mauro Brun all’Annunciata, garantiscono alla Milano carnivora prodotti di qualità e simpatia.
Scoperta recente, per spezzare il ritmo del pranzo di Pasqua, uno dei formaggi del Caseificio Campo Felice a
Collimento: pecorino extra, leggermente piccante, stagionato 15 mesi,
speciale con la marmellata di cetrangolo (arancio selvatico della costa dei
Trabocchi). Viriamo, a questo punto,
felici verso i dolci. Tra storie antiche e
dolcezze recenti. La ciaramicola è il
dolce pasquale di Perugia che le ragazze «in età da marito» regalavano ai
fidanzati il giorno di Pasqua. Secondo
la tradizione ogni suo componente rimanda a luoghi della città e a momenti della Passione e Resurrezione di Cristo. Non può mancare la tradizionale
focaccia/colomba di Claudio Gatti della Pasticceria di Tabiano. Quest’anno
oltre alla colomba biologica ne ha preparata anche una vegana.
La pesca sulla torta viene dal mio
maitre chocolatier di fiducia, Gabriele
Maiolani di Odilla Chocolat: i «persi
pien» bicchierini di cioccolato alle
pesche e amaretto, frammenti golosi
di memoria dalle campagne piemontesi. Infine, per chi non vuole imbandire un menu da solo, suggerisco di
affidarsi alla famiglia Cacciani di Frascati tra paté di coratella, lasagne
classiche con le polpettine e l’immancabile abbacchio. Amen.
1)Torta Pasqualina
Antica Sciamadda
Via San Giorgio 14,
Genova
Te. 010/246 8516
2)Osterschinken
Spezialitaten
Schrott
Goethe-Strasse, 15
Bolzano
Tel. 0471-978685
3)Pizza al formaggio
Sapori del Grano,
F.lli Taccalite
Via Musone, 13
Ancona
Tel. 071- 888345
4)Casatiello
Grangusto
Via Nuova Marina, 5
Napoli 0815636377
5)Agnello & Capretto
Pregiate Carni
Piemontesi
Via Montepulciano,8
Milano 02-6693118
6) Pecorino extra
Campo Felice
Via dell’Aquila, 16
Collimento Lucoli
(Aq) 0862-73100
7)Ciaramicola
Pasticceria Sandri
Corso Vannucci, 32
Perugia
Tel. 075-5724112
8)Persi Pien
Odilla Chocolat
Via Fratelli Carle 40,
Torino 011-504852
9)Focaccia & Colomba
Pasticceria Tabiano
Via delle Fonti, 7
Tabiano Bagni (Pr)
Tel. 0524-565233
10)Menù di Pasqua
Ristorante Cacciani
(nella foto i fratelli)
Via Armando Diaz,
13/15 Frascati
Tel. 06-9401991
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La ricetta
Capretto servito
con il brodo «stracciatellato»
della famiglia CACCIANI *
In questa ricetta la bontà della carne di capretto è basilare,
cercate la massima qualità, poiché il capretto ha una carne sapida, delicata e leggera.
Ingredienti: 500 g di capretto laziale (noi lo prendiamo a Morlupo) a pezzi, 1 bicchiere di vino bianco Frascati, 1 cipolla, 2 spicchi di aglio, peperoncino q.b., sale e pepe q.b., olio d’oliva q.b., 1
limone, qualche foglia di maggiorana, 4 uova freschissime. Con il
capretto attenti al sale poiché è una carne già saporita.
Procedimento: mettere a rosolare il capretto in casseruola di
rame, o in una pentola con il fondo spesso con aglio, cipolla e olio;
quando il capretto è ben rosolato aggiungere un bicchiere di vino
bianco e far evaporare; aggiungere acqua calda per arrivare a
cottura, quando la carne del capretto si stacca dall’osso, mantenendo un pochino di brodo. Mettere a parte la spezzata di carne e
nel brodo «stracciatellare» l’uovo sbattuto con qualche goccia di
limone e alcune foglie di maggiorana. Servire il capretto con il
brodetto stracciatellato. Accanto foglie di maggiorana e una decorazione con il limone.
•Ristorante Cacciani Frascati
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Tempi liberi 37
italia: 51575551575557
Sapori & amori
Nel bicchiere Primato anche per superficie coltivata. L’esperta: merito dell’irrigazione, in Italia spesso vietata per tutelare la qualità
Il miracolo (spagnolo) del vino
I dati del 2013
ETTOLITRI DI VINO
(valori in milioni di ettolitri)
di LUCIANO FERRARO
A Montepulciano
E il Nobel
Mo Yan
elogia
il «rosso»
L’Oriente è rosso. Di più:
l’Oriente ama il rosso e se lo
beve. Nel 2013 la Cina ha
sorpassato la Francia ed è il
Paese con il maggior consumo
di rosso, 155 milioni di casse
da 9 litri. Lo produce, anche: è
ormai il sesto produttore su
scala globale. L’Italia gioca la
sua parte ma, soprattutto, può
contare su un potere seduttivo
nei confronti della Cina che va
oltre i numeri (esportazioni per
75 milioni nel 2013). Come
sostiene Mo Yan (foto), lo
scrittore che nel 2012 ha vinto
il Nobel per la Letteratura, «il
mio Paese e l’ltalia condividono
una lunga e ricca tradizione di
cultura del vino e degli alcolici.
È proprio grazie al vino che ho
stretto un legame indissolubile
con l’Italia». È così che l’autore
di «Sorgo rosso» saluta da
lontano il convegno dedicato al
triangolo virtuoso Italia-Cinavino che la Biblioteca Archivio
Storico «Piero Calamandrei» di
Montepulciano ha organizzato
per martedì 15. Si parlerà di
realtà enologiche ma ancor più
di come al vino (in Cina vale
anche per altri alcolici) siano
attribuite precise funzioni
sociali. In Cina, che tra il 2000 e
il 2010 ha quasi triplicato i suoi
consumi di vino, «l’alcol è un
elemento chiave di un guanxi
(rete di legami) affidabile.
Significa fiducia, credito,
responsabilità, lealtà»,
ricorderà nel suo intervento il
sociologo Qiu Zeqi. Mo Yan,
cantore delle campagne di
Gaomi e della sua gente —
come spiegherà la sua
traduttrice Patrizia Liberati —
intinge spesso le sue storie nel
vino. Perché, dice il Nobel,
«questa invenzione stimola la
creazione artistica ma è anche
un’arte in sé e per sé. È un
ingrediente dell’amore ma
anche della follia. Rende
amabili ma può fare
impazzire». Ganbei, salute!
Marco Del Corona
@marcodelcorona
leviedellasia.corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
52,6
A
due passi da Piazza
Navona, al secondo piano del seicentesco Palazzo
Attolico, è esposto
il simbolo del sorpasso spagnolo
sull’Italia. Oltre il
cortile con le statue barocche avvolte dal profumo dagli alberi d’arancio in fiore, una scala candida porta alla sede dell’ambasciata di Madrid per gli affari agricoli. All’ingresso un plotone di bottiglie con le
etichette più note del vino di Spagna è disposto sulla libreria al posto dei volumi. Sembra lì
per proclamare quello che riassume Amparo
Rambla Gil, consigliere d’ambasciata: «La
produzione spagnola di vino e mosto quest’anno può raggiungere i 52,6 milioni di ettolitri, un record, un incremento del 34% superiore alla media delle ultime 5 vendemmie».
I dati ufficiali saranno resi noti a maggio
dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, intanto l’Italia, con i suoi 47
milioni di ettolitri, scivola al secondo posto, e
la Francia (42 milioni) al terzo. Un primato
non solo sulla quantità. Un esempio? Nel suo
ultimo elenco dei 100 vini migliori al mondo,
gli americani di Wine Spectator hanno piazzato sullo scalino più alto del podio il Rioja Imperial Gran Reserva 2004 di Cune.
Sembra passato un secolo da quando (nel
1974) debuttò l’investigatore Pepe Carvalho, il
gastro-appassionato di Manuel Vàsquez
Montalban. Nella sua cantina «scavata in una
grotta in cui si vedevano i dorsi impolverati
delle bottiglie di vino illuminate da una lampadina con un luccichio quasi sonoro», c’era
molto spazio per i francesi. Mentre le «varietà
ispaniche erano scarsamente rappresentate»
e destinate a cene «rassegnate», che non meritavano né un Blancs de Blancs de Bordeaux
né uno Chablis.
Il primo ad intuire che l’Italia poteva farsi
sorpassare è stato Angelo Gaja, super vignaiolo in Barbaresco, nel gennaio scorso, al ritorno dalla Spagna. In uno dei suoi rapporti stilati con la cura che una banca d’affari dedica all’analisi di un Paese, Gaja ha ammonito: «Non
dobbiamo pensare di avere l’esclusiva dei vitigni autoctoni e storici. Anche la Spagna ne è
ricca. Ora può diventare il primo Paese produttore al mondo». Gaja invitava a trarre insegnamento dai loro grandi produttori: Vega Sicilia, Telmo Rodriguez e Torres «che sta alla
Spagna come Antinori sta all’Italia del vino».
Poche settimane dopo, il ministro delle Politiche agricole Miguel Arias Canete ha annunciato il primato: «Abbiamo esportato vino
per 2,6 miliardi nel 2013, il doppio rispetto a
10 anni fa, un incremento del 7% dal 2012.
Siamo il primo Paese per superficie vitata, con
960 mila ettari, e da quest’anno anche i primi
per produzione».
Come si spiega questo sprint? Non basta il
programma europeo che ha ridotto i filari in
Italia e Francia: anche gli ispanici hanno decurtato. Né è sufficiente dire che il clima nel
ETTARI DI VIGNETO
mila
47
EXPORT
(valori in miliardi di euro)
960
786
SPAGNA
7,8
Madrid
Barcellona
807
mila
mila
42
5
Siviglia
465mila ettari
2,6
La superficie vitata della regione
Castiglia-La Mancha, la più produttiva
34%
Spagna
ITALIA
Francia
Spagna
ITALIA
Produzione da record
L’Italia scivola seconda
davanti alla Francia
La profezia di Gaja
Francia
Spagna
ITALIA
Francia
2013 è stato più favorevole per la terra di Don
Chisciotte. C’è un terzo (e decisivo) motivo
spiegato da Jancis Robinson sul Financial Times: l’irrigazione dei vigneti che ha fatto salire le rese per ettaro, allontanando lo spettro
della siccità, soprattutto a Sud. Una pratica
spesso osteggiata in Italia dalle regole per i vini Doc e Docg perché può far scendere la qualità delle uve. Racconta Robinson: «Oggi si
stima che il 34% dei vigneti spagnoli sia irrigato, gonfiando così i volumi della produzione».
Sarebbe però un errore pensare che la Spa-
La percentuale di vigneti con impianti
di irrigazione in Spagna
gna offra vini solo senza fascino. «Soprattutto
nel Nord della Spagna — avverte Robinson —
vengono prodotti alcuni dei vini migliori del
pianeta». Sia nelle regioni classiche (Rioja e
Ribero del Duero, ad esempio), sia in quelle
meno conosciute, Arlanza, Calatayud, Empordà e Valdeorras. Da bersi con «calici di fine
cristallo», suggerisce Montalban. Perché
«ogni vino deve avere il suo bicchiere. Pepe
Carvalho accettava pochi comandamenti, ma
questo era uno dei più rispettati».
(divini.corriere.it)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La bottiglia
La migliore
del mondo
Cune Rioja Imperial
Gran Reserva 2004:
è la bottiglia che
Wine Spectator, la
rivista americana
più influente nel
mondo del vino, ha
messo in testa alla
sua lista dei 100 vini
migliori del mondo
del 2013. È la prima
volta di un vino
spagnolo da quando
viene elaborata la
classifica, il 1988
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A McInerney e Qianrui Cheng
il premio Grandi Cru d’Italia
A
ssegnati a Verona i Premi Grandi Cru d’Italia dedicati a
personalità internazionali del vino (il Comitato
riunisce 100 produttori di qualità). Il riconoscimento
al miglior giornalista, è andato, ex aequo, al romanziere
Jay McInerney, che scrive sul Wall Street Journal, e a
Qianrui Cheng, di Wine in China. Sommelier dell’anno è
Paolo Basso. Premi speciali a Diana Bracco, presidente Expo
2015; Alberto Bradanini, ambasciatore d’Italia a Pechino;
Eduardo Eurnekian, presidente Corporacion America. Il
nuovo presidente del Comitato è Carlo Guerrieri Gonzaga, di
Tenuta San Leonardo, il vice esecutivo rimane Paolo Panerai
(editore e produttore con Castellare di Castellina).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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38 Tempi liberi
Qui
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Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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Un mocaccino con panna di soia, grazie Una pioggia luminosa di geometrie
Un mocaccino con panna di soia,
in tazza grande in vetroresina,
cucchiaino senza nichel. E zucchero
di barbabietola, grazie #fuorisalone
#architecture #building #flos #party
#architexture #city #milano #minimal
#design #fuorisalone #street #art
#arts #abstract #archilovers #lines
Levrieronero
Milano val bene
una festa
Tania «chef»
e Ferragamo
Dall’alto, la «regina dei tuffi»
Tania Cagnotto che ieri sera,
eccezionalmente, ha
indossato il grembiule e ha
cucinato alla festa di
Modulnova; accanto a lei, lo
chef Umberto Zanassi. In
basso, il party di Ferragamo,
dove (con Molteni&C.), è
stata presentata
l’installazione di Rodolfo
Dordoni, «Le affinità
elettive»: da sinistra,
l’amministratore delegato di
Ferragamo, Michele Norsa;
Giulia Molteni e Rodolfo
Dordoni (Fotogramma)
Stile Rossetti
Cardin debutta
Designweek
Giulio Passerini
Più relax L’area benessere in Fiera, uno spazio cresciuto del 20 per cento
Nella sala da bagno
la vita è dolce
e la forma rétro
A
l trucco, ma davanti
a specchiere che
sembrano opere
d’arte, da vere dive
hollywoodiane. Immersi nella schiuma, in vasche che
assomigliano a vecchie tinozze, ma
azionate da un meccanismo touch. E forme smussate, tanto legno
e bronzo nella toilette dal gusto rétro in mostra
al Salone del Mobile. Dove i lavandini poggiano su gambe di rovere, quasi fossero sedie
Thonet. Dove le antine pieghevoli ricreano atmosfere anni Cinquanta. E l’estetica nobilita la
necessaria funzionalità di questo ambiente per
tanto tempo snobbato, maltrattato, nascosto.
La dolce vita della sala da bagno.
Ritorno al passato. Manopole vintage con
impianti modernissimi, superfici belle da toccare e accarezzare. Il marchio Antoniolupi ha
ripreso lo stile delle origini, il designer Roberto Lazzeroni le ha reinterpretate usando marmo, corian e legno. Forme organiche e laccato,
l’effetto è di assoluta leggerezza. Contrasto tra
resina e noce canaletto anche da Rapsel: nel sistema «Collapse», realizzato in collaborazione
con la Scuola politecnica di design, e nel progetto «Vienna», dove le ante dello specchio si
chiudono intorno al lavandino consentendo a
chi lo usa uno spazio intimo, privato. «Così ripiegato ricorda un mobile da trucco», dice Valeria Provini, marketing manager dell’azienda.
E mostra «Dune», vasca da bagno che richiama
i movimenti del deserto grazie al sapiente uso
della resina acrilica.
Stile aristocratico. Le curve fanno pensare
alle consolle e ai piani bar visti nei film con
Clark Gable e Humphrey Bogart; i mobili da
bagno starebbero perfettamente in una camera da letto. Come nelle creazioni di Gessi —
non a caso l’azienda ha prodotto la serie «Eleganza» — e in quelle di Karol, contenitori in
legno e cuoio che scorrono su binari ipertecnologici. Essenziale, lussuosa e nata da una
lunga ricerca sul duralight è la vasca «Accade-
Linee tonde e smussate
L’estetica vintage
sposa impianti avanzati
Giocoso
Il porta scopino
«Franc» di Nito
(foto Marfisi)
Naturale Lo stand Gessi in Fiera con il progetto «Cono», fusione tra l’armoniosa serenità delle forme
orientali, ispirate alla natura, e un design occidentale
Annachiara Sacchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo stilista Tomas Maier presenta la collezione Home per Bottega Veneta: lampade ricaricabili e tappeti di pashmina
«Trasparenza e flessibilità, la casa è in evoluzione»
C
Dall’alto, la festa nello show
room Fratelli Rossetti: Diego
Rossetti e l’artista Letizia
Cariello; sotto, Pierre Cardin
che, a 92 anni, debutta
nel design (Fotogramma)
mia pop» disegnata da Carlo Colombo per
Teuco: rigore estetico-progettuale che dialoga
con presente e passato. Corsi e ricorsi: Sicis
sceglie di tornare a lavorare la pietra; Mutina
privilegia la terracotta; Bellosta rubinetterie
continua la sua sfida del cento per cento made
in Italy. Per giocare: i porta scopini di Nito terminano con una palla da biliardo, l’impugnatura di un bastone da passeggio, la testa di
un’anatra.
Vita dolce del bagno che in questo Salone
del Mobile ha conquistato il venti per cento di
spazi in più rispetto alla precedente edizione.
Gianluca Marvelli, presidente di Assobagno e
ad di Koh-I-Noor, commenta: «Siamo passati
dalla funzione all’arredo. Finalmente». E il risultato è la nascita di salottini dedicati al benessere, alla cura quotidiana, di ambienti che
coccolano con vapori e colori. Meraviglie dei
grandi spazi: Jacuzzi ha portato in Fiera l’«Original Wellness Treehouse», centro benessere
su tre piani (spa, area lounge, terrazza relax) da
35 metri quadrati. Più domestico (e comodo) è
l’hammam «Cloud»: nel box doccia la parete è
inclinata per appoggiarsi più comodamente.
Sempre in tema di dolcezza, Starpool ha inventato la «Sweet Spa» tra vapore, musica e
domotica: il bagno turco si aziona a distanza (e
nella tecnologia non si può non citare il sistema integrato tra wc e bidet dei coreani Uspa).
Relax infinito anche con il progetto di Roberto
e Ludovica Palomba per Kartell by Laufen. E
nella vasca «Dr» disegnata da Marcio Kogan
con lo studio MK27 per Agape. «Amichevole,
sensuale, carismatica». Emozioni da camera.
hi passa i fine settimana a spostare i mobili
di casa in cerca di un
nuovo assetto che meglio corrisponda al proprio —
sempre sfuggente — ideale,
da oggi può consolarsi: sarà
anche un’abitudine spiacevole per i propri familiari, ma ne
sono affetti pure i grandi designer. Succede anche a Tomas
Maier per esempio, direttore
creativo di Bottega Veneta dal
2001 (quando prese l’azienda
italiana sull’orlo della chiusura: oggi fattura più di un miliardo di euro), tedesco dai
modi gentilissimi e dallo humor sottile che mostrando la
sua nuova collezione di arredamento confessa: «Sono anch’io uno di quelli che non sono mai contenti della disposi-
Direttore creativo Tomas Maier,
56 anni. Tra le novità della collezione Home: il divano in tessuto
zione dei mobili di casa: magari il divano starebbe meglio
da un’altra parte, e quella libreria potrebbe dividere la
stanza invece di stare attaccata
alla parete... In effetti, visto
che le pareti di casa non si
possono spostare senza abbattere tutto, ci si condanna a
ripensare sempre a un possibile nuovo assetto».
E qui Maier sorride e accantonato l’aplomb da archistar
mancata — il mestiere di suo
padre — usa la mimica medi-
terranea per battersi l’indice
due volte sulla tempia: roba
da matti. Ecco così che le idee
di fondo della nuova collezione di arredamento di Maier
sono la flessibilità e la trasparenza, proprio come nella sua
moda.
Esempi in questa Home
Collection? La lampada da tavolo in vetro trasparente di
Murano realizzato a mano (e il
filo coassiale è ricoperto di
pelle con il classico intrecciato
Bottega), la prima lampada ricaricabile del brand «perché
ormai siamo abituati alla portabilità di qualsiasi cosa, è
bello avere anche una luce
portatile».
Sempre tra le lampade, nei
modelli da tavolo già presenti
nelle scorse collezioni si ag-
giunge la quercia (in quattro
tonalità: Dark Oak, Uniform,
Pergamena e Ash). Lo stesso
legno del quale è fatta la base
del nuovo tavolino da caffé rotondo, e la nuova libreria molto minimal che può stare a parete o, come diceva Maier, essere usata per dividere un ambiente. Diventa più affollata la
famiglia dei pezzi «floating»
(tavoli e scrivanie con struttura in bronzo abbinata a pelle o
pergamena intrecciata, che
sembra sospesa sotto le superfici di vetro trasparente).
Tra i nuovi materiali anche
la pashmina ( per i tappeti), il
marmo tunisino nero con venature gialle e quello turco,
grigio chiaro-beige.
Matteo Persivale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Tempi liberi 39
italia: 51575551575557
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Pinterest
E poi ti ritrovi #acenaconlestelle
Vetro, schermi e lampi di architettura
Uno scatto
che arriva
da Ornamenta e, a
destra, un
momento
dell’evento
organizzato
da Asus Italia
Il #fuorisalone è così: stavi scaldando
i motori verso Roma, e a un tratto ti
ritrovi #acenaconlestelle
@slowriot81
Corriere.it
Living.corriere.it
Il personaggio Flavio Manzoni e la lampada benefica che andrà all’asta
Sinuosa
La vasca da
bagno «Dr»
progettata da
Marcio Kogan con lo
studio MK27
per Agape.
Forme smussate e spazi
confortevoli
«Con la luce e la musica
aiuto la mia Sardegna»
S
Dune mosse
La vasca da
bagno «Dune» realizzata
dalla designer
Caroline Beaupere per
Rapsel: il movimento ricorda la sabbia
del deserto
Appuntamenti, feste,
indirizzi e molti
approfondimenti
sui canali del
Corriere della Sera
Come mobili
Il bagno creato
da Roberto
Lazzeroni per
Antoniolupi: il
designer ha ripreso le forme
dei mobili prodotti dall’azienda negli
anni Cinquanta
Serie limitata La vasca da
bagno «Accademia pop» disegnata da Carlo Colombo per
Teuco e realizzata in duralight
ullo smartphone si materializzano come d’incanto foto di alcuni
disegni: un cavallo, teso in tutta
la sua muscolatura, il profilo di
due auto sportive. «Avevo sette e quindici anni quando li ho fatti — racconta
Flavio Manzoni, car designer, indicandoli —. Ho preso in mano la matita
mentre imparavo a parlare, è la mia passione. Spinto da mio padre che aveva
una mano fantastica, innata. E anche
oggi, quando progetto, parto sempre da
uno schizzo su un foglio di carta».
Eccolo appena arrivato a Milano per
presentare Madreterra, la storica lampada da terra «The Great JJ», prodotta da
Leucos e resa unica da un suo decoro,
per il progetto a favore della ricostruzione di una scuola alluvionata in Sardegna (la sua terra). E proprio per questo valore totalmente benefico, nessuna
celebrazione di una professione che lo
rende noto anche al di fuori del mondo
automobilistico. Nel salone inizio 900
della Galvanotecnica Bugatti (nella via
omonima in Zona Tortona), accanto alla
lampada, c’è un pianoforte: lui si avvicina, si siede, le mani scorrono sulla tastiera, nell’aria le note di un brano contemporaneo.
«Suonavo da ragazzo ma poi, arrivato
a Firenze per gli studi di architettura,
senza il mio piano avevo smesso. Qualche anno fa ho deciso di riprendere, per
al prima volta a orecchio — racconta,
mentre spiega che la musica gli permette di liberare la mente dopo le intense
giornate di lavoro — Ma ho mille interessi, l’arte, la letteratura. Sono architetto e in realtà pensavo di costruire edifici
e non auto. All’inizio essere eclettico era
quasi un problema, oggi invece mi dà
ossigeno».
Questa volta l’incursione è il design,
applicato a un oggetto attraverso l’uso
di una tecnica contemporanea: «Il mio
motivo, la sua rielaborazione in 3D riprodotta sul diffusore della lampada e la
finitura fatta a mano: un insieme di tecniche moderne e artigianalità». Quel
motivo che gioca tra grafismi, tracce di
volti, e il colore rosso a sottolinearlo:
«La madre terra, una figura antropomorfa archetipo della dea madre. Ce n’è
una antichissima anche in Sardegna»,
dice, spiegando la rappresentazione di
Car designer
Flavio Manzoni
con la lampada
Madreterra,
realizzata per
Leucos
Studenti
on the road
di Martina
Mariani
Sì alle citazioni
anni Cinquanta
Ma senza
esagerare
suggestioni che vogliono richiamare la
vulnerabilità della dimensione umana.
Reminiscenze letterarie («Il ricordo della lettura di Canne al Vento» della Deledda), la riflessione, nata dall’alluvione
che ha colpito la sua terra, della fragilità
umana, la voglia di colpire il cuore di chi
questa lampada la vorrà acquistare: «È
stata l’occasione per fermarmi a riflettere», dice, raccontando di aver sviluppato il progetto nei ritagli di tempo: «Da
sera tardi fino a notte fonda, quando si
pensa senza essere distratti».
La Design Week è la tappa di un percorso che, partendo dalla Sardegna,
porterà la lampada a maggio a New
York, poi a Londra e a Parigi, fino all’asta
che sarà battuta a Olbia. Lui invece ritorna a Maranello, a occuparsi in prima
persona del design delle auto più belle
del mondo. A breve però, rivela, nel
tempo libero si dedicherà alla scultura.
Silvia Nani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Verso Expo
Sulla sedia
della salute
“Technogym, partner
di Expo 2015, presenta
al Salone «Wellness
Ball», la sedia della
salute qui testata da
Maroni, Pisapia,
Alessandri e Sala
L’altra faccia Il progetto di Ied Roma e del laboratorio Dagad: prodotti sofisticati, richiesti all’estero, ma in Italia poco «mediatici»
Orologi per diabetici e oggetti «scomodi»: il design senza riflettori
C
uccio è un piccolo dispensatore (meccanico) di affetto. Un
robot che si può abbracciare e
che «sente» la paura, il disagio,
il dolore. Cambia colore e sostiene il
difficile percorso per uscire dalla tossicodipendenza. Globe è un orologio
che permette di misurare con discrezione la glicemia, abbattendo quella
barriera di diversità che separa i diabetici dai non-diabetici (ossia quell’imbarazzo nel portarsi dietro il kit
medico).
È design. Ma scomodo. Perché poco glamour, poco appetibile per la comunicazione. Eppure il progetto ospitato in questi giorni a «Posti di Vista»
della Fabbrica del Vapore non rinuncia alla precisione del nome: si intitola
proprio «Design Scomodo» la mostra
che espone oggetti e ricerche dello Ied
di Roma e del Laboratorio Dagad. Prototipi di oggetti che al design sofisti-
cato uniscono una forte funzione sociale. «Questo mondo, che vive di alta
tecnologia e forte ispirazione sociale
— dice il coordinatore Paolo Righetti
— ha un mercato molto vasto ma non
si vede sovente. Così mostriamo, qui
ma anche altrove, in altre iniziative in
futuro, prodotti nati da territori poco
frequentate dai media. Sessualità, medicina, armi, reclusione, disabilità».
Ci sono designer celebri per sedute
o cucine che però hanno realizzato cose molto diverse. Per esempio, l’egiziano Karim Rashid (le cui opere sono
al MoMa) ha vinto premi prestigiosi
di design con un sex-toy. Il milanese
Paolo Villa ha disegnato una particolare stampella per disabili a forma di
«Z» (ideata insieme ad una persona
disabile). Elisa Mastrobuono, dello
Ied Roma, ha ideato Globe, l’orologio
Glucometro e dice: «Intorno a questi
progetti c’è molto interesse, specie dei
Studenti Da
sinistra, Ke
Jun Shen con
Cuccio; Elisa
Mastrobuono con Jowie
e Gregorio
Andrisano
con Globe
(Matarazzo
per Fotogramma)
grandi gruppi stranieri». Per esempio,
la Germania e i Paesi scandinavi, molto attenti alle tematiche sulla disabilità, seguono con attenzione il lavoro
dei creativi italiani. E anche nei settori
più «scomodi», come quello delle ar-
mi, in Italia si sviluppano numerose
tecnologie che poi sono utili in altri
ambiti (per dire, la chimica dell’industria bellica serve all’agricoltura perché fa ricerca sui fertilizzanti). Ma il
bello di questa mostra, al di là del-
l’enorme lavoro di ricerca che c’è dietro, sta nella finezza psicologica con la
quale inventa soluzioni per chi ha dei
problemi.
Prendiamo Jowie, un robot concepito per essere usato nei reparti di oncologia pediatrica. Sembra un pupazzo e in realtà lo è perché il suo compito primario è fare compagnia ai bambini malati. Ma, al tempo stesso,
consente di monitorare la salute dei
piccoli. Shadowbox è un piccolo contenitore progettato per facilitare il trasporto e il mantenimento della temperatura dell’insulina in clima caldi e
dove non si può accedere a un frigorifero. D-pocket è una borsa che nasconde discretamente un kit per diabetici. «Proponiamo il design — conclude Righetti — che non si vede ma
che si sente. Eccome».
Roberta Scorranese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il mio Salone? É una cucina. O
meglio una PLAYkitchen, dove
oltre al classico piano lavoro c’è
anche uno spazio inedito
dedicato ai bambini per il gioco.
Perché PLAYkitchen è il
concorso di progettazione di
Febal al quale ho preso parte
con un progetto in coppia con
Olga Bezverkhaya. Così mi
sono ritrovata a Eurocucina, da
dove è partito il mio percorso di
esplorazione della Milano
design week. La mia
impressione, guardandomi
attorno, è che anche per il
mondo dell’arredo destinato
alla cucina ci sia un generale
ritorno ai materiali naturali,
legno in primis, una nuova
sensibilità «verde» unita a un
pizzico di nostalgia per il
passato accentuato
dall’impiego di colori delicati. In
alcuni stand
ho notato
anche il
richiamo al
passato, al
vintage un po’
troppo
letterale. Mi
spiego: delle
citazioni degli anni 50, belle ma
troppo cariche. Ho apprezzato
molto invece, per esempio, lo
spazio di Poliform che ha
collaborato con Rodolfo
Dordoni. Il risultato è un
allestimento che mi è molto
piaciuto perché riproduce delle
istantanee di vita quotidiana. E
ho visto un pubblico di
operatori del settore molto
internazionale, con una netta
prevalenza di volti asiatici. Mi
sono ritrovata a discutere di
design con interior designer
coreani e indonesiani. Quanto al
mio percorso, dopo una laurea
in architettura ambientale al
Politecnico di Milano nella sede
di Piacenza, ho fatto il Master in
Interior design dello Ied di
Milano. Il tandem professionale
con Olga? Abbiamo fondato
assieme PLAYStudio che
prende il nome proprio dal
primo lavoro fatto per Febal
casa. Ma adesso, oltreché
giocare con il design vorremmo
lavorare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
* 25 anni, ha seguito il Master
in interior design allo Ied
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Tempi liberi 41
italia: 51575551575557
#
Tecnologie raccontate
STANDING
Giunto quest'anno alla seconda edizione, il Call of
Duty Championship 2014 è l'evento di punta
per lo sparatutto di Activision. Le squadre accorse
da tutto il mondo si sono contese un montepremi
da 1 milione di dollari, dei quali ben 400 mila sono
andati al team vincitore, gli americani CompLexity
Washington
Los Angeles
Los Angeles
STATI UNITI
Los Angeles
Vita digitale
Defense of the Ancients, di Valve
Corporation, è il concorrente diretto
di League of Legends. Analogo
l’obiettivo: distruggere le torri
difensive nemiche per poi giungere
alla base avversaria
New York
IDENTIKIT DEL GIOCATORE
PAYOUT
$ 400,000
$ 200,000
$ 120,000
$ 100,000
$ 70,000
$ 50,000
$ 35,000
$ 25,000
TEAM NAME
01 COMPLEXITY
02 ENVYUS
03 OPTIC GAMING
04 STRICTLY BUSINESS
05 TRIDENT T1 DOTTERS
06 FAZE
07 RISE NATION
08 VEXX REVENGE
Undicesimo episodio di una delle
saghe di maggior successo
di tutti i tempi, è uno sparatutto
in soggettiva di Activision Blizzard
dove ci si confronta in varie
modalità di gioco
Età media 15-25 anni
Nazionalità
Migliori nei giochi strategici Coreani
Più forti nei giochi «sparatutto» Italiani
Di Riot Games, vanta oltre 70 milioni
di registrazioni e 12 milioni
di giocanti ogni giorno. Due squadre
di 3 o 5 campioni devono prima
distruggere le torri avversarie
e quindi la base nemica
Strategico in tempo reale
di Blizzard Entertainment,
obbliga prima a costruire
la propria base e poi
la propria armata, da mandare
all’attacco di quella nemica
di Federico
Cella
I nostri dati
e il cuore
sanguinante
della Rete
Corriere della Sera / Mirco Tangherlini
Il fenomeno Hanno fra i 16 e i 25 anni e guadagnano fino a 12 mila dollari al mese. I cyber atleti dal «grilletto» facile
Il cuore pulsante della Rete è
un cuore sanguinante.Il gioco
di parole è tra HeartBeat, una
funzione dei cosiddetti «siti
sicuri» (quelli con il lucchetto),
e HeartBleed, il «baco»
scoperto pochi giorni fa e che
da marzo 2012 ha aperto la
serratura di luoghi online
ritenuti inviolabili. Da Facebook
a Gmail: se da un lato non c’è
certezza del danno, dall’altro
non c’è neanche (più) quella
della sicurezza. L’unica cosa
che possono fare i navigatori è
attendere che il gestore del
servizio a cui sono iscritti
copra il buco con una toppa (la
«patch») e a quel punto
cambiare la password (su
Corriere.it l’elenco dei siti).
Un’altra operazione che si può
effettuare è poi mentale. Ossia
rendersi conto che il luogo
dove depositiamo la parte più
privata di noi — da pensieri ed
emozioni a dati personali e di
lavoro — non è propriamente
una zona priva di rischi.
Perché la realtà è che Internet
non ha un cuore pulsante, ne
ha tanti e diversi. La struttura
di computer connessi fra loro
nata negli anni Sessanta, da
allora è cresciuta senza che ci
fosse un piano, senza che ci
fosse un «capo». In modo se
non casuale, senz’altro
caotico. Lo dimostra il fatto
che il software «bucato»,
OpenSsl, è un prodotto
gratuito che viene utilizzato
dai colossi per gestire un
valore di miliardi di dollari.
HeartBleed è un’altra faccia
della stessa medaglia del
Datagate: se Internet è un
parcheggio per i nostri dati, lo
si può considerare non
custodito. Oppure con fin
troppi custodi. Ma certo non è
privato.
@VitaDigitale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Piccoli, ricchi e forse famosi
I signori dei videogiochi
A
pochi isolati da
S k i d R ow, i l
quartiere favela di Los Angeles dove cinquemila senzatetto vivono
all’ombra dei
grattacieli della Downtown,
i campioni mondiali del gamepad si sono dati battaglia al Call of Duty Championship 2014. In palio un milione di
dollari, perché i concorrenti accorsi da
ogni continente all’evento organizzato
da Activision per promuovere il proprio
blockbuster in ambito competitivo non
hanno nulla da invidiare ai professionisti degli sport dagli ingaggi milionari. «I
miei ragazzi si allenano tutti i giorni
dalle 8 alle 10 ore e ogni settimana sono
valutati in base ai risultati ottenuti»,
spiega Jeremy Negron, fondatore e pro-
Allenamento
Il manager: «I ragazzi della
squadra si allenano da 8 a 10
ore al giorno e sono valutati
solo in base ai risultati ottenuti»
prietario degli Strictly Business, team
classificatosi quarto incassando centomila dollari di premio.
Ma a fronte di questo impegno, quanto può guadagnare un giocatore professionista? I migliori anche 4000 dollari al
mese, cui si aggiungono i proventi delle
partite giocate in diretta su YouTube o
su Twitch, un servizio televisivo online
nato per mostrare i campioni mentre
giocano in diretta. «Se uno è veramente
bravo, tra inserzioni pubblicitarie trasmesse durante le partite e donazioni
dei fans, può guadagnare anche 12.000
dollari al mese». Cifre alle quali vanno
poi aggiunte le sponsorizzazioni e i premi in denaro vinti ai tornei che si tengono in ogni parte del mondo e che, se ben
gestite, possono mettere il «cyber-atleta» al riparo da una carriera particolarmente breve.
In questa sorta di Far west elettronico, dove vince chi tira il grilletto per primo, sono infatti fondamentali i riflessi.
Che però, con l’invecchiamento, degradano in termini impercettibili per l’uo-
Il «Grande Slam»
League of Legends
World Championship
Quest’anno la
competizione si terrà a
Seul. La finale del 2013,
tenutasi allo Staples
Center di Los Angeles, ha
messo in palio 2 milioni di
dollari di montepremi
The International DOTA2
Si terrà dal 18 al 21 luglio
alla Key Arena di Seattle,
dove 17.000 spettatori si
contenderanno biglietti dai
99 ai 499 dollari
Dreamhack
È il più grande evento
europeo di videogiochi,
che si tiene due volte
all’anno in Svezia. Prevede
concerti live e tornei con
montepremi dai 100 ai
200 mila dollari. Tappe a
Bucarest, Valencia e Mosca
mo medio ma costringono i professionisti dei videogiochi al ritiro attorno ai
venticinque anni. Come sempre però ci
sono le eccezioni, quali l’americano
Johan «Toxic» Quick (nomen omen) o il
nostro Alessandro Avallone, 27 anni,
classe cristallina e vincitore fino a due
anni fa di competizioni mondiali. «Certo, a 18 anni tutto mi sembrava più facile ma dalla mia ora ho l’esperienza, che
conta tantissimo», dice. Ma come ci si
reinventa una volta appeso il pad al
chiodo? «Lavorando come consulenti
per gli sviluppatori, per diverse società
del settore o facendo i commentatori
sportivi dei tornei. Alcuni miei amici
sono anche diventati campioni di poker:
la preparazione e la velocità nel prendere decisioni richieste dai videogiochi
sono molto simili a quelle richieste al tavolo verde», risponde Avallone.
Insomma, per quanto possa sembrare
strano, si può essere videogiocatori professionisti. Ma è così anche da noi? Con
la sola eccezione di Alessandro Avallone, il panorama italiano è popolato da
Il team italiano
Filippo Cacciapuoti (Fr1do) del
team «Sublime» a Los Angeles
giocatori dalle grandi potenzialità inespresse. La conferma arriva dal team dei
Sublime, gli unici italiani arrivati alla finale mondiale di Los Angeles ma usciti
al primo turno. «Purtroppo da noi nessuno investe nella formazione di professionisti — spiega Giorgio Calandrelli, in
arte POW3R —. Da noi non c’è pubblico
e senza di esso mancano gli investimenti». Emblematica anche la testimonianza di Leonardo «Ko1gaa» Nisi: «Escluso
il Call of Duty Championship dell’anno
scorso, ho guadagnato settemila euro di
montepremi in sette anni di attività».
Meno di quello che intasca un professionista americano in un mese.
Per uscire da questa impasse, suggerisce Alessandro Avallone, «i giocatori
italiani devono concentrarsi nel fare più
tornei possibili al di fuori dell’ Italia, così da confrontarsi coi campioni stranieri. E preparare meglio le competizioni:
allenarsi solo su Internet è sbagliato,
Un futuro nel poker
Alessandro Avallone: «Finita
la carriera, alcuni lavorano come
Giorgio Calandrelli, nel team anche
consulenti di società del settore,
Filippo Torricelli e Leonardo Nisi
altri diventano campioni di poker»
icurezza a rischio per il «baco» Heartbleed. Cisco System e Jupiter
Network, due dei più grandi produttori americani di sistemi per le
reti aziendali e casalinghe, hanno rivelato ieri di averlo trovato
all’interno di alcuni loro prodotti. E anche il Wall Street Journal lancia
l’allarme e suggerisce di cambiare la password su siti come Facebook,
Tumblr o Twitter. Tra i primi siti a trovare il bug nei loro server, anche
Amazon, Google e Yahoo, aziende che però hanno provveduto ad
aggiornare subito la sicurezza (anche in questo caso è consigliabile però
modificare le password). Si tratta di una falla di sistema che, secondo
gli esperti, permetterebbe agli hacker di entrare in email, social
network e anche negli smartphone. Il «bug», scoperto lunedì notte,
rende vulnerabile il software di protezione OpenSSL usato da circa due
terzi di siti al mondo per criptare le comunicazioni più delicate, anche
quelle bancarie. «Una catastrofe. In una scala di gravità da uno a dieci, è
classificabile come 11»: Bruce Schneier, esperto di sicurezza
statunitense, aveva descritto così Heartbleed sul suo blog. I maggiori
social network e siti di e-commerce sono però subito corsi ai ripari.
perché poi i tornei si giocano in rete locale e la velocità è diversa. Bisogna poi
curare anche i più piccoli dettagli e allenarsi nelle modalità in cui si gareggerà».
Per un campione italiano affermarsi a
livello mondiale è possibile, sebbene
molto più difficile rispetto a un collega
americano. Ma gli Stati Uniti sono la patria dello show business, come ha confermato la finale condotta da iJustine,
bellezza californiana che di professione
non fa la presentatrice ma la star su YouTube. E che tra un round e l’altro ha lasciato la parola a un veterano che chiedeva aiuto per i reduci dell’esercito. Uno
dei tanti paradossi di un Paese che prepara i propri ragazzi alla guerra ma non
al tasso di disoccupazione, tre volte più
alto della media nazionale, contro cui
dovranno combattere una volta tornati
a casa. E dove chi la guerra la simula sull’Xbox può aiutare chi in guerra ci è andato per davvero.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Stefano Silvestri
Il «baco» Heartbleed
Tutte le password da cambiare
S
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
43
italia: 51575551575557
Economia
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La lente
IL MOTORE
CON GLI EDITORI,
APRE GOOGLE
PLAY EDICOLA
C
irca un anno fa un
nutrito gruppo di
editori europei scriveva
alla Commissione Ue per
lanciare l’allarme contro
Google per «la posizione
dominante sul mercato»
e «l’utilizzo non
autorizzato di contenuti di
terze parti, come
recensioni e informazioni
giornalistiche». Ora,
anche se collegamenti
diretti con le vecchie
questioni non vengono
fatti, un cambio di marcia
sembra avviato in nome
della collaborazione. Come
ha spiegato Luca Forlin,
Head of International
Partnerships per Google
Play Newsstand: «Google
Play edicola va ad
arricchire le aree di
collaborazione tra Google
e gli editori».
Dopo gli Usa, la Gran
Bretagna, il Canada e
l’Australia, è arrivata
infatti anche in Italia
l’edicola digitale di Google.
Si chiama «Play edicola»
ed è una nuova categoria
del Google Play Store che
consentirà di fruire delle
fonti di notizie preferite in
un‘unica «esperienza».
Tra gli editori partner
Class, Condé Nast,
Editrice Universo, Gruppo
Espresso, Hearst
Magazines Italia, La
Stampa, Il Sole 24 Ore,
Mondadori e Rcs
MediaGroup. In un’unica
app si possono leggere
articoli di diverse testate
anche in modalità offline o
attivare abbonamenti,
gratuiti o a pagamento, a
riviste, blog e giornali.
Corinna De Cesare
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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La firma Il Tar del Lazio accoglie il ricorso per sospendere il collegamento di Emirates da Malpensa a New York
Missione Etihad a Roma, accordo vicino
Il Ceo Hogan vede il premier. Apertura delle banche creditrici su Alitalia
MILANO — L’incontro tra il
Ceo di Etihad, James Hogan, con
il premier Matteo Renzi, ieri a
Palazzo Chigi, è la prova di
un’accelerazione nella trattativa
per l’ingresso della compagnia
di Abu Dhabi in Alitalia, con un
quota intorno al 40%. Chiusa la
due diligence la settimana scorsa, il manager australiano, 57
anni, è arrivato mercoledì a Roma per negoziare le condizioni
alla base della futura alleanza e
mettere a punto di persona il business plan, incentrato sui collegamenti intercontinentali, con
l’amministratore delegato di
Alitalia, Gabriele Del Torchio, 62
anni. Al colloquio tra Renzi e
Hogan era presente anche il sottosegretario alla presidenza del
Consiglio, Graziano Delrio.
La visita dimostra non solo
quanto sia importante per il governo che si arrivi a un accordo
con gli arabi, ultima chance per
il salvataggio di Alitalia dopo il
naufragio del matrimonio con
Air France-Klm, ma anche che
l’esecutivo è pronto a fare la sua
parte per chiudere. In un momento di alta disoccupazione,
non è difficile immaginare che
la questione della forza lavoro
sia uno dei temi più delicati. E
Palazzo Chigi, lo ha detto esplicitamente nei giorni scorsi il
ministro dei Trasporti Maurizio
Lupi, auspica un piano di crescita che rilanci l’occupazione, in
modo da rendere più accettabili
i sacrifici, che ci saranno per
tutti, banche incluse.
Al cuore della questione è la
formula tecnica da adottare per
le fuoriuscite. Etihad punterebbe a chiedere esuberi (convertendo la Cig a rotazione o la solidarietà in Cig a zero ore) da un
minimo di 2.500 ore ad un massimo di circa 3.100, coinvolgendo i circa 900 dipendenti che
stanno facendo la Cig a zero ore
su base volontaria e quelli implicati dall’ultimo accordo di
febbraio. Nel frattempo Alitalia
ha recapitato una lettera a circa
100 comandanti istruttori e
controllori nella quale richiede
«un’autoriduzione dei propri
compensi per la delicata attività
addestrativa e dei controllo che
svolgono per conto dell’azienda
e dell’Enac», hanno reso noto
ieri Uiltrasporti e l’Anpac, che
rifiutano «azioni unilaterali»,
ma si dichiarano «disponibili a
discutere» con la compagnia sul
prossimo piano congiunto con
Etihad. Quanto alla questione
dell’indebitamento, Etihad vorrebbe una ristrutturazione per
almeno 400 milioni. Le banche
(azioniste e creditrici) aprono a
questa possibilità e sono pronte
ad avviare una discussione, ma
I protagonisti
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40%
L’ipotesi di
accordo
prevederebbe che
la compagnia
araba
rilevi circa il 40%
delle azioni di
Alitalia
James Hogan, 57 anni, australiano, Ceo di Etihad
Gabriele Del Torchio, 63 anni, alla Alexandre de Juniac, 51 anni,
guida di Alitalia
numero uno di Air France-Klm
I due processi
Ligresti e i 189 secondi di ritardo
Salvatore a Torino, Paolo a Milano
MILANO — Processi e destini divisi per la
famiglia Ligresti nel processo per
aggiotaggio e falso in bilancio relativamente
al bilancio 2010 del gruppo Fondiaria Sai.
L’eccezione di incompetenza territoriale
sollevata dall’avvocato Davide Sangiorgio,
che lo scorso 18 marzo aveva fatto spostare
il procedimento a carico di Paolo Gioacchino
Ligresti (e di altri imputati) da Torino a
Milano, non è stata fatta valere ieri da altri
giudici di Torino nel processo a carico di
Salvatore Ligresti e dei manager arrestati
con lui lo scorso luglio — Antonio Talarico,
Fausto Marchionni, Emanuele Erbetta — e
neppure in quello alla primogenita Jonella
(in via di riunificazione al filone principale
dopo il rifiuto del patteggiamento). La
quarta sezione del tribunale torinese
presieduta da Giorgio Gianetti, con Claudio
Ferrero e Giorgio Ferrari a latere, ha deciso
di non accogliere le nuove prove individuate
dalla difesa di Paolo. Si tratta della perizia
relativa al luogo in cui sarebbe stato
commesso l’aggiotaggio: secondo i pm
Marco Gianoglio e Vittorio Nessi è stato
commesso a Torino attraverso l’invio del
comunicato sul bilancio a una mailing list di
destinatari, prima dell’uscita del comunicato
sul sistema «Nis» di Borsa da Milano. Ma le
difese hanno trovato una mail che sposta di
189 secondi (dalle 15.28 alle 15.31 e 9
secondi) l’invio della mail da Torino. Da qui
la competenza a Milano. L’eccezione è stata
respinta in quanto il procedimento si trova
già in una fase che non consente più di
mettere in discussione la competenza, visto
che le parti sono già costituite. Il tribunale
ha dato una interpretazione restrittiva di
questo aspetto, intendendo imputati e pm e
non anche le parti civili (che anche ieri si
sono costituite). Dunque il processo
continua a Torino e contemporaneamente
partirà a Milano per Paolo sugli stessi fatti e
gli stessi reati. «Una situazione inedita e
incredibile, grottesca», era il commento dei
vari legali coinvolti nell’inchiesta. La
diversità dei due processi comporta il
rischio di giudizi differenti sugli stessi fatti
e certamente avrà l’effetto — in caso di
condanna — di far riproporre in Appello
l’eccezione di incompetenza territoriale.
Con il risultato che uno dei due processi
ripartirà da zero.
Fabrizio Massaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
attendono prima il via libera all’accordo.
Una lettera di intenti o quanto
meno un’intesa di massima è
ormai questione di ore, sostengono fonti di Palazzo Chigi. Forse potrebbe arrivare già entro
stasera, visto che Hogan sarà
anche oggi a Roma per continuare le trattative, prima di volare a Londra in serata.
Se, come pare, il matrimonio
tra Alitalia e Etihad si farà, il
grande sconfitto della partita
sarà Alexandre De Juniac, 57 anni, presidente e direttore generale di Air France-Klm. Ex capo
di gabinetto di Christine Lagarde, quando l’attuale direttore
del Fondo monetario internazionale era ministro dell’Economia, De Junic, uomo di destra,
non ha potuto contare sul supporto dello Stato francese per
investire in Alitalia, partecipando all’aumento di capitale da
300 milioni mentre allo stesso
tempo annunciava esuberi in
casa. E ha perciò giocato d’azzardo scommettendo sul fallimento della compagnia transalpina, che pensava di conquistato gratis.
Ma nei cieli c’è un altra novità: il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato da Assaereo,
l’associazione sindacale aderente a Confindustria, contro l’autorizzazione, in via provvisoria e
per un periodo di 18 mesi a partire dall’ottobre del 2013, concessa ad Emirates di collegare
direttamente Milano Malpensa
con New York. «Un provvedimento stupefacente e inatteso
tanto più in vista di Expo, evento per il quale auspicavamo tutti
una politica di Open Sky», ha
immediatamente protestato il
presidente della Sea, Pietro Modiano.
Giuliana Ferraino
@16febbraio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Intervista
Economia 45
italia: 51575551575557
L’amministratore delegato del gruppo media: il satellite e la fibra possono coesistere. Dagli abbonamenti il 92% del fatturato
«La tv anche su Internet superveloce
Sky con Telecom arriverà via cavo»
Zappia: «Con la rete veloce avremo una piattaforma ibrida, tv e online»
«È un accordo strategico della durata di 5
anni per portare per la prima volta l’offerta di
Sky, così com’è oggi, anche su rete Internet super-broadband». Andrea Zappia, 50 anni, amministratore delegato di Sky Italia, sta portando la media company in Italia di Rupert Murdoch verso il completamento dell’occupazione
dei canali di trasmissione: dopo il satellite, l’offerta free di Cielo e il digitale terrestre (con le
chiavette), l’accordo appena siglato con Telecom Italia permetterà dal 2015 di avere la pay tv
via Internet. Non è la prima mossa del gruppo
in questa direzione: MySky e soprattutto il recente lancio di SkyOnline utilizzavano già la rete. Ma ora il dado è tratto e crollano le pareti tra
due mondi che sembravano dovere essere nemici.
Sky su Internet sembra un cambio di identità forte. Un punto di non ritorno. Qual è
l’obiettivo dell’intesa?
«Per noi fa parte di una strategia più ampia:
per quasi 11 anni abbiamo operato attraverso il
satellite che rimane la forma di distribuzione
del segnale televisivo più efficiente per fare offerte multicanali in alta definizione. Ma non è
l’unica. Già oggi siamo una piattaforma ibrida:
siamo online, su satellite e sul digitale terrestre.
Ma per molte case in Italia ci sono problemi di
accesso».
La trasmissione televisiva ha una sua sacralità per l’utente. La telefonata può saltare.
Ma se saltasse il segnale durante un goal decisivo sarebbe un disastro. Vuole dire che vi
attendete una qualità pari a quella che potete
fornire con il satellite anche sul Web?
«La nostra strategia è uscire dal recinto del
satellite che, pur essendo straordinario, per sua
natura, soprattutto in un paese con alta intensità abitativa, è limitato potenzialmente. Anzi
Televisione
Andrea Zappia,
50 anni, amministratore delegato di Sky
Italia, sta portando la media
company in
Italia di Rupert
Murdoch verso
la pay tv via Internet
❜❜
L’offerta in
chiaro
In Italia
l’eccesso di
offerte in
chiaro è
un’anomalia.
Noi ci
distinguiamo
puntando
sulla qualità
❜❜
Il modello
di business
In parte il
modello di
business
cambia. Sky
Online nasce,
per esempio,
senza
abbonamento
l’offerta su Internet avrà qualche opportunità
in più sull’on demand. Fino ad oggi on è mai
esistita un’offerta simile perché avevamo bisogno di una rete veloce e protetta. Ma ora il lavoro di Telecom Italia ci permetterà di garantirla».
Non temete che il web possa cannibalizzare la parabola costringendovi magari a sostenere il costo dell’affitto del satellite per pochi?
«Noi non siamo un’azienda satellitare: siamo una media company capace di produrre e
aggregare i contenuti tv che i nostri clienti vogliono. I l satellite rimane ad oggi molto efficace. In tante parti d’Italia Internet veloce non arriverà. Il satellite non morirà mai e oggi non c’è
nessun motivo per chi ha Sky di cambiare tipo
di abbonamento. Anche se il 100% della crescita futura arrivasse via cavo noi non avremmo
problemi. Il punto importante è che Sky, da ora
in avanti, ha l’obiettivo di raggiungere le famiglie con tutti i modi rilevanti. In questo recinto
ci hanno un po’ chiuso le autorità e i governi
con la retorica del monopolista del satellite: come se la trasmissione satellitare fosse un mercato. Ora abbiamo annunciato un’offerta Over
the top come Sky online e l’accordo con Telecom con il quale pensiamo di poter accedere
quanto meno a un milione e mezzo di case che
oggi non possono avere la parabola».
Sono numeri che avete già stimato con
precisione?
«Prenda una città come Siena o Venezia e
tutta una serie di palazzi storici nei centri delle
città italiane che hanno delle limitazioni soprattutto per chi come noi vuole portare più di
un cavo. Sappiamo che sono almeno 1,5 milioni di famiglie. Quindi il ragionamento che abbiamo fatto è: sia che si arrivi dall’alto con il satellite o dal basso con la fibra per noi non cambia nulla. A patto che sia un’esperienza comparabile con quella che abbiamo nel satellite. La
realtà è che serve una porzione di banda riservata per poterlo fare. Già molte case possono
fare streaming di buona qualità. Il problema è il
multicanale e il multicast con tanti utenti -
L’accordo
Intesa firmata tra
l’amministratore
delegato di
Telecom italia,
Marco Patuano, e
Sky Italia guidata
da Andrea Zappia
(foto) per portare
dal 2015 tutti i
contenuti
multicanali della tv
di Murdoch nelle
case degli italiani
anche via Internet
veloce (almeno 30
megabit al
secondo). Nella
sostanza l’offerta di
Sky sarà
disponibile su due
piattaforme:
satellite e web.
L’accordo strategico
permetterà a Sky
di raggiungere
tutte quelle case
dove la parabola
per una serie di
ragioni non poteva
arrivare ma
rafforzerà anche
l’offerta
commerciale di
ultrabroadband di
Telecom che potrà
contare sul servizio
di Sky. Come ha
spiegato Patuano
«uno dei principali
driver del nostro
business è
rappresentato
dallo sviluppo dei
servizi innovativi, in
particolare
nell’entertainment
per il mercato
consumer».
pensiamo al calcio - che guardano la stessa cosa».
Perché solo con Telecom? Non avrebbe
avuto senso fare l’accordo con tutti gli operatori?
«L’accordo non è esclusivo. Però Telecom ha
mostrato una grande determinazione nella
spinta di un prodotto di questo genere e, inoltre, ha una capacità dal punto di vista commerciale molto elevata. Riteniamo che attraverso
una partnership con loro ci possa essere una
maggiore opportunità di entrare in case dove
oggi non siamo».
Il modello di business non cambia? Resterete legati agi abbonamenti?
«Sì, ma non solo. Il 92% del nostro fatturato
arriva dagli abbonamenti. Ma, per esempio,
Sky online nasce senza abbonamento. Noi crediamo che chi vada online difficilmente cerchi
un contenuto di archivio. Più probabilmente è
chi si scarica il «Trono di spade» illegalmente.
Allora glielo diamo contemporaneamente all’uscita negli Usa, o quasi, nella speranza che
preferisca farlo legalmente. Per questo abbiamo meno titoli di Netflix o Infinity».
L’eventuale arrivo in Italia di Netflix, rumor in circolazione, non cambierà il vostro
posizionamento?
«Credo che difficilmente un operatore come
Netflix entrerà in Italia perché la loro posizione
è forte dove non esiste un’offerta gratuita così
significativa. Negli Usa l’abbonamento basic
per la tv non è lontano dai 70 dollari. Allora
l’arrivo di un’offerta a 9,99 dollari cambia il panorama. Ma di fronte a 90 canali gratuiti faccio
fatica a distinguermi. In Italia abbiamo avuto
un sviluppo anomalo ottenendo un eccesso di
offerta gratuita. L’Italia ha molti più canali in
chiaro di qualunque altro Paese Ue e se questo è
un bene per il consumatore rende insostenibile
lo sviluppo dell’offerta tranne per chi ha tanti
canali. La pubblicità si è ridotta e si ridurrà la
qualità. Credo che a premiare non sia la quantità ma la qualità perché abbiamo tutti meno
tempo da dedicare alle scelte. Le do un aneddoto: in Gran Bretagna MySky si chiama SkyPlus e
“to skyplus” è diventato un verbo che significa
registrare. Questo perché gli anglosassoni
amano pianificare . Per noi è diventato più importante il tasto “restart” perché siamo un popolo non certo famoso per la puntualità».
Massimo Sideri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
48 Economia
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Trovolavoro
1.600
le opportunità dal mondo
dell’intrattenimento a quello
dell’alta tecnologia
Le società e i profili più gettonati
LE OFFERTE DI IMPIEGO, LE AZIENDE, GLI STAGE E LE BORSE DI STUDIO
I colloqui Le selezioni di Gardaland, Aquafan, Cinecittà World e Disneyland Paris
L’indagine Istud
Il 41% dei giovani
vuole lavorare
oltre confine
Come è ovvio, visto l’alto tasso di disoccupazione che li perseguita, i giovani italiani sono molto sfiduciati. Meno
scontato è che la percentuale dei pessimisti sia così alta: l’84,6% di chi ha tra i
18 e i 35 anni ritiene scarse o molto
scarse le sue prospettive lavorative.
Ancora più grave è che quell’altissima
percentuale riguardi i giovani più
istruiti, quelli cioè che hanno almeno
una laurea triennale. È la conclusione a
cui arriva la business school Istud dopo
aver intervistato 3.289 giovani, oltre
che italiani, anche brasiliani, indiani e
cinesi (tra i Bric) e polacchi, tedeschi,
inglesi e statunitensi (tra i Gwic: Great
western industrial countries). Gli italiani tra l’altro non reggono il confronto della demoralizzazione, poiché gli
sfiduciati Bric sono solo uno su quattro
e quelli Gwic il 43,6%. La conseguenza
è prevedibile: il 41,6% dei nostri giovani vorrebbe andare a lavorare all’estero
«per fuggire da un presente scoraggiante», contro il 27,9% di tutti gli altri
che emigrerebbero solo «per cercare
Dall’estero
I giovani dei Paesi «Bric» ci
guardano con simpatia
immaginando le nostre aziende
«efficienti, creative e non stressanti»
un futuro migliore».
Per gli stranieri, viceversa, l’Italia
può essere una buona destinazione di
lavoro? Dal punto di vista retributivo
assolutamente no secondo i Gwic, accettabilmente invece per i Bric. Tanto
più che i Gwic considerano le imprese
italiane «disorganizzate, caotiche e non
meritocratiche», a differenza dei Bric
che ci guardano con simpatia immaginando le nostre aziende «efficienti,
creative e non stressanti». Gli stranieri,
però, conoscono poche aziende italiane, salvo Fiat (23%) e Ferrari (17%), oltre, soprattutto, i marchi della moda.
Un altro elemento di scoraggiamento per gli italiani riguarda la possibilità
di proseguire gli studi: solo l’11,3%
vorrebbe fare un master, contro il 35%
degli stranieri. L’Isfol ha appena certificato che un dottore di ricerca italiano
guadagna in media 20 mila euro netti
l’anno, mentre se va all’estero ne incassa 29 mila. Dell’argomento si discuterà
martedì mattina all’Assolombarda.
Enzo Riboni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le occasioni
della
settimana
500
Altran
gli operatori che saranno
inseriti all’interno del
parco Gardaland
121 junior e senior
Altran — multinazionale che opera
nella consulenza in vari settori
dell’ingegneria — ha pubblicato
sul suo sito 121 ricerche aperte in
Italia. Nella maggior parte dei casi
si tratta di posizioni nell’area
dell’information system (23
vacancy), nell’embedded e critical
system (21), nei servizi finanziari
(19), nel life science (16),
nell’automotive (15) e nel
mechanical engineering (10).
500
gli addetti che saranno
selezionati per Cinecittà
World alle porte di Roma
Lavorare a Gardaland La Locanda del Corsaro Nero
La stagione dei parchi
Più di 1.300 assunzioni
Le offerte a tempo determinato tra Pasqua e fine anno
Acquatici, faunistici, a tema o d’avventura. Sono duecento i parchi divertimento
italiani che ogni primavera aprono le porte a 18 milioni di visitatori. E che, tra attrazioni, impianti sofisticati, accoglienza
e vendite, danno lavoro a 30 mila operatori del settore.
Il recruiting per la stagione 2014 è appena avviato. E anche se la gran parte delle prestazioni sono stagionali — solo un
10% del personale che presta la propria
opera nei parchi è assunto a tempo indeterminato — si tratta pur sempre di lavoro
subordinato, con un contratto a termine
secondo le regole nazionali di categoria.
Le opportunità dunque sono parecchie
e sparse su tutto il territorio nazionale.
A cominciare da Gardaland — il più
grande tra i parchi italiani, dove pochi
giorni fa è stata inaugurata Prezzemolo
Land, nuova area giochi dedicata ai più
piccini e alle loro famiglie — e dove saranno inseriti 500 operatori.
«Tra le figure ricercate dal Parco gardesano spiccano gli addetti alla ristorazione,
baristi, camerieri, cuochi, aiuto cuochi»,
spiega Giorgio Padoan, responsabile risorse umane. «Cerchiamo poi persone
che gestiscano le operazioni di sorveglianza e funzionamento delle attrazioni:
candidati in possesso di un diploma di tipo tecnico, ad indirizzo elettrico o meccanico, che siano però dotati anche di capacità relazionali». Sempre a Gardaland Re-
sort c’è posto per addetti all’accoglienza,
alle informazioni, al centralino ma anche
al front office e al booking (in questo caso
è necessaria conoscenza di almeno una
lingua straniera e dei programmi d’informatica turistica). Ci sono poi i casting per
artisti e animatori: saranno preferiti ragazzi con basi di giocoleria, mimo, magia,
sculture con palloncini, danza e canto. Infine sono vacanti posizioni presso l’acquario gardesano dove si ricercano laure-
La festa il 23 maggio
I bimbi in ufficio
Tra le attività che le imprese organizzano
per aumentare il well-being sul posto di
lavoro c’è «Bimbi in ufficio con mamma
e papà». Per un giorno — il 23 maggio
— le aziende aprono le porte ai figli dei
dipendenti per mostrare ai bambini gli
ambienti dove i genitori passano tante
ore. L’evento è giunto alla 20esima
edizione. Si tratta di una festa in cui non
mancano un tour tra le scrivanie e la
merenda. Per il resto, non ci sono regole.
40 le aziende già iscritte. Per info e
adesioni: [email protected],
tel. +39 02.20400332.
P. Car.
ati in biologia marina.
La novità del 2014 però è l’apertura della nuovissima Cinecittà World alle porte
di Roma. Parco interamente dedicato al
cinema. Anche in questo caso le selezioni
coinvolgono complessivamente 500 addetti. I profili professionali sono svariati e
le richieste di figure professionali spaziano dagli ingegneri agli addetti alla ristorazione. Corsia preferenziale per chi vanta
conoscenze e competenze legate al mondo dell’audiovisivo.
Il parco acquatico Aquafan di Riccione
assume invece 200 persone cui si aggiungono altre 160 posizioni destinate al Parco
Oltremare. Soprattutto banconisti, addetti alla sicurezza e ai controlli e operatori
per la somministrazione di cibo e bevande. I contratti coprono 100 giorni, la precedenza è per chi ha già esperienza nel
settore.
Le domande per tutti i 200 parchi divertimento italiani vanno presentate
sempre in loco o per via telematica. Chi
invece preferisse un’esperienza all’estero
deve sapere che solo Disneyland Paris
apre ogni anno casting e selezioni nel nostro Paese (le date vengono pubblicate sul
portale). Mentre per candidarsi ad esempio a Legoland, che sta aprendo nuovi siti
in varie nazioni europee, bisogna ricorrere alla rete Eures.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pradac
15 informatici
Pradac Informatica sta ricercando
con urgenza 15 profili da inserire
in tutto il territorio nazionale. Si
tratta di: sviluppatori e analisti
programmatori Java (soprattutto
per Roma, Torino, Milano,
Bologna, Venezia, Padova e
Firenze), sviluppatori in ambiente
Microsoft .Net, analisti funzionali,
programmatori Sap e sistemisti ed
esperti di database. I profili
dettagliati sul sito della società.
Epso
40 revisori per l’Ue
Epso — ufficio europeo di selezione
del personale — ha pubblicato un
concorso per costituire un elenco di
riserva di laureati e laureandi da cui
attingere per le prossime esigenze. Il
bando riguarda 40 amministratori
dell’audit che si occuperanno
prevalentemente di revisione
contabile. Possono inoltrare la
domanda i cittadini Ue, laureati o
prossimi laureati (max entro il
31/7/2014) che conoscano francese,
inglese o tedesco. Scadenza il 23/4.
Agenzia delle Entrate
140 architetti e ingegneri
L’Agenzia delle Entrate propone 140
opportunità di lavoro a tempo
indeterminato in diverse regioni
italiane, soprattutto in Lazio e
Lombardia. Il profilo riguarda
architetti e ingegneri che si
occuperanno di servizi catastali,
cartografici e estimativi e in generale
dell’osservatorio del mercato
immobiliare. Scadenza il 28 aprile.
a cura di Luisa Adani
Anna Maria Catano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Economia 49
italia: 51575551575557
La fiera
del lavoro
Carriere e persone
Si conclude oggi, al Lingotto Fiere di Torino, IOLAVORO, la fiera del lavoro con 94 aziende,
franchisor e agenzie per il lavoro. Le figure ricercate sono oltre seimila.
Business game Tra le iniziative i casi di Henkel e Accenture. Il ruolo delle università Liuc e Luiss
Giovani in gara, le aziende scelgono
DÜSSELDORF — Anche
quest’anno due studentesse
italiane — al secondo anno
della laurea specialistica in
marketing management dell’Università Bocconi di Milano,
Francesca Conte Rosito e Alessia Nigro — si sono classificate
tra le prime otto squadre finaliste all’Henkel Innovation
Challenge con il prodotto Dusty Super Hero, un contenitore
di alluminio in grado di catturare la polvere prima ancora
che si depositi sulle superfici.
La competizione internazionale si è svolta la settimana
scorsa a Düsseldorf, sede dell’headquarter della multinazionale (dove al momento ci
sono 166 vacancy), che ha invitato studenti universitari e
post universitari a sviluppare
idee sostenibili per nuovi prodotti o tecnologie in uno dei
tre settori in cui Henkel opera
— bucato e cura della casa, beauty care, adesivi e tecnologie
— che fossero utilizzabili nel
2050. Alla gara hanno partecipato 21 squadre, provenienti
da 30 Paesi differenti. A vincere è stato il team croato, secondo il Qatar, terza l’India. Premio in palio per i primi classificati un biglietto per un viaggio intorno al mondo del
valore di 10 mila euro. Le stu-
ILLUSTRAZIONE DI XAVIER POIRET
Così le imprese individuano in anticipo i talenti di domani
Fino al 9 maggio
Il concorso
dei ragazzi
a scuola
(i.co.) Dal 14 aprile al 9 maggio
gli studenti tra i 16 e i 19 anni
potranno presentare le loro
idee imprenditoriali per il
territorio partecipando al
concorso “Localpreneur,
imprenditore per il locale”
patrocinato da Junior
Achievement, Barclays e
Fondazione It. Accenture.
dentesse italiane erano accompagnate dal direttore
marketing beauty care Erika
Nicoletti e dal manager hr Ambrogio Dossena della Henkel.
Ma quale il sogno nel cassetto delle due laureande italiane? A entrambe piacerebbe
fare un’esperienza in Henkel.
Francesca sogna poi di aprire
una propria attività nella sua
città, mentre Alessia vorrebbe
continuare a lavorare all’estero. All’evento finale ha partecipato anche Kasper Rorsted,
numero uno del gruppo che
crede fortemente nelle innovazioni e nelle idee dei giovani
talenti, a cui si chiede tra i
principali requisiti la disponibilità a un’esperienza internazionale.
Tornando all’Italia, anche
università come la Liuc di Castellanza e la Luiss di Roma
hanno il loro business game.
La prima ha ideato una competizione rivolta agli studenti
iscritti al IV e V anno degli Istituti tecnici e licei. L’obiettivo
di «Crea la tua impresa» (il cui
bando viene pubblicato tra
novembre e dicembre) è gestire un’impresa, gareggiando
con manager di altre imprese
virtuali provenienti da tutta
Italia. Mentre questo venerdì
si terrà presso l’università romana un business game con
Fincantieri che avrà come oggetto la corporate strategy. I
ragazzi, vestiti i panni della società triestina, dovranno simulare il processo valutativo
che portò l’azienda all’acquisto del cantiere Vard.
Fino al 20 aprile è poi possibile iscriversi alla prima edizione dell’Accenture talent digital competition, aperta agli
studenti di ingegneria informatica, elettronica, delle telecomunicazioni e informatica. I
primi 20 classificati accederanno alla finale che si terrà a
giugno (candidature online alla pagina careers.accenture.com/it-it/landing-pages/Pages/digital-competition.aspx).
In palio un Ipad, la possibilità
di realizzare la tesi di laurea,
uno stage retribuito in azienda. Si è infine appena svolta la
Global enterprise project presso la sede di Siemens, ideata
da Junior Achievement e a cui
hanno partecipato realtà come
Nokia e Sap. L’iniziativa ha lo
scopo di promuovere l’educazione imprenditoriale nelle
scuole e trasferire ai giovani le
competenze per l’occupabilità
e lo sviluppo di un approccio
proattivo al lavoro, allo studio
e alla vita personale.
Irene Consigliere
IreConsigliere
Cambi di poltrona
su trovolavoro.it
Rossi sale in Attiva
Bombini in Qlik
e Locatelli in Lg
■ Achille Mucci, 50 anni, ha assunto il ruolo di amministratore delegato di Stefanel. Ha maturato esperienze in Antonveneta, Interbanca e Abn Amro.
■ Giorgio Rossi, 46 anni, già chief financial officer, ha ricevuto l’incarico di amministratore delegato di Attiva, distributore di prodotti del mondo Apple.
■ Rosagrazia Bombini è diventata vicepresident & managing director Italia di
Qlik, multinazionale it. Vanta esperienze
in Ibm, Sequent Vignette ed Exalead.
■ Licinio Garavaglia, 50 anni, è entrato in
Terme di Saturnia Spa & Golf Resort come
direttore generale. Ha lavorato in Château R. Bombini
Monfort di Milano, Principe di Savoia di
Milano, Villa d’Este di Cernobbio, Baglioni
di Roma e Milano.
■ Federico Marzi, 40 anni, è stato chiamato da Muzinich, società specializzata in
corporate credit, in qualità di responsabile
italiano per lo sviluppo commerciale e il
marketing. Proviene da Euromobiliare Sgr.
■ Paolo Locatelli, 51 anni, in azienda dal P. Locatelli
2005, è stato nominato consumer electronics director di Lg Electronics Italia. Ha
maturato esperienze in Candy e Hoover.
a cura di Felice Fava
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
GLI INCARICHI
Nuove nomine e promozioni su
http://www.corriere.it/economia/lavoro/
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Consolidata società finanziaria, appartenente a primario Gruppo Bancario e
specializzata nell’attività di credito alle famiglie, ricerca per il potenziamento della
propria rete commerciale
ai quali conferire mandato per la distribuzione delle principali tipologie di finanziamenti
a privati (prestiti personali, prestiti finalizzati, CQS, mutui) e dei prodotti assicurativi ad
essi associati.
Requisiti: I candidati dovranno aver maturato pluriennale esperienza nel settore e
dovranno palesare capacità imprenditoriale orientata all’apertura di punti vendita, ad
esclusivo brand della società mandante, nelle principali province italiane.
Si richiede, inoltre, iscrizione presso l’OAM ed al RUI IVASS.
Non verranno prese in considerazione candidature provenienti da mediatori creditizi.
La ricerca è rivolta anche a dipendenti ed ex-dipendenti di primarie società del settore,
che intendano avviare un proprio punto vendita.
I candidati, di ambo i sessi, sono pregati di inviare il proprio curriculum vitae,
specificando l’autorizzazione al trattamento dei propri dati personali (ai sensi del D.Lgs
196/2003), a:
Antal International Italy - Banking & Insurance Division
e-mail: [email protected] / fax: 02.80502010
Si prega di citare il riferimento: AGENTI CONSUMO/CORSERA
www.trovolavoro.it
Tutte le inserzioni relative ad offerte o ricerche di lavoro debbono intendersi riferite a personale sia maschile
che femminile, essendo vietata ai sensi dell’art. 1 della Legge 9/12/1977 n. 903, qualsiasi discriminazione
fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione
e qualunque sia il settore o il ramo di attività e in osservanza alla legge sulla privacy (L. 196/03)
I candidati sono invitati a specificare nell’oggetto
l’attuale città/provincia di attività.
Trovolavoro, per una primaria azienda italiana presente in diversi settori merceologici e
mercati nazionali ed internazionali ricerca, per la divisione di prodotti biomedicali, un:
Trovolavoro, ricerca uno dei più importanti protagonisti del mercato automotive, per il
potenziamento della propria rete commerciale, un:
La Società Europea BBT SE, impegnata nella realizzazione della Galleria di Base del Brennero, uno
dei progetti infrastrutturali più importanti a livello europeo, ricerca le seguenti figure professionali:
SALES SPECIALIST PLT - Toscana
INGEGNERE CIVILE/MINERARIO
QUALITY ASSURANCE
Il Sales Specialist PLT avrà la piena responsabilità, per il proprio territorio di riferimento,
della gestione e dello sviluppo del business dei pneumatici dedicati al mondo Vettura e
Trasporto Leggero rappresentato dai principali dealer di mercato: Car Dealer e Retail (gommisti). Il candidato ideale è in possesso di un diploma di Laurea, ha maturato un’esperienza
di almeno 2 anni in ruoli commerciali e di vendita, preferibilmente nel settore automotive o
similari e ha una buona conoscenza della lingua inglese. Preferibile il domicilio nelle province di: Firenze, Prato o Pistoia.
Richiesta residenza in Toscana.
Il candidato ideale vanta significativa esperienza specifica in materia di progettazione e
realizzazione di grandi opere in sotterraneo, anche in veste di Direttore dei lavori o di Project
Manager. In particolare, si richiedono esperienze nella realizzazione di gallerie con TBM e
con metodo tradizionale. Titolo di studio: Ingegneria civile / Ingegneria mineraria. Costituisce
titolo preferenziale la conoscenza delle lingue italiana e tedesca (+ eventuale inglese).
Gli interessati sono invitati a trasmettere all’indirizzo [email protected] un analitico curriculum vitae
corredato da espressa autorizzazione al trattamento dei dati personali conferiti.
La risorsa sarà chiamata a gestire tutte le attività relative alla validazione del prodotto e del
processo in conformità con gli standard UNI EN ISO 9001:2008 e UNI EN ISO 13485: 2012.
Il candidato ideale: è laureato o diplomato in materie tecnico-scientifiche; possiede una
significativa esperienza nell’ambito del Quality Management in aziende industriali
biomedicali; conoscenza della regolamentazione Europea di dispositivi medici e della
struttura di un fascicolo tecnico in base alla Direttiva 93/42/CEE; ha esperienza nelle
metodologie per la validazione del prodotto e del processo in conformità con gli standard
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discipline impiantistiche. Diploma/Laurea in Discipline Ingegneria. Inglese: buono.
Luogo di lavoro: Milano
Sito web: www.epsco-group.com
La risorsa avrà la responsabilità di presidiare il processo di gestione della qualità nelle
seguenti aree: Customer care (relazioni con Clienti su aspetti legati alla Qualità; gestione
delle non conformità e dei reclami; visite presso le sedi dei Clienti), processo produttivo
(conformità materie prime, componenti e prodotti finiti; assicurazione degli standard
qualitativi), gestione del Sistema Qualità. Requisiti: Laurea in Ingegneria, esperienza
significativa di almeno 7 anni in analoga posizione maturata nel settore automotive,
conoscenza fluente della lingua inglese e, preferibile, del tedesco. Conoscenza di SPC o
di software specifici (es: MINITAB), disponibilità a trasferte.
Sede di lavoro: Provincia di Brescia.
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
IN PAGINA
✒
51
italia: 51575551575557
Tra mercato e «mercatismo»
di SANDRO MODEO
Disincantarsi da pregiudizi ideologici e autoinganni psicologici può
essere un esercizio spaesante, a tratti sgradevole. Ora però
l’autorevole filosofo-psicologo James R. Flynn (Osa pensare,
presentazione di G. Corbellini, Mondadori, pp. 262, 18) offre la
possibilità di riuscirci attraverso un kit di concetti-chiave del
«pensiero critico» esposti spesso con cadenza ironico-aforistica:
vedi il filosofo Derrida, convinto dell’inesistenza di una realtà
oggettiva, smentire se stesso «ogni volta che inforca gli occhiali».
Mentre dissolve false contrapposizioni (quella tra naturale e
innaturale, decisiva nell’ostilità a certi farmaci o agli OGM), Flynn
Cultura
costringe così utopisti tenaci e cinici interessati a uno spietato
contrappunto, ricordando ad esempio ai primi le ragioni del mercato
(i benefici della legge domanda/offerta), ai secondi come l’idolatria
mercatista porti a crash come quello del 2008. L’esito è un librofiltro, capace come pochi altri di proteggere dai luoghi comuni e dalla
massa di «fatti non digeriti» della sovrainformazione mediatica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ilClassico
Con il titolo Coloro che soccombono al successo
(il notes magico, traduzione di Federica Gavin, pagine 76
8), tornano in agevole edizione le riflessioni del 1916 del
padre della psicanalisi. Parte del saggio è dedicata alla
figura di Lady Macbeth. Il libro contiene anche due brevi
saggi di Sonia Ferro e Francesca Manfredi. (m.s.)
Critica letteraria A meno di un mese dalla scomparsa, un’analisi degli scritti raccolti nel «Meridiano» Mondadori
Cesare Segre, il custode del testo
che amava curiosare nel passato
La filologia contro il decostruzionismo, che è dissoluzione del sapere
di PIER VINCENZO MENGALDO
L
a scomparsa di Cesare Segre è stata un
colpo durissimo per la civiltà italiana (o
quel che ne rimane), e lo è stato per i
suoi amici, che sapevano apprezzare la
sua finezza d’animo e la sua generosità sotto la
scorza della timidezza e del riserbo, e diciamo
pure di una scarsa fiducia nel genere umano che
non poteva non venirgli dalla sua giovinezza di
ebreo perseguitato dai nazifascisti e rifugiato,
sempre nel timore che coloro arrivassero per assassinarlo (di questo egli ha toccato nella sua
autobiografia, Per curiosità). Con lui se n’è andato l’ultimo grande maestro delle discipline
umanistiche, tanto più tale in quanto aveva
sempre saputo accostare e anzi fondere perizia
filologica (probabilmente unica), capacità critico-saggistiche e di teorico: il tutto rifinito da
una scrittura elegantemente sobria ed essenziale, senza bolle (e infatti ammirata da un uomo
come Giulio Einaudi); in mia presenza un giorno Cesare disse che rivedeva ogni suo scritto sei
volte: ecco da cosa ne derivava la proverbiale
asciuttezza.
La pubblicazione del «Meridiano» a lui dedicato (Cesare Segre,
Opera critica, a cura di Alberto Conte e Andrea Mirabile, con un saggio
introduttivo di Gianluigi Beccaria,
Mondadori), che fece meno tristi i
suoi ultimi giorni, mi rallegra anzitutto per una ragione generale: perché è dedicato a uno studioso, iniziativa che se non sbaglio ha preso
l’avvio una quarantina d’anni fa col
volume di saggi di Roberto Longhi
(e curato da Contini) ed è proseguita con altri studiosi, ma non senza lacune (difficile a giustificarsi, mi si lasci dire, quella dello
stesso Contini). Ricordo questo per ribadire la
mia convinzione che scrittura, invenzione, pensiero di un grande critico non siano di rango e
natura inferiori a quelli di un narratore di vaglia.
E che meritino, come certo è il caso di Segre, di
essere studiati e ristudiati con attenzione.
Se mi chiedessero qual era la caratteristica
principale della mens segrina, non so se risponderei come tanti altri e abbastanza ovviamente:
la logica imperterrita. Tanto più che per esempio a me pare di cogliere nei suoi procedimenti
logici certamente un uso costante delle nette
opposizioni binarie ma nello stesso tempo la volontà e capacità di sfumarle, vale a dire arricchirle. Se mi chiedessero dunque quanto appena detto, io non avrei difficoltà a rispondere: la
qualità principale di Cesare era la curiosità, madre di tutte le doti intellettuali. Come è ben noto, è questa curiosità quasi senza limiti che lo ha
fatto uscire presto dai confini medioevistici della sua disciplina, la filologia romanza, verso, che
so, Shakespeare, Kafka, Beckett, Gombrowicz
ecc., e dalla narrativa e dalla lirica al teatro, dai
mondi presenti ai mondi alternativi e possibili;
e stando solo all’italianistica, ecco che Cesare fin
dagli anni giovanili ha esplorato non solo la letteratura nella lingua nazionale, ma anche quella
nei vari dialetti, da Giotti a Belli a Meneghello al
recente Cecchinel. Fuori del Medioevo sono poi
alcuni dei saggi che non solo a me paiono tra i
Biografie
Nato a Verzuolo
(Cuneo) nel 1928,
Cesare Segre (nella
foto a destra) si
dedica allo studio
della filologia con lo
zio Santorre
Debenedetti e si
laurea a Torino con
Benvenuto Terracini,
mentre è cruciale
l’incontro con un
maestro come
Gianfranco Contini
(foto sotto).
Dal 1954 insegna
Filologia romanza a
Trieste, ma è del
Metodo
Nei suoi procedimenti logici un uso
costante delle opposizioni binarie
ma anche la volontà e la capacità
di sfumarle e arricchirle
1956 l’incarico a
Pavia, che durerà
mezzo secolo. Tra i
pionieri in Italia della
critica semiologica,
accademico dei
Lincei, è stato
collaboratore del
«Corriere» dal 1988.
Si è spento il 16
marzo scorso.
Il critico
Gianfranco Contini
(Domodossola
1912-1990) è stato
ordinario di Filologia
romanza a Friburgo,
a Firenze e infine
alla Normale di Pisa.
I suoi studi spaziano
da Dante a Gadda,
ponendo in luce la
ricchezza della
lingua degli autori
italiani
suoi più brillanti e originali; quelli sul Don Chisciotte, su Machado, su García Márquez.
Ma la curiosità, a mio avviso, non è solo attrazione per il nuovo, il diverso, l’immaginario nelle più varie direzioni, è anche consapevolezza
che non ci si può arrestare ai dati più appariscenti di un problema, ma occorre scavarne
concomitanze e anche contraddizioni, e comunque, come dicevo, sfumarlo, arricchirlo. C’è
una frase di Cesare che mi piace particolarmente (nel saggio Fra strutturalismo e semiologia,
uno dei suoi basilari), ed è questa: «In realtà le
cose sono molto più complesse»; e un’altra che
mi piace ancora di più (da La natura del testo e
la prassi ecdotica): «Alla domanda “Che cosa
costituisce un testo?”... non si dovrebbe rispondere con una definizione (“Il testo è costituito
da...”), ma con una serie progressiva di restrizioni alla definizione più generale di enunciato».
Cesare si caratterizza in questo libro anzitutto
come un critico del testo, ma anche se procede
spesso per coppie concettuali ospita una nozione estremamente ricca e complessa di testo,
punto di fusione fra diverse spinte, compresa,
perché no?, quella dell’autore biografico stesso;
e così si batte contro l’idea di una scarsa comunicabilità dei testi medievali, anche perché
spesso trasmessi oralmente: questi pure, non
c’è dubbio per lui, sono effabili, la distanza da
loro può e deve essere colmata (e del resto, la conoscenza non è sempre e solo conoscenza del
diverso?). E qui mi azzardo a dire che forse la co-
Oltre all’età romanza e a Shakespeare
studiò i moderni Kafka, Beckett e Gombrowicz
❜❜
irriducibile a schemi razionali. Il secondo caso,
molto più pesante e che mi sorride ancor più, è
lo smontaggio del decostruzionismo specie statunitense (ma prima già della narratologia e
nouvelle critique francesi, che ai miei occhi sono il segno non della vitalità di quella grande
cultura, ma della sua decadenza); verso il decostruzionismo Cesare ha parole insolitamente
ma sacrosantamente dure. Anch’io credo che il
decostruzionismo, nella sua fuga dal testo inteso come pretesto, e nella sua mancanza di umiltà, significhi né più né meno che la morte del testo e del suo necessario legame, che ci fa studiosi responsabili, con interpretazioni non arbitrarie. Non stento neppure a credere che in ultima
analisi il decostruzionismo sia un risultato della
globalizzazione, perché questa apparentemente
ci rende tutti uguali o simili, in realtà è un spinta sottile ma potente alla dispersione e falsa libertà degli individui, incapaci ormai di dialogare fra loro e col mondo.
Ora vorrei seguire, grosso modo, le partizioni
o riquadri entro cui Cesare ha distribuito la sua
scelta di saggi, riassumendone sagacemente il
senso in pagine introduttive intitolate «Ragioni
di una scelta». Egli ha saggiamente evitato una
distribuzione cronologica, ma ha distribuito i
suoi contributi per temi: ha anche dichiarato di
limitare gli interventi di critica testuale, la «nobile scienza» come la chiama, e tuttavia meno
assimilabile dal lettore colto — e qui colpisce
l’affinità con le prime righe dell’Introduzione alla filologia romanza di Auerbach dove si afferma che la forma di filologia considerata da molti «la più nobile e autentica» è «l’edizione critica
dei testi». Ma bisogna dire che i capitoli di filologia testuale sono più frequenti nel libro di
quanto l’introduzione farebbe credere. Il lupo
non perde il vizio. Dall’antologia, Cesare ha
escluso anche gli interventi di critica «militante», distinguendola da quella «vera e propria»;
io però non sono così sicuro che la prima si di-
scienza vigile della complessità del testo non è
poi del tutto lontana dal senso della reversibilità
del testo stesso. Ed ecco che anni fa Cesare ci ha
regalato un delizioso volumetto di narrativa
controfilologica (non saprei come chiamarla)
dal titolo di Dieci prove di fantasia, che a me
hanno fatto venire in mente un autore che gli
dev’essere stato caro, Jean Améry o Hans Mayer,
che ha riscritto Madame Bovary dal punto di vista del marito Charles.
Ma è anche vero che questo critico e teorico
delle complessità e della sfumatura diventa
aspramente polemico verso le concezioni critiche (e a monte concettuali) che gli appaiono irricevibili. Farò due casi: il primo, nel campo filologico-testuale, è la netta opposizione, sulla base di Lachmann, ma anche di Bédier, alla nozione (Guiette, Zumthor) di mouvance, cioè di
tradizione testuale diffusa capricciosamente e
Maestro
Il filologo e critico
letterario Cesare
Segre (Verzuolo, 4
aprile 1928 – Milano,
16 marzo 2014). È
stato professore
Emerito
dell’Università di
Pavia, ha diretto il
Centro di ricerca su
Testi e tradizioni
testuali dello Iuss di
quell’ateneo,
accademico dei
Lincei e
collaboratore del
«Corriere della Sera»
Bibliografia
Saggi specialistici e racconti:
le aree di interesse in dodici sezioni
Dodici sezioni, dedicate ad altrettante aree di interesse
dell’autore, conta il «Meridiano» dedicato all’Opera critica
di Cesare Segre (pagine 1696, € 60) e curato da Alberto
Conte e Andrea Mirabile, con un saggio introduttivo di
Gianluigi Beccaria. Ma l’opera dello studioso è amplissima,
e non tutta inserita nell’«autoantologia» critica. A
cominciare dall’autobiografia Per curiosità, edita nel 1999
da Einaudi, in cui Segre racconta anche gli anni d’infanzia
vissuti sotto falso nome in collegio per sfuggire alle
persecuzioni antiebraiche. Oltre a testi come I segni e la
critica (1969), Le strutture e il tempo (1974), Semiotica
filologica (1979), Avviamento all’analisi del testo letterario
(1985), Fuori del mondo. I modelli nella follia e nelle
immagini dell’aldilà (questo e i precedenti editi da Einaudi),
e molte altre opere specialistiche, da ricordare anche i
racconti brevi di Dieci prove di fantasia (Einaudi). (i.b.)
stingua dall’altra per l’occasionalità, da parte del
soggetto, e per l’up-to-date dell’oggetto; sarà
piuttosto una questione d’accento, di rapporto
col totale della propria personalità, com’era palpabilmente nel caso di Croce? Ma non voglio insistere, se non per notare che qualche intervento militante forse avrebbe arricchito l’ultimo riquadro rappresentato da un solo testo, Etica e
letteratura, il cui nesso come sappiamo era da
tempo particolarmente caro a Cesare. Tra l’altro
per la questione ebraica, e allora si potrebbe
rimpiangere l’assenza di pagine dell’autobiografia Per curiosità, se questa non fosse largamente rappresentata dalle ampie citazioni distribuite dai curatori nella «Cronologia»...
Con le parole dell’autore, la scelta di questo
«Meridiano» è «una passeggiata nei territori
della critica», con preferenza dunque, egli aggiunge, per la «parola del testo» rispetto a
«quella della teoria», e ancora egli scrive: «Preferisco considerare quella riflessione [teorica]
come una fase importante ma posta ormai, se
non tra parentesi, almeno in secondo piano, a
vantaggio dell’impegno critico». Verissimo, anche per chi seguiva quasi quotidianamente l’attività di Cesare; solo mi chiedo se non ci sia un
rapporto con l’evidente crisi o svuotamento delle novità teoriche che si sono avuti più o meno
negli ultimi tre decenni; e tuttavia per quanto lo
riguarda personalmente era quasi impossibile
un tempo distinguere affondi teorici e affondi
critici, o per meglio dire quasi unica di lui era la
capacità di risolvere i primi nei secondi. Magari
ci si può chiedere come avrebbe difeso Bachtin,
da lui sempre più seguito negli ultimi anni, dal
robusto attacco mossogli da un altro maestro,
Francesco Orlando, in un numero recente di
«Allegoria». Ma è giusto che uno studioso di
questo calibro ci lasci delle domande, come ci
ha lasciato chissà quante certezze e stimoli per
tutti noi, che ora lo rimpiangiamo e lo ringraziamo per il tanto che ha fatto a nostro beneficio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Terza Pagina 53
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Riletture Esce in Italia il reportage di Manuel Chaves Nogales (Neri Pozza) su una sconfitta controversa
Elzeviro
Pubblicati i suoi «Giorni perduti»
I QUATTRO SEGRETI
DI CHARLES JACKSON
di FRANCO CORDELLI
U
CHARLES JACKSON
scito negli Stati Uniti
nel 1944, Giorni perduti, ovvero The Lost
Weekend, opera prima di Charles Jackson, ebbe un
immediato successo e fu tradotto in quattordici lingue. Così ci dice il risvolto di copertina
dell’«edizione critica» approntata da Simone Barillari per
l’editore romano Nutrimenti.
Tra quelle quattordici ce
n’era una italiana, qui non
rammentata come ormai tutti
fanno, grandi e piccini, chissà
se per fregiarsi d’un titolo di
eroici esploratori o per pura e
semplice ignoranza. Per altro
al lettore viene comunicato
che oggi si tratta di traduzione
integrale — come se, appunto,
ve ne fosse stata una che integrale non era: chi di Charles
Jackson si ricordava? Stando a
Barillari, che ha scritto una
lunga e brillante postfazione
(un saggio intitolato «It was
not I…»), Giorni perduti è
«uno dei grandi romanzi che il
Novecento americano ha consegnato alla storia della letteratura mondiale»: unico suo
torto, sottolinea Barillari,
d’aver avuto successo.
Destino di Jackson fu che
nel duello tra la Fama e la Gloria vinse la Fama, e da quella
sconfitta Jackson ancora non si
è ripreso. Almeno in Italia è
giunta l’ora perché di quell’eterno scontro si rovesci l’esito? Se personalmente dovessi
rispondere a questa domanda
direi di no. Per un semplice
motivo, perché il romanzo di
Jackson, come editore, traduttore e saggista credono, non è
un così grande romanzo (grande è invece il film che ne trasse
Billy Wilder). Dico di più: la
semplice idea di annunciare
un’«edizione critica» rende
leggermente antipatico un libro che non ha tradizione alcuna. Senza contare che l’aggettivo «critica» è forse inesatto. Era giusto annunciare la fedeltà al testo originale; né si
può trascurare (e sarebbe appunto più giusto) che il lungo
racconto di Jackson è annotato, a volte in modo eccessivo, a
volte in modo lungimirante, in
specie nel porre in luce l’enorme quantità di criptocitazioni
da Shakespeare: un autore che
l’alcolizzato protagonista Don
Birman — dominato dalla vergogna di sé, il sé che non può
vedere riflesso in uno specchio
se non quello deformato d’una
bottiglia — ama quanto Francis Scott Fitzgerald, il quale lo
Francia 1940, l’eclissi della patria
Destra e comunisti minarono l’unità e contribuirono al crollo
di SERGIO ROMANO
ha preceduto come scrittore
non alieno dall’alcol (e già
grande, laddove lui non riesce
a scrivere per nulla affatto).
Don Birman ama questi due
scrittori spasmodicamente e
solo un po’ meno di quella sua
soffocante mamma, la bottiglia di whisky.
A proposito di precedere ed
eventualmente seguire, Barillari ricorda che il suo autore
recensì Sotto il vulcano di Malcolm Lowry, è da supporre in
uno sprazzo di lucidità (benché ne abbia avuto qualche altro, dal momento che riuscì a
sposarsi e ad avere figli sebbene omosessuale, e riuscì perfino a scrivere altri, pochi libri).
Ma ciò che Barillari non rammenta è quel passo d’una lettera del povero Lowry, sempre
più sfiduciato, e la cui vera
grandezza, rispetto a quella
ipotetica di Jackson, sto pleonasticamente rimarcando. Il 6
giugno del 1945 Lowry, disperato, scrive a Harold Matson:
«The Lost Weekend mi ha inferto un colpo terribile e non
so fino a che punto il successo
di questo libro ridurrà le mie
possibilità (di pubblicare l’ancora inedito Vulcano). Suppongo che in tanti diranno
ch’esso non è che un pallido riflesso di questo eccellente studio». La parola «studio» ha
una sua plausibilità. I giochi di
parole, i simboli, le allusioni
che vogliono deviare l’attenzione del lettore dal sospetto
che il personaggio sia l’autore
in persona, sono da Barillari
con sagacia decifrati (fulcro
dell’omissione, e della paura di
Jackson nel weekend di cui resta solitario e delirante protagonista, è che si scopra la sua
natura di omosessuale). Tutto
questo è un tessuto alla fine
prestigioso: esso dà al romanzo uno spessore che lo porterebbe oltre la soglia dello «studio»: ma tale resta (Lowry ha
ragione) proprio per l’elemento ossessivo che lo distingue.
In Giorni perduti non c’è misura, quasi non c’è controllo.
Non vi sono che cinque interminabili ripetizioni (il lungo
weekend dura cinque giorni)
di ciò che l’autore chiama
l’«inizio». Possiamo vedervi lo
sviluppo non solo strutturale
del tema (natura ed effetti
d’una nevrosi alcolista), ma la
sua stessa qualità stilistica, la
sua frase infinita, il suo «infinito intrattenimento» sintattico.
Pure, l’exploit di Jackson resta un exploit: un’alta vocazione mimetica, senza tregua,
senza pietà — né per se stesso,
né per il lettore. In un romanzo
come questo non vi deve essere riscatto ma non vi deve essere neppure quel compiacimento che troppe volte non
possiamo non constatare e
quasi in esso perderci, al pari
di chi, scrivendo, se ne lasciò
travolgere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Parigi
Addio al giornalista Kewes Karol
compagno di Rossana Rossanda
Noto in Italia come firma del «Manifesto» e compagno di
Rossana Rossanda, Kewes Karol veniva davvero da
lontano, anche se Parigi, dove si è spento ieri, era
diventata il suo approdo definitivo. Nato nel 1924 nella
città polacca di Lódz, aveva vissuto in Polonia e in Urss,
aveva conosciuto il Gulag e aveva combattuto nell’esercito
di Stalin, per poi narrare quelle avventure nel libro Solik.
Peripezie di un giovane polacco nella Russia in guerra
(Feltrinelli, 1985). Emigrato in Occidente, si era affermato
come giornalista esperto dei Paesi dell’Est ed era stato tra
i fondatori della rivista «Le Nouvel Observateur» (A.Car.)
Q
uando scoppiò la Seconda guerra
mondiale, nel settembre 1939, Mussolini annunciò che l’Italia sarebbe
stata «non belligerante». Credeva che
gli eserciti della Germania e degli Alleati si sarebbero confrontati per molto tempo lungo le
due grandi linee fortificate — Maginot e Sigfrido — costruite negli anni precedenti, e che l’Italia sarebbe stata libera di gettare il suo peso sul
piatto della bilancia nel migliore dei momenti
possibili. La drôle de guerre, la buffa guerra che
si prolungò stancamente fino al giugno del
1940, lo rafforzò nelle sue convinzioni. Poi improvvisamente, il 10 giugno, i tedeschi invasero
l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo, attaccarono a Sedan e nelle Ardenne, ruppero il fronte,
inseguirono i francesi e gli inglesi sino a
Dunkerque, puntarono su Parigi. L’Europa assistette così al più inatteso degli eventi: lo sbriciolamento di quella che era stata sino ad allora
una grande potenza militare. Dove erano i taxi
Un doppio tradimento
I seguaci di Pétain intendevano regolare
i conti col «nemico interno», il Pcf
approvava il patto tra Mosca e Berlino
Francia 1940, alcuni soldati francesi impegnati a contrastare vanamente l’avanzata tedesca nelle Ardenne
della Marna che avevano portato i soldati al
fronte per fermare la grande offensiva tedesca
del settembre 1914? Dove erano i generali di Saint Cyr, la più intelligente scuola militare europea? Dov’era la fanteria di Verdun? Discusso e
analizzato in migliaia di libri, il collasso dello
Stato francese resta ancora una delle vicende
più sorprendenti del XX secolo. Il problema, ovviamente, non poteva essere soltanto militare.
Per capire le ragioni della disfatta occorreva
scavare in altre direzioni, prendere in considerazione altri fattori, culturali e sociali.
Viveva a Parigi, allo scoppio della guerra, un
giornalista spagnolo, Manuel Chaves Nogales.
Era repubblicano e liberale, ma aveva lasciato la
Spagna quando la ferocia del conflitto e le responsabilità di entrambe le parti gli erano parse
intollerabili. Aveva scelto Parigi perché la Francia era un baluardo della democrazia, il Paese
generoso che aveva accolto gli antifascisti italiani, gli antinazisti tedeschi, i repubblicani spagnoli, i cecoslovacchi mutilati e obliterati dagli
accordi di Monaco, i polacchi in fuga, gli ebrei
alla ricerca di un rifugio, gli esuli e i proscritti di
tutti i regimi dittatoriali. Lavorava per l’agenzia
d’informazioni Havas, collaborava con un ministero francese, mandava corrispondenze alla
stampa di lingua spagnola nelle Americhe. Ma
nel corso del suo soggiorno, a mano a mano che
la situazione internazionale andava peggiorando, Nogales aveva capito che all’origine del malessere francese vi erano eventi non troppo diversi da quelli di cui era stato testimone nel suo
Paese. In Francia non vi era stata una sanguino-
Il libro
Manuel
Chaves Nogales
è stato un
giornalista e
scrittore
spagnolo, nato a
Siviglia nel 1897,
morto a Londra
nel 1944. Le sue
opere più
famose (non
tradotte): «Juan
Belmonte,
matador de
toros», 1935; «A
sangre y fuego»
(1937)
La «battaglia
di Francia» iniziò
il 10 giugno
1940 con
l’attacco tedesco
che ruppe il
fronte nemico
puntando su
Parigi
sa guerra civile, ma vi erano stati due tentativi
rivoluzionari: il primo fra il 1933 e il 1934, quando le Leghe antidemocratiche avevano dato l’assalto allo Stato e investito il palazzo del Parlamento, il secondo nel 1936, quando i socialisti e
comunisti del Fronte popolare avevano costituito il governo presieduto da Léon Blum.
I due tentativi rivoluzionari erano egualmente abortiti, ma avevano segnato l’inizio di una
guerra civile fredda che stava corrodendo lo
spirito nazionale. Per allontanare la minaccia
stalinista, una larga parte della società francese
era pronta a sacrificare la democrazia. Roma e
Berlino, ai suoi occhi, non erano capitali di Stati
potenzialmente nemici; erano modelli da invidiare e imitare. Per Charles Maurras, fondatore
dell’Action Française, la sconfitta fu una «divina sorpresa». Per molti uomini politici la Francia, dopo la vittoria tedesca, avrebbe trovato un
ruolo europeo, creando con l’Italia e la Spagna
un blocco mediterraneo. Per coloro che odiavano la Repubblica molto più di quanto odiassero
i boches, il problema non era combattere e resistere, ma affrettarsi a perdere la partita per ricominciare a vivere con un altro regime politico.
Nogales non aveva simpatie comuniste, ma
fu colpito dal modo in cui i seguaci di Pétain
colsero immediatamente l’occasione per regolare i conti con il «nemico interno». I deputati
comunisti furono incriminati e i militanti arrestati, mentre Léon Blum, Edouard Daladier e
Paul Reynaud venivano processati a Riom nel
1942 per avere dichiarato guerra alla Germania:
una farsa che si concluse, dopo qualche mese,
senza sentenza. Ma anche i comunisti contribuirono al collasso morale del loro Paese. Sino a
quando la Germania hitleriana fu obiettivamente alleata dell’Unione Sovietica, molti dirigenti del partito credettero che la collaborazione con la potenza occupante potesse tornare
utile alla loro strategia rivoluzionaria e negoziarono con i tedeschi per qualche settimana la
pubblicazione dell’«Humanité». Diventarono
patriottici e resistenti soltanto dopo l’invasione
tedesca dell’Urss, nel giugno 1941.
Nogales seguì a Bordeaux il governo di Paul
Reynaud e lasciò la Francia a bordo di un incrociatore inglese. A Londra, dove visse sino alla
morte, continuò fare il mestiere del giornalista.
Ma nel 1941 pubblicò a Montevideo un libro
(L’agonia della Francia) che appare ora in Italia
da Neri Pozza con una lunga introduzione biografica di Marco Cicala. Non è soltanto un saggio sulle due rivoluzioni abortite. È anche una
sorta di bollettino medico scritto al capezzale di
un Paese che stava spensieratamente rinunciando alla propria identità e alla propria storica missione. Fortunatamente un’altra Francia,
quella di de Gaulle, avrebbe riscattato la Francia
del 1940. Nogales, morto a Londra nel 1944, alla
vigilia dello sbarco in Normandi, non ebbe la
fortuna di vederla.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il libro: Manuel Chaves Nogales, «L’agonia della Francia», introduzione di Marco Cicala, traduzione di Hado Lyria, Neri Pozza, pagine 185, €
16,50
Il caso Al filosofo che difende l’identità nazionale sono andati 16 voti su 28. D’Ormesson schierato a suo favore
Finkielkraut l’eterodosso di Parigi
entra (contestato) tra gli Immortali
dal nostro corrispondente
STEFANO MONTEFIORI
PARIGI — Il suo amico Pascal Bruckner dice che «è mosso dal gusto aristocratico di dispiacere», i nemici lo giudicano un reazionario contiguo alle idee
del Front National. Ma il 64enne filosofo
Alain Finkielkraut, nonostante le polemiche, ieri è stato eletto Immortale di
Francia con 16 voti su 28, e farà il suo ingresso all’Académie Française sulla poltrona numero 21 che fu dello scrittore
Félicien Marceau.
Nei giorni scorsi alcuni accademici
nascosti dietro l’anonimato avevano protestato evocando le controverse dichiarazioni su immigrazione islamica e perdita dell’identità francese, ma i suoi sostenitori — Pierre Nora, Max Gallo o la
segretaria perpetua Hélène Carrère d’Encausse — sono venuti allo scoperto in
suo favore. Jean d’Ormesson ha dichiarato che «se Alain Finkielkraut non viene
eletto, non metterò più piede all’Accademia», e alla fine ha prevalso il prestigio
di intellettuale dell’ex maoista diventato
uno dei più severi critici della modernità
e del progressismo.
«È un grande piacere, devo preparare
un discorso di elogio del mio predecessore e resto un ragazzino che ha paura
dell’ostacolo — ha commentato Finkielkraut all’annuncio dell’esito del voto
—. Sono un po’ scombussolato da quel
che sta succedendo».
L’Académie Française venne fondata
nel 1635 dal cardinale Richelieu per aggiungere all’unificazione politica e amministrativa dello Stato francese anche
la dimensione linguistica: gli accademici
stabilirono le regole del francese, unico
idioma da imporre in tutto il Paese, e da
allora ne sorvegliano purezza ed evoluzione. Richelieu fu il primo protettore
dell’Accademia, alla quale concesse il sigillo con la scritta «A l’immortalité» che
rende i suoi 40 membri «Les immortels». Il ruolo di protettore fu poi rivestito da Luigi XIV e via via da tutti i re, imperatori e capi di Stato della storia di Francia fino all’attuale presidente François
Hollande. Per letterati, uomini di scienza
o di Chiesa, entrare all’Accademia è la
consacrazione suprema.
Alain Finkielkraut è tornato in primo
piano nei mesi scorsi con il saggio
«L’identité malheureuse», dedicato al-
Il filosofo Alain Finkielkraut
l’identità infelice di una Francia che a
suo dire asseconda le pretese comunitarie degli immigrati invece di imporre il
suo modello di integrazione. E in questa
battaglia di Finkielkraut, un ruolo fondamentale è destinato alla difesa della
lingua francese, minacciata — più ancora che dall’inglese — dagli accenti e dalle
storpiature delle banlieue. Finkielkraut
non ce l’ha tanto con gli immigrati,
quanto con gli uomini politici e le persone colte che li scimmiottano.
«Corneille e Racine vengono fatti
scendere dal loro piedistallo — scrive
Finkielkraut —, nessuno rende più
omaggio alla grazia e alla precisione dei
loro alessandrini perché, si pensa, tutti i
discorsi, tutte le formulazioni si equivalgono. I nuovi Grevisse (grande grammatico belga francofono, ndr) non indicano
più il cammino da seguire ma accompagnano, sorridendo, l’evoluzione della
lingua». Seguono pagine dolenti sulla fine del subjonctif, dell’arte della conversazione francese, dell’eloquenza dei politici, e sull’abitudine contemporanea ad
abusare di termini scatologici.
Finkielkraut è apparso poco tempo fa
in televisione per difendere le sue idee
davanti al premier Manuel Valls. «Certi
studenti (islamici, ndr) si rifiutano di
studiare materie come il Medioevo o l’arte delle cattedrali e la risposta del governo è inquietante — disse Finkielkraut
—: dà la colpa al nostro modello di integrazione, e non al rifiuto di queste persone di integrarsi». Nato a Parigi da
ebrei polacchi scampati alla Shoah, nostalgico della civiltà europea che fu,
Finkielkraut proseguirà la sua lotta per il
valore universale dell’assimilazione sotto la Cupola che già sovrastò Voltaire e
Victor Hugo.
Stef_Montefiori
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54 Cultura
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Le iniziative del Corriere
L’appuntamento A partire da oggi, ogni settimana, una tappa del viaggio tra i capolavori del fumettista italiano che anticipò la graphic novel
Corto Maltese, un’avventura senza fine
La scoperta di Borges e l’incontro con un «gentiluomo di fortuna» nei mari del Sud
di PAOLO BELTRAMIN
La serie
«M
i son persa nelle lune / che mi
hai disegnato tu / ma per tanta fantasia / ci vorrebbe una
vita in più. (…) Rubo ancora
poesie / dal tuo cuore marinaio / pieno di stelle
e di bugie»: si intitola Sogni, è la canzone che
Ornella Vanoni ha dedicato al suo grande amico
Hugo Pratt. Ed è un titolo molto «fattuale», quasi scontato, di quelli che nei giornali si dicono
«di cronaca». Perché Hugo Pratt non era tanto
un disegnatore, e nemmeno un artista; ma un
artigiano che nella sua bottega costruiva sogni.
Hugo Pratt ha inventato il romanzo a fumetti,
il genere letterario che adesso va di moda chiamare graphic novel. Per questo, gli studiosi e gli
appassionati non possono fare a meno di rileggerlo. Ma Hugo Pratt è stato al contempo il romanziere a fumetti più grande di tutti. Non solo
in Italia, nel mondo. Per questo continua ad affascinare anche i lettori più lontani da quella
fantasiosa grammatica, capace di racchiudere
in un riquadro testi e disegni, azioni ed emozioni. Ha tenuto sveglie la notte, sospese tra parole
e immagini, generazioni lontane nel tempo e
nello spazio. Ha fatto discutere nei salotti bobo
di Parigi e nei licei giapponesi; i suoi libri oggi
sono in vendita allo Strand di Manhattan e sulla
versione indiana di Amazon. Ha fatto appassionare Woody Allen e Tim Burton, François Mitterrand e Umberto Eco (sua la massima: «Se voglio divertirmi leggo Hegel, se voglio impegnarmi leggo Corto Maltese»; per inciso, una rassicurazione ai neofiti: la stragrande maggioranza
dei lettori, ai quattro angoli del mondo, ha trovato invece Hegel più impegnativo, e Corto Maltese molto più divertente).
Il guaio, per chi nel 1967 restò stregato dalla
prima memorabile avventura di Corto, marinaio gentiluomo, Una ballata del Mare Salato, è
che non si poteva mica dire in giro la verità. Non
si poteva ammettere che quel libro era un capolavoro; e non tanto perché era un fumetto, ma
perché era prima di tutto una storia d’avventura.
Emozioni forti e colpi di scena, tradimenti e
scazzottate. Come nelle storie di James Fenimore Cooper e Rudyard Kipling, William Somerset
Maugham ed Emilio Salgari, tanto per citare alcuni giganti della letteratura con i quali era meglio non farsi vedere in giro, almeno dopo aver
compiuto i tredici anni. Quanto a lui, Pratt, attorniato dai 35 mila volumi nella sua casa studio
di Malamocco, semplicemente se ne infischiava: «La parola evasione dà tanto fastidio ai materialisti storici, ma l’avventura è cercare qualche cosa, che può essere bella o pericolosa, ma
che vale la pena di vivere...».
Già, l’arte come un’avventura che vale la pena
di vivere. La biografia di Pratt (almeno per come
l’ha tramandata lui, ed è questa che conta) è imprevedibile quanto quella dei suoi personaggi,
dal pirata russo Rasputin alla spregiudicata avventuriera Venexiana Stevenson. Nel 1927 Ugo
— quella strana «acca» se l’aggiunse solo più
tardi — era nato per caso a Rimini, non proprio
di fronte al mare come gli sarebbe piaciuto,
«ma comunque poco distante». I genitori, lui
cattolico di origini britanniche, lei ebrea sefardita convertita, dieci giorni dopo se ne tornarono a Venezia con il nuovo arrivato. Nel 1937 la famiglia si trasferì in Etiopia: il padre, ufficiale
dell’esercito, morì in Africa in un campo di prigionia degli alleati. Al ritorno in Italia, non ancora ventenne, con un gruppo di amici Pratt
fondò il giornalino a fumetti l’Asso di picche,
dedicato a un eroe mascherato dall’improbabile
costume giallo. Non sarebbe andato avanti a
lungo. Anche perché il nostro, di eroe, decise di
ripartire. Austria, Inghilterra, Francia. E poi Ar-
Il piano
dell’opera
Il primo
volume
in edicola
Si inaugura oggi, con il
volume «Una ballata
del Mare Salato», in
edicola al prezzo di
10,99 con «Corriere
della Sera» e «Gazzetta
dello Sport», la collana
dedicata a Hugo Pratt.
Un’opera in 36 volumi
che raccoglie gran
parte della produzione
del celebre fumettista.
«Tutto Pratt»
ripercorre per la prima
volta interamente la
sua vastissima
produzione in
un’edizione da
collezione con
copertina cartonata.
Dal leggendario Corto
Maltese, presentato
interamente con le sue
29 storie, a «Gli
scorpioni del deserto»,
passando per opere
indimenticabili come
«Sgt. Kirk», del quale
verrà pubblicato in
anteprima il 5° e
conclusivo volume;
alcuni capolavori sono
stati recuperati per
l’occasione come
«Junglemen», mentre
la collana si concluderà
con i classici creati per
il «Corriere dei
Piccoli», quali «Simbad
il marinaio» o «Le
avventure di Ercole».
Una serie ricca di opere
con inediti e tavole
restaurate, alcune per
la prima volta a colori.
Le uscite avranno
cadenza settimanale.
In pagina, una piccola
selezione di acquerelli
di Pratt (Corto Maltese
® & Hugo Pratt ™ ©
Cong S.A., Svizzera).
Nell’ultima foto, a
destra, Folco Quilici
Oggi
1
Una ballata del Mare Salato
2
Tango
Le elvetiche
3
Suite Caribeana
Il mare d'oro
4
Lontane isole del vento
Le lagune dei misteri
gentina, dal 1949 al 1962.
La traversata in Transatlantico durò 18 giorni.
Appena arrivato a Buenos Aires, Pratt si mise a
suonare la chitarra nei locali notturni, a disegnare historietas per la stampa locale, e a insegnare illustrazione nella Escuela Panamericana
de Arte. È qui che conobbe un altro autore fondamentale, la cui eco compare quando meno te
l’aspetti, in una tavola di Corto Maltese o del
Sergente Kirk: Jorge Luis Borges. Non lo incontrò di persona (almeno, non l’ha mai raccontato: quindi potrebbe davvero essere successo),
ma ne lesse avidamente tutte le opere, prima
ancora che venissero tradotte in Italia, a partire
dalle Finzioni, nelle quali trovò il grande segreto che avrebbe fatto germogliare la sua fiction:
«Raccontare cose vere facendole apparire come
fantastiche».
Cose vere come i sogni, appunto. Tornato in
Italia, Pratt cominciò a collaborare con Il Corriere dei piccoli, raccontò a fumetti L’Isola del Tesoro e Il ragazzo rapito, e poi si imbarcò di nuovo, questa volta diretto al largo dei mari del Sud,
guidato da un «gentiluomo di fortuna» figlio di
un marinaio e di una gitana, il cui nome, Corto
Maltese, nell’argot andaluso significa «svelto di
mano». Apolide e anticonformista, cinico eppure nobile, Corto ha la stazza, il sorriso e lo
sguardo del giovane Burt Lancaster, anche se
Pratt al cinema lo immaginava interpretato da
David Bowie. È uomo di mare, eroe di avventura. Le sue storie non si possono riassumere ma
soltanto evocare, come fanno gli straordinari titoli degni dei più appassionati romanzi a puntate: Concerto in o’ minore per arpa e nitroglicerina, Corte sconta detta Arcana, La casa dorata di
Samarcanda. Lo ritroviamo in Cina durante la
rivolta dei Boxer, in Patagonia con Butch Cassidy e Sundance Kid; in Russia durante la guerra
tra rossi e bianchi dopo la rivoluzione bolscevica; lungo la Via della Seta alla ricerca del tesoro
di Alessandro Magno; in Svizzera insieme a
Herman Hesse; ci sono arrivate pure tracce di
lui in Spagna, durante la Guerra civile, volontario delle Brigate internazionali. Della sua fine
non si sa nulla di certo. Anzi, come disse Pratt,
forse «Corto Maltese non morirà, Corto Maltese
se ne andrà perché in un mondo dove tutto è
elettronica, è calcolato, tutto è industrializzato,
è consumo, non c’è posto per un tipo come lui».
Dagli anni Settanta Pratt visse sempre più
spesso a Parigi e infine in Svizzera, fino alla
scomparsa nel 1995. Nella classifica dei cento libri più importanti del Novecento, stilata dalla
redazione di Le Monde, Una ballata del Mare
Salato è subito dietro Martin Eden, e davanti a
La lezione argentina
In «Finzioni» trovò il grande segreto
che avrebbe fatto germogliare la sua
fiction: «Raccontare cose vere
facendole apparire come fantastiche»
Modelli cinematografici
Apolide e anticonformista, cinico
ma nobile, il marinaio ha la stazza,
il sorriso e lo sguardo del giovane Burt
Lancaster, con qualcosa di David Bowie
mattoni da libreria in noce come i saggi di Foucault e i temibili scritti di Lacan. Adorato dai
francesi per tutta la vita (e oggi ancora di più),
Pratt a dire il vero li snobbava un po’: «Quasi
sempre si è guardato alla Francia come a un modello, una base culturale — ha scritto —. Comunque, quando arrivava il momento di selezionare le letture, le informazioni, nell’infanzia
potevi scegliere tra la biblioteca giovanile francese e quella anglosassone. E io, un po’ per tradizione di famiglia, un po’ per altre influenze,
ho avuto una biblioteca anglosassone. Erano
quel tipo di libri che mi consentivano di sviluppare la fantasia, perché i francesi hanno più una
preoccupazione borghese, provinciale, alla Madame Bovary. Gli inglesi mi fecero conoscere
Stevenson, ad esempio. L’unico francese che mi
interessava all’epoca era Dumas».
Ma in fondo, il vero padre di Corto Maltese e
degli altri cento eroi misteriosi, sudati e romantici di Pratt, è Ernest Hemingway. Magari non la
versione più imponente, autoritaria, «bigger
than life» del premio Nobel, che anzi Pratt faceva finta di detestare («ci sono cose di lui che
non mi piacciono per niente; ad esempio in
quella storia del vecchio e la pesca, la “lusinga”
del bello, la tiritera sulla baia in cui bisogna andare a pescare…»); ma la voce più rarefatta e
dolce di Hemingway, quella cantata da Paolo
Conte, amico e compagno delle abbondanti cene dello scrittore a fumetti veneziano: «Oltre le
illusioni di Timbuctù / e le gambe lunghe di Babalu / c’era questa strada / Questa strada zitta
che vola via / come una farfalla, una nostalgia, /
nostalgia al gusto di Curaçao / Forse un giorno
meglio mi spiegherò».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
9 maggio
5
Le celtiche
6
La casa dorata di Samarcanda
7
Le etiopiche
La giovinezza
8
Mū
18 aprile
25 aprile
16 maggio
9
30 maggio
13 giugno
10
Gli scorpioni del deserto vol. 1
11
Gli scorpioni del deserto vol. 2
12
Wheeling vol. 1
Leggende indiane pt. 1
23 maggio
3 maggio
6 giugno
Corte sconta detta Arcana
Favola di Venezia
20 giugno
4 luglio
13
Wheeling vol. 2
Leggende indiane pt.. 2
14
Saint Exupéry
In un cielo lontano
15
Morgan
maverile
Un pallido sole primaverile
16
Cato Zulù
Baldwin 622
Chine di guerra
11 luglio
18 luglio
25 luglio
27 giugno
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Cultura 55
italia: 51575551575557
L’opera completa
Il regista Folco Quilici, amico del disegnatore
Così Pratt difendeva
il suo personaggio
«Per il film proponevo Terence Hill»
di ALESSANDRO BERETTA
I
n tanti lettori, sul finire degli anni Sessanta, leggendo la prima avventura di
Corto Maltese sognavano i mari del
Sud dov’era ambientata. Tra questi,
una sola persona poteva dire: «Ci sono stato
e ne vorrei fare un film». Quel lettore speciale è il regista di documentari e scrittore
Folco Quilici che ha lungamente accarezzato l’idea di portare sul grande schermo La
ballata del Mare Salato, primo albo dedicato all’eroe. Un progetto mai andato in porto
che è diventato una piccola leggenda: Corto
Maltese, per decenni corteggiato dal cinema, è rimasto sempre fedele all’immagine
disegnata.
A parte una serie animata e il lungometraggio d’animazione di Pascal Morelli Corto Maltese - Corte sconta detta Arcana, apparsi nel 2002 e approvati in fase di progettazione da Hugo Pratt prima della scomparsa nel 1995, non esiste un film dal vivo
dedicato al grande avventuriero. Non è una
mancanza, ma la conferma della ricchezza
poetica di un personaggio: «Io sono felice
alla fine di non aver fatto il film — racconta
Quilici, 84 anni da poco compiuti — perché
in qualche modo avrei tradito Hugo Pratt e
Corto Maltese e li avrei avuti sulla coscienza. Invece, così, la magia della nostra amicizia è intatta». Nata inseguendo l’idea del
film: «A quell’epoca, inizio anni Settanta,
avevo realizzato alcuni film di buon successo — spiega il regista —, tra cui Tikoyo e il
suo pescecane e Oceano, ambientato in Polinesia, e Pratt, che aveva detto di no a diverse proposte di adattamento, a me non si negò».
Così, coinvolto il produttore Goffredo
Lombardo e la sua casa di produzione Titanus, iniziò la progettazione: «Era una corrispondenza di diari di lavoro su due campi
così diversi, come il cinema e il fumetto,
molto profonda — ricorda il documentarista —, ma che aveva, per me, un tremendo
difetto: con Hugo Pratt le riunioni avvenivano da mezzanotte in poi, al bar o al ristorante dove ti dava appuntamento. Abituato come sono alla vita di mare, con sveglia alle
sette e a letto per le dieci di sera, dovevo
sciacquarmi la testa in bagno per reggere.
Inoltre, le riunioni, che si svolgevano a Lucca durante il Salone Internazionale dei Comics, erano un continuo via vai di persone,
condite dai racconti di Pratt, veri o inventati
che fossero». Incontri di brainstorming ante litteram, su un film che veniva continuamente rimandato: «La trattativa fu infernale e si firmarono almeno due contratti. La
prima volta Pratt continuava a rivedere la
sceneggiatura, scritta da lui, e non trovava
un attore che lo convincesse. Il produttore
1 agosto
17
Anna nella jungla
18
Capitan Cormorant - Billy James
L'assalto al forte - Fanfulla
Lupo Conrad
19
L'isola del tesoro
Il ragazzo rapito
Sandokan
20
Sgt. Kirk vol. 1
Sgt. Kirk vol. 2
22
Sgt. Kirk vol. 3
23
Sgt. Kirk vol. 4
24
Sgt. Kirk vol. 5
8 agosto
15 agosto
22 agosto
29 agosto
21
5 settembre
12 settembre
19 settembre
26 settembre
25
Junglemen
26
Ernie Pike
vol. 1
27
Ernie Pike
vol. 2
28
Un uomo un'avventura
Koinski racconta vol. 1
30
Koinski racconta vol. 2
31
Koinski racconta vol. 3
32
L'Ombra
3 ottobre
10 ottobre
17 ottobre
24 ottobre
29
31 ottobre
7 novembre
14 novembre
gliene propose tanti e Pratt, dopo un primo
“Ah, che meraviglia!”, dopo due giorni telefonava dicendo “No, è troppo bravo e si impossessa del film, cambiamolo!”. Tra i candidati c’era Terence Hill, che ho sostenuto
molto: era molto vicino fisicamente al personaggio».
Il primo contratto decadde, scaduti i termini d’opzione, mentre sul secondo Pratt
appose una clausola curiosa: «Non chiedeva, come altri autori soggetti ad adattamento, di approvare la sceneggiatura o il cast,
ma i costumi. Il risultato è stato che non li
ha mai approvati. Gli inviavano i bozzetti e
non gli andavano mai bene. Così, il progetto saltò definitivamente. Posso capirlo, anche per la cura dei suoi disegni, ma credo
fosse anche un modo per difendere il personaggio». I timori di Pratt erano legati anche alla distanza tra le due arti, come spiega
il regista: «Certi istanti, come una canoa
lontana o un primissimo piano in una vignetta, tra fumetto e cinema potevano essere identici, ma quella sintesi massima che
dal disegno alla didascalia porta a un’altra
vignetta nel cinema non era concepibile».
Commentando tempo dopo, Quilici aggiunge: «Probabilmente, nessuno dei due
voleva veramente realizzare il film. Io non
ho mai rinunciato a un altro lavoro perché
si era sul punto di fare Corto Maltese e Pratt
non ha mai insistito, ma tutto ciò ci ha permesso di sognare insieme, come quella volta che a Milano, una notte, a casa dell’editore Rosellina Archinto, mi disse “Ma perché
non realizzi un film sui miei racconti africani Gli scorpioni del deserto? Ti regalo i diritti, ma domani mattina partiamo per l’Africa, con il primo volo, ti porto a vedere le location”. Insieme, anche se poi non si faceva,
credevamo a quelle partenze fantastiche».
Il mondo di Pratt era avventuroso quanto
quello di Corto Maltese, che Quilici continua ad amare da lettore: «Mi affascina il
rapporto con il mare e con l’idea di libertà
assoluta: le avventure di Corto Maltese sono
una fuga dalle leggi e dall’ipocrisia, spinte
dalla voglia di affrontare l’ignoto». Collezionista delle prime edizioni degli albi di Pratt
«anche se tra figli e nipoti si sono disperse
per le case», il regista, che ai tempi dei lunghi viaggi per i documentari in Polinesia
portava sempre con sé casse piene di fumetti, ha comunque un suo Corto Maltese
speciale: «È un regalo del mio storico operatore, Riccardo Grassetti, che ha ingrandito, montato su legno e pazientemente segato un disegno di Pratt. Così, in studio in
campagna, ho il mio Corto Maltese a grandezza naturale, alto 1,80, che mi guarda
sempre!».
@bedrella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
21 novembre
33
Periplo immaginario
34
Periplo segreto
35
Periplo incantato
36
Simbad il marinaio
e altri racconti
da «Il Corriere dei Piccoli»
28 novembre
5 dicembre
12 dicembre
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
57
italia: 51575551575557
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SUPERPOTENZE
SEGUE DALLA PRIMA
Berlusconi, con i suoi 4 anni per frode
fiscale ridotti a 12 mesi dallo sconto di 3
anni di indulto sui reati commessi prima
del 2006, ieri in Italia era infatti il
5.570esimo condannato definitivo in libertà ad essere avviato o confermato nel 2014
ai servizi sociali come forma di esecuzione
della pena alternativa al carcere sotto i 3
anni. E del resto il Tribunale di Sorveglianza milanese è lo stesso che di recente ha ad
esempio ammesso al beneficio anche un
uomo che doveva scontare 1 anno per aver
picchiato e strappato un dente alla moglie,
che a differenza di Berlusconi era pregiudicato e senza lavoro, che (sempre a differenza dell’ex premier super-difeso da superavvocati) aveva persino sbagliato a fare la
richiesta nel modo giusto, ma che si era
comunque visto concedere i servizi sociali
proprio a casa della moglie dettasi disponibile a risperimentare un percorso per il
bene dei figli. Nella maggior parte dei casi,
del resto, i condannati ottengono l’affidamento ai servizi sociali senza specifici programmi ma solo con l’indicazione di «rela-
zionarsi con l’assistente sociale designato», e l’unico obbligo di rispettare le prescrizioni standard di stare in casa dalle 23
alle 6, non frequentare pregiudicati, non
espatriare.
Ciò che vale per tutti, dunque, vale per
Berlusconi. E viceversa. Perché in generale
si possono anche nutrire dubbi su un sistema sanzionatorio che vede in carcere 8.601
evasori fiscali in Germania e solo 156 in Italia (lo 0,4% contro la media Ue del 4,1%), o
che tra condoni e sconti sbriciola l’entità
teorica delle condanne definitive. Ma intanto varrebbe la pena che tutta questa inedita attenzione pubblica, dedicata ai servizi sociali per Berlusconi, fosse poi prestata
anche alle risorse economiche, alle assunzioni nelle cancellerie e alle fluidità normative necessarie per irrobustire ancor più
le misure alternative al carcere: quelle che
fanno il bene della collettività prima che
dei condannati, statisticamente abbattendone al 19% la recidiva che sfiora invece il
70% per chi espia tutta la pena in carcere.
Luigi Ferrarella
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PER RIFORMARE LE CAMERE DI COMMERCIO
VIA SUPERSTIPENDI E GIUNGLA DI SOCIETÀ
✒
In diverse occasioni il presidente
del Consiglio Matteo Renzi ha
fatto capire che è sua intenzione metter
mano al sistema delle Camere di commercio. Addirittura in una prima bozza
del Jobs act — stesa prima che andasse a
Palazzo Chigi — si parlava di abolire il sistema camerale di iscrizione al registro
delle imprese. Nel Documento di economia e finanza però non se ne fa menzione,
mentre nel Piano nazionale per le riforme si accenna
solo a una revisione mirata
dei costi delle authority e
delle Camere di commercio. In definitiva, mentre è
chiara l’idea del premier di
voler ridurre gli spazi di influenza dei corpi intermedi, più indecifrato è il percorso che il governo intende compiere e l’eventuale
tempistica. Non essendo però in campo
decisioni già prese o pendenti c’è, di conseguenza, tutto il tempo per ragionare in
maniera costruttiva e impostare una riforma incisiva che serva a sfrondare il sistema per renderlo più funzionale alle esigenze delle imprese. La verità è che l’aderenza dell’attività delle Camere ai problemi dell’economia reale è molto diversa da
territorio a territorio, così finiscono per
convivere autentiche rendite di posizione
e buone pratiche, le uno accanto alle altre.
Già al tempo del governo Monti, su sollecitazione del ministro Corrado Passera, si
era arrivati a stendere un’ipotesi di riforma che poi però si era arenata al Senato.
Secondo quanto trapela proprio in
questi giorni alcune associazioni di rappresentanza avrebbero ripreso l’elaborazione in materia e, timorose di un blitz di
Renzi, avrebbero messo
nero su bianco nuove ipotesi. Non si parte quindi
dal «prato verde», si tratta
però di vagliare questi
contributi e di aprire un
dialogo fattivo con il governo.
Da sfrondare c’è molto e
non può bastare un lifting.
Si potrebbe partire da alcune retribuzioni fuori parametro e arrivare a disboscare la giungla
delle società controllate e delle partecipazioni azionarie. Avrebbe anche senso
aprire una riflessione sulla governance
delle Camere le cui presidenze vengono
assegnate tramite la competizione tra improvvisate cordate. Meglio, forse, l’elezione diretta da parte delle imprese.
Dario Di Vico
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MERCATO MONDIALE DELLE TANGENTI
LA TRASPARENZA È UNA MERCE RARA
Nel braccio di ferro sull’Ucraina
a vincere è la Cina, non la Russia
di IAN BREMMER
D
opo l’annessione russa della
Crimea, l’imposizione di sanzioni
da parte di America ed Europa, e
con la minaccia d’una nuova escalation in Ucraina, irrompe sulla scena
internazionale geopolitica l’evento più drammatico dall’ 11 settembre. Gli ultimi sviluppi in
Ucraina rappresentano il punto di svolta. I
rapporti tra Washington e Mosca erano già
tesissimi, ma oggi che la Russia è stata sospesa
dal G8 e con nuove sanzioni in arrivo, le comunicazioni si sono completamente interrotte. Si
profilano all’orizzonte, inevitabilmente, varie
forme di conflitto Est-Ovest, con preoccupanti
ripercussioni sia per la sicurezza in Europa, la
stabilità in Russia, il futuro dell’Unione Europea e della Nato, sia per i mercati energetici
globali. Ma sebbene, con ogni probabilità, le
tensioni siano destinate ad aggravarsi, non
esistono analogie che possano far pensare a
una nuova Guerra fredda, né la situazione
attuale rischia di riproporre l’antico scenario. E
i motivi sono molteplici.
Innanzitutto, la Russia non ha amici potenti,
né la capacità di assicurarsene di nuovi.
Quando l’assemblea generale delle Nazioni
Unite ha votato sulla legittimità
dell’annessione russa della Crimea, solo dieci
Paesi si sono schierati con la Russia. Il
sostegno è arrivato dai Paesi confinanti,
soggetti alle pressioni russe (Armenia e
Bielorussia) e da vari Stati-canaglia che non
godono d’alcun prestigio internazionale (Cuba,
Corea del Nord, Sudan, Siria, Zimbabwe).
Aggiungete una manciata di Paesi
simpatizzanti — per antica tradizione — in
America latina (Venezuela, Bolivia e Nicaragua)
e appare chiaro che alla Russia manca ormai la
capacità d’attrazione ideologica della vecchia
Unione Sovietica. I suoi sostenitori sono
accomunati soprattutto nel condividere il
malcontento verso l’ordine globale
prestabilito, piuttosto che il miraggio
d’eventuali soluzioni alternative proposte dalla
Russia.
Inoltre, il Pil russo è salito appena dell’ 1,3 per
cento lo scorso anno e la crescente dipendenza
del Paese dalle esportazioni di risorse naturali
assicura che l’economia non migliorerà, se non
in vista d’un futuro aumento dei prezzi globali.
Nel 2007, alla Russia bastava il prezzo del Brent
di 34 dollari al barile per pareggiare il bilancio
federale; cinque anni dopo, quella cifra era
arrivata a 117 dollari. L’anno scorso, petrolio e
gas costituivano circa la metà delle entrate del
governo russo. Ad aggravare la situazione,
l’economia è controllata da un piccola élite la
cui esistenza è legata alle simpatie di Putin. Più
d’un terzo della ricchezza totale del Paese è in
✒
te». Steinmetz si rivolge alla comunità internazionale chiedendo trasparenza e un
processo corretto. Cose condivisibili. Ma
che arrivano decisamente in ritardo. Tutti
coloro che si occupano a qualche titolo di
affari internazionali in settori come le miniere, il petrolio, gli armamenti, sanno
quanto siano merce rara la trasparenza e
la correttezza delle procedure. Steinmetz
è arrivato a mettere in dubbio la legittimità del nuovo presidente Alpha Condé. Ma
si era guardato bene di fare la stessa cosa
con il vecchio capo di Stato, Lansana Conté, interlocutore di Bsgr.
La storia delle relazioni internazionali è
piena zeppa di sospetti e casi dubbi. Anche l’Italia non sfugge alla regola (ultimo
episodio: il procedimento a carico di
Finmeccanica per una commessa del governo indiano). Negli anni Ottanta si parlava di «dollaro politico» per alludere alle
tariffe in vigore sul mercato parallelo delle
tangenti. Le cose sono rimaste sostanzialmente uguali. Per Steinmetz non sarà facile dimostrare di essere stato il solo a non
saperlo.
Giuseppe Sarcina
[email protected]
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mano a soli 110 multimiliardari.
Malgrado il suo arsenale nucleare, soggetto
alla vecchia regola di distruzione reciproca
assicurata, che costituiva l’ago della bilancia
tra gli armamenti americani e sovietici, alla
Russia manca tuttavia la capacità militare
dell’Unione Sovietica. Oggi gli Stati Uniti
spendono circa otto volte quello che la Russia
può elargire alle sue forze armate. La Russia
può permettersi di flettere i muscoli per
intimorire i suoi vicini, ma non è più in grado
di sfidare il mondo come faceva un tempo
l’Unione Sovietica.
La limitazione fondamentale della Russia è la
mancata disponibilità della Cina a trasformarsi
in un alleato affidabile contro l’Occidente.
Pechino ha ben poco da guadagnare,
schierandosi in questo conflitto. Pure
sperando d’accaparrarsi una fetta maggiore
delle esportazioni energetiche russe, la Cina
non ha alcun interesse a inimicarsi i suoi
principali partner commerciali, come l’Europa
e l’America, a favore di Mosca. Anzi, la Cina
potrebbe rivelarsi il principale (se non l’unico)
vincitore nell’attuale crisi ucraina. Mentre
l’Europa s’affretta a cercare alternative per
ridurre la sua dipendenza dal gas russo, i
cinesi sanno di poter spuntare prezzi più
favorevoli, mantenendo al contempo relazioni
pragmatiche con entrambe le parti. La Cina
inoltre è ben contenta che l’attenzione
americana in questo frangente sia puntata
sull’Europa (e non sull’Asia) orientale. La Cina
si muoverà con molta cautela quando la Russia
proverà a scatenare una crisi secessionista in
Ucraina, poiché s’oppone strenuamente a
qualsiasi precedente che possa suscitare simili
rivendicazioni d’autonomia nelle sue province
più turbolente, quali il Tibet e lo Xinjiang.
In mancanza di una nuova Guerra fredda, la
Russia proverà a sabotare i piani di politica
estera occidentali. La Russia potrebbe
incoraggiare il governo di Bashar Assad in Siria
a ignorare le richieste occidentali di
distruggere o consegnare i suoi arsenali
chimici e potrebbe elargire nuovi aiuti
finanziari e militari al suo regime. Ma Assad ha
già guadagnato abbastanza terreno per
sopravvivere alla guerra civile in Siria e c’è ben
poco che la Russia possa fare per rimettere in
piedi quel Paese disastrato. La Russia potrebbe
inoltre provare a far saltare i negoziati sul
programma nucleare iraniano. Ma non sarà
facile per Mosca persuadere Teheran a ritirarsi
da un accordo che l’Iran va attivamente
cercando per poter ricostruire la sua economia
interna, e la Russia non vuole certo scatenare
una corsa agli armamenti nucleari in una zona,
il Medio Oriente, assai più vicina ai suoi
confini che non agli Stati Uniti. In breve, la
Russia resta una potenza regionale
(raccomandiamo tuttavia al presidente Obama
di astenersi dal fare simili dichiarazioni in
pubblico!).
(traduzione di Rita Baldassarre)
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GIOVANI E VOLONTARIATO
Servizio civile, opportunità da ritrovare
di GIANGIACOMO SCHIAVI
SEGUE DALLA PRIMA
Miniere e tangenti. La vecchia
formula funziona ancora per descrivere i rapporti tra le multinazionali e i
governi dei Paesi in via di sviluppo. Almeno stando alle accuse rivolte dalla Guinea
all’israeliano Beny Steinmetz, 58 anni, capo del gruppo di famiglia che porta il suo
nome: Bsgr (Beny Steinmetz group resources). A Conakry, la capitale dello Stato
africano, il nuovo presidente Alpha Condé, salito al potere nel 2010, accusa Bsgr di
aver corrotto il predecessore Lansana
Conté, pagando un quarto del loro valore
le concessioni per lo sfruttamento di uno
dei giacimenti di ferro più ricchi del pianeta, nella montagna di Simandou. Cinquecento milioni di dollari anziché due
miliardi. Il buon cuore del vecchio presidente, che nel frattempo è defunto e quindi non può smentire, sarebbe stato ricompensato con azioni e denaro cash. Gli
omaggi sarebbero stati incassati da
Mamadie Touré, la quarta moglie dell’ex
capo di Stato.
La multinazionale guidata da Steinmetz
ha reagito con grande veemenza, contro
accusando il governo di Alpha Condé di
aver «orchestrato una campagna di falsità,
basate su prove e testimonianze fabbrica-
CHIARA DATTOLA
SILVIO BERLUSCONI E LA PENA ALTERNATIVA
PER LA GIUSTIZIA È UNO COME TANTI
In questo senso l’idea di rilanciare il servizio civile per tutti in occasione del semestre
di presidenza italiano dell’Unione Europea,
proposto dal settimanale Vita, è l’occasione
per riflettere sul valore di certe pratiche che
aiutano a vivere meglio. Anche se non impattano sul Pil, come ricordava Bob Kennedy nel
famoso discorso del 1968 sul benessere della
nazione americana, certi esempi di civismo
misurano «la saggezza, la conoscenza, la
compassione e la devozione verso il proprio
Paese».
Oggi il servizio civile nell’Italia che ha abolito la naja obbligatoria, è soltanto volontario. Per tanti giovani sarebbe un’opportunità
e un’esperienza utile per il futuro, integrandolo con i vari programmi esistenti, dai corpi
civili di pace, agli aiuti umanitari, all’Erasmus, al servizio civile nazionale. Darebbe loro qualcosa di più di un credito formativo: li
renderebbe cittadini attivi impegnati in qualcosa di utile per il loro Paese. E servirebbe anche nelle successive attività lavorative, alle
imprese che oggi chiedono sempre più partecipazione sociale e spirito di squadra, perché il tempo speso per gli altri è un investimento a lungo termine che rende.
Purtroppo oggi ai tanti giovani che chiedono di svolgere il servizio civile non viene data
risposta. Anzi: a più di centomila giovani che
ne hanno fatto richiesta, viene detto che i posti sono limitati. Novantamila di loro pronti a
mettersi in gioco sono stati respinti. È singolare che uno Stato con 6 milioni di giovani tra
i 18 e i 28 anni e il 40 per cento di disoccupati
non si ponga il problema di attivare un servizio civile per chi chiede di poterlo fare. Ed è
ancora più singolare sentirsi rispondere che
non ci sono risorse, quando gli sprechi della
politica sono sotto gli occhi di tutti e i finanziamenti per gli F35 si trovano senza fiatare.
«C’è una degenerazione del sistema», ha
detto recentemente il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, «frutto della nostra
globale trascuratezza». Servirebbe un grande
sforzo collettivo che impegni tutti e ciascuno,
come ha ricordato alla Fondazione Ambrosianeum l’economista Marco Vitale lancian-
❜❜
Novantamila domande
respinte. Il caso Alessi:
la cassa integrazione
utilizzata per attività
socialmente utili
do questo appello: «Dipende da noi». È vero:
dobbiamo recuperare fiducia in noi stessi e
nelle nostre comunità e avere più coraggio
nel sostenere pratiche formative per i giovani. Un servizio civile adeguatamente svolto
sarebbe sicuramente d’aiuto. Lo hanno capito le aziende private che coltivano la risorsa
del volontariato per dare valore alla loro presenza sul territorio. Alla Alessi, per esempio,
la cassa integrazione è utilizzata per attività
socialmente utili, gestite dall’azienda in collaborazione con la giunta comunale: il risultato di partecipazione e di problemi risolti è
stato straordinario. Ma ci sono centinaia di
altre imprese in Italia dove la responsabilità
sociale è ormai un codice etico di comportamento.
C’è un’assenza di Stato, un vuoto di idee e
di proposte che la politica, il governo, il Parlamento faticano a riempire con progetti
concreti. Dal festival del volontariato di Lucca, dove si parla della migliore Italia e si lanciano le buone notizie, arriva un segnale d’allarme: le associazioni che operano nel settore della Protezione civile hanno difficoltà a
trovare mezzi, uomini e risorse. Un motivo in
più per sostenere un servizio civile ampio e
accessibile a tutti i giovani che ne fanno richiesta.
[email protected]
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
59
italia: 51575551575557
Lettere al Corriere
VENTI DI SECESSIONE A EST
FARE I CONTI PRIMA DI DECIDERE
Risponde
Sergio Romano
Con un referendum online
tutto da verificare, il Veneto
avrebbe chiesto la propria
indipendenza. Domanda:
subito dopo aver
abbandonato l’Italia, con
quali capitali riuscirebbe ad
autogestirsi? E con quale
ruolo si inserirebbe a livello
europeo?
Carlo Radollovich
carlo.radollovich@
libero.it
Caro Radollovich,
redo che i secessionisti
veneti, come altri europei che perseguono lo
stesso obiettivo, ragionino
più o meno così. Scrivono
nella colonna degli attivi il
C
CONSEGUENZE DEVASTANTI
Ritorno alla lira
Caro Romano, se si esce
dall’euro, oltre all’impatto sul
debito pubblico, vi sono
conseguenze ancora peggiori e
più devastanti . Nel nostro
Paese ci sono oltre 5,5 milioni
di partite Iva. Oltre il 95%
sono piccole e medie imprese
che hanno in media meno di 9
dipendenti. Quindi
debolissime. Se si ritornasse
alla lira, i debiti in bilancio
delle imprese, da 1936, 27 lire
contro un euro, passerebbero,
nello spazio di pochi giorni, a
3/4 mila lire per un euro. I
mercati monetari certamente
non accetterebbero 1.936,27
lire per un euro. La
svalutazione sarebbe
immediata e i tassi di
interesse schizzerebbero verso
l’alto. Quindi i debiti in
bilancio si moltiplicherebbero
per due o tre volte. I patrimoni
netti delle imprese da positivi
diventerebbero negativi e o si
fallisce o si fanno aumenti di
capitale. Ma chi presterebbe
danaro? E a che tasso? Nello
spazio di mesi, fallirebbero
migliaia di imprese. Anche i
privati cittadini vedrebbero i
loro mutui e le loro rate
mensili lievitare. Molte
piccole e medie banche
rischierebbero di fallire. Ci
sarebbe il crollo del Paese,
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
prodotto interno lordo della
regione e i redditi ottenuti
dalle aziende nell’ultimo anno finanziario. Scrivono nella colonna dei passivi l’ammontare delle imposte pagate allo Stato centrale nello
stesso periodo. Sottraggono
la seconda cifra alla prima e
puntano il dito sulla somma
che la loro regione potrebbe
usare se non dovesse mandare a Roma una quota importante della sua ricchezza Ma
non si chiedono quanta parte
di questa ricchezza sia dovuta agli aiuti diretti e indiretti
garantiti dall’appartenenza a
uno Stato più grande. Penso
alle infrastrutture, alla rappresentanza degli interessi
nazionali all’estero, alla sicurezza di fronte a pericoli internazionali, ai servizi pubblici su scala nazionale, dalle
poste alla protezione civile.
Immagino le obiezioni: la
giustizia scoraggia imprenditori e cittadini con la sua
biblica lentezza; la burocrazia
è grigia, ottusa, indifferente
al problema della produttività e assorbita dal desiderio di
garantire i propri privilegi; le
infrastrutture arrivano sempre con grande ritardo. È ve-
seguito da una instabilità
sociale mai vista prima.
Luigi Romano
[email protected]
Le lascio la parola aggiungendo che l’omonimia è puramente casuale.
CHIESTI DAL GOVERNO
Suggerimenti inutili?
Ma si crede davvero che il
governo abbia bisogno dei
suggerimenti dei cittadini per
individuare gli sprechi e le
priorità di intervento nel
contenimento della spesa
pubblica? Se così fosse,
sarebbe solo la conferma che
chi ci governa vive in un altro
mondo! Mi aspetto che il
governo sia in grado di fare
diagnosi chiare dei problemi
del Paese senza bisogno di
sondaggi, e che intervenga con
le opportune soluzioni. Per
questo la campagna di Renzi
mi sembra una iniziativa
mediatica un po’ populista.
Marco Peserico, Padova
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Il sindaco di Roma,
Marino, cancella dagli
atti la parola «nomadi»,
perché irrispettosa. È
giusto?
ELEZIONI EUROPEE
Candidati e primarie
Il «grande scomparso» delle
elezioni europee è l’istituto
delle primarie. Eppure sino a
poco tempo fa le primarie
erano la garanzia della
volontà popolare. Perché i
partiti non le indicono? Si può
presumere l’alibi: il voto
europeo avviene con il sistema
proporzionale e le preferenze e
la scelta si fa nelle urne. Ci
voleva l’Europa per farci
capire di quanto inutili (e poco
credibili) siano le primarie?
Franco Prisciandaro, Bari
DISOCCUPATI ANZIANI
Senza prospettive
Ho una piccola serie di
domande per «speedy» Renzi
e il suo governo. Vogliamo
ro. Ma se cercassero d’immaginare quali e quanti servizi,
dopo la secessione, la loro regione dovrebbe realizzare
con il proprio personale e il
proprio denaro, constaterebbero che l’indipendenza è
molto complicata e costosa.
Complicata perché la regione
deve prepararsi ad affrontare
nuove responsabilità senza
avere, in molti casi, le competenze necessarie. Costosa
perché sul suo bilancio peseranno spese nuove e, verosimilmente, una quota del debito pubblico nazionale.
Esiste infine un problema
morale. Ogni Stato è fondato
sul principio di solidarietà.
Gli Stati Uniti non esistereb-
bero se un ciclone nel Texas o
un tifone in Luisiana non facessero scattare la macchina
dell’intervento federale. La
Gran Bretagna non esisterebbe se le ultime alluvioni
non avessero provocato la
mobilitazione dei servizi
pubblici. Si sta insieme, in altre parole, anche per darsi
una mano a vicenda. Andarsene in un momento di crisi,
quando è maggiore il bisogno di solidarietà, non è il
modo migliore per iniziare
un nuovo percorso politico.
Il Doge della Serenissima, di
cui i veneti si considerano legittimi eredi, non approverebbe.
fare qualcosa di concreto per i
disoccupati anziani? Dopo
avere versato contributi
all’Inps per 30 anni non è
possibile avere un reddito
minimo garantito o la
possibilità di un nuovo
lavoro. La pensione? È un
miraggio! Volete che la rabbia
spinga a decisioni inconsulte?
Vogliamo rimettere in moto le
esperte e preziose menti dei
50enni altrimenti destinate a
finire «bruciate» e non più
«fruibili» per la società?
durata, quella che dura
almeno da 12 mesi. Certo
creare nuovi posti di lavoro
non è facile: quelli esistenti
sono occupati quasi a
oltranza, visto che la pensione
si vede col cannocchiale!
Maurizio Bianchi
maurizio.bianchi@
fastwebnet.it
LAVORO E PENSIONE
Solo dati negativi
Nel nostro Paese solo 61
persone su 100 tra i 20 e i 64
anni lavorano. Peggio di noi
fanno solo la Spagna e la
Grecia. Altro dato negativo:
siamo uno dei Paesi con la
percentuale più alta di
disoccupazione di lunga
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda di oggi
Sì
A Göteborg 6 ore di
lavoro giornaliere
(invece di 8) con la
stessa paga per i
dipendenti comunali. I
servizi ne risentiranno?
8
No
92
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Fabio Sicari , Bergamo
LOTTA ALL’EVASIONE
Redditi su Internet
Per stanare gli evasori, si
ricorrerà all’incrocio delle
banche dati. Per
«impallinarli» basterebbe
andare a vedere come si
regolano gli altri Paesi. Per
esempio, in Norvegia il
sommerso vale lo 0.3% del
Pil. Laggiù il reddito dei
contribuenti viene pubblicato
su internet. E nessun
norvegese ritiene che sia
violata la propria privacy.
Fausto Zukunft, Milano
TICKET SANITARI
Chi paga
Non riesco a capire quale
criterio si sia seguito per
stabilire che i cittadini,
aventi un reddito inferiore a
36.000 euro, non debbano
pagare i ticket sanitari e che
al di sopra versino tutti la
stessa tassa, prescindendo
dalla ricchezza posseduta.
Antonio Labbadia
[email protected]
@
E-mail: [email protected]
oppure: www.corriere.it
oppure: [email protected]
Visti da lontano
di Massimo Gaggi
Quelle transazioni
troppo tecnologiche
A
desso a Wall Street cominciano a parlare di «effetto Michael Lewis» parlando dell’ultimo libro del celebre
giornalista e saggista americano che, dopo aver preso
di mira le scalate dei raider della finanza («Liar’s Poker», 1989), eccessi e distorsioni statistiche del mondo
del baseball («Moneyball», 2003) e le manipolazioni da parte delle banche Usa dei mutui immobiliari sfociate nel disastroso crollo
finanziario del 2008 («The Big Short», 2010) , giorni fa è arrivato
in libreria con un altro saggio dirompente: «Flash Boys», la storia
di come il diffondersi dell’high speed trading —le transazioni via
computer condotte ad altissima velocità cercando di lucrare su
accelerazioni di millesimi di secondo con le manipolazioni che
tutto ciò rende possibili — avrebbe portato a una vera e propria
manipolazione dei mercati finanziari. Il libro non contiene rivelazioni mozzafiato rispetto a quello che si sapeva già e che ha da
tempo spinto la Sec (la Consob americana) e la magistratura ad
avviare indagini giudiziarie su questo tipo di scambi. La stampa
(Corriere compreso) esprime da anni dubbi su queste operazioni
che sono pressoché incontrollabili per la loro elevata sofisticazione tecnologica, per l’enorme volume di transazioni effettuate e
per una velocità di esecuzione che tende a quella della luce. Alcuni hanno criticato l’high speed journalism di Lewis che, con una
scrittura meno seducente del solito (effetto dell’estrema complessità della materia trattata), a volte
enuncia teoremi che non è in grado di dimostrare in modo esauriente.
Così, oltre alle proteste degli
Michael Lewis operatori di Wall Street, secondo i
quali
l’autore mette sotto accusa
e il giornalismo un intero
universo professionale e
ad alta velocità presenta come criminali pratiche
magari controverse ma non illegache scuote
li, Lewis stavolta ha subito anche
Wall Street
l’attacco di molti colleghi delle
grandi testate Usa: secondo i critici è stato inaccurato e ha confezionato una storia per il grande pubblico prendendo fatti già noti e
incartandoli con veli di demagogia e sensazionalismo. Eppure,
che abbia esagerato o no, Lewis ancora una volta sta dimostrando
la potenza dello storytelling nel cambiare la percezione pubblica
di un problema: quattro anni fa il suo libro sul crollo di Wall Street
arrivò quando sulla crisi del 2008 era già stato detto e scritto tutto.
Eppure «The Big Short» diventò il testo di riferimento del parlamentari del Congresso che di lì a poco avrebbero varato il DoddFrank Act, la legge di riforma dei mercati finanziari. Anche stavolta dieci giorni di dibattiti e polemiche incandescenti hanno portato ad accendere i riflettori su un fenomeno fin qui sottovalutato:
non solo la Sony si accinge ad acquistare con la sua Columbia Pictures i diritti cinematografici di «Flash Boys», ma nei giorni scorsi
è sceso in campo lo stesso ministro della Giustizia di Obama, Eric
Holder, per assicurare che il governo andrà fino in fondo sulla
questione dell’high speed trading. Mentre la Sec, che già indaga
da tempo tra molte difficoltà, sta di fatto usando il libro di Lewis
come una specie di bulldozer per sgombrare il terreno dagli ostacoli frapposti dalle società messe sotto osservazione: Wall Street
deve vedersela di nuovo col «fattore Lewis».
❜❜
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Interventi & Repliche
Regione Emilia-Romagna: i fondi Ue
in merito all’articolo «Dall’Emilia alla Sicilia
chi non spende i fondi Ue» (Corriere, 10
aprile), mi permetto di integrare i dati forniti
con alcune informazioni necessarie per
offrire un quadro più completo della realtà.
Per quanto riguarda la Regione EmiliaRomagna al 28 febbraio 2014, i dati di
impegno delle risorse del Fondo europeo di
sviluppo regionale (Fesr) e del Fondo sociale
europeo (Fse) sono pari, rispettivamente, al
114% e al 107%. Le risorse pagate, di cui
hanno già beneficiato persone e imprese del
territorio, corrispondono a! 67% (Fesr) e
all’80% (Fse), dati costantemente monitorati
dalla Ragioneria generale dello Stato,
attraverso Monit, e dalla Commissione
europea. Avendo già impegnato oltre il
100%, siamo molto preoccupati dei ritardi
dichiarati dal ministro Delrio, così come de!
ritardo nella firma dell’Accordo di
partenariato alla cui proposta la
Commissione ha reagito con 351 rilievi.
Patrizio Bianchi, Assessore Scuola,
Formazione professionale, Università e Ricerca.,
Lavoro della Regione Emilia-Romagna
Grazie. Giriamo la lettera alla Commissione
europea, fonte di tutti i dati ufficiali citati
nell’articolo. (l.off. )
Indipendentismo della Catalogna
Nell’editoriale del 31 marzo, Angelo
Panebianco ha messo insieme, come
“demolitori” dell’UE, il FN di Marine Le Pen, la
Lega Nord e l’indipendentismo catalano.
L’autore, secondo noi, ha dimenticato che i
catalani, a differenza dei padani, non sono
affatto alleati del Front National.
Mettere sullo stesso piano dei partiti politici e
una nazione è un metodo assai discutibile e
mostra i suoi limiti proprio rispetto alla
dimensione europea, perché se è noto che
l’antieuropeismo è una bandiera del
populismo leghista e lepenista, per onestà
intellettuale si deve anche ricordare al lettore
la manifestazione di Barcellona dell’11
settembre 2012, quando oltre un milione e
mezzo di persone hanno sfilato con lo slogan
«Catalogna, nuovo stato d’Europa». Se
questo non bastasse, il 23 gennaio 2013,
quasi due terzi dei deputati al Parlamento
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CH Tic. Fr. 3,00; (con Sette Fr. 3,50), (quando pubblicato con Style Magazine Fr. 3,50);Cipro € 2,00; Croazia Hrk 15; CZ Czk. 64; Egitto € 2,00; Francia € 2,00;
Germania € 2,00; Grecia € 2,00; Irlanda € 2,00; Lux € 2,00; Malta € 2,00; Monaco P. € 2,00; Olanda € 2,00; Marocco € 2,20; Portogallo/Isole € 2,00; SK Slov. € 2,20;
catalano hanno approvato una dichiarazione
politica di sovranità in cui, al punto n. 6
(intitolato «Europeismo») , si afferma: «Si
difenderanno e promuoveranno i principi
fondamentali dell’Unione Europea, in
particolar modo i diritti fondamentali dei
cittadini, la democrazia, la garanzia dello
Stato sociale, la solidarietà tra i diversi popoli
d’Europa e il sostegno al progresso
economico, sociale e culturale». Se agli
argomenti razionali se ne volesse aggiungere
uno emotivo, si può cercare in Internet il
collage composto di oltre 107.000 fotografie
di più di un milione mezzo di persone che, il
12 settembre 2013, si sono prese per mano
per una lunghezza di oltre 400 km lungo
tutto il territorio catalano (www.gigafoto.
assemblea.cat). Osservando i volti dei
EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago
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23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030
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partecipanti — giovani, famiglie con bambini,
persone anziane — si può forse
comprendere quanto senso possano ancora
avere parole come Popolo e Nazione.
Gennaro Ferraiuolo e Marco Giralucci
Collettivo Emma, www.collectiuemma.cat
Mi dispiace per l’equivoco. So che il
movimento indipendentista catalano
non è antieuropeo. Nell’articolo citato mi
occupavo, in realtà di alcune contraddizioni
proprie posizione della Lega Nord e di altre
formazioni che hanno adottato quella che ho
chiamato l’ideologia delle piccole patrie, e che
citano abitualmente il caso della Catalogna, e
anche quello della Scozia a sostegno delle
proprie tesi.
Angelo Panebianco
na + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20. In Campania, Puglia, Matera e prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. € 0,93 + € 0,47; m/m/g/d
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
61
italia: 51575551575557
Spettacoli
Domani su «Io Donna»
Giorgia mette a nudo anima e corpo
Su Io donna in edicola domani con il Corriere, la cantante
Giorgia racconta la scelta di girare senza veli il video della
sua ultima canzone. «Un invito a non vergognarsi di quel
che si è — dice —. È la vita che obbliga a mettersi a nudo».
L’intervista
Inglese, orgoglioso
dei suoi capelli rossi
e ribelli, a 23 anni è
già una stella della
musica. Il suo primo
disco ha venduto
4 milioni di copie,
ora esce l’album «X»
«Non ho venduto un solo disco per il
mio look. E la considero fantastico: il
mio aspetto non migliorerà col tempo,
la musica invece potrebbe e io continuerò ad avere successo. Ho cambiato
il manager che mi chiedeva di tingermi i capelli, sono il mio segno di riconoscimento», ragiona.
Autoironico. Mentre fa ascoltare alcune delle nuove canzoni continua a
definirle «depresse». «È un dato di
fatto che i miei brani facciano piangere le ragazze. In questo disco però c’è la
vita. In questi due anni ho avuto esperienze più interessanti che in tutta la
vita precedenti: si parla di rotture, della morte di mio nonno in “A Fire Love”,
di esperienze con la droga...». Non
sente il peso di essere un esempio per i
suoi coetanei. «Non invito nessuno a
fare qualcosa e parlo di cose ed esperienze che non sempre sono positive.
Ho l’età del mio pubblico e dei miei
amici, quindi bevo, sperimento... Tutti
passiamo da questa fase...», confessa.
Rap a parte anche «Sing», primo
singolo, non è un pezzo da cantautore.
Chitara acustica e groove, quasi funky,
In concerto
Ed Sheeran è nato
il 17 febbraio 1991
a Halifax, nel Regno
Unito. Il suo primo disco, intitolato «+», è
uscito nel 2011. Ha
cominciato a comporre canzoni giovanissimo, durante la scuola
Ed Sheeran, voce dell’era social:
voglio mischiare ballate e rap
«Faccio piangere le ragazze? È la vita. Sogno un selfie con il Papa»
L
a musica è come il Lego. Il gioco
preferito di Ed Sheeran, il cantautore inglese gli ha persino
dedicato una canzone nel primo album, diventa una metafora per la
carriera: «Col Lego ci vuole tanto tempo per costruire una cosa, quello che
mi ha impegnato di più è stata l’astronave di Guerre Stellari, come nella
musica ci vuole tempo per costruire
una carriera. E basta poco per far crollare tutto: da una parte un colpo, dall’altra una canzone sbagliata, una brutta storia sui giornali...».
Ed Sheeran torna. Esce la prossima
settima «X», secondo album del cantautore inglese prodotto dal guru Rick
Rubin e seguito di «+», debutto da 4
milioni di copie nel mondo.
Per raccontare Ed il rosso, che il 20
novembre arriverà a suonare a Milano,
basterebbe «Take It Back», brano che
sarà incluso nella versione deluxe dell’album. Anzitutto perché è un rap.
Sheeran è un cantautore anomalo e lo
spiega subito, nella prima strofa: «Non
sono un rapper, sono un cantante che
ha del flow (il modo di cantare e porgere le parole dei rapper, ndr)». «Sono
cresciuto ascoltando molto Eminem,
soprattutto i suoi primi due album —
dice il 23enne —. Mi piace il modo in
cui lui mette assieme le parole e trovo
molta melodia nei suoi percorsi. Se sei
cantautore non devi fare soltanto delle
ballad acustiche. Devi uscire un po’
dalle tue sicurezze e fare un rap come
questo o un pezzo house o uno drum’n’bass». E ha cominciato a fare sul
serio 17 anni. Ha lasciato la scuola e la
casa e se ne è andato a Londra in cerca
di fortuna. Scelta strana per un ragazzo di buona famiglia: papà lavora nell’arte ed è stato anche curatore di musei, la mamma disegna gioielli. «Non
ero bravo a scuola. Mio padre è un anticonformista e mi ha sempre incorag-
Esce «Nella bocca della tigre»
Mondo Marcio: la mia Mina hip hop
Mina in versione rap. Esce il 15 «Nella bocca
della tigre», nuovo disco di Mondo Marcio
(foto) che in ogni brano ha un campione di una
canzone di Mina. «Il panorama rap e musicale è
noioso: ho fatto una cosa diversa. Mina mi ha
dato carta bianca», spiega il 27enne. «Quando
ho iniziato a fare rap il modello per me era
l’hustler, chi da nulla tira fuori qualcosa. E
l’album racconta una storia di questo tipo», dice.
giato a seguire le mie passioni — racconta —. Quando ho finito l’obbligo la
scelta era iscriversi al college e fare poi
l’università, oppure mollare. Dissi che
volevo seguire la mia passione per la
musica e papà disse “ok, a condizione
che ti impegni duramente”».
Lui ci ha messo tutto l’impegno
possibile. Seratine open-mic nei pub
di Londra, un lavoro come tecnico per
i Nizlopi («Sono le mie radici musicali
assieme a Damien Rice, Bob Dylan,
Van Morrison e i Beatles», elenca), e
nel 2008 un’agenda con oltre 300 concerti e notti passate sui divani di chi si
offriva di ospitarlo dopo lo show. Se
ne va addirittura a Los Angeles dove
viene notato da Jamie Foxx che gli offre il suo studio per lavorare. Si autoproduce dei cd, collabora con artisti
della scena grime e rap, su YouTube ha
sempre più seguito e alla fine arrivano
un contratto e il disco di debutto.
«Non sono il cantante che vorresti
vedere a petto nudo», canta sempre in
«Take It Back». Rotondetto, occhialini
da nerd, non è certo un sex symbol...
I maestri
❜❜
Orgoglioso
Non ho venduto un solo
cd per il mio look, è una
cosa fantastica. Conta
di più quello che suono
Damien Rice Ed lo ha visto
in concerto a 11 anni e ha
un tatuaggio che omaggia
il cantautore irlandese
Van Morrison Il rosso
ricorda che lo ascoltavano
i suoi genitori nei viaggi
in macchina verso Londra
Bob Dylan Sheeran fa spesso sue cover: da «Masters of
War» per una campagna benefica a «Don’t Think Twice»
cori uuuh-oooh contagiosi: l’ha messa
assieme con Pharrell Williams. Dopo
«Get Lucky» coi Daft Punk, «Blurred
Lines» con Robin Thicke e la sua
«Happy» tutti si aspettano un altro numero 1. «Non sono i Daft Punk o Robin
Thicke...» prova a fare il modesto. Thicke vende molto meno di lui... «Però è
la prima volta che ho un pezzo da club.
Vediamo come verrà accolto dai fan.
Pharrell mi ha forzato a fare cose che
musicalmente non avrei mai fatto.
Non siamo partiti con l’idea della hit:
se il pezzo non mi avesse soddisfatto lo
avremmo dato a qualcun altro».
Ai tempi del debutto squillò il cellulare. Dall’altra parte c’era Elton John
che gli faceva i complimenti. Da chi
vorrebbe una chiamata adesso? «Non
certo il premier inglese... La vorrei da
Obama, ma non saprei che dirgli». Il
Papa ha il telefono facile... «Sono religioso e lo è anche la mia famiglia, ma
mio padre mi ha suggerito di non parlare in pubblico di soldi, politica e religione. Con il Papa vorrei fare un selfie».
Andrea Laffranchi
@alaffranchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Spettacoli 63
italia: 51575551575557
Personaggi Il giudice Sky: Morgan? Ogni anno dice che rifiuta
Venezia
Mika concede il bis
«Rimango a X Factor
mi piace la tv libera»
Danza, musica e teatro
I festival della Biennale
A
Il cantante: in Francia sono più rigidi
M
ichael Holbrook
Penniman Jr di nome d’arte fa Mika.
Già qui forse c’è
l’evidenza della doppia personalità che lui stesso rivela.
«Sono dottor Jekyll e mister
Hyde: uno è quello che compone le musiche in studio, l’altro quello che le canta sul palco. Presi separatamente sono
orribili, ma messi insieme
funzionano bene. La persona
che è sul palco odia quella che
ha scritto quelle canzoni da
pazzo che ha composto l’altro.
È un’acrobazia continua. A 65
anni io vorrei ancora cantare,
ma come potrò cantare Love
Today se quel matto mi fa cantare con toni così alti? Forse la
dovrò cantare alla maniera di
Paolo Conte».
Trent’anni, trenta
milioni di dischi, una
carriera da postar e
anche da giudice tv
(The Voice in Francia,
X Factor in Italia). Lo
conferma, a settembre sarà ancora su Sky
per la nuova stagione
del talent: «Principalmente l’Italia per me è
un’esperienza e una scoperta
culturale, per questo ho deciso di rifarlo. È come una nuova porta aperta, anche per la
mia carriera». Sui pregi e difetti dell’uno e dell’altro talent
è gattesco: «Sono veramente
diversi, so che è una risposta
molto diplomatica. In Francia
sono più rigidi, in Italia c’è più
improvvisazione, più anarchia. Sono rimasto sorpreso
dalla libertà del network qui
da voi quando abbiamo dedicato l’apertura di una puntata
alle Pussy Riot. Era un piccolo
Chi è
Popstar internazionale
Mika, nome d’arte di Michael
Holbrook Penniman Jr, è nato
a Beirut il 18 agosto 1983.
Nella sua carriera ha venduto
30 milioni di dischi: tra le sue
canzoni più note «Relax»,
«Take It Easy», «Love Today»,
«We Are Golden »
Il programma
Mika è uno dei quattro
giudici di «X Factor», il talent
che dopo quattro stagioni in
Rai, è passato a Sky. L’ottava
edizione sarà in onda a
settembre
Viale Mazzini Utile di 5 milioni e nuova sede
Gubitosi: non lascio la Rai
il nostro bilancio è positivo
ROMA — «La mia dipartita?
Credo che le notizie al riguardo
siano ampiamente esagerate.
Da quando sono arrivato, si dice
periodicamente che io sia sul
punto di andarmene e prima o
poi queste voci finiranno per
avverarsi. D’altronde il mio
mandato scade tra un anno e
quando sono arrivato mi è stato
dato un tesserino da precario».
Liquida la questione con una
battuta il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi, poi aggiunge: «Mi permetto di parlare anche a nome della presidente Tarantola: il governo mi semManager
Luigi Gubitosi (52 anni)
direttore generale della
Rai dal 17 luglio 2012
bra abbia espresso fiducia».
L’occasione è data dalla presentazione del bilancio annuale: un 2013 che si chiude con un
utile netto di 5 milioni di euro,
in significativo miglioramento
rispetto al 2012, ma calano i ricavi del gruppo, in flessione di
38 milioni. «La maggiore sofferenza è data dal mancato adeguamento e dalla morosità del
canone con una perdita di 22
milioni di euro: il tasso di evasione è il più alto in Europa, pur
avendo il canone più basso». E a
proposito di conti, Gubitosi ironizza: «Avrei voluto fare una
scommessa con un signore che
poi non si è fatto più sentire:
Grillo diceva che avremmo per-
so 400 milioni, peccato non
averla fatta».
E se nel 2013 i ricavi pubblicitari sono scesi dell’8,5%, sono
risaliti del 3,9 nel primo trimestre di quest’anno: «Ma il 2014
sarà un anno difficile per la Rai
sul piano dei conti, perché ci
saranno i Mondiali di calcio che
significano 100 milioni di euro
tra diritti e costi operativi: tagliare i grandi eventi sportivi è
impossibile, se quest’estate non
mandassimo i Mondiali —
scherza — si abbrevierebbe il
mio mandato. E poi ci sono le
spese necessarie per gli investimenti tecnologici».
Investimenti su cui Gubitosi
sembra puntare molto «anche
per un’alfabetizzazione digitale
degli italiani. Un tempo avevamo il Maestro Manzi, ora ce ne
vuole uno 2.0». In un’ottica di
spending review, però, il dg Rai
annuncia la dismissione della
sede di viale Mazzini: «Andrà
lasciata, ma siamo vicini a trovare una soluzione alternativa».
E sugli stipendi dei manager risponde: «Se faccio il manager
pubblico non posso che adeguarmi alle leggi in vigore».
Per il futuro della tv pubblica
ritiene «che possa essere opportuno rivedere la governance:
dire “fuori la politica” è uno slogan che non mi piace. La politica deve esserci purché sia con la
P maiuscola. Il nostro editore è
il parlamento, il nostro obiettivo è il pluralismo e la Commissione di vigilanza deve sorvegliare che ci sia».
Emilia Costantini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
gesto, un segnale. In Francia o
in Inghilterra non avremmo
potuto farlo». Nella prossima
edizione di X Factor Morgan
non ci sarà. Ride. «Ogni anno
dice che è l’ultimo anno che lo
fa, quindi non so se è vero o
no».
Qualche tempo fa Mika ha
fatto coming out dichiarando
pubblicamente la sua omosessualità. Ha anche detto che
vorrebbe avere molti figli. A
che punto è? «Adesso sarebbe
da irresponsabile e da egoista,
sono sempre in giro per lavoro, non potrei mica metterli
nella valigia! Non potrei averli
adesso, ma un giorno sì».
Ha senso dell’umorismo in
abbondanza per apprezzare la
nostra politica: «Sono affasci-
Star Mika, 30 anni, è nato a Beirut, ma è andato via a causa della guerra
nato dal sistema politico del
vostro Paese. In Inghilterra le
decisioni sono sempre collegiali, condivise. Voi invece
avete sempre bisogno di un
leader iconico. Nella politica
italiana c’è sempre un grande
protagonista, è come un film
di Fellini e Sorrentino messi
insieme: c’e sempre una persona affascinante, non importa se positiva o negativa. È una
tragedia greca». È qui da poco,
ma ha già capito tutto.
Renato Franco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ffiorerà un’Italia «senza pregiudizi né indoramenti,
con le stesse difficoltà di altre nazioni» sottolinea
Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia. Un
grumo di coraggio propizio per il crocevia d’incontri
internazionali della Biennale: invasione di danza, musica,
nuove drammaturgie. Per il Teatro, Leone d’oro alla carriera
a Jan Lauwers e d’argento a Fabrice Murgia: «Il Belgio
indica la strada» motiva il direttore Alex Rigola. Workshop
e residenze (30 luglio-10 agosto) coinvolgeranno giovani
artisti e nomi da Mark Ravenhill a Jan Pappelbaum e Lluìs
Pasqual. Gioco d’incastri su sei palchi alle Corderie. Virgilio
Sieni curatore della danza ha incasellato dal 19 al 29
giugno, con il sostegno di Prada che
in questo settore supplisce ai risicati
fondi Fus (un milione e 333.000 euro
nel 2013): Saburo Teshigawara e
Laurent Chétouane; l’israeliano Roy
Assaf e Meg Stuart. Leone d’oro a
Steve Paxton, di cui si riproporrà
«Bound». Argento a Michele Di
Stefano. Alle Corderie gli «Appunti
Presidente
del Vangelo secondo Matteo» di
Paolo Baratta,
Sieni. Ivan Fedele parla di
74 anni
«coniugazioni» per la «sua» musica
contemporanea: il 20 e 21 settembre
omaggio a Steve Reich, Leone d’oro alla carriera. Dal 3 al 12
ottobre ensemble europei — Intercontemporain e
Divertimento, Contempoarte e Eco Ensemble —, orchestre
tradizionali, ponti con l’attualità («Mancanza-Inferno»,
film di Odoardi sull’Aquila con note di Andrea Manzoli).
L. Ma.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
64
Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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Sport
Le pagelle Juventus
da uno dei nostri inviati a Torino
Tevez all’asciutto
6,5 BUFFON Preso in controtempo sul gol,
riesce solo a toccare il pallone. Respinge bene
un tiro da fuori di Gonalons e una punizione
pericolosa di Mvuamba in un momento di
sofferenza. Presente.
5,5 CACERES Lacazette e i suoi fratelli lo
fanno un po’ soffrire in velocità.
5 BONUCCI Come all’andata ci pensa lui a
impostare il gioco. Ma stavolta non azzecca un
lancio. Graziato per un fallo di mano in area.
6 CHIELLINI Lui non molla niente.
5,5 ISLA Si muove bene sulla fascia, ma con il
pallone combina poco.
5,5 VIDAL Esce dai blocchi come una molla,
poi diventa normale. E tende a sbagliare un po’
troppo.
7 PIRLO In silenzio piazza il pallone un paio
di metri indietro e trova l’ennesima magia su
punizione, una delle più belle. Il gol lo carica: si
districa abbastanza bene dal pressing e
recupera anche qualche pallone prezioso.
Sente la primavera, nel senso buono.
7 MARCHISIO Corre molto e quando si
ferma, in marcatura sul gol di Briand, sbaglia. Si
tira su rubando palloni, dispensando lanci e
soprattutto con il tiro decisivo, deviato da Umtiti.
6,5 ASAMOAH Pericoloso con i cross e
intenso sulla fascia. Una sicurezza.
5 VUCINIC Titolare dopo cinque mesi, si
ricorda bene i meccanismi di gioco ma ha una
gestione del pallone troppo laboriosa e
imprecisa.
6 TEVEZ Parte sparato anche lui e prende la
punizione che Pirlo trasforma in oro. Poi lotta,
ma l’astinenza dal gol europeo continua.
6,5 CONTE Approccio super, un leggero
smarrimento dopo la reazione del Lione e un
secondo tempo di lotta, ancora una volta
vittoriosa. Semifinale più che meritata.
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le pagelle Lione
da uno dei nostri inviati a Torino
Bedimo impreciso
6 LOPES Contempla con sconsolata
ammirazione il capolavoro di Pirlo.
Sacramenta per la deviazione di Umtiti che
vale il 2-1. Innocente.
5,5 TOLISSO Costretto al fallo su Tevez da
cui nasce il gol su punizione, si riprende
dignitosamente e si guadagna il corner da cui
scaturisce il pareggio.
6 KONÈ Molti muscoli ma anche cervello
quando c’è da lavorare sugli spazi stretti.
5 UMTITI Fa fuori la sua squadra con una
deviazione sfortunata. E, al di là dell’episodio,
sbaglia molto.
6 BEDIMO Vince la sfida all’insegna
dell’imprecisione con Isla.
6 FERRI Guardando Pirlo ogni tanto gli si
incrociano gli occhi, ma con corsa e
aggressività limita i danni.
6 GONALONS Deludente all’andata, un po’
meglio stavolta, ma comunque macchinoso. Si
fa vedere con una frustata da fuori area,
respinta da Buffon.
6,5 MVUEMBA La falange cilena Isla-Vidal
non lo impressiona per nulla.
6,5 MALBRANQUE Rompiscatole di
qualità, ricicla parecchi palloni. Tira addosso a
Bonucci e reclama giustamente un rigore.
5,5 LACAZETTE Fa solo intravvedere a
tratti le sue doti, tecnica e velocità. Dopo un
tiro inguardabile, se ne va.
6,5 BRIAND Segna di testa senza saltare,
ed è un merito. Un paio di sgommate
lasciano il segno sull’erba, ma non fa altri
danni.
6 GARDE Il gol di Pirlo sveglia il Lione che
all’andata aveva pensato solo a chiudersi,
costringendolo a giocare, con esiti discreti.
L’autorete decisiva arriva in un buon momento
per i francesi. Che non si rialzano più.
p. tom.
Oggi i convocati di Prandelli per lo stage: ci sono Rossi e Cassano
Oggi Cesare Prandelli comunicherà i nomi dei
giocatori che lunedì e martedì sosterranno a Coverciano i test fisici in vista del Mondiale. Nel
gruppo di 35-40 ci sarà Giuseppe Rossi che ha ricevuto il via libera per lavorare in gruppo nella Fio-
rentina e punta alla finale di Coppa Italia (il 3 maggio) contro il Napoli. Prandelli lo aspetta, però è intenzionato a chiamare anche Cassano, che è l’alter
ego di Pepito. La Panini, presentando l’album
Mondiale, ha anticipato il c.t.: c’è Rossi tra gli az-
zurri, non Fantantonio. Intanto oggi resteranno
fuori Destro, per via del codice etico e i grandi vecchi: per Totti e Toni il Brasile è più lontano. AL
mondiale gli azzurri si porteranno dietro le famiglie: «Ma a spese loro», ha spiegato Prandelli.
Europa League Qualificazione
sofferta, il gol dell’1-1 di Briand
dopo 18’ complica la serata,
una deviazione di Umtiti la risolve
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
TORINO — Avanti col brivido, malgrado la notte tiepida.
Ma avanti. La Juventus riporta
se stessa nelle semifinali di una
Coppa europea dai tempi della
Champions persa a Manchester
nel 2003 con il Milan e un’italiana in generale in una semifinale dopo quattro anni dall’Inter (Triplete 2010) e in una semifinale di Europa League sei
anni dopo la Fiorentina. Il risultato è prestigioso — direbbe
Conte a ragione — la partita
con il Lione faticosa, molto di
più dell’andata, malgrado l’1-0
di vantaggio. Il paradosso è che
la Juve non appare certo logora
o stanca, piuttosto, se messa
sotto pressione, perde qualche
frammento d’attenzione. Il che,
a questo punto della stagione è
anche comprensibile.
Il problema in più in questa
occasione è la determinazione
del Lione che gioca, rispetto a
una settimana fa più spavaldo,
anche perché deve risalire da
un risultato sfavorevole matu-
2
1
Juventus
Lione
Marcatori: Pirlo 4’, Briand 18’ p.t.
Marchisio 23’ s.t.
JUVENTUS (3-5-2): Buffon 6,5;
Caceres 5,5, Bonucci 5, Chiellini 6;
Isla 5,5, Vidal 5,5 (Pogba s.v. 30’
s.t.), Pirlo 7, Marchisio 7, Asamoah
6,5; Vucinic 5 (Llorente s.v. 15’
s.t.), Tevez 6 (Giovinco s.v. 32’ s.t.).
All.: Conte 6,5
LIONE (4-3-1-2): Lopes 6; Tolisso
5,5, Konè 6, Umtiti 5, Bedimo 6;
Ferri 6, Gonalons 6, Mvuemba 6,5;
Malbranque 6,5 (Danic s.v. 31’
s.t.); Briand 6,5 (Njié s.v. 26’ s.t.),
Lacazette 5,5 (Gomis s.v. 26’ s.t.).
All.: Garde 6
Arbitro: Undiano Mallenco (Spa) 5
Ammoniti: Bonucci, Marchisio,
Umtiti, Gonalons
Recuperi: 1’ più 2’
Magico Pirlo, 34 anni, calcia la
punizione che andrà in gol (Ansa)
Avanti col brivido
rato in casa. Per cui la partita ha
un ritmo concitato. Alterna improvvise fiammate e repentini
rallentamenti, in modo che, sia
l’una che l’altra squadra perdano punti di riferimento.
Madama apre le ostilità —
con Vucinic al fianco di Tevez
— in preda a un tremendismo
che però non è in grado di reggere, almeno per tutto l’incontro. Al marasma psicologico,
contribuisce anche il settimo
gol su punizione di Andrea Pirlo che trasforma un calcio piazzato conquistato da Carlos Tevez. Traiettoria che fa la sfumatura alta ai giocatori in barriera
e mette un po’ troppa sicurezza
nella Juventus. Il Lione, infatti,
non è venuto a fare del turismo
Pirlo e Marchisio
domano il Lione,
la Juve in semifinale
dopo 11 anni di attesa
come i suoi numerosi tifosi,
ben più dei 2.000 previsti e anche provvisti di petardi. Conte
assiste a un passaggio a vuoto
della sua squadra dopo un
quarto d’ora, parecchio anomalo, perché normalmente capita molto più tardi. Prima Bo-
Le proposte di Snai sulla
Data Ora
Partita
nucci intercetta un pallone con
il braccio in area — graziato da
Undiano Mallenco che ci prende a sprazzi — poi, su un corner conquistato tra la vaghezza
juventina, Briand approfitta
della mollezza di Marchisio e
della sorpresa di Buffon per pa-
reggiare di testa.
Segue spaesamento collettivo bianconero mentre il Lione
comincia a interpretare la gara
rilassato. Non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare. La
squadra di Remi Gare palleggia
meglio, anche perché è meno
in ansia, la Juve invece è imprecisa (Bonucci è in serata da
«bonucciate»). Madama avrebbe bisogno di trovare un equilibrio che non ha.
È Asamoah a inizio secondo
tempo a trascinare avanti il
gruppone un po’ appesantito
con un paio di iniziative interessanti. Conte sostituisce Vucinic con Llorente, Tevez segna
un bellissimo gol di testa ma,
ahilui, è un fuorigioco di rien-
Serie A
Risultato Finale
1
X
2
U/O 2.5
Under Over
Risultato Finale + Under Over 2,5
X/Ov 2/Un 2/Ov
Risultato Finale + Gol no Gol
1/Un
1/Ov
X/Un
1/G
1/NG
X/G
X/NG
2/G
2/NG
12/4 18.00
Sassuolo
Cagliari
2,40
3,20
3,00
1,65
2,10
4,75
4,00
3,70
13,0
5,90
5,20
4,90
4,05
4,15
8,00
6,50
5,10
12/4 20.45
Roma
Atalanta
1,30
5,00
11,0
2,00
1,73
3,25
2,00
5,80
20,0
19,0
21,0
3,15
1,95
7,50
14,0
25,0
18,0
13/4 12.30
Bologna
Parma
3,15
3,15
2,35
1,65
2,10
6,00
5,45
3,70
13,0
4,70
3,95
6,00
5,35
4,10
8,00
4,85
4,00
13/4 15.00
Verona
Fiorentina
3,00
3,30
2,35
1,90
1,80
6,50
4,40
4,40
11,0
5,45
3,40
5,45
5,75
3,85
11,0
4,35
4,50
13/4 15.00
Livorno
Chievo
2,40
3,00
3,20
1,57
2,25
4,55
4,30
3,40
13,0
6,00
6,50
5,05
3,95
4,05
7,50
7,00
5,25
13/4 15.00
Napoli
Lazio
1,65
3,75
5,25
1,87
1,83
3,85
2,50
4,60
14,0
11,0
8,50
3,35
2,85
4,75
10,0
11,0
9,00
13/4 15.00
Sampdoria
Inter
2,90
3,30
2,40
1,80
1,90
6,00
4,50
4,20
12,0
5,25
3,65
5,60
5,15
4,05
9,50
4,70
4,30
13/4 15.00
Torino
Genoa
1,85
3,30
4,50
1,78
1,92
4,05
2,90
4,15
12,0
9,50
8,00
3,70
3,25
4,20
9,50
9,50
8,00
13/4 20.45
Milan
Catania
1,35
5,00
8,00
2,00
1,73
3,40
2,00
5,80
20,0
16,0
15,0
3,05
2,15
7,00
14,0
18,0
13,0
14/4 20.45
Udinese
Juventus
6,00
3,50
1,63
1,80
1,90
11,0
10,0
4,30
13,0
3,70
2,60
13,0
9,50
4,80
10,0
3,60
2,65
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E’ vietato il gioco ai minori di anni 18
Il gioco può causare dipendenza patologica
Marotta: «Pogba resta»
Conte: «Speriamo
che ora tutta l’Italia
sia soddisfatta»
TORINO — Una pennellata di Pirlo, tanta
sofferenza e un po’ di fortuna. Così lo Stadium
può festeggiare con la «ola» il gol della
tranquillità di Marchisio che certifica il
ritorno della Juve in una semifinale europea
dopo undici anni. «Ci auguriamo che tutta
l’Italia sia contenta di questo nostro risultato
— attacca Antonio Conte —. Nel nostro Paese
si è juventini o anti-juventini: e a chi è contro
non frega un cavolo del ranking e spera solo
che siamo eliminati. In noi ci sono orgoglio e
soddisfazione: tre anni fa non facevamo
neanche l’Europa League; negli ultimi due
anni abbiamo fatto tanto e vinto tanto e anche
quest’anno siamo protagonisti». «Non è stato
per niente facile, ma abbiamo raggiunto un
grande obiettivo — rileva Marchisio —.
Siamo partiti bene, poi abbiamo sofferto fino
al mio gol, che è stato fortunato per la
deviazione. Abbiamo due grandi obiettivi:
scudetto e coppa. E li portiamo avanti
entrambi». Giorgio Chiellini indica l’obiettivo:
«L’unica cosa che mi interessa è tornare qui il
14 maggio per la finale nel nostro stadio; è
una grandissima occasione». Intanto Beppe
Marotta toglie Pogba dal mercato: «Le voci sul
trasferimento di Paul al Paris Saint Germain
non hanno fondamento — puntualizza
l’amministratore delegato bianconero —:
vogliamo tenerlo e prolungargli il contratto. È
vero che 70 milioni di euro sarebbero una
cifra appetibile, ma la Juventus è una società
che ambisce sempre al massimo, a vincere
trofei. In passato, sacrifici del genere sono
stati fatti, vedi Zidane per prendere Buffon e
Nedved, ma non è questo il caso. E comunque
oggi non abbiamo una proposta concreta,
quindi non c’è niente di cui discutere».
Filippo Bonsignore
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Sport 65
italia: 51575551575557
Pato, primo gol col San Paolo
Milan, apprensione per Honda Pellegrini delusa per i 200 dorso
Ritorno al gol per Alexandre Pato, che ieri ha segnato la sua prima
rete con la maglia del San Paolo. Arrivato in prestito biennale dal Corinthians nel mese di febbraio, impossibilitato a disputare il campionato
paulista, ha segnato al Csa, in Coppa del Brasile.
SERIE B — Oggi alle 20.30, Cesena-Spezia, anticipo 34ª di serie B.
Se Mario Balotelli è avviato verso il recupero (ieri ha lavorato interamente per il gruppo), c’è apprensione per Keisuke Honda, che ha rimediato una storta alla caviglia nell’ultimo allenamento e rischia di saltare
quindi la sfida di domenica sera a San Siro contro il Catania. Buoni segnali
da El Shaarawy che si è allenato con la Primavera segnando anche un gol.
«Mi aspettavo di fare molto meglio». Federica Pellegrini è critica sulla prestazione nella finale dei 200 dorso agli Assoluti di Riccione, vinta in 2’09”27
(suo record 2’08’’05) che vale comunque il pass per gli Europei di Berlino.
BASKET — Oggi, ore 20.45, Malaga-Ea7 Milano (tv: Foxsport 2), ultimo
turno della Top 16 di Eurolega. Milano è già qualificata come seconda.
Il poker Il calcio tricolore è fuori dalla lotta per la coppa più importante, ma sono «nostri» i quattro tecnici semifinalisti
La Champions dei cervelli italiani
a cura di FABIO MONTI
Mezzogiorno di Champions League. Oggi a Nyon, nella
sede Uefa, la mano di Luis Figo, ambasciatore della finale
(Lisbona, 24 maggio) determinerà gli accoppiamenti delle
due semifinali (andata 22-23 aprile; ritorno 29-30). Sono
rimasti in corsa il Bayern Monaco campione d’Europa in carica; il Chelsea più Real Madrid e Atletico (quarta volta per
due squadre di una stessa città). È dal 2010 (Inter-Barcello-
REAL MADRID
na) che una italiana non arriva in semifinale, eppure i quattro club che sono ancora in corsa per vincere la coppa hanno allenatori che si sono formati e costruiti (anche) in Italia. Non solo Ancelotti, ma pure Mourinho (all’Inter), Simeone (Inter e Lazio da giocatore; Catania da allenatore) e
Guardiola (a Brescia). Questo conferma anche la vecchia teoria di Trapattoni: «Il nostro non sarà il campionato più
bello del mondo, ma è sicuramente il più difficile». E un allenatore che se l’è cavata in Italia, con tutte le pressioni del
CHELSEA
ATLETICO MADRID
Ancelotti, buon senso Mou, il professore
e grandi maestri
che studia i dettagli
A
Roberto Perrone
55 anni, Carlo Ancelotti deve convivere
con l’obbligo madridista di vincere la decima Champions League con il Real. Succede a
tutti i tecnici dal 16 maggio 2002, il giorno dopo la vittoria della nona coppa (2-1 al Bayer Leverkusen), con Vicente Del Bosque in panchina.
Da allora il Real non è mai più andato in finale e
la febbre europea è altissima. Ma Ancelotti può
mettere in campo il fatto di aver giocato e allenato nel campionato più stressante del mondo.
Con il senso della misura che ne fa uno dei tecnici più stimati nel mondo, ha saputo prendere
il meglio dagli allenatori che ha avuto, unendolo all’esperienza, all’intelligenza calcistica, alla
solidità del suo calcio. E anche alla capacità di
gestire le situazioni più complicate. Un tecnico
che da allenatore del Milan riesce a vincere la
Champions League 2003, passando attraverso
la centrifuga di un doppio derby in semifinale
con l’Inter e di una finale con la Juve non ha più
nulla da temere sul piano emotivo.
Dal punto di vista tecnico-tattico, la lezione
di Liedholm nella Roma della «zona» e la rivoluzione di Sacchi nei quattro anni al Milan rappresentano la pietra angolare sulla quale Ancelotti ha edificato il suo progetto: un calcio che
sappia unire organizzazione, attenzione alla fase difensiva, senso dello spettacolo, possesso
palla, senza mai perdere di vista la necessità di
praticare un calcio verticale, sublimato dalle
qualità di Cristiano Ronaldo, peraltro al momento infortunato: salterà la finale di Coppa
del Re di mercoledì a Valencia (con il Barcellona) ed è in dubbio per la semifinale di andata di
Champions. Ma Ancelotti sa come superare gli
ostacoli senza perdere il sonno.
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tro. Da una palla perduta proprio dall’Apache nasce una punizione dal limite su cui Buffon
deve respingere in angolo. Il Lione ne batte due di fila e sembra voler avviare un assedio.
Però, proprio quando serve, arriva il tiro di Marchisio deviato
oltre Lopes da Umtiti. Il vantaggio libera le energie della
Juventus, fino a questo punto
imbrigliata, e il finale è tonico e
agonisticamente sostenuto. I
francesi capiscono che segnare
due gol non è più possibile. Lo
capisce anche l’arbitro che
concede poco recupero. Alla
Juve mancano tre partite ai lustrini che avvolgono il vincitore della Coppa, di cui due in
questo stadio dove in campionato ha vinto 16 volte su 16 e in
Europa tre volte su sei, con tre
pareggi. Insomma, non ha mai
perso. A questo punto Madama
ha un obbligo, con se stessa e
con il disastrato calcio italiano.
I sorteggi alle ore 12
Europa League
Quarti di finale, ritorno
JUVENTUS-Lione
2-1
(and. 1-0)
Benfica-Az Alkmaar
2-0
(and. 1-0)
Siviglia-Porto
4-0
(and. 0-1)
Valencia-Basilea
5-0
(and. 0-3)
Qualificate per le semifinali
Champions League
Atletico Madrid, Bayern
Monaco, Chelsea, Real Madrid
Europa League
Benfica, JUVENTUS,
Siviglia, Valencia
Sorteggi
Oggi a Nyon alle ore 12 sorteggi
delle semifinali di Champions
(22-23/4 e 29-30/4)
ed Europa League (24/4 e 1/5)
Così in tv
Diretta del sorteggio dalle 12
su SkySport1, SkySupercalcio,
Premium Calcio ed Eurosport
caso, non può che far bene anche altrove. Così sta arrivando
in Champions League il momento della verità. Il Bayern
vuole essere il primo club a vincere per due volte consecutive la Champions League (dal 1993); il Real approda alla semifinale per la 25ª volta nella sua storia, mentre per l’Atletico (ancora imbattuto in Europa) è un ritorno atteso 40 anni.
Mourinho (ottava semifinale, record) insegue una terza
Champions League personale (con il Chelsea), dopo quelle
vinte con Porto (2004) e Inter (2010). Al resto penserà Figo.
BAYERN MONACO
Simeone ha imparato Guardiola, a Brescia
a soffrire in serie A
l’esperienza decisiva
José Mourinho è apparso in Italia
a detto Luca Marchegiani: «Simeone fa
l 23 marzo 2011, Pep Guardiola, tecnico del
Q uando
H
Iarrivato
(2 giugno 2008) era già un professore, in
giocare le sue squadre allo stesso modo
Barcellona che stava per vincere tutto, era
tutti i sensi. Per le vittorie, compresa la
in cui giocava lui». Verissimo. Quando è arria Brescia approfittando della sosta
Champions con il Porto (2004), dopo aver eliminato il Manchester Utd; per la conoscenza
dell’italiano, con battuta alla Bagnoli «Io non
sono pirla». Eppure l’esperienza italiana sulla
panchina dell’Inter, interrotta per sua scelta
dopo due stagioni e cinque trofei (Supercoppa e scudetto nel 2008-2009 più il triplete del
2010), ha contribuito a rendere Mourinho
ancora più pragmatico, più attento ai dettagli, più furbo. In sintesi: più bravo. In Italia,
Mourinho ha studiato gli avversari con ancora maggiore attenzione, per riuscire a sapere
tutto di tutti. Nella prima stagione, il suo tattico era nientemeno che Villas Boas; nella seconda, si è affidato alla sapienza di José Morais. Ma in Italia Mourinho ha capito quanto
possa essere importante anche la provocazione per innervosire gli avversari, per metterli
in difficoltà (non solo verbale), per vincere le
partite prima ancora di scendere in campo.
vato per la seconda volta in Italia (all’Inter) nel
1997, dopo due anni al Pisa, il Cholo (argentino di Buenos Aires) era già un centrocampista
affermato (Siviglia e Atletico Madrid), ma è
stato in nerazzurro (1997-1999) e con la Lazio
(1999-2003) che ha raggiunto la piena maturità. È stato in Italia che ha imparato a soffrire
per conquistare un posto in squadra (in salita
gli inizi interisti) e in Italia ha alimentato la
sua idea di calcio, fatta di pressing, ripartenze,
gioco verticale e soprattutto organizzazione
difensiva, come ha ricordato Vialli: «Nessuno
in Europa sa difendere bene come l’Atletico».
Il campionato italiano ha insegnato al Cholo
come interpretare il copione della partita. La
gara come una battaglia, leale ma da vivere
con lo spirito del guerriero. Lo stesso che metteva in campo nei derby di Milano o nei cinque mesi in cui ha allenato e salvato (con due
giornate di anticipo) il Catania .
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Una clausola mette fuori gioco Courtois
Se l’Atletico Madrid incrocerà il Chelsea nelle semifinali o in finale di Champions, non potrà
schierare il portiere belga Thibaut Courtois, avuto in prestito dallo stesso Chelsea con una
clausola che ne vieta l’utilizzo in caso di sfida tra le due squadre. Unica possibilità: pagare al
club inglese un indennizzo di 3 milioni di euro a partita. Il presidente dell’Atletico, Enrique
Cerezo, conferma e ammette: «È una cifra che non possiamo pagare», e anche il tecnico dei
«colchoneros», Simeone, che considera vitale la presenza del portiere, sa che l’indennizzo sarebbe troppo alto per le casse della società. Gli avvocati sono al lavoro.
per le partite delle nazionali. E a cena, a Gino
Corioni aveva detto: «Presidente, se torno a
lavorare in Italia, sarà soltanto per allenare il
Brescia. E lo farò gratis». Si vede che i tempi
non sono maturi, perché, lasciato il Barça,
Guardiola è andato al Bayern, dopo un anno
sabbatico, e non allena gratis; resta il fatto che
anche mercoledì notte, dopo aver eliminato il
Manchester Utd., ha parlato di Brescia e del
Brescia. Al di là dell’aspetto affettivo («siete
sempre nel mio cuore»), che spiega perché
quando arriva in città porta moglie e figli,
Guardiola considera l’esperienza di Brescia
(dal 2001 al 2003, con sei mesi di intervallo alla Roma) come «fondamentale» per il futuro.
Ancora oggi, il tecnico più invidiato d’Europa ripete: «Considero Carlo Mazzone il mio
unico vero maestro. Sono orgoglioso di essere stato allenato da lui». Da Mazzone, Guardiola ha appreso la capacità di organizzare le
squadre, perché il tecnico ascolano spesso ha
saputo tenere testa a formazioni ben più forti
delle sue proprio grazie alla sapienza tattica.
E, contrariamente a quello che si è detto tante
volte, Mazzone era tutto tranne che il sostenitore di un calcio distruttivo, con poco gioco e
molti falli. Non è un caso che abbia saputo
esaltare le qualità di Roberto Baggio, considerato non come un lusso da sfruttare, ma come
il campione calato nella realtà di squadra, per
aiutare gli altri, ma anche per essere aiutato.
Quello che sarebbe successo a Barcellona con
Guardiola in panchina e Messi in campo.
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Le eliminate Catalani e inglesi fuori nei quarti con prospettive diverse
Il Barça è già pronto a ripartire
Lo United costretto a rifondare
C’è crisi e crisi. Quella del
Manchester United, esplosa nella fredda notte di Monaco, ma
annunciata da mesi di grigiore
assoluto, è definitiva. I Diavoli
Rossi, punto di riferimento del
calcio inglese per vent’anni e da
diciotto sempre in Champions,
sono arrivati al capolinea della
loro esaltante avventura. Quella
del Barcellona è altrettanto dolorosa, ma più ideologica che
tecnica. Resta il fatto che la
Champions ha salutato, con largo anticipo, le protagoniste della storia recente, finaliste nel
2009 a Roma e nel 2011 a Wembley. Il filo sottile ma resistentissimo della delusione parte
dalla Catalogna e arriva sino a
Manchester. I paragoni, però,
sono vietati. Il Barça forse è stufo di mangiare caviale ed è prigioniero del Guardiolismo, un
modo di essere e di intendere il
calcio. Pep ha lasciato un nutrito
gruppo di nostalgici, che ha
messo sotto pressione Gerardo
Martino, detto il Tata, il nuovo
allenatore, mai amato sino in
fondo. Il tiki-taka che ha fatto
scuola è tramontato assieme a
Xavi, 34 primavere, regista e leader (più di Iniesta) del centrocampo catalano. Martino ha
provato a cambiare qualcosa,
senza stravolgere, puntando
sulla verticalizzazione anziché il
possesso, ma è stato messo in
croce dai seguaci di Guardiola. Il
Barça ha gli strumenti per ripartire sin da subito. La stagione
non è compromessa perché può
vincere la Coppa del Re (mercoledì) e la Liga e ha già un posto
in prima fila nella prossima
Champions League. E se è vero
che Martino, a dispetto di un
contratto biennale, potrebbe
anche essere esonerato, la squadra non va stravolta, ma solo
migliorata. Messi e Neymar sono i migliori del mondo e con
l’acquisto di un difensore centrale e un centrocampista —
sempreché la Fifa tolga il divieto
ai catalani di fare mercato per un
anno — può tornare imbattibile. Forse cambierà stile, magari
inserirà un centravanti vero che
Dinastie
Messi e Rooney durante
la finale di Champions di
Londra ‘11. Barça e United
si sono affrontate anche
nella finale di Roma ‘09
adesso non è previsto dal regolamento. Ma è difficile il Barcellona sul viale del tramonto.
A Manchester l’aria è assai
più cupa. Ai tifosi più che il presente grigio fa paura il futuro,
che si annuncia nero. L’anno
prossimo i Diavoli Rossi potrebbero rimanere senza Europa e la
squadra, stanca e vecchia, va rifondata. Vidic andrà all’Inter;
Rio Ferdinand e Giggs smetteranno; Evra, Fletcher e Carrick
potrebbero andarsene. La rifondazione avverrà intorno ai giovani, De Gea e Welbeck e difendendo il campione dalla faccia
sporca: Wayne Rooney. Da capire il destino di Valencia, Nani e
dello stesso Van Persie. Anche
quello di Fellaini, l’acquisto più
caro dell’estate dopo Mata, un
vero flop. Per il momento la
proprietà americana è intenzionata a difendere Moyes, l’allenatore che ha ereditato la panchina del santone Alex Ferguson e
che ha un contratto in scadenza
nel 2019. Però il fallimento è colossale e se Klopp si liberasse
dal Borussia Dortmund, Old
Trafford potrebbe avere un nuovo padrone.
Alessandro Bocci
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
Il protagonista
Sport 67
italia: 51575551575557
Doping
La MotoGp riparte da Austin, in Texas: Valentino cerca conferme dopo l’ottimo secondo posto di Losail
Rossi: «Vivo sotto esame
ma mi diverto un mondo»
«Punto a stare vicino al primo e, sempre, al podio»
DAL NOSTRO INVIATO
AUSTIN — Valentino negli States è
sempre stato un eroe. Accadeva quando suonava il rock al Cavatappi, ma anche quando remava controvento in
Ducati: gli altri vincevano, l’ingorgo di
folla («We want Rossi!») c’era solo
fuori dal suo garage. Ma se sul Valentino simbolo del cosiddetto made in
Italy che incanta gli americani non ci
sono dubbi, la domanda senza risposta
oggi è un’altra: che cosa c’è oltre il 2
posto del campione in Qatar? Un’altra
illusione, e dunque una stagione pallida come quella del 2013, oppure la
svolta, e magari il ritorno ai fasti di un
tempo?
Il punto è chiaro. Pure l’anno scorso, infatti, Rossi esordì con un 2° posto
nel deserto (allora dietro Lorenzo, stavolta dietro Marquez) e tutti intonammo canti e musiche. Poi, sul Circuit of
the Americas che per la prima volta
ospitava le moto, il flop: 6° posto nel
giorno della prima vittoria di Marquez
in MotoGp, distacco forte, l’impressione che qualcosa non stesse funzionando in se stesso, nella moto e nella
squadra. Com’è andata la stagione si
sa. Non malissimo, ma neanche bene.
Un limbo. Molto poco rossiano.
Dunque — senza assilli («Sono da
sempre sotto esame, ma io mi diverto e
finché sarà così non penso minimamente di smettere») — Valentino in
Texas cerca risposte: «Qui e in Argentina (27, ndr) vorrò capire se sono davvero più competitivo dell’anno scorso.
Tenace
Valentino
Rossi , 35
anni, cerca
conferme in
America
dopo il secondo posto
all’esordio
mondiale
di Losail
(Ansa)
L’obiettivo? Ridurre il distacco dal primo, e poi naturalmente il podio, come
ogni gara». La questione — come sempre con un pilota come Rossi che non
perde mai lucidità e freddezza — non è
psicologica o cabalistica, ma puramente tecnica. Pista tendenzialmente
favorevole alla Honda, il Circuit impone un intelligente lavoro di messa a
punto. Nel 2013 l’operazione non riuscì, e fu proprio allora che il campione
cominciò ad avere i primi dubbi su
Jeremy Burgess, poi licenziato a fine
campionato. «Sbagliammo tutto — ricorda Rossi —. Lavorammo male e
non riuscimmo mai a mettere a posto
la moto in due giorni di test e tre giorni
di gara. Tanto per dire: Crutchlow arrivò qui senza aver mai visto la pista e in
10 giri già andava più forte di me. Ora
va bene che sono vecchio, ma rincoglionito no». Adesso con la gestione
Galbusera le cose sembrano andare
meglio e Rossi è ottimista: «Siamo più
Programma
Così oggi
prove libere:
16: Moto3
16.55: MotoGp
17.55: Moto2
20.10: Moto3
21.05: MotoGp
22.05: Moto2
Così in tv
diretta
SkySportMotoGp
Così domani
prove libere:
16.00: Moto3
16.55: MotoGp
17.55: Moto2
20.30: MotoGp
qualifiche:
19.35: Moto3
21.00: MotoGp
22.05: Moto 2
Così in tv
diretta
SkySportMotoGp
sintesi su Cielo
alle 23.45
Così domenica
warm up:
15.40: Moto3,
Moto2 e MotoGp
gare:
18: Moto3
19.20: Moto2
21: MotoGp
Così in tv
diretta
SkySportMotoGp
sintesi gara
Moto3 (ore 23),
differite gara
Moto2 (ore
23.30) e MotoGp
(ore 24) su Cielo
forti a mettere a posto la moto. Infatti
fino a ora siamo andati veloci su tutte
le piste».
Così, se un anno fa si sentiva abbandonato a se stesso, ora Rossi sente di
avere di nuovo una squadra di fianco. E
un futuro davanti: «Quando ho parlato
di sei gare per decidere, è perché in genere è verso giugno che si comincia a
fare i programmi per l’anno successivo. Io però non ho dubbi. Se la Yamaha
è d’accordo, io sono qui». Senza dubbi
e senza piani B. «Se mi chiamasse
un’altra Casa? Ragazzi, ho già dato una
volta… Sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico. Se dovesse restarmi
solo una moto che non è la Yamaha,
forse allora sì che smetterei».
Rossi così carico è il prodromo di un
week end interessante e pieno di altri
spunti da seguire: Marquez che tenterà
già la fuga; Pedrosa che proverà chissà
come a fermarlo; Lorenzo, incupitissimo dal Qatar, che cercherà i primi
punti; la Ducati che vorrà proseguire
sulla scia del buon week end di Losail;
le Open che studieranno altri modi per
guastare qua e là il volo dei prototipi; e,
Più forti
«Siamo più forti e più veloci,
qui e in Argentina vorrò capire
se sono davvero più
competitivo dell’anno scorso»
a incorniciare lo show, il bel gesto del
Circuit che, grazie all’intervento di Kevin Schwantz, vecchio idolo e amico di
Marco Simoncelli, donerà un dollaro
per biglietto alla Fondazione per il pilota scomparso nel 2011. L’anno scorso ne vennero venduti 130 mila in tre
giorni. Il giusto regalo del popolo dei
rider, che non dimentica mai i suoi
eroi.
Stop Asafa Powell, 31 anni (Epa)
Nessun alibi
Powell fermato
per 18 mesi
KINGSTON — Nessuna
attenuante. Come la collega
Sherone Simpson, la
Commissione antidoping
della Giamaica (interamente
riformata dopo lo scandalo
dell’anno scorso) ha deciso
di punire Asafa Powell con
18 mesi di squalifica. L’ex
primatista dei 100 metri era
risultato positivo a uno
stimolante, la oxilofrina,
durante un test ai campionati
nazionali del giugno 2013.
Poiché la squalifica decorre
dalla data della positività,
Powell potrà tornare alle gare
a fine dicembre, in pratica
l’anno prossimo. Sulla
vicenda dei due velocisti è
aperta un’inchiesta a Udine,
dove nel luglio scorso furono
indagati, insieme al
preparatore (il canadese
Christopher Xuereb), per
violazione della legge sul
doping. I tre si trovavano a
Lignano Sabbiadoro per gli
allenamenti. Powell ha
annunciato appello al Tas.
Alessandro Pasini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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amarolucano.it
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
69
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Come si gioca
Bisogna riempire la
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volta i numeri da 1 a 9
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Lavoro
Bce: il peggio alle spalle
Mario Draghi nel bollettino
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Giochi e pronostici
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Camorra
San Raffaele-Maugeri, sequestrati a
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Formigoni i conti e la villa in Sardegna
Berlusconi, la condanna e il servizio sociale:
2 «Posso motivare i disabili»
via al piano che incrocia le banche dati:
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anche le bollette per la caccia agli evasori
Milano, clinica degli orrori: ergastolo per
4 Brega Massone, arresto in aula
25 colpi di tacco a spillo in testa.
5 Texas,
«Così Ana ha ucciso il suo fidanzato»
Sfarzo nelle case
Oro e arredi in stile barocco
nelle abitazioni (popolari) di
Scampia, a Napoli. Video.
Ambiente
Dai ghiacci al verde
In Groenlandia la calotta si
ritira per il surriscaldamento e
si coltivano le fragole. Guarda.
Visita
Renzi
a Milano
Il premier oggi al
Salone del
Mobile e poi
campagna di
sostegno per
Expo 2015.
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Venerdì 11 Aprile 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER RIFLETTERE
PER DISTRARSI
Immigrati sfruttati Crozza macina
nell’agricoltura
record di ascolti
Tanti gli argomenti stasera.
«Pizzo addio»: la giovane
imprenditrice Ferraro
racconta di quando ha
denunciato chi le chiedeva il
pizzo. «Schiave nei campi»:
la difficile vita delle
immigrate e degli immigrati
assoldati per lavorare in
agricoltura. «Piccole
famiglie»: solo a Milano sono
oltre 70 mila i nuclei familiari
con un solo genitore, 8 volte
su dieci è la mamma. È nata
un’associazione per dare
risposte ai bisogni più
urgenti. «Cuccioli in
gabbia»: il traffico
clandestino di animali
raggiunge vette di crudeltà
inimmaginabili. E altro.
Dopo l’ottimo risultato
registrato la settimana scorsa
— dove ha raggiunto il 10,1%
con 2.778.000 telespettatori
— torna il one man show di
Maurizio Crozza (foto) che ha
superato ormai le 100 prime
serate. Da lunedì si aprono le
prevendite (su Ticketone) per
assistere tra il pubblico alle
ultime due puntate della
trasmissione (previste per il
16 e il 23 aprile). Come
sempre stasera darà vita a
esilaranti parodie, dal
senatore Razzi a Beppe Grillo
passando per il presidente
Renzi. Su www.crozza.la7.it
si possono vedere tutti i video
dei personaggi e le repliche
integrali delle puntate
Tv Sette
Rai1, ore 23.45
Crozza nel Paese delle
meraviglie - La7, ore 21.10
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Meryl Streep
Diego e Chiara
è Margaret Thatcher ospitano Braida
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Il film ripercorre la vita dell’ex
primo ministro inglese Margaret
Thatcher (Meryl Streep, foto):
l’infanzia, la sua carriera politica
e i 17 giorni antecedenti alla
guerra delle Falkland.
The Iron Lady
Rai3, ore 21.05
Ospite di Diego Abatantuono e
Chiara Francini, il comico Beppe
Braida (foto insieme). Tornano
poi Leonardo Fiaschi che imita
Marco Berry e Prapappappo e i
suoi «misteri risolti».
Colorado
Italia 1, ore 21.10
Il treno simbolo
della Belle Époque
Scandalo di cinema
e d’amore
«Il mito dell’Orient Express:
dalla Belle Époque a Hitler»
intreccia la storia del treno più
famoso di tutti i tempi con un
secolo di storia politica
europea.
Il tempo e la storia
Rai Storia, ore 20.30
Lo scandalo cinematografico
degli Anni 50 che coinvolse
Roberto Rossellini e le attrici
Anna Magnani e Ingrid Bergman
raccontato in un’accurata
ricostruzione documentaristica.
La guerra dei vulcani
Rai5, ore 21.15
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Corriere della Sera Venerdì 11 Aprile 2014
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Film
e programmi
Mike Vogel finisce
in un loop mortifero
Spinto sotto un treno, Ian Stone
(Mike Vogel, foto) muore. E si
risveglia in una nuova vita per
essere ucciso nuovamente e per
svegliarsi e morire ancora, in un
loop che rischia di diventare eterno.
Le morti di Ian Stone
Cinema Energy, ore 21.15
Gabbriellini e Cocci
nella Livorno popolare
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Figlio di un ex portuale, Piero
(Edoardo Gabbriellini, foto con
Marco Cocci) è un ragazzo della
Livorno popolare che vive in una
casa popolare, tra panni stesi, gare
di rutti e simpatici energumeni.
Ovosodo
Cinema Comedy, ore 22.50
Annette incontra Ed
e riscopre l’amore
Vedova da cinque anni, Nikki
(Annette Bening, foto con Ed
Harris) incontra Tom, identico al
defunto marito. La donna
proverà a rivivere un sentimento
che credeva perso per sempre.
The face of love
Premium Cinema, ore 21.15
Alessandro Gassmann
è il feroce Riccardo III i`ˆ>ÃiÌ *Ài“ˆÕ“
Alessandro Gassmann, regista e
interprete di «R III-Riccardo Terzo»,
rievoca davanti allo specchio del
suo camerino il percorso personale
e artistico che lo ha spinto a portare
in scena il dramma shakespeariano.
Essere Riccardo e... gli altri
Sky Arte HD, ore 21.45
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A fil di rete
di Aldo Grasso
Spacey e Wright
anime nere del potere
N
on poteva esserci personaggio migliore di Frank
Underwood per introdurci nelle pieghe di Sky
Atlantic, il nuovo canale di Sky dedicato alla serialità televisiva «di qualità», che proporrà le serie americane più raffinate (c’è un accordo di distribuzione con il canale di culto Hbo) e le produzioni originali italiane di fiction targate Sky. Bisognerebbe augurargli
lunga vita anche se il rischio di andare incontro a un gusto
molto di «nicchia» c’è.
Frank, interpretato da Kevin
Vincitori e vinti
Spacey, è il protagonista di
«House of Cards», la serie che
Raffaella
ha inaugurato le trasmissioni
Carrà
del canale. È un politico
«The Voice»
d’esperienza, capo della magbatte (ancora)
gioranza democratica al Con«Le Iene»
gresso. Mentre impariamo a
il mercoledì sera.
conoscerlo, anche grazie ai
Ultima tappa delle blind
suoi frequenti appelli diretti
auditions per il
allo spettatore, a quegli «a parprogramma con J-Ax,
te» in cui ci guarda negli occhi,
Raffaella Carrà, Noemi
iniziamo a capire che la sua
e Piero Pelù come
ambizione non ha limiti, la segiurati: per 3.551.000
te di potere è la forza inarrestaspettatori, e una share
bile che guida ogni sua mossa:
del 14,7%
«Il potere è come il mercato
immobiliare, quello che conta
Ilary
è la posizione».
Blasi
Frank risponde non alla mo«Le Iene»
rale ma solo alla propria intellisuperate
genza. È un burattinaio spietada «The
to che tira nell’ombra le fila del
Voice» il mercoledì
Congresso, è pronto a sacrifisera. Concorrenza
care tutti in nome della propria
dura per «Le Iene»
rincorsa, solo rallentata dalla
Teo Mammucari e
mancata nomina a Segretario
Ilary Blasi: gli
di Stato. Uno degli aspetti più
spettatori di Italia 1
interessanti della serie è la resono 2.045.000,
lazione di Frank con la moglie
per una share
Claire (Robin Wright), che rapdel 9,8%
presenta la sua «anima nera»: i
due non sono solo una di quelle che negli Usa chiamano «power couples», coppie di potere, ma condividono un mutuo patto che è l’unica cosa a cui
sono fedeli, ben più che l’uno all’altra.«House of Cards»
non è una serie realistica, non vuole mostrarci i meccanismi
della politica, della macchina governativa americana. Oltre
a essere una miniera di citazioni, è il ritratto crudo di Frank,
il racconto raffinato di un «demiurgo cattivo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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