Canto XIV - Edu.lascuola
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Canto XIV - Edu.lascuola
p407-412_purgatorio-integr_p407-412_purgatorio-integr 20/10/11 11.41 Pagina 407 Canto XIV Posizione II cornice Spiriti espianti Invidiosi Pena Siedono appoggiati alla parete rocciosa, sorreggendosi a vicenda; vestono il saio, che ha lo stesso colore della pietra, e hanno le palpebre cucite con fil di ferro. Odono esempi di carità esaltata e di invidia punita Contrappasso L’invidia è peccato contrario alla carità e passa attraverso la vista; gli invidiosi, che non furono solidali con gli altri, ora si sorreggono a vicenda, sono tutti sostenuti dalla parete rocciosa e non possono più vedere Dante incontra Guido del Duca*, Rinieri da Calboli* ■ Sequenze narrative ® vv 1-21 GUIDO DEL DUCA E RINIERI DA CALBOLI Due spiriti, incuriositi dalla presenza di un vivo nell’Aldilà, si rivolgono a Dante chiedendo chi egli sia. Dante, umilmente, non rivela il proprio nome e si limita a dire che proviene dalla valle dell’Arno, indicandola però con una perifrasi*. ® vv 22-54 Purgatorio, XIV, 1-9, miniatura ferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365, f. 136 r. Roma, Biblioteca Vaticana. DISCORSO DI GUIDO DEL DUCA SULLA DECADENZA MORALE DELLA VALLE DELL’ARNO Uno dei due spiriti, Guido del Duca, spiega al compagno che il pellegrino ha evitato di pronunciare il nome di quel luogo perché i suoi abitanti hanno abbandonato ogni virtù e sono ormai divenuti simili a bestie. ® vv 55-72 LA PROFEZIA SU FULCIERI DA CALBOLI Guido del Duca profetizza inoltre la corruzione e la violenza del nipote di Rinieri da Calboli, Fulcieri, durante il periodo del suo incarico podestarile a Firenze. Rinieri ne resta turbato. ® vv 73-126 DECADENZA MORALE DELLA ROMAGNA Guido si presenta e confessa il proprio peccato di invidia; rivela quindi anche il nome dell’altro spirito, il romagnolo Rinieri da Calboli, della cui virtù non è rimasta traccia nei suoi discendenti. Infine, dopo aver ricordato gli uomini e le famiglie illustri della Romagna, Guido si allontana commosso. ® vv 127-141 ESEMPI DI INVIDIA PUNITA Si odono intanto delle voci, somiglianti a fulmini e tuoni che squarciano l’aria, gridare esempi di invidia punita: quello biblico di Caino*, maledetto da Dio per aver ucciso il fratello Abele*, e quello mitologico di Aglauro*, trasformata in pietra da Mercurio* per aver cercato di impedire l’amore tra il dio e la sorella Erse. ® vv 142-151 AMMONIMENTO DI VIRGILIO Virgilio ammonisce gli uomini perché si lasciano sedurre dai beni mondani e, invece di rivolgersi al cielo, tengono gli occhi a terra attirando su di sé la punizione divina. 407 p407-412_purgatorio-integr_p407-412_purgatorio-integr 20/10/11 11.41 Pagina 408 Purgatorio C ant o XI V ■ Temi e motivi Invettiva di Guido del Duca contro la decadenza della Toscana e della Romagna È questo il secondo canto dedicato al peccato dell’invidia, la cui considerazione passa tuttavia in secondo piano (verrà ripresa negli esempi finali ai vv. 127-141) per cedere il posto al tema politico, affidato alla voce di Guido del Duca*, un personaggio di secondario rilievo storico ma eletto tuttavia da Dante quale portavoce dei nobili valori della civiltà cortese, che nell’età presente appaiono dimenticati, cancellati dalla corruzione della nuova società mercantile. Dopo l’invettiva all’Italia nel canto VI, estesa nel VII all’intera Europa, la denuncia della decadenza morale si concentra ora sulla Toscana e sulla Romagna. L’ampio discorso di Guido comprende due momenti distinti, uno di accusa e uno di rimpianto, contrassegnati da un diverso stile: dapprima la rassegna degli abitanti della valle dell’Arno, rappresentati non come uomini ma come bestie, rassegna che si concluderà con la profezia apocalittica su Fulcieri da Calboli*; quindi la commossa rievocazione degli antichi valori della Romagna. Passato e presente sono visti come un cammino di progressiva degenerazione, come punto di partenza e di arrivo di un processo irreversibile che va dai padri ai figli, dai nobili ideali della civiltà cavalleresco-cortese (pregio e onore, v. 88; amore e cortesia, v. 110) alla corruzione del presente. Silenziosa, ma significativa e funzionale, la presenza di Rinieri da Calboli, che col suo turbamento e il suo tacito assenso sostiene le parole dell’altro, così come il pianto di Paolo accentuava drammaticamente la confessione di Francesca (Inf.V). La «sventurata» valle dell’Arno L’invettiva di Guido del Duca segue geograficamente il corso dell’Arno (mai nominato esplicitamente, ma solo attraverso ampie e precise perifrasi geografiche), dalla fonte alla foce. Gli abitanti di questa sventurata valle hanno perduto l’inclinazione al bene tanto da divenire bestie, come se la stessa maga Circe li avesse trasformati (v. 42). La rassegna di Guido è un vero e proprio bestiario (basato sull’onomastica e sugli stemmi gentilizi), che descrive gli abitanti come brutti porci, botoli... ringhiosi, lupi e volpi... piene di froda. Qualsiasi tentativo di rimediare alla dilagante corruzione sembra al momento del tutto inutile, così come le famiglie nobili della Romagna, tanto rinomate per la loro fama di pregio e cortesia, sono irrimediabilmente estinte, mentre quelle sopravvissute sono alla mercé degli ultimi discendenti che si comportano come demonî. Di qui il monito a non dare più eredi alle famiglie, per non macchiare il nome e il ricordo della stirpe. 3 «Chi è costui che ’l nostro monte cerchia prima che morte li abbia dato il volo, e apre li occhi a sua voglia e coverchia?». 6 «Non so chi sia, ma so ch’e’ non è solo; domandal tu che più li t’avvicini, e dolcemente, sì che parli, acco’lo». 9 Così due spirti, l’uno a l’altro chini, ragionavan di me ivi a man dritta; poi fer li visi, per dirmi, supini; 408 ® vv 1-21 GUIDO DEL DUCA E RINIERI DA CALBOLI «Chi è quest’uomo che percorre le cornici (cerchia) del nostro monte prima che la morte gli abbia separato l’anima dal corpo (li abbia dato il volo), e apre e chiude (coverchia) gli occhi a suo piacimento (a sua voglia)?» «Non so chi sia, ma so che non è solo; chiediglielo (domandal) tu che gli sei più vicino (li t’avvicini), e accoglilo (acco’lo) cortesemente (dolcemente), in modo che parli volentieri (sì che parli)». Così due spiriti alla mia destra (a man dritta), uno appoggiato all’altro, discutevano (ragionavan) di me lì; quindi alzarono (fer... supini) il volto per parlarmi; p407-412_purgatorio-integr_p407-412_purgatorio-integr 20/10/11 11.41 Pagina 409 Canto XI V e disse l’uno: «O anima che fitta nel corpo ancora inver’ lo ciel ten vai, 12 per carità ne consola e ne ditta Purgatorio e uno di essi disse: «O anima che vai verso il cielo ancora congiunta (fitta) al corpo, in nome della carità dacci conforto (ne consola) e dicci (ne ditta) 15 onde vieni e chi se’; ché tu ne fai tanto maravigliar de la tua grazia, quanto vuol cosa che non fu più mai». da dove vieni e chi sei; dal momento che, per la grazia a te concessa (tua), desti in noi tanta meraviglia (ne fai tanto maravigliar) quanta ne richiede (vuol) un fatto mai avvenuto (che non fu) prima d’ora (più mai)». 18 E io: «Per mezza Toscana si spazia un fiumicel che nasce in Falterona, e cento miglia di corso nol sazia. E io: «Al centro (Per mezza) della Toscana si estende (si spazia) un fiumicello che nasce sul monte Falterona, al cui corso non bastano (nol sazia) cento miglia. 21 Di sovr’ esso rech’ io questa persona: dirvi ch’i’ sia, saria parlare indarno, ché ’l nome mio ancor molto non suona». Io reco questo mio corpo (persona) da un luogo situato su questo fiume (Di sovr’esso): dirvi chi io sia, sarebbe parlare inutilmente (indarno), perché il mio nome non è ancora molto noto (molto non suona)». ® vv 22-54 DISCORSO DI GUIDO DEL DUCA SULLA DECADENZA MORALE DELLA VALLE DELL’ARNO 24 «Se ben lo ’ntendimento tuo accarno con lo ’ntelletto», allora mi rispuose quei che diceva pria, «tu parli d’Arno». 27 E l’altro disse lui: «Perché nascose questi il vocabol di quella riviera, pur com’ om fa de l’orribili cose?». 30 E l’ombra che di ciò domandata era, si sdebitò così: «Non so; ma degno ben è che ’l nome di tal valle pèra; E l’ombra a cui era rivolta (domandata era) questa domanda (di ciò), si sdebitò così: «Non so; ma è sicuramente giusto (degno ben) che il nome di questa valle perisca (pèra); 33 ché dal principio suo, ov’ è sì pregno l’alpestro monte ond’ è tronco Peloro, che ’n pochi luoghi passa oltra quel segno, poiché dalla sua sorgente (principio), dove la catena montuosa (l’alpestro monte, ossia gli Appennini) da cui è staccato (è tronco) il monte Peloro, è così alta e massiccia (è sì pregno) che in pochi altri punti (luoghi) lo è di più (passa oltra quel segno), 36 infin là ’ve si rende per ristoro di quel che ’l ciel de la marina asciuga, ond’ hanno i fiumi ciò che va con loro, fin dove si getta nel mare (si rende) per ricompensarlo (per ristoro) dell’acqua (de la marina) che il sole (’l ciel) fa evaporare (asciuga), motivo per cui (ond’) i fiumi hanno acqua nel loro letto (ciò che va con loro), 39 vertù così per nimica si fuga da tutti come biscia, o per sventura del luogo, o per mal uso che li fruga: a tal punto la virtù è fuggita (si fuga) da tutti, sentita ostile (per nimica) come una biscia, o a causa di una maledizione (sventura) del luogo, o della malvagia abitudine (mal uso) che li stimola al male (li fruga): 42 ond’ hanno sì mutata lor natura li abitator de la misera valle, che par che Circe li avesse in pastura. per cui gli abitanti della misera valle hanno mutato la propria natura tanto che sembra che essi siano stati nutriti (li avesse in pastura) da Circe. 45 Tra brutti porci, più degni di galle che d’altro cibo fatto in uman uso, dirizza prima il suo povero calle. All’inizio (prima) il fiume dirige (drizza) il suo corso ancora povero d’acqua (povero calle) tra sudici (brutti) porci, più degni di ghiande (galle) che di altro cibo adatto agli uomini. «Se intendo (accarno con lo ’ntelletto) correttamente (ben) il tuo concetto (’ntendimento)», mi rispose allora quello che aveva parlato per primo, «tu ti riferisci (parli) all’Arno». E l’altro gli disse: «Perché costui tenne nascosto il nome (il vocabol) di quel fiume (riviera), proprio come si fa (com’om fa) delle cose più terribili (orribili)?». 409 p407-412_purgatorio-integr_p407-412_purgatorio-integr 20/10/11 11.41 Pagina 410 Purgatorio C ant o XI V 48 Botoli trova poi, venendo giuso, ringhiosi più che non chiede lor possa, e da lor disdegnosa torce il muso. Poi, scendendo verso il piano (giuso), trova piccoli cani (Botoli), più ringhiosi di quanto comporti (chiede) la loro forza (possa), e da essi si allontana (torce il muso) sdegnosamente (disdegnosa). 51 Vassi caggendo; e quant’ ella più ’ngrossa, tanto più trova di can farsi lupi la maladetta e sventurata fossa. Quindi discende (Vassi caggendo); e quanto più le acque di questa maledetta e sventurata valle (fossa) s’ingrossano, tanto più vede (trova) i cani trasformarsi (farsi) in lupi. 54 Discesa poi per più pelaghi cupi, trova le volpi sì piene di froda, che non temono ingegno che le occùpi. Disceso poi attraverso più profonde gole (pelaghi cupi), incontra (trova) volpi così piene di inganni (froda), che non temono alcuna trappola (ingegno) che possa catturarle (occùpi). 57 Né lascerò di dir perch’ altri m’oda; e buon sarà costui, s’ancor s’ammenta di ciò che vero spirto mi disnoda. 60 Io veggio tuo nepote che diventa cacciator di quei lupi in su la riva del fiero fiume, e tutti li sgomenta. 63 Vende la carne loro essendo viva; poscia li ancide come antica belva; molti di vita e sé di pregio priva. Vende la loro carne mentre è ancora viva (essendo viva); poi (poscia) li uccide (ancide) con la ferocia di una fiera leggendaria (antica belva); priva molti della vita e se stesso dell’onore (pregio). 66 Sanguinoso esce de la trista selva; lasciala tal, che di qui a mille anni ne lo stato primaio non si rinselva». Esce lordo di sangue (Sanguinoso) dalla sventurata (trista) selva (Firenze); e la lascia in condizioni tali, che da qui a mille anni non potrà ripopolarsi (non si rinselva) tornando alla sua primitiva condizione (ne lo stato primaio)». 69 Com’ a l’annunzio di dogliosi danni si turba il viso di colui ch’ascolta, da qual che parte il periglio l’assanni, Come all’annuncio di luttuosi (dogliosi) danni si turba il viso di chi ascolta, da qualsiasi parte il pericolo (periglio) lo minacci (l’assanni), 72 così vid’ io l’altr’ anima, che volta stava a udir, turbarsi e farsi trista, poi ch’ebbe la parola a sé raccolta. così vidi l’altra anima, che era tutta assorta (volta stava) ad ascoltare, turbarsi e rattristarsi (farsi trista), dopo che ebbe compreso (a sé raccolta) quelle parole. 75 Lo dir de l’una e de l’altra la vista mi fer voglioso di saper lor nomi, e dimanda ne fei con prieghi mista; 78 per che lo spirto che di pria parlòmi ricominciò: «Tu vuo’ ch’io mi deduca nel fare a te ciò che tu far non vuo’mi. per la qual cosa lo spirito che prima mi aveva parlato (parlòmi) ricominciò: «Tu vuoi che io mi induca (mi deduca) a fare per te ciò che tu non vuoi fare nei miei confronti (non vuo’mi). 81 Ma da che Dio in te vuol che traluca tanto sua grazia, non ti sarò scarso; però sappi ch’io fui Guido del Duca. Ma dal momento che (da che) Dio vuole che in te traspaia tanto luminosamente (traluca) la sua grazia, non sarò parco di notizie (scarso); perciò (però) sappi che io fui Guido del Duca. 410 ® vv 55-72 LA PROFEZIA SU FULCIERI DA CALBOLI E non smetterò di parlare (lascerò di dir) perché un altro (altri) mi sta ascoltando (m’oda): e ciò sarà utile (buon) a costui (Dante), se in seguito (ancor) si ricorderà (s’ammenta) di ciò che mi rivela (disnoda) un veritiero spirito profetico (vero spirto: Dio). Io vedo tuo nipote che diventa cacciatore di quei lupi sulla riva del crudele (fiero) fiume, e li terrorizza (sgomenta) tutti. ® vv 73-126 DECADENZA MORALE DELLA ROMAGNA Le parole (Lo dir) dell’una e l’aspetto (la vista) dell’altra mi fecero desideroso (voglioso) di sapere i loro nomi, e ne feci richiesta con tono di preghiere (con prieghi mista); p407-412_purgatorio-integr_p407-412_purgatorio-integr 20/10/11 11.41 Pagina 411 Canto XI V Purgatorio 84 Fu il sangue mio d’invidia sì rïarso, che se veduto avesse uom farsi lieto, visto m’avresti di livore sparso. La mia anima (il sangue mio) fu così rosa (riarso) dall’invidia, che se avessi veduto un uomo allietarsi (farsi lieto), mi avresti visto illividire per la rabbia (di livore sparso). 87 Di mia semente cotal paglia mieto; o gente umana, perché poni ’l core là ’v’ è mestier di consorte divieto? Raccolgo (mieto) ora questa paglia da quanto ho seminato (Di mia semente); o uomini (gente umana), perché vi rivolgete (poni ’l core) ai beni terreni, per godere dei quali (là ’v) è necessario (è mestier) escludere gli altri (di consorte divieto)? 90 Questi è Rinier; questi è ’l pregio e l’onore de la casa da Calboli, ove nullo fatto s’è reda poi del suo valore. Questi è Rinieri; questi è il prestigio (pregio) e l’onore della casata dei Calboli, nella quale (ove) in seguito nessuno (nullo) ha ereditato (fatto s’è reda) il suo valore. 93 E non pur lo suo sangue è fatto brullo, tra ’l Po e ’l monte e la marina e ’l Reno, del ben richesto al vero e al trastullo; E non solo la sua stirpe (sangue) si è inaridita (è fatto brullo), tra il Po e l’Appennino (’l monte) e il mare e il Reno, delle doti (ben) necessarie (richesto) a un modo di vivere ricco di virtù morali e civili (al vero) e cavalleresche (al trastullo); 96 ché dentro a questi termini è ripieno di venenosi sterpi, sì che tardi per coltivare omai verrebber meno. poiché questo territorio (dentro a questi termini) è pieno di sterpi velenosi (venenosi), al punto che ormai, per quanto si coltivasse (per coltivare), li si estirperebbe sempre (verrebber meno) troppo tardi. 99 Ov’ è ’l buon Lizio e Arrigo Mainardi? Pier Traversaro e Guido di Carpigna? Oh Romagnuoli tornati in bastardi! Dove sono ora il valoroso (buon) Lizio e Arrigo Mainardi? Pietro Traversari e Guido di Carpigna? Oh, Romagnoli degeneri (tornati in bastardi)! 102 Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? quando in Faenza un Bernardin di Fosco, verga gentil di picciola gramigna? Quando a Bologna rivivrà (si ralligna) più un Fabbro? Quando a Faenza un Bernardino di Fosco, nobile ramo (verga gentil) di umile origine (picciola gramigna)? 105 Non ti maravigliar s’io piango, Tosco, quando rimembro, con Guido da Prata, Ugolin d’Azzo che vivette nosco, Non ti meravigliare se io piango, Toscano (Tosco), quando ricordo Guido da Prata, insieme a Ugolino d’Azzo che visse (vivette) tra noi (nosco), 108 Federigo Tignoso e sua brigata, la casa Traversara e li Anastagi (e l’una gente e l’altra è diretata), Federigo Tignoso e la sua compagnia (brigata), la casata dei Traversari e degli Anastagi (l’una e l’altra famiglia [gente] rimaste senza eredi maschi [diretata]), 111 le donne e ’ cavalier, li affanni e li agi che ne ’nvogliava amore e cortesia là dove i cuor son fatti sì malvagi. le donne e i cavalieri, le perigliose imprese (li affanni) e i riposi (li agi) di cui (ne) l’amore e la cortesia suscitavano il desiderio (ne ’nvogliava), mentre ora (là dove) i cuori sono diventati così malvagi. 114 O Bretinoro, ché non fuggi via, poi che gita se n’è la tua famiglia e molta gente per non esser ria? O Bertinoro, perché non ti dilegui (fuggi via), dal momento che si sono estinte (gita se n’è) la tua casata (famiglia) e molte altre famiglie (molta gente), per evitare di corrompersi (per non esser ria)? 117 Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia; e mal fa Castrocaro, e peggio Conio, che di figliar tai conti più s’impiglia. Fa bene la casata di Bagnacavallo, che non ha più discendenti maschi (non rifiglia); e fa male quella di Castrocaro, e peggio ancora quella di Conio, che si ostina (s’impiglia) a mettere al mondo (figliar) conti così degeneri (tai). 411 p407-412_purgatorio-integr_p407-412_purgatorio-integr 20/10/11 11.41 Pagina 412 Purgatorio C ant o XI V 120 Ben faranno i Pagan, da che ’l demonio lor sen girà; ma non però che puro già mai rimagna d’essi testimonio. Faranno bene i Pagani a non procreare più, dopo che sarà scomparso in famiglia (lor sen girà) l’ultimo diabolico discendente (’l demonio); ma non per questo resterà di loro (rimagna) un ricordo (testimonio) onorevole (puro). 123 O Ugolin de’ Fantolin, sicuro è ’l nome tuo, da che più non s’aspetta chi far lo possa, tralignando, scuro. O Ugolino dei Fantolini, il tuo nome è invece al sicuro, poiché non ci sarà più (s’aspetta) un discendente (chi) che, uscendo dalla retta via (tralignando), ne possa oscurare il ricordo (far lo possa... scuro). 126 Ma va via, Tosco, omai; ch’or mi diletta troppo di pianger più che di parlare, sì m’ha nostra ragion la mente stretta». Vattene oramai,Toscano (Tosco); ora ho più desiderio (mi diletta troppo) di piangere che di parlare, tanto il nostro discorso (nostra ragion) mi ha angustiato (m’ha... la mente stretta). 129 Noi sapavam che quell’ anime care ci sentivano andar; però, tacendo, facëan noi del cammin confidare. 132 Poi fummo fatti soli procedendo, folgore parve quando l’aere fende, voce che giunse di contra dicendo: 135 ‘Anciderammi qualunque m’apprende’; e fuggì come tuon che si dilegua, se sùbito la nuvola scoscende. ‘Mi ucciderà (Anciderammi) chiunque (qualunque) mi troverà (m’apprende)’; e poi si allontanò come si dilegua un tuono quando (se) improvvisamente (sùbito) squarcia (scoscende) una nuvola. 138 Come da lei l’udir nostro ebbe triegua, ed ecco l’altra con sì gran fracasso, che somigliò tonar che tosto segua: Quando non la udimmo più (l’udir nostro ebbe triegua), immediatamente si udì (ed ecco) un’altra voce, così fragorosa (con sì gran fracasso) da somigliare a un susseguirsi di tuoni (tonar che tosto segua): 141 ‘Io sono Aglauro che divenni sasso’; e allor, per ristrignermi al poeta, in destro feci, e non innanzi, il passo. ‘Io sono Aglauro, che fui trasformata (divenni) in sasso’; e allora, per stringermi (ristrignermi) a Virgilio, mi spostai verso destra (in destro feci... il passo) invece che in avanti (e non innanzi). 144 Già era l’aura d’ogne parte queta; ed el mi disse: «Quel fu ’l duro camo che dovria l’uom tener dentro a sua meta. 147 Ma voi prendete l’esca, sì che l’amo de l’antico avversaro a sé vi tira; e però poco val freno o richiamo. 150 Chiamavi ’l cielo e ’ntorno vi si gira, mostrandovi le sue bellezze etterne, e l’occhio vostro pur a terra mira; Il cielo vi chiama e vi ruota (vi si gira) attorno, mostrandovi le sue eterne bellezze, ma (e) i vostri occhi continuano a guardare (mira) soltanto verso terra; onde vi batte chi tutto discerne». e per questo Dio, che tutto vede (discerne), vi punisce (vi batte)». 412 ® vv 127-141 ESEMPI DI INVIDIA PUNITA Sapevamo che quelle anime piene di carità (care) sentivano che ci stavamo allontanando (andar); perciò, con il loro silenzio (tacendo), ci garantivano (facean... confidare) che il cammino scelto era giusto (del cammin). Dopo che, essendo avanzati (procedendo), rimanemmo soli (fummo fatti soli), ci venne incontro (giunse di contra) una voce, simile a un fulmine (folgore) che fende l’aria, dicendo: ® vv 142-151 AMMONIMENTO DI VIRGILIO Ormai l’aria era ovunque (d’ogne parte) tranquilla (queta); ed egli mi disse: «Quello che hai udito (Quel) fu il duro freno (camo) che dovrebbe tenere l’uomo entro i suoi limiti (dentro a sua meta). Voi vi lasciate invece adescare (prendete l’esca), così che l’amo del demonio (l’antico avversaro) vi cattura (a sé vi tira); e perciò (però) poco valgono freni o buoni esempi (richiamo).