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la Biblioteca di via Senato
mensile, anno iii
Milano
n.6 – giugno 2011
BUONGOVERNO
Il cardinale,
qualcosa più
di un principe
LA MOSTRA BVS
San Carlo,
un cardine
della rinascita
CINQUECENTO
Quando l’asino
era materia
per letterati
ARTE E CULTURA
L’illustration e le
riviste di Mario
De Micheli
FONDO IMPRESA
Marinetti e
il battesimo
di Torreviscosa
la Biblioteca di via Senato - Milano
MENSILE
DI
BIBLIOFILIA
–
ANNO
III
–
N.6/24
–
MILANO,
GIUGNO
2011
Sommario
4 Utopia: prìncipi e princìpi
IL CARDINALE, PRINCIPE
TRA FEDE E POLITICA
di Gianluca Montinaro
10 BvS: il Fondo Antico
ENCOMIUM ASINI
E L’ELOGIO PARADOSSALE
di Annette Popel Pozzo
19 BvS: il Fondo De Micheli
L’ILLUSTRATION, PERLA
TRA LE RIVISTE DI MARIO
di Matteo Noja
22 BvS: la Mostra in corso
CARLO BORROMEO,
PRIMO SANTO MODERNO
di Armando Torno
29 IN SEDICESIMO - Le rubriche
IL TEATRO DI VERDURA,
CATALOGHI, SPIGOLATURE,
L’INTERVISTA D’AUTORE,
ASTE, MOSTRE
46 BvS: il libro ritrovato
GLI “OPERA OMNIA”
DI CARDANO, 10 TOMI
DI LETTERE, SCIENZA E VITA
di Beatrice Porchera
50 BvS: il Fondo Impresa
TORRE VISCOSA,
UN BATTESIMO POETICO
DI TECNICISMI FUTURISTI
di Arianna Calò
54 BvS: rarità per bibliofili
LA SCALA D’ORO,
UNA GRANDE COLLANA
PER I PIÙ PICCOLI
di Giacomo Corvaglia
60 Da l’Erasmo: pagine scelte
IL PAROLIBERISMO
FUTURISTA: ESTASI
DEL MODERNO
di Simona Costa *
68 BvS: nuove schede
RECENTI ACQUISIZIONI
DELLA BIBLIOTECA
DI VIA SENATO
72 La pagina dei lettori
BIBLIOFILIA
A CHIARE LETTERE
* tratto da L’Erasmo n.20
Marzo – Aprile 2004
Acrobazie letterarie
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Proverbio raffigurante l’asino
testardo, preso da Giuseppe Maria
Mitelli, Proverbi figurati, 1678
Organizzazione Mostra del Libro Antico
e del Salone del Libro Usato
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Questo periodico è associato alla
Unione Stampa Periodica Italiana
Reg. Trib. di Milano n. 104 del
11/03/2009
Editoriale
L’
arrivo dell’estate significa
tradizionalmente due cose in via
Senato. Il programma degli incontri
e delle attività che approfondiscono la mostra
in corso entrano nel vivo, in concomitanza
con l’avvio di una stagione teatrale all’aperto
per raccontare il fascino del libro e dei libri
attraverso le pagine in scena.
In questo numero presentiamo il cartellone
del Teatro di Verdura con una sezione dedicata
ai ragazzi e alle scuole.
Continua anche il racconto della Milano di
Arcimboldo attraverso i testi del catalogo che
accompagna l’esposizione con un breve cameo che
Armando Torno dedica alla figura di San Carlo
Borromeo, personalità chiave nella rinascita
spirituale, artistica e culturale della Milano
di allora.
Quasi un’ulteriore appendice alla mostra
è la presentazione dell’Opera Omnia del Cardano
(di cui sono esposti altri testi), dieci volumi
in prima e rara edizione che ricordano la
pluralità di interessi del medico milanese
e il prestigio scientifico che i suoi studi
offrirono alla sua rigenerata città.
Questo numero si arricchisce di un inedito
focus che Annette Popel Pozzo rivolge alla
figura dell’asino nelle lettere del Cinquecento
italiano e dello studio che Gianluca Montinaro
dedica all’utopia del Buongoverno, questa volta
declinata nella figura del Cardinale e nelle virtù
a cui dovrebbe idealmente tendere.
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
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L’Utopia: prìncipi e princìpi
IL CARDINALE, PRINCIPE
TRA FEDE E POLITICA
Il cinquecentesco trattato dedicato al giovane Odoardo Farnese
GIANLUCA MONTINARO
n epoca rinascimentale fiorisce un’ampia produzione trattatistica comportamentale. All’individuo
si indicano i comportamenti da assumere per ben
rivestire il proprio ruolo sociale. Come Castiglione
narra del perfetto cortigiano, così numerosi altri scrittori si cimentano nel tratteggiare modi e atteggiamenti
del perfetto principe, del perfetto segretario, del perfetto soldato, del perfetto ambasciatore e persino, per
ironico assurdo, della perfetta prostituta, in una galleria senza fine di figure utopiche, divise fra individuale e
sociale, morale ed etica. Nel gioco di specchi i primi
termini riflettono i secondi, alla perenne ricerca di un
modello singolare e perfetto, pieno allo stesso tempo di
forma e sostanza, capace di cogliere nella sua unicità
tutti gli aspetti del molteplice.
Nel vasto Fondo Antico conservato presso la Biblioteca di via Senato sono numerosi questi testi, imbevuti di sogno e di utopia. Fra essi spicca per curiosità e
interesse un volume in 4to, il cui autore, il bolognese
Fabio Albergati (1538-1606), descrive come si deve
condurre un perfetto “principe della Chiesa”. L’opera,
in prima edizione, intitolata Del cardinale (In Roma, ad
instantia di Giovanni Angelo Ruffinelli. Stampato per
Guglielmo Facciotto. 1598), è dedicata al porporato
Odoardo Farnese (1573-1626), figlio di Alessandro,
duca di Parma e Piacenza, e nipote in linea diretta di
Papa Paolo III. L’opera, nelle intenzioni di Fabio Albergati, avrebbe dovuto servire a guidare e consigliare
I
A sinistra: frontespizio dell’opera Del cardinale di Fabio
Albergati, (Roma, Giovan Angelo Ruffinelli, 1598)
contenente lo stemma del cardinale Odoardo Farnese
il giovane cardinale, che aveva ricevuto la berretta rossa
alla precoce età di diciotto anni.
Il libro di Albergati non è un unicum. Si pone piuttosto su una linea inaugurata, nel 1510, dal trattato - postumo - De cardinalatu, di Paolo Cortesi (1465-1510),
spentosi poco tempo prima nel suo ritiro presso San Gimignano, ove risiedeva dal 1503, dalla morte di Alessandro VI, dopo oltre vent’anni trascorsi come scriptor e poi
come segretario apostolico presso la curia pontificia.
Il ritratto dell’ideale principe della Chiesa disegnato
dal Cortesi nei tre libri della sua opera (Ethicus et contemplativus, Oeconomicus e Politicus) scandiva su altrettanti livelli il ritmo della vita cardinalizia tra serietà religiosa, rigore morale e impegno di governo,
tra pubblico e privato, nella severa consapevolezza di
un’altissima dignità e dei molti e ardui doveri che essa
comportava, compendiati nella veste purpurea quale
simbolo dell’impegno a difendere la fede usque ad effusionem sanguinis.
Ciò che occorre sottolineare, tuttavia, è il fatto che il
libro, pubblicato lo stesso anno del Institutio christiani
principis di Erasmo da Rotterdam e poco prima della
stesura del grande libro machiavelliano, era nato originariamente con l’intenzione di trattare De principe.
Un obiettivo che il Cortesi aveva poi finito con l’abbandonare sotto l’impressione dell’incalzante mutare delle cose nella tumultuosa stagione in cui gli era
toccato vivere. Non i fragili stati e staterelli travolti
da crisi profonde, affidati solo alle astuzie della diplomazia e al “beneficio del tempo”, vacillanti negli
6
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
A sinistra: Sebastiano del Piombo (1485-1547),
ritratto del Cardinale Reginald Pole, ca. 1537,
Hermitage Museum, San Pietroburgo
scontri tra le grandi monarchie europee che avevano
per teatro la penisola, erano al centro della vita politica e anche culturale italiana, ma la Chiesa di Roma,
sotto la guida di pontefici capaci di usare spregiudicatamente fanti e cavalieri così come interdetti e scomuniche, confermando l’universale validità della regola guicciardiniana secondo cui “non si può tenere
stati secondo conscienza”.
Una Chiesa capace di attrarre energie, di offrire possibilità di azione e di carriera, di fornire canali di
promozione sociale al talento e all’ambizione. Lo
stesso Guicciardini, il laico tutto d’un pezzo che non
risparmiò invettiva e astio sprezzante nei confronti
di quegli “scelerati preti” che il suo “particulare” gli
aveva imposto di servire, in giovinezza aveva pensato di farsi chierico, “non per poltroneggiarmi colla
entrata grande, come fanno la più parte degli altri
preti, ma perché mi pareva, sendo io giovane e con
qualche lettera, che fussi uno fondamento da farmi
grande nella Chiesa e da poterne sperare di essere un
dì cardinale”.1
Nella sua opera, Cortesi delinea le peculiarità del-
la funzione cardinalizia. Intrattenendosi sulla figura del
cardinale ed enumerando le conoscenze necessarie all’espletamento della carica, Cortesi tratteggia il “galateo” al quale i principi della Chiesa devono aderire nei
loro rapporti pubblici e privati. Nell’ultima parte del libro affronta, in modo sistematico, «doveri e prerogative» inerenti alla carica, con ampio ricorso alla casistica
(concistori, conclavi, scismi, ecc.).
Il cardinale di Cortesi non si distingue tanto dal
principe di Pontano. Le virtù necessarie al cardinale sono le medesime che si incontrano negli specula principis
quattrocenteschi: religio, prudentia, iustitia, fortitudo,
temperantia, liberalitas, magnanimitas. E Cortesi, fra gli
ultimi umanisti, appare ancora animato da una grande
fiducia verso la bontà della natura umana: «homo est
animal sociale et homo appetit civitatem».2
Cortesi però dimentica (o finge di dimenticare)
quanto la realtà di Roma sia lontana dalla propria idealizzazione. Nepotismo e corruzione condizionano l’agire della Curia romana; e i cardinali ne sono i principali protagonisti. La progressiva mondanizzazione della
Chiesa è causata, oltre che da una innegabile “decadenza dei costumi”, anche dalle inevitabili conseguenze
dell’essere contemporaneamente dominio spirituale e
temporale. Questa duplice veste comporta il quotidiano disbrigo di doveri, quali la riscossione dei tributi, la
gestione delle finanze, la difesa militare, che accomunano tutte le entità statali. Doveri attorno ai quali si coagulano interessi e appetiti, mediazioni e ricatti. Inoltre il papato, benché sia uno stato assoluto, è una monarchia elettiva: ciò causa una mancanza di continuità
nell’azione di governo. E’ anzi «in questa prospettiva,
cioè con la vitale esigenza da parte dei pontefici di disporre di consiglieri e di uomini di governo in cui poter
riporre piena fiducia, di surrogare all’assenza di un potere ereditario e di aggirare l’opposizione del Sacro
Collegio, che si spiega il nepotismo dei papi rinascimentali, che sembrano addirittura dar vita a un pur embrionale tentativo di trasmettere ai propri discendenti
il trono papale».3
L’intransigente Paolo IV (1555-1559, al secolo
Gian Pietro Carafa), «animato da una profonda volon-
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
7
A destra: Tiziano Vecellio (1489 ca.-1576),
Papa Paolo III con i nipoti, 1545-46, Napoli,
Museo Nazionale di Capodimonte
tà di rinnovamento personale e istituzionale della vita
religiosa»,4 avvia una politica rigorista, combattendo
con forza dissenso ed eresie. Fallito il tentativo di riconciliazione con i luterani, portato avanti dall’ala riformista, gli “spirituali”, del Sacro Collegio (animata
da grandi personaggi come Gasparo Contarini e Reginald Pole), Carafa ha buon gioco nella creazione del
Sant’Uffizio (1542). Questa istituzione si configura subito come il suo “braccio armato”: «uno strumento decisivo per avviare indagini non solo su predicatori eterodossi e conventicole criptoriformate, ma anche e forse soprattutto sugli “spirituali”, sui loro amici e collaboratori, al fine di portarne alla luce quelle che non tarderanno a essere definite come gravi deviazioni, complicità, eresie».5
Con Paolo IV il Collegio cardinalizio muta la propria natura. Iniziano ad approdare al Sacro Collegio
non solo rampolli di nobili e potenti famiglie ma soprattutto «homines novi, la cui massiccia presenza tra i porporati di fresca nomina rivela con chiarezza l’appannarsi della figura del grande principe della Chiesa rinascimentale a tutto vantaggio di quella del nuovo altissimo
funzionario della burocrazia curiale». 6
Questo passaggio viene registrato nella trattatistica controriformista sul cardinalato: Giovanni Manfredi
(De cardinalibus Sanctae Romanae Ecclesiae, 1564; De perfecto cardinali, 1584; De maiestate dominorum cardinalium, 1591; De nominibus serenissimis dominorum cardinalium, 1591), Giovanni Botero (Dell’uffitio del cardinale,
1599),7 Girolamo Piatti (De cardinalis dignitate et officio)
mentre, a difesa delle prerogative, della libertà e della
collegialità cardinalizia si esprime Gabriele Paleotti con
il suo De sacri concistorii consultationibus (1593).
Ma è probabilmente Fabio Albergati con il suo Del
cardinale (1598) a esprimere al meglio la nuova temperie
culturale. Nel suo trattato, più e più volte, ribadisce il
concetto di obbedienza assoluta al pontefice da parte del
porporato, a scapito di ogni libera iniziativa personale.
Albergati è anche interessato ad avallare, come la quasi
totalità degli scrittori politici del suo tempo, la subordi-
nazione dei potentati politici terreni alla Chiesa romana
(indiscussa autorità spirituale e morale). Innanzi tutto
Albergati sostiene la superiorità del cardinale sul principe perché nel porporato si uniscono il potere spirituale e
quello temporale,
per la qual cosa quant’è maggiore il temporale e lo
spirituale uniti del solo temporale, e quanto sono più
degne le virtù christiane delle virtù attive, di tanto la
virtù del cardinale avanza quella del principe.8
Albergati poi scrive che la cristianità, la repubblica
cristiana, essendo stata fondata dal
figliuol di Dio, fa ch’ella è divina, e senza imperfettion alcuna; talché non è come l’altre sottoposta alla
corrottione, in guisa che da possanza humana possa
venir destrutta. [...] Ma l’altre republiche, essendo
state ordinate da gli ingegni humani, sono d’imperfettioni ripiene, onde né per quanto sia per durare il
mondo, né lungamente ancora non hanno potuto né
si possono conservare. E ristringendo la nostra consideratione a quelle che di miglior forme dell’altre
sono state figurate, come alla Republica di Platone, e
alla perfetta da Aristotile descritta, ritroveremo inconvenienti e imperfettioni grandissime.9
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
9
Nella pagina accanto: incipit del primo libro
di Del cardinale di Fabio Albergati.
A destra: Gaspar Van Wittel (1652-1736), San Pietro,
(particolare), collezione privata.
E se lo stato ideale di Platone, nonostante la comunione dei beni e l’assenza della famiglia, degenera,
come anche notato da Aristotele nella Politica, in «disunione e corruttione» perché non tutte le cose sono
«communicabili», così anche lo stato perfetto di Aristotele manca, alla base, di «bene pubblico». Mentre
nella republica cristiana il bene è «commune a tutti i
Christiani, siano di che conditione si vogliano, purché
si dispongano a seguire le vestigia di Christo, rappresenta lo stato popolare nel quale il povero e il ricco, il
nobile e l’ignobile, l’ignorante e il dotto, concorrono
egualmente alla partecipatione di tutti i beni di honesta
libertà».10 Aggiunge anche che il pontefice «essendo
vicario di Cristo, e per legge divina reggendosi, non solo non può mai errare, ma è sempre il suo governo di
bontà ripiena».11
I compiti del cardinale sono dunque «non solamente da servire al papa in consigliarlo ma in esseguire
ancora le deliberationi prese da lui».12 Fra religione e
politica il primato spetta alla prima e conviene «acco-
NOTE
1
M. FIRPO, Il cardinale in L’uomo del Rinascimento, a c. di E. Garin, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp 75-76.
2
P. CORTESI, De cardinalatu, Siena, Nardi,
1510, pp. CVII v.-CVIII r.
3
M. FIRPO, Il cardinale, cit., p. 102.
4
Ibidem, p. 120.
5
Ibidem, p. 124.
6
Ibidem, p. 126. Cfr. anche la relazione,
nel 1558, dell’ambasciatore di Venezia, Bernardo Navagero: «[In passato] alcune volte [i
cardinali] non furono che sei, e si aveva gran
modare le leggi alla religione e indirizzarle ad essa».13
Ai cardinali secenteschi rimane solo la memoria
delle prerogative legate alla loro carica. Un tempo
principi fra principi, ora solo semplici pedine di equilibri politici che non hanno più a Roma il loro centro, si
prestano al gioco delle fazioni dei nascenti Stati nazionali. Gli stessi che di lì a poco avrebbero guardato con
sempre maggior distacco e indifferenza a uno Stato
della Chiesa vecchio e arretrato, ormai avviato sulla
strada di una inevitabile decadenza.
rispetto e gran considerazione a fare un cardinale, perché giudicavano che a questa dignità fosse necessaria la nobiltà del sangue
congionta colla virtù e particolarmente colla bontà: e per questo si riputava onorata
non solamente una casa, ma una città e una
provincia che per avventura avesse un cardinale. Ora sono in numero di sessantasei, la
maggior parte così obbedienti al nuto del
pontefice che o per ignoranza o per paura
non ardiscono o non sanno cotradire cosa
alcuna» (in Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a c. di E. Alberi, serie II, vol. III,
Firenze, Società editrice fiorentina, 1846, p.
412).
7
G. BOTERO, Dell’uffizio del cardinale, Roma, 1599, p. 7: il compito primario del cardinale è «ampliare la religione e santificare il
nome di Dio tra i fedeli».
8
F. ALBERGATI, Del cardinale, Roma, Ruffinelli, 1598, p. 4.
9
Ibidem, pp. 5-6.
10
Ibidem, pp. 8-9.
11
Ibidem, p. 10.
12
Ibidem, p. 11.
13
Ibidem, p. 18.
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
11
BvS: il Fondo Antico
ENCOMIUM ASINI E
L’ELOGIO PARADOSSALE
La figura dell’asino nella letteratura del Cinquecento italiano
ANNETTE POPEL POZZO
T
ra gli animali domestici è
Giovan Pierio Valeriano Bolquello che più assomiglia
zani (1477-1560) ne I ieroglifici oveall’uomo. Quella tra l’uoro commentarii delle occulte significamo e l’asino è una contiguità che intioni de gl’Egittij, & altre nationi, deveste le radici stesse della natura
dica l’intero dodicesimo capitolo
umana. Nessuna sorpresa che l’asidel suo libro “a quello, che gl’antino sia stato oggetto di particolare atchi Egittiani, Greci, e Latini dicono
tenzione fin dai tempi più lontani.
della significazione dell’asino”,2
Lo troviamo come motivo figuratipresentando con una summa di imvo, come metafora letteraria e come
magini, motivi e significati un vero
concetto filosofico.
e proprio lessico iconico e metafoLo vediamo in azione nei miti
rologico. Non v’è ovviamente alantropogonici assiro-babilonesi, nei
cun bestiario medievale nel quale
misteri egizi e in quelli di molte culnon caschi l’asino.
ture del Medio ed Estremo Oriente.
Tra le caratteristiche comuni
Appare in avvenimenti importanti
alle raffigurazioni dell’asino, quelle
della Bibbia: nella fuga in Egitto di
che stanno alla base dell’intera sua
Giuseppe e Maria, accanto al bue
simbologia sono l’ambivalenza e
Nella pagina accanto: il cartiglio
nella Natività e nel trionfale ingresl’ambiguità, caratteristiche in effetti
so di Gesù (a dorso d’asino, appunto)
del tutto antropomorfe. Efficace
xilografico con la figura anamorfica
a Gerusalemme la Domenica delle
metafora dell’uomo, l’asino è predell’“arcasino” (ovvero di un asino
Palme. Occupa un posto di prima
sentato come ignorante, testardo e
che, capovolto, muta aspetti umani)
grandezza nella letteratura greca e
irrazionale. In particolare, è costitunel Ragionamento di Giovanni
romana. Basti pensare alla sua prezionalmente incapace di compiere la
Battista Pino. Sopra: l’asino vincente
senza in Aristofane, Esopo e sopratscelta giusta, come accade all’asino
sugli altri animali nell’opera di
tutto in Lucio Apuleio. Nelle MetaAdriano Banchieri
di Giovanni Buridano, che muore di
morfosi (più comunemente note profame davanti a due secchi pieni di
prio sotto il titolo de L’Asino d’Oro) sono descritte le avgrano, o a quello che per il troppo cibo si taglia la via d’uventure di Lucio, divenuto sì asino, ma mantenendo inscita, raffigurato da Ludovico Ariosto nella Favoletta deltatte umanissime facoltà raziocinanti, e la sua ritrasforla Satira I (247-265). Mostra un’ostinazione quasi diabomazione in forma umana il giorno seguente, quando filica, ma è anche sapiente perché sa di sapere di non sapenalmente mangia le rose di una corona recata da un sare. D’altra parte è laborioso, umile, docile e paziente cocerdote alla sacra processione in onore di Iside.1
m’è provato dagli asini rappresentati nella Bibbia.
12
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Agrippa di Nettesheim (1486-1535), che tesse le lodi degli asini mysteria – i misteriosi meriti dell’asino – nel De
incertitudine et vanitate scientiarum, pubblicato per la prima volta nel 1530 ad Anversa, che ebbe un’influenza notevole sugli scrittori cinquecenteschi, soprattutto per
quelli italiani fin dalla prima edizione in volgare, Dell’incertitudine e della vanità delle scienze a cura di Lodovico
Domenichi, stampata nel 1547 a Venezia.
Le pagine dedicate da Agrippa Ad encomium asini
digressio introducono dunque l’idea del paradossale elogio dell’asino, che diventa paradigmatica per le cosiddette scritture asinine del Cinquecento.5 Il genere letterario
dell’elogio paradossale trova le proprie radici nella tradizione retorica antica e la sua massima espansione nel Morias enkomion seu laus stultitiae di Erasmo da Rotterdam
(1511), che celebra la superiore follia come vera sagezza,
e però anche nel Narrenschiff di Sebastian Brant (Basilea,
1494, con la prima edizione latina Stultifera navis nel
1497), che essendo in gran parte una critica dell’epoca,
non a caso rappresenta l’asino in numerose xilografie –
alcune delle quali attribuite ad Albrecht Dürer.
L’asinus portans mysteria nell’opera emblematica
di Andrea Alciati
La polisemia è chiara anche nei molti proverbi che
sottolineano vuoi l’asino umile: “Voglio più tosto un asino, che mi porti, che un cavallo, che mi getti in terra”;3
vuoi l’asino testardo: “Chi lava la testa all’asino, perde il
tempo et il sapone”.4
Il tópos asinino dell’ambivalenza conferisce all’animale un’aura misteriosa. Significativa l’immagine dell’asinus portans mysteria, che trova le sue radici nell’antica
consuetudine di usare l’asino come veicolo di divinità legate ai misteri (Dioniso, Iside, Cibele) – un’immagine
ben presente nell’emblema di Andrea Alciati, Non tibi,
sed Religione (Non a te, ma alla Religione), con la subscriptio:
“Mentre rozzo Asinel la imagia santa D’Isi di qua di la
lento portava; Vedendo ovunque gia, la turba tanta,
Ch’adorando la Dea le s’inchinava”.
Il tópos era stato sviluppato da Heinrich Cornelius
Solo un anno dopo la prima edizione italiana del
testo di Agrippa, il milanese Ortensio Lando (ca. 1512ca. 1556) dà alle stampe i Sermoni funebri de vari authori
nella morte de diversi animali (1548), nei quali undici autori fittizi celebrano altrettanti animali in undici sermoni con fini chiaramente parodistici e paradossali.6 Il
primo Sermone di Fra Cipolla da Certaldo “nella morte
del suo asino detto Travagliano” contiene nell’elogio
dell’asino diversi motivi della topica asinina già usati
dagli antichi, come la facoltà di prevedere condizioni
meteorologiche e fenomeni atmosferici, le virtù fisiche
e morali, l’immagine dell’asinus portans mysteria e infine
la trasformazione in stelle di due asini nella costellazione del Cancro, che viene rielaborata come testimonianza delle origini divine di Travagliano. L’opera di
Lando, in verità semanticamente assai complessa e
ibrida, fa dunque uso della figura dell’asino (e di altri
animali) come strumento di controversia e propaganda
religiosa, secondo un registro comico.
Pubblicato anonimamente e senza note editoriali,
ma probabilmente stampato attorno al 1550, è il rarissimo opuscoletto Consolatoria overo Asineida dello Imbrogliaato Mato [sic] (oltre alla copia nella nostra biblioteca, l’edizione viene censita mondialmente in soli tre
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
13
Da sinistra: la rota fortunae di Albrecht Dürer nell’edizione latina della Nave dei folli di Sebastian Brant (Basilea 1497);
il frontespizio allegorico inciso in La Nobiltà dell’Asino di Attabalippa dal Perù (1599) con l’asino sul trono circondato
dagli altri animali
esemplari presso la Biblioteca Trivulziana di Milano, la
Bibliothèque Nationale di Parigi e la Biblioteca Universitaria di Monaco di Baviera), che in maniera satirica
gioca sul fatto che un certo “frate Anselmo Minoritano” si lamenti di essere ritenuto un asino, mentre la critica si rivela una lode: “ma voi forse attendendo altrimenti all’ingiuria che potrebbe al parer vostro tal voce
arricarvi vi dolei essere in fatti assomigliato all’Asino,
come ad animale brutto, e vile, et che di nissuna utilità,
è risparte o giovamento sia: deh poverello mio voi che
se pur una millesima parte sapessi delle sue virtù, delle
eccellentie, et di mirali de l’asino, e se in qualche maniera potesti ingegnarvi di representarlo, o di imitarlo,
e farvi da gli huomeni conoscer internamente per tale,
& in somma mostrarvi […] anchora nelle vostre attioni
perfetto Asino, voi sareste senza alcun dubbio e contento, e felice, e beato” (verso della c. A1).
Altra opera fondamentale per la letteratura paradossale asinina è Il Valore de gli Asini. Dell’Inasinito Academico Pellegrino, a sua volta una seconda redazione (pubblicata a Venezia nel 1558 per i tipi di Marcolini) dell’Asinesca Gloria. Di autore incerto, il testo viene attribuito ad
Anton Francesco Doni (1513-1574) o più verosimilmente a Vincenzo Cartari (1531?-1569), che fu scrittore
e uomo di cultura alla corte di Ippolito II d’Este. “Questo
testo presenta una maggiore complessità e problematicità, legate sia a spostamenti di prospettiva che si verificano al suo interno, sia all’introduzione di motivi che
14
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
Nella pagina accanto: proverbio raffigurante l’asino umile,
preso da Giuseppe Maria Mitelli, Proverbi figurati, 1678
rinviano a nuclei importanti della riflessione cinquecentesca, come il rovesciamento del rapporto virtù-stima, il
contrasto tra essere e parere, o la nozione della mutazione e instabilità del reale”.7 L’opera gioca tutta sulla bidimensionalità e sull’ambiguità dell’asino, facendo riferimento anche alla rota fortunae, interpretando la fortuna
in rapporto all’asinità e acclarando il valore della metamorfosi asinina per via della variabile commistione del
lato umano e asinino.
Del resto, l’immagine della ruota della fortuna
composta da una figura che per metà è asino e per l’altra
metà è uomo era già universalmente nota grazie alla celebre xilografia di Albrecht Dürer nel Narrenschiff. L’idea della bidimensionalità e della rota fortunae viene riusata con modifiche anche da Giordano Bruno nella
Cabala del cavallo Pegaseo, con l’aggiunta dell’asino Cillenico (1585), mettendo in risalto l’asino positivo e l’asino
negativo.8 Famosa l’immagine dei due asini contrapposti entro cornice vegetale che significano “la dicotomia
simbolica dell’animale, per cui potremmo dire che, in
fondo, si tratta della rappresentazione di un solo asino
visto però specularmente nel suo dualismo morale e
polemico: da un lato l’asino taciturno e con le orecchie
dritte, savio ed eloquente, dall’altro quello ottuso e trasandato con le orecchie basse, metafora di umile sottomissione”.9
Per quanto riguarda la figura dell’asino in Giordano Bruno, va aggiunto che nella Declamazione premessa alla Cabala il filosofo, che pure fa uso di molti loci
communes sull’asino, critica aspramente la produzione
di encomia asini: “Lasso, perché con ramarico del mio
core, […] mi si presenta a gli occhi questa imperita,
stolta e profana moltitudine che sì falsamente pensa, sì
mordacemente parla, sì temerariamente scrive, per
parturir que’ scelerati discorsi de tanti monumenti che
vanno per le stampe, per le librarie, per tutto, oltre gli
espressi ludribrii, dispreggi e biasimi: l’asino d’oro, le lodi de l’asino, l’encomio de l’asino; dove non si pensa altro
che con ironiche sentenze prendere la gloriosa asinitade in gioco, spasso e scherno?”10
Pubblicato con false note editoriali (Nel paradiso de
gli Asini, l’anno de la primera Asinesca nel roverscio del mese
Asinissimo), ma verosimilmente stampato qualche anno
15
dopo Il Valore de gli Asini, cioè tra il 1560 e 1563 a Napoli
da Giovanni Sultzbach o Mattia Cancer è il Ragionamento
sovra del Asino di Giovanni Battista Pino (fl. 1532-1549).11
Oltre al Ragionamento un solo altro titolo (Il triompho di Carlo Quinto a cavallieri et alle donne napoletane,
1536) è conosciuto di questo letterato, che nel 1547 viene
inviato come ambasciatore alla corte di Carlo V, dove
tuttavia è perseguitato e imprigionato. Esemplari del
Ragionamento, oltre a quello della nostra biblioteca, sono
censiti attualmente soltanto in quattro altre biblioteche
italiane (Roma, Firenze, Napoli e Cassino). Nel titolo
vediamo racchiusa in un cartiglio xilografico la figura
anamorfica dell’“arcasino” (ovvero di un asino che, capovolto, muta aspetti umani), ripetuta al rovescio nei
quattro cartigli angolari, con il motto “Poco vedete e
parvi veder molto”, espunto dal Canzoniere di Petrarca
(CXXVIII, 24). Dichiarando nel testo, che “Hor come si
sia, l’huomo ha de l’Asino, e l’Asino ha del’huomo, e rare
volte si trova l’huomo senza l’Asino, o l’Asino senza l’huomo” (p. 32), anche Pino usa l’asino nel suo aspetto bidimensionale. “I momenti satirici si danno attraverso le figure degli asini negativi, che in modo inaspettato vengono a turbare l’immagine di positività proiettata dalle lodi
asinesche: gli asini negativi simboleggiano i falsi sapienti, che si nascondono dietro la maschera del vuoto prestigio, e coloro che esercitano il potere senza un adeguato
sapere”.12
Come già Ortensio Lando nei Sermoni funebri con
fini di propaganda religiosa, Giovanni Battista Pino propone attraverso le lodi dell’asino un modello politico alternativo, nel suo concreto caso al governo di Don Pedro
de Toledo e lo lega così ai tumulti scoppiati a Napoli contro il tentativo spagnolo di istituire il Tribunale d’Inquisizione, tumulti nei quali viene coinvolto lo stesso Pino.
Non mancano riferimenti a Machiavelli, del resto già individuati ne Il Valore de gli Asini: “Macchiavelli non niega
che li grandi del mondo, non debbiano haver queste due
parti del savio dico e del Matto, o per dirla più chiaramente de l’huomo, e de la Bestia e dice che questo par
ch’accennassero i Poeti, quando dissero, ch’Achille fu
dato per discepolo a Chirone, il qual era mezo huomo, e
mezo bestia, a tal ch’egli anc’hora imparasse come dovesse governare i suoi popoli, e regger suo stato usando a
tempo l’una & l’altra qualità di Natura, dico quella de l’huomo, e quella de la Bestia, o per meglio dir de l’Asino,
16
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Frontespizio de Il Valore de gli Asini.
Dell’Inasinito Academico Pellegrino
(Venezia, Marcolini, 1558)
il qual per le antedette cause è conforme ala natura de l’huomo più d’ogn’altra natura d’ogn’altro animale”
(p. 37). L’imbestiamento, cioè la discesa nell’animalità, segnala l’accesso a un comportamento alternativo,
a un’antropologia diversa.
La complessità dell’elogio dell’asino elaborato da Ortensio Lando, Giovanni Battista Pino e Giordano Bruno si stempera alla fine del
Cinquecento nel tono piacevole e
burlesco di operette che usano la figura dell’asino per il mero diletto dei
lettori. Esempio significativo è La Nobiltà dell’Asino di
Attabalippa dal Perù provincia del mondo novo, tradotta in
lingua italiana (1590) di Adriano Banchieri (1568-1634).
Oltre all’asino, l’autore introduce cinque altri animali
NOTE
1
Iniziando con la princeps romana, uscita dai torchi di Sweynheim e Pannartz nel
1469, l’opera consolida il proprio successo
con tre edizioni fondamentali cinquecentesche: l’edizione bolognese contenente il
commento di Filippo Beroaldo del 1500, la
traduzione di Matteo Maria Boiardo del
1519 e finalmente il rifacimento di Agnolo
Firenzuola del 1550.
2
Edizione di Venezia, Giovanni Battista
Combi, 1625, p. 148. Va segnalata l’opera Historiae animalium di Conrad Gesner (Zurigo,
1551), che essendo un’enciclopedia zoologica contiene in 8 capitoli un’esaustiva descrizione dei vari aspetti e lati dell’asino.
3
Proverbio figurato in Giuseppe Maria
Mitelli, Proverbi figurati, Bologna, 1678, tavola 12. L’edizione, considerata molto rara,
rappresenta il primo tentativo di mettere in
immagine proverbi diffusi.
4
Proverbio figurato in Giuseppe Maria
(cane, cavallo, scimmia, leone ed
elefante, raffigurati tra l’altro nel
frontespizio inciso nell’edizione
ampliata del 1599) che si pongono in
competizione con l’asino per la corona di animale più perfetto. L’intenzione dilettevole non potrebbe
essere più chiara nella “Licenza di
Griffagno delli Impacci alli lettori”,
allorché il revisore si augura che “si
ritrovi qualch’altro gentil’humore,
che si metta a lodare le Vache, i Bechi, o qualch’altro cornuto Animale,
che se ne trovano pur di molte specie, anco fra Noi, le quali daranno
materia di raccontar’Historie, favole, burle & passatempi piacevoli, et
gratiosi” (c. 44r). Le modalità di lettura sono chiaramente diverse. L’elogio paradossale non è più un gioco eversivo, legato anche a critiche nascoste, ma diventa un divertimento puramente bizzarro e piacevole, nato da una realtà ormai
deformata e rovesciata.
Mitelli, Proverbi figurati, Bologna, 1678, tavola 41.
5
Agostino Gallo (1499-1570) in Le vinti
giornate dell’agricoltura, et de’ piaceri della
villa (versione definitiva del 1569 dopo la redazione originaria in dieci giornate, e poi in
tredici) celebra nella quattordicesima giornata l’asino e il mulo in un contesto agronomico: è paziente, umile, docile, lavoratore instancabile, pronto a servire l’uomo, robusto,
parsimonioso e gagliardo. Tommaso Garzoni
(1549-1589) nel Discorso LV della Piazza
universale di tutte le professioni del mondo
(1585) inserisce una lode asinina composta
con la tecnica del centone.
6
Lando, come è ben noto, aveva già pubblicato nel 1543 i Paradossi (Lione, Jean Pullon), una raccolta di testi paradossali tra il
serio e il faceto, che anticipano il paradossale asino dei Sermoni.
7
Maria Cristina Figorilli, Meglio ignoran-
te che dotto. L’elogio paradossale in prosa nel
Cinquecento, Napoli, Liguori, 2008, p. 124.
8
Per uno studio approfondito, cfr. Nuccio Ordine, La cabala dell’asino. Asinità e conoscenza in Giordano Bruno, Napoli, Liguori,
1987.
9
Giordano Bruno, Corpus iconographicum. Le incisioni nelle opere a stampa, Milano, Adelphi, 2001, p. 276.
10
Giordano Bruno, Opere italiane, Torino, UTET, 2002, vol. 2, p. 416-417.
11
Per un approfondimento dettagliato,
cfr. Nuccio Ordine, Asinus portans mysteria.
Le Ragionamento sovra de l’Asino de Giovan
Battista Pino, in: Marie-Thérèse Jones-Davies (a cura di), Le monde animal au temps de
la Renaissance, Parigi, Touzot, 1990, p. 189216.
12
Maria Cristina Figorilli, Meglio ignorante che dotto. L’elogio paradossale in prosa nel Cinquecento, op. cit., p.61.
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
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giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
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BvS: il Fondo De Micheli
L’ILLUSTRATION, PERLA
TRA LE RIVISTE DI MARIO
Le annate dell’innovativa testata collezionate dal grande critico
MATTEO NOJA
S
ono giunte da poco in Biblioe gli oggetti rituali di quella regione
teca le riviste che fanno parte
in quegli anni, oggi difficilmente redel Fondo Ada e Mario De Miperibili anche nei più importanti
cheli. Si tratta di oltre 300 testate tra
musei europei.
italiane e straniere, che documentaAlcuni numeri della rivista cuno la necessità del noto critico di tebana “Islas” [le annate 1966-1968] ci
nersi aggiornato per quanto riguarfanno conoscere il pensiero e l’arte a
dava la politica, la filosofia (con uno
Cuba subito dopo la rivoluzione: la
specifico interesse per l’estetica e la
rivista, fondata nel 1958 dallo scritsua teorizzazione) e ovviamente
tore e pittore Samuel Feijóo, trattava
l’arte. Alcune sono presenti con tutdi cultura generale e aveva tra i molti
to il materiale pubblicato, altre solasuoi collaboratori Fidel Castro e Ramente con uno o pochi fascicoli. È
fael Alberti. Accanto alla parte teoricomunque una documentazione
ca e letteraria, una ricca parte iconoestremamente rara a trovarsi congrafica documenta le arti figurative
centrata in un solo fondo.
cubane del periodo.
I titoli vanno – in ordine alfabeSi trovano anche pubblicazioni
tico – dalla rivista rumena di poesia
curiose come “Le Sport Universel IlNella pagina accanto: L’Illustration,
“Amaru” al numero unico di “Valori
lustré” del primo semestre 1931, che,
primordiali”, periodico del secondo
come dice il titolo, illustra gli sport,
3 ottobre 1936; la rivista si rivolge a un
futurismo diretto dallo stravagante
soprattutto quelli equestri: forse il
pubblico colto e benestante. Sopra:
filosofo Franco Ciliberti, che ospita
famoso critico aveva una giovanile,
Mussolini riceve il premier britannico
nelle sue pagine gli scritti teorici delMac Donald al suo arrivo a Ostia.
sotterranea, passione per i cavalli…
l’architetto lombardo Giuseppe TerTra le curiosità nostrane, due
ragni. Molte sono francesi e russe,
giornali per ragazzi degli anni Venti:
oltre alla stragrande maggioranza di quelle italiane.
si tratta de “Il Giovane inventore” (sottotitolo “Vi istruisco divertendovi”) e “Sistema i” (sottotitolo “Giornale
settimanale degli ingegnosi”). Tutti e due con sgargianti
Nello scorrere i titoli e le testate, troviamo un nucopertine che ripropongono giochi e attività ricreative
mero della celebre rivista “Minotaure”, edita da Albert
ormai remote. Il primo, in un fascicolo, illustra “giocattoSkira, dedicato a una missione etnografica da Dakar a
li facili da fabbricare”: navicella per corse nautiche, auto
Djibouti nel periodo 1931-33, illustrata da un ricco e raro
da corsa, pistola lancia stelle filanti, bastone saltatore, ogapparato fotografico, prezioso perché ritrae le maschere
getti a cui l’energia viene trasmessa solo da un elastico ben
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la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
A sinistra: 6 gennaio 1940, Scambio di visite tra il Vaticano e il Quirinale; a destra: 1940, gli Italiani rendono l’onore
delle armi alle truppe francesi dopo i combattimenti in Haute-Maurienne, Savoia
teso. Il secondo, per ragazzi un po’ più grandi, insegna a
fare rudimentali apparecchi per doccia, a pescare di notte
illuminando artificialmente le acque, a costruire un chiosco per ripararsi dal sole mangiando in giardino, ad aggiustare la molla di una pendola, e così via.
Una menzione a parte merita il ritrovamento, tra i
molti fascicoli sciolti, de Il Tesoretto. Almanacco delle Lettere e delle Arti 1940 (Milano, Primi Piani, 1939): ne abbiamo parlato di sfuggita nel numero scorso, a proposito
della nascita della collezione dello Specchio. A pag. 73
leggiamo un breve brano firmato S. (probabilmente Giovanni Scheiwiller, padre di Vanni, entrambi grandi piccoli editori). Il brano è breve e vale la pena di riportarlo per
intero, anche per dare l’idea di cosa poteva essere il mondo culturale di allora che, a differenza di quello di oggi,
non doveva fare i conti con il mercato.
«Giugno
All’Insegna del Pesce d’Oro
“Finito di stampare l’11 novembre 1939-XVIII,
nella tipografia Pietro Vera di Milano in via Olmetto 10”
l’ultimo pesce d’oro ha fatto festa ai cinquant’anni di
Scheiwiller. Il primo libricino porta la data 15 ottobre
1936, e agli amanti delle curiosità bibliografiche facciamo notare che lo stesso giorno, esattamente, usciva il libro di Paul Eluard Les yeux fertiles.
In tre anni 17 volumetti sono stati donati da Scheiwiller agli amici della poesia, senza intermediari di bottega, senza squilli di campanelli, senza ricevute di contrassegno. Arrivavano in una bustina, poco più grande di un
biglietto da visita e avevano il pregio di farsi leggere in
tram, in gabinetto, in ascensore, di entrare in un taschino,
in un porta sigarette.
Richiesti da biblioteche americane, da bibliofagi illustrissimi, da poeti, da principesse, (noi ne abbiamo visto
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Agosto 1936, L’Illustration dedica ampio spazio ai drammatici combattimenti della guerra civile spagnola; a sinistra:
truppe che bivaccano nei pressi di Madrid; a destra: foto della città di Irun (Spagna, Paesi Baschi) bombardata
una copia nelle vetrine di Elizabeth Arden vicino a una
boccetta di profumo Scandale!), 220 esemplari numerati
sono sempre risultati sufficienti per la sparuta cerchia dei
tifosi della poesia.
In questi tre anni l’osteria del Pesce d’Oro si è trasformata in un ristorante a prezzo fisso, i pittori e i poeti
hanno cambiato abitudini e cappotti, l’ermetismo è diventato addirittura un pericolo pubblico e la vecchia Europa per tre quarti si è messa in guerra. Noi siamo cresciuti fino a diventare uomini».
Perdersi vagando tra le pagine di queste riviste è facile. Ed è anche dolce naufragare tra loro, alla ricerca di
un mondo che è passato e che difficilmente tornerà. Nostalgia? No, anche perché la testimonianza del passato,
quale che sia, non può che rafforzare l’ottimismo verso il
futuro, quale che sia. Ma l’arrivo di queste riviste non ci
deve portare a considerazioni filosofiche che qui sono
fuor di luogo.
Sicuramente ci porta ad ammirare tra le tante testate, tra i tanti esempi della cultura e della tipografia del secolo scorso, un settimanale francese, che nella raccolta
ha, tra gli altri, una presenza massiccia, dal gennaio 1933
alla fine del 1954. Si tratta della celebre rivista “L’Illustration” (poi, dal 1946, “France Illustration”) che già nell’Ottocento fu da esempio per molte altre pubblicazioni
sia in Europa sia in America. Eccone una breve storia.
Agli albori del XIX secolo, i giornali in Francia non
avevano ancora una diffusione capillare, pur potendo
contare sulla garanzia di una libertà di stampa già dopo il
1830 e sugli effetti di una maggiore istruzione della popolazione. Gravava su di loro l’indifferenza dei lettori verso
i testi – a volte lunghissimi – che, mal disposti sulla pagina,
si succedevano noiosamente senza soluzione di continuità e che, non avendo immagini, non erano accattivanti.
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la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Sopra: due esempi di pubblicità a piena pagina de L’Illustration. La pubblicità è stata la principale risorsa per la rivista sin
dall’Ottocento
Nel 1843, i goirnalisti Edouard Charton, JeanBaptiste-Alexandre Paulin, il geografo Adolphe Joanne e
l’editore Jacques-Julien Dubochet decidono di dare una
sferzata allo stagnante mondo del giornalismo francese
aprendo un settimanale d’attualità illustrato sul modello
di “The Illustrated London News”: ecco “L’Illustration”.
Gli inizi sono laboriosi e difficili, ma, a ogni uscita, i
fondatori cercano di migliorare la qualità della loro rivista badando attentamente ai contenuti e alla loro esposizione. In poco tempo “L’Illustration” è talmente radicato
nella vita quotidiana della Francia di metà Ottocento tanto da diventarne lo specchio fedele, comunicando e commentando ogni minimo avvenimento.
Ma sono le immagini mescolate al testo a rappresentare il segreto del suo successo immediato; per offrire
le migliori immagini vengono chiamati a collaborare i
maggiori disegnatori e incisori del momento, come Henri Valentin, Édouard Renard, Gavarni, Janet-Lange,
Cham e molti altri.
A contribuire al successo è comunque anche il talento della penna di Jean-Baptiste-Alexandre Paulin;
staccatosi dagli altri fondatori e rilevata una parte cospicua della proprietà, assume il ruolo di direttore. Grazie al
suo dinamismo, “L’Illustration” diventa in breve una rivista internazionale, facendo ricorso alla continua lettura
delle notizie presenti nella stampa estera e alla collaborazione di corrispondenti nei vari paesi, che spediscono sistematicamente articoli e disegni. La rivista è ormai conosciuta e apprezzata ai quattro angoli del mondo.
Alla morte di Paulin, nel 1859, subentra il figlio Victor, che però vende subito la maggioranza delle azioni a
un industriale olandese, il quale, a sua volta, affida la direzione a Jean-Auguste Marc.
Marc, sapendo quanto siano importanti per il suo
giornale, è alla perpetua ricerca della perfezione nelle illustrazioni, e pone estrema attenzione alla qualità dei di-
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A sinistra: ottobre 1935; l’imperatore etiopico Hailé Selassié assiste alla parata delle sue truppe alla fine della stagione
delle piogge; a destra: “adunata oceanica” per ascoltare le parole di Mussolini in piazza del Duomo a Milano
segni e delle incisioni. Lucien Marc, suo figlio, lancia nel
1870 “L’Illustration de la Mode”, che la pubblicità dell’epoca presente come la più bella rivista del settore. Nel
1884, “L’Illustration” pubblica per la prima volta delle
immagini a colori; nel 1886, il primo numero speciale per
Natale è illustrato da sei tavole a colori, preludio di future, splendide realizzazioni tipografiche.
L’attenzione di Marc non si ferma solo alla qualità
artistica ma si rivolge anche all’aspetto letterario, offrendo spazio sulle sue pagine ai migliori scrittori del momento, pubblicando i loro articoli e racconti. E infine all’aspetto tecnico: installa nel suo stabilimento una nuova
macchina a vapore all’avanguardia, e, tra i primi, utilizza
l’energia elettrica per illuminare la sua tipografia.
Lucien Marc succede al padre quando questi muore
nel 1886. Conosce bene il mestiere perché gli è stato vicino per anni, come fedele e prezioso collaboratore: quando prende le redini della rivista, ne sposa subito la filosofia
improntata al motto “Sempre meglio”. Nel 1887, veste
“L’Illustration” di una copertina colorata, rinnovando
così l’intero aspetto del settimanale. Nel 1891, primo al
mondo, utilizza una fotografia in bianco e nero per illustrare una notizia: il procedimento, ancora primitivo, viene perfezionato in poco tempo.
La pubblicità ha un posto di rilievo nella rivista di
Lucien Marc che crede fermamente nelle virtù degli annunci economici e offre loro un sempre crescente numero di pagine, all’inizio e alla fine del fascicolo, senza mai
mescolarli agli articoli di fondo.
Altro motivo del successo de “L’Illustration” è spiegato dalla presenza sempre più fitta di notizie culturali e
ricreative; con un crescente interesse verso la letteratura,
la musica e il teatro la rivista testimonia fedelmente la vita
artistica dell’epoca.
Bisogna ricordare che sin dagli inizi, il successo della testata aveva dato fastidio a parecchi concorrenti. Anche i teatri, soprattutto quelli parigini, erano insorti contro la sua pubblicazione perché la vedevano, e la temeva-
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la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Ottobre 1935; un numero speciale
è dedicato alla guerra tra Italia
ed Etiopia; a sinistra: alcuni guerrieri
abissini giurano fedeltà al Negus;
sotto: Mussolini in una delle sue
tipiche pose.
no per le sue illustrazioni, come un’insuperabile rivale dei
loro spettacoli.
Gli inizi del nuovo secolo sono però abbastanza travagliati: le altre testate sono cresciute in diffusione e tecnologia, la loro concorrenza si è fatta più forte. Lucien
Marc muore nel 1903 e il suo successore, Victor Depaëpe, che aveva collaborato con lui per più di venti anni, appena un anno dopo. Nel 1904, si pone quindi la questione
della successione della proprietà e della direzione.
Il consiglio di amministrazione chiama a dirigere la
rivista René Baschet; figlio dell’editore Ludovic, il nuovo
direttore renderà ancora più internazionale questa rivista
che nel XX secolo educherà e informerà diverse generazioni. Nella direzione del giornale saprà unire alle indubbie doti professionali il suo personale e profondo interesse per l’arte e la cultura; sarà intelligente nel prevenire i
gusti e i bisogni dei lettori, riportando la sua rivista ai fasti
precedenti.
René chiama a collaborare sette membri di famiglia
costituendo un vero e proprio clan e fondando la Baschet
& Cie (poi Baschet SA) che controlla “L’Illustration”.
La guerra russo-nipponica è il primo banco di prova
che il nuovo direttore supera egregiamente, utilizzando
tutte le nuove tecnologie note per l’invio delle notizie e
delle fotografie, riuscendo a precedere di una settimana i
giornali concorrenti. Grazie alla rete capillare dei corrispondenti, il giornale si afferma come un grande settimanale d’attualità.
Nel 1905 “L’Illustration” è il più importante giornale illustrato al mondo, sopravanzando in tutto le pubblicazioni anglofone; la sua autorità è tale che molte altre
testate, anche straniere, si accontentano di pubblicare le
notizie già apparse sulle sue pagine. Gli investimenti in
nuovi macchinari, più veloci e affidabili, permettono a
Baschet di controllare i costi, sbaragliando ogni concorrenza. Nel 1907 pubblica la prima fotografia a colori. Nel
1912 comincia a produrre in proprio le tavole a colori che
fino ad allora erano state affidate all’esterno. Ma anche
per lui è la pubblicità a sollecitare le novità: l’aumento
delle pagine dedicate agli annunci gli permette di aggiornarsi tecnologicamente in modo continuo, di pagare meglio degli altri le foto e le illustrazioni di collaboratori
sparsi nel mondo intero e gli articoli e i racconti dei migliori scrittori in circolazione (nel 1907 pubblica nel suo
supplemento letterario un romanzo del celebre Gaston
Leroux, Le Mystère de la chambre jaune, primo della fortu-
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
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A destra: pubblicità del liquore francese Byrrh
nata serie di investigazioni, dove il detective protagonista
non si chiama ancora Rouletabille ma Boitebille).
Tra i collaboratori stranieri figura anche Gabriele
d’Annunzio, cui negli anni Trenta, in occasione del suo
settantesimo compleanno, verrà dedicato un lungo articolo celebrativo.
Durante la Prima guerra mondiale, malgrado l’inflazione galoppante, la vertiginosa impennata dei costi
della carta e le censure politiche, “L’Illustration” resiste
egregiamente; anzi, il suo impegno nel documentare
puntualmente, di settimana in settimana, le gesta e l’eroismo dell’esercito francese viene premiato addirittura con
la Legione d’Onore.
Fino al 1935 la rivista godrà di un periodo di grande
splendore, raggiungendo tirature da capogiro e contando su fedeli abbonati sparsi in 134 paesi diversi. Nel 1933
Baschet crea un nuovo stabilimento tipografico a Bobigny, dove riunisce in un unico luogo tutte le diverse fasi
di lavorazione: dai trattamenti delle informazioni alla
stampa, dalla legatura alla incisione.
Ma il mutato assetto dell’Europa, l’ascesa di Hitler
in Germania, l’avvicinarsi di venti di guerra, cominceranno a minare il benessere raggiunto. L’azienda seguirà le
sorti della nazione francese, conoscendo durante la seconda guerra mondiale periodi molto bui.
Le pubblicazioni termineranno nel 1944. Nel secondo dopoguerra, dopo un breve periodo di interruzione, tornerà con il nuovo nome di “France Illustration”,
per chiudere poi definitivamente alla fine del 1954.
Gli eredi di Baschet detengono oggi l’intero patrimonio iconografico che è stato utilizzato per la rivista. La
raccolta sterminata, stipata in un caveau blindato, è in via
di catalogazione per poter essere messa a disposizione degli studiosi. Si tratta di incisioni originali, disegni, dipinti,
fotografie ormai rarissime che hanno illustrato le varie
notizie che il giornale ha riportato dagli inizi fino alla sua
chiusura, oltre a quelle che non sono mai state pubblicate.
Tra queste, una di cui va fiero l’attuale discendente e proprietario, è quella originale dell’arresto di Benito Mussolini l’11 aprile 1915, dopo un comizio interventista.
Come si vede dalle immagini che accompagnano
questa breve storia della rivista, parente e ispiratrice della
nostra “L’Illustrazione Italiana”, l’attenzione per le vi-
cende italiane durante gli anni Trenta (quelli documentati dalla nostra raccolta) è sempre stata viva. Il fascismo in
Francia non è ancora stato censurato, Mussolini viene ancora visto come un grande capo di Stato, e gli vengono dedicate copertine lusinghiere (in una, qui riprodotta, lo vediamo mentre accoglie il capo del governo inglese Mac
Donald) nelle quali si dà risalto alla sua importanza.
Sarà la guerra di Etiopia e Abissinia che ne minerà la
popolarità in Europa e conseguentemente anche oltralpe. Quella che viene indicata come un’aggressione a uno
Stato e a una popolazione tutto sommato pacifica – tra
l’altro proprio l’Italia aveva fatto entrare nella Società
delle Nazioni l’Etiopia –, è un fatto che porrà l’Italia in
contrasto con il mondo intero, fatta eccezione per la Germania e le nazioni a lei collegate.
In un tempo in cui la televisione ancora non esisteva, o perlomeno non era ancora diffusa, “L’Illustration”
cercava di far conoscere i fatti e gli avvenimenti di tutto il
mondo in tempo reale, approfondendo le notizie e corredandole di immagini e dati che potevano aiutare a capire
quanto stava succedendo, a differenza, verrebbe da dire,
di oggi quando i giornali e le riviste, invece di far chiarezza e informazione, si divertono a creare confusione.
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la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
BvS: la Mostra in corso
CARLO BORROMEO,
PRIMO SANTO MODERNO
La centralità del cardinale nella splendida Milano di Arcimboldo
ARMANDO TORNO
arlo Borromeo, proclamato beato nel 1602 e caranti scene della sua vita con i miracoli più significativi,
nonizzato il 1º novembre del 1610 da Paolo V, è il
quindi elevati archi trionfali, realizzati fregi e altro; il tutpunto di riferimento della Chiesa Cattolica dopo
to illuminato da 283 candelabri. Dopo la lettura della bolil Concilio di Trento. Vescovo modello, confessore, visila seguirono squilli di tromba, suoni di campane (che a
tatore degli appestati nell’epidemia del 1575, volontariaMilano durarono tre giorni) e a Castel Sant’Angelo non si
mente povero, fu anche il primo santo moderno, giacché
riuscirono a contare le salve di artiglieria.
venne elevato agli onori degli altari dopo una campagna
Dopo quattro secoli, san Carlo, comunque, è ancodi forte promozione iconografica, che costruì attorno a
ra oggetto di discussioni: da una parte si vede in lui l’uomo
lui un consenso diverso da quello che caratterizzava le
che realizza il Concilio di Trento, mosso da forti sentisantità medievali. Un panegirico pronunciato nel 1605
menti morali e dedito alla carità; dall’ altra non si dimennel Duomo di Milano ricorda che «dappertutto in questa
tica il suo piglio principesco, le decisioni che lasciarono
grande città, in ogni casa e in ogni luogo si vedono innucicatrici, l’attentato fallito (che, non si esita a sottolineare,
merevoli sue immagini, dipinte su tela, incise nel legno,
aveva qualche ragione). Ma senza alcun dubbio l’attività
scolpite su marmo, rappresentate nell’argento...».
legislativa da lui sostenuta, espressa in ben undici sinodi
Quando si arriva alla decisione di beatificarlo, Rodiocesani e in sei provinciali, influì in modo determinante
ma seleziona 24 casi miracolosi dei 66 proposti; ma a Misulla trasmissione di un messaggio religioso permeato di
lano tra il 1602 e il 1605 le autorità ne registrano 393, dei
etica e di un forte senso operativo.
quali 275 nel solo 1602. Dal febbraio 1603 la sua tomba è
Quelle norme, poi codificate negli «Acta Ecclesia
attorniata da migliaia di ex voto e in quel medesimo anno
Mediolanensis», riguardavano persino minuzie dell’esisi hanno notizie di ben 25 processiostenza cristiana, dall’osservanza dei
ni tenute in suo nome. La stessa cerisacramenti alla determinazione delle
Il saggio presentato in queste
monia di canonizzazione è unica: l’ipratiche di pietà, dalle disposizioni
pagine è tratto dal volume
tinerario che andava dal Quirinale sugli edifici di culto alla lotta contro
“Memorie di Milano. Da Arcimboldo
allora dimora pontificia - a San Piele superstizioni, dai comportamenti
a san Carlo attraverso i libri
tro si riempì di arazzi e quadri; la porda tenersi in famiglia o nel lavoro ai
e le stampe”, catalogo che
ta principale della basilica vaticana
divertimenti e agli spettacoli. Il diaccompagna l’omonima esposizione.
venne ornata con le immagini dei 35
battito fu notevole e, per non pochi
La mostra, organizzata dalla BvS
arcivescovi milanesi suoi predecesaspetti, proseguirà in altre epoche.
in collaborazione con il Comune
sori; Carlo fu posto in posizione cenIn margine a esso vale la pena
di Milano, sarà visitabile
trale con il motto «humilitas» ai piericordare che il culto di Carlo Borrofino al 23 ottobre prossimo.
di. All’interno, accanto alle colonne,
meo cominciò immediatamente - diInfo: tel. 02.76215318
vennero fissati medaglioni raffiguvenne «santo subito», a soli 26 anni
C
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
ATTIVITÀ DIDATTICHE
Fondazione Biblioteca di via Senato
in collaborazione con Opera d’Arte
Passeggiate cinquecentesche
La vita, la pittura, le
sperimentazioni di Giuseppe Arcimboldo
ci permettono di rivivere la Milano del
pieno Cinquecento, di scoprire le sue luci
e le sue ombre nel passaggio dalla gloria
del ducato sforzesco alla discussa
dominazione spagnola, di incontrare
celebri personaggi da Tommaso Marino a
Carlo Borromeo. I percorsi e le conferenze
che proponiamo, modulati sia per il
pubblico adulto che per i gruppi scolastici,
partiranno dai contenuti proposti in
mostra per poi approfondire sul territorio
arte e cultura del Cinquecento lombardo.
VISITE GUIDATE
PER I GRUPPI SCOLASTICI:
Arcimboldo in città
Giuseppe Arcimboldo lavora per il
duomo di Monza e per il duomo di
Milano, avrà percorso molte volte le
strade che da Porta Orientale lo
conducevano nel centro di Milano: le
percorreremo anche noi, riscoprendo
cosa rimane della Milano del XVI secolo.
Dopo aver visitato la mostra
cammineremo lungo C.so Venezia
passando dal Palazzo del Seminario
Arcivescovile voluto da San Carlo
Borromeo, osserveremo la “crocetta” di
Porta Orientale e il suo leggendario leone,
raggiungeremo il Duomo per scoprire la
vetrata di Santa Caterina - progettata
dall’Arcimboldo - e le trasformazioni
cinquecentesche, termineremo infine tra
via Omenoni e Palazzo Marino, per
ammirare due dei più interessanti esempi
di architettura civile del XVI secolo.
Durata: 3 ore
Costo: €90 + 1,20 cad. per il noleggio
obbligatorio delle radio cuffie in Duomo.
VISITE GUIDATE
PER I GRUPPI DI ADULTI:
Cinquecento sacro
Dopo aver visitato la mostra
seguiremo il percorso dal Seminario
Arcivescovile al Duomo per approfondire
le trasformazioni dell’arte sacra dall’età
Rinascimentale al Manierismo all’interno
della particolare situazione milanese, che
grazie alla presenza colta e appassionata
di San Carlo Borromeo vide la
concretizzazione degli ideali estetici del
Concilio di Trento, espressi dallo stesso
San Carlo nelle sue Istruzioni sull’edilizia e
la suppellettile ecclesiastica.
Durata: 2 ore e 30’
Costo: € 110 + € 1.20 per il noleggio
obbligatorio delle radio cuffie in Duomo
Cinquecento profano
Dopo aver visitato la mostra,
seguendo l’antica via dei Giardini (ora Via
Manzoni) e percorrendo alcune tra le vie
adiacenti cercheremo le tracce
dell’urbanistica e dell’architettura
cinquecentesca nel tratto urbano che dai
bastioni spagnoli riconduceva nel cuore
della città ducale. Incontreremo i
cinquecenteschi Palazzi Bigli, Orsini,
Talenti di Fiorenza, per arrivare ai più
celebri Casa degli Omenoni e Palazzo
Marino. Il percorso si concluderà in Piazza
dei Mercanti, davanti allo storico Palazzo
dei Giureconsulti.
Durata: 2 ore e 30’
Costo: € 110
27
CONFERENZE
PER SINGOLI VISITATORI
E GRUPPI
Conferenza: Arte a alchimia
Le bizzarrie dell’Arcimboldo,
gli esperimenti chimico-alchemici
di Parmigianino e di Domenico
Beccafumi, le iconografie complesse
e simboliche di Cosmè Tura
e della scuola ferrarese del Quattrocento,
di Albrecht Dürer e del visionario
Hieronymus Bosch.
Intraprendiamo un viaggio
per immagini nell’arte “magica”
tra rinascimento e manierismo.
Conferenza: Milano
dagli Sforza agli spagnoli
Ricostruiamo grazie
alla pittura e alla fotografia l’aspetto
di Milano nel Cinquecento,
un secolo di grandi trasformazioni
che ha lasciato una traccia indelebile
nel tessuto urbano.
Dalle Mura spagnole agli splendidi
affreschi di San Maurizio,
dalla Fabbrica del Duomo alla Certosa
di Garegnano viaggiamo senza muoverci
nella città dell’Arcimboldo.
Tutti i gruppi, (gruppi scolastici
e pubblico adulto), che intendano
visitare la mostra liberamente
o con una propria guida,
hanno l’obbligo di prenotare
anticipatamente l’ingresso.
La prenotazione e l’ingresso
alla mostra sono gratuiti.
LE CONFERENZE SI TERRANNO PRESSO L’AULA MAGNA DELLA BIBLIOTECA
DI VIA SENATO, CON INGRESSO LIBERO SENZA PRENOTAZIONE FINO A
ESAURIMENTO POSTI.
Per maggiori informazioni e per il calendario dettagliato degli appuntamenti:
Fondazione Biblioteca di via Senato, telefono 02 76215323 - 314 - 318
[email protected], www.bibliotecadiviasenato.it
28
Agostino Ciampelli, San Carlo Borromeo, olio su tela,
cm 107,3 x 87,4 collezione privata
dalla morte - e che la sua figura ha suscitato riflessioni ma
anche molte imitazioni, oltre che approfondimenti che
da quattro secoli non conoscono tregua. Per fare un semplice esempio, basterà ricordare che nel terzo centenario
della canonizzazione - correva il 1910 - tra le molte iniziative a Milano ci fu anche la pubblicazione di un periodico
a lui intitolato. Nasceva dalla collaborazione tra il prefetto dell’ Ambrosiana Achille Ratti, il futuro papa Pio XI, e
l’amico Cesare Orsenigo, monsignore, più tardi inviato
della Santa Sede in Olanda, quindi nunzio in Ungheria e
infine a Berlino, in sostituzione di Pacelli. Morirà in Germania nel 1946, non prima di aver raccolto in volume
quelle puntate uscite sul foglio milanese, diventando tra
l’altro autore di una fortunata «Vita di San Carlo Borromeo», biografia che conobbe riedizioni e traduzioni in
diverse lingue.
A san Carlo viene dedicato, caso unico, un colosso: è
quello fatto erigere presso Arona agli inizi del Seicento da
Federico Borromeo, cardinale caro ad Alessandro Manzoni (e con molto spazio ne «I promessi sposi»). È detto il
Sancarlone o, come si preferisce nel dialetto locale, «el
Sancarlùn». Quelle terre, e anche parte del Canton Ticino, erano allora borromaiche per antonomasia e lo stesso
santo nacque il 2 ottobre 1538 nel castello situato sulla
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Rocca di Arona, in seguito parzialmente distrutta da quel
furfante di Napoleone. Ma la grande statua non era isolata, né avulsa da un progetto ancor più grande e il tutto va
inserito in un piano del 1614, grazie al quale presero il via
i lavori per la costruzione di un Sacro Monte che celebrasse la memoria di Carlo. Nell’idea iniziale erano previste quindici cappelle, ognuna delle quali doveva contenere la rappresentazione di un episodio della sua vita, una
chiesa e, appunto, il colosso che ne avrebbe mostrato
l’immagine a viandanti e naviganti. Un sacro monte non
avrebbe rappresentato cosa nuova: a Varese, Varallo, Orta ne erano sorti o si stavano costruendo tra il Cinquecento e il Seicento, a guardia dei confini cattolici. Va anche ricordato che i lavori per il complesso di Arona, nonostante
la supervisione di Marco Aurelio Grattarola, procedettero a rilento, a causa delle guerre ma anche perché frenati
da carestia e peste. Soltanto nell’ultimo decennio del Seicento, quando Federico era ormai passato dalla Chiesa
militante a quella trionfante, la fabbrica riprese a funzionare e nel 1698, seguendo il progetto di Giovan Battista
Crespi detto il Cerano, si giunse quanto meno alla benedizione del colosso. Il resto invece, vale a dire il complesso delle cappelle, non si riuscirà a ultimare.
E ancora: dal 1610 circolava un volumetto dal titolo
«La vita e i miracoli di San Carlo Borromeo tra arte e devozione: il racconto per immagini di Cesare Bonino».
Era un’operina ricca di tavole riproducenti momenti della vita e dei fatti prodigiosi legati alla devozione del santo
milanese. Concepita con un’iconografia popolare capace
di spiegare anche alle persone semplici alcuni passaggi di
un’esistenza unica, dal colpo d’archibugio che non riuscì
a offendere il cardinale sino al momento memorabile in
cui amministrò agli appestati i sacramenti, accostava a
queste immagini quelle relative ai prodigi di cui tanto si
parlava: ora appare a un ragazzo di 5 anni caduto nel fiume a Pavia e lo salva, oppure, eccolo guarire un nobile milanese, Giovanni Giacomo Lomazzo, che si era recato al
suo sepolcro per liberarsi dal «mal della formica» che da
tempo gli tormentava le gambe. Tutte tavole realizzate
con una tecnica che anticipava i fumetti.
Carlo seppe unire le qualità del pastore e quelle
dello statista cristiano, intento a salvare la Chiesa dalla
Riforma. Ebbe le capacità di parlare al popolo e di diventare arbitro di un’epoca. Come pochi altri personaggi della sua epoca sa vivere nel presente, ricordandoci continuamente la necessità della formazione, delle regole, della religione.
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
29
inSEDICESIMO
I L T E AT R O D I V E R D U R A – C ATA L O G H I – S P I G O L AT U R E
L’ I N T E RV I S TA D ’ A U T O R E – R E C E N S I O N I – M O S T R E – A S T E
SPETTACOLI, LETTURE, READING POETICI, INCONTRI E
CONFERENZE PER UNA FRESCA ESTATE MILANESE
Tra le novità della XIV stagione, la collaborazione con la Milanesiana
TEATRO DI VERDURA
Stagione 2011
a XIV Stagione del Teatro di
Verdura è caratterizzata da cicli
di incontri tematici, che hanno
come comune denominatore il libro e
il sapere in tutte le sue molteplici
forme.
Antonio Zanoletti darà voce alla
Trilogia del lontano, con il commento
musicale dal vivo di Salvino Strano:
tre serate in cui la poetica di Lucrezio,
dei poeti arabi di Sicilia e di Kavafis
scandaglieranno l’infinità del cosmo,
la nostalgia del lontano e le decifrazioni
dell’inespresso, del negato e della
solitudine dell’esistere.
Franco Loi animerà, invece, quattro
mercoledì d’agosto con il ciclo Dante
e la poesia.
La Divina Commedia, uno
dei pilastri della letteratura italiana di
tutti i tempi, si scopre anche fonte di
ispirazione manageriale nella divertente
serata divulgativa di Enrico Cerni.
Torna, poi, quale fonte di ispirazione
scientifica in Big Bang, ultimo lavoro
teatrale di Lucilla Giagnoni che
si propone di rispondere alle domande
fondanti dell’universo e delle regole
che lo governano, attraverso le risposte
che ne danno la religione, la scienza
L
Biblioteca
di via Senato
F O N DA Z I O N E
Teatro
XIV Stagione
diVerdura
Libri in scena
giugno – settembre 2011
Fondazione Biblioteca di via Senato – via Senato, 14 – 20121 Milano – tel. 02 762151 – [email protected] – www.bibliotecadiviasenato.it
INFORMAZIONI GENERALI
TEATRO DI VERDURA
Fondazione BvS
via Senato, 14 – 20121 Milano
www.bibliotecadiviasenato.it
e la letteratura, meno distanti tra loro
di quanto ci si aspetterebbe.
Come ormai consuetudine, alcune
serate saranno dedicate
all’approfondimento delle tematiche
trattate nella mostra in corso presso
lo spazio espositivo della Fondazione:
Memorie di Milano. Monsignor Bruno
Maria Bosatra, direttore dell’Archivio
Diocesano di Milano, terrà una
conferenza che permetterà al pubblico
di conoscere meglio San Carlo Borromeo,
modello di vescovo e padre dei poveri.
Philippe Daverio, poi, animerà due
incontri di cultura, costume e società
sulla Milano del Cinquecento.
Un’altra importante conferenza,
questa volta di stampo artistico, sarà
curata dalla professoressa Alberta
Gnugnoli, giornalista e critica d’arte
per Art e Dossier, che presenterà
gli Impressionisti attraverso le collezioni
dei coniugi Clark e del Musée d’Orsay,
in mostra rispettivamente a Palazzo Reale
di Milano e al Mart di Rovereto.
Nell’anniversario dei 150 dell’Unità
d’Italia non potevano mancare
appuntamenti legati a questo importante
anniversario: Marco Zannoni darà la sua
particolare rilettura di una delle figure più
rappresentative e fondanti della
formazione della nostra Nazione:
Garibaldi; mentre Davide Rondoni
proietterà in avanti la storia della poesia
verso i prossimi centocinquant’anni,
attraverso le voci dei nuovi poeti che
si affacciano sulla scena culturale
nazionale. Un’altra serata sarà, invece,
dedicata al Senso religioso della poesia,
tentando di far comprendere come in
30
un’epoca dove spesso si blatera
di religione come fonte di divisione
e di faziosità, la poesia di ogni tempo
e di ogni cultura abbia invece dato voce
al senso religioso degli uomini.
La collaborazione
con la Milanesiana, ideata e diretta da
Elisabetta Sgarbi, vedrà al Teatro di
Verdura cinque serate del ciclo Filosofia –
L’urlo e il silenzio, coordinate da Armando
Torno, con il contributo di Antonio
Ballista al pianoforte. Importanti nomi
del teatro, del giornalismo e della
filosofia leggeranno Teresa D’Avila, Karl
Marx, Giovanni della Croce, Nietzsche,
Agostino.
La sola serata musicale della XIV
Stagione del Teatro di Verdura sarà la VPiano Grand World Premiere, unica tappa
italiana di presentazione del nuovo
pianoforte di casa Roland, con un
concerto del M° Michele Fedrigotti.
Immancabile, naturalmente,
la presenza dei libri in scena: Enrico
Beruschi rileggerà con la sua proverbiale
verve comica il Corrierino delle famiglie
di Giovannino Guareschi; dal romanzo
di Giuseppe Pontiggia Nati due volte
è, invece, tratto lo spettacolo teatrale
di Giorgio Sciumè che tratta l’importante
e poco trattato tema dell’handicap.
Corrado d’Elia, infine, come ogni anno
presenterà uno studio che diventerà la
nuova produzione della Compagnia
Teatri Possibili per la Stagione 2011-2012.
Questa volta a essere portato sulla scena
è Mercurio, la favola nera di Amélie
Nothomb in cui è il pubblico
a partecipare direttamente alla “scrittura”
del finale della storia.
Non meno importanti,
gli appuntamenti per ragazzi e famiglie:
il coloratissimo film animato di Luzzati
sul Flauto magico secondo Papageno,
divertente rilettura dell’opera di W. A.
Mozart. Parlo italiano, una “pedalata” tra
1000 anni di letteratura italiana, per
riscoprire il gusto di rileggere da Dante
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
• Giovedì 23 giugno
DANTE PER I MANAGER
la Divina Commedia in azienda
lettura scenica di e con Enrico Cerni
• Mercoledì 29 giugno
IL SENSO RELIGIOSO DELLA POESIA
con Davide Rondoni
• Giovedì 30 giugno
GARIBALDI
di e con Marco Zannoni
alla letteratura dei giorni nostri. Infine
due appuntamenti, di cui una matinée
interamente dedicata alle scuole, in
compagnia di Gianni Biassaca e del suo
Sul fondo, tratto da Se questo è un uomo
di Primo Levi. Per rispondere alla
domanda simbolica «quanto pesa un
chicco di riso?». Per non dimenticare
l’importanza di ogni vita umana, in ogni
luogo, in ogni tempo.
TEATRO DI VERDURA
XIV STAGIONE: UN’ALTRA
ESTATE IN COMPAGNIA
DELLA CULTURA A MILANO
ELENCO SERATE
• Martedì 14 giugno
GLI IMPRESSIONISTI E LA
TRASGRESSIONE DELLO SGURADO
conferenza a cura di Alberta Gnugnoli
• Giovedì 16 giugno
BIG BANG
di e con Lucilla Giagnoni
• Mercoledì 22 giugno
IL FLAUTO MAGICO
SECONDO PAPAGENO
di Gianini e Luzzati
dall’opera di W. A. Mozart
in collaborazione con Museo Luzzati,
Genova
(6 – 99 anni)
• Martedì 5 luglio – LA MILANESIANA
FILOSOFIA DELLE BUGIE
ore 18.00
SENZA PRENOTAZIONE
• Giovedì 7 luglio
V- PIANO GRAND WORLD PREMIERE
con il M° Michele Fedrigotti
• Venerdì 8 luglio – in collaborazione
con LA MILANESIANA
FILOSOFIA – L’URLO E IL SILENZIO 1
Anna Bonaiuto legge Agostino
SENZA PRENOTAZIONE
• Sabato 9 luglio – in collaborazione con
LA MILANESIANA
FILOSOFIA – L’URLO E IL SILENZIO 2
Andrea Renzi legge Nietzsche
SENZA PRENOTAZIONE
• Domenica 10 luglio – in collaborazione
con LA MILANESIANA
FILOSOFIA – L’URLO E IL SILENZIO 3
Andrea Renzi legge Giovanni della Croce
SENZA PRENOTAZIONE
• Lunedì 11 luglio – in collaborazione
con LA MILANESIANA
FILOSOFIA – L’URLO E IL SILENZIO 4
Enrico Ianniello legge Karl Marx
SENZA PRENOTAZIONE
• Martedì 12 luglio – in collaborazione
con LA MILANESIANA
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
FILOSOFIA – L’URLO E IL SILENZIO 5
Galatea Ranzi e Sabrina Colle
leggono Teresa D’Avila
SENZA PRENOTAZIONE
Dante e la poesia
DELLA LINGUA DEI DIALETTI
con Franco Loi
SENZA PRENOTAZIONE
• Martedì 19 luglio
Trilogia del lontano
LUCREZIO “ho vegliato sereno le notti”
di e con Antonio Zanoletti
• Mercoledì 24 agosto
Dante e la poesia
DELLA FEDE
con Franco Loi
SENZA PRENOTAZIONE
• Mercoledì 20 luglio Trilogia del lontano
IBN HAMDIS E ALTRI POETI
ARABI DI SICILIA
“la nostalgia del lontano”
di e con Antonio Zanoletti
• Giovedì 21 luglio
SAN CARLO, MODELLO DI VESCOVO
E PADRE DEI POVERI
conferenza a cura di Monsignor Bruno
Maria Bosatra
• Martedì 26 luglio
2011 – LA POESIA FUTURA
Un’occhiata ai prossimi
centocinquant’anni di poesia…
con Davide Rondoni
• Giovedì 28 luglio
Trilogia del lontano
KAVAFIS “il sentimento del luogo”
di e con Antonio Zanoletti
• Mercoledì 3 agosto
Dante e la poesia
LO SPECCHIO
DELLE DIVINA COMMEDIA
con Franco Loi
SENZA PRENOTAZIONE
• Mercoledì 10 agosto
Dante e la poesia
COS’È LA POESIA
E COME È UTILE ALL’UOMO
con Franco Loi
SENZA PRENOTAZIONE
• Mercoledì 17 agosto
• Mercoledì 31 agosto
CORRIERINO DI GIOVANNINO
ED ENRICO
dal Corrierino delle Famiglie
di Giovannino Guareschi
con Enrico Beruschi
SENZA PRENOTAZIONE
• Giovedì 1 settembre
MILANO, FUCINA DEL MADE
IN ITALY DAL CINQUECENTO
con Philippe Daverio
• Martedì 6 settembre
NATI DUE VOLTE
Spettacolo teatrale dal romanzo di
Giuseppe Pontiggia
Ingresso libero con prenotazione
obbligatoria solo telefonica
a partire dal giorno
precedente lo spettacolo.
Le Serate del ciclo
“Filosofia – L’Urlo e il Silenzio”
e quelle del mese di Agosto
sono SENZA PRENOTAZIONE
(fino a esaurimento posti)
Modalità di prenotazione
Prenotazione telefonica ai numeri
02.76020794
02.76318893
Numero posti prenotabili a
nominativo: max 2
31
regia Giorgio Sciumè
• Mercoledì 7 settembre
MARCURIO
di Amélie Nothomb
regia Corrado d’Elia
• Giovedì 8 settembre
DALLA PARRUCCA ALLA
GHIGLIOTTINA
con Philippe Daverio
• Martedì 13 settembre
PARLO ITALIANO
1000 anni di storia letteraria italiana
in 90 minuti
Produzione Torino Spettacoli
in coproduzione con Fama Fantasma
(13 – 99 anni)
• Mercoledì 14 settembre
Giovedì 15 settembre – ore 10.00 –
MATINÉE RISERVATA ALLE SCUOLE
SUL FONDO
da SE QUESTO È UN UOMO
di Primo Levi
con Gianni Bissaca
(11 – 99 anni)
ORARI SEGRETERIA
dal lunedì al venerdì ore 9.00 - 13.00
solo nei giorni di spettacolo
ore 9.00 – 13.00 e 14.00 – 18.00
Attenzione
Per usufruire della prenotazione
è indispensabile presentarsi presso
il teatro entro e non oltre le ore 21.00,
in caso contrario i posti verranno
riassegnati ad altri spettatori.
Le disdette di prenotazione vanno
comunicate entro le ore 18.00
Per accedere alle rappresentazioni
è richiesto un abbigliamento decoroso
In caso di pioggia gli spettacoli sono
sospesi
32
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
IL CATALOGO
DEGLI ANTICHI
Parigi, Butard, 17 juillet 1771, asta
organizzata da Pierre Rémy, numero 50,
€25.000).
Libri da leggere
per comprare libri
Librairie Thomas-Scheler
Bernard & Stéphane Clavreuil
19, rue de Tournon, 75006 Paris
[email protected]
di annette popel pozzo
PERLE NOTE E MISTERIOSE,
QUANDO FURONO BATTUTE
Librairie Thomas-Scheler
Catalogue hors série: Catalogues de
collections. Une collection de catalogues
“Le marché de l’art parisien à
travers les ventes aux enchères
publiques de 1732 à 1814” – questo il
sottotitolo del bel catalogo
monografico, con 199 titoli (presentati
cronologicamente), completamente
dedicato al mercato d’asta parigino tra
“tableaux, dessins, estampes, sculptures,
cabinets de curiosités, bijoux, pierres
précieuses, ivoires, monnaies, porcelaines,
meubles, laques, pendules, instruments
de physique, collections ethnologiques
et autres objets précieux …”.
Il mercato d’asta tra Sette e
Ottocento si rivela generalmente uno
strumento fondamentale per lo storico
del libro: in primis perché in questi due
secoli si ha la nascita del settore e la
sua maggior espansione. In secondo
luogo i cataloghi d’asta sono
generalmente documenti sopravvissuti
in poche copie e di conseguenza
raramente presenti in biblioteche,
mentre rappresentano spesso,
all’orizzonte di un crescente interesse
nella ricostruzione di intere raccolte,
l’unica fonte legata alla provenienza.
Come il caso di cataloghi interfogliati
che possono contenere informazioni su
prezzi storici ed eventuali acquirenti.
Questo è proprio il caso del Catalogue
de différens effets précieux, tant sur
l’histoire naturelle (Helle, 9 décembre
1763) contente 501 lotti di oggetti di
storia naturale provenienti dalla
collezione di Gallois, completamente
interfogliato, presentando prezzi,
acquirenti e informazioni utili sulla
consistenza della raccolta.
L’esemplare offerto da ThomasScheler, fu inoltre posseduta da Edmond
e Jules de Goncourt, appassionati d’arte
e di storia, entusiasti collezionisti, che
contribuirono con i loro studi eruditi e
letterari alla riscoperta del gusto del
XVIII° secolo (numero 26, €7.500).
Estremamente interessanti sono il
catalogo d’asta dei quadri appartenuti a
Madame de Pompadour (Catalogue des
Tableaux originaux de différens Maîtres,
Miniatures, Desseins et Estampes sous
verre, Parigi, Herissant, 28 avril 1766,
asta organizzata da Pierre Rémy,
numero 34, €20.000) e quello
completamente interfogliato della
raccolta Audran, rinomata per disegni e
stampe di Tiziano, Guido Reni, Poussin,
Raffaello ecc. (Catalogue de Planches
gravées, Desseins, Estampes & Tableaux,
DALL’OREFICERIA FERRARESE
AL PRIMO DEFOE IN LATINO
Primigenia Studio Bibliografico
Listino no 45
L’ultimo catalogo del libraio
antiquario piemontese presenta in 400
schede un vasto e variegato
assortimento tra storia locale e opere di
argomento vario. Segnaliamo una rara
miscellanea di Statuti e Capitoli ferraresi
(numero 22, €680), che disciplinano
l’arte orafa (1613), i regolamenti
universitari cittadini (1613), il Monte dei
pegni (1616 e 1607), le grida e leggi
promulgate dalla Stato della Chiesa per
la città di Ferrara (1598). Tutte le
edizioni contenute nella miscellanea
sono presenti in biblioteche italiane in
nessuna copia o in una sola.
Curiosa, invece, una prima
edizione latina del romanzo utopico
Robinson Crusoeus di Daniel Defoe
(Parigi, a spese del traduttore, 1810,
numero 196, €300). Il traduttore
François Joseph Goffaux (1755-1836),
spaventato dagli avvenimenti della
Rivoluzione francese, si trasferisce nel
1790 a Londra dove fu insegnante
(Archives biographiques françaises.
Fusion dans un ordre alphabétique
unique de 180 des plus importants
ouvrages de référence biographiques
française publié du 17e au 20e siècle,
Londra, 1988-1991, 463, 2-6).
Primigenia Studio Bibliografico
Via Don Brustia 6, 28013 Gattico (NO)
[email protected]
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
IL CATALOGO
DEI MODERNI
Libri da leggere
per comprare libri
di matteo noja
GASTRONOMIA ITALICA: 349
SCHEDE TUTTE DA GUSTARE
L’Arengario
Enologia e Gastronomia in Italia
dall’Ottocento a ieri. Libri, immagini
e oggetti originali.
«La cucina è diventata un'arte,
una scienza nobile; i cuochi sono dei
gentiluomini». Così Robert Burton, nella
sua Anatomia della malinconia [1621].
Il catalogo che i fratelli Bruno e Paolo
Tonini hanno approntato per l’annuale
incontro con i clienti presso il loro studio
bibliografico di Gussago è una chicca per
chi, a vario titolo, si occupa del settore.
Omaggio curioso per i 150 anni del
nostro Paese, ideato forse a ulteriore
testimonianza che, tra i libri che hanno
fatto l’Italia, uno dei più importanti
è stato La Scienza in cucina e l’Arte di
mangiar bene. Manuale pratico per le
famiglie compilato da Pellegrino Artusi.
Le 349 schede riguardano libri,
opuscoli, ricettari, manifesti pubblicitari,
fotografie. La prefazione di Giampiero
Mughini introduce nel mondo della
gastronomia da collezione. Il fantasioso
giornalista-scrittore, partendo da una
citazione di Milosz su quanto sia
disprezzabile la gente che non conosce
le ricette di popoli diversi dal proprio,
ricorda la favolosa raccolta di Arnaldo
Bagnasco e, discorrendo di Tayllerand
e del suo modo di usare l’estro del cuoco
Antonin Carême per tacitare ogni
avversario durante pranzi e cene, insinua
il dubbio che i libri che raccontano la
cucina e la sua arte non raccontino, in fin
dei conti, nient’altro che il mondo.
Tra libri e oggetti, oltre all’Artusi
(presente in due edizioni, ma non quella
originale, introvabile se non nella raccolta
Bagnasco), vanno segnalati alcuni titoli
(nel catalogo le schede sono senza prezzi,
poiché si tratterebbe di una raccolta a sé).
Hans Barth, inviato da Roma per il
“Berliner Tageblatt” innamorato della
cultura classica, soggiornando a lungo
nel nostro Paese, si innamorò anche della
nostra cultura eno-gastronomica
e dedicò un volume ai luoghi che meglio
aveva conosciuto in Italia dal titolo
Osteria. Guida spirituale delle osterie
italiane da Verona a Capri. Traduzione
di Giovanni Bistolfi con prefazione
di Gabriele D’Annunzio, edito da Voghera
nel 1909 (la prima edizione tedesca è
dell’anno prima, stampata a Costanza).
La filosofia del volume, sposata in pieno
dal Vate nella prefazione, può riassumersi
in una citazione: «Bisogna bere
eternamente e sorseggiare
theologalmente; si beva come un
templare, come una spugna, come la
terra quando è secca, e di buon'ora;
bevete sempre e non morirete mai perchè
il vino dà la divinità». Peccato che gli
estensori della scheda, nel citare le date
di nascita e di morte, lo confondano con
l’omonimo pianista tedesco, allievo di
Bussotti, emigrato in America.
Altra guida felice è Il Ghiottone
errante. Viaggio gastronomico attraverso
l’Italia del giornalista Paolo Monelli
(Milano, Fratelli Treves, 1935).
33
Titolo curioso, quello del libro
di Omero Rompini, gaudente e raffinato
gentiluomo di Catania, La cucina
dell’amore. Manuale culinario afrodisiaco
per gli adulti dei due sessi. Rigenerazione
fisica, virilità e giovinezza ricuperate per
l’impiego appropriato dei cibi, condimenti,
aromi, salse ecc. (Catania, Libreria Tirelli
di F. Guaitolini, 1926; prima edizione):
non soltanto una proposta gastronomica,
ma presenta anche un modello per chi
voglia essere un viveur colto e gaudente.
Un piccolo gioiello è Il Quattrova
illustrato ovvero La cucina elegante. Con
prefazione di Piero Gadda e disegni di
Tomaso Buzzi e Gio Ponti (Milano, Domus
S.A. Editoriale, 1931), di Emma Vanzetti
che, oltre a insegnare le ricette, vuole far
percepire alla perfetta padrona di casa
tutte le sfumature implicite
nell’organizzare un pranzo o una cena.
Altro imprescindibile testo è L’uovo
alla kok. Ricette, curiosità, segreti di alta e
bassa cucina, dall’insalata all’acqua, alla
pastina in brodo della pensione, da Apicio
a Michel Guérard, da Alexandre Dumas a
Carlo Emilio Gadda, dal curato di Bregnier
a San Nicolao della Flüe (Milano, Adelphi,
1979) di Aldo Buzzi, scrittore tra i più
ingiustamente dimenticati (come nota
Mughini) della letteratura italiana del
’900: narratore tra i più divertenti, mai
preso sul serio dal grande pubblico, ci ha
lasciato (lo scrittore è morto quasi
centenario due anni fa) alcune pagine di
grande ironia narrando il “suo” mondo.
E ancora le tavole pubblicitarie
di Boccasile, Carboni, Mauzan, le foto
di Tano D’amico e tutti i ricettari, grandi
e piccoli, pubblicati dalle industrie
alimentari. Il catalogo rimarrà come
un prezioso repertorio bibliografico
della gastronomia italiana, soprattutto
di quella del secolo scorso.
L’Arengario - Studio bibliografico
via Pratolungo 192, Gussago (BS)
tel. 030/2522472 - www.arengario.it
34
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
ET AB HIC ET AB HOC
La Biennale attraverso i cataloghi
del Fondo De Micheli (2a parte)
di laura mariani conti e matteo noja
AMBIENTALISTA. Nel 1974 la
politica si impadronisce della Biennale:
i socialisti ottengono che come presidente
sia nominato Carlo Ripa di Meana,
mentre gli altri partiti si dividono le altre
poltrone del consiglio direttivo.
Il quadriennio della direzione Ripa di
Meana è tumultuoso: l’edizione del 1974
– dedicata alle drammatiche vicende del
Cile – non viene riconosciuta, anche se le
manifestazioni artistiche si susseguono
fino all’anno successivo. Nel 1976 viene
inaugurata la Biennale dal titolo
Ambiente Partecipazione Strutture
culturali; nel 1977 viene annunciata la
mostra Arte sovietica del dissenso, che
provoca ulteriori polemiche. Nel 1978 si
inaugura una Biennale dal titolo Dalla
natura all’arte, dall’arte alla natura. Anche
in questo caso la Biennale anticipa temi
che poi diventeranno consueti, come
quello della salvaguardia dell’ambiente.
L’esposizione centrale, curata da Achille
Bonito Oliva, suscita molto interesse
e propone quadri di Kandinskij, Balla,
Mondrian, de Chirico, Jasper Johns, Léger,
Boccioni, Duchamp, Picasso e altri.
NORMALITÀ. Con la presidenza di
Giuseppe Galasso nel 1980 si ritorna alla
“normalità”, inevitabile e forse necessaria
perché il ’68 è ormai lontano. Nascono i
progetti speciali, di cui si discute da molto
tempo. Paolo Portoghesi dirige il settore
architettura e recupera, ristrutturandolo,
l’immenso spazio delle ex Corderie
dell’Arsenale. Tra le numerose mostre,
merita particolare menzione Aperto ’80,
curata da Achille Bonito Oliva che per la
prima volta presenta al pubblico una serie
di interessanti giovani, tra cui i cinque
protagonisti della “transavanguardia”:
Chia, Clemente, Cucchi, De Maria e
Paladino. A Galasso subentra nel 1984
Portoghesi, che resta in carica oltre sei
anni. Durante la sua presidenza vengono
ripristinati i Gran Premi. Nel 1986, il 22
giugno Fausto Melotti, protagonista di
molte Biennali, muore a Milano: è il
giorno che precede l’apertura. Alla sua
memoria viene dedicato un Leone d’oro.
SCANDALI. Alla Biennale del 1990
tornano gli scandali. Un gruppo
americano, Grand Fury, denuncia il
dilagare dell’Aids con un’opera che usa
l’immagine di papa Giovanni Paolo II; gli
ambientalisti insorgono contro un’opera
in cui vengono usate formiche vive. I più
discussi però sono Damien Hirst che
seziona una mucca e ne pone il corpo in
una scatola di plexiglass da cui fuoriesce
la formalina per la conservazione, e Jeff
Koons che ritrae se stesso e la sua
compagna, la pornostar Cicciolina, in
pose inequivocabili. Si discute molto, ma
questa volta costruttivamente per Robert
Rauschenberg che espone con un gruppo
di giovani artisti russi: il muro questa
volta è caduto per davvero. La rivelazione
è comunque lo scultore di origine indiana
Anish Kapoor – oggi celebrato a Milano
con due mostre – cui viene assegnato
il premio Duemila riservato ai giovani.
CENTENARIO. In occasione del
Centenario del 1995, la Biennale
promuove manifestazioni per tutti i
settori di attività: il 34º Festival del Teatro,
la 46ª Esposizione Internazionale d'Arte, il
46º Festival di Musica, la 52ª Mostra del
Cinema. Al centro delle manifestazioni è la
mostra storica Identità e alterità ideata e
curata da Jean Clair, una grande
ricognizione sul corpo e sul volto umano
nel lavoro dei massimi artisti del '900, con
opere dei più importanti musei del mondo.
Un noto critico scriverà: «Oggi i critici
vogliono assurgere a protagonisti. Quando
Clair dà il titolo alla mostra portante della
Biennale, vuole in realtà fare
un’operazione culturale che interessa
soltanto a lui. L’opera d’arte si riduce così a
semplice illustrazione del suo tema».
Chissà cosa scriveranno i suoi colleghi
oggi, 2011, sulla “sua” Biennale…
IRONIA. La 47ª edizione della
Biennale, la Biennale di Germano Celant,
apre i battenti domenica 15 giugno 1997,
giorno di referendum, come quello sullo
caccia, a cui sembra far ironico riferimento,
del tutto involontario, Maurizio Cattelan
coi suoi 180 piccioni impagliati e sistemati
in una delle sale che divide con Enzo
Cucchi e Ettore Spalletti. I piccioni
incombono, quasi minacciano le opere che
hanno esposto i tre artisti chiamati a
rappresentare l’Italia.
FARE MONDI. «Un’opera d’arte è più
di un oggetto, più di una merce.Rappresenta
una visione del mondo, e, se presa
seriamente, deve essere vista come un
modo di “costruire un mondo”. Pochi segni
tracciati su un foglio, una tela appena
dipinta, una complessa installazione,
possono essere paragonati a diversi modi
di fare mondi». Con queste parole il
direttore Daniel Birnbaum spiega lo spirito
la 53ª Biennale del 2009, dichiarato già
nell’intrigante titolo Fare Mondi/Making
Worlds. Michelangelo Pistoletto vi
partecipa con una installazione dal titolo
Rompere gli specchi per creare universi: nel
rompere a martellate gli specchi, il mondo
continua a riflettersi all’infinito nei loro
frantumi, continuando a farsi mondo.
36
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
L’intervista d’autore
MASSIMO PINI E QUEL PIACERE
SENSUALISSIMO DEL LIBRO
a differenza tra erotismo e
pornografia è la differenza
tra il sesso celebrativo e
quello masturbatorio”. E’ un
insegnamento che Herbert Marcuse
consegnò, nel 1955, al suo “Eros e
civiltà”. Utile anche per provare una
distinzione squisitamente bibliofila tra
letteratura erotica e pornografia.
Conservare gelosamente la prima,
ignorare senza rimpianti la seconda.
E’ quello che ha fatto Massimo
Pini, 74 anni, friulano milanesizzato,
oggi superconsulente nel mondo
imprenditoriale-finanziario, già
potentissimo manager di Stato molto
vicino a Bettino Craxi (la sua fedeltà
al leader fece dire di lui che era “il più
craxiano dei socialisti craxiani”),
fondatore, giovanissimo, della casa
editrice SugarCo, e – appunto – tra i
massimi collezionisti italiani di
letteratura erotica. “Nella mia vita ho
amato due cose soprattutto. I libri e la
politica”. Della politica, alla fine, forse
un po’ si è stufato. I libri, invece, sono
diventati una passione sempre più
esclusiva. “Come editore avrò stampato
oltre tremila titoli. Come lettore ne ho
divorati migliaia e migliaia. E come
collezionista non li ho mai contati:
diverse stanze piene”. Di cui una
sezione dedicata solo alla letteratura
erotica. L’Enfer di monsieur Pini...
“L
Come è iniziato il tutto?
Un istinto primordiale per il libro.
Da ragazzo, avevo 19 anni e pochi soldi in
tasca, fondai una casa editrice insieme
di luigi mascheroni
a un socio, il mio amico Piero Sugar, che
sarebbe diventato il marito di Caterina
Caselli, figlio di Ladislao Sugar, inventore
delle Messaggerie Musicali. Era il 1956.
La chiamammo SugarCo. Io e Piero
facevamo l’Università, ed eravamo stati
compagni di scuola al Liceo Berchet di
Milano. Avevamo una grande curiosità per
la letteratura, soprattutto straniera.
Iniziammo subito le pubblicazioni con
nomi importanti. Tra i primissimi Samuel
Beckett, di cui Einaudi aveva in catalogo
le opere teatrali: noi facemmo conoscere
in Italia i suoi romanzi, una decina d’anni
prima che vincesse il Nobel. Poi Focus
di Arthur Miller, eTrotzkj, Bukowsky,
Kolakovsky, Mc Luhan... Portammo in
Italia le memorie di Henry Kissinger: Gli
anni della Casa Bianca… Traducemmo
per primi, nel 1967, Storia e coscienza
di classe di Lukacs sul quale il Pci aveva
posto un veto, lo considerava un ‘eretico’:
andai io stesso a Budapest. A pranzo
firmò il contratto, mentre nei Paesi
comunisti erano le agenzia di Stato a
farlo… Furono anni davvero avventurosi…
La SugarCo fu una piccola casa
editrice, ma battagliera. Non erano
molte quelle non-conformiste, che
lavoravano fuori dall’influsso del Pci.
E infatti non fu facile. Eravamo
liberi di scegliere quello che volevamo
pubblicare, ma non era semplice stare sul
mercato, avere una buona stampa, poter
contare su una efficiente distribuzione…
Anche se, ad esempio, la collana tascabile,
la famosa “Tasco”, di cui era responsabile
Luigi Guidi Buffarini, andava benissimo.
Stavamo in un ufficietto in Galleria
Vittorio Emanuele a Milano, poi ci
trasferimmo in viale Tunisia. Andavamo
avanti tra alti e bassi: i primi successi
come Il maneggio di Pamela Moore, i libri
di Kerouac, Il Pasto nudo di Burroughs,
che non voleva nessuno: passò anche qui,
da casa mia… E Wilhelm Reich, medico e
psichiatra austriaco allievo di Freud, noto
per aver scoperto la “materia sessuale di
massa": era morto nel 1957 e in Italia di lui
si sapeva davvero poco. Io pubblicai
praticamente tutto: alla fine degli anni
Sessanta andai negli Stati Uniti, parlai con
la Fondazione che ne curava l’opera e
acquistai i diritti… Ogni libro, una storia…
Poi cosa accadde?
Accadde che negli anni Ottanta
l’editoria, da artigianale che era,
si trasformò in industria. Divenne
un business e per noi fu tutto più difficile.
Nel 1993 vendemmo il pacchetto di
maggioranza della casa editrice a Sergio
Cigada, allora prorettore dell’Università
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
Cattolica di Milano, morto lo scorso anno.
E la collezione di libri erotici
quando inizia?
Proprio in SugarCo. Nel 1969
pubblicammo un libro - per me
straordinario - in due grossi volumi,
Arcana, dal sottotitolo molto curioso:
“Il meraviglioso l’erotica il surreale il nero
l’insolito nelle letterature, nelle arti
figurative e plastiche, nel cinema e nei
mass media di tutti i tempi e paesi”.
Sotto la nostra direzione lavoravano molti
studiosi, specialisti delle varie materie, e io,
mentre raccoglievo il materiale
iconografico per quel libro, ricchissimo
di immagini, iniziai a raccogliere libri
erotici e organizzare il nucleo di una
collezione che poi è cresciuta negli anni.
E cosa c’è, oggi, nella sua
collezione?
Tutta una serie di testi, dal Sei al
Novecento, ad argomento erotico, per le
più in edizioni illustrare, con immagini
‘esplicite’, quindi non “galanti”, ma con
allusioni e manifestazioni sessuali.
Si tratta in sostanza di libri che erano
i vari Enfer delle biblioteche: gli “inferni”
dove venivano chiusi sottochiave i libri
proibiti, osceni, contro la morale,
considerati pornografici. Oggi ho circa 400
volumi preziosi antichi, soprattutto
francesi e inglesi - pezzi che acquisto alle
aste o sui cataloghi dei librai antiquari più qualche migliaia di testi “moderni”,
reperibili, seppure con fatica, sul mercato
normale: librerie, bancarelle, mercatini…
I suoi pezzi più importanti?
Diversi. Un’edizione del 1797 della
Justine del Marchese de Sade, in cinque
piccoli volumi, con falso luogo di stampa
in Olanda, per sfuggire alla censura.
O un’edizione illustrata del 1826 delle
Poesie erotiche in dialetto milanese di
Carlo Porta, con disegni davvero osè...
E poi molti Boccaccio, tra i quali uno
stampato nel 1712 con delle meravigliose
stampe di Romain De Hooge.
O I ragionamenti dell’Aretino stampati nel
1660 in Cosmopoli… una “strana” città
37
dove in passato si pubblicavano molti libri
proibiti dalla legge…
Il più curioso?
Un’edizione datata 1749 del celebre
L'Academie des dames, ou les Sept
entretiens galants d'Alosia stampato a
“Cythère: dans l'Imprimerie de la Volupté”
e con illustrazioni acquerellate a mano
che riproducono i vari atti sessuali. Un
esemplare, ecco la curiosità, che da una
nota a mano ottocentesca sul frontespizio
sembrerebbe appartenuta a Madame
de Pompadour, morta nel 1764.
E il suo sogno?
Possedere alcuni pezzi, per me
economicamente proibitivi, della famosa
biblioteca di Gérard Nordmann, un
riservato uomo d’affari svizzero che in
quarant’anni di ricerche mise insieme la
più grande collezione di libri erotici del
mondo. Dopo la sua morte, nel 1992, la
vedova la mise all’asta in due vendite a
Parigi curate da Christie’s.
Non si immagina cosa c’era…
38
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
PAGINE CHE PARLANO DI LIBRI
La sfida tra pagine scritte e digitali, l’italiano
dei 150 anni, la “nuova” lingua della politica
di matteo noja e matteo tosi
DARNTON, STORICO DEI LUMI,
SCRUTA IL FUTURO DEI LIBRI
Sempre più e da più parti, e negli
ultimi tempi anche in Italia, ci si
domanda se il libro potrà resistere alle
sfide che continuamente gli pone il
mondo dell’informatica. Robert Darnton,
insigne storico del secolo dei Lumi e
direttore della Biblioteca di Harvard,
cerca di trovare una risposta nel suo
ultimo libro, tradotto ora anche in Italia
da Adelphi.
Il profilo dello studioso non deve
trarre in inganno: Darnton non è il
classico topo di biblioteca che vive
all’ombra degli scaffali e si nutre di sole
cinquecentine. Ha svolto diversi lavori: è
stato cronista di nera per il New York
Times, presidente dell’American
Historical Association, docente e
professore emerito a Princeton,
fondatore del “Gutenberg-e program”,
progetto che vede utilizzate le nuove
tecnologie per promuovere,
salvaguardare e comunicare il lavoro
degli storici contemporanei. In lui si
incarnano due figure: quella dello
studioso che compiendo un profondo
scavo negli archivi del passato ha
vivificato l’immagine del ’700 come
secolo determinante per lo sviluppo
della società e affermazione di quel
progresso che diventerà tale solo in
epoche più recenti; e quella
dell’intellettuale che si interroga sui
problemi che pone proprio quello stesso
progresso, nel momento cruciale in cui
diventa essenziale domandarsi come
trasferire l’intero scibile umano alle
generazioni di domani. Ha quindi tutti i
requisiti per poterci spiegare il
momento in cui versa il libro
tradizionale nel mondo attuale e
possiede anche le conoscenze
tecnologiche per poterci spiegare quali
possono essere le sue sorti nel futuro.
Il libro che Adelphi propone,
raccoglie 11 saggi di vario tenore, divisi
in una scansione temporale dal futuro
al passato. Ma è proprio da questa
scansione inversa, da ciò che deve
venire a ciò che è già stato, che trae la
sua maggior forza il ragionamento dello
studioso che ponendo quesiti sul futuro
riesce a spiegare meglio il presente,
rivolgendosi con più attenzione il
passato. Darnton è convinto, ma non è
il solo, che l’unione tra nuove
tecnologie e libro tradizionale possa
essere felice e feconda.
Per convincerci, parla della
volontà del colosso della rete, Google, di
attuare una grande, sconfinata
biblioteca con libero accesso e dei rischi
della democratizzazione indiscriminata
del sapere. Ci parla dell’avvenire delle
biblioteche che dovranno aprire
finalmente i propri scaffali per far
leggere i propri libri, senza per questo
doverli perdere irreparabilmente. Ci
parla del futuro digitale approfittando
della lettura di un classico settecentesco
della letteratura fantascientifica.
Attraverso la storia di un
contrabbandiere di libri, spiega la storia
del libro e i meccanismi della sua
produzione attraverso i secoli. Narrando
l’abitudine di annotare le citazioni tratte
dalle letture quotidiane (la nascita dei
cosiddetti commonplace books, così
diffusi nel mondo anglosassone a
partire dal ’600), ci spiega il modo in cui
ancora oggi noi leggiamo.
Ma non solo, nei suoi saggi
possiamo apprendere altre verità non
sempre comode: come, per esempio, le
biblioteche, ogni anno, distruggano
migliaia di volumi per problemi di
spazio, veri o presunti; come il
fenomeno della trasgressione dei diritti
d’autore sia antico come il libro; come,
per assurdo, l’e-book sia ancora lontano
dall’essere accettato nel mondo
accademico statunitense.
Ma ciò che sta più a cuore allo
studioso, è la natura della trasmissione
del sapere in cui il libro ha da sempre
una posizione di assoluto privilegio:
l’esperienza di Google Books Search e
delle sue vicissitudini è per lui
importante per spiegarci come sia
inutile e pericoloso affidarsi al
monopolio di una unica azienda per
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
affidare al futuro l’intero patrimonio
intellettuale mondiale.
Per farlo ci spiega la necessità di
istituire progetti come quello chiamato
“Gutenberg-e Program”, finanziato dalla
Andrew W. Mellon Foundation e ideato
per premiare e digitalizzare i migliori
studi accademici in campo storico. E ci
parla di un altro progetto, quello della
“Digital Public Library of America”, che
basandosi su un consorzio di biblioteche
e fondazioni private – che metteranno a
disposizione libri e risorse –, cercherà di
rendere accessibile tutto il sapere
americano non solo per gli Stati Uniti
ma per il mondo intero.
Libro illuminante per molti versi,
si legge facilmente per la grande
capacità dell’autore di rendersi
interessante. Il succo dei suoi
ragionamenti può essere racchiuso nella
risposta di Darnton a una delle
numerose domande che gli sono state
poste nel suo viaggio in Italia di giugno
(a Milano, Roma e Perugia): «Viviamo un
momento straordinario della storia delle
comunicazioni. Tutto è fluido e in
continuo mutamento. Se sappiamo
cogliere il momento, possiamo
determinare il nostro futuro per il bene
pubblico. Dobbiamo digitalizzare,
digitalizzare e democratizzare».
Robert Darnton, “Il futuro del libro”.
Traduzione di Adriana Bottini
(Milano, Adelphi, 2011; pagg. 274,
24 euro).
L’ITALIA È UNA REPUBBLICA
FONDATA SULLA LINGUA
Tra i molteplici e diversi omaggi
raccolti da questo centocinquantesimo
anniversario dell’Unità d’Italia, ci piace
segnalare questo affascinante saggio
di Gian Luigi Beccaria, che testimonia
come nel caso del nostro Paese “non è
stata una nazione a produrre
una letteratura, ma una letteratura
a prefigurare il desiderio e il progetto
di una nazione”.
Il libro, insomma, racconta
l’avventura dell’italiano da Dante
alla televisone, passando naturalmente
per gli anni dello sbarco dei Mille
e delle battaglie risorgimentali.
Un viaggio dove Beccaria percorre
con passo leggero la storia delle patrie
lettere, dopo essersi fissato l'obiettivo
di mostrare che le radici del nostro
Paese affondano innanzitutto nella
continuità e nella durata di una lingua,
nei grandi capolavori del passato,
nella ricchezza dello scambio
tra la lingua colta e i dialetti materni.
Già Isidoro di Siviglia sosteneva
che fossero le lingue a formare le genti
e non viceversa. Specie per l’Italia, poi,
la coscienza e la volontà di un’unione
si sono basate soprattutto su un valore
culturale che ha prefigurato sin dalle
origini un’unita immaginata e inseguita
come un desiderio.
Parafrasando l’articolo primo
della nostra citatissima Costituzione, si
può allora affermare che l’Italia sia una
repubblica fondata sulla Lingua, una
lingua che per altro è nata e si è
sviluppata “in provetta”, prima nella
fantasia e nei sogni di una classe
intellettuale, a partire da Dante, per
intenderci, fino a Manzoni.
Gian Luigi Beccaria, “Mia lingua
italiana”, Einaudi, Torino 2011, pp.90,
10 euro
39
IL SIGNIFICATO “MORALE”
DI PAROLE OGGI ABUSATE
Etica, giustizia, speranza,
fratellanza, legalità. Parole antiche ma
sempre “in moto”, parole che opinionisti
e politicanti hanno subito imparato
a maneggiare con cura, piegandole
alle proprie esigenze propagandistiche
e svuotandole di qualsivoglia
significato. Eppure è solo da un’attenta
riflessione sul nostro lessico e sul suo
significato originario che può partire
una proposta di rinnovamento culturale
attenta alle esigenze dei singoli
cittadini. Questa, almeno, la tesi
di don Virginio Colmegna, che insieme a
Maria Grazia Guida (nuovo vicesindaco
di Milano), cura questo “etimologico”
libello - frutto di un incontro tra politici
e uomini di cultura -, convinto che lo
sbando che stiamo vivendo dipenda
soprattutto dalla crisi delle fonti
culturali (e perché no, del linguaggio).
Don Virginio Colmegna e Maria
Grazia Guida (a cura di), “Parole
nuove per la politica”, il Saggiatore,
Padova 2011, pp.144, 16 euro
42
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
ANDANDO PER MOSTRE
Mario Borgiotti collezionista, dialogo tra
libri d’artista, “italiane” e scatti di Erwitt
di matteo tosi
LA RINSCITA DEI MACCHIAIOLI
E IL COLLEZIONISMO PRIVATO
ualsiasi vero bibliofilo non può
che comprendere la passione per
il collezionismo in tutte le sue
forme e, in particolare, quello artistico
e quindi altamente culturale. A maggior
ragione quando il “maniaco” di turno,
grazie al proprio gusto e al proprio
intuito, riesce a ridare vitalità a un sapere
Q
o a una scuola della nostra tradizione.
Quello che si può dire, insomma, di Mario
Borgiotti, livornese di nascita e fiorentino
d’adozione, per oltre quanrant’anni punto
di riferimento assoluto nella
valorizzazione della pittura toscana
di area macchiaiola e ancor più di quelle
personalità che hanno ringiovanito
il linguaggio di questa scuola,
come Lega, Fattori, Signorini, Abbati,
Borrani, Cabianca, D’Ancona e altri
protagonisti del gruppo.
GENIO DEI MACCHIAIOLI.
MARIO BORGIOTTI:
OCCHIO CONOSCITORE,
ANIMA DI COLLEZIONISTA
VIAREGGIO,
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Le loro opere più belle superarono
l’esame del suo temutissimo occhio
critico e del suo gusto raffinato, finendo
così a fare parte della sua collezione (e
oggi in mostra). Autodidatta eppure
finissimo connaisseur, Borgiotti fu una
personalità complessa e attraente, anche
per la generosità nei confronti di ogni
iniziativa culturale.
A partire dalla propria passione per
i Macchiaioli, naturalmente, certamente
rivalutati e “ricollocati” al loro posto
Qui sopra: Giovanni Fattori, La scolarina,
1893. A sinistra: Antonio Puccinelli,
Ospedale del Ceppo a Pistoia, 1873
Sotto: Mario Borgiotti con la prima copia
del volume “I Macchiaioli”, 1946
dalla passione delle sue ricerche
e dei suoi studi. Più di sessanta i dipinti
in mostra, veri e propri capolavori della
pittura macchiaiola, reperiti da Borgiotti
nell’arco di una vita e oggi confluiti nelle
più famose raccolte italiane.
Altro grande pregio del Borgiotti,
l’aver contribuito alla nascita di una
letteratura sul tema, anche grazie alla sua
avventura saggistica (I Macchiaioli, 1946,
Capolavori macchiaioli, 1949, Poesia
dei Macchiaioli, 1958, I Grandi pittori
dell’Ottocento italiano, 1961,
The “Macchiaioli”, 1963, Genio
dei Macchiaioli, 1964, La lezione pittorica
di Fattori, 1968): un vasto compendio
bibliografico arricchito da un prezioso
apparato iconografico costituito da
dipinti dei quali si era persa ogni traccia.
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
43
LIBRI D’ARTISTA: IN MOSTRA
DUE “CASE” DI ECCELLENZA
40 SCATTI D’AUTORE PER RACCONTARE
LA GRANDE CARRIERA DI ELLIOTT ERWITT
a cronaca anche milanese
di questi ultimi anni di mostre
racconta del crescente interesse
di pubblico e critica per i libri d'artista,
opere forse troppo di nicchia e raffinate
per far breccia nel cuore dell'esercito
dei semplici curiosi, ma sempre più
apprezzate dagli appassionati d'arte, alla
ricerca di qualcosa di realmente
dedicato a Elliott
Erwitt l'omaggio
fotografico dell'estate 2011 a Merano. La
piccola ma raffinata retrospettiva (“Icons”, fino
al 25 settembre; info: tel.
0473/212643 - kunstmeranoarte.org), ospita-
L
È
ta all'interno dell'edificio Cassa di Risparmio,
ripercorre la carriera del
grande obiettivo statunitense (ma nato in Francia nel 1928 da genitori
russi) attraverso quaranta scatti scelti tra le opere più celebri del suo la-
“nuovo”, che sappia fondere estro
e artigianalità.
In questo senso, l’evento della
stagione è quello organizzato dalla
Fondazione Bevilacqua La Masa, che ha
chiesto a Rirkrit Tiravanija di pensare
un'installazione per ospitare
gli esemplari più belli e significativi
pubblicati in questi ultimi anni da due
case editrici assolutamente “di settore”:
la francese Three Star Books
e l'americana Thea Westreich/Ethan
Wagner Publications.
L'esposizione si snoda nelle
vetrine della Galleria di piazza
voro di reporter e di artista. Dai ritratti delle star
e delle personalità del
Novecento alle serie di
uomini ritratti con i loro
cani e ancora.
San Marco come una sorta di terrario
(“Terrarium for two Publishers”, fino
al 1° luglio, Info: tel. 041/5207797 –
www.bevilacqualamasa.it) dove l'artista
tailandese ha inscenato un paesaggio
selvatico in cui i libri si insediano come
in un terreno roccioso.
Three Star Books è nata cinque
anni fa a Parigi (con uffici a Roma)
per volontà di Christophe Boutin,
Cornelia Lauf, e Melanie Scarciglia, che
volevano realizzare edizioni limitate
altamente elaborate, prodotte dai più
raffinati artisti contemporanei, con
materiali realizzati in giro per il mondo.
L’UNITÀ E I 150 ANNI DELLA NOSTRA ITALIA VISTI ATTRAVERSO
LE VICENDE DELLE “SUE” DONNE, SOPRATTUTTO INTELLETTUALI
libri di storia, i saggi e i
ritratti dell’epoca raccontano l’Unità d’Italia (e le successive tappe
fondanti le sue vicende di
regno e repubblica) solo
ed esclusivamente attraverso volti e voci di uomini. Come se le donne non
ci fossero state, come se
non avessero sofferto,
combattuto, vinto e costruito accanto ai loro
padri, mariti e figli, e a
prescindere da essi. Pa-
I
lazzo Blu a Pisa, allora, in
occasione di questo centocinquantesimo racconta l’altra metà dell’Unità
(Donne d’Italia, fino al 26
giugno, info: tel. 050/
916950) attraverso le vicende delle “sue” donne.
Ogni stanza è un’installazione a sé, con immagini,
filmati, documenti e interviste che raccontano
vere e proprie protagoniste come Anita Garibaldi,
Maria Montessori, Grazia
Deledda, Matilde Serao,
Palma Bucarelli, Nilde
Jotti, Alda Merini, Rita
Levi Montalcini, Oriana
Fallaci e Ilaria Alpi.
Thea Westreich ed Ethan Wagner,
invece, negli ultimi vent'anni hanno
pubblicato edizioni di libri d'autore
con artisti come Larry Clark, Mike Kelley
e Christopher Wool, mentre oggi
collaborano con una generazione
di giovani di artisti tra cui Jan De Cock,
Ryan Gander e Keith Tyson.
44
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
ASTE, FIERE E MOSTRE-MERCATO
Anche d’estate gli affari più caldi si fanno
a cavallo della Manica, tra “carte” e foto
di annette popel pozzo
IL 29 GIUGNO, PARIGI
Asta – Livres anciens et modernes
www.bsf-commissaires-priseurs.com
Quasi 200 lotti, prevalentemente
libri d’argomento gallica.
Importante gli opera omnia di
Voltaire, pubblicati postumi in 70 volumi
tra il 1785 e 1789. L’edizione detta di
“Kehl” (completata poco prima della
Rivoluzione francese) fu curata da
Condorcet e Decroix e stampata da
Beaumarchais con il carattere
Basquerville. L’edizione contiene
naturalmente qualche testo in princeps
dell’Autore illuminista (lotto 91, stima
€3.000-4.000).
IL 29 GIUGNO, PARIGI
Asta – Vente Photographies
Anciennes, Modernes et
Contemporaines
www.piasa.fr
La fotografia come
oggetto da collezionismo è
diventata molto importante
sul mercato d’asta, come per
altro dimostrano anche le stime di
partenza relativamente alte. Da Piasa in
vendita più di 400 fotografie: 200
fotografie di Paul Marsan, raffiguranti
spesso celebri letterati, scienziati e
artisti dell’epoca. Inoltre fotografie di
Léonard Misonne, Van Leo, Robert
Doisneau, Léon Herrschtritt e Vasco
Ascolini.
IL 2 LUGLIO, PARIGI
Asta – Affiches
www.neret-tessier.com
378 manifesti tra cinema,
pubblicità e turismo.
fondamentale per studi medievali sui
viaggi di pellegrinaggio in Oriente.
IL 5 LUGLIO, LONDRA
IL 6 LUGLIO, LONDRA
Asta – Western Manuscripts
and Miniatures
www.sothebys.com
129 lotti esclusivamente dedicati
a manoscritti e miniature. Molto
interessante un’antologia francescana
che contiene anche una descrizione
unica di un anonimo compilatore in
viaggio nella Terra Santa nel 1382.
Il manoscritto in lingua latina e
italiana fu probabilmente compilato a La
Spezia nel 1383-1393 (stima £8.00012.000). “Of unusual interest […] are the
itineraries of journeys to the Holy Land
on fols. 114v and 133r. The
second opens with the
statement that on 23
February 1382 the scribe
Franceschinus left home to
visit the holy places of
Jerusalem; followed by a long
list of dates and places with
local observations. We can trace this
journey from leaving Rome on 18
March, to Giocca and Venice, past
Greece to Damascus, where he made
port on 7 May, and Jaffa on 21 May,
’qui est prima terra Saracinorum’, […].
He then lists expenses paid to the
Saracens, above those for food and
drink (fol. 145r), including the costs of
gaining entry to various pilgrimage
sites”.
Non c’è bisogno di sottolineare
che la presente descrizione si rivela
Asta - The Arcana Collection:
Exceptional Illuminated Manuscripts,
Part III
www.christies.com
Con questa terza parte si
conclude la vendita della famosa
Arcana Collection, appartenuta a
Ladislaus von Hoffmann e consistente
prevalentemente in importanti
manoscritti illuminati medievali e
rinascimentali. Strepitoso il libro d’ore di
Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano
(1444-1476), un manoscritto su
pergamena completamente illuminato,
molto probabilmente eseguito durante il
regno di Galeazzo Maria Sforza (lotto
18, stima £600.000-900.000).
IL 14 LUGLIO, LONDRA
Asta - English Literature, History,
Children’s Books & Illustrations Including
the Birth of Football: The Earliest Rules
and Archive of Sheffield FC
www.sothebys.com
159 lotti, con un punto forte sui
libri d’infanzia. In offerta un disegno
originale di “Winnie the Pooh” del
famoso artista e illustratore inglese
Ernest H. Shepard (lotto 157, stima
£25.000-30.000). L’illustrazione “Tiggers
don’t like honey” fu pubblicata nel
secondo capitolo di The House at Pooh
Corner (1928) che introduce per la
prima volta il famoso compagno Tigger
al pubblico.
46
la
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
47
BvS: il libro ritrovato
Gli Opera Omnia di Cardano:
10 tomi di lettere, scienza e vita
L’enciclopedico sapere rinascimentale nella Francia di Descartes
BEATRICE PORCHERA
Cardano, Girolamo
(1501-1576).
Hieronymi Cardani
Mediolanensis philosophi
ac medici celeberrimi Opera
omnia: tam hactenus excusa;
hîc tamen aucta & emendata;
quàm nunquam aliàs visa,
ac primùm ex Auctoris ipsius
autographis eruta:
curâ Caroli Sponii, doctoris
medici collegio medd.
Lugdunæorum aggregati.
Tomus primus [-decimus].
Lione, Jean-Antoine
Huguetan & Marc-Antoine
Ravaud, 1663. 10 volumi.
I
nquadrare entro limiti ben definiti il personaggio polimorfo
che fu Girolamo Cardano (Pavia 1501-Roma 1576) non è impresa semplice. Ma pensando di racchiudere entro due termini i settantacinque anni di vita di questo
uomo illustre, direi che egli fu medico e scrittore. Un medico rinomato, se le sue cure vennero richieste dai membri della famiglia Borromeo, da papa Paolo III, dal luogotenente del re di Francia Charles
de Cossé, dal re di Danimarca, dal-
l’arcivescovo di Edimburgo John
Hamilton, dal re di Francia e dalla
regina di Scozia; e uno scrittore onnivoro e insaziabile, se consideriamo il numero dei suoi scritti e gli
argomenti di cui essi trattano.
Nel De propria vita (Parigi,
1643) Cardano calcolò 55 testi già
Nella pagina accanto: frontespizio
degli Opera omnia con marca incisa
in rame da Nicolas Auroux. Sopra:
ritratto di Cardano inciso in rame
all’antiporta degli Opera omnia
pubblicati, tra opere e opuscoli, e
45 rimasti fino ad allora inediti.
Mentre in precedenza, nel testamento datato 13 luglio 1571, uno
dei tanti da lui redatti, parlò di 103
opere a stampa e di 43 manoscritti.1
Numeri in ogni caso notevoli.
Trattati, dialoghi, abbozzi che spaziavano dalla medicina alla matematica, dalla filosofia alle scienze
naturali, dalla morale alla pedagogia, passando attraverso la storia, la
fisica e l’astrologia.
Dopo la morte di Cardano,
avvenuta nel 1576, gli scritti rimasti inediti attirarono l’attenzione
del cardinale Federico Borromeo,
interessato ad arricchire la Biblioteca Ambrosiana di Milano, e di
Gabriel Naudé, l’erudito bibliotecario libertino che nell’arco di dieci
anni raccolse per il cardinale Mazarino un’immensa biblioteca, che
andò purtroppo dispersa durante la
Fronda, nel 1651.
Naudé si fece editore di due
opere inedite di Cardano: il De
praeceptis ad filios, pubblicato a Parigi nel 1635, e il De propria vita liber,
uscito dai torchi parigini di Jacques
Villery nel 1643.2 Il De propria vita,
opera oggi tra le più lette del medico milanese, è un’autobiografia
48
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Da sinistra: incipit dell’inedito
De ludo aleae; dedicatoria degli
editori a Guillaume de Lamoignon.
Nella pagina a destra: incipit
dell’inedito De orthographia
realizzata da Cardano a Roma nell’ultimo periodo della sua vita (dal
settembre 1575 al maggio 1576).
Lo scritto, basato sul modello
del De vita Caesarum di Svetonio
(steso non seguendo un ordine cronologico, ma in base agli argomenti
di volta in volta trattati) venne pensato dall’autore come una sorta di
apologia di quanto fatto e scritto
nel corso della propria esistenza.
Naudé, nell’edizione parigina, collocò prima del testo di Cardano un
Gabrielis Naudaei de Cardano iudicium, in cui ricostruì in maniera
esaustiva la vita e il pensiero del filosofo milanese, fornendo nelle pagine finali dello scritto indicazioni
precise riguardanti i testi editi e
inediti di Cardano, che sarebbero
potute servire per la realizzazione
di una nuova e più completa edizione delle sue opere.3
A vent’anni di distanza, nel
1663, due intellettuali ed editori di
Lione, Jean-Antoine Huguetan e
Marc-Antoine Ravaud, riprendendo almeno in parte le indicazioni
del bibliofilo parigino, decisero di
sostenere un’imponente impresa:
pubblicare gli Opera omnia di Girolamo Cardano.
L’edizione, in dieci volumi in
folio (370x226 mm), venne curata
dal medico francese Charles Spon
(1609-1684) e dedicata al presidente del senato delle Gallie, nonché
magistrato di Luigi XIV, Guillaume de Lamoignon (1617-1677). I
testi del medico milanese vennero
raggruppati nei diversi tomi in base
agli argomenti trattati. Il primo volume contiene “Philologica, logica,
moralia”; il secondo “Moralia qaedam, et physica”; il terzo “Physica”;
il quarto “Arithmetica, geometria,
musica”; il quinto “Astronomica,
astrologica, onirocritica”; il sesto,
il settimo, l’ottavo e il nono contengono “Medicinalia”; mentre il decimo raccoglie “Opuscula miscellanea”.
All’antiporta del primo volume fu collocato un ritratto calcografico dell’autore. I frontespizi,
stampati in rosso e in nero, presentano un’elaborata marca, incisa in
rame da Nicolas Auroux (m. 1676)
per il primo volume e xilografica
negli altri nove. In essa sono rappresentati Tolomeo, che regge tra
le mani un compasso e una sfera e
porta in capo una corona, ed Euclide, che tiene un compasso con la
mano destra e una tavola per scrivere con la sinistra. Tra i due scienziati una sfera armillare con la Terra al
centro, strumento astronomico costituito da anelli metallici rappresentanti i principali cerchi della sfera celeste. Tramite questa si potevano raffigurare i moti apparenti
degli astri più importanti. La parte
inferiore della sfera è contornata da
un cartiglio recante il motto «Universitas rerum ut pulvis in mano Iehovae» (l’intero mondo è come
polvere nelle mani di Dio).
Nel primo volume il frontespizio è seguito dalla dedicatoria
degli editori, testo che ci fornisce
interessanti informazioni riguardanti la realizzazione dell’opera.
Huguetan e Ravaud scrivono:
«Vorremmo che la nazione dei letterati fosse consapevole del fatto
che la quantità di ingegno e di erudizione spesa [da Cardano] nello
scrivere [l’opera sua] è eguagliata
dalla quantità di laboriosità e diligenza da noi impegnata nel pubblicarla. Desideriamo testimoniare in
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
tutta sincerità che nulla abbiamo
omesso nel ricercare, trascrivere e
correggere tutto ciò che appartiene
a questo autore. […] Abbiamo frugato in tutti gli angoli di numerosissime biblioteche di Francia, Italia e Germania: e con ami d’oro abbiamo pescato codici manoscritti,
persino autografi di Cardano».4 Segue una garanzia di autenticità:
«Abbiamo in primo luogo badato a
non inserire [nella nostra edizione]
cose che non fossero legittime e genuine: sarà facilissimo evincerlo
dalla consonanza di stile e dal tenore uniforme dei significati. Del resto, se avessimo introdotto qualcosa di adulterino, la tua Parigi [si rivolgono ovviamente al dedicatario], città dal naso fino, ne avrebbe
immediatamente sentore: e quindi,
alla larga, statevene per sempre alla
larga falsari».5
In realtà, i dieci grandi volumi
furono disseminati di refusi che
permettono di avanzare critiche
nei confronti dell’edizione degli
Opera omnia sia dal punto di vista tipografico, sia dal punto di vista filologico. Errori però spesso in parte
giustificati dal latino difficile e confuso di Cardano, soprattutto quello
utilizzato negli inediti.
Ma, seppur il risultato appaia
per alcuni versi discutibile, occorre
sottolineare l’importanza dell’impresa lionese, che, insieme ai molti
scritti già noti di Cardano, permise
di pubblicare numerosi testi inediti
dell’autore, presentati quindi qui in
prima edizione: De Socratis studio;
Mnemosynon; De orthographia; De
ludo aleae; Contradictiones logicae;
Norma vita consarcinata, sacra vocata;
De optimo vitae genere; Dialogus Hieronymi cardani et Facii Cardani ipsius
patris; Hymnus seu canticum ad
Deum; De natura; Theonoston seu de
NOTE
1
Cfr. DBI 19, pp. 758-763.
2
Cfr. Gerolamo Cardano. Un enciclopedista del Rinascimento, a cura di M. Baldi, G.
Canziani, Milano, Biblioteca di via Senato,
2002, p. 18.
3
Cfr. L. Bianchi, Girolamo Cardano e Gabriel Naudé: naturalismo e politica, in Cardano e la tradizione dei saperi, a cura di M. Baldi,
G. Canziani, Milano, Franco Angeli, 2003, pp.
405-426.
4
G. Cardano, Opera omnia, c. ã3v e, per la
traduzione, Gerolamo Cardano. Un enciclopedista del Rinascimento, p. 58.
5
G. Cardano, Opera omnia, c. ã3v e, per la
traduzione, Gerolamo Cardano. Un enciclopedista del Rinascimento, p. 60.
6
G. Cardano, Opera omnia, c. ẽ1v.
7
Gerolamo Cardano. Un enciclopedista
del Rinascimento, p. 18.
49
tranquillitate; Theonoston seu de animi immortalitate; Theonoston seu de
contemplatione; Theonoston seu hyperboraearum historia; De aceti natura;
Problemata; Se la qualità può trapassare di subbietto in subbietto; Discorso
del vacuo; De fulgure liber unus; De
numerorum proprietatibus; Libellus
qui dicitur, Computus minor; Ars magna arithmeticae; Sermo de plus et minus; Exaereton mathematicorum;
Operatione della linea; Della natura
dei principii et regole musicali; De interrogationibus; De usu ciborum; De
urinis; In librum Hippocratis de septimestri partu commentaria; De morbis
articularibus; Floridorum libri sive
commentarii in Principem Hasen
(Avicenna); Vita Ludovici Ferrarii;
Vitae Andreae Alciati; De arcanis aeternitatis; Politices seu moralium liber
unus; Elementa Graeca; De inventione; De naturalibus viribus; De musica;
Artis arithmeticae tractatus de integris; Expositio Anatomiae Mundini;
In libros Hippocratis de victu in acutis
commentaria; De epilepsia; De apoplexia; Paralipomena.
Non bisogna inoltre dimenticare che quella che venne definita
dagli editori «Opera ista tam varia,
tam curiosa, tam expectata»6 venne
pubblicata in un Paese e in una stagione in cui il sapere rinascimentale, di cui Cardano era stato tra i più
importanti esponenti, era stato
messo in crisi dalla filosofia e dalla
scienza di Descartes e Galilei, che
avevano mostrato agli uomini nuovi orizzonti. Perciò, nonostante i
numerosi refusi, questi Opera omnia «piantati nel cuore della Francia cartesiana e dell’Europa a metà
del secolo devono far riflettere,
quanto meno, sulla complessità
della circolazione delle idee e sulla
loro polimorfa vitalità».7
50
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
BvS: il Fondo Impresa
Torre Viscosa, un battesimo
poetico di tecnicismi futuristi
L’intervento di F.T. Marinetti per la nuova città della Snia
ARIANNA CALÒ
L
a relazione tra mecenate e artista è certo antica; e se è vero
che in tempi moderni sono
sempre più gli industriali a ricoprire
il primo ruolo, diventa interessante
scoprire quei casi in cui le imprese
dei più importanti imprenditori del
primo Novecento vengono enfatizzate da slanci di penna come segno
della rinascenza italiana. La storia di
Torviscosa racconta di un’azienda
italiana, la Snia Viscosa, e del suo illuminato amministratore Marinotti, che non solo risponde alle trasformazioni del mercato mondiale scegliendo con successo la strada dell’autarchia, ma monumentalizza il
rilancio industriale costruendo
un’intera città e affidando il canto
dell’impresa a Filippo Tommaso
Marinetti.
Fondata a Torino nel 1917 con
il nome di Società di Navigazione
Italo Americana (a cui deve l’acronimo), nel 1920 la Snia Viscosa ufficializza la propria denominazione e intraprende la marcia industriale nella
produzione di fibre sintetiche, dopo
aver inglobato in poco tempo aziende già attive nel ramo tessile. Quando la scure della crisi economica del
’29 si abbatte sui mercati, trova nella
Snia un’azienda che aveva fatto sì re-
gistrare eccellenti risultati nella
produzione del rayon, ma fortemente indebolita dagli eccessi speculativi della gestione di Riccardo
Gualino, il presidente di allora.
Alla sua successione è chiamato Senatore Borletti, affiancato da
Franco Marinotti, uomo di spicco
negli affari e già radicato nell’ambiente dopo aver maturato esperienze in Polonia e Russia. Sotto l’egida di Marinotti, la Snia promuove
ricerche per ottenere nuove produzioni di fibre tessili e introduce sul
mercato prodotti innovativi, quali il
lanital, la merinova, il rayon cord, il
fiocco, il koplon, il lilion, il velicrem,
l’acetato, il wistel, a cui si accompagna un’escalation colossale nell’aumento del capitale sociale.
Quando, alla metà degli anni
Trenta, un’ulteriore espansione determina l’acquisizione dello stabilimento della Cisa Viscosa di Roma,
la Snia è costretta a pianificare su vasta scala l’approvvigionamento della
materia prima per la produzione di
cellulosa, che, non più ricavabile
dalle coltivazioni tradizionali né
tantomeno importabile da quei Paesi tradizionalmente ricchi (quali
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
51
A sinistra dall’alto: frontespizio de Il poema di Torre Viscosa, a cura dell’Ufficio Propaganda della Snia Viscosa, Milano,
1938; copertina della prima edizione de Il poema non umano dei tecnicismi, Milano, Mondadori, 1940. Sopra: bozzetto
dell’architetto Giuseppe De Min per la progettazione della Piazza di Torviscosa e del Palazzo del Comune
quelli del Nord Europa e dei Balcani), in vista soprattutto di uno scenario bellico, doveva necessariamente
trovare un’altra via.
Nel laboratorio dell’azienda a
Cesano Maderno è messo a punto
un procedimento per l’utilizzazione
della “canna gentile” (Arundo Donax), capace di consentire un’elevata
produzione legnosa annua. Il 14 dicembre 1935 la Snia depositava il
brevetto per la lavorazione, ottenendo così la supremazia assoluta
nel campo della cellulosa. La scelta
della costruzione dell’impianto industriale divenne, già nell’abbozzo,
l’avvio del pioneristico progetto di
Torviscosa. Dando priorità alle zone
gravate da disoccupazione operaia,
ma servite da facili comunicazioni
interne, Marinotti, con l’approvazione di Mussolini, individuava nel
borgo di Torre Zuino, nella campagna friulana, il terreno migliore per
impiantare le nuove coltivazioni ed
edificare gli stabilimenti di trasformazione.
Il 1937-38 è l’anno del “miracolo”. Tutto venne realizzato a tempo di primato, dall’avviamento dei
terreni bonificati a produzione agricole alla fondazione di una vera e
propria città: nei 320 giorni in cui
Torviscosa fu edificata (il nome sarebbe stato ufficializzato solo il 26
ottobre del 1940) i lavori riguarda-
rono infatti anche la realizzazione
delle strutture dove far vivere gli
operai e le loro famiglie, per organizzarne e pianificarne il tempo anche al di fuori dell’orario di lavoro,
secondo il modello del paternalismo
industriale, pienamente appoggiato
dal Regime, che, come si è visto,1 insisteva nel dopolavoro quale strumento propagandistico.
L’impianto urbanistico e architettonico del centro abitato e dell’area industriale della città fu firmato dall’architetto Giuseppe De Min
(1890-1962);2 la struttura articolata
su assi principali che delimitano
52
aree gerarchicamente distinte,
ognuna con la propria funzione: accoglienza degli operai all’uscita della fabbrica (Esedra), attrezzature
sportive e ricreative (viale Villa),
strutture commerciali (via Roma), la
chiesa e le scuole, la piazza con il
municipio, le abitazioni per impiegati e per gli operai, tutte d’impronta architettonica razionalista.
Mussolini presiede l’inaugurazione della città il 21 settembre del
1938, firma il documento ufficiale
(stampato su cellulosa, ovviamente),
aziona un pulsante: “tutto lo stabilimento si destò alla vita”.3
Quattro giorni prima, il 17
settembre, usciva dalle Officine
Grafiche Esperia di Milano Il Poema
di Torre Viscosa, tumultuosa poesia
lunga di Filippo Tommaso Marinetti, pensata per accompagnare l’evento inaugurale del Duce. Marinetti era stato chiamato a visitare
Torre di Zuino nell’agosto di quel
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
1938, accompagnato da Franco Marinotti, al quale lo legava una sincera
amicizia e una piena condivisione
della fede futurista; insieme esplorarono la laguna, la campagna e i cantieri della nuova città in costruzione.
In una lettera indirizzata alla figlia,
datata 28 agosto 1938 (il giorno successivo alla ricognizione) e ora conservata alla Beinecke Library di Yale, Marinetti definì quella visita
“lunga e minuziosa”, un’esplorazione preparatoria alla stesura del Poema pubblicato tre settimane dopo.
“Foste graziose troppo graziose canne degli immensi canneti di
Torre Buso ognuna molla tremante
sotto il peso di una rondine tanto
graziose da meritare esigere un’improvvisa tempesta d’acciaio mortale”. L’incipit è inequivocabile: la
tensione tra paesaggio rurale e intervento invasivo dell’uomo, tra la
campagna veneta, la mollezza femminea delle canne e la violenza (quasi uno stupro) con cui avviene la loro
raccolta e la lavorazione meccanica.
La natura è vinta dalla “dea Geometria”, incarnata dalla civiltà industriale di cui Torviscosa e lo stabilimento sono la manifestazione (per
Marinetti: “Denti denti denti lucentissimi e aguzzi e solfuri per la triturazione e la digestione nelle mie tre
enormi pance o ribollitori diametro
20 metri ognuno con corazza bullonata simile a quella delle giranti batterie alpine e iposolfito. Strillano i
canneti […]. Fiato fiato fiato e tutto
s’innalza in un immenso fiato nelle
bocche prone degli alti silos. Poi giù
trituratissima miscela stridulante
d’agonie giù nei bollitori rossi
ostentati ventri d’acciaio nella trasparente cattedralica torre. Colori
odori rumori di insolenza guerriera.
Ma ironicamente la dea Geometria
per sollazzare i vinti canneti diluire
Da sinistra: lo schema della lavorazione della “canna gentile” Arundo Donax per la produzione di cellulosa, stilizzato e
proposto anch’esso nel volume di propaganda; la crescente produzione dei materiali della Snia Viscosa in un grafico del 1941
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
purificare addensare sbiancare a
galla nell’acqua nell’ipoclorito”).
Non dovrebbe stupire tanto
stridore: Il poema di Torre Viscosa rientra pienamente nella poetica di
Marinetti, che proprio nell’anticipazione al testo stampa La poesia dei
Tecnicismi. Manifesto futurista, chiarendo che “Coll’avvento soprannaturale della macchina l’universo si è
arricchito della velocità aritmetica
geometrica algebrica […]. Nuovo
compito della poesia e delle arti nell’Italia Imperiale Fascista figlia della
Guerra Veloce quello di organizzare
[…] l’idealizzazione dei singoli lavori concettuali amministrativi manuali meccanici. […] Esiste una specie di poesia romantica della domenica alla quale bisogna contrapporre
una poesia del quotidianismo metallurgico chimico aratore ragioniere
giuridico ecc.”.
La stessa convinzione che confluirà nell’Invito ai lettori spregiudicati, a prefazione del fondamentale Il
poema non umano dei tecnicismi, che
Marinetti firmerà per Mondadori
nel 1940. Proprio in questa edizione
sono raccolti nove “splendori e nuove musiche dai tecnicismi”, nove
componimenti futuristi, in parte già
pubblicati altrove,4 tra i quali la Poesia simultanea dei canneti Arunda Donax, il citato poema del 1938 con titolo evidentemente cambiato.
Ai tempi della fondazione di
Torviscosa, negli ambienti del Regime si sussurrava il nome di Friulia
per la nuova città industriale, scelta
che sarebbe peraltro risultata più simile a quella per altre città fondate
nel ventennio. Ma a differenza delle
altre città di fondazione, Torviscosa,
per quanto godesse dell’avallo fasci-
53
Riproduzioni fotografiche delle prime costruzioni di Torviscosa, pubblicate
nel volume celebrativo Torviscosa, a cura dell’Ufficio Propaganda dell’azienda,
nel 1941
sta, non venne realizzata con fondi
statali, ma con il diretto intervento
della Snia e di Franco Marinotti, che
intendevano farne il simbolo dell’azienda a livello internazionale e porla al di sopra delle mire propagandistiche del Governo. Non sembrerebbe forse azzardato supporre che
la presenza del nome Torre Viscosa
nella prima versione del 1938 fosse
stata suggerita proprio dal fondatore Marinotti all’amico poeta.
Oggi Torviscosa conserva an-
cora l’austerità del progetto iniziale,
nonostante il cambio di destinazione dell’azienda Snia e i passaggi di
consegne ad altri gruppi industriali;
lontani forse i tempi in cui Marinetti
concludeva: “In alto viaggiare viaggiare senza fine la nuova costellazione le cui stelle formano la parola
AUTARCHIA”.
NOTE
1
Cfr. “Un Regime che si racconta ad arte
[…]”, Biblioteca di via Senato, anno III, n. 3.
2
A Milano, di sua progettazione, il complesso di Palazzo Donini e lo splendido garage Traversi, entrambi in Piazza San Babila.
3
In Torviscosa, a cura dell’Ufficio Propaganda della Snia Viscosa, Milano, stampa
Alfieri e Lacroix, 1941, p. 55.
4
È il caso ad esempio della Poesia simultanea di un vestito di latte, originariamente
pubblicato nel 1937 con il titolo Il poema del
vestito di latte. Parole in libertà futuriste, o
la Poesia simultanea della luce tessuta, già
comparso con il titolo Poema chimico della
luce tessuta nel fascicolo n. 5, anno I (ottobre-novembre 1935) della rivista SNIA VISCOSA (per questo cfr. la ricerca di Carmelo
Calò Carducci, prefazione critica alla ristampa anastatica de Il Poema di Torre Viscosa & Poema chimico della luce tessuta,
Latina, Novecento, 2011).
Un ringraziamento al prof. Carmelo Calò Carducci, “futurista italiano, un po’ surrealista e molto dada”.
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
55
BvS: rarità per bibliofili
La Scala d’Oro, una grande
collana per i più piccoli
Tutto il pubblicato nelle otto serie per ragazzi dai 6 ai 13 anni
GIACOMO CORVAGLIA
T
ra il 1938 e il 1945 la
UTET pubblica una delle
collane più diffuse e amate
tra i ragazzi, La Scala d’Oro. La collana nasce agli inizi degli anni Trenta,
ed è strutturata in serie con testi via
via più impegnativi: dalla prima, per
bimbi piccoli, che raccoglie solamente storielle e novelle, all’ottava,
per ragazzi grandi, che riporta testi
di divulgazione scientifica e romanzi
di autori famosi. Tuttavia questi ultimi non vengono proposti nell’originale, bensì “narrati da” altri (pedagoghi, linguisti, scrittori). A illustrare i volumi vengono chiamate alcune
delle migliori firme di quegli anni.
È stata una delle collezioni più
amate, anche se probabilmente ha
goduto di ampie tirature perché in
tema con le direttive del Regime; anzi, risulta essere l’unica collana del
periodo (a esclusione di quelle scolastiche) ad aver inserito nel piano editoriale un volume espressamente fascista di “spiegazione” del sistema di
governo.
Nella pagina accanto:
illustrazione di Carlo Bisi per
“Tompusse e le bestie”.
A destra: illustrazione di Mateldi
per “Quando il leone imperava”
Le prime cinque serie sono di
grande formato (24,5x20 cm) e le altre tre in formato piccolo (18x14
cm), rilegate in cartoncino. È l’unica
collana di libri per ragazzi importante che mantenga l’unità d’immagine
in tutte le edizioni e ristampe. I volumi sono riccamente illustrati a colori
anche all’interno.
Nella collana, diretta da Vincenzo Errante e Fernando Palazzi,
vengono pubblicati 92 volumi, ripartiti in 8 serie dedicate a ragazzi tra
i 6 e i 13 anni.
La prima serie si rivolge ai ragazzi di sei anni ed è composta da otto volumi: il primo volume, Quando
re leone imperava, è formato da favole
classiche narrate da Gustavo Brigante Colonna e illustrate da Mateldi;
nel secondo, i Racconti per i più piccini
sono narrati da Milly Dandolo e illustrati da Pinochi; il terzo volume, Nel
paese delle fate, raccoglie fiabe e leggende di tutti i Paesi, narrate da Mary
Tibaldi Chiesa e illustrate da Gustavino; il quarto volume, Tompusse e le
bestie, racconta le avventure d’un ragazzo narrate da Mario Buzzichini e
illustrate da Bisi; anche nel quinto
volume le nuove avventure di Tompusse e le bestie sono narrate da Mario
Buzzichini, illustrate ancora una volta da Bisi; il sesto volume, La storia di
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la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Peter Pan, tratto dalla fiaba di J.M.
Barrie è narrato da Rosa Errera e illustrato da Gustavano; nel settimo volume, Dal Libro di Dio, alcuni episodi
biblici vengono narrati da G. Edoardo Mottini, illustrati da Nardi; l’ottavo volume, Il libro d’oro del fanciullo,
è un racconto scritto da Giuseppe
Latronico e illustrato da Nicco.
La seconda serie, composta da
otto volumi, è pensata per bambini di
sette anni. Il primo volume, L’asino
d’oro e altre favole [di animali e di fiori],
è raccontato da Gustavo Brigante
Colonna con le illustrazioni di Mateldi; nel secondo, i Piccoli racconti (di
Gozzi, Berquin, Turghenieff e altri)
sono narrati da Milly Dandolo e illustrati da Pinochi; il terzo libro, Le storie meravigliose, unisce fiabe e leggende da tutto il mondo, narrate da
Mary Tibaldi Chiesa e illustrate da
Gustavino; il quarto volume, Il romanzo di Sigfrido, è narrato da Diego
Valeri, mentre le illustrazioni sono
di Pinochi; il quinto, Il romanzo di
Bertoldo, viene raccontato da Edoardo Mottini e illustrato da Gustavano; nel sesto volume, Tompusse e il romano antico, vengono narrate da Mario Buzzichini le nuovissime fantastiche avventure del ragazzo con illustrazioni di Bisi; nel settimo, La
buona novella, si trovano storie cristiane narrate da Milly Dandolo e illustrate da Meandri; infine, nell’ottavo volume, I passatempi del giovedì,
sono raccolti e narrati da Giuseppe
Latronico giochi, aneddoti, filastrocche e indovinelli con illustrazioni di Mateldi.
La terza serie si rivolge a bambini di otto anni ed è composta da
dieci volumi. Il primo, Il mio novelliere, raccoglie novelle e racconti di
Boccaccio, Sacchetti, Gozzi, Tolstoj
e altri, narrati da Milly Dandolo e illustrati da Terzi; nel secondo, Lo scrigno magico, si trovano fiabe e leggende da tutti i Paesi narrate da Mary Tibaldi Chiesa e anch’esse illustrate da
Terzi; il terzo volume, I racconti di
Natale, è composto da tre piccoli romanzi di Charles Dickens narrati da
Simonetta Palazzi e illustrati da Nicco; nel quarto, Le leggende del Gral
vengono narrate da Diego Valeri e illustrate da Nicouline; il quinto volume, Il bel biancospino, è una leggenda
di Victor Hugo, narrata da Fernando
Palazzi con illustrazioni di Gustavino; il sesto volume è composto dal
romanzo di Gionata Swift I viaggi di
Gulliver, narrati da G. Edoardo Mottini e illustrati da Gustavino; nel settimo, Le gaie avventure di Thyl Ulenspiegel sono narrate da Paolo Nalli
con illustrazioni di Gustavano; l’ottavo volume, Come si lavora nel mondo, propone figure, bozzetti e aneddoti, narrati da Francesco Perri e illustrati da Mateldi; nel nono, Piccoli
di animali e animali piccoli, Giuseppe
Scortecci racconta episodi di storia
naturale, con illustrazioni di Mateldi; il decimo volume, In giro per l’Italia, raccoglie impressioni di viaggio
narrate da G. Edoardo Mottini con
numerose fotografie.
La quarta serie è composta da
dodici volumi. Nel primo, Il Contanovelle, vi sono racconti e novelle di
Sacchetti, Gozzi, Maupassant, Jerome e altri, narrati da Milly Dandolo
con illustrazioni di Parmeggiani; nel
secondo volume, La leggenda aurea
degli dei e degli eroi è narrata da Mary
Tibaldi Chiesa con illustrazioni di
Zampini; il terzo volume, I Cavalieri
di Artù, è un romanzo medievale
narrato da Diego Valeri e illustrato
da Nicouline; nel quarto volume, curato da Fernando Palazzi, Il romanzo
di Renardo è tratto da redazioni medievali francesi e illustrato da Gustavano; il quinto, Gargantua e Pantagruel, storia di due giganti, è un romanzo di Rabelais narrato da Paolo
Nalli con illustrazioni di Baldo; nel
sesto volume, La vita avventurosa di
Robinson Crosuè (dal romanzo di Daniel Defoe) viene narrata da Francesco Perri e illustrata da Nicco; il settimo, Il romanzo di Giannetto Parigi,
re di Francia è riletto da G. Edoardo
Mottini con illustrazioni di Gustavino; l’ottavo volume, Il piccolo Lord, è
tratto dal romanzo di Frances Hodgson Burnett e narrato da Marino
Moretti con illustrazioni di Terzi;
nel nono volume, I grandi viaggiatori, Gustavo Brigante Colonna racconta grandi avventure di terra e di
mare con illustrazioni di Golìa; nel
decimo, Le maraviglie della natura
vengono narrate da Giuseppe Scortecci e illustrate da N. Pagot; nell’undicesimo volume, Il libro dei treni, si trovano aneddoti, notizie, impressioni e ricordi narrati da Giuseppe Latronico e illustrati da Mateldi;
infine, il dodicesimo volume, Il leggendario dei Santi, viene raccontato
da don Cesare Angelici e illustrato da
Fossombrone.
La quinta serie, con dodici volumi, si rivolge a ragazzi di dieci anni.
Nel primo volume, La leggenda di
Faust viene raccontata da Mary Tibaldi Chiesa con illustrazioni di
Zampini; il secondo, Le avventure di
Candullino, è una leggenda irlandese
riletta da Diego Valeri e illustrata da
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
Nicouline; il terzo volume, Novelle
gaie (tratte da Boccaccio, Gozzi,
Maupassant, Jerome, Twain e altri),
è interpretato da Paolo Nalli e illustrato da Baldo; il quarto, Quo vadis?,
è un romanzo storico di Sienkiewicz
narrato da Francesco Perri con illustrazioni di Battigelli; il quinto volume, Il romanzo di Fanfulla, tratto da
“Ettore Fieramosca” e da “Niccolò
de’ Lapi” è narrato da Pia Piccoli Addoli e illustrato da Gustavino; nel sesto volume, La leggenda di Troia, l’Iliade e l’Odissea sono raccontate da
Giuseppina Mottini, con illustrazioni di Parmeggiani; nel settimo, I racconti della lupa sono leggende ed episodi di storia romana narrati da Gustavo Brigante Colonna e illustrati
da Parmeggiani; nell’ottavo volume,
I costumi dei popoli antichi vengono
raccontati da Mary Tibaldi Chiesa
con illustrazioni di Zampini; nel
nono volume, le Curiosità della scienza sono narrate da Giuseppe Scortecci e illustrate da Pagot; nel decimo, Aldo Gabrielli racconta storie
meravigliose di Capitani, corsari e avventurieri, con illustrazioni di Nicco;
nell’undicesimo volume, Il libro delle
ore gioconde, Giuseppe Latronico
raccoglie e racconta storie e passatempi illustrati da Mateldi; il dodicesimo, Principe e mendico, è un romanzo di Mark Twain narrato da Marino
Moretti con disegni di Gustavino.
La sesta serie, con ben quattordici volumi, viene concepita per ragazzi di undici anni. Nel primo volume, La leggenda di Enea viene narrata
da Aldo Gabrielli e illustrata da Nicouline; nel secondo volume, Il romanzo di Guerrino detto il Meschino è
raccontato da Diego Valeri con illustrazioni di Nicco; nel terzo volume,
57
Illustrazione di Nicco per “Guerra e fascismo spiegato ai ragazzi”
il romanzo di Daudet, La storia del
tremendo eroe Tartarino di Tarascona, è
narrato da Angelo Nessi e illustrato
da Bernardini; nel quarto, La leggenda di Orlando viene narrata da A.R.
Ferrarin e illustrata da Gustavino;
nel quinto volume, I figli del capitano
Grant, il romanzo di Verne viene riletto da Mary Tibaldi Chiesa e illustrato da Moroni-Celsi; nel sesto volume, I tre moschettieri di Dumas sono raccontati da Riccardo BalsamoCrivelli e illustrati da Pinochi; il set-
timo, La vita avventurosa di Lazzarino di Tormes, è un romanzo picaresco
spagnolo narrato da Giuseppe Latronico con illustrazioni di Mateldi;
nell’ottavo volume, il romanzo di
R.L. Stevenson La freccia nera viene
narrato da Cesare Giardini e illustrato da Meandri; nel nono, Nel regno di
Ariele, i drammi di Shakespeare sono
narrati da Alberto Mocchino e illustrati da Nicouline; nel decimo volume, I racconti di papà Goldoni vengono
narrati da Cesare Giardini, con illu-
58
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
A sinistra: illustrazione di Gustavino
per “Il romanzo di Giannetto Parigi,
re di Francia”; a destra, illustrazione
di Piero Bernardini per
“La storia del tremendo eroe
Tartarino di Tarascona”
strazioni di Mateldi; nell’ undicesimo, Il libro dei sette colori, G. Edoardo
Mottini racconta storie serie e divertenti di artisti, con fotografie di opere d’arte; il dodicesimo volume, In
giro per il mondo, contiene impressioni di viaggio narrate da Giuseppe
Scortecci e illustrate da fotografie; il
tredicesimo volume, Il libro del mare
di Cesare Giardini, è illustrato da fotografie; infine, nel quattordicesimo
volume, Il taccuino dello sport, vengono raccontate curiosità e aneddoti da
Mario Buzzichini, con illustrazioni
di Mateldi.
La settima serie, anch’essa di
quattordici volumi, si rivolge a ragazzi di dodici anni. Nel primo volume, La storia di Cosino, il romanzo di
Daudet è narrato da Mario Albigi,
con illustrazioni di Terzi; nel secondo, Battaglie da ridere, poemetti eroicomici , G. Edoardo Mottini e Fernando Palazzi reinterpretano “La Batracomiomachia”, “La Secchia rapita” e
“Il Ricciolo rapito”, con illustrazioni
di Mateldi; nel terzo volume, I racconti di Molière sono narrati da Cesa-
re Giardini e illustrati da N. Pagot; il
quarto volume, Riccardo Cuor di Leone, è tratto dal romanzo di Walter
Scott e narrato da Cesare Giardini,
con illustrazioni di Gustavino; nel
quinto volume, Le avventure del famoso eroe il barone di Münchhausen sono narrate da Angelo Nessi e illustrate da Bernardini; il sesto, David
Copperfield, tratto dal romanzo di
Dickens è narrato da Milly Dandolo
e illustrato da Gustavino; nel settimo
volume, Ventimila leghe sotto i mari, il
romanzo di Verne viene riletto da
Mary Tibaldi Chiesa con illustrazioni di Moroni-Celsi; nell’ottavo volume, I miserabili, il romanzo di Victor
Hugo è narrato da Riccardo Balsamo-Crivelli e illustrato da Mateldi;
nel nono, Nel regno di Melpòmene, le
tragedie più celebri di tutti i tempi
sono raccontate da A.R. Ferrarin e illustrate da Nicouline; nel decimo
volume, La Gerusalemme liberata viene narrata da Francesco Perri e illustrata da Gustavino; nell’undicesimo, Luci e ombre della storia, episodi
di tutti i tempi vengono narrati da
Gustavo Brigante Colonna, con illustrazioni di Nicco; nel dodicesimo
volume, Cuoresaldo a caccia grossa,
vengono narrate da Vittorio Tedesco
Zammarano avventure con animali
selvatici, mentre le illustrazioni sono
di Latini; nel tredicesimo volume,
Ingegneria divertente, notizie e aneddoti vengono proposti da Giuseppe
Scortecci e illustrati da fotografie;
nel quattordicesimo, La vita di Gesù
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
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viene narrata da don Cesare Angelici
con alcune fotografie e illustrazioni
di Nicco.
E infine, ancora con quattordici volumi, l’ottava serie per ragazzi
di tredici anni. Nel primo volume, Il
Capitan Fracassa di Gautier è narrato
da Giuseppe Zucca e illustrato da
Gustavino; nel secondo, il romanzo
di Walter Scott Ivanhoe viene narrato da Cesare Giardini, con illustrazioni di N. Pagot; nel terzo volume,
Don Chisciotte della Mancia, il romanzo di Miguel Cervantes è narrato da
G. Edoardo Mottini e illustrato da
Bernardini; nel quarto, il poema
eroicomico di Luigi Pulci, Il Morgante Maggiore, è narrato da Paolo
Nalli e illustrato da Zampini; nel
quinto volume, I più celebri drammi
moderni, vengono narrate da Cesare
Giardini storie di re e di guerrieri,
con illustrazioni di Zampini; nel sesto, Il carro di Tespi, Cesare Giardini
ripropone commedie celebri di tutti
i tempi, mentre le illustrazioni sono
di Mateldi; nel settimo volume, il famoso romanzo di Tolstoj Guerra e
pace viene raccontato da Maria Tibaldi Chiesa e illustrato da Parmeggiani; nell’ottavo volume, L’isola misteriosa, il romanzo di Verne viene
narrato da Mary Tibaldi Chiesa, con
illustrazioni di Moroni-Celsi; nel
nono volume, i Racconti straordinari,
novelle di Edgardo Poe, sono narrati da
Paolo Nalli e illustrati da Nicouline;
il decimo, Il mulino sulla Floss, è un
romanzo di George Eliot narrato da
Francesco Perri e illustrato da Parmeggiani; nell’undicesimo volume,
Le maraviglie del mondo vegetale, vita
e curiosità del regno vegetale sono
narrate da Giuseppe Scortecci e corredate da numerose fotografie; il do-
dicesimo volume, Il libro del cielo, racconta storie, notizie e aneddoti di
Giuseppe Scortecci, corredati da diverse fotografie; nel tredicesimo volume, I cavalieri dell’Ideale, vengono
narrate da Gustavo Brigante Colonna e Francesco Perri storie di eroi,
con illustrazioni di Nicco; infine, il
quattordicesimo volume, Roma, che
raccoglie memorie e impressioni
narrate da Cesare Giardini, con fotografie di Nello Ciampi.
Extra serie, vi è un volume spe-
ciale, di propaganda sul tema della
guerra, valido per tutte le serie:
Guerra e fascismo, spiegati ai ragazzi, a
cura di Leo Pollini con illustrazioni
di Nicco e diverse fotografie. Naturalmente, dopo la Liberazione, quest’ultimo volume non verrà più ristampato.
Nel Dopoguerra, la UTET riproporrà la collana mescolando vecchi e nuovi titoli, ma mantenendo
comunque una certa unità d’immagine, anche se, con le ristampe anastatiche recenti, il design della cover
è stato modificato.
60
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
L’impegno di Med
6.000 spot gr
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
61
iaset per il sociale
atuiti all’anno
6.000
i passaggi tv che Mediaset, in collaborazione con
Publitalia’80, dedica ogni anno a campagne di carattere sociale.
Gli spot sono assegnati gratuitamente ad associazioni ed enti
no profit che necessitano di visibilità per le proprie attività.
250
i soggetti interessati nel 2008 da questa iniziativa.
Inoltre la Direzione Creativa Mediaset produce ogni anno,
utilizzando le proprie risorse, campagne per sensibilizzare
l'opinione pubblica su temi di carattere civile e sociale.
3
società - RTI SpA, Mondadori SpA e Medusa SpA costituite
nella Onlus Mediafriends per svolgere attività di ideazione,
realizzazione e promozione di eventi per la raccolta
fondi da destinare a progetti di interesse collettivo.
62
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Da l’Erasmo: pagine scelte
Il paroliberismo futurista:
estasi del moderno
L’epoca di quella bomba messa dentro il periodo
SIMONA COSTA
P
arigi, 1909. Sul “Figaro”, in
data 20 febbraio, appare Fondation et Manifeste du Futurisme a firma di Filippo Tommaso
Marinetti, intellettuale cosmopolita nato nel 1876 ad Alessandria d’Egitto da genitori italiani.
È il clamoroso avvio dell’avventura futurista: il genere-manifesto, spina dorsale del movimento, si
dirama in più campi, dalla pittura
coi nomi di Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini, a musica, scultura, architettura, teatro, cinema,
danza ma anche moda, cucina, mobilio ecc., non dimenticandosi della
politica.
Le famigerate ‘serate futuriste’, gravide di provocazioni, portano per piazze e teatri d’Italia i testi
futuristi, compiacendosi dei fischi
ricevuti e delle risse provocate.
Un’ideologia, allora, dall’ambizione totalizzante, che si propone,
su parole di Boccioni, quale «estasi
del moderno» e «delirio innovatore». La ruggente automobile da corsa sostituisce la Venere di Samotracia;
il mito della velocità è il lievito di un
movimento strenuamente virile che
si dichiara misogino e proclama la
guerra «sola igiene del mondo».
«Allegri incendiarii dalle dita carbonizzate» vogliono liberare l’Italia
«dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e
d’antiquarii», dando fuoco alle biblioteche, inondando i musei, picconando le venerate città d’arte.
Contro ogni tentazione romanticodecadente, Marinetti compatta i fratelli futuristi nel grido di battaglia di
un ulteriore manifesto: Uccidiamo il
chiaro di luna! (aprile 1909). Più tardi, dichiarerà di rinnegare i maestri
simbolisti ultimi amanti della luna:
siamo nel 1915, nel contesto di
Guerra sola igiene del mondo, dove si
dà l’addio, «dopo averli immensamente amati», a Poe, Baudelaire,
Mallarmé e Verlaine.
Filippo Tommaso Marinetti, Parole
in libertà (Chaudronneries), 1912;
inchiostro su carta, Collezione privata
SIMONA COSTA, classe 1948,
è professore ordinario presso
il dipartimento di Italianistica
dell’Università Roma Tre, dopo
aver insegnato negli atenei di
Sassari, Trieste e Macerata (dove
fu preside della facoltà di Lettere
e Filosofia dal 2001 al 2004).
Si occupa degli aspetti sociocomunicativi della letteratura,
soprattutto otto-novecentesca.
Tanta furia iconoclasta, in attesa di un prossimo palcoscenico
bellico, si circoscrive a campo meno cruento: la pagina scritta. Ci si
appropria dell’inquieto sperimentalismo, tra scapigliatura e simbolismo, di una personalità anarchicoribelle come il milanese Gian Pietro Lucini (1867-1914) con il suo
versoliberismo, sulla scia del verslibrisme promosso in Francia da Gustave Kahn. Sul verso libero apre
un’inchiesta “Poesia” (1905-1909),
la rivista milanese di Marinetti per
le cui edizioni esce, nel 1908, Ra-
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
63
Umberto Boccioni, Carica dei lancieri, 1915; tempera e collage su cartone, 32 x 50 cm. Milano, Collezione Riccardo e
Magda Jucker, deposito Pinacoteca di Brera
gion poetica e programma del verso libero di Lucini.
Un breve incontro, quello tra
Lucini e Marinetti, causa incompatibilità ideologiche. E Marinetti
non tarda a decretare la morte del
verso libero. «In aeroplano, seduto
sul cilindro della benzina, scaldato il
ventre dalla testa dell’aviatore, io
sentii l’inanità ridicola della vecchia
sintassi ereditata da Omero»: così
parlò Marinetti nel 1912 (Manifesto
tecnico della letteratura futurista), facendosi suggerire dall’elica turbinante i canoni della nuova poetica: il
paroliberismo, su cui aggiustare il
tiro nel susseguirsi vorticoso di successivi manifesti (Distruzione della
sintassi. Immaginazione senza fili. Parole in libertà, del 1913 e Lo splendore
geometrico e meccanico e la sensibilità
numerica, del 1914).
Il mondo è cambiato: cambiamone la scrittura. Velocità e tecnologia sono le nuove muse. La vita
scorre con un senso fluido della
continuità che abolisce soste e sfumature. Aboliamo, allora, il ridondante aggettivo, o rendiamolo aggettivo-faro o aggettivo-atmosfera:
separato dal sostantivo, dalla «gabbia invetriata» di una parentesi, irradierà tutt’intorno una «luce girante».
Vogliamo descrivere un viaggio in mare? Poniamo una catena di
aggettivi semaforici tra parentesi
(calmo azzurro metodico abitudinario): si riferiranno non solo al
mare, ma alla nave, alle sue macchine, ai passeggeri, a quello che io faccio e a quello che sento. Aboliamo
quella «vecchia fibbia» che è l’avverbio; aboliamo la punteggiatura
in favore di segni matematici (+ – x :
= > <) e musicali (presto, più presto,
rallentando, due tempi ecc.). Distruggiamo la sintassi: liberiamo i sostantivi a manciate, in una disposizione
casuale, e usiamo il verbo all’infinito, sottraendolo all’io scrivente e
adeguandolo alla dinamicità dell’e-
64
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Francesco Cangiullo, Università (Tavola parolibera), 1914-1915; inchiostro grigio e acquerello su carta, Collezione privata.
sistere. La velocità dell’aereo che ha
moltiplicato la nostra conoscenza
del mondo implica una percezione
per analogia. Ogni sostantivo si accompagna così a un suo doppio
(«uomo-torpediniera, donna-golfo, folla-risacca, piazza-imbuto,
porta-rubinetto») e le analogie proliferano in sempre più vaste e ardite
catene di immagini capaci di stupirci: un avvicinamento di cose tra loro
lontanissime, pari a quello messo in
atto dalla moderna tecnologia. Un
fox-terrier è paragonato a un’acqua
ribollente; una trincea irta di baionette diventa un’orchestra; una mi-
tragliatrice è una donna fatale. «Esser compresi, non è necessario»:
l’intuizione sbaraglia l’intelligenza.
Su sollecitazioni da Nietzsche
e Bergson, da superomismo e vitalismo, si punta all’azione, ripudiando ogni psicologismo. L’arte non è
autonoma: in un testo del 1920, Al di
là del Comunismo, Marinetti lancia
un nuovo grido di battaglia: «Gli
artisti al potere!». Distrutto l’io in
letteratura, alla psicologia subentra
«l’ossessione lirica della materia» e
nella pagina scritta si insinuano rumore, peso e odore. Basta con l’umanizzare animali, piante, acque,
pietre e nuvole a cui prestare i nostri
sentimenti. È l’ora della materia,
della vita molecolare: si prepara
l’avvento dell’«uomo meccanico
dalle parti cambiabili».
Addio dunque a Omero e a
tutta la letteratura che, fino al nostro d’Annunzio, ne ha pedissequamente seguito la logica catalogazione di fatti, immagini, idee. Dentro al
periodo, come ebbe a dire Prezzolini, è stata messa una bomba. Il paroliberismo, con le sue audacie tipografiche, inonda la pagina bianca di
un flusso continuo affidato all’imperversare di un’immaginazione
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
senza fili.
In luogo della successione
narrativa si afferma la «poliespressione simultanea del mondo»: simultaneità che collega futurismo
letterario e pittorico.
Nel frattempo, qualcosa si è
mosso. Del 1911 è la guerra in Libia;
del 1912-1913 la guerra bulgaroturca, seguite, entrambe, dal giornalista Marinetti. Ne nascono, rispettivamente, La Bataille de Tripoli
nel 1912 e, nel 1914, Zang Tumb
Tumb (o Zang Tumb Tuuum, su mutamento da copertina a frontespizio). Famose, da antologia, le pagine sull’assedio di Adrianopoli: il
tempo del ferro e del fuoco pone a
ferro e a fuoco ogni mortificante
sintassi. Lo scenario bellico, in cui
domina più l’aggressivo lucore di un
cannone arroventato che la straziata
carne umana, è avvertito nella sua
carica vitalistica di sovvertimento
globale dell’ordine. Il caos derivatone è riprodotto sulla pagina a livello sia visivo sia sonoro, grazie alle
innovative soluzioni del tipografo
Cesare Cavanna e all’ampio ricorso
alle onomatopee:
taratatatata delle mitragliatrici strillare a perdifiato sotto
morsi schiaff ffi traak-traak
frustate pic-pac-pum-tumb;
impennarsi di cavalli flic flac
zing zing sciaaack ilari nitriti iiiiiii... scalpiccii tintinnii 3
battaglioni bulgari in marcia
croooc-craaac
[LENTO
DUE TEMPI];
zang-tumb-zang-tuuumtuuumb orchestra dei rumori
di guerra gonfiarsi sotto una
nota di silenzio,
e così via.
Antonio Sant’Elia, Città nuova, casamento con terrazza su due piani stradali, 1913;
inchiostro su carta, 27,5 x 11,5 cm. Milano, Collezione Paride Accetti
65
66
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
Filippo Tommaso Marinetti, Zang
Tumb Tuuum, Adrianopoli ottobre
1912. Parole in libertà. Edizioni
futuriste di “Poesia”, Milano 1914.
Milano, Biblioteca di via Senato
turismo e marinettismo, in un’impropria rivendicazione del primo ai
soli fiorentini. Apollinaire con il
manifesto L’antitradition futuriste
del 1913 rende omaggio a quei futuristi dai quali saranno influenzati
i suoi Calligrammes.
Ma il futurismo, e il paroliberismo, non sono tutto e solo Marinetti. Altri gli si affollano attorno.
A Milano, nelle edizioni di “Poesia”, escono, tra il 1914 e il 1915,
Ponti sull’oceano di Luciano Folgore; Cavalcando il sole di Enrico Cavacchioli, Baionette di Auro d’Alba;
L’ellisse e la spirale di Paolo Buzzi
(sottotitolato film + parole in libertà), Rarefazioni e parole in libertà di
Corrado Govoni, felice creatore di
poesie visive.
E basterebbero le copertine
(elegantissima quella di Sant’Elia
per il libro di Folgore) a testimoniarne il credo estetico. A Firenze,
già scenario di una famosa rissa tra
vociani e futuristi finita al commissariato, nasce, favorita da quell’incontro-scontro, “Lacerba” (19131915), creatasi col distacco dalla
“Voce” di Papini e Soffici, autore,
quest’ultimo, di Bïf§zf + 18. Simultaneità. Chimismi lirici. Anche tramite Palazzeschi la rivista diviene
organo fiorentino del futurismo,
per separare poi violentemente fu-
Poi, la guerra, che fa tutt’uno
di futurismo e interventismo e sigla
il periodo eroico del movimento.
Nel 1916 muoiono Boccioni e Sant’Elia, firmatario del manifesto futurista sull’architettura. Nel 1917 sono feriti Russolo e Marinetti, che si
conquista un paio di medaglie sui
campi di battaglia. Dopo, è un’altra
storia: quella delle sintonie, asintonie e, infine, del cammino comune
tra futurismo e fascismo. Il paroliberismo comunque fruttificherà, non
solo da noi (a cominciare da Ungaretti), ma irradiandosi per le varie
avanguardie europee, dadaismo in
testa. Lo stesso Marinetti, poi Accademico d’Italia, ne indicherà alcuni
potenziali debitori: d’Annunzio del
Notturno; il giornalismo nella sua
scarnificazione espressiva; Joyce e il
suo monologo interiore.
«Il futurismo non poteva nascere che in Italia / paese volto al
passato / nel modo più assoluto ed
esclusivo / e dove è d’attualità solo
il passato», scrisse Palazzeschi in
un epigramma di Via delle cento
stelle (1972). Quel Palazzeschi che
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
67
Filippo Tommaso Marinetti,
Parole in libertà
(Premier Récord), 1914; inchiostro
di china su carta, 35 x 26,5 cm.
Roma, Collezione privata.
Marinetti aveva faticato a far riconoscere come futurista e che, da
parte sua, aveva sì dedicato al capo
indiscusso, «anima della nostra
fiamma», la sua lirica (poi rifiutata) L’incendiario, ma lo aveva anche
bollato quale «czar delle parole in
libertà». Paroliberismo di cui il
già crepuscolare Palazzeschi, longevo autore sempre attratto e vivificato dalle avanguardie (come,
poi, negli anni Sessanta), aveva
dato una sua personale interpretazione. Rileggiamo i versi della
Passeggiata (1913), meccanica e
frammentaria registrazione di un
panorama urbano invaso da insegne, pubblicità, numeri civici, titoli di giornali ecc:
Grandi tumulti a
Montecitorio. [...]
Il gran Sultano di Turchia
aspetta.
La pasticca del Re Sole.
Si getta dalla finestra per
amore.
Insuperabile sapone alla
violetta.
Orologeria di precisione.
93
Lotteria del milione [...].
BIBLIOGRAFIA
Oltre ai testi raccolti nel volume dei Meridiani dedicato a F.T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, a cura di L. De Maria, Prefazione di A. Palazzeschi, Mondadori, Milano
1983, si possono consultare: Per conoscere
L’affastellarsi casuale di parole è mimetico dell’affastellarsi disgregato e caotico della realtà che
quotidianamente ci viene incontro
e ci sommerge nel suo non-sens. E
anche noi, a distanza di novant’an-
ni, potremmo ben trovarci in sintonia con le rastremate decisioni dei
due amici a spasso per queste strade: «Andiamo? / – Andiamo pure?
// [...]// – Torniamo indietro? / –
Torniamo pure».
Marinetti e il futurismo, a cura di L. De Maria,
Mondadori, Milano 1973; M. Verdone, Prosa
e critica futurista, Feltrinelli, Milano 1973; I
poeti del futurismo. 1901-1944, a cura di G.
Viazzi, Longanesi, Milano 1983; C. Salaris,
Storia del futurismo. Libri, giornali, manifesti,
Editori Riuniti, Roma 1985, 19922; S. Briosi,
Marinetti e il Futurismo, Milella, Lecce 1986;
G. Agnese, Marinetti. Una vita esplosiva, Camunia, Milano 1990; F. Curi, Tra mimesi e metafora. Studi su Marinetti e il futurismo, Pendragon, Bologna 1995.
68
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
BvS: nuove schede
Recenti acquisizioni della
Biblioteca di via Senato
Antiche prime edizioni e rarità di pregio del terzo millennio
Arianna Calò, Giacomo
Corvaglia, Margherita Dell’Utri,
Annette Popel Pozzo
e Beatrice Porchera
Anderloni, Emilio.
Nozze Favero-Anderloni. Milano, Tip. Liberty di Ceriani e Cesana,
1906.
Rara edizione di questo nuptialia realizzato in occasione delle nozze di Carlotta Anderloni, sorella dell’autore, con Antonio Favero. Dall’ICCU e da MAI sono segnalate solo altre due copie conservate presso
la Civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli di Milano e la Biblioteca
Queriniana di Brescia.
L’edizione contiene 2 tavole:
sulla prima è riprodotta La forza, incisione inedita di Faustino Anderloni (1766-1847), prozio della sposa;
sulla seconda si trova invece il ritratto del professor Luigi Scevola, inciso
da Pietro Anderloni (1785-1849) e
tratto dal numero dell’ “Illustrazione Bresciana” del 16 luglio 1903.
L’opera è stata realizzata in ricordo del noto artista e incisore bresciano Pietro Anderloni, nonno della sposa, e raccoglie articoli che trattano di lui. Copia appartenuta a
Emilio Anderloni.
DBI 3, p. 53. (B.P.)
Biblioteca nazionale Braidense.
Catalogo descrittivo della mostra
bibliografica: manoscritti e libri miniati,
libri a stampa rari e figurati dei secc.
XV-XVI, legature artistiche, autografi.
Milano, Sperling e Kupfer, 1929.
Il catalogo, riproducendo in 41
tavole in b/n i libri antichi esposti in
mostra, contiene un divertente
esempio di censura editoriale nella
tavola raffigurante il Priapo della famosissima prima edizione aldina del
Sogno del Polifilo (Hypnerotomachia
Poliphili, 1499). (G.C.)
Borel, Pierre (1620?-1671).
Bibliotheca chimica, seu Catalogus librorum philosophicorum hermeticorum in quo quatuor millia circiter, authorum chimocorum, ... cum eorum editionibus, vsque ad annos 1653. continentur. Cum eiusdem Bibliothecae appendice, & corollario. Parigi, Charles
Dumesnil & Thomas Jolly, 1654.
Prima edizione della prima bibliografia dedicata a scienze occulte,
alchimia, chimica. Si tratta della
“first independent bibliography on
chemistry and alchemy, including
manuscript material, based on the
author’s very considerable collection
of 4,000 books and manuscripts. Borel, ‘medecin ordinaire du Roy’, made some original contributions to
medicine and also wrote on optics,
the microscope, botany, and antiquarian subjects” (Grolier Club, Bibliography, 59).
Besterman I, 767. Ferguson I,
116. Duveen p. 89. Caillet 1433.
Wellcome II, 204. (A.P.P.)
Cavazzoni Pederzini, Fortunato (1799-1864).
Discorsi politici e morali di Fortunato Cavazzoni Pederzini modenese.
Reggio, Tipografia di Carlo Vincenzi, 1854.
Il volume contiene quattro discorsi su temi differenti: il primo (datato 31 dicembre 1842) riguarda la
stampa, il secondo (datato 10 gennaio 1845) il malcontento, il terzo
(datato sempre 10 gennaio 1845) il
teatro e il quarto (datato 26 gennaio
1854) le campagne.
Fortunato Cavazzoni Pederzini, storico, letterato ed erudito, nacque a Ravarino nel 1799 e morì a
Modena nel 1864. Nel 1822 iniziò la
giugno 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano
sua vera attività di scrittore prendendo parte all’iniziativa letteraria delle
“Memorie di religione, di morale e
di letteratura”. Attorno a questa rivista e al suo principale promotore,
Giuseppe Baraldi, professore di
grammatica e retorica al Seminario
di Modena, dal 1808 vice bibliotecario della Biblioteca Estense, si raccolsero le menti più significative del
pensiero conservatore dell’epoca.
La varietà e vastità degli interessi di
Cavazzoni è testimoniata dalle sue
pubblicazioni, tra queste: i Pensieri
sopra gli atei moderni, pubblicati sulle
“Memorie”, il commento al Convito
dantesco, uscito dai torchi della Tipografia Camerale nel 1831, che gli
valse il grande apprezzamento dell’Accademia della Crusca, i Dialoghi
filosofici con altre prose minori (Modena, Tipografia Camerale, 1842).
L’ultima fase della sua vita, ritiratosi
dalla vita pubblica, segnò il ritorno
agli amatissimi studi: appartengono
a questo periodo gli Studj sopra le nazioni e sopra l’Italia (Torino, Marietti,
1862) e le Considerazioni intorno alle
donne e alla loro educazione (Bologna,
Tipografia di Strada maggiore,
1863). (B.P.)
Cervantes Saavedra, Miguel
de (1547-1616).
Don Chisciotte della Mancia. Milano, Telecom Italia, 2007.
Bella edizione con illustrazioni
a colori di Eduardo Arroyo. Tiratura
fuori commercio a cura di Telecom
Italia che riprende l’edizione italiana
di El ingenioso hidalgo don Quijote de la
Mancha di Miguel de Cervantes nella traduzione di Vittorio Bodini edita
da Einaudi, Torino, 2005. (G.C.)
Chorier, Nicolas (1612-1692),
Meursius, Johannes (1579-1639).
Joannis Meursii elegantiæ latini
sermonis seu Aloisia sigæa toletana de
arcanis Amoris & Veneris. Adjunctis
Fragmentis quibusdam Eroticis. Nova
editio emendatior. 2 voll. Londra
[Reims], [s.n.] [Cazin], 1781.
Oltre al frontespizio con luogo
di stampa “Londra, nessun editore”,
è presente un secondo frontespizio
inciso con titolo racchiuso in un’elegante cornice fiorata e la falsa indicazione di stampa “Ex typis elzevirianis”. Antiporta anch’essa incisa da C.
Duponchel su disegno di Chevaux
raffigurante Venere, circondata da
Amore, mentre accetta la mela dal
pastore Pâris per consegnarla a Carme alla sua sinistra. Edizione stampata da Cazin, nonostante l’iscrizione “Lugd. Batavorum. Ex typis Elzevirianis” in basso al secondo frontespizio inciso. Come chiarisce Cohen, Cazin riprende esattamente il
frontespizio e l’iscrizione citata da
un’edizione precedente (Parigi, Barbou, 1757), cambiandone luogo e
anno di stampa. Una nota manoscritta in lapis precisa: “Faux elzvier,
imprimé à Paris, par Barbou. ‘Ce volume licencieux est peu commun et
assez recherché par les amateurs de
pornographie..’ (B.)”.
Brissart-Binet, p.91: “Frontispice obscene”. Cohen 1886, 116:
“On a de tout temps attribué, sans
grandes preuves, à Nicolas Chorier,
auteur de L’Histoire générale du Dauphiné, ce livre érotique écrit dans un
latin elegant”. Lewine, 112. (A.C.)
Fratelli Polli. Società anonima
conserve alimentari Genova - Milano Parma. Milano, Tipografia Pirola e
Cella, 1925.
Brossura editoriale con nastrino di seta. Il grazioso volume è composto da 12 tavole in quadricromia
69
con disegni di Bernardon che riproducono i prodotti della ditta Polli:
antipasto mercurio, filetti di alici,
tonno sott’olio, piselli, fagiolini, olive …; le tavole sono protette da una
velina trasparente con impressa la
descrizione del prodotto. (G.C.)
Grotius, Hugo (1583-1645),
Gronovius, Johannes Fredericus
(1611-1671), Blankaart, Nikolaas
(1624-1703).
Hugonis Grotii De jure belli ac
pacis libri tres, In quibus Jus Naturæ &
Gentium, item juris publici præcipua
explicantur. Editio novissima cum annotatis Auctoris, ex postrema qjus ante
oblitum cura. […] Nec non Joann. Frid.
Gronovii V. C. Notæ in totum opus de
Jure Belli ac Pacis. L’Aja, Arnout
Leers, 1680.
Edizione partagée tra Jannsonius van Waesberge di Amsterdam e
Arnout Leers dell’Aja. Pietre de
Groot (il figlio di Grozio) aveva ceduto a Jehan Blaeu i diritti di pubblicazione, a loro volta ceduti dalla vedova e dagli eredi di Blaeu a Joannes
Jannsonius van Waesberge di Amsterdam e, in parte, a Arnout Leers
dell’Aia. Entrambi pubblicarono il
testo nel 1680, indicando il proprio
nome sugli esemplari in loro possesso. Nella nostra copia la marca editoriale con il motto “Vivitur ingenio”
di Jannsonius van Waesberge. Frontespizio allegorico inciso da Romeyn
e Hooghe, raffigurante la Guerra e la
Pace sotto la guida della Giustizia. In
antiporta ritratto inciso di Grozio.
Dedicatoria in latino a Ludovico
XIII, preceduta dal privilegio in
fiammingo. Seguono i Prolegomena
ai tre libri del De Jure belli e una corposa sezione di Index. Al De Jure fanno seguito il Commentatio in epistolam Pauli Apostoli ad Philemonem (con
70
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
testo greco tradotto in latino e commentato linea per linea), il De Mari
libero, e il Libellus singularis de Æquitate, Indulgentia & Facilitate. Chiudono il volume le Notata ad libros De
Jure Belli ac Pacis di Johannes Gronovius, note che compaiono per la prima volta in questa edizione, parrebbe contro la volontà dell’autore.
Termeulen-Diermanse n. 582583. (A.C.)
Manzoni, Alessandro (17851873).
Cinque inni sacri ed un’ode di
Alessandro Manzoni milanese. Torino
1823 presso Giacinto Marietti libraio
con permissione. Torino, Giacinto
Marietti, 1823.
Prima edizione. È noto che
Manzoni non poteva stampare Il
Cinque Maggio nel Lombardo-Veneto per il divieto della censura austriaca. L’edizione riconosciuta come
originale fu dunque stampata a Lugano, priva di data al frontespizio ma
datata 1822 nel testo, con la traduzione latina (cfr. anche Parenti I,
186). Tale edizione di Lugano, tuttavia, è stata assegnata dalla Ramelli in
Le edizioni manzoniane ticinesi (Milano, 1965) al 1829. La prima edizione
nota de Il Cinque Maggio è a questo
punto la presente edizione, che contiene Il Natale, La Passione, La Risurrezione, La Pentecoste, Il Nome di Maria, e Il Cinque Maggio. (A.P.P.)
Milli, Angiolo (a cura di).
Versioni Latine. Firenze, Tipografia Baroni e Lastrucci, 1898.
Raccolta di componimenti lirici tradotti in latino da Angiolo
Milli, offerta dal curatore alla Marchesina Anna Marina Rangoni in
occasione delle nozze con il marchese Carlo Nembrini-Gonzaga.
Poesie di Giuseppe Parini (Le
Nozze, La primavera), Francesco Petrarca (Quel rosignol che sì soave piagne, Sento l’aure mie antiche e i dolci
colli), Charles Hubert Millevoye (Le
poète mourant), Giacomo Leopardi
(Il sogno, La sera del dì di festa, A Silvia), Giosuè Carducci (Nostalgia),
Giuseppe Manni (La Madonna della
seggiola). Per la pubblicazione di
quest’ultima elegia, è riportato all’ultima carta il ringraziamento a
stampa del sacerdote Professore a
Milli. Dedica manoscritta dell’autore a Giuseppe Manni (1844-1923),
sacerdote, professore, poeta amato
dai grandi (tra cui Carducci, D’Ancona, Fogazzaro e Pascoli) e accademico della Crusca. (A.C.)
Paolini, Davide.
Modica voluptas laxat animos et
temperat. Milano, [Publitalia ’80],
1988.
Libretto dato alle stampe nel
mese di settembre 2008, riprodotto
in 20 esemplari numerati con numeri arabi e 10 con numeri romani.
Contiene un testo sul tartufo di Davide Paolini e una incisione a piena
pagina. Al verso di entrambi i piatti,
due tasche contengono un Preludio e
il Menu, ovviamente tutte le portate
sono a base di tartufo.
Piatti in cartonato verde. Le
pagine si aprono alla giapponese, ma
i fogli non sono cuciti al dorso. (G.C.)
Sansovino, Francesco (15211583).
Del governo de i regni et delle republiche cosi antiche come moderne libri
XVIII. Ne quali si contengono, i magistrati, gli offici, & gli ordini proprij che
s’osservano ne predetti principati. Dove
si ha cognitione di molte historie particolari, utili & necessarie al viver civile.
Venezia, Francesco Sansovino, 1561.
Prima edizione. Si tratta del
più interessante lavoro di Sansovino,
di cui egli personalmente ha scritto
però solo le notizie su Ragusa, Genova e Lucca (le altre sono state tratte, o direttamente stese, da Paolo
Giovio, il cardinale Gaspare Contarini, Alfonso Ulloa, Leandro Muzio,
Ottaviano Vestrio e altri suoi illustri
contemporanei). Particolarmente
bello il fatto che Sansovino inserisce
nel repertorio di descrizioni costituzionali di diversi Stati anche la traduzione del libro II dell’Utopia di Tommaso Moro (a cura di Ortensio Lando, pubblicata per la prima volta nel
1548), quasi come si fosse trattato
della relazione di un Paese reale. Le
ristampe del 1567, 1578 e del 1607
sottolineano il successo del libro e la
diffusione semi-clandestina delle
idee di Tommaso Moro. (A.P.P.)
Struve, Burkhard Gotthelf (a
cura di).
Acta litteraria ex manuscriptis
eruta atque collecta cura Burcardi Gotthelffii Struvii. Prostant apud Ernestum Claudium Baillar. Jena, Krebs,
Baillard & Bielke, 1703-1705. 3 fascicoli in 1 tomo.
Il secondo fascicolo contiene
alle p. 38-96 in prima edizione la Lettera proemiale del trattato contro gli
increduli, Recognitio verae religionis
(edita con il titolo Atheismus triumphatus), consegnata a Caspar Schoppe (con data 1° giugno 1607), scritta
da Tommaso Campanella nella fossa
di Castel S. Elmo tra il 1606 e il 1607.
Il manoscritto fu ritrovato da Struve
a Jena, e ivi pubblicato nel 1705. Dà
notizie tanto del processo della congiura ed eresia, quanto degli altri sofferti già prima: “accusarunt me quod
composuerim librum de tribus impostoribus, qui tamen invenitur
typis excusis annos triginta ante ortum meum ex utero matri”. (A.P.P.)
la Biblioteca di via Senato
Milano
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Barri la casella se intende rinunciare a queste opportunità
72
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2011
La pagina dei lettori
Bibliofilia a chiare lettere
La Milano di Arcimboldo e i “frutti” di una buona semina
Complimenti per la vostra mostra
dedicata alla Milano di Arcimboldo,
incredibilmente ricca di suggestioni
e memoria, un vero e proprio tesoro
nascosto riscoperto tra gli scaffali!
Saverio Belotti,
Varese
del “saper pensare”. L’incontro virtuoso
di scienza, arte, tecnica e spiritualità
che scaturisce dalla vostra esposizione è
una pagina che ogni milanese dovrebbe
conoscere e “celebrare”.
Carlo Maria Antonelli,
Milano
Volevo complimentarmi con voi
per la suggestiva esposizione di libri
e “carte” con cui avete scelto
di raccontare la Milano a cavallo
tra Cinque e Seicento. Come da vostra
tradizione, una mostra molto raffinata
e con un allestimento vincente, semplice
ma molto elegante e soprattutto
scenografico e coinvolgente al tempo
stesso. Visti così, è davvero difficile
pensare che i libri siano degli “oggetti”
morti.
Francesca Altobelli,
Piacenza
Se non fosse bastato lo stupefacente
valore dei testi esposti e il pregio
delle loro edizioni, se non fossero state
sufficienti nemmeno la sapiente guida
“teorica” e la contestualizzazione
offerteci dai vostri disponibilissimi
relatori, ecco che l’incontro “a tema”
con l’estro narrativo di Philippe
Daverio avrebbe reso comunque
indimenticabile la vostra esposizione
dedicata alla Milano di Arcimboldo.
Complimenti per l’allestimento, quindi,
e soprattutto per l’avvincente
programma di attività e “visite”
organizzate per arricchirne
ulteriormente l’esperienza.
Andrea Colosimo,
Roma
Pur frequentando molto spesso
Milano e considerandomi una donna di
cultura, ho visitato la vostra Biblioteca
solo poche settimane fa, incuriosita dal
vostro “approfondimento bibliografico”
della mostra su Arcimboldo che già
avevo visitato a Palazzo Reale. Volevo
complimentarmi per il vostro lavoro: la
mostra è davvero molto suggestiva, ed è
resa ancor più affascinante dalle dotte
ma godibili spiegazioni che ne forniscono
la dottoressa Pozzo e il dottor Noja.
Augusta Forconi,
Pistoia
Se volete scrivere:
[email protected]
Tutti i numeri sono scaricabili
in formato pdf dal sito
www.bibliotecadiviasenato.it
Perdonatemi un po’ di campanilismo
e orgoglio meneghino, ma al di là della
qualità delle opere e dei libri esposti,
quel che mi ha favorevolmente colpito
della vostra mostra sulla Milano
di Arcimboldo è stata la grandezza
“culturale” restituita alla nostra città,
troppo spesso descritta, anche con
riferimento al passato, come una terra
del “saper fare” e non altrettanto
La mostra dedicata ad Arcimboldo
e alla sua Milano è un’esperienza
davvero esaltante per un milanese.
Un gioiello segreto e tutto di storia
meneghina, ancora nascosto
(e finalmente esposto) nel cuore della
nostra città. Un’occasione per riscoprire
le eccellenze del nostro passato.
Gianfranco Colombo,
Milano