L`OSSERVATORE ROMANO
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLV n. 58 (46.896) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano giovedì 12 marzo 2015 . Papa Francesco parla del ruolo dei nonni nella famiglia Ottenuti i poteri speciali accusa Washington Poeti della preghiera Maduro all’attacco E ricorda la scelta di Benedetto «La preghiera degli anziani è una ricchezza» per la Chiesa e «una grande iniezione di saggezza per l’intera società umana, troppo indaffarata e distratta». Tornando come nel mercoledì precedente a parlare del ruolo dei nonni nella famiglia e nell’attuale contesto sociale, all’udienza generale dell’11 marzo il Papa ha ribadito che «l’anzianità è una vocazione». E che sebbene questo periodo della vita sia «diverso dai precedenti, non è ancora il momento di “tirare i remi in barca”». Immedesimandosi con «questa fascia di età» — anche perché quando è stato nelle Filippine il popolo lo salutava come “Lolo Kiko”, cioè nonno Francesco — ha esortato i suoi coetanei a “inventarsi” nuovi modi per essere anziani attivi oggi, poiché «le nostre società non sono pronte, spiritualmente e moralmente, a dare a questo momento della vita il suo pieno valore». Al punto che persino «la spiritualità cristiana è stata colta un po’ di sorpresa». In proposito ha citato le tante «testimonianze di santi e sante anziani» che «grazie a Dio non mancano», come ha potuto sperimentare egli stesso durante la Giornata per gli anziani svoltasi in piazza San Pietro il 28 settembre scorso. O come Simeone e Anna, «che quando riconobbero il Bambino, scoprirono una nuova forza, per un nuovo compito: rendere grazie e rendere testimonianza». Da qui l’invito a seguire «la Jan van’t Hoff, «Simeone e Anna» scia di questi vecchi straordinari», diventando «anche noi un po’ poeti della preghiera». Come ha fatto Benedetto XVI, «che ha scelto di passare nella preghiera e nell’ascolto di Dio l’ultimo tratto della sua vita». Dopo aver criticato infine “il cinismo” di quegli anziani che hanno perso il senso della loro testimonianza, disprezzano i giovani e non comunicano la sapienza della vita, il Pontefice ha evidenziato che «le parole dei nonni hanno qualcosa di speciale per i giovani». Quelle «che la mia nonna mi consegnò per iscritto il giorno della mia ordinazione sacerdotale — ha confidato — le porto ancora con me». E ha concluso auspicando «una Chiesa che sfida la cultura dello scarto con la gioia traboccante di un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani». PAGINA 8 CARACAS, 11. Non si placa la crisi in Venezuela. Ieri, poche ore dopo la presa di posizione dell’Amministrazione Obama, che ha definito il Paese sudamericano «una minaccia alla sicurezza nazionale» e ha imposto sanzioni a sette membri del Governo, il presidente Nicolás Maduro ha ottenuto dal Parlamento i poteri speciali. Il via libera è arrivato subito dopo una prima discussione preceduta da un discorso di due ore in cui il leader venezuelano ha affermato che le misure degli Stati Uniti sono mirate a rovesciare l’Esecutivo. «Il presidente Obama ha deciso personalmente di perseguire l’obiettivo di sconfiggere il Governo e di intervenire in Venezuela per controllarlo» ha dichiarato Maduro. Il Paese sudamericano sta vivendo una nuova ondata di tensioni e violenze, frutto non solo dello scontro politico tra il Governo del presidente Maduro e l’opposizione, ma anche della grave crisi economica. Scontri e manifestazioni di protesta sono stati registrati in numerose località del Paese. La tensione è particolarmente salita nell’ultimo mese in seguito all’arresto del sindaco anti-chavista di Caracas, Antonio Ledezma, rinchiuso nel carcere militare di Ramo Verde, nella periferia della capitale, con l’accusa di aver ordito una cospirazione dell’opposizione finalizzata al colpo di Stato e con «il chiaro contributo — ha spiegato Maduro — degli Stati Uniti, che coordinano una serie di azioni secondo un’asse formato da Madrid, Bogotá e Miami». Il sindaco di Caracas aveva firmato, insieme alla deputata María Corina Machado e a Leopoldo López, entrambi esponenti dell’opposizione, un manifesto pubblicato l’11 febbraio scorso su una pagina del quotidiano «El Nacional». Il documento chiedeva le dimissioni di Maduro e proponeva un accordo nazionale per aprire una fase di transizione e avviare una serie di riforme. Intanto, l’Unione delle nazioni sudamericane (Unasud), il blocco economico regionale del Mercosur e la Comunità di Stati latinoamericani e dei Caraibi (Celac) hanno annunciato che faranno partire al più presto consultazioni sulla crisi venezuelana e sulla presa di posizione di Washington. Il presidente boliviano, Evo Morales, ha chiesto al suo ministro degli Esteri di «procedere alle consultazioni del caso nella Celac e l’Unasud». Il capo dello Stato ecuadoriano, Rafael Correa, ha detto che le dichiarazioni di Obama «sembrano un scherzo di cattivo gusto, che ci ricorda le ore più oscure della nostra America», e ha chiesto anche lui che si prepari una risposta regionale alle sanzioni imposte da Washington. A Buenos Aires, il capo del gabinetto presidenziale, Aníbal Fernández, ha indicato che «molto probabilmente ci sarà una presa di posizione dei membri del Mercosur e dell’Unasud». Strage di Boko Haram in un mercato Un nuovo video diffuso dal gruppo jihadista conferma la strategia di corruzione e violazione dell’infanzia Ancora una bambina usata come bomba Continuano le operazioni militari contro l’Is ABUJA, 11. Boko Haram ha risposto ieri alle sconfitte subìte dalle forze governative nigeriane e da quelle africane con una nuova strage provocata da due giovani attentatrici — una delle quali poco più che bambina, secondo le prime testimonianze — in un affollato mercato di Maiduguri, la capitale dello Stato nordorientale del Borno, che del gruppo jihadista è considerato la roccaforte. Secondo fonti locali, le vittime sarebbero diverse decine. Quello di ieri è il terzo attentato in quattro giorni a Maiduguri — cinquanta persone erano state uccise sabato da un’esplosione nello stesso mercato colpito ieri — a conferma di come Boko Haram mantenga intatta la sua pericolosità, nonostante gli sviluppi militari. Sotto questo aspetto, l’esercito nigeriano ha riferito ieri di avere riconquistato Bama, la seconda città del Borno, che Boko Haram controllava dallo scorso settembre. Il giorno prima erano stati i contingenti ciadiano e nigerino della forza africana inviata in Nigeria — e alla quale forniscono truppe anche Be- y(7HA3J1*QSSKKM( +,!"!@!#!?! XVI nin e Camerun — a comunicare la presa di Damasak, sempre nel Borno, dopo aver ucciso in combattimento duecento miliziani jihadisti. L’offensiva era partita da Diffa, capoluogo dell’omonima provincia del Niger confinante con il Borno, occupata in novembre da Boko Haram, le cui milizie erano state poi costrette al ritiro. Boko Haram mostra di essere ancora in grado di colpire, oltre che con il terrorismo, anche con gli attacchi armati. Proprio ieri ha sferrato un nuovo assalto contro Ngamdu, un villaggio al confine tra gli Stati del Borno e dello Yobe, snodo cruciale di una delle principali strade della regione. I miliziani jihadisti hanno fatto irruzione nell’abitato sparando all’impazzata, uccidendo dodici persone e ferendone numerose altre per poi darsi alla fuga inseguiti dalle forze speciali. È il secondo attacco in quattro giorni lungo la strategica strada: sabato scorso due assalitori suicidi si erano fatti esplodere a un posto di blocco a Benesheik, una quarantina di chilometri più a est. Sfollati nigeriani in fuga dalle violenze di Boko Haram (Ap) BAGHDAD, 11. Le operazioni militari contro il cosiddetto Stato islamico (Is) hanno fatto registrare negli ultimi giorni importanti sviluppi sul piano strategico, secondo quanto sostenuto sia dai responsabili delle forze irachene sia dal comando della coalizione internazionale a guida statunitense. La risposta dell’Is tenta ancora una volta di dettare l’agenda dell’informazione, mettendo in secondo piano le sconfitte subite. Un ennesimo filmato ha confermato ieri una studiata strategia di corruzione e di violazione dell’infanzia: un bambino trasformato in boia di un presunto collaboratore dei servizi d’informazione israeliani è il protagonista dell’ultima atrocità mostrata dalla propaganda jihadista. Un analogo video l’Is aveva messo in rete due mesi fa. Al tempo stesso non si ferma gli attentati: le esplosioni di diverse autobombe — sette in rapida successione, secondo le prime informazioni — hanno causato oggi numerosi morti, compresi diciassette agenti della sicurezza, a Ramadi, il capoluogo della provincia irachena di Al Anbar. Dai fronti siriani il comando della coalizione internazionale ha riferito che i raid aerei hanno interrotto la principale via di comunicazione con l’Iraq usata dai miliziani jihadisti. I bombardamenti hanno colpito e distrutto nell’area della città siriana di Tal Hamis le postazioni dei miliziani lungo la strada 47, quella usata per spostare uomini e materiali. Nelle ultime ore, intanto, le truppe regolari irachene e le milizie loro alleate, sia sciite che sunnite, sono entrate a Tikrit, il capoluogo della provincia di Salahuddin obbiettivo principale di un’offensiva lanciata da due settimane. In quest’ultima fase delle operazioni stanno intervenendo anche gli aerei della coalizione internazionale, mentre finora era stata la sola aviazione irachena ad appoggiare le forze di terra. L’Is ha tentato di rallentare l’avanzata degli assalitori facendo saltare ieri il ponte sul fiume Tigri che collega Tikrit ad Al Alam, la cittadina sulla strada verso Kirkuk dalla quale era stato costretto a ritirarsi Soldati iracheni sulla strada di Tikrit (Reuters) lunedì. Sacche di resistenza sono segnalate ancora questa mattina, mentre il comando dell’esercito iracheno riferisce che a ostacolare le operazioni delle sue forze contribuiscono le mine disseminate in tutta l’area, ma le milizie jihadiste vengono date ormai in rotta. Contemporaneamente, truppe irachene e combattenti sciiti stanno avanzando verso la città sunnita di Fallujah, a circa settanta chilometri a ovest di Baghdad. L’esercito ha comunicato di avere ripreso il controllo della cittadina di Karma, a nord di Fallujah, dopo violenti scontri per tutta la giornata di ieri e nei quali sono stati uccisi decine di miliziani jihadisti. Altri trentasei combattenti dell’Is, sempre ieri, sono stati uccisi dai raid della coalizione nella zona di Mosul. Il ministero della Difesa di Baghdad, nel riferire di queste operazioni, ha detto che hanno inferto un duro colpo alle capacità militari del gruppo jihadista che sembra concentrare la sua resistenza proprio nell’area di Mosul. Da mesi si parla di un’offensiva che le forze irachene e gli alleati internazionali stanno preparando per la primavera su questo fronte, considerato il più importante nella lotta contro l’Is. Nel frattempo, in un discorso tenuto ieri al Parlamento europeo, il re Abdullah II bin Hussein di Giordania ha invitato i musulmani a unirsi alla lotta contro l’Is. Il monarca ha detto che gli atti dei terroristi vanno contro i valori islamici fondamentali come la misericordia, la pace e la tolleranza. «I musulmani di tutto il mondo sono il più grande obiettivo dei terroristi» ha ricordato, aggiungendo che non sarà loro permesso «di utilizzare la nostra fede». Il re di Giordania ha anche sottolineato che il dialogo e il rispetto sono un modo per creare una società inclusiva. Secondo il sovrano, «attaccare ed escludere gli al- tri, insultare gli altri popoli, la loro fede e le convinzioni non è un modo di agire. Il futuro sta nell’unità e il rispetto, non nella divisione e negli stereotipi». Il re ha poi fatto riferimento anche alla questione dei profughi siriani, un milione e quattrocentomila dei quali si sono rifugiati in Giordania. «Il mio piccolo Paese è diventato il terzo al mondo per numero di rifugiati accolti e ringrazio tutti voi che ci state aiutando a sostenere questa responsabilità globale», ha detto ai deputati europei. Per l’attività diplomatica della Santa Sede Un’agenda di pace PIETRO PAROLIN A PAGINA 5 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 12 marzo 2015 La sede della Banca centrale greca ad Atene (Ap) ATENE, 11. La Grecia «sta lottando per sopravvivere e ha bisogno di ogni singolo euro in circolazione». Queste le parole pronunciate ieri da Alekos Flambouraris, ministro greco per il Coordinamento di governo, alla radio pubblica ellenica, rivolgendo un appello a tutti i suoi connazionali perché riportino in patria i soldi depositati all’estero, aiutando così le casse dello Stato. Secondo le stime più recenti pubblicate dalla stampa nazionale, i greci hanno portato all’estero oltre ventidue miliardi negli ultimi tre mesi e i depositi bancari nel Paese sono, di conseguenza, scesi a circa 150 miliardi: un nuovo minimo da oltre dieci anni. Un altro campanello di allarme per il Governo Tsipras che punta a rilanciare il Paese, facendolo uscire dalla palude della crisi. Le trattative proseguono: oggi i rappresentanti del Governo Tsipras incontreranno di nuovo i membri della Troika, la squadra di commissari di Bce, Fmi ed Ue che monitora lo svolgimento delle riforme per il risanamento dell’economia. A guidare il negoziato è il presidente della Bce, Mario Draghi. Ma per Atene potrebbe essere già troppo tardi: tra le scadenze dei prestiti da ripagare a marzo e il crollo delle entrare statali, le casse del Governo sono quasi vuote e il Paese si spinge sempre più vicino al rischio insolvenza. Intervento della Santa Sede sulla pena di morte In difesa della dignità della persona Atene allo stremo riprende le trattative con l’Europa Senza un soldo Ma intanto Atene continua a essere incalzata dai partner europei, che vogliono chiarezza e rigore. «La Grecia deve ottemperare alle condizioni previste dal memorandum (l’intesa per la ristrutturazione del debito ellenico, ndr) se vuole incassare pagamenti di altri aiuti europei» ha sostenuto ieri, al termine Obbligatoria la prescrizione per la pillola dei cinque giorni ROMA, 11. Prescrizione obbligatoria per la cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”, indipendentemente dall’età della richiedente, e test di gravidanza solo se l’anamnesi induce a un sospetto di fecondazione in corso. Questa la posizione espressa ieri dal Consiglio superiore di Sanità nel parere richiesto dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Il farmaco deve «essere venduto in regime di prescrizione medica indipendentemente dall’età della richiedente». Ciò soprattutto «per evitare gravi effetti collaterali nel caso di assunzioni ripetute in assenza di controllo medico». Nel frattempo, ieri a Strasburgo il Parlamento europeo ha approvato un rapporto sull’uguaglianza tra uomini e donne nell’Ue, presentato dal deputato belga Marc Tarabella. Il documento contiene un controverso paragrafo in cui si chiede agli Stati membri di garantire alle donne «un accesso agevole» all’aborto nell’ambito della «salute sessuale e riproduttiva», sostenendo la necessità di «informarle più pienamente sui loro diritti e sui servizi disponibili». Il paragrafo ha suscitato forti reazioni in numerosi ambienti dello stesso Parlamento e da parte di molte ong. Confermata l’assoluzione di Berlusconi ROMA, 11. La Corte di cassazione ha confermato ieri l’assoluzione dell’ex presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, dalle accuse di concussione e prostituzione minorile. Il leader di Forza Italia era stato rinviato a giudizio nel febbraio 2011: il dibattimento era iniziato il successivo 6 aprile. Nel giugno 2013 il Tribunale di Milano aveva condannato Berlusconi in primo grado a sette anni. Il verdetto è stato poi ribaltato in appello. E ieri la Cassazione ha deciso di rigettare il ricorso del sostituto procuratore di Milano, Pietro De Petris. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va dà un forte slancio che, così spera questa Delegazione, incoraggerà gli Stati che ancora applicano la pena di morte ad andare in direzione della sua abolizione. La posizione della Santa Sede sulla questione è stata articolata più chiaramente negli ultimi decenni. Di fatto, vent’anni fa la questione è stata inquadrata nel contesto etico adeguato della difesa della dignità inviolabile della persona umana e del ruolo che ha l’autorità legittima nel difendere in maniera giusta il bene comune della società (Papa Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 56). Considerando le situazioni pratiche esistenti nella maggior parte degli Stati, come risultato di costanti miglioramenti nell’organizzazione del sistema penale, oggi appare evidente che mezzi diversi dalla pena di morte «sono sufficienti per difendere le vite umane dall’aggressore e per proteggere l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone» (Ibidem). Per questa ragio- derazione russa non è favorevole al ripristino della fiducia nella zona euro-atlantica. Inoltre, la Russia ha sospeso da oggi la propria partecipazione al gruppo di consultazione congiunto sul Trattato per le forze armate convenzionali in Europa. Lo ha affermato il ministero degli Esteri. Mosca annunciò l’uscita dal Trattato già nel 2007 contro l’intenzione americana di mettere a punto lo scudo antimissile. ne «l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana» (Ibidem). Le iniziative politiche e legislative che vengono promosse in un numero crescente di Stati per eliminare la pena di morte e per proseguire i progressi concreti compiuti nel conformare il diritto penale sia alla dignità umana dei detenuti sia al mantenimento efficace dell’ordine pubblico stanno andando nella giusta direzione (cfr. Papa Benedetto XVI, Udienza generale, 30 novembre 2011). Papa Francesco ha ulteriormente sottolineato che la pratica legislativa e giudiziaria dell’autorità statale deve essere sempre guidata dal «primato della vita e la dignità della persona umana». Egli ha rilevato anche «la possibilità dell’esistenza dell’errore giudiziale e l’uso che ne fanno i regimi totalitari e dittatoriali [...] come strumento di soppressione della dissidenza politica o di persecuzione delle minoranze religiose e culturali» (Discorso alla Delegazione dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale, 23 ottobre 2014, nn. I e IIb). Pertanto, il rispetto della dignità di ogni persona umana e il bene comune sono i due pilastri sui quali si è sviluppata la posizione della Santa Sede. Tali principi convergono con uno sviluppo analogo nella legge e nella giurisprudenza internazionale sui diritti umani. Occorre inoltre tener conto del fatto che dall’applicazione della pena di morte non risulta alcun effetto positivo chiaro di deterrenza e che l’irreversibilità di questa pena non consente eventuali correzioni in caso di condanne errate. Signor Presidente, La mia Delegazione sostiene con fermezza che mezzi incruenti per difendere il bene comune e promuovere la giustizia sono possibili, e invita gli Stati ad adattare i loro sistemi penali per dimostrare la loro adesione a una forma di punizione più umana. Per quanto riguarda quei Paesi che affermano che abbandonare questa pratica non è ancora fattibile, la mia Delegazione li incoraggia a cercare di diventare capaci di farlo. Per concludere, Signor Presidente, la Delegazione della Santa Sede appoggia appieno gli sforzi per abolire il ricorso alla pena di morte. Al fine di raggiungere questo obiettivo auspicato, occorre compiere i seguenti passi: 1) sostenere le riforme sociali che permettono alla società di attuare l’abolizione della pena di morte; 2) migliorare le condizioni carcerarie, al fine di assicurare il rispetto della dignità umana delle persone private della propria libertà (cfr. Ibidem). Grazie, Signor Presidente. Legge contro il femminicidio Verso la distensione in Colombia BRASILIA, 11. Il presidente del Brasile, Dilma Rousseff, ha firmato ieri una legge che rende molto più severe le pene per chi commette atti di violenza contro le donne. Il reato di femminicidio è stato inserito nel codice penale brasiliano come un crimine particolarmente grave. I delitti contro le donne, anche quelli in ambito domestico, saranno puniti con condanne dai dodici ai trent’anni di carcere. La pena potrà aggravarsi ulteriormente se la donna vittima è incinta, minore di quattordici anni o anziana. BO GOTÁ, 11. Il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha annunciato ieri la sospensione per un mese degli attacchi aerei contro i ribelli delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). In un discorso alla Nazione, Santos ha spiegato che il suo ordine rispecchia i progressi che si stanno compiendo nei negoziati di pace. Le truppe continueranno le pattuglie di terra. La sospensione dei bombardamenti aerei non verrà estesa all’altro gruppo ribelle della Colombia, l’Esercito di liberazione nazionale (Eln). Pubblichiamo la traduzione italiana dell’intervento pronunciato il 4 marzo a Ginevra dall’arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali a Ginevra, in occasione della 28ª Sessione del Consiglio dei Diritti Umani, al panel d’alto livello biennale su «La questione della pena di morte». Signor Presidente, La Delegazione della Santa Sede è lieta di partecipare a questo primo dibattito del panel d’alto livello biennale sulla questione della pena di morte e si unisce al numero crescente di Stati che sostengono la quinta risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che chiede una moratoria globale sull’uso della pena di morte. L’opinione pubblica e il sostegno alle diverse misure volte ad abolire la pena di morte o a sospenderne l’applicazione stanno crescendo. Questo dell’Ecofin, il ministro delle Finanze della Germania, Wolfgang Schäuble, nella conferenza stampa finale del vertice dell’Ecofin. «La Grecia deve arrivare a un accordo soddisfacente sulla realizzazione del memorandum d’intesa, dopodiché verranno versati gli aiuti» ha aggiunto Schäuble. Esercitazioni Nato nei Paesi baltici Tensione tra Mosca e Washington sulla crisi ucraina KIEV, 11. Resta alta la tensione tra Russia e Stati Uniti sulla crisi nell’Ucraina orientale, nonostante ieri il presidente ucraino, Petro Poroshenko, abbia confermato il ritiro delle armi pesanti da parte dei ribelli separatisti filorussi. L’Amministrazione statunitense denuncia il proseguimento del flusso di armi in Ucraina dalla Russia. «Possiamo confermare che ci sono stati altri trasferimenti di carri armati, mezzi blindati, artiglieria pesante e lancia razzi oltre il confine, diretti ai separatisti dell’est dell’Ucraina», ha dichiarato l’assistente del segretario di Stato per le questioni europee, Victoria Nuland, in una audizione ieri della commissione Esteri del Senato. Nuland ha anche reso noto che gli Stati Uniti hanno iniziato a parlare con i loro alleati europei della possibilità di introdurre nuove sanzioni contro la Russia se gli accordi di Minsk non saranno completamente attuati. Anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha dichiarato oggi: «Abbiamo visto e continuiamo a vedere la presenza e il sostegno della Russia ai separatisti. Vediamo che la Russia continua a fornire uomini e mezzi e a garantire l’addestramento ai separatisti». Bisogna fare di tutto — ha aggiunto — «per rispettare il cessate il fuoco e attuare gli accordi di Misnk». Un edificio colpito dai bombardamenti a Debaltseve (Ap) Ad accrescere la tensione tra Mosca e Washington, carri armati e centinaia di veicoli militari statunitensi sono giunti nei Paesi baltici per rassicurare gli alleati della Nato, turbati per l’atteggiamento della Russia in Ucraina. Lo rende noto la Bbc, con foto che mostrano un tank americano a Riga. Circa 3.000 soldati americani — ha reso noto il Pentagono — parteciperanno, nei prossimi tre mesi, a esercitazioni Nato con le forze della Lettonia, dell’Estonia e della Lituania. La riposta della Russia all’aumento dell’attività Nato alle sue frontiere sarà «adeguata», ha assicurato ieri il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, ricevendo a Mosca il collega spagnolo José Manuel García-Margallo. Lo riporta Ria Novosti. Per il capo della diplomazia del Cremlino, la crescente attività militare ai confini della Fe- A settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale Indennizzo in Brasile per i soldati del caucciù BRASILIA, 11. Vennero chiamati “soldados da borracha”, i soldati del caucciù, perché il loro compito era quello di rifornire di materia prima l’industria bellica degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, in base agli accordi firmati a Washington nel 1942 dall’allora presidente brasiliano Getúlio Vargas. Partirono verso l’Amazzonia in oltre 55.000 dalle regioni del nord-est, le più povere del Brasile, con la falsa promessa di benefici economici e dell’assegnazione di terreni. Alla fine della GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio guerra, oltre 30.000 erano morti nella foresta pluviale. Erano stati reclutati con lo status di “eroi di guerra” ma vennero costretti a lavorare in condizioni quasi di schiavitù, abbandonati al proprio destino e mai più trasferiti nelle zone di provenienza. Oggi, a quasi settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, il Governo brasiliano ha riaperto una pagina dimenticata della storia e verserà un indennizzo ai sopravvissuti, quasi 5.000, e agli eredi degli scomparsi. Oltre ai sol- Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va di, sarà restituito loro anche l’onore: sono stati infatti equiparati ai loro compatrioti che andarono a combattere. Ogni soldato o discendente (in totale circa 12.000 persone) riceverà dall’Esecutivo 25.000 reais, poco più di 8.000 euro, entro la fine dell’anno. La mobilitazione dei “soldati del caucciù” cominciò nel 1942 e durò fino al 1945. Gli Stati Uniti avevano bisogno del caucciù brasiliano non potendo più contare su quello estratto nel sud-est asiatico, controllato dai giapponesi. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. 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Come riporta l’agenzia Maan, che cita la Mezzaluna rossa palestinese, le cause che avrebbero innescato gli scontri sarebbero state le operazioni di livellamento del terreno della zona: queste operazioni sarebbero state percepite dai palestinesi come i preparativi per l’ampliamento della barriera di separazione. Kufr Akkab è stata annessa a Gerusalemme est nel 1980 ma è di fatto — sottolineano molti analisti — separata dalla città dalla barriera. Altri episodi di violenza sono stati registrati ieri in diverse parti della città. In tutto, secondo le cifre fornite dall’agenzia governativa palestinese Wafa, ventitré giovani palestinesi sono stati arrestati dall’esercito israeliano: diciotto nel distretto di Betlemme, tre a Nablus e due a Jenin, nel nord dei Territori palestinesi. Lo status di Gerusalemme è uno dei punti nodali del contenzioso tra israeliani e palestinesi. Questi ultimi, infatti, rivendicano la parte orientale della città come capitale di un loro futuro Stato autonomo. Ciò nonostante le trattative dirette — su questo come su altri punti — sono ferme da tempo. ALGERI, 11. La Libia deve scegliere tra un accordo politico o la distruzione: questo il messaggio espresso ieri dall’inviato delle Nazioni Unite nel Paese nordafricano, Bernardino León, in apertura di una nuova sessione del dialogo nazionale ad Algeri. «Ci sono due opzioni: l’accordo politico o la distruzione», ha dichiarato León, aggiungendo subito che ovviamente «la distruzione non è un’opzione». L’inviato Onu ha quindi definito l’incontro in Algeria «cruciale per un accordo politico». Per favorire il dialogo tra le varie fazioni libiche, otto Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’O nu hanno intanto bloccato la richiesta del Governo di Tobruk (unico rico- nosciuto dalla comunità internazionale) di autorizzare l’importazione di decine di aerei da combattimento, carri armati e armi per combattere i gruppi jihadisti. Lo riferiscono fonti diplomatiche al Palazzo di Vetro. La settimana scorsa la Libia aveva formalmente domandato alle Nazioni Unite di revocare l’embargo delle armi. Tra i Paesi che hanno bloccato la richiesta — riportano le medesime fonti — ci sono Stati Uniti e Gran Bretagna. Nel frattempo, la Camera dei Rappresentanti di Tobruk (il Parlamento libico eletto con sede in Cirenaica) ha chiesto il rinvio di una settimana della nuova tornata di colloqui di pace sulla crisi, che dovrebbe- Il programma del re saudita Per lo sviluppo del Paese Intesa sulle presidenziali in Guinea CONAKRY, 11. Si terranno il prossimo 11 ottobre le elezioni presidenziali in Guinea: lo ha annunciato ieri Bakary Fofana, presidente della commissione incaricata di organizzare lo scrutinio. La convocazione del voto — con le accuse al presidente Alpha Condé di voler prolungare la propria permanenza al potere oltre la naturale scadenza del mandato quinquennale — è stato uno dei principali fattori di tensioni tra il Governo e l’opposizione negli ultimi mesi. Un secondo turno delle elezioni, se necessario, dovrebbe tenersi il 25 ottobre. Alpha Condé è stato eletto nel 2010 con uno scrutinio ritenuto da alcuni osservatori internazionali il primo democratico nella storia della Guinea indipendente. Soldato dell’esercito libico a Bengasi (Afp) Incontri sulla sicurezza e sulle prospettive di dialogo tra il Governo afghano e i talebani Inviato statunitense in Pakistan Utili per l’Aiea i colloqui con l’Iran TEHERAN, 11. I colloqui tra la delegazione dell’Aiea e i rappresentanti iraniani che si sono svolti a Teheran sono stati «utili» e le due parti si incontreranno di nuovo in aprile. Lo ha detto ieri, citato dall’Ap da Vienna, il vicedirettore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica Tero Varjoranta, parlando di un accordo per accelerare il processo di cooperazione ma senza fornire ulteriori dettagli. La visita dell’Aiea è stata resa possibile grazie alla disponibilità annunciata già nel novembre scorso dalle autorità di Teheran di consentire ai tecnici l’accesso a un sito nella regione di Marivan. L’inviato iraniano presso l’Aiea, Reza Najafi, ha detto — come informa l’agenzia di stampa Irna — che nell’incontro sono state prese in esame le ultime questioni rimaste aperte ed è stata riaffermata la volontà di collaborare. ro riprendere in Marocco già nelle prossime ore e sempre con la mediazione dell’Onu. La dilazione avrebbe lo scopo di consentire ai deputati di approfondire le proposte formulate nei giorni scorsi per la costituzione di un Governo di unità nazionale. «Chiediamo una proroga di una settimana per discutere di un piano sul futuro Governo libico, sulle sue competenze, sullo scadenzario e sui suoi rapporti con noi», ha spiegato il portavoce parlamentare Farraj Hashem. Intanto, imprenditori libici di Tobruk, Tripoli e Misurata si sono riuniti ieri a Bruxelles, su invito dell’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Federica Mogherini, e con la partecipazione di delegati della missione di supporto Onu in Libia (Unsmil) e della Banca mondiale e hanno lanciato l’Unione per gli imprenditori libici che ha pubblicato un manifesto in cui si schierano a favore della costituzione di un Governo di unità nazionale e avvertono che la Libia rischia il collasso. pagina 3 RIAD, 11. L’Arabia Saudita lavorerà per raggiungere «uno sviluppo completo ed equilibrato» e per «difendere le cause arabe e islamiche». Lo ha dichiarato ieri il re saudita Salman bin Abdelaziz in un discorso televisivo che ha rivelato l’agenda interna e internazionale del nuovo monarca, succeduto lo scorso gennaio a re Abdullah. «Il nostro Paese sta marciando a passo sostenuto verso la crescita e continuerà a lavorare sui principi su cui il regno è stato fondato», ha detto Salman nel suo intervento. Sul piano della sicurezza, il monarca ha promesso di «rafforzare le capacità delle forze di sicurezza» e ribadito che il Paese «resta impe- gnato al rispetto di tutti i suoi accordi». Difenderemo — ha detto Salman — «le cause arabe e islamiche con tutti i mezzi possibili e cercheremo di allentare le tensioni nel mondo musulmano». L’Arabia Saudita «fa parte di questo mondo e vive i suoi stessi problemi: il regno sarà attivo nel promuovere soluzioni ai più pressanti problemi di attualità». Parole importanti anche sul capitolo giustizia. «Il re lavorerà per dare giustizia a tutti i cittadini, senza fare differenze». In questo senso, Salman ha fatto sapere nelle dichiarazioni di aver «chiesto al ministero dell’Interno di invitare i governatori ad ascoltare la voce del popolo». Il rinvio delle elezioni conferma la crisi nel Somaliland MO GADISCIO, 11. Conferme dell’estrema difficoltà di dare soluzione alla pluridecennale crisi della Somalia — non solo sul piano della sicurezza, ma anche su quello del ripristino delle istituzioni — giungono dal Somaliland, la regione dichiaratasi indipendente nel 1991, ma che nei mesi scorsi ha raggiunto accordi con le autorità di Mogadiscio riconosciute internazionalmente, per rientrare nel contesto istituzionale del Paese. Secondo la Costituzione della Somalia, il Somaliland è ora ufficialmente uno Stato federale della Repubblica. Proprio questo aspetto sembra però aver messo in discussione la situazione interna del Somaliland, teatro anche di forti interessi economici internazionali dato l’accertamento di ricchissimi giacimenti petroliferi al largo delle sue coste. Dopo la dichiarazione di indipendenza e per tutti i lunghi anni della guerra civile somala seguiti alla caduta di Siad Barre, la regione ha goduto di stabilità e di elezioni democratiche. Ora invece è stato annunciato il rinvio delle elezioni parlamentari e presidenziali previste il prossimo 26 giugno. Il rispetto della scadenza elettorale era stato all’origine di tensioni tra la maggioranza del presidente Ahmed Mohamed Mohamoud Silaanyo, e l’opposizione che all’inizio del mese ha annunciato l’intenzione di presentarsi unita alle votazioni intimando al Governo di consentirne lo svolgimento alla data prevista. Ieri, però, la commissione elettorale ha comunicato che le elezioni saranno posticipate di nove mesi e si terranno, dunque, a marzo 2016, motivando il rinvio con i ritardi nell’organizzazione e registrazione degli aventi diritto. ISLAMABAD, 11. L’inviato statunitense per Afghanistan e Pakistan, Daniel F. Feldman, è da ieri a Islamabad dove ha avuto incontri con esponenti politici e militari riguardanti la sicurezza nella regione e le prospettive di dialogo fra il Governo afghano e i talebani seguaci del Mullah Omar. La presenza di Feldman nella capitale pakistana è stata rivelata dal responsabile dell’ufficio stampa dell’esercito (Ispr), generale Asim Saleem Bajwa, secondo cui durante un incontro a Rawalpindi con il comandante delle forze armate pakistane, generale Raheel Sharif, l’inviato americano ha «lodato il ruolo positivo del Pakistan nella ricerca della pace e la stabilità in Afghanistan». Più volte annunciato come imminente, il dialogo fra il Governo di Kabul e i talebani non è ancora cominciato, ma secondo gli esperti tutti gli sforzi sono concentrati su un suo possibile inizio prima dell’“offensiva di primavera” che gli insorti programmano ogni anno contro le forze di sicurezza afghane e i militari stranieri presenti nel Paese. Secondo una versione attendibile, e indirettamente confermata dagli insorti talebani, la Cina dovrebbe svolgere il ruolo di garante degli eventuali impegni raggiunti dalle parti nell’ambito di un dialogo di pace e riconciliazione nazionale. Sabato scorso, il presidente afghano, Ashraf Ghani, ha inaugurato la sessione del Parlamento sostenendo di voler trasformare il Paese in un Scuole e università chiuse in Ciad dopo disordini N’DJAMENA, 11. Il Governo del Ciad ha chiuso temporaneamente le scuole e le università della capitale N’Djamena a seguito di proteste di piazza e cruenti scontri tra polizia e studenti nei quali — secondo le autorità — è morto un ragazzo, mentre fonti ospedaliere riferiscono di tre vittime. La polizia ha fatto massiccio ricorso ai gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti, mentre rappresentanti degli studenti hanno denunciato cariche degli agenti anche all’interno delle scuole e dell’università. A innescare i disordini è stata l’entrata in vigore, all’inizio del mese, di una legge che impone ai motociclisti l’obbligo di portare il casco. I manifestanti denunciavano appunto il brusco aumento dei prezzi dei caschi. crocevia di commercio e trasporto, impedendo a chiunque di utilizzarlo per svolgere «guerre per conto terzi». A questo riguardo ha fatto allusione agli sforzi in corso per riuscire a intavolare un dialogo con i talebani, grazie anche a una cooperazione con i Paesi vicini che può portare alla stabilizzazione della regione. Ma, intanto, sul terreno non si fermano le azioni terroristiche. È di almeno sette morti e 28 feriti, compresi cinque agenti, il bilancio ancora provvisorio di un attentato suicida a Lashkar Gah, capoluogo della provincia di Helmand, Afghanistan meridionale: lo ha reso noto ieri sera il vice governatore provinciale Mohammad Jan Rasoulyar, secondo cui un attentatore a bordo di un’autobomba si è lanciato contro un posto di blocco eretto dalla polizia alla periferia della città, in quel momento affollato di passanti in attesa di essere perquisiti. Si è verosimilmente trattato di una trappola, giacché il posto di blocco era stato istituito proprio dopo che le forze di sicurezza avevano ricevuto segnalazioni su un imminente attacco. Ricordata la tragedia di Fukushima TOKYO, 11. Con un minuto di silenzio, il Giappone si è fermato per ricordare il terremoto e lo tsunami che, quattro anni fa, causarono più di 18.000 morti e dispersi nel nord-est del Paese e a Fukushima, provocando uno dei peggiori incidenti nucleari della storia. In diverse località del Paese sono state organizzate cerimonie ed è stato osservato un minuto di silenzio alle 14.46 ora locale, il momento esatto in cui, proprio di fronte la costa della prefettura di Miyagi, un terremoto di 9 gradi sulla scala Richter, il più forte mai registrato nel Paese, innescò la peggiore tragedia nel Paese asiatico dalla seconda guerra mondiale. Il Gran Teatro di Tokyo, ha accolto una cerimonia a cui hanno partecipato l’imperatore Akihito, il premier Shinzo Abe e familiari delle vittime della tragedia. Intanto, si è saputo che il Governo di Tokyo per la prima volta ha acquistato terreni vicini alla disastrata centrale per immagazzinare terra contaminata dal materiale radioattivo emesso dall’impianto. La zona è quella di 16 chilometri quadrati attorno ai villaggi di Okuma, dove c’è la centrale, e Futaba, che è stata delimitata per conservare la terra estratta durante i lavori di decontaminazione. L’accordo è stato firmato dal Governo nell’agosto scorso con la prefettura di Fukushima. Molti dei 2.400 proprietari non vogliono però vendere i terreni perché non si fidano della promessa dell’Esecutivo che si tratterà di un passaggio temporaneo: i residenti di Okuma e Futaba non possono accedere o hanno un permesso limitato di accesso alle loro case e temono che le località si trasformino in cimiteri permanenti. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 giovedì 12 marzo 2015 Nel nuovo libro di Angelo Paoluzi Anticorpi e manganello Ranveer Singh e Deepika Padukone in «Goliyon Ki Raasleela Ram-Leela» (2013) di PIERLUIGI NATALIA ra le pubblicazioni che in questo biennio 20142015 ricordano i due importanti anniversari dei cento anni dall’inizio della prima guerra mondiale e dei settanta dalla fine della seconda, si segnala La croce, il fascio e la svastica (Roma, Edizioni Estemporanee, 2014, pagine 192, euro 12,75), un libro di Angelo Paoluzi sulla resistenza cristiana alle dittature italiana e tedesca. Paoluzi — un decano ormai tra i giornalisti cattolici e un maestro per molti che in questa definizione ritengono di rientrare — con questo libro fa un’operazione appunto giornalistica: si documenta per documentare il suo lettore. Va detto subito che è un’operazione riuscita felicemente. Il taglio non è quello dell’analisi storica, se non nel senso che tante volte ha visto i cronisti aiutare a comprendere la storia sia nel suo farsi sia nelle riflessioni che gli avvenimenti suscitano a posteriori — lo stesso Paoluzi a suo tempo aiutò a comprendere la caduta del muro di Berlino nel suo magistrale I cavalli di Brandeburgo (1994). La croce, il fascio e la svastica è un’altra cronaca di questo tipo. Non un saggio storiografico, dun- T A colloquio con la drammaturga svedese Annika Nyman Contro il mito del principe azzurro di SILVIA GUIDI orrei scrivere una nuova versione di Riccardo III paragonandolo a Scarface. Entrambi questi personaggi suscitano sul pubblico un rapporto di amore e odio» spiega la drammaturga svedese Annika Nyman raccontando il suo metodo «V Nel mio testo viene ripresa la metafora del sole legata al personaggio di Giulietta Ma qui la luce rivela per contrasto i lati più oscuri di lavoro; sono le geometrie della violenza e i meccanismi dell’odio il tema che le interessa più di ogni altro. Per questo Nyman — giovanissima ma già autrice di spettacoli rappresentati in tutto il mondo — ama così tanto il teatro elisabettiano, e uno dei suoi testi preferiti è il superclassico Romeo e Giulietta, visto da una prospettiva inedita, dura e concreta, illuminato da una luce radente che ne mette in risalto spigoli e contraddizioni. Nel suo Romeo&Juliet Postscriptum — messo in scena in lingua originale due anni fa al Festival dei due mondi di Spole- to, poi tradotto in italiano nel maggio dell’anno successivo e presto di nuovo in Italia all’interno della rassegna Shakespeare Re-Loaded — rischia l’operazione più pericolosa per un drammaturgo: scrivere un sequel cambiando il finale. Scampati alla possibilità del doppio suicidio nella cripta, inseguiti dai giannizzeri dei loro clan, ancora in pericolo di vita, ma vivi, Romeo e Giulietta sono due adolescenti che devono accettare la sfida di costruire un futuro insieme. «Più che l’amore, è la violenza il tema di fondo della tragedia di Shakespeare — ribadisce l’autrice — e leggendo con attenzione il testo si capisce che entrambi cercano di scappare da qualcosa. Romeo con la fuga dei suoi innamoramenti (prima per Rosalina, poi per un’altra Capuleti), Giulietta con il sogno di un amore capace di liberarla dal clima soffocante che respira a casa». Basti pensare alle parole violentissime di suo padre, che minaccia di venderla al miglior offerente se non accetterà di sposare il conte Paride. I due ragazzi sono affascinati dal sogno del loro amore, ma non hanno ancora avuto il tempo di conoscersi davvero. «È uno schema classico della nostra cultura occidentale: “trova il tuo principe azzurro e tutto andrà bene”. Ma il tempo passato insieme — continua Nyman — fa capire che l’altro non sempre è un cavaliere su un cavallo bianco, e non è capace di salvarti. Anzi, talvolta non è neppure capace di portare conforto in una situazione difficile». Eccoli allora discutere, litigare, rinnegarsi e cercarsi di nuovo fino a scoprire anche in se stessi un po’ della ferocia delle loro famiglie. Nessuno, fa capire Nyman, è esente dalla tentazione dell’odio e dai rischi di quella trappola fatta di reattività e recriminazioni che, nel caso dei due clan contrapposti di Verona, si è trasformata in una spirale di violenza inarrestabile; neanche i due inermi, teneri adolescenti di Verona. «Adoro la totale mancanza di compromessi dei personaggi di Shakespeare — continua l’autrice — sono intensi, appassionati e incapaci di far fronte alla lotta dell’esistenza. La drammaturgia contemporanea è tanto più superficiale e piatta. Nel mio testo ho ripreso la metafora del sole legata al personaggio di Giulietta, ma cambiata di segno. Qui la luce rivela per contrasto i lati più oscuri, la disperazione e quella paura profonda che sta alla vera radice di ogni violenza». Un’operazione simile per contenuto, ma molto diversa per contesto — le coloratissime scenografie di Bollywood in un villaggio del Gujarat — è il film Goliyon Ki Raasleela Ram-Leela (Ram e Leela, una storia di sparatorie) diretto nel 2013 da Sanjay Leela Bhansali; anche in questo caso il vero protagonista, più che l’amore, è il potere distruttivo dell’odio. E anche stavolta, come in Shakespeare, la faida tra le famiglie cesserà solo davanti alla morte dei due giovani. Diario di un prete di campagna La storia vista dal basso lia 11.000 morti, 30.000 feriti, 293.000 prigionieri, da 300.000 a 400.000 sbandati. Don Gaetano Mauro si trovò in mezzo a tutCiò che avvenne con l’«inutile strage» è raccontato da mille testimonianze, comprese quelle to questo. Da Viscone cercava di comprendere dei cappellani militari, preti che da ogni parte cosa stesse accadendo, ma nessuno era in grado d’Italia furono chiamati in prima linea. Tra di dare notizie attendibili. Vedeva transitare dal questi un sacerdote calabrese, don Gaetano borgo soldati con lo sguardo smarrito e il passo Mauro, di cui nel 2003 è stata aperta la causa svelto. La ritirata doveva avvenire in fretta: questa la sola perentoria indicazione nella generale di beatificazione. Don Mauro era parroco a Montalto Uffugo, disorganizzazione dei comandi italiani. L’ordine paese agricolo in provincia di Cosenza. Il suo era di attestarsi trenta chilometri indietro, in di«diario di guerra» svela stati d’animo, drammi rezione sud-ovest. Che fare? I dubbi del prete e retroscena di quella erano quelli di tutti gli terribile esperienza. abitanti del paesino, Quando ricevette la «Che spettacolo vedere che a lui si rivolgevacartolina di precetto no per avere lumi. Il aveva appena compiuquei poveri bambini aggrappati 28 ottobre, domenica, to 27 anni. alle vesti delle madri la messa fu celebrata Il 4 luglio, alle 5 del chiedendo a Dio di mattino, salì sul lungo trascinarsi dietro a loro offrire l’ispirazione convoglio che avrebbe in quella corsa disperata» giusta sul da farsi, lentamente risalito tutmentre i colpi di morta la penisola fino al taio facevano tremare i fronte. Dopo tanto viaggiare, il tuono dei cannoni in lontananza muri e mandavano in frantumi le vetrate della segnalò finalmente la meta: Palmanova del chiesa. Pioveva e faceva freddo. Partire da proFriuli. Alle 4 del mattino dopo i soldati si mise- fughi per le famiglie di Viscone, formate da ro di nuovo in marcia fino alla destinazione fi- donne, vecchi e bambini, non sarebbe stato fanale, Romans d’Isonzo, a meno di venti chilo- cile. Si decise, dunque, di rimanere. Ma ecco che un battaglione di bersaglieri cimetri da Gorizia, conquistata dagli italiani nei primi giorni di guerra e attrezzata come base clisti venne a piantare una mitragliatrice proper le retrovie con alcuni ospedali da campo. prio accanto al casolare. Aveva il compito di diDi là passava gente importante o che presto lo fendere il ponte finché non fossero passate tutte sarebbe divenuta: Vittorio Emanuele III, Enrico le truppe italiane. A don Gaetano fu prima orToti, il bersagliere Benito Mussolini, Giuseppe dinato di far riparare la gente alla meglio in viUngaretti. sta del combattimento, poi di sgombrare il rifuDon Mauro rimase a Viscone fino al 4 no- gio perché la caduta di qualche granata poteva vembre 1917, quando fu dato l’ordine di ripiega- provocare un massacro. «Figurarsi l’effetto di mento dal Tagliamento al Piave come conse- quell’ordine! Fuori era un diluvio: vento ed acguenza della disfatta di Caporetto. La località qua rendevano impraticabile il sentiero che medella peggiore sconfitta bellica italiana oggi si nava via attraverso i campi; quei poveri disgrachiama Kobarid ed è un comune della Slove- ziati, vedendo i soldati inginocchiati accanto alnia. Sorge in una posizione strategica nell’alta la mitragliatrice e l’ufficiale ritto vicino al pezvalle dell’Isonzo, in sloveno Soča. Il 24 ottobre zo, col binocolo verso la collina di Medea, pen1917 era solo un villaggio di retrovia. Ma lì, alle sarono che stesse per cominciare il fuoco e si 2 del mattino, iniziò la battaglia costata all’Ita- dettero ad una fuga precipitosa attraverso i di ENZO ROMEO Dalla trattazione emergono le ragioni dell’impegno per la libertà E l’intensità dei valori civili e spirituali che tale impegno nutrirono que, ma appunto il racconto «di persone e avvenimenti situati nel tempo specifico di due dittature in Europa, fascista e nazista, e delle quali protagonisti e vittime sono stati i cristiani dei due Paesi» come si legge nella prefazione. Nel trattare un argomento così complesso e variegato come quello della Resistenza in Italia e Widerstand in Germania, l’autore si dice consapevole di lacune e omissioni. Tuttavia il libro non solo lascia aperta ogni possibilità di completamento della materia trattata, ma ne offre uno strumento prezioso nel capitolo conclusivo, tracciando un percorso bibliografico, questo sì esaustivo, per quanti intendano approfondirla. Dallo schema seguito da Paoluzi, ma sarebbe meglio dire imposto dai fatti, per raccontare le vicissitudini della comunità cattolica in Italia e protestante e cattolica in Germania in quegli anni culminati nel secondo conflitto mondiale, emerge comunque ciò che conta: le ragioni dell’impegno per la libertà e l’intensità dei valori civili e spirituali che tale impegno nutrirono. Così come si documenta la sostanziale tenuta di quel sentire cristiano che ha improntato — con errori certo, ma esempi e testimonianze altissime del primato dell’uomo — due millenni di storia europea. Vale per la cultura tedesca, che la violenza pervasiva nazista volle rimuovere: una cultura che seppe non solo sopravvivere, ma anche trovare nelle sue radici capacità di martirio. E in modo diverso — ma con categorie di analogo sviluppo, ricorda l’autore — vale per gli anti- campi. Che spettacolo il vedere quei poveri bambini aggrappati alle vesti delle madri trascinarsi dietro a loro in quella corsa disperata!». Don Mauro fu incerto, poi prese a correre anch’egli appresso agli altri. «Andai verso il paese e lo trovai invaso dalle truppe che portavano via ogni cosa; cercai di riunire tutti in Chiesa, ma tutti temevano di avvicinarsi colà per la troppa vicinanza al ponte che si sapeva già pronto a saltare in aria per le mine attaccatevi». Il sacerdote si ritrovò solo. Furono per lui istanti terribili: «Senza neanche riflettere bene a ciò che facessi, salii su e l’autoambulanza partì. Nel passare il ponte sentii una stretta al cuore ed ebbi timore che in quel momento mancassi al mio dovere, fuggendo dal luogo dove restavano le anime a me affidate». Da Viscone si spostarono aldilà del Torre, verso ovest, fino a Palmanova, che era stata la prima tappa del viaggio al fronte di don Mauro. L’autoambulanza ebbe l’ordine di caricare i feriti e il sacerdote fu lasciato a piedi, sotto la pioggia battente, a un bivio dove le truppe si accalcavano confusamente per passare avanti. Si imbatté in un capitano di sua conoscenza, che lo fece salire su un carro. «Era già notte; intorno a noi era tutto una fiamma; al lume dei baraccamenti che ardevano si tirava innanzi a passo di lumaca; ogni tanto veniva annunziata una disgrazia — un carro precipitato in un fosso, un soldato schiacciato da un camion — tutto ci parlava di pericoli e di morte durante quella notte, la più terribile Soldati in una postazione situata a Palmanova del Friuli della mia vita!». corpi che la cultura italiana, anche e forse soprattutto cattolica, seppe opporre a quel presunto idealismo, in realtà quantificato dal manganello, che tentò — secondo l’acuta definizione di Mariano Cordonari ricordata anch’essa nella prefazione del libro — «una giurisdizione della violenza, la teoria del successo, del fatto compiuto, che assicura l’impunità dei grandi delitti». E se è vero che questo è un pericolo sempre presente, c’è un motivo di riflessione ulteriore che emerge dal libro di Paoluzi. Nella resistenza italiana, così come nella Widerstand tedesca, ci fu un connubio tra élites e gente comune: borghesi, contadini, operai, massaie, parroci di campagna furono insieme a dirigenti politici di spicco, alti ufficiali delle forze armate, esponenti delle gerarchie ecclesiali, intellettuali. I quasi sempre giovani «combattenti dell’ombra» animati da valori cristiani, cresciuti nelle comunità ecclesiali, nello scoutismo, nelle organizzazioni giovanili cattoliche e protestanti, furono espressione di quello che negli anni seguenti si sarebbe imparato di nuovo a chiamare popolo di Dio. Quel popolo capace di lotta e di martirio, ma senza odio per le persone, quell’odio che minaccia di avvelenare la stessa vittoria. Non a caso, l’ultima figura ricordata è «l’abbé Franz Stock, un tedesco onorato e venerato dalla resistenza francese, come sintesi dello slancio spirituale di un’opposizione che in seguito porterà frutti di riconciliazione tra due popoli a lungo nemici, a sua volta base per un nuovo modo di concepire l’Europa, la sua politica, il suo futuro». Il libro ha subito trovato attenzione tra colleghi dell’autore, studiosi di quel periodo e lettori. Ora se ne vuole fare una presentazione rivolta specialmente ai giovani, a quanti hanno oggi l’età di molti dei martiri italiani e tedeschi che si opposero alla barbarie nazifascista. L’occasione sarà offerta sabato 14 marzo a Tagliacozzo (L’Aquila) da un incontro con gli studenti abruzzesi al quale interverranno — con l’autore e con chi scrive — Franco Salvadori, Domenico Amicucci e Franco Marini, presidente del Comitato scientifico per gli anniversari di interesse nazionale. Quando il furto è provvidenziale «I musei dell’O ccidente saranno i chiostri di un nuovo, miracoloso archivio del Tempo, con l’amarezza di non aver salvato di più» scrive Domenico Quirico su «La Stampa» dell’11 marzo. «Di fronte all’avanzare del blasfemo piccone del miliziano islamista è arrivato, forse, il momento di smontare uno dei recenti rimorsi dell’Occidente, l’aver cioè saccheggiato le antiche civiltà per trasformarne le testimonianze di pietra, di marmo, di sabbia in musei. È vero: smontarono altari e templi, imballarono obelischi e statue come portarono via, nei ventri delle navi, oro e minerali». Ma a due secoli di distanza quei saccheggi ci appaiono in una diversa prospettiva; l’occasione, continua Quirico, di «raccoglierci attorno a ciò che noi abbiamo messo al sicuro» riunendo i frammenti ancora sparsi o che riusciremo a sottrarre agli assassini «degli uomini per loro presunta impurità, e del Passato anch’esso impuro perché Altro». Ogni arte sacra si oppone in fondo alla morte, perché non è una decorazione della propria civiltà ma l’esprime secondo il suo valore supremo; «quei meravigliosi “ladri” occidentali hanno scoperchiato questo mondo sepolto di sabbia e di oblio». L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 12 marzo 2015 pagina 5 Papa Francesco ha offerto un’indicazione di metodo nel suo incontro con i rappresentanti pontifici: Non siete intermediari ma mediatori zione del contenzioso proposta dalla Santa Sede. Un tale tipo di azione pacificatrice era già stata esercitata lungo la storia, come ricorda l’arbitrato condotto da Papa Leone XIII nel 1885 per porre fine al conflitto che opponeva la Spagna e la Germania per la sovranità sulle Isole Caroline, e giunge fino al recentissimo avvio di una nuova relazione tra Cuba e Stati Uniti dopo decenni di sola contrapposizione. A chi volesse leggere questi fatti slegati dalla dimensione ecclesiale, basta ricordare che nei casi richiamati sono stati gli episcopati locali e comunque la presenza e il ruolo della Chiesa in quei Paesi a ritenere essenziale un intervento diplomatico della Santa Sede. Alla diplomazia pontificia, dunque, è affidato il compito di lavorare per la pace seguendo i modi e le regole che sono propri dei soggetti di diritto internazionale, elaborando cioè risposte concrete in termini giuridici per prevenire, risolvere o regolare conflitti ed evitare la loro possibile degenerazione nell’irrazionalità della forza delle armi. Ma, guardando il profilo so- Diventa allora necessario non limitarsi a conoscere le cause di ogni aggressione, ma affrontarle e risolverle secondo il principio di buona fede. La storia della diplomazia narra numerosi episodi in cui per due o più contendenti il territorio di un terzo Stato diventava il luogo in cui confrontare i rispettivi interessi, dimenticando i diritti delle popolazioni residenti, vittime innocenti o costrette a spostamenti forzati; parimenti il diplomatico intuisce le conseguenze che in un conflitto o in una regione instabile comporta la fornitura di armamenti, come pure la garanzia di disporre e utilizzare risorse economiche. Il tutto magari ammantato da motivazioni di ordine strategico, economico, etnico, culturale o finanche religioso. Se manca la volontà di fermare queste situazioni il rischio di allungare la spirale dei conflitti e la destabilizzazione di intere aree è certo, ma la pace non nasce dalla paura delle bombe o dal predominio di uno sull’altro. Il richiamo alla dignità umana per la diplomazia pontificia conduce alla tematica della libertà di religione quale diritto articolato che dalle questioni connesse agli atti di culto, giunge alla necessità di riconoscere a ogni comunità religiosa la capacità di organizzarsi autonomamente. In questo ambito le relazioni diplomatiche della Santa Sede con gli Stati sono finalizzate a garantire la libertas Ecclesiae, mentre l’azione multilaterale tende anzitutto a collocare la dimensione religiosa negli sforzi per una pacifica coesistenza tra i popoli e tra gli Stati. Se esattamente quarant’anni or sono la Santa Sede operò perché nell’Atto finale di Helsinki il diritto alla libertà religiosa fosse considerato uno dei dieci principi cardine di rinnovate e pacifiche relazioni internazionali, in questo momento è obiettivo della sua azione diplomatica il superamento di un uso strumentale della religione, giungendo stanziale, si tratta soprattutto di un’azione che mostra come il fine perseguito sia primariamente religioso e cioè rientri in quell’essere veri «operatori di pace» e non «operatori di guerre o almeno operatori di malintesi», come ci richiama Papa Francesco. Un appello di fronte al quale il contesto accademico in cui siamo consente, e direi quasi impone, di affiancare a queste riflessioni la proposta che nell’opera di riforma avviata dal Santo Padre ritrovi spazio nella Segreteria di Stato un ufficio per la mediazione pontificia che possa fare da raccordo tra quanto sul terreno già svolge la diplomazia della Santa Sede nei diversi Paesi e parimenti collegarsi alle attività che in tale ambito portano avanti le istituzioni internazionali. Al terrorismo delocalizzato affermatosi con l’11 settembre 2001 si è oggi sostituito un terrorismo “extra-territoriale” che promana cioè da entità localizzate territorialmente e che giungono perfino a utilizzare gli strumenti propri dell’attività statale. Nel disarmare l’aggressore per proteggere persone e comunità non si tratta di escludere l’extrema ratio della legittima difesa, ma di considerarla tale, extrema ratio appunto! E soprattutto attuarla solo se è chiaro il risultato che si vuole raggiungere e si hanno effettive probabilità di riuscita. Non sto qui solo richiamando una costante dell’insegnamento della Chiesa, ma anche quelle norme del diritto internazionale che hanno fatto superare la convinzione secondo cui l’uso della forza armata si può solo umanizzare, ma non eliminare. persino a considerarla motivo di giustificazione per ogni genere di odio, persecuzione e violenza. Ma oggi come nel 1975 un elemento rimane costante: gli interventi della Santa Sede hanno a cuore la condizione di tutti i credenti. Un impegno che diventa una sfida nel momento in cui è ben documentato che i cristiani sono tra i più discriminati e continuano a esistere leggi, decisioni e comportamenti intolleranti nei confronti della Chiesa cattolica e delle altre comunità cristiane. Guardando l’attività della diplomazia pontificia nello specifico della vita internazionale, quelli delineati restano solo alcuni dei possibili punti di un’agenda che riporta le tante situazioni concorrenti a determinare condizioni di pace. Condizioni che per i loro contenuti richiedono un impegno sempre più specializzato che però non si confonde con quella sterile pragmaticità che spesso anima l’agire dei diversi attori nella Comunità internazionale. A evitarla sono la natura ecclesiale e la missione a servizio della famiglia umana, connotazioni proprie della diplomazia della Santa Sede. Nel suo incontro con i rappresentanti pontifici Papa Francesco ha offerto in proposito un’indicazione di metodo — «Non siete intermediari, piuttosto siete mediatori, che con la mediazione fate la comunione» — e parimenti anche un monito: «Fare sempre con professionalità le cose, perché la Chiesa vi vuole così. E quando un rappresentante pontificio non fa le cose con professionalità, perde anche autorità». di PIETRO PAROLIN azione diplomatica della Santa Sede non si accontenta di osservare gli accadimenti o di valutarne la portata, né può restare solo una voce critica. Essa è chiamata ad agire per facilitare la coesistenza e la convivenza fra le varie nazioni, per promuovere quella fraternità tra i popoli, dove il termine fraternità è sinonimo di collaborazione fattiva, di vera cooperazione, concorde e ordinata, di una solidarietà strutturata a vantaggio del bene comune e di quello dei singoli. E il bene comune, come sappiamo, con la pace ha più di un legame. La Santa Sede, in sostanza, opera sullo scenario internazionale non per garantire una generica sicurezza — resa più che mai difficile in questo periodo dalla perdurante instabilità — ma per sostenere un’idea di pace frutto di giusti rapporti, di rispetto delle norme internazionali, di tutela dei diritti umani fondamentali a iniziare da quelli degli ultimi, i più vulnerabili. Quella pace che, come ebbe a dire il Beato Papa Paolo VI, riprendendo la Costituzione conciliare Gaudium et Spes, non scaturisce solo da «un’assenza di guerra frutto dell’equilibrio precario delle forze». Una prospettiva che superava una convinzione tradizionale dei rapporti internazionali, strutturati sull’alternarsi tra la pace e la guerra. La diplomazia della Santa Sede ha una chiara funzione ecclesiale: se è certamente lo strumento di comunione che unisce il Romano Pontefice ai vescovi a capo delle Chiese locali o che consente di garantire la vita delle Chiese locali rispetto alle au- L’ Per l’attività diplomatica della Santa Sede Un’agenda di pace dinata convivenza tra i popoli che per la della diplomazia hanno imposto alle armi visione cristiana è il vero presupposto alla di tacere. La Santa Sede in proposito vuopace. le essere da stimolo per gli altri membri Operare per la pace non significa solo della comunità internazionale perché trovi determinare un sistema di sicurezza inter- consistenza l’esigenza di uno ius post belnazionale e magari rispettarne gli obbli- lum rinnovato rispetto a quello tradizionaghi: questo non è che un primo passo, le che resta limitato solo a stabilire i rapspesso obbligato, a volte imposto. È ri- porti tra vincitori e vinti. Lo scorso 4 febchiesto altresì di prevenire le cause che braio Papa Francesco è stato chiaro: possono scatenare un conflitto bellico, co- «Quando io sento le parole “vittoria” o me pure di rimuovere quelle situazioni che “sconfitta” sento un grande dolore, una possono riaprire guerre sanguinose appena grande tristezza nel cuore. Non sono paconcluse, favorendo la riconciliazione tra role giuste; l’unica parola giusta è “pace”. le parti, che siano Stati, attori non statali, Questa è l’unica parola giusta». gruppi di insorti o altre categorie di comQuando è in gioco la pace le questioni battenti. La questione — è evidente — in- da affrontare nel post-conflitto sono molto veste non solo responsabilità individuali o chiare, come a esempio il rientro di profucollettive, ma anche il sistema delle regole ghi e sfollati, il funzionamento delle istitudella governance mondiale. zioni locali e centrali, la ripresa delle attiIl diritto internazionale nella sua fun- vità economiche, la salvaguardia del patrizione di unica autorità superiore agli Sta- monio artistico e culturale da cui non è ti, mostra la graduale maturazione di prin- estranea la componente religiosa. Ben più cipi e norme per governare le situazioni complesse, però, sono le esigenze di riconche giustificano il ricor- ciliazione tra le parti. Basti pensare al riso all’uso della forza ar- spetto dei diritti umani e tra questi al dimata — il cosiddetto ius ritto al ritorno, al ricongiungimento di faad bellum — e di quelli miglie e comunità che si confronta con la volti per regolare i conrestituzione dei beni o con il loro risarciflitti stessi, il tradizionamento. le ius in bello. In tempi Il compito dello ius post-bellum, dunpiù recenti questo proque, non si limita a riassettare territori, a cesso è giunto a elabo«La pace: dono di Dio, responsabilità riconoscere nuove o mutate sovranità, o rare norme per umanizumana, impegno cristiano» è il tema della ancora a garantire con la forza armata i zare la guerra, definenconferenza tenuta, nella mattina di mercoledì do così i contenuti del nuovi equilibri. Esso deve piuttosto preci11 marzo, dal cardinale segretario di Stato alla diritto internazionale sare la dimensione umana della pace, eliminando ogni possibile motivo per comPontificia università Gregoriana in occasione umanitario. del Dies Academicus 2015, annuale giornata di Una regolazione que- promettere la condizione di coloro che studio su un tema che le unità accademiche st’ultima a cui la Santa hanno vissuto gli orrori di una guerra e dell’università affrontano secondo i differenti Sede non ha mai fatto attendono un diverso avvenire. Questo mancare l’apporto della comporta pensare a efficaci meccanismi ambiti del sapere (teologia, filosofia, storia, sua diplomazia nella fa- della giustizia di transizione, perché siano beni culturali, diritto canonico, scienze sociali se programmatica e re- realmente conformi a giustizia e non alla e così via) Dell’intervento pubblichiamo in dazionale, coniugando volontà di parte. Tradotto nel linguaggio questa pagina ampi stralci, mentre il testo coerentemente le esigen- della diplomazia questo significa dare integrale è consultabile sul sito del nostro ze della sua sovranità e priorità alla forza del diritto rispetto giornale (www.osservatoreromano.va). della sua condizione di all’imposizione delle armi, garantire la soggetto di diritto inter- giustizia ancor prima della legalità. Lo scorso settembre recandomi al Palaznazionale, con la missione che essa svolge nel zo di Vetro per partecipare ai lavori torità civili, oserei dire che è anche il vei- mondo quale governo centrale della Chie- dell’Onu, mi ha colpito la frase posta colo del Successore di Pietro per «rag- sa. Un apporto che anche nell’immediato all’ingresso della grande sala dell’Assemgiungere le periferie», sia quelle della real- è pronto a tradursi in realtà nell’ormai blea Generale: The Golden Rule, la regola tà ecclesiale che quelle della famiglia uma- prossimo confronto diplomatico tra gli d’oro, quel principio cardine che ogni culna. Senza l’opera delle rappresentanze di- Stati in vista di un rafforzamento del di- tura e ogni visione religiosa autentica poplomatiche pontificie quanti credenti — e ritto internazionale umanitario, non di ra- ne a suo fondamento. Operare per la pace non solo battezzati — vedrebbero limitata do reso insufficiente e inoperante dalle ci impone il rispetto dell’altro, chiunque esso sia, e quindi di agire con lui e per la loro fede? Quante istituzioni della nuove forme di conflitto armato. Pur condividendo e rispettando questi lui, considerandolo un altro me stesso. Chiesa rimarrebbero senza quel vitale conMi sia permesso di ricordare come, antatto con il suo governo centrale che ne sforzi, però, per la Santa Sede è oggi più disegna l’agire, dà loro sostegno e finan- che mai urgente modificare il paradigma che in questo momento, le esperienze delche credibilità? Sul versante della società su cui si poggia l’ordinamento internazio- la diplomazia pontificia in proposito sono civile, la mancata presenza della Santa Se- nale. I fatti e le atrocità di questi giorni tante e diverse; basti pensare alla sorte de nei diversi contesti intergovernativi di domandano ai diversi attori — Stati e isti- delle antiche comunità cristiane in Medio quali orientamenti etici priverebbe gli in- tuzioni intergovernative in primis — di oriente la cui difesa vede il ruolo attivo dirizzi di cooperazione, il disarmo, la lotta operare per prevenire la guerra in ogni delle rappresentanze pontificie nell’area. E alla povertà, l’eliminazione della fame, la sua forma dando consistenza a uno ius questo nella convinzione che la protezione contra bellum e cioè a norme in grado di va esercitata nei confronti delle persone, cura delle malattie, l’alfabetizzazione? nella loro condizione di vitStando ai dati, nell’odierno assetto della time inermi, prima ancora Comunità internazionale la Santa Sede ha della loro appartenenza a relazioni diplomatiche di tipo bilaterale Il lavoro delle nunziature comunità religiose. Ma in con 179 Stati, a cui si aggiungono l’Uniogenere questi tipi di azione ne europea e lo Stato di Palestina; e poi ha una chiara funzione ecclesiale rimangono lontani dai rifletrapporti stabili di tipo multilaterale con È lo strumento di comunione che unisce tori e dalla cronaca. una miriade di istituzioni intergovernative, competenti nei diversi settori in cui si artiQuest’attività e queste il Romano Pontefice alle Chiese locali cola la struttura della governance internaesperienze della diplomazia e che gli permette di raggiungere le periferie zionale. Seguendo le norme del diritto indella Santa Sede sono lo stiternazionale questo significa lo stabilimenmolo per trovare un ulterioto di rappresentanze diplomatiche: le nunre slancio e così concorrere a ziature apostoliche presso gli Stati e le sviluppare, attualizzare e soprattutto im- dare concretezza alle speranze e ai desidemissioni permanenti presso le organizza- porre gli strumenti già previsti dall’ordina- ri di pace che sorgono dai diversi angoli zioni internazionali. In genere esse hanno mento internazionale per risolvere pacifi- del pianeta. E questo con un’evidente a capo un nunzio apostolico, una figura camente le controversie e scongiurare il ri- continuità. Negli anni Ottanta del secolo in tanti Paesi indicata come l’ambasciatore corso alle armi. Mi riferisco al dialogo, al scorso all’interno del Consiglio per gli Afdel Papa, che è prevista dal diritto inter- negoziato, alla trattativa, alla mediazione, fari Pubblici, oggi Sezione per i rapporti nazionale codificato nella Convenzione di alla conciliazione spesso visti come sem- con gli Stati della Segreteria di Stato, troVienna del 1961 sulle relazioni diplomati- plici palliativi privi della necessaria effica- vò collocazione un apposito ufficio per la che. cia. Una diversa considerazione di questi mediazione pontificia. Si trattava di sviAndando però oltre l’immagine, va sot- strumenti non può essere imposta, ma po- luppare i contenuti giuridico-politici per tolineato che questi numeri non esprimo- trà scaturire solo da un generale convinci- porre fine alla disputa territoriale tra l’Arno posizioni di riguardo o di chissà quale mento: la pace è un bene prezioso e inso- gentina e il Cile sul Canale di Beagle, esercizio di potere, ma piuttosto l’evidenza stituibile. all’estremo sud del Continente americano. di un’ampia dimensione di lavoro quotiIl diritto internazionale deve continuare Obiettivo realmente raggiunto il 29 nodiano, complesso e sovente difficile il cui a dotarsi di istituti giuridici e strumenti vembre 1984 con la conclusione del Trattaobiettivo rimane ad intra la suprema legge normativi in grado di gestire i conflitti to di Pace e di Amicizia mediante il quale della salus animarum, mentre ad extra l’or- conclusi o le situazioni in cui gli sforzi le parti davano effetti obbliganti alla solu- Dies academicus alla Gregoriana L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 12 marzo 2015 I vescovi filippini sulla legge antidiscriminazione presentata nei giorni scorsi al Congresso No a ingerenze nelle scelte della Chiesa MANILA, 11. Una proposta di legge presentata al Congresso di Manila contro le discriminazioni ha suscitato la reazione, allarmata, dei vescovi filippini. Il timore è che la misura possa limitare la libertà della Chiesa sancita dalla Costituzione su questioni come i matrimoni omosessuali e in materie di sua esclusiva competenza, come la selezione dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. «La Chiesa — ha dichiarato a Cbcpnews monsignor Socrates B. Villegas, arcivescovo di LingayenDagupan e presidente della Conferenza episcopale — difende il suo diritto esclusivo di stabilire i propri criteri di selezione, compreso quindi quello di escludere candidati al sacerdozio e alla vita consacrata anche sulla base del sesso e dei loro orientamenti sessuali se ritiene che questi possano essere un ostacolo alla fedeltà loro richiesta dalla Chiesa. Alla luce delle parole di Papa Francesco durante il suo recente viaggio apostolico nelle Filippine sulla “colonizzazione ideologica” messa in atto con il tentativo di imporre la cultura del gender — ha aggiunto monsignor Villegas — la Conferenza episcopale si sta chiedendo se il provvedimento proposto non sia il frutto dell’importazione nel Paese di valori e modelli comportamentali in voga in Occidente». È il caso dei matrimoni omosessuali, che si vogliono equiparare a quelli tra un uomo e una donna. «Finché si tratta di evitare che le persone con orientamenti omosessuali e problemi di identità sessuale vengano relegate a cittadini di categoria inferiore — ha precisato il presule — la Conferenza episcopale non può che dare il sostegno». Ma il provvedimento in discussione è di altro tenore e rischia di avere effetti diversi da quelli dichiarati. Oltre alla questione della discriminazione sessuale, nel Paese asiatico continua il dibattito anche riguardo al tema della difesa della vita. In questi mesi la Pro-Life Philippines Foundation ha organizzato una serie di incontri e dibattiti dedicati alla sessualità con il coinvolgimento dei cittadini, in particolare insegnanti, catechisti, genitori e giovani formatori che mirano a rafforzare le conoscenze di ciascun partecipante al fine di rispondere meglio ai bisogni e alle domande dei giovani. Una particolare attenzione viene rivolta agli aspetti legati al matrimonio, alla pianificazione familiare, all’educazione in base agli insegnamenti della Chiesa cattolica. La ProLife Foundation è infatti una ong formata da cittadini che hanno a cuore i valori “della vita umana e della dignità dell’essere umano”. A questo proposito è utile ricordare che secondo un sondaggio del Pew Research Center, il 63 per cento della popolazione filippina è contraria ai matrimoni omosessuali. La sede della Conferenza episcopale delle Filippine a Manila In Cambogia i gesuiti suggeriscono le buone pratiche per la salvaguardia del creato Quaresima per l’ambiente PHNOM PENH, 11. «Non inquinare, osservare un digiuno ecologico, rispettare la natura, proteggere il proprio corpo che, a causa di agenti inquinanti, diventa vulnerabile a molte malattie». Questa, in sintesi, la proposta quaresimale dei gesuiti cambogiani, riuniti nella provincia dell’Asia-Pacifico, che vuole essere sì una scossa allo stile di vita consumista e poco lungimirante, ma nel contempo intende toccare questioni cruciali della regione del sud-est asiatico, dove alcuni progetti industriali hanno ripercussioni distruttive sull’ambiente. I gesuiti cambogiani notano che «i primi a fare le spese delle pratiche inquinanti sono le fasce povere della popolazione, a causa del loro accesso già limitato all’acqua potabile, a cibo e aria pulita. I poveri sono colpiti prima degli altri. La principale causa di morte nei Paesi a basso e medio reddito — affermano in un documento i religiosi cambogiani — non è soltanto la malnutrizione, non la tubercolosi, la malaria, l’Hiv o l’Aids, bensì l’inquinamento». I gesuiti sottolineano che «nel tempo di quaresima, mentre si entra “nel deserto” per riflettere su se stessi, urge valutare al più presto anche la responsabilità personale nell’avvelenare l’ambiente e le persone, soprattutto i poveri. Dunque, è bene spostarsi a piedi o in bicicletta, limitando l’utilizzo dei veicoli a motore. Oppure abbandonare l’uso di sacchetti di plastica e di tutti gli altri involucri usa e getta, riscoprendo l’arte del riciclo dei materiali». Non si dispensano solo consigli sul “non fare” ma anche le buone pratiche da seguire: i religiosi hanno lanciato, per esempio, un miniprogramma di riforestazione, impegnandosi a piantare un albero ogni qual volta un religioso prende un aereo per impegni pastorali, dato che il trasporto aereo è una delle principali fonti di riscaldamento globale del pianeta. Già da alcuni anni, i gesuiti hanno avviato una strategia di «riconciliazione con il creato», impegnandosi in tre macroaree: rivedere lo stile di vita; curare programmi di formazione per i giovani; gestire in modo equo e sostenibile le risorse naturali. Il tutto all’insegna di quella che viene definita «giustizia climatica», che anima milioni di attivisti cristiani collegati a livello planetario nella rete “Global Climate Catholic Movement”. Messaggio dei presuli giapponesi per i settant’anni della fine della seconda guerra mondiale Una pace ancora da conquistare TOKYO, 11. Il Giappone ha, e deve continuare ad avere, una speciale vocazione alla pace. È quanto affermano i presuli nipponici in un messaggio pubblicato in occasione dei settanta anni dal termine del secondo conflitto mondiale, in cui mettono in guardia dal ritorno di una mentalità bellicista. Infatti, citando Papa Francesco, ricordano come «il mondo è dominato dalla globalizzazione delle imprese e dal sistema finanziario. Le disuguaglianze continuano ad allargarsi e i poveri sono esclusi. Se noi vogliamo realizzare la pace, questa situazione deve cambiare». L’episcopato giapponese già in altre occasioni relativamente recenti — nel 1995 e nel 2005 — aveva fatto sentire la sua voce per ricordare la fine dei combattimenti e per ribadire solennemente il proprio impegno per la pace. La seconda guerra mondiale «è stata una esperienza orribile anche per il popolo giapponese», scrivono i presuli, che non possono non ricordare in particolare le sofferenze legate ai «bombardamenti su larga scala che hanno colpito molte città» e, infine, la devastazione atomica di Hiroshima e Nagasaki. «Queste tragiche vicende hanno portato alla nascita di un desiderio di pace che è stato codificato nella Costituzione del Giappone, approvata nel 1946: essa si basa sulla sovranità del popolo, il ripudio della guerra e il rispetto dei diritti umani fondamentali. Nello spirito di questa costituzione fondata sulla pace, il Giappone si è impegnato per costruire dei legami di fiducia e amicizia con le nazioni dell’Asia». Parallelamente, proseguono i presuli, «la Chiesa cattolica in tutto il mondo — contro lo scenario della guerra fredda e la successiva caduta del muro di Berlino — ha sempre manifestato in modo chiaro la sua opposizione alla corsa agli armamenti e all’uso delle armi per risolvere le controversie». Vengono citate al riguardo la Pacem in terris di Papa Giovanni XXIII e l’appello per la pace tenuto a Hiroshima, nel 1981, da Papa Giovanni Paolo II. «Per i cristiani — sottolineano — il ripudio della guerra è richiesto dal Vangelo di Cristo. Il rispetto per la vita è un ideale che non può essere abbandonato dalle persone di fede e deve essere sostenuto fermamente dall’intera umanità». In questo senso, la Conferenza episcopale del Giappone ribadisce «di avere una speciale vocazione in favore della pace. Tale vocazione non è basata su nessuna ideologia politica. Noi continuiamo a invocare la pace non come argomento politico, ma come fatto umano. La nostra consapevolezza di questa vocazione è stata influenzata, di certo, dagli orrori inflitti dalle armi nucleari su Hiroshima e Nagasaki, ma è scaturita anche dal profondo rimorso riguardo la posizione della Chiesa in Giappone prima e durante la guerra». Di qui, alcune importanti annotazioni, che si riferiscono al dibattito in corso nel Paese. «A 70 anni dalla guerra il ricordo di essa sta svanendo, insieme ai ricordi del dominio coloniale giapponese e all’aggressione con i suoi crimini contro l’umanità. Ora stanno emergendo richieste di riscrivere la storia di quei tempi, negando cosa è realmente accaduto». E si aggiunge: «Il Governo attuale sta provando ad approvare delle leggi che proteggano i segreti di Stato, con- Nuovi progetti francescani in India Sempre fra gli emarginati NEW DELHI, 11. Nell’Anno della vita consacrata i francescani in India rinnovano l’impegno e il servizio di apostolato tra gli emarginati nelle baraccopoli, nelle zone rurali, nelle periferie. È quanto riferisce all’agenzia Fides fra Nithiya Sagayam, coordinatore nazionale dell’Associazione delle famiglie francescane d’India (Affi), la rete di cinquantatré congregazioni religiose francescane presente in 163 province, in tutto il Paese. La rete organizza incontri e promuove progetti a livello nazionale e regionale per dare testimonianza del carisma francescano in India. Inoltre, si è mobilitata per soccorrere le popolazioni colpite dai terremoti negli Stati del Gujarat e del Maharashtra, ma «mostra particolare attenzione — ha sottolineato fra Sagayam — alle vittime di ingiustizie e violazioni dei diritti umani, dando loro la speranza per una società più giusta e pacifica». Secondo alcune stime, in India, circa settantadue milioni di Vocazioni sacerdotali Segni di speranza per il Laos VIENTIANE, 11. Un anno da incorniciare per la piccola comunità cattolica del Laos. Entro la fine del 2015 saranno infatti ordinati tre nuovi sacerdoti. «Un segno di grande speranza», commenta l’amministratore del vicariato apostolico di Luang Prabang, mons. Tito Banchong Thopanhong. Infatti, su circa 6 milioni di abitanti, in maggioranza buddisti, i cristiani in Laos sono circa l’1 per cento della popolazione, tra i quali circa 45.000 cattolici. E, oltre ai quattro vicari apostolici, i sacerdoti presenti nel Paese sono attualmente appena quattordici. «Il 2015 sarà sentano il diritto di autodifesa collettiva e modifichino l’articolo 9 della Costituzione per consentire l’utilizzo della forza militare all’estero». Eppure, «guardando al mondo di oggi, le tragedie del conflitto militare e del terrorismo si verificano di continuo in tanti luoghi». Così che Papa Francesco ha espresso la preoccupazione per quella che è stata chiamata “una terza guerra mondiale”. Per questo, concludono i presuli, «a 70 anni dalla fine della guerra e 50 anni dopo la fine del concilio Vaticano II rinnoviamo la nostra determinazione a ricercare la pace e lavorare per la pace. Noi cattolici in Giappone siamo pochi di numero, ma insieme ad altri cristiani, ai fedeli di altre religioni e a coloro in tutto il mondo che vogliono la pace, noi rinnoviamo il nostro impegno a lavorare affinché la pace diventi una realtà». un anno di benedizione per la piccola Chiesa laotiana», dice perciò il presule, ricordando come attualmente nell’intero vicariato apostolico di Luang Prabang vi sia un solo altro sacerdote per assistere i 2.600 fedeli nelle sei parrocchie. In questo senso si comprende perché l’ordinazione dei tre giovani diaconi sarà un momento storico per il Laos. I responsabili dei vicariati apostolici di Luang Prabang, Vientiane, Savannakhet e Paksé si incontreranno presto per definire data e modalità dell’ordinazione, prevista nel mese di dicembre 2015. bambini soffrono di denutrizione cronica che, oltre al rischio di morte, provoca anche un ritardo nella crescita fisica e mentale e li segnerà per il futuro. Inoltre, nel Paese ci sono tredici milioni di piccoli lavoratori, tra i quali il 75 per cento svolgono attività molto pericolose, come nelle miniere dove vengono sfruttati diciotto ore al giorno. I francescani in India hanno vissuto nei giorni scorsi uno speciale seminario sulla “Vita consacrata francescana” — cui ha partecipato, tra gli altri, il presidente dell’Affi, fra A. J. Mathew — nel Centro per ritiri spirituali a Velankanni. I francescani hanno rinnovato il loro impegno, sulle orme di san Francesco e santa Chiara, a fianco dei più poveri, tracciando un «piano d'azione concreto per l’intero Anno della vita consacrata». Il piano, che sarà portato avanti anche attraverso il coinvolgimento dell’Ordine francescano secolare e dei laici che seguono il carisma del poverello di Assisi, prevede impegni specifici per contribuire a fermare la violenza contro le donne nella società, a fornire l’istruzione ai bambini poveri, l’assistenza, lo sviluppo e il benessere agli immigrati. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 12 marzo 2015 pagina 7 Qual è la durata di un istituto religioso? Il ciclo della vita di GIANCARLO RO CCA Quanto tempo può vivere un monastero, maschile o femminile che sia? E oggi, ampliando la domanda: quanto tempo può vivere un istituto religioso? Invecchiano anche gli istituti religiosi? Muoiono? Questo interrogativo ha interessato non solo gli storici, da sempre desiderosi di conoscere i meccanismi di vita e di morte dei religiosi, ma anche gli studiosi di storia delle mentalità, di storia della cultura, di storia economica, che sono, in fondo, specializzazioni di questioni che in vario modo hanno toccato e toccano ancor oggi la vita religiosa. L’interesse degli studiosi, però, non è stato tanto quello di calcolare quanti monasteri o istituti religiosi siano scomparsi per soppressioni da parte della Chiesa (come, a esempio, i templari nel 1312 o i gesuiti alcuni secoli); o quanti siano scomparsi a seguito di soppressioni da parte dello Stato (come, a esempio, a seguito della rivoluzione francese); o per terremoti, pestilenze, come la famosa peste nera del 1348 che ridusse enormemente anche il numero dei religiosi; o per interventi pontifici, con i quali si mirava a chiudere i conventi con pochi religiosi, perché ritenuti inadatti per una vera vita religiosa; o a seguito di decadenza della vita religiosa. L’interesse degli studiosi, invece, vuole soprattutto conoscere se non ci siano meccanismi interni alla stessa vita religiosa o alla storia di un istituto religioso che portino alla loro scomparsa. In altre parole, se gli istituti religiosi hanno una vita: nascono, crescono, si sviluppano, invecchiano e, infine, muoiono. Chi ha cercato di riflettere sulla storia della vita religiosa in questo modo è stato il padre Raymond Hostie, un gesuita, già professore nella Pontificia università Gregoriana. Nella vita di un istituto religioso egli distinse sette tappe, riassumibili in questo modo. C’è un periodo di gestazione, che dura da dieci a venti anni. Segue un periodo di consolidamento, di circa venti-quaranta. L’istituto poi si espande, e questo periodo può durare circa 100 anni, poi seguito da un periodo di stabilizzazione, anch’esso della durata di circa un secolo. In seguito, l’istituto si avvia verso il declino, che può durare circa 50-100 anni. Infine avviene la morte, che già c’è, anche se anagraficamente essa può essere segnata in momenti diversi. In pratica, secondo Hostie, un istituto religioso può vivere circa 250-350 anni, dopo di che muore e viene sostituito da altri che, però, mantengono lo stesso ciclo di vita. Il padre Hostie sapeva bene che benedettini, francescani, domenicani, agostiniani e vari altri istituti religiosi sono in vita da oltre 350 anni, o perché si sono trasformati rispetto alle loro origini o perché privilegiati dalla figura dei loro fondatori; in ogni caso, essi costituiscono delle eccezioni e non inficiano la sua regola dei 250-350 anni di vita di un istituto. Si possono muovere diverse osservazioni all’ipotesi di Hostie. Una prima obiezione viene dal fatto se sia giusto considerare la vita di un istituto religioso come quella di un uomo, legandola strettamente a una visione biologica. Un istituto, piccolo o grande che sia, rappresenta un’idea, meglio ancora: un ideale, molto legato al tempo in cui nasce, e quindi l’eventuale suo sviluppo e morte è strettamente dipendente dall’ambiente in cui è nato. Se le condizioni mutano — e spesso è lo stesso ideale a farle mutare — l’ideale perde forza, proprio perché ha raggiunto il suo scopo. Una seconda obiezione viene da ciò che è avvenuto e sta ancora avvenendo dopo il concilio Vaticano II. Si è calcolato infatti, che nel corso di circa cinquanta anni, cioè tra il 1960 e il 2010, sono già scomparsi oltre 370 istituti religiosi, molti dei quali non avevano raggiunto nemmeno i 100 anni del totale di vita ipotizzato da Hostie. Vi sono poi altri elementi che portano a dubitare della ricostruzione proposta da Hostie. I 370 istituti sono tutti scomparsi in uno stesso periodo di tempo. Non solo, ma essi erano configurati nella Chiesa come congregazioni religiose, e ciò fa supporre che la loro vita e la loro scomparsa non siano legate al loro ciclo di vita biologico (i 250-350 anni di Hostie), ma a qualche cosa che essi hanno in comune tra di loro e che li condiziona nella stessa durata di vita e nella stessa estinzione. L’ipotesi qui proposta è che la storia degli istituti religiosi non vada esaminata nella prospettiva di “singoli istituti”, ma in una più vasta, cioè entro la storia di “istituzioni” nelle quali gli istituti religiosi hanno vita e dalle quali desumono le loro caratteristiche. Nel corso della storia della vita religiosa, di fatto, si sono susseguite diverse “istituzioni”, che vengono di solito identificate nelle categorie giuridiche: monaci, canonici, mendicanti, chierici regolari, società di preti, congregazioni religiose, istituti secolari, cioè le stesse categorie utilizzate da Hostie nel suo libro e di cui, però, non ha tenuto abbastanza conto per fissare la durata di vita di un istituto. Considerando così le cose, la questione non è più quella del “ciclo di vita di un istituto religioso”, ma del “ciclo di vita di una istituzione religiosa”. Ora, poiché gli oltre 370 istituti scomparsi tra il 1960 e il 2010 avevano assunto la struttura della congregazione religiosa, poiché sono soprattutto le congregazioni religiose ad aver conosciuto la crisi dopo il 1960, e poiché la congregazione religiosa è sorta e si è strutturata in Europa prima di diffondersi negli altri continenti, sembra legittimo chiedersi se la crisi degli istituti religiosi e la loro morte non debba essere inquadrata nella crisi della istituzione di cui essi fanno parte, cioè della congregazione religiosa. Fondamentalmente, la congregazione religiosa — con voti semplici e con una forte accentuazione sull’apostolato — ha costituito un fattore di modernizzazione della Chiesa, dello Stato e della stessa vita religiosa. Il grande equilibrio che essa è riuscita a darsi per circa 150-200 anni — la sua nascita, infatti, si può far risalire a poco prima della rivoluzione francese — è innegabile, e la sua forza è stata tale che anche antichi ordini hanno accettato diversi elementi della sua fisionomia, specialmente quando si sono spinti su campi di apostolato moderno, come la scuola, le colonie agricole, l’assistenza ai malati. Ora sembra che il “ciclo” della congregazione religiosa Storia della Chiesa «Vita regularis sine regula» è il tema del seminario che la Pontificia università Gregoriana organizza per la mattina di giovedì 11 in collaborazione con l’Associazione italiana dei professori di storia della Chiesa. Anticipiamo l’intervento del curatore del «Dizionario degli istituti di perfezione». stia arrivando al termine — lo Stato si è assunto tutti o quasi tutti i compiti svolti dalle congregazioni religiose — e quindi la domanda che ci si dovrebbe porre non è quanti anni vive un istituto, ma quanti anni può vivere una istituzione. Conseguentemente, se un istituto religioso nasce all’inizio del ciclo, ha la probabilità di vivere più a lungo dell’istituto che nasce a metà o alla fine del ciclo. Ciò non significa, ovviamente, che l’istituzione scompaia. Le istituzioni restano, ma non hanno più la forza di un tempo: i monaci esistono ancora, ma non hanno più la forza del medioevo, perché sono stati sostituiti dai mendicanti, e così via le altre istituzioni nei secoli. In conclusione, la legittimazione di una istituzione (nel nostro caso: la congregazione religiosa) è storica, ha una vita — anche dopo il 2010 altre congregazioni religiose continuano a morire — e, mutando le circostanze, viene messa in discussione da nuove esigenze che chiedono un mutamento e un nuovo tipo di vita religiosa, che forse oggi viene offerto, attraverso tentennamenti e sofferenze che si vorrebbero evitare, da quelle che si chiamano “nuove comunità”. Gruppi di fedeli in piazza San Pietro All’udienza generale di mercoledì 11 marzo, in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi: Da diversi Paesi: Religiosi della Congregazione dello Spirito Santo; Figlie di San Paolo; Giovani del Movimento dei Focolari. Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Madonna Incoronata, in Padova; Santi Pietro e Paolo, in Camposampiero; San Vitale, in Megliadino San Vitale; San Gaetano, in Melegnano; Santi Gaudenzio ed Eusebio, in Gambolò; Santa Maria Assunta, in Poasco; San Giacomo, in Cesenatico; San Matteo, in Praticello di Gattico; Santa Maria degli Angeli, in Sarna di Faenza; Stella Maris, in Milano Marittima; Santa Giustina, in Rimini; Santa Maria Assunta, in Viareggio; Santa Maria a Marcialla, in Barberino Val d’Elsa; Santa Maria a Mare, in Fermo; San Pietro, in Cicciano; Santa Maria de Plateis, in Cirò; San Ludovico d’Angiò, in Marano; San Sebastiano, in Ussana; Comando Trasmissioni e Informazioni dell’Esercito, da Anzio; XI Reggimento Trasmissioni, da Civitavecchia; Gruppo della Capitaneria di Porto, di Civitavecchia; Gruppo dell’Osservatorio permanente giovani editori Soci dei Lions Club, di Viareggio; Soci del Ferrari Club, di Caprino Bergamasco; Coordinamento Donne Sindacato UGL; Associazione Pizzaiuoli Napoletani; Associazione AUSER, di Ravenna; Associazione MATER, di Messina; Associazione EOS, di Caronno Pertusella; Associazione trapiantati organi Puglia, di Massafra; Associazione volontari ospedalieri, di Cortona; Associazione Santa Maria Goretti, di Nettuno; Associazione Gli amici di sempre, di Maiori; Gruppi di Volontariato Vincenziano, della Diocesi di Ugento; Gruppo Scout, di Celico; Gruppo dell’Università Antonianum, di Roma; Gruppo Università terza età, di Fidenza; Gruppo della Giunta Regionale Lombardia, di Milano; Gruppo Impegno sociale, di Marano Vicentino; Gruppo Pallavolo 2000, di Palermo; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie di Tressano, Bertipaglia, Unità pastorale 7, di Torino; Gruppi di studenti: Liceo Berto, di Vibo Valentia; Liceo Slataper, di Gorizia; Liceo FalconeRighi, di Corsico; Liceo Marconi, di Carrara; Liceo Fermi, di Salò; Istituto Marconi, di Dalmine; Istituto Kennedy, di Monselice; Istituto Pavoncelli, di Cerignola; Istituto Pacioli, di Crema; Istituto Vittorini, di Siracusa; Istituto Casalinuovo, di Cosenza; Istituto Agnelli, di Cesenatico; Istituto Volta, di Lodi; Istituto Gramsci, di Padova; Istituto Rodari-Negri, di Cesano Maderno; Istituto Neri, di Pogliano Milanese; Istituto Mazzotti, di Treviso; Istituto comprensivo, di Filadelfia; Scuola Socrate, di Marano di Napoli; Scuola IV Novembre, di Bassano del Grappa; Scuola Suore della Presentazione, di Montesilvano; Scuola Guastella, di Misilmeri; Scuola Santa Gianna Beretta Molla, di Corbetta; Scuola Bulgara Santi Cirillo e Metodio, di Roma; Gruppi di fedeli da Monopoli, Belcastro, Trissino, Badia Polesine, Villa del Conte, Rapallo, Villanova di San Michele al Tagliamento, Giulianova, Montecelio, Monreale, Casamicciola Terme, Penitro di Formia, Grammichele, Romano di Lombardia. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Repubblica Ceca; Slovenia. I polacchi: Pielgrzymi z parafii św. Jana Chrzciciela z Murzynowa Kościelnego; pielgrzymi z Chrzypska; II Liceum Ogólnokształcące ze Starachowic; młodzież i nauczyciele z Liceum im. E. Abramowskiego z Katowic; pielgrzymi indywidualni. De France: Enseignement catholique du Diocèse de Nanterre; Collège Sainte Anne, de Legé; Cours Charlier, de Nantes. From Denmark: Students and staff from: Birkerød Secondary School; Herlev Secondary School. From Norway: Students from the University of Agder. From Sweden: Students and faculty from Skara Cathedral School. From Indonesia: Pilgrims from the Parish of Our Lady of the Sacred Heart, Central Jakarta. From Hong Kong: Pilgrims from St Mary Help of Christians Parish. From South Korea: A delegation of bishops, priests, religious and laity. From Canada: Students and faculty from Loyola High School, Montreal, Quebec. From the United States of America: Pilgrims from the following parishes: Cathedral Parish of St Paul, St Paul, Minnesota; Our Lady Queen of Peace Parish, Maywood, New Jersey; St Mary’s Parish, Sioux Falls, South Dakota; Students and faculty from: Notre Dame University, Indiana, Center for Ethics and Culture; Notre Dame University, Indiana, Vocation Pilgrimage; Ohio Dominican University, Columbus; Slippery Rock University, Pennsylvania; University of Nebraska, Lincoln; St Andrew’s College Seminary, Newark, New Jersey; Providence College, Rhode Island; Wyoming Catholic College, Lander; Allentown Central High School, Pennsylvania. Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Blasius, Dietmannsried; St. Goar, Flieden; St. Bonifatius, Hamburg; S. Laurentius, Herzebrock Clarholz; St. Martin, Külsheim; St. Marien, Rachtig; Zur Verklärung Christi, Uettingen; Pilgergruppen aus dem Bistum Limburg; Erzbistum München und Freising; Bistum Speyer; Bistum Trier; Pilgergruppen aus Augsburg; Bad Windsheim; Borken; Burkardroth; Emsdetten; Freiburg; Krautheim; Radevormwald; Schöneck; Arbeitsgemeinschaft katholischer Studentenverbände; Leserreise Traunsteiner Tagblatt. Aus der Republik Österreich: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden Mariä Himmelfahrt, Krenstetten; St. Martin, Munderfing; Pilger aus Althofen; Traiskirchen-Wienersdorf. De España: Parroquia Santa Joaquina de Vedruna, de Castellón; Parroquia San Juan Bautista de la Concepción, de Madrid; Delegación del V Centenario del Nacimiento de Santa Teresa de Jesús, de Ávila y Salamanca; Colegio San Antonio Abad, de Canals; Colegio Esclavas del Sagrado Corazón de Jesús, de La Coruña; Colegio Pureza de María, de Madrid; Instituto Luis Cobiella, de Santa Cruz de La Palma; Colegio Maristas, de España. De Puerto Rico: Coro de la Universidad de Puerto Rico, en Ponce. De Argentina: grupos de peregrinos. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 giovedì 12 marzo 2015 Anonimo, «Presentazione di Gesù al tempio» (XII secolo, Georgia) Francesco parla del ruolo dei nonni nella famiglia Continuando la catechesi iniziata il mercoledì precedente, Papa Francesco, nell’udienza generale dell’11 marzo in piazza San Pietro, ha parlato del ruolo dei nonni nella famiglia. Sull’esempio di Simeone e Anna — è stato l’invito del Pontefice — scopriamo «una nuova forza, per un nuovo compito» e «diventiamo anche noi un po’ poeti della preghiera». Poeti della preghiera E ricorda la scelta di Benedetto Cari fratelli e sorelle, buongiorno. Nella catechesi di oggi proseguiamo la riflessione sui nonni, considerando il valore e l’importanza del loro ruolo nella famiglia. Lo faccio immedesimandomi in queste persone, perché anch’io appartengo a questa fascia di età. Quando sono stato nelle Filippine, il popolo filippino mi salutava dicendo: «Lolo Kiko» — cioè nonno Francesco — «Lolo Kiko», dicevano! Una prima cosa è importante sottolineare: è vero che la società tende a scartarci, ma di certo non il Signore. Il Signore non ci scarta mai. Lui ci chiama a seguirlo in ogni età della vita, e anche l’anzianità contiene una grazia e una missione, una vera vocazione del Signore. L’anzianità è una vocazione. Non è ancora il momento di “tirare i remi in barca”. Questo periodo della vita è diverso dai precedenti, non c’è dubbio; dobbiamo anche un po’ “inventarcelo”, perché le nostre società non sono pronte, spiritualmente e moralmente, a dare ad esso, a questo momento della vi- ta, il suo pieno valore. Una volta, in effetti, non era così normale avere tempo a disposizione; oggi lo è molto di più. E anche la spiritualità cristiana è stata colta un po’ di sorpresa, e si tratta di delineare una spiritualità delle persone anziane. Ma grazie a Dio non mancano le testimonianze di santi e sante anziani! Sono stato molto colpito dalla “Giornata per gli anziani” che abbia- mo fatto qui in Piazza San Pietro lo scorso anno, la piazza era piena. Ho ascoltato storie di anziani che si spendono per gli altri, e anche storie di coppie di sposi, che dicevano: «Facciamo il 50.mo di matrimonio, facciamo il 60.mo di matrimonio». È importante farlo vedere ai giovani che si stancano presto; è importante la testimonianza degli anziani nella fedeltà. E in questa piazza erano tanti quel giorno. È una riflessione I saluti ai gruppi di fedeli Corale permanente Nei saluti ai gruppi di fedeli presenti all’udienza generale Papa Francesco è tornato sul tema della catechesi e ha ricordato che «l’anzianità contiene una grazia e una missione, una vera vocazione del Signore» e che i nonni e le nonne, con la loro preghiera, «formano la “corale” permanente di un grande santuario spirituale». Saluto i pellegrini di lingua francese, in particolare i membri dell’insegnamento cattolico della Diocesi di Nanterre. Invito le vostre famiglie ad accogliere tra loro con riconoscenza le persone anziane, per ricevere la loro testimonianza di saggezza, necessaria alle giovani generazioni. Che Dio vi benedica. una missione, una vera vocazione del Signore. I nonni e le nonne formano la “corale” permanente di un grande santuario spirituale, dove la preghiera di supplica e il canto di lode sostengono la comunità che lavora e lotta nel campo della vita. Il Signore vi benedica! Saluto cordialmente i pellegrini polacchi, in modo particolare i do- la Congregazione dello Spirito Santo, le Figlie di San Paolo e i giovani del Movimento dei Focolari. Saluto i gruppi parrocchiali, l’O sservatorio permanente dei giovani editori e le scolaresche. Invito tutti, soprattutto in questo tempo favorevole della Quaresima, ad impegnarsi nella costruzione di una società a misura d’uomo in cui ci sia spazio per l’accoglienza di ciascuno, so- Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Danimarca, Norvegia, Svezia, Indonesia, Hong Kong, Canada e Stati Uniti d’America. Rivolgo un saluto particolare ai pellegrini della Corea, conservando un vivo ricordo della mia Visita in quel Paese, nello scorso mese di agosto. Su tutti voi, e sulle vostre famiglie, invoco la gioia e la pace nel Signore Gesù. Dio vi benedica! Sono lieto di accogliere i fedeli di lingua tedesca, in particolare il gruppo dell’Arbeitsgemeinschaft katholischer Studentenverbände. Cari amici, cerchiamo di superare insieme la cultura dello scarto con la gioia traboccante di un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani. Dio vi benedica. Saludo a los peregrinos de lengua española venidos de España, Puerto Rico, Argentina, México y otros países latinoamericanos. Queridos hermanos, cuánto me gustaría que la Iglesia pudiera superar la cultura del descarte, promoviendo el reencuentro gozoso y la acogida mutua de las distintas generaciones. Recemos todos por esta intención. Gracias. Cari pellegrini di lingua portoghese: benvenuti! Auguro che le comunità cristiane offrano al mondo una testimonianza di rispetto e venerazione nei confronti degli anziani, consapevoli che essi possono trasmettere in modo privilegiato il senso della fede e della vita! Grazie per la vostra presenza! Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, l’anzianità contiene una grazia e centi e gli alunni del Secondo Liceo di Starachowice, con i loro genitori. Siete venuti qui a pregare sulla tomba di San Giovanni Paolo II nel decimo anniversario della sua morte. Conservate sempre la memoria del suo insegnamento e siate fedeli a Dio e alla Patria. Nel contesto della catechesi di oggi auguro a tutti i presenti di essere fedeli alla tradizione dei Padri, trovando così la gioia nella cordiale relazione tra i giovani e gli anziani. Sia lodato Gesù Cristo. Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto prattutto quando è anziano, ammalato, povero e fragile. Un pensiero speciale porgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. In questo mese ricordiamo il quinto centenario della nascita ad Ávila di Santa Teresa di Gesù. Il suo vigore spirituale stimoli voi, cari giovani, a testimoniare con gioia la fede nella vostra vita; la sua fiducia in Cristo Salvatore sostenga voi, cari ammalati, nei momenti di maggiore sconforto; e il suo instancabile apostolato inviti voi, cari sposi novelli, a mettere al centro Cristo nella vostra casa coniugale. Il Papa a Rebibbia per la messa in cena Domini Papa Francesco sarà nel penitenziario romano di Rebibbia nel pomeriggio del Giovedì santo, 2 aprile. Il Pontefice si recherà nella casa circondariale Nuovo complesso Rebibbia per incontrarvi i detenuti. Poi, alle 17.30, nella chiesa “Padre nostro” celebrerà la messa “in cena Domini”, durante la quale laverà i piedi ad alcuni detenuti e ad alcune detenute della vicina casa circondariale femminile. Prosegue dunque per Papa Bergoglio la tradizione di trascorrere il Giovedì santo in una realtà di particolare disagio della diocesi di Roma: nel 2013 fu tra i giovani reclusi nell’istituto di pena minorile di Casal del Marmo e l’anno scorso tra i disabili assistiti dalla fondazione Don Gnocchi. da continuare, in ambito sia ecclesiale che civile. Il Vangelo ci viene incontro con un’immagine molto bella commovente e incoraggiante. È l’immagine di Simeone e di Anna, dei quali ci parla il vangelo dell’infanzia di Gesù composto da san Luca. Erano certamente anziani, il “vecchio” Simeone e la “profetessa” Anna che aveva 84 anni. Non nascondeva l’età questa donna. Il Vangelo dice che aspettavano la venuta di Dio ogni giorno, con grande fedeltà, da lunghi anni. Volevano proprio vederlo quel giorno, coglierne i segni, intuirne l’inizio. Forse erano anche un po’ rassegnati, ormai, a morire prima: quella lunga attesa continuava però a occupare tutta la loro vita, non avevano impegni più importanti di questo: aspettare il Signore e pregare. Ebbene, quando Maria e Giuseppe giunsero al tempio per adempiere le disposizioni della Legge, Simeone e Anna si mossero di slancio, animati dallo Spirito Santo (cfr. Lc 2, 27). Il peso dell’età e dell’attesa sparì in un momento. Essi riconobbero il Bambino, e scoprirono una nuova forza, per un nuovo compito: rendere grazie e rendere testimonianza per questo Segno di Dio. Simeone improvvisò un bellissimo inno di giubilo (cfr. Lc 2, 29-32) — è stato un poeta in quel momento — e Anna divenne la prima predicatrice di Gesù: «parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme» (Lc 2, 38). Cari nonni, cari anziani, mettiamoci nella scia di questi vecchi straordinari! Diventiamo anche noi un po’ poeti della preghiera: prendiamo gusto a cercare parole nostre, riappropriamoci di quelle che ci insegna la Parola di Dio. È un grande dono per la Chiesa, la preghiera dei nonni e degli anziani! La preghiera degli anziani e dei nonni è un dono per la Chiesa, è una ricchezza! Una grande iniezione di saggezza anche per l’intera società umana: soprattutto per quella che è troppo indaffarata, troppo presa, troppo distratta. Qualcuno deve pur cantare, anche per loro, cantare i segni di Dio, proclamare i segni di Dio, pregare per loro! Guardiamo a Benedetto XVI, che ha scelto di passare nella preghiera e nell’ascolto di Dio l’ultimo tratto della sua vita! È bello questo! Un grande credente del secolo scorso, di tradizione ortodossa, Olivier Clément, diceva: «Una civiltà dove non si prega più è una civiltà dove la vecchiaia non ha più senso. E questo è terrificante, noi abbiamo bisogno prima di tutto di anziani che pregano, perché la vecchiaia ci è data per questo». Abbiamo bisogno di anziani che preghino perché la vecchiaia ci è data proprio per questo. È una cosa bella la preghiera degli anziani. Noi possiamo ringraziare il Signore per i benefici ricevuti, e riempire il vuoto dell’ingratitudine che lo circonda. Possiamo intercedere per le attese delle nuove generazioni e dare dignità alla memoria e ai sacrifici di quelle passate. Noi possiamo ricordare ai giovani ambiziosi che una vita senza amore è una vita arida. Possiamo dire ai giovani paurosi che l’angoscia del futuro può essere vinta. Possiamo insegnare ai giovani troppo innamorati di se stessi che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. I nonni e le nonne formano la “corale” permanente di un grande santuario spirituale, dove la preghiera di supplica e il canto di lode sostengono la comunità che lavora e lotta nel campo della vita. La preghiera, infine, purifica incessantemente il cuore. La lode e la supplica a Dio prevengono l’indurimento del cuore nel risentimento e nell’egoismo. Com’è brutto il cinismo di un anziano che ha perso il senso della sua testimonianza, disprezza i giovani e non comunica una sapienza di vita! Invece com’è bello l’incoraggiamento che l’anziano riesce a trasmettere al giovane in cerca del senso della fede e della vita! È veramente la missione dei nonni, la vocazione degli anziani. Le parole dei nonni hanno qualcosa di speciale, per i giovani. E loro lo sanno. Le parole che la mia nonna mi consegnò per iscritto il giorno della mia ordinazione sacerdotale, le porto XVI ancora con me, sempre nel breviario e le leggo spesso e mi fa bene. Come vorrei una Chiesa che sfida la cultura dello scarto con la gioia traboccante di un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani! E questo è quello che oggi chiedo al Signore, questo abbraccio! Un gesuita tra i bambini rom «Andate dove il bisogno è più urgente». Così scriveva il cardinale Carlo Maria Martini al gesuita Georg Sporschill nell’autunno 2010 per incoraggiarlo nella sua opera caritativa a favore dei ragazzi di strada della Moldova e di Bucarest e delle famiglie rom della Transilvania. Il religioso ha voluto presentare la sua esperienza missionaria a Papa Francesco, illustrandogli anche nuovi progetti di assistenza sociale. Ad accompagnarlo all’udienza generale dell’11 marzo c’erano don Stefano Stimamiglio — che ne ha raccolto la vicenda umana nel volume Chi salva una vita salva il mondo intero. Vita di padre Sporschill (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2014, pagine 160, euro 14) — e un ex ragazzo di strada, Catalin Batu. Il gesuita austriaco, che già aveva lavorato con la Caritas di Vienna nel recupero dei tossicodipendenti, degli ex carcerati e dei bambini abbandonati, ha avviato un’iniziativa di assistenza dei bambini rom in tre villaggi della regione romena di Sibiu. Il progetto si chiama Elijah e ha trovato realizzazione nell’estate 2012, quando padre Sporschill si è trasferito in Transilvania per sostenere le famiglie rom locali, aiutato da alcuni volontari, tra i quali Ruth Zenkert anch’ella presente in piazza San Pietro. In quei villaggi la nota comune è la povertà estrema. Nelle case mancano l’acqua e la luce. I bambini sono sporchi e denutriti e non frequentano la scuola. Non c’è lavoro e riuscire a sfamare la famiglia è sempre un’impresa. Spesso i padri lavorano a giornata o esercitano la pastorizia. Tutto viene riciclato e usato per costruire le baracche, dai fili di ferro, alla plastica, ad altri materiali di scarto che divengono utili strumenti per ripararsi dal freddo. Il progetto Elijah mira ad aiutare queste famiglie, a provvedere all’istruzione scolastica ai bambini, a fornire medicinali per i malati, ma anche a distribuire stufe per cucinare e riscaldarsi. È già stato costruito anche un piccolo centro sociale e grazie ad esso alcuni villaggi colmi di spazzatura sono stati ripuliti dalla popolazione. Padre Sporschill è conosciuto non solo per aver salvato e sottratto alla strada tantissimi bambini nei suoi ventuno anni trascorsi a Bucarest, ma anche per essere stato insieme con il cardinale Martini coautore del volume dal titolo Conversazioni notturne a Gerusalemme. Il gesuita ne raccolse anche l’ultima testimonianza sulla Chiesa, ventitré giorni prima della morte del porporato. Di pace parla l’opera artistica donata al Pontefice dall’argentino Gustavo Masó. Si tratta di un olio su tela, dal titolo Atraversar lo invisible, nel quale sono raffigurati Francesco, il rabbino Abraham Skorka e il musulmano Omar Abboud. Vuole ricordare il viaggio del Papa in Terra santa nel maggio 2014, quando lo accompagnarono sia Skorka, sia Abboud. Il quadro, di forma ovale, ha un’appendice sottostante rettangolare, e guardato nel suo insieme vuole simboleggiare la serratura di una chiave. Aprendola siamo introdotti all’interno di noi stessi per riscoprire la parte più intima, dove albergano le intenzioni e le pulsioni che possono spingere alla pace. Nella zona inferiore sono rappresentati la Torah, il Corano e la Bibbia: il Papa, Skorka e Abboud vi hanno scritto la parola “pace” nelle rispettive lingue. L’opera ha sulla parte superiore una lente che simboleggia l’espansione e l’ingrandimento e alcuni vetri specchiati per invitare all’introspezione. Tra le altre opere artistiche donate, anche un mosaico in ceramica formato da alcune immagini del Pontefice durante il suo incontro con i giovani coreani nell’agosto 2014. Gli autori, Paolo Bang Bohwi e Marina Park Jisun, erano presenti alla sesta Giornata della gioventù asiatica e hanno voluto accompagnare i vescovi della Corea in questi giorni in visita ad limina Apostolorum, per venire a ringraziare il Papa. Anche altri sei giovani hanno salutato Francesco: provengono dalla Russia e hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale di recente. Guidati dall’arcivescovo Paolo Pezzi, dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca, stanno compiendo un pellegrinaggio a Roma sulle orme dei santi Apostoli che si inserisce nell’ambito della loro formazione. Dalla Spagna, una delegazione guidata dal carmelitano scalzo Antonio González López, segretario generale per le celebrazioni del quinto centenario della nascita di Teresa di Gesù, ha presentato al Pontefice il bastone della santa. A questo incontro, intitolato «Teresa visita Francesco» hanno partecipato cento pellegrini delle diocesi di Ávila e di Salamanca.