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Volcano!, Final Fantasy, Attimonelli, Women, Karl Blau, Donovan,
Kubrick, Kagel, Blitzen Tapper, Gang Gang Dance, Department of
Eagles, Vandervelde, Blake/e/e/e, One Little Plane, Antolini
4 News
6 Turn on
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"Entanglements"
Tomlab
Terzo album per il
gruppo di Portland
guidato dal carismatico cantante androgino
ZAC PENNINGTON.
“ E N TA G L E M E N T S ” ,
inizialmente concepito come seguito orchestrale del debutto
(((GRRRLS))), gioca fra
il sentimentalismo ed
il pop orchestrale di
Van Dyke Parks, Scott
Walker, Jack Nitzsche
e Burt Bacharach e la
moderna classicità di
compositori quali Krzystof Pendercki e Philip Glass. Se amate gruppi e
personaggi come Jamie Stewart/Xiu Xiu, Sondre Lerche, Jens Lekman,
Antony e Morrissey, disco imperdibile!
BLITZEN TRAPPER
"Furr"
“Furr” è il 4°
album per il
sei di Portland,
BLITZEN
TRAPPER.
Registrato durante i rari momenti di pausa
del precedente
tour, il disco è
formato di tante piccole perle che proseguono e migliorano il percorso intrapreso sino ad oggi. I brani di
“Furr”, infatti, sono la miscela perfetta tra il folk rock
dei primi due dischi e le trovate psych dell’ultimo lavoro. Ancora una volta i BLITZEN TRAPPER confermano l’enorme talento dimostrato sino ad oggi che
ha fatto sbilanciare il celebre sito Pitchfork inserendoli
nella prestigiosa sezione Best New Music.
"Luna"
CD Urtovox
Dopo la calorosa
accoglienza
riservata
al
precedente
album
“Big
Saloon” e le
prestigiose
collaborazioni
con Jennifer
Gentle, Baustelle e Bugo, ecco pronto il nuovo lavoro di BEATRICE ANTOLINI. Intitolato “A Due”,
il disco è stato interamente composto, suonato e
cantato dalla stessa Antolini. Un disco maturo, dalla genesi lunga e accurata, in bilico tra psichedelia
pop, movenze proto-punk, canzone d'autore e sperimentazione, che senz’altro proietterà Beatrice al
centro della scena indipendente italiana.
CD/LP Arts&Crafts
“Oceans
Will
Rise” è il 3°
lavoro per i canadesi, ormai
residenti a New
York, THE STILLS. Il nuovo album, composto da 12 brani,
ha fatto tesoro delle precedenti esperienze
e segna una svolta importante nella carriera del quintetto guidato dall’intreccio di
voci dei due cantanti/chitarristi David Hamelin e Tim Fletcher. "Oceans Will Rise"
strizza l’occhio a vari generi musicali creando una miscela interessante, personale
ed appassionata che ricorda i suoni di
Echo and The Bunnymen, U2, Black Rebel Motorcycle Club e Coldplay.
CD
Finalmente
disponibile
il
nuovo album
di Rob Garza e
Eric Hilton, aka
THIEVERY CORPORATION. Ispirato dalla musica politicizzata di artisti quali The Clash, Public
Enemy e Fela Kuti, “Radio Retaliation”
vede i THIEVERY CORPORATION schierarsi contro la bigotta e falsa informazione
americana con chiari messaggi socio politici. Inarrivabile la miscela composta da Elettronica, Rock, Pop, Future-Bossa e Reggae
che il duo ancora una volta riesce a creare. Ospiti: Femi Kuti, Seu Jorge, Anushka
Shankar, Jana Andevska e Chuck Brown.
LIVE OfflagaDiscoPax
08/11 RECANATI (MC) "Extracinemusic"
22/11 ROMA "Circolo degli Artisti"
(con trio d'archi)
26/11 MILANO "Magnolia" (con trio d'archi)
13/12 CONEGLIANO (TV) "Zion Club"
LIVE
è il trasognante e fantastico
progetto dietro al quale si
nasconde il talento della newyorchese
Meredith Godreau. Registrato insieme
ad una vera e propria band e soprattutto
con Adam Pierce, mente dei Mice Parade qui anche produttore, “Moenie and
Kitchie” è un fantasioso affresco dalle
tinte pastello in cui la grazia di Nick Drake incontra la femminilità di Liz Phair,
Nina Nastasia, Neko Case ed il lato più
sperimentale di PJ Harvey. Fra Folk e
Dream-Pop, una meraviglia!
OKKERVIL RIVER
TK WEBB & THE VISIONS
"Ancestor"
Fat Cat
GREGORY &
THE HAWK
19/11 MILANO @ Musicdrome
20/11 ROMA @ Circolo Degli Artisti
21/11 BOLOGNA @ Estragon
121 We Are Demo
123 rearview mirror
donovan
130 LA SERA DELLA PRIMA
lolita
134 i “cosiddetti contemporanei”
Pet Rock
“Luna” è il
2° lavoro per
gli scozzesi
THE ALIENS
e x - B e t a
Band). Registrate presso
un isolato e
malmesso
studio di registrazione nelle vicinanze di un minuscolo villaggio scozzese, le canzoni di “Luna” sono rette da
trame Pysch-Pop, da una bellezza cristallina e da
passaggi stravaganti. Il disco attinge con humour
e personalità dalla psychedelia sixties inglese di
Syd Barrett e The Beatles. Uno straordinario album di Vintage-Psych-Pop come non ci capitava
da ascoltare da...circa 40 anni!
"Moenie and Kitchi"
CD
Matt elliott, dead science, el guincho, los updates......
CD Pet Rock
GREGORY & THE HAWK
ESL
56 recensioni
kagel
THE ALIENS
"A Due"
"Radio Retaliations"
"Oceans Will Rise"
!K7
Il nuovo scintillante
disco di MATTHEW
HERBERT
“There’s
Me and There’s You”
è la più seducente, sofisticata e sovversiva
collezione di canzoni di
protesta mai registrate
dal Nostro. Realizzato
con la collaborazione
dei migliori musicisti
Jazz inglesi, il disco è
il sequel dell’acclamato
“Goodbye Swingtime”.
Il lavoro è composto
da una lussureggiante
strumentazione jazz, da meravigliose voci soulful, da trovate ritmiche affascinanti e da un vero e proprio arsenale segreto di samples inimmaginabili.
La classe non è acqua!
BEATRICE ANTOLINI
THIEVERY CORPORATION
THE STILLS
Interstellar technodrive, The smell
CD
CD Sub Pop
04/10 BOLOGNA "Estragon"
09/10 CAGLIARI "Teatro Civico"
11/10 VICENZA "Lynx Club"
17/10 FIRENZE "Viper"
31/10 FORLÌ "Madama Dorè"
34 Drop out
"There's Me and There's You"
CD/LP
22 TUNE IN
karl blau, women, antolini
THE MATTHEW HERBERT
BIG BAND
PARENTHETICAL GIRLS
volcano!, final fantasy, attimonelli.....
LIVE
CD
Kemado
Dopo l’eccellente “Phantom
Parade”
del
2006, il buon
Thomas Kelly,
TK appunto, si
fa accompagnare da una serie di musicisti di tutto rispetto per il suo 3° album
“Ancestor”. Riffoni seventies che si mescolano con una naturalezza disarmante ad atmosfere Freak-Folk, distorsioni
blues e sospensioni acustiche. Una sorta
di Blues-Folk post-moderno a tratti psichedelico, debitore delle stesse radici di
Led Zeppelin e Rolling Stones, ma anche clamorosamente al passo dei tempi.
Assolutamente da non perdere!
D i r e t to r e
Edoardo Bridda
C o o r d i n a m e n to
Teresa Greco
Consulenti
a l l a r e da z i o n e
Daniele Follero
Stefano Solventi
S ta f f
Gaspare Caliri
Nicolas Campagnari
Antonello Comunale
Antonio Puglia
Hanno
c o l l a b o r ato
Gianni Avella, Paolo Bassotti, Davide Brace, Marco
Braggion, Filippo Bordignon, Marco Canepari, Manfredi
Lamartina, Gabriele Maruti, Stefano Pifferi, Andrea
Provinciali, Costanza Salvi, Vincenzo Santarcangelo,
Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giuseppe Zucco
G u i da
s p i r i t ua l e
Adriano Trauber (1966-2004)
G r a f i ca
Nicolas Campagnari
in copertina
The Smell
SentireAscoltare online music magazine
Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05
Editore Edoardo Bridda
Direttore responsabile Antonello Comunale
Provider NGI S.p.A.
Copyright © 2008 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati.La riproduzione
totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi
mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare
SEBASTIEN TELLIER
22/10 MILANO @ Magazzini Generali
23/10 ROMA @ Circolo Degli Artisti
24/10 NONANTOLA (MO) @ Tenax
25/10 TORINO @ Hiroshima Mon Amour
SA 3
new
ne ll’ a lbum de l 1973 The Dark S id e O f T he
Moon e di nume r osi c ontr ibuti in Wis h Yo u
We re He re. La famiglia ha ann u n c i a t o c h e
il musicista è scomparso dopo u n a “ b r e v e
lotta c ontr o il c a nc r o” …
Nov i t à p e r i Belle A nd Sebastian c he sono
i n s t a n d b y d a parecchio: c’è una c ompila t i o n i n u sc i t a , T he B B C Sessions, che r a ccog l i e l e m i g l iori esibizioni live ch e Stua r t
M u r d o c h e c o . hanno effettuato lungo gli
ann i n e g l i st u d i della B B C . S arà pu bblic at a i l p r o ssi m o 17 novem bre, il m ate r ia le r is a l e a l f e r t i l e periodo 1996-2001, quando
i n c i d e v a n o p e r la Jeepster Records e Isobel
Cam p b e l l f a c e va ancora parte della ba nd…
Bi s h o p A l l e n com parirà nella colonna son o ra d e l n u o v o film di Peter S olle tt Nick
a n d N o ra h ’s Infin ite P laylist , (dal libr o, in
i t al ia n o , Tu t t o accadde in una notte) inte rp reta t o d a Mi chael C era e K at D ennings. La
col o n n a so n o r a vede anche la partecipa z ion e, t r a g l i a l t r i, di B and of H orses, De ve nd a Ba n h a r t , M od est Mou se, T he R ave one tt es , S h o u t O ut L ouds, Vampire We e ke nd
e We A r e S c ientists. B ishop A llen a ppa r e d u r a n t e l a scena del primo incontro dei
d u e r a g a z z i , i nterpretando sullo sche r mo il
p ezz o M i d d l e Managem ent tratto da ll’ a lb u m T h e Bro k en S trin g , pezzo usato a nc he
com e t r a i l e r d el film (http://it.youtube .c om/
wat c h ? v = u G K f Z y7X 3-E )...
I My Bl o o d y Valentine hanno in progr a mma
d u e a l b u m : q uello abortito nel 1997, e uno
c o m p l e t a m e n t e nuovo. Questo ha rivelato
K ev i n S h i e l d s al New York Times in una
rece n t e i n t e r v ista…
I l 1 5 s e t t e m b re è morto all’età di 65 anni
Ri ch a r d Wr i g ht, tastierista dei Pink Floyd.
E r a u n o d e i f ondatori dello storico gruppo
i n g l e se , l ’ a u t ore tra l’altro di The Great
Gi g I n T h e S k y, U s A nd T hem e O n the Run
Se n’ è a nda to a 60 a nni a nc he H e c t o r Za z u,
c ompositor e e pr oduttor e f r an c e s e . Co n
una carriera variegata tra musi c a d ’ a u t o r e
e spe r ime nta z ione , a ve va r e a liz z a to n u merose collaborazioni, fra le qual i q u e l l e c o n
Bj or k, Japan, PGR, Laurie And e r s o n , L i s a
Ge r ma no, Ryuic hi Sa ka moto…
E a nc or a : Nor m an Whit f ie ld, s to r ic o s o ngwriter, produttore della Motow n f r a ’ 6 0 e
’ 70 è sc ompa r so a 70 a nni pe r co mp lic a z ioni in seguito a diabete. Insiem e a B a r r e t t
Str ong, a ve va c omposto e pr od o tto n u mer osi suc c e ssi de ll’ e tic he tta di D e tr o it, inc luso I He ard I t Through the Gr a p e v in e d i
Marvin Gaye; era poi ritornato i n M o t o w n
ne ll’ 80…
I na spe tta ta me nte tor na no i Gor illa z: a d a nnunc ia r lo Dam on Albar n in r ec e n ti in te rviste, rivelando che stanno lavo r a n d o a u n
nuovo a lbum…
d e l g r u p p o , c h e s a r à in to u r c o n i L ittle J o y
d i Fa b M o r e tti ( h ttp ://w w w. my s p a c e . c o m/
me g a p u s s ) . . .
Slitta ta la p u b b lic a z io n e d e l n u o v o C ure :
d a l 1 3 il d is c o è s ta to p o s tic ip a to a l 2 7 o tto b r e p r o s s imo …
I So nic Yo ut h p a s s a n o d a lla U n iv e r s a l a lla
M a t a do r e a n n u n c i a n o u n n u o v o a l b u m ,
il loro sedicesimo, previsto per il 2009; il
g r u p p o è in I ta lia p e r u n ’ u n ic a d a ta il 9 o tto b r e p r o s s imo a ll’ A lc a tr a z d i M ila n o …
Non uscirà più a metà novembre il nuovo
d is c o d e g li U 2 p r o d o t o d a D a n i e l L a n o i s .
Sono stati gli stessi irlandesi a far sapere
c h e s e n e p a r le r à s o lo a in iz i d e l 2 0 0 9 . I l
mo tiv o ? N u o v e id e e q u a n d o s e mb r a v a n o g ià
c h iu s e le s e s s io n d i r e g is tr a z io n e , c h e s o n o
c o s ì r ip r e s e e s i s v o lg o n o in Fr a n c ia . E ’ in ta n to in f a s e d i in p o s t- p r o d u z io n e il c lip
d e l p r imo s in g o lo tr a tto d a ll’ a lb u m, c o n r iprese girate a Cadice, in Spagna, alle quali
in u n s e c o n d o mo me n to s a r a n n o s o v r a p p oste le immagini del gruppo.
E to r n a n o a n c h e g li Oa s is i l 6 o t t o b r e c o n i l
n u o v o d is c o D ig O ut Yo ur So ul…
U n ic a d a ta in I ta lia p e r i R e s i d e n ts , c h e s a r a n n o a Ro ma a l Cir c o lo d e g l i A rt i s t i i l p ro ssimo 13 novembre, per presentare il nuovo
a lb u m T he Bunny Bo y, a p p e n a p u b b l i c a t o
s u M u te /E M I …
N u o v o a lb u m p e r g li S tre e ts (a l i a s M i k e
Sk in n e r ): … Ev e r y thing I s B o r r o w e d è u s c i to il 1 5 s e tte mb r e …
A n c h e i Wi l c o m e t t o n o b r a n i g r a t u i t i s u
w e b , c o me Ra d io h e a d , N i n e In c h N a i l s e
ta n ti a ltr i; la b a n d d i C h i c a g o h a i n fa t t i d ec is o d i r e g a la r e mu s ic a a t t ra v e rs o i l s u o s i t o
u ff i c i a l e w i l c o w o r l d . n e t . U n a s o l a c a n z o n e ,
q u e s ta v o lta , u n a v e r s io n e l i v e d i I s h a l l b e
released di Bob Dylan registrata in Oregon
lo scorso 23 agosto con i Fleet Foxes; il
p e z z o è s c a r ic a b ile d a i fa n a m e ri c a n i c h e s i
imp e g n a n o a d a n d a r e a v o t a re a l l e p ro s s i m e
e le z io n i p r e s id e n z ia li d i n o v e m b re . N e s s una indicazione di voto e nessun appoggio
quindi a favore di Barack Obama, anche se
è n o to c h e J e ff Tw e e d y è u n s u o a c c e s o s os te n ito r e … .
CONSTANTINES THE STILLS
“Kensington Heights”
Nuovo pr oge tto pe r De ve ndr a Ba nha r t : c o n
il multi-strumentista dei Prie s t b i r d G r e g
Rogove e Fa b Mor e tti de gli Str o k e s h a me sso insie me un gr uppo c hia ma to M e g a pus s ,
il c ui disc o si c hia ma Surf ing e d è u s c i t o
per la Vapor Records il 7 ottob r e . U n p a i o
di pezzi si possono ascoltare su l M y S p a c e
CD
A 3 anni dal massiccio “TOURNAMENT OF
HEARTS” su Sub Pop i CONSTANTINES si
accasano per la canadese Arts & Crafts e realizzano il nuovo “Kensington Heights”. La stampa
internazionale li ha spesso definiti come dei figli dei
Fugazi, o dei nipoti di Springsteen e Joe Strummer
e la loro musica trasmette senza dubbio la stessa
sincerità e passione dei grandi nomi a cui CONSTANTINES vengono sovente accostati. 40 minuti
abbondanti della propria miscela di dub-punk con
pura energia rock e qualche sfaccettatura pop!
“Oceans Will Rise”
CD/LP
“Oceans Will Rise” è il terzo lavoro per i canadesi, ormai residenti a New York, THE STILLS.
Il nuovo album, composto da 12 brani, ha fatto
tesoro delle precedenti esperienze e segna una
svolta importante nella carriera del quintetto guidato dall’intreccio di voci dei due cantanti/chitarristi
David Hamelin e Tim Fletcher. “Oceans Will Rise”
strizza l’occhio a vari generi musicali creando una
miscela interessante, personale ed appassionata
che ricorda i suoni di Echo and The Bunnymen,
U2, Black Rebel Motorcycle Club e Coldplay.
è una distribuzione esclusiva
8L;@F>CF9<
BROKEN SOCIAL SCENE presents
BRENDAN CANNING
“Something for All of Us...”
CD/LP
Dopo quella di Kevin Drew, prosegue con l’altro
leader del collettivo canadese, ovvero BRENDAN
CANNING, la serie Broken Social Scene presents.
Come in occasione del primo episodio, si tratta,
in tutto e per tutto, di un nuovo album dei Broken
Social Scene, seppur concepito interamente dalla
vena compositiva di Brendan. “Something For All
Of Us...” contiene 11 brani che riflettono la miglior
tradizione dei suoni della band: caos organizzato in
maniera certosina, indie-rock ipnotico e creatività
che avanza. Al solito, eccezionali!
SA 5
www.audioglobe.it
TURN ON
volcano!
ovvero, l’eruzione della specie
gang gang dance
Qua n d o Be a u tiful S eizure, primo albo del
t ri o a m e r i c a n o, apparve sulle scene l’ a c c og l i e n z a f u d e g na dei grandi debutti. Spe ci al m e n t e i n I t alia, fu salutato con non poc a
enfa si : g i o r n a li, w ebzines, pubblico . Poc he
v o l t e c r i t i c a e pubblico erano appa r si c osì
c o n c o r d i n e l tributare il (giusto) omaggio
a d e g l i e m e r i ti sconosciuti. E non a caso
l ’al b u m f i n ì c o l presentarsi in pratic a me nt e t u t t e l e c h a rts di fine anno, con punte di
ecce l l e n z a c o m e nel caso del secondo posto
n el le m i g l i o r i uscite 2006 attribuito da un
s i t o r i s p e t t a b i le come Drowned in S ound.
Dan c e a b l e i n d ie-pop m usic at its m ost me ss y, q u e st a l a d e finizione tutto som m ato e sa tt a d i u n d i sc o che sapeva (im )pazien te me nt e mi sc e l a r e d opo-rock sfocato ed umor a le ,
el uc u b r a z i o n i espressive personali, sf a sa to
ecl e t t i sm o so nico.
M a a c h i sc r i ve – voce fuori dal cor o pr ont a a b e c c a r s i i rimbrotti dei lettori – quel
d ebu t t o r i m a se piatto prelibato, ma indiges t o. P e r v i a d elle troppe intenzioni la nc ia te
a mo ’ d i p r o v o cazione e di un neanc he ta nt o v a g o s e n s o di “freddo metodo” che non
l as c i a v a n o sc a ttare la scintilla, gene r a ndo
anzi u n se n t o r e di noia generalizzata . Ques t i on e d i t e m pi di assimilazione e, perché
n o ?, d i e r r o n e e valutazioni soggettive .
A d e s s o i v o l cano! – esclamativi come da
n o m e m a m a i uscoli a dispetto della grafia
– ri t o r n a n o c o n P aperw ork, com e bac k f a tto
di c omposiz ioni se mpr e diff ic il me n te c a taloga bili e ppur e titola r e di un m o o d a p p arentemente (e soggettivamente, s i a c h i a r o )
più c e ntr a to. Come se il pr e c e d e n te , a c c lamatissimo album, non fosse ser v i t o c h e d a
riscaldamento. Uno stretching s o n i c o c h e
me r a viglia il pubblic o pa ga nte i n a tte s a d e l
f isc hio di iniz io ve r o e pr opr io . E d e c c o c i
a llor a pr onti a d e ntr a r e in c a mp o , n e l c u o r e
di Pape rwork; a lbum in c ui l’ o p e r a to d e lla se z ione r itmic a ( Ma r k Ca r twr ig h t, b a sso, synth, la ptop; Sa m Sc r a nton , b a tte r ia e
pe r c ussioni) dise gna a l solito f o r me d iff ic ilme nte c a ta loga bili: tr iba lismo in c e s s a n te
e va r io + ba sso modula r e e ta stie r e mu ltic o lor e . Su que lle f or me inf or mi la c h ita r r a d i
Aa r on With si sta glia or a c on sc en a te n o - w ave , or a c on a ppigli indie , or a c o n s p ig o lo s e
increspature che ne guidano le t r a m e . M a a
tirare le fila del suono vulcanic o è l a v o c e
di With. I nva de nte , a r tic ola ta , mu te v o le , in
f a lse tto, gr ida ta , sussur r a ta in s p a g n o lo e
qua nt’ a ltr o, ma ma i f a stidiosa o e c c e s s iv a .
A ricordare indistintamente Jeff B u c k l e y e
i Ra diohe a d, si la nc ia in pe z z i a lla J a mir oqua i, inc a nta e f r usta ne llo ste s s o mo me n to
e con la stessa intensità.
C’ è poc o da f a r e . I volc a no! s o n o d e c is a me nte e r utta ti.
Stefano pifferi
M a i c o me in q u e s to c a s o il n o me d e lla b a n d
c o r r is p o n d e a l s u o n o d e lla b a n d e lo s a p p ia mo , le a s s o n a n z e s o n o d a s e mp r e imp o r ta n ti nel mondo rock. Se Dead Can Dance per
e s e mp io f lir ta v a c o n il s u o n o d i D e c a d e n c e , G a n g G a n g D a n c e e v o c a d a p p r ima G a n g
Ba n g ( p r a tic a p o r n o g r a f ic a p a r a - o rg ia s tic a )
e p o i i l s u ff i s s o D a n c e c h e m e s s o d o p o i l
g a n g g a n g d a u n p o ’ l’ id e a d e lla p ie g a p e rcussiva che la musica in questione prende.
Come molte altre volte in questi anni, per
intendere di cosa si sta parlando bisogna
concentrare la lente di ingrandimento su
N e w Yo r k e la s u a f e r tilis s ima e c o mp le ss is s ima r e te d i r ima n d i e s c e n e s o tte r r a n e e .
I G a n g G a n g D a n c e v e n g o n o d a li, d a i c irc u iti u n p o ’ s n o b e “ a r ts y ” d i Br o o k ly n , li
dove i confini tra band e band tendono a
c o n f o n d e r s i s e mp r e d i p iù . Pe r q u e s to a v v is tia mo i me mb r i d e lla b a n d in d iv e r s e f o rma z io n i u n d e rg r o u n d d e l lu o g o c o me The
C r a nium , A c t re s s , R us s ia , SSA B So ng s e
a n c h e J a c kie - O M o t he r f uc ke r. I p e r s o n a gg i i n q u e s t i o n e s i c h i a m a n o B r i a n D e g r a w,
Tim D e w it, L iz z ie Bo u g a ts o s , N a th a n M a d d
o x e J o s h D ia mo n e . Pr ima d i s c e g lie r s i il f e lic e n o me a ttu a le , c o min c ia n o a f a r e a lc u n e
ja m s e s s io n s b r a c a tis s ime , v e n d e n d o s i c o me
D e a t h & D y ing p e r p o i tr o v a r s i a s o n o r iz z a r e a n c h e u n a s f ila ta d i mo d a c o n i B l a c k
D ic e d e n o min a ta I mita t i o n O f C h ri s t . S i a m o
o r ma i a l 2 0 0 4 e a r r iv a i l p ri m o l a v o ro : R e v i v a l O f T he Shitte s t. I l r e v i v a l e s c re m e n t i z i o
in q u e s tio n e me tte s u d i s c o l ’a n d a z z o d e l ir a n t e e p e r c u s s i v o d e ll e p e r f o r m a n c e l i v e .
L a mu s ic a d e i G a n g Ga n g D a n c e è s e m p re
u n a f a c c e n d a d i r itmi a g ra d a z i o n e e c o l o ritu r a v a r ia b ile . I r if e r im e n t i t e rz o m o n d i s m i
e d e s o tic i s o n o r ic e r c a t i c o n l a s t e s s a t e s t a rd a g g in e c o n c u i n e g li s t e s s i a n n i g l i A n i m a l
Co lle c tiv e c e r c a n o d i r i s c ri v e re i l c o n c e t t o
di psichedelia e campfire song. In qualche
mo d o i G a n g G a n g D a n c e v a n n o a d o c c u p a re
u n a r e g io n e mo lto p e r s o n a l e d e l ro c k w e i d o r ie n te d d i q u e s ti a n n i. U n t e rri t o ri o s e l v a gg io d o v e i Sun C it y G i r l s c o n v i v o n o c o n
il k r a u tr o c k , d o v e Vo o d o o e D u b s o n o s o l o
due possibili facce di un intero universo di
ritmi. La tendenza è presto confermata da
G o d ’s M o ne y i l s e c o n d o l a v o r o d e l l a b a n d .
M o l t o p i ù r a ff i n a t o e s p r e g i u d i c a t o , a n c h e
s e me n o s e lv a g g io e in c o n t ro l l a b i l e d e l p red e c e s s o r e . L a c la s s ic a e v o l u z i o n e p e r c a p ito li c o n f e r ma ta p o c h i m e s i fa d a R AW WA R
un ep di preparazione per il nuovo lavoro
c h e s f o c ia n e ll’ u n iv e r s o d e l g ri m e e d e l c l u b
d a n c in g c o n ta n to d i r ife ri m e n t i a l s u o n o d i
M . I . A . , D ip lo e Timb a la n d . U n p a s s o a n c o ra
ma lf e r mo e in s ic u r o c h e h a p o i g e n e ra t o u n
disco spregiudicato e sofisticato.
SA 7
Blitzen Trapper
L’en t r a t a n e l r o ster della S ub P op ne ll’ e stat e d e l 2 0 0 7 h a dato maggiore visibilità al
col l e t t i v o B l i t zen Trapper, fino a que l mom en t o n o n p a r ticolarmente chiacchie r a to in
am b i t o i n d i e . U na conferma per un a lla rgam en t o d i i n t e r esse che è proseguito di pa r i
p a s s o a u n m assivo tour, durante il quale
è s ta t o c o n c e p ito l’ultim o album, Furr, in
u s ci t a a f i n e se ttembre.
Eri c E a r l e y ( c hitarra e voce) è il son gwr ite r
d el g r u p p o ; p r ovengono da P ortland, Or eg o n , s o n o u n variegato combo hip pie con
l a p a s s i o n e p er la fantascienza, la natura e
l a p si c h e d e l i a , combinati in una m isc e la di
cou n t r y - p o p - p sych dalla natura pretta me nte
m e l o d i c a , t r a t to distintivo della band.
In s ie m e si n d a fine ’90, il sestetto c ominci a a d a v e r e i dentità di gruppo a partir e da l
2 0 0 0 . C o n i l leader appassionato d i le tterat u r a ( Bo r g e s, C alvin o, F ran k He r be r t,
Ph i l i p K . D i c k tra gli altri, e il lato immag i n i f i c o e s u r reale si nota nelle liriche) e
i m b e v u t o d i p sych-rock sixties e seventies,
con i n p i ù m a ssicce dosi di cultura sc i- f i,
n o n p o t e v a n on venir fuori un miscuglio
a n a r c h i c o , a l l ’inizio lo-fi, similme nte alle
p ri m e c o se d i Beck.
Un d i sc o d ’ e so rdio om onim o nel 2003, a c ui
s eg u e F i e l d Rexx l’anno dopo, entrambe a ut o p r o d u z i o n i : prove ancora acerbe di popro ck d i m a t r i c e psych, da K inks, tardi Be a t-
le s più Fr a nk Za ppa , pie ne di gar a g e - r o c k e
Rolling Stone s, Byr ds e Ame r ic a n a in s a ls a
lo- f i. Una pr ova que st’ ultima c h e la s c ia b e n
spe r a r e . I nta nto si susse guono to u r s u to u r
attraverso l’America.
Lo sc a r to a vvie ne ne l 2007 c on la f ir ma p e r
la Sub Pop e l’ usc ita di Wild Mo unta in N a tion. E’ una band differente ch e h a f a t t o i l
sa lto a nc he a r tistic o e si se nte . R ima n e l’ a ttitudine f r e a k, c on dosi me lodich e Be a tle s /
Be ac hBoys, a lle qua li si a ggiung o n o mis tu r e
a lt- c ountr y, più ja m a c ide sixtie s , c o me s e
i Buff a lo Spr ingf ie ld inc ontr a ss e r o i J e ff e rson più psyc h, insie me a se nto r i f lo y d ia n i/
ba r r e ttia ni e c on r ie la bor a z ion i p o s te r io r i
a lla Flam ing Lips e M e rc ur y R e v. E me rge qui pr e pote nte a nc he l’ a mor e p e r l’ in d ie
r oc k de i Pave m e nt da c ui mutua n o la f o r ma
c a nz one e l’ a ttitudine (7.1/10).
E a r r ivia mo a ll’ ultimissimo Fur r ( Su b Po p
/ Audioglobe , 23 se tte mbr e 20 0 8 ; 7 . 0 /1 0 ,
in recensioni); un altro leggero s c a r t o , e i l
r ia vvic ina me nto a lla f or ma c a nzo n e p iù tr adiz iona le , c on ma ssive dosi di Dy la n q u e s ta
volta miste a l c onsue to dna Bea tle s /By r d s /
Young. Più songwr iting e ba lla d e me n o f r ea ke r ie , a nc he se non ma nc a no le v ir a te p s yc h. Una c onf e r ma soddisf a c e nte d e llo s ta tu s
quo de lla ba nd a me r ic a na .
Teresa Greco
Department of Eagles
If you listen, you’d hear the wave
U n mu s e o f ittiz io : u n o s p a z io d o v e p o te r a llo c a r e la f in z io n e e a llo s te s s o te mp o p e rme tte r e a lla f in z io n e s te s s a d i d e te r min a r e
uno spazio. Una verità attorniata da altre
v e r ità . I l c r e d o d e l D ip a r time n to d e lle A q u ile , p e n s a to d a M a r c e l Br o o d th a e r s ( s tu d ios o , le tte r a to , a r tis ta a tu tto to n d o b e lg a d e l
s e c o lo s c o r s o ) s i b a s a v a s u q u e s te id e e e d in
p i c c o l o è c i ò c h e a N e w Yo r k , d u e g i o v a n i
c o mp a g n i d i s tu d i, h a n n o a s s u n to c o me man if e s to .
Il Department of Eagles era una sezione del
museo immaginario creato da Broodthaers,
più di cinquant’anni fa, era un luogo dove
l’ a r te s te s s a p o te s s e c r e a r s i u n a mb ie n te a d
h o c : u n te n ta tiv o d i in f lu e n z a r e la s c ia n d os i in f lu e n z a r e . D a n ie l Ro s s e n ( p r ima , mo lto
p r ima d ’ a s s o c ia r s i a i Gr iz z ly Be a r) e Fr e d
Nicolaus cercano, nel “lontano” 2001, di
p o r ta r e tu tto q u e s to in mu s ic a : d i s u o n a r e ,
lasciando, per così dire, suonare. Ed è in
q u e s to mo d o c h e i lo r o b a c k g r o u n d mu s ic a li e non prendono vita: sottoforma di note
v e n g o n o a g a lla le lo r o p a s s io n i.
N e l 2 0 0 3 il p r imo r is u lta to , T he white y o n
the mo o n, a p p r e z z a to e b e n r e c e n s ito d a n ume r o s e v o c i, s e g u ito , d u e a n n i d o p o , d a T he
c o ld no s e . Po i, s ile n z io .
D a n ie l Ro s s e n s e mb r a e s s e r s ta to r is u c c h ia to d a lla s u a e s p e r ie n z a c o i Gr iz z ly Be a r,
mentre il progetto parallelo latita.
A d ic e mb r e d e llo s c o r s o a n n o , p e r ò , q u a lc os a to r n a a mu o v e r s i: la 4 A D f iu ta la p o te n-
z ia lità d e l d u o e a ma g g i o p u b b l i c a , i n A m er ic a , I n Ea r P a r k c h e , d e t t o s i n c e r a m e n t e ,
può considerarsi il primo vero e proprio
disco del gruppo newyorchese. Il motivo
è s e mp lic e : è il lo r o p ri m o l a v o ro d a v v ero completo e ragionato, i compiti attribuiti
funzionano, il motore gira a pieno ritmo e il
r is u lta to s i s e n te …
Se le d u e o p e r e p r e c e d e n t i s u o n a n o a n c or a imma tu r e , s le g a te , a t ra t t i d i s o rg a n i z z ate nella loro volontà di mostrare maggiori
a s p e tti p o s s ib ili, I n Ear Pa r k ri e s c e n e l l ’i n te n to d i s c h iu d e r e c o s ’h a n n o i n t e s t a i d u e
mu s ic is ti. L a s c r ittu r a d i v e n t a p i ù c u ra t a ,
q u a s i d ig r o s s a ta , l’ is p i ra z i o n e t ra g i c a e n os ta lg ic a ( la r e c e n te mo rt e d e l p a d re d i D av id e l’ in f a n z ia tu tta ) è s p u n t o p e r l a s c i are andare a ruota libera i sentimenti, tanto
che il disco si colora in più e più capitoli
di profondo intimismo ed infine la musica
s te s s a … Pr e n d e le mo s s e d a i v e c c h i c a p ito li d e lla s to r ia D e p a r t m e n t o f Ea g l e s , a cc o g lie n d o q u in d i il p o p e l e t t ro n i c o , b a s a t o
s u i s a mp le s d e lle o r ig i n i , p e r ra ffi n a rl o a tt r a v e r s o a r p e g g i e n o t e d ’ a r c h i d a l l ’ e ff e t t o
mo lto o p e r is tic o , u n ’ o p e ra c h e s ’a v v i c i n a a l
c o s id d e tto “ b e llo ” , p r o p o s t o e ri p ro p o s t o i n
d iv e r s e a c c e z io n i s o ttofo rm a d i m e l o d i e , a rr a n g ia me n ti e a r mo n ie d e i c o ri .
D e lic a te z z a e d o lc e z z a : q u a n d o t u t t o è m o lto p iù c la s s ic o d i q u a n t o s e m b ri .
Mar co Canepari
SA 9
ONE LITTLE PLANE
piccole cose di ottimo gusto
Ri s c h i a d a v v e r o di essere un anno “a l f e mm i n i l e ” i l 2 0 0 8: non passa mese se nza che
q u a l c h e a r t i s ta donna consegni un disco
d a a p p u n t a r e sul taccuino e riascoltare di
con t i n u o . D o p o E rykah B adu, R ings e My
B r i g h t e s t D i a mond tocca ora a Kathryn Bint,
chi c a g o a n a r e s idente in Inghilterra na sc osta
d i etr o l a si g l a O ne L ittle P lane. B enc hé in
g i r o d a u n p a i o d’anni, pare saltata f uori dal
n u l l a i n r a g i o ne del singolo, Sunshine Kid
che - p a ssa t o crudelmente inosservato - f ung e v a d a g u s t o sa anticipazione dell’esordio
“ l u n g o ” U n t i l (cfr. spazio recension i).
Com ’ è r e g o l a q uando hai a che fare c on l’ a lt r a m e t à d e l c i elo, le cose non sono semplici
d a d e c i f r a r e , arrivano al termine di percorsi
em o t i v i i m p r e vedibili; pertanto, l’e vide nz a
c h e A d e m s i a ringraziato nelle scarne note
d i c o p e r t i n a e l’album sia stato prod otto da
K i e r a n H e b d e n e pubblicato dalla sua Text
R e c o r d s r a p p resenta un indizio, ma solo
fi n o a u n c e r t o punto. K athryn, loo k da tim i d a b i b l i o t e c aria di provincia dece ntr a ta ,
a l l e s t i s c e d i f a tti canzoni in punta di tasti
c o m e u n a R i c kie Lee Jones - medesimo il
timbr o voc a le , solo me no nic otin ic o e d e c lina to se c ondo Kr istin He r sh - nata a ll’ e p o c a
del laptop, tuttavia trova modo d i r i f u g i a r s i
a nc he ne ll’ e te r na solidità di c h ita r r e a c ustiche e puro songwriting (“Ho l a t e n d e n z a
a d a sc olta r e va r i tipi di music a, d a J o a n n a
Ne wsom a Ne lly Fur ta do. Ma c h i n o n mi h a
mai abbandonato nel corso degl i a n n i s o n o
Joni Mitc he ll, Bjor k e Will Old h a m. ” ) E s a mina il passato da una prospet t i v a a t t u a l e
e pr ote nde una pa sse r e lla sull’ A tla n tic o , la
r a ga z z a , a e nne sima dimostr a z io n e c h e n o n
esista ormai altra maniera plau s i b i l e d i f a r
music a . Da que sta pr ospe ttiva r is u lta c h ia r o
c ome l’ ipote tic o pa r a dosso si r iv e li f u n z iona le , f or te c om’ è di una sc r ittu r a v ig o r o s a
e dista nte da lla me dioc r ità . Qu a n to e s s a s i
ponga sopr a lo sta nda r d de lla “ f o lk tr o n ica” lo comprovano quegli inat t e s i a ff a b i l i
e c hi di Sole x e Br e e de r s ( il sin g o lo d i c u i
in a pe r tur a , la più r itmic a me nte mo v ime ntata Lotus Flower), che immagi n i c h i u s e i n
cameretta a complottare tra un a r i s a t i n a e
l’altra qualcosa di sfuggente, f a s c i n o s o . I l
se gr e to r isie de a llor a ne l non limita r s i a l
c a n t a u t o r a t o f o l k , s f o r z a n d o s i d i s p a rg e r e
s u lla f e lic e in te r a z io n e tr a v e n a tu r e e le ttr on i c h e e s o n o r i t à o rg a n i c h e u n g u s t o p e r i l
p o p a rg u to d ’ a lto lig n a g g io ( “ D o v e s s i r if a r e
u n b r a n o a ltr u i, s c e g lie r e i T h e Bo o k O f L o v e
dei Magnetic Fields: una canzone d’amore
p e r f e tta e d e q u ilib r a ta . ” ) E ’ a tte n z io n e a lla
f o r ma c h e n o n s v ilis c e la r ic e r c a s u l s u o n o e
la c u r a d e l p a r tic o la r e , f in a lme n te s o ttr a tte
al ruolo di paravento e consegnate a parti
in te g r a n ti d e lla ma te r ia s o n o r a ; U n til me tte
in scena così un gioco di ruolo svagato e
nondimeno serissimo, nel quale l’autrice si
appoggia a Hebden e approfondisce quante
più suggestioni possibili. Eccolo il senso di
g e s tir e c o n d is in v o ltu r a u n tic c h e tta r e s inte tic o s p a la n c a to s u ll’ a n tic a A lb io n e ( Ris e ,
N o b o d y O u t T h e r e ) o s u ll’ o r ie n te ( Ta k e M e
Home persegue un raga come l’ultima Mia
D o i To d d ) o p a g in e p o r ta te d a l v e n to d i f in e
Se s s a n ta /in iz io Se tta n ta ( M a k e O f M e , la d elic a ta s f o g lia T h e Sn a ils A r e O u t To n ig h t) ,
c o me d i ta g lia r e il tr a g u a r d o d e ll’ a r mo n izz a z io n e tr a le d u e a n ime a ttr a v e r s o u n a title tr a c k in p u n ta d i s c a mp a n e llii e lo s c o r r e r e
f lu v ia le d e lla me mo r a b i l e n i n n a n a n n a Lo n g
Ti m e A g o . P i ù c h e r i c i c l a r e , l a p a r o l a p i ù
a d a tta è f o r s e “ r imo d e r n a re ” l e fo n t i , fa rn e
l’ imp a lc a tu r a a s o s te g n o d i c a n z o n i m o d e ratamente audaci e dotate di notevole solidità.
L a f r e q u e n ta z io n e le p a l e s a c o m p i u t e c o m e
gli origami ritratti sulla copertina di Until,
b iz z a r r e c o me c a s te lli d i Le g o e d i fi c a t i d a
b imb i c a n d id a me n te ta l e n t u o s i . D ’a l t ra p a rte lo s u g g e r is c e la d ire t t a i n t e re s s a t a c h e
q u e s t’ u ltima p o s s a r iv el a rs i u n ’i n d i c a z i o n e
p r e z io s a , n e l mo me n to e s a t t o i n c u i s v e l a l a
p r o v e n ie n z a d e lla r a g io n e s o c i a l e a d o t t a t a :
“Da bambina guardavo un vecchio cartone
animato della Disney che raccontava di un
a e r o p l a n i n o b e b è . L’ a d o r a v o e p e r q u a l c h e
ragione quell’immagine è rimasta sempre
c o n me . M i p ia c c io n o le p i c c o l e c o s e . ” M i s s
Bin t o ff r e c a n z o n i s o lo a u n a p ri m a o c c h i a t a
minute, che si portano via poco tempo per
mo s tr a r s i a s s a i c o n s is t e n t i . C h e re s i s t e ra n n o a ll’ u s u r a è c e r to , d u n q u e n o n c o s t i t u i s c e
u n a z z a r d o p r o n o s t i c ar e a l l a l o r o a r t e f i c e
una grandezza prossima ventura.
Giancarlo Turra
SA 11
Final Fantasy
adventure.exe
Tra virtualità e giochi di ruol o , p ro g e t t i
variegati e innumerevoli colla b o r a z i o n i ,
prosegue l’avventura ch a m b e r p o p
del canadese Owen Palle t t , c o n p i ù
di un’anticipazione del nu o v o a l b u m
pre v isto pe r l’ anno p ro s s im o .
Il progetto Final Fantasy ha da sempre evocato, fin dal suo nome, mondi virtuali e filiazioni parallele, ispirato com’è all’universo dei videogiochi, come se l’artefice, il
canadese Owen Pallett, con il suo pop orchestrale e i suoi mille progetti non facesse
altro che spostarsi da un livello all’altro di
un postmoderno gioco di ruolo, mai uguale
ad ogni game giocato.
L’annunciato nuovo album di Final Fantasy,
Heartland, di cui si vociferava con insistenza sin dalla scorsa primavera, non uscirà comunque prima del 2009 inoltrato. Intanto per
ingannare l’attesa il violinista pubblica a
sorpresa, in questo inizio autunno, ben due
EP, testimonianze delle indaffarate attività
che da sempre lo caratterizzano: un prologo
al nuovo album e una serie di cover di un mi-
sconosciuto musicista e sodale di Toronto.
Molto già si è detto negli ultimi anni circa
la celebrata scena indie canadese, che infatti
non ha certo bisogno di presentazione; basti
sapere che Pallett viene da un piccolo sobborgo nei pressi di Toronto, ha già a neppure
trent’anni un curriculum piuttosto nutrito,
che comprende un paio di dischi in proprio,
collaborazioni e arrangiamenti per numerosi
altri, tra cui gli Arcade Fire e i Beirut, remix, colonne sonore, partecipazioni a etichette indie. Su tutto, un’attitudine prettamente
DIY e un’idea musicale comunitaria, che rimanda direttamente a certi anni ’70, idea che
fa dell’integrità artistica la propria bandiera
assoluta. Frasi dette di recente come “ Voglio
semplicemente fare musica interessante, ma
non qualcosa che suoni adeguato a un juke-
box di un bar” la dicono lunga sull’attitudine di Owen, e su come abbia impostato la
sua carriera artistica. Un background classico alle spalle intrapreso sin da piccolo, con
un padre organista di chiesa, studi di pianoforte, pièce composte in preadolescenza per
un videogame ideato dal fratello maggiore,
per approdare poi all’università di Toronto
a studiare composizione classica. Il progetto
Final Fantasy - tributo all’anima nerd di
Pallett - nasce un anno dopo la conclusione
degli studi universitari, nel 2003, essenzialmente come one-man band. Si è intanto unito
ai Picastro e ha iniziato la sua attività come
arrangiatore, per gli Hidden Cameras e gli
Arcade Fire tra gli altri.
L’esordio con Has A Good Home (Tomlab,
2005; 6.8/10) suona come una preparazione
per quel che verrà. Composizioni per violino e pedale del loop conducono l’album a
snodarsi tra chamber pop e songwriting che
ricordano un Patrick Wolf meno enfatico
in verità, mentre certo minimalismo riporta da un lato alla Penguin Cafè Orchestra,
dall’altro ad ascendenze pienamente seventies, Nick Drake su tutte (si ascolti l’accorata Adventure.exe); seguono riferimenti Arcade Fire, Postal Service e melodie eighties
(This Is The Dream Of Win & Regine), che
culminano nel lirismo accorato della sinfonia
per archi di That’s When The Audience Died.
Sicuramente una convincente prova generale. L’ a v v e n u t a m a t u r a z i o n e s i e s p l i c i t a n e l
s u c c e s s i v o H e P o o s C l o u d s ( To m l a b , 2 0 0 6 ;
7 . 3 /1 0 ) , u n c o n c e p t a lb u m le c u i c o mp o s iz io n i s o n o is p ir a te a i liv e lli d i D u n g e o n s
A n d D r a g o n s , l’ e p ic o v id e o g a me f a n ta s y.
Qui il minimalismo del precedente lavoro
lascia il posto ad arrangiamenti stratificati
e d a u n a r iu s c ita u n ità c o n c e ttu a le . U n e q u ilib r a to c o n n u b io tr a p o p e s tr u ttu r a c la s s ic a
q u in d i. L e c a n z o n i s o n o a r r a n g ia te p e r q u a rte tto d ’ a r c h i, p ia n o f o r te , h a r p s ic h o r d e p e rcussioni, si insiste su composizioni piene
e piuttosto enfatiche, che occhieggiano al
s o lito Wo lf , c o s te g g ia n d o Ru f u s Wa in w r ig h t
e il J a mie Ste w a r t me n o e s tr e mo ( n e lla title track, in Pooka Sings), e portandosi in
territori ancora inglesi con i riferimenti al
c o n s u e to D r a k e e a llo Sc o tt Wa lk e r p iù a r ty
( I f I We r e A C a r p ) . N u m e r o s e l e c i t a z i o n i
te s tu a li a l mo n d o v ir tu a le , v a d a s é , d a i g io -
c h i N in te n d o a lle Cr o n a c h e d i N a rn i a , m e ntr e il s o tto te s to d e ll’ al b u m è u n a a u t o b i og r a f ic a r if le s s io n e in to rn o a l ra p p o rt o t ra
a te is mo e mo r te . A u to b i o g ra fi s m o p re s e n t e
d a s e m p r e i n P a l l e t t , c h e a ff r o n t a i l t e m a
d e ll’ id e n tità d e l q u e e r a rt i s t q u a l e e g l i è
in mo d o d e f ila to , n o n d a a t t i v i s t a . N o n fa cendoci esattamente della musica militante
s o p r a . A ff r o n t a n d o l a d a u n p u n t o d i v i s t a
d e ll’ id e n tità , p iu tto s to c h e d e l l ’a ffe rm a z i on e , e s s e n d o tr a l’ a ltr o i l C a n a d a d a q u e s t o
p u n to d i v is ta u n o s ta to p i u t t o s t o l i b e rt a ri o .
I n ta n to a d o g g i s i s a ch e i l p ro s s i m o d i s c o
c h e v e d r à la lu c e n e l 2 0 0 9 , H e a rl a n d , s a rà
a n c o r a u n c o n c e p t, d a l u i d e fi n i t o “ ra c c o n to e p ic o - f a n ta s tic o ” , a m b i e n t a t o i n u n re g n o
f ittiz io , Sp e c tr u m, e b as a t o s u c o n v e rs a z i on i tr a la d iv in ità d e l p o s t o (i d e n t i fi c a t a c o n
l’ a u to r e s te s s o ) e u n g i o v a n e fo n d a m e n t alis ta r e lig io s o . A rg o me n t i c h e a n c o ra ri t o rnano quindi nell’immaginario del Nostro e
c h e c r e d ia mo s a r a n n o tra t t a t i c o n l a c o n s u eta ir o n ia e la rg a me n te m e t a fo ri z z a t i . Te m atiche che ritroviamo anche nel primo degli
E P u s c iti in a u tu n n o , Sp e c t ru m , 1 4 t h C e n t u r y E P ( Blo c k s Re c o r d in g C l u b , 3 0 s e t t e m b re
2 0 0 8 ; 6 . 9 /1 0 , in r e c e n s i o n i ); u n a c o l l a b o raz io n e c o n il p r o g e tto B e i ru t , re g i s t ra t o d ur a n te le s e s s io n d e ll’ u l t i m o l a v o ro d e l l ’e ns e mb le , T h e Fly in g Ca b C u p u s c i t o a l l a fi n e
d e ll’ a n n o s c o r s o , e c h e a v e v a v i s t o P a l l e t t
a r r a n g ia r n e g li a r c h i. Un s e t d i c i n q u e p e zz i c h e p r o s e g u o n o la s t ra d a d e l l ’u l t i m o d is c o H e P o o s C l o u d s , l a rg a m e n t e a r r a n g i a t i
e c h e v ir a n o ma g g io r m e n t e v e rs o a t m o s fe re
j a z z y e a m b i e n t . I l s e c o n d o m i n i , P l a y s To
Ple a s e E P ( Sle n d e r M e an s , 2 1 o t t o b re 2 0 0 8 ;
7 . 1 /1 0 , in r e c e n s io n i) ca m b i a a n c o ra l e c a rte in tavola: trattasi di cover di sei pezzi
d i A le x L u k a s h e v s k y, m u s i c i s t a d i To ro n t o
le a d e r d e l g r u p p o D e e p D a rk U n i t e d . In o rig in e b lu e s r iv id i s o p r at t u t t o a c u s t i c i , v e ng o n o q u i r iv is ita ti d a P a l l e t t , A n d re w B i rd
e n u me r o s i a ltr i o s p iti, i n u n c h a m b e r j a z z
c a b a r e t a s s a i d r a mma ti c o , c h e ri m a n d a a u n
mis to tr a o r c h e s tr a z io n i c l a s s i c h e e m u s i c a l
d i B r o a d w a y, c o n i l t o c c o d e l N o s t r o e l a
s u a v o c e a f a r d a c o ll a n t e . Un’altra delle
sue personificazioni, un ulteriore fast forward verso quant’altro vorrà riservarci in un
prossimo step.
Teresa Greco
SA 13
n e l 2 0 0 2 la b a s e d e l p r imo p r o g e tto .
“A u n c e r to p u n to , n e l c o r s o d e i n o s tr i v a r i
to u r e d e s p e r ie n z e lu n g h e in A m e r ic a c i s iam o re s i c o n t o c h e c ’ e r a t a n t i s s i m a m u s i c a
c h e c i in te re s s a v a e c h e a b b ia m o in c o m inc ia to a p e n s a re fo s s e s b a g lia to n o n in c lu d ere n e lla n o s tr a p r a tic a ; a b b ia m o in c o n tr a to
ta n ta g e n te c h e c i h a fa tto a s c o lta re ta n ta
musica nuova per noi - e quindi abbiamo
s v ilu p p a to q u e s ta p o s s ib ilità d iffe re n te .”
blake/e/e/e
A b b i a m o c o n v ersato a lungo con Paolo Iocca del suo nuovo progetto, sempre c o n M a rc e l l a
R i cc a rd i , d o p o la fine dell’esperienza Frank lin De lano. Si c hiama Blake /e /e /e e s o t t e n d e
i n n a n z i t u t t o u n nuovo atteggiamento musicale; ve lo presentiamo riportando il re s o c o n t o
del l’ i n t re c c i o tra i nostri e i suoi ra gioname nti.
Tante cose invece che una sola
Q u e l l o c h e è rimasto uguale è la presenza
d i P a o l o Io c c a, la “voce” che sopra e sotto
v i re st i t u i a m o , e di Marcella R iccar di, gli
art e f i c i , a p a r t ire dal 2002, - insiem e pr inc ip al m e n t e a Vi t toria B urattini - dei Fr anklin
Del a n o .
L’ a v v e n t u r a d i cui vi raccontiamo l’inizio
s i c h i a m a B l ak e/e/e/e e racconta anche di
com e si i n t r o mettano dei nuovi asco lti. Se i
F D e r a n o n a t i dalle suggestioni post- f olk di
m a t r i c e R e d Red Meat-Calexico, oggi non
es i st e p i ù u n unico termine di riferimento.
S e i F r a n k l i n e rano con m erito entrati in una
s cen a a m e r i c a na di superam ento dal di de nt ro d e l f o l k t r adizionale, i Blake celebrano
i l gu a r d a r si a t torno, l’ascoltare i prof umi e
l ’an n u sa r e l a v arietà degli strumenti e de lle
t rad i z i o n i i n c u i ci si im batte.
E - u l t i m o se - se a qualcuno sembrer à str a n o s e n t i r e p r o nunciare tali parole da ll’ a u-
tor e di un ta le gioie llo di a me r ic a n ità q u a le
è Come Home, è bene fargli sa p e r e c h e l a
nuova c r e a tur a è na ta dopo a ve r “ in iz ia to a
c onside rare il folk ame ric ano c o m e u n tip o
di musica etnica in mezzo ad a l t r i t i p i d i
music a e tnic a” ; “ tante cose inv e c e c h e u n a
sola” .
I n r e a ltà i ge r mi de l c a mbia me n to e r a n o g ià
pr e se nti ne lle ultime vic issitudin i d e i D e lano. I l già c ita to Come Home co n t a v a s u u n
organico che non si limitava a l t r i o s e c c o
di music isti. I via ggi e le nuov e c o n o s c e nze hanno poi fatto da catalizza t o r e p e r u n
lento cambiamento, nelle orecc h i e e n e l l e
dita c he toc c a no nuovi str ume n ti. L’ A mer ic a de l post f olk ha f or nito vis io n i d iv e r s e
della musica, che messe una vici n a a l l ’ a l t r a ,
anziché dare un senso di giusta p p o s i z i o n e ,
r innova no que lla c ur iosità c he er a s ta ta g ià
Arriva dunque ancora in seno ai Franklin il
mo me n to d e lla me ta mo r f o s i; il g ir o d i b o a è
J a r d im Elé tr ic o . A Tr ib ute To O s M uta nte s ,
c o mp ila M a d c a p d e l 2 0 0 7 d o v e I FD r if a nn o A d e u s M a r ia F u lo; il c o n ta tto c o n l’ u n iv e r s o b r a s ilia n o – s in c r e tic o d i s u o p e r d efinizione – è in questo caso probabilmente
c o n tin g e n te ; ma s a n c iv a u n a a c q u is ita p r op e n s io n e c h e d a lì a p o c o s a r e b b e s b o c c ia ta
n e lle id e e d i Pa o lo e M a r c e lla .
I n A d e u s M a r ia F u lo, o ltr e a lla p e r c u s s iv ità d u B r a s il s i s e n t e a n c h e u n g e n e r e c h e ,
fra l’altro, non ci saremmo aspettati che
r ie me rg e s s e p r o p r io n e g li Sta te s ; è il d u b ,
c h e d o min a la f a s e d i mis s a g g io d e l p e zz o . I te mp i s o n o o r ma i ma tu r i p e r c h ia ma r e
“ q u e s ta c o s a ” c o n u n a ltr o n o me , “p e r d a r le
u n a fre s c h e z z a d iffe re n te” , p e r “r ip a r tire d a
z e ro c o n u n a n u o v a e n e rg ia” .
La matrice e il rizoma.
Da lì a breve i due registrano il demo che
d iv e n te r à Bo r d e r Ra d io , l’ e s o r d io d e i n o v e lli Bla ke /e /e /e; s i a v v ic in a n o a ta n ti s tr u me n ti n u o v i s e n z a a v e r n e il c u lto r e v e r e nziale; usano derbouka, percussioni, synth;
Pa o lo s u o n a il b a s s o c o me u n te mp o J a h
Wo bble imp a r ò d a i g ia ma ic a n i; e n tr a mbi sperimentano intrecci vocali, registri
d i v a r ia p r o v e n ie n z a . A s c o lta n o e s tu d iano musiche dell’Oriente, come il Gamelan
di Bali, dell’Africa, come la percussività
d e l Bu r u n d i, d e ll’ A me r ic a tu tta , p e r s in o il
Ca ju n , la mu s ic a d e i p e lle r o s s a . Co n il b a ilamme di tamburi nello stereo incontrano a
Bologna David De La Fuente, che diventa
il b a tte r is ta d e i Bla k e a n c h e p e r la s u c c e ss iv a to u r n è e a me r ic a n a ; r e g is tr a n o il d is c o
n e llo s tu d io d i r e g is tr a z io n e d i Br u n o G e rmano dei Settlefish; lo pubblicano, nella
prima edizione, con l’americana Free Folk
Records, nello scorso maggio.In Europa il
d is c o a r r iv e r à s o lo q u al c h e m e s e d o p o , c o n
la v o r o g r a f ic o r in n o v a t o e u n a n u o v a s t a m p a p r e s s o la U n h ip d i G i o v a n n i G a n d o l fi . E
siamo ormai all’oggi. Ma è il processo che
ci interessa maggiormente, è su quello che
v o g lia mo to r n a r e .
“Ne i F r a n k lin D e la n o ero i o a p o r t a re i b r an i g ià c o m p o s ti e in s a l a p ro v e l i s i a r r a n g ia v a ; a d e s s o in v e c e io e Ma rc e l l a a b b i a m o
la v o r a to in iz ia n d o a re g i s t r a re l e p r i m e i d e e
che ci venivano in testa e dopo lavorando
i n s i e m e p e r s t r a t i f i c a z i o n i s o n o re i n f a s e
d i re g is tr a z io n e ; q u e s to c i h a c o n s e n t i t o d i
g u a rd a re le n o s tre s te s s e i d e e d a l l ’e s t e r n o
e q u in d i a s fo r z a rc i di t ro v a re d e l l e s o l uz i o n i c h e f o s s e ro i n n o v a t i v e e p e r s o n a l i ,
c h e n o n r ic h ia m a s s e ro a t u t t i i c o s t i i c l i c h é
c h e n o r m a lm e n te s i u til i z z a n o i n s a l a p ro v e
a n c h e in m o d o in c o n s ci o p e r a r r a n g i a re u n
brano.”
I n s o mma , p iù c h e “ f a r e” q u e s t a o q u e l l a m us ic a i Bla k e a d o p e r a n o u n n u o v o p a ra d i g m a
d i f a r e mu s ic a ; la p e r c u s s i v i t à n o n d i l a g a ,
in Bo r d e r Ra d io ; il la v o ro s u l l a v o c e e s u lla me lo d ia – e s u lla s ua c o m p l e s s i fi c a z i o n e
– c o n tin u a in v e c e a e ss e re c e n t ra l e ; l a fres c h e z z a e l’ e s tr o r ic o r d a n o a l t re fe l i c i p ro duzioni italiane che non guardano né solo
a u n d e n tr o n é s o lo a u n fu o ri “ m i t i z z a t o ” ;
d u e n o mi s u tu tti: F a t h e r M u r p h y e I J e n nif e r Ge nt le. Vie n e d a p e n s a re a u n a v i a
“ ita lia n a ” a i f o lk s tr a ni e ri ; m a i n d e fi n i t i v a
s e mb r a a n c h e c h e la m u s i c a e t n i c a n o n a bbia agito come semplice matrice, fornendo
dischi pionieristici di una o più scene da cui
p a r tir e , ma p iu tto s to p re s e n t a n d o o p p o rt unità e approcci plurimi, a livelli diversi, di
strumenti, umori, culture intere; è stata un
rizoma che consente la distribuzione della
s c r ittu r a in p iù mo me n t i e fa s i s u c c e s s i v e .
E se nel frattempo la formazione ha visto
l’ingresso di un nuovo batterista – Mattia
Boscolo – e l’aggiunta di Egle Sommacal
– a l t r o e x - M a s s i m o Vo l u m e - a l l a c h i t a r r a ,
sempre meno suonata da Paolo, è legittimo
a s p e tta r s i d a i p r o s s imi l i v e a l t ri e ffe t t i d e lla s tr a tif ic a z io n e d e lla c re a t i v i t à .
G a spare Caliri
SA 15
David Vandervelde
una musica in testa, aspettando l’alba
Q u a l c h e a n n o fa andava di moda parlare di
gu i l t y p l e a su re s. L’artista di turno, spe sso
s o l l e c i t a t o d a un intervistatore m aliz ioso,
face v a c o m i n g out. A m m etteva, nella pr opri a i m m a c o l a ta collezione di dischi, a c c a nt o a i b o o t l e g degli S tooges e ai vinili de i
K ra f t w e r k , l a p resenza di album tanto godibi l i e i r r i n u n c iabili quanto imbarazz a nti e
fuo r i m o d a . I nom i più ricorrenti del mondo
d e i p i a c e r i p r oibiti erano le stelle del MOR,
d e l r o c k p e r a dulti degli anni settanta. Oggi
s ’ è f i n a l m e n t e capito che non c’è nulla da
verg o g n a r si a d am are Hall & O a t e s e i
Wi n g s, e c h e , seppure certi dischi e r a no la
nega z i o n e d e l lo spirito giovane e se lva ggio
d e l r o c k , o ff r i vano esempi splendidi di altri
a s p e t t i f o n d a mentali della musica leggera:
l a s c r i t t u r a e l a produzione della for ma c a nzo n e . Q u a l e sf izio potrebbe al giorno d’ oggi
s emb r a r p e c c aminoso? S tep h in Mer r it t de i
M ag n e t i c F i e l ds si fa da tempo paladino de gl i A b b a q u a nto dei Jesus And Mary Chain,
D enn i s Wi l so n viene finalm ente rista mpa to
a dovere, e gli svedesi di etiche t t e c o m e l a
La br a dor dispe nsa no de lic a te z z e c o n la s icura grazia di chi pare avere re i n v e n t a t o i l
sole ( se ppur e in una ve r sione u n p o ’ s b ia dita).
Una de lle be lle sor pr e se de lla p r ima p a rte de l 2008 è sta to He re ’s To Be ing He r e
l’ a lbum di Jason Colle t t , ne l q u a le a b b iamo tr ova to un e x me mbr o de i Bro ke n So c ia l
Sc e ne , sple ndidi sa bota tor i de lle f o r me c anonic he , a lle pr e se c ol r e viva l d e l la to mo rbido della West Coast.
Anc or più sor pr e nde nte è sta to v e d e r lo s upe r a to ne ll’ impr e sa da Da vid Va n d e r v e ld e ,
giova ne music ista di Chic a go, ch e to r n a c o n
un lavoro che pare voler gridar e a l m o n d o :
“ Amme tte te lo! Qua ndo a sc olta te D e ja Vu, è
pe r Te ac h Your Childre n e Our H o u s e p i ù
c he pe r Carry On e Almost Cut M y H a ir ! ”
Ci si stupisc e di que sto nuovo Va n d e r v e lde pe r c hé c ol suo e sor dio, The M o o ns ta tion House Band , de l 2007, s e mb r a v a in serirsi nel filone del nuovo gl a m , a c c a n t o
a Bo bby C o hn , W hit e Willia m s e a i n u o v i
Of M o nt re a l. L o f a c e v a s f o d e r a n d o p e r f e tte
r ip r o d u z io n i d e l s o u n d d e i T R e x , imp r e ssionanti soprattutto nella riproposta di certi
vezzi vocali. Chi l’avrebbe mai detto che
Va n d e r v e ld e p o r ta v a n e l c u o r e p iù To ny Vi s c o nt i c h e M a rc Bo la n? I n Wa iting Fo r T he
Sunr is e , a p p e n a u s c i t o , h a a ff i n a t o l a s u a
a b ilità in c a b in a d i r e g ia , e l’ h a me s s a a l
s e r v iz io d i s u o n i mo lto p iù a me r ic a n i, c a ldi e maturi. Nella breve intervista che ci
ha concesso ha confermato i nostri sospetti
s u lle s u e in f lu e n z e c o me p r o d u tto r e :
S o n o u n g r a n d e fa n d i L ind s e y Buc k ing ha m
e s o n o s ta to in flu e n z a to d a l s u o la v o ro c o n
e s e n z a i Fle e two o d M a c . S o n o a n c h e u n
g r a n d e a p p a s s io n a to d i J e ff Ly nne ( M e n t e
d e g li EL O e p ro d u tto re p e r G e o rg e H a r r is o n e To m P e tty, N. d . G . ) .
Continuando il discorso, sbuca fuori a un
c e r to p u n to a n c h e u n n o me p iù s o r p r e n d e n te :
La p ro d u z io n e è d iv e r te n te . Vo r re i c o n tin u a-
re a p ro d u r re i m i e i d i s c h i . M i p i a c e re b b e
a n c h e fa re u n d is c o d i R& B c o n R . K e l l y,
e lim in a n d o tu tta q u e lla m e rd a c o m p u t e r i zz a ta e l’ a u to tu n e … fa rg l i f a re u n d i s c o v e ro
c o n b u o n i m u s ic is ti. I o s o n o u n s u o f a n , l u i è
u n re d e ll’ R &B , m a la p ro d u z i o n e n e l l ’R& B
c o n tin u a a p e g g io r a re . N o n è p i ù v e r a .
N e s s u n g u ilty p le a s u re n e a n c h e i n q u e s t o
caso, Kelly è un nome ormai stabile nel
Pa n th e o n d e ll’ I n d ie . Wi l l O l d h a m/ B o n n i e
P r inc e Billy h a a p p e n a re g i s t ra t o u n a c o v e r d i Th e Wo r ld G re a t e s t – g ra n d e c a n z on e , s e p p u r s o v r a c c a r ic a d i p a t h o s – e a n c h e
Be c k d a a n n i s i p r o f e s s a fa n d e l c o n t ro v e rs o
d iv o d e ll’ R’ n ’ B, s p e s so g e n i a l e , s p e s s o ridicolo (capace di essere entrambe le cose
n e l s u b lime e a s s u r d o m e l o d ra m m a d i Tr a p p e d I n Th e Clo s e t) .
L’ in te r v is ta e r a p a r tita d a i L i c k e d y S p l i tz,
il gruppo che l’accompagna dal vivo e che
l’ha aiutato nella realizzazione di questo
n u o v o d is c o :
Le c a n z o n i c h e s ta v o s c r i v e n d o p e r i l d i s c o
h a n n o p re s o v ita in u n a n u o v a f o r m a m e n t re
le re g is tr a v o in s tu d io c o n l a b a n d . C ’è u n a
sorta di sensazione magica e inspiegabile
c h e a v v e r to q u a n d o u n a o p i ù p e r s o n e i m p ar a n o le m ie c a n z o n i e l e s u o n i a m o i n s i e m e .
[…]Il primo disco è pieno di variazioni di
fre q u e n z a d e l n a s tro a n a l o g i c o , v o c i r a dd o p p ia te e tu tti g li a ltr i t r u c c h i … e d è s t a t o
fa tto c in q u e a n n i fa . Wa i t i n g F o r Th e S u n r is e è d i s ic u ro m o lto p i ù d i re t t o , e d i c e r t o
io s o n o c a m b ia to m o lto i n c i n q u e a n n i .
L a d iv e r s a g e s ta z io n e d i Wa i t i n g F o r T h e
Sunr is e h a c a mb ia to an c h e i l s u o m o d o d i
esibirsi:
Vi s t o c h e q u e s t e c a n z o n i n u o v e h a n n o s u
disco un’impostazione molto live, dal vivo
sembrano spesso abbastanza simili. Comunq u e c e rc h i a m o d i l a s ci a re c h e i n c o n c e r t o
le c a n z o n i d iv e n g a n o co m e v o g l i o n o , s e n z a
im p a z z ire c e rc a n d o d i f a r l e u g u a l i a l l a l o ro
v e r s io n e in s tu d io . D a l v i v o è s e m p re t u t t o
p iù r u m o ro s o .
P a o l o B a ss o t t i
SA 17
Claudia Attimonelli
abbattendo pregiudizi
Q u e l l a d i s c r i ttrice è solo quale più recente conseguenza di un percorso pol i e d r i c o c h e
l ’ h a v i s t a i m mischiarsi fino al collo nella digital-culture. Da Bari a Berlino v i a B o l o g n a ,
p o r t a n d o a v a nti un’indagine che non conosce barriere semantiche e culturali, m e t t e n d o s i
i n g i o c o c o l coraggio della com pete nza, c e ntrifugando te oria c atte dratic a e p r a tic h e s u l
campo.
Pu g lie s e , c la s s e ‘ 7 5 , Cla u d ia A ttimo n e lli s i
a v v ic in a a l tip o d i “ p r o f ” c h e a v e te s e mp r e
sognato d’avere o - casomai vi stuzzicasse
la carriera accademica - essere. Non fosse
a ltr o c h e p e r le ma te r ie d i c u i s i o c c u p a ( c i n e ma , f o to g r a f ia e te le v is io n e ) in u n c o r s o
c o me min imo in tr ig a n te q u a le Sc ie n z e e te cnologia della moda all’Università di Bari.
D a p o c h i me s i è d iv e n ta ta ma d r e , ma a d ir e
il vero si fa un po’ fatica ad immaginarla
come una tutta casa, pannolini e cattedra.
L a u r e a ta in Te o r ia d e l lin g u a g g g io e s c ie n z e
dei segni, si occupa infatti di installazioni
d i v id e o a r te ( in v e s te d i c u r a tr ic e e a u tr ic e ) ,
scrive per magazine di arte contemporanea
c o me I n s id e e Co o lc lu b , in o ltr e e s o p r a ttu tto
f a p a r te d i L a b 0 8 0 - c o lle ttiv o b a r e s e d e d ito
a lle a r ti d ig ita li a d a mp io s p e ttr o - a ll’ in te rno del quale agisce col nickname di Lenore.
Tu t t o c i ò l ’ h a p o r t a t a a d e l e g g e r e B e r l i n o
quale centro di gravità (im)permanente per
le s u e in c u r s io n i in c a mp i d ’ in d a g in e q u a li
- riporto pedissequamente - sociosemiotica
d e lla mu s ic a , v is u a l c u ltu r e , me d ia s tu d ie s ,
c o o lh u n tin g , g e n d e r s tu d ie s , v id e o c lip th eo r y e f a s h io n th e o r ie s . N e l f r a tte mp o , a lc u n i s u o i s c r itti h a n n o a s s a g g ia to l’ e b b r e z z a
d e g li s c a ff a li ( n e i v o lu mi c o lle ttiv i G e n erando Musica Elettronica e Il Novecento
- quest’ultimo a cura di Umberto Eco - e
n e lle r iv is te a d o r ie n ta me n to s e mio tic o E /C
e PL AT. E ’ q u in d i c o n Te c h n o : r itmi a f r o f u turisti (Meltemi editore) che avviene oggi
il v e r o e p r o p r io d e b u tto “ s o lis ta ” , u n lib r o
c h e p e r c o r r e e a n a liz z a c o n a g ile in te n s ità
radici, parabola e propaggini del fenomeno
te c h n o ( r e c e n s io n e n e llo s p a z io lib r i) . Pr e ss o c h é d o v e r o s o - e s tu z z ic a n te - in te r v is ta rla per S&A.
L e p re m e s s e s t o r i c h e e t e r m i n o l o g i c h e
de lle pr im e c inqua nt a pa g ine s o no un int r i g a n t e s h o c k , a l m e n o p e r i p ro f a n i d e l
g e ne re t e c hno c o m e il s o t t o s c r it t o . Si a v v e r t e c o m e la ne c e s s it à di de f inire inna nz it ut t o uno s c e na r io a ut o re v o le e a nt iba na le
e nt ro c ui m uo v e re l’ a na lis i, a s ba r a g lia re
f in da s ubit o o g ni e v e nt ua le f a c ilo ne r ia in
f a s e di a ppro c c io . . . Sba g lio ?
N o , n o n s b a g li, è p e r q u e s to in f a tti c h e h o
s c e lto d i a p p e lla r mi a D o s to e v s k ij e a i s u o i
“ Ric o r d i d e l s o tto s u o lo ” – “ N o te s f r o m u n-
d e rg r o u n d ” – p e r s c a n d a g l i a r e l ’ h u m u s e g l i
a b is s i d a c u i p r o v e n g o n o e d o v e p ro l i fe ran o le c u ltu r e u n d e rg r o u n d . A l l ’i n i z i o c re d o
si tratti sempre di una questione di nomi:
p a r tir e d a l n o me p r o p r i o e c h i e d e rs i , fi l olo g ic a me n te , s o c io lo g i c a m e n t e , l e t t e re rar ia me n te e in b a s e a ll ’e s p e ri e n z e p e rs o n ali c o s a s ia te c h n o , c o sa h o u s e e c o s a c o o l .
Q u e s to ti p e r me tte , o h a s o l o l ’a s p i ra z i o n e ,
d i s g o mb e r a r e il c a mp o d a i p re g i u d i z i t i p i c i
d e lla f in e d e l N o v e c e n t o , s e c o n d o i q u a l i l e
culture urbane giovanili e la musica dance
sono subculture. In quel “sub” si annida
u n te mib ile p r e c o n c e tto c h e a c c o m p a g n a d a l
secondo dopoguerra ad oggi l’immaginario
c o lle ttiv o , c io è l’ id e a ch e e s i s t a u n a C u l t u ra
e d e lle s o tto c u ltu r e .
Qua nt o t e m e v i ( t e m i) l a re fr a tta r i e tà d e lla cultura dominante all’idea stessa di
a f ro f ut ur is m o ?
La prima volta che dieci anni fa m’imbattei
n e l te r min e “ a f r o f u tu r i s m o ” , s e n z a c o n oscerlo, fui colpita dall’idea di una cultura
b la c k c o n r if e r ime n ti f u t u ri s t i , p i u t t o s t o c h e
da un futurismo ispirato a elementi afro.
C o s ì d e c i s i d i a p p r o fo n d i r e e s c o p r i i u n
mo n d o f a tto d i r o ma n z i d i fa n t a s c i e n z a b l a c k
( Bla c k Sc i- Fi) , a n tic h e c re a t u re e g i z i e c h e
animano i lavori di Sun Ra e le copertine
d e i v in ili d i D r e x c iy a … “ Tri b a l i s m o h i g h te c h ” , c o me d ic h ia r ò un a v o l t a u n o d e i p i o n ie r i d e lla te c h n o , D e r ri c k M a y, i n u n ’i n t e rv is ta : “ L a te c h n o in o r i g i n e e ra u n a m u s i c a
h ig h - te c h c o n u n p r o f o n d o s e n s o d e l l e p e rc u s s io n i ( . . . ) . D ir e i e s t re m a m e n t e t ri b a l e .
E’ come trovarsi in un villaggio hi-tech”.
La cultura dominante, così come ha negato
ai neri un passato e un presente tecnologico,
c o n t i n u a a c o n s i d e r a r e, q u a n d o l o c o n o s c e ,
l’ a f r o f u tu r is mo u n o s s i m o ro p e rc h é s i n u t re
tu tt’ o g g i d e l p r e g iu d izi o c h e l e e s p re s s i oni culturali black siano legate alla strada,
all’estetica del ghetto, allo stereotipo che
v u o le i n e r i tu tti u n iti s o t t o l o s t e s s o i n t er e s s e c u ltu r a le c o n in v i s i b i l i s fu m a t u re . E’
s u ff ic ie n te c h ie d e r e in g i ro c h i a b b i a fo n d ato la musica techno e la house, vedrai che ti
r is p o n d e r a n n o c h e s o n o g e n e ri n a t i i n Eu ro p a , I n g h ilte r r a e G e r ma n i a , n o n c e rt o d a u n
ma n ip o lo d i r a g a z z e tti n e ri d i D e t ro i t !
Qua nt o r it ie ni c he le p ro me s s e d e l l a p r iSA 19
m a t e c h n o si an o state man ten u te?
M usi c a l m e n t e la techno ha ancora ta ntissim o d a d i r e p r o prio perché è una music a c he
s e n z a p a r o l e riesce a parlare a chiunque,
d u n q u e p o t e n zialm ente si evolve se mpr e
( t u t t a v i a u l t i mamente non riesco a trovare
n u o v e b u o n e produzioni e riascolto i vecchi
v i n i l i ) . L a su a fortuna è la costante c onta m i n a z i o n e , a l l e volte techno è da inte nde r si
com e u n ’ a t t i t udine nel fare m usica piuttosto
c h e u n s o u n d s pecifico. Se invece ti riferisci
al l e m o d a l i t à d i fruizione, ebbene, la r e c e nt e s c e n a t e c h n o dei party non ha molto a c he
v ede r e c o n i l panorama della prima or a . Non
s o se è u n m a l e o una naturale evoluzione , o
f o r s e i l d i s c o r so è troppo complesso…
Nel l a p r i m a domand a h o scritto “ge ne re
tech n o ” . P ro b ab ilmen te h ai q u alc osa da
o b i e t t a re . . .
(‘o ’ ) h i h i , n o dai, è accettabilissimo. La
q u e s t i o n e d e i “generi” e la questione del
“ g e n d e r ” è u na partita ancora aperta che
v arr à l a p e n a giocare con tutte le fo r z e e le
“ g e n e r a z i o n i ” in campo ;-)
I l ro c k n o n e sce benissimo dal tuo libro.
N e p a r l i c o m e di una liturgia verticistica,
i m b a l sa m a t a , con servatrice, mach ist a...
S o n o f e r m a m ente convinta che ad un certo
p u n t o i l r o c k ha subito una crisi di ide e e
d i i m m a g i n e c oincidente con la rivo luz ione
c h e s t a v a a v e ndo luogo in altri ambiti dal
p u n t o d i v i st a musicale, del gender e de lla
p e r f o r m a n c e a rtistica; non tutti i musicisti
r o c k e n o n t u tti i loro estimatori l’hanno
c o m p r e s o . P e r ragioni diverse e alle volte
i m p e r s c r u t a b i li, ad esempio, in Italia nel
corso d e g l i a n n i O ttanta molti giova ni sono
c r e s c i u t i c o n l’idea, non sperimentata con
l e p r o p r i e o r e cchie e il proprio corpo, c he
l a m u si c a d a n ce fosse fighetta, di d e str a e
com m e r c i a l e , solo perché qui prevale va uno
s c e n a r i o r o c k dichiaratamente maschile e
con se r v a t o r e : se eri donna, per emerge r e dov evi n e c e ssa r i amente essere una chita r r ista
i n c a z z a t a , o p pure una poetica cantautrice
d al la v o c e su a dente, ma com unque non de c i d e v i n u l l a d al punto di vista disco grafico,
d el m e r c a t o n é dell’im m agine. P oi è a r r iva to
i l r o c k o b l i q u o, quello contorto e le carte si
s on o m e sc o l a te. In un capitolo sull’ inc on-
tr o/sc ontr o tr a la disc o e il punk h o c e r c a to
di r a c c onta r e a ttr a ve r so qua lc he n o me i p r ota gonisti e le pr ota goniste di qu e s ta s ta g ione che ho chiamato “God save t h e d i s c o ! ” .
Detto per inciso, sono una gra n d e a m a n t e
del rock e delle sue derive, m a o g n i s t i l e
music a le ha de lle stor ie da r a cc o n ta r e : c ’ è
un’ imma gine c he spie ga que sto ma c h is mo
imbalsamato come lo chiami tu e d è q u e l l a
de l c hita r r ista r oc k, a l c e ntr o de l p a lc o c o n
lo str ume nto sul pube , le ginoc c h ia p ie g a te
e la sc hie na ina r c a ta c he mima u n a p o te n z a
music a le c onf ina ta a ll’ a lte z z a d e l p e n e ; p e r
contro, in discoteca vedevi un b a l l e r i n o o
un c a nta nte a nc he ggia r e e sf r e n a r s i a i r itmi
da nc e me sc ola ndosi ne lla f olla o in n e g g ia ndo a d una c or por e ità più intr iga n te .
Tuttavia la matrice rock è be n p re s e n t e
nell’innesco kraut operato da K r a f t w e r k
e Ne u! , prose guit o c on Bowie , Ta lking He ads, Ne w or de r, De pe c he M od e e c c . Ovvero, il rock non è rimasto es t r a n e o a l l e
forze che hanno generato la t e c h n o , a n z i
ne ha subit o prof ondam e nt e l’ inf lue nz a
anche da un punto di vista - pe r d o n a m i i l
t e r m ine - prosse m ic o...
D’accordissimo, anzi questa è s t a t a l a s u a
sa lve z z a , l’ imba r ba r ime nto r isp e tto a ll’ in iz ia le pur e z z a : music a bia nc a , e le ttr ic a e c ar a tte r iz z a ta da lla f or ma c a nz one tr a d iz io n ale .
Quanto al jazz, invece, i par a l l e l i s m i s i
spre c ano: dai prodrom i di c lub- c ult ure
alle st r ut t ure c irc olar i de lle co m po s iz ioni passando pe r l’ e m pit o space y di f ig ure
quali Sun Ra... Rit ie ni c he , c o m e a c c a du t o al j az z , anc he la t e c hno r isc hi di f inire
in una sor t a di “pr igione dor a t a ” ?
Pur tr oppo pe r c e r ti ve r si è già c a p ita to , ma
c ome sc r ive Andr e a Be ne de tti ne l s u o “ M o ndo te c hno” , que sta music a è r ius c ita c o mu nque a salvarsi dall’incasellame n t o e d a l l a
mercificazione definitiva come è c a p i t a t o
inve c e a lla house c he solo di r e ce n te s ta v ive ndo una nuova sta gione di be l le z z a . Ce r to
tutte le volte c he si ve de la c r ic c a d i H a w tin, Villa lobos, Ma gda & Co. in g ir o p e r d a te
c he suona no un po’ c ome de lle ma r c h e tte ti
c hie di se la te c hno non sia già s e p o lta … p o i
però all’ascolto dei loro set ti r i a p p a c i f i c h i
a n c h e c o n q u e lla p a r te d e ll’ e le ttr o n ic a c h e ,
p e r f a r e u n g io c o d i p a r o le , è d iv e n ta ta il
ma in s tr e a m d e ll’ u n d e rg r o u n d !
La m a c c hiniz z a z io ne c o m e ut o pia di a ff r a nc a m e nt o da i g io g hi r a z z ia li, s e s s ua li ed economici, non significa però anche
f ug a a ll’ int e r no , r iv o luz io ne im plo s a , una
s c o nf it t a dif f e r it a ?
Se n z a d u b b io è u n a f u g a a ll’ in te r n o ( “ A lle y s o f y o u r min d ” Cy b o tr o n , 1 9 8 1 ) ma n o n
u n a s c o n f i t t a d i ff e r i t a p o i c h é , a l c o n t r a r i o ,
in q u e s te n ic c h ie s i s o n o a p e r ti d e i v a r c h i e
d e i la b ir in ti lu n g o i q u a li c h iu n q u e h a p otu to lib e r a r e e d e s p lo r a r e il/la s o g n a to r e ,
il/la b a lle r in o , il/la f e tic is ta , il/la c r e a tiv o ,
l’ u o mo e la d o n n a d iv e r s a me n te ma i c o n o sciuti.
D o po un’ a s c e s a c he s e m br a v a inf init a ne i
Novanta la generation E e i suoi rituali
(sia di destra con i locali alla moda, sia
di s inis t r a c o n i r a v e e i c e nt r i o c c upa t i,
la bo lo g na de i Link e de i liv e llo ) s e m br an o / s o n o v i s t o s a m e n t e i n re t ro c e s s i o n e o
c o m unque , is t it uz io na liz z a ndo s i un c e r-
t o t ipo di div e r t im e nt o a l te r n a ti v o a l b a r
e c a l a t o i l c o n s u m o di p a s t i g l i e p e r a l t re
dro g he più hip c o m e l a c o c a i n a a n c h e tr a
i g io v a nis s im i, t ut t o s e mb r a p i ù me s c o l a to, forse subdolamente scoperto con i my
s pa c e e g li y o ut ube , f o r s e p e r i c o l o s a me n te
“ s ic uro ” . N e i 2 0 0 0 il ro c k s e mb r a v a p ro n t o pe r t o r na re c o n g li S tro k e s , e p p u re , fes t iv a l a lla m a no , a nc h e n e l 2 0 0 8 , l a g e n t e h a p i ù v o g l i a d i b a l l a re J u s t i c e e H o t
C h i p . E p p u re l o ro e D FA s o n o p i ù ro c k
di F r a nkie Knukle s o J e ff M i l l s n o ? A l tro
f a t t o : l’ indie c lub a c qu i s ta r i tu a l i fa s h i o n
c he pr im a no n g li a ppa r te n e v a n o … E r a n o
ro ba da lo c a li. C o m e v e d i l a c o s a ?
Quelli che citi sono fenomeni ed episodi
v e r i n e i c o n f r o n ti d e i q u a l i s i p u ò e s s e re o s servatori, protagonisti, partecipanti… non
ci trovo nulla di strano poichè tutto questo
era già in nuce nei manifesti futuristi, nei
loro strali e nei loro plausi. Una persona
d i e tà v a r ia b ile , c o n in d o s s o ri c h i a m i p rovenienti da stili contaminati, in una stessa
s e r a ta p u ò g o d e r e d i u n b e l c o n c e rt o d e i S on ic Yo u th in u n lo c a le a l t e rn a t i v o e s u b i t o
dopo fare un salto in un club per un djset
old school techno e finire la serata a casa di
a mic i a s c o lta n d o l’ u lti m a c re a z i o n e a l l a pto p … ( p s : v a d a p e r J u s ti c e e H o t C h i p , m o l t o
c o o l, ma la D FA in g e n e re n o n c re d o s i a p i ù
“ r o c k ” d i J e ff M ills ;- )
E i v e nt e nni di a de s s o c h e v e r a me n te v edo no i no v a nt a c o m e re v i v a l c h e c o s a fa ranno da qui a poco? I Daft Punk come
“ no i” v e dia m o Be c k?
M a g a r i, s a r e b b e g ià u n o t t i m o t ra g u a rd o !
A proposito, sono passati trent’anni dalla
stagione della vituperata disco music, nel
frattempo il corpo è diventato “obsoleto”,
il b a llo u n a p r a tic a d i fu s i o n e c h i m i c a e s u
M T V imp a z z a u n a d a n za v i rt u a l m e n t e - fi n ta me n te - ip e r s e n s u a le . C a s o m a i t i p i a c e s s e
g io c a r e a lla f u tu r o lo g a , q u a l e s a re b b e s ec o n d o te il p r o s s imo s t e p ? C re d o c h e c i s a rà
u n g r a n d e r ito r n o d e i l i v e , d e i fe s t i v a l i n
stile anni Sessanta e delle ball room dove
danzare lo swing e il rock n’roll corpo a
c o r p o , b e v e n d o la tte - p i ù m a t u t t o i p e rt e cn o lo g iz z a to .
Stefano Solventi
( c o l c o n t r i b u t o d i Ed o a r d o B r i dd a )
SA 21
TUNE IN
Modalità del sapere, modalità del volere.
E s e p a r t i ssi m o dalla fine? A nno 20 08, se tt emb r e . K a r l B lau, musicista poliedrico e
i p er a t t i v o , p u b blica per la K R ecs u n la voro c h e h a t a n t o di tradizione cantautor ia le
e t an t o d e l l e peculiarità di chi l’ha scritto,
ces e l l a t o d i c anzoni perfettamente a utonom e e sv i n c o l a te da una scena, da un a c ittà ,
d al l’ a n n o i n c u i sono pubblicate – e c ionon o s ta n t e r i c c he di personalità. Il titolo è
Nat u re ’s G o t Aw ay e parla della na tur a le zza c o n c u i l a p enna dell’autore conf e z iona i
s uo i r i su l t a t i .
A p p e n a n e l marzo dello stesso anno Karl
a v e v a r i p u b b l icato per la Whistler Records
u n a d e l l e su e uscite di qualche anno f a , AM
(o ri g i n a r i a m e nte, nel 2005, K elp Mo nthly) ,
c a m b i a n d o n e solo la disposizione dei brani;
e no n è f i n i t a ; subito dopo è arrivato That’s
H o w I G o t t o Mem phis, 7” sempre per la K.
E, p r i m a d i t ornare a N atu re…, il due mil a o t t o h a v i s t o persino la ristampa di uno
d ei p r i m i d i sc hi di B lau, Sh ell C olle c tion,
avv e n u t a a se g uito di una petizione de i f a n;
c o s a c h e p e r l’occasione ha compreso pure
u n p r o g e t t o d i coinvolgim ento del pubblico t r a m i t e d i se gni (di e con conchig lie ) , su
i d ea d e l l ’ a m i co N athan Walker. E ritor niam o a se t t e m b r e; e siam o solo a settembr e .
Tu t t o q u e st o p er parlare di due tra le c a r a tt e r i s t i c h e c h e meglio descrivono il mondo
d i K a r l Bl a u . Punto prim o, c’è l’impor ta nza d i c r e a r e a ttorno a un m usicista, a ttor no
al l a m u si c a , u n a comunità di partecipa z ione
e s o s t e g n o – perché no?, anche economico
– d a p a r t e d e i fan; i suoi dischi si possono
s car i c a r e d a l l a w eb-com m unity T he Conne xt i o n , e so p r a t t utto c’è B lau dietro alla str an a e n t i t à K e l p Lunacy Avanced Plagiarism
S o c i e t y ( p r i m a chiamata K elp Monthly) , un
s i t o- e t i c h e t t a a emissione periodica dove chi
v u o l e p u ò c o mprare i C D on line (un a volta
m en si l i , e c c o il perché del vecchio nome ) o
s e m p l i c e m e n t e sostenere il musicista – sia
es s o “ K a r l - i l - crooner”, “K arl-il-pr oduttor e ” , o K a r l - i l -collaboratore di musicisti di
NY e o l t r e - n e l suo com pito di “esp lor a tor e
d i st i l i d e l m o n do moderno com e un misc el at o r e g i g a n t e di cultura”.
P u n t o se c o n d o , c’è la capacità di lic e nz ia r e
t ant a t a n t a m usica con una poliedricità c he
raramente si avvale del pilota a u t o m a t i c o .
Le uscite appena citate siano d a e s e m p i o .
AM – versione 2008 – (7.0) si a p r e c o n u n
inc a str o di te xtur e (M orning P r a y e r) c h e
c ompr e ndono una ba se da a mb ie n ta le e n o iana, una struttura poliritmica e a r t i f i c i a l e ,
un a c c e nno c a c of onic o, tutto in q u a d r a b ile richiamando alla mente le “ c a n z o n i ” d i
David Grubbs. E il disco prose g u e c o n u n
f olk lo- f i (Spring M orning) e si in a lb e r a c o n
un post-grunge che fa venire i n m e n t e d e i
Dinosa ur Jr. post- sbor nia ( Ye ll o w S u n b o nne t) . Ka r l dà prov a di capacità d i a s s o l u t a
rilevanza, sia come compositor e c h e c o m e
sc r ittor e di c a nz oni. Tutto r e plica to in q u e lla She ll Colle c tion (7.0) di cui s o p r a , d i c u i
è diff ic ile pa r la r e se nz a c ita r e Be c k ( s e n tite Cany on Se ssion e c a pir e te ) , e s o p r a ttu tto senza ripetere la variabilità d e i b r a n i . C i
sono gli a nni Se ssa nta , a c c a nto a q u e i r imescolamenti dei Novanta, c’è B a r r e t t , c ’ è
r oc kste a dy (M an I n The Poc k e t) , c ’ è u n ’ improbabile e riuscitissima comb i n a z i o n e t r a
i Re side nts ( Through The Coop e r ’s F) e i l
r a gga e muff in me no ta ma r r o (M e z m a r ia h ) ;
c ’ è un’ imma gine c he si dise gna tr a i n o s tr i
ne ur oni: un ope n- spa c e pie no di s tr u me n ti e
di disc hi, di c olor i, pie no di tutto tr a n n e c h e
di barriere. E allora lasciamoc i t r a s c i n a r e ,
da questa collezione di conchig l i e , p e r c h é
c i posa sul pia tto la possibilità d i r ia v v ia r e
l’ a r tic olo e di r itor na r e a que l 19 9 7 n e l q u ale l’ a lbum usc ì pe r la pr ima vol ta , c io è a g li
iniz i de ll’ a ttività di Ka r l.
Anno ’ 97, dunque . She ll… non è i l p r i m o
disco che il nostro pubblica, m a c i s i a m o
già abituati a questa dinamica . P r i m a c ’ è
sta to Doin’ Things the Way Th e y Ha p p e n,
pubblicato dalla Knw-Yr-Own, e t i c h e t t a d i
Ana c or te s, Wa shington – la c itta d in a d o v e è
na to e c r e sc iuto Bla u – f onda ta d a Br e t L u nsf or d. Que st’ ultimo non è f igur a ir r ile v a n te
da c ita r e , pe r c hé c i pe r me tte di p a r la r e d e lle
collaborazioni – tra le molte a l t r e , t r a c u i
Little Wings - delle quali sem p r e s i p a r l a
qua ndo si disc or r e di Ka r l. Br e t è in f a tti s u o
c olle ga ne l pr oge tto D+ , non t r o p p o n o t o
de tto c osì ma pr oba bilme nte più c h ia r o u n a
volta svelato il terzo musicista d e l l a b a n d ,
Phil Elvrum – altro cardine de l c o s m o d i
Ka r l Bla u; sì pe r c hé qua lc uno f o r s e s i r ic o r-
Karl Blau
quintessenza personale
D o p o t a n t o a p p re n d i s t a t o i n s o l i t a r i a e con il giro
M i cro p h o n es- M o u n t E eri e, d o p o a ver fatto folk lof i , d u b , p o s t - g r u n g e , d o p o a v e r c e rcato e trovato
su o n i e d o p o a ver g u a rd a t o a O ri ente, Kar l Blau
c i p re s e n t a l a s u a n u o v a c o n d i z i o n e provvisoria: la
q u i n t essen za ca n t a u t o ri a l e d’ O ccidente.
Test o : Gas pare Calir i
SA 23
d erà d e l p r o t a g onista del nostro appr of ondim en t o so l o o r a che citeremo i Micro phone s
e M o u n t Ee r i e, band di pressoché comple ta
r e s p o n s a b i l i t à di Elvrum ma di cui Blau è
m e m b r o f i s s o , specialmente come bassista
– t a n t o c h e u n brano del secondo disco dei
M i c r o p h o n e s, It Was Hot We Stayed in the
Wa t e r, è p r o p r io intitolata K arl B lau.
M a, c o m e sa p p iamo, l’attività post-Old Time
Rel i j u n d i E l v r um ha inizio solo nel ’ 99. I n
q u el p e r i o d o il nostro è già navigato solis t a d a l l ’ a t t i v i t à irrefrenabile. Agli album di
cui g i à a b b i a mo parlato fanno seguito Bre a d & G re a se e A Secon d C ullin g (Knw- YrOw n , 1 9 9 9 ) , B lu e N om ad (K nw -Yr- Own,
2 0 0 0 ) C l o t h e s Y r I’s (K nw -Y r-O w n, 2001) e
i p ri m i l a v o r i Kelp Monthly, uno del 2003,
Dr a g o n Ta p e , e ben tre full-album ne ll’ a n
n o su c c e ssi v o , D ark Magical S ea , Double
Du ty B o o t y e It Was Hot We S tayed In The
Wa t e r. S c e g l i e ndone uno su tutti, c ite r e mm o i l f o l k d a l le venature grunge di Dragon
Ta p e , t e n d e n z a che affronteremo tra breve.
P er o r a c a t a l o g hiamo la m usica di qu e sto a l-
bum c ome i più ha nno f a tto, sia p e r Bla u s ia
pe r le pr ime c ose Mic r ophone s , e c io è a f f ia nc hia mo il ge ne r e psyc h- f olk – d i q u e llo
più str a luna to o stona to - a l lo- fi p iù v ic in o
a i gior ni nostr i. I l c he , va de tto , è e s tr emamente riduttivo. Innanzitutt o p e r c h é i l
disc o c ontie ne inc r oc i tipo Gon g - p u n k ( Fisherman’s Net Pt. 1), e altri v i a g g i v e r s o
Ca nte r bur y (I Am a Wav e) , o ve r s o la W ü mme de i Fa ust (W he n Sile nc e Giv e s B ir th)
ma anche perché Karl dà prova d i g i o c a r e
la c a r ta me ta - ir onic a c on i pr op r i s tr u me nti (Sy nth Study, The Guitar Wan ts to H e lp) .
Bla u c e r c a e tr ova suoni, c r e a e d is tr u g g e ,
incrocia, non vuole lasciare c h e n e s s u n o
stimolo acustico vada indistur b a t o p e r l a
sua str a da . “ Se me ntr e r e gistr o p e r la s tr ada suona una sir e na , pa z ie nz a , la ma n te n g o
ne lla r e gistr a z ione . Oppur e , se i f ig li d e i v ic ini sta nno gioc a ndo ne l lor o g ia r d in o , g li
chiedo di venire a fare una jam s e s s i o n c o n
me.” Detto riassumendo, Karl B l a u a s s u m e
una moda lità de l v ole re, pe r c ui tu tto è te nta bile , e te nta to.
Modalità del potere, modalità del fare.
K a r l f a d i tu tto , p a r te c ip a a mille c o s e , n o n
s ta ma i f e r mo . E p e r ò K a r l c i s a f a r e . A s c o lta
mille c o s e – ma “ d i in d ie q u a s i n u lla , tr a n n e
i D e a th Cu b Fo r A Cu tie , c h e s o n o c a n ta u to r i e c c e l l e n t i ” - e p o i l e r i p r o d u c e . “ Te n t o d i
r e p lic a r e tu tto q u e llo c h e a s c o lto , n e f a c c io
la mia ta k e p e r s o n a le . “ E la s c ia mo lo f a r e .
I l r is u lta to s o lo a v o lte la s c ia p e r p le s s i.
Su c c e d e n e lle p r ime p r o v e , c o me in B l u e
N o ma d – d e l 2 0 0 0 - , d o v e c o mp a io n o g ià le
a r mo n ie s p e c ie c h ita r r is tic h e d e l g r u n g e ma
a n c h e u n r e p e r to r io d i te n ta tiv i c h e n o n h a n no mai la forza del disegno compiuto. Ma
ne va dell’acquisizione di una competenza,
necessaria perché la vita musicale di Karl
a s s u ma d e l tu tto la mo d a lità d e l p o te r e , c h e
n e lla p a r o la v a r ie ta s v e d e u n a c h ia v e ( ing le s e ) e s s e n z ia le p e r u n a le ttu r a e ff ic a c e .
I d is c h i n e l f r a tte mp o c o n tin u a n o a lie v ita r e
– le s u e u s c ite u ff ic ia li a d o g g i a mmo n tan o b e n a v e n to tto u n ità ! , è d a v v e r o d iff ic ile
s ta rg li d ie tr o e r ic o s tr u ir e c o l ( p o c o ) s e nno di poi – e la collaborazione con Elvrum
g li p e r me tte d i e n tr a r e a c o n ta tto c o n la K
Re c s ; c o n e s s a a p r e u n s o d a liz io in o c c a s io n e d e ll’ u s c ita d i Be ne a th Wa v e s ( K , 2 0 0 5 ,
6 . 9 ) . è u n ’ o c c a s io n e p e r c h é il n o s tr o in iz ia d is c o g r a f ic a me n te a u s c ir e d a u n g u s c io
p e r s o n a le – s e p p u r e ma lle a b ile – d i a u topromozione, pur non perdendo il contatto
d ir e tto c o i f a n – c o me s i r ip o r ta v a r ig u a r d o
l’ a n e d d o to d e lle c o n c h ig lie . I n r e a ltà l’ a lbum a sua volta non è che la riedizione di
Se e Sa w, u s c i t o n e l l o s t e s s o a n n o p e r K e l p ,
ed è sostanzialmente terreno di conferme,
p iù c h e n o v ità . So n o in ta tte q u e lle s c e lte a rmo n ic h e c h e h a n n o s e mp r e q u a lc o s a in c omu n e c o i N ir v a n a (O d e To O c e a n , D r a g o n
Song). Ma se due indizi fanno una prova,
p r o v ia mo a d a v a n z a r e u n ’ ip o te s i. A s c o lta nd o No tio n s i d is c h iu d e u n a lu c e c h e d a s o p r a
il g r u p p o d i Co b a in s i tr a s f e r is c e s u i v e r i
g e n ito r i d i q u e s t’ u ltimo , i M e a t Pu p p e ts . I l
l o - f i d i B l a u p r e n d e m o l t o d a l l a b a n d S S T,
g u a r d a a l p a s s a to in u n mo d o s imile . D i p iù :
s e i N ir v a n a u tiliz z a v a n o le in v e n z io n i a rmo n ic h e d e i M P p e r a g g io r n a r le d a ll’ h a r d c o r e a l g r u n g e , K a r l p iù d i u n a v o lta f a lo
s te s s o ma c o n la b a s s a d e fin iz io n e, a p p u nto . È u n ’ ip o te s i, ma c h e d e s c r iv e me g lio le
n o te b la u - ia n e r is p e tto a lla s e mp lic e d iz io-
n e f o lk - lo - f i, o a lla a ff i l i a z i o n e a O l d h a m e
s imili.
E, spostandoci ancora verso Hansen, Blau
ha un’ironia e un atteggiamento giocoso,
s e mi- s e r io , c h e Co b a in n o n a v e v a p e r n u lla. È a questo punto che nella cultura del
f r a mme n to d e l me mb r o d e i M i c ro p h o n e s v a
in tr o d o tta u n ’ a ltr a f ig u ra , l a c u i i n d o l e , p e r
a mmis s io n e d e l n o s tr o p ro t a g o n i s t a , h a a v ut o i n f l u e n z a s u l l a s u a m u s i c a . È To r i K u d o ,
me n te te s timo n e d i G e o v a d e i M a h e r S h a l a l
Ha s h Ba z , a n c h e s e d e c i s a m e n t e p i ù fe l ic e n e i s u o i e x c u r s u s s o l i s t i d i s fa c c e t t a t u re
s o n o r e . A lu i K a r l d ic e a p p u n t o d i i s p i ra rsi, come a un’altra Kudo, Reiko, fanciulla
g ia p p o n e s e d a lla g r a z ia e d a l l e m u s i c h e d e c is a m e n te p iù o r ie n ta li. A s c o l t a n d o l e i B l a u
h a a v u to c o n ta tto c o n l a q u i n t e s s e n z a d i u n
o r ie n te c o n te mp o r a n e o – s e n t i t e l o s p l e n d i d o
L ic k ing U p D us t – e f o rs e q u a l c o s a è c a m biato. La lezione dei giapponesi è salita in
s u p e r f ic ie in D a nc e P o s i t i v e (K e l p M o n t h l y /
M a r r ia g e Re c o r d s , 2 0 0 7 ), p e r l e s u e a t m os f e r e p iù s o s p e s e ( A r e Yo u D o n e ). M a ris p e tto a To r i K a r l s a s em p re f a r s i a s c o l t a r e ,
a n d a r e a l d i là d e i f r a mm e n t i p e r c o n s e g n a re
l a b e l l e z z a d e l l a s c r i t tu r a , f a t t a d i m e l o d i e
e d i s a g g e c o s tr u z io n i c h e fa n n o l ’o c c h i olin o a ll’ a p p r o s s ima z io n e . L’a n i m o b e c k i a n o
d i Bla u è p r e s e n te p iù c h e m a i (Me g a d o s e ) ,
e ancora una volta il divertimento prevale
sulla seriosità.Ed eccoci tornati al 2008, a
q u e l n u o v o c la s s ic o d i m u s i c a c a n t a u t o ri a l e
c o n c u i a b b ia mo a p e r to l ’a rt i c o l o . È p o s s i b ile c h e u n ’ e s s e n z a , a n z i , l a s u a fo rz a , u n a
“ q u in te s s e n z a ” , r ima n g a a m a n t e c a re e v e ng a a s s o r b ita e tr a d o tta i n u n a m b i t o d i v e rs o ?
È la f r e s c h e z z a – q u a s i i n g l e s e – d i N a t u r e ’s
G o t Awa y c h e c e lo f a p e n s a re . C e rt a m e nte sarebbe un ottimo modo per fare tesoro
d e lla d e lic a te z z a d i Re i k o K u d o . A l t re t t a nto di sicuro Karl Blau è entrato in un’altra
mo d a lità , q u e lla d e l f are – c a n z o n i -, s e mp lic e e d e ff ic a c e , p u r a, n a t u ra l e c o m e fa re
q u a ttr o p a s s i. E N a tur e… è u n a c a m m i n a t a
c h e p e r c o r r e l e n o t e b a s s e d i K e v i n Ay e r s ,
u n la v o r o s u lla tr a d iz i o n e , s u l p a s s a t o recente, ma in definitiva è la quintessenza di
K a r l B l a u , i n d e f i n i t i va s p o g l i a t a d a l l a s u a
c u r io s ità s p a s mo d ic a e a v o l t e i n g o m b ra n t e
v e r s o la mu s ic a tu tta ( e fo rs e t ro p p a ). E a llo r a c h a p e a u .
P o te re a lle d o nne !
Te s t o : S t e f a n o Pi f f eri
Sgombriamo subito il campo da possibili misunderstanding: si chiamano Women ma sono
quattro ragazzi. Vengono dal versante meno
hype del Canada e sono all’esordio. Anzi, ad
esser precisi non hanno nemmeno fatto in tempo ad esordire che sono stati subito reclutati
da un’etichetta prestigiosa come la Jagjaguwar. Buon segno, anzi grossa sorpresa anche
per i diretti interessati: Abbiamo preso come
un grande onore essere su un’etichetta che ha
pubblicato così tanta bella musica, ci spiega
Patrick Flegel, portavoce dei quattro. Rispettiamo tantissimo molte delle bands della label
ed è fantastico essere accostati a loro in questo modo. Senza contare che con Jagjaguwar
avremo modo di andare in tour praticamente
ovunque vogliamo; e infatti saremo in Europa
entro la fine dell’anno.
Questo il fatto principale. Ora procediamo
a ritroso per gli antefatti. Formati qualche
anno addietro dalla voglia di suonare insieme
di due fratelli – Patrick (chitarra/voce, nonché interlocutore principe per questo appro-
fondimento) e Matt Flegel (basso/voce) – gli
Women trovano la definitiva quadratura nella formazione con l’ingresso di Chris Reimer
(anch’egli chitarra e voce) e del batterista
Mike Wallace, entrambi amici d’infanzia dei
fratelli Flegel. Tempo di trovare un garage per le prove, suddividersi i compiti (cosa
che, come vedremo non riesce molto appieno), tentare di organizzare una via personale
(e sperimentale) al pop e i quattro si trovano
a registrare sessions semi-improvvisate per
ovviare, parola di Pat, allo shitty weather del
loro sito di provenienza: Calgary. Famosa da
noi per le Olimpiadi invernali di due decenni esatti fa, la small trashy oil town come la
definisce causticamente Pat, proprio brutta
non deve essere se, dati alla mano, è la terza
città dell’intero Canada e quella in assoluto
più ricca. Due caratteristiche – brutto tempo
e tanti soldi – la cui unione ci fa immaginare un bel fermento musicale da quelle parti.
Ipotesi confermata dal nostro interlocutore: È
già bello non essere di Montreal o Vancouver,
e infatti la gente si sorprende quando viene
a sapere che siamo di Calgary. Inoltre qui ci
sono buoni gruppi coi quali siamo amici: Azeda Booth (quintetto al debutto per Absolutely
Kasher, n.d.A.), the Neighbourhood Council
(quartetto misto dedito ad un pop sperimentale, n.d.A.), the Ostrich (altro quintetto dai
volumi garage, n.d.A.), Chad VanGaalen. La
scena musicale è coesa e ci si supporta a vicenda, senza contare che quando vai ad un
concerto ci si conosce tutti e se per caso non
ci si conosce è l’occasione giusta per farlo.
Quali che siano l’intensità e le dinamiche
della scena da quelle parti, resta la certezza
che è l’amicizia a regnare sovrana nei circuiti underground. Tutto il mondo è paese sotto questo aspetto. Così Ian Russell, un amico proprietario di una minuscola etichetta in
quel di Alberta, li convince a registrare quelle
sessions da garage per pubblicare un album.
Nello stesso modo è un altro amico nonché
label-mate con un minimo di visibilità a sedere dietro al mixer: quel Chad van Gaalen con
alle spalle un bell’album su Sub Pop (Skelliconnection, 2006) e un nuovo fresco di uscita, oltre ovviamente all’esordio canadese Infiniteheart. Così è il marchio Flemish Eye a
far da tramite tra la musica degli Women e il
mondo, dato che altri amici – si vocifera addirittura i tre Oneida stessi, ma potrebbe essere
una voce di corridoio virtuale – suggeriscono
questo nome caldo alla Jagjaguwar che scippa il debutto self-titled non solo alla piccola
etichetta canadese (con somma gioia di Ian, a
dirla tutta), ma anche al silenzio delle fredde
lande della regione di Alberta. Gli Women,
insomma, si manifestano al mondo con l’eponimo album e in una mezzora scarsa di musica
danno la stura a tutta la propria esuberanza
giovanile. Una mezzora risicata ma densissima, suddivisa in dieci pezzi di cui una scarsa
metà non raggiunge i due minuti. Gemme lofi, registrate su mezzi di fortuna – un ghettoblaster e delle vecchie tape machines, nello
specifico – e impreziosite da quel senso di
precarietà tipico dei diamanti grezzi. Almeno
due di quelle gemme, però, brillano a tal punto da far gridare al miracolo per la bellezza
dei particolari: Groud Transport Hall, 70 secondi netti di cristallina melodia vocale à la
Grizzly Bear, tanto delicata quanto indimenticabile, di quelle che si piazzano in testa e non
se ne vanno più; e Black Rice in cui fruscii,
scampanellii, chitarre twangy hanno lo stesso peso e la medesima centralità della popmelody che riesuma fantasmi da psichedelia
sixties. Il resto, ovviamente, non è da meno;
l’attitudine giocosa e gioiosa degli Animal
Collective è mischiata alla rumorosa bellezza
di velvettiana memoria; le code sperimentali alla non invadente spruzzata di indie-folk
non verboso né saccente; la verve sperimentale e psychotica ai soundscapes densi e alle
frantumazioni rock care ai This Heat tirati in
ballo dalla press-sheet. Una caleidoscopica
rifrazione di colori. Una polifonia di umori.
Un insieme di diversi input che si sciolgono in un unicum coerente e definito. Women
è un ibrido dalla forte eterogeneità cui contribuisce in maniera consistente l’eclettismo
strumentale dei quattro. Cosa questa che ci
conferma Pat: Durante le registrazioni del
disco tutti abbiamo suonato tutto nelle varie
canzoni […] dal vivo, però, io e mio fratello Matt suoniamo rispettivamente chitarra e
basso, l’altra chitarra la suona Chris e Mike
è dietro la batteria. Proprio la dimensione
live dovrebbe essere intensa e particolare se,
come recita la press-sheet, il palco sembra un
incrocio tra “a jam space and a garage sale”.
Pat si schernisce al riguardo (Ci sono alcuni
momenti e parti in cui traffichiamo un po’ con
le jam, ma per la gran parte è tutto calcolato) ma a noi la curiosità resta e speriamo
di vederla appagata al più presto.Tornando a
Women, però, c’è da dire che non è solo un
disco eterogeneo, ma anche ambivalente: di
facile ascolto, godibile, gustoso, raffinato a
volte, ma di difficile catalogazione, cerebrale, ostico. Un album bifronte che vive di contrazioni, contraddizioni e chiaroscuri: molto
spesso luminoso, grandangolare, dal respiro
ampio; altre volte spaventoso, sinistro, tetro.
Quasi che le condizioni in cui è stato registrato (il sottotetto e l’intercapedine del seminterrato di Chad, a quanto dicono) ne avessero
in parte modellato la riuscita. Ma è un album
sicuramente mai noioso o calligrafico o (ehm)
accademico. Capace di tirare in ballo suggestioni diverse e distanti tra di loro – melodie
pop anni ’60 e indie (di)storto – e fonderle in
un unico, (purtroppo) breve e intenso esordio.
Come, detto fuori dai denti, non ne ascoltavamo veramente da tempo.
DEERHOOF
“Offend Maggie!”
CD Kill Rock Stars
www.killrockstars.com
www.myspace.com/deerhoof
Pur mantenendo tutta la tensione del caso i Deerhoof sembrano oggi abbracciare una forma canzone definita. Ma in sottofondo
ancora piccoli sconvolgimenti: un riff rubato agli AC/DC, un accenno di ballata barocca che fa molto Francia e Serge Gainsbourg,
una serpentina math-rock e qualche genuina e corroborante ipotesi garage. Tutto è più ordinato però, favorito da una cristallina
produzione e dalla voce di Satomi, che rinuncia definitivamente agli sberleffi che spesso ne avevano colorato le prove precedenti.
Un’originalità guadagnata sul campo quella dei Deerhoof, uno dei prodotti più originali e ‘sensibili’ dell’indie a stelle e strisce.
DISTRIBUZIONE / PROMOZIONE / EDIZIONI
via Fortebraccio 20/A, 00176 Roma (Pigneto) Tel. 06 21700139 Fax: 06 2148346
e-mail: [email protected] - www.goodfellas.it - www.myspace.com/goodfellasdistribution
news sempre aggiornate su goodfellasblogspot.com
RADIATION RECORDS
Circ.ne Casilina 44 (Pigneto) 00176 ROMA
VENDITA PER CORRISPONDENZA:
Ordini telefonici: +39 06 90286578
Ordini via e-mail: [email protected]
OF MONTREAL “Skeletal Lamping”
CD Polyvinyl
Torna la colorata e selvaggia ciurma psych-pop
statunitense, con alcune interessanti novità, come
l’ingresso del secondo batterista Ahmed Gallab, con
il nome d’arte Sinkane attivo già nel tour mondiale
di Caribou. Ancora più percussiva quindi la musica
dei nostri che di nuovo si impone per la sua genuina
schizofrenia. I brani si sorreggono su repentini sbalzi di
umore ed armonia, vivendo di un contrasto lirico interno
prossimo ad una vera e propria guerra di nervi.
www.polyvinylrecords.com
www.ofmontreal.net www.myspace.com/ofmontreal
nome in codice:
Beatrice ANTOLINI
Te s t o : Fa b r i z i o Za m p i g h i
Vo le v a mo p a r la r e d e l n u o v o d is c o d i Be atr ic e A n to lin i ( in s p a z io r e c e n s io n i) , a n c h e
in virtù dell’interessamento che da sempre
s u s c ita in n o i d i Se n tir e A s c o lta r e l’ o p e r a
d e lla c a n ta n te ma r c h ig ia n a ( SA n . 4 2 ) , e invece ci siamo inaspettatamente ritrovati a
r if le tte r e s u u n p e r s o n a g g io d a lle n u me r os e s f a c c e tta tu r e . U n ’ a r tis ta c h e n e g li u ltimi
d u e a n n i è f in ita s u lla b o c c a d i tu tti, h a r a cc o lto c o n s e n s i e c ita z io n i s u te s ta te a n c h e
n o n s tr e tta me n te d i s e tto r e , h a la v o r a to in
a mb ito ma jo r, s v ilu p p a n d o n e l c o n te mp o u n
to c c o p e r s o n a lis s imo in mu s ic a . Q u e llo c h e
l’ h a p o r ta ta a c o s tr u ir e u n p ic c o lo c a s o tr a le
ma g lie s tr e tte d e lla s c e n a in d ie , le i, p ia n is ta
di impostazione classica col vizio del pop
sghembo; lo stesso che ha garantito al suo
d is c o d ’ e s o r d io Big Sa lo o n ( M a d c a p - Pip p o la, 2006) elogi sperticati e ben due ristampe.
Leggendo l’intervista ci si chiede se con
Be a tr ic e n o n s i s ia in p r e s e n z a d i u n a mu s ic is ta d a lla p e r s o n a lità u n p o ’ in g o mb r a n te ,
c a p a c e d i g e s tir s i a lla p e r f e z io n e ma a n c h e
a t t r a t t a d a l l a f r a s e a d e ff e t t o . O s e i n v e c e ,
p e r s c o p r ir e c h i s i n a s c o n d e d ie tr o a lla mus ic a , n o n s i d e b b a s c a v a r e p iù in p r o f o n dità, indagare sui significati nascosti delle
p a r o le , s mo n ta r e e r ic o mb in a r e . Pe r c e r c a r e ,
s o tto u n a c o r a z z a c h e o s te n ta s ic u r e z z a , u n a
p e r s o n a c o n s a p e v o le d i a v e r s c o mme s s o tu tto sul suo futuro in note, poco propensa a
f a r s i e tic h e tta r e , c h e s a d i d o v e r s i d if e n d e r e
in u n a mb ie n te te n d e n z ia lme n te ma s c h ilis ta
e poco accondiscendente con le musiciste
b e lle , c a p a c i e in g r a d o d i p e n s a r e . A f in e
serata, a microfoni ormai spenti, si parla del
r a p p o r to c o n la s ta mp a e c o n l’ a mb ie n te mus ic a le in g e n e r a le e d è lì c h e e me rg e il v e r o
significato di certe risposte lapidarie o del
s o s p e tto ma lc e la to c h e ta lv o lta le s i le g g e
negli occhi. Un sospetto che se da un lato ci
pare una conseguenza diretta di esperienze
n e g a tiv e v is s u te in p r ima p e r s o n a , d a ll’ a ltr o n o n p u ò n o n f a r c i p e n s a r e a le i c o me a d
una musicista sensibile, irrimediabilmente
onesta, con qualche naturale insicurezza,
tu tta v ia lo n ta n a d a i tr a n e lli d e lla mito lo g ia
s p ic c io la c h e ta n to p ia c c io n o a d a lc u n e d e lle n o s tr e “ c e le b r ità ” .
Ti a bbia m o la s c ia t o ne l 2 0 0 6 c o n un dis c o
c o m e Big Sa lo o n us c it o p e r M a d c a p C o ll e c t i v e e t i r i t ro v i a m o n e l 2 0 0 8 c o n a l l e
s pa lle due r is t a m pe de l d i s c o , c i ta z i o n i s u
r i v i s t e n o n e s a t t a m e nt e d i s e t t o re e d a l l a
t ir a t ur a inim m a g ina bi l e p e r i l mo n d o musicale indipendente, una collaborazione
c o n i Ba us t e lle pe r il lo ro u l ti mo d i s c o , u n
t o ur in lung o e in la r g o p e r l ’I ta l i a e u nd i c i t r a c c e t u t t e n u o ve p e r i l t u o s e c o n d o
C D A D ue . . .
G li u ltimi d u e a n n i s o n o s t a t i m o l t o v e l o c i ,
ma p e r c h é h o v o lu to c h e l o fo s s e ro . S e s o n o
arrivati dei risultati, è perché tutti i giorni,
d a lla ma ttin a a lla s e r a , h o fa t t o e v i s s u t o
s o lo p e r o tte n e r e q u e s t i ri s u l t a t i . P e r o ra
s o n o s o d d is f a tta , a n c h e s e t u t t o q u e l l o c h e
è successo è, per me, soltanto un punto di
p a r te n z a .
Ti a s pe t t a v i una r is po s ta ta n to re p e n ti n a
da pa r t e di pubblic o e a d d e tti a i l a v o r i ?
N o . E d e v o d ir e c h e è s t a t o b e l l o e l ’h o a pp r e z z a to ta n tis s imo . A n c h e s e i o s o n o m o l t o
critica con me stessa e mi sembra sempre di
dover fare di più. Per questo ti dico che la
c o n d iz io n e in c u i mi tr o v o o ra è , p e r m e , u n
in iz io .
C o m e t i ha c a m bia t a l ’u l ti mo p e r i o d o ?
I n g e n e r a le s o n o r ima s t a i d e n t i c a a c o m ’e ro
prima di iniziare. Quando avevo tre anni
v o le v o f a r e q u e s to la v o ro e o ra h o l a fo rtuna di farlo sul serio. Certo quello che mi
è successo mi ha fatto crescere in fretta su
u n mu c c h io d i c o s e e m i h a s p i n t o a c re a rmi delle difese che ingenuamente credevo di
n o n d o v e r mi c r e a r e .
Big Sa lo o n e r a una s o r ta d i d e mo c h e r a ccoglieva un po’ tutte le idee che avevi in
mente in un determinato momento e che
poi è diventato il tuo disco d’esordio.
C o m e s i è e v o lut o il m o d o d i s c r i v e re e d i
s uo na re di Be a t r ic e An to l i n i p e r i l s e c o ndo dis c o ?
H o a v u to me n o te mp o p e r fa rl o . B i g S a l o o n
è s ta to u n d is c o c h e h o re g i s t ra t o i n c a s a n e g li a n n i, a g g iu n g e n d o m a t e ri a l e s e n z a p o rmi limiti d i te mp o . Pe r A D u e i n v e c e h o d ov u to imp o r mi u n p e r io d o ri d o t t o p e rc h é p e r
r e g is tr a r lo n o n e r o a c as a m i a , n o n h o a v u t o
la p o s s ib ilità d i p e r d e re t ro p p o t e m p o s u l l e
cose che non mi convincevano al cento per
cento e ho dovuto trovare la giusta via di
me z z o . A u n c e r to p u n t o m i s o n o d e t t a b a-
s t a, d a l m o m e nto che a un disco così pote vo
l avo r a r c i p e r altri nove mesi.
As c o l t a n d o A D u e si ha in gen erale la se ns azio n e c h e l a carica esp losiva di Big Sal o o n s i s i a t r amutata in una musica più
m ed i t a t a e f o rmalmente elegante, sopr att u t t o n e g l i a rrangiamenti, con toni che
v i ra n o i n m a n iera n etta verso un a dim e ns i on e c h e p o tremmo defin ire onir ic a, o
q u a n t o m e n o r iflessiva. Sei d’accordo?
Di si c u r o q u alcosa è cambiato. E ’ un po’
com e u n c u o c o che cucina un sugo: lo f a la
p ri m a v o l t a , p o i lo fa la seconda e la se c ond a p r o b a b i l m e nte gli verrà m eglio, a nc he se
p erd e r à q u a l c osa della prima version e . Pe ns o c h e si a n o r m ale, anche perché cer te c ose
s on o i r r i p e t i b ili. Succedono una volta sola
e d è g i u s t o c h e sia così. Gli esseri umani del
res t o , d o v r e b b ero essere in costante e voluzi on e . C h i n o n lo è, a mio parere, n on è un
e s s e r e u m a n o . Quello che ho fatto prima,
al l a f i n e , è c o me una pagina del m io libr o.
A d e s s o c ’ è u n’altra pagina che mi pare, in
q u e s t o m o m e nto, assomigli di più a come
s on o o r a e c h e quindi reputo sincera .
I l d i s c o e s c e per Urtovox, etichetta, tra
g l i a l t r i d i C esare B asile, Good m or nigb o y, A To y s Orch estra. C ome è ca dut a la
tu a sc e l t a su l la lab el toscana?
C e r c o s e m p r e di tenere tutto sotto controllo.
Non m i so n o mai fatta chiamare da un’ e tic h e t t a m a n e l , caso, ho sempre chiamato io
p e r p r o p o r m i . Avevo deciso che il primo
d i s c o d o v e v a uscire per Madcap e così ho
chi a m a t o F e d e rico (Z anatta, patron d e ll’ e tic h e t t a , n d r ) , gli ho fatto sentire i provini e
abb i a m o f a t t o il disco. L a stessa cosa è suc c e s s a c o n P a o lo Naselli Flores di Urtovox
p er A D u e . Ch iaram ente loro avevan o a nc he
l a p o s s i b i l i t à di dirmi che non il materiale
n o n e r a d i l o r o gusto, ma alla fine non è stat o c o s ì . P e r q uesto secondo disco mi sono
chi e st a q u a l e f osse stata l’etichetta c he a vev a l a v o r a t o m eglio l’anno scorso e mi sono
res a c o n t o c h e la risposta era U rtov ox. Pe r
q u es t o l ’ h o sc e lta. In generale m i pia c e lav o ra r e c o n p e r sone che dimostrano una c e rt a p r o f e ssi o n a lità in quello che fanno e c he
t r a t t a n o l a p r opria attività come un lavoro,
n o n c o m e u n g ioco.
S ei u n a m u sicista ch e vien e dall’ unde rg ro u n d m a c he al temp o stesso h a avut o
m odo di spe r im e nt are l’ approcc io la v o r ativo major, grazie alle tue coll a b o r a z i o n i .
Se dove ssi indic are un pre gio e un dif e t t o
di e nt r am bi i m ondi?
Posso dirti che per ora ho visto i d i f e t t i d e l
mio a mbie nte . Ave r la vor a to in a mb ito ma jo r
per me è stata un’occasione mo l t o p o s i t i v a
pe r c ui f a c c io f a tic a a d indic a r ti d e i d if e tti, a nc he pe r c hé f or se non ho t u tta l’ e s p er ie nz a c he se r ve pe r individua r l i. Co n l’ e tic he tta indipe nde nte se i f or se p iù lib e r o d i
f a r e que llo c he vuoi, di suona r e d o v e v u o i,
me ntr e le pe r sone c he sono sotto ma jo r h a nno a nc he ta nte limita z ioni. Pe r ò n o n è d e tto
c he io non le voglia , que ste limita z io n i.
Quant o è im por t ant e , pe r un’ a r t is t a indi pe nde nt e , t e ne re una line a di c o ndo t t a c oerente con il retroterra di pro v e n i e n z a e
quant o, inve c e , que st a c oe re nz a , può t r asformarsi in una facile giustif i c a z i o n e s e
non in una soluz ione di c om od o ?
I o sono f onda me nta lme nte c ontr a r ia a ll’ a utoge ttiz z a z ione . Pe r me la music a è q u a lc o s a
di universale. Non ci sono ambi e n t i , n o n c i
sono limiti, non c i sono de f iniz io n i. Q u e llo
c he ho f a tto è r ie ntr a to ne ll’ ind ie , ma p o teva r ie ntr a r e a nc he ne lla music a c o n te mp o r anea o da qualche altra parte, e sa r e b b e s t a t a ,
credo, la stessa cosa. Io non h o d e c i s o d i
f a r e indie , a nc he pe r c hé a r r ivo d a lla mu s ic a
c la ssic a . Dic ia mo c he pe r or a ho s c r itto p e zzi che forse, in Italia, potevano u s c i r e s o l o
con un’etichetta indie, ma sono c o n v i n t a d i
pote r a nc he sc r ive r e music a c he n o n r ie n tr a
str e tta me nte in que sto a mbito. Le s itu a z io n i
indipe nde nti mi pia c c iono, ma se s i p o te s s e ,
vor r e i a nc he a nda r e oltr e .
Che c os’ è a t uo m odo di ve de re la ps ic hede lia? Ti r it ie ni una m usic ist a c he f a m usic a c he in qualc he m odo r ie nt r a in que lla
t r adiz ione m usic ale ?
Psic he de lia ugua le f a nta sia . I dis c h i p iù f a nta siosi de i Be a tle s ve ngono de f in iti p s ic h ede lic i. Tutta via la psic he de lia a c u i p e n s o
non è que lla de lle dr oghe be nsì la p o s s ib ilità di e spr ime r e la pr opr ia f a nta s ia a r r a n g iativa , music a le , c ompositiva se nza limiti. So
c he f a c c io music a c he può e sser e e tic h e ttata come psichedelica, capisco i m o t i v i p e r
c ui può e sse r e de f inita c osì e l i a s s e c o n d o
(nel senso che non mi da fastid i o s e n t i r m i
de f inir e in una c e r ta ma nie r a ) . Ce r to s e mi
e tic h e tta s s e r o c o me mu s ic is ta f o lk , p r o b ab ilme n te a v r e i q u a lc o s a d a r id ir e .
I n una re c e nt e int e r v is t a pa r la v i de l t it olo del disco, sottolineando come potesse
a v e re una do ppia v a le nz a , in it a lia no e in
ing le s e . U na c o nc e s s io ne a lla m a dre ling ua
c h e i n f u t u ro d o b b i a m o a s p e t t a rc i a n c h e
pe r i t e s t i de i br a ni?
Diciamo che io ancora non so scrivere brani
in I ta lia n o , a n c h e s e c o mu n q u e c i p r o v o , p u r
tr o v a n d o lo mo lto c o mp lic a to . M i p ia c e r e b b e
r iu s c ir c i u n g io r n o , ma n o n è n e i mie i o b ie ttiv i a b r e v e te r min e c o mu n q u e . N u tr o u n f o r te
r is p e tto v e r s o c h i s c r iv e b e n e b r a n i in ita lian o , p r o p r io p e r c h é h o d e lle d iff ic o ltà in q u es to s e n s o . Pe r me le p a r o le s o n o p iù a s s o n a nz e , s u o n i o ma g a r i v e r i e p r o p r i s tr u me n ti.
I l tito lo h a u n s e n s o mo lto r a g io n a to e v olu to . M i p ia c e p e r c h é c ’ è u n r if e r ime n to a l
fatto che questo è il mio secondo disco, è
u n tito lo c h e p u ò e s s e re l e t t o s i a i n i t a l i a n o
c h e in in g le s e , c ’ è il c o n c e t t o d e l “ d o v e re ”
q u a lc o s a a q u a lc u n o , so t t o l i n e a i l d u a l i s m o
c h e c ’ è n e lla mia mu s ic a (a v o l t e a l l e g ri s s ima e a v o lte tu tto il c o n t ra ri o ). E’ u n t i t o l o
c h e mi s e mb r a s ig n if ic a t i v o .
DROP OUT
Abbi dubbi
Detroit: Techno Fathers
From Detroit To
Space
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y
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juan
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Derrick May con Juan Atkins e
Kevin
Sa unde r son è c onside r a to uno d e i f o n d ator i de l suono te c hno ( non sol o d e tr o itia no): un misto di eurodisco mo r o d e r i a n a e
di funk clintoniano sparato nei s e q u e n c e r ;
dai Kraftwerk (sì, sempre loro c i s o n o d i
mezzo) alle stelle, dallo studi o a l c o s m o .
Te c nologia a l se r viz io de l sogn o a i c o n f in i
de lla r e a ltà te r r e str e c he poi sar à c o d if ic ato da molti come ‘motorico’ o m i n i m a l . I
tre compagni di scuola, come ne l l e m i g l i o r i
biogr a f ie music a li, iniz ia no da s u b ito a s p erimentare, ma non si fanno pre n d e r e d a l l a
smania compositiva. Più che a c o m p o r r e s i
me ttono a pa r la r e e a f ilosof e ggia r e s u q u e llo c he vuol/vor r à dir e music a . I n s o mma n o n
il solito tr io da singole tto br uc ia f lo o r. Q u esta imposta z ione c r itic a li f a a g g r e g a to r i d i
a ltr e me nti r itmic he , oggi ne ll’ o limp o : C a r l
Cr aig e d Eddie Fowlke s ( solo p e r c ita r n e
due ) . Ce r ve lli die tr o a i pia tti. Ra r a a v is .
Atkins poi si r a ddoppia e insi e me a R i c k
Davis si me tte giù a c a pof itto ne i Cy b o tr o n.
Eurofilia e oscurità dark roma n t i c a p e r i l
pr oge tto c he dur e r à qua lc he sing o lo s e mp r e
e comunque storico. Chiedete a i D J c o n i
c a pe lli bia nc hi di Vision o Te c hn o City e ve drete lampi nella notte. Dopo p o c o , c o n l a
f ie r e z z a de lle sta r, Jua n se ne va d a s o lo , la sc ia ndo l’ a mic o Da vis a l suo per c o r s o r o c k
e f onda una de lle e tic he tte c ulto d e lla s toria del ritmo: la Metroplex. Qu i p u r e M a y
r itor na a pubblic a r e c on la sua s u s s id ia r ia
Tr a nsma t. Ma è tutto f a tto in c a s a , u n a q u estione di amicizie e di nomi ch e n a s c o n o e
Interstellar
Technodrive:
n
M a i K r a f t w e r k si facevano? In questo 2008
p i e n o d i e l e t t ronica che si morde la coda,
l ’u n i c o sb a l l o sembra essere ancora pe sa nt e m e n t e l e g a t o alle droghe. Checchè se ne
d i ca , l a g e n e r azione nu-rave viaggia a ba se
d i c o c a e d i MDMA a buon prezzo . Più di
3 0 a n n i f a , R a lf & F lorian sbucano fuori
d a g l i s t u d i K lingKlang di Dusseldorf con
l ’an a l o g i c o i n testa e (s)fondano l’ e le c tr op o p , sc a v a n d o le fondamenta per la suc c e ss i va p l e t o r a d i connessioni con l’hip- hop e
g l i i n f i n i t i r i c hiami con le sonorità ottanta
che o g g i sb a n c ano. L oro li ricordiamo pulit i , s e n z a m a c c hia, protonerd im pecca bili da
cam e r e t t a . Mi ti sempreverdi. S arà v e r o?
L a d o m a n d a i niziale ha in sé tutto quello
che c i c o n t i n uiam o a chiedere ogni we e kend : a n d a r e a u n party per sballarsi solo c on
l a m u si c a è a n c ora concepibile? O no n è mai
s t at o p o ssi b i l e ? Tirar fuori energia da ll’ e le tt r o n i c a s e n z a ricorrere a sostanze alteranti
n o n è d a t u t t i . E se i ‘kraut-robot’ riusc ivan o n e l l ’ a r d u o intento con un’estetic a iper o r t o d o s s a l e gata al minimalismo bauhaus
c h e c r e p a v a musicalmente le strutture del
p o p , o g g i m a n cano dei veri e propri maestri
d i p u r e z z a e di stile. G ente che spac c a non
s o l o d o p o i l c inquantesimo vodka-tonic. Sì,
c’è i l d u b st e p , c’è il meltin’, c’è il n u- r a ve ,
m a c h i s e l i b alla senza almeno una goccia
d ’alc o o l ? D o p o lo sballo è ora di r itor na r e
al l a c a r a e v e c chia chill-ambient da de c ompressione?
P r i m a d ’ i n u t ili futurologie, le certezze
– s e m p r e c h e c e ne siano in musica– vanno
cerc a t e n e l p a s sato. E se il passato vuol dir e
ri co r d o , p e r n oi ricordo vuol dire rista mpa .
In p a r t i c o l a r e sono tre i dischi in que sta f ine
es t a t e c h e c i f anno riflettere sulla po ssibilit à d i u n a m u si ca elettronica al-di-là ( ? ) de ll o s b a l l o . L’ e t ichetta che ristampa i macigni
d i s t o r i a t e c h n o è la rediviva R & S . I nomi:
Der r i c k M a y , Ju an A tk in s (aka Mode l 500)
e J o e y B e l t r a m . I dischi: In n ovato r, Deep
S p a c e e C l a ssics. G ià qualche m esetto f a la
l ab e l b e l g a a veva fatto cadere qualc he lacri ma a i n o st a lgici del glitch con la doppia
r i s t a m p a d i d u e dischi culto di Aphex Twin:
Cl assi c s e S e l ected A m bien t Works . La R &
S è u n a d e l l e poche realtà belghe che ha nno
c onta to qua lc osa ne lla stor ia hou s e , n e l b r eve a r c o di te mpo c he va da l 1990 a l 1 9 9 1 h a
f a tto tr e ma r e il mondo de i c lub p r o p o n e ndo tr a c c e ha r dc or e c he sono div e n ta ti in n i:
Ene rgy Flash e M e ntasm di Jo e y B e l t r a m ,
M indwar e Horse powe r di CJ Bo lla n d . I n p iù
a bbia mo a ltr e due c hic c he , due f u o c h i d ’ a rtif ic io a tte sissimi: Unde r ground R e s is t a n c e muta ta ne l pr oge tto X- 102 e la Be r lin o
di Basic Channe l. Ma prima de l l a v e l o c i t à
del vecchio continente, teletra s p o r t i a m o c i
ve r so la Motor City più f a mosa d ’ A me r ic a .
Test o : M a rco B ra g g i o n
SA 35
m u o i o n o i n u n a notte, non serve ricor da r li.
L’i m p o r t a n t e è il legame che lega la tr ia de .
P r e n d i a n c o r a Atkins. Model 500 è il suo
m o n i k e r p e r entrare nello spazio. La c itazi on e a l d u o c o n May è tutta nel titolo. De e p
S p a c e i l n o m e con cui i due viaggiava no pe r
i cl u b . L a su a p rova solista è un solco ta rga t o 1 9 9 5 , a l c o nfine con lo spazio de i pr imi
e s p e r i m e n t i d eep. È lo spazio che r ichiama
i n e v i t a b i l m e n te la fantascienza cyberpunk
e s p l o s a i n q u egli anni fatidici post-muro
e p r e - 2 K . L a sensazione di imminenza e di
v e l o c i t à r i v i v e nell’estetica minimalista del
d i s c o : u n a c o sa ancor oggi ribollente f a tta
d i tr a c c e l u n g h issime; la Milky Wa y intr od u t t i v a c o n i l prode S aunderson, le sple n d i d e i n c u r si o n i nella progressività che de ve
p acc h i d i i n c hini ai Tangerine D re am, la
v o ce d i A i sh a Jamiel nella splendido sogno
p re- a m b i e n t d i T he F low (proprio q ui inas pett a t a m e n t e uno dei tanti collegame nti pe r
l e s p i a g g e d e i B oards of C anada), Starlight
un inno a nni luc e sopr a le de r i v e p o s t- ib i z e nc he de lla F- Communic a tion e Lig h ts p e e d
una c or sa c ontr o il te mpo ube r d e e p , r iv e rbe r i e d e c hi da na vic e lle spa z ia l i d i O d is s e a
2001.
Se Atkins è il sa ntone f r e ddo e min ima lis ta ,
Ma y è la c ontr opa r te r oma ntic a . I l s u o I nno v ator ( titolo più spoc c hioso non c i p u ò e s s er e ) è un doppio c he iniz ia c on un o s ta te me n t
or c he str a le da pa nic o. La ve r sio n e r ima n e ggia ta di que ll’ inno c he è Strings O f Life c o n
gli stor ic i c a mpiona me nti d’ a rc h i d ir e ttamente dalla Detroit Symphony O r c h e s t r a .
E poi tutto uno spostamento pi e n o d i s o u l ,
pie no di que lle c ose c he f a nno u n o s tile . L e
ta stie r ine spooky dir e tta me nte d a lla A u toba hn in Fre e sty le, gli archi mo l l e g g i a t i e i
c la p minima l di The Danc e , la c o n n e s s io n e
c on la a c id di Day mare s, I t I s Wh a t I t I s, i
c hor us supe r 80 di Be y ond The Da n c e e a ltr i
tr uc c hi c he c ostr uisc ono un’ a tmo s f e r a c h e è
già c lub, tr a c c e pr oie tta te sulla p is ta ma c o n
juan atkins
in me n te le s te lle c a d e n ti e u n a b b r a c c io inf in ito . M is tic is mo p e r g e n te c o n la la c r ima
f a c ile , c h e c o s tr u is c e d e i ta p p e ti s o n o r i lu ng h i, q u a s i e s tr a n e i a l b a llo . Co n te mp la z io n e
c h e p o i a n d r à a s f o c ia r e n e ll’ a mb ie n t. I n p oc h e tr a c c e e r a g ià imp lic ito u n d e c e n n io d i
r e v iv a lis mo n e w a g e e s e p r o p r io v o g lia mo
a n c h e la lu n g a p a r e n te s i c h e c i h a in v e s tito in
q u e s to 2 0 0 8 ( v e d i To m M iddle t o n e a ff i n i ) .
Phase 2: Chicago Underground
Resistance
D o p o il tr io d i Be lle v ille ( q u e s to il q u a rtie r e s u b u r b a n o d o v e i d e tr o itia n i v iv e v an o ) l’ e r e d ità v ie n e r a c c o lta d a u n a s e c o n da generazione di smanettoni illuminati a
Chicago. Il nome è già qualcosa di diverso,
c h e p r e lu d e a u n a c o n s a p e v o le z z a s tilis tic a
f u o r i d a i c a n o n i d e lla te c h n o : U n d e rg r o u n d
R e s i s t a n c e . S o t t o s u o l o c h e e m e rg e e c h e s i
c o lle g a a i p a d r in i mo to r is tic i c h e h a n n o p o rta to il s u o n o e u r o p e o a l d i là d e ll’ o c e a n o .
La nuova alleanza sonora prende il meglio
d e ll’ e r e d ità d e tr o itia n a e c i v a d i s p e r ime ntazione. Una ristampa ci parla di questo
sentire fatto di tagli, cuciture e spaesamenti
f u o r i d a l s e n tie r o d e l s o lito q u a ttr o : X - 1 0 2
Re d is c o v e r s the Ring s o f Sa tur n. G i à d a l
tito lo s i c a p is c e c h e J e f f M ills e M ike Ba nks h a n n o r ile tto u n c la s s ic o d e ll’ ip e r s p a z io
techno. Quel disco che nel lontano 1992
in d a g a v a le p o s s ib ilità f is ic h e d e l v in ile ,
usando suoni che non erano solo proiettati
n e ll’ a s tr a tte z z a 8 0 , ma s i s p o r c a v a n o c o n il
p o s t- f u tu r is mo d e ll’ in d u s tr ia l, o g g i r ito r n a
c o n la s te s s a p o te n z a d i p iù d i 1 0 a n n i f a .
Aiutati dalle sperimentazioni di quel mago
d e llo s tu d io So u n d E n te r p r is e c h e e r a R o n
M ur phy ( i l g u r u c h e i n v e n t ò t r a l ’ a l t r o i l
lo c k e d g r o o v e , la tr a c c ia c h e v a s u l v in ile
in lo o p in f in ito e c h e s p e r ime n tò d ir e z io n i
s tr a mp a la te c o n e q u ip a g g ia me n to r ig o r o s ame n te a n a lo g ic o ) i n e r d p r o d u c o n o u n c o ncept che girava idealisticamente intorno agli
a n e lli d i Sa tu r n o ( p ia n e ta d is ta n te e ‘ u n d e rg r o u n d ’ p e r e c c e lle n z a ) e c h e n e lla v e r s io n e
in v in ile ma n te n e v a s u l s u p p o r to le d is ta n z e
in s c a la tr a i v e r i a n e lli d e l p ia n e ta . U n c o lp o a l c u o r e p e r la c o mu n ità d e l r itmo .
‘ Rin g s ’ è a tr a tti e p ic o , q u a s i d u b n e lle s u e
a tmo s f e r e s p a z ia li e s o g n a n t i , a t ra t t i m inimal e pesissimo, scuola Jack impiantata
direttamente nel midollo, un tatuaggio che
non scompare nemmeno oggi. A risentirlo
s i c a p i s c e c o m e l a c re w d e l l a w i n d y c i t y
a b b ia s a p u to imp o r r e u n ’e s t e t i c a d i m i l it a n z a n e l l a p i s t a e p e r l a p i s t a . Tr a d u r r e i n
s u o n o e le ttr o n ic o q u e l l o c h e a l t ri (P u b l i c
Ene m y a d e s e m p i o ) s t a v a n o p r o p o n e n d o
c o n la p a r o la . Q u i il v e rs o s i t ra s fo rm a i n
c o e r e n z a s tilis tic a e tu t t o v i e n e t ra s fi g u ra t o
n e l s o g n o a d o c c h i a p ert i d i u n n u o v o p i an e ta . I n b ilic o tr a mis t i c i s m o e m i l i t a n z a .
Belgium Is Calling
Se da anime così vicine nasce una frattura
s tilis tic a c h e s i d iv e r s i fi c a p e r p i c c o l i p a rtic o la r i d i f e e lin g , s e r v e u n s a l t o i n Eu ro p a
p e r la r ic o mp o s iz io n e , p e r ri p o rt a re (t e mporaneamente?) tutto a casa. From USA to
Be lg iu m, d o v e il n u o v o s a n t o n e è J o e y B e l tram.
Rito r n a l’ a g o g n a ta d o m a n d a . M u s i c a p e r
sballati? O sballati per la musica? Se uno si
me tte a d a s c o lta r e il s u o i n n o p e r e c c e l l e nz a c h e è E n e rg y F la s h, o l t re a l l a b a s s o p re g a b b e r tr o v e r à u n a v o c e i n a c i d o c h e ri p e t e
c o me u n ma n tr a le p a r o l e c h i a v e : ‘A c i d , e xtasy’. E se poi uno si mette ad ascoltare la
s u c c e s s iv a M e n ta s m ( d e l 1 9 9 1 ) n o n c e n ’ è
p iù p e r n e s s u n o , c o n q u e l l e t a s t i e re R o l a n d
SA 37
terazioni urban che fanno intravedere la
scuola dark-core dei 4 Hero (Psychobase)
o la carica live dei Prodigy (My Sound).
I nsomma , l’ e xta sy se mbr a un p a s s o f o n d a me nta le ve r so le ste lle . La ve loc ità imp lic ita
nello sballo continuo è la base p e r i l r i t m o
di ie r i oggi e doma ni. Se De tr oit p iù c h e u n a
sc uola e r a una r e te , Be ltr a m r ies c e n e ll’ intento sempre implicito dei gran d i m a e s t r i :
c on gli ste ssi me z z i de i pa dr i c r e a r e u n ’ o p e r a de f initiva , c he sta bilisc e de i p a le tti e c h e
sa r à un f a r o pe r le ge ne r a z ioni s u c c e s s iv e .
Into the Deep, Beyond Minimal:
Berlin Basic Channel
Joey beltram
i n a c i d o c h e sembrano uscite direttamente
d al le p r o d u z i o ni della Trax, quei ritmi c he
ri as su m o n o i n pochi m inuti sia il minimal i s mo d i A t k i n s che la visione sinfo nic a di
M ay. S ì , p e r c hé anche nell’hardcore c ’ è una
traccia di melodia. Se queste tracce sono
storiche, il motivo sta proprio in questa
capacità di riassumere l’essenziale ereditato dai padrini.
Beltram produce (insieme anche a Mundo
Muzique) dei pezzi che unificano le due
sponde dell’Atlantico e lo fa con un mood
oscuro, in certi punti dark. Il segreto del
suo futuro successo sarà il Belgio, terra invasa dall’anglofonia, che aspettava a braccia aperte la novità, il suono da ‘fare suo’.
D a l l a p i c c o l a e t i c h e t t a d i R e n a a t Va n D e Papeliere e Sabine Maes partirà la cometa
Euro-hardcore, e niente sarà più come prima: i tempi aumentano, le visioni horror si
moltiplicano e nasce un suono inconfondibile che affonda le sue radici brutali nelle
m a c c h i n e R o l a n d 3 0 3 / 8 0 8 ( G ro o v e A t t a c k ,
S u b s o n i c Tr a n c e ) o n e l v o c o d e r i s m o s p i n to che annuncia gli O.R.B. (The Reflex),
nei clap minimal di Jazz 303 o nelle al-
La p e s a n t i s s i m a p a r e n t e s i b e l g a s p a r a n e l
firmamento delle creature del pianeta E
una serie di inni immortali, delle comete
che brillano ancora oggi. I più scafati però
s i a c c o rg o n o c h e m a n c a u n ’ o r t o d o s s i a d i
fondo, qualcosa che sappia riassumere dal
punto di vista estetico le esperienze teoriche di Kraftwerk, Detroit e Chicago. Ins o m m a , s e q u a l c u n o s i a c c o rg e c h e p r o b a bilmente si sta andando a finire verso un
‘tramonto della civiltà occidentale-techno’,
mancano i filosofi del declino. Le figure
di riferimento non potevano che ritrovarsi
hegelianamente se non all’inizio del nostro
viaggio.
Di nuovo il ritorno in patria krauta, di
nuovo Germania, ma questa volta le cose
si fanno in grande e si punta su Berlino.
Parola d’ordine: Basic Channel. E ancora
una ristampa ci fa sognare. Il disco ha un
titolo che più minimal non si può: BCD-2.
S e i t r a c c e . Tu t t e d i m i n i m o d i e c i m i n u t i .
E già qui capisci che la visione si accosta
più al dub. Se poi ti ascolti la ristampa del
1995 (BCD) capisci che Berlino è lo snodo
fondamentale del tempo dilatato. La label
è una di quelle realtà umbratili che non si
fanno pubblicità, ma che sono conosciute
dai maniaci della minimal techno e del dub.
L o r o s o n o M o r i t z Vo n O s w a l d e M a r k E rnestus. Hanno un negozietto a Berlino,
p r o d u c o n o i l o r o v i n i l i , i l o r o 1 2 ’’ . S e v u o i
incontrarli ci vai di persona. Non rilascian o i n t e r v i s t e ( p o c h i s s i m e , u n a a Wi r e q u a l che tempo fa) e non si fanno assolutamente
fotografare.
Il ciddì che abbiamo per le mani da poco più
di un mese ci fa sognare e ci fa capire come
la connessione tra techno e dubstep veng a d a q u i . Vi a g g i o n i c h e d a l 1 9 9 3 a l 1 9 9 5
hanno segnato il suono dei club di mezzo
mondo e che oggi troviamo nelle selecta
illuminate di pochi DJ, gente che ha capito
c o s a v u o l d i r e m i n i m a l c o m e Vi l l a l o b o s o
su un altro versante Hell. Quei viaggi che
piacciono tanto al popolo del floor li senti tutti qui, nel ripescaggio di quei nove
1 2 ’’ d i t a n t o t e m p o f a : t e c h n o - d e e p s p o r c a ta dal rumore delle puntine (Inversion), il
b a s s o d a c a r d i o p a l m a d i O c t a e d re , l e s p a zializzazioni furiose di Octagon e l’acidità
d i E n f o rc e m e n t . E p o i q u e l l o c h e è l ’ i n n o
d e l l a c a p i t a l e t e l t e c h - d u b : P h y l y p s Tr a c k
u n a c o s a c h e v i a g g i a t r a l ’ A p h e x Tw i n d e l
periodo Analord e la trance più impazzita
che mai.
Il vero connubio tra tech e step nasce qui.
Se oggi i vari Scuba, Italtek, Pinch, Burial
e compagnia remixante fanno furore, lo devono soprattutto all’eremitaggio psicotico
e progressivo di un’etichetta che riprende
le origini motoriche del duo di Dusseldorf,
si riappropria della blackness di Detroit/
Chicago e prepara il tappeto per i giovani
londinesi, che oggi ritornano sul luogo del
delitto e mescolano tutto nel nuovo territor i o d e l r i t m o . Te c h s t e p : c o r s i a p r e f e r e n z i a le per sperimentazione e ricerca.
I , S pa c e
Droga o non droga questa musica va vissuta. Se oggi la balliamo al di sopra delle
righe consumando troppi sballi, ascoltando queste ristampe capiamo che in fondo
la traccia che sbanca esiste a prescindere
dalle sostanze allucinanti. Le tracce restano e i neuroni se ne vanno. Noi tentiamo
c o n d i ff i c o l t à d i c o n s e r v a r c e n e u n p o ’ p e r
assaporare il suono da dancefloor che etichette come la R & S ci stanno facendo riscoprire, per capire come i 90 siano ancora
più vivi che mai. E in fondo perché non fa
male rivivere la carica sovversiva e profondamente controculturale che sta sotto al
rave. Che poi il corpo ne risenta, quello è
un altro problema.
Intanto noi ci siamo, e se non ci siamo stati, ci andiamo di ristampa. Il passato colpisce al cuore, ci fa ricordare i rave a cui
non abbiamo partecipato. Non importa che
siano finiti, noi ce li immagineremo in altri
viaggi cosmici. I Kraftwerk si facevano.
SA 39
Los Angeles ha un nuovo covo: The
Smell. E, stando a quanto ne disse il
New Yorker, è la tana di una fresca
generazione di punk californiani. Fra
i suoi frequentatori più assidui, il
locale conta anche promesse ‘a latere’ della scena indie nella Città Degli Angeli. No Age, HEALTH, Mika
Miko, Silver Daggers, BlackBlack,
The Mae Shi, Cause Co-Motion!,
Vivian Girls, Crystal Stilts e Abe
Vigoda si contano fra queste. Non
tutte provenienti dall’assolata California. Non necessariamente affini
per sonorità proposte. Spesso, però,
vincolate da legami d’amicizia favoriti dalla gavetta condivisa e da condivise passioni musicofile. Abbiamo citato questo pugno di nuove e
nuovissime band – lasciando fuori la
marea d’altre che transitano il club –
proprio perché, divergenze o affinità
stilistiche messe al bando, son quelle che fanno maggiormente “corpo
unico” con l’etica, ed estetica, del
The Smell; quelle che, ad oggi, ne
animano il cartellone d’eventi live,
provando quanto la scena californiana (Los Angeles e San Francisco soprattutto) stia al momento sfornando, in continuo, sorprese sospese fra
passato e presente. Forse non innovative in assoluto, ma importanti per
più aspetti. Il nostro è un tentativo.
Una ricerca/sondaggio parziale e
personale sul (non)suono della scena
ruotante intorno al locale losangelino. Una indagine che non ha nessuna
velleità completi sta, quanto invece
la volontà di tastare il suono di gruppi affini geneticamente all’attitudine giocosamente d.i.y. dello Smell.
Bands non esclusivamente residenti
allo Smell, per usare un liguaggio
semanticamente appartenente alla
scena dance-disco; bands neppure
solo californiane, come dimostrerà
la parte finale dello speciale, in cui
sonderemo letteralmente dal “suono”
odoroso per avviarci verso spiriti vicini musicalmente ma lontani geograficamente. Ripetiamo, ad nauseSA 41
am, che questo è solo un arbitrario richiamo
di attenzione su una fetta di una scena che
– non essendo tale in quanto mancante di una
coerenza stilistica di base – sarebbe meglio
definibile come movimento.
Nato dieci anni fa, intimo e contiguo con i
fermenti locali da sempre palpitanti attraverso il profondo cuore rock dell’assolata L.A.,
il The Smell (il cui autoassegnatosi motto
parrebbe essere: “Helping keep kids off the
streets since 1998... by leading them into a
dark”) è piccolo e misterioso, intimo e seducente, un locale che è un covo. La cui prima
significativa figliolanza, legandola ‘a posteriori’ rispetto alla scena colà poi sviluppatasi, sembra musicalmente essere quella dei No
Age, sospesi fra post-punk e shoegaze. Ma
vano sarebbe cercare di associare alla band
di Dean Spunt e Randy Randal il suono della miriade di band che sono nate suonando
e provando nel Nostro localino. Cosa infatti
possa unire, nel modo d’approcciare la materia rock, la band di Weirdo Rippers (2007) e
Nouns al “tropical punk” dei figli più chiacchierati, oggi come oggi, dello Smell, ossia i
giovanissimi Abe Vigoda, rimane da scoprire. Mentre ben chiaro è che la Post Present
Medium, label del No Age Dean Spunt, ha
molto apprezzato il sound composito del giovanissimo quartetto. Tanto da pubblicarne il
fresco di stampa Skeleton e dare sfoggio di
quel “tropical punk”, come alcuni l’hanno
denominato, creato dai Vigoda. L’altro volto
dello smell sound è, di contro, affine a quella
genia di nuovi eroi musicali (Eat Skull, Sic
Alps, Psychedelic Horseshit, Blank Dogs,
Tv Ghost, Times New Viking, Thee Oh
Sees, Nothing People ecc.) che è stata definita da più parti come “shit-pop revolution
generation”. Quella che ha portato il noise
a reinventarsi e a imbastardirsi nuovamente,
da un lato con i maestri del suono cingolato
di sempre (Royal Trux, Chrome, Helios Creed, Crash Worship), dall’altro con le istanze
rock and roll brade e 60s-oriented (Cramps,
Stooges, il garage-rock, certo punk settantasettino). Ed ecco comparire così, negli annali del club, il nome dei Silver Daggers, il cui
range stilistico spazia dalle band Dischord
ai Pere Ubu, dalla no-wave a certo free-jazz
fai-da-te.
O ancora – ennesime sfaccettature di un
(non)suono odoroso – il groove ricercato e
tribale degli HEALTH, il quartetto losangelino incline a virare in forma dancey istanze
noise, wave e art-rock come dimostra appieno il progetto laterale HEALTH//DISCO. O
gli spiriti affini Clip’d Beaks e Mahjongg,
ospiti fissi sul semipalco dello Smell, pronti
ad agitare cuori e chiappe a forza di poliritmi
urban. Il succo vero di Kontpab (K, 2008),
esordio lungo dei chicagoani Mahjongg, giace, straziato ma vivissimo, in quella ‘terra di
nessuno’ denominata, fra 70’s e 80’s, mutant
disco. O l’aggressività punk d.i.y. delle agitatrici padrone di casa Mika Miko, i bozzetti weird-pop-folk dei BlackBlack, il garage
pop-cavernoso dei caUSE co-MOTION! O,
per concludere nella rapida carrellata, quei
Crystal Stilts che, fra gli idoli citati cui si
ispirano inseriscono i maestri neozelandesi The Clean, ed il cui lp omonimo, appena
uscito su Woodsist sublima il suono mid-80s
sull’asse Cure/Jesus & Mary Chain/Spacemen 3 in caramelle garage-pop formalmente
compitissime.
Se proprio dovessimo, semplificate le cronache, trovare un punto di partenza per questi
nuovi rumorosi assetti della geografia musicale negli States, allora dovremmo tirare in
ballo etichette quali In The Red e Load, fra
il 2003 e il 2005, e gruppi come Hospitals e
Piranhas. Ed anche molti figli di questa nidiata (vedi Sic Alps e Thee Oh Sees) amano
bazzicare su questi palchi. Così come non
disdegnano ospitalità alcune delle più chiacchierate band, a livello underground, che al
The Smell finiscono per far tappa spesso e,
pensiamo, anche volentieri....
Maggio 2008. Il 23, per il diario di bordo. Le
Vivian Girls sbarcano a Los Angeles per un
tour de force anfetaminico: suonare presso la
KXLU (stazione radio fm che trasmette dalla Loyola Marymount University), alle 5 di
pomeriggio, e poi, senza neanche tanto aver
tirato il fiato da quel palco, scaraventarsi su
quello che è oggi considerato uno dei locali più fondamentali, per molte nuove band
californiane...il The Smell. Hanno appena
pubblicato un lp. A prendersi carico della
pubblicazione, la label newyorkese Mauled
By Tigers. E, infatti, le Nostre provengono
da Brooklyn. La band è in attività solo dalla
fine dell’anno scorso. Saranno proprio esibi-
zioni come quella accennata (entusiasmante)
o quella presso la SXSW a far sì che, appena stampato, il disco delle Vivian Girls
vada immediatamente sold-out. In una sola
settimana era praticamente impossibile trovarlo presso tutti i più importanti independent music shops della Grande Mela. Other
Music e Kim’s Underground inclusi! Il caso
ha montato talmente tanto che il prossimo
autunno il disco verrà ristampato dalla californiana In The Red. BlackBlack, Cause CoMotion!, Crystal Stilts sono band amiche per
la pelle (e concittadine) delle Vivian Girls.
E, come loro, tutte affezionatissime al The
Smell. Adesso non ci resta che approfondire,
per quanto ci è in tale sede concesso, alcune
delle band che hanno fatto, e stanno ancor
facendo, la gloria d’un periferico club losangelino (il cui unico concorrente sembrerebbe
essere l’Hemlock Tavern di San Francisco....
ma questa è un’altra storia...).
A be V i goda
The best band in California at the best venue
in California: questo il grido virtuale di un
anonimo utente del web in merito all’enne-
simo live al The Smell. E come dargli torto,
visti i protagonisti.
In tempi di sovraffollamento uditivo come
quelli del 2.0, si corre il rischio di gridare al
miracolo con troppa facilità perdendo di vista
l’eventuale (e sempre più probabile) standardizzazione della proposta. Qui però si va sul
sicuro, anche se a prima vista, senza averli
visti o sentiti, basandosi solo su background,
provenienza, amicizie e influenze dichiarate
si sarebbe tentati dal confonderli nel calderone delle uscite wave o art-punk come ne
arrivano a secchiate da quell’estremo trancio occidentale di America. E invece, senza
neanche ascoltarli, basterebbe guardarli in
faccia o conoscerne i nomi per capire che c’è
qualcosa se non di più, per lo meno di altro
rispetto al canone.
Fuori i nomi allora: Juan Velasquez (chitarra), David Reichardt (basso), Michael Vidal
(chitarra, voce), Reggie Guerrero (batteria),
amici dalle superiori e ignari di cosa fosse
uno strumento fino alla formazione del gruppo. E poi la provenienza: Chino, hinterland
losangelino a forti tinte ispaniche in cui tacos e spanglish sono la consuetudine. Così
come gli echi di quelle tinte da mezcla socio-
abe vigoda
SA 43
mika miko
di 4 giovani ispanici ed iconoclasti devoti
culturale rimbombano prepotentemente nelle
all’attitudine punk.
musiche di questi quattro imberbi poco-piùPrima di giungere a questo (temporaneo o
che-adolescenti.
definitivo, solo il tempo lo dirà) punto d’apIl quartetto – che deve il nome all’attore faprodo – a dirla tutta il loro capolavoro – i 4
moso più per le paradossali circostanze delhanno attraversato altre tappe; nello specila presunta morte che per l’interpretazione
fico una miriade di pezzi piccoli come d’ordi Salvatore “Sal” Tessio in Il Padrino – ha
dinanza in tempi di elefantiasi della (auto)
infatti coniato l’esotica (auto)definizione di
produzione e due full length – l’esordio Sky
“tropical punk” per evidenziare quella fusioRoute/Star Roof (PPM, 2006) e Kid City
ne di input disparati da melting pot globale
(OlFactory, 2007). Ambedue produzioni in
che, specie negli States, stanno ridisegnando
famiglia, visto che Dean Spunt (PPM) e Jim
i confini della società del terzo millennio.
Smith (OlFactory) sono ambedue presenze
Ma cos’è, in concreto, il tropical punk degli
ingombranti dello Smell. I 12 pezzi dell’esorAbe Vigoda? Una forma di punk etimologicadio Sky Route/Star Roof, seppur lasciando
mente tropicale, torrido, sfibrante, ma anche
intravedere gli sviluppi futuri, sono ancocolorato, spensierato, folle. Un devastante
ra legati ad un art-punk schizoide di diretmix di new wave e punk-pop, influssi ritta emanazione no-wave. Si ascoltino Casual
mici caraibici e smazzate tex-mex, no wave
Knights o Chivalry per fugare gli eventuali
giocosa e world music sui generis che trova
dubbi. Non c’è furia fine a se stessa, ma munel diamante grezzo che è il nuovo Skeleton
sica cerebrale. Non c’è cacofonia gratuita,
(PPM per l’edizione americana e Bella Union
ma dissonanza funzionale. Sperimentalismo
per quella europea) una perfetta sintesi. Imed elucubrazioni strumentali non sono parole
maginate un caleidoscopico ibrido pop ad
il senso
alta
ritmica delimitato
D
a gradazione
che il digitale
pres e il insounp rpea v v e nbuttate
t o , d ial evento
t i c h ema
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straripano
in ogni
direzione.
Tutto
d i scorso
tanto
solido
quant
o povi ù è mL’anno
u l t i f osuccessivo
r m e . è la volta di Kid City, che
viamente
frullato attraverso
Te s t o: Giancar
lo Tur rlaagenuina lente ripropone l’energia del quartetto introducen-
do una virata pop più intelligibile e che fa
da battistrada per l’esplosione di Skeleton.
Sempre di brevi bozzetti di abrasivo noisepop stiamo parlando. Mai superiori ai 2 minuti, i pezzi del comeback sono delle gemme
pop incastonate in carta vetrata: la voce non
è più urlata ma comprensibile; le ritmiche
variano sul canovaccio “calypso-punk” che
sarà di lì a poco (Infinity Face è una tempesta caraibica totale); gli interplay tra le
corde assumono maggior consapevolezza nel
loro essere asimmetrici (Homonomy vive di
continui scambi/scontri tra basso e chitarre)
sfiorando territori da tapping (Boxes) impensabili solo l’anno precedente.
I ragazzi insomma crescono; e in maniera
vertiginosa, tanto che i full-length possono
esser visti come una sorta di mappatura in
divenire di un suono che si va formando letteralmente travasando l’iconoclastia no-wave verso un ibrido pop-punk dai contorni geniali ed inattesi. Che lasciano ancora – come
sempre – a bocca aperta di fronte alle infinite pieghe che un suono, sempre quello ma
mai lo stesso, può prendere in quella fetta
d’America dove batte sempre il sole. (SP)
M i ka M i ko
Le femministe? Il passato remoto. Le riot grrrls? Il passato prossimo. E l’attualità? L’attualità è una serie di band al femminile che
tutto sono tranne che identificabili come femminili. Tanto meno come poseurs o gente alla
ricerca dell’hype. Tra queste Mika Miko, 5
sbarbine nemmeno ventenni che sono il vero
centro nevralgico per il suono The Smell. Intorno a loro è fiorita la scena/non scena del
locale losangelino; anzi, ad essere precisi è
con loro, dentro di loro che si è sviluppata
una serie di bands affini non solo stilisticamente.
Sono infatti tanti legami tra i gruppi che gironzolano per lo Smell: musicali innanzitutto, col locale della downtown che si rivela
sin da subito il grembo materno nel quale
cozzano, si scontrano e si confrontano, mescolandosi e travasandosi le une nelle altre,
le aspettative e le esperienze di un gruppo
eterogeneo di giovani in fissa con la musica,
il divertimento e anche l’impegno sociale.
I legami tra le bands sono però anche ami-
cali e artistici. Se a testimoniare i primi ci
sono le innumerevoli date condivise, a comprovarne le affinità stilistiche non c’è solo
lo stesso approccio diretto e iconoclasta alla
musica ma anche un fitto scambio di esperienze e di travasi extra-musicali: il video
di Skeleton degli Abe Vigoda, ad esempio, in
cui a prestare il proprio piacente visino troviamo Jenna Thornhill che con lo pseudonimo di Jet Blanca è voce, sax e tastiere delle
Mika Miko. Oppure la partecipazione al rockumentary 40 Bands, 80 Minutes! di Sean
Carnage, una fotografia sull’underground
punk della città degli angeli.
I più semplici potrebbero obiettare che, dopotutto, è il do it yourself, baby. Ma qui la
faccenda è più complessa. Prendete High
School Record, un film indipendente di Ben
Wolfinshon che si propone di indagare le
frustrazioni dei giovani americani, rimanendo equidistante sia dalle stupidità puttanesca alla American Pie, sia dalla riflessione
seriosa e problematica alla Elephant. Beh,
guardatevi il cast e ricostruirete facilmente
l’albero genealogico della Smell scene: la
suddetta Jenna, in compagnia di Jessica Clavin (bassista del gruppo) dividono le scene
tra gli altri con Dean Allen Spunt (già Wives
e ora mezzo No Age, oltre che titolare della
PPM per cui escono la maggior parte delle
release dei nomi qui coinvolti), Susan Estrada e Nicholas Gitomer (My Little Red Toe)
e – udite! udite! – sua santità Mike Watt.
Un fermento inarrestabile; un turbinio di
nomi, facce e musiche, che ruotano tutte intorno all’unico punto fermo della costellazione punk losangelina: The Smell.
Proprio come la musica delle 5 signorine che
si sono date il nome storpiandolo dal gruppo punk nel quale suonava la defunta zia di
Jessica e Jennifer. Un frullatone punk-rock
deviante, essiccato e striminzito che cita invariabilmente Germs e Black Flag, così come
l’appeal dancey (da prendere con le molle) di
Liquid Liquid, ESG e compagnia bella funkeggiante. Ma le cinque (Victor Fandgore
a.k.a. Jennifer Clavin – voce, chitarra, tastiere; Jet Blanca a.k.a. Jenna Thornhill –
voci, sax, tastiere; Michelle Diane Suarez
– chitarra, tastiere; Jessica Clavin – basso;
Kate Hall – batteria) hanno bene in mente di
essere le nipotine assatanate di X-Ray Spex
SA 45
e Slits e le sorelline minori di gente come le
Bikini Kill e Erase Errata, perciò spaccano
di brutto nei loro pezzi da 1 minuto e mezzo
pur rimanendo ben salde in un ferreo approccio d.i.y. che se ne sbatte di hype e cazzate
simili. Dopotutto, We like to say we are pony
trash, Jennifer dixit.
Un album (C.Y.S.L.A.B.F. per Kill Rock
Stars/Post Present Medium, 2006), un mini
(666 sempre PPM, 2007) e un omonimo 7”.
Queste le scarse uscite per un minutaggio ancora più striminzito: neanche 1 ora di musica
incisa che però è in tono col senso ultimo
del proprio (macro)microcosmo. Quello del
suono trasversale, spigoloso, riottoso, umorale, discontinuo ma sempre eccitante e ben
testimoniato dall’happening per il decennale
dello Smell, in cui le 5 ragazzine terribili
hanno condiviso il palco a suon di decibel
con, guarda caso!, fratelli di sangue come
No Age, Silver Daggers e Abe Vigoda, tra gli
altri. (SP)
S i lve r D agge r s
Nomen omen, ovviamente. Scelta stilistica e
dichiarazione d’intenti fuse insieme sin da
quello che – volenti o nolenti – rappresenta
il primo scoglio per chi imbraccia gli strumenti: il nome. Che, nel caso specifico del
quintetto losangelino, lascia ben poco all’immaginazione: stiletti argentati.
Stilettate. Fitte e dolore. Sangue. E ovviamente The Smell. Sì, perché nell’infinito diramarsi di questa scena-non-scena le affinità
musicali sono nulla se non ci sono legami
personali. Abbiamo avuto modo di vederlo parlando di Mika Miko e Abe Vigoda. E
infatti è proprio una vecchia conoscenza di
questo articolo ad imbracciare il sax deturpato col quale i Silver Daggers martoriano la
propria musica, quella Jenna Thornhill usa
ad urlare con le Mika Miko e, apparentemente, epicentro del (non)suono dello Smell. Al
riguardo da tenere d’occhio è il trio “soulviolence” Small Breed con alla voce, guarda
caso, proprio la Thornhill.
Perdersi lungo i sempreverdi rami dell’albero genealogico della Smell scene sarebbe
facile a questo punto, ergo facciamo un passo indietro e torniamo ai Silver Daggers. Più
contorti rispetto ai compagni di palco citati
M ae S h i + G ow n s
silver daggers
in questo articolo, meno lineari e più umorali, i SD rubano il nome ad un pezzo della Baez per rinverdire i fasti funk-no-wave
tipicamente newyorchesi innervandoli però
di scazzo punk losangelino. Il contraltare
west coast dei disciolti Black Eyes, per esser brevi, e il finora unico full-length ufficiale, New High And Ord (Load, 2007) sembra dimostrarlo; quando le voci si incastrano
l’una sull’altra in un semifalsetto devastante
e schizoide che copre il range che va indietro nel tempo fino ai Pere Ubu, ad esempio.
Oppure quando a dettare legge è il fratturato
interplay strumentale in cui fondamentale è
l’apporto dei fiati: la tromba di WKSM e il
sax violato della Thornhill legano e slegano la massa sonora bignamizzando i suoni
out dell’ultimo trentennio e sfottendo tutto
il p-fu(ffa)nk odierno. In aggiunta un basso
grasso e tondo memore dei NoMeansNo, una
batteria asciutta ma ritmatissima, la chitarra
tagliente del figliol prodigo Jackson Baugh
(cercare sul web per le vicissitudini dell’ex
membro fondatore) ed ecco che New High
And Ord si presenta per quello che è: uno dei
migliori “esordi” dell’anno passato.
As usual in tempi di frantumazione del mercato discografico – e soprattutto in scene
etimologicamente do-it-yourself come questa dello Smell – è però nella sterminata
produzione minore che i SD danno il peg-
gio di se stessi. Una pletora di uscite. Una
costellazione di cd-r autoprodotti, cassette,
vinili piccoli in modalità split che brillano
offrendo un suono ancor più frastagliato rispetto all’album. Nell’autoprodotto cd-r live
Art School. No Bleed (2005), per esempio,
quando i fiati disegnano fughe mediorientali (Glacier/Elephant Stomp); oppure nelle
dilatazioni free (-rock, -noise, -funk, -jazz,
-everything) della cassetta Pasado De Verga
(Not Not Fun, 2006 con coltello come gadget!), il cui lato b è occupato interamente
da una suite in 15 minuti che è esattamente quello che il titolo prefigura: 26 Animals
Using Regular Rock Instruments.
La follia dei 5 si sarà compresa a questo punto. La padronanza degli strumenti pure, così
come la attitudine a demistificare un passato
(musicale) mai così presente.Quello che interessa in questa sede, però, è la centralità
dello Smell. Che poi significa la centralità
di un suono che non è un suono, bensì una
attitudine – alla collaborazione, ai travasi,
agli innesti – che riunisce tutte le tessere in
un disegno più grande. In un mosaico sonico
nel quale i Silver Daggers entrano di diritto
come l’ombra deviante, il fratello schizzato, il lato oscuro speculare all’immediatezza
delle Mikas e alla solare aggressività degli
Abes, solo per rimanere ai nomi citati qui.
(SP)
I Mae Shi hanno fatto una finaccia. Succede
ed è successo. Però prima di sprofondare nel
baratro di un college-rock non invasivo né
tagliente, di cuori ne hanno spaccati tanti.
Sia chiaro, non che l’ultimo album a nome
Mae Shi sia brutto, anzi. Il problema risiede
purtroppo nel nome del gruppo: HLLYH semplicemente non è un album dei Mae Shi che
conoscevamo. Quelli che si dedicavano ad
un experimental-punk che flirtava in egual
misura con post-punk incazzato e mutante,
funk bianco imbizzarrito e destrutturazioni
quasi hc sporcate di synth ed elettronica a
basso costo.
HLLYH è un disco di moderno noise-pop privo di eccessivi spigoli e senza quasi alcuna
asperità, piuttosto melodico e ricercato nei
suoni ma senza quella fiamma che bruciava
nelle prove precedenti lo scisma in casa Mae
Shi.Sì, perché – anche se è roba che sta al
confine tra gossip e cronaca musicale – non
si può non parlare dello scisma in casa MS.
In primis perché arrivò inaspettato – amichevole a sentire i protagonisti – proprio al
momento in cui il quartetto sembrava poter
spiccare il volo verso l’olimpo della musica rumorosa; in secondo luogo perché diede i natali ad un’altra sensazione destinata
a infrangere cuori, seppur su altri versanti:
i Gowns verso cui transitarono Ezra Buchla
e Corey Fogel.Senza perdersi in questioni
extra-musicali, rifocalizziamo l’attenzione
sullo Smell di cui entrambe le formazioni
sono state e sono tuttora parte integrante. I
primi, con la miscela di incendiario dopopunk riottoso e devastante – vedasi a proposito un qualsiasi spezzone live su YouTube; i
secondi con una combinazione di avantgarde
fortemente wavey e umorale che ipnotizza
e strugge.Facciamo però un passo indietro
e ripercorriamo la storia di questo combo
losangelino. I Mae Shi – formati da Buchla
e Tim Byron con il fratello di quest’ultimo
Jeff, e Brad Breeck, in seguito sostituito da
Corey Fogel – in pochi anni hanno dato alle
stampe un paio di mini (To Hit Armor Class
Zero, 2003 e Heartbeeps, 2005), uno split
coi Rapider Than Horsepower (Do Not Ignore The Potential, 2006), un album (Terrorbird, 2005) e un dvd (Lock The Skull, Load
The Gun, 2006) che mischia 32 videoclips
SA 47
gowns
con live footage, per non parlare dei vari
cd-r editi in proprio per celebrare tour o per
mostrare i progressi di un suono multiforme.
Tutte releases che hanno una caratteristica in
comune; essere cioè all’insegna dell’insania
mentale trasposta su pentagramma. Puro furore indie-punk-wave; angoli aguzzi e asperità soniche; discese a rotta di collo in 20
anni abbondanti di dissennate esagerazioni
rock. In poche parole un maelstrom sonoro
che modula su coordinate hc – la brevità e
l’urgenza dei pezzi – disparati input colti
apparentemente a caso dal background angolare del San Diego sound, dalle contorsioni
spastiche di certa no-wave newyorchese, da
certe disarticolazioni post-punk d’oltremanica liofilizzate attraverso la lente del guitar-sound stars&stripes, dall’atteggiamento caustico e sarcasticamente clownesco di
certi Devo. Come a dire, la geografia intera
dell’America rumorosa dell’ultimo quarto di
secolo con l’aggiunta di un certo fascino nei
confronti dell’elettronica più spastica.
Una parabola anarcoide e destrutturata, destinata giocoforza a esplodere o implodere.
Purtroppo è la seconda delle ipotesi ad esser-
si verificata, lasciandoci tutti con un po’ di
amaro in bocca, accentuato poi dalla nuova
incarnazione del gruppo cui accennavamo in
apertura.
Un amaro che però si addolcisce all’ascolto
del nuovo progetto dei due transfughi.
Le lande occupate dall’esordio omonimo dei
Gowns sono difatti molto diverse ed eccitanti rispetto alla deriva intrapresa dai nuovi
(vecchi?) Mae Shi. Buchla e Fogel, in combutta con l’altra fuoriuscita Erika Anderson
– proveniente da un’altra combriccola di
svitati chiamata Amps For Christ – toccano territori da weird folk ectoplasmico lambendo atmosfere simili a quelle evocate da
Carla Bozulich nelle sue recenti prove. Non
un nome citato a caso quello della Bozulich,
dati i legami con Buchla, sodale e spirito affine all’autrice dello splendido Evangelista.
E tanto quanto il nuovo corso della strega
americana, la musica del trio è umorale e disastrata, intima e deforme. Roba che punta al
cuore dell’ascoltatore e che si fa quasi esercizio di esorcismo dei propri demoni, sfruttando una ampia tavolozza di colori: eterodossa psichedelia d’impianto folk e noise in
lo-fi, oscurità dronata e melmosi impasti di
elettronica.
New weird america, in definitiva, per quello che la definizione può significare. Ma c’è
dell’altro, soprattutto per via di una sensibilità musicale fuori dal comune. Drammatica e struggente, gloomy e isolazionista. A
giocare un ruolo non indifferente in questo
triangolo musicale è Ezra, anzi l’eredità paterna, in quanto figlio di quel Don Buchla
pioniere nella costruzione di synth e chincaglierie elettroniche analogiche. Sono infatti
gli oggetti elettronici manipolati da Buchla
ad intromettersi sul tessuto sommesso delle
composizioni sporcandole e deviandole verso
un lontano orizzonte fatto di nenie elegiache
e brumose. White Like Heaven ne è perfetto esempio in questo senso. L’elettronica di
Ezra dipinge una caligine fumosa e sfocata
sulla quale emerge dapprima la delicatamente ipnotica voce di Erika, poi un crescendo
strumentale che si avviluppa verso una sorta
di rumorismo mai cacofonico, per poi planare
di nuovo verso una calma post-orgasmica.
Un album suggestivo, Gowns, per un gruppo
forse unico nel panorama musicale odierno e
che dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno,
la pluralità stilistica di quello che continuiamo a definire lo Smell sound. (SP)
mente no. Aggiungete a tutto ciò una intensa
attività come scrittore (il successo underground The Hungry Truth: Recipes from the
Cooler), fotografo (apparizioni su Maximum
R’n’R, The Wire, Rolling Stone), regista di
videoclips. Ciliegina sulla torta, l’etichetta
NFJM (acronimo di Nothing Fancy Just Music) co-diretta con Steve Touchstone e con un
catalogo che va da Peaches a Deerhoof e Erase Errata. Non male per un 24enne, vero?
Nell’incarnazione Hawnay Troof, con la quale si diletta da un buon lustro, Cooler mostra
il suo lato più ilare e ironico per mezzo di
una elettronica caciarona e buffonesca messa al servizio di un hip-hop deforme. Partito
come progetto di remix con l’autoprodotto
RMX:2003 – deformazioni di pezzi di Bikini
Kill, Andrew WK, Gravy Train!!! tra gli altri
– e proseguito con un doppio album monstre
(Dollar And Deed, Retard Disco 2006), Cooler raggiunge la sua massima espressività
con la mezzora dell’ultimo Island Of Ayle.
In esso condensa electro bambinesca, remainders ai Beastie Boys più autistici, hiphop bianco (sporco), deviazioni e devozioni
al ghettoblaster, omaggi ubriachi ai Cypress
Hill. Insomma, roba che scotta messa su da
hawnay troof
Haw n ay T r oof
Ogni corte che si rispetti ha bisogno del suo
buffone. Nella stessa misura, ogni scena degna di questo nome non può fare a meno del
suo giullare. L’animo libero, incongruente,
gioviale e giocoso. E si sa che allo Smell non
si fanno mancare nulla. Così da Oakland, CA
ecco arrivare Vice Cooler, nom de plume del
24enne Chris Vincent Richards-Touchstonenon, in arte conosciuto come Hawnay Troof.
Non uno sbarbato di primo pelo il nostro, e
neanche uno sprovveduto electro-addicted
dell’ultim’ora che smanetta su bottoni e laptop. Giusto qualche dato per introdurlo: Chitarrista e poi solo cantante nel collettivo di
dissennati che risponde al nome Xbxrx (tanto per chiarirsi dal 2005 è Weasel Walter a
sedere dietro le pelli); batterista e fondatore
dei freak-wavers Kit; collaboratore e guest
per molti artisti e album (una su tutte Impeach My Bush di Peaches). Tutto qui? OvviaSA 49
uno squilibrato che se la gioca e se la ride di
brutto, uso a presentarsi on stage in mutande di paillettes e scarpe da ginnastica anni
’80 mentre rappa e canticchia, urla e racconta. Metteteci le comparsate di Randy dei No
Age, Carla Bozulich, Jenny delle Erase Errata e gli Xiu Xiu al completo ed avrete una
vaga idea di cosa è rintracciabile nelle 13
tracce dell’album.Insomma, senza tirarla per
le lunghe potremmo concludere che Hawnay
Troof rappresenta l’ennesima sfaccettatura
della costellazione Smell. Anzi, una nuova e differente inclinazione del (non)suono
Smell: giocosa, sfrontata, multicolore. Ma la
nostra ricognizione – parziale e limitata, lo
ripeteremo alla nausea – potrebbe allargarsi
ad altri, meno catchy e più pericolosi soggetti musicali, che rappresentano il lato oscuro
della demenza di Cooler. (SP)
esondazioni
Come a dire c’è un mondo oltre No Age e
Health; un mondo che gira prevalentemente a elettronica sfatta e noise primitivista
di cui Hawnay Troof sembra rappresentare
la faccia solare e divertente. I nomi? Beh,
difficile farne in un sottobosco che sembra
riprodursi ab aeternum quasi fagocitando la
propria testa per farsela rispuntare in sempre
nuove vesta. Foot Village, Captain Ahab,
Tik//Tik, Kevin Shields, le nuove arrivate
Caldera Lakes sono solo la punta dell’iceberg cacofonico californiano e vere e proprie
teste di ponte con scene brutalmente note per
le efferatezze, a volte giocose, a volte crudeli, che si disperdono nell’America attuale:
da Providence a Ann Arbor, passando per la
Brooklyn targata No Fun.
A noi, però, interessano in funzione Smell,
luogo ove spesso e volentieri si ritrovano a
suonare; coi loro moniker o sotto mentite e
sempre cangianti spoglie, poco importa. E
ci interessa come ennesima dimostrazione
dell’astrazione del (non)suono dello Smell.
Una scena che, ripetiamo, non è una scena, in
quanto non focalizzata come successo spesso in passato (il punk per NY, il grunge per
Seattle) su un suono, bensì su una attitudine
che, evidenziando ed esaltando le differenze
tra i gruppi, compatta e cementa quella (non)
scena. Procediamo con un esempio chiarifi-
vivian girls
catore: come unire i tribalismi post-coloniali
dei Foot Village all’harsh-noise virulento di
Kevin Shields (no, non mr. My Bloody Valentine, bensì Eva Aguila)? Semplice. I Gang
Wizard. Nella tribù freak-noise californiana
trovano infatti rifugio entrambi i summenzionati. Lo stesso identico modus operandi per
i nomi citati: Mika Miko, No Age, Abe Vigoda, Hawnay Troof…. Tutti sono amici di tutti
e suonano con tutti. Questo è lo Smell sound.
Un movimento costruito su affinità elettive
e marcate tendenze all’attitudine d.i.y.; su
amicizie personali che esulano dal contesto
squisitamente musicale e su travasi verso altri campi artistici (video-art, pittura, libri).
Ma anche – e qui stanno le esondazioni del
titolo – su rapporti, legami, fratellanze che
coinvolgono altre “scene”, altri luoghi, altre
geografie. Così, per dovere di cronaca e per
reale validità dell’offerta, ci sentiamo (piacevolmente) costretti a traversare gli States
ed atterrare in quel della costa east, esattamente NY, la grande mela ripiena da sempre
di succulenti frutti rumorosi. Compiendo,
così, un percorso che le bands in questione
hanno spesso affrontato al reverse per salire
sullo sgangherato palco dello Smell. (SP)
V i v i a n G i r ls
L’anima nivea dello Smell! Nelle loro composizioni, tutte di gusto e semplicità esemplari, si raccolgono tanti e tanti umori musicali. Del passato, soprattutto. O di quel che
il passato ha permesso fosse riletto, con un
pizzico di grano salis, nella contemporaneità. Da più parti il suono di Cassie Ramone
(chitarra, voce), Kickball Katy (basso, voce,
batteria) e Frankie Rose (idem) viene definito shoegaze. Nessuna delle loro composizioni riprende, in verità, quelle di Ride, My
Bloody Valentine o Chapterhouse. Sono
piuttosto le melodie twee pop, quelle che furono di seminali band quali gli statunitensi
Black Tambourine, a ispirare le tre di Brooklyn. Furono essi uno dei primissimi gruppi
a pubblicare, agli albori dei ‘90, su Slumberland. Uno dei primissimi ad ‘americanizzare’
quel taglio da ‘rimiratori di scarpe’ nato, a
metà Eighties, nella perfida Albione. Adattandolo, in modo lungimirante, ma ahimè del
tutto passato sotto silenzio all’epoca, ad un
wall of sound fatto di Jesus & Mary Chain,
Orange Juice, Creation Records sound,
Phil Spector, Pastels, Vaselines, Shop Assistants e Ramones. Un balsamo armonico,
quello perfezionato dalla band di Pam Berry,
Brian Nelson, Archie Moore and Mike Schulman, che ha sotterraneamente fatto scuola.
Centrando appieno il bersaglio con le scolarette Vivian Girls. Le quali, alla ricetta shoegazing testè evocata – voci sognanti, qui corali, accordi sfilacciati e indolenti di chitarra
(a tratti solamente), strati di basso ovattati
ma incalzanti – uniscono una precisa attitudine al garage lo-fi. Esistono da pochissimo,
le Vivian Girls. Un paio di stagioni in tutto.
Il nome – loro che si stanno facendo strada a
colpi di spartano protocollo sonoro, di girlgroup sound, Shangri-Las, Frightwig, Salem 66, Donnas e Luv’d Ones – lo arraffano
dall’opera del più grafomane autore fantasy
mai al mondo esistito. Quel Henry Joseph
Darger, nato nel 1892 e venuto a mancare
nel 1973, autore del lunghissimo romanzo
manoscritto The Story Of The Vivian Girls,
In What Is Known As The Realms Of The
Unreal, Of The Glandeco-Angelinnian War
Storm, Caused By The Child Slave Rebellion. Titolo chilometrico e durata infinita.
Ben 15.145 pagine da leggere. Non tutte di un
fiato, si spera! Oltre che essere frequentatrici, in quel di Los Angeles, dello Smell, spesso con gli amici Crystal Stilts, le ragazzotte
hanno anche una base in patria. Si chiama
Cake Shop il loro nido newyorkese. “Writers, filmmakers, whomever: get in touch for
special events, readings, screenings, whatever, for special events & early evening &
late night bookings!”. La frase, ripresa pari
pari dal sito internet del localino, testimonia
di una vocazione del medesimo al melting
pot fra media espressivi diversi. Quello musicale, nella sua accezione popular, non vi fa
difetto. E basterebbe solo vagliare (vi evito
la trafila dei nomi) in quanti e quante volte
a settimana si esibiscano lì, in quello che è
anche uno dei negozi di dischi più minuscoli
nella Grande Mela, per capirne l’importanza
intrinseca. Ma torniano alle Vivians. Autrici
SA 51
di almeno un terzetto di singoli, fino ad oggi.
I Can’t Stay (In The Red, 2008), l’ultimo in
ordine di tempo, Wild Eyes (Plays With Dolls, loro etichetta personale, 2008), la prima
uscita ufficiale, e l’intermedio Orphanage
(Woodsist, 2008). Wild Eyes ha per lato b My
Baby Wants Me Dead. Ed è già una perfetta
introduzione all’universo Vivian Girls. Con
le voci che cantano in coro, l’effetto eco che
sottilmente riempie gli spazi d’immersione e
d’ascolto, la povertà d’accordi intesa come
massima resa melodica. In questo il gruppo è
decisamente figlio di Ramones e compagnia
punkeggiante, quindi dei Sixties pre-sessantasettini.
Perlomeno a livello d’attitudine generica. My
Baby Wants Me Dead, dal pari suo, sonda il
versante psichedelico del terzetto, mediante
una partitura stringata di due minuti appena, dei quali almeno un terzo son costituiti
dall’intro strumentale. Orphanage, il 7”, aggiunge Tell The World, Damaged e I Believe
In Nothing al repertorio maggiore (finiranno,
in una nuova versione, con Wild Eyes sul vinile 33 giri stampato dalla Mauled By Tigers
e ora ristampato dalla In The Red). Alti numeri da girl group straccione e moderno. Ultimo in ordine di stampa, il 7” I Can’t Stay,
contenente la song Blind Spot, votato fra i
pezzi più angelici e “shoegaze-tinged” delle nostre. L’album omonimo, però, rimane il
pezzo forte delle tre grazie. Quello sul quale si son surriscaldate tante serate sul palco
dello Smell. 10 canzoni che riassumono tutte
le influenze citate, fra le cui più belle si conta senza dubbio Tell The World, sferragliante
e gioviale, per una volta almeno non cantata
“coralmente”. O ancora Never See Me Again,
che ribadisce la predilezione delle Vivians
ad incentrare i testi sulle tematiche interpersonali e sulle loro sfighe. Notevoli pure, per
calore strumentale e melodismo adamantino,
i pezzi “atmosferici” del full length – Where
Do You Run To e Such A Joke – per il resto completamente dominato da una forma
di garage-beat sdrucito, succube, dicevamo,
di una miriade di demoni ispirativi diversi.
Un disco che profuma di vintage, un disco
non nuovo in assoluto (ma odoroso come una
rosa ed il poeta che ne rima), un disco che
allo Smell ha donato quel tocco femminino,
innocente e trasparente, lontano dagli intel-
lettualismi o istrionismi, ancorché facundi,
di casa. (MP)
C r y stal S t i lts +
caUSE co-MOTION!
Anche i Crystal Stilts, come le amiche per
la pelle Vivian Girls, contribuiscono a fare
della succursale East Coast dello Smell qualcosa di prezioso e raffinato. Un pop, il loro,
che smaccatamente omaggia terre lontane.
Dunedin, Nuova Zelanda, vi dice niente? Il
nome dei Clean anche meno? Furono fra i
primissimi gruppi, in quei paraggi, ad adottare, nel lontano 1978, l’etica-estetica del do
it yourself punk, per convertirla al melodismo pop più spartano. Qualcosa che afferrasse le progressioni d’accordi (3 accordi 3) dei
Ramones e le rendesse cantilene melodiche
sottili, diafane, maliose. Qualcosa che rubasse un poco anche ai Velvet Underground
del primo album, ubicandoli melodicamente
in ben più pop-oriented reami, e facendone
risaltare la bella linearità cantabile con frasi d’organo robuste e fuzz rocciosi. Musica
a contrasto. I Crystal Stilts devono amarla
molto, visto che fra le (non) poche influenze
esplicite e riconosciute citano proprio la band
che fu dei fratelli Hamish e David Kilgour.
Detto ciò, conviene parlare di questi compari
di uscite losangeline delle Vivians. Partendo
dalla fine. Da quel Alight Of Night (Slumberland, 2008) appena uscito, e che porta la
maturità espressiva della band di JB Townsend, Brad Hargett, Andy Adler, Miss Frankie
Rose e Kyle Forester, a livelli davvero inauspicabili agli esordi! Anche qui la formula
sonora, non innovativa di per sé (ma ispirata
e freschissima), chiama in causa nomi di antiche glorie neozelandesi, e del loro far pop
casalingo melodicamente impeccabile (The
Verlaines, Sneaky Feelings, The Bats...).
Quel che conta, nell’opener The Dazzled, è la
profondità del suono, la sua fisicità luminosa, misteriosa, torvamente profonda. Un’ampolla d’acque lucenti - dove il sole e i suoi
raggi sperdono la vis vitale - che provvede il
sing-along dei Crystal Stilts d’una carismaticità unica. Naturalmente, anche nelle 11
canzoni del platter, le influenze scozzesi (e
non) delle cuginette Vivians si ripropongono. Pastels, Vaselines, Orange Juice, Shop
Assistants, Jesus & Mary Chain. Ma a fare
la differenza (date un ascolto al pezzo eponimo) è il cantato catatonico, qui su giri rockabilly di chitarra. Brad Hargett, un trapiantato
nella Grande Mela dall’assolata Florida, ha
dalla sua uno stile vocale di espressività e
slackness uniche. E le mette al servizio di tre
note messe in croce. Graveyard Orbit, poi,
le vampirizza, tutta imperniata com’è su giri
d’elettrica western epici ed una scossa Casio
ben assestata. Puro surfy 60s organ sound!
Che la band newyorkese idolatra in Sinking
o Shattared Shine. L’ultimo componimento
citato sa quasi d’un Sonny&Cher degli esordi coverizzati da Ian Curtis. Andando a
ritroso nel tempo, prendendo le distanze da
questo loro freschissimo e bel debutto lungo, ci imbattiamo in quello che fu il singolo
di d’esordio. La band si era appena formata
(era il 2003) e Brad Hargett e JB Townsend
si affidarono alle sapienti mani di Sean Mafucci (Gang Gang Dance, Kid Congo Powers)
in sede di produzione. Le cose progredirono, e il gruppo suonò fianco a fianco, nel
biennio 2005-2006, un po’ con tutte le glorie in ascesa nella scena indie metropolitana
(Blood On The Wall , caUSE co-MOTION!,
The Long Blondes, 1990s). L’organico, per
intanto, si era allargato all’organista Kyle
Forrester (Ladybug Transistor). Giusto in
tempo per un nuovo disco. Un ep, di sole
4 canzoni. Crystal Stilts (Woodsist, 2008),
compila il 7” di debutto Shattered Shine e
l’omonimo ep successivo, quello di cui si
parlava. Tutti e due editi, in origine, pubblicati dalla personale etichetta della band
(la Feathery Tongue). L’album contiene la
maliosa Crystal Stilts, e song quali Crippled
Corn (puro Jesus & Mary Chain sound “acustici”) o la velvettiana Shattered Shine, con
bell’inserto di armonica a bocca. La band è
acerba, certo. Ma si intravedono le possibilità poi fiorite nel debut cd. Il biennio più
recente, oltre a molte visite sul palco del
losangelino The Smell, ha visto i nostri allargare ulteriormente la line-up (Andy Adler
(The Ninjas) al basso, Frankie Rose delle Vivian Girls quale estemporanea batterista) ed
aprire per i concerti di alcuni loro eroi (The
Clean e The Vaselines). Breve ma speriamo
utile menzione anche per i validi caUSE coMOTION!, formati da Arno (voce, chitarra),
Liam (basso elettrico), Jock (batteria) e Alex
(chitarra). Della miriade di 7” ep disseminati
dalla band di Brooklyn nei più recenti anni –
Only Fades Away, split 7” con Jowe Head &
the NoMen (Cape Shok), Who’s Gonna Care
(Can’t Cope), Which Way Is Up (What’s Your
Rapture?), per citarne solo alcuni – ci sentiamo di menzionarne e consigliarne almeno un paio: Baby Don’t Do It (What’s Your
Rupture?, 2005) e il nuovissimo I Lie Awake
(Slumberland, 2008), prodotto da Tim Barnes (Roger Sisters, Sonic Youth). Ricordando che la What’s Your Rapture è l’etichetta
gestita dai tipi del Cake Shop, diciamo che
il primo singolo ci offre della band, nata nel
2002, il pezzo eponimo, prova delle commistioni stilistiche armate dai nostri: qualcosa fra Pastels e Comet Gain, le compilation
della Messthetics e il Rough Trade sound dei
tempi d’oro, con un piglio basico-energetico
garage a fare da collante. Il secondo, invece, definito dalla casa discografica “Velvets
go to Dunedin by way of Manchester”, è un
bell’esempio di quello che i caUSE co-MOTION! posso donare dal vivo, oggigiorno. E,
in senso lato, offre il suo contributo englishoriented al sound composito, fomentato ad
ovest, nella comune dello Smell! (MP)
H i g h P laces
Fra le influenze citate, Mary Pearson e Robert Barber ci schiaffano dentro anche “potassio, vitamina C, B1, B6, B12, le fibre, il
ferro, il calcio”. E così siamo sicuri che la
dose di minerali e vitamine, nelle musiche di
questo duo di Brooklyn, ne ha rese solide le
ossa strumentali. La coppia è di quelle strane. Lui un hardcore kid, cresciuto ascoltando
a tutto volume punk e datosi ad una precoce
carriera di pasticcione electro; lei, invece,
con seri studi al “bassoon” alle spalle. L’incontro, per i due, è fortuito. E fortunato. I
primi esperimenti in sala prove, spiazzanti!:
“We actually met through the band The
DeathSet. Mary met one of them when he was
passing through Kalamazoo in December
2005, where she lived at the time. A couple
weeks later, she was in NY for a bassoon lesson, and we met through that (mutual) friend
at one of their shows. She did a solo show
for me a couple weeks after that in KalamaSA 53
zoo, and by that point we were talking on
the phone every day, and dreaming of doing
a band together. She moved to NY a couple
months later, that May. We played our first
show on May 28th, 2006 in North Adams,
MA. We started the band about three days
prior to that. So, needless to say, it was a
slightly more “experimental” set, complete
with an “interpretation” of “Autobahn” by
Kraftwerk. The main melody was played on
bassoon, and glockenspiel. We bailed on it
about a minute and a half into it. I remember
people saying things like “awwww,” after
certain songs, like in a “this is adorable, but
tragic,” kind of way” (Robert Barber).
Ancora prima di incidere una sola nota, il
duo ha di che gioire. Viene invitato al festival SXSW, e suscita grandi entusiasmi.
Suona nei più sperduti angoli della fredda
Alaska. E ne riscalda i gelidi anfratti. Dà
bella mostra di sé sulle scene del Midi Festival in Francia. E non scontenta proprio
nessuno degli astanti. La formula sonora, già
dagli inizi, si compone di diafane divagazioni extrauterine gorgheggiate a mezza voce da
Mary, cui Robert riesce a regalare compattezza ed extravanganza musicale.
“I pick up on strange patterns I hear in nature, and I probably inadvertently filter that
into my rhythms. Birds, bugs, wind through
trees.” (Robert Barber)
Senza destare soverchie invidie, un loro 7”
ep vede la luce nel 2007. Sono le 4 tracce dei
loro primi passi nel music biz globale. Viene tirato in sole 300 copie, e la piccolissima
Ancient Almanac di Brooklyn le fa fuori tutte
in men che non si dica. Integrate dalla Thrill
Jockey con quelle di altre composizioni hard
to find (Jump In, una canzone commissionata per le scuole elementari; Freaked Flight,
un demo rivisitato; Canary, ripescata da una
compilation, ecc.), i 4 vecchi studi vengono
riediti col titolo 03.07 - 09.07, conservando
la vecchia copertina in rosso. Essi forniscono un primo, molto significativo sguardo sul
mondo in note di Robert e Mary. La musica è
elettronica, DYS, stravagante. Ingloba fonti
che più variegate non si potrebbe! Qualcosa
del pop dimesso dei Young Marble Giants,
echi di incredible strange music, formicolii elettronici pseudo-ballabili. Cosmonaut,
ad esempio, è geniale punto di contatto fra
tanti volti. Tanti quanti son quelli che affollano le mille scene locali negli odierni States. Tante quante sono le possibilità, oggi, di
mescolare cavoli e merenda, divagando (previo i-pod sufficientemente farcito) fra generi
e stili lontani anni luce fra loro! (MP)
conclusioni?
high pl aces
il glitch pop di Oval e primi Matmos con la
foma canzone. Una sorta di lullaby, coperta
come da nubi ed echi di suono rarefatto, su cui
si muove un ritmo zigrinato quasi tropicale!
Banana Slug, Sandy Feet e Head Spins scattano di balzi brevissimi, fulminanti. Durano
appena una manciata minuti (fra i 2 e i 3). Ma
è come essere ai Caraibi con i Kraftwerk
di Ralf Und Florian (1973), come essere capitati nelle decostruzioni micro-elettroniche
di un Nuno Canavaro in vena di canzoncine
stringate stringate, con la voce di Mary che,
bambina, recita, si lascia trasportare, svanisce, ricompare. Dischetto a dir poco eccellente! Il 2008 è anno cruciale per i due. Continuano, loro che dello stormo East Coast dello
Smell’s Army fanno integralmente parte, la
serie di contatti con quella scena. Con i vari
Abe Vigoda, Hawnay Troof, No Age (coi quali sono adesso in tour promozionale), Mika
Miko. E pubblicano. Soprattutto pubblicano.
Un 7” su Upset The Rhythm, sole 1000 copie, carbonaro come i loro primissimissimi;
uno split 7” con gli artrocker di Oakland Xiu
Xiu. Infine, ed è affare di queste settimane,
l’esordio ufficiale sul lungo formato. L’etichetta patrocinante è oramai conclamata, e si
chiama sempre Thrill Jockey. Meno conclamato è il virus creativo corrodente le vignette sperimentali contenute nel cd (omonimo).
Edito anche in formato lp, con un “download
cupon” incluso. Il presente di Rob (a tempo
pieno anche artista visuale, insegnante di litografia e in una scuola d’arte) emerge nel
modo fisico, asciutto ma prepotente, intellettuale, di affidarsi ad un’elettronica minimale,
vivacemente quanto sommessamente ritmica
(da qualcuno sono definiti pittorescamente
“tribal gamelan-clang rhythms”), mimante
spesso i pattern del quartomondismo hasselliano! The Storm è la nenia che ingloba tutto,
e negli intermezzi strumentali, quando il recitato evanescente della Pearson scema fra
le pieghe del sound, emergono le bizzarrie. I
breakbeat spezzati, su sfondi impressionisti
e sognanti, a metà fra tardi Coldcut ed Orb.
C’è del genio in queste tracce. Che hanno, son
10 in tutto, tante timide frecce al loro arco, da
poter impallinare, sul fronte creativo, qualsiasi moderno alfiere del suono dancey electro
(vedi la musica hawaiana immaginaria The
Tree With The Lights In It). Attraverso loro,
lo Smell si trova a fare i conti con la policromia inventiva (e dispersiva) di una band dai
Non esistono conclusioni, per questa nostra
passeggiata in terra americana. Non ne esistono semplicemente perché – crediamo sia chiaro, ormai, se siete arrivati fin qui – non ci sono
scene da omaggiare o santificare. Non siamo
a Seattle e questi non sono gli anni ’90. Siamo nel mezzo del marasma del 2.0, annichiliti
dalla devastante velocità con cui si alternano
gruppi e dischi, in cui l’hype internettaro la
fa apparentemente da padrone per poi tornare
buono buono ad essere succube della prova
del tempo. Non esistono conclusioni, tanto
meno somme da tirare. Esiste semplicemente
– da sempre, tra l’altro – la prova dei fatti.
Che nello specifico significa suonare musica
eccitante, capace di far rizzare le orecchie a
più persone possibili, e farlo in maniera gioiosa, giocosa e coesa. Fra le nuove date più
interessanti, nel momento in cui leggerete il
pezzo probabilmente già consumate, lo Smell
proporrà forse nomi nuovi ad una scena in
perenne e costante dilatazione. Il 10 ottobre
prossimo calcheranno il palco del locale gli
appena citati High Places, giustamente definiti dalla stampa nei modi più anticonvenzionali e bizzarri (“Mary Pearson’s cooing and
Rob Barber ’s synths make a combo that sounds like the Books crossed with Panda Bear”).
Si erano già esibiti, meno di un mese orsono,
presso il Le Poisson Rouge di New York, al
fianco dei losangelini Lucky Dragons – altra
nuova leva nell’esercito focoso dello Smell
sound – e dei promettenti Crystal Stilts. Questo per quanto riguarda le facce nuove di un
locale che persegue, con una idea di fondo,
comune a molti dei gruppi citati, il fine artistico/comunicativo del travaso, dell’influenza vicendevole. Una idea che ruota intorno a
concetti desueti come quello di aggregazione
e partecipazione. O ancora come interazione,
amicizia, integrità. Una idea che si scrive The
Smell, ma si legge attitudine. (MP)(SP)
SA 55
RECENSION
RECENSIONI
gang gang dance
matt elliott
ottobre
AA. VV. – Faith Presents House Aint Dead!
(BBE / Audioglobe, ottobre 2008)
G e n e r e : c o m p i l at i o n d e e p h o u s e
La house e siste a nc or a ? Que sta c o mp ila tio n
c i dic e e c i dimostr a c he la r isp o s ta è a ff e rma tiva . Non pe nsa te a lla house d a a p e r itiv o ,
qui si va sul ritmo fatto con l ’ a n i m a , u n a
c osa c he sc uote , la bla c kne ss c h e c i in f o n d e
sintonia e d e donismo c on una v o c e a z z e cc a ta , un ba sso pr of ondo e qua lc h e e ff e tto in
qua e in là . Non c i se r ve a ltr o p e r a p p r e z z a r e lo sf or z o be n r ipa ga to de lla st o r ic a f a n z ine londine se Fa ith, c ur a ta da i Te r r y F a r le y
de i Junior Boys, St uar t Pat t er s o n e Le o
Elst ob de l Soulsonic , i DJ Bill Bre w s t e r e
Dave Jar vis. Sono molti i nomi d i p r e s tig io
sulla tr a c klist mixa ta : dopo l’ in tr o d u z io n e
soulissima che sconfina con la d e e p s i v a
dir e tta me nte de ntr o a lla pista in u n a v is ione stupenda provvista di basso a v v o l g e n t e :
Prosum e r da pa nic o, poi il br iv id o c h e s tar e bbe be ne ne l pr ossimo di Bjö r k , u n a c o s a
c he solo Robe r t Owe ns pote va p e n s a r e (M o v in On rivisitata da Farley & D r a k e ) , p o i
Ane Br un c i por ta dir e tta me nte d e n tr o a lle
c a sse , in que l mondo di spe c c hi e d i mo v ime nti pie tr if ic a ti c he si c hia ma c a s a , h o use pur a pe r la sua He adphone S ile n c e . D a
pa nic o a nc he il r e mix de i Radio Sla v e , l a
r ivisita z ione di Ele v ation di Syd e n h a m e Tige r Str ipe s è il nuovo inno da clu b p e r l’ in verno 08, una traccia che confi n a c o n c o s e
90, que l suono c he è or todossia d e l r itmo e
che chiamiamo ‘irresistibile de e p g a r a g e ’ ,
poi il Kar iz m a c he c i va pr of on d a me n te d i
bossa c on la sua Te c h This Out e c h e c i c o nferma ancora una volta come i l r i t m o s t i a
a sud (Africa o Sud America?) , i l r i c o r d o
de lla sc uola Ja c k c on M ar k Ro m bo y e Tyr e e Coope r ne lla lor o Lost ( un in n o c h e s ta
da lle pa r ti di Ga br ie l Ana nda ) , e p o i a n c o r a
Af r ic a in I Ex ist Be c ause Of Yo u d i Sc h wa r tz e Ama pondo, Am e in odo r e d i Fa b r ic
e di e splosione c on il r e mix di R e p e a t A g a in
Afte r M e di Etie nne Ja ume t c he v ia g g ia in
te r r itor i otta nta un po’ ja z z y u n p o ’ p r o g Giorgio, DJ Spe n sul c la ssic o r iff s o u l c o n
accenni 80 e tastierine impazzit e . I n s o m m a ,
a ve te c a pito. Que sta è una de lle c o mp ila tio n
house più va r ie e c onvinc e nti d e lla c o llezione autunno inverno 08. Per l a p r o s s i m a
serata, ma anche per tutta la sta g i o n e , f i n o
a Natale. Un piccolo ma prezioso classico,
a n c h e p e r c h i n o n è a b itu a to a i te r r ito r i h o use. (Il disco esce in doppia versione con il
s e c o n d o CD u n mix e d . ) (7 . 0 /1 0 )
Marco Braggion
e s o r c iz z a r e , a lme n o in p a rt e , s e c o l i d i s o fferenze e torti. In ragione di ciò, respiri a
o g n i min u to u n s u b lime s e n s o d i d e v o z i o n e
“pura” e giammai la mondanità interessata
d e lle r e lig io n i o rg a n iz za t e . (8 . 0 / 1 0 )
Giancarlo Turra
AA. VV. - Como Now: The Voices Of Panola
Co., Mississippi- (Daptone / Goodfellas,
19 agosto 2008)
Genere: gospel
L a Co mo c h e v e r a me n te h a r ile v a n z a mu s ic ale n o n s ta c e r to n e lla Br ia n z a o p e r o s a e s p a ragnina. Giace nel cuore nero della contea
d i Pa n o la , d a p p r ima M is s is s ip p i e p o i Stati Uniti d’America. Basterebbe già questo,
u n ita me n te a u n o s g u a r d o a lla to c c a n te f o to
di copertina, per solleticare l’interesse di
o g n i a p p a s s io n a to d i b la c k d e g n o d e l n o me .
U n a c ittà r u r a le d e l s u d , Co mo , c h e f a r e b b e
u g u a lme n te f e lic i Willia m F a ulkne r e To ni
M o r r is o n, s u i c u i g io r n a li lo c a li c o mp a r v e
n e ll’ e s ta te d e l 2 0 0 6 u n ’ in s e r z io n e . I n e s s a
l’ e tic h e tta D a p to n e e s o r ta v a c a n ta n ti g o s p e l
locali a ritrovarsi presso la locale chiesa di
Mt. Mariah, e colà registrare le loro canzoni
u n 2 2 d i lu g lio c h e p r e s u mia mo c a ld is s imo ,
r o v e n te . U n a s to r ia v e r a , c h e n e l te r z o millennio assume le sembianze di una favola
a v v o lta n e l mito d i a n a lo g h e imp r e s e c o mp iu te d a A la n Lo m a x e a l t r i c o m e l u i ; c h e
f a p e n s a r e imme d ia ta me n te a lle s ta n z e d e lla
L ib r a r y O f Co n g r e s s , a ll’ o p e r a to e n tu s ia s ta
di musicologi ed etnografi. Dimenticatelo,
quell’alone, e concentratevi sul “now” del
tito lo : la c h ia v e è l’ a ttu a lità e s tr e ma d i q u esta musica, l’eternità dell’umano tendersi
verso l’Altissimo che essa incarna. Forma
e contenuto possono suonare antichi, ma
tr o v a te v o i q u a lc o s a d i p iù s ic u r o n e l te mpo della nuda voce umana. Così si spiega
e s o p r a ttu tto a p p r e z z a a f o n d o C o m o N o w :
Th e Vo ic e s O f P a n o la Co . , r a c c o l t a d i p u r o
gospel eseguito senza accompagnamento
s tr u me n ta le n e lla q u a le s f ila n o n o mi c o muni sottratti all’oblio, fermati per l’eternità
a beneficio di tutti gli altri loro pari che g io r n o d o p o g io r n o , c o n s c h ie tte z z a e s p o nta n e ità - e le v a n o lo d i a l Sig n o r e . Ch iu n q u e ,
q u i, d a R a y m o nd e J o e lla Wa lke r a lle J o ne s Sis t e r s o i J o hn Edw a r ds Sing e r s , n o n
e s e g u e s o l o m u s i c a . Tr a s m e t t e l ’ a n i m a d i
un popolo che attraverso il canto riesce a
Aethenor – Betimes Black Cloudmasses
(VHF, aprile 2008)
G e n e r e : a m b i e n t m e ta l d r o n e , e x p e r i m e n ta l
A d u e a n n i d i d is ta n z a d a l d e b u t t o (D e e p In
O c e a n S u n k Th e La m p O f L i g h t, 2 0 0 6 ) , i l
t r i o c o m p o s t o d a Vi n c e n t R o g u i n ( S h o r a ) ,
D a n ie l O ’ Su lliv a n ( G u a p o ) e i l m a s t o d o n t e
Ste p h e n O ’ M a lle y ( Su n n O ))), K TL, G i nn u n g a g a p , L o tu s E a te r s e a l t ri ) p o rt a q u a lc h e s p a n n a a v a n t i q u an t o i n t r a p r e s o o r m a i
d a te mp o in a r e a a mb i e n t -m e t a l -d ro n e . R is p e tto a u n p a io d ’ a n n i fa ’ l e s o n o ri t à s i
s o n o a ff in a te , q u a s i a ra g g i u n g e re u n a c e rta e le g a n z a n e l lo r o p ere g ri n a re d i s g h e m b e
e d i n q u i e t a n t i e n t i t à . Il r i s c h i o è , a l s o l i t o ,
la ma n ie r a . I n te r e s s a n te è , i n v e c e , i l d e c e ntr a me n to d e ll’ a s s e o r ig i n a ri o d e l fe n o m e n o
in a r e a e u r o p e a . O ’ Su l l i v a n (In g h i l t e rra ) e
Ro g u in ( Sv iz z e r a ) b e n ra p p re s e n t a n o i m uta me n ti in c o r s o a n c h e a l d i q u a d e l l ’ A t l a ntic o , c o n la d iff e r e n z a c h e s e n e i p ro g e t t i
originari dei due si tende a curare ancora
la te s s itu r a me lo d ic o - arm o n i c a , Ae t h e n o r è
piuttosto un laboratorio di suoni. E così il
Rh o d e s d i O ’ Su lliv a n re n d e q u a s i s p i ri t i c a
la f u lig in o s a a tmo s f e r a d e l l a p ri m a t ra c c i a ,
p e r p o i la s c ia r e c a mp o l i b e ro a l l e p e rc u s s i oni agogiche di Nicolas Field e Alex Babel,
c h e c o n c o r r o n o a d a r r ic c h i re d i c o n t ra s t i l a
s in c o p e a llu c in a to r ia d e l l a s e c o n d a . A l t rove si aprono scie cosmiche che riportano ai
Co il p iù a mb ie n ta li, tr a e t e re a c y p e rs p a z i alità e s tr a ti d i d r o n e v is c e ra l i (l ’ o rg a n o t ras f ig u r a to d i Ro g u in ) d i s t u rb a t i d a c o n t ra pp u n ti tr ib a li.
A e th e n o r h a il me r ito d i l a v o ra re s u q u e i
ma te r ia li ( o r ma i n o n p i ù g re z z i ) d i c u i a ltri si serviranno per realizzare dischi in cui
il suono è trattato come mezzo, non come
f in e . M a il timo r e è c h e q u e s t a s i a l ’ e n n es ima p r o v a d e ll’ a v v e n u t a c ri s t a l l i z z a z i o n e
di un genere che potrebbe guardare altrove,
a n z ic h é s p e c c h ia r s i c o n t i n u a m e n t e n e l p rop r io p a s s a to . (6 . 5 /1 0 )
Francesca Marongiu
SA 57
RECENSION
highlight
Alix - Good 1 (Treblelabel Records/Hongly, settembre 2008)
Genere: wave rock
S o n o m olte le cose che m i v a nno a ge nio di que sto Good 1, quinto lav o r o p e r i b o l o g n e s i A l i x .
I l p i g lio innanzitutto, impetuoso e asciutto, essenziale come chi ha av u t o m o d o d i s f r o n d a r e e
c h i a r i r e a fondo le idee senz a c on c iò dispe r de r e la sponta ne ità de ll’ a pp r o c c io . Po i la f r e s c h e z z a
a r c i g na - se mi passate l’espressione - delle composizioni, tenaci e stra d a i o l e ( i l g r o o v e a c i d o d i
S o l i d A s A Stone e N ot Too Far , il ma ntr a ba tte nte di The Swe e t- Sme llin g R o a d) o p p u r e d is in v o lt a m e n te grintose (vedi quella sor ta di Pre t e nde r s in f r e gola Ye ah Ye ah Ye a h’s d i B u tte r fly e D o
N o t Wrong). Quindi la coes ione della band, che non si limita a fare da c o m p a n a t i c o a l l a l e a d e r
A l i c e A lbertazzi, autrice di tutti i pe z z i, il c ui insidioso unde r sta te me n t c a n o r o ( u n a P o l l y J e a n
H a r v e y tenuta a bada dal co nte gno Cr ist ina Donà ) c a r a tte r iz z a inde le b ilme n te il s o u n d . M i p iac e i n oltre quello stare al crocicchio di istanze diverse con un senso d i n a t u r a l e z z a i n e v i t a b i l e ,
q u a s i che garage, psych-blues e country rock crescessero sullo stesso a l b e r e l l o n e l g i a r d i n o s o t t o c a s a . A g g i u n g o c h e h o
se m p r e avuto una certa pred ile z ione pe r c hi utiliz z a il ta mbur e llo a l mo d o d i u n tr a c c ia n te r itmic o s e lv a tic o e s p e z ia to . E ’
st a t a infine una bella sorpresa l’ a r twor k c ur a to da una dise gna tr ic e de l c a lib r o d i Fr a n c e s c a G h e r ma n d i.
A h , q u asi dim enticavo: prod uc e un c e r to St e ve Albini, e il brusco tepo r e d e l s u o n o è l ì a d i m o s t r a r l o . U n ’ a l t r a d i q u e l l e
c o se che m i vanno terribilme nte a ge nio. (7.6/ 10)
Stefano Solventi
Arnoux – Cascades (Knifeville, 5
settembre 2008)
Genere: elettronica
I n d i e t r o n i c a minimale su piani elettrici e
b as i m o r b i d e , toni sognanti e sobr ie sof is t i ca z i o n i , m a linconie accennate e c hita r r e
acu st i c h e . I l titolare del progetto è Fa bio
Arno st i , g i à a l basso nei Ten T housand Be e s
e i l p r o g e t t o in questione è il suo primo
e s p e r i m e n t o d a solista. Il che dà da pensare,
d a l m o m e n t o che il dischetto che abbiamo
t ra le m a n i t u t to sembra, tranne che l’ ope r a
d i u n a u t a r c h ico alle prim e arm i. Chi c on o s c e g i à l a produzione del Nostro con la
b and d i p r o v e nienza non rimarrà partic ola rm en t e so r p r e so da certi toni pacati di Cas c a d e s , s e è vero che anche la musica dei
Ten T h o u sa n d B ees si sofferm a ben vole nt i eri, t a l v o l t a , sulle leggerezze e le indole nz e . Tu t t a v i a n on potrà non ammettere che il
ragg i o d ’ a z i o ne, in questa sede, è de c isam en t e d i ff e r e n te. L’A rnosti si dim o str a c ap ace d i d e st r e g giarsi tra laptop e str ume nt a z i o n e v a r i a con la consapevolezza di un
n avi g a t o “ sm anettone”, creando un pic c olo
g i o i e l l i n o d ’ e quilibrio che tra reminisc e nz e
Notwist ( I ’ m Going Down, Down Br o w n ) e
accelerazioni che ricordano i M y Aw e s o m e
Mixtape meno “caciaroni” (Tod a y, A R a i n y
Da y) , c onc e ssioni pop- a mbie n t ( Fis h in g
Bottle s I n The Middle Of A La k e , A k k o ,
I sr a e l) e c ontr a bba ssi ja z z ( Lik e Ye s te r d a y,
Like Tomor r ow) r inf r a nc a il c uo r e e s timo la
la me nte . ( 6.8/10)
Fabrizio Zampighi
Beatrice Antolini – A Due (Urtovox /
Audioglobe, 17 ottobre 2008)
Genere: psichedelia
Beatrice Antolini smette i pa n n i g i o c o s i
dell’equilibrista sul filo e com i n c i a a f a r e
sul se r io. O me glio, de c ide c h e l’ e c le ttismo r a dic a le me sso in be lla mo s tr a , le s p irali smaglianti, il dinamismo “ c o s t i q u e l
c he c osti” de l disc o d’ e sor dio s o n o r o b a d a
te e na ge r me ntr e le i, de lla te e nag e r, n o n h a
più nulla . Al ma ssimo qua lc osa d e lla f e mme
fatale, come pare di intuire da u n a c a r t e l l a
sta mpa r ic c a di f oto c on ta nto di p o s e a d e ff e tto e da una c ope r tina c he sa d i g o tic o . A
parlare per lei il brano di apertu r a e q u e l l o
di chiusura di A Due: due suites s t r u t t u r a t e ,
la p r ima in c h ia v e c la s s ic a , la s e c o n d a in lin e a c o n u n a p s ic h e d e lia s c u r is s ima e in q u ieta, che la dicono lunga sul cambiamento di
a b itu d in i d e ll’ a r tis ta b o lo g n e s e d ’ a d o z io n e .
U n p r o c e s s o e v o lu tiv o c h e s c e g lie d i a lla rgare le vedute, di abbandonarsi a paesaggi
mu s ic a li c h e tr a ff ic a n o c o n mo r b id e z z e s u ggestive (Morbidalga) e strumentali notturni
( M o d e r n L o v e r s ) , p r o v e g e n e r a li d i c r o oning evocativo (Clear My Eyes) e dondolii
v a p o r o s i ( Se c r e t Ca s s e tte ) , s e mp r e c o l v iz io
d e ll’ a n d a tu r a s g h e mb a e d e ll’ a c c o r d o s to rto . Pe r c h é q u e llo è il s e g n o d is tin tiv o d e lla p o e tic a d e ll’ A n to lin i, la c a p a c ità c io è d i
tr a s f o r ma r s i a c o ma n d o , d i s e g u ir e i p r o p r i
saliscendi d’umore e di personalizzare gli
in p u t mu s ic a li r e n d e n d o li, a tu r n o , e lu s iv i o
febbrili. Un’attitudine che si ritrova anche
in q u e s to s e c o n d o d is c o e c h e , s e p o s s ib ile ,
v ie n e u lte r io r me n te r a ff in a ta e r e s a c o e r e n te
d a u n ’ a u to a n a lis i c h e s e mb r a p a r la r e d i ma tu r ità r a g g iu n ta . D e l p a s s a to r e c e n te r ima ng o n o s e g n a li f o r ti c o me i c a mb i r e p e n tin i d i
Fu n k y Sh o w, il v a u d e v ille in c o e r e n te d i Po p
G o e s To Sa in t Pe te r o le d e s tr u ttu r a z io n i d i
Sugarise, ma lo stacco si coglie comunque,
fosse solo per passaggi sperimentali come
la pseudo-beckiania Double J o i rimandi
q u a s i Fie r y Fu r n a c e s d i A N e w R o o m F o r A
Q u ie t L if e . E p is o d i c h e m o s t ra n o u n o s t i le r ic o n o s c ib ile e u n ’ a rt i s t a c o n s a p e v o l e : i n
p r imis d e lle p r o p r ie c a p a c i t à e p o i d e l l e p ote n z ia lità d i d iff u s io n e d i u n a fo rm u l a c h e
sembra smarcarsi dalle etichette di genere
e , n e c o n v e r r e te , n o n h a e g u a l i n e m m e n o o ltr e o c e a n o . Te n ia mo c e la s t re t t a . (7 . 7 / 1 0 )
Fabrizio Zampighi
Bellafea – Cavalcade (Southern /
Goodfellas, ottobre 2008)
Genere: indie punk
N o n è d a to s a p e r e s e s i a n o p a re n t i , m a p a re
c h e J o h n M c E n tir e (Th e M o u n ta i n G o a ts )
a b b ia p r o n u n c ia to la s e g u e n t e fra s e : “ N o n
p o t r a i v e d e re u n a p re s e n z a s c e n i c a c o m e
q u e l l a d i H e a t h e r, p i ù d i u n p a i o d i v o l t e
n e lla tu a v ita . Le i è in cre d i b i l e” . S t a p a rl a nd o d i H e a th e r M c E n tir e l a v o c a l i s t d e l t ri o
in q u e s tio n e , i Be lla f ea d i C h a p e l H i l l . Il
r if e r ime n to g e o g r a f ic o è fo n d a m e n t a l e p e rché la musica in questione altro non è che
una prosecuzione del suono indie/ninenties
c h e s o p r a ttu tto d a q u e l l e p a rt i s i è c o a g u l ato in to r n o a g li in d ime n t i c a t i S u p e rc h u n k .
Be lla f e a è q u in d i u n a q u e s t i o n e d a ri t m i i rr e g o la r i e c h ita r r e a b r a s i v e , c o m e s i i n c a ric a s u b i t o d i f a r i n t e n de r e i l d u e t t o i n i z i a l e
d i D e p a r t ( I Ne v e r Kn e w Yo u ) e Bo n e s To
P ic k . N e lla ma g g io r a n z a d e i c a s i s e m b ra d i
s e n tir e u n a v e r s io n e p i ù s fre n a t a d e l l e S l e a t e r Kinne y, q u a l c h e v o l t a , q u a n d o i r i t m i
r a lle n ta n o , i Be lla f e a v a n n o a p a ra re d a l l e
p a r ti d e i So no r a P ine. In s o m m a i ri fe ri m e n t i
v ia g g ia n o tu tti in d ie tr o d i d i e c i a n n i e fo rs e
questo è il limite massimo dell’operazione.
Vi s t o n e l l ’ o t t i c a d e l l ’ e s e c u z i o n e , H e a t h e r
f a la s u a d is c r e ta f ig u r a a n c h e s u d i s c o . P i ù
d i u n a v o lta r ie s c e a r i s p o l v e ra re i l ri c o rd o d e lla P j Ha r v e y d i D r y o d e l l a K r i s t i n
He r s h d e i p r imis s imi T h ro w i n g M u s e s , è
q u e s to n o n è c e r to o p e ra d a t u t t i , m a i l s e n s o d i d e ja v u è tr o p p o f o rt e . P e r i l m o m e n t o
vanno premiati esclusivamente per la resa
te c n ic a e la p a s s io n e r o c k c h e a rd e e c a v a l c a
(appunto…) per tutto il disco. Al prossimo
un elemento di novità che sia uno ci vuole
a s s o lu ta me n te . (6 . 0 /1 0 )
Antonello Comunale
SA 59
RECENSION
Bird Show – Third Album (Kranky, 1
settembre 2008)
Genere: world bignami for indierockers
C’ e r a u n a v o lta la A lbatros, etichetta speci al i z z a t a i n p u bblicazioni di m ateria le r a cc o l t o d a g l i e t nomusicologi a testimonianza
d el le r e a l t à musicali viventi e semisc onos ci u t e n e l m o ndo. O ggi i B ird Sh ow, con
q u es t o T h i rd Albu m, ripetono l’ ope r a z ione
(s uo n a n d o p e r ò loro stessi), concen tr a ndos i su t r a d i z i o n i non meglio precisate de ll’
e n o r m e f a z z o letto di terra sub-sahariano.
N e v e n g o n f u ori dieci tracce inte ressanti
p er l ’ i n t e n t o divulgativo riguardo l’ e sis t en z a d i st r u menti come la mbira (la me llof o n o i n u s o t r a gli Shona dello Zimbabwe),
i l be r i m b a u ( a r co di legno su cui è te sa una
cord a m e t a l l i c a), il dum bek (sorta d i ja mbe
u t i l i z z a t o p r i n cipalmente in area me dite r r an e a e m e d i o orientale), l’ arpa vietnamita
e m o l t i a l t r i . Il tutto shakerato in salsa già
n o t a ( l o o p , G ibson, synth e quant’ altro).
Il p r o b l e m a r isiede nel non essere r iusc it i ( e , p r o b a b i lmente, nel non averne avuto
n e m m e n o l ’ i ntento) a mettere a segno una
q u an t i t à m i n i ma di pezzi che distoglie sser o l ’ a s c o l t a t ore dall’ inevitabile noia che
feno m e n i d e l genere portano con sé, un po’
com e l ’ i n v e r n o porta l’ influenza. E dir e c he
l a p r i m a t r a c c ia potrebbe sem brare u n omol o g o d i q u e l l a che apriva L ightn in g Ghost.
M a q u i l a d u r ata non giustifica i co nte nuti
e l ’ o rg a n o H a mmond risulta eccessiva me nt e v a n i t o s o . I l gorgo di loop però rimane
i n t e st a e i l p e zzo si lascia ascoltar e . Ste ss o d i sc o r so p er le field recordings d i Gre g
Dav i s i n Cl o u ds and Their Shadow s, c on le
l o ro l e g g e r e c a scate idiofoniche, ch e a l sop r a g g i u n g e r e di un coro strascicato (sorta
d i A l e x a n d e r Tu cker a ralenti e in loop) c i
po rt a n o l a d d o v e siam o già stati e ma l vole nt i e r i t o r n e r e m mo. Il resto del disco è tutto
un o sf i l a r e d i sample di strumenti music al i d i l a t a t i a d libitum con poche variazioni,
e s i b i z i o n i p o l iritmiche senza uno scopo e
c e r t o s i n a p u l izia occidentale applicata ai
m a t e r i a l i d i p artenza. Vengono in mente i
s ou v e n i r d i v iaggi esotici che campe ggian o n e l l e c a s e borghesi di mezzo mondo e
i l s e n so d i i n u tilità che prom ana da que gli
o g g e t t i r i p r o d otti e decontestualizzati, dai
q u a l i è d i ff i c ile estrapolare un senso che
non sia quello manifesto. Vers i o n e e r u d i t a
e consapevole di esotismo cont e m p o r a n e o ,
Third Album r isc hia di non e sser e a ltr o c h e
un’ enciclopedia bignami per i n o n a d d e t t i
a i la vor i, là dove a vr e bbe potuto c o lma r e le
r ise r ve poste su Lightning Gho s t. U n a l t r o
disc o c osì e pr ome ttia mo di la s c ia r e a Be n
Vida il c ompito di istr uir e a ll’ e tn o mu s ic ologia gli indie r oc ke r s ignor a nte lli, lib e r issimi, dal canto loro, di disertar e l e l e z i o n i .
(5.8/10)
Francesca Marongiu
Blitzen Trapper - Furr (Sub Pop /
Audioglobe, 23 settembre 2008)
Genere: pop rock psych
Uno di que i gr uppi na ti da un c o lle ttiv o e d a
un’ ide a unif ic a nte , c he li ma ntie n e c o mp a tti
a lungo: que sta la f or z a die tr o a l s e s te tto
di Por tla nd, Or e gon. La ba nd r u o ta in f a tti a ttor no a l le a de r e songwr ite r Er ic Ea rle y (chitarra e voce) e all’ide a c o n d i v i s a
di gr u p p o c o mu nita r io , u n h ip pismo d i r i t o r n o
non i n f r e q u e n t e
nell’A m e r i c a p i ù
rurale . Q u e s t o p e r
dir e c h e p a r titi d a
un com u n e a m o r e
pe r b lu e s , c o u n tr y e p s ic h e d e lic a
sixtie s e se ve ntie s, i Blitz e n Tr a p p e r l’ h a nno coerentemente portato avan t i d i a l b u m
in a lbum, f a c e ndo un sa lto di q u a lità c o n il
pe nultimo, Wild Mountain Natio n ( 2 0 0 7 ) e
con il passaggio alla Sub Pop. L a d d o v e n e l
pr e c e de nte l’ ide a unif ic a nte e r a u n a mis c e la
di c ountr y/pop/psyc h unito a jam a c id e c o n
una f or te ide a me lodic a , or a il d is c o r s o s i
sposta di più in favore della form a c a n z o n e .
Ci sono dosi ma ssive di Dylan /The Ba nd
que sta volta ( l’ ope ne r Sle e py tim e in th e Weste rn World) e un ma ggior spostame n to v e r s o
la pa r te più me lodic o be a tle sian a /b y r d s iana, piuttosto che verso la dissolu z i o n e d e g l i
sc he mi, c he se mbr a va la str a da c h e s a r e b b e
potuta se guir e a Wild Mountain N a tio n . I n ve c e i Nostr i si la sc ia no tr a spo r ta r e d a u n
songwriting più regolare, ballad c o m p r e s e ,
che prende dal pop rock USA e U K , c o m e
se Dyla n a nda sse a br a c c e tto c o n D o no v a n
e N e il Yo ung ( No t Yo u r Lo v e r ) , r ia g g io rn a ti a ll’ o g g i d e i F la m ing Lips e M e rc u r y
R e v p iù p o p - p s y c h . N o n ma n c a n o i mo me n ti
d i d e r a g lia me n to e ja m ( l’ a c id a Lo v e U ) ma
sono contenuti e incanalati in un percorso
meno accidentato. Inutile aggiungere che ci
e r a n o p ia c iu ti p iù i p r e c e d e n ti Blitz e n e c h e
u n e v e n tu a le s c iv o la me n to v e r s o u n c o mo d o
status quo non farebbe di certo loro bene.
U n a b u o n a c a p a c ità d i s c r ittu r a e u n a v is io n a r ie tà in s e d e d i ly r ic s n e c e s s ite r e b b e r o
quindi di abbandonarsi maggiormente alla
v e n a a n a r c o id e c h e d a s e mp r e c a r a tte r iz z a il
g r u p p o . Pe r in ta n to , u n a c o n f e r ma . (7 . 0 /1 0 )
Teresa Greco
Bloc Party – Intimacy (V2 / Self, 28
ottobre 2008)
Genere: electronic-wave
Non è stato rimosso il vizio macroscopico
d i A We e k e nd I n T he City; la p r o d u z io n e d i
I ntima c y è a n c o r a a ff i d a t a a P a u l E p w o r t h ,
g ià r e s p o n s a b ile d i Sile nt Ala r m, e J a c k n if e
Lee; e di certo non è meno invadente. Nel
n u o v o d is c o d e i Blo c P a r t y – f r a l’ a ltr o me s s o a d is p o s iz io n e d u e me s i p r ima d e ll’ u s c ita
s u l s ito d e lla b a n d - ta le p r o d u z io n e te n ta
p e r ò d i a v e r e u n a s u a p e r s o n a lità , d i imb o c c a r e d e lle d ir e z io n i. L’ e le ttr o n ic a c h e inc r o c ia i P ro dig y – f ig li d e i f ig li – e il s u on o n e r o d e i Be a s t ie Bo y s – d e i b ia n c h i n e r i
– d i A re s è u n c a s o c h e r i m a n e p e r l o p i ù
is o la to , f o r s e a c c o mp a g n a ta s o lo d a lla s u cc e s s iv a M e rc u r y .
Pe r ò c i p r e s e nta l’ o c c a s io n e d i
p a r la r e
d e ll’ o rbita che seguono
i q u a ttr o , e c h i li
elabora dopo la
r e g is tr a z io n e . Si
tr a tta d e l ma c r o mo n d o d e l d a n c ef l o o r, c e r t o , m a
citato anche in
mo d o e s p r e s s o e c o lto ( S ig n s h a u n g i r o d i
ta s tie r e e te r e e c h e p a r la la lin g u a d e ll’ h o us e ) , o ltr e c h e n e lle f a c ilita z io n i p r o d ig y - s te .
I n g e n e r a le l’ in v a d e n z a p r o d u ttiv a n o n in c id e s u l d is c o in ma n ie r a c o s ì n e g a tiv a p e r c h é
consente di parlare della felicità o meno di
un suo inserirsi nelle canzoni, o, meglio,
della felicità o meno delle canzoni, come
p r e te s ti p e r e s p r ime r e u n a s c e l t a p ro d u t t iv a . B ik o è s tr u ttu r a ta , al m e n o n e l l a m a g g i o r
p a r te d e l b r a n o , c o me u n a c a n z o n e d e i D e pe c he M o de ; in B e tte r T h a n H e a v e n O k e r e k e n e mima a d d ir ittu ra l a v o c a l i t à , p ri m a
d i u n a p r e v e d ib ile e s p l o s i o n e w a v e . I fi a t i
d i M e rc u r i a c c o mp a g n an o l a c a t a rs i c h e n o n
a r r iv a ma i, s p e z z a ta d al b e a t ; m e n t re l a l a
c o r a le d i Ze p h y r u s r i e sc e , a l l o s t e s s o m o d o ,
a f a r e d a c o n tr o c a n to a l l ’a n d a m e n t o c o m u nque tradizionale del brano. Insomma ora
la produzione sembra parte integrante del
lavoro, e non un gigantesco telo decorato
con cattivo gusto per coprire qualcosa che
s e mp lic e me n te h a u n a s o s t a n z a p ra t i c a m e nte in e s is te n te , c o me a p p u n t o i n A We e k e n d
I n T he City . So n o le s c e l t e c h e c o n s e n t o n o
poi ai Bloc party di smarcarsi dall’essere
l’ imb a r a z z a n te b r u tta co p i a d e i T V O n T h e
R a dio , e p i u t t o s t o a l m e n o i n q u e s t o d i s c o i
Blo c Pa r ty c e r c a n o a n c o ra d i e s s e re s e s t e s s i, s e n z a p r e te s e (H a lo ). Ec c o , c i a c c o rg i amo alla fine della recensione che abbiamo
p a r la to u n ic a me n te d i q u e l l o c h e h a fa t t o l a
coppia Epworth e Jacknife. C’è la coda di
I o n S q u a re a f a r e d a p icc o l o m o n u m e n t o a uto c e le b r a tiv o a lla c o s tr u z i o n e p ro d u t t i v a d i
q u e s te c a n z o n i, c h e r e n d e e v i d e n t e l a s t ra t if ic a z io n e d e l mis s a g g io . M a , e s s e n d o q u e s t a
u n a r e c e n s io n e d i u n d i s c o d e i B l o c P a rt y, è
a lo r o c h e v a il v o to , e n o n p u ò e s s e re s u f f ic ie n te . ( 5 . 5 /1 0 )
G a spare Caliri
Boduf Songs – How Shadows Chase The
Balance (Kranky, settembre 2008)
Genere: kranky folk
L’ imma g in a r io c o s tr u it o d a p a p à K ra n k y a tto r n o a M a t he w Sw e e t è s i c u ra m e n t e c o mmovente (l’ home studio e le registrazioni
notturne che carpiscono il tintinnio della
p io g g ia , la s c o n s id e r a t a e t i c h e t t a d i “ a c o us tic d e a th me ta l” ) ma , a v o l e r e s s e re o g g e ttiv i, Ho w Sha d o ws Cha s e Th e B a l a n c e è u n
d is c r e to d is c o d i g e n e re (fo l k i n t i m i s t a d a l le tin te d a r k ) c h e n o n r i e s c e a d e v i t a re d i rip e te r s i. E a id e e d e b o li d o v re b b e c o rri s p o ndere un songwriting dignitoso e variegato
c h e , n e l c a s o s p e c if ic o , ra g g i u n g e l a v e t t a
s o lo in u n p a io d i e p is o d i (Mi s s i o n C re e p e
P itifu l S h a d o w E n g u lfed i n D a r k n e s s). N o n
SA 61
highlight
Blake/e/e/e – Border Radio (Unhip, 3 ottobre 2008)
Genere: post-dub-pluralfolk
N o n è facile cambiare ascolti e trasmettere l’evento nella propria musi c a , n é a d d e s t r a r e l e p r o p r i e a b i t u d i n i c o m p o s i t i v e a l l a l u c e d e l l a f e l i c e
sc o p e r ta dell’altro. E ppure i Blake /e /e /e, nuova ragione sociale post-F r a n k l i n D e l a n o , c i h a n n o c o n v i n t o , n e l l o r o r i m e s c o l a m e n t o d e l l e c a r t e .
Q u a l i carte? H oly D ub, l’aper tur a di Borde r Radio, è tutta dedicata alle c o n q u i s t e d i p r o f o n d a G i a m a i c a c h e f u r o n o d e l p o s t p u n k i n g l e s e d i f i n e
S e t t a n ta; un basso dub che r ic or da da molto vic ino i Publi Im age Lt d e c h e s u g g e r i s c e , c o m e p r i m a i m p r e s s i o n e , c h e P a o l o I o c c a e M a r c e l l a
R i c c a r di abbiano sem pliceme nte a ttr a ve r sa to l’ Oc e a no Atla ntic o, pe r r i f u g ia r s i in q u e lla o n d a r e y n o l d s i a n a . N i e n t ’ a ff a t t o . O m e g l i o , n o n s o l o ;
l ’ i n f i l ata di brani che segue squa de r na un unive r so di sc r ittur a indie ch e p r o f u m a a n c o r a d i f o l k , a n z i s a r e b b e m e g l i o d i r e “ f o l k s ” , s e i l p l u r a l e
n o n c r easse imbarazzi e ambiguità le ssic a li. E pe r ò è una de lle ma nie r e p e r d ir e c h e il p o ls o d e i Bla k e /e p u ls a a n c o r a d i p o s t- f o lk , s e p e r ò in
m e z z o a quello anglosassone abbracciamo una coralità “etnica” di varie g a t a p r o v e n i e n z a , v e i c o l a t a d a s t r u m e n t i a n c h e m o l t o l o n t a n i d a l l a s o l a
s c e n a americana – derbouka e altre percussioni etniche, ma anche elett r o n i c a – d a u n a q u a n t i t à d i c h i t a r r e e l e t t r i c h e r i d o t t a q u a s i a z e r o , e d a
t a n t i intrecci vocali che convocano piccoli mondi senza tempo, lontani d a l m o n o c r o m a t i s m o d i u n f o l k r o r e u n i c o . G l i s t r u m e n t i – m a i u s a t i c o n
a p p r o ccio baroccco, sempre approcciati con pochi tocchi - sono catali z z a t o r i d i p a r t i c o l a r i , i l c u i a s s e m b r a m e n t o è f o r s e i l v e r o n o d o c o n c e t t u a l e d i q u e s t o d i s c o . D a l
c a n t o suo, il dub scompare e r ic ompa r e , si libr a o c ontr a sta a ltr e str uttu r e (H o ly Ye s To Th e S u n n y D a y s) ; in D u b - H u m a n - I s m le ta s tie r e c h e f u r o n o d i Ric h a rd Wri g h t e
d e i S essanta vengono presentate al basso profondissimo dalle melodie d e i c o r i i n c r o c i a t i , f i n o a l a s c i a r e a q u e l l o t u t t o l o s p a z i o , c o m b i n a t o c o n u n a b a t t e r i a c h e s a t a n t o
d i d r um machine alla B ela Lugosi’s De ad e il solito synth c he se mbr a u s c ir e d a l M e ta l Bo x . L a t i t l e - t r a c k p r o f u m a i n v e c e d i e s t r e m o o r i e n t e , e i n g e n e r a l e l a m i s c e l a d i
Bo rd er R adio è fatta di pause spe z ia te c he da nno r e spir o a una r innov a ta f r e s c h e z z a , d a c u i e me rg e u n to c c o , c o n d iv is o d a i F a t he r M ur phy (Na r ro w Zo n e) , c h e a s u a
v o l t a è una spezia. Il sapore è indefinibile; la si può descrivere con un g i r o d i p a r o l e , c h e r a c c o n t a d i u n q u a l c o s a c h e a l c u n i g r u p p i i t a l i a n i h a n n o , d i m e d i t e r r a n e o f o r s e ,
u n a p redisposizione a ibridar e c on la pr opr ia se nsibilità , ne ssun inte r e s s e a p r e d ilig e r e le p r o p r ie tr a d iz io n i… (7 . 1 /1 0 )
G a spare Caliri
m a n c a n o t a p p eti ambientali delay-friendly
c h e r i s o l l e v a n o l’ umore, ma è troppo poco
p e r u n r i c a m b io d’aria che allontani la noia,
a t r a t t i i n c o m bente. E non che la se mplici t à si a se m p r e un peccato, soprattu tto ne l
b ack g r o u n d d i riferimento (a una Jessica
Bai l i f f o a d u na D aw n Smith son no n si r e c r i m i n a a l c u n ché poiché scrittura e grazia
ri s ca t t a n o l a sostanziale ingenuità de i c ont enu t i ) , m a , n el caso di B od u f S on gs , essa
p are u n a se r i a costrizione: linee vo c a li sov rap p o n i b i l i t ra un pezzo e l’ altro, ( le gg i in c a p a c i t à di cantare in altri registri) e
chi t a r r e n o t e al m ondo. R ipeto, la sa lve z z a
è t ut t a n e l l e a tmosfere kranky-orien te d ( a nche q u a n d o c e d e alla banalità di uno xilof on o g i o c a t t o l o ) ed è forse quella la carta da
g i o c a r e i n f u turo, cercando di addolcire i
t o n i l a c e r a t i d e lla voce. (6.0/10)
Francesca Marongiu
Bohren & Der Club Of Gore – Dolores
(PIAS / Self, 10 ottobre 2008)
G e n e r e : j a z z -( p o s t ) r o c k
Tr o p p o o s c u r o anche per il più fumoso dei
ja z z - c lub de l pia ne ta , il sound d i Bo h r e n &
De r Club Of Gor e , tr oppo f a sc in o s o e a c c a lor a to pe r c hi si nutr e di ge o me tr ie a s e ttic he post- r oc k o di spor c iz ia d o o m , c u or e di te ne br a c onr a dia no in tin te n o ir c h e
spurga se nsua lità e pa ssione pu r s e g n a te d i
nero. Questa la dannazione de i q u a t t r o d i
Mülheim an der Ruhr, questa la l o r o f o r z a ,
da que l lonta no 1992 c he li v e d e - T h o rsten Benning (batteria), Robin R o d e n b e rg
( ba sso) , Re ine r He nse le it ( c hita r r a ) , M o r te n
Ga ss ( c hita r r a /pia no) - f onda r e Bo r h e n , d a r
vita a d un ibr ido music a le ba tte z z a to “ d o o m
ridden jazz”.
Ma una mission, f osse pur e qu e lla d i a s se c onda r e la nome a di “ slowes t b a n d o n
e a r th” , va pe r se guita : e c c o a l lo r a la f irma con PIAS (ma è Ipecac a di s t r i b u i r l i i n
Ame r ic a ) , il nuovo a lbum, Dolo r e s , e d e ccolo, quel sound, accartocciars i a n c o r a s u
sé ste sso ( Still Am Tre se n), rare f a r s i s i n o a
dive nta r e inc ubo liquido (Staub ) , ma a n c h e
imborghe sir si, sì c he si pr e sti a s o n o r iz z a r e
ja z z - pa r ty e sc lusivi ne ll’ ultimo d e i g ir o n i
de ll’ I nf e r no - Karin, Sc hwarze B ie n e , U n -
k e r ic h: la le z io n e d e i To r t o is e m a n d a t a a
me mo r ia , ma c o me s e a r is c r iv e r la , in f o rma d i r o ma n z o , f o s s e u n Ra y mo n d Ch a n d le r
(quel sax!). Bohren & Der Club Of Gore si
conferma uno dei segreti meglio custoditi
d e ll’ u n d e rg r o u n d : il s u o c u lto r e s is te a l v a r ia r d e lle mo d e e in u n mo n o lite o s c u r o q u a l
è il lo r o o r ma i r ic o n o s c ib ilis s imo s u o n o n o n
s ia mo c e r to d e s id e r o s i d i s c o rg e r e la d iff er e n z a . (7 . 0 /1 0 )
Vincenzo Santarcangelo
Bomb The Bass – Future Chaos (!K7 /
Audioglobe, 15 settembre 2008)
G e n e r e : e l e c t r o - p o p 80
L’ e p o p e a d i Tim Sim e no n r is a le a ll’ 8 7 c o n
il c e le b e r r imo s in g o lo B e a t D is , u n c o llage che anticipava di brutto la sampladelia
to r n a ta d i mo d a o g g i c o n i Gir l Ta lk; m a
n o n s o lo D jin g , a n c h e v id e o g a min g ( c o n la
colonna sonora di un gioco che ha segnato
g e n e r a z io n i d i s ma n e tto n i: Xe no n 2 M e g a b la s t) e p r o d u z io n i v a r ie , la v o r i d iv e r s i p e r
u n p e r s o n a g g io c h e s p u n ta f u o r i d a lla c u ltu ra elettronica inglese, uno che sta dietro le
quinte e che esce a dare segnali in anticipo,
cose che poi verranno codificate in mode o
g e n e r i . Tr a l e a l t r e , i l s i g n o r i n o è a n c h e i l
maggior responsabile della svolta/ritorno
a ll’ e le c tr o c h e i D e pe ch e M o d e h a n n o a v u to c o n U ltr a ( M u te Re co rd s , 1 9 9 7 ). D a q u e i
suoni arriviamo direttamente qui, a questo
n u o v o a lb u m, d o v e la s u a m a n o è a n c o ra i m p a s ta ta d i tr ip - h o p e d i ‘c o m m e rc i a l ’ e l e ctr o - p o p . I l la v o r o , a n n u n c i a t o g i à a g e n n a i o
s u llo s p a c e , g o d e d e lla fru t t u o s a c o l l a b o raz io n e c o n l’ a mic o P a u l C o n b o y (c h e c a nt a p r a t i c a m e n t e t u t t e le t r a c c e ) , c o n i l d u o
p iù e le c tr o c o o l d e l mo m e n t o (Fu ji y a & M iy a g i) , e c o n d u e i c o n e c h e s a p p i a m o p o t e r
a ttr a v e r s a r e q u a ls ia s i g e n e re s e n z a e s s e rn e
s c a lf iti: M a r k La ne g a n e J o n S p e n c e r .
L e tr a c c e s o n o u n e le g an t e e s e rc i z i o d i p rod u z io n e c h e v ia g g ia a tt ra v e rs o u n ’a t m o s fer a d i c o o l n e s s m o r b i d a e s e x y. L a p a r t e n z a
d ir e tta me n te d a lla me n t e d e l g ru p p o d i G ahan, un electro pop con cori pieni di soul
( S m o g ) , q u a lc h e in c u r s i o n e n e l q u a s i -d u bstep downtempo con tastiere kraftwerkiane
( B u tte r fin g e r s) , a c c e n n i a l l e s p e ri m e n t a z i o-
RECENSION
n i v o c a l i d i Björk (N o B ones) e L a li Puna
s po r c a t i d i b l ues con l’aiuto della voc e di
Lane g a n ( B l a c k R iver); per finire la c hic c a
p o p st e p c o n l a voce distorta di S pen c e r c he
p u n t a d i r e t t a mente al cielo (F uzz Box ). Un
d o v e r o so c o m ing back dopo una lun ga pa u s a d i r i f l e ssi o n e. B entornato Tim! (L’ a lbum
es ce a n c h e i n edizione speciale con un se con d o CD d i r e m ix.)(7.0/10)
Marco Braggion
Boom Pam – Puerto Rican Nights (Essay
Records / Audioglobe, 2008)
Genere: world music
Non e r a n o p a ss ati inosservati un paio d’ a nn i c o n l ’ o m o n imo, discreto, esordio gli isr a el i an i B o o m P am e non deludono le a spe t t a t i v e n e a n c h e questa volta, a due anni di
d i s ta n z a , c o n u n lavoro che conferma lo stil e esi l a r a n t e d ella band, cambiandon e i c ont enu t i . I n P u e r to R ican N ights riman e inta tt o l ’ a p p r o c c i o a dir poco m ultietnic o de lla
b and d i Te l Aviv, ancora im pegnata a d int e r p r e t a r e l a v arietà musicale e culturale del
m ed i t e r r a n e o , questa volta alle prese c on un
repe r t o r i o d i c over tradizionali prov e nie nti
d a v a r i p a e si .
C o l o n n e s o n o re di film israeliani, canzoni
p o p o l a r i t u r c h e , danze balcaniche e c hi più
n e s a p i ù n e m etta, rivisitate con la ma lleabi l i t à st i l i st i ca e un’im postazione a me tà
t ra il r o c k e l a banda ( The Wedge), fra il we s t ern a l l a M o rricone (Shayeret H a rohv im,
con t a n t o d i su ono di frusta per cava lli, e /o
l a v e r si o n e st rum entale di Ay C arme la) e i
b al c a n i sm i d i Ku sturica e B regovic h (Krai
Dun a v sk o ) , p r opria della band sin dai primi
es p e r i m e n t i . U na sorta di Elio E Le Storie
Tes e m e d i o r i e n tali, dotati di una co nosc e nza mu si c a l e e n ciclopedica, che si dive r tono
a m e t t e r e i n mostra, giocando a mescolare
i g e n e r i c o m e fossero elementi chimici in
m an o a u n o sc ienziato pazzo. E che r ie sc on o , i n t u t t o q u esto marasm a multietn ic o, a d
i n s e r i r e a n c h e lo slow tango di Che rv one
Cho ra l e ( u n a s orta di S h ad ow s tuffati ne lla
c u l t u r a a rg e n t ina) e la rumba rockeggiante
di B o o m P a m , con la tuba e la chitar r a e le tt r i c a q u a s i s e mpre in primo piano.
P o t r a n n o r i su l tare un po’ ridondanti, oppur e
t ro p p o c o st r u i ti “alla maniera di”, ma pe rché p e r d e r si i l piacere di ascoltare que sto
strano e divertente incontro tr a o r i e n t e e
oc c ide nte , in te mpi sì di me ltin p o t e g loba liz z a z ione , ma a nc he c osì gr o tte s c a me n te
pieni di conflitti, sempre più te n d e n t i a f a r
( r i) e me rge r e il f a lso mito de ll’ id e n tità c u ltur a le ? (7.0/10)
Daniele Follero
Brett Anderson – Wilderness (B A
Songs, 2008)
Genere: chamber folk
Il suo debutto solista era asces o a g l i o n o r i
de lla c r ona c a c ome uno de i pe g g io r i r ito rni de lla sc or sa sta gione , e ppur e l’ e x Su e d e
non se mbr a a nc or a domo. I l p r o f ilo a d e sso è de c isa me nte più ba sso, da g li a r r a n g iame nti spogli e minima li ( qua si u n a r e a z io n e
all’enfasi recente) alla scelta a u t a r c h i c a d i
affidarsi a una minuscola label e r i l a s c i a r e
que ste nove nuove c a nz oni a nc h e in f o r ma ti
a lte r na tivi ( usb stic k in oma ggi o a i c o n c e rti). Ma la sostanza resta inevita b i l m e n t e l a
ste ssa : non è a bbr a c c ia ndo son o r ità a u tu nna li a lla Tinde r st ic ks / Ca ve ( p ia n o , v ioloncello, chitarra acustica) che s i c e l a u n a
tanto paurosa crisi artistica e d’ i s p i r a z i o n e :
te sti c he va nno da l ba na le a l r id ic o lo ( v e li
r ispa r mia mo: sia mo a live lli d i r e g r e s s ione a ll’ a dole sc e nz a ) e c a pa c ità d i s c r ittu r a a
dir poc o limita te ( le ggi: br a ni u n p o ’ tr o p p o
simili tr a lor o, qua ndo non f otoco p ia ti) p a rla no, tr a gic a me nte , da sé . Ce r to , Br e tt c i s ta
provando in tutti i modi a risal i r e l a c h i n a
e ritagliarsi il suo cantuccio, m a f i n c h é s i
ostine r à a sf or na r e c ose imba r az z a n ti c o me
Bac k To You, duetto con un’ i m p r o b a b i l e
Em m anue lle Se igne r in veste d i c h a n t e u s e
(spiace smontarvi, ma il risulta t o è e r o t i c o
e se nsua le c ome può e sse r lo un f r ig o r if e r o ) ,
la situazione è ben lontana dal r i p r e n d e r s i .
Dic ia mo a llor a c he qua lc he ba r lu me d i s p er a nz a qua e là si a c c e nde - Ble s s e d , u n i c o
mome nto in c ui la f or mula f unz i o n a a d o v er e se nz a spr of onda r e ne l c lic hè, o c e r ti g otic i a lle stime nti sonor i in Fune r a l M a n tr a .
Ma è da vve r o tr oppo poc o. (4.9/1 0 )
Antonio Puglia
Brian Wilson - That Lucky Old Sun
(Capitol, 5 settembre 2008)
Genere: pop opera
No, non è per niente facile e s s e r e B r i a n
Wi l s o n . S e n t i r s i a n c o r a a d d o s s o i l p e s o d i
u n a le g g e n d a lu n g a q u a r a n t’ a n n i, d i u n talento immane che gli è stato più tormento
c h e e s ta s i, d i u n a v ita c h e g li h a b e ff a r d ame n te v o lta to le s p a lle , p iù v o lte . U n v e r o
s o p r a v v is s u to . A lla v e c c h ia b a n d , a i f r a te lli, a s e s te s s o . Ba s te r e b b e ta n to p e r c a lib r a r e il p e s o d i T ha t L uc k y O ld Sun, o p e r a p o p
n u o v a d i z e c c a c h e s e g u e a r u o ta il f a tid ic o
c o mp ime n to d i Smile, r ic a lc a n d o n e le d o r ate orme sul sentiero della rinascita. Non ci
sono voluti trentasette anni, stavolta: con il
p r e z io s o a iu to d i Sc o t t Be nne t t , c h ita r r is ta
e f id a to c o lla b o r a to r e d a l 1 9 9 8 , e d e ll’ a mic o d i s e mp r e Va n D y ke P a r ks ( a n c o r a lu i,
e b b e n e s ì) , q u e s ta s u ite è s ta ta p o r ta ta a te rmin e c o n v e lo c ità e d e n tu s ia s mo ;
u n p r o g e tto in iz ia lme n te
c o mmis s io n a to
dal
So u th b a n k Ce ntr e p e r c e le b r a r e
la Ca lif o r n ia d e l
s u d e la c ittà d eg li A n g e li ( p a lc os c e n ic o d i tu tte le
a s c e s e e c a d u te ) ,
e tr a s f o r ma to s i in u n p ic c o lo mir a c o lo . G ià ,
p e r c h é l’ e x g o ld e n b o y d e l p o p m o n d i a l e è
r iu s c ito n o n s o lo a d a g g ir a r e tu tti g li e c c e s s i d i r e to r ic a e i p a te tis mi d e l c a s o ( g iu s to
M e x ic a n G ir l la mb is c e il k its c h , s tr a p p a n d o
q u a lc h e s o r r is o ) , ma p e r s in o a s u o n a r e to cc a n te e s in c e r o , c o me f o r s e ma i. I n u n ’ a u tocelebrazione che ci ricorda chi erano mai
q u e s ti Be a c h Bo y s ( F o re v e r S h e ’ ll B e M y
S u r fe r G ir l) , c h e c a n ta - c o n o p p o r tu n o f a r e
d a c a r to lin a m a d e in u . s . a . - l e l o d i e l e
b e lle z z e d i p o s ti c o me Ve n ic e Be a c h e H o llywood e il “battito del cuore di L.A.” (gli
in s e r ti r e c ita ti, v e rg a ti d a lla p e n n a v is ion a r ia e b a r o c c a d i Pa r k s ) , Br ia n s o p r a ttu tto
c i r iv e la q u a le u o mo s ia d iv e n ta to o g g i, 6 6
p r ima v e r e e la r itr o v a ta v o g lia d i me tte r s i
in g io c o . H a il s a p o r e d o lc e a ma r o d e i r ic o r d i, Th a t Lu c k y O ld S u n , p e r v a s o c o m ’ è
dalla nostalgia autentica di chi si guarda
i n d i e t r o e , n e l f a r l o , a ff r o n t a a v i s o a p e r t o
lu c i e d o mb r e d e lla p r o p r ia e s is te n z a . “ H o w
could I have got so low / I’m embarrassed
to te ll y o u s o / I la id a ro u n d th is o ld p la c e /
I h a rd ly e v e r wa s h e d my f a c e” ; e p o i a n c o ra
“I c r ie d a m illio n te a r s / I w a s t e d a l o t o f
y e a r s / Life wa s s o d e a d , l i f e w a s s o d e a d ”
(O x y g e n To Th e B r a in ) ; c o s e c o s ì , d e t t e d a
u n a p e r s o n a c h e h a p a s s a t o i n t e ri a n n i c o n f in a to in u n le tto , f a n n o u n c e rt o e ffe t t o . E
sì, si può anche sorvolare su una voce un
tempo angelica e ormai indice impietoso dei
tanti anni trascorsi, quando la musica che
la s u p p o r ta è ta n to v it a l e , p u ra , p o t e n t e e
– r ib a d ia mo – a u te n tic a . S u l l o s t e s s o c a n ov a c c io d i S m ile è l’ o r m a i c o n s u e t o p e rc o rs o
d i te mi r ic o r r e n ti ( la t i t l e t r a c k, c h e p o i è
uno standard anni ’40 portato al successo
da Satchmo), buone vibrazioni assortite (i
r ’ n ’ r M o r n in g B e a t e G o i n ’ H o m e ), ri c h i ami e a mmic c a me n ti a l p a s s a t o (i p e rfe t t i b ar o c c h is mi p o p Spe c t o r / B a c h a ra c h d i G o o d
Kin d O f Lo v e e O x y g e n To T h e Br a i n ), re c ru d e s c e n z e d e g li a n n i d ’o ro (C a n ’t Wa i t To o
Lo n g , u n ’ o u tta k e d a Wi l d H o n e y ) , p i ù u n
p a io d i s p le n d id e b a llat e i n s t i l e S u r f ’s U p
e P a c if ic O c e a n Blue d i D e n n i s , c o n t u t t o
il c a r ic o d i d r a mma e d i v i t a c h e s i p o rt a n o
d ie tr o (M id n ig h t’s A n o t h e r D a y, S o u t h e r n
Ca lifo r n ia) . E c c o , s e S m i l e è i l c a p o l a v o r o
d e l Br ia n e te r n o r a g a z z o (“a t e e n a g e s y mp h o n y to G o d ” , r ic o r d a t e ? ), q u e s t o è q u e l l o ,
c h e a tte n d e v a mo , d e lla m a t u ri t à . T h e c y c l e
is c o m p le te. ( 7 . 8 /1 0 )
Antonio Puglia
Broadcast 2000 – Building Blocks
(Gronland, 16 giugno 2008)
Genere: folk pop
Q u e s to min i a lb u m c o m p o s t o d a s e t t e b ri lla n ti e imp e c c a b ili c a n zo n i fo l k p o p ra p p res e n ta il d e b u tto d is c o g ra fi c o d e l l o n d i n e s e
J o e St e e r , p r o me tte n te a rt i s t a e u n i c o t i t ola r e d e l p r o g e tto Br o a d c a s t 2 0 0 0 . N o n g rid ia mo lo tr o p p o f o r te , ch e l ’e c o p o t re b b e fin ir e p e r f a r mo n ta r e la t e s t a a l N o s t ro , m a i n
questo esordio non c’è veramente niente di
s b a g lia to . Tu tt’ a ltr o . R u n , l a c a n z o n e a p ripista, è sintesi perfetta di indubbie qualità
a r tis tic h e : c a p a c ità d i s c ri t t u ra , g u s t o m elodico e giusta misura. Niente risulta fuori
p o s to e n e s s u n in g r e d i e n t e i n e c c e s s o o d ifetto.
L e c r is ta llin e a r mo n iz za z i o n i v o c a l i p i ro e tta n o d e lic a te s u u n v a l z e r a c u s t i c o p e r c h ita r r a , imp r e z io s ito d i b a n j o e x i l o fo n o , t a n SA 65
RECENSION
highlight
The Dead Science – Villainaire (Constellation, 9 settembre 2008)
G e n e r e : e x p e r i m e n ta l p o p
L i a b biam o re-incrociati da poc o, i De ad Sc ie nc e, pa r la ndo de i Pare nt he t ic a l Gir ls. Sa m M ic k e n s e Jherek B ischoff, due te r z i de l gr uppo insie me a l ba tte r ista Nic k Ta mb u r r o ( u n a f a c ile
i r o n i a sfugge dalle labbra), sono infatti ormai parte del complesso di p e r s o n e c h e s t a a t t o r n o
a l l e r agazze parentetiche; si può dir e c he sono il r a mo di Se a ttle de lle G ir ls . E p e r ò n o n a v e v a m o i n dagato sulle relazioni tra le due entità, o almeno lo avevamo fatt o s b i l a n c i a n d o c i s o l o s u i
p o r t l a ndini. O ggi arriva Villainaire ( disc o de dic a to a i Wu- Ta ng Cla n) , a r ie q u ilib r a r e la te n d e nz a ; o vvero un macigno in grado di saturare le orecchie con una raffin a t e z z a m a s s i v a c h e v e d e
l ’ a s c oltatore accusare il colpo, mai facile da subire. Saranno i tamburi i n s a z i a b i l i d i Ta m b u r r o ,
f o r se ? E ppure di questi tempi sia mo a bitua ti a ge nte c ome She a e Hill . Sa r à la v o c a lità in g o m b r a n t e, tutta basata sul vibra to guttur a le , di Sa m Mic ke ns? Que lla c he a v o lte c i r ip o r ta a Po r tl a n d , ma non da P ennington , ma da i sospir i di Ja mie Ste wa r t (Lame nta b le ) ? S a r a n n o g l i a c c o r d i c h e n e a n c h e p e r s b a g l i o
a g g r a dano il desiderio di prevedibilità che in fondo alcuni conservano i n c u o r e ? I n e ff e t t i d o p o d u e t r a c c e s e m b r a q u a s i
i m p o s sibile che tutto ciò possa pr otr a r si pe r undic i br a ni. E inve c e a r r i v a M o n s te r I s la n d Cz a r s , u n m o s t r o d a v v e r o , m a d i
c o m p osizione e di lavoro sugli inc a str i. Un thr ille r tr a tte ggia to da ll’ a r c o d i J h e r e k , in c o mb u tta c o n p e n n a te d i c h ita r r a ,
r e m i niscenze A tom H eart M othe r , c ontr a ppunti/non- c ontr a ppunti a lla Be e f h e a r t. U n b r a n o ma n if e s to , u n Ro y a l Ru mb le
c h e c i fa capire che qui c’è la cultura del frammento; e che i Dead Sc i e n c e r i e s c o n o n o n o s t a n t e l a c o m p l e s s i t à a t r o v a r e
u n a v ia pop – comunque lontana da percorsi Radiohead o Muse, o tanto m e n o d a l l o s t r a f a r e d e i M a r s Vo l t a . D e l r e s t o l o r o
si d e f iniscono “experimental pop” , e piuttosto r ic or da no que i pe nultimi 9 0 D a y M e n d i To Ev e r y b o d y c h e a l t e m p o f e c e r o
u n a c erta sensazione (B lack Lane). Come sopra è la voce a tendere la m a n o – s e n t i t e l ’ r ’ n ’ b “ d r i l l a t o c o n c u i s i c h i u d e i l
d i sc o (C lem ency ). Concluderemmo dicendo che i DS ci hanno convinto d i u n a c o s a , u n a v o l t a d i p i ù : c h e u n a m e l o d i a n o n
d e v e n ecessariam ente essere or e c c hia bile . E ne tr a e godime nto sopr a tt u tto il c e r v e llo .
( 7 . 1 / 1 0)
G a spare Caliri
t o s e m p l i c e q uanto perfetto. O cchieggia ndo
a S u f j a n S t e vens fa quello che non è più
ri u sc i t o a i C o ld p lay: pop autentico e se ntit o . G r a z i e a u n’umiltà d’intenti il suo folk
e s s e n z i a l e r i e sce ad acquisire, tramite un
i m p i a n t o so n o ro che si arricchisce via , via
d i fia t i , a r c h i e percussioni, cangian ti str iat u re p o p c o sì d istanti da qualsivoglia r uff ia n eria , n o n o st a nte le facili melodie a pr e sa
rapi d a . E p i so di come O ver Soon, D on’t We igh Me Do
wn e P e p Ta l k pongono i B roadcast 2000 in
u n id e a l e p u n to di incontro tra le ma linc on i ch e e so ff u se intermittenze di A de m e le
p i ù a c c e se e c o m plesse luminarie di Je re m y
Wa r m sl e y. Buildin g B locks sembra pr e nder e d i m o r a n e l paradiso della canzone senza
tempo.
Non r e sta c he inc r oc ia r e le dita p e r il f utur o, c hé il pe c c a to or igina le è f in tr o p p o
f a c ile di que sti te mpi. (7.3/10)
Andrea Provinciali
The Broken West - Now or Heaven
(Merge, 9 settembre 2008 – IMPORT)
Genere: indie, pop
All’inizio dell’anno scorso sa l u t a v a m o i l
de butto de i Br oke n We st, I Can’t G o O n I ’ l l
Go On , come una delle cose p i ù f r e s c h e e
c oinvolge nti c i f osse c a pita to d i f a r c i p a ssa r e ne lle or e c c hie in te mpi r e c e n ti: s e la
vostra materia è l’indie-power p o p , a v r e t e
sic ur a me nte c onve nuto c on c hi s c r iv e , c o rr obor a ti da que lla e sa lta nte mist u r a Big Sta r
/ Wilc o / Be a tle s / Pa ve me nt / Te e n a g e Fa n club.
Se mp r e c h e s ia te r iu s c iti a d a g g ir a r e u n lie v is s imo p r o b le ma : d a lle n o s tr e p a r ti, g a leo tta u n ’ in e s is te n te d is tr ib u z io n e in E u r o p a ,
l’ in te r e s s e in to r n o a q u e s ti r a g a z z i d i L o s
Angeles è ancora rado se non nullo.
Drizzando le antenne dall’altra parte
d e ll’ o c e a n o , r iu s c ia mo c o s ì a c a p ta r e l’ u s c ita
d e ll’ o p e r a s e c o n d a N o w O r He a v e n, a p r imo
imp a tto u n d is c o mo lto me n o f r iz z a n te e a pp a r is c e n te d i q u e llo c h e lo h a p r e c e d u to . E
d is p ia c e u n p o ’ , p e r c h é q u e ll’ e s u b e r a n z a f a
s e n tir e la p r o p r ia ma n c a n z a d i f r o n te a c o s e
p u r p r e g ia te Th e S m a r te s t M a n A liv e , G we n ,
No w A n d Th e n e E lm City ( d e g li d E U S a cq u o s i, a d a lte z z a I d e a l Cr a s h ) , c h e s a r a nn o a n c h e p iù p r o f o n d e , e la b o r a te ( s i in d u g ia u n p o ’ tr o p p o s u r iv e r b e r i e s a mp le s , a
d ir la tu tta ) , ma g a r i a n c h e r a g io n a te e – o h !
oh! - mature; ma ahinoi meno immediate,
a n c h e a ttr a v e r s o p lu r im i a s c o l t i (s i s a l v a n o
la c o n ta g io s is s ima P e r f e c t G a m e s , q u a s i d e i
So f t Bo y s a l l a c o r t e d e i f r a t e l l i Wi l s o n , i l
ja n g le b e n e d e tto d i Te r ro r Fo r Tw o e i l s u ns h in e p o p d i A u c tio n e e r, ).
Le influenze sono meno riconoscibili, è
v e r o , e lo s e n ti d a lle p ri m e n o t e ; m a q u e l l o
c h e d i s o lito s i s tig ma t i z z a c o m e u n d i fe t t o
e r a , a n o s tr o a v v is o , il m a g g i o re p re g i o d e i
Br o k e n We s t, c a ta liz z a t o ri d i m e l o d i e c o m e
il g iu s to p o p e s ig e , a lfi e ri d e l l ’a d o l e s c e n z a
e te r n a c o me o g n i b u o n c a l i fo rn i a n o . E c e rto , E m b a s s y R o w o d o r a d i q u e l s o l e e q u e l l a
n o s ta lg ia , in s ie me a l r i t o rn e l l o d i H o u s e O f
Lie s , ma G o t I t B a d f a u n p o ’ t ro p p o B e c k me e ts - Sp o o n - me e ts - E e l s (d e l l a s e ri e : “ e c c o
c o s a a b b ia mo imp a r a to d i n u o v o i n s t u d i o ” ,
e c ia o c ia o s p o n ta n e ità). D e t t o q u e s t o , n o n
s i p u ò c h e g o d e r e mo d e ra t a m e n t e d i N o w O r
H e a v e n , d is c h e tto d i p o p i n d i p e n d e n t e m a d e
in u . s . d i f in e ’ 0 0 . Co m e m o l t i , p u rt ro p p o .
(6 . 7 /1 0 )
Antonio Puglia
Burnt Friedman & Jaki Liebezeit
– Secret Rhythms 3 (Nonplace /
Audioglobe, ottobre 2008)
Genere: secret rhythms
I r itmi s e g r e ti d i Bu r n t F ri e d m a n e J a k i Li ebezeit atto terzo. Ritmi che poi tanto segreti
n o n lo s o n o , v is to c h e i l d i s c o rs o i n t ra p res o n e l 2 0 0 2 d a lla c o p p i a t e u t o n i c a v e rt e p i ù
che altro ad occidentalizzare sonorità già
e s i s t e n t i a l d i l à d e l ve c c h i o c o n t i n e n t e . I l
c a n o v a c c io è a l s o lito g i o c a t o s u l l a re i t er a z io n e , s u ll’ ip n o tis mo v i s c e ra l e d e l d ru mmin g d i L ie b e z e it e d al l e t e c n i c h e m a n i p olatrici di Friedman.
N o n c ’ è D a v id Sy lv ia n (a n c h e s e Wi r k l i c h
Ve r s io n , p e r a ltr o g ià n o t a i n S e c re t R h y t h m s
2, evoca palesemente i Nine Horses) ma in
c o m p e n s o l ’ a r i a c h e s i r e s p i r a s o ff i a d a o g n i
d o v e , d a ll’ a f r o - b e a t p o s t m o d e rn o d i Tr i t t b re ttfa h re r, E n ts a fte r e G re e n w a r t s i n o a l
me ta - d u b d i D ie e h r lich e H a u t . U n p e rfe t t o
e d e le g a n tis s imo la v o r o d i s q u a d ra d o v e o lt r e a B u r n t e J a k i s i a nn o t a l a r i c o n f e r m a d i
Tim M o tz e r a lla c h ita r ra - i n M o r n i n g H a s
B ro k e n a n z itu tto - e Ha y d e n C h i s h o l m a i
f ia ti n e lla c o n c lu s iv a S a n d a l e c o m e i n a ltri frangenti. Per i possessori dei precedenti
SA 67
RECENSION
v o l u m i , u n d i s co da avere.
P er g l i a l t r i , d iciam o che non è mai tr oppo
t ard i . ( 7 . 0 / 1 0 )
Gianni Avella
Clare & The Reasons - The Movie (Fargo
/ Self, 3 ottobre 2008)
Genere: songwriting jazz-pop
Un d u e t t o c o n l’amico Su fjan S teve ns , e
Van D y k e P a r ks al piano in un pezzo: Cla r e
& T h e Re a so n s non è però la nuova Joanna
New so m & f r i ends. L a band in oggetto vien e d a B r o o k l yn: Clare Muldaur, soprano e
musicista reduce
da studi j azz, più
un com b o c omposito, co n a r c hi
e fiati, per una
formazione c la ssica di songwr iting jazz-pop. I l
prim o no me c he
viene alla mente
per lei è Rickie
L ee Jon e s, ste ss a a t t i t u d i n e j a zzy e m alinconie asso r tite da
l u s h l i f e , se g u ono My B righ test Diam ond
(s i a sc o l t i l a l unare P luto che sem bra usc ir e
dal l’ u l t i m o l a v oro di S hara Worden) e la già
ci t a t a Jo a n n a .
T h e Mo v i e è album orchestrato e a tmosf eri co , c o n a sc e ndenze piuttosto classic he , e
c o n u n a v e n a di songwriting pop che ha in
S u f j a n u n r a ppresentante eccellente. Con
as ce n d e n z e c h e vanno da Hazlew o od alle
m elo d i e b e a c h b oysiane (Sugar In My Hair);
n o n a c a so i l v ecchio Van D yke P arks c omp are a l p i a n o n ella sinuosa e jazzy L ov e Can
Be A Cri m e , m entre Stevens duetta c on Clare n e l l ’ i n c e d e r e drammatico della de liz ios a No t h i n g / N ow here. Una cover che non ti
as p e t t e r e st i f o r se (E verybody Wants To Rule
T h e Wo rl d i n chiave orchestral-lounge) fa
i n t u i r e l e p o t e nzialità pop della forma z ione
e ev e n t u a l i sv iluppi in futuro. (6.7/10)
Teresa Greco
Coralie Clément - Toystore
(Discograph/Self; 17 ottobre 2008)
Genere: french pop
Qua n d o si d i c e “affari di famiglia”: Cor al i e è so r e l l a d i B en jamin B iolay, ip e r a ttivo
cantautore d’oltralpe tra i più i n t e r e s s a n t i
delle ultime generazioni e - pe r q u a n t o l a
damigella vanti studi classici s i n d a l l a p i ù
tenera età - autentica eminenza g r i g i a d e l
la vor o. Una r a pida oc c hia ta a lle n o te d i c opertina rivela infatti che costui h a s c r i t t o ,
arrangiato e prodotto ognuna d e l l e d o d i c i
tr a c c e c ui la r a ga z z a pr e sta v o c e , ma linconicamente cinguettante e ligi a a i c a n o n i
del genere. Che è il french-po p s f o g g i a t o
ne ll’ e sor dio Salle De s Pas Pe rdu s , f a c c e n d a
risalente a sei anni fa e discreto s u c c e s s o a l
botteghino.
Ne l solc o de lle a r c inote c hanteu s e s tr a ’ 6 0
e pr imi ’ 70 c i si tor na a muove r e ig n o r a ndo l’ impr onta più r oc k de l suc c e s s iv o B y e
By e Be auté, percorrendo i noti s e n t i e r i d i
Fr anç oise Har dy, Jane Bir kin e d i q u e lla Claudine Longe t che nessun o c i t a m a i .
Sf or z a ndosi, pe r ò, di a ggior na r e la p r o p o s ta
a l te r z o mille nnio ne i de tta gli so n o r i, g r a z ie
a un Biola y c a la tosi ne lla pa r te d e l Pig malione ( si pr e nda Houlala: M anu C ha o v ir a to yé - yé ) . Tolti un pa io d’ a nor es s ic i n u me r i
e tno- r e gga e e a c c olta c on pia c e re l’ a u r a malinc onic a ( in Sono io , cantata n e l l a n o s t r a
lingua), nel menu sapete cosa a t t e n d e r v i e
or dina r e a se c onda de i gusti: me lo d ie a ggr a z ia te ( su tutte Shak e The Da y e la tur istic a pola r oid Paris dix he ure s d u s o ir) ;
move nz e bossa nova (L’ e ffe c t J o k a r i) e m a l
d’ a mor e (Tu se rais à moi, toc c a n te c o mmiato; J e ne se ns plus ton amour, d u e t t o c o n
Et ie nne Daho ) . La somma r ic on s e g n a u n d isco gradevolmente accessorio, t u t t a v i a c o l
pr e gio di non da r si un tono di f a s u lla c r e d ibilità c ome f a la Br uni Car là. A p r o p o s i t o
di sve ntole : va da sé c he il vo to q u i s o tto
non risente minimamente del fa c c i n o d e l l a
Nostr a , e h… ( 6.4/10)
Giancarlo Turra
The Delays – Everything’s the Rush
(Fiction/ 10 ottobre 2008)
Genere: pop
Me glio dir lo subito...se non vi so n o ma i p iac iuti, di c e r to non c ominc e r a nno a f a r lo c o n
questo disco che, nel suo, non è n e m m e n o
il peggiore dei tre catalogati so t t o i l n o m e
The De la ys. È c he la se nsa z ione d a p r o d o tto
c onf e z iona to pe r c onte nute ma s s e d i g io v ani f intoa lte r na tivi, non te la sco lli n e mme-
n o s e ti me tti a d e c la ma r e p o e s ie e r me tic h e .
Ev e r y thing ’s the r us h è c o mu n q u e d is c o p iù
ma tu r o d e i p r e c e d e n ti, f o r s e g o d e d i la v o r o
p iù d u r o s u lle s p a lle o d i ma g g io r e is p ir a z io n e ( c h e in q u e s ti c a s i è c o mp lime n to n o n
da poco), sta di fatto che gli arrangiamenti
sono variopinti e completi come non mai nei
d is c h i d e l q u a r te tto in g le s e e d a n c h e il p r odotto impacchettato sembra, a prima vista,
intero, finito, senza dubbio coerente. Ciò
c h e c ’ e r a , c ’ è a n c o r a , la f o r mu la n o n c a mb ia : me lo d ie f a c ili f a c ili, “ mu r e tti” d i c h ita r r e s imil r o c k , f a ls e tto a d a r mo n iz z a r e , testi adolescenziali e un’immaginario da pop
in g le s e p e r te e n a g e r c h e in q u a d r a s u b ito il
lavoro e ne segna(la) i limiti. Se proprio si
v u o le tr o v a r e q u a lc o s a in p iù , s ta tu tto n e lla
p r o d u z io n e … il p a s s a g g io d a lla Ro u g h Tr a d e
a lla Po ly d o r ( s o tto f o r ma d i Fic tio n ) h a p o rta to s o ld i n e lle c a s s e d e l g r u p p o ; s i s e n te
nella pulizia e compiutezza dei suoni e si
vede nei tre video dei tre prescelti singoli
g ià s c a r ic a b ili s u l s ito u ff ic ia le , il tu tto a ncora prima dell’uscita dell’album!
Co me s i d ic e v a in p a s s a to , a lo r o r ig u a r d o ,
a llo n ta n ia mo ( a n c h e s ta v o lta ) i p a r a g o n i c o n
Sm it hs e La ’s , q u i s i s o r r id e s e n z a imp e g n o
e b a s ta : n o n s i h a n n o le c a p a c ità p e r a n d a r e
o ltr e , p e r q u a lc h e p e n s ie r o , p e r q u a lc o s a d i
minimamente impegnato e impegnativo. Se
p r o p r io v i v a , p o tr e te p a s s a r e q u a lc h e min u to d iv e r tito c o n Lo v e m a d e v is ib ile ( t r a
l’ a tr o “ L o v e ma d e v is ib ile , y o u r s k in f e e ls
in c r e d ib ile , w r o te y o u r n a me in g r a ff iti o n
th e w a ll” è to r me n to n e c h e v i r ima r r à f a c ilme n te a p p ic c ic a to , v o s tr o ma lg r a d o ) o p r eoccuparvi per la minaccia, che s’avvererà
s e n z a tr o p p i p a te mi, c a n ta ta in To u c h d o wn
(“If you go, if you go, I’ll be coming on
y o u r r a d io ” )
I n f in d e i c o n ti, p e r ò , è in u tile f a r s i c r e s c e r e
la b a r b a p e r s e mb r a r e p iù a d u lti: a ll’ e n tr a ta
dei pub ti chiedono sempre i documenti e
f in is c i c o l r ima n e r f u o r i. (5 . 0 /1 0 )
Mar co Canepari
Dave Muldoon – Little Boy Blue
(Novunque, ottobre 2008)
Genere: songwriting
D a N e w Yo r k p a s s a n d o p e r M ia mi, D u b lin o e M ila n o : il d e b u t a lb u m d e l s o n g w r ite r
americano Muldoon ha la produzione tutta
ita lia n a d i C e s a re Ba s i l e , c h e l ’h a i n c ro c i ato in u n v ia g g io ir la n d e s e . C a s u a l i t à d e l l a
v ita , c e r to . I l N o s tr o h a u n p i g l i o d a s o n g w r ite r c la s s ic o , c h e d a To m Wa i ts p a s s a
p e r M a r k La ne g a n, c o s t e g g i a n d o l ’A m e ric a d i f r o n tie r a ta n to q u a n t o l e i n q u i e t u d ini di un Cave piuttosto pacificato in verità.
U mo r i s o ttili c h e r ip e rc o rro n o c e rt a i n d ole n z a Will Oldha m ( Lu c k y , i l b l u e s t a l k i n g
d i G e t O ff) , il b lu e s r a u c o d e l l ’e x S c re a m n g
Tr e e s ( P ro p h e ts ) , l’ imm a n c a b i l e D y l a n . D is c o c h e r ip e r c o r r e ta n to d e l c a n t a u t o ra t o d eg l i u l t i m i 3 0 a n n i e p i ù , o ff r e n d o d a l l a s u a
u n p ig lio in tr o s p e ttiv o e u n a p i a c e v o l e “ p igrizia” che unita a una discreta scrittura lo
r e n d e u n e s e mp io a b b a s t a n z a s o d d i s fa c e n t e
n e l s u o g e n e r e . (6 . 6 /1 0 )
Teresa Greco
David Byrne - Big Love: Hymnal (Todo
Mundo - HBO / Goodfellas, ottobre 2008)
Genere: colonna sonora
D a u n c a n to r e d e lla s u a e n o s t ra c o n t e m p or a n e ità q u a l è D a v id By rn e , c h e s i s a d a s e m pre impegnato in numerosi progetti paralleli,
n o n s tu p is c e l’ e n n e s im o d e t o u r. P a ra l l e l ame n te a l r ito r n o c o n l’ al t ro g ra n d e v e c c h i o e
s o d a le Br ia n Eno p e r i l re c e n t e E v e r y t h i n g
Th a t
Happens
Wi l l H a p p e n Today, lo si ritrova
a n c h e c o m e a ut o re d e l l a c o l o nna sonora di una
s e ri e TV a m e ric a n a , B i g Lo v e ,
trasmessa
dalla
H B O . Il N o s t ro
è stato
i n fa tti assoldato per
lo score della seconda stagione dello show
( la p r ima a v e v a v is to ci m e n t a rs i M a rk M oth e r s b a u g h d e i D e v o ) . Va d e t t o c h e l a s e ri e
è c e n tr a ta s u lle v ic e n d e d i u n a fa m i g l i a d i
mo r mo n i, il c u i p r o ta g o n i s t a d e v e fro n t e gg ia r e la s u a r e la z io n e p o l i g a m a c o n t re m og li e s e tte f ig li, n e lla p i ù t i p i c a a m b i e n t az io n e d i Sa lt L a k e City, U t a h , c i t t à n a t a l e e
manifesto del credo.
E a fronte di questo, Byrne che pensa di
f a r e ? I n u n p r imo mo men t o a d e ri s c e t a l m e nte a g li in n i c h ie s a s tic i m o rm o n i d a ri c re a rn e
SA 69
RECENSION
highlight
Department of Eagles – In Ear Park (4AD/ 10 ottobre 2008)
Genere: electro-folk
R i c o r dare, richiam are alla me nte e c ondivide r e un pe r iodo de lla vita tr a s c o r s o , ma to r n a to p r ep o t e n temente davanti agli occhi dopo la scomparsa dell’artefice prin c i p a l e d i q u e i m o m e n t i .
E a r P ark è un parco losangelino, i bambini, fino a qualche anno fa, si d i v e r t i v a n o a s c a l a r e l e
s c u l t u re giganti a forma d’orecchio poste al suo interno. Era li che Da n i e l R o s s e n ( c h i t a r r i s t a
d e i D epartment of Eagles) andava da piccolo con suo padre. Quel padr e v e n u t o a m a n c a r e s o l o
p o c h i mesi fa. Inevitabile, per Daniel, dedicare una parte della sua v i t a a l l a f i g u r a p a t e r n a ,
o n o r e vole dedicare l’album c he r e ga le r à a l gr uppo il suo spic c hio di m e r ita ta n o to r ie tà . N o n ost a n t e ne abbia scritto in ma nie r a qua si str a ppa la c r ime , In Ear Park è b e n l u n g i d a l l ’ e s s e r e u n
l a v o r o esacerbatam ene intimista . Nor ma le viva di mome nti c ommove n ti, ma è l’ a r te e la c o mp l e s s a ispirazione del duo (cresciuto in quartetto) a farla da padrone. I n p i e d i o r m a i d a s e t t e
a n n i , sembra che la loro strada, i Department of Eagles (per curiosità, n o m e o r i g i n a l e p r e s o i n p r e s t i t o d a l l ’ a r t i s t a b e l g a a
t u t t o t ondo, Marcel Broodthaers), l’abbiano finalmente individuata e co m i n c i a t a a p e r c o r r e r e . L a p u b b l i c a z i o n e d e i p r i m i
d u e f ull lenght a loro nome The White y on the Moon e The Cold Nose è s ta to l’ in iz ia le s in to mo d ’ in te n ti me n tr e , I n E a r
P a rk , loro prossima uscita, prova e mette su carta le qualità dell’ensem b l e n e w y o r c h e s e d i r e s i d e n z a . C o m e n o n g o d e r e a
p i e n e orecchie dell’arpeggio del brano che da titolo e principia l’albu m . C o m e n o n f a r s i t r a s p o r t a r e d a l l ’ i n c e d e r e a r i o s o
e c u l l ante dei momenti successivi, sino al contenuto crescendo quasi o p e r i s t i c o d e l l a c o n c l u s i o n e . E d è s e m p l i c e s e g u i r e ,
c o m e legati a un guinzaglio , No one doe s it, scanzonato singolo presce l t o ( e s i c a p i s c e i l p e r c h é ) . P e r n o n p a r l a r e p o i d i
Te e n a ger, visionario ragtime contemporano. Sognante ed etereo, agget t i v i c h e s i r i t r o v a n o s p e s s o n e i c a p i t o l i s u c c e s s i v i
d e l d i s co (C lassical R ecord, Floating on the Le high a d e se mpio) e c he r is v e g lia n o a c c o s ta me n ti a M e rc ur y R e v o A n i m a l
C o l l e ctive. “In E ar P ark er a qua lc osa c he non pote va c olloc a r si ne lla c a r r ie r a d e i Gr iz z ly Be a r” a ff e r m a D a v i d R o s s e n
( c h e si divide tra i due progetti) “molti dei suoi brani sono troppo pe r s o n a l i , c ’ è t a n t a n o s t a l g i a d e l l ’ i n f a n z i a e t r o p p a
e n f a si all’interno”. A llo ste sso te mpo, non c he i De par t m e nt of Eagles s i s c o s t i n o m i g l i a e m i g l i a d a l p r o g e t t o p a r a l l e l o
d i D a v id, prova ne è il fatto c he Chr is Ta ylor e Chr is Be a r ( ba ssista e b a tte r is ta d e i G r iz z ly ) p r o d u c a n o e s u o n in o in E a r
P a rk . Prova ne sono le armoniz z a z ioni, l’ a r pe ggio se mpr e die tr o l’ a ng o lo , la c r u d e z z a d i c e r ti s tr a p p i c h ita r r is tic i e r itm i c i e quel piano che fa tanto valzer da salone.
L a d i fferenza sta forse, propr io c ome a ff e r ma va Rosse n, ne lla ma ggior e in timità d i a lc u n i p a s s a g g i, n e ll’ a u r e a d i p e r s on a l e , d i privato che viene sc hiuso. ( 7.2/10)
Mar co C a n epa r i
a l c u n i f i n t i , d ei fake, per esercitarsi, per poi
s co p r i r e m a n m ano, durante la loro c ompos i z i o n e , c ome ci racconta sul sito ufficiale,
che non poteva sovrapporsi troppo musicalmente alle immagini della serie.
Così elabora una serie di frammenti melodici dai toni lievi, basati su arrangiamenti per
archi e piano. Frammenti a cui si accompagnano note pop e jazz, a tratti lounge e che
diventano musica da commento vera e propria.
Toni soffusi e persino qua e là tocchi di tropicalismo. In generale il tono è da background,
come si confà ad uno score, dal mood che
oscilla dalla levità degli accompagnamenti
per piano ed archi al piuttosto drammatico
incedere di alcuni pezzi.
Va detto che l’album è integrato da altri
estratti poi non usati nella colonna sonora,
che danno un’idea generale delle atmosfere
a cui il Nostro voleva tendere. Sottolineare
piuttosto che entrare a gamba tesa, commentare senza essere invadente. La sensazione è
che a bbia c e ntr a to l’ obie ttivo. (7 . 2 /1 0 )
Teresa Greco
Davide Tidoni – I Noitasi Inoi
(Trovarobato, 2008)
G e n e r e : s p e r i m e n ta l e / m u s i c a s t o c a s t i c a
Ritorna a farsi vedere (e sentire) il percussionista Davide Tidoni, che avevamo conosciuto tre anni fa su queste pagine, in occasione
dell’uscita di Platessa, album registrato in
duo con Nark Bkp. Stavolta Tidoni fa tutto da
solo e si ripropone con un progetto che affonda le sue radici nella musica aleatoria (musica
in cui gli elementi e la loro successione sono,
in maniera più o meno determinante, affidati al caso) e stocastica (cioè definita da rap-
porti probabilistici). I Noitasi Inoi (titolo che
è quasi l’anagramma di Ionisation, celebre
composizione di Edgar Vàrese) è definita dallo stesso autore come una “behaviour score”,
cioè, letteralmente, una partitura “comportamentale”. L’intenzione di avviare un processo
di partecipazione attiva dell’ascoltatore è alla
base del progetto e ne rappresenta la sostanza. Il cd è solo parte di un kit che comprende
un’introduzione, 8 tavole che illustrano altrettanti comportamenti e un dado a otto facce da
ritagliare e costruire. Attraverso un’associazione libera tra le 8 tracce del cd, (composte
da suoni percussivi, oggetti vari ed effetti microfonici) e i “comportamenti” suggeriti, si
invita l’ascoltatore a “giocare” con il dado, selezionando di volta in volta la coppia sequenza
sonora-comportamento, in modo da avere una
percezione sempre diversa dei suoni, legata
agli atteggiamenti suggeriti dalle tavole. Un
procedimento che si potrebbe definire di “alea
controllata”, durante il quale l’ascoltatore interagisce con il compositore in maniera creativa e sperimentale, ma libera solo in parte. Una
atteggiamento compositivo, questo, che John
Cage aveva superato già più di cinquant’anni fa affidando l’esecuzione alla natura stessa, annullando in questo modo la distanza tra
il ruolo del compositore, quello del fruitore
e dell’ascoltatore. In Inoitasi Inoi, invece, le
“possibilità esecutive” rimangono limitate al
numero di combinazioni possibili, concentrando l’attenzione sulla variabilità della percezione umana piuttosto che sulla trasformazione dei suoni (che di fatto rimane praticamente
invariata, tranne che nell’intensità). A parte,
comunque, l’originalità dell’operazione (sulla
quale si potrebbe discutere a lungo) resta il merito di chi, con convinzione, prova, rischiando,
a riportare la musica sui binari della partecipazione attiva del fruitore al processo musicale,
in un’epoca in cui l’ascolto passivo (e acritico, verrebbe da aggiungere) detta le leggi del
mercato e della produzione. (6.4/10)
Daniele Follero
Death Vessel - Nothing Is Precious
Enough for Us (Sub Pop, settembre
2008)
Genere: folk
To r n a J o e l T h i b o d e a u d a P r o v i d e n c e , c o l u i
c he muovendosi in punta di fingerpicking
SA 71
RECENSION
sulla linea d’ombra tra generi (il maschile e
il femminino) ed epoche (una tradizione tenacemente in scia della modernità) ci turbò
col debutto Stay Close. Nella qui presente
opera seconda l’ispirazione si dimostra crescente, così da mettere a fuoco la calligrafia senza peraltro introdurre elementi di novità. Ne risulta che quello stordente effetto
di cui sopra ne esce rafforzato, al punto che
sembra di intravederne il vero quid nel conflitto - diciamo così - poetico tra l’efebica
innocenza del canto e i tremori nostalgico/
angosciosi del “contorno”, intendendo con
quest’ultimo termine sia le sperse inquietudini dei testi che le orchestrazioni da cartolina seppiata, sature di rimandi neogotici
e dolci mestizie Americana. Tra la delicata
apprensione di Bruno’s Torso - squarciata
da clangori marziali, carezzata da un organo
caliginoso - e la spettrale fragranza di Fences Around Field - l’ukulele spiegazzato e il
magnifico lenitivo della lap steel - vengono
giocate le carte emotive migliori, ma anche
il ciondolare rag di The Widening quanto a
fascino è niente male (rendiamo doverosamente merito ai quattro bravi musicisti che
lo accompagnano), mentre la conclusiva Belt
Of Foam chiude nel segno di una soffice mestizia condita da ance, ottoni e un pianoforte
degno dei migliori Lambchop. Non sarà mai
un capofila, Mr. Death Vessel, ma possiede
u n a s u a r i s p e ttabilissima ragion d’essere.
(6 . 9 /1 0 )
Stefano Solventi
Dianogah – qhnnnl (Southern Records,
25 agosto 2008)
Genere: post-rock
Con q h n n n l , a ben sei anni di distanza dal
p rec e d e n t e a l b um Million s O f B razilians
(S o u t h e r n R e c ords, 2002), i Dianogah da
Chicago continuano a sbandierare il vessillo
del post-rock a stelle e strisce prima facie.
Lo fanno, è bene dirlo subito, con una certa dignità. Verrebbe pur sempre spontaneo,
per descrivere il loro sound, di servirsi della griglia interpretativa Don Caballero (per
le ritmiche) + Minutemen (per certo impeto
comunicativo), tirare in ballo i soliti padri
p u t a t i v i , m a stavolta K ip McC abe, Ja yRya n
e J a so n H a r v ey, grazie anche alle ospitate che arricchiscono taluni brani (le svisate
highlight
Gang Gang Dance – Saint Dymphna (Social Registry / Warp, 20 ottobre 2008)
Genere: tribal dance
Ec c o i Ga ng Ga ng Da nc e 2 . 0 , e v o lu ti e c o r r e tti, c h e e r a n o s ta ti a mp ia me n te p r e v is ti d o p o a v e r
a sc olta to il pr e c e de nte e p RAW WAR. I n e w y o r k e s i h a n n o s m e s s o d i f a r e i l r e v i v a l d e l l a m e r d a
volge ndo un oc c hio ind a g a to r e a ll’ u n iv e r s o d a n c e n e l s e n s o p iù la to d e l te r min e . Sa int D y mphna è una sor ta di c o d ic e ma tr ix s u c u i s i d iv e r to n o a d in n e s ta r e u n d e c e n n io d i s o lu z io n i.
Ovvia me nte se nz a a bdic a r e p iù d i ta n to d a lla p r o p r ia f ir ma . N e r is u lta u n la v o r o s tr a n o “ a p r esc inde r e ” , voluta me nte ir r is o lto e v o lo n ta r ia me n te d is o r d in a to . I G a n g G a n g D a n c e a r r iv a n o li
dove Bur ial si f e r ma . M e tto n o in mo to v e r te b r e e g h ia n d o le , li d o v e il d j in g le s e s i f e r ma v a a
riflettere con la sua me t a f i s i c a a m b i e n t . L o s c e n a r i o è l o s t e s s o : i l d a n c e f l o o r c o m e c o n c e t t o ,
c ome unive r so c hiuso i n s e s te s s o ma a l te mp o s te s s o a p e r to a lle c o n ta min a z io n i. Ciò n o n toglie c he le sor pr e se son o a lla b a s e d e l n u o v o c o r s o e c h e Sa int D y mp hna s i a u n m e c c a n i s m o a d
orologeria dedicato al d e p i s t a g g i o . Q u i n d i p e r d o v e r d i c r o n a c a n o n s i p u ò f a r e a m e n o d i s e g n a l a r e l ’ a p p a r i z i o n e d e l l a
va r ia nte c yborg di M.I .A . s u F ir s t Co m m u n io n o a n c o r a la s c r e a me d e lia ( n e l s e n s o d e i Pr ima l) a g r a v ità z e r o d i Bl u e N i l e.
Ma il me glio a r r iva c o n Va c u u m s o r ta d i Ke v in Shie lds me e ts Ba s ic C ha nne l me e ts D e e pc ho r d m e e t s q u a l c h e a l i e n o
ne lla str a tosf e r a . Princ e s a d d ir ittu r a o s p ita l’ mc lo n d in e s e Tinc hy St r y de r e l o s c a r t o c o n i l p a s s a t o n o n p o t r e b b e e s s e r e
più ne tto. Dic ia mo pur e c h e è il p u n to p iù e s tr e mo a c u i a r r iv a n o i n e w y o r k e s i p e r c h é p o i il r e s to d e l la v o r o s i a l l i n e a a l
c ontinuo c ita z ionismo, a lla p e r e n n e s tr iz z a tin a d ’ o c c h io , me tte n d o in c ir c o lo d i tu tto , d a ll’ h o u s e a lla te c h n o b e l l a e b u ona . I l la vor io de lle pe r c u s s io n i r ima n e la c o s ta n te d e lla lo r o mu s ic a e l’ e s o tis mo è a n c o r a u n a d e lle c h ia v i p r i n c i p a l i , m a
questa volta il cambio d i p e l l e è a b b a s t a n z a n e t t o . Q u a l c u n o n o n p o t r à f a r e a m e n o d i r e c r i m i n a r e m a i l d i s co è d i q u e l l i
c he se mpr e più r a r a me n te s a n n o r e g a la r e s o r p r e s e . U n a a lb u m d i me ta - d a n c e p a s s a to s o tto le ma n i d e i Sun C ity G i r l s . U n
pr e mio a pr e sc inde r e . (7 . 5 /1 0 )
Antonello Comunale
folk, cortesia di Andrew Bird, di A Breaks
B, Andrei Jackson, Sprinter ed Es Posible
Fuego?; la voce di Stephanie Morris che fa
tanto Tara J O’Neal e quindi Rodan), hanno
confezionato un lavoro personale e ricco di
spunti. Di mestiere e maniera, certo, ma pur
sempre in grado di regalare emozioni e ridestare ricordi – in maniera mol t o s i m i l e a
que llo c he a c c a de a d ogni nuov a u s c ita d egli Shipping Ne ws. ( 6.8/10)
Vincenzo Santarcangelo
Dj Balli – Straight-edge Rastafari
Manifesto (Sonic Belligeranza, agosto
2008)
Dj Balli – Boyscouts-raver Must Die!
(Sonic Belligeranza, agosto 2008)
Genere: breakcore extravaganza
Di Dj Balli – un passato da batterista straight-
edge, un presente da fondamentalista del
breakcore – su queste pagine se ne è parlato
spesso, ma mai abbastanza. Stavolta cogliamo l’occasione della riedizione digitale per
parlare di un paio di release reimmesse sul
mercato con qualche piccola chicca aggiuntiva (bonus le chiamerebbero i tradizionalisti)
che il buon mr. Sonic Belligeranza tiene sempre in serbo per i suoi amati accoliti. In questi due vinili – o almeno lo erano in origine,
ma a noi piace ancora pensarli così – la premiata ditta Balli extravaganza ci da giù come
al solito di breaks e frustate, dimostrandosi
il dj più irriverente e fuori di testa dello stivale. Nel primo “vinile digitale” – omaggio
(?) a rastoni mai esistiti, se non nella mente deviata del nostro – il nostro parte subito a rotta di collo con slogature drill’n’bass,
punteggiature bleep e scarti technoidi da far
accapponare la pelle dei benpensanti tech-
no. Come andare a un rave sballandosi con
le caramelle colorate delle bancarelle delle
fiere di paese. Nel secondo, la storia si ripete. Boyscout curiosi palpeggiano ravers rastoni a base di break-core, scratch e rumori
assortiti per una scoutcore night da gustare
fino in fondo: drills a cascata, bassi tuonanti da uragano post-atomico, scarti industriali a manetta. È in generale uno scatafascio
di piccole schegge rumoriste buttate in un
frullatore (apparentemente) demente. Ma se
il caterpillar che apre Straight-edge Rastafari Manifesto (nello specifico Seitan Is My
Favourite Drug) è di quelli che ti si fiondano
in testa preparandoti al peggio, ecco lo scarto che fa del Balli un genio: il gusto per il
vezzo dissacratorio che ti piazza lì in mezzo
al marasma il kitsch del campionamento che
meno ti aspetti. Nello specifico di queste due
uscite l’odore di provincia in disarmo, fatto
SA 73
RECENSION
di liscio alla Casadei, rigurgiti di mazurche,
samples da società nazional-popolare, voci
da rimessaggio post-televisivo, abbozzi di
canti popolari, bande di paese. Qualcosa che
abbiamo dentro ma ci vergogniamo a tirar
fuori. Dj Balli lo fa per noi. Qualcuno l’ha
definito il Kid 606 italiano, ma il nostro è
decisament e p iù ruspante. Lunga v ita a dj
Balli.
Stefano Pifferi
Don Caballero – Punkgasm (Relapse,
agosto 2008)
Genere: necrofilia don caballero
Rep l i c a d i se s tessi, i D on C aballero – orm ai a f f a i re p e rsonale di Damon Che, visto
che M i k e Ba n field e Ian Williams ha nno da
t e m p o a b b a n d onato la nave – tornano con
u n n u o v o a l b u m nel tentativo, riuscitissimo,
d i p r o l u n g a r e l’agonia di uno dei nomi che
p i ù h a n n o si g nificato per il rock dei nova nt a . C h i u d e n d o gli occhi e immaginando tutti
i c l i c h é d e l g enere ci si avvicina appieno
al r i su l t a t o : u n a boriosa, stucchevo le , pr es u n t u o s a , n o i osa pantomima di se stessi di
cui l ’ i n i z i a l e esercizio stilistico Loudest
S h o p Va c I n T h e World è perfetto e sempio.
(4 . 0 / 1 0 )
Stefano Pifferi
The Drones – Havilah (ATP, settembre
2008)
Genere: aus sie-rock
Qua n d o c i si t r ova davanti ai D rones si f inis ce se m p r e c o l parlare di geografia. Er a succes s o a l l ’ e p o c a dell’acclamato G ala Mill,
s ucc e d e o r a c ol nuovo H avilah. In entrambi
i casi , i n f a t t i , la genesi dell’album è le ga ta
a d o p p i a m a n data con un luogo partic ola r e :
s e i l v e c c h i o mulino in Tasmania c he dava
i l n o m e a l l ’ a l bum precedente incise a tal
p u n t o su l m o o d generale del disco da f a rn e q u a si u n ’ o pera in nero – soprattutto pe r
i l rie v o c a r e st orie borderline di detenuti e d
as s a ssi n i – , i n questo caso l’isolam ento viss ut o n e l b e l mezzo di una foresta de ll’outb a ck a u st r a l e rende i 10 pezzi di Hav ilah
u n a p o l i f o n i a a tratti irresistibile . Se nz a
s t ar l ì a m e n a r la con questioni socio logic he
s u q u a n t o l ’ a m biente circostante inc ida sull e m a n i f e s t a z ioni umane, la differenza c’è
e s i a v v e r t e . Sia chiaro, l’umore generale
– soprattutto alcuni stralci dell e l i r i c h e d i
Liddia r d – r e sta se mpr e simile a q u e llo d e llo sple ndido disc o pr e c e de nte . M a il g io c o
di c ontr a sti inte r no a d Hav ilah p r o p o n e u n o
scarto non indifferente verso un a s o l a r i t à s e
non pr opr io sc onosc iuta , pe r lo me n o p o c o
pr e se nte ne lle pr ove pr e c e de nti, G a la M ill
su tutte . Pr e nde te gli a c c or di a p e r ti d i O h
M y , una r oc k- song qua si e pic a , o la b a llatona str ugge nte Cold And Sober , in c u i la
fluviale voce di Liddiard cata l i z z a s u d i
sé l’ a tte nz ione ge ne r a le . O a nco r a il s e mic ountr y c or a le e d ubr ia c o de lla c o n c lu s iv a
Your Ac ting’s Lik e The End Of Th e Wo r ld
che non avrebbe mai e poi mai tr o v a t o p o s t o
su Gala Mill. Sia chiaro, persist e a t u t t o u n
va go se nso di ma linc onic a be lle z z a c o me in
I Am The Supe rc argo , sulla no n c h ia r a v icenda di John Frum, o nella rif l e s s i o n e s u l
divor z io di The Drifting House wife, ma le
c omposiz ioni de i qua ttr o non sc iv o la n o ma i
ne i me a ndr i osc ur i e te ne br osi c u i e r a v a mo
piacevolmente stati abituati. A c o n t r i b u i r e a
que sto pe r c or so – c he se mbr a qu a s i r ic a lc a r e que llo de l de gno c ompa tr iota N ic k Ca v e
– è molto pr oba bilme nte il luo g o d o v e le
10 tracce dell’album sono state c o n c e p i t e ;
quella valle omonima che riman d a a l l a t e r r a
biblica vicina al giardino dell’Ed e n . P o t e n z a
de i luoghi e de lle lor o sugge stio n i. (7 . 2 /1 0 )
dei quali, anche nei suoi momenti peggiori,
r e g a la s e mp r e u n c h e d i to c c a n te . N e l p r ec e d e n te K e e p Br e a th in g a d e s e mp io , g iu s to
p e r a tte n e r c i a l r e c e n te p a s s a to , c i s tr e g ò
G u n q u e l ta n to d a p e r d o n a rg li ( te p a r e v a … )
le d e b o li N in a e I t’s Wo n d e r f u l in u n d i s c o c o mu n q u e s e n tito . Su n lig h t To Bla k n e s s
però è diverso, quasi un ritorno al passato.
Poca elettronica
d o z z in a le
( n eg li u ltimi la v o r i
u n a p r e s e n z a f issa), sound ridotto
a ll’ o s s o e p iù d i
un momento da
s e g n a la r e . U n d isco acustico con
molta chitarra e
u n p o ’ d i p ia n o f o r te ( il s o lo d i A n a n d a ) la d d o v e , d ic e v amo , l’ is p ir a z io n e p a r e q u e lla d i u n a v o lta
(H e a d G lu e a n z itu tto , ma a n c h e C u p A S o u p
R o m a n c e e l’ in te r r e g n o tr a D y la n e Yo u n g
d i M e s s a g e s ) e a n c h e la f r o n t- c o v e r c o n u n
giovane Reilly (supponiamo trattasi di foto
d ’ a r c h iv io ) p a r e c r is ta lliz z a r e il te mp o . Stavolta non c’è nulla da perdonare, semmai
c h ie d ia mo n o i p e r d o n o p e r n o n r ic o r d a r lo
mai abbastanza. Guardia bassa, cediamo.
I n e v ita b ile . (7 . 0 /1 0 )
Stefano Pifferi
Gianni Avella
The Durutti Column – Sunlight To Blue...
Blue To Blackness (Kooky / Goodfellas,
ottobre 2008)
Emiliana Torrini – Me and Armini (Rough
Trade/ ottobre 2008)
Genere: dream-folk
A Vini Re illy, c ome a lle be lle do n n e , s i p e rdona tutto. Sa c ome pe r sua de r ti ( c h e p o i s ia
uno sgua r do o una ple ttr a ta poc o imp o r ta ) , e
se tu abbassi la guardia, beh, ce d i . C o s a g l i
imputia mo? Sic ur a me nte c e r te so r tite d e i ’ 9 0
non sono il ma ssimo, spe c ie se il n o me c h e
si por ta è di que lli nobili. Pe r c o s a lo r ingraziamo? Semplice, per averci r e g a l a t o n e l
primo scorcio degli ’80, grazie a q u e l l e m a n i
a ff usola te e la f le bile voc e , ope r e d i a s s o lu ta
gr a nde z z a c he voi tutti be n c on o s c e te ( p e rc hé in c a so c ontr a r io a ve te sba g lia to ma g az ine ! ) Andia mo pe r a ppr ossima z io n e : Su n light To Bla kne ss dovr e bbe e ss e r e , e s c lu s e
c ompila tion e va r ie me mor a bilia , il v e n to ttesimo disco dei Durutti Colum n ; e o g n u n o
Genere: pop/rock
D o p o a n n i e a n n i, n o n h o d a v v e r o p iù v oglia e mi cadono inevitabilmente le braccia
s e n te n d o i c o lle g a me n ti a s tr u s i c h e la g e nte s ’ in v e n ta p e r te n e r e a tta c c a ta E milia n a
To r r in i a ll’ I s la n d a . O ltr e a d e s s e r e la te r r a
n e lla q u a le E milia n a è n a ta e d è c r e s c iu ta
f in o a ll’ a d o le s c e n z a , n o n c ’ è p iù a ltr o c h e
le g h i ( a r tis tic a me n te ) c o s ì p r o f o n d a me nte la cantante all’isola. Di certo, Emiliana,
n o n h a ma i r in n e g a to le o r ig in i, n e è s ta ta ma i d is c o n o s c iu ta d a g li is la n d e s i, c o me
q u a s i a c c a d d e q u a lc h e a n n o f a a Bj o r k. A d
o g n i mo d o , la s u a f ig u r a , è s e mp r e p iù a s s imila b ile e s e mp r e p iù a mb ie n ta ta n e l p an o r a ma in g le s e . È c o me s e d a q u a n d o L o nd r a è d iv e n ta ta la s u a d imo r a , a n c h e la s u a
a r te a b b ia c h ie s to r e s id e n z a n e l Re g n o U n i-
to . M e a nd Ar mini c o n t i n u a s u q u e s t a s c i a ,
c o n la U n io n J a c k s ta m p a t a i n d e l e b i l m e nte e ben chiara in tutto sopra tutto il corso
d e l d is c o . L a v o c e d i E m i l i a n a n o n t ra d i s c e
le a tte s e , r is u lta n d o a n c o ra u n a v o l t a fa c i lme n te r ic o n o s c ib ile n e l s u o c a l o re e c o l ore, ciò che stupisce (negativamente) è che
s ia l’ a lb u m s te s s o a tr a d i re . Il t e rz o l a v oro della cantante non convince: la mano di
D a n Ca r e y n e lla p r o d u z i o n e (i n a l t ri fra n g e n ti a s s a i a b ile c o n Fr a n z Fe r d i n a n d e
Ho t C hip) r i s u l t a t r o p p o c a l c a t a , m a r c a t a ,
come se avesse voluto uniformare il tutto
f a c e n d o s e n s ib ilme n te p e rd e re i n s p o n t a n e ità , ma r c h io d e lla To r r in i . La s e n s a z i o n e c h e
n e s c a tu r is c e è c h e M e a n d A r m i n i s i a m o lto v ic in o a ll’ id e n tif ic ars i i n p ro d o t t o s t udiato e partorito a tavolino. Certo, capitoli
a p p r e z z a b ili n o n ma n c an o : q u a n d o l e s t ru ttu r e s i s e mp lif ic a n o e v e n g o n o s c a rn i fi c ate d a a r r a n g ia me n ti e s ag e ra t i e p re t e n z i o s i ,
i l p i a c e r e d e l l ’ a s c o l t o r i a ff i o r a . L e b a l l a t a
a c u s tic h e s o n o i mo me n t i m i g l i o ri d e l l av o r o : l’ in timis mo d i Bi rd s , l a f a n c i u l l e s c a
B e g g a r ’s P r a y e r c o n l a v o c e d ’ E m i l i a n a a
to r n a r e b a mb in a , l’ a c i d a e o s c u ra H a H a ,
tu tte tr a c c e in c u i, il c an t a t o d e l l ’a rt i s t a , ric o n q u is ta la s c e n a r ip u l e n d o l a d a p o rc h e ri e
e le ttr o n ic h e . Pu r tr o p p o p e rò , s o n o p i ù i b uc h i n e r i, i c r o lli v e r tic al i n e l p l a s t i fi c a t o n e l
p r e f a b b r ic a to c h e c a r a t t e ri z z a n o e d e t u rp an o ir r ime d ia b ilme n te i l p a e s a g g i o . Em i l i an a To r r in i n o n è Shir ley B a s s e y … c h e s e n s o
h a n n o q u in d i H e a rd it a l l b e f o re e J u n g l e
D r u m s ? E p e r c h é p o i te n t a t i v i d i ri t o rn o a l
p a s s a to c o me G u n ? C o s a d i r e , i n f i n e , d e l l a
d e r iv a p o p p e tta r a a c u i è s t a t a c o s t re t t a l a , a
p r ima v is ta , p r e g e v o le Bi g J u m p s? In u t i l e …
n o n r ie s c o p r o p r io a c a p a c i t a rm i d e l ri s u ltato o, ancor peggio, dell’idea di partenza.
E milia n a è o r ma i u n ’ a rt i s t a c a p a c e , a b i lmente, di stare sui suoi due piedi: perché
n o n p r o v a r e , f i n a l m e nt e , a n c h e a l a s c i a r l a
camminare da sola, piuttosto che prenderla
p e r ma n o e c o n d u r la ? (5 . 2 / 1 0 )
Mar co Canepari
Emily Jane White - Dark Undercoat
(Double Negative, settembre 2008)
Genere: dark folk
E mily J a n e W h ite è u n a g i o v a n e c a n t a u t ri c e
c a lif o r n ia n a c h e d e b u tt a n e l s e g n o d e l l a p i ù
SA 75
RECENSION
highlight
El Guincho – Alegranza! (XL / Self, 13 ottobre 2008)
Genere: indie-world
F i n a l mente una data, il 13 ottobre. El Guincho da Discoteca Océano, m i n u s c o l a l a b e l i b e r i c a
d a l l a minuscola distribuzione, passa alla Xl Recording. Ennesimo v i a g g i o , i n s o m m a , p e r i l
g i o v a n e noto all’anagrafe come Pa blo Día z - Re ixa . Sic ur a me nte una “tr a v e r s a ta ” me n o g r a v os a d e lle precedenti (ricordiamo che il Nostro, appena adolescente, las c i ò l e n a t i e C a n a r i e p e r
g i r a r e il vecchio continente) e oltremodo redditizia giacché gli frutte r à - e r a o r a - i l m e r i t a t o
f e e d b a ck. A legranza è un mix ir r e sistibile di mpb, a f r o- be a t e c a lypso . u n d is c o c a r n e v a le s c o
d i c e v a m o qualche articolo a ddie tr o, un c r oc e via di stili f iltr a ti da l ca mp io n a to r e , u n Ro la n d
S P - 4 04, e dall’estro nomade di Pablo. In molti vedono El Guincho co m e p r o i e z i o n e d i P a n d a
B e a r, specie quello di Person Pitch. Considerando che entrambi si affid a n o a d u n c a m p i o n a t o r e ,
i l p a r allelo ha un suo perché; però mentre l’Animal Collactive ripiega d a l l e p a r t i d i B r i a n Wi l s o n , l o s p a g n o l o p r e f e r i s c e
i l c a n d ore festaiolo di R ichie Va le ns ( que llo de La Ba mba , pe r inte nder c i) me s s o in r is a lto n e l u n o - d u e d i P a lm ito s P a r k
e K a l ise oppure, ed esempio in Antillas Anone, l’ a f r o- be a t vir a to la tin o . Vi s e mb r e r à d i a s c o lta r e u n o r c h e s tr a tr o p ic a list a d i B usker prim a orgiastic a (Fata M organa, Costa Paraíso, Pre z La g a r to e P o lc a M a z u rc a ) p o i p s ic h e d e lic a (B u e n o s
M a t ri m onios A hí F uera ), se nz a imma gina r e c he die tr o c ota nta gioia d i s u o n a r e s i n a s c o n d e u n s o lo u o mo . I n u n mo n d o
m i g l i ore piacerebbe a tutte le ma mme . E ne lle c ha st’s di que ll’ imma gin a r io mo n d o , Cu a n d o M a r a v illa F u i s b a n c h e r e b b e
se n z a remore. Il personaggio de ll’ a nno. (8.0/10)
Gianni Avella
d i a f a n a g r a v i t à. Le dieci tracce di questo
Dark U n d e rc oat esalano folk rock c r e pus c o l a r e , p a l p i ti elettroacustici d’anima che
n o n p u ò f a r e a m eno di lacerarsi su gli spig o l i d e l l o st a r e al mondo, galleggiando tr a
i c am p i d i f o r za e le avversità annidate nei
s en t i m e n t i , n e lla tensione delle stor ie int rec c i a t e , sf i l a cciate, isolate. E mily osse rv a c o g l i o c c h i allagati d’innocenza, allenati
al l ’o sc u r i t à , t r ascrivendo un diario di bozzet t i so sp e si su una stordente apprensione . E
n o n p u o i r i m a n ere indifferente: tropp o be llo
l ’i n c e d e r e a l l a mpanato di Wild Tigers I Hav e
Kno wn ( p i a n o e voce), l’angoscia ipnotic a e
m o l l e d i D a g ger (chitarra elettrica e voc e ) ,
i l d o l c i a st r o l a nguore di Sleeping D e ad ( c hit arra a c u st i c a , bagliori elettrici e vo c e ) e la
s e t o s a a ff l i z i one della title track (chitarra
acu st i c a e v o c e ). N ull’altro in fondo c he una
ri p ro p o si z i o n e della cupezza (folk ro c k, a pp u n t o ) c o n c u i la prim a C at P ow er c i a ve va
a m m a l i a t i , p r essoché identico il timbro da
v e l l u t o s d r u c i to e tolto semmai quel senso
d i s m a r r i m e n t o cosm ico all’ultim o sta dio da
c ui la c a r a Cha n ha inf ine pr e so le d is ta n z e
(fortunatamente, almeno dal pu n t o d i v i s t a
de l suo f e ga to) . Oppur e , se pr o p r io v o le te ,
pote te imma gina r ve la c ome f r u tto s p le n d idamente acerbo dell’incrocio t r a i r e c e n t i
tr e mor i PJ Har ve y c on le va por o s e in q u ietudini di una Hope Sandoval. La s ig n o r in a
White insomma ci obbliga ad e s a l t a r e u n a
c a lligr a f ia de l tutto ovvia , se nz a u n g r a mmo
di or igina lità , ma a suo modo in a tta c c a b ile ,
pe r f e tta me nte c ompiuta sopr a t tu tto q u a ndo si mette a giochicchiare al c r o c i c c h i o
de l blue s c ome una nipotina di N ic k D r a ke
( ne ll’ iniz ia le Be ssie Smith) , o c o me q u a n d o
in Hole I n The M iddle r igurgita l’ in e ff a b ile
a ma r e z z a de l Cobain unplugged . D e l r e s t o ,
i f a vor i di un me ntor e c ome Da v id Tib e t n o n
si gua da gna no se nz a motivo. (7. 2 /1 0 )
Stefano Solventi
Eugene McGuinness – S/t (Domino / Self,
17 ottobre 2008)
Genere: retro-pop
Se due indiz i f a nno una pr ova , il te r z o e q u i-
v a le a c e r te z z a a s s o lu ta . Pr ima J a c k Pe ñ a te , p o i lo s te lla r e Lig ht s pe e d C ha m pio n,
a d e s s o E u g e n e M c G u in n e s s : l’ u ltima g e n e r a z io n e d i s b a r b a te lli a lb io n ic i è u n a r is e r v a
di talenti, o almeno così ci dicono i loro
d is c h i. N e llo s p e c if ic o , q u e s to v e n tid u e n n e
londinese si candida come il più gradevole
d is c e p o lo ( c lo n e ? ) d i M o r r is s e y in c ir c o laz io n e . E d i Billy Br a g g . E d i Edw y n C o llins . B a m b o c c i o n e r o m a n t i c o e b e ff a r d o ,
c r o o n e r imp e n ite n te d a ll’ u g o la d ’ o r o (We n d y Wo n d e r s ) , in to n a s to r ie - n a tu r a lme n te ! ironiche per poi rivestirle di arrangiamenti
d e liz io s a me n te r é tr o e a c c a ttiv a n ti, in u n a
r ic c h e z z a d i s u o n i e o r c h e s tr a z io n i c h e r ic o r d a p r o p r io D e v H y n e s e il s u o L a v e n d e r
B r id g e (M o s c o w S ta te Circ u s , A tla s ) . L u n g o
tu tto q u e s to f u ll le n g h t d i d e b u tto s i r e s p ir a u n ’ a r ia in e q u iv o c a b ilme n te v in ta g e ( a lla
ma n ie r a d i u n R ic ha r d Ha w le y s b a r a z z in o ,
s e c o n c e d e te la c o n tr a d d iz io n e in te r min i) ,
c h e n o n p e r d e f r e s c h e z z a n e g li e p is o d i g u id a
F o n z e R in g A ro u n d R o s a ( r o c k a b i l l y c o m e
Smiths comandavano), tantomeno scade in
ma n ie r a n e l c o u n tr y d i N o t S o Ac a d e m i c,
n e l Tin Pa n A lle y d i T h o s e O l d B l a c k A n d
W h ite M o v ie s We re Tr u e, n e l p o p d a g i o s t ra
d i D is n e y fie d, o n e l l a p o e s i a s t r a l u n a t a d i
G o d I n S p a c e ( tito lo e t e s t o d e g n i d e i M o n t y
Py th o n , n o n c ’ è c h e d i re ). Tu t t o re s t a a n z i
in e q u ilib r io f r a o ma g g i o e (v e l a t a ) p a rod ia , f r a r iv e r e n z a e ( ac c e n n a t o ) s b e rl e ffo ,
f r a i n c h i n o e ( t r a t t e n u t a ) b u r l a . L a s t o ff a ,
insomma, c’è; le premesse per una carriera
q u a n to me n o in te r e s s a nt e , i d e m . (7 . 0 / 1 0 )
Antonio Puglia
Final Fantasy - Plays To Please EP
(Slender Means, 21 ottobre 2008)
Genere: chamber jazz cabaret
I l s e c o n d o E P u s c ito in a u t u n n o a n o m e F i n a l Fa n ta s y c a mb ia le c a rt e i n t a v o l a . La dd o v e n e l p r imo s i a n t i c i p a n o l e a t m o s fer e d e l p r o s s imo He a r t l a n d p r e v i s t o p e r i l
2 0 0 9 , q u i c i tr o v ia mo d i fro n t e a d u n a l b u m
d i s o le c o v e r, s c r itte in o ri g i n e d a l c a n t a n t e
e c h ita r r is ta A le x Luk a s h e v s k y , m u s i c i s t a
d i To r o n t o e l e a d e r d e l g r u p p o D e e p D a r k
U n ite d . I p e z z i d a r u v i d i b l u e s -ro c k p e rl op iù a c u s tic i, d iv e n ta n o ri c c a m e n t e a rra ng i a t i : c h a m b e r j a z z t r a c a b a r e t e B r o a d w a y,
o r c h e s tr a z io n i c la s s ic h e e m u s i c a l , t ra a t m os f e r e Br e l/Br e c h t, s o n g w ri t i n g j a z z y e a mb i e n t a z i o n i Ti n P a n A l l e y. M e n o e n f a s i d e l
s o lito è p o s ta n e lle c a n z o n i , c h e o s c i l l a n o
tr a R uf us Wa iw r ig ht , u n Pa tr i c k Wo l f p i ù
min ima le e u n p r imo A n th o n y p i u t t o s t o t e atr a le . A ll’ a lb u m p a r te c i p a n o a n c h e P a u l M ath e w d e g li H id d e n Ca m e ra s , A n d re w B i r d e
numerosi altri ospiti, con Pallett alla voce.
D o min a to d a in f lu e n z e a m e ri c a n e c l a s s i c h e ,
Ge r s c hw in in p r imis , Pl a y s To Pl e a s e ri c o r d a a n a lo g h e o p e r a z io n i d e g l i u l t i m i a n n i ,
d a J e ns Le km a n a So n d re Le rc h e , p e r c i t a re
a l c u n i n o m i . C o n i l va l o r e a g g i u n t o d e l l a
o r ma i ma tu r ità d i Pa ll e t t , c h e ri e s c e a c ime n ta r s i c o n b u o n i r is u l t a t i i n p ro g e t t i a b b a s ta n z a d iv e r s if ic a ti. (7 . 1 / 1 0 )
Teresa Greco
Final Fantasy - Spectrum, 14th
Century EP (Blocks Recording Club, 30
settembre 2008)
Genere: chamber pop
Pr imo d i d u e E P p e r il c a n a d e s e O w e n P a l le tt, a n tic ip a z io n e d e l n u o v o a l b u m H e a r t SA 77
RECENSION
l a n d p r e v i st o p er l’anno prossim o. Spe c trum
r i p r e n d e e a n ticipa le tematiche contenute
n el d i sc o , u n c oncept su un regno imma gin ario c h e t r a t t a di religione e fondame nta lis m o . U n a l t r o viaggio nella virtualità , ques t a v o l t a c o n b ase musicale le session che il
Nost r o a v e v a realizzato durante le re gistr azi on i d e l l ’ u l t i mo album del collettivo Be iru t ( Th e F l y i ng C ab C u p ) , per il qu a le a ve v a a r r a n g i a t o g li archi. D efinito come “ f a ke
f i e l d s r e c o r d i ngs”, si tratta di cinque pezzi
b as a t i su r e g i strazioni elettroacustic he , c he
p ro se g u o n o su lla scia dell’ultim o He Poos
Cl ou d s ( 2 0 0 6 ). Pop orchestrale largamente
arra n g i a t o , c h e rispetto al preceden te vir a
v ers o m a g g i o r i atmosfere jazzy ed a mbie nt,
r i p r e n d e n d o p roprio il lavoro fatto con i
Bei r u t . P a r t e n do da uno scarno m inima lis m o , i p e z z i si arricchiscono via via dive nt and o c o r p o se stratificazioni per arc hi, c on
u n m o o d “ l i v e” che li esalta e una forma
can z o n e c h e v iene arricchita dall’orche str azi on e . U n a b e lla anticipazione per que l c he
v err à . ( 6 . 9 / 1 0 )
Teresa Greco
Fou - Procurarsi Guanxi (Novunque, 17
ottobre 2008)
Genere: indie pop rock
Indie pop rock che può essere ricondotto alla
tradizione italiana ormai più che decennale
di Afterhours e Baustelle, immerso in una
milanesità indie-snob fatta di locali, aperitivi, multietnie e ambienti arty. Queste le
coordinate basilari per il gruppo lombardo,
arrivato alla prima prova sulla lunga distanza, dopo l’EP dello scorso anno (Inostricostosiobbifeticisti). Un riuscito incastro maschile/femminile di derivazione Scisma e
successivi Bianconi / Bastrenghi (soprattutto i primi), testi sufficientemente scafati e
autoironici che riflettono su quotidianità e
società in senso lato, un istinto melodico che
si affianca a ruvidezze di derivazione noisepop in chitarre e tastiere, post punk, elettronica e un senso della contaminazione a 360°.
Un brano vede la collaborazione di Daniele
Carretti degli Offlaga Disco Pax (la dolente
ballad Edmundo). La materia non di certo è
nuova, in Italia; dalla loro i Fou hanno sufficiente personalità per non essere inglobati
nei modelli di riferimento, uscendone tutto
sommato in modo discreto. (6.7/10)
Teres a Greco
a lc u n e o ttime id e e . Pa s s in g n o te s , n o te c h e
p a s s a n o … e n o n la s c ia n o il s e g n o . . (6 . 3 /1 0 )
Daniele Follero
Gaspare De Vito - Passing Notes
(Improvvisatore Involontario / Wide,
2008)
G e n e r e : L at i n j a z z
Ant hony Br axt on e Or ne t t e C o le m a n i n
vacanza ai Caraibi. L’ultimo p r o d o t t o d i
casa Improvvisatore Involontar i o , f i r m a t o
da l tr e nte nne sa xof onista na po le ta n o G aspa r e De Vito, a vr e bbe potuto a n c h e a v er e pe r titolo una f r a se de l ge n e r e . I l ja z z
d’ a va ngua r dia si tinge di r itmi la tin i, l’ impr ovvisa z ione r a dic a le inc ontr a i r itmi s ac r i de lla r e gla de oc ha c uba na e , a llo s te s so tempo, il sax fraternizza co n c o n g a s e
marimba. De Vito è un ottimo s a x o f o n i s t a ,
a nc he lui c ome Cusa, molto le g a to a lla s c e na ja z z istic a e impr ovvisa tiva b o lo g n e s e ( lo
a bbia mo visto a d Ange lic a e , r ec e n te me n te ,
a lla r ie diz ione de l “ tr e no di Ca g e ” ) , mo lto
a tte nto a lle possibilità te c nic he e d e s p r e s s ive de llo str ume nto. I l suo a ppr oc c io s tilis tico sembra una sintesi tra gli ass o l i - f i u m e d i
Coltrane e le soluzioni estreme d i B r a x t o n ,
de l qua le r ic or da sopr a ttutto il t e n ta tiv o c osta nte di c e r c a r e un suono c he s ia a l limite
tr a il soff io e la sua tr a sf or ma z i o n e in o n d e
sonor e . Dopo un c or a ggioso e so r d io c o n u n
album per sax solo, stavolta D e Vi t o s i f a
a c c ompa gna r e da tr e str ume ntist i c h e , in s ieme a lui da nno vita un qua r te tto c h e c o mprende, oltre al contrabbasso, le p e r c u s s i o n i
la tin di Da nilo Mine o e il tr ombo n e d i N ije n
Antonio Coa tti. I l r itmo de lle c o n g a s , u n ito
a i sa lte lli de l c ontr a bba sso, dà u n c o lo r e inconfondibilmente latino alle c o m p o s i z i o n i
(che portano tutte la firma del s a x o f o n i s t a ) ,
a c ui si a ggiungono gli a ff a sc inan ti c o n tr a ppunti dei fiati, strumenti a cui è a ff i d a t o i l
c ompito di impr ovvisa r e libe r a me n te . Tir a ndo le somme e pr ova ndo a co n te s tu a lizz a r e que sto la vor o a ll’ inte r no d e l c a ta lo g o
della ancor giovane etichetta, c i t r o v i a m o
di f r onte a d un a lbum c he si pon e , p e r c e r ti
versi, in linea con la libertà di p e n s i e r o d e l
collettivo Improvvisatore Invol o n t a r i o , m a
c he non br illa pe r or igina lità nell’ u s o d e lle
r isor se str ume nta li ( c on l’ e c c e z io n e d e l s o lo
sa x) , r ipr opone ndo te mi me lodi c i e s tr u ttur e c onve nz iona li e obsole te , c he a p p a n n a n o
Goldmund – The Malady Of Elegance
(Type, 2008)
Genere: modern minimalism
Il seppia della copertina, con una donna elegante che stringe a sé una bambola, suscita immediatamente compassione in chi lo guarda.
Verrebbe da pensare ad una giovane borghese
accidiosa, immersa nell’ oblio di un pensiero
circolare il cui eterno presente è sottolineato
solo dall’ adagio di un piano. Uscito quasi in
contemporanea al recente Caesura (sotto il
moniker Helios, alter ego digitale di Goldmund), The Malady Of Elegance dispiega
sulla lunga distanza quanto già anticipato
nei precedenti ep (The Heart Of High Places
e Two Point Of Discrimination) che lo separano dall’ esordio (Corduroy Road, 2005).
E alle sonorizzazioni autunnali su pellicole scadute, Kenniff ha in parte
sostuito il gioco
minimale (ImageA u t u m n - Wo m b ,
Now) e momenti
più dilatati che
riportano
dritti
agli Stars Of The
Lid (Finding It
There). Non più
solo malinconia e
timida contemplazione estetica dei paesaggi. In The Malady Of Elegance prende corpo
quell’ inquietudine che deriva da un passato esperito solo attraverso immaginari altrui,
dalla nostalgia per ciò che non si è conosciuto e dal pentimento per ciò che non si
è commesso. Queste quindici tracce portano
i segni della Guerra Civile Americana, del
cinema europeo meno didascalico e di tutta
la malinconia di questo mondo (e il parallelo
con il Sylvain Chauveau di Le Livre Noir
Du Capitalisme non sarebbe fuori luogo,
arrangiamenti orchestrali permettendo). La
chitarra acustica accompagna, di quando in
quando, drammatici passaggi di piano (John
Harrington, The Gardener), resi ancor più tetri da una diteggiatura febbrile e volutamente disordinata. Il paragone con Hauschka e
il suo prepared piano viene quasi spontaneo.
Il risultato è un’ opera in perfetto equilibrio
tra accenni a lievi sperimentalismi (senza
pretese nè leziosità) e pura poesia minimale.
Non solo per chi segue il filo di Arianna, da
Satie in poi. (7.5/10)
Francesca Marongiu
Jean-Philippe Goude – Aux Solitudes
(Puor l’Instant, Settembre 2008)
Genere: Musica da camera
Figlio della generazione del minimal-ripetitivismo americano, movimento artistico con
il quale venne a contatto quando era studente
di musicologia a Parigi, Jean-Philippe Goude sembra aver percorso, in scala ridotta, la
carriera di quella generazione di musicisti.
In particolare quella di Philip Glass, artista che, unendo mestiere e astuzia, si è allontanato gradualmente dall’atteggiamento
avanguardista che aveva caratterizzato i suoi
lavori degli anni ’70, per approdare e ormeggiare presso i lidi più sicuri (e redditizi) di
un diatonismo molto d’effetto e poco sostanzioso, basato su formule facilmente digeribili e utilissimo a fare da sfondo a film e
documentari.
Goude non ha certo raggiunto la fama del
s u o c o l l e g a s t a t u n i t e ns e , m a p e r l o m e n o
nel suo Paese, la Francia, può vantare una
discreta notorietà e qualche lavoro per la
televisione nazionale e per il cinema. Una
“ p o s i z i o n e ” , c h e i l co m p o s i t o r e f r a n c e s e
h a r a g g iu n to p a r te n d o d a l ro c k p ro g re s s i v o d i We ido r j e e Ode u r s e p u b b l i c a n d o u n
a lb u m s p e r ime n ta li c o m e D r o n e s (1 9 8 0 ),
a tu tt’ o g g i la s u a p r o d u z i o n e p i ù ri l e v a nte. Aux Solitude, che esce a sette anni di
d is ta n z a d a l p r e c e d e n te R o c k D e C h a m b r e ,
conferma la premessa, presentando tutte le
c a r a tte r is tic h e c h e c i s i a s p e t t a d a u n p e rs o n a g g io c o s ì: r a ff in a te z z a , b u o n a s c ri t t u ra
o r c h e s tr a le , u s o p r e v a l e n t e d e l d i a t o n i s m o ,
me lo d ie e a r mo n ie c h iare e d e u fo n i c h e . Trad o tto in r if e r ime n ti p r at i c i d i v e n t a q u a l c o s a
c h e s ta tr a g li s c h e mat i s m i a rm o n i o s i d e lla P e ng uin C a f è Orc h e s tr a, l e m u s i c h e d a
f ilm d e l G la s s p iù r e c en t e , l e a t m o s fe re s op o r if e r e d i Ludo v ic o E i n a u d i e re s i d u i “ c osmici”. Goude sperimenta le combinazioni
strumentali più varie, dal quintetto d’archi
a orchestre da camera poco convenzionali,
SA 79
RECENSION
highlight
Growing – All The Way (Social Registry,
ottobre 2008)
Los Updates – First If You Please (Cadenza / Audioglobe, ottobre 2008)
Genere: concrète ‘chilean’ minimal
U n p o ’ Matmos un po’ L uom o que sti due c ile ni c he di nome f a nno J o r g e Go nz á le z e L o re t o
O t e ro. Già sentiti qualche tempo fa in un vinile che raccoglieva alcun i r e m i x d e l l e l o r o t r a c c e ,
p r o se g uono il loro percorso c on una minima l c he c onve rge ve r so un te r r ito r io in e s p lo r a to , s c u ol a c o ncrète con appunti percussivi pieni di marimbe e battiti analogic i c o n d i t i d i s u o n i g l i t c h ,
c o se dalle parti di L uciano, un retaggio delle loro origini sudamerican e e d e l l a p r o d u z i o n e d e l
g u r u R icardo Villalob os (che proprio nel Fabric dell’anno scorso ave v a i n s e r i t o u n s u o r e m i x
d e l d uo). Q uello che li stacc a da l minima lismo be r line se è l’ uso de l p a r la to /c a n ta to , in p a r tic o l a r e la loro estetica attinge a piene mani dal p-funk/nu-rave che at t e n d e v a d a m o l t o t e m p o
u n a b occata d’aria. In più ci sono tonnellate di suoni bassi, uno stac c o c h e d i p a r t e d i b r u t t o
d a l l ’ amore per il tw eeter tu tto mitte le ur ope o. Si pa r te inf a tti c on una lu n g h is s ima 4 W h e e ls D r iv e c h e pesca elementi dal magazzino degli indimenticati Liquid Liquid e i n n e s t a l e b a t t u t e g i u s t e p e r l a c r i c c a p o s h y d e l
d a n c efloor. C ’è poi la lecca ta di c ulo a l soul: M y Soulmate And I è il n u o v o in n o g litc h - s p a c e y p e r s e r a te s e x y p o s t- c h ill.
M a n o a mano che si prosegue nell’ascolto, si capisce che la lezione/p r o v o c a z i o n e s o n i c a d i q u e s t i r a g a z z i è l a n a t u r a l e
e v o l u zione del field sound inne sta to sulla minima l. Se il tutto e r a pa r tito c o n F e nnne s z p r ima , A n d r e a Sa r t o r i e Br u n o
P ro n s ato poi, dopo l’estate arriva quest’idea di connettere e smembr a r e a n c o r a u n a v o l t a i l p r i n c i p e d e i s u o n i l i v e : l a
v o c e . Già avevamo capito con l’ultimo Burial che la ricerca sarebbe s t a t a a p p l i c a t a a l c a n t a t o . Q u i a b b i a m o l a c o n f e r m a
s u a l tri piani, non dubstep ma minimal, o come volete chiamarlo. Il v o c a b o l a r i o d e l l ’ e l e c t r o o r m a i c o l l e g a p o l i o p p o s t i :
l ’ e sse nza delle onde sinusoida li de lla Ra ste r- Noton c on le de c ostr uz ion i d u b d e lla ~ s c a p e (I n v i t i n g Yo u H e re , C h a r l i e H o l d
O n ) , il post-pop acustico di Fuj iya & M iyagi (Some Pic ture s Of You ) e la w a v e n e w y o r c h e s e ( I D o n ’t F e e l L i k e C o m i n g
H o m e ). E quindi questo piccolo grande disco riesce in un’impresa che u l t i m a m e n t e f a p a u r a a n c h e a i p i ù g r a n d i g u r u d e l l a
s i n t e si. Sarà l’incoscienza dei giovani, ma secondo chi scrive Jorge e L o r e t o h a n n o c o s t r u i t o u n a d e l l e m i g l i o r i r i s p o s t e
a l l ’ e mpasse minimal. Inclassif ic a bili, spe nsie r a ti e f r e sc hissimi. Nuov a s c u o la : Ch ile a n M in ima l! (7 . 4 /1 0 )
Marco Braggion
che c o m p r e n d o no strumenti come il synth e
l e O n d e s M a r t enot.
Il t u t t o c o n u na gran perizia e uno spic c a to
s en so d e l l ’ e q u ilibrio e della misura tipic am en t e n e o c l a s sici. A nche l’uso del c ontr ot eno r e , v o c e dal sapore così inconfondibilm e n t e b a r o c c o, non sfigura nell’amalgama
s t i l ist i c o d i q uesto autore, che non r ie sc e a
fars i d i sp r e z z a re, nonostante la sua music a
t ras m e t t a u n a sensazione prevalente di incon si st e n z a e p iattezza. (6.3/10)
Daniele Follero
Gregory And The Hawk – Moenie And
Kitchi (Fat Cat / Goodfellas, 7 ottobre
2008)
Genere: pop-folk
A d i st a n z a d i p ochi mesi incontriam o nuova-
me nte que l M ike “Shor t St or ies ” M c Guire
c he c on il suo a ppor to voc a le f e c e b r illar e l’ ultimo a lbum di Populous. M a s ta v o lta
lo tr ovia mo sotto l’ ina spe tta ta v e s te d i a rr a ngia tor e str ume ntista ; in ques to p r o g e tto
Gregory And The Hawk il micr o f o n o r e s t a
lontano dalla sua ugola.
Ne l duo in que stione ( a c c ompa gn a to v ia , v ia
da diversi musicisti) gioca infa t t i u n r u o l o
da protagonista la voce della n e w y o r c h e s e
M e re dit h Godre au.
Sono lie vi boz z e tti f olk que lli c h e p r e n d ono vita dall’unione creativa dei d u e a r t i s t i .
Sia mo da lle pa r ti di que gli a lbu m in timis ti
e se nz a e le ttr onic a sigla ti Mor r M u s ic (Gut he r , Bobby And Blum , M as ha Qre lla) ,
ma anche di certo cantautorato f e m m i n i l e
( Polly Paulusm a e Em iliana To r r ini) . L e
c o s e p i ù i n t e r e s s a n t i e m e rg o n o q u a n d o l a
v o c e a p p r o d a v e r s o lid i p iù imme d ia ta me nte p o p a c c o mp a g n a ta d a u n a s tr u me n ta z io n e
s c a r n a ( O a ts We S o w, D o u b tfu l, Vo i c e L i k e
A B e ll) . C a d u t e d i t o n o v e n g o n o r e g i s t r a t e
invece quando la stratificazione sonora si
f a p iù c o mp le s s a s f io r a n d o u n f o lk r o c k c h e
s te n ta a e me rg e r e . M o e nie And Kitc hi è u n
a l b u m i n t e r l o c u t o r i o : f a e m e rg e r e l e b u o n e
d o ti d i M e r e d ith ma e v id e n z ia a n c h e a lc u n i
d if e tti d i me s s a a f u o c o s u lla d ir e z io n e d a
in tr a p r e n d e r e .
Pe r f o r tu n a s u l p ia tto d e lla b ila n c ia p e s a d i
p iù q u e l c a ld o e mo r b id o p o p c h e c i a c c a rezza premuroso per la maggior parte degli
e p is o d i. I l f u tu r o , p o i, c i d ir à . (6 . 3 /1 0 )
Andrea Provinciali
Genere: drone-pop
In crescendo, i due Growing. Di formato,
in n a n z itu tto , d a to c h e a s t re t t o g i ro d i p osta escono con la terza release per Social
R e g i s t r y. L a p r i m a e r a u n 7 ” p e r i l S o c i a l
Club 7” Series; la seconda un mini-cd da
una ventina di minuti uscito qualche mese
f a , L a te r a l. O r a è il t u rn o d e l p e z z o l u ng o , All T he Wa y. M a i l c re s c e n d o i l p ro l ifico duo oltre ad averlo nel nome, ce l’ha
nel sangue e ne fa da un po’ di tempo eleme n to c e n tr a le d e l p r o p ri o s u o n o . U n s u o n o
che – dovrebbe essere noto dopo una mezza
dozzina abbondante di releases – parte dal
min ima lis mo a lla Re ic h , p a s s a p e r La M o n t e
Yo u n g , g l i S t a r s O f T h e L i d e l a m b i s c e s i a
te r r ito r i d r o n e ma i c o m e o g g i s u l l a b o c c a d i
mo lti, s ia la n d s c a p e s a m b i e n t . D a u n p a i o d i
a lb u m a q u e s ta p a r te p erò l e t i t a n i c h e p ro v e
p r e c e d e n ti, a lme n o a m i n u t a g g i o , s e m b rano essere scomparse in favore di una più
s in te tic a f o r ma d i e la b o ra z i o n e d i t e x t u re s
di chitarra (o synth? o pattern di batteria?
o c o s ’ a ltr o ? ) . Pe r c iò A l l Th e Wa y a p p a r e
me n o ma s s ima lis ta c h e i n p a s s a t o (m a p otrebbe essere una impressione personale),
molto più focalizzato su pezzi (ehm) brevi
e c h e f i n i s c e c o l s u o na r e c o m e u n o s t r a n o
ib r id o d i me lo d ie p o p s o t t o t ra c c i a e fo l a t e
d i d r o n e s n o is e mo d u lat e ri t m i c a m e n t e . U n a
v e r s io n e in n e g a tiv o d i S t r e e t H o r r r s i n g d e i
F uc k But t o ns ? P e r f e c t Pr e s c r i p t i o n d e g l i
Spa c e m e n 3 a s c o l t a t o s o t t ’ a c q u a ? I p o t e s i
e /o s u g g e s tio n i. D i c e r t o c ’è c h e i l p ro c e d er e s c u lto r e o d i J o e D e N a rd o e K e v i n D o ri a
s i imp r e z io s is c e a d o g n i p a s s a g g i o , p re d i l ig e n d o – in q u e s to u ltim o p e ri o d o c o m p o s itiv o – g li a s p e tti “ d in am i c i ” l e g a t i a l ri t m o
p e r u n a s o r ta d i c o s mi c a m b i e n t -m u s i c ri tmic a , s e s i c a p is c e il s e n s o . (7 . 0 / 1 0 )
Stefano Pifferi
GuruBanana - st (Macaco / Pocket
Heaven / Audioglobe, 10 ottobre 2008)
Genere: pop rock
L’ a p p r o c c i o e n t u s i a s t a e a p p a s s i o n a t o d e l
d i l e t t a n t e i n c o n t r a u n a s p i g l i a t a , a rg u t a
c o mp e te n z a : e c c o la r i c e t t a d i u n m i x i rres is tib ile . Tip o i p r imi B e ta B a n d s e l i p ro d u c e s s e Br ia n Eno , e v i b a s t i a t a l p ro p oSA 81
RECENSION
s i t o l ’ i n i z i a l e C old Water. Essì, talvolta la
p ri m a t r a c c i a inganna, ma stavolta fida te vi:
q u es t o d i sc o v i cam bierà la serata , e f ors e a n c h e l a se ttimana. C i sono spera nz e a n c h e p e r t u t t o il mese. Di questi tempi non
è a ff a t t o m a l e, eh? Quasi un miracolo. Di
c u i è a u t o r e u n duo che potremmo ben dire
i m p r o v v i s a t o , vale a dire il dj blues/rock
And r e a F u sa r i e quel G iovanni F err a r io già
Mi c e v i c e e u l tim amente colluso con ge ntag l i a d e l c a l i b r o di C esare B asile , Cr ist ina
Don à , M a n u e l A gnelli e finanche la f a tidica c o p p i a P j Harvey/Joh n P arish . I l pr imo
s cri v e , sc h i t a r ra e canta, l’altro suona di tutt o e p r o d u c e . A l nome G urubanana a vr a nno
p res u m i b i l m e nte pensato assieme, in onor e
d i u n b r a n o d i K evin Ayers , tanto pe r r ib a d i r e i l c e n t ro di gravità della cosa. Te li
r i t r o v i d i f a t t i sulle tracce di un trasporto
b i s la c c o d a l n eanche troppo vago re tr ogus t o b a r r e t t i a n o (P epper & N arcotics), che
a l l ’ o c c a s i o n e sa farsi stradaiolo come una
d evo l u z i o n e Velvet U nd ergroun d (Bucky
Bu c k y) o p p u r e afflosciarsi su una strisc ia nte
affl i z i o n e R o byn Hitch cock ( G .B . Lost His
M i n d ) . C’ è m odo anche di smarrirsi un po’ ,
azza r d a n d o e sc ursioni electro-bucolic he c he
s em b r a n o u n ’ i n digestione ironica Polyphon i c S p re e ( S u n E nergy), ma gioca tutto a
favo r e d e l l ’ e strosità di base, proprio c ome
l a n o t w i st i a n a Shoop o quella Shag c he tr it a b i z z a r r i e p s ych-w ave tra sussulti Julian
Cop e , p e r n o n dire della conclusiva Wasting
Ti m e c o l s u o i potizzare strali post-punk da
q u alc h e p a r t e tra C amp er Van B ee t hove n
e PIL. A l e g a re il tutto c’è un sottofondo
d eci sa m e n t e a dulto m a anche parecchio dis i nc a n t a t o e a m aramente rabbioso, co l qua le
s t ri n g i su b i t o a m icizia. (7.1/ 10)
Stefano Solventi
The Gutter Twins - Adorata EP (Sub Pop,
2 settembre 2008)
Genere: rock
Com e g i à h o scritto ai tempi di Saturnal i a , l ’ a l b u m d i debutto del sodalizio Gutte r
Twin s, l a m u sica proposta da D ulli & La neg an p o ssi e d e c oordinate stilistiche e te mp o ra l i b e n p r e cise, inguaribilmente, c oc c iut a m e n t e , i m p udentemente obsolete . I due
g e m e l l i n i e l e t tivi sono i primi ad esserne
con sa p e v o l i e i più entusiasti nello sba tte r-
se ne : se c ’ è una c osa c he poss o n o p e r me t tersi è fare quel che cazzo gli p a r e , v i ( c i )
piaccia o meno. A me, tutto som m a t o , p i a c e .
Più l’atteggiamento della music a , o k . P e r ò
mi c i tr ovo be ne , be nissimo. I l p u n to è c h e
non pr e te ndo nulla di c la mor oso d a lo r o , f igur ia moc i da que sto e p me sso a s s ie me p r o ba bilme nte c on ma te r ia le in e su b e r o ( d is tr ibuito esclusivamente via iTunes ) . E q u i n d i
godo nel trovarli in splendida f o r m a a l l e
pr e se c on pe z z i a ltr ui c he pa le s e me n te a d or a no, f a c e ndoli pr opr i e quindi c o r r o mp e ndoli da pa r lor o: c ome Be lle s dei Ve t iv e r , le
c ui c a r tila gini buc olic he dive nta n o u n a me lma insidiosa , o la str a or dina r ia D o wn Th e
Line di Jose Gonz ale z, c he da f o lk a lla mp ana ta si f a tor r ida e ba tte nte pr e v io u n D u lli
in gr a n spolve r o, me ntr e la pr e s e n z a d i D u c he ss - da l r e pe r tor io di Sc ot t Wa lke r - p r e sumo sia f r utto de lle be n note p r e d ile z io n i
di Ma r k. Più or dina r ie ta nto ne lla r e s a c h e
ne lla sc e lta De e p Hit Of M orn in g S u n d e i
Pr im al Sc re am e Flow Lik e A R iv e r d e g l i
Ele ve n, c osì c ome i tr e or igina li a ll’ in s e g n a
di cupezze folk-blues con qual c h e f r e g o l a
dr a mma tic a di r ilie vo pa le se me n te “ a f g a n a ”
in We Hav e M e t Be fore. In con c l u s i o n e , a
qualcuno sembrerà il festival de l l a b a n a l i t à ,
a ltr i se la godr a nno se nz a tr oppe c o n s e g u e nz e . Nie nt’ a ltr o da a ggiunge r e . (6 . 8 /1 0 )
Life Ke e p s B re a k in g Yo u r H e a r t ) a r r iv a n d o
a c o n v e r tir n e l’ id e n tità ( M o n o N o Aw a re ) .
U n s o a v e c u lla r e d i a r c h i, a tr a tti r a p p r es e n ta z io n e ( M a y b e Th e y Will S in g F o r U s
To m o r ro w) d i q u e l p o s t r o c k c o s m i c o d e i
c o n n a z io n a li La br a df o r d. So ttili lo o p e v oc a ti ( p e r E lm ) , p i e n i e v u o t i d i v o l u m i c h e s i
in tr e c c ia n o in u n o n ir ic o d is s o lv e r s i d i lu ng h e a r c a te d a l s a p o r e g r a v e , in a r id ite d a s in u o s i e q u a s i malin c o n ic i la me n ti
d i s y n th s . U n a ncestrale ritrovato
r is v e g lio , u n d ir a d a r s i d i c h ia r o
s c u r o ( in R a z o rb a c k D r u g To w n )
quasi
r in n e g ato ( d a
E ig h ty Four
Thousand
H y m n s ) , a d a r v o c e a l s ile n z io d i u n s imb io tic o in c o n tr o d i lu c e e d i o mb r a . Ric h iami d ’ a u to r e ( We Will S a y G o o d b y e To E v e ry o n e ) , s tr u ttu r e a lo o p , o v a tta te s o ff o c a te e
in f in e s o mma te in u n mo o d c h e n o n d is d egna richiami alle stutture compositive del
Ba s ins ki d i T he G a r d e n O f Br o k e nne s s . E rme tic o /e r e mitic o v ia g g io , c u r a id e a le p e r u n
p u r if ic a to r ito d ’ e s p ia z io n e d a c u i la s c ia r s i
ip n o tiz z a r e . (7 . 0 /1 0 )
Stefano Solventi
Sara Bracco
Hammock – Maybe They Will Sing For Us
Tomorrow (Darla, 2008)
Hatchback – Colors of the Sun (Lo
Recordings / Audioglobe, ottobre 2008)
Genere: ambient, icel and
I l qua r to disc o de gli a me r ic a ni H a mmo c k è
un c onc e pt da lle line e omoge ne e c h e a b b a ndona la str uttur a me lodic a di Ra is ing Yo u
Voic e ..Try ing To Stop An Ec ho . U n ’ e v o lu zione naturale, quasi dovuta, c h e l a m b i s c e
l’ intima r a r e f a z ione c ompositiv a d i Sig ur
Ros, Eluvium , The Album Le a f . Pa r v e n z e
di un r ito iniz ia tic o c e le br a to d a ll’ e te r e a
tr a c c ia di voc e f e mminile qua s i imma g in ata ( Knight) , sugge stive atmosfe r e e m o t i v e
( City I n The Dust On M y Windo w) a c u i s i
somma un muta to a sse tto c ompo s itiv o , p a rtitur e or c he str a li c he la vor a no pe r s o ttr a z ione centellinando gli interventi s t r u m e n t a l i .
Dila ta nti e dila ta te note , r ive r be r a te , a c c e nna te , dolc e me nte distor te , e vol u z io n i s tilistic he c he pla sma no la f or ma (T h i s K i n d O f
G e n e r e : s pa c e - d i s c o
U n te mp o , p r e s s a p p o c o v e r s o i p r imi ’ 9 0 , u n
la v o r o c o me Co lo r s o f th e Su n lo s i e tic h e tta v a a mb ie n t- h o u s e . O g g i, c o n la s p a c e - d is c o ( p e r c e r ti v e r s i la n a tu r a le e v o lu z io n e
d i q u e l p e r io d o ) a d e tta r le g g e in me r ito a d
elettronica incline al prog-rock quanto al
b a le a r ic s o u n d , il d is c o d i c u i s o p r a v a , g io c o f o r z a , s o tto a ltr a v o c e . E p p u r e g li H a tc hback sono figli più di quegli anni che non
di questi. Seppur influenzata da capisaldi
c o s mic i c o me K r a f tw e r k , il M ic h a e l Ro th e r
s o l i s t a e A s h R a Te m p e l , l a l o r o m u s i c a h a
d a s p a r tir e s o p r a ttu tto c o n g li U ltr a ma r in e
( c o mb o in g le s e d i e le ttr o n ic a p a s to r a le a ut o r e d e l c l a s s i c o E v e r y M a n A n d Wo m a n I s
A Star) che con Lindstrøm. Per farla breve:
s i te n d e a l r e la x . D ie tr o la s ig la c ’ è s o lo u n
u o mo , il c a lif o r n ia n o S a m G ra w e , a p p a s s i on a to d i v in ta g e ( tr a la s t ru m e n t a z i o n e ri g o ros a me n te a n a lo g ic a a n c h e u n F e n d e r R h o d e s )
e f o r te d i u n a v is io n a r iet à fi g l i a d e i t ra m o nti riflessi nell’Oceano Pacifico (qualcuno
h a d e tto c h e s e D e n n is Wi l s o n fo s s e a n c o ra
v iv o , s u o n e r e b b e c o s ì…). N o i , s i n c e ra m e nte , o ltr e a lle v e n ta te k ra u t -fri e n d l y d i Ev e r ith in g I s Ne u ( o g n i r i fe ri m e n t o a l g ru p p o
tedesco non è casuale) e lo spleen cosmico
d i H o r iz o n ( 1 6 m i n u t i a l à K l a u s S c h u l z e )
s v e n to la to d a lla c a r te ll a s t a m p a , c i v e d i a m o
anche un che dei Boards Of Canada specie
n e ll’ in tr o d u ttiv a Ne s s o e i n Wh i t e D i a m o n d ,
o v e q u e s t’ u ltima , d i c u i c i rc o l a u n re m i x a
f ir ma Pr in s T h o ma s , c i ri c o rd a c h e b e l l i e ran o i te mp i d i G e o g a d d i . N o n s o d a l l e v o s t re
p a r ti, ma n e l n a p o le ta n o l ’a u t u n n o è s b o cc i a t o a n z i t e m p o . C o l or s o f t h e S u n e v o c a
e s ta ti f u o r i te mp o ma s s i m o . (7 . 0 / 1 0 )
Gianni Avella
Haushcka – Ferndorf (Fat Cat,
Settembre 2008)
G e n e r e : m u s i c a p e r p i a n o f o r t e “ p r e pa r at o ”
Fe r n d o r f è u n p ic c o lo v i l l a g g i o d e l l a G e rm ania centrale, sito tra valli e foreste di pini.
U n p a e s a g g io c a r o a Vo rk e l B e rt e l m a n n , c h e
ci ha passato l’infanzia prima di trasferirsi
a Co lo n ia e , p o i, a D u ss e l d o rf, c o s t ru e n d o s i
c o l te mp o la f a ma d i e re d e d e g l i s p e ri m e ntatori della tecnica del “piano preparato” di
c a g e ia n a in v e n z io n e ( p e r c h i n o n l o s a p e s s e ,
s i tr a tta d i u n p r o c e d im e n t o d i a c c o rd a t u ra
del pianoforte che prevede l’inserimento,
tr a le c o r d e , d i o g g e tti d i v a ri o t i p o , c o n l o
s c o p o d i d o n a r e a llo s t ru m e n t o u n s u o n o a d
a lte z z a in d e te r min a ta ) . D o p o g l i e s o rd i c o n
il n o me H a u s c h k a ( c h e a n c o ra l o a c c o m p ag n a ) e c o n d u e a lb u m i n d u e a n n i p e r l ’e t ic h e tta te d e s c a K a r a o k e K a l k (S u b s t a n t i a l e
T he P r e p a r e d P ia no) , B e rt l e m a n n , t ra s fe rite a r mi e b a g a g li a lla F a t C a t , h a re a l i z z a t o
u n ’ a ltr a d o p p ie tta , d i c u i F e rn d o rf è l ’u l t imo a tto ( p e r o r a ) .
Un album che, rispetto al suo predecessore
(Room To Expand), concentrato quasi esclusivamente sul piano preparato, appare altrettanto introspettivo e sentimentale, ma anche
più corale, grazie all’apporto fondamentale
del violoncello e di alcune elaborazioni elettroniche. Il suono del pianoforte, accompaSA 83
RECENSION
gnato da quelli sordi e percussivi ricavati
dalla “preparazione”, rappresenta il tratto
portante di tutti i brani, che hanno tutti la
leggerezza del tratto di un pittore paesaggista non troppo originale, ma dignitosamente
appassionato della sua arte. Stilisticamente
la musica di Hauschka attinge dalle semplici
melodie di Satie (Heimat, Weeks Of Rain),
utilizza in maniera strutturale il ripetitivismo di Reich (Schones Madchen), e si abbandona nelle meditazioni musicali di Arvo
Pärt, incollando il tutto con una scrittura
cinematografica semplice e molto colorata,
che nei momenti più intimi rischia di scadere
in un eccessivo patetismo. Se non fosse per
la presenza del piano “preparato”, ci troveremmo davanti al solito disco buono per fare
da sfondo a cortometraggi di ragazzini. Se
non fosse per la presenza di quei rumori di
fondo che si fanno oggetti e contribuiscono
a dipingere i paesaggi della memoria del fanciullino-Bertlemann, non ne staremmo neanche a parlare. (6.5/10)
Daniele Follero
Hawnay troof – islands of ayle (retard
disco, ottobre 2008)
Genere: hip-hop folie
Un demente, Hawnay Troof. Un giullare.
Un buffone. Un guitto dall’incedere clownesco. Ma non
uno sprovveduto,
anzi. Incarnazione giocosa e gioiosa di Vice Cooler, a.k.a. mille
altri nomi veri
e/o presunti, HT
è elettronica e
disarmo, hip-hop
bianco e demenza
senile, mc, big beats, electroclash e devozione carnascialesca
ai padri del genere. Che poi a stringere sono
due o tre. La sorellina Peaches, i padrini Beastie Boys e i cuginetti immigrati Cypress
Hill. Di questi ultimi copia e omaggia sarcasticamente l’incedere ubriaco e sfatto (Connection), dei tre newyorchesi il gusto per la
dissacrazione e l’azione diretta via serrato
rap corale (Two Weeks Bruise; Oblivions),
della sorellina la volgarità esposta e la pre-
dilezione per un clash di input diretto e senza
riguardi. Aggiungete un gusto particolare per
grezzume a techno grana grossa e volgarotta
(Water; Venus Venus Piper), un amore particolare per travestimenti totalmente idioti e
la capacità di rielaborare una sorta di funkpunk cafone anni 00, alla Gravy Train!!! per
intendersi, (The Gods Are Crazy) e avrete
Islands Of Ayle. �����������������������
Ne parliamo approfonditamente in altre parti della rivista, ma per
comprendere la stima e la centralità di Cooler nella California odierna basterà sapere
che partecipano a vario titolo Randy Randall
(No Age), Mary Pearson (High Places), Jamie Stewart (Xiu Xiu), Jenny Hoysten (Erase Errata) e Carla Bozulich. Non eccelso,
ma divertente. (6.2/10)
Stefano Pifferi
Herself – Homework (Jestrai, ottobre
2008)
Genere: folk
Il progetto Herself di Gioele Valenti rientra,
grossomodo, in tutta quella fascia di cantautorato lo-fi influenzato dal folk e attratto
dalle sperimentazioni “leggere”. Realtà come
Paolo Saporiti, Gabriel Sternberg, Songs For
Ulan, My Dear Killer – solo per fare qualche nome – che da anni masticano la materia
ottenendo buoni risultati, condividono con
il titolare del progetto un obiettivo: donare intensità alla propria musica mantenendo
una forma mentis sostanzialmente semplice.
Il rischio, in quest’ottica, è uno soltanto: disperdere la propria creatività in episodi poco
significativi, lavorare eccessivamente per
accumulazione, voler complicare il tutto con
sovrastrutture che non c’entrano nulla, perdere la strada maestra rimanendo vittime delle proprie aspirazioni. Ed è un rischio concreto, soprattutto per gli artisti esordienti.
C’è da dire che Valenti, che esordiente non
è dal momento che può vantare già un paio
di produzioni, riesce nell’impresa di raffinare la propria proposta, affiancando a strutture fondamentalmente acustiche batteria,
chitarra elettrica e qualche sovrincisione a
mo’ di cesello. Per un disco che gioca con
un pugno di arpeggi sporco di psichedelia e
qualche obliquità sparsa - le distorsioni à la
P.J.Harvey di Hate o il pulsare in sottofondo
di Meet Miriam In The Park –, pur non rinun-
ciando all’etica del DIY. (6.7/10)
Fabrizio Zampighi
Hot Club De Paris – Live At Dead Lake
(Moshi Moshi, 16 giugno 2008)
Genere: indie-rock
Spigolosi, pulsanti, serranti, stralunati, ma
soprattutto imprevedibilmente pop. Gli inglesi Hot Club De Paris, giunti con Live At
Dead Lake alla loro seconda fatica, non cambiano di una virgola la loro cifra musicale:
post rock ammiccante al funk infarcito di
pesanti dosi indie rock scuola SST, il tutto mischiato e reso spumoso da un frullatore
pop made in England. Melodie a presa rapida che scivolano via su trame chitarristiche immarcabili e schizzate, sorrette da una
ritmica incalzante, geometrica e mai doma.
I riferimenti sono sempre quelli dell’album
precedente: Minutemen + i Futureheads del
primo album + i Cap’n Jazz dei fratelli Kinsella. È proprio da questi ultimi che i Nostri
prendono in prestito quella malinconia di
fondo che, nonostante l’allegria sbalestrata
alla Pixies che invade ogni traccia, non appesantisce l’ascolto di Live At Dead Lake.
Nessuna novità, vero; ma fin quando le loro
canzoni zigzagheranno morbide, vivaci e colorate in quel de Paris noi occuperemo sempre le prime file dell’Hot Club. (7.0/10)
Andrea Provinciali
Il cielo di Bagdad – Export For
Malinconique (RecBedRoom /
Audioglobe, 13 ottobre 2008)
Genere: post-rock
I l p o s t- r o c k è d iv e n ta to , o r ma i d a te mp o , u n
f a tto d i c o mmis tio n i. L a ma g g io r p a r te d e lle
formazioni protagoniste del movimento sta
le n ta me n te c e r c a n d o n u o v e s tr a d e p e r “ r ing io v a n ir e ” la f o r mu la , ma n te n e n d o le s tr u tture generali ma ricorrendo, nel contempo,
a d e le me n ti s p e c if ic i ( e le ttr o n ic a , s p e r imentazioni ritmiche, ricerca melodica) o a
variazioni di approccio che la rendano più
personale. La regola aurea sembra valere
anche per i casertani Il cielo di Bagdad che,
in q u e s to s e c o n d o d is c o , d e c id o n o d i f iltr a r e le e la b o r a te s tr u ttu r e d e i b r a n i a p p lic a nd o lo r o le in n e g a b ili v ir tù d e lla s tr in g a te zza. Un metodo di scrittura che in termini
p iù p r o s a ic i, s ig n if ic a p r o p o r r e p e z z i d a tr e
minuti e quaranta di media – uno scherzo,
s e p a r a g o n a ti a lla d u r a t a t ra d i z i o n a l e d i u n
b r a n o p o s t- r o c k – e affi d a rs i a u n a m u s ic a c h e e s a lta la f r u ib il i t à . C o n t u t t i i ri ferimenti ai Sigur Rós, le atmosfere eteree
e la pacatezza nei toni che già rilevammo
al momento di recensire il primo CD della
b a n d ( M a n c a s o lo la ne v e ) e c h e q u i ri t rov ia mo p r e s s o c h é immu t a t i . A l l a fi n e n e s s un o s tr a v o lg ime n to , in so m m a , n e s s u n i m p e to rivoluzionario a guidare le fila, ma un
approccio lineare che nella peggiore delle
ip o te s i a c c o mp a g n a l’ as c o l t a t o re i n m a n i e ra
d is c r e ta e n e lla mig lio r e ri v e l a u n ’e l e g a n z a
e un gusto per la sobrietà che non passano
in o s s e r v a ti. ( 6 . 7 /1 0 )
Fabrizio Zampighi
James Yorkston – When The Haar Rolls
In (Domino/Self, 5 settembre 2008)
Genere: songwriter, chamber-folk
Ci ricordavamo di un inglese – d’adozione,
ma originariamente scozzese – dall’animo
essenzialmente folk che due anni fa sorprese
positivamente la scena cantautorale indipendente con The Year Of The Leopard, un album tanto tenero quanto scarno che consacrò
James Yorkston come stella fissa del folk britannico. Oggi, dopo la pubblicazione di una
raccolta retrospettiva (Roaring The Gospel),
il Nostro giunge alla sua quarta fatica in studio, di nuovo con l’aiuto in fase di registrazione dei suoi fidi Athletes. Ed evidenti sono
alcune rilevanti novità. È sempre un approccio folk a guidare le danze, ma ora invece di
essere nudo e spoglio, è arricchito di arrangiamenti cameristici che donano un’aurea di
classicità (la bellissima Beryl’s Jig), a volte
quasi epica (gli stornelli di Queen Of Spain
e Midnight Feast), alle canzoni. E poi il Nostro sembra correggere sensibilmente la sua
rotta vocale: dai sacri Tim Buckley e Nick
Drake sembra virare verso il più profano Aidan Moffat. When The Haar Rolls In sembra
proprio uscire da una session folk cameristica degli Arab Strap (la titled track e Temptation, uno dei migliori episodi), non solo dal
punto di vista del canto ma anche da quello
lirico. Ciò che non cambia però è quella sensibilità emozionale propria di Yorkston, quel
suo modo di graduare diverse sfumature melodiche passando dal dolore alla quiete alla
SA 85
RECENSION
highlight
Matt Elliott – Howling Songs (Ici D’Ailleurs / Audioglobe, ottobre 2008)
Genere: moderno chansonnier
S t u p i sce sempre la parabola artistica di Matt Elliott. Dopo gli inizi tra p o s t - r o c k e d u b i n q u e l
d e l l a m itica B ristol con lo p se udonimo Thir d Eye Foundat ion ( pr ossim o a l r ito r n o n e l 2 0 0 9 … ) ,
i l n o stro metteva nel 2003 d a pa r te l’ e le ttr onic a e imbr a c c ia va la c hita r r a d ie tr o a lle p r o p r ie o r ig i n i s lave. Dopo il trasferimento “fisico” nel sud della Francia, si dava a n i m a e c o r p o a u n ’ i d e a
d i c a ntore dei m aledetti ch e , da lla c hanson d’ oltr a lpe , c onduc e a per s o n a g g i c o me A l m o n d ,
Wa i t s, C iampi , C ap ossela. Questione di attitudine, temprata dalla v o g l i a d i i n d a g a r e i l l a t o
o s c u r o dell’esistenza che ha condotto il Nostro a pubblicare raccolte su a l c o l i s m o e f a l l i m e n t o ,
i D ri nking Songs e F ailing Songs r ispe ttiva me nte pr imo e se c ondo pa n n e llo d i u n a tr ilo g ia q u i
p r o b a bilmente conclusa. Stavolta sono le “canzoni da urlare” oggetto e s p i n a d o r s a l e , s c a g l i a t e
d a u n mondo che affonda trascinando nel disastro colpevoli e innocent i . U n l a v o r o p o l i t i c o n e l
se n so “um ano” del termine e pe r que sto si dic e uma nista : pe r c hé - in ciò s imile a lla c o p p ia d i p r e d e c e s s o r i - p u n ta l’ in d ic e p a rtendo dalle tragedie di tutti, appoggiandosi coerente a un’anima f o l k e u r o p e a . C o m e p o t r e b b e p e r ò a ff r o n t a r l a u n o
S c o t t Walker meno enigma tic o ( gli undic i f e nome na li minuti in sboc c io e d e s p lo s io n e Th e Kü b le r- R o s s M o d e l; l a m a s s a
t r a t t e nuta a stento della title-track) e uscito dall’isolamento preferendo l e b e t t o l e , d o v e a s c o l t a i m u g u g n i d e l l a g e n t e e n e
c a v a f uori canzoni. D egne ma ga r i di un Cohe n soggior na to in Gr e c ia (S o m e th in g A b o u t G h o s ts) o n e lla c a mp a g n a f r a n c ese ( I Nam e T his Ship T he Trage dy … ) abbastanza a lungo da assimilare l e t r a d i z i o n i s o n o r e . C o n s e g u e n z a è c h e i l t e n e r o
st r u m e ntale Song F or A F aile d Re lationship pr e c e de l’ inve ttiva dondol a n te e d e r a g lia n te a lla M ic a h P. Hins o n B o m b Th e
S t o c k E xchange senza che l’armonia del disco tutto patisca. Forza della v i t a c h e è p o e s i a d i s t r a c c i , a l b e d i n i c o t i n a e v i n o ;
d i c a nzoni che si prendono te mpo pe r e ntr a r ti de ntr o ma non e sc ono più . Vo le n te o n o le n te . (7 . 5 /1 0 )
Giancarlo Turra
speranza, che rappresenta il suo più autentico tratto distintivo e che lo distanzia autenticamente dai nomi succitati. Cambio di
registro da interpretare come un riuscito ma
estemporaneo esperimento, anche perché il
picco emotivo più alto del disco viene raggiunto con la commovente e sospesa Would
You Have Me Born With Wooden Eyes, canzone che sembra uscita proprio da quel suo
album di due anni fa. (7.0/10)
Andrea Provinciali
Jealousy Party – Again (Burp, giugno
2008)
St. Ride – Antologia Del Medio
Mongoholy Nasi (Setola Di Maiale,
giugno 2008)
G e n e r e : m u s i c a f r at t u r ata
Jealousy Party e St. Ride, ovvero la via ita-
liana alla decostruzione. Del ritmo, per i
primi; della forma canzone per i secondi, ad
esser precisi. Procediamo con ordine e (mancanza di) disciplina. Jealousy Party è nome
che dovrebbe dire molto a chiunque legga
e/o ascolti di musica. Una storia musicale
che si protrae nell’ombra da un decennio non
per colpa della proposta musicale del collettivo, bensì della semi-cecità dell’odierno
pubblico. Again è un gradito ritorno a poco
più di due anni da Now che ce li mostrava
in splendida forma e coerenza. I 9 pezzi del
comeback – equamente distribuiti tra composizioni originali e cover a dir poco personalizzate – vedono il collettivo continuare il
discorso di frantumazione ritmica intrapresa con Now. Dall’iniziale Amaranta’s Dance
alla conclusiva rielaborazione di Eclipse di
Mingus è un continuo spappolamento di ogni
componente della forma canzone, ma soprat-
tutto del ritmo. Convulso e sincopato manco
fosse un free-jazz con poco jazz mandato a
78 giri e poi accelerato (JP Punca For Trombones); fieristico o al limite circense (No
Melody di Kevin Coyne) o ubriaco, gigionesco e claudicante (Echoes Of Harlem) alla
maniera dell’estetica del detrito con la quale
ricoprono la loro musica; epilettico e schizzato (una Stamps di Steve Lacy che puzza di
zorniano) o fluviale e paradigmatico come in
Il Danno Della Fiera. Ma potremmo continuare il discorso mettendo in mezzo la forte
vena autoironica, il superamento a sinistra
dell’avant-rock, il sapiente gioco dell’improv, l’evidente ricerca nei suoni, l’innata
capacità di frammentazione, ecc. ecc. ecc.
Musica di altissimo livello. (7.5/10)
Nell’Antologia del Medio Mongoholy Nasi,
sorta di Spoon River della decomposizione,
i tre (tre?) ectoplasmi genovesi propongono
un antipasto fatto di 11 frammenti che sono
in realtà singhiozzi, intermittenze, singulti e
abbozzi di una musica scarnificata. Roba che
si polverizza in mano, materia dematerializzata che mantiene però una coerenza (aliena) di base. Chitarra e voce appannaggio del
(fake?) Mongoholy Nasi; effetti e ritmi di
Maurizio Gusmerini e Edo Grandi. Sull’onda lunga di Starfuckers/Sinistri ma senza il
blues in lontananza, ogni singolo sketch di
questa ipotetica, straniante suite procede per
escrescenze lungo gli indecifrabili crinali di
un frattale sonoro coerentissimo. Dada, in
sostanza; free(k), in potenza; idm fratturata
in improvvisata salsa jazz nei risultati. La
percezione, in questo caso, richiede impegno. (7 . 5 /1 0 )
Stefano Pifferi
Jeff Hanson – Madam Owl (Kill Rock
Stars / Goodfellas, 19 Agosto 2008)
Genere: indie pop
30 anni, un adolescenza spesa a trovare il
suo posto ideale nell’america di oggi e un
falsetto angelico e consolante che di primo
acchito a chiunque ha fatto pensare ad un
contralto femminile, giurando e spergiurando che dietro quella vocalità si nascondesse
una sinuosa creatura del gentil sesso. “Da
St. Paul, con amore”, verrebbe da dire tale
è la fattura di profondità e buoni sentimenti
che vengono sviscerati in questo terzo episodio solista e che come sempre fanno da base
emotiva sopra la quale appoggiare melodie
squisitamente pop. Fino all’ottimo episodio eponimo di tre anni fa veleggiavamo su
territori di matrice folk-pop con una caratura sentimentale degna di qualche lacrima
davanti ai ricordi più briosi, un songwriting
spesso e lucido che non lesinava sbavature
ma si lasciava apprezzare in tutti i suoi orpelli fatti di semplicità, di quando bastava
un’acustica e “quella” voce cullante a creare
un’atmosfera perfetta. Ora le cose sono cambiate: il passo avanti che si auspicava è stato
fatto ed i nuovi ingredienti sono un senso
di grandeur che pervade in quasi ogni episodio questo nuovo disco conseguenza di un
uso massiccio di archi e fiati pur sempre su
una matrice indie pop. Pensare ad una sbronza di atmosfere Joanna Newsom purgate di
tutta quell’epicità e quella lunghezza, non
SA 87
RECENSION
sembra così errato. Ma se Your Only Son e
Nothing Would Matter At All giocano di orchestrazioni delicate su manti preziosi è su
una ballata sussurrata come Maryann e sul
cadenzato spirito blues di No Never Mine che
ritroviamo il vecchio jeff, quello tutto melodie e canti alla luna. Gli azzardi ci sono
e in parte possono essere ben presi, come la
traduzione pop della frontiera dei Calexico
in The Hills, o come nel groove e nel banjo
sbarazzino di If Only I Knew, ma altrove è
proprio la vecchia forza della scrittura compatta che viene a mancare e si respira solo un
fiato lascivo sul collo, un lirismo fine a se
stesso che senza una base forte è sballottato
dal vento dell’ascolto (gli archi “pesanti” e
lo svaccamento di I Don’t Quite Remember,
il mestiere di Careful, l’opening tutto effetti
speciali e poca lucidità di Night). Quel di cui
si sente la mancanza ora è la compattezza
della scrittura passata, i suoi cambi di registro inseriti in melodie sempre azzeccate,
sia che fossero ballate sia uptempo gioviali.
L’aggiunta orchestrale e un certo gusto minore nel concentrarsi nella struttura dei vari
pezzi ha portato ad un prodotto medio, dove
si loda la voglia di spingersi oltre ma si rimane ancorati ad un qualcosa che nonostante
la grandeur di cui si parla all’inizio puzza
di mestiere. Si attende un nuovo equilibrio.
(5.9/10)
A l e ss a n d r o G r a ss i
Joseph Arthur – Temporary People
(Lonely Astronaut/ ottobre 2008)
G e n e r e : A lt e r n at i v e f o l k
L a s t r a d a p e r c o rsa è ancora la stessa, la pi s t a a p e r t a d a N uclear D aydream , due anni
f a , v i e n e n u o v amente battuta con sicurezza.
A n ti c i p a t o d a ben 4 ep inediti (in sei mesi!),
Tem p o ra ry P eople, può essere considerato
c o m e i l s e c o n do album del nuovo corso di
J o s e p h A r t h u r (secondo anche accompa gna t o d a i L o n e l y Astronauts), della nuova ide nt i t à d e l l ’ i d o l a trato (a ragione) cantautore di
A k r o n : d a q u ando cioè la sua scrit tura s’è
f a t t a p i ù l i n e a re, s’è accostata, senza mezzi
t e r m i n i a l f o l k, con ripetuti occhiolini alle
pl ac i d e a n d a t u re del country. D avan ti a tutt o, p e r ò , l ’ a r t ista…L a figura da can ta utor e
m at u r a u l t e r i o r mente: le ballate, inte r va lla te
a b r a n i p i ù r u v idi dalla natura pretta me nte
r oc k, dive nta no più pr e c ise , c om e s e c o lp isse r o un’ ide a le be r sa glio posto d a ll’ a u to r e ,
come se non dovessero sprecar e p a r o l e n e
a c c or di. Un c ontinuo susse guir s i d i mo me nti c or a li e singoli, lir ic i e intimi , c o me s e la
spe r ime nta z ione , c he r ima ne a nco r a c a r a tter istic a de lla na tur a de l “ nostr o” , s i r iv o lg e sse or a a l pic c olo, a lla c la ssic a st r u ttu r a c a nz one . Ed è quindi un’ a lte r na r si, a n c h e n e lle
stesse ballate, tra “alte” armon i e c o l l e t t i v e
( intoc c a bile a d e se mpio He art’s S o ld ie r ) , a
più c onc e ntr a te e ff usioni intime (A d re a m is
longe r than the night e Good fr ie n d) . Se mbr a c he Jose ph Ar thur a bbia r e so s u o c a v a l lo di ba tta glia la lir ic ità , si stia s b iz z a r r e ndo nella ricerca melodica: i cor i p r o p o s t i e
riproposti, crescenti e discende n t i , l a v o c e
più “ ulula nte ” , la c hita r r a c he s e g u e tr asportata. Ciò che si nota, al pri m o a s c o l t o ,
è l’assoluta tranquillità, la sci o l t e z z a c o n
cui viene proposto il tutto, la f l u i d i t à c o n
cui vengono alternati i cambi d ’ u m o r e e d i
f or z a . Na tur a le , qua si f a c ile , f in ito e r ile tto
senza sbavature. Un tutto tond o p i a c e v o l e
dalla a alla z. Un lavoro da go d e r s i s e n z a
c ontr oindic a z ioni. (7.0/10)
M a r c o C a n e pa r i
Josephine Foster – This Coming
Gladness (Bo’ Weavil, 2008)
Genere: psych folk
A due a nni di dista nz a da A Wo lf I n She e p’ s Clothing, in cui rivisitav a i n c h i a v e
psichedelico-appalachiana alcu n i l i e d d i
Br ahm s, Sc hube r t e a ltr i e r oi d ’ e p o c a r oma ntic a , Jose phine Fost e r è a p p r o d a ta a lla
maturità, smussando gli spigoli d a s o p r a n o
indisciplinato e celebrando il p r o p r i o s t i l e
in un r iusc ito ma tr imonio c on la c h ita r r a v isiona r ia di Vic t or He r re ro e l’ imp e c c a b ile
de c òr ba tte r istic o di Ale x Ne il s o n ( D ire ct ing Hand ) . I l songwr iting sf io r a u n ’ e le gia c a pe r f e z ione in più di un e p is o d io (Th e
Garde n Of Earthly De lights, T h e L a p O f
Your Lust) e l’ a mor e pe r gli e s tr e mi è e v ide nte ne l c ontr a sto tr a la na r r a zio n e a ta v ic a
e c a libr a ta de lla Nostr a e la c on te mp o r a n e ità sghemba e visionaria degli ar r a n g i a m e n t i
di Ne ilson e d He r re ro. E l’ imp r e v e d ib ilità
de gli e siti, da l c or te ggia me nto ja z z y d i Lu llaby To All ( c on tutti i c r ismi d e l me tic c iato, ve r a mostr uosità ne l se nso m ig lio r e d e l
termine), all’ arpa maldestramente dolce di
Wa ltz O f G re e n ( c h e s e n e s a le p e r s c a le tu tte sue), si tempera nella linearità del folk
c la s s ic o , d i q u e llo w e ir d e d e i tr a d itio n a l a
c u i f a n n o d a s f o n d o , o c c a s io n a lme n te , to cc h i d i s f r o n ta ta p s ic h e d e lia s ix tie s , s a lta n d o
s u e g iù p e r le tr a b a lla n ti s c a le e x tr a c o lte .
L a s i n e rg i a è r i t r o v a t a n e l l ’ a m m i c c a n t e
A ll I Wa n te d Wa s Th e M o o n ( f o r ma c a n z o n e
e a r mo n ic a f r ie n d ly ) d o v e a p r e v a le r e è l’
a ma r a g r a z ia d e lla v o c e d i J o s e phine , e i n
S im Na o , i n c u i l ’ a n t i c a s i g n o r a s i s c o p r e
attuale in brevi
peregrinazioni
tr a ja z z e p s ic h ed e lia . T his Co ming G la d ne s s è
un disco adulto
e , p e r c e r ti v e rs i, a d o r a b ilme nte s n o b ,
dove
gli estremi non
s e mp r e s i a ma lgamano e la voce
d i J o s e phine n o n c e d e d i u n f ilo a lle te n tazioni della contemporaneità, nonostante gli
arrangiamenti la richiamino. Ne deriva un
e ff e tto s tr a n ia n te c h e v ie n e p e r ò s c o n g iur a to a p iù r ip r e s e , mo s tr a n d o il v o lto o r ig inale e avvertito del folk attuale. La traccia
f in a le , v e r o tr ip u d io d e i p e d a li d i He r re ro,
c h iu d e q u e s ta p ic c o la e imp o r ta n te p a r e ntesi di stile e trasversalità, in un panorama
dove raramente il culto per i generi redivivi
s i a c c o mp a g n a a d u n a r ic e r c a s e r ia e a p p a ss io n a ta , s o p r a ttu tto in a mb ito c o lto e d e tn omu s ic o lo g ic o . (8 . 0 /1 0 )
Francesca Marongiu
Josh Rouse - The Best of the Rykodisc
Years (Rykodisc, 9 settembre 2008)
Genere: pop soul
Ch e s tr a n a la c a r r ie r a d i q u e s to r a g a z z o d e l
Nebraska, uno che a cavallo tra vecchio e
n u o v o mille n n io s f o r n ò q u a s i u n d is c o l’ a nn o d imo s tr a n d o u n a f a c ilità d i s c r ittu r a d is a r ma n te , a ma lg a ma n d o p a s to s o p o p - r o c k
c o n d ito a f o lk e w a v e e g r a z io s a me n te “ la tin
tin g e ” , ta n to d a s e mb r a r e l’ a n e llo ma n c a n te
tr a To m P e t t y e g li Sm it hs , s a lv o p o i d i c o l p o s v o lta r e d a lle p a r ti d ’ u n s o u l d in o c c o la to
e a mma lia n te , c u i a b b a n d o n a r s i s e n z a s c a m-
po. Il tutto senza mai perdere il senso né
il rispetto della forma-canzone, ponendosi
c o mp le ta me n te a l s e r v i z i o d i q u e i t re -q u a ttro minuti con la missione di raccontare,
tr a s p o r ta r e , c a r e z z a r e , p u n g o l a re , s c u o t e re .
I n s o mma : d iv e r tir e . I n q u e s t o T h e B e s t O f
Ry k o d is c Ye a r s d i s u d d e t t e “ m i s s i o n i ” n e
tr o v a te b e n 3 2 ( d i c u i s e t t e i n e d i t e p e rc h é
v e r s io n i d e mo o o u tta k e s ), t u t t e ri s a l e n t i a l
p e r io d o 1 9 9 8 - 2 0 0 5 , q u an d o c i o è J o s h R o u s e
g r a v ita v a in o r b ita Ry k o d i s c (v i a S l o w R iver).
Pr ima c h e , c o e r e n te me n t e a l l a v e rv e d e fi l ata e s o s ta n z ia lme n te im p re n d i b i l e c h e a l e gg ia v a n e i s u o i la v o r i, m o l l a s s e m a j o r e S t ates per rifugiarsi in Spagna dove continua
imperterrito a scrivere e pubblicare (per le
indipendenti Bedroom Classic e Nettwerk).
Il qui presente doppio album è quindi una
m e r a s p e c u l a z i o n e o un ’ e ff i c a c e a n t o l o g i a ,
d ip e n d e d a s e e q u a n to g i à fre q u e n t a v a t e i l
r e p e r to r io d e l c a r o Ro u s e . D e t t o c h e g l i i n ed iti s o n o g u s to s i ma n o n g i u s t i fi c a n o i v e n ti e passa euro da sganciare, il programma
mette in fila tanti e tali gioiellini da farmi
invidiare cordialmente chi se li ascolterà
p e r la p r ima v o lta e tu t t o d ’u n fi a t o . Im m agino lo sconcerto di costoro alla luce della
c l a m o r o s a s p e r e q u a z i on e t r a u n l i n g u a g g i o
ta n to a ff a b ile e d ig n ito s o e u n a fa m a p re ssoché irrisoria. Si sa, del resto, che questo
n o n è il mig lio r e d e i m o n d i p o s s i b i l i . E a nc h e c h e , c o n f e s s ia mo lo , u n p o ’ c i p i a c e c h e
s ia c o s ì. ( 6 . 5 /1 0 )
Stefano Solventi
Koushik – Out My Window (Stones Throw
/ Audioglobe, 30 settembre 2008)
G e n e r e : 60 s p o p a m b i e n t d e l i c a
Q u a lc u n o f o r s e s i r ic o r d e rà d e l l e p ro v e p re c e d e n ti d e l c a n a d e s e Ko u s h i k : u n s o u n d v icino alle estetiche Anticon mescolate con
l’ e le ttr o n ic a illu min a ta à l a Fo u r Te t ( c o n i
q u a li h a p u r e c o lla b o r at o ). O g g i i l ra g a z z o
c i to g lie il min ima lis m o e c i a g g i u n g e s o norità sessanta: archi pizzicati, mellotron,
ta mb u r e lli, c a mp a n e llin i e c h i t a rre a c u s t ic h e a p a c c h i. I n p iù s i m e t t e a n c h e a c a n t a re
c o me n e i b a c k in g d e i Be a c h B o y s ri p o rt a n d o
a lla me mo r ia le r e c e n t i a v v e n t u re d i Pa n da Be a r . Ba s i h ip - h o p m e s c o l a t e a u n m o o d
a mb ie n t c h e s v e la in p a ri g ra d o p s i c h e d eSA 89
RECENSION
l i a e p o p . S i riprende insomma il discorso
d i D a r k e l , A i r e Tellier togliendo la pa tina
s ex y ( c h e c a r atterizza da sempre la f r a nc es i t à) e a g g i u n g endo un po’ di classic o soul
c o n q u a l c h e t r ucchetto da studio (gli echi di
Coo l i n ) , a t m o sfere sognanti e spacey (Corn er o f Yo u r S m ile ), un po’ di funk ( Bright
a n d S h i n i n g ) e qualche accenno alla nul o u n g e d i Ja z z anova (O ut of My Win dow).
U n d i s c o c h e non dice molto di nuovo dal
p u n t o d i v i st a c ompositivo, m a che ci f a sc op ri re l a b e l l a v oce del canadese. Ved r e mo se
s o n o s o l o t r u cchi. Ottimo comunque per il
rel a x l e t a rg i c o autunno-inverno.(6.0/10)
Marco Braggion
Kouyate-Neerman – Kangaba (No Format!
/ Universal, settembre 2008)
Genere: post-etnica
S t ai a v e d e r e che il post-rock è arriva to pur e
i n A f r i c a . O magari no: c’è sem pre s ta to e p er l e so l i t e p roblem atiche di colon ia lismo
cul t u r a l e e p r ospettiva d’osservazione - non
c e n ’ e r a v a m o accorti.
D e l r e s t o , è l a storia a ricordarlo: il rock
è fi g l i o d i b l u es e country eccetera e Ali
Fa r k a To u r é c hiarì anni fa quanto l’ or igine
d el p r i m o f o sse nel continente più a sud de l
n o s tr o . Tu t t e verità m ai date abbasta nz a pe r
r a d i c a t e e c o n solidate sia tra il pubblico e
l a c r i t i c a , i n o gni caso, perciò ben ve nga no
l avo r i c o m e K angaba a mescolare anc or più
l e c a r t e e c o n fondere le idee.
Nel l o sp e c i f i c o si tratta di un incontr o tr a il
b al a f o n d e l l a tradizionae mandingo di Lans i n é K o u y a t é e il vibrafono jazz ma ne ggiat o d a D a v i d N eerman : non sarà que l suono
“afr o - p sy c h e d elic” escogitato dall’ e tic he tt a , t u t t a v i a i l buon risultato dondola tra
l i ev e l a c o n i c i tà (Tiziri), giochi sorridenti
(Here ) e p i ù se rie istanze post rock s nida ndo
l ’u n i o n e d e l t u tto tramite una sezione r itmica p u n t u a l e e secca - Ira C oleman a l ba sso
e La u re n t R o bin dietro tam buri e p ia tti - e
i l d i a l o g a r e f itto, finanche stordente tra i
d u e st r u m e n t i “ cugini”.
P i ac c i o n o so p rattutto gli um ori mode r a tam e n t e l a t i n e g gianti e davisiani sparsi su
Dj an f a M a g n i e B am anan D on , la possanza
nerv o sa m e n t e jazzy di N iokom é, l’a f r ic a nfun k To u m a . S e vi riesce di immagin a r e una
vers i o n e sf r o n data dall’elettronica de i Tor-
t oise - e voc a ti da l br a no miglio r e , l’ a u toe splic a tiva Kanga Dub - siete s u l l a b u o n a
str a da , pe r qua nto il pa r a gone r ima n g a s c o rc ia toia c omoda e limita tiva . Te n e n d o c o n to
de ll’ a c qua pa ssa ta sotto i ponti, l’ a p p la u s o
va a lle pulc i inf ila te c i ne ll’ or e c c h io c ir c a il
c onc e tto di “ globa lismo” e la c ap a c ità in s ita ne lla music a di tr a va lic a r e (q u a lo r a n o n
ma nda r e a ga mbe a ll’ a r ia …) f ro n tie r e e limita z ioni. Una pr ova in più pe r u n d ib a ttito
iniziato decenni fa, eppure mai a b b a s t a n z a
a ppr of ondito. ( 6.8/10)
Giancarlo Turra
Lake - Oh, The Places We’ll Go (K, 2008)
Genere: pop-rock
I l te r z o a lbum de i La ke , pr imo p e r la la b e l
di Olympia, è una faccenda sq u i s i t a m e n t e
domestica.
Come molta della musica pub b l i c a t a , n e i
mille e uno formati (im)possibi l i , a i n o s t r i
gior ni. Re g is tr ato s u ‘ c a s s e tte 8-tr a c k ’ , O h ,
The P l a c e s We ’ l l
Go è , c o me f o r s e
mai p r i m a n e l l a
storia d e l l a b a n d ,
un t r ip u d io d i
me lod ie z u c c h er ine (D e a d B e a t) ,
polifo n i e v o c a l i
à la Be a c h Bo y s,
sipa r ie tti v aude v ille ta nto stile B e l l e A n d
Se bast ian ( la tr a c c ia e ponima ) , c o n in f lu e nz e molte plic i e va r ie ga te , se mpre r in v e r d ite
da lla le ggia dr ia de gli spa r ta ni ar r a n g ia me nti e da lla luminosità globa le di q u e s to lo - f i
pop up- be at e f or te me nte r itmico . E s e mp lar e , a que sto titolo, la title - trac k, d o v e a l l a
ba tte r ia r e gola r e , si sggiungon o s tr a d a f acendo altri impulsi e battiti, d a l l e t a s t i e r e
a ll’handc lapping ( que st’ ultimo in B lu e O c e an Blue ) . Ne l c omple sso, la ba n d d i A s h le y
Er iksson, Eli Moor e , Lindsa y Sc h ie f , A ndr e w Dor se tt e Ma r kly Mor r ison - o r a ma i d i
stanza ad Olympia - esprime u n a m o d a l i t à
de l sy nth- pop barocco, cantanto c o l p i g l i o
de l c onf e ssiona lismo a dole sc e n z ia le p iù indif e so, impr e z iosito da f r a se ggi d i c o r n o q u i
e lì, ta mbur e ggia me nti e d a r mon ie r a ff in a te ,
voc i ma sc hile e f e mminile a c on tr a p p u n ta r-
s i g lo r io s a me n te mia g o la n ti e p e r s u a s iv e , e
tante piccole astuzie d’arrangiamento che,
se non tenute nella giusta considerazione,
p e r d o n o p e r s in o il s e n s o d e lla lo r o f r e s c h e z z a c r e a tiv a (B a d D re a m , c o n e c h i d e l P a u l
Sim o n e tn ic o , r e s o in u n a f a n f a r a f ia tis tic a
s o la r e ) . E , s o n q u e s te , a n c h e mu s ic h e f a tte
d i lin e e d u b p r o f o n d e ma p a c if ic h e , in ta r s iate tu tte n e l ma lle a b ile le g n o d i u n a v e n a p o p
che procede, nel suo inventare imbastiture
s y n th - o r ie n te d, p e r c o s ta n ti q u a n to min imi
c o lp i d i g e n io ( il p a s o d o b le , c o l f l a u t i n o
s c a tta n te r iv e r s o in c o n tin u i c a s c h é , M i n o r
Tr ip , b iz z a r r a q u a n to d ia f a n a mime s i d e lle
mu s ic h e b r a s ile r e ) . O h , T h e Pla c e s We G o ,
in p u n ta d i p ie d i, p o r ta in u n a s a la d a b a llo n a r c o le ttic a i Ta lking He a ds d e l 1 9 7 9 e
il Pa u l Simo n d e l 1 9 8 6 , i Be lle A n d Se b as tia n p r o d o tti d a Tre v o r Ho r n e f o r s e a n c h e
i M a g ne t ic F ie lds m a g g i o r m e n t e b u c o l i c i
(O n Th e S win g e d H e a v e n , c h e r i a d a t t a i l
p ia n is mo d e l p r imo Billy J o e l a d u n n u o v o ,
s in c o p a to , 7 0 ’s r a d io fm s o u n d ) , p e r p o i a tte n d e r e c h e s i la s c in o c u lla r e d a u n ’ o n d a d i
s u o n o f e lic e me n te e n d o r f in ic a . (7 . 0 /1 0 )
M a ss i m o P a d a l i n o
Lambchop – OH (Ohio) (V2 / Self, 10
ottobre 2008)
G e n e r e : a lt - c o u n t r y s o u l
N ie n te d i n u o v o s e mb r a v e le g g ia r e a ll’ o r izz o n te p e r K u r t Wa g n e r e c o mp a g n i. Co me g ià
p e r il p r e c e d e n te
D a ma g e d ( 2 0 0 6 ) ,
con quest’ultimo
album il gruppo
ci fa intendere di
e s s e r s i a s s e s ta to
per ora su di un
a g e v o le
s ta tu s
quo, similmente
a q u a n to a c c a d uto con l’ultimo
d e i r e d iv iv i Ti nde r s t ic ks ( T he Hung r y Sa w, 2 0 0 8 ) d i Stu a r t
Staples e soci. Un parallelismo questo che
non sorprende più di tanto e che ha tutta
l’ a r ia d i e s s e r e a s s o c ia to a lla ma tu r ità a n ag r a f ic a : n o n c i d o b b ia mo a llo r a a s p e tta r e p iù
s o r p r e s e ? Ch is s à . Pe r o r a , O H ( O hio ) s c iv o la p la c id o s u te r r ito r i a lt- c o u n tr y mo r b id i e
s u a d e n ti, il c o n s u e to s o u l b ia n c o r a ff in a to
e f a s c in o s o , s ia q u a n d o ri c o rd a l o S ta p l e s
p iù d a n d y ( la title tr a c k) c h e l e i n q u i e t u d i n i
e s is te n z ia li d i u n M a r v i n G a y e a g g i o r n a t e
a ll’ o g g i (I ’ m Th in k in g O f A N u m b e r, A H o l d
O f Yo u ) , o i g u iz z i ir o n i c i d i u n a b a l l a d c h e
d a Lo u R e e d s e mb r a p a s s a re p e r l a m a l i nc o n ia d i u n Vic C he s nu tt, a n t i c o s o d a l e d e l
N o s tr o ( Na tio n a l Ta lk L i k e A Pi r a t e D a y) .
M e n tr e in S h a r in g A G i b s o n Wi t h Ma r t i n
Lu th e r Kin g jr K u r t Wag n e r s e m b ra v a g h e g g ia r e tu tto il C o he n c h e c ’è i n l u i , c o n l a
c o d a d i p ia n o , g li a r c h i e l e c h i t a rre l a n c i ate , a lla ma n ie r a d i u n I’m Yo u r Ma n m e n o
le z io s o . L e z io s ità c h e v o l e n t i o n o l e n t i v i ene sfiorata in alcuni momenti, compensata
c o me s e mp r e d a lla c la s s e d e l g ru p p o . In s ostanza niente di nuovo, e se è questo che
c i s i a s p e t t a v a , a l l o r a a l l a l a rg a d a q u e s t o
d is c o . Pe r tu tti g li a ltr i , u n c o n fo rt e v o l e rif u g io . ( 6 . 7 /1 0 )
Teresa Greco
Le Man Avec Les Lunettes –
Plaskaplaskabombelibom (My Honey Zahr, ottobre 2008)
Genere: pop
N o n b a s ta n o p iù le q u at t ro p a re t i d i u n a c a me r e tta p e r c o n te n e r e i l p o p v a ri o p i n t o d e i
L e M a n Av e c L e s L u ne t t e s . D e l re s t o p rovateci voi a stipare tra il letto e l’armadio
il v io lo n c e llo d i D a n ie l a S a v o l d i , i l b a s s o
d i G io rg io M a r c e lli, la c h i t a rra e i l s y n t h
d i O m b r e t t a G h i d i n i , la b a t t e r i a d i S i m o n e
Gelmini più tutta la strumentazione degli
o n n ip r e s e n ti Fa b io Be n n i e A l e s s a n d ro P a d e r n o . I mp o s s ib ile . D e l re s t o g l i a n n i p a s s an o e la f a mig lia s i a llarg a e c o s ì q u e l l o c h e
u n t e m p o s i f a c e v a c o n u n o rg a n e t t o e u n a
chitarrina, adesso respira a pieni polmoni
archi, fuzz di sintetizzatore, arrangiamenti
sofisticati.
A d a r ma n f o r te a lla b a n d c i s o n o a l c u n i a m ic i - il p o p n o n è lo s te s s o s e n o n l o c o n d i v id i c o n le p e r s o n e c h e a m i – c o m e F ra n c e s c a A ma ti d e i Co ma n e ci / A m y c a n b e , Il a ri a
D ’ A n g e lis d e g li A To y s O rc h e s t ra e A l e ss a n d r o Sc a g lia r in i d e i M y Aw e s o m e M i x t ap e , p e r u n h a p p e n in g ch e h a t u t t a l ’a ri a d i
u n a f e s ta d i f in e a n n o c o n t a n t o d i z u c c h er o f ila to e c a r a me lle c o l o ra t e . P e rc h é s i s a ,
dolce è meglio che salato, e nell’universo
d e i L e M a n Av e c L e s Lu n e t t e s l ’i n d i g e s t i oSA 91
RECENSION
n e d a s a c c a r o sio è sempre dietro l’angolo.
F o r t u n a c h e i nostri sanno come muoversi
f u o r i d a i s e n t i eri più battuti smussando gli
ang o l i se n z a a rrotondarli troppo, cura ndo un
i d ea d i m u si c a che esalta il particola r e , lav o r a n d o c o n r igore sull’uniformità dei toni
e l a v a r i e t à d e gli stili, citando – so pr a ttutt o B e l l e & S e b astian e certo elettro- pop di
s c u o l a s v e d e s e – senza scopiazzare. Che a
freq u e n t a r e c e rti lidi c’è sempre il pe r ic olo
d i a ff o n d a r e m alamente se non si conosc e la
ro t t a d a se g u i r e.
Con P l a sk a p l a skabombelibom la band br es ci a n a c o n f e r m a invece le aspettative , c e de
a u n p i z z i c o di energia in più rispetto al
p as sa t o , d i m o s tra di aver raggiunto un otti m o l i v e l l o d i coesione e ci convince di sap e r p e n s a r e i n grande, anche fuori dai soliti
schemi.
P ecc a t o so l o p er quella malinconia da tee n - a g e r i n c r i si esistenziale che nobilitava
l ’es o r d i o d e l gruppo e di cui non v’ è qua si
t rac c i a – a p a r t e forse in I C an’t G et Any thing
– t r a g l i o r p e l li e la compiutezza de l nuovo
disco. (7.4/10)
Fabrizio Zampighi
Liam Finn - I’ll Be Lightning (Fargo /
Self, 3 ottobre 2008)
Genere: indie, pop, songwriting
Non si sf u g g e dal dna. Avrà anche co minc iat o , g i o v a n i s s i mo, a far casino in una band
p o s t g r u n g e d al nome oltraggioso e impr on u n c i a b i l e ( Betchadupa; ce li ricordia mo sul
p al c o c o n E d d ie Vedder ai tem pi del pr oge tt o 7 Wo r l d s Collide), ma adesso qu e sto r ag a z z o p a r e e s s ersi del tutto arreso ai geni di
f a mi g l i a , d a bravo figlio d’arte. Complice
u n tr a sf e r i m e n to a L ondra dalla natia Nuova
Zel a n d a – e m a gari i concerti l’anno sc or so
i n v e s t e d i m embro aggiunto nei riformati
Cro w d e d H o use –, si è lasciato sopr a ff ar e d a l r e t a g g i o pop in agguato, sfornando
u n d i sc o d ’ e so rdio che è Finn (natura lme nte
p a p à N e i l , a n c he se il timbro vocale è più di
zi o Ti m ) d a l l a prim a all’ultim a nota. Oddio,
l a v e n a m e l o dica è indubbiamente quella;
m a v a d e t t o c he, specie negli arrangiamenti
(g i o c a t t o l o si , gustosi, infarciti di c a mpion i , l o o p e su o nini strani), em erge u na se ns i bi l i t à f i g l i a di certo cantautorato f a i- da t e , i n u n a l i n e a che va idealmente da Beck
highlight
The Ralfe Band – Attic Thieves (Talitres/Wide, 13 ottobre 2008)
Genere: post-folk
Il “vero” problema per u n a b a n d è d a r s e g u i t o a u n d e b u t t o c h e h a d e s t a t o m e r a v i g l i a e s t u p o r e ,
ne l qua le la c if r a stilis tic a e r a d i g ià o r ig in a le e r o b u s ta . Ci v u o le p o c o a in c ia mp a r e e c a d ere nella pozzanghera: tu t t i i c i n i c i s e n e s t a n n o p r o n t i c o n l a m a t i t a t e m p e r a t a a r i c o r d a r e c h e
non ci si può più fidare , c h e l a g u a r d a n o n v a m a i a b b a s s a t a , c h e l a m u s i c a v a a v a n t i a e p i s o d i
singoli e la creatività è s o l o t e m p o r a n e a . Tu t t e v e r i t à c h e - u n a n n o p i ù e l ’ a l t r o m e n o - q u e l l a
ma nc ia ta di c onf e r me c h e r a c c o g lia mo s p a z z a v ia . I n q u e s ta c a te g o r ia r ie n tr a d i d ir itto A t t i c
Thie v e s, se c ondo pa r to d e l d u o Oly R a lf e /A ndre w M it c he ll a d i c i o t t o m e s i d a l p r e d e c e s s o r e .
Ope r a ottima , que llo, n e l s u o a c c o s ta r e N ino R o t a e Will Oldha m , R a y D a v ie s e C a m p e r Va n
Be e t hove n, folk planet a r i o e c o u n t r y d e l p i ù r u g o s o . O g n i c o s a s o t t o u n s o l o t e t t o , b a c i a t a i n
fronte dall’alternanza t r a s o r r i s i e m a l i n c o n i a . E ’ g i u s t a p p u n t o q u e s t ’ u l t i m a l a c i f r a r i c o r r e n t e
di un la vor o in r a gione d i c iò p iù ma tu r o , a d u lto : g io c a ta la c a r ta s b a r a z z in a in p a r te n z a c o l f o lk in d o le n te me n t e Pa v e me n t
Ope n Ey e ( e più a va nti n e lla c a v a lc a ta d a i Ca r p a z i a i Ba lc a n i A ttic s) la ma g g io r a n z a d e lle c o mp o s iz io n i s p a la n c a l e b ra ccia a toni crepuscolari e i n t i m i s m o p a s t e l l o , c a m m i n a s o p r a b r u m e e p r a t e r i e , s c e g l i e i v i c o l i e i g n o r a l a s t r a d a m a e s t r a .
Ci tr ovi Bonnie Pr inc e Billy, n e l c u o r e d ’ o rg a n i me r c u r ia li a lla B lo n d e O n B lo n d e ( H e lm u ts in e , I c e I s O n M y H a n d s ) o
sospe so su ta sti wa itsian i ( S t. M a r k ’s D o o r ) ; i Kinks d i Villa g e G re e n p iù s b ile n c h i d e l d o v u to (S tu m b le , P l a t f o r m Bo y)
e Ne il Young e migr a to in E u r o p a ( l’ e p o p e a M ir ro r F a c e) ; p a s s i s tr u me n ta li in tin ti n e l mis te r o ( il c ig o la n te p i a n o i n Bi g
He ad) e va lz e r a me z z ’a r ia (Lo s t Lik e G o d s , Q u e e n O f R o m a n ia) . U n m o n d o f a v o l i s t i c o e i n t i m i s t a , q u e l l o p a r t o r i t o d a l l a
me nte di Oly Ralf e, pu r e m a i r i t r o s o e c o s ì b e l l o d a c o s t r i n g e r t i a c i t a r e o g n i s i n g o l a c a n z o n e o p o c o m e n o . L a f o r z a d i
que sta music a sublime rip o s a , ta n to p e r c a mb ia r e , n e lla v ita lità d e lla s c r ittu r a e n e l tr a r r e f o r z a d a i n o mi c u i s i ri fà , a ffe rrando il passato e scuot e n d o l o p e r v e d e r e l a n e v e c a d e r s u l p a e s a g g i o , m a n e g g i a r l o s e n z a r e s t a r e s c h i a c c i a t a . N o n s e n z a
una c e r ta f a tic a , e c c ovi d e s c r itta u n p o ’ d e lla ma g ia c h e f a d i A ttic Th ie v e s d i s c o t r a i p i ù t e n e r i e i n t r i g a n t i d e l l ’ a n n a t a .
I supe r la tivi a ssoluti li te n ia mo d a p a r te p e r il te r z o a lb u m, ma a q u e s to p u n to è o b b lig a to r io a p p r o f o n d ir e . (7 . 8 / 1 0 )
Giancarlo Turra
a l c ompia nto Elliot t Sm it h ( sen tite u n p o ’
This Plac e I s Killing M e).
Non per niente Liam fa quasi tu t t o d a s o l o ,
a mmic c a ndo or a a c ose indie a nn i ’ 9 0 (Le a d
Balloon, de lle Br e e de r s inf e tta te d a i Flaming Lips), ora a colleghi c o m e C o n o r
Obe r st ( Wise M e n) , pe r poi r itorn a r e c o mu nque sulle or me de l ge nitor e ( la title tr a c k,
Gathe r To The Chape l) e di c hi lo h a is p ir ato ( Be a tle s ovvia me nte , ma a nc h e Be e G e e s
– Shadow Of Your M an).
Se dobbia mo tr ova r e un ve r o d if e tto a I ’ l l
Be Lightning è que llo di dir e più d e l n e c e ssa r io, di dispe r de r e inf or ma z ion i e d e n e rg ie
in una sc a le tta f or se tr oppo stir a ta , la d d ove servirebbe concisione e mes s a a f u o c o .
Chissà , c ’ è te mpo. (6.6/10)
Antonio Puglia
Lonesome Southern Comfort Company
– s/t (On The Camper / Hongly, 4 Agosto
2008)
Genere: indie folk
Ci s o n o c e r te id e e c h e n a s c o n o c o mp le tame n te n e lla s o litu d in e , q u a n d o c i s i r itir a
d a lla f o g a d i d e te r min a ti e s e r c iz i s o c ia li,
c o n te s ti in c u i s i è c o s tr e tti a me tte r e le
p r o p r ie e lu c u b r a z io n i a s e r v iz io d i u n g iud iz io c o mu n e . Q u a n d o s i e s c e d a u n g r u p p o
per proporre quello che ti gira per la testa,
il v a c u o e la n e b b ia s o n o lì a d a s p e tta r ti.
Spesso si finisce col cantare proprio il buio,
quell’indolenza tutta personalizzata fatta
di demoni da esorcizzare, fantasmi con cui
convivere. John Robbiani, voce e chitarra
d e i F a r F ro m The M a dding C ro w d, d e c id e
di uscire dai territori del gruppo madre e di
a v v e n tu r a r s i p r e s s o c h é i n s o l i t a ri a o g ra z i e
a ll’ a iu to d i q u a lc h e a m i c o (i c o m p a ri d i e t ic h e tta P e t e r Ke r ne l e J u s t A U s u a l D a y ) i n
te r r ito r i f o lk - r o c k , c a n t a u t o ra t o t o n d o p e r
me lo d ie d ir e tte o f e e d b a c k d i c h i t a rra . Ed è
u n p ia c e r e s e n tir e la d e s o l a z i o n e d i u n N e i l
Yo ung ( f e r ma ta O n T he B e a c h ) n e l l e c o rd e
e n e lle e c o d i B a c k H o m e E v e r y N i g h t A t
2AM, oppure prendere parte al candore di
u n f o lk c h e s i f a mo d el l o c o ra l e i n c u i p l as ma r e la p r o p r ia c r itica p o l i t i c a (l a s p l e nd id a b a lla ta in c r e s c e n d o O r i g i n a l C h o i r O f
Th e R e p u b lic a n P a r ty) . Va d a s e c h e n o n
s o n o s o lo i mo me n ti q u i e t i o i n t i m i s t i a fa rla d a p a d r o n a , ma a n c he q u a n d o l ’e l e t t ri c i t à
s i s p a n d e n e ll’ a r ia è se m p re u n b e l s e n t i re
(S a p p o n y Ch u rc h e g li o t t o m i n u t i d e l l a c o nc lu s iv a O p e r a tio n S wa s h b u c k l e ). Il c u l m i n e
SA 93
RECENSION
p o i l o s i r a g g i unge nelle note sanguinanti di
Noe Va l l y R e surrection, un blues d’antichi
s pl e n d o r i c o n il vecchio D ylan da un a pa r te
e ce r t i sp a ssi o nati m elodismi Six O rgans Of
Ad m i t t a n c e d all’altra. L a m iscela d i que sto
g ru p p o i m p r o v visato si nutre profon da me nt e de l l a t r a d i z ione folk rock tutta e di c e r te
s vi sa t e c o u n t r y-blues e da qui nascon o spa z i
p er p r o f o n d e r iflessioni sociali e modi pe r
l e g g e r e l a n o stra realtà in maniera attenta,
con sa p e v o l e . L a m usica gioca sul sic ur o, ma
l a s c r i t t u r a è già piuttosto solida e le idee
s e p p u r u n f i l ino troppo “standardizzate”
s on o b e n e v i d e nti e inebrianti quanto ba sta .
Un b u o n p u n t o di partenza per questa nuova
real t à “ m a d e i n L ugano”. (6.6/10)
pa tina sc hie tta e d imme dia ta . I l s e g r e to s ta
ne i te sti se mpr e be n lonta ni da l b a n a le , r isie de ne gli a r r a ngia me nti se mp r e c o s ì r icchi, quasi traboccanti dalle str u t t u r e s u l l e
qua li a gisc ono. Come se gli Ar t ic M o nke y s
a c quista sse r o signif ic a nti, c ome s e g li A r t
Br ut gode sse r o di motiva z ioni ( s e r ie ) u lter ior i a lla c a z z ona ggine . Aldilà d e i p a r a g o n i
implic iti c on Broke n Soc ial Sc ene, a l d i l à d i
a ltr i pa r a goni a spr e c a r si, da te le n u me r o s e
sfaccettature della loro natura. U n g r u p p o
c he dive r te gr a z ie a lla te sta , un g r u p p o c h e
se si c onf e r me r à pr olif ic o e inter e s s a n te a nche solo la metà di quanto sta d i m o s t r a n d o
d’ e sse r e , c i c oc c ole r e mo pe r il p r o s s imo d ec e nnio a ve nir e . (7.0/10)
M a r c o C a n e pa r i
Los Campesinos – We are Beautiful, We
are Doomed (Wichita Records/ ottobre
2008)
Genere: indie-pop/rock
Ovv e r o . . . c o m e sem brare facili facili, c ons e r v a n d o s i g n ificati e significanti. Non è
p as sa t o n e m m eno un anno e già un nuovo
al bu m d e i “ c ontadini” gallesi viene se r vit o i n t a v o l a . Ciò che stupisce, ciò c he las ci a a b o c c a a p erta è come riescano a butta r
d e n t r o , a u n l avoro interamente inedito (e
p er g i u n t a se nza b-side, senza rarità , se nza s c a r t i d e l l e precedenti sessioni) , a nc or a c o s ì t a n t e i dee, solo dopo sette mesi dal
l o r o u l t i m o p arto. Ciò che stupisc e è che
l ’ e t à ( l e g g e r mente) più adulta, no n abbia
m i n i m a m e n t e s calfito la poliedricità di c ui
s i e r a n o a m a bilmente “macchiati” in Hold
o n no w, y o u n gster…. We are beau tif ul, we
a r e d o o m e d, s i palesa quasi com e l’ a ve vam o s o g n a t o : il disco di un gruppo ancora
i m b e r b e c o n t a nto, tanto da dire, inve c c hiat o p e r ò ( so l o ) d i qualche m ese. A nco r a br a ni
con o r i g i n i p o p ma tiratissim i, che rompono
i l f i a t o : a c c e l erazioni e urla scalmatanate,
m a rc h i o d i f a bbrica della loro opera prima,
che r i c o m p a i o no in tutto il loro sple ndor e .
A n c o r a c a p i t o li veloci slegati tra loro, con
ani m e n o n c o mpattabili. A ncora un’ e uf or ia
d i fo n d o , c o n tagiante ed esplosiva. La dif fere n z a st a n e i finimenti, nei bilan c ia me nt i , n e i r i v e s t i menti più curati, più completi.
P erc h é c ’ è u n mondo dietro We are be aut i fu l , we a re d oom ed, c’è un mondo sof is t i c a t o , e l a b o rato, appena nascosto da una
Luigi Turra – Texture vitra (Koyuki,
2008)
Genere: elettroacustica
Gia ppone c ome f ulc r o di pa r te n z a o d ’ a r r ivo di un a sc e tic o pe r c or so di c o mp o s iz io n e
sonor a ; da lle simbolic he insta ll a z io n i e le ttr oa c ustic he di Enso, le ga te a ll’ id e o g r a mma giapponese, alla simbiotica u n i o n e c o n
l’architettura contemporanea. A r c h i t e t t u r a
c ome spa z io di le ttur a , dunque , p e r il p r ogetto del giovane compositore s o u n d - a r t i s t
Luigi Tur r a , f or ma to 3” , qua si a v o le r c o ntenere o trattenere nella legge r e z z a d e l l e
minima li line e r a ff ina te de ll’ im b a lla g g io la
ma te r ic a dia le ttic a de lla f or ma c o mp o s itiv a .
Come Ka r lhe inz Stoc kha use n per c e p iv a u n a
c a me r a e sa gona le c ome f or ma in c u i c o mpor r e , Tur r a tr ova ne l “ Vitr a Se min a r H o u s e ”
di Ta da o Ando lo spa z io in c ui f a r d ia lo g ar e la sua a r te . Uno spa z io c he d a c o n te n itore diventa contenuto di un’u n i c a t r a c c i a
- poco meno di una ventina di m i n u t i - d i
r a r e f a z ioni sottili e pulvisc oli s o n o r i, n e lla quale la “condizione del luo g o ” d i v e n t a
str ume nto ne c e ssa r io e d a da tto p e r c o mp o rr e . L’ e dif ic io, imme r so in una z o n a b o s c o s a ,
parzialmente interrato, si snod a t r a f o r m e
geometriche semplici di cerchi e q u a d r a t i ,
ma te r ic i pie ni e vuoti di ve tr o e c e me n to c h e
si a pr ono e a tr a tti c ir c osc r ivono la n a tu r a in
pic c oli c or tili inte r ni c he e nf a tiz z a n o il s ile nz io e ne a c c e ntua no l’ a uste rità s p a z ia le .
Il “silenzio” della forma mode r n a d i v e n t a
r a r e f a tto pa lc osc e nic o di una dan z a a s tr a tta
d e ll’ a s s e n z a , u n o v a tta to v e lo e le ttr o a c u s tic o a lla r ic e r c a e le g a n te d e lla p r iv a z io n e s on o r a . U n a p r iv a z io n e s o n o r a a i limiti d e llo
s ta to f is ic o , d o v e la mu r a tu r a è c o n f in e d i
un territorio che si nega al caotico mondo
e s te r n o , d o v e s o rg e n ti s o n o r e s i s c o n tr an o , s i s d o p p ia n o , r imb o mb a n o , s i f o n d o n o e
s c o mp a io n o d e lin e a n d o c h ia r a me n te i limiti
s p a z ia li d i u n s ile n z io s imb o lic a me n te la c erato (dal trascinarsi grezzo di una pietra).
U n a c e n te llin a ta s c e lta d i a s s e n z a c o me r icerca “del suono del silenzio”: l’ambiente
e d il c o n te s to , q u i, d iv e n ta n o a mp lif ic a to r e
n a tu r a le d i r o n z ii, imp u r ità s o n o r e e r u mo r i
s u s s u r r a ti e le me n ti “ s tr u me n ta li” d ’ e c c e lle n z a p e r u n a r ig o r o s a e d e le g a n te c o mp o s izione ai limiti dell’astrazione.. Astrazione
“come realizzazione dell’essere..” come si
le g g e n e l M o d e r n is mo c r itic o d i Ta d a o A n d o
d i K . Fr a mp to n . ( 7 . 0 /1 0 )
Sara Bracco
Lustmord – Other (Hydra Head / Goodfellas,
ottobre 2008)
Genere: dark ambient
Non c’è niente di peggio di qualcuno che
v u o le f a r ti p a u r a e n o n c i r ie s c e . Q u e s to u l timo d is c o d i L u s tmo r d d a u n p o ’ l’ imp r e ssione di essere il remake di ben altri incubi,
c a ta lo g a ti n e lla s to r ia d e l g e n e r e c o n i tito li
He r e s y e T he M o ns tr o us So ul. I n p o c h e p ar o le : n o n s o r p r e n d e , n o n a lte r a , n o n d is tu rb a . Str a c o lmo d i c o lla b o r a z io n i c h e n o n h a nn o f a tto a ltr o c h e d ilu ir e la v is io n e in iz ia r e ,
O the r r i p o r t a L u s t m o r d s u g l i s t e s s i t e r r i t o r i
d i s e mp r e . G li a b is s a li e c o me f itic i, le tir ate ma c a b r e c o n le v o c i a llu n g a te in r a n to li
d’oltretomba, le architetture tetre erette al
s u o n d i n o te s o s te n u te n e ll’ a ld ilà . L’ e le n c o
d e g li o s p iti è f o n d a me n ta le p e r c a p ir e la n atu r a d e l p r o g e tto e d i c o me s i f a c c ia a g a r e
p e r r o v in a r e tu tto . A d a m J o n e s d e i To o l s i
p r e s e n ta s u lla lu n g a G o d e a te r ( 2 2 min u ti) ,
che pure inizia nella classica maniera con
l’ e te r e a v v e le n a ta e s ta g n a n te d i u n g r a p p olo d i d r o n i imp a lp a b ili. E p o i e c c o la c h ita r r a d is to r ta d i J o n e s c h e n o n c ’ e n tr a a s s olu ta me n te n u lla c o n tu tto il r e s to a r o v in a r e
l’ e ff e tto p e r il p u r o d o v e r e d i p r e s e n ta r s i
a l l ’ a p p e l l o . L’ a l t r o g r a n d e e s t i m a t o r e d i
Willia ms , K in g Bu z z o d e i M e lv ins , a p p a r e
s u P r im e ( Av e r s io n ) e A a r o n Tu r n e r d e g l i
I s is s i p r e s e n ta s u E le m e n t. L e c o m p a r s a t e
si riducono a poco più di un elemento di
corredo, spesso anche stonato. Il suono di
Lustmord migliora ulteriormente sul piano
d e g l i e ff e t t i s o n o r i , m a è c o m e s e n t i r e u n
p r o g e tto v u o to d i s ig n i fi c a t o . P ro p ri o c o m e
l’ u ltimo Ba s s C o m m un i o n c h e s i ri d u c e v a a
u n e s p e r ime n to a u d io . O t h e r è c o m e v e d e re
il r e ma k e d i N o n a p r i t e q u e l l a p o r t a c o n
g li a tto r i b e lli d e lla n u o v a H o l l y w o o d . P o p
c o r n . ( 5 . 0 /1 0 )
Antonello Comunale
Marie Modiano - Outland (Naive/ 5
settembre 2008)
Genere: folk pop
So n s e mp r e p iù c o n v in t o c h e i n F ra n c i a s i a n o d a v v e r o in g r a d o d i d a r v a l o re e c o c c olare il “vivaio” nazionale di giovani artisti.
M a g a r i n o n g o d o n o d i c o s ì n u m e ro s i t a l e n t i
d a f a r s p e lla r e le ma n i d a g l i a p p l a u s i , p e rò
s a n n o c o me me tte r e in l u c e c h i a n c h e è s o l o
c a p a c e d i s u p e r a r e la s u ffi c i e n z a . N o n è i l
caso di Marie Modiano, che alla semplice
s u ff ic ie n z a n o n s ’ a b b a s s a n e m m e n o l o n t a n amente, è unicamente una constatazione dei
f a tti. Ce r ta me n te , d e lla c a p a c i t à d i v a l o ri zz a z io n e a u to c to n a tip ic a d e i t ra n s a l p i n i , n e
h a c o mu n q u e g o d u to a n c h e M a ri e . A d u l a t a
e v e z z e g g ia ta d a te le v i s i o n i , c a rt a s t a m p a t a
e radio, la cantautrice ha dato alle stampe il
suo secondo album. Impossibile ignorare il
c o g n o me illu s tr e c h e s i p o rt a d i e t ro (i l p a d re
è c e le b r e s c r itto r e in pa t ri a e n o n s o l o ), c ap a c e c e r ta me n te d ’ a p r ir l e q u a l c h e p o rt a o d i
f a r a lz a r e q u a lc h e a n te n n i n a a d i s c o g ra fi c i e
a d d e tti a i la v o r i, ma q u a n d o t u t t o c i ò è p i en a me n te me r ita to s u l c am p o , n o n s i p u ò c h e
a p p r o v a r e e b e n e d ir e la c o rs i a p re fe re n z i a l e
s u lla q u a le l’ a r tis ta v ia g g i a . O u t l a n d , c o m e
tito lo s u g g e r is c e , è o p e ra i n t e ra m e n t e i n i n g le s e , q u in d i b e n lo n ta n o d a l l o s c i o v i n i s m o
lin g u is tic o f r a n c e s e . C a n t a t o i n u n p e rfe tto inglese per giunta. È opera pop, ma che
d a l p o p tr a e s o la me n t e l e m o s s e , l a s c i a nd o s i c o n d u r r e d a l f o lk (a n i m a fo n d a m e n t ale che identifica Marie) e giungendo sino
a d a m b i e n t i r o c k e c o u n t r y, s i “ p e r m e t t e ”
d i g o d e r e a n c h e d i r a ffi n a t e z z e j a z z i s t i c h e
che lo colmano di particolari. Automatica
conseguenza che Marie Modiano si candidi,
c o n a s s o lu ta s e mp lic ità e m e ri t o , a d i v e n i re
SA 95
RECENSION
u n a n o v e l l a S u zann e Vega . F igura sc hiva la
s ua, d i sc r e t a m e nte tenebrosa, artista c a pa c e
d i f a r s i c o n s a pevolmente influenza re dalle
n u m e r o s e e s p erienze vissute, ma in grado,
al l o st e sso t e mpo, di conservare clas se e r icerc a t e z z a d i s tile. O utlan d è opera che la
ri fl e t t e m o l t o , facilmente inquadrabile c ome
d i s c o d ’ a t m o s fera, malinconica, da lasciar
s co r r e r e i n so ttofondo: ritm iche m ai inva siv e, v o c e p l a c i damente calda, e in alcune occas io n i p r o f o nda e nostalgica. Testi ( sc r itti
i n t u t t o e p e r tutto da Marie stessa) intimi
q u an t o b a st a da non risultare sopra mmobil i ne l l ’ e c o n o m ia domestica dei brani e a rrang i a m e n t i , come detto, particolar e ggia ti,
che r i m a n d a n o a composizioni jazzistic he e
s t ri z z a n o l ’ o c c hio all’esotico (nume r osi c am eo d i st r u m e n ti “rari” com e ukulele, ba njo,
d o b r o ) . S e c e r cate pacatezza, raffina te z z a e
el eg a n t i b a l l a te folk (7.0/10)
Mar co Canepari
Matthew Herbert Big Band - There’s
Me And There’s You (!K7/Audioglobe, 28
ottobre 2008)
Genere: jazz-swing post moderno
S o t t i l m e n t e p rovocatore come d’abitudine,
l ’i n g l e se M a t t hew H erbert fa sulla c ope r tin a d i q u e st o n uovo disco dichiarare e sottos cri v e r e a l l a propria B anda che “la musica
p u ò a n c o ra e s sere una forza politica note vol e e n o n so lo la colonna sonora d e ll’ aut o d i st ru zi o n e . ” Viene in m ente, sen z a sta r
t ro p p o a p o n d e rare sulla veridicità de ll’ a fferma z i o n e , l ’ attitudine politica m ante nuta
v e r s o i l “ p o p ” dai
p ri m i S c r i t t i P ol i tti , n o n d i m eno
o s s e r v a t a c o n la
l en t e d e l l ’ a t t u a lit à s m a l i z i a t a che
tutto mescola e
co n f o n d e . I n tale
pres a d i p o si z ione g i o c a se n za
d u bb i o u n r u olo
i l p a ssa t o d e l l ’ art i s t a b r i t a n n ico,
f i g l i o d i u n t e cnico della BBC e formatosi
i n g i o v e n t ù d a un maestro per il quale gli
s t a n d a r d d e l l a canzone jazz e le partiture di
R ei c h e B e e t hoven pari erano. Il ch e signi -
f ic a c he in lui c onvivono la c og n iz io n e d e i
me z z i te c nic i e una c ur iosità s e n z a limiti,
lor o c or r e la tivo una lingua spe s s o c o n f icc a ta ne lla gua nc ia , c ome dic ono la s s ù d a lle
sue parti. Talento smaliziato e c i t a z i o n i s t a
c ome si c onvie ne a que sti a nni p o s t- q u a ls iasi c osa , il suo, di c onse gue nz a g r a v a to ta lor a da una pa tina di e c c e ssivo a u to c o mp iac ime nto, a nc he qua ndo r ipe nsa b e n e D u k e
Ellingt on gua r da ndo a l Pr inc e p iù s w in g a n te ( The Story ) e a i distur bi de lla g litc h tr onic a (Batte ry, tr a Bj or k, Bac har a c h e d e c h i
c la ssic i; una tor tuosa Pontific at e; la s o r n io na e le ga nz a di Waiting). Del D u c a i n s e g u e
la sinte si inge gnosa di e xotic a e ja z z , l’ in te r a gir e e quilibr a to tr a str ume nta z io n e c o r p osa e arrampicate vocali, il gioco s a p i e n t e d i
far credere semplice e naturale u n s i s t e m a
c omple sso ( il c r e sc e ndo da l nulla O n e Life ;
Ye ssne ss , c he la mbisc e Ge r sc hwin… ) . Ce n tr a ndo il be r sa glio ne lla str a gr a n d e ma g g ior a nz a di se ssa nta minuti ge stiti c o n c la s s e
e inve ntiva ba sta nti a te ne r e des ta l’ a tte nzione e distrarre dalle lievi lun g a g g i n i e i l
dista c c o e motivo. Dive r time nto in te llig e n te
e intelligenza divertita stanno a l l a b a s e d i
The re ’s M e And The re ’s You; e p p u r e , d a c ur iose e inc onte nta bili c a r ogne q u a li s ia mo ,
vor r e mmo a sc olta r e He r be r t una v o lta ta n to
sgravato da ciò che lo frena e i n t i e p i d i s c e .
Il dubbio, però, è che la cosa no n r i e n t r i n e i
suoi sc opi… ( 7.3/10)
Giancarlo Turra
Metallica – Death Magnetic (Universal,
12 Settembre 2008)
G e n e r e : T h r a s h M e ta l R e v i v a l
Ne l f ilm di Wolf ga ng Be c ke r, G o o d b y e L e nin, una donna , c he a ve va vissu to c o n c o n vinzione ed entusiasmo le ide e p o l i t i c h e
della DDR, si risveglia dal co m a d o p o u n
be l po’ di a nni, r itr ova ndosi, a s e g u ito d e lla c a duta de l mur o di Be r lino, in u n o Stato completamente diverso, nel q u a l e n o n s i
riconosce per niente. Mettiamo i l c a s o c h e
la ste ssa c osa suc c e da a d un me ta lla r o c o n vinto, un thr a she r de lla pr ima ora , c r e s c iu to
a pa ne , Slaye r , Me ta llic a e Ant hr a x , c h e ,
dopo ve nt’ a nni di c oma e a nc o r a c o n il r ic or do di disc hi monume nta li de lla s u a b a n d
pr e f e r ita , c ome Maste r Of Pupp e ts e … And
Justic e For All, si risvegli e s i r i t r o v i t r a
le ma n i D e a th M a g n e tic s . A p a r te la c o mprensibile fatica a far funzionare il lettore
c d ( p e r lu i, a b itu a to a n c o r a a l v e c c h io v in ile ) , p r o b a b ilme n te n o n r e s te r e b b e s c o n v o lto e sconcertato, come la protagonista del
f i l m d i B e c k e r, d a v e n t ’ a n n i d i c a m b i a m e n t i
mu s ic a li. A n z i, f o r s e d o p o u n p o ’ d i s u d o r e
f r e d d o , n e ll’ a tte s a d i u n imp a tto tr a u ma tic o
con i nuovi Metallica (conservatore com’è),
ne sarebbe anche confortato, sentendo di
non essersi poi perso molto. Almeno per
u n a d e c in a d i min u ti, s a lv o p o i r ic r e d e r s i e
c o min c ia r e a tr e ma r e , r e a liz z a n d o p iù c o nc r e ta me n te il p a ssaggio del tempo
e to c c a n d o c o n
ma n o la d e c a d e nz a , imp r o v v is amente concreta e
r e a le , d i u n o d e i
s u o i miti in d is c utib ili. L a s c ia n d o
da parte il nostro
me ta lla r o s c o nvolto, credo che
a n c h e i me ta llo f ili me n o r a d ic a li e p iù c r itic i a v r e b b e r o p r e s s a p p o c o la s te s s a r e a z io n e
a q u e s t’ u ltimo la v o r o d i H a tf ie ld e c o mp ag n i, c h e , u n p o ’ p e r n e c e s s ità r e v iv a lis tic h e
e u n p o ’ p e r r ip a r a r e a i d a n n i f a tti n e g li u l timi a n n i d o p o il Bla c k A lb u m, h a n n o d e c is o d i c a mb ia r e r o tta e to r n a r e , a lme n o s u lla
c a r ta , a i f a s ti d i u n a v o lta , c h ia ma n d o in c ame r a d i r e g ia Ric k Ru b in ( il c e le b r e p r o d u tto r e d i a lb u m g ià “ s to r ic i” c o me d i Re ig n I n
Blo o d d e g li Sla y e r , Blo o d Sug a r Se x M a g ik
d e i R e d Ho t C hili P e ppe r s e L i c e n s e d To
I ll d e i Be a s t ie Bo y s) , u n o c h e d e i “ g lo r io s i
te mp i a n d a ti” d e l th r a s h me ta l n e s a a b b as ta n z a . E la s u a ma n o è f o n d a me n ta le a r e nd e r e c o n c r e t o q u e s t o m a l i n c o n i c o t u ff o n e l
p a s s a to , g ià a b b a s ta n z a lo n ta n o , d e ll’ a p ic e
creativo della band. In Death Magnetic ci
s o n o tu tti g li in g r e d ie n ti c h e , v e r s o il f in ir e
d e g li a n n i ’ 8 0 d ie d e r o v ita a q u e lla s o r ta d i
prog-thrash che ancora adesso, nonostante
q u in d ic i a n n i d i p a s s i f a ls i, c o n tin u a a r a pp r e s e n ta r e il M e ta llic a - s o u n d p e r e c c e lle nza: brani lunghi e dalla struttura complessa,
c o s ta n ti v a r ia z io n i r itmic h e , r iff d i c h ita r r a
g r a ff ia ti e d ila ta ti, b a tte r ia a lte r n a tiv a me n te
v e lo c e c o me a i te mp i d e g li e s o r d i e le n ta a i
limiti d e l d o o m. M a a n ch e i l s u p p o s t o p a s s o
indietro revivalistico è un fuoco di paglia,
che si spegne dopo i primi due brani della
tr a c k lis t, a ff o g a n d o in b a l l a t o n e n o i o s i s s im e , a n c o r a l e g a t e a g l i s c h e m i d i F a d e To
Bla c k (Th e D a y Th a t N e v e r C o m e s) e g ro tte s c h e r ip r o p o s iz io n i (T h e U n f o rg i v e n III
!), per poi tornare a salvare la baracca dei
r ic o r d i c o n b r a n i c h e n o n a v re b b e ro s fi g u rato come outtakes ripescate dopo vent’anni
( Cy a n id e; S u ic id e & R ed e m p t i o n; T h e J u d a s
Kis s ) , ma c h e , in q u a n t o b ra n i “ n u o v i ” (c i o è
le tte r a lme n te e u n ic a m e n t e , d i re c e n t e c o mp o s iz io n e ) , a s s u mo n o i l s a p o re d e l l a fa rs a .
(5 . 6 /1 0 )
Daniele Follero
Mira Calix – The Elephant In The Room: 3
Commissions (Warp/Self, 30 settembre
2008)
Genere: cl as sica moderna
Ci s o n o , n e lla s ig n o r in a C h a n ta l Pa s s a mo n t e a . k . a . M ir a Ca lix , m o l t e q u a l i t à a m m ir e v o li e f r u ttu o s e : il s u o e s s e re b i o g ra fi c amente un crocevia felice tra culture diverse,
ta n to p e r c o min c ia r e ; p o i q u e l l ’a g i re a i m a rgini tra musica elettronica e composizione
mo d e r n a ; in f in e , la c a p a c i t à s o t t i l e e a rg uta d i me s c o la r e tr a lo r o s o n o ri t à o rg a n i c h e
e “artificiali”, cioè di far interagire natura
e te c n o lo g ia . Fa r in m o d o , e i l m i ra c o l o s i
ripete anche, che le api suonino come un
la p - to p e n o n - c o me c a p i t a a l l a m a g g i oranza dei suoi colleghi - inseguire l’esatto
c o n tr a r io . Tu tti a s p e tti c h e t ro v a v a n o fe l i c e
u n io n e in u n d is c o d i a ffa t t o fa c i l e fru i z i on e c io n o n o s ta n te v iv o e ri c c o c o m e l ’u l t i m o
E y e s S e t A g a in s t Th e S u n. S i m i l m e n t e , s i
p r o c e d e a n c h e q u i tr a fo n d a l i e m a s s e d ’a rc h i c h e s i in s e g u o n o m a l i n c o n i c h e o n e rv ose, si sommano a rumori “concreti” (fedeli
a l te ma : il tr a ff ic o s tr a d a l e i n Ro u n d a b o u t , i
r imb o mb i s o r d i d i B o w l i n g 4 s t r i n g s) e s i b i l i
come scie di cometa (a dir poco sublime la
b u c o lic a M e m o r y O f A Mo m e n t L o s t) . O g n i
ta n to u n a v o c e s i le v a , a rc a n a e m i s t e ri o s a ,
c o me n e ll’ e le g ia c a e p p e rò t e s a c h i u s u ra A
R ib b o n F o rg o tte n; a ltro v e s u s s u rra i n q u i eta n te ( D e a th B e lo w) g l i s s a v e r s o l ’ i n f i n i t o
in c o mp a g n ia d i Lig e t i (We d d i n g L i s t ). U n a
mu s ic a , q u e s ta , c h e a l d i l à d e i p re s u p p o s t i
che ne stanno a monte penetra lo spazio in
SA 97
RECENSION
p u n t a d i p i e d i e ne prende possesso in men
che n o n si d i c a, com e per altri vers i sole va
f a r e u n d i s c o capitale dal quale la Nostra si
d i ce so m m a m e nte influenzata, Lovele ss de i
My Bl o o d y Va len tine. Più una pred isposizi on e , u n a m a niera in cui la m ateria sonor a
v i en e t r a t t a t a che una faccenda di c hita r r e
o cea n i c h e e st ratificate, qui del tutto a sse nt i (si v e d a l a s fuggente Laine, sensa z iona le
t e s t d i R o r s c h ach acustico…).
Rest a d a v e d e r e - e pare ipotesi assa i pr ob a b i l e , n o n c h é auspicata - se quest’opera
s an c i sc a i l d efinitivo distacco della Ca lix
d a u n a I D M c he da sempre le calza stretta,
s al v o e n t r a r e nell’universo della composiz i o n e , a l p a r i autoreferenziale benché più
“ i n g e s s a t o ” . La speranza è che vi sappia
p o rt a r e l ’ u m a n ità e la freschezza che la c ont rad d i st i n g u o no e restano, in quegli ambie nt i , q u a l i t à m a i troppo frequenti. Del resto,
l ’el e f a n t e n e l l a stanza è una locuzio ne de lla
l i n g u a i n g l e se che definisce qualcosa di c on o s c i u t o m a i gnorato per comodità o tabù.
Di ff i c i l e d i r e con precisione cosa questo
rapp r e se n t i n e l mondo della C alix, tutta via
c i p i a c e r e b b e intenderlo come il sospetto
con c u i c e r t e frange della classica conte mp o ra n e a o sse r v ano quelle poche “inn ova z ion i ” a t t u a l m e n t e possibili. Da chi dichiara di
t r a r r e i s p i r a z i one dall’esplorare sé stessa e
g l i a m b i e n t i i n cui è immersa non ci si può
as p e t t a r e d i m eglio, o forse sì. (7.5/10)
Giancarlo Turra
Mockingbird, Wish Me Luck – Days Come
And Go (Blow Up, 09 giugno 2008)
Genere: indie twee pop
C h e c o s a è c he lega otto giovani svedesi,
Ch a r l e s Bu k ow sk i e i B elle & Sebast ian?
M o c k i n g b i r d , Wish Me L uck oltre a r a ppr e s en t a r e i l n o m e sceltosi da questi sca ndinav i , è s o p r a t t u t to il titolo di una raccolta di
p o es i e d e l g r a nde scrittore californiano, e la
cop e r t i n a c h e accom pagna questo loro de butt o d i sc o g r a f i c o richiama sorprenden te me nte
d a v i c i n o q u e l le tipiche della band scozzese.
M a m e n t r e i l e gam i letterari si esau r isc ono
q u i , q u e l l i i c onografici trovano conferma
n el la m u si c a p roposta dai N ostri. I Be lle &
S eba st i a n so n o il primo gruppo a v e nir e in
m en t e u n a v o l ta sintonizzatici su D ays Come
An d G o : st e sso im m aginario sonoro, ste sso
a r ma me nta r io str ume nta le . Ma c i s o n o a nc he gli Sm it hs, Br ight Eye s e s o p r a t t u t t o
Je ns Le km an. Pa r a dossa lme nte, n o n o s ta n te
le pa le si inf lue nz e , i MW ML r ies c o n o a r itaglia r si un pr opr io spa z io di ma n o v r a g r a z ie
a lle ottime nove tr a c c e ina ne llate p e r l’ o cc a sione . L’ iniz ia le You’ve Got A F r i e n d To
Le an On pa r la c hia r o: l’ inse r ime n to c o s ta nte di f ia ti, violonc e llo, gloc ke n s p ie l e b a njo va a impreziosire colorando u n i m p i a n t o
pop reso già oliato da una mel o d i a v o c a l e
inc isiv a e f e lic e
c he no n la s c ia indiffer e n t i . N o n s i
regist r a n o c a l i d i
te nsio n e . Si p a ssa da a t m o s f e r e
soff us e e g e n tili
(Let’s Wa t c h T h e
Sunri s e , S u m m e r
Again ) a mo me nti di in c o n te n ib ile f r e n e s ia ( N e w
Be ginnings , The Way That You Pa in t I t) f in o
a lla te ne r a r a ff ina te z z a pop de l s in g o lo P ic ture s ( Too Big to Fit in a Sight) . Ch is s à c o s a
ne a vr e bbe pe nsa to Bukowski… s ic u r a me nte c i a vr e bbe be vuto su. (6.8/10 )
Andrea Provinciali
Moltheni – I segreti del corallo (La
Tempesta /Venus, ottobre 2008)
Genere: indie-folk
Ci va ntia mo spe sso di e sse r e ge n te c h e M o ltheni lo segue da una vita. C’e r a v a m o g i à
qua ndo usc ì Na tur a in Re pla y, salta v a mo tr a
il pubblico del Velvet di Rimin i q u a n d o i l
Nostr o c a nta va pe r, si e no, tre n ta p e r s one ai tempi di Fiducia nel nul l a m i g l i o r e ,
lo abbiamo intervistato nel mo m e n t o d e l l a
svolta di Sple ndor e Te r r or e , lo a b b ia mo v isto suonare di recente in quel d i B o l o g n a ,
ne abbiamo curato una monogra f i a s u l s i t o
di Sentire Ascoltare.
E non vi nascondiamo che l’u s c i t a d i u n
nuovo disc o di Umbe r to Gia rd in i r ima n e
sempre e comunque, per chi v i p a r l a , u n
piccolo evento. Detto questo è i n n e g a b i l e
che l’esaltazione iniziale per u n a f o r m u l a
coraggiosa in cui ci riconosceva m o i n t o t o ,
si sia tr a sf or ma ta , ne l te mpo, i n u n ’ a mmirazione più per lo stile che per i c o n t e n u t i ,
parallelamente ad un irrigidimento formale
d e l N o s tr o q u a n d o n o n u n ’ a u to r e f e r e n z ia lità f in tr o p p o e v id e n te . U n p r o c e s s o d i ma tu r a z io n e ta lme n te p r e c o c e d a r a s e n ta r e l’ invecchiamento, che se da un lato ha donato
a lla p o e tic a d e l mu s ic is ta u n ’ e le g a n z a “ b ucolica” che in passato non aveva mai avuto,
d a ll’ a ltr o h a p r e te s o , p iù o me n o d a To ile tte
M e mo r ia in a v a n ti, u n a s ta tic ità q u a s i p r eoccupante nelle tematiche e nello stile di
c o n v e r s a z io n e . I s e g r e ti d e l c o r a llo p o te v a
essere un’ottima occasione di riscatto per
u n a r tis ta d i c u i tu tto s i p u ò d ir e tr a n n e c h e
n o n s a p p ia d i s c r iv e r e c a n z o n i, u n ’ o c c asione, tuttavia, sfruttata solo in parte, dal
mo me n to c h e a ll’ in te r n o d e l d is c o c o n v iv ono piccole gemme come momenti piuttosto
in te r lo c u to r i. Tr a le p r ime u n a Vita Ru b in a
c h e d a s o la v a le tu tto il CD , lo s tr u me ntale Che il destino possa riunire ciò che il
ma r e h a s e p a r a to – f o r s e il mig lio r s tr u me n ta le d i s e mp r e d i M o lth e n i - , le mo r b id e z z e
d i C o r a l l o , i t o n i g r e v i d i L’ a t t i m o c e l e s t e
( p r ima d e ll’ a p o c a lis s e ) e l’ in c e d e r e d e G li
anni del malto: brani in cui è evidente la
r ic e r c a d i n u o v e d ir e z io n i - a n c h e n e i tes ti - , p u r n e ll’ o ttic a d i u n s u o n o c h e r iman e a n c o r a to a l f o lk in timis ta f r e q u e n ta to d a
q u a lc h e a n n o a q u e s ta p a r te . D a ll’ a ltr a p a rte una Amore acquatico che non convince
e u n a Ra g a z z o s o lo , Ra g a z z a s o la p iu tto s to
discutibile, oltre a nuove versioni di brani
p u b b lic a ti c o n s u c c e s s o a ltr o v e – le o ttime
Su p r e ma e I n p o r p o r a , r ip r e s e d a Sp le n d o r e
Te r r o r e - d i c u i p e r ò n o n c o m p r e n d i a m o l e
mo tiv a z io n i. M e g lio n o n s a r e b b e s ta to lasciarle per i concerti e proporre invece altri
d u e in e d iti? I n g e n e r a le , c o mu n q u e , il d is c o
f u n z io n a e s i p u ò p a r la r e d i p a s s o in a v a n ti
p iù c h e d i r e g r e s s io n e . I n a tte s a d i r itr o v a re quella maledetta Musa che sembra aver
s ma r r ito la s tr a d a d i c a s a . (6 . 8 /1 0 )
Fabrizio Zampighi
Morlocks – Emerge (Area Pirata, luglio
2008)
Morlocks – Easy Listening For The
Underachiever (Go Down, luglio 2008)
G e n e r e : ’60 g a r a g e - p u n k
M ille a n n i f a , o p o c o me n o , il mo n d o mu sicale ruotava intorno ad altre dinamiche.
Niente p2p, niente myspace, niente dischi
( s p e s s o ) s e n o n d ’ imp ort a z i o n e . C o s ì l a m a n ie r a p iù s e mp lic e p e r c h i e ra a l l a ri c e rc a
d i q u a lc h e n o v ità mu s ic a l e e ra s i n t o n i z z a rs i
s u q u a lc h e r a d io c o r a g g i o s a a l l a ri c e rc a d i
t r a s m i s s i o n i s e m i - c l a nd e s t i n e . F u c o s ì c h e
u n a n o tte s c o p r ii u n o d e i m i e i g ru p p i p re feriti: i God Machine. Lo speaker sottolineò
c o n e n f a s i c h e Tr a in , q u e l p e z z o fa n t a s t ico con un basso cavernoso e circolare, una
b a tte r ia in a r r e s ta b ile e u n a v o c e i n d e m o n i ata, non era originale ma apparteneva ad un
altro gruppo, a me sconosciuto. La ricerca
d e ll’ a p p e n a u s c ito a lbu m d e i G M fu s e mp lic e , c o s ì c o me g r a n d e fu l a s o d d i s fa z i o n e
nell’ascoltarlo.
U n p o ’ me n o f a c ile f u tro v a re l a b a n d t i t o l ar e d i q u e l p e z z o a s c o lta t o i n u n a fre d d a s e ra
a u tu n n a le . Fu c o s ì c h e i M o rl o c k s ra g g i u nsero immediatamente nel mio immaginario
u n o s ta tu s d i c u lto . C e rc a rl i s e n z a p o t e rl i
a v e r e . Se n tir s e li r imb al z a re i n t e s t a s e n z a
a v e r l i . Ve d e r l i r i - e m e rg e r e c a r s i c a m e n t e
n e lla me mo r ia n o n o s ta n t e g l i a s c o l t i s i i n d ir iz z a s s e r o in d ir e z io n i s e m p re d i v e rs e . O ra
a distanza di molti anni, quel pezzo, quel
d is c o , q u e l g r u p p o to r n a n o i n v i t a . U n a v i t a
non solo discografica, dato che sembrano
apparentemente riformati e in piena forma.
E c c o c o s ì c h e g r a z ie a du e a g g u e rri t e e t i c h e tte ita lia n e to r n a n o in c i rc o l a z i o n e , a l m e n o
e u r o p e a , il p r imo min i-l p E m e r g e ( M i d n i g h t
Re c s , 1 9 8 5 ! ) e l’ u ltima re l e a s e E a s y Li s t e ning … , u s c ito in e d iz io n e s e m i c a rb o n a ra l o
s c o r s o a n n o s o lo n e g li S t a t e s . C o s a a s p e ttarsi dai Morlocks? Beh, nulla più, nulla
meno di ciò che ogni ascoltatore di musica
d e v e a s p e tta r s i. R’ n ’ r p u ro e d u ro , i n s a n o ,
v ir a to v e r s o la p s ic h e d e l i a p i ù ru m o ro s a , a
forti tinte farfisa, con cavernosi echi fuzz,
d i q u e llo c h e r ie v o c a il g a ra g e -p u n k d e i s i xtie s a lla So nic s e Gr a v e d i g g e r Fi v e d a c u i ,
g u a r d a c a s o , p r o v e n iv a n o l a c h i t a rra d i Te d
F r i e d m a n e l u i , L e i g h t o n K a i z u m i . Vo c e e
d i s p e r a z i o n e , i n c a r n a z i o n e p u n k s o p r a ff i n a ,
r e ie tto d i q u e lli v e r a c i, c o m e d i m o s t ra l a s u a
c la mo r o s a b io g r a f ia r ec e n t e e n o n . Tu t t o i l
r e s to è c h ia c c h ie r a . E p o i , v o l e t e m e t t e re ,
r ia s c o lta r e O n e Wa y Tic k e t? Q u e l l a b a t t e r i a ,
q u e lla v o c e , q u e l b a s s o , i n v e rs i o n e o ri g i n ale ? ( 7 . 0 /1 0 )
Stefano Pifferi
SA 99
RECENSION
highlight
Women – Self Titled (Jagjaguwar, 7 ottobre 2008)
G e n e r e : p o p s p e r i m e n ta l e
G i u n gono al mondo, questi Wome n, dopo una br e ve , isola ta pa r e nte si c a s a lin g a in q u e l d i Ca l g a r y, C anada, che li ha culla ti, c r e sc iuti, sve z z a ti. I l pa ssa ggio da lla mi n u s c o la Fle mis h E y e c h e
l i h a scoperti e prodotti, alla ben più nota Jagjaguwar, che li ha reclu t a t i e e s p o s t i a l m o n d o ,
a v v i e ne nel giro di un paio di mesi dalla pubblicazione dell’albo. Ro b a c h e , a m e m o r i a , n o n
s u c c e de poi così tanto spesso. Ma mai come questa volta è cosa buona e g i u s t a . I q u a t t r o Wo m e n
so r p r endono il m ondo con una me z z or a di pop spe r ime nta le a d a lto c on c e n tr a to d i r a ff in a te z z a .
G r e z zamente lo-fi – c’è C had Va nGa a le n a r e gistr a r e il tutto ne l se min te r r a to d i c a s a s u a – Wo m e n è un album composito ed eterogeneo, multiforme eppure di facile a c c e s s o , c a l e i d o s c o p i c o
n e l s uo incedere incosciente tra melodie pop cristalline e sperimentali s m i c u p i e t e n e b r o s i . C ’ è
t u t t o dentro: m adchester, i Ve lve t, le me lodie six tie s, l’ Anima l Colle ctiv e , le c h ita r r e tw a n g y, i d r o n e s , s tu p e f a c e n ti int r e c c i vocali. Tutto perfettamente coeso e coerente. Umorale, verrebbe d a d i r e ; d i s s e n n a t o i n r e a l t à , s e n o n f o s s e c h e n o n
c ’ è f uori posto una virgola che sia una. Tutto suona terribilmente perf e t t o . E d e c c i t a n t e . L i o f i l i z z a t o i n p u r e g e m m e p o p
d a p o chi minuti capaci di svelarsi al mondo con una tranquillità e una i n c o s c i e n z a c h e s i s p i e g a s o l o c o n l a g i o v a n e e t à
d e i q uattro. E sordio dell’anno, se nz a ombr a di dubbio. (8.0/10)
Stefano Pifferi
Motorama – Psychotronic Is The Beat
(Dead Beat, agosto 2008)
Genere: garage
Bast a u n a m e z zora scarsa alle Motora ma pe r
ri b a d i r e , se c e ne fosse bisogno, chi c oma nd a . 1 g u i t a r r a + 1 drum-kit…no fog machine:
q u es t o r e st a i l motto del nerovestito duo r om an o . E se n e l debutto N o B ass F idelity ( Ba r
La M u e r t e , 2 003) si sentiva la nece ssità di
s ot t o l i n e a r e l ’ assenza delle basse freque nz e
q u as i c o m e r i mando all’estetica gar a ge - lofi , o r a n o n c e n’è più bisogno. Il suono de lle
d u e – D a n i e l a alla chitarra, synth e voc e ; la
n e w e n t r y D o natella-Nicotine Stixx dietro
l e p e l l i ( a n c h e se i pezzi qui sono registrati
d a l l a e x L a u r a ) – è al solito sopra la media:
s g u a i a t o g a r a ge’n’roll dei primordi che se
n e f o t t e d e l l a -fi prediligendole un bel nod ava n t i . E c h e dimostra pure che il r oc k le rci o e r o v i n a t o non è affatto preroga tiva de i
m as c h i e t t i ; b a sta la passione, la giu sta vog l i a e l ’ a t t i t u d ine incomprom issoria pe r pe rcuo t e r e t a m b u r i come forsennati o seviz ia r e
chi t a r r e c o m e fossero arm i bianche. Una c ov er d a u r l o d i D am aged G oods dei Ga ng Of
F o u r e u n a l e nta, stranitissima e soffice If
You Could Se e Me c a nta ta da M a rg a r e t d e lle De molition Doll Rods sono g iu s to le d u e
c ilie gine su una tor ta ( a l f ulmic o to n e ) c h e
dovrebbero convincere anche i p i ù r i o t t o s i
a ll’ a c quisto imme dia to. (7.0/10 )
Stefano Pifferi
Nicolas Bernier – Les Arbres (No Type,
2008)
G e n e r e : e l e t t r o a c u s t i c a
Ne o- mode r nista pe r e c c e lle nz a , N ic o la s
Bernier inizia la sua indagine s u l l a f o r m a
sonor a tr a mite la music a popola re , ma la c ur iosità f inisc e pe r a ve r e la me glio e lo p o r ta
ad inscenare un dialogo tra suo n o e v i d e o ,
da nz a , c ine ma , insta lla z ioni. Nel 2 0 0 4 , c o n
la c ompositr ic e De lphine Me a sr o c h , f o n d a
Millise c onde topogr a phie e ne l 2 0 0 6 E k u me n, ne tla be l de dic a ta a lla pr om o z io n e d e lle arti elettroacustiche.
Le s Ar br e s me tte in gioc o la vis ta e l’ imma gina z ione , se i imma gini in dime n s io n e c a rtolina c ur a te da ll’ a r tista ur ba n9 p e r s e i tr a cce di pura materia organica e di g i t a l e l a c u i
c hia ve di le ttur a si ispir a e a tr atti s i r iv e la
ne ll’ onir ic o mondo de ll’ inf a nz i a , p a lc o s c e-
nico ideale la cui mutevole forma si tinge
di incubi, sogni, magici mondi paralleli e
c r e a tu r e imma g in a r ie . D e s tr u ttu r a ti c o lla g e
e le ttr o a c u s tic i d a ll’ a n imo n o ir, lin e e e s s e nz ia li d i p ia n o , c h ita r r a e v ib r a f o n o , tr itu r a te
filtrate e ferite (Post): sono presagio di un
divenire, un timore dai beat sostenuti che
a v a n z a , a tr a tti s o ff o c a to d a u n a te mp e s ta
glich, una lotta a tratti lenita da un’ anima
g e n tile d i v io lo n c e llo e a c c o r d e o n ( T h is is
a p o r tr a it) .
U n timo r e d a ll’ a n imo f a n ta s ma e u n a p io g g ia
d i d r o n e s e s o ttili s tr a tif ic a z io n i a mb ie n tali, manipolazioni sonore, dilatae note che si
riflettono nello spazio e vuoti silenzi che
d is e g n a n o f o r me e r if u g i p e r p o i r is c o p r irs i r o to la ti in n u o v i lu o g h i o s c u r i ( Pia n o ) .
Mutamenti per riprendere contatto con il
p r o p r io e s s e r e f r a g ile , u n ’ a n ima a c u s tic a d i
a c c o r d e o n e u n f le b ile u ltimo r e s p ir o d i a rc h i ( Sp le e n ) , f r a g ilità c h e r e n d e c o mu n i il
d ia lo g o tr a la s e n s u a lità d i u n v io lo n c e llo
e l’ imp r e v e d ib ilità d ig ita le ( Bo r a ) , c h e lo tta con le ombre di un basso elettrico e le
u r la d is p e r a te d i u n v io lin o r in c u o r a to d a i
cori sibilanti di synth e beat (Ouverture).
I n s ta lla z io n e in f o r ma t o d i g i p a c k , p i l l ole d i s o u n d - a r t in d imen s i o n e t a s c a b i l e t ra
acustica purezza e contaminazione digitale
u n a n u o v a le ttu r a d e ll’ a rt e i n c u i m e t t e rs i i n
g io c o tr a p e r c e z io n i e d e m o z i o n i ; “ . . m u s i c a
che non possiede un inizio definito o una
f in e p r e d e te r min a ta , c h e e n t ra i n u n a n u ov a f u s io n e c o n i f e n o m e n i v i s i v i e n o n v u ole altro che mettersi a disposizione di chi
a s c o lta . . ” ( Be r n d Sc h u l z ). (7 . 0 / 1 0 )
Sara Bracco
AA. VV. – Dfa Presents Supersoul
Records: Nobody Knows Anything (Death
From Abroad / Family Affair, ottobre
2008)
Genere: disco-house
A l l a D e a t h F r o m A b r oa d n o n c o n o s c o n o l e
mezze misure. Dopo una serie di singoli al
v e tr io lo , a s p e tta n d o c h e q u e s t i v e n g a n o ra cc o lti n e l v e n tila to s a m p l e r ri a s s u n t i v o , l a
s u s s id ia r ia d e lla p iù n o t a D e a t h F ro m A b o v e
p u b b lic a a d d ir ittu r a u n d o p p i o a l b u m . A d e ss e r e s e ta c c ia to è il r o s ter d e l l a b e rl i n e s e S up e r s o u l R e c o r d i n g s , l ab e l f o n d a t a n e l 2 0 0 6
d a l Te r r a n o v a ( n o n c h é p a r t h e r o c c a s i o n a l e
d e g li E in s tü r z e n d e N e u b a u t e n ) X a v e r N a ud a s c h e r il c u i c a ta lo g o , c h e v a n t a a fi c i o n ados come Laurent Garnier Prins Thomas e
Ti g a t r a g l i a l t r i , n o n p o t r à c h e b e n e f i c i a r s i
di questa indovinata join venture via Dfa.
N o b o d y K n o w s A n y th in g m e t t e i n fi l a t u t t o
l’ imma g in a r io d a n c e Su p e rs o u l - k ra u t ro c k ,
ita lo d is c o , e le c tr o , c h i c a g o h o u s e e d e t ro i t
te c h n o - p e r ma n o , o v v i a m e n t e , d e l c a p o cc ia N a u d a s c h e r c o n le e s p l o s i v e Af t e r l i f e e
M o to r City, M o g g & Na u d a s c h e r a l l e p res e c o n le s u p e r n o v a Mo o n U n i t Pt . 2 e Pt .
4 , Pla s tiq u e D e Re v e ne l l a l u s s u ri a d i s c o d i
Lo s t I n Th e City e Str a n g e l e t s n e l l a d a rk p r o g g y R io t O n P la n e t 1 0.
U n p o k e r, q u e llo d i c u i s o p ra , t u t t o b e rl i n e s e a c u i s i a g g iu n g o n o i l l e t t o n e M a x B ra n ns lo k k e r f ir ma ta r io d e ll’i p n o t i c a S t ro p h a r i a ,
il n o r v e g e s e Sk a te b a r d a rt e fi c e d i u n a v i s c e r a le e s p e d ita P a g a n s e l ’a m e ri c a n o – o k ,
si viola l’imperativo Death From Above di
p e s c a r e s o lo a l d i là d e l s u o l o s t a t u n i t e n s e ,
ma v is te le c ir c o s ta n z e c i p a re g i u s t o s o rv ol a r e - Wa l t e r J o n e s n e l l a n o s t a l g i a e l e c t r o d i
A . I . P. O c c o r r e a ltr o ? (7 . 5 / 1 0 )
Gianni Avella
SA 101
RECENSION
Oasis - Dig Out Your Soul (Sony, 6
ottobre 2008)
Genere: r’n’r, pop
A l l o r a D a m o n , cosa aspetti a prendere la
corn e t t a e c h i a m are G raham? N el salto te mp o ra l e a l 1 9 9 5 - vedi pure i rediviv i e più
che m a i sg a l o p panti Verve - mancano giusto
i B l u r, v i s t o c he quest’ormai ennesimo dei
frat e l l i G a l l a g her pare riportare dritti dr itti
i n c a r r e g g i a t a pure loro. E no, non sono le
s ol i t e p a r o l e d i circostanza profuse a ll’ usc it a d i o g n i n u o vo disco, ché in effetti il r e fl u sso d a l ‘ 9 8 in poi c’è stato, senza c he tutt avi a si si a t o ccato il fondo (i buoni singoli,
p u r r i m a st i c a t i, ci sono quasi sem pre sta ti) .
Ed è a n c h e v e r o che lo scorso D on’t Be lie v e
T h e Tru t h si l a sciava apprezzare come il lav o ro o n e st o ( e hm , sì…) di una rock ba nd in
d eci sa r i p a r t e n za, con la m arcia ben ingr an at a p u r e se i l motore va ancora a singhiozzo ( v e d i l ’ a b b a ndono di A lan White e la tel e n o v e l a c o n Zak Starkey, prima implorato
c o m e m e m b r o full time, poi licenziato per
i c l a s s i c i s c o ntri con Noel a registrazioni
completate). Come sbandierato dalla campagna promozionale (che, saprete, ha previsto
anche un bell’attacco fisico sul palco ai danni di Gallagher senior), Dig Out Your Soul
ci restituisce gli Oasis arroganti e tracotanti
come forse solo ai tempi di Be Here Now
(ma voi ve li ricordate mai sobri? mah), non
certo stanchi di citare direttamente i favolosi
Quattro (il finale di The Turning riprende di
peso Dear Prudence), di graffiare come rock
comanda (Bag It Up, Ain’t Got Nothing, Soldier On); di giocare forse più del solito con
una certa idea di psichedelia (a partire dalla
copertina firmata da un certo Peter Blake, ricorda qualcosa?); soprattutto di infilare nel
cesto un singolo eccellente come Shock Of
The Lightning, a mezzo fra eccessi di testosterone Stones e gli hook melodici killer di
Definitely Maybe. Produzione e sound sono
belli cicciuti e spavaldi, pur se un attimo risaputi (in due picchi della scaletta, Falling
Down e Get Off Your High Horse Lady Noel
si diverte a fare il Weller della situazione, e
gli riesce abbastanza bene); epperò la nuova
Wonderwall non arriva, specie con tutti gli
alti e bassi di scrittura dettati dal recente assetto “democratico” che vuole autori anche
Liam (sua la cosa peggiore, I’m Outta Time –
uno scimmiottamento del rivale Robbie Williams?), Gem Archer (la bella To Be Where
There’s Life, però, viene da lui) e Andy Bell
(niente da fare, ci mancano i Ride, cristo).
Se aspettarsi un album perfetto dagli Oasis si
è rivelato con gli anni quantomeno aleatorio,
allora è sufficiente che si riesca ad intrattenere, e soprattutto perpetrare l’idea della
band - in barba a Fratellis, Kaisers, Kasabian
e compagnia brutta, e in nome dell’immarcescibile britpop di una volta. Dig Out Your
Soul ce la fa benissimo, e se non saranno
sfaceli, almeno c’è da divertirsi. (6.9/10) Ps:
Jarvis, non sarà arrivato il momento di fare
un trillo a Russell e Candida?
Antonio Puglia
Daniele Brusaschetto – Ovo Rmxd
(Blossoming Noise, agosto 2008)
AAVV – Voodoo Rework (Moriremo Tutti,
agosto 2008)
Genere: OvO tribute
Te mpo di dove r osi tr ibuti a gli O v O . I n s emic onc omita nz a c on l’ usc ita de l n u o v o Cr o c e v ia – a breve su Load, salvo i m p r e v i s t i
de ll’ ultim’ or a – due distinti p r o g e tti r e ndono il giusto oma ggio a lla c o p p ia D o r e lla - Pe dr ini. Da un la to un singo lo , g e n ia le ,
introverso, carsico campione d e l l a m u s i c a
ita lia na , Da nie le Br usa sc he tto , c h e me tte f uor i la summa di un la vor o p lu r ie n n ale sull’ inte r o c a ta logo Ovo. Dall’ a ltr o u n a
etichetta-collettivo di agitatori s o n o r i c h e
pr e ndono di mir a una singola tr a c c ia , Voodoo, da ll’ ultimo a lbum Miastenia e la r ipr opongono ognuno se c ondo la p r o p r ia s e nsibilità. Affinità e divergenze t r a l e d u e
proposte? Beh, ovviamente ce n e s o n o , m a
di f ondo r e sta il r ispe tto pe r un p e r c o r s o d i
musica e vita mai così forteme n t e m a r c a t o
da integrità e passione. Il lavor i o m e s s o i n
a tto da Br usa sc he tto è a vve nuto n e l q u inque nnio 2003- 2008 e r uota intorn o a tu tta la
pr oduz ione de i due OvO. Un c o n tin u o c u tup, ta glio e c uc ito, r ime sc ola m e n to e s minuz z a me nto di pe z z i, input, stra lc i e f r a s i
prese da tutti gli album a firm a O v O c h e
il nostro Brusa plasma a suo p i a c i m e n t o .
Or a c ome uno sludge sinte tic ame n te c a tac omba le ( Lombric hi Dopo La P io g g ia ) , o r a
c ome una sc hiz of r e nia z or nia na in o v e r d r i-
v e ( E p ile s s ia S e c o n d o S a ta n a) , in p e s a n te zz e n o is e - c o r e d a p r imo p e r io d o ( P ro b b le m a )
che si sfaldano in contemporanea sfatta e
d is id r a ta ta (La Ca v ia P e r s ia n a) o in te c hnoidi mutazioni da rave post-industriale
(Q u a n to Viv e U n R a g n o , B a r b a re lla ?) . N o n
u n g io c o d a r a g a z z i r itr o v a r e i p e z z i o r ig in a li n e l ma r a s ma r e mix a to r io . Pe r c h i s c r iv e , u n a n o ta d i p r e g io . N e l tr ib u to o me g lio
nell’omaggio messo su dalla congrega che
ruota intorno a Matteo Uggeri/Hue, artisti
s tilis tic a me n te d iv e r s i ma e mo tiv a me n te a ffini hanno personalmente reso, stravolto,
annichilito, deturpato, modificato il pezzo,
o r ig in a r ia me n te p e r c e llo , n o is e s , b a tte r ia e
urla. Esaltando, ognuno secondo la propria
in c lin a z io n e a r tis tic a , q u e s to o q u e ll’ e leme n to . I n f ila n d o lo in u n b u c o n e r o d i a mbient pestilenziale e nauseabonda (Andrea
M a r u tti) o s me mb r a n d o lo in c h ia v e c o n c r e ta
( L a r s e n L o mb r ik i) ; s v is c e r a n d o lo d a l c o nte s to a p o c a littic o p e r a v v ic in a r lo a lla c o nte mp o r a n e a ( M a r k H a mm) o tr a s f o r ma n d o lo
in u n a te mp e s ta r itmic a a b a s e d i b e a ts ( Bu b e n ) ; s tr o z z a r lo in g o la c o me u n s in g h io z z o
( H a r s h c o r e ) o e le v a r lo a ma n tr a d e g li in f e r i
( A my D e n io ) . Tu tti, p e r ò , r iu s c e n d o a ma nte n e r e in ta tto l’ a ff la to v is c e r a le e d is tu rbante dell’originale, riproposto anch’esso
in forma più aggressiva dagli stessi titolari.
( 7 . 0 /1 0 )
Stefano Pifferi
Parts & Labor – Receivers (Jagjaguwar,
21 ottobre 2008) / Escapers Two (Ace Fu,
4 agosto 2008)
Genere: post noise-pop, grind-pop
I Pa r ts & L a b o r r a lle n ta n o . A n z i, n o , i Pa r ts
& L a b o r a c c e le r a n o . N o , n e s s u n a s c h iz o f r enia all’orizzonte per chi scrive. Solo una
presa di coscienza dello status della band
n e w y o r c h e s e n e ll’ a n n o d i g r a z ia 2 0 0 8 . Fa cc ia mo c h ia r e z z a . L’ e x tr io n e w y o r c h e s e n o n
r a lle n ta le u s c ite , b e n s ì il r itmo f o r s e n n a to d e lle p r o p r ie c o mp o s iz io n i. E g ià q u es ta s a r e b b e u n a n o v ità v is ta l’ ip e r c in e s i c o n
la q u a le a mma n ta v a n o le g e mme p o p - w a v e
f in o a ll’ u ltimo M a p ma k e r . Re c e iv e r s v ia g gia infatti sulla stessa lunghezza d’onda del
c ita to p r e d e c e s s o r e , ma lo f a a d u n a v e lo c ità b e n in f e r io r e r is p e tto a q u e lla v e r tig in o s a
a lla q u a le c i a v e v a n o a b itu a ti. Pe r ò d ic e v a-
mo anche che i P&L accelerano. E infatti è
c o s ì: s i p r e s e n ta n o n o n s o l o c o l n u o v o a l b u m ma a n c h e c o n u n ’ al t a u s c i t a , i l s e c o n d o
volume della loro serie personale chiamata
Es c a p e r s . Co n le d e b it e p ro p o rz i o n i , Es c ap e r s s t a a i P & L come le uscite targate SYR
stanno ai Sonic Youth. Il giardinetto di casa
dove mostrare al mondo i progressi, le ricerche, gli sperimentalismi tentati nel chiuso
del proprio studio. E qui i newyorchesi accelerano di brutto, visto che i 51 pezzi del
mini sono schegge impazzite, furiose, iconoclaste di (ehm) grind-pop che non superano
il minuto e tredici secondi! Registrate in un
paio di giorni in perfetto lo-fi, liofilizzano
il suono P&L estremizzandolo in entrambe
le direzioni acclarate: la acrobatica velocità
esecutiva e il senso melodico da sempre loro
caratteristica. E, parola loro, sono un sentito omaggio a Napalm Death, Melt Banana, Melvins e compagnia viaggiante. Ma più
che questo parossistico e divertente sfogo
musicale è Receivers a destare le maggiori
sorprese. La grana dei pezzi è sempre bella
spessa; il mood è sempre abbastanza oscuro;
gli intarsi strumentali sempre eccelsi. Ma
la resa è completamente diversa, merito anche dell’allargamento del gruppo da trio a
quartetto con l’ingresso della chitarra di Sarah Lipstate e del
batterista
Joseph Wong in vece
del
dimissionario
Christopher
Weingarten. Più
possibilità strumentali, insomma,
messe
al
servizio di un approccio che è indubbiamente più
morbido e meno incompromissorio, ma che
non perde in potenza; anzi, il suono più meditato permette a chi ascolta di carpire tutti i
sottostrati dei pezzi che mai come in questo
caso sono articolati e strutturati su centinaia
di input. Merito anche del coinvolgimento
dei fan messo in atto con la richiesta, tempo addietro, di fornire samples e basi sonore
p e r la c o mp ila z io n e d i R e c e i v e r s. N e l c o mplesso, nonostante qualche caduta di stile
– u n a Little O n e s v e r a m e n t e i m b a ra z z a n t e e
SA 103
RECENSION
u n a d i sc u t i b i l e , lunga e pacchiana The Ce as i ng No w – i l livello è eccelso in entrambe
l e u sc i t e , e rg o un pieno (7.0/10)
inglese; una, per finire, per navigazione direttamente da telefono cellulare. (6.0/10)
G a spare Caliri
Stefano Pifferi
Polysics – We Ate The Machine (Ki /oon /
Audioglobe, 30 settembre 2008)
Genere: jap-electronoisepop
I P o l y si c s p r e n dono il nom e da un synth non
p r o p r i o f a m i gerato, anche se ugu almente
g l o r i o s o . E , d opo aver preso il nome dalla
m ac c h i n a , c i c om unicano di esserse la ma ng i ata . R i b a d i sc ono a parole il conce tto intit o l a n d o M o o g Is L ove il prim o brano di We
At e T h e Ma c h ine; m a in realtà lo dic ono a tt r a v e r s o u n r i ffaccio da hardrocker, a dire il
v ero , m o l t o r o c kish. Il seguito (P retty Good)
è p o i u n a v e r sione hard-core di R ocky Hor r or P i c t u re S h ow . E viene il dubbio che di
p o l y si c s e m i n im oog in realtà questi qua ttr o
s ol l e v a n t i n i n o n facciano grande uso; a lm e n o i n q u e s t o disco. Sulla lunga distanza
n o n è c o sì , e anzi il dubbio perde di import anz a a l l ’ a sc o lto di D N A Junction, unione
i m p r o b a b i l e t r a un rock imbarazzante e un
p i a n o f o r t e c h e sembra suonare nella stanza
acca n t o q u a l c osa d i completamente diverso. Con effetti che sbarazzano i dubbi che
la band sia una superficiale scusa per fare
casino e basta. Quanto meno, che si vada a
fond o d e l l ’ h a rd-core (K agayake ), o si imp ro v v i si u n a manciata di secondi co n i c ap e l l i l u n g h i c h e sembra estrarre il pre-metal
s ol o p e r sf o t t e rlo (P ony & L ion). Le cose
m i g l i o r i so n o appunto gli incastri p iù tir at i e i m p r o b a b i li; com e quello tra ha r d- r oc k
q u as i – c o r e e sintetismi da classicissimi vid eog i o c h i a n n i O ttanta presente nella title
t rac k c a p a c e d i farci pogare con i ta sti de l
com p u t e r. I n so mma, poco importa ch e sia no
s i nc e r i o m e n o , nei confronti della “ma c c hin a”, c ’ è c h e i Polysics agiscono sfa c c ia tam en t e . S i c r e a no un immaginario, compr e se
l e t u t i n e m e t à Devo – a cui dicono di ispirarsi - e metà Kraftwerk. È un gioco di coolerie,
che però sappiamo che i giapponesi trattano
con una nonchalance proverbiale. Stesso dicasi per il rapporto con la tecnologia. I synth
non sono solo vintage, in mano ai Polysics.
E allora, che la recensione si chiuda con una
chicca: il loro sito è disponibile in tre versioni; una, naturlisch, in giapponese; una in
Punck – Piallassa (Red Desert
Chronicles) (Boring Machines, agosto
2008)
Genere: field recordings
C’ è molto di f otogr a f ic o ne l pr o c e d e r e mu sic a le di Adr ia no Za nni a .k.a . Pu n c k , a p a rtire dalla bellissima foto di cope r t i n a .
Ma non solo. C’ è a nc he molto d i c in e ma togr a f ic o. C’ è molta poe sia . C’ è m o lta p a s s ione e se ntime nto. C’ è spe ssor e ne l le s u e tr a me
r a r e f a tte . C’ è c la sse da ve nde r e , s e n time n ti
da r isve glia r e , oma ggi se ntiti d a p r o p o r r e .
Ci sono luoghi da r ie voc a r e , sq u a r c i d a f a r
imma gina r e , spa z i da f a r suona r e . C’ è tu tto
lo spe ttr o de lle uma ne se nsa z ion i, r a c c h iu s e
tra l’i n q u i e t u d i n e
de i dr o n i e la g ioia del l e p i z z i c a t e
di c hita r r a .
Ma ci s o n o a n c h e
molte c o in c id e nz e ne lle s u e musiche.
Obliq u i ta g li s p az io- temp o r a li c h e
unisc o n o P u n c k a
Mic hela n g e lo A ntonioni, Piallassa a De se rto Ro s s o . I l p r imo na sc e ne ll’ a nno in c ui il se co n d o g ir a il
suo c a pola vor o pr opr io in que l p e z z e ttin o d i
Ravenna. E molti anni dopo il p r i m o s e n t e
la ne c e ssità di tr ibuta r e un se nt ito o ma g g io
a l se c ondo e a lla sua ope r a pr in c ip e , ma d i
sponda anche a quei luoghi nei q u a l i l u i è
cresciuto e dove continua a cres c e r e .
Come music ista , vista la ma tur ità d e lle u ltime composizioni che colloca n o i l n o m e
Punc k ( una su tutte l’ ultima us c ita in c o p pia c on Logoplasm per Setola d i M a i a l e )
all’altezza di mostri sacri del g e n e r e ; m a
a nc he c ome uomo e a r tista inte n to a f is s a r e
momenti di sé su medium sem p r e d i v e r s i :
la f otogr a f ia , ne l blog F u l m i n i & S a e tte ; il s u o no, ne l dia r io a ba se di f r a mmen ti a mb ie nta li A u r a l D i a r y ; nella musica, con l a n e t - l a b e l
C t r l +A l t +C a n c e c ol pr e se nte pr oge tt o . P ia lla s s a
è un disc o se ntito, c e r c a to e volu to , c h e n o n
procede in maniera conforme a l t i t o l o ( l a
piatta zona paludosa di Ravenna, Piallassa,
appunto), ma ondeggia, scivola, si rialza.
Si azzittisce e poi urla, si dimena e poi si
p la c a . Se g u e n d o i f lu s s i u mo r a li d e l p a es a g g io e d e l s u o p itto r e . Pitto r e d i s u o n i,
Pu n c k . E d e lla mig lio r r a z z a . ( 7 . 4 /1 0 )
Stefano Pifferi
mo n d o . N e l b o o k le t d e l d i s c o v i e n e s e g n alato come l’uomo dietro a synth analogici
modulari, generatori sine/square, chitarre
a c u s tic h e , v o c e , me lo di c a , fl a u t i d i b a m b o o
e d e le ttr o n ic a in s e n s o l a t o . U n u o m o c h e s i
c r e a il p r o p r io u n iv e r s o e s e l o g e s t i s c e fi n
n e l d e tta g lio d ie tr o o g n i s u o n o . (7 . 2 / 1 0 )
Antonello Comunale
Raglani – Of Sirens Born (Kranky /
Goodfellas, ottobre 2008)
Genere: drone cosmic rock
K r a n k y a lla s c o p e r ta a n z i r is c o p e r ta d e ll’ u nd e rg r o u n d a me r ic a n o . Co me g ià a v v e n uto c o n Va le t , i l c u i p r i m o d i s c o , c i r c o l a t o
in pochissime copie è stato poi ristampato
d a ll’ e tic h e tta d i Ch ic a g o , o r a l’ e s p e r ie n z a
s i r ip e te c o n J o s e p h Ra g la n i, n o me s o tte r r an e o ma g ià a ff e r ma to p e r i c u lto r i p iù s p ec ia liz z a ti d e l d r o n e e d e ll’ a mb ie n t r o c k . O f
Sir e ns Bo r n è in f a tti la r is ta mp a d i u n la voro precedentemente edito in pochissime
c o p ie c h e r is p le n d e d i lu c e n u o v a in q u es t a e d i z i o n e d i l a rg o c o n s u m o . L a m u s i c a
di Raglani è una particolare tintura di kraut
cosmico, non troppo distante dai classici
e r o i d e l s e tto r e c o me C lus t e r e Ta ng e r ine D re a m , c o n in p iù u n a e v id e n te p a s s ion e p e r la w o r d mu s ic in s e n s o la to , q u indi timbri e tonalità che cercano di ricreare
u n iv e r s i e s o tic i e u n a g e n e r a le a tmo s f e r a d a
Q u a r to M o n d o . Po c o p iù lu n g o d i 3 5 min uti, O f Sir e ns Bo r n è c o m e u n ’ u n i c a s u i t e
in cinque movimenti, che parte dai lenti e
estatici flutti sintetici della prima traccia,
t r a t t e g g i a t i c o n u n m e r a v i g l i o s o g o rg o g l i o
di synth analogici per poi trasformarsi in
v e r a e p r o p r ia ma r e a n e lla s u c c e s s iv a R iv e r s
in th e P ro m is e o f Wo o d .
L a c e n tr a le P e r ilo u s S tr a its v ia g g ia in v e c e n e ll’ e te r e c o n la s u a f o r mu la d i f e e d b a c k
e g r a n u li r u mo r o s a me n te v a lv o la r i, a l p u nto c h e q u a s i s i te n d e a l n o is e to u t c o u r t.
Wa s h e d A s to re è p i ù c l a s s i c a m e n t e s c i - f i ,
s u ff ic ie n te me n te r e tr ò p e r f a r e mo z io n a r e i
v e c c h i f a n a tic i d e l k r a u t e a l te mp o s te s s o
a b b a s ta n z a s p r e g iu d ic a ta n e lla f o r mu la . Retrofuturismo valvolare non troppo distante
d a ll’ ita lia n o Be I nv is ibile N o w , c h e d if a tti
s i me tte in g io c o p r o p r io c o n g li s te s s i r if er ime n ti e c o n lo s te s s o te n ta tiv o d i r e v is ion e d i v e c c h i ma te r ia li c o s mic i a n n i ’ 7 0 . Rag la n i è il d e u s e x ma c h in a d i q u e s to s tr a n o
The Redwalls – Universal Blues (Fargo /
Self, 3 ottobre 2008)
g e n e r e : i t ’ s o n ly r o c k a n d r o l l
Pe r c e r ti d is c h i, e c e r te b a n d , b a s t a n o d a v v e r o p o c h e p a r o le . Tr e n el n o s t ro c a s o : D y l a n ,
Be a t le s , St o ne s . Tu tta q u i l a fo rm u l a m a rc a ta me n te r é tr o d i q u e s t i ra g a z z i d a C h i c ag o , f e d e lis s imi d is c e p o l i d e i n u m i s u c c i t a t i
a l p u n to d a r ip r o d u r n e l e a t m o s fe re c o n re l i g io s a d e d iz io n e . U niv e r s a l B l u e s è i n re a l t à
il loro debutto, uscito in patria nel 2003 e
d is tr ib u ito in E u r o p a – a l l a b u o n ’o ra – s o l o
o g g i, in a tte s a d i u n f u l l l e n g h t n u o v o fi a mma n te r p e r il 2 0 0 9 . L’ a v re t e c a p i t o , n o n s e rve molto per farsi piacere queste canzoni:
b a s ta a ma r n e le in f lu e n z e . (6 . 5 / 1 0 )
Antonio Puglia
The Residents – The Bunny Boy (Mute –
Santa Dog, 2 settembre 2008)
Genere: regul ar antipop
È triste ritrovarsi tra le mani la procedura
s ta n d a r d d i c o n f e z io n a m e n t o d i u n p ro d o t t o
a ttu a ta d a c h i h a ta n to l a v o ra t o s u l l a c u l t u ra
contemporanea, sullo stravolgimento delle
s u e o v v ie tà e s u lle s u e a b e rra z i o n i . È n o i os o a s c o lta r e q u e l p r o d o t t o e ri c o n o s c e re d e i
c lic h é n a ti p e r s o tto lin e a re l a s u p e rfi c i a l i t à
d e g li a p p r o c c i s c a v a s o l d i d e l p o p . È a v v ile n te r itr o v a r e n e lla p r o d u z i o n e t i p i c a d i u n a
b a n d , f a tta d i u n b r u s io d i s o t t o fo n d o , d e l l a
d e f o r ma z io n e c o e r e n te v i ra t a s u l l ’o s c u ri t à e
s u lla r ic e r c a d i u n a q u a l i t à v o l u t a m e n t e s c ad e n te , u n a p r a tic a n o n p i ù ri fl e t t u t a c h e d iventa essa stessa superficiale e soprattutto
p r e v e d ib ile . No n è d is p o n i b i l e i l d u b b i o n e i
c o n f r o n ti d i T he Bunny B o y, i l n u o v o a l b u m
d e i R e s ide nt s . U n ’ o p in i o n e p i ù s fu m a t a s i
forma considerando per intero il progetto
c o n i g l i e s c o , c h e a ff i a n c a l a m u s i c a c o n i
c o n s u e ti ( e c o n s u e ta me n t e a p p a g a n t i ) v i d e o
schizofrenici che la accompagnano, visibili
d a l s ito d e lla b a n d e , o v v i a m e n t e , s u Yo u SA 105
RECENSION
Tu b e . M a a sc o ltare l’album, cioè il risulta to
m u si c a l e d e l l ’ o perazione, porta a ra vvisa r e
u n a s e n s a z i o n e di totale inerzia. Dobbiamo
r a s s e g n a r c i a citare i misteriosi guerriglieri
s e m i o t i c i , c o n l’enorme portata de lla loro
c o n c e z i o n e m usicale, sempre e comunque al
p a s s a t o , i n u n passato ormai storicizzato?
(5 . 0 / 1 0 )
G a spare Caliri
Richard Barbieri – Stranger Inside (K
Scope / Audioglobe, ottobre 2008)
Genere: electro-world
A t t e n e n d o c i a i soli dischi solisti, Barbieri
v ant a a p p e n a d ue lavori di cui l’ultimo, c ioè
i l q u i p r e s e n t e Stranger Inside, distante tre
a n n i d a l p r e c edente Things Buried. Detta
cos ì ( o v i st a così) con fare approssima tivo
s e m b r e r e b b e che il nostro tutto sia tranne
che u n o st a c a n ovista, m a conclusasi la f a ccen d a Ja p a n , i l tastierista si è dato da f a r e ,
ecco m e , d a p p r im a com e mem bro sta bile de i
P o rc u p i n e Tr e e e poi, tra una collab or a z ion e c o i v e c c h i c olleghi Steve Jansen e Mitc h
Karn si n o a Tim B ow ness dei N o Ma n più
g l i e s t e m p o r a nei Dolphin Brothers e Rain
Tr e e C r o w - e ci fermiamo qui altrimenti
facc i a m o n o t t e - in ventisette anni di postJ ap a n l a p i l a d i dischi aventi la sua pr e se nz a
h a t o c c a t o i l t etto dei trenta. Eppure il suo
n o m e r i m a n e ai margini se lo si confronta,
al me n o m e d i a ticamente, con D avid Sylvia n
e t u t t a c r i c c a Samadhisound. Non ha mai
s m e s s o d i f r e quentare i cari amici, anche
s e s o v e n t e è migrato oltre, e pure in Str a n g er I n si d e si a ccompagna ai citati Ja nse n e
B o w n e s s c o m e il batterista Porcupine Tree
Gav i n H a r r i so n ; la sorella Suzanne è a ltr e sì
p res e n t e m e n t r e al basso figura nien te me no
c h e D a n n y T h ompson di fama Pentangle (e
N i c k D r a k e , Tim Buckley, Talk talk ecc…).
Dun q u e u n P a rterre de R oi per un disc o
s os ta n z i a l m e n te inter nos, dove la somma
d el le p a r t i , i n teoria, dovrebbe sì da r e c if r e
q u ad r a t e e i n a ppuntabili (e la suadente M orp h i a l o c o n f e r ma), m a nella pratica c iò non
s em p r e a v v i e ne (C ave per esempio, debole
com e i p i ù d e b oli P orcupine Tree).
D u ra n t e l ’ a s c olto, la sensazione è simile
al l e u l t i m e p r ove di Jon H assell laddove la
worl d - m u si c vuole a tutti i costi fa r si mod ern a ( v e d a si la produzione troppo c e r tosi-
na e l’ uso a mpolloso de ll’ e le ttr o n ic a ) p e rde ndone in na tur a le z z a . Stima immu ta ta , ma
glissa r e su Str a nge r I nside non cr e d ia mo s ia
un dr a mma . ( 5.5/10)
Gianni Avella
Rose Kemp - Unholy Majesty (One Little
Indian / Goodfellas, ottobre 2008)
G e n e r e : f o l k p o s t m e ta l
Si dic e va l’ a nno sc or so a pr opo s ito d i Ro s e
Kemp che avremmo sicurame n t e s e n t i t o
ancora parlare di lei. La vulca n i c a “ m e t a l
gir l” , f iglia d’ a r te ( la c a nta nte M a d d y Pr y o r
e il ba ssista Ric k Ke mp de gli Stele e y e Sp a n ,
gr uppo f olk- r oc k UK de i ’ 70) ch e n e l 2 0 0 7
si e r a r ive la ta c on A Hand Full O f Hur r ic ane s ( misc e la di f olk, da r k r oc k n o is e ) , d o p o
nume r osi side - pr oje c t c i r ipr o v a . U n h o l y
Maje s ty s i s p i n g e
più in là d e l p r ec e de n te ,
e s p lor a ndo il la to p iù
r uvido d i R o s e .
Osc illa n d o
tr a
una
f o r ma z io n e
f olk i n g le s e c la ssic a , v a d a s é v iste le o r ig in i, e
suc c e s s iv i a p p r of ondime n ti v e rso il prog e il post-metal doo m , l a K e m p
qui sposta il tir o a f a vor e di q u e s t’ u ltimi
elementi. E se la base è sempre s a l d a m e n t e
puntata verso il folk inglese dei S e t t a n t a ( s i
ve da l’ ope ne r Dirt Glow, lir ic a me n te c la s s ic a ) , il suono si ina spr isc e e la v o c e d iv e n ta
aggressiva e ancora più oscura.
Te nta z ioni pr og c he sf oc ia no nel me ta l, r a cc onti di or dina r ie pa r a noie c he s i in e r p ic a n o
fino all’esplosione, per tornare a i m p l o d e r e ,
in un sa lisc e ndi c ontinuo, c om e s e le s to r ie f a nta stic he e pa r a noidi di G o n g e Pe te r
Hammil fossero dissepolte e a g i s s e r o c o n
voce femminile.
Un songwr iting più sic ur o e un ta lk in g b lu e s
c he r ic or da da vic ino la pr ima P J Ha r v e y
( Bitte r and Swe e t) e di r ima ndo la Bo z ulic h,
i Sigur Ros ne l lor o post me ta l (Na tu re ’s
Hy mn) , una Nic o osc ur a e ma r zia le (W h o le ne ss Sounds) spe ttr a le ne l r e c it a tiv o e c o s ì
pr oc e de ndo. Un pa sso a va nti e u n a r r ic c h ime nto ne l suono c he giova a lla s u a e s p r e s -
s iv ità s p ig o lo s a e r u v id a . (7 . 0 /1 0 )
Teresa Greco
Rusty Truck - Luck’s Changing Lanes
(Ryko, 29 luglio 2008)
Genere: country rock
I n u n certo senso è un disco perfetto. Poi
magari ragioniamo su cosa significhi la perfezione nell’ineffabile mondo della musica leggera. Fatto sta che certe epifanie folk
rock, quando accadono, appaiono circondate
da un’aura che non saprei dire se più classica o inevitabile (in ogni caso indotta). Nello
specifico, dietro al progetto Rusty Truck c’è
il fotografo Mark Seliger (già al lavoro per
GQ, Rolling Stone, Vanity Fair e via patineggiando), la cui parallela attitudine sonica fu
notata a suo tempo - correva l’anno 2003 - da
Jakob Dylan, il quale - impressionato - lo
invitò nel suo studio e il resto venne da sé.
Ovviamente non mancavano a Seliger le
buone amicizie che si guardò bene dal non
coinvolgere, ragion per cui ne uscì un album
abbastanza carbonaro (distribuito dall’indipendente Code Terra) ma ricco di collaborazioni da urlo, da Willie Nelson a Sheryl
Crow, da Gillian Welch a Lenny Kravitz,
oltre a T Bone Burnett e al già citato Dylan
Jr.
Intitolato Broken Promises, ottenne così
tanti buoni riscontri da meritarsi un’edizione
ben più lussuosa e meglio distribuita, vale a
dire la qui presente Luck’s Changing Lanes,
che nel DVD aggiuntivo offre la versione in
digital surround più cinque video perlopiù
agresti (ma occhio a quello di 1000 Kisses).
Nulla ancora ho scritto riguardo alle canzoni, ma rimedio subito: immaginatevi Hootie
& The Blowfish folgorati da un’apparizione
Harry Nilsson o viceversa, quel senso di placida tensione tra frontiera e f r o n t p o r c h c h e
c o v a n e i p iù tr e p id i q u a d r e tti d ’ u n J a c ks o n
Bro w ne , a b b a s ta n z a imp e r me a b ile a i r is v o lti a c id i c h e f u r o n o d e l g r a n d e Gr a m P a r s o ns
( ma lg r a d o il p r o f lu v io d i w u r litz e r e s lid e )
così come alle inquietudini contemporanee
d ’ u n Ry a n A da m s , s e m m a i a p p i a t t i t o a t a l
punto su mitologia & iconografia western
( c a v a lli e c o w b o y, v a c c h e e v a c c a r i, f la nella e basettoni, pick-up e lap-dance...)
d a s f io r a r e il r id ic o lo , e c h iu d ia mo la q u i.
Aggiungo soltanto che della band (peraltro
di tutto rispetto) fa parte il batterista Joey
Peters, il cui tocco asciutto e sensibile già
a d o r a mmo n e i Gr a nt L e e B u ffa l o, l a q u a l
c o s a mi s e mb r a b e n p iù a t t ra e n t e d e l l e s u d d e tte g u e s t s ta r. (6 . 2 /1 0 )
Stefano Solventi
The Sea And Cake - Car Alarm (Thrill
Jockey, 21 ottobre 2008)
Genere: pop rock
Con l’ottavo album di inediti, “appena” un
a n n o e me z z o d o p o il g u s t o s o E v e r y b o d y , i
T h e Se a A n d Ca k e r ib a d i s c o n o e a ffi n a n o l a
lo r o f o r mu la p o p c h e s u o n a o g g i p i ù d i s i nv o l t a , a g i l e e a rg u t a c h e m a i .
Questo protendersi folk-rock contagiato
wave, irretito funk-soul, dalle frequenti,
s tr is c ia n ti f r e g o le tr o p i c a l i (n o n p ri v e d i
s o ttili imp lic a z io n i ja z z), s e m b ra l a p e l l i c ola p e r f e tta p e r p r o ie ttare m e l o d i e l e g g e re e
v a g a me n te in s id io s e , tu rb a t e d a i n q u i e t u d in i v o la tili c h e to r n a n o s u l l u o g o d e l d e l i t t o
c o n c a u ta d is c r e z io n e .
La compattezza eterea del sound è frutto
dell’amalgama pressoché perfetto tra i quattro musicisti, che
di certo non eguagliano i fasti artistici
conseguiti
sotto l’egida Tortoise e Gastr Del
Sol - avvenuti in
contesti diversissimi con tutt’altre finalità - però
ci mettono l’entusiasmo e la convinzione di chi non sembra
nato per fare altro. Volendo, potreste vederli
come una moderna incarnazione Steely Dan
(sentite Down In The City, On A Letter oppure la splendida A Fuller Moon), ma una Aerial e la stessa title track vibrano con l’algido tepore dei Notwist (in tal senso la voce di
Prekop - fragile e trepida, setosa e accigliata
- non è esente da responsabilità), chiamando
spesso in causa il versante più potabile di
Wire e Brian Eno. Se c’è un compromesso
in queste canzoni, è quello che si consuma
tra ricercatezza e immediatezza, ed ha il pregio incommensurabile di funzionare senza
lasciarsi percepire. (7.0/10)
Stefano Solventi
SA 107
RECENSION
SebastiAn – Remixes (Ed Banger Records
/ Because, ottobre 2008)
Genere: Ed Banger tech-rave
S e v i s i e t e p e r si il circo Ed Banger con tutti
i s uo i p e r s o n a ggi maschere DJ vocalist che
s t a n n o r i p o r t ando il techno core i n pista,
b e h , m a g a r i u n giretto in pista ascoltando
q u e s t o d i s c o vi conviene farlo. SebastiAn
è i l c a m p i o n c i no uscito dalla ‘scuola ’ f r a nces e d i e p i g o n i dei D aft P un k : Mr. Oizo,
Kav i n s k y, B usy P., Mehdi, Surkin, Justice
e molti altri. Influenzati dai padrini robotici, ogni personaggio della scuola esprime
un’estetica particolare e personale, di solito influenzata daIl’electro-core. SebastiAn è
maestro di stile per il dosaggio di particolari, per la fluidità dei remix e per la scelta
di portare in pista il raving allo stato puro,
inteso come attitudine. Anche se la moda del
french touch sta virando verso altre esperienze (i Digitalism che toppano con qualche
compilation su Kitsuné, i Justice che preferiscono scatenarsi sul palco, i Simian Mobile
Disco che deviano dalla francesità e ritornano in patria con un Fabric Live da urlo) non
si possono rinnegare le glorie. E quindi SebastiAn che fa? In questa raccolta riassume
quello che è stato come remixer e che probabilmente oggi ha consegnato in mano a Crookers e Bloody Beetroots. Un testimone che
passa dalla Francia al resto del mondo (in
particolare Italia e America), un documento
importante per testimoniare un’appartenenza. Da fan della scena, ci accorgiamo pure
che molte delle tracce sono datate. Gli apici
restano la Human After All ancora più pompata dell’originale grazie a tagli sapienti e
produzione mirata, Paris Four Hundred che
riporta l’indimenticato Mylo in pista, Bossy
di Kelis che si aggancia alla crew di Missil e
al soul della Furtado, la pacchianissima ossessione di Kavinsky per i synth prog 80 (Testarossa Audiodrive), gli inevitabili accenni
a Klaxons Rapture Editors e per finire un po’
di sexy sound del Tellier più cool (Sexual
Sportswear). Un ‘Best Of ’ raccolto comodamente sul ciddì per migrare dall’aperitivo al
party. Speriamo non sia soltanto l’ultima fotografia di un bel tramonto. Attendiamo ora
e ancor di più delle novità. Facci sognare Seb as t i A n ! ( 6 . 5 / 10)
Marco Braggion
Sic Alps – U.S. Ez (Siltbreeze, agosto
2008) / A Long Way Around To A Shortcut
(Animal Disguise, agosto 2008)
Genere: lo-fi psychedelic
U.S. Ez è il disc o nume r o n pe r i l d u o S i c
Alps da Sa n Fr a nc isc o. Una ipe r p r o d u ttiv ità
inc e ssa nte c he , unita a d una a tti v ità liv e a ltr e tta nto inte nsa , ha f a tto di Mi k e D o n o v a n
e Ma tt Ha r tma n un punto di r if e r ime n to p e r
una sc e na – de nomina ta a r bitr a r ia me n te n e w
wav e of ame ric an lo- fi – c a pa c e d i r ip e n s a r e
folk e psichedelia, rock e rumo r e c o n u n a
na tur a le z z a a volte disa r ma nte. Pe r c o mpr e nde r e a f ondo lo spe ttr o pe r fo r ma tiv o in
cui i due si muovono col monik e r S i c A l p s
ba sta skippa r e il c d e pr oc e de r e f in o a ll’ a cc oppia ta N##J J / Ge lly Roll Gu m D ro p . L a
pr ima è 1 minuto e 19 se c ondi d i f r ittu r e d i
c hita r r a ( f r igge sul se r io, f ida tev i! ) e d e c atombi di pe r c ussioni ipe r a mplif ic a te , c u i a
r uota se guono i 3 minuti di Ge lly R o ll…: u n a
me lodia blue sy sghe mba , r otond a e d r o g a ta ,
a ppic c ic osa c ome da titolo, r otta n e lla p a rte c e ntr a le da note di pia no e r u mo r i v a r i.
Asc olta te una dopo l’ a ltr a r e ndo n o p e r f e ttamente l’idea degli estremi (labi l i e s f o c a t i ,
a dir la verità) entro cui i due s i m u o v o n o :
e sa tta me nte a l gua do tr a me lodie d a p s ic h ede lia pop ’ 60 e spe r ime nta lismo in lo - f i, ma
con una accentuata attitudine g a r a g e e u n
retrogusto sfattone. Qualcuno l i h a d e f i n i t i
come l’incrocio tra i Guided B y Vo i c e s d i
Robert Pollard e i Black Lips. M a g a r i s i è
un po’ e sa ge r a to ma f or ma lme n te n o n s iamo lontani dal vero, anche se s a r e b b e r o d a
a ggiunge r e l’ a sse Roya l Tr ux e t s im ilia e
ge nte c ome Skip Spe nc e , ma sot te r r a ti s o tto
uno spe sso str a to di spor c iz ia . M a a d e s s e r e
pr ota gonista in U.S. Ez è la f r a mme n ta r ie tà
de lla pr oposta de i c a lif or nia ni: u n c o lla g e
più c he un a lbum, un gua z z a buglio d i a c c e nni da un pa io di minuti, spe z z e tta to , c a p r icc ioso, svoglia to e indole nte c he n e d imo s tr a
la volubilità ma a nc he la ge nia lità . A f a r d a
c or olla r io a que sta nuova f a tic a , e c c o la manie r a miglior e pe r inda ga r e a nch e le p r o d uz ioni “ minor i” ( e sc lusiva me nte n e l f o r ma to )
e intr ova bili ( e sc lusiva me nte per la q u a n tità ) de i due Sic Alps. A Long… co lle z io n a in
cd tutte le uscite in vinile e ca s s e t t a d e g l i
ultimi due a nni, a pa r tir e da ll’ e s a lta n te D e sc ription Of The Harbor dello s c o r s o a n n o .
Nulla di più, nulla di meno del già noto,
con l’aggravante che il risultato è ancora
più frammentato. Ma questa, si è detto, è
c o s a b u o n a e g iu s ta . Co mu n q u e s ia (7 . 2 /1 0 )
Sly & Robbie + Amp Fiddler - Inspiration
Information, Vol. 1 (Strut/Audioglobe,
28 ottobre 2008)
Genere: electro-orchestral-pop
È a lla f u r b iz ia d i Simo n Bo o k is h c h e s i p e n s a imme d ia ta me n te a s c o lta n d o Ev e r y thing /
Ev e r y thing . I l lo n d in e s e Simo n , in f a tti, a l
secolo Leo Chadburn, dimostratosi nelle
p r e c e d e n ti p r o v e a b ile mis c e la to r e d i e le ttronica e pop orchestrale, ammicca sempre
d i p iù a c h i s i c r o g io la n e l v e d e r e c ita ti i s u o i
r if e r ime n ti d e lla c u ltu r a “ a lta ” – o d iv e n u ta
ta le g r a z ie a in te lle ttu a li d e l s e c o lo scorso.
Lo fa costruendo atmosfere tardo-vittoriane,
citando Joyce e il suo Ulisse (Portrait Of The
Artist As A Fountain), costruendo piccoli cabaret, seguendo tecniche che furono di Glass
– e pensate che la sua prima uscita, di un paio
di anni fa, fu Terry Riley Disco. Il nostro si nutre
di synth pop da pillola indorata ma ha pure il
culto della ricercatezza, che ricerca seguendo orbite simili a Patrick Wolf (una su tutte:
Carbon) – di cui del resto è stato ed è collaboratore. Non si nega certo che con merito la
iniziale In The Flood sia finita nella tracklist
della radio in streaming di David Byrne; né è
sgraziato l’uso pervasivo che in questo disco
Bookish fa dei fiati, fatto che segna un netto sbilanciamento verso strumenti “suonati”
piuttosto che sintetici ed elettronici. Anzi,
proprio qui sta forse il vero interesse con cui
guardiamo a Everything/Everything, cioè al
“montaggio” dell’orchestrazione di tali ottoni, che sembrano dei veri e propri campioni
finiti in un missaggio a l la p to p . E n o n s tu p is c e c h e Simo n /L e o c o n c lu d a c o n u n s ile n z io
c h e ta n to s a d i c a la ta d e l s ip a r io , tu tto r etr o g u s to Eno ( Co lo p h o n ) . E in q u e s to g io c o
d i in c a s tr i, d i f ia ti, d i c u ltu r a n o v e c e n te s c a ,
d i in g le s ità e M itte le u r o p a , l’ u ltimo p e n s iero va al gioco stesso, e a quella cosa che
n o n p u ò c h e s o tte n d e r e u n p ro d o tto c o m e
q u e s to , p e n a il tr o p p o c h e s tr o p p ia : è l’ e le me n to lu d ic o , in ta tto , c o n c u i Ch a d b u r n a ss e mb la i p e z z i, c h e in th e e n d c i f a q u a s i
d iv e r tir e . (6 . 8 /1 0 )
Genere: reggae-soul
Se n s a to p e r s v a r ia ti mo t i v i c h e s p e t t i n o a l l a
r e d iv iv a Str u t l’ o n o r e e l ’o n e re d i p a t ro c i nare una collaborazione tra il detroitiano
A mp Fid d le r e la c o p p i a p ri n c i p e d e l l a ri tmic a in le v a r e . Pe r c h é i l p ro g e t t o o l t re p a s s a
le frontiere stilistiche e cronologiche e si
propone di congiungere mondi simili però
m a i t r o p p o c o m u n i c a nt i . P e r c h é l ’ i n c o n t r o
in a u g u r a la s e r ie “ I n s pi ra t i o n In fo rm a t i o n ” ,
v o lta a r iu n ir e in s tu d i o a rt i s t i e p ro d u t t or i c o i r is p e ttiv i e r o i. P e rc h é , d i n u o v o , u n o
scambio tra passato e presente si impone
c o me c if r a r ic o r r e n te d i q u e s t i a n n i e , “ l a s t
b u t n o t le a s t” , c h iu d e u n c e rc h i o : i n g i oventù il buon Amp fu illuminato sulla via
per Nassau, Bahamas, sede dei mitici studi
Co mp a s s Po in t c u i la S t ru t h a re c e n t e m e n t e
dedicato una succosa compilazione. Questi i
p r e s u p p o s ti d i u n d is c o re g i s t ra t o a K i n g s t o n
e g io c o f o r z a imme r s o n e l re g g a e , n o n d i m eno spruzzato da
F i d d l e r c o n a ro mi morbidamente
soul nella voce e
nelle tastiere. Il
re s t o c e l o m e t t on o u n o S l y e ffi c ace nel mescolare
b a s i d i g i t a l i e o rg a n i c h e , l a g o mmosa solidità del
basso di Robbie
e la p u n tu a lità s tr u me n t i s t i c a d i “ S ti c k y ”
Tho m ps o n e D a lt o n B ro w n e a p e r c u s s i o n i
e c h ita r r e . Piu tto s to u n i fo rm e n e l l ’i n s i e m e
( e d è l’ u n ic o s u o v e n ia l e p e c c a t o ), i l l a v oro fatica sulle prime a indicare uno o più
episodi in particolare; il susseguirsi degli
ascolti, nondimeno, premia col podio il
f le s s u o s o s e v e n tie s s o u l Bl a c k h o u s e, l a p i g r a e p r o g r a mma tic a fu s i o n e C r a z y D a y e
u n a I B e lie v e I n Yo u c h e i n p a rt e o m a g g i a e
in p a r te mo d e r n iz z a il t a rd o M a r v i n G a y e.
I l r is u lta to f in a le , c o m e s e m p re v o rre s t i d a
o p e r a z io n i d i ta l f a tta , s i ra c c o n t a s u p e ri o re
a lla s o mma d e lle p a r ti. M i s s i o n e c o m p i u t a .
( 6 . 9 /1 0 )
G a spare Caliri
Giancarlo Turra
Stefano Pifferi
Simon Bookish – Everything/Everything
(Tomlab, 21 ottobre 2008)
SA 109
RECENSION
Son Ambulance – Someone else’s deja
vù (Saddle Creek/ ottobre 2008)
G e n e r e : a lt - p o p
C h e s t r a n a s ensazione ascoltare l’ultimo
l avo r o d i S o n A mbulance. C he un “ a me r ic a n o ” , i n u n o dei significati più puri del
t ermi n e , c o n passati estremam ente e mo,
s i cu r a m e n t e i ndie, si m etta a guarda r e sog n an t e a l Br a sile, ad ispirarsi a S egio M e nd es e M a rc o s Valle e a prendere come padri
p u t a t i v i i n p a t r ia, Simon & G arfun ke l ( c e rt a m e n t e p i ù Art che Paul), fa davv ero uno
s t ran o e ff e t t o . E ppure, dopo quattro a nni di
p ro f o n d o si l e n zio, S on A m bulance tor na in
g ran c a r r i e r a con un lavoro, possa pia c e r e o
n o , i n n e g a b i l mente pensato, curato e inte ns o. I n t r o sp e z ione, autunnalita, da spia ggia
al t r a m o n t o . È che mette quasi a disagio c he
l ’ab b i a p a r t o r ito qualcuno nato in Ne br a ska
e n o n a R i o , a Salvador de Bahia o (male
c h e v a d a ) n e l la piovosa campagna inglese.
M et t e a d i sa g i o, anche perché, quella pa c at ezz a so p r a ff i na, quella sensibilità di tocc o e d i s c r i t t u ra, o la si ha dalla nascita o
d i ff i c i l m e n t e la si acquista sul campo. Pe na
è l ’e ff e t t o c h e lascia inizialm ente Some one
el s e d e j a v ù : quello di una cartolina a c c a nto
a un a f o t o g r a f ia. Q uella puzza di “wa nna b e”, c h e “ n o n ci sono nato, m a vorre i a ppari re” … D a a p p rezzare, com unque, ch e Josep h K n a p p c i p r ovi, e, a grandi linee c i r ie sc a
anch e a su o n a re come, a risvegliare se ntor i.
Tant o c h e p e r qualcuno, il soggetto, s a r à uno
d ei d i sc h i d ’ a t m osfera (anche tropic a le ) più
azze c c a t i d e l l ’ anno. D ebutta addirittur a c on
u n a g o d i b i l i ssima sim il samba, per p oi butt ars i i n b a l l a t o ne nostalgiche (e qui e ntr a no
i n g i o c o p r e p otentemente i già citati Sim on
& G a r f u n k e l , con tocchi am m odern iz z a nti
d i F l a m i n g Li p s) e Il risultato è comunque
s em p r e c o e r e n te con se stesso, mai esa ge r a zi on i , m a i c a dute in souvenir da ba nc a r e ll a. I n n e g a b i l e la presenza di tocchi di c la ss e c o m e C o n stellations e Juliet’s s on… ma
s o n o l e e c c e z i oni che confermano la regola:
q u an d o i l “ n o s tro”, i “nostri” si me ttono a
s uo n a r e c o se c he son portati a fare, i r isult at i si v e d o n o . Tanto che il disco c ontinua
s u q u e st a f a l sa riga, azzeccatissim a, a nda nd o a sc o m o d a r e, in Aw akening, addir ittur a i
Pi n k F l o y d . P eccato per la conclusione c onfu s io n a r i a , se nza troppa “coda”, che la sc ia
un senso d’incompiuto al lavor o . M a i n f i n
de i c onti, se l’ a lbum più intimis ta d i Br u c e
Spingste e n è intitola to pr opr io Ne b r a s k a . . c i
sa r à un motivo. ( 6.0/10)
M a r c o C a n e pa r i
Squarepusher – Just A Souvenir (Warp,
27 ottobre 2008)
G e n e r e : b r e a k b e at j a z z - c o r e
Squa r e pushe r me e ts Fant ôm as . I�����������
l b r e a k b eat che sposa il jazzcore, o l’ele t t r o n i c a d e i
maestri Warp che si affianca al f u n k , o u n
qualsiasi altro genere che tenta d i s p o r c a r s i
c on una pr e sunta pa tina di novità . L’ e s te tic a
di Tom Je nkinson la c onosc ia m o d a mo lto
e sia mo a bitua ti a l suo ba sso c h e s la p p a d i
qua e di là; ma se con i lavor i p r e c e d e n t i
r iusic va a ge stir e - tr a le a ltr e c o s e - u n ’ e te rogeneità che si risolveva in ris u l t a t i s o n i c i
coesi , i n q u e s t o
nuovo i l r a g a z z o
pa r te p e r la ta n ge nte d e lla v is iona r ie tà .
Come s e i Ba t t le s av e s s e r o v isto l a m a d o n n a .
Come s e Ph ilip
Dic k f o s s e migr a to p e r q u a lc h e
istant e i n s t u d i o .
I l ‘ so u v e n ir ’ lasc ia pe r ple ssi e a d ogni a sc olto il s o ttile
confine tra noiosa verbosità e as p e t t a t i v a d i
‘ qua lc osa di nuovo’ non sc ompa r e . I n b ilic o
su un post- lounge à la St e re olab (S ta r Tim e
2) , un f unky 80 c on de i be i vo c o d e r (Th e
Coathange r) , un blue s noise e le ttr if ic a to e
distor to ( De lta- V) , un punk pe r il p r o s s imo
disc o di Be c k ( Plane t Ge ar), s p e e d m e t a l
(The Glass Road) e a ltr e sonor it à d is p a r a te ,
perdiamo l’orientamento: ma no n n e l m o d o
dionisia c o e spe nsie r a to c he potr e mmo s e n tir e a sc olta ndo un buon f r e e ja z z o d e ll’ h a r d
core.
Qui la dir e z ione va ve r so l’ a r t e f a tto e g li
ascolti ripetuti rivelano tutti i m e c c a n i s m i
e sse nz ia lme nte pop di que sto p r o c e d e r e
c ompositivo: str a ti di la ye r s c he r ic h ia ma n o
da dista nte l’ e spe r ie nz a Tor toise , ma c h e in
f ondo si r ive la no ma ttonc ini pr iv i d i a n ima .
For se è que sto il me ssa ggio c he s p u n ta d a lle
c o r d e d e l b a s s o d i J e n k in s o n : l’ e le ttr o n ic a è
s e m p r e p i ù u n a f a c c e n d a p e r d u r i . Tr o v a r e
q u a lc o s a d ’ in te r e s s a n te è s e mp r e p iù f a ticoso, così ci si ritira in un mondo fatto di
visioni (vedi la descrizione della genesi del
d is c o , u n ‘d a y d re a m a b o u t w a t c h i n g a c r a z y,
b e a u tifu l ro c k b a n d p la y a n u ltr a - g ig’ ) c h e
c o n la p r e s u n ta p a tin a d i e r e mita g g io me d ita tiv o , d o v r e b b e r o in q u a lc h e mo d o c o n s eg n a r e a l p o p o lo d e ll’ in d ie tr o n ic a il n u o v o ,
lo s c a r to d a l ma in s tr e a m. A lle v o lte è meg lio r e s ta r e a n c o r a ti a i g e n e r i, o p e r lo me n o
p e r e v a d e r e la s ta n d a r d iz z a z io n e il p ia n o d i
f u g a d e v ’ e s s e r e r iv is to . D ir e tta me n te in p r igione e senza passare dal via. Aspetta un
tu r n o To m. ( 5 . 8 /1 0 )
Marco Braggion
Ten Kens – Self Titled, (Fat Cat /
Audioglobe, ottobre 2008)
Genere: new grunge
D o p o l’ e x p lo it d e g li A rc a de F ire il Ca n a d a
è d iv e n ta to u n te r r e n o f e r tile p e r c e r c a r e la
n e x t b ig th in g e i q u i p r e s e n ti Te n Ke ns r a p presentano proprio il tentativo fatto da Fat
Cat di promuovere e sponsorizzare i nuovi
eroi del rock.
L a s c o mme s s a è d i q u e lle d a g io c a r e e p e rc h é s e d a u n la to i Te n K e n s h a n n o tu tte le
c o s e a l p o s to g iu s to p e r s f o n d a r e , d a ll’ a ltr o n o n d a n n o l’ imp r e s s io n e d i a v e r e a n c o r a
le idee chiarissime e spesso passano da un
e s tr e mo a ll’ a ltr o , d e p is ta n d o u n p o ’ tr o p p o
l’ascoltatore. Il problema forse è che una
p r ima v e r s io n e d i q u e s to d is c o e r a g ià c irc o la ta in Ca n a d a e q u e s to Se lf Title d me tte
u n p o ’ le c o s e a l p o s to g iu s to , ma n o n s i c a pisce bene quali siano i brani più recenti e
q u e lli p iù d a ta ti, p e r c h é r ic o r d ia mo lo l’ in iz io d e l p r o g e tto Te n K e n s d a ta 2 0 0 3 q u a n d o
D e a n T z e n o s e D a n Wo r k m a n i n i z i a r o n o a
c o lla b o r a r e . L a f o r mu la mu s ic a le p u ò e s s e r e
r o z z a me n te d e f in ita c o me u n a f o r ma a b b as ta n z a p s ic h e d e lic a e f o lk d i n e w g r u n g e . I
c h ita r r o n i d i Se a ttle e c h e g g ia n o q u a e la , tr a
le p ie g h e d e l d is c o e s o n o a n c h e g li e p is o d i
c h e r ic h ia ma n o p iù a tte n z io n e . Pa r e d i s e n tir e i QOTSA d i J o h n H o mme n e lla s p a g n o le g g ia n te f o llia d i S p a n is h F ly o n e lla n e n ia
me s s ic a n a d i Th e A lte r n a te B ik e r . U n s e n s i b ile u mo r e a n n i ’ 9 0 c a r a tte r iz z a la d e me n z a
p o p u n p o ’ Supre m e D ic ks , u n p o ’ N ir v a na ,
u n p o ’ We e z e r d i P ro d i g a l S u n . L’i rre s i s t i le Wo r th le s s & O v e r s i m p l i f i e d Id e a s s e m b r a f a r e il v e r s o a g li S to n e Te mp l e Pi l o ts ,
con quel ritornello così macho, così rock,
c o s i d is to r to . E a n c o r a e c h i d i S o u n d g a rde n ( q u e lli p iù p s ic h e d e l i c i d i S u p e r u n k no wn) in Th e W h o re Of Re v e l a t i o n e n e lla s u p e r d a r k ( e p a r e c c h i o i ro n i c a ) I Re a l l y
H o p e Yo u G e t To R e tire. Li d o v e i Te n K e n s
s b a tto n o i p e d a li e p e s ta n o d u ro e n t u s i a s m ano decisamente, anche perché non credo si
s ia n o ma i s e n tite c h ita rre ro c k c o s ì s a t u re
n e l c a ta lo g o Fa t Ca t. La s c i a n o i n t e rd e t t i i
te n ta tiv i p iù f o lk c h e r e s t a n o s e m p re a m e t à
s tr a d a tr a u n a v e r s io n e p i ù g o t i c a d e g l i A rc a d e Fir e (B e a r fig h t) o m e n o p r o f o n d a d e i
Bla c k He a r t P ro c e s s io n (Re f i n e d) . U n b e l
d e b u tto s u c u i la Fa t C a t c i h a v i s t o g i u s t o ,
ma il g r u p p o s i d e v e a n c o ra fa re p e r b e n e l e
o s s a . (7 . 0 /1 0 )
Antonello Comunale
The American Dollar – A Memory Stream
(Yesh Music, 19 agosto 2008)
Genere: ambient
A d u n a n n o d a The Te c h n i c o l o u r S l e p p,
T h e A me r ic a n D o lla r t o rn a c o n u n d i s c o
d a lle s o n o r ità ta n to c o i n v o l g e n t i q u a n t o e ff ime r e . U n in tr o ( Th e S l o w Wa i t 1 ) d a l l e d e licate venature ambient memori dei progetti
passati, in cui facilmente e piacevolmente
p e r d e r s i tr a v o lti d a lle g e l i d e s o n o ri t à d i u n
G lo c k e n s p ie l c h e s in u o s a m e n t e s i p l a s m a e
a tratti prende forma; un loop di piano in
p r ima f ila e u n a c h ita rra d a i t ra t t i s o g n a n ti, u n ’ a p e r tu r a c h e s u cc e s s i v a m e n t e c a m b i a
f a c c ia a tr a tti r e g is tr o n e g a n d o n e l ’e s p re ss io n e (Th e S lo w Wa it 2 ). S l o g a n d i u n a res u r r e z io n e in s tile e f o rm a , p e r q u e s t e p ri m e
due tracce del disco, resurrezione che non
d ime n tic a il p a s s a to m a s i i n c o n t ra -s c o n t ra
c o n le e n e rg ic h e la c e r at e c o d e p o s t -ro c k d i
B u m p e le in f lu e n z e el e t t ro n i c h e d a l l ’e t er e o s a p o r e g litc h ( I n te r m i s s i o n ). U n a n e o n a s c ita c h e g io c a c o n l a fo rm a c o m p o s i t i v a
p e r s o v r a p p o s iz io n i d i d ro n e s , s y n t h , b a tterie e rumori candidi, alla ricerca di una
n u o v a in d iv id u a lità (I n t e r m i s s i o n , L i g h t s
D im ) , c h e s i l a s c i a t r a v o l g e r e d a l l a l i b e r a
in te r p r e ta z io n e a i lim i t i d e l l ’i m p ro v v i s az io n e (Tr a n s c e n d e n c e ) .
Una sorta di esperienza parallela che gira
SA 111
RECENSION
a t u t t o t o n d o r iscoprendo le prim ordia li r is on a n z e d a l l ’ anim o più concreto, ma in c ui
l ’es se n z a v i t a le facilm ente leggibile di un
p o s t- r o c k d a c atalogo spesso finisce pe r a vere l a m e g l i o (A nything You Synthesize ,We ’ re
H i t t i n g E v e r y t hing ).
Con u n p r i m o ascolto in cuffia da cui r iman ere r a p i t i , i n cui cercare un im m agine , uno
s paz i o e u n a f orm a, non mancherete di tr ov are r i d u z i o n e del suono, im provvise e splos i o n i d i c r e s c ente tensione, i tappeti sonori,
l e m e t a f i si c h e atm osfere nordiche stile Sig u r R o s e u n a certa continuità sinfon ic a c he
a t ra t t i d i se g n a moti ondulatori.
A l l o t a n a r s i da un format ormai definito
col q u a l e i m aestri hanno dettato ev oluz ion i t a n t o p e r so n ali quanto rituali (ve di M og wa i ) p u r t r o p po è difficile: la soluzione è
f o r s e u n a n u o va partenza senza passare dal
v i a, e c c o l ’ a n t idoto! (6.5/10)
Sara Bracco
The Stills – Oceans Will Rise (Arts &
Crafts / Audioglobe, 29 settembre 2008)
Genere: pop rock
C’è q u a l c o sa che non quadra in questo te r z o
al bu m d e i c a n a desi T he Stills. È la ma nc a nza d i si c u r e z z a su quale direzione intr a pr e nd e r e , i l n o n f ocalizzare bene il percorso. E
n o n è so l o d o v uto alle differenze inte r c or se
t r a u n a l b u m e l’altro. Il fatto è che con
Oce a n s Wi l l Rise i N ostri dim ostra no tutt a l a l o r o i n si c urezza. G li U 2 rappre se nta no
s e m p r e i l p u n to di riferimento cui mirare,
m a p e r q u e l sa lto nel mainstream g li Stills
n o n s e m b r a n o ancora pronti. E non perché
n o n n e si a n o c apaci: le canzoni prese sing o l a r m e n t e a v r ebbero tutte le carte in r e gol a p e r d i v e n t a re tormentoni mtviani anche
q u a l i t a t i v a m e nte dotati.
L’ i m p r e s s i o n e è che non lo vogliano fare,
p er n o n p e r d e re quel prefisso “ind ie ” dav ant i a q u a l si asi etichetta ne segua: c he sia
ro ck , sh o e g a z e, emo, post punk poco c onta .
D o d i c i t r a c c e patinate e laccate, sporcate
q u a e l à d a s uoni che scimmiottano, in un
g i o c o d i sp e c c h i fine a se stesso, quel sottob o s c o m u si c a l e distante anni luce, pur tr opp o . U n p o ’ d i coraggio in più, in q ua lsia si
d i re z i o n e , n o n guasterebbe affatto. ( 4.5/10)
Andrea Provinciali
The Streets – Everything Is Borrowed
(Sixsevenine, 29 settembre 2008)
Genere: thirtysomething brit-hop
Ar r iva l’ a lbum de lla ma tur ità p e r Skinne r .
Dopo a ve r r a c c onta to de lla sua v ita d a f u mato/disoc c uppa to/a ssisito tutto p la y s ta tio n e
vita da str a da . Dopo e sse r dive n ta to f a mo s o
e d a ve r tr a sf or ma to la sua se nsa zio n e d i in a deguatezza in una sorta di music a l d a s t r a d a .
Dopo aver raccontato dello star s y s t e m c h e
f uma e si dr oga più di lui. Dopo a v e r c h iu s o
la sua e tic he tta e vide oblog (Bat Ste v ie) n e l
2008. L’ex ragazzo fa 30 e div e n t a u o m o .
E con il cambio dal 2 al 3 si p a g a p r e z z o
d’umiltà, perché la sensazione è q u e l l a d i
avere ancora al massimo un alt r o c o l p o d a
spa r a r e ( ve di la sua dic hia r a z io n e s u Yo u tube ne l vide o di pr e se nta z ione a ll’ a lb u m) .
Dunque. Dopo aver scisso la su a v i t a d a l l a
rappresentazione del suo ‘sè ar t i s t a ’ , o r a i l
giovane vecchio ci racconta ch e t u t t o è i n
prestito.
Lui or a ma i è il pe f e tto a ttor e c h e in c a r n a la
c ommon pe ople di Bir mingha m. U n a ma ttin a
ti svegli e lo sai, ti vengono a bu t t a r f u o r i d i
c a sa , in I nghilte r r a f a nno c osì, c o me in u n
f ilm di Ke n Loac h. Arrivano e t i s b a t t o n o
fuori in task force, e lui ce lo r a c c o n t a c o n
que l c a mpiona me nto di f ia ti (Ev e r y t h i n g I s
Borrowe d) che più fiero e tenero n o n s i p u ò .
Noi siamo con lui. La metafora è p e r t u t t i
noi europei decadenti. Mike è i n g r a d o d i
gioc a r e c on poc hissimo. Ve di gl i a ltr i v id e o
sul tubo: The Esc apist è una r o b a à la I n t o
The Wild. Lui in solitaria camm i n a f i n o a d
arrivare ad un cliff sul mare.
È quella la canzone dove pens a v a d i a v e r
finito, che la fine fosse vicina . P e r q u e l l a
canzone s’è preso però un’orch e s t r a i n t e r a ,
a nc he que lla un a r r a ngia me nto in p r e s tito . I
Lov e You M ore ( Than You Lik e M e ) p a g a p egno a i suoi tr a sc or si c on/ne lla c u ltu r a n e r a
br ita nnic a : pia nola tutto r a gtime d a n c e h a ll
e il testo, la solita storia nerd , r a c c o n t a t a
con il giusto fatalismo di chi s a d o v e s t a
e qua nto può c hie de r e ( a lla vita ) . L e s o n g s
non sono tutti a ssi ne lla ma nic a , ma d i s ic ur o il poke r r ima ne .
L’ uomo sor pa ssa in gr a n spolve r o q u e ll’ in de c isione tr a ‘ tutto te sto’ o ‘ tu tta f a s c in azione’, coniugando sapientemen t e i l s u o n o
con la narrazione: piccole stor i e c h e s o n o
a n c h e n o s tr e , a n th e m p e r la g e n e r a z io n e c h e
esce dalla tardoadolescenza e approda alla
maturità (e qui fischiano le orecchie agli
A m a r i, p e r c h é ‘ q u e llo c h e r ima n e è l’ a more’).
U n a s e n s a z io n e p r o f o n d a me n te b r it, u n tele g r a mma p e r la w o r k in g c la s s in g le s e :
s a p p ia mo d o v e s tia mo e c a mb ia r e è d u r iss imo , f o r s e imp o s s ib ile . Fa r s e ne una ragione è
il mo to r e d i tu tte le e s p r e s s io n i
c r e a tiv e e mu s icali del Regno.
Sk in n e r è q u e s to .
Ce n to c o me lu i in
o g n i n a z io n e . A n che uno per noi.
E non chiamatelo
D a rg e n . D e lle s u e r u ff ia n a te c o o l d a r a g a zzetto ce ne facciamo veramente poco. Che ci
f a c c ia u n v id e o c o me B lin d e d B y Th e Lig h ts
e p o i n e r ip a r lia mo , o k ? Fa tti s o tto , D ’ A mic o . ( 7 . 0 /1 0 )
Ed o a r d o B r i dd a e M a r c o B r a g g i o n
The Record’s – Money’s On Fire
(Autoproduzione, ottobre 2008)
Genere: garage
U n ’ a u to p r o d u z io n e . U n ’ o p e r a c h e in te o r ia
n o n d o v r e b b e n e mme n o tr o v a r s i q u i. E p p u r e
la q u a lità d i M o ne y ’s O n Fir e d e i b r e s c ia n i
T h e R e c o r d ’s è a l t a , a l t i s s i m a , t a n t o d a f a r c i
pensare al disco in questione come ad uno
d e i mig lio r i e s o r d i d e ll’ a n n o . Si p a r la f o n d a me n ta lme n te d i g a r a g e n e i q u a r a n ta min uti d i p r o g r a mma , r o b a , in s o mma , d a g io v a n i
rampanti e pieni di incazzatura. E fin qui
nulla di strano.
L a n o v ità r is ie d e n e l f a tto c h e lo s i f a a n tep o n e n d o l’ e c le ttis mo a lla s e mp lic e ir r u e nza, la ricercatezza nella stesura alla voglia
d i s c o r tic a r e la c h ita r r a , la c o n s a p e v o le z z a
a lla r ib e llio n e s v a g a ta tip ic a d e i te e n a g e r s .
Sembrerebbe scontato e invece non lo è,
s o p r a ttu tto q u a n d o s i f r e q u e n ta n o te r r ito r i
mu s ic a li le g a ti a f ilo d o p p io a lla v a r ia b ile anagrafica. Pierluigi Ballarin, Gaetano
Po lig n a n o e Pie tr o Pa le tti s o n o b r a v i a r ielaborare la materia in maniera personale,
sfruttando una molteplicità di riferimenti
– e q u e s to è il v e r o v a l o re a g g i u n t o - a n c h e n o n d ir e tta me n te r i c o n d u c i b i l i a i l u o g h i
c o mu n i d e l g e n e r e : s e Ru d y c i t a i Vi n e s d i
q u a lc h e a n n o f a in ma n i e ra a b b a s t a n z a d i d a s c a lic a , Clo u d s A re Mo v i n g è n e w w a v e
a r io s a e c o in v o lg e n te , Mo n e y ’s O n Fi re è
un singolo elettro-acustico praticamente
p e r f e tto , A Little Co n t e n t h a i l g e r m e s o u l
d i Va n M o r r is o n d i s t e s o s u u n t a p p e t o d i
c h ita r r e e le ttr ic h e , B ig Ti m e Mo a n e r è u n a
b a lla ta a c u s tic a tr a D a v i d B o w i e e S y d B a rre t t , Ca n n o t S le e p a b b r a c c i a i S i x t i e s i n g l e s i p a r te n d o d a i N o v a n ta . A d a re u n a m a n o i n
f a s e d i p r o d u z io n e c ’ è Gi o v a n n i F e rra ri o , a l
s o lito e s e mp la r e n e l d o n a re a g l i a rra n g i amenti il giusto peso e al disco una patina
d i r is p e tta b ilità . Pe r u n ’o p e ra s o rp re n d e n t e
c h e p ia c e r à a n c h e a c h i , g i à d a u n p o ’, n o n
t r a ff i c a p i ù c o n i f u r i b o n d i s b a l z i o r m o n a l i
d e ll’ a d o le s c e n z a . ( 7 . 0 /1 0 )
Fabrizio Zampighi
These Arms Are Snakes - Tail Swallower
And Dove (Suicide Squeeze, 2008)
G e n e r e : m at h - c o r e - r o c k
G li e p T his I s M e a nt To H u r t Yo u e Li k e A
Vir g in ( H y d r a h e a d ) , n o n c h é i d u e p re c e d e nti fu ll le n g th - O x e ne e rs O r Th e Li o n S l e e p s
W he n I ts Antilo p e G o H o m e e E a s t e r - a v e v a n o g ià d e tto tu tto d i q u e s t a b a n d , d i s c o g raf ic a me n te a ttiv a d a a lm e n o u n q u i n q u e n n i o .
L a n o v ità s a lie n te , p e r i 4 d i S e a t t l e , s t a fo rs e p iù n e l c a mb io d i e ti c h e t t a (h a n n o a b b a nd o n a to la J a d e Tr e e ) c h e i n q u e l l o d i s u o n o .
U n s u o n o c h e Br ia n C o o k , C h ri s C o m m o n ,
Ry a n F r e d e r i k s o n e S t e v e S n e r e c o l t i v a n o
a ll’ o mb r a d i g r a n d i v e c c h i d e l p o s t h a rd c ore dei Nineties. Quelli che ebbero capo ai
D r iv e Like J e hu, in p r i m i s , o a n c h e a e s p er ie n z e a d e s s i c o r r e la te (Pi tc h fo r k e N i g h t
So il M a n ) . U n a s o ttile v e n a p s i c h e d e l i c a s i
in s in u a , a tr a tti, n e lle ri fl e s s i o n i - a g i t e c o n
ma e s tr ia e v o lu me tr ia d e i s u o n i (a c c u ra t ame n te d r a mma tiz z a ti, e v o c a t i v i , t e a t ra l i ) c a n ta te d a i n o s tr i. Le a d Be a t e r, p e r d i r n e
u n a , c h e r e c ita n d o i v ers i ‘m y n e r v e s s h a k e
h a lf e x p o s in g ’, o ff r e d e l l a b a n d u n a p a ra digmatica e sintetica descrizone musicale.
Nonché indiretta dichiarazione di intenti.
Prendere l’ascoltatore per mano, condurlo
attraverso divaganti e vaporose esposizioni
e n p la in a ir , p e r p o i t r a m u t a r n e l o s t u p o r e
SA 113
RECENSION
i n sg o m e n t o ( quello vissuto da testi criptici
e v i si o n a r i , m e diante dilatazioni armonic he
i m p r o v v i s e ) è cosa di cui questo pugno di
c o m p o n i m e n t i è capacissima.
Ed è q u e l c h e p untualmente accade in Ethric
Dou b l e , c h e n eanche si addentra ne i pa ssa t i de l S a n D i e go sound della band, pe r unc i n a r n e i n v e c e gli scarti esecutivi prog (in
s en so l a t o ) a d una m aglia emotiva me nte
s t r i t o l a n t e ( d i suoni ed immagini visive),
cui f a d a c o r r edo un piglio lisergico soff uso
ed a n g o l a r e a s sieme. They write the songs
a n d y o u si n g the passages at night, recita
u n a so n g . P e r f e tta m etafora per la posologia
d i u n su o n o v e cchio-nuovo quale que llo de i
Th e se A r m s A re S nakes . (7.0/10)
M a ss i m o P a d a l i n o
The Vox - The Woman Who Lives In The
Aeroplane ep (Anomolo Records, luglio
2008)
Genere: rock
C h e n o n p a s si inosservato, questo ep di
e s o r d i o d e i T he Vox, quartetto da Ancona
s bo c c i a t o d a u n a giovanile infatuazione Oas i s m a p i ù a v anti vivaddio illuminato sulla
v i a d e l r o c k a lbionico più turgido, di que llo
p er i n t e n d e r si che im perversava al c r oc icchi o t r a se ssa n ta e se t t a n t a .
Se i Beatles - soprattutto quelli più scellerati e acidi della fase tarda - sono punto
di riferimento conclamato, le adrenalinic h e e ff u s i o n i b l u e s r i m a n d a n o s e n z ’ a l t r o
a l l ’ i m p e t o Te n Ye a r s A f t e r , c o s ì c o m e n o n
si escludono influenze da parte di fighetti
trogloditi quali Small Faces e i primi Kinks. Ma non sto parlando della solita banda
f u r b e t t a a b a s e d i n o s t a l g i e m u ff o s e , c h é
così fosse non ne parlerei proprio: l’hic et
nunc si esplica bello tosto, con spasmi &
deliri che bazzicano le recenti fregole british (dai Bloc Party ai Franz Ferdinand
passando da certi garruli invasamenti Sup e r g r a s s ) v e n a t i t a l o r a d i a n g o s c i o s e sott i g l i e z z e i n d e rapage tra Ku la S h ake r e –
m a g u a r d a u n po’ - R ad ioh ead. S opr a ttutto,
q u e s t o b i g l i e t to da visita in cinque pezzi
o ri g i n a l i a b b o z za una personalità cui pr e me
m o st r a r e t u t t a la contagiosa veemen z a , f r eg and o se n e d i sem brare en vogue o d e modé .
R i s u l t a n d o p erciò gradevole e im mediata
com e l a p a c c a sulla spalla del tuo miglior e
a mic o. Qua si dime ntic a vo: dow n lo a d g r a tis
via Anomolo r e c or ds. (6.8/10)
Stefano Solventi
Thievery Corporation – Radio
Retaliation (ESL / Audioglobe, 23
settembre 2008)
Genere: chill-out
L’inizio con la sirena ‘house n a t i o n ’ è u n
fake. La Thievery non cambia r o t t a , a n z i
pr opone il solito disc he tto bu o n o p e r a cc ompa gna r e c e ne a lume di c a nde la o b r u n c h
da va nti a un c oc kta il f r e sc o. No n c h e n o n c i
sa ppia no f a r e , a nz i gli ingr e die n ti c i s o n o
tutti: l’ e sotismo india no di M a n d a la , i l
r oc kste a dy dub di Radio Re talia tio n, l’ e le ctr o soul di Vampire s, qualche a c c e n n o d i
bossa , la ba lla d me lo in f r a nc e se (La F e m m e
Paralle l) e un buon nume r o di e ff u s io n i ‘ d i
protesta’, buone per la prossim a f e s t a d e l
PD ( El Pue blo Unido ).
Ave r e la te c nic a non vuol dir e po r ta r e a c a s a
il r isulta to. Qui si r iva nga no solo r itmi p o s tlounge che hanno decisamente s t a n c a t o , i n
più c on la spoc c hia da f inti DJ ‘ d i s in is tr a ’
( se que sta e tic he tta ha a nc or a un s e n s o ) . Pe r
i ge stor i di lounge ba r va le un 6 . 0 , p e r tu tti
gli a ltr i un (4.5/10)
Marco Braggion
Travis – Ode To J. Smith (Red Telephone
Box / Cooperative, 10 ottobre 2008)
Genere: pop, rock
E’ un da to di f a tto: da In Rainb o ws in p o i è
sor ta una r itr ova ta e indisc utibile v o g lia d i
autogestirsi in tanti artisti vecc h i e n u o v i ,
ben felici di mandare a quel pae s e l e o r m a i
obsolete logiche e tempistiche d i m e r c a t o
pr e nde ndosi c a r ic o di pr oduz io n e e d is tr ibuz ione . Se que sta spe c ie di r ito r n o a ll’ a u tarchia indie sia sempre e nece s s a r i a m e n t e
un bene è un po’ presto per valut a r l o ; v e d i i l
c a so de i Tr a vis, r ie me r si poc o più d i u n a n n o
f a c on The Boy With No Name e o r a n u o v a me nte in pista c on il pr ove r bia le d is c o is ta nta ne o, f a tto – qua si – in c a sa e d e tta to , p a r e ,
da ll’ urge nz a de l mome nto. Ne ss u n G o d r ic h
sta volta ( ta ntome no Eno) , né un a ma jo r a lle
spa lle : Ode To J. Smith, or ma i alb u m n u mer o se i, vuole e sse r e in f or ma e s o s ta n z a u n
bac k to basic s a i te mpi di All I Wa n n a D o
I s Roc k ( vie ne r e susc ita ta pe r f in o la p ic c o la
la b e l d i a llo r a , Re d Te le p h o n e Bo x ) . Co s ì s i
la s c ia n o in a p p a r e n z a le f o r tu n a te , g r a z ios e e g io io s e b a lla te p o p e s i r ip r e n d o n o in
ma n o le c h ita r r e d is to r te d i G o o d Fe e ling ,
c o n a r r a n g ia me n ti s u mis u r a p e r f o r ma z io n e
e le ttr ic a ( l’ a p r ip is ta Ch in e s e B lu e s , lo s tu c c h e v o le e r id ic o lo b r a n o o mo n imo , c o n q u e l
c o r o d a Ca r m in a B u r a n a ) . M a p u r e s e Bro k e n M ir ro r r ie c h e g g ia c u r io s a me n te i N irv a n a p iù n a r c o le ttic i ( ! ) n o n è p r o p r io c o s ì,
v is to c h e La s t Wo rd s r is p o lv e r a il b a n jo d i
S in g , G e t U p r ip r e n d e – f u n k e g g ia n d o - d o v e
a v e v a la s c ia to S id e e in g e n e r a le il s e n s o
melodico di Fran
H e a ly r e s ta , in equivocabilmente,
p o p ( la g r a d ev o le
S o m e th in g
A n y th in g,
una
Q u ite F re e c h e
pare uscita dal
c a n o n e d e i R ide
b u c o lic i,
a lte zza Going Blank
Ag a in) . I n s o mma , c o me r o c k e r i Tr a v is n o n
convincono neppure se stessi, e di indie
c o s e c o me F r ie n d s e S o n g To S e lf ( U 2 e
Co ld p la y, r ie c c o li q u a ) h a n n o in r e a ltà b e n
poco. E allora? Nient’altro che un disco
c o me - i lo r o – a ltr i, g iu s to u n p a io d i s p a nn e s o tto lo s ta n d a r d . (6 . 3 /1 0 )
Antonio Puglia
Tv On The Radio – Dear Science, (4AD /
Self, 19 settembre 2008)
G e n e r e : d i g i ta l s o u l
T v O n T h e Ra d io a tto te r z o . Si c h ia ma D e a r
Sc ie nc e , c o m e l ’ i n i z i o d i u n a l e t t e r a , c o n
t a n t o d i v i rg o l a , s f u g g i t a p r o b a b i l m e n t e
q u a n d o s i è tr a tta to d i e la b o r a r e la g r a f ic a d i
c o p e r tin a . Sta i a v e d e r e c h e p e r ò l’ o mis s ion e è v o lu ta . . . I n iz ia c o n H a lfwa y H o m e c h e
è un chiaro mid tempo wave pop alla loro
ma n ie r a c o n la p r o d u z io n e d i D a v id A n d r e w
Site k in r is a lto c o me n o n ma i. Be lla , le v ig a ta , p r o ta g o n is ta d e l s o u n d , me s s a in e v id e n z a a p r e n d e r s i tu tta l’ a tte n z io n e . I T v O n
The Radio avevano annunciato che questo
sarebbe stato il loro disco dance e quindi
la p r o d u z io n e s i a d e g u a . Co n u n ’ e le ttr o n ic a
densa e spessa come mai in precedenza e i
b e a t b e lli g r a s s i d e lle r itmic h e . I l p r imo b r a-
n o d ic e g ià tu tto in s o m m a . La b a n d d i B ro o k l y n f a i l p r o p r i o i n g r e s s o u ff i c i a l e n e l l a
s o c ie tà d e l p o p r o c k c on t u t t o l o c h a rm e c h e
è n e c e s s a r io : o v v e r o c o n u n a g ra n p ro d u z i one e un generale ammorbidimento, che nel
lo r o c a s o s ig n if ic a s mu s s a re g i u s t o q u e i t re
o quattro angoli indie che li rendevano un
p o ’ ru v i d i . In s o mm a , c i p ro v a n o u n
p o ’ c o n i l ra p d i
Dancing Choose,
ma sarà un caso,
si va subito a parare dalle parti
d i Pr i n c e, l a c u i
ombra gigantesca
c o p re q u a s i t u t t o
il disco.
E rg o f u n k e g g ia me n ti m o rb i d i s s i m i e ro t o ndità sexy ma senza inquietare troppo, come
n e l p r i m o s i n g o l o G o l d e n A g e o i n R e d D re s s
su cui danno la mano gli afro-funkers Antibalas. O ancora l’irresistibile Kip Malone
in falsetto gay di Crying, e le ariette quasi
r ’ n ’ b d e l l a p i a n i s t i c a F a m i l y Tre e o d e l l a
c o n c l u s i v a L o v e r ’s D a y f o r t e d e l l a c o l l a b o razione di Katrina Ford (Celebration). Un
lavoro di fino, insomma, dove l’animalità
negra viene costantemente tenuta a bada.
Una cosa che farà storcere parecchi nasi.
L e v o c i d i Tu n d e A d e b i m p e e K i p M a l o n e
si adeguano ai ritmi e alle melodie, che è
un po’ diverso dallo stile del passato dove
era semmai tutto il contrario.
Un disco furbo ma senza darlo a vedere.
Patrick Bateman, il serial killer yuppie di
American Psycho, andrebbe pazzo per un
lavoro del genere. Cosa esce fuori da tutti
quei teoremi e da quelle analisi approfondite su sane icone pop anni ’80 come Huey
Lewis e Phil Collins? Pat Bateman, l’uomo che diventa fan dei Genesis a partire
d a D u k e , “ p e r c h é i d i s c h i p re c e d e n t i s o n o
tr o p p o in te lle ttu a li” ?
L’ e s te tic a d i Pa t Ba te ma n è t u t t a e d o n i s m o e
e a s y w a y o f lif e . D e a r S c i e n c e ri s p o n d e a l l e
s te s s e le g g i. O mo g e n e o e c o m p a t t o , l a d d o v e
i p r e c e d e n ti e r a n o s e mm a i t ro p p o fra m m e nta ti, ma s e n z a e c c e s s iv e p u n t e d i g e n i o (n o
S ta r in g A t Th e S u n o Wo l f L i k e Me s t a v o l t a ) .
U n la v o r o p e n s a to a p p o s i t a m e n t e p e r g a ra ntir e u n a s c o lto p ia c e v o l e , s a l o t t i e ro , d a y u pSA 115
RECENSION
p i e i n se r i t o c h e ti mostra la sua bella c a sa e
t u t t i i su o i d i sc hi rigorosamente in c ompa c t
disc.
Un d i sc o c o mplessivamente ben p e nsa to,
b e n f a t t o , b e n suonato, che si piace prima
anco r a d i p i a c e re agli altri. D ear Sc ie nc e , è
u n d i sc o “ p i a c ione”. (7.0/10)
Antonello Comunale
Ulna – Frcture (Karlsrecords, 2008)
Genere: Elettronica / Elettroacustica
To rn a a l n o st r o cospetto Valerio Z uc c a Pa ul,
o s s i a i l 5 0 % d el duo piemontese 3E EM , c on
u n n u o v o p r o getto al suo esordio. Stavolta
il suo compagno di lavoro si chiama Andrea
Ferraris, un giornalista musicale (!), che in
questa occasione si trova nel ruolo rovesciato (e scomodo?) del musicista manipolatore di laptop. Anche nel caso di ULNA,
così come per i lavori di 3EEM, la musica
elettronica non mostra sempre il suo lato
“puro”, incontrando a più riprese il suono
degli strumenti acustici (qui il violoncello,
suonato da Andrea Serrapiglio, uno che nel
curriculum può vantare collaborazioni con
C a r l a B o z u l i c h ) . M a , n o n o s t a n t e l e i n c u rsioni acustiche ed elettroacustiche, a prevalere, sono i suoni elettronici, sintetici. Frcture (tutti i titoli
dell’album sono
composti adoperando omissioni
vocaliche) non è
un album “appendice” dei lavori
dei 3EEM. Anzi,
la sua natura, se
pure paralleli se
ne possono fare
tanti, è molto diversa dalla versatilità stilistica del duo-cugino, che riesce a spaziare dal rock al dub,
dal jazz al trip hop.
Nel caso di Ulna, le scelte sembrano più
unidirezionali, incollate ad uno stile ricon o s c i b i l e e p i ù m a r c a t a m ente “di genere”.
La mu si c a , c h e si dondola ritm icame nte tr a
i l da n c e f l o o r e la dim ensione m edita tiva , si
regg e i n e q u i librio al confine tra ambie ntd u b , t r a n c e e drone, salvo sfociare, qua lc he
v o l t a , n e g l i e stremi, ossia in deserti sonori
s co n f i n a t i e p s ichedelici o in m ome nti c a-
de nz a ti a i limiti de lla ba lla bilità . (6 . 4 /1 0 )
Daniele Follero
Vincenzo Ramaglia – Chimera
(Autoprodotto, 2008)
G e n e r e : I m p r o v v i s a z i o n e (Q u a s i ) L i b e r a
A Vinc e nz o Ra ma glia pia c e a sso c ia r e le p ar ole a l se nso music a le , gioc a ndo s u i te r min i
c he me g l i o d e s c r i v o n o i l p r o c e s s o c o m p o sitivo e l’idea che sta alla base di un’opera.
Dopo i riferimenti chimici alla formaldeide
(elemento utilizzato per la conservazione
di materiale biologico), sta alla figura mitologica della chimera rappresentare la sostanza di una composizione musicale. Una
parola, Chimera, che “suggerisce il principio della composizione di diverse cose in
una sola”. Ma che richiama anche, metaforicamente, a qualcosa di irraggiungibile.
Nel caso di Ramaglia, come lui stesso afferma, il principio di questo accostamento
tra mito e musica è quello di “racchiudere
in un unico amalgama musicale ingredienti
sonori apparentemente distanti”.
In questo caso, i mondi distanti sono rappresentati dal contrabbasso e la loop station, due strumenti molto diversi nelle loro
c a r a t t e r i s t i c h e e f u n z i o n i , c he q u i v e n g o n o
r e si c omple me nta r i, gr a z ie a g li in te r v e nti del contrabbassista, che crea i l o o p e s i
oc c upa di va r ia r li. Su que sto sc h e ma s i inse r isc ono gli inte r ve nti impr ovv is a ti d i s a x
e batteria, una novità per uno s t r u t t u r a l i s t a
c onvinto c ome il Nostr o. L’ eff e tto c o mple ssivo c he ne de r iva , e pe r g li s tr u me n ti
me ssi in c a mpo ( sa x, ba tte r ia ,c o n tr a b b a s s o )
e per l’elemento improvvisativ o l i b e r o d a
sc he ma tismi e pr e ve dibilità , c he s i in s e r is c e
pr e pote nte me nte ne lla pa r titur a , r ic h ia ma il
f r e e ja z z . Sa lvo poi c onside r a r e u n e le me n to
per niente secondario, che è ra p p r e s e n t a t o
da lla loop sta tion e da i te nta tivi d e ll’ a u to r e
di inte r ve nir e sulla pr e ve dibilità in s ita n e lla na tur a modula r e de ll’ e la bor a zio n e s o n o r a
propria dello strumento.
Al di là di tutti i pr oge tti sulla ca r ta , la me ssa in pr a tic a di que ste ide e se m b r a c r e a r e ,
più c he un unic o a ma lga ma music a le , u n ’ a mbie nta z ione sonor a non se mpr e co n tr o lla b ile
in tutte le sue pa r ti, de ntr o la qu a le s i mu ove, con una impressionante pla s t i c i t à e u n
inf a tic a bile se nso de lla e splor az io n e s tr u-
mentale, il saxofonista Renato Ciunfrini,
mettendo in secondo piano gli esperimenti
timb r ic i s u l c o n tr a b b a s s o , is p ir a ti a llo s tile
d i St e f a no Sc o da nibbio . U n l a v o r o , i n f i n
d e i c o n ti, il c u i r is u lta to è mig lio r e d e l p r og e tto in iz ia le , n e l q u a le s i c e r c a v a d i tr o v a r e
r is p o s te g ià d a te g ià u n b e l p o ’ d i te mp o f a
d a g e n te c o me Edg a r d V à re s e , J o hn C a g e
e La M o nt e Yo ung . ( 6 . 5 /1 0 )
Daniele Follero
Winning – Could We Believe In Magic?
(Ache, 2008)
G e n e r e : m at h - p o p - r o c k
I l lo r o e s o r d io , q u e s ti tr e r a g a z z u o li d i Va nc o u v e r, lo f ir ma r o n o n e l 2 0 0 6 ( l’ a lb u m T his
I s An Fo r Cig a r e tte s) . O r a t o r n a n o , p e r l a
min u s c o la A c h e , c o n 1 3 n u o v e s o n g . Fr a le
p r o p r ie in f lu e n z e r iv e n d ic a n o q u e lle d i D e re k Ba ile y, Go r g e Tr io , U . S. M a ple , C ec il Ta y lo r, Ha n Be nnink, C a pt a in Be e f hea r t , M a s t e r M us ic ia ns Of J a j o uka , J o a n
Of A rc. Be h , n o n g io ite tr o p p o in f r e tta . L a
r e a ltà ( d i q u e s to d is c o ) è f a tta d i c a n z o n i
c o me Ch u rc h O f S tu ff, d o v e l’ e c o d e i f r a ng if lu tti a r mo n ic i d i U . S. M a p le e p r imis s im i G o rg e Tr i o s i s e n t e . M a s i t r a s f o r m a i n
c a n z o n e in d ie - p o p ( lo r o id o li i R a dio he a d) ,
mai svanendo nel caos asmatico dei primi
o n e l m a th - ro c k d e c o s tr u ito d e i s e c o n d i .
E s p e r ime n to te n ta to . N o n c o mp le ta me n te
r iu s c ito .
M a ss i m o P a d a l i n o
Yo Majesty - Futurically Speaking;
Never Be Afraid (Domino/Self, 7 ottobre
2008)
Genere: hip hop
A ff r o n t a n d o i n s e d e d i r e c e n s i o n e l ’ e . p . c h e
anticipava Futurically Speaking; Never Be
Afraid sottolineavamo quanto lo sciovinis m o a l l a r o v e s c i a d e l l e Yo M a j e s t y e l a r e lativa grana grossa che lo contraddistingue
fallissero nel rispondere al machismo tipico
d e l r a p . R i e m e rg e v a n o d a r e m o t i a n g o l i d e l l a m e n t e l e B i t c h e s Wi t h P ro b l e m s , c h e n e i
primi ’90 ripagarono con pessimi esiti i già
r i s i b i l i 2 L i v e C re w d e l l a s t e s s a - v o l g a r e e
s e s s i s t a - m o n e t a . Tu t t o c i ò n e l m o m e n t o i n
c u i Q u e e n L a t i f a h o M c Ly t e c o s t r u i v a n o
una figura femminile alternativa nell’hiphop e spianavano la via a personaggi im-
portanti come Missy Elliott. Fatica sprecata, viene da pensare ascoltando Shunda
K., Shon B. e Jwl B., trio della Florida
latore di una non disprezzabile mescolanza
tra il “crunk” sudista e l’electro anni Ottanta. Se e quanto sulla loro attitudine incida l’essere omosessuali non è dato sapere, tuttavia conta
poco nel quadro
generale.
Attenendoci al lato
strettamente musicale,
l’album
d’esordio segna
un passo avanti
per la cura delle
basi e nel modo
in cui sono porte
l e r i m e . E m e rg o no sul resto le voci intricate di Night Riders, la cibernetica ma rudemente sensuale
Blame It On The Ch’ange, l’ipnosi in sciog l i l i n g u a Ta k e I t Aw a y e , p i ù d i o g n i a l t r a
cosa, i soul-funk tra clintoniano e modernis t a G e t D o w n O n T h e F l o o r e D o n ’t L e t G o .
A ff l i g g e i l r i m a n e n t e l o s t i r a c c h i a r e l e i d e e
lungo cinquantacinque minuti, eccessivi in
mancanza di un guizzo costante. Roba che
delude se fatta da chi è in giro dal 2000, ha
collaborato col duo britannico Hard Feelings e vanta tour con CSS e Gossip. Addirittura il New Musical Express le porta
in palma di mano e quando mai sbagliano,
quelli là? Per quanto riguarda noi, l’hype
ci sembra ingiustificato o, quanto meno,
clamorosamente prematuro. (6.3/10)
Giancarlo Turra
SA 117
RECENSION
LIVE
Leonard Cohen – Lucca, 27 luglio 2008
L a s t o r i a è n o ta: dopo 9 anni in monastero,
C o h e n t o r n a n el mondo e subito si scontra
con i su o i v i z i: la sua manager gli ha sott r a t t o p r a t i c a mente tutti i soldi dai conti,
l a s c i a n d o l o c on 100.000 dollari. Che sono
q u a n t o N O N h o guadagnato io in dieci anni
d a p r e c a r i o , ma che evidentemente non gar a n t i s c o n o u n a vecchiaia più tranquilla di
t ant o . C o sì i l Nostro, che in monaster o c ’ e r a
and a t o u n p o ’ per problemi di alcol un po’
i n p e n si o n e , si rimette al lavoro, e dopo due
d i s c h i r i c o m i ncia anche con le serate , notori ame n t e p i ù r e dditizie.
C ’ e r a d i c h e temere concerti alimentari,
o v v e r o c o st o si, poco ispirati e striminz it i . A n c h e p e r c h é l’età del cantante è que lla
che è e i d i sc h i recenti, com preso il Cohe n
Li ve c h e t e st i moniava l’ultim a sua tour né e ,
ras si c u r a v a n o poco: Ten N ew S on gs pativa
i l fa t t o d i e ss ere stato lasciato in ma no a
S h a ro n R o b i nson la quale aveva ecceduto
i n s o u l l e c c a t o esasperando quella pulizia
d e l s u o n o i n i ziata per Cohen ai tempi di
Va r io u s P o si t ion s e che aveva avuto senso
fi n o a T h e F u tu re; mentre D ear He athe r,
pu r r e c u p e r a n d o una più congeniale dime ns i o n e a c u s t i c a mostrava il canadese che in
p rati c a n o n c a ntava più né scriveva più mel o d i e , l i m i t a n d osi a recitare.
L a d a t a l u c c hese ha invece spazzato via
d u b b i , p e r p l e ssità, om bre e altro: il pr e z z o,
d a t i i t e m p i , ci stava, e nell’epoca poi dei
b o o t l e g s i n r e te avevo avuto modo di f uga r e
i t i m o r i su d urata del concerto e s c a le tta .
Rest a v a d a v e d ere la resa.
E be n c h é l a r esa un po’ somigli proprio a
Coh e n L i v e , come se ripartisse da dov’era
r i m a s t o , s e n e differenzia per il suono, più
cal d o e c o r p o so, om ogeneo m a non mono t o n o , g r a z i e a un gruppo che suona c on del i cat e z z a e c l a sse estreme, le quali f a nno il
p a i o c o n l ’ e l eganza d’altri tempi dei loro
com p l e t i g r i g i . Ma soprattutto lui è in f or ma
s m a g l i a n t e : c anta e interpreta con una voc e
che a z z e r a l e i n certezze recenti, e m o str a e nt u s ia sm o , v o g lia di suonare e genero sità ne i
con f r o n t i d e i m usicisti (anche tropp a visto
che li presenta al pubblico TUT T E l e v o l t e
- ne ssuna e sc lusa - c he f a nno un a s s o lo ) .
Si pa r te be ne c on Dance Me To T h e E n d o f
Lov e , The Future, Ain’t No Cure F o r Lo v e,
Bird On The Wire , Ev e ry body Kn o ws e I n M y
Se c re t Life ma , f or se è una mia i mp r e s s io n e ,
il gr uppo si sc a lda da vve r o c on u n a W h o b y
Fire c he , te sa e somme ssa a llo ste s s o te mp o ,
ipnotiz z a la pia z z a c ome la suc ce s s iv a , in a tte sa He y, That’s No Way … , insom ma p r o p r io
qua ndo, e sse ndosi f ina lme nte m e s s i a s e d er e gli spe tta tor i de lle pr ime f ile ( c h e l’ o rganizzazione aveva fatto entrare i n r i t a r d o ) ,
il pubblic o può f ina lme nte e sser e c o s tr e tto
da l ba sso volume a d un sile nz io a tte n to , c h e
ne lla pia z z a r isulta qua si ir r e a le e c h e a ume nta la r isona nz a e la f or z a d e lle c a n z oni ( a nc he se la ba tte r ia in The Fu tu re e p i ù
ta r di in First We Tak e M anhat ta n s a r e b b e
me glio pe sta sse di più, ma a me n ) .
Al rientro, dopo l’abbandono a l l a p a s s i o n e
di Anthe m c he c hiude la pr ima p a r te , To we r
of Song pr ose gue l’ inc a nte simo, c o l g r u p p o
mome nta ne a me nte r idotto a l ta stie r is ta , a llo
stesso Cohen al piano e alle tre c o r i s t e ( l a
Robinson , c he c ome c a nta nte v a le c o mu nque non poc o, e le We bb Sist e r s ) a r ic r e a r e
la ma gia in poc hi toc c hi de ll’ o r ig in a le g ià
minimale di suo. Sul finale fa p r o s e g u i r e
le coriste col “de du dan dan d a n ” m e n t r e
r a c c onta a lla pia z z a str e ga ta c h e d o p o a v e r
pr ova to tutta la vita c on le f ilos o f ie e le r eligioni a lla f ine sta se r a ha a vu to l’ illu minazione della verità, ha avuto l a r i s p o s t a e
vuole condividerla con noi. “E s a p e t e q u a l
è la r isposta ? ” c hie de ; si volta v e r s o le c o r iste e r ic ominc ia a nc he lui c on “ d e d u d a n
da n da n” …
Ske tc he s a pa r te , ne lla ste ssa a tmo s f e r a r apita si pr ose gue c on la de lic a te zz a d e lla le gge nda r ia Suzanne e c on Gipsy Wife e B o o g ie
Stre e t, de c isa me nte me no note m a la c u i f avolosa e se c uz ione c i spinge a ric o n s id e r a r e
il lor o posto ne lla “ tor r e de lle c a n z o n i” d e l
c a na de se . Da lla qua le , qua lc he p ia n o p iù s u ,
sc e nde su di noi Halle lujah, la c u i in te nsità c a nc e lla l’ impr e ssione c he la v e r s io n e
di Cohe n, be nc hé l’ or igina le , f o s s e la s o r e l-
la p o v e r a d i q u e lle d i J o hn C a le e d i J e f f
Bu( o n a n ima )c kle y : p e r s in o le e s a g e r a z io n i
d e l ta s tie r is ta N e il L a r s e n s o n o d e lla g iu s ta
misura, mentre i versi (un misto di strofe
d a lle d u e v e r s io n i d e l b r a n o ) d a n n o e d a r a nn o s e mp r e i b r iv id i.
Poteva già essere il finale dal quale uscire
c o n g li o c c h i lu c id i e il c u o r e p ie n o , ma c ’ è
a n c o r a in s e r b o a ltr o : p r ima c i a n n u n c ia c h e
la D e m o c r a c y s ta a r r iv a n d o n e g li U SA ( u n
brano del ‘91: con comodo, si direbbe…),
a tempo di marcia puntellata dall’armonica
d i D in o So ld o , p o i I ’ m Yo u r M a n , s i n u o s a
e a ff a s c i n a n t e c o m e s e m p r e , p e r c h i u d e r e
c o n l’ a p o te o s i d i Ta k e Th is Wa ltz , mu s ic a
e c c e ls a p e r u n ’ e c c e ls a tr a d u z io n e d i Ga rc ia
Lo rc a .
Fin e ? M a c c h é : d o p o e s s e r e u s c ito d a l p a lc o s a lte lla n d o , r ie n tr a p e r d ir e S o Lo n g
a M a r ia n n e , n o n a n o i, p e r F ir s t We Ta k e
M a n h a tta n ( “re m e m b e r m e , I u s e to liv e fo r
m u s ic ”, d ic e … ) e p e r il c la s s ic o S i s t e r s o f
M e rc y . Po i p r o v a a la s c ia r c i c o n I Tr ie d To
Le a v e Yo u , c o m e a v e v a p r o v a t o a l a s c i a r e
il pubblico andandosene in monastero. Ma
q u e s to r a p p o r to r ic u c ito a f o r z a s e mb r a n o n
d is p ia c e r e n e a n c h e a lu i: in f a tti d o p o a v e r
s p ie g a to c h e I f I t B e Yo u r Wi l l l ’h a s c ri t t a
come una preghiera e dopo averla recitata,
Co h e n e s c e s ì d i s c e n a m a s o l o p e r a ffi d a re
i l b r a n o a l l e u g o l e s u b l i m i d e l l e d u e We b b
Sis te r s , a n c h e a c h ita r r a e a rp a , c h e c a n t a n o
d a v v e r o c o me d u e a n g e l i .
Po i p e r ò a lla f in e il C l o s i n g Ti m e a rri v a ,
c o n l’ o mo n ima c a n z o ne e c o n Wi t h e r T h o u
G o e s t, q u e s t’ u ltima p e r l e s o l e v o c i d i t u t t o
il g r u p p o in f ila d a v a n t i a l p u b b l i c o a s alu ta r e . Fin is c e c o s ì la s e ra t a n e l l a q u a l e u n
cantante di 74 anni si è esibito per tre ore,
r is o rg e n d o a g li a n tic h i s p l e n d o ri b e n c h é l a
c a n z o n e p iù r e c e n te a v e s s e 7 a n n i e n o n os ta n te s ia n o r ima s ti f u o ri a l c u n i c l a s s i c i c h e
d a s o li f a r e b b e r o c a r ri e re i n t e re (F a m o u s
B lu e R a in c o a t, Na n c y , C h e l s e a H o t e l , p e r
d ir e … ) e s ia s ta to ig no ra t o t u t t o S o n g s o f
L o v e a nd Ha te , p r o b a b i l m e n t e t ro p p o i n t imo p e r u n a to u r n é e c h e p re v e d e v a t a p p e n e i
f e s tiv a l.
M a c ’ è p o c o d a la me n tars i : è s t a t a u n a g ra nde serata di musica, poesia e classe: c’è
mo d o e mo d o d i f a r e s o l d i , c ’è m o d o e m o d o
d i in v e c c h ia r e . .
giulio pa s quali
SA 119
RECENSION
WE ARE DEMO #29
I migliori demo giunti nelle nostre cassette postali. Assaggiati, soppesati, vagliati, giudicati dai
vostri devoluti redattori di S&A. Testo: Stefano Solventi, Fabrizio Zampighi
Lili Refr ain – s/t
Romana, classe 1980, Lili Refrain è una chitarrista e cantante impegnata ad esplorarsi
dentro un folk blues meditativo, intenso, visionario, a tratti graffiante. La sua formazione solipsistica l’ha resa intima di calligrafie
e modalità disparate quali Sabbath e Santana, Page e Malmsteen, Beatles e Floyd, ma
il risultato si è evoluto in qualcosa di decisamente contemporaneo e alieno, che ammicca certi cupi rituali Galas immersi in un
liquido amniotico psych carpito dal ricettario Roy Harper, previo l’utilizzo sistematico
- o se volete sciamanico - della loop station.
Ne risultano imprendibili stregonerie, suggestive come a volte certi raga Doors, scossi
da un estro PJ Harvey, con le fregole metal
in agguato e un senso di catarsi indemoniata che esala dai sibili, dalle urla. Ma anche
languidi ciondolamenti che declinano il tutto dalle parti di ambientazioni post allibite,
senza venir meno la fede nelle capacità “consolatorie” della chitarra. Lili ha coniato perfino il nome Shipping Head per il “genere”
di musica che produce. Benedetta ragazza.
(voto:7.1/10 web: http://www.myspace.com/lilirefrain ) (s.s.)
Ancher - Grembiule
Verrebbe da chiamarlo post-rock, e forse sarebbe pure la definizione corretta. Non fosse
che nella musica degli Ancher - da Verona
-, tra un arpeggio e l’altro, fioriscono inaspettate coloriture (Casca la resina), rimembranze sudamericane (Riccioli di mare), fiati
(Betula) e in generale suoni di chitarra che
se da un lato richiamano la tradizione musicale citata poc’anzi, dall’altro vivono di rimbalzi e accelerazioni, scambi veloci e arresti
fulminei.
E’ sufficiente una batteria per dar forma al
tutto e dettare i tempi di Grembiule, per trenta minuti che forse non saranno raffinati o
cerebrali come qualcuno li vorrebbe, ma che
di certo divertono. (voto:6.8/10 web: http://
www.myspace.com/anchermusic ) (f.z.)
Superdry – s/t
Prendete gli Unida, i Nirvana di Bleach, un
pizzico di hard anni ‘80 e il cantato dall’oltretomba dell’Ozzy Osbourne prima maniera e otterrete i Superdry: un’esperienza di
ascolto che i critici chic non vi consiglieranno mai. Per vostra fortuna, chi vi parla pensa
ancora che il rock debba essere divertente,
oltre che cerebrale, e quello che propone la
band di Milano sa comunque quali tasti premere, con le sue chitarre elettriche taglienti,
i synth e il batterie in levare in primo piano.
(voto:6.8/10 web: http://www.myspace.com/thesuperdry ) (f.z.)
Fuori Dalle Ali - L a guerr a in
cartolina
Non fai in tempo ad accogliere un Vasco Bondi (aka Le luci della centrale elettrica) tra le
folgorazioni di stagione, che subito spunta da
sotto l’ala - o meglio dallo stesso cono d’ombra - Tommaso Manfredini, o meglio Fuori
Dalle Ali, che ha registrato in fiera e austera
autarchia questo La guerra in cartolina. Ad
aiutarlo “artisticamente” è proprio l’amico Vasco, di cui replica il greve delirio logorroico
mitragliato a furia di chitarra acustica, anima
appesantita e pena rabbiosa. Con meno furia e
il piglio semmai di chi ha smesso di mordere e
menare pugni a vuoto, smaltendo l’amarezza a
lenti conati. Più che Gaetano e Marta Sui Tubi
quindi tra questi quattro pezzi aleggia l’antico
spirito folk-studio, quel palleggio tra speranze
e disillusione che si fa poetica. Mi piacciono
particolarmente Sparavano ai topi per il brusco lirismo, così come la spersa visionarietà
di Le onde marce di Venezia. Ovvio che l’effetto novità è bruciato sul nascere. Comunque
interessante. (voto:6.6/10 web: www.myspace.
com/fuoridalleali ) (s.s.)
Il Sig. Carota – Anticipazioni
“Il Sig. Carota è un essere nato a livello embrionale già da qualche anno. Con il disco
Anticipazioni stenta a indirizzarsi tra musica
concreta e psichedelia, soggiornando attual-
Nichelodeon – Cinemanemico
Coi Nichelodeon spingiamo al limite il campo d’azione e
competenza di questa rubrica. Dietro la mancanza di una
d i s t r i b u z i o n e u ff i c i a l e e l ’ e ff e t t i v o s t a t u s d i e s o r d i e n t i almeno dal punto di vista discografico - agisce infatti un
progetto parecchio strutturato, cui danno dal 2007 vita
quattro musicisti tutt’altro che inesperti, capeggiati dal
cantante e autore di musiche per teatro Claudio Milano.
A u to r i d i u n a v e r a e p r o p r ia p e r f o r ma n c e in c u i c o n v ivono videoarte e letture “culinarie” di Pellegrino Artusi,
inquietanti sculture ed evoluzioni à la Stratos, putsch
teatrali, perturbazioni soniche e indomito romanticismo,
portata in giro per l’Europa con successo e immortalata
in o c c a s io n e d e lla d a ta mila n e s e . E c c o c o me n a s c e Cine ma ne mic o, l ’a l b u m d i d eb u tto c h e g iu s tif ic a la lo r o p r e s e n z a in q u e s ta p a g in a . Sia mo d a lle p a rt i d i u n ’a v a ng u a r d ia v is io n a r ia , s tr a n ia n te , a g g r e s s iv a me n te p r o g r e s s iv a , in q u a l c h e m o d o l a ng u i d a e b e ff a r d a . L’ i n t e r a z i o n e t r a s y n t h , p i a n o f o r t e , c h i t a r r a e l e t t r i c a e v o c e d à
v ita a d u n a c o r e o g r a f ia a s s ie me la n g u id a e a lie n a , u n a tr a ma c o mp o s i t a c h e i m p a s t a
G e n e s i s , A r e a e H a e n d e l c o n e c h i J o y D i v i s i o n e K u r t We i l l . I l t u t t o i n u n s e n s o d i
n e c e s s ità c h e a v v in c e e c o n v in c e . ( v o to :7 . 2 /1 0 w e b : http://www.myspace.com/nichelodeonband ) ( s . s . )
mente in arie elettroniche.” Il moniker lascia
il tempo che trova – anche se ben richiama una
certa estetica psichedelica -, ma che bello ritrovarsi avvolti dalle interferenze elettriche e
dall’ambient aliena di questo progetto musicale dall’aspetto così peculiare. Un’operazione
di revival che ruba ai Faust l’anima più dissacrante, la filtra con un’attitudine lisergica in
chiave lo-fi e dà vita a un disco intransigente
ma affascinante. (voto:6.6/10 web: http://www.
myspace.com/ilsigcarota ) (f.z.)
B ox Demolition - Promo di Porno 666
Sono toscani, i Box Demolition, per la precisione tre lucchesi che dal 2005 celebrano
un’attitudine punk-rock piuttosto scellerata e
randagia, tipo i Bad Brains posseduti da Rino
Gaetano. Ogni pezzo è l’acido e impetuoso
sgangheramento del quieto vivere, che non ne
può più di fare sconti alle quotidiane implosioni di un mondo - ebbene sì - assurdo nel bieco nonsense quotidiano. Una demenzialità che
non ha voglia di (far) ridere, solo di liberarsi
tanto più sguaiata quanto più è amaro quel che
cova dentro. Inutile sollevare questioni attorno alla qualità dell’incisione, del canto, delle
esecuzioni e persino della scrittura. Vedremo
come tanta urgenza verrà incanalata in occasione dell’album di debutto, previsto per inizio 2009.(voto:6.4/10 web: www.myspace.com/
boxdemolition ) (s.s.)
Ceanne McKee - Wonderl and
Dietro l’albionico pseudonimo Ceanne McKee
si cela Chiara Ragnini, classe ‘83, cantautrice genovese, già all’attivo diverse presenze
in manifestazioni importanti quali il Premio
Bindi (terza classificata nel 2005). Oggi finalmente debutta con una autoproduzione
casalinga (chitarra acustica, tastiere, percussioni e voce) che ne sottolinea la calligrafia
soffice e intensa assieme, capace di fondere pensose dolcezze e impeto Cristina Donà
(Quello che ho, Every Lie), la puntuta arguzia
di una Lisa Loeb (All My Pleasure) e la verve
accomodante della Alanis Morrisette più soft
(All I Have, She). Spesso la cogli in bilico tra
sofisticherie para-sanremesi (vedi i languori
jazzy di Estate) e struggimenti radiofonici à
la Elisa (On My Own), dissidio che ci auguriamo possa risolvere senza scendere a (troppi)
compromessi.(voto:6.2/10 web: www.myspace.
com/ceannemckee ) (s.s.)
SA 121
rearview m
Donovan
They Call Me Mellow Yellow
Testo: Fabrizio Zampighi
Lo abbiamo visto suonare in occasione del
Tr i b u t o a i B e a t l e s p a s s a t o i n R A I q u a l c h e
me s e f a e c i s ia mo c h ie s ti p e r q u a le mo tiv o
u n o c o n la s u a s to r ia a lle s p a lle s i f o s s e p r es ta to a u n s imile te a tr in o . M is te r i d e l ma rk e tin g , g li s te s s i c h e g o v e r n a n o u n me r c a to
d e i D V D mu s ic a li p e r e n n e me n te in f ib r illa z io n e ma c h e f in o a d o g g i n o n a v e v a a n c o r a
p a r t o r i t o u n ’ o p e r a o rg a n i c a s u l l a c a r r i e r a d i
D o n o v a n . A p o r r e r ime d io p e n s a o r a Su nshine Superman: The Journey Of Donovan,
u n a b u o n a o c c a s io n e p e r f a milia r iz z a r e c o n
l’arte di uno dei musicisti più influenti dei
Six tie s e u n ’ o ttima s c u s a p e r r ic o s tr u ir n e ,
in b r e v e , le v ic is s itu d in i.
Donovan Philip Leich nasce il 10 maggio
1 9 4 6 n e i d in to r n i d i G la s g o w d a u n a f a miglia della working class. I primi dieci anni
passati nella città distrutta dalla guerra lo
segnano in maniera indelebile nel fisico e
n e ll’ a n ima , d a l mo me n to c h e a ll’ e tà d i tr e
a n n i c o n tr a e la p o lio mie lite e tu tta la s u a
in f a n z ia la tr a s c o r r e in u n a f a mig lia le g a tiss ima a lle tr a d iz io n i s c o z z e s i e ir la n d e s i. U n
a mb ie n te c h e e n tr a d ir e tta me n te in c o r r e laz io n e c o n la p a s s io n e d e l p a d r e p e r la p o esia e che costituirà la base per tutto il folk
a v e n ir e d e ll’ a r tis ta . L’ illu min a z io n e v e r a e
p r o p r ia , tu tta v ia , a r r iv a q u a n d o la f a mig lia
Leich si è già trasferita in Inghilterra. La
c a u s a s o n o i Be a tle s e la p ie tr a d e lla s c a ndalo, come per molti musicisti dell’epoca,
è Love Me Do: “Mi sedetti sulle scale ad
a s c o lta r e la c a n z o n e c h e a r r iv a v a d a lla r ad io e imp r o v v is a me n te e b b i la c e r te z z a c h e
a v r e i f a tto q u e llo . L’ u n ic a c o s a c h e s a p e v o
e r a c h e v o le v o c a n ta r e a lla mia g e n e r a z ione.” Il suo background culturale, tuttavia,
è profondamente diverso da quello dei fab
f o u r, r a d ic a to p iù in v e c c h ie f o lk - s o n g s o rmai dimenticate che nel rock’n’roll. Ed è
proprio a quelle che il Nostro si rivolge,
studiandone le strutture e riapplicando lo
s tile a i b r a n i c h e s c r iv e d i s u o p u g n o . G r a zie all’incontro con quello che diventerà
l’ a mic o d i s e mp r e , G y p s y D a v e , s i c o n v e r te
a lla v ita d e l mu s ic is ta b o h e mie n , in a p e r ta
contrapposizione con la società perbenista
in g le s e e le s u e f a ls e c e r te z z e . U n ’ e s te tica, quella del giramondo senza radici, che
diventerà anche una delle tematiche più
frequentate dalla produzione musicale del
D o n o v a n d e g li e s o r d i. Le i s t a n z e g i o v a n i li, in o ltr e , tr o v a n o u n n a t u ra l e s b o c c o n e l l a
c o n tr o c u ltu r a e in p a r ti c o l a re i n o p e re c o m e
O n T h e Ro a d d i J a c k Ke ro u a c , Th e H o w l d i
A lle n G in s b e rg e Be a t Ze n , S q u a re Ze n a n d
Z e n d i A la n Wa tts , c h e i m p ri m o n o i n P h i l i p
l’ e tic a d e l v ia g g io e d el l a s c o p e rt a , g l i fa nn o c o mp r e n d e r e le p o te n z i a l i t à d e l l a p a ro l a
e l’ imp o r ta n z a d e lla li b e rt à d ’e s p re s s i o n e ,
g li s v e la n o p r in c ip i f i l o s o fi c i i n g ra d o d i
m e t t e r l o i n c o n t a t t o c on l a ( s u a ) n a t u r a .
Nel biennio 1963/1964 le cose cominciano
a mu o v e r s i in f r e tta . Tra e s p e ri e n z e d i v i t a
c o mu n e , p e lle g r in a g g i n e l S u d d e l l a F ra n c i a
e qualche set in giro per locali, Donovan
entra in contatto con i manager dei Cops &
Robbers, che dopo averlo sentito suonare
gli propongono di registrare qualche demo
p r e s s o la So u th e r n M u s i c d i Lo n d ra . Il p a s so successivo sono tre passaggi televisivi
a Re a d y Ste a d y G o ! s u i n i z i a t i v a d e l p ro d u tto r e d e lla tr a s mis s io n e , El k a n A l l a n , c h e
gli garantiscono una certa notorietà e gli
c o n s e n to n o d i in c id e r e i l p ri m o s i n g o l o p e r
il mercato discografico. La scelta cade su
Ca tc h T h e Win d , b r a n o c o n c u i i n i z i a a n c h e
a d a ff e r ma r s i l’ imma g in e d e l t ro v a t o re g i rov a g o : “ Q u a n d o la V j d i R e a d y S t e a d y G o m i
c h ie s e c o s a a v e s s i f a tt o l a s e t t i m a n a p ri m a
io le r is p o s i c h e a v e v o d o rm i t o s u l l a s p i a gg ia . Co s ì tu tta l’ I n g h ilt e rra v i d e q u e s t o c a ntante celtico romantico di diciott’anni dire
c h e v iv e v a la v ita d i u n o z i n g a ro . ” E a s s i eme a ll’ e s te tic a r o ma n ti c a c o m i n c i a n o a n c h e
g l i i n e v i t a b i l i p a r a g o ni c o n B o b D y l a n , d a
un lato per le assonanze musicali – Catch
T h e Win d p r e s e n ta p iù d i u n p u n t o d i c o nta tto c o n il f o lk d e l me n e s t re l l o d i D u l u t h -,
d a ll’ a ltr o p e r le e v id e n t i a n a l o g i e n e l m o d o
d i p r e s e n ta r s i. U n a c o n t ra p p o s i z i o n e i n p a rte g iu s tif ic a ta e in p a r t e a d u s o e c o n s u m o
d e lla s ta mp a , c h e tu ttav i a g a ra n t i rà a D on o v a n l’ a p p e lla tiv o d i “ B o b D y l a n i n g l e s e ”
p e r b u o n a p a r te d e lla s u a c a rri e ra : “ Q u a n d o
in iz ia mmo a s c r iv e r e c ’e ra n e l l a m i a m us i c a i l f a n t a s m a d i B o b D y l a n e d i Wo o d y
Guthrie. Molte persone notarono quanto la
me lo d ia d i Ca tc h T h e Wi n d fo s s e v i c i n a a l l e
me lo d ie d i Bo b D y la n , n o n c o m p re n d e n d o
tu tta v ia , q u a n to le me l o d i e d i D y l a n fo s s er o v i c i n e a l l e b a l l a t e ir l a n d e s i e s c o z z e s i . ”
SA 123
L a d e f i n i z i o n e di cantante di protesta che
d i l ì a p o c o v e rrà affibbiata al N ostr o dopo
l ’u sc i t a d e l l a sua cover di B uffy S ain te - Mari e U n i v e r sa l S oldier, non aiuterà a c hia r ir e l e p a r t i i n causa, nonostante due album
p u b b l i c a t i d u r a nte l’anno come What’s Bin
Di d A n d W h a t’s B in H id e F airyta le pr inci pa l m e n t e i n c entrati su tematiche a mor ose
o aff e t t i v e . L’ involontaria querelle con Bob
D y l a n u n v a n taggio, comunque, lo porta,
da l mome nto c he lo ste sso a nn o il mu s ic ista sc oz z e se vie ne invita to a suo n a r e a l Festival di Newport nientemeno c h e d a J o a n
Baez, allora compagna dello st e s s o D y l a n .
Un primo passaggio in Americ a c h e v e r r à
ufficializzato dal successo cla m o r o s o c h e
qua lc he te mpo dopo otte r r à Suns h in e Su p e rma n. Al disc o si c ominc ia a la vo r a r e p r o p r io
ne l 1965, qua ndo a pr odur r e vien e c h ia ma to
un te c nic o da lla spic c a ta se nsib ilità p o p e
con il pallino della sperimentazione come
Mickie Most, già al lavoro con Animals e
H e r ma n & T h e H e r mits . D e n tr o c i f in is c ono un folk vagamente jazzato con tanto di
s tr u me n ta z io n e e le ttr ic a e a r r a n g ia me n ti in
a n tic ip o s u lla s b o r n ia p s ic h e d e lic a c h e investirà di lì a poco tutta l’Inghilterra, ma
s o p r a ttu tto b r a n i d a ll’ imp ia n to r itmic o inn o v a tiv o – la title tr a c k ma a n c h e Se a s o n O f
T h e Witc h e T h e Tr ip – e il n o te v o le a p p ea l. L’ o mo n imo s in g o lo e s c e n e l ‘ 6 6 in iz ia lmente solo in America, per problemi legali
le g a ti a lla d is tr ib u z io n e in g le s e – p r o b le mi
c h e s i p r o tr a r r a n n o p e r q u a lc h e a n n o f in e nd o p e r c a u s a r e d is c r e p a n z e n e lla d is c o g r a f ia
u ff ic ia le – e r a g g iu n g e d ir e tta me n te il p r imo
p o s to d e lla c la s s if ic a d e i s in g o li p iù v e n d uti, a p r e n d o a ll’ a r tis ta le p o r te d i u n s u c c e ss o e n o r me . L a s te s s a c o s a s u c c e d e a M e llo w
Ye llo w, tr a tto d a l s u c c e s s o r e d i Su n s h in e Superman, un brano che arriva al numero due
d e lla c la s s if ic a U SA c o n f e r ma n d o l’ in te r e ssamento di Donovan per certo pop-jazz di
ma tr ic e tip ic a me n te b r ita n n ic a e p e r il f o lk
p iù in timis ta . Sia mo n e l 1 9 6 6 e l’ imma g in e
del troubadour romantico si sta lentamente
tr a s f o r ma n d o . I n s u a v e c e , u n a u to r e s e mp r e
più coinvolto nel movimento psichedelico
in g le s e , a s s o r b ito d a lle is ta n z e d e l f lo w e r
p o w e r, in f lu e n z a to d a lla c u ltu r a d e lla L o nd r a “ c h e s w in g a ” , in te r e s s a to a r ima n e r e a ncorato alla sua idea di musica ma al tempo
s te s s o d e c is o a tr o v a r n e u n c o r r is p e ttiv o p iù
“ a g g io r n a to ” . I l p r imo r is u lta to d i q u e s ta r ic e r c a f io r is c e in p ie n a s u mme r o f lo v e e h a
il n o me d i We a r Yo u r L o v e L ik e H e a v e n , u n
d is c o in c u i c o n v e rg o n o v a u d e v ille ( Sk ip A - lo n g Sa m) e b r a n i d a lle v e lle ità e s p a n s iv e ( la title - tr a c k ) , f o lk s p o r c a to d i ja z z ( o h
G o s h ) e s to r ie lle tip ic a me n te b r ita n n ic h e - e
b e a tle s ia n e - ( M a d J o h n ’s E s c a p e ) , a n c h e s e
u n p o ’ in tu tto il d is c o s i r e s p ir a n o mo r b i d e z z e d i c h ia r a ma tr ic e p s ic h e d e lic a . L’ L P
esce anche in questo caso solo in America,
per poi essere pubblicato in Inghilterra nel
1 9 6 8 in u n d o p p io a lb u m ( A G if t Fr o m A
Flo w e r To A G a r d e n ) a s s ie me a lla r a c c o lta d i
c a n z o n i d e d ic a te a i b a mb in i Fo r L ittle O n e s .
I l 1 9 6 8 s i a p r e c o n il p e lle g r in a g g io d i D on o v a n in I n d ia p r e s s o il M a h a r is h i Yo g i a ss ie me a i Be a tle s , u n ’ e s p e r ie n z a c h e o ltr e a
segnare nel profondo il Nostro dal punto di
v is ta s p ir itu a le , g li p o rt e rà i n d o t e , c o m e
n e l c a s o d e i b a r o n e tti, l a p ra t i c a d e l l a m ed ita z io n e tr a s c e n d e n ta l e e q u a l c h e d e c l i n az io n e mu s ic a le in te ma . P e r u n a p ro d u z i o ne che lo stesso anno continua con Hurdy
Gurdy Man, l’episodio forse più fantasioso
d e ll’ in te r a c a r r ie r a , in c u i s i m e d i a t ra e l eme n ti mu s ic a li e tn ic i i n d i a n i (P e re g ri n e ) e
s c o r c i lis e rg ic i a i c o n f i n i c o n l ’h a rd (H u rd y
G u r d y M a n ) . L’ o mo n im o s i n g o l o è u n a s o rta d i p r o v a g e n e r a le p e r i fu t u ri Le d Ze ppelin, dal momento che alle registrazioni
p a r te c ip a n o J immy Pa g e , J o h n P a u l J o n e s e
J o h n Bo n h a m e d imo s tr a c o m e a n c h e i l fo l k
di Donovan possa, all’occorrenza, liberare
un’anima spigolosa in linea con le ultime
te n d e n z e mu s ic a li. Tu tt o i l d i s c o , c o m u n q u e ,
r is e n te p o s itiv a me n te d a l l e n u o v e i n fl u e n z e ,
c a n d id a n d o s i a c la s s ic o g i à p ri m a d i u s c i re .
L’ o p e r a z i o n e d i f u s i o n e v i e n e r i p e t u t a u n
anno dopo con Barabajagal, primo singolo
d e ll’ a lb u m c h e u s c ir à n e l 1 9 6 9 . Q u e s t a v o lt a è d e l l a p a r t i t a i l J e ff B e c k G r o u p , c h e
trasforma il brano in una sorta di voodoo
s o n g c o n ta n to d i c h it a rre e l e t t ri c h e e ri tmic a f u n k y, g a r a n te n d o a l l ’o m o n i m o a l b u m
b u o n i r is c o n tr i d i v e n d i t a .
D o p o me n o d i u n lu s tr o fi n i s c e l a c o l l a b o ra z io n e d i D o n o v a n c o n M i c k i e M o s t , l ’a rt ef ic e d e i s u o i p r in c ip a li s u c c e s s i , e i l N o s t ro
c o min c ia i Se tta n ta p a r t e c i p a n d o a l F e s t i v a l
d e ll’ I s o la d i Wig h t. E ’ u n d e c e n n i o p a rt ic o la r e p e r c h i c o me lu i , a rri v a d a l l a s c e n a
mu s ic a le d e i Six tie s : l’ i l l u s i o n e d e l l ’a m o re
u n iv e r s a le h a f a llito mi s e ra m e n t e , m o l t i d e i
p r o ta g o n is ti d e l p a s s a t o s o n o m o rt i – t ra i
ta n ti, Br ia n J o n e s , J a n i s J o p l i n , J i m i H e n drix -, altri hanno perso la bussola dopo la
fine della scena psichedelica. Per Donovan
s i a p r e u n p e r io d o d i r if l e s s i o n e c h e l o p o rt a
a viaggiare verso la Grecia nel tentativo di
ritrovare lo spirito che aveva animato i suoi
p r imi p a s s i n e l mu s ic b u s i n e s s e c o n l ’i n t e nzione di scrivere nuovo materiale. Esce un
d is c o c o me O p e n Ro a d , i n b i l i c o t ra c o u n t ry
e f o lk , c a r a tte r iz z a to d a a rra n g i a m e n t i a c us tic i min ima li ma a l tem p o s t e s s o o ri e n t a t o
v e r s o u n s u o n o c o r a le (b a s s o , c h i t a rra , b a tte r ia ) , p r e g e v o le in a lc u n i p a s s a g g i – l ’i n iz ia le Ch a n g e s , l’ o r e c c h i a b i l e R i k i Ti k i Ta v i
-, prescindibile in altri. In Giappone inizia
il tour mondiale ma da subito ci si rende
SA 125
con t o c h e q u a lcosa si è rotto. L e esibiz ioni
n o n so n o a l l ’ a ltezza, il clim a è teso e tutt o s e m b r a c a d ere a pezzi, a cominc iare dal
s i s t e m a n e r v o so di Donovan, messo a dura
p ro v a d a i r i t m i serrati della promozione , log o r a t o d a a n n i spesi sulla strada senza un
at t i mo d i t r e g ua e fiaccato dall’esilio f orzat o a c u i l ’ a rtista è costretto per motivi
fi s ca l i e c h e non gli consente di r ie ntr a r e
i n I n g h i l t e r r a senza subire consiste nti pe rd i t e f i n a n z i a r i e. L’unica soluzione, tuttavia,
s em b r a p r o p r i o il rientro in patria:“Me ntr e
s t av o sa l e n d o sul Jet della B ritish Air wa ys
m i o p a d r e e l ’ agente, scongiurandomi in gin o c c h i o , m i d issero che se fossi s alito su
q u ell ’ a e r e o i l tax exile sarebbe finito e se tte
m i l i o n i d i d o l lari sarebbero sfum ati. A que l
t emp o n o n m i interessava m olto la pa r te f in a n z i a r i a d e l l a mia carriera e così, per me,
n o n f u u n a g r ossa perdita. A nzi fu un gua d agn o , d a l m o m ento che sentivo che que lla
v i t a m i st a v a u ccidendo”. N onostante il mom en t o n e g a t i v o il destino riserva un a be lla
s orp r e sa a l m u sicista scozzese. L ind a La wrenc e , l a d o n n a che nel 1965 aveva co nosc iut o d u r a n t e l e registrazioni di R eady Ste a dy
G o ! e a v e v a a mato fintanto che lei non era
p arti t a p e r l ’ A m erica, torna in Inghilte r r a . I
d u e s i r i c o n g i ungono e per Donovan inizia
u n m o m e n t o di rinascita umana e artistica.
D e c i d o n o c h e la terra promessa per i primi
a n n i s e t t a n t a sarà il deserto americano di
J o s h u a Tr e e e lì si trasferiscono mettendo
s u fa m i g l i a . A s sieme agli affetti torna a nc he
l ’i s p i r a z i o n e e il N ostro riprende a s c r ive r e
m u si c a , si n t e t izzando l’immensità d e i c ie li
n o t t u r n i e l a n atura straordinaria del de se r to
i n C o sm i c W h eels. U n disco che altro non è
s e n o n u n a g g i o rnamento del pensier o hippy
d ei S e ssa n t a f i ltrato da un’estetica music a le
che p a r e a m m iccare al rock di Marc Bola n,
al me n o i n a l c u n i frangenti. Tra archi e ba llat e ru b a t e a l l ’ America dei grandi spazi, c hiar o s c u r i i n s o l i t i per l’artista e blues scarni,
s i a ssi st e a l l a nascita di un suono a lie no,
l o n t a n o d a i c l assicismi folk a cui Donovan
avev a a b i t u a t o il proprio pubblico ma da i r is vo l t i d e c i sa mente affascinanti. N ello ste ss o p e r i o d o e sc e anche una seconda r a c c olta
d i c a n z o n i p e r bam bini a suo nom e, il dop p i o H . M . S . D onovan, ma soprattutto nasce
n el l’ a r t i st a l ’ e sigenza di mettersi alla pr ova
c on le c olonne sonor e . L’ e spe r ie n z a p iù impor ta nte , da que sto punto di vis ta , D o n o v a n
la f a tr a il ‘ 72 e il ‘ 73 c on Fr a n c o Z e ff ir e lli, quando compone le musiche d i F r a t e l l o
Sole , Sor e lla Luna , a nc he se l’ in te r e s s e p e r
il mondo del cinema rimarrà u n a c o s t a n t e
f ino a i gior ni nostr i.
Il resto degli anni settanta scor r e v i a i n u n
a ttimo ma pe r Donova n tutto se mb r a p r o c ede r e di nuovo ne lla dir e z ione sb a g lia ta . N e l
‘74 esce Essence To Essence, n e l ‘ 7 6 S l o w
Down Wor ld, ne l ‘ 77 Donova n , ma n e s s uno dei tre dischi riesce a ripor t a r e i n a u g e
il nome del musicista scozzese , c h e n e l l o
ste sso te mpo ve de r idur si in ma n ie r a s ig n if ic a tiva il pubblic o disposto a s e g u ir lo in
c onc e r to. Ne l de c e nnio suc c e ssiv o la s itu az ione pe ggior a a nc or a , c on la pu b b lic a z io n e
di Ne utr onic a , Love I s Only Fe elin g e L a d y
Of The Sta r s, ope r e tr a nsitor ie e in q u a lc h e
c a so f uor i da l te mpo inc a pa c i di r is o lle v a r e
le sor ti di una c a r r ie r a c he se mb r a d e f in itiva me nte giunta a l c a poline a : “ I mie i r ic o r d i
de gli a nni ‘ 80 sono c omple ta me n te a s s e n ti.
Impossibile ricordare cosa ho fa t t o i n q u e g l i
anni”. Così Donovan e Linda d e c i d o n o d i
f a r e r itor no ve r so la Gr a n Br e t a g n a p e r r itr ova r e un po’ di se r e nità e si sta b ilis c o n o in
I r la nda , dove il Nostr o si r itir a u ff ic ia lme nte da lle sc e ne pur c ontinua ndo a s u o n a r e p e r
un a udie nc e r istr e tta ma c a pa c e d i a p p r e zz a r lo. Bisogna a spe tta r e i pr imi a n n i ‘ 9 0 p e r
r ive de r lo a buoni live lli. L’ oc c as io n e g lie la
dà Sha un Ryde r c on i suoi Ha pp y M o n d a y s ,
c he gli de dic a no una c a nz one e lo v o g lio n o
c ome suppor te r in a lc une da te d a l v iv o . U n a
notor ie tà r itr ova ta f e ste ggia ta p r ima c o n la
pubblicazione del live Donova n R i s i n g e
poi sugge lla ta , ne l 1996, da ll’ u s c ita d i Sutras, un disco tutto nuovo regis t r a t o g r a z i e
all’aiuto di Rick Rubin, produ t t o r e g i à a l
la vor o c on Johnny Ca sh pe r il su o A me r ic a n
Re c or dings. L’ ope r a r itor na a lle o r ig in i, mo str a ndo un Donova n c a pa c e di in tr e r p r e ta r e
br a ni da l f a sc ino r oma ntic o e i to n i ma lin c onic i ( su tutti Ple a se Don’t Be nd , il c o u n tr y f olk di Give I t All Up, Eve r la stin g Se a ) c o n
l’accompagnamento di chitarra , p i a n o f o r t e
e a r c hi. Un a ppr oc c io tr a diz ionale f o r s e , ma
che comunque sottolinea il buo n m o m e n t o
di f or ma de l me ne str e llo sc oz z e s e . Co l n u ovo mille nnio r itr ovia mo il music is ta a d o tta-
to da buona parte della nuova generazione
pop inglese – gli Starsailor lo vogliono sul
palco durante un’edizione del Glastonbury
Fe s tiv a l – e d a q u a lc h e a r tis ta d e ll’ a la p o s t-
w a r f o lk , u n r ito r n o in p o m p a m a g n a c h e n e
d e c r e ta l’ is titu z io n a lizz a z i o n e e i l p a s s a gg io u ff ic ia le v e r s o la m o d e rn i t à .
Sunshine Superman: The Journey Of Donovan (Spv /Audioglobe, 29
settembre 2008)
I Beatles, si sa, mentre erano ancora in attività potevano permettersi di tutto.
D o p o lo s c io g lime n to le c o s e n o n s o n o c a mb ia te p o i d i mo lto , d a l m o m e n t o
c h e a tr e n t’ a n n i d a q u e lla d a ta f a tid ic a s o n o u s c iti b e n c in q u e d v d c e l e b ra t i v i
– l’ ip e r- p u b b lic iz z a ta A n th o lo g y – s u lle lo r o v ic is s itu d in i a r tis ti c h e e u m a n e .
L a s te s s a c o s a n o n s i p u ò c e r to d ir e d i u n o c o me D o n o v a n , c h e n e i S e s s a n t a
v i a g g i a v a a b r a c c e t t o c o n J o h n L e n n o n e P a u l M c C a r t n e y, e r a u n a c e l e b r i t à
e v e n d e v a milio n i d i d is c h i, ma c h e n e i Se tta n ta p r ima e n e g li O t t a n t a p o i
è ritornato nel quasi anonimato, pur con
u n a p r o d u z io n e c h e n o n h a q u a s i m a i ras c h ia to il f o n d o d e l b a r ile . P e r e s s e re p o i
riscoperto negli anni ‘90, in un processo
di istituzionalizzazione graduale che da
allora pare non aver conosciuto momenti
d i c r is i. L’ id e a le z e n ith d i u n t a l e p ro c e ss o n o n p o te v a c h e e s s e r e u n d v d s u l l a c a rr i e r a m u s i c a l e d i M r. L e i c h , u n ’ o p e r a c h e
esce ora, nel 2008, sotto la guida esperta
d i H a n n e s R o s s a c h e r. I l f o r m a t o s c e l t o è
quello del doppio supporto, uno dedicato
alla biografia del personaggio e uno che
presenta materiale dell’epoca sotto forma
di video, apparizioni televisive, spezzoni
d i c o n c e r ti e c u r io s ità : u n a s c e l t a i n d o v in a ta q u a n to c a n o n ic a c h e tu tt a v i a e v i d e nz ia q u a n to il ma te r ia le c o n te n u t o n e l s econdo disco sia da considerare pressoché
ininfluente, a fronte di un primo DVD già
esauriente nel tracciare il profilo del musicista grazie a una notevole quantità
di materiale d’archivio. Nelle tre ore di ricordi, narrati in prima persona dallo
s te s s o p r o ta g o n is ta , c ’ è tu tto il D o n o v a n c h e c o n ta , d a ll’ in f a n z i a , a l s u c c e ss o d e g li e s o r d i, a lla s v o lta p s ic h e d e lic a f in o a lla c r is i d e g li a n n i s e t t a n t a e
o tta n ta , in u n a r ic o s tr u z io n e b io g r a f ic a c h e n o n f a s c o n ti, r ic c h i s s i m a c o m ’è
d i d e tta g li e me mo r a b ilia . U n a r ic o s tr u z io n e d a c u i e me rg e u n a rt i s t a c re a t iv o m a a n c h e c o n s a p e v o l e d e l p r o p r i o r u o l o , s e n s i b i l e m a a n c h e o rg o g l i o s o ,
c o n tu tte le c o n tr a d d iz io n i e i p r e g i d i u n s o p r a v v is s u to a ll’e p o p e a ro c k .
U n ic o d if e tto d i q u e s to Su n s h in e Su p e r ma n : T h e J o u r n e y O f D o n o v a n , l a
ma n c a n z a d e i s o tto tito li. M a la p r o n u n c ia è in g e n e r e a c c o n d i s c e n d e n t e e
le d iff ic o ltà d i c o mp r e n s io n e , p e r c h i ma s tic a u n p o ’ d i in g le s e , s o n o m i n ime .
SA 127
rearview m
(GI)Ant Steps #20
classic album rev
Donald Byrd
Afghan Whigs
Free Form (Blue Note - 1961)
Congregation (Sub Pop, 1991)
Q u e l l a d i D o n a l d B y rd è l a s t o r i a d i u n
p re d e s t i n a t o . S u l l a b re c c i a c o m e h a rd
boppers, poi in prima fila tra gli esplorat o r i d e l m o d a l e c o n t e n t a z i o n i f re e , q u i n d i
c a p a c e d i s f o n d a re l a l i n e a m a g i n o t d e l
g r a n m e rc a t o f u n k s o u l v i a f u s i o n . R i s u l tato: una carriera che sembra la via più
b re v e t r a a t t i t u d i n e , t a l e n t o e s u c c e s s o .
Nel 1961, quando il trombettista Donald
Byrd - nato a Detroit nel 1932 - si apprestava a registrare il quinto lavoro come lea d e r, i l m o n d o d e l j a z z e r a a n c o r a i n t e n t o
a metabolizzare l’impatto dell’asteroide
Kind Of Blue nonché a fronteggiare il vir u s o r n e t t i a n o d i T h e S h a p e O f M u s i c To
Come. Come ogni altro collega, gli si presentò davanti un bivio: continuare come se
nulla fosse o affrontare i pelaghi del modale e del free. In ogni caso, per prima cosa
occorreva un buon equipaggio, e Donald
non poteva organizzarsi meglio, potendo
c o n t a r e s u l s a x d i Wa y n e S h o r t e r, s u l p i a no del già lanciatissimo Herbie Hancock,
sul contrabbasso inappuntabile di Butch
Wa r r e n e s u i t a m b u r i d e l m o s t r u o s a m e n t e
abile & sensibile Billy Higgins. Naturale che ne uscisse un gran disco, ma tra i
punti di forza di Free Form c’è altro: una
densità lirica ottenuta distillando una profonda consapevolezza.
La stessa che informò il programma, figlio
di una precisa strategia: inizia cauto anzi
affabile con una Pentecostal Feeling che
si tinge di garrulo errebì, quindi svolge la
flessuosa malìa di Night Flower - pezzo
scritto da Hancock che potrebbe sembrar e u n m e s t o g e r m o g l i o d a A s Ti m e G o e s
By - per poi proseguire con una Nai Nai
che nell’equivoca disinvoltura nasconde digressioni guizzanti e randage (del
buon Shorter soprattutto). A questo punto
l’ascoltatore è tranquillo, si sente a casa,
rilassato, appena solleticato da vaghi az-
zardi avant.
E qui casca
l’asino: col lato B si apre un capitolo completamente diverso, un “something else”
b e l l o e b u o n o . I n p r i m o l u o g o F re n c h S p i ce, che se attinge a corposi lasciti davisiani (quella circospetta tensione un po’
F re d d i e F re e l o a d e r ) d e l r e s t o s i o f f r e
quale gustoso antipasto dell’angoloso modernismo che il sassofonista regalerà da
Night Dreamer (1964) in avanti. Quanto
alla title track, si snoda per oltre dieci minuti in digressione esotica, erratica e inquietante, esaltando la solenne pastosità di
Byrd quale ombrosa dirimpettaia del liris m o i m p r e n d i b i l e d i S h o r t e r, m a s e n t i t e v i
che razza di tappeto percussivo imbastisce
H i g g i n s , t u t t a u n a t r a m a d i b r u s c h i s f a rfallii e guizzi concitati senza mai perdere
il filo che ti salva dall’ignoto. Con buona
pace del famoso ascoltatore tranquillo.
Con questo disco Donald Byrd si confermò
artista talentuoso, sensibile e astuto. Le
semplificazioni nel segno della fusion e
del funk non erano ancora immaginabili,
ma in un certo senso il celebre Black Byrd
(1972) - l’album più venduto del catalogo
Blue Note – era nel suo DNA.
Stefano Solventi
E h s ì , g l i A f g h a n Wi g h s : i l n e g r o r o v e l l o
d e l s o u l, le to r r id e s v e n ta g lia te d e l g r u nge, un trapano che scava nel vivo. Motore
a lime n ta to a to r me n ti d ’ a n ima , d i c u i me ccanico, pilota e carburante fu mister Greg
D u lli, d a Cin c in n a ti, O h io . U n d r u id o inv a s a to , v a g a me n te ( ? ) ma ls a n o , p a z z o c o me
s p e s s o d e v o n o e s s e r e q u e lli c h e s e g u o n o u n a
s tr a d a a d o g n i c o s to . Se n s ib ilità to r tu o s a , i
c u i r o v e lli c o s p ir e r a n n o n e l g ir o d i q u a lc h e
a n n o u n mic id ia le e s a u r ime n to n e r v o s o . N e l
1 9 8 8 è p e r ò s to r ia lo n ta n a d a v e n ir e . A n d a vano prima colti i frutti di un impeto che
s ta v a g o n f ia n d o in q u e l tr a mo n to te n s io a ttiv o d e g li e ig h tie s , q u e llo s te s s o c h e p r oie ttò Se a ttle a l c e n tr o d e lle c o o r d in a te r o c k
mondiali. Artefice principale fu l’etichetta
Su b Po p , la q u a le – in tr a v is to n e ll’ e s u b er a n te d e b u tto d e i W h ig s Big To p Ha llo we e n
( U ltr a s u e d e , 1 9 8 8 ) il lu c c ic h io d e l ta le n to –
n o n s e li f e c e s f u g g ir e . Pe r D u lli e c o mp a g n i
f u la g r a n d e c h a n c e , l’ o c c a s io n e p e r s o lc a r e
la spuma dell’onda grunge. Col rischio di
f in ir n e s o mme r s i. I n e ff e tti, U p I n I t ( S u b
Po p , 1 9 9 0 ) n o n p r e s e s u ff ic ie n te me n te le d is ta n z e , f e c e g ir a r e tr o tto le p iu tto s to f r e ttolo s e a tto r n o a d o r ma i r is a p u ti s p u rg h i p o s th a r d c o r e . I l s u c c e s s iv o Co ng r e g a tio n s a e ttò
in v e c e c o me u n a la ma n e ll’ o mb r a . Co lp ì
nel mucchio, e non lasciò scampo. Corde
d a ll’ a ff ila tu r a s c a b r a , s tr a tif ic a te c o me u n a
c a r n e f ic in a . D r u mmin g a s p r o , s o r d id o , p u ngente come fosse avvolto in lana di vetro.
Q u e lla v o c e c h e in c ia mp a n e lla g o la , s ’ a vv e n tu r a in a lto , s c a r ta d i la to d o v e n o n p u ò
(e talvolta neanche sa), per poi svanire tra
a s s o lo s c o mp o s ti, tr a r a ff ic h e p ie n e d i d etr iti. Ca n z o n i s in u o s e v ittime d i f e b b r ili d epravazioni: l’esame autoptico del cadavere
r in v e r r à n e lle v is c e r e tr a c c e d i s o u l in g o iato v iv o , a n c o r a p u ls a n te , in d ig e r ito .
T ’ imb a tti in c e r te in tu iz io n i me lo d ic h e s is te ma tic a me n te ( e s c ia g u r a ta me n te ) g a m-
b iz z a te ,
tu tta v ia ( p e r c iò )
ir r e s is tib ili: è il c a s o di To n i g h t , b l u e s v a mp ir e s c o e d is p e r a to , c o n l ’u g o l a d i D u l l i a
s g r e to la r s i tr a u n a to s t a c h i t a rra a c u s t i c a
e il lavorio infernale delle elettriche. Ed è
il c a s o d e lla c e n tr if u g a e rre b ì Tu r n O n T h e
Wa te r , c o l s u o b a s s o i p e rt ro fi c o , l e fa rn etic a n ti c h ita r r e h a r d f u n k y, l e s p a s m o d i c h e
s g a r b e r ie d e l p ia n o . E c o s a d i re d e l fra s e gg io e b b r o d i Co n ju re M e , fu l m i c o t o n e h a rd
innervato di black music fino alla polpa,
c o l c h o r u s in f e s ta to d i p ro b l e m a t i c i p e rc o rs i s e n time n ta li, g li s te s s i c h e L e t Me L i e To
Yo u a g g r o v ig lia in u n o s p l e n d i d o v a l z e r a
p r e c ip iz io ? Pe z z i a l f u l m i c o t o n e , u n a “ l ubrificata” e te li ritrovi a copulare con ogni
p la y lis t: ma G r e g e c o m p a g n i d i m e re n d e –
p a z z o id i s a d o ma s o – c an t a n o e s u o n a n o i m p a s ta n d o s a b b ia e v a s e l i n a . A l c o n fro n t o , i
N ir v a n a f a c e v a n o a c c a d e m i a . P e rò i N i rv a n a
( a v v ia ti a d iv e n ta r e f e n o m e n o m a s s m e d i a l e
globale) avevano la purezza sconcertante di
Co b a in , q u e l f u r o r e in t o s s i c a t o m a p u r s e m p r e a n g e lic o . D u lli e r a i n v e c e u n ’a n i m a s c e lle r a ta , d iff ic ile d a p ia zz a re , s c o m o d a c o m e
p u ò e s s e r lo c h i è s c o mo d o a n c h e a s e s t e s s o .
La sua musica lo ritrae fedelmente, povero
d ia v o lo in b ilic o tr a p e rv e rs i o n e , t ra c o t a n z a
e r o m a n t i c i s m o . Tr a e n e rg i a e d i s s o l u z i o n e .
U n in tr e c c io v e e me n te d i s o u l “ s b i a n c a t o ” e
r o c k tr u c e . U n a mis c e la e s p l o s i v a , m a i n s t ab ile . Po c o g e s tib ile . Fu o ri c o n t ro l l o . A g i oc o lu n g o , d e le te r ia . Pe r c h i o s a re , d u e p a ro l e
s u lla c o p e r tin a : c ’ è u n a ra g a z z a n e ra , n u d a ,
n e l b u io d i u n p r a to , s ed u t a s u u n t e l o ro s s o
c h e la in c o r n ic ia d i mo rb i d i p a n n e g g i ; t i ene in braccio una bimba bianca, piangente.
E ’ l’ imma g in e c o n s a p e v o l m e n t e a rt i fi c i o s a
d i u n a ma d o n n a c o n te m p o ra n e a . E’ l a d i d as c a lia d i u n ’ o s s e s s io n e . D e s c ri v e t u t t o c o m e
me g lio n o n s i p o tr e b b e.
Stefano Solventi
SA 129
LA SERA DELLA PRIMA cult movie
Lolita
(di Stanley Kubrick - GB/USA, 1962)
Lo l i t a è i l q u arto film di Kubrick noto al
g ran d e p u b b l ico, particolarm ente diff ic il e si a n e l l a g e stazione che nell’accoglie nz a . S u d i l u i p endeva, infatti, l’obb ligo del
con f r o n t o c o n l’om onim o rom anzo di Nab o k o v , d i v e n uto un cult dopo gli iniziali
p ro b l e m i d i c ensura. Il trailer dell’epoca
reci t a v a : H o w did they ever make a movie of
L o l i t a ? C o m e a mettere già le man i a va nti
s ul l e p o ssi b i l i polem iche. Venne riabilita to
s ucc e ssi v a m e nte sulla scia del princ ipio di
aut o r i a l i t à m a a m olti critici L olita se mbr ò
m en o d e g n o d i nota rispetto alla m eta f isic a
d i 2 0 0 1 o a i c l assici capolavori come Aranci a m e c c a n i c a e B arry Lyndon .
L a g e s t a z i o n e fu altrettanto controversa: nel
1 9 6 0 v e n n e p r oposto a Nabokov di trarre lui
s t esso l a sc e n eggiatura dal suo rom anz o ma
i l risu l t a t o f u un testo di 400 pagin e ( e quiv al e n t i a se t t e ore di proiezione) che Kub ri c k d o v e t t e r ifiutare. N e venne allo r a tr a tt a u n a v e r s i o ne più condensata che copriva
s o l o u n a p a r t e del romanzo. Alla prima del
fi l m , i l 1 3 g i u gno 1962, N abokov ric onosc e
i l m e r i t o d e l r egista e degli attori ma a mm e t t e a n c h e c he il film è infedele allo script
o ri g i n a l e c o m e una traduzione di Rimbaud
o di P a st e rn a k fatta da un poeta ame ric ano
( l a f o n t e è M i chel Sineux in Positif, n. 277,
p ag. 5 9 ) .
Qua n d o u sc ì nel 1962 le critiche fioc c a van o d a t u t t i i g i ornali: squilibri, mancanza di
coer e n z a n e l l a narrazione, virtuosismi de gli
at t o r i o a t t o r i fuori parte, come Su e Lyon,
con si d e r a t a i n colore e senza charme né pe rv ers i t à o c o m e S ellers , figura invade nte r is pett o a l l ’ o m b ra furtiva che è il persona ggio
d i Q u i l t y n e l r omanzo. L a cosa di cu i il f ilm
p are v a p i ù c a r e nte e che prem eva di più pe r
p ro b l e m i d i c e nsura era l’analisi ogge ttiva
d el la m a l a t a psicologia di H umbert. I nf a tti
l a p r i m a p a r t e del romanzo - che co ntr ibui s c e a f a r c o mprendere la sua perversione
a dole sc e nz ia le - ne l f ilm sc omp a r e d e l tu tto, tanto da far apparire Lolita n o n c o m e
l’ e nne sima ninf e tta ma c ome un ic o o g g e tto
dell’amore di Humbert.
Kubr ic k, de l r e sto, non ha ma i a v u to l’ inte nz ione di tr a spor r e il r oma nz o ( c o me f o rse f e c e Lyne ) ma si limitò a f a r s e n e , in u n
c e r to se nso, a ssor bir e por ta ndo le te ma tic h e
e le “intenzioni” di Nabokov v e r s o l e s u e
pe r sona li osse ssioni: f ollia e s u b lima z io n e
artistica, sesso e colpa, sogno e n o r m a l i t à .
Eliminò alcuni personaggi e, s o p r a t t u t t o ,
c a mbiò il r itmo pur ma nte ne ndo la s e q u e nza narrativa, condensando alcu n e s c e n e come il primo incontro tra Lolit a e H u m b e r t
- e dilatando altre figure carica t u r a l i c o m e
Quilty/Se lle r s. Ne lla sc e na de l p r imo in c o ntr o, pe r e se mpio, Kubr ic k e vita s u p e r f ic ia li
simila r ità c ol r oma nz o - c a r ic o d i r if e r ime nti al bagno di sole di Lolita e a m e t a f o r e
ma r ine - e c e r c a di tr ova r ne di p iù p r o f o n d e
a nc he se spe sso vir a te ve r so il g r o tte s c o . L a
trasformazione emotiva subita d a H u m b e r t ,
de sc r itta ne l r oma nz o c ome un’ o n d a ma r in a
c he c r e sc e sotto il suo c uor e , è c o n c e n tr a ta
ne l f ilm sul se mplic e pr imo pian o d i H u mbe r t, se guito da una se que nz a di r ip r e s e p iù
str e tte di una f in tr oppo pe r sp ic a c e L o lita
montate sulla voce-over del pro f e s s o r e c h e
sta già me nte ndo, a c a usa di le i, s u lla d ec isione di r ima ne r e . La v is c om ic a e m e rg e
ne lla se que nz a imme dia ta me nt e s u c c e s s iva c he r ompe c omple ta me nte la c a te n a d egli e ve nti: Lolita , la ma dr e e Hu mb e r t s o n o
in un drive-in e stanno guardan d o l a s c e n a
dello smascheramento del most r o n e l f i l m
di Fishe r, La Masc he ra di Fr a nk e ns te in ,
la sc e na è viole nta e i tr e gr ida n o s c io c c ati; se gue , c osì, la ga g de lle man i c h e c o nde nsa la r e la z ione c he inte r c or r e f r a i tr e
in maniera perfetta, ovviament e i n c h i a v e
comica. Potrebbe essere azzard a t o m a q u i
sembra che Kubrick giochi a p r e n d e r e i n
gir o la possibile r e a z ione de llo s p e tta to r e
SA 131
LA SERA DELLA PRIMA
al l a sc e n a p r ecedente (H umbert ch e gua rd a L o l i t a r i c a mbiato, m entre l’ottus a ma dr e
n o n si a c c o rg e di nulla) e lo shock emotivo/
p erc e t t i v o c h e ha innescato. Q uello sc a mb i o d i sg u a r d i pieni di sottintesi è tu tt’ a ltr o
c h e u n a m a n i f estazione di quieta normalità
e pr o b a b i l m e n te ha fatto gridare lo spe ttat o re a l l o sc a n d alo tanto quanto una sc e na di
s m a sc h e r a m e n to.
Dob b i a m o a n c he dire che a scandaliz z a r e lo
s pett a t o r e p u ò essere solo il tem a d e lla ped o fi l i a d a l m o mento che la massim a e spr e ss i on e d e l l a se s sualità che si consuma f r a i
d u e è d a t a d a lla verniciatura delle unghie
d ei p i e d i d i L o lita. L a cosa non rigua r da solo
l a c e n su r a ( a d dirittura per trovare l’ a vva llo
d e l l a c e n s u r a un primo script proponeva di
m o st r a r e l ’ u n i o ne di H um bert e L olita in uno
s t at o a m e r i c a n o che autorizzasse il ma tr imon i o c o n u n a m inorenne m a K ubrick v i r inunc i ò s u b i t o . N e dà notizia Régine Hollander
i n C i n é m A c t i on n. 114, 2005, pag.123) ma
è, i n e ff e t t i , molto kubrickiana, se si pe ns a a l l e c i r c o st a nze o alle impotenze c he ne i
v ari f i l m ( Ey e s Wide S h u t, A rancia me c can i c a , D r S t ranamore ) spiegano l’ellissi
d i u n a t t o c h e , comunque, quando è mostr at o , è p i ù f a t t o re di frustrazione che di gioi a. M a se è p u r vero che lo spettator e vie ne
pr iva to, c ome si disse a llor a , de lla “ v o lu ttà
e ste tic a ” e de lla “ c r oc c a nte z z a ” ( n e l s e n s o
de l gusto de l tor bido) pr e se nti n e l r o ma nz o, è a nc he ve r o c he que sta a ssen z a d iv e n ta
pa r a dossa lme nte un va lor e a ggiu n to p e r c h é
se gna la pr of ondità e l’ a c ume de l f ilm. Tu tte le volte c he Humbe r t indossa i p a n n i d e l
pa dr e a mor e vole , c ol suo lingu a g g io g e n tile e pr ote ttivo suona ovvia me nt e f a ls o ( n o i
sa ppia mo c he lor o due va nno a le tto in s ieme pe r c ui la sua è e vide nte men te s o lo g elosia di un a ma nte ) ma l’ a sse nza d e ll’ a tto ,
in fondo, rende Humbert simile a q u a l s i a s i
altra variante di maschio, embl e m a , q u a s i ,
di una ge ne r a le ma sc olinità in q u e lla s o c ietà puritana che basava il rapp o r t o a n c o r a
sullo sc he ma pa tr ia r c a le . Pe r c u i i l f i l m d i
Kubr ic k oltr e a r a ppr e se nta r e un ’ a c u ta a n a lisi psicologica di un intellettu a l e d e b o l e e
doppio - moralista in vetrina m a p e r v e r s o
die tr o le mur a di c a sa - ha a nc h e la f in e z z a
di un’ a na lisi soc iologic a in c ui s i v is u a liz z a
il possibile de stino de l ma sc hio n e lla s o c ie tà pa tr ia r c a le . I n f ondo que sti o p p o s ti - a s se nz a tota le e osse ssione de l se s s o – s o n o i
se gni di una soc ie tà sc hiz of r e ni c a c h e , n o n
r iusc e ndo a pa dr one ggia r e la p r o p r ia o n n ipr e se nte se ssua lità ( Cha r lotte , l’ in s e g n a n te
di pia no, la vic ina di c a sa ne lla s e c o n d a p a rte), si trova costretta a tampon a r l a s o t t o l a
c oltr e de lla prude rie . Lolita è , p o i, u n f ilm
sulla c ondiz ione uma na : ba ste r e b b e p e n s a r e
a lla de r isione da pa r te di Quilty a lla le ttura del componimento poetico c h e H u m b e r t
por ta c on sé ne lla sc e na iniz ia le in c u i c e r-
c a d i e s p r ime r e la s u a d is p e r a z io n e ; q u e lla
stessa derisione che Humbert metterà alla
lettura della lettera di Charlotte in cui lei
g li e s p r ime i s u o i s e n time n ti. I l mo n d o n o n
s e mb r a e s s e r e il p o s to g iu s to in c u i c o llo c ar e e ff u s io n i e lir is mi; p r ima o p o i c ia s c u n o
si troverà di fronte alla notte dei sentimenti
e a lla ma n c a ta r e c ip r o c ità d i a ff e tti.
f iu to d i c iò c h e è d o z z i n a l e . N o n o s t a n t e i l
te ma d e lla p e d o f ilia , L o l i t a è p i ù c a rn e fi c e
c h e p r e d a d e l p o te r e d e l l ’a d u l t o / p a d re / m as c h io e d è le i s te s s a a d e c i d e re l i b e ra m e n t e
d i a ff id a r s i a l s u o g io v a n e s p o s o n e l fi n a l e .
E p p u r e , c o s ì o c c h ia lu ta e i n fa g o t t a t a , c o n l e
c ia b a tte e il f e r r o d a s t i ro s e m b ra g i à p re fi gurare quel futuro da matrona che segnava
anche l’odiata madre.
I l f ilm h a n u me r o s e s c e n e a l q u a n t o s p a s s o s e . L e s c e n e d i g a g c h e ra p p re s e n t a n o i l l a t o
g r o tte s c o d e l f ilm s o n o s u p p o rt a t e t u t t e d a llo s tr a o r d in a r io Se lle r s c h e n e l l a s c e n a i n i ziale improvvisa un fantastico tour di tutti
i g e n e r i c in e ma to g r a f ici (n e l fi l m è u n c a cc ia to r e d i ta le n ti r e c ita t i v i ), fa c e n d o s i p rima senatore romano poi pugile poi ancora
ma c c h ie tta w e s te r n c o n l ’a c c e n t o s o u t h e rn .
Le altre due scene che valgono tutto il film:
H u mb e r t u b r ia c o , a mo l l o n e l l a v a s c a c o n u n
imp r o b a b ile b ic c h ie r e g a l l e g g i a n t e c h e a cc e tta c o n u n o s g u a r d o e b e t e l e c o n d o g l i a n z e
degli amici; Lolita, bimbetta perversa che
imb o c c a d a ll’ a lto H u mb e rt c o n l ’u o v o d e l l a
c o la z io n e . D a v e d e r e a n c h e s o l o p e r q u e s to .
Costanza Salvi
Nel film ogni personaggio vive replicato
n e l s u o d o p p io , c h e r a p p r e s e n ta le s u e o ss e s s io n i e p a u r e o l’ a ttr a z io n e . Q u ilty ( c io è
g u ilty, c o l p e v o l e ) i n c a r n a p e r f e t t a m e n t e l e
f o r me c o n te mp o r a n e e d e lla le g g e - la p o lizia che controlla la “normalità” di Humbert
come nella scena del congresso di polizia
(e non di medici come indicava Nabokov)
a ll’ H o te l E n c h a n te d H u n te r s e la p s ic o log ia c h e te n d e a c a s tr a r lo c o me n e lla s c ena del Dr Zemph - ma, nello stesso tempo,
è anche guidato dagli stessi suoi istinti, è
u n c lo w n e s c o p o r n o g r a f o . Fr e u d ia n a me n te è
l’ I o e il Su p e r- I o d i H u mb e r t, la s u a n a tu r a
p r o f o n d a e la c e n s u r a s o c ia le . N e lla d ime ns io n e me ta f is ic a e f a n ta s tic a d e lla s e c o n d a
p a r te ( d a lla mo r te d i Ch a r lo tte ) Q u ilty r a pp r e s e n ta p e r f e tta me n te i d iv e r s i g r a d i d e lla
s u a p a r a n o ia . A n c h e L o lita h a u n s u o a lte r
e g o n e lla ma d r e , f o n te d i r e p u ls io n e e d i r iSA 133
i “cosiddetti contemporanei”
Mauricio Kagel
La dura vita di un artista militante
Lo aspettavamo a Bologna, dove, instancabile, nonostante una malattia che lo perseguitava
da un po’ di tempo, avrebbe parlato della sua musica ed eseguito alcuni suoi lavori. E invece
il destino ha voluto che Mauricio Kagel, lo scorso 18 settembre, chiudesse gli occhi al mondo.
Di lui ci resterà l’approccio dissacrante nei confronti della musica europea, di cui pure si
sentiva parte a tutti gli effetti, l’amore per l’impuro e per l’imprevedibilità che tanto lo avevano
avvicinato a Cage e quel suo modo così singolare di trattare gli strumenti e i suoi esecutori
come tanti attori di un teatro. Un teatro chiamato musica. Testo: Daniele Follero
Un argentino a Colonia
“ S o n o st a t o f o rtu n ato a n ascere in Arge n t i n a p e r c h é n on mi sono dovuto scontrare
con u n c o n c e t to di egemon ia cultu rale c he
i n E u r o p a h a giustificato intolleranza e
vi ol e n za ” ( Ma u ricio K agel)
P u r e sse n d o i l concetto di avanguardia mus i c a l e , u n p r o dotto molto spesso riferito al
c o n t e s t o c u l t urale europeo, relazionato ad
u n a t t e g g i a m e nto di contrasto e rottur a ne i
ri g u a r d i d i u n a tradizione solida e mille nari a, e si st e u n r apporto privilegiato e pa r tic o l a r e t r a l e avanguardie e i musicisti nati
l o n t a n o d a l “ v e cchio” continente. C o mposit o ri st a t u n i t e n si come C harles Ives , John
Cag e , S t e v e Reich, sono la testimonia nz a
p i ù v i v a e c h i a ra di come, musicisti cresciuti
l o n t a n o d a l l a tradizione europea (pu r c onos c e n d o l a e f a c endone costante riferimento),
a b b i a n o c o n t r ibuito in maniera massiccia,
g r a z i e a d u n approccio svincolato dal peso
d el la t r a d i z i o ne, a portare alle estreme c ons eg u e n z e i l p r o cesso di radicalizzazione de i
l i n g u a g g i i n si to nel senso stesso d e lla pa r o l a a v a n g u a r dia. E questo per una ragione
m o l t o se m p l i ce, che è soprattutto c ultur al e: l’ e st r a n e i t à da certi punti di rifer ime nto
“ob b l i g a t i ” , c he la m usicologia stor ic a e le
s u e m a n i e e t n ocentriche hanno contribuito
a d i m p o r r e a t traverso un’idea di musicista
n ece ssa r i a m e n te relazionato e m esso a c onfro n t o c o n u n a tradizione ritenuta fonda nte e
d o m i n a n t e . U n a forma di esasperato r ispe tto
v ers o l e “ c o l o n ne portanti” della m u sic a occi de n t a l e , c h e troppo spesso si è trasf or ma ta
in una chiusura totale verso tu t t o c i ò c h e
da que lla stor ia è sta to e sc luso , c o n il r i sc hio a nne sso di gua r da r e c ostan te me n te a d
un passato considerato impresc i n d i b i l e . D i
c onse gue nz a , c hi inve c e è r iuscito a s ma rc a r si da que ste te nta z ioni ne oc la s s ic h e , s i
è tr ova to le ma ni libe r e pe r plas ma r e il s u o
mondo music a le se nz a tr oppe r e g o le a p r io r i.
E’ pr opr io gr a z ie a que sta libe r tà c h e Ca g e
è riuscito a rovesciare il concet t o s t e s s o d i
musica con tutti i suoi annessi e c o n n e s s i
( c ompositor e , e se c utor e , f r uitor e ) ; è g r a z ie
a lla lor o c ondiz ione “ svinc ola ta” d a lla tr adiz ione e ur ope a c he La M ont e Yo ung e i
r ipe titivisti a me r ic a ni sono r ius c iti a r ib a lta r e l’ ide a di te mpo music a le e u n b r a s iliano c ome He it or Villa- Lobos a g i o c a r e c o n
Bac h trasportandolo nella cultu r a p o p o l a r e
c a r ioc a .
Tra questi musicisti, un posto p a r t i c o l a r e
oc c upa Ma ur ic io Ra ùl Ka ge l, a rg e n tin o n a to
da una famiglia ebrea provenie n t e i n p a r t e
dalla Germania e in parte dall’E s t e u r o p e o .
Bue nos Air e s è la sua c ulla e il te r r ito r io
de lle sue pr ime e spe r ie nz e music a li: le p r ime lezioni di pianoforte, violonc e l l o , c a n t o ;
la milita nz a politic o- a r tistic a co n la A g r upac iòn Nue va M usic a , ne l se gno d e l mo d e rnismo e de ll’ opposiz ione a ll’ a tte g g ia me n to
neoclassicista incoraggiato dal l ’ A rg e n t i n a
peronista; la fondazione dell’O r c h e s t r a d a
Ca me r a de l Te a tr o Colòn e de ll a Cin e ma tique - Arge ntine . Anc he la sua prima c o mp osiz ione , Se xte to De Cue rdas, ap p a r t i e n e g l i
a n n i ’ 5 0 , p e r io d o d i f e r v e n te p a r te c ip a z ion e , ma a n c h e d i f o r te a ttr a z io n e v e r s o l’ E u r o p a , c u lla d e lla N u o v a M u s ic a . E u r o p a c h e
raggiungerà presto, nel 1957, per trasferirsi
a Co lo n ia ( d o v e v iv r à , s a lv o s p o s ta r s i te m p o r a n e a me n te p e r c o n c e r ti e le z io n i, il r e s to
d e lla s u a v ita ) s u c o n s ig lio d i P ie r re Bo ule z.
Lì viene a contatto con importanti realtà
d e l l e a v a n g u a r d i e d e l Ve c c h i o C o n t i n e n t e ,
c o me lo Stu d io d i Fo n o lo g ia d e lla Ra d io d i
Colonia e i corsi estivi di Darmstadt, nei
q u a li o c c u p e r à u n p o s to p a r tic o la r e , d i f ig ur a d e l tu tto a u to n o ma , e s s e n d o s e mp r e s tato in c o n tr a s to c o n l’ ip e r- s tr u ttu r a lis mo d e i
n ip o tin i d i We be r n.
Il teatro degli strumenti musicali
L a s u a è u n a c a r r ie r a c h e p o t re b b e e s s er e d e f i n i t a b o r d e r l i n e , s e m p r e a l m a rg i n e .
N o n h a ma i a d e r ito u ff i c i a l m e n t e a d u n m ov ime n to e q u a n d o h a f a t t o p a rt e d i g ru p p i e
o rg a n iz z a z io n i, lo h a f a t t o s e m p re t e n e n d o s i
lontano dagli ideali di purezza e coerenza
che, troppo spesso hanno contraddistinto
i compositori europei legati ai movimenti
a v a n g u a r d is ti, f in o a ra g g i u n g e re u n o s t ile c h e f o s s e l’ a n tite s i s t e s s a d e l l a m u s i c a
“ p u r a ” : il c o s id d e tto “ t e a t ro s t ru m e n t a l e ” .
Si tr a tta d i u n mo d o d i c o m p o rre c h e c o i nvolge l’esecutore non solo come musicista,
ma a n c h e c o me a tto r e , s u g g e re n d o n e i m ov ime n ti e s p r e s s iv i e c o rp o ra l i e c o n s i d e ra nSA 135
d o l o u n t u t t ’ u n o con il suo strumen to. Alla
radi c e d i q u e sta nuova concezione del te a tr o
m u si c a l e c ’ è i l gesto e la sua relazione c on
l a pr o d u z i o n e musicale: in alcune opere del
p ri m o K a g e l (Transiciòn II, 1959) la f or ma
s o n o r a d e l b r ano non è definita a priori e
s catu r i sc e d a gli atteggiam enti che a ssumon o g l i e se c u t o ri, cui è sottoposta u na pa rt i t u r a “ d ’ a z i o n e”, che gli suggerisc e movim en t i sc e n i c i e d espressioni. C omposiz ioni
e m b l e m a t i c h e di questi esperimenti teatrali
c o n l a m u s i c a strumentale sono, senz’altro,
S t a a t st h e a t re (1970), e Match. La prima è
u n “ b a l l e t t o per non danzatori” nel quale
v e n g o n o i m p i egati strumenti davve ro poco
con v e n z i o n a l i (com e vasi da notte e pe r f in o u n a p e r e t t a per clistere!) trasformandosi,
con l ’ i n g r e sso in scena di cantanti “impostat i ”, i n u n a v e r a e propria parodia sar c a stic a
d el m o n d o d e l l’opera lirica. Match me tte in
s cen a , i n v e c e , una vera e propria pa r tita a
p i n g p o n g t r a due violoncelli, con un pe r c uss i on i st a c o m e arbitro. L’obiettivo di que sto
“ t e a t r o d e g l i strumenti musicali” è quello
d i sc a r d i n a r e i confini tra azione teatrale e
m u si c a l e , a t t r a verso la defunzionaliz z a z ion e d i t u t t i i p a rametri dell’opera. N e de r iva
u n g i o c o r e c i proco tra teatro e m us ic a , c he
è s t a t o a c c o st a to agli esperimenti de l Te a tr o
d e l l ’ A s s u r d o , un movimento artistico che,
p arte n d o d a i t e sti di Sartre e C amus è a r-
r iva to a i la vor i te a tr a li di Bre c ht e B o r i s
Vian, te or ic i di un te a tr o libe r o d a i c o s tr u tti
drammaturgici razionali e dalle s t r u t t u r e d e l
disc or so logic o c onse que nz ia le .
Que sto a ppr oc c io te a tr a le di Kag e l s i r if le tte in qua lc he modo a nc he ne lle c o mp o s iz ioni non e splic ita me nte le ga te a l p ia n o d e lla
rappresentazione. L’utilizzo d i s t r u m e n t i
non c onve nz iona li e di e se c uto r i n o n p r of e ssionisti r isponde a nc h’ e sso a d u n a e s ige nz a pe r f or ma tiva c he è a nc h e v is iv a o ltr e c he sonor a . I n Exotic a ( ope ra b a s a ta s u l
c onc e tto di e sotismo e sui suoi c o n d iz io n ame nti c ultur a li) , l’ a utor e me tte u n a s e r ie d i
esecutori alle prese con strume n t i c h e n o n
c onosc ono, pe r la ma ggior pa r te n o n a p p a rte ne nti a lla tr a diz ione oc c ide n ta le , c r e a ndo uno spa z io music a le tota lme n te a p e r to a
qua lsia si soluz ione sonor a ( e vis iv a : imma gina te lo spe tta c olo di ve de r e mu s ic is ti p r of e ssionisti a lle pr e se c on una n u o v a “ p r ima volta”). Stesso discorso, ma r o v e s c i a t o ,
pe r qua nto r igua r da le te c nic he s tr u me n tali. L’interesse di Kagel per l’im p u r o , p e r i l
provocatorio e per la messa in d i s c u s s i o n e
de lle c olonne por ta nti de l pe ns ie r o e d e lla
pr a tic a music a li, lo ha c ondotto , in ma n ie r a
dissa c r a nte , a c onc e ntr a r e l’ a tt e n z io n e a nc he sulle possibilità timbr ic he e le te c n ic h e
de gli str ume nti c la ssic i. Così, in M us ik Für
23 Re naissanc e Instrume nte (1 9 6 6 ) , s tr u -
menti dell’epoca rinascimentale vengono
s u o n a ti c o n te c n ic h e mo lto lo n ta n e d a q u e lle tr a d iz io n a li, tr a s f o r ma n d o n e c o mp le tam e n t e l ’ e ff e t t o e a l l o s t e s s o t e m p o d a n d o
vita a qualcosa che suona molto diverso da
tu tta la mu s ic a d ’ a r te c o n te mp o r a n e a p r od o tta n e l s e c o n d o N o v e c e n to . U n a tte g g iam e n t o i r r i v e r e n t e . L’ a t t e g g i a m e n t o d i c h i
mostra di conoscere una cultura e proprio
s u lla b a s e d i q u e s to g io c a c o n i s u o i p e z z i,
sovvertendone l’ordine e il senso.
Un singolare omaggio al passato
Anche Kagel, come tutti i compositori
d ’ a v a n g u a r d ia d e lla s u a g e n e r a z io n e , r ima s e
a ff a s c in a to d a lla mu s ic a e le ttr o n ic a , c h e p e r
lu i, p e r ò , n o n r a p p r e s e n te r à ma i u n a r is o r s a
a s é s ta n te , ma s o lta n to u n a f o n te s o n o r a in
più da inserire in quel contesto “teatrale” a
tutto tondo che ha sempre contraddistinto
la s u a mu s ic a . N e lla g ià c ita ta Tr a n s ic iò n I I
il n a s tr o ma g n e tic o in te r a g is c e , a n c o r a u n a
v o lta , c o n la g e s tu a lità d e i mu s ic is ti, a mp lif ic a n d o la , c r e a n d o a g g r e g a z io n i timb r ic h e d e l tu tto n u o v e . Co s ì c o me in A c u s tic a ,
le c o mb in a z io n i timb r ic h e d iv e n g o n o p r e ss o c h é illimita te e imp r e v e d ib ili e la s p e r imentazione sonora il vero motivo fondante
d e ll’ o p e r a .
Pa s s a ta la s ta g io n e d e lle a v a n g u a r d ie p o s tweberniane, lo sperimentalismo di Kagel ha
v ir a to v e r s o la r ile ttu r a d i u n p a s s a to r in a to
a ttr a v e r s o n u o v i lin g u a g g i e la s u a a r te h a
c e r c a to n e l c in e ma u n n u o v o me z z o e s p r e s-
s iv o . N a s c e c o s ì L ud w i g Va n ( 1 9 7 0 ) , u n o
d e i s u o i p iù c e le b r i f i l m , o m a g g i o a B e e t ho v e n e a lla s u a c a s a m u s e o d i B o n n . O g n i
s c e n a è ta p p e z z a ta d i s p a rt i t i d e l c o m p o s i t or e te d e s c o e la c o lo n n a s o n o ra d e ri v a d a g l i
s p a r titi c h e e n tr a n o n el l e i n q u a d ra t u re , i n
u n mis c u g lio d i s u o n i, d a l q u a l e fu o ri e s c on o in ma n ie r a p iù o men o n i t i d a , l e m e l o d i e
d i Be e th o v e n . I c o n f r o n t i c o n i g ra n d i c l a ssici della tradizione musicale occidentale
o c c u p a n o u n p o s to d i pri m ’o rd i n e n e l l a p rod u z io n e k a g e lia n a a p art i re d a g l i a n n i ’8 0 .
Sa nk t- Ba c h P a s s io n p a ro d i a i n m o d o e s p l ic ito la Pa s s io n e d e l K a n t o r d i Li p s i a , i n A u s
D e uts c hla nd ( 1 9 8 0 ) s i ri t ro v a S c h u b e r t i mp r ig io n a to n e lla s u a s tes s a o p e ra , Q u o d l i b e t
r ic h ia ma la c h a n s o n f r a n c e s e d e l Q u a t t ro c e n to , me n tr e D e bus s y è i l p r o t a g o n i s t a d i
I nte r v ie w Av e c D . ( 1 9 9 4 ) . A t e s t i m o n i a n z a
di questo nuovo sguardo all’indietro “alla
ma n ie r a d i K a g e l” , r it o rn a n o a n c h e t e rm in i c o me I nte r me z z o ( 1 9 8 3 ), Ph a n t a s i e s t ü c k
( 1 9 8 9 ) , G r a nd D uo (1 9 9 1 ), I m p r o m p t u
( 1 9 9 6 ) , Ca p r ic c io ( 2 0 0 4 ).
Lo aspettavamo in Italia ma, proprio una
ma n c ia ta d i g io r n i p r im a d i v e n i re a B o l og n a , p e r o ma g g ia r c i a n co ra d e l l a s u a m u s i c a
e d e lla s u a p r e s e n z a , il d e s t i n o h a v o l u t o c h e
il 1 8 s e tte mb r e M a u r ic i o K a g e l , a l l ’e t à d i 7 6
a n n i, c h iu d e s s e g li o c c h i . D o p o S to c k h a u s e n, a n c h e lu i c i la s c ia c o n i l s e n s o d i v u o t o
c h e la s c ia n o i g r a n d i q u a n d o s i h a l ’i m p re ssione di aver ancora bisogno di loro.
The Essential Mauricio Kagel
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Sexteto De Cuerdas (1953)
Anagrama (1955-58)
Transiciòn II (1958-59)
Sur Scène (1958-60)
Heterophonie (1959-61)
Match (1964)
Musik Für 23 Renaissance-Instrumente (1966)
Hallelujah (1967-68)
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Quattro Quartetti (1967-93)
StaatsTheater (1967-1970)
Ludwig Van (1970)
Sankt Bach Passion (1985)
Phantasiestück (1987-88)
Konzertstück (1992)
Etudes (1995-96)
Capriccio (2004)
SA 137
THESE ARMS ARE SNAKES “Tail Swallower & Dove”
CD (Suicide Squeeze)
Registrato presso il Red Room Recordings di Seattle con la
produzione assistita del batterista Chris Common, questo è il terzo
album per These Arms Are Snakes, ambizioso successore di “Easter”
del 2006. Un nuovo lavoro che affina ulteriormente il songwriting del
gruppo, una delle più evolute realtà del panorama post-hardcore
del Northwest, e le novità non mancano: momenti più riflessivi si
alternano al loro classico approccio frontale, mentre le liriche
toccano temi quanto meno morbosi.
JULIAN COPE “Black Sheep” 2CD (Head Heritage)
Potete chiamarlo il disco della riconciliazione se volete. Un ritorno
alle atmosfere del capolavoro ‘Fried’, un ennesimo tributo al padre
spirituale Syd Barrett. Dopo la recente sbronza hard-rock e le
tirate kraut, Julian torna a casa, con canzoni pop lisergiche a presa
immediata, in un doppio album dai colori forti, dove nulla è lasciato al
caso. Volete saperlo? Un’ideale raccolta di canzoni da isola deserta!
POPOLOUS WITH SHORT STORIES “Drawn In Basic”
LP/CD (Morr Music)
“Drawn in Basic” si estende con forza e determinazione in tutte
le direzioni ma sostanzialmente naviga placidamente in un lago
calmo chiamato pop. Andrea Mangia è allo stesso tempo capitano
e clandestino, cantautore e bricole. I testi malinconici e cupi e le
loro inflessioni più solari vengono di nuovo dall’MC Short Stories, aka
Michael McGuire.
LIMBO “Early Works (1984-1987)” 2CD (Spittle)
Ristampa rimasterizzata dei primi lavori dei Limbo: il demo d’esordio, il
primo mini-LP ed una manciata di brani dai magazzini sotterranei della
stessa Spittle. Creatura di Gianluca Becuzzi - eminenza grigia della
scena elettronica peninsulare - Limbo ha una sua costante, l’approccio
oscuro ed elettronico, caratterizzato da una possente ricerca ritmico/
timbrica e dal carattere altamente drammatico sia del mood sonoro che
dei temi in essere: tecnologia e misticismo, scienza e neoprimitivismo,
tanatologia e pratiche erotiche estreme, che ha determinato lo status
di “culto” nel circuito underground internazionale.
VOLCANO “Paperwork” CD (The Leaf Label)
Secondo album per il trio americano (molto vezzeggiato da Pitchfork)
che continua a percorrere la strada di un articolato rock matematico
dalle forti reminiscenze wave e neo romantiche. Un indie rock sempre
sull’ orlo del collasso emotivo/nervoso, sorretto da un impressionante
padronanza strumentale e da un originale lirismo. Possiamo
azzardare: come dei Radiohead in versione improvvisata od una più
docile risposta al post-punk degli olandesi The Ex.
ARMS “Kids Aflame” CD (Melodic)
Todd Goldstein, da Brooklyn, New York, è l’unico depositario
del marchio Arms. Una scrittura la sua che sembra abbeverarsi
alla fonte dei grandi storyteller americani, siano essi i ‘vecchi’
Neil Young e David Byrne od eroi contemporanei della scena
indie come Stephin Merritt (The Magnetic Fields).
WILLIAM PARKER “Double Sunrise Over Neptune”
CD (Aum- Fidelity)
Qui troviamo in azione una nuova big band messa in piedi in occasione
del Vision Festival di New York nel 2007 con Parker impegnato ai
fiati ed allo strumento africano doson’ngoni, cedendo il ruolo di
contrabbassita a Shayna Dulberger. E poi il chitarrista Joe Morris
ed il fido sassofonista Rob Brown. Un approccio globale, che oltre
a rivalutare l’essenza dello spiritual jazz apre a scenari di marca
squisitamente world.
LAND OF TALK “Some Are Lakes” CD (One Little Indian)
La cantante/chitarrista Elizabeth Powell si era posta come obiettivo
un album strutturalmente semplice, in pieno contrasto con l’idea di
pomposità e orchestralità delle odierne uscite in ambito indie. Con
il bassista Chris McCarron ed il batterista Andrew Barr (The Slip),
la band canadese si è ritirata un vecchia chiesa fuori Montreal
per registrare 9 canzoni con l’asuilio di Justin Vernon (Bon Iver). Il
risultato è ancora strabiliante: un pop chitarristico tagliente spesso
abbellito da elementi alternative-country.
ROSE KEMP “Unholy Majesty” CD (One Little Indian)
Figlia d’arte – i suoi genitori erano tra i fondatori degli Steeleye
Span – Rose è riuscita a coniugare la passione per gli arrangiamenti
acustici con influenze di tutt’altra marca, fossero prog, gothic o
addirittura heavy. Nel nuovo album spicca un ‘insolita vena doom,
salutando con disinvoltura anche il drone-metal. E poi un lato più
docile: un respiro folk, antico. Corde pizzicate ed una voce che
sussurra, dopo l’urlo quasi primordiale delle prime battute. Un lavoro
all’insegna della varietà e del rischio.
WOVENHAND “Ten Stones” LP/CD (Sounds Familyre)
Il nuovo album di Wovenhand (creatura di David Eugene Edwards, già
frontman dei 16 Horsepower) ospita la chitarra di Emil Nikolaisen
(Serena Maneesh), il basso elettrico ed il contrabbasso di Pascal
Humbert (16 Horsepower), la batteria di Ordy Garrison e la chitarra
di Peter Van Laerhoven. La musica di Wovenhand è decisamente
unica, confonde chi vi si imbatte con i suoi giochi di chiaro-scuro.
“Ten Stones” ci regala un magnifico incontro con la guarigione, la
sofferenza e il dolore.
WILD BILLY CHILDISH AND THE M.B.E.s
“Thatcher’s Children” LP/CD (Damaged Goods)
Il terzo album a questo nome, in appena tre anni di esistenza. 12
nuovi brani. Canzoni veloci e furiose, un codice operativo che
Childish ha fatto proprio sin dagli esordi, a prescindere che girasse
disarmato (semi-acustico, in chiave skunk-folk) od accompagnato
dagli strumenti di competenza (leggi organico pieno). Uno dei suoi
migliori album. Cover disegnata da Jamie Reid, artista di culto che
ha già lavorato al fianco dei Sex Pistols. Un altro saggio di urgenza
tipicamente british.
HOLLY GOLIGHTLY & The BROKEOFFS
“Dirt Don’t Hurt” LP/CD (Damaged Goods)
Holly Golightly e Lawyer Dave, praticamente un duo batteria/chitarra
all’insegna della stringatezza, tornano con un nuovo album di studio.
Le loro canzoni parlano chiaramente: sottili interpretazioni in bilico
tra r&b e country, corroborate da accenti garage e sfiziose atmosfere
noir. E’ il calvario del rock’n’roll attraverso la redenzione soul, un
patto originale con il diavolo.
GOLDEN ANIMALS “Free Your Mind And Win A Pony”
CD (Melodic)
Siano i Rolling Stones più negroidi, i Royal Trux degli ultimi dischi
(quando all’eroina era stato sostituito il metadone) o qualche
misconosciuto eroe della psichedelica della costa ovest, nel gioco
delle sottili citazioni i Golden Animals certo non sfigurano. Sono il
duo da battere al momento e dimenticatevi pure di porcherie tipo
The Kills…
WORKING FOR A NUCLEAR FREE CITY
“Businessmen and Ghosts” CD (Melodic)
Prestando fede ad una tradizione che affonda decisa negli anni
’80, portando in dote le combinazioni tra dance e rock (l’eredità
di etichette quali Factory e Mute), WFANFC non deludono certo le
aspettative con un album che trasversalmente taglia il dancefloor,
per appropriarsi contestualmente della recente tradizione IDM e
di quella più propriamente new wave.
THE WALKMEN “You & Me” CD (Talitres)
Nel solco di una scrittura che risale al primo rock’n’roll, all’intimità
e all’energia di Elvis Presley, alle prime registrazioni di Buddy Holly e
all’orchestrazione massiccia di Roy Orbison, un’ ispirazione che si allarga
anche ad artisti del calibro di Randy Newman e a band come Modern Lovers.
Songwriting complesso ed ispirato, romantico e celebrativo, questo è il
suono dei Walkmen che tornano ad una forma classica.
RALFE BAND “Attic Thieves” CD (Talitres)
Pura magia circense, favole scabrose raccontate al lumicino, viaggi ai
confini dei territori tzigani. Canzone folk che si rinnova, bagnandosi nella
tradizione extra-occidentale. Del loro approccio vaudeville si innamorò
il vate John Peel, che dall’alto della sua conoscenza faticò non poco a
collocare questo bizzarro combo. Per chi adora nella stessa misura
Calexico e Kocani Orkestar.
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