Untitled - MissDanyCullen

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Untitled - MissDanyCullen
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Titolo originale: Destined to Play
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Copyright © Indigo Partners Pty
Limited 2012
First published in English in Sydney,
Australia
by HarperCollins Publishers Australia
Pty
Limited in 2012.
This Italian language edition is
published by arrangement
with HarperCollins Publishers
Australia Pty Limited.
The Author has asserted her right to be
identified
as the author of this work.
All rights reserved.
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Indigo Bloome
Incontri proibiti
La seduzione
Newton Compton editori
..
A mia madre,
il cui amore incondizionato,
mio sostegno e nutrimento,
mi ha permesso di vivere
e rivivere i miei sogni.
Prefazione
..
«Hai mai avuto l’impressione di
essere destinata
a giocare?»
«Solo nei sogni…»
Se avessi saputo allora quello che so
adesso, le cose sarebbero andate in modo
diverso?
Non so con esattezza come e perché la
mia vita sia cambiata così radicalmente e
così all’improvviso, pur continuando
come se nulla fosse. Tutto è cominciato un
fine settimana che forse, a ripensarci, non
avrebbe mai.. dovuto aver luogo, ma che,
mi suggerisce una voce insistente dentro
di me, forse era destinato a essere quello
che è stato…
E adesso sono alle prese con un
tornado psicologico e sessuale che mi ha
travolto senza alcun preavviso. O forse mi
sono solo sfuggiti gli indizi. In ogni modo
quel che è stato è stato, e quel che sarà
sarà. Solo che non so come andrà a finire,
né so se sopravvivrò al viaggio.
Parte prima
..
Nessuno dei lavori normalmente
svolti dagli uomini è paragonabile
per impegno e responsabilità al
lavoro di una donna che cresce dei
figli piccoli; perché il suo tempo e le
sue energie sono dedicate a esigenze
che spuntano non solo a ogni ora del
giorno, ma anche a ogni ora della
notte.
Theodore Roosevelt
Prima di uscire mi assicuro che tutto a
casa sia ben organizzato.
Gli zaini dei bambini sono pronti.
Ho preparato
pasti in abbondanza.
..
Sciarpe e cappotti sono stati sistemati.
Jordan ed Elizabeth, con altri ragazzi,
prenderanno parte alla loro prima
settimana nei boschi, accompagnati dai
papà, i quali saranno incaricati di badare
a loro, data la particolare natura delle
attività previste. Dal punto di vista delle
madri è un’idea brillante, anche se in cuor
nostro tutte sappiamo che sentiremo la
loro mancanza già dalla prima notte. I
ragazzi erano rimasti malissimo quando
avevano saputo che la spedizione
rischiava di essere annullata per
mancanza di fondi e perché la Tasmanian
Wilderness Foundation aveva deciso di
negare il proprio sostegno. Per fortuna,
all’ultimo momento la Fathers4kids si è
detta disponibile a finanziare l’iniziativa,
così la spedizione
alla fine si farà. I
..
ragazzi sono al settimo cielo. In effetti, a
pensarci, anche mio marito Robert sembra
euforico per quest’avventura, più di
quanto non sia mai stato da anni. Deve
avere a che fare con la psicologia
maschile e con l’istinto esplorativo –
l’eccitante prospettiva di ripercorrere le
orme della tigre della Tasmania – o forse,
semplicemente, è ansioso di allontanarsi
da me. Comunque sia, non vede l’ora di
partire. Nessuno dei tre è riuscito a
prender sonno al pensiero della grande
avventura che li attende: esplorare la
costa occidentale della Tasmania sulle
tracce della famosa e sfuggente tigre
locale.
Ho deciso di sfruttare il periodo di
assenza dei bambini per completare un
ciclo di conferenze
che ho rimandato di
..
mese in mese nell’attesa che arrivasse il
cosiddetto momento giusto, perciò mi
appresto a volare a Sydney, Brisbane,
Perth e Melbourne per mettere a parte
studenti, docenti e professionisti vari
delle mie ultime scoperte.
Adesso però bisogna che mi concentri
sulla prima conferenza, che terrò questo
pomeriggio a Sydney. Ripercorro
mentalmente la mia lista: appunti, slide,
spunti di discussione, compiti da
assegnare durante i workshop, computer
portatile, cellulare, c’è tutto. Sono ancora
tutta presa dalla mia recente ricerca sulla
stimolazione visiva e sul suo ruolo nello
sviluppo della percezione, e anche ora mi
ritrovo a vagare con la mente e a perdermi
nel mio lavoro, a immaginare un nuovo
taglio da .. dare alle argomentazioni
provocatorie che sosterrò durante le
conferenze.
All’improvviso mi assale una forte
emozione, come se avessi delle farfalle
nello stomaco, al punto che devo
appoggiarmi al bancone della cucina per
non vacillare. Che strano. Di solito non
sono nervosa prima delle conferenze, al
contrario, è un aspetto del mio lavoro che
mi piace molto. Coinvolgere giovani
menti nella sfida di raggiungere nuove,
più ampie, più profonde conoscenze…
che c’è di meglio? Ma da dove accidenti
arrivano queste farfalle?
Mi prendo una pausa per analizzare
queste sensazioni e cercare di
individuarne l’origine, il che sembrerà
bizzarro ad alcuni, per me invece è
un’abitudine... Sono troppo intense, non
può essere l’imminente conferenza a farmi
sentire così. Forse il viaggio lontano dalla
famiglia. Ma no, non è la prima volta che
mi separo da loro, soprattutto per motivi
professionali. Cerco di andare oltre
l’immediato, di pensare anche al resto del
fine
settimana,
e
mi
blocco
all’improvviso: un altro sussulto allo
stomaco. Mi sorprendo a inspirare
istintivamente al pensiero che oggi alle
cinque del pomeriggio, all’Hotel
Intercontinental, incontrerò Jeremy.
Il dottor Jeremy Quinn. Il mio migliore
amico ed ex compagno di studi, l’uomo
che ha mostrato alla mia mente e al mio
corpo orizzonti che non credevo possibili.
Da giovani eravamo legatissimi e
abbiamo vissuto insieme le esperienze più
disparate. Se
ripenso a tutto ciò che
..
abbiamo combinato in quegli anni, mi
riesce difficile credere che oggi Jeremy
sia uno dei più rispettati e stimati
ricercatori medici di tutta l’Australia e la
Nuova Zelanda. Non riesco a dire del
mondo, perché in fin dei conti… si tratta
di
Jeremy!
È
appena
tornato
dall’università di Harvard, dove ha
presentato alcune sue pionieristiche
ricerche condotte insieme all’emerito
professor E. Applegate.
Jeremy ha sempre provato un gusto
particolare a scardinare confini e
credenze convenzionali, alla costante
ricerca di soluzioni innovative e
spiazzanti per i più spinosi problemi della
medicina. Di recente ho letto in un
articolo di giornale che, nell’ambito della
sua ricerca ..con il professor Applegate, ha
incontrato nientemeno che Melinda e Bill
Gates. A quanto pare sta coinvolgendo i
pezzi grossi del mercato globale.
Riflettendoci, ha sempre posseduto la
determinazione e il potenziale necessari a
raggiungere l’eccellenza nel suo campo. È
incredibile la serie di successi che ha
collezionato a soli quarant’anni. È un
essere umano eccezionalmente dotato, dal
punto di vista intellettuale ed emotivo, e
tutti adorano stare con lui. Non c’è dubbio
che queste doti, unite al duro lavoro, gli
abbiano permesso di mietere i successi
che spero si stia godendo.
La mia carriera deve fare i conti con la
vita familiare, soprattutto con le esigenze
dei bambini; per Jeremy invece la carriera
è tutto, o quasi. È sempre stato tenace
nella ricerca.. di nuove cure mediche e il
suo nome è legato a scoperte che il mondo
occidentale dà oggi per scontate. Con quel
tipo di determinazione e di ambizione, non
c’è da stupirsi che gli sia mancato il
tempo di sistemarsi o di trovare una
persona speciale con cui condividere
l’esistenza. Almeno non mi risulta che
abbia una compagna. Ha sempre suscitato
l’interesse dell’altro sesso, come una
specie di George Clooney della ricerca
medica. Di certo non soffre di carenza di
attenzioni.
Comunque sia, ecco spiegato il motivo
per cui il mio stomaco è in subbuglio, il
che è assolutamente ridicolo alla mia età.
Mi concedo un vago sorriso divertito al
pensiero di essere ancora capace di
questo genere di reazioni adolescenziali
con tanto di ..palpitazioni. Sono emozionata
e un po’ nervosa all’idea di rivederlo
dopo tutto questo tempo. Ancora oggi, nei
momenti in cui sono sola e in uno stato di
torpore sensuale, di solito nelle prime ore
del mattino, mi riaffiorano alla mente i
ricordi dei tempi dell’università…
Che diavolo mi prende? Se non mi
sbrigo finirò per perdere l’aereo!
«Allora, ragazzi? Dove siete? Devo
fare il pieno di baci e di coccole prima di
partire. Non vi vedrò per ben dieci
giorni!». Seguono caldi abbracci
familiari. Dico ai ragazzi che li amo più
della mia stessa vita e auguro loro una
favolosa avventura nella selvaggia costa
occidentale, sulle tracce di quella belva
solitaria. A quanto pare ci sono stati
avvistamenti recenti, o almeno così si
dice. Un accampamento
di ragazzini in età
..
scolare è proprio quello che ci vuole per
farla venire allo scoperto! Comunque la
gioia e l’entusiasmo dei ragazzi sono
incontenibili.
«E state attenti!», li esorto,
dichiarandomi ansiosa di sentire, al loro
ritorno, tutti i particolari dell’avventura.
Il suono di un clacson mi annuncia che
il taxi è arrivato, e faccio un ultimo
controllo per assicurarmi di aver preso
tutto ciò che mi serve. Per fortuna le
farfalle nello stomaco si sono placate.
Sfioro con le labbra la guancia di mio
marito mentre gli raccomando di avere la
massima cura dei miei bambini e di fare
in modo che siano sempre al sicuro. Per
un breve secondo mi domando come abbia
fatto la nostra relazione a diventare così
superficiale.. e platonica… ma ho troppe
cose per la testa per soffermarmi su un
simile pensiero, e di fretta auguro a tutti
loro una meravigliosa avventura. Mio
marito carica la valigia nel bagagliaio,
poi saluto con la mano i ragazzi affacciati
alla finestra, mentre il taxi esce dal
vialetto e si dirige verso l’aeroporto.
***
“Concentrati,
porca
miseria,
concentrati!”, continuo a ripetermi con
scarso successo. Oggi mi distraggo con
estrema facilità, il che è molto insolito. Il
comandante fa il suo discorso: le
condizioni meteorologiche sono buone, la
rotta è libera, non si prevedono ritardi.
Gli assistenti mi dicono di allacciarmi la
cintura e di chiudere il tavolino davanti a
me, come .. si fa sempre al decollo.
“Credete che non lo sappia?”, penso con
un sorprendente senso d’irritazione. Ma
poi eseguo le istruzioni, non voglio certo
fare una scenata. Metto via con riluttanza i
miei appunti e chiudo gli occhi per
qualche minuto, mentre l’aereo fa
lentamente manovra verso la pista di
decollo. A ogni respiro sento il petto
sollevarsi e abbassarsi appena. Ho in
mente il viso di Jeremy, il suo splendido
sorriso sfacciato, i suoi occhi grigioverdi
che sembrano senza fondo… quelle labbra
che mi baciano piano il collo… le sue
dita che mi sfiorano con leggerezza i
capezzoli… riportandoli in vita…
Che sto facendo? Freno di colpo le mie
fantasie. È assurdo. Mi costringo a tornare
nel presente e mi accorgo all’improvviso
che siamo ..in volo e che la spia che
segnala l’obbligo di tenere le cinture
allacciate si è spenta. Tiro un sospiro di
sollievo. Finalmente posso tornare a
occuparmi delle mie conferenze. Mi dico
che sono abbastanza disciplinata da
impedire alla mia mente di vagare oltre.
Sono brava con la disciplina, ribadisco
rivolta a me stessa. Gestisco una casa, una
carriera,
una
vita
perfettamente
organizzate. Amo la mia famiglia e il mio
lavoro e ho studiato a lungo e con tenacia
per ottenere quello che ho. Dottoressa
Alexandra Blake. Lavoro sia nel mondo
aziendale sia all’università, dato che ho
studiato economia e psicologia. Questo
abbinamento mi ha portato bene dal punto
di vista finanziario, e sono grata di
potermi considerare uno dei pochi
privilegiati ..che si dedicano con passione
al loro lavoro. Ma ora basta parlare da
sola e autoelogiarmi. Devo pensare alla
presentazione di oggi.
Ricomincio a riflettere sul tema della
conferenza che tra poche ore terrò di
fronte a circa cinquecento persone. Questo
pensiero finalmente mi obbliga a
concentrarmi. Considero l’ipotesi di
escogitare nuove domande e spunti per
aprire dibattiti e stimolare la riflessione.
L’idea mi piace e trascrivo alcuni appunti
sul taccuino per usarli nell’ultima parte
della conferenza.
Quanto conta la percezione visiva nel
vostro modo di pensare?
Fino a che punto il vostro modo di
interpretare il mondo dipende dagli
stimoli visivi che ricevete?
Quale dei
restanti quattro sensi,
..
secondo voi, potrebbe sostituire la vista
nel caso questa fosse danneggiata?
Perché? Come?
Dal momento che, secondo le ricerche,
il linguaggio del corpo, recepito tramite la
vista, plasma il novanta per cento della
comunicazione umana, l’importanza di
queste domande aumenta in misura
esponenziale.
Mi sento molto più calma, ora che sono
di nuovo assorbita dal mio lavoro. Il resto
del volo procede senza intoppi e arrivo
puntuale all’università di Sydney.
***
«Dottoressa Blake, buongiorno. Che
piacere riaverti tra noi!».
Alzo lo sguardo e sorrido al mio
supervisore..di dottorato, Samuel Webster.
«Buongiorno a te, professore. Sono
contenta di rivederti».
«Sei sempre la benvenuta, Alexandra. È
passato troppo tempo. Pare sia molto
difficile stanarti dalla tua isola del Sud».
«È vero. Sono passati anni. Il tempo
vola quando ci si diverte, immagino».
«Sono felice di sapere che stai bene. Di
certo sarai stata molto impegnata con la
ricerca. Non vediamo l’ora di assistere
alla tua conferenza di questo pomeriggio».
«E io, come sempre, non vedo l’ora di
conoscere la tua opinione in merito. Ti
ringrazio molto per aver organizzato tutto
questo».
«È un piacere, mia cara, un piacere.
Hai tempo per un pranzo veloce tra
colleghi prima di salire in cattedra?»
«Per te sempre,
Samuel!». Ricambio il
..
suo sorriso amichevole mentre mi fa
strada verso i curatissimi prati che
circondano i vecchi edifici storici. È
bello essere di nuovo qui.
A pranzo con Samuel rifletto su che
onore sia stato avere lui come supervisore
di dottorato. È specializzato nei
comportamenti
difensivi
(passivi
aggressivi) sui luoghi di lavoro e mi ha
aiutato molto a elaborare la mia tesi. La
sua rete di conoscenze, sia in ambito
accademico che aziendale, non conosce
paragoni e il suo sapere è immenso. Di
recente ha lavorato a stretto contatto con il
Brain and Mind Research Institute,
collaborazione che gli ha permesso di
analizzare molte delle sue rivoluzionarie
ipotesi sul comportamento e la sessualità
nel campo .. delle neuroscienze. Il suo
lavoro è davvero affascinante e,
parlandoci, mi rendo conto di quanto ne
sia assorbito.
Mi ritrovo a riflettere sull’enorme
importanza che Samuel ha avuto nella mia
carriera. Il suo sostegno e i suoi saggi
consigli mi hanno obbligata a tenere duro,
sia per rispetto verso di lui sia in vista
delle soddisfazioni future. È molto severo
con i dottorandi, non ammette che
qualcosa sia lasciato al caso. Sorrido tra
me e me pensando a quegli anni di follie e
frustrazioni, contenta di averli vissuti ma
anche grata di essermeli lasciati alle
spalle.
Samuel mi aveva offerto un posto come
docente all’università di Sydney e di certo
non l’ha presa bene quando ho rifiutato in
favore di un
ruolo simile all’università
..
della Tasmania. Mi ha insegnato
moltissimo e io mi sentivo in debito nei
suoi confronti, ma lui capì le mie ragioni.
Si trattava di una scelta di vita, avevo al
seguito una giovane famiglia. Mi promise
che saremmo rimasti in contatto e che non
mi avrebbe fatto mancare il suo appoggio,
sia sul piano professionale sia su quello
personale, ed è stato decisamente di
parola. Samuel ha avuto un ruolo
fondamentale nel far decollare la mia
ricerca sulla percezione visiva e con il
tempo è diventato il mio primo mentore
accademico; è grazie a lui se oggi terrò
qui la mia conferenza.
Mi commuove che abbia trovato il
tempo di presentarmi la sua squadra di
ricercatori “d’élite”, come li chiama lui, i
quali sembrano
pendere dalle sue labbra.
..
Immagino di aver avuto anch’io
quell’atteggiamento quando ero una
giovane dottoranda. Brad, Max, Denise ed
Elijah stanno facendo tutti cose
affascinanti nel campo della psicologia e
delle neuroscienze. Mi fa sentire viva
tornare ad avere a che fare con i miei
simili. La nostra non è certo la tipica
conversazione tra amici riuniti attorno a
un tavolo. Molto presto ci addentriamo
nei dettagli delle loro ricerche e la piega
che prende il discorso mi lascia a dir
poco stupita. Con cervelli di quel calibro
ad animare la discussione, i commenti
intorno alla nostra tavola si incrociano a
velocità tale che faccio fatica ad
assimilarli tutti.
«Persino
l’origine
dell’orgasmo
femminile è.. ancora in attesa di indagine
scientifica, mentre gli studi su quello
maschile sono stati finanziati e
approfonditi, e praticamente non esistono
più ombre al riguardo».
«In sostanza, la scienza medica si
ostina a non voler riconoscere l’evidenza
fisica
dell’eiaculazione
femminile;
purtroppo il fenomeno non rappresenta
una priorità tra gli studiosi. Per mancanza
di fondi non siamo in grado di fornire
conoscenze adeguate sul tema dei
comportamenti
sessuali
femminili.
Speriamo di cambiare questa situazione».
«Ancora oggi il divario fra medicina e
scienza riguardo all’orgasmo femminile è
tale, che la spiegazione più accreditata
dell’eiaculazione femminile è che si tratti
di una forma di incontinenza urinaria».
«Vi rendete
conto che non esiste alcun
..
accordo fra i medici riguardo all’origine
dell’orgasmo? Se abbia a che fare con
l’utero, il clitoride, la vulva o con tutte
queste cose insieme? Eppure questo
concetto di orgasmo femminile è presente
in tutta la letteratura!».
«Il vero problema è la mancanza di
soggetti disposti a generare liquido
orgasmico in un ambiente clinico».
«Nessuno conosce il modo più efficace
per provocare un orgasmo femminile, il
che rende molto difficile avanzare delle
ipotesi».
«Pare che gli stati fisici, emotivi,
ormonali e ambientali abbiano un ruolo
significativo, ma con le conoscenze che
abbiamo è impossibile stabilire quali di
essi giochino un ruolo preponderante. Le
ipotesi sono.. molte e diverse tra loro,
perciò stiamo conducendo altre ricerche
sulle connessioni neurali per formulare
ulteriori teorie».
A questo punto mi si forma nella mente
l’immagine di una schiera di donne in
vestaglia bianca distese su letti
d’ospedale a gambe aperte, nel tentativo
di procurarsi un orgasmo che possa essere
racchiuso in una provetta da laboratorio.
Scuoto la testa con forza per scacciare
l’immagine inquietante che mi si è
impressa nel cervello. Mi accorgo di
avere a malapena toccato il piatto, tanto
ero assorbita dalla conversazione.
È Samuel a concludere: «Come vedi,
Alexandra, c’è ancora molto da capire e
da scoprire riguardo all’orgasmo
femminile, incluso il ruolo delle
componenti .. emotive e cognitive. Quello
che sappiamo è ancora altamente
soggettivo, personale e, a quanto pare,
dipendente dalla singola esperienza delle
donne. Possiamo solo sperare di riuscire
a definire un approccio più convincente
per le nostre ricerche e per le future
conclusioni».
Sono affascinata dalla storia e dal
mistero che sembra avvolgere questo
tema. Non immaginavo che se ne
discutesse ancora tanto negli ambienti
medici e che in alcune aree fosse
considerato addirittura un tabù, per così
dire. Trovo a dir poco scioccante che
l’orgasmo femminile sia così poco
studiato mentre quello maschile è, dal
punto di vista psicologico, un fenomeno
noto in ogni suo aspetto. Mi sembra
impossibile,.. e non crederei a ciò che
sento se questi discorsi non venissero
dalle persone che sono riunite intorno al
tavolo con me. Riesco a ingurgitare
qualche boccone prima che Samuel e il
suo team mi augurino buona fortuna,
mentre ci alziamo e ci avviamo verso
l’aula dove si terrà la conferenza.
«Perché stasera non ti unisci a noi per
bere qualcosa insieme? Sono certo che il
team sarebbe entusiasta di discutere
faccia a faccia i dettagli della tua
ricerca». C’è uno scintillio negli occhi di
Samuel e mi accorgo di essere lievemente
arrossita.
«Nei sarei felice, lo sai, ma purtroppo
ho altri programmi».
«Ma certo, mia cara. Domandare è
lecito».
Per qualche
ragione mi sfugge una
..
risata nervosa, come se fossi stata appena
colta sul fatto.
«Mi vedo con un vecchio amico
dell’università. Forse ti ricordi di lui.
Jeremy Quinn». Mi sforzo di usare un tono
naturale, il che non è facile visto che il
solo fatto di pronunciare il suo nome basta
a farmi venire le palpitazioni.
«Me lo ricordo, certo. Il dottor Quinn
sta mettendo sottosopra gli ambienti
medici statunitensi con la sua ricerca sulla
depressione. Lavora con il professor
Applegate, vero?».
Avrei dovuto immaginare che Samuel
fosse più aggiornato di me sui temi caldi
dell’ambiente accademico globale.
«Mi pare di sì. L’ho solo letto su una
rivista, non ne ho parlato con lui
personalmente».
..
«Portagli i miei saluti. Un uomo di
grande talento, il dottor Quinn. Chissà
quante aziende farmaceutiche saranno
interessate al suo lavoro. Di certo lui non
avrà i problemi di finanziamento che
affliggono noi comuni mortali».
Non sono certa di aver capito
quest’ultimo commento, ma ormai la mia
attenzione è rivolta al discorso che dovrò
tenere fra pochi minuti.
«Lo farò e ti ringrazio di tutto, Samuel.
È stato magnifico rivederti. Auguro il
meglio a te a al tuo team. Fammi sapere se
posso aiutarvi in qualche modo».
E all’improvviso, ricordando la
conversazione avuta a tavola, mi viene il
dubbio che non sia una proposta
opportuna!
«Contaci,.. mia cara. Vai e conquistali».
Ci congediamo con un abbraccio e mi
avvio verso il leggio per tenere la mia
conferenza.
***
È uno splendido venerdì pomeriggio a
Sydney, e tutti si crogiolano al sole.
Questa città sa essere davvero
affascinante, quando vuole. Il porto
brulica di traghetti e yacht che sfilano
allegri con i loro colori brillanti, la città
ferve di animazione. La gente che esce
dagli uffici si prepara al fine settimana
con vibrante entusiasmo e si dirige verso i
bar sulla battigia del porto. Vedo un
gruppo di giovani ben vestiti e sorridenti
che ciondolano allegramente in attesa di
bere qualcosa. Sembrano appena usciti da
un numero ..di «Vogue». Mi ricordo di
quando anche io ero una di loro,
concentrata sulla carriera ma spensierata
come il vento, in stato di perenne
fibrillazione al pensiero del tempo che
avevo davanti e delle mille possibilità
che il futuro aveva da offrirmi. Il nostro
problema principale, a quei tempi, era
cosa fare la sera durante il weekend e
quale cocktail ordinare per primo.
È stato nel corso di una di quelle serate
che con Jeremy siamo passati da amici
per la pelle, sempre in giro a braccetto, ad
amanti focosi, costantemente assetati l’uno
dell’altra. Mentre il taxi attraversa le zone
più interessanti della città, i luoghi in cui
tutto è cominciato, il mio pensiero vola
inesorabile ai momenti di sensualità
intensa e sfrenata che abbiamo vissuto
insieme. I .. ricordi mi costringono a
muovermi a disagio sul sedile.
In quel periodo avevo appena iniziato
un lavoro estivo in una delle quattro
grandi banche della città. Non era un
impiego di particolare interesse, ma i
colleghi erano simpatici e la paga era ciò
di cui avevo bisogno per le vacanze. Era
fantastico stare lontana dai libri per
qualche mese e in più ero segretamente
elettrizzata dalla prospettiva di indossare
ogni giorno tailleur e tacchi alti. La
mamma mi aveva regalato una splendida
borsa, che ho ancora, e…
«Ciao Jeremy. Sto andando alla mia
prima missione come funzionario
aziendale…».
«Già, fantastico. Io vado da
Wentworth, ..magari potremmo vederci lì
con le ragazze verso le nove per bere
qualcosa e fare quattro salti».
«Certo. Passo a prenderle e ti
raggiungiamo».
«Bene. Fantastico. Ci vediamo dopo,
allora».
Riappendo.
Sembra proprio ansioso di vederci.
Mmh, penso tra me e me, forse gli piace
Eloise, del resto piace a tutti… forse
dovrei dirgli qualcosa… secondo le
altre, Eloise sta esplorando nuovi
orizzonti, ragazze insomma, ma non
abbiamo elementi per confermare la
voce o per smentirla. Sono sicura che ce
lo dirà lei stessa quando se la sentirà.
No, mi ripeto con convinzione, meglio
restarne fuori. Quel che dovrà essere
sarà.
..
Il bello di lavorare in una grande
azienda è che hai cibo e bevande gratis.
Ci fermiamo per un po’, poi decidiamo di
dare inizio al nostro venerdì sera.
Raccogliamo le nostre cose e andiamo al
locale. Una volta lì puntiamo subito al
bagno delle signore, dove ci togliamo
giacche e calze, apriamo un paio di
bottoni, ci ravviamo la pettinatura e ci
ritocchiamo mascara, eyeliner e
rossetto. Quando usciamo dalla toilette
siamo sexy e audaci, pronte a tuffarci
nella mischia.
Il volume della musica è alto e noi
abbiamo già bevuto un paio di bicchieri,
perciò ci lanciamo sulla pista da ballo
come solo un gruppo di ragazze può fare.
Sono completamente assorbita dalla
musica, ballo
con gli occhi chiusi
..
quando all’improvviso due mani forti mi
afferrano per i fianchi e mi tirano
indietro, verso il corpo del loro
proprietario. So d’istinto che si tratta di
Jeremy e comincio a muovermi felice
intorno a lui, a ritmo di musica. Non so
nemmeno io come, ma sembriamo
perfettamente sincronizzati, ci muoviamo
come fossimo un corpo solo. È dura non
perdermi nella sensazione del suo corpo
premuto contro il mio, con la musica che
rende il tutto ancora più eccitante. La
situazione si sta facendo davvero
bollente. Mi sembra di essere attratta da
lui da una forza magnetica; una qualche
energia repressa fra noi mi impedisce di
lasciarlo andare… Mentre guardo nei
suoi occhi ora più scuri, ipnotizzata
dalla loro intensità,
mi rendo conto che
..
tra noi è cambiato qualcosa. Che mi
prende stasera? Pare che i miei ormoni
siano partiti a briglia sciolta.
La musica è troppo alta, non sento ciò
che Jeremy mi sta dicendo, così lui mi
prende
per
mano
e
insieme
attraversiamo decisi la pista, verso uno
degli angoli bui dove la musica arriva un
po’ attutita. Mi spinge con delicatezza
contro il muro e mi afferra per le spalle,
bloccandomi con il suo corpo in quella
posizione. Sotto la camicia nera
aderente il suo corpo sembra tonico e
pulsante e il viso, vicinissimo al mio, è
madido di sudore dopo le nostre
prodezze sulla pista da ballo. Mi ci vuole
un attimo per riprendere fiato mentre mi
lascio conquistare dalla sua irresistibile
presenza. La
sua carica sessuale mi
..
travolge ed è come se i miei occhi si
fossero aperti per la prima volta.
Schiudo leggermente la bocca per
lasciar entrare l’aria necessaria a
ossigenarmi il cervello.
«Non posso più tenere le mani lontane
da te, AB».
In effetti sembra che le stia premendo
con forza contro il muro solo perché non
si avventino su di me.
«Allora non farlo». Incoraggiata
dall’onda crescente di sensualità e
desiderio, sono certa di emanare anch’io
un irresistibile richiamo sessuale.
Gli stacco la mano destra dal muro,
me la porto alle labbra, gli bacio piano
il dito medio e poi me la porto
lentamente verso il seno. Lui spalanca
gli occhi mentre
la mano gli scivola giù
..
fino a trovare un passaggio sotto la
cintura della gonna. Divarico un po’ le
gambe, senza smettere di guardarlo negli
occhi, poi conduco la sua mano oltre il
bordo delle mie mutandine e la guido
senza esitazione verso il punto più
sensibile.
«Dio santo, Alex, sei tutta bagnata!».
«Mmh, sì, è vero. Hai qualche idea su
come risolvere il problema?».
Lo stupore che leggo sul viso di
Jeremy è una vera delizia e devo
ammettere che io stessa non mi sarei mai
aspettata di sentire parole simili uscire
dalla mia bocca, ma ormai è fatta. Siamo
entrambi un po’ frastornati e
continuiamo a fissarci per essere sicuri
che stia succedendo davvero.
Improvvisamente
spinto all’azione,
..
Jeremy ritira la mano lasciandosi dietro
una piccola scia, mi prende per un
braccio e torna a grandi passi verso i
nostri amici, con me che gli arranco
dietro e per poco non inciampo. Spero di
non averlo offeso… forse non dovevo
dire quelle cose.
Si arresta di colpo e io gli vado a
sbattere contro. Oddio!
Prende la mia borsa, marcia dritto
verso la pista da ballo e dice qualcosa
all’orecchio della mia amica, la quale mi
fa un cenno e sorride. La guardo senza
capire, scrollo le spalle e la saluto di
rimando mentre Jeremy mi trascina fuori
dal locale.
«Che stiamo facendo?».
Nessuna risposta. Jeremy è in
modalità azione.
..
Mi lascia il polso e intreccia le dita
con le mie mentre camminiamo spediti
lungo la strada. Ho ancora il baccano
del locale che mi rimbomba nelle
orecchie.
«Non mi parli più?». Forse ce l’ha a
morte con me. Oddio, ma a che pensavo?
Forse ho rovinato la nostra amicizia.
Stiamo risalendo il versante della
collina e mi è venuto il fiatone a forza di
correre per stargli dietro. Ci stiamo
dirigendo verso l’orto botanico, a
quanto sembra. Una volta raggiunto il
prato, Jeremy si china, mi prende in
braccio e cammina in silenzio sotto la
luna per poi mettermi giù, in piedi, sotto
la chioma di un grosso albero. Lascia
cadere a terra la mia borsa, subito mi
prende la testa
fra le mani e comincia a
..
divorarmi la bocca con un impeto tale da
spingermi contro il tronco dell’albero. Il
suo corpo mi blocca sul posto e io sono
pazza di desiderio. Lui estrae dalla tasca
un preservativo, si sbottona i jeans a
tempo di record, se lo infila… è la prima
volta che vedo il pene di Jeremy e,
nonostante il buio, è uno spettacolo! I
suoi occhi sembrano riprendersi un po’
dall’estasi carnale quando si accorge
del mio sguardo; mi rivolge un sorriso
malizioso.
«Pronta?».
Annuisco, avida di lui.
Mi alza la gonna fino alla vita, mi
abbassa le mutande che cadono per
terra, mi solleva le ginocchia in modo
che mi cadano le scarpe e se le mette in
tasca… interessante,
non posso fare a
..
meno di pensare, eccentrico ma
interessante.
Mi prende le gambe e se le avvolge
attorno alla vita, mentre io gli stringo le
braccia intorno al collo con la schiena
premuta contro il tronco di quell’enorme
albero. La corteccia è ruvida, la sento
attraverso la camicetta di seta. Mi
soffermo un secondo a sperare che non si
strappi, ma a questo punto non me ne
importa più molto. Lui aspetta che io
annuisca di nuovo confermandogli che
sono più che pronta, che abbiamo
trascorso fin troppo tempo a stuzzicarci,
eccitarci e giocare platonicamente l’uno
con l’altra. L’energia sessuale tra noi
doveva raggiungere livelli esplosivi
perché questo succedesse, a conferma
del fatto che
.. entrambi lo vogliamo e lo
vogliamo adesso.
Poi lui entra di colpo dentro di me.
Ed è fantastico!
Poi lo fa di nuovo…
Ed è ancora più fantastico…
E ancora!
E ancora!
Mi sta impalando.
E a me piace da impazzire.
Alzo il viso verso la luna e grido,
grido per la bellezza di quello che
stiamo facendo, per la nostra bellezza.
Lui mi esplode dentro mentre il nostro
reciproco desiderio trova finalmente la
sua realizzazione fisica.
Ci avranno visti? Non che me ne
importi molto.
Restiamo insieme per ore, sdraiati
sull’erba, meravigliati
l’uno dell’altra, a
..
parlare, giocare, ridere, prenderci in
giro. Poi la notte si rischiara e arriva
l’alba. Ci sembra di aver sostato in una
bolla del tempo. Ci infiliamo insieme in
un taxi. Mi addormento sulla sua spalla
e qualche ora dopo mi ritrovo nel mio
letto. La mia prima volta con Jeremy è
stata una realtà e non un sogno, me lo
confermano le pagliuzze che ho tra i
capelli e le macchie d’erba sulla gonna.
A quanto sembra le mie mutande non
hanno ritrovato la via di casa…
Mi scappa un sospiro. Wow! Ho la
certezza di essere arrossita e mi muovo a
disagio sul sedile. Per fortuna l’autista
non si è accorto di niente. Sorrido tra me
a quei ricordi lontani e meravigliosi. Non
mi sono mai
.. più sentita così da allora.
Con ogni probabilità dall’ultima volta che
io e Jeremy siamo stati soli. Quei giorni
allegri e spensierati, liberi dalle
responsabilità – anche se allora ci
sembrava di averne fin troppe – liberi dai
figli, dalla casa, dal mutuo… Desidero
davvero una vita diversa da quella che ho
ora? A essere sincera no; un po’ di
divertimento, di incoscienza in più non mi
dispiacerebbero, è vero, ma sono
ragionevolmente soddisfatta di ciò che ho
oggi. Forse non della mia vita sessuale, lo
ammetto, che si è molto diradata dopo la
nascita di Jordan, anzi, a essere del tutto
onesta, è pressoché inesistente. Pensarlo
mi causa una sorta di shock. Come ho
potuto lasciare che succedesse? Come ho
potuto essere così impegnata da non
accorgermi .. che
questo
aspetto
fondamentale della mia vita stava
scomparendo? E non è ancora più
preoccupante il fatto che non l’abbia
nemmeno considerato un problema? Non
c’è da stupirsi che me ne stia seduta in un
taxi in questo stato di desiderio latente e
smanioso. Mi si forma in mente
l’immagine di una bella donna
addormentata, in attesa di un risveglio
sessuale dopo anni di torpore, una visione
dolcissima finché non mi rendo conto che
la donna sono io e che il principe tanto
atteso è Jeremy. Ma i ragazzi, pensa ai
ragazzi… Vale la pena mettere tutto a
repentaglio? Proibisco con decisione ai
miei pensieri di proseguire in questa
assurda direzione.
È un sollievo che la prima conferenza
sia andata bene.
Le reazioni e le domande
..
poste mi hanno fornito elementi per future
indagini e ricerche accademiche. Penso al
fine settimana che mi aspetta: rivedere gli
amici dell’università davanti a un
bicchiere di vino, raccontarsi carriera,
vita sociale, novità familiari. Chi sta
ancora con chi, chi ha traslocato… sono
certa che da quando mi sono trasferita in
Tasmania saranno nati diversi bambini.
Poi rivedrò i miei fratelli e i miei nipoti a
un barbecue domenicale. Peccato che
Jordan ed Elizabeth non ci siano,
sarebbero stati entusiasti di giocare con i
cuginetti. Sarà per la prossima volta.
Immersa come sono nei ricordi e nelle
immagini del fine settimana imminente, mi
stupisco nel rendermi conto che siamo già
arrivati a destinazione. Do una rapida
occhiata al .. rossetto e ai capelli, e mi
rendo conto di avere decisamente bisogno
di una rinfrescata nel bagno dell’albergo.
Mentre pago l’autista, le farfalle nel mio
stomaco, rimaste calme per un po’,
annunciano tumultuosamente il loro
ritorno, e prendendo le valigie mi accorgo
di avere i palmi sudati.
I ricordi mi hanno destabilizzata più di
quanto mi faccia piacere ammettere.
“Resta calma e datti un contegno,
Alexandra, sei una professionista, una
donna sposata, madre di due figli… E
smettila di parlare da sola!”.
Attraverso a passo deciso la hall
dell’hotel a cinque stelle fino alla toilette
delle signore, nel tentativo di stabilizzare
il mio stomaco. Che mi succede oggi?
Scuoto la testa e cerco di ricompormi. Il
fremito che ..sento nella parte inferiore del
corpo di certo non mi aiuta a calmare i
nervi, né favorisce il controllo della mia
fisiologia. Il che è quanto meno frustrante.
Com’è che solo qualche ora fa mi sentivo
perfettamente a mio agio parlando di
fronte a centinaia di persone, e ora le mie
dita tremano tanto che non riesco neanche
ad aprire il rossetto?
Guardo il mio riflesso nello specchio
mentre mi aggrappo al lavabo con
entrambe le mani. Attorno agli occhi ci
sono delle piccole rughe. Le avevo già
l’ultima volta che ho visto Jeremy? Forse
avrei dovuto seguire il consiglio della mia
amica e provare il botulino, «prima che
sia troppo tardi!», dice lei. Il solo
pensiero mi fa rabbrividire. Non sopporto
nulla intorno agli occhi, figuriamoci se mi
presterei a.. farmi iniettare qualcosa
proprio in un punto così sensibile. “Oh,
be’”, dico tra me e me, “devo solo
cercare di convivere con ciò che vedo
nello specchio fin quando non scopriranno
un metodo meno invasivo”.
Distratta e agitata come sono, non
riesco a decidere se tenere i capelli legati
o scioglierli. Per fortuna la mia chioma è
ancora scura, senza nemmeno un filo
grigio, anche se sono certa che i primi non
tarderanno ad arrivare. Decido di
mantenere il mio look professionale e
lascio i capelli legati; in fin dei conti
indosso un tailleur. Bene, sono pronta. O
almeno, più pronta di così non potrei
essere. Non troppo male per una
trentaseienne, penso. Mi do un’ultima
occhiata nello specchio pensando che
potrebbe essere
molto peggio e mi sforzo
..
di individuare il mio profilo migliore. Nel
profondo di me, non vedo l’ora di
rivedere Jeremy. Così mi lascio cullare
dall’emozione dell’attesa, e presto mi
ritrovo a percorrere di nuovo il viale dei
ricordi…
Jeremy e io frequentavamo l’università
insieme, anche se lui era di due anni
avanti rispetto a me. Fu mio cugino a
presentarci quando io ero al primo anno:
giocavano nella stessa squadra di
pallanuoto. Non ricordo bene come
cominciammo a frequentarci con
assiduità, ma lui era uno spasso. Ci
vedevamo così spesso che diventammo
grandi amici in modo molto naturale. Con
il passare del tempo facemmo le nostre
esperienze a base di alcol, droga e sesso,
come succede
a molti studenti
..
universitari. Durante gli anni di studio,
nelle vite di entrambi si succedettero
diversi partner, ma per ciascuno di noi
due l’altro era una presenza fissa e
insostituibile. Era difficile per gli altri
capire o addirittura definire la natura
della nostra relazione, probabilmente
perché noi eravamo i primi a non
comprenderla. Dopo un po’ i nostri amici
non ci provarono più e si limitarono ad
accettare il fatto che io e Jeremy saremmo
stati amici per sempre, a prescindere da
dove la vita ci avrebbe condotti. La cosa
buffa è che con il tempo anche noi ci
accontentammo di questo…
Dopo l’università prendemmo strade
diverse. Jeremy proseguì negli studi, poi
ottenne il brevetto di pilota e si arruolò
nei Flying .. Doctors1, un’esperienza di
lavoro nell’entroterra australiano che lo
conquistò e di cui io ero piuttosto gelosa
(così come lo ero stata del brevetto di
volo). Io lavoravo a Londra, concentrata
sull’obiettivo di costruirmi una stabilità
finanziaria prima di tuffarmi nei miei studi
di psicologia del lavoro.
Nel decennio che seguì ci incontrammo
nei luoghi più disparati del pianeta, ma
soprattutto in Europa visto che le sue
ricerche mediche lo portavano di
frequente a Londra. Abbiamo passato
serate di puro divertimento che si sono
trasformate in preziosi ricordi, prima di
imbarcarci nelle responsabilità della vita
adulta. Benché fossimo consapevoli che la
nostra relazione era importante per tutti e
due, sapevamo anche che non poteva
durare, o almeno
io sapevo che Jeremy, a
..
differenza di me, non era affatto pronto a
mettere radici. Era il grande non detto tra
noi, ma eravamo coscienti entrambi di
come stavano le cose.
Per lui la carriera contava più di tutto,
mentre io desideravo ardentemente una
famiglia, così le nostre strade si divisero.
Jeremy si vide offrire una ricca borsa di
studio all’università di Harvard per
proseguire le sue ricerche e si trasferì
negli Stati Uniti. Io conobbi a Londra
l’inglese che sarebbe diventato mio
marito, Robert, e ci trasferimmo insieme
in Australia. Sapevo che dovevo
lasciarmi alle spalle il passato di sesso
sfrenato con Jeremy, sistemarmi, mettere
su famiglia e fare carriera all’università.
Ed è proprio ciò che ho fatto.
Pur essendoci
visti di tanto in tanto per
..
cenare insieme quando ci siamo ritrovati
per caso nella stessa città, nell’ultimo
decennio io e Jeremy abbiamo vissuto
praticamente ai due capi opposti del
mondo. E le nostre vite sono proseguite
senza incrociarsi…
Mi costringo a tornare al presente e mi
dico con fermezza che starmene a
rimuginare nel bagno delle signore
significa solo sprecare il tempo prezioso
che abbiamo a disposizione. “Perciò
muoviti!”. Faccio un respiro profondo per
calmare i nervi, tiro indietro le spalle,
sollevo la testa e mi avvio risoluta a
incontrare il mio migliore amico ed ex
amante.
Mi guardo intorno nella sala del bar e
la sicurezza raggiunta con tanta fatica
evapora in .. un attimo: lui non c’è. La
delusione mi assale con ferocia tale che
devo poggiare una mano sullo schienale di
un divano per reggermi in piedi. “Tipico”,
penso. Inizio la giornata con le farfalle
nello stomaco e una ridda di pensieri
ridicoli, come una ragazzina che non vede
l’ora di incontrare il suo cantante
preferito, e la sera mi ritrovo a parlare da
sola nel bagno delle donne di un grande
albergo.
So quanto sia frenetica la vita di
Jeremy e che la sua agenda è soggetta a
cambiamenti continui. Era altamente
improbabile riuscire a vedersi solo
perché, guarda caso, questo fine settimana
ci troviamo entrambi a Sydney. È
frustrante aver speso così tante energie
nervose per niente, eppure in un certo
senso sono felice
di essere ancora capace
..
di provare simili sensazioni, che credevo
ormai parte del passato. Ben mi sta: avrei
dovuto accettare l’invito di Samuel e dei
suoi colleghi. Invece ho declinato senza
nemmeno pensarci perché credevo di
dover incontrare Jeremy e non volevo fare
tardi.
L’assistente di Jeremy ha detto che
sarebbe stato impegnato in riunioni per la
maggior parte del pomeriggio. Proprio
mentre sto per prendere il telefono e
controllare se ci sono messaggi, mi si fa
incontro un uomo in divisa con il badge da
concierge.
«Chiedo
scusa.
La
dottoressa
Alexandra Blake?»
«Oh, sì».
«Un signore mi ha chiesto di
consegnarle.. questo messaggio e di
porgerle le sue sincere scuse per non aver
potuto incontrarla qui».
Ho un tuffo al cuore nel sentir
confermati i miei timori. Non ce la fa. Il
senso di delusione mi travolge ancora una
volta.
Mi passa una busta. «Grazie infinite,
dottoressa Blake. Se posso aiutarla in
qualche modo, non esiti a chiedere, la
prego».
Sorrido, un po’ a me stessa e un po’ al
concierge. Jeremy ha sempre insistito per
chiamarmi “dottoressa” dopo che ho
conseguito il dottorato, anche se tra noi
due il vero dottore è lui, mentre io mi
occupo più di cose per così dire
filosofiche. Sa bene che non sono brava
nelle emergenze mediche e che ho sempre
provato un.. timore innato verso gli
ospedali, è uno dei nostri scherzi
ricorrenti. Mi siedo sul divano di velluto
viola e apro la busta, tirando fuori il
foglio stampato.
Alla mia carissima amica, la dottoressa A. Blake.
Le mie più sincere scuse per non essermi fatto
trovare nella hall dell’albergo questo venerdì
sera. All’ultimo momento si è presentata una
serie di faccende che non potevo rimandare, e
questo ha ritardato i miei programmi. Adesso è
tutto sistemato e sarei molto felice se volessi
raggiungermi nella mia stanza per bere qualcosa
insieme. È passato tanto di quel tempo!
La chiave dell’attico è nella busta.
Non vedo l’ora di vederti.
Con affetto,
J.
Il mio stomaco sussulta e si contorce
come un ginnasta
che mira alla medaglia
..
d’oro alle Olimpiadi. Eccomi di nuovo
nel ruolo dell’adolescente in adorazione.
È venuto, allora! Ma che ci fa nell’attico?
Il Jeremy che conosco ha sempre evitato
le soluzioni appariscenti, preferendo
mantenere un profilo pubblico piuttosto
austero. Per quanto, se ben ricordo,
quando era circondato da chi lo
conosceva bene, gli piaceva calarsi per un
po’ nei panni del gaudente anticonformista
e godersi ciò che di bello la vita ha da
offrire. Forse Samuel non aveva torto
riguardo ai fondi astronomici messi a
disposizione dalle case farmaceutiche.
Non mi resta che domandarmi se nel
nuovo Jeremy sia rimasto qualcosa
dell’uomo che ho conosciuto.
***
..
Mentre sto lì a riprendermi dalla
sorpresa, mi accorgo che il concierge mi
sta ancora girando intorno con
discrezione. “Possibile che non abbia
nient’altro da fare?”, penso distrattamente.
«Va tutto bene, dottoressa Blake? C’è
altro che posso fare per lei?».
Mi domando che razza di espressione
abbia in volto mentre mi giro a guardarlo.
Noto l’ombra di un sorriso a un angolo
della sua bocca. Gli brillano gli occhi.
Scuoto la testa, ancora frastornata. «No,
grazie. Sto bene».
Sto bene davvero? Comincio a
domandarmelo. Il tale si allontana di
qualche passo, ma resta a portata
d’orecchio. Cambio idea e mi volto verso
di lui.
«In effetti.. qualcosa c’è. Può indicarmi
l’ascensore per l’attico?»
«Certamente, dottoressa Blake, sarà un
piacere. Da questa parte. Posso
occuparmi del suo bagaglio?».
Lo dice in un modo bizzarro, come se
stesse interpretando una parte in qualcosa
che non capisco, e mi assale uno strano
timore. Magari sono soltanto poco
aggiornata sui livelli di rapidità del
servizio raggiunti dagli alberghi a cinque
stelle. Conscia di non essere del tutto
lucida al momento, decido di non pensarci
e concludo che la testa mi sta giocando
qualche tiro mancino.
«Grazie. È molto gentile», replico in
tono educato, poi lo seguo mentre
cammina verso l’ascensore con i bagagli
al seguito.
Qualche ..secondo dopo l’ascensore sta
salendo rapido verso le altezze
dell’ultimo piano. Faccio qualche respiro
nel tentativo di calmare i nervi. Che idea
splendida bere qualcosa con la vista
dall’alto della città al tramonto,
soprattutto con un tempo come questo!
Non so se Jeremy alloggi o meno in
questo albergo, ma se ha accesso alla
business lounge potremmo farci portare
altri drink e qualche spuntino. È buffo
come io sia ancora sensibile al pensiero
di bere gratis, deve essere una
reminiscenza degli anni dell’università.
Non riesco a trattenere una risatina. Il
concierge penserà che sia pazza.
Solo quando si aprono le porte mi
rendo conto di quanto sono emozionata
alla prospettiva di incontrare Jeremy: è un
uomo meraviglioso
e un grande amico. La
..
delusione di aver creduto che non avesse
trovato tempo per me è stata un colpo più
duro di quanto mi aspettassi. Adesso
invece sono felice e ansiosa di
incontrarlo. Appena esco dall’ascensore e
metto piede sul soffice tappeto di un
ambiente dalle vetrate enormi, vengo
subito sopraffatta dalla vista spettacolare
che ho di fronte: avevo dimenticato quanto
potesse essere affascinante Sydney da
queste altezze vertiginose. Mi concedo
qualche secondo per assorbire tanta
magnificenza: l’azzurro scintillante del
mare interrotto da piccole screziature
bianche, traghetti e barche private che
descrivono traiettorie curve sull’acqua
simile a seta. Mi guardo intorno in cerca
di punti di riferimento, e stranamente non
vedo alcun bar
su questo piano.
..
«Da questa parte, dottoressa». Mi ero
quasi dimenticata del concierge che
cammina al mio fianco con le valigie al
seguito. Osservo la keycard e noto che
reca lo stesso simbolo che campeggia su
una delle pareti. Seguo le frecce con lo
sguardo mentre procediamo in silenzio.
Alla fine mi ritrovo di fronte a un’ampia
doppia porta, senza saper bene cosa fare.
Prima che uno di noi due abbia il tempo di
suonare il campanello, le porte si
spalancano. Davanti a me c’è Jeremy.
Bello e raffinato più di quanto mi sia mai
concessa di ricordarlo.
« C i a o AB. Eccoti qui finalmente.
Benvenuta».
«Ciao», gli rispondo a bassa voce,
quasi intimidita. «Quanto tempo».
«Vedo che
.. Roger ti ha soccorsa nella
hall. Grazie per essersi preso cura di lei.
Adesso ci penso io». Prende le valigie
dalle mani del concierge e mi fa entrare,
poi richiude la porta alle mie spalle.
«Hai ragione. È passato troppo tempo.
Davvero troppo per i miei gusti». Mi getta
le braccia al collo con entusiasmo, per
poco non mi solleva da terra
abbracciandomi, con gli occhi che gli
brillano.
«Fatti guardare». Mi allontana tendendo
le braccia e mi osserva il viso, i capelli,
tutto il corpo fino alle punte dei piedi.
Avevo dimenticato quanto fosse
penetrante il suo sguardo, quanto sappia
cogliermi di sorpresa rendendomi
all’improvviso consapevole di me stessa.
Distolgo gli occhi in fretta, come se non
volessi assistere
oltre a quell’esame.
..
«Hai un aspetto magnifico Alex. Sei
sempre la mia Catherine Zeta-Jones dagli
occhi verdi», dice con trasporto, poi mi
abbraccia, stavolta con tenerezza,
baciandomi piano la fronte come a darmi
il sigillo della sua approvazione.
«Anche tu non sei messo male,
considerando che viaggi verso i quaranta,
dottor Quinn», dico con civetteria,
desiderosa di alleggerire l’atmosfera, sia
per la possessività che colgo nel suo
atteggiamento sia per il torrente di
emozioni che mi sta scuotendo da capo a
piedi.
Non mi fido delle mie percezioni in
questo momento, ma a prima vista si
direbbe che Jeremy non sia cambiato
molto in questi anni, a parte la leggera
spruzzata di.. grigio sulla chioma bruna.
Sempre sicuro di sé, in forma,
malizioso… mi piace. A essere del tutto
onesta, è uno schianto: robusto, spalle
ampie, più di un metro e ottanta di altezza,
le guance ben rasate. Ha un buon odore.
Erano anni che non respiravo il suo
profumo aspro, da uomo che vive
all’aperto, ma la nuvola di sensualità che
lo accompagna mi si insinua dentro. Ha il
sedere stretto, tondo, valorizzato dai
pantaloni di taglio sportivo. Dio santo,
sono appena arrivata e già mi gira la
testa… “Basta! Guarda da un’altra
parte!”, ordino perentoria a me stessa,
mentre costringo lo sguardo a staccarsi da
lui e a esaminare l’ambiente circostante.
«Accidenti, questo posto è fantastico. È
qui che alloggi?»
«Sì, in ..effetti. Mi fermo per una
settimana».
«Be’, ne hai fatta di strada, amico
mio».
Lui scrolla le spalle e sorride con aria
schiva. Adoro quel sorriso. Adoro quelle
labbra. Adoro quelle labbra sul mio seno.
“Oddio! Basta, adesso!”.
«Vieni, rilassati. Fai come se fossi a
casa tua». Jeremy mi guida verso il
salotto; chiaramente non gli è sfuggito che
sono tutt’altro che rilassata. Devo darmi a
tutti i costi una calmata.
«Credevo che ci saremmo visti nel bar
dell’attico. Non mi aspettavo di
ritrovarmi nella tua suite». Cerco di
assumere un tono disinvolto e di moderare
l’ansia.
«La cosa ti crea problemi?», domanda
senza mezzi..termini.
«Ah… ehm, no, niente affatto»,
balbetto. «Per nulla, davvero». “Invece
dovrebbe?”, mi domando.
«Bene».
Sento il rumore di una bottiglia che
viene stappata e ho un lieve sussulto, poi
Jeremy mi versa un bicchiere di
champagne. La temperatura è perfetta e le
bollicine nel calice di cristallo forniscono
l’esatta rappresentazione visiva dello
stato del mio stomaco fin da stamattina.
«Alla tua, dottoressa Blake. Mi sei
mancata, amica mia, mia compagna di
avventure».
A queste parole ho un tuffo al cuore,
perché non mi sfugge la profondità del
sentimento che esprimono.
«Alla tua, dottor Quinn». I bicchieri
tintinnano ..e i nostri sguardi restano
allacciati l’uno all’altro come non
capitava più ormai da tanto tempo.
«Come stai, Jeremy? Come va la tua
vita? Ti trovi bene negli Stati Uniti? E che
mi dici del lavoro, sembri sempre tanto
occupato…». Oh cielo, non la smetto più
di farneticare! Lui ride e solleva una mano
per interrompere il mio interrogatorio.
«Tu non sei mai a corto di domande, eh,
Alex?». Solleva un sopracciglio e tace
per qualche istante. «Certe cose non
cambiano mai, pare». Il commento suona
sibillino e carico di sottintesi.
Mi guarda con franchezza, ma anche
con una punta di malizia. L’intensità del
suo sguardo e il significato recondito
delle sue parole mi mettono a disagio.
Vorrei essere in grado di leggere la sua
mimica facciale,
ma dato che non ci
..
vediamo da molto, la sua espressione
purtroppo rimane per me una maschera
difficile da decifrare.
«È solo che abbiamo poco tempo e così
tante cose di cui parlare. Voglio sapere
tutto, non dobbiamo sprecare nemmeno un
minuto», replico in mia difesa.
«Nessuno spreco, te lo prometto.
Adesso beviamoci su».
Mi accorgo di non aver ancora toccato
il
mio
champagne.
Sorseggiamo
contemporaneamente le bollicine dorate.
È delizioso, asciutto al primo assaggio ma
con un retrogusto dolce; le bollicine mi
pizzicano piacevolmente la lingua. Non
resisto e me ne verso dell’altro.
«Ora, prima che io cerchi di rispondere
alle tue mille domande, dimmi: che
programmi ..hai per il fine settimana? Chi
avrà il piacere della tua compagnia?».
Felice che la conversazione sia tornata
su binari più rassicuranti, gli snocciolo i
dettagli del mio fine settimana, tanto più
che lui conosce quasi tutte le persone che
nomino. Gli racconto di Robert, dei
ragazzi e della loro avventura, gli dico del
mio incontro con Samuel all’università,
della mia famiglia e dei vecchi compagni
di scuola. Lui ascolta con attenzione,
senza interrompermi, e con la coda
dell’occhio noto che mi riempie un’altra
volta il bicchiere. Non so se siano i nervi
o la gioia a far scorrere questo fiume di
chiacchiere e di champagne.
«Basta parlare di me». Mi rendo conto
di colpo che Jeremy non apre bocca da
diversi minuti e abbiamo tante cose di cui
parlare, oltre
ai miei programmi per il
..
weekend. Mi fermo a osservarlo e noto
che ha un’espressione tesa.
«Sei molto silenzioso, Jeremy.
Qualcosa non va?».
Si alza e cammina deciso verso il
divano su cui sono seduta. In silenzio si
accovaccia di fronte a me, mi guarda negli
occhi e mi posa una mano sul ginocchio.
Una leggera scarica elettrica mi corre
lungo la gamba e mi fa sobbalzare
leggermente.
L’ombra di un sorriso attraversa il
volto di Jeremy, come di compiacimento
per essere riuscito ancora a suscitare in
me simili reazioni, ma scompare in fretta,
lasciando il passo alla concentrazione e al
controllo di poco prima.
Arrossisco all’istante, assumendo il
colore acceso
del cuscino alle mie spalle.
..
Non può non aver notato che il solo
contatto con lui mi manda fuori di me. Nel
più completo imbarazzo, mi muovo a
disagio sul divano, mentre lui resta
immobile come una statua nella sua
posizione. L’ansia crescente che mi
attanaglia mi impedisce di aprir bocca.
«Alexandra, devo chiederti una cosa e
sinceramente non so cosa dirai o come
reagirai».
Se usa il mio nome completo deve
essere una cosa seria.
Si interrompe per qualche attimo, senza
staccare gli occhi dai miei.
«Il che per me è piuttosto
inconsueto…», scherza.
Mi posa entrambe le mani sulle
ginocchia, quasi ad ancorarmi i piedi al
pavimento per
timore che voli via come
..
un palloncino.
«Perciò vengo al punto».
Resto immobile, sostengo il suo
sguardo.
Cerco in tutti i modi di respirare piano.
Aspetto che prosegua.
«Vorrei che ti fermassi qui per tutto il
weekend, che cancellassi i tuoi impegni».
Poi tace guardandomi da sotto quelle
ciglia lunghe e folte. Il mio cuore salta un
battito.
Forse due. Diciamo tre.
Mi perdo nei suoi occhi, nell’intensità
crescente del suo sguardo.
I nostri ricordi comuni mi si affollano
nella mente: rapide immagini del periodo
dell’università, gli scherzi, l’amore, il
sesso, la voglia, gli orgasmi, l’amicizia, il
ridere fino alle
lacrime, gli esperimenti, i
..
momenti rubati. Era bello, esilarante,
eccitante e pericoloso. Con Jeremy era
tutto così.
L’espressione dei suoi occhi mi fa
rivivere ogni cosa, e anche altro, in pochi
secondi. Con lui non potevi mai sapere
come sarebbe andata a finire. E adesso,
dopo tanti anni, mi sento ancora così.
Anche se la vita ora è completamente
diversa. Il nostro dialogo silenzioso
continua. Sfidandoci a correre rischi che
non accetteremmo mai se non l’uno per
l’altra.
I miei pensieri cominciano a galoppare
con la stessa frenesia con cui mi batte il
cuore. E se restassi? Sarebbe davvero
così sbagliato? Si parla sempre di vivere
appieno la vita, di cogliere le occasioni
inattese… .. Forse un weekend in
compagnia di Jeremy mi farebbe sentire
viva come non mi sento più da anni. Visto
l’effetto della sua mano sul mio ginocchio,
posso solo immaginare come reagirei a un
altro genere di contatto…
Alla fine l’istinto materno mette fine a
queste astratte e oziose fantasie e mi
riporta con i piedi per terra, facendo
prevalere il buonsenso. La colpa… il
tradimento… Robert… Mi si stringe lo
stomaco. Come si fa a provare un tale
desiderio
e
un
tale
rimorso
contemporaneamente? È assurdo. La parte
clinica del mio cervello prende il
sopravvento e comincia a indagare la
psicologia e la fisiologia di queste
violente emozioni. Ma la situazione in cui
mi trovo sfugge alle mie categorie
diagnostiche... Dio, ma che sto facendo?
Che cosa sto pensando e provando? I
secondi passano e lui, come a indovinare i
miei pensieri, distoglie lo sguardo e ritrae
le mani, si alza e si dirige verso la vetrata
panoramica.
Subito ricomincio a respirare, come
liberata da un incantesimo. Non so
nemmeno io per quanto tempo ho
trattenuto il respiro. Jeremy fissa il
panorama del porto e dice in tono amaro:
«Lascia che indovini. Adesso stai
analizzando tutto questo da diverse
angolazioni». Si volta a guardarmi di
nuovo negli occhi e annuisce, come
trovando conferma a quanto sta per dire.
«Stai soppesando i pro e i contro della
mia proposta. Da una parte la prospettiva
ti eccita, ti alletta, ma dall’altra sei legata
alle responsabilità
della tua vita attuale, e
..
questo genera una serie infinita di
domande e di incertezze, per cui ti
servirebbe più tempo per pensarci e
decidere. Ma in realtà, Alex, potresti
passare la vita a cercare una risposta a
queste domande e non trovarne mai una
soddisfacente. Ho ragione?». Di nuovo si
volta a guardarmi in cerca di una
conferma.
A me non resta che annuire. Legge
dentro di me come fossi un libro aperto. A
dirla tutta, legge dentro di me meglio di
quanto sappia fare io stessa, il che mi
disturba infinitamente. La fedeltà della sua
descrizione, la sua sintesi fulminea, mi
lasciano disarmata. Sono io che sono
facile da capire o è lui che mi conosce
davvero tanto bene? Credevo che dopo
tutti questi anni
avesse dimenticato… ma
..
dal momento che io stessa non l’ho fatto,
come ho potuto essere tanto ingenua da
credere che fosse successo a lui? Una
circostanza piuttosto angosciante, vista la
scomoda situazione in cui mi trovo ora.
Jeremy continua con la sua rassegna di
quelli che secondo lui sono i miei rovelli.
«E la tua famiglia? È davvero questo
che vuoi? I tuoi amici, che idea si
faranno? Come giustificherai la tua
decisione? Potrai ancora convivere con te
stessa? E, permettimi di aggiungere, che
succederebbe se ti lasciassi andare, anche
solo per un weekend?».
Sono seduta di fronte a lui, imbarazzata
da quanta verità c’è nelle sue parole,
dalla profondità con cui conosce i miei
processi mentali. Ma so anche che adesso
non sta giocando
pulito, che sta forzando
..
di proposito i confini della mia libertà
personale.
La sua ultima domanda è il riassunto di
tante nostre discussioni. Sa che antepongo
gli altri a me stessa e mi ha sempre
rimproverato per questo, soprattutto
quando mi vedeva prendere strade che
secondo lui non mi avrebbero portata
lontano. Mi ha sempre spinta a chiedermi
che cosa sarebbe successo se ci avessi
rinunciato. Se avessi rinunciato, per una
sola volta, a controllare e organizzare la
mia vita e quella degli altri, se mi fossi
avventurata su un terreno incerto. Chissà,
forse sarebbe bello non pensare tanto alle
conseguenze, a come reagiranno gli altri.
Magari vale la pena correre il rischio…
Ma i miei problemi di allora erano fin
troppo facili.. da affrontare in confronto al
dilemma morale che ho di fronte adesso.
Il vero problema per me, al momento, è
piuttosto semplice: sono in grado di dire
di no a Jeremy?
La sua interpretazione è corretta. Lo so
io e lo sa lui. Anche se cerco di non
manifestare le mie emozioni, lui riesce a
vedere oltre le mie barriere. Il suo
malcelato sorrisetto mi mette ansia ancor
più del groviglio di sentimenti che
imperversano dentro di me.
La mia voce suona flebile ma decisa.
«Tutto questo è ingiusto, Jeremy.
Dovevamo avere questa discussione
proprio adesso? Non possiamo solo stare
un po’ insieme e vedere quello che
succede?». Mi trema la voce mentre lo
dico. Lui sa che sto soppesando i pro e i
contro e sa.. leggere benissimo dietro le
mie maschere, il che mi mette in una
posizione di netto svantaggio. Mi sto
inconsciamente attrezzando per una
battaglia psicologica contro di lui, ben
sapendo che anche dentro di me è in corso
uno scontro tra diverse anime che cercano
di guadagnare terreno senza capire che
giocano nella stessa squadra. Questo di
certo non aiuta.
Pian piano, con gesti studiati, Jeremy si
allontana dalla vetrata e si dirige verso il
secchiello dello champagne, afferra con
cura la bottiglia e poi viene verso di me.
Non dice nulla del tremore delle mie mani
quando mi toglie il bicchiere, lo riempie e
lo posa con calma sul tavolo accanto al
divano. Si inginocchia di fronte a me, mi
prende entrambe le mani e sospira. Il
carisma e il.. fascino che emana sono in
netto contrasto con la posizione
sottomessa che ha appena assunto. La
tensione tra noi è tale che respiro a
malapena. Mi sento come un cervo
abbagliato dai fari di un’automobile.
«Adesso ascoltami, Alex, e per favore
ascoltami con attenzione». La sua voce è
ferma, posata, autorevole. «Tu e io ne
abbiamo passate tante e io voglio stare
con te per le prossime quarantott’ore. Non
voglio avere una sola serata e poi vederti
sparire chissà dove per chissà quanto
tempo.
Tra noi c’è stata tensione dal momento
in cui sei arrivata, e la colpa è del poco
tempo che abbiamo. Se sapessimo di
avere di fronte ben due giorni da
trascorrere insieme, riusciremmo a
conoscerci di
.. nuovo. Si tratta solo di noi,
noi due e nessun altro, solo per questa
volta. È importante per me, Alex, non te lo
chiederei se non lo fosse. Non voglio
litigare con te, non voglio spaventarti,
voglio solo che tu mi dica che avremo
questo tempo, il tempo che ci siamo negati
per anni».
Mi fischiano le orecchie per la
confusione,
il
cuore
mi
batte
all’impazzata. L’elettricità che scorre tra
le sue mani e le mie sembra scaricarsi
direttamente fra le mie gambe, al punto
che temo che lui se ne accorga.
Mi stringe i polsi, mi guarda supplice.
«Ti prego, Alex, ti imploro… quarantotto
ore. Dimmi che resterai».
Adesso la mia confusione è totale. Non
riesco nemmeno a respirare, figurarsi a
parlare. Che.. cosa mi sta facendo? Non
l’ho mai sentito così. Così bisognoso, così
supplichevole. Forse sta attraversando un
brutto periodo, sta affrontando un dolore
di qualche tipo e ha bisogno di parlarne. Il
cuore mi dice: Sì, si tratta di questo, è il
mio migliore amico e ha bisogno di me.
Certo, avrei dovuto capirlo prima…
Altrimenti
perché
sarebbe
così
implorante? È probabile che non abbia
molti amici intimi con cui parlare come
potrebbe fare con me, soprattutto date le
responsabilità e le pressioni a cui è
sottoposto a causa del suo lavoro e dei
suoi impegni di ricerca. È ovvio che ha
bisogno di confidarsi, altrimenti non mi
avrebbe messa in questa situazione. E io
sono qui a tentennare, a contemplare la
possibilità di non correre in soccorso del
mio amico,.. del mio migliore amico,
proprio nel momento in cui lui ha un
disperato bisogno di me.
Neanche a dirlo, quando la mia voce
comincia ad assecondare la logica del
cuore, la battaglia è già persa. «Be’,
forse… potrei…». Con la gola serrata,
fatico ad articolare le parole e produco un
sussurro quasi inudibile.
Ma Jeremy mi è così vicino che lo
sente. Con l’ansia dipinta sul volto mi
chiede: «Hai detto quello che mi sembra
di aver sentito?».
Sta davvero cercando di farmelo dire
un’altra volta? È stata già abbastanza dura
la prima.
«Devo sapere che me lo prometti. Non
hai idea di quanto sia importante per me».
Faccio un profondo respiro.
«Sì. Mi.. fermo per il weekend»,
confermo, parlando con maggior
chiarezza.
Un grande sorriso gli si allarga sul
volto mentre mi lascia i polsi, mi fa alzare
dal divano e mi prende fra le braccia
facendomi ruotare per la stanza. Mi sfugge
una risata; la tensione fra noi è finalmente
sciolta.
«Grazie,
Alexandra.
Non
lo
rimpiangerai, te lo prometto».
Prende tutto eccitato i due bicchieri
colmi di champagne. «Brindiamo. Alle
prossime quarantotto ore».
Al che non riesco a non pensare:
“Oddio…”, ma nonostante tutto brindo
con lui e lascio che nuove bollicine
vadano a raggiungere le farfalle che già
impazzano nel mio stomaco.
Prima che.. abbia il tempo di capire in
che cosa mi sto imbarcando, lui mi dice in
fretta: «D’accordo, AB. Dov’è il tuo
telefono?».
Ma certo, devo far sapere agli altri del
mio improvviso cambiamento di
programma. Ed ecco che le possibili
reazioni della mia famiglia e dei miei
amici cominciano a tormentarmi.
«Che cosa dirò? Che penseranno?»,
penso ad alta voce mentre rovisto nel caos
della borsa alla ricerca del cellulare.
Nuovi dubbi mi si affollano nella mente.
Sto facendo la cosa giusta? È stato un
momento di debolezza o il desiderio a
farmi dire di sì? Entrambe le cose, è
chiaro.
«Jeremy, forse non dovrei farlo… non è
giusto…».
«Niente dubbi,
niente rimpianti, AB!».
..
Jeremy si precipita accanto a me sul
divano, come percependo la mia
apprensione e i miei ripensamenti. Mi
toglie di mano il telefono e raggiunge a
grandi passi la parete opposta. Un
cucciolo euforico che cammina su e giù
come una pantera, con grazia e
disinvoltura impressionanti.
«Lascia che mi prenda io cura di te»,
dice con un largo sorriso.
È completamente regredito. Che fine ha
fatto il distinto, pluripremiato ricercatore
medico, acclamato in tutto il mondo? Mi
sembra di essere tornata agli anni
dell’università, con il mio sfacciato amico
che non la smette di tormentarmi e di
mettermi in difficoltà.
«Ridammelo, per favore».
«Te lo puoi
scordare, mia cara. Sei mia
..
per tutto il fine settimana. Lo hai detto tu.
Non preoccuparti, manderò io un
messaggio a tuo nome».
Fa sul serio? Non riesco a capirlo.
«Sono ancora in grado di mandare un
messaggio dal mio cellulare». Cammino
verso di lui con la mano tesa, aspettando
che mi restituisca l’apparecchio.
«Dammelo, ora», dico in tono serio
mentre lui schiva e si abbassa, cercando
di sfuggirmi e comportandosi da perfetto
idiota.
«Devo chiamare casa. Jeremy!», lo
sgrido mentre continua a correre come un
ragazzino da una parte all’altra della
stanza.
«No, non devi chiamare i tuoi. Mi hai
appena detto che sono fuori, in mezzo ai
boschi, senza
contatti telefonici per una
..
settimana. Non c’è alcuna ragione per cui
tu debba metterti in contatto con loro o
preoccuparti».
Ecco spiegato l’acuto interesse con cui
ha ascoltato i miei piani settimanali.
Dovevo immaginare che c’era sotto
qualcosa.
«Jeremy, piantala di fare il cretino». La
mia voce assume una sfumatura di panico
quando lui corre in camera da letto,
chiudendosi la porta alle spalle.
«Non è divertente. Dammi quello
stupido telefono, bastardo!». Mi metto a
battere con furia sulla porta, alla quale
deve essersi appoggiato con tutto il peso
per non farmi entrare.
«Oh, ecco la Alex agguerrita che
conosco. Ecco la scintilla che speravo di
rivedere… ..Ora, chi dobbiamo informare
del tuo inatteso cambiamento di
programma? Tuo fratello. E Trish, lei
avvertirà gli altri… ah, anche Sally.
Dovrebbe bastare, ti pare?»
«Jeremy, non ti azzardare!», sibilo.
Esce dalla stanza, assicurandosi che io
resti alla dovuta distanza mentre rilegge il
messaggio. Prima che possa intervenire,
l’ha spedito.
«Lo hai fatto davvero?», balbetto
disperata.
«Fatto. Sei ufficialmente mia per le
prossime quarantotto ore».
Ha l’aria del gatto che si è appena
pappato il canarino.
Poi spegne il telefono, raggiunge il
guardaroba, apre l’anta, digita un codice
per aprire la serratura di sicurezza,
avendo cura.. che io non lo veda. Infila
dentro il telefono e chiude lo sportello.
Fatto ciò, si volta verso di me e si trova
davanti la mia espressione di completo
stupore.
«Che diavolo credi di fare?», sbotto.
«Ho bisogno di avere con me il telefono.
Può succedere qualunque cosa».
Mi sento come se mi avesse
temporaneamente estromesso dalla mia
vita. Mi rendo conto che è proprio questo
il suo obiettivo. È una strana sensazione,
del tutto nuova, quella di essere
completamente irreperibile.
«Fammi capire, AB. Mi stai dicendo
che il mondo non sopravvivrà se il tuo
telefono resta spento per un paio di
giorni?».
Il suo tono di voce e la sua espressione
mi dicono ..senza ombra di dubbio che
qualsiasi replica sull’argomento sarà fiato
sprecato.
«Perché mi fai questo?»
«Semplice. Sono un egoista. So che sei
sempre disponibile per la tua famiglia e
per i tuoi amici e non ho intenzione di
dividerti con nessuno questo weekend. Il
che vuol dire niente interruzioni».
Io lo guardo sconcertata. «Quand’è che
sei diventato così autoritario e
possessivo?»
«Ho avuto un’ottima insegnante ai
tempi dell’università, e in questi anni ho
fatto un po’ di pratica», mi risponde
ammiccando.
Quando faccio per andare verso il
guardaroba, mi stringe quelle braccia
tentacolari intorno alla vita e mi solleva
in aria per poi
farmi planare sul divano.
..
«Non credo proprio». Adesso sorride.
«Non siamo più all’università, Jeremy.
Sono una donna adulta, per l’amor di
Dio!». Sembro una maestrina. Lui mi sta
di fronte, in piedi, in attesa della mia
prossima mossa.
«Va bene», dico incrociando le braccia
sul petto con evidente disappunto. «Allora
ci metti anche il tuo. Quel che è giusto è
giusto».
Ride. «Devi sempre averla tu l’ultima
parola, eh, Alexandra?».
Spegne il telefono e con gesti
cerimoniosi apre lo sportello con il
codice di sicurezza, mette il suo cellulare
accanto al mio e chiude di nuovo.
«Fatto».
1
La Royal Flying Doctors Service of Australia
..
è un servizio
di aeroambulanza che offre
assistenza medica agli abitanti dell’entroterra
australiano che non hanno immediato accesso a
un ospedale per via delle distanze proibitive
(n.d.t.).
Parte seconda
..
Non bisogna essere timidi o
schizzinosi nelle proprie azioni. La
vita è tutta un esperimento. Più si
sperimenta, meglio è.
Ralph Waldo Emerson
«Non è eccitante? Quando è stata l’ultima
volta che abbiamo avuto un’occasione
come questa per vederci, giocare, parlare
e discutere fino al mattino? Sarà uno
spasso. Ho pianificato tutto». L’energia
che emana, seduto accanto a me sul
divano, è quasi contagiosa e io faccio di
tutto per restare
indifferente.
..
«Non so se questo mi fa sentire meglio
o peggio». Anche se pronunciate con
leggerezza, le mie parole nascondono una
profonda verità. Jeremy si accorge che il
bicchiere si trova in precario equilibrio
nella mia mano che ha ripreso a tremare.
Me lo toglie, forse come misura
precauzionale.
«Davvero, Alex, andrà tutto bene. Per
te è stata una decisione difficile, ma sai
bene che non ti farei mai del male e che in
fondo è una cosa che entrambi
desideriamo da tanto tempo. Solo non ne
abbiamo avuto l’occasione, quindi
viviamo il momento, come direbbe
Eckhart Tolle». Si interrompe e mi
rivolge un sorriso aperto. «A proposito,
grazie per i libri. Contengono molte
preziose verità».
..
Alzo gli occhi al cielo incredula, ma
non posso fare a meno di sorridere.
Qualche anno fa gli ho spedito per
Natale Il potere di adesso e Un nuovo
mondo. Ricordo di averne parlato con lui
al telefono, entusiasta di quelle letture e
del loro messaggio rivoluzionario.
Suppongo di essermelo meritato: deve
essere il mio karma che mi sfida. Eccomi
qui, in procinto di vivere, grazie a Jeremy,
quarantotto ore di adesso che più adesso
non si può.
«Va bene. Hai vinto», ammetto.
«Almeno versami ancora da bere, così
non penso alle conseguenze».
«Ogni tuo desiderio è un ordine».
«Mmh, non ne sono tanto sicura», dico
mentre lui mi riempie il bicchiere. Il
livello dello
champagne nella bottiglia
..
scende a una velocità preoccupante.
«Vieni. Ti faccio vedere il resto
dell’attico, così ti sentirai più a tuo agio».
Afferro la mano che mi tende e mi alzo
dal divano.
L’attico è davvero notevole. Sembra
sia stato ristrutturato di recente secondo
uno stile eccentrico che ricorda i primi
anni Ottanta, non certo il mio genere, ma
devo dire che qui fa un certo effetto. La
camera principale è arredata in stile
ultramoderno, un capolavoro di design. Il
letto king size è circondato da una
struttura in acciaio di foggia industriale,
con una testiera di gusto molto maschile,
ma con alcuni minuti dettagli che
aggiungono una sfumatura delicata, come
di spesso pizzo metallico. Non so dire se
la vista di .. un secondo letto simile mi
provochi sollievo o delusione. Ci penserò
dopo. L’intera suite è più grande di una
casa di medie dimensioni. Finito il giro,
ci mettiamo a parlare dei vecchi tempi,
ridendo di cuore. Era questa la
chiacchierata che immaginavo, e
finalmente riesco a smettere di
preoccuparmi per le conseguenze della
mia decisione di restare.
Jeremy mi racconta della sua ricerca e
del lavoro che sta portando avanti insieme
ad alcuni colossi globali, un progetto che
lo assorbe moltissimo. Mi dice di aver
avuto la possibilità di conoscere tante
persone meravigliose, anche se altre si
sono rivelate solo individui a caccia di
gloria, fama o soldi, certe volte di tutte e
tre le cose insieme. Sembra un po’ agitato
mentre ne parla.
..
«Ma è la vita che mi sono scelto e non
voglio che niente e nessuno si metta tra me
e i miei obiettivi. È troppo importante».
Nella sua voce c’è una determinazione
che quasi mi intimidisce. Intuisco che c’è
dell’altro, ma la sua espressione tesa mi
dissuade dall’indagare più a fondo, e lui
sposta abilmente il discorso su di me.
Mi chiede dei miei studi e del mio
lavoro, e mostra uno straordinario
interesse verso il tema delle mie
conferenze. Non vorrei annoiarlo con i
dettagli, ma lui sembra davvero
affascinato dall’idea che le nostre
percezioni siano direttamente influenzate
da ognuno dei cinque sensi. Mi fa perfino
delle domande specifiche su come le
sensazioni visive, uditive, tattili, olfattive,
gustative e ..cinestesiche interagiscano tra
loro. Aggiunge al dibattito un punto di
vista medico che per me è prezioso.
Avevo dimenticato che magnifico
conversatore fosse Jeremy, capace di
mettere a proprio agio l’interlocutore,
incoraggiarlo ad aprirsi senza mai farlo
sentire inferiore, nonostante le sue
immense conoscenze. È il genere di
conversazione che riesci ad avere con
poche persone nella vita, quelle che ti
conoscono abbastanza bene da sapere
come stimolarti e quali domande farti, e
che possiedono anche la maturità emotiva
e intellettuale necessaria per essere
davvero autentiche.
Con un ascoltatore così attento e la mia
passione per l’argomento, la nostra
discussione va per le lunghe. Decido di
aver monopolizzato
la scena abbastanza a
..
lungo, così mi fermo per dargli la
possibilità di cambiare argomento. Noto
di nuovo uno scintillio nel suo sguardo e
un lieve, malcelato sorriso.
«Che c’è? Scusa, ho parlato troppo.
Avresti dovuto interrompermi».
«Niente affatto, lo sai che mi piace
vederti così. Sentirti parlare con tanta
passione del tuo lavoro è meraviglioso.
Non è da tutti. È una cosa speciale». Mi
rivolge un sorriso timido. «Devo
confessarti una cosa».
«Di che si tratta?»
«Oggi ero lì».
«Dove?», domando senza capire.
«Alla
tua
conferenza,
questo
pomeriggio».
Lo guardo a bocca aperta.
«Eri lì? Oggi?
Alla mia conferenza?».
..
Sono esterrefatta.
«Sì, sì e sì. Lo so, avrei dovuto dirtelo
prima, ma volevo vederti nel tuo
ambiente». Mi guarda negli occhi,
affettuoso. «Sei stata grande, Alexandra,
hai incantato il pubblico, hai stimolato un
bel dibattito. Studenti e membri della
facoltà erano completamente conquistati
da te. E anch’io». La sua voce trasuda
sensualità.
Stavolta sono davvero senza parole. Il
grande Jeremy Quinn a una mia
conferenza. Incredibile! Sollevo il
bicchiere con un gesto meccanico e lo
vuoto in un sorso. Anche Jeremy solleva il
bicchiere verso il mio, in un brindisi
silenzioso, e beve tutto d’un fiato.
D’un tratto avverto l’effetto di tutto lo
champagne ..che ho bevuto. Non che sia
spiacevole, a parte il bisogno urgente di
andare in bagno. Mi scuso e mi alzo.
Dopo aver fatto pipì mi accorgo che il
bagno è più grande della mia camera da
letto, con marmi grigi, bianchi e azzurri
disposti a comporre un bel disegno. È
dotato di tutti i comfort che ci si aspetta di
trovare nella suite dell’attico di un hotel a
cinque stelle: boccette di crema per il
corpo, shampoo, balsamo, gel doccia,
prodotti di bellezza e cuffie da bagno
racchiuse in scatole dai colori pastello
talmente belle che sarebbe un peccato
aprirle. Sto guardando con desiderio
l’immacolata vasca ovale, quando Jeremy
bussa alla porta offrendosi di prepararmi
un bagno.
«Sei diventato anche un veggente
dall’ultima ..volta che ti ho visto? C’è
qualcos’altro che devo sapere?».
Ride. «So che hai avuto una lunga
giornata, e se ricordo bene ti piace fare il
bagno per rilassarti. E poiché io ho tutto
l’interesse a farti rilassare il più
possibile, sarò felicissimo di preparartene
uno. Come ai vecchi tempi». È strano, le
sue parole mi suonano familiari,
nonostante siano trascorsi tanti anni
dall’ultima volta.
«L’idea mi piace. Ma sei sicuro? Posso
farlo io».
«Alex, fammi un favore: per questo
weekend lasciati servire». Entra nel
bagno. «Non accetto obiezioni e intendo
sfruttare appieno ogni ora che trascorrerò
con te. Ora, sarebbe un piacere per me
prepararti un bagno, perciò perché non vai
a prendere le.. tue cose?».
Ancora una volta mi ritrovo a guardarlo
meravigliata. Sto sognando? Sta
succedendo sul serio? Esco dalla stanza
da bagno diretta all’enorme guardaroba in
cui è stata lasciata la mia valigia. Mentre
mi concedo qualche secondo per
ammirare la pura e semplice opulenza
della suite, sento la voce di Jeremy
sovrastare lo scroscio dell’acqua.
«Disfa la valigia, ti prego. Voglio
essere sicuro che non te la svignerai nel
corso del weekend».
Mentre inizio a fare come ha detto, mi
domando se ha sempre avuto questa
capacità di dirigere le persone.
Probabilmente sì. Non che sia arrogante, è
solo difficile dirgli di no. Obbediente
come non mai, tiro fuori vestiti, scarpe,
l’astuccio con
i prodotti da bagno e lascio
..
le mie carte nella valigetta.
Sto per uscire dalla stanza quando vedo
il telefono sul comodino. Approfittando
del rumore dell’acqua che scorre, corro a
sollevare la cornetta. Non c’è niente di
male se cerco di lasciare un rapido
messaggio a Robert e ai ragazzi, giusto
nell’eventualità che siano raggiungibili.
Mi risponde una voce femminile.
«Buonasera, dottor Quinn. Che cosa posso
fare per lei?»
«Oh!», dico sorpresa dalla voce
all’altro capo della linea.
Non mi aspettavo che ci fosse un
operatore, ed è chiaro che non sono il
dottor Quinn. Proprio in quel momento
Jeremy si materializza alle mie spalle, mi
cinge la vita con le braccia e mi toglie di
mano la cornetta.
..
«Scusi per il disturbo, non ci serve
nulla al momento e per favore non faccia
partire telefonate dall’attico, a meno che
non lo richieda io personalmente».
Sento la donna replicare: «D’accordo,
dottor Quinn. Le auguro una buona
serata».
«Grazie, me la auguro anch’io». E
riattacca con un gesto posato.
Mi sento come un bambino colto in
flagrante da un adulto mentre mangia le
caramelle di qualcun altro, e divento
subito rossa come un peperone. Non sono
mai stata brava a nascondere l’imbarazzo
e la vergogna. Se si tratta di Jeremy,
poi… Non riesco a credere di sentirmi
così in colpa solo per aver tentato di fare
una telefonata. Non dico una parola.
Lui mi cinge
la vita con le braccia e mi
..
strofina il naso contro il collo inspirando
a fondo, poi dice: «Riprovaci un’altra
volta e il tuo bel culetto diventerà dello
stesso colore che ha adesso la tua faccia».
A queste parole sento il cuore battermi
più forte e il sangue scorrere più in fretta,
ma con mio stupore e orrore anche i
capezzoli non restano indifferenti ai suoi
sottintesi. Perché mi sta facendo questo?
Mi bacia piano il collo e poi mi guida in
silenzio fuori dalla camera da letto.
Mentre torniamo in salotto, noto che c’è
della musica in sottofondo e un vassoio di
fragole ricoperte di voluttuoso cioccolato
sul tavolo tondo. Decido che è meglio
sorvolare sul suo ultimo commento.
«Posso?», dico indicando le fragole.
«Ma certo», replica. «Sono lì per
essere mangiate».
Perché detto da lui
..
suona così equivoco?
«Sembrano deliziose». Dall’ora di
pranzo ho mandato giù solo champagne. Il
sapore delle fragole è all’altezza del loro
aspetto, e lo strato di cioccolato che le
ricopre è semplicemente divino. Chiudo
gli occhi e le assaporo. Jeremy mi sfiora
un angolo della bocca con un tovagliolo,
asciugando con cura una goccia di succo
di fragola. Quel semplice gesto è tanto
seducente che mi tremano le gambe e
succhi d’altro genere cominciano a
formarsi tra le mie cosce, anche se la mia
mente nega con fermezza che stia
succedendo. Lui fa quel suo sorriso
incantevole mentre mi offre il vassoio,
come se conoscesse a menadito le
reazioni del mio corpo.
È come se
.. fossi stata catapultata in un
film e stessi interpretando il ruolo
principale in una sofisticata commedia
sentimentale hollywoodiana. Mi appare
tutto talmente improbabile che mi sfugge
una risatina nervosa. Non sono cose che
capitano tutti i giorni mentre fai il bucato,
metti in ordine e vai a prendere i bambini
a scuola. Jeremy mi guarda perplesso,
come se non riuscisse più a indovinare i
miei pensieri.
«Non preoccuparti, stavo solo facendo
qualche riflessione sulla vita».
Non menziona la telefonata, ed è un
sollievo, perché non voglio rovinare
l’atmosfera.
«Bene, a meno che non desideri
mangiare subito qualche altra fragola, il
tuo bagno è pronto». Quando apre la
porta, lo scenario
che ho di fronte mi
..
riporta
all’istante
in
atmosfere
hollywoodiane. Devo essere finita in un
nuovo programma dal titolo Pretty
Woman per un giorno. Non sarà il caso di
chiuderla qui, visto il senso di colpa che
mi pungola il cuore? Entrando nella stanza
da bagno devo materialmente darmi un
pizzico per verificare che non sia un
sogno.
«Caspita, è davvero… è perfetto…
stupendo». Sono così sbalordita dallo
spettacolo principesco che ho davanti agli
occhi, che non riesco ad articolare le
parole.
«È incredibile, Jeremy. Davvero
incredibile». Mi guardo intorno nella
stanza, illuminata magicamente dalla luce
delle candele sparse ovunque. Il profumo
è inebriante.. ma non prevaricante, con
aromi di lavanda e gelsomino, forse anche
un sentore di fresia. I miei preferiti. Come
fa a ricordare dettagli tanto minuscoli
dopo tutto questo tempo? Una tale
esperienza creata apposta per me mi
provoca un delizioso stordimento.
«Vieni. È stata una lunga giornata. È il
momento di rilassarsi».
Si porta con dolcezza le mie mani alle
labbra, le bacia entrambe ed esce,
lasciandomi a guardare meravigliata ciò
che mi circonda. Mi svesto con calma, mi
tolgo le scarpe con il tacco, le calze, la
gonna, poi mi sbottono la camicetta. Mi
slaccio lentamente il reggiseno, me lo
tolgo e lascio cadere a terra gli slip. Non
voglio rovinare la scena con movimenti
bruschi. Non vedo l’ora di immergermi in
quest’acqua..
splendida,
fumante,
profumata. Appena il mio corpo entra in
contatto con essa, la tensione comincia
subito a sciogliersi. Non c’è niente di
meglio di un bagno caldo alla fine di una
giornata intensa, e questa è stata senza
dubbio una giornata ricca di sorprese
inaspettate. Mentre mi lascio avvolgere
dall’acqua schiumosa, mi rendo conto che
la stanchezza non è solo fisica, ma che fin
dal mattino ho vissuto in una specie di
subbuglio emotivo. Sono felice di avere
un momento di solitudine per rilassarmi e
cercare di placare le emozioni. Mi sfugge
un lungo sospiro. Il mio corpo si sta
liberando della tensione, la quiete intorno
a me è totale. Proprio quello di cui ho
bisogno. Chiudo gli occhi e lascio che i
pensieri si disperdano… pura beatitudine.
Forse mi.. sono appisolata, perché mi
accorgo a malapena di una leggera
increspatura dell’acqua, che non basta a
riscuotermi dal mio piacevole torpore.
Poi una mano mi solleva il piede e inizia
a massaggiarlo lentamente, ma con
decisione. Apro gli occhi, scioccata
dall’audacia della scena che mi trovo
davanti.
«Ma quando…? Come…?», balbetto.
«Shh. Rilassati e basta. Sembri così
serena. Non voglio disturbarti, voglio
solo farti stare ancora meglio», dice
Jeremy in tono pacato, gentile.
«Ma… ma, insomma, Jeremy, sei
dentro la vasca!», protesto sconcertata.
Ma lo sono davvero? Molti anni fa
accadeva di frequente e non mi avrebbe
procurato alcuno shock. E, se devo essere
proprio onesta
con me stessa, che cosa mi
..
aspettavo da questo weekend? I ricordi
che mi fluttuano nella mente sono molto
diversi dalla realtà che mi circonda. A
differenza del passato che abbiamo
condiviso, il presente può avere
ripercussioni
molto
serie.
Sono
terribilmente confusa.
La sorpresa si trasforma pian piano in
uno stato di sognante offuscamento, grazie
ai profumi che mi si insinuano nelle narici
e nel cervello e al vapore irreale che
avvolge i nostri corpi. I massaggi ai piedi
di Jeremy sono sempre stati favolosi e la
sua abilità non è diminuita negli anni.
Anzi, si direbbe il contrario. Le sue dita
fatate, all’altra estremità della vasca, mi
manipolano sapienti le piante dei piedi.
Poso di nuovo la testa sul bordo della
vasca ed emetto
un profondo sospiro,
..
abbandonandomi a quelle sensazioni. Chi
voglio prendere in giro?
«Brava, mia cara, rilassati… smettila
di opporti. Mi occuperò io di ogni cosa».
Nonostante la stazza di Jeremy, nella
vasca c’è ancora spazio. Potrebbe
ospitare anche tre o quattro persone, ma a
questo non voglio pensare. Mentre anche
l’altro piede comincia a sciogliersi,
liberando tutta la tensione al tocco
miracoloso delle dita di Jeremy, mi
accorgo di sfuggita che sto scivolando
involontariamente verso di lui. Adesso mi
trovo accoccolata tra le sue gambe, in
questo bagno da sogno in cui l’acqua ha
raggiunto la temperatura perfetta per noi
due.
Ormai sono in uno stato di torpore
letargico grazie
all’azione combinata
..
dello champagne, del vapore, delle
candele, del profumo e adesso anche del
massaggio ai piedi. Riesco a malapena a
emettere qualche suono per protestare;
muovere qualche parte del mio corpo è
fuori discussione.
Con dolcezza Jeremy mi passa sul
braccio un piccolo panno di velluto viola,
poi, lentamente e con cura, si dedica alle
spalle. Respiriamo all’unisono e il livello
dell’acqua sale e scende al ritmo delle
nostre inspirazioni ed espirazioni. Questo
finché lui non comincia ad accarezzarmi il
seno. Mi contraggo mentre le sue dita mi
sfiorano con delicatezza i capezzoli,
provocando una reazione istantanea. Una
volta ottenuto l’effetto che cercava,
Jeremy inizia a massaggiarmi il seno con i
palmi delle.. mani. Ho il fiato corto e il
battito accelerato. Non posso più negare
l’effetto del suo tocco sul mio corpo.
Sento un lungo sospiro e mi accorgo solo
dopo che sono stata io a emetterlo; che
strana sensazione, sembra sia uscito dal
corpo senza preavviso. Sono già così
fuori controllo?
«Adesso va meglio», lo sento dire.
«Non è tanto male, no?»
«È così che vuoi farmi sentire?»,
replico ansimante, mentre le sue mani
continuano a darsi da fare.
«E come ti senti?».
Se fossi stata più lucida, avrei saputo
che era in arrivo una domanda del genere.
E avrei saputo che si aspettava una
risposta.
Ci penso su un attimo e poi gli dico la
verità. «Nervosa,
emozionata, rilassata,
..
confusa, deliziata… mi vengono in mente
tutte queste cose… sembra che il corpo
abbia ordinato alla mente di lasciar
perdere tutto».
«Mmh, sì. È pressappoco ciò che
volevo. E ti piace?»
«Credo di sì, ma questo non so dirtelo
con precisione, al momento».
Mi sfiora la nuca con le labbra mentre
le dita esplorano il resto del mio corpo,
oltrepassando la pancia e insinuandosi tra
le cosce. Il dolore sordo che mi pulsa tra
le gambe cresce nella spasmodica voglia
di qualcosa di più.
Mi si offusca la vista mentre mi
abbandono al suo tocco, il corpo di
Jeremy è sodo, spruzzato di una soffice e
gradevole peluria. Il mio risponde con
slancio alle.. carezze. Proprio quando
stanno per arrivare alla loro agognata
destinazione, le sue dita si fermano,
indugiano.
«Dottoressa Blake, posso farti una
domanda? Mi interessa molto la tua
opinione professionale».
«Certo», dico con tutta la calma che
riesco a mettere insieme viste le
circostanze. Non posso credere che abbia
scelto proprio questo momento per
iniziare
una
conversazione
“professionale”. Il cuore mi batte al ritmo
del pulsante dolore tra le cosce.
«Bene,
ti
ringrazio».
Sembra
compiaciuto. «Vedi, c’è una bellissima
donna che ha acconsentito a restare in mia
compagnia per le prossime quarantotto
ore…». Gemo esasperata, ma lui
prosegue. ..«Ci troviamo nella suite
dell’attico del miglior albergo di Sydney.
Lei è sexy da impazzire e io non voglio
sprecare nemmeno un attimo del tempo
che abbiamo a disposizione».
«Lo so che non vuoi perdere tempo,
Jeremy! Qual è il punto?». Alzo gli occhi
al cielo sforzandomi di mantenere un tono
indifferente,
cosa
praticamente
impossibile vista la sapiente sinfonia di
carezze che sta orchestrando. Cerco di
stare al gioco, ma in cuor mio spero che si
decida a passare ad altro il più in fretta
possibile.
«Ecco, vedi, ha difficoltà a staccare la
spina. Non mi sembra disposta a
immergersi del tutto nell’esperienza che le
sto offrendo. Un’esperienza di quelle che
capitano una volta sola nella vita».
Cerco di ..mettere qualche centimetro tra
noi per poterlo guardare bene in faccia,
ma sono ancorata saldamente tra le sue
gambe. Jeremy mi tiene un braccio intorno
al petto e l’altro sotto il sedere, mentre le
sue dita non fanno che giocare,
accarezzare, titillare… Oddio, avevo
dimenticato quanto fosse bravo in questo.
Stringe la presa appena intuisce le mie
intenzioni.
«Ha detto che lo farà», prosegue come
in una cantilena, «però, vedi, io la
conosco bene. So che ciò che le ho
proposto va contro la sua natura, forse
perfino contro i suoi valori, ecco perché
per lei è tanto difficile lasciarsi andare,
anche se so che desidera con tutta se
stessa vivere l’esperienza che le sto
offrendo».
Mentre snocciola
con voce monocorde
..
il suo tranquillo monologo, il dito, lì
sotto, si muove a un ritmo sempre più
intenso.
La sua stretta è solida e ferma.
Il suo odore, la sua pelle, la sua voce…
sto impazzendo.
Deve essere un sogno. Queste cose non
succedono nella vita reale, no?
«Poi oggi pomeriggio ho assistito alla
conferenza di una psicologa, una certa
dottoressa, nella speranza che mi desse un
consiglio, una qualche idea per risolvere
il problema. Dovresti conoscerla, a
proposito, credo che ti piacerebbe», dice
con la massima calma.
Dio, come se la gode! Io, del resto, non
posso fare altro che stare al gioco.
«E te l’ha dato, un consiglio?»,
domando con
voce roca mentre vorrei
..
soltanto gemere, non so nemmeno io se
per la voglia frustrata o per il piacere. In
un modo o nell’altro, sono alla completa
mercé delle sue mani, della sua voce.
«In effetti sì, e credo che lo seguirò».
Altre dita iniziano a darsi da fare tra le
mie cosce, mentre l’altra mano mi sta
pizzicando e tirando i capezzoli, come a
risvegliare il corpo e a tacitare la mente.
Le carezze si fanno più decise, sento i
capezzoli e il ventre pulsare all’unisono. I
suoi movimenti mi sollevano nell’acqua, e
mi appoggio a lui. Mentre l’acqua si
raffredda, il mio corpo si scalda come una
teiera fumante posata sul fuoco.
«Così ho deciso che per questo fine
settimana la priverò di uno dei cinque
sensi. La ricerca sul campo condotta dalla
dottoressa mi
.. assicura che in questo modo
otterrò due vantaggi. Per prima cosa, i
sensi rimasti risulteranno amplificati in
maniera notevole, il che fa buon gioco al
mio obiettivo, tu che ne pensi?».
Si interrompe. Non riesco più ad
ascoltarlo con attenzione.
«E poi la sua esperienza sensoriale
sarà infinitamente più intensa, al di là di
ogni confine e singola percezione. Da non
crederci: tutti i miei problemi risolti da
questa donna eccezionale!».
Sussulto, trasalgo, per poco non soffoco
per ciò che ho sentito. Mi sta torcendo e
massaggiando i capezzoli quasi come a
saggiarne l’elasticità, e la mia schiena si
inarca al suo tocco.
Jeremy continua, tutto preso dal
discorso. «Ho riflettuto sui cinque sensi e
alla fine ho.. optato per quello su cui la
dottoressa ha basato la sua ricerca, quello
che senza dubbio influisce più degli altri
sulle percezioni». Con l’altra mano sta
esplorando gli anfratti nascosti della mia
vagina, massaggiandoli piano, con
dolcezza, ed evitando apposta la zona che
urla di desiderio.
Adesso non sono più semplicemente un
cervo con i fari puntati addosso; sono
stata caricata e legata sul tetto dell’auto.
Maledetto, che cosa mi sta facendo? E
maledetto il mio corpo che lo asseconda!
Non controllo più il respiro, sono
prigioniera dell’incantesimo della sua
scienza e della sua esperienza.
«Sai, lei è un tipo che si affida molto
agli occhi e credo davvero che se venisse
privata della vista…».
Non riesco
più a sentire quello che
..
dice. Respiro a fatica e in fretta, nel
tentativo disperato di portare ossigeno ai
polmoni, al cervello. Le sue dita si
fermano.
Sto per iperventilare.
«Dio mio, Alex, sei ancora più
sensibile di prima al contatto fisico, non
lo credevo possibile. Le sensazioni ti si
propagano come onde lungo il corpo. Mi
stai distraendo dalle mie conclusioni».
Io sto distraendo lui? Deve essere
pazzo.
La pausa si prolunga abbastanza da
permettermi di respirare. Ma non tanto da
riuscire a prevenire quanto sta per dire e
fare.
«Perciò,
quella
donna
deve
promettermi due cose. Di rinunciare alla
vista per tutto
il fine settimana e di non
..
fare domande. Un fine settimana che andrà
oltre tutte le sue aspettative. Sbaraglierà
ogni confine che si è imposta. Sarà
un’esperienza incredibile che la
conquisterà, ne sono assolutamente
certo… è una cosa tanto semplice che non
riesco a capacitarmi di non averci pensato
da solo…».
La voce gli si spegne in un sussurro
mentre mi soffia nell’orecchio e con i
denti e la lingua mi flagella il lobo. Le
dita hanno ripreso a pieno ritmo il loro
lavoro, penetrando ma arretrando un
attimo prima di procurarmi il sollievo che
ormai agogno. Il mio corpo si appresta a
esplodere. Poi sento la sua voce, chiara e
nitida.
«Alexandra, promettimelo adesso». Lo
dice in tono
deciso, perentorio. «È
..
semplice. Non vedrai. Non farai domande.
Per quarantotto ore».
Il turbinio di sensazioni che imperversa
dentro di me mi impedisce di ponderare
bene la situazione. I miei pensieri, il mio
corpo, il mio cuore sono tutti rivolti a una
e una sola cosa, la fine di questa dolce
tortura. Non so se amo o odio Jeremy per
essere in grado di ridurmi in queste
condizioni. Lo è sempre stato, lui e nessun
altro. Mi sento sempre così inerme con
lui, così dipendente dalla sua prossima
mossa. È come se il mio corpo privasse la
mia mente di ogni potere.
«Promettimelo». L’ordine, pronunciato
con voce bassa e profonda, penetra le
nebbie del mio stordimento.
Oddio, la voglia che mi pulsa dentro
ormai sta diventando
straziante, mentre la
..
stanza prende a girarmi intorno. È troppo
per me, un fuoco mi divampa dentro, il
vapore mi avvolge tutta. Protendo il
bacino per trovare il contatto di cui ho
bisogno per placare la furia che Jeremy ha
evocato con sapienza. Ma mi viene
fisicamente impedito. I miei goffi tentativi
non fanno che rafforzare la sua
determinazione, la sua presa su di me si
stringe ancora di più.
«Promettimelo, adesso». È un ordine
irrevocabile.
«Va bene, sì… io… te lo prom…».
Non riesco a completare la frase, che si
spegne in un brontolio confuso.
«Oddio…», gemo. È spietato!
«Più forte!». La sua voce mi rimbomba
nelle orecchie come un tamburo tribale
che batte a un
.. ritmo incalzante…
«Te lo prometto!», ansimo. «Te lo
prometto!», ripeto con un sospiro. «Farò
tutto quello che vorrai… per questo
weekend. Basta che adesso…».
A queste parole Jeremy mi affonda il
dito
nella
vagina,
procurandomi
l’orgasmo che il mio corpo desidera in
modo spasmodico, disperato. Mi sfugge
un grido primordiale…
«Ti ringrazio, mia cara, problema
risolto», gli sento dire in un sussurro
civettuolo e lontano.
Ha trovato il punto più sensibile del
clitoride e sta scatenando una nuova serie
di spasmi che mi fa scorrere altra linfa
lungo le cosce, spedendomi in una nuova
spirale di passione sfrenata. Senza
nemmeno fermarmi a soppesare le
conseguenze.. di quello che mi è appena
uscito di bocca, mi addentro avida oltre i
cancelli del piacere che Jeremy ha
abilmente costruito, vigilato e infine
aperto.
***
Una volta tornata nel mondo reale, non
so dire per quanto tempo sia durata la mia
deriva. Vedo che la pelle ha iniziato a
raggrinzarsi, perciò deve essere passato
un bel po’ di tempo. La mia coscienza
pian piano si risveglia.
«Stai bene? Sei stata stupenda». Mi
stupisco nel sentire la sua voce. Ah, sì,
sono qui, tra le braccia di Jeremy, nella
vasca da bagno. Sono ancora tutta
morbida e calda e intorpidita, sto ancora
fluttuando in una nebbia di voluttuoso
delirio.
..
«Sto benissimo, e tu?»
«Usciamo dall’acqua, se non vogliamo
prenderci un raffreddore». Mi tira fuori
dalla vasca prendendomi in braccio senza
sforzo, e poi mi avvolge un asciugamano
intorno alle spalle. È spesso e soffice, e
mi lascio abbracciare dal suo calore.
Ci guardiamo riflessi nello specchio.
Jeremy è alle mie spalle e mi abbraccia.
A vederci così, la differenza di statura
sembra enorme e, per qualche strana
ragione, vorrei indossare delle scarpe con
il tacco per attenuare la disparità tra noi.
Non riesco a non pensare al fatto che è
nudo, il che mi fa letteralmente tremare le
gambe.
Con un movimento lento, mentre ci
guardiamo nello specchio, Jeremy lascia
cadere a terra
l’asciugamano, in un gesto
..
naturale ma non casuale. Resto a guardare
i nostri corpi nudi riflessi nello specchio.
C’è estasi nei suoi occhi. Non ci diciamo
nulla, ma ci guardiamo pieni di desiderio,
stupefatti dell’intensità del nostro legame.
«Sei ancora più straordinaria di come ti
ricordassi». È Jeremy a rompere
finalmente il silenzio.
«Sei sempre stato troppo bello, Jeremy,
e continui a esserlo», replico spostando il
discorso su di lui.
«Alexa, apri gli occhi e guardati
davvero». Si è accorto che mi sto
sforzando di guardare tutto eccetto il mio
riflesso. Mi spinge verso lo specchio a
figura intera, e non mi resta altra scelta
che starmene lì, faccia a faccia con me
stessa. Certe volte è meraviglioso che gli
altri ti vedano
in modo diverso da come ti
..
vedi tu. Curiosamente, mi ritrovo a
cercare nell’immagine riflessa le tracce
delle mie due gravidanze. Un pensiero che
non mi aveva mai sfiorata prima. Per
fortuna la luce gioca a mio favore. Mentre
questi pensieri mi attraversano la mente,
Jeremy unisce le mie mani e me le fa
alzare fin sopra la testa, spingendomi a
sollevarmi sulle punte. Quando mi piega
le braccia all’indietro in modo da
spingere i gomiti in alto, più nulla
nasconde il riflesso del mio viso mentre il
corpo è adagiato su quello di lui. Jeremy è
irresistibile, eretto, virile. La vista di noi
due, nudi nello specchio, illuminati dalle
candele, mi mozza il fiato tanto è
sensuale.
Il magnetismo tra noi è palpabile. Mi
affascina questa
vicinanza, questa intimità,
..
e mi concedo di indugiare sull’immagine
che ho davanti agli occhi. È un
esperimento interessante, stare a guardarsi
in questo modo, penso, passando a una
prospettiva clinica. Lungi dall’essere
qualcosa da evitare a ogni costo, l’intensa
carica erotica dei nostri corpi fumanti
nello specchio emana energia sessuale,
soprattutto considerato che siamo reduci
da un meraviglioso orgasmo.
«Voglio che conservi questo momento
nella memoria. Prenditi un attimo per
capire davvero quanta bellezza c’è in te.
Quelle guance rosse, ardenti di desiderio,
di voglia. Ricorda che questa sei tu, una
creatura infinitamente sessuale e sensuale.
Non ho mai desiderato nessuna come
desidero te».
Sento la .. sincerità delle sue parole e
allo stesso tempo la sua virilità gonfiarsi
dietro di me.
Riconosco a stento la donna nello
specchio.
Chi sono io?
Il tempo si è fermato.
Non so nemmeno quanto tempo sia
passato quando mi lascia e mi avvolge di
nuovo l’asciugamano intorno alle spalle.
«Ho delle cose da organizzare e
immagino tu voglia restare un po’ da sola.
Fa’ con comodo. Come vedi c’è un po’ di
tutto. Appena sarai pronta, troverai una
sorpresa ad attenderti qui fuori». Jeremy
mi bacia l’interno dei polsi e si chiude la
porta alle spalle. Lo stomaco ricomincia a
farsi sentire, così come il bollore che ho
tra le cosce e i seni gonfi. Come fa a
ridurmi in questo
stato?
..
Poso entrambe le mani sul marmo
freddo del lavandino per sostenermi. Mi
guardo allo specchio, fissandomi negli
occhi. Trasudo energia, euforia. Non
ricordo di essermi mai sentita tanto viva
prima d’ora. La mia parte razionale cerca
in tutti i modi di ritrovare l’equilibrio e la
lucidità. Che sto facendo? Purtroppo però
sono le ragioni del corpo a prevalere, e
con un sospiro decido di abbandonarmi
senza remore al momento presente.
Jeremy aveva ragione a proposito del
bagno e di com’è ben attrezzato; è
incredibile la quantità di dettagli che è
riuscito a ricordare. Bigliettini scritti a
mano sparsi un po’ ovunque. Il profumo
Jo Malone, una grossa, bellissima
bottiglia della mia fragranza preferita e
una collezione
di bottigliette più piccole.
..
Della crema per il corpo, che la mia pelle
assorbe con un’avidità tale che decido di
concedermene un altro strato. Un kit di
cosmetici di Yves Saint Laurent completo
di fondotinta, correttore, eyeliner, rossetti,
matite per le labbra, mascara, il tutto in
sfumature adatte al colore della mia pelle.
C’è tutto ciò di cui potrei aver bisogno
per un weekend e oltre. Decido di
divertirmi e di provare ogni cosa. Mi
sembra di essere nel paradiso dei
cosmetici a fare man bassa di trucchi e
prodotti per la pelle. Mi sfuggono dei
gridolini di gioia mentre apro scatole e
scatoline e provo una serie di fantastici
prodotti di cui ho visto la pubblicità sulle
riviste patinate, ma che non ho mai avuto
nel mio bagno.
Probabilmente
trascorro un po’ troppo
..
tempo persa nel mio personale luna-park
cosmetico, perché a un certo punto sento
bussare alla porta con discrezione.
«Alex, tutto bene lì dentro, vero?». La
voce di Jeremy penetra con dolcezza nella
mia atmosfera edonistica.
«Oh, sì, scusa. È che non riesco a
crederci. Come hai trovato il tempo? E
come facevi a saperlo? Voglio dire, sono
passati così tanti anni… È davvero
fantastico, mi sento come una bambina che
apre i regali e trova tutti i suoi giocattoli
preferiti». Sto parlando a raffica.
«Domande,
domande…»,
mi
rimprovera Jeremy con una risatina in cui
però mi sembra di percepire una velata
minaccia, e subito mi gelo.
Mi torna in mente il suo discorso nella
vasca da bagno,
la promessa che mi ha
..
strappato in un momento di debolezza e di
desiderio. Mi viene la pelle d’oca; mi
irrigidisco come un gatto che ha percepito
il pericolo. Di che parlava, prima, nella
vasca? Stava scherzando, vero? Non era
serio quando diceva di volermi privare
della vista e della facoltà di fare domande
per tutto il weekend, no? Siamo troppo
vecchi per questi giochetti. O no? Il
ricordo della prima e unica volta che ho
cercato di sottrarmi a una promessa fatta a
Jeremy, quando eravamo all’università,
non contribuisce a tranquillizzarmi.
Stranamente, non rammento con esattezza i
dettagli della promessa in sé; invece le
imbarazzanti conseguenze del mio rifiuto
mi si sono impresse nella memoria.
«Allora hai
deciso? Vuoi sottrarti al
..
nostro accordo?», chiede Jeremy
incredulo, troneggiando su di me. Siamo
nell’atrio della facoltà, appena fuori
dall’aula magna. Annuisco. Lui per tutta
risposta mi carica in spalla, mi afferra le
caviglie e mi lascia scivolare lungo la
sua schiena, come fossi un sacco. Mi
ritrovo a penzolare a testa in giù, con
tutti intorno che ci guardano.
«Mettimi
giù,
bastardo!
È
imbarazzante!», grido cercando di
divincolarmi, di raddrizzare la schiena.
«Non puoi farlo, è una violenza. Mettimi
giù!», urlo ancora più forte.
«Posso farlo e lo farò, finché tu non
manterrai la tua promessa».
Gli altri mi guardano ridendo. Sanno
tutti che siamo amici, che stiamo solo
giocando. La
.. maglietta mi è scivolata fin
sulle spalle a causa della forza di
gravità e mi affretto a rimetterla a posto
per non dare pubblico spettacolo della
mia biancheria intima. Con una mano
colpisco lui e con l’altra cerco di tenere
a posto la maglietta. Per fortuna indosso
i jeans. Jeremy comincia a camminare.
«Che stai facendo? Tu sei matto!».
È difficile imprimere alla mia voce il
tono severo che vorrei assumere mentre
rimbalzo a testa in giù contro le sue
gambe. Sono fuori di me dalla rabbia.
Procediamo lungo i corridoi mentre lui
scambia addirittura qualche chiacchiera
disinvolta con i compagni che incrocia,
come se non ci fosse niente di insolito
nel fatto che io me ne stia buttata sulla
sua schiena a mo’ di sacco di patate. I
suoi amici .. si limitano a una risatina
quando li informa che mi sta solo
accompagnando alla mia prossima
lezione. Se potessi, in questo momento lo
prenderei a sberle. Il sangue mi è
affluito alla testa, facendomi somigliare
a un pomodoro maturo. Arriviamo
nell’aula e lui mi deposita con cura su
una sedia della prima fila. Fa un cenno
al professore dietro il leggio, come se
fosse tutto perfettamente normale. Si
china verso di me, mi prende le mani tra
le sue e dice con un sorriso: «Vengo a
prenderti alla fine della lezione».
«Non dici sul serio!», sibilo sputando
veleno.
«Oh, sì invece, miss Alexandra».
Lo guardo con odio, mentre il
professore inizia la lezione. «Bene,
cominciamo,.. abbiamo molto di cui
parlare oggi».
Al che Jeremy mi stampa un bacio
sulla guancia e mi fa ciao ciao con la
mano. Sono così imbarazzata che
sprofondo nella sedia, rifiutandomi di
guardare in faccia chiunque. Muovendo
il piede mi accorgo che la mia borsa si
trova sotto la sedia su cui mi ha
depositata. Organizzazione impeccabile.
Non riesco a concentrarmi sulla
lezione nemmeno per un minuto. Sono
completamente assorbita da due
priorità: evitare Jeremy e vendicarmi.
Come ha osato farmi questo? Scrivo un
biglietto a un’amica chiedendole di
prestarmi gli appunti che prenderà
durante il resto della lezione. Mi dico
che una fuga anticipata è l’opzione più
sicura, nel.. caso in cui sia davvero
intenzionato a venirmi a “prendere” più
tardi. Quindici minuti prima della fine,
mi alzo con discrezione. Mi dirigo a
passo felpato verso la porta posteriore,
che mi sembra la via più sicura. Una
volta fuori, perlustro il corridoio vuoto e
mi congratulo con me stessa per aver
sventato i piani di Jeremy. Comincio a
camminare con piglio deciso, fumante di
rabbia. Ho appena preso velocità e sto
allungando ancora il passo, quando i
piedi mi si staccano dal pavimento, così
all’improvviso che mi gira la testa.
«Che cavolo…», esclamo.
«Ehi, splendore, non avrai davvero
creduto di farmi fesso, spero».
Jeremy mi ha messo nella stessa
identica posizione di prima. Da dove
accidenti è.. uscito? Mi porta così, in
spalla, tenendomi per le caviglie, fino
alla caffetteria. I ragazzi applaudono e
sorridono, divertiti da quell’esibizione
di virilità. Io sono a dir poco fuori di me
dalla rabbia. Vengo depositata su una
sedia e tenuta ferma per le spalle e per i
polsi. Sa fin troppo bene che me la darò
a gambe non appena mollerà la presa.
Guardo torva i suoi amici riuniti intorno
al tavolo, i loro malcelati sorrisetti
mentre fingono di guardare altrove.
Arrivano Patrick e Neil e mi posano un
vassoio davanti: Jeremy deve avermi
ordinato il pranzo in anticipo, in modo
da non essere costretto a togliermi le
mani di dosso. Le loro facce divertite
non lasciano dubbi su quanto trovino
spassosa tutta questa situazione. Jeremy
sa che approfitterò
della sua prima
..
distrazione.
«Non ci provare, AB, non farai che
peggiorare le cose».
«E di preciso, quanto credi di poter
andare avanti così, Jeremy?», domando
con voce glaciale.
«Esattamente il tempo che tu
impiegherai a rispettare la tua
promessa, mia cara», dichiara. E che mi
prenda un colpo se non è capacissimo di
mantenere la parola.
Questa storia di portarmi in spalla su
e giù per le lezioni va avanti per tutto il
giorno. Alla fine l’idea di essere portata
come un sacco di patate nell’aula dove si
tiene l’ultimo seminario della giornata,
il mio preferito, Psicologia della
sensazione e della percezione, mi appare
insostenibile,
soprattutto perché è una
..
classe piccola, di sole dodici persone.
«Va bene, Jeremy, può bastare.
Smettila. Ho imparato la lezione. Hai
vinto tu». Mi posa a terra, in piedi, con
delicatezza.
«Mi fa piacere che tu sia tornata in te,
AB, perché sono certo che quello che
avevo in mente per te stasera non ti
sarebbe piaciuto».
«Santo cielo, sei davvero spietato!».
«Non sono il tipo che si arrende, hai
ragione. Ma sono più incline a definirmi
“tenace all’occorrenza”».
«Come ti pare. Adesso però lasciami
andare a lezione», cerco di scaricarlo.
«Sicura che non ti serva un
passaggio? Ho le gambe più lunghe delle
tue». Il suo sorriso sfacciato è talmente
carino che.. non riesco a non ridere,
anche se sto facendo di tutto per
mostrarmi furiosa con lui.
«Molto divertente. Ciao!».
Il ricordo è così nitido, così intenso,
che è come se fosse successo ieri. Com’è
possibile? Quell’episodio non mi tornava
in mente da anni, anche dieci forse.
Scuoto la testa sforzandomi di non
pensare al passato e di ignorare il
possibile significato di tutto questo.
***
«Ce la fai a essere pronta fra poco?»
«Sì, certo». Provo un’ondata di
sollievo. Non ha detto nulla della
promessa, per fortuna. Rimetto in fretta
tutti i flaconcini nell’astuccio e avvito i
coperchi dei.. vasetti. Uso particolare cura
nel riporre il profumo, perché è davvero
delizioso e vorrei portarmelo a casa.
«Mi asciugo i capelli ed esco fra un
minuto». Trovo il phon, butto la testa in
avanti e mi asciugo la parte più umida
dietro la nuca. Sono più ribelli del solito,
ma decido lo stesso di tenerli sciolti sulle
spalle, a coprirmi appena le scapole. Il
mio viso e il mio corpo risplendono e non
posso fare a meno di sorridere alla vista
della persona che mi fissa dallo specchio.
Cosa c’è di meglio di un hotel a cinque
stelle, champagne francese, un orgasmo
che sembra mandato direttamente dal
paradiso e una stanza da bagno piena dei
migliori prodotti di bellezza esistenti al
mondo per far sentire al settimo cielo una
donna almeno per qualche ora? Afferro un
morbido ed.. enorme accappatoio (chissà
perché non li fanno di una misura che
possa andar bene a una donna di media
corporatura), lo indosso ed esco da quel
ricettacolo di meraviglie per tuffarmi
nella fredda eleganza della suite, tra le
braccia di Jeremy.
«Sembri euforica», dice lui mentre mi
stringe forte a sé.
«Mi sento una peccatrice. È tutto molto
decadente». Ricambio il suo abbraccio e
la passione che avverto nel suo sguardo
mi mozza il respiro per qualche attimo.
«Vieni, voglio farti sentire ancora più
decadente. C’è una cosa che devi
vedere».
Mi circonda le spalle con un braccio e
mi porta di corsa in camera, verso il
guardaroba. Sembriamo due cuccioli che
hanno appena
trovato un nuovo cesto di
..
giocattoli con cui divertirsi. Sussulto
quando ci fermiamo di colpo e un sorriso
si dipinge sul suo viso.
«È una cosa che ho sempre desiderato,
Alex, ma all’università mi mancava il
coraggio. Ti va di indossare questo per
me stasera?».
Mi avvicino a un abito bellissimo,
semplice, elegante, sofisticato, del più
bello dei colori: rosso intenso. Ha un
taglio asimmetrico, con una spalla
scoperta.
«Jeremy, è stupendo, io… non ho
parole. Ma perché fai tutto questo? Mi
sembra che mi sfugga qualcosa. Non
capisco».
«Non c’è bisogno di capire. Voglio
farlo, lo voglio da un sacco di tempo e
adesso posso
permettermelo. C’è tutto
..
quello che ti serve per vestirti. Non vedo
l’ora di vedertelo addosso. Sono felice
che ti piaccia. Cerca di non metterci tanto
tempo come in bagno, o dovrò venire ad
aiutarti», dice con un sorriso allusivo. Io
sono momentaneamente senza parole;
fisso un po’ lui e un po’ il vestito. Jeremy
mi dà una leggera pacca sul fondoschiena
a mo’ di congedo.
«Va bene, va bene», dico mettendomi in
azione.
Mi avvicino al vestito, passo le dita sul
tessuto; è di seta, morbido e liscio. Mi
tolgo in fretta l’accappatoio e mi infilo
l’abito dalla testa. Mi scivola addosso
con naturalezza, e constato con piacere
che contiene un reggiseno che si adatta
alle mie forme alla perfezione. Mi segna
con garbo il.. punto vita, e la parte sinistra
della gonna ricade con grazia sulle gambe,
lunga abbastanza da sfiorarmi le caviglie.
Trovo anche una scatola con uno stupendo
paio di scarpe con i tacchi a spillo, che ho
quasi paura di calzare. Non porto scarpe
di quel genere da quando avevo vent’anni
e mi chiedo se sarò in grado di stare in
equilibrio con i piedi infilati lì dentro.
Non ho mai indossato un colore tanto
audace e mi guardo allo specchio
sbalordita. L’effetto d’insieme è
estremamente provocante. La persona che
ho davanti è sexy, sicura di sé, seducente.
Su una panca noto un elaborato fermaglio
vintage, così lo uso per raccogliere i
capelli in un morbido chignon sopra la
spalla nuda. Ora il riflesso nello specchio
ha anche un tocco di inattesa raffinatezza.
Non c’è più.. alcun dubbio: sto vivendo la
mia personale versione di Pretty Woman
e finora, per me almeno, è persino meglio
dell’originale.
Non ricordo quando è stata l’ultima
volta che mi sono vestita così elegante:
potrei affrontare il red carpet la sera degli
Oscar, magari un po’ più truccata e con
l’intervento
di
un
parrucchiere
professionista. Dopo un’ultima occhiata al
mio riflesso – mi riconosco appena –
pianto bene i piedi a terra e mi avvio
verso il salotto.
Jeremy si ferma per guardarmi. Lo
lascio a bocca aperta quando entro. Il suo
sguardo mi scandaglia dalla testa ai piedi,
così mi sforzo disperatamente di essere la
donna sofisticata e sicura di sé che ho
visto nello specchio, e non la goffa e
scarmigliata.. studentessa universitaria di
un tempo.
Il modo in cui inspira e l’evidente
adorazione dipinta nei suoi occhi mi fanno
capire che è contento di quello che vede.
«Oh mio… oh», dice piano.
«Alexandra, adesso sono io che non ho
parole. Sei… mozzafiato».
«È il vestito che è bello, Jeremy. Non
ho parole nemmeno io».
«No, mia cara, tu sei bellissima.
Questo vestito non fa altro che valorizzare
i tuoi punti di forza». Rido con un certo
nervosismo, mentre il suo sguardo indugia
ammirato sul mio seno.
«Fa più di questo, Jeremy. Nasconde
tutti i difetti… A proposito, ti sei
dimenticato una cosa».
«Davvero?», domanda con evidente
stupore. «E ..cosa?»
«Gli slip».
Mi fissa senza capire.
«La biancheria», insisto.
Nessuna risposta.
«Le mutande, come preferisci
chiamarle?».
Le ho cercate dappertutto nel
guardaroba ma non ne ho trovato traccia.
«Ah, ho capito». Era ora. «No, non le
ho dimenticate. Tutto ciò che ti serve ce
l’hai già addosso».
Si volta e pianta gli occhi nei miei.
«Lo sai che mi piace l’eccesso, Alexa,
in ogni momento. Il solo pensiero mi fa
eccitare».
Mi strizza l’occhio e arrossisco
diventando dello stesso colore del vestito.
In quel momento noto un ricco mazzo di
rose rosse in
.. un vaso sul tavolo. Non ne
ho mai viste così tante insieme. Sono
boccioli chiusi, rosso sangue, lo stesso
colore del mio abito. Sono stupende, non
ce n’è una che abbia la più piccola
imperfezione. Mi avvicino per guardarle
meglio e ne aspiro il profumo inebriante.
Sento Jeremy dietro di me, il suo respiro
leggero sul collo. Con queste scarpe sono
più alta, così non deve chinarsi troppo.
«Ognuna di queste rose rappresenta
un’esperienza che voglio farti vivere in
questi due giorni. Immaginale quando
saranno sbocciate del tutto, con ogni
petalo aperto. Sono bellissime già adesso,
proprio come te, Alexandra, ma immagina
che cosa saranno quando avranno
espresso tutto il loro potenziale».
Mentre parla la sua bocca mi solletica
la nuca. Oddio,
quella voce, quelle labbra
..
mi fanno tremare le ginocchia.
Parlo con voce bassa, quasi rotta. «Sei
sulla buona strada, Jeremy. Non ho mai
vissuto niente di simile prima d’ora.
Mai».
«E non hai ancora visto niente, mia
cara». Di colpo il suo nuovo, leggero
accento
americano
alleggerisce
l’atmosfera.
«Ci vuole un altro brindisi», dichiara
solenne, poi mi volta le spalle e si mette
ad armeggiare sul tavolo del buffet con
dei sofisticati bicchieri e una montagna di
cubetti di ghiaccio.
«Oh, no, non sarà mica vodka liscia?»
«Non proprio, ma mi complimento per
la buona memoria. Stavolta è una cosa un
po’ diversa, vedrai».
Il tono di.. Jeremy e la sua espressione
mi fanno ripensare a una delle più
divertenti e sorprendenti esperienze
sessuali che io abbia mai vissuto, e
probabilmente mai vivrò, nella mia vita…
Jeremy e io ci siamo finalmente
lasciati alle spalle gli esami di metà
semestre, e adesso non vediamo l’ora di
concederci una serata fuori. Ci sembra
di non aver mai staccato gli occhi dai
libri per mesi e mesi. Quando stiamo per
uscire diretti a un locale non lontano da
casa, dove ci aspettano degli amici per
bere qualche birra insieme, sentiamo dei
tuoni minacciosi seguiti da violenti
scrosci. Jeremy e io diamo un’occhiata
fuori e decidiamo di restare a casa sua a
bere qualcosa e a guardare un film.
L’idea ci piace,
siamo entrambi troppo
..
stanchi per fare le ore piccole. Anche se
è un sollievo essersi lasciati alle spalle
lo stress degli esami, siamo ancora
troppo in debito di sonno per essere di
umore festaiolo. Ci siamo appena seduti
sul divano con succo di mela e popcorn,
quando fa irruzione in casa Patrick,
l’amico di Jeremy, nonché suo compagno
alla facoltà di Medicina, bagnato
fradicio.
«Hai visto che sta succedendo là
fuori?», grida per sovrastare il fragore
di un tuono che fa quasi tremare i muri.
«Oh, ciao, Lexi, come va?».
Ho sempre trovato Patrick un tipo
interessante. Ha l’aria di un ragazzino,
non tanto alto ma con una struttura
muscolosa, da buon giocatore di rugby
della squadra
universitaria. Mi chiama
..
Lexi.
«Ciao, Pat. Tutto bene, grazie».
«Entra, amico mio. A quanto pare
l’hai
beccato
in
pieno.
Sei
completamente zuppo!».
«Grazie. Stavo andando al pub per
raggiungere gli altri e guarda cos’è
successo. Spero che non vi dispiaccia».
«Per niente. Stavamo per vedere un
film. Non ci andava di uscire con questo
tempo e abbiamo deciso di restarcene al
calduccio».
Dopo aver ficcato la sua roba
nell’asciugatrice, Patrick si siede
accanto a noi sul divano con un
asciugamano attorno ai fianchi. Ha un
bel corpo abbronzato, i muscoli ben
evidenti grazie alle flessioni, ai
piegamenti .. e a tutti gli esercizi che
fanno i giocatori di rugby durante gli
allenamenti. “Sì, caro, chiamami pure
Lexi…”, ridacchio tra me e me. Apre una
birra e ci mettiamo a guardare il film.
Sono seduta a un’estremità del divano
con le gambe allungate su quelle di
Jeremy. Patrick siede dall’altra parte.
Dopo il secondo giro di birre, Pat
comincia a rollare uno spinello. Fa per
andare a fumarlo fuori, ma Jeremy lo
ferma.
«Non ti preoccupare. Fuori diluvia
ancora. Fumalo qui, così non
interrompiamo il film».
Dopo aver tirato una lunga boccata,
Patrick passa la canna a Jeremy, il quale
a sua volta non esita ad aspirarla a pieni
polmoni. Espira con calma, ne aspira
una boccata.. più piccola e poi la offre a
me. Vedendomi esitante, Jeremy mi
incoraggia a provare.
«Avanti. Hai finito gli esami, rilassati.
Non dobbiamo andare da nessuna parte
e la prossima settimana è festa».
Ha ragione lui, perciò prendo lo
spinello e cerco di maneggiarlo come si
deve. È talmente imbarazzante quando
sbagli! Sembra che tutti siano lì a volerti
istruire sul modo corretto di fumarsi una
canna. Mi svuoto i polmoni e aspiro
piano il fumo resistendo all’impulso di
mettermi a tossire e sputacchiare.
Mentre continuo a scandire mentalmente
le fasi di quello che sto facendo –
trattieni, trattieni, trattieni… poi espira
pian piano – le sensazioni provocate dal
fumo raggiungono rapide il cervello.
Jeremy mi ..toglie la canna di mano un
attimo prima che cada, mentre io mi
accascio sul divano piacevolmente
intontita.
Aspiro un’altra boccata e per me è già
abbastanza. Me ne resto nella mia
piccola, confortevole bolla per un po’ e
non bado a quello che fanno i ragazzi, né
a quanto fumano. Ritorno lucida verso la
fine del film e sento i ragazzi
sghignazzare per qualcosa. Non so di
cosa si tratta, ma dopo un po’ comincio
a trovarlo divertente anch’io. Finito il
film, ci sono dei video musicali; Pat si
mette a ballare in asciugamano in giro
per la stanza e Jeremy si unisce a lui.
Tra le luci sgargianti della televisione e
il tamburellio della pioggia fuori, la
scena è esilarante. Almeno così nessuno
si lamenterà.. del rumore. Jeremy cerca di
farmi alzare e ballare, ma io mi sono
barricata in mezzo ai cuscini.
«No. Siete uno spettacolo troppo
bello, lasciatemi fare la guardona».
Incoraggiati, si lanciano in una serie
di mosse ancora più complicate, che
nello stato in cui si trovano risultano
irresistibilmente comiche. Alla fine
spariscono entrambi in cucina e ne
escono con un vassoio pieno di
bicchierini di vodka liscia. Scuoto la
testa.
«Non se ne parla. Non dopo aver
fumato!».
«Proprio perché abbiamo fumato,
Lexi. Non c’è altro modo. Dopotutto,
questo è un party post-esami», dichiara
Pat, e scoppia a ridere, subito
assecondato.. da un euforico Jeremy.
Cercano di darsi il cinque, ma mancano
l’obiettivo. Non ne posso più, mi fa male
lo stomaco per le troppe risate.
«Va bene, Alex. Bevi due bicchierini e
ti lasceremo tranquilla dietro la tua
barricata di cuscini», propone Jeremy.
«Ma certo! Puoi restartene seduta nel
tuo confortevole castello, come una
bellissima
principessa»,
aggiunge
Patrick.
Geniale. Che soluzione perfetta. Tutto
ciò che desidero al momento è starmene
su questo soffice divano, stretta tra i
cuscini che mi sono accaparrata.
«Uno?». Non avrei dovuto metterci
quel punto interrogativo.
«Due. Uno per Pat e uno per me. Poi
potrai startene tranquilla sul divano,
almeno per ..un po’».
«Andata!», esclamo, convinta dalla
logica inappuntabile del ragionamento.
«Salute!».
«Alle nuove esperienze!», aggiunge
Jeremy mentre brindiamo guardandoci
negli occhi come facciamo sempre.
Giù il primo bicchiere. Giù anche il
secondo.
«Accidenti se è forte la vodka, quando
ne mandi giù due bicchieri così!».
Patrick mi passa della limonata per
alleviare il bruciore. «Sei davvero
gentile, Patrick. Grazie».
«Siamo qui per servirla, milady»,
replica lui con un sorrisetto sfacciato
mentre tenta un formale inchino.
«E io apprezzo enormemente»,
ammicco di rimando.
Poi, con mia
grande gioia, mi lasciano
..
sguazzare nella mia nebbia etilica,
mentre loro due continuano a fare i
buffoni.
Quando alzo gli occhi, mi accorgo che
adesso anche Jeremy, come Patrick,
indossa solo un asciugamano in vita.
«Dove credete di essere, in un harem
maschile? Ma guardatevi! Siete uno
spasso».
Sono buffi, è vero, ma a guardarli
meglio non posso fare a meno di notare i
loro muscoli sodi. Arrossisco al pensiero
di averli entrambi nel mio harem
personale.
Poi all’improvviso me li ritrovo ai lati
del divano, e mi rubano i cuscini.
«Che fate?», li sgrido. «Ridatemeli,
sono miei, non è giusto!».
A quanto.. pare trovano esilarante
strapparmi di mano i cuscini mentre
cerco con tutte le mie energie di
riappropriarmene.
«Forza, AB, sono ore che stai seduta
qui. Non è possibile che per te contino
più i cuscini che noi due, non ti pare?
Lasciali…».
Poi Jeremy mi bacia sulle labbra,
insinuandomi la lingua in bocca.
Sono stupita che abbia fatto una cosa
del genere in presenza di Patrick.
Guardo quest’ultimo e gli leggo negli
occhi la stessa eccitazione che c’è nello
sguardo di Jeremy.
Mi accorgo troppo tardi del cenno di
intesa che si sono rivolti e, prima che me
ne renda conto, mi prendono uno per i
piedi e uno per le spalle e mi portano
nella camera
.. da letto di Jeremy.
«Ragazzi!». Mi sfianco di risate e
gridolini, puntualmente coperti dal
fragore della pioggia. «Che state
facendo?»
«È giusto che anche tu indossi un
asciugamano e nient’altro. Vogliamo
solo divertirci un po’». Mi lasciano
cadere sul letto. Jeremy mi sbottona i
jeans e abbassa la cerniera. «Tirala un
po’ su, Pat».
Patrick mi solleva la schiena mentre
Jeremy mi sfila i jeans.
«Ecco fatto. Seduta, ora». E mi sfila la
camicia. Lo guardo negli occhi, non
sapendo cosa fare o come sentirmi. Non
so neanche ciò che sta succedendo di
preciso. Poi Jeremy si ferma e mi
domanda a bassa voce: «Vuoi che
smettiamo?»..
«No». Scuoto piano la testa. Non
voglio che smettano. Quale donna nel
pieno delle sue facoltà direbbe di no alla
prospettiva di divertirsi con due begli
uomini, forti e virili, durante un
temporale notturno? Io no di certo. Il
tepore che ho al basso ventre si diffonde
all’istante in zone più erogene.
Jeremy sorride contento. «Va tutto
bene, RS. So che giocare ti piace come
piace a noi. Ti promettiamo che ti
dedicheremo tutte le nostre attenzioni.
Tu rilassati e goditela!».
«RS?». È una novità.
«Ragazza Sexy, naturalmente!».
Ottimo, stasera ho guadagnato un
sacco di nomignoli.
Jeremy si volta verso Patrick. «Levale
il reggiseno.. e le mutande, mentre io la
tengo».
Non riesco a credere che tutto questo
stia accadendo davvero, sono ammaliata
dalla bellezza virile che mi circonda,
eccitata al pensiero di ciò che seguirà.
Sta succedendo proprio a me? Sembra di
sì. Pare sia la mia sera fortunata. Mi
lascio
distendere
sul
letto
completamente nuda, ansiosa di
conoscere la loro prossima mossa, li
lascio giocare con il mio corpo,
accarezzarmi i seni, leccarmi i lobi delle
orecchie, baciarmi lo stomaco, toccarmi,
succhiarmi, assaggiarmi. Chiudo gli
occhi e, quando li riapro, Jeremy mi sta
succhiando i capezzoli. Li chiudo di
nuovo gemendo, per riaprirli quando
Patrick comincia a passarmi la lingua
all’interno ..di una coscia. Esplorano il
mio corpo insieme, poi separati e poi di
nuovo insieme, ognuno con il suo modo
unico di portarmi alle vette del piacere.
Per ore.
È meraviglioso.
Ho
la
testa
appoggiata
all’asciugamano di Patrick, mentre
discutono di dettagli anatomici che non
fingo neanche di ascoltare. Patrick mi
accarezza la testa e me la spinge contro
le sue gambe incrociate, mentre Jeremy
si stende accanto a noi. Patrick mi
avvicina uno spinello alla bocca e io
aspiro piano, guardandolo da sotto in su.
Mi rilasso stendendomi supina, grata di
una pausa dalle complicate attenzioni
che le loro mani e le loro bocche mi
hanno dedicato. Mi sento fluttuare.
Pat mi sente
la fronte. «Lexi, tu bruci.
..
Ti senti bene?»
«Mai stata meglio, direi, anche se qui
dentro fa piuttosto caldo».
«Be’, in effetti…». Ridono.
«Vado a prendere il termometro», si
offre Jeremy.
«Non serve, J!», gli dico unendomi alle
loro risate.
Patrick continua a passarmi le dita tra
i capelli ed è tutto così tranquillo.
Faccio un gran respiro e mi abbandono
a un piacevole torpore. Vengo riportata
bruscamente alla realtà quando Jeremy
si mette le mie gambe sopra le spalle, mi
allarga le natiche e mi infila il
termometro nell’ano, immagino dopo
averlo lubrificato, visto che entra senza
la minima resistenza. Cerco di
sollevarmi, ..ma Patrick mi trattiene con
dolce fermezza, bloccandomi le spalle
contro il letto.
«Jeremy!», esclamo. «Che stai
facendo?»
«Ti misuro la febbre, AB. Non
vogliamo che ti succeda nulla di male,
dato che possiamo prendere le
necessarie precauzioni. Siamo quasi
medici, ricordi?»
«Sto
benissimo.
Tirami
fuori
quell’arnese dal culo».
«Devi tenerlo solo un altro minuto.
Non credo tu voglia ritrovarti del
mercurio su per le parti intime, no?».
Le sue parole, che dica sul serio o
meno, mi convincono a non muovere un
muscolo finché non ha estratto
quell’oggetto freddo.
«Oh, sì, esimio
collega, avevi ragione.
..
Trentotto e mezzo. Diagnosi brillante.
Per fortuna ho qui un rimedio».
«Non ho affatto la febbre, Jeremy. Non
fare il cretino», ricomincio a protestare.
«Per favore, faccia stare calma la
paziente, dottor McCluskey».
Patrick mi tappa la bocca con la
mano. Jeremy mi porta le braccia sopra
la testa e Patrick le blocca con le sue
solide gambe da giocatore di rugby.
Gemo senza riuscire a produrre un
suono decente.
“E adesso?”, penso. “Saranno
esausti. Come me”.
Ma a quanto pare non è così.
Jeremy tira fuori un cestello pieno di
cubetti di ghiaccio e lo posa sul letto.
Lentamente, mi passa il ghiaccio
nell’incavo .. del gomito, sotto l’ascella,
sul torace; poi ripete l’operazione
dall’altro lato. Comincio a reagire alla
sensazione del ghiaccio che scivola e
sgocciola lungo le mie membra
surriscaldate. Con movimenti circolari
raggiunge il seno, e gli servono altri
cubetti man mano che gli si sciolgono tra
le mani al contatto con la mia pelle
bollente. Mentre Jeremy mi flagella i
capezzoli, Patrick mi fa rotolare il
ghiaccio sulle labbra con un gesto
languido, infilandomelo in bocca e
giocando con la lingua. Le mie braccia,
intorpidite sotto il peso delle sue gambe,
sono diventate strumenti di protesta
inutili. Mi piace la sensazione del
ghiaccio in bocca, perciò lascio che mi
tormenti finché non me lo lascia cadere
giù per la gola.
Sono talmente presa da
..
questo gioco che non mi accorgo che
Jeremy ha abbandonato i capezzoli e sta
scivolando più in basso, lasciando una
piccola scia di ghiaccio attorno
all’ombelico. Patrick non permette che i
miei capezzoli restino orfani a lungo e
riprende l’opera interrotta da Jeremy.
Sto letteralmente annegando nella
stimolazione sensoriale. Jeremy mi
cosparge di ghiaccio la vulva,
provocandomi brividi lungo tutto il
corpo, e alla fine mi infila con abilità un
cubetto nella vagina. Inarco subito la
schiena a quella sensazione.
«Ti prego…», dico con voce rotta,
rivolta a chissà chi.
Jeremy infila dentro un altro cubetto
di ghiaccio. La sensazione di quei corpi
gelidi infilati
in un tunnel così caldo fa
..
vibrare dall’interno il mio corpo, che
cerca di espellere l’estraneo oggetto
freddo venuto a pizzicare una zona tanto
sensibile. Ma prima che questo avvenga,
Jeremy ne infila un altro attraverso lo
stesso canale, lo sguardo rapito dalle
mie reazioni alle sue manovre.
Quando la lotta tra caldo e freddo
dentro di me arriva al limite della mia
sopportazione, Jeremy mi unisce le
gambe, mi abbraccia e comincia a
divorarmi la bocca. Con la testa
poggiata sul grembo di Patrick, sento
pulsare la sua erezione. Lui si sistema in
modo da riuscire a passarmi il ghiaccio
sotto le ascelle incredibilmente sensibili,
poi mi libera le braccia e torna a
bloccarmele lungo il busto, in modo che
il ghiaccio ..resti imprigionato. Jeremy mi
ha riempito di ghiaccio la bocca e la
vagina e il suo corpo limita i miei
movimenti. Mi sento come una specie di
igloo umano alla rovescia. La sensazione
del calore corporeo all’esterno e di tutto
quel gelo intrappolato nelle cavità
interne non è paragonabile a nulla che
io abbia già provato. Tutto il mio essere
vibra nell’esperienza del fuoco e del
ghiaccio insieme, i brividi mi corrono
lungo il corpo, mentre questo divora
rapido il ghiaccio accumulato in bocca e
nella vagina. I freddi intrusi combattono
contro l’ambiente che hanno invaso,
mentre la mente annega in quel mare di
sensazioni.
Non posso gridare. E non grido.
I ragazzi non mi lasciano finché il
ghiaccio non
.. si è sciolto del tutto.
Quando succede, Jeremy si china con
fare cerimonioso a raccogliere i succhi
diluiti che ha contribuito a generare.
Benché sfiancata dal gelo, sono umida di
voglia e di umori.
«Lo vedi, Alex, te l’ho detto tante volte
che da una bevuta di vodka può venire
solo del buono. Che esperienza, eh?».
Sono troppo sfinita per commentare.
La cosa strana è che non ho mai capito
se avevano pianificato tutto oppure no…
Cerco di scacciare dalla mente il
lascivo ricordo e di concentrarmi su ciò
che Jeremy sta facendo.
«Sembra piuttosto complicato. Che
diavolo stai preparando?»
«Non è complicato come sembra, ma ne
vale la pena.. lo stesso. Dopotutto noi due
non abbiamo spesso la possibilità di stare
insieme. Spero che non ti dispiaccia se ho
optato per la versione Hemingway, dato
che è venerdì sera. È un po’ più
complessa della versione francese; del
resto quella boema rischierebbe di far
partire l’allarme antincendio».
Adesso ci capisco ancora meno.
Jeremy solleva con fare cerimonioso
due bicchieri ghiacciati pieni di un’opaca
bevanda lattiginosa e me ne porge uno.
Porto il bicchiere alle narici con aria
sospettosa. Ha un odore dolciastro, con
sentori di anice e liquirizia.
«Lo bevevano Vincent van Gogh, Oscar
Wilde, Ernest Hemingway». Se con ciò
spera di illuminarmi, si sbaglia di grosso.
Prima che io riesca a fare altre domande,
pronuncia un
.. brindisi. «A te, Alexandra.
Che tu possa esplorare e scoprire la
versione illuminata di te stessa. E
naturalmente, che le tue rose fioriscano
presto», proclama ammiccando.
Porterò anche il più bel vestito che
abbia mai indossato, un vestito che mi fa
sentire affascinante come non mai, ma
all’improvviso siamo di nuovo ai tempi
dell’università, in procinto di imbarcarci
in qualche giocosa avventura al limite del
consentito. Come allora. Mi sento
euforica e preoccupata al tempo stesso,
come un bambino piccolo che viene
portato al luna-park per la prima volta, e
mi concedo di lasciarmi condurre per
mano da Jeremy verso le tappe
sconosciute
di
questo
weekend,
ricordando a me stessa che lui non mi
farebbe mai..alcun male.
Per varie ragioni so che non è il caso di
deludere le sue aspettative.
«Salute».
«Sláinte», dico alla maniera degli
irlandesi, in omaggio alla lingua di uno
dei paesi che abbiamo visitato insieme.
Lo guardo negli occhi e poi mi lascio
scivolare in gola il denso liquido bianco,
i cui gradi alcolici mi aggrediscono subito
il sangue, scaldandolo all’istante.
«Ecco lo spirito giusto. Sapevo che non
mi avresti deluso. Questo weekend era
scritto nel destino».
«Ma che cos’era, Jeremy?»
«Assenzio, mia cara. La fata verde».
Jeremy posa il bicchiere e mi viene
vicino con passo lento e sicuro. Non
riesco a decifrare l’espressione dei suoi
occhi.
..
«Allora, Alexandra, sei pronta per il
tuo addio, ora?». Lo guardo senza capire.
«Ma se abbiamo appena cominciato.
Credevo volessi due giorni interi».
Mentre mi domando cosa voglia dire, i
fumi dell’assenzio mi stanno già salendo
al cervello.
«Voglio dire che è ora che tu faccia ciò
che hai promesso». Mi prende la mano e
comincia ad accarezzarmi il palmo
sfiorandolo appena con la punta delle
dita. Io faccio un respiro profondo e mi
sforzo di restare calma e posata.
«Parli di fermarmi per tutto il fine
settimana? Jeremy, te l’ho già promesso,
lo sai. Va bene. Rimango». Le mie parole
suonano deboli e inutili nel loro patetico
tentativo di sembrare naturali. Jeremy sa
che la sua ..frase di poco fa mi ha fatto
accelerare i battiti, perché ha astutamente
posato le dita sulla parte interna del mio
polso. Che cosa credevo di fare? Cercare
di darla a bere a un dottore, che scema. A
Jeremy, poi!
«Non provare a prendermi in giro,
Alex. Sai benissimo che cosa hai
promesso». Continua a tastarmi il polso
mentre io mi sforzo di guardare altrove.
«Ah, parli di quello che ci siamo detti
durante il bagno? È a questo che ti
riferisci?». Scuote la testa con
condiscendenza, ma il sorriso non gli è
scomparso dalla faccia.
«Sì , RS, parlo esattamente di quello.
Non penserai che me ne sia dimenticato,
vero?».
Le sue parole sono cariche di allusioni
al passato, pur
adattandosi alla perfezione
..
al momento presente. Mi scanso cercando
di mettere un po’ di distanza fra noi.
«Di che si trattava? Perché non ero
proprio concentratissima. Riguardava la
conferenza… i cinque sensi, vero?». Dico
con noncuranza nel tentativo di alleggerire
l’atmosfera, ma la sua fronte aggrottata e
il suo deliberato silenzio mi dicono che
avrei fatto meglio a tacere.
«Non dicevi sul serio, vero, Jeremy?
Non puoi aver detto sul serio. Io credevo
che volessi solo provocarmi, scaldare
l’atmosfera…». Mi interrompe.
«Ti ho chiesto di promettermi due cose.
Che avresti rinunciato alla vista e alle
domande». Una pausa a effetto. «Per
quarantotto ore. Molto semplice. Niente
che una donna intelligente e sveglia come
te non possa.. capire, ne sono certo». Il suo
tono mi fa sudare i palmi delle mani.
Prosegue con piglio serio, che non
ammette repliche.
«Alexandra, tu sai meglio di chiunque
altro che io non scherzo mai quando si
tratta di promesse». Mi guarda con
intensità ma mi permette di tenere le
distanze. Oddio, diceva sul serio. Vuole
davvero andare avanti con questa storia. È
proprio da Jeremy: portare le cose a un
livello imprevisto e mettermi alle strette.
Lo ha già fatto tante volte. Lo so
benissimo, ha ragione lui. Lui gli impegni
li prende sul serio, più di chiunque altro
io conosca. Ma che avevo in testa? Fare
sciocche promesse così, a cuor leggero,
solo per la fugace soddisfazione di un
bell’orgasmo. Però, che orgasmo… E la
prospettiva ..di averne degli altri è quasi
troppo da sopportare. “Concentrati!”,
intimo a me stessa.
«Ascoltami bene, Jeremy», dico seria,
sforzandomi di apparire determinata e di
puntare i piedi. «Mi hai strappato quella
promessa sotto ricatto e sai bene quanto
me che non è valida». Posso solo sperare
di essere riuscita a eguagliare il suo tono
perentorio. È la mia unica via d’uscita.
«Ah, quindi te ne ricordi. È già un
passo avanti. E tu lo chiami ricatto, mia
cara? Sembrava che la cosa ti piacesse
abbastanza, a dire il vero». Il suo sorriso
sottolinea l’ambiguità di ciò che sta
dicendo.
«Questo non toglie che fosse un ricatto.
Sapevi che ero debole in quel momento e
te ne sei approfittato». Faccio di tutto per
essere convincente.
..
«Sei pronta?». Il tempo della
discussione è chiaramente terminato.
«Ti prego! Vuoi davvero andare avanti
con questa stupida storia della promessa?
È una follia, Jeremy, non ha senso. Perché
dobbiamo sprecare il nostro tempo così?
Sarebbe così bello usarlo per… per stare
insieme, senza… senza tutta questa
tensione, senza giochetti. Siamo due
adulti, non abbiamo bisogno di queste
cose. È davvero infantile», dico, in preda
a un crescente senso di allarme che
aggiunge alla mia voce una punta di
esasperazione.
Lui socchiude gli occhi e mi guarda da
quelle piccole fessure mentre avanza
verso di me. Faccio meccanicamente un
passo indietro. Non ho scelta: devo
cercare di sottrarmi
al senso di pericolo
..
che mi circonda, per quanto seducente.
Lui si avvicina ancora. Faccio un passo
indietro e mi accorgo di essere arrivata al
bordo del tavolo. E adesso che faccio, mi
metto a correre? È ridicolo, fuggire via
dal mio migliore amico, dal mio ex
amante. E poi io non voglio scappare, è
questo il vero problema. Devo farlo
ragionare.
«Ti prego, Jeremy, per favore. Devi
proprio farlo?», gemo disperata,
bisognosa di tempo e di spazio. Lui mi
circonda i fianchi con le braccia e le
punta sul tavolo in modo da
imprigionarmi. Il suo corpo preme contro
il mio, il mio spazio vitale è nullo; il
massimo che posso fare è tenermi stretta
al tavolo, oppure sdraiarmici sopra. I suoi
occhi mi penetrano,
mi frugano l’anima e
..
io devo evitare a tutti i costi di ricambiare
il suo sguardo, perché so che, se
succederà, quegli occhi mi passeranno da
parte a parte, violando il mio santuario.
Adesso non ha più bisogno di sentirmi il
polso; il mio corpo parla da solo. Come
accade ai piloti di Formula uno, il mio
cuore adesso ha una sola velocità: quella
massima.
«Alex». È vicino a me, è deciso, è più
forte. Sento che la sua pazienza sta per
esaurirsi. «Hai promesso. Sai cosa
significa questo per me. Noi due non
facciamo promesse che non possiamo
mantenere, né a noi stessi, né ad altri. È
stato così da sempre. La nostra parola è il
nostro legame».
Resto ammutolita dalla solennità e
dalla convinzione
del suo discorso. Non
..
mi aspettavo una tale carica emotiva.
Sento un brivido lungo la schiena.
Ripenso ancora una volta alle circostanze
di quella promessa, cerco un appiglio, ma
le immagini che vedo sono sempre le
stesse. Jeremy aveva lo stesso tono, la
stessa determinazione di adesso.
«Sono serio, Alexandra, lo sai
benissimo. Non te la lascerò passare
liscia».
Ma è proprio questo il problema?
Voglio davvero andarmene? Queste
domande silenziose mi tormentano.
So che, quando comincia a chiamarmi
con il mio nome completo, c’è poco da
scherzare.
L’atmosfera tra noi due è satura di
energia repressa, di aspettative e di
emozioni contrastanti.
Ci sono tante cose
..
che vorrei dire, tante cose che non
riescono a uscirmi di bocca. Che fine ha
fatto la mia voce? Le mie proteste? La mia
voglia di fuggire? Che ci faccio ancora
qui? Perché accetto tutto questo? Deve
esserci qualcosa che posso fare. Ho il
vuoto nella mente. Davvero questo è ciò
che voglio? Ciò che desidero? Jeremy sta
solo dando voce a un’aspirazione che ho
negato a me stessa per anni?… Oh no, gli
ho appena aperto lo spiraglio che stava
cercando.
Continuo a scrutare i suoi occhi
cercando il motivo per cui tutto questo è
così importante per lui. Perché insiste
tanto? So che fa parte del suo carattere; è
sempre stato un tipo determinato, che
ottiene quello che vuole, ma perché
adesso? Qual
è la posta in gioco? Non
..
riesco a capire.
Deve aver intuito che la mia parte
analitica ha preso il sopravvento, perché
interrompe in tono reciso le mie
meditazioni.
«Basta adesso. È ora», proclama con
voce stentorea. «Deciditi».
«Ho davvero scelta, Jeremy?».
L’emozione mi fa tremare la voce.
«Hai sempre scelta, Alex, non
dimenticarlo. Non sei stata costretta a
promettere e io non ti sto costringendo a
restare. Ti sto solo spiegando quali sono
le condizioni nel caso tu decida di farlo».
Ah, Jeremy, che mente sopraffina!
Mi prende le mani e mi conduce gentile
nella seconda camera da letto. Il cuore mi
batte più forte a ogni passo. Non so se è
per via dell’assenzio,
dell’adrenalina, o
..
dei sentimenti che provo. Cerco
debolmente di liberarmi dalla sua stretta.
Non ci riesco. “Oddio”, penso, “in che
cosa mi sono cacciata?”. Osservo la
stanza e vedo un’elegante benda di seta
posata sopra una scatola dall’aria
costosa: è dello stesso colore del vestito,
guarnita di delicato pizzo nero. Sul
comodino accanto ci sono una spugna per
il viso, un flacone contenente un farmaco e
uno di collirio.
Una voce nella mia testa grida:
“Vattene subito, immediatamente! Alza i
tacchi e scappa. Gli stai cedendo il
controllo. È sbagliato, non è questo che
vuoi. Hai dei figli, un marito. Muoviti, vai
via! Non lasciarti coinvolgere”. Un’altra
voce dice semplicemente: “Fallo”. Inizio
a tremare. Jeremy
mi abbraccia con fare
..
possessivo. Come un grosso orso bruno
innamorato della sua preda. Le braccia mi
ricadono inermi lungo i fianchi.
«Perché è così difficile, Alex? Deve
essere una cosa eccitante, inebriante, non
deve farti tremare come una foglia su un
albero che teme di essere travolta dal
vento».
«Perché è così importante che io lo
faccia, Jeremy?»
«Lo hai promesso».
«Ho la sensazione che ci sia dell’altro,
perciò dimmelo, ti prego, dimmi che sta
succedendo. Perché è così importante per
te?»
«Concedimi
di
vivere
questa
esperienza con te, non sarà per sempre.
Mi occuperò io di te, te lo prometto. Non
l’ho sempre..fatto?».
Sospiro di nuovo mentre penso che ha
ragione. Più di una volta ci siamo spinti
oltre i limiti, e lui mi ha sempre protetta.
Mi sento confusa come qualunque
semplice essere umano scagliato su questa
terra. Jeremy dice che ho scelta, ma io so
che non è così. Se desidero restare, non
ho scelta. È una percezione reale o me lo
sto solo immaginando? Onestamente non
lo so. Sto annegando nei miei pensieri e
sentimenti, quando vedo una ciotola piena
di mele rosse dalla forma perfetta posata
al centro del tavolo rotondo. Strano che
non le abbia notate prima, visto l’ovvio
simbolismo. Per un fugace istante rifletto
su come deve essersi sentita Eva mentre il
serpente la tentava suggerendole di
mangiare la mela. Forse sapeva che era la
cosa sbagliata,
ma intuiva anche che il
..
destino aveva già preso il sopravvento, a
prescindere dalle sue scelte. Era destinata
a interpretare quel ruolo nella storia
biblica perché la tentazione era stata
decisa a monte e andava oltre il suo
controllo? Oppure la scelta era stata sua e
solo sua, e lei aveva voluto mangiare
quella mela per vedere cosa sarebbe
successo dopo? Riflettere su questo
dilemma non mi aiuta a risolvere il mio.
«Non so che fare, Jeremy. Non lo so
proprio».
Nel profondo, so che queste parole
sono le più sbagliate da dire all’uomo che
ho di fronte. Ma la sua replica mi spiazza
del tutto.
«So di chiederti molto, ma ricorda: è
stata la tua conferenza di oggi pomeriggio
a suggerirmi.. l’idea. Nella peggiore delle
ipotesi sarà un’esperienza istruttiva, e non
mi pare che tu abbia mai voltato le spalle
a ciò da cui puoi imparare qualcosa. So
quanto è importante per te. Pensa a quello
che dici ai tuoi studenti e ai tuoi pazienti
quando devono affrontare un ostacolo per
crescere come individui. Che c’è di tanto
diverso? Solo il fatto che adesso sono io
che chiedo a te di affrontare qualcosa, e
non il contrario. Io ti sto dando
l’opportunità di capire per esperienza
diretta il ruolo della stimolazione visiva,
di
conoscere
personalmente
la
deprivazione
sensoriale,
l’oggetto
principale delle tue ricerche. Potrebbe
essere per te l’inizio di un nuovo,
importante filone di ricerca basato
sull’esperienza personale, qualcosa che
non avresti mai
preso in considerazione in
..
altre circostanze». Si interrompe
valutando la mia reazione a quel
ragionamento, che è a dir poco stimolante.
Devo ammettere mio malgrado che la sua
proposta mi tenta, benché non sia affatto
sicura di avere la forza necessaria per
metterla in pratica di persona.
«Non voglio che tu te ne vada. Voglio
stare con te. Toccarti. Entrare in contatto.
Io ti voglio, Alex, e per le prossime
quarantotto ore voglio farti provare ciò
che non hai mai osato. Voglio andare oltre
i tuoi limiti, attingere alle radici del tuo
essere, riportarti a te stessa. So per certo
che è questo il modo. Per favore, fidati di
me. Lasciati condurre in questo viaggio di
scoperta. Affidati a me». La sua voce ha
un potere ipnotico, con la mente e con il
cuore sto assorbendo
questi discorsi come
..
una spugna assorbe l’acqua. Ha un
carisma seducente, inebriante.
Ormai sono schiava della sua voce,
così come prima, in bagno, lo ero delle
sue mani. Mi fa avvicinare al bordo del
letto e mi fa sedere. Ogni cosa è immersa
in una quiete irreale. Mi sento stimolata,
ma anche molto calma.
«Sai che ti ho sempre voluto bene,
Alexandra, e che non ti farei mai del
male». La sua voce è melliflua, mi
accarezza per tranquillizzarmi, per farmi
cedere. Annuisco piano, come a dire: “Lo
so, lo capisco”, ma dalla bocca non mi
esce alcun suono.
«Da quando ci conosciamo non ho mai
incontrato nessun’altra come te, e so che
non succederà mai». Mi passa le dita sulla
fronte, poi .. mi stringe le tempie con i
palmi delle mani.
«Rilassati, Ragazza Sexy, lascia che mi
prenda cura di te». La paura che poco fa
mi faceva tremare adesso si è
misteriosamente dissolta, sostituita da una
serena consapevolezza. Il mio corpo è
rilassato, e la mia mente è in balia delle
parole di Jeremy. In questo momento non
so nemmeno se avrei la forza di alzarmi
dal letto.
«Me lo permetti? Ora?».
Sento la mia testa fare un leggero cenno
affermativo.
«Non opporrai resistenza?». La mia
testa fa cenno di no. Le mani si spostano
lungo le mie spalle e, con dolcezza, mi
aiutano a stendermi sul letto.
«Guardami, Alexandra». I nostri
sguardi si .. incrociano. «Sei pronta a
chiudere gli occhi per quarantotto ore?»
«Sì», rispondo a bassa voce. Appena
quel suono mi esce di bocca, una lacrima
rotola lentamente fino al letto, dovuta
forse al pensiero di quello che accadrà in
seguito alla mia decisione. Lui,
comprensivo, bacia la scia lungo la mia
guancia, come a dirmi che è cosciente del
potere che gli sto concedendo. Mi solleva
il mento con le dita e mi prende la testa
fra le mani.
«Grazie». Mi sposta con dolcezza delle
ciocche ribelli dal viso e poi mi lascia
cadere con fare esperto due gocce di
unguento in ogni occhio. Sbatto le
palpebre e tutto intorno a me si confonde
in una visione sfocata.
«Chiudi gli occhi, adesso». Faccio un
gran respiro.. e li chiudo. Sento la leggera
pressione delle sue dita che mi applicano
l’unguento anche sulle palpebre, che si
fanno subito pesanti. Dopo pochi secondi,
il mondo è scomparso del tutto dal mio
campo visivo e sono al buio completo.
Che cosa ho fatto?
Parte terza
..
La vita è una serie di lezioni che
vanno vissute per essere capite.
Ralph Waldo Emerson
«Come ti senti?»
«Un po’ disorientata». Mi metto seduta
sul letto con fare esitante. È davvero
bizzarro, mi sembra di essere in un sogno
fatto di tenebre. Non posso sollevare le
palpebre; sono come pesi morti sopra gli
occhi. Continuo a girarmi a destra e a
sinistra alla ricerca della luce, ma
ovviamente non ne vedo nemmeno uno
spiraglio. ..
«Allora, era tanto difficile?», chiede
per stuzzicarmi.
«Non è
stato facile, posso
assicurartelo. Non mi pare che tu ti sia
proposto per farlo al posto mio».
«Questo è il tuo weekend, non il mio,
cara». Non voglio ricominciare da capo.
«Che cos’era? Che cosa mi hai messo
sugli occhi?»
«Sta’ tranquilla. Nulla che i più
rigorosi controlli scientifici non abbiano
approvato. Non ti farei mai correre alcun
rischio, lo sai. Sono un medico e prendo
molto sul serio il mio giuramento».
Fantastico: l’autorità morale e il facile
accesso a tutte le sostanze che può
desiderare.
«Davvero rassicurante, dottor Quinn,
vista la situazione
in cui mi trovo».
..
Ride. «Scherzi a parte, stai bene? C’è
qualcosa che posso fare per te?»
«Sono certa che potrai fare molto, dato
che mi hai resa praticamente cieca! Sicuro
che l’effetto passi?»
«Dura ventiquattro ore, prendere o
lasciare. Te le rimetto domani. Dimmelo
quando comincia a svanire».
«Sta’ tranquillo. Appena vedo un filo di
luce, sarai informato». C’è del sarcasmo
nella mia voce. Sollevo una mano per
tastarmi gli occhi. Mi sembrano così
pesanti, è una sensazione molto bizzarra.
«No, non lo farai». Mi ferma la mano.
«Comunque non toccarti. Per questo ti
metterò la benda, per ricordarti di
lasciare in pace i tuoi occhi».
«Ma no. Non è necessario. Non vedo un
tubo».
..
«È necessario. Metterai la benda». Me
la avvolge intorno alla testa. Setosa al
tatto, mi dà un senso di protezione.
«Ma bene. Anche questa mi calza a
pennello. L’hai fatta fare apposta?», dico
ironica.
Lui non risponde. «Jeremy?». C’è un
lungo silenzio.
«Sì, Alex, in effetti è proprio così».
***
«Vieni con me». Jeremy mi prende le
mani e mi aiuta ad alzarmi dal letto. Mi
scordo di avere i tacchi alti e vacillo un
po’ prima di trovare l’equilibrio.
«Accidenti. È strano, davvero molto
strano». Mi mette un braccio attorno alla
vita e mi guida, precaria come sono, fuori
dalla camera
da letto. Mi sembra di
..
essere un’invalida. È incredibile che sia
successo: sono cieca, in tutto e per tutto
dipendente da Jeremy per i prossimi due
giorni. Sono tesa e nervosa, ma in qualche
modo è anche eccitante non sapere quello
che mi aspetta. Lo stato di annebbiamento
di poco fa si è dissolto, perciò ora posso
solo sperare di non apprestarmi a vivere
un incubo.
«Ecco, sediamoci sul divano». Mi
siedo con il suo aiuto sui soffici cuscini di
velluto. Cerco a tastoni i braccioli ma non
li trovo. Mi chiedo come facciano i ciechi
a vivere così ogni giorno della loro vita.
Non sapere quello che succede intorno a
te, dove sono le cose. L’aspetto positivo,
mi dico, è che ho già trascorso del tempo
in questa suite. Ho un minimo di
familiarità .. con l’ambiente che mi
circonda.
Un colpo alla porta mi fa trasalire.
«Resta qui. Torno subito». Le nostre
mani si staccano prima che io possa
replicare. Jeremy saluta in fretta la
persona che ha bussato mentre io me ne
resto seduta sul divano, una perfetta idiota
con una benda. Che imbarazzo.
Sento un rumore di piatti che vengono
sistemati con efficienza, una bottiglia che
si tuffa nel ghiaccio. Starà mettendo in
fresco altro champagne? Nella stanza c’è
un vago odore di cibo. Jeremy non
scambia una parola con i nuovi arrivati
mentre questi sbrigano il loro lavoro. Se
ne vanno poco dopo. Jeremy li ringrazia e
chiude la porta alle loro spalle.
Si siede al mio fianco e mi mette in
mano un bicchiere
di champagne.
..
«Grazie Alexandra. Non sai quanto sia
importante per me».
È così strano non poter vedere che non
so cosa dire, così resto in silenzio. Sento
il tintinnio nei nostri bicchieri e provo il
forte impulso di mandare giù le bollicine
il più in fretta possibile. Bevo tutto d’un
fiato, spinta da un bisogno imperioso. E
all’improvviso mi sento del tutto fuori
controllo, la realtà della situazione mi
colpisce come un mattone in testa. Mi
ritrovo a desiderare dell’altro assenzio
che mi permetta di assentarmi da tutto
questo. Che cosa mi è saltato in testa?
Potrebbe accadere qualsiasi cosa… Gli
ho letteralmente servito me stessa su un
piatto d’argento. Ma sì, che differenza
vuoi che faccia un bicchiere di champagne
in più o in meno?
Almeno, se muoio, non
..
sarò cosciente delle cose orribili che mi
stanno succedendo. La parte razionale di
me protesta subito contro la dubbia logica
di questo ragionamento. Capovolgo il
bicchiere, ma deve essere vuoto visto che
non ne esce nulla.
«Caspita, Alex, non bevi mai così in
fretta!».
«No, Jeremy, infatti non lo faccio mai.
Ma a mali estremi, estremi rimedi». Poso
il bicchiere sul tavolo di fronte a me. «Ti
dispiace versarmene dell’altro, per
favore? Questo champagne è delizioso».
«Sei sicura?»
«Oh sì, sono sicura al cento per cento
di voler bere altro champagne. Me lo
verserei volentieri da sola se tu avessi la
bontà di guidare la mia mano verso la
bottiglia, ma.. non voglio correre il rischio
di macchiare questo lussuoso tappeto a
cinque stelle», dico con voce tagliente.
«Sei arrabbiata con me?».
“Ma guarda: lo scienziato pazzo è un
tipo sensibile”, penso sarcastica. Forse
non è così brillante come credevo. O
forse invece sì? Sì, sono arrabbiata con
lui, ma molto di più lo sono con me stessa
per aver favorito questa ridicola
situazione. Ritrovarmi cieca mi ha scossa
nel profondo. Una cosa è essere
incuriositi da un’idea e dalle sue
implicazioni erotiche, altro è sapere che
resterò in questo stato per le prossime
quarantotto ore. Il panico aumenta man
mano che mi si insinua nelle ossa la
consapevolezza di ciò che mi sono
lasciata fare.
Non posso
.. vederlo, non posso leggergli
in faccia le sue intenzioni. Me ne sto qui
con il bicchiere vuoto in mano, in attesa
che lui me lo riempia in modo da non
pensare a quello che mi sta succedendo.
«Alexandra, sei certa di essere
arrabbiata con me? Onestamente?».
Ecco che ricomincia a chiamarmi
Alexandra. Resto in attesa, la mano con il
bicchiere sollevata nella direzione da cui
mi pare provenga la sua voce. Lui lo
prende, lo riempie e me lo rimette in
mano. Grazie al cielo. La sensazione del
liquido frizzante sulle labbra mi dà un
immediato sollievo. Decido di ignorare la
domanda, pensando così di guadagnare un
minimo di potere su di lui.
«Delizioso questo champagne. Che
cos’è? Non mi pare di averlo mai bevuto
prima». Peccato
che Jeremy mi conosca
..
abbastanza da sapere che quando parlo in
maniera formale, in realtà sono molto
agitata. Insomma, mi conosce bene quanto
io conosco me stessa, forse anche meglio.
Altrimenti non mi troverei qui in abito da
sera, con una benda sugli occhi,
prigioniera per un intero fine settimana in
una suite di lusso. Saperlo rende il tutto
ancora più frustrante.
«È Krug. È quello che abbiamo bevuto
alla mia laurea. Ti piacque anche allora,
dicesti che ti faceva un effetto molto
piacevole, così…».
«Oh, sì, adesso ricordo», lo
interrompo. Non ho alcuna voglia di stare
a rievocare i vecchi tempi. Sono un fascio
di nervi, tutta la calma ipnotica di poco fa
si è volatilizzata. «Be’, ragione in più per
berlo anche.. ora», dico prima di mandar
giù un altro sorso. Almeno questa volta
non lo tracanno tutto d’un fiato. Sento
Jeremy sospirare.
«Non vuoi almeno qualche hors
d’œuvres
per
accompagnare
lo
champagne?».
Devo ammettere che non mi
dispiacerebbe mangiare qualcosa. Anche
se sono quasi fuori di me e sull’orlo di
una crisi, so che la mia parte razionale
non approverebbe altro alcol a stomaco
vuoto.
«Sarebbe magnifico, ti ringrazio», dico
tutta compita e formale. Me lo posso solo
immaginare mentre alza gli occhi al cielo
esasperato dal mio comportamento.
«Apri la bocca, per favore». È vicino a
me.
«In mano.. andrà benissimo». Questo
tono assertivo mi dà una piacevole
sensazione di controllo.
«Alex, è ridicolo». Bevo un altro sorso
di champagne in segno di sfida. Forse
cecità non equivale, come credevo, a
completa dipendenza. Non riesco a
trattenere un ghigno. Lui mi toglie il
bicchiere di mano con un gesto brusco.
Il ghigno scompare di colpo.
«Apri la bocca e riavrai il tuo
bicchiere».
Sto per rispondergli a tono quando
qualcosa di piccolo e squisito mi si posa
sulla lingua. Colta di sorpresa, con quel
boccone che mi solletica le papille
gustative, decido di chiudere la bocca e
masticare. Del resto sarebbe un peccato
sprecare una simile leccornia. Dopo pochi
secondi ne .. arriva un altro. Blinis, una
vera delizia. Sento il gusto intenso della
trota affumicata, quello leggero della
crêpe di granturco, le uova di lompo che
mi scivolano lungo il palato. L’aroma
leggero di finocchio mi conferma che sono
uguali a quelle che mangiammo in Russia
tanti anni fa. Che meraviglia! Però, per
fortuna, stavolta beviamo champagne
anziché vodka come allora. Uno spuntino
era proprio quello che ci voleva.
«Ancora?», mi domanda. Annuisco
voltandomi verso di lui, restia a
concedergli la soddisfazione di una parola
detta a voce alta. Stavolta è qualcosa di
caldo e morbido, aromatizzato con aglio
ed erbe.
«Mmh…». Non riesco a trattenere un
gemito di piacere. «Deliziose. Cosa sono?
Capesante?»..
«Esatto». Mi tampona l’angolo della
bocca con un tovagliolo di lino.
«Ancora?»
«Sì, grazie», rispondo. Dopo aver
inghiottito il boccone, mi viene restituito
il mio bicchiere di Krug. Percepisco la
soddisfazione di Jeremy per essere
riuscito ad ammansirmi con un po’ di alta
cucina e dello champagne. Il buon cibo e
il buon vino elevano lo spirito, mi ritrovo
a pensare.
«Posso sapere a cosa pensi?».
Alla fine giungo alla conclusione che la
mia rabbia derivi dall’ansia provocata
dall’aver perso il controllo, considerando
che sono abituata ad avere sempre in
mano le redini di tutto. Decido quindi di
scrollarmi di dosso tali emozioni,
consapevole.. che non mi sarebbero utili in
alcun modo. Date le attuali circostanze,
anzi, renderebbero i prossimi due giorni
un incubo per entrambi, così mi calmo e
gli dico a cosa sto pensando. La
momentanea cecità e la dipendenza che ne
consegue mi rendono ancora nervosa, ma
preferisco alleggerire l’atmosfera e
lasciare che la conversazione fluisca.
Dopo qualche minuto di chiacchiere,
Jeremy mi si siede accanto.
«Adesso dimmi come ti senti. Ti stai
divertendo?».
Mi fa alzare in piedi con delicatezza.
«Oh, fammi capire bene. Tu puoi
chiedermi tutto quello che vuoi, mentre io
non posso fare nessuna domanda? È così
che funziona?». Mi sfiora il collo e la
clavicola con le labbra, così lentamente
che la sensazione
è quella di una piuma
..
sulla pelle.
«Sì, è così che funziona. Per questo
weekend, s’intende. Dopo avrai tutto il
tempo che vuoi per le domande. Allora,
dimmi: non ti eccita tutto questo?». Le sue
labbra mi arrivano nei pressi del seno e
sento il respiro farsi corto per la
centesima volta da stamattina. Tutto il mio
corpo freme al suo tocco, sento la vagina
gonfiarsi e bagnarsi. Non riesco a
trattenere un sospiro.
«Oh, deduco che la risposta è sì», mi
sussurra nell’orecchio sfiorandomi il lobo
con i denti.
«Sì», dico senza fiato. «Un po’ mi
eccita». Non voglio che mi tappi la bocca
così come mi ha bendato gli occhi. Con le
labbra sfiora le mie.
«Eccita anche
me. Tantissimo», dice
..
guidandomi la mano verso il cavallo
gonfio dei pantaloni. Devo ricorrere a
tutto il mio autocontrollo per non buttarmi
in ginocchio e divorarlo. La forza della
sua ruvida carica sessuale quasi mi
paralizza. Mi chiedo se so davvero chi
sono…
Proprio in quel momento squilla il
telefono, interrompendo le mie fantasie e
riportandomi alla realtà. Lui continua a
tenermi per mano, così lo seguo, cieca,
avanzando con cautela forse esagerata per
restare in equilibrio sui tacchi.
«Magnifico, grazie. Stiamo arrivando».
Riappende. «Alex, sembri in preda al
panico. Che c’è che non va?»
«Oh, niente. Proprio niente. Perché?»,
dico torcendomi nervosa le mani. Com’è
possibile che
anche con una benda sugli
..
occhi sappia leggere così bene la mia
mimica facciale?
«Okay. Sei pronta per venire a cena con
me?». A queste parole, il panico si
impadronisce del tutto di me. Non può
dire sul serio. O invece sì?
«Jeremy, non possiamo uscire a cena…
io non posso andare fuori in questo stato.
Ti prego, dimmi che stai scherzando».
«Certo che possiamo. Perché dovrei
sprecare tanta bellezza e tenerti rinchiusa
in una stanza d’albergo? Non avrebbe
senso».
Ricomincio a respirare a fatica. “Sta’
calma, respira”, mi dico. Ma non riesco a
impedire a una raffica di parole di uscirmi
freneticamente di bocca.
«Fino a che punto hai intenzione di
spingermi, stasera?
Non ce la faccio, è
..
troppo. Appena riesco ad accettare una
delle cose che mi chiedi, ecco che tu vuoi
di più, e poi ancora di più!».
Riprendo fiato prima di continuare il
mio sfogo. «Non so più cosa pensare,
cosa provare, cosa dirti. Tutto questo è
troppo irreale, troppo insolito per me».
Sento la mia voce alzarsi e abbassarsi
rapida, alla ricerca di parole che
esprimano l’agitazione che minaccia di
travolgermi.
«Io non ho filtri, Jeremy. Sei stato tu a
spazzarli via, o forse io te l’ho permesso.
Non lo so. Comunque non può venirne
niente di buono. È una vita che studio per
poter dare risposte ponderate e motivate,
e adesso tu devi ascoltarmi. Non so cosa
penso, cosa provo, cosa sto facendo.
Perché hai .. voluto mettermi in questa
situazione?».
Jeremy non risponde, ma sento la sua
vicinanza e intuisco che mi sta fissando
con attenzione. Riprendo fiato e cerco di
riacquistare il controllo. Mi sento come
un bambino che si è perso nel bosco e non
sa di chi fidarsi né da che parte andare.
Sento la sua mano sulla schiena mentre,
tenendomi per il polso, mi guida con
fermezza verso quella che suppongo sia la
porta della suite. La sento aprirsi.
«Oh, no, ti prego, restiamo qui. Che ore
sono, poi? Non è tardi per andare a cena?
Non ho molta fame, abbiamo gli antipasti.
Davvero, perché sprecare…».
Continuo a parlare cercando scuse per
dissuaderlo, con i tacchi piantati nel
tappeto.
«Non possiamo
farci vedere in
..
pubblico, te ne rendi conto?».
Cerco altri argomenti mentre lui mi
spinge insistente verso la porta.
«Come ti viene in mente di portarmi
fuori in queste condizioni? Sono bendata,
santo Dio, e non porto nemmeno le
mutande».
I miei tacchi si arrendono e mollano la
presa sul tappeto, così vengo catapultata
tra le sue braccia e condotta, immagino, al
di là della porta. Cerco di reggermi in
piedi come posso, con lui che mi tiene
stretta a sé.
«Dove stiamo andando?», gli chiedo
nel disperato tentativo di ottenere delle
risposte. Il suo silenzio mi esaspera.
All’improvviso mi spinge con forza
contro il muro, il viso vicinissimo al mio,
il peso del ..suo corpo premuto contro la
seta dell’abito.
«Lo so che hai delle domande, Alexa.
Ne hai sempre. Come ti ho già detto, in
questo weekend non c’è spazio per le tue
domande. Ho contato quelle che mi hai
rivolto finora e ti consiglio di smetterla,
perché per ogni domanda ci saranno delle
conseguenze.
Adesso
controllati!»,
aggiunge perentorio. «Ti porto a cena. Sei
bellissima e non c’è nulla per cui tu debba
sentirti in imbarazzo. Un’altra cosa, dato
che in questi due giorni sarai a mia
disposizione, non voglio che tu mi chieda
più che ore sono. Mi hai capito?».
È talmente vicino che le sue parole mi
fanno girare la testa. Resto muta di fronte
alla crudezza di ciò che ha detto, mentre il
suo profumo inebriante e la sua semplice
presenza invadono
ogni centimetro del
..
mio spazio vitale.
«Mi sono spiegato?». Scandisce con
durezza ogni sillaba. Sono sconcertata dal
suo scatto, dalla sfumatura cupa nella sua
voce, al punto che mi astengo da
qualunque commento frivolo o sbrigativo.
È tutto molto strano, la tensione palpabile.
Opto per un piccato silenzio che mi
sembra la strategia più sicura, anche se la
sua erezione continua a crescere contro la
mia pancia. Mi afferra per le spalle e mi
costringe a girarmi, mi preme apposta il
seno contro il muro e mi assesta un paio
di violente sculacciate che mi lasciano
addosso una sensazione pungente, per me
incomprensibile. Era l’ultima cosa che mi
aspettavo da lui. Sono inorridita. Mi ha
appena colpita! Bendata, nel corridoio di
un albergo. ..Mi volta di nuovo con forza,
ho l’impressione che voglia godersi il
terrore che mi si è dipinto sul viso grazie
al suo gesto.
«Ti ho fatto una domanda, Alexandra.
Ci siamo capiti?», dice con quel tono
serio, metallico. Riesco a dire solo:
«Perfettamente», con il sedere che brucia,
inerme, premuto contro il muro. Questa è
una novità. Mi ha fatto di tutto, in passato,
ma mai niente del genere.
«Bene. Andiamo». Mi prende per un
gomito e mi guida brusco lungo il
corridoio; i miei tacchi percuotono
rumorosi il pavimento duro nel tentativo
di stare al passo con lui. Essere
sculacciata è una novità assoluta per me.
Non ricordo l’ultima volta che è accaduto,
nemmeno se cerco di risalire all’infanzia.
Di certo a ..Robert non è mai venuto in
mente di fare una cosa simile. In camera
da letto è sempre stato monotono e
svogliato, per niente fantasioso. Mi rendo
conto che Jeremy è l’esatto contrario di
Robert: vivace, imprevedibile… quanto
mi è mancato tutto questo! Anche adesso,
umiliata e fuori di me come sono, sento
l’adrenalina pomparmi dentro come non
mi succedeva da anni. Sono davvero viva.
Sento una specie di scampanellio, le
porte dell’ascensore si aprono e Jeremy
mi guida nella cabina. Prendo un gran
respiro e pronuncio mentalmente una
preghiera: “Ti prego, fa’ che non
incontriamo qualcuno che conosco. Ti
prego!”. Le porte si chiudono e Jeremy
non perde tempo: mi accarezza le cosce,
l’umidità fra le mie gambe non fa che
aumentare e.. io divento più accomodante,
ed è allora che mi schiaffeggia di nuovo le
natiche. Non me l’aspettavo… com’è
possibile che io sia terrorizzata e nel
contempo così eccitata? Jeremy conosce a
menadito i miei punti sensibili ed è un
medico, conosce l’anatomia del corpo
umano e non si lascia sfuggire una sola
opportunità di trattare il mio corpo come
un suo radar personale, testandolo e
osservandone le reazioni per sfruttarle a
proprio vantaggio.
È disorientante non essere in grado di
prevedere la propria eccitazione. È
evidente che per questo sono necessari gli
stimoli visivi. E ancora più disorientante
è non avere idea di quello che sta per
succedermi. Vorrei gridare, tanto è il
senso di impotenza, ma poi una leggera
carezza data.. nel modo giusto fa ruggire il
mio corpo, lo costringe ad assecondare
quello stimolo e a volerne sempre di più.
Non so se il mio corpo mi stia
deliberatamente tradendo o se conosca i
miei processi mentali meglio di quanto io
immagini.
«Per favore, Jeremy, smettila. Mi
riesce già difficile concentrarmi su quello
che mi succede intorno senza le tue mani
addosso che mi distraggono ogni
secondo».
«L’idea principale in questi due giorni,
Alexa, è proprio che tu non debba
concentrarti su nulla».
«Be’, questo non è possibile»,
sentenzio esasperata.
La porta dell’ascensore si apre e sento
un refolo d’aria fresca sollevarmi i
capelli dalle
spalle. Qualcuno saluta
..
Jeremy. Sento il sangue affluirmi alle
guance e sono certa di essere arrossita
con violenza.
«Dottor J, che piacere che sia riuscito a
unirsi a noi stasera, è passato troppo
tempo!».
Mi tremano le gambe, ma Jeremy mi
spinge avanti con mano sicura.
«È bello rivederti, Leo».
«Le mostro il suo tavolo». Vengo
accompagnata a un divano su cui Jeremy
mi aiuta a sedermi. Accavallo subito le
gambe, consapevole di non portare
biancheria intima, e maledico Jeremy per
avermi messo in questa situazione che mi
fa sentire a disagio come mai nella mia
vita.
E poi, chi accidenti sarebbe Leo e
perché sento.. questo vocio intorno a me?
La fronte mi si sta imperlando di gocce di
sudore, l’ansia torna ad assalirmi al
pensiero dell’ignoto. Ma perché sono così
tesa? “Rilassati, goditela”, mi dico. Ma
mi rispondo che è impossibile.
«Cosa beve questa sera?»
«Prendiamo due Martini extra dry,
mescolati ma non shakerati, con una
fettina di limone».
La risposta di Jeremy mi sorprende. Ha
appena ordinato un Martini proprio come
lo preferisco, anche se non tocco un
Martini da oltre dieci anni. Incredibile.
Mi sforzo di restare calma per riuscire
almeno a capire dove mi trovo, e mi
congratulo con me stessa per questi pochi
secondi di autocontrollo. Noto che il
tappeto è spesso e soffice, le voci basse;
una musica .. imprecisata aleggia discreta
nella stanza. Quando mi ricordo che non
siamo soli, l’ansia torna ad attanagliarmi
finché Jeremy non interrompe la spirale
dei miei pensieri.
«Immagino che ti faccia piacere bere un
Martini… è così che lo prendevi sempre
quando eravamo in Europa».
«Il Martini è l’ultima delle mie
preoccupazioni». Mi sforzo di parlare con
voce calma. «Come hai potuto portarmi
qui, con altra gente? E se qualcuno ci
riconosce? Non posso credere che tu
voglia compromettermi. Stai facendo
correre a entrambi un enorme rischio sul
piano professionale. Come hai potuto? È
inaccettabile». La tensione mi cresce nelle
vene come uno tsunami, il cuore mi batte a
un ritmo ingestibile e la sudorazione non
raffredda il ..mio corpo come dovrebbe. Ha
superato il limite, non è giusto. Mi torco
le mani, mi passo i palmi sudati sulle
ginocchia. Ho il respiro corto e ansimo,
non è difficile capire che sto per avere un
attacco di panico. Jeremy mi prende le
mani.
«Calmati, va tutto bene. Ti stai agitando
per niente».
Per niente? Non credo alle mie
orecchie. «Non va bene affatto!», esclamo
quasi fuori di me. Cerco di controllare,
per quanto possibile, il tono della voce,
non sapendo chi c’è nella stanza, chi è
questa gente. È importante? “Sì che è
importante, porca miseria”, mi rispondo.
E Jeremy lo sa, non c’è alcun dubbio,
come sa che non manifesto le mie
emozioni in pubblico.
«Perché .. mi hai messa in questa
situazione? Come hai osato? Chi è questa
gente?».
Mi sento vulnerabile, sola, del tutto
impotente.
Il mio corpo trema, invaso da questo
incontenibile torrente di emozioni. Non è
affatto facile come credevo sarebbe stato,
e sono un po’ delusa da me stessa per non
essere in grado di gestire la cosa in modo
più professionale. Ma cosa c’è di
professionale nello stare seduti a un
tavolo con una maledetta benda sugli
occhi? Dio sa cosa penseranno, vedendo
una donna bendata litigare con uno dei
ricercatori medici più stimati del Paese,
per non dire del mondo. O forse, chissà,
qui all’Intercontinental potrebbe essere il
“venerdì bendato” e tutti se ne vanno in
giro conciati.. come me! Magari.
All’improvviso ho un lampo di lucidità,
di sicurezza. Mi accorgo di aver
riacquistato il controllo. Ho ancora le
gambe per camminare, le mani per
sollevare questa benda soffocante e avere
almeno una visione sfocata e scura di ciò
che ho intorno, una voce per dire No!,
l’unica parola che non sono mai stata in
grado di dire a Jeremy. Se ho fortuna,
potrei anche convincere uno dei presenti
ad aiutarmi a uscire da questa situazione
incresciosa. Appena questi pensieri mi
attraversano rapidi la coscienza, mi sento
di colpo in grado di agire.
«Non posso farlo, Jeremy. So che lo
desideri e ci ho provato, ma non posso.
Mi dispiace di avertelo promesso, è stato
uno stupido errore. Mi sono accorta che
tutto questo.. per me è ingestibile». Detto
ciò, mi alzo e sollevo le mani per
togliermi la benda che mi causa tanto
imbarazzo e umiliazione. Appena con le
dita sfioro la seta, Jeremy mi si avventa
contro mandandomi lunga distesa sul
divano. Mi afferra le mani e me le blocca
con forza contro lo schienale. È a
cavalcioni su di me, sono bloccata sui
cuscini, ammutolita dalla violenza del suo
assalto. La tensione tra noi è insostenibile.
Lui stringe la presa intorno ai miei polsi,
assicurandosi che io non abbia alcuno
spazio di manovra sotto il peso del suo
corpo.
«Tu farai quello che hai promesso. Hai
detto di sì e non ti sei concessa nemmeno
il tempo necessario ad adattarti. Non devi
gestire niente, non devi controllare niente.
È il tuo problema,
e finché non smetti di
..
farlo ti sentirai sempre così. Voglio
essere molto chiaro: farò tutto il
necessario perché tu mantenga la
promessa. Ti voglio così come sei ora,
Alex, e niente mi impedirà di averti, meno
che mai le tue insicurezze». Parla a voce
bassa, perentoria, implacabile. Sento i
suoi muscoli contro le gambe, contro le
cosce, la sua eccitazione gonfiarsi sopra
di me. Dio santo! E adesso sono io che mi
eccito di conseguenza. Come può farmi
quest’effetto? Vuole me… quanto tempo è
passato dall’ultima volta che mi è
successo? Sembra una vita. E anche io lo
voglio, ma non a queste condizioni. Che
c’entrano poi le mie “insicurezze”?
Ridotta al silenzio, gemo impotente
sotto il suo peso.
«Potrai ..toglierti la benda quando
saranno finite le nostre quarantotto ore.
Prima non la toccherai e non andrai in
nessun posto». Parla con una
determinazione che non ammette repliche,
carica di lussuria. Accidenti, che ne è
stato del senso di potere che provavo
qualche secondo fa? Niente più occhi per
vedere, gambe per correre, mani da
muovere. Mi ha letteralmente tolto ogni
forma di controllo, e la sua reazione fisica
a questo non lascia dubbi sul fatto che ne
tragga piacere. E a quanto sembra anche
io.
«Be’, è evidente che sei disposto a
usare misure estreme per impedirmelo».
Gli do atto di avermi bloccato del tutto i
movimenti. Anche mentre mi chiedo
perché diavolo mi eccitino tanto le sue
misure estreme,
sento crescere la mia
..
voglia di secondo in secondo.
«Fidati, Alex, il divertimento deve
ancora cominciare, e sono certo che ne
andrai pazza se solo ti concederai di
lasciarti andare».
“Adesso cosa sei, il mio terapista?”.
Concludo che ribellarmi è inutile, serve
solo a rafforzare i suoi propositi; mi
stringe con più forza i polsi e le cosce. Mi
metto a valutare con rapidità le
possibilità. Come leggendomi nel
pensiero, Jeremy dice calmo: «Non ti
conviene metterti contro di me in questa
cosa, AB. Perderesti».
Sono sul punto di replicare quando lui
preme con forza la bocca contro la mia e
mi insinua la lingua tra le labbra
solleticandomi il palato, invadendomi la
gola con impeto,
eccitato dal fatto di
..
sapermi bloccata sotto di lui. Mi
sommerge il viso lasciandomi senza fiato.
Il suo potere è pura carnalità che il mio
corpo non sembra per niente ansioso di
respingere.
«Sei mia per tutto il fine settimana.
Smettila di opporti, stai sprecando energie
che possono essere usate in modo molto
più utile», dice con voce bassa e
profonda. «Ma guardati: sei uno schianto.
Peccato che siamo in pubblico, altrimenti
ti toglierei quel vestito e ti prenderei qui».
Mi sembra di sciogliermi sotto di lui.
La sensazione calda, pulsante e dolorosa
che ho tra le gambe e il respiro corto non
lasciano dubbi sui miei reali desideri.
«È così bella, ma non vuole star
buona…», riflette, e per un lungo istante
mi tiene il mento
e le guance con le mani,
..
mentre è ancora a cavalcioni su di me.
Sento la sua erezione indurirsi contro la
mia coscia.
«Non mi lasci scelta. Leo, per favore,
mettile le manette».
«Certo signore. Subito».
Jeremy mi solleva le spalle e mi infila
le mani sotto le braccia per assicurarsi
che non mi si pieghino in modo doloroso
dietro la schiena. Leo, chiunque sia, mi
mette intorno ai polsi qualcosa che
somiglia a delle manette imbottite e le
chiude con abilità sorprendente.
Mentre Jeremy rimette la benda al suo
posto, io me ne sto muta, cieca e
ansimante sul divano. Che diavolo sta
succedendo? Questa non è una follia da
studenti, di cui ridere insieme. Jeremy ha
detto chiaramente
che è pronto a tutto pur
..
di ottenere quello che vuole. Perché? I
pensieri mi galoppano nel cervello
insieme al battito del cuore, nel tentativo
di capacitarsi di quanto mi è appena
accaduto. Sento l’energia pulsare
nell’aria. Cosa lo ha fatto diventare così
prepotente? Che cosa mi è sfuggito?
«Avevo dimenticato quanto fossi
testarda. Sei incorreggibile». Ed ecco il
vecchio Jeremy che parla con me.
Incredibile.
«Testarda», esclamo con voce stridula,
ancora in preda allo stupore. «Come fai
a…».
«Parla a bassa voce, per favore. Sarà
difficile darti da mangiare se dovrò
imbavagliarti», dice con tutta calma.
«Non oseresti…».
Mi interrompe
brusco: «Oserei invece.
..
Sai che lo farei. Prima ti arrendi al mio
volere, prima conoscerai la libertà»,
sussurra con aria complice. Che cosa vuol
dire?
Mi agito inquieta sul divano, incredula
all’idea di avere davvero le mani legate
dietro la schiena. È vero, abbiamo dei
trascorsi di sesso sperimentale, ma
Jeremy non si era mai spinto tanto in là.
Non c’era mai stata tanta insistenza, né
questo autoritarismo esplicito. Ammetto
che ormai la situazione è assolutamente al
di fuori del mio controllo. Solo, non
capisco che cosa abbia scatenato tutto
questo e perché…
Un momento mi sento vicinissima a lui
in ogni senso, il momento dopo sono lì a
chiedermi chi ho di fronte. Sono una
madre, Dio.. santo! Come diavolo sono
finita in questa situazione? È un gioco?
Uno scherzo? Mi sta mettendo alla prova?
Vuole spingermi al limite? Se si tratta di
questo, ci sta riuscendo benissimo. Sono
confusa, in preda al panico e, cosa
assurda e irritante, eccitatissima.
***
«Bene, non sprechiamo questi Martini».
Jeremy mi solleva il mento e mi fa
scivolare con cura il liquido in bocca.
Non gli parlo. Sinceramente non saprei
cosa dire. Riesco a malapena a muovermi.
Dopo quello che è appena accaduto, mi
terrorizza la sola idea di oppormi ai suoi
desideri, e questo è senza dubbio l’effetto
a cui mirava, perciò resto seduta in
silenzio, come un manichino. È come se
ogni cellula.. del mio corpo avesse una
carica elettrica e fosse all’erta, in attesa
della sua prossima mossa. Mi sento
addosso una strana energia. So che sta
cercando di decifrare quello che mi passa
per la testa. Mi sforzo di tenere a bada il
respiro, le emozioni, i pensieri… Non ci
riesco. Altro liquido fresco mi bagna la
lingua e mi scivola in gola. Non lo
incoraggio. Né mi oppongo. Sono
paralizzata da una paura dell’ignoto che
non riesco a definire. Nonostante mi senta
molto vulnerabile, potendo contare solo
su Jeremy, tutto ciò mi seduce e mi eccita
alla follia. Che altro posso fare se non
accettare questa bizzarra serie di eventi
astenendomi da proteste e lamenti? E
mentre mi rassegno a questo stato di cose
devo ammettere che non mi sono mai
sentita, in tutta
la mia vita, così speciale,
..
così desiderata e vezzeggiata.
A quanto pare abbiamo finito i nostri
Martini, perché vengo aiutata ad alzarmi
in piedi. Jeremy mi infila un braccio
dietro le mani legate e mi cinge la vita. Ci
incamminiamo in silenzio. All’improvviso
mi sento sollevare da terra e Jeremy mi
porta senza fatica su per una scala. Essere
presa e trasportata con tanta facilità mi fa
sentire ancora più fragile, ancora più
dipendente. Non ho modo di difendermi
da lui sul piano fisico, e sul piano
emotivo sono sconfitta in partenza. Non
mi è mai accaduto di affidarmi così
completamente a qualcuno. Sono abituata
a essere una donna autosufficiente, e
questa dimostrazione di possesso mi fa
tremare le ginocchia.
Sento il rumore
di una porta che si apre
..
e dell’aria fresca intorno a me. Jeremy mi
fa sedere subito su una sedia. Sento il
baccano della città ai miei piedi, l’aria
calda e umida sulla pelle. Immagino sia
una bellissima serata, così come la
giornata che l’ha preceduta. Sono felice di
trovarmi fuori dall’energia paralizzante di
quella stanza. Tutto il mio corpo freme di
sollievo per il nuovo ambiente e per il
senso di spazio che mi circonda.
«Hai freddo?». Di sicuro mi starà
fissando con intensità. Prima di riuscire a
impedirmelo, scuoto la testa in risposta
alla sua domanda. Con tanti saluti al
proposito di ignorarlo. Resto seduta,
eretta e silenziosa. Avverto che sta ancora
cercando di decifrare le mie reazioni.
«Ti va di sentire della musica o
preferisci il.. silenzio?». È sempre stato
bravo a fare domande a cui si possa
rispondere solo con un sì o con un no.
Dentro di me sospiro, ma non gli
rispondo. È il suo gioco, con le sue
regole, perciò che decida lui.
«Musica, allora».
Alle sue parole parte un sensuale brano
jazz a basso volume. La musica sembra
eseguita dal vivo, e alzo la testa con
sorpresa nella direzione da cui proviene.
È dolce e melodica, vagamente familiare
anche se al momento non riesco a
collocarla. Un profumo leggero mi
solletica le narici e mi concentro su di
esso per capire di che si tratta. Riesco a
distinguere un aroma squisito di
coriandolo fresco, peperoncino, dello
zenzero e forse olio di sesamo. Jeremy mi
sta lasciando
il tempo di assaporare e
..
riconoscere il profumo del mio piatto
tailandese preferito. Lo solleva con cura
verso le mie labbra, come a stuzzicarmi
l’appetito. Gli lascio fare il suo stupido
giochino.
«Dio, sei stupenda: seduta lì,
bellissima, così vulnerabile e cocciuta. È
una serata spettacolare, lascia che te la
descriva. Una luna piena meravigliosa che
sorge a oriente, non una nuvola in cielo.
Le luci della città risplendono tutto
intorno a noi. Siamo sul tetto dell’hotel,
soli, perciò non devi preoccuparti che
qualcuno possa riconoscerci. La tavola è
apparecchiata in modo semplice ma
sofisticato, proprio come sei tu. Ho
ordinato i tuoi piatti preferiti, il tuo vino
preferito, la tua musica preferita. Siamo
finalmente in
.. grado di concederci queste
cose in grande stile, senza badare a spese.
Alexa, ho desiderato con tutto me stesso
di vivere questo momento con te, e la
realtà
è
ancora
più
perfetta
dell’immaginazione. Sei tutta per me.
Vederti seduta qui, cieca e legata, eppure
così coraggiosa, mi manda in visibilio.
Potrei scioglierti i polsi, ma averti seduta
di fronte a me in queste condizioni mi
eccita al punto che voglio essere egoista e
prolungare ancora un po’ questo
momento».
Le sue parole mi lasciano senza fiato e
il mio corpo reagisce proprio come se mi
avesse toccata. La musica mi accarezza
piano.
«Mi concedi un ballo?». Suona come
una domanda retorica, dal momento che
mi sta già ..facendo alzare. Mi libera i
polsi da dietro la schiena solo per
riallacciarseli intorno al collo. A quanto
pare mi tocca ballare, che ne abbia voglia
o meno. Crede sul serio che potrei fuggire
a piedi dal tetto di un palazzo con gli
occhi bendati? Il pensiero mi sfiora la
mente,
seducente…
riconosco
all’improvviso il motivo che stanno
suonando fin dal nostro arrivo. Jeremy
inizia a muovere i fianchi e io lo imito
goffa, non avendo scelta. Mi stringe a sé e
pian piano cominciamo a muoverci in
sincrono. Mi fa appoggiare la testa alla
sua spalla, sento la stoffa soffice della
camicia contro la guancia e il battito del
suo cuore. Non riesco a trattenere un
sorriso per la scelta della canzone. Non
resisto al contatto con il suo corpo.
Inspiro. Espiro.
Le parole si perdono in
..
questa musica che amo.
Il sassofono, la chitarra e le percussioni
spazzano via l’ansia che provavo fino a
poco fa, e mi abbandono con naturalezza
fra le braccia di Jeremy mentre lui mi
conduce sicuro. Con cura e abilità, riesce
a dissolvere la mia tensione; mi sto
praticamente sciogliendo nel suo
abbraccio. Ancora una volta, è
impossibile ignorare la chimica sessuale
che ci unisce.
Balliamo,
mangiamo,
beviamo,
parliamo, ci baciamo, ridiamo.
Sono ancora cieca ma non ho più le
manette.
Decido di chiudere la paura in un
angolo distante e rattrappito della
coscienza. Forse questa serata è per me e
per lui, è .. per noi due. Non lo so.
Finalmente il rapporto tra le emozioni si
inverte e posso stare qui per mia scelta,
non trattenuta a forza. Il dessert è
un’ardita combinazione di sapori: una
vellutata crème ganache di cioccolato,
con una punta agrumata, forse di arancia,
racchiusa in un cestino friabile e burroso
e accompagnata da un pastoso vino da
dessert, che indugia a lungo sulla lingua.
Sto fluttuando a mezz’aria.
«Alex, ti va di cantare per me, adesso
che c’è la band?».
Sorrido al suo invito. «Sono anni che
non canto».
«Ti prego, ci siamo solo noi due.
Scegli tu la canzone. C’è una chitarra per
te».
A Jeremy piaceva molto ascoltare me e
la
mia .. amica
Amy
quando
improvvisavamo qualcosa nei piovosi
pomeriggi domenicali. Le prime volte ci
metteva un po’ in imbarazzo, ma poi ci
abituammo alla sua presenza. È
sorprendente che, con tutto l’alcol che ho
bevuto da quando sono arrivata qui, io mi
senta solo un po’ alticcia e non del tutto
ubriaca. Forse il tempo è passato più in
fretta di quanto mi sembri, o forse il
torrente di emozioni e la tensione nervosa
hanno bruciato in fretta l’alcol.
All’improvviso trovo allettante l’idea di
fare qualcosa che non faccio da anni.
«Perché no? Solo una canzone».
Sembra sorpreso e felice che io abbia
acconsentito subito. Preferisco prolungare
quest’atmosfera piuttosto che tornare al
clima teso di prima. Penso alle parole
della canzone
.. che abbiamo appena ballato
e mi chiedo quale sia il senso della nostra
relazione, e che cosa significhi per lui. Mi
viene in mente una canzone che
suonavamo
spesso
e
che
lui
accompagnava con i coperchi delle
pentole. Parlava di amicizia e per noi era
speciale. Jeremy mi aiuta a imbracciare la
chitarra, poi gli chiedo di lasciarmi sola
con la band.
«Ti aspetto al tavolo. Divertiti!», mi
dice incoraggiante, dandomi un bacio
sulla guancia. Mi ci vuole qualche minuto
per trovare la posizione e accordare la
chitarra. Sono tanti anni che non suono e
mi si sono ammorbiditi i polpastrelli:
sento le corde dure e taglienti al contatto
con la pelle, mentre prendo confidenza
con lo strumento e mi sistemo la cinghia
intorno al ..collo. Non potrò leggere lo
spartito, ma per fortuna conosco a
memoria sia le parole sia gli accordi.
Comincio…
Quando finisco di cantare, tra gli
applausi della band, una lacrima mi
scende lungo la guancia sinistra. È stato
magnifico cantare, suonare, fare qualcosa
che credevo di aver dimenticato. Che
emozione! Sono in preda all’euforia
mentre ringrazio, senza vederli, i musicisti
e loro mi aiutano a mettere giù la chitarra.
Mi fermo a riflettere sul fatto che, se fossi
stata in grado di guardarmi intorno, non lo
avrei mai fatto… Mentre mi alzo, Jeremy
viene ad abbracciarmi con trasporto.
«È stato fantastico. Eri stupenda!».
Tace un istante. «È una lacrima di gioia
quella che vedo sul tuo viso, dottoressa
Blake?» ..
«Mi sembra di aver ritrovato la voce».
Mi chiedo perché abbia usato queste
parole.
Un’altra lacrima mi scende lungo il
viso. Non capisco perché mi sento così,
ma il fatto di cantare e suonare ha toccato
una qualche corda dentro di me, una corda
che da molti anni non vibrava più. Una
volta ho letto che è importante capire da
dove vengono le nostre lacrime, perché
sono direttamente connesse con il cuore.
Che cosa mi sta facendo Jeremy? Ha
rimosso un altro strato.
Avvicina le labbra alle mie e, prima
che io possa dire qualcosa, mi bacia, un
bacio così delicato, così paradisiaco da
restare impresso nella mia memoria per
sempre.
..
***
La nostra serata sul tetto procede fino
al momento in cui i membri della band
mettono via gli strumenti e si congedano.
A me sembra di essere finita su un
ottovolante nel momento stesso in cui ho
messo piede nell’atrio dell’hotel. Non mi
è mai capitato di vivere tante emozioni in
un così breve e turbinoso periodo di
tempo. Mi godo la brezza tiepida e
leggera, e mi rilasso tra le braccia di
Jeremy. A essere del tutto sincera, sono
stanca di oppormi al suo volere ed
elettrizzata dalla sua vicinanza. Cosa può
succedere di tanto brutto? Non metterebbe
mai a repentaglio la mia e la sua
reputazione professionale, ci tiene troppo.
E a prescindere da questo, io desidero
stare con lui.
La madre, la moglie, la
..
studiosa, ogni parte di me desidera
Jeremy, e a dirla tutta lo ha sempre
desiderato. Il corpo di certo non si piega
alle razionalizzazioni. Voglio prolungare
il più possibile la perfezione di ciò che
stiamo vivendo insieme.
Adesso sono molto più calma. La
musica, l’aver cantato e ballato, la cena, i
baci, forse perfino l’oscurità – sebbene
non lo ammetterò mai – mi stanno dando
alla testa, mi sembra di fluttuare nell’aria.
Mi sento addosso un’energia calda e
serena, come una luce interiore che non mi
pare di aver mai sperimentato prima
d’ora. È una sensazione poco familiare,
che però vivo con piacere.
«A cosa stai pensando in questo
momento?», mi chiede Jeremy giocando
con le ..mie mani e posandomi
delicatamente il pollice sul labbro
inferiore. Percepisco che ha voglia di
giocare.
Gli rispondo senza girarci intorno. «Sto
pensando che ti voglio, subito».
«Oh, davvero?», ride. «E pensi di
potermi avere?»
«In effetti credo proprio di sì, ora che
ho di nuovo l’uso delle mani».
Trovo la cintura e gliela slaccio,
aprendogli la patta e facendogli scendere i
pantaloni lungo quelle natiche tonde e
sode.
«Ti serve una mano?»
«Anche se non ci vedo, so bene cosa
sto cercando».
Sento che sta sorridendo e sento anche
il gonfiore che gli pulsa nelle mutande.
Gioco un .. po’ prima di levargliele.
Accarezzo avida il pene carnoso, le mie
dita impazienti di ghermire i testicoli. Lui
geme.
«Ti piace ancora, dopo tutti questi
anni?», gli chiedo.
«Certe cose non cambiano mai».
Mi metto in ginocchio, continuo a
massaggiargli le palle tenendo salda in
mano la base del pene e con dolcezza
passo la lingua sulla punta facendone
uscire una goccia di succo salato che gli
scivola giù. Mi fermo. Finora le sue mani
mi hanno accarezzato i capelli; adesso mi
tengono stretta la testa. Per stare in
equilibrio? O per il desiderio? Mi
sistemo aggrappandomi con le mani alle
sue natiche sode e muscolose e continuo a
stimolarlo prendendone in bocca sempre
un po’ di più,
carezza dopo carezza. Poi
..
la mia lingua comincia ad assumere il
controllo, affamata di lui. Ce l’ho tutto
dentro, con la punta che mi solletica la
gola, ed è una gioia averlo in me, questo
pene liscio e duro che mi riempie.
Adoro farlo e non posso negare il
calore che mi accende fra le cosce, mentre
lo succhio con sempre maggior forza, lo
accolgo sempre più profondamente.
Jeremy geme e io capisco che c’è quasi,
manca pochissimo. Lo lascio andare di
poco per provocarlo, per svelare la
voglia che ha di me, per poi riprenderlo
giù fino alla gola e stringere le labbra
attorno alla base. Lo sento pulsare un
attimo prima dell’esplosione finale.
All’ultimo momento allontano la bocca,
mantenendo la presa sui testicoli. Gli
spasmi lo travolgono,
sempre più intensi,
..
mentre il suo seme atterra da qualche
parte alle mie spalle. Resto in ginocchio
finché non si riprende e torna alla realtà,
poi gli do un bacio leggero sulla punta del
pene prima di alzarmi. Respira
ansimando, in modo irregolare.
«Perché ti tiri sempre indietro
all’ultimo minuto? Mi piacerebbe tanto
che lo ingoiassi».
«Lo sai che non mi piace».
«Ci hai mai provato?»
«No. E non ho intenzione di farlo».
«Allora non si tratta solo di me».
«No, Jeremy, non si tratta solo di te. È
solo che non lo faccio».
«Ma è così incredibile tutto quello che
fai. Se ingoiassi sarebbe il paradiso».
Uhm, ecco un’opportunità. Chissà se è
disposto a negoziare.
..
«Mi restituiresti la vista se ingoiassi il
tuo sperma?», domando con aria di sfida.
«Non dico che l’idea non mi tenti…
be’, diciamo solo che mi piaci troppo
così, bendata».
«In tal caso l’argomento è chiuso»,
taglio corto.
Mi bacia sulla bocca, un bacio lungo e
profondo, e intanto la sua mano mi si
insinua sotto il vestito, trova le piccole
labbra e si mette ad accarezzarle. Le due
dita esplorano, sfiorano. Sospiro mentre
gli intreccio le mani dietro il collo,
resistendo alla tentazione di unirle alle
sue.
Le sue dita continuano la loro magia
finché le gambe mi si fanno molli e mi
sembra di non riuscire più a stare in piedi.
«Vedrai che.. un giorno mi prenderai tutto,
completamente», dichiara fiducioso.
«Staremo a vedere», ribatto tra i
sospiri, sforzandomi di stare dritta.
«Proprio così». Ride, interrompe il
lavorio delle dita, mi rimette in piedi e mi
riporta in camera.
Senza che nemmeno me ne renda conto,
mi ha già sfilato il vestito e le sue dita
hanno ripreso la loro opera di conquista
con impeto ancora maggiore di quello che
avevano fuori, sul tetto. La bravura di
Jeremy, la sua precisione, sono ancora più
straordinarie di quanto ricordassi. Ho
perso ogni contatto con la realtà, i miei
gemiti si levano alti nel silenzio
dell’attico. Se la mia mente si è sfiancata,
oggi, nel tentativo di venire a patti con la
realtà delle ultime ore, il mio corpo
accoglie con.. avidità l’occasione che gli è
stata offerta. Alla fine mi addormento nel
caldo abbraccio di Jeremy. Un sonno
profondo, stranamente appagante.
***
Ho una strana sensazione ai piedi.
Cerco di scacciarla, come in sogno, ma è
simile a un prurito di cui non riesco a
liberarmi. Che cos’è? È qualcuno?
Qualcosa? Mi giro su un fianco decisa a
ignorare qualunque cosa sia, ma il
solletico continua imperterrito.
Accidenti, c’è ancora… può trattarsi di
un dito?
No, è troppo leggero.
Un pennello? No.
Una piuma? Potrebbe essere.
Questi pensieri oziosi mi riscuotono dal
torpore. È ancora
buio, non devo alzarmi.
..
Stavolta cerco di liberarmene con un
calcio e… ah, ha funzionato. Torno a
rannicchiarmi tra queste soffici, stupende
lenzuola fresche di bucato e sul morbido
cuscino. Certo, non è proprio come il
mio… Questo pensiero mi spinge a
chiedermi dove mi trovo. “No”, penso
mentre strani ricordi mi affiorano alla
coscienza, “deve essere un sogno, un
sogno molto ma molto bizzarro”… Tendo
una mano come a cercare la conferma di
una presenza, accanto a me sul letto.
Niente. Nessuno. Non ho idea di quanto a
lungo abbia dormito, ma di colpo ricordo.
Dove sono e con chi.
La realtà colpisce duro. Cerco di aprire
gli occhi, dimenticando per un attimo la
mia situazione, ed esito prima di toccare
la benda, memore
delle conseguenze che
..
questo gesto ha avuto ieri sera. Non è
stato un sogno e da ciò che posso
prevedere, per me almeno, resterà buio
anche dopo che sarà sorto il sole.
L’ostinato pungolo ai piedi ricomincia,
a poco a poco si fa strada lungo le
caviglie e i polpacci puntando alle
ginocchia. Quella è una delle mie zone più
sensibili, non sopporto il solletico laggiù.
Mi siedo, del tutto vigile.
«Buongiorno». La voce di Jeremy. Non
è stato un sogno, ormai è evidente.
Mi sfugge una risatina nervosa.
«Buongiorno. Quanto ho dormito?»
«Sei sveglia da pochi secondi e hai già
fatto una domanda. Fai la brava, Alex.
Niente domande. Mettiti giù e sta’ buona».
Obbedisco. Non voglio litigare. Sento
il lenzuolo ..scivolare via dal letto e resto
lì nuda, esposta. Le piume proseguono
nella loro salita, strappandomi qualche
gemito nel tratto che va dall’ombelico ai
capezzoli. Non devo vederli per sapere
con quanta prontezza rispondono a quel
tocco leggero.
«Il corpo mi tradisce», sussurro quasi
parlando a me stessa.
«Lo ha sempre fatto. Quando
comincerai ad ascoltarlo?».
Rifletto su quella domanda.
«Per favore, solleva le braccia sopra la
testa e resta così». Faccio come mi dice.
Eseguire le sue istruzioni diventa sempre
più facile, man mano che la coscienza
parte per altre tangenti. Le piume mi si
scatenano sulle braccia, sul viso, sul
collo. Starmene bendata, nuda, mentre
delle piume.. mi accarezzano piano ogni
centimetro di pelle, senza avere idea di
quale sarà il loro prossimo obiettivo, non
è paragonabile a niente che abbia già
vissuto. Somigliano a farfalle che mi
volano vicinissime sollevando una brezza
leggera, toccandomi appena, eppure la
sensazione che generano al tatto mi
scatena brividi lungo il corpo, mi fa
venire la pelle d’oca.
«Apri le gambe, per favore», ordina
educatamente Jeremy. Non so se sia a
causa
dell’atteggiamento
sessuale
difensivo e protettivo che ho tenuto per
tutti questi anni, fatto sta che le sue parole
mi portano a chiudere d’istinto le gambe e
ad abbassare le mani per coprirmi il pube.
«Interessante…», mormora Jeremy. Le
piume si bloccano e nessuno dice niente.
È in attesa ..della mia prossima mossa, lo
so. Le mie mani ritornano piano
dov’erano, sopra la testa.
Il silenzio si protrae. La vulva mi pulsa
a tal punto che mi rifiuto di aprire le
gambe, perché non voglio che lui si
accorga delle mie palpitazioni.
«Te lo chiedo di nuovo: per favore,
apri le gambe».
Sospiro, piena di imbarazzo ma
eccitatissima. Apro le cosce di qualche
centimetro.
«Di più, per favore». Il suo tono è
adamantino. Certo che se vuole una cosa,
non c’è verso di negargliela. Piego le
ginocchia mentre le apro al suo sguardo,
pulsante di desiderio. Cerco di non
muovermi quando riprende a solleticarmi,
ma è molto difficile. Mi contraggo e gemo
nel tentativo.. di anticipare il suo prossimo
obiettivo. Un compito impossibile, ma
riesco a mantenermi più o meno nella
posizione originaria. Il solletico continua,
sempre leggerissimo, simile a una
carezza, eppure diverso. La mia carne
vuole di più, vuole il tocco di Jeremy. In
tutto questo tempo i nostri corpi non si
sono toccati, nemmeno una volta. Lo
desidero alla follia. Il respiro mi si fa
corto. Quanto ancora andrà avanti? Non
ne posso più. Mi serve più pressione, più
corpo, più… Incapace di trattenermi, mi
afferro i seni inarcando la schiena. Lo
voglio dentro di me, sono affamata di lui.
La sua pazienza è maggiore di quella dei
miei sensi e lui lo sa. Gli è sempre
piaciuto mettere alla prova i miei limiti,
forzarli oltre ciò che credevo possibile.
«Jeremy…»,
lo chiamo tendendogli le
..
braccia.
«Pazienza, tesoro, pazienza. Finché non
starai distesa immobile e farai esattamente
ciò che ti chiedo, questo continuerà e tu
non avrai quello che desideri. Più farai la
brava, maggiore sarà il premio».
«Oddio», gemo sapendo fin troppo
bene che fa sul serio. Quest’abilità nello
stuzzicarmi, eccitarmi, tormentarmi è
frutto di anni di esperimenti e di pratica.
Sospiro esasperata. Sono troppo fuori di
me per oppormi, e lui sa bene quanto
desideri la liberazione. Faccio appello a
tutto il mio controllo zen per stare ferma,
per tenere la posizione in cui lui mi vuole
e per sopportare questo tormento senza
protestare o lamentarmi. Cerco di contare
all’indietro a partire da cento, ma arrivo
in fretta al numero
ottantanove e poi perdo
..
il filo, incapace di concentrarmi.
Mi contraggo.
Lui si ferma.
Io resto immobile.
Ricomincia. Ho fame delle sue carezze,
ma cerco di restare nella posizione che mi
ha chiesto di tenere.
È implacabile, disciplinato e paziente.
Io no.
Quando raggiungo l’apice del desiderio
e della frustrazione, di colpo lui si tuffa su
di me e mi infila il pene pulsante fino in
fondo alla vagina, strappandomi un grido.
Ho le gambe spalancate mentre lui supera
in un colpo diversi strati di me e mi
blocca con forza le braccia sopra la testa.
Spinge e spinge, è duro e veloce, ed è
proprio ciò che volevo. La schiena mi si
inarca sotto.. i suoi colpi. Mi sembra di
volare. La mia vagina gonfia di umori lo
divora avida quando lui mi esplode
dentro.
A quanto pare anche la sua, di pazienza,
ha un limite. Grazie al cielo!
Si lascia cadere su di me, facendomi
sprofondare nel materasso con il suo
peso. Siamo entrambi senza parole e in
debito d’ossigeno. Ritorna il fremito, un
profondo desiderio che mi si irradia dal
basso ventre. La sensazione è cominciata
quando ero nella vasca da bagno e sono
abbastanza certa che mi accompagnerà
ancora per un po’. Jeremy mi appoggia il
viso contro il collo.
«È stato meraviglioso. Non avevo mai
vissuto un risveglio simile».
«Vale anche per me», ammette
baciandomi ..il collo con avidità.
«Ti prego, non farmi più aspettare
tanto. Stavi per farmi impazzire».
Continua a divorarmi il collo con le
labbra e la lingua prima di ammettere
l’atroce verità: «Da me non avrai di certo
questa promessa, mia cara».
Sospiro. Ci risiamo.
«Starai morendo di fame. Mangiamo!».
Posso dire in tutta onestà che il mio
corpo non si è mai sentito tanto vivo. Non
ero così eccitata da quando avevo
vent’anni, ma questo è molto di più. Non
so come sia possibile che abbiamo ancora
tanto fuoco in corpo. Mentre le labbra sul
viso vorrebbero sorridere, quelle più in
basso fremono di desiderio. Sento
l’energia sessuale pulsarmi nelle vene. È
una sensazione insolita, di appagamento
misto a vivo
desiderio. Che mi sta
..
succedendo? È davvero la privazione
della vista ad amplificare così tanto i miei
sensi, o si tratta della giostra di emozioni
su cui Jeremy mi ha fatta salire nel
momento in cui sono arrivata? Ha liberato
un’energia sessuale che era rimasta sopita
per anni, in attesa che qualcuno la
risvegliasse. Posso solo concludere che
entrambi i fattori abbiano contribuito,
anche se a questo punto riconosco che la
mia capacità di analisi è bella che andata.
Che ironia: i miei appelli all’analisi e alla
ricerca vengono puntualmente spazzati
via, onda dopo onda, dalla marea di
sensazioni che Jeremy sa procurarmi.
Sta ordinando al servizio in camera
quasi tutto quello che c’è nel menu.
Chiacchieriamo, ridiamo, ci accarezziamo
e di colpo non
mi sembra più tanto strano
..
avere una benda sugli occhi. La sua voce
è così rassicurante, così familiare, che mi
sento quasi del tutto a mio agio. Arrivano
le portate e finalmente mangiamo. Sono
affamata.
«Hai ancora fame?», mi domanda
Jeremy mettendomi in bocca una fragola.
«A essere sincera non smetterei mai di
mangiarle. Dànno dipendenza. Le fragole
fresche e gli hotel a cinque stelle hanno
qualcosa in comune. Sembrano disegnati
da un professionista, tanto sono
perfetti…».
«Ne è rimasta una soltanto. Ecco,
prendila». Fa per posarmela sulla lingua,
ma poi la ritira. «Ripensandoci, tu hai già
avuto la tua parte. Questa la terrò per
me». Mi slaccia la vestaglia e sento la
fragola descrivere
cerchi attorno al mio
..
capezzolo. Sorvola l’ombelico prima di
avvicinarsi alla fessura. Sento il frutto
succoso all’ingresso della vulva. «Credo
che voglia giocare a nascondino».
E mentre la sua lingua inizia a cercare,
a me sfugge un lamento.
Parte quarta
..
Non bisogna giudicare la vita dalla
quantità di respiri che si fanno, ma
dai momenti che il respiro te lo
tolgono.
Anonimo
«Adesso devi vestirti. Ci attende una
grande giornata».
«Una grande giornata? Perché, non ce
ne restiamo qui a giocare per tutto il
giorno?». Non riesco nemmeno a
immaginare di poter uscire da questo
accappatoio nelle prossime ore, perciò
sulle prime ..non lo prendo sul serio.
«Un’altra domanda…», replica lui in
tono asciutto.
“Ancora con questa storia delle
domande”, penso tra me e me. Il suo tono
mi rende nervosa. Non capisco che cosa
pretenda. Che si aspetta? Che resti muta?
Certo che ho delle domande. Quale donna
non ne ha, anche in circostanze normali?
Figuriamoci adesso, poi… Vorrei che si
rilassasse e si desse una calmata, riguardo
a questa faccenda delle domande.
Invece di esternare i miei dubbi, mentre
mi congratulo con me stessa per la
lezione, o quello che era, di ieri sera,
decido di adottare un’altra strategia.
«E cosa devo mettermi?», cinguetto con
una sciocca vocina.
«Proprio non ce la fai a trattenerti,
vero?»
..
«Da cosa?»
«Dal fare domande!». Sembra al colmo
dell’esasperazione.
«Non ho fatto nessuna domanda!»,
replico indignata. «Oh, invece sì…», mi
correggo ricordando le ultime parole che
ho detto. «Sono un po’ dura di
comprendonio, eh?», dico cercando di
rimediare. Tendo una mano, sperando in
un abbraccio di perdono, ma lo spazio
intorno a me è desolatamente vuoto.
«Imparerai, Alex», lo sento dire da un
punto imprecisato della stanza. «Però non
so se la lezione ti piacerà».
«Che vuoi…», le parole mi escono di
bocca senza che me ne accorga, ma mi
fermo in tempo. Non ho capito l’allusione,
ma di certo non mi azzarderò a chiedergli
chiarimenti...
«Va bene, allora. Vestiamoci», dico
con il tono più leggero e gaio di cui sia
capace.
«Molto meglio», risponde lui con
tenerezza baciandomi sulle labbra. È di
nuovo contento, va tutto bene.
Non riesco a fare a meno di sentirmi
come un cucciolo addestrato per uno
scopo a lui sconosciuto.
«Le ragazze saranno qui a momenti per
aiutarti a vestirti».
Come se non bastassero queste parole a
lasciarmi di stucco, sento bussare alla
porta.
«Ragazze? Quali ragazze?», dico mio
malgrado con voce stridula. «Scusa!
Scusa!», mi affretto ad aggiungere in una
sorta di automatismo prima che ricominci
la solfa del
“basta con le domande”.
..
Eccomi di nuovo in preda al panico.
«Sta’ tranquilla, ci penso io». Del resto
non ho scelta. Sento delle voci femminili
che si presentano a Jeremy sulla porta, i
nomi sono qualcosa come Cindy, Candy…
Non posso crederci.
«Salve, sono felice che siate venute.
Entrate. È qui dentro».
I pensieri mi si ingarbugliano nella
testa, cerco il bordo del letto e per
sbaglio rotolo a terra, ritrovandomi lunga
distesa sul pavimento. Jeremy si affretta in
camera chiedendomi se sto bene. Mi sento
una perfetta idiota. Sono talmente in
imbarazzo, che vorrei trasformarmi in
qualcosa di piccolo e tondo e rotolare via
lungo il pavimento. Ma che gli è saltato in
mente? Il cuore mi batte forte, non riesco
a pensare né.. a dire una parola. Ha sempre
avuto questa fantasia di andare a letto con
due ragazze… no, non lo farebbe mai.
Non può! Mi aiuta ad alzarmi in piedi.
«Sei sicura di stare bene? Sei pallida».
A me sembra di essere verde, perciò
immagino cosa intenda per “pallida”. Non
mi viene in mente niente da dire.
«Le ragazze ti aiuteranno a vestirti per
la grande avventura», dice con evidente
euforia.
«Non voglio né ho bisogno di altre
avventure, Jeremy. Ne ho avute
abbastanza per stare bene tutta la vita»,
dico in un sibilo, non sapendo a che
distanza si trovino “le ragazze”. Jeremy
mi solleva da terra e mi porta in bagno di
peso. Dio santo, è impazzito?
«Non preoccuparti, non è quello che
credi. Sono.. venute solo per aiutarti,
promesso». Libera il braccio dalla mia
stretta e mi lascia alla loro mercé.
Comincio a tremare. Ognuna di loro mi
prende una mano. Cerco di mantenere il
contatto con Jeremy, ma lui si sottrae.
«No, ti prego, non andartene. Non mi
serve aiuto. Ce la faccio da sola.
Jeremy?». Sento chiudersi la porta e resto
sola, nel panico, con due estranee dai
nomi equivoci, che non posso vedere in
faccia ma che possono vedere me.
Avverto sulla pelle le loro unghie lunghe,
mentre due mani mi sfilano piano
l’accappatoio. Me lo stringo intorno alla
vita in un riflesso istintivo. Le mani
perseverano, mentre altre due si occupano
di slegare la cintura. Cerco di distrarle
parlando con loro.
«Sto bene,
.. davvero. Posso farcela. Va
bene così, ve l’assicuro». Ma loro
insistono. Con mia sorpresa mi tolgono
anche la benda. Adesso sono
completamente nuda. Vengo fatta sedere
sulla tazza. Mi copro con le braccia. Una
delle due apre l’acqua nella doccia e
vengo accompagnata all’interno. Mi
sembra di sentir sfrigolare l’acqua contro
la mia pelle d’oca. Mi lavano i capelli, li
spalmano di balsamo e mi massaggiano il
cuoio capelluto con delicatezza e abilità
tali che dopo un po’ mi sento molto più
rilassata di quanto credessi possibile.
Adesso le lunghe unghie mi insaponano
con il loro tocco sapiente. Quando ci sono
quattro mani che si danno da fare sul tuo
corpo, cosa fai? Le fermi oppure lasci che
portino a termine il loro lavoro? Opto per
la seconda soluzione.
..
I prodotti che stanno usando hanno un
profumo meraviglioso, li sento ricchi e
cremosi al punto da lasciarmi una
sensazione vellutata sulla pelle anche
dopo che mi hanno sciacquata con cura
sotto il getto caldo che mi investe
dall’alto. Nessuno dice una parola mentre
vengo condotta fuori dalla doccia e
asciugata meticolosamente con spessi e
soffici teli da bagno. Mani lisce, setose e
unte di crema mi scivolano lungo le
gambe, le braccia e il busto. Mi sollevano
un piede alla volta e massaggiano con
cura lo spazio tra le dita, liberando
impulsi piacevoli anche in parti più
riposte del mio corpo. Cielo, non avevo
idea che un massaggio alle dita dei piedi
potesse avere effetti del genere.
Terminato il.. loro compito, le ragazze mi
aiutano a indossare di
nuovo
l’accappatoio, e io provo un moto di
sollievo all’idea che la cosa sia finita qui.
Mi sento morbida, matura, rigenerata, e
profumo come se fossi appena uscita da
una bottiglia esotica piena di Coco
Mademoiselle. Se fossi sola, mi
abbraccerei. Le ragazze mi asciugano i
capelli e li legano in una stretta treccia
bassa alla francese. Cerco di aprire gli
occhi ma il senso di pesantezza alle
palpebre è tale che solo a provarci sento
dolore, così mi rassegno all’oscurità, con
o senza benda, e mi appresto ad andare di
nuovo incontro all’ignoto.
Sento una specie di fruscio mentre
vengo condotta fuori dalla stanza da
bagno, nel guardaroba. Poi vengo
inguainata ..in un’aderentissima tuta di
pelle, con tanto di stivali al ginocchio con
i tacchi alti e un paio di guanti che guarda
caso mi stanno alla perfezione. Sorpresa!
Il mio corpo adesso è fasciato dalla testa
ai piedi in un odoroso involucro di pelle.
Un paio di grossi occhiali da sole sono il
tocco finale. Quando me li sistemano sul
naso, anche il più debole chiarore
sparisce dalla mia vista. Il caro vecchio
Jeremy non ha lasciato nulla al caso.
Per certi aspetti sono felice di non
vedermi, perché devo essere davvero
ridicola. Non ho idea di cosa significhi
questo abbigliamento, oltre al fatto che, a
quanto pare, Jeremy coltivava a mia
insaputa questa fantasia di donne in abiti
di pelle. Tintinno a ogni movimento a
causa del gran numero di cerniere lampo e
di bottoni che
fanno aderire la tuta a ogni
..
curva del mio corpo. Mi immagino un
effetto vagamente punk, perché suppongo
che la pelle sia nera, ma non ne ho alcuna
prova. Guai a lui se è di qualunque altro
colore! Oddio, e se fosse di un orribile
rosa shocking? Mi sento tonica ed
energica dal collo in giù, ma al di sopra
di quella soglia sono del tutto esposta.
Non ho idea di cosa debba fare con questa
roba addosso, di certo non avevo preso in
considerazione l’idea di uscire dall’hotel.
Del resto, dato che non avevo previsto
nulla di quanto è accaduto nelle ultime
ore, immagino che sia normale.
«Wow, Alexa, sembri proprio tosta,
una vera biker. Se non ti conoscessi, me la
farei sotto dalla paura!».
«E se io non conoscessi te, Jeremy, di
sicuro adesso
non indosserei questa
..
roba», dico con le mani sui fianchi in una
posa decisa.
«Touché», dice ridendo. «Touché».
Dentro di me trovo piuttosto
gratificante l’idea di sembrare “tosta” e
sono felice di stare al gioco, anche cieca
come una talpa.
«Andiamo allora, non c’è un minuto da
perdere». Mi afferra una natica rivestita
di morbida pelle e mi accompagna fuori,
verso l’ascensore. Sarà tutta una farsa
grottesca? In ogni caso la cosa mi diverte
e anch’io gli afferro una natica,
constatando che è rivestita dello stesso
materiale della mia tuta.
«Bene bene… dobbiamo essere un vero
spettacolo».
«In effetti lo siamo», ammette mentre
l’ascensore ..inizia la discesa.
***
Arriviamo e, a giudicare dal tempo che
abbiamo
trascorso
nell’ascensore,
capisco che dobbiamo essere nella hall o
nel
parcheggio
dell’albergo.
Mi
rannicchio accanto a Jeremy: so che
stiamo per affrontare il “mondo reale”, e
le mie insicurezze tornano subito a
tormentarmi. Lui mi fa fermare vicino a un
muro.
«Non muoverti di un millimetro, tesoro.
Resta qui, vado a prenderla».
“Prenderla”? L’insicurezza diventa
paura nel giro di un millisecondo. Quando
Jeremy mi pianta in asso, cerco di
sorreggermi al muro. Il rombo di un
motore che si accende mi fa sobbalzare di
paura, mentre
l’esalazione di fumi di
..
scarico mi invade le narici. Il suono e gli
odori sono abbastanza vicini che mi
sembra di poterli toccare, poi Jeremy mi
prende la mano e mi conduce verso quel
rumore assordante.
«Sei mai andata in moto, prima
d’ora?», grida mentre solleva la mia
gamba incerta su quella belva rombante.
«Solo su una da cross, in campagna,
quando ero piccola», rispondo nervosa.
«Be’, reggiti forte, baby, perché stai
per fare una corsa che ti lascerà senza
fiato». Sembra un ragazzino che si accinge
a guidare per la prima volta una macchina
tutta sua.
«Ma non ci vedo!», urlo mentre mi
infila un casco sulla testa e si assicura che
gli occhiali siano posizionati in modo
corretto. ..
«Tu non hai bisogno di vedere. Io sì»,
grida di rimando sovrastando il rumore.
Il motore ruggisce, prendendo vita sotto
di me. Jeremy mi fa intrecciare le dita
intorno alla sua vita.
«Non devi far altro che reggerti!».
«Ce l’hai la patente per guidare questo
coso?», strillo.
«Non devi più urlare. Ora che hai il
casco, ti sento benissimo». La sua voce mi
arriva dritta nelle orecchie. Ha ignorato la
mia domanda. Oh-oh, mi sono appena
accorta di averne fatta un’altra, spero che
lui non l’abbia notato.
«Tieniti forte, tesoro, e cerca di
controllare il respiro almeno un po’». È
evidente che la mia inquietudine gli arriva
dal microfono interno al casco.
«Più facile
a dirsi che a farsi!».
..
Quando la belva si lancia in avanti,
rischio di cadere. Posso soltanto tenermi
più stretta che posso a lui mentre
svoltiamo intorno a un angolo stretto. A
quanto pare la corsa selvaggia è
cominciata.
Per un po’ non facciamo che fermarci e
ripartire, e devo fare uno sforzo per
restare in equilibrio e adeguarmi agli
improvvisi sobbalzi.
Jeremy non parla, quindi immagino sia
concentrato sul traffico cittadino; questo
mi conforta, almeno un po’. Ora che sono
su una moto, non ho più la sensazione di
essere vestita in modo inadeguato. E
almeno non ho una benda sugli occhi.
Prendiamo velocità e l’andatura diventa
finalmente
costante,
molto
più
confortevole.. dei continui scatti di prima,
quando non facevo che tenermi pronta per
lo scossone successivo.
«Tutto bene, là dietro?».
Sento Jeremy che si sistema sul sedile e
mi rendo conto che lo sto stringendo
talmente forte da togliergli il fiato.
«AB?».
Lo tengo stretto, non ho il coraggio di
lasciarlo: ho troppa paura di cadere. Ho
le gambe serrate contro la moto, mentre le
braccia cingono il petto di Jeremy. Gli sto
letteralmente incollata alla schiena, non
c’è un millimetro di spazio tra noi.
Proprio nel momento in cui mi convinco
ad allentare la presa e a rispondergli che
sto bene, la moto scarta a destra e poi di
nuovo a sinistra. Ottimo, ora sta
sorpassando qualcuno.
«Alexa, ..mi senti?». La sua voce
rimbomba di nuovo nel mio casco.
«Sì, sì, ti sento. È tutto okay. Mi sto
solo
concentrando
su…
be’,
sull’equilibrio, a dire la verità». Le
parole mi escono a scatti, mentre
acceleriamo ancora. Forse avrei dovuto
dire “sulla sopravvivenza”, sarebbe stato
più appropriato.
«Hai paura?». Le sue domande
continuano a entrarmi dritte nella testa.
«Secondo te? Non sapevo nemmeno che
sapessi guidare una moto».
«Lo faccio da anni. È meraviglioso
avere l’occasione di portarti a fare un
giro».
«Be’, preferirei poter vedere dove
andiamo». Non riesco a evitare di
sottolinearlo. «Jeremy, per favore, fa’
attenzione. ..Ho bisogno di uscirne viva,
davvero. Sono nelle tue mani».
«Proprio così, Alexa. Finalmente
cominci a capire. Mettiti comoda e goditi
la corsa; la strada è sgombra, adesso».
«E immagino che tu non abbia
intenzione di farmi sapere che strada è,
vero?»
«Sai che così perderemmo tutto il
divertimento».
Dopodiché accelera al massimo e
lascia che “lei” si lanci a tutta velocità,
togliendomi il fiato.
Chi l’avrebbe detto che mi sarei
ritrovata su una belva scatenata come
questa, avvolta dalle tenebre? Non l’avrei
mai creduto possibile. Quando riesco a
rilassarmi un po’, ma non troppo, devo
ammettere che è una sensazione stupenda.
Per fortuna Jeremy
mi protegge dalla forza
..
del vento, così posso apprezzare l’euforia
e il senso di libertà che dà la moto. Se
solo i ragazzi potessero vedermi! Non mi
riconoscerebbero. Jordan stenterebbe a
crederci, ma penserebbe che sono la
mamma del secolo. Probabilmente mi
farebbe una foto da mostrare agli amici e
all’insegnante durante la lezione Mostra e
Dimostra, anche se credo che sarebbe più
colpito se fossi io alla guida. Elizabeth
invece si preoccuperebbe più che altro
per la mia sicurezza e mi domanderebbe
se ho avuto paura. Non posso fare a meno
di chiedermi se il modo di essere e i
valori che distinguono maschi e femmine
siano prevedibili fin dalla nascita, in
materia di valutazione dei rischi. Non
sono mai riuscita a prendere una
posizione precisa
nel dibattito su cosa sia
..
innato e cosa no, anche se l’argomento mi
appassiona. Mi chiedo anche come se la
stiano cavando i bambini al campeggio,
spero che si stiano divertendo.
Non so se abbiamo una meta, o se il
nostro scopo sia il viaggio in sé. Di sicuro
Jeremy ha dei piani precisi per le
quarantotto ore che trascorreremo
insieme. E senza dubbio sta tenendo fede
alla promessa di non sprecarne nemmeno
un minuto. Così mi tranquillizzo, mi
rannicchio dietro di lui e gli appoggio la
testa sulle spalle. Il ritmo del motore tra
le mie gambe manda una vibrazione bassa,
potente, piacevole. Tutti gli altri sensi
assorbono questa esperienza. È una
sensazione magnifica, e mi sto godendo
davvero la corsa. Stringo Jeremy in un
leggero abbraccio
da dietro.
..
«Jeremy, è incredibile, sul serio. Non
avrei mai pensato di fare una cosa del
genere, e mi piace da impazzire». Per tutta
risposta, lui mi accarezza una mano con la
sua. Mi irrigidisco all’istante.
«Ti prego, tieni le mani sul manubrio.
Non c’è bisogno di spaventarmi più di
quanto non sia già».
Lui ride e riporta la mano al suo posto.
«Okay, mi sembra giusto».
«Grazie». Non riesco a trattenere un
sorriso, proprio come non posso negare
l’emozione che provo. Il vento, la
velocità, il motore, la vicinanza tra noi…
è meraviglioso. Perfino l’oscurità è
eccitante, in un modo misterioso, surreale.
Mi abbandono all’esaltazione del viaggio,
senza sapere dove mi porterà.
Dopo un ..po’, finalmente, rallentiamo. È
passata almeno un’ora, forse più. Non ne
sono sicura e non lo chiederò. Jeremy mi
aiuta a scendere dalla moto – ho le gambe
intorpidite – e mi toglie il casco, che
stava cominciando a soffocarmi. È bello
poter distendere le gambe: mi tremano un
po’, dopo essere rimaste ferme a lungo
nella stessa posizione. Mi sento in
imbarazzo, e mi sistemo gli occhiali da
sole con gesto nervoso.
«Non preoccuparti, non ci guarda
nessuno». Ha capito il mio disagio.
«Sicuro?», dico prima di riuscire a
trattenermi.
«Sì, sono sicuro. Perché io ci vedo, e tu
no».
«Giusto, non fa una piega». Quando i
fumi della moto si disperdono, annuso
avida l’aria.. intorno a noi. È molto fresca.
L’odore, insieme alla brezza delicata e al
canto degli uccelli, mi riporta alla mente
dolci
ricordi
d’infanzia,
quando
trascorrevo le vacanze scolastiche con i
miei cugini.
Resto ferma finché lui non mi prende
per mano e cominciamo a camminare.
«Non posso credere che tu non mi
abbia mai detto di aver preso la patente
per guidare la moto». Cerco di assumere
un tono risentito.
«Ci sono tante cose che non sai di me,
Alex. Se tutto va bene, nei prossimi anni
tutto questo cambierà». Anni? Penso che
anche quando cerco di parlargli con
naturalezza, lui riesce sempre a
sorprendermi
con
considerazioni
scioccanti. Ci fermiamo e lo sento
chiedere due
caffè con latte scremato,
..
senza zucchero, da portar via, per favore.
Anche stavolta il fatto che non mi abbia
nemmeno consultata mi spiazza. “Lascia
stare…”. Cerco di non pensarci.
«Che bella idea, un caffè», dico,
pensando di poterlo interpretare come un
indizio che sono le 10 o le 11 di sabato. O
magari Jeremy ha escogitato la
messinscena del caffè per farmi credere
che sia mattina. “Basta pensare
all’orario”, mi impongo. “Non hai alcun
controllo, quindi smettila”.
«Ho pensato che ti renderà le cose più
facili, rispetto a una tazza con un piattino.
Però fa’ attenzione, scotta». Mi ricorda
me quando avviso i miei figli mentre tiro
fuori un piatto dal microonde. Mi mette il
bicchiere tra le mani e mi conduce a un
tavolino all’aperto,
dove mi aiuta a
..
sedermi.
Mi porto lentamente il caffè alla bocca,
pregustando il profumo e il sapore, anche
se non ho bisogno di caffeina per stare
sveglia, dato che tutti i miei sensi sono in
allerta. Di certo non mi serve aiuto per
continuare a far fluire l’adrenalina nelle
vene.
«È buonissimo», dico, dopo un lungo
sorso cauto. Sto cominciando a capire
quanto la conversazione tra le persone
dipenda dalle domande o dagli elementi
visivi. Il fatto di non poter contare su
nessuna delle due cose mi costringe a
essere generica e superficiale. È come se
fossimo al nostro primo appuntamento e le
cose non stessero andando troppo bene.
Faccio solo considerazioni inutili, e non
so se Jeremy.. mi stia mettendo alla prova o
mi lasci in questo limbo di proposito.
Forse tendo troppo a basare ogni mia
conversazione sulle domande, il che,
considerata la mia formazione, è più che
plausibile. Forse ho difficoltà a elaborare
strategie alternative di fronte a circostanze
inattese? È strano che non abbia mai
notato questo lato di me fino a questo
momento, mentre me ne sto seduta qui
accanto a Jeremy con un caffè in mano,
vestita di pelle, senza poter vedere nulla.
«Un soldino per i tuoi pensieri».
Jeremy spezza il silenzio che è calato fra
noi e mi riporta al presente.
«È strano che tu me lo chieda. Stavo
proprio pensando a quanto il dialogo si
basi sulle domande, dirette o indirette che
siano. E mi chiedevo se per caso il fatto
di rivolgere.. tante domande sia l’unico
modo che conosco per rendermi parte
attiva di una conversazione. Mentre lo
dico ad alta voce, trovo questa idea
spaventosamente realistica. È ancora un
pensiero in fase embrionale, ma più ci
rifletto più questa teoria mi sembra
sensata».
La fine del mio ragionamento è seguita
da un silenzio interminabile.
«Jeremy?». Mi ha lasciata sola? È
andato in bagno? «Ci sei ancora?»,
chiedo. Merda, sto parlando da sola come
una pazza e lui è sparito. Ancora una volta
maledico la mia cecità.
«Sì, sono sempre qui», dice piano
prendendomi la mano dall’altra parte del
tavolo. «Sono molto felice che cominci a
capire qualcosa di te stessa. Credi sia
giusto fare ..domande, mentre gli altri non
sanno niente di te, dei tuoi pensieri, dei
tuoi sentimenti? Sei talmente presa dalla
professione che le hai permesso di
influenzare anche le tue relazioni
personali. Passi il tempo a cercare di
capire gli altri, tanto che a volte mi
sembra che dimentichi te stessa, chi sei,
che cosa rappresenti».
Mi prende un po’ alla sprovvista. No,
ad essere sincera mi prende un bel po’
alla sprovvista. «Davvero pensi questo di
me?»
«Sì. Hai sempre avuto questa tendenza,
e con la tua professione è peggiorata.
Ecco perché trovi così difficile trattenerti
dal fare domande e lasciarti andare,
proprio come mi aspettavo che facessi».
All’improvviso mi sento molto più
giovane di ..Jeremy, e in un certo senso
psicologicamente più debole. Sospesa a
metà nel rapporto genitore/figlio e
dottore/paziente. Un modello entro il
quale mi trovo molto a disagio. Non
saprei dire con esattezza come sia per lui,
ma penso di avere almeno un’idea.
«A proposito, come ti fa sentire
l’assenza di stimoli visivi?». La sua
curiosità mi ricorda vagamente l’analisi.
«Non è che non abbia ricevuto altri
stimoli…», dico, cercando di alleggerire
l’atmosfera.
«No, Alex, parlo sul serio: dimmelo».
Dato che mi ha appena descritta come
una persona poco aperta, decido di
rispondergli
con franchezza.
«È
difficilissimo, e sono sicura che te lo
aspettavi, dottor Quinn. Per certi aspetti è
più dura .. di quanto avrei potuto
immaginare… ci sono momenti in cui mi
viene da urlare per la frustrazione
assoluta e totale, mentre altre volte,
quando vengo colta di sorpresa, io…
be’… è…». Sento che sto arrossendo.
«Continua». Mi accarezza il viso,
incoraggiandomi con dolcezza a parlare.
«È così strano non poter prevedere…
nulla, proprio nulla. Nessuna azione,
nessuna parola… Non so da dove
arriveranno gli stimoli né se smetteranno
di arrivare. Perfino una conversazione
può sembrarmi simile a una corsa in moto,
per usare una metafora».
«E negli altri momenti?». Mi accorgo
di essere sulle spine, faccio fatica a stare
ferma sulla sedia. Io sono quella che fa le
domande, di solito, non quella che
risponde. ..
«Negli altri momenti mi sento nervosa
ed emozionata al pensiero di non sapere
cosa sta per succedere, come quando
potrei essere toccata, accarezzata, o
perfino
sculacciata!».
Arrossisco,
ricordando la rapida pacca sul sedere con
cui mi ha spiazzata prima di cena. «Non
so dove mi stia portando tutto questo, e
sono davvero tentata di… be’, ecco, di
lasciarmi andare e perdere il controllo…
ma è così difficile».
«Speravo proprio che avresti reagito
così, e sei andata ben oltre le mie
aspettative. Se ti fidassi di me un pochino
di più, se mi lasciassi entrare dentro di
te… Voglio che ti arrendi a me, questo
weekend, più che mai. Voglio far uscire la
vera Alexa, la donna che si è nascosta
dietro una ..facciata di autocontrollo per
troppo tempo. Noi due ci conosciamo
meglio di chiunque altro al mondo. Non
abbiamo niente da perdere, e tutto da
guadagnare. E se devo essere onesto,
insieme alla scoperta di una cura per la
depressione, che spero di trovare entro un
anno o due, la missione della mia vita sei
tu».
Quand’è che sono diventata la missione
della sua vita? Le sue parole mi piombano
addosso come macigni, perché so che
genere di uomo sia Jeremy e so che non
direbbe una cosa del genere a cuor
leggero, mai. Lui è sempre stato capace di
vedere dentro di me, di comprendere ciò
che provo o che voglio prima ancora che
riesca a dirlo, e questo gli ha sempre dato
un vantaggio rispetto ai miei stessi
processi mentali.
Sembra proprio che
..
questo fine settimana le cose andranno
allo stesso modo. Non siamo mai riusciti
a staccarci del tutto l’uno dall’altra.
«Se è questo che pensi, allora perché
mi sento sempre un po’ sul chi vive con
te? È sempre stato così, e mi sorprende
che continui a succedere dopo tutti questi
anni». Il mio tono di voce tradisce la
frustrazione mentre continuo a parlare.
«Guardami: dipendo da te in tutto e per
tutto. Sai bene quanto tenga alla mia
libertà, ed è proprio ciò che mi hai
portato via. Mi chiedi di lasciarti entrare,
ma quanto ancora posso andare a fondo?
Quanto vuoi ancora? Stiamo sempre
parlando di me, Jeremy, oppure in realtà è
per te che stiamo facendo tutto questo?»
«Ti risponderò con sincerità, dottoressa
Blake. Sai ..che quando sei con me devi
sempre aspettarti qualcosa di inatteso. È
questo che ti sto dando, e che non puoi
controllare.
Paura,
eccitazione,
trepidazione, piacere, ignoto, fiducia,
resa, uniti tutti insieme. Da qualche parte
nella tua psiche una tale commistione si
sta rivelando inebriante. Perché lo faccio?
Perché so che in fondo ti piace, e che alla
fine ti libererà dalle coercizioni e dai
confini che ti sei autoimposta. Riflettici,
Alex. Se non ci fossi io nella tua vita,
l’unica cosa che ti mancherebbe davvero
è la libertà. Perfino quando ti infuri o ti
senti frustrata a causa mia, si tratta sempre
di sensazioni momentanee, quindi ho
intenzione di correre il rischio in vista di
un effetto straordinario». Tace per un
momento, mentre le sue parole mi
arrivano addosso
con tutto il loro peso.
..
«Tra noi due esiste una tensione sensuale
assoluta, e sinceramente, anche se
abbiamo cercato di ignorarla per tutto
questo tempo, non è affatto diminuita».
«Wow… per una donna cieca si tratta
di un concetto enorme da digerire». Il
potere delle sue affermazioni apre
percorsi di riflessione che dilagano nella
mia mente mentre cerco di assimilare
troppi pensieri e troppe emozioni nello
stesso momento.
Potrebbe essere vero? Amo l’ignoto?
L’inatteso?
Che cosa intende quando parla di
libertà? Continua a usare questa parola…
Crede davvero che siamo destinati a
essere così?
È come se mi leggesse dentro, come un
libro aperto,
con coerenza, attenzione,
..
scaltrezza e a un ritmo che è lui a
decidere.
«E stai pur certa, mia carissima Alexa,
che la promessa di ieri sera è ancora
valida: continuo a tenere il conto».
«Cosa?»,
chiedo,
distratta
dall’improvviso cambio di argomento,
ancora
persa
nella
precedente
conversazione. Lui ripete.
«Sono sicuro che ricordi benissimo che
sono un ottimo statistico!». Lo dice in un
tono carico di allusioni.
«Sì, certo, Jeremy, non potrei mai
dimenticarlo», rispondo nello stesso tono.
Lo so fin troppo bene. Il pensiero mi fa
agitare: sono ricordi imbarazzanti, ma
comunque incredibili.
«Che notte perfetta. Una delle mie
vittorie più ..dolci, e in definitiva una delle
scoperte più sensazionali sul tuo corpo
fantastico…». Le parole gli muoiono in
bocca mentre ricordiamo, e io torno a
quel momento del nostro passato.
All’università siamo sempre stati in
competizione, cerchiamo di primeggiare
uno sull’altro nelle varie materie e
spesso scommettiamo tra noi. Jeremy e
io stiamo seguendo entrambi un corso
facoltativo di Metodi Quantitativi e
abbiamo fatto una scommessa: chi di noi
due otterrà il voto migliore potrà
scegliere qualcosa che l’altro dovrà fare
per tutta la notte senza protestare. Gli
ho stretto la mano immaginandolo già
mentre pulisce il mio appartamento
completamente nudo, mi prepara la cena
e mi fa un.. massaggio, assoggettato ai
miei capricci. Sì, ho pensato: è un’idea
fantastica
per
una
scommessa,
soprattutto perché finora sono sempre
stata io a prendere i voti migliori in quel
corso. Non mi ha nemmeno sfiorato il
pensiero di poter perdere: dopotutto,
non è neppure la sua area di
specializzazione.
Alla fine ci annunciano i voti, e
Jeremy prende mezzo voto più di me per
aver fornito una spiegazione più
esauriente all’ultima domanda. Vado
dritta nell’ufficio del professor
Jarlsberg per rivedere con lui il mio
esame punto per punto. Con mio grande
fastidio, ma c’era da aspettarselo,
Jeremy viene con me, senza riuscire (non
ci ha nemmeno provato) a nascondere il
sorrisone che
ha stampato in volto.
..
Tuttavia le mie proteste e le mie
argomentazioni non convincono il
docente ad aumentare il mio voto o
ridurre quello di Jeremy, per quanto
insista. Il ghigno di Jeremy è perfino
raddoppiato, se possibile.
«Non una parola», gli dico brusca,
bloccandolo con un cenno della mano
prima di esplodere. E lui non apre
bocca, ma la sua espressione è
inequivocabile.
Lo ignoro di proposito per il resto
della giornata, o forse è così saggio da
non farsi vedere. Ci incrociamo di nuovo
più tardi, quella sera, alla festa di
compleanno di un nostro amico in un
locale alla moda lungo Oxford Street, in
centro. Mi sono calmata e non sono più
così in collera
per la sconfitta. Un’oretta
..
dopo, mentre stiamo chiacchierando con
un gruppo di amici, Jeremy mi sussurra
in un orecchio: «Credo sia arrivato il
momento di riscuotere la mia vincita».
«Scusa, come dici?».
Lui ripete.
«Ma adesso, proprio qui?», ribatto.
Sono un po’ in imbarazzo per il mio
comportamento di qualche ora prima; di
solito so perdere con un po’ più di
dignità, ma è anche vero che non perdo
quasi mai.
«Certo, cosa posso fare per te? Ti
offro un drink?», dico, e faccio per
avviarmi verso il bar. Lui mi cinge la
vita con un braccio e mi trascina nella
direzione opposta.
«Da questa parte. Seguimi». Mi sento
confusa: non
so dove stiamo andando.
..
Penso sia da maleducati andarcene
senza salutare, inoltre non sono arrivata
da molto e mi stavo divertendo. Lui
avverte la mia incertezza.
«Forza!». Mi stringe più forte e mi
spinge deciso verso le scale.
«Cosa stai…?».
Mi poggia un dito sulle labbra,
mettendomi a tacere mentre scendiamo.
Non sapevo nemmeno che questo locale
avesse un piano inferiore. Apre la porta
extralarge dei bagni e mi fa entrare
prima di lui, richiudendola a chiave alle
sue spalle. Sembra una camera blindata.
Su una parete c’è uno specchio che va da
terra fino al soffitto; per il resto la
stanza è completamente ricoperta di
moquette, non solo il pavimento, ma
anche muri.. e soffitto. Sembra davvero
sfarzosa, soprattutto se si pensa allo
scopo primordiale cui è adibita.
«Serve ad attutire il rumore», mi
spiega mentre mi guardo intorno.
«Quello esterno o quello interno?».
Solleva un sopracciglio e mi rivolge
un sorriso furbo. «Mmm… Buona
domanda». Santo cielo, cos’ha in mente?
«Ti serve?». Mi indica il water,
prendendomi alla sprovvista.
«Oh… no! E di sicuro non con te qui
dentro», aggiungo sdegnata.
Si lava le mani con acqua calda e se le
asciuga meticolosamente.
«Santo cielo, Jeremy, che ci facciamo,
qui?»
«Io ho vinto, tu hai per…». Si
interrompe a metà. «Diciamo che tu non
hai vinto». ..
Sospiro esasperata e alzo gli occhi al
cielo. Il suo sguardo si fa più serio
mentre mi si avvicina.
«Ripetimi le condizioni della nostra
scommessa, Alexa».
Ecco, ci siamo… «“Senza protestare”,
Jeremy».
«Bene, sono felice che te ne ricordi.
Voltati e metti entrambe le mani sullo
specchio, sopra la testa».
«Cosa?». Mi fa girare e mi ritrovo
davanti allo specchio, con lui dietro di
me. Nonostante i miei tacchi vertiginosi,
lui è comunque più alto.
«Subito!». Mi afferra le mani,
impaziente.
«D’accordo, d’accordo». Ho la
sensazione che sarà una notte molto
lunga.
..
Faccio come mi chiede e gli struscio
addosso il sedere per addolcire il suo
umore. Sento la sua erezione premere
dietro di me. Ah, Jeremy, questa storia ti
sta mandando proprio su di giri! Tutti e
due ridacchiamo quando ci guardiamo
negli occhi nello specchio. I suoi ardono
di eccitazione e frenesia.
Mi solleva la gonna fin sui fianchi e
mi abbassa le mutandine alle caviglie,
poi aspetta che finisca di sfilarle. Con un
sospiro rassegnato sollevo il piede
sinistro. Mi divarica ben bene le gambe.
«Grazie», dice in tono gentile, come
mi stesse offrendo una sedia per farmi
accomodare.
Ma cos’ha in mente?
Mi bacia il collo, mi fa scivolare le
braccia intorno
alla vita e senza un
..
attimo di esitazione mi appoggia una
mano sul sesso.
«Sarà divertente. Non staccare i palmi
dallo specchio, Alex. Dico sul serio».
Tira fuori qualcosa da una tasca e lo
poggia su una mensolina accanto a sé,
fuori dal mio campo visivo. Poi comincia
a giocare. Mi tiene una mano sui reni,
sotto la gonna sollevata – anche se è
comunque piuttosto corta – e l’altra
davanti, dove le sue dita magiche
cominciano a stuzzicarmi. I miei umori
lo aiutano a scivolare a suo piacere
dentro e fuori di me. Ho lo sguardo fisso,
mentre il massaggio interno si fa sempre
più profondo e deciso. Jeremy mi guarda
intensamente. Comincio a gemere via via
che la tensione della giornata mi
abbandona ..per lasciare il posto a una
tensione sessuale che aumenta sempre
più dentro di me. Una mano mi scivola
via dallo specchio, dove lascia
un’impronta umida.
«Non muoverle». Cerco di allargare le
dita per guadagnare un appoggio
migliore. Oddio… Lui intanto continua il
suo assalto, so che ormai sono vicina e
bramo quella liberazione che è a pochi
istanti da me. Come è possibile che con
lui arrivi così in fretta? Riesce a
muovere le dita e il pollice a un ritmo
perfetto e sono all’apice… all’apice
assoluto… entro in quell’immensità…
quella
quiete…
perdendo
ogni
cognizione… e lascio esplodere la
meravigliosa sensazione di ciò che
Jeremy sa fare al mio corpo. Appoggio la
testa allo specchio
insieme alle mani e ai
..
gomiti, mentre il mio corpo si muove a
scatti seguendo il ritmo che lui ha
creato, quando all’improvviso sento
qualcosa di strano dentro di me, un
intruso la cui presenza mi sconvolge,
caldo, pieno, che mi scivola nell’ano. Di
riflesso, lo sfintere gli si stringe intorno.
«Che cazzo è?», ansimo mentre
recupero lucidità, o almeno ci provo…
«Un butt-plug. Disegnato da una
coppia di amici. Vogliono sfruttare la
laurea in economia e scienza per entrare
nel mercato dei sex toys, così mi sono
offerto di provare questa loro
creazione».
Come riesce a farmi qualcosa di tanto
sconvolgente e subito dopo mettersi a
chiacchierare come se nulla fosse? Mi
ha addirittura
distratta dalla situazione
..
in cui mi trovo.
«E che ci fa nel mio culo, Jeremy?»
«Hai un culo splendido, Alex. Voglio
esplorarlo meglio, e dato che ho vinto la
nostra scommessa, stasera posso. E sai
qual è la cosa migliore? Che non potrai
lamentarti neanche un po’». Mentre il
suo viso si distende in un sorriso
malizioso, mi rendo conto di essere
rimasta pietrificata da quando mi ha
infilato quell’aggeggio. Più sono tesa,
più ne avverto la presenza e cerco di
spingerlo fuori, ma non ci riesco. Non ho
nemmeno il coraggio di mettere una
mano nelle vicinanze. Sono sconvolta, e
riesco solo a fissare il riflesso di Jeremy
nello specchio.
«Il tema della nostra serata sarà
Marco Polo»,
dichiara lui orgoglioso
..
mentre sono bloccata come un
manichino. Non può fare sul serio.
«Come lui è andato alla scoperta dei
territori inesplorati del mondo, così io
intendo sondare e conoscere i territori
inesplorati del tuo corpo».
Dio, invece è serio, e sembra anche
molto soddisfatto di sé.
«Alex, respira… e puoi anche
muoverti. Va tutto bene: ti sentirai solo
un po’ strana, almeno finché il tuo corpo
non si adatterà alla nuova sensazione».
«Da quand’è che sei un esperto in
queste cose, Jeremy?», gli chiedo
balbettando.
«Diciamo solo che ho fatto delle
ricerche».
Si china e mi solleva un piede. Ho un
sussulto in risposta
al movimento forzato
..
che mi fa compiere quando mi rimette le
mutandine. Con le dita sfiora
delicatamente il butt-plug, lo spinge e lo
tira appena, facendomi ansimare forte,
poi mi risistema la gonna in modo
conveniente.
«Perfetto. Grazie per aver messo una
minigonna, stasera, è perfetta. Sei
pronta a tornare dagli altri? Ormai è da
un po’ che siamo qui».
Lo fisso sconvolta. Non mi era proprio
passato per la testa che avrei anche
dovuto fare vita sociale. Un lampo gli
attraversa gli occhi mentre osserva la
mia espressione.
«O
preferisci
andare
senza
mutandine?»
«Dio, no!». Trovo agghiacciante il
solo pensiero.
Gli angoli della sua bocca
..
si sollevano in un sorriso. «A volte ti
manderei a fare in culo, Jeremy».
«Oh, tesoro, lo so benissimo,
credimi… e immagino il tuo non fosse un
gioco di parole. Ma la notte è ancora
giovane».
Mi guardo nello specchio e mi
stupisco nel vedermi con le guance
arrossate e un’espressione di beatitudine
post-orgasmo, invece del colorito terreo
che mi aspettavo con quell’intruso
dentro di me.
«Ti assicuro che hai un aspetto ancor
più meraviglioso di quando siamo
arrivati qui, e sono certo che continuerà
a migliorare con il passare delle ore».
Lo guardo perplessa, in cerca di
ulteriori spiegazioni. «Ho intenzione di
toglierti il butt-plug
nello stesso modo in
..
cui l’ho inserito, ma i tuoi orgasmi
saranno ancora più potenti fuori dai
confini di un gabinetto, te lo posso
assicurare».
Le sue parole mi fanno avvampare e
mi provocano degli spasmi alla vagina
che si riverberano contro il butt-plug.
Quando mi avvio circospetta verso la
porta, mi accorgo che quell’intruso nel
mio corpo mi dà meno fastidio, anzi è
diventato una presenza stimolante,
sensuale. Ne resto sorpresa.
«Ogni volta che lo sentirai dentro di
te, pensa a me che ti tocco e a quel che ti
aspetta. Nel frattempo andiamo a bere
qualcosa per rilassarci, così smetterai di
avere l’aria di una che ha qualcosa
infilato nel culo!».
Mi dà una.. leggera pacca sul didietro e
io mi contraggo, avvertendo la presenza
dell’intruso dentro di me; a quella
sensazione
i
capezzoli
mi
si
inturgidiscono all’istante. Accidenti!
Jeremy lo nota subito.
«Dio, adoro il tuo corpo, AB. È come
se mi parlasse».
Mi congratulo con me stessa quando
riesco a conversare quasi senza
problemi con i miei colleghi di
laboratorio Josh e Sally per la mezz’ora
successiva, cercando di ignorare i
sorrisi e le strizzate d’occhio di Jeremy
accanto a noi. Sono rassegnata all’idea
che l’incursore resterà lì fin quando lui
non me lo toglierà, soprattutto perché io
non ho nessuna intenzione di toccarlo. E
poi a dire il vero non è tanto male, anzi,
per nulla, ..ma non lo ammetterò mai
davanti a lui. Siamo nel bel mezzo di una
discussione
animata,
quando
all’improvviso quel maledetto oggetto
comincia a vibrare dentro di me,
facendomi sussultare; il drink mi sfugge
dalle mani e vola in aria, e il bicchiere
finisce addosso al povero Josh. È una
sensazione diversa da qualunque altra
abbia mai provato, e molto intensa.
Cerco di chiedere scusa a Josh, ma
riesco solo ad appoggiarmi al tavolo del
bar e prendermi la testa tra le mani,
mentre sudo e ansimo. Cazzo, Jeremy,
spegni questo mostro vibrante! La
sensazione è così intensa che non ho
nemmeno la forza di alzare gli occhi per
lanciargli uno sguardo letale.
«Alex… Dio… che ti succede? Stai
bene? Ecco,.. vieni a sederti…».
Sedermi? Neanche per sogno. Ma
come faccio a spiegarlo a un amico?
Grazie al cielo, lo spegne.
«Sto bene… sul serio… è tutto okay»,
riesco a dire a scatti, con il fiato corto.
Jeremy si precipita al mio fianco, e
con grande teatralità si mostra
preoccupato per la mia salute.
«Alex, sembra che tu non stia bene.
Forse dovrei portarti a casa».
«Sì, forse è una buona idea». Lo
guardo furente per quel che mi ha fatto,
ma per una volta completamente
d’accordo con lui. Un altro episodio del
genere mi manderebbe oltre il limite, in
pubblico, e sono terrorizzata all’idea di
ritrovarmi con un bisogno disperato
dell’orgasmo che mi ha promesso.
«Andiamo via.
Subito!». Avverte la mia
..
fretta e raduna all’istante le nostre cose.
Salutiamo tutti e ci allontaniamo.
A casa, con delicatezza, attenzione,
tenerezza e amore deflora il mio culo.
Non fa male quanto mi aspettavo. A dire
il vero, più mi rilasso, più sono aperta, e
questo permette a Jeremy di muoversi
dentro di me. Sembra più stretto, e più
intimo del sesso vaginale, anche se mi
sta prendendo, possedendo del tutto.
Sono sensazioni molto diverse, più
concentrate sulla parte bassa della
schiena e le cosce, mentre le dita esperte
di Jeremy continuano ad accarezzare e
stimolarmi il clitoride e la vagina. Che
altro posso dire? Solo che qualcosa di
cui avevo tanta paura non avrebbe
dovuto causarmi tanta ansia. Jeremy mi
assicura che
un simile successo è da
..
attribuire alla giusta preparazione.
Mentre siamo distesi a letto insieme,
nudi, contempliamo i nostri corpi e
l’esperienza che abbiamo appena
condiviso. Assolutamente incredibile.
Forse non avrei dovuto rifiutarmi per
tanto tempo… o magari, invece, è valsa
la pena di aspettare.
«Sai una cosa? Ho deciso l’argomento
della mia tesi», dichiaro orgogliosa
mentre ci accarezziamo in modo
languido.
«Finalmente! Dimmi tutto».
«Verterà sugli scritti di Sabina
Spielrein, soffermandosi in particolare
sulla connessione tra masochismo ed ego
femminile».
«Wow, AB. Un argomento tosto. È già
stato approvato?»
..
«Sì, proprio stamattina. Sono
emozionatissima».
«C’è un motivo particolare per cui
l’hai scelto?». Jeremy mi guarda dritto
negli occhi, impaziente di sapere.
All’improvviso il suo sguardo e il tono
della sua domanda mi mettono in
imbarazzo, così cerco di glissare,
rotolando sulla pancia e nascondendo la
testa nel cuscino.
«Alexa? Non ti starai mica
nascondendo da me, vero?». Mi spinge
per farmi girare di nuovo. «Oh, Alex, non
te lo permetterò, mai e poi mai».
Ma che diavolo sto combinando?
Perché non riesco a dargli una risposta
accademica, come ho fatto con il
professor Webster stamattina?
Alla fine .. riesce a farmi voltare, e mi
ritrovo di nuovo supina. Lui si siede
sopra di me e comincia a farmi il
solletico senza pietà, e io, naturalmente,
mi contorco. «Ti prego, smettila, lo
odio!», ansimo tra un assalto e l’altro.
«Non ci penso neanche, se non mi
giuri che me lo dirai». Sono intrappolata
sotto di lui, e le contrazioni delle sue
dita non mi danno tregua.
«Okay, okay, non ce la faccio più, ti
prego, basta».
Aspetta paziente che riprenda fiato,
bloccandomi le mani ai lati della testa in
modo da potermi guardare in faccia.
Decido di farla finita il prima possibile.
«Ho sempre avuto questa fantasia di
essere completamente dipendente, cieca,
frustata e soddisfatta, e vorrei capirne le
radici profonde,
perché è una cosa che
..
mi provoca grande sconcerto. Ecco, tutto
qua».
Mi guarda con aria interrogativa,
sorride, ma è davvero sorpreso. Prego
dentro di me che non mi chieda altro.
«Interessante».
Mi
osserva
pensieroso, e il silenzio si espande tra
noi.
«Ti è piaciuto, stasera, Alex?»
«Sì».
«Molto?»
«Sì, moltissimo».
«Te l’aspettavi?»
«No, per niente».
«Sarei più che felice di essere
coinvolto direttamente nelle ricerche per
la tua tesi».
«Grazie. Lo terrò presente».
«Grazie a.. te per avermelo detto».
E io non posso credere di averlo fatto.
«In ogni caso sono felice che tu abbia
finalmente cominciato a conoscere te
stessa. Significa che il mio piano sta
funzionando, proprio come volevo».
«Dio, non c’è niente al mondo che
faccia paura più di te con un piano in
mente, Jeremy».
«Non essere così cinica, tesoro. Guarda
quanto sei riuscita a progredire… e
abbiamo ancora molta strada da fare». Mi
sta prendendo in giro, ne sono sicura,
anche se l’entusiasmo con cui mi risponde
fa vacillare un po’ la mia certezza. «Tanto
per sapere, alla fine hai più sperimentato
in prima persona l’aspetto psicologico
della tua tesi, come avevamo detto?»
«No, Jeremy,
e poi se l’avessi fatto lo
..
sapresti».
«Oh, e perché?»
«C’è davvero bisogno di chiederlo?
Come se io potessi fare qualcosa del
genere con un’altra persona».
«Non so dirti quanto mi lusinghi, Alexa,
in molti sensi». Non sono sicura di cosa
significhi quel commento, ma sono certa
di voler cambiare discorso prima
possibile.
«Okay, lungi da me far diventare noioso
il viaggio che hai organizzato con tanta
cura». Finisco il caffè e poso il bicchiere
vuoto sul tavolo.
***
Dopo il caffè ho assoluto bisogno di
andare al bagno. Sarà un bel problema.
Non posso.. credere di doverglielo
chiedere: è così imbarazzante. È in
momenti come questo che la dipendenza
da qualcun altro dimostra i lati peggiori.
Ma ho forse altra scelta?
«Nessun problema, entra». Jeremy mi
fa superare una porta e apre una chiusura
lampo che mi gira intorno al sedere, passa
tra le gambe e risale verso la pancia.
Davvero, non posso credere che l’abbia
fatto.
«Il water è proprio dietro di te. Ah, e
non preoccuparti delle mutandine. Sono
culotte larghe, per un accesso facilitato».
Sento che sta sorridendo. «Ti lascio sola
e aspetto qui fuori».
C’è forse qualche minimo dettaglio a
cui non ha pensato per questo weekend?
Non ha lasciato proprio niente al caso?
Forse no, è.. sempre stato un pianificatore
meticoloso e senza alcun dubbio le sue
abilità si sono affinate con il passare degli
anni. Chiusure lampo e culotte. Santo
cielo! Mi domando se le abbia previste
per questo scopo specifico o se ha in
mente qualcos’altro. Il pensiero mi
attraversa come un brivido, mentre cerco
di concentrarmi su ciò che devo fare.
«Allora, tutto a posto?», mi chiede.
Annuisco.
«Fantastico. Seguimi. È il momento
della bardatura».
“Oh, merda”. Non mi viene in mente
nient’altro.
I miei piedi rimangono inchiodati a
terra mentre lo stomaco si lancia in
un’altra corsa sulle montagne russe in un
tumulto di aspettative, paura, calma,
paura, calma,
.. paura, paura…
«Bardatura…», ripeto esitante. «Lo sto
dicendo, non chiedendo», mi affretto ad
aggiungere per mettere le cose in chiaro.
Lui mi fa avanzare, in silenzio e al
buio. «Non ti preoccupare. Ti piacerà».
«Piacerà? Che cosa?». Ho un tono
sospettoso, mentre cerco di pensare a
qualcosa che mi piaccia e abbia a che
vedere con una bardatura. Ma non mi
viene in mente niente.
Mi sento allacciare delle cinghie sulle
spalle e poi click, click. Delle mani
ruvide fanno la stessa cosa intorno alle
mie gambe, e poi in vita, click, click. Non
sento altri rumori, e l’ansia aumenta.
«Jeremy?». Le mani non mi sembrano
le sue. C’è odore di sigarette stantie.
«Come ti senti, amore?». È la voce di
uno sconosciuto.
Mi rendo conto che parla
..
con me, mentre una cinghia viene tirata e
sistemata. Vengo strattonata e spinta,
allacciata, e alla fine sento uno schiocco.
«Così va meglio», dice l’uomo. «A
quanto pare siete a posto tutti e due. Non
preoccuparti, amore, non appena entrerai
nell’ordine di idee ti sentirai benone. È
solo la prima parte che fa una paura del
diavolo, vedrai». Ride e mi dà una pacca
sulla spalla per rassicurarmi. Vorrei
ribattere che non vedo nulla dietro questi
occhiali da sole, ma ho perso la voce e
sento le gambe di gelatina. Nell’ordine di
idee? Paura del diavolo nella prima
parte? Anche se con la bocca tento di
formulare le parole, non ne esce alcun
suono. Cerco disperatamente di dare un
senso a quanto sta succedendo senza il
supporto dello
stimolo visivo. Ho i vestiti
..
addosso; questo è un bene, no? Però le
cerniere lampo, l’apertura tra le mie
gambe, le cinghie, le chiusure, tutto è
molto, molto preoccupante. Nella mente
mi si affollano immagini su immagini di
giochi sessuali sfrenati e orge. Come e
perché? Adesso stiamo esagerando. Non
posso farlo, non lo farò mai… questa non
sono io. Respiro a fatica, e la mia mente
si blocca mentre il panico si diffonde.
Sento una voce.
«Alex?». Viene da qualche parte,
lontano. Mi tremano le ginocchia e mi gira
la testa mentre annaspo in cerca d’aria.
Mi piego in avanti, e mi afferrano prima
che cada a terra.
«Mio Dio, AB, stai bene?»
«No, non sto bene per niente». Non so
se lo sto dicendo
davvero o solo nella mia
..
mente.
«Aspetta un momento, respira».
Braccia forti mi cingono e mi fanno
camminare, chissà dove, mentre le gambe
mi tremano. «Va tutto bene, ci sono io,
ecco, un passo alla volta».
Sì, un passo alla volta, giusto:
fermiamo tutto, sensazioni e giramenti di
testa. È un buon consiglio, conferma la
mia mente, mentre saliamo qualche
gradino e avanziamo ancora.
«Ecco, siediti qui. Vuoi dell’acqua?».
Vengo adagiata su una sedia imbottita con
lo schienale rigido.
Sì, acqua, buona idea.
«Alexandra… vuoi bere?».
Credevo di aver detto di sì, ma poi mi
accorgo che è stata solo la mia mente a
rispondere, .. quindi lui non può avermi
sentita. Annuisco.
Mi
accostano
dell’acqua alle labbra e bevo un sorso,
poi un altro. Mi serve un po’ di tempo per
riprendere il controllo su testa e stomaco,
poi potrò dire a Jeremy che voglio
smettere subito.
Un respiro profondo… ho ancora la
nausea, ma sono meno confusa, ora che ho
inalato un po’ di ossigeno.
«Continua a respirare. Bene, va
meglio», dice una voce, anche se non so
con certezza se è lo sconosciuto di prima
o Jeremy. Inspira, espira, dentro l’aria,
fuori l’aria, dico a me stessa cercando di
concentrarmi.
«Alex, per favore, rispondimi: stai
bene? Mi senti? Non so cosa ti è
successo».
«Sono… .. un… un po’…». Sento il
rumore di una porta che si chiude nelle
vicinanze. I suoni diventano attutiti.
«Va tutto bene, sono qui accanto a te,
tesoro. Te lo giuro, non ti lascio sola». Il
modo in cui mi parla è vagamente
rassicurante.
«Non posso, io…». Le parole faticano
ancora a formarsi sulle mie labbra. Bevo
un altro sorso d’acqua. Sento un altro
click intorno alla vita e a quel punto
esplodo. «Non ho intenzione di lasciarmi
appendere su una perversa macchina
erotica, Jeremy». La mia voce è rauca,
frenetica. «Basta con questa storia. Come
hai potuto? Con un uomo che puzza di
tabacco, poi. Non avrei mai creduto che
potessi mettermi in una situazione del
genere. Non puoi, e non voglio». Sento le
lacrime salirmi
agli occhi e deglutisco
..
con forza per respingerle. «È troppo, mi
stai chiedendo troppo».
«Alex». Jeremy mi mette un braccio
sulle spalle. «È questo che hai pensato?
Credevi che ti avrei chiesto una cosa del
genere?».
Scoppio in lacrime, tremando. «Non
posso, Jeremy, non voglio. Non è da me»,
dico tra i singhiozzi.
«Tesoro, non ti sto chiedendo niente del
genere. Deve essere un’esperienza
piacevole, non angosciante».
«E come può non esserlo? Guardami,
sono un disastro».
Sento un rumore di motori che vengono
avviati, una propulsione, poi ci
muoviamo.
«Che succede? Siamo su un aereo?»,
chiedo incredula
mentre facciamo una
..
curva lenta e all’improvviso acceleriamo.
La forza mi spinge indietro contro il
sedile, in un attimo ci stacchiamo da terra
e l’aria comincia a cullare dolcemente
l’aereo mentre sale sempre più su. Le
lacrime si fermano di colpo. Mi libero dal
braccio di Jeremy e tiro un pugno con tutta
la forza dove suppongo si trovi il suo
petto.
«Bastardo!», grido. Lui mi afferra il
polso un attimo prima dell’impatto. «Sei
un bastardo schifoso!». Mentre mi blocca
il pugno con una mano, mi rimette il
braccio sulle spalle, inchiodandomi al
sedile: sa bene che vorrei solo scagliarmi
contro di lui. Sento che il suo corpo è
scosso da una risata silenziosa. Lotto con
lui, e mi sento sul punto di esplodere. Ma
la forza delle
.. sue braccia mi sovrasta e mi
blocca ancora di più.
«E dài, AB, non è colpa mia se sei una
pervertita. Pensavo di fare un innocente
giro in aereo, mentre tu hai immaginato
una sex machine… Ora devi dirmi con
precisione cos’hai pensato».
«Ah, sta’ zitto, sta’ zitto e basta».
Ormai ride in modo convulso, incapace di
controllarsi. Mi divincolo, liberando le
braccia e incrociandole davanti al petto.
Non rispondo. Sono fuori di me, mi
sento ingannata, in imbarazzo.
Non posso rispondergli, perché non
saprei nemmeno cosa dire. Come mi è
venuto un pensiero del genere? Perché la
mia mente è saltata automaticamente a
quella conclusione fra tutte quelle
possibili? È preoccupante.
Mentre Jeremy
si abbandona alla sua
..
ilarità scomposta, colgo l’occasione per
rifilargli una gomitata tra le costole,
facendolo strozzare. Mi sento un po’
meglio, visto che sto ribollendo di rabbia.
Ne ho abbastanza degli occhiali, delle
barriere che mi tolgono la vista, e spero
con tutta me stessa che l’effetto delle
gocce sia esaurito. Alzo in fretta una mano
per togliermi gli occhiali, ma con la stessa
rapidità vengo afferrata e bloccata.
Possibile che non mi stacchi mai gli occhi
di dosso?
«Alex, non ci provare. Ci siamo già
passati ieri sera, e sai benissimo cosa
succederebbe». Mi tiene entrambi i polsi
stretti in una mano e resta seduto
tranquillo per il resto del viaggio. Nessun
rimorso. Nessuna scusa. Rimango in
silenzio, furiosa,
per quella che mi sembra
..
un’eternità.
Poi Jeremy mi appoggia il viso sul
collo e mi parla di nuovo in tono leggero,
con voce allegra: «Però devi ammetterlo,
è proprio divertente».
Non ci posso credere.
«Non ci trovo proprio nulla di
divertente», rispondo seccata.
«Ma tu hai pensato sul serio… davvero
hai creduto…». Ricomincia a ridere.
L’espressione sul mio viso lo convince a
smettere e a ricomporsi. «È evidente che
hai pensato a qualcosa di terrificante. Non
ti ho mai vista così… tremavi». Tace per
un momento e poi riprende con dolcezza:
«È molto importante comprendere come e
perché vivi emozioni del genere. Fa parte
del processo. Imparerai molto su te
stessa», aggiunge
serio.
..
“Cazzone condiscendente” è l’unico
commento che mi viene in mente di fronte
alle sue parole, a prescindere dal fondo di
verità che possono avere.
«È stato davvero così spaventoso per
te? Hai avuto troppa paura?»
«Jeremy, voglio smettere. Per favore,
non mi forzare. Non ce la faccio più, mi
verrà un infarto».
«Allora sei fortunata, perché sono un
medico e nel caso ti salverò. Tuttavia, sei
in perfetta salute».
«La perfetta salute non conta nulla in
condizioni del genere, e poi che diavolo
ne sai tu?».
All’improvviso vengo investita da una
forte corrente d’aria, mentre un rombo mi
assorda.
E adesso?
Mi tirano e spingono di
..
nuovo, vengo agganciata e controllata.
«Ancora non hai indovinato?». Jeremy
mi grida nelle orecchie per sovrastare il
rumore del vento e del motore. «Faremo
paracadutismo, proprio come per il tuo
venticinquesimo compleanno! Ricordi?
Anche quella volta hai cercato di tirarti
indietro, ma poi ti è piaciuto tantissimo».
Dal frastuono e dalla potenza dell’aria
che mi investe capisco che non sta
scherzando. Dentro di me scorrono
sollievo, paura ed eccitazione, in rapida
successione. Scuoto la testa, incredula.
«Devo fare in modo che tu abbia in
circolo abbastanza adrenalina, così ti
rimarrà un po’ di energia per dopo!»,
grida. Il suo tono è sfrontato, ma anche
sincero.
«Be’, direi
che questo funzionerà
..
benissimo», rispondo nervosa. «Ma
cieca…?».
«Fa parte del processo».
Mi aggrappo disperatamente a lui, che
ora è vicinissimo, e cerco di farmi
coraggio mentre grido di rimando: «Solo
perché ho già fatto un lancio in passato», e
mi è piaciuto, ammetto solo dentro di me,
«non significa che voglia rifarlo proprio
adesso! Non così!».
La pressione del suo corpo aumenta,
spingendomi avanti, e capisco che il
momento del salto si avvicina.
«Okay, Alexa. Tre, due, uno…».
Vengo lanciata e cadiamo giù, nel
vuoto, mentre l’aria mi entra in ogni poro
del viso, togliendomi il respiro e
facendomi sobbalzare lo stomaco. Poi la
pressione spinge
contro le estremità di
..
braccia e gambe, costringendole a
divaricarsi. Il rumore del vento in breve
sovrasta quello del motore, sempre più
lontano. I suoni della macchina costruita
dall’uomo svaniscono mentre voliamo
liberi.
Non c’è niente che assomigli
all’esperienza di lanciarsi da un aereo,
pieni di speranza e legati alla persona da
cui
tutto dipende. La potenza
dell’ossigeno che mi martella nella testa
travolge tutto il corpo. Lo stomaco mi
arriva in gola mentre precipito verso il
suolo perdendo ogni senso di stabilità.
Invece di durare un secondo o due, la
discesa continua e comincio a desiderare
follemente di sentire la tela che si
distende, invece non succede e la caduta
libera continua.
La discesa sembra durare
..
all’infinito e il mio stomaco continua a
fare capriole mentre precipito nel nulla.
Ma come fa a essere il nulla, quando
preme con tanta forza su ogni muscolo,
ogni millimetro di pelle, ogni singola
cellula? E intanto continuo a cadere. Il
rumore è assordante e rischia di farmi
esplodere i timpani. Per la prima volta
sono felice di avere gli occhi protetti e
chiusi, data l’intensità della pressione. A
un tratto mi sento circondata da qualcosa
di umido e rabbrividisco al pensiero che
stiamo attraversando una nuvola. Cadiamo
ancora e ancora. Alla fine il mio stomaco
si placa e riesco a godermi la corsa, la
velocità, in ogni sua parte. È anche meglio
della prima volta che l’ho fatto. È una
scarica di adrenalina che annienta,
sovrasta, divora
all’istante. Per me è
..
come l’ecstasy, l’eroina, l’anfetamina… e
mentre ci rifletto, un pensiero si insinua
nella mia mente. Ricordo nei minimi
dettagli il racconto di un paziente che
diceva di aver provato l’eroina una volta
e di non volerla prendere mai più. Gli ho
chiesto se fosse tanto male, e lui ha
risposto: «È esattamente il contrario: era
fin troppo buona, così incredibile, così
fantastica che se la prendessi una seconda
volta non potrei più smettere». Solo
Jeremy poteva sapere che la mia rabbia si
sarebbe dissolta subito grazie allo shock
inebriante dell’adrenalina. Per un attimo
mi balena l’idea che potrei sviluppare una
dipendenza da lui.
All’improvviso vorrei smettere di
cadere. Di colpo non voglio più
permettermi.. di amare quella sensazione.
Non dovremmo aver aperto il paracadute
già da un po’ ormai? La cecità torna a
infastidirmi. Ho bisogno di vedere quanto
siamo lontani da terra. Scendiamo da così
tanto tempo che quasi non riesco a far
entrare l’aria nei polmoni. Il cuore mi
batte più forte a quel pensiero, la paura
aumenta. Se l’intenzione di Jeremy era
quella di provocarmi una scarica di
adrenalina, ci è riuscito benissimo.
Aumenta, aumenta, aumenta, sempre più
forte, più veloce. È come se ogni parte di
me fosse in caduta libera in questi istanti
in cui tutto è a rischio, tutto potrebbe
andare distrutto. Non ho alcun mezzo per
impedirlo, fermarlo, per controllarlo. Ho
fatto molti sogni di questo genere prima,
in cui cadevo, cadevo, e aspettavo
disperatamente
di smettere di precipitare,
..
di svegliarmi, di essere salvata: qualsiasi
cosa, pur di non sfracellarmi al suolo. Nei
sogni mi chiedo sempre come ho fatto ad
arrivare a quel punto, cos’è che mi ha
fatto cadere.
Forse la mia mente cosciente e il mio
inconscio si sono finalmente incontrati? E
questa è la conseguenza, la conclusione?
Quei sogni erano premonitori, oppure ho
ignorato qualche segnale? Dov’è Carl
Jung quando ho bisogno di lui?
“Per favore”, prego rivolta a me stessa,
a chiunque, “per favore, fa’ che tutto vada
bene, fammi vivere e rivedere i miei figli,
ti prego, ti prego, fammi uscire da questa
esperienza tutta intera. Non voglio morire;
non sono pronta…”. Com’è possibile che
continuiamo a precipitare? A che altezza
eravamo? Tremila
metri? Cinquemila?
..
Siamo saliti così tanto? Certo, ero troppo
stressata e distratta per far caso ai dettagli
mentre ero sull’aereo: non avevo
nemmeno capito di essere salita a bordo.
Di sicuro dovremmo…
Di colpo freniamo.
Silenzio.
L’imbracatura tira forte tra le mie
gambe e ho la sensazione di essere
immobile, sospesa nell’aria. Il silenzio è
assordante, dopo il fragore di pochi istanti
fa. Cominciamo a fluttuare… piano, con
dolcezza. “Grazie”, dico tra me, “grazie”.
Il sollievo mi travolge.
Sento il sangue che mi scorre nelle
vene, pompato con forza dal cuore, ma il
rumore è diminuito, la pressione è minore
e i miei arti non sono più spinti a forza
verso l’esterno.
Ricadono molli, mentre la
..
tensione svanisce. Galleggiamo placidi,
deliziosamente, del tutto liberi. Dà un tale
senso di pace. Lo stomaco torna al suo
posto, da qualche parte vicino
all’ombelico, anche se non sono sicura
che sia proprio quello giusto. Ma ci va
vicino. Ora sorrido, sollevata ed
emozionata da quell’esperienza. Sono
felice, libera, esaltata, sopraffatta dalla
sensazione di essere ancora viva. Calde
lacrime mi riempiono gli occhi mentre do
libero sfogo alle emozioni.
Tump, tump. Mi si piegano le ginocchia
quando il terreno respinge il mio corpo
facendolo sobbalzare e poi… niente.
Quasi inconsapevole, mi ritrovo
avvinta in un abbraccio, con i piedi che
quasi non toccano terra. Delle braccia
forti mi stringono.
È un abbraccio vero.
..
Jeremy mi libera dai ganci e mi fa voltare.
Affondo il viso nel suo petto e mi
abbandono all’euforia dell’adrenalina e
del sollievo. Sto tremando. Gli premo
ancora di più addosso la testa. Le sue
braccia mi stringono. Singhiozzo. E poi
ancora. Non riesco a fermarmi. Sono
annientata. Tremiti. Tremori. Singulti
lunghi e potenti, che scuotono tutto il
corpo. Per un istante infinito.
Non parliamo.
Le sue braccia non mi lasciano, mi
stringono ancora forte. Non mi lasciano.
Non c’è bisogno di parlare. Queste
braccia non mi lasceranno.
Con una serie di sospiri profondi, il
respiro torna normale.
Dopo moltissimo tempo, un dito mi
solleva il ..mento, delle labbra sfiorano
leggere le mie e vi indugiano per un
attimo. Un braccio mi passa intorno al
corpo con sicurezza e mi conduce via, un
po’ camminando, un po’ trascinandomi.
Non servono parole mentre i nostri
corpi si muovono in sincrono. Poi sento
un movimento intorno a me e vengo
distesa su una coperta. Il sole è caldo, il
vento leggero. Sono ancora cieca. So che
lo sarò fino alla fine delle quarantotto ore.
Adesso però mi sento a mio agio. Non ho
più il desiderio né la volontà di lottare.
Lo accetto. Sono calma.
Il rumore è cessato. Resto immobile.
C’è silenzio. Nessuna parola. Solo il
vento, gli uccelli, l’odore di sale
nell’aria, le onde dell’oceano che vanno e
vengono al loro ritmo universale. Le mie
spalle vengono
spinte verso il terreno.
..
Sento un leggero tocco sulla guancia.
Percepisco un corpo accanto a me. Cerco
di trovare un viso. Lo trovo. Lo avvicino
al mio e ne inalo il profumo. Lo attiro alle
labbra, lo cerco con la lingua. Ho bisogno
di questo viso. Ho bisogno di baciarlo, di
penetrarne la bocca. Voglio trasmettergli
l’intensità dell’emozione che provo.
Comunicargli il desiderio, il bisogno, la
forza profonda che si trova nei recessi del
mio animo e che è rimasta latente per tanti
anni, così che questo viso possa
comprendere cosa mi ha fatto in passato,
cosa mi sta facendo nel presente, cosa
devo affrontare.
Il mio corpo si dimena e sussulta sotto
il suo. Ci sono troppe barriere tra noi,
barriere fisiche. Non sono abbastanza
vicina. È una
sensazione così intensa e
..
così frustrante. Cerco un modo per
raggiungerlo, per annullare ciò che ci
divide. Ho bisogno di contatto. Lo bramo.
Sono bloccata. Le mie mani non lo
raggiungono: si perdono, vengono fermate,
baciate. Tutto pulsa dentro di me. Lui mi
trattiene saldamente le mani, intrappolate
sotto il peso del suo corpo. Come i
singhiozzi, così anche la vibrazione
diminuisce con il tempo. Riprendo a
respirare, il mio cuore rallenta, alla fine.
E anche il suo.
«Sei
travolgente,
appassionata,
ardente». Il suo respiro rallenta nel mio
orecchio. Le sue parole aumentano la
tensione tra le mie gambe mentre aspetto
che il dolore si plachi di nuovo. È sempre
riuscito a innescare questa sensazione
pre-orgasmica
con uno sguardo, un tocco,
..
una frase. Ma negli anni, invece di
diminuire, il suo effetto ha raggiunto una
potenza che non avrei mai creduto
possibile. «Ti senti così?».
Annuisco, troppo annientata per
parlare, e non oso riconoscere la verità
che si cela nelle sue parole. «Che cosa mi
hai fatto?», è tutto quel che riesco a dire,
ma è poco più di un sussurro.
«Sai che ti amo, Alexa». Il suo tono è
serio, la voce carica di emozione.
«Sì, lo so. E anch’io ti amo».
«È strano che un amore come il nostro
non sia basato sull’essenza dell’amore
tradizionale, no?»
«È sempre stato… strano, tra noi…
intenso… giocoso… inebriante…».
«Il nostro amore inspiegabile,
irrefrenabile…».
..
«Almeno l’abbiamo capito quando
eravamo molto giovani». “L’abbiamo
fatto davvero?”, mi domando tra me e me.
Jeremy sembrava aver cambiato umore.
Sono abituata a vederlo passare
dall’allegria
alla
provocazione,
dall’energia alla riflessività, ma stavolta
c’è qualcosa di diverso. È come se mi
stesse
parlando
e
fosse
contemporaneamente perso nei suoi
pensieri. Un sottofondo oscuro resta
sospeso sotto le sue parole. Non so se non
voglio o non sono in grado di esplorare
più a fondo. Non poter fare domande non
è d’aiuto, soprattutto considerato che ogni
volta che lo faccio finisco nei guai. E
adesso mi dice che mi ama. Queste
montagne russe nel buio stanno diventando
emotive, oltre
.. che fisiche.
Mi sento stanchissima, stordita.
Viva.
Calma.
Sensibile.
Leggera.
Energica.
Sopraffatta.
Spaventata.
Lasciva.
Speciale.
***
Sono distesa supina e mi appoggio sui
gomiti. Jeremy mi offre dell’acqua. Le
necessità di base diventano una priorità
pressante quando mi rendo conto di
quanto sono assetata. Bevo con avidità.
«Grazie».
«Hai fame?»
..
«Non ne sono sicura». Mi porge un
sandwich e ne prendo un morso. «Mmm…
forse sì».
Mangiamo
e
chiacchieriamo.
Chiacchieriamo e mangiamo, mentre il
muro che negli ultimi dieci anni ho
innalzato con tanta attenzione per
proteggermi dai sentimenti che provo per
lui crolla inesorabilmente.
«Posso chiederti una cosa?», dice la
voce accanto a me.
Provo una fitta d’ansia per un
millisecondo, ma la scaccio via.
«Certo. Cosa vorresti chiedermi?»
«L’hai più fatto, là dietro?». Sono
confusa, e la mia espressione
probabilmente mi tradisce, perché sento la
sua mano scivolarmi tra le gambe e darmi
una piccola.. spinta sul sedere. «Sai… là
dietro».
«Di tante cose che potevi chiedermi…
no, non l’ho fatto. Non dopo di te»,
aggiungo; non mi aspettavo affatto questo
cambio d’argomento.
Ma il mio didietro sembra ricordare la
sensazione della prima volta, perché quel
discorso gli provoca una reazione.
«Perché no?»
«Perché avrei dovuto?»
«Alex», mi ammonisce in tono piatto.
«Questa storia delle domande è
assurda!».
Lui torna sul tema che gli sta a cuore.
«Però ti era piaciuto».
«A te piaceva, ed è per questo che l’hai
voluto fare. Ne eri ossessionato fin dalla
sera del butt-plug, e lo sei ancora, per
quel che posso
capire», aggiungo.
..
«Il tuo corpo lo adorava».
«Non ne sono così sicura».
«Oh, ti garantisco che è così. Il tuo
corpo lo adorava, eccome».
Mi fa rotolare sulla pancia e mi
appoggia una mano sul fondoschiena
fasciato di pelle. Un formicolio mi
attraversa all’istante, come a dargli
ragione.
«Be’, per lui potrebbe anche essere
così, forse, ma per me no», dico subito,
cercando di chiudere la questione. Perché
ne sta parlando?
«Non siete un tutt’uno?»
«Certo che no», ribatto.
«Davvero? Quindi stai ammettendo che
la tua mente e il tuo corpo possono
pensare e sentire in modo diverso?». Ah,
ci risiamo.. con la nostra eterna
discussione…
«Perché mi tendi sempre questi tranelli,
Jeremy? Per tutto il fine settimana non hai
fatto altro che mettere in dubbio ogni mio
presupposto. È davvero irritante».
«Già, e va sempre meglio, di ora in
ora», risponde lui, e ride, sicuro di sé.
«A dire il vero non ci trovo proprio un
bel niente da ridere», dico, sperando di
cambiare argomento.
«Te lo chiedo solo perché mi sto
occupando di una ricerca che tratta
proprio questo tema».
«Che cosa, i culi?». Adesso tocca a me
ridacchiare mentre penso a come possa
svolgersi una ricerca del genere
all’università. Sono sicura che Jeremy
deve aver fatto di tutto per proporsi come
volontario. ..
«No, non i culi, Alex», mi dice più
serio, poi torna a scherzare, «almeno non
ancora, ma sarò lieto di fare esperimenti
con te non appena ti sentirai pronta». Mi
accarezza il posteriore in modo
significativo. «Ma ne riparleremo più
tardi. Adesso dobbiamo andare».
«Oh, è proprio necessario? Il sole è
magnifico, e mi piacerebbe tanto fare un
riposino qui, non sei d’accordo?». Mi
sistemo come per prendere sonno.
«Sarebbe bello, ma non succederà.
Abbiamo poco tempo e non ho intenzione
di sprecarlo lasciandoti dormire. Voglio
sfruttare al massimo ogni minuto».
«Quante altre cose riusciremo a farci
entrare, Jeremy? Drink, bagni, cene, balli,
canti, sesso, orgasmi, colazione, giri in
moto, caffè,.. paracadutismo», elenco con
grande enfasi, «e ora un picnic. Sarebbe
già abbastanza per una settimana, altro che
un giorno solo. Abbiamo già fatto tutto.
Riposiamoci un po’, solo una mezz’oretta.
C’è ancora un sacco di tempo». Lo dico
anche se non ho idea di quanto tempo ci
sia rimasto, né di dove siamo. Tendo una
mano avanti per toccarlo e attirarlo a me,
ma lui si è spostato.
«Non sei cambiata per niente, eh? C’è
ancora molto da sperimentare e da
risvegliare in te, e pochissimo tempo a
disposizione».
«Ma non era il paracadutismo
l’esperienza definitiva? Jeremy, te lo
giuro, mi sento completamente e
sinceramente risvegliata, come non mi
capitava da decenni». Con la mente torno
a stamattina.. e il ricordo riaccende la
sensazione pulsante all’inguine.
«Tesoro, ti assicuro che siamo solo
all’inizio». Mi accarezza le guance e mi
dà un bacio leggero sulle labbra.
Maledizione! Solo all’inizio? Che altro
mi aspetta? Il cuore ricomincia a
martellare, di nuovo.
«Hai
conservato
un’innocenza
incredibile, Alexa, perfino dopo tutti
questi anni».
Non so se offendermi o meno.
«Adesso dobbiamo ripartire, così
potremo rimediare alla tua innocenza. Non
c’è tempo da perdere».
«No. Non mi muovo da qui. Quale
innocenza? Di che stai parlando?». Non
userei mai un termine del genere per
descrivermi. Resto seduta, ostinata.
Ma lui .. mi ignora. «Se non vuoi
muoverti, ci penserò io. La fatica non mi
spaventa». Mi tira su dalla coperta e con
una mano mi tiene il sedere, come a voler
riportare su quello la conversazione. Fatto
qualche passo, mi fa accomodare su un
sedile caldo, mi allaccia una cintura e
controlla che i miei occhiali siano nella
posizione corretta e che io sia immersa
nell’oscurità.
«Siamo in un’auto?». Il motore prende
vita con un rombo, accompagnato
dall’ossessivo ritmo tribale della musica
che esce dalle casse, e partiamo.
Dobbiamo essere su una decappottabile,
dato che il vento torna a sferzarmi le
orecchie quando imbocchiamo la strada.
Almeno il ritorno in hotel sarà un po’ più
comodo. Anche se, ripensandoci, dopo un
lungo giro in.. moto, un viaggio in aereo, il
salto con il paracadute e adesso la
macchina, non ho la minima idea di dove
siamo e dove potremmo essere diretti.
Potremmo anche aver superato il confine,
per quel che ne so. La curiosità di sapere
dove ci troviamo mi sta divorando, e sono
certa che è proprio quello che vuole
Jeremy. Ma nonostante tutto non oso fare
domande. Resto seduta in silenzio,
godendomi lo spazio psicologico che la
musica offre alla mia mente.
Parte quinta
..
L’occhio non ha altra scelta che
vedere,
Né le orecchie han facoltà di non
udire;
I nostri corpi sentono, ovunque
siano,
Che noi lo si voglia o meno.
W. Wordsworth, 18472
Il nostro viaggio prosegue e mi sento
sorprendentemente piena di energie, a
dispetto del mio presunto sfinimento
emozionale. È come se Jeremy avesse
scoperto e portato
alla luce un’oasi fertile
..
nel mio corpo, che prima avevo sempre
considerato un’arida zona desertica. È
come se ogni poro della mia pelle
trasudasse feromoni. Non mi sono mai
sentita così viva, sensuale, erotica; così
femmina. Per contrasto penso al mio
matrimonio con Robert e mi accorgo di
provare dei sentimenti indistinti, quasi
nulli. Ma come potrebbero mai essere
paragonati alla magnitudo su scala Richter
che sa creare Jeremy? Chi altri al mondo
potrebbe mai farmi vivere simili terremoti
emotivi? Il flusso dei miei pensieri viene
interrotto dalla voce di Jeremy, che mi
poggia una mano su un ginocchio.
«Ti spiace se parliamo di alcuni aspetti
della mia ricerca mentre siamo in
macchina?»
«No, per ..niente».
«Te lo chiedo perché mi sembravi
assorta in pensieri profondi».
Scuoto la testa per scrollarmi di dosso i
miei sentimenti.
«Non preoccuparti, mi interesserebbe
molto saperne di più sulla tua ricerca».
«D’accordo, perfetto. Come ti ho detto,
un gruppo di medici di tutto il mondo sta
collaborando a una ricerca sulle
connessioni
tra
fisiologia
e
neuropsicologia cognitiva in relazione
all’attività sessuale. Io sono coinvolto in
ragione dei miei studi sui collegamenti
diretti tra il sesso e la depressione. Per
fartela breve, ho avuto la fortuna di
conoscere Samuel qualche mese fa a Hong
Kong, quando entrambi i nostri voli sono
stati cancellati a causa di un’eruzione
vulcanica; ..in quell’occasione abbiamo
avuto la rara opportunità di confrontarci
in modo dettagliato sul nostro lavoro».
«Ah, ecco perché era così aggiornato
sulle tue ricerche».
«Di sicuro quando vi siete incontrati a
pranzo Sam ti avrà raccontato dei loro
studi sull’orgasmo femminile e sulle
discrepanze scientifiche e le dispute
mediche in merito all’eiaculazione».
Annuisco, completamente presa dalle
sue parole. Adoro quando è così
professionale, il suo lavoro mi affascina.
Sento passione nella sua voce.
«Abbiamo finito per confrontarci sulla
possibilità di sviluppare una formula
utilizzando la serotonina naturale, che non
contrasta l’equilibrio chimico del
cervello sul medio e lungo termine. Dopo
molti test .. e analisi di laboratorio,
abbiamo scoperto che potrebbero esserci
dei collegamenti tra le nostre aree di
ricerca, considerato che alcune particolari
situazioni sarebbero in grado di ridurre le
probabilità di cadere in depressione,
soprattutto in relazione al concetto di
“giochi per adulti”. Questo ci ha
indirettamente portati ad analizzare le
secrezioni dell’orgasmo femminile per
ciascun gruppo sanguigno».
«Wow, sembra affascinante». Ecco
Jeremy mentre dà il meglio di sé: è il
motivo per cui è apprezzato per i suoi
studi. Non posso fare a meno di ammirare
le sue capacità e il modo in cui la sua
facoltà di astrazione lo porta a scoprire
soluzioni che gli altri non sono in grado di
cogliere. È sempre pronto a esplorare
l’inatteso. ..
«Siamo convinti che esista anche un
altro punto di contatto, che ancora non
abbiamo studiato nel dettaglio, e che si
ricollega alla nostra discussione di poco
fa».
Tace per un momento e avverto una
leggera esitazione nella sua voce.
«Riguarda la connettività sensoriale,
cioè i percorsi neurali che si creano tra
corpo e cervello durante l’attività
sessuale, e gli ormoni corrispondenti che
vengono secreti e rilasciati. Per portare
avanti i nostri progetti di sperimentazione,
abbiamo bisogno di coinvolgere un
ricercatore in Psicologia. Le tue
competenze sarebbero fondamentali,
soprattutto in un progetto di questo genere,
e il nostro comitato di revisione mi ha
chiesto di ..parlartene e sondare il tuo
interesse per questo ruolo».
Jeremy sa molto bene che l’adulazione
professionale gli farà ottenere qualsiasi
cosa, e poi questo argomento è molto
nelle mie corde. Sta giocando bene le sue
carte e il tempismo, come sempre, è
perfetto, soprattutto visto lo stato in cui mi
trovo, e del quale è proprio lui il
responsabile.
«Sei davvero un uomo intelligente,
Jeremy».
«Grazie, anche tu sei una donna
intelligente», dice, e sento che sta
sorridendo. «Posso fornirti altre
informazioni, se vuoi prendere in
considerazione
la
proposta.
Significherebbe lavorare fianco a fianco
con me, Samuel e Ed – conosciuto negli
Stati Uniti come
professor Applegate –, la
..
dottoressa Lauren Bertrand in Francia,
un’eminente chimica, il professor
Schlinder, un neuroscienziato tedesco, e
altri due inglesi che stiamo per
confermare. Comporterebbe un certo
numero di viaggi, sai, di tanto in tanto…».
La sua voce si affievolisce, perché sa che
per me è stato un problema, in passato. «Il
tuo
contributo
sarebbe
davvero
apprezzato, dottoressa Blake. Sei molto
raccomandata, al di là della relazione che
abbiamo, e saresti la nostra prima scelta
per quel ruolo. La tua conferenza di
venerdì non ha fatto che confermare le
nostre aspettative», aggiunge serio.
«Dio, non so cosa dire… sembra
fantastico,
Jeremy».
Sono
emozionatissima all’idea che abbiano
pensato proprio
a me e sono così felice di
..
poter ancora avere una conversazione
professionale con lui, anche dopo tutto
quello che abbiamo passato insieme nelle
ultime ore. Lavorare con menti così
eccelse
sarebbe
un’opportunità
incredibile, un sogno che si avvera. Penso
a Elizabeth e Jordan. Sono cresciuti,
ormai, vanno a scuola, hanno i loro amici
e le loro attività. Penso alla serie infinita
di viaggi per accompagnarli e andarli a
riprendere dagli allenamenti di calcio, le
lezioni di piano, danza, ginnastica. I
ragazzi sono pieni di impegni, ormai.
Adesso possono sopportare le mie
assenze, mi dico, e viaggiare un po’
sarebbe emozionante, mi farebbe bene. Il
lavoro di Robert gli consente una
maggiore flessibilità durante le ore
scolastiche ..rispetto alla carriera che ho
scelto io. Ho rinunciato a tante
opportunità per la mia famiglia, e adesso
forse è giunto il momento di dire un sì.
Come mi sentirei se mi lasciassi sfuggire
un’occasione del genere?
«Sarei onorata di partecipare.
Consideratemi dei vostri», rispondo
risoluta.
«Sul serio? Ehi, è fantastico! Sono
sicuro che una persona come te nel team
farà la differenza nelle applicazioni
pratiche dei nostri studi».
È sinceramente in vena di lusinghe.
«Grazie, Jeremy, lo apprezzo davvero».
È come ricevere un’onorificenza dopo
tanti anni di duro lavoro: sono euforica.
«E, tanto per mettere subito le cose in
chiaro, mi aspetto che partecipi sia allo
sviluppo concettuale
delle nostre teorie
..
sia alla fase applicativa. Basta con la
panchina, Alexa. Hai capito cosa
intendo?».
Il mio stomaco fa una capriola su se
stesso quando comprendo il significato
delle sue parole.
«Davvero?». Sono ancora convinta di
voler partecipare?
«Non si aprono nuove strade e non si
fanno scoperte fondamentali senza sfidare
le convenzioni, e per questo occorre
partire da se stessi. Il tuo desiderio di
partecipare e affrontare in prima persona
il processo sperimentale in ogni sua parte
sarà la chiave del nostro successo. È
importantissimo, e non possiamo fare
sconti».
Il mio amante si è appena trasformato
nel mio nuovo
capo. Non so perché, ma
..
provo una sensazione di calore all’inguine
mentre penso a cosa potrebbe aspettarmi.
Oddio! Ha detto “in ogni sua parte”?
All’improvviso il viaggio finisce, e
così la nostra discussione. Me l’aspettavo
più lunga la strada per arrivare in albergo.
Jeremy è al mio sportello in un lampo e
mi aiuta a scendere dalla macchina.
«Bene, eccoci qua. Come ti senti?»
«Un po’ sconvolta dalle tue ultime
considerazioni,
ancora
cieca,
naturalmente, ma per il resto benissimo».
Ride mentre mi stiracchio.
«Posso occuparmi della sua macchina,
signore?». Mi spavento. È da qualche ora
che non sento voci di estranei.
«Certo, grazie».
Odo il tintinnio delle chiavi che mi
passano davanti.
Jeremy mi prende per
..
mano e mi conduce su per qualche
scalino. Mi sento addosso i suoi occhi: di
sicuro si sta domandando tra quanto
chiederò dove siamo, ma io resto in
silenzio. Si apre una porta.
«Salve, signore. Benvenuto», ci saluta
un uomo allegro.
Il fatto che non dica buongiorno, buon
pomeriggio o buona sera, impedendomi di
avere un’idea dell’orario, mi infastidisce.
Sono tutti d’accordo? Dove potremmo
essere? Il tono mi è sembrato formale. Il
luogo in cui mi trovo è cambiato ancora
una volta. Provo un forte disagio, per cui
mi porto timidamente una mano agli occhi.
«Smettila di giocherellarci, Alex, stai
benissimo. Nessuno noterà niente».
«È facile per te dirlo». Gli stringo più
forte la mano.
..
«Potete andare alla reception, signore.
Il bagaglio è già stato sistemato».
«Bagaglio?», gli sussurro mentre ci
avviamo. «Ma non lo abbiamo».
I nostri passi risuonano nell’ambiente
ampio. Le suole di gomma dei nostri
stivali scricchiolano su un pavimento di
marmo.
«Benvenuto,
dottor
Quinn,
l’aspettavamo. Siamo felici che sia
riuscito ad arrivare in tempo. È tutto
pronto, mi segua pure. Se ha bisogno del
nostro aiuto, non esiti a chiedere».
«Grazie, molto gentile».
Facciamo qualche passo e qualcuno
preme il pulsante per chiamare
l’ascensore.
«Avete trascorso una buona giornata,
finora?» ..
«È stata una giornata splendida, grazie,
e non vediamo l’ora di sistemarci».
«Perfetto, signore. Speriamo che
apprezzerete l’esperienza che offriamo
qui da noi».
Mi sento una creatura a metà tra una
donna invisibile e un enorme brufolo sulla
faccia di qualcuno, che tutti vedono ma
fanno finta di ignorare. Sento di nuovo le
farfalle nello stomaco… dovrei essermi
abituata alla loro presenza, ormai. Le
porte dell’ascensore si aprono e per
qualche motivo ho la sensazione di
scendere, non salire. Vengo fatta uscire
dalla cabina.
«Come d’accordo, il piano è totalmente
vostro e non sarete disturbati, salvo vostre
indicazioni.
Vi
auguriamo
una
piacevolissima
permanenza».
..
«Grazie mille. È proprio ciò che
desideriamo».
Sento l’ascensore svanire in lontananza.
Mi accorgo di essere di nuovo in un
ambiente
sconosciuto,
un
posto
completamente
nuovo.
Avevo
memorizzato quasi tutta la pianta della
suite nell’attico, in modo da avere qualche
certezza su ciò che mi circondava lì.
Jeremy mi prende per mano e mi porta
fino a un divano. «Ecco, siediti, rilassati
un po’. Ti va un drink?»
«Sì, magari, grazie», rispondo
sollevata.
Mi porge un bicchiere freddo con un
frullato ai frutti di bosco. Distinguo i
mirtilli rossi e neri e i lamponi, mescolati
in uno yogurt cremoso. Non mi aspettavo
niente del genere.
..
«Qui dentro c’è senza dubbio un bel
mix di antiossidanti».
«Se ti ammali non mi servirai a nulla,
Alexa. Devo alimentare il tuo sistema
immunitario».
Che strana cosa da dire.
«Ti spiace se mi faccio una doccia
veloce dopo aver bevuto? Vorrei
togliermi questi vestiti».
«Sì per la prima parte, per la seconda ti
aiuto io». Sembra un po’ distratto, anche
se non ho idea del perché. Poggia il mio
bicchiere e mi slaccia e sgancia qui, lì,
dappertutto. È un tale sollievo uscire da
questi abiti pesanti, mi sembra di aver
perso almeno cinque chili.
Mi aiuta a infilare una maglietta e dei
pantaloni da ginnastica, e sono felice di
non restare .. con addosso solo le culotte.
Distendo i piedi e affondo le dita nella
lussuosa e fitta moquette. È bello non
avere più gli stivali.
«Doccia?»
«Ho detto che sì, mi dispiace se ti fai
una doccia. Non è ancora il momento di
lavarti». Sono sorpresa dal modo
autoritario con cui mi risponde.
«Be’, Jeremy, devi aver previsto una
scaletta piuttosto serrata, giusto? Non
avevo capito che avessi programmato
tutto al minuto!».
«Ci sono tante cose che ancora non hai
capito, tesoro», mi sussurra in un
orecchio, e la sua voce è come ombrosa,
oscura. Un brivido mi corre lungo la
schiena.
«Ti senti un po’ più a tuo agio,
adesso?». Ha
.. di nuovo un tono normale.
«Oh, be’, sì, molto meglio, anche se mi
piacerebbe tanto poter fare una doccia».
Trovo la sua coscia e l’accarezzo. «Sei
sicuro che non riuscirò a convincerti a
farla con me?». Faccio per alzarmi in
piedi.
«No. Resta seduta». Il suo tono di voce
mi spaventa. Mi spinge con forza sul
divano. Spalanco la bocca, sconvolta.
«Per favore, siediti. Dobbiamo finire di
parlare, arrivare a un accordo». È
leggermente più gentile.
Oh, fantastico, io ho bisogno di una
doccia, e lui di parlare.
«Perfetto. Io puzzerò, e tu parlerai»,
dico con il tono più insolente che riesco a
tirare fuori. «Voglio fare una doccia». Mi
accerto che suoni come un’affermazione,
non come una
.. richiesta.
Lui mi rimette il bicchiere in mano e si
siede più vicino.
«Io ti rispetto, lo sai?»
«Quasi sempre, sì».
«Alex!». Quanta autorità in una sola
parola. Se solo ne fossi capace anch’io. È
evidente che questa è una conversazione
seria.
«Sì, okay, lo so».
«Voglio giocare con te, creare un po’ di
tensione. Voglio portarti dove non hai mai
osato arrivare, offrirti l’occasione di
accogliere la tua sensualità come non
avresti mai creduto fosse possibile».
È di nuovo partito in quarta! La sua
voce è accattivante e ipnotica, mi stuzzica
sessualmente e mentalmente allo stesso
tempo. Come riesce a farmi questo
effetto? E ..solo a parole, santo cielo.
Cerco di controllare il respiro mentre
assimilo quanto mi ha detto.
«Giochiamo insieme da quando ci
conosciamo, Jeremy, e questo fine
settimana è stato un continuo susseguirsi
di “giochi”, per dirla alla tua maniera.
Dove altro potresti portarmi, ancora?».
«Ma finora ti sei divertita, no? L’hai
detto tu stessa».
Prima di rispondere, sospiro.
«Per quanto detesti ammetterlo, sì, mi è
piaciuto. Ma mi terrorizza anche». Resto
in silenzio mentre ripenso alla nostra
conversazione in macchina e a come si
collega alle teorie del gioco. «Sai che
alcuni psicologi sostengono che il gioco
sia la più potente fonte di felicità che gli
esseri umani possano sperimentare,
perché contiene
paura e divertimento
..
insieme. Alcuni ritengono che possa
addirittura
proteggere
dalla
depressione…». Mi fermo nel momento in
cui pronuncio quella parola: adesso mi è
tutto chiaro. Ero così distratta da Jeremy
che non avevo proprio capito. «È questo
che vuoi esplorare ancora. È questo che
hai fatto finora, tenendomi su un’altalena
fatta di paura e divertimento!».
«Esatto, Alexa, spero che adesso tu
l’abbia capito. L’idea è che un gioco
“reale” sia essenzialmente la simulazione
di un attacco di panico».
«E me ne hai dati un bel po’, da venerdì
a questa parte. Se è questo che speravi di
ottenere, ci sei riuscito in pieno».
Però continuo a pensare che ci sia
ancora qualcosa che mi sfugge… c’è di
più, ancora?.. Mi sento come se mi avesse
tenuta all’oscuro di proposito, a livello
fisico e mentale, da quando ci siamo
incontrati. Adesso mi sta svelando poco
per volta il vero scopo di questo
weekend. Forse sta costruendo delle
esperienze che mi facciano comprendere
meglio come affronto lo stress, o il
“gioco” come lo chiama lui? Oppure sono
solo una pedina in un gioco ancora più
grande?
«Ho partecipato a degli studi
sull’amigdala, il gruppo di cellule
cerebrali specializzate nella paura, e sul
modo in cui comunicano con i lobi frontali
del cervello». Certo, ovvio. «E in
particolare sono interessato ai circuiti di
ricompensa della dopamina e al rilascio
di sostanze simili agli oppiacei. I nostri
dati di partenza
hanno mostrato un’inattesa
..
correlazione con il lavoro di Sam nel
campo del piacere. È per questo che
vogliamo approfondire la questione». Le
sue considerazioni mi mettono su una
nuova curva di apprendimento e più che
mai mi dimostrano quanto sia un uomo
geniale.
«Devo ammettere che non avrei mai
pensato di sentirmi così. Non ricordo un
solo momento in cui il mio corpo e la mia
mente siano stati altrettanto all’erta, o più
stimolati, o eccitati, potremmo dire. Mi
sento vibrare, letteralmente, dentro e
fuori, per la paura e per il piacere al
tempo stesso».
«Affascinante. È fantastico. Significa
che funziona». Sembra pensieroso.
«Cos’è che funziona? Dove vuoi
arrivare?» ..
«Queste sono due domande, Alexa».
Sono esasperata. E lui ignora la mia
esasperazione.
«Voglio giocare più duro, voglio
forzare ancora di più i confini tra noi
due».
«Forzare i confini. Credi di poterlo fare
più di così?». All’improvviso il mio tono
sale di un’ottava. Era un’altra domanda!
«Oh, scusa, non volevo chiedere…». Le
parole mi muoiono in gola: non so cosa
dire. Mi sta trasformando in una donna
sottomessa, cieca e muta.
Oh, santo Dio. Un’altra illuminazione…
adesso tutto torna. Certo che c’è di più:
come potrebbe non essere così, con
Jeremy? Come ho potuto essere tanto
ingenua? La mia tesi! Vuole davvero
spingermi ..dove non ho mai osato
avventurarmi. Sapevo che non avrei mai
dovuto dargliene una copia, e quando l’ho
fatto, ero consapevole che me ne sarei
pentita, prima o poi. Ma come avrei
potuto immaginare che sarebbe tornata a
perseguitarmi dopo tutti questi anni?
«Voglio farti provare più di quanto tu
abbia mai sperimentato prima, ma voglio
che tu sappia che ti terrò sempre al sicuro,
protetta».
«E vuoi fare di me l’oggetto della tua
sperimentazione, Jeremy, non è così?»
«Sì, è così». Il fatto che abbia subito
confessato mi sorprende. «Ho bisogno del
tuo corpo e della tua mente, come ho già
detto. Credo che siamo davvero vicini a
trovare la cura, e tu sei una delle poche
persone che possono aiutarci. Il tuo ruolo
è fondamentale».
..
«Jeremy, sarei molto felice di
collaborare alla scoperta di una cura per
la depressione. Chi non lo sarebbe? Ma
ho delle domande, anzi, molte domande,
cerca di capire». Alcune sorgono in modo
spontaneo nella mia mente per riuscire a
chiarire le cose… a me stessa, prima di
tutto.
Come hai intenzione di forzare i
confini?
Cosa significa?
Cosa è cambiato, stavolta?
E se io non volessi?
Come faccio a sapere che non mi
succederà niente?
Sei pazzo?
Sono pazza?
In che cazzo di situazione mi sto
cacciando? ..
«Lo capisco benissimo, tesoro, e se
potessi te lo direi, ma in questo preciso
momento non è affatto possibile. Perché
credi abbia posto questa condizione per il
fine settimana?».
Oh, merda, sono del tutto nelle sue
mani. Per il weekend ha posto due
condizioni: niente vista e niente domande.
E cos’è che ha guidato le mie paure e le
mie angosce? Esattamente questi due
elementi! Forse con l’età sto diventando
lenta di comprendonio. Perché non l’ho
capito prima? Ha costruito in modo
minuzioso la situazione in cui mi trovo
ora, mettendomi di fronte al fatto che devo
decidere se affrontare questo rischio
personale per un fine benefico. Una
decisione sulla quale sa bene che, per la
prima volta,
rifletterò con grande
..
attenzione. Voglio continuare questo
viaggio alla scoperta dei miei lati più
oscuri con lui, un viaggio che non ho mai
avuto il coraggio di affrontare fino a
questo momento? La sua è davvero una
mente esperta e superiore.
Mi fa paura. Mi eccita. Mi lascerò
andare? Quanto in là vuole spingersi?
Quanto vuole spingere me? Sono in grado
di farcela? Non ne ho la minima idea.
Mando giù un altro sorso di frullato per
allentare la tensione.
«Ti prometto che tutte le tue domande
troveranno risposta a tempo debito», mi
dice con dolcezza, come se leggesse i
miei pensieri.
Il campanello suona, e lui fa entrare
qualcuno.
«La signora
sarebbe così gentile da
..
venire con me?». Quelle parole mi
bloccano. Non riesco a capire se a
pronunciarle è stato un uomo o una donna.
Jeremy avverte la mia reazione e mi
abbraccia. «Andrà tutto bene. Ti
raggiungo prestissimo, te lo assicuro.
Dobbiamo solo cambiarci. E dopo potrai
fare la doccia».
«Perché non puoi venire con me? O
perché non posso restare io?». È un
bisogno così viscerale che sorprende
anche me.
«Qui non funziona così. Ti prometto che
ti raggiungerò tra una decina di minuti».
«Ti prego, Jeremy, non farmi andare».
Mi sento come una bambina il primo
giorno di scuola, costretta dalla maestra a
staccarsi dai genitori. Lui mi fa alzare dal
divano tirandomi
per le mani. Poi al suo
..
posto sento la mano morbida della
persona che mi porta via.
«Arriverò presto». Sento che mi sta
guardando mentre caracollo in avanti. Non
so decidere se mi sia sembrato
preoccupato o divertito all’idea di
gettarmi per l’ennesima volta in quella
che per me è la fossa dei leoni. Suppongo
sia un misto di entrambe le cose, ed è
davvero snervante.
Non mi sarei dovuta preoccupare tanto.
Vengo condotta in un lungo corridoio e
poi in una stanza calda. I vestiti mi
vengono tolti con attenzione e premura, e
in silenzio. Mi portano al water, dove con
sollievo mi libero. Sento il rumore
dell’acqua di una doccia e il vapore
vicino alla pelle. La mia nudità è
completa, ma
non ha più significato.
..
Faccio un passo avanti verso l’acqua
fumante e con un sospiro mi lascio
bagnare il corpo e i capelli. Resto così
per un po’ finché una mano non mi solleva
un braccio e comincia a strofinare. È
diversa dalle mani morbide e dolci di
stamattina: mi sfrega con forza,
sorprendendomi. L’altro braccio riceve lo
stesso trattamento, così come la schiena, il
petto, la pancia, il sedere, le gambe e i
piedi. Dal mio corpo vengono rimossi
strati di pelle e, anche se il movimento è
rude e forte, è una bella sensazione. Come
se avesse uno scopo. Rifletto se sia il
caso di gridare “Basta, mi fai male”,
oppure “Non sono così sporca”, ma non lo
faccio. Lascio che quelle mani decise
continuino a strofinare finché non portano
a termine il.. loro compito. Mi sento quasi
felice che tutti quegli strati di sporcizia mi
siano stati strappati via di dosso. Questo
trattamento mi renderà pulita? A livello
fisico, sì. A livello emotivo, ha appena
intaccato la superficie.
L’acqua della doccia smette di
scendere e vengo avvolta in un
accappatoio incredibilmente morbido e
caldo. Resto immobile, persa per un
istante nel mondo sconosciuto in cui mi
sono permessa di entrare. Vengo portata
via, quasi inconsapevole.
«Non è andata tanto male, no?».
Impiego qualche istante a capire che,
come aveva promesso, Jeremy è di nuovo
con me.
«No, affatto. Ma dove siamo?»
«Alexa, per favore, ti scongiuro, basta
con le domande,
non qui!». La sua voce si
..
riverbera per la stanza, il tono è sempre
più ansioso e preoccupato.
«Okay, okay, ci proverò».
«Grazie. Riesci a indovinare dove
siamo?»
«A dire il vero, no. I suoni
rimbombano, ma sono anche attutiti, in un
certo senso. In sottofondo c’è un rumore
d’acqua che scorre». Spero che siamo
soli.
«Vieni qui, ecco, senti questo». Mi
guida per alcuni scalini e poggia la mia
mano su quello che mi sembra marmo: è
freddo. Appoggio anche l’altra e la faccio
scivolare un po’ verso il basso.
«Sembra un torace». Scendo ancora un
po’. «Adesso sembra un sedere». Rido.
«Ti prego, non dirmi che siamo in un
museo in accappatoio,
Jeremy».
..
«No, non esattamente, ma sei
circondata da statue». È così strano
accarezzare una scultura. In un museo o in
una galleria d’arte non ti permettono mai
di farlo. Pensate di far scivolare le mani
sul David a Firenze. «Spostati sul
davanti».
Muovo con attenzione le mani girando
intorno alla statua e sento un’immensa
erezione. Dio, non credo proprio possa
essere il David! Mi sento una ragazzaccia
mentre lo accarezzo per tutta la sua
lunghezza e larghezza.
«Ti piace?»
«Preferirei te».
«Sono lusingato. E che mi dici di
quest’altro?». Mi fa fare qualche altro
gradino e mi posa le mani su un altro
torace marmoreo.
..
«Questa è una donna». Ritraggo subito
le mani. Jeremy le riporta sui seni,
poggiandoci sopra le sue in modo che non
possa spostarle.
«È difficile per te?»
«Ho toccato solo le mie, finora».
«È solo una statua, Alex. Toccale.
Fallo per me». Lascio indugiare i palmi e
le dita intorno ai seni mentre lui mi resta
vicino.
«Prendi i capezzoli tra pollice e
indice». Mi domando perché sia così
erotico. «È questo che ti faccio, tesoro,
solo a parole». Mi infila le mani sotto
l’accappatoio e me le mette sui seni per
sottolineare quanto ha detto. Sento il
basso ventre contrarsi, come a voler
confermare.
«Vieni». ..Mi prende per mano e mi
porta via da quelle statue sexy. «Sdraiati.
Devo applicarti di nuovo le gocce agli
occhi». Mi fa distendere su una panca
dura; sembra una lastra di marmo stretta.
Resto sdraiata, perfettamente consapevole
del fatto che sto accettando le condizioni
che ha posto per il weekend e senza la
resistenza che mi ha provocato tanta
tensione e ansia.
«Grazie». Lo dice di cuore.
Ripete metodicamente la procedura che
gli consente di mantenermi cieca. Stavolta
accetto il mio destino, ma d’istinto cerco
di aprire gli occhi. Le palpebre sono così
pesanti che non riesco a muoverle.
Resto ad aspettare che le gocce e
l’unguento facciano effetto per la seconda
volta. Jeremy allarga i lembi del mio
accappatoio.. sfilandomelo dalle spalle e
mi fa sollevare le braccia sopra la testa.
So che gli piace vedermi in questa
posizione, perché può accedere al mio
corpo senza restrizioni. Lentamente, con
cura, mi sposta ogni gamba su un lato
della panchina, lasciandomi aperta
davanti a lui. È come se con questi gesti
teneri e intensi cercasse di compensare la
cecità che mi ha imposto. Il mio cuore
accelera, colmo d’aspettativa. Lui mi
sfiora i capezzoli con le labbra, poi li
prende con dolcezza tra i denti e ne
avvolge la punta con la lingua, finché mi
sembra che siano diventati come quelli
della statua. Oh, quanto è bravo. Ho il
cervello annebbiato. Al suo tocco mi
viene la pelle d’oca dappertutto. La sua
bocca scende lungo la pancia con grande
precisione, ..lentezza, intensità. Le carezze
mi travolgono come onde… la mia pelle è
incredibilmente sensibile, viva e vibrante
grazie al modo in cui è stata sfregata poco
fa. Provo un desiderio così acuto che mi
sembrano passati anni, non ore, dal nostro
ultimo incontro sessuale. Percepisco la
sua vicinanza quando si abbassa tra le mie
cosce. Sono talmente su di giri che potrei
levitare fino al soffitto. Jeremy soffia
piano, con dolcezza e in silenzio dentro di
me. Una sensazione incredibile. Non c’è
nulla che mi tocchi a parte il suo respiro,
finché non comincia a usare anche le
labbra, lentamente, con tenerezza, e alla
fine anche la lingua si unisce al ritmo che
ha creato nel mio corpo. È un tormento
divino. Sento il sangue fluire e pompare,
montando nell’attesa, come se non
l’avessi mai.. desiderato tanto.
E poi, all’improvviso, Jeremy si ferma.
Mi lascia sofferente, insoddisfatta,
inappagata. Il suo viso è vicino al mio,
così lo attiro a me e lo bacio sulle labbra,
spinta da un bisogno disperato di lui.
«Che cosa mi stai facendo? Ti prego,
non mi lasciare così. Ho bisogno di te, ti
voglio, per favore». La mia mente vortica,
il cuore batte all’impazzata.
«Ogni cosa a suo tempo, tesoro. Ho
bisogno di farti diventare più lasciva di
quanto tu sia mai stata».
«Lasciva? Ma non è giusto». Credo di
aver messo il broncio sul serio: che cosa
infantile.
«So che non è giusto, RS, ma vale la
pena di aspettare, te l’assicuro».
Come diavolo fa ad avere la forza di
controllarsi ..così? E perché io invece non
ci riesco?
Con le braccia mi solleva, facendomi
alzare in piedi. Ho le gambe che tremano
come gelatina contro le contrazioni
insoddisfatte del mio sesso gonfio; Jeremy
mi prende le mani, e molto lentamente mi
fa fare qualche passo finché non ritrovo
l’equilibrio. Sento dell’acqua calda che
mi lambisce i piedi mentre lui mi sfiora le
labbra con un dito, invitandomi a restare
in silenzio in modo che non possano
sfuggirmi altre domande.
Adesso sono nuda davanti a lui, e spero
che ci sia soltanto lui; non ho una benda
né occhiali da sole dietro cui
nascondermi, ma solo le palpebre
sigillate. Mi guida giù per alcuni gradini e
un liquido setoso mi accoglie,
abbracciando
.. sempre più il mio corpo via
via che scendiamo. Jeremy mi solleva con
le braccia e mi lascia andare nel liquido,
che mi invade la pelle; mi sento come una
bambina cui viene fatto un bagno caldo e
pieno d’amore. C’è qualcosa di
rasserenante, rilassante, eppure è presente
anche un sottofondo fatto di inquietudini e
presentimenti. Ma lo scaccio via.
«Prendiamoci un po’ di tempo per
rilassarci, distenderci e assorbire questa
esperienza».
Non protesto.
Mi fa scivolare le mani dietro la
schiena, spingendomi dolcemente avanti,
fin quando non sono immersa del tutto e
comincio a galleggiare. È meraviglioso.
Per qualche motivo ho la sensazione che
mi stia decontaminando, come se volesse
prepararmi ..a un fine più alto. Nella mente
mi scorrono le immagini di battesimi e
iniziazioni cui ho assistito, e penso al
simbolismo insito nel rituale dell’acqua
purificatrice. Il silenzio che ci circonda,
unito alla spinta del liquido in cui fluttuo,
rende ancora più reale questa immagine
nella mia mente. L’unico suono che si
sente è quello dell’acqua che lambisce i
bordi della vasca. È come essere in un
magico bozzolo acquatico. Mi chiedo
ancora una volta dove ci troviamo.
Galleggiare è meraviglioso. Cerco di
comprendere quanto mi accade mentre
avverto la presenza serena di Jeremy
accanto a me in questa strana piscina. Me
lo immagino dall’alto, una versione
fluttuante dell’uomo Vitruviano di
Leonardo da Vinci. Bellissimo. La
temperatura.. dell’acqua sembra adeguarsi
in modo perfetto a quella della stanza,
creando un surreale effetto-grembo.
Passiamo da una piscina all’altra: una è
caldissima, entrarci è uno shock e
all’inizio mi gira la testa, ma diventa
meravigliosa quando mi abituo al calore;
un’altra è fredda, tonifica e pulisce, mi fa
battere il cuore più forte e scorrere il
sangue più veloce nelle vene, e mi fa
sentire sana, viva. Sento che la
circolazione risente delle diverse
temperature e la mia pelle accoglie i
minerali con avidità. È come se qualcuno
mi stesse restituendo un equilibrio vitale.
Dentro di me sono felice che non stiamo
parlando, perché il silenzio aiuta a
recuperare la pace della mente e a
ritrovare la calma dopo la cavalcata
selvaggia che
ha avuto inizio quando ho
..
incontrato Jeremy per un drink
“innocente”.
Mi sembra che sia passata un’eternità.
Mi viene da pensare che la mia innocenza
è sparita quando ho accettato la cecità, e
che dovrei ammettere che sono davvero
nel pieno di un rituale di rinascita. Non mi
concedo di soffermarmi sulla questione
troppo a lungo.
Quando lasciamo le piscine vengo
avvolta in un asciugamano. La pelle che
mi rimane è viva e sensibile, e questo
diventa ancor più evidente quando vengo
fatta sdraiare sulla pancia. Vengo spostata
un po’, insieme alla panca coperta da un
asciugamano su cui sono distesa. Quando
delle mani forti cominciano a toccarmi le
scapole e altre parti della schiena, con
grande entusiasmo
capisco di essere su un
..
lettino per i massaggi. Jeremy ha
programmato le ultime ore in modo che
siano perfette, fatta eccezione per
l’orgasmo mancato.
L’asciugamano mi viene tolto di dosso
e un intenso odore di arancia e miele mi
pervade le narici. Sollevo un poco la testa
per essere sicura di quel dolce aroma di
agrumi. Me la fanno abbassare e mi
scostano i capelli dalla nuca in modo che
lascino esposto il corpo. Mi versano una
sostanza oleosa in fondo alla schiena, poi
le mani tornano e il massaggio riprende,
più profondo. L’unguento denso si estende
fino alle mie estremità, mentre mani
sapienti mi ricoprono completamente di
quella miscela inebriante e collosa.
Lascio vagare i pensieri, senza
concentrarmi.. su nulla in particolare.
Dentro di me so che più rifletto sulla
situazione presente, più aumenta la
tensione, e non è un bene mentre delle
mani forti come queste stanno sciogliendo
i nodi del tessuto muscolare. Cerco di
concentrarmi sul respiro… e per un po’
funziona. La mia mente però vuole
esaminare ancora le ragioni che hanno
spinto Jeremy a rendermi cieca e
precludermi le domande per tutto il
weekend. In parte la sua logica ha senso, e
non posso negare di aver provato un
sovraccarico sensoriale. Ma per quel che
riguarda le emozioni, non riesco a capire
da che parte vadano… dovrei rilassarmi e
lasciar perdere, adoro i massaggi e questo
in particolare è strepitoso. Mi fa sentire
così bene, sto diventando morbida e
liquida come
l’unguento che mi penetra
..
nei pori. Cos’è che mi trattiene? Sento che
c’è ancora qualcosa che Jeremy non mi ha
detto. Non è normale mettere a rischio una
relazione come questa per una fantasia un
po’ frivola e in certi momenti anche
terrificante, no? Perfino se è con
Jeremy… perfino se mi sento più sensuale
e sessualmente viva che mai… Il nostro
rapporto andrà forse oltre questo
weekend?
I miei pensieri vengono interrotti dalla
realtà quando diverse braccia mi
sollevano, mi fanno girare e mi
riappoggiano sul lettino. Mi viene versato
altro miele e arancia sul ventre, e mani
più piccole si occupano della pancia, del
petto e dei seni. Sussulto quando passano
sui capezzoli e subito cerco di controllare
il respiro. ..“È solo un massaggio”, mi
dico. Le mani vanno a ritmo con il mio
respiro e il movimento continua, come i
miei pensieri.
Jeremy aveva ragione. Ho troppe
domande; sembra che si moltiplichino
all’infinito nella mia testa, come un virus.
Il mio corpo perde la forma di carne e
ossa mentre i palmi insistenti mi plasmano
come morbida creta. Cosa potrei fare
adesso, d’altra parte? Mi fermerebbero,
impedendomi di andarmene? Non so
nemmeno dove sono. Il respiro rallenta
ancora mentre rifletto sulle conseguenze
della mia presenza qui e la possibilità di
fuggire. È questo che desidero davvero?
Dentro di me so che non voglio
andarmene, ho solo paura di scoprire cosa
ha preparato per me Jeremy, come mi
succede .. sempre…
all’inizio.
Maledizione, ma perché mi fa questo? Mi
costringe a cercare una conclusione che
sembra impossibile. Ma davvero sono
così debole? Che ne è dei valori a cui mi
sono così disperatamente aggrappata per
tutta la vita, che mi hanno dato stabilità,
un significato, un senso? Li sto forse
buttando dalla finestra per un colpo di
testa, per la follia di un weekend? Sarà
tutto qui? Oppure quella ricerca è davvero
importante?
La mia mente implode sotto il peso di
questo dilemma morale, e resta solo il
torpore. Il corpo diventa molle, non
oppone più alcuna resistenza. Sono come
una medusa in attesa della prossima
corrente che mi svelerà il cammino.
Distrutta nella mente e nel corpo, e adesso
anche fisicamente
cedevole, proprio come
..
lui mi vuole, permetto all’oscurità di
avvolgermi e lascio svanire l’assurda
disperazione dei miei pensieri.
Come in un sogno, delle immagini
emergono dalla memoria. Sono ricordi
felici: i miei bambini, le feste di
compleanno, visi sorridenti, mio figlio
che mi dice che mi vuole un bene mille
milioni di miliardi di milioni più grande
dell’universo, e mia figlia che mi spiega
che vivremo insieme per sempre e che è
per questo che dovrà sposare proprio me.
I ricordi dei miei figli scivolano nel mio
subconscio, uno dopo l’altro. Momenti
semplici, tempi così poco complicati, ma
perché Robert mi appare così infelice,
distaccato in queste immagini della nostra
famiglia? Non me ne ero mai accorta
prima. Queste
immagini mi dicono molto
..
di quello che sono, minuto dopo minuto,
giorno dopo giorno. E allora perché mi
sembra sempre che manchi qualcosa?
Perché il linguaggio del suo corpo mi dice
che anche a lui manca qualcosa?
I pensieri e i ragionamenti che porto
avanti in silenzio cominciano a sfuggire al
mio controllo. Jeremy mi ha già parlato
della possibilità di esplorare la mia
fantasia più segreta e oscura, quella che
ha fornito la base per la mia tesi tanti anni
fa, quella che non ho mai davvero
ammesso essere mia, se non di sfuggita e
soltanto con lui. Sono abbastanza
coraggiosa? Non potrei mai provarci se
non con Jeremy, e lui mi sta offrendo
questa esperienza su un piatto d’argento, a
livello personale e professionale. E se
dicessi di no,
.. anche se sapere e capire una
volta per tutte è proprio ciò che ho sempre
voluto? La fantasia è solo fantasia e
dovrebbe essere lasciata così, o esistono
un bisogno e un desiderio di agire su di
essa, sperimentarla in prima persona?
Comincio a sentirmi un po’ confusa, è
come se farneticassi e non fossi più in
grado di seguire la complessità dei
pensieri mentre mi arrendo alle magiche
mani del massaggiatore.
Il suono di ruote che girano mi riporta
alla piena consapevolezza, ed è solo
allora che mi accorgo che mi sto
muovendo; sono sdraiata, ma comunque in
movimento. Mi sforzo di sollevare gli arti
gelatinosi dal lettino, ma sono così
rilassati e appesantiti dal massaggio che è
quasi impossibile. Ci riprovo.
«Che succede?
Dove andiamo?». Ho la
..
voce rauca, le parole faticano a uscire.
Mi rendo conto che devo essermi
addormentata… per qualche minuto? Per
ore? Non è possibile. Ci fermiamo.
«Signora. È sveglia, posso aiutarla?»,
mi chiede una voce femminile.
«Ah… Sì, grazie». D’istinto entra in
gioco la mia educazione. «Può dirmi per
quanto ho dormito?». Delle mani mi
aiutano con delicatezza a mettermi seduta.
Mi viene adagiato sulle spalle un
accappatoio, diverso da quello di prima:
questo è più setoso e sembra più pesante.
Mi accorgo che non ha le maniche, oppure
le mie braccia non vengono fatte passare
nelle maniche. Forse è un mantello. È
liscio a contatto con la mia pelle morbida,
che non è rimasta appiccicosa dopo il
massaggio. ..
Nessuna risposta. Possibile che Jeremy
abbia ordinato a tutti di non rispondere
alle mie domande?
«La signora gradisce del tè?».
Oh, tè, che sorpresa.
«Sì, la signora gradisce». Le parole mi
escono un po’ troppo brusche. «Sarebbe
magnifico, grazie», aggiungo, ricordando
le buone maniere. «Potrebbe dirmi dove
si trova Jeremy… voglio dire, il dottor
Quinn?». Niente. Non so se si trovi con
me o meno, ma non percepisco la sua
presenza, per quanto questo possa avere
un senso.
«Jeremy?», provo ancora. «Per favore,
rispondimi se ci sei. Dobbiamo parlare.
Ti prego». La mia voce è sempre più
angosciata.
È tipico: ..quando ho bisogno di parlare
con lui, è sparito.
Mi viene messa tra le mani una tazza di
tè caldo: ha un odore delizioso. Mi calma
un po’ e mi distrae dalla tensione
crescente. Sento l’odore dell’infuso, e
colgo una nota di camomilla con un tocco
di vaniglia, forse. Lo sorseggio un po’
alla volta per non bruciarmi le labbra.
Perfetto. Sorretta dai muscoli rilassati
delle mie mani, la piccola tazza pesa
come un macigno. Quando finisco, sento
di avere delle fasce intorno ai polsi. Mi
prendono la tazza, dandomi la possibilità
di esplorare. Sembrano di pelle, con
qualcosa di tintinnante che sbatte su e giù.
Sono alte circa cinque centimetri e
aderiscono perfettamente ai polsi. Merda!
«Jeremy!».
Intorno a ..me c’è solo silenzio.
Cerco di capire dove sono allacciate,
ma non riesco a trovare la chiusura. Non
mi dire che anche queste sono su misura.
Il polso accelera. Con la mente esamino
tutto il mio corpo in cerca di altri oggetti
estranei, e naturalmente ne trovo altri due,
un po’ più grandi, alle caviglie. Dio, mi
cedono le ginocchia. Non le voglio
affatto, e cerco una cerniera o una fibbia
da aprire. Non c’è nulla. È successo
mentre dormivo?
Sussulto quando percepisco che con un
movimento rapido mi viene posizionata
un’altra fascia intorno al collo; sento uno
strano suono quando si allaccia. Per un
attimo resto sconvolta, respiro a fatica e
ho bisogno di tempo per adattarmi alla
nuova costrizione. Anche questa ha degli
elementi di.. metallo, uno davanti e uno
dietro. Mi irrigidisco. Ci siamo. È di
questo che parlava Jeremy. Voleva
giocare più duro, forzare i confini.
Che cosa intende sperimentare con me
conciata così? Ma soprattutto, che cosa
vuole che sperimenti io? “Okay”, penso
cercando di calmarmi, “immaginavo che
in qualche modo saremmo arrivati a
questo, ed eccoci qui”. A quanto pare, sta
per succedere molto presto. Oh, Dio.
L’adrenalina che il cuore mi pompa nelle
vene è una scarica più forte di quella che
ho provato quando sono saltata giù
dall’aereo. La fisicità delle mie emozioni
è tanto affascinante quanto sconvolgente.
È così reale, intensa, vitale. Sono davvero
pronta a fermarmi proprio adesso, quando
le mie reazioni sono così potenti?
Che alternative
ho? Potrei parlare.
..
Potrei urlare. Forse dovrei, e subito,
all’istante… ma non lo faccio. Ricordo a
me stessa che ho già reagito così alla cena
senza ottenere alcun risultato, e grazie al
cielo lui mi ha ignorata, perché la tensione
sessuale si è dimostrata incredibilmente
gratificante, alla lunga. Sento una vera e
propria energia carnale che mi attraversa
il corpo al solo ricordo. Oh, sì, è valsa
senz’altro la pena di affrontare le mie
paure per ottenere una ricompensa così
straordinaria.
Probabilmente tutto rientra nel suo
piano generale. Senza dubbio ha ottenuto
l’effetto di mandarmi in iperventilazione,
eppure non mi hanno fatto nulla se non un
massaggio meraviglioso e l’applicazione
di qualche cinghia di pelle. Adoro e
detesto che ..possa farmi questo, che riesca
a farmi provare e sperimentare cose che
non avrei mai creduto possibili. Mi fa
sentire come se ogni singolo battito del
mio cuore fosse cruciale per la
sopravvivenza. Lo farò, per lui, per me
stessa e per la sua ricerca. Sarò più forte
per lui e forse, chissà, finalmente riuscirò
a liberarmi. Ma da chi, da cosa, mi
chiedo… forse da me stessa…
Voglio davvero conoscere la verità in
prima persona, piuttosto che osservarla
tenendomi ai margini della vita?
Sono in piedi, e resto in silenzio mentre
mi legano i polsi dietro la schiena.
Sempre in silenzio, mi viene calato sul
viso un cappuccio di velluto.
Resto muta mentre mi spingono lungo
un corridoio, i piedi nudi accarezzano la
moquette lussuosa.
Con discrezione e
..
senza usare la forza, vengo condotta verso
il mio destino da sconosciuti senza volto,
e non oppongo resistenza. Quante persone
ho intorno? Non ne ho idea. Avverto la
loro energia, non il numero.
Sono costretta ad affrontare la dura
realtà e a chiedere a me stessa una volta
per tutte se mi fido davvero di Jeremy.
Cerco di immaginare la mia vita senza
quell’uomo sexy, seducente, bello e
tentatore. Certo che mi fido di lui, quando
mai non l’ho fatto? È l’unico che sa
trasformare la mia esistenza in bianco e
nero in un tripudio di colori.
Tuttavia sarei ingiusta se non
riconoscessi la sua abilità nel creare
scenari psicologici impressionanti, come
quello in cui mi trovo adesso. I miei
pensieri vengono
interrotti da una voce
..
baritonale, profonda.
«Portatemela qui».
Mi conducono avanti.
Delle forti mani maschili mi stringono
leggermente le braccia.
«Spogliatela».
Mi spogliano.
Mi divaricano le gambe.
È strano. Passiamo tutta la vita ad
accrescere l’autostima, a imparare ad
amare noi stessi, a raffinarci, a
“migliorarci”, e poi si arriva a questo? È
incredibile come le certezze che ci siamo
costruiti con cura, strato dopo strato nel
corso degli anni, dei decenni, possano
perdere ogni significato nel volgere di
pochi istanti.
Non importa come ci presentiamo,
come vestiamo
e ci comportiamo, non
..
importa cosa facciamo né quanto siamo
istruiti: nulla ha più alcun valore quando
ti ritrovi completamente esposta,
disperatamente nuda, incapace di vedere,
con le caviglie, i polsi e il collo marchiati
dai simboli della schiavitù.
Due dita mi penetrano la vagina con
tale destrezza che di colpo la mia mente si
spegne e la realtà mi spezza in due. Lo
shock di quell’intrusione mi fa balzare in
avanti, ma mi ritrovo bloccata, incapace
di muovermi. Il respiro accelera in
risposta.
Che autorità mi resta? Ho ancora un
grammo di dignità umana?
E allora perché sento che, se avessi il
pene, ora avrei un’enorme erezione?
È come se stessi scivolando in un
baratro psicologico,
un luogo in cui non
..
ho mai osato entrare e che si trova
all’interno della mia psiche: in un certo
senso è così che immagino la discesa di
Alice nella tana del coniglio dentro la sua
mente. Sono costretta a proseguire nel mio
viaggio.
«Osservate», dice la voce profonda.
Osservate… dunque sono davvero la
cavia in questo esperimento. Chi avrebbe
mai potuto sospettare che me ne sarei
rimasta qui, immobile, e avrei accettato la
violazione che mi è appena stata imposta?
Io mai e poi mai.
«Mettetela in posizione».
Non sento altre voci, non vedo nulla.
C’è un’accettazione totale mentre mi fanno
inginocchiare.
Un oggetto lungo, sottile, liscio e
freddo mi scivola
sotto i seni. Inspiro di
..
colpo al contatto. Come l’archetto di un
violino, si muove avanti e indietro sul mio
torace, scivolando lento sotto i seni, poi
sopra, poi senza fretta e con grande
precisione sulle punte dei capezzoli, come
se si stesse accordando con il mio corpo.
È un movimento lento e ritmico, per
fortuna sono già in ginocchio. I capezzoli
si induriscono, trepidanti, mentre brividi
viziosi mi corrono lungo le spalle e la
schiena. L’arco continua a muoversi senza
sosta e con grazia tra le mie cosce,
creando una tensione sensuale talmente
forte da farmi urlare in previsione di ciò
che mi attende. Sta preparando il mio
corpo al gioco, ormai imminente.
«Mmm. Reazioni immediate, J, proprio
come dicevi tu. Eccellente».
… Jeremy?
Ha parlato di me con altre
..
persone? “Oh, certo che sì, altrimenti
perché sarei qui?”, dico a me stessa in
risposta alla mia stessa domanda.
«Jeremy! Ti prego, parlami». La voce
mi esce più flebile di quanto mi sarei
aspettata; forse l’ho repressa per troppo
tempo.
Finalmente da dietro mi arriva la sua
risposta, e mi sento sollevata sentendolo
così vicino. «Sì, Alexa. Sono qui», mi
sussurra in un orecchio, rassicurante.
«Oh, grazie a Dio, eccoti». Chino la
testa verso di lui. «È sul serio questo che
volevi farmi provare?»
«Non ho mai desiderato nient’altro in
vita mia», risponde piano, in un sussurro
sensuale.
«Davvero?». Okay. Eccoci qui. Sono
pronta a farlo
per lui, per me stessa, per
..
noi due?
«Voglio che tu accolga ogni singola
emozione che incontri e che l’accetti,
consapevole del fatto che fa parte di te,
della tua sessualità. Non ti lascerò mai
sola, e non permetterò che ti succeda
nulla. Devi soltanto fidarti abbastanza di
me da sottoporti completamente al
processo. Arrenditi a me, a questa
esperienza, sapendo che varrà la pena di
provare paura per ottenere il piacere che
ti attende. Solo tu puoi decidere se andare
avanti o meno, e devi farlo adesso. Basta
che tu mi dica sì oppure no». Com’è che
mi sembra stia parlando con il mio
clitoride, e non con il mio cervello?
Le lacrime mi riempiono gli occhi
incapaci di vedere. Non riesco più a
dominare l’intensità
delle emozioni. Mi
..
arrenderò a questo desiderio che mi porto
dentro e che mi perseguita da anni
dicendo un semplice sì? I ricordi che
abbiamo in comune mi vorticano nella
mente. La tensione. I nostri giochi. Le
provocazioni, i tormenti. Il suo dominio.
La mia sottomissione. E l’amore che
entrambi abbiamo per questi ruoli. Così
intende forzare i confini. Nel profondo di
me riconosco che anch’io voglio sapere
quanto oltre possiamo spingerci, e so che
non permetterei a nessun altro se non a lui
di provarci.
«Sì». Una decisione che mi dà un
sollievo mai provato prima, una parola
che esce da me in un potente sospiro
mentre, finalmente, soccombo al mio
destino, il destino che Jeremy ha creato
per me.
..
«Grazie. Non te ne pentirai. Te lo
giuro». Mi toglie il cappuccio e mi bacia
con dolcezza sulle labbra. «Sto per
impedirti di parlare. C’è qualcos’altro
che vorresti dire, prima?».
Scuoto il capo. L’idea di aver accettato
di entrare in un territorio così inesplorato
mi spaventa a morte, eppure mi esalta al
punto da inebriarmi. Jeremy mi apre la
bocca e mi spruzza sulla lingua e in fondo
alla gola uno spray al sapore di agrumi.
Mi dà una strana sensazione di
intorpidimento e non posso fare a meno di
constatarne l’efficacia. Non riesco a
emettere alcun suono: sono muta, oltre che
cieca.
«Mettetela in posizione, per favore».
Le braccia forti mi sollevano da terra
come una bambola,
e vengo spostata più
..
in alto. Potrebbe essere una piattaforma?
È quasi come se non sentissi più la forza
di gravità e non sentissi più il mio peso.
Ancora una volta vengo fatta mettere in
ginocchio e, mentre sono ancora così, mi
allargano le gambe, con le ginocchia e le
caviglie saldamente ancorate da cinghie di
pelle a un pavimento duro e poroso. Con i
polsi ancora legati dietro la schiena, sono
del tutto bloccata in posizione.
È quello che voglio. Ho bisogno di
scoprire dove mi porterà. Non mi
divincolo. Sono legata al pavimento. Non
vedo nulla, non posso parlare, non posso
muovermi. Posso solo provare un terrore
completo e assoluto, e insieme emozione,
vergogna ed eccitazione che mi penetrano
ogni singola cellula, mentre l’ansia si fa
strada come.. un brivido dentro di me. È
incredibile e affascinante che tutte queste
sensazioni possano coesistere allo stesso
tempo.
«Ci sono ancora alcuni elementi da
chiarire prima di continuare», riprende la
voce bassa.
Ho dimenticato qualcosa. Devo
aggiungere alla lista il fatto che posso
ancora sentire.
«Esaminatela di nuovo, per favore».
Ancora una volta due dita si muovono
nella mia vagina. Stavolta restano un po’
più a lungo, poi all’improvviso vengono
estratte.
Il mio corpo reagisce alla penetrazione,
ma la risposta è resa meno evidente dalla
posizione in cui sono bloccata.
«Bene, procediamo».
Provo la.. strana sensazione di aver
viaggiato nel tempo e di star prendendo
parte a un antico rituale di iniziazione.
«Non è necessario che il soggetto
risponda a ciò che dico. Sarà J a
occuparsene per conto suo. Ma è
importante che senta le parole che le
diremo prima di eliminare anche l’udito».
Sento i seni sollevarsi e abbassarsi a
ogni respiro; sono in trepidante attesa di
sapere cosa succederà.
«Dottor Quinn, ci assicura che il
soggetto le ha dato il permesso di renderla
cieca per quarantotto ore?».
Il soggetto. Non sono più nulla.
Silenzio.
«Sì».
«Ci assicura di averla avvisata in più
occasioni che il suo comportamento in
tale lasso di.. tempo avrebbe avuto delle
conseguenze?»
«Sì».
«E che ogni domanda avrebbe avuto
delle conseguenze?»
«Sì».
«È sua opinione che abbia compreso
tali condizioni?»
«Sì».
«Avete infine discusso del nostro
programma di ricerca, e lei ha accettato di
essere coinvolta?»
«Esattamente».
Ecco. Sta succedendo davvero. Mi
sono data a lui, a loro, anche se mi chiedo
perché abbiano scelto un percorso
mentale così tortuoso.
«Un lavoro davvero eccellente.
Possiamo affermare con assoluta certezza
che è perfetta
per il nostro programma.
..
Non vedo l’ora di analizzare i risultati».
Wow, un commento positivo. Jeremy
deve essere molto compiaciuto. Mi
domando quanto si stia esaltando.
«Dobbiamo
occuparci
delle
conseguenze delle sue azioni. Quante
domande ha fatto in tutto?».
Prima che possa sentire la risposta, mi
vengono inseriti dei tappi nelle orecchie.
Oddio, è fatta. Silenzio assoluto, buio
assoluto, l’impossibilità di parlare e la
mia totale nudità. Non mi sono mai
ritrovata in stato di shock, finora; posso
solo immaginare che sia simile a ciò che
provo in questo momento. Sono stata
privata di… tutto! Sono totalmente
inconsapevole, sospesa nel tempo. In
nessun modo i miei sensi possono dirmi
cosa sta per..succedermi, e non ho modo di
evitarlo. Il tatto è l’unico senso che mi
resta.
Mi mettono in testa qualcosa che
somiglia a un casco. È strano, all’inizio lo
sento pesante, e impiego qualche momento
a capire che, naturalmente, registreranno
le mie attività neurali. È questo che manca
alla loro ricerca, e io sono la cavia
umana. D’istinto cerco di controllare i
pensieri, poi grido in silenzio; voglio
mettere alla prova il dispositivo e i suoi
meccanismi di registrazione per vedere se
risulteranno differenze quando verranno
analizzati i risultati. È una situazione
quasi troppo assurda per poter essere
compresa.
I miei polsi vengono slegati e poi legati
di nuovo, davanti al corpo. Mi fanno
distendere le.. braccia in avanti, all’altezza
delle spalle. Basta così, prego in silenzio.
Mi tengono per i fianchi mentre
continuano a tirare e sono costretta a
piegarmi su una barra spugnosa finché non
arrivo al pavimento, dove i polsi mi
vengono legati e bloccati, insieme al
collo. In questa posizione, il torace si
trova più in basso del posteriore, che
resta sporgente. Riesco a immaginare i
miei seni che pendono liberi mentre il
respiro accelera, e sentirlo mi conferma
che è tutto vero, e non un sogno. Tutte le
mani mi lasciano andare. Sono bloccata
solo da oggetti inanimati.
Il battito frenetico del mio cuore mi sta
devastando. È così forte che temo per la
mia salute. È questo che si prova quando
si sta per avere un infarto? Sto per avere
un attacco di.. cuore proprio adesso? È una
posizione assurda in cui morire. Ma prima
che possa riflettere sulla possibilità di un
arresto cardiaco, l’intrusione di altre dita
che mi sondano mi fa irrigidire. Sento i
capezzoli indurirsi e il sedere sussultare a
quell’invasione. Trattengo il respiro
mentre le dita indugiano, stavolta più a
lungo, premendo di più, esplorando e
allargando i confini dentro il mio corpo,
ora scivolosi. Un calore si propaga dentro
di me mentre la vagina si lubrifica per
quel tocco. Il mio cuore impazzito
minaccia di esplodermi nelle orecchie.
Espiro di colpo quando le dita escono,
lasciandomi svuotata.
Poi il nulla, se non il mio cuore.
Mi sento sferzare il sedere così forte e
in maniera tanto rapida, che mi pietrifico,
irrigidendomi
.. del tutto.
Succede di nuovo. Poi si ferma.
Il respiro mi si è bloccato nei polmoni.
Ancora. Si ferma.
Ho bisogno di inspirare.
Vengo colpita ancora e ancora, una
serie di fitte in rapida successione.
Inspiro ogni volta che la cinghia mi
ferisce il culo, ma non riesco a espirare
per lo shock. L’ossigeno immesso lotta
con l’urlo silenzioso che cerca di farsi
strada nella mia gola, rendendogli
impossibile uscire. Sussulto, la testa mi
gira, sono confusa.
È una sensazione bruciante, mai provata
prima. Non è troppo dolorosa, ma fa male.
Quel tanto che basta per sentir scottare la
carne per un secondo o due, poi, con la
stessa rapidità, il dolore diminuisce.
Comincia e.. finisce. Mi lascia ansante,
devastata. Poi mi accarezzano le natiche
con un unguento rinfrescante, ed è un
tocco così dolce e sensuale che il cambio
repentino di intensità mi fa venire da
piangere. Emotivamente, sono già
esaurita. Potrò resistere ancora? Forse la
mia tesi sarebbe stata molto diversa, se
l’avessi sperimentata di persona.
Ricominciano i colpi, ancora e ancora,
più in alto, più in basso, al centro,
intorno… e perdo il conto…
Il mio mondo comincia a muoversi al
rallentatore. Sono divisa in due. Il mio
corpo si inarca e si ritrae per la
disperazione e il desiderio, cercando di
evitare
l’impatto
delle
sferzate
implacabili dirette al mio posteriore.
Dentro di me mi contorco e mi divincolo,
ma il mio culo
mantiene quella posizione
..
obbligata, come se ne volesse ancora. E
forse è così?
Vengo afferrata per i fianchi mentre le
dita mi scivolano di nuovo dentro senza
incontrare
resistenza.
Sento
una
vibrazione profonda nella parte inferiore
del corpo che mi invita a godere di questa
esperienza. Sento il mio sesso gonfiarsi
per l’eccitazione, come se la vagina stesse
accogliendo un amico ritrovato dopo tanto
tempo, e mi sento pulsante, indolenzita e
bagnata. Sono sicura che il proprietario
delle dita sta facendo in modo che questa
informazione venga appuntata, considerato
il lasso di tempo in cui le tiene dentro di
me.
Poi le toglie. Torna l’unguento
rinfrescante, applicato da mani che mi
accarezzano.. dolcemente, con gentilezza, e
il mio sedere cerca di seguirne il ritmo.
Anche stavolta piango per il sollievo e la
tenerezza di quel gesto. Sta succedendo
proprio a me?
Mi lasciano. Respiro. Singhiozzo.
Le tenebre e il silenzio mi avvolgono.
Solo adesso mi rendo conto che voglio
di più.
Le cinghie sotto le ginocchia e quelle
legate alle caviglie vengono slacciate. Le
gambe mi tremano per reazione. Mi
allargano ancora di più le ginocchia, poi
mi legano di nuovo e anche le caviglie
vengono bloccate in posizione. Oh, santo
Dio. Chissà perché in una situazione di
sesso così estremo ho usato la parola
“Dio”, mi chiedo. La barra viene spostata
più in alto e di conseguenza ho il culo
ancora più.. esposto, se possibile.
L’essenza della mia femminilità, gli
ingressi fisici alla mia parte più profonda
sono in mostra, alla luce, sotto gli attenti
occhi osservatori di tutte le persone che
compongono quel pubblico sadico. Come
è possibile che sia proprio io?
Il cuore non può battere abbastanza in
fretta da accogliere l’ondata di sensazioni
che l’eccitazione mi riversa addosso.
Frustata. Pausa. Poi sento una carezza
fredda, liscia e morbida scivolare dove
sono stata colpita.
Ancora. Frustata. Pausa. Carezza.
Frustata. Pausa. Carezza… Si crea un
ritmo che il corpo comincia ad attendere e
desiderare, come un’onda che si propaga
lungo la pelle. Cerco di prepararmi
all’impatto, ma resto solo con la
sensazione di
.. quel dolore delizioso prima
della carezza rassicurante e il sollievo di
un tocco ancor più benevolo. Vibro,
aspettando l’effetto. Si concentra
sull’interno coscia, non con la stessa
forza, ma provocandomi un’eccitazione
devastante.
Voglio di più.
Desidero di più.
Ricevo di più.
La combinazione di piacere e dolore mi
fa impazzire: non posso far altro che
godere di questo assalto carnale.
Si ferma. Boccheggio. Finora sono stata
concentrata sul mio posteriore e sulle
cosce, così ci metto qualche istante a
rendermi conto che qualcuno sta
giocherellando con i miei capezzoli,
pizzicandoli e poi stringendoli in una
morsa. Una.. scarica che mi arriva dritta
all’inguine.
Poi mi viene legato in vita qualcosa che
mi attira ancora di più verso il pavimento,
mentre il culo resta bloccato in alto dalla
barra. Tutti gli agganci vengono
ricontrollati e stretti, e il fatto che siano
chiusi alla perfezione trova conferma
quando una corrente a basso voltaggio
viene fatta scorrere attraverso il
dispositivo che mi è stato attaccato ai
capezzoli. Lo shock infatti mi fa irrigidire
completamente e tendere le fibbie. Lancio
un urlo silenzioso per reazione a quel
tormento. Mentre mi adatto alla
sensazione, mi accorgo che è come se la
corrente che arriva ai capezzoli si
trasmettesse anche al clitoride, come se ci
fosse un cavo triangolare caricato
sessualmente.
.. Un formicolio mi scalda il
corpo e il dolore si trasforma in una
vibrazione stuzzicante, piacevole. Dio,
cosa mi stanno facendo? Sono diventata
una specie di esposizione del sesso,
qualcosa che si potrebbe vedere in un
dipinto in qualche esposizione del MONA
di Hobart.
I colpi continuano, spostando il dolore
penetrante alla parte anteriore del mio
corpo e della mia mente. Poi torna il
piacere, anche se per poco. E di nuovo il
dolore. Mi abbandono del tutto, passando
da una sensazione estrema all’altra, che si
susseguono come gli scatti di un
interruttore. Sono come il cane di Pavlov.
È come se il corpo si fosse adattato a
quel dolore piacevole, ma poi mi rendo
conto che è stato di nuovo sostituito da
una bassa vibrazione
che mi attraversa i
..
capezzoli. Le dita tornano a posizionarsi
dietro la vulva e attaccano vicino al
clitoride qualcosa che emette una
vibrazione intensa. Troppo vicino! Il
panico e il desiderio mi bloccano; la mia
vulnerabilità è assoluta. L’intensità della
vibrazione aumenta a un ritmo lento e
regolare. Comincio a sudare per la
tensione sessuale. Le dita si spostano e
cominciano a tastare ed esplorare la
vagina, il perineo. Se potessi muovermi,
ormai sarei crollata sul pavimento, senza
forze. Il mio corpo è come cera fusa che
nel tempo si solidifica nella forma dello
stampo in cui è costretta. Mi accorgo che
la mia temperatura corporea sta salendo,
insieme al delirio dell’eccitazione.
Le dita adesso sono calde, esperte,
cercano il piacere
e io le accolgo perché
..
si spingano più in profondità. La mia gola
muta mugola di vergogna e di desiderio,
mentre imploro la mente di restare
all’erta. Le dita individuano luoghi mai
scoperti prima d’ora, che io stessa non ho
mai esplorato.
Il perineo, l’ano, nulla viene ignorato
nel processo. Oh, Dio! Assurdo, di nuovo
quella parola. Giocano, spingono e
indagano, come se volessero controllare e
valutare la reazione che ogni tocco
provoca in me. Cerco disperatamente di
mantenere il controllo delle mie risposte,
di trattenere quelle intense sensazioni
sensuali, ma sono spiriti liberi,
impossibili da imbrigliare. Le dita
trovano un punto preciso e lo toccano con
attenzione, prima insistendo, poi
ritmicamente.. e poi in modo sempre più
intenso, e intanto delle onde esplodono
attraversandomi i muscoli. Di sfuggita mi
chiedo se sia possibile indurre un
orgasmo con la forza. Avrò un orgasmo
davanti a degli estranei? Avrò scelta?
Oh, Dio…
Le vibrazioni sui capezzoli e il
clitoride si intensificano, e la mia mente è
sommersa di godimento e desiderio. La
mia capacità di controllare questo accesso
di lussuria che si sta impadronendo di me
è come un buco nero che si chiude sempre
di più. Anche se sono legata e ancorata a
terra, sento che la mia percezione della
realtà si fa sempre più indistinta con il
passare dei secondi. Avverto un’onda
gigantesca che monta all’orizzonte,
minacciando di annichilire ogni pensiero
e concedere.. al corpo la resa estrema.
Mi concentro.
Mi indagano.
Resisto.
Mi fanno vibrare.
Mi blocco.
Mi puntano.
Cedo.
Mi soddisfano.
Mi arrendo.
Vincono.
Nell’istante che segue conosco la
sensazione più incredibilmente intensa,
lancinante, potente che abbia mai provato
in vita mia. Parte dalla punta dei
capezzoli e monta dentro di me alla
velocità della luce, a tempo con la
penetrazione contemporanea di ano e
vagina, perfettamente lubrificati. Sono
così stordita.. dall’esplosione dei sensi che
adesso è come se mi avessero liberata
dalle cinghie e fossi andata a sbattere
contro il soffitto.
Perdo ogni cognizione del tempo; la
mente razionale si è spenta, lasciando
all’istinto dei sensi il pieno controllo e
permettendo a ogni sensazione e
percezione di raggiungere direttamente il
corpo. Sto volando in una nuova
stratosfera.
Resa!
Libertà!
Pura… sensuale… estasi…
Vibrazioni calde, pulsanti, nascono al
centro del mio essere.
Sono ondate su ondate infinite di
avvolgente beatitudine.
Il ritmo, il flusso di estasi che si muove
dentro di me...
Sto vibrando, palpitando… è troppo,
forse?
Posso avere di più?
Spero davvero di sì…
Le vibrazioni riprendono a concentrarsi
con intensità nel mio essere più interno,
battendo fin dentro l’anima, in profondità;
il ritmo si è addolcito, non è più selvaggio
e travolgente come prima. Non cadrò giù
come un tronco in bilico in cima alle
acque rombanti di una cascata.
Alla fine la mia mente torna a
connettersi con il cervello. Mi vengono
tolti i tappi dalle orecchie e le braccia
forti mi slegano. Vengo sollevata, non
sono più agganciata al pavimento. Ora
sono distesa su una superficie ampia e
morbida e mi sento sciogliere come un
immenso marshmallow
avvicinato al
..
fuoco, tanta è la perfezione con cui i
cuscini accolgono ogni mio movimento. È
bello potermi allungare, di nuovo libera.
Avverto un delizioso guizzo sul seno,
che mi riscuote dal mio stato fluido.
Dio, è una sensazione bellissima.
Ora lo sento da entrambe le parti. Sento
il sangue scorrere fino alle punte dei
capezzoli.
È così erotico. Faccio un profondo
sospiro…
Il guizzo diventa un movimento gentile
che mi tira e mi massaggia.
I capezzoli sono sottoposti a una
tensione leggermente diversa tra loro, a un
ritmo diverso…
L’intensità aumenta. Un calore umido
mi sfiora le labbra. È difficile capire
dove concentrare
l’attenzione.
..
Una lingua morbida mi dischiude la
bocca. Mi è familiare ma al tempo stesso
non la riconosco, è come se fosse
capovolta. Mi dimeno un poco alla
pressione dolce ma mi abbandono a
quelle sensazioni e vengo massaggiata,
succhiata, leccata…
Tante lingue che penetrano nel mio
corpo… oh, sì, Jeremy, ne è
assolutamente valsa la pena! Nessuna mia
fantasia avrebbe mai potuto contemplare
una realtà del genere. Mi sembra
impossibile immaginare come possa
essere dall’esterno, come se il tocco e le
sensazioni fossero una cosa sola.
È incredibile ricevere tutte queste
attenzioni.
Mentre mi consumano la bocca e i seni,
la mia attenzione
si sposta su delle
..
carezze leggere che risalgono lungo le
cosce. Apro d’istinto le gambe per far sì
che la loro avanzata non trovi alcun
ostacolo. Oh, sì, ti prego, entra dentro di
me. È davvero divino.
Sento guizzare, tirare, massaggiare,
mordere, non troppo né troppo poco. È
così perfetto che potrei piangere. Gli
stimoli sono troppi perché riesca a
concentrarmi su tutti, così mi abbandono,
lascio che il mio corpo assorba l’intensità
del desiderio che mi invade.
La lingua più in basso raggiunge
l’ingresso del mio corpo. Esplora in
profondità, con incredibile accuratezza,
eppure è decisa e intensa.
È come se stesse esaminando gemme
preziose, cercando di individuare
qualcosa di.. raro e pregiato. Mi toglie il
respiro. La lingua e le labbra succhiano e
mordicchiano e non si distraggono fino a
quando non trovano la gemma che
cercavano. La sensazione si focalizza,
come un missile che punta dritto verso il
suo obiettivo, senza esitazioni, in modo
assoluto, profondo. Le lingue delle altre
bocche intensificano il ritmo in risposta
per accompagnare l’energia della
penetrazione.
Il desiderio rischia di consumarmi,
mentre le lingue diventano sempre di più,
ognuna alla frenetica ricerca di un punto
da penetrare più a fondo, più forte, più in
fretta. Orecchie, bocca, collo, seno,
ombelico, vulva, dita delle mani, dei
piedi, polsi, caviglie, ginocchia, ascelle:
nessun punto del mio corpo viene
ignorato. ..
L’intensità del desiderio mi fa inarcare
la schiena. Le lingue e le labbra e i denti
non si scostano di un millimetro al mio
movimento,
ma
aumentano
immediatamente il ritmo della loro
insaziabile ricerca. Ho bisogno di farle
rallentare, diminuire d’intensità, ma spero
anche con tutta me stessa che non lo
facciano. Accelerano ancora, a tempo con
il mio cuore, come un martello che batte
al ritmo tribale della vita stessa. Una
passione selvaggia si accende nel
profondo della mia anima e si integra con
l’essenza del corpo; pulsiamo e vibriamo
d’istinto, mentre un unico cuore invia un
flusso di sangue e brama sfrenata in ogni
recesso di me e comincia a vorticare,
creando un’apertura devastante, come
l’occhio di un
.. ciclone.
Nessun battito del cuore.
Nessuna pulsazione.
Nessun pensiero.
Nessuna ragione.
Affondo
nell’abisso
infinito
dell’euforia.
E poi tutto prende fuoco e ruggisce in
una corrente potente e meravigliosa di
pura energia che esplode, si abbatte e si
infrange sul mio corpo, come se dentro di
me ci fosse il Vesuvio che sommerge
Pompei con la sua eruzione.
Il mio mondo esplode, con una rapidità
e una forza che spazzano via tutto,
lontano… lontano… lontano…
Sono scossa da spasmi in reazione a
una serie elettrizzante di esplosioni
erotiche che continuano, ancora e ancora,
senza sosta…
come non ho mai provato
..
prima… come non avrei mai creduto
possibile…
Continua a pompare, pompare, pompare
attraverso ogni singolo poro, e la mia
pelle si accende, invasa dalla lava.
Un’onda dopo l’altra, di un piacere
intenso e sublime…
Creando flussi orgasmici di energia…
Come se non avessi mai conosciuto un
vero orgasmo…
Quanto potrà durare?
Lancio un urlo gutturale, lungo e
potente, anche se nessuno lo sentirà.
E di colpo inspiro, a fondo, con
disperazione, come se fossi una neonata
sessuale che prende il suo primo respiro,
alla ricerca dell’ossigeno per poter
sopravvivere.
La schiena
finalmente si rilassa
..
abbandonando la posizione rigida e
innaturale,
mentre
continuo
a
boccheggiare in cerca d’aria e lascio che
il senso di beatitudine che sta arrivando
mi avvolga del tutto. Mugolo per la
felicità, il calore, la libertà e
l’esaltazione, e lascio il mondo terreno
per godere di questa sensazione
paradisiaca… sono la dea universale del
sesso…
***
«Oh, Alexandra. Sei meravigliosa. Hai
sconvolto le nostre menti».
«E la nostra analisi».
«Infatti. Oltre ogni aspettativa».
C’è qualcuno che sta parlando? Non lo
so e non mi importa…
Sono tanto,
.. tanto lontano…
So solo che le vibrazioni che mi
scorrono nel corpo sono incredibili!
E io sono, assolutamente, totalmente
devastata.
«Alexa! Mi senti? Stai bene? Ecco,
bevi questo».
Sento l’odore di una deliziosa
cioccolata calda. Qualcuno mi aiuta a
mettermi seduta. Sono su un letto, credo,
con lenzuola di cotone.
«Fa’ attenzione. Scotta».
Qualcosa mi tocca e mi avvicina una
tazza alle labbra.
Ha un sapore meraviglioso e il calore
mi scivola dentro.
«Jeremy…». La mia voce è poco più di
un sussurro.
«Non ti sforzare, prima bevine ancora
un po’. Ti.. aiuterà a ricominciare a
parlare».
La bevo tutta.
«Ecco, adesso infilati sotto. Sei
stanchissima, è ora di riposare».
Mi fa sdraiare di nuovo, mi copre con
un piumino e si assicura che stia comoda.
È caldo e accogliente e lui ha ragione, non
sono mai stata tanto sfinita.
«Dormi, tesoro. Parleremo più tardi.
Non mi sarei mai nemmeno sognato che
potesse andare così». Mi bacia con
dolcezza sulle labbra e mi accarezza la
fronte. Comincio a scivolare in uno stato
di incoscienza… di sogni… mi sembra
davvero una buona idea.
«Qui è tutto a posto. Noi abbiamo
finito, almeno per ora. Ottimo lavoro,
dottor Quinn».
«Sistemiamo
le attrezzature e poi vi
..
lasceremo proseguire il viaggio».
«J, ricordati che le prossime
ventiquattro ore saranno fondamentali, e
che sarà necessario osservare l’evolvere
della situazione con grande attenzione per
almeno tre o quattro giorni. La
riservatezza è d’obbligo. Non deve
vedere né parlare con nessuno a parte te. I
nostri concorrenti sarebbero disposti a
uccidere per ottenere dati come questi».
«Sì, nessun problema. Ho tutto sotto
controllo».
«Bel lavoro, signori. Alla prossima.
Stavolta siamo andati ben oltre le
aspettative. Attendiamo con ansia i
risultati completi. Nel frattempo tienici
aggiornati».
«Certo».
Le porte si
.. chiudono.
Non so di cosa stessero parlando quelle
voci lontane che mi vorticavano intorno.
Mi sento completamente rilassata.
Avverto il suono indistinto di motori che
ronzano sotto di me…
E scivolo nella più totale incoscienza.
2 La Da William Wordsworth, Samuel
Coleridge,
Ballate liriche, traduzione di Franco Marucci,
introduzione e note di Attilio Brilli, Mondadori,
Milano 1999, p. 235.
Parte sesta
..
La percezione di una sensazione è
proporzionale al logaritmo
dell’intensità dello stimolo che la
provoca.
Legge di Fechner, 1860
Con dita avide tocco ciò che mi circonda.
Delizie sensuali e morbide. Esploro
una sporgenza di seta e ne trovo la punta.
Mi rannicchio, in estasi. Che cosa ho
trovato? Un seno?
Appoggio la mano e lo sento malleabile
sotto il palmo. Gioco con la sommità fino
a farla indurire,
e subito dopo ho la
..
fortuna di trovarne un altro.
Lo accarezzo, risvegliandolo, finché
non diventa come l’altro.
Sono i cuscini a forma di seno più
soffici che si possa immaginare. E sono
così reattivi, pieni, così malleabili sotto
le mie mani.
Continuo a giocarci, stuzzicandoli… è
una sensazione talmente bella che non
riesco a smettere.
Un’altra mano tocca dolcemente un
seno.
«Sono meravigliosi, vero?», chiede
piano la voce di Jeremy.
Imbarazzata, mi allontano. Pensavo di
essere sola.
«Non mi ero resa conto che fossi qui.
Mi dispiace».
«Non c’è.. nulla di cui scusarsi, Alex.
Sono a tua disposizione». Sento che
sorride mentre parla, e questo mi ricorda
che sono ancora cieca.
Delle braccia forti mi cingono, mi
cullano.
«Ed è ovvio che sia ancora qui. Ti ho
promesso che mi sarei preso cura di te».
I miei pensieri sono vaghi e indistinti.
«È stato un sogno?». Sorrido tra me.
Oh, sì, ho vissuto sogni e fantasie
incredibili, mai sperimentati prima. Il mio
corpo reagisce all’istante al ricordo,
l’intensità delle sensazioni mi fa ancora
vibrare.
«Ti senti bene?», mi chiede Jeremy in
ansia. La sua voce è colma di
preoccupazione.
«Oh, sì… ma non sono sicura…
Jeremy, cos’è
.. successo? Dove siamo?».
Nel momento in cui faccio quelle
domande provo un dolore sordo alle
natiche, e d’istinto smetto di chiedere.
«Ssst, rilassati e basta. Hai appena
affrontato un’esperienza intensa». Mi
accarezza dolcemente i capelli.
Sono ancora confusa e decido che è
meglio fare come dice lui. Mi accoccolo
contro il suo petto forte e perfetto e mi
porto una mano agli occhi, trovando come
mi aspettavo la benda di seta.
«Sì, è ancora lì, tesoro. Ci resterà
ancora per un pochino». Mi bacia le mani,
scostandomele dal viso. Mi copre con una
trapunta calda.
Sento la sua voce dal petto, ma non
distinguo parole. Avvolge e placa i miei
pensieri come nuvole soffici sospese nel
cielo azzurro.
Sono in uno stato di totale
..
beatitudine, felice di stare al caldo e al
sicuro vicino a lui. Forse mi sta leggendo
una favola, una poesia, l’articolo di un
giornale: non saprei dirlo. Non riesco a
distinguere le parole… sento il battito del
suo cuore con un orecchio e forse il
rumore della pioggia contro la finestra
con l’altro, e mi concentro su quei suoni
invece che su quanto sta dicendo Jeremy.
Comincio a seguirlo appena in tempo per
sentirgli chiedere: «Hai sete o fame?».
Idea magnifica. «Ci sarebbe dell’altra
cioccolata calda? Mi riscalda tanto,
dentro e fuori».
«Certo, te ne preparo ancora».
Il materasso si muove quando lui fa per
scivolare via e mi sento cadere. Gli
afferro un braccio, spaventata.
«Tesoro, ..va tutto bene, non ti lascio.
Vado solo a prenderti la cioccolata. Cerca
di non muoverti troppo».
«Mi sento strana quando mi muovo, è
come se fossi pesantissima».
Lo sento fare dei rumori. Mi sembra
che ci sia una cucina, ed è strano per una
stanza d’albergo.
Torna da me e mi mette una tazza tra le
dita. Non ho abbastanza forza per
stringerla.
«Lascia che ti aiuti». Mi porta il
liquido caldo alle labbra.
«Ahhh, grazie, Jeremy, fai una
cioccolata calda fantastica».
Mi immagino seduta lì, bendata, con lui
e una cioccolata calda dopo tutto quel che
è successo. È come se stessimo ignorando
un elefante seduto in mezzo alla stanza.
Per qualche..ragione trovo questo pensiero
esilarante. Non riesco a trattenermi, e
scoppio a ridere: è come se tutta la
tensione nervosa si fosse allentata.
«Cosa c’è di così divertente?». Jeremy
afferra la tazza prima che mi cada.
Boccheggio in cerca d’aria e mi fa male
la pancia mentre cerco di spiegare a
Jeremy perché rido. Le parole però non
riescono a farsi strada tra i sussulti, e
questo innesca un nuovo accesso. Sento
che anche Jeremy ha cominciato a ridere,
forse di me. Ma non mi importa, non rido
così da anni; fa male, ma è bellissimo. Ho
le lacrime agli occhi. Cerco di fermare gli
spasmi, di inspirare. Sto per farmela
addosso. Mi sposto fino al bordo del letto
e cado a terra, ancora preda delle
convulsioni.
Jeremy è ..subito accanto a me. «Oddio,
Alexa! Ti sei fatta male?», si affretta a
chiedermi.
«Ba… ba… bagno», rispondo tra gli
spasmi.
Lui mi raccoglie dal pavimento e mi
poggia sul water appena in tempo. Rilasso
la vescica con grande soddisfazione. Ne
approfitto per dare sollievo ai muscoli
della pancia e inspirare l’aria di cui ho
bisogno, mentre continuo a svuotarmi.
Guardo Jeremy dritto negli occhi e mi
domando perché sia così preoccupato. Mi
ci vuole qualche momento, infatti, per
rendermi conto che sto davvero vedendo
un’immagine un po’ indistinta del viso di
Jeremy. L’emozione mi fa avvampare.
«Ci vedo! È tutto ancora molto scuro e
confuso, ma sei qui, davanti a me». Le
parole mi .. escono veloci. «Quando…
come… sono passate quarantotto ore?»
«Più o meno. Il tuo attacco isterico
deve aver fatto scemare più in fretta
l’effetto delle gocce, e la benda ti è caduta
quando sei scivolata dal letto. Quindi sì,
nel giro di qualche ora tornerai e vedere
perfettamente».
Le sue parole mi danno un sollievo
immediato, ma anche una strana tristezza
ora che so che il tempo a nostra
disposizione è agli sgoccioli. È strano,
come aprire gli occhi nel mezzo di una
caverna: non vedo nulla a parte ciò che
sta proprio davanti a me.
Non vedo ancora abbastanza bene da
distinguere molto più del suo viso
confuso, ma mi sento incerta e
imbarazzata quando mi rendo conto di
stare seduta.. sul water con lui che mi
sorregge. Lo fisso. Mi vergogno a farmi
vedere così, quindi mi pulisco in fretta e
mi alzo per andare a lavarmi le mani,
incredibilmente grata per l’indipendenza
che comincio a riscoprire. Faccio un
passo avanti, ma le gambe mi cedono e mi
accascio a terra. Fine dell’indipendenza.
«È per questo che ti sto aiutando,
tesoro: da sola non ce la fai ancora».
Jeremy mi tiene stretta tra le braccia e mi
porta fino al lavandino. L’espressione del
suo viso mi strappa un sorriso mentre lo
guardo nello specchio.
«Mi riprenderò subito, sul serio, non ti
devi preoccupare. Mi serve solo un
momento».
Lui solleva le mani fingendo di
arrendersi; lo prendo per un segnale
positivo. Mi
sforzo di concentrarmi e,
..
appoggiandomi al lavandino, mi lavo le
mani e il viso. Quando mi volto a
guardare Jeremy, le mie gambe cedono di
nuovo, ma stavolta lui non mi lascia
cadere a terra e mi prende tra le braccia.
«Ma che mi succede? Non capisco…».
«Basta così. Non sei ancora in grado di
badare a te stessa, per il momento. È
proprio per questo che sono qui»,
aggiunge risoluto.
Poi mi riporta in camera e mi fa
distendere al centro di un grande letto.
Per chissà quale motivo la mia
momentanea inabilità mi fa ricominciare a
ridacchiare, e non riesco nemmeno a
sollevare la testa per oppormi. Capisco
che non potrò fidarmi delle mie gambe per
un po’. L’espressione di Jeremy mi fa
capire che farei
meglio a star ferma.
..
«Che devo fare con te?». Almeno
sorride un pochino.
«Che cosa mi hai fatto? Non pensi sia
questa la domanda fondamentale?», gli
rispondo, e mi accorgo che la mia mente
non è più tanto intorpidita.
«In effetti direi che c’è molto da
spiegare».
«Già, immagino di sì».
«Perché non cominci tu a dirmi cosa
ricordi?».
Lo guardo perplessa. Ci risiamo…
ancora il trucchetto di farmi parlare per
prima. Come se mi avesse letto nel
pensiero, aggiunge subito: «Alex, tesoro,
sai che sono sempre stato sincero con te».
«Sì, è vero, a volte anche troppo». Non
ho la forza di mettermi a discutere con lui,
così lascio.. che la mente frughi tra i
ricordi del fine settimana. È strano, ma mi
arrivano come un flusso, e non come
immagini nitide. In alcuni casi ho la
percezione di quelli che mi sembrano
ricordi,
privi
però
di
una
rappresentazione visiva: si trasformano in
un’incredibile scarica di sensazioni che
mi attraversa via via che ritrovo i dettagli.
È davvero strano. Scuoto il capo… il mio
cervello non è pronto per un simile
sovraccarico.
«Ricordo paura, emozione, vergogna,
poi un’inebriante sensazione di dolore e
piacere uniti in modo talmente
indissolubile che non so dire quale dei
due dominasse. E poi tensione sessuale,
eccitazione e un’energia travolgente; era
come se una forza vitale mi scorresse
nelle vene, .. anche se adesso mi sembra
tutto come attutito». So di essere arrossita
mentre quelle parole escono dalla mia
bocca in un miscuglio confuso. Jeremy mi
accarezza i capelli, comprensivo, e mi
avvolge nelle coperte per tenermi al
caldo. È molto premuroso.
«Che mi succede, Jeremy? Non riesco a
pensare in modo coerente».
«È il tranquillante. Dovresti smaltirlo
nel giro di ventiquattro ore».
«Cosa? Mi hai dato un tranquillante?»
«Sì, ma solo per permettere al tuo
corpo di riprendersi. Era nella prima
cioccolata calda che ti ho dato, prima di
venire qui. Avrei dovuto ricordare
l’effetto che ti fa questo genere di
farmaci… ci vorrà ancora un po’ prima
che cessi del tutto».
Mentre parla
mi gira la testa, e un
..
ricordo lontano mi s’insinua nella mente.
Ero in un bar a Kings Cross per una
serata tra ragazze, e abbiamo finito per
metterci a chiacchierare con dei tipi che
non conoscevamo. Dopo qualche drink,
ho cominciato a sentirmi stordita, così le
mie amiche, molto preoccupate, hanno
chiamato Jeremy. A quanto ricordo, i
ragazzi se ne sono andati di corsa
quando hanno capito che stavano
arrivando degli uomini, quindi abbiamo
pensato che avessero messo qualcosa nel
mio drink. Ero completamente fuori, non
riuscivo a reggermi in piedi e non
ricordo nient’altro. È spaventosa la
rapidità d’effetto di quelle sostanze.
Mi sveglio a casa di Jeremy il giorno
dopo, non ..so a che ora, mentre lui mi
tocca e mi punzecchia, mormorando tra
sé. Mi sento a pezzi, rotolo su me stessa,
confusa, e riprendo a dormire. Quando
mi sveglio di nuovo, Jeremy mi porta una
tazza di tè, un gesto davvero carino. Tiro
fuori un braccio dalle coperte per
prendere la tazza e mi accorgo che è
ricoperto di segni blu, rossi e verdi.
Cerco di ricordare cos’è successo la
sera prima, ma ho il vuoto assoluto: non
è affatto un buon segno. Appoggio la
tazza con attenzione e sollevo le
lenzuola, ritrovandomi completamente
nuda e ricoperta degli stessi segni: sono
linee, frecce, cerchi, vergati in colori
diversi. Gemo, incredula: non ho alcuna
voglia di controllare se anche la schiena
è ridotta in quello stato, ma quando noto
il sorriso sfacciato
di Jeremy capisco
..
che è così.
«Allora?». Lo guardo seccata, in
attesa di una spiegazione.
Salta sul letto accanto a me, sembra
un cucciolo eccitato.
«Ecco…
Alex…
sei
rimasta
incosciente molto a lungo e mi annoiavo,
però non volevo lasciarti da sola. Avevo
bisogno di essere sicuro che stessi bene.
Così ho deciso di non perdere tempo e
studiare un po’».
Pianto gli occhi nei suoi mentre parla.
«E, be’, come puoi vedere, ne è
davvero valsa la pena».
Solleva le coperte. Sembro una cartina
stradale mal disegnata.
«Voglio dire, per me è stato istruttivo.
Mi mancano un paio di cose, ma ho
beccato muscoli,
organi, arterie…». Mi
..
guarda in faccia e si affretta a
continuare, spostandosi lungo il mio
corpo per mostrarmi quel che ha fatto.
«Ho mancato l’appendice per un
centimetro, e la cosa mi fa incazzare, ma
tutto il resto è piuttosto preciso. Il
sistema nervoso è venuto bene. Plesso
brachiale, plesso lombare, le arterie
principali del sistema circolatorio, gli
organi dell’apparato digerente, anche se
forse ho tirato un po’ via con il duodeno,
e mi secca. Gli elementi principali del
sistema linfatico: tutti okay. L’apparato
riproduttivo è stato divertentissimo.
Certo, ho fatto in modo di non calcare
troppo la mano sulla vagina, sulle
piccole labbra e il clitoride, ma sono
riuscito a far risaltare le grandi labbra e
l’ano, per .. esempio…». Le sue mani
scorrono con eleganza e lentezza su
ciascuno dei punti che sta elencando.
«… e non mi è sembrato che ti
infastidisse più di tanto, prima di
spostarmi su…».
«Okay, okay. Ho capito», lo
interrompo e cerco di allontanarlo.
«Adesso basta, però».
Comincia a baciare le zone che ha
descritto. «E poi c’è il mio punto
preferito, quello più intimo, di cui non
tutti sono a conoscenza…». Mi sento di
piombo davanti ai baci leggeri,
avvolgenti, erotici che mi riportano in
vita, delicatamente ma senza tregua. Non
gli resisto. Tutta l’irritazione svanisce
mentre lo studente di medicina,
appassionato di anatomia, si trasforma
nel mio amante.
Lascio che giochi con il
..
mio corpo come se fossi la sua
marionetta. Il suo tocco magico
trasforma con destrezza il mio corpo di
legno in un essere pieno di vita e
sensualità. Tra noi è sempre stato così.
Torno al presente prendendo coscienza
del fatto che da allora tra noi non è
cambiato nulla: basta guardare lo stato in
cui mi trovo in questo preciso istante e il
suo desiderio di analizzare il mio corpo.
Ma voglio riordinare i pensieri.
«Per quanto tempo mi sentirò così?
Devo tenere la mia prossima
conferenza… che ore sono?». Angosciata,
cerco con lo sguardo un orologio nella
stanza, ma mi accorgo che siamo quasi
completamente al buio, o almeno io lo
sono a causa.. della vista ancora imperfetta.
Non so nemmeno se è giorno o notte.
«Non devi preoccuparti. Sono solo le
otto di sera».
«Oddio, Jeremy, come hai potuto? Non
capisci… non mi reggo in piedi e tra
dodici ore devo parlare di fronte al
Consiglio dell’Associazione medici
australiani. Non riesco nemmeno a
concentrarmi. Ti rendi conto di quanto sia
importante per me, per la mia ricerca?
Sono i miei critici più severi, e tu mi hai
ridotta in questo stato! Perché l’hai fatto?
Dovresti essere un medico responsabile,
santo cielo!».
«Alexa, calmati, per favore. Non devi
preoccuparti».
«È facile per te dirlo, dottor Quinn. La
tua carriera non dipende da questo. È
evidente che.. non hai bisogno di altri fondi
per il tuo lavoro, dato che a quanto pare te
la cavi benissimo da solo». Cerco di
muovere la mano tutto intorno per indicare
la suite, ma la mancanza di controllo sulla
muscolatura rende il mio gesto ridicolo.
Non mi lascio scoraggiare dalla totale
assenza di coordinazione e proseguo:
«Non sei tu quello che dovrà affrontare la
commissione, descrivere un caso a
professionisti altamente qualificati, molti
dei quali preferirebbero screditare il tuo
lavoro piuttosto che finanziarlo. Non
potresti mai nemmeno immaginare cosa si
prova, dato che tutti ti ritengono un dio
della medicina!». Tremo di rabbia mentre
cerco di scendere dal letto. Ho bisogno
d’acqua, caffè, qualsiasi cosa possa
svegliarmi in fretta. Mi aggiro come un
leone marino
che tenta di inseguire un
..
pinguino in fuga.
«Riesci a restare sdraiata o devo
legarti come prima? Ti farai solo del
male».
Sono di nuovo pericolosamente vicina
al bordo del letto, ma non lascerò che
metta a repentaglio la mia carriera. Deve
capirlo. Si sposta sul lato del letto, non so
se per impedirmi di cadere o di
scenderne, non ne sono sicura. Con
movimenti goffi mi sposto dall’altra parte.
«E poi dove sono i miei vestiti? Spero
siano ancora nella cabina armadio».
«Vuoi fermarti un attimo? Per favore!».
È esasperato, e anch’io lo sono, per la
fatica che faccio a muovermi.
«No, Jeremy, non posso proprio».
Mi rassegno all’idea che non mi aiuterà
e alla fine.. arrivo dove volevo; con
entrambe le mani sospingo il tronco che
mi ritrovo al posto della gamba oltre il
bordo del letto.
«Ahhh, ma perché ti ostini quando sai
che non è possibile?».
Mi afferra una caviglia un attimo prima
che tocchi terra e la collega al polso con
un cavo. Mi accorgo solo ora di avere
ancora le cinghie attaccate a braccia e
gambe. Ah, che fortuna.
In un lampo Jeremy fa la stessa cosa
con la parte sinistra, allacciando polso e
caviglia, e poi mi trascina al centro del
letto,
rendendomi
virtualmente
impossibile ogni movimento, e meno che
mai camminare. Mi circonda di cuscini in
modo che possa stare seduta, dandomi un
minimo di sollievo, perché una posizione
del genere,.. da sdraiata, è quantomeno
fastidiosa. Per fortuna faccio yoga.
«Maledizione. Non puoi tenermi
prigioniera qui, non sono un pupazzo del
cavolo. Perché ho ancora le cinghie?», gli
urlo in faccia.
«Sono fantastiche, vero? Fanno
risparmiare un sacco di tempo ed
energie… se solo le avessi avute
all’università, pensa quanto mi sarei
divertito con te…». Smette di parlare e
assume un’aria sognante.
«Jeremy! Non ho tempo per rivangare i
bei tempi, adesso». Ho la gola riarsa per
quanto ho urlato.
«Ah, giusto», dice tornando alla realtà.
«Adesso potresti restare ferma e lasciarmi
spiegare?»
«Immagino che questa non sia una
domanda», .. ribatto astiosa. «Non mi
sembra di avere molta scelta!».
«No, infatti». Anche se il suo tono è
seccato, ha l’aria compiaciuta mentre mi
raggiunge sul letto. Posso solo alzare gli
occhi al cielo e sperare che sia una
spiegazione breve.
«Prima di tutto lascia che ti dica che
non andrai proprio da nessuna parte».
Solleva una mano per bloccare la mia
protesta. Lo ignoro.
«Devo, Jeremy. Non riesci proprio a
capire?». Comincio a sentirmi disperata e
voglio spiegargli quanto sia importante
questo convegno, quanto significhi per me.
Mi agito, cercando inutilmente di
sottrarmi alle cinghie, e comincio a
sudare. «Jeremy, è in ballo la mia
carriera, tutto ciò per cui mi sono
ammazzata di
.. lavoro. Proprio tu, tra tutti,
dovresti comprendere…». Lui allunga le
gambe, circondandomi, intrappolandomi
ancora di più con il suo corpo mentre
solleva rapido una mano e mi copre la
bocca.
«Adesso ti spiego una cosa. Non
uscirai da questa stanza finché io non lo
riterrò opportuno, dal punto di vista
medico e non solo».
Stavolta la sua mano mi blocca prima
che mi possa sfuggire qualche
imprecazione. Sono così prevedibile per
lui? Credo proprio di sì, se… la stanza
comincia
a
girarmi
intorno…
all’improvviso tutto sembra così strano…
perde nitidezza… ruota… è tanto
confuso…
***
..
Quando mi sveglio, ho una luce forte
puntata in un occhio e qualcuno mi sta
misurando la pressione e le pulsazioni.
Cerco di sollevare la testa. Non ci
riesco.
«Hai trovato una vena? Dobbiamo fare
subito la flebo!».
«Ancora no, le vene sono collassate».
È la voce di una donna.
«Ci provo io, dammi qua».
Mi sento pungere una mano.
«Fatto. Fermalo con un cerotto. Tesoro,
mi senti? Guardami, sono Jeremy».
«Che… che è successo? Dove siamo?».
Mi guardo intorno e vedo una flebo,
l’attrezzatura per il monitoraggio,
un’infermiera.
«Oh, grazie a Dio. Rilassati. Mi senti?
Capisci quello
che dico?»
..
«No… non credo di capire, Jeremy.
Io… non capisco proprio niente».
«Certo che no, tesoro, perché non mi
hai voluto dare il tempo di spiegarti».
«È colpa mia?», chiedo confusa.
«No, no, non volevo dire questo. Dio,
mi hai fatto prendere un colpo. Sei
svenuta».
Forse perdo i sensi di nuovo, perché
quando riapro gli occhi la stanza mi
sembra luminosissima, e questo mi fa
tornare in mente l’argomento di cui
stavamo parlando prima che tutta questa
situazione medica si mettesse in mezzo.
«È mattina? Jeremy! Ho perso…».
«Non hai perso nulla». Fa di tutto per
parlare con calma. «Non devi fare
nessuna
presentazione».
La
luce
diminuisce. ..
«L’hai annullata? La mia unica
possibilità di presentare il mio lavoro?»,
gli chiedo incredula.
«No, tesoro, e ti prego, resta sdraiata.
Cerca di stare calma. Sei sfinita. Dio, ho
esagerato… è stato troppo». Tace per un
istante. «Non c’è mai stata nessuna
conferenza. È stato tutto organizzato per
fare in modo che avessimo abbastanza
tempo per stare insieme».
«Cosa? Non c’è nessun meeting?»
«Non hai altri interventi per il resto
della settimana. L’unica conferenza che
dovevi fare è stata quella di venerdì
scorso».
«Cosa… come… Non capisco». Sono
talmente stanca che non riesco a
comprendere il senso di ciò che mi sta
dicendo. ..
«È troppo perché tu capisca in questo
momento, ora hai bisogno solo di smettere
di preoccuparti e concentrarti sul riposo,
che è fondamentale per te».
«Niente
conferenze?…
Tutte
cancellate… È andata così male, la
prima?… Avevi detto che era buona». Per
qualche strano motivo, mi assale
l’insicurezza. Mi sento davvero debole.
«È stata magnifica, e lo sai. Adesso
chiudi gli occhi e dormi». Mi poggia il
palmo della mano su una guancia e fa un
cenno con il capo a qualcuno dietro di me.
«No, non posso dormire, Jeremy. Cos’è
successo? Perché sto così? Potrei
riprendermi tra poco… per parlare, sai…
potrebbe… e… perché ho una flebo?».
Il mondo svanisce.
..
***
Mi sveglio e sento che i miei occhi si
adattano al ritorno della vista; sorrido. Mi
chiedo di sfuggita dove mi trovo, e la mia
mente confusa impiega qualche istante ad
accorgersi che Jeremy mi sta fissando con
sguardo
ansioso
dalla
poltrona
nell’angolo della stanza. In un attimo è
accanto a me.
«Controllo i parametri», mi dice prima
che riesca a pronunciare una parola.
«Come ti senti?». La luce mi ferisce gli
occhi. Cerco di scostare la testa, ma non
serve a nulla.
«Confusa, ma meglio di prima, penso».
Mi accorgo che ho ancora l’ago della
flebo nella mano. «Questo è proprio
necessario?». Ho la voce rauca.
«Te lo saprò
dire nel giro di un’ora.
..
Prima dobbiamo fare qualche altro
controllo». Gonfia la fascia che ho al
braccio e si concentra sulla mia pressione
sanguigna; sento una piccola fitta di
dolore.
«Insomma, niente conferenze per oggi?»
«No!». Interpreta la parte del dettore
con l’aria angosciata. Ho la sensazione
che non sia il momento giusto per
domandare “Perché diavolo no?”.
È sempre stato quasi impossibile
distrarre Jeremy mentre è concentrato,
quindi non ci provo nemmeno. Ha la
fronte corrugata, mi esamina con grande
serietà.
Solleva il lenzuolo e per la prima volta
mi accorgo di avere un tubo tra le gambe.
«Oddio, ti prego, no!», grido incredula.
«Cosa? Ah,
è solo il catetere», dice con
..
noncuranza e mi ricopre le gambe in modo
che non possa vedere. «Te lo toglierò
insieme alla flebo», continua pragmatico.
All’improvviso vorrei che la flebo mi
portasse via, lontano, nell’incoscienza.
«Bene. Non alla grande, ma nemmeno
troppo male», dice a se stesso quanto a
me. «Hai sete?»
«Mmh». Mi accorgo di avere la bocca
secca e annuisco.
«Infermiera!».
Infermiera? Potrebbe essere più
imbarazzante di così? Sul serio, potrebbe?
Jeremy mi aiuta lentamente a tirarmi su
e mi porta l’acqua alle labbra con tale
delicatezza che sembra abbia paura di
spezzarmi. Gli assicuro che non ne ho
alcuna intenzione.
«Detto con
franchezza, sarò io a
..
stabilirlo». Ottimo, sempre in modalità
dottore. Decido che è meglio non
ribattere, e “detto con franchezza” non ho
la forza di discutere con lui, così faccio
un respiro profondo.
«Jeremy, non mi piacciono tutti questi
tubi. Sai che non sopporto le situazioni da
ospedale».
«Lo so, tesoro, resisti ancora un
pochino. Ho bisogno di sapere che sei
abbastanza idratata e manca un solo test
per finire, quindi è solo per precauzione.
Non posso rischiare, dato che si tratta di
te».
Le sue parole mi fanno girare la testa.
«Test? Rischiare? Potrei svenire di
nuovo?». Mi domando se il mio modo di
parlare rispecchi la confusione dei miei
pensieri. ..
«Non devi preoccuparti di nulla. Mi
prenderò cura di te in tutto e per tutto, te
lo giuro».
«Jeremy, mi stai facendo paura, e poi
mi tratti come una bambina. Di che
parli?».
Si china su di me e mi dà un leggero
bacio sulle labbra.
«Sei stata meravigliosa, perfetta. Il
risultato del nostro esperimento, la tua
connettività neurale… be’, diciamo
soltanto che si è aperta una nuova strada
nella ricerca per quanto riguarda il
sistema limbico». Fa scorrere le dita tra i
miei seni e con dolcezza traccia un
cerchio intorno all’ombelico, in un
movimento lento. Prosegue più in basso e
scivola con delicatezza tra le gambe, in
modo da ..non toccare il tubo, e mi
massaggia le parti intime con un tocco
leggero, magico.
Le sue dita, le sue parole, risvegliano
un fremito nel profondo di me. Il piacere è
intenso mentre lui si avvicina più deciso,
avanza in ondate implacabili mentre la
mia mente cerca di restare cosciente e io
mi abbandono a tremiti deliziosi che si
diffondono per tutto il corpo.
È come se avesse un telecomando che
opera direttamente sul mio clitoride. Non
capisco perché reagisco in modo tanto
immediato al suo tocco. Mi distrae del
tutto e non gli chiedo più cosa succede. La
flebo, il catetere, l’infermiera… sono
intorno a me, ma non significano più
niente.
Torno alla realtà non appena stacca le
mani da me
e passa all’infermiera un
..
piccolo campione di qualcosa; lei
sparisce
subito
dalla
stanza.
All’improvviso è come se volessi
arrendermi. Non voglio più combattere;
Jeremy può fare quello che vuole. Il
sollievo della resa quasi mi travolge.
Cerco di distogliere lo sguardo dal suo,
così intenso, e alla fine chiudo gli occhi,
mentre sento grosse lacrime calde
scorrermi lungo le guance.
«Sei emotiva, Alex, mi dispiace. Hai
sopportato molto. Troppo, per certi
aspetti. Ne stai pagando il prezzo. Ti
assicuro che ti spiegherò ogni cosa, è un
tuo diritto. Hai solo bisogno di un po’ di
riposo. Lascia che mi prenda cura di te».
Non riesco a dire nulla. Chiudo gli
occhi, abbandonandomi di nuovo
all’oscurità .. contro cui lottavo solo
qualche ora fa, mentre le lacrime
continuano a scorrere silenziose. Sento gli
occhi di Jeremy che mi sondano, per
scoprire i punti deboli nascosti sotto la
superficie del mio corpo e della mia
mente. Non ho alcun posto dove andare,
nessuno strato sotto cui nascondermi e so
che non voglio mai più nascondermi da
lui. Amo l’idea che quest’uomo possa
conoscere intimamente tutti i miei più
segreti recessi, ancora di più perché sono
così grezzi, così esposti. Voglio che lui
possa esplorarmi, sperimentare con me
secondo i suoi desideri, quando vuole.
Non mi sono mai sentita così potente
eppure così bisognosa di sentire il suo
potere che mi sovrasta. Sono così
orgogliosa che, per un motivo o per
l’altro, abbia
.. scelto di portare proprio me
in questo viaggio, mentre sono distesa qui
nuda, completamente scoperta accanto a
lui.
Jeremy mi passa le braccia intorno alle
spalle, evitando con attenzione la flebo, e
mi culla tenendomi stretta al suo petto.
Non vorrei essere da nessun’altra parte,
ma solo tra le sue braccia. Mi sento come
una bambina piccola e bisognosa d’affetto
mentre mi tiene così. Sono paralizzata,
mentre le lacrime continuano a scorrere.
Lui me le asciuga teneramente,
baciandomi le palpebre con dolcezza, fino
a placarle.
All’improvviso mi sento più stanca che
mai, più che se avessi avuto un parto
lunghissimo. Non avrei mai pensato che
vedere i suoi occhi, il suo viso, mi
avrebbe provocato
una simile reazione
..
emotiva. Ha detto che voleva
dischiudermi come i petali di un bocciolo
di rosa, fare in modo che sperimentassi
qualcosa di mai provato prima, e ha
mantenuto la promessa. Ha visto parti di
me – fisiche ed emotive – che forse io
stessa non avevo mai conosciuto. Non
resta più nulla, nessun desiderio di
contrastarlo, nessun bisogno di cercare
altra comprensione, nessuna paura. So e
capisco che, anche se mi ha spinta oltre
limiti che mi ero imposta, ci sarà sempre
lui a proteggermi, con tutto il cuore. È
sempre stato così, e così sempre sarà. Mi
abbandono completamente a lui. Perché
nelle profondità della mia psiche so che
qualsiasi cosa sia successa o succederà,
tutto questo ormai è fuori dal mio
controllo; e ..per qualche strano motivo tale
consapevolezza mi dà un immenso senso
di libertà, proprio come mi aveva
predetto lui.
Non so dire quante volte mi assopisco e
mi sveglio, né quanto tempo trascorro in
questo stato. Ho un vago ricordo di
Jeremy che entra ed esce dalla stanza, mi
controlla e ricontrolla. Non ricordo il
momento in cui mi vengono tolti flebo e
catetere, e ne sono felice. Non so se sia
giorno o notte, meno che mai ho idea di
che ore possano essere. Sento ancora
addosso una fatica incredibile, ma a ogni
risveglio mi si schiariscono di più le idee,
ed è un gran sollievo.
***
Apro gli occhi e gli sorrido: è disteso
accanto a me.
..
«Sei sveglia, bentornata!», mi dice
ricambiando il sorriso. «Tesoro, devo
farti girare per prendermi cura del tuo
splendido posteriore». Accende una luce
in una stanza altrimenti immersa
nell’oscurità.
«Oh, ricominci a fare il dottore… no, ti
prego», mugolo in segno di protesta.
«Resta ferma. Potresti essere ancora un
po’ infiammata, ma guarirà in un lampo».
«Ho scelta?», rispondo, sollevando un
sopracciglio.
«Assolutamente no. Sono molto felice
che alla fine tu abbia capito».
Non ci sono infiammazioni, ma solo un
po’ di indolenzimento, e non posso fare a
meno di pensare che stia un po’
esagerando. Mentre sono sdraiata e lui si
occupa del .. mio fondoschiena, sento un
gorgoglio provenire dallo stomaco. Mi
accorgo di avere una fame terribile, ed è
senza dubbio un buon segno.
«Aspetta ancora un attimo. Devo fare
un ultimo prelievo di sangue e poi potrai
mangiare».
«Ultimo? Quanti ne hai fatti?»
«Questo sarà il quarto».
Allunga una mano verso l’attrezzatura e
fa dei preparativi, poi mi fascia il braccio
e con un dito cerca la vena. Quasi non
sento la puntura leggera, ma distolgo lo
sguardo mentre lui continua a parlare.
«Sai che hai un gruppo sanguigno
speciale, Alexa? AB è il sangue più
complesso dal punto di vista biologico.
Ha meno di cento anni ed è più o meno un
mistero evolutivo. Solo il tre per cento
circa della popolazione
ha il gruppo AB, il
..
che ti rende incredibilmente unica, ma
questo di te lo sapevo già», aggiunge
strizzandomi l’occhio. «Poco tempo fa ho
assistito a una lezione sulle sue
caratteristiche, che interessano sia medici
che scienziati, data la sua natura articolata
e spiazzante. È un vero enigma».
Sembra molto concentrato.
«Mmm, che fortuna, il mio gruppo
sanguigno è un enigma e ha le mie stesse
iniziali: che coincidenza!». Per fortuna mi
toglie l’ago prima che mi agiti troppo, e il
suo monologo mi ha distratta a sufficienza
da quel che faceva. Mi appoggia subito un
batuffolo di cotone sul foro e mi fascia il
braccio. Scuoto la testa, sconfitta.
«Insomma, stai imbottigliando il mio
sangue per la sua unicità?», gli chiedo
quando mi .. accorgo di quante fiale ha
riempito. Non c’è da stupirsi se mi
sentivo debole. L’infermiera porta via le
fialette con grande efficienza e lascia la
stanza.
«Alcune delle ricerche che abbiamo
condotto Ed e io riguardavano la “novità”
del gruppo AB nella specie umana e le sue
caratteristiche specifiche, e abbiamo
sviluppato alcune ipotesi interessanti. Il
tuo apporto in questo esperimento ci ha
permesso di trovare conferma del fatto
che il sangue AB offre risultati affascinanti
nelle donne anglosassoni – e dunque nelle
società in cui la depressione ha una
diffusione endemica; tali risultati sono
ancor più marcati se il soggetto ha portato
a termine una gravidanza ed è in pre-
menopausa, come te. È per questo che
dobbiamo tenere
sotto controllo i tuoi
..
livelli ormonali e metterli in relazione con
i fluidi secreti durante i tuoi orgasmi».
Proprio quando pensavo che non
potesse più stupirmi, ecco che lo fa di
nuovo. È fantascienza o realtà?
«È quello che hai dato all’infermiera,
prima?»
«Esatto. I risultati che abbiamo ottenuto
in questo weekend sono stati decisivi, più
di quanto ci aspettassimo: siamo solo a un
passo dal completare la formula che
cerchiamo. Abbiamo analizzato il rilascio
di ormoni nel flusso sanguigno e
l’abbiamo comparato con le secrezioni
delle tue ghiandole di Skene durante
l’orgasmo. Abbiamo così trovato
conferma di una produzione spontanea di
serotonina che stimola il sistema nervoso.
È molto più
.. di quanto ci aspettassimo.
Ora che possiamo continuare a monitorare
i tuoi livelli ormonali e l’attività sessuale
nel suo svolgimento, possiamo testare e
concludere la formula che finora non
riuscivamo a mettere a punto».
Si tratta di una scoperta affascinante,
ma al tempo stesso inquietante, dato il mio
coinvolgimento in prima persona.
Nessuno
porta
avanti
ricerche
all’avanguardia quanto Jeremy! Mi
concede un momento per assimilare le sue
parole, e dopo un po’ capisco.
«Ho fatto avverare il tuo desiderio più
grande, Jeremy. Sono ufficialmente la tua
cavia umana». Non so perché questo
pensiero continui a sconvolgermi, dopo
tanti anni. A pensarci bene era così
evidente.
«Tesoro, ..sai che sei molto di più».
«Dal giorno in cui ci siamo conosciuti
sono diventata il tuo esperimento
vivente… esami del sangue, iniezioni,
fasciature e gessi. Che cosa è cambiato?
Niente. Continui a fare sempre le stesse
cose, solo che adesso siamo più grandi,
abbiamo più responsabilità ed è evidente
che tu hai anche molti più soldi, potere, e
la possibilità di accedere a risorse
enormi, rispetto ai tempi dell’università.
E questo ha alzato la posta sui rischi che
sei disposto a correre e che io stessa sto
decidendo se correre o meno, santo cielo.
Ma io sono una madre, Jeremy!». È strano
che abbia avuto questa illuminazione così
all’improvviso.
«Oh, andiamo, Alex, ti piace, ti è
sempre piaciuto». Si rannicchia accanto a
me con quegli
occhioni da cagnolino, mi
..
bacia e mi coccola. Cerco di spingerlo
via, ma senza muovere il braccio per non
rischiare di sanguinare sulle lenzuola
bianche. «E poi da quando in qua il fatto
di essere madre ti impedisce di vivere la
sessualità?».
Jeremy e le sue domande spiazzanti:
come diavolo devo rispondergli? Cerco
di formulare una frase pungente, ma il mio
stomaco lancia un grido di battaglia. La
scusa perfetta per cambiare argomento.
«Sarei pronta a spazzolare un
hamburger intero e un bel piatto di
patatine. Potresti farli apparire per
magia?»
«Sono sicuro che potrei organizzarlo,
però ti aspetta un’ottima zuppa di verdure
fresche. È quasi pronta».
«Forse non
ci stiamo capendo. Ho
..
bisogno di grassi saturi, dico sul serio».
Comincia a mettere via l’attrezzatura
medica. «Comunque il fatto che ti sia
tornato l’appetito è un ottimo segno. È
passato un po’ di tempo».
«Jeremy, non è giusto, dopo tutto quel
che mi hai fatto».
Con gli occhi cerco un telefono ma non
ne vedo, così provo a scivolare verso il
bordo del letto. Ma lui mi riporta al mio
posto trascinandomi per le caviglie.
«Non ci pensare nemmeno, AB, devi
restare qui. Dico sul serio: non voglio che
tu scenda dal letto. Se ti muovi, giuro che
ti lego». Mi accorgo di avere ancora le
cinghie ai polsi e alle caviglie: quindi è
una minaccia attuabile, proprio come
prima.
«Non mi ..verrai a dire che hai il diritto
di legarmi al letto?».
Mi scocca uno sguardo che mi ricorda
quei film sugli psicotici nei quali lo
psichiatra pazzo riesce a imprigionare
pazienti innocenti, il tutto teoricamente
per il loro bene. Dio, non può essere così,
giusto? Davvero diamo ai medici tanto
potere? Mi sorride per farmi capire che
sta scherzando, almeno su quest’ultimo
punto.
«Okay, starò ferma, ma quando mi
toglierai queste?»
«Dopo che avrai mangiato tutta la
zuppa».
«Non sono una bambina, Jeremy!».
«Ti assicuro che lo so benissimo,
Alexandra. Il tuo corpo ha bisogno di
alimenti sani per guarire del tutto».
Obbediente,
mangio tutta la zuppa che
..
insiste per farmi mandare giù, fino
all’ultima goccia.
«Allora?», chiedo quando ho finito.
«Vedrò cosa posso fare».
***
Sono felice, appagata, e ho le idee più
chiare rispetto a quando sono arrivata,
venerdì pomeriggio. Appoggio la testa sul
petto di Jeremy. Anche lui sembra più
tranquillo, più a suo agio di prima.
D’istinto mi accarezza i capelli e il viso.
Ha sempre dato enorme importanza al
tatto, e adoro questa sua caratteristica.
«Sono così felice di non aver dovuto
parlare davanti alla commissione. Non ci
sarei mai riuscita».
«Mmh… Devo ammettere che hai molti
motivi per
essermi riconoscente»,
..
scherza. «Alex, mi hai fatto preoccupare
in certi momenti, sul serio. Ti ci vorrà un
po’ più di qualche giorno per riprenderti,
quindi non ti lascerò andar via fino alla
fine della settimana».
«Sai che non posso restare qui, anche
se tenermi prigioniera sembra renderti
così felice. Ho anche altri impegni, oltre i
tuoi progetti».
«Tesoro, non hai impegni per questa
settimana, se non farti coccolare da me. E
sai bene quanto prendo sul serio il mio
lavoro».
Sollevo la testa e lo guardo negli occhi,
sperando di riuscire a decifrare le sue
parole e capire quanto sono sincere. «Non
stai scherzando».
«Per niente. Sei la mia unica e sola
responsabilità
fin quando non ti
..
riaccompagnerò all’aereo che ti riporterà
a Hobart».
«Ma non puoi! Non c’entri nulla con le
mie conferenze. Passi la storia della
commissione, ma ci sono altre…».
«E invece c’entro, eccome. Sarai mia
per il resto della settimana. Punto.
Prometto che non mi intrometterò nel tuo
lavoro in nessun modo, maniera o forma,
anche se d’altra parte ormai in un certo
senso lavori per me, comunque». Sembra
molto compiaciuto mentre lo dice.
«L’intero evento è stato organizzato con
grande cura su innumerevoli livelli, con
finanziamenti illimitati. Capisci cosa sto
cercando di dirti? Il nostro incontro di
venerdì non è stato casuale, Alex. È stato
pianificato
per
mesi.
Abbiamo
sovvenzionato
la caccia alla tigre della
..
Tasmania per i tuoi figli quando rischiava
di essere annullata e abbiamo
sponsorizzato le tue ultime ricerche e il
finto ciclo di conferenze di questa
settimana».
Comincio a capire che questo fine
settimana è stato molto più di quanto mi
fosse sembrato all’inizio. Sono una pedina
nel grande gioco della vita di Jeremy.
«Ma perché?»
«Il mio mondo non è completo, senza di
te». Quelle parole mi colpiscono dritta al
cuore, come una freccia di Cupido, e mi
lasciano senza fiato. «Ecco, penso che
queste possiamo toglierle. Hanno fatto il
loro lavoro». Solleva una specie di
bastoncino magnetico dal comodino e lo
fa scivolare lentamente lungo la chiusura
delle cinghie
di pelle, aprendole. Ecco
..
perché non potevo togliermele. Devo
avere un’espressione sconvolta, perché mi
dà altre spiegazioni. «Erano chiuse con un
magnete: occorre questo strumento per
rimuoverle. Avevano anche lo scopo di
monitorare le tue pulsazioni». Adesso è
davvero compiaciuto.
«Una tua invenzione?», chiedo.
«Purtroppo no, ma come sai lavoro con
menti elette». Che speranze ho mai avuto?
L’assenza delle cinghie a polsi e caviglie
mi dà uno strano senso di mancanza, come
se avessi perso qualcosa di importante.
«Sono molto felice che cominci a
sentirti meglio, ma è fondamentale che
adesso resti a letto e ti riposi. Avremo
tutto il tempo per parlare». Anche se il
tono è gentile, lo sento risoluto e
inflessibile... Jeremy si assicura che sia
comoda sotto la trapunta, mi dà un bacio
sulla fronte ed esce dalla stanza, di nuovo
buia, chiudendo la porta. Mi addormento
in pochi minuti.
Parte settima
..
I nostri occhi non riescono a
vedere ciò che ci guarda dritto in
faccia, fin quando arriva l’ora in cui
la mente è pronta; è allora che
vediamo, e quando succede non è
come un sogno.
Ralph Waldo Emerson
Jeremy non è con me quando riapro gli
occhi, ma con mio grande sollievo noto
che la porta della stanza è aperta. Mi
sembra che non ci siano i miei vestiti,
così prendo il lenzuolo e me lo avvolgo
intorno al corpo.
La luce che filtra dalla
..
porta mi acceca per un attimo, così
aspetto di abituarmi al chiarore che mi è
stato negato per qualche tempo.
Attraversare la soglia mi fa sentire
improvvisamente a disagio, come se stessi
varcando il confine di un altro mondo. Mi
accorgo che non è una seconda stanza
dell’albergo. Per qualche motivo avevo
pensato che fossimo tornati all’Hotel
Intercontinental e che Jeremy avesse avuto
l’accortezza di attrezzare come un
ospedale una stanza diversa dalla suite
principale.
Sorpresa dalla scoperta, d’istinto mi
stringo il lenzuolo addosso e faccio un
passo esitante in quell’ambiente
sconosciuto.
«Oh, sei sveglia. Ho appena fatto del tè
verde».
..
Mi guarda e subito appoggia le tazze
sul bancone. Il mio sguardo resta
sconvolto nonostante gli occhiali da sole
che Jeremy afferra e mi mette sul naso in
un lampo, forse per non espormi
all’intensità della luce che mi circonda.
Lo fisso, completamente senza parole,
mentre avanzo in quello spazio immenso,
con il lenzuolo che scivola sul pavimento
dietro di me.
I colori investono i miei occhi e sono
sopraffatta dall’azzurro del cielo senza
nuvole, dal verde dell’immensa foresta
rigogliosa e dalla più totale assenza di
ogni traccia di civiltà. Le altezze
incredibili delle montagne creano uno
sfondo impressionante per le acque
limpidissime che scintillano oltre la
sabbia di ..un bianco luminoso. Passo
qualche istante a sbattere le palpebre e
abbracciare il panorama, prima di
proseguire nella mia esplorazione
silenziosa, incapace di parlare. I miei
occhi scorrono su un ponte enorme e si
posano su una vasca termale che sembra
racchiusa nell’orizzonte. C’è una cucina
grande e moderna che si apre su un
salotto-sala da pranzo quasi formale,
completo di camino ultramoderno sospeso
al centro della stanza e circondato dal
salone più gigantesco che abbia mai visto.
Le mie gambe incerte mi consentono di
avanzare zigzagando nella stanza
sopraelevata,
mentre
cerco
di
comprendere questo ambiente enorme,
impossibile.
Come? Quando? Dove?
Tutto mi ..sembra di forma circolare: è
uno spettacolo unico. Jeremy resta
immobile e mi lascia continuare
l’esplorazione. Proseguo lungo un
corridoio e apro una porta doppia che
conduce a quella che evidentemente è la
camera da letto principale. Anche questa è
rotonda, racchiusa da pannelli di vetro, e
si estende sotto l’intreccio della foresta. È
una casa sull’albero, ma sfarzosa e
sofisticata. Al centro della stanza c’è un
letto enorme, anch’esso circolare, il cui
bordo ha un’imbottitura che deve essere
stata fatta su misura e decorata con
preziosi fili d’oro.
L’arredamento e i colori della stanza si
armonizzano alla perfezione con
l’ambiente circostante; l’unico contrasto
deciso è la presenza di un immenso mazzo
di rose rosse,
.. quasi tutte in piena fioritura.
Proprio come mi aveva promesso Jeremy.
La loro bellezza mi toglie il fiato. Sento
salire le lacrime agli occhi mentre il
cuore mi si gonfia d’emozione di fronte
all’enormità di quanto ho scoperto
insieme a lui. Devo dire che non ho mai
provato nulla del genere in tutta la mia
vita. Mi muovo in silenzio, esaminando
tutto da ogni punto di vista. Cerco di
nuovo un segno del passaggio dell’uomo.
Niente. Siamo solo noi e la natura. La
bellezza che mi circonda rischia di
sopraffarmi; non posso fare a meno di
chiedermi… Dove potremmo mai essere?
Mi gira un po’ la testa: ormai sono in
piedi da diversi minuti. Mi siedo sul
bordo di una poltrona color sabbia
talmente morbida da sembrare un
marshmallow,
spiazzata da questo luogo
..
inimmaginabile. Jeremy entra nella stanza
con un sorriso stampato in volto, si
avvicina e mi abbraccia da dietro.
«Vedi, ho detto che saresti stata mia per
tutta la settimana».
Ci metto un po’ per far uscire le parole.
«Jeremy, dove siamo?»
«Ad Avalon. Dove nessuno ci
disturberà e io potrò prendermi cura di te
in modo assoluto».
«Ma dov’è Avalon?»
«Purtroppo questo non posso dirtelo,
ma come puoi vedere non andrai da
nessuna parte finché non ti sarai ristabilita
del tutto».
Non so cosa dire e non capisco come
mi sento. Se penso a quando mi ha preso
il telefono, facendomi sentire scollegata
dal mondo…
.. è stato niente in confronto a
questo!
Ora che sto meglio, Jeremy suggerisce
di trasferirci in questa stanza e si
allontana per organizzare lo spostamento.
Molto perplessa, mi lascio ricadere al
centro di questo strano letto rotondo,
sentendomi ancora una volta sopraffatta
dalla situazione surreale in cui sono finita.
Quando torna, Jeremy è a torso nudo con
un asciugamano avvolto morbidamente
intorno ai fianchi. Un segnale molto
incoraggiante, mi dico mentre mi sorride e
mi accarezza il viso. Mi basta uno
sguardo al suo torace muscoloso per
cominciare a pregare che non sia un
sogno.
«Perché non lasci il lenzuolo, prendi
questo e vieni con me nella vasca
calda?». Mi.. porge un asciugamano e me
lo avvolgo intorno al corpo, fermandolo
sotto le braccia. Jeremy mi prende in
braccio e attraversiamo il salone, usciamo
dalle imponenti porte di vetro e ci
ritroviamo in terrazza.
Questo posto è incredibile. Penso di
essere sotto shock: non faccio che fissare
rapita il panorama mozzafiato. Jeremy mi
toglie di dosso l’asciugamano e lascia
cadere a terra il suo, e i nostri corpi nudi
si immergono insieme nell’acqua tutta per
noi. Emana un calore magnifico, anche se
sento un leggero bruciore alle natiche
quando toccano la superficie. Sussulto.
Lui se ne accorge subito.
«Provi dolore? Mi sento malissimo
all’idea che tu soffra. Se vuoi posso darti
qualcosa».
«No, no, ..va bene così. È tutto a posto,
non mi servono medicine, davvero». Mi
lascio
sommergere
completamente
dall’acqua. «Solo che è sconvolgente,
perché ancora non sono riuscita a
comprendere tutto ciò che è successo,
eppure l’intensità di quel che ho provato
mi invade di nuovo, nel corpo… ed è così
strano».
Faccio dei respiri profondi e chiudo gli
occhi mentre i pensieri e le sensazioni
fluiscono nella mia mente, ma sono troppi,
e troppo veloci. Riapro subito le palpebre
per interrompere il flusso. Mi chiedo se
sia così a causa della mia cecità durante
l’esperienza.
«Perché, Jeremy? Perché hai scelto
proprio me? È stato solo per il gruppo
sanguigno e il mio profilo come donna?».
Lo guardo .. dritto negli occhi: vorrei
scrutare fin dentro la sua anima, ma poi
distolgo lo sguardo prima di perdermi in
quegli abissi. Lui resta in silenzio per
qualche momento, accarezzandomi con
incredibile delicatezza e attenzione, come
se fossi di cristallo.
«Non sarebbe potuto essere nessun
altro». Poche parole, ma dense di
significato. Cerco di interpretarne
l’intensità.
«Ma le frustate… o quello che
erano…?». Faccio fatica ad articolare le
parole e a pronunciarle a voce alta,
eppure il solo pensiero smuove qualcosa
nelle profondità della carne e un calore mi
invade dall’interno. Dio, che speranze ho
se il solo ricordo mi provoca questa
reazione?
«Sei stata.. sensazionale, ho dovuto fare
appello a tutta la mia forza di volontà per
non prenderti lì, davanti a tutti».
«Non ho mai avuto tanta paura in vita
mia, Jeremy. Non avevo idea di cosa
stesse succedendo, di cosa stesse per
accadere, poi… non posso credere che lo
sto dicendo, ma tutta l’esperienza è stata
letteralmente incredibile. Perfino quando
venivo punita per le domande fatte. Ma
cosa significava?»
«Era importante che tu avessi la
certezza che le conseguenze erano reali e
tangibili, in modo che il terrore fosse
autentico e rilasciasse gli ormoni
corrispondenti, senza però arrivare a una
situazione estrema».
«Se quella non era estrema… non ho
mai provato emozioni più potenti,
imprevedibili,
sentimenti
più
..
incredibili…». Sento la pressione
sanguigna aumentare e un’energia grezza
che mi pulsa nelle vene.
«Ho dovuto forzare i tuoi confini,
questo lo sai già. Sapevo che potevi
farcela, e sapevo che in fondo lo
desideravi più di quanto fossi disposta a
credere. Quindi dimmi, è valsa la pena di
provare dolore in cambio del piacere?».
Anche stavolta le sue parole innescano
ondate dentro di me. Sono le sensazioni
più strane che abbia mai provato.
Somigliano a un interruttore che fa svanire
all’istante rimorsi, rabbia, dolore. Un
flusso di onde avvolgenti, calde,
orgasmiche mi attraversa, accendendomi
di pura sensualità.
«Oh… Alex, è incredibile, sul serio. La
risposta è più
.. che evidente».
Mi trasporta con sé nell’acqua
tenendomi tra le gambe. È inutile cercare
di discutere con lui, fingere che tutto
questo non stia succedendo, così chiudo
gli occhi e mi lascio trascinare dal ritmo
che mi fa ondeggiare i lombi.
«A ogni colpo che ricevevi diventavi
sempre più umida, morbida, avida. Era
come se il tuo corpo non desiderasse
altro. Tesoro, grondavi di desiderio. Io ti
ho esaminata, monitorata, facendo in
modo che restassi fisicamente integra per
tutto il tempo. I dati che abbiamo raccolto
dalla prospettiva del piacere e della paura
hanno dimostrato di avere una
correlazione maggiore di quanto ci
aspettassimo…». La reazione del mio
corpo lo distrae. La sensazione del
ricordo è immediata
e vivida. Quelle dita
..
che sondavano dentro di me, mentre io
non sapevo quando sarebbero tornate o
per quanto tempo, e mi ritrovavo a
sperare che non se ne andassero mai.
«Dio, Alex, è pazzesco: posso dire di
avvertire la tua reazione mentre ne
parliamo. Non vedo l’ora di mostrarti i
risultati nel dettaglio; si sono aperti
orizzonti inattesi. Averti da entrambi i lati
del processo di sperimentazione è stato un
vero colpo di genio, e sono così ammirato
dal modo in cui ti sei abbandonata. Ho
molto di cui ringraziarti. So che non è
stato facile prendere una decisione del
genere».
Significa molto per me sentirgli
riconoscere apertamente questa verità.
«Devo ancora smaltirlo. Non avevo
idea che sarei
.. stata così coinvolta».
«Sono felice che tu stia finalmente
cominciando a conoscere la donna che
amo». Come faceva a sapere tutte queste
cose di me, prima di me? «Proprio mentre
parliamo, stanno stilando una lettera con
cui sarai invitata a diventare un membro
esclusivo del team che si occupa del
nucleo della nostra ricerca, e questo
grazie alle tue capacità e alla tua
esperienza. La tua collaborazione è
essenziale per il successo, adesso più che
mai, dato che stiamo per passare alla fase
successiva».
Non so cosa rispondere. Ho accettato
di essere coinvolta nella ricerca e di
partecipare in modo attivo alla
sperimentazione. Ho vissuto ciò che non
avrei creduto possibile e ne sono uscita
indenne, anche
se non mi ero mai sentita
..
così degradata e appagata al tempo stesso.
Come avviene tutto ciò nella nostra
mente? Come ho potuto provare un
piacere così puro, incontaminato, in
circostanze tanto estreme?
Sono ben più che sopravvissuta: mi è
piaciuto. Lo rifarei? Nella giusta
situazione, senza dubbio. Voglio
conoscere le risposte a tutte queste
domande? Ora più che mai! Jeremy mi
massaggia le spalle come a voler
cancellare ogni preoccupazione e io mi
lascio confortare da quei momenti di
silenzio tra noi. Alla fine mi solleva, con
una delicatezza senza pari, mi fa uscire
dalla vasca e mi asciuga con grande cura;
poi ci distendiamo sulle poltrone,
godendo del calore del sole sulla pelle.
«Avresti ..mai creduto che il tuo corpo
fosse in grado di provare ciò che ha
provato in quelle quarantotto ore? Te lo
saresti mai sognato?». Il ricordo di
euforici orgasmi multipli è ancora
palpabile e Jeremy mi abbraccia, mentre
il piacere torna a invadermi e minaccia di
annientarmi di nuovo. Per fortuna sono già
sdraiata. È impossibile provare altro che
una soddisfazione pari alla sua quando il
mio corpo viene invaso da quelle ondate
di godimento che tornano insieme con la
memoria. «Descrivimi cosa ti sta
succedendo».
Quando riesco di nuovo a respirare con
regolarità, cerco di spiegargli quella
strana sensazione. «I ricordi sono così
forti e intensi da sopraffarmi anche dal
punto di vista fisico. Mentre tu parli, il
mio corpo ..reagisce all’istante». Jeremy
resta in silenzio, aspetta paziente che
continui. Mi dico che probabilmente sa
già tutto comunque, quindi decido di
andare avanti. «Ho avuto questa
incredibile fantasia che è… molto reale,
per così dire. Davvero incredibile. C’è
stato un momento, un momento di
un’intensità impressionante, in cui ero
come in estasi, e mi sembrava di sentire
lingue dappertutto… non riuscivo a
distinguerle…». Mi vergogno a dirlo a
voce alta, nonostante tutto ciò che
abbiamo passato insieme. «Erano
ovunque, mi penetravano, sondavano le
mie parti più intime. Non so bene come
descriverlo, era così potente, intenso…».
Lo guardo nervosa mentre lui studia il mio
viso e analizza ogni mia parola. «Non ne
ho memoria,.. ho impresse solo la forza e la
concentrazione delle sensazioni. Sovrasta
il mio pensiero cosciente. Non so come
faccia un ricordo a innescare una risposta
del genere, Jeremy. È davvero possibile?
E se non lo è, cosa mi sta succedendo?».
Lo guardo in cerca di risposte. Lui resta in
silenzio per un momento.
«Non è stata una fantasia, Alexa. Era
tutto molto reale». Un’eccitazione
primordiale mi fa inarcare la schiena nel
sentirlo dire. Avvampo dalla testa ai
piedi, in profondità, e il basso ventre
comincia a pulsare. «Dal momento che
abbiamo escluso tutti gli altri sensi, ti è
rimasto solo il tatto, finché non ti abbiamo
ridato l’udito. I tuoi processi cognitivi
stanno collegando l’intensità dei tuoi
sentimenti con il tuo essere fisico. In altre
parole si sono
legati dal punto di vista
..
neurologico, ed è per questo che corpo e
mente reagiscono con tanta forza a precisi
ricordi o a ciò che fa emergere i ricordi.
Ed è esattamente ciò che speravamo, a
dire il vero, anzi, molto di più. È questa la
parte critica della nostra ricerca, i
territori inesplorati, per così dire. Con le
tue competenze nel campo della
psicologia, unite all’esperienza che hai
provato sulla tua pelle, finiremo per
scoprire sulla sessualità femminile più di
quanto sia mai stato fatto prima, e meno
che mai pubblicato».
Sono stupefatta; la conversazione con
Samuel e i suoi eccellenti ricercatori si
riaffaccia alla coscienza. Di certo sarà
entusiasta dei risultati. Ma all’improvviso
un pensiero mi angoscia.
«Jeremy, ..Sam non era presente, vero?»
«No, Alex, non c’era. Non ti avrei mai
fatto una cosa del genere. C’erano solo un
paio di miei colleghi e alcune persone che
ci servivano per realizzare la tua “fantasia
reale”».
«Grazie a Dio». È un sollievo. Il mio
sedere sopporta di essere messo in mostra
solo in forma anonima.
«Però gli ho inviato i risultati e non
vedo l’ora di discuterli con lui. Se tutto va
come deve, riusciremo a sintetizzare una
medicina per la depressione che il
mercato non ha mai visto prima, priva
degli effetti collaterali a volte terrificanti
di ciò che è in commercio al momento, e
otterremo un successo immenso dando
affidabilità al paziente».
«Sul serio ci siete arrivati così vicini
grazie a quello
che ho fatto io?»
..
«Sei fondamentale, amore mio. Il cuore
pulsante di ciò che speriamo di ottenere».
«Non riesco a credere che dopo tutti
questi anni lavoreremo insieme. Chi
l’avrebbe mai immaginato? Dimmi, qual è
esattamente il tipo di ruolo che vorresti
affidarmi in futuro?»
«Te lo spiegherò più tardi, dottoressa
Blake. Prima dovrai firmare una quantità
di documenti».
***
Quando scende la sera, Jeremy accende
un fuoco nel caminetto sospeso e mi fa
distendere sul divano. Mentre prepara la
cena, pretende che io non faccia nulla.
Assolutamente nulla. Con mia grande
sorpresa e gioia, mi porta un bicchiere di
Puoilly Fumé,
il mio vino francese
..
preferito, a temperatura perfetta. Sono
ancora impressionata dall’ambiente
circostante, e posso solo immaginare che
ci
troviamo da qualche parte
nell’emisfero australe, a giudicare dalle
stelle che stanno sorgendo. Non so come
sono arrivata qui, non so che giorno è né
che ore siano, Jeremy non ha mai
menzionato il mio telefono o la sua attuale
collocazione e io non mi sono presa la
briga di chiedere. Ho l’impressione che il
dottor Quinn riterrebbe irrilevanti le
risposte alle mie tante domande, così le
lascio scivolare via insieme al giorno che
muore in fretta.
Dopo una cena deliziosa a base di
salmone grigliato e verdure asiatiche, ci
andiamo a rannicchiare insieme sul
divano alla
luce del fuoco e ci
..
dedichiamo a quella che sta diventando
un’abitudine in questi giorni: parlare.
Dopo quella faccenda del divieto di
fare domande, sono ancora titubante, ma
provo comunque.
«Posso chiederti una cosa?»
«Certo». È un sollievo sapere che non è
più un problema.
«Cosa sarebbe successo se avessi
risposto di no venerdì sera?»
«No all’idea di restare o alla cecità?»
«Entrambe, credo».
«Ti avrei convinta. Ci riesco sempre».
«Perché non sono mai capace di dirti di
no, Jeremy?»
«Vorresti?»
«A dire il vero non ne sono sicura… è
strano. Una parte di me lo desidera,
un’altra no... Non riesco a non pensare al
mio matrimonio, quindi non credo che
sarò a mio agio quando tornerò alla mia
solita routine, eppure sono anni che
Robert e io non stiamo più insieme da un
punto di vista sessuale».
«Davvero? Com’è possibile? Io fatico
a tenere a bada le mani per qualche
ora…». Mentre lo dice, mi accarezza una
gamba, risalendo fino alla coscia.
«Non lo so… ma dopo quel che è
successo qui non so se potrò tornare alla
mia vita asessuata. Prima non è mai stato
un problema, ma adesso… be’, diciamo
che mi sento come un vulcano inattivo
risvegliato da una potente attività
sismica».
«Mi stai definendo sismico, dottoressa
Blake?». Si sposta tra le mie gambe.
«Molto di.. più, dottor Quinn. Sul serio,
tu cosa pensi?». Gli impedisco di
muoversi oltre.
«Quando siamo insieme mi sembra
sempre
tutto
perfetto,
Alex,
indipendentemente dalla situazione in cui
ci troviamo, e adesso questa sensazione è
più forte che mai».
«Davvero? Ti prego, non dirmi che la
nostra presenza qui è solo in nome della
ricerca».
«No, non esattamente». Lo guardo
perplessa e aspetto che mi spieghi meglio.
«È solo che la nostra relazione ha radici
più profonde di qualsiasi altra. Va avanti
da più della metà delle nostre vite. È
come se fossi fatto per stare con te, come
se ci fosse sempre stato un collegamento,
e avessimo solo bisogno di scoprire il
modo per ritrovarci.
Abbiamo condiviso
..
così tanto che non potrei mai considerarlo
sbagliato. È difficile per me sentirmi in
colpa perché non mi interessa come la
“società” vede la nostra relazione. E dopo
quel che mi hai detto di Robert, posso
dire che sei sprecata con lui, e che io ti
desidero da morire. Come ti ho già
spiegato, non potrei immaginare la mia
vita senza di te, e la situazione attuale è la
ciliegina sulla torta». Mi stuzzica i
capezzoli mentre pronuncia queste ultime
parole, poi aggiunge: «Quando siamo
insieme, è dinamite pura. Sto cominciando
a capire che sono stato uno stupido a starti
lontano per così tanto tempo. Hai avuto i
figli che avevi sempre desiderato, e un
matrimonio che a quanto pare non è un
granché. Io ho la mia carriera, che finora è
sempre stata.. fondamentale, ma adesso sei
tu a essere fondamentale. Ti amo,
Alexandra. Ti ho sempre amata e non me
la sento di condividerti con un altro
ancora per molto. È una cosa su cui
dovrai riflettere nel prossimo futuro».
Mi ama e non vuole condividermi? La
sua ultima frase sembra un ordine che
dovrei eseguire. Sono sconvolta dalla sua
risposta così articolata, che per qualche
motivo ha su di me un effetto inatteso.
Prima che possa dire qualcosa, Jeremy mi
prende le mani.
«Lascia che ti chieda io una cosa.
Volevi stare con me questo fine
settimana? Ci avevi pensato, prima di
arrivare in albergo venerdì pomeriggio?».
Nervosa, sposto lo sguardo sulle mie mani
tremanti, poi trovo il coraggio di
incontrare ..i suoi occhi. A lui basta
guardarmi per capire. «Ecco. Per me è
stato lo stesso. Hai rimpianti?»
«Questa è una domanda molto difficile,
Jeremy».
«Andiamo, tesoro. Hai affrontato di
peggio, durante il weekend, ora non fare
la timida con me». Insiste per sapere cosa
penso, mi blocca le braccia in modo da
poter continuare liberamente a stuzzicarmi
i capezzoli, che al suo tocco reagiscono
gonfiandosi e inturgidendosi, poi
comincia a massaggiarmi i seni mentre io
continuo a prendere tempo.
«Forse avrei dovuto indossare un
reggiseno, stasera».
«Forse non dovresti indossare proprio
un bel niente, stasera». All’improvviso il
mio vestito scivola a terra accanto a noi.
«Ora smettila
di cambiare argomento e
..
rispondimi».
«Okay, okay, nessun rimpianto. È molto
difficile provarne quando si è sotto
l’effetto di un potente incantesimo del
dottor Quinn…». “Avrei dovuto dire
‘quasi impossibile’”, penso mentre
comincio a contorcermi sotto l’effetto del
suo tocco.
«Attività sismica, potenti incantesimi…
di che stiamo parlando?», mi chiede con
finta innocenza.
Continua a massaggiarmi e intanto i
baci leggeri con cui mi sfiora il collo si
fanno più insistenti. Le gambe mi si
allargano sotto il suo peso e sento il suo
desiderio premermi contro l’inguine.
«È che il mio corpo non perde
occasione per tradirmi, quando sono con
te, a dispetto.. di qualsiasi ragionamento. E
dovrò sbrigarmi a prendere il controllo di
tutto questo, soprattutto se dovremo
lavorare insieme».
«Tesoro, ti prego, promettimi che non è
una priorità nella lista delle cose da fare».
Mi mordicchia il lobo di un orecchio
mentre mi prende in braccio e mi porta in
camera da letto, lanciandomi con dolcezza
al centro del gigantesco letto rotondo.
«Non muoverti di un millimetro, torno
subito».
Obbedisco, mentre mi perdo in un
turbinio di pensieri lascivi. Grazie al
cielo sono già sdraiata. Jeremy torna con
un sorriso malizioso in volto, di sicuro ha
in mente qualcosa. Non c’è tempo per le
parole mentre le sue carezze mi esplorano
ancora, in profondità. Santo cielo, ci
risiamo! ..
«Quando sarà abbastanza?», sospiro.
«Con te mai, tesoro, ma puoi sempre
dirmi di no». Il suo sussurro roco nelle
orecchie mi manda su di giri, e lui sa bene
che per me non c’è scelta.
«Così potrai legarmi e farmi frustare
finché non cambio idea?»
«Mmm, qualcosa del genere…». Ride e
mi sposta, facendomi divaricare gambe e
braccia, e intanto continua ad
accarezzarmi e stuzzicarmi.
«Cerca di stare ferma, voglio provare
una cosa». Sento che mi inserisce
qualcosa di freddo nella vagina, non
troppo grande ma nemmeno piccolo; un
attimo dopo cominciano le vibrazioni,
prima lente, poi gradualmente più intense.
Non riesco a concentrarmi su nulla, sento
solo gli spasmi
che mi attraversano il
..
corpo. Sono bagnata di desiderio in un
attimo. Il mio corpo risponde all’istante al
ricordo del calore e delle vibrazioni che
ho sentito quando ero legata sulla
piattaforma. Le sensazioni arrivano così
in fretta. Come è possibile?
Jeremy sposta una mano in basso, mi fa
scivolare il pollice nell’ano e io mi
contraggo, aspettandomi il riflesso che lo
respingerà. Ma con mia grande sorpresa,
lo sento entrare con piacere, come se
fosse atteso. Santo cielo, che cosa mi ha
fatto per ottenere un effetto del genere? Fa
ruotare il pollice con dolcezza e trova un
particolare punto di pressione che
comincia
a
massaggiare
prima
delicatamente, poi con insistenza,
spingendo fino a farlo coincidere con la
vibrazione nella
vagina. Inspiro di colpo:
..
mi gira la testa e il corpo è scosso da
tremiti al ricordo delle ondate euforiche
già provate. Jeremy sembra molto più che
soddisfatto del risultato, e accoglie la mia
espressione stupita con un sorriso appena
accennato.
«Ti piace?»
«Sì». Non riesco a dire altro mentre il
mio corpo pulsa e le sue dita continuano a
esplorare, creando nuove sensazioni.
Sento una vampata di calore risalire lungo
l’ano e la vagina quando lui toglie
lentamente la mano e afferra un pacchetto
di preservativi, aprendone uno. Si mette
dietro di me, e si assicura che il
preservativo lo copra in tutta la sua
lunghezza. Non posso trattenermi dal
lanciare un’occhiata interrogativa dietro
di me, anche.. se la sua bellezza mi distrae.
«Sta’ tranquilla, tesoro, farò molto
piano».
Con la punta del suo pene lubrificato mi
entra nell’ano, lasciando che si adatti
prima di spingere per gradi, con
delicatezza, lasciandomi il tempo di
abituarmi alla sua presenza ingombrante
in uno spazio tanto ristretto. A ogni spinta
arriva un po’ più in profondità,
affermando una posizione su di me ma
senza perdere l’intensità che sta creando.
Continua senza fermarsi finché non mi ha
riempita completamente con il suo
membro, per il quale mi sembra di essere
stata fatta su misura, e intanto io ansimo,
esaltata. Non è mai stato così piacevole,
là dietro. Mi possiede in modo perfetto,
completo, totalizzante. Con l’altra mano
mi massaggia
.. il clitoride in modo sempre
più deciso e insistente, mentre comincio a
perdere la ragione.
Mi schiaccia contro il letto, facendomi
sfregare i capezzoli contro le lenzuola. Da
sopra ha il completo controllo del
desiderio che si agita dentro di me; sta
replicando la posizione dell’esperienza
precedente, ma senza le cinghie. Con le
dita mi porta sull’orlo dell’orgasmo, ma
si rifiuta di condurmi oltre e di accendere
la miccia lasciandomi esplodere. Oh, Dio!
Il mio ano è stracolmo di lui e il suo
membro continua a mandare scariche
elettriche che mi invadono tutta, e con mio
grande stupore sento che mi sto aprendo
ancora di più per accoglierlo più in
profondità, nei recessi inesplorati del mio
corpo. Grido, e non di dolore, ma per
l’intensità ..dell’amore che provo per
quest’uomo e per il puro, intensissimo
piacere che riesce a far nascere dentro di
me. Sono letteralmente zuppa di
desiderio, e mentre le sue dita completano
la stimolazione non riesco più a
trattenermi quando vengo lanciata oltre i
confini di mente e corpo. Continuo a
gridare senza tregua mentre il piacere
aumenta sempre di più, un’onda dopo
l’altra: è il puro istinto animale a dare
potenza alle mie grida gutturali. Jeremy si
sposta leggermente e tutto ricomincia.
Ancora e ancora. Ansimo e gemo a ogni
spinta dentro di me e di nuovo perdo
coscienza di me stessa. Vortico e ruoto in
un mondo di cui non sospettavo
l’esistenza prima di questo fine settimana,
risalgo nel mio universo orgasmico
inconscio appena
scoperto, satura di
..
energia sessuale. Farei qualsiasi cosa,
andrei ovunque per quest’uomo e per ciò
che sa fare al mio corpo.
Che cosa mi è successo? Sono
diventata una maniaca sessuale, ho
sviluppato una dipendenza? Non so
nemmeno trovare la parola giusta. Non
avrei mai immaginato che potesse esistere
un piacere simile. Come è possibile?
Come tanti altri, ho sentito parlare della
possibilità di avere orgasmi multipli,
certo, ma quel che ho provato io è
qualcosa
di
soprannaturale.
Ha
un’intensità talmente schiacciante che ne
resto sopraffatta per diverso tempo.
«È normale, naturale? È talmente
improvviso, incredibile…», chiedo
quando torno abbastanza in me e riprendo
coscienza .. di
dove
mi
trovo.
Dall’espressione di Jeremy, capisco che
lui è altrettanto stupito e affascinato. Mi
toglie piano il vibratore e lo sistema con
cura in un sacchetto di plastica. «Altre
analisi?»
«Altre analisi, altre scoperte, migliori
risultati, sai…».
«E tutto da incredibili sedute di sesso
fantastico: chi l’avrebbe mai detto?»
«Nemmeno io avrei mai pensato che
sarebbe stato così».
«Be’, sono molto felice di partecipare a
questi esperimenti, dottor Quinn».
«A chi lo dici, tesoro!».
Non ci diciamo molto altro per un po’,
persi come siamo nei nostri piccoli mondi
e troppo soddisfatti, del tutto a nostro agio
nel contatto tra i nostri corpi, le carezze,
l’eccitazione.
Le parole non servono
..
mentre prolunghiamo felici la nostra
esperienza, fatta di ondate di piacere e
scosse di assestamento.
«Dato che sei qui, è il momento di
mettere un altro po’ di unguento».
«Scherzi? Me l’hai messo da poco»,
protesto.
«E pensi sia ancora efficace, dopo le
nostre evoluzioni?», mi chiede con
sguardo perplesso.
Scuoto il capo senza rispondere.
«Ho giurato di prendermi cura di te, e
sai quanto sono preciso nel lavoro!».
Mi tiene ferme le natiche mentre
applica l’unguento. Lo guardo, lui mi fa
l’occhiolino e mi manda un bacio.
***
..
Jeremy tiene fede alla sua parola e
trascorre il resto della settimana a
coccolarmi. Mi nutre, mi fa il bagno, mi
visita, mi cura, mi stimola nel fisico e
nell’intelletto, mi distrugge emotivamente,
si assicura che dorma, mi spazzola i
capelli, mi massaggia, guarisce le mie
ferite e i lividi. Non prendo decisioni né
entro in contatto con il mondo esterno. È
come se esistesse solo Avalon. Sono al
sicuro, protetta dal bozzolo costruito con
tanta cura dal dottor Quinn. Non mi sono
mai sentita così in vita mia. Così
profondamente amata, così fragile, come
se avessi sempre avuto bisogno delle sue
attenzioni. Come ho fatto a vivere senza di
lui?
Continuiamo a parlare, ridere, giocare
e ricordare;.. sembra la nostra personale
interpretazione di una luna di miele. È
pura beatitudine. Solo che mi mancano
tanto Jordan ed Elizabeth, ed è dura
sapere che non li potrò sentire finché
saranno in campeggio. Non siamo mai
stati lontani per tanto tempo, ma anche se
fossi a casa non sarebbero comunque
ancora tornati, e questo mi aiuta a
sopportarlo. Accantono più che posso il
pensiero del discorso che dovrò fare a
Robert al mio ritorno. Probabilmente il
mondo è andato avanti come sempre, fuori
da questo posto, e io non esisto più nella
realtà, ma solo nell’isolamento di questa
casa sull’albero lussuosa e nell’amore e
le attenzioni di Jeremy.
«Vieni qui e fatti misurare la pressione.
Mi sembri più in forze del solito».
«Oh, no, ..ancora! Mi hai fatto così tanti
esami che potrei essere il caso più
analizzato della storia». Ma lui ignora la
mia protesta esagerata.
«Se è tornata nella norma, andremo in
spiaggia. È ottima, direi. Non mi stupisce
che tu abbia più energie. Perché non ti
vesti mentre io preparo il necessario per
un picnic? Nella cabina armadio c’è una
scatola dove troverai tutto quel che ti
serve».
Lo guardo dubbiosa. Prima di tutto mi
domando se sia serio, e in seconda battuta
che cosa abbia in mente stavolta.
«Vai a prepararti, prima che cambi
idea». Decido di muovermi subito.
Con un sospiro di sollievo scopro che
nella scatola ci sono vestiti normali; sono
felice di non dovermi più “travestire”.
Indosso un.. costume da bagno e un
prendisole, nel caso il sole sia abbastanza
caldo da consentirci un tuffo veloce.
Prendo gli occhiali da sole, un cappello e
la crema abbronzante e mi sento più in
forma e piena di energie che mai. Jeremy
ha lo zaino pronto e finalmente ci
avventuriamo fuori dalle immense doppie
porte della casa.
C’è un viale che gira intorno alla
costruzione e porta verso la cresta della
montagna. Vedo un omone in piedi
all’esterno di una specie di gabbiotto di
controllo. È in uniforme e ha un fucile a
tracolla. Jeremy scambia un cenno di
saluto con lui e mi conduce rapido nella
direzione opposta, verso la spiaggia. Ho
una strana sensazione, mi vengono i
brividi.
«Pensavo.. fossimo completamente soli.
È necessario?»
«Ti spiegherò tutto in spiaggia».
Per la prima volta da giorni avverto
un’intonazione preoccupante nella voce di
Jeremy, ma non ci voglio pensare.
Ci sistemiamo su una coperta e
apparecchiamo un vero banchetto davanti
a noi. Il panorama è grandioso e
sconfinato, da togliere il fiato, il cielo è
limpidissimo. «Wow, questo posto è
incredibile. Spero che non abbiamo fretta
di andar via».
«Abbiamo un mucchio di tempo. È
bellissimo poter stare di nuovo all’aria
aperta con te».
«È anche meglio poter vedere cosa c’è
all’aria aperta, stavolta».
Mi scosta affettuosamente qualche
ciocca ribelle
dal viso, che mi sistema
..
dietro un orecchio. «Sul serio… come ti
senti?», mi chiede premuroso.
«Molto meglio, grazie. Come potrebbe
essere altrimenti? Ho avuto tutta la tua
attenzione, dal punto di vista fisico,
emotivo, mentale e medico. Ma che mi
dici di te? Sembri avere mille pensieri».
«È così. Devo spiegarti molte cose, e
non potevo rischiare di parlare lassù». Fa
un cenno alle nostre spalle.
«Perché?»
«Vuoi la verità? Temo ci siano delle
microspie. So che siamo più al sicuro qui
fuori».
«Microspie? E chi dovrebbe averle
messe? Mi spieghi cosa succede?». Lo
guardo nervosa. «O non lo voglio
sapere?»
«Vorrei evitare
di coinvolgerti più di
..
così, Alex, ma è necessario che tu sappia
almeno qualcosa, ora che ci sei dentro».
Ho il presentimento che il bozzolo
protettivo si stia disfacendo, in modo
lento ma inesorabile. Jeremy mi tiene le
mani e mi accarezza le dita per un po’,
pensieroso.
«Credo sia meglio che tu mi dica ciò
che devi».
Lui annuisce. «Non c’è bisogno che ti
enumeri i dati statistici sulla depressione;
il mercato per una medicina davvero
efficace è immenso e potrà solo crescere
nel prossimo decennio, soprattutto nel
sistema economico occidentale. Quella
degli antidepressivi è un’industria
miliardaria e tutte le case farmaceutiche
più importanti del mondo sono alla
continua ricerca
dei farmaci più efficaci,
..
sviluppando studi che vanno nelle
direzioni più disparate e finanziandoli in
lungo e in largo. La questione si è fatta
ancora più urgente dopo gli ultimi studi
effettuati dalla Food and Drug
Administration, secondo i quali alcuni
antidepressivi possono aumentare le
tendenze suicide rispetto ai farmaci
placebo: le compagnie hanno scatenato
l’inferno pur di sintetizzare una nuova
medicina. È una competizione spietata e
devastante, e anche se odio ammetterlo,
non sempre corretta. Ed è proprio per
questo che mi vedo costretto a
parlartene». Sembra un po’ sulle spine, il
che non è da lui, ed è il motivo per il
quale ha tutta la mia attenzione.
«Qualcuno è riuscito a violare il computer
di Sam nelle
ultime ventiquattro ore, e
..
potrà avere accesso ai risultati che gli ho
inviato. Per questo abbiamo aumentato le
misure di sicurezza. Non siamo riusciti a
individuare il colpevole e potrebbe
volerci del tempo. Non voglio spaventarti
più del necessario, Alexa, ma se i nostri
concorrenti scoprissero il potenziale della
formula che stiamo sviluppando dopo gli
esperimenti dello scorso weekend e il tuo
coinvolgimento… ecco, diciamo che
potresti essere in pericolo. Ed è un rischio
che non sono disposto a correre. Ho
assunto una guardia del corpo che si
fingerà tuo assistente a tempo pieno
all’università della Tasmania per
proteggerti al lavoro, al tuo ritorno».
«Dici sul serio?»
«Sono stato io a metterti in questa
situazione, ed
.. è mia responsabilità fare in
modo che tu sia al sicuro. Non so cosa
farei se ti succedesse qualcosa».
«Ma cosa potrebbe succedere, Jeremy?
Cos’è che ti turba tanto?»
«Tutte le aziende farmaceutiche si
preoccupano di proteggere i brevetti in
essere e quelli potenziali, e le compagnie
più potenti investono molto a questo
scopo. Hanno sezioni specializzate
nell’investigazione e non assoldano gente
qualsiasi. I loro uomini sono ex teste di
cuoio, hacker, scienziati e neurochirurghi,
ma anche ex giudici, tutte persone che
occupano o hanno occupato posizioni di
grande rilievo nel loro campo. Sono tra i
più qualificati e abili del pianeta, e
percepiscono somme da capogiro per
assecondare le esigenze delle società che
li hanno assunti».
..
«Anche tu sei uno di loro?»
«No, non necessariamente. Ho un
accordo particolare con un’azienda
farmaceutica per la scoperta di un
farmaco contro la depressione. Quelli
sono dipartimenti speciali il cui compito è
far sì che la proprietà intellettuale della
compagnia sia protetta a ogni stadio di
sviluppo, a tutti i costi. In pratica
proteggono la sicurezza dei risultati delle
nostre ricerche. Via via che ci
avviciniamo alla scoperta di una formula
o di un prodotto e diamo il via al
processo necessario per il brevetto, che
può anche essere molto lungo, si attivano
in modo particolare. Lo spionaggio
intellettuale è dilagante nell’industria
farmaceutica, e per alcune organizzazioni
il costo umano
per ottenere i brevetti non
..
ha alcun valore. È il loro modo di fare
affari. La mia paura è che il responsabile
della violazione sia proprio uno dei nostri
concorrenti; non ne abbiamo ancora
conferma, ma temo che potrebbero voler
fare degli esperimenti per conto loro».
«Con me, vuoi dire?». Se mi definissi
completamente sconvolta non renderei
l’idea.
«È molto improbabile, ma non lo
escluderei del tutto. Non voglio
spaventarti, Alex, e non permetterò che ti
accada qualcosa, ma devi accettare le
misure eccezionali che disporremo. Non
accetterò un no come risposta».
«Pensate davvero che potrebbe
succedermi qualcosa?»
«Speriamo di no, ma a ogni buon conto
attiveremo .. queste protezioni. Nel
frattempo vorrei darti una cosa, che è un
ricordo del tempo trascorso insieme ma
anche un oggetto che spero ti terrà al
sicuro». È molto serio. Prende una
scatolina dallo zaino, l’apre con cautela e
mi mette in mano un braccialetto che
sembra d’argento massiccio o di platino.
Lo osservo con attenzione. È tempestato
di quelli che mi paiono frammenti di
diamante rosa e c’è un’iscrizione in
gaelico antico, le cui forme complesse e
raffinate fanno da contrappunto al peso
consistente del gioiello.
«Jeremy…».
«Alexandra, dato che non mi è ancora
possibile metterti un anello al dito, spero
che accetterai di indossare questo e di non
toglierlo mai». I suoi occhi scrutano i
miei. «Lo farai
per me?».
..
Sostengo il suo sguardo. Sono successe
tante cose nell’ultima settimana. Mi ha
chiesto e mi ha spinta ad azioni che non
avrei mai immaginato e nemmeno sognato
di compiere… potrei oppormi all’idea di
indossare questo gioiello così prezioso?
Sento quanto è importante per lui.
«Sì, certo». Come se potessi dire
qualcosa di diverso. «È bellissimo. Cosa
rappresentano i simboli?»
«In gaelico si legge anam cara.
Significa “anima amica” o “anima
gemella”».
Sento il cuore traboccare e mi affretto a
deglutire per placare l’emozione profonda
che rischia di sopraffarmi. I nostri sguardi
restano agganciati e per un lungo istante
esistiamo solo noi in un luogo pieno di
energia, eppure
immerso in una pace
..
profonda. So che gli appartengo, e lui
appartiene a me. Senza dire altro, tendo il
braccio verso di lui.
«Grazie, Alex. Che le nostre anime
possano sorridere nell’abbraccio della
nostra anam cara».
Me lo mette al polso e quando chiude il
gancio sento uno strano rumore elettrico.
Anche questo bracciale è perfetto. Né
troppo largo né troppo stretto, ma
impossibile da far passare oltre la mano,
nel caso in cui volessi toglierlo. Mi sento
legata a lui in modo totale, non posso
negarlo, e quel simbolo del nostro amore
mi rende così felice.
«Cos’era quel rumore?»
«Il bracciale è dotato di una codifica
digitale e di una chiusura elettronica:
consentirà al.. mio team e a quello di Sam
di individuarti in qualsiasi momento, se
dovesse verificarsi qualche imprevisto.
Per me era fondamentale sapere che
saresti stata felice di indossarlo, prima di
dartelo».
Be’, non avevo pensato che sarei stata
collegata a lui in modo tanto concreto.
Resto seduta per diverso tempo a
osservare il prezioso “tecno-gioiello” che
mi avvolge (o forse dovrei dire che mi
intrappola) il polso. Con la mente torno ai
tempi in cui ho lavorato nelle miniere di
diamanti rosa dell’Argyle, nell’Australia
occidentale, e alle precauzioni che la
compagnia prendeva per accertarsi che le
gemme venissero portate da lì a Perth in
sicurezza. Ogni settimana venivano fatti
partire diversi voli falsi in modo che
nessuno sapesse
in quale sarebbero stati
..
trasportati i diamanti, che sono i più rari e
costosi del mondo. Ora li guardo
incastonati nel braccialetto. È davvero
incredibile pensare a quanto sono
disposte a spingersi e al denaro che le
aziende investono per tenere al sicuro le
loro risorse. Proprio quando ormai ero
sicura che il mio viaggio da Alice nel
Paese delle Meraviglie volgesse al
termine, arriva questo imprevisto. Ho lo
stomaco sottosopra per l’emozione. Ma
stranamente non ho domande: solo
accettazione silenziosa. Seduta davanti a
Jeremy, sono consapevole del mio
respiro, ma non del movimento della mia
mano che d’istinto accarezza il bracciale
d’argento.
Torniamo alla casa sull’albero dopo
molte ore trascorse
a cercare di lavar via
..
nell’oceano le immagini angosciose del
nostro possibile futuro. Sembra fosse
proprio ciò di cui avevamo bisogno.
La nostra ultima notte è molto sottotono
rispetto alle precedenti. Restiamo seduti
in silenzio, stretti l’uno all’altra,
assimilando l’enormità del percorso che
abbiamo deciso di intraprendere insieme.
Scambiamo solo poche parole, eppure
siamo uniti da un’emozione tangibile. Il
nostro amore fisico si è innalzato a
un’intensità che ha assunto un significato
quasi spirituale, e ci lasciamo cullare
dalla consapevolezza che le nostre vite
sono cambiate per sempre dopo
l’esperienza che abbiamo condiviso.
Entrambi sappiamo di non poter predire
come sarà la nostra vita, una volta partiti
da Avalon. .. Un destino sconosciuto dal
fascino irresistibile. Dormiamo solo per
qualche ora, avvinghiati in un abbraccio
di puro amore.
***
Il destino ha voluto che la mattina il
cielo sia molto nuvoloso. Quando
decolliamo su un aereo privato, non ho
modo di scorgere il terreno sotto di noi
perché restiamo all’interno dello strato di
nuvole e nebbia finché non sbuchiamo alla
pura luce del sole. So che Jeremy è un
uomo dalle risorse fuori dal comune,
soprattutto quando vuole ottenere
qualcosa; ma non sapevo che questa sua
capacità gli consentisse perfino il
controllo del clima. Non so se stiamo
volando sull’acqua o sulla terra, e
naturalmente.. lui non ha intenzione di
rivelarmi la posizione di Avalon. Mi dice
che meno so, più sarò al sicuro, e che
questa per lui è la priorità. Ci teniamo per
mano per tutto il volo. A un certo punto mi
assopisco con la testa sulla sua spalla, e
mi sveglio solo quando cominciamo a
scendere verso il punto in cui ci
separeremo.
Ci abbracciamo con trasporto profondo
e un paio di lacrime mi rigano il viso,
mentre in silenzio scendo dal velivolo.
Non voglio staccarmi dal suo abbraccio,
ma so che devo. Mi informano che il mio
bagaglio sarà imbarcato direttamente sul
volo che mi porterà a Hobart. Jeremy
resterà a bordo e tornerà a Boston.
Come un automa mi siedo sull’aereo
che mi riporterà a casa, felice di notare
che i sedili ..accanto al mio restano vuoti.
Cerco di assorbire tutto quel che è
successo nella settimana appena trascorsa,
il
potenziale
rischio
del
mio
coinvolgimento e il futuro della mia vita
familiare. È troppo per la mia povera
testa. Mi chino per mettere la carta
d’imbarco nella borsa e scopro una busta
spessa. L’apro e trovo una lettera scritta a
mano da Jeremy.
Alla mia meravigliosa Alexandra.
Ho pensato che volessi dare un’occhiata
adesso in modo da poter conoscere meglio la
donna che amo. Non dimenticarla quando
tornerai a casa, lei per me è tutto.
Abbi cura di te, amore mio, fin quando ci
ritroveremo.
Buon viaggio,
J
..
Dire che sono sconvolta mentre guardo
le foto che ho davanti agli occhi è un
eufemismo. Sono davvero io? Le scorro
lentamente, una dopo l’altra.
- Io che tengo la mia conferenza
nell’aula magna, venerdì pomeriggio.
- A pranzo con Samuel e il suo team di
ricerca.
- Il mio arrivo nell’atrio dell’albergo,
capelli tirati su, aria efficiente.
- Con il vestito rosso e la benda sugli
occhi.
- Seduta sul tetto, bendata e
ammanettata.
- Mentre canto e suono la chitarra.
- In tuta di pelle e stivali.
- Due corpi vestiti di pelle in sella a
una moto.
- Paracadutismo,
in caduta libera.
..
- Felice, con gli occhiali da sole su una
decappottabile nera.
- Nuda, sospesa in acque oscure.
- Incappucciata, con il mantello e le
cinghie di pelle.
- Sulla spiaggia, mentre nuoto con
Jeremy.
- Vestita proprio come adesso per il
viaggio di ritorno a casa.
È incredibile vedere queste immagini e
paragonarle a quelle che ho in mente. La
benda sembra nascondere l’agitazione e il
mio corpo sembra quello di una creatura
voluttuosa che assorbe ogni esperienza.
Le fotografie mi danno un senso di calore,
e me le stringo forte al petto. Chi avrebbe
detto che fossi così?
Ripenso ..alla domanda di Jeremy cui
non ho saputo rispondere. «Da quando in
qua il fatto di essere madre ti impedisce
di vivere la sessualità?».
Perché l’ho negata a me stessa per tanti
anni? Chi avrebbe potuto immaginare che
sarebbe stato necessario qualcosa di così
estremo come la cecità, la proibizione di
fare domande e una sperimentazione
psicologica, fisica e neurologica del
sistema limbico di quarantotto ore per
riaccendere la passione sessuale dentro di
me? Jeremy. Solo lui, ovvio.
***
Entro in casa e saluto i miei figli
meravigliosi come se non fosse cambiato
niente al mondo, ma sapendo dentro di me
che nulla è come prima. Li stringo a lungo,
li amo più di.. quanto credevo possibile.
Decido che è arrivato il momento: ora
o mai più. Il fine settimana con Jeremy ha
segnato il mio destino e devo affrontare la
discussione che rimando da anni con
Robert. Chiedo a mia sorella di badare ai
ragazzi in modo che possiamo andare a
cena fuori. Non voglio parlare con lui in
casa, ma mi chiedo anche se sia giusto
farlo in pubblico. Mi sono arrovellata a
lungo chiedendomi quale sia il modo
migliore per cominciare un discorso così
delicato.
Non era necessario preoccuparsi tanto.
Pare che lui volesse parlare del nostro
matrimonio almeno quanto me. Gli
descrivo l’effetto che mi ha fatto trovarmi
con Jeremy. Che non posso più fingere
che non esista. Non gli parlo del ruolo che
ho avuto nell’esperimento.
Robert se ne
..
sta seduto in silenzio davanti a me, e io
aspetto una reazione emotiva per capire
che cosa pensa. È uno shock scorgere
sollievo nei suoi occhi. Niente rabbia né
lacrime, solo sollievo. Alla fine mi spiega
che la sessualità è un problema che lo
tormenta da anni, sul quale ha sempre
mentito a se stesso. Non ne ha parlato con
me perché sono una psicologa e non
voleva che sua moglie lo analizzasse
prima di poter capire da solo cosa gli
succedeva. E non voleva fare del male a
me o ai nostri bambini. Mi dice anche che
non può più negare una parte di se stesso
che ha bisogno di esplorare e scoprire,
per comprendere se è gay o meno. Anche
se è convinto di esserlo.
Ero qui a domandarmi che impatto
avrebbero avuto
le mie parole su di lui, e
..
Robert mi risponde così! Ecco il motivo
della totale mancanza di una vita sessuale
tra noi. Come ho fatto a non pensarci?
Non posso fare a meno di domandarmi
come l’avrei presa se non avessi ritrovato
Jeremy. Sarebbe stato terribile, credo…
ma adesso… be’, in qualche modo adesso
ciò che fino a qualche settimana fa era
impossibile è diventato possibile.
Ci apriamo uno con l’altra nelle ore che
passiamo a cena come non avevamo mai
fatto negli ultimi cinque anni. Non
facciamo che parlare, e ci ritroviamo uniti
a un livello che va ben oltre il rispetto e
l’amicizia. Ora ricordo perché ero stata
attratta dall’uomo che ho davanti, il padre
dei miei figli. È un brav’uomo, con un
grande cuore. Solo che ormai non ci
apparteniamo
.. più.
Decidiamo di agire per il bene dei
ragazzi e di sostenerci a vicenda. È come
se avessimo rimosso un peso enorme che
schiacciava la nostra relazione e fossimo
liberi di legarci di nuovo, abbracciando la
vita. Sorridiamo. Ci abbracciamo.
Dormiamo in camere separate sotto lo
stesso tetto, una soluzione che ci soddisfa,
almeno nel breve termine. I bambini si
accorgono del cambiamento del nostro
umore, e ridiamo come non facevamo da
anni.
***
Qualche giorno dopo, proprio come mi
aveva promesso Jeremy, ricevo una
lettera che mi invita ufficialmente a
entrare a far parte della sua squadra di
ricerca. ..
Gentile dottoressa Blake,
mi auguro che questa missiva la trovi in buona
salute. Vorrei invitarla formalmente a diventare
membro del nostro team specializzato nella
ricerca di una cura per la depressione. Le sue
competenze specifiche e la sua esperienza sono
essenziali per il ruolo di primo psicologo del
Progetto Zodiaco; lavorerà fianco a fianco di una
serie di stimati ricercatori e professionisti della
medicina.
Come sa già, il progetto è della massima
riservatezza e tale resterà per i prossimi dodici
mesi. Troverà allegato un dettagliato accordo di
riservatezza, che deve essere firmato al fine di
poterle fornire ulteriori informazioni e
indicazioni. Con l’avanzare dei progressi nella
nostra ricerca, entro i prossimi due o tre anni
potremmo essere in condizione di pubblicare i
nostri risultati, e allora il suo significativo
contributo ai .. nostri studi sarà riconosciuto in
modo formale.
Al momento la ricerca si svolge soprattutto
part-time, e di conseguenza speriamo che possa
essere compatibile con i suoi attuali impegni
universitari. Mi sono preso la libertà di parlare di
persona con il suo preside, che ha promesso di
fornirle tutto il suo sostegno. Le verrà anche
richiesto di partecipare a diverse conferenze
internazionali, la prima delle quali si terrà a
Londra tra un mese; i dettagli sono allegati a
questa comunicazione. La retribuzione per il suo
apporto sarà considerevole, ma comunque
concordata con lei di persona entro le prossime
due settimane.
Le sue credenziali accademiche, la
preparazione professionale e le ultime ricerche
hanno un’importanza vitale per il successo del
progetto che intendiamo portare avanti e
stimiamo moltissimo il suo contributo. Grazie
per aver trovato il tempo di incontrarci. Speriamo
di poter iniziare con lei una collaborazione
fruttuosa, piacevole
e produttiva nei prossimi
..
anni, e ci auguriamo di accoglierla nel nostro
team il prima possibile.
Cordialmente,
Lionel McKinnon
Presidente
Ho lo stomaco sottosopra quando
finisco di leggere la lettera; sono assalita
da ondate di emozione e preoccupazione,
in lotta tra loro per prendere il
sopravvento nelle parti basse del mio
corpo. Arrossisco.
La comunicazione sembra così
ufficiale, e i sottintesi sessuali sono
abilmente nascosti. D’istinto accarezzo il
braccialetto che porto al polso.
«Tutto bene?», mi chiede Robert
sollevando lo sguardo dal giornale.
Mi accorgo
che mi tremano le mani
..
mentre gli porgo la lettera affinché la
legga.
«È la ricerca di cui hai parlato con
Jeremy?».
Annuisco.
«Ottime notizie, allora, congratulazioni!
Hai lavorato tanto, te lo meriti». Mi dà un
bacio su una guancia. «Qui ci vuole dello
champagne».
Non so cosa ho fatto per meritare gli
uomini della mia vita.
Epilogo
..
Eccomi qui, seduta in prima classe, e
anche questa è un’esperienza nuova ed
esaltante. Siamo sulla pista, in attesa del
decollo. Mai e poi mai avrei pensato che
tutto questo potesse succedere proprio a
me. Mi sento come se stessi davvero
diventando la persona che ho sempre
voluto essere. Sono così emozionata
all’idea di rivedere Jeremy. Le farfalle
nello stomaco sono sempre lì, proprio
come prima del nostro incontro a Sydney,
ma stavolta sono grandi e colorate, e sono
felice che ci siano perché mi fanno sentire
piena di vita.
Con la mente
torno all’altro giorno,
..
mentre mi trovavo in giro per la città per
lavoro. Stavo passando accanto a un
negozio che vendeva selle e staffe, quando
con la coda dell’occhio ho notato uno
scudiscio. Un’emozione intensa mi ha
attraversato il corpo con tanta ferocia da
lasciarmi per un attimo cieca e senza
fiato, mentre mi appoggiavo alla vetrina
del negozio. Era un accesso erotico! Il
basso ronzio interno al quale ormai mi
sono abituata dopo il mio rientro ha avuto
un picco improvviso, esplodendo in
vibrazioni elettriche che andavano dal
clitoride ai capezzoli. “Per fortuna
indosso un reggiseno imbottito”, ho
pensato mentre ansimavo in cerca d’aria,
e intanto un fluido caldo, come oro
liquido, ribolliva nelle mie parti più
intime. Una.. mia studentessa che passava
di lì per caso si è fermata e mi ha chiesto
se stavo bene e se mi serviva aiuto. Ho
annuito, sostenendo che era tutto okay, ma
lei è rimasta lo stesso per un minuto, con
gli occhi spalancati, finché non sono
tornata in me e sono riuscita a dirle che
stavo benissimo e l’ho lasciata
proseguire. Dio, se solo avesse saputo.
Ho un bisogno disperato di parlare con
Jeremy di questi accessi psicofisici che
mi prendono di fronte a un’immagine, un
suono o un ricordo di quel weekend. Una
parte di me si vergogna che possa
succedere in pubblico, ma mi affascina
scoprire cosa potrebbe innescare un altro
episodio e non vedo l’ora di provarlo di
nuovo.
I voli sono puntuali; non ci sono ritardi
a Singapore.. e arrivo a Londra in perfetto
orario.
Attraverso le porte a vento di Heathrow
e vedo uno chauffeur in piedi con il mio
nome scritto su un cartello. È splendido
viaggiare così. Ci salutiamo e l’uomo mi
prende la valigia.
Quando arriviamo alla berlina nera con
la portiera aperta, c’è un altro uomo con
una divisa simile.
«Buongiorno,
dottoressa
Blake.
Benvenuta a Londra».
«Buongiorno. È fantastico essere qui».
Sorrido mentre lui mi apre lo sportello
e l’altro si occupa del bagaglio. Quando
mi accomodo sul sedile posteriore
controllando se ho tutto, sento una voce
chiamare il mio nome; viene da qualche
parte dietro di me. Mi volto e, sorpresa,
vedo Jeremy.. e Samuel che corrono verso
la macchina. Che diavolo ci fanno qui?
Non pensavo arrivassero prima di stasera
tardi. Sollevo una mano per salutarli,
senza capire, ma in quel momento l’uomo
che era con l’autista chiude lo sportello e
si getta sul sedile anteriore. I visi di
Jeremy e Samuel si contraggono in una
smorfia sgomenta, mentre entrambi
continuano a correre verso di me. Proprio
quando sto per chiedere all’autista di
aspettarli, la macchina balza in avanti e
l’accelerazione mi schiaccia contro il
sedile. Gli dico di fermarsi, che li
conosco. Jeremy corre accanto alla
macchina e batte i pugni contro i finestrini
posteriori. Cerco di aprire il mio per
parlargli, ma non c’è alcun pulsante. Il
finestrino viene oscurato e non vedo più il
suo volto. ..Lo sportello è bloccato, e
quando mi giro per guardare l’autista si
alza una barriera di vetro nero tra i sedili
davanti e quelli dietro. Grido e batto
contro lo sportello e il vetro.
Acceleriamo. Comincio a tremare, con
l’immagine del viso stravolto di Jeremy
scolpita nella mente. Cerco il telefono
nella borsa, ma non c’è campo. Non
capisco più nulla. Sono in una macchina
dai vetri oscurati in cui non prendono i
cellulari. Chi sono questi uomini?
Continuo a picchiare contro il vetro
gridando, cercando di capire cosa
succede. Provo ad aprire gli sportelli,
tentando con entrambi, sbatto i palmi delle
mani contro i finestrini neri. Che succede?
All’improvviso mi sento confusa, sto per
svenire. Poi non sento più nulla…
..
Nota
dell’autrice
..
Nella società occidentale dubito che
esista qualcuno che non è stato toccato
dalla depressione in qualche modo, forma
o misura. La depressione colpisce 120
milioni di persone in tutto il mondo ed è
la causa di più di 850.000 decessi ogni
anno. Sono statistiche spaventose e
sconvolgenti, che la rendono una delle
malattie più serie da cui è affetta
l’umanità.
Negli Stati Uniti le prescrizioni per gli
antidepressivi sono aumentate quasi del
400% dal .. 1988: dunque più di un
americano su dieci al di sopra dei dodici
anni ha preso antidepressivi. Ogni anno
vengono compilate più di 21 milioni di
ricette di farmaci che stimolano
l’attenzione, soprattutto per bambini tra i
sei e i quattordici anni. L’utilizzo di
antidepressivi nei bambini è aumentato
del 333% nell’ultimo decennio.
Interessante, vero?
Ringraziamenti
..
GRAZIE…
A mia madre, che mi ha incoraggiata a
continuare quando non ero sicura se farlo, e con
grande precisione ha corretto testi per lei
scioccanti.
A mia sorella: senza il suo atto di coraggio di
cinque anni fa, ora non vivremmo insieme e non
condivideremmo i nostri sogni.
A Melissa, che mi ha lasciato le porte
socchiuse in modo che potessi scivolarci dentro
appena in tempo.
A Rob, per avermi fatto notare che chiunque
concluda un manoscritto, pubblicato o meno, ha
comunque fatto qualcosa di molto speciale.
A Adrienne: non vedo l’ora di abbracciarti e
ringraziarti di persona per le tue parole, fonte di
ispirazione e incoraggiamento,
e per avermi dato
..
la forza di andare avanti.
A Kate, cui stavano succedendo tante cose e ha
trovato comunque un po’ di tempo per
incontrarmi.
Ai miei splendidi, meravigliosi, speciali amici
che hanno sostenuto l’impatto della prima stesura
grezza e non mi hanno depennata dalla lista delle
conoscenze.
Ai miei ragazzi: voi sapete chi siete e che la
mia vita e questo romanzo non sarebbero gli
stessi senza di voi.
A mio padre, per l’amore, il sostegno,
l’umorismo e i racconti.
A mio marito, per essere stato la mia roccia
negli ultimi vent’anni e per essermi stato accanto
nel bene e nel male: so che non è sempre stato
facile.
Alla mia famiglia e ai miei amici, la mia vita
non avrebbe senso senza di voi…
Ed è altrettanto importante ringraziare le mie
agenti, Selwa Anthony e Shona Martyn della
Harper Collins.
Questo romanzo non sarebbe mai
..
stato pubblicato se non fosse stato per il loro
incontro fatidico e miracoloso poco tempo fa.
Grazie, Selwa, per avermi guidata nel turbinoso
mondo dell’editoria. E un grazie di cuore al team
della Harper Collins Australia, in particolare ad
Anna Valdinger, Rochelle Fernandez e Graeme
Jones, che hanno lavorato incessantemente
perché tutto questo accadesse.
..
Indice
Prefazione
Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta
..
Parte sesta
Parte settima
Epilogo
Nota dell’autrice
Ringraziamenti