il memoriale nell`antico testamento
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il memoriale nell`antico testamento
r v s 6 5 ( 2 0 1 1 ) 6 2 9 - 6 4 2 studi IL RETROTERRA DEL MEMORIALE EUCARISTICO G i o va n n i T o m a s i L a ricerca biblica è giunta a interpretare l’ultima cena come memoriale del Signore, dando a questo concetto un valore ontologico, non diverso da quello dell’epoca patristica, tale cioè da contenere: 1) la presenza sacramentale di Cristo e del Suo unico sacrificio; 2) il rito incruento della cena, reiterabile a causa del comando del Signore; 3) la comunione, ossia l’invito a mangiare il Suo corpo e a bere il Suo sangue, immagine del convito escatologico. Questo contenuto indiscutibile del mistero era un dato acquisito dalla teologia ed espresso con diverse sfumature dalle parole fractio panis, sinassi, eulogia, cena del Signore, sacramento, santa messa o santo sacrificio ed evidentemente eucaristia; non del tutto scontato era l’uso del termine memoriale per esprimere la real- rvs6_11_IB.indd 629 22/10/14 16:56 studi 629-642 tà onnicomprensiva del mistero, a causa delle restrizioni poste nel comparare memoriale e sacramento, per i problemi ecumenici che suscita, ed altre sue diverse interpretazioni. Gli articoli che saranno proposti1 ripartono dall’esame del dato biblico, rettamente interpretato alla luce del magistero, trovando interpretazioni nuove. Il significato del memoriale del NT dato alla fine di tale serie, implica tutti gli aspetti dogmatici e dinamico-salvifici. Le parole del Signore: «Fate questo in memoria di me», secondo le analisi a venire, includono non soltanto il riferimento al Padre2, bensì anche la novità dell’invito che il Cristo fa alla Chiesa, secondo questo senso: «Reiterate il sacrificio incruento da me istituito, in cui nel pane e nel vino consacrati, Io sono realmente presente e do il mio corpo, la mia vita in cibo per voi, e verso il mio sangue, affinché voi ne beviate». «Fate questo in memoria di me». Il «Questo» contiene tutto ciò, ed ha una densità misteriosa, insondabile. Sarei potuto partire, nel descrivere il memoriale della morte e risurrezione del Signore, dal mysterium paschatis, ma ho scelto la figura stessa del memoriale e con essa ho preferito narrare tutta l’historia salutis al fine di ben interpretare quest’evento centrale, che talvolta è stato visto in modo unilaterale, o come proponente unicamente la cena, o quasi ricondotto al puro sacrificio della Croce. Il retroterra del memoriale eucaristico dev’essere allora ricercato nel mondo biblico-giudaico dell’AT, e non nella cultura del mondo ellenistico, come ha sostenuto Lietzmann3. Il presente studio costituisce il saggio introduttivo di una serie di articoli che verranno pubblicati nei prossimi fascicoli. 2 La traduzione del memoriale data da Joachim Jeremias, «Affinchè Dio, il Padre, si ricordi di me, il Cristo», applicata alle parole dell’ultima cena, aveva forse indicato uno degli aspetti, quello del Padre che è sempre all’origine di tutte le mirabilia, ma non ne esauriva tutto il contenuto. 3 H. Lietzmann, Messe und Herrenmahl. Eine Studie zur Geschichte der Liturgie, Bonn 1926, 1-47. 1 630 rvs6_11_IB.indd 630 22/10/14 16:56 Giovanni Tomasi IL RETROTERRA DEL MEMORIALE EUCARISTICO Calandosi nella storia dell’Antico Testamento si vede apertamente come Dio si scelga il popolo d’Israele. L’elezione di Dio non si realizza senza il consenso della libertà umana, ma non è dalla libertà umana che viene la determinazione positiva della relazione con Dio, bensì dall’iniziativa divina. Dio vuole stabilire una comunione con le Sue creature ed instaura la realtà dell’alleanza per salvare ed elevare l’uomo decaduto. L’evento centrale della morte e risurrezione di Cristo permette di scorgere un disegno organico in questa intraprendenza di Dio. Egli interviene con delle gesta creative, simili ad inizi assoluti: la creazione, la scelta di Abramo, la chiamata d’Israele, la concezione verginale di Maria poi, la pentecoste, ed infine i sacramenti, veri atti divini creatori determinanti degli inizi assolutamente nuovi. Nelle tappe del compimento di quest’opera di salvezza, Dio rivela e usa la figura del memoriale, che stabilisce tra tutti questi mirabilia Dei un rapporto di continuità e uno di superamento: Egli si ricorda del Suo popolo e gli chiede di ricordarsi di Lui. In tal modo il passato è ripreso per essere ridetto e superato al presente, e il presente rimanda al futuro come al suo compimento. Tutto ciò si svolge nel quadro dell’alleanza o elezione d’amore, che rappresenta la categoria unificatrice di tutto il messaggio teologico antico testamentario e conducente per tappe di progressiva interiorizzazione al nuovo. In quest’orizzonte coglieremo ora in modo più analitico la figura del memoriale biblico, ricca di significati e d’applicazioni, perché molte realtà servirono ad esprimerla: luoghi, monumenti, comandamenti, feste e riti. Particolare interesse riveste il carattere commemorativo degli atti di culto, che, nel presente rituale e liturgico, raccoglie passato e futuro, manifestando in sintesi il rapporto uomo e Dio, tempo-eternità nella storia della salvezza. Dopo questa fase descrittiva ci soffermeremo più a lungo sul memoriale dell’esodo, perché quest’esperienza unica rappresenta un evento fondamentale a partire dal quale Israele inter- 631 rvs6_11_IB.indd 631 22/10/14 16:56 studi 629-642 preta il passato, risalendo ai primordi fino alla creazione, e si proietta nel futuro fino ai tempi ultimi. Inoltre, nel memoriale cultuale della pasqua, istituita in un contesto d’alleanza, è raffigurata già la realtà di quella nuova del Cristo. Dio, nei segni dell’agnello e del pane azzimo della cena d’Egitto, profetizza la liberazione, dona la salvezza, ed istituisce un rito attraverso cui Egli continua a farsi presente nel tempo. L’uomo ricorda i Suoi interventi, e, nella memoria della liturgia, incontra Lui, eternamente vivente4. Si deve adesso analizzare la figura del memoriale dell’AT in genere. Il memoriale nell’Antico Testamento in genere In tutto il Vecchio Testamento il memoriale è una figura-tipo, strettamente legata alla categoria della presenza. Nel concetto di memoriale in genere è contenuto il significato di ricordarsi con un atto della coscienza, di rammentare anche mediante la parola e l’esortazione, o con un gesto. È un atto che richiama e fa presente qualcosa5. Non ha dunque un valore statico nel senso di avere nella memoria, bensì quello dinamico di fare in modo che qualcosa o, qualcuno, di nuovo (aná) torni alla memoria di un altro. Nel vocabolario liturgico dell’Antico Testamento i termini usati, per esprimerlo, sono zikkaron e azkarah. Derivati entrambi dalla radice zkr, il cui significato è piuttosto vasto, ricorrono nella Bibbia 4 E. Mazza, La celebrazione eucaristica, Cinisello Balsamo 1996, 17-18. L’autore esprime qualche perplessità a proposito dell’uso della figura del memoriale biblico, ma afferma che questa struttura riscuote sempre maggior successo. 5 Kittel, ThWzNT, I (1968) 351, 939-940. 632 rvs6_11_IB.indd 632 22/10/14 16:56 Giovanni Tomasi IL RETROTERRA DEL MEMORIALE EUCARISTICO ebraica circa 230 volte. In quasi tutte le accezioni, il senso è di una presenza rivissuta6. La versione dei Settanta rende questi due termini ebraici sia con mnemosunon7 sia con anámnesis8. V’è dunque una corrispondenza di significato nelle due coppie di termini. La traduzione però di zikkaron con memoriale non rende ancora tutta la ricchezza del termine ebraico, in cui è contenuto il senso di un ricordo oggettivo, attualizzante il soggetto di cui si fa memoria. Ciò è importantissimo per la spiegazione dei testi liturgici dell’Antico e poi del Nuovo Testamento. Nell’Antico Testamento la parola “memoriale” è riferita in 168 casi alla persona, nei rimanenti 62 ad enti diversi, animati o no. Consideriamo inizialmente quell’aspetto del memoriale liturgico azkarah, che dice relazione con gli oggetti. Questi oggetti non esistono indipendentemente, bensì riferiti alle persone; alla persona di Dio, che si ricorda degli uomini; all’uomo, che fa memoria delle meraviglie di Dio e che le rivive religiosamente9. Max Thurian10 così riassume il senso del verbo zkr (zakar) nella lingua cultuale ebraica, da cui proviene azkarah: «Pensare a qualcosa conosciuta e passata, cosa materiale, peccato, benedizioni di Dio; ricordarsi un dovere; ricordarsi, da parte di Dio, del peccato degli uomini, dell’alleanza, l’amore e la fedeltà; ricordarsi, da parte dell’uomo, di Dio o invocarlo; ricordarsi di qualcosa in favore di qualcuno o contro di lui; ricordare qualcosa a Zikkaron in G.J. Botterweck - H. Ringgren - G.W. Anderson, im Verbindung mit H. Cazelles - D.N. Freedman, Theologisches Wörterbuch zum Alten Testament, Stuttgart - Berlin - Köln - Mainz 1970. 7 Es 12,14; 13,9. 8 Lv 24,7. 9 Gli ebrei, nel pasto pasquale, rivivono misticamente gli avvenimenti della liberazione e dell’uscita dall’Egitto; divengono contemporanei ai loro padri e sono salvati con loro. 10 M. Thurian, L’Eucaristia, memoriale del Signore, Roma 1979, 35. 6 633 rvs6_11_IB.indd 633 22/10/14 16:56 studi 629-642 qualcuno (per es., i bisogni del popolo a Dio); citare un nome (quello di Dio); e infine richiamarsi a Dio per mezzo di un sacrificio, in particolare col memoriale d’incenso»11. Con questo senso, il memoriale può anche indicare gesti e strumenti della liturgia: vesti liturgiche, oggetti sacri, musica sacra, le icone e perfino le offerte; perciò, prendendo alla lettera le parole dell’Esodo «Sarà per te segno sulla tua mano e ricordo (memoriale) fra i tuoi occhi, perché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Con mano potente, infatti, il Signore ti ha fatto uscire dall’Egitto»12, i fedeli portavano, per la preghiera, i filatteri13, una sorta di piccole scatole entro le quali erano contenute strisce di pergamena, recanti appunto questi e altri passi della Scrittura (Es 13,1-10, 11-16; Dt 6,4-9 e 11,13-21). Queste scatoline erano legate alla fronte e al braccio (ma anche ai vestiti) con strisce di cuoio, e rappresentavano il segno-memoriale per la mente e per la mano14. La veste liturgica, efod15, era un grembiale stretto ai fianchi con una fascia e tenuto su da delle spalline. Queste erano pietre preziose, incorniciate in oro, e portavano impressi, ciascuna, sei nomi delle tribù d’Israele, secondo la raccomandazione dell’Esodo: «Fisserai le due pietre sulle spalline dell’efod, come pietre che Il fumo dei sacrifici e dell’incenso è un simbolo della preghiera che sale verso il Signore ed è portata a Lui da angeli intercessori. La visione dell’Apocalisse che mostra l’angelo offrire il profumo con le preghiere di tutti i santi (Ap 8,3-4) ha dietro di sé tutta la tradizione liturgica dell’AT. 12 Es 13,9. 13 Mt 23,5. 14 Il segno del Signore indicava l’appartenenza al Signore (richiamava il marchio degli schiavi); era anche un segno di protezione, ricordo materiale della liberazione e dell’alleanza; segno che compromette ed obbliga alla testimonianza. Questa teologia del segno continua nei sacramenti della nuova alleanza: essi imprimono il marchio della Croce, per cui apparteniamo al Cristo. 15 Es 28,6-14; 39,2-7. 11 634 rvs6_11_IB.indd 634 22/10/14 16:56 Giovanni Tomasi IL RETROTERRA DEL MEMORIALE EUCARISTICO ricordino presso di me (memoriale) i figli di Israel»16. Il sacerdote, quando si presentava al cospetto di Dio, portava sulle sue spalle, scolpiti, i nomi delle dodici tribù d’Israele ed intercedeva per loro; ed ugualmente i nomi delle tribù erano scolpiti sulle dodici pietre che il sacerdote portava fissate sul pettorale. Certamente, tutto l’apparato delle vesti liturgiche era segno della gloria di Dio, ma i testi sacri parlano particolarmente di queste pietre incise che ricordano i figli d’Israele. Il gran sacerdote doveva inoltre portare un grande mantello o casula, finemente ornato, e con dei campanellini ai lembi. Incedendo nel santuario, il tintinnio proteggeva sacerdote e popolo. Dio, udendo il gran sacerdote attraverso il memoriale del suono, lo difendeva contro i demoni, aggiranti all’ingresso del tempio17. Spettacolare è anche la menzione delle trombe18. Esse servivano a richiamare l’attenzione di Dio nei momenti di calamità e di guerra. «Allora i figli di Aronne alzavano la voce, suonavano le trombe di metallo lavorato, e facevano udire un suono potente come richiamo (memoriale) davanti all’Altissimo»19. La loro funzione era soprattutto liturgica: ricordare a Dio l’alleanza, attirare la Sua grazia in favore del popolo20. Circa le icone, è vero che nell’Antico Testamento c’è il secondo comandamento, che vieta di rendere culto alla creatura raffigurata nell’immagine21, ma c’è anche l’ordine di fabbricare dei cherubini; il permesso di dare un segno della presenza di Dio attraverso gli angeli, Suoi mediatori22: «Io ti darò convegno appunto in quel luogo: parlerò con te da sopra il propiziatorio, Es 28,12. Es 28,35; Sir 45,9. 18 Nm 10,1-10. 19 Sir 50,16. 20 2Cr 29,25-30. 21 Es 20,4-5. 22 Es 25,18. 16 17 635 rvs6_11_IB.indd 635 22/10/14 16:56 studi 629-642 in mezzo ai due cherubini che saranno sull’arca della testimonianza, ti darò i miei ordini riguardo agli israeliti»23. I cherubini segnalavano la presenza del Signore e attiravano la Sua parola, la Sua manifestazione; guidavano lo sguardo verso il Signore, per una lode, una supplica o un’azione di grazie. L’offerta, poi, quale memoriale per il riscatto, è suggerita a Mosé dal Signore stesso: «Prenderai il denaro di questo riscatto ricevuto dagli israeliti e lo impiegherai per il servizio della tenda del convegno. Esso sarà per gli israeliti come un memoriale davanti al Signore per il riscatto delle vostre vite»24. Il Signore invita, attraverso il denaro, a compiere un atto di culto, di offerta, di supplica per la salvezza dell’anima25. Gli oggetti del culto dunque sviluppano nel cuore degli israeliti una vera teologia del ricordo; ma principalmente la preghiera, nell’Antico Testamento, sia quella personale sia quella comunitaria, quella della lode e quella dell’intercessione, fu influenzata dalla categoria del memoriale. I salmi, per esempio, appaiono come una lode ed anche lamento, che è richiamo della santità e dell’amore del Signore26. Ricordo e memoria di tutte le meraviglie dell’opera di Dio: «Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi: pietà e tenerezza è il Signore»27. Si ricorda la potenza di Dio perché s’implora il Suo intervento presente. E Dio è pronto ad esaudire in ogni momento28. Nei salmi l’israelita prega anche per le necessità fisiche e corporali, poiché l’uomo è considerato, nella Es 25,22. Es 30,16. 25 Nm 31,54. 26 C. Westermann, The Re-presentation of History in the Psalms, in Praise and Lament in the Psalms, Atlanta 1981, 214-249. 27 Sal 111,4. 28 Tb 12,12-15. 23 24 636 rvs6_11_IB.indd 636 22/10/14 16:56 Giovanni Tomasi IL RETROTERRA DEL MEMORIALE EUCARISTICO sua esistenza, un’unità: «Egli dà il cibo a chi lo teme, si ricorda sempre della Sua alleanza»29. Al fondo questo contenuto, che abbiamo rilevato dal salmo 111, definisce per J. Reumann il memoriale biblico30, ossia il memoriale dell’AT è costantemente bipolare: Dio si ricorda del Suo popolo, Israele si ricorda di Dio. Su questo dato noi fonderemo tutta questa breve investigazione. Nella preghiera biblica sono spesso presenti gli angeli, interpreti dei disegni di Dio presso l’uomo e del bisogno dell’uomo presso Dio31. Allorché, però, il vocabolo si riferisce alla persona, indicando 68 volte Dio stesso e 100 volte l’uomo, la realtà della relazione d’alleanza di Dio con l’uomo si fa evidente, e quindi nitide le anticipazioni di alcuni elementi del memoriale del Nuovo Testamento. Nell’ambito appunto della relazione con il Suo popolo, 32 Jahve si rivolge a Israele dicendogli di ricordarsi del Signore Suo Dio33. Altre volte sono gli israeliti che si rivolgono a Dio nella preghiera, supplicandolo di ricordarsi del Suo popolo34. Entrambi gli appelli partono dal medesimo presupposto: quello di un vincolo già esistente tra Jahve e Israele, legame fondato sulla promessa stabilita fra Dio e il popolo. Si impone quindi un’enumerazione dei principali passi che coinvolgono personalmente Sal 111,5. J. Reumann, The Supper of the Lord: The New Testament, Ecumenical Dialogue, and Faith and Order on Eucharist, Philadelphia 1985, 33. 31 Is 62,6-7. 32 Jahve = JHWH. 33 Dt 8,18. 34 B. Childs, Memory and Tradition in Israel, London 1962, 31ss e 45ss. B. Childs divide la sua trattazione in ricordo di Dio e ricordo del popolo. 29 30 637 rvs6_11_IB.indd 637 22/10/14 16:56 studi 629-642 Dio e l’uomo nella memoria-alleanza e nell’alleanza-memoria, per scorgere meglio il senso delle prefigurazioni del NT35. Si può partire dall’alleanza che Dio ha stabilito con Abramo in Gn 15,1-20; 17,1-14 perché più volte è richiamata alla memoria nella Scrittura, quale garanzia della volontà amorosa e benefica di Dio e della Sua fedeltà36. L’alleanza di Dio con Abramo si fonda sulla duplice promessa di una numerosa discendenza e del possesso del paese di Canaan; il segno di quest’intesa sarà la circoncisione37. Il patto è sancito con un preciso rituale, che produce un vero fatto giuridico, e vincola Abramo e la sua discendenza. Nel libro dell’Esodo, poi, l’intero popolo di Israele, discendente di Abramo, è chiamato ad un rapporto di speciale alleanza. Il successivo patto, che si conclude sulle balze del Sinai, è conseguente alla liberazione del popolo dalla schiavitù. Dio passa (pesàch = pasqua) e redime, e prima dell’evento visibile della liberazione istituisce il rito della pasqua giudaica che, in modo visibile, dona la salvezza38. La pasqua d’Egitto così nasce in quel contesto più vasto del dialogo d’amore che Dio vuol stabilire con il Suo popolo, ed essa stessa conduce a rinnovare l’alleanza con Dio. Pasqua 35 Per J. Reumann l’alleanza è una figura che ha diversi modelli: quello dell’alleanza promessa in Ger 31,31, quello mosaico, oppure quello dell’alleanza fatta da Jahve con Abramo. J. Reumann, The Supper of the Lord, op. cit., 34-41. 36 Es 32,13: Mosé fa opera di intercessione presso il Signore affinché Egli si ricordi della promessa fatta ad Abramo, nonostante le apostasie del popolo di Israele. Così in Ne 9,7-8: Dio ha scelto Abramo, l’ha fatto uscire da Ur, ha fatto con lui un’alleanza, gli ha promesso di dargli la terra di Canaan. 37 Non possiamo entrare nell’orizzonte della teologia del segno nell’Antico Testamento. Il semeion (traduzione dei Settanta), è una parola densa che sintetizza le grandi manifestazioni di Dio: la circoncisione, i miracoli di Cristo. S. Paolo scrive in Rm 4,11: «(Abramo) (...) ricevette il segno della circoncisione, come sigillo della giustizia della fede, che egli aveva prima di essere circonciso». 38 Es 12,1-14. 638 rvs6_11_IB.indd 638 22/10/14 16:56 Giovanni Tomasi IL RETROTERRA DEL MEMORIALE EUCARISTICO d’Egitto e alleanza del Sinai sono due momenti di un unico fatto di liberazione, reale e storico che, allo stesso tempo, annuncia il futuro: è simbolo di una realtà che deve venire. Geremia la vide profeticamente e la annunciò: «Ecco verranno giorni, dice il Signore, nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò un’alleanza nuova. Non come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, un’alleanza che essi hanno violato, benché Io fossi loro Signore. Parola del Signore. Questa sarà l’alleanza che Io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora Io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché Io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato»39. La pasqua è una festa che s’inizia con la cena, nella quale si mangia l’agnello pasquale con erbe amare e con gli azzimi, e dura per otto giorni. L’agnello e gli azzimi che, nella tradizione biblica, compaiono sempre uniti, a partire da Ezechia e Giosia40, nella festa della pasqua degli Azzimi, in realtà rappresentano due precedenti e distinte tradizioni pasquali: quella dell’Agnello pasquale41 e quella degli Azzimi42. La prima era sempre chiamata pasqua ed era celebrata il 14 del primo mese; la seconda, designata con festa degli Azzimi43, era celebrata al 15 del mese di Abib (mese delle messi), e durava 7 giorni. Per entrambe le celebrazioni, la ragione era la stessa: il ricordo della liberazione. Così, Ger 31,31-34. 2Cr 30,1-27; Dt 16,1-8; 2Cr 35,7-18. 41 Es 12,6; Lv 23,5; Nm 28,16. 42 Es 13,4; Lv 23,6; Nm 28,17. 43 Nm 28,17. 39 40 639 rvs6_11_IB.indd 639 22/10/14 16:56 studi 629-642 il sabato, la pasqua e le altre istituzioni cultuali sono oggettivazioni del memoriale, ricordi permanenti degli interventi salvifici di Dio. Nel racconto di Es 12,1-14 Dio annuncia che il passaggio del mare sarà preceduto dall’ultima cena in Egitto. La celebrazione è un segno che attua già la liberazione che avverrà con il passaggio del Mar Rosso. Il comando divino: «Questo giorno sarà per voi un memoriale»44 indica che il segno dell’agnello pasquale, dato alla vigilia del passaggio del mare, dovrà essere riattualizzato dalle successive generazioni45, affinché, attraverso il rito, ritorni e si faccia presente l’efficacia salvifica della liberazione. Il passaggio del mare ha portato Israele verso Dio. Ad esso segue l’impegno di ascoltare la Sua voce e di osservare l’alleanza: «Voi stessi avete visto ciò che Io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa»46. In Es 24,1-8 si narra della conclusione dell’alleanza per mezzo di un sacrificio alle pendici del Sinai. Tale patto chiude tutto l’avvenimento pasquale, iniziato con l’uscita dall’Egitto: Es 12,14. Nell’haggadah pasquale il perché del rito viene così riassunto: «Schiavi fummo di faraone in Egitto, e il Signore Dio nostro ci fece uscire di là con mano forte e con braccio disteso. E se il Santo – benedetto Egli sia! – non avesse fatto uscire i nostri padri dall’Egitto, allora noi e i nostri figli, e i figli dei nostri figli, schiavi saremmo di faraone in Egitto (...). In ogni generazione e generazione ognuno è obbligato a vedere se stesso come essendo proprio lui uscito dall’Egitto (.. ). Non i nostri padri soltanto redense il Santo – benedetto Egli sia! – ma anche noi redense con essi». A. Toaff (versione italiana di), Haggadah di Pasqua, Roma 1971, 11. 46 Es 19,4-6. 44 45 640 rvs6_11_IB.indd 640 22/10/14 16:56 Giovanni Tomasi IL RETROTERRA DEL MEMORIALE EUCARISTICO «Mosé prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo! Allora Mosé prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!»47. Si tratta di un vero e proprio accordo di sangue tra Dio e il popolo d’Israele. Tale intesa, stipulata cinquanta giorni dopo il passaggio del mare, chiamata pentecoste (in ebraico, asséret = conclusione), è una realtà permanente48; cosicché nel rituale ebraico non si ha rinnovazione dell’alleanza, bensì la celebrazione annuale della pasqua, che era ed è la ripresentazione dell’alleanza unica, stipulata per sempre49. I passi della Scrittura presi in considerazione ci rivelano quanto il banchetto pasquale non fosse una cena di semplice ricordo50. Da essi si ricava che non è possibile interpretare il memoriale della pasqua giudaica al di fuori del significato che esso ha nella tradizione liturgica dell’Antico Testamento, di cui fa parte. Riassumendo brevemente, possiamo affermare che Dio, in quel Suo disegno d’alleanza, agisce lentamente, e l’evento della pasqua d’Egitto ne rappresenta una tappa importante, dove il memoriale ha una singolare struttura tridimensionale, il passato è rivissuto nel presente per annunciare il futuro. Nella storia d’Israele v’è anche un altro tipo di memoriale narrativo, che di per sé non ha una struttura temporale a tre dimensioni e delle forme fisse: la memoria profetica, presente nel libro dei salmi, Es 24,6-8. Bisogna rileggere l’ultimo bellissimo discorso di Mosé al popolo in Dt 29,9-25. 49 L’alleanza nuova di Ger 31,31-34 è la visione profetica delle parole e dei gesti che il Cristo compirà nell’ultima cena. 50 F.J. Leenhardt, Le sacrement de la sainte cène, Neuchâtel-Paris 1948, 9-48. 47 48 641 rvs6_11_IB.indd 641 22/10/14 16:56 studi 629-642 in quello dei profeti ed in Neemia 9, per esempio. Le composizioni utilizzate dalla memoria profetica sono aperte all’inserimento di nuove prospettive, poiché nascono quando coloro che ascoltano la narrazione degli interventi di Dio, non riescono più a percepirne l’efficacia dinanzi alle contrarietà, le catastrofi e il peccato. Penetrando all’interno della stessa esperienza della tragedia, il profeta discerne e proclama i modi in cui Dio, rimanendo fedele a Se stesso, continua ad agire nella storia del Suo popolo. Per Brueggemann51, nei momenti di profonda angoscia, emersero nuovi modi di invocare le promesse di Dio, e nuove modalità di memoria. Ci è utile affermare adesso, prima del tempo, che il memoriale di Cristo ha una forma inedita, di cui quello della cena d’Egitto fu soltanto una presumibile anticipazione. Dopo la descrizione complessiva delle forme veterotestamentarie del memoriale, ci si soffermerà, nel prossimo articolo, sul memoriale dell’alleanza e della pasqua per parlare innanzi tutto del culto e dei diversi sacrifici liturgici, luoghi privilegiati dove lo stesso memoriale dell’alleanza e della pasqua si realizza52, secondo quanto Egli dice: «In ogni luogo dove Io vorrò ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò»53. W. Brueggemann, The Creative Word: Canon as a Model for Biblical Education, Philadelphia 1986, 40-66. 52 L’accoppiamento delle nozioni memoriale e sacrificio è principalmente opera degli studi di Max Thurian e L. Bouyer. M. Thurian, L’Eucaristia, memoriale del Signore, op. cit., 191-192. L. Bouyer, Eucaristia. Teologia e spiritualità della Preghiera eucaristica, Torino 1992, 95-96. 53 Es 20,24. 51 642 rvs6_11_IB.indd 642 22/10/14 16:56