Una sufficiente plasticità ecologica, la presenza di specifici
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Una sufficiente plasticità ecologica, la presenza di specifici
2. L’ecologia della sughera Una sufficiente plasticità ecologica, la presenza di specifici meccanismi adattativi e l’intervento umano hanno consentito alla specie di diffondersi in gran parte dei territori che si affacciano sul mar Mediterraneo e, in misura ridotta, sull’oceano Atlantico; l’areale è compreso, per la latitudine nord, tra i 32° del Marocco e i 44° delle Lande di Bayonne (costa atlantica della Francia), e tra i 9° di longitudine ovest del Portogallo e i 17° di longitudine est della Calabria. Piccoli gruppi o individui isolati rinvenibili nella penisola balcanica e in Grecia, sono presumibilmente di origine colturale. Il leccio, altra importante quercia sempreverde sovente presente negli stessi ambienti del bacino del Mediterraneo occidentale, mostra una maggiore ampiezza ecologica e il suo areale di diffusione non presenta discontinuità dalla Turchia al Portogallo comprese le grandi isole di Creta e della Sicilia (Michaud et al., 1995). La sughera è, quindi, una specie mediterraneo-atlantica, ma con distribuzione in prevalenza mediterraneooccidentale, presente nelle varianti calde del clima umido e subumido delle aree mediterranee con almeno 450 mm di piovosità annua e su suoli non alcalinizzanti. La sua distribuzione geografica presenta diverse discontinuità come tra i) l’Europa e l’Africa, ii) tra le isole del Mediterraneo e i due continenti citati, e, iii) nell’ambito dell’Europa, tra Spagna e Portogallo e due adiacenti aree francesi (il Roussillon o Catalogna francese) e le lande atlantiche, da una parte, e la stessa penisola iberica e l’Italia e l’adiacente area francese della Provenza, dall’altra. Queste soluzioni di continuità geografica hanno dato origine, in accordo con dati paleobotanici, a due gruppi geneticamente differenziabili: quello iberico e delle due adiacenti aree francesi, corrispondente al centro di origine della specie, e quello che raccoglie le popolazioni di nord Africa, Sicilia, Sardegna, Corsica, Italia continentale e Provenza (Toumi e Lumaret, 1998). In tutti questi territori la quercia da sughero entra a far parte delle comunità vegetali climaciche, di sistemi seminaturali e fortemente antropizzati, e si diffonde, negli ambienti a clima caldo-umido, dal livello del mare (come si può osservare anche in Sardegna) sino ai 2.000 m di altitudine nel massiccio dell’Atlante in Marocco. 2.1 Autoecologia e sinecologia Specie eliofila con debole copertura anche a causa della scarsa durata delle foglie, la sughera si distribuisce nel pieno della fascia meso-mediterranea che, nella classificazione del Pavari (1937), corrisponde al Lauretum di 2° tipo (con siccità estiva), sottozona calda e media. La specie è rinvenibile anche nella fascia sopra-mediterranea (Lauretum freddo) e, con individui isolati, nella sottozona calda del Castanetum. I limiti termici della specie sono individuabili in temperature medie annue non inferiori a 13-14 °C, media del mese più freddo non inferiore a 4-5 °C e minima media di 7-8 °C. La resistenza al gelo delle gemme, del cambio e dello xilema è superiore a quella dell’olivo e dell’olivastro-oleastro, che subiscono gravi danni in presenza di temperature inferiori a -5 °C; il leccio, invece, risulta capace di tollerare temperature di -15 °C senza mostrare danni all’apparato fogliare, risultando quindi più resistente della sughera. In definitiva l’optimum climatico della sughera corrisponde a climi a inverno mite, ma con almeno 600-700 mm di pioggia annua, clima pertanto più del tipo oceanico e portoghese che di quello continentale ed ellenico. Il Pavari (1935) precisava che l’area di vegetazione della sughera corrisponde al dominio del clima mediterraneo subumido caratterizzato da temperature estive alte, miti d’inverno, precipitazioni piuttosto abbondanti, siccità estiva non molto marcata; la presenza di sugherete rigogliose in clima semiarido dimostra, sempre secondo il Pavari, il suo adattamento xerofitico. De Philippis (1936) fa rientrare l’area di indigenato della sughera nella zona del Lauretum (sottozona calda e media, e in quella fredda solo in bosco misto), limitando pertanto l’optimum ai settori maggiormente piovosi della sottozona media e calda. Secondo questo Autore, a LA COLTIVAZIONE DELLA QUERCIA DA SUGHERO partire dal suo optimum vegetativo e procedendo verso stazioni meno -0,5 umide (ferma restando la temperatura), la sughera incontra la -1,0 quercia spinosa (Q. coccifera), il -1,5 pino d’Aleppo, l’oleastro e le -2,0 formazioni arbustive; ferme restando -2,5 invece le condizioni udometriche e procedendo verso stazioni meno -3,0 calde, la sughera si imbatte nelle -3,5 querce caducifolie; all’allontanarsi -4,0 dai valori ottimali per avvicinarsi a REIDRATAZIONE -4,5 stazioni caratterizzate, al contempo, 14/7 17/7 20/7 23/7 26/7 29/7 1/8 4/8 da un modico abbassamento di Q.ilex irr. Q.ilex semirr. Q.ilex asc. temperatura e piovosità, la sughera Q.suber irr. Q.suber semirr. Q.suber asc. incontra il leccio. Il temperamento ecologico della specie sarebbe 0,0 11 confermato, sempre secondo il De -0,5 10 Philippis, dalla coincidenza della -1,0 9 distribuzione dei principali -1,5 8 soprassuoli con le regioni favorite -2,0 7 dalla pioggia, ad eccezione della -2,5 6 Sicilia centro meridionale. -3,0 5 L’aridità rappresenta, quindi, -3,5 4 uno dei principali fattori limitanti la -4,0 3 diffusione della specie anche perché -4,5 2 la siccità, e il cambiamento climatico -5,0 1 globale, rappresentano una 14/7 17/7 20/7 23/7 26/7 29/7 1/8 4/8 componente importante del REIDRATAZIONE P net irriguo P net asciutto complesso problema del “deperimento delle sugherete” Pot. xilem. irriguo Pot. xilem. asciutto (Cellerino e Gennaro, 2000). Figura 2.1 - Variazioni del potenziale xilematico (Ψ) in Esperienze in contenitore condotte di leccio e sughera (in alto) e del tasso fotosintetico della recente sulle principali specie sughera, rilevate su semenzali di 2 anni in contenitore quercine presenti in Sardegna (Barberis, 1997-98), hanno evidenziato che i) in condizioni di normale idratazione il potenziale idrico fogliare, all’alba, di leccio e sughera non differisce in misura significativa; ii) la sughera mantiene valori più bassi di Ψ (in senso assoluto) sia in presenza di severi stati di stress idrico sia in condizioni intermedie; iii) l’efficienza fotosintetica crolla in entrambe le specie col procedere dello stress idrico e si riporta su valori normali entro 48 ore dalla reidratazione (fig. 2.1). Secondo il Bosetto (1955) l’associazione floristica “sughericola” è da interpretarsi come una successione secondaria, comprendente tutti i gradi dell’alterna vicenda di regressione e di progressione per la variabile incidenza perturbatrice del fattore antropico; i consorzi boschivi attuali sarebbero da considerarsi, sotto tutti gli aspetti, delle costruzioni naturali, profondamente rimaneggiate dall’intensa millenaria azione dell’uomo sui vasti e spontanei complessi originari. Ancora secondo il Bosetto, la distribuzione della specie è andata nel tempo, nell’ambito della sua area potenziale, frammentandosi e localizzandosi sempre più in quella che potremmo indicare come “area forestale”, area più conveniente al bosco che a qualsiasi altra destinazione colturale. Rientrano di norma in quest’area i terreni più aridi e poveri, sui quali la sughera s’insedia solo per la sua grande facoltà di adattamento alle condizioni ambientali più ingrate del suo piano di vegetazione. MPa MPa 0,0 14 Tabella 2.1 - Struttura del soprassuolo arboreo e composizione floristica dello strato arbustivo in due sugherete sarde a diversa pressione pascolativa FIORENTINI (Goceano) Soprassuolo AGLIENTU (Gallura) I I III III 7 7 esclusi m. alti esclusi alti esclusi alti Quota (m s.l.m.) 700 700 900 900 370 370 440 395 380 Copertura arborea % (1) 72,5 77,4 75,4 82,3 75,0 65,5 n.r. n.r. n.r. Densità (p/ha) 550 775 1350 1125 475 344 644 1650 Area basim. (m²/ha) 9,4 15,7 18,2 19,7 32,2 21,7 35,3 dg (cm) 20,8 22,7 18,5 21,1 27,3 26,6 Cytisus villosus 18,0 28,0 12,9 24,5 17,9 12,4 Area di saggio Carichi pascolanti Phyllirea angustifolia Erica arborea 57,5 34,0 17,2 15,5 Arbutus unedo 1 3 4 5 bassi bassi bassi bassi 6 alti m. bassi 383 430 n.r. n.r. n.r. n.r. 700 1250 600 24,9 n.r. 23,5 39,1 17,1 26,4 13,9 n.r. 14,8 17,0 11,0 14,9 12,4 5,2 18,2 1,2 2,0 2,2 16,2 15,9 11,4 43,3 2,2 34,8 10,4 10,2 11,2 22,6 6,0 19,9 0,5 17,4 Quercus ilex 0,7 12,4 Quercus suber Cistus monspeliensis 0,5 Rubus fruticosus 1,1 14,5 0,5 0,5 15,4 0,5 0,5 14,2 30,6 8,7 8,0 1,0 2,7 0,2 3,0 Ruscus aculeatus 4,0 Myrtus communis 4,0 2,0 6,2 6,2 0,5 62,7 38,1 70,9 Altre specie Copertura totale % 8 1,1 75,5 62,5 32,3 54,5 0,5 0,5 34,3 13,9 67,7 1) determinata secondo la metodologia basata su rilevamento fotografico con obiettivo fish-eye (Andrieu e Baret, 1993) 63,7 80,3 LA COLTIVAZIONE DELLA QUERCIA DA SUGHERO Un’indagine floristica svolta in Sardegna per le sugherete del Marghine-Goceano (Sirigu, 199394), territorio a clima mediterraneo ma con carattere suboceanico in relazione all’entità delle piogge, segnala la prevalenza, tra le forme biologiche, delle emicriptofite, cioè specie con fusti epigei che muoiono durante l’inverno mentre le gemme sopravvivono al livello del suolo insieme agli apparati radicali. L’analisi floristica ha evidenziato la presenza, quali essenze di corteggio, di erica, cisto e citiso tra gli arbusti, e della carlina e dell’asfodelo tra le specie erbacee. Infatti la ridotta densità della chioma della sughera consente alla luce di giungere al suolo in quantità sufficiente allo Figura 2.2 - Sezione orizzontale della struttura in due aree di sviluppo delle specie eliofile. Da un saggio a differente copertura arborea dello stesso soprassuolo punto di vista fitosociologico, cioè delle associazioni vegetali, la comunità più rappresentata nelle sugherete del Marghine-Goceano è il Quercetum ilicis, subassociazione suberetosum (Braun-Blanquet, 1951). Marongiu (1999) e Dettori (in litteris) hanno indagato la struttura e la composizione floristica delle specie legnose in due aree sughericole: il Goceano e la Gallura. In entrambe si rilevano fisionomie che, anche quando sono coetanee (Goceano, ricostituzione dopo l’esteso incendio del 1944), appaiono irregolari. Gli individui sono di origine mista sia gamica che agamica. La tabella 2.1 evidenzia per il Goceano una relativa uniformità strutturale e floristica, pur in presenza di densità molto diverse, evidenziate in particolare dalle planimetrie delle proiezioni delle chiome (fig. 2.2). In Gallura invece sono state osservate situazioni più diversificate. Non è possibile confrontare direttamente le due aree poichè, in questo caso, lo strato arboreo è costituito anche da altre specie. La dimensione media degli alberi (dg) varia da 11 a 27 cm senza presentare una relazione evidente con la densità. In entrambe le situazioni le specie legnose diverse dalla sughera contribuiscono alla copertura del suolo con valori in genere superiori al 50%. In Goceano prevalgono due specie arbustive, l’erica arborea e il citiso villoso, in Gallura invece le specie importanti sono almeno sette: si affiancano alle due già citate specie indicatrici di una maggiore evoluzione quali il leccio, il corbezzolo e il mirto. La Mantia et al. (2000 e 2001) nello svolgere l’analisi della vegetazione della Sicilia non su base fitosociologica (associazioni) ma secondo i “tipi forestali” (Del Favero, 1992), utilizzano una metodologia che «classifica le superfici forestali e preforestali in funzione della loro omogeneità ecologico-gestionale» secondo «un sistema gerarchico di classificazione che ha come unità di riferimento il “tipo” (omogeneo in termini ecologico-gestionali), il quale risulta compreso all’interno di unità più ampie, le “categorie”, che identificano aree omogenee per specie forestale arborea dominante». Nella categoria “sugherete” gli Autori individuano tre tipi forestali: i) s. pure, in ambienti mesici formanti un bosco secondario utilizzato per la produzione del sughero; ii) s. degli ambienti xerici, in bosco rado con rigoglioso strato arbustivo; iii) s. con querce caducifolie, tipiche degli ambienti di transizione tra la fascia meso- e quella termo-mediterranea. 2.2 La sughera nell’ambiente regionale Barneschi (1975a) segnala che la specie risulta in Sardegna meno xerofila del leccio e dell’olivastro e meno mesofila della roverella e del frassino, trovando soddisfatte le sue esigenze ecologiche in tutti i climi di transizione dell’Isola. La larga diffusione della specie può essere giustificata, da un lato, con il coincidere del suo temperamento con le condizioni ambientali 16 L’ECOLOGIA DELLA SUGHERA dell’isola, e con la sua notevole capacità pollonifera (pirofita attiva) e di resistenza al fuoco per le proprietà isolanti del sughero (pirofita passiva); dall’altro, con un’azione costante di protezione e diffusione dell’albero svolta dall’uomo in relazione alla sua utilità economica. In effetti questo secondo aspetto può avere avuto un ruolo significativo solo in aree, quali la Gallura e il Mandrolisai, dove l’utilizzazione intensiva del sughero ha avuto inizio sin dai primi dell’800. Il Sanna (1946), nell’abbracciare la tradizionale tesi di una Sardegna originariamente ricca di boschi (della Marmora, 1839) in larga parte distrutti tra il 19° e il 20° secolo per la produzione di cenere (poi usata in Francia per ottenere la potassa) e di carbone, riferisce di aver raccolto dalla “viva voce di ottuagenari nati dal 1820 in poi” testimonianze di una vasta diffusione della specie (e della sua distruzione); pur concordando con la tesi di Beccu (2000) sulla visione romantica di una Sardegna selvaggia e, quindi, necessariamente ricca di selve, presente nei resoconti dei viaggiatori dell’800, pare anche oggi difficile spiegare la diffusa presenza di radi boschetti e individui isolati di sughera in territori di piano e di collina da lungo tempo agricoli: la Nurra di Alghero e Porto Torres, il Campidano di Oristano, le colline di Sinnai e Dolianova, ecc. La conferma di una diffusione ben più vasta dell’attuale è anche desumibile da quanto riportato dalla Carta Forestale della Sardegna (1991): sono ben 800mila gli ettari di superficie interessata, a diverso titolo, dalla quercia da sughero, il 30% dell’intero territorio regionale. La specie, inoltre, sembra capace di diffondersi, o meglio ritornare, nelle aree vocate non solo grazie alla disseminazione ma soprattutto attraverso meccanismi di propagazione agamica. Ancora il Sanna (1946) riferisce la ricomparsa, nell’arco di un cinquantennio, di veri boschi di sughera in territori che ne erano del tutto privi. La diffusione, o meglio la ricomparsa, della specie non pare possa essere attribuita a un semplice processo di disseminazione zoocora a opera di uccelli anche in relazione al peso notevole della ghianda, mentre la presenza di numerose ceppaie pare incompatibile con la prolungata coltivazione del grano; si dovrebbe, quindi, indagare sulla capacità dei residui radicali di dare origine a polloni in misura superiore e per tempi più lunghi di quanto di norma ritenuto. A tale proposito Falchi e Clemente (1959) riportano: «il potere agamico delle ceppaie dura a lungo e, considerando anche quello, spesso a torto trascurato, delle radici, può ritenersi praticamente illimitato». 2.2.1 Il clima e la fitoclimatologia della sughereta in Sardegna 1 Il clima della Sardegna viene generalmente classificato come Mediterraneo Interno, caratterizzato da inverni miti e relativamente piovosi ed estati secche e calde. Da un punto di vista più generale, il Mediterraneo può essere considerato come una fascia di transizione tra le zone tropicali, le cui stagioni sono definite prevalentemente in base alla piovosità, e le zone temperate, dove la stagionalità si basa su marcate variazioni di temperatura. Di conseguenza l’Isola presenta grandi variazioni interstagionali di precipitazione accompagnate da variazioni di temperatura, senza che però le une o le altre raggiungano i valori estremi tipici delle due aree climatiche (Chessa e Delitala, 1996). Come tutti i climi, anche quello della Sardegna è soggetto a lente variazioni (soprattutto fra un secolo e l’altro) e dunque per poter definire il suo comportamento tipico, è prassi analizzare un periodo consecutivo di trenta anni, talora chiamato normale climatologica. Nel caso del presente studio, si è scelto di prendere in considerazione il trentennio 1961-1990, utilizzando i dati registrati dalle stazioni del Servizio Idrografico, dell’Ufficio Generale per la Meteorologia dell’Aeronautica Militare e dell’Istituto di Agronomia e Coltivazioni erbacee dell’Università di Sassari. In questa descrizione del clima della Sardegna, si è concentrata l’attenzione sulle due principali grandezze meteorologiche (precipitazione e temperatura), caratterizzandole dal punto di vista della media annuale. Le temperature della Sardegna risentono di due fattori: la quota e la distanza dal mare. Mentre, come è ovvio, il primo parametro tende a rendere più fresche le zone poste a quote più elevate, il secondo rende più miti le temperature delle coste, smorzando gli eccessi di caldo e di freddo. Ne consegue che nelle zone costiere le temperature minime (soprattutto d’inverno) sono generalmente meno basse rispetto all’entroterra, mentre le massime (soprattutto d’estate) risultano meno alte. La distanza dal mare ha anche l’effetto di smorzare la variabilità fra un giorno e l’altro. Gli sbalzi di temperatura, cioè, sono più marcati (sia nelle minime che nelle massime) nelle zone distanti dal mare. 1 Il paragrafo è stato curato dal Servizio Agrometeorologico della Sardegna (S.A.R.) 17 LA COLTIVAZIONE DELLA QUERCIA DA SUGHERO Figura 2.3 - Valori medi annuali della temperatura minima e massima nel territorio regionale La figura 2.3 mostra la media annuale della temperatura massima e minima (in °C). Le temperature massime più elevate sono quelle della media valle del Tirso e del Goceano, del Campidano (soprattutto nella parte centrale), della Marmilla e della Trexenta; le temperature massime più basse, invece, sono quelle delle zone di montagna. Fra le temperature minime estreme, invece, oltre a quelle della Barbagia e delle altre zone montuose della Sardegna, si trovano anche quelle di zone interne, poste a quote medio-basse ma più lontane dal mare, come la media valle del Tirso, il Goceano, il Logudoro e il Monteacuto. Decisamente più miti le temperature minime delle coste, in particolare quella Orientale, che risulta anche parzialmente schermata rispetto ai flussi nordoccidentali. I fattori che influenzano la precipitazione sono in qualche modo diversi rispetto a quelli che influenzano la temperatura. Oltre alla quota, che rende più piovose le zone più elevate, la precipitazione è legata ai tre modi con cui le perturbazioni investono l’isola, i quali determinano tre diversi regimi di pioggia: regime nordoccidentale, regime sudoccidentale e regime sudorientale. Nella figura 2.4 è riportata la media del cumulato annuale di precipitazione (in mm). Si può osservare che le zone che ricevono meno pioggia sono la Nurra, il Campidano e la costa orientale, con valori inferiori ai 600mm annui. Più piovose sono, invece, le zone pedemontane o montane, le cui medie superano gli 800mm, con valori oltre i 1000-1100mm annui del Gennargentu e del Limbara. Nella stessa figura è riportato il numero medio di giorni piovosi, definiti come i giorni con almeno 1mm di pioggia. Come si vede ogni anno sulle varie aree della Sardegna si registrano fra i 50 e 100 giorni di pioggia. Il massimo si ha ancora una volta nelle zone di montagna, con valori superiori ai 90 giorni all’anno sul Gennargentu. Un’altra caratteristica delle piogge è la maggiore frequenza nelle zone esposte al regime nordoccidentale. Si può infatti notare che, a parità di quota, sulla costa orientale (in particolare quella di Baronia, Ogliastra, Gerrei e Sarrabus), si hanno fra i 10 e i 20 giorni piovosi in meno. Mediamente l’83% della pioggia si concentra fra ottobre e aprile, con un massimo nel bimestre novembre-dicembre che risulta in assoluto il più piovoso in tutta l’isola. E’ per questa ragione che talvolta il periodo ottobre-aprile viene indicato come stagione piovosa. I cinque mesi restanti si dividono la precipitazione residua, che a sua volta si concentra fra maggio, giugno e settembre. 18 L’ECOLOGIA DELLA SUGHERA Figura 2.4 - Cumulato medio annuo delle precipitazioni e numero medio di giorni piovosi La precipitazione, oltre che allo stato liquido (cioè come pioggia), si può presentare allo stato solido, cioè come neve o grandine. Ma se quest’ultima non ha influenza sui bilanci climatologici, la neve può avere un peso non trascurabile in certi periodi e in certe aree. Essa, infatti, è molto probabile nelle zone montane, concentrata tra dicembre e marzo, con un massimo a febbraio. Più rara, invece, risulta nelle aree collinari e pedemontane, mentre in pianura e sulle coste riveste un carattere di eccezionalità. Si tratta però di un fenomeno poco duraturo anche nel mese di febbraio, eccetto, forse, le cime del Gennargentu (su cui però si hanno pochi dati storici). Sulla cima del Monte Limbara, ad esempio, si registra una media di 14 nevicate all’anno e una media di 21 giorni con neve presente sul terreno; se da quest’ultimo valore si sottraggono le 14 nevicate restano solo 7 giorni all’anno con neve che permane sul terreno, ad indicare che, anche lassù, la neve si scioglie solitamente entro pochi giorni. Un accenno, infine, alla variabilità delle precipitazioni tra un anno e l’altro. La media, infatti, si ottiene combinando i valori di tutte le annate di un periodo e non è che un indicazione di quanto tipicamente piove in un anno. Nella figura 2.5 è riportato l’andamento delle stagioni piovose sulla Sardegna nel XX secolo, secondo uno studio del Servizio Agrometeorologico Regionale (Chessa et al., 1999; Delitala et al., 2000). I valori negativi indicano stagioni più secche della media (19611990) mentre i valori positivi indicano stagioni più piovose. Ad una prima osservazione si vede subito che fino agli anni ‘70 annate piovose e secche si sono alternate senza mostrare un particolare andamento. Dagli anni ‘80, invece, è iniziato un lungo periodo siccitoso, che si è interrotto solo nel 1984-85, nel 1990 e nel 2000. Particolarmente seria è stata la situazione dell’ultimo decennio che ha avuto ben nove anni consecutivi (1991-1999) di piogge inferiori alla media, e alcuni in misura anche consistente. 19 LA COLTIVAZIONE DELLA QUERCIA DA SUGHERO Figura 2.5 - Andamento delle stagioni piovose in Sardegna durante il XX secolo Per quanto riguarda gli aspetti fitoclimatici, lo stesso Pavari (1935) applica la classificazione da lui proposta al territorio regionale ribadendo che la sughereta si colloca in prevalenza nel Lauretum a siccità estiva, sottozone calda e media. Il Pavari affina queste indicazioni integrandole col quoziente pluviometrico Q (Emberger, 1930) e rileva che le foreste di sughera trovano il loro optimum di vegetazione nel clima mediterraneo subumido spingendosi sino all’umido purché non troppo freddo (limite inferiore del Castanetum); le stazioni sarde considerate dal Pavari ricadono nel clima semiarido (Cagliari e Orosei, sottozona calda), nel subumido (Sassari, sz. calda; Sarcidano e Mores, sz. media; Nuoro, sz. fredda) e nell’umido (Tempio, sz. media; Alà dei Sardi, sz. fredda). Arrigoni (1968) applica, sempre a livello regionale, le due citate metodiche a partire dalle registrazioni di 43 stazioni meteorologiche. Poiché le fluttuazioni climatiche (come visto per le piogge del ‘900) sono rilevanti, e tenendo conto della disponibilità della vasta banca-dati realizzata dal Servizio Agrometeorologico Regionale, si è ritenuto utile applicare la metodologia del Pavari al trentennio 1961-90 per aggiornare la distribuzione regionale dei fitoclimi. L’analisi ha potuto utilizzare le registrazioni relative a 77 stazioni meteorologiche distribuite sull’intero territorio regionale dal livello del mare alla quota di 1.040 m (tab. 2.2), con temperature medie annue comprese tra 10,3 (Vallicciola, SS) e 18,3 °C (Cala Gonone, NU) e piovosità annuale oscillante tra 1.246 (Vallicciola, SS) e 411 mm (Carloforte, CA). L’esame della tabella conferma, in generale, le considerazioni dell’Arrigoni (1968) circa l’appartenenza della fascia basale, collinare e montana (fino a circa 1.000 m di altitudine), alla zona del Lauretum II tipo con siccità estiva perché la stagione raccoglie meno del 10% delle piogge annue. Il Lauretum caldo raccoglie il 68% delle stazioni, mentre il 13 e 14% è registrato per la sottozona media e fredda; il Castanetum caldo è presente nel 5% delle stazioni meteo. I dati puntuali sono stati proiettati sul territorio regionale collegando i risultati alla quota e quindi all’orografia dell’Isola (discretizzata su un reticolo geografico di 2x2 km) risultata, all’analisi statistica, il parametro più correlato con la classificazione del Pavari. 20 L’ECOLOGIA DELLA SUGHERA Tabella 2.2 - Classificazione fitoclimatica del Pavari relativa a 77 stazioni meteorologiche Temperature medie (°C) Stazione Precipitazioni (mm) Escursione termica Mese più Mese più dei dei Annua Estiva annua freddo caldo minimi massimi (°C) Zona e sottozona Quota Annue 1 Vallicciola 1040 10,3 3,4 19,2 -3,3 26,4 1245,5 84,8 15,8 2 Genna-Silana (C.ra) 1010 11,4 3,8 22,3 -0,4 26,6 1042,8 67,6 18,5 Castanetum 3 Govossai (Diga) 922 11,2 3,6 20,5 -1,8 26,9 820,8 69,6 17,0 Calda 4 Santa Sofia 825 11,8 4,3 22,4 -1,3 27,4 871,9 59,4 18,1 5 Fonni 992 13,0 4,7 23,6 0,4 28,0 974,2 78,8 18,9 6 Desulo 920 13,1 5,4 23,4 -0,7 30,7 1121,9 78,9 18,0 7 Cossatzu (C.Ra) 860 12,1 3,6 23,5 -0,8 26,7 919,3 65,4 19,9 8 Orune 745 13,7 7,6 22,2 3,4 25,1 837,8 65,1 14,6 9 Is Cannoneris 716 13,5 6,4 22,9 1,7 28,5 1075,7 39,3 16,6 Lauretum 10 Sos Canales (Diga) 714 12,4 4,9 22,6 -0,3 27,1 675,8 55,0 17,7 Fredda 11 Col.Penale Sarcidano 699 12,8 4,6 23,9 0,9 27,2 769,7 53,0 19,3 12 Alà dei Sardi 663 13,0 5,0 23,4 -0,3 28,5 944,4 77,1 18,4 13 Tempio 558 13,8 6,1 24,2 2,0 28,9 792,4 65,2 18,2 14 Nurri F.C. 557 13,9 5,4 24,7 1,5 29,3 736,9 63,2 19,3 15 Monti 296 13,3 5,4 24,1 0,9 27,7 751,4 50,7 18,7 16 Meanasardo 585 14,8 7,0 24,8 2,8 29,8 799,1 56,5 17,8 17 Macomer 572 15,2 6,5 25,4 1,8 30,6 905,2 52,4 18,9 18 Santulussurgiu 557 14,8 7,7 23,9 1,4 29,0 1028,3 41,7 16,2 19 Nuoro 545 14,8 6,9 25,2 2,2 29,6 699,2 53,3 18,3 20 Mandas F.C. 491 14,4 7,1 23,5 1,6 29,7 732,3 62,7 16,4 Lauretum 21 S.Lucia di Bonorva 360 14,0 6,6 24,9 0,0 29,6 613,3 41,2 18,3 Media 22 S.Antonio Calangianus 350 14,9 7,4 24,4 3,3 27,5 696,5 57,6 17,0 23 Bidighinzu 335 14,7 7,0 23,7 1,1 29,8 793,4 48,9 16,7 24 Luogosanto 315 14,6 6,7 24,8 3,4 27,2 806,0 66,0 18,1 25 Ales 167 14,9 7,3 24,3 1,3 30,8 786,2 45,3 17,1 26 Arzana 674 15,1 7,5 24,8 3,4 29,1 940,7 44,3 17,3 27 Lanusei 595 15,2 7,9 25,0 3,5 30,1 917,6 41,4 17,1 28 Jerzu F.C. 550 15,7 7,7 25,8 3,1 29,1 859,5 45,7 18,1 29 Cuglieri 484 15,2 8,2 23,8 2,5 30,7 795,1 32,9 15,5 30 Ozieri 390 15,1 7,1 24,5 2,7 29,7 654,6 68,9 17,4 31 Campuomu (Caserma) 380 15,1 7,9 24,3 2,0 30,5 800,4 35,3 16,4 Lauretum 32 Busachi 379 15,9 8,7 24,3 3,1 32,7 661,3 38,4 15,6 Calda 33 Armungia 366 15,9 8,1 25,8 1,3 33,4 707,1 41,7 17,6 34 Montimannu (Caserma) 350 15,2 7,4 25,3 0,5 30,5 986,3 44,0 17,9 35 Sassari(Serra Secca) 350 15,8 8,1 24,7 4,6 28,8 540,7 31,0 16,7 36 Escalaplano 338 16,6 8,5 27,4 3,5 32,4 688,7 60,1 18,9 37 Punta Gennarta - Diga 258 15,3 8,7 23,6 3,8 30,0 896,9 36,2 15,0 38 Piscinamanna 255 16,9 10,1 25,3 3,6 33,0 803,1 31,8 15,2 39 Sa Pira (Caserma) 215 17,3 9,9 26,2 4,5 31,6 459,9 23,1 16,2 21 LA COLTIVAZIONE DELLA QUERCIA DA SUGHERO segue Tabella 2.2 Temperature medie (°C) Stazione Precipitazioni (mm) Escursione termica Quota Annue Mese più Mese più dei dei Annua Estiva annua freddo caldo minimi massimi (°C) Zona e sottozona 40 Villacidro F.C. 213 17,2 10,1 26,0 4,7 32,5 686,3 38,6 15,9 41 S.Giovanni Coghinas 210 15,5 8,7 24,4 4,3 30,0 761,0 46,1 15,7 42 Oschiri 205 15,4 7,9 25,0 2,3 31,7 584,9 54,1 17,1 43 Iglesias 193 17,1 10,2 26,0 3,7 33,0 814,6 38,8 15,8 44 Rifornitore Tirso 184 15,7 7,3 26,3 1,2 31,4 624,5 54,4 19,0 45 Castiadas 167 15,3 8,9 23,1 3,8 30,9 655,8 25,4 14,1 46 Capo Bellavista 156 17,0 10,8 25,0 6,2 30,4 437,0 28,3 14,2 47 Donori (S. Michele) 139 16,0 8,6 24,3 1,5 31,1 561,3 32,3 15,7 48 Mogoro (Diga) 134 16,6 9,2 25,0 4,1 29,3 601,3 35,2 15,8 49 Corongiu 126 17,3 10,3 26,0 4,7 32,6 529,5 30,1 15,6 50 Serrenti 122 16,8 9,9 25,3 3,4 31,8 552,5 47,2 15,4 51 M.Pedrosu - Suaredda 96 16,4 9,5 25,1 3,8 31,8 617,1 42,2 15,6 52 Capo Frasca 92 16,5 10,2 24,4 4,7 30,9 567,0 22,6 14,2 Lauretum - 53 Ottava 70 16,0 9,7 23,8 2,8 31,7 530,3 35,9 14,0 Calda 54 Sanluri O.N.C. 68 15,8 8,6 24,3 0,7 32,6 550,5 36,2 15,7 55 Allai 50 17,7 10,1 26,7 1,7 35,7 659,9 33,2 16,6 56 Fluminimaggiore 45 16,0 9,8 23,4 2,7 33,2 751,9 27,9 13,6 57 Stintino 40 16,2 9,0 26,8 5,0 27,4 477,1 23,6 17,7 58 S.Lucia di Siniscola 35 17,1 11,2 25,0 4,1 28,0 499,3 34,5 13,8 59 La Maddalena 29 17,5 11,2 26,1 7,2 28,0 511,2 36,9 14,9 60 Decimomannu 28 16,3 9,3 24,9 1,8 31,8 484,8 28,8 15,6 61 Cala Gonone 25 18,3 11,3 26,2 9,1 28,5 590,9 42,5 14,8 62 Budoni (C.ra) 20 16,5 9,8 24,6 6,4 28,6 740,6 50,6 14,8 63 Uta 20 16,5 9,5 24,8 1,9 32,0 533,4 26,9 15,3 64 Muravera 19 17,1 10,3 25,5 3,9 34,9 664,8 32,8 15,3 65 Orosei 19 16,9 10,0 25,6 5,8 29,2 561,4 39,3 15,7 66 Carloforte 18 17,6 11,9 24,8 6,6 28,6 411,4 16,7 12,9 67 Elmas 18 16,5 9,8 24,4 3,2 30,3 425,1 21,0 14,6 68 Decimomannu (Vivaio) 15 16,9 9,9 25,3 3,2 31,8 491,4 26,9 15,4 69 Olbia 15 16,7 9,3 25,8 4,6 29,5 505,4 40,6 16,5 70 Bosa 13 17,7 10,3 26,1 5,5 31,5 588,0 30,4 15,8 71 Palmas Suergiu 12 17,3 11,0 25,1 3,0 32,8 492,2 19,9 14,1 72 S.Anna 12 17,2 10,1 25,5 3,1 33,3 550,1 21,1 15,3 73 Fertilia 10 16,5 9,7 24,8 4,9 28,8 535,1 26,9 15,1 74 S.Giusta 10 16,8 9,9 24,6 2,4 33,0 583,9 22,2 14,6 75 Alghero 7 17,5 9,8 27,7 6,5 29,5 749,8 39,9 17,9 76 Cagliari S.I. 7 17,5 10,7 25,4 5,4 30,1 441,5 22,6 14,6 77 Santa Lucia 0 16,3 9,6 24,1 2,2 33,0 564,4 23,7 14,5 22 L’ECOLOGIA DELLA SUGHERA I risultati sono rappresentati nella figura 2.6, dal cui esame si rileva che il Lauretum è presente nel 97% della superficie regionale, e che le tre sottozone calda, media e fredda occupano rispettivamente il 29, 44 e 24% dell’Isola; la restante superficie ricade nel Castanetum, sottozona calda. Il Lauretum caldo comprende stazioni con una quota in genere inferiore ai 500 metri e quindi la fascia costiera dell’Isola e le pianure della Nurra e del Campidano; fanno eccezione le stazioni di Arzana, Lanusei e Jerzu che, in relazione alla loro localizzazione nella fascia orientale (al riparo dai venti occidentali) pur ricadendo al di sopra dei 500 m s.l.m., presentano temperature medie annue superiori ai 15°C e temperature medie del mese più freddo superiori ai 7 °C. La sottozona media del Lauretum interessa la maggior parte della superficie dell’Isola e coincide con la fascia collinare; in questa sottozona ricadono stazioni con una quota variabile da 167 m (Ales) a 585 m s.l.m. (Meanasardo). Nella sottozona fredda possono essere inquadrate le aree con un’altitudine tra i 550 ed i 950 m s.l.m., presenti in prevalenza nelle regioni del Marghine, Goceano e Monte Acuto (SS), della Barbagia, Mandrolisai e Ogliastra (NU), dell’Alto Montiferru (OR) e del Sulcis Iglesiente e Gerrei (CA). Nel Castanetum sottozona calda ricadono solo 4 stazioni, con una quota che va da 825 m per Santa Sofia (Sarcidano) a 1040 m s.l.m. per Vallicciola (massiccio del Limbara). In definitiva questo fitoclima è presente in misura diffusa solo nel massiccio del Gennargentu, e nelle aree cacuminali del Limbara e della catena del Marghine. Figura 2.6 - Carta delle zone fitoclimatiche secondo la classificazione del Pavari (i numeri sono riferiti alle stazioni riportate nella tabella 2.2) 23 LA COLTIVAZIONE DELLA QUERCIA DA SUGHERO Le indicazioni fitoclimatiche del Pavari sono state integrate con l’elaborazione di climogrammi (Emberger, 1955; Sauvage, 1961; Daget, 1977) basati sulla relazione tra il quoziente pluviometrico Q2 e la media delle temperature minime del mese più freddo2. La rappresentazione del climogramma (fig. 2.7) evidenzia che otto importanti poli sughericoli regionali ricadono S.Sofia (sulla base delle registrazioni Cuglieri del trentennio 1961-90) per la Tempio Iglesias maggior parte nel piano Nurri subumido, temperato (Cuglieri, Sos Canales Oschiri e Tempio) e fresco Corongiu Oschiri (Nurri e Sos Canales), poiché solo le sugherete dell’Iglesiente (Iglesias) e dei Sette Fratelli (Corongiu) ricadono nel piano semiarido temperato; nel piano umido fresco rientra, infine, l’Alto Sarcidano (Santa Sofia). La classificazione del Pavari ha valore di macroscala e fornisce indicazioni di larga massima. La realizzazione di piantagioni e rimboschimenti deve però essere preceduta da una più accurata analisi della stazione (vedi cap. 6, e anche Corona et al., 1998) che di frequente è realizzata con i diagrammi ombrotermici di Figura 2.7 - Climagramma pluviometrico di Emberger (modif. da Walter e Lieth (1967). È Daget, 1977) riassunta in un unico grafico a doppia ordinata la dinamica dei valori medi mensili di temperature e piogge (nel rapporto di 1:2, cioè 10°C = 20 mm) evidenziando la stagione umida, periodo in cui la spezzata delle precipitazioni è al di sopra di quella delle temperature, e la stagione arida quando avviene il contrario (P<2T); ancora, può essere individuata una stagione siccitosa nel periodo in cui P è minore di 3T. Inoltre sono riportati i valori medi ed estremi dei parametri termometrici della stazione (vedi anche Arrigoni, 1968; Piussi, 1994). Nelle figure 2.8 e 2.9 sono raccolti i climodiagrammi di otto stazioni meteorologiche ubicate in importanti poli sughericoli. Si osserva che le stazioni più aride ricadono nella parte meridionale della Sardegna (Corongiu, poco meno di 5 mesi di aridità; e Iglesias, 4 mesi), ma una lunga stagione arida si osserva anche nella Bassa Gallura (Oschiri, 4 mesi); il periodo arido è più breve nell’Alto Sarcidano (2,5 mesi) e nell’Alta Gallura (Tempio, 3 mesi). La stagione siccitosa presenta la stessa distribuzione, ma dura in media un mese in più e raggiunge un massimo di sei mesi nei Sette Fratelli. 2 Q2 = 2.000P/(M2 - m2); con P= piogge medie annue in mm; M= media delle temperature massime del mese più caldo, m= media delle temperature minime del mese più freddo, entrambe espresse in °K. 24 L’ECOLOGIA DELLA SUGHERA TEMPIO (558 m) (30) 13,8 792,4 OSCHIRI (205 m) (24 - 30) 40,0 27,6 44,5 31,1 7,7 11,2 3,7 -8,0 4,0 -6,0 SOS CANALES (714 m) 12.4 (29 - 30) 683,3 15,3 CUGLIERI (484 m) (30) 39,6 28,0 42,0 28,6 9,7 7,4 1,6 -8,0 5,8 -6,7 584,9 15,2 795,1 Figura 2.8 – Diagrammi climatici di Walter e Lieth relativi a stazioni termopluviometriche ubicate in Gallura (Tempio e Oschiri), Goceano (Sos Canales) e Montiferru (Cuglieri) SANTA SOFIA (825 m) 11.9 (25) 915,7 NURRI F.C. (557 m) 13,9 (30) 44,0 27,5 42,0 29,5 10,1 9,6 0,9 -10,0 2,9 -7,0 IGLESIAS (193) (30) 17,1 CORONGIU (126 m) 17.3 (30) 814,6 44,0 32,8 45,2 31,1 10,2 8,8 6,4 -4,2 6,7 -2,0 736,9 529,5 Figura 2.9 - Diagrammi climatici di Walter e Lieth relativi a stazioni termopluviometriche ubicate in Sarcidano (Santa Sofia), Giara di Gesturi (Nurri), Iglesiente (Iglesias) e Sette Fratelli (Corongiu) 25 LA COLTIVAZIONE DELLA QUERCIA DA SUGHERO La metodologia proposta risulta utile anche per valutare un altro fattore limitante la diffusione delle sugherete, le minime termiche. Esse sono riportate numericamente a sinistra dell’asse delle temperature come valore medio e minimo assoluto del periodo di osservazione; invece al di sotto dell’asse delle ascisse sono evidenziati con un tratto in neretto i mesi in cui la media dei minimi è inferiore allo zero e con un tratteggio quelli per i quali (nella serie storica esaminata) si sono registrati valori minimi mensili assoluti inferiori allo zero. Nelle otto stazioni in esame il valore minimo assoluto è compreso tra -10 °C (Santa Sofia) e -2 °C (Corongiu), temperature inferiori allo zero si registrano anche in maggio a Santa Sofia ma solo a gennaio a Corongiu; pertanto nelle stazioni sughericole più importanti, come Tempio, la siccità dura circa quattro mesi e le temperature scendono occasionalmente al di sotto dello zero fra novembre e marzo. 2.3 I suoli e le esigenze nutritive Il Natividade (1950) riferisce che la sughera in Portogallo si diffonde in una vasta gamma di suoli ma predilige quelli che hanno avuto origine da substrati granitici e scistosi; l’Autore sottolinea che la quercia si incontra con maggiore frequenza nei terreni caratterizzati da bassa fertilità. In Sardegna la specie è rinvenibile nelle più diverse condizioni geomorfologiche e pedologiche: dalle montagne granitiche della Gallura a quelle scistose del Goceano, dalle pianure alluvionali (Oristanese) a quelle di origine sedimentaria (Nurra). La sua ridotta presenza nelle aree di piano è certo il risultato della trasformazione agraria e della diffusione dell’allevamento piuttosto che del mancato soddisfacimento di un’esigenza ecologica. La specie si adatta ai substrati più diversi, con la sola eccezione (a differenza del leccio) di quelli con media e alta presenza di calcare attivo; la si rinviene infatti su tutta la gamma dei graniti galluresi, nei leucograniti dei Sette Fratelli, sui materiali scistosi del Marghine-Goceano, sui materiali trachitici dell’isola di San Pietro, sui suoli basaltici della Planargia, sulle terre rosse mediterranee della Nurra e sui suoli salsi che circondano la stagno di San Teodoro. Pavari (1935) segnala che la specie predilige nettamente i terreni silicei o siliceo-argillosi a reazione neutra o acida, mentre rifugge dai terreni calcarei o comunque a reazione basica «pur vegetando eccezionalmente in quelli contenenti apprezzabili quantità di carbonato di calcio, limitatamente però alle stazioni più fresche». Dettori et al. (1996b), analizzati i suoli delle principali aree sughericole dell’Isola (tab. 2.3), descrivono tipologie litologiche comprese tra le rocce magmatiche (graniti, basalti e trachiti) e le metamorfiche, e i suoli alluvionali e di deposito; la stratigrafia prevalente è di tipo ABC, la tessitura sabbiosa (con maggiori contenuti di sabbia su graniti e alluvioni) o franco sabbiosa, il grado di reazione varia dal subacido al peracido (con valori più bassi nell’orizzonte B), la sostanza organica, la Capacità di Scambio Cationico, l’azoto totale e il fosforo assimilabile risultano piuttosto bassi con i valori più contenuti nell’orizzonte B. I suoli appaiono di norma ben dotati in potassio, magnesio e manganese. Lo spessore del substrato è sempre modesto e il bosco si sviluppa sovente su suoli superficiali con meno di 30 cm di spessore. Secondo Barneschi (1975a) la foresta di sughera dà luogo, in condizioni di naturalità, alla formazione di “suoli bruni forestali” a profilo A (B) C ovvero A B C, con un orizzonte B non sufficientemente marcato da poterli definire “suoli bruni mediterranei”; questi ultimi compaiono quando il soprassuolo vede l’affermarsi del leccio, mentre il prevalere della roverella porta alla formazione di suoli bruni forestali. Lo stesso Autore, analizzato il profilo del suolo in sugherete galluresi a crescente grado di antropizzazione, rileva come gli interventi colturali (in particolare il decespugliamento e l’eliminazione di leccio e roverella) comportano il degrado del suolo che, nei quattro mesi successivi all’eliminazione del sottobosco, perdeva il sotto orizzonte A0 e vedeva l’insediarsi del cisto di Monpellier. Le esigenze nutritive della sughera non sono ben conosciute poiché gli Autori si limitano di norma a sottolineare la sua rusticità e adattabilità a diversi tipi di suoli con eccezione di quelli alcalini (per tutti Natividade, 1950); in vaste parti dell’areale di diffusione è, poi, probabile che l’aridità divenga il principale fattore limitante, e riduca l’assunzione di nutrienti mascherando eventuali carenze. Sanna (1946) sottolinea l’erroneo convincimento di chi crede nei vantaggi, soprattutto per la qualità del sughero, della concimazione potassica ottenuta mediante l’abbruciamento del sottobosco, pratica che non avrebbe effetti positivi e si tradurrebbe in un 26 L’ECOLOGIA DELLA SUGHERA aumento della presenza del cisto; l’Autore sottolinea invece la relazione positiva tra la qualità della scorza suberosa e il grado di sterilità del substrato. Indagini condotte in Francia sulla dinamica stagionale della composizione chimica del lembo fogliare in differenti condizioni ecologiche (Orgeas e Bonin, 1996), segnalavano una positiva influenza del tenore di potassio e azoto sull’accrescimento del sughero gentile ed evidenziavano un bilancio dei nutrienti più favorevole nelle stazioni umide e poco perturbate. Dettori et al. (1996b) trovano una correlazione negativa tra la profondità del suolo e la qualità del sughero espressa come sommatoria dei punteggi ottenuti in 15 misurazioni fisico - meccaniche. Courtois e Masson (1999), studiando le relazioni tra la composizione minerale delle foglie e della scorza suberosa e la qualità del sughero, rilevavano una correlazione positiva tra il contenuto in potassio del sughero e la sua qualità, mentre l’assenza di correlazioni significative tra questo parametro e la composizione minerale delle foglie li portava a sostenere che «la qualità visuale del sughero non è direttamente legata alla nutrizione minerale della pianta». Come si dirà in merito alla qualità del sughero nel capitolo 8, i primi risultati di ricerche tuttora in corso (Dettori, in litteris) sembrano indicare che tra i fattori ecologici correlati in senso positivo con la qualità del sughero rientrano l’altimetria e il contenuto in sabbia e fosforo del suolo; le ricerche confermerebbero le osservazioni empiriche di Sanna (1946) sugli effetti positivi della sterilità e quelle ben più fondate di Natividade (1950). Tabella 2.3 - Principali caratteristiche dei suoli delle sugherete per tipologia litologica. (D.S. = deviazione standard) Tipologie litologiche Analisi fisico meccaniche Oriz. Sabbia Limo Argilla pH pH C S.O. N tot. ‰ ‰ ‰ H2O KCl ‰ ‰ ‰ 818 96 86 5,06 4,75 43,2 74,7 3,4 15 27 63 35 32 0,50 0,50 21,9 37,7 1,6 8 20 788 98 114 4,92 4,35 25,9 44,4 2,5 12 18 78 50 35 0,81 0,57 6,3 10,8 0,9 4 6 Or. A 663 235 103 5,57 5,09 79,2 136,8 6,5 21 48 D.S. 196 164 50 0,84 0,77 52,3 90,3 4,5 28 46 Or. B 679 192 129 4,99 4,25 23,8 41,2 2,0 12 21 D.S. 202 179 33 0,68 0,60 9,8 16,8 0,5 3 25 Or. A 650 253 98 5,19 4,32 84,0 145,0 5,3 16 60 22 49 30 0,09 0,61 32,3 55,9 2,1 3 15 650 205 146 4,45 3,64 40,5 69,5 3,8 12 58 31 100 69 0,52 0,14 10,6 19,1 2,1 4 5 824 90 87 6,17 5,70 46,9 80,7 2,3 24 28 74 49 38 0,47 0,51 19,6 33,8 1,3 10 16 783 77 140 6,11 5,29 8,0 13,6 0,7 11 20 93 45 63 0,71 0,85 3,6 6,4 0,3 2 9 Or. A 766 143 91 5,40 4,95 56,6 97,7 4,0 18 36 D.S. 124 104 36 0,68 0,70 34,3 59,2 2,8 14 27 Or. B 749 123 128 5,22 4,52 21,9 37,6 2,0 12 24 D.S. 124 103 45 0,90 0,80 11,7 20,2 1,2 3 18 substrato Graniti Or. A D.S. Or. B D.S. Basalti Scisti D.S. Or. B D.S. Altri Or. A D.S. Or. B D.S. media media Analisi chimiche 27 C/N P ass. ppm LA COLTIVAZIONE DELLA QUERCIA DA SUGHERO La diagnostica fogliare sembra la tecnica più promettente al fine di comprendere le esigenze nutritive della specie, interpretare eventuali sintomatologie fogliari e legarle a carenze di uno o più elementi, e valutare, indirettamente, la classe di fertilità cui ricondurre la stazione. Secondo Roberts et al. (1996) i livelli in genere bassi dei nutrienti nelle foglie della sughera rendono poco utile un confronto con altre specie forestali sempreverdi ma sono capaci di evidenziare l’influenza dei trattamenti selvicolturali poichè gli Autori rilevavano un aumento del contenuto fogliare in fosforo nelle parcelle decespugliate con rilascio in situ del materiale di risulta. La metodologia di indagine raccomandata prevede: epoca di prelievo in coincidenza del riposo vegetativo; età delle foglie da sette a dieci mesi (foglie stabili); stato delle foglie, integre e con lamina del tutto espansa; dimensioni del campione, almeno 10 alberi per parcella omogenea, con prelievo effettuato nella parte mediana della chioma sulle quattro direzioni dello spazio. L’analisi della tabella 2.4, che riporta i risultati di Roberts et al. (1996) a confronto con valori ottenuti in Sardegna su piante giovani e in produzione (Dettori, in litteris), e con i contenuti di altri gruppi di altre specie forestali, sottolinea la presenza di grande eterogeneità non solo tra la sughereta francese e quelle sarde ma anche nell’ambito del panorama regionale, e la presenza di un’elevata quantità di manganese e magnesio fogliare rispetto alle altre specie. Tabella 2.4 – Livelli dei nutrienti fogliari in sughere di differente provenienza ed età, e in alcune importanti specie forestali Sugherete sarde in produzione Sughereta sarda non in produzione Sughereta francese Leccio Caducifolie Eucalitto Conifere Macroelementi (% S.S.) N 1,3 1,7 1,2 1,2 2,0-2,5 0,7-1,2 1,2-1,9 P 0,12-0,14 0,16 0,15 0,08 0,25 0,04-0,07 0,15 K 0,5-0,8 0,3 0,5-0,6 0,45 1,3 0,2-0,8 0,5 Ca 0,6-0,9 0,9 0,5-1 0,9 0,5-1 0,8-1,9 0,1-0,5 0,14-0,17 0,21 0,10-0,16 0,1 0,1 0,2-0,4 0,1-0,14 1 2 4 3 4 5-8 - 5-15 3-5 4-10 Mg Fonte Microelementi (ppm) Cu 8-12 5,8 Zn 25-30 19 15-20 34 10-30 12-18 20 Mn 500-1000 331 500-2500 1137 50-250 30-40 - 140-180 109 200 187 70-400 50-110 - 1 5 6 7 4 Fe Fonte 1) Robert et al., 1996; 2) Floret et al., 1989; 3) Bell e Ward, 1984; 4) Bonneau, 1988; 5) Caritat e Terradas, 1990; 6) Guha e Mitchell, 1966; 7) Lamb, 1976. 2.4 La rinnovazione e le attività pastorali La rinnovazione rappresenta lo strumento naturale che assicura la perpetuazione e la produttività dei boschi. Il fattore di degrado che, in Sardegna come in molte aree circummediterranee, mette a rischio questo fondamentale passaggio è l’irrazionale pascolamento (super o sovrapascolamento); infatti Seigue (1985) stima che nei paesi del bacino mediterraneo il pastoralismo sia esercitato su circa 50 milioni di ettari tra foreste e arbusteti da parte di 35-70 milioni di capi grossi convenzionali3. Nei boschi produttivi la presenza del pascolamento provoca una diminuzione degli incrementi, inoltre il calpestio favorisce fenomeni di ruscellamento e, conseguentemente, l’asportazione della lettiera. 3 Di norma un C.G.C. equivale a 500 kg di peso vivo: 1 bovino; 1,2 cavalli, 10 pecore; 10 capre; 5 suini; 0,8 muli; 0,6 asini. 28 L’ECOLOGIA DELLA SUGHERA Anche il grado di copertura può influire in senso positivo o negativo, in quanto in condizioni di bosco chiuso altre specie tendono a sostituire la sughera e un ridotto sviluppo delle chiome si traduce in una minore produzione di ghiande. In tutto l’areale la sughera mostra problemi di rinnovazione naturale e, di conseguenza, invecchiamento dei popolamenti e loro degradazione. Infatti numerosi Autori sottolineano le difficoltà di sostituzione delle vecchie generazioni quercine. In Nord-Africa, nelle formazioni degradate e nelle zone in cui è presente la transizione verso i popolamenti di quercia delle Canarie, il tasso di rinnovazione è basso e i popolamenti sono aperti e radi; per questo motivo le plantule non hanno la necessaria protezione durante la stagione estiva dall’intenso irraggiamento e dai forti venti ad azione disseccante. In Spagna Sanchez Garcia (1992) indagando lo stato della rinnovazione nei 220.000 ettari di sugherete presenti in Andalusia, rilevava tre situazioni: le dehesas (pascoli arborati utilizzati per l’allevamento del bestiame, spesso di suini) delle Sierras del Norte; le sugherete ricadenti in aree agricole, e i boschi di sughera del Massiccio di Aljibe. Nella prima zona, dove predominano le sugherete pascolate e l’allevamento intensivo, sono senza dubbio i morsi degli animali sulle gemme che non permettono la nascita delle piantine; inoltre le continue lavorazioni meccaniche del suolo, realizzate per migliorare la produttività dei pascoli, contribuiscono ad aggravare il problema. Nella seconda zona, dove le querce da sughero insistono su terreni potenzialmente agricoli e con strutture del tipo prato-pascolo, il problema si accentua come conseguenza dell’attività agricola e dell’allevamento dando luogo a boschi con assenza quasi totale di rinnovazione. La terza zona offre una maggiore opportunità alla rinnovazione naturale in quanto i boschi sono costituiti da fustaie con elevata densità, dove l’estrazione del sughero svolge un ruolo di primaria importanza economica mentre caccia e allevamento rappresentano un’attività secondaria. Ancora in Spagna, Montero (1992) segnala che le sugherete, e soprattutto il cotico erboso che si sviluppa nelle chiarie, risulta capace, in aggiunta alle ghiande, di sostenere un carico zootecnico, tra bovini e suini, stimato pari a circa 200 kg/ha/anno di peso vivo. Herrera (1995) valuta, nella Spagna meridionale, l’efficacia della predazione esercitata da vertebrati domestici e selvatici sulle ghiande di sughera in funzione della posizione dei semi; le ghiande poste sulla superficie del terreno sono predate entro pochi mesi anche se localizzate a più di 100 metri dagli alberi, mentre quelle poste al di sotto del denso cespugliame (sempre in superficie) sono tutte prelevate anche se non era possibile accertarne la sorte ultima. Le ghiande interrate al di sotto del cespugliame subiscono la più bassa predazione con valori nell’ordine del 52 e 0% per il sottobosco rado o denso, e la loro percentuale di emergenza è del 38 e 60%; l’intenso pascolamento che agisce sul sottobosco, sia rado che denso, fa sì che nessuna plantula sopravviva più di due anni dalla semina. L’influenza del pascolamento sulla fisionomia e la rinnovazione delle sugherete è stata indagata anche in Sardegna, regione che detiene oltre il 40% del patrimonio ovino nazionale. In quattro importanti comprensori sughericoli su superfici boscate sottoposte a pascolamento brado e semibrado, Pampiro et al. (1994) rilevano a circa tre anni dalla sospensione delle attività pastorali un generale incremento nel numero di plantule ad ettaro in tutte le aree analizzate tranne quella del Mandrolisai (NU) dove si allevano caprini e il sottobosco risulta particolarmente fitto. In Gallura in due anni e mezzo si passa da 6.562 a 31.510 elementi di rinnovazione ad ettaro, mentre l’altezza media del novellame si innalza da 14,4 a 27,2 cm. Più recentemente Ruiu et al. (1996a, 1996b), dal confronto tra sugherete con differente struttura sottoposte a diversi interventi colturali, rilevano che la parcella con circa 300 piante/ha per un diametro medio del fusto di 34 cm e sottoposta a decespugliamento e pascolamento, presenta 58.438 plantule/ha; di contro la parcella con 2.220 piante/ha per un diametro medio di 16 cm, decespugliata ma non pascolata, raggiunge il valore di 124.376 plantule/ha. Valori intermedi si riscontrano con densità e diametri del fusto compresi tra i due estremi. Gli stessi Autori concludono che i) il decespugliamento manuale incrementa il numero di plantule, mentre la presenza dello strato arbustivo influenza positivamente il loro accrescimento; ii) la rinnovazione della sughera è dominante in tutte le parcelle quando il soprassuolo adulto risulta composto esclusivamente da sughera; iii) i valori di diametro e altezza media delle plantule di sughera sono sempre inferiori a quelli della roverella, che mostra nel breve periodo una maggiore capacità ad insediarsi; iiii) le dimensioni delle plantule della sughera e della roverella presentano i valori più bassi nella parcella utilizzata, confermando la negativa influenza del pascolamento. Infine gli Autori sottolineano che il decespugliamento, non seguito da attività 29 LA COLTIVAZIONE DELLA QUERCIA DA SUGHERO zootecniche, favorisce lo sviluppo della componente erbacea per una diffusa presenza di specie annuali terofite; in una seconda fase si assiste a un incremento della componente arbustiva e forestale, che occupando in maniera permanente ampi spazi, provoca la diminuzione delle specie erbacee annuali e, fra di esse, soprattutto delle leguminose. Invece, quando al decespugliamento fa seguito il pascolamento, la componente erbacea contrasta in misura maggiore, almeno nel triennio successivo all’intervento, lo sviluppo degli arbusti e delle plantule quercine facendo ritenere che il pascolamento bovino con razze rustiche riesca a controllare il loro sviluppo. Marongiu (1999) e Dettori (in litteris) indagano l’influenza del pascolamento sulla rinnovazione in due aree sughericole: il Goceano e la Gallura. La realizzazione di gabbie di esclusione ha permesso di accertare gli effetti del pastoralismo. Riprendendo il commento alla struttura e composizione floristica delle aree indagate (tab. 2.1) si può mettere in evidenza che il piano arbustivo, per effetto della pressione zootecnica, perde biodiversità e risulta composto da specie poco o niente pabulari sopratutto in Goceano dove i carichi sono maggiori. In quest’area, a tre anni dalla realizzazione delle gabbie, si rileva che il pascolamento svolge un ruolo importante anche nel controllo della rinnovazione (tab. 2.5) perché l’esclusione delle attività pastorali incrementa del 47%, la presenza media di plantule, anche se in due rilievi il rapporto si presenta invertito. Il numero di ghiande osservate risulta molto variabile nel tempo, dalle migliaia rilevate in giugno alle decine di migliaia di settembre. La differenza fra le aree recintate e quelle libere è in genere a favore delle prime, ma con vistose eccezioni. Tabella 2.5 - Effetti del pascolamento sulla rinnovazione in Goceano plantule/ha set. 98 giu. 99 mar. 00 media Area I libera recintata 2.000 2.500 1.000 4.000 1.000 3.500 1.333 3.333 Area II libera recintata 1.500 2.500 3.000 3.000 2.500 3.500 2.333 3.000 Area III libera recintata 1.500 1.000 500 1.000 3.000 2.500 1.667 1.500 media libera 1.667 1.500 2.167 1.778 media recintata 2.000 2.667 3.167 2.611 set. 98 giu. 99 mar. 00 media ghiande/ha Area I libera recintata 25.000 53.000 4.000 20.000 0 0 9.667 24.333 Area II libera recintata 46.500 80.000 6.500 9.000 0 0 17.667 29.667 Area III libera recintata 47.000 38.500 10.500 18.500 0 0 19.167 19.000 media libera 39.500 7.000 0 15.500 media recintata 57.167 15.833 0 24.333 Il contributo alimentare delle foreste di sughera alla razione delle specie allevate interessa il piano erbaceo, arbustivo e arboreo: i bovini e gli equidi raggiungono le chiome sino a 2,5-3 m da terra, i caprini possono “arrampicarsi” sugli alberi. La disponibilità di foraggio nel bosco è valutata nell’ordine di 100÷400 unità foraggere/ha, contro un fabbisogno annuo per capo di 300, 350 e 2.200 U.F. nell’ordine per caprini, ovini e bovini di razza rustica (Piussi, 1994). Un contributo dietetico di particolare rilievo giunge dalle ghiande (tab. 2.6) il cui valore nutritivo è prossimo, rispettivamente allo stato fresco e secco, a 0,5 e 1,2 U.F. I valori forniti dalle ghiande di sughera (Vodret e Pes, 1976) non si discostano da quelli relativi alla voce generica ghianda di querce. In media si può stimare che un ettaro di sughereta possa produrre circa 500 litri di ghiande che possono essere trasformati in circa 20 kg di carne suina (Falchi e Clemente, 1959). 30 L’ECOLOGIA DELLA SUGHERA Tabella 2.6 - Valore nutritivo di differenti tipologie di alimenti presenti in bosco (% U.F.) ALIMENTO VALORE NUTRITIVO Faggiola 120 Ghianda di querce fresca 56 Ghianda di querce secca e sbucciata 105 Farina di ghiande di sughera sul tal quale 61,1 Farina di ghiande di sughera sul secco 128,3 Fogliame fresco 26-36 Frascame fresco 15-20 Fieno di erba boschiva 47 Foglie secche di pioppo 37 Foglie secche di olmo 70 da Tassinari (1951), Vodret e Pes (1976) e Piussi (1994) 31