Filosofia del linguaggio e della comunicazione
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Filosofia del linguaggio e della comunicazione
Filosofia del linguaggio e della comunicazione Francesco Ferretti Università Roma Tre Anno accademico 2010-11 Specificità versus specialità Antidarwinismo Si noti che è un mero frutto della fortuna se la capacità di produrre scienza, un componente particolare della dotazione biologica umana, si trova a produrre un risultato che è conforme, più o meno alla realtà del mondo (p. 140) Charles Sanders Peirce: non si tratta di mera fortuna, ma del prodotto della evoluzione darwiniana. Il fatto fondamentale, secondo lui, era che attraverso processi ordinari di selezione naturale le nostre capacità mentali si sono evolute in modo tale da essere in grado di trattare con i problemi che sorgono nel mondo dell’esperienza. Tuttavia questo problema non è cogente (p. 140) Antidarwinismo (2) L’esperienza che ha dato forma al corso dell’evoluzione non offre suggerimenti ai problemi che devono essere affrontati nelle scienze ed è difficile che la capacità di risolvere questi problemi abbia costituito un fattore di evoluzione. Noi non possiamo aggrapparci a questo deus ex machina per spiegare questa convergenza tra le nostre idee e la verità riguardo al mondo. Al contrario si tratta di un fortunato accidente il fatto che esista una tale (parziale) coincidenza, così sembra (p. 140). Antidarwinismo (3) Antidarwinismo (3) Evoluzione del linguaggio Possiamo affrontare il problema oggi? Di fatto, si sa poco su questi temi. La teoria dell’evoluzione spiega molte cose ma ha poco da dire, per ora, su questioni di questa natura. (…) Nel caso di sistemi come il linguaggio o le ali non è facile nemmeno immaginare uno sviluppo della selezione che abbia dato loro origine. Un’ala rudimentale, per esempio, non è “utile” per il movimento, anzi è più un impedimento. Perché mai dunque deve svilupparsi quest’organo negli stadi primitivi dell’evoluzione? (p. 149) Complessità (1) L’argomento degli «organi incipienti» «dal momento che risultano inutili fin quando non si siano sviluppate le connessioni richieste, tali complesse e simultanee coordinazioni non avrebbero mai potuto essere prodotte a partire da inizi infinitesimali». (Mivart, 1971, p. 35) «L’occhio o funziona nella sua totalità o non funziona affatto. Com’è dunque possibile che esso sia pervenuto a evolversi per mezzo di miglioramenti darwiniani lenti, costanti, di una piccolezza infinitesimale? È davvero plausibile che migliaia e migliaia di mutazioni casuali fortunate si siano verificate per coincidenza, così che il cristallino e la retina, che non possono lavorare l’uno senza l’altra, si siano evoluti in sincronia? Quale valore di sopravvivenza potrebbe esserci in un occhio che non vede?». (Hitching, 1982) Complessità (2) William Paley: “Natural Theology” (1802) «Supponiamo che attraversando la brughiera io inciampi in una pietra, e mi si chieda poi come quella pietra sia arrivata fin lì; potrei rispondere che, per quanto ne sappia, la pietra sta lì da sempre, e forse non sarebbe facile cogliere l’assurdità di questa risposta. Ma supponiamo che io abbia trovato per terra un orologio, e mi si chieda come abbia fatto a trovarsi lì. Difficilmente potrei dare la stessa risposta di prima, e cioè che, per quanto ne sappia, l’orologio si trova lì da sempre» Complessità (3) «Gettate insieme parecchi pezzi di acciaio senza forma e figura; non si disporranno mai in maniera da comporre un orologio (...) Delle pietre, della calce e del legno senza un architetto non eleveranno una casa. Ma le idee in una mente umana, lo vediamo, mediante un’economia sconosciuta e inesplicabile si dispongono in modo da formare il piano di un orologio o di una casa. L’esperienza prova dunque che c’è un principio originario di ordine nella mente e non nella materia». (Hume, Saggi sulla religione naturale) Complessità (3) «Chi crede che qualche antica forma si sia trasformata improvvisamente […] in una’ altra forma (per esempio in una forma improvvisa di ali) sarà costretto a presumere, in contrasto con qualsiasi dato di fatto, che molti individui si siano modificati contemporaneamente. […] Inoltre costui sarà costretto a credere nell’improvvisa comparsa di molte strutture meravigliosamente adatte a tutte le altre parti di una stessa creatura ed alle condizioni ambientali. […] Secondo me ammettere tutto questo vuol dire entrare nel regno del miracolo, abbandonando quello della Scienza» (Darwin, 1872) Complessità (4) «Lungi dall’essere una difficoltà insita nel darwinismo, l’astronomica improbabilità degli occhi e delle ginocchia, degli enzimi, delle articolazioni del gomito e di altre meraviglie viventi è precisamente il problema che qualsiasi teoria biologica deve risolvere e che soltanto il darwinismo risolve» (Dawkins, 1996, trad. it. pp. 71-72). Complessità (5) «Un antico animale in possesso del 5 per cento di un occhio avrebbe potuto usarlo in effetti per qualcosa di diverso dalla vista, ma appare almeno altrettanto probabile che lo usasse per avere una vista al 5 per cento (…). Una vista che è pari al 5 per cento della tua o della mia è senza dubbio molto preferibile all’essere del tutto senza vista. Così una vista all’un per cento è preferibile alla totale cecità. E il 6 per cento è meglio del 5 per cento, il 7 per cento è meglio del 6 per cento, e così via salendo su per la serie graduale continua» (Dawkins, 1986, trad. it. pp. 119). Complessità irriducibili (1) «La “macchia sensibile alla luce”, che Dawkins prende come punto di partenza, per funzionare richiede una cascata di fattori, fra i quali la 11-cis-retinale e la rodopsina. Dawkins non ne fa menzione. E da dove viene fuori la “fossetta”? Una palla di cellule – di cui la fossetta deve essere fatta – tenderà ad essere tondeggiante, a meno che non venga tenuta nella forma corretta da un sostegno molecolare. Dozzine di proteine complesse, infatti, sono coinvolte nel compito di mantenere la forma della cellula, ed altre dozzine controllano la struttura extracellulare; in mancanza di queste, le cellule prendono la forma di tante bolle di sapone. Queste strutture rappresentano forse delle mutazioni verificatesi di colpo, una sola volta? Dawkins non ci dice come si sia giunti all’apparente semplice forma “a fossetta”» (Behe, 2006, trad. it. pp. 70-71). Complessità irriducibili (2) Trappole per topi (McDonald, 2002) … da Dagg, J. (2011), Exploring mousetrap history. Evolution: Education and Outreach Complessità adattiva (1) L’argomento di Pinker e Bloom (1990): 1) La selezione naturale è la sola spiegazione dell’origine della complessità adattiva; 2) Il linguaggio umano mostra un progetto complesso per il fine adattivo della comunicazione; 3) Il linguaggio, dunque, è evoluto per selezione naturale. (Bloom, 1998, p. 209) Complessità adattiva (2) «La totalità delle discussioni in questo libro hanno messo in evidenza la complessità adattabile dell’istinto linguistico. Esso è composto di molte parti (...). Queste parti sono realizzate fisicamente in circuiti nervosi intricati, disegnati da una cascata di eventi genetici coordinati precisamente nel tempo. Quello che tali circuiti rendono possibile è un dono straordinario: la capacità di inviare da una testa all’altra un numero infinito di pensieri precisamente strutturati, modulando le espirazioni. Il dono è ovviamente utile per la riproduzione (…). Armeggiate a caso con un circuito nervoso o improvvisate un apparato vocale e non otterrete un sistema dotato di queste capacità. L’istinto linguistico, come l’occhio, è un esempio di ciò che Darwin chiamava «quella perfezione di struttura e coadattamento che giustamente suscita la nostra ammirazione» e che, come tale, porta il timbro inconfondibile del progettista della natura: la selezione naturale» (Pinker, 1994, trad. it. p. 354-55). Grammatiche intermedie Grammatiche di complessità intermedia sono facili da immaginare: possono avere simboli con una gamma di significati più limitata, regole che vengono applicate in modo meno severo, moduli con meno regole e così via. (…) Il linguaggio dei bambini, di coloro che parlano pidgin, dei turisti, degli afasici, dei telegrammi e dei titoli di giornale mostra che c’è una vasta gamma di sistemi linguistici disponibili che variano in efficienza e in potere espresivo, esattamente come richiede la teoria della selezione naturale (Pinker, 1994, trad. it. 358). Quello che colpisce di più nei segni degli scimpanzé e che in fondo in fondo, andando al nocciolo, gli scimpanzé semplicemente «non ci arrivano». Essi sanno che agli istruttori piace che facciano dei segni, e fare dei segni spesso consente loro di ottenere quello che vogliono, ma non sembrano mai sentire nel sangue che cos’è il linguaggio e come usarlo. (Pinker, 1994, trad. it. p. 332) Senza il CONTINUISMO, il GRADUALISMO NON E’ SUFFICIENTE COMUNICARE SENZA SFORZO Il modello del codice Il carattere obbligato della comprensione Codifica e decodifica Shannon e Weaver (1949) Modularità e modello del codice «La mente deve essere fatta di parti specializzate perché deve risolvere problemi specializzati. Soltanto un angelo potrebbe essere un risolutore di problemi in generale; noi mortali non possiamo che trarre conclusioni fallibili da informazioni frammentarie. Ognuno dei nostri moduli mentali risolve il suo insolubile problema tramite un atto di fede su come funziona il mondo, tramite ipotesi indispensabili ma indifendibili: ipotesi il cui unico fondamento sta nel fatto che hanno funzionato abbastanza bene nel mondo dei nostri antenati» (Pinker, 1999, trad. it. p. 35). La teoria modulare della mente nasce in opposizione alla tesi dell’intelligenza generale Modularità e Intelligenza L’illusione di Müller-Lyer (1889) I moduli sono automatici, veloci e obbligati. La velocità di risposta è una delle caratteristiche alla base del loro ruolo adattivo. Da questo punto di vista i moduli sono assimilabili ai riflessi (sono profondamente inintelligenti). Il primo mutante grammaticale (1) Se il linguaggio si è evoluto gradualmente, deve esserci stata una sequenza di forme intermedie, ognuna delle quali utile a suo ai suoi possessori, e questo fa sorgere molti interrogativi. Prima di tutto: se il linguaggio, perché sia vera comunicazione, deve coinvolgere un altro individuo, con chi parlava il primo mutante grammaticale? (Pinker, 1994, trad. it. 358). Il primo mutante grammaticale (2) Sbandata macchina incidente ospedale Il primo mutante grammaticale (3) Una risposta potrebbe essere: con quel cinquanta per cento dei fratelli, delle sorelle e dei figli che condividevano il nuovo gene per eredità comune. Ma una risposta più generale è che i vicini potevano parzialmente comprendere ciò che stava dicendo il mutante anche se mancava loro il circuito ultimo modello, semplicemente grazie all’uso dell’intelligenza in tutta la sua potenza. (Pinker, 1994, trad. it. 358). Come interpretare il ruolo di tale sforzo nella comprensione? COMUNICARE CON SFORZO New York, 1958 William Klein, New York, 1958 Darwin: L’espressione delle emozioni (1872) Charles Bell (Anatomy of Expression) definisce il corrugatore del sopracciglio “il muscolo più importante della faccia umana. Esso aggrotta le sopracciglia con energico sforzo, il quale in modo inspiegabile, ma con molta chiarezza, rivela l’attività della mente” Guillaume-Benjamin Duchenne (Mécanisme de la Physionomie Humaine): il corrugatore «è il muscolo della riflessione» «Un uomo può essere assorbito nei più profondi pensieri, eppure le sue sopracciglia rimarranno spianate fino a quando non incontrerà un ostacolo nel corso del suo ragionamento, o verrà interrotto da qualcosa che lo disturba; e allora un corrugamento passerà come un’ombra sulle sue sopracciglia. Un uomo affamato può pensare intensamente a come procurarsi il cibo, ma probabilmente non aggrotterà la fronte, a meno che non incontri qualche difficoltà nella realtà o nel ragionamento, o non si accorga che il cibo che è riuscito ad ottenere è cattivo» (Darwin, 1872, trad. it. p. 252). Adattamento Rottura dell’equilibrio Stato di equilibrio Stato di equilibrio Sforzo di riequilibrio Adattamento e intelligenza (1) Jean Piaget: assimilazione e accomodamento alla base sia dello sviluppo organico sia dello sviluppo psichico Henry Plotkin: non solo l’intelligenza è adattiva ma l’adattamento stesso è una forma di intelligenza Adattamento e intelligenza (2) « In questo modo, se gli adattamenti sono conoscenza, e se ciò che noi chiamiamo comunemente intelligenza (o, meglio, la nostra capacità di produrre intelligenza) è un adattamento, allora ciò che nella nostra vita di tutti i giorni chiamiamo conoscenza è effettivamente una forma speciale di questo fenomeno molto più ampio, ciò che io chiamo qui conoscenza biologica» (Plotkin, 1994, p. XVI). «Selezione organica» Baldwin,1896 Quando l’ambiente muta gli organismi non attendono passivamente che il proprio destino si compia: lottano con tutte le forze pur di mantenersi in vita (scappano dall’ambiente ostile, tanto per dirne una). La chiave dell’effetto Baldwin è che la lotta degli organismi per «mantenersi in vita» ha effetti non solo sul fenotipo, ma anche nel direzionare i cambiamenti al livello del genotipo. Triangoli cognitivi Mantenere l’equilibrio La comprensione del linguaggio implica sforzo Comunicare è produrre indizi (Sperber e Wilson, 1986) Comunicare è costruire un equilibrio tra le aspettative dell’ascoltatore e le intenzioni comunicative del parlante Il banco di prova è il flusso del parlato Il processo di elaborazione del flusso del parlato Tessere il filo «Sai se Paolo è tornato?» «Ieri sera Francesca non è venuta al Cinema» (da Meini, 2007) Perdere il filo (1) «Come vanno le cose a casa?» «Mia madre è molto malata. Non ci sono soldi. Vengono tutti dalle sue tasche. Il mio appartamento è allagato. Si è rovinato il mio materasso. Mi piacerebbe sapere che cosa dice l'intestazione del motto ricamato sul blasone. E' in latino» (Cutting, 1985) Perdere il filo (2) (perdere direzione e orientamento) Intervistatore: "Le è piaciuto il College?". Paziente: "Um-hm, oh, bene io, io oh a me in realtà sono piaciute alcune comunità che ho frequentato e il giorno dopo quando volevo uscire, lei lo sa, um, io ho preso il controllo come, uh, io ho messo del decolorante sui miei capelli, in California, la mia compagna di camera era di Chicago e lei stava andando al College per giovani. E noi vivevamo nel College così lei voleva metterlo, perossido sui miei capelli, e lo fece, e mi alzai e mi vidi allo specchio e mi vennero le lacrime agli occhi. Ora, lo capisce, io ero pienamente cosciente di quello che stava per accadere, ma perche non potevo, perché, perché le lacrime? Io non posso capirlo, lo può lei?". Tratto da SCALA PER LA VALUTAZIONE DEI SINTOMI POSITIVI (SAPS) di Nancy Andreasen (http://www.psichiat.uniba.it/mmpsicom/saps/msaps.html) Direzione e orientamento I dati più interessanti vengono dalla schizofrenia. Intanto diversi testimoniano la compromissione della memoria episodica (Danion et al., 2007; Neumann et al., 2007; Danion e Huron, 2007). «Una prima osservazione di carattere generale è che il linguaggio degli schizofrenici non è compromesso a livello della grammatica, né del significato ma, piuttosto, sul piano del discorso (Andreasen, Hoffman, Grove, 1985). «I sintomi associati a un linguaggio anormale nella schizofrenia sono molto vasti; quello più comune è, secondo la famosa classificazione di Andreasen (1979), il deragliamento del discorso, cioè la perdita dell’obiettivo in tappe graduali; altri sintomi molto frequenti sono la perdita dello scopo, la tangenzialità (risposte indirette o irrilevanti) e la povertà di contenuto. Ciò che tutte queste manifestazioni hanno in comune – il sintomo chiave del disturbo linguistico schizofrenico secondo McGrath (1991) – è una mancanza di progettazione ed esecuzione» (p. 170). Seguire la rotta A B Navigation is the process of determining and maintaining a course or trajectory from one place to another. Process for estimating one’s position with respect to the known world are fundamental to it (Gallistel, 1990, p. 35) Cause distali versus ostacoli prossimali Macroanalisi vs microanalisi Microanalisi: analisi della struttura interna agli enunciati Lessico e sintassi Se il filo del discorso fosse una semplice concatenazione di enunciati, la microanalisi sarebbe sufficiente a dar conto della produzione-comprensione linguistica Macroanalisi: analisi delle relazioni tra enunciati Coesione e coerenza La plausibilità empirica del livello di macroanalisi è attestata da soggetti che falliscono la comunicazione pur avendo intatta la capacità di microanalisi Coerenza e coesione Mentre la coesione si riferisce al corretto collegamento formale tra le varie parti di un testo, [...] la coerenza è legata invece alla reazione del destinatario, che deve valutare un certo testo chiaro e appropriato alla circostanza in cui è stato prodotto. (Serianni 2007: 36-37). FILOGENESI: IN ORIGINE ERA IL DISCORSO In origine era il discorso Analogia tra i processi alla base della produzione-comprensione della comunicazione fondata su indizi e le prime forme di comunicazione nella filogenesi del linguaggio. Che cosa distingue le proto-forme di linguaggio dalla comunicazione animale? Cosa permette il passaggio dalla comunicazione al linguaggio? Macchine baldwiniane In assenza di un codice comune: Saper andare avanti (Wittgenstein) Mantenere in vita la comunicazione (sentirsi autorizzati a farlo) Comunicare è navigare Direzione e orientamento del flusso del parlato sono governate dal sistema triadico di radicamento e proiezione (STPR) deputato al controllo continuo dell’appropriatezza di ciò che viene detto Il Sistema Triadico di Proiezione e Radicamento Il Sistema Triadico di Radicamento e Proiezione (STRP) Funzioni: Direzione e Orientamento Processi: Radicamento e Proiezione Meccanismi: Intelligenza Ecologica, Sociale e Temporale Ipotesi I processi di produzione-comprensione del discorso si avvalgano di dispositivi di proiezione e radicamento tipici della navigazione nello spazio-tempo. Verifica empirica: deficit di navigazione nello spazio tempo dovrebbero comportare disturbi sul piano della produzione-comprensione linguistica sul piano del discorso. (Ferretti e Cosentino, (in stampa), Avviso ai naviganti: La coscienza “orienta” il linguaggio, “Sistemi intelligenti, 1, 2011). Intelligenza ecologica (Radicamento e proiezione nello spazio) Intelligenza spaziale La cognizione spaziale è la capacità di scoprire, di trasformare mentalmente e di usare l’informazione spaziale relativa al mondo al fine di raggiungere una varietà si scopi quali muoversi nel mondo, identificare oggetti e agire su di essi, parlare di oggetti ed eventi e usare rappresentazioni simboliche esplicite come mappe e diagrammi per comunicare informazioni relative allo spazio (Landau, 2002, Spatial Cognition,, p. 395). Cognition Esempio: la navigazione nello spazio delle formiche del deserto Le rappresentazioni spaziali delle formiche sono vere e proprie mappe mentali La rappresentazione dello spazio Tolman: comportamentismo o mappa cognitiva P1 A P Modelli della rappresentazione mentale 3.22 7.55 Sindrome di Williams Patologie della narrazione (1) La conoscenza delle parole dei bambini affetti da WS si potrebbe paragonare a un soggetto che abbia memorizzato le voci di un dizionario o di un’enciclopedia, ma che non ha mai avuto esperienza delle cose denotate da quelle voci. Hanno acquisito un’ampia conoscenza delle associazioni linguistiche, ma solo una frazione della trama di associazioni esperenziali aggiuntive che collegano le parole al mondo. (Deacon, 1997, trad. it. 254). Linguaggio narrativo e sindrome di Williams Marini et al. (2009), Narrative language in Williams Syndrome and its Neuropsychological Correlates, “Journal of Neurolinguistics”, pp. 1-15. Lakusta et al. (2010) Impaired geometric reorientation caused by genetic defect, PNAS Intelligenza sociale Per sopravvivere, l’animale ha spesso una sola chance, un solo colpo da giocare, che impegna i muscoli e la massa corporea in movimento. Per afferrare una preda che si muove a trentasei chilometri l’ora, ossia dieci metri ogni secondo, è necessario anticipare la sua posizione in meno di cento millesimi di secondo e dirigersi là dove essa sarà un istante dopo. Bisogna anche preparare il gesto della cattura, preparare i muscoli a compensare il suo peso e a vincerne la resistenza. Bisogna anticipare, indovinare, scommettere sul suo comportamento, bisogna costruirsi una “teoria della mente” indovinando quali potrebbero essere i tentativi di fuga di questa preda in funzione del contesto. Si tratta dunque di processi estremamente rapidi, fondamentalmente dinamici, nel corso dei quali tutto si gioca in qualche decina di millesimi di secondo. Il cervello è prima di tutto una macchina biologica con cui giocare d’anticipo (Berthoz, 1997, trad. it. p. XIII). Linguaggio e intenzione “Ti lascio” “Chi è lui?” «La domanda chiave che guida il nostro processo di comprensione è: “Dove vuole arrivare?”. Il concetto che voglio esprimere è che, non solo prestiamo attenzione alle parole reali usate dal parlante, ma ci concentriamo anche su ciò che pensiamo sia il succo di quel che il parlante voleva dire o voleva che noi capissimo» (Baron-Cohen, 1995, trad. it. p. 43) Psicologia ingenua Heider & Simmel (1944) Un uomo ha programmato di incontrare una ragazza, ma la ragazza arriva con un altro. Il primo uomo dice al secondo di andarsene, il secondo dice al primo di andarsene ma lui scuote la testa. Allora i due uomini vengono alle mani e la ragazza comincia ad avviarsi verso la stanza per allontanarsi dalla strada ed esita, ma infine entra. A quanto sembra, lei non vuole stare con il primo uomo. Si vede un grande triangolo pieno che entra in un rettangolo. Entra ed esce da questo rettangolo e ogni volta l’angolo e metà di uno dei lati del rettangolo formano un’apertura. Poi compaiono sulla scena un altro triangolo più piccolo e un cerchio. Il cerchio entra nel rettangolo mentre il triangolo più grande è dentro al rettangolo (...). (Baron-Cohen, 1995, trad. it. pp. 51-52). Psicologia ingenua (2) Quel che è importante per decidere se vale la pena di difendere la psicologia del senso comune, è se di fatto se ne può fare a meno. E qui la situazione è assolutamente chiara. Non abbiamo la minima idea di come poter spiegare noi stessi a noi stessi, salvo che in un vocabolario che è saturo di psicologia delle credenze/desideri. Si è tentati di passare agli argomenti trascendentali: quel che Kant disse a Hume degli oggetti fisici vale, mutatis mutandis, per gli atteggiamenti proposizionali; non possiamo sbarazzarcene, perché non sappiano come farlo (Fodor, 1987, trad. it. p. 34). Cecità mentale? «Immaginate come sarebbe il vostro mondo se foste consapevoli delle cose fisiche ma ciechi all’esistenza delle cose mentali. È chiaro che voglio intendere l’essere ciechi a cose come pensieri, credenze, conoscenze, desideri e intenzioni, che, per la maggior parte di noi, costituiscono, in maniera lampante, il fondamento del comportamento. Spingete ancora un po’ la vostra immaginazione e pensate a quale senso potreste dare alle azioni umane (ma, quanto a questo, a qualsiasi azione animata) se, come per i comportamentisti, ogni spiegazione mentalistica si trovasse sempre fuori dalla vostra portata. Si tratta di un difficile esperimento mentale» (Baron-Cohen, 1995, trad. it. p. 19) Il test della falsa credenza Il test della falsa credenza Autismo e linguaggio «Trasmettere fedelmente informazioni non è una impresa banale. Richiede una codificazione e una decodificazione accurate del linguaggio negli stadi di input e output. Ruth riesce a farlo. Lo fanno anche i bambini ecolalici. Nondimeno, nella comunicazione quotidiana ci si aspetta di rado che l’ascoltatore riceva e poi trasmetta un semplice messaggio come copia esatta. Al contrario, ci si aspetta che chi ascolta sappia che i messaggi non sono semplici, ma contengono di solito qualcosa di più. Quello che è realmente importante nella comunicazione quotidiana è l’argomento del messaggio, piuttosto che il messaggio stesso. In altre parole, come ascoltatori dobbiamo sapere perché chi parla trasmette questo pensiero (piuttosto che un altro) e come parlanti dobbiamo essere sicuri che siamo compresi nel modo in cui vogliamo essere compresi. Abbiamo elaborato segnali verbali e non verbali per far comprendere queste intenzioni» (Frith, 1989, trad. it. p. 165). Convergenza Funzionale e Strutturale Un dato (in apparenza) controintuitivo: prove empiriche (Buckner e Carroll, 2008) mostrano la convergenza funzionale e strutturale del sistema triadico di radicamento e proiezione (Frontal and Medial Temporal Systems) MTT e Controllo di conformità «Sto facendomi capire?» «Sta capendo ciò che sto dicendo?» «L’attività di rimettere in equilibrio la propria comprensione con le intenzioni altrui richiede di controllare e monitorare la conformità tra sé e l’altro; tale processo si svolge esplicitando l’asse temporale del discorso. Il controllo di conformità implica, infatti, un automonitoraggio nel tempo: l’individuo assume flessibilmente prospettive temporali alternative e le riassume in uno sguardo unitario in virtù della consapevolezza che appartengono al medesimo sé – cioè in virtù della consapevolezza della propria estensione nel tempo. (…) A livello dei processi di produzione del discorso, il controllo di conformità tra sé e l’altro serve a progettare e a gestire il proprio discorso tenendo conto della conoscenza dell’altro. In questi termini, il viaggio nel tempo è anche un meccanismo di controllo della propria coerenza nel tempo e di coordinamento attraverso il tempo» (Cosentino, 2008, p. 166) Influenzamento «Un caso esemplare per vedere all’opera questi processi è quello dell’influenzamento, in cui il parlante vuole produrre un cambiamento degli stati mentali altrui. L’influenzamento, infatti, non richiede solo di leggere la mente (quella altrui: ciò che l’altro pensa; la propria: ciò che io desidero che pensi), ma di lavorare attraverso la struttura del discorso per produrre un mutamento. Qui la questione rilevante è, dunque, l’automonitoraggio del parlante per verificare di stare fornendo all’ascoltatore tutta l’informazione di cui necessita per comprenderlo, cioè per essere conforme a ciò che il parlante intende. Il controllo di conformità avviene dunque negoziando tra tempi diversi in modo da bilanciare l’esigenza di flessibilità posta dal variare della situazione esterna (quindi rispondendo di volta in volta in modo appropriato alle situazioni) con quella di perserverenza posta dall’obiettivo» (Cosentino, 2008, pp. 166-7). Una domanda e due risposte Perché sistemi cognitivi così eterogenei dovrebbero avere effetti analoghi sulla macroanalisi? La risposta che fa riferimento a ciò che i componenti del STRP hanno in comune quando operano come sistema unitario (proiezione e radicamento) è solo una parte della soluzione del problema. L’altra parte del problema è affidata alla risposta che mira a stabilire quale sia la specificità di ogni componente del STRP sul piano dei processi di macroanalisi. Ciò che è stato fatto Un danno a uno qualsiasi dei componenti del sistema triadico comporta danni alle capacità di macroanalisi dei soggetti. Oltre ai dati relativi alla schizofrenia (Marini et al., 2008), prove sperimentali riguardanti la sindrome di Williams (Marini et al., 2009) e l’autismo portano dati a favore della nostra ipotesi Ciò che resta da fare… Mettere in relazione i deficit di macroelaborazione con le specificità dei componenti chiamati in causa nelle singole patologie Darwin o Cartesio? «Non vi può essere ombra di dubbio che fra l’intelligenza dell’uomo più primitivo e quella dell’animale più perfetto vi sia una immensa differenza. (…) Ciò nondimeno, per quanto grande sia la differenza che passa fra la mente dell’uomo e quella degli animali più elevati, è differenza solo di grado e non di qualità» (Darwin, 1871, trad. it. pp. 124-5). Linguaggio e natura umana Mostrare il ruolo del STRP nel linguaggio è mostrare il ruolo di funzioni cognitive i cui caratteri generali sono riscontrabili in sistemi organici a vari livelli di complessità. Il linguaggio è una capacità che rende gli umani specifici ma non speciali