Untitled - MissDanyCullen
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Untitled - MissDanyCullen
.. .. Titolo originale: Destined to Play .. Copyright © Indigo Partners Pty Limited 2012 First published in English in Sydney, Australia by HarperCollins Publishers Australia Pty Limited in 2012. This Italian language edition is published by arrangement with HarperCollins Publishers Australia Pty Limited. The Author has asserted her right to be identified as the author of this work. All rights reserved. .. Indigo Bloome Incontri proibiti La seduzione Newton Compton editori .. A mia madre, il cui amore incondizionato, mio sostegno e nutrimento, mi ha permesso di vivere e rivivere i miei sogni. Prefazione .. «Hai mai avuto l’impressione di essere destinata a giocare?» «Solo nei sogni…» Se avessi saputo allora quello che so adesso, le cose sarebbero andate in modo diverso? Non so con esattezza come e perché la mia vita sia cambiata così radicalmente e così all’improvviso, pur continuando come se nulla fosse. Tutto è cominciato un fine settimana che forse, a ripensarci, non avrebbe mai.. dovuto aver luogo, ma che, mi suggerisce una voce insistente dentro di me, forse era destinato a essere quello che è stato… E adesso sono alle prese con un tornado psicologico e sessuale che mi ha travolto senza alcun preavviso. O forse mi sono solo sfuggiti gli indizi. In ogni modo quel che è stato è stato, e quel che sarà sarà. Solo che non so come andrà a finire, né so se sopravvivrò al viaggio. Parte prima .. Nessuno dei lavori normalmente svolti dagli uomini è paragonabile per impegno e responsabilità al lavoro di una donna che cresce dei figli piccoli; perché il suo tempo e le sue energie sono dedicate a esigenze che spuntano non solo a ogni ora del giorno, ma anche a ogni ora della notte. Theodore Roosevelt Prima di uscire mi assicuro che tutto a casa sia ben organizzato. Gli zaini dei bambini sono pronti. Ho preparato pasti in abbondanza. .. Sciarpe e cappotti sono stati sistemati. Jordan ed Elizabeth, con altri ragazzi, prenderanno parte alla loro prima settimana nei boschi, accompagnati dai papà, i quali saranno incaricati di badare a loro, data la particolare natura delle attività previste. Dal punto di vista delle madri è un’idea brillante, anche se in cuor nostro tutte sappiamo che sentiremo la loro mancanza già dalla prima notte. I ragazzi erano rimasti malissimo quando avevano saputo che la spedizione rischiava di essere annullata per mancanza di fondi e perché la Tasmanian Wilderness Foundation aveva deciso di negare il proprio sostegno. Per fortuna, all’ultimo momento la Fathers4kids si è detta disponibile a finanziare l’iniziativa, così la spedizione alla fine si farà. I .. ragazzi sono al settimo cielo. In effetti, a pensarci, anche mio marito Robert sembra euforico per quest’avventura, più di quanto non sia mai stato da anni. Deve avere a che fare con la psicologia maschile e con l’istinto esplorativo – l’eccitante prospettiva di ripercorrere le orme della tigre della Tasmania – o forse, semplicemente, è ansioso di allontanarsi da me. Comunque sia, non vede l’ora di partire. Nessuno dei tre è riuscito a prender sonno al pensiero della grande avventura che li attende: esplorare la costa occidentale della Tasmania sulle tracce della famosa e sfuggente tigre locale. Ho deciso di sfruttare il periodo di assenza dei bambini per completare un ciclo di conferenze che ho rimandato di .. mese in mese nell’attesa che arrivasse il cosiddetto momento giusto, perciò mi appresto a volare a Sydney, Brisbane, Perth e Melbourne per mettere a parte studenti, docenti e professionisti vari delle mie ultime scoperte. Adesso però bisogna che mi concentri sulla prima conferenza, che terrò questo pomeriggio a Sydney. Ripercorro mentalmente la mia lista: appunti, slide, spunti di discussione, compiti da assegnare durante i workshop, computer portatile, cellulare, c’è tutto. Sono ancora tutta presa dalla mia recente ricerca sulla stimolazione visiva e sul suo ruolo nello sviluppo della percezione, e anche ora mi ritrovo a vagare con la mente e a perdermi nel mio lavoro, a immaginare un nuovo taglio da .. dare alle argomentazioni provocatorie che sosterrò durante le conferenze. All’improvviso mi assale una forte emozione, come se avessi delle farfalle nello stomaco, al punto che devo appoggiarmi al bancone della cucina per non vacillare. Che strano. Di solito non sono nervosa prima delle conferenze, al contrario, è un aspetto del mio lavoro che mi piace molto. Coinvolgere giovani menti nella sfida di raggiungere nuove, più ampie, più profonde conoscenze… che c’è di meglio? Ma da dove accidenti arrivano queste farfalle? Mi prendo una pausa per analizzare queste sensazioni e cercare di individuarne l’origine, il che sembrerà bizzarro ad alcuni, per me invece è un’abitudine... Sono troppo intense, non può essere l’imminente conferenza a farmi sentire così. Forse il viaggio lontano dalla famiglia. Ma no, non è la prima volta che mi separo da loro, soprattutto per motivi professionali. Cerco di andare oltre l’immediato, di pensare anche al resto del fine settimana, e mi blocco all’improvviso: un altro sussulto allo stomaco. Mi sorprendo a inspirare istintivamente al pensiero che oggi alle cinque del pomeriggio, all’Hotel Intercontinental, incontrerò Jeremy. Il dottor Jeremy Quinn. Il mio migliore amico ed ex compagno di studi, l’uomo che ha mostrato alla mia mente e al mio corpo orizzonti che non credevo possibili. Da giovani eravamo legatissimi e abbiamo vissuto insieme le esperienze più disparate. Se ripenso a tutto ciò che .. abbiamo combinato in quegli anni, mi riesce difficile credere che oggi Jeremy sia uno dei più rispettati e stimati ricercatori medici di tutta l’Australia e la Nuova Zelanda. Non riesco a dire del mondo, perché in fin dei conti… si tratta di Jeremy! È appena tornato dall’università di Harvard, dove ha presentato alcune sue pionieristiche ricerche condotte insieme all’emerito professor E. Applegate. Jeremy ha sempre provato un gusto particolare a scardinare confini e credenze convenzionali, alla costante ricerca di soluzioni innovative e spiazzanti per i più spinosi problemi della medicina. Di recente ho letto in un articolo di giornale che, nell’ambito della sua ricerca ..con il professor Applegate, ha incontrato nientemeno che Melinda e Bill Gates. A quanto pare sta coinvolgendo i pezzi grossi del mercato globale. Riflettendoci, ha sempre posseduto la determinazione e il potenziale necessari a raggiungere l’eccellenza nel suo campo. È incredibile la serie di successi che ha collezionato a soli quarant’anni. È un essere umano eccezionalmente dotato, dal punto di vista intellettuale ed emotivo, e tutti adorano stare con lui. Non c’è dubbio che queste doti, unite al duro lavoro, gli abbiano permesso di mietere i successi che spero si stia godendo. La mia carriera deve fare i conti con la vita familiare, soprattutto con le esigenze dei bambini; per Jeremy invece la carriera è tutto, o quasi. È sempre stato tenace nella ricerca.. di nuove cure mediche e il suo nome è legato a scoperte che il mondo occidentale dà oggi per scontate. Con quel tipo di determinazione e di ambizione, non c’è da stupirsi che gli sia mancato il tempo di sistemarsi o di trovare una persona speciale con cui condividere l’esistenza. Almeno non mi risulta che abbia una compagna. Ha sempre suscitato l’interesse dell’altro sesso, come una specie di George Clooney della ricerca medica. Di certo non soffre di carenza di attenzioni. Comunque sia, ecco spiegato il motivo per cui il mio stomaco è in subbuglio, il che è assolutamente ridicolo alla mia età. Mi concedo un vago sorriso divertito al pensiero di essere ancora capace di questo genere di reazioni adolescenziali con tanto di ..palpitazioni. Sono emozionata e un po’ nervosa all’idea di rivederlo dopo tutto questo tempo. Ancora oggi, nei momenti in cui sono sola e in uno stato di torpore sensuale, di solito nelle prime ore del mattino, mi riaffiorano alla mente i ricordi dei tempi dell’università… Che diavolo mi prende? Se non mi sbrigo finirò per perdere l’aereo! «Allora, ragazzi? Dove siete? Devo fare il pieno di baci e di coccole prima di partire. Non vi vedrò per ben dieci giorni!». Seguono caldi abbracci familiari. Dico ai ragazzi che li amo più della mia stessa vita e auguro loro una favolosa avventura nella selvaggia costa occidentale, sulle tracce di quella belva solitaria. A quanto pare ci sono stati avvistamenti recenti, o almeno così si dice. Un accampamento di ragazzini in età .. scolare è proprio quello che ci vuole per farla venire allo scoperto! Comunque la gioia e l’entusiasmo dei ragazzi sono incontenibili. «E state attenti!», li esorto, dichiarandomi ansiosa di sentire, al loro ritorno, tutti i particolari dell’avventura. Il suono di un clacson mi annuncia che il taxi è arrivato, e faccio un ultimo controllo per assicurarmi di aver preso tutto ciò che mi serve. Per fortuna le farfalle nello stomaco si sono placate. Sfioro con le labbra la guancia di mio marito mentre gli raccomando di avere la massima cura dei miei bambini e di fare in modo che siano sempre al sicuro. Per un breve secondo mi domando come abbia fatto la nostra relazione a diventare così superficiale.. e platonica… ma ho troppe cose per la testa per soffermarmi su un simile pensiero, e di fretta auguro a tutti loro una meravigliosa avventura. Mio marito carica la valigia nel bagagliaio, poi saluto con la mano i ragazzi affacciati alla finestra, mentre il taxi esce dal vialetto e si dirige verso l’aeroporto. *** “Concentrati, porca miseria, concentrati!”, continuo a ripetermi con scarso successo. Oggi mi distraggo con estrema facilità, il che è molto insolito. Il comandante fa il suo discorso: le condizioni meteorologiche sono buone, la rotta è libera, non si prevedono ritardi. Gli assistenti mi dicono di allacciarmi la cintura e di chiudere il tavolino davanti a me, come .. si fa sempre al decollo. “Credete che non lo sappia?”, penso con un sorprendente senso d’irritazione. Ma poi eseguo le istruzioni, non voglio certo fare una scenata. Metto via con riluttanza i miei appunti e chiudo gli occhi per qualche minuto, mentre l’aereo fa lentamente manovra verso la pista di decollo. A ogni respiro sento il petto sollevarsi e abbassarsi appena. Ho in mente il viso di Jeremy, il suo splendido sorriso sfacciato, i suoi occhi grigioverdi che sembrano senza fondo… quelle labbra che mi baciano piano il collo… le sue dita che mi sfiorano con leggerezza i capezzoli… riportandoli in vita… Che sto facendo? Freno di colpo le mie fantasie. È assurdo. Mi costringo a tornare nel presente e mi accorgo all’improvviso che siamo ..in volo e che la spia che segnala l’obbligo di tenere le cinture allacciate si è spenta. Tiro un sospiro di sollievo. Finalmente posso tornare a occuparmi delle mie conferenze. Mi dico che sono abbastanza disciplinata da impedire alla mia mente di vagare oltre. Sono brava con la disciplina, ribadisco rivolta a me stessa. Gestisco una casa, una carriera, una vita perfettamente organizzate. Amo la mia famiglia e il mio lavoro e ho studiato a lungo e con tenacia per ottenere quello che ho. Dottoressa Alexandra Blake. Lavoro sia nel mondo aziendale sia all’università, dato che ho studiato economia e psicologia. Questo abbinamento mi ha portato bene dal punto di vista finanziario, e sono grata di potermi considerare uno dei pochi privilegiati ..che si dedicano con passione al loro lavoro. Ma ora basta parlare da sola e autoelogiarmi. Devo pensare alla presentazione di oggi. Ricomincio a riflettere sul tema della conferenza che tra poche ore terrò di fronte a circa cinquecento persone. Questo pensiero finalmente mi obbliga a concentrarmi. Considero l’ipotesi di escogitare nuove domande e spunti per aprire dibattiti e stimolare la riflessione. L’idea mi piace e trascrivo alcuni appunti sul taccuino per usarli nell’ultima parte della conferenza. Quanto conta la percezione visiva nel vostro modo di pensare? Fino a che punto il vostro modo di interpretare il mondo dipende dagli stimoli visivi che ricevete? Quale dei restanti quattro sensi, .. secondo voi, potrebbe sostituire la vista nel caso questa fosse danneggiata? Perché? Come? Dal momento che, secondo le ricerche, il linguaggio del corpo, recepito tramite la vista, plasma il novanta per cento della comunicazione umana, l’importanza di queste domande aumenta in misura esponenziale. Mi sento molto più calma, ora che sono di nuovo assorbita dal mio lavoro. Il resto del volo procede senza intoppi e arrivo puntuale all’università di Sydney. *** «Dottoressa Blake, buongiorno. Che piacere riaverti tra noi!». Alzo lo sguardo e sorrido al mio supervisore..di dottorato, Samuel Webster. «Buongiorno a te, professore. Sono contenta di rivederti». «Sei sempre la benvenuta, Alexandra. È passato troppo tempo. Pare sia molto difficile stanarti dalla tua isola del Sud». «È vero. Sono passati anni. Il tempo vola quando ci si diverte, immagino». «Sono felice di sapere che stai bene. Di certo sarai stata molto impegnata con la ricerca. Non vediamo l’ora di assistere alla tua conferenza di questo pomeriggio». «E io, come sempre, non vedo l’ora di conoscere la tua opinione in merito. Ti ringrazio molto per aver organizzato tutto questo». «È un piacere, mia cara, un piacere. Hai tempo per un pranzo veloce tra colleghi prima di salire in cattedra?» «Per te sempre, Samuel!». Ricambio il .. suo sorriso amichevole mentre mi fa strada verso i curatissimi prati che circondano i vecchi edifici storici. È bello essere di nuovo qui. A pranzo con Samuel rifletto su che onore sia stato avere lui come supervisore di dottorato. È specializzato nei comportamenti difensivi (passivi aggressivi) sui luoghi di lavoro e mi ha aiutato molto a elaborare la mia tesi. La sua rete di conoscenze, sia in ambito accademico che aziendale, non conosce paragoni e il suo sapere è immenso. Di recente ha lavorato a stretto contatto con il Brain and Mind Research Institute, collaborazione che gli ha permesso di analizzare molte delle sue rivoluzionarie ipotesi sul comportamento e la sessualità nel campo .. delle neuroscienze. Il suo lavoro è davvero affascinante e, parlandoci, mi rendo conto di quanto ne sia assorbito. Mi ritrovo a riflettere sull’enorme importanza che Samuel ha avuto nella mia carriera. Il suo sostegno e i suoi saggi consigli mi hanno obbligata a tenere duro, sia per rispetto verso di lui sia in vista delle soddisfazioni future. È molto severo con i dottorandi, non ammette che qualcosa sia lasciato al caso. Sorrido tra me e me pensando a quegli anni di follie e frustrazioni, contenta di averli vissuti ma anche grata di essermeli lasciati alle spalle. Samuel mi aveva offerto un posto come docente all’università di Sydney e di certo non l’ha presa bene quando ho rifiutato in favore di un ruolo simile all’università .. della Tasmania. Mi ha insegnato moltissimo e io mi sentivo in debito nei suoi confronti, ma lui capì le mie ragioni. Si trattava di una scelta di vita, avevo al seguito una giovane famiglia. Mi promise che saremmo rimasti in contatto e che non mi avrebbe fatto mancare il suo appoggio, sia sul piano professionale sia su quello personale, ed è stato decisamente di parola. Samuel ha avuto un ruolo fondamentale nel far decollare la mia ricerca sulla percezione visiva e con il tempo è diventato il mio primo mentore accademico; è grazie a lui se oggi terrò qui la mia conferenza. Mi commuove che abbia trovato il tempo di presentarmi la sua squadra di ricercatori “d’élite”, come li chiama lui, i quali sembrano pendere dalle sue labbra. .. Immagino di aver avuto anch’io quell’atteggiamento quando ero una giovane dottoranda. Brad, Max, Denise ed Elijah stanno facendo tutti cose affascinanti nel campo della psicologia e delle neuroscienze. Mi fa sentire viva tornare ad avere a che fare con i miei simili. La nostra non è certo la tipica conversazione tra amici riuniti attorno a un tavolo. Molto presto ci addentriamo nei dettagli delle loro ricerche e la piega che prende il discorso mi lascia a dir poco stupita. Con cervelli di quel calibro ad animare la discussione, i commenti intorno alla nostra tavola si incrociano a velocità tale che faccio fatica ad assimilarli tutti. «Persino l’origine dell’orgasmo femminile è.. ancora in attesa di indagine scientifica, mentre gli studi su quello maschile sono stati finanziati e approfonditi, e praticamente non esistono più ombre al riguardo». «In sostanza, la scienza medica si ostina a non voler riconoscere l’evidenza fisica dell’eiaculazione femminile; purtroppo il fenomeno non rappresenta una priorità tra gli studiosi. Per mancanza di fondi non siamo in grado di fornire conoscenze adeguate sul tema dei comportamenti sessuali femminili. Speriamo di cambiare questa situazione». «Ancora oggi il divario fra medicina e scienza riguardo all’orgasmo femminile è tale, che la spiegazione più accreditata dell’eiaculazione femminile è che si tratti di una forma di incontinenza urinaria». «Vi rendete conto che non esiste alcun .. accordo fra i medici riguardo all’origine dell’orgasmo? Se abbia a che fare con l’utero, il clitoride, la vulva o con tutte queste cose insieme? Eppure questo concetto di orgasmo femminile è presente in tutta la letteratura!». «Il vero problema è la mancanza di soggetti disposti a generare liquido orgasmico in un ambiente clinico». «Nessuno conosce il modo più efficace per provocare un orgasmo femminile, il che rende molto difficile avanzare delle ipotesi». «Pare che gli stati fisici, emotivi, ormonali e ambientali abbiano un ruolo significativo, ma con le conoscenze che abbiamo è impossibile stabilire quali di essi giochino un ruolo preponderante. Le ipotesi sono.. molte e diverse tra loro, perciò stiamo conducendo altre ricerche sulle connessioni neurali per formulare ulteriori teorie». A questo punto mi si forma nella mente l’immagine di una schiera di donne in vestaglia bianca distese su letti d’ospedale a gambe aperte, nel tentativo di procurarsi un orgasmo che possa essere racchiuso in una provetta da laboratorio. Scuoto la testa con forza per scacciare l’immagine inquietante che mi si è impressa nel cervello. Mi accorgo di avere a malapena toccato il piatto, tanto ero assorbita dalla conversazione. È Samuel a concludere: «Come vedi, Alexandra, c’è ancora molto da capire e da scoprire riguardo all’orgasmo femminile, incluso il ruolo delle componenti .. emotive e cognitive. Quello che sappiamo è ancora altamente soggettivo, personale e, a quanto pare, dipendente dalla singola esperienza delle donne. Possiamo solo sperare di riuscire a definire un approccio più convincente per le nostre ricerche e per le future conclusioni». Sono affascinata dalla storia e dal mistero che sembra avvolgere questo tema. Non immaginavo che se ne discutesse ancora tanto negli ambienti medici e che in alcune aree fosse considerato addirittura un tabù, per così dire. Trovo a dir poco scioccante che l’orgasmo femminile sia così poco studiato mentre quello maschile è, dal punto di vista psicologico, un fenomeno noto in ogni suo aspetto. Mi sembra impossibile,.. e non crederei a ciò che sento se questi discorsi non venissero dalle persone che sono riunite intorno al tavolo con me. Riesco a ingurgitare qualche boccone prima che Samuel e il suo team mi augurino buona fortuna, mentre ci alziamo e ci avviamo verso l’aula dove si terrà la conferenza. «Perché stasera non ti unisci a noi per bere qualcosa insieme? Sono certo che il team sarebbe entusiasta di discutere faccia a faccia i dettagli della tua ricerca». C’è uno scintillio negli occhi di Samuel e mi accorgo di essere lievemente arrossita. «Nei sarei felice, lo sai, ma purtroppo ho altri programmi». «Ma certo, mia cara. Domandare è lecito». Per qualche ragione mi sfugge una .. risata nervosa, come se fossi stata appena colta sul fatto. «Mi vedo con un vecchio amico dell’università. Forse ti ricordi di lui. Jeremy Quinn». Mi sforzo di usare un tono naturale, il che non è facile visto che il solo fatto di pronunciare il suo nome basta a farmi venire le palpitazioni. «Me lo ricordo, certo. Il dottor Quinn sta mettendo sottosopra gli ambienti medici statunitensi con la sua ricerca sulla depressione. Lavora con il professor Applegate, vero?». Avrei dovuto immaginare che Samuel fosse più aggiornato di me sui temi caldi dell’ambiente accademico globale. «Mi pare di sì. L’ho solo letto su una rivista, non ne ho parlato con lui personalmente». .. «Portagli i miei saluti. Un uomo di grande talento, il dottor Quinn. Chissà quante aziende farmaceutiche saranno interessate al suo lavoro. Di certo lui non avrà i problemi di finanziamento che affliggono noi comuni mortali». Non sono certa di aver capito quest’ultimo commento, ma ormai la mia attenzione è rivolta al discorso che dovrò tenere fra pochi minuti. «Lo farò e ti ringrazio di tutto, Samuel. È stato magnifico rivederti. Auguro il meglio a te a al tuo team. Fammi sapere se posso aiutarvi in qualche modo». E all’improvviso, ricordando la conversazione avuta a tavola, mi viene il dubbio che non sia una proposta opportuna! «Contaci,.. mia cara. Vai e conquistali». Ci congediamo con un abbraccio e mi avvio verso il leggio per tenere la mia conferenza. *** È uno splendido venerdì pomeriggio a Sydney, e tutti si crogiolano al sole. Questa città sa essere davvero affascinante, quando vuole. Il porto brulica di traghetti e yacht che sfilano allegri con i loro colori brillanti, la città ferve di animazione. La gente che esce dagli uffici si prepara al fine settimana con vibrante entusiasmo e si dirige verso i bar sulla battigia del porto. Vedo un gruppo di giovani ben vestiti e sorridenti che ciondolano allegramente in attesa di bere qualcosa. Sembrano appena usciti da un numero ..di «Vogue». Mi ricordo di quando anche io ero una di loro, concentrata sulla carriera ma spensierata come il vento, in stato di perenne fibrillazione al pensiero del tempo che avevo davanti e delle mille possibilità che il futuro aveva da offrirmi. Il nostro problema principale, a quei tempi, era cosa fare la sera durante il weekend e quale cocktail ordinare per primo. È stato nel corso di una di quelle serate che con Jeremy siamo passati da amici per la pelle, sempre in giro a braccetto, ad amanti focosi, costantemente assetati l’uno dell’altra. Mentre il taxi attraversa le zone più interessanti della città, i luoghi in cui tutto è cominciato, il mio pensiero vola inesorabile ai momenti di sensualità intensa e sfrenata che abbiamo vissuto insieme. I .. ricordi mi costringono a muovermi a disagio sul sedile. In quel periodo avevo appena iniziato un lavoro estivo in una delle quattro grandi banche della città. Non era un impiego di particolare interesse, ma i colleghi erano simpatici e la paga era ciò di cui avevo bisogno per le vacanze. Era fantastico stare lontana dai libri per qualche mese e in più ero segretamente elettrizzata dalla prospettiva di indossare ogni giorno tailleur e tacchi alti. La mamma mi aveva regalato una splendida borsa, che ho ancora, e… «Ciao Jeremy. Sto andando alla mia prima missione come funzionario aziendale…». «Già, fantastico. Io vado da Wentworth, ..magari potremmo vederci lì con le ragazze verso le nove per bere qualcosa e fare quattro salti». «Certo. Passo a prenderle e ti raggiungiamo». «Bene. Fantastico. Ci vediamo dopo, allora». Riappendo. Sembra proprio ansioso di vederci. Mmh, penso tra me e me, forse gli piace Eloise, del resto piace a tutti… forse dovrei dirgli qualcosa… secondo le altre, Eloise sta esplorando nuovi orizzonti, ragazze insomma, ma non abbiamo elementi per confermare la voce o per smentirla. Sono sicura che ce lo dirà lei stessa quando se la sentirà. No, mi ripeto con convinzione, meglio restarne fuori. Quel che dovrà essere sarà. .. Il bello di lavorare in una grande azienda è che hai cibo e bevande gratis. Ci fermiamo per un po’, poi decidiamo di dare inizio al nostro venerdì sera. Raccogliamo le nostre cose e andiamo al locale. Una volta lì puntiamo subito al bagno delle signore, dove ci togliamo giacche e calze, apriamo un paio di bottoni, ci ravviamo la pettinatura e ci ritocchiamo mascara, eyeliner e rossetto. Quando usciamo dalla toilette siamo sexy e audaci, pronte a tuffarci nella mischia. Il volume della musica è alto e noi abbiamo già bevuto un paio di bicchieri, perciò ci lanciamo sulla pista da ballo come solo un gruppo di ragazze può fare. Sono completamente assorbita dalla musica, ballo con gli occhi chiusi .. quando all’improvviso due mani forti mi afferrano per i fianchi e mi tirano indietro, verso il corpo del loro proprietario. So d’istinto che si tratta di Jeremy e comincio a muovermi felice intorno a lui, a ritmo di musica. Non so nemmeno io come, ma sembriamo perfettamente sincronizzati, ci muoviamo come fossimo un corpo solo. È dura non perdermi nella sensazione del suo corpo premuto contro il mio, con la musica che rende il tutto ancora più eccitante. La situazione si sta facendo davvero bollente. Mi sembra di essere attratta da lui da una forza magnetica; una qualche energia repressa fra noi mi impedisce di lasciarlo andare… Mentre guardo nei suoi occhi ora più scuri, ipnotizzata dalla loro intensità, mi rendo conto che .. tra noi è cambiato qualcosa. Che mi prende stasera? Pare che i miei ormoni siano partiti a briglia sciolta. La musica è troppo alta, non sento ciò che Jeremy mi sta dicendo, così lui mi prende per mano e insieme attraversiamo decisi la pista, verso uno degli angoli bui dove la musica arriva un po’ attutita. Mi spinge con delicatezza contro il muro e mi afferra per le spalle, bloccandomi con il suo corpo in quella posizione. Sotto la camicia nera aderente il suo corpo sembra tonico e pulsante e il viso, vicinissimo al mio, è madido di sudore dopo le nostre prodezze sulla pista da ballo. Mi ci vuole un attimo per riprendere fiato mentre mi lascio conquistare dalla sua irresistibile presenza. La sua carica sessuale mi .. travolge ed è come se i miei occhi si fossero aperti per la prima volta. Schiudo leggermente la bocca per lasciar entrare l’aria necessaria a ossigenarmi il cervello. «Non posso più tenere le mani lontane da te, AB». In effetti sembra che le stia premendo con forza contro il muro solo perché non si avventino su di me. «Allora non farlo». Incoraggiata dall’onda crescente di sensualità e desiderio, sono certa di emanare anch’io un irresistibile richiamo sessuale. Gli stacco la mano destra dal muro, me la porto alle labbra, gli bacio piano il dito medio e poi me la porto lentamente verso il seno. Lui spalanca gli occhi mentre la mano gli scivola giù .. fino a trovare un passaggio sotto la cintura della gonna. Divarico un po’ le gambe, senza smettere di guardarlo negli occhi, poi conduco la sua mano oltre il bordo delle mie mutandine e la guido senza esitazione verso il punto più sensibile. «Dio santo, Alex, sei tutta bagnata!». «Mmh, sì, è vero. Hai qualche idea su come risolvere il problema?». Lo stupore che leggo sul viso di Jeremy è una vera delizia e devo ammettere che io stessa non mi sarei mai aspettata di sentire parole simili uscire dalla mia bocca, ma ormai è fatta. Siamo entrambi un po’ frastornati e continuiamo a fissarci per essere sicuri che stia succedendo davvero. Improvvisamente spinto all’azione, .. Jeremy ritira la mano lasciandosi dietro una piccola scia, mi prende per un braccio e torna a grandi passi verso i nostri amici, con me che gli arranco dietro e per poco non inciampo. Spero di non averlo offeso… forse non dovevo dire quelle cose. Si arresta di colpo e io gli vado a sbattere contro. Oddio! Prende la mia borsa, marcia dritto verso la pista da ballo e dice qualcosa all’orecchio della mia amica, la quale mi fa un cenno e sorride. La guardo senza capire, scrollo le spalle e la saluto di rimando mentre Jeremy mi trascina fuori dal locale. «Che stiamo facendo?». Nessuna risposta. Jeremy è in modalità azione. .. Mi lascia il polso e intreccia le dita con le mie mentre camminiamo spediti lungo la strada. Ho ancora il baccano del locale che mi rimbomba nelle orecchie. «Non mi parli più?». Forse ce l’ha a morte con me. Oddio, ma a che pensavo? Forse ho rovinato la nostra amicizia. Stiamo risalendo il versante della collina e mi è venuto il fiatone a forza di correre per stargli dietro. Ci stiamo dirigendo verso l’orto botanico, a quanto sembra. Una volta raggiunto il prato, Jeremy si china, mi prende in braccio e cammina in silenzio sotto la luna per poi mettermi giù, in piedi, sotto la chioma di un grosso albero. Lascia cadere a terra la mia borsa, subito mi prende la testa fra le mani e comincia a .. divorarmi la bocca con un impeto tale da spingermi contro il tronco dell’albero. Il suo corpo mi blocca sul posto e io sono pazza di desiderio. Lui estrae dalla tasca un preservativo, si sbottona i jeans a tempo di record, se lo infila… è la prima volta che vedo il pene di Jeremy e, nonostante il buio, è uno spettacolo! I suoi occhi sembrano riprendersi un po’ dall’estasi carnale quando si accorge del mio sguardo; mi rivolge un sorriso malizioso. «Pronta?». Annuisco, avida di lui. Mi alza la gonna fino alla vita, mi abbassa le mutande che cadono per terra, mi solleva le ginocchia in modo che mi cadano le scarpe e se le mette in tasca… interessante, non posso fare a .. meno di pensare, eccentrico ma interessante. Mi prende le gambe e se le avvolge attorno alla vita, mentre io gli stringo le braccia intorno al collo con la schiena premuta contro il tronco di quell’enorme albero. La corteccia è ruvida, la sento attraverso la camicetta di seta. Mi soffermo un secondo a sperare che non si strappi, ma a questo punto non me ne importa più molto. Lui aspetta che io annuisca di nuovo confermandogli che sono più che pronta, che abbiamo trascorso fin troppo tempo a stuzzicarci, eccitarci e giocare platonicamente l’uno con l’altra. L’energia sessuale tra noi doveva raggiungere livelli esplosivi perché questo succedesse, a conferma del fatto che .. entrambi lo vogliamo e lo vogliamo adesso. Poi lui entra di colpo dentro di me. Ed è fantastico! Poi lo fa di nuovo… Ed è ancora più fantastico… E ancora! E ancora! Mi sta impalando. E a me piace da impazzire. Alzo il viso verso la luna e grido, grido per la bellezza di quello che stiamo facendo, per la nostra bellezza. Lui mi esplode dentro mentre il nostro reciproco desiderio trova finalmente la sua realizzazione fisica. Ci avranno visti? Non che me ne importi molto. Restiamo insieme per ore, sdraiati sull’erba, meravigliati l’uno dell’altra, a .. parlare, giocare, ridere, prenderci in giro. Poi la notte si rischiara e arriva l’alba. Ci sembra di aver sostato in una bolla del tempo. Ci infiliamo insieme in un taxi. Mi addormento sulla sua spalla e qualche ora dopo mi ritrovo nel mio letto. La mia prima volta con Jeremy è stata una realtà e non un sogno, me lo confermano le pagliuzze che ho tra i capelli e le macchie d’erba sulla gonna. A quanto sembra le mie mutande non hanno ritrovato la via di casa… Mi scappa un sospiro. Wow! Ho la certezza di essere arrossita e mi muovo a disagio sul sedile. Per fortuna l’autista non si è accorto di niente. Sorrido tra me a quei ricordi lontani e meravigliosi. Non mi sono mai .. più sentita così da allora. Con ogni probabilità dall’ultima volta che io e Jeremy siamo stati soli. Quei giorni allegri e spensierati, liberi dalle responsabilità – anche se allora ci sembrava di averne fin troppe – liberi dai figli, dalla casa, dal mutuo… Desidero davvero una vita diversa da quella che ho ora? A essere sincera no; un po’ di divertimento, di incoscienza in più non mi dispiacerebbero, è vero, ma sono ragionevolmente soddisfatta di ciò che ho oggi. Forse non della mia vita sessuale, lo ammetto, che si è molto diradata dopo la nascita di Jordan, anzi, a essere del tutto onesta, è pressoché inesistente. Pensarlo mi causa una sorta di shock. Come ho potuto lasciare che succedesse? Come ho potuto essere così impegnata da non accorgermi .. che questo aspetto fondamentale della mia vita stava scomparendo? E non è ancora più preoccupante il fatto che non l’abbia nemmeno considerato un problema? Non c’è da stupirsi che me ne stia seduta in un taxi in questo stato di desiderio latente e smanioso. Mi si forma in mente l’immagine di una bella donna addormentata, in attesa di un risveglio sessuale dopo anni di torpore, una visione dolcissima finché non mi rendo conto che la donna sono io e che il principe tanto atteso è Jeremy. Ma i ragazzi, pensa ai ragazzi… Vale la pena mettere tutto a repentaglio? Proibisco con decisione ai miei pensieri di proseguire in questa assurda direzione. È un sollievo che la prima conferenza sia andata bene. Le reazioni e le domande .. poste mi hanno fornito elementi per future indagini e ricerche accademiche. Penso al fine settimana che mi aspetta: rivedere gli amici dell’università davanti a un bicchiere di vino, raccontarsi carriera, vita sociale, novità familiari. Chi sta ancora con chi, chi ha traslocato… sono certa che da quando mi sono trasferita in Tasmania saranno nati diversi bambini. Poi rivedrò i miei fratelli e i miei nipoti a un barbecue domenicale. Peccato che Jordan ed Elizabeth non ci siano, sarebbero stati entusiasti di giocare con i cuginetti. Sarà per la prossima volta. Immersa come sono nei ricordi e nelle immagini del fine settimana imminente, mi stupisco nel rendermi conto che siamo già arrivati a destinazione. Do una rapida occhiata al .. rossetto e ai capelli, e mi rendo conto di avere decisamente bisogno di una rinfrescata nel bagno dell’albergo. Mentre pago l’autista, le farfalle nel mio stomaco, rimaste calme per un po’, annunciano tumultuosamente il loro ritorno, e prendendo le valigie mi accorgo di avere i palmi sudati. I ricordi mi hanno destabilizzata più di quanto mi faccia piacere ammettere. “Resta calma e datti un contegno, Alexandra, sei una professionista, una donna sposata, madre di due figli… E smettila di parlare da sola!”. Attraverso a passo deciso la hall dell’hotel a cinque stelle fino alla toilette delle signore, nel tentativo di stabilizzare il mio stomaco. Che mi succede oggi? Scuoto la testa e cerco di ricompormi. Il fremito che ..sento nella parte inferiore del corpo di certo non mi aiuta a calmare i nervi, né favorisce il controllo della mia fisiologia. Il che è quanto meno frustrante. Com’è che solo qualche ora fa mi sentivo perfettamente a mio agio parlando di fronte a centinaia di persone, e ora le mie dita tremano tanto che non riesco neanche ad aprire il rossetto? Guardo il mio riflesso nello specchio mentre mi aggrappo al lavabo con entrambe le mani. Attorno agli occhi ci sono delle piccole rughe. Le avevo già l’ultima volta che ho visto Jeremy? Forse avrei dovuto seguire il consiglio della mia amica e provare il botulino, «prima che sia troppo tardi!», dice lei. Il solo pensiero mi fa rabbrividire. Non sopporto nulla intorno agli occhi, figuriamoci se mi presterei a.. farmi iniettare qualcosa proprio in un punto così sensibile. “Oh, be’”, dico tra me e me, “devo solo cercare di convivere con ciò che vedo nello specchio fin quando non scopriranno un metodo meno invasivo”. Distratta e agitata come sono, non riesco a decidere se tenere i capelli legati o scioglierli. Per fortuna la mia chioma è ancora scura, senza nemmeno un filo grigio, anche se sono certa che i primi non tarderanno ad arrivare. Decido di mantenere il mio look professionale e lascio i capelli legati; in fin dei conti indosso un tailleur. Bene, sono pronta. O almeno, più pronta di così non potrei essere. Non troppo male per una trentaseienne, penso. Mi do un’ultima occhiata nello specchio pensando che potrebbe essere molto peggio e mi sforzo .. di individuare il mio profilo migliore. Nel profondo di me, non vedo l’ora di rivedere Jeremy. Così mi lascio cullare dall’emozione dell’attesa, e presto mi ritrovo a percorrere di nuovo il viale dei ricordi… Jeremy e io frequentavamo l’università insieme, anche se lui era di due anni avanti rispetto a me. Fu mio cugino a presentarci quando io ero al primo anno: giocavano nella stessa squadra di pallanuoto. Non ricordo bene come cominciammo a frequentarci con assiduità, ma lui era uno spasso. Ci vedevamo così spesso che diventammo grandi amici in modo molto naturale. Con il passare del tempo facemmo le nostre esperienze a base di alcol, droga e sesso, come succede a molti studenti .. universitari. Durante gli anni di studio, nelle vite di entrambi si succedettero diversi partner, ma per ciascuno di noi due l’altro era una presenza fissa e insostituibile. Era difficile per gli altri capire o addirittura definire la natura della nostra relazione, probabilmente perché noi eravamo i primi a non comprenderla. Dopo un po’ i nostri amici non ci provarono più e si limitarono ad accettare il fatto che io e Jeremy saremmo stati amici per sempre, a prescindere da dove la vita ci avrebbe condotti. La cosa buffa è che con il tempo anche noi ci accontentammo di questo… Dopo l’università prendemmo strade diverse. Jeremy proseguì negli studi, poi ottenne il brevetto di pilota e si arruolò nei Flying .. Doctors1, un’esperienza di lavoro nell’entroterra australiano che lo conquistò e di cui io ero piuttosto gelosa (così come lo ero stata del brevetto di volo). Io lavoravo a Londra, concentrata sull’obiettivo di costruirmi una stabilità finanziaria prima di tuffarmi nei miei studi di psicologia del lavoro. Nel decennio che seguì ci incontrammo nei luoghi più disparati del pianeta, ma soprattutto in Europa visto che le sue ricerche mediche lo portavano di frequente a Londra. Abbiamo passato serate di puro divertimento che si sono trasformate in preziosi ricordi, prima di imbarcarci nelle responsabilità della vita adulta. Benché fossimo consapevoli che la nostra relazione era importante per tutti e due, sapevamo anche che non poteva durare, o almeno io sapevo che Jeremy, a .. differenza di me, non era affatto pronto a mettere radici. Era il grande non detto tra noi, ma eravamo coscienti entrambi di come stavano le cose. Per lui la carriera contava più di tutto, mentre io desideravo ardentemente una famiglia, così le nostre strade si divisero. Jeremy si vide offrire una ricca borsa di studio all’università di Harvard per proseguire le sue ricerche e si trasferì negli Stati Uniti. Io conobbi a Londra l’inglese che sarebbe diventato mio marito, Robert, e ci trasferimmo insieme in Australia. Sapevo che dovevo lasciarmi alle spalle il passato di sesso sfrenato con Jeremy, sistemarmi, mettere su famiglia e fare carriera all’università. Ed è proprio ciò che ho fatto. Pur essendoci visti di tanto in tanto per .. cenare insieme quando ci siamo ritrovati per caso nella stessa città, nell’ultimo decennio io e Jeremy abbiamo vissuto praticamente ai due capi opposti del mondo. E le nostre vite sono proseguite senza incrociarsi… Mi costringo a tornare al presente e mi dico con fermezza che starmene a rimuginare nel bagno delle signore significa solo sprecare il tempo prezioso che abbiamo a disposizione. “Perciò muoviti!”. Faccio un respiro profondo per calmare i nervi, tiro indietro le spalle, sollevo la testa e mi avvio risoluta a incontrare il mio migliore amico ed ex amante. Mi guardo intorno nella sala del bar e la sicurezza raggiunta con tanta fatica evapora in .. un attimo: lui non c’è. La delusione mi assale con ferocia tale che devo poggiare una mano sullo schienale di un divano per reggermi in piedi. “Tipico”, penso. Inizio la giornata con le farfalle nello stomaco e una ridda di pensieri ridicoli, come una ragazzina che non vede l’ora di incontrare il suo cantante preferito, e la sera mi ritrovo a parlare da sola nel bagno delle donne di un grande albergo. So quanto sia frenetica la vita di Jeremy e che la sua agenda è soggetta a cambiamenti continui. Era altamente improbabile riuscire a vedersi solo perché, guarda caso, questo fine settimana ci troviamo entrambi a Sydney. È frustrante aver speso così tante energie nervose per niente, eppure in un certo senso sono felice di essere ancora capace .. di provare simili sensazioni, che credevo ormai parte del passato. Ben mi sta: avrei dovuto accettare l’invito di Samuel e dei suoi colleghi. Invece ho declinato senza nemmeno pensarci perché credevo di dover incontrare Jeremy e non volevo fare tardi. L’assistente di Jeremy ha detto che sarebbe stato impegnato in riunioni per la maggior parte del pomeriggio. Proprio mentre sto per prendere il telefono e controllare se ci sono messaggi, mi si fa incontro un uomo in divisa con il badge da concierge. «Chiedo scusa. La dottoressa Alexandra Blake?» «Oh, sì». «Un signore mi ha chiesto di consegnarle.. questo messaggio e di porgerle le sue sincere scuse per non aver potuto incontrarla qui». Ho un tuffo al cuore nel sentir confermati i miei timori. Non ce la fa. Il senso di delusione mi travolge ancora una volta. Mi passa una busta. «Grazie infinite, dottoressa Blake. Se posso aiutarla in qualche modo, non esiti a chiedere, la prego». Sorrido, un po’ a me stessa e un po’ al concierge. Jeremy ha sempre insistito per chiamarmi “dottoressa” dopo che ho conseguito il dottorato, anche se tra noi due il vero dottore è lui, mentre io mi occupo più di cose per così dire filosofiche. Sa bene che non sono brava nelle emergenze mediche e che ho sempre provato un.. timore innato verso gli ospedali, è uno dei nostri scherzi ricorrenti. Mi siedo sul divano di velluto viola e apro la busta, tirando fuori il foglio stampato. Alla mia carissima amica, la dottoressa A. Blake. Le mie più sincere scuse per non essermi fatto trovare nella hall dell’albergo questo venerdì sera. All’ultimo momento si è presentata una serie di faccende che non potevo rimandare, e questo ha ritardato i miei programmi. Adesso è tutto sistemato e sarei molto felice se volessi raggiungermi nella mia stanza per bere qualcosa insieme. È passato tanto di quel tempo! La chiave dell’attico è nella busta. Non vedo l’ora di vederti. Con affetto, J. Il mio stomaco sussulta e si contorce come un ginnasta che mira alla medaglia .. d’oro alle Olimpiadi. Eccomi di nuovo nel ruolo dell’adolescente in adorazione. È venuto, allora! Ma che ci fa nell’attico? Il Jeremy che conosco ha sempre evitato le soluzioni appariscenti, preferendo mantenere un profilo pubblico piuttosto austero. Per quanto, se ben ricordo, quando era circondato da chi lo conosceva bene, gli piaceva calarsi per un po’ nei panni del gaudente anticonformista e godersi ciò che di bello la vita ha da offrire. Forse Samuel non aveva torto riguardo ai fondi astronomici messi a disposizione dalle case farmaceutiche. Non mi resta che domandarmi se nel nuovo Jeremy sia rimasto qualcosa dell’uomo che ho conosciuto. *** .. Mentre sto lì a riprendermi dalla sorpresa, mi accorgo che il concierge mi sta ancora girando intorno con discrezione. “Possibile che non abbia nient’altro da fare?”, penso distrattamente. «Va tutto bene, dottoressa Blake? C’è altro che posso fare per lei?». Mi domando che razza di espressione abbia in volto mentre mi giro a guardarlo. Noto l’ombra di un sorriso a un angolo della sua bocca. Gli brillano gli occhi. Scuoto la testa, ancora frastornata. «No, grazie. Sto bene». Sto bene davvero? Comincio a domandarmelo. Il tale si allontana di qualche passo, ma resta a portata d’orecchio. Cambio idea e mi volto verso di lui. «In effetti.. qualcosa c’è. Può indicarmi l’ascensore per l’attico?» «Certamente, dottoressa Blake, sarà un piacere. Da questa parte. Posso occuparmi del suo bagaglio?». Lo dice in un modo bizzarro, come se stesse interpretando una parte in qualcosa che non capisco, e mi assale uno strano timore. Magari sono soltanto poco aggiornata sui livelli di rapidità del servizio raggiunti dagli alberghi a cinque stelle. Conscia di non essere del tutto lucida al momento, decido di non pensarci e concludo che la testa mi sta giocando qualche tiro mancino. «Grazie. È molto gentile», replico in tono educato, poi lo seguo mentre cammina verso l’ascensore con i bagagli al seguito. Qualche ..secondo dopo l’ascensore sta salendo rapido verso le altezze dell’ultimo piano. Faccio qualche respiro nel tentativo di calmare i nervi. Che idea splendida bere qualcosa con la vista dall’alto della città al tramonto, soprattutto con un tempo come questo! Non so se Jeremy alloggi o meno in questo albergo, ma se ha accesso alla business lounge potremmo farci portare altri drink e qualche spuntino. È buffo come io sia ancora sensibile al pensiero di bere gratis, deve essere una reminiscenza degli anni dell’università. Non riesco a trattenere una risatina. Il concierge penserà che sia pazza. Solo quando si aprono le porte mi rendo conto di quanto sono emozionata alla prospettiva di incontrare Jeremy: è un uomo meraviglioso e un grande amico. La .. delusione di aver creduto che non avesse trovato tempo per me è stata un colpo più duro di quanto mi aspettassi. Adesso invece sono felice e ansiosa di incontrarlo. Appena esco dall’ascensore e metto piede sul soffice tappeto di un ambiente dalle vetrate enormi, vengo subito sopraffatta dalla vista spettacolare che ho di fronte: avevo dimenticato quanto potesse essere affascinante Sydney da queste altezze vertiginose. Mi concedo qualche secondo per assorbire tanta magnificenza: l’azzurro scintillante del mare interrotto da piccole screziature bianche, traghetti e barche private che descrivono traiettorie curve sull’acqua simile a seta. Mi guardo intorno in cerca di punti di riferimento, e stranamente non vedo alcun bar su questo piano. .. «Da questa parte, dottoressa». Mi ero quasi dimenticata del concierge che cammina al mio fianco con le valigie al seguito. Osservo la keycard e noto che reca lo stesso simbolo che campeggia su una delle pareti. Seguo le frecce con lo sguardo mentre procediamo in silenzio. Alla fine mi ritrovo di fronte a un’ampia doppia porta, senza saper bene cosa fare. Prima che uno di noi due abbia il tempo di suonare il campanello, le porte si spalancano. Davanti a me c’è Jeremy. Bello e raffinato più di quanto mi sia mai concessa di ricordarlo. « C i a o AB. Eccoti qui finalmente. Benvenuta». «Ciao», gli rispondo a bassa voce, quasi intimidita. «Quanto tempo». «Vedo che .. Roger ti ha soccorsa nella hall. Grazie per essersi preso cura di lei. Adesso ci penso io». Prende le valigie dalle mani del concierge e mi fa entrare, poi richiude la porta alle mie spalle. «Hai ragione. È passato troppo tempo. Davvero troppo per i miei gusti». Mi getta le braccia al collo con entusiasmo, per poco non mi solleva da terra abbracciandomi, con gli occhi che gli brillano. «Fatti guardare». Mi allontana tendendo le braccia e mi osserva il viso, i capelli, tutto il corpo fino alle punte dei piedi. Avevo dimenticato quanto fosse penetrante il suo sguardo, quanto sappia cogliermi di sorpresa rendendomi all’improvviso consapevole di me stessa. Distolgo gli occhi in fretta, come se non volessi assistere oltre a quell’esame. .. «Hai un aspetto magnifico Alex. Sei sempre la mia Catherine Zeta-Jones dagli occhi verdi», dice con trasporto, poi mi abbraccia, stavolta con tenerezza, baciandomi piano la fronte come a darmi il sigillo della sua approvazione. «Anche tu non sei messo male, considerando che viaggi verso i quaranta, dottor Quinn», dico con civetteria, desiderosa di alleggerire l’atmosfera, sia per la possessività che colgo nel suo atteggiamento sia per il torrente di emozioni che mi sta scuotendo da capo a piedi. Non mi fido delle mie percezioni in questo momento, ma a prima vista si direbbe che Jeremy non sia cambiato molto in questi anni, a parte la leggera spruzzata di.. grigio sulla chioma bruna. Sempre sicuro di sé, in forma, malizioso… mi piace. A essere del tutto onesta, è uno schianto: robusto, spalle ampie, più di un metro e ottanta di altezza, le guance ben rasate. Ha un buon odore. Erano anni che non respiravo il suo profumo aspro, da uomo che vive all’aperto, ma la nuvola di sensualità che lo accompagna mi si insinua dentro. Ha il sedere stretto, tondo, valorizzato dai pantaloni di taglio sportivo. Dio santo, sono appena arrivata e già mi gira la testa… “Basta! Guarda da un’altra parte!”, ordino perentoria a me stessa, mentre costringo lo sguardo a staccarsi da lui e a esaminare l’ambiente circostante. «Accidenti, questo posto è fantastico. È qui che alloggi?» «Sì, in ..effetti. Mi fermo per una settimana». «Be’, ne hai fatta di strada, amico mio». Lui scrolla le spalle e sorride con aria schiva. Adoro quel sorriso. Adoro quelle labbra. Adoro quelle labbra sul mio seno. “Oddio! Basta, adesso!”. «Vieni, rilassati. Fai come se fossi a casa tua». Jeremy mi guida verso il salotto; chiaramente non gli è sfuggito che sono tutt’altro che rilassata. Devo darmi a tutti i costi una calmata. «Credevo che ci saremmo visti nel bar dell’attico. Non mi aspettavo di ritrovarmi nella tua suite». Cerco di assumere un tono disinvolto e di moderare l’ansia. «La cosa ti crea problemi?», domanda senza mezzi..termini. «Ah… ehm, no, niente affatto», balbetto. «Per nulla, davvero». “Invece dovrebbe?”, mi domando. «Bene». Sento il rumore di una bottiglia che viene stappata e ho un lieve sussulto, poi Jeremy mi versa un bicchiere di champagne. La temperatura è perfetta e le bollicine nel calice di cristallo forniscono l’esatta rappresentazione visiva dello stato del mio stomaco fin da stamattina. «Alla tua, dottoressa Blake. Mi sei mancata, amica mia, mia compagna di avventure». A queste parole ho un tuffo al cuore, perché non mi sfugge la profondità del sentimento che esprimono. «Alla tua, dottor Quinn». I bicchieri tintinnano ..e i nostri sguardi restano allacciati l’uno all’altro come non capitava più ormai da tanto tempo. «Come stai, Jeremy? Come va la tua vita? Ti trovi bene negli Stati Uniti? E che mi dici del lavoro, sembri sempre tanto occupato…». Oh cielo, non la smetto più di farneticare! Lui ride e solleva una mano per interrompere il mio interrogatorio. «Tu non sei mai a corto di domande, eh, Alex?». Solleva un sopracciglio e tace per qualche istante. «Certe cose non cambiano mai, pare». Il commento suona sibillino e carico di sottintesi. Mi guarda con franchezza, ma anche con una punta di malizia. L’intensità del suo sguardo e il significato recondito delle sue parole mi mettono a disagio. Vorrei essere in grado di leggere la sua mimica facciale, ma dato che non ci .. vediamo da molto, la sua espressione purtroppo rimane per me una maschera difficile da decifrare. «È solo che abbiamo poco tempo e così tante cose di cui parlare. Voglio sapere tutto, non dobbiamo sprecare nemmeno un minuto», replico in mia difesa. «Nessuno spreco, te lo prometto. Adesso beviamoci su». Mi accorgo di non aver ancora toccato il mio champagne. Sorseggiamo contemporaneamente le bollicine dorate. È delizioso, asciutto al primo assaggio ma con un retrogusto dolce; le bollicine mi pizzicano piacevolmente la lingua. Non resisto e me ne verso dell’altro. «Ora, prima che io cerchi di rispondere alle tue mille domande, dimmi: che programmi ..hai per il fine settimana? Chi avrà il piacere della tua compagnia?». Felice che la conversazione sia tornata su binari più rassicuranti, gli snocciolo i dettagli del mio fine settimana, tanto più che lui conosce quasi tutte le persone che nomino. Gli racconto di Robert, dei ragazzi e della loro avventura, gli dico del mio incontro con Samuel all’università, della mia famiglia e dei vecchi compagni di scuola. Lui ascolta con attenzione, senza interrompermi, e con la coda dell’occhio noto che mi riempie un’altra volta il bicchiere. Non so se siano i nervi o la gioia a far scorrere questo fiume di chiacchiere e di champagne. «Basta parlare di me». Mi rendo conto di colpo che Jeremy non apre bocca da diversi minuti e abbiamo tante cose di cui parlare, oltre ai miei programmi per il .. weekend. Mi fermo a osservarlo e noto che ha un’espressione tesa. «Sei molto silenzioso, Jeremy. Qualcosa non va?». Si alza e cammina deciso verso il divano su cui sono seduta. In silenzio si accovaccia di fronte a me, mi guarda negli occhi e mi posa una mano sul ginocchio. Una leggera scarica elettrica mi corre lungo la gamba e mi fa sobbalzare leggermente. L’ombra di un sorriso attraversa il volto di Jeremy, come di compiacimento per essere riuscito ancora a suscitare in me simili reazioni, ma scompare in fretta, lasciando il passo alla concentrazione e al controllo di poco prima. Arrossisco all’istante, assumendo il colore acceso del cuscino alle mie spalle. .. Non può non aver notato che il solo contatto con lui mi manda fuori di me. Nel più completo imbarazzo, mi muovo a disagio sul divano, mentre lui resta immobile come una statua nella sua posizione. L’ansia crescente che mi attanaglia mi impedisce di aprir bocca. «Alexandra, devo chiederti una cosa e sinceramente non so cosa dirai o come reagirai». Se usa il mio nome completo deve essere una cosa seria. Si interrompe per qualche attimo, senza staccare gli occhi dai miei. «Il che per me è piuttosto inconsueto…», scherza. Mi posa entrambe le mani sulle ginocchia, quasi ad ancorarmi i piedi al pavimento per timore che voli via come .. un palloncino. «Perciò vengo al punto». Resto immobile, sostengo il suo sguardo. Cerco in tutti i modi di respirare piano. Aspetto che prosegua. «Vorrei che ti fermassi qui per tutto il weekend, che cancellassi i tuoi impegni». Poi tace guardandomi da sotto quelle ciglia lunghe e folte. Il mio cuore salta un battito. Forse due. Diciamo tre. Mi perdo nei suoi occhi, nell’intensità crescente del suo sguardo. I nostri ricordi comuni mi si affollano nella mente: rapide immagini del periodo dell’università, gli scherzi, l’amore, il sesso, la voglia, gli orgasmi, l’amicizia, il ridere fino alle lacrime, gli esperimenti, i .. momenti rubati. Era bello, esilarante, eccitante e pericoloso. Con Jeremy era tutto così. L’espressione dei suoi occhi mi fa rivivere ogni cosa, e anche altro, in pochi secondi. Con lui non potevi mai sapere come sarebbe andata a finire. E adesso, dopo tanti anni, mi sento ancora così. Anche se la vita ora è completamente diversa. Il nostro dialogo silenzioso continua. Sfidandoci a correre rischi che non accetteremmo mai se non l’uno per l’altra. I miei pensieri cominciano a galoppare con la stessa frenesia con cui mi batte il cuore. E se restassi? Sarebbe davvero così sbagliato? Si parla sempre di vivere appieno la vita, di cogliere le occasioni inattese… .. Forse un weekend in compagnia di Jeremy mi farebbe sentire viva come non mi sento più da anni. Visto l’effetto della sua mano sul mio ginocchio, posso solo immaginare come reagirei a un altro genere di contatto… Alla fine l’istinto materno mette fine a queste astratte e oziose fantasie e mi riporta con i piedi per terra, facendo prevalere il buonsenso. La colpa… il tradimento… Robert… Mi si stringe lo stomaco. Come si fa a provare un tale desiderio e un tale rimorso contemporaneamente? È assurdo. La parte clinica del mio cervello prende il sopravvento e comincia a indagare la psicologia e la fisiologia di queste violente emozioni. Ma la situazione in cui mi trovo sfugge alle mie categorie diagnostiche... Dio, ma che sto facendo? Che cosa sto pensando e provando? I secondi passano e lui, come a indovinare i miei pensieri, distoglie lo sguardo e ritrae le mani, si alza e si dirige verso la vetrata panoramica. Subito ricomincio a respirare, come liberata da un incantesimo. Non so nemmeno io per quanto tempo ho trattenuto il respiro. Jeremy fissa il panorama del porto e dice in tono amaro: «Lascia che indovini. Adesso stai analizzando tutto questo da diverse angolazioni». Si volta a guardarmi di nuovo negli occhi e annuisce, come trovando conferma a quanto sta per dire. «Stai soppesando i pro e i contro della mia proposta. Da una parte la prospettiva ti eccita, ti alletta, ma dall’altra sei legata alle responsabilità della tua vita attuale, e .. questo genera una serie infinita di domande e di incertezze, per cui ti servirebbe più tempo per pensarci e decidere. Ma in realtà, Alex, potresti passare la vita a cercare una risposta a queste domande e non trovarne mai una soddisfacente. Ho ragione?». Di nuovo si volta a guardarmi in cerca di una conferma. A me non resta che annuire. Legge dentro di me come fossi un libro aperto. A dirla tutta, legge dentro di me meglio di quanto sappia fare io stessa, il che mi disturba infinitamente. La fedeltà della sua descrizione, la sua sintesi fulminea, mi lasciano disarmata. Sono io che sono facile da capire o è lui che mi conosce davvero tanto bene? Credevo che dopo tutti questi anni avesse dimenticato… ma .. dal momento che io stessa non l’ho fatto, come ho potuto essere tanto ingenua da credere che fosse successo a lui? Una circostanza piuttosto angosciante, vista la scomoda situazione in cui mi trovo ora. Jeremy continua con la sua rassegna di quelli che secondo lui sono i miei rovelli. «E la tua famiglia? È davvero questo che vuoi? I tuoi amici, che idea si faranno? Come giustificherai la tua decisione? Potrai ancora convivere con te stessa? E, permettimi di aggiungere, che succederebbe se ti lasciassi andare, anche solo per un weekend?». Sono seduta di fronte a lui, imbarazzata da quanta verità c’è nelle sue parole, dalla profondità con cui conosce i miei processi mentali. Ma so anche che adesso non sta giocando pulito, che sta forzando .. di proposito i confini della mia libertà personale. La sua ultima domanda è il riassunto di tante nostre discussioni. Sa che antepongo gli altri a me stessa e mi ha sempre rimproverato per questo, soprattutto quando mi vedeva prendere strade che secondo lui non mi avrebbero portata lontano. Mi ha sempre spinta a chiedermi che cosa sarebbe successo se ci avessi rinunciato. Se avessi rinunciato, per una sola volta, a controllare e organizzare la mia vita e quella degli altri, se mi fossi avventurata su un terreno incerto. Chissà, forse sarebbe bello non pensare tanto alle conseguenze, a come reagiranno gli altri. Magari vale la pena correre il rischio… Ma i miei problemi di allora erano fin troppo facili.. da affrontare in confronto al dilemma morale che ho di fronte adesso. Il vero problema per me, al momento, è piuttosto semplice: sono in grado di dire di no a Jeremy? La sua interpretazione è corretta. Lo so io e lo sa lui. Anche se cerco di non manifestare le mie emozioni, lui riesce a vedere oltre le mie barriere. Il suo malcelato sorrisetto mi mette ansia ancor più del groviglio di sentimenti che imperversano dentro di me. La mia voce suona flebile ma decisa. «Tutto questo è ingiusto, Jeremy. Dovevamo avere questa discussione proprio adesso? Non possiamo solo stare un po’ insieme e vedere quello che succede?». Mi trema la voce mentre lo dico. Lui sa che sto soppesando i pro e i contro e sa.. leggere benissimo dietro le mie maschere, il che mi mette in una posizione di netto svantaggio. Mi sto inconsciamente attrezzando per una battaglia psicologica contro di lui, ben sapendo che anche dentro di me è in corso uno scontro tra diverse anime che cercano di guadagnare terreno senza capire che giocano nella stessa squadra. Questo di certo non aiuta. Pian piano, con gesti studiati, Jeremy si allontana dalla vetrata e si dirige verso il secchiello dello champagne, afferra con cura la bottiglia e poi viene verso di me. Non dice nulla del tremore delle mie mani quando mi toglie il bicchiere, lo riempie e lo posa con calma sul tavolo accanto al divano. Si inginocchia di fronte a me, mi prende entrambe le mani e sospira. Il carisma e il.. fascino che emana sono in netto contrasto con la posizione sottomessa che ha appena assunto. La tensione tra noi è tale che respiro a malapena. Mi sento come un cervo abbagliato dai fari di un’automobile. «Adesso ascoltami, Alex, e per favore ascoltami con attenzione». La sua voce è ferma, posata, autorevole. «Tu e io ne abbiamo passate tante e io voglio stare con te per le prossime quarantott’ore. Non voglio avere una sola serata e poi vederti sparire chissà dove per chissà quanto tempo. Tra noi c’è stata tensione dal momento in cui sei arrivata, e la colpa è del poco tempo che abbiamo. Se sapessimo di avere di fronte ben due giorni da trascorrere insieme, riusciremmo a conoscerci di .. nuovo. Si tratta solo di noi, noi due e nessun altro, solo per questa volta. È importante per me, Alex, non te lo chiederei se non lo fosse. Non voglio litigare con te, non voglio spaventarti, voglio solo che tu mi dica che avremo questo tempo, il tempo che ci siamo negati per anni». Mi fischiano le orecchie per la confusione, il cuore mi batte all’impazzata. L’elettricità che scorre tra le sue mani e le mie sembra scaricarsi direttamente fra le mie gambe, al punto che temo che lui se ne accorga. Mi stringe i polsi, mi guarda supplice. «Ti prego, Alex, ti imploro… quarantotto ore. Dimmi che resterai». Adesso la mia confusione è totale. Non riesco nemmeno a respirare, figurarsi a parlare. Che.. cosa mi sta facendo? Non l’ho mai sentito così. Così bisognoso, così supplichevole. Forse sta attraversando un brutto periodo, sta affrontando un dolore di qualche tipo e ha bisogno di parlarne. Il cuore mi dice: Sì, si tratta di questo, è il mio migliore amico e ha bisogno di me. Certo, avrei dovuto capirlo prima… Altrimenti perché sarebbe così implorante? È probabile che non abbia molti amici intimi con cui parlare come potrebbe fare con me, soprattutto date le responsabilità e le pressioni a cui è sottoposto a causa del suo lavoro e dei suoi impegni di ricerca. È ovvio che ha bisogno di confidarsi, altrimenti non mi avrebbe messa in questa situazione. E io sono qui a tentennare, a contemplare la possibilità di non correre in soccorso del mio amico,.. del mio migliore amico, proprio nel momento in cui lui ha un disperato bisogno di me. Neanche a dirlo, quando la mia voce comincia ad assecondare la logica del cuore, la battaglia è già persa. «Be’, forse… potrei…». Con la gola serrata, fatico ad articolare le parole e produco un sussurro quasi inudibile. Ma Jeremy mi è così vicino che lo sente. Con l’ansia dipinta sul volto mi chiede: «Hai detto quello che mi sembra di aver sentito?». Sta davvero cercando di farmelo dire un’altra volta? È stata già abbastanza dura la prima. «Devo sapere che me lo prometti. Non hai idea di quanto sia importante per me». Faccio un profondo respiro. «Sì. Mi.. fermo per il weekend», confermo, parlando con maggior chiarezza. Un grande sorriso gli si allarga sul volto mentre mi lascia i polsi, mi fa alzare dal divano e mi prende fra le braccia facendomi ruotare per la stanza. Mi sfugge una risata; la tensione fra noi è finalmente sciolta. «Grazie, Alexandra. Non lo rimpiangerai, te lo prometto». Prende tutto eccitato i due bicchieri colmi di champagne. «Brindiamo. Alle prossime quarantotto ore». Al che non riesco a non pensare: “Oddio…”, ma nonostante tutto brindo con lui e lascio che nuove bollicine vadano a raggiungere le farfalle che già impazzano nel mio stomaco. Prima che.. abbia il tempo di capire in che cosa mi sto imbarcando, lui mi dice in fretta: «D’accordo, AB. Dov’è il tuo telefono?». Ma certo, devo far sapere agli altri del mio improvviso cambiamento di programma. Ed ecco che le possibili reazioni della mia famiglia e dei miei amici cominciano a tormentarmi. «Che cosa dirò? Che penseranno?», penso ad alta voce mentre rovisto nel caos della borsa alla ricerca del cellulare. Nuovi dubbi mi si affollano nella mente. Sto facendo la cosa giusta? È stato un momento di debolezza o il desiderio a farmi dire di sì? Entrambe le cose, è chiaro. «Jeremy, forse non dovrei farlo… non è giusto…». «Niente dubbi, niente rimpianti, AB!». .. Jeremy si precipita accanto a me sul divano, come percependo la mia apprensione e i miei ripensamenti. Mi toglie di mano il telefono e raggiunge a grandi passi la parete opposta. Un cucciolo euforico che cammina su e giù come una pantera, con grazia e disinvoltura impressionanti. «Lascia che mi prenda io cura di te», dice con un largo sorriso. È completamente regredito. Che fine ha fatto il distinto, pluripremiato ricercatore medico, acclamato in tutto il mondo? Mi sembra di essere tornata agli anni dell’università, con il mio sfacciato amico che non la smette di tormentarmi e di mettermi in difficoltà. «Ridammelo, per favore». «Te lo puoi scordare, mia cara. Sei mia .. per tutto il fine settimana. Lo hai detto tu. Non preoccuparti, manderò io un messaggio a tuo nome». Fa sul serio? Non riesco a capirlo. «Sono ancora in grado di mandare un messaggio dal mio cellulare». Cammino verso di lui con la mano tesa, aspettando che mi restituisca l’apparecchio. «Dammelo, ora», dico in tono serio mentre lui schiva e si abbassa, cercando di sfuggirmi e comportandosi da perfetto idiota. «Devo chiamare casa. Jeremy!», lo sgrido mentre continua a correre come un ragazzino da una parte all’altra della stanza. «No, non devi chiamare i tuoi. Mi hai appena detto che sono fuori, in mezzo ai boschi, senza contatti telefonici per una .. settimana. Non c’è alcuna ragione per cui tu debba metterti in contatto con loro o preoccuparti». Ecco spiegato l’acuto interesse con cui ha ascoltato i miei piani settimanali. Dovevo immaginare che c’era sotto qualcosa. «Jeremy, piantala di fare il cretino». La mia voce assume una sfumatura di panico quando lui corre in camera da letto, chiudendosi la porta alle spalle. «Non è divertente. Dammi quello stupido telefono, bastardo!». Mi metto a battere con furia sulla porta, alla quale deve essersi appoggiato con tutto il peso per non farmi entrare. «Oh, ecco la Alex agguerrita che conosco. Ecco la scintilla che speravo di rivedere… ..Ora, chi dobbiamo informare del tuo inatteso cambiamento di programma? Tuo fratello. E Trish, lei avvertirà gli altri… ah, anche Sally. Dovrebbe bastare, ti pare?» «Jeremy, non ti azzardare!», sibilo. Esce dalla stanza, assicurandosi che io resti alla dovuta distanza mentre rilegge il messaggio. Prima che possa intervenire, l’ha spedito. «Lo hai fatto davvero?», balbetto disperata. «Fatto. Sei ufficialmente mia per le prossime quarantotto ore». Ha l’aria del gatto che si è appena pappato il canarino. Poi spegne il telefono, raggiunge il guardaroba, apre l’anta, digita un codice per aprire la serratura di sicurezza, avendo cura.. che io non lo veda. Infila dentro il telefono e chiude lo sportello. Fatto ciò, si volta verso di me e si trova davanti la mia espressione di completo stupore. «Che diavolo credi di fare?», sbotto. «Ho bisogno di avere con me il telefono. Può succedere qualunque cosa». Mi sento come se mi avesse temporaneamente estromesso dalla mia vita. Mi rendo conto che è proprio questo il suo obiettivo. È una strana sensazione, del tutto nuova, quella di essere completamente irreperibile. «Fammi capire, AB. Mi stai dicendo che il mondo non sopravvivrà se il tuo telefono resta spento per un paio di giorni?». Il suo tono di voce e la sua espressione mi dicono ..senza ombra di dubbio che qualsiasi replica sull’argomento sarà fiato sprecato. «Perché mi fai questo?» «Semplice. Sono un egoista. So che sei sempre disponibile per la tua famiglia e per i tuoi amici e non ho intenzione di dividerti con nessuno questo weekend. Il che vuol dire niente interruzioni». Io lo guardo sconcertata. «Quand’è che sei diventato così autoritario e possessivo?» «Ho avuto un’ottima insegnante ai tempi dell’università, e in questi anni ho fatto un po’ di pratica», mi risponde ammiccando. Quando faccio per andare verso il guardaroba, mi stringe quelle braccia tentacolari intorno alla vita e mi solleva in aria per poi farmi planare sul divano. .. «Non credo proprio». Adesso sorride. «Non siamo più all’università, Jeremy. Sono una donna adulta, per l’amor di Dio!». Sembro una maestrina. Lui mi sta di fronte, in piedi, in attesa della mia prossima mossa. «Va bene», dico incrociando le braccia sul petto con evidente disappunto. «Allora ci metti anche il tuo. Quel che è giusto è giusto». Ride. «Devi sempre averla tu l’ultima parola, eh, Alexandra?». Spegne il telefono e con gesti cerimoniosi apre lo sportello con il codice di sicurezza, mette il suo cellulare accanto al mio e chiude di nuovo. «Fatto». 1 La Royal Flying Doctors Service of Australia .. è un servizio di aeroambulanza che offre assistenza medica agli abitanti dell’entroterra australiano che non hanno immediato accesso a un ospedale per via delle distanze proibitive (n.d.t.). Parte seconda .. Non bisogna essere timidi o schizzinosi nelle proprie azioni. La vita è tutta un esperimento. Più si sperimenta, meglio è. Ralph Waldo Emerson «Non è eccitante? Quando è stata l’ultima volta che abbiamo avuto un’occasione come questa per vederci, giocare, parlare e discutere fino al mattino? Sarà uno spasso. Ho pianificato tutto». L’energia che emana, seduto accanto a me sul divano, è quasi contagiosa e io faccio di tutto per restare indifferente. .. «Non so se questo mi fa sentire meglio o peggio». Anche se pronunciate con leggerezza, le mie parole nascondono una profonda verità. Jeremy si accorge che il bicchiere si trova in precario equilibrio nella mia mano che ha ripreso a tremare. Me lo toglie, forse come misura precauzionale. «Davvero, Alex, andrà tutto bene. Per te è stata una decisione difficile, ma sai bene che non ti farei mai del male e che in fondo è una cosa che entrambi desideriamo da tanto tempo. Solo non ne abbiamo avuto l’occasione, quindi viviamo il momento, come direbbe Eckhart Tolle». Si interrompe e mi rivolge un sorriso aperto. «A proposito, grazie per i libri. Contengono molte preziose verità». .. Alzo gli occhi al cielo incredula, ma non posso fare a meno di sorridere. Qualche anno fa gli ho spedito per Natale Il potere di adesso e Un nuovo mondo. Ricordo di averne parlato con lui al telefono, entusiasta di quelle letture e del loro messaggio rivoluzionario. Suppongo di essermelo meritato: deve essere il mio karma che mi sfida. Eccomi qui, in procinto di vivere, grazie a Jeremy, quarantotto ore di adesso che più adesso non si può. «Va bene. Hai vinto», ammetto. «Almeno versami ancora da bere, così non penso alle conseguenze». «Ogni tuo desiderio è un ordine». «Mmh, non ne sono tanto sicura», dico mentre lui mi riempie il bicchiere. Il livello dello champagne nella bottiglia .. scende a una velocità preoccupante. «Vieni. Ti faccio vedere il resto dell’attico, così ti sentirai più a tuo agio». Afferro la mano che mi tende e mi alzo dal divano. L’attico è davvero notevole. Sembra sia stato ristrutturato di recente secondo uno stile eccentrico che ricorda i primi anni Ottanta, non certo il mio genere, ma devo dire che qui fa un certo effetto. La camera principale è arredata in stile ultramoderno, un capolavoro di design. Il letto king size è circondato da una struttura in acciaio di foggia industriale, con una testiera di gusto molto maschile, ma con alcuni minuti dettagli che aggiungono una sfumatura delicata, come di spesso pizzo metallico. Non so dire se la vista di .. un secondo letto simile mi provochi sollievo o delusione. Ci penserò dopo. L’intera suite è più grande di una casa di medie dimensioni. Finito il giro, ci mettiamo a parlare dei vecchi tempi, ridendo di cuore. Era questa la chiacchierata che immaginavo, e finalmente riesco a smettere di preoccuparmi per le conseguenze della mia decisione di restare. Jeremy mi racconta della sua ricerca e del lavoro che sta portando avanti insieme ad alcuni colossi globali, un progetto che lo assorbe moltissimo. Mi dice di aver avuto la possibilità di conoscere tante persone meravigliose, anche se altre si sono rivelate solo individui a caccia di gloria, fama o soldi, certe volte di tutte e tre le cose insieme. Sembra un po’ agitato mentre ne parla. .. «Ma è la vita che mi sono scelto e non voglio che niente e nessuno si metta tra me e i miei obiettivi. È troppo importante». Nella sua voce c’è una determinazione che quasi mi intimidisce. Intuisco che c’è dell’altro, ma la sua espressione tesa mi dissuade dall’indagare più a fondo, e lui sposta abilmente il discorso su di me. Mi chiede dei miei studi e del mio lavoro, e mostra uno straordinario interesse verso il tema delle mie conferenze. Non vorrei annoiarlo con i dettagli, ma lui sembra davvero affascinato dall’idea che le nostre percezioni siano direttamente influenzate da ognuno dei cinque sensi. Mi fa perfino delle domande specifiche su come le sensazioni visive, uditive, tattili, olfattive, gustative e ..cinestesiche interagiscano tra loro. Aggiunge al dibattito un punto di vista medico che per me è prezioso. Avevo dimenticato che magnifico conversatore fosse Jeremy, capace di mettere a proprio agio l’interlocutore, incoraggiarlo ad aprirsi senza mai farlo sentire inferiore, nonostante le sue immense conoscenze. È il genere di conversazione che riesci ad avere con poche persone nella vita, quelle che ti conoscono abbastanza bene da sapere come stimolarti e quali domande farti, e che possiedono anche la maturità emotiva e intellettuale necessaria per essere davvero autentiche. Con un ascoltatore così attento e la mia passione per l’argomento, la nostra discussione va per le lunghe. Decido di aver monopolizzato la scena abbastanza a .. lungo, così mi fermo per dargli la possibilità di cambiare argomento. Noto di nuovo uno scintillio nel suo sguardo e un lieve, malcelato sorriso. «Che c’è? Scusa, ho parlato troppo. Avresti dovuto interrompermi». «Niente affatto, lo sai che mi piace vederti così. Sentirti parlare con tanta passione del tuo lavoro è meraviglioso. Non è da tutti. È una cosa speciale». Mi rivolge un sorriso timido. «Devo confessarti una cosa». «Di che si tratta?» «Oggi ero lì». «Dove?», domando senza capire. «Alla tua conferenza, questo pomeriggio». Lo guardo a bocca aperta. «Eri lì? Oggi? Alla mia conferenza?». .. Sono esterrefatta. «Sì, sì e sì. Lo so, avrei dovuto dirtelo prima, ma volevo vederti nel tuo ambiente». Mi guarda negli occhi, affettuoso. «Sei stata grande, Alexandra, hai incantato il pubblico, hai stimolato un bel dibattito. Studenti e membri della facoltà erano completamente conquistati da te. E anch’io». La sua voce trasuda sensualità. Stavolta sono davvero senza parole. Il grande Jeremy Quinn a una mia conferenza. Incredibile! Sollevo il bicchiere con un gesto meccanico e lo vuoto in un sorso. Anche Jeremy solleva il bicchiere verso il mio, in un brindisi silenzioso, e beve tutto d’un fiato. D’un tratto avverto l’effetto di tutto lo champagne ..che ho bevuto. Non che sia spiacevole, a parte il bisogno urgente di andare in bagno. Mi scuso e mi alzo. Dopo aver fatto pipì mi accorgo che il bagno è più grande della mia camera da letto, con marmi grigi, bianchi e azzurri disposti a comporre un bel disegno. È dotato di tutti i comfort che ci si aspetta di trovare nella suite dell’attico di un hotel a cinque stelle: boccette di crema per il corpo, shampoo, balsamo, gel doccia, prodotti di bellezza e cuffie da bagno racchiuse in scatole dai colori pastello talmente belle che sarebbe un peccato aprirle. Sto guardando con desiderio l’immacolata vasca ovale, quando Jeremy bussa alla porta offrendosi di prepararmi un bagno. «Sei diventato anche un veggente dall’ultima ..volta che ti ho visto? C’è qualcos’altro che devo sapere?». Ride. «So che hai avuto una lunga giornata, e se ricordo bene ti piace fare il bagno per rilassarti. E poiché io ho tutto l’interesse a farti rilassare il più possibile, sarò felicissimo di preparartene uno. Come ai vecchi tempi». È strano, le sue parole mi suonano familiari, nonostante siano trascorsi tanti anni dall’ultima volta. «L’idea mi piace. Ma sei sicuro? Posso farlo io». «Alex, fammi un favore: per questo weekend lasciati servire». Entra nel bagno. «Non accetto obiezioni e intendo sfruttare appieno ogni ora che trascorrerò con te. Ora, sarebbe un piacere per me prepararti un bagno, perciò perché non vai a prendere le.. tue cose?». Ancora una volta mi ritrovo a guardarlo meravigliata. Sto sognando? Sta succedendo sul serio? Esco dalla stanza da bagno diretta all’enorme guardaroba in cui è stata lasciata la mia valigia. Mentre mi concedo qualche secondo per ammirare la pura e semplice opulenza della suite, sento la voce di Jeremy sovrastare lo scroscio dell’acqua. «Disfa la valigia, ti prego. Voglio essere sicuro che non te la svignerai nel corso del weekend». Mentre inizio a fare come ha detto, mi domando se ha sempre avuto questa capacità di dirigere le persone. Probabilmente sì. Non che sia arrogante, è solo difficile dirgli di no. Obbediente come non mai, tiro fuori vestiti, scarpe, l’astuccio con i prodotti da bagno e lascio .. le mie carte nella valigetta. Sto per uscire dalla stanza quando vedo il telefono sul comodino. Approfittando del rumore dell’acqua che scorre, corro a sollevare la cornetta. Non c’è niente di male se cerco di lasciare un rapido messaggio a Robert e ai ragazzi, giusto nell’eventualità che siano raggiungibili. Mi risponde una voce femminile. «Buonasera, dottor Quinn. Che cosa posso fare per lei?» «Oh!», dico sorpresa dalla voce all’altro capo della linea. Non mi aspettavo che ci fosse un operatore, ed è chiaro che non sono il dottor Quinn. Proprio in quel momento Jeremy si materializza alle mie spalle, mi cinge la vita con le braccia e mi toglie di mano la cornetta. .. «Scusi per il disturbo, non ci serve nulla al momento e per favore non faccia partire telefonate dall’attico, a meno che non lo richieda io personalmente». Sento la donna replicare: «D’accordo, dottor Quinn. Le auguro una buona serata». «Grazie, me la auguro anch’io». E riattacca con un gesto posato. Mi sento come un bambino colto in flagrante da un adulto mentre mangia le caramelle di qualcun altro, e divento subito rossa come un peperone. Non sono mai stata brava a nascondere l’imbarazzo e la vergogna. Se si tratta di Jeremy, poi… Non riesco a credere di sentirmi così in colpa solo per aver tentato di fare una telefonata. Non dico una parola. Lui mi cinge la vita con le braccia e mi .. strofina il naso contro il collo inspirando a fondo, poi dice: «Riprovaci un’altra volta e il tuo bel culetto diventerà dello stesso colore che ha adesso la tua faccia». A queste parole sento il cuore battermi più forte e il sangue scorrere più in fretta, ma con mio stupore e orrore anche i capezzoli non restano indifferenti ai suoi sottintesi. Perché mi sta facendo questo? Mi bacia piano il collo e poi mi guida in silenzio fuori dalla camera da letto. Mentre torniamo in salotto, noto che c’è della musica in sottofondo e un vassoio di fragole ricoperte di voluttuoso cioccolato sul tavolo tondo. Decido che è meglio sorvolare sul suo ultimo commento. «Posso?», dico indicando le fragole. «Ma certo», replica. «Sono lì per essere mangiate». Perché detto da lui .. suona così equivoco? «Sembrano deliziose». Dall’ora di pranzo ho mandato giù solo champagne. Il sapore delle fragole è all’altezza del loro aspetto, e lo strato di cioccolato che le ricopre è semplicemente divino. Chiudo gli occhi e le assaporo. Jeremy mi sfiora un angolo della bocca con un tovagliolo, asciugando con cura una goccia di succo di fragola. Quel semplice gesto è tanto seducente che mi tremano le gambe e succhi d’altro genere cominciano a formarsi tra le mie cosce, anche se la mia mente nega con fermezza che stia succedendo. Lui fa quel suo sorriso incantevole mentre mi offre il vassoio, come se conoscesse a menadito le reazioni del mio corpo. È come se .. fossi stata catapultata in un film e stessi interpretando il ruolo principale in una sofisticata commedia sentimentale hollywoodiana. Mi appare tutto talmente improbabile che mi sfugge una risatina nervosa. Non sono cose che capitano tutti i giorni mentre fai il bucato, metti in ordine e vai a prendere i bambini a scuola. Jeremy mi guarda perplesso, come se non riuscisse più a indovinare i miei pensieri. «Non preoccuparti, stavo solo facendo qualche riflessione sulla vita». Non menziona la telefonata, ed è un sollievo, perché non voglio rovinare l’atmosfera. «Bene, a meno che non desideri mangiare subito qualche altra fragola, il tuo bagno è pronto». Quando apre la porta, lo scenario che ho di fronte mi .. riporta all’istante in atmosfere hollywoodiane. Devo essere finita in un nuovo programma dal titolo Pretty Woman per un giorno. Non sarà il caso di chiuderla qui, visto il senso di colpa che mi pungola il cuore? Entrando nella stanza da bagno devo materialmente darmi un pizzico per verificare che non sia un sogno. «Caspita, è davvero… è perfetto… stupendo». Sono così sbalordita dallo spettacolo principesco che ho davanti agli occhi, che non riesco ad articolare le parole. «È incredibile, Jeremy. Davvero incredibile». Mi guardo intorno nella stanza, illuminata magicamente dalla luce delle candele sparse ovunque. Il profumo è inebriante.. ma non prevaricante, con aromi di lavanda e gelsomino, forse anche un sentore di fresia. I miei preferiti. Come fa a ricordare dettagli tanto minuscoli dopo tutto questo tempo? Una tale esperienza creata apposta per me mi provoca un delizioso stordimento. «Vieni. È stata una lunga giornata. È il momento di rilassarsi». Si porta con dolcezza le mie mani alle labbra, le bacia entrambe ed esce, lasciandomi a guardare meravigliata ciò che mi circonda. Mi svesto con calma, mi tolgo le scarpe con il tacco, le calze, la gonna, poi mi sbottono la camicetta. Mi slaccio lentamente il reggiseno, me lo tolgo e lascio cadere a terra gli slip. Non voglio rovinare la scena con movimenti bruschi. Non vedo l’ora di immergermi in quest’acqua.. splendida, fumante, profumata. Appena il mio corpo entra in contatto con essa, la tensione comincia subito a sciogliersi. Non c’è niente di meglio di un bagno caldo alla fine di una giornata intensa, e questa è stata senza dubbio una giornata ricca di sorprese inaspettate. Mentre mi lascio avvolgere dall’acqua schiumosa, mi rendo conto che la stanchezza non è solo fisica, ma che fin dal mattino ho vissuto in una specie di subbuglio emotivo. Sono felice di avere un momento di solitudine per rilassarmi e cercare di placare le emozioni. Mi sfugge un lungo sospiro. Il mio corpo si sta liberando della tensione, la quiete intorno a me è totale. Proprio quello di cui ho bisogno. Chiudo gli occhi e lascio che i pensieri si disperdano… pura beatitudine. Forse mi.. sono appisolata, perché mi accorgo a malapena di una leggera increspatura dell’acqua, che non basta a riscuotermi dal mio piacevole torpore. Poi una mano mi solleva il piede e inizia a massaggiarlo lentamente, ma con decisione. Apro gli occhi, scioccata dall’audacia della scena che mi trovo davanti. «Ma quando…? Come…?», balbetto. «Shh. Rilassati e basta. Sembri così serena. Non voglio disturbarti, voglio solo farti stare ancora meglio», dice Jeremy in tono pacato, gentile. «Ma… ma, insomma, Jeremy, sei dentro la vasca!», protesto sconcertata. Ma lo sono davvero? Molti anni fa accadeva di frequente e non mi avrebbe procurato alcuno shock. E, se devo essere proprio onesta con me stessa, che cosa mi .. aspettavo da questo weekend? I ricordi che mi fluttuano nella mente sono molto diversi dalla realtà che mi circonda. A differenza del passato che abbiamo condiviso, il presente può avere ripercussioni molto serie. Sono terribilmente confusa. La sorpresa si trasforma pian piano in uno stato di sognante offuscamento, grazie ai profumi che mi si insinuano nelle narici e nel cervello e al vapore irreale che avvolge i nostri corpi. I massaggi ai piedi di Jeremy sono sempre stati favolosi e la sua abilità non è diminuita negli anni. Anzi, si direbbe il contrario. Le sue dita fatate, all’altra estremità della vasca, mi manipolano sapienti le piante dei piedi. Poso di nuovo la testa sul bordo della vasca ed emetto un profondo sospiro, .. abbandonandomi a quelle sensazioni. Chi voglio prendere in giro? «Brava, mia cara, rilassati… smettila di opporti. Mi occuperò io di ogni cosa». Nonostante la stazza di Jeremy, nella vasca c’è ancora spazio. Potrebbe ospitare anche tre o quattro persone, ma a questo non voglio pensare. Mentre anche l’altro piede comincia a sciogliersi, liberando tutta la tensione al tocco miracoloso delle dita di Jeremy, mi accorgo di sfuggita che sto scivolando involontariamente verso di lui. Adesso mi trovo accoccolata tra le sue gambe, in questo bagno da sogno in cui l’acqua ha raggiunto la temperatura perfetta per noi due. Ormai sono in uno stato di torpore letargico grazie all’azione combinata .. dello champagne, del vapore, delle candele, del profumo e adesso anche del massaggio ai piedi. Riesco a malapena a emettere qualche suono per protestare; muovere qualche parte del mio corpo è fuori discussione. Con dolcezza Jeremy mi passa sul braccio un piccolo panno di velluto viola, poi, lentamente e con cura, si dedica alle spalle. Respiriamo all’unisono e il livello dell’acqua sale e scende al ritmo delle nostre inspirazioni ed espirazioni. Questo finché lui non comincia ad accarezzarmi il seno. Mi contraggo mentre le sue dita mi sfiorano con delicatezza i capezzoli, provocando una reazione istantanea. Una volta ottenuto l’effetto che cercava, Jeremy inizia a massaggiarmi il seno con i palmi delle.. mani. Ho il fiato corto e il battito accelerato. Non posso più negare l’effetto del suo tocco sul mio corpo. Sento un lungo sospiro e mi accorgo solo dopo che sono stata io a emetterlo; che strana sensazione, sembra sia uscito dal corpo senza preavviso. Sono già così fuori controllo? «Adesso va meglio», lo sento dire. «Non è tanto male, no?» «È così che vuoi farmi sentire?», replico ansimante, mentre le sue mani continuano a darsi da fare. «E come ti senti?». Se fossi stata più lucida, avrei saputo che era in arrivo una domanda del genere. E avrei saputo che si aspettava una risposta. Ci penso su un attimo e poi gli dico la verità. «Nervosa, emozionata, rilassata, .. confusa, deliziata… mi vengono in mente tutte queste cose… sembra che il corpo abbia ordinato alla mente di lasciar perdere tutto». «Mmh, sì. È pressappoco ciò che volevo. E ti piace?» «Credo di sì, ma questo non so dirtelo con precisione, al momento». Mi sfiora la nuca con le labbra mentre le dita esplorano il resto del mio corpo, oltrepassando la pancia e insinuandosi tra le cosce. Il dolore sordo che mi pulsa tra le gambe cresce nella spasmodica voglia di qualcosa di più. Mi si offusca la vista mentre mi abbandono al suo tocco, il corpo di Jeremy è sodo, spruzzato di una soffice e gradevole peluria. Il mio risponde con slancio alle.. carezze. Proprio quando stanno per arrivare alla loro agognata destinazione, le sue dita si fermano, indugiano. «Dottoressa Blake, posso farti una domanda? Mi interessa molto la tua opinione professionale». «Certo», dico con tutta la calma che riesco a mettere insieme viste le circostanze. Non posso credere che abbia scelto proprio questo momento per iniziare una conversazione “professionale”. Il cuore mi batte al ritmo del pulsante dolore tra le cosce. «Bene, ti ringrazio». Sembra compiaciuto. «Vedi, c’è una bellissima donna che ha acconsentito a restare in mia compagnia per le prossime quarantotto ore…». Gemo esasperata, ma lui prosegue. ..«Ci troviamo nella suite dell’attico del miglior albergo di Sydney. Lei è sexy da impazzire e io non voglio sprecare nemmeno un attimo del tempo che abbiamo a disposizione». «Lo so che non vuoi perdere tempo, Jeremy! Qual è il punto?». Alzo gli occhi al cielo sforzandomi di mantenere un tono indifferente, cosa praticamente impossibile vista la sapiente sinfonia di carezze che sta orchestrando. Cerco di stare al gioco, ma in cuor mio spero che si decida a passare ad altro il più in fretta possibile. «Ecco, vedi, ha difficoltà a staccare la spina. Non mi sembra disposta a immergersi del tutto nell’esperienza che le sto offrendo. Un’esperienza di quelle che capitano una volta sola nella vita». Cerco di ..mettere qualche centimetro tra noi per poterlo guardare bene in faccia, ma sono ancorata saldamente tra le sue gambe. Jeremy mi tiene un braccio intorno al petto e l’altro sotto il sedere, mentre le sue dita non fanno che giocare, accarezzare, titillare… Oddio, avevo dimenticato quanto fosse bravo in questo. Stringe la presa appena intuisce le mie intenzioni. «Ha detto che lo farà», prosegue come in una cantilena, «però, vedi, io la conosco bene. So che ciò che le ho proposto va contro la sua natura, forse perfino contro i suoi valori, ecco perché per lei è tanto difficile lasciarsi andare, anche se so che desidera con tutta se stessa vivere l’esperienza che le sto offrendo». Mentre snocciola con voce monocorde .. il suo tranquillo monologo, il dito, lì sotto, si muove a un ritmo sempre più intenso. La sua stretta è solida e ferma. Il suo odore, la sua pelle, la sua voce… sto impazzendo. Deve essere un sogno. Queste cose non succedono nella vita reale, no? «Poi oggi pomeriggio ho assistito alla conferenza di una psicologa, una certa dottoressa, nella speranza che mi desse un consiglio, una qualche idea per risolvere il problema. Dovresti conoscerla, a proposito, credo che ti piacerebbe», dice con la massima calma. Dio, come se la gode! Io, del resto, non posso fare altro che stare al gioco. «E te l’ha dato, un consiglio?», domando con voce roca mentre vorrei .. soltanto gemere, non so nemmeno io se per la voglia frustrata o per il piacere. In un modo o nell’altro, sono alla completa mercé delle sue mani, della sua voce. «In effetti sì, e credo che lo seguirò». Altre dita iniziano a darsi da fare tra le mie cosce, mentre l’altra mano mi sta pizzicando e tirando i capezzoli, come a risvegliare il corpo e a tacitare la mente. Le carezze si fanno più decise, sento i capezzoli e il ventre pulsare all’unisono. I suoi movimenti mi sollevano nell’acqua, e mi appoggio a lui. Mentre l’acqua si raffredda, il mio corpo si scalda come una teiera fumante posata sul fuoco. «Così ho deciso che per questo fine settimana la priverò di uno dei cinque sensi. La ricerca sul campo condotta dalla dottoressa mi .. assicura che in questo modo otterrò due vantaggi. Per prima cosa, i sensi rimasti risulteranno amplificati in maniera notevole, il che fa buon gioco al mio obiettivo, tu che ne pensi?». Si interrompe. Non riesco più ad ascoltarlo con attenzione. «E poi la sua esperienza sensoriale sarà infinitamente più intensa, al di là di ogni confine e singola percezione. Da non crederci: tutti i miei problemi risolti da questa donna eccezionale!». Sussulto, trasalgo, per poco non soffoco per ciò che ho sentito. Mi sta torcendo e massaggiando i capezzoli quasi come a saggiarne l’elasticità, e la mia schiena si inarca al suo tocco. Jeremy continua, tutto preso dal discorso. «Ho riflettuto sui cinque sensi e alla fine ho.. optato per quello su cui la dottoressa ha basato la sua ricerca, quello che senza dubbio influisce più degli altri sulle percezioni». Con l’altra mano sta esplorando gli anfratti nascosti della mia vagina, massaggiandoli piano, con dolcezza, ed evitando apposta la zona che urla di desiderio. Adesso non sono più semplicemente un cervo con i fari puntati addosso; sono stata caricata e legata sul tetto dell’auto. Maledetto, che cosa mi sta facendo? E maledetto il mio corpo che lo asseconda! Non controllo più il respiro, sono prigioniera dell’incantesimo della sua scienza e della sua esperienza. «Sai, lei è un tipo che si affida molto agli occhi e credo davvero che se venisse privata della vista…». Non riesco più a sentire quello che .. dice. Respiro a fatica e in fretta, nel tentativo disperato di portare ossigeno ai polmoni, al cervello. Le sue dita si fermano. Sto per iperventilare. «Dio mio, Alex, sei ancora più sensibile di prima al contatto fisico, non lo credevo possibile. Le sensazioni ti si propagano come onde lungo il corpo. Mi stai distraendo dalle mie conclusioni». Io sto distraendo lui? Deve essere pazzo. La pausa si prolunga abbastanza da permettermi di respirare. Ma non tanto da riuscire a prevenire quanto sta per dire e fare. «Perciò, quella donna deve promettermi due cose. Di rinunciare alla vista per tutto il fine settimana e di non .. fare domande. Un fine settimana che andrà oltre tutte le sue aspettative. Sbaraglierà ogni confine che si è imposta. Sarà un’esperienza incredibile che la conquisterà, ne sono assolutamente certo… è una cosa tanto semplice che non riesco a capacitarmi di non averci pensato da solo…». La voce gli si spegne in un sussurro mentre mi soffia nell’orecchio e con i denti e la lingua mi flagella il lobo. Le dita hanno ripreso a pieno ritmo il loro lavoro, penetrando ma arretrando un attimo prima di procurarmi il sollievo che ormai agogno. Il mio corpo si appresta a esplodere. Poi sento la sua voce, chiara e nitida. «Alexandra, promettimelo adesso». Lo dice in tono deciso, perentorio. «È .. semplice. Non vedrai. Non farai domande. Per quarantotto ore». Il turbinio di sensazioni che imperversa dentro di me mi impedisce di ponderare bene la situazione. I miei pensieri, il mio corpo, il mio cuore sono tutti rivolti a una e una sola cosa, la fine di questa dolce tortura. Non so se amo o odio Jeremy per essere in grado di ridurmi in queste condizioni. Lo è sempre stato, lui e nessun altro. Mi sento sempre così inerme con lui, così dipendente dalla sua prossima mossa. È come se il mio corpo privasse la mia mente di ogni potere. «Promettimelo». L’ordine, pronunciato con voce bassa e profonda, penetra le nebbie del mio stordimento. Oddio, la voglia che mi pulsa dentro ormai sta diventando straziante, mentre la .. stanza prende a girarmi intorno. È troppo per me, un fuoco mi divampa dentro, il vapore mi avvolge tutta. Protendo il bacino per trovare il contatto di cui ho bisogno per placare la furia che Jeremy ha evocato con sapienza. Ma mi viene fisicamente impedito. I miei goffi tentativi non fanno che rafforzare la sua determinazione, la sua presa su di me si stringe ancora di più. «Promettimelo, adesso». È un ordine irrevocabile. «Va bene, sì… io… te lo prom…». Non riesco a completare la frase, che si spegne in un brontolio confuso. «Oddio…», gemo. È spietato! «Più forte!». La sua voce mi rimbomba nelle orecchie come un tamburo tribale che batte a un .. ritmo incalzante… «Te lo prometto!», ansimo. «Te lo prometto!», ripeto con un sospiro. «Farò tutto quello che vorrai… per questo weekend. Basta che adesso…». A queste parole Jeremy mi affonda il dito nella vagina, procurandomi l’orgasmo che il mio corpo desidera in modo spasmodico, disperato. Mi sfugge un grido primordiale… «Ti ringrazio, mia cara, problema risolto», gli sento dire in un sussurro civettuolo e lontano. Ha trovato il punto più sensibile del clitoride e sta scatenando una nuova serie di spasmi che mi fa scorrere altra linfa lungo le cosce, spedendomi in una nuova spirale di passione sfrenata. Senza nemmeno fermarmi a soppesare le conseguenze.. di quello che mi è appena uscito di bocca, mi addentro avida oltre i cancelli del piacere che Jeremy ha abilmente costruito, vigilato e infine aperto. *** Una volta tornata nel mondo reale, non so dire per quanto tempo sia durata la mia deriva. Vedo che la pelle ha iniziato a raggrinzarsi, perciò deve essere passato un bel po’ di tempo. La mia coscienza pian piano si risveglia. «Stai bene? Sei stata stupenda». Mi stupisco nel sentire la sua voce. Ah, sì, sono qui, tra le braccia di Jeremy, nella vasca da bagno. Sono ancora tutta morbida e calda e intorpidita, sto ancora fluttuando in una nebbia di voluttuoso delirio. .. «Sto benissimo, e tu?» «Usciamo dall’acqua, se non vogliamo prenderci un raffreddore». Mi tira fuori dalla vasca prendendomi in braccio senza sforzo, e poi mi avvolge un asciugamano intorno alle spalle. È spesso e soffice, e mi lascio abbracciare dal suo calore. Ci guardiamo riflessi nello specchio. Jeremy è alle mie spalle e mi abbraccia. A vederci così, la differenza di statura sembra enorme e, per qualche strana ragione, vorrei indossare delle scarpe con il tacco per attenuare la disparità tra noi. Non riesco a non pensare al fatto che è nudo, il che mi fa letteralmente tremare le gambe. Con un movimento lento, mentre ci guardiamo nello specchio, Jeremy lascia cadere a terra l’asciugamano, in un gesto .. naturale ma non casuale. Resto a guardare i nostri corpi nudi riflessi nello specchio. C’è estasi nei suoi occhi. Non ci diciamo nulla, ma ci guardiamo pieni di desiderio, stupefatti dell’intensità del nostro legame. «Sei ancora più straordinaria di come ti ricordassi». È Jeremy a rompere finalmente il silenzio. «Sei sempre stato troppo bello, Jeremy, e continui a esserlo», replico spostando il discorso su di lui. «Alexa, apri gli occhi e guardati davvero». Si è accorto che mi sto sforzando di guardare tutto eccetto il mio riflesso. Mi spinge verso lo specchio a figura intera, e non mi resta altra scelta che starmene lì, faccia a faccia con me stessa. Certe volte è meraviglioso che gli altri ti vedano in modo diverso da come ti .. vedi tu. Curiosamente, mi ritrovo a cercare nell’immagine riflessa le tracce delle mie due gravidanze. Un pensiero che non mi aveva mai sfiorata prima. Per fortuna la luce gioca a mio favore. Mentre questi pensieri mi attraversano la mente, Jeremy unisce le mie mani e me le fa alzare fin sopra la testa, spingendomi a sollevarmi sulle punte. Quando mi piega le braccia all’indietro in modo da spingere i gomiti in alto, più nulla nasconde il riflesso del mio viso mentre il corpo è adagiato su quello di lui. Jeremy è irresistibile, eretto, virile. La vista di noi due, nudi nello specchio, illuminati dalle candele, mi mozza il fiato tanto è sensuale. Il magnetismo tra noi è palpabile. Mi affascina questa vicinanza, questa intimità, .. e mi concedo di indugiare sull’immagine che ho davanti agli occhi. È un esperimento interessante, stare a guardarsi in questo modo, penso, passando a una prospettiva clinica. Lungi dall’essere qualcosa da evitare a ogni costo, l’intensa carica erotica dei nostri corpi fumanti nello specchio emana energia sessuale, soprattutto considerato che siamo reduci da un meraviglioso orgasmo. «Voglio che conservi questo momento nella memoria. Prenditi un attimo per capire davvero quanta bellezza c’è in te. Quelle guance rosse, ardenti di desiderio, di voglia. Ricorda che questa sei tu, una creatura infinitamente sessuale e sensuale. Non ho mai desiderato nessuna come desidero te». Sento la .. sincerità delle sue parole e allo stesso tempo la sua virilità gonfiarsi dietro di me. Riconosco a stento la donna nello specchio. Chi sono io? Il tempo si è fermato. Non so nemmeno quanto tempo sia passato quando mi lascia e mi avvolge di nuovo l’asciugamano intorno alle spalle. «Ho delle cose da organizzare e immagino tu voglia restare un po’ da sola. Fa’ con comodo. Come vedi c’è un po’ di tutto. Appena sarai pronta, troverai una sorpresa ad attenderti qui fuori». Jeremy mi bacia l’interno dei polsi e si chiude la porta alle spalle. Lo stomaco ricomincia a farsi sentire, così come il bollore che ho tra le cosce e i seni gonfi. Come fa a ridurmi in questo stato? .. Poso entrambe le mani sul marmo freddo del lavandino per sostenermi. Mi guardo allo specchio, fissandomi negli occhi. Trasudo energia, euforia. Non ricordo di essermi mai sentita tanto viva prima d’ora. La mia parte razionale cerca in tutti i modi di ritrovare l’equilibrio e la lucidità. Che sto facendo? Purtroppo però sono le ragioni del corpo a prevalere, e con un sospiro decido di abbandonarmi senza remore al momento presente. Jeremy aveva ragione a proposito del bagno e di com’è ben attrezzato; è incredibile la quantità di dettagli che è riuscito a ricordare. Bigliettini scritti a mano sparsi un po’ ovunque. Il profumo Jo Malone, una grossa, bellissima bottiglia della mia fragranza preferita e una collezione di bottigliette più piccole. .. Della crema per il corpo, che la mia pelle assorbe con un’avidità tale che decido di concedermene un altro strato. Un kit di cosmetici di Yves Saint Laurent completo di fondotinta, correttore, eyeliner, rossetti, matite per le labbra, mascara, il tutto in sfumature adatte al colore della mia pelle. C’è tutto ciò di cui potrei aver bisogno per un weekend e oltre. Decido di divertirmi e di provare ogni cosa. Mi sembra di essere nel paradiso dei cosmetici a fare man bassa di trucchi e prodotti per la pelle. Mi sfuggono dei gridolini di gioia mentre apro scatole e scatoline e provo una serie di fantastici prodotti di cui ho visto la pubblicità sulle riviste patinate, ma che non ho mai avuto nel mio bagno. Probabilmente trascorro un po’ troppo .. tempo persa nel mio personale luna-park cosmetico, perché a un certo punto sento bussare alla porta con discrezione. «Alex, tutto bene lì dentro, vero?». La voce di Jeremy penetra con dolcezza nella mia atmosfera edonistica. «Oh, sì, scusa. È che non riesco a crederci. Come hai trovato il tempo? E come facevi a saperlo? Voglio dire, sono passati così tanti anni… È davvero fantastico, mi sento come una bambina che apre i regali e trova tutti i suoi giocattoli preferiti». Sto parlando a raffica. «Domande, domande…», mi rimprovera Jeremy con una risatina in cui però mi sembra di percepire una velata minaccia, e subito mi gelo. Mi torna in mente il suo discorso nella vasca da bagno, la promessa che mi ha .. strappato in un momento di debolezza e di desiderio. Mi viene la pelle d’oca; mi irrigidisco come un gatto che ha percepito il pericolo. Di che parlava, prima, nella vasca? Stava scherzando, vero? Non era serio quando diceva di volermi privare della vista e della facoltà di fare domande per tutto il weekend, no? Siamo troppo vecchi per questi giochetti. O no? Il ricordo della prima e unica volta che ho cercato di sottrarmi a una promessa fatta a Jeremy, quando eravamo all’università, non contribuisce a tranquillizzarmi. Stranamente, non rammento con esattezza i dettagli della promessa in sé; invece le imbarazzanti conseguenze del mio rifiuto mi si sono impresse nella memoria. «Allora hai deciso? Vuoi sottrarti al .. nostro accordo?», chiede Jeremy incredulo, troneggiando su di me. Siamo nell’atrio della facoltà, appena fuori dall’aula magna. Annuisco. Lui per tutta risposta mi carica in spalla, mi afferra le caviglie e mi lascia scivolare lungo la sua schiena, come fossi un sacco. Mi ritrovo a penzolare a testa in giù, con tutti intorno che ci guardano. «Mettimi giù, bastardo! È imbarazzante!», grido cercando di divincolarmi, di raddrizzare la schiena. «Non puoi farlo, è una violenza. Mettimi giù!», urlo ancora più forte. «Posso farlo e lo farò, finché tu non manterrai la tua promessa». Gli altri mi guardano ridendo. Sanno tutti che siamo amici, che stiamo solo giocando. La .. maglietta mi è scivolata fin sulle spalle a causa della forza di gravità e mi affretto a rimetterla a posto per non dare pubblico spettacolo della mia biancheria intima. Con una mano colpisco lui e con l’altra cerco di tenere a posto la maglietta. Per fortuna indosso i jeans. Jeremy comincia a camminare. «Che stai facendo? Tu sei matto!». È difficile imprimere alla mia voce il tono severo che vorrei assumere mentre rimbalzo a testa in giù contro le sue gambe. Sono fuori di me dalla rabbia. Procediamo lungo i corridoi mentre lui scambia addirittura qualche chiacchiera disinvolta con i compagni che incrocia, come se non ci fosse niente di insolito nel fatto che io me ne stia buttata sulla sua schiena a mo’ di sacco di patate. I suoi amici .. si limitano a una risatina quando li informa che mi sta solo accompagnando alla mia prossima lezione. Se potessi, in questo momento lo prenderei a sberle. Il sangue mi è affluito alla testa, facendomi somigliare a un pomodoro maturo. Arriviamo nell’aula e lui mi deposita con cura su una sedia della prima fila. Fa un cenno al professore dietro il leggio, come se fosse tutto perfettamente normale. Si china verso di me, mi prende le mani tra le sue e dice con un sorriso: «Vengo a prenderti alla fine della lezione». «Non dici sul serio!», sibilo sputando veleno. «Oh, sì invece, miss Alexandra». Lo guardo con odio, mentre il professore inizia la lezione. «Bene, cominciamo,.. abbiamo molto di cui parlare oggi». Al che Jeremy mi stampa un bacio sulla guancia e mi fa ciao ciao con la mano. Sono così imbarazzata che sprofondo nella sedia, rifiutandomi di guardare in faccia chiunque. Muovendo il piede mi accorgo che la mia borsa si trova sotto la sedia su cui mi ha depositata. Organizzazione impeccabile. Non riesco a concentrarmi sulla lezione nemmeno per un minuto. Sono completamente assorbita da due priorità: evitare Jeremy e vendicarmi. Come ha osato farmi questo? Scrivo un biglietto a un’amica chiedendole di prestarmi gli appunti che prenderà durante il resto della lezione. Mi dico che una fuga anticipata è l’opzione più sicura, nel.. caso in cui sia davvero intenzionato a venirmi a “prendere” più tardi. Quindici minuti prima della fine, mi alzo con discrezione. Mi dirigo a passo felpato verso la porta posteriore, che mi sembra la via più sicura. Una volta fuori, perlustro il corridoio vuoto e mi congratulo con me stessa per aver sventato i piani di Jeremy. Comincio a camminare con piglio deciso, fumante di rabbia. Ho appena preso velocità e sto allungando ancora il passo, quando i piedi mi si staccano dal pavimento, così all’improvviso che mi gira la testa. «Che cavolo…», esclamo. «Ehi, splendore, non avrai davvero creduto di farmi fesso, spero». Jeremy mi ha messo nella stessa identica posizione di prima. Da dove accidenti è.. uscito? Mi porta così, in spalla, tenendomi per le caviglie, fino alla caffetteria. I ragazzi applaudono e sorridono, divertiti da quell’esibizione di virilità. Io sono a dir poco fuori di me dalla rabbia. Vengo depositata su una sedia e tenuta ferma per le spalle e per i polsi. Sa fin troppo bene che me la darò a gambe non appena mollerà la presa. Guardo torva i suoi amici riuniti intorno al tavolo, i loro malcelati sorrisetti mentre fingono di guardare altrove. Arrivano Patrick e Neil e mi posano un vassoio davanti: Jeremy deve avermi ordinato il pranzo in anticipo, in modo da non essere costretto a togliermi le mani di dosso. Le loro facce divertite non lasciano dubbi su quanto trovino spassosa tutta questa situazione. Jeremy sa che approfitterò della sua prima .. distrazione. «Non ci provare, AB, non farai che peggiorare le cose». «E di preciso, quanto credi di poter andare avanti così, Jeremy?», domando con voce glaciale. «Esattamente il tempo che tu impiegherai a rispettare la tua promessa, mia cara», dichiara. E che mi prenda un colpo se non è capacissimo di mantenere la parola. Questa storia di portarmi in spalla su e giù per le lezioni va avanti per tutto il giorno. Alla fine l’idea di essere portata come un sacco di patate nell’aula dove si tiene l’ultimo seminario della giornata, il mio preferito, Psicologia della sensazione e della percezione, mi appare insostenibile, soprattutto perché è una .. classe piccola, di sole dodici persone. «Va bene, Jeremy, può bastare. Smettila. Ho imparato la lezione. Hai vinto tu». Mi posa a terra, in piedi, con delicatezza. «Mi fa piacere che tu sia tornata in te, AB, perché sono certo che quello che avevo in mente per te stasera non ti sarebbe piaciuto». «Santo cielo, sei davvero spietato!». «Non sono il tipo che si arrende, hai ragione. Ma sono più incline a definirmi “tenace all’occorrenza”». «Come ti pare. Adesso però lasciami andare a lezione», cerco di scaricarlo. «Sicura che non ti serva un passaggio? Ho le gambe più lunghe delle tue». Il suo sorriso sfacciato è talmente carino che.. non riesco a non ridere, anche se sto facendo di tutto per mostrarmi furiosa con lui. «Molto divertente. Ciao!». Il ricordo è così nitido, così intenso, che è come se fosse successo ieri. Com’è possibile? Quell’episodio non mi tornava in mente da anni, anche dieci forse. Scuoto la testa sforzandomi di non pensare al passato e di ignorare il possibile significato di tutto questo. *** «Ce la fai a essere pronta fra poco?» «Sì, certo». Provo un’ondata di sollievo. Non ha detto nulla della promessa, per fortuna. Rimetto in fretta tutti i flaconcini nell’astuccio e avvito i coperchi dei.. vasetti. Uso particolare cura nel riporre il profumo, perché è davvero delizioso e vorrei portarmelo a casa. «Mi asciugo i capelli ed esco fra un minuto». Trovo il phon, butto la testa in avanti e mi asciugo la parte più umida dietro la nuca. Sono più ribelli del solito, ma decido lo stesso di tenerli sciolti sulle spalle, a coprirmi appena le scapole. Il mio viso e il mio corpo risplendono e non posso fare a meno di sorridere alla vista della persona che mi fissa dallo specchio. Cosa c’è di meglio di un hotel a cinque stelle, champagne francese, un orgasmo che sembra mandato direttamente dal paradiso e una stanza da bagno piena dei migliori prodotti di bellezza esistenti al mondo per far sentire al settimo cielo una donna almeno per qualche ora? Afferro un morbido ed.. enorme accappatoio (chissà perché non li fanno di una misura che possa andar bene a una donna di media corporatura), lo indosso ed esco da quel ricettacolo di meraviglie per tuffarmi nella fredda eleganza della suite, tra le braccia di Jeremy. «Sembri euforica», dice lui mentre mi stringe forte a sé. «Mi sento una peccatrice. È tutto molto decadente». Ricambio il suo abbraccio e la passione che avverto nel suo sguardo mi mozza il respiro per qualche attimo. «Vieni, voglio farti sentire ancora più decadente. C’è una cosa che devi vedere». Mi circonda le spalle con un braccio e mi porta di corsa in camera, verso il guardaroba. Sembriamo due cuccioli che hanno appena trovato un nuovo cesto di .. giocattoli con cui divertirsi. Sussulto quando ci fermiamo di colpo e un sorriso si dipinge sul suo viso. «È una cosa che ho sempre desiderato, Alex, ma all’università mi mancava il coraggio. Ti va di indossare questo per me stasera?». Mi avvicino a un abito bellissimo, semplice, elegante, sofisticato, del più bello dei colori: rosso intenso. Ha un taglio asimmetrico, con una spalla scoperta. «Jeremy, è stupendo, io… non ho parole. Ma perché fai tutto questo? Mi sembra che mi sfugga qualcosa. Non capisco». «Non c’è bisogno di capire. Voglio farlo, lo voglio da un sacco di tempo e adesso posso permettermelo. C’è tutto .. quello che ti serve per vestirti. Non vedo l’ora di vedertelo addosso. Sono felice che ti piaccia. Cerca di non metterci tanto tempo come in bagno, o dovrò venire ad aiutarti», dice con un sorriso allusivo. Io sono momentaneamente senza parole; fisso un po’ lui e un po’ il vestito. Jeremy mi dà una leggera pacca sul fondoschiena a mo’ di congedo. «Va bene, va bene», dico mettendomi in azione. Mi avvicino al vestito, passo le dita sul tessuto; è di seta, morbido e liscio. Mi tolgo in fretta l’accappatoio e mi infilo l’abito dalla testa. Mi scivola addosso con naturalezza, e constato con piacere che contiene un reggiseno che si adatta alle mie forme alla perfezione. Mi segna con garbo il.. punto vita, e la parte sinistra della gonna ricade con grazia sulle gambe, lunga abbastanza da sfiorarmi le caviglie. Trovo anche una scatola con uno stupendo paio di scarpe con i tacchi a spillo, che ho quasi paura di calzare. Non porto scarpe di quel genere da quando avevo vent’anni e mi chiedo se sarò in grado di stare in equilibrio con i piedi infilati lì dentro. Non ho mai indossato un colore tanto audace e mi guardo allo specchio sbalordita. L’effetto d’insieme è estremamente provocante. La persona che ho davanti è sexy, sicura di sé, seducente. Su una panca noto un elaborato fermaglio vintage, così lo uso per raccogliere i capelli in un morbido chignon sopra la spalla nuda. Ora il riflesso nello specchio ha anche un tocco di inattesa raffinatezza. Non c’è più.. alcun dubbio: sto vivendo la mia personale versione di Pretty Woman e finora, per me almeno, è persino meglio dell’originale. Non ricordo quando è stata l’ultima volta che mi sono vestita così elegante: potrei affrontare il red carpet la sera degli Oscar, magari un po’ più truccata e con l’intervento di un parrucchiere professionista. Dopo un’ultima occhiata al mio riflesso – mi riconosco appena – pianto bene i piedi a terra e mi avvio verso il salotto. Jeremy si ferma per guardarmi. Lo lascio a bocca aperta quando entro. Il suo sguardo mi scandaglia dalla testa ai piedi, così mi sforzo disperatamente di essere la donna sofisticata e sicura di sé che ho visto nello specchio, e non la goffa e scarmigliata.. studentessa universitaria di un tempo. Il modo in cui inspira e l’evidente adorazione dipinta nei suoi occhi mi fanno capire che è contento di quello che vede. «Oh mio… oh», dice piano. «Alexandra, adesso sono io che non ho parole. Sei… mozzafiato». «È il vestito che è bello, Jeremy. Non ho parole nemmeno io». «No, mia cara, tu sei bellissima. Questo vestito non fa altro che valorizzare i tuoi punti di forza». Rido con un certo nervosismo, mentre il suo sguardo indugia ammirato sul mio seno. «Fa più di questo, Jeremy. Nasconde tutti i difetti… A proposito, ti sei dimenticato una cosa». «Davvero?», domanda con evidente stupore. «E ..cosa?» «Gli slip». Mi fissa senza capire. «La biancheria», insisto. Nessuna risposta. «Le mutande, come preferisci chiamarle?». Le ho cercate dappertutto nel guardaroba ma non ne ho trovato traccia. «Ah, ho capito». Era ora. «No, non le ho dimenticate. Tutto ciò che ti serve ce l’hai già addosso». Si volta e pianta gli occhi nei miei. «Lo sai che mi piace l’eccesso, Alexa, in ogni momento. Il solo pensiero mi fa eccitare». Mi strizza l’occhio e arrossisco diventando dello stesso colore del vestito. In quel momento noto un ricco mazzo di rose rosse in .. un vaso sul tavolo. Non ne ho mai viste così tante insieme. Sono boccioli chiusi, rosso sangue, lo stesso colore del mio abito. Sono stupende, non ce n’è una che abbia la più piccola imperfezione. Mi avvicino per guardarle meglio e ne aspiro il profumo inebriante. Sento Jeremy dietro di me, il suo respiro leggero sul collo. Con queste scarpe sono più alta, così non deve chinarsi troppo. «Ognuna di queste rose rappresenta un’esperienza che voglio farti vivere in questi due giorni. Immaginale quando saranno sbocciate del tutto, con ogni petalo aperto. Sono bellissime già adesso, proprio come te, Alexandra, ma immagina che cosa saranno quando avranno espresso tutto il loro potenziale». Mentre parla la sua bocca mi solletica la nuca. Oddio, quella voce, quelle labbra .. mi fanno tremare le ginocchia. Parlo con voce bassa, quasi rotta. «Sei sulla buona strada, Jeremy. Non ho mai vissuto niente di simile prima d’ora. Mai». «E non hai ancora visto niente, mia cara». Di colpo il suo nuovo, leggero accento americano alleggerisce l’atmosfera. «Ci vuole un altro brindisi», dichiara solenne, poi mi volta le spalle e si mette ad armeggiare sul tavolo del buffet con dei sofisticati bicchieri e una montagna di cubetti di ghiaccio. «Oh, no, non sarà mica vodka liscia?» «Non proprio, ma mi complimento per la buona memoria. Stavolta è una cosa un po’ diversa, vedrai». Il tono di.. Jeremy e la sua espressione mi fanno ripensare a una delle più divertenti e sorprendenti esperienze sessuali che io abbia mai vissuto, e probabilmente mai vivrò, nella mia vita… Jeremy e io ci siamo finalmente lasciati alle spalle gli esami di metà semestre, e adesso non vediamo l’ora di concederci una serata fuori. Ci sembra di non aver mai staccato gli occhi dai libri per mesi e mesi. Quando stiamo per uscire diretti a un locale non lontano da casa, dove ci aspettano degli amici per bere qualche birra insieme, sentiamo dei tuoni minacciosi seguiti da violenti scrosci. Jeremy e io diamo un’occhiata fuori e decidiamo di restare a casa sua a bere qualcosa e a guardare un film. L’idea ci piace, siamo entrambi troppo .. stanchi per fare le ore piccole. Anche se è un sollievo essersi lasciati alle spalle lo stress degli esami, siamo ancora troppo in debito di sonno per essere di umore festaiolo. Ci siamo appena seduti sul divano con succo di mela e popcorn, quando fa irruzione in casa Patrick, l’amico di Jeremy, nonché suo compagno alla facoltà di Medicina, bagnato fradicio. «Hai visto che sta succedendo là fuori?», grida per sovrastare il fragore di un tuono che fa quasi tremare i muri. «Oh, ciao, Lexi, come va?». Ho sempre trovato Patrick un tipo interessante. Ha l’aria di un ragazzino, non tanto alto ma con una struttura muscolosa, da buon giocatore di rugby della squadra universitaria. Mi chiama .. Lexi. «Ciao, Pat. Tutto bene, grazie». «Entra, amico mio. A quanto pare l’hai beccato in pieno. Sei completamente zuppo!». «Grazie. Stavo andando al pub per raggiungere gli altri e guarda cos’è successo. Spero che non vi dispiaccia». «Per niente. Stavamo per vedere un film. Non ci andava di uscire con questo tempo e abbiamo deciso di restarcene al calduccio». Dopo aver ficcato la sua roba nell’asciugatrice, Patrick si siede accanto a noi sul divano con un asciugamano attorno ai fianchi. Ha un bel corpo abbronzato, i muscoli ben evidenti grazie alle flessioni, ai piegamenti .. e a tutti gli esercizi che fanno i giocatori di rugby durante gli allenamenti. “Sì, caro, chiamami pure Lexi…”, ridacchio tra me e me. Apre una birra e ci mettiamo a guardare il film. Sono seduta a un’estremità del divano con le gambe allungate su quelle di Jeremy. Patrick siede dall’altra parte. Dopo il secondo giro di birre, Pat comincia a rollare uno spinello. Fa per andare a fumarlo fuori, ma Jeremy lo ferma. «Non ti preoccupare. Fuori diluvia ancora. Fumalo qui, così non interrompiamo il film». Dopo aver tirato una lunga boccata, Patrick passa la canna a Jeremy, il quale a sua volta non esita ad aspirarla a pieni polmoni. Espira con calma, ne aspira una boccata.. più piccola e poi la offre a me. Vedendomi esitante, Jeremy mi incoraggia a provare. «Avanti. Hai finito gli esami, rilassati. Non dobbiamo andare da nessuna parte e la prossima settimana è festa». Ha ragione lui, perciò prendo lo spinello e cerco di maneggiarlo come si deve. È talmente imbarazzante quando sbagli! Sembra che tutti siano lì a volerti istruire sul modo corretto di fumarsi una canna. Mi svuoto i polmoni e aspiro piano il fumo resistendo all’impulso di mettermi a tossire e sputacchiare. Mentre continuo a scandire mentalmente le fasi di quello che sto facendo – trattieni, trattieni, trattieni… poi espira pian piano – le sensazioni provocate dal fumo raggiungono rapide il cervello. Jeremy mi ..toglie la canna di mano un attimo prima che cada, mentre io mi accascio sul divano piacevolmente intontita. Aspiro un’altra boccata e per me è già abbastanza. Me ne resto nella mia piccola, confortevole bolla per un po’ e non bado a quello che fanno i ragazzi, né a quanto fumano. Ritorno lucida verso la fine del film e sento i ragazzi sghignazzare per qualcosa. Non so di cosa si tratta, ma dopo un po’ comincio a trovarlo divertente anch’io. Finito il film, ci sono dei video musicali; Pat si mette a ballare in asciugamano in giro per la stanza e Jeremy si unisce a lui. Tra le luci sgargianti della televisione e il tamburellio della pioggia fuori, la scena è esilarante. Almeno così nessuno si lamenterà.. del rumore. Jeremy cerca di farmi alzare e ballare, ma io mi sono barricata in mezzo ai cuscini. «No. Siete uno spettacolo troppo bello, lasciatemi fare la guardona». Incoraggiati, si lanciano in una serie di mosse ancora più complicate, che nello stato in cui si trovano risultano irresistibilmente comiche. Alla fine spariscono entrambi in cucina e ne escono con un vassoio pieno di bicchierini di vodka liscia. Scuoto la testa. «Non se ne parla. Non dopo aver fumato!». «Proprio perché abbiamo fumato, Lexi. Non c’è altro modo. Dopotutto, questo è un party post-esami», dichiara Pat, e scoppia a ridere, subito assecondato.. da un euforico Jeremy. Cercano di darsi il cinque, ma mancano l’obiettivo. Non ne posso più, mi fa male lo stomaco per le troppe risate. «Va bene, Alex. Bevi due bicchierini e ti lasceremo tranquilla dietro la tua barricata di cuscini», propone Jeremy. «Ma certo! Puoi restartene seduta nel tuo confortevole castello, come una bellissima principessa», aggiunge Patrick. Geniale. Che soluzione perfetta. Tutto ciò che desidero al momento è starmene su questo soffice divano, stretta tra i cuscini che mi sono accaparrata. «Uno?». Non avrei dovuto metterci quel punto interrogativo. «Due. Uno per Pat e uno per me. Poi potrai startene tranquilla sul divano, almeno per ..un po’». «Andata!», esclamo, convinta dalla logica inappuntabile del ragionamento. «Salute!». «Alle nuove esperienze!», aggiunge Jeremy mentre brindiamo guardandoci negli occhi come facciamo sempre. Giù il primo bicchiere. Giù anche il secondo. «Accidenti se è forte la vodka, quando ne mandi giù due bicchieri così!». Patrick mi passa della limonata per alleviare il bruciore. «Sei davvero gentile, Patrick. Grazie». «Siamo qui per servirla, milady», replica lui con un sorrisetto sfacciato mentre tenta un formale inchino. «E io apprezzo enormemente», ammicco di rimando. Poi, con mia grande gioia, mi lasciano .. sguazzare nella mia nebbia etilica, mentre loro due continuano a fare i buffoni. Quando alzo gli occhi, mi accorgo che adesso anche Jeremy, come Patrick, indossa solo un asciugamano in vita. «Dove credete di essere, in un harem maschile? Ma guardatevi! Siete uno spasso». Sono buffi, è vero, ma a guardarli meglio non posso fare a meno di notare i loro muscoli sodi. Arrossisco al pensiero di averli entrambi nel mio harem personale. Poi all’improvviso me li ritrovo ai lati del divano, e mi rubano i cuscini. «Che fate?», li sgrido. «Ridatemeli, sono miei, non è giusto!». A quanto.. pare trovano esilarante strapparmi di mano i cuscini mentre cerco con tutte le mie energie di riappropriarmene. «Forza, AB, sono ore che stai seduta qui. Non è possibile che per te contino più i cuscini che noi due, non ti pare? Lasciali…». Poi Jeremy mi bacia sulle labbra, insinuandomi la lingua in bocca. Sono stupita che abbia fatto una cosa del genere in presenza di Patrick. Guardo quest’ultimo e gli leggo negli occhi la stessa eccitazione che c’è nello sguardo di Jeremy. Mi accorgo troppo tardi del cenno di intesa che si sono rivolti e, prima che me ne renda conto, mi prendono uno per i piedi e uno per le spalle e mi portano nella camera .. da letto di Jeremy. «Ragazzi!». Mi sfianco di risate e gridolini, puntualmente coperti dal fragore della pioggia. «Che state facendo?» «È giusto che anche tu indossi un asciugamano e nient’altro. Vogliamo solo divertirci un po’». Mi lasciano cadere sul letto. Jeremy mi sbottona i jeans e abbassa la cerniera. «Tirala un po’ su, Pat». Patrick mi solleva la schiena mentre Jeremy mi sfila i jeans. «Ecco fatto. Seduta, ora». E mi sfila la camicia. Lo guardo negli occhi, non sapendo cosa fare o come sentirmi. Non so neanche ciò che sta succedendo di preciso. Poi Jeremy si ferma e mi domanda a bassa voce: «Vuoi che smettiamo?».. «No». Scuoto piano la testa. Non voglio che smettano. Quale donna nel pieno delle sue facoltà direbbe di no alla prospettiva di divertirsi con due begli uomini, forti e virili, durante un temporale notturno? Io no di certo. Il tepore che ho al basso ventre si diffonde all’istante in zone più erogene. Jeremy sorride contento. «Va tutto bene, RS. So che giocare ti piace come piace a noi. Ti promettiamo che ti dedicheremo tutte le nostre attenzioni. Tu rilassati e goditela!». «RS?». È una novità. «Ragazza Sexy, naturalmente!». Ottimo, stasera ho guadagnato un sacco di nomignoli. Jeremy si volta verso Patrick. «Levale il reggiseno.. e le mutande, mentre io la tengo». Non riesco a credere che tutto questo stia accadendo davvero, sono ammaliata dalla bellezza virile che mi circonda, eccitata al pensiero di ciò che seguirà. Sta succedendo proprio a me? Sembra di sì. Pare sia la mia sera fortunata. Mi lascio distendere sul letto completamente nuda, ansiosa di conoscere la loro prossima mossa, li lascio giocare con il mio corpo, accarezzarmi i seni, leccarmi i lobi delle orecchie, baciarmi lo stomaco, toccarmi, succhiarmi, assaggiarmi. Chiudo gli occhi e, quando li riapro, Jeremy mi sta succhiando i capezzoli. Li chiudo di nuovo gemendo, per riaprirli quando Patrick comincia a passarmi la lingua all’interno ..di una coscia. Esplorano il mio corpo insieme, poi separati e poi di nuovo insieme, ognuno con il suo modo unico di portarmi alle vette del piacere. Per ore. È meraviglioso. Ho la testa appoggiata all’asciugamano di Patrick, mentre discutono di dettagli anatomici che non fingo neanche di ascoltare. Patrick mi accarezza la testa e me la spinge contro le sue gambe incrociate, mentre Jeremy si stende accanto a noi. Patrick mi avvicina uno spinello alla bocca e io aspiro piano, guardandolo da sotto in su. Mi rilasso stendendomi supina, grata di una pausa dalle complicate attenzioni che le loro mani e le loro bocche mi hanno dedicato. Mi sento fluttuare. Pat mi sente la fronte. «Lexi, tu bruci. .. Ti senti bene?» «Mai stata meglio, direi, anche se qui dentro fa piuttosto caldo». «Be’, in effetti…». Ridono. «Vado a prendere il termometro», si offre Jeremy. «Non serve, J!», gli dico unendomi alle loro risate. Patrick continua a passarmi le dita tra i capelli ed è tutto così tranquillo. Faccio un gran respiro e mi abbandono a un piacevole torpore. Vengo riportata bruscamente alla realtà quando Jeremy si mette le mie gambe sopra le spalle, mi allarga le natiche e mi infila il termometro nell’ano, immagino dopo averlo lubrificato, visto che entra senza la minima resistenza. Cerco di sollevarmi, ..ma Patrick mi trattiene con dolce fermezza, bloccandomi le spalle contro il letto. «Jeremy!», esclamo. «Che stai facendo?» «Ti misuro la febbre, AB. Non vogliamo che ti succeda nulla di male, dato che possiamo prendere le necessarie precauzioni. Siamo quasi medici, ricordi?» «Sto benissimo. Tirami fuori quell’arnese dal culo». «Devi tenerlo solo un altro minuto. Non credo tu voglia ritrovarti del mercurio su per le parti intime, no?». Le sue parole, che dica sul serio o meno, mi convincono a non muovere un muscolo finché non ha estratto quell’oggetto freddo. «Oh, sì, esimio collega, avevi ragione. .. Trentotto e mezzo. Diagnosi brillante. Per fortuna ho qui un rimedio». «Non ho affatto la febbre, Jeremy. Non fare il cretino», ricomincio a protestare. «Per favore, faccia stare calma la paziente, dottor McCluskey». Patrick mi tappa la bocca con la mano. Jeremy mi porta le braccia sopra la testa e Patrick le blocca con le sue solide gambe da giocatore di rugby. Gemo senza riuscire a produrre un suono decente. “E adesso?”, penso. “Saranno esausti. Come me”. Ma a quanto pare non è così. Jeremy tira fuori un cestello pieno di cubetti di ghiaccio e lo posa sul letto. Lentamente, mi passa il ghiaccio nell’incavo .. del gomito, sotto l’ascella, sul torace; poi ripete l’operazione dall’altro lato. Comincio a reagire alla sensazione del ghiaccio che scivola e sgocciola lungo le mie membra surriscaldate. Con movimenti circolari raggiunge il seno, e gli servono altri cubetti man mano che gli si sciolgono tra le mani al contatto con la mia pelle bollente. Mentre Jeremy mi flagella i capezzoli, Patrick mi fa rotolare il ghiaccio sulle labbra con un gesto languido, infilandomelo in bocca e giocando con la lingua. Le mie braccia, intorpidite sotto il peso delle sue gambe, sono diventate strumenti di protesta inutili. Mi piace la sensazione del ghiaccio in bocca, perciò lascio che mi tormenti finché non me lo lascia cadere giù per la gola. Sono talmente presa da .. questo gioco che non mi accorgo che Jeremy ha abbandonato i capezzoli e sta scivolando più in basso, lasciando una piccola scia di ghiaccio attorno all’ombelico. Patrick non permette che i miei capezzoli restino orfani a lungo e riprende l’opera interrotta da Jeremy. Sto letteralmente annegando nella stimolazione sensoriale. Jeremy mi cosparge di ghiaccio la vulva, provocandomi brividi lungo tutto il corpo, e alla fine mi infila con abilità un cubetto nella vagina. Inarco subito la schiena a quella sensazione. «Ti prego…», dico con voce rotta, rivolta a chissà chi. Jeremy infila dentro un altro cubetto di ghiaccio. La sensazione di quei corpi gelidi infilati in un tunnel così caldo fa .. vibrare dall’interno il mio corpo, che cerca di espellere l’estraneo oggetto freddo venuto a pizzicare una zona tanto sensibile. Ma prima che questo avvenga, Jeremy ne infila un altro attraverso lo stesso canale, lo sguardo rapito dalle mie reazioni alle sue manovre. Quando la lotta tra caldo e freddo dentro di me arriva al limite della mia sopportazione, Jeremy mi unisce le gambe, mi abbraccia e comincia a divorarmi la bocca. Con la testa poggiata sul grembo di Patrick, sento pulsare la sua erezione. Lui si sistema in modo da riuscire a passarmi il ghiaccio sotto le ascelle incredibilmente sensibili, poi mi libera le braccia e torna a bloccarmele lungo il busto, in modo che il ghiaccio ..resti imprigionato. Jeremy mi ha riempito di ghiaccio la bocca e la vagina e il suo corpo limita i miei movimenti. Mi sento come una specie di igloo umano alla rovescia. La sensazione del calore corporeo all’esterno e di tutto quel gelo intrappolato nelle cavità interne non è paragonabile a nulla che io abbia già provato. Tutto il mio essere vibra nell’esperienza del fuoco e del ghiaccio insieme, i brividi mi corrono lungo il corpo, mentre questo divora rapido il ghiaccio accumulato in bocca e nella vagina. I freddi intrusi combattono contro l’ambiente che hanno invaso, mentre la mente annega in quel mare di sensazioni. Non posso gridare. E non grido. I ragazzi non mi lasciano finché il ghiaccio non .. si è sciolto del tutto. Quando succede, Jeremy si china con fare cerimonioso a raccogliere i succhi diluiti che ha contribuito a generare. Benché sfiancata dal gelo, sono umida di voglia e di umori. «Lo vedi, Alex, te l’ho detto tante volte che da una bevuta di vodka può venire solo del buono. Che esperienza, eh?». Sono troppo sfinita per commentare. La cosa strana è che non ho mai capito se avevano pianificato tutto oppure no… Cerco di scacciare dalla mente il lascivo ricordo e di concentrarmi su ciò che Jeremy sta facendo. «Sembra piuttosto complicato. Che diavolo stai preparando?» «Non è complicato come sembra, ma ne vale la pena.. lo stesso. Dopotutto noi due non abbiamo spesso la possibilità di stare insieme. Spero che non ti dispiaccia se ho optato per la versione Hemingway, dato che è venerdì sera. È un po’ più complessa della versione francese; del resto quella boema rischierebbe di far partire l’allarme antincendio». Adesso ci capisco ancora meno. Jeremy solleva con fare cerimonioso due bicchieri ghiacciati pieni di un’opaca bevanda lattiginosa e me ne porge uno. Porto il bicchiere alle narici con aria sospettosa. Ha un odore dolciastro, con sentori di anice e liquirizia. «Lo bevevano Vincent van Gogh, Oscar Wilde, Ernest Hemingway». Se con ciò spera di illuminarmi, si sbaglia di grosso. Prima che io riesca a fare altre domande, pronuncia un .. brindisi. «A te, Alexandra. Che tu possa esplorare e scoprire la versione illuminata di te stessa. E naturalmente, che le tue rose fioriscano presto», proclama ammiccando. Porterò anche il più bel vestito che abbia mai indossato, un vestito che mi fa sentire affascinante come non mai, ma all’improvviso siamo di nuovo ai tempi dell’università, in procinto di imbarcarci in qualche giocosa avventura al limite del consentito. Come allora. Mi sento euforica e preoccupata al tempo stesso, come un bambino piccolo che viene portato al luna-park per la prima volta, e mi concedo di lasciarmi condurre per mano da Jeremy verso le tappe sconosciute di questo weekend, ricordando a me stessa che lui non mi farebbe mai..alcun male. Per varie ragioni so che non è il caso di deludere le sue aspettative. «Salute». «Sláinte», dico alla maniera degli irlandesi, in omaggio alla lingua di uno dei paesi che abbiamo visitato insieme. Lo guardo negli occhi e poi mi lascio scivolare in gola il denso liquido bianco, i cui gradi alcolici mi aggrediscono subito il sangue, scaldandolo all’istante. «Ecco lo spirito giusto. Sapevo che non mi avresti deluso. Questo weekend era scritto nel destino». «Ma che cos’era, Jeremy?» «Assenzio, mia cara. La fata verde». Jeremy posa il bicchiere e mi viene vicino con passo lento e sicuro. Non riesco a decifrare l’espressione dei suoi occhi. .. «Allora, Alexandra, sei pronta per il tuo addio, ora?». Lo guardo senza capire. «Ma se abbiamo appena cominciato. Credevo volessi due giorni interi». Mentre mi domando cosa voglia dire, i fumi dell’assenzio mi stanno già salendo al cervello. «Voglio dire che è ora che tu faccia ciò che hai promesso». Mi prende la mano e comincia ad accarezzarmi il palmo sfiorandolo appena con la punta delle dita. Io faccio un respiro profondo e mi sforzo di restare calma e posata. «Parli di fermarmi per tutto il fine settimana? Jeremy, te l’ho già promesso, lo sai. Va bene. Rimango». Le mie parole suonano deboli e inutili nel loro patetico tentativo di sembrare naturali. Jeremy sa che la sua ..frase di poco fa mi ha fatto accelerare i battiti, perché ha astutamente posato le dita sulla parte interna del mio polso. Che cosa credevo di fare? Cercare di darla a bere a un dottore, che scema. A Jeremy, poi! «Non provare a prendermi in giro, Alex. Sai benissimo che cosa hai promesso». Continua a tastarmi il polso mentre io mi sforzo di guardare altrove. «Ah, parli di quello che ci siamo detti durante il bagno? È a questo che ti riferisci?». Scuote la testa con condiscendenza, ma il sorriso non gli è scomparso dalla faccia. «Sì , RS, parlo esattamente di quello. Non penserai che me ne sia dimenticato, vero?». Le sue parole sono cariche di allusioni al passato, pur adattandosi alla perfezione .. al momento presente. Mi scanso cercando di mettere un po’ di distanza fra noi. «Di che si trattava? Perché non ero proprio concentratissima. Riguardava la conferenza… i cinque sensi, vero?». Dico con noncuranza nel tentativo di alleggerire l’atmosfera, ma la sua fronte aggrottata e il suo deliberato silenzio mi dicono che avrei fatto meglio a tacere. «Non dicevi sul serio, vero, Jeremy? Non puoi aver detto sul serio. Io credevo che volessi solo provocarmi, scaldare l’atmosfera…». Mi interrompe. «Ti ho chiesto di promettermi due cose. Che avresti rinunciato alla vista e alle domande». Una pausa a effetto. «Per quarantotto ore. Molto semplice. Niente che una donna intelligente e sveglia come te non possa.. capire, ne sono certo». Il suo tono mi fa sudare i palmi delle mani. Prosegue con piglio serio, che non ammette repliche. «Alexandra, tu sai meglio di chiunque altro che io non scherzo mai quando si tratta di promesse». Mi guarda con intensità ma mi permette di tenere le distanze. Oddio, diceva sul serio. Vuole davvero andare avanti con questa storia. È proprio da Jeremy: portare le cose a un livello imprevisto e mettermi alle strette. Lo ha già fatto tante volte. Lo so benissimo, ha ragione lui. Lui gli impegni li prende sul serio, più di chiunque altro io conosca. Ma che avevo in testa? Fare sciocche promesse così, a cuor leggero, solo per la fugace soddisfazione di un bell’orgasmo. Però, che orgasmo… E la prospettiva ..di averne degli altri è quasi troppo da sopportare. “Concentrati!”, intimo a me stessa. «Ascoltami bene, Jeremy», dico seria, sforzandomi di apparire determinata e di puntare i piedi. «Mi hai strappato quella promessa sotto ricatto e sai bene quanto me che non è valida». Posso solo sperare di essere riuscita a eguagliare il suo tono perentorio. È la mia unica via d’uscita. «Ah, quindi te ne ricordi. È già un passo avanti. E tu lo chiami ricatto, mia cara? Sembrava che la cosa ti piacesse abbastanza, a dire il vero». Il suo sorriso sottolinea l’ambiguità di ciò che sta dicendo. «Questo non toglie che fosse un ricatto. Sapevi che ero debole in quel momento e te ne sei approfittato». Faccio di tutto per essere convincente. .. «Sei pronta?». Il tempo della discussione è chiaramente terminato. «Ti prego! Vuoi davvero andare avanti con questa stupida storia della promessa? È una follia, Jeremy, non ha senso. Perché dobbiamo sprecare il nostro tempo così? Sarebbe così bello usarlo per… per stare insieme, senza… senza tutta questa tensione, senza giochetti. Siamo due adulti, non abbiamo bisogno di queste cose. È davvero infantile», dico, in preda a un crescente senso di allarme che aggiunge alla mia voce una punta di esasperazione. Lui socchiude gli occhi e mi guarda da quelle piccole fessure mentre avanza verso di me. Faccio meccanicamente un passo indietro. Non ho scelta: devo cercare di sottrarmi al senso di pericolo .. che mi circonda, per quanto seducente. Lui si avvicina ancora. Faccio un passo indietro e mi accorgo di essere arrivata al bordo del tavolo. E adesso che faccio, mi metto a correre? È ridicolo, fuggire via dal mio migliore amico, dal mio ex amante. E poi io non voglio scappare, è questo il vero problema. Devo farlo ragionare. «Ti prego, Jeremy, per favore. Devi proprio farlo?», gemo disperata, bisognosa di tempo e di spazio. Lui mi circonda i fianchi con le braccia e le punta sul tavolo in modo da imprigionarmi. Il suo corpo preme contro il mio, il mio spazio vitale è nullo; il massimo che posso fare è tenermi stretta al tavolo, oppure sdraiarmici sopra. I suoi occhi mi penetrano, mi frugano l’anima e .. io devo evitare a tutti i costi di ricambiare il suo sguardo, perché so che, se succederà, quegli occhi mi passeranno da parte a parte, violando il mio santuario. Adesso non ha più bisogno di sentirmi il polso; il mio corpo parla da solo. Come accade ai piloti di Formula uno, il mio cuore adesso ha una sola velocità: quella massima. «Alex». È vicino a me, è deciso, è più forte. Sento che la sua pazienza sta per esaurirsi. «Hai promesso. Sai cosa significa questo per me. Noi due non facciamo promesse che non possiamo mantenere, né a noi stessi, né ad altri. È stato così da sempre. La nostra parola è il nostro legame». Resto ammutolita dalla solennità e dalla convinzione del suo discorso. Non .. mi aspettavo una tale carica emotiva. Sento un brivido lungo la schiena. Ripenso ancora una volta alle circostanze di quella promessa, cerco un appiglio, ma le immagini che vedo sono sempre le stesse. Jeremy aveva lo stesso tono, la stessa determinazione di adesso. «Sono serio, Alexandra, lo sai benissimo. Non te la lascerò passare liscia». Ma è proprio questo il problema? Voglio davvero andarmene? Queste domande silenziose mi tormentano. So che, quando comincia a chiamarmi con il mio nome completo, c’è poco da scherzare. L’atmosfera tra noi due è satura di energia repressa, di aspettative e di emozioni contrastanti. Ci sono tante cose .. che vorrei dire, tante cose che non riescono a uscirmi di bocca. Che fine ha fatto la mia voce? Le mie proteste? La mia voglia di fuggire? Che ci faccio ancora qui? Perché accetto tutto questo? Deve esserci qualcosa che posso fare. Ho il vuoto nella mente. Davvero questo è ciò che voglio? Ciò che desidero? Jeremy sta solo dando voce a un’aspirazione che ho negato a me stessa per anni?… Oh no, gli ho appena aperto lo spiraglio che stava cercando. Continuo a scrutare i suoi occhi cercando il motivo per cui tutto questo è così importante per lui. Perché insiste tanto? So che fa parte del suo carattere; è sempre stato un tipo determinato, che ottiene quello che vuole, ma perché adesso? Qual è la posta in gioco? Non .. riesco a capire. Deve aver intuito che la mia parte analitica ha preso il sopravvento, perché interrompe in tono reciso le mie meditazioni. «Basta adesso. È ora», proclama con voce stentorea. «Deciditi». «Ho davvero scelta, Jeremy?». L’emozione mi fa tremare la voce. «Hai sempre scelta, Alex, non dimenticarlo. Non sei stata costretta a promettere e io non ti sto costringendo a restare. Ti sto solo spiegando quali sono le condizioni nel caso tu decida di farlo». Ah, Jeremy, che mente sopraffina! Mi prende le mani e mi conduce gentile nella seconda camera da letto. Il cuore mi batte più forte a ogni passo. Non so se è per via dell’assenzio, dell’adrenalina, o .. dei sentimenti che provo. Cerco debolmente di liberarmi dalla sua stretta. Non ci riesco. “Oddio”, penso, “in che cosa mi sono cacciata?”. Osservo la stanza e vedo un’elegante benda di seta posata sopra una scatola dall’aria costosa: è dello stesso colore del vestito, guarnita di delicato pizzo nero. Sul comodino accanto ci sono una spugna per il viso, un flacone contenente un farmaco e uno di collirio. Una voce nella mia testa grida: “Vattene subito, immediatamente! Alza i tacchi e scappa. Gli stai cedendo il controllo. È sbagliato, non è questo che vuoi. Hai dei figli, un marito. Muoviti, vai via! Non lasciarti coinvolgere”. Un’altra voce dice semplicemente: “Fallo”. Inizio a tremare. Jeremy mi abbraccia con fare .. possessivo. Come un grosso orso bruno innamorato della sua preda. Le braccia mi ricadono inermi lungo i fianchi. «Perché è così difficile, Alex? Deve essere una cosa eccitante, inebriante, non deve farti tremare come una foglia su un albero che teme di essere travolta dal vento». «Perché è così importante che io lo faccia, Jeremy?» «Lo hai promesso». «Ho la sensazione che ci sia dell’altro, perciò dimmelo, ti prego, dimmi che sta succedendo. Perché è così importante per te?» «Concedimi di vivere questa esperienza con te, non sarà per sempre. Mi occuperò io di te, te lo prometto. Non l’ho sempre..fatto?». Sospiro di nuovo mentre penso che ha ragione. Più di una volta ci siamo spinti oltre i limiti, e lui mi ha sempre protetta. Mi sento confusa come qualunque semplice essere umano scagliato su questa terra. Jeremy dice che ho scelta, ma io so che non è così. Se desidero restare, non ho scelta. È una percezione reale o me lo sto solo immaginando? Onestamente non lo so. Sto annegando nei miei pensieri e sentimenti, quando vedo una ciotola piena di mele rosse dalla forma perfetta posata al centro del tavolo rotondo. Strano che non le abbia notate prima, visto l’ovvio simbolismo. Per un fugace istante rifletto su come deve essersi sentita Eva mentre il serpente la tentava suggerendole di mangiare la mela. Forse sapeva che era la cosa sbagliata, ma intuiva anche che il .. destino aveva già preso il sopravvento, a prescindere dalle sue scelte. Era destinata a interpretare quel ruolo nella storia biblica perché la tentazione era stata decisa a monte e andava oltre il suo controllo? Oppure la scelta era stata sua e solo sua, e lei aveva voluto mangiare quella mela per vedere cosa sarebbe successo dopo? Riflettere su questo dilemma non mi aiuta a risolvere il mio. «Non so che fare, Jeremy. Non lo so proprio». Nel profondo, so che queste parole sono le più sbagliate da dire all’uomo che ho di fronte. Ma la sua replica mi spiazza del tutto. «So di chiederti molto, ma ricorda: è stata la tua conferenza di oggi pomeriggio a suggerirmi.. l’idea. Nella peggiore delle ipotesi sarà un’esperienza istruttiva, e non mi pare che tu abbia mai voltato le spalle a ciò da cui puoi imparare qualcosa. So quanto è importante per te. Pensa a quello che dici ai tuoi studenti e ai tuoi pazienti quando devono affrontare un ostacolo per crescere come individui. Che c’è di tanto diverso? Solo il fatto che adesso sono io che chiedo a te di affrontare qualcosa, e non il contrario. Io ti sto dando l’opportunità di capire per esperienza diretta il ruolo della stimolazione visiva, di conoscere personalmente la deprivazione sensoriale, l’oggetto principale delle tue ricerche. Potrebbe essere per te l’inizio di un nuovo, importante filone di ricerca basato sull’esperienza personale, qualcosa che non avresti mai preso in considerazione in .. altre circostanze». Si interrompe valutando la mia reazione a quel ragionamento, che è a dir poco stimolante. Devo ammettere mio malgrado che la sua proposta mi tenta, benché non sia affatto sicura di avere la forza necessaria per metterla in pratica di persona. «Non voglio che tu te ne vada. Voglio stare con te. Toccarti. Entrare in contatto. Io ti voglio, Alex, e per le prossime quarantotto ore voglio farti provare ciò che non hai mai osato. Voglio andare oltre i tuoi limiti, attingere alle radici del tuo essere, riportarti a te stessa. So per certo che è questo il modo. Per favore, fidati di me. Lasciati condurre in questo viaggio di scoperta. Affidati a me». La sua voce ha un potere ipnotico, con la mente e con il cuore sto assorbendo questi discorsi come .. una spugna assorbe l’acqua. Ha un carisma seducente, inebriante. Ormai sono schiava della sua voce, così come prima, in bagno, lo ero delle sue mani. Mi fa avvicinare al bordo del letto e mi fa sedere. Ogni cosa è immersa in una quiete irreale. Mi sento stimolata, ma anche molto calma. «Sai che ti ho sempre voluto bene, Alexandra, e che non ti farei mai del male». La sua voce è melliflua, mi accarezza per tranquillizzarmi, per farmi cedere. Annuisco piano, come a dire: “Lo so, lo capisco”, ma dalla bocca non mi esce alcun suono. «Da quando ci conosciamo non ho mai incontrato nessun’altra come te, e so che non succederà mai». Mi passa le dita sulla fronte, poi .. mi stringe le tempie con i palmi delle mani. «Rilassati, Ragazza Sexy, lascia che mi prenda cura di te». La paura che poco fa mi faceva tremare adesso si è misteriosamente dissolta, sostituita da una serena consapevolezza. Il mio corpo è rilassato, e la mia mente è in balia delle parole di Jeremy. In questo momento non so nemmeno se avrei la forza di alzarmi dal letto. «Me lo permetti? Ora?». Sento la mia testa fare un leggero cenno affermativo. «Non opporrai resistenza?». La mia testa fa cenno di no. Le mani si spostano lungo le mie spalle e, con dolcezza, mi aiutano a stendermi sul letto. «Guardami, Alexandra». I nostri sguardi si .. incrociano. «Sei pronta a chiudere gli occhi per quarantotto ore?» «Sì», rispondo a bassa voce. Appena quel suono mi esce di bocca, una lacrima rotola lentamente fino al letto, dovuta forse al pensiero di quello che accadrà in seguito alla mia decisione. Lui, comprensivo, bacia la scia lungo la mia guancia, come a dirmi che è cosciente del potere che gli sto concedendo. Mi solleva il mento con le dita e mi prende la testa fra le mani. «Grazie». Mi sposta con dolcezza delle ciocche ribelli dal viso e poi mi lascia cadere con fare esperto due gocce di unguento in ogni occhio. Sbatto le palpebre e tutto intorno a me si confonde in una visione sfocata. «Chiudi gli occhi, adesso». Faccio un gran respiro.. e li chiudo. Sento la leggera pressione delle sue dita che mi applicano l’unguento anche sulle palpebre, che si fanno subito pesanti. Dopo pochi secondi, il mondo è scomparso del tutto dal mio campo visivo e sono al buio completo. Che cosa ho fatto? Parte terza .. La vita è una serie di lezioni che vanno vissute per essere capite. Ralph Waldo Emerson «Come ti senti?» «Un po’ disorientata». Mi metto seduta sul letto con fare esitante. È davvero bizzarro, mi sembra di essere in un sogno fatto di tenebre. Non posso sollevare le palpebre; sono come pesi morti sopra gli occhi. Continuo a girarmi a destra e a sinistra alla ricerca della luce, ma ovviamente non ne vedo nemmeno uno spiraglio. .. «Allora, era tanto difficile?», chiede per stuzzicarmi. «Non è stato facile, posso assicurartelo. Non mi pare che tu ti sia proposto per farlo al posto mio». «Questo è il tuo weekend, non il mio, cara». Non voglio ricominciare da capo. «Che cos’era? Che cosa mi hai messo sugli occhi?» «Sta’ tranquilla. Nulla che i più rigorosi controlli scientifici non abbiano approvato. Non ti farei mai correre alcun rischio, lo sai. Sono un medico e prendo molto sul serio il mio giuramento». Fantastico: l’autorità morale e il facile accesso a tutte le sostanze che può desiderare. «Davvero rassicurante, dottor Quinn, vista la situazione in cui mi trovo». .. Ride. «Scherzi a parte, stai bene? C’è qualcosa che posso fare per te?» «Sono certa che potrai fare molto, dato che mi hai resa praticamente cieca! Sicuro che l’effetto passi?» «Dura ventiquattro ore, prendere o lasciare. Te le rimetto domani. Dimmelo quando comincia a svanire». «Sta’ tranquillo. Appena vedo un filo di luce, sarai informato». C’è del sarcasmo nella mia voce. Sollevo una mano per tastarmi gli occhi. Mi sembrano così pesanti, è una sensazione molto bizzarra. «No, non lo farai». Mi ferma la mano. «Comunque non toccarti. Per questo ti metterò la benda, per ricordarti di lasciare in pace i tuoi occhi». «Ma no. Non è necessario. Non vedo un tubo». .. «È necessario. Metterai la benda». Me la avvolge intorno alla testa. Setosa al tatto, mi dà un senso di protezione. «Ma bene. Anche questa mi calza a pennello. L’hai fatta fare apposta?», dico ironica. Lui non risponde. «Jeremy?». C’è un lungo silenzio. «Sì, Alex, in effetti è proprio così». *** «Vieni con me». Jeremy mi prende le mani e mi aiuta ad alzarmi dal letto. Mi scordo di avere i tacchi alti e vacillo un po’ prima di trovare l’equilibrio. «Accidenti. È strano, davvero molto strano». Mi mette un braccio attorno alla vita e mi guida, precaria come sono, fuori dalla camera da letto. Mi sembra di .. essere un’invalida. È incredibile che sia successo: sono cieca, in tutto e per tutto dipendente da Jeremy per i prossimi due giorni. Sono tesa e nervosa, ma in qualche modo è anche eccitante non sapere quello che mi aspetta. Lo stato di annebbiamento di poco fa si è dissolto, perciò ora posso solo sperare di non apprestarmi a vivere un incubo. «Ecco, sediamoci sul divano». Mi siedo con il suo aiuto sui soffici cuscini di velluto. Cerco a tastoni i braccioli ma non li trovo. Mi chiedo come facciano i ciechi a vivere così ogni giorno della loro vita. Non sapere quello che succede intorno a te, dove sono le cose. L’aspetto positivo, mi dico, è che ho già trascorso del tempo in questa suite. Ho un minimo di familiarità .. con l’ambiente che mi circonda. Un colpo alla porta mi fa trasalire. «Resta qui. Torno subito». Le nostre mani si staccano prima che io possa replicare. Jeremy saluta in fretta la persona che ha bussato mentre io me ne resto seduta sul divano, una perfetta idiota con una benda. Che imbarazzo. Sento un rumore di piatti che vengono sistemati con efficienza, una bottiglia che si tuffa nel ghiaccio. Starà mettendo in fresco altro champagne? Nella stanza c’è un vago odore di cibo. Jeremy non scambia una parola con i nuovi arrivati mentre questi sbrigano il loro lavoro. Se ne vanno poco dopo. Jeremy li ringrazia e chiude la porta alle loro spalle. Si siede al mio fianco e mi mette in mano un bicchiere di champagne. .. «Grazie Alexandra. Non sai quanto sia importante per me». È così strano non poter vedere che non so cosa dire, così resto in silenzio. Sento il tintinnio nei nostri bicchieri e provo il forte impulso di mandare giù le bollicine il più in fretta possibile. Bevo tutto d’un fiato, spinta da un bisogno imperioso. E all’improvviso mi sento del tutto fuori controllo, la realtà della situazione mi colpisce come un mattone in testa. Mi ritrovo a desiderare dell’altro assenzio che mi permetta di assentarmi da tutto questo. Che cosa mi è saltato in testa? Potrebbe accadere qualsiasi cosa… Gli ho letteralmente servito me stessa su un piatto d’argento. Ma sì, che differenza vuoi che faccia un bicchiere di champagne in più o in meno? Almeno, se muoio, non .. sarò cosciente delle cose orribili che mi stanno succedendo. La parte razionale di me protesta subito contro la dubbia logica di questo ragionamento. Capovolgo il bicchiere, ma deve essere vuoto visto che non ne esce nulla. «Caspita, Alex, non bevi mai così in fretta!». «No, Jeremy, infatti non lo faccio mai. Ma a mali estremi, estremi rimedi». Poso il bicchiere sul tavolo di fronte a me. «Ti dispiace versarmene dell’altro, per favore? Questo champagne è delizioso». «Sei sicura?» «Oh sì, sono sicura al cento per cento di voler bere altro champagne. Me lo verserei volentieri da sola se tu avessi la bontà di guidare la mia mano verso la bottiglia, ma.. non voglio correre il rischio di macchiare questo lussuoso tappeto a cinque stelle», dico con voce tagliente. «Sei arrabbiata con me?». “Ma guarda: lo scienziato pazzo è un tipo sensibile”, penso sarcastica. Forse non è così brillante come credevo. O forse invece sì? Sì, sono arrabbiata con lui, ma molto di più lo sono con me stessa per aver favorito questa ridicola situazione. Ritrovarmi cieca mi ha scossa nel profondo. Una cosa è essere incuriositi da un’idea e dalle sue implicazioni erotiche, altro è sapere che resterò in questo stato per le prossime quarantotto ore. Il panico aumenta man mano che mi si insinua nelle ossa la consapevolezza di ciò che mi sono lasciata fare. Non posso .. vederlo, non posso leggergli in faccia le sue intenzioni. Me ne sto qui con il bicchiere vuoto in mano, in attesa che lui me lo riempia in modo da non pensare a quello che mi sta succedendo. «Alexandra, sei certa di essere arrabbiata con me? Onestamente?». Ecco che ricomincia a chiamarmi Alexandra. Resto in attesa, la mano con il bicchiere sollevata nella direzione da cui mi pare provenga la sua voce. Lui lo prende, lo riempie e me lo rimette in mano. Grazie al cielo. La sensazione del liquido frizzante sulle labbra mi dà un immediato sollievo. Decido di ignorare la domanda, pensando così di guadagnare un minimo di potere su di lui. «Delizioso questo champagne. Che cos’è? Non mi pare di averlo mai bevuto prima». Peccato che Jeremy mi conosca .. abbastanza da sapere che quando parlo in maniera formale, in realtà sono molto agitata. Insomma, mi conosce bene quanto io conosco me stessa, forse anche meglio. Altrimenti non mi troverei qui in abito da sera, con una benda sugli occhi, prigioniera per un intero fine settimana in una suite di lusso. Saperlo rende il tutto ancora più frustrante. «È Krug. È quello che abbiamo bevuto alla mia laurea. Ti piacque anche allora, dicesti che ti faceva un effetto molto piacevole, così…». «Oh, sì, adesso ricordo», lo interrompo. Non ho alcuna voglia di stare a rievocare i vecchi tempi. Sono un fascio di nervi, tutta la calma ipnotica di poco fa si è volatilizzata. «Be’, ragione in più per berlo anche.. ora», dico prima di mandar giù un altro sorso. Almeno questa volta non lo tracanno tutto d’un fiato. Sento Jeremy sospirare. «Non vuoi almeno qualche hors d’œuvres per accompagnare lo champagne?». Devo ammettere che non mi dispiacerebbe mangiare qualcosa. Anche se sono quasi fuori di me e sull’orlo di una crisi, so che la mia parte razionale non approverebbe altro alcol a stomaco vuoto. «Sarebbe magnifico, ti ringrazio», dico tutta compita e formale. Me lo posso solo immaginare mentre alza gli occhi al cielo esasperato dal mio comportamento. «Apri la bocca, per favore». È vicino a me. «In mano.. andrà benissimo». Questo tono assertivo mi dà una piacevole sensazione di controllo. «Alex, è ridicolo». Bevo un altro sorso di champagne in segno di sfida. Forse cecità non equivale, come credevo, a completa dipendenza. Non riesco a trattenere un ghigno. Lui mi toglie il bicchiere di mano con un gesto brusco. Il ghigno scompare di colpo. «Apri la bocca e riavrai il tuo bicchiere». Sto per rispondergli a tono quando qualcosa di piccolo e squisito mi si posa sulla lingua. Colta di sorpresa, con quel boccone che mi solletica le papille gustative, decido di chiudere la bocca e masticare. Del resto sarebbe un peccato sprecare una simile leccornia. Dopo pochi secondi ne .. arriva un altro. Blinis, una vera delizia. Sento il gusto intenso della trota affumicata, quello leggero della crêpe di granturco, le uova di lompo che mi scivolano lungo il palato. L’aroma leggero di finocchio mi conferma che sono uguali a quelle che mangiammo in Russia tanti anni fa. Che meraviglia! Però, per fortuna, stavolta beviamo champagne anziché vodka come allora. Uno spuntino era proprio quello che ci voleva. «Ancora?», mi domanda. Annuisco voltandomi verso di lui, restia a concedergli la soddisfazione di una parola detta a voce alta. Stavolta è qualcosa di caldo e morbido, aromatizzato con aglio ed erbe. «Mmh…». Non riesco a trattenere un gemito di piacere. «Deliziose. Cosa sono? Capesante?».. «Esatto». Mi tampona l’angolo della bocca con un tovagliolo di lino. «Ancora?» «Sì, grazie», rispondo. Dopo aver inghiottito il boccone, mi viene restituito il mio bicchiere di Krug. Percepisco la soddisfazione di Jeremy per essere riuscito ad ammansirmi con un po’ di alta cucina e dello champagne. Il buon cibo e il buon vino elevano lo spirito, mi ritrovo a pensare. «Posso sapere a cosa pensi?». Alla fine giungo alla conclusione che la mia rabbia derivi dall’ansia provocata dall’aver perso il controllo, considerando che sono abituata ad avere sempre in mano le redini di tutto. Decido quindi di scrollarmi di dosso tali emozioni, consapevole.. che non mi sarebbero utili in alcun modo. Date le attuali circostanze, anzi, renderebbero i prossimi due giorni un incubo per entrambi, così mi calmo e gli dico a cosa sto pensando. La momentanea cecità e la dipendenza che ne consegue mi rendono ancora nervosa, ma preferisco alleggerire l’atmosfera e lasciare che la conversazione fluisca. Dopo qualche minuto di chiacchiere, Jeremy mi si siede accanto. «Adesso dimmi come ti senti. Ti stai divertendo?». Mi fa alzare in piedi con delicatezza. «Oh, fammi capire bene. Tu puoi chiedermi tutto quello che vuoi, mentre io non posso fare nessuna domanda? È così che funziona?». Mi sfiora il collo e la clavicola con le labbra, così lentamente che la sensazione è quella di una piuma .. sulla pelle. «Sì, è così che funziona. Per questo weekend, s’intende. Dopo avrai tutto il tempo che vuoi per le domande. Allora, dimmi: non ti eccita tutto questo?». Le sue labbra mi arrivano nei pressi del seno e sento il respiro farsi corto per la centesima volta da stamattina. Tutto il mio corpo freme al suo tocco, sento la vagina gonfiarsi e bagnarsi. Non riesco a trattenere un sospiro. «Oh, deduco che la risposta è sì», mi sussurra nell’orecchio sfiorandomi il lobo con i denti. «Sì», dico senza fiato. «Un po’ mi eccita». Non voglio che mi tappi la bocca così come mi ha bendato gli occhi. Con le labbra sfiora le mie. «Eccita anche me. Tantissimo», dice .. guidandomi la mano verso il cavallo gonfio dei pantaloni. Devo ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non buttarmi in ginocchio e divorarlo. La forza della sua ruvida carica sessuale quasi mi paralizza. Mi chiedo se so davvero chi sono… Proprio in quel momento squilla il telefono, interrompendo le mie fantasie e riportandomi alla realtà. Lui continua a tenermi per mano, così lo seguo, cieca, avanzando con cautela forse esagerata per restare in equilibrio sui tacchi. «Magnifico, grazie. Stiamo arrivando». Riappende. «Alex, sembri in preda al panico. Che c’è che non va?» «Oh, niente. Proprio niente. Perché?», dico torcendomi nervosa le mani. Com’è possibile che anche con una benda sugli .. occhi sappia leggere così bene la mia mimica facciale? «Okay. Sei pronta per venire a cena con me?». A queste parole, il panico si impadronisce del tutto di me. Non può dire sul serio. O invece sì? «Jeremy, non possiamo uscire a cena… io non posso andare fuori in questo stato. Ti prego, dimmi che stai scherzando». «Certo che possiamo. Perché dovrei sprecare tanta bellezza e tenerti rinchiusa in una stanza d’albergo? Non avrebbe senso». Ricomincio a respirare a fatica. “Sta’ calma, respira”, mi dico. Ma non riesco a impedire a una raffica di parole di uscirmi freneticamente di bocca. «Fino a che punto hai intenzione di spingermi, stasera? Non ce la faccio, è .. troppo. Appena riesco ad accettare una delle cose che mi chiedi, ecco che tu vuoi di più, e poi ancora di più!». Riprendo fiato prima di continuare il mio sfogo. «Non so più cosa pensare, cosa provare, cosa dirti. Tutto questo è troppo irreale, troppo insolito per me». Sento la mia voce alzarsi e abbassarsi rapida, alla ricerca di parole che esprimano l’agitazione che minaccia di travolgermi. «Io non ho filtri, Jeremy. Sei stato tu a spazzarli via, o forse io te l’ho permesso. Non lo so. Comunque non può venirne niente di buono. È una vita che studio per poter dare risposte ponderate e motivate, e adesso tu devi ascoltarmi. Non so cosa penso, cosa provo, cosa sto facendo. Perché hai .. voluto mettermi in questa situazione?». Jeremy non risponde, ma sento la sua vicinanza e intuisco che mi sta fissando con attenzione. Riprendo fiato e cerco di riacquistare il controllo. Mi sento come un bambino che si è perso nel bosco e non sa di chi fidarsi né da che parte andare. Sento la sua mano sulla schiena mentre, tenendomi per il polso, mi guida con fermezza verso quella che suppongo sia la porta della suite. La sento aprirsi. «Oh, no, ti prego, restiamo qui. Che ore sono, poi? Non è tardi per andare a cena? Non ho molta fame, abbiamo gli antipasti. Davvero, perché sprecare…». Continuo a parlare cercando scuse per dissuaderlo, con i tacchi piantati nel tappeto. «Non possiamo farci vedere in .. pubblico, te ne rendi conto?». Cerco altri argomenti mentre lui mi spinge insistente verso la porta. «Come ti viene in mente di portarmi fuori in queste condizioni? Sono bendata, santo Dio, e non porto nemmeno le mutande». I miei tacchi si arrendono e mollano la presa sul tappeto, così vengo catapultata tra le sue braccia e condotta, immagino, al di là della porta. Cerco di reggermi in piedi come posso, con lui che mi tiene stretta a sé. «Dove stiamo andando?», gli chiedo nel disperato tentativo di ottenere delle risposte. Il suo silenzio mi esaspera. All’improvviso mi spinge con forza contro il muro, il viso vicinissimo al mio, il peso del ..suo corpo premuto contro la seta dell’abito. «Lo so che hai delle domande, Alexa. Ne hai sempre. Come ti ho già detto, in questo weekend non c’è spazio per le tue domande. Ho contato quelle che mi hai rivolto finora e ti consiglio di smetterla, perché per ogni domanda ci saranno delle conseguenze. Adesso controllati!», aggiunge perentorio. «Ti porto a cena. Sei bellissima e non c’è nulla per cui tu debba sentirti in imbarazzo. Un’altra cosa, dato che in questi due giorni sarai a mia disposizione, non voglio che tu mi chieda più che ore sono. Mi hai capito?». È talmente vicino che le sue parole mi fanno girare la testa. Resto muta di fronte alla crudezza di ciò che ha detto, mentre il suo profumo inebriante e la sua semplice presenza invadono ogni centimetro del .. mio spazio vitale. «Mi sono spiegato?». Scandisce con durezza ogni sillaba. Sono sconcertata dal suo scatto, dalla sfumatura cupa nella sua voce, al punto che mi astengo da qualunque commento frivolo o sbrigativo. È tutto molto strano, la tensione palpabile. Opto per un piccato silenzio che mi sembra la strategia più sicura, anche se la sua erezione continua a crescere contro la mia pancia. Mi afferra per le spalle e mi costringe a girarmi, mi preme apposta il seno contro il muro e mi assesta un paio di violente sculacciate che mi lasciano addosso una sensazione pungente, per me incomprensibile. Era l’ultima cosa che mi aspettavo da lui. Sono inorridita. Mi ha appena colpita! Bendata, nel corridoio di un albergo. ..Mi volta di nuovo con forza, ho l’impressione che voglia godersi il terrore che mi si è dipinto sul viso grazie al suo gesto. «Ti ho fatto una domanda, Alexandra. Ci siamo capiti?», dice con quel tono serio, metallico. Riesco a dire solo: «Perfettamente», con il sedere che brucia, inerme, premuto contro il muro. Questa è una novità. Mi ha fatto di tutto, in passato, ma mai niente del genere. «Bene. Andiamo». Mi prende per un gomito e mi guida brusco lungo il corridoio; i miei tacchi percuotono rumorosi il pavimento duro nel tentativo di stare al passo con lui. Essere sculacciata è una novità assoluta per me. Non ricordo l’ultima volta che è accaduto, nemmeno se cerco di risalire all’infanzia. Di certo a ..Robert non è mai venuto in mente di fare una cosa simile. In camera da letto è sempre stato monotono e svogliato, per niente fantasioso. Mi rendo conto che Jeremy è l’esatto contrario di Robert: vivace, imprevedibile… quanto mi è mancato tutto questo! Anche adesso, umiliata e fuori di me come sono, sento l’adrenalina pomparmi dentro come non mi succedeva da anni. Sono davvero viva. Sento una specie di scampanellio, le porte dell’ascensore si aprono e Jeremy mi guida nella cabina. Prendo un gran respiro e pronuncio mentalmente una preghiera: “Ti prego, fa’ che non incontriamo qualcuno che conosco. Ti prego!”. Le porte si chiudono e Jeremy non perde tempo: mi accarezza le cosce, l’umidità fra le mie gambe non fa che aumentare e.. io divento più accomodante, ed è allora che mi schiaffeggia di nuovo le natiche. Non me l’aspettavo… com’è possibile che io sia terrorizzata e nel contempo così eccitata? Jeremy conosce a menadito i miei punti sensibili ed è un medico, conosce l’anatomia del corpo umano e non si lascia sfuggire una sola opportunità di trattare il mio corpo come un suo radar personale, testandolo e osservandone le reazioni per sfruttarle a proprio vantaggio. È disorientante non essere in grado di prevedere la propria eccitazione. È evidente che per questo sono necessari gli stimoli visivi. E ancora più disorientante è non avere idea di quello che sta per succedermi. Vorrei gridare, tanto è il senso di impotenza, ma poi una leggera carezza data.. nel modo giusto fa ruggire il mio corpo, lo costringe ad assecondare quello stimolo e a volerne sempre di più. Non so se il mio corpo mi stia deliberatamente tradendo o se conosca i miei processi mentali meglio di quanto io immagini. «Per favore, Jeremy, smettila. Mi riesce già difficile concentrarmi su quello che mi succede intorno senza le tue mani addosso che mi distraggono ogni secondo». «L’idea principale in questi due giorni, Alexa, è proprio che tu non debba concentrarti su nulla». «Be’, questo non è possibile», sentenzio esasperata. La porta dell’ascensore si apre e sento un refolo d’aria fresca sollevarmi i capelli dalle spalle. Qualcuno saluta .. Jeremy. Sento il sangue affluirmi alle guance e sono certa di essere arrossita con violenza. «Dottor J, che piacere che sia riuscito a unirsi a noi stasera, è passato troppo tempo!». Mi tremano le gambe, ma Jeremy mi spinge avanti con mano sicura. «È bello rivederti, Leo». «Le mostro il suo tavolo». Vengo accompagnata a un divano su cui Jeremy mi aiuta a sedermi. Accavallo subito le gambe, consapevole di non portare biancheria intima, e maledico Jeremy per avermi messo in questa situazione che mi fa sentire a disagio come mai nella mia vita. E poi, chi accidenti sarebbe Leo e perché sento.. questo vocio intorno a me? La fronte mi si sta imperlando di gocce di sudore, l’ansia torna ad assalirmi al pensiero dell’ignoto. Ma perché sono così tesa? “Rilassati, goditela”, mi dico. Ma mi rispondo che è impossibile. «Cosa beve questa sera?» «Prendiamo due Martini extra dry, mescolati ma non shakerati, con una fettina di limone». La risposta di Jeremy mi sorprende. Ha appena ordinato un Martini proprio come lo preferisco, anche se non tocco un Martini da oltre dieci anni. Incredibile. Mi sforzo di restare calma per riuscire almeno a capire dove mi trovo, e mi congratulo con me stessa per questi pochi secondi di autocontrollo. Noto che il tappeto è spesso e soffice, le voci basse; una musica .. imprecisata aleggia discreta nella stanza. Quando mi ricordo che non siamo soli, l’ansia torna ad attanagliarmi finché Jeremy non interrompe la spirale dei miei pensieri. «Immagino che ti faccia piacere bere un Martini… è così che lo prendevi sempre quando eravamo in Europa». «Il Martini è l’ultima delle mie preoccupazioni». Mi sforzo di parlare con voce calma. «Come hai potuto portarmi qui, con altra gente? E se qualcuno ci riconosce? Non posso credere che tu voglia compromettermi. Stai facendo correre a entrambi un enorme rischio sul piano professionale. Come hai potuto? È inaccettabile». La tensione mi cresce nelle vene come uno tsunami, il cuore mi batte a un ritmo ingestibile e la sudorazione non raffredda il ..mio corpo come dovrebbe. Ha superato il limite, non è giusto. Mi torco le mani, mi passo i palmi sudati sulle ginocchia. Ho il respiro corto e ansimo, non è difficile capire che sto per avere un attacco di panico. Jeremy mi prende le mani. «Calmati, va tutto bene. Ti stai agitando per niente». Per niente? Non credo alle mie orecchie. «Non va bene affatto!», esclamo quasi fuori di me. Cerco di controllare, per quanto possibile, il tono della voce, non sapendo chi c’è nella stanza, chi è questa gente. È importante? “Sì che è importante, porca miseria”, mi rispondo. E Jeremy lo sa, non c’è alcun dubbio, come sa che non manifesto le mie emozioni in pubblico. «Perché .. mi hai messa in questa situazione? Come hai osato? Chi è questa gente?». Mi sento vulnerabile, sola, del tutto impotente. Il mio corpo trema, invaso da questo incontenibile torrente di emozioni. Non è affatto facile come credevo sarebbe stato, e sono un po’ delusa da me stessa per non essere in grado di gestire la cosa in modo più professionale. Ma cosa c’è di professionale nello stare seduti a un tavolo con una maledetta benda sugli occhi? Dio sa cosa penseranno, vedendo una donna bendata litigare con uno dei ricercatori medici più stimati del Paese, per non dire del mondo. O forse, chissà, qui all’Intercontinental potrebbe essere il “venerdì bendato” e tutti se ne vanno in giro conciati.. come me! Magari. All’improvviso ho un lampo di lucidità, di sicurezza. Mi accorgo di aver riacquistato il controllo. Ho ancora le gambe per camminare, le mani per sollevare questa benda soffocante e avere almeno una visione sfocata e scura di ciò che ho intorno, una voce per dire No!, l’unica parola che non sono mai stata in grado di dire a Jeremy. Se ho fortuna, potrei anche convincere uno dei presenti ad aiutarmi a uscire da questa situazione incresciosa. Appena questi pensieri mi attraversano rapidi la coscienza, mi sento di colpo in grado di agire. «Non posso farlo, Jeremy. So che lo desideri e ci ho provato, ma non posso. Mi dispiace di avertelo promesso, è stato uno stupido errore. Mi sono accorta che tutto questo.. per me è ingestibile». Detto ciò, mi alzo e sollevo le mani per togliermi la benda che mi causa tanto imbarazzo e umiliazione. Appena con le dita sfioro la seta, Jeremy mi si avventa contro mandandomi lunga distesa sul divano. Mi afferra le mani e me le blocca con forza contro lo schienale. È a cavalcioni su di me, sono bloccata sui cuscini, ammutolita dalla violenza del suo assalto. La tensione tra noi è insostenibile. Lui stringe la presa intorno ai miei polsi, assicurandosi che io non abbia alcuno spazio di manovra sotto il peso del suo corpo. «Tu farai quello che hai promesso. Hai detto di sì e non ti sei concessa nemmeno il tempo necessario ad adattarti. Non devi gestire niente, non devi controllare niente. È il tuo problema, e finché non smetti di .. farlo ti sentirai sempre così. Voglio essere molto chiaro: farò tutto il necessario perché tu mantenga la promessa. Ti voglio così come sei ora, Alex, e niente mi impedirà di averti, meno che mai le tue insicurezze». Parla a voce bassa, perentoria, implacabile. Sento i suoi muscoli contro le gambe, contro le cosce, la sua eccitazione gonfiarsi sopra di me. Dio santo! E adesso sono io che mi eccito di conseguenza. Come può farmi quest’effetto? Vuole me… quanto tempo è passato dall’ultima volta che mi è successo? Sembra una vita. E anche io lo voglio, ma non a queste condizioni. Che c’entrano poi le mie “insicurezze”? Ridotta al silenzio, gemo impotente sotto il suo peso. «Potrai ..toglierti la benda quando saranno finite le nostre quarantotto ore. Prima non la toccherai e non andrai in nessun posto». Parla con una determinazione che non ammette repliche, carica di lussuria. Accidenti, che ne è stato del senso di potere che provavo qualche secondo fa? Niente più occhi per vedere, gambe per correre, mani da muovere. Mi ha letteralmente tolto ogni forma di controllo, e la sua reazione fisica a questo non lascia dubbi sul fatto che ne tragga piacere. E a quanto sembra anche io. «Be’, è evidente che sei disposto a usare misure estreme per impedirmelo». Gli do atto di avermi bloccato del tutto i movimenti. Anche mentre mi chiedo perché diavolo mi eccitino tanto le sue misure estreme, sento crescere la mia .. voglia di secondo in secondo. «Fidati, Alex, il divertimento deve ancora cominciare, e sono certo che ne andrai pazza se solo ti concederai di lasciarti andare». “Adesso cosa sei, il mio terapista?”. Concludo che ribellarmi è inutile, serve solo a rafforzare i suoi propositi; mi stringe con più forza i polsi e le cosce. Mi metto a valutare con rapidità le possibilità. Come leggendomi nel pensiero, Jeremy dice calmo: «Non ti conviene metterti contro di me in questa cosa, AB. Perderesti». Sono sul punto di replicare quando lui preme con forza la bocca contro la mia e mi insinua la lingua tra le labbra solleticandomi il palato, invadendomi la gola con impeto, eccitato dal fatto di .. sapermi bloccata sotto di lui. Mi sommerge il viso lasciandomi senza fiato. Il suo potere è pura carnalità che il mio corpo non sembra per niente ansioso di respingere. «Sei mia per tutto il fine settimana. Smettila di opporti, stai sprecando energie che possono essere usate in modo molto più utile», dice con voce bassa e profonda. «Ma guardati: sei uno schianto. Peccato che siamo in pubblico, altrimenti ti toglierei quel vestito e ti prenderei qui». Mi sembra di sciogliermi sotto di lui. La sensazione calda, pulsante e dolorosa che ho tra le gambe e il respiro corto non lasciano dubbi sui miei reali desideri. «È così bella, ma non vuole star buona…», riflette, e per un lungo istante mi tiene il mento e le guance con le mani, .. mentre è ancora a cavalcioni su di me. Sento la sua erezione indurirsi contro la mia coscia. «Non mi lasci scelta. Leo, per favore, mettile le manette». «Certo signore. Subito». Jeremy mi solleva le spalle e mi infila le mani sotto le braccia per assicurarsi che non mi si pieghino in modo doloroso dietro la schiena. Leo, chiunque sia, mi mette intorno ai polsi qualcosa che somiglia a delle manette imbottite e le chiude con abilità sorprendente. Mentre Jeremy rimette la benda al suo posto, io me ne sto muta, cieca e ansimante sul divano. Che diavolo sta succedendo? Questa non è una follia da studenti, di cui ridere insieme. Jeremy ha detto chiaramente che è pronto a tutto pur .. di ottenere quello che vuole. Perché? I pensieri mi galoppano nel cervello insieme al battito del cuore, nel tentativo di capacitarsi di quanto mi è appena accaduto. Sento l’energia pulsare nell’aria. Cosa lo ha fatto diventare così prepotente? Che cosa mi è sfuggito? «Avevo dimenticato quanto fossi testarda. Sei incorreggibile». Ed ecco il vecchio Jeremy che parla con me. Incredibile. «Testarda», esclamo con voce stridula, ancora in preda allo stupore. «Come fai a…». «Parla a bassa voce, per favore. Sarà difficile darti da mangiare se dovrò imbavagliarti», dice con tutta calma. «Non oseresti…». Mi interrompe brusco: «Oserei invece. .. Sai che lo farei. Prima ti arrendi al mio volere, prima conoscerai la libertà», sussurra con aria complice. Che cosa vuol dire? Mi agito inquieta sul divano, incredula all’idea di avere davvero le mani legate dietro la schiena. È vero, abbiamo dei trascorsi di sesso sperimentale, ma Jeremy non si era mai spinto tanto in là. Non c’era mai stata tanta insistenza, né questo autoritarismo esplicito. Ammetto che ormai la situazione è assolutamente al di fuori del mio controllo. Solo, non capisco che cosa abbia scatenato tutto questo e perché… Un momento mi sento vicinissima a lui in ogni senso, il momento dopo sono lì a chiedermi chi ho di fronte. Sono una madre, Dio.. santo! Come diavolo sono finita in questa situazione? È un gioco? Uno scherzo? Mi sta mettendo alla prova? Vuole spingermi al limite? Se si tratta di questo, ci sta riuscendo benissimo. Sono confusa, in preda al panico e, cosa assurda e irritante, eccitatissima. *** «Bene, non sprechiamo questi Martini». Jeremy mi solleva il mento e mi fa scivolare con cura il liquido in bocca. Non gli parlo. Sinceramente non saprei cosa dire. Riesco a malapena a muovermi. Dopo quello che è appena accaduto, mi terrorizza la sola idea di oppormi ai suoi desideri, e questo è senza dubbio l’effetto a cui mirava, perciò resto seduta in silenzio, come un manichino. È come se ogni cellula.. del mio corpo avesse una carica elettrica e fosse all’erta, in attesa della sua prossima mossa. Mi sento addosso una strana energia. So che sta cercando di decifrare quello che mi passa per la testa. Mi sforzo di tenere a bada il respiro, le emozioni, i pensieri… Non ci riesco. Altro liquido fresco mi bagna la lingua e mi scivola in gola. Non lo incoraggio. Né mi oppongo. Sono paralizzata da una paura dell’ignoto che non riesco a definire. Nonostante mi senta molto vulnerabile, potendo contare solo su Jeremy, tutto ciò mi seduce e mi eccita alla follia. Che altro posso fare se non accettare questa bizzarra serie di eventi astenendomi da proteste e lamenti? E mentre mi rassegno a questo stato di cose devo ammettere che non mi sono mai sentita, in tutta la mia vita, così speciale, .. così desiderata e vezzeggiata. A quanto pare abbiamo finito i nostri Martini, perché vengo aiutata ad alzarmi in piedi. Jeremy mi infila un braccio dietro le mani legate e mi cinge la vita. Ci incamminiamo in silenzio. All’improvviso mi sento sollevare da terra e Jeremy mi porta senza fatica su per una scala. Essere presa e trasportata con tanta facilità mi fa sentire ancora più fragile, ancora più dipendente. Non ho modo di difendermi da lui sul piano fisico, e sul piano emotivo sono sconfitta in partenza. Non mi è mai accaduto di affidarmi così completamente a qualcuno. Sono abituata a essere una donna autosufficiente, e questa dimostrazione di possesso mi fa tremare le ginocchia. Sento il rumore di una porta che si apre .. e dell’aria fresca intorno a me. Jeremy mi fa sedere subito su una sedia. Sento il baccano della città ai miei piedi, l’aria calda e umida sulla pelle. Immagino sia una bellissima serata, così come la giornata che l’ha preceduta. Sono felice di trovarmi fuori dall’energia paralizzante di quella stanza. Tutto il mio corpo freme di sollievo per il nuovo ambiente e per il senso di spazio che mi circonda. «Hai freddo?». Di sicuro mi starà fissando con intensità. Prima di riuscire a impedirmelo, scuoto la testa in risposta alla sua domanda. Con tanti saluti al proposito di ignorarlo. Resto seduta, eretta e silenziosa. Avverto che sta ancora cercando di decifrare le mie reazioni. «Ti va di sentire della musica o preferisci il.. silenzio?». È sempre stato bravo a fare domande a cui si possa rispondere solo con un sì o con un no. Dentro di me sospiro, ma non gli rispondo. È il suo gioco, con le sue regole, perciò che decida lui. «Musica, allora». Alle sue parole parte un sensuale brano jazz a basso volume. La musica sembra eseguita dal vivo, e alzo la testa con sorpresa nella direzione da cui proviene. È dolce e melodica, vagamente familiare anche se al momento non riesco a collocarla. Un profumo leggero mi solletica le narici e mi concentro su di esso per capire di che si tratta. Riesco a distinguere un aroma squisito di coriandolo fresco, peperoncino, dello zenzero e forse olio di sesamo. Jeremy mi sta lasciando il tempo di assaporare e .. riconoscere il profumo del mio piatto tailandese preferito. Lo solleva con cura verso le mie labbra, come a stuzzicarmi l’appetito. Gli lascio fare il suo stupido giochino. «Dio, sei stupenda: seduta lì, bellissima, così vulnerabile e cocciuta. È una serata spettacolare, lascia che te la descriva. Una luna piena meravigliosa che sorge a oriente, non una nuvola in cielo. Le luci della città risplendono tutto intorno a noi. Siamo sul tetto dell’hotel, soli, perciò non devi preoccuparti che qualcuno possa riconoscerci. La tavola è apparecchiata in modo semplice ma sofisticato, proprio come sei tu. Ho ordinato i tuoi piatti preferiti, il tuo vino preferito, la tua musica preferita. Siamo finalmente in .. grado di concederci queste cose in grande stile, senza badare a spese. Alexa, ho desiderato con tutto me stesso di vivere questo momento con te, e la realtà è ancora più perfetta dell’immaginazione. Sei tutta per me. Vederti seduta qui, cieca e legata, eppure così coraggiosa, mi manda in visibilio. Potrei scioglierti i polsi, ma averti seduta di fronte a me in queste condizioni mi eccita al punto che voglio essere egoista e prolungare ancora un po’ questo momento». Le sue parole mi lasciano senza fiato e il mio corpo reagisce proprio come se mi avesse toccata. La musica mi accarezza piano. «Mi concedi un ballo?». Suona come una domanda retorica, dal momento che mi sta già ..facendo alzare. Mi libera i polsi da dietro la schiena solo per riallacciarseli intorno al collo. A quanto pare mi tocca ballare, che ne abbia voglia o meno. Crede sul serio che potrei fuggire a piedi dal tetto di un palazzo con gli occhi bendati? Il pensiero mi sfiora la mente, seducente… riconosco all’improvviso il motivo che stanno suonando fin dal nostro arrivo. Jeremy inizia a muovere i fianchi e io lo imito goffa, non avendo scelta. Mi stringe a sé e pian piano cominciamo a muoverci in sincrono. Mi fa appoggiare la testa alla sua spalla, sento la stoffa soffice della camicia contro la guancia e il battito del suo cuore. Non riesco a trattenere un sorriso per la scelta della canzone. Non resisto al contatto con il suo corpo. Inspiro. Espiro. Le parole si perdono in .. questa musica che amo. Il sassofono, la chitarra e le percussioni spazzano via l’ansia che provavo fino a poco fa, e mi abbandono con naturalezza fra le braccia di Jeremy mentre lui mi conduce sicuro. Con cura e abilità, riesce a dissolvere la mia tensione; mi sto praticamente sciogliendo nel suo abbraccio. Ancora una volta, è impossibile ignorare la chimica sessuale che ci unisce. Balliamo, mangiamo, beviamo, parliamo, ci baciamo, ridiamo. Sono ancora cieca ma non ho più le manette. Decido di chiudere la paura in un angolo distante e rattrappito della coscienza. Forse questa serata è per me e per lui, è .. per noi due. Non lo so. Finalmente il rapporto tra le emozioni si inverte e posso stare qui per mia scelta, non trattenuta a forza. Il dessert è un’ardita combinazione di sapori: una vellutata crème ganache di cioccolato, con una punta agrumata, forse di arancia, racchiusa in un cestino friabile e burroso e accompagnata da un pastoso vino da dessert, che indugia a lungo sulla lingua. Sto fluttuando a mezz’aria. «Alex, ti va di cantare per me, adesso che c’è la band?». Sorrido al suo invito. «Sono anni che non canto». «Ti prego, ci siamo solo noi due. Scegli tu la canzone. C’è una chitarra per te». A Jeremy piaceva molto ascoltare me e la mia .. amica Amy quando improvvisavamo qualcosa nei piovosi pomeriggi domenicali. Le prime volte ci metteva un po’ in imbarazzo, ma poi ci abituammo alla sua presenza. È sorprendente che, con tutto l’alcol che ho bevuto da quando sono arrivata qui, io mi senta solo un po’ alticcia e non del tutto ubriaca. Forse il tempo è passato più in fretta di quanto mi sembri, o forse il torrente di emozioni e la tensione nervosa hanno bruciato in fretta l’alcol. All’improvviso trovo allettante l’idea di fare qualcosa che non faccio da anni. «Perché no? Solo una canzone». Sembra sorpreso e felice che io abbia acconsentito subito. Preferisco prolungare quest’atmosfera piuttosto che tornare al clima teso di prima. Penso alle parole della canzone .. che abbiamo appena ballato e mi chiedo quale sia il senso della nostra relazione, e che cosa significhi per lui. Mi viene in mente una canzone che suonavamo spesso e che lui accompagnava con i coperchi delle pentole. Parlava di amicizia e per noi era speciale. Jeremy mi aiuta a imbracciare la chitarra, poi gli chiedo di lasciarmi sola con la band. «Ti aspetto al tavolo. Divertiti!», mi dice incoraggiante, dandomi un bacio sulla guancia. Mi ci vuole qualche minuto per trovare la posizione e accordare la chitarra. Sono tanti anni che non suono e mi si sono ammorbiditi i polpastrelli: sento le corde dure e taglienti al contatto con la pelle, mentre prendo confidenza con lo strumento e mi sistemo la cinghia intorno al ..collo. Non potrò leggere lo spartito, ma per fortuna conosco a memoria sia le parole sia gli accordi. Comincio… Quando finisco di cantare, tra gli applausi della band, una lacrima mi scende lungo la guancia sinistra. È stato magnifico cantare, suonare, fare qualcosa che credevo di aver dimenticato. Che emozione! Sono in preda all’euforia mentre ringrazio, senza vederli, i musicisti e loro mi aiutano a mettere giù la chitarra. Mi fermo a riflettere sul fatto che, se fossi stata in grado di guardarmi intorno, non lo avrei mai fatto… Mentre mi alzo, Jeremy viene ad abbracciarmi con trasporto. «È stato fantastico. Eri stupenda!». Tace un istante. «È una lacrima di gioia quella che vedo sul tuo viso, dottoressa Blake?» .. «Mi sembra di aver ritrovato la voce». Mi chiedo perché abbia usato queste parole. Un’altra lacrima mi scende lungo il viso. Non capisco perché mi sento così, ma il fatto di cantare e suonare ha toccato una qualche corda dentro di me, una corda che da molti anni non vibrava più. Una volta ho letto che è importante capire da dove vengono le nostre lacrime, perché sono direttamente connesse con il cuore. Che cosa mi sta facendo Jeremy? Ha rimosso un altro strato. Avvicina le labbra alle mie e, prima che io possa dire qualcosa, mi bacia, un bacio così delicato, così paradisiaco da restare impresso nella mia memoria per sempre. .. *** La nostra serata sul tetto procede fino al momento in cui i membri della band mettono via gli strumenti e si congedano. A me sembra di essere finita su un ottovolante nel momento stesso in cui ho messo piede nell’atrio dell’hotel. Non mi è mai capitato di vivere tante emozioni in un così breve e turbinoso periodo di tempo. Mi godo la brezza tiepida e leggera, e mi rilasso tra le braccia di Jeremy. A essere del tutto sincera, sono stanca di oppormi al suo volere ed elettrizzata dalla sua vicinanza. Cosa può succedere di tanto brutto? Non metterebbe mai a repentaglio la mia e la sua reputazione professionale, ci tiene troppo. E a prescindere da questo, io desidero stare con lui. La madre, la moglie, la .. studiosa, ogni parte di me desidera Jeremy, e a dirla tutta lo ha sempre desiderato. Il corpo di certo non si piega alle razionalizzazioni. Voglio prolungare il più possibile la perfezione di ciò che stiamo vivendo insieme. Adesso sono molto più calma. La musica, l’aver cantato e ballato, la cena, i baci, forse perfino l’oscurità – sebbene non lo ammetterò mai – mi stanno dando alla testa, mi sembra di fluttuare nell’aria. Mi sento addosso un’energia calda e serena, come una luce interiore che non mi pare di aver mai sperimentato prima d’ora. È una sensazione poco familiare, che però vivo con piacere. «A cosa stai pensando in questo momento?», mi chiede Jeremy giocando con le ..mie mani e posandomi delicatamente il pollice sul labbro inferiore. Percepisco che ha voglia di giocare. Gli rispondo senza girarci intorno. «Sto pensando che ti voglio, subito». «Oh, davvero?», ride. «E pensi di potermi avere?» «In effetti credo proprio di sì, ora che ho di nuovo l’uso delle mani». Trovo la cintura e gliela slaccio, aprendogli la patta e facendogli scendere i pantaloni lungo quelle natiche tonde e sode. «Ti serve una mano?» «Anche se non ci vedo, so bene cosa sto cercando». Sento che sta sorridendo e sento anche il gonfiore che gli pulsa nelle mutande. Gioco un .. po’ prima di levargliele. Accarezzo avida il pene carnoso, le mie dita impazienti di ghermire i testicoli. Lui geme. «Ti piace ancora, dopo tutti questi anni?», gli chiedo. «Certe cose non cambiano mai». Mi metto in ginocchio, continuo a massaggiargli le palle tenendo salda in mano la base del pene e con dolcezza passo la lingua sulla punta facendone uscire una goccia di succo salato che gli scivola giù. Mi fermo. Finora le sue mani mi hanno accarezzato i capelli; adesso mi tengono stretta la testa. Per stare in equilibrio? O per il desiderio? Mi sistemo aggrappandomi con le mani alle sue natiche sode e muscolose e continuo a stimolarlo prendendone in bocca sempre un po’ di più, carezza dopo carezza. Poi .. la mia lingua comincia ad assumere il controllo, affamata di lui. Ce l’ho tutto dentro, con la punta che mi solletica la gola, ed è una gioia averlo in me, questo pene liscio e duro che mi riempie. Adoro farlo e non posso negare il calore che mi accende fra le cosce, mentre lo succhio con sempre maggior forza, lo accolgo sempre più profondamente. Jeremy geme e io capisco che c’è quasi, manca pochissimo. Lo lascio andare di poco per provocarlo, per svelare la voglia che ha di me, per poi riprenderlo giù fino alla gola e stringere le labbra attorno alla base. Lo sento pulsare un attimo prima dell’esplosione finale. All’ultimo momento allontano la bocca, mantenendo la presa sui testicoli. Gli spasmi lo travolgono, sempre più intensi, .. mentre il suo seme atterra da qualche parte alle mie spalle. Resto in ginocchio finché non si riprende e torna alla realtà, poi gli do un bacio leggero sulla punta del pene prima di alzarmi. Respira ansimando, in modo irregolare. «Perché ti tiri sempre indietro all’ultimo minuto? Mi piacerebbe tanto che lo ingoiassi». «Lo sai che non mi piace». «Ci hai mai provato?» «No. E non ho intenzione di farlo». «Allora non si tratta solo di me». «No, Jeremy, non si tratta solo di te. È solo che non lo faccio». «Ma è così incredibile tutto quello che fai. Se ingoiassi sarebbe il paradiso». Uhm, ecco un’opportunità. Chissà se è disposto a negoziare. .. «Mi restituiresti la vista se ingoiassi il tuo sperma?», domando con aria di sfida. «Non dico che l’idea non mi tenti… be’, diciamo solo che mi piaci troppo così, bendata». «In tal caso l’argomento è chiuso», taglio corto. Mi bacia sulla bocca, un bacio lungo e profondo, e intanto la sua mano mi si insinua sotto il vestito, trova le piccole labbra e si mette ad accarezzarle. Le due dita esplorano, sfiorano. Sospiro mentre gli intreccio le mani dietro il collo, resistendo alla tentazione di unirle alle sue. Le sue dita continuano la loro magia finché le gambe mi si fanno molli e mi sembra di non riuscire più a stare in piedi. «Vedrai che.. un giorno mi prenderai tutto, completamente», dichiara fiducioso. «Staremo a vedere», ribatto tra i sospiri, sforzandomi di stare dritta. «Proprio così». Ride, interrompe il lavorio delle dita, mi rimette in piedi e mi riporta in camera. Senza che nemmeno me ne renda conto, mi ha già sfilato il vestito e le sue dita hanno ripreso la loro opera di conquista con impeto ancora maggiore di quello che avevano fuori, sul tetto. La bravura di Jeremy, la sua precisione, sono ancora più straordinarie di quanto ricordassi. Ho perso ogni contatto con la realtà, i miei gemiti si levano alti nel silenzio dell’attico. Se la mia mente si è sfiancata, oggi, nel tentativo di venire a patti con la realtà delle ultime ore, il mio corpo accoglie con.. avidità l’occasione che gli è stata offerta. Alla fine mi addormento nel caldo abbraccio di Jeremy. Un sonno profondo, stranamente appagante. *** Ho una strana sensazione ai piedi. Cerco di scacciarla, come in sogno, ma è simile a un prurito di cui non riesco a liberarmi. Che cos’è? È qualcuno? Qualcosa? Mi giro su un fianco decisa a ignorare qualunque cosa sia, ma il solletico continua imperterrito. Accidenti, c’è ancora… può trattarsi di un dito? No, è troppo leggero. Un pennello? No. Una piuma? Potrebbe essere. Questi pensieri oziosi mi riscuotono dal torpore. È ancora buio, non devo alzarmi. .. Stavolta cerco di liberarmene con un calcio e… ah, ha funzionato. Torno a rannicchiarmi tra queste soffici, stupende lenzuola fresche di bucato e sul morbido cuscino. Certo, non è proprio come il mio… Questo pensiero mi spinge a chiedermi dove mi trovo. “No”, penso mentre strani ricordi mi affiorano alla coscienza, “deve essere un sogno, un sogno molto ma molto bizzarro”… Tendo una mano come a cercare la conferma di una presenza, accanto a me sul letto. Niente. Nessuno. Non ho idea di quanto a lungo abbia dormito, ma di colpo ricordo. Dove sono e con chi. La realtà colpisce duro. Cerco di aprire gli occhi, dimenticando per un attimo la mia situazione, ed esito prima di toccare la benda, memore delle conseguenze che .. questo gesto ha avuto ieri sera. Non è stato un sogno e da ciò che posso prevedere, per me almeno, resterà buio anche dopo che sarà sorto il sole. L’ostinato pungolo ai piedi ricomincia, a poco a poco si fa strada lungo le caviglie e i polpacci puntando alle ginocchia. Quella è una delle mie zone più sensibili, non sopporto il solletico laggiù. Mi siedo, del tutto vigile. «Buongiorno». La voce di Jeremy. Non è stato un sogno, ormai è evidente. Mi sfugge una risatina nervosa. «Buongiorno. Quanto ho dormito?» «Sei sveglia da pochi secondi e hai già fatto una domanda. Fai la brava, Alex. Niente domande. Mettiti giù e sta’ buona». Obbedisco. Non voglio litigare. Sento il lenzuolo ..scivolare via dal letto e resto lì nuda, esposta. Le piume proseguono nella loro salita, strappandomi qualche gemito nel tratto che va dall’ombelico ai capezzoli. Non devo vederli per sapere con quanta prontezza rispondono a quel tocco leggero. «Il corpo mi tradisce», sussurro quasi parlando a me stessa. «Lo ha sempre fatto. Quando comincerai ad ascoltarlo?». Rifletto su quella domanda. «Per favore, solleva le braccia sopra la testa e resta così». Faccio come mi dice. Eseguire le sue istruzioni diventa sempre più facile, man mano che la coscienza parte per altre tangenti. Le piume mi si scatenano sulle braccia, sul viso, sul collo. Starmene bendata, nuda, mentre delle piume.. mi accarezzano piano ogni centimetro di pelle, senza avere idea di quale sarà il loro prossimo obiettivo, non è paragonabile a niente che abbia già vissuto. Somigliano a farfalle che mi volano vicinissime sollevando una brezza leggera, toccandomi appena, eppure la sensazione che generano al tatto mi scatena brividi lungo il corpo, mi fa venire la pelle d’oca. «Apri le gambe, per favore», ordina educatamente Jeremy. Non so se sia a causa dell’atteggiamento sessuale difensivo e protettivo che ho tenuto per tutti questi anni, fatto sta che le sue parole mi portano a chiudere d’istinto le gambe e ad abbassare le mani per coprirmi il pube. «Interessante…», mormora Jeremy. Le piume si bloccano e nessuno dice niente. È in attesa ..della mia prossima mossa, lo so. Le mie mani ritornano piano dov’erano, sopra la testa. Il silenzio si protrae. La vulva mi pulsa a tal punto che mi rifiuto di aprire le gambe, perché non voglio che lui si accorga delle mie palpitazioni. «Te lo chiedo di nuovo: per favore, apri le gambe». Sospiro, piena di imbarazzo ma eccitatissima. Apro le cosce di qualche centimetro. «Di più, per favore». Il suo tono è adamantino. Certo che se vuole una cosa, non c’è verso di negargliela. Piego le ginocchia mentre le apro al suo sguardo, pulsante di desiderio. Cerco di non muovermi quando riprende a solleticarmi, ma è molto difficile. Mi contraggo e gemo nel tentativo.. di anticipare il suo prossimo obiettivo. Un compito impossibile, ma riesco a mantenermi più o meno nella posizione originaria. Il solletico continua, sempre leggerissimo, simile a una carezza, eppure diverso. La mia carne vuole di più, vuole il tocco di Jeremy. In tutto questo tempo i nostri corpi non si sono toccati, nemmeno una volta. Lo desidero alla follia. Il respiro mi si fa corto. Quanto ancora andrà avanti? Non ne posso più. Mi serve più pressione, più corpo, più… Incapace di trattenermi, mi afferro i seni inarcando la schiena. Lo voglio dentro di me, sono affamata di lui. La sua pazienza è maggiore di quella dei miei sensi e lui lo sa. Gli è sempre piaciuto mettere alla prova i miei limiti, forzarli oltre ciò che credevo possibile. «Jeremy…», lo chiamo tendendogli le .. braccia. «Pazienza, tesoro, pazienza. Finché non starai distesa immobile e farai esattamente ciò che ti chiedo, questo continuerà e tu non avrai quello che desideri. Più farai la brava, maggiore sarà il premio». «Oddio», gemo sapendo fin troppo bene che fa sul serio. Quest’abilità nello stuzzicarmi, eccitarmi, tormentarmi è frutto di anni di esperimenti e di pratica. Sospiro esasperata. Sono troppo fuori di me per oppormi, e lui sa bene quanto desideri la liberazione. Faccio appello a tutto il mio controllo zen per stare ferma, per tenere la posizione in cui lui mi vuole e per sopportare questo tormento senza protestare o lamentarmi. Cerco di contare all’indietro a partire da cento, ma arrivo in fretta al numero ottantanove e poi perdo .. il filo, incapace di concentrarmi. Mi contraggo. Lui si ferma. Io resto immobile. Ricomincia. Ho fame delle sue carezze, ma cerco di restare nella posizione che mi ha chiesto di tenere. È implacabile, disciplinato e paziente. Io no. Quando raggiungo l’apice del desiderio e della frustrazione, di colpo lui si tuffa su di me e mi infila il pene pulsante fino in fondo alla vagina, strappandomi un grido. Ho le gambe spalancate mentre lui supera in un colpo diversi strati di me e mi blocca con forza le braccia sopra la testa. Spinge e spinge, è duro e veloce, ed è proprio ciò che volevo. La schiena mi si inarca sotto.. i suoi colpi. Mi sembra di volare. La mia vagina gonfia di umori lo divora avida quando lui mi esplode dentro. A quanto pare anche la sua, di pazienza, ha un limite. Grazie al cielo! Si lascia cadere su di me, facendomi sprofondare nel materasso con il suo peso. Siamo entrambi senza parole e in debito d’ossigeno. Ritorna il fremito, un profondo desiderio che mi si irradia dal basso ventre. La sensazione è cominciata quando ero nella vasca da bagno e sono abbastanza certa che mi accompagnerà ancora per un po’. Jeremy mi appoggia il viso contro il collo. «È stato meraviglioso. Non avevo mai vissuto un risveglio simile». «Vale anche per me», ammette baciandomi ..il collo con avidità. «Ti prego, non farmi più aspettare tanto. Stavi per farmi impazzire». Continua a divorarmi il collo con le labbra e la lingua prima di ammettere l’atroce verità: «Da me non avrai di certo questa promessa, mia cara». Sospiro. Ci risiamo. «Starai morendo di fame. Mangiamo!». Posso dire in tutta onestà che il mio corpo non si è mai sentito tanto vivo. Non ero così eccitata da quando avevo vent’anni, ma questo è molto di più. Non so come sia possibile che abbiamo ancora tanto fuoco in corpo. Mentre le labbra sul viso vorrebbero sorridere, quelle più in basso fremono di desiderio. Sento l’energia sessuale pulsarmi nelle vene. È una sensazione insolita, di appagamento misto a vivo desiderio. Che mi sta .. succedendo? È davvero la privazione della vista ad amplificare così tanto i miei sensi, o si tratta della giostra di emozioni su cui Jeremy mi ha fatta salire nel momento in cui sono arrivata? Ha liberato un’energia sessuale che era rimasta sopita per anni, in attesa che qualcuno la risvegliasse. Posso solo concludere che entrambi i fattori abbiano contribuito, anche se a questo punto riconosco che la mia capacità di analisi è bella che andata. Che ironia: i miei appelli all’analisi e alla ricerca vengono puntualmente spazzati via, onda dopo onda, dalla marea di sensazioni che Jeremy sa procurarmi. Sta ordinando al servizio in camera quasi tutto quello che c’è nel menu. Chiacchieriamo, ridiamo, ci accarezziamo e di colpo non mi sembra più tanto strano .. avere una benda sugli occhi. La sua voce è così rassicurante, così familiare, che mi sento quasi del tutto a mio agio. Arrivano le portate e finalmente mangiamo. Sono affamata. «Hai ancora fame?», mi domanda Jeremy mettendomi in bocca una fragola. «A essere sincera non smetterei mai di mangiarle. Dànno dipendenza. Le fragole fresche e gli hotel a cinque stelle hanno qualcosa in comune. Sembrano disegnati da un professionista, tanto sono perfetti…». «Ne è rimasta una soltanto. Ecco, prendila». Fa per posarmela sulla lingua, ma poi la ritira. «Ripensandoci, tu hai già avuto la tua parte. Questa la terrò per me». Mi slaccia la vestaglia e sento la fragola descrivere cerchi attorno al mio .. capezzolo. Sorvola l’ombelico prima di avvicinarsi alla fessura. Sento il frutto succoso all’ingresso della vulva. «Credo che voglia giocare a nascondino». E mentre la sua lingua inizia a cercare, a me sfugge un lamento. Parte quarta .. Non bisogna giudicare la vita dalla quantità di respiri che si fanno, ma dai momenti che il respiro te lo tolgono. Anonimo «Adesso devi vestirti. Ci attende una grande giornata». «Una grande giornata? Perché, non ce ne restiamo qui a giocare per tutto il giorno?». Non riesco nemmeno a immaginare di poter uscire da questo accappatoio nelle prossime ore, perciò sulle prime ..non lo prendo sul serio. «Un’altra domanda…», replica lui in tono asciutto. “Ancora con questa storia delle domande”, penso tra me e me. Il suo tono mi rende nervosa. Non capisco che cosa pretenda. Che si aspetta? Che resti muta? Certo che ho delle domande. Quale donna non ne ha, anche in circostanze normali? Figuriamoci adesso, poi… Vorrei che si rilassasse e si desse una calmata, riguardo a questa faccenda delle domande. Invece di esternare i miei dubbi, mentre mi congratulo con me stessa per la lezione, o quello che era, di ieri sera, decido di adottare un’altra strategia. «E cosa devo mettermi?», cinguetto con una sciocca vocina. «Proprio non ce la fai a trattenerti, vero?» .. «Da cosa?» «Dal fare domande!». Sembra al colmo dell’esasperazione. «Non ho fatto nessuna domanda!», replico indignata. «Oh, invece sì…», mi correggo ricordando le ultime parole che ho detto. «Sono un po’ dura di comprendonio, eh?», dico cercando di rimediare. Tendo una mano, sperando in un abbraccio di perdono, ma lo spazio intorno a me è desolatamente vuoto. «Imparerai, Alex», lo sento dire da un punto imprecisato della stanza. «Però non so se la lezione ti piacerà». «Che vuoi…», le parole mi escono di bocca senza che me ne accorga, ma mi fermo in tempo. Non ho capito l’allusione, ma di certo non mi azzarderò a chiedergli chiarimenti... «Va bene, allora. Vestiamoci», dico con il tono più leggero e gaio di cui sia capace. «Molto meglio», risponde lui con tenerezza baciandomi sulle labbra. È di nuovo contento, va tutto bene. Non riesco a fare a meno di sentirmi come un cucciolo addestrato per uno scopo a lui sconosciuto. «Le ragazze saranno qui a momenti per aiutarti a vestirti». Come se non bastassero queste parole a lasciarmi di stucco, sento bussare alla porta. «Ragazze? Quali ragazze?», dico mio malgrado con voce stridula. «Scusa! Scusa!», mi affretto ad aggiungere in una sorta di automatismo prima che ricominci la solfa del “basta con le domande”. .. Eccomi di nuovo in preda al panico. «Sta’ tranquilla, ci penso io». Del resto non ho scelta. Sento delle voci femminili che si presentano a Jeremy sulla porta, i nomi sono qualcosa come Cindy, Candy… Non posso crederci. «Salve, sono felice che siate venute. Entrate. È qui dentro». I pensieri mi si ingarbugliano nella testa, cerco il bordo del letto e per sbaglio rotolo a terra, ritrovandomi lunga distesa sul pavimento. Jeremy si affretta in camera chiedendomi se sto bene. Mi sento una perfetta idiota. Sono talmente in imbarazzo, che vorrei trasformarmi in qualcosa di piccolo e tondo e rotolare via lungo il pavimento. Ma che gli è saltato in mente? Il cuore mi batte forte, non riesco a pensare né.. a dire una parola. Ha sempre avuto questa fantasia di andare a letto con due ragazze… no, non lo farebbe mai. Non può! Mi aiuta ad alzarmi in piedi. «Sei sicura di stare bene? Sei pallida». A me sembra di essere verde, perciò immagino cosa intenda per “pallida”. Non mi viene in mente niente da dire. «Le ragazze ti aiuteranno a vestirti per la grande avventura», dice con evidente euforia. «Non voglio né ho bisogno di altre avventure, Jeremy. Ne ho avute abbastanza per stare bene tutta la vita», dico in un sibilo, non sapendo a che distanza si trovino “le ragazze”. Jeremy mi solleva da terra e mi porta in bagno di peso. Dio santo, è impazzito? «Non preoccuparti, non è quello che credi. Sono.. venute solo per aiutarti, promesso». Libera il braccio dalla mia stretta e mi lascia alla loro mercé. Comincio a tremare. Ognuna di loro mi prende una mano. Cerco di mantenere il contatto con Jeremy, ma lui si sottrae. «No, ti prego, non andartene. Non mi serve aiuto. Ce la faccio da sola. Jeremy?». Sento chiudersi la porta e resto sola, nel panico, con due estranee dai nomi equivoci, che non posso vedere in faccia ma che possono vedere me. Avverto sulla pelle le loro unghie lunghe, mentre due mani mi sfilano piano l’accappatoio. Me lo stringo intorno alla vita in un riflesso istintivo. Le mani perseverano, mentre altre due si occupano di slegare la cintura. Cerco di distrarle parlando con loro. «Sto bene, .. davvero. Posso farcela. Va bene così, ve l’assicuro». Ma loro insistono. Con mia sorpresa mi tolgono anche la benda. Adesso sono completamente nuda. Vengo fatta sedere sulla tazza. Mi copro con le braccia. Una delle due apre l’acqua nella doccia e vengo accompagnata all’interno. Mi sembra di sentir sfrigolare l’acqua contro la mia pelle d’oca. Mi lavano i capelli, li spalmano di balsamo e mi massaggiano il cuoio capelluto con delicatezza e abilità tali che dopo un po’ mi sento molto più rilassata di quanto credessi possibile. Adesso le lunghe unghie mi insaponano con il loro tocco sapiente. Quando ci sono quattro mani che si danno da fare sul tuo corpo, cosa fai? Le fermi oppure lasci che portino a termine il loro lavoro? Opto per la seconda soluzione. .. I prodotti che stanno usando hanno un profumo meraviglioso, li sento ricchi e cremosi al punto da lasciarmi una sensazione vellutata sulla pelle anche dopo che mi hanno sciacquata con cura sotto il getto caldo che mi investe dall’alto. Nessuno dice una parola mentre vengo condotta fuori dalla doccia e asciugata meticolosamente con spessi e soffici teli da bagno. Mani lisce, setose e unte di crema mi scivolano lungo le gambe, le braccia e il busto. Mi sollevano un piede alla volta e massaggiano con cura lo spazio tra le dita, liberando impulsi piacevoli anche in parti più riposte del mio corpo. Cielo, non avevo idea che un massaggio alle dita dei piedi potesse avere effetti del genere. Terminato il.. loro compito, le ragazze mi aiutano a indossare di nuovo l’accappatoio, e io provo un moto di sollievo all’idea che la cosa sia finita qui. Mi sento morbida, matura, rigenerata, e profumo come se fossi appena uscita da una bottiglia esotica piena di Coco Mademoiselle. Se fossi sola, mi abbraccerei. Le ragazze mi asciugano i capelli e li legano in una stretta treccia bassa alla francese. Cerco di aprire gli occhi ma il senso di pesantezza alle palpebre è tale che solo a provarci sento dolore, così mi rassegno all’oscurità, con o senza benda, e mi appresto ad andare di nuovo incontro all’ignoto. Sento una specie di fruscio mentre vengo condotta fuori dalla stanza da bagno, nel guardaroba. Poi vengo inguainata ..in un’aderentissima tuta di pelle, con tanto di stivali al ginocchio con i tacchi alti e un paio di guanti che guarda caso mi stanno alla perfezione. Sorpresa! Il mio corpo adesso è fasciato dalla testa ai piedi in un odoroso involucro di pelle. Un paio di grossi occhiali da sole sono il tocco finale. Quando me li sistemano sul naso, anche il più debole chiarore sparisce dalla mia vista. Il caro vecchio Jeremy non ha lasciato nulla al caso. Per certi aspetti sono felice di non vedermi, perché devo essere davvero ridicola. Non ho idea di cosa significhi questo abbigliamento, oltre al fatto che, a quanto pare, Jeremy coltivava a mia insaputa questa fantasia di donne in abiti di pelle. Tintinno a ogni movimento a causa del gran numero di cerniere lampo e di bottoni che fanno aderire la tuta a ogni .. curva del mio corpo. Mi immagino un effetto vagamente punk, perché suppongo che la pelle sia nera, ma non ne ho alcuna prova. Guai a lui se è di qualunque altro colore! Oddio, e se fosse di un orribile rosa shocking? Mi sento tonica ed energica dal collo in giù, ma al di sopra di quella soglia sono del tutto esposta. Non ho idea di cosa debba fare con questa roba addosso, di certo non avevo preso in considerazione l’idea di uscire dall’hotel. Del resto, dato che non avevo previsto nulla di quanto è accaduto nelle ultime ore, immagino che sia normale. «Wow, Alexa, sembri proprio tosta, una vera biker. Se non ti conoscessi, me la farei sotto dalla paura!». «E se io non conoscessi te, Jeremy, di sicuro adesso non indosserei questa .. roba», dico con le mani sui fianchi in una posa decisa. «Touché», dice ridendo. «Touché». Dentro di me trovo piuttosto gratificante l’idea di sembrare “tosta” e sono felice di stare al gioco, anche cieca come una talpa. «Andiamo allora, non c’è un minuto da perdere». Mi afferra una natica rivestita di morbida pelle e mi accompagna fuori, verso l’ascensore. Sarà tutta una farsa grottesca? In ogni caso la cosa mi diverte e anch’io gli afferro una natica, constatando che è rivestita dello stesso materiale della mia tuta. «Bene bene… dobbiamo essere un vero spettacolo». «In effetti lo siamo», ammette mentre l’ascensore ..inizia la discesa. *** Arriviamo e, a giudicare dal tempo che abbiamo trascorso nell’ascensore, capisco che dobbiamo essere nella hall o nel parcheggio dell’albergo. Mi rannicchio accanto a Jeremy: so che stiamo per affrontare il “mondo reale”, e le mie insicurezze tornano subito a tormentarmi. Lui mi fa fermare vicino a un muro. «Non muoverti di un millimetro, tesoro. Resta qui, vado a prenderla». “Prenderla”? L’insicurezza diventa paura nel giro di un millisecondo. Quando Jeremy mi pianta in asso, cerco di sorreggermi al muro. Il rombo di un motore che si accende mi fa sobbalzare di paura, mentre l’esalazione di fumi di .. scarico mi invade le narici. Il suono e gli odori sono abbastanza vicini che mi sembra di poterli toccare, poi Jeremy mi prende la mano e mi conduce verso quel rumore assordante. «Sei mai andata in moto, prima d’ora?», grida mentre solleva la mia gamba incerta su quella belva rombante. «Solo su una da cross, in campagna, quando ero piccola», rispondo nervosa. «Be’, reggiti forte, baby, perché stai per fare una corsa che ti lascerà senza fiato». Sembra un ragazzino che si accinge a guidare per la prima volta una macchina tutta sua. «Ma non ci vedo!», urlo mentre mi infila un casco sulla testa e si assicura che gli occhiali siano posizionati in modo corretto. .. «Tu non hai bisogno di vedere. Io sì», grida di rimando sovrastando il rumore. Il motore ruggisce, prendendo vita sotto di me. Jeremy mi fa intrecciare le dita intorno alla sua vita. «Non devi far altro che reggerti!». «Ce l’hai la patente per guidare questo coso?», strillo. «Non devi più urlare. Ora che hai il casco, ti sento benissimo». La sua voce mi arriva dritta nelle orecchie. Ha ignorato la mia domanda. Oh-oh, mi sono appena accorta di averne fatta un’altra, spero che lui non l’abbia notato. «Tieniti forte, tesoro, e cerca di controllare il respiro almeno un po’». È evidente che la mia inquietudine gli arriva dal microfono interno al casco. «Più facile a dirsi che a farsi!». .. Quando la belva si lancia in avanti, rischio di cadere. Posso soltanto tenermi più stretta che posso a lui mentre svoltiamo intorno a un angolo stretto. A quanto pare la corsa selvaggia è cominciata. Per un po’ non facciamo che fermarci e ripartire, e devo fare uno sforzo per restare in equilibrio e adeguarmi agli improvvisi sobbalzi. Jeremy non parla, quindi immagino sia concentrato sul traffico cittadino; questo mi conforta, almeno un po’. Ora che sono su una moto, non ho più la sensazione di essere vestita in modo inadeguato. E almeno non ho una benda sugli occhi. Prendiamo velocità e l’andatura diventa finalmente costante, molto più confortevole.. dei continui scatti di prima, quando non facevo che tenermi pronta per lo scossone successivo. «Tutto bene, là dietro?». Sento Jeremy che si sistema sul sedile e mi rendo conto che lo sto stringendo talmente forte da togliergli il fiato. «AB?». Lo tengo stretto, non ho il coraggio di lasciarlo: ho troppa paura di cadere. Ho le gambe serrate contro la moto, mentre le braccia cingono il petto di Jeremy. Gli sto letteralmente incollata alla schiena, non c’è un millimetro di spazio tra noi. Proprio nel momento in cui mi convinco ad allentare la presa e a rispondergli che sto bene, la moto scarta a destra e poi di nuovo a sinistra. Ottimo, ora sta sorpassando qualcuno. «Alexa, ..mi senti?». La sua voce rimbomba di nuovo nel mio casco. «Sì, sì, ti sento. È tutto okay. Mi sto solo concentrando su… be’, sull’equilibrio, a dire la verità». Le parole mi escono a scatti, mentre acceleriamo ancora. Forse avrei dovuto dire “sulla sopravvivenza”, sarebbe stato più appropriato. «Hai paura?». Le sue domande continuano a entrarmi dritte nella testa. «Secondo te? Non sapevo nemmeno che sapessi guidare una moto». «Lo faccio da anni. È meraviglioso avere l’occasione di portarti a fare un giro». «Be’, preferirei poter vedere dove andiamo». Non riesco a evitare di sottolinearlo. «Jeremy, per favore, fa’ attenzione. ..Ho bisogno di uscirne viva, davvero. Sono nelle tue mani». «Proprio così, Alexa. Finalmente cominci a capire. Mettiti comoda e goditi la corsa; la strada è sgombra, adesso». «E immagino che tu non abbia intenzione di farmi sapere che strada è, vero?» «Sai che così perderemmo tutto il divertimento». Dopodiché accelera al massimo e lascia che “lei” si lanci a tutta velocità, togliendomi il fiato. Chi l’avrebbe detto che mi sarei ritrovata su una belva scatenata come questa, avvolta dalle tenebre? Non l’avrei mai creduto possibile. Quando riesco a rilassarmi un po’, ma non troppo, devo ammettere che è una sensazione stupenda. Per fortuna Jeremy mi protegge dalla forza .. del vento, così posso apprezzare l’euforia e il senso di libertà che dà la moto. Se solo i ragazzi potessero vedermi! Non mi riconoscerebbero. Jordan stenterebbe a crederci, ma penserebbe che sono la mamma del secolo. Probabilmente mi farebbe una foto da mostrare agli amici e all’insegnante durante la lezione Mostra e Dimostra, anche se credo che sarebbe più colpito se fossi io alla guida. Elizabeth invece si preoccuperebbe più che altro per la mia sicurezza e mi domanderebbe se ho avuto paura. Non posso fare a meno di chiedermi se il modo di essere e i valori che distinguono maschi e femmine siano prevedibili fin dalla nascita, in materia di valutazione dei rischi. Non sono mai riuscita a prendere una posizione precisa nel dibattito su cosa sia .. innato e cosa no, anche se l’argomento mi appassiona. Mi chiedo anche come se la stiano cavando i bambini al campeggio, spero che si stiano divertendo. Non so se abbiamo una meta, o se il nostro scopo sia il viaggio in sé. Di sicuro Jeremy ha dei piani precisi per le quarantotto ore che trascorreremo insieme. E senza dubbio sta tenendo fede alla promessa di non sprecarne nemmeno un minuto. Così mi tranquillizzo, mi rannicchio dietro di lui e gli appoggio la testa sulle spalle. Il ritmo del motore tra le mie gambe manda una vibrazione bassa, potente, piacevole. Tutti gli altri sensi assorbono questa esperienza. È una sensazione magnifica, e mi sto godendo davvero la corsa. Stringo Jeremy in un leggero abbraccio da dietro. .. «Jeremy, è incredibile, sul serio. Non avrei mai pensato di fare una cosa del genere, e mi piace da impazzire». Per tutta risposta, lui mi accarezza una mano con la sua. Mi irrigidisco all’istante. «Ti prego, tieni le mani sul manubrio. Non c’è bisogno di spaventarmi più di quanto non sia già». Lui ride e riporta la mano al suo posto. «Okay, mi sembra giusto». «Grazie». Non riesco a trattenere un sorriso, proprio come non posso negare l’emozione che provo. Il vento, la velocità, il motore, la vicinanza tra noi… è meraviglioso. Perfino l’oscurità è eccitante, in un modo misterioso, surreale. Mi abbandono all’esaltazione del viaggio, senza sapere dove mi porterà. Dopo un ..po’, finalmente, rallentiamo. È passata almeno un’ora, forse più. Non ne sono sicura e non lo chiederò. Jeremy mi aiuta a scendere dalla moto – ho le gambe intorpidite – e mi toglie il casco, che stava cominciando a soffocarmi. È bello poter distendere le gambe: mi tremano un po’, dopo essere rimaste ferme a lungo nella stessa posizione. Mi sento in imbarazzo, e mi sistemo gli occhiali da sole con gesto nervoso. «Non preoccuparti, non ci guarda nessuno». Ha capito il mio disagio. «Sicuro?», dico prima di riuscire a trattenermi. «Sì, sono sicuro. Perché io ci vedo, e tu no». «Giusto, non fa una piega». Quando i fumi della moto si disperdono, annuso avida l’aria.. intorno a noi. È molto fresca. L’odore, insieme alla brezza delicata e al canto degli uccelli, mi riporta alla mente dolci ricordi d’infanzia, quando trascorrevo le vacanze scolastiche con i miei cugini. Resto ferma finché lui non mi prende per mano e cominciamo a camminare. «Non posso credere che tu non mi abbia mai detto di aver preso la patente per guidare la moto». Cerco di assumere un tono risentito. «Ci sono tante cose che non sai di me, Alex. Se tutto va bene, nei prossimi anni tutto questo cambierà». Anni? Penso che anche quando cerco di parlargli con naturalezza, lui riesce sempre a sorprendermi con considerazioni scioccanti. Ci fermiamo e lo sento chiedere due caffè con latte scremato, .. senza zucchero, da portar via, per favore. Anche stavolta il fatto che non mi abbia nemmeno consultata mi spiazza. “Lascia stare…”. Cerco di non pensarci. «Che bella idea, un caffè», dico, pensando di poterlo interpretare come un indizio che sono le 10 o le 11 di sabato. O magari Jeremy ha escogitato la messinscena del caffè per farmi credere che sia mattina. “Basta pensare all’orario”, mi impongo. “Non hai alcun controllo, quindi smettila”. «Ho pensato che ti renderà le cose più facili, rispetto a una tazza con un piattino. Però fa’ attenzione, scotta». Mi ricorda me quando avviso i miei figli mentre tiro fuori un piatto dal microonde. Mi mette il bicchiere tra le mani e mi conduce a un tavolino all’aperto, dove mi aiuta a .. sedermi. Mi porto lentamente il caffè alla bocca, pregustando il profumo e il sapore, anche se non ho bisogno di caffeina per stare sveglia, dato che tutti i miei sensi sono in allerta. Di certo non mi serve aiuto per continuare a far fluire l’adrenalina nelle vene. «È buonissimo», dico, dopo un lungo sorso cauto. Sto cominciando a capire quanto la conversazione tra le persone dipenda dalle domande o dagli elementi visivi. Il fatto di non poter contare su nessuna delle due cose mi costringe a essere generica e superficiale. È come se fossimo al nostro primo appuntamento e le cose non stessero andando troppo bene. Faccio solo considerazioni inutili, e non so se Jeremy.. mi stia mettendo alla prova o mi lasci in questo limbo di proposito. Forse tendo troppo a basare ogni mia conversazione sulle domande, il che, considerata la mia formazione, è più che plausibile. Forse ho difficoltà a elaborare strategie alternative di fronte a circostanze inattese? È strano che non abbia mai notato questo lato di me fino a questo momento, mentre me ne sto seduta qui accanto a Jeremy con un caffè in mano, vestita di pelle, senza poter vedere nulla. «Un soldino per i tuoi pensieri». Jeremy spezza il silenzio che è calato fra noi e mi riporta al presente. «È strano che tu me lo chieda. Stavo proprio pensando a quanto il dialogo si basi sulle domande, dirette o indirette che siano. E mi chiedevo se per caso il fatto di rivolgere.. tante domande sia l’unico modo che conosco per rendermi parte attiva di una conversazione. Mentre lo dico ad alta voce, trovo questa idea spaventosamente realistica. È ancora un pensiero in fase embrionale, ma più ci rifletto più questa teoria mi sembra sensata». La fine del mio ragionamento è seguita da un silenzio interminabile. «Jeremy?». Mi ha lasciata sola? È andato in bagno? «Ci sei ancora?», chiedo. Merda, sto parlando da sola come una pazza e lui è sparito. Ancora una volta maledico la mia cecità. «Sì, sono sempre qui», dice piano prendendomi la mano dall’altra parte del tavolo. «Sono molto felice che cominci a capire qualcosa di te stessa. Credi sia giusto fare ..domande, mentre gli altri non sanno niente di te, dei tuoi pensieri, dei tuoi sentimenti? Sei talmente presa dalla professione che le hai permesso di influenzare anche le tue relazioni personali. Passi il tempo a cercare di capire gli altri, tanto che a volte mi sembra che dimentichi te stessa, chi sei, che cosa rappresenti». Mi prende un po’ alla sprovvista. No, ad essere sincera mi prende un bel po’ alla sprovvista. «Davvero pensi questo di me?» «Sì. Hai sempre avuto questa tendenza, e con la tua professione è peggiorata. Ecco perché trovi così difficile trattenerti dal fare domande e lasciarti andare, proprio come mi aspettavo che facessi». All’improvviso mi sento molto più giovane di ..Jeremy, e in un certo senso psicologicamente più debole. Sospesa a metà nel rapporto genitore/figlio e dottore/paziente. Un modello entro il quale mi trovo molto a disagio. Non saprei dire con esattezza come sia per lui, ma penso di avere almeno un’idea. «A proposito, come ti fa sentire l’assenza di stimoli visivi?». La sua curiosità mi ricorda vagamente l’analisi. «Non è che non abbia ricevuto altri stimoli…», dico, cercando di alleggerire l’atmosfera. «No, Alex, parlo sul serio: dimmelo». Dato che mi ha appena descritta come una persona poco aperta, decido di rispondergli con franchezza. «È difficilissimo, e sono sicura che te lo aspettavi, dottor Quinn. Per certi aspetti è più dura .. di quanto avrei potuto immaginare… ci sono momenti in cui mi viene da urlare per la frustrazione assoluta e totale, mentre altre volte, quando vengo colta di sorpresa, io… be’… è…». Sento che sto arrossendo. «Continua». Mi accarezza il viso, incoraggiandomi con dolcezza a parlare. «È così strano non poter prevedere… nulla, proprio nulla. Nessuna azione, nessuna parola… Non so da dove arriveranno gli stimoli né se smetteranno di arrivare. Perfino una conversazione può sembrarmi simile a una corsa in moto, per usare una metafora». «E negli altri momenti?». Mi accorgo di essere sulle spine, faccio fatica a stare ferma sulla sedia. Io sono quella che fa le domande, di solito, non quella che risponde. .. «Negli altri momenti mi sento nervosa ed emozionata al pensiero di non sapere cosa sta per succedere, come quando potrei essere toccata, accarezzata, o perfino sculacciata!». Arrossisco, ricordando la rapida pacca sul sedere con cui mi ha spiazzata prima di cena. «Non so dove mi stia portando tutto questo, e sono davvero tentata di… be’, ecco, di lasciarmi andare e perdere il controllo… ma è così difficile». «Speravo proprio che avresti reagito così, e sei andata ben oltre le mie aspettative. Se ti fidassi di me un pochino di più, se mi lasciassi entrare dentro di te… Voglio che ti arrendi a me, questo weekend, più che mai. Voglio far uscire la vera Alexa, la donna che si è nascosta dietro una ..facciata di autocontrollo per troppo tempo. Noi due ci conosciamo meglio di chiunque altro al mondo. Non abbiamo niente da perdere, e tutto da guadagnare. E se devo essere onesto, insieme alla scoperta di una cura per la depressione, che spero di trovare entro un anno o due, la missione della mia vita sei tu». Quand’è che sono diventata la missione della sua vita? Le sue parole mi piombano addosso come macigni, perché so che genere di uomo sia Jeremy e so che non direbbe una cosa del genere a cuor leggero, mai. Lui è sempre stato capace di vedere dentro di me, di comprendere ciò che provo o che voglio prima ancora che riesca a dirlo, e questo gli ha sempre dato un vantaggio rispetto ai miei stessi processi mentali. Sembra proprio che .. questo fine settimana le cose andranno allo stesso modo. Non siamo mai riusciti a staccarci del tutto l’uno dall’altra. «Se è questo che pensi, allora perché mi sento sempre un po’ sul chi vive con te? È sempre stato così, e mi sorprende che continui a succedere dopo tutti questi anni». Il mio tono di voce tradisce la frustrazione mentre continuo a parlare. «Guardami: dipendo da te in tutto e per tutto. Sai bene quanto tenga alla mia libertà, ed è proprio ciò che mi hai portato via. Mi chiedi di lasciarti entrare, ma quanto ancora posso andare a fondo? Quanto vuoi ancora? Stiamo sempre parlando di me, Jeremy, oppure in realtà è per te che stiamo facendo tutto questo?» «Ti risponderò con sincerità, dottoressa Blake. Sai ..che quando sei con me devi sempre aspettarti qualcosa di inatteso. È questo che ti sto dando, e che non puoi controllare. Paura, eccitazione, trepidazione, piacere, ignoto, fiducia, resa, uniti tutti insieme. Da qualche parte nella tua psiche una tale commistione si sta rivelando inebriante. Perché lo faccio? Perché so che in fondo ti piace, e che alla fine ti libererà dalle coercizioni e dai confini che ti sei autoimposta. Riflettici, Alex. Se non ci fossi io nella tua vita, l’unica cosa che ti mancherebbe davvero è la libertà. Perfino quando ti infuri o ti senti frustrata a causa mia, si tratta sempre di sensazioni momentanee, quindi ho intenzione di correre il rischio in vista di un effetto straordinario». Tace per un momento, mentre le sue parole mi arrivano addosso con tutto il loro peso. .. «Tra noi due esiste una tensione sensuale assoluta, e sinceramente, anche se abbiamo cercato di ignorarla per tutto questo tempo, non è affatto diminuita». «Wow… per una donna cieca si tratta di un concetto enorme da digerire». Il potere delle sue affermazioni apre percorsi di riflessione che dilagano nella mia mente mentre cerco di assimilare troppi pensieri e troppe emozioni nello stesso momento. Potrebbe essere vero? Amo l’ignoto? L’inatteso? Che cosa intende quando parla di libertà? Continua a usare questa parola… Crede davvero che siamo destinati a essere così? È come se mi leggesse dentro, come un libro aperto, con coerenza, attenzione, .. scaltrezza e a un ritmo che è lui a decidere. «E stai pur certa, mia carissima Alexa, che la promessa di ieri sera è ancora valida: continuo a tenere il conto». «Cosa?», chiedo, distratta dall’improvviso cambio di argomento, ancora persa nella precedente conversazione. Lui ripete. «Sono sicuro che ricordi benissimo che sono un ottimo statistico!». Lo dice in un tono carico di allusioni. «Sì, certo, Jeremy, non potrei mai dimenticarlo», rispondo nello stesso tono. Lo so fin troppo bene. Il pensiero mi fa agitare: sono ricordi imbarazzanti, ma comunque incredibili. «Che notte perfetta. Una delle mie vittorie più ..dolci, e in definitiva una delle scoperte più sensazionali sul tuo corpo fantastico…». Le parole gli muoiono in bocca mentre ricordiamo, e io torno a quel momento del nostro passato. All’università siamo sempre stati in competizione, cerchiamo di primeggiare uno sull’altro nelle varie materie e spesso scommettiamo tra noi. Jeremy e io stiamo seguendo entrambi un corso facoltativo di Metodi Quantitativi e abbiamo fatto una scommessa: chi di noi due otterrà il voto migliore potrà scegliere qualcosa che l’altro dovrà fare per tutta la notte senza protestare. Gli ho stretto la mano immaginandolo già mentre pulisce il mio appartamento completamente nudo, mi prepara la cena e mi fa un.. massaggio, assoggettato ai miei capricci. Sì, ho pensato: è un’idea fantastica per una scommessa, soprattutto perché finora sono sempre stata io a prendere i voti migliori in quel corso. Non mi ha nemmeno sfiorato il pensiero di poter perdere: dopotutto, non è neppure la sua area di specializzazione. Alla fine ci annunciano i voti, e Jeremy prende mezzo voto più di me per aver fornito una spiegazione più esauriente all’ultima domanda. Vado dritta nell’ufficio del professor Jarlsberg per rivedere con lui il mio esame punto per punto. Con mio grande fastidio, ma c’era da aspettarselo, Jeremy viene con me, senza riuscire (non ci ha nemmeno provato) a nascondere il sorrisone che ha stampato in volto. .. Tuttavia le mie proteste e le mie argomentazioni non convincono il docente ad aumentare il mio voto o ridurre quello di Jeremy, per quanto insista. Il ghigno di Jeremy è perfino raddoppiato, se possibile. «Non una parola», gli dico brusca, bloccandolo con un cenno della mano prima di esplodere. E lui non apre bocca, ma la sua espressione è inequivocabile. Lo ignoro di proposito per il resto della giornata, o forse è così saggio da non farsi vedere. Ci incrociamo di nuovo più tardi, quella sera, alla festa di compleanno di un nostro amico in un locale alla moda lungo Oxford Street, in centro. Mi sono calmata e non sono più così in collera per la sconfitta. Un’oretta .. dopo, mentre stiamo chiacchierando con un gruppo di amici, Jeremy mi sussurra in un orecchio: «Credo sia arrivato il momento di riscuotere la mia vincita». «Scusa, come dici?». Lui ripete. «Ma adesso, proprio qui?», ribatto. Sono un po’ in imbarazzo per il mio comportamento di qualche ora prima; di solito so perdere con un po’ più di dignità, ma è anche vero che non perdo quasi mai. «Certo, cosa posso fare per te? Ti offro un drink?», dico, e faccio per avviarmi verso il bar. Lui mi cinge la vita con un braccio e mi trascina nella direzione opposta. «Da questa parte. Seguimi». Mi sento confusa: non so dove stiamo andando. .. Penso sia da maleducati andarcene senza salutare, inoltre non sono arrivata da molto e mi stavo divertendo. Lui avverte la mia incertezza. «Forza!». Mi stringe più forte e mi spinge deciso verso le scale. «Cosa stai…?». Mi poggia un dito sulle labbra, mettendomi a tacere mentre scendiamo. Non sapevo nemmeno che questo locale avesse un piano inferiore. Apre la porta extralarge dei bagni e mi fa entrare prima di lui, richiudendola a chiave alle sue spalle. Sembra una camera blindata. Su una parete c’è uno specchio che va da terra fino al soffitto; per il resto la stanza è completamente ricoperta di moquette, non solo il pavimento, ma anche muri.. e soffitto. Sembra davvero sfarzosa, soprattutto se si pensa allo scopo primordiale cui è adibita. «Serve ad attutire il rumore», mi spiega mentre mi guardo intorno. «Quello esterno o quello interno?». Solleva un sopracciglio e mi rivolge un sorriso furbo. «Mmm… Buona domanda». Santo cielo, cos’ha in mente? «Ti serve?». Mi indica il water, prendendomi alla sprovvista. «Oh… no! E di sicuro non con te qui dentro», aggiungo sdegnata. Si lava le mani con acqua calda e se le asciuga meticolosamente. «Santo cielo, Jeremy, che ci facciamo, qui?» «Io ho vinto, tu hai per…». Si interrompe a metà. «Diciamo che tu non hai vinto». .. Sospiro esasperata e alzo gli occhi al cielo. Il suo sguardo si fa più serio mentre mi si avvicina. «Ripetimi le condizioni della nostra scommessa, Alexa». Ecco, ci siamo… «“Senza protestare”, Jeremy». «Bene, sono felice che te ne ricordi. Voltati e metti entrambe le mani sullo specchio, sopra la testa». «Cosa?». Mi fa girare e mi ritrovo davanti allo specchio, con lui dietro di me. Nonostante i miei tacchi vertiginosi, lui è comunque più alto. «Subito!». Mi afferra le mani, impaziente. «D’accordo, d’accordo». Ho la sensazione che sarà una notte molto lunga. .. Faccio come mi chiede e gli struscio addosso il sedere per addolcire il suo umore. Sento la sua erezione premere dietro di me. Ah, Jeremy, questa storia ti sta mandando proprio su di giri! Tutti e due ridacchiamo quando ci guardiamo negli occhi nello specchio. I suoi ardono di eccitazione e frenesia. Mi solleva la gonna fin sui fianchi e mi abbassa le mutandine alle caviglie, poi aspetta che finisca di sfilarle. Con un sospiro rassegnato sollevo il piede sinistro. Mi divarica ben bene le gambe. «Grazie», dice in tono gentile, come mi stesse offrendo una sedia per farmi accomodare. Ma cos’ha in mente? Mi bacia il collo, mi fa scivolare le braccia intorno alla vita e senza un .. attimo di esitazione mi appoggia una mano sul sesso. «Sarà divertente. Non staccare i palmi dallo specchio, Alex. Dico sul serio». Tira fuori qualcosa da una tasca e lo poggia su una mensolina accanto a sé, fuori dal mio campo visivo. Poi comincia a giocare. Mi tiene una mano sui reni, sotto la gonna sollevata – anche se è comunque piuttosto corta – e l’altra davanti, dove le sue dita magiche cominciano a stuzzicarmi. I miei umori lo aiutano a scivolare a suo piacere dentro e fuori di me. Ho lo sguardo fisso, mentre il massaggio interno si fa sempre più profondo e deciso. Jeremy mi guarda intensamente. Comincio a gemere via via che la tensione della giornata mi abbandona ..per lasciare il posto a una tensione sessuale che aumenta sempre più dentro di me. Una mano mi scivola via dallo specchio, dove lascia un’impronta umida. «Non muoverle». Cerco di allargare le dita per guadagnare un appoggio migliore. Oddio… Lui intanto continua il suo assalto, so che ormai sono vicina e bramo quella liberazione che è a pochi istanti da me. Come è possibile che con lui arrivi così in fretta? Riesce a muovere le dita e il pollice a un ritmo perfetto e sono all’apice… all’apice assoluto… entro in quell’immensità… quella quiete… perdendo ogni cognizione… e lascio esplodere la meravigliosa sensazione di ciò che Jeremy sa fare al mio corpo. Appoggio la testa allo specchio insieme alle mani e ai .. gomiti, mentre il mio corpo si muove a scatti seguendo il ritmo che lui ha creato, quando all’improvviso sento qualcosa di strano dentro di me, un intruso la cui presenza mi sconvolge, caldo, pieno, che mi scivola nell’ano. Di riflesso, lo sfintere gli si stringe intorno. «Che cazzo è?», ansimo mentre recupero lucidità, o almeno ci provo… «Un butt-plug. Disegnato da una coppia di amici. Vogliono sfruttare la laurea in economia e scienza per entrare nel mercato dei sex toys, così mi sono offerto di provare questa loro creazione». Come riesce a farmi qualcosa di tanto sconvolgente e subito dopo mettersi a chiacchierare come se nulla fosse? Mi ha addirittura distratta dalla situazione .. in cui mi trovo. «E che ci fa nel mio culo, Jeremy?» «Hai un culo splendido, Alex. Voglio esplorarlo meglio, e dato che ho vinto la nostra scommessa, stasera posso. E sai qual è la cosa migliore? Che non potrai lamentarti neanche un po’». Mentre il suo viso si distende in un sorriso malizioso, mi rendo conto di essere rimasta pietrificata da quando mi ha infilato quell’aggeggio. Più sono tesa, più ne avverto la presenza e cerco di spingerlo fuori, ma non ci riesco. Non ho nemmeno il coraggio di mettere una mano nelle vicinanze. Sono sconvolta, e riesco solo a fissare il riflesso di Jeremy nello specchio. «Il tema della nostra serata sarà Marco Polo», dichiara lui orgoglioso .. mentre sono bloccata come un manichino. Non può fare sul serio. «Come lui è andato alla scoperta dei territori inesplorati del mondo, così io intendo sondare e conoscere i territori inesplorati del tuo corpo». Dio, invece è serio, e sembra anche molto soddisfatto di sé. «Alex, respira… e puoi anche muoverti. Va tutto bene: ti sentirai solo un po’ strana, almeno finché il tuo corpo non si adatterà alla nuova sensazione». «Da quand’è che sei un esperto in queste cose, Jeremy?», gli chiedo balbettando. «Diciamo solo che ho fatto delle ricerche». Si china e mi solleva un piede. Ho un sussulto in risposta al movimento forzato .. che mi fa compiere quando mi rimette le mutandine. Con le dita sfiora delicatamente il butt-plug, lo spinge e lo tira appena, facendomi ansimare forte, poi mi risistema la gonna in modo conveniente. «Perfetto. Grazie per aver messo una minigonna, stasera, è perfetta. Sei pronta a tornare dagli altri? Ormai è da un po’ che siamo qui». Lo fisso sconvolta. Non mi era proprio passato per la testa che avrei anche dovuto fare vita sociale. Un lampo gli attraversa gli occhi mentre osserva la mia espressione. «O preferisci andare senza mutandine?» «Dio, no!». Trovo agghiacciante il solo pensiero. Gli angoli della sua bocca .. si sollevano in un sorriso. «A volte ti manderei a fare in culo, Jeremy». «Oh, tesoro, lo so benissimo, credimi… e immagino il tuo non fosse un gioco di parole. Ma la notte è ancora giovane». Mi guardo nello specchio e mi stupisco nel vedermi con le guance arrossate e un’espressione di beatitudine post-orgasmo, invece del colorito terreo che mi aspettavo con quell’intruso dentro di me. «Ti assicuro che hai un aspetto ancor più meraviglioso di quando siamo arrivati qui, e sono certo che continuerà a migliorare con il passare delle ore». Lo guardo perplessa, in cerca di ulteriori spiegazioni. «Ho intenzione di toglierti il butt-plug nello stesso modo in .. cui l’ho inserito, ma i tuoi orgasmi saranno ancora più potenti fuori dai confini di un gabinetto, te lo posso assicurare». Le sue parole mi fanno avvampare e mi provocano degli spasmi alla vagina che si riverberano contro il butt-plug. Quando mi avvio circospetta verso la porta, mi accorgo che quell’intruso nel mio corpo mi dà meno fastidio, anzi è diventato una presenza stimolante, sensuale. Ne resto sorpresa. «Ogni volta che lo sentirai dentro di te, pensa a me che ti tocco e a quel che ti aspetta. Nel frattempo andiamo a bere qualcosa per rilassarci, così smetterai di avere l’aria di una che ha qualcosa infilato nel culo!». Mi dà una.. leggera pacca sul didietro e io mi contraggo, avvertendo la presenza dell’intruso dentro di me; a quella sensazione i capezzoli mi si inturgidiscono all’istante. Accidenti! Jeremy lo nota subito. «Dio, adoro il tuo corpo, AB. È come se mi parlasse». Mi congratulo con me stessa quando riesco a conversare quasi senza problemi con i miei colleghi di laboratorio Josh e Sally per la mezz’ora successiva, cercando di ignorare i sorrisi e le strizzate d’occhio di Jeremy accanto a noi. Sono rassegnata all’idea che l’incursore resterà lì fin quando lui non me lo toglierà, soprattutto perché io non ho nessuna intenzione di toccarlo. E poi a dire il vero non è tanto male, anzi, per nulla, ..ma non lo ammetterò mai davanti a lui. Siamo nel bel mezzo di una discussione animata, quando all’improvviso quel maledetto oggetto comincia a vibrare dentro di me, facendomi sussultare; il drink mi sfugge dalle mani e vola in aria, e il bicchiere finisce addosso al povero Josh. È una sensazione diversa da qualunque altra abbia mai provato, e molto intensa. Cerco di chiedere scusa a Josh, ma riesco solo ad appoggiarmi al tavolo del bar e prendermi la testa tra le mani, mentre sudo e ansimo. Cazzo, Jeremy, spegni questo mostro vibrante! La sensazione è così intensa che non ho nemmeno la forza di alzare gli occhi per lanciargli uno sguardo letale. «Alex… Dio… che ti succede? Stai bene? Ecco,.. vieni a sederti…». Sedermi? Neanche per sogno. Ma come faccio a spiegarlo a un amico? Grazie al cielo, lo spegne. «Sto bene… sul serio… è tutto okay», riesco a dire a scatti, con il fiato corto. Jeremy si precipita al mio fianco, e con grande teatralità si mostra preoccupato per la mia salute. «Alex, sembra che tu non stia bene. Forse dovrei portarti a casa». «Sì, forse è una buona idea». Lo guardo furente per quel che mi ha fatto, ma per una volta completamente d’accordo con lui. Un altro episodio del genere mi manderebbe oltre il limite, in pubblico, e sono terrorizzata all’idea di ritrovarmi con un bisogno disperato dell’orgasmo che mi ha promesso. «Andiamo via. Subito!». Avverte la mia .. fretta e raduna all’istante le nostre cose. Salutiamo tutti e ci allontaniamo. A casa, con delicatezza, attenzione, tenerezza e amore deflora il mio culo. Non fa male quanto mi aspettavo. A dire il vero, più mi rilasso, più sono aperta, e questo permette a Jeremy di muoversi dentro di me. Sembra più stretto, e più intimo del sesso vaginale, anche se mi sta prendendo, possedendo del tutto. Sono sensazioni molto diverse, più concentrate sulla parte bassa della schiena e le cosce, mentre le dita esperte di Jeremy continuano ad accarezzare e stimolarmi il clitoride e la vagina. Che altro posso dire? Solo che qualcosa di cui avevo tanta paura non avrebbe dovuto causarmi tanta ansia. Jeremy mi assicura che un simile successo è da .. attribuire alla giusta preparazione. Mentre siamo distesi a letto insieme, nudi, contempliamo i nostri corpi e l’esperienza che abbiamo appena condiviso. Assolutamente incredibile. Forse non avrei dovuto rifiutarmi per tanto tempo… o magari, invece, è valsa la pena di aspettare. «Sai una cosa? Ho deciso l’argomento della mia tesi», dichiaro orgogliosa mentre ci accarezziamo in modo languido. «Finalmente! Dimmi tutto». «Verterà sugli scritti di Sabina Spielrein, soffermandosi in particolare sulla connessione tra masochismo ed ego femminile». «Wow, AB. Un argomento tosto. È già stato approvato?» .. «Sì, proprio stamattina. Sono emozionatissima». «C’è un motivo particolare per cui l’hai scelto?». Jeremy mi guarda dritto negli occhi, impaziente di sapere. All’improvviso il suo sguardo e il tono della sua domanda mi mettono in imbarazzo, così cerco di glissare, rotolando sulla pancia e nascondendo la testa nel cuscino. «Alexa? Non ti starai mica nascondendo da me, vero?». Mi spinge per farmi girare di nuovo. «Oh, Alex, non te lo permetterò, mai e poi mai». Ma che diavolo sto combinando? Perché non riesco a dargli una risposta accademica, come ho fatto con il professor Webster stamattina? Alla fine .. riesce a farmi voltare, e mi ritrovo di nuovo supina. Lui si siede sopra di me e comincia a farmi il solletico senza pietà, e io, naturalmente, mi contorco. «Ti prego, smettila, lo odio!», ansimo tra un assalto e l’altro. «Non ci penso neanche, se non mi giuri che me lo dirai». Sono intrappolata sotto di lui, e le contrazioni delle sue dita non mi danno tregua. «Okay, okay, non ce la faccio più, ti prego, basta». Aspetta paziente che riprenda fiato, bloccandomi le mani ai lati della testa in modo da potermi guardare in faccia. Decido di farla finita il prima possibile. «Ho sempre avuto questa fantasia di essere completamente dipendente, cieca, frustata e soddisfatta, e vorrei capirne le radici profonde, perché è una cosa che .. mi provoca grande sconcerto. Ecco, tutto qua». Mi guarda con aria interrogativa, sorride, ma è davvero sorpreso. Prego dentro di me che non mi chieda altro. «Interessante». Mi osserva pensieroso, e il silenzio si espande tra noi. «Ti è piaciuto, stasera, Alex?» «Sì». «Molto?» «Sì, moltissimo». «Te l’aspettavi?» «No, per niente». «Sarei più che felice di essere coinvolto direttamente nelle ricerche per la tua tesi». «Grazie. Lo terrò presente». «Grazie a.. te per avermelo detto». E io non posso credere di averlo fatto. «In ogni caso sono felice che tu abbia finalmente cominciato a conoscere te stessa. Significa che il mio piano sta funzionando, proprio come volevo». «Dio, non c’è niente al mondo che faccia paura più di te con un piano in mente, Jeremy». «Non essere così cinica, tesoro. Guarda quanto sei riuscita a progredire… e abbiamo ancora molta strada da fare». Mi sta prendendo in giro, ne sono sicura, anche se l’entusiasmo con cui mi risponde fa vacillare un po’ la mia certezza. «Tanto per sapere, alla fine hai più sperimentato in prima persona l’aspetto psicologico della tua tesi, come avevamo detto?» «No, Jeremy, e poi se l’avessi fatto lo .. sapresti». «Oh, e perché?» «C’è davvero bisogno di chiederlo? Come se io potessi fare qualcosa del genere con un’altra persona». «Non so dirti quanto mi lusinghi, Alexa, in molti sensi». Non sono sicura di cosa significhi quel commento, ma sono certa di voler cambiare discorso prima possibile. «Okay, lungi da me far diventare noioso il viaggio che hai organizzato con tanta cura». Finisco il caffè e poso il bicchiere vuoto sul tavolo. *** Dopo il caffè ho assoluto bisogno di andare al bagno. Sarà un bel problema. Non posso.. credere di doverglielo chiedere: è così imbarazzante. È in momenti come questo che la dipendenza da qualcun altro dimostra i lati peggiori. Ma ho forse altra scelta? «Nessun problema, entra». Jeremy mi fa superare una porta e apre una chiusura lampo che mi gira intorno al sedere, passa tra le gambe e risale verso la pancia. Davvero, non posso credere che l’abbia fatto. «Il water è proprio dietro di te. Ah, e non preoccuparti delle mutandine. Sono culotte larghe, per un accesso facilitato». Sento che sta sorridendo. «Ti lascio sola e aspetto qui fuori». C’è forse qualche minimo dettaglio a cui non ha pensato per questo weekend? Non ha lasciato proprio niente al caso? Forse no, è.. sempre stato un pianificatore meticoloso e senza alcun dubbio le sue abilità si sono affinate con il passare degli anni. Chiusure lampo e culotte. Santo cielo! Mi domando se le abbia previste per questo scopo specifico o se ha in mente qualcos’altro. Il pensiero mi attraversa come un brivido, mentre cerco di concentrarmi su ciò che devo fare. «Allora, tutto a posto?», mi chiede. Annuisco. «Fantastico. Seguimi. È il momento della bardatura». “Oh, merda”. Non mi viene in mente nient’altro. I miei piedi rimangono inchiodati a terra mentre lo stomaco si lancia in un’altra corsa sulle montagne russe in un tumulto di aspettative, paura, calma, paura, calma, .. paura, paura… «Bardatura…», ripeto esitante. «Lo sto dicendo, non chiedendo», mi affretto ad aggiungere per mettere le cose in chiaro. Lui mi fa avanzare, in silenzio e al buio. «Non ti preoccupare. Ti piacerà». «Piacerà? Che cosa?». Ho un tono sospettoso, mentre cerco di pensare a qualcosa che mi piaccia e abbia a che vedere con una bardatura. Ma non mi viene in mente niente. Mi sento allacciare delle cinghie sulle spalle e poi click, click. Delle mani ruvide fanno la stessa cosa intorno alle mie gambe, e poi in vita, click, click. Non sento altri rumori, e l’ansia aumenta. «Jeremy?». Le mani non mi sembrano le sue. C’è odore di sigarette stantie. «Come ti senti, amore?». È la voce di uno sconosciuto. Mi rendo conto che parla .. con me, mentre una cinghia viene tirata e sistemata. Vengo strattonata e spinta, allacciata, e alla fine sento uno schiocco. «Così va meglio», dice l’uomo. «A quanto pare siete a posto tutti e due. Non preoccuparti, amore, non appena entrerai nell’ordine di idee ti sentirai benone. È solo la prima parte che fa una paura del diavolo, vedrai». Ride e mi dà una pacca sulla spalla per rassicurarmi. Vorrei ribattere che non vedo nulla dietro questi occhiali da sole, ma ho perso la voce e sento le gambe di gelatina. Nell’ordine di idee? Paura del diavolo nella prima parte? Anche se con la bocca tento di formulare le parole, non ne esce alcun suono. Cerco disperatamente di dare un senso a quanto sta succedendo senza il supporto dello stimolo visivo. Ho i vestiti .. addosso; questo è un bene, no? Però le cerniere lampo, l’apertura tra le mie gambe, le cinghie, le chiusure, tutto è molto, molto preoccupante. Nella mente mi si affollano immagini su immagini di giochi sessuali sfrenati e orge. Come e perché? Adesso stiamo esagerando. Non posso farlo, non lo farò mai… questa non sono io. Respiro a fatica, e la mia mente si blocca mentre il panico si diffonde. Sento una voce. «Alex?». Viene da qualche parte, lontano. Mi tremano le ginocchia e mi gira la testa mentre annaspo in cerca d’aria. Mi piego in avanti, e mi afferrano prima che cada a terra. «Mio Dio, AB, stai bene?» «No, non sto bene per niente». Non so se lo sto dicendo davvero o solo nella mia .. mente. «Aspetta un momento, respira». Braccia forti mi cingono e mi fanno camminare, chissà dove, mentre le gambe mi tremano. «Va tutto bene, ci sono io, ecco, un passo alla volta». Sì, un passo alla volta, giusto: fermiamo tutto, sensazioni e giramenti di testa. È un buon consiglio, conferma la mia mente, mentre saliamo qualche gradino e avanziamo ancora. «Ecco, siediti qui. Vuoi dell’acqua?». Vengo adagiata su una sedia imbottita con lo schienale rigido. Sì, acqua, buona idea. «Alexandra… vuoi bere?». Credevo di aver detto di sì, ma poi mi accorgo che è stata solo la mia mente a rispondere, .. quindi lui non può avermi sentita. Annuisco. Mi accostano dell’acqua alle labbra e bevo un sorso, poi un altro. Mi serve un po’ di tempo per riprendere il controllo su testa e stomaco, poi potrò dire a Jeremy che voglio smettere subito. Un respiro profondo… ho ancora la nausea, ma sono meno confusa, ora che ho inalato un po’ di ossigeno. «Continua a respirare. Bene, va meglio», dice una voce, anche se non so con certezza se è lo sconosciuto di prima o Jeremy. Inspira, espira, dentro l’aria, fuori l’aria, dico a me stessa cercando di concentrarmi. «Alex, per favore, rispondimi: stai bene? Mi senti? Non so cosa ti è successo». «Sono… .. un… un po’…». Sento il rumore di una porta che si chiude nelle vicinanze. I suoni diventano attutiti. «Va tutto bene, sono qui accanto a te, tesoro. Te lo giuro, non ti lascio sola». Il modo in cui mi parla è vagamente rassicurante. «Non posso, io…». Le parole faticano ancora a formarsi sulle mie labbra. Bevo un altro sorso d’acqua. Sento un altro click intorno alla vita e a quel punto esplodo. «Non ho intenzione di lasciarmi appendere su una perversa macchina erotica, Jeremy». La mia voce è rauca, frenetica. «Basta con questa storia. Come hai potuto? Con un uomo che puzza di tabacco, poi. Non avrei mai creduto che potessi mettermi in una situazione del genere. Non puoi, e non voglio». Sento le lacrime salirmi agli occhi e deglutisco .. con forza per respingerle. «È troppo, mi stai chiedendo troppo». «Alex». Jeremy mi mette un braccio sulle spalle. «È questo che hai pensato? Credevi che ti avrei chiesto una cosa del genere?». Scoppio in lacrime, tremando. «Non posso, Jeremy, non voglio. Non è da me», dico tra i singhiozzi. «Tesoro, non ti sto chiedendo niente del genere. Deve essere un’esperienza piacevole, non angosciante». «E come può non esserlo? Guardami, sono un disastro». Sento un rumore di motori che vengono avviati, una propulsione, poi ci muoviamo. «Che succede? Siamo su un aereo?», chiedo incredula mentre facciamo una .. curva lenta e all’improvviso acceleriamo. La forza mi spinge indietro contro il sedile, in un attimo ci stacchiamo da terra e l’aria comincia a cullare dolcemente l’aereo mentre sale sempre più su. Le lacrime si fermano di colpo. Mi libero dal braccio di Jeremy e tiro un pugno con tutta la forza dove suppongo si trovi il suo petto. «Bastardo!», grido. Lui mi afferra il polso un attimo prima dell’impatto. «Sei un bastardo schifoso!». Mentre mi blocca il pugno con una mano, mi rimette il braccio sulle spalle, inchiodandomi al sedile: sa bene che vorrei solo scagliarmi contro di lui. Sento che il suo corpo è scosso da una risata silenziosa. Lotto con lui, e mi sento sul punto di esplodere. Ma la forza delle .. sue braccia mi sovrasta e mi blocca ancora di più. «E dài, AB, non è colpa mia se sei una pervertita. Pensavo di fare un innocente giro in aereo, mentre tu hai immaginato una sex machine… Ora devi dirmi con precisione cos’hai pensato». «Ah, sta’ zitto, sta’ zitto e basta». Ormai ride in modo convulso, incapace di controllarsi. Mi divincolo, liberando le braccia e incrociandole davanti al petto. Non rispondo. Sono fuori di me, mi sento ingannata, in imbarazzo. Non posso rispondergli, perché non saprei nemmeno cosa dire. Come mi è venuto un pensiero del genere? Perché la mia mente è saltata automaticamente a quella conclusione fra tutte quelle possibili? È preoccupante. Mentre Jeremy si abbandona alla sua .. ilarità scomposta, colgo l’occasione per rifilargli una gomitata tra le costole, facendolo strozzare. Mi sento un po’ meglio, visto che sto ribollendo di rabbia. Ne ho abbastanza degli occhiali, delle barriere che mi tolgono la vista, e spero con tutta me stessa che l’effetto delle gocce sia esaurito. Alzo in fretta una mano per togliermi gli occhiali, ma con la stessa rapidità vengo afferrata e bloccata. Possibile che non mi stacchi mai gli occhi di dosso? «Alex, non ci provare. Ci siamo già passati ieri sera, e sai benissimo cosa succederebbe». Mi tiene entrambi i polsi stretti in una mano e resta seduto tranquillo per il resto del viaggio. Nessun rimorso. Nessuna scusa. Rimango in silenzio, furiosa, per quella che mi sembra .. un’eternità. Poi Jeremy mi appoggia il viso sul collo e mi parla di nuovo in tono leggero, con voce allegra: «Però devi ammetterlo, è proprio divertente». Non ci posso credere. «Non ci trovo proprio nulla di divertente», rispondo seccata. «Ma tu hai pensato sul serio… davvero hai creduto…». Ricomincia a ridere. L’espressione sul mio viso lo convince a smettere e a ricomporsi. «È evidente che hai pensato a qualcosa di terrificante. Non ti ho mai vista così… tremavi». Tace per un momento e poi riprende con dolcezza: «È molto importante comprendere come e perché vivi emozioni del genere. Fa parte del processo. Imparerai molto su te stessa», aggiunge serio. .. “Cazzone condiscendente” è l’unico commento che mi viene in mente di fronte alle sue parole, a prescindere dal fondo di verità che possono avere. «È stato davvero così spaventoso per te? Hai avuto troppa paura?» «Jeremy, voglio smettere. Per favore, non mi forzare. Non ce la faccio più, mi verrà un infarto». «Allora sei fortunata, perché sono un medico e nel caso ti salverò. Tuttavia, sei in perfetta salute». «La perfetta salute non conta nulla in condizioni del genere, e poi che diavolo ne sai tu?». All’improvviso vengo investita da una forte corrente d’aria, mentre un rombo mi assorda. E adesso? Mi tirano e spingono di .. nuovo, vengo agganciata e controllata. «Ancora non hai indovinato?». Jeremy mi grida nelle orecchie per sovrastare il rumore del vento e del motore. «Faremo paracadutismo, proprio come per il tuo venticinquesimo compleanno! Ricordi? Anche quella volta hai cercato di tirarti indietro, ma poi ti è piaciuto tantissimo». Dal frastuono e dalla potenza dell’aria che mi investe capisco che non sta scherzando. Dentro di me scorrono sollievo, paura ed eccitazione, in rapida successione. Scuoto la testa, incredula. «Devo fare in modo che tu abbia in circolo abbastanza adrenalina, così ti rimarrà un po’ di energia per dopo!», grida. Il suo tono è sfrontato, ma anche sincero. «Be’, direi che questo funzionerà .. benissimo», rispondo nervosa. «Ma cieca…?». «Fa parte del processo». Mi aggrappo disperatamente a lui, che ora è vicinissimo, e cerco di farmi coraggio mentre grido di rimando: «Solo perché ho già fatto un lancio in passato», e mi è piaciuto, ammetto solo dentro di me, «non significa che voglia rifarlo proprio adesso! Non così!». La pressione del suo corpo aumenta, spingendomi avanti, e capisco che il momento del salto si avvicina. «Okay, Alexa. Tre, due, uno…». Vengo lanciata e cadiamo giù, nel vuoto, mentre l’aria mi entra in ogni poro del viso, togliendomi il respiro e facendomi sobbalzare lo stomaco. Poi la pressione spinge contro le estremità di .. braccia e gambe, costringendole a divaricarsi. Il rumore del vento in breve sovrasta quello del motore, sempre più lontano. I suoni della macchina costruita dall’uomo svaniscono mentre voliamo liberi. Non c’è niente che assomigli all’esperienza di lanciarsi da un aereo, pieni di speranza e legati alla persona da cui tutto dipende. La potenza dell’ossigeno che mi martella nella testa travolge tutto il corpo. Lo stomaco mi arriva in gola mentre precipito verso il suolo perdendo ogni senso di stabilità. Invece di durare un secondo o due, la discesa continua e comincio a desiderare follemente di sentire la tela che si distende, invece non succede e la caduta libera continua. La discesa sembra durare .. all’infinito e il mio stomaco continua a fare capriole mentre precipito nel nulla. Ma come fa a essere il nulla, quando preme con tanta forza su ogni muscolo, ogni millimetro di pelle, ogni singola cellula? E intanto continuo a cadere. Il rumore è assordante e rischia di farmi esplodere i timpani. Per la prima volta sono felice di avere gli occhi protetti e chiusi, data l’intensità della pressione. A un tratto mi sento circondata da qualcosa di umido e rabbrividisco al pensiero che stiamo attraversando una nuvola. Cadiamo ancora e ancora. Alla fine il mio stomaco si placa e riesco a godermi la corsa, la velocità, in ogni sua parte. È anche meglio della prima volta che l’ho fatto. È una scarica di adrenalina che annienta, sovrasta, divora all’istante. Per me è .. come l’ecstasy, l’eroina, l’anfetamina… e mentre ci rifletto, un pensiero si insinua nella mia mente. Ricordo nei minimi dettagli il racconto di un paziente che diceva di aver provato l’eroina una volta e di non volerla prendere mai più. Gli ho chiesto se fosse tanto male, e lui ha risposto: «È esattamente il contrario: era fin troppo buona, così incredibile, così fantastica che se la prendessi una seconda volta non potrei più smettere». Solo Jeremy poteva sapere che la mia rabbia si sarebbe dissolta subito grazie allo shock inebriante dell’adrenalina. Per un attimo mi balena l’idea che potrei sviluppare una dipendenza da lui. All’improvviso vorrei smettere di cadere. Di colpo non voglio più permettermi.. di amare quella sensazione. Non dovremmo aver aperto il paracadute già da un po’ ormai? La cecità torna a infastidirmi. Ho bisogno di vedere quanto siamo lontani da terra. Scendiamo da così tanto tempo che quasi non riesco a far entrare l’aria nei polmoni. Il cuore mi batte più forte a quel pensiero, la paura aumenta. Se l’intenzione di Jeremy era quella di provocarmi una scarica di adrenalina, ci è riuscito benissimo. Aumenta, aumenta, aumenta, sempre più forte, più veloce. È come se ogni parte di me fosse in caduta libera in questi istanti in cui tutto è a rischio, tutto potrebbe andare distrutto. Non ho alcun mezzo per impedirlo, fermarlo, per controllarlo. Ho fatto molti sogni di questo genere prima, in cui cadevo, cadevo, e aspettavo disperatamente di smettere di precipitare, .. di svegliarmi, di essere salvata: qualsiasi cosa, pur di non sfracellarmi al suolo. Nei sogni mi chiedo sempre come ho fatto ad arrivare a quel punto, cos’è che mi ha fatto cadere. Forse la mia mente cosciente e il mio inconscio si sono finalmente incontrati? E questa è la conseguenza, la conclusione? Quei sogni erano premonitori, oppure ho ignorato qualche segnale? Dov’è Carl Jung quando ho bisogno di lui? “Per favore”, prego rivolta a me stessa, a chiunque, “per favore, fa’ che tutto vada bene, fammi vivere e rivedere i miei figli, ti prego, ti prego, fammi uscire da questa esperienza tutta intera. Non voglio morire; non sono pronta…”. Com’è possibile che continuiamo a precipitare? A che altezza eravamo? Tremila metri? Cinquemila? .. Siamo saliti così tanto? Certo, ero troppo stressata e distratta per far caso ai dettagli mentre ero sull’aereo: non avevo nemmeno capito di essere salita a bordo. Di sicuro dovremmo… Di colpo freniamo. Silenzio. L’imbracatura tira forte tra le mie gambe e ho la sensazione di essere immobile, sospesa nell’aria. Il silenzio è assordante, dopo il fragore di pochi istanti fa. Cominciamo a fluttuare… piano, con dolcezza. “Grazie”, dico tra me, “grazie”. Il sollievo mi travolge. Sento il sangue che mi scorre nelle vene, pompato con forza dal cuore, ma il rumore è diminuito, la pressione è minore e i miei arti non sono più spinti a forza verso l’esterno. Ricadono molli, mentre la .. tensione svanisce. Galleggiamo placidi, deliziosamente, del tutto liberi. Dà un tale senso di pace. Lo stomaco torna al suo posto, da qualche parte vicino all’ombelico, anche se non sono sicura che sia proprio quello giusto. Ma ci va vicino. Ora sorrido, sollevata ed emozionata da quell’esperienza. Sono felice, libera, esaltata, sopraffatta dalla sensazione di essere ancora viva. Calde lacrime mi riempiono gli occhi mentre do libero sfogo alle emozioni. Tump, tump. Mi si piegano le ginocchia quando il terreno respinge il mio corpo facendolo sobbalzare e poi… niente. Quasi inconsapevole, mi ritrovo avvinta in un abbraccio, con i piedi che quasi non toccano terra. Delle braccia forti mi stringono. È un abbraccio vero. .. Jeremy mi libera dai ganci e mi fa voltare. Affondo il viso nel suo petto e mi abbandono all’euforia dell’adrenalina e del sollievo. Sto tremando. Gli premo ancora di più addosso la testa. Le sue braccia mi stringono. Singhiozzo. E poi ancora. Non riesco a fermarmi. Sono annientata. Tremiti. Tremori. Singulti lunghi e potenti, che scuotono tutto il corpo. Per un istante infinito. Non parliamo. Le sue braccia non mi lasciano, mi stringono ancora forte. Non mi lasciano. Non c’è bisogno di parlare. Queste braccia non mi lasceranno. Con una serie di sospiri profondi, il respiro torna normale. Dopo moltissimo tempo, un dito mi solleva il ..mento, delle labbra sfiorano leggere le mie e vi indugiano per un attimo. Un braccio mi passa intorno al corpo con sicurezza e mi conduce via, un po’ camminando, un po’ trascinandomi. Non servono parole mentre i nostri corpi si muovono in sincrono. Poi sento un movimento intorno a me e vengo distesa su una coperta. Il sole è caldo, il vento leggero. Sono ancora cieca. So che lo sarò fino alla fine delle quarantotto ore. Adesso però mi sento a mio agio. Non ho più il desiderio né la volontà di lottare. Lo accetto. Sono calma. Il rumore è cessato. Resto immobile. C’è silenzio. Nessuna parola. Solo il vento, gli uccelli, l’odore di sale nell’aria, le onde dell’oceano che vanno e vengono al loro ritmo universale. Le mie spalle vengono spinte verso il terreno. .. Sento un leggero tocco sulla guancia. Percepisco un corpo accanto a me. Cerco di trovare un viso. Lo trovo. Lo avvicino al mio e ne inalo il profumo. Lo attiro alle labbra, lo cerco con la lingua. Ho bisogno di questo viso. Ho bisogno di baciarlo, di penetrarne la bocca. Voglio trasmettergli l’intensità dell’emozione che provo. Comunicargli il desiderio, il bisogno, la forza profonda che si trova nei recessi del mio animo e che è rimasta latente per tanti anni, così che questo viso possa comprendere cosa mi ha fatto in passato, cosa mi sta facendo nel presente, cosa devo affrontare. Il mio corpo si dimena e sussulta sotto il suo. Ci sono troppe barriere tra noi, barriere fisiche. Non sono abbastanza vicina. È una sensazione così intensa e .. così frustrante. Cerco un modo per raggiungerlo, per annullare ciò che ci divide. Ho bisogno di contatto. Lo bramo. Sono bloccata. Le mie mani non lo raggiungono: si perdono, vengono fermate, baciate. Tutto pulsa dentro di me. Lui mi trattiene saldamente le mani, intrappolate sotto il peso del suo corpo. Come i singhiozzi, così anche la vibrazione diminuisce con il tempo. Riprendo a respirare, il mio cuore rallenta, alla fine. E anche il suo. «Sei travolgente, appassionata, ardente». Il suo respiro rallenta nel mio orecchio. Le sue parole aumentano la tensione tra le mie gambe mentre aspetto che il dolore si plachi di nuovo. È sempre riuscito a innescare questa sensazione pre-orgasmica con uno sguardo, un tocco, .. una frase. Ma negli anni, invece di diminuire, il suo effetto ha raggiunto una potenza che non avrei mai creduto possibile. «Ti senti così?». Annuisco, troppo annientata per parlare, e non oso riconoscere la verità che si cela nelle sue parole. «Che cosa mi hai fatto?», è tutto quel che riesco a dire, ma è poco più di un sussurro. «Sai che ti amo, Alexa». Il suo tono è serio, la voce carica di emozione. «Sì, lo so. E anch’io ti amo». «È strano che un amore come il nostro non sia basato sull’essenza dell’amore tradizionale, no?» «È sempre stato… strano, tra noi… intenso… giocoso… inebriante…». «Il nostro amore inspiegabile, irrefrenabile…». .. «Almeno l’abbiamo capito quando eravamo molto giovani». “L’abbiamo fatto davvero?”, mi domando tra me e me. Jeremy sembrava aver cambiato umore. Sono abituata a vederlo passare dall’allegria alla provocazione, dall’energia alla riflessività, ma stavolta c’è qualcosa di diverso. È come se mi stesse parlando e fosse contemporaneamente perso nei suoi pensieri. Un sottofondo oscuro resta sospeso sotto le sue parole. Non so se non voglio o non sono in grado di esplorare più a fondo. Non poter fare domande non è d’aiuto, soprattutto considerato che ogni volta che lo faccio finisco nei guai. E adesso mi dice che mi ama. Queste montagne russe nel buio stanno diventando emotive, oltre .. che fisiche. Mi sento stanchissima, stordita. Viva. Calma. Sensibile. Leggera. Energica. Sopraffatta. Spaventata. Lasciva. Speciale. *** Sono distesa supina e mi appoggio sui gomiti. Jeremy mi offre dell’acqua. Le necessità di base diventano una priorità pressante quando mi rendo conto di quanto sono assetata. Bevo con avidità. «Grazie». «Hai fame?» .. «Non ne sono sicura». Mi porge un sandwich e ne prendo un morso. «Mmm… forse sì». Mangiamo e chiacchieriamo. Chiacchieriamo e mangiamo, mentre il muro che negli ultimi dieci anni ho innalzato con tanta attenzione per proteggermi dai sentimenti che provo per lui crolla inesorabilmente. «Posso chiederti una cosa?», dice la voce accanto a me. Provo una fitta d’ansia per un millisecondo, ma la scaccio via. «Certo. Cosa vorresti chiedermi?» «L’hai più fatto, là dietro?». Sono confusa, e la mia espressione probabilmente mi tradisce, perché sento la sua mano scivolarmi tra le gambe e darmi una piccola.. spinta sul sedere. «Sai… là dietro». «Di tante cose che potevi chiedermi… no, non l’ho fatto. Non dopo di te», aggiungo; non mi aspettavo affatto questo cambio d’argomento. Ma il mio didietro sembra ricordare la sensazione della prima volta, perché quel discorso gli provoca una reazione. «Perché no?» «Perché avrei dovuto?» «Alex», mi ammonisce in tono piatto. «Questa storia delle domande è assurda!». Lui torna sul tema che gli sta a cuore. «Però ti era piaciuto». «A te piaceva, ed è per questo che l’hai voluto fare. Ne eri ossessionato fin dalla sera del butt-plug, e lo sei ancora, per quel che posso capire», aggiungo. .. «Il tuo corpo lo adorava». «Non ne sono così sicura». «Oh, ti garantisco che è così. Il tuo corpo lo adorava, eccome». Mi fa rotolare sulla pancia e mi appoggia una mano sul fondoschiena fasciato di pelle. Un formicolio mi attraversa all’istante, come a dargli ragione. «Be’, per lui potrebbe anche essere così, forse, ma per me no», dico subito, cercando di chiudere la questione. Perché ne sta parlando? «Non siete un tutt’uno?» «Certo che no», ribatto. «Davvero? Quindi stai ammettendo che la tua mente e il tuo corpo possono pensare e sentire in modo diverso?». Ah, ci risiamo.. con la nostra eterna discussione… «Perché mi tendi sempre questi tranelli, Jeremy? Per tutto il fine settimana non hai fatto altro che mettere in dubbio ogni mio presupposto. È davvero irritante». «Già, e va sempre meglio, di ora in ora», risponde lui, e ride, sicuro di sé. «A dire il vero non ci trovo proprio un bel niente da ridere», dico, sperando di cambiare argomento. «Te lo chiedo solo perché mi sto occupando di una ricerca che tratta proprio questo tema». «Che cosa, i culi?». Adesso tocca a me ridacchiare mentre penso a come possa svolgersi una ricerca del genere all’università. Sono sicura che Jeremy deve aver fatto di tutto per proporsi come volontario. .. «No, non i culi, Alex», mi dice più serio, poi torna a scherzare, «almeno non ancora, ma sarò lieto di fare esperimenti con te non appena ti sentirai pronta». Mi accarezza il posteriore in modo significativo. «Ma ne riparleremo più tardi. Adesso dobbiamo andare». «Oh, è proprio necessario? Il sole è magnifico, e mi piacerebbe tanto fare un riposino qui, non sei d’accordo?». Mi sistemo come per prendere sonno. «Sarebbe bello, ma non succederà. Abbiamo poco tempo e non ho intenzione di sprecarlo lasciandoti dormire. Voglio sfruttare al massimo ogni minuto». «Quante altre cose riusciremo a farci entrare, Jeremy? Drink, bagni, cene, balli, canti, sesso, orgasmi, colazione, giri in moto, caffè,.. paracadutismo», elenco con grande enfasi, «e ora un picnic. Sarebbe già abbastanza per una settimana, altro che un giorno solo. Abbiamo già fatto tutto. Riposiamoci un po’, solo una mezz’oretta. C’è ancora un sacco di tempo». Lo dico anche se non ho idea di quanto tempo ci sia rimasto, né di dove siamo. Tendo una mano avanti per toccarlo e attirarlo a me, ma lui si è spostato. «Non sei cambiata per niente, eh? C’è ancora molto da sperimentare e da risvegliare in te, e pochissimo tempo a disposizione». «Ma non era il paracadutismo l’esperienza definitiva? Jeremy, te lo giuro, mi sento completamente e sinceramente risvegliata, come non mi capitava da decenni». Con la mente torno a stamattina.. e il ricordo riaccende la sensazione pulsante all’inguine. «Tesoro, ti assicuro che siamo solo all’inizio». Mi accarezza le guance e mi dà un bacio leggero sulle labbra. Maledizione! Solo all’inizio? Che altro mi aspetta? Il cuore ricomincia a martellare, di nuovo. «Hai conservato un’innocenza incredibile, Alexa, perfino dopo tutti questi anni». Non so se offendermi o meno. «Adesso dobbiamo ripartire, così potremo rimediare alla tua innocenza. Non c’è tempo da perdere». «No. Non mi muovo da qui. Quale innocenza? Di che stai parlando?». Non userei mai un termine del genere per descrivermi. Resto seduta, ostinata. Ma lui .. mi ignora. «Se non vuoi muoverti, ci penserò io. La fatica non mi spaventa». Mi tira su dalla coperta e con una mano mi tiene il sedere, come a voler riportare su quello la conversazione. Fatto qualche passo, mi fa accomodare su un sedile caldo, mi allaccia una cintura e controlla che i miei occhiali siano nella posizione corretta e che io sia immersa nell’oscurità. «Siamo in un’auto?». Il motore prende vita con un rombo, accompagnato dall’ossessivo ritmo tribale della musica che esce dalle casse, e partiamo. Dobbiamo essere su una decappottabile, dato che il vento torna a sferzarmi le orecchie quando imbocchiamo la strada. Almeno il ritorno in hotel sarà un po’ più comodo. Anche se, ripensandoci, dopo un lungo giro in.. moto, un viaggio in aereo, il salto con il paracadute e adesso la macchina, non ho la minima idea di dove siamo e dove potremmo essere diretti. Potremmo anche aver superato il confine, per quel che ne so. La curiosità di sapere dove ci troviamo mi sta divorando, e sono certa che è proprio quello che vuole Jeremy. Ma nonostante tutto non oso fare domande. Resto seduta in silenzio, godendomi lo spazio psicologico che la musica offre alla mia mente. Parte quinta .. L’occhio non ha altra scelta che vedere, Né le orecchie han facoltà di non udire; I nostri corpi sentono, ovunque siano, Che noi lo si voglia o meno. W. Wordsworth, 18472 Il nostro viaggio prosegue e mi sento sorprendentemente piena di energie, a dispetto del mio presunto sfinimento emozionale. È come se Jeremy avesse scoperto e portato alla luce un’oasi fertile .. nel mio corpo, che prima avevo sempre considerato un’arida zona desertica. È come se ogni poro della mia pelle trasudasse feromoni. Non mi sono mai sentita così viva, sensuale, erotica; così femmina. Per contrasto penso al mio matrimonio con Robert e mi accorgo di provare dei sentimenti indistinti, quasi nulli. Ma come potrebbero mai essere paragonati alla magnitudo su scala Richter che sa creare Jeremy? Chi altri al mondo potrebbe mai farmi vivere simili terremoti emotivi? Il flusso dei miei pensieri viene interrotto dalla voce di Jeremy, che mi poggia una mano su un ginocchio. «Ti spiace se parliamo di alcuni aspetti della mia ricerca mentre siamo in macchina?» «No, per ..niente». «Te lo chiedo perché mi sembravi assorta in pensieri profondi». Scuoto la testa per scrollarmi di dosso i miei sentimenti. «Non preoccuparti, mi interesserebbe molto saperne di più sulla tua ricerca». «D’accordo, perfetto. Come ti ho detto, un gruppo di medici di tutto il mondo sta collaborando a una ricerca sulle connessioni tra fisiologia e neuropsicologia cognitiva in relazione all’attività sessuale. Io sono coinvolto in ragione dei miei studi sui collegamenti diretti tra il sesso e la depressione. Per fartela breve, ho avuto la fortuna di conoscere Samuel qualche mese fa a Hong Kong, quando entrambi i nostri voli sono stati cancellati a causa di un’eruzione vulcanica; ..in quell’occasione abbiamo avuto la rara opportunità di confrontarci in modo dettagliato sul nostro lavoro». «Ah, ecco perché era così aggiornato sulle tue ricerche». «Di sicuro quando vi siete incontrati a pranzo Sam ti avrà raccontato dei loro studi sull’orgasmo femminile e sulle discrepanze scientifiche e le dispute mediche in merito all’eiaculazione». Annuisco, completamente presa dalle sue parole. Adoro quando è così professionale, il suo lavoro mi affascina. Sento passione nella sua voce. «Abbiamo finito per confrontarci sulla possibilità di sviluppare una formula utilizzando la serotonina naturale, che non contrasta l’equilibrio chimico del cervello sul medio e lungo termine. Dopo molti test .. e analisi di laboratorio, abbiamo scoperto che potrebbero esserci dei collegamenti tra le nostre aree di ricerca, considerato che alcune particolari situazioni sarebbero in grado di ridurre le probabilità di cadere in depressione, soprattutto in relazione al concetto di “giochi per adulti”. Questo ci ha indirettamente portati ad analizzare le secrezioni dell’orgasmo femminile per ciascun gruppo sanguigno». «Wow, sembra affascinante». Ecco Jeremy mentre dà il meglio di sé: è il motivo per cui è apprezzato per i suoi studi. Non posso fare a meno di ammirare le sue capacità e il modo in cui la sua facoltà di astrazione lo porta a scoprire soluzioni che gli altri non sono in grado di cogliere. È sempre pronto a esplorare l’inatteso. .. «Siamo convinti che esista anche un altro punto di contatto, che ancora non abbiamo studiato nel dettaglio, e che si ricollega alla nostra discussione di poco fa». Tace per un momento e avverto una leggera esitazione nella sua voce. «Riguarda la connettività sensoriale, cioè i percorsi neurali che si creano tra corpo e cervello durante l’attività sessuale, e gli ormoni corrispondenti che vengono secreti e rilasciati. Per portare avanti i nostri progetti di sperimentazione, abbiamo bisogno di coinvolgere un ricercatore in Psicologia. Le tue competenze sarebbero fondamentali, soprattutto in un progetto di questo genere, e il nostro comitato di revisione mi ha chiesto di ..parlartene e sondare il tuo interesse per questo ruolo». Jeremy sa molto bene che l’adulazione professionale gli farà ottenere qualsiasi cosa, e poi questo argomento è molto nelle mie corde. Sta giocando bene le sue carte e il tempismo, come sempre, è perfetto, soprattutto visto lo stato in cui mi trovo, e del quale è proprio lui il responsabile. «Sei davvero un uomo intelligente, Jeremy». «Grazie, anche tu sei una donna intelligente», dice, e sento che sta sorridendo. «Posso fornirti altre informazioni, se vuoi prendere in considerazione la proposta. Significherebbe lavorare fianco a fianco con me, Samuel e Ed – conosciuto negli Stati Uniti come professor Applegate –, la .. dottoressa Lauren Bertrand in Francia, un’eminente chimica, il professor Schlinder, un neuroscienziato tedesco, e altri due inglesi che stiamo per confermare. Comporterebbe un certo numero di viaggi, sai, di tanto in tanto…». La sua voce si affievolisce, perché sa che per me è stato un problema, in passato. «Il tuo contributo sarebbe davvero apprezzato, dottoressa Blake. Sei molto raccomandata, al di là della relazione che abbiamo, e saresti la nostra prima scelta per quel ruolo. La tua conferenza di venerdì non ha fatto che confermare le nostre aspettative», aggiunge serio. «Dio, non so cosa dire… sembra fantastico, Jeremy». Sono emozionatissima all’idea che abbiano pensato proprio a me e sono così felice di .. poter ancora avere una conversazione professionale con lui, anche dopo tutto quello che abbiamo passato insieme nelle ultime ore. Lavorare con menti così eccelse sarebbe un’opportunità incredibile, un sogno che si avvera. Penso a Elizabeth e Jordan. Sono cresciuti, ormai, vanno a scuola, hanno i loro amici e le loro attività. Penso alla serie infinita di viaggi per accompagnarli e andarli a riprendere dagli allenamenti di calcio, le lezioni di piano, danza, ginnastica. I ragazzi sono pieni di impegni, ormai. Adesso possono sopportare le mie assenze, mi dico, e viaggiare un po’ sarebbe emozionante, mi farebbe bene. Il lavoro di Robert gli consente una maggiore flessibilità durante le ore scolastiche ..rispetto alla carriera che ho scelto io. Ho rinunciato a tante opportunità per la mia famiglia, e adesso forse è giunto il momento di dire un sì. Come mi sentirei se mi lasciassi sfuggire un’occasione del genere? «Sarei onorata di partecipare. Consideratemi dei vostri», rispondo risoluta. «Sul serio? Ehi, è fantastico! Sono sicuro che una persona come te nel team farà la differenza nelle applicazioni pratiche dei nostri studi». È sinceramente in vena di lusinghe. «Grazie, Jeremy, lo apprezzo davvero». È come ricevere un’onorificenza dopo tanti anni di duro lavoro: sono euforica. «E, tanto per mettere subito le cose in chiaro, mi aspetto che partecipi sia allo sviluppo concettuale delle nostre teorie .. sia alla fase applicativa. Basta con la panchina, Alexa. Hai capito cosa intendo?». Il mio stomaco fa una capriola su se stesso quando comprendo il significato delle sue parole. «Davvero?». Sono ancora convinta di voler partecipare? «Non si aprono nuove strade e non si fanno scoperte fondamentali senza sfidare le convenzioni, e per questo occorre partire da se stessi. Il tuo desiderio di partecipare e affrontare in prima persona il processo sperimentale in ogni sua parte sarà la chiave del nostro successo. È importantissimo, e non possiamo fare sconti». Il mio amante si è appena trasformato nel mio nuovo capo. Non so perché, ma .. provo una sensazione di calore all’inguine mentre penso a cosa potrebbe aspettarmi. Oddio! Ha detto “in ogni sua parte”? All’improvviso il viaggio finisce, e così la nostra discussione. Me l’aspettavo più lunga la strada per arrivare in albergo. Jeremy è al mio sportello in un lampo e mi aiuta a scendere dalla macchina. «Bene, eccoci qua. Come ti senti?» «Un po’ sconvolta dalle tue ultime considerazioni, ancora cieca, naturalmente, ma per il resto benissimo». Ride mentre mi stiracchio. «Posso occuparmi della sua macchina, signore?». Mi spavento. È da qualche ora che non sento voci di estranei. «Certo, grazie». Odo il tintinnio delle chiavi che mi passano davanti. Jeremy mi prende per .. mano e mi conduce su per qualche scalino. Mi sento addosso i suoi occhi: di sicuro si sta domandando tra quanto chiederò dove siamo, ma io resto in silenzio. Si apre una porta. «Salve, signore. Benvenuto», ci saluta un uomo allegro. Il fatto che non dica buongiorno, buon pomeriggio o buona sera, impedendomi di avere un’idea dell’orario, mi infastidisce. Sono tutti d’accordo? Dove potremmo essere? Il tono mi è sembrato formale. Il luogo in cui mi trovo è cambiato ancora una volta. Provo un forte disagio, per cui mi porto timidamente una mano agli occhi. «Smettila di giocherellarci, Alex, stai benissimo. Nessuno noterà niente». «È facile per te dirlo». Gli stringo più forte la mano. .. «Potete andare alla reception, signore. Il bagaglio è già stato sistemato». «Bagaglio?», gli sussurro mentre ci avviamo. «Ma non lo abbiamo». I nostri passi risuonano nell’ambiente ampio. Le suole di gomma dei nostri stivali scricchiolano su un pavimento di marmo. «Benvenuto, dottor Quinn, l’aspettavamo. Siamo felici che sia riuscito ad arrivare in tempo. È tutto pronto, mi segua pure. Se ha bisogno del nostro aiuto, non esiti a chiedere». «Grazie, molto gentile». Facciamo qualche passo e qualcuno preme il pulsante per chiamare l’ascensore. «Avete trascorso una buona giornata, finora?» .. «È stata una giornata splendida, grazie, e non vediamo l’ora di sistemarci». «Perfetto, signore. Speriamo che apprezzerete l’esperienza che offriamo qui da noi». Mi sento una creatura a metà tra una donna invisibile e un enorme brufolo sulla faccia di qualcuno, che tutti vedono ma fanno finta di ignorare. Sento di nuovo le farfalle nello stomaco… dovrei essermi abituata alla loro presenza, ormai. Le porte dell’ascensore si aprono e per qualche motivo ho la sensazione di scendere, non salire. Vengo fatta uscire dalla cabina. «Come d’accordo, il piano è totalmente vostro e non sarete disturbati, salvo vostre indicazioni. Vi auguriamo una piacevolissima permanenza». .. «Grazie mille. È proprio ciò che desideriamo». Sento l’ascensore svanire in lontananza. Mi accorgo di essere di nuovo in un ambiente sconosciuto, un posto completamente nuovo. Avevo memorizzato quasi tutta la pianta della suite nell’attico, in modo da avere qualche certezza su ciò che mi circondava lì. Jeremy mi prende per mano e mi porta fino a un divano. «Ecco, siediti, rilassati un po’. Ti va un drink?» «Sì, magari, grazie», rispondo sollevata. Mi porge un bicchiere freddo con un frullato ai frutti di bosco. Distinguo i mirtilli rossi e neri e i lamponi, mescolati in uno yogurt cremoso. Non mi aspettavo niente del genere. .. «Qui dentro c’è senza dubbio un bel mix di antiossidanti». «Se ti ammali non mi servirai a nulla, Alexa. Devo alimentare il tuo sistema immunitario». Che strana cosa da dire. «Ti spiace se mi faccio una doccia veloce dopo aver bevuto? Vorrei togliermi questi vestiti». «Sì per la prima parte, per la seconda ti aiuto io». Sembra un po’ distratto, anche se non ho idea del perché. Poggia il mio bicchiere e mi slaccia e sgancia qui, lì, dappertutto. È un tale sollievo uscire da questi abiti pesanti, mi sembra di aver perso almeno cinque chili. Mi aiuta a infilare una maglietta e dei pantaloni da ginnastica, e sono felice di non restare .. con addosso solo le culotte. Distendo i piedi e affondo le dita nella lussuosa e fitta moquette. È bello non avere più gli stivali. «Doccia?» «Ho detto che sì, mi dispiace se ti fai una doccia. Non è ancora il momento di lavarti». Sono sorpresa dal modo autoritario con cui mi risponde. «Be’, Jeremy, devi aver previsto una scaletta piuttosto serrata, giusto? Non avevo capito che avessi programmato tutto al minuto!». «Ci sono tante cose che ancora non hai capito, tesoro», mi sussurra in un orecchio, e la sua voce è come ombrosa, oscura. Un brivido mi corre lungo la schiena. «Ti senti un po’ più a tuo agio, adesso?». Ha .. di nuovo un tono normale. «Oh, be’, sì, molto meglio, anche se mi piacerebbe tanto poter fare una doccia». Trovo la sua coscia e l’accarezzo. «Sei sicuro che non riuscirò a convincerti a farla con me?». Faccio per alzarmi in piedi. «No. Resta seduta». Il suo tono di voce mi spaventa. Mi spinge con forza sul divano. Spalanco la bocca, sconvolta. «Per favore, siediti. Dobbiamo finire di parlare, arrivare a un accordo». È leggermente più gentile. Oh, fantastico, io ho bisogno di una doccia, e lui di parlare. «Perfetto. Io puzzerò, e tu parlerai», dico con il tono più insolente che riesco a tirare fuori. «Voglio fare una doccia». Mi accerto che suoni come un’affermazione, non come una .. richiesta. Lui mi rimette il bicchiere in mano e si siede più vicino. «Io ti rispetto, lo sai?» «Quasi sempre, sì». «Alex!». Quanta autorità in una sola parola. Se solo ne fossi capace anch’io. È evidente che questa è una conversazione seria. «Sì, okay, lo so». «Voglio giocare con te, creare un po’ di tensione. Voglio portarti dove non hai mai osato arrivare, offrirti l’occasione di accogliere la tua sensualità come non avresti mai creduto fosse possibile». È di nuovo partito in quarta! La sua voce è accattivante e ipnotica, mi stuzzica sessualmente e mentalmente allo stesso tempo. Come riesce a farmi questo effetto? E ..solo a parole, santo cielo. Cerco di controllare il respiro mentre assimilo quanto mi ha detto. «Giochiamo insieme da quando ci conosciamo, Jeremy, e questo fine settimana è stato un continuo susseguirsi di “giochi”, per dirla alla tua maniera. Dove altro potresti portarmi, ancora?». «Ma finora ti sei divertita, no? L’hai detto tu stessa». Prima di rispondere, sospiro. «Per quanto detesti ammetterlo, sì, mi è piaciuto. Ma mi terrorizza anche». Resto in silenzio mentre ripenso alla nostra conversazione in macchina e a come si collega alle teorie del gioco. «Sai che alcuni psicologi sostengono che il gioco sia la più potente fonte di felicità che gli esseri umani possano sperimentare, perché contiene paura e divertimento .. insieme. Alcuni ritengono che possa addirittura proteggere dalla depressione…». Mi fermo nel momento in cui pronuncio quella parola: adesso mi è tutto chiaro. Ero così distratta da Jeremy che non avevo proprio capito. «È questo che vuoi esplorare ancora. È questo che hai fatto finora, tenendomi su un’altalena fatta di paura e divertimento!». «Esatto, Alexa, spero che adesso tu l’abbia capito. L’idea è che un gioco “reale” sia essenzialmente la simulazione di un attacco di panico». «E me ne hai dati un bel po’, da venerdì a questa parte. Se è questo che speravi di ottenere, ci sei riuscito in pieno». Però continuo a pensare che ci sia ancora qualcosa che mi sfugge… c’è di più, ancora?.. Mi sento come se mi avesse tenuta all’oscuro di proposito, a livello fisico e mentale, da quando ci siamo incontrati. Adesso mi sta svelando poco per volta il vero scopo di questo weekend. Forse sta costruendo delle esperienze che mi facciano comprendere meglio come affronto lo stress, o il “gioco” come lo chiama lui? Oppure sono solo una pedina in un gioco ancora più grande? «Ho partecipato a degli studi sull’amigdala, il gruppo di cellule cerebrali specializzate nella paura, e sul modo in cui comunicano con i lobi frontali del cervello». Certo, ovvio. «E in particolare sono interessato ai circuiti di ricompensa della dopamina e al rilascio di sostanze simili agli oppiacei. I nostri dati di partenza hanno mostrato un’inattesa .. correlazione con il lavoro di Sam nel campo del piacere. È per questo che vogliamo approfondire la questione». Le sue considerazioni mi mettono su una nuova curva di apprendimento e più che mai mi dimostrano quanto sia un uomo geniale. «Devo ammettere che non avrei mai pensato di sentirmi così. Non ricordo un solo momento in cui il mio corpo e la mia mente siano stati altrettanto all’erta, o più stimolati, o eccitati, potremmo dire. Mi sento vibrare, letteralmente, dentro e fuori, per la paura e per il piacere al tempo stesso». «Affascinante. È fantastico. Significa che funziona». Sembra pensieroso. «Cos’è che funziona? Dove vuoi arrivare?» .. «Queste sono due domande, Alexa». Sono esasperata. E lui ignora la mia esasperazione. «Voglio giocare più duro, voglio forzare ancora di più i confini tra noi due». «Forzare i confini. Credi di poterlo fare più di così?». All’improvviso il mio tono sale di un’ottava. Era un’altra domanda! «Oh, scusa, non volevo chiedere…». Le parole mi muoiono in gola: non so cosa dire. Mi sta trasformando in una donna sottomessa, cieca e muta. Oh, santo Dio. Un’altra illuminazione… adesso tutto torna. Certo che c’è di più: come potrebbe non essere così, con Jeremy? Come ho potuto essere tanto ingenua? La mia tesi! Vuole davvero spingermi ..dove non ho mai osato avventurarmi. Sapevo che non avrei mai dovuto dargliene una copia, e quando l’ho fatto, ero consapevole che me ne sarei pentita, prima o poi. Ma come avrei potuto immaginare che sarebbe tornata a perseguitarmi dopo tutti questi anni? «Voglio farti provare più di quanto tu abbia mai sperimentato prima, ma voglio che tu sappia che ti terrò sempre al sicuro, protetta». «E vuoi fare di me l’oggetto della tua sperimentazione, Jeremy, non è così?» «Sì, è così». Il fatto che abbia subito confessato mi sorprende. «Ho bisogno del tuo corpo e della tua mente, come ho già detto. Credo che siamo davvero vicini a trovare la cura, e tu sei una delle poche persone che possono aiutarci. Il tuo ruolo è fondamentale». .. «Jeremy, sarei molto felice di collaborare alla scoperta di una cura per la depressione. Chi non lo sarebbe? Ma ho delle domande, anzi, molte domande, cerca di capire». Alcune sorgono in modo spontaneo nella mia mente per riuscire a chiarire le cose… a me stessa, prima di tutto. Come hai intenzione di forzare i confini? Cosa significa? Cosa è cambiato, stavolta? E se io non volessi? Come faccio a sapere che non mi succederà niente? Sei pazzo? Sono pazza? In che cazzo di situazione mi sto cacciando? .. «Lo capisco benissimo, tesoro, e se potessi te lo direi, ma in questo preciso momento non è affatto possibile. Perché credi abbia posto questa condizione per il fine settimana?». Oh, merda, sono del tutto nelle sue mani. Per il weekend ha posto due condizioni: niente vista e niente domande. E cos’è che ha guidato le mie paure e le mie angosce? Esattamente questi due elementi! Forse con l’età sto diventando lenta di comprendonio. Perché non l’ho capito prima? Ha costruito in modo minuzioso la situazione in cui mi trovo ora, mettendomi di fronte al fatto che devo decidere se affrontare questo rischio personale per un fine benefico. Una decisione sulla quale sa bene che, per la prima volta, rifletterò con grande .. attenzione. Voglio continuare questo viaggio alla scoperta dei miei lati più oscuri con lui, un viaggio che non ho mai avuto il coraggio di affrontare fino a questo momento? La sua è davvero una mente esperta e superiore. Mi fa paura. Mi eccita. Mi lascerò andare? Quanto in là vuole spingersi? Quanto vuole spingere me? Sono in grado di farcela? Non ne ho la minima idea. Mando giù un altro sorso di frullato per allentare la tensione. «Ti prometto che tutte le tue domande troveranno risposta a tempo debito», mi dice con dolcezza, come se leggesse i miei pensieri. Il campanello suona, e lui fa entrare qualcuno. «La signora sarebbe così gentile da .. venire con me?». Quelle parole mi bloccano. Non riesco a capire se a pronunciarle è stato un uomo o una donna. Jeremy avverte la mia reazione e mi abbraccia. «Andrà tutto bene. Ti raggiungo prestissimo, te lo assicuro. Dobbiamo solo cambiarci. E dopo potrai fare la doccia». «Perché non puoi venire con me? O perché non posso restare io?». È un bisogno così viscerale che sorprende anche me. «Qui non funziona così. Ti prometto che ti raggiungerò tra una decina di minuti». «Ti prego, Jeremy, non farmi andare». Mi sento come una bambina il primo giorno di scuola, costretta dalla maestra a staccarsi dai genitori. Lui mi fa alzare dal divano tirandomi per le mani. Poi al suo .. posto sento la mano morbida della persona che mi porta via. «Arriverò presto». Sento che mi sta guardando mentre caracollo in avanti. Non so decidere se mi sia sembrato preoccupato o divertito all’idea di gettarmi per l’ennesima volta in quella che per me è la fossa dei leoni. Suppongo sia un misto di entrambe le cose, ed è davvero snervante. Non mi sarei dovuta preoccupare tanto. Vengo condotta in un lungo corridoio e poi in una stanza calda. I vestiti mi vengono tolti con attenzione e premura, e in silenzio. Mi portano al water, dove con sollievo mi libero. Sento il rumore dell’acqua di una doccia e il vapore vicino alla pelle. La mia nudità è completa, ma non ha più significato. .. Faccio un passo avanti verso l’acqua fumante e con un sospiro mi lascio bagnare il corpo e i capelli. Resto così per un po’ finché una mano non mi solleva un braccio e comincia a strofinare. È diversa dalle mani morbide e dolci di stamattina: mi sfrega con forza, sorprendendomi. L’altro braccio riceve lo stesso trattamento, così come la schiena, il petto, la pancia, il sedere, le gambe e i piedi. Dal mio corpo vengono rimossi strati di pelle e, anche se il movimento è rude e forte, è una bella sensazione. Come se avesse uno scopo. Rifletto se sia il caso di gridare “Basta, mi fai male”, oppure “Non sono così sporca”, ma non lo faccio. Lascio che quelle mani decise continuino a strofinare finché non portano a termine il.. loro compito. Mi sento quasi felice che tutti quegli strati di sporcizia mi siano stati strappati via di dosso. Questo trattamento mi renderà pulita? A livello fisico, sì. A livello emotivo, ha appena intaccato la superficie. L’acqua della doccia smette di scendere e vengo avvolta in un accappatoio incredibilmente morbido e caldo. Resto immobile, persa per un istante nel mondo sconosciuto in cui mi sono permessa di entrare. Vengo portata via, quasi inconsapevole. «Non è andata tanto male, no?». Impiego qualche istante a capire che, come aveva promesso, Jeremy è di nuovo con me. «No, affatto. Ma dove siamo?» «Alexa, per favore, ti scongiuro, basta con le domande, non qui!». La sua voce si .. riverbera per la stanza, il tono è sempre più ansioso e preoccupato. «Okay, okay, ci proverò». «Grazie. Riesci a indovinare dove siamo?» «A dire il vero, no. I suoni rimbombano, ma sono anche attutiti, in un certo senso. In sottofondo c’è un rumore d’acqua che scorre». Spero che siamo soli. «Vieni qui, ecco, senti questo». Mi guida per alcuni scalini e poggia la mia mano su quello che mi sembra marmo: è freddo. Appoggio anche l’altra e la faccio scivolare un po’ verso il basso. «Sembra un torace». Scendo ancora un po’. «Adesso sembra un sedere». Rido. «Ti prego, non dirmi che siamo in un museo in accappatoio, Jeremy». .. «No, non esattamente, ma sei circondata da statue». È così strano accarezzare una scultura. In un museo o in una galleria d’arte non ti permettono mai di farlo. Pensate di far scivolare le mani sul David a Firenze. «Spostati sul davanti». Muovo con attenzione le mani girando intorno alla statua e sento un’immensa erezione. Dio, non credo proprio possa essere il David! Mi sento una ragazzaccia mentre lo accarezzo per tutta la sua lunghezza e larghezza. «Ti piace?» «Preferirei te». «Sono lusingato. E che mi dici di quest’altro?». Mi fa fare qualche altro gradino e mi posa le mani su un altro torace marmoreo. .. «Questa è una donna». Ritraggo subito le mani. Jeremy le riporta sui seni, poggiandoci sopra le sue in modo che non possa spostarle. «È difficile per te?» «Ho toccato solo le mie, finora». «È solo una statua, Alex. Toccale. Fallo per me». Lascio indugiare i palmi e le dita intorno ai seni mentre lui mi resta vicino. «Prendi i capezzoli tra pollice e indice». Mi domando perché sia così erotico. «È questo che ti faccio, tesoro, solo a parole». Mi infila le mani sotto l’accappatoio e me le mette sui seni per sottolineare quanto ha detto. Sento il basso ventre contrarsi, come a voler confermare. «Vieni». ..Mi prende per mano e mi porta via da quelle statue sexy. «Sdraiati. Devo applicarti di nuovo le gocce agli occhi». Mi fa distendere su una panca dura; sembra una lastra di marmo stretta. Resto sdraiata, perfettamente consapevole del fatto che sto accettando le condizioni che ha posto per il weekend e senza la resistenza che mi ha provocato tanta tensione e ansia. «Grazie». Lo dice di cuore. Ripete metodicamente la procedura che gli consente di mantenermi cieca. Stavolta accetto il mio destino, ma d’istinto cerco di aprire gli occhi. Le palpebre sono così pesanti che non riesco a muoverle. Resto ad aspettare che le gocce e l’unguento facciano effetto per la seconda volta. Jeremy allarga i lembi del mio accappatoio.. sfilandomelo dalle spalle e mi fa sollevare le braccia sopra la testa. So che gli piace vedermi in questa posizione, perché può accedere al mio corpo senza restrizioni. Lentamente, con cura, mi sposta ogni gamba su un lato della panchina, lasciandomi aperta davanti a lui. È come se con questi gesti teneri e intensi cercasse di compensare la cecità che mi ha imposto. Il mio cuore accelera, colmo d’aspettativa. Lui mi sfiora i capezzoli con le labbra, poi li prende con dolcezza tra i denti e ne avvolge la punta con la lingua, finché mi sembra che siano diventati come quelli della statua. Oh, quanto è bravo. Ho il cervello annebbiato. Al suo tocco mi viene la pelle d’oca dappertutto. La sua bocca scende lungo la pancia con grande precisione, ..lentezza, intensità. Le carezze mi travolgono come onde… la mia pelle è incredibilmente sensibile, viva e vibrante grazie al modo in cui è stata sfregata poco fa. Provo un desiderio così acuto che mi sembrano passati anni, non ore, dal nostro ultimo incontro sessuale. Percepisco la sua vicinanza quando si abbassa tra le mie cosce. Sono talmente su di giri che potrei levitare fino al soffitto. Jeremy soffia piano, con dolcezza e in silenzio dentro di me. Una sensazione incredibile. Non c’è nulla che mi tocchi a parte il suo respiro, finché non comincia a usare anche le labbra, lentamente, con tenerezza, e alla fine anche la lingua si unisce al ritmo che ha creato nel mio corpo. È un tormento divino. Sento il sangue fluire e pompare, montando nell’attesa, come se non l’avessi mai.. desiderato tanto. E poi, all’improvviso, Jeremy si ferma. Mi lascia sofferente, insoddisfatta, inappagata. Il suo viso è vicino al mio, così lo attiro a me e lo bacio sulle labbra, spinta da un bisogno disperato di lui. «Che cosa mi stai facendo? Ti prego, non mi lasciare così. Ho bisogno di te, ti voglio, per favore». La mia mente vortica, il cuore batte all’impazzata. «Ogni cosa a suo tempo, tesoro. Ho bisogno di farti diventare più lasciva di quanto tu sia mai stata». «Lasciva? Ma non è giusto». Credo di aver messo il broncio sul serio: che cosa infantile. «So che non è giusto, RS, ma vale la pena di aspettare, te l’assicuro». Come diavolo fa ad avere la forza di controllarsi ..così? E perché io invece non ci riesco? Con le braccia mi solleva, facendomi alzare in piedi. Ho le gambe che tremano come gelatina contro le contrazioni insoddisfatte del mio sesso gonfio; Jeremy mi prende le mani, e molto lentamente mi fa fare qualche passo finché non ritrovo l’equilibrio. Sento dell’acqua calda che mi lambisce i piedi mentre lui mi sfiora le labbra con un dito, invitandomi a restare in silenzio in modo che non possano sfuggirmi altre domande. Adesso sono nuda davanti a lui, e spero che ci sia soltanto lui; non ho una benda né occhiali da sole dietro cui nascondermi, ma solo le palpebre sigillate. Mi guida giù per alcuni gradini e un liquido setoso mi accoglie, abbracciando .. sempre più il mio corpo via via che scendiamo. Jeremy mi solleva con le braccia e mi lascia andare nel liquido, che mi invade la pelle; mi sento come una bambina cui viene fatto un bagno caldo e pieno d’amore. C’è qualcosa di rasserenante, rilassante, eppure è presente anche un sottofondo fatto di inquietudini e presentimenti. Ma lo scaccio via. «Prendiamoci un po’ di tempo per rilassarci, distenderci e assorbire questa esperienza». Non protesto. Mi fa scivolare le mani dietro la schiena, spingendomi dolcemente avanti, fin quando non sono immersa del tutto e comincio a galleggiare. È meraviglioso. Per qualche motivo ho la sensazione che mi stia decontaminando, come se volesse prepararmi ..a un fine più alto. Nella mente mi scorrono le immagini di battesimi e iniziazioni cui ho assistito, e penso al simbolismo insito nel rituale dell’acqua purificatrice. Il silenzio che ci circonda, unito alla spinta del liquido in cui fluttuo, rende ancora più reale questa immagine nella mia mente. L’unico suono che si sente è quello dell’acqua che lambisce i bordi della vasca. È come essere in un magico bozzolo acquatico. Mi chiedo ancora una volta dove ci troviamo. Galleggiare è meraviglioso. Cerco di comprendere quanto mi accade mentre avverto la presenza serena di Jeremy accanto a me in questa strana piscina. Me lo immagino dall’alto, una versione fluttuante dell’uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci. Bellissimo. La temperatura.. dell’acqua sembra adeguarsi in modo perfetto a quella della stanza, creando un surreale effetto-grembo. Passiamo da una piscina all’altra: una è caldissima, entrarci è uno shock e all’inizio mi gira la testa, ma diventa meravigliosa quando mi abituo al calore; un’altra è fredda, tonifica e pulisce, mi fa battere il cuore più forte e scorrere il sangue più veloce nelle vene, e mi fa sentire sana, viva. Sento che la circolazione risente delle diverse temperature e la mia pelle accoglie i minerali con avidità. È come se qualcuno mi stesse restituendo un equilibrio vitale. Dentro di me sono felice che non stiamo parlando, perché il silenzio aiuta a recuperare la pace della mente e a ritrovare la calma dopo la cavalcata selvaggia che ha avuto inizio quando ho .. incontrato Jeremy per un drink “innocente”. Mi sembra che sia passata un’eternità. Mi viene da pensare che la mia innocenza è sparita quando ho accettato la cecità, e che dovrei ammettere che sono davvero nel pieno di un rituale di rinascita. Non mi concedo di soffermarmi sulla questione troppo a lungo. Quando lasciamo le piscine vengo avvolta in un asciugamano. La pelle che mi rimane è viva e sensibile, e questo diventa ancor più evidente quando vengo fatta sdraiare sulla pancia. Vengo spostata un po’, insieme alla panca coperta da un asciugamano su cui sono distesa. Quando delle mani forti cominciano a toccarmi le scapole e altre parti della schiena, con grande entusiasmo capisco di essere su un .. lettino per i massaggi. Jeremy ha programmato le ultime ore in modo che siano perfette, fatta eccezione per l’orgasmo mancato. L’asciugamano mi viene tolto di dosso e un intenso odore di arancia e miele mi pervade le narici. Sollevo un poco la testa per essere sicura di quel dolce aroma di agrumi. Me la fanno abbassare e mi scostano i capelli dalla nuca in modo che lascino esposto il corpo. Mi versano una sostanza oleosa in fondo alla schiena, poi le mani tornano e il massaggio riprende, più profondo. L’unguento denso si estende fino alle mie estremità, mentre mani sapienti mi ricoprono completamente di quella miscela inebriante e collosa. Lascio vagare i pensieri, senza concentrarmi.. su nulla in particolare. Dentro di me so che più rifletto sulla situazione presente, più aumenta la tensione, e non è un bene mentre delle mani forti come queste stanno sciogliendo i nodi del tessuto muscolare. Cerco di concentrarmi sul respiro… e per un po’ funziona. La mia mente però vuole esaminare ancora le ragioni che hanno spinto Jeremy a rendermi cieca e precludermi le domande per tutto il weekend. In parte la sua logica ha senso, e non posso negare di aver provato un sovraccarico sensoriale. Ma per quel che riguarda le emozioni, non riesco a capire da che parte vadano… dovrei rilassarmi e lasciar perdere, adoro i massaggi e questo in particolare è strepitoso. Mi fa sentire così bene, sto diventando morbida e liquida come l’unguento che mi penetra .. nei pori. Cos’è che mi trattiene? Sento che c’è ancora qualcosa che Jeremy non mi ha detto. Non è normale mettere a rischio una relazione come questa per una fantasia un po’ frivola e in certi momenti anche terrificante, no? Perfino se è con Jeremy… perfino se mi sento più sensuale e sessualmente viva che mai… Il nostro rapporto andrà forse oltre questo weekend? I miei pensieri vengono interrotti dalla realtà quando diverse braccia mi sollevano, mi fanno girare e mi riappoggiano sul lettino. Mi viene versato altro miele e arancia sul ventre, e mani più piccole si occupano della pancia, del petto e dei seni. Sussulto quando passano sui capezzoli e subito cerco di controllare il respiro. ..“È solo un massaggio”, mi dico. Le mani vanno a ritmo con il mio respiro e il movimento continua, come i miei pensieri. Jeremy aveva ragione. Ho troppe domande; sembra che si moltiplichino all’infinito nella mia testa, come un virus. Il mio corpo perde la forma di carne e ossa mentre i palmi insistenti mi plasmano come morbida creta. Cosa potrei fare adesso, d’altra parte? Mi fermerebbero, impedendomi di andarmene? Non so nemmeno dove sono. Il respiro rallenta ancora mentre rifletto sulle conseguenze della mia presenza qui e la possibilità di fuggire. È questo che desidero davvero? Dentro di me so che non voglio andarmene, ho solo paura di scoprire cosa ha preparato per me Jeremy, come mi succede .. sempre… all’inizio. Maledizione, ma perché mi fa questo? Mi costringe a cercare una conclusione che sembra impossibile. Ma davvero sono così debole? Che ne è dei valori a cui mi sono così disperatamente aggrappata per tutta la vita, che mi hanno dato stabilità, un significato, un senso? Li sto forse buttando dalla finestra per un colpo di testa, per la follia di un weekend? Sarà tutto qui? Oppure quella ricerca è davvero importante? La mia mente implode sotto il peso di questo dilemma morale, e resta solo il torpore. Il corpo diventa molle, non oppone più alcuna resistenza. Sono come una medusa in attesa della prossima corrente che mi svelerà il cammino. Distrutta nella mente e nel corpo, e adesso anche fisicamente cedevole, proprio come .. lui mi vuole, permetto all’oscurità di avvolgermi e lascio svanire l’assurda disperazione dei miei pensieri. Come in un sogno, delle immagini emergono dalla memoria. Sono ricordi felici: i miei bambini, le feste di compleanno, visi sorridenti, mio figlio che mi dice che mi vuole un bene mille milioni di miliardi di milioni più grande dell’universo, e mia figlia che mi spiega che vivremo insieme per sempre e che è per questo che dovrà sposare proprio me. I ricordi dei miei figli scivolano nel mio subconscio, uno dopo l’altro. Momenti semplici, tempi così poco complicati, ma perché Robert mi appare così infelice, distaccato in queste immagini della nostra famiglia? Non me ne ero mai accorta prima. Queste immagini mi dicono molto .. di quello che sono, minuto dopo minuto, giorno dopo giorno. E allora perché mi sembra sempre che manchi qualcosa? Perché il linguaggio del suo corpo mi dice che anche a lui manca qualcosa? I pensieri e i ragionamenti che porto avanti in silenzio cominciano a sfuggire al mio controllo. Jeremy mi ha già parlato della possibilità di esplorare la mia fantasia più segreta e oscura, quella che ha fornito la base per la mia tesi tanti anni fa, quella che non ho mai davvero ammesso essere mia, se non di sfuggita e soltanto con lui. Sono abbastanza coraggiosa? Non potrei mai provarci se non con Jeremy, e lui mi sta offrendo questa esperienza su un piatto d’argento, a livello personale e professionale. E se dicessi di no, .. anche se sapere e capire una volta per tutte è proprio ciò che ho sempre voluto? La fantasia è solo fantasia e dovrebbe essere lasciata così, o esistono un bisogno e un desiderio di agire su di essa, sperimentarla in prima persona? Comincio a sentirmi un po’ confusa, è come se farneticassi e non fossi più in grado di seguire la complessità dei pensieri mentre mi arrendo alle magiche mani del massaggiatore. Il suono di ruote che girano mi riporta alla piena consapevolezza, ed è solo allora che mi accorgo che mi sto muovendo; sono sdraiata, ma comunque in movimento. Mi sforzo di sollevare gli arti gelatinosi dal lettino, ma sono così rilassati e appesantiti dal massaggio che è quasi impossibile. Ci riprovo. «Che succede? Dove andiamo?». Ho la .. voce rauca, le parole faticano a uscire. Mi rendo conto che devo essermi addormentata… per qualche minuto? Per ore? Non è possibile. Ci fermiamo. «Signora. È sveglia, posso aiutarla?», mi chiede una voce femminile. «Ah… Sì, grazie». D’istinto entra in gioco la mia educazione. «Può dirmi per quanto ho dormito?». Delle mani mi aiutano con delicatezza a mettermi seduta. Mi viene adagiato sulle spalle un accappatoio, diverso da quello di prima: questo è più setoso e sembra più pesante. Mi accorgo che non ha le maniche, oppure le mie braccia non vengono fatte passare nelle maniche. Forse è un mantello. È liscio a contatto con la mia pelle morbida, che non è rimasta appiccicosa dopo il massaggio. .. Nessuna risposta. Possibile che Jeremy abbia ordinato a tutti di non rispondere alle mie domande? «La signora gradisce del tè?». Oh, tè, che sorpresa. «Sì, la signora gradisce». Le parole mi escono un po’ troppo brusche. «Sarebbe magnifico, grazie», aggiungo, ricordando le buone maniere. «Potrebbe dirmi dove si trova Jeremy… voglio dire, il dottor Quinn?». Niente. Non so se si trovi con me o meno, ma non percepisco la sua presenza, per quanto questo possa avere un senso. «Jeremy?», provo ancora. «Per favore, rispondimi se ci sei. Dobbiamo parlare. Ti prego». La mia voce è sempre più angosciata. È tipico: ..quando ho bisogno di parlare con lui, è sparito. Mi viene messa tra le mani una tazza di tè caldo: ha un odore delizioso. Mi calma un po’ e mi distrae dalla tensione crescente. Sento l’odore dell’infuso, e colgo una nota di camomilla con un tocco di vaniglia, forse. Lo sorseggio un po’ alla volta per non bruciarmi le labbra. Perfetto. Sorretta dai muscoli rilassati delle mie mani, la piccola tazza pesa come un macigno. Quando finisco, sento di avere delle fasce intorno ai polsi. Mi prendono la tazza, dandomi la possibilità di esplorare. Sembrano di pelle, con qualcosa di tintinnante che sbatte su e giù. Sono alte circa cinque centimetri e aderiscono perfettamente ai polsi. Merda! «Jeremy!». Intorno a ..me c’è solo silenzio. Cerco di capire dove sono allacciate, ma non riesco a trovare la chiusura. Non mi dire che anche queste sono su misura. Il polso accelera. Con la mente esamino tutto il mio corpo in cerca di altri oggetti estranei, e naturalmente ne trovo altri due, un po’ più grandi, alle caviglie. Dio, mi cedono le ginocchia. Non le voglio affatto, e cerco una cerniera o una fibbia da aprire. Non c’è nulla. È successo mentre dormivo? Sussulto quando percepisco che con un movimento rapido mi viene posizionata un’altra fascia intorno al collo; sento uno strano suono quando si allaccia. Per un attimo resto sconvolta, respiro a fatica e ho bisogno di tempo per adattarmi alla nuova costrizione. Anche questa ha degli elementi di.. metallo, uno davanti e uno dietro. Mi irrigidisco. Ci siamo. È di questo che parlava Jeremy. Voleva giocare più duro, forzare i confini. Che cosa intende sperimentare con me conciata così? Ma soprattutto, che cosa vuole che sperimenti io? “Okay”, penso cercando di calmarmi, “immaginavo che in qualche modo saremmo arrivati a questo, ed eccoci qui”. A quanto pare, sta per succedere molto presto. Oh, Dio. L’adrenalina che il cuore mi pompa nelle vene è una scarica più forte di quella che ho provato quando sono saltata giù dall’aereo. La fisicità delle mie emozioni è tanto affascinante quanto sconvolgente. È così reale, intensa, vitale. Sono davvero pronta a fermarmi proprio adesso, quando le mie reazioni sono così potenti? Che alternative ho? Potrei parlare. .. Potrei urlare. Forse dovrei, e subito, all’istante… ma non lo faccio. Ricordo a me stessa che ho già reagito così alla cena senza ottenere alcun risultato, e grazie al cielo lui mi ha ignorata, perché la tensione sessuale si è dimostrata incredibilmente gratificante, alla lunga. Sento una vera e propria energia carnale che mi attraversa il corpo al solo ricordo. Oh, sì, è valsa senz’altro la pena di affrontare le mie paure per ottenere una ricompensa così straordinaria. Probabilmente tutto rientra nel suo piano generale. Senza dubbio ha ottenuto l’effetto di mandarmi in iperventilazione, eppure non mi hanno fatto nulla se non un massaggio meraviglioso e l’applicazione di qualche cinghia di pelle. Adoro e detesto che ..possa farmi questo, che riesca a farmi provare e sperimentare cose che non avrei mai creduto possibili. Mi fa sentire come se ogni singolo battito del mio cuore fosse cruciale per la sopravvivenza. Lo farò, per lui, per me stessa e per la sua ricerca. Sarò più forte per lui e forse, chissà, finalmente riuscirò a liberarmi. Ma da chi, da cosa, mi chiedo… forse da me stessa… Voglio davvero conoscere la verità in prima persona, piuttosto che osservarla tenendomi ai margini della vita? Sono in piedi, e resto in silenzio mentre mi legano i polsi dietro la schiena. Sempre in silenzio, mi viene calato sul viso un cappuccio di velluto. Resto muta mentre mi spingono lungo un corridoio, i piedi nudi accarezzano la moquette lussuosa. Con discrezione e .. senza usare la forza, vengo condotta verso il mio destino da sconosciuti senza volto, e non oppongo resistenza. Quante persone ho intorno? Non ne ho idea. Avverto la loro energia, non il numero. Sono costretta ad affrontare la dura realtà e a chiedere a me stessa una volta per tutte se mi fido davvero di Jeremy. Cerco di immaginare la mia vita senza quell’uomo sexy, seducente, bello e tentatore. Certo che mi fido di lui, quando mai non l’ho fatto? È l’unico che sa trasformare la mia esistenza in bianco e nero in un tripudio di colori. Tuttavia sarei ingiusta se non riconoscessi la sua abilità nel creare scenari psicologici impressionanti, come quello in cui mi trovo adesso. I miei pensieri vengono interrotti da una voce .. baritonale, profonda. «Portatemela qui». Mi conducono avanti. Delle forti mani maschili mi stringono leggermente le braccia. «Spogliatela». Mi spogliano. Mi divaricano le gambe. È strano. Passiamo tutta la vita ad accrescere l’autostima, a imparare ad amare noi stessi, a raffinarci, a “migliorarci”, e poi si arriva a questo? È incredibile come le certezze che ci siamo costruiti con cura, strato dopo strato nel corso degli anni, dei decenni, possano perdere ogni significato nel volgere di pochi istanti. Non importa come ci presentiamo, come vestiamo e ci comportiamo, non .. importa cosa facciamo né quanto siamo istruiti: nulla ha più alcun valore quando ti ritrovi completamente esposta, disperatamente nuda, incapace di vedere, con le caviglie, i polsi e il collo marchiati dai simboli della schiavitù. Due dita mi penetrano la vagina con tale destrezza che di colpo la mia mente si spegne e la realtà mi spezza in due. Lo shock di quell’intrusione mi fa balzare in avanti, ma mi ritrovo bloccata, incapace di muovermi. Il respiro accelera in risposta. Che autorità mi resta? Ho ancora un grammo di dignità umana? E allora perché sento che, se avessi il pene, ora avrei un’enorme erezione? È come se stessi scivolando in un baratro psicologico, un luogo in cui non .. ho mai osato entrare e che si trova all’interno della mia psiche: in un certo senso è così che immagino la discesa di Alice nella tana del coniglio dentro la sua mente. Sono costretta a proseguire nel mio viaggio. «Osservate», dice la voce profonda. Osservate… dunque sono davvero la cavia in questo esperimento. Chi avrebbe mai potuto sospettare che me ne sarei rimasta qui, immobile, e avrei accettato la violazione che mi è appena stata imposta? Io mai e poi mai. «Mettetela in posizione». Non sento altre voci, non vedo nulla. C’è un’accettazione totale mentre mi fanno inginocchiare. Un oggetto lungo, sottile, liscio e freddo mi scivola sotto i seni. Inspiro di .. colpo al contatto. Come l’archetto di un violino, si muove avanti e indietro sul mio torace, scivolando lento sotto i seni, poi sopra, poi senza fretta e con grande precisione sulle punte dei capezzoli, come se si stesse accordando con il mio corpo. È un movimento lento e ritmico, per fortuna sono già in ginocchio. I capezzoli si induriscono, trepidanti, mentre brividi viziosi mi corrono lungo le spalle e la schiena. L’arco continua a muoversi senza sosta e con grazia tra le mie cosce, creando una tensione sensuale talmente forte da farmi urlare in previsione di ciò che mi attende. Sta preparando il mio corpo al gioco, ormai imminente. «Mmm. Reazioni immediate, J, proprio come dicevi tu. Eccellente». … Jeremy? Ha parlato di me con altre .. persone? “Oh, certo che sì, altrimenti perché sarei qui?”, dico a me stessa in risposta alla mia stessa domanda. «Jeremy! Ti prego, parlami». La voce mi esce più flebile di quanto mi sarei aspettata; forse l’ho repressa per troppo tempo. Finalmente da dietro mi arriva la sua risposta, e mi sento sollevata sentendolo così vicino. «Sì, Alexa. Sono qui», mi sussurra in un orecchio, rassicurante. «Oh, grazie a Dio, eccoti». Chino la testa verso di lui. «È sul serio questo che volevi farmi provare?» «Non ho mai desiderato nient’altro in vita mia», risponde piano, in un sussurro sensuale. «Davvero?». Okay. Eccoci qui. Sono pronta a farlo per lui, per me stessa, per .. noi due? «Voglio che tu accolga ogni singola emozione che incontri e che l’accetti, consapevole del fatto che fa parte di te, della tua sessualità. Non ti lascerò mai sola, e non permetterò che ti succeda nulla. Devi soltanto fidarti abbastanza di me da sottoporti completamente al processo. Arrenditi a me, a questa esperienza, sapendo che varrà la pena di provare paura per ottenere il piacere che ti attende. Solo tu puoi decidere se andare avanti o meno, e devi farlo adesso. Basta che tu mi dica sì oppure no». Com’è che mi sembra stia parlando con il mio clitoride, e non con il mio cervello? Le lacrime mi riempiono gli occhi incapaci di vedere. Non riesco più a dominare l’intensità delle emozioni. Mi .. arrenderò a questo desiderio che mi porto dentro e che mi perseguita da anni dicendo un semplice sì? I ricordi che abbiamo in comune mi vorticano nella mente. La tensione. I nostri giochi. Le provocazioni, i tormenti. Il suo dominio. La mia sottomissione. E l’amore che entrambi abbiamo per questi ruoli. Così intende forzare i confini. Nel profondo di me riconosco che anch’io voglio sapere quanto oltre possiamo spingerci, e so che non permetterei a nessun altro se non a lui di provarci. «Sì». Una decisione che mi dà un sollievo mai provato prima, una parola che esce da me in un potente sospiro mentre, finalmente, soccombo al mio destino, il destino che Jeremy ha creato per me. .. «Grazie. Non te ne pentirai. Te lo giuro». Mi toglie il cappuccio e mi bacia con dolcezza sulle labbra. «Sto per impedirti di parlare. C’è qualcos’altro che vorresti dire, prima?». Scuoto il capo. L’idea di aver accettato di entrare in un territorio così inesplorato mi spaventa a morte, eppure mi esalta al punto da inebriarmi. Jeremy mi apre la bocca e mi spruzza sulla lingua e in fondo alla gola uno spray al sapore di agrumi. Mi dà una strana sensazione di intorpidimento e non posso fare a meno di constatarne l’efficacia. Non riesco a emettere alcun suono: sono muta, oltre che cieca. «Mettetela in posizione, per favore». Le braccia forti mi sollevano da terra come una bambola, e vengo spostata più .. in alto. Potrebbe essere una piattaforma? È quasi come se non sentissi più la forza di gravità e non sentissi più il mio peso. Ancora una volta vengo fatta mettere in ginocchio e, mentre sono ancora così, mi allargano le gambe, con le ginocchia e le caviglie saldamente ancorate da cinghie di pelle a un pavimento duro e poroso. Con i polsi ancora legati dietro la schiena, sono del tutto bloccata in posizione. È quello che voglio. Ho bisogno di scoprire dove mi porterà. Non mi divincolo. Sono legata al pavimento. Non vedo nulla, non posso parlare, non posso muovermi. Posso solo provare un terrore completo e assoluto, e insieme emozione, vergogna ed eccitazione che mi penetrano ogni singola cellula, mentre l’ansia si fa strada come.. un brivido dentro di me. È incredibile e affascinante che tutte queste sensazioni possano coesistere allo stesso tempo. «Ci sono ancora alcuni elementi da chiarire prima di continuare», riprende la voce bassa. Ho dimenticato qualcosa. Devo aggiungere alla lista il fatto che posso ancora sentire. «Esaminatela di nuovo, per favore». Ancora una volta due dita si muovono nella mia vagina. Stavolta restano un po’ più a lungo, poi all’improvviso vengono estratte. Il mio corpo reagisce alla penetrazione, ma la risposta è resa meno evidente dalla posizione in cui sono bloccata. «Bene, procediamo». Provo la.. strana sensazione di aver viaggiato nel tempo e di star prendendo parte a un antico rituale di iniziazione. «Non è necessario che il soggetto risponda a ciò che dico. Sarà J a occuparsene per conto suo. Ma è importante che senta le parole che le diremo prima di eliminare anche l’udito». Sento i seni sollevarsi e abbassarsi a ogni respiro; sono in trepidante attesa di sapere cosa succederà. «Dottor Quinn, ci assicura che il soggetto le ha dato il permesso di renderla cieca per quarantotto ore?». Il soggetto. Non sono più nulla. Silenzio. «Sì». «Ci assicura di averla avvisata in più occasioni che il suo comportamento in tale lasso di.. tempo avrebbe avuto delle conseguenze?» «Sì». «E che ogni domanda avrebbe avuto delle conseguenze?» «Sì». «È sua opinione che abbia compreso tali condizioni?» «Sì». «Avete infine discusso del nostro programma di ricerca, e lei ha accettato di essere coinvolta?» «Esattamente». Ecco. Sta succedendo davvero. Mi sono data a lui, a loro, anche se mi chiedo perché abbiano scelto un percorso mentale così tortuoso. «Un lavoro davvero eccellente. Possiamo affermare con assoluta certezza che è perfetta per il nostro programma. .. Non vedo l’ora di analizzare i risultati». Wow, un commento positivo. Jeremy deve essere molto compiaciuto. Mi domando quanto si stia esaltando. «Dobbiamo occuparci delle conseguenze delle sue azioni. Quante domande ha fatto in tutto?». Prima che possa sentire la risposta, mi vengono inseriti dei tappi nelle orecchie. Oddio, è fatta. Silenzio assoluto, buio assoluto, l’impossibilità di parlare e la mia totale nudità. Non mi sono mai ritrovata in stato di shock, finora; posso solo immaginare che sia simile a ciò che provo in questo momento. Sono stata privata di… tutto! Sono totalmente inconsapevole, sospesa nel tempo. In nessun modo i miei sensi possono dirmi cosa sta per..succedermi, e non ho modo di evitarlo. Il tatto è l’unico senso che mi resta. Mi mettono in testa qualcosa che somiglia a un casco. È strano, all’inizio lo sento pesante, e impiego qualche momento a capire che, naturalmente, registreranno le mie attività neurali. È questo che manca alla loro ricerca, e io sono la cavia umana. D’istinto cerco di controllare i pensieri, poi grido in silenzio; voglio mettere alla prova il dispositivo e i suoi meccanismi di registrazione per vedere se risulteranno differenze quando verranno analizzati i risultati. È una situazione quasi troppo assurda per poter essere compresa. I miei polsi vengono slegati e poi legati di nuovo, davanti al corpo. Mi fanno distendere le.. braccia in avanti, all’altezza delle spalle. Basta così, prego in silenzio. Mi tengono per i fianchi mentre continuano a tirare e sono costretta a piegarmi su una barra spugnosa finché non arrivo al pavimento, dove i polsi mi vengono legati e bloccati, insieme al collo. In questa posizione, il torace si trova più in basso del posteriore, che resta sporgente. Riesco a immaginare i miei seni che pendono liberi mentre il respiro accelera, e sentirlo mi conferma che è tutto vero, e non un sogno. Tutte le mani mi lasciano andare. Sono bloccata solo da oggetti inanimati. Il battito frenetico del mio cuore mi sta devastando. È così forte che temo per la mia salute. È questo che si prova quando si sta per avere un infarto? Sto per avere un attacco di.. cuore proprio adesso? È una posizione assurda in cui morire. Ma prima che possa riflettere sulla possibilità di un arresto cardiaco, l’intrusione di altre dita che mi sondano mi fa irrigidire. Sento i capezzoli indurirsi e il sedere sussultare a quell’invasione. Trattengo il respiro mentre le dita indugiano, stavolta più a lungo, premendo di più, esplorando e allargando i confini dentro il mio corpo, ora scivolosi. Un calore si propaga dentro di me mentre la vagina si lubrifica per quel tocco. Il mio cuore impazzito minaccia di esplodermi nelle orecchie. Espiro di colpo quando le dita escono, lasciandomi svuotata. Poi il nulla, se non il mio cuore. Mi sento sferzare il sedere così forte e in maniera tanto rapida, che mi pietrifico, irrigidendomi .. del tutto. Succede di nuovo. Poi si ferma. Il respiro mi si è bloccato nei polmoni. Ancora. Si ferma. Ho bisogno di inspirare. Vengo colpita ancora e ancora, una serie di fitte in rapida successione. Inspiro ogni volta che la cinghia mi ferisce il culo, ma non riesco a espirare per lo shock. L’ossigeno immesso lotta con l’urlo silenzioso che cerca di farsi strada nella mia gola, rendendogli impossibile uscire. Sussulto, la testa mi gira, sono confusa. È una sensazione bruciante, mai provata prima. Non è troppo dolorosa, ma fa male. Quel tanto che basta per sentir scottare la carne per un secondo o due, poi, con la stessa rapidità, il dolore diminuisce. Comincia e.. finisce. Mi lascia ansante, devastata. Poi mi accarezzano le natiche con un unguento rinfrescante, ed è un tocco così dolce e sensuale che il cambio repentino di intensità mi fa venire da piangere. Emotivamente, sono già esaurita. Potrò resistere ancora? Forse la mia tesi sarebbe stata molto diversa, se l’avessi sperimentata di persona. Ricominciano i colpi, ancora e ancora, più in alto, più in basso, al centro, intorno… e perdo il conto… Il mio mondo comincia a muoversi al rallentatore. Sono divisa in due. Il mio corpo si inarca e si ritrae per la disperazione e il desiderio, cercando di evitare l’impatto delle sferzate implacabili dirette al mio posteriore. Dentro di me mi contorco e mi divincolo, ma il mio culo mantiene quella posizione .. obbligata, come se ne volesse ancora. E forse è così? Vengo afferrata per i fianchi mentre le dita mi scivolano di nuovo dentro senza incontrare resistenza. Sento una vibrazione profonda nella parte inferiore del corpo che mi invita a godere di questa esperienza. Sento il mio sesso gonfiarsi per l’eccitazione, come se la vagina stesse accogliendo un amico ritrovato dopo tanto tempo, e mi sento pulsante, indolenzita e bagnata. Sono sicura che il proprietario delle dita sta facendo in modo che questa informazione venga appuntata, considerato il lasso di tempo in cui le tiene dentro di me. Poi le toglie. Torna l’unguento rinfrescante, applicato da mani che mi accarezzano.. dolcemente, con gentilezza, e il mio sedere cerca di seguirne il ritmo. Anche stavolta piango per il sollievo e la tenerezza di quel gesto. Sta succedendo proprio a me? Mi lasciano. Respiro. Singhiozzo. Le tenebre e il silenzio mi avvolgono. Solo adesso mi rendo conto che voglio di più. Le cinghie sotto le ginocchia e quelle legate alle caviglie vengono slacciate. Le gambe mi tremano per reazione. Mi allargano ancora di più le ginocchia, poi mi legano di nuovo e anche le caviglie vengono bloccate in posizione. Oh, santo Dio. Chissà perché in una situazione di sesso così estremo ho usato la parola “Dio”, mi chiedo. La barra viene spostata più in alto e di conseguenza ho il culo ancora più.. esposto, se possibile. L’essenza della mia femminilità, gli ingressi fisici alla mia parte più profonda sono in mostra, alla luce, sotto gli attenti occhi osservatori di tutte le persone che compongono quel pubblico sadico. Come è possibile che sia proprio io? Il cuore non può battere abbastanza in fretta da accogliere l’ondata di sensazioni che l’eccitazione mi riversa addosso. Frustata. Pausa. Poi sento una carezza fredda, liscia e morbida scivolare dove sono stata colpita. Ancora. Frustata. Pausa. Carezza. Frustata. Pausa. Carezza… Si crea un ritmo che il corpo comincia ad attendere e desiderare, come un’onda che si propaga lungo la pelle. Cerco di prepararmi all’impatto, ma resto solo con la sensazione di .. quel dolore delizioso prima della carezza rassicurante e il sollievo di un tocco ancor più benevolo. Vibro, aspettando l’effetto. Si concentra sull’interno coscia, non con la stessa forza, ma provocandomi un’eccitazione devastante. Voglio di più. Desidero di più. Ricevo di più. La combinazione di piacere e dolore mi fa impazzire: non posso far altro che godere di questo assalto carnale. Si ferma. Boccheggio. Finora sono stata concentrata sul mio posteriore e sulle cosce, così ci metto qualche istante a rendermi conto che qualcuno sta giocherellando con i miei capezzoli, pizzicandoli e poi stringendoli in una morsa. Una.. scarica che mi arriva dritta all’inguine. Poi mi viene legato in vita qualcosa che mi attira ancora di più verso il pavimento, mentre il culo resta bloccato in alto dalla barra. Tutti gli agganci vengono ricontrollati e stretti, e il fatto che siano chiusi alla perfezione trova conferma quando una corrente a basso voltaggio viene fatta scorrere attraverso il dispositivo che mi è stato attaccato ai capezzoli. Lo shock infatti mi fa irrigidire completamente e tendere le fibbie. Lancio un urlo silenzioso per reazione a quel tormento. Mentre mi adatto alla sensazione, mi accorgo che è come se la corrente che arriva ai capezzoli si trasmettesse anche al clitoride, come se ci fosse un cavo triangolare caricato sessualmente. .. Un formicolio mi scalda il corpo e il dolore si trasforma in una vibrazione stuzzicante, piacevole. Dio, cosa mi stanno facendo? Sono diventata una specie di esposizione del sesso, qualcosa che si potrebbe vedere in un dipinto in qualche esposizione del MONA di Hobart. I colpi continuano, spostando il dolore penetrante alla parte anteriore del mio corpo e della mia mente. Poi torna il piacere, anche se per poco. E di nuovo il dolore. Mi abbandono del tutto, passando da una sensazione estrema all’altra, che si susseguono come gli scatti di un interruttore. Sono come il cane di Pavlov. È come se il corpo si fosse adattato a quel dolore piacevole, ma poi mi rendo conto che è stato di nuovo sostituito da una bassa vibrazione che mi attraversa i .. capezzoli. Le dita tornano a posizionarsi dietro la vulva e attaccano vicino al clitoride qualcosa che emette una vibrazione intensa. Troppo vicino! Il panico e il desiderio mi bloccano; la mia vulnerabilità è assoluta. L’intensità della vibrazione aumenta a un ritmo lento e regolare. Comincio a sudare per la tensione sessuale. Le dita si spostano e cominciano a tastare ed esplorare la vagina, il perineo. Se potessi muovermi, ormai sarei crollata sul pavimento, senza forze. Il mio corpo è come cera fusa che nel tempo si solidifica nella forma dello stampo in cui è costretta. Mi accorgo che la mia temperatura corporea sta salendo, insieme al delirio dell’eccitazione. Le dita adesso sono calde, esperte, cercano il piacere e io le accolgo perché .. si spingano più in profondità. La mia gola muta mugola di vergogna e di desiderio, mentre imploro la mente di restare all’erta. Le dita individuano luoghi mai scoperti prima d’ora, che io stessa non ho mai esplorato. Il perineo, l’ano, nulla viene ignorato nel processo. Oh, Dio! Assurdo, di nuovo quella parola. Giocano, spingono e indagano, come se volessero controllare e valutare la reazione che ogni tocco provoca in me. Cerco disperatamente di mantenere il controllo delle mie risposte, di trattenere quelle intense sensazioni sensuali, ma sono spiriti liberi, impossibili da imbrigliare. Le dita trovano un punto preciso e lo toccano con attenzione, prima insistendo, poi ritmicamente.. e poi in modo sempre più intenso, e intanto delle onde esplodono attraversandomi i muscoli. Di sfuggita mi chiedo se sia possibile indurre un orgasmo con la forza. Avrò un orgasmo davanti a degli estranei? Avrò scelta? Oh, Dio… Le vibrazioni sui capezzoli e il clitoride si intensificano, e la mia mente è sommersa di godimento e desiderio. La mia capacità di controllare questo accesso di lussuria che si sta impadronendo di me è come un buco nero che si chiude sempre di più. Anche se sono legata e ancorata a terra, sento che la mia percezione della realtà si fa sempre più indistinta con il passare dei secondi. Avverto un’onda gigantesca che monta all’orizzonte, minacciando di annichilire ogni pensiero e concedere.. al corpo la resa estrema. Mi concentro. Mi indagano. Resisto. Mi fanno vibrare. Mi blocco. Mi puntano. Cedo. Mi soddisfano. Mi arrendo. Vincono. Nell’istante che segue conosco la sensazione più incredibilmente intensa, lancinante, potente che abbia mai provato in vita mia. Parte dalla punta dei capezzoli e monta dentro di me alla velocità della luce, a tempo con la penetrazione contemporanea di ano e vagina, perfettamente lubrificati. Sono così stordita.. dall’esplosione dei sensi che adesso è come se mi avessero liberata dalle cinghie e fossi andata a sbattere contro il soffitto. Perdo ogni cognizione del tempo; la mente razionale si è spenta, lasciando all’istinto dei sensi il pieno controllo e permettendo a ogni sensazione e percezione di raggiungere direttamente il corpo. Sto volando in una nuova stratosfera. Resa! Libertà! Pura… sensuale… estasi… Vibrazioni calde, pulsanti, nascono al centro del mio essere. Sono ondate su ondate infinite di avvolgente beatitudine. Il ritmo, il flusso di estasi che si muove dentro di me... Sto vibrando, palpitando… è troppo, forse? Posso avere di più? Spero davvero di sì… Le vibrazioni riprendono a concentrarsi con intensità nel mio essere più interno, battendo fin dentro l’anima, in profondità; il ritmo si è addolcito, non è più selvaggio e travolgente come prima. Non cadrò giù come un tronco in bilico in cima alle acque rombanti di una cascata. Alla fine la mia mente torna a connettersi con il cervello. Mi vengono tolti i tappi dalle orecchie e le braccia forti mi slegano. Vengo sollevata, non sono più agganciata al pavimento. Ora sono distesa su una superficie ampia e morbida e mi sento sciogliere come un immenso marshmallow avvicinato al .. fuoco, tanta è la perfezione con cui i cuscini accolgono ogni mio movimento. È bello potermi allungare, di nuovo libera. Avverto un delizioso guizzo sul seno, che mi riscuote dal mio stato fluido. Dio, è una sensazione bellissima. Ora lo sento da entrambe le parti. Sento il sangue scorrere fino alle punte dei capezzoli. È così erotico. Faccio un profondo sospiro… Il guizzo diventa un movimento gentile che mi tira e mi massaggia. I capezzoli sono sottoposti a una tensione leggermente diversa tra loro, a un ritmo diverso… L’intensità aumenta. Un calore umido mi sfiora le labbra. È difficile capire dove concentrare l’attenzione. .. Una lingua morbida mi dischiude la bocca. Mi è familiare ma al tempo stesso non la riconosco, è come se fosse capovolta. Mi dimeno un poco alla pressione dolce ma mi abbandono a quelle sensazioni e vengo massaggiata, succhiata, leccata… Tante lingue che penetrano nel mio corpo… oh, sì, Jeremy, ne è assolutamente valsa la pena! Nessuna mia fantasia avrebbe mai potuto contemplare una realtà del genere. Mi sembra impossibile immaginare come possa essere dall’esterno, come se il tocco e le sensazioni fossero una cosa sola. È incredibile ricevere tutte queste attenzioni. Mentre mi consumano la bocca e i seni, la mia attenzione si sposta su delle .. carezze leggere che risalgono lungo le cosce. Apro d’istinto le gambe per far sì che la loro avanzata non trovi alcun ostacolo. Oh, sì, ti prego, entra dentro di me. È davvero divino. Sento guizzare, tirare, massaggiare, mordere, non troppo né troppo poco. È così perfetto che potrei piangere. Gli stimoli sono troppi perché riesca a concentrarmi su tutti, così mi abbandono, lascio che il mio corpo assorba l’intensità del desiderio che mi invade. La lingua più in basso raggiunge l’ingresso del mio corpo. Esplora in profondità, con incredibile accuratezza, eppure è decisa e intensa. È come se stesse esaminando gemme preziose, cercando di individuare qualcosa di.. raro e pregiato. Mi toglie il respiro. La lingua e le labbra succhiano e mordicchiano e non si distraggono fino a quando non trovano la gemma che cercavano. La sensazione si focalizza, come un missile che punta dritto verso il suo obiettivo, senza esitazioni, in modo assoluto, profondo. Le lingue delle altre bocche intensificano il ritmo in risposta per accompagnare l’energia della penetrazione. Il desiderio rischia di consumarmi, mentre le lingue diventano sempre di più, ognuna alla frenetica ricerca di un punto da penetrare più a fondo, più forte, più in fretta. Orecchie, bocca, collo, seno, ombelico, vulva, dita delle mani, dei piedi, polsi, caviglie, ginocchia, ascelle: nessun punto del mio corpo viene ignorato. .. L’intensità del desiderio mi fa inarcare la schiena. Le lingue e le labbra e i denti non si scostano di un millimetro al mio movimento, ma aumentano immediatamente il ritmo della loro insaziabile ricerca. Ho bisogno di farle rallentare, diminuire d’intensità, ma spero anche con tutta me stessa che non lo facciano. Accelerano ancora, a tempo con il mio cuore, come un martello che batte al ritmo tribale della vita stessa. Una passione selvaggia si accende nel profondo della mia anima e si integra con l’essenza del corpo; pulsiamo e vibriamo d’istinto, mentre un unico cuore invia un flusso di sangue e brama sfrenata in ogni recesso di me e comincia a vorticare, creando un’apertura devastante, come l’occhio di un .. ciclone. Nessun battito del cuore. Nessuna pulsazione. Nessun pensiero. Nessuna ragione. Affondo nell’abisso infinito dell’euforia. E poi tutto prende fuoco e ruggisce in una corrente potente e meravigliosa di pura energia che esplode, si abbatte e si infrange sul mio corpo, come se dentro di me ci fosse il Vesuvio che sommerge Pompei con la sua eruzione. Il mio mondo esplode, con una rapidità e una forza che spazzano via tutto, lontano… lontano… lontano… Sono scossa da spasmi in reazione a una serie elettrizzante di esplosioni erotiche che continuano, ancora e ancora, senza sosta… come non ho mai provato .. prima… come non avrei mai creduto possibile… Continua a pompare, pompare, pompare attraverso ogni singolo poro, e la mia pelle si accende, invasa dalla lava. Un’onda dopo l’altra, di un piacere intenso e sublime… Creando flussi orgasmici di energia… Come se non avessi mai conosciuto un vero orgasmo… Quanto potrà durare? Lancio un urlo gutturale, lungo e potente, anche se nessuno lo sentirà. E di colpo inspiro, a fondo, con disperazione, come se fossi una neonata sessuale che prende il suo primo respiro, alla ricerca dell’ossigeno per poter sopravvivere. La schiena finalmente si rilassa .. abbandonando la posizione rigida e innaturale, mentre continuo a boccheggiare in cerca d’aria e lascio che il senso di beatitudine che sta arrivando mi avvolga del tutto. Mugolo per la felicità, il calore, la libertà e l’esaltazione, e lascio il mondo terreno per godere di questa sensazione paradisiaca… sono la dea universale del sesso… *** «Oh, Alexandra. Sei meravigliosa. Hai sconvolto le nostre menti». «E la nostra analisi». «Infatti. Oltre ogni aspettativa». C’è qualcuno che sta parlando? Non lo so e non mi importa… Sono tanto, .. tanto lontano… So solo che le vibrazioni che mi scorrono nel corpo sono incredibili! E io sono, assolutamente, totalmente devastata. «Alexa! Mi senti? Stai bene? Ecco, bevi questo». Sento l’odore di una deliziosa cioccolata calda. Qualcuno mi aiuta a mettermi seduta. Sono su un letto, credo, con lenzuola di cotone. «Fa’ attenzione. Scotta». Qualcosa mi tocca e mi avvicina una tazza alle labbra. Ha un sapore meraviglioso e il calore mi scivola dentro. «Jeremy…». La mia voce è poco più di un sussurro. «Non ti sforzare, prima bevine ancora un po’. Ti.. aiuterà a ricominciare a parlare». La bevo tutta. «Ecco, adesso infilati sotto. Sei stanchissima, è ora di riposare». Mi fa sdraiare di nuovo, mi copre con un piumino e si assicura che stia comoda. È caldo e accogliente e lui ha ragione, non sono mai stata tanto sfinita. «Dormi, tesoro. Parleremo più tardi. Non mi sarei mai nemmeno sognato che potesse andare così». Mi bacia con dolcezza sulle labbra e mi accarezza la fronte. Comincio a scivolare in uno stato di incoscienza… di sogni… mi sembra davvero una buona idea. «Qui è tutto a posto. Noi abbiamo finito, almeno per ora. Ottimo lavoro, dottor Quinn». «Sistemiamo le attrezzature e poi vi .. lasceremo proseguire il viaggio». «J, ricordati che le prossime ventiquattro ore saranno fondamentali, e che sarà necessario osservare l’evolvere della situazione con grande attenzione per almeno tre o quattro giorni. La riservatezza è d’obbligo. Non deve vedere né parlare con nessuno a parte te. I nostri concorrenti sarebbero disposti a uccidere per ottenere dati come questi». «Sì, nessun problema. Ho tutto sotto controllo». «Bel lavoro, signori. Alla prossima. Stavolta siamo andati ben oltre le aspettative. Attendiamo con ansia i risultati completi. Nel frattempo tienici aggiornati». «Certo». Le porte si .. chiudono. Non so di cosa stessero parlando quelle voci lontane che mi vorticavano intorno. Mi sento completamente rilassata. Avverto il suono indistinto di motori che ronzano sotto di me… E scivolo nella più totale incoscienza. 2 La Da William Wordsworth, Samuel Coleridge, Ballate liriche, traduzione di Franco Marucci, introduzione e note di Attilio Brilli, Mondadori, Milano 1999, p. 235. Parte sesta .. La percezione di una sensazione è proporzionale al logaritmo dell’intensità dello stimolo che la provoca. Legge di Fechner, 1860 Con dita avide tocco ciò che mi circonda. Delizie sensuali e morbide. Esploro una sporgenza di seta e ne trovo la punta. Mi rannicchio, in estasi. Che cosa ho trovato? Un seno? Appoggio la mano e lo sento malleabile sotto il palmo. Gioco con la sommità fino a farla indurire, e subito dopo ho la .. fortuna di trovarne un altro. Lo accarezzo, risvegliandolo, finché non diventa come l’altro. Sono i cuscini a forma di seno più soffici che si possa immaginare. E sono così reattivi, pieni, così malleabili sotto le mie mani. Continuo a giocarci, stuzzicandoli… è una sensazione talmente bella che non riesco a smettere. Un’altra mano tocca dolcemente un seno. «Sono meravigliosi, vero?», chiede piano la voce di Jeremy. Imbarazzata, mi allontano. Pensavo di essere sola. «Non mi ero resa conto che fossi qui. Mi dispiace». «Non c’è.. nulla di cui scusarsi, Alex. Sono a tua disposizione». Sento che sorride mentre parla, e questo mi ricorda che sono ancora cieca. Delle braccia forti mi cingono, mi cullano. «Ed è ovvio che sia ancora qui. Ti ho promesso che mi sarei preso cura di te». I miei pensieri sono vaghi e indistinti. «È stato un sogno?». Sorrido tra me. Oh, sì, ho vissuto sogni e fantasie incredibili, mai sperimentati prima. Il mio corpo reagisce all’istante al ricordo, l’intensità delle sensazioni mi fa ancora vibrare. «Ti senti bene?», mi chiede Jeremy in ansia. La sua voce è colma di preoccupazione. «Oh, sì… ma non sono sicura… Jeremy, cos’è .. successo? Dove siamo?». Nel momento in cui faccio quelle domande provo un dolore sordo alle natiche, e d’istinto smetto di chiedere. «Ssst, rilassati e basta. Hai appena affrontato un’esperienza intensa». Mi accarezza dolcemente i capelli. Sono ancora confusa e decido che è meglio fare come dice lui. Mi accoccolo contro il suo petto forte e perfetto e mi porto una mano agli occhi, trovando come mi aspettavo la benda di seta. «Sì, è ancora lì, tesoro. Ci resterà ancora per un pochino». Mi bacia le mani, scostandomele dal viso. Mi copre con una trapunta calda. Sento la sua voce dal petto, ma non distinguo parole. Avvolge e placa i miei pensieri come nuvole soffici sospese nel cielo azzurro. Sono in uno stato di totale .. beatitudine, felice di stare al caldo e al sicuro vicino a lui. Forse mi sta leggendo una favola, una poesia, l’articolo di un giornale: non saprei dirlo. Non riesco a distinguere le parole… sento il battito del suo cuore con un orecchio e forse il rumore della pioggia contro la finestra con l’altro, e mi concentro su quei suoni invece che su quanto sta dicendo Jeremy. Comincio a seguirlo appena in tempo per sentirgli chiedere: «Hai sete o fame?». Idea magnifica. «Ci sarebbe dell’altra cioccolata calda? Mi riscalda tanto, dentro e fuori». «Certo, te ne preparo ancora». Il materasso si muove quando lui fa per scivolare via e mi sento cadere. Gli afferro un braccio, spaventata. «Tesoro, ..va tutto bene, non ti lascio. Vado solo a prenderti la cioccolata. Cerca di non muoverti troppo». «Mi sento strana quando mi muovo, è come se fossi pesantissima». Lo sento fare dei rumori. Mi sembra che ci sia una cucina, ed è strano per una stanza d’albergo. Torna da me e mi mette una tazza tra le dita. Non ho abbastanza forza per stringerla. «Lascia che ti aiuti». Mi porta il liquido caldo alle labbra. «Ahhh, grazie, Jeremy, fai una cioccolata calda fantastica». Mi immagino seduta lì, bendata, con lui e una cioccolata calda dopo tutto quel che è successo. È come se stessimo ignorando un elefante seduto in mezzo alla stanza. Per qualche..ragione trovo questo pensiero esilarante. Non riesco a trattenermi, e scoppio a ridere: è come se tutta la tensione nervosa si fosse allentata. «Cosa c’è di così divertente?». Jeremy afferra la tazza prima che mi cada. Boccheggio in cerca d’aria e mi fa male la pancia mentre cerco di spiegare a Jeremy perché rido. Le parole però non riescono a farsi strada tra i sussulti, e questo innesca un nuovo accesso. Sento che anche Jeremy ha cominciato a ridere, forse di me. Ma non mi importa, non rido così da anni; fa male, ma è bellissimo. Ho le lacrime agli occhi. Cerco di fermare gli spasmi, di inspirare. Sto per farmela addosso. Mi sposto fino al bordo del letto e cado a terra, ancora preda delle convulsioni. Jeremy è ..subito accanto a me. «Oddio, Alexa! Ti sei fatta male?», si affretta a chiedermi. «Ba… ba… bagno», rispondo tra gli spasmi. Lui mi raccoglie dal pavimento e mi poggia sul water appena in tempo. Rilasso la vescica con grande soddisfazione. Ne approfitto per dare sollievo ai muscoli della pancia e inspirare l’aria di cui ho bisogno, mentre continuo a svuotarmi. Guardo Jeremy dritto negli occhi e mi domando perché sia così preoccupato. Mi ci vuole qualche momento, infatti, per rendermi conto che sto davvero vedendo un’immagine un po’ indistinta del viso di Jeremy. L’emozione mi fa avvampare. «Ci vedo! È tutto ancora molto scuro e confuso, ma sei qui, davanti a me». Le parole mi .. escono veloci. «Quando… come… sono passate quarantotto ore?» «Più o meno. Il tuo attacco isterico deve aver fatto scemare più in fretta l’effetto delle gocce, e la benda ti è caduta quando sei scivolata dal letto. Quindi sì, nel giro di qualche ora tornerai e vedere perfettamente». Le sue parole mi danno un sollievo immediato, ma anche una strana tristezza ora che so che il tempo a nostra disposizione è agli sgoccioli. È strano, come aprire gli occhi nel mezzo di una caverna: non vedo nulla a parte ciò che sta proprio davanti a me. Non vedo ancora abbastanza bene da distinguere molto più del suo viso confuso, ma mi sento incerta e imbarazzata quando mi rendo conto di stare seduta.. sul water con lui che mi sorregge. Lo fisso. Mi vergogno a farmi vedere così, quindi mi pulisco in fretta e mi alzo per andare a lavarmi le mani, incredibilmente grata per l’indipendenza che comincio a riscoprire. Faccio un passo avanti, ma le gambe mi cedono e mi accascio a terra. Fine dell’indipendenza. «È per questo che ti sto aiutando, tesoro: da sola non ce la fai ancora». Jeremy mi tiene stretta tra le braccia e mi porta fino al lavandino. L’espressione del suo viso mi strappa un sorriso mentre lo guardo nello specchio. «Mi riprenderò subito, sul serio, non ti devi preoccupare. Mi serve solo un momento». Lui solleva le mani fingendo di arrendersi; lo prendo per un segnale positivo. Mi sforzo di concentrarmi e, .. appoggiandomi al lavandino, mi lavo le mani e il viso. Quando mi volto a guardare Jeremy, le mie gambe cedono di nuovo, ma stavolta lui non mi lascia cadere a terra e mi prende tra le braccia. «Ma che mi succede? Non capisco…». «Basta così. Non sei ancora in grado di badare a te stessa, per il momento. È proprio per questo che sono qui», aggiunge risoluto. Poi mi riporta in camera e mi fa distendere al centro di un grande letto. Per chissà quale motivo la mia momentanea inabilità mi fa ricominciare a ridacchiare, e non riesco nemmeno a sollevare la testa per oppormi. Capisco che non potrò fidarmi delle mie gambe per un po’. L’espressione di Jeremy mi fa capire che farei meglio a star ferma. .. «Che devo fare con te?». Almeno sorride un pochino. «Che cosa mi hai fatto? Non pensi sia questa la domanda fondamentale?», gli rispondo, e mi accorgo che la mia mente non è più tanto intorpidita. «In effetti direi che c’è molto da spiegare». «Già, immagino di sì». «Perché non cominci tu a dirmi cosa ricordi?». Lo guardo perplessa. Ci risiamo… ancora il trucchetto di farmi parlare per prima. Come se mi avesse letto nel pensiero, aggiunge subito: «Alex, tesoro, sai che sono sempre stato sincero con te». «Sì, è vero, a volte anche troppo». Non ho la forza di mettermi a discutere con lui, così lascio.. che la mente frughi tra i ricordi del fine settimana. È strano, ma mi arrivano come un flusso, e non come immagini nitide. In alcuni casi ho la percezione di quelli che mi sembrano ricordi, privi però di una rappresentazione visiva: si trasformano in un’incredibile scarica di sensazioni che mi attraversa via via che ritrovo i dettagli. È davvero strano. Scuoto il capo… il mio cervello non è pronto per un simile sovraccarico. «Ricordo paura, emozione, vergogna, poi un’inebriante sensazione di dolore e piacere uniti in modo talmente indissolubile che non so dire quale dei due dominasse. E poi tensione sessuale, eccitazione e un’energia travolgente; era come se una forza vitale mi scorresse nelle vene, .. anche se adesso mi sembra tutto come attutito». So di essere arrossita mentre quelle parole escono dalla mia bocca in un miscuglio confuso. Jeremy mi accarezza i capelli, comprensivo, e mi avvolge nelle coperte per tenermi al caldo. È molto premuroso. «Che mi succede, Jeremy? Non riesco a pensare in modo coerente». «È il tranquillante. Dovresti smaltirlo nel giro di ventiquattro ore». «Cosa? Mi hai dato un tranquillante?» «Sì, ma solo per permettere al tuo corpo di riprendersi. Era nella prima cioccolata calda che ti ho dato, prima di venire qui. Avrei dovuto ricordare l’effetto che ti fa questo genere di farmaci… ci vorrà ancora un po’ prima che cessi del tutto». Mentre parla mi gira la testa, e un .. ricordo lontano mi s’insinua nella mente. Ero in un bar a Kings Cross per una serata tra ragazze, e abbiamo finito per metterci a chiacchierare con dei tipi che non conoscevamo. Dopo qualche drink, ho cominciato a sentirmi stordita, così le mie amiche, molto preoccupate, hanno chiamato Jeremy. A quanto ricordo, i ragazzi se ne sono andati di corsa quando hanno capito che stavano arrivando degli uomini, quindi abbiamo pensato che avessero messo qualcosa nel mio drink. Ero completamente fuori, non riuscivo a reggermi in piedi e non ricordo nient’altro. È spaventosa la rapidità d’effetto di quelle sostanze. Mi sveglio a casa di Jeremy il giorno dopo, non ..so a che ora, mentre lui mi tocca e mi punzecchia, mormorando tra sé. Mi sento a pezzi, rotolo su me stessa, confusa, e riprendo a dormire. Quando mi sveglio di nuovo, Jeremy mi porta una tazza di tè, un gesto davvero carino. Tiro fuori un braccio dalle coperte per prendere la tazza e mi accorgo che è ricoperto di segni blu, rossi e verdi. Cerco di ricordare cos’è successo la sera prima, ma ho il vuoto assoluto: non è affatto un buon segno. Appoggio la tazza con attenzione e sollevo le lenzuola, ritrovandomi completamente nuda e ricoperta degli stessi segni: sono linee, frecce, cerchi, vergati in colori diversi. Gemo, incredula: non ho alcuna voglia di controllare se anche la schiena è ridotta in quello stato, ma quando noto il sorriso sfacciato di Jeremy capisco .. che è così. «Allora?». Lo guardo seccata, in attesa di una spiegazione. Salta sul letto accanto a me, sembra un cucciolo eccitato. «Ecco… Alex… sei rimasta incosciente molto a lungo e mi annoiavo, però non volevo lasciarti da sola. Avevo bisogno di essere sicuro che stessi bene. Così ho deciso di non perdere tempo e studiare un po’». Pianto gli occhi nei suoi mentre parla. «E, be’, come puoi vedere, ne è davvero valsa la pena». Solleva le coperte. Sembro una cartina stradale mal disegnata. «Voglio dire, per me è stato istruttivo. Mi mancano un paio di cose, ma ho beccato muscoli, organi, arterie…». Mi .. guarda in faccia e si affretta a continuare, spostandosi lungo il mio corpo per mostrarmi quel che ha fatto. «Ho mancato l’appendice per un centimetro, e la cosa mi fa incazzare, ma tutto il resto è piuttosto preciso. Il sistema nervoso è venuto bene. Plesso brachiale, plesso lombare, le arterie principali del sistema circolatorio, gli organi dell’apparato digerente, anche se forse ho tirato un po’ via con il duodeno, e mi secca. Gli elementi principali del sistema linfatico: tutti okay. L’apparato riproduttivo è stato divertentissimo. Certo, ho fatto in modo di non calcare troppo la mano sulla vagina, sulle piccole labbra e il clitoride, ma sono riuscito a far risaltare le grandi labbra e l’ano, per .. esempio…». Le sue mani scorrono con eleganza e lentezza su ciascuno dei punti che sta elencando. «… e non mi è sembrato che ti infastidisse più di tanto, prima di spostarmi su…». «Okay, okay. Ho capito», lo interrompo e cerco di allontanarlo. «Adesso basta, però». Comincia a baciare le zone che ha descritto. «E poi c’è il mio punto preferito, quello più intimo, di cui non tutti sono a conoscenza…». Mi sento di piombo davanti ai baci leggeri, avvolgenti, erotici che mi riportano in vita, delicatamente ma senza tregua. Non gli resisto. Tutta l’irritazione svanisce mentre lo studente di medicina, appassionato di anatomia, si trasforma nel mio amante. Lascio che giochi con il .. mio corpo come se fossi la sua marionetta. Il suo tocco magico trasforma con destrezza il mio corpo di legno in un essere pieno di vita e sensualità. Tra noi è sempre stato così. Torno al presente prendendo coscienza del fatto che da allora tra noi non è cambiato nulla: basta guardare lo stato in cui mi trovo in questo preciso istante e il suo desiderio di analizzare il mio corpo. Ma voglio riordinare i pensieri. «Per quanto tempo mi sentirò così? Devo tenere la mia prossima conferenza… che ore sono?». Angosciata, cerco con lo sguardo un orologio nella stanza, ma mi accorgo che siamo quasi completamente al buio, o almeno io lo sono a causa.. della vista ancora imperfetta. Non so nemmeno se è giorno o notte. «Non devi preoccuparti. Sono solo le otto di sera». «Oddio, Jeremy, come hai potuto? Non capisci… non mi reggo in piedi e tra dodici ore devo parlare di fronte al Consiglio dell’Associazione medici australiani. Non riesco nemmeno a concentrarmi. Ti rendi conto di quanto sia importante per me, per la mia ricerca? Sono i miei critici più severi, e tu mi hai ridotta in questo stato! Perché l’hai fatto? Dovresti essere un medico responsabile, santo cielo!». «Alexa, calmati, per favore. Non devi preoccuparti». «È facile per te dirlo, dottor Quinn. La tua carriera non dipende da questo. È evidente che.. non hai bisogno di altri fondi per il tuo lavoro, dato che a quanto pare te la cavi benissimo da solo». Cerco di muovere la mano tutto intorno per indicare la suite, ma la mancanza di controllo sulla muscolatura rende il mio gesto ridicolo. Non mi lascio scoraggiare dalla totale assenza di coordinazione e proseguo: «Non sei tu quello che dovrà affrontare la commissione, descrivere un caso a professionisti altamente qualificati, molti dei quali preferirebbero screditare il tuo lavoro piuttosto che finanziarlo. Non potresti mai nemmeno immaginare cosa si prova, dato che tutti ti ritengono un dio della medicina!». Tremo di rabbia mentre cerco di scendere dal letto. Ho bisogno d’acqua, caffè, qualsiasi cosa possa svegliarmi in fretta. Mi aggiro come un leone marino che tenta di inseguire un .. pinguino in fuga. «Riesci a restare sdraiata o devo legarti come prima? Ti farai solo del male». Sono di nuovo pericolosamente vicina al bordo del letto, ma non lascerò che metta a repentaglio la mia carriera. Deve capirlo. Si sposta sul lato del letto, non so se per impedirmi di cadere o di scenderne, non ne sono sicura. Con movimenti goffi mi sposto dall’altra parte. «E poi dove sono i miei vestiti? Spero siano ancora nella cabina armadio». «Vuoi fermarti un attimo? Per favore!». È esasperato, e anch’io lo sono, per la fatica che faccio a muovermi. «No, Jeremy, non posso proprio». Mi rassegno all’idea che non mi aiuterà e alla fine.. arrivo dove volevo; con entrambe le mani sospingo il tronco che mi ritrovo al posto della gamba oltre il bordo del letto. «Ahhh, ma perché ti ostini quando sai che non è possibile?». Mi afferra una caviglia un attimo prima che tocchi terra e la collega al polso con un cavo. Mi accorgo solo ora di avere ancora le cinghie attaccate a braccia e gambe. Ah, che fortuna. In un lampo Jeremy fa la stessa cosa con la parte sinistra, allacciando polso e caviglia, e poi mi trascina al centro del letto, rendendomi virtualmente impossibile ogni movimento, e meno che mai camminare. Mi circonda di cuscini in modo che possa stare seduta, dandomi un minimo di sollievo, perché una posizione del genere,.. da sdraiata, è quantomeno fastidiosa. Per fortuna faccio yoga. «Maledizione. Non puoi tenermi prigioniera qui, non sono un pupazzo del cavolo. Perché ho ancora le cinghie?», gli urlo in faccia. «Sono fantastiche, vero? Fanno risparmiare un sacco di tempo ed energie… se solo le avessi avute all’università, pensa quanto mi sarei divertito con te…». Smette di parlare e assume un’aria sognante. «Jeremy! Non ho tempo per rivangare i bei tempi, adesso». Ho la gola riarsa per quanto ho urlato. «Ah, giusto», dice tornando alla realtà. «Adesso potresti restare ferma e lasciarmi spiegare?» «Immagino che questa non sia una domanda», .. ribatto astiosa. «Non mi sembra di avere molta scelta!». «No, infatti». Anche se il suo tono è seccato, ha l’aria compiaciuta mentre mi raggiunge sul letto. Posso solo alzare gli occhi al cielo e sperare che sia una spiegazione breve. «Prima di tutto lascia che ti dica che non andrai proprio da nessuna parte». Solleva una mano per bloccare la mia protesta. Lo ignoro. «Devo, Jeremy. Non riesci proprio a capire?». Comincio a sentirmi disperata e voglio spiegargli quanto sia importante questo convegno, quanto significhi per me. Mi agito, cercando inutilmente di sottrarmi alle cinghie, e comincio a sudare. «Jeremy, è in ballo la mia carriera, tutto ciò per cui mi sono ammazzata di .. lavoro. Proprio tu, tra tutti, dovresti comprendere…». Lui allunga le gambe, circondandomi, intrappolandomi ancora di più con il suo corpo mentre solleva rapido una mano e mi copre la bocca. «Adesso ti spiego una cosa. Non uscirai da questa stanza finché io non lo riterrò opportuno, dal punto di vista medico e non solo». Stavolta la sua mano mi blocca prima che mi possa sfuggire qualche imprecazione. Sono così prevedibile per lui? Credo proprio di sì, se… la stanza comincia a girarmi intorno… all’improvviso tutto sembra così strano… perde nitidezza… ruota… è tanto confuso… *** .. Quando mi sveglio, ho una luce forte puntata in un occhio e qualcuno mi sta misurando la pressione e le pulsazioni. Cerco di sollevare la testa. Non ci riesco. «Hai trovato una vena? Dobbiamo fare subito la flebo!». «Ancora no, le vene sono collassate». È la voce di una donna. «Ci provo io, dammi qua». Mi sento pungere una mano. «Fatto. Fermalo con un cerotto. Tesoro, mi senti? Guardami, sono Jeremy». «Che… che è successo? Dove siamo?». Mi guardo intorno e vedo una flebo, l’attrezzatura per il monitoraggio, un’infermiera. «Oh, grazie a Dio. Rilassati. Mi senti? Capisci quello che dico?» .. «No… non credo di capire, Jeremy. Io… non capisco proprio niente». «Certo che no, tesoro, perché non mi hai voluto dare il tempo di spiegarti». «È colpa mia?», chiedo confusa. «No, no, non volevo dire questo. Dio, mi hai fatto prendere un colpo. Sei svenuta». Forse perdo i sensi di nuovo, perché quando riapro gli occhi la stanza mi sembra luminosissima, e questo mi fa tornare in mente l’argomento di cui stavamo parlando prima che tutta questa situazione medica si mettesse in mezzo. «È mattina? Jeremy! Ho perso…». «Non hai perso nulla». Fa di tutto per parlare con calma. «Non devi fare nessuna presentazione». La luce diminuisce. .. «L’hai annullata? La mia unica possibilità di presentare il mio lavoro?», gli chiedo incredula. «No, tesoro, e ti prego, resta sdraiata. Cerca di stare calma. Sei sfinita. Dio, ho esagerato… è stato troppo». Tace per un istante. «Non c’è mai stata nessuna conferenza. È stato tutto organizzato per fare in modo che avessimo abbastanza tempo per stare insieme». «Cosa? Non c’è nessun meeting?» «Non hai altri interventi per il resto della settimana. L’unica conferenza che dovevi fare è stata quella di venerdì scorso». «Cosa… come… Non capisco». Sono talmente stanca che non riesco a comprendere il senso di ciò che mi sta dicendo. .. «È troppo perché tu capisca in questo momento, ora hai bisogno solo di smettere di preoccuparti e concentrarti sul riposo, che è fondamentale per te». «Niente conferenze?… Tutte cancellate… È andata così male, la prima?… Avevi detto che era buona». Per qualche strano motivo, mi assale l’insicurezza. Mi sento davvero debole. «È stata magnifica, e lo sai. Adesso chiudi gli occhi e dormi». Mi poggia il palmo della mano su una guancia e fa un cenno con il capo a qualcuno dietro di me. «No, non posso dormire, Jeremy. Cos’è successo? Perché sto così? Potrei riprendermi tra poco… per parlare, sai… potrebbe… e… perché ho una flebo?». Il mondo svanisce. .. *** Mi sveglio e sento che i miei occhi si adattano al ritorno della vista; sorrido. Mi chiedo di sfuggita dove mi trovo, e la mia mente confusa impiega qualche istante ad accorgersi che Jeremy mi sta fissando con sguardo ansioso dalla poltrona nell’angolo della stanza. In un attimo è accanto a me. «Controllo i parametri», mi dice prima che riesca a pronunciare una parola. «Come ti senti?». La luce mi ferisce gli occhi. Cerco di scostare la testa, ma non serve a nulla. «Confusa, ma meglio di prima, penso». Mi accorgo che ho ancora l’ago della flebo nella mano. «Questo è proprio necessario?». Ho la voce rauca. «Te lo saprò dire nel giro di un’ora. .. Prima dobbiamo fare qualche altro controllo». Gonfia la fascia che ho al braccio e si concentra sulla mia pressione sanguigna; sento una piccola fitta di dolore. «Insomma, niente conferenze per oggi?» «No!». Interpreta la parte del dettore con l’aria angosciata. Ho la sensazione che non sia il momento giusto per domandare “Perché diavolo no?”. È sempre stato quasi impossibile distrarre Jeremy mentre è concentrato, quindi non ci provo nemmeno. Ha la fronte corrugata, mi esamina con grande serietà. Solleva il lenzuolo e per la prima volta mi accorgo di avere un tubo tra le gambe. «Oddio, ti prego, no!», grido incredula. «Cosa? Ah, è solo il catetere», dice con .. noncuranza e mi ricopre le gambe in modo che non possa vedere. «Te lo toglierò insieme alla flebo», continua pragmatico. All’improvviso vorrei che la flebo mi portasse via, lontano, nell’incoscienza. «Bene. Non alla grande, ma nemmeno troppo male», dice a se stesso quanto a me. «Hai sete?» «Mmh». Mi accorgo di avere la bocca secca e annuisco. «Infermiera!». Infermiera? Potrebbe essere più imbarazzante di così? Sul serio, potrebbe? Jeremy mi aiuta lentamente a tirarmi su e mi porta l’acqua alle labbra con tale delicatezza che sembra abbia paura di spezzarmi. Gli assicuro che non ne ho alcuna intenzione. «Detto con franchezza, sarò io a .. stabilirlo». Ottimo, sempre in modalità dottore. Decido che è meglio non ribattere, e “detto con franchezza” non ho la forza di discutere con lui, così faccio un respiro profondo. «Jeremy, non mi piacciono tutti questi tubi. Sai che non sopporto le situazioni da ospedale». «Lo so, tesoro, resisti ancora un pochino. Ho bisogno di sapere che sei abbastanza idratata e manca un solo test per finire, quindi è solo per precauzione. Non posso rischiare, dato che si tratta di te». Le sue parole mi fanno girare la testa. «Test? Rischiare? Potrei svenire di nuovo?». Mi domando se il mio modo di parlare rispecchi la confusione dei miei pensieri. .. «Non devi preoccuparti di nulla. Mi prenderò cura di te in tutto e per tutto, te lo giuro». «Jeremy, mi stai facendo paura, e poi mi tratti come una bambina. Di che parli?». Si china su di me e mi dà un leggero bacio sulle labbra. «Sei stata meravigliosa, perfetta. Il risultato del nostro esperimento, la tua connettività neurale… be’, diciamo soltanto che si è aperta una nuova strada nella ricerca per quanto riguarda il sistema limbico». Fa scorrere le dita tra i miei seni e con dolcezza traccia un cerchio intorno all’ombelico, in un movimento lento. Prosegue più in basso e scivola con delicatezza tra le gambe, in modo da ..non toccare il tubo, e mi massaggia le parti intime con un tocco leggero, magico. Le sue dita, le sue parole, risvegliano un fremito nel profondo di me. Il piacere è intenso mentre lui si avvicina più deciso, avanza in ondate implacabili mentre la mia mente cerca di restare cosciente e io mi abbandono a tremiti deliziosi che si diffondono per tutto il corpo. È come se avesse un telecomando che opera direttamente sul mio clitoride. Non capisco perché reagisco in modo tanto immediato al suo tocco. Mi distrae del tutto e non gli chiedo più cosa succede. La flebo, il catetere, l’infermiera… sono intorno a me, ma non significano più niente. Torno alla realtà non appena stacca le mani da me e passa all’infermiera un .. piccolo campione di qualcosa; lei sparisce subito dalla stanza. All’improvviso è come se volessi arrendermi. Non voglio più combattere; Jeremy può fare quello che vuole. Il sollievo della resa quasi mi travolge. Cerco di distogliere lo sguardo dal suo, così intenso, e alla fine chiudo gli occhi, mentre sento grosse lacrime calde scorrermi lungo le guance. «Sei emotiva, Alex, mi dispiace. Hai sopportato molto. Troppo, per certi aspetti. Ne stai pagando il prezzo. Ti assicuro che ti spiegherò ogni cosa, è un tuo diritto. Hai solo bisogno di un po’ di riposo. Lascia che mi prenda cura di te». Non riesco a dire nulla. Chiudo gli occhi, abbandonandomi di nuovo all’oscurità .. contro cui lottavo solo qualche ora fa, mentre le lacrime continuano a scorrere silenziose. Sento gli occhi di Jeremy che mi sondano, per scoprire i punti deboli nascosti sotto la superficie del mio corpo e della mia mente. Non ho alcun posto dove andare, nessuno strato sotto cui nascondermi e so che non voglio mai più nascondermi da lui. Amo l’idea che quest’uomo possa conoscere intimamente tutti i miei più segreti recessi, ancora di più perché sono così grezzi, così esposti. Voglio che lui possa esplorarmi, sperimentare con me secondo i suoi desideri, quando vuole. Non mi sono mai sentita così potente eppure così bisognosa di sentire il suo potere che mi sovrasta. Sono così orgogliosa che, per un motivo o per l’altro, abbia .. scelto di portare proprio me in questo viaggio, mentre sono distesa qui nuda, completamente scoperta accanto a lui. Jeremy mi passa le braccia intorno alle spalle, evitando con attenzione la flebo, e mi culla tenendomi stretta al suo petto. Non vorrei essere da nessun’altra parte, ma solo tra le sue braccia. Mi sento come una bambina piccola e bisognosa d’affetto mentre mi tiene così. Sono paralizzata, mentre le lacrime continuano a scorrere. Lui me le asciuga teneramente, baciandomi le palpebre con dolcezza, fino a placarle. All’improvviso mi sento più stanca che mai, più che se avessi avuto un parto lunghissimo. Non avrei mai pensato che vedere i suoi occhi, il suo viso, mi avrebbe provocato una simile reazione .. emotiva. Ha detto che voleva dischiudermi come i petali di un bocciolo di rosa, fare in modo che sperimentassi qualcosa di mai provato prima, e ha mantenuto la promessa. Ha visto parti di me – fisiche ed emotive – che forse io stessa non avevo mai conosciuto. Non resta più nulla, nessun desiderio di contrastarlo, nessun bisogno di cercare altra comprensione, nessuna paura. So e capisco che, anche se mi ha spinta oltre limiti che mi ero imposta, ci sarà sempre lui a proteggermi, con tutto il cuore. È sempre stato così, e così sempre sarà. Mi abbandono completamente a lui. Perché nelle profondità della mia psiche so che qualsiasi cosa sia successa o succederà, tutto questo ormai è fuori dal mio controllo; e ..per qualche strano motivo tale consapevolezza mi dà un immenso senso di libertà, proprio come mi aveva predetto lui. Non so dire quante volte mi assopisco e mi sveglio, né quanto tempo trascorro in questo stato. Ho un vago ricordo di Jeremy che entra ed esce dalla stanza, mi controlla e ricontrolla. Non ricordo il momento in cui mi vengono tolti flebo e catetere, e ne sono felice. Non so se sia giorno o notte, meno che mai ho idea di che ore possano essere. Sento ancora addosso una fatica incredibile, ma a ogni risveglio mi si schiariscono di più le idee, ed è un gran sollievo. *** Apro gli occhi e gli sorrido: è disteso accanto a me. .. «Sei sveglia, bentornata!», mi dice ricambiando il sorriso. «Tesoro, devo farti girare per prendermi cura del tuo splendido posteriore». Accende una luce in una stanza altrimenti immersa nell’oscurità. «Oh, ricominci a fare il dottore… no, ti prego», mugolo in segno di protesta. «Resta ferma. Potresti essere ancora un po’ infiammata, ma guarirà in un lampo». «Ho scelta?», rispondo, sollevando un sopracciglio. «Assolutamente no. Sono molto felice che alla fine tu abbia capito». Non ci sono infiammazioni, ma solo un po’ di indolenzimento, e non posso fare a meno di pensare che stia un po’ esagerando. Mentre sono sdraiata e lui si occupa del .. mio fondoschiena, sento un gorgoglio provenire dallo stomaco. Mi accorgo di avere una fame terribile, ed è senza dubbio un buon segno. «Aspetta ancora un attimo. Devo fare un ultimo prelievo di sangue e poi potrai mangiare». «Ultimo? Quanti ne hai fatti?» «Questo sarà il quarto». Allunga una mano verso l’attrezzatura e fa dei preparativi, poi mi fascia il braccio e con un dito cerca la vena. Quasi non sento la puntura leggera, ma distolgo lo sguardo mentre lui continua a parlare. «Sai che hai un gruppo sanguigno speciale, Alexa? AB è il sangue più complesso dal punto di vista biologico. Ha meno di cento anni ed è più o meno un mistero evolutivo. Solo il tre per cento circa della popolazione ha il gruppo AB, il .. che ti rende incredibilmente unica, ma questo di te lo sapevo già», aggiunge strizzandomi l’occhio. «Poco tempo fa ho assistito a una lezione sulle sue caratteristiche, che interessano sia medici che scienziati, data la sua natura articolata e spiazzante. È un vero enigma». Sembra molto concentrato. «Mmm, che fortuna, il mio gruppo sanguigno è un enigma e ha le mie stesse iniziali: che coincidenza!». Per fortuna mi toglie l’ago prima che mi agiti troppo, e il suo monologo mi ha distratta a sufficienza da quel che faceva. Mi appoggia subito un batuffolo di cotone sul foro e mi fascia il braccio. Scuoto la testa, sconfitta. «Insomma, stai imbottigliando il mio sangue per la sua unicità?», gli chiedo quando mi .. accorgo di quante fiale ha riempito. Non c’è da stupirsi se mi sentivo debole. L’infermiera porta via le fialette con grande efficienza e lascia la stanza. «Alcune delle ricerche che abbiamo condotto Ed e io riguardavano la “novità” del gruppo AB nella specie umana e le sue caratteristiche specifiche, e abbiamo sviluppato alcune ipotesi interessanti. Il tuo apporto in questo esperimento ci ha permesso di trovare conferma del fatto che il sangue AB offre risultati affascinanti nelle donne anglosassoni – e dunque nelle società in cui la depressione ha una diffusione endemica; tali risultati sono ancor più marcati se il soggetto ha portato a termine una gravidanza ed è in pre- menopausa, come te. È per questo che dobbiamo tenere sotto controllo i tuoi .. livelli ormonali e metterli in relazione con i fluidi secreti durante i tuoi orgasmi». Proprio quando pensavo che non potesse più stupirmi, ecco che lo fa di nuovo. È fantascienza o realtà? «È quello che hai dato all’infermiera, prima?» «Esatto. I risultati che abbiamo ottenuto in questo weekend sono stati decisivi, più di quanto ci aspettassimo: siamo solo a un passo dal completare la formula che cerchiamo. Abbiamo analizzato il rilascio di ormoni nel flusso sanguigno e l’abbiamo comparato con le secrezioni delle tue ghiandole di Skene durante l’orgasmo. Abbiamo così trovato conferma di una produzione spontanea di serotonina che stimola il sistema nervoso. È molto più .. di quanto ci aspettassimo. Ora che possiamo continuare a monitorare i tuoi livelli ormonali e l’attività sessuale nel suo svolgimento, possiamo testare e concludere la formula che finora non riuscivamo a mettere a punto». Si tratta di una scoperta affascinante, ma al tempo stesso inquietante, dato il mio coinvolgimento in prima persona. Nessuno porta avanti ricerche all’avanguardia quanto Jeremy! Mi concede un momento per assimilare le sue parole, e dopo un po’ capisco. «Ho fatto avverare il tuo desiderio più grande, Jeremy. Sono ufficialmente la tua cavia umana». Non so perché questo pensiero continui a sconvolgermi, dopo tanti anni. A pensarci bene era così evidente. «Tesoro, ..sai che sei molto di più». «Dal giorno in cui ci siamo conosciuti sono diventata il tuo esperimento vivente… esami del sangue, iniezioni, fasciature e gessi. Che cosa è cambiato? Niente. Continui a fare sempre le stesse cose, solo che adesso siamo più grandi, abbiamo più responsabilità ed è evidente che tu hai anche molti più soldi, potere, e la possibilità di accedere a risorse enormi, rispetto ai tempi dell’università. E questo ha alzato la posta sui rischi che sei disposto a correre e che io stessa sto decidendo se correre o meno, santo cielo. Ma io sono una madre, Jeremy!». È strano che abbia avuto questa illuminazione così all’improvviso. «Oh, andiamo, Alex, ti piace, ti è sempre piaciuto». Si rannicchia accanto a me con quegli occhioni da cagnolino, mi .. bacia e mi coccola. Cerco di spingerlo via, ma senza muovere il braccio per non rischiare di sanguinare sulle lenzuola bianche. «E poi da quando in qua il fatto di essere madre ti impedisce di vivere la sessualità?». Jeremy e le sue domande spiazzanti: come diavolo devo rispondergli? Cerco di formulare una frase pungente, ma il mio stomaco lancia un grido di battaglia. La scusa perfetta per cambiare argomento. «Sarei pronta a spazzolare un hamburger intero e un bel piatto di patatine. Potresti farli apparire per magia?» «Sono sicuro che potrei organizzarlo, però ti aspetta un’ottima zuppa di verdure fresche. È quasi pronta». «Forse non ci stiamo capendo. Ho .. bisogno di grassi saturi, dico sul serio». Comincia a mettere via l’attrezzatura medica. «Comunque il fatto che ti sia tornato l’appetito è un ottimo segno. È passato un po’ di tempo». «Jeremy, non è giusto, dopo tutto quel che mi hai fatto». Con gli occhi cerco un telefono ma non ne vedo, così provo a scivolare verso il bordo del letto. Ma lui mi riporta al mio posto trascinandomi per le caviglie. «Non ci pensare nemmeno, AB, devi restare qui. Dico sul serio: non voglio che tu scenda dal letto. Se ti muovi, giuro che ti lego». Mi accorgo di avere ancora le cinghie ai polsi e alle caviglie: quindi è una minaccia attuabile, proprio come prima. «Non mi ..verrai a dire che hai il diritto di legarmi al letto?». Mi scocca uno sguardo che mi ricorda quei film sugli psicotici nei quali lo psichiatra pazzo riesce a imprigionare pazienti innocenti, il tutto teoricamente per il loro bene. Dio, non può essere così, giusto? Davvero diamo ai medici tanto potere? Mi sorride per farmi capire che sta scherzando, almeno su quest’ultimo punto. «Okay, starò ferma, ma quando mi toglierai queste?» «Dopo che avrai mangiato tutta la zuppa». «Non sono una bambina, Jeremy!». «Ti assicuro che lo so benissimo, Alexandra. Il tuo corpo ha bisogno di alimenti sani per guarire del tutto». Obbediente, mangio tutta la zuppa che .. insiste per farmi mandare giù, fino all’ultima goccia. «Allora?», chiedo quando ho finito. «Vedrò cosa posso fare». *** Sono felice, appagata, e ho le idee più chiare rispetto a quando sono arrivata, venerdì pomeriggio. Appoggio la testa sul petto di Jeremy. Anche lui sembra più tranquillo, più a suo agio di prima. D’istinto mi accarezza i capelli e il viso. Ha sempre dato enorme importanza al tatto, e adoro questa sua caratteristica. «Sono così felice di non aver dovuto parlare davanti alla commissione. Non ci sarei mai riuscita». «Mmh… Devo ammettere che hai molti motivi per essermi riconoscente», .. scherza. «Alex, mi hai fatto preoccupare in certi momenti, sul serio. Ti ci vorrà un po’ più di qualche giorno per riprenderti, quindi non ti lascerò andar via fino alla fine della settimana». «Sai che non posso restare qui, anche se tenermi prigioniera sembra renderti così felice. Ho anche altri impegni, oltre i tuoi progetti». «Tesoro, non hai impegni per questa settimana, se non farti coccolare da me. E sai bene quanto prendo sul serio il mio lavoro». Sollevo la testa e lo guardo negli occhi, sperando di riuscire a decifrare le sue parole e capire quanto sono sincere. «Non stai scherzando». «Per niente. Sei la mia unica e sola responsabilità fin quando non ti .. riaccompagnerò all’aereo che ti riporterà a Hobart». «Ma non puoi! Non c’entri nulla con le mie conferenze. Passi la storia della commissione, ma ci sono altre…». «E invece c’entro, eccome. Sarai mia per il resto della settimana. Punto. Prometto che non mi intrometterò nel tuo lavoro in nessun modo, maniera o forma, anche se d’altra parte ormai in un certo senso lavori per me, comunque». Sembra molto compiaciuto mentre lo dice. «L’intero evento è stato organizzato con grande cura su innumerevoli livelli, con finanziamenti illimitati. Capisci cosa sto cercando di dirti? Il nostro incontro di venerdì non è stato casuale, Alex. È stato pianificato per mesi. Abbiamo sovvenzionato la caccia alla tigre della .. Tasmania per i tuoi figli quando rischiava di essere annullata e abbiamo sponsorizzato le tue ultime ricerche e il finto ciclo di conferenze di questa settimana». Comincio a capire che questo fine settimana è stato molto più di quanto mi fosse sembrato all’inizio. Sono una pedina nel grande gioco della vita di Jeremy. «Ma perché?» «Il mio mondo non è completo, senza di te». Quelle parole mi colpiscono dritta al cuore, come una freccia di Cupido, e mi lasciano senza fiato. «Ecco, penso che queste possiamo toglierle. Hanno fatto il loro lavoro». Solleva una specie di bastoncino magnetico dal comodino e lo fa scivolare lentamente lungo la chiusura delle cinghie di pelle, aprendole. Ecco .. perché non potevo togliermele. Devo avere un’espressione sconvolta, perché mi dà altre spiegazioni. «Erano chiuse con un magnete: occorre questo strumento per rimuoverle. Avevano anche lo scopo di monitorare le tue pulsazioni». Adesso è davvero compiaciuto. «Una tua invenzione?», chiedo. «Purtroppo no, ma come sai lavoro con menti elette». Che speranze ho mai avuto? L’assenza delle cinghie a polsi e caviglie mi dà uno strano senso di mancanza, come se avessi perso qualcosa di importante. «Sono molto felice che cominci a sentirti meglio, ma è fondamentale che adesso resti a letto e ti riposi. Avremo tutto il tempo per parlare». Anche se il tono è gentile, lo sento risoluto e inflessibile... Jeremy si assicura che sia comoda sotto la trapunta, mi dà un bacio sulla fronte ed esce dalla stanza, di nuovo buia, chiudendo la porta. Mi addormento in pochi minuti. Parte settima .. I nostri occhi non riescono a vedere ciò che ci guarda dritto in faccia, fin quando arriva l’ora in cui la mente è pronta; è allora che vediamo, e quando succede non è come un sogno. Ralph Waldo Emerson Jeremy non è con me quando riapro gli occhi, ma con mio grande sollievo noto che la porta della stanza è aperta. Mi sembra che non ci siano i miei vestiti, così prendo il lenzuolo e me lo avvolgo intorno al corpo. La luce che filtra dalla .. porta mi acceca per un attimo, così aspetto di abituarmi al chiarore che mi è stato negato per qualche tempo. Attraversare la soglia mi fa sentire improvvisamente a disagio, come se stessi varcando il confine di un altro mondo. Mi accorgo che non è una seconda stanza dell’albergo. Per qualche motivo avevo pensato che fossimo tornati all’Hotel Intercontinental e che Jeremy avesse avuto l’accortezza di attrezzare come un ospedale una stanza diversa dalla suite principale. Sorpresa dalla scoperta, d’istinto mi stringo il lenzuolo addosso e faccio un passo esitante in quell’ambiente sconosciuto. «Oh, sei sveglia. Ho appena fatto del tè verde». .. Mi guarda e subito appoggia le tazze sul bancone. Il mio sguardo resta sconvolto nonostante gli occhiali da sole che Jeremy afferra e mi mette sul naso in un lampo, forse per non espormi all’intensità della luce che mi circonda. Lo fisso, completamente senza parole, mentre avanzo in quello spazio immenso, con il lenzuolo che scivola sul pavimento dietro di me. I colori investono i miei occhi e sono sopraffatta dall’azzurro del cielo senza nuvole, dal verde dell’immensa foresta rigogliosa e dalla più totale assenza di ogni traccia di civiltà. Le altezze incredibili delle montagne creano uno sfondo impressionante per le acque limpidissime che scintillano oltre la sabbia di ..un bianco luminoso. Passo qualche istante a sbattere le palpebre e abbracciare il panorama, prima di proseguire nella mia esplorazione silenziosa, incapace di parlare. I miei occhi scorrono su un ponte enorme e si posano su una vasca termale che sembra racchiusa nell’orizzonte. C’è una cucina grande e moderna che si apre su un salotto-sala da pranzo quasi formale, completo di camino ultramoderno sospeso al centro della stanza e circondato dal salone più gigantesco che abbia mai visto. Le mie gambe incerte mi consentono di avanzare zigzagando nella stanza sopraelevata, mentre cerco di comprendere questo ambiente enorme, impossibile. Come? Quando? Dove? Tutto mi ..sembra di forma circolare: è uno spettacolo unico. Jeremy resta immobile e mi lascia continuare l’esplorazione. Proseguo lungo un corridoio e apro una porta doppia che conduce a quella che evidentemente è la camera da letto principale. Anche questa è rotonda, racchiusa da pannelli di vetro, e si estende sotto l’intreccio della foresta. È una casa sull’albero, ma sfarzosa e sofisticata. Al centro della stanza c’è un letto enorme, anch’esso circolare, il cui bordo ha un’imbottitura che deve essere stata fatta su misura e decorata con preziosi fili d’oro. L’arredamento e i colori della stanza si armonizzano alla perfezione con l’ambiente circostante; l’unico contrasto deciso è la presenza di un immenso mazzo di rose rosse, .. quasi tutte in piena fioritura. Proprio come mi aveva promesso Jeremy. La loro bellezza mi toglie il fiato. Sento salire le lacrime agli occhi mentre il cuore mi si gonfia d’emozione di fronte all’enormità di quanto ho scoperto insieme a lui. Devo dire che non ho mai provato nulla del genere in tutta la mia vita. Mi muovo in silenzio, esaminando tutto da ogni punto di vista. Cerco di nuovo un segno del passaggio dell’uomo. Niente. Siamo solo noi e la natura. La bellezza che mi circonda rischia di sopraffarmi; non posso fare a meno di chiedermi… Dove potremmo mai essere? Mi gira un po’ la testa: ormai sono in piedi da diversi minuti. Mi siedo sul bordo di una poltrona color sabbia talmente morbida da sembrare un marshmallow, spiazzata da questo luogo .. inimmaginabile. Jeremy entra nella stanza con un sorriso stampato in volto, si avvicina e mi abbraccia da dietro. «Vedi, ho detto che saresti stata mia per tutta la settimana». Ci metto un po’ per far uscire le parole. «Jeremy, dove siamo?» «Ad Avalon. Dove nessuno ci disturberà e io potrò prendermi cura di te in modo assoluto». «Ma dov’è Avalon?» «Purtroppo questo non posso dirtelo, ma come puoi vedere non andrai da nessuna parte finché non ti sarai ristabilita del tutto». Non so cosa dire e non capisco come mi sento. Se penso a quando mi ha preso il telefono, facendomi sentire scollegata dal mondo… .. è stato niente in confronto a questo! Ora che sto meglio, Jeremy suggerisce di trasferirci in questa stanza e si allontana per organizzare lo spostamento. Molto perplessa, mi lascio ricadere al centro di questo strano letto rotondo, sentendomi ancora una volta sopraffatta dalla situazione surreale in cui sono finita. Quando torna, Jeremy è a torso nudo con un asciugamano avvolto morbidamente intorno ai fianchi. Un segnale molto incoraggiante, mi dico mentre mi sorride e mi accarezza il viso. Mi basta uno sguardo al suo torace muscoloso per cominciare a pregare che non sia un sogno. «Perché non lasci il lenzuolo, prendi questo e vieni con me nella vasca calda?». Mi.. porge un asciugamano e me lo avvolgo intorno al corpo, fermandolo sotto le braccia. Jeremy mi prende in braccio e attraversiamo il salone, usciamo dalle imponenti porte di vetro e ci ritroviamo in terrazza. Questo posto è incredibile. Penso di essere sotto shock: non faccio che fissare rapita il panorama mozzafiato. Jeremy mi toglie di dosso l’asciugamano e lascia cadere a terra il suo, e i nostri corpi nudi si immergono insieme nell’acqua tutta per noi. Emana un calore magnifico, anche se sento un leggero bruciore alle natiche quando toccano la superficie. Sussulto. Lui se ne accorge subito. «Provi dolore? Mi sento malissimo all’idea che tu soffra. Se vuoi posso darti qualcosa». «No, no, ..va bene così. È tutto a posto, non mi servono medicine, davvero». Mi lascio sommergere completamente dall’acqua. «Solo che è sconvolgente, perché ancora non sono riuscita a comprendere tutto ciò che è successo, eppure l’intensità di quel che ho provato mi invade di nuovo, nel corpo… ed è così strano». Faccio dei respiri profondi e chiudo gli occhi mentre i pensieri e le sensazioni fluiscono nella mia mente, ma sono troppi, e troppo veloci. Riapro subito le palpebre per interrompere il flusso. Mi chiedo se sia così a causa della mia cecità durante l’esperienza. «Perché, Jeremy? Perché hai scelto proprio me? È stato solo per il gruppo sanguigno e il mio profilo come donna?». Lo guardo .. dritto negli occhi: vorrei scrutare fin dentro la sua anima, ma poi distolgo lo sguardo prima di perdermi in quegli abissi. Lui resta in silenzio per qualche momento, accarezzandomi con incredibile delicatezza e attenzione, come se fossi di cristallo. «Non sarebbe potuto essere nessun altro». Poche parole, ma dense di significato. Cerco di interpretarne l’intensità. «Ma le frustate… o quello che erano…?». Faccio fatica ad articolare le parole e a pronunciarle a voce alta, eppure il solo pensiero smuove qualcosa nelle profondità della carne e un calore mi invade dall’interno. Dio, che speranze ho se il solo ricordo mi provoca questa reazione? «Sei stata.. sensazionale, ho dovuto fare appello a tutta la mia forza di volontà per non prenderti lì, davanti a tutti». «Non ho mai avuto tanta paura in vita mia, Jeremy. Non avevo idea di cosa stesse succedendo, di cosa stesse per accadere, poi… non posso credere che lo sto dicendo, ma tutta l’esperienza è stata letteralmente incredibile. Perfino quando venivo punita per le domande fatte. Ma cosa significava?» «Era importante che tu avessi la certezza che le conseguenze erano reali e tangibili, in modo che il terrore fosse autentico e rilasciasse gli ormoni corrispondenti, senza però arrivare a una situazione estrema». «Se quella non era estrema… non ho mai provato emozioni più potenti, imprevedibili, sentimenti più .. incredibili…». Sento la pressione sanguigna aumentare e un’energia grezza che mi pulsa nelle vene. «Ho dovuto forzare i tuoi confini, questo lo sai già. Sapevo che potevi farcela, e sapevo che in fondo lo desideravi più di quanto fossi disposta a credere. Quindi dimmi, è valsa la pena di provare dolore in cambio del piacere?». Anche stavolta le sue parole innescano ondate dentro di me. Sono le sensazioni più strane che abbia mai provato. Somigliano a un interruttore che fa svanire all’istante rimorsi, rabbia, dolore. Un flusso di onde avvolgenti, calde, orgasmiche mi attraversa, accendendomi di pura sensualità. «Oh… Alex, è incredibile, sul serio. La risposta è più .. che evidente». Mi trasporta con sé nell’acqua tenendomi tra le gambe. È inutile cercare di discutere con lui, fingere che tutto questo non stia succedendo, così chiudo gli occhi e mi lascio trascinare dal ritmo che mi fa ondeggiare i lombi. «A ogni colpo che ricevevi diventavi sempre più umida, morbida, avida. Era come se il tuo corpo non desiderasse altro. Tesoro, grondavi di desiderio. Io ti ho esaminata, monitorata, facendo in modo che restassi fisicamente integra per tutto il tempo. I dati che abbiamo raccolto dalla prospettiva del piacere e della paura hanno dimostrato di avere una correlazione maggiore di quanto ci aspettassimo…». La reazione del mio corpo lo distrae. La sensazione del ricordo è immediata e vivida. Quelle dita .. che sondavano dentro di me, mentre io non sapevo quando sarebbero tornate o per quanto tempo, e mi ritrovavo a sperare che non se ne andassero mai. «Dio, Alex, è pazzesco: posso dire di avvertire la tua reazione mentre ne parliamo. Non vedo l’ora di mostrarti i risultati nel dettaglio; si sono aperti orizzonti inattesi. Averti da entrambi i lati del processo di sperimentazione è stato un vero colpo di genio, e sono così ammirato dal modo in cui ti sei abbandonata. Ho molto di cui ringraziarti. So che non è stato facile prendere una decisione del genere». Significa molto per me sentirgli riconoscere apertamente questa verità. «Devo ancora smaltirlo. Non avevo idea che sarei .. stata così coinvolta». «Sono felice che tu stia finalmente cominciando a conoscere la donna che amo». Come faceva a sapere tutte queste cose di me, prima di me? «Proprio mentre parliamo, stanno stilando una lettera con cui sarai invitata a diventare un membro esclusivo del team che si occupa del nucleo della nostra ricerca, e questo grazie alle tue capacità e alla tua esperienza. La tua collaborazione è essenziale per il successo, adesso più che mai, dato che stiamo per passare alla fase successiva». Non so cosa rispondere. Ho accettato di essere coinvolta nella ricerca e di partecipare in modo attivo alla sperimentazione. Ho vissuto ciò che non avrei creduto possibile e ne sono uscita indenne, anche se non mi ero mai sentita .. così degradata e appagata al tempo stesso. Come avviene tutto ciò nella nostra mente? Come ho potuto provare un piacere così puro, incontaminato, in circostanze tanto estreme? Sono ben più che sopravvissuta: mi è piaciuto. Lo rifarei? Nella giusta situazione, senza dubbio. Voglio conoscere le risposte a tutte queste domande? Ora più che mai! Jeremy mi massaggia le spalle come a voler cancellare ogni preoccupazione e io mi lascio confortare da quei momenti di silenzio tra noi. Alla fine mi solleva, con una delicatezza senza pari, mi fa uscire dalla vasca e mi asciuga con grande cura; poi ci distendiamo sulle poltrone, godendo del calore del sole sulla pelle. «Avresti ..mai creduto che il tuo corpo fosse in grado di provare ciò che ha provato in quelle quarantotto ore? Te lo saresti mai sognato?». Il ricordo di euforici orgasmi multipli è ancora palpabile e Jeremy mi abbraccia, mentre il piacere torna a invadermi e minaccia di annientarmi di nuovo. Per fortuna sono già sdraiata. È impossibile provare altro che una soddisfazione pari alla sua quando il mio corpo viene invaso da quelle ondate di godimento che tornano insieme con la memoria. «Descrivimi cosa ti sta succedendo». Quando riesco di nuovo a respirare con regolarità, cerco di spiegargli quella strana sensazione. «I ricordi sono così forti e intensi da sopraffarmi anche dal punto di vista fisico. Mentre tu parli, il mio corpo ..reagisce all’istante». Jeremy resta in silenzio, aspetta paziente che continui. Mi dico che probabilmente sa già tutto comunque, quindi decido di andare avanti. «Ho avuto questa incredibile fantasia che è… molto reale, per così dire. Davvero incredibile. C’è stato un momento, un momento di un’intensità impressionante, in cui ero come in estasi, e mi sembrava di sentire lingue dappertutto… non riuscivo a distinguerle…». Mi vergogno a dirlo a voce alta, nonostante tutto ciò che abbiamo passato insieme. «Erano ovunque, mi penetravano, sondavano le mie parti più intime. Non so bene come descriverlo, era così potente, intenso…». Lo guardo nervosa mentre lui studia il mio viso e analizza ogni mia parola. «Non ne ho memoria,.. ho impresse solo la forza e la concentrazione delle sensazioni. Sovrasta il mio pensiero cosciente. Non so come faccia un ricordo a innescare una risposta del genere, Jeremy. È davvero possibile? E se non lo è, cosa mi sta succedendo?». Lo guardo in cerca di risposte. Lui resta in silenzio per un momento. «Non è stata una fantasia, Alexa. Era tutto molto reale». Un’eccitazione primordiale mi fa inarcare la schiena nel sentirlo dire. Avvampo dalla testa ai piedi, in profondità, e il basso ventre comincia a pulsare. «Dal momento che abbiamo escluso tutti gli altri sensi, ti è rimasto solo il tatto, finché non ti abbiamo ridato l’udito. I tuoi processi cognitivi stanno collegando l’intensità dei tuoi sentimenti con il tuo essere fisico. In altre parole si sono legati dal punto di vista .. neurologico, ed è per questo che corpo e mente reagiscono con tanta forza a precisi ricordi o a ciò che fa emergere i ricordi. Ed è esattamente ciò che speravamo, a dire il vero, anzi, molto di più. È questa la parte critica della nostra ricerca, i territori inesplorati, per così dire. Con le tue competenze nel campo della psicologia, unite all’esperienza che hai provato sulla tua pelle, finiremo per scoprire sulla sessualità femminile più di quanto sia mai stato fatto prima, e meno che mai pubblicato». Sono stupefatta; la conversazione con Samuel e i suoi eccellenti ricercatori si riaffaccia alla coscienza. Di certo sarà entusiasta dei risultati. Ma all’improvviso un pensiero mi angoscia. «Jeremy, ..Sam non era presente, vero?» «No, Alex, non c’era. Non ti avrei mai fatto una cosa del genere. C’erano solo un paio di miei colleghi e alcune persone che ci servivano per realizzare la tua “fantasia reale”». «Grazie a Dio». È un sollievo. Il mio sedere sopporta di essere messo in mostra solo in forma anonima. «Però gli ho inviato i risultati e non vedo l’ora di discuterli con lui. Se tutto va come deve, riusciremo a sintetizzare una medicina per la depressione che il mercato non ha mai visto prima, priva degli effetti collaterali a volte terrificanti di ciò che è in commercio al momento, e otterremo un successo immenso dando affidabilità al paziente». «Sul serio ci siete arrivati così vicini grazie a quello che ho fatto io?» .. «Sei fondamentale, amore mio. Il cuore pulsante di ciò che speriamo di ottenere». «Non riesco a credere che dopo tutti questi anni lavoreremo insieme. Chi l’avrebbe mai immaginato? Dimmi, qual è esattamente il tipo di ruolo che vorresti affidarmi in futuro?» «Te lo spiegherò più tardi, dottoressa Blake. Prima dovrai firmare una quantità di documenti». *** Quando scende la sera, Jeremy accende un fuoco nel caminetto sospeso e mi fa distendere sul divano. Mentre prepara la cena, pretende che io non faccia nulla. Assolutamente nulla. Con mia grande sorpresa e gioia, mi porta un bicchiere di Puoilly Fumé, il mio vino francese .. preferito, a temperatura perfetta. Sono ancora impressionata dall’ambiente circostante, e posso solo immaginare che ci troviamo da qualche parte nell’emisfero australe, a giudicare dalle stelle che stanno sorgendo. Non so come sono arrivata qui, non so che giorno è né che ore siano, Jeremy non ha mai menzionato il mio telefono o la sua attuale collocazione e io non mi sono presa la briga di chiedere. Ho l’impressione che il dottor Quinn riterrebbe irrilevanti le risposte alle mie tante domande, così le lascio scivolare via insieme al giorno che muore in fretta. Dopo una cena deliziosa a base di salmone grigliato e verdure asiatiche, ci andiamo a rannicchiare insieme sul divano alla luce del fuoco e ci .. dedichiamo a quella che sta diventando un’abitudine in questi giorni: parlare. Dopo quella faccenda del divieto di fare domande, sono ancora titubante, ma provo comunque. «Posso chiederti una cosa?» «Certo». È un sollievo sapere che non è più un problema. «Cosa sarebbe successo se avessi risposto di no venerdì sera?» «No all’idea di restare o alla cecità?» «Entrambe, credo». «Ti avrei convinta. Ci riesco sempre». «Perché non sono mai capace di dirti di no, Jeremy?» «Vorresti?» «A dire il vero non ne sono sicura… è strano. Una parte di me lo desidera, un’altra no... Non riesco a non pensare al mio matrimonio, quindi non credo che sarò a mio agio quando tornerò alla mia solita routine, eppure sono anni che Robert e io non stiamo più insieme da un punto di vista sessuale». «Davvero? Com’è possibile? Io fatico a tenere a bada le mani per qualche ora…». Mentre lo dice, mi accarezza una gamba, risalendo fino alla coscia. «Non lo so… ma dopo quel che è successo qui non so se potrò tornare alla mia vita asessuata. Prima non è mai stato un problema, ma adesso… be’, diciamo che mi sento come un vulcano inattivo risvegliato da una potente attività sismica». «Mi stai definendo sismico, dottoressa Blake?». Si sposta tra le mie gambe. «Molto di.. più, dottor Quinn. Sul serio, tu cosa pensi?». Gli impedisco di muoversi oltre. «Quando siamo insieme mi sembra sempre tutto perfetto, Alex, indipendentemente dalla situazione in cui ci troviamo, e adesso questa sensazione è più forte che mai». «Davvero? Ti prego, non dirmi che la nostra presenza qui è solo in nome della ricerca». «No, non esattamente». Lo guardo perplessa e aspetto che mi spieghi meglio. «È solo che la nostra relazione ha radici più profonde di qualsiasi altra. Va avanti da più della metà delle nostre vite. È come se fossi fatto per stare con te, come se ci fosse sempre stato un collegamento, e avessimo solo bisogno di scoprire il modo per ritrovarci. Abbiamo condiviso .. così tanto che non potrei mai considerarlo sbagliato. È difficile per me sentirmi in colpa perché non mi interessa come la “società” vede la nostra relazione. E dopo quel che mi hai detto di Robert, posso dire che sei sprecata con lui, e che io ti desidero da morire. Come ti ho già spiegato, non potrei immaginare la mia vita senza di te, e la situazione attuale è la ciliegina sulla torta». Mi stuzzica i capezzoli mentre pronuncia queste ultime parole, poi aggiunge: «Quando siamo insieme, è dinamite pura. Sto cominciando a capire che sono stato uno stupido a starti lontano per così tanto tempo. Hai avuto i figli che avevi sempre desiderato, e un matrimonio che a quanto pare non è un granché. Io ho la mia carriera, che finora è sempre stata.. fondamentale, ma adesso sei tu a essere fondamentale. Ti amo, Alexandra. Ti ho sempre amata e non me la sento di condividerti con un altro ancora per molto. È una cosa su cui dovrai riflettere nel prossimo futuro». Mi ama e non vuole condividermi? La sua ultima frase sembra un ordine che dovrei eseguire. Sono sconvolta dalla sua risposta così articolata, che per qualche motivo ha su di me un effetto inatteso. Prima che possa dire qualcosa, Jeremy mi prende le mani. «Lascia che ti chieda io una cosa. Volevi stare con me questo fine settimana? Ci avevi pensato, prima di arrivare in albergo venerdì pomeriggio?». Nervosa, sposto lo sguardo sulle mie mani tremanti, poi trovo il coraggio di incontrare ..i suoi occhi. A lui basta guardarmi per capire. «Ecco. Per me è stato lo stesso. Hai rimpianti?» «Questa è una domanda molto difficile, Jeremy». «Andiamo, tesoro. Hai affrontato di peggio, durante il weekend, ora non fare la timida con me». Insiste per sapere cosa penso, mi blocca le braccia in modo da poter continuare liberamente a stuzzicarmi i capezzoli, che al suo tocco reagiscono gonfiandosi e inturgidendosi, poi comincia a massaggiarmi i seni mentre io continuo a prendere tempo. «Forse avrei dovuto indossare un reggiseno, stasera». «Forse non dovresti indossare proprio un bel niente, stasera». All’improvviso il mio vestito scivola a terra accanto a noi. «Ora smettila di cambiare argomento e .. rispondimi». «Okay, okay, nessun rimpianto. È molto difficile provarne quando si è sotto l’effetto di un potente incantesimo del dottor Quinn…». “Avrei dovuto dire ‘quasi impossibile’”, penso mentre comincio a contorcermi sotto l’effetto del suo tocco. «Attività sismica, potenti incantesimi… di che stiamo parlando?», mi chiede con finta innocenza. Continua a massaggiarmi e intanto i baci leggeri con cui mi sfiora il collo si fanno più insistenti. Le gambe mi si allargano sotto il suo peso e sento il suo desiderio premermi contro l’inguine. «È che il mio corpo non perde occasione per tradirmi, quando sono con te, a dispetto.. di qualsiasi ragionamento. E dovrò sbrigarmi a prendere il controllo di tutto questo, soprattutto se dovremo lavorare insieme». «Tesoro, ti prego, promettimi che non è una priorità nella lista delle cose da fare». Mi mordicchia il lobo di un orecchio mentre mi prende in braccio e mi porta in camera da letto, lanciandomi con dolcezza al centro del gigantesco letto rotondo. «Non muoverti di un millimetro, torno subito». Obbedisco, mentre mi perdo in un turbinio di pensieri lascivi. Grazie al cielo sono già sdraiata. Jeremy torna con un sorriso malizioso in volto, di sicuro ha in mente qualcosa. Non c’è tempo per le parole mentre le sue carezze mi esplorano ancora, in profondità. Santo cielo, ci risiamo! .. «Quando sarà abbastanza?», sospiro. «Con te mai, tesoro, ma puoi sempre dirmi di no». Il suo sussurro roco nelle orecchie mi manda su di giri, e lui sa bene che per me non c’è scelta. «Così potrai legarmi e farmi frustare finché non cambio idea?» «Mmm, qualcosa del genere…». Ride e mi sposta, facendomi divaricare gambe e braccia, e intanto continua ad accarezzarmi e stuzzicarmi. «Cerca di stare ferma, voglio provare una cosa». Sento che mi inserisce qualcosa di freddo nella vagina, non troppo grande ma nemmeno piccolo; un attimo dopo cominciano le vibrazioni, prima lente, poi gradualmente più intense. Non riesco a concentrarmi su nulla, sento solo gli spasmi che mi attraversano il .. corpo. Sono bagnata di desiderio in un attimo. Il mio corpo risponde all’istante al ricordo del calore e delle vibrazioni che ho sentito quando ero legata sulla piattaforma. Le sensazioni arrivano così in fretta. Come è possibile? Jeremy sposta una mano in basso, mi fa scivolare il pollice nell’ano e io mi contraggo, aspettandomi il riflesso che lo respingerà. Ma con mia grande sorpresa, lo sento entrare con piacere, come se fosse atteso. Santo cielo, che cosa mi ha fatto per ottenere un effetto del genere? Fa ruotare il pollice con dolcezza e trova un particolare punto di pressione che comincia a massaggiare prima delicatamente, poi con insistenza, spingendo fino a farlo coincidere con la vibrazione nella vagina. Inspiro di colpo: .. mi gira la testa e il corpo è scosso da tremiti al ricordo delle ondate euforiche già provate. Jeremy sembra molto più che soddisfatto del risultato, e accoglie la mia espressione stupita con un sorriso appena accennato. «Ti piace?» «Sì». Non riesco a dire altro mentre il mio corpo pulsa e le sue dita continuano a esplorare, creando nuove sensazioni. Sento una vampata di calore risalire lungo l’ano e la vagina quando lui toglie lentamente la mano e afferra un pacchetto di preservativi, aprendone uno. Si mette dietro di me, e si assicura che il preservativo lo copra in tutta la sua lunghezza. Non posso trattenermi dal lanciare un’occhiata interrogativa dietro di me, anche.. se la sua bellezza mi distrae. «Sta’ tranquilla, tesoro, farò molto piano». Con la punta del suo pene lubrificato mi entra nell’ano, lasciando che si adatti prima di spingere per gradi, con delicatezza, lasciandomi il tempo di abituarmi alla sua presenza ingombrante in uno spazio tanto ristretto. A ogni spinta arriva un po’ più in profondità, affermando una posizione su di me ma senza perdere l’intensità che sta creando. Continua senza fermarsi finché non mi ha riempita completamente con il suo membro, per il quale mi sembra di essere stata fatta su misura, e intanto io ansimo, esaltata. Non è mai stato così piacevole, là dietro. Mi possiede in modo perfetto, completo, totalizzante. Con l’altra mano mi massaggia .. il clitoride in modo sempre più deciso e insistente, mentre comincio a perdere la ragione. Mi schiaccia contro il letto, facendomi sfregare i capezzoli contro le lenzuola. Da sopra ha il completo controllo del desiderio che si agita dentro di me; sta replicando la posizione dell’esperienza precedente, ma senza le cinghie. Con le dita mi porta sull’orlo dell’orgasmo, ma si rifiuta di condurmi oltre e di accendere la miccia lasciandomi esplodere. Oh, Dio! Il mio ano è stracolmo di lui e il suo membro continua a mandare scariche elettriche che mi invadono tutta, e con mio grande stupore sento che mi sto aprendo ancora di più per accoglierlo più in profondità, nei recessi inesplorati del mio corpo. Grido, e non di dolore, ma per l’intensità ..dell’amore che provo per quest’uomo e per il puro, intensissimo piacere che riesce a far nascere dentro di me. Sono letteralmente zuppa di desiderio, e mentre le sue dita completano la stimolazione non riesco più a trattenermi quando vengo lanciata oltre i confini di mente e corpo. Continuo a gridare senza tregua mentre il piacere aumenta sempre di più, un’onda dopo l’altra: è il puro istinto animale a dare potenza alle mie grida gutturali. Jeremy si sposta leggermente e tutto ricomincia. Ancora e ancora. Ansimo e gemo a ogni spinta dentro di me e di nuovo perdo coscienza di me stessa. Vortico e ruoto in un mondo di cui non sospettavo l’esistenza prima di questo fine settimana, risalgo nel mio universo orgasmico inconscio appena scoperto, satura di .. energia sessuale. Farei qualsiasi cosa, andrei ovunque per quest’uomo e per ciò che sa fare al mio corpo. Che cosa mi è successo? Sono diventata una maniaca sessuale, ho sviluppato una dipendenza? Non so nemmeno trovare la parola giusta. Non avrei mai immaginato che potesse esistere un piacere simile. Come è possibile? Come tanti altri, ho sentito parlare della possibilità di avere orgasmi multipli, certo, ma quel che ho provato io è qualcosa di soprannaturale. Ha un’intensità talmente schiacciante che ne resto sopraffatta per diverso tempo. «È normale, naturale? È talmente improvviso, incredibile…», chiedo quando torno abbastanza in me e riprendo coscienza .. di dove mi trovo. Dall’espressione di Jeremy, capisco che lui è altrettanto stupito e affascinato. Mi toglie piano il vibratore e lo sistema con cura in un sacchetto di plastica. «Altre analisi?» «Altre analisi, altre scoperte, migliori risultati, sai…». «E tutto da incredibili sedute di sesso fantastico: chi l’avrebbe mai detto?» «Nemmeno io avrei mai pensato che sarebbe stato così». «Be’, sono molto felice di partecipare a questi esperimenti, dottor Quinn». «A chi lo dici, tesoro!». Non ci diciamo molto altro per un po’, persi come siamo nei nostri piccoli mondi e troppo soddisfatti, del tutto a nostro agio nel contatto tra i nostri corpi, le carezze, l’eccitazione. Le parole non servono .. mentre prolunghiamo felici la nostra esperienza, fatta di ondate di piacere e scosse di assestamento. «Dato che sei qui, è il momento di mettere un altro po’ di unguento». «Scherzi? Me l’hai messo da poco», protesto. «E pensi sia ancora efficace, dopo le nostre evoluzioni?», mi chiede con sguardo perplesso. Scuoto il capo senza rispondere. «Ho giurato di prendermi cura di te, e sai quanto sono preciso nel lavoro!». Mi tiene ferme le natiche mentre applica l’unguento. Lo guardo, lui mi fa l’occhiolino e mi manda un bacio. *** .. Jeremy tiene fede alla sua parola e trascorre il resto della settimana a coccolarmi. Mi nutre, mi fa il bagno, mi visita, mi cura, mi stimola nel fisico e nell’intelletto, mi distrugge emotivamente, si assicura che dorma, mi spazzola i capelli, mi massaggia, guarisce le mie ferite e i lividi. Non prendo decisioni né entro in contatto con il mondo esterno. È come se esistesse solo Avalon. Sono al sicuro, protetta dal bozzolo costruito con tanta cura dal dottor Quinn. Non mi sono mai sentita così in vita mia. Così profondamente amata, così fragile, come se avessi sempre avuto bisogno delle sue attenzioni. Come ho fatto a vivere senza di lui? Continuiamo a parlare, ridere, giocare e ricordare;.. sembra la nostra personale interpretazione di una luna di miele. È pura beatitudine. Solo che mi mancano tanto Jordan ed Elizabeth, ed è dura sapere che non li potrò sentire finché saranno in campeggio. Non siamo mai stati lontani per tanto tempo, ma anche se fossi a casa non sarebbero comunque ancora tornati, e questo mi aiuta a sopportarlo. Accantono più che posso il pensiero del discorso che dovrò fare a Robert al mio ritorno. Probabilmente il mondo è andato avanti come sempre, fuori da questo posto, e io non esisto più nella realtà, ma solo nell’isolamento di questa casa sull’albero lussuosa e nell’amore e le attenzioni di Jeremy. «Vieni qui e fatti misurare la pressione. Mi sembri più in forze del solito». «Oh, no, ..ancora! Mi hai fatto così tanti esami che potrei essere il caso più analizzato della storia». Ma lui ignora la mia protesta esagerata. «Se è tornata nella norma, andremo in spiaggia. È ottima, direi. Non mi stupisce che tu abbia più energie. Perché non ti vesti mentre io preparo il necessario per un picnic? Nella cabina armadio c’è una scatola dove troverai tutto quel che ti serve». Lo guardo dubbiosa. Prima di tutto mi domando se sia serio, e in seconda battuta che cosa abbia in mente stavolta. «Vai a prepararti, prima che cambi idea». Decido di muovermi subito. Con un sospiro di sollievo scopro che nella scatola ci sono vestiti normali; sono felice di non dovermi più “travestire”. Indosso un.. costume da bagno e un prendisole, nel caso il sole sia abbastanza caldo da consentirci un tuffo veloce. Prendo gli occhiali da sole, un cappello e la crema abbronzante e mi sento più in forma e piena di energie che mai. Jeremy ha lo zaino pronto e finalmente ci avventuriamo fuori dalle immense doppie porte della casa. C’è un viale che gira intorno alla costruzione e porta verso la cresta della montagna. Vedo un omone in piedi all’esterno di una specie di gabbiotto di controllo. È in uniforme e ha un fucile a tracolla. Jeremy scambia un cenno di saluto con lui e mi conduce rapido nella direzione opposta, verso la spiaggia. Ho una strana sensazione, mi vengono i brividi. «Pensavo.. fossimo completamente soli. È necessario?» «Ti spiegherò tutto in spiaggia». Per la prima volta da giorni avverto un’intonazione preoccupante nella voce di Jeremy, ma non ci voglio pensare. Ci sistemiamo su una coperta e apparecchiamo un vero banchetto davanti a noi. Il panorama è grandioso e sconfinato, da togliere il fiato, il cielo è limpidissimo. «Wow, questo posto è incredibile. Spero che non abbiamo fretta di andar via». «Abbiamo un mucchio di tempo. È bellissimo poter stare di nuovo all’aria aperta con te». «È anche meglio poter vedere cosa c’è all’aria aperta, stavolta». Mi scosta affettuosamente qualche ciocca ribelle dal viso, che mi sistema .. dietro un orecchio. «Sul serio… come ti senti?», mi chiede premuroso. «Molto meglio, grazie. Come potrebbe essere altrimenti? Ho avuto tutta la tua attenzione, dal punto di vista fisico, emotivo, mentale e medico. Ma che mi dici di te? Sembri avere mille pensieri». «È così. Devo spiegarti molte cose, e non potevo rischiare di parlare lassù». Fa un cenno alle nostre spalle. «Perché?» «Vuoi la verità? Temo ci siano delle microspie. So che siamo più al sicuro qui fuori». «Microspie? E chi dovrebbe averle messe? Mi spieghi cosa succede?». Lo guardo nervosa. «O non lo voglio sapere?» «Vorrei evitare di coinvolgerti più di .. così, Alex, ma è necessario che tu sappia almeno qualcosa, ora che ci sei dentro». Ho il presentimento che il bozzolo protettivo si stia disfacendo, in modo lento ma inesorabile. Jeremy mi tiene le mani e mi accarezza le dita per un po’, pensieroso. «Credo sia meglio che tu mi dica ciò che devi». Lui annuisce. «Non c’è bisogno che ti enumeri i dati statistici sulla depressione; il mercato per una medicina davvero efficace è immenso e potrà solo crescere nel prossimo decennio, soprattutto nel sistema economico occidentale. Quella degli antidepressivi è un’industria miliardaria e tutte le case farmaceutiche più importanti del mondo sono alla continua ricerca dei farmaci più efficaci, .. sviluppando studi che vanno nelle direzioni più disparate e finanziandoli in lungo e in largo. La questione si è fatta ancora più urgente dopo gli ultimi studi effettuati dalla Food and Drug Administration, secondo i quali alcuni antidepressivi possono aumentare le tendenze suicide rispetto ai farmaci placebo: le compagnie hanno scatenato l’inferno pur di sintetizzare una nuova medicina. È una competizione spietata e devastante, e anche se odio ammetterlo, non sempre corretta. Ed è proprio per questo che mi vedo costretto a parlartene». Sembra un po’ sulle spine, il che non è da lui, ed è il motivo per il quale ha tutta la mia attenzione. «Qualcuno è riuscito a violare il computer di Sam nelle ultime ventiquattro ore, e .. potrà avere accesso ai risultati che gli ho inviato. Per questo abbiamo aumentato le misure di sicurezza. Non siamo riusciti a individuare il colpevole e potrebbe volerci del tempo. Non voglio spaventarti più del necessario, Alexa, ma se i nostri concorrenti scoprissero il potenziale della formula che stiamo sviluppando dopo gli esperimenti dello scorso weekend e il tuo coinvolgimento… ecco, diciamo che potresti essere in pericolo. Ed è un rischio che non sono disposto a correre. Ho assunto una guardia del corpo che si fingerà tuo assistente a tempo pieno all’università della Tasmania per proteggerti al lavoro, al tuo ritorno». «Dici sul serio?» «Sono stato io a metterti in questa situazione, ed .. è mia responsabilità fare in modo che tu sia al sicuro. Non so cosa farei se ti succedesse qualcosa». «Ma cosa potrebbe succedere, Jeremy? Cos’è che ti turba tanto?» «Tutte le aziende farmaceutiche si preoccupano di proteggere i brevetti in essere e quelli potenziali, e le compagnie più potenti investono molto a questo scopo. Hanno sezioni specializzate nell’investigazione e non assoldano gente qualsiasi. I loro uomini sono ex teste di cuoio, hacker, scienziati e neurochirurghi, ma anche ex giudici, tutte persone che occupano o hanno occupato posizioni di grande rilievo nel loro campo. Sono tra i più qualificati e abili del pianeta, e percepiscono somme da capogiro per assecondare le esigenze delle società che li hanno assunti». .. «Anche tu sei uno di loro?» «No, non necessariamente. Ho un accordo particolare con un’azienda farmaceutica per la scoperta di un farmaco contro la depressione. Quelli sono dipartimenti speciali il cui compito è far sì che la proprietà intellettuale della compagnia sia protetta a ogni stadio di sviluppo, a tutti i costi. In pratica proteggono la sicurezza dei risultati delle nostre ricerche. Via via che ci avviciniamo alla scoperta di una formula o di un prodotto e diamo il via al processo necessario per il brevetto, che può anche essere molto lungo, si attivano in modo particolare. Lo spionaggio intellettuale è dilagante nell’industria farmaceutica, e per alcune organizzazioni il costo umano per ottenere i brevetti non .. ha alcun valore. È il loro modo di fare affari. La mia paura è che il responsabile della violazione sia proprio uno dei nostri concorrenti; non ne abbiamo ancora conferma, ma temo che potrebbero voler fare degli esperimenti per conto loro». «Con me, vuoi dire?». Se mi definissi completamente sconvolta non renderei l’idea. «È molto improbabile, ma non lo escluderei del tutto. Non voglio spaventarti, Alex, e non permetterò che ti accada qualcosa, ma devi accettare le misure eccezionali che disporremo. Non accetterò un no come risposta». «Pensate davvero che potrebbe succedermi qualcosa?» «Speriamo di no, ma a ogni buon conto attiveremo .. queste protezioni. Nel frattempo vorrei darti una cosa, che è un ricordo del tempo trascorso insieme ma anche un oggetto che spero ti terrà al sicuro». È molto serio. Prende una scatolina dallo zaino, l’apre con cautela e mi mette in mano un braccialetto che sembra d’argento massiccio o di platino. Lo osservo con attenzione. È tempestato di quelli che mi paiono frammenti di diamante rosa e c’è un’iscrizione in gaelico antico, le cui forme complesse e raffinate fanno da contrappunto al peso consistente del gioiello. «Jeremy…». «Alexandra, dato che non mi è ancora possibile metterti un anello al dito, spero che accetterai di indossare questo e di non toglierlo mai». I suoi occhi scrutano i miei. «Lo farai per me?». .. Sostengo il suo sguardo. Sono successe tante cose nell’ultima settimana. Mi ha chiesto e mi ha spinta ad azioni che non avrei mai immaginato e nemmeno sognato di compiere… potrei oppormi all’idea di indossare questo gioiello così prezioso? Sento quanto è importante per lui. «Sì, certo». Come se potessi dire qualcosa di diverso. «È bellissimo. Cosa rappresentano i simboli?» «In gaelico si legge anam cara. Significa “anima amica” o “anima gemella”». Sento il cuore traboccare e mi affretto a deglutire per placare l’emozione profonda che rischia di sopraffarmi. I nostri sguardi restano agganciati e per un lungo istante esistiamo solo noi in un luogo pieno di energia, eppure immerso in una pace .. profonda. So che gli appartengo, e lui appartiene a me. Senza dire altro, tendo il braccio verso di lui. «Grazie, Alex. Che le nostre anime possano sorridere nell’abbraccio della nostra anam cara». Me lo mette al polso e quando chiude il gancio sento uno strano rumore elettrico. Anche questo bracciale è perfetto. Né troppo largo né troppo stretto, ma impossibile da far passare oltre la mano, nel caso in cui volessi toglierlo. Mi sento legata a lui in modo totale, non posso negarlo, e quel simbolo del nostro amore mi rende così felice. «Cos’era quel rumore?» «Il bracciale è dotato di una codifica digitale e di una chiusura elettronica: consentirà al.. mio team e a quello di Sam di individuarti in qualsiasi momento, se dovesse verificarsi qualche imprevisto. Per me era fondamentale sapere che saresti stata felice di indossarlo, prima di dartelo». Be’, non avevo pensato che sarei stata collegata a lui in modo tanto concreto. Resto seduta per diverso tempo a osservare il prezioso “tecno-gioiello” che mi avvolge (o forse dovrei dire che mi intrappola) il polso. Con la mente torno ai tempi in cui ho lavorato nelle miniere di diamanti rosa dell’Argyle, nell’Australia occidentale, e alle precauzioni che la compagnia prendeva per accertarsi che le gemme venissero portate da lì a Perth in sicurezza. Ogni settimana venivano fatti partire diversi voli falsi in modo che nessuno sapesse in quale sarebbero stati .. trasportati i diamanti, che sono i più rari e costosi del mondo. Ora li guardo incastonati nel braccialetto. È davvero incredibile pensare a quanto sono disposte a spingersi e al denaro che le aziende investono per tenere al sicuro le loro risorse. Proprio quando ormai ero sicura che il mio viaggio da Alice nel Paese delle Meraviglie volgesse al termine, arriva questo imprevisto. Ho lo stomaco sottosopra per l’emozione. Ma stranamente non ho domande: solo accettazione silenziosa. Seduta davanti a Jeremy, sono consapevole del mio respiro, ma non del movimento della mia mano che d’istinto accarezza il bracciale d’argento. Torniamo alla casa sull’albero dopo molte ore trascorse a cercare di lavar via .. nell’oceano le immagini angosciose del nostro possibile futuro. Sembra fosse proprio ciò di cui avevamo bisogno. La nostra ultima notte è molto sottotono rispetto alle precedenti. Restiamo seduti in silenzio, stretti l’uno all’altra, assimilando l’enormità del percorso che abbiamo deciso di intraprendere insieme. Scambiamo solo poche parole, eppure siamo uniti da un’emozione tangibile. Il nostro amore fisico si è innalzato a un’intensità che ha assunto un significato quasi spirituale, e ci lasciamo cullare dalla consapevolezza che le nostre vite sono cambiate per sempre dopo l’esperienza che abbiamo condiviso. Entrambi sappiamo di non poter predire come sarà la nostra vita, una volta partiti da Avalon. .. Un destino sconosciuto dal fascino irresistibile. Dormiamo solo per qualche ora, avvinghiati in un abbraccio di puro amore. *** Il destino ha voluto che la mattina il cielo sia molto nuvoloso. Quando decolliamo su un aereo privato, non ho modo di scorgere il terreno sotto di noi perché restiamo all’interno dello strato di nuvole e nebbia finché non sbuchiamo alla pura luce del sole. So che Jeremy è un uomo dalle risorse fuori dal comune, soprattutto quando vuole ottenere qualcosa; ma non sapevo che questa sua capacità gli consentisse perfino il controllo del clima. Non so se stiamo volando sull’acqua o sulla terra, e naturalmente.. lui non ha intenzione di rivelarmi la posizione di Avalon. Mi dice che meno so, più sarò al sicuro, e che questa per lui è la priorità. Ci teniamo per mano per tutto il volo. A un certo punto mi assopisco con la testa sulla sua spalla, e mi sveglio solo quando cominciamo a scendere verso il punto in cui ci separeremo. Ci abbracciamo con trasporto profondo e un paio di lacrime mi rigano il viso, mentre in silenzio scendo dal velivolo. Non voglio staccarmi dal suo abbraccio, ma so che devo. Mi informano che il mio bagaglio sarà imbarcato direttamente sul volo che mi porterà a Hobart. Jeremy resterà a bordo e tornerà a Boston. Come un automa mi siedo sull’aereo che mi riporterà a casa, felice di notare che i sedili ..accanto al mio restano vuoti. Cerco di assorbire tutto quel che è successo nella settimana appena trascorsa, il potenziale rischio del mio coinvolgimento e il futuro della mia vita familiare. È troppo per la mia povera testa. Mi chino per mettere la carta d’imbarco nella borsa e scopro una busta spessa. L’apro e trovo una lettera scritta a mano da Jeremy. Alla mia meravigliosa Alexandra. Ho pensato che volessi dare un’occhiata adesso in modo da poter conoscere meglio la donna che amo. Non dimenticarla quando tornerai a casa, lei per me è tutto. Abbi cura di te, amore mio, fin quando ci ritroveremo. Buon viaggio, J .. Dire che sono sconvolta mentre guardo le foto che ho davanti agli occhi è un eufemismo. Sono davvero io? Le scorro lentamente, una dopo l’altra. - Io che tengo la mia conferenza nell’aula magna, venerdì pomeriggio. - A pranzo con Samuel e il suo team di ricerca. - Il mio arrivo nell’atrio dell’albergo, capelli tirati su, aria efficiente. - Con il vestito rosso e la benda sugli occhi. - Seduta sul tetto, bendata e ammanettata. - Mentre canto e suono la chitarra. - In tuta di pelle e stivali. - Due corpi vestiti di pelle in sella a una moto. - Paracadutismo, in caduta libera. .. - Felice, con gli occhiali da sole su una decappottabile nera. - Nuda, sospesa in acque oscure. - Incappucciata, con il mantello e le cinghie di pelle. - Sulla spiaggia, mentre nuoto con Jeremy. - Vestita proprio come adesso per il viaggio di ritorno a casa. È incredibile vedere queste immagini e paragonarle a quelle che ho in mente. La benda sembra nascondere l’agitazione e il mio corpo sembra quello di una creatura voluttuosa che assorbe ogni esperienza. Le fotografie mi danno un senso di calore, e me le stringo forte al petto. Chi avrebbe detto che fossi così? Ripenso ..alla domanda di Jeremy cui non ho saputo rispondere. «Da quando in qua il fatto di essere madre ti impedisce di vivere la sessualità?». Perché l’ho negata a me stessa per tanti anni? Chi avrebbe potuto immaginare che sarebbe stato necessario qualcosa di così estremo come la cecità, la proibizione di fare domande e una sperimentazione psicologica, fisica e neurologica del sistema limbico di quarantotto ore per riaccendere la passione sessuale dentro di me? Jeremy. Solo lui, ovvio. *** Entro in casa e saluto i miei figli meravigliosi come se non fosse cambiato niente al mondo, ma sapendo dentro di me che nulla è come prima. Li stringo a lungo, li amo più di.. quanto credevo possibile. Decido che è arrivato il momento: ora o mai più. Il fine settimana con Jeremy ha segnato il mio destino e devo affrontare la discussione che rimando da anni con Robert. Chiedo a mia sorella di badare ai ragazzi in modo che possiamo andare a cena fuori. Non voglio parlare con lui in casa, ma mi chiedo anche se sia giusto farlo in pubblico. Mi sono arrovellata a lungo chiedendomi quale sia il modo migliore per cominciare un discorso così delicato. Non era necessario preoccuparsi tanto. Pare che lui volesse parlare del nostro matrimonio almeno quanto me. Gli descrivo l’effetto che mi ha fatto trovarmi con Jeremy. Che non posso più fingere che non esista. Non gli parlo del ruolo che ho avuto nell’esperimento. Robert se ne .. sta seduto in silenzio davanti a me, e io aspetto una reazione emotiva per capire che cosa pensa. È uno shock scorgere sollievo nei suoi occhi. Niente rabbia né lacrime, solo sollievo. Alla fine mi spiega che la sessualità è un problema che lo tormenta da anni, sul quale ha sempre mentito a se stesso. Non ne ha parlato con me perché sono una psicologa e non voleva che sua moglie lo analizzasse prima di poter capire da solo cosa gli succedeva. E non voleva fare del male a me o ai nostri bambini. Mi dice anche che non può più negare una parte di se stesso che ha bisogno di esplorare e scoprire, per comprendere se è gay o meno. Anche se è convinto di esserlo. Ero qui a domandarmi che impatto avrebbero avuto le mie parole su di lui, e .. Robert mi risponde così! Ecco il motivo della totale mancanza di una vita sessuale tra noi. Come ho fatto a non pensarci? Non posso fare a meno di domandarmi come l’avrei presa se non avessi ritrovato Jeremy. Sarebbe stato terribile, credo… ma adesso… be’, in qualche modo adesso ciò che fino a qualche settimana fa era impossibile è diventato possibile. Ci apriamo uno con l’altra nelle ore che passiamo a cena come non avevamo mai fatto negli ultimi cinque anni. Non facciamo che parlare, e ci ritroviamo uniti a un livello che va ben oltre il rispetto e l’amicizia. Ora ricordo perché ero stata attratta dall’uomo che ho davanti, il padre dei miei figli. È un brav’uomo, con un grande cuore. Solo che ormai non ci apparteniamo .. più. Decidiamo di agire per il bene dei ragazzi e di sostenerci a vicenda. È come se avessimo rimosso un peso enorme che schiacciava la nostra relazione e fossimo liberi di legarci di nuovo, abbracciando la vita. Sorridiamo. Ci abbracciamo. Dormiamo in camere separate sotto lo stesso tetto, una soluzione che ci soddisfa, almeno nel breve termine. I bambini si accorgono del cambiamento del nostro umore, e ridiamo come non facevamo da anni. *** Qualche giorno dopo, proprio come mi aveva promesso Jeremy, ricevo una lettera che mi invita ufficialmente a entrare a far parte della sua squadra di ricerca. .. Gentile dottoressa Blake, mi auguro che questa missiva la trovi in buona salute. Vorrei invitarla formalmente a diventare membro del nostro team specializzato nella ricerca di una cura per la depressione. Le sue competenze specifiche e la sua esperienza sono essenziali per il ruolo di primo psicologo del Progetto Zodiaco; lavorerà fianco a fianco di una serie di stimati ricercatori e professionisti della medicina. Come sa già, il progetto è della massima riservatezza e tale resterà per i prossimi dodici mesi. Troverà allegato un dettagliato accordo di riservatezza, che deve essere firmato al fine di poterle fornire ulteriori informazioni e indicazioni. Con l’avanzare dei progressi nella nostra ricerca, entro i prossimi due o tre anni potremmo essere in condizione di pubblicare i nostri risultati, e allora il suo significativo contributo ai .. nostri studi sarà riconosciuto in modo formale. Al momento la ricerca si svolge soprattutto part-time, e di conseguenza speriamo che possa essere compatibile con i suoi attuali impegni universitari. Mi sono preso la libertà di parlare di persona con il suo preside, che ha promesso di fornirle tutto il suo sostegno. Le verrà anche richiesto di partecipare a diverse conferenze internazionali, la prima delle quali si terrà a Londra tra un mese; i dettagli sono allegati a questa comunicazione. La retribuzione per il suo apporto sarà considerevole, ma comunque concordata con lei di persona entro le prossime due settimane. Le sue credenziali accademiche, la preparazione professionale e le ultime ricerche hanno un’importanza vitale per il successo del progetto che intendiamo portare avanti e stimiamo moltissimo il suo contributo. Grazie per aver trovato il tempo di incontrarci. Speriamo di poter iniziare con lei una collaborazione fruttuosa, piacevole e produttiva nei prossimi .. anni, e ci auguriamo di accoglierla nel nostro team il prima possibile. Cordialmente, Lionel McKinnon Presidente Ho lo stomaco sottosopra quando finisco di leggere la lettera; sono assalita da ondate di emozione e preoccupazione, in lotta tra loro per prendere il sopravvento nelle parti basse del mio corpo. Arrossisco. La comunicazione sembra così ufficiale, e i sottintesi sessuali sono abilmente nascosti. D’istinto accarezzo il braccialetto che porto al polso. «Tutto bene?», mi chiede Robert sollevando lo sguardo dal giornale. Mi accorgo che mi tremano le mani .. mentre gli porgo la lettera affinché la legga. «È la ricerca di cui hai parlato con Jeremy?». Annuisco. «Ottime notizie, allora, congratulazioni! Hai lavorato tanto, te lo meriti». Mi dà un bacio su una guancia. «Qui ci vuole dello champagne». Non so cosa ho fatto per meritare gli uomini della mia vita. Epilogo .. Eccomi qui, seduta in prima classe, e anche questa è un’esperienza nuova ed esaltante. Siamo sulla pista, in attesa del decollo. Mai e poi mai avrei pensato che tutto questo potesse succedere proprio a me. Mi sento come se stessi davvero diventando la persona che ho sempre voluto essere. Sono così emozionata all’idea di rivedere Jeremy. Le farfalle nello stomaco sono sempre lì, proprio come prima del nostro incontro a Sydney, ma stavolta sono grandi e colorate, e sono felice che ci siano perché mi fanno sentire piena di vita. Con la mente torno all’altro giorno, .. mentre mi trovavo in giro per la città per lavoro. Stavo passando accanto a un negozio che vendeva selle e staffe, quando con la coda dell’occhio ho notato uno scudiscio. Un’emozione intensa mi ha attraversato il corpo con tanta ferocia da lasciarmi per un attimo cieca e senza fiato, mentre mi appoggiavo alla vetrina del negozio. Era un accesso erotico! Il basso ronzio interno al quale ormai mi sono abituata dopo il mio rientro ha avuto un picco improvviso, esplodendo in vibrazioni elettriche che andavano dal clitoride ai capezzoli. “Per fortuna indosso un reggiseno imbottito”, ho pensato mentre ansimavo in cerca d’aria, e intanto un fluido caldo, come oro liquido, ribolliva nelle mie parti più intime. Una.. mia studentessa che passava di lì per caso si è fermata e mi ha chiesto se stavo bene e se mi serviva aiuto. Ho annuito, sostenendo che era tutto okay, ma lei è rimasta lo stesso per un minuto, con gli occhi spalancati, finché non sono tornata in me e sono riuscita a dirle che stavo benissimo e l’ho lasciata proseguire. Dio, se solo avesse saputo. Ho un bisogno disperato di parlare con Jeremy di questi accessi psicofisici che mi prendono di fronte a un’immagine, un suono o un ricordo di quel weekend. Una parte di me si vergogna che possa succedere in pubblico, ma mi affascina scoprire cosa potrebbe innescare un altro episodio e non vedo l’ora di provarlo di nuovo. I voli sono puntuali; non ci sono ritardi a Singapore.. e arrivo a Londra in perfetto orario. Attraverso le porte a vento di Heathrow e vedo uno chauffeur in piedi con il mio nome scritto su un cartello. È splendido viaggiare così. Ci salutiamo e l’uomo mi prende la valigia. Quando arriviamo alla berlina nera con la portiera aperta, c’è un altro uomo con una divisa simile. «Buongiorno, dottoressa Blake. Benvenuta a Londra». «Buongiorno. È fantastico essere qui». Sorrido mentre lui mi apre lo sportello e l’altro si occupa del bagaglio. Quando mi accomodo sul sedile posteriore controllando se ho tutto, sento una voce chiamare il mio nome; viene da qualche parte dietro di me. Mi volto e, sorpresa, vedo Jeremy.. e Samuel che corrono verso la macchina. Che diavolo ci fanno qui? Non pensavo arrivassero prima di stasera tardi. Sollevo una mano per salutarli, senza capire, ma in quel momento l’uomo che era con l’autista chiude lo sportello e si getta sul sedile anteriore. I visi di Jeremy e Samuel si contraggono in una smorfia sgomenta, mentre entrambi continuano a correre verso di me. Proprio quando sto per chiedere all’autista di aspettarli, la macchina balza in avanti e l’accelerazione mi schiaccia contro il sedile. Gli dico di fermarsi, che li conosco. Jeremy corre accanto alla macchina e batte i pugni contro i finestrini posteriori. Cerco di aprire il mio per parlargli, ma non c’è alcun pulsante. Il finestrino viene oscurato e non vedo più il suo volto. ..Lo sportello è bloccato, e quando mi giro per guardare l’autista si alza una barriera di vetro nero tra i sedili davanti e quelli dietro. Grido e batto contro lo sportello e il vetro. Acceleriamo. Comincio a tremare, con l’immagine del viso stravolto di Jeremy scolpita nella mente. Cerco il telefono nella borsa, ma non c’è campo. Non capisco più nulla. Sono in una macchina dai vetri oscurati in cui non prendono i cellulari. Chi sono questi uomini? Continuo a picchiare contro il vetro gridando, cercando di capire cosa succede. Provo ad aprire gli sportelli, tentando con entrambi, sbatto i palmi delle mani contro i finestrini neri. Che succede? All’improvviso mi sento confusa, sto per svenire. Poi non sento più nulla… .. Nota dell’autrice .. Nella società occidentale dubito che esista qualcuno che non è stato toccato dalla depressione in qualche modo, forma o misura. La depressione colpisce 120 milioni di persone in tutto il mondo ed è la causa di più di 850.000 decessi ogni anno. Sono statistiche spaventose e sconvolgenti, che la rendono una delle malattie più serie da cui è affetta l’umanità. Negli Stati Uniti le prescrizioni per gli antidepressivi sono aumentate quasi del 400% dal .. 1988: dunque più di un americano su dieci al di sopra dei dodici anni ha preso antidepressivi. Ogni anno vengono compilate più di 21 milioni di ricette di farmaci che stimolano l’attenzione, soprattutto per bambini tra i sei e i quattordici anni. L’utilizzo di antidepressivi nei bambini è aumentato del 333% nell’ultimo decennio. Interessante, vero? Ringraziamenti .. GRAZIE… A mia madre, che mi ha incoraggiata a continuare quando non ero sicura se farlo, e con grande precisione ha corretto testi per lei scioccanti. A mia sorella: senza il suo atto di coraggio di cinque anni fa, ora non vivremmo insieme e non condivideremmo i nostri sogni. A Melissa, che mi ha lasciato le porte socchiuse in modo che potessi scivolarci dentro appena in tempo. A Rob, per avermi fatto notare che chiunque concluda un manoscritto, pubblicato o meno, ha comunque fatto qualcosa di molto speciale. A Adrienne: non vedo l’ora di abbracciarti e ringraziarti di persona per le tue parole, fonte di ispirazione e incoraggiamento, e per avermi dato .. la forza di andare avanti. A Kate, cui stavano succedendo tante cose e ha trovato comunque un po’ di tempo per incontrarmi. Ai miei splendidi, meravigliosi, speciali amici che hanno sostenuto l’impatto della prima stesura grezza e non mi hanno depennata dalla lista delle conoscenze. Ai miei ragazzi: voi sapete chi siete e che la mia vita e questo romanzo non sarebbero gli stessi senza di voi. A mio padre, per l’amore, il sostegno, l’umorismo e i racconti. A mio marito, per essere stato la mia roccia negli ultimi vent’anni e per essermi stato accanto nel bene e nel male: so che non è sempre stato facile. Alla mia famiglia e ai miei amici, la mia vita non avrebbe senso senza di voi… Ed è altrettanto importante ringraziare le mie agenti, Selwa Anthony e Shona Martyn della Harper Collins. Questo romanzo non sarebbe mai .. stato pubblicato se non fosse stato per il loro incontro fatidico e miracoloso poco tempo fa. Grazie, Selwa, per avermi guidata nel turbinoso mondo dell’editoria. E un grazie di cuore al team della Harper Collins Australia, in particolare ad Anna Valdinger, Rochelle Fernandez e Graeme Jones, che hanno lavorato incessantemente perché tutto questo accadesse. .. Indice Prefazione Parte prima Parte seconda Parte terza Parte quarta Parte quinta .. Parte sesta Parte settima Epilogo Nota dell’autrice Ringraziamenti