Social Housing e agenzie pubbliche per la casa

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Social Housing e agenzie pubbliche per la casa
Dexia Crediop S.p.A.
Social Housing e
agenzie pubbliche
per la casa
Ricerca realizzata da
CENSIS
in collaborazione con
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Il presente dossier è l’esito di un lavoro comune tra Dexia-Crediop (committente della ricerca), Fondazione
Censis (incaricata del rapporto) e Federcasa che ha raccolto e fornito i dati riguardanti le agenzie territoriali
per la casa e le politiche regionali.
Il testo del rapporto è stato redatto, sotto il coordinamento di Giuseppe Roma, da Stefano Sampaolo e Silvia
Cataldo della Fondazione Censis, che si sono potuti avvalere del prezioso contributo di tutto il gruppo di
lavoro. Anna Maria Pozzo e Francesca Perugia della Direzione Nazionale di Federcasa si sono occupate della
stesura del capitolo 6 e della raccolta delle best practices; Fabio Vittorini e Alberto Brandolini per Dexia
Crediop hanno curato la stesura del capitolo 5.
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INDICE
1. Introduzione
1.1. Obiettivi e contenuti principali della ricerca
1.2. L’articolazione del rapporto
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2. Le ragioni della centralità del social housing
2.1. Limiti e contraddizioni delle dinamiche recenti
2.2. La crisi del comparto dell’affitto
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3. I principali fattori di spinta della domanda
3.1. L’atomizzazione delle famiglie
3.2. Giovani e processi di autonomizzazione
3.3. Immigrazione, casa e processi di inserimento
3.4. Anziani e condizione abitativa
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4. Il patrimonio pubblico: dimensioni, utenza e gestione
4.1. Il profilo generale del patrimonio
4.2. Gli aspetti gestionali
4.3. Il profilo dell’utenza
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5. Le Aziende Casa “viste” attraverso i bilanci
5.1. Il campione oggetto di analisi
5.2. I dati aggregati dell’esercizio 2006
5.3. I dati aggregati del trend 2004 - 2006
5.4. Considerazioni conclusive
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6. Il quadro delle politiche regionali
6.1. L’evoluzione delle politiche nazionali e del
rapporto Stato-Regioni
6.2. Regioni, diritto alla casa, criteri per l’accesso
6.3. Le politiche delle Regioni fra aiuto alla persona ed
aiuto all’investimento
6.4. I bilanci regionali e l’investimento sul tema “casa”
6.5. Linee di intervento comuni e proposte innovative
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7. Il ventaglio delle esperienze locali
7.1. Politiche per incrementare l’offerta in affitto
7.2. La finanza etica per la casa
7.3. Buone pratiche locali
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8. Un confronto europeo
8.1. Welfare e diritto alla casa in Europa
8.2. Francia
8.3. Regno Unito
8.4. Spagna
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1. INTRODUZIONE
1.1. Obiettivi e contenuti principali della ricerca
Il presente rapporto di ricerca, realizzato dal Censis per conto di DexiaCrediop è il frutto di un lavoro comune con Dexia stessa (che ha curato
l’indagine sui bilanci delle Agenzie territoriali per la casa, riportata nel
capitolo 5) e con la Direzione nazionale di Federcasa, che oltre a
contribuire all’impostazione del lavoro, ha fornito materiali e dati
appositamente elaborati per l’occasione e si è occupata della stesura del
capitolo relativo alle politiche regionali.
La casa: un tema rimosso ma più che mai attuale
L’Italia ha di fatto per molti anni “rimosso” il problema casa, nella
convinzione diffusa che l’elevato tasso di proprietà fosse ormai una
garanzia sufficiente della soddisfazione del fabbisogno.
Nel frattempo la competenza sulle politiche abitative è stata regionalizzata
mentre le risorse pubbliche sono venute meno. Le politiche abitative
pubbliche si sono praticamente azzerate con l’esaurirsi delle risorse
programmate. Di conseguenza, più o meno contemporaneamente, sono
venuti a mancare sia una strategia nazionale sul tema casa e sia gli
strumenti operativi efficienti per realizzarla.
Come è noto, per diverse concomitanti ragioni, le politiche sociali in
campo abitativo si sono nuovamente imposte all’attenzione del dibattito
pubblico.
Fattori di pressione sul fronte demografico, sociale ed economico hanno
modificato i termini del problema sia dal lato della domanda che dal lato
dell’offerta, dimostrando come la rigidità di un offerta tutta basata sulla
casa in proprietà risulta accrescere le situazioni di disagio abitativo.
Tra questi temi: la crescita del numero delle famiglie, l’aumento dei
fenomeni migratori e l’invecchiamento della popolazione dal punto di vista
delle evoluzioni demografiche; la precarizzazione dei rapporti di lavoro e le
difficoltà per i giovani di uscire dalle famiglie di origine; il crescente
indebitamento delle famiglie e le difficoltà connesse all’andamento delle
dinamiche salariali e dei saggi d’interesse.
La congiuntura economica non ha consentito un miglioramento del tenore
di vita e un innalzamento dei redditi disponibili delle famiglie, a fronte di
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una forte crescita dei valori immobiliari. In Italia la corsa alla
patrimonializzazione a partire dalla fine degli anni ’90 è stata massiva, tanto
che chi non ha acquistato una casa nelle favorevoli condizioni degli anni
passati – in un momento in cui i mutui erano molto vicini come costo
all’affitto,– oggi ha ancora maggiori difficoltà a sostenerne le spese. La
lievitazione dei canoni oltre ad aver aumentato le difficoltà a far fronte alle
spese della casa per molte famiglie ha, nei fatti, ridotto la possibilità di
accedere a costi ragionevoli ad un alloggio in locazione, riducendo e
scoraggiando nuove forme di mobilità territoriale.
L’inadeguatezza delle risposte
A fronte di questi fenomeni, le soluzioni offerte dal sistema tradizionale di
aiuti per la casa e di operatori non sono più adeguate ad offrire una
risposta.
Infatti:
-
la crescente domanda di abitazioni in affitto non trova più un sufficiente
supporto nel settore degli investitori istituzionali (che hanno a loro volta
alienato il loro patrimonio);
-
l’aiuto personale per l’affitto è inadeguato quantitativamente
(dovrebbe essere almeno raddoppiato) e non risolve strutturalmente il
problema, ma richiede una spesa corrente costante e crescente nel
tempo (il mercato si adegua alla presenza dell’aiuto).
-
l’offerta di alloggio sociale è andata riducendosi percentualmente a
causa del processo di alienazione e non è più in grado di dare risposte
sufficienti per i bisogni delle grandi città (vedi domande in attesa).
Peraltro il decentramento regionale ha portato ad un aggravamento della
frattura nord-sud che già esisteva anche negli anni precedenti il 1998. Le
regioni più povere non sono in condizione di investire risorse proprie per la
casa e quindi continuano ad investire grazie all’onda lunga dei
trasferimenti statali dei residui ex Gescal (che per queste regioni erano più
consistenti).
Le altre regioni, in particolare nel centro-nord, avviano però interessanti
sperimentazioni tendenti a dare risposta alla domanda emergente.
Nascono esperienze di nuovo housing sociale (affitto intermedio) anche
grazie al contributo dato dalle Fondazioni bancarie che iniziano ad investire
in questo settore (Lombardia, Piemonte). Si sviluppano interventi innovativi
di welfare attivo (autocostruzione, cohousing), a volte promossi
direttamente dalla Regione (Lombardia) a volte su iniziativa degli operatori
(ITEA Trento, cooperazione).
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Un importante capitolo connesso alla casa si rivela quello della
riqualificazione energetica del patrimonio e della sostenibilità dei nuovi
interventi.
Le riforme urbanistiche regionali più avanzate incentivano la produzione di
alloggi sociali.
Una nuova politica dell’affitto
Nei principali Paesi europei il settore pubblico svolge un ruolo
fondamentale, accanto al settore privato, nella gestione di abitazioni in
affitto e nello stimolare ed incentivarne una nuova offerta di abitazioni a
canone accessibile, quale elemento costitutivo di una strategia globale
che favorisce la mobilità territoriale della forza lavoro, l’integrazione degli
immigrati, lo sviluppo economico, la tutela di categorie socialmente
svantaggiate. L’incentivo all’accesso alla proprietà non è ovviamente in
grado di dare una risposta valida in molti casi.
Nel nostro Paese per far fronte alle diverse e nuove domande di casa a
costi accessibili, è indispensabile ripensare le logiche di intervento sociale
per l’abitare. La scelta è dotarsi nuovamente di una strategia per
governare il cambiamento e rispondere ai bisogni o esserne travolti.
E’ questo peraltro il reale obiettivo di questo rapporto: fornire un quadro
della complessità delle questioni in gioco per dimostrare la rilevanza della
questione abitativa in relazione ad alcuni fondamentali processi sociali (tra i
quali l’inserimento degli immigrati, l’autonomizzazione dei giovani,
l’integrazione e il supporto agli anziani) e la conseguente necessità di
mettere in campo risorse e misure organiche e non estemporanee per dare
risposte efficaci ad una domanda articolata.
In particolare servono politiche di incremento del patrimonio in affitto e di
aumento dello stock con prezzi calmierati o controllati e quindi risposte
articolate e flessibili:
-
articolate sul territorio (non è la stessa cosa rispondere ai bisogni nelle
aree a forte tensione –Milano, Roma, Napoli – e nelle altre aree in cui il
mercato è meno “drogato” da fenomeni speculativi legati alla forte
pressione della domanda);
-
basate su un sistema di aiuti diversificato e in grado di rispondere a
diversi tipi di necessità: il bisogno di casa temporaneo (studenti,
lavoratori stagionali e in mobilità), il bisogno di casa per un periodo di
difficoltà (separazioni, disoccupazione, problemi di emarginazione
sociale).
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-
incentrate su un nuovo sistema di operatori che comprenda anche il
settore privato e che veda la nascita di società immobiliari di tipo
europeo anche in Italia.
In Italia, la scelta irreversibile del decentramento consente di perseguire un
nuovo sviluppo del settore, non dettato dall’Amministrazione centrale ma
da essa comunque favorito con una politica coerente, che conti su:
-
una compresenza di attori pubblici e privati che sia in grado di dare
risposte differenziate e articolate ai fabbisogni;
-
un ruolo positivo e creativo delle differenti articolazioni normative e
organizzative, che potranno accogliere e travasare da un territorio
all’altro proposte e best practices.
Il ruolo delle agenzie
Le agenzie di promozione e gestione degli alloggi sociali, nei fatti,
rappresentano tuttora il riferimento per le politiche pubbliche di settore. Pur
essendo relazionate ad un patrimonio abitativo di proporzioni rilevanti (pari
a circa un milione di alloggi), hanno in parte perso il ruolo propulsivo e
operativo avuto nel passato e sono state oggetto di un hostile takeover da
parte della politica che ne ha ridotto l’efficienza. Come conseguenza, ne è
derivata nella percezione collettiva una visione semplicistica secondo la
quale il patrimonio pubblico è ovunque mal gestito, non assolve alla sua
funzione sociale e rappresenta per lo Stato più un peso che una risorsa.
Tuttavia le analisi svolte in questo rapporto mostrano come le Aziende casa
pubbliche sono in larghe zone del Paese perfettamente in grado di
svolgere in futuro questo ruolo.
Sta alle Regioni progettare il ruolo delle Aziende casa pubbliche nel proprio
territorio, senza perdere di vista la collaborazione tra pubblico e privato e
senza deprivarsi di un patrimonio pubblico che rappresenta lo strumento di
realizzazione di politiche concrete.
Per questo nuovo sviluppo le Aziende casa pubbliche sono un fattore
ovviamente non esclusivo ma imprescindibile se non si vuole rinunciare a
governare il cambiamento invece di esserne governati.
La lettura del rapporto dimostra che il settore pubblico ha ancora un ruolo
da svolgere, non soltanto per dare risposte alla domanda debole, ma che
al contrario deve allargare il suo ambito di intervento e trovare nuove
forme di collaborazione, oltre che con i Comuni, anche con il settore
privato.
Le risposte date dagli operatori pubblici “aziendalizzati” sono infatti quasi
tutte quelle improntate ad una valorizzazione del patrimonio, attraverso
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interventi di riqualificazione energetica in Finanziamento Tramite Terzi, o
attraverso interventi complessi di rinnovo e rivitalizzazione urbana, o ancora,
rivolgendo particolare attenzione alle nuove fasce di utenza attraverso
interventi mirati per gli anziani, gli immigrati, i giovani e improntati alla
creazione di nuovi modelli di convivenza nei quartieri urbani.
Questo tipo di intervento, che risponde spesso con soluzioni innovative ai
nuovi bisogni, ha anche lo scopo di controbilanciare la crescita del deficit
strutturale legato alla gestione dell’edilizia residenziale pubblica, in cui
aumenta la presenza delle fasce deboli e la difficoltà di pagare gli affitti,
con conseguente riduzione delle entrate.
I processi di aziendalizzazione effettuati dalle regioni del centro-nord hanno
messo gli enti in condizione di muoversi più liberamente nello svolgere la
propria funzione, nel trovare forme di organizzazione più flessibili (grazie alla
creazione di società strumentali) e nell’avviare rapporti di partenariato col
settore privato.
La permanenza di elevate quote di liquidità non impegnate nei bilanci
degli enti dimostra però come ancora essi risentano della struttura di ente
pubblico, con scarsa capacità imprenditoriale autonoma, da una parte,
ma dall’altra dimostra anche il peso dei vincoli derivanti dall’essere azienda
pubblica, sottoposta per ogni atto rilevante al controllo ed
all’autorizzazione regionale (ad esempio per il reinvestimento dei ricavati
dalle vendite), oltre che la scarsità di aree a costi compatibili con i limiti di
spesa (anche questi imposti dalle Regioni).
La questione delle vendite
Dall’avvio del piano vendite “Nicolazzi” della legge 560/93 ad oggi si è
venduto circa il 19% del patrimonio esistente all’epoca. Tuttavia questo
processo non ha dato luogo ad un rinnovo del parco di edilizia pubblica,
che è calato del 6%, per due motivi: i prezzi di vendita troppo bassi (oggi si
vendono almeno quattro alloggi per costruirne uno) e l’erosione del
ricavato (in particolare nel sud, in cui le Regioni hanno autorizzato l’impiego
di quote superiori al 20% previsto dalla legge) per far fronte al deficit di
bilancio.
Serve sicuramente una revisione della 560/93, dando maggior autonomia
agli enti proprietari nel definire criteri di vendita e prezzi che consentano la
ricostruzione del patrimonio dismesso, contribuendo così ad un effettivo
rinnovo e alla reimmissione di quote di patrimonio pubblico a disposizione
delle graduatorie comunali.
Non dimentichiamo che una pura e semplice dismissione a prezzi “politici”
non risolve un problema di domanda abitativa e sottrae quote di
disponibilità di alloggi, dovute alla rotazione degli abitanti (circa il 3%
annuo).
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1.2. L’articolazione del rapporto
Nella costruzione del rapporto si è cercato di delineare un quadro
complessivo del tema, facendo il punto sia dal lato delle dinamiche della
domanda che da quello delle politiche.
In particolare:
-
il capitolo 2 (“Le ragioni della centralità del social housing”), presenta
una serie di dati ad illustrazione dei fattori di mutamento che rendono di
nuovo centrale anche nel nostro Paese il tema dell’accesso all’alloggio;
-
nel capitolo 3 (“I principali segmenti della domanda debole”) vengono
analizzate con maggiore dettaglio le i caratteri attuali della questione
abitativa con riferimento a tre grandi questioni sociali: i processi di
inserimento degli immigrati, quelli di autonomizzazione dei giovani ed
infine ai quelli di integrazione e supporto degli anziani;
-
il capitolo 4 (“Il patrimonio pubblico: dimensioni, utenza e gestione”) è
dedicato ad un’analisi sul ruolo ed il funzionamento delle Agenzie
Territoriali per la casa, e utilizza dati relativi ad un’apposita indagine
effettuata da Federcasa presso i propri associati in occasione di questo
rapporto.
-
Nel capitolo 5 vengono riportati i risultati di un’apposita indagine
effettuata da Dexia-Crediop sui bilanci di alcune aziende territoriali;
-
il capitolo 6 (“Il quadro delle politiche regionali”), a cura di Anna Maria
Pozzo e Francesca Perugia di Federcasa, fa il punto sugli indirizzi delle
politiche abitative adottate dalle singole regioni;
-
nel capitolo 7 (“Il ventaglio delle esperienze locali”) si è cercato di
ricostruire un quadro orientativo delle politiche innovative sperimentali
nate “dal basso” come risposta alla mancanza di organiche politiche
nazionali per incrementare l’offerta in affitto a carattere sociale. Il
capitolo è corredato dalla presentazione di una serie di casi di
particolare interesse;
-
infine il capitolo 8 (“Un confronto europeo”) rende conto delle principali
caratteristiche dei sistemi di housing sociale di Francia, Spagna e Regno
Unito.
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2.
LE RAGIONI DELLA CENTRALITÀ DEL SOCIAL HOUSING
2.1. Limiti e contraddizioni delle dinamiche recenti
Il rinnovato interesse collettivo (dell’opinione pubblica, della politica
nazionale e locale, delle forze sociali ed economiche) per le tematiche
abitative è indubbio: la casa è tornata prepotentemente ad essere un
argomento al centro dell’agenda politica e non solo in Italia.
Eppure questo ritorno della questione abitativa presenta degli aspetti
apparentemente paradossali. Veniamo infatti da un recente ciclo di
espansione del mercato immobiliare e del settore delle costruzioni che ha
avuto al centro proprio il segmento residenziale. Per circa 10 anni (19972007) le compravendite di abitazioni hanno registrato un trend positivo con
circa 800.000 alloggi scambiati negli anni di maggiore intensità del mercato
(tab. 1).
Di fatto oltre 5 milioni di acquirenti di case dal 2000 a oggi hanno
determinato il più lungo e intenso boom del mercato immobiliare registrato
in Italia. Come risulta dai dati ufficiali dell’Agenzia del Territorio, solo negli
ultimi mesi del 2007 e nei primi del 2008 si è avuto un raffreddamento degli
scambi, senza dubbio legato alle mutate condizioni del mercato del
credito, cioè all’incremento dei tassi di interesse sui mutui, e con gli effetti
della crisi dei mutui subprime statunitensi, che hanno indotto le banche a
selezionare in modo maggiormente restrittivo la propria clientela.
I dati del primo semestre 2008 dell’Agenzia del Territorio segnalano un calo
delle compravendite residenziali del 14% riseptto allo stesso periodo del
2007. Si tratta di una discesa iniziata nella seconda emtà del 2007 e dovuta
in larga parte al ridimensionamento della domanda di fascia bassa
(acquisti sotto i 250.000 euro), quella che ha più difficoltà ad accedere ad
un mutuo.
Ma, è bene ricordarlo, in questi ultimi anni, soprattutto grazie ai bassi tassi di
interesse, molte famiglie hanno avuto accesso al bene casa in proprietà,
anche in un momento in cui i prezzi, dopo la caduta verticale del 1992,
hanno ricominciato a crescere in modo sensibile, soprattutto nelle grandi
aree urbane.
Come è noto, siamo, dopo la Spagna, il Paese europeo con il più elevato
tasso di famiglie che abitano in un alloggio di loro proprietà o comunque
che non pagano un affitto (essendo magari l’abitazione in comodato
d’uso).
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Alla propensione all’acquisto dell’abitazione, considerato nel confronto
con l’affitto un’azione più lungimirante e conveniente o semplicemente
un’opzione inevitabile, fa da sfondo la generale crescita quantitativa dei
soggetti di domanda: l’incremento del numero di famiglie negli ultimi anni
ha registrato valori elevati, come si vedrà più avanti (fig.1), in parte anche
per la crescita di separazioni e divorzi, un fattore che incide anch’esso sul
fabbisogno abitativo (tab. 2).
La voglia/necessità di passare alla proprietà e l’incremento dei soggetti
portatori di esigenze abitative, hanno avuto un impatto rilevante sul settore
delle costruzioni: dal 1998 ad oggi la crescita del settore delle costruzioni è
stata alimentata in modo continuativo dal comparto abitativo (gli interventi
di riqualificazione crescono a partire dal 1998 e la nuova edilizia abitativa
dal 1999) offrendo peraltro un importante contributo al prodotto interno
lordo e all’occupazione (tab.3).
Per le costruzioni il 2007 è stato il nono anno consecutivo di crescita (gli
investimenti sono aumentati dell`1% rispetto al 2006) ed anche nel 2007 la
crescita è stata trainata dall’edilizia: quella residenziale, in particolare ha
fatto segnare un incremento dell`1,6%, soprattutto per effetto del buon
andamento del comparto della riqualificazione. Nel 2008, secondo l’Ance,
gli investimenti in abitazioni faranno registrare un aumento più contenuto
rispetto al 2007.
Tendenzialmente in questi anni si sono costruite 300.000 nuova
abitazioni/anno (tab. 4). Da notare che Lombardia e Lazio da sole
rappresentano circa il 30% delle nuove costruzioni residenziali del Paese.
Naturalmente la voglia di casa delle famiglie italiane si è dovuta misurare
con il rialzo dei prezzi: e quindi da un lato chi ha comprato si è indebitato di
più, per periodi più lunghi; dall’altro ha cercato un’offerta
economicamente più “accessibile” (quella che gli anglosassoni chiamano
affordable), andando ad acquistare nelle zone più esterne delle città e
delle aree metropolitane, nelle prime ma soprattutto nelle seconde corone
urbane, magari servite da qualche linea di trasporto ferroviario regionale.
Gli effetti territoriali di queste dinamiche sono sempre più evidenti. Mentre
l’economia si è progressivamente terziarizzata, concentrando nelle città i
posti di lavoro nei servizi avanzati e tradizionali, sono cresciute dal punto di
vista residenziale e demografico le aree periferiche, dove i valori immobiliari
sono più alla portata dei portafogli familiari. Si tratta di un fenomeno
generale, in atto da alcuni anni, ma che solo ora appare in tutta la sua
evidenza. Gli effetti sono la crescita delle seconde cinture urbane, ma
anche delle aree più esterne (tab. 5) ed il calo demografico delle aree
centrali.
Ma l’effetto più generale è stato l’ulteriore incremento del consumo di
suolo, l’aumento contestuale del numero dei pendolari, cioè di coloro che
escono dal proprio comune di residenza), e l’allungamento dei tempi degli
spostamenti casa-lavoro.
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Nella sola Lombardia, secondo una recente ricerca del Politecnico di
Milano, il consumo di suolo è stato pari a 5000 ha l’anno, una superficie
paragonabile a quella occupata dalla città di Brescia, ma evidentemente
distribuita in una miriade di microaree di nuova urbanizzazione.
L’aumento dei processi di dispersione insediativa ha avuto un effetto
rilevante sul sistema della mobilità come dimostra l’esplosione del
pendolarismo: fra il 2001 e il 2007 + 35,8%, a un tasso medio annuo del 6%.
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Tab. 1 -
Numero di transazioni normalizzate (1) del settore residenziale (2000-2007)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e isole
Italia
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
231.547,68
129.786,84
142.150,83
186.992,73
690.478,08
223.629,20
131.406,88
143.086,63
183.141,54
681.264,25
250.234,49
147.679,36
159.936,50
203.671,82
761.522,17
251.412,67
149.429,30
156.669,04
204.574,86
762.085,87
264.225,05
157.224,83
166.636,54
216.039,24
804.125,66
273.770,68
161.838,49
171.666,67
226.073,96
833.349,80
281.253,43
165.506,60
170.989,96
227.301,50
845.051,49
268.400,76
157.501,47
164.931,87
215.390,68
806.224,78
(1) Numero di transazioni ponderate con la quota di proprietà effettivamente compravendute
(2) Esclude il Trentino-Alto Adige
Fonte: elaborazione Censis su dati Agenzia del Territorio
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Tab. 2 –
Andamento degli investimenti in costruzioni residenziali, 2000-2008
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007 (*)
2008 (°)
Valori correnti (milioni di euro)
Abitazioni nuove
Abitazioni
in
straordinaria
manutenzione
Totale investimenti in abitazioni
24.763
25.428
27.996
30.225
32.853
35.791
38.112
39.933
41.050
27.202
28.532
30.589
32.048
35.017
37.896
40.394
42.996
45.393
51.965
53.960
58.585
62.273
67.870
73.687
78.506
82.929
86.443
Valori a prezzi 2000 (milioni di euro)
Abitazioni nuove
Abitazioni
in
straordinaria
manutenzione
Totale investimenti in abitazioni
24.763
24.918
26.358
27.750
29.053
30.352
31.262
31.512
31.494
27.202
27.960
28.798
29.423
30.967
32.136
33.132
33.911
34.776
51.965
52.878
55.156
57.173
60.020
62.488
64.394
65.423
66.270
Variazioni % in valore
Abitazioni nuove
Abitazioni
in
straordinaria
manutenzione
Totale abitazioni
2,7%
10,1%
8,0%
8,7%
8,9%
6,5%
4,8%
2,8%
4,9%
7,2%
4,8%
9,3%
8,2%
6,6%
6,4%
5,6%
3,8%
8,6%
6,3%
9,0%
8,6%
6,5%
5,6%
4,2%
Variazioni % in quantità
Abitazioni nuove
Abitazioni
in
straordinaria
manutenzione
Totale abitazioni
0,6%
5,8%
5,3%
4,7%
4,5%
3,0%
0,8%
-0,1%
2,8%
3,0%
2,2%
5,2%
3,8%
3,1%
2,4%
2,6%
1,8%
4,3%
3,7%
5,0%
4,1%
3,1%
1,6%
1,3%
(*) Stima su Conti Economici Nazionali
(°) Stime e previsioni Ance
Fonte: Ance
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Tab. 3 - Nuove costruzioni residenziali, 2005-2006 per regione (unità immobiliari)
2005
u.i.
Piemonte
Valle d`Aosta
Liguria
Lombardia
Nord-Ovest
20.883
1.299
5.893
58.971
87.046
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia Romagna
Nord-Est
Umbria
Toscana
Marche
Lazio
Centro
2006
% sul totale
7,1%
u.i.
% sul totale
0,4%
2,0%
19,9%
29,4%
22.270
1.291
6.573
62.080
92.214
7,0%
0,4%
2,1%
19,6%
29,1%
30.881
5.976
28.119
64.976
5.756
14.929
9.857
26.913
57.455
10,4%
2,0%
9,5%
21,9%
1,9%
5,0%
3,3%
9,1%
19,4%
31.337
6.044
30.762
68.143
6.080
16.472
10.878
28.948
62.378
9,9%
1,9%
9,7%
21,5%
1,9%
5,2%
3,4%
9,1%
19,7%
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e isole
9.217
1.458
20.069
16.513
2.619
8.110
18.613
10.125
86.724
3,1%
0,5%
6,8%
5,6%
0,9%
2,7%
6,3%
3,4%
29,3%
9.822
2.012
23.347
15.590
3.109
9.117
19.607
12.052
94.656
3,1%
0,6%
7,4%
4,9%
1,0%
2,9%
6,2%
3,8%
29,8%
Totale Italia
296.201
100,0%
317.391
100,0%
Fonte: elaborazione Censis su dati Agenzia del Territorio
12
868_08
Tab. 4 -
Popolazione residente nelle città con 250.000 abitanti e oltre, nei comuni di
prima e seconda corona urbana e nel resto della provincia, 1991-2007 (var. %)
Var. %
1991-2001
Grandi città
Prime corone urbane
Seconde corone urbane
Resto della provincia
Var. %
1991-2007
-6,9
4,4
7,1
3,6
-5,4
11,4
14,9
9,3
Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat
Fig. 1 - Numero e incidenza dei pendolari in Italia, 1991-2007 (v.a. e val. %)
20.000
22,2
25
18,9
16.000
15,4
15
12.000
4.000
10.955
6.000
9.685
8.000
13.149
10.000
10
Valori %
14.000
20
17,0
8.737
Valori assoluti in migliaia
18.000
5
2.000
0
0
1991
Pendolari (migliaia)
2001
2005
2007
Incidenza sulla popolazione residente (%)
Fonte: Censis, 2008
13
868_08
2.2. La crisi del comparto dell’affitto
Come si è visto, l’attuale questione abitativa deriva in gran parte dalla
difficoltà ad intercettare le diverse e nuove domande con un quadro
dell’offerta tutto sbilanciato sull’accesso all’abitazione in proprietà.
Gli investimenti in edilizia residenziale destinata alla locazione non sono stati
fin qui presi in considerazione da parte degli operatori professionali a causa
della generale bassa redditività del capitale investito che raggiunge il suo
minimo nella fascia destinata ai ceti più disagiati. Non a caso gli investitori
istituzionali (Fondi Immobiliari, Casse di Previdenza, Società di Assicurazione,
ecc.), negli ultimi anni si sono rivolti esclusivamente al settore immobiliare
corporate (uffici, commercio, industria, hotel, leisure, ecc.).
Peraltro, se è vero che non si produce nuova offerta in locazione, è
altrettanto vero che il patrimonio esistente in affitto da un lato si
ridimensiona per effetto delle vendite dei singoli privati e dei grandi
proprietari, dall’altro registra una crescente associazione tra l’abitare in
affitto e la difficile condizione economica della famiglia.
Che la corsa alla proprietà e l’erosione del patrimonio in locazione abbiano
finito per fa coincidere il settore dell’affitto con le fasce sociali medio-basse
è bene illustrato dalla tabella 6, relativa a dati storici della Banca d’Italia.
Solo 21 anni fa (1987), nella fascia di reddito più alta delle famiglie italiane,
ben il 17,4% risiedeva in un alloggio in affitto: tale percentuale è
gradualmente scesa al 12,3% nel 1991 e nel 1995 è crollata al 7,8%. Oggi è
pari al 7,1%. Di contro nella fascia più bassa i valori, pur oscillando, sono
rimasti in sostanza gli stessi.
A fronte di tale composizione del settore privato non stupisce che l’effetto
del caro-affitti sia una notevole e pesante incidenza dei costi abitativi
rispetto al reddito delle famiglie. Nelle fasce basse tale incidenza raggiunge
valori molto elevati (tab. 7). In particolare, una ricerca Censis-Sunia ha
mostrato come nella fascia fino a 10.000 euro l’affitto nei grandi centri pesa
per i due terzi del reddito nelle grandi città, e per il 42% sotto i 250.000
abitanti. Per la fascia di reddito tra i 10.000 ed i 15.000 euro, che
rappresenta circa il 30% dell’inquilinato, l’incidenza media è pari al 30%
sotto i 250.000 abitanti e al 48% sopra questa soglia. Nella fascia di reddito
direttamente superiore, quella compresa tra 15.000 e 20.000 euro, in cui
ricade circa il 27% delle famiglie in affitto, l’incidenza dell’affitto scende al
24% nei comuni con meno di 250.000 abitanti, ma rimane elevata nelle
grandi città, dove è pari al 35%.
14
868_08
A fronte di tali valori è cresciuta la difficoltà delle famiglie in affitto a far
fronte alle spese abitative. Lo dimostrano chiaramente i dati sugli sfratti:
quelli che hanno come motivazione la morosità dell’inquilino
rappresentano nel 2007, il 77,2% del totale (tab. 8), nel 1990 erano appena il
26%.
In particolare nuove forme di disagio riguardano non solo le fasce più
povere in condizioni di emergenza abitativa, ma anche le famiglie della
fascia medio-bassa in affitto nel libero mercato nelle grandi aree urbane:
soggetti che anche per ragioni di reddito sono fuori dall’offerta dell’edilizia
sociale sovvenzionata, che non hanno mezzi adeguati per accedere alla
casa in proprietà e che soffrono del rilevante aumento degli affitti.
A fronte di una situazione di crescente difficoltà per una variegata platea
di soggetti (ed in modo particolare nelle grandi aree urbane), a sostenere i
costi abitativi e ad eccedere ad una sistemazione abitativa stabile e
dignitosa, vi è nei fatti una sostanziale inadeguatezza delle risposte e delle
risorse pubbliche.
Sul fronte affitti, come è noto la legge 431 ha istituito uno specifico Fondo
sociale e negli ultimi anni le risorse stanziate dallo Stato centrale hanno
quindi in gran parte finanziato il sostegno diretto delle famiglie in affitto sul
libero mercato.
Anche da questo punto di vista la situazione è comunque critica, vista
l’insufficienza delle risorse stanziate. Il fabbisogno accertato dalle Regioni
ammonta ad oltre 500 milioni di euro a fronte di una dotazione assegnata
dalle varie leggi finanziarie che è oscillata nel tempo intorno ai 300 milioni e
che negli ultimi anni è andata diminuendo ulteriormente e che è in grado
di soddisfare solo il 40% delle richieste ritenute valide (tab. 9).
Questo tipo di intervento, è bene ricordarlo, pur essendo assolutamente
indispensabile per fronteggiare le emergenze, sottrae risorse che
potrebbero essere utilizzate per realizzare nuove abitazioni in affitto.
Risorse che notoriamente sono ridotte ai minimi termini. La produzione
complessiva annua di alloggi sociali è come nota crollata (siamo sotto le
2000 unità annue).
15
868_08
Tab. 5 -
Percentuale famiglie in affitto per quintili di reddito
Anno
Fino al 20
percentile
Dal 20 al 40
percentile
1983
1987
1991
1995
2000
2004
38,3
34,1
35,7
39,0
32,8
39,8
46,1
37,7
29,0
30,3
26,9
28,6
Dal 40 al
60
percentile
Dal 60 al
80
percentile
28,9
27,2
23,4
22,2
20,4
18,4
27,6
27,2
19,8
17,7
15,0
12,6
Oltre l’80
percentile
Totale
16,3
17,4
12,3
7,8
7,3
7,1
31,5
28,7
24,1
23,4
20,5
21,3
Fonte: elaborazione Censis su dati Banca d’Italia 2006
Tab. 6 - L’incidenza dell’affitto sul reddito nel settore privato (calcolata sul limite superiore
della classe di reddito)
Ampiezza
demografica
del comune
Classe di reddito
(euro/anno)
Canone
medio
(euro/mese)
Incidenza media
canone su reddito
(val.%)
Fino a 10.000 euro
250.000 Da 10.000 a 15.000 euro
Da 15.000 a 20.000 euro
Da 20.000 a 25.000 euro
346,1
375,4
406,8
425,6
42%
30%
24%
20%
Fino a 10.000 euro
Oltre 250.000 abitanti Da 10.000 a 15.000 euro
Da 15.000 a 20.000 euro
Da 20.000 a 25.000 euro
543,8
596,6
584,8
630,3
65%
48%
35%
30%
Fino a 10.000 euro
Da 10.000 a 15.000 euro
Da 15.000 a 20.000 euro
Da 20.000 a 25.000 euro
402,6
425,3
441,9
471,1
48%
34%
27%
23%
Fino
a
abitanti
Totale
Fonte: indagine Censis-Sunia-Cgil, 2007
16
868_08
Tab. 7 – Procedure di sfratto in Italia, 1997-2007 (v.a., val%)
Anno
v.a.
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Provvedimenti esecutivi di sfratto emessi
Di cui per morosità
v.a.
50.226
44.919
38.944
39.406
40.500
40.130
39.284
45.535
44.988
44.897
41.888
26.322
25.569
24.203
25.412
26.937
27.154
27.781
32.112
33.200
33.893
32.540
%
52,4%
56,9%
62,1%
64,5%
66,5%
67,7%
70,7%
70,5%
73,8%
75,5%
77,7%
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero degli Interni
Tab. 8 -
Anno
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Dotazione annuale nazionale Fondo sociale (“buono casa” ex art. 11
legge 431/1998)
Norma di riferimento
Legge n. 431/1998
Legge n. 431/1998
L. 23 dicembre 1999, n. 488
L. 23 dicembre 2000, n. 388
L. 28 dicembre 2001, n. 448
L. 27 dicembre 2002, n. 289
L. 24 dicembre 2003, n. 350
L. 30 dicembre 2004, n. 311
L. 23 dicembre 2005, n. 266
L. 27 dicembre 2006, n. 296
L. 24 dicembre 2007, n. 244
Stanziamento
(in milioni di euro)
309,88
309,88
366,68
335,70
249,18
246,50
246,01
230,14
310,66
210,99
205,59
Fonte: Federcasa
17
868_08
Tab. 9 – Famiglie in graduatoria per il “buono casa” nelle grandi città
Città
Torino
Milano
Venezia
Bologna
Firenze
Roma
Napoli
Bari
Palermo
Catania
Cagliari
Domande
ammissibili
buono
casa
14.570
8.869
1.574
n.d.
1.610
9.971
n.d.
6.318
n.d.
1.764
643
Anno
2006
2006
2006
2008
2006
2005
2008
Assegnazione
contributi per l’ affitto
% domande
Importo
ammissibili
contributi
su famiglie
in affitto
12%
4%
5%
n.d.
4%
3%
n.d.
20%
n.d.
5%
5%
10.927.500
12.500.000
3.880.000
n.d.
n.d.
29.300.000
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
1.676.146
Importo
medio/famiglia
750
1.409
2.465
n.d.
2.939
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
2.607
Fonte: indagine Federcasa 2008
18
868_08
3.
I PRINCIPALI FATTORI DI SPINTA DELLA DOMANDA
3.1. L’atomizzazione delle famiglie
Certamente un fattore di spinta importante della domanda abitativa è
costituito dalla generale crescita quantitativa dei soggetti di domanda:
l’incremento del numero di famiglie negli ultimi anni ha registrato valori
elevati. Processo che si è accompagnato alla costante diminuzione del
numero di componenti.
In particolare in Italia, dal 2000 al 2007 il numero delle famiglie è cresciuto di
oltre 2 milioni, mentre il numero medio dei componenti di una famiglia è
passato da 2,52 del 2003 a 2,44 del 2007 (figg. 2 e 3).
L’atomizzazione della famiglia italiane è certamente un fenomeno che
interessa tutto il territorio nazionale, pur presentandosi in maniera più
incisiva nelle regioni del centro nord rispetto a quelle del sud.
Fig. 2 -
L’andamento del numero di famiglie in Italia, 2000-2007 (dati in
migliaia)
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat - Bilancio demografico
19
868_08
Fig. 3- L’andamento del numero di componenti per famiglia in Italia, 20032007
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat - Bilancio demografico
Tab. 10 –Andamento di separazioni e divorzi - Anni 1995-2005 (v.a. e tassi di separazione
totali)
Anni
Numero
Separazioni
Tassi di
separazione
totale per
1.000
matrimoni
Tassi di
separazione
totale per
100.000
abitanti
Numero
Divorzi
Tassi di
divorzio
totale per
1.000
matrimoni
Tassi di
divorzio
totale per
100.000
abitanti
1995
52.323
158,4
91,3
27.038
79,7
47,2
1996
57.538
175,4
100,2
32.717
96,9
57,0
1997
60.281
185,6
104,8
33.342
99,8
58,0
1998
62.737
195,1
108,9
33.510
100,9
58,2
1999
64.915
203,9
112,6
34.341
104,2
59,6
2000
71.969
228,0
124,6
37.573
114,9
65,0
2001
75.890
242,7
132,2
40.051
123,8
69,8
2002
79.642
256,5
139,3
41.835
130,6
73,2
2003
81.744
266,0
141,9
43.856
138,6
76,1
2004
83.179
272,7
143,0
45.097
143,8
77,5
2005
82.291
272,1
140,4
47.036
151,2
80,3
2006
80.407
268,1
136,4
49.534
160,6
84,0
Fonte: Istat
20
868_08
3.2. Giovani e processi di autonomizzazione
3.2.1. Casa e diritto allo studio
Per gli studenti universitari la ricerca di un alloggio rappresenta un primo
ostacolo per avvalersi del tanto dibattuto diritto allo studio: ad oggi infatti la
questione abitativa costituisce una notevole criticità in tutte le città
universitarie raggiungendo livelli più o meno allarmanti.
In tutta Italia gli studenti universitari iscritti ad un ateneo di un’altra provincia
o un’altra regione rispetto a quella di residenza sono complessivamente
circa 650.000, pari al 47,3% del totale degli studenti universitari. In risposta
alla domanda abitativa generata dalla loro presenza sono offerti a livello
nazionale solamente 54 mila posti letto divisi tra case dello studente
pubbliche, collegi privati e religiosi. Si può affermare che in media la
disponibilità sia pari ad un posto letto ogni 12 studenti fuori sede ma
naturalmente in alcune singole città si registrano condizioni anche più
drammatiche.
Disagi rilevanti si hanno in regioni come l’Abruzzo dove gli studenti fuori
sede sono oltre 30.000 (circa il 69% del totale degli studenti) e possono
contare su appena 334 posti letto o come la Campania dove, per gli oltre
40.000 studenti fuori sede ci sono solo 728 posti letto a disposizione. Ma la
condizione è emergenziale soprattutto nel Lazio dove gli studenti residenti
in province o regioni diverse dalla propria sede universitaria sono il 40% e nel
complesso, per un totale di circa 75.000 studenti, sono disponibili solamente
4.446 posti letto (tab. 14).
Andando ad analizzare la situazione nelle principali città universitarie si nota
come nelle grandi metropoli la comunità studentesca “immigrata” ha
dimensioni rilevantissime: a Milano gli atenei hanno raggiunto, per l’anno
accademico 2007-2008, oltre 72 mila iscritti fuori sede mentre le università
della Capitale ne ospitano oltre 65 mila. Ma soprattutto si segnalano quelle
città dove la presenza degli studenti fuori sede è meno rilevante in senso
assoluto ma lo è assai di più in senso relativo: estremo è da questo punto di
vista il caso di Pisa dove i circa 30 mila fuori sede (quasi 8 studenti su 10
vengono da fuori provincia), equivalgono al 33,8% della popolazione
attualmente residente; o ancora il caso di Padova dove i circa 33.000 fuori
sede corrispondono al 15,6% degli abitanti della città (tab. 15).
In mancanza di un’adeguata offerta di posti letto nelle residenze e collegi
universitari, la principale soluzione per tutti resta quella dell’affitto di un
21
868_08
appartamento, di una stanza o addirittura di un posto letto da privati.
Naturalmente una pressione della domanda così elevata non fa altro che
drogare il mercato degli affitti facendo crescere in maniera spropositata i
prezzi soprattutto nelle aree centrali o prossime alle sedi degli atenei. In
aggiunta al fenomeno crescono i cosiddetti contratti “in nero”, non
adeguatamente fermati dagli ultimi provvedimenti adottati in materia di
affitti per motivi di studio.
Tab. 14 - Studenti universitari e posti letto, distribuzione regionale A.A. 2007-08 Aggiornato al 31 maggio 2008
Regione
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna
Friuli V.Giulia
Lazio
Liguria
Lombardia
Marche
Molise
Piemonte
Puglia
Sardegna
Sicilia
Toscana
Trentino Alto Adige
Umbria
Valle d'Aosta
Veneto
Totali
Studenti fuori
sede
% sul totale
degli studenti
delle università
della regione
32.474
2.103
15.894
40.502
80.979
17.038
74.973
11.033
94.951
25.002
4.133
27.762
18.564
15.735
45.667
63.577
6.515
13.505
166
59.103
649.676
68,9
34,9
37,0
30,2
66,6
59,5
40,8
36,9
48,1
64,5
51,4
37,6
24,5
43,3
38,9
67,4
42,9
49,6
17,0
63,2
47,3
Posti letto in
residenze
universitarie
pubbliche e
private
334
160
5.761
728
5.890
1.900
4.446
806
9.739
3.566
0
3.428
1.469
1.270
2.484
4.253
1.654
1.491
0
5.030
54.409
Rapporto
studenti fuori
sede / posti
letto
97,2
13,1
2,8
55,6
13,7
9,0
16,9
13,7
9,7
7,0
n.d.
8,1
12,6
12,4
18,4
14,9
3,9
9,1
n.d.
11,8
11,9
Fonte: Elaborazione Censis su dati Miur
22
868_08
Tab. 15 - Studenti iscritti nelle principali città sedi universitarie in Italia, A.A. 2007-2008 (v.a., val. %)
Città
Studenti
iscritti
università
A.A. 20072008
Pisa
37.390
Bologna
50.030
Padova
47.253
Parma
23.396
Venezia
19.870
Firenze
39.681
Milano
143.634
Cagliari
24.490
Torino
60.252
Roma
162.195
Catania
43.792
Genova
26.732
Palermo
37.726
Napoli
82.675
Bari
41.812
Studenti
fuori sede
(residenti in
altra
provincia o
regione)
%
studenti
fuori sede
sul totale
studenti
29.476
35.713
32.912
16.302
13.707
23.366
72.702
11.262
27.214
65.207
17.440
9.621
13.508
22.936
9.837
78,8
71,4
69,7
69,7
69,0
58,9
50,6
46,0
45,2
40,2
39,8
36,0
35,8
27,7
23,5
Posti letto
statali e
religiosi
1.590
3.242
1994
1.039
867
1.378
5.632
935
1.148
2.337
1.242
806
1.018
386
1.085
Rapporto
studenti
fuori
sede/posti
letto
pubblici
Rapporto %
studenti /
popolazione
Rapporto
studenti
fuori sede /
popolazione
(val.%)
42,9
13,4
22,5
20,0
7,4
10,8
11
15,4
6,7
6
14,5
4,3
5,7
8,5
12,9
33,8
9,6
15,6
13,9
5,1
6,4
5,6
7,1
3
2,4
5,8
1,6
2
2,4
3
18
11
16
16
16
17
13
12
24
28
14
12
13
59
9
Fonte: Elaborazione Censis su dati Miur
3.2.2. La permanenza dei giovani nella famiglia di origine
La questione abitativa resta un problema per i giovani anche una volta
terminati gli studi. Per loro si prospetta infatti un mercato immobiliare di
difficile accesso date le condizioni economiche di chi oggi si inserisce nel
mondo del lavoro.
Il diffondersi delle condizioni di precariato e di flessibilità lavorative e le
conseguenti incertezze sul proprio futuro fanno sì che per le giovani
generazioni sia sempre più difficoltoso usufruire dei servizi bancari (come ad
esempio l’accensione di un mutuo) o comunque impegnarsi a lungo
termine per sostenere le spese di una propria abitazione.
23
868_08
Peraltro il mercato dell’affitto mantiene le sue criticità, anche in relazione
alla scarsa disponibilità da parte dei locatari a stipulare contratti che
abbiano valenza giuridica. Oltretutto loro stessi mostrano una certa
resistenza ad affittare appartamenti a giovani che non possano mettere a
garanzia una busta paga o un reddito comunque stabile.
La difficoltà che si incontra nell’andare a vivere in maniera indipendente in
un alloggio proprio o in affitto è alla base della forma di disagio che mina
anche le opportunità per i giovani di crearsi un proprio nucleo familiare.
Con i dati a disposizione è possibile provare a misurare il potenziale
fabbisogno abitativo delle giovani generazioni, celato appunto dai vari
fenomeni di contorno.
L’indagine Istat multiscopo al 2006 rivela che nell’ambito dei giovani
occupati, tra i 26 e i 35 anni, il 44,5% non vive autonomamente e denuncia
differenti altre condizioni (tab. 16).
Il 3,5%, infatti, pur scegliendo la vita di coppia (con il matrimonio o la
convivenza) vive aggregata ad altri nuclei, presumibilmente quello
d’origine di uno dei due. Similmente anche un altro 3,4% della categoria
dei giovani occupati, pur possedendo uno stato di famiglia autonomo da
quello di origine e rispondendo quindi allo stato di nubile, celibe, separato o
mono-genitore, vive aggregato ad altri nuclei familiari.
Per entrambe queste categorie ipotizziamo dunque che l’aggregazione ad
altri nuclei nasca da una necessità dovuta a difficoltà economiche o
indisponibilità di una propria abitazione.
Infine c’è un’ampia fetta di giovani occupati tra i 26 e i 35 anni (pari al
37,6%) che all’interno della struttura familiare rispondono ancora al ruolo di
figli e continuano a vivere sotto lo stesso tetto dei propri genitori. Si tratta di
oltre due milioni di cittadini italiani che per diverse ragioni non hanno
ancora lasciato il proprio nucleo familiare.
Come anticipato in precedenza, risulta difficile stimare per quanti di loro la
mancanza di una casa sia un reale impedimento e per quanti invece il
permanere con la propria famiglia nasca da ragioni di convenienza, che
spingono i giovani a sfruttare al massimo la disponibilità dei propri genitori
alla loro cura e sostegno.
La tabella 17 conferma un dato intuitivamente noto a tutti, ovvero che la
posticipazione dell’uscita dalla famiglia di origine sia sempre un fenomeno
che caratterizza maggiormente il sesso maschile. La differenziazione non è
tanto marcata nel periodo dello studio (circa il 95% dei giovani studenti vive
24
868_08
con i suoi contro il 93,5% delle studentesse) ma si distanzia maggiormente
tra i giovani occupati (è ancora nella casa di origine il 55,9% degli uomini
contro il 43,6% delle donne) e tra quelli in cerca di occupazione (restano in
famiglia l’80,4% contro il 67,9%).
Se andiamo a confrontare i “numeri” del nostro Paese con quelli delle altre
nazioni vediamo che l’Italia si colloca su posizioni estreme rispetto agli altri
stati europei. I dati disponibili al 2005 indicano nella fascia d’età tra i 25 e i
29 anni la permanenza nella propria famiglia di origine del 71% degli uomini
e del 53% delle donne. Parzialmente assimilabile alla condizione dell’Italia è
la Spagna con il 62% degli uomini e il 49% delle donne dei giovani tra i 25 e i
29 anni ancora a casa. Per tutto il resto delle nazioni oggetto di indagine,
sono davvero pochi i giovani che superati i 25 anni vivono ancora nella
famiglia di origine: nel Regno Unito solo il 24% degli uomini e il 14% delle
donne similmente alla Francia con il 23% degli uomini e l’11% delle donne,
fino alla situazione all’altro estremo della Finlandia dove solo il 16% degli
uomini e il 5% delle donne condividono lo stesso tetto dei propri genitori
superati i 25 anni (tab. 18).
E la tabella 19 non fa altro che confermare questa condizione tutta italiana
segnalando peraltro un dato di tendenza ancor più critico di incremento
del fenomeno dal 1995 al 2005: in Italia, nei dieci anni presi a riferimento,
l’età media a cui i giovani hanno lasciato la casa è salita, a differenza delle
altre nazioni europee oggetto di indagine, dove è rimasta stabile o in
qualche caso è addirittura scesa.
25
868_08
Tab. 16 - Giovani dai 26 ai 35 anni, occupati che presentano un potenziale
fabbisogno abitativo, 2006 (v.a. in migliaia e val. %)
Giovani occupati con potenziale fabbisogno abitativo
v.a.
Val.% sul totale
Val.% sul totale
giovani
persone che non
occupati
vivono
autonomamente
Persone che vivono in
coppia aggregate ad altri
nuclei
Single (nubili, celibi,
separati, monogenitori)
che vivono aggregati ad
altri nuclei
Figli che vivono con i
genitori
Totale persone che non
vivono autonomamente
Totale giovani 26-35 anni
occupati
204.177
3,5
7,9
195.282
3,4
7,6
2.185.238
37,6
84,5
2.584.697
44,5
5.807.652
100
-
100
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat
Tab. 17 - Giovani da 18 a 34 anni celibi e nubili che vivono con almeno un
genitore per classe di età e condizione - Anno 2006 (per 100 giovani
della stessa classe di età e condizione)
Classi di eta’ / condizione
Maschi
Femmine
Maschi e
femmine
18-19
20-24
25-29
30-34
98,3
91,6
68,5
41,1
97,6
84,9
49,4
20,8
98
88,3
59,1
31,2
Occupati
In cerca di occupazione
Casalinghe
Studenti
Altra condizione
Totale
55,9
80,4
94,9
75,5
67,3
43,6
67,9
7,5
93,5
54,8
52,6
50,9
74,6
7,5
94,1
65,5
60,1
Fonte: Istat
26
868_08
Tab. 18 - Giovani secondo la permanenza nelle famiglie di origine, 2005 (val.%)
18-24 anni
uomini
donne
Italia
Spagna
Regno Unito
Francia
Germania
Olanda
Finlandia
EU-25 (1)
94
90
67
70
72
71
39
78
25-29 anni
uomini
donne
90
81
50
56
56
53
56
66
71
62
24
23
25
20
16
42
53
49
14
11
12
8
5
28
(1) stima
Fonte: Eurostat, LFS
Tab. 19 - Età media a cui i giovani lasciano la casa, 1995 e 2005
1995
Italia
Spagna
Regno Unito
Francia
Germania
Olanda
Danimarca
Finlandia
2005
uomini
donne
29
29
23
24
24
23
n.d.
n.d.
26
27
20
21
22
21
n.d.
n.d.
uomini
età media
30
29
24
24
23
24
21
21
donne
27
27
20
22
21
21
20
20
Fonte: Eurostat, LFS
27
868_08
3.3. Immigrazione, casa e processi di inserimento
Nell’analisi delle categorie sociali che sono investite più direttamente da
condizioni di disagio abitativo, un approfondimento specifico deve essere
dedicato in primo luogo alla popolazione immigrata.
Il nostro si è trasformato, nel giro di pochi decenni, in un paese interessato
da forti flussi migratori con una presenza sul territorio connotata da caratteri
di stabilità e di lunga durata.
La presenza dei cittadini stranieri immigrati è cresciuta in modo
rilevantissimo quasi ovunque (in media di quasi il 90% tra il 2003 ed il 2007,
tab. 11) ma permane e anzi si accentua uno squilibrio geografico
abbastanza marcato, legato alla maggiore appetibilità dell’offerta
lavorativa delle regioni del nord. Regioni che assorbono il 63,6% dei residenti
(in particolare la Lombardia da sola accoglie poco meno di un quarto del
totale degli immigrati). Di contro le regioni del sud (con appena l’11,6%),
assolvono soprattutto al ruolo di territorio di ingresso, tappa iniziale di un
percorso migratorio che ha come destinazione finale altre regioni italiane o
altri paesi europei.
In pochi anni la presenza degli immigrati è praticamente raddoppiata in
molte città (tab. 12) come Torino, Venezia, Napoli, raggiungendo ad
esempio a Milano una percentuale del 13% sulla popolazione residente.
Pur a fronte di quasi 3 milioni di immigrati residenti registrati dall’Istat (ma i
soggiornanti per la Caritas sono 3,7 milioni) e di diversi indicatori di
stabilizzazione in crescita (aumento dei ricongiungimenti, dei minori, parità
numerica tra uomini e donne ecc), il caso italiano è connotato dalla
mancanza di organiche politiche di integrazione, chiaramente orientate.
Non solo, ma manca anche un modello forte di riferimento: si pensi
all’approccio assimilazionista francese, che mira ad assicurare una certa
parità di diritti e a creare una buona mixitè sociale, ma che, puntando
all’uniformità, mette in secondo piano le appartenenze religiose e culturali;
o dall’altra, all’approccio multiculturalista anglosassone che ha permesso
alle diverse comunità di conservare le proprie abitudini culturali o religiose,
costruendo le proprie scuole e i propri centri di aggregazione, organizzando
cioè dei “recinti etnici”, ma senza mirare ad una reale integrazione. Due
approcci che peraltro, negli esiti reali, hanno dato prova di produrre effetti
in parte simili e di cui oggi sono evidenti i limiti.
Nel contesto italiano i principali fattori di rischio per la tenuta della coesione
sociale che rimandano al problema immigrazione riguardano soprattutto la
28
868_08
diffusione di condizioni di disagio legate alla precarietà e alla irregolarità,
esito dell’incrocio tra una forte pressione ad entrare e l’assenza di canali di
sbocco regolari, e che producono un mancato riconoscimento di alcuni
diritti di base e forti tensioni tra gli italiani.
In quest’ottica la difficoltà di accesso ad un’abitazione dignitosa
rappresenta l’ostacolo più diffuso. La condizione abitativa media degli
immigrati presenti nel nostro Paese, oltre ad essere profondamente lontana
da quella degli autoctoni, è contrassegnata da una situazione di diffusa
precarietà, superiore a quella lavorativa. Inevitabilmente, oltre ai fattori
discriminatori, sui processi di inserimento abitativo degli immigrati ha pesato
la generale debolezza delle politiche abitative per le fasce medio-basse di
cui sono espressione l’esiguità del patrimonio di edilizia sociale pubblica, e
la carenza di un’offerta di abitazioni in affitto a prezzi accessibili. Ciò ha
evitato fenomeni concentrativi nel patrimonio pubblico come quelli
esistenti nelle banlieues francesi, ma ha prodotto un disagio diffuso.
Naturalmente anche su questo fronte qualcosa si sta muovendo. Dai pochi
dati disponibili, si nota la tendenza ad una polarizzazione delle situazioni
abitative: da un lato gli immigrati di vecchio insediamento che hanno
deciso di compiere il proprio progetto migratorio nel nostro Paese e che
migliorano progressivamente la propria condizione abitativa, iniziando
anche ad accedere al mercato della proprietà per immobili di livello
medio-basso, di modesta dimensione, situati nelle zone periferiche della
grande città o nell'hinterland (tab. 13); dall’altro le componenti più deboli,
e che si trovano all’inizio del percorso, confinate nelle città invisibili che
sorgono ai bordi delle aree ferroviarie, nelle aree dismesse o nei casolari
abbandonati.
Peraltro laddove esiste una qualche nuova offerta di abitazioni sociali
pubbliche, spesso la popolazione immigrata, da poco ammessa ad essere
inserita nelle liste dei candidati, si colloca in testa alle graduatorie.
Il disagio abitativo può essere considerato un fattore indicativo di un rischioprecarietà che aumenta considerevolmente quando si considera l’area
dell’irregolarità: la clandestinità comporta spesso, quale diretta
conseguenza, situazioni di vera e propria emarginazione sociale.
29
868_08
Tab. 11 - Andamento della popolazione residente straniera per ripartizione geografica
Maschi
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud e isole
Totale Italia
284.316
229.285
180792
93881
788.274
2003
Femmine
266.623
197.697
201008
95771
761.099
Totale
%
Maschi
550.939
426.982
381800
189652
1.549.373
35,6%
27,6%
24,6%
12,2%
100,0%
548.532
415.859
348.628
160.054
1.473.073
2007
Femmine
Totale
518.686
386.380
379.062
181.721
1.465.849
1.067.218
802.239
727.690
341.775
2.938.922
Var. %
2003-2007
%
36,3%
27,3%
24,8%
11,6%
100,0%
93,7
87,9
90,6
80,2
89,7
Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat
30
868_08
Tab. 12 - La crescita della presenza straniera nelle città, 2003-2007 (v.a., var.%)
Città
Torino
Genova
Milano
Venezia
Bologna
Firenze
Roma
Napoli
Bari
Palermo
Catania
Cagliari
Immigrati residenti
al 2007
83.977
35.255
170.619
16.959
30.319
34.939
199.417
19.188
5.413
14.734
5.959
3.049
Immigrati residenti
su popolazione 2007
(val. %)
Immigrati residenti
2003-2007
(var. %)
9,3
5,7
13,1
6,3
8,1
9,5
7,4
2,0
1,7
2,2
2,0
1,9
106,7
93,1
70,6
141,1
71,7
64,9
85,3
110,0
-4,1
40,2
39,9
65,7
Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat
Tab. 13 - Compravendita di abitazioni da parte di lavoratori immigrati
Anno
Numero
compravendite
Variazione %
annua
Spesa
media
2004
2005
2006
2007
2008
110.000
116.000
131.000
135.000
120.000
5,4
12,9
3,0
-11,1
93.000
103.000
117.000
124.000
128.000
Fonte: elaborazione Censis su dati Scenari Immobiliari 2008
31
868_08
3.4. Anziani e condizione abitativa
Gli anziani rappresentano, per ragioni diverse, un altro segmento di
popolazione esposto in modo particolare al problema della scarsa
rispondenza della soluzione abitativa alle esigenze ed alle risorse individuali.
Un problema che rimanda a dimensioni demografiche notevoli dato che
l’Italia, come tutti i Paesi avanzati, presenta rilevantissimi tassi di
senilizzazione. Basti pensare che le famiglie con persona di riferimento con
più di 65 anni sono 7,75 milioni, più di un terzo (34%) del totale, e che ormai
un italiano su 5 ha più di 65 anni. Si tratta di quasi 12 milioni di persone, circa
1.340.000 dei quali hanno superato la soglia degli 85 anni e quindi, solo in
casi rari, sono del tutto indipendenti (tab. 20).
Questo segmento della popolazione è in costante aumento. Soltanto nel
periodo 2002-2007 il numero delle persone over 65 anni è aumentato di
circa 1,1 milioni (+ 10,7%), registrando un tasso di crescita triplo rispetto a
quello generale della popolazione (+ 3,6%) (tab. 21).
Gli anziani sono portatori di bisogni molto particolari, anche rispetto alla
dimensione abitativa, che attengono almeno a tre fattori:
-
quello economica, trattandosi in gran parte di persone a reddito mediobasso;
-
quello fisico, relativa cioè all’adeguatezza dello spazio abitato rispetto
alle specifiche esigenze;
-
quello sociale, trattandosi spesso di persone sole.
Per quanto riguarda gli aspetti reddituali, da un’indagine Censis sulle
famiglie in affitto risulta che ben il 90,4% di quelle composte da anziani
dichiara di avere un reddito familiare che non supera i 20.000 euro. Dalla
stessa indagine risultava che sul totale delle famiglie in affitto con reddito
fino a 10 mila euro, per il 39% si tratta di famiglie di anziani, mentre fra quelle
tra i 10 e i 15 mila euro la percentuale degli anziani è pari al 34% (tab. 22).
Ne consegue che gli anziani rappresentano nel quadro attuale una delle
categorie più esposte al caro-affitti. In particolare l’incidenza della spesa
abitativa per le famiglie di anziani in affitto nel mercato privato è
particolarmente elevata laddove si incrociano bassi redditi (pensioni
sociali) e la localizzazione in una grande area urbana. In questo caso per
redditi fino a 10.000 euro il costo dell’affitto incide in media per i due terzi
del reddito; percentuale che scende naturalmente per le fasce di reddito
superiori mantenendosi comunque alta: 48% e 39% rispettivamente per
redditi fino a 15.000 e fino a 20.000 euro. A dimostrazione di come gli anziani
rappresentino un segmento particolarmente esposto al caro-affitto vi è il
dato relativo alla fruizione del buono casa: le famiglie di anziani che hanno
32
868_08
ricevuto il contributo per l’affitto del Fondo sociale, sempre secondo i dati
dell’indagine, sono il 18,9%, contro un dato generale del 12,5%.
Ulteriori bisogni si originano da particolari correlazioni tra condizioni
economiche e abitative. Molti anziani a basso reddito vivono in immobili
sovradimensionati rispetto alle loro esigenze, con alti costi di gestione
(manutenzione ordinaria e straordinaria, aspetti fiscali, ecc.).
Per gli anziani proprietari le difficoltà possono derivare anche dalle mediocri
o pessime condizioni dell’abitazione con carenze di vario genere,
situazione aggravata dalla eventuale presenza di disabilità negli occupanti
anziani
Non va trascurata la tipologia edilizia e le condizioni dell’immobile, in molti
casi non adeguate ai bisogni di cui gli anziani sono portatori. Si pensi alle
case senza ascensore, agli immobili fatiscenti, alle case isolate. Questi
fattori, tenendo presente la forte correlazione tra anzianità e disabilità,
spesso si configurano come vere e proprie barriere architettoniche in grado
di penalizzare fortemente la qualità della vita degli anziani.
Secondo una rielaborazione dei dati Istat dell’ultimo censimento condotta
dalla rivista Abitare Anziani relativa proprio a tale tematica, al 2001 erano
quasi 4 milioni gli anziani (il 47,7%) residenti in case costruite prima del 1962;
quasi 1,5 milioni quelli che occupavano abitazioni per le quali lo stato di
conservazione dell’edificio è stato considerato "mediocre" o "pessimo"
questa situazione riguarda prevalentemente (946.205 casi) gli anziani che
vivono soli o condividono l’abitazione solo con altre persone anziane; è pari
al 78,6% il numero degli anziani che vivono in edifici privi di ascensore;
400.000 anziani vivono in abitazioni prive di impianto di riscaldamento.
Infine un ultimo importante tema è quello della socialità: la fascia di
popolazione anziana è quella che affronta un maggior rischio di isolamento
proprio perché nella maggioranza dei casi si trova a vivere da sola. In molti
casi, specie quando subentrano oggettive limitazioni alla mobilità spaziale,
questo coincide con una situazione di protratto stato di abbandono
(solitudine).
Inoltre la nuclearizzazione spinta delle famiglie e la progressiva difficoltà di
quest’ultime ad offrire assistenza ai parenti anziani, finiscono per impattare
direttamente sulla qualità della vita delle persone in età avanzata.
La tabella 23 mette in luce, attraverso i dati delle indagini Multiscopo Istat,
la condizione abitativa degli italiani che hanno superato i 65 anni di età.
Complessivamente circa il 27% degli anziani dichiara di abitare da solo in
casa, all’interno di questa categoria riscontriamo un 79% di individui di sesso
femminile.
Le indagini rilevano che negli ultimi anni la quota parte di cittadini anziani
che vive da sola non ha subito incrementi significativi, tuttavia
33
868_08
l’allungamento della vita media ha fatto sì che il numero di anziani che soli
sia passato dai 2 milioni e 400 mila individui del 1993 ai 3 milioni nel 2006.
Considerando che nella maggior parte dei casi la condizione di solitudine
non rappresenta una scelta ne consegue oltre ad un incremento nella
domanda di cura e assistenza domiciliare, anche una richiesta di
“compagnia”, alla quale i servizi sociali potranno difficilmente dare risposta
mentre possono risultare determinanti i buoni rapporti di vicinato.
34
868_08
Tab. 20 - Gli anziani in Italia al 2002 e al 2007
65-84 anni
Anno 2002
85 anni e oltre
Nord-ovest
Nord-Est
Centro
Sud
Isole
Italia
2.612.767
1.859.483
1.957.808
2.007.101
986.312
9.423.471
354.396
273.807
257.637
228.222
117.116
1.231.178
2.967.163
2.133.290
2.215.445
2.235.323
1.103.428
10.654.649
2.952.196
2.050.780
2.137.896
2.191.663
1.080.537
10.449.072
370.244
293.380
328.063
259.492
128.501
1.343.680
3.322.440
2.344.160
2.465.959
2.451.155
1.209.038
11.792.752
Nord-ovest
Nord-Est
Centro
Sud
Isole
Italia
17,5%
17,5%
17,9%
14,4%
15,0%
16,5%
2,4%
2,6%
2,4%
1,6%
1,8%
2,2%
19,9%
20,1%
20,3%
16,1%
16,7%
18,7%
18,9%
18,3%
18,5%
15,6%
16,2%
17,7%
2,4%
2,6%
2,8%
1,8%
1,9%
2,3%
21,3%
20,9%
21,4%
17,4%
18,1%
19,9%
Totale 65 anni
e oltre
65-84 anni
Anno 2007
85 anni e oltre
Totale 65 anni
e oltre
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat 2008
35
868_08
Tab. 21 - La crescita del numero di anziani tra il 2002 ed il 2007
Incremento 2002-2007
(val. %)
Incremento 2002-2007
(v.a.)
65-84 anni
Nord-ovest
Nord-Est
Centro
Sud
Isole
Italia
339.429
191.297
180.088
184.562
94.225
1.025.601
85 anni e oltre
15.848
19.573
70.426
31.270
11.385
112.502
Totale 65 anni
e oltre
355.277
210.870
250.514
215.832
105.610
1.138.103
65-84 anni
13,0%
10,3%
9,2%
9,2%
9,6%
10,9%
85 anni e oltre
4,5%
7,1%
27,3%
13,7%
9,7%
9,1%
Totale 65 anni
e oltre
12,0%
9,9%
11,3%
9,7%
9,6%
10,7%
Popolazione
totale
4,4%
5,0%
5,5%
1,2%
1,2%
3,6%
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat 2008
36
868_08
Tab. 22 - Peso delle famiglie con persona di riferimento con più di 65 anni sul totale
delle famiglie in affitto per fascia di reddito
Fascia di reddito
Fino a 10.000 euro
Da 10.000 a 15.000 euro
Da 15.000 a 20.000 euro
Da 20.000 a 25.000 euro
Da 25.000 a 30.000 euro
Oltre 30.000 euro
Totale
Peso percentuale famiglie di anziani
39,2%
34,0%
21,3%
12,4%
11,5%
8,5%
26,4%
Fonte: indagine Censis-Sunia-CGIL, 2007
37
868_08
Tab. 23 - Persone sole che hanno compiuto 65 anni - Medie 1993-94, 1998, 2003 e 2006
Anno
1993-1994
1998
2003
2006
Maschi
v.a. in
% sul
migliaia
totale
degli
anziani
478
485
595
643
12,9
11,9
13,2
13,4
Anziani soli
Femmine
v.a. in
% sul
migliaia
totale
degli
anziani
1.928
2.090
2.431
2.426
36,6
35,7
38,5
36,7
Totale
v.a. in
% sul totale
migliaia
degli
anziani
2.406
2.576
3.026
3.069
26,9
25,9
27,9
26,9
Per 100 anziani soli
Maschi Femmine
Totale
19,9
18,8
19,7
21,0
80,1
81,2
80,3
79,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat - Indagine Multiscopo
38
868_08
4.
IL PATRIMONIO PUBBLICO: DIMENSIONI, UTENZA E GESTIONE
4.1. Il profilo generale del patrimonio
La politica della casa ha costituito uno degli elementi principali delle
politiche di welfare attuate, in forme e dimensioni diverse, nei paesi europei
soprattutto nel dopoguerra. Garantire a tutti l’accesso ad una abitazione
accettabile è stata infatti una delle grandi promesse del secolo passato
delle democrazie occidentali.
In questo ambito l’intervento diretto dello Stato nella realizzazione di alloggi
nasceva con il doppio scopo di assicurare il diritto alla casa anche a quanti
sono penalizzati dalla debolezza delle risorse economiche e di svolgere un
ruolo di ammortizzatore rispetto alle dinamiche del mercato immobiliare.
Ma in un Paese come l’Italia, dove l’accesso alla proprietà abitativa da
parte delle famiglie ha rappresentato il principale obiettivo delle politiche e
dove lo stock di immobili disponibili per l’affitto è sempre stato
notevolmente ridotto rispetto ad altri Paesi europei, anche il patrimonio di
edilizia sociale pubblica ha avuto ed ha tuttora dimensioni decisamente
modeste. L’incidenza del patrimonio gestito dagli ex-Iacp sullo stock
complessivo degli alloggi occupati al 2001, anno del censimento sulla
abitazioni (tab. 24), era pari ad appena il 3,8%, mentre quella sul solo stock
in affitto era pari al 18,8% a livello nazionale, ma solo al 16,7% nelle regioni
del nord (contro il 20,9% del sud).
Un patrimonio in fase di ulteriore riduzione, visto che nel corso degli anni
Novanta l’impegno pubblico è stato progressivamente ridimensionate fino
ad arrivare ad un sostanziale smantellamento dell’intervento diretto. Come
è noto, il trasferimento alle Regioni delle competenze in materia (1998), ha
coinciso con la fine del prelievo Gescal che aveva avuto il merito di
garantire al comparto un flusso finanziario costante e piuttosto consistente
(3-4 mila miliardi di vecchie lire l’anno). Non stupisce dunque che negli
ultimi anni la produzione annua di alloggi sociali su tutto il territorio
nazionale sia scesa sotto le 2.000 unità (su un totale di circa 300.000
abitazioni costruite). Del resto è noto come, soprattutto nelle grandi città,
siano numerosissime le famiglie in graduatoria in attesa dell’assegnazione di
un alloggio sociale (tab. 25).
39
868_08
Peraltro un contributo significativo alla ulteriore contrazione del mercato
dell’affitto è derivato dal processo di dismissione degli immobili residenziali
degli ex IACP e dei Comuni (nonché degli Enti previdenziali) in particolare
nelle aree metropolitane dove più è concentrato questo patrimonio.
In particolare le politiche di alienazione di parte del patrimonio ERP (dovuta
alla legge 560/1993) hanno portato alla dismissione, tra il 1993 ed il 2006 di
oltre 150.000 alloggi (tab. 26), con un ricavo unitario medio di appena
23.700 euro. Come si vede l’apice di questo processo si è avuto tra il 1996
ed il 1999 quando il volume annuo di vendite si è attestato sulle 16-00017.000 unità (fig. 4).
Oggi lo stock gestito dalle Ater assomma a soli circa 940.000 alloggi di cui
però solo 768.000 in locazione (tab. 27); di questi ben il 45,5% si trova nelle
regioni del nord. Tra il 2001 ed il 2005 il patrimonio gestito dalle aziende è
diminuito di quasi il 6% (tab. 28).
Venendo al grado di utilizzo del patrimonio (tab. 29) la percentuale di
alloggi occupati abusivamente rispetto al totale degli alloggi gestiti in
locazione sale scendendo verso il Meridione: è pari all’1,4% nel nord, al 4,6%
nelle regioni dell’Italia Centrale e al 7,7 in quelle del Sud.
Tab. 24- Peso percentuale del patrimonio Ater sullo stock abitativo al 2001 (val.%)
Alloggi in locazione
2001
Nord
Centro
Sud
Italia
362.126
162.001
287.361
811.488
Incidenza
patrimonio Ater
sul totale alloggi
3,5%
3,9%
4,1%
3,8%
Incidenza
patrimonio Ater sul
totale alloggi in
affitto
16,7%
20,8%
20,9%
18,8%
Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa e Istat
40
868_08
Tab. 25 - Famiglie in graduatoria per un alloggio sociale in alcune città italiane
Città
Assegnazione alloggio sociale
% richieste sul totale
Data bando o agg.
famiglie
Famiglie in
graduatoria
Torino
Milano
Venezia
Bologna
Firenze
Roma
Napoli
Bari
Palermo
Catania
Cagliari
10.000
12.820
4.179
5.361
3.437
29.302
10.000
11.370
4.073
10.800
979
2007
2007
2005
2007
2006?
2005
1995
2005
2003
2003
2005
2%
2%
3%
3%
2%
3%
1%
9%
2%
8%
1%
Fonte: Indagine Federcasa, 2008
Tab. 26 - Andamento delle vendite del patrimonio ERP per anno (1993-2006)
Anno
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Totale
Alloggi venduti
4.956
4.533
9.933
16.133
14.444
17.007
17.756
10.714
10.500
7.050
10.731
9.289
9.484
12.238
154.768
Ricavi da vendite
(in milioni)
115
105
231
375
336
414
413
284
192
198
206
233
232
331
3.665
Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa
41
868_08
Fig. 4 - L’andamento delle vendite del patrimonio ex Iacp (1993-2006)
Fonte: Federcasa, 2008
Tab. 27 – Il patrimonio gestito dalle Aziende al 2006 (stima Federcasa)
Alloggi in
locazione
Nord
Centro
Sud
Italia
340.415
152.922
280.499
768.047
Alloggi a
riscatto
Alloggi privati
(gestione
condominiale)
36.194
19.289
19.292
74.775
50.293
12.999
26.917
90.210
Totale
426.902
185.211
326.708
938.821
Val.%
45,5%
19,7%
34,8%
100,0%
Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa
42
868_08
Tab. 28 - Variazione del patrimonio gestito 2001-2006 (val.%)
Alloggi in locazione
2001
Nord
Centro
Sud
Italia
Alloggi in locazione
2006
362.126
162.001
287.361
811.488
Var.%
2001-2005
340.415
152.922
280.499
768.047
- 6,0%
- 5,6%
- 2,4%
- 5,4%
Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa
Tab. 29 - Grado di utilizzo del patrimonio in locazione al 2006 (val.%)
Assegnati
(val.%)
Nord
Centro
Sud
Italia
93,0
92,4
89,5
91,6
Alloggi in locazione
Occupati
Sfitti(*)
Abusivamente
(val.%)
(val.%)
1,4
4,6
7,7
4,3
5,6
3,0
2,8
4,1
Totale
(val.%)
100,0
100,0
100,0
100,0
(*) da riassegnare o da ristrutturare
Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa
43
868_08
4.2. Gli aspetti gestionali
Canoni di affitto talvolta quasi simbolici, rilevanti fenomeni di abusivismo,
morosità diffusa: questi sono i luoghi comuni che accompagnano presso
l’opinione pubblica l’immagine della gestione del patrimonio di edilizia
“popolare” del Paese.
Per andare al di là degli stereotipi, che naturalmente discendono anche da
realtà concrete, occorre riferirsi direttamente alle variegate situazioni locali.
Al riguardo l’indagine effettuata nel 2008 presso le aziende territoriali di
tutta Italia da Federcasa per questa ricerca promossa da Dexia, in parte
conferma ed in parte smentisce tale visione semplicistica.
Si guardi ad esempio al fenomeno dell’abusivismo (tab. 30): in gran parte
del Paese (centro-nord e molte realtà del Mezzogiorno) è a livelli bassissimi,
assolutamente fisiologici (0,1-0,3%). In qualche città del nord raggiunge l’1%
(Brescia, Trento). In una realtà difficile e complessa dal punto di vista della
domanda abitativa come Milano sale al 5%. Ma in alcune, poche per la
verità, realtà del sud invece è un fenomeno assai rilevante. I casi estremi
sono rapprsentanti dalle due grandi città della Sicilia, Palermo e Catania,
dove sono abusive più di un quarto delle famiglie (27%). Ma percentuali
rilevanti si registrano anche a Cosenza (15%), e a Brindisi ( 11,2%), ad
esempio.
Riguardo ai canoni c’è da premettere un dato importante: in altri paesi
europei gli affitti del comparto sociale sono ben più elevati, ma larga parte
delle famiglie degli inquilini ricevono un sussidio pubblico. In Italia ciò
avviene solo, ed in misura comunque insufficiente come si è visto nel
capitolo introduttivo della ricerca, nell’ambito del settore privato.
Ne deriva che le entrate da canoni sono assolutamente modeste. La
tabella 31 mostra come il ricavo annuo medio per alloggio gestito, in
generale molto basso, registri delle marcate differenze nelle varie aree del
Paese. Si attesta sui 1.000 euro/anno (90 euro mensili) nel nord-ovest
(Piemonte-Liguria, Lombardia), sale attorno ai 1.200/1.300 euro nel nord-est
(Veneto, Emilia), in qualche caso anche sui 1.400 nel centro Italia (Firenze,
Terni) per poi scendere nelle regioni del Sud su valori tra 600 e 800 euro.
Peraltro, come è noto, nonostante l’evidente funzione sociale svolta, finora
gli ex Iacp, oggi aziende territoriali, sono stati obbligati a pagare l’imposta
comunale sugli immobili e sono stati esclusi dai benefici fiscali sulle
ristrutturazioni degli immobili (il famoso 36%). In questo senso il recente
intervento di cancellazione dell’ICI sull’ERP va salutato come un fatto
estremamente positivo. Nell’attuale formulazione tale esenzione libera circa
44
868_08
80 milioni di euro, pari a oltre il 10% del monte affitti totale, che possono
essere investiti nella riqualificazione energetica del patrimonio con positive
ricadute sull’occupazione, sulla produzione e sulla bolletta energetica degli
utenti.
Per quanto concerne la morosità (tab. 32), anche questa risulta molto
differenziata: il fenomeno è molto rilevante nelle grandi città (Torino,
Milano, Genova, Roma, Napoli, Bari e Palermo), mentre assume contorni
assai più contenuti nelle medie città soprattutto del centro-nord.
Basti pensare che se si considera al 2006 il rapporto tra mancati introiti per
morosità e ricavi da canoni in città come Bergamo, Brescia, Parma ma
anche a Venezia, Firenze e Bologna, siamo su valori intorno al 5%, mentre a
Cagliari si arriva al 44%, a Palermo siamo al 35%, a Torino e Genova al 32%,
a Roma e Napoli al 30%, a Bari al 23 e a Milano al 19%.
Una situazione che mediamente tra il 2001 ed il 2006 è peggiorata.
L’aumento generalizzato delle morosità, è senz’altro da mettere in relazione
con l'impoverimento generale della popolazione che abita nei quartieri di
edilizia sociale pubblica.
Peraltro i mancati introiti corrispondono a cifre importanti: a Roma la
morosità annua ammonta a 21 milioni di euro, a Milano a 17 milioni, a
Torino a 11,5 a Napoli a 7 milioni di euro.
Infine se si guarda al personale impiegato nella gestione del patrimonio
(tab. 33), sono evidenti le discrepanze tra aziende. Se al nord
generalmente il numero di alloggi per addetto si attesta intorno al valore
100, (con casi di maggiore dotazione di personale come Milano, Bergamo,
Udine, Forlì), nelle aziende meridionali si arriva a casi limite come quelli di
Palermo e Brindisi dove ad ogni addetto in servizio corrispondono più di 300
alloggi da gestire.
45
868_08
Tab. 30 - Alloggi occupati abusivamente, 2006
Ente, azienda
Torino
Novara
Alessandria
Genova
La Spezia
Milano
Bergamo
Brescia
Cremona
Trento
Venezia
Padova
Udine
Trieste
Bologna
Parma
Forlì-Cesena
Firenze
Livorno
Perugia
Terni
Ancona
Teramo
Pescara
Roma Comune
Latina
Napoli
Avellino
Bari
Brindisi
Potenza
Cosenza
Palermo
Catania
Messina
Cagliari
Nuoro
Totale
Alloggi
gestiti
32.674
6.132
5.108
12.050
4.124
65.930
6.882
9.946
5.387
10.118
12.518
9.327
7.072
13.379
19.092
6.263
4.380
12.036
8.941
4.726
3.735
5.788
2.554
4.543
52.845
7.890
34.430
6.742
20.877
6.007
5.957
11.010
11.000
10.003
7.841
11.309
4.039
462.655
(60,2% del patrimonio
in locazione)
Di cui occupati
abusivamente
110
5
3
92
36
3.409
0
119
0
156
137
35
0
34
27
0
21
138
214
10
27
3
2
96
5.863
326
1.243
24
563
675
161
1.639
3.000
2.386
500
39
33
21.126
% alloggi occupati
abusivamente
0,3%
0,1%
0,1%
0,8%
0,9%
5,2%
0,0%
1,2%
0,0%
1,5%
1,1%
0,4%
0,0%
0,3%
0,1%
0,0%
0,5%
1,1%
2,4%
0,2%
0,7%
0,1%
0,1%
2,1%
11,1%
4,1%
3,6%
0,4%
2,7%
11,2%
2,7%
14,9%
27,3%
23,9%
6,4%
0,3%
0,8%
4,6%
Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008
46
868_08
Tab. 31 -
Ente, azienda
Torino
Novara
Alessandria
Genova
La Spezia
Milano
Bergamo
Brescia
Cremona
Trento
Venezia
Padova
Udine
Trieste
Bologna
Parma
Forlì-Cesena
Firenze
Livorno
Perugia
Terni
Ancona
Teramo
Pescara
Roma Comune
Latina
Napoli
Avellino
Bari
Brindisi
Potenza
Cosenza
Palermo
Catania
Messina
Cagliari
Nuoro
Totale
Ricavi da canoni relativi al patrimonio residenziale gestito, 2006
Ricavi da canoni
alloggi
35.511.587
6.636.379
4.644.276
13.098.678
4.568.099
77.141.836
7.144.960
13.973.000
4.553.133
12.040.338
12.712.279
12.975.996
8.971.083
16.261.228
24.389.588
8.379.075
5.048.348
17.557.529
9.768.642
8.062.487
5.714.311
7.438.571
1.684.183
2.513.567
45.857.895
3.651.043
19.722.690
3.770.625
14.661.100
4.685.227
5.333.097
7.340.703
14.420.166
8.055.253
8.090.799
10.962.161
4.081.856
471.421.788
Ricavo medio per
alloggio
1.087
1.082
909
1.087
1.108
1.170
1.038
1.405
845
1.190
1.016
1.391
1.269
1.215
1.277
1.338
1.153
1.459
1.093
1.706
1.530
1.285
659
553
868
463
573
559
702
780
895
667
1.311
805
1.032
969
1.011
1.041
Ricavo medio
mensile
91
90
76
91
92
97
87
117
70
99
85
116
106
101
106
111
110
122
91
106
127
107
55
46
72
39
48
47
59
65
75
56
109
67
86
81
84
87
Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa, 2008
47
868_08
Fig. 5 – Ricavo medio annuo per alloggio 2006 (valori in euro)
Perugia
1.706
Terni
1.530
Firenze
1.459
Brescia
1.405
Padova
1.391
Parma
1.338
Palermo
1.311
Ancona
1.285
Bologna
1.277
Udine
1.269
Trieste
1.215
Trento
1.190
Milano
1.170
Forlì-Cesena
1.153
La Spezia
1.108
Livorno
1.093
Genova
1.087
Torino
1.087
Novara
1.082
Bergamo
1.038
Messina
1.032
Venezia
1.016
Nuoro
1.011
Cagliari
969
Alessandria
909
Potenza
895
Roma Comune
868
Cremona
845
Catania
805
Brindisi
780
Bari
702
Cosenza
667
Teramo
659
Napoli
573
Avellino
559
Pescara
553
Latina
463
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
1800
Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa, 2008
48
868_08
Tab. 32- La morosità relativa ai canoni di affitto
Ente, azienda
Morosità
canoni
(euro)
Torino
12.823.839
Novara
800.000
Alessandria
589.852
Genova
577.039
La Spezia
350.592
Milano
4.204.811
Bergamo
177.342
Brescia
310.526
Cremona
93.507
Trento
255.386
Venezia
664.868
Padova
316.211
Udine
45.274
Bologna
362.906
Parma
73.131
Forlì-Cesena
184.434
Firenze
918.683
Livorno
1.000.000
Perugia
300.000
Terni
894.467
Ancona
41.233
Teramo
363.826
Pescara
106.601
Roma Comune 18.420.136
Latina
1.288.648
Napoli
3.624.666
Avellino
321.695
Bari
3.739.724
Brindisi
1.490.589
Potenza
913.902
Cosenza
Palermo
7.602.832
Catania
6.536.229
Messina
Cagliari
3.530.092
Nuoro
1.033.074
Totale
2001
Importo
dovuto
(euro)
49.654.649
6.000.000
4.703.542
15.200.000
5.094.366
76.451.115
6.658.278
9.389.569
4.988.589
10.546.080
14.033.446
12.216.845
7.233.933
23.603.069
5.576.659
5.591.139
11.905.142
7.655.095
6.704.920
5.552.247
7.664.725
1.576.374
3.413.721
73.078.135
4.711.184
22.500.000
3.735.000
14.877.380
5.114.733
6.768.599
15.000.000
4.500.000
10.928.198
3.839.943
%
Morosità
su
importo
dovuto
25,8%
13,3%
12,5%
3,8%
6,9%
5,5%
2,7%
3,3%
1,9%
2,4%
4,7%
2,6%
0,6%
1,5%
1,3%
3,3%
7,7%
13,1%
4,5%
16,1%
0,5%
23,1%
3,1%
25,2%
27,4%
16,1%
8,6%
25,1%
29,1%
13,5%
50,7%
32,3%
26,9%
12,9%
Morosità
canoni
(euro)
2006
Importo
dovuto
(euro)
11.529.996
908.890
440.000
1.404.355
122.659
7.860.753
411.760
996.900
313.641
282.721
590.008
972.085
336.930
1.376.913
493.058
245.131
737.964
849.721
1.453.682
679.569
355.140
446.713
259.596
23.474.373
1.026.848
5.383.000
277.456
3.765.541
826.449
1.952.685
5.862.251
5.389.259
7.973.304
4.824.179
-
35.511.587
8.137.044
4.710.508
14.770.904
4.993.020
77.141.836
8.066.671
15.423.000
5.694.056
14.312.080
13.635.317
13.336.627
9.347.749
28.458.788
9.535.697
5.348.641
18.062.367
10.522.057
8.062.487
6.634.238
7.968.948
1.684.383
2.753.268
57.003.994
4.049.358
22.605.477
3.989.843
16.147.646
5.010.287
6.492.393
7.786.069
15.524.095
8.617.680
9.066.562
10.962.161
-
%
Morosità
su
importo
dovuto
32,5%
11,2%
9,3%
9,5%
2,5%
10,2%
5,1%
6,5%
5,5%
2,0%
4,3%
7,3%
3,6%
4,8%
5,2%
4,6%
4,1%
8,1%
18,0%
10,2%
4,5%
26,5%
9,4%
41,2%
25,4%
23,8%
7,0%
23,3%
16,5%
30,1%
75,3%
34,7%
92,5%
44,0%
15,9%
Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008
49
868_08
Tab. 33 – Il rapporto addetti/patrimonio gestito, 2006
Azienda
Torino
Novara
Alessandria
Genova
La Spezia
Milano
Bergamo
Brescia
Cremona
Trento
Venezia
Padova
Udine
Trieste
Bologna
Parma
Forlì-Cesena
Firenze
Livorno
Perugina
Terni
Ancona
Teramo
Roma Comune
Latina
Napoli
Avellino
Bari
Brindisi
Potenza
Cosenza
Palermo
Catania
Messina
Cagliari
Nuoro
Addetti in
servizio
293
37
37
108
39
952
75
87
31
144
108
54
97
160
176
53
49
72
55
43
25
53
26
742
52
184
54
134
28
64
74
172
90
236
46
21
n. alloggi gestiti
39.429
6.235
5.553
12.200
4.348
65.930
6.882
10.956
5.458
15.264
12.639
9.416
7.072
17.524
35.109
6.283
4.380
13.020
10.973
5.072
3.964
5.860
2.839
66.618
7.890
39.199
7.440
22.366
9.389
6.488
11.968
11.000
14.713
7.925
11.309
4.297
Alloggi per addetto
135
171
150
113
111
70
92
126
176
106
117
174
73
110
199
119
89
181
200
118
159
111
109
90
152
213
138
167
335
101
162
64
163
34
246
205
Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008
50
868_08
4.3. Il profilo dell’utenza
In opposizione alla fenomenologia sempre più diffusa in Italia che sta
portando ad una progressiva diminuzione del numero medio degli
occupanti delle abitazioni private, dai dati a disposizione emerge invece
che nel patrimonio pubblico, in diverse province, si sta verificando un
discreto incremento del numero medio degli occupanti delle abitazioni
(tab. 34).
Il fenomeno è sicuramente legato alla condizione economica degli inquilini
delle case popolari che, in molte città, non riuscendo a far fronte
all’incremento dei prezzi degli affitti sul mercato si trovano costretti a
scegliere di continuare a vivere sotto lo stesso tetto nonostante gli inevitabili
disagi.
E’ sicuramente nella porzione di cittadini immigrati che questa condizione è
più diffusa e l’incremento della loro presenza nel patrimonio pubblico ne è
la conferma.
I dati raccolti nella tabella 35 evidenziano infatti una significativa crescita
della presenza di immigrati negli alloggi ERP. Fra i casi più evidenti c’è
quello della provincia di Bergamo dove la presenza di cittadini
extracomunitari in case popolari è cresciuta dal 2001 al 2006 del 686 % in
termini assoluti; mentre, se si valuta la quota percentuale sul totale degli
abitanti dell’edilizia pubblica, si è passati dall’ 1,6 % del 2001 al 12,9% del
2006.
Anche a Milano per gli stessi anni gli inquilini immigrati nelle case dello stato
sono passati dalle 7.690 alle 12.412 unità e a Bologna la loro presenza negli
alloggi popolari si è addirittura raddoppiata.
Ormai all’interno del parco abitativo di alcune aziende del centro-nord del
Paese la presenza di famiglie di immigrati ha raggiunto percentuali
decisamente considerevoli: il 18,9% a Parma, il 15,5% a Brescia, 15,2% ad
Ancona, il 14,2% a Bologna, il 14% a Perugia, il 12,9% a Milano, solo per
citare i casi maggiori.
Se l’incremento della presenza di immigrati negli ultimi anni ha portato ad
un abbassamento dell’età media dell’utenza degli alloggi pubblici, questo
fattore è controbilanciato dalla lunga permanenza nelle case da parte
degli aggiudicatari. Una ricerca Censis – Sunia – Cgil del 2007 ha rilevato il
tempo di permanenza nelle abitazioni di proprietà pubblica, dimostrando
che il 46,6% degli inquilini vive negli alloggi popolari da più di 16 anni e un
altro 35,2% da almeno 6 anni. (tab. 36)
51
868_08
Ecco quindi che, come evidenziato nella tabella 37, in proporzione la
presenza di inquilini che hanno superato i 65 anni nelle abitazioni di
proprietà pubblica, ha subito, dal 2001 al 2006, un incremento fra il 20 e il
30% nella quasi totalità delle province prese ad esame nell’ambito di
questa ricerca. Mentre in termini assoluti l’aumento della fetta di
popolazione anziana è stato rilevato solo in poche province, e soprattutto
a Brescia, Bergamo, ma anche a Perugia. Complessivamente gli enti
provinciali che si trovano a dover far fronte alla maggiore quota di inquilini
anziani sono quelli di La Spezia, Bologna e Parma con rispettivamente il
33,1%, il 32,2% e il 31,6% di inquilini over 65.
Tutto questo dimostra, ancora una volta, lo scarso turn over degli inquilini
nelle abitazioni pubbliche, da attribuirsi in parte alla difficoltà di
ricollocazione sul mercato delle famiglie non aventi diritto, ma anche ad un
reale mantenimento delle condizioni di svantaggio da parte degli abitanti
degli alloggi pubblici.
In termini di povertà e disagio, per il 2006 la presenza di nuclei in prima
fascia di reddito presenta situazioni sostanzialmente differenziate a livello
territoriale. Fra gli enti provinciali oggetto della nostra indagine, quelli che
hanno una maggior quota di inquilini che pagano il canone minimo sono
quelli di Alessandria (77,1%), Novara (57,1%), Parma (52,7%), Forlì (51,3%) e
Brindisi (50,2%) (tab. 38).
52
868_08
Tab. 34 - Inquilini nel patrimonio abitativo in locazione gestito dagli Ater/Iacp: confronto
2001/ 2006
Ente, azienda
Torino
Novara
Alessandria
Genova
La Spezia
Milano
Bergamo
Brescia
Cremona
Trento
Venezia
Padova
Udine
Trieste
Bologna
Parma
Forlì-Cesena
Firenze
Livorno
Perugia
Terni
Ancona
Teramo
Pescara
Roma
Comune
Latina
Napoli
Avellino
Bari
Brindisi
Potenza
Cosenza
Palermo
Messina
Catania
Cagliari
Nuoro
Alloggi
2001
33.001
6.041
5.033
12.811
4.331
89.501
5.964
9.335
5.346
8.386
12.915
9.706
7.102
13.233
18.664
6.087
4.350
13.127
7.680
4.538
3.662
6.175
2.539
5.167
Abitanti
alloggi 2001
67.896
16.422
12.583
8.250
178.318
18.357
14.495
10.582
18.028
27.462
28.635
16.315
23.819
36.562
10.095
9.055
30.192
22.135
9.984
6.958
13.727
8.200
13.227
65.686
-
8.531
36.728
5.496
21.230
5.955
6.474
11.048
14.460
12.746
12.553
10.946
4.132
25.593
40.488
32.838
10.819
n. medio
abitanti per
alloggio 2001
2,1
2,7
2,5
1,9
2,0
3,1
1,6
2,0
2,1
2,1
3,0
2,3
1,8
2,0
1,7
2,1
2,3
2,9
2,2
1,9
2,2
3,2
2,6
3,0
2,8
3,0
2,6
Alloggi
2006
Abitanti
alloggi
2006
32.674
6.132
5.108
12.050
4.124
65.930
6.882
9.946
5.387
10.118
12.518
9.327
7.072
13.379
19.092
6.263
4.380
12.036
8.941
4.726
3.735
5.788
2.554
4.543
70.000
13.384
11.980
20.953
8.516
132.158
15.823
19.751
10.920
21.143
24.619
21.850
14.144
20.750
35.846
11.401
9.218
27.793
19.704
12.655
6.446
13.976
12.375
52.845
127.846
7.890
34.430
6.742
20.877
6.007
5.957
11.010
11.000
7.841
10.003
11.309
4.039
110.357
20.803
52.193
16.043
27.500
31.700
34.779
10.905
n. medio
abitanti per
alloggio
2006
2,1
2,2
2,3
1,7
2,1
2,0
2,3
2,0
2,0
2,1
2,0
2,3
2,0
1,6
1,9
1,8
2,1
2,3
2,2
2,7
1,7
2,4
2,7
2,4
3,2
3,1
2,5
2,7
2,5
4,0
3,1
2,7
Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008
53
868_08
Tab. 35 - L’utenza: la presenza di immigrati. Confronto 2001-2006
Provincia di
riferimento
dell’azienda
Torino
Novara
Alessandria
Genova
La Spezia
Milano
Bergamo
Brescia
Cremona
Trento
Venezia
Padova
Udine
Trieste
Bologna
Parma
Forlì-Cesena
Firenze
Perugia
Terni
Ancona
Roma
Comune
Avellino
Palermo
Messina
Nuoro
Totale
abitanti
2001
immigrati
% immigrati
extracomunitari extracomunitari
sul totale
67.896
16.422
12.583
21.000
8.250
178.318
18.357
14.495
10.582
18.028
27.462
28.635
16.315
23.819
36.562
10.095
9.055
30.192
9.984
6.958
13.727
3.201
388
1.342
562
218
7.690
297
2.047
300
824
172
228
207
200
2.546
n.d.
389
1.980
200
502
40.488
-
20
-
4,7%
2,4%
10,7%
2,7%
2,6%
4,3%
1,6%
14,1%
2,8%
4,6%
0,6%
0,8%
1,3%
0,8%
7,0%
n.d.
4,3%
6,6%
2,9%
3,7%
0,05%
-
Totale
abitanti
2006
immigrati
% immigrati
extracomunitari extracomunitari
sul totale
70.000
13.384
11.980
20.953
8.516
132.158
15.823
19.751
10.920
21.143
24.619
21.850
14.144
20.750
35.846
11.401
9.218
27.793
12.655
6.446
13.976
5.700
1.815
1.989
175
12.412
2.038
3.094
1.804
849
933
400
704
5.080
2.155
1.248
1.945
1.767
516
2.123
127.846
20.803
27.500
31.700
10.905
2.422
773
15
25
8,1%
13,6%
16,6%
2,1%
9,4%
12,9%
15,7%
16,5%
4,0%
4,3%
2,8%
3,4%
14,2%
18,9%
13,5%
7,0%
14,0%
8,0%
15,2%
1,9%
3,7%
0,04%
0,2%
Variazione
2001-2006.
Val.%
78,1
367,8
48,2
-19,7
61,4
586,2
51,1
501,3
3,0
309,2
93,2
252,0
99,5
220,8
-1,8
158,0
322,9
-
Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008
54
868_08
Tab. 36 - L’utenza: gli inquilini con più di 65 anni. Confronto 2001-2006
Provincia di
riferimento
dell’azienda
2001
2006
%
Totale
abitanti
Torino
67.896
Novara
16.422
Alessandria
12.583
Genova
La Spezia
8.250
Milano
178.318
Bergamo
18.357
Brescia
14.495
Cremona
10.582
Trento
18.028
Venezia
27.462
Padova
28.635
Udine
16.315
Trieste
23.819
Bologna
36.562
Parma
10.095
Forlì-Cesena
9.055
Firenze
30.192
Livorno
22.135
Perugia
9.984
Terni
6.958
Ancona
13.727
Teramo
8.200
Pescara
13.227
Roma Comune
Latina
25.593
Napoli
Avellino
Brindisi
Palermo
40.488
Cagliari
32.838
Con più
Inquilini
di 65
con più di
anni
65 anni
14.555
3.500
2.400
2.378
48.517
3.671
3.312
2.654
3.866
7.433
7.135
3.397
7.000
12.460
3.896
2.621
6.500
5.828
2.100
1.700
5.025
1.150
3.325
5.119
4.049
-
21,4%
21,3%
19,1%
28,8%
27,2%
20,0%
22,8%
25,1%
21,4%
27,1%
24,9%
20,8%
29,4%
34,1%
38,6%
28,9%
21,5%
26,3%
21,0%
24,4%
36,6%
14,0%
25,1%
20,0%
-
Totale
abitanti
70.000
13.384
11.980
20.953
8.516
132.158
15.823
19.751
10.920
21.143
24.619
21.850
14.144
20.750
35.846
11.401
9.218
27.793
19.704
12.655
6.446
13.976
12.375
127.846
110.357
20.803
16.043
10,0% 27.500
34.779
Con più
di 65
anni
14.000
2.805
2.663
5.834
2.823
39.568
4.763
5.538
2.938
4.264
7.353
1.865
3.413
6.189
11.551
3.602
2.822
7.638
5.635
2.561
1.831
3.681
3.228
32.031
17.629
2.988
3.663
4.996
%
Inquilini
con più
di 65
anni
20,0%
21,0%
22,2%
27,8%
33,1%
29,9%
30,1%
28,0%
26,9%
20,2%
29,9%
8,5%
24,1%
29,8%
32,2%
31,6%
30,6%
27,5%
28,6%
20,2%
28,4%
26,3%
26,1%
25,1%
16,0%
14,4%
22,8%
14,4%
Variazione
2001-2006
Val.%
- 3,8
- 19,9
11,0
18,7
- 18,4
29,7
10,3
- 1,1
- 73,9
0,5
- 11,6
- 7,3
- 7,5
7,7
17,5
- 3,3
22,0
7,7
- 26,7
- 2,9
-
Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa, 2008
55
868_08
Tab. 37 - Anni di residenza (in classi) in abitazioni di proprietà pubblica (Ater, Stato,
Regione, Provincia, Comune) , val.%
Anni di residenza
Fino a 5 anni
Da 6 a 15 anni
16 anni e oltre
Totale
Val. %
18,2
35,2
46,6
100,0
Fonte: indagine Censis-Sunia-Cgil, 2007
56
868_08
Tab. 38 - L’utenza: la presenza di nuclei in prima fascia di reddito, 2006
Provincia di riferimento
dell’azienda
Torino
Novara
Alessandria
Genova
La Spezia
Milano
Bergamo
Brescia
Cremona
Trento
Venezia
Padova
Udine
Trieste
Bologna
Parma
Forlì-Cesena
Firenze
Livorno
Perugia
Terni
Ancona
Teramo
Pescara
Roma Comune
Latina
Napoli
Avellino
Bari
Brindisi
Potenza
Cosenza
Palermo
Catania
Messina
Cagliari
Nuoro
Totale alloggi
32.674
6.132
5.108
12.050
4.124
65.930
6.882
9.946
5.387
10.118
12.518
9.327
7.072
13.379
19.092
6.263
4.380
12.036
8.941
4.726
3.735
5.788
2.554
4.543
52.845
7.890
34.430
6.742
20.877
6.007
5.957
11.010
11.000
8.694
7.841
11.309
4.039
Nuclei in prima
fascia di reddito
11.928
3.500
3.937
3.859
1.150
11.870
1.881
2.712
1.240
1.355
1.491
1.373
3.000
5.413
7.472
3.298
2.249
2.870
2.470
1.428
1.087
838
381
1.128
20.839
2.701
12.851
1.887
3.015
2.369
3.501
4.800
5.477
1.707
Nuclei in prima fascia di
reddito su alloggi
(val.%)
36,5%
57,1%
77,1%
32,0%
27,9%
18,0%
27,3%
27,3%
23,0%
13,4%
11,9%
14,7%
42,4%
40,5%
39,1%
52,7%
51,3%
23,8%
27,6%
30,2%
29,1%
14,5%
14,9%
24,8%
39,0%
34,2%
37,3%
28,0%
50,2%
39,8%
40,3%
61,2%
48,4%
42,3%
Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008
57
868_08
5.
LE AZIENDE CASA “VISTE” ATTRAVERSO I BILANCI
5.1. Il campione oggetto di analisi
Successivamente al trasferimento delle competenze in materia di housing
sociale, le Regioni hanno avviato un creativo processo di riforma del settore
- in parte ancora in corso (L.R. Sardegna n. 12/2006) - sino a disegnare
modelli organizzativi che presentano significative differenze. Il percorso di
“personalizzazione” delle modalità operative di intervento non poteva non
coinvolgere le aziende casa, il “braccio operativo” delle Regioni e degli
Enti locali nell’edilizia residenziale pubblica.
Nel disegnare i nuovi modelli di housing sociale, nessuna Regione ha
ritenuto di poter far a meno delle aziende casa, ereditate dal precedente
modello (ex Iacp); al 1.01.2008 sono 108 le aziende casa operative sul
territorio nazionale (che aderiscono, come soci ordinari, a Federcasa).
Un primo elemento di differenziazione è dato dalla denominazione, che
riflette in taluni casi anche il diverso assetto normativo aziendale: ACER in
Emilia Romagna, ALER in Lombardia, ATC in Piemonte, AREA in Sardegna,
ARTE in Liguria, ATER in Basilicata, etc., oltre alle aziende casa che, non
essendo state oggetto di specifica riforma, rimangono denominate Iacp
(Campania, Sicilia, Puglia, ecc.).
Circa la forma giuridica, alcune aziende casa sono costituite in forma
societaria (Toscana e Trentino), sebbene solo in alcuni casi risulti previsto
per legge l’obbligo del mantenimento del capitale sociale interamente
pubblico (ad es. l’art. 7, L.Prov. Trento n. 15/2005). Gran parte delle aziende
casa sono costituite, tuttavia, in forma di enti pubblici economici (Emilia
Romagna, Liguria, Veneto, Umbria, Friuli-Venezia Giulia, ecc.) ovvero di enti
pubblici non economici (Piemonte, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata,
Sicilia, ecc.).
Le Regioni hanno generalmente optato per aziende casa con competenze
su bacini provinciali; sono dunque normalmente presenti tante aziende
casa quante sono le provincie. Tuttavia, in Sardegna l’azienda casa è
unica ma articolata per distretti territoriali periferici, corrispondenti a
ciascuna delle circoscrizioni provinciali ovvero a più circoscrizioni provinciali
in relazione all’entità del patrimonio gestito.
58
868_08
Le differenze riguardano anche i profili patrimoniali; gran parte delle
aziende casa sono proprietarie degli alloggi di edilizia residenziale pubblica
presenti nel bacino di riferimento. Non mancano, tuttavia, Regioni che
hanno preferito assegnare la proprietà degli alloggi agli Enti locali;
quest’ultimi si avvalgono poi delle aziende casa per gestire tale patrimonio
(Emilia Romagna e Toscana).
Va segnalato, però, che anche le aziende casa operative in Emilia
Romagna e Toscana sono comunque proprietarie di alcuni alloggi, in
quanto finanziati con risorse proprie; di converso, anche nelle Regioni con
aziende casa c.d. “pesanti” (in quanto proprietarie del patrimonio), un
rilevante numero di alloggi risulta comunque detenuto dagli Enti locali
anziché dalle aziende casa.
In un quadro di riferimento così eterogeneo, appare utile poter confrontare
l’andamento della gestione che risulta dai bilanci delle aziende casa.
L’obiettivo del presente capitolo è dunque quello di poter confrontare
l’andamento aggregato della gestione economica, finanziaria e
patrimoniale che risulta dai bilanci delle aziende casa; più in particolare,
dai bilanci degli anni 2004, 2005 e 2006.
L’analisi è stata svolta su n. 33 bilanci di aziende casa (tab. 39) scelte tra
quelle che adottano la contabilità di tipo economico; va segnalato, in
proposito, che una parte rilevante delle aziende casa (principalmente
quelle operative nel sud del Paese), adotta ancora una contabilità di
natura finanziaria (al pari degli Enti locali) con evidenti criticità di analitico
confronto con il sistema a contabilità economica.
L’unica azienda con contabilità di natura finanziaria compresa nel
campione è l’ATC di Torino; ciò in quanto tale azienda rende disponibili
anche dei prospetti contabili di natura economica.
Nel corso dell’analisi dei bilanci sono emerse, inoltre, alcune differenze nelle
modalità di allocazione di alcune poste; alcuni elementi di costo compresi
nella voce “Oneri diversi di gestione”, in particolare, non è riservato un
trattamento omogeneo. Al fine di assicurare l’analisi tra dati omogenei si è
provveduto a riallocare – in limitati casi – alcune delle poste di bilancio.
Le 33 aziende casa oggetto di osservazione rappresentano, nel 2006, il
34,5% (35,8% nel 2001) degli alloggi gestiti dalle aziende casa italiane;
complessivamente le aziende del campione hanno generato nel 2006 un
valore della produzione di circa 650 €/mln.
59
868_08
Si tratta, dunque, di un campione comunque significativo ed in grado di
assicurare un’adeguata rappresentatività alle aziende pubbliche operative
nel settore.
60
868_08
Tab. 39 – Patrimonio gestito e valore della produzione, 2006
Aziende casa
Ancona
Bergamo
Bologna
Brescia
Busto Arsizio
Chieti
Como
Cremona
Firenze
Forlì-Cesena
Gorizia
Grosseto
Lecco
Lodi
Macerata
Mantova
Massa Carrara
Milano
Modena
Padova
Parma
Pescara
Prato
Reggio Emilia
Rimini
Rovigo
Siena
Sondrio
Terni
Torino
Trento
Udine
Varese
% su totale alloggi
Alloggi gestiti 2001 Alloggi gestiti 2006 Valore Produz. 2006
(migliaia di euro)
6.175
5.964
18.664
9.335
2.877
3.980
3.700
5.346
13.127
4.350
4.101
2.895
1.744
2.306
2.754
3.472
3.994
89.501
6.253
9.706
6.087
5.167
1.689
4.224
1.816
4.522
2.028
1.519
3.662
33.001
8.386
7.102
6.418
285.865
35,8%
5.788
6.882
19.092
9.946
2.349
2.695
3.888
5.387
12.036
4.380
4.745
3.069
2.281
2.159
2.932
3.353
3.743
65.930
6.674
9.327
6.263
5.351
1.671
4.321
1.931
4.330
2.380
1.547
3.735
32.674
10.118
7.072
5.811
264.374
34,5%
11.249
16.122
61.673
19.699
4.504
7.640
10.305
7.606
25.053
5.494
7.439
4.021
6.198
6.028
5.102
8.930
7.338
190.141
11.639
21.906
10.921
5.862
4.501
17.943
2.767
8.238
6.561
5.268
7.454
64.513
44.243
14.141
17.743
648.242
Fonte: elaborazione Dexia Crediop su Bilanci aziende
61
868_08
Appare utile segnalare, altresì, che tra le aziende del campione sono
comprese le uniche due aziende casa alle quali risulta assegnato un rating
pubblico da parte di un’Agenzia internazionale. L’Agenzia FitchRatings ha
assegnato all’ATC di Torino “AA-” (aprile 2008) e ad ITEA S.p.A. di Trento
“AA” (luglio 2008). Si tratta di livelli di rating molto elevati, compresi nel c.d.
Investment grade e solo poco al di sotto del massimo punteggio
assegnabile (AAA); in proposito, appare utile rammentare che l'Agenzia
FitchRatings ha assegnato all'Italia un rating “AA-”.
Si evidenzia che nel campione oggetto di analisi non risultano presenti le
Aziende di due tra le città più importanti, come Roma e Napoli. In termini
dimensionali, l’operatività dell’ATER di Roma e dello Iacp di Napoli è tra le
maggiori a livello nazionale; le due aziende gestiscono, rispettivamente,
circa 53.000 e 34.500 alloggi.
Con la Legge della Regione Lazio n. 30/2002 si è disposta la trasformazione
dell'Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Roma in due aziende
casa, ripartendo tra tali operatori la competenza corrisponde al territorio
del Comune di Roma ed a quello della Provincia di Roma (escluso il
comprensorio di Civitavecchia). L’azienda casa operativa a Napoli non è
stata oggetto di trasformazione ed è, pertanto, costituita in forma di Istituto
Autonomo per le Case Popolari.
Si è ritenuto di non inserire le aziende casa di Roma e Napoli nella presente
analisi per il peso “rilevante” dell’ATER di Roma (che avrebbe sensibilmente
inciso sui risultati medi del campione) e per la natura finanziaria della
contabilità dello IACP di Napoli (che non consente un confronto
omogeneo).
Di recente le due aziende casa hanno evidenziato una situazione
finanziaria critica e sono state oggetto di contestazioni di natura fiscale.
Nel maggio 2008 l’ATER di Roma è stata oggetto di un pignoramento per
un valore di oltre 370 €/mln da parte del Comune di Roma a causa del
mancato versamento dell’ICI (relativamente agli anni 1993-2002) mentre, lo
scorso anno, l’IACP di Napoli è stata oggetto di un analogo provvedimento
per ca. 8 €/mln da parte dell’Agenzia delle entrate per accertamenti Irpeg
e Ilor. Tali vicende hanno rischiato di bloccare, oltre ai nuovi investimenti,
anche l’attività ordinaria (manutenzione di ascensore, rinnovo contratti
assicurativi, ecc.).
62
868_08
5.3. I dati aggregati dell’esercizio 2006
Si riportano di seguito delle tavole di sintesi dello Stato patrimoniale e del
Conto economico, relativamente all’anno 2006, delle aziende comprese
nel campione.
Tab. 40 - Sintesi dello stato patrimoniale e del conto economico (dati in milioni di
euro)
Stato Patrimoniale Aggregato
2006
Attivo
Immobilizzazioni Materiali
Altre Immobilizzazioni
Attivo circolante
Altre attività a breve
Totale Attivo
Passivo
Patrimonio Netto
Fondi Rischi ed Oneri
TFR
Debito Medio / Lungo
creditizio
Passivo Corrente
Totale Passivo
3.869,5
208,2
941,8
7,3
77,0%
4,1%
18,7%
0,1%
5.027
vs
2.612,7
173,7
55,5
52,0%
3,5%
1,1%
390,8
1.794,1
7,8%
35,7%
sistema
5.027
Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006
63
868_08
Tab. 41 – Conto economico aggregato (dati in milioni di euro)
Conto Economico Aggregato
Valore della Produzione
Costi operativi, variaz-magazz. e oneri
Valore Aggiunto
Spesa per il Personale
Margine Operativo Lordo
Ammortamenti e Accantonamenti
Risultato Operativo
Saldo
gestione
Finanziaria
&
Straordinaria
Risultato Ante Imposte
Imposte su reddito d'esercizio
Utile / Perdita
2006
% su VdP
(-)
648
442
68,3%
(-)
123
19,0%
(-)
68
10,6%
205,8
82,5
14,0
22
35,7
(-)
35
1,0
Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006
Nel 2006 il Patrimonio Netto del campione (l'insieme delle fonti di
finanziamento interne costituito da capitale sociale, riserve e utili/perdite
d’esercizio) è pari a circa 2,6 €/mld, rappresentando oltre il 50% del totale
di Bilancio.
Nell’ambito dei Fondi rischi ed oneri (3,5% del totale di Bilancio) trovano
allocazione, tra l’altro, i fondi stanziati per rischi connessi al deperimento di
alloggi in gestione che, negli anni a venire, avranno bisogno di interventi di
manutenzione straordinaria. La quota destinata a coprire rischi imposte
rappresenta circa il 20% del Fondi rischi ed oneri.
Le fonti di finanziamento a lungo termine, includendo i Debiti a Medio /
Lungo termine (7,8% dell’Attivo), rappresentano oltre il 64% del totale di
Bilancio; le passività correnti rappresentano meno del 36%.
Nel 2006 il Conto economico del campione evidenzia un utile netto di 1
€/mln (tab. 41).
Il Valore della produzione (comprensivo di introiti da canoni di locazione,
contributi, incremento delle immobilizzazioni e ricavi vari) ammonta a circa
648 €/mln.
64
868_08
In relazione al Valore della produzione, i Costi operativi rappresentano oltre
il 68% e la Spesa per il personale circa il 20%; tale struttura dei costi
determina un Margine operativo lordo nel 2006 di 82,5 €/mln, pari al 13% del
Valore della produzione.
Sul Margine operativo lordo incidono gli Ammortamenti e gli
Accantonamenti per 68 €/mln; l’elevata incidenza di tale componente
(che rappresenta circa l’11% del Valore della produzione) si giustifica con il
rilevante patrimonio delle aziende. Si segnala, tuttavia, come tale
incidenza sia molto contenuta nelle aziende casa prive di patrimonio
immobiliare (c.d. aziende casa leggere) ove, in rapporto al Valore della
produzione, Ammortamenti ed Accantonamenti incidono nell’ordine del 25%.
Il Risultato Operativo del 2006 è positivo per 14 €/mln. La gestione
finanziaria assicura un contributo positivo di circa 9 €/mln; tale apporto
trova la sua spiegazione con il duplice effetto generato da un modesto
livello di indebitamento delle aziende casa (gli interessi passivi verso il
mondo creditizio sono pari a circa 9 €/mln, circa l’1% del Valore della
produzione) e dalla gestione della liquidità. L’erogazione a stato di
avanzamento lavori consente, infatti, alle aziende casa di valorizzare le
proprie disponibilità.
Si segnala, tra l’altro, che le aziende casa sono soggette, ai sensi della
vigente normativa, a destinare i proventi delle alienazioni di alloggi di
edilizia residenziale pubblica alla Tesoreria dello Stato (c.d. Gestione
speciale). Tali risorse possono esser utilizzate dalle aziende casa,
normalmente, previa autorizzazione regionale per la realizzazione di
investimenti concordati.
Anche in considerazione dell’apporto positivo assicurato dalla Gestione
straordinaria (13 €/mln), il Risultato d’esercizio ante imposte è positivo per
35,7 €/mln.
Le imposte sul reddito d’esercizio del 2006 raggiungono 34,7 €/mln; si
segnala che tale ammontare non comprende il carico fiscale che grava
sugli alloggi (ad es. l’ICI), contabilizzato tra gli Altri oneri di gestione. In tale
posta di bilancio trovano allocazione altre componenti fiscali che gravano
sull’operatività delle aziende casa quali le imposte registro box e negozi,
l’IVA indetraibile, ecc.
65
868_08
5.4. I dati aggregati del trend 2004-2006
L’analisi ha riguardato anche gli anni 2004 e 2005 al fine di registrare il trend
del campione nel triennio. Si riportano di seguito delle tavole di sintesi dello
Stato patrimoniale (tab. 42) e del Conto economico (tab. 43),
relativamente al triennio 2004-2006, delle aziende comprese nel campione.
Il trend del Patrimonio netto registra una contenuta crescita nel triennio
2004-2006 (+4,3%). Si segnala, in particolare, una modesta apertura al
sistema creditizio; l’incremento del debito a medio / lungo termine sebbene
rilevante in termini percentuali (+39% rispetto al 2004), risulta alquanto
limitato in termini di volumi (110 €/mln).
L’Attivo dello Stato patrimoniale evidenzia, nel triennio, una modesta
crescita (+1,9%), principalmente generata dal lineare incremento delle
immobilizzazioni materiali (3.869 €/mln nel 2006) e dalle immobilizzazioni
finanziarie. Significativa la riduzione dei crediti - principalmente verso enti
pubblici - registrata nel triennio (-18%).
Il trend del conto economico per gli anni 2004-2006 evidenzia
un’evoluzione del Valore della produzione (-0,6%) che non riesce a far
fronte alla dinamica - pur contenuta - dei costi; l’incremento dei costi
risulta, infatti, inferiore all’inflazione. Si segnala, in particolare, che tra le voci
di costo il maggior incremento è imputabile ai Servizi (+9% rispetto al 2004).
La riduzione della componente Ammortamenti ed Accantonamenti
determina, tuttavia, la tenuta del Risultato Operativo (+3,9%), stabilmente
positivo nel triennio. Si segnala, in proposito, la progressiva riduzione degli
alloggi gestiti dalle aziende del campione (-7,5% dal 2001 al 2006).
Il saldo della gestione finanziaria si mantiene pressoché costante nei tre
anni, mentre si riduce progressivamente il saldo positivo della gestione
straordinaria. Detratte le imposte sul reddito d’esercizio, l’utile netto – pur
restando positivo - registra una riduzione (da 9 €/mln del 2004 a 1 €/mln del
2006).
Si riportano inoltre alcuni indicatori sull’operatività delle aziende casa
comprese nel campione(tab. 44). Gli indicatori di struttura del patrimonio
evidenziano una rilevante e stabile solidità patrimoniale delle aziende casa
ed un basso livello di debito verso il sistema creditizio. I Mezzi propri e le Fonti
consolidate rappresentano, rispettivamente, il 68% e l’84% delle
Immobilizzazioni materiali.
La spesa per il personale, in relazione al valore della produzione
“rettificato”, rimane stabile nel triennio.
66
868_08
Il Margine operativo lordo del 2006 (82 €/mln) risulta pari al doppio della
rata (capitale interesse) stimata.
La spesa per il personale delle aziende casa, in relazione al numero di
alloggi gestiti all’anno 2006, evidenzia un lieve incremento.
Tab. 42 - Trend 2004/2006 dello Stato Patrimoniale Aggregato
Trend Stato Patrimoniale Aggregato
2004
2005
2006
2004/06
%
Attivo
Immobilizzazioni Immateriali
Immobilizzazioni Materiali
Immobilizzazioni Finanziarie
Totale Immobilizzazioni
8
3.658
108
3.774
6
3.699
106
3.810
8
3.869
201
4.078
0,2%
5,8%
86,0%
8,1%
Rimanenze
Crediti
Attiv. Finanziarie non immobilizzate
Disponibilità liquide
Totale Attivo Circolante
60
610
33
360
1.063
69
633
37
391
1.131
78
498
55
310
942
30,1%
-18,3%
67,2%
-13,9%
-11,4%
Altre attività a breve
Totale Attivo
3
4.934
6
5.054
7
5.027
1,9%
Passivo
Capitale sociale
Riserve, Utile/Perdite
Patrimonio Netto
405
2.099
2.504
415
2.089
2.504
420
2.193
2.613
3,6%
4,5%
4,3%
181
51
232
180
54
234
174
55
229
-4,0%
8,6%
-1,3%
281
323
391
39,3%
1.917
4.934
1.993
5.054
1.794
5.027
-6,4%
1,9%
Fondi Rischi ed Oneri
TFR
Totale Fondi
Debito Medio / Lungo vs sistema
creditizio
Passivo Corrente
Totale Passivo
Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006
67
868_08
Tab. 43 -Trend 2004/2006 del Conto Economico Aggregato (dati in milioni di euro)
Trend Conto
Aggregato
Economico
2004
2005
2006
2004/06
%
-0,6%
4,8%
Valore della Produzione
Costi operativi
Materie prime
Servizi
Godimento beni di terzi
Variazioni magazzino
Oneri diversi di gestione
Valore aggiunto
652
422
14
296
12
1
100
230
632
421
13
300
11
0
97
210
648
442
14
322
13
-2
96
206
-10,5%
Costi del Personale
117
126
123
5,4%
Margine operativo lordo
% su VdP
113
17%
Ammortamenti
ed
Accantonamenti
Risultato Operativo
Saldo Gestione Finanziaria
Saldo
Gestione
Straordinaria
Risultato ante imposte
Imposte
sul
reddito
d'esercizio
Utile/Perdita
84
13%
82
13%
-26,9%
99
80
68
-31,1%
13
10
4
10
14
9
3,9%
23
47
17
32
13
36
- 38
- 31
- 35
9
1
1
-23,9%
-89,5%
Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006
68
868_08
Tab. 44 – Indicatori di sintesi sull’operatività delle aziende
Principali Indicatori
2004
2005
2006
Struttura del Patrimonio e del Debito
Mezzi propri / Immobilizzazioni Materiali
Fonti consolidate / Immobilizzazioni Materiali
Debito v/Sistema Creditizio a medio-lungo/VdP (*)
0,68
0,82
0,22
0,68
0,83
0,28
0,68
0,84
0,36
Struttura dei Costi
Spese personale / Costi della Produzione
Rata annua mutui (**) / Valore della Produzione (*)
Spese Personale / Alloggi gestiti (in €)
0,18
0,05
442,5
0,20
0,05
477,6
0,19
0,07
466,5
Margini Reddituali
Risultato prima delle imposte / Valore della Produzione (*)
Risultato d'esercizio / Valore della Produzione (*)
0,08
0,02
0,05
0,00
0,06
0,00
(*) VdP netto di incremento immobiliz. e variazioni magazzino
(**) Stima Dexia Crediop
Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006
5.5. Considerazioni conclusive
Dall’analisi del campione emerge una struttura economico- finanziaria
delle aziende casa tendenzialmente equilibrata, sebbene in graduale
rallentamento.
Tra gli elementi di debolezza si segnalano, in particolare, la stabilità del
Valore della produzione, principalmente imputabile al mancato
adeguamento dei canoni di locazione all’inflazione in numerose aree,
nonché alla progressiva riduzione degli alloggi gestiti dalle aziende casa.
Elemento di attenzione è altresì la significativa crescita dei costi per i servizi
(+50% nel triennio 2004-2006), legata per una parte considerevole
all’andamento dei consumi energetici.
Alle dinamiche della gestione operativa sopra indicate si aggiunge la
progressiva riduzione, sebbene ancora consistente, delle componenti
straordinarie e finanziarie (-24% tra il 2004 ed il 2006).
69
868_08
Le disponibilità liquide non vincolate, le residue disponibilità presso la
Tesoreria dello Stato, il possibile ricorso all’indebitamento (attualmente
alquanto contenuto), nonché le professionalità presenti nelle aziende casa
segnalano la potenziale capacità di tali aziende di contribuire
significativamente a programmi di sviluppo del settore.
Potenzialità spesso ostacolata da limitazioni non dipendenti dalle aziende
casa e, principalmente, dalla carenza di aree appositamente riservate
all’edilizia sociale pubblica, da livelli di canoni medi (non fissati dalle
aziende) che risultano insufficienti ad assicurare non solo un’adeguata
manutenzione ordinaria e straordinaria degli alloggi, ma anche i carichi
fiscali imposti alle aziende casa, nonché l’andamento dei consumi
energetici.
Un elemento di riforma del sistema dovrebbe basarsi su una revisione dei
canoni che assicuri integralmente la copertura degli oneri gestionali,
nonché l’alleggerimento del carico fiscale complessivo (considerata la
natura no profit delle aziende casa) e, laddove possibile, lo spostamento
sull’utente dei consumi energetici.
Inoltre per il rinvestimento della liquidità derivante dalle dismissioni del
patrimonio, sono da rimuovere gli ostacoli derivanti dai tempi lunghi delle
autorizzazioni regionali.
70
868_08
6.
IL QUADRO DELLE POLITICHE REGIONALI
6.1. L’evoluzione delle politiche nazionali e del rapporto StatoRegioni
L’autonomia regionale sancita con il Dlgs 112/98 e con la legge di modifica
della Costituzione n. 3/2001 ha portato ad un allargamento del divario fra le
politiche regionali che già esisteva precedentemente.
Negli anni dal dopoguerra al 1998, il quadro di riferimento nazionale che
indirizzava le linee generali della programmazione e la disponibilità di risorse
certe cadenzate nel tempo avevano l’obiettivo della copertura dei bisogni
per le famiglie dei lavoratori più deboli e di assicurare un livello minimo
comune di servizi su tutto il territorio. L’attuazione di questo quadro era
tuttavia influenzata dal diverso livello di efficienza delle strutture regionali e
locali nell’attuare la programmazione nazionale in tempi ragionevoli.
Dopo il 1998, le Regioni hanno avuto la responsabilità diretta di definire le
proprie politiche per la casa, pur continuando, per un primo periodo, a
spendere principalmente fondi derivanti dalle riserve accumulate sui conti
dei Fondi ex Gescal e risorse derivanti da programmi nazionali1.
Successivamente alla devoluzione delle competenze ci si potrebbe
attendere una maggiore attenzione delle Regioni alle Politiche per la casa
oltre ad un fermento di nuove sperimentazioni, legato alla necessità di
ottimizzare l’uso delle risorse.
La lettura, ad un decennio di distanza dall’avvio del decentramento,
dimostra come ancora, tranne poche eccezioni, stenti ad affermarsi la
capacità di iniziativa autonoma delle Regioni nella materia e come spesso
la questione casa venga trascurata o trattata con frammenti di politiche
obsolete negli obiettivi e negli strumenti oltre che spesso scarsamente
coerenti fra loro.
1
Legge 21/2001, 20.000 alloggi per l’affitto, Contratti di Quartiere 1 e 2.
71
868_08
6.2. Regioni, diritto alla casa, criteri per l’accesso
La Costituzione italiana ignora la questione del Diritto alla Casa dei cittadini,
ma riserva allo Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale”, fra cui, da ultimo, il DL 112/2008 (convertito in Legge
133/2008) colloca i servizi abitativi.
Rispetto al Diritto alla Casa le Regioni, nei loro Statuti si comportano in
maniera molto diversa fra loro. Innanzitutto è da rilevare che poche regioni
hanno aggiornato il proprio statuto a seguito della modifica costituzionale e
spesso le Regioni che lo hanno fatto non hanno affrontato all’interno di
questo importante documento la questione degli obiettivi delle politiche
generali della Regione, che era affrontata invece nei precedenti statuti nati
negli anni Settanta.
Così alcune Regioni (la Puglia, la Toscana, la Lombardia e l’Umbria) hanno
espunto dai loro nuovi statuti i riferimenti al diritto alla casa che vi erano
inseriti. Altre Regioni invece hanno colto l’occasione della redazione del
nuovo Statuto per precisare la propria posizione rispetto al Diritto alla casa.
Così l’Abruzzo2 (La Regione [...] persegue l’obiettivo di assicurare a tutti il
diritto all’abitazione), la Basilicata nel suo PDL del 2003 ([…] la Regione
persegue quali obiettivi primari della propria azione: […] il sostegno alle
famiglie, alla genitorialità, all’infanzia e all’adolescenza, con l’erogazione di
servizi ed interventi adeguati, anche di politica abitativa;) il Lazio3 ((La
Regione) Promuove come obiettivi prioritari [...] la disponibilità abitativa [...]
persegue una politica abitativa che, compatibilmente con le esigenze di
rispetto del territorio e dell’ambiente, crei le condizioni per assicurare a tutti
il diritto ad un’abitazione adeguata ) e il Piemonte4 (La Regione riconosce
e promuove il diritto all’abitazione).
In conclusione, anche per quanto riguarda il riconoscimento formale del
diritto dei cittadini alla casa, si assiste a comportamenti molto diversi, non
sempre in linea con le linee regionali di programmazione degli interventi per
contrastare il disagio abitativo.
Per quanto riguarda i criteri di accesso alla casa, normalmente associati ad
un massimale di reddito familiare, le regioni si differenziano notevolmente,
Deliberazione in seconda lettura 12 settembre 2006 (BURA 10 gennaio 2007)
Legge regionale statutaria 11 novembre 2004, n. 1
4 Legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1
2
3
72
868_08
in particolare per quanto riguarda le soglie di accesso e di permanenza
nell’edilizia sociale pubblica. Ciò sarebbe spiegabile se le differenze di
soglia fossero in relazione con i diversi livelli di reddito delle famiglie nella
regione, ma da un’analisi svolta da Federcasa emergono delle
incongruenze evidenti.
Il limite di reddito per l’assegnazione degli alloggi nella maggior parte delle
Regioni italiane è utilizzato anche per l’applicazione del canone e
l’inserimento nelle varie fasce e per fissare il limite di reddito per la
decadenza (normalmente il doppio di quello per l’accesso).
Alcune regioni fissano un limite di reddito in valore assoluto per la
decadenza e altre ancora uno specifico per l’inserimento nelle fasce. Al
fine di individuare il limite di reddito familiare per l’assegnazione, il
massimale può essere unico o aumentato in funzione del numero dei
componenti il nucleo familiare. Più frequentemente lo stesso effetto
(prevedere un limite di reddito superiore per i nuclei numerosi) è ottenuto
con detrazioni dal computo del reddito familiare, ancora in funzione del
numero dei componenti. Il Piemonte propone un range di coefficienti di
adattamento fino a un massimo di 1,6 per più di 4,5 componenti (0,5 per
ciascun figlio a carico), Bolzano una detrazione in valori assoluti per ciascun
componente.
Per il calcolo del canone adottano il criterio dell’ISEE, puro o adattato:
Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Toscana e Trento (ICEF, reddito pro
capite).
Abbiamo raccolto gli ultimi dati sui limiti di reddito regionali per offrire il
quadro complessivo e aggiornato della situazione nazionale e l’esito è
quello di una notevole diversificazione e disomogeneità da Regione a
Regione, per di più non coerente con le specificità regionali, rappresentate
dal PIL regionale e dal reddito medio regionale per famiglia.
Con la tabella 43 viene proposto il confronto tra il reddito d’accesso per la
famiglia tipo dell’edilizia sociale (tre persone, un reddito da lavoro
dipendente o pensione) e il reddito medio regionale, ancora di tre
componenti e ancora con soli redditi da lavoro dipendente o pensione. Ne
risulta un’oscillazione estremamente ampia, da – 40% (Piemonte) a quasi +
40% (Sardegna), che sottintende una valutazione notevolmente
differenziata del servizio che si intende offrire. A confronto sono
rappresentati i valori pro capite del PIL regionale, utilizzato come indicatore
di ricchezza della Regione.
73
868_08
6.3. Le politiche delle Regioni fra aiuto alla persona ed aiuto
all’investimento
Da una prima ricognizione sulla normativa regionale si nota che la maggior
parte di queste non esplicita attraverso norme specifiche la propria politica
abitativa e non sempre si riconosce una chiara precisazione degli obiettivi
riguardo al tema della casa.
In alcuni casi, poi, sono le normative mirate a categorie speciali, quali
anziani, famiglie e stranieri, che contengono particolari riferimenti alle
politiche abitative con l’esplicitazione dell’indirizzo che si vuole perseguire,
la tipologia di intervento e gli operatori coinvolti.
Le iniziative a livello regionale si muovono raramente a livello autonomo
generando degli esempi forti di presenza istituzionale; i programmi e i bandi
attuati e promossi dalle regioni si muovono prevalentemente all’interno di
finanziamenti statali, che le regioni distribuiscono ai livelli di gestione
territoriale più bassi (Comuni o ex Iacp).
Bisogna dire però che l’accresciuto potere normativo delle Regioni non è
stato di fatto accompagnato da una corrispondente attribuzione di risorse,
indispensabile per poter effettivamente esercitare il nuovo ruolo che le
stesse sono chiamate a svolgere. In questo contesto le Regioni sono
obbligate ad ottimizzare le risorse indirizzandole verso interventi localizzati in
aree e situazioni urbanistiche e sociali dove il fabbisogno è maggiore.
Quindi quello che la situazione attuale dipinge è un quadro molto
frammentato che si è mosso finora all’interno di una politica nazionale
dell’alloggio pubblico debole, e sostanzialmente legata a finanziamenti
spot o comunque ad interventi urgenti, e pertanto non costituisce un
quadro definito nel quale ogni Regione, attraverso il suo potere legiferativo
in materia di edilizia, possa trovare il suo modo di rispondere alle esigenze
contingenti, legate strettamente al proprio territorio.
Il livello comunale a questo punto diventa il maggior interlocutore e il
maggior responsabile del patrimonio abitativo pubblico e la crescita e la
gestione del patrimonio sono lasciate alla capacità del singolo comune e
alla sua intraprendenza.
Di seguito presentiamo una sintesi dei programmi regionali maggiormente
innovativi.
74
868_08
6.3.1. Lombardia: una programmazione articolata per bisogni e risposte
Il PRERP 2007-2009 (programma regionale per l'edilizia residenziale pubblica,
giunto alla seconda edizione dopo il primo relativo agli anni 2002-2006)
approvato dal consiglio regionale il 5 dicembre 2006 individua fra gli
obiettivi generali delle Politiche Abitative “Strutturare nuovi percorsi di
integrazione urbana degli interventi […] e di accompagnamento verso
un’autonomia economica e sociale[…] L’ERP ha la necessità di trasformarsi
in un servizio abitativo, una casa integrata a un insieme di servizi collegati ,
il più funzionale possibile alla necessità della famiglia e della persona.”
Gli obiettivi confermano quelli del 1° PRERP, con l’individuazione di 4
macro-aree di intervento:
1. area dell’inclusione sociale, finalizzata all’inclusione della marginalità cui
si risponde con interventi di locazione temporanea associati ad interventi
di supporto;
2. area del disagio grave
3. area del disagio diffuso
4. area della difficoltà
Le modalità di attuazione della Programmazione sono affidate ad Accordi
quadro di sviluppo territoriale per la Casa (AQST)5 . La Regione sviluppa nel
quadro del PRERP una serie di linee di intervento, fra cui quella della
programmazione integrata a livello comunale e infracomunale, definita dal
2° Programma Regionale dei Contratti Di Quartiere6
Particolare importanza è attribuita all’aumento del patrimonio in affitto,
attraverso il Programma regionale “Locazione Temporanea II”7 e il
completamento del Piano Operativo Regionale per l'attuazione del
"Programma Nazionale 20.000 abitazioni in affitto"8.
La locazione a canone di affitto definito “sociale” ovvero rivolto ai cittadini
con grave disagio economico, familiare e abitativo è cofinanziata dalla
Regione Lombardia ad Aler e Comuni per la realizzazione di alloggi da
Del. Giunta Reg. n. VIII/6246 del 19 dicembre 2007
Del. Giunta Reg. n. VIII/4933 del 15 giugno 2007
7 Del. Giunta Reg. n. 7/20845 del 16 febbraio 2005
8 Del. Giunta Reg. n. 15613 del 12 dicembre 2003 BURL n. 53 del 29 dicembre 2003
5
6
75
868_08
destinare alla locazione9: l’assegnazione in affitto, viene effettuata dai
Comuni competenti.
Il Comune individua le persone a cui assegnare un alloggio sulla base della
situazione economica, familiare e abitativa delle famiglie rilevata
attraverso l’apposito indicatore economico equivalente (ISEE). I bandi
comunali sono tendenzialmente sempre aperti e la graduatoria è
semestrale. Nei casi di particolare gravità, il Comune può accogliere la
domanda del cittadino e assegnare l'alloggio senza attendere
l'approvazione della graduatoria in deroga all'ordine da essa previsto.
Un altro filone di intervento è rappresentato dalla sperimentazione di
modelli alternativi, quali quello del Programma Sperimentale Regionale di
Autocostruzione Associata in Affitto10, che consente di offrire alloggi in
locazione a proprietà differita (10 anni) a coloro che hanno collaborato
alla realizzazione dell'alloggio; infatti gli "autocostruttori", al termine dei
lavori, potranno scegliere di abitare la nuova casa prima come affittuari e
dopo come proprietari.
Il sostegno all’affitto, oltre che ai contributi ex art. 11 della legge 341/98
comprende anche bandi per l'erogazione di finanziamenti per la
realizzazione di strutture alloggiative per studenti iscritti a corsi universitari e
post universitari11, borsisti, stagisti, parenti di malati in cura presso ospedali e
centri clinici. Questa formula di locazione temporanea prevede anche
l’assegnazione di alloggi ERP (edilizia residenziale pubblica) in affitto in base
ad una graduatoria e alla disponibilità degli alloggi. Il canone di locazione
applicato dai soggetti attuatori degli interventi deve essere commisurato
alla necessità di remunerare il costo di realizzazione, di arredo, di global
service e riscaldamento.
Per il triennio 2007 – 2009 Regione Lombardia ha previsto lo stanziamento di
risorse per la realizzazione di circa 1825 abitazioni a canone sociale e 1812
a canone moderato. La locazione temporanea prevede la messa a
disposizione di 1044 posti letto e 340 posti per l’inclusione sociale.
Il Fondo Sostegno Affitti dovrebbe dare risposta nel triennio a 210.000
famiglie, allargando il proprio ambito di intervento attraverso il
collegamento con le politiche di welfare a sostegno della famiglia, iniziative
9 LR
n. 8 novembre 2007, n. 27: legge canoni e vendite.
Del. Giunta Reg. n. VIII/1558 del 22 dicembre.12.2005, BURL n. 5 – I° Supplemento
straordinario del 31.01.2006
11 art- 1, LR n. 40/2004, Dec. Dir. n. 7760 del 05 luglio 2006
10
76
868_08
per prevenire morosità e sfratti e meccanismi premiali per i comuni che
aggiungono risorse proprie e producono progetti organici ed innovativi.
L’intervento in direzione del sostegno all’abitazione in proprietà è sviluppato
attraverso bandi per l’assegnazione di Contributi per agevolare l’accesso
ed il recupero della prima casa d’abitazione12 e bandi riservati alle giovani
coppie13, per un numero previsto di 10.000 contributi.
Inoltre per la costruzione, l'acquisto o la ristrutturazione delle abitazioni, nella
categoria di interventi classificabili di sostegno alla persona la Regione
attua il meccanismo del "Risparmio Casa", attraverso un sistema di risparmio
e finanziamento combinati.
Chi stipula un contratto di questo genere con un Istituto di credito, stabilisce
fin dall'inizio il tasso di interesse da applicare sia alle somme che si impegna
a risparmiare sia al mutuo che stipulerà per l'acquisto della sua casa.
Quando il contratto di Risparmio Casa ha raggiunto la somma minima
contrattuale di risparmio, corrispondente al 50% del capitale sottoscritto, il
capitale risparmiato, con gli interessi maturati ed il mutuo, come previsto
dal contratto iniziale, è immediatamente utilizzabile per l'acquisto o la
ristrutturazione della prima casa.
Le risorse messe a disposizione del PRERP al 1 gennaio 2007 sono in totale
512.786.000 euro, comprensivi del Fondo Sostegno Affitti ex art. 11 L. 431/98
pari a 164.8896.000 euro (di cui 43.500.000 di cofinanziamento regionale) sui
tre anni (2007-2008-2009).
Inoltre la Regione intende attivare un Fondo per favorire l’apertura a
soggetti pubblici e privati in grado di innescare processi generatori di
risorse.
L’Osservatorio regionale sulla condizione abitativa è considerato lo
strumento principale per acquisire la conoscenza della domanda e
dell’offerta e come supporto per la programmazione generale. E’ prevista
l’integrazione con gli altri Osservatori regionali (LLPP, Lavoro, Famiglia,
Trasporti).
12
art. 3 LR 23/1999
Del. Giunta Reg. n. 8/5294 del 2 dicembre 2007
settembre 2007
13
ss. n. 3 al BUR n. 39 del 24
77
868_08
6.3.2. Piemonte: pianificazione e sperimentazione
Con l’approvazione da parte del Consiglio regionale del “Programma
casa: 10.000 alloggi entro il 2012”14 intervenuta nel 2006, ha preso avvio una
nuova stagione di azioni e interventi a favore delle fasce deboli della
popolazione che hanno difficoltà a trovare una soluzione abitativa stabile e
decorosa a prezzi accessibili rispetto alle capacità reddituali.
Il Programma è articolato in tre bienni in relazione alla necessità di
conciliare i tempi di risposta al fabbisogno rilevato con le risorse finanziarie
disponibili e con l’organizzazione degli interventi e contempla numerose
linee d’azione, alcune già stabilite per l’intero programma, altre
sperimentali limitate al primo biennio (edilizia agevolata sperimentale,
sostegno alle agenzie locali per la locazione, fondo di garanzia per gli
interventi autofinanziati).
L’obiettivo è di rendere disponibili alla fine del periodo pluriennale di
programmazione 6.063 alloggi di edilizia sovvenzionata, 1937 di edilizia
agevolata, 300 di edilizia agevolata sperimentale, 300 destinati agli anziani
e 1.400 ai giovani e prevede il monitoraggio periodico delle linee di azione
sperimentali al fine della loro riproposizione o ridefinizione nei bienni
successivi anche con riferimento alla loro sostenibilità finanziaria.
Il fabbisogno finanziario complessivo è quantificato in 748,850 milioni di euro
destinati alla realizzazione di 10.000 alloggi nonché alla predisposizione di
studi di fattibilità, al sostegno alle agenzie sociali per la locazione ed alla
creazione di due fondi di garanzia (programma giovani e alloggi
autofinanziati).
Gli obiettivi qualificanti del Programma Casa sono così riassumibili:
-
intervenire a favore delle fasce deboli della popolazione, che hanno
difficoltà a trovare una soluzione abitativa stabile e decorosa, con
l’offerta di alloggi in affitto a prezzi accessibili rispetto alle capacità di
reddito;
-
realizzare prioritariamente alloggi da destinare all’affitto a canone
sociale o a canone calmierato;
-
supportare con specifiche misure la ricerca della casa da parte di
giovani e anziani e favorire il mix sociale;
14
Deliberazione n. 93-43238 del 20 dicembre 2006
78
868_08
-
incentivare la possibilità di poter stipulare contratti di affitto a canone
concordato (legge 431/98) anziché a libero mercato;
-
privilegiare la realizzazione degli interventi di recupero del patrimonio
edilizio esistente al fine di ridurre la tendenza ad occupare nuovi spazi
compromettendo il territorio;
-
vincolare la progettazione e la realizzazione degli interventi all’obiettivo
di contenere i consumi dell’energia e delle risorse ambientali, favorire
l’uso delle fonti energetiche rinnovabili e dei materiali eco-compatibili.
In termini generali, ad eccezione del programma giovani per il quale è
prevista la possibilità di partecipazione diretta dei cittadini interessati, per
tutte le altre misure il finanziamento può essere richiesto dai soggetti
attuatori previsti dalla normativa vigente al momento dell’apertura dei
bandi.
La programmazione del primo biennio (306.900.000 euro) ha visto un
risultato superiore alle aspettative. Per il programma giovani le domande
finanziate sono state il doppio di quelle ipotizzate in origine (1.400 al posto
di 700). Va ricordato che il programma giovani prevedeva la
partecipazione diretta dei cittadini interessati e il finanziamento degli
interventi di recupero della prima casa di abitazione con un contributo a
fondo perduto di 12.500 euro a cui poteva essere associata la richiesta di
un fondo di garanzia regionale sull’importo di mutuo eventualmente
contratto per la realizzazione dell’intervento.
Le domande presentate sono state complessivamente 4.346 di cui 3.859
dichiarate ammissibili (88.79%) mentre quelle finanziate sono 1.400 pari al
36,28% delle domande ammesse. Il fondo di garanzia è stato richiesto
soltanto da 381 giovani (27,21% delle domande finanziate).
Il programma anziani, a sua volta articolato in interventi sovvenzionati (274
alloggi) ed interventi agevolati (156 alloggi), assume quale elementi
connotanti la localizzazione in ambiti urbani caratterizzati da un adeguato
sistema di supporti sociali ed assistenziali (pubblici, privati, del terzo settore)
e la realizzazione all’interno degli interventi stessi di spazi destinati ad attività
di interesse comune, alla socializzazione o alla cura, aperti anche alla
comunità esterna.
Le domande presentate dai comuni per il bando sostegno alle Agenzie
sociali per la locazione sono state tutte finanziate; l’importo
complessivamente attribuito è pari ad euro 2.752.563,82 a fronte dei 2
milioni previsti in sede di programmazione iniziale.
La misura, che mira a stimolare e sostenere la sottoscrizione di contratti di
79
868_08
affitto convenzionati ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge 431/1998,
ha riscosso un notevole successo sul territorio: le richieste sono localizzate
nel comune di Torino e della prima cintura, oltre che ad Asti, Verbania,
Ivrea, Pinerolo e Fossano.
Alle Agenzie sociali possono rivolgersi i cittadini in emergenza abitativa e i
proprietari di immobili per avere informazioni sui contratti del cosiddetto
secondo canale della 431 che, come noto, comporta canoni calmierati
per gli inquilini a fronte di vantaggi fiscali per i proprietari, ma che risulta ad
oggi scarsamente praticato sia per una generale scarsa informazione in
proposito sia per il timore dei proprietari rispetto alla solvibilità dei conduttori
con redditi medio bassi o monoreddito.
Di particolare interesse risulta la costituzione, grazie anche al costruttivo
stimolo della Provincia di Torino, di un’Agenzia a livello metropolitano tra
undici comuni dell’area, con il comune di Torino come capofila, con
l’obiettivo di diffondere in rete il servizio, di utilizzare, potenziandole, le
esperienze già presenti e di favorire economie di scala.
Sperimentazione Social Housing
Le “Linee guida per il social housing in Piemonte”15 sono state approvate
ad integrazione del Programma casa: 10.000 alloggi entro il 2012. Gli
interventi considerati nelle Linee guida sono suddivisi in due macro-tipologie
per realizzare:
1. residenze temporanee, a loro volta articolate in alloggi individuali,
residenze collettive e alloggi per l’inclusione sociale, quali
microcomunità protette o pensioni/alberghi sociali;
2. alloggi individuali destinati alla locazione permanente;
Le residenze temporanee possono offrire una prima risposta alla perdita di
stabilità dovuta a cambiamenti sistemici quali le trasformazioni
dell’organizzazione del lavoro, l’irrigidimento del mercato abitativo in
locazione o le modificazioni dell’organizzazione familiare ovvero una
risposta al mancato o precario inserimento nei contesti del lavoro e della
famiglia, nonché alle situazioni di vulnerabilità causate da sovraccarico di
cura. La loro principale caratteristica è costituita dalla necessità che il
servizio abitativo sia integrato con servizi di accompagnamento sociale a
pregnanza variabile in relazione alla marginalità considerata, fino alla
15
Del. Giunta Reg. n. 27-7346 del 5 novembre 2007
80
868_08
possibilità per il beneficiario di essere inserito in progetti personalizzati di
inclusione sociale e ricostruzione della rete di coesione sociale.
Gli alloggi individuali destinati alla locazione permanente costituiscono
un’ulteriore possibile soluzione all’esigenza di trovare una sistemazione
alloggiativa stabile, a canoni inferiori a quelli del libero mercato, con
eventuale futura possibilità di riscatto per quei cittadini che pur avendo
redditi superiori al limite di permanenza nell’edilizia sovvenzionata non
riescono ad accedere al mercato della libera locazione o della proprietà.
Rispetto agli interventi del Programma casa: 10.000 alloggi entro il 2012
questa tipologia si colloca come fascia cerniera con il libero mercato.
E’ prevista una fase di sperimentazione funzionale alla definizione della
metodologia da adottarsi per la selezione degli interventi a regime con
particolare riferimento agli aspetti socio-economici.
6.3.3. Liguria: un Programma regionale per il social Housing
Con l’approvazione del Documento di Programmazione economico –
finanziaria la Regione Liguria per il triennio 2006 – 200816 individua, fra l’altro,
gli indirizzi prioritari della politica economica organizzati in aree di intervento
ed in obiettivi strategici, fra cui, in particolare l’Obiettivo Strategico 1.4
relativo all’utilizzo ordinario di strumenti di governance territoriale e
rigenerazione urbana tesi a garantire, attraverso lo strumento dei
programmi urbani complessi che consentono anche lo sviluppo di sinergie
tra le risorse messe a disposizione dalla Regione e quelle di altri soggetti
pubblici o privati, azioni di indirizzo e supporto finanziario agli enti locali per
la promozione di interventi finalizzati alla riqualificazione delle aree urbane
degradate al fine di garantire una maggiore vivibilità limitando l’insorgere
di fenomeni di degrado sociale; e l’Obiettivo strategico 7.4 relativo
all’incremento dell’offerta in affitto attraverso una precisa strategia che sia
in grado di offrire una quota di alloggi a canoni moderati attraverso l’utilizzo
di Programmi complessi. Da questi obiettivi scaturisce il Programma
Regionale per il Social Housing, lanciato nel 200617, con cui la Regione
Liguria invita le Amministrazioni comunali ad alta problematicità abitativa,
da sole o in funzione del bacino di utenza di appartenenza, a definire in
forma coerente e di medio periodo una politica della casa per il proprio
territorio, presentando un "Programma Locale per il Social Housing", che
individui una serie coordinata di interventi fattibili entro breve termine.
16
17
Del. Consiglio reg. n. 47 DEL 13 dicembre 2005
Del. Giunta Reg. n. 653 del 23 giugno 2006
81
868_08
All’atto dell’avvio del Programma gli stanziamenti previsti ammontano a €
4.800.000.
Nell'ottica della rigenerazione urbana, gli interventi sono volti a
incrementare e valorizzare il patrimonio di edilizia residenziale sociale da
destinare alla locazione nel proprio territorio, in risposta al fabbisogno
specifico effettivamente rilevato e/o stimato per ciascuna delle diverse
tipologie di offerta sociale di casa e devono prevedere o il recupero
edilizio/urbanistico dell'esistente, attraverso l'acquisto di immobili con o
senza recupero edilizio oppure una nuova costruzione/nuova edificazione,
mediante la sostituzione edilizia o la riqualificazione di aree dismesse o sotto
utilizzate.
Sono cofinanziati alloggi di edilizia residenziale pubblica, alloggi a canone
moderato (canone di locazione non superiore al 75% di quello
“concertato” ai sensi dell’art.2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998
n°431), nonché strutture alloggiative di natura temporanea, per soggetti
aventi necessità abitative temporanee legate a contratti o rapporti di
lavoro e/o formazione e studio o altre categorie individuate dal Comune in
relazione alle specificità socioeconomiche del proprio territorio e centri per
l’inclusione sociale sono generalmente rivolti al reinserimento abitativo di
soggetti senza fissa dimora ovvero immigrati con lavori precari.
Gli interventi e le azioni di rigenerazione urbana, da condursi
preferibilmente promuovendo la partecipazione degli abitanti, sono
finalizzati alla riqualificazione sociale, urbanistica ed edilizia dei quartieri di
edilizia residenziale pubblica degradata e ad attualizzarne e
incrementarne – anche con il concorso di investimenti privati-, la dotazione
infrastrutturale e il recupero degli alloggi e delle volumetrie inutilizzate, sotto
utilizzate o fonte di disagio e insicurezza prevedendo, al contempo, misure
e interventi volti a favorire l’integrazione sociale e l’occupazione.
I Comuni possono presentare il programma anche in forma congiunta,
stipulando un ‘intesa che individui un' Amministrazione capofila come
legittima presentatrice del programma. E possono inoltre assumere intese
con l'Arte competente per territorio, al fine di convenire che l'attuazione e
la titolarità degli interventi, o di parte di essi, competa all'Arte stessa.
La partecipazione al programma è aperta anche ai privati, purché
abbiano stipulato un'intesa con le amministrazioni.
I Comuni, che aderiscono al Programma regionale per il Social Housing, e i
soggetti che attuano gli interventi cofinanziati di canone moderato inseriti
nei rispettivi Programmi locali, utilizzano una convenzione tipo regionale,
82
868_08
per determinare il regime di locazione degli alloggi realizzati, recuperati o
acquisiti e la loro conseguente gestione e vincolistica.
6.3.4. Toscana: progetti innovativi
Fin dal piano Casa 2003-200518, la Regione Toscana cerca di rispondere ai
nuovi bisogni con una politica precisa che mira da accrescere l'offerta di
alloggi in locazione a prezzi calmierati.
Il piano utilizza la disponibilità finanziaria totale di oltre 300 milioni di euro,
per circa un terzo per l’attivazione di nuovi progetti regionali, mentre il resto
rappresenta il completamento di misure di accelerazione di progetti in
essere all’epoca dell’avvio del programma.
La Regione Toscana, alla luce delle nuove competenze regionali derivanti
dalla modifica del Titolo V della Costituzione e della Riforma regionale in
materia di edilizia residenziale pubblica, sta avviando una complessa
revisione della normativa del settore in direzione di una più articolata
politica sociale della casa capace di fornire risposte coerenti con le sempre
più articolate componenti della domanda sociale (mobilità occupazionale,
nuove povertà, anziani, immigrati, giovani coppie, studenti ecc.) che
troverà i capisaldi e la definizione nello Statuto dell’edilizia sociale.
I principali interventi previsti
particolarmente innovativi sono:
dal
Piano
Casa,
alcuni
dei
quali
1. un bando regionale per affitti a costo intermedio rivolto ai comuni della
Toscana. E' lo strumento che dà maggiore concretezza al concetto di
politica sociale della casa. Interessa infatti fasce sociali notevoli escluse
da ogni provvedimento perché collocate appena al di sopra delle
soglie minime per l'accesso agli alloggi di edilizia sociale, eppure
impossibilitate a muoversi nel libero mercato con i prezzi inaccessibili che
propone. E' il caso di giovani coppie, single, immigrati, studenti ma
anche di molte famiglie che hanno redditi medi. I 50 milioni di euro
(frutto di risorse residue) a disposizione del programma sono destinati alla
realizzazione di immobili in edilizia agevolata (cioè con contributo
pubblico) da immettere sul mercato a "canone controllato" (con
riduzioni rispetto al costo corrente). Gli interventi, in gran parte di
riqualificazione o recupero privilegiano le aree dismesse e l’attuazione
attraverso programmi integrati, ovvero interventi che possono contare su
18
Del. Consiglio reg. n. 51 del 26 maggio 2004 "Programma Regionale Edilizia
Residenziale Pubblica 2003-2005"
83
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più fonti finanziarie (pubbliche e private) e che considerano sia la
presenza di funzioni diverse di appoggio alla residenza (spazi
commerciali e residenziali), sia quella di opere di urbanizzazione,
comprese aree verdi e spazi in cui vengono offerti servizi sociali quali un
asilo nido o un centro anziani.
2. Il riutilizzo dei proventi derivanti dalla cessione e dalla gestione (canoni e
alienazione) del patrimonio ERP (Edilizia Residenziale Pubblica) finalizzati
allo sviluppo del settore.
3. La sperimentazione di forme diverse di gestione del patrimonio di edilizia
residenziale pubblica con la partecipazione dell'inquilino alla
manutenzione dell'alloggio. Al fine di promuovere più alti livelli di
partecipazione dell’utenza nella gestione del patrimonio ERP, di elevare
gli standard qualitativi degli alloggi nonché di ridurre i tempi di
inoccupazione di quelli destinati a nuovi assegnatari (cosiddetti alloggi
di risulta),un fondo di 5 milioni consente ai legittimi assegnatari di
provvedere direttamente alla ristrutturazione o al miglioramento dei
servizi e degli impianti senza aspettare che lo faccia la proprietà.
4. L'autorecupero, una forma che vede la partecipazione sinergica di
domanda e di offerta. Le finalità di tale azione sono molteplici e
investono ambiti di intervento assai diversi tra loro (ad es. il lavoro e la
formazione professionale). Tutte, comunque, sono riconducibili alla
opportunità di incentivare l’apporto diretto della proprietà edilizia e
dell’utenza nella costruzione di una politica della casa in grado di
soddisfare le aspettative che compongono le cosiddette “nuove
domande emergenti”. Immaginiamo che un ente (un comune, la
chiesa, la locale Misericordia) abbia la disponibilità di un immobile
dismesso e non sia in grado, autonomamente, di ristrutturarlo. In virtù del
contributo regionale e dell'intervento del Comune interessato, il
proprietario accetta di far attuare l'intervento di recupero ad una
cooperativa di soggetti autoorganizzati che diviene locataria
dell'immobile pagando però un canone ribassato. In sostanza si
permette al futuro inquilino o meglio, alla cooperativa di inquilini, in
accordo con la proprietà, di intervenire direttamente sull'immobile per
ristrutturarlo e quindi per renderlo rapidamente abitabile. Si tratta di una
operazione vantaggiosa sia per il proprietario, che può rendere
utilizzabile un immobile altrimenti abbandonato, sia per gli affittuari, che
possono garantirsi l'alloggio a prezzi ribassati. L'intervento regionale (per
circa 15 milioni di euro) è finalizzato a sostenere sia il proprietario, negli
interventi di recupero, sia le cooperative di affittuari.
5. L'acquisizione delle nude proprietà è una misura tesa a contribuire alla
promozione di politiche di tutela e sostegno degli anziani (e di particolari
84
868_08
categorie sociali a questi assimilabili) e di salvaguardia della funzione
residenziale dei centri/insediamenti storici, è facoltà dei Comuni
acquisire la “nuda proprietà” di alloggi occupati dai legittimi proprietari
da destinare nel medio-lungo periodo, ad estinzione di ogni diritto di
usufrutto, alle finalità proprie dell’ERP. Un anziano ha la casa di proprietà,
ma con la pensione fatica moltissimo a sbarcare il lunario. Il
provvedimento regionale autorizza il Comune ad acquistare la nuda
proprietà della casa: l'anziano può così utilizzare i proventi della vendita
ma restare nell'abitazione per il resto dei suoi giorni con la garanzia di
una vita dignitosa. Dopodiché l'immobile entra a far parte del
patrimonio di edilizia pubblica. L'acquisto della nuda proprietà è
vantaggioso sia per l'anziano (che può utilizzare subito il denaro ottenuto
con la vendita) sia per la parte pubblica (che acquisisce patrimonio da
destinare a Erp a costi più bassi).
6. Strumenti conoscitivi, ovvero un adeguato supporto tecnico che
permetta di catalogare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica
esistente e, nello stesso tempo, calcolare il reale fabbisogno. Lo scopo è
quello di far incontrare domanda e offerta, un processo indispensabile
perché il lavoro e gli sforzi in questo settore siano costruttivi.
La Regione ha deciso recentemente di costruire, in accordo e di concerto
con gli altri enti locali, un corpo normativo regionale che punti alla massima
unitarietà e semplificazione (Statuto dell’edilizia sociale). Esso sarà
composto da una legge quadro che sancisca i principi generali, le finalità, i
soggetti istituzionali, gli strumenti e le modalità di reperimento delle risorse e
da una serie di regolamenti che ne disciplinino l'attuazione. Lo statuto
dovrà fare riferimento ai nuovi elementi fondativi della politica sociale della
casa, alla programmazione regionale, all'attuazione del programma per
quanto riguarda soggetti, modalità, regole, all'assegnazione, la gestione e
la cessione degli alloggi pubblici.
6.3.5. Marche: programmazione e qualità
Il Programma ERP 1996-1998 ha teso ad ottimizzare l’uso delle poche risorse
disponibili ed ha quindi privilegiato nuove linee di intervento destinate alla
locazione (a termine, con proprietà differita). Analogamente hanno agito i
più recenti Piano di Edilizia Residenziale 2004-2005 e Piano di Edilizia
Residenziale 2006-2008.
Le risorse ancora disponibili per nuovi programmi provengono dalla vendita
degli alloggi pubblici mediante piani di reinvestimento proposti dagli enti
proprietari degli alloggi e da un'esigua quota dei canoni di locazione degli
85
868_08
alloggi pubblici; altre risorse provengono dalle economie dei precedenti
programmi di edilizia agevolata per effetto del minor costo dei mutui edilizi.
Il Piano Regionale di Edilizia Residenziale 2006-200819 è originato dalla legge
regionale 16 dicembre 2005, n. 36, che ha definito in modo sistematico le
strategie del settore, le categorie degli interventi, le funzioni degli enti locali,
i beneficiari, i requisiti d’accesso; esso recepisce inoltre i contenuti della
recente intesa di programma per lo sviluppo in ordine agli obiettivi di
politica abitativa e di edilizia sostenibile.
Le risorse stanziate nel triennio 2006-2008 sono pari a circa 100 milioni di
euro.
Le strategie privilegiano il sostegno alla locazione mediante incremento
dell’offerta di abitazioni a canone sociale e moderato e mediante
contributi alle famiglie per le quali il rapporto canone/reddito risulti
particolarmente gravoso; le agevolazioni per l’accesso alla proprietà della
prima casa mediante contributi "buoni casa" diretti a giovani coppie e
l’istituzione di un fondo di garanzia per i mutui accesi da giovani coppie
con contratti di lavoro precario o atipico.
Particolare attenzione è posta all’incentivare un’elevata qualità del
prodotto edilizio (nuovi alloggi ERP accessibili al 100%, parametri obbligatori
di bioedilizia, sperimentazione di soluzioni di edifici autosufficienti
energeticamente e forme organizzative nuove di autocostruzione in
cooperative miste italiani - immigrati).
Il piano regionale si attua attraverso:
-
Programmi provinciali (50,2 Mln)
-
Programmi di reinvestimenti ERAP/Comuni dei proventi delle dismissioni
del patrimonio abitativo pubblico (32 Mln);
-
Programma di sperimentazione (2,6 Mln);
-
Fondo di sostegno alla locazione con contributi diretti alle famiglie (15
Mln).
Approvato con Deliberazione Amministrativa del 5 giugno 2007, n. 55 pubblicato
nel BURM n. 55 del 21 giugno 2007 e modificato con DACR del 17 marzo 2008, n. 87
pubblicato nel BURM n. 33 del 3 aprile 2008
19
86
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I programmi provinciali si articoleranno in tre annualità secondo le risorse
disponibili ed il grado di fattibilità degli interventi e dovranno attenersi alle
linee guida regionali in materia di qualificazione del processo edilizio.
Tutti gli interventi di nuova costruzione dovranno raggiungere un grado di
sostenibilità edilizia (in termini di limitazione dei carichi ambientali e di
consumo delle risorse) corrispondente ad un netto miglioramento delle
prestazioni rispetto ai regolamenti vigenti ed alla pratica corrente; qualora
la costruzione raggiunga un grado di sostenibilità maggiore sono previsti
contributi aggiuntivi.
Tutti i nuovi alloggi pubblici di edilizia sociale dovranno essere privi di
barriere architettoniche sia all’esterno che all’interno.
Fra le nuove linee di intervento l’erogazione di Buoni casa a giovani
coppie, di contributi per interventi sperimentali in autocostruzione, la
creazione di un fondo di garanzia mutui. Le risorse del fondo di sostegno
alla locazione sono utilizzate anche per incentivare la costituzione di
agenzie comunali per la locazione.
6.4. I bilanci regionali e l’investimento sul tema “casa”
Il graduale decentramento delle competenze dello Stato iniziato nel 1990
attraverso la riforma della Legge 142/90, e proseguito con le Leggi
Bassanini, ha portato con sè una trasformazione del sistema finanziario
passando prima per un sistema di finanza decentrata e arrivando ad un
sistema di finanza autonoma.
Il Bilancio annuale regionale rappresenta dunque il momento in cui le linee
della programmazione incontrano inevitabilmente la necessità della
fattibilità finanziaria: alla primaria funzione di documento contabile,
pertanto, si accosta quella politica; esso, infatti, é utile per vedere quali
temi i Governi Locali intendano privilegiare.
Per questo motivo si è scelta l’analisi dei bilanci per l’anno 2008, quale
mezzo per mettere in luce le politiche abitative delle singole regioni e delle
province autonome.
D’altra parte è facile, in questo modo, fare un confronto diretto fra il livello
di spesa statale per la casa (che negli ultimi anni si attesta intorno a 5
euro/procapite, rappresentati per la maggior parte dal Fondo affitti ex art.
11 L. 431/98)
87
868_08
La lettura dei bilanci è stata effettuata partendo dall’evidenziazione della
spesa di competenza20 nelle unità di previsione di bilancio che sono state
inserite sotto le ‘funzioni obiettivo/capitoli’ dell’edilizia residenziale e
politiche per la casa.
Quello che si nota dalla lettura è il minore importo nelle spese correnti (ossia
spese riferite al funzionamento dei pubblici servizi) rispetto alle spese in
conto capitale (ossia quelle che individuano tutte quelle spese che
incidono direttamente o indirettamente sulla formazione del capitale della
Regione).
Queste ultime costituiscono il comparto all’interno del quale sono collocati
contabilmente gli investimenti che la Regione sovvenziona nel corso
dell'esercizio finanziario annuale. Da notare tuttavia che alcuni bilanci
inseriscono in questa categoria di spese anche spese che non in modo
diretto intervengono a incrementare il patrimonio dell’ente ma che
comunque intervengono all’aumento o il miglioramento dello stock
abitativo anche di proprietà privata, ad esempio i contributi per l’acquisto,
il recupero, o il risanamento della prima casa o dell’abitazione principale.
Le Regioni difficilmente hanno la possibilità di finanziare la propria attività,
facendo leva solo sulle proprie risorse, e se a questa carenza si unisce una
riduzione dei trasferimenti dallo Stato, ben si comprende come mai molte
voci di bilancio siano collegate alla richiesta di mutui e/o agli strumenti di
finanza innovativa. A favorire questo comportamento senza dubbio è
intervenuta la riduzione dei tassi di interesse, che ha favorito il
miglioramento della spesa complessiva della Pubblica Amministrazione
riducendone gli oneri finanziari e consentendo la razionalizzazione delle
politiche di spesa per investimento.
Tra gli strumenti di finanza regionale senza dubbio rientrano i fondi
immobiliari etici. Attraverso questi fondi gli investitori privati si propongono di
realizzare progetti di Housing sociale.
In Italia siamo ancora alla sperimentazione iniziale di queste realtà, anche
se a incoraggiare i privati nel seguire questa strada di investimento ci sono
le esperienze europee già avviate che hanno mostrato negli anni buoni
tassi di crescita, mentre gli enti pubblici dal canto loro non sottovalutano
questa opportunità, come mezzo per affrontare la scarsità di liquidità.
20
Le “competenze” ricordiamo rappresentano le spese che l’ente si è impegnato
ad erogare durante l’esercizio finanziario, indipendentemente dal fatto che
verranno in esso effettivamente riscosse o pagate.
88
868_08
Questo processo è definibile come costruzione privata di housing sociale,
tuttavia il ruolo del Pubblico non è marginale. Questo viene chiamato a
entrare in gioco in diversi momenti del progetto dai primi momenti di
creazione dei presupposti
per la formazione del fondo, alla fine
dell’intervento.
Il ruolo dell’ente pubblico sia esso Regione o Comune risulta determinante
nella fase iniziale: è infatti necessario ed indispensabile per il reperimento
delle aree su cui è possibile realizzare gli interventi, fino all’aiuto economico
diretto attraverso l’elargizione di fondi o indiretto attraverso l’intervento sulla
diminuzione delle imposte.
Anche le politiche nazionali si stanno muovendo in questa direzione dando
sempre più peso all’ingresso dei privati nell’affrontare l’emergenza abitativa
attraverso l’ideazione di forme di partenariato pubblico/privato (cfr.
decreto legge 159/2007 di accompagnamento alla finanziaria 2008 e
Piano casa art 11, DL 112/2008).
Oltre che la forma di finanziamento della spesa, dall’analisi dei bilanci è
possibile evidenziare la categoria delle voci che fanno riferimento al tema
della ‘Casa’. Le unità di previsioni di bilancio che vengono classificate sotto
tale categoria sono sostanzialmente raggruppate sotto tre macro livelli:
-
Edilizia Residenziale Sociale (ERP,Convenzionata, Sovvenzionata);
-
Programmi di recupero Urbano (contratti di quartiere e di riqualificazione
urbana, recupero centri storici);
-
Edilizia residenziale privata e sostegno alla persona; (come si può vedere
nella tavola sinottica 46)
L’articolazione in queste categorie e nelle sottovoci mostra come le
amministrazioni pubbliche siano sempre più coscienti che un tema come
quello della casa non possa essere unicamente legato alla costruzione e
ristrutturazione del patrimonio immobiliare ma come questo sia connesso
ad una serie di variabili che passano anche attraverso la qualità della vita
a livello urbano e di quartiere, la differenziazione della soluzione proposta
(differenti tipi di locazione, attenzione a categorie speciali, ecc.) e che
necessitano di fondi per la ricerca e per l’innovazione.
La tabella 46 riunisce in una stessa voce le spese che le regioni collocano
sotto il tema casa, e quindi si sconta una certa disomogeneità: infatti per
alcune Regioni l’importo destinato alla casa potrebbe risultare più alto se
aggiungessimo le voci che sono inserite sotto ulteriori categorie. Un
esempio ce lo dà l’Emilia Romagna, l’unica regione ad aver inserito il tema
89
868_08
del risparmio energetico per la casa all’interno della funzione obiettivo
dell’edilizia residenziale, mentre quasi tutte le altre regioni hanno dedicato
un capitolo specifico al risparmio energetico; la stessa problematica si
ripresenta per le politiche relative alle sovvenzioni e agli aiuti per il sostegno
economico alle famiglie o rivolte a categorie speciali (vedi ad esempio gli
studenti, che il Molise inserisce nel capitoli casa e non educazione, scuola,
università come molte altre regioni fanno).
La nostra scelta, tuttavia, consente di cogliere quello che le regioni stesse
vedono come proprie politiche per la casa in modo diretto e quindi ci dà
un’idea del diverso atteggiamento che esse assumono rispetto a questo
tema.
L’ultima nota va fatta sul peso dell’investimento nel settore casa rispetto
alla spesa totale delle regioni.
Quello che si nota è che non si presenta una vera e propria distribuzione di
tipo nord/sud, e non è vero che le Regioni più ricche investono di più sulla
casa.
l peso dell’investimento di competenza per l’anno 2008 per la casa sul
totale del bilancio regionale si aggira su valori inferiori al 1% per almeno due
terzi delle regioni italiane, con picchi che non superano il 3% fatta
eccezione per la provincia autonoma di Bolzano.
Incrociando la lettura dei temi del capitolo di bilancio sulla casa con
questa classifica delle spese di competenza si nota che le regioni che
investono di più come Basilicata, Calabria, e Trentino Alto Adige
concentrano i loro stanziamenti prevalentemente sull’aumento e il rinnovo
del patrimonio immobiliare e sui programmi di riqualificazione a livello
urbano.
Casa e ambiente urbano
Collegata con il tema della “casa”, si nota anche un’attenzione ai
finanziamenti per la creazione di servizi e ai piani di recupero urbano.
Questa tendenza è il linea con quanto accade negli altri paesi europei.
Questi temi introducono la questione della qualità che sempre di più
accompagna l’edilizia residenziale sia pubblica che privata. L’ambiente in
cui si vive diventa sempre più di prioritaria importanza. La parola ambiente
viene intesa nella duplice accezione di ambiente urbano, quindi contesto
(del quale abbiamo detto) ma anche di ambiente nel senso più
90
868_08
‘naturalistico’, quindi con un’attenzione alla promozione di programmi e
interventi legati al risparmio energetico e all’uso di energia rinnovabile.
Sebbene come sopra detto solo l’Emilia Romagna stanzia i fondi per queste
politiche ambientali legate alla casa nel capitolo Casa del bilancio
regionale, non significa che questo tema non sia presente nelle politiche
delle altre regioni, infatti, quasi tutte le regioni hanno nelle previsioni di
spesa uno stanziamento dedicato alla casa/risparmio energetico posto nel
capitolo appositamente dedicato alle politiche ambientali.
Riguardo gli interventi promossi dalle Regioni si vede che tutte le Regioni
hanno attivato iniziative nel campo delle fonti energetiche rinnovabili
seguendo due principali linee di intervento in attuazione dei decreti del
Ministero dell’Ambiente emanati a partire dal 2000 e legate ai programmi
“Tetti fotovoltaici” e “Solare termico”.
A questi interventi si accompagnano una serie di proposte a marchio
regionale: le Regioni promuovono iniziative autonome attraverso Delibere
Regionali, spesso in attuazione dei Piani Energetici Regionali, i quali
valutano le potenzialità, dell’impatto e i benefici ambientali nonché gli
investimenti necessari.
Riassumendo si possono iscrivere gli interventi in tema ambientale promossi
dalle Regioni che coinvolgono la sfera dell’abitare e l’edificio in modo
diretto in tre categorie:
-
incentivo all’utilizzo di sistemi a tecnologia avanzata con lo scopo di
diminuire le emissioni e risparmiare energia ( es. sostituzione vecchie
Caldaie);
-
incentivi all’utilizzo di sistemi che utilizzino fonti rinnovabili (impianti
fotovoltaici, solare) anche al fine di produrre energia per auto-consumo
e non (ossia finalizzata all’immissione sul mercato);
-
incentivi per la manutenzione ordinaria e straordinaria che impieghi
materiali, sistemi e tecnologie innovativi nel settore energetico (nuova
coibentazione, sostituzione infissi, etc.)
Alcune Regioni si distinguono per accompagnare gli incentivi e i
finanziamenti ad una campagna di sensibilizzazione cittadini,
all’educazione ambientale, tra questi possiamo segnalare la campagna sul
consumo delle caldaie della regione Emilia Romagna e il progetto “la casa
intelligente”della Provincia Autonoma di Trento, un programma on-line che
segue la tipologia del test per auto-verificare in modo semplice e rapido i
91
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consumi e gli sprechi all'interno dell’abitazione e alcuni sistemi di calcolo
dei consumi di energia.
6.5. Linee di intervento comuni e proposte innovative
Nonostante la scarsità di risorse proprie da destinare alla casa, proprio fra le
Regioni che hanno minori disponibilità si nota come si stiano avviando
politiche sperimentali ed innovative. Buone pratiche che meritano una
diffusione al di fuori dei confini regionali, al fine di alimentare gli spunti a
disposizione delle Regioni in ritardo.
Proprio fra queste sperimentazioni si possono individuare delle linee di
intervento comune: la priorità riservata all’affitto, l’attenzione alle soluzioni
per dare casa ai giovani, la sperimentazione di nuovi modelli di produzione
della casa (autocostruzione, autorecupero), la promozione di agenzie per
l’affitto come
modalità di coinvolgimento dei proprietari privati
nell’aumento dell’offerta in locazione, l’attenzione alla qualità abitativa (
fornitura di servizi, risparmio energetico).
Nuova è anche l’attenzione riservata alla categoria del disagio estremo,
cui si rivolgono soluzioni abitative temporanee integrate alle politiche di
sostegno sociale (vedi Lombardia).
Tutte queste buone pratiche necessiterebbero però di essere inscritte in un
piano strategico comune, troppo spesso ancora mancante, fatta
eccezione per alcune regioni d’eccellenza.
Le Regioni tendono a programmare gli interventi in modo poco organico,
l’opportunità di avere una visione di insieme di quello che accade sarebbe
un buon punto di partenza per l’analisi dell’efficacia dei sistemi attuati e
per migliorarne la sinergia quando necessario. In tutto questo giocano un
ruolo chiave gli Osservatori Casa, come strumento di ricerca e valutazione,
oltre che di comunicazione tra le varie Regioni al fine di far veicolare le
idee.
Sulla questione Osservatorio Casa alcune Regioni stanno investendo e lo
considerano uno strumento imprescindibile delle loro politiche (Piemonte,
Lombardia, Marche, Emilia Romagna), ma purtroppo molte regioni ancora
non si sono mosse o si limitano ad enunciazioni di principio.
Per quanto riguarda la questione del reperimento delle aree, alcune regioni
si sono mosse nell’ambito della revisione della normativa urbanistica.
92
868_08
Gli impianti di alcune leggi urbanistiche regionali prevedono, nell’ambito
del processo attuativo del piano, che quote di superfici (aree o immobili)
vengano destinate all’edilizia residenziale sociale. È il caso della LUR Veneto
11/2004, articolo 39, LUR Lombardia 12/2005, articolo 11, comma 5, ed
anche, del disegno di legge per la modifica della LUR Emilia Romagna
20/2000 (il 20% della volumetria complessiva dei nuovi insediamenti
residenziali è destinato ad alloggi di edilizia residenziale sociale) e della
recente legge 12/2008 della Regione Puglia.
Su questo tema, va ricordato che durante la scorsa legislatura sono state
presentate diverse proposte di legge di riforma della normativa urbanistica
a livello nazionale che affrontavano tra l'altro (anche se non in modo
chiaro ed esaustivo) il tema della casa come diritto, riconoscendo il diritto
all’abitazione come diritto di cittadinanza, e proponevano che l'alloggio
sociale (definito come previsto dall’art. 5 della legge 9/2007 e dal relativo
DM attuativo del 22 aprile 2008) potesse rientrare negli standard urbanistici
come standard aggiuntivo nei nuovi insediamenti di espansione.
Relativamente alla perequazione urbanistica, e alle modalità di attuazione
delle cessioni delle aree a standard e competenze di gestione del processo
di costruzione dell’edilizia sociale, la normativa nazionale proposta non
suggerisce alcun meccanismo di compensazione legata, ad esempio, a
soglie minime o massime di quote edificatorie destinate all’abitazione
pubblica all’interno dei programmi di espansione o di trasformazione
urbana.
Il Piano casa previsto all’art 11 del DL 112/2008 (convertito in legge
133/2008) introduce invece:
a) il trasferimento di diritti edificatori in favore dei promotori degli interventi
di incremento del pa-trimonio abitativo;
b) incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi,
spazi pubblici e di miglioramento della qualità urbana, nel rispetto delle
aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle
attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del
Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444”.
I provvedimenti attuativi previsti dovranno chiarire il rapporto fra queste
indicazioni e la normativa urbanistica regionale.
93
868_08
Tab. 45 - Limiti di accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica nelle regioni italiane (aggiornamento 12/2006)
Regione
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Friuli Venezia Giulia
Lazio
Marche
Molise
Piemonte
Puglia
Sardegna
Sicilia
Trentino Alto Adige - Bolzano
Umbria
Valle d’Aosta
Veneto
Limiti di reddito normativi
accesso edilizia sociale
Limiti di reddito
accesso es
Per famiglia tipo [1]
Reddito medio
regionale
Per famiglia tipo [2]
% scarto
Pil ai prezzi di
mercato per
abitante [3]
22.616,00
12.435,01
12.394,97
11.977,39
20.000,00
13.298,00
13.343,00
12.883,26
24.645,00
13.000,00
11.465,00
12.807,13
13.700,00
15.000,00
12.452,00
12.794,00
32.178,86
17.925,47
17.869,42
17.284,81
25.000,00
19.133,66
19.196,66
18.553,02
38.871,60
18.716,46
16.567,46
18.446,44
26.083,44
21.516,46
14.929,00
18.428,06
25.133,00
23.596,00
21.132,00
22.835,00
29.594,00
28.493,00
28.955,00
26.805,00
27.785,00
22.868,00
26.519,00
21.907,00
31.781,00
27.968,00
29.189,00
29.122,00
- 28%
24%
15%
24%
16%
33%
34%
31%
- 40%
18%
38%
16%
18%
23%
49%
37%
19.621,00
16.884,90
15.648,50
15.491,70
26.783,40
29.397,50
24.154,00
17.541,70
26.332,60
15.918,70
19.367,50
16.027,20
31.691,60
22.829,50
31.941,60
27.830,60
NB: sono escluse dall’elenco le regioni che calcolano il reddito limite di accesso all’edilizia pubblica attraverso il reddito convenzionale
espresso tramite valore ISEE e ICEF.
[1]
[2]
[3]
composta da tre componenti, reddito da lavoro dipendente di un solo componente e due a carico.
Esclusi i fitti imputati, fonte principale di reddito, lavoro dipendente (fonte: dati ISTAT “Conti economici regionali, periodo di
riferimento: anni 2000-2005”, diffuso il 23.1.2007, anno considerato 2005.
Fonte: dati ISTAT “Conti economici regionali, Periodo di riferimento: anni 2000-2005”, diffuso il: 23.1. 2007, anno considerato 2005
Fonte: elaborazione Federcasa sui provvedimenti regional
94
868_08
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Emilia Romagna
Lazio
Liguria
Lombardia
Molise
Puglia
Sicilia
Trentino AA - Bolzano
Trentino AA - Trento
Valle d'Aosta
Veneto
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Aiuti
difficoltà
mutui
Contributi
acquisto,
recupero
della prima
casa/
bit i
Aiuti agli
assegnatari
ERP
Spese per il
personale e
per la
programma
zione
Abbattimen
to barriere
Architettoni
che
Finanziamen
to
costruzione
servizi
accessori e
Ricerca
settore
edilizia/
Osservatorio
Casa
Recupero
centri storici
Contratti di
quartiere/
Programma
riqualificazio
ne urbana
Cofinanzia
menti
sostegno
alla
locazione L.
431/98 t
Altri Fondi
nazionali
Principali voci di
finanziamento per
categorie di
interventi nei bilanci
regionali 2008
Contributi
nuova
costruzione
edilizia
residenziale
EPR/Conven
Programma
20.000
alloggi in
affitto
Tab. 46 - Tavola sinottica delle principali voci di finanziamento per categorie di interventi nei bilanci regionali 2008
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Nota: le regioni Campania, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria non sono state inserite in quanto le voci di bilancio sono
elaborate in modo sintetico e non contengono informazioni di dettaglio sulla destinazione dei fondi.
Fonte: elaborazione Federcasa sulle Leggi di Bilancio regionali
95
868_08
Tab. 47 - Incidenza della spesa per la casa sui Bilanci di previsione 2008 delle
Regioni
Regione
Calabria
Trentino Alto Adige-Bolzano
Basilicata
Toscana
Lazio
Trentino Alto Adige- Trento
Umbria
Emilia Romagna
Piemonte
Campania
Liguria
Sicilia
Friuli Venezia - Giulia
Sardegna
Molise
Veneto
Lombardia
Abruzzo
Valle d’Aosta
Puglia
Marche
Tot. Spesa per la casa
Tot. Bilancio
460.759.601
180.200.000
152.897.414
400.278.890
491.432.349
80.194.963
29.994.018
328.069.277
158.137.831
132.353.261
58.841.375
155.187.000
66.731.326
46.151.000
10.410.640
82.471.727
103.641.133
11.200.000
3.590.692
33.805.305
7.005.113
13.277.522.384
5.365.500.000
5.136.628.298
15.924.561.030
28.525.178.225
6.124.000.000
2.298.274.799
25.962.562.700
17.970.751.856
17.473.723.792
8.987.231.911
24.875.250.000
10.742.723.414
7.757.208.000
2.563.436.752
20.329.848.056
35.147.927.404
7.066.881.670
2.402.000.000
31.764.424.191
10.149.570.242
% spesa su
bilancio Tot.
3,47%
3,36%
2,98%
2,51%
1,72%
1,31%
1,31%
1,26%
0,88%
0,76%
0,65%
0,62%
0,62%
0,59%
0,41%
0,41%
0,29%
0,16%
0,15%
0,11%
0,07%
Fonte: elaborazione Federcasa sulle Leggi di Bilancio regionali
96
868_08
Tab. 48 - Spesa procapite delle Regioni per il tema casa nei Bilanci di previsione
2008
Regione
Trentino Alto Adige Bolzano
Basilicata
Calabria
Trentino Alto Adige Trento
Toscana
Lazio
Emilia Romagna*
Friuli Venezia - Giulia
Liguria
Piemonte
Umbria
Molise
Sicilia
Valle d’Aosta
Sardegna
Campania
Veneto
Lombardia
Abruzzo
Puglia
Marche
* valore medio
Spesa competenza tema casa
€/pro capite
370
259
231
158
110
89
78
55
37
36
34
33
31
29
28
23
17
11
9
8
5
Fonte: elaborazione Federcasa sulle Leggi di Bilancio regionali
97
868_08
Tab. 49 - Spesa procapite delle Regioni nei Bilanci di previsione 2008
Regione
Valle d’Aosta
Trentino Alto Adige Trento
Trentino Alto Adige Bolzano
Friuli Venezia - Giulia
Basilicata
Molise
Puglia
Calabria*
Marche
Emilia Romagna
Liguria
Abruzzo
Lazio
Sicilia
Sardegna
Toscana
Veneto
Piemonte
Lombardia
Campania
Umbria
* valore medio
spesa competenza
€/pro capite
19.245
12.078
11.002
8.859
8.686
8.009
7.805
6.645
6.607
6.148
5.589
5.395
5.193
4.958
4.675
4.377
4.259
4.129
3.682
3.018
2.633
Fonte: elaborazione Federcasa sulle Leggi di Bilancio regionali
98
868_08
Fig. 6 - Visualizzazione della spesa procapite per la casa delle Regioni - Bilancio
2008
99
868_08
7.
IL VENTAGLIO DELLE ESPERIENZE LOCALI
7.1. Politiche per incrementare l’offerta in affitto
Poste quotidianamente davanti alla drammaticità del problema casa, le
amministrazioni locali mentre sono impegnate a far fronte alle emergenze,
tentano anche di dare risposte innovative che contribuiscano a trattare le
cause di un problema che appare sempre più grave.
Il tratto comune delle iniziative innovative in fase di sperimentazione da
parte degli enti locali, è costituito senza dubbio dal tentativo di creare
un’offerta di alloggi in locazione a canone moderato o sostenibile (cioè
significativamente più basso di quello di mercato), per quei ceti mediobassi tagliati fuori dalla possibilità di accedere all’edilizia sociale e che non
sono in grado di sostenere i costi locativi del libero mercato né di imbarcarsi
nell’acquisto di una abitazione.
Se il fine è sostanzialmente comune, si evidenziano tuttavia almeno tre
diverse linee di azione per perseguirlo, linee che possono essere anche in
parte compresenti nell’azione della stessa amministrazione:
-
la prima è finalizzata ad introdurre all’interno dei processi di
trasformazione urbana una quota di nuovo volume edificabile vincolata
all’affitto e concordata con gli operatori economici in fase di
negoziazione urbanistica;
-
la seconda mira a creare una riserva di aree pubbliche edificabili da
destinare alla locazione, su cui far convergere investimenti pubblici e
soprattutto privati, incentivati questi ultimi dall’abbattimento dei costi
legati all’area;
-
la terza consiste nell’azione diretta di società immobiliari partecipate
dall’amministrazione comunale, che pur muovendosi sul mercato come
un normale operatore economico (e quindi acquisendo, trasformando e
vendendo), perseguono anche finalità sociali ed operano in particolare
nel settore dell’housing mirando a creare nuova offerta in affitto
accessibile.
Il primo approccio è ben rappresentato dal nuovo Piano strutturale di
Firenze, che prevede l'obbligo per chi realizza interventi di edilizia
100
868_08
residenziale (nuove edificazioni o recuperi con demolizione e ricostruzione)
di dimensione superiore a 2.000 mq di destinare almeno il 20% della
superficie utile ad alloggi per l'affitto convenzionato. I prezzi dovranno
essere del 20% inferiori a quelli stabiliti dai patti stipulati in sede locale da
organizzazioni dei proprietari e degli inquilini.
Tale norma ha applicazione immediata, anche in questa fase transitoria in
cui il nuovo regolamento urbanistico deve essere ancora approvato. Nella
fase a regime si prevede che la piena ottemperanza alla norma avvenga
esclusivamente con l’affitto permanente.
In alternativa, l’operatore può scegliere:
-
di limitare il periodo di affitto a 12 anni ed in questo caso dovrà versare
al Comune una somma che consenta di attivare altrove altrettanti affitti
temporanei per 18 anni (periodo residuale rispetto ai trent’anni di
normale ammortamento di un investimento immobiliare), mediante un
sovvenzionamento proporzionale a quello fissato dal governo per i
“Ventimila alloggi in affitto” (25% del costo di costruzione);
-
oppure di non realizzare la corrispondente volumetria ed in questo caso
sarà tenuto al versamento al Comune di una somma che consenta di
attivare la costruzione altrove di altrettante case in affitto, mediante un
sovvenzionamento pari a quello fissato dal governo per i “Ventimila
alloggi in affitto” (45% del costo di costruzione).
Dopo Firenze, anche il Comune di Bologna con il suo Piano Strutturale
approvato in via definitiva nel luglio del 2008, ha introdotto la regola che
prevede che in tutti i quartieri di nuova espansione residenziale realizzati su
aree private, il 20% debba essere adibito ad edilizia sociale.
Un altro caso assimilabile al primo approccio è rappresentato dal metodo
adottato dal Comune di Torino attraverso la variante n. 37 al Piano
Regolatore della città, approvata il 25 marzo del 2002. Essa, all’interno delle
norme urbanistico - edilizie di attuazione del PRG, stabilisce che per quanto
riguarda gli interventi di completamento, ristrutturazione urbanistica o
nuovo impianto, che superano i 4.000 mq di superficie lorda complessiva
(SLP) e che ricadono in zone urbane storico-ambientali o consolidate
residenziali miste, nell’ambito dell'attuazione delle zone di trasformazione,
una quota pari al 10 % della S.L.P. residenziale deve essere destinata
all’edilizia convenzionata.
La SLP residenziale di riferimento è quella effettiva al netto di una franchigia
che è pari alla differenza fra 4.000 mq e la SLP non residenziale totale
101
868_08
prevista. Su tale quota la città può esercitare al momento
dell'approvazione della Convenzione Urbanistica il diritto di acquisto.
Qualora la città non eserciti tale diritto o lo eserciti in parte, gli interventi di
cui sopra dovranno essere accompagnati da una convenzione o da atto
unilaterale d'obbligo, da parte dei proprietari che assumono l'impegno,
anche per i loro aventi causa, a dare in locazione, ai sensi dell'art. 32 legge
457/78 la quota di S.L.P. da destinare ad edilizia convenzionata per la quale
la Città non si è avvalsa dell'opzione all'acquisto, a soggetti appartenenti a
categorie indicate dalla Città stessa.
Il Comune si riserva di valutare eventuali proposte di localizzazione delle
suddette quantità di S.L.P. all'esterno dell'area di intervento. Tale proposta
dovrà riguardare alloggi le cui caratteristiche siano conformi a quanto
previsto dalle convenzioni di recepimento della normativa in materia di
edilizia agevolata-convenzionata, siano essi nuovi o ristrutturati in modo da
garantire uno stato conservativo equiparabile al nuovo, con interventi di
recupero e adeguamento impiantistico documentabili. In tal caso la
proposta dovrà comunque essere approvata dal Consiglio Comunale
contestualmente all'approvazione della Convenzione.”
Riguardo la Variante le disposizioni normative successive hanno precisato
che quel 10% di edilizia convenzionata è da destinarsi nella sua totalità alla
destinazione residenziale, sia in risposta alla crescente domanda abitativa
ma anche alla esigenza di garantire un modello abitativo improntato sulla
mixitè sociale.
Il secondo approccio, quello centrato sulla messa a disposizione di aree
pubbliche per realizzare nuova edilizia abitativa in affitto, è invece al
centro delle politiche abitative promosse dall’amministrazione comunale
milanese.
Anche a Milano gli interventi di trasformazione urbana attuati negli ultimi
anni (si pensi alle tante aree industriali dismesse riconvertite ad usi
residenziali) non hanno creato offerta accessibile per le famiglie a basso
reddito. Per rispondere a tale fabbisogno (stimato in 19.000 alloggi), il
Comune di Milano ha utilizzato una recente legge regionale (la n. 8 del
2005, cosiddetta “legge Borghini”) che dà la possibilità ai comuni lombardi
ad emergenza abitativa di utilizzare, in deroga agli strumenti urbanistici
vigenti, le aree a standard per realizzare nuova edilizia residenziale
pubblica.
In applicazione di tale legge l’amministrazione comunale con la delibera
promossa dall’assessore Verga (maggio 2005), ha individuato ben 46 aree
102
868_08
di proprietà pubblica in cui realizzare edilizia residenziale pubblica nell’arco
di 4-5 anni.
Si tratta di circa 1,2 milioni di metri quadrati su cui potranno essere realizzate
tre diverse tipologie di intervento:
-
edilizia residenziale a canone sociale
-
edilizia a canone moderato/convenzionato/speciale
-
edilizia residenziale universitaria.
Un primo pacchetto riguarda 4 aree comunali da destinare all’edilizia
sociale: con risorse della Regione Lombardia e del Comune su circa 60.000
mq si conta di realizzare circa 750 alloggi generando una capacità
insediativa di circa 2.250 abitanti. La scelta di queste aree, oltre ad essere
ispirata dai criteri generali, ha anche tenuto conto della vicinanza dalla
linee di forza del trasporto pubblico e di un’adeguata dotazione di servizi di
zona. La loro trasformazione avverrà sulla base di un progetto
architettonico che è stato selezionato mediante un concorso internazionale
di progettazione (che tra l’altro ha registrato un notevole successo di
partecipazione).
Per le rimanenti aree si prevede la realizzazione di edilizia a canone sociale
e moderato. Gli interventi potranno essere attuati direttamente dal
Comune stesso, avvalendosi eventualmente dell’Aler o di altri soggetti
pubblici o privati individuati mediante attraverso procedura ad evidenza
pubblica. In particolare la delibera prevede che qualora gli interventi
vengano realizzati con risorse pubbliche la totalità degli alloggi sia
destinata al canone sociale e moderato. Nel caso in cui, invece, le risorse
siano tutte private il 60% degli alloggi possa essere venduto come prima
casa destinando il restante 40% all’affitto comprendendo canone sociale e
moderato.
Peraltro su 4 di queste 37 aree è già stato attivato un secondo concorso di
internazionale di progettazione e si prevede di realizzare circa 470 alloggi
mediante risorse interamente stanziate dal Comune di Milano.
La terza linea di lavoro è quella relativa all’azione diretta di società
immobiliari partecipate dall’amministrazione comunale, che operano
anche nel settore dell’housing mirando a creare nuova offerta in affitto
accessibile.
A questo proposito, un caso interessante è quello relativo a “La Immobiliare
Veneziana” (Ive) una s.r.l partecipata al 97% dal Comune di Venezia, che
103
868_08
negli ultimi dieci anni ha allargato la propria mission: non più semplice
contenitore di immobili acquisiti dal Comune, ma soggetto che gestisce il
patrimonio e acquisisce con mezzi propri aree e immobili che urbanizza,
restaura, fraziona, affitta o rivende a soggetti di varia natura.
L’Ive interviene in molti ambiti (recupero e rifunzionalizzazione di aree
industriali dismesse, realizzazione dei terminal sulla laguna, gestione di servizi
immobiliari), ed anche nella trasformazione di aree a destinazione
residenziale da cedere a particolari categorie di utenti.
In quest’ambito la società è impegnata in operazioni di costruzione di
alloggi a Mestre da ceder al Comune che le metterà in affitto a canone
sostenibile. Inoltre Ive ha acquistato alloggi dell’ex San Paolo Imi per i quali
gli inquilini non avevano esercitato diritto di prelazione, evitando così loro il
rischio di sfratto.
Le risorse finanziarie necessarie per tali operazioni possono derivare, a
seconda dei casi, dal proprio patrimonio, dalla compartecipazione di
soggetti privati, dal finanziamento pubblico, da altre forme di
finanziamento.
104
868_08
7.2. La finanza etica per la casa
A fronte di una sostanziale erosione delle risorse pubbliche destinate alla
questione della casa (i pochi finanziamenti sono in gran parte assorbiti dal
Fondo sociale per l’affitto che tuttavia è stato progressivamente
ridimensionato), la sperimentazione in questo ambito ruota essenzialmente
intorno al problema di creare le condizioni di base per realizzare una nuova
offerta residenziale a basso costo ma che assicuri rendimenti minimi tali da
interessare investimenti privati.
Nuove iniziative di un certo interesse sono state avviate grazie all’impegno
di soggetti quali le fondazioni bancarie. In particolare si segnalano per
interesse due iniziative promosse rispettivamente dalla Fondazione Cariplo
e dalla Associazioni Industriali di Bologna. In entrambi i casi si tratta in
sostanza dell’ipotesi di costituire, previa una intesa con l’ente locale, un
fondo immobiliare con finalità legate alla creazione di alloggi in locazione
a costi contenuti per fasce medio-basse che, pur avendo disponibilità
finanziarie contenute, non presentano rischi di morosità.
Per quanto riguarda la Fondazione Cariplo, la società continua a dedicare
negli anni notevoli sforzi oltre che investimenti economici al settore
dell’housing sociale. Nel giugno 2004, in compartecipazione con la Regione
Lombardia e l’ANCI Lombardia, ha costituito la Fondazione Housing Sociale
(FHS) allo scopo di lavorare su progetti di incremento all’accesso alla casa
delle persone svantaggiate attraverso la realizzazione di nuove residenze su
terreni ottenuti a condizioni agevolate, gestiti da operatori del non profit.
Gli alloggi realizzati vengono concessi in locazione a canoni calmierati alle
categorie di soggetti in condizioni di difficoltà (famiglie di nuova
costituzione o monoreddito, studenti, anziani, immigrati e altri soggetti a
rischio di esclusione).
L’FHS ha inoltre istituito il Fondo Abitare Sociale 1, il primo fondo immobiliare
dedicato a interventi di edilizia sociale, il cui regolamento è stato
approvato dalla Banca d’Italia. Essendo un fondo etico offre rendimenti
ridotti, ed è quindi riservato a investitori qualificati.
Fino ad oggi il fondo ha operato unicamente sul territorio della Regione
Lombardia. A breve, grazie ad una modifica dello statuto e ad una
capitalizzazione di dieci milioni di euro la fondazione supererà i confini
operativi regionali e sarà autorizzata a lavorare su progetti in tutta Italia.
Per quanto riguarda il caso bolognese l’operazione è legata
specificamente all’obiettivo di rendere più attraente Bologna come sede di
105
868_08
lavoro per i giovani, nel caso lombardo si tratta principalmente di un
obiettivo sociale.
A Bologna in questi anni da molte parti si è sottolineato il rischio di un
progressivo impoverimento delle risorse umane della città. Rischio reale,
riconducibile sia ad un tasso di senilizzazione tra i più elevati in Italia, che
alle dinamiche di un mercato immobiliare che non solo spinge le coppie
giovani a scegliere la residenza nei comuni periferici della cintura
metropolitana, ma che disincentiva anche le migliaia di neo-laureati fuori
sede delle facoltà bolognesi a rimanere a lavorare e vivere a Bologna.
Tale riflessione riguarda, più in generale, il pericolo di un allentamento della
tradizionale attenzione al lavoro e al “fare impresa”, più che comprensibile
in una città caratterizzata da ricchezza diffusa, dove più della metà della
popolazione si compone di ultrasessantacinquenni e di studenti universitari.
In sostanza il problema del caro-affitti rischia di diventare “un tappo” non
solo per la tenuta della coesione sociale, ma anche per lo sviluppo
economico di Bologna.
Da ciò la necessità di politiche tese a migliorare una delle vocazioni più
distintive di questa città, l’accoglienza, a cominciare dalla casa, per
avversare il processo di impoverimento di risorse umane e il conseguente
scadimento della competitività della realtà urbana.
Per tali ragioni l’Associazione industriali bolognese ha deciso di impegnarsi
direttamente su questo fronte facendosi promotrice di uno studio/proposta
per la costituzione di un fondo immobiliare etico ad apporti.
Lo studio, che ipotizza come risultato la realizzazione di circa 500 nuovi
alloggi (con un taglio medio di 70 mq), prevede il conferimento dei terreni
da parte del Comune di Bologna e di un conferimento in liquidità da parte
di investitori istituzionali per il controvalore necessario a costruire gli alloggi
(circa 46 milioni di euro).
L’apporto dei terreni da parte del Comune, che viene remunerato al
termine dell’operazione attraverso le quote corrispondenti al valore di
mercato, consentirebbe di praticare un canone moderato di 400 euro al
mese, con un rendimento lordo del capitale investito di 5,1% annuo,
corrispondente ad un rendimento finale, quindi al netto delle spese di
gestione, dell'ordine del 3%.
Gli utenti dovranno essere selezionati tenendo conto del reddito, dell’età e
dal tipo di lavoro svolto. Lo studio prevede una durata contrattuale di
quattro anni con possibilità di rinnovo per soli altri quattro, al termine dei
quali l’alloggio ritorna al libero mercato o viene riaffittato ad un nuovo
106
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utente. Si suppone che nel frattempo siano maturate le condizioni per una
stabilizzazione lavorativa e per un radicamento nella città dell’inquilino tali
da consentirgli il passaggio ad altro tipo di sistemazione abitativa.
7.3. Buone pratiche locali
Qui di seguito vengono presentati i casi studio relativi ad alcune buone
pratiche locali. Tra le numerose iniziative realizzate in risposta alla domanda
di casa, sono state individuate le esperienze che si caratterizzano e si
distinguono per l’innovazione degli strumenti utilizzati, la durata nel tempo
dell’operazione, il positivo impatto dei risultati ottenuti.
A) Il Villaggio Barona a Milano: un intervento di riqualificazione
urbana integrato
Il Villaggio Barona è uno dei principali interventi di housing sociale nella
periferia di Milano, rilevante per la sua concezione di centro di assistenza
integrato, che affianca soluzioni abitative e commerciali ad attività di
servizio alla persona.
Sorge in un’area della periferia sud-ovest di Milano, ampia circa 45.000 mq,
situata tra le vie Svevo, Ponti, Cassoni e Zumbini e dismessa da attività
industriali e artigianali.
La realizzazione del villaggio costituisce un intervento di riqualificazione
urbana dal carattere innovativo e che presenta diversi elementi distintivi in
tema di rete di collaborazione tra enti pubblici, soggetti privati e operanti
nel privato sociale. La partecipazione di 1000 volontari per la maggior parte
residenti nel quartiere stesso ha, fra l’altro, permesso di porre al centro della
vita del quartiere una serie di realtà e di situazioni sociali in passato poste ai
margini.
Il progetto nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Attilio e Teresa
Cassoni, proprietaria dell’area di intervento, e la Parrocchia dei Santi
Nazaro e Celso che si è avvalsa anche del supporto dell’Associazione di
volontariato Sviluppo e Promozione. Altri soggetti coinvolti nell’intervento
sono stati la Cooperativa La Cordata, gestore del pensionato, e l’Ospedale
S.Paolo di Milano per la gestione del Centro Psicosociale. Per quanto
riguarda la progettazione dell’intervento essa è stata affidata al
107
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Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano che
ne ha curato anche la fase realizzativa.
In base al piano regolatore del 1976, l’area era vincolata a standard e solo
grazie ad un innovativo trattamento tecnico è stato possibile includere
nell’intervento le case e le attività commerciali che ricoprono una funzione
sociale, poiché sono state incluse nelle funzioni di servizio per la comunità
insediata. Per poter ottenere la destinazione a “servizi collettivi di interesse
comunale”, la Fondazione Cassoni ha stipulato una convenzione con il
Comune di Milano nella quale si è impegnata, tra l’altro, all’asservimento
perpetuo dell’area ad uso di interesse pubblico.
Scopo dell’intervento è stato quello di integrare funzioni di interesse
pubblico e risposte ai bisogni diffusi nella comunità locale, individuando
interventi sociali rivolti a categorie svantaggiate. Lo spazio fisico è stato
organizzato in modo da favorire l’incontro tra gruppi sociali differenti per
divenire luogo della contaminazione tra linguaggi diversi.
Il progetto è suddiviso in quattro lotti di intervento caratterizzati da diverse
funzioni: la residenza sociale, le attività commerciali, il pensionato sociale
integrato, i servizi alla persona e il verde pubblico.
Nello specifico, l’intervento è consistito nella realizzazione di:
-
78 alloggi di edilizia sociale in locazione a canone calmierato e
agevolato con annessi spazi per il commercio e l’artigianato (primo
lotto)
-
4 comunità alloggio per ragazze madri, disabili intellettivi, anziani e
malati terminali da 250 mq ciascuna (primo lotto)
-
il pensionato sociale integrato 110 posti letto per studenti, lavoratori e
soggetti deboli segnalati dai servizi sociali (secondo lotto)
-
strutture di servizio rivolte a famiglie in difficoltà con bambini in età
prescolare, o per gli anziani del quartiere (terzo lotto)
-
un centro di animazione e promozione culturale (terzo lotto)
-
un giardino attrezzato di uso pubblico su una superficie complessiva di
22.000 mq (quarto lotto)
La realizzazione del Villaggio è partita nell’ottobre 2001. Il primo lotto
comprendente le abitazioni di edilizia sociale e le comunità alloggio è stato
completato nel dicembre 2003, mentre il pensionato integrato del secondo
108
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lotto è stato terminato nel settembre del 2005. Il terzo lotto con i servizi è
stato terminato nel 2008. Mentre è ancora in fase di completamento il
parco che andrà a costituire il cuore del Villaggio e il luogo di connessione
tra le sue diverse parti e le strutture dei servizi alla persona.
I diversi progetti hanno potuto usufruire di finanziamenti ed agevolazioni.
Oltre alla Fondazione Cassoni, contributi importanti sono stati elargiti dalla
Fondazione Cariplo e dalla Banca Popolare di Milano. Altri sostenitori del
progetto sono stati Mediaset, Mondadori, Cattolica Assicurazioni, la società
Borio Mangiarotti (società costruttrice), la Società La Ligure e la Fondazione
Icare.
Per quanto riguarda le residenze sociali si tratta di alloggi in locazione inseriti
nel mercato per un 15% a canoni “molto sociali”, dunque in prima fascia,
così da accogliere situazioni di grave disagio abitativo e per un 85% a
“canone concordato” ovvero in seconda fascia, per facilitare l’accesso
alla casa in un sistema simile a quello del mercato.
Il pensionato sociale, gestito dalla Cooperativa La Cordata, è invece stato
suddiviso in base alla permanenza delle utenze: dei 5 nuclei, 3 sono stati
destinati alle permanenze lunghe (mensili o annuali) mentre i restanti 2
nuclei sono stati adibiti ad ostello e foresteria, con un tempo di
permanenza previsto di due/tre giorni.
Il Villaggio Barona ha rappresentato una sfida impegnativa per le realtà del
terzo settore coinvolte e ha assunto una forte connotazione sperimentale e
innovativa in virtù del fatto di essere innanzitutto uno dei primi interventi
promossi, realizzati e gestiti da un proprietario privato “sociale”.
Ulteriore importante fattore innovativo e determinante per la
concretizzazione del progetto è stata la definizione della nuova procedura
di attuazione urbanistica che ha consentito di realizzare, grazie alla forma
dell’asservimento perpetuo all’uso pubblico, un intervento integrato dal
punto di vista funzionale su un’area destinata dal piano a servizi collettivi.
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Fig. 7 – Planimetria del Villaggio Barona – Fonte: www.villaggiobarona.it
Fig. 8 – Vista dell’area di intervento - Fonte: www.villaggiobarona.it
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B) Inserimento abitativo degli stranieri nel quartiere Stadera di
Milano
Il Programma di riqualificazione urbana del quartiere Stadera è
un’interessante esperienza di nuova gestione del patrimonio pubblico da
parte del comune attraverso la cooptazione del terzo settore, in particolare
della cooperativa Dar-Casa, in un progetto sperimentale di recupero e
ristrutturazione di abitazioni pubbliche e di successiva assegnazione a
famiglie immigrate. L’intervento rappresenta il primo su scala così grande
nella storia della città; come abbiamo visto, in passato l'ente pubblico si
rivolgeva al privato sociale per la gestione di singoli appartamenti, mai per
un intero edificio, e senza che fosse previsto in modo organico anche
un'attività di accompagnamento sociale.
L’esperienza, iniziata nel 2000 ha visto coinvolto come principale soggetto
di riferimento Dar-Casa, una cooperativa di abitazione che si propone di
cercare alloggi a basso costo da affittare ai lavoratori italiani e stranieri che
non possono sostenere un canone di mercato. Alla cooperativa è stato
assegnato uno degli edifici del blocco delle quattro corti di Stadera che
sono state ristrutturate e quasi integralmente assegnate alla popolazione
immigrata. Si trattava di persone iscritte da anni alla cooperativa, con
rilevanti problemi di inserimento abitativo.
L’inserimento della popolazione immigrata è stato possibile grazie alla
sensibilità di vari attori, istituzionali e non, ed ha avuto un carattere
assolutamente sperimentale in quanto mai prima era stato realizzato un
intervento di tale portata, consistente in 51 alloggi dati a famiglie
immigrate, per un totale di più di 150 persone, con la realizzazione parallela
di un programma di mediazione territoriale a sostegno dell'inserimento
abitativo.
Stadera è un quartiere di edilizia popolare situato alla periferia sud di
Milano nel quale la quasi totalità delle case (90%) appartiene all'ALER (ex
IACP). Dalla anni ’90 la presenza di immigrati di diversa provenienza ha
registrato un continuo incremento. Gli alloggi sono in situazione di degrado
e abbandono e c’è una forte presenza di occupazioni illegali.
La logica del programma era intervenire in modo complessivo sul quartiere,
riqualificando il patrimonio di edilizia residenziale, aumentando la
disponibilità di alloggi e la dotazione di servizi, mettendo in campo un
circolo virtuoso volto a sostenerne lo sviluppo, ma anche ridurre il livello di
tensione sociale, cercando di inserire nel quartiere nuovi abitanti che
modificassero la forte concentrazione di problematiche sociali e potessero
111
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svolgere un ruolo positivo e di rinnovamento rispetto alla situazione nel
quartiere.
Questa operazione è stata fatta sottraendo alcuni degli alloggi all’edilizia
residenziale pubblica ed assegnandoli fuori bando a operatori del privato
sociale che, lavorando nel campo del disagio abitativo, potessero
contribuire alla gestione del processo. Attraverso l'intervento dell'operatore
privato si perseguiva anche lo scopo di ridurre i tempi e i costi della
ristrutturazione, rimettendo in tempi brevi sul mercato un buon numero di
alloggi popolari.
Nel luglio del 2001 viene firmata la Convenzione trilaterale tra Regione, Aler
e Agenzia Lombarda riguardante l’edificio delle Quattro Corti, un blocco
comprendente quattro edifici e ben 200 appartamenti, e che prevedeva
che:
-
la ristrutturazione delle Quattro Corti, fosse svolta per metà dall’Aler e
per metà da un operatore privato, indicato dall’Agenzia Lombarda per
l'Affitto;
-
la ristrutturazione delle abitazione fosse svolta da Dar casa e dalla
cooperativa La Famiglia, come operatori identificati dall’Agenzia;
-
le case ristrutturate fossero assegnate al di fuori dei bandi ordinari per
l’edilizia residenziale pubblica;
-
le cooperative ottenessero la gestione degli alloggi ristrutturati in
comodato gratuito per 25 anni;
-
gli alloggi fossero affittati al canone concordato ex L. 431/98, superiore
a quello per l'assegnazione degli alloggi ERP, ma inferiore a quello di
mercato.
Per quanto riguarda le categorie di utenza ammesse alla locazione,
l'intento è stato quello di rompere il carattere monoclasse del quartiere,
inserendo, attraverso l'operatore privato, soggetti che presentassero
situazioni di disagio meno forti rispetto alla media. In questo senso
l'inserimento di famiglie immigrate è stato definito come elemento positivo
di riqualificazione del quartiere, anche grazie alla mediazione di Dar casa.
I lavori di ristrutturazione sono iniziati nel marzo del 2002 e le assegnazioni si
sono interamente concluse nella primavera del 2005. La ristrutturazione è
stata effettuata accorpando gli alloggi più piccoli per ottenere bilocali e
trilocali di circa 60 mq., in modo che fossero idonei ad ospitare anche
nuclei familiari. Al termine della ristrutturazione sono stati resi disponibili 48
112
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appartamenti per ogni edificio; e alle due cooperative è stata lasciata
libertà nell'assegnazione degli alloggi, pur nel rispetto dei criteri previsti dalla
Convenzione.
Per quanto riguarda i criteri di assegnazione degli alloggi, Dar casa ha
attinto al bacino dei propri soci, utilizzando come criterio per l'assegnazione
quello dell'anzianità di iscrizione alla cooperativa, con una sola eccezione:
l’inserimento di alcuni iscritti di nazionalità italiana, per evitare una
eccessiva concentrazione di popolazione straniera e fenomeni di
ghettizzazione.
L'assegnazione finale degli alloggi ha fatto sì che i 2/3 fossero assegnati a
famiglie straniere e gli alloggi rimanenti a famiglie italiane. Sono stati così
inseriti 31 nuclei di famiglie straniere, per un totale di circa 90 persone e con
una la presenza di 18 nazionalità diverse.
La cooperativa La Famiglia, invece, segue una modalità differente di
assegnazione, con la raccolta di domande in collaborazione con il
comitato di quartiere, il sindacato degli inquilini della zona, la parrocchia, le
cooperative consorziate. Realizza quindi interviste volte a verificare
l'esistenza dei seguenti requisiti:
-
lo stato di disagio abitativo;
-
la presenza di un reddito che consentisse comunque di sostenere il
canone di cui alla L. 431/98 (vedi sopra).
Il risultato è stato l'inserimento di 31 nuclei familiari italiani, in gran parte
provenienti dal quartiere, e 17 stranieri, per un totale di 43 persone.
L'Aler infine ha assegnato i suoi alloggi attraverso apposito bando e,
cercando di intervenire sulla situazione delle famiglie del quartiere, ha dato
assoluta priorità a coloro che risiedono nel quartiere. L’assegnazione a
famiglie immigrate è stata in questo caso minoritaria (tre nuclei familiari).
Successivamente all'assegnazione degli alloggi, Dar-Casa si è impegnata, a
realizzare, con le proprie risorse, un programma di accompagnamento
delle famiglie inserite, per garantire assistenza in caso di problemi con la
manutenzione dell'alloggio, il pagamento puntuale del canone, il rispetto di
rapporti di buon vicinato. Nel progetto è stato incluso un programma di
mediazione territoriale svolto prima dell’inserimento abitativo, per
preparare il quartiere all'arrivo delle 51 famiglie immigrate e limitare i rischi
di scontro o di rigetto. L’intervento, finanziato dai Servizi Sociali del Comune
di Milano, Settore Stranieri, è stato affidato ad ABCittà, cooperativa sociale
esperta di progettazione partecipata.
113
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L’operazione di ristrutturazione, invece, è stata finanziata dalle cooperative
attraverso canali differenti, con costo notevole, circa 2 milioni di euro per
ciascuna; per Dar-Casa si è trattato dell’intervento più costoso svolto dalla
sua costituzione. Grazie ad un generoso contributo della Fondazione
Cariplo (circa un milione di euro) le due cooperative riescono a coprire
circa 1/3 dell'intervento. La restante parte è stata reperita attingendo in
parte al prestito sociale, in parte accendendo un mutuo bancario.
Fig. 9 - Foto aerea del quartiere Stadera - Fonte: www.alersistemamilano.it
Fig. 10 - Il quartiere Stadera – Fonte: www.darcasa.org
114
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C) L’Agenzia per la Locazione dell’Acer di Rimini
L’esperienza dell’Azienda Casa Emilia-Romagna (ACER) della Provincia di
Rimini appare interessante come esempio di servizio pubblico efficiente
che risponde alla domanda abitativa con strumenti innovativi, lavorando
sulla creazione di reti territoriali e aprendo la propria attività alle nuove
forme di disagio abitativo.
La storia dell’ACER di Rimini comincia nell’agosto del 2001, quando l'Istituto
Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Rimini viene trasformato
con la Legge Regionale sull'Edilizia Residenziale Pubblica in un ente
pubblico economico. La titolarità dell’ACER viene conferita alla Provincia di
Rimini (a cui compete il 20% del valore patrimoniale netto dell’ACER) e ai
Comuni (che si dividono la quota restante, in proporzione al numero dei
loro abitanti).
Accanto alla mission principale, ossia quella di costruire e gestire alloggi
pubblici finalizzati alla locazione permanente, l’ACER ha attivato all’inizio
del 2002, grazie ad un finanziamento del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali, un’Agenzia per la locazione con l’obiettivo di soddisfare le
esigenze abitative delle famiglie in stato di disagio, così come previsto dalla
legge regionale.
Infatti, in seguito alla trasformazione dello IACP in Azienda Casa Emilia
Romagna, il legislatore regionale ha reso possibile lo svolgimento di attività
rivolte anche alla gestione di patrimoni immobiliari pubblici e privati ed in
particolare alla costituzione di Agenzie per la locazione tese a favorire la
mobilità nel mercato degli affitti attraverso il reperimento di alloggi sul
mercato privato, atti a soddisfare le esigenze abitative delle famiglie in
stato di emergenza.
L'Agenzia ha il compito di trovare gli alloggi e assegnarli in affitto ai
destinatari, facendo da intermediario e garantendo direttamente nei
confronti dei proprietari i pagamenti e il rispetto degli accordi contrattuali.
Tale modalità operativa ha come obiettivo quello di calmierare i prezzi
delle locazioni, particolarmente elevati in una realtà come quella riminese,
facendo inoltre emergere una fetta del sommerso esistente nel mercato
degli affitti.
In questi primi tre anni di attività l’Agenzia è riuscita a contenere i canoni di
circa il 20%.
Di recente all’Agenzia per la Locazione è stata affiancata l’Agenzia Affitto
Garantito che autonomamente ma con lo stesso metodo dell’esistente,
offre i propri servizi sul mercato dell’affitto privato, al di fuori dell’emergenza
115
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abitativa, con l’intento di favorire il ricorso ai canoni concertati ed una
maggiore trasparenza e regolarità nel mercato della locazione.
L’attività dell’Agenzia per la Locazione è svolta in nome e per conto dei
Comuni e degli Enti Pubblici della provincia di Rimini (Comuni
convenzionati, Provincia, Organizzazioni Sindacali, Università, Associazioni
degli Imprenditori, Associazioni dei Proprietari Immobiliari).
In questo contesto, l'ACER di Rimini ha stipulato tre convenzioni per
soddisfare diverse tipologie di domanda sociale, con la possibilità di
rispondere, accanto alle forme più gravi di disagio abitativo, anche ad
un’utenza solvibile, ma ugualmente vulnerabile, come quella immigrata
che, nonostante sia in grado di pagare un canone di mercato non riesce
spesso ad accedervi per questioni di carattere puramente discriminatorio.
Le tre convenzioni stipulate dall'ACER riguardano:
-
le famiglie in stato di disagio abitativo, con il coinvolgimento dei Comuni
della provincia;
-
i lavoratori immigrati, con il coinvolgimento della Provincia e delle
Associazioni di categoria;
-
gli studenti universitari fuori sede, con la partecipazione del Comune di
Rimini e dell'Università di Bologna - Polo Riminese.
L'assegnazione degli alloggi avviene secondo i criteri e le graduatorie
stabilite dall'Ente convenzionato di riferimento (Amministrazioni pubbliche,
Associazioni di categoria, Università di Rimini).
Bisogna considerare inoltre che l'Agenzia per la Locazione si impegna con i
proprietari che decidono di affittare le proprie abitazioni a curare la
riscossione dei canoni dai locatari e corrisponderli direttamente ai
proprietari; ad occuparsi della manutenzione ordinaria degli immobili; ad
attivare le azioni, anche legali, relative ad eventuali inadempienze di chi ha
preso in sublocazione l'appartamento e infine a restituire l'appartamento
alla data convenuta nelle stesse condizioni di consegna.
Il contratto a canone libero è ancora decisamente predominante (circa
due terzi del totale). Tuttavia, l’Agenzia si pone lo scopo di promuovere la
crescita del contratto a canone concertato poiché permette un maggiore
calmieramento dei canoni d'affitto, mentre offre ai proprietari alcune
importanti agevolazioni. Infatti, per chi affitta l'alloggio stipulando un
contratto a canone concertato è previsto che:
116
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-
il reddito imponibile, ai fini fiscali, venga ridotto del 40,5% (per esempio:
canone annuo di 7.000 euro - 40,5% = 4.165 euro di reddito imponibile
dell'alloggio locato);
-
l'ICI venga ridotta al 2 per mille dall’attuale 7 per mille;
-
la registrazione del contratto ottenga uno sconto del 30%.
Nel mese di settembre del 2002, l’ACER ha siglato un accordo con la
Provincia di Rimini, le Associazioni degli Imprenditori, le Associazioni dei
Proprietari Immobiliari e le Organizzazioni Sindacali.
L’accordo nasce dall'esigenza sempre più sentita dalle aziende riminesi di
reperire manodopera, soprattutto straniera, e di garantire ad essa soluzioni
abitative idonee alle proprie esigenze, e prevede per i firmatari obblighi
differenti:
-
l'ACER ha il compito di reperire gli alloggi sul mercato, stipulare i contratti
di affitto con i proprietari e a sua volta subaffittarli ai lavoratori; inoltre, si
impegna a curare la riscossione dei canoni dagli affittuari e
corrisponderli ai proprietari e ad attivare le azioni, anche legali, relative
ad eventuali inadempienze dei proprietari o di chi ha preso in affitto
l'appartamento;
-
la Provincia si impegna a corrispondere all'ACER un corrispettivo per il
servizio reso, pari a 1.063 euro per alloggio all'anno;
-
le associazioni degli imprenditori si impegnano ad accordarsi con le
aziende associate per ripartire le spese per le provvigioni di mediazione
e a fare azione di promozione verso gli associati affinché, per tutta la
durata del rapporto di lavoro, le aziende si facciano carico di garantire il
pagamento dei canoni di affitto per evitare le problematiche legate agli
sfratti e alla morosità;
-
le associazioni dei proprietari degli immobili si impegnano a compiere un
monitoraggio periodico presso i propri associati per accertare la
disponibilità di appartamenti da rendere disponibili a questo scopo a
canoni equi;
-
le organizzazioni sindacali assistono i lavoratori che richiedono alloggi o
che hanno in subaffitto un appartamento e hanno l'obbligo di vigilare
sulla correttezza nei rapporti tra datori di lavoro, lavoratori e proprietari.
Nei primi tre anni di attività l’Agenzia per la Locazione ha reperito sul
mercato privato e, successivamente sublocato 133 alloggi di varia
117
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dimensione per 465 persone. 71 alloggi, pari al 53,4% sono stati destinati ad
immigrati. Per la restante parte si tratta di studenti fuori sede e di famiglie in
stato di disagio abitativo. Fra i 295 inquilini stranieri sono rappresentate ben
21 nazionalità. Inoltre, vi sono 43 nuovi appartamenti già disponibili e pronti
per essere assegnati nei prossimi mesi.
Fig. 11 - Il logo dell’Agenzia per la locazione di Rimini - Fonte: www.acerimini.it
118
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D) “Un tetto per tutti”: un progetto di autocostruzione in Umbria
Il progetto “Un tetto per tutti” propone un possibile modello di intervento
per risolvere il problema del disagio abitativo praticando un’edilizia sociale
di qualità attraverso l’utilizzo della pratica dell’autocostruzione. Per
realizzarlo nel 2001 è stata fondata la cooperativa sociale Alisei che come
braccio operativo del progetto riunisce nella sua compagine architetti,
esperti di immigrazione, psicologi, mediatori e amministratori. La scelta di
incentivare l’autocostruzione nasce dalla consapevolezza che per molti
immigrati il problema della casa non è legato al reddito, ma alla scarsa
capacità di patrimonializzazione.
L’autocostruzione consiste nel fatto che a costruire sono gli stessi futuri
proprietari, impegnati a prestare la loro opera manuale per un numero
prestabilito di ore fino al completamento del progetto. L’attività edile è
naturalmente diretta e controllata da professionisti e da organismi di
consulenza cui è affidata la soluzione di tutti i problemi legali e burocratici
legati alle pratiche edilizie. I progetti adottati presentano tecniche semplici
e materiali a costi non troppo elevati, ma di qualità, per edificare nuovi
quartieri sollecitando la costituzione di cooperative dei futuri proprietari. In
questa maniera si riesce ad abbattere i costi di costruzione sino al 70%.
Condizioni necessarie per la riuscita del progetto, oltre che la buona
volontà degli autocostruttori e la presenza delle professionalità necessarie,
sono il coinvolgimento degli enti locali, ed in particolare del comune, sia
per la concessione a prezzo calmierato di terreni adibiti all’edilizia popolare
(PEEP), che per le concessioni edilizie e infine per fornire le garanzie di
pagamento alle banche che concedono i mutui.
L’iter di realizzazione è stato avviato nella primavera del 2001, quando la
Alisei Coop ha presentato il progetto alla Regione Umbria e agli assessorati
competenti delle amministrazioni comunali di Perugia, Terni e Marsciano.
Una volta vinte le resistenze degli uffici tecnici, nell’aprile 2001 la regione
Umbria, i comuni di Perugia, Terni e Marciano, Alisei Coop. e Gepafin
(finanziaria regionale) hanno firmato un Protocollo d’intesa.
Oltre ai comuni, impegnati a mettere a disposizione i terreni edificabili,
anche la Regione Umbria ha assunto compiti di promozione, sostegno
dell’intervento sperimentale e monitoraggio. Nello specifico ha assegnato
un finanziamento iniziale di 62.000 euro alla cooperativa Alisei Coop per
l’avvio dei progetti e ha dato mandato alla finanziaria Gepafin di fare da
intermediaria e da garante con gli istituti bancari per l’accesso ai
finanziamenti e per la copertura delle spese.
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Le domande di partecipazione al bando sono state superiori alle attese:
150 a Marsciano, più di 60 sia a Terni che a Perugia. In particolare, si è
ricevuto un numero di domande da parte di cittadini italiani superiore alle
aspettative. Una Commissione di selezione, formata da alcuni
rappresentanti della Alisei Coop e delle istituzioni coinvolte, ha esaminato le
domande e verificato il possesso dei requisiti richiesti. Uno dei criteri utilizzati
è stato quello della varietà di nazionalità dei richiedenti, al fine di costituire
un gruppo con caratteristiche di mutietnicità.
Nell’arco di sette mesi sono stati selezionati e preparati i primi 51
autocostruttori, per più della metà di nazionalità straniera. La Alisei Coop ha
poi organizzato incontri allo scopo di illustrare la tecnica
dell’autocostruzione e le fasi del progetto. Durante gli incontri, con l’ausilio
di psicologi, sono state indagate le motivazioni dei partecipanti.
Tra il 2001 e il 2002 si sono formate, con l’assistenza della Alisei Coop, la
cooperativa Quarantottomani a Terni e la cooperativa Casatua a
Marsciano e infine la cooperativa Arna Insieme a Perugia. Una volta
costituite, le tre cooperative edilizie hanno presentato ai Comuni la
domanda di concessione dei terreni e hanno avviato la fase di
progettazione che si struttura come un processo partecipato che ha
coinvolto i soci autocostruttori e gli architetti di Alisei.
Si è progettato tenendo conto di fattori e vincoli imprescindibili come la
volumetria disponibile, il numero di case da edificare, la loro disposizione sul
terreno, i materiali da impiegare; è stato mantenuto inoltre uno dei principi
fondamentali dell’autocostruzione, che è quello secondo il quale tutte le
cellule abitative sono standardizzate, ossia perfettamente uguali tra loro. Il
progetto finale è composto da villette a schiera di 100 mq, con tre camere
da letto, una cucina, un soggiorno, due bagni con garage e giardino.
In attesa dell’approvazione del progetto per il rilascio del permesso di
costruire da parte delle autorità competenti, i tecnici di Alisei hanno
definito il prezzo delle abitazioni, dato dalla somma di materiali,
attrezzature, assistenza tecnica e costo del terreno, risultato pari a circa
70.000/75.000 euro per unità abitativa e hanno individuato, con la
collaborazione della Gepafin, le banche cui sottoporre il piano finanziario.
La richiesta di finanziamento, proveniente dalle tre cooperative, è stata
accolta a Perugia dalla Banca dell’Umbria, a Marsciano dalla Banca
Popolare di Todi, a Terni dalla Cassa di risparmio di Terni e di Narni. Una
volta esercitati, da parte delle banche, i necessari controlli sulla situazione
economica dei singoli soci (già effettuata dalla Cooperativa Alisei in fase di
selezione), le banche hanno disposto un prefinanziamento, per far partire il
cantiere.
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Terminati i lavori, le abitazioni sono state sorteggiate e attribuite agli
autocostruttori con il vincolo di vietata alienazione per almeno cinque anni.
Solo una volta ricevute le case, quest’ultimi hanno iniziato a pagare i mutui
a loro assegnati, che proprio a causa del ridotto costo a loro carico
saranno verosimilmente molto contenuti. In ogni caso ciascun
autocostruttore ha avuto la possibilità di scegliere la formula di mutuo più
conveniente, da pagare al massimo in 20 anni.
Il progetto ha avuto un successo che è andato oltre le più rosee
aspettative: sono in via di completamento 51 abitazioni nei tre cantieri
umbri. In tempi molto brevi le prime 48 famiglie entreranno in possesso dei
propri alloggi. A seguito di questa prima esperienza sono stati aperti altri
cantieri: a Perugia (per 46 unità abitative), in diverse località nella provincia
di Ravenna per un totale di 50 abitazioni, a Cesena per 20 unità abitative,
in provincia di Milano per 56 abitazioni, in provincia di Padova per 16 unità
abitative.
Per il prossimo futuro la Cooperativa Alisei è già impegnata nella
promozione di una legge nazionale sull’autocostruzione associata.
L’obiettivo è principalmente quello di trasferire la buona pratica e di
evitarne usi distorti o scorretti. Nella legge dovrebbe essere sancito che
l’autocostruzione è una pratica che va incentivata, anche
economicamente, all’interno dei Piani Regolatori Regionali; che gli
autocostruttori non anticipano niente, ma pagano solo un mutuo a casa
finita; che non c’è sovvenzione diretta da parte dell’ente pubblico. Ma
tuttavia è necessario il supporto dell’ente pubblico per l’individuazione
delle aree edificabili, per avere la concessione edilizia, per dare garanzie
alle banche per il finanziamento.
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Figg. 12 e 12 – Interventi di autocostruzione in Umbria
Fonte: www.autocostruzione.net
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E) Il co-housing: l’esperienza dell’Urban Village Bovisa 01
Il modello abitativo del Cohousing – letteralmente co-abitazione- è nato in
Danimarca nel 1972, grazie ad un’esperienza portata avanti da ventisette
famiglie di Copenhagen, che si è poi diffusa in diversi stati del Nord Europa,
negli USA e in Australia.
Favorendo la condivisione degli spazi e delle spese di gestione da parte di
più individui o famiglie, può rappresentare una risposta efficace ai nuovi
bisogni della società postindustriale che sente l’esigenza di rinforzare i
legami sociali e di perseguire stili di relazione funzionali ad una sana
convivenza tra le persone, anche attraverso la realizzazione di nuove forme
abitative.
La pratica si rende preziosa nelle condizioni in cui i bisogni sociali siano
pressanti - anziani, disabili, ma anche minori - poiché il sostegno reciproco e
vicendevole che la comunità può scambiarsi migliora notevolmente la
qualità di vita e di relazione. La possibilità, inoltre, di condividere con altri
cohousers i costi di molti servizi consente un abbattimento delle spese
individuali e un notevole vantaggio economico per i singoli nuclei familiari.
Il co-housing è un modello di piccola comunità, essenzialmente urbana,
caratterizzato da livelli di condivisione diversi a seconda dei casi. Di solito
vede riuniti dai 10 ai 40 nuclei familiari, ognuno dei quali possiede una
propria abitazione, ma condivide con altri membri gli spazi comuni, che
vanno a costituire il centro propulsore delle comunità e che in genere
costituiscono intorno al 20% del totale costruito. Oltre agli spazi abitativi,
talvolta gli abitanti della comunità scelgono di mettere in comune anche
alcuni servizi e la gestione economica della struttura.
Per quanto riguarda spazi e attività comuni, molto spesso gli abitanti in cohousing hanno una cucina-sala da pranzo dove si ritrovano per cenare
almeno alcune sere a settimana, una lavanderia, uno spazio per il
riciclaggio e un grande ripostiglio-magazzino. In altri casi si hanno in
comune un salotto, un angolo bar o una biblioteca, oppure stanze per gli
ospiti o uno spazio autogestito dagli adolescenti o dai bambini. Talvolta
anche più semplicemente gli abitanti scelgono di condividere una stanza
per guardare la televisione o fare musica. Nel caso di grandi aree a
disposizione, e quando l’edificio lo permette, viene predisposta anche
un’area attrezzata comune all’aperto.
L’Urban Village Bovisa 01 è uno dei più grandi insediamenti in cohousing
d’Italia che include residenze e spazi in condivisione. Si trova a Milano in via
Dodandoni 12 nell’area industriale dismessa di Bovisa, nei pressi della sede
123
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del Politecnico e a ridosso della nuova sede dell’Accademia di Brera, in
un’area già a destinazione residenziale.
Il progetto, avviato nel 2005 e attualmente in fase di realizzazione, consiste
in trentadue unità abitative, di differenti tagli e schemi tipologici, disposte
attorno ad un’ampia corte di 400 mq, dotate di garage e giardino, 700 mq
di spazi comuni e una piscina con solarium. Le consegne delle nuove case
sono previste per il mese di giugno del 2009.
Già ventisei famiglie hanno aderito al progetto e acquistato le loro
abitazioni, entrando così a far parte della più grande comunità residenziale
mai formata in Italia. Principalmente sono giovani coppie, giovani famiglie,
ma anche alcuni membri della terza età.
La comunità da subito ha iniziato a riunirsi per stilare la “carta
costituzionale” dell’Urban Village e definire le caratteristiche e le
sistemazioni dei loro spazi comuni, nonché le forme di governo della
comunità nascente. Inoltre, in maniera collettiva e partecipata, sono stati
progettati gli spazi condivisi previsti nell’intervento: il living condominiale, la
lavanderia, la sala hobby, l’area della piscina e l’ampio giardino.
In Italia, ad oggi, all’attivo risultano sei progetti di cohousing alcuni già in
dirittura d’arrivo. La società che in Italia gestisce la loro realizzazione è la
Cohousing Ventures, il cui compito è innanzitutto quello di reperire,
attraverso un gruppo di professionisti, le aree più adatte al tipo di
coabitazione. Alla società spetta inoltre il compito di verificare la fattibilità
del progetto, assistere le famiglie nella costruzione della nuova comunità,
attivare sistemi per la ricerca dei coresidenti, fornire consulenze legali e
infine gestire i rapporti con le imprese di costruzione.
La maggior parte dei progetti di co-housing nasce dalla volontà di un
gruppo di amici o conoscenti che decidono di intraprendere un processo
che li porterà alla realizzazione di una vera e propria comunità.
In altri casi è invece la società di accompagnamento che si occupa della
formazione dei gruppi di coresidenti.
Questa attività richiede un tempo vario che, generalmente, va dai sei ai
nove mesi, nel quale si cerca di mettere assieme soggetti che abbiano la
stessa idea di condivisione che non si limita solo alla spartizione degli spazi
comuni ma si spinge alla scelta delle soluzioni progettuali e tecnologiche
per le proprie abitazioni e soprattutto ad un modo comune di concepire la
vita che parte proprio dalla dimensione quotidiana.
Il buon esito di queste operazioni si esplica innanzitutto in un abbattimento
dei costi fissi poiché uso e proprietà sono ripartiti su più persone. Inoltre la
124
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convivenza tra più generazioni e gli scambi di vicinato possono indurre una
riduzione di alcuni cosiddetti “costi sociali” legati alla cura e all’assistenza.
Figg. 14 e 15 - Il Progetto per l’Urban Village Bovisa 01
Fonte: http://urbanvillagebovisa.googlepages.com
125
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F) ITEA TRENTO: Coresidenza nuova tipologia abitativa
A differenza della maggior parte delle esperienze di coresidenza che
nascono da iniziative di privati cittadini, Itea Trento nasce dalla
collaborazione fra tre enti pubblici: la Provincia Autonoma di Trento,
l’Istituto Trentino Edilizia Abitativa (ITEA) e il Comune di Aldeno, che coglie
questa occasione per affrontare anche un problema di riqualificazione
urbana recuperando lo spazio produttivo, ora in disuso, della Cantina
Sociale.
Lo scopo principale del programma è, all’interno di abitazioni
tipologicamente e tecnologicamente idonee, offrire a soggetti anziani soli,
una modalità abitativa che, pur in condizioni di relativa autosufficienza, ne
ritardi il più possibile il ricovero in strutture istituzionali.
Il comune di Aldeno si colloca fra Trento e Rovereto, e presenta una
conformazione disposta su un asse lineare nord-sud lungo la riva destra
dell’Adige. Nello sviluppo che ha seguito il secondo dopoguerra sono stati
realizzati nuovi insediamenti residenziali e produttivi.
Fra questi, l’edificio della cantina sociale, collocato in posizione strategica,
alle porte del centro abitato. L’edificio da anni dismesso, incombeva sul
paesaggio con la sua mole priva di qualità. Nel piano di recupero, l’area di
pertinenza di forma stretta e allungata è stata destinata ad accogliere,
oltre alla coresidenza, altri servizi d’interesse comunale fra cui l’autorimessa
dei vigili del fuoco e quella degli automezzi comunali. Infine all’incrocio fra
le due strade che fiancheggiano l’area, si è deciso di collocare uno spazio
di rappresentanza, come una sorta di reception urbana. Il progetto
architettonico ha quindi dato corpo ad un programma sociale che
riguardava non solo la dimensione interna della coresidenza ma anche
quella esterna.
Al suo interno la coresidenza di Aldeno comprende 23 alloggi di diverso
taglio, con una superficie che va da un minimo di 46 mq ad un massimo di
100 mq, destinati a tre categorie di utenti: anziani, famiglie giovani (anche
con bambini piccoli), famiglie mature (con figli più grandi) e comprende
anche un nucleo di servizi comuni di pertinenza. Inoltre, nella sua
dimensione esterna, il progetto dà spazio ad alcuni servizi destinati agli
anziani assistiti dal servizio sociale comprensoriale.
Il piano complessivo dispone le diverse funzioni secondo una logica urbana,
in una sequenza che pone all’inizio del lotto, ossia nel punto più vicino al
centro cittadino, i servizi sociali, che offrono, nell’ambito dei programmi di
assistenza domiciliare, l’opportunità di trascorrere periodi diurni dedicati alla
cura
della
persona,
all’igiene
(bagno
assistito,
lavanderia),
126
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all’alimentazione (cucina-pranzo) alla ricreazione e al riposo pomeridiano.
La coresidenza si sviluppa su tre livelli fuori terra: al piano terra si trovano
prevalentemente locali di uso collettivo, mentre al primo e al secondo
piano gli alloggi. Nel lotto sono collocate anche le due autorimesse dei
Vigili del Fuoco e Comunale, ed infine, lo spazio di rappresentanza
Municipale.
Il progetto prende a modello tipologico la tradizione delle corti storiche di
Aldeno e esprime efficacemente l’antico spirito di coesione abitativa delle
genti del luogo ben adattandosi all’innovativo programma della
coresidenza.
I due piani destinati agli alloggi si sviluppano secondo un concetto
tipologico anch’esso desunto dalla tradizione, il ballatoio, chiudibile, nel
pieno rispetto del principio del risparmio energetico.
Oltre alla grande sala, al piano terra, nella corte aperta sulla strada a
monte, nel lato ovest verso il paesaggio dei vigneti, trovano posto: la
portineria, un piccolo ambulatorio a disposizione dell’assistenza domiciliare
infermieristica, una piccola palestra per attività ginniche dotata di
spogliatoi e servizi, ed infine un laboratorio per attività manuali, ad esempio
di tipo artigianale, ecc.. Le molteplici attività offrono agli abitanti della
coresidenza più anziani l’occasione per trasmettere ai giovani esperienze
artigianali in estinzione.
Il progetto è stato realizzato utilizzando la metodologia AWS (Awareness
Scenario Workshop). Attraverso ripetuti incontri con gli abitanti, le
associazioni e gli enti amministratori interessati, hanno organizzato dei Focus
group, per definire il progetto nelle sue caratteristiche funzionali, sociali,
estetiche, culturali.
Particolari accorgimenti sono stati adottati in tutti gli alloggi, al fine di
consentire livelli di comfort, fruizione, sicurezza e accessibilità a misura degli
utenti deboli: tutti gli alloggi sono stati predisposti per l’applicazione di
domotica, security e safety. Questa scelta evita discriminazioni tipologiche
o tecnologiche, rifacendosi al principio noto come universal design
secondo il quale la soglia qualitativa è per tutti quella relativa alle esigenze
degli utenti che in via temporanea o stabile si trovino nella condizione più
disagiata.
Per il comfort ambientale sono stati adottati impianti di ventilazione forzata
e programmata al fine di garantire livelli adeguati di purezza e umidità
dell’aria negli alloggi; per la sicurezza sono stati approntati dispositivi atti a
evitare incidenti domestici, la chiamata di soccorso e il controllo remoto
dell’impianto di riscaldamento centralizzato. Per quanto riguarda
127
868_08
l’accessibilità i servizi igienici sono stati predisposti all’utilizzo da parte di
soggetti disabili motori.
Per la fruibilità si prevedono infissi esterni dotati di sottofinestra per
consentire la vista del paesaggio esterno anche in posizione seduta o
allettata e logge interamente vetrate; per l’ambiente e il risparmio
energetico oltre al recupero dell’acqua piovana per l’irrigazione degli spazi
verdi, sono stati montati pannelli solari per la produzione di acqua calda
sanitaria e predisposti pannelli fotovoltaici per la produzione di energia
elettrica.
Negli alloggi realizzati sono stati effettuati interventi di cablatura degli edifici
per fornire in via potenziale tutti i servizi telematici utilizzabili dai servizi di
assistenza e controllo personalizzati sulla base delle esigenze espresse dalla
persona, e per garantire ai residenti negli alloggi l’accesso ai servizi
telematici quali il telelavoro, la telemedicina, la teleassistenza, il
telesoccorso, il controllo termoigrometrico, il controllo di manovra degli
impianti, l’home-banking, l’accesso ad internet.
L’introduzione dell’articolo 25 bis della Legge provinciale 21/1992 ha
consentito di dare effettivamente corso alla sperimentazione del progetto
della coresidenza. Gli elementi fondamentali della gestione sociale della
coresidenza, sperimentati nel Comune di Aldeno, sono legati alla
composizione della coresidenza, alla popolazione anziana ed alle famiglie
coinvolte. Particolare importanza viene data anche alla formazione degli
attori della coresidenza, alla presenza di un facilitatore delle relazioni (tutor)
ed al coinvolgimento di attori sociali quali associazionismo familiare,
volontariato o altre istituzioni. Come è immaginabile, i servizi offerti risultano
indispensabili.
Gli anziani che fanno domanda per la coresidenza devono soddisfare i
criteri per la permanenza negli alloggi pubblici previsti dalla LP n. 21/1992,
art. 25 bis. La selezione dei soggetti da alloggiare nella coresidenza
avviene, previa presentazione di specifica domanda, sulla base di
specifiche condizioni fra cui: il possesso dei requisiti per la permanenza negli
alloggi pubblici indicati dalla LP n. 21/1992, art. 25 bis; la manifestazione
esplicita, a seguito di dettagliata esposizione dei contenuti del nuovo
modello abitativo, di aderire al progetto della coresidenza (coinvolgimento
attivo della persona, sostegno agli altri attori della coresidenza,
partecipazione delle attività, ecc.).
Nella scelta viene data la preferenza alla presenza di legami affettivi
parentali fra l’anziano e le coppie giovani (genitori anziani con figli; parenti
anziani con figli) e si tiene in considerazione la richiesta di avvicinamento
da parte di un anziano non residente nel Comune interessato dalla
128
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coresidenza con una famiglia di parenti che risulta essere residente nel
Comune in cui viene realizzata la coresidenza.
Per tutti i nuclei che entrano a fare parte della coresidenza vengono
valutate non solo le condizioni economiche ma anche il cosiddetto
curriculum sociale. Tali requisiti sociali riguardano in particolar modo aspetti
di natura attitudinale, psicologica e sociologica delle famiglie richiedenti e
valutano, fra l’altro, le esperienze come famiglie affidatarie e adottive, di
accoglienza o di impegno sociale, di volontariato, i legami con il territorio
(impegno sociale, culturale, civico), nonché le particolari professionalità
ricollegabili allo spirito della coresidenza (sanitarie e socio-assistenziali) o
una competenza in attività di microartigianato (lavorazione del legno,
cuoio, cucito, ricamo), artistiche (pittura, musica) e hobbystiche, la
presenza all’interno della famiglia di disabili ed i legami affettivi parentali fra
coppie giovani e anziani.
A parità di condizioni sociali ha la precedenza nell’assegnazione la famiglia
che possiede un reddito inferiore e/o vive in condizioni abitative disagiate.
129
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G) Il Piano Regionale per l’autocostruzione in Lombardia
Il piano sperimentale della regione Lombardia (2002-2004) ha l’obiettivo di
realizzare 400 alloggi in cinque anni, attraverso lo strumento
dell’autocostruzione associata.
Coloro
che
hanno collaborato
alla realizzazione
dell'alloggio
(autocostruttori) al termine dei lavori potranno scegliere di abitare la nuova
casa come affittuari pagando un canone sostenibile e successivamente
(dopo 10 anni) come proprietari, mediante riscatto, per un prezzo di
acquisto inferiore del 40/50% al prezzo di mercato (1000/1300 € al mq). Il
finanziamento regionale è pari al 20% dei costi convenzionali.
L'autocostruzione/autorecupero prevede l'autogestione dell'85% del
processo edilizio, con un ammontare minimo di 1.000 ore di lavoro prestate
dal nucleo familiare per singolo alloggio.
In sintesi, invece di accendere un mutuo e pagarne le rate, i cittadini
"costruttori" hanno la possibilità di abitare la casa senza diventarne
proprietari, pagando un canone sostenibile e rimandando a dopo la scelta
di acquistare l'alloggio.
Le Aler partecipano al programma della Regione perché è un intervento
su fasce sociali che non possono entrare nel mercato immobiliare, cioè le
famiglie in graduatoria (ma non in emergenza) con pochissime possibilità di
avere un alloggio in assegnazione, in particolare le famiglie di recente
immigrazione che non possono avere o pagare mutui.
E’ un intervento con importanti valori in quanto coinvolge le persone nella
soluzione del problema casa, crea comunità socialmente integrate
attraverso il lavoro e non consuma risorse pubbliche ma produce case a
costi accessibili.
Aler Milano ha un ruolo centrale nella sperimentazione, in quanto:
garantisce ai comuni le competenze tecniche per la gestione del cantiere
(in convenzione con RTI Innosense-Alisei), si impegna a locare e a cedere a
riscatto gli alloggi realizzati agli autocostruttori, finanzia l’80% della
costruzione con mutuo fondiario, segue la realizzazione con i propri tecnici
e infine gestisce per 10 anni il patrimonio immobiliare realizzato con
l’autocostruzione in una logica di piena sostenibilità economica (no profitno loss)
130
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I primi risultati
L’esperienza dimostra che questo modello di integrazione attiva funziona,
perché i bandi sono tutti in overbooking (domande pari a 3 volte gli alloggi
disponibili) in quanto i valori economici offerti sono interessanti.
Il rischio dell’intervento per Aler è basso, in quanto garantito da una
convenzione a prezzo chiuso con RTI Innosense-Alisei (cooperativa che
organizza e supporta gli autocostruttori), vi è un impegno mutualistico sui
canoni (zero morosità attesa), si può ottenere una plusvalenza in caso di
mancato riscatto (o comunque un impegno dei comuni al riacquisto del
non riscattato). I cantieri funzionano, pur con l’imprevedibilità e le
incertezze sui tempi di realizzazione tipici dei processi in autocostruzione.
Le qualità edilizie delle abitazioni sono generalmente superiori a quelle
dell’edilizia popolare tradizionale.
In conclusione, si tratta sicuramente di un tipo di intervento adatto alla
piccola scala e certamente non proponibile come intervento destinato a
svilupparsi oltre una certa soglia quantitativa, anche in considerazione degli
ostacoli normativi e burocratici che deve affrontare, dei problemi di
sicurezza nel cantiere e dell’attribuzione di responsabilità che è necessario
risolvere per praticarlo. Tuttavia è sicuramente interessante in quanto
modello di integrazione sociale.
1. Le nazionalità degli autocostruttori
2. Un gruppo di autocostruttori davanti al cantiere a Paderno Dugnano
3. Lo schema di funzionamento del processo di autocostruzione
131
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Fig. 16- Alcuni fra gli autocostruttori dell’intervento a Milano
Fig. 17 - Milano autocostruzione. La distribuzione per nazionalità degli autocostruttori
del programma Regionale della Lombardia
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H) Insieme per migliorare la vita nel quartiere: il quartiere
Siberia a Napoli
A poche centinaia di metri dalle Vele di Scampia un gruppo di abitanti
degli alloggi Iacp si difende dal degrado sociale circostante e si organizza
per migliorare il proprio ambiente di vita.
Il Rione Siberia (burocraticamente Lotto IV della Legge 422/68 ed il Lotto VI
della Legge 1179/65), rispettivamente localizzati in Via Pietro Piovani ed in
Via Pietro la Vigna a Piscinola sono tra i Rioni meglio tenuti di case popolari.
Gli assegnatari originari provengono dalla realtà fortemente degradata di
un rione, denominato “Siberia” originariamente ubicato in altra zona della
città, adiacente a Corso Malta. Consapevoli del miglioramento della
qualità di vita determinato dal loro trasferimento nei fabbricati di nuova
costruzione negli anni Settanta, gli abitanti hanno ritenuto di doversi
adoperare per conservare e migliorare quanto loro veniva offerto.
Da qui inizia la storia del Rione “Siberia II”, in cui l’impegno del gruppo che
si esprime nell’autofinanziamento per mantenere il decoro ambientale, e
per sostenere attività sociali, ha un importante risvolto anche di
prevenzione e contenimento di fenomeni di emarginazione e degrado
culturale.
Nel comparto ubicato in Via Pietro Piovani abitano 156 famiglie, che hanno
dato vita ad un Comitato denominato “Siberia”. Le famiglie si tassano
spontaneamente per pagare un giardiniere addetto alla cura degli spazi
verdi, che hanno personalizzato con statue e opere varie (vedi foto).
Nell’ambito del Rione è stato realizzato dallo IACP, con contributi anche
della Regione Campania, un campetto di calcio in erba sintetica,
gratuitamente usufruito dai ragazzi e gestito dal Comitato degli abitanti.
Funzione sociale ed economica dell'autogestione
Gli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, in particolare quelli recenti,
soffrono, in Italia come negli altri paesi europei, di fenomeni di
disgregazione sociale che derivano da una serie di fattori:
-
la creazione ex-nihilo di nuove parti di città comporta un processo di
"colonizzazione" da parte dei primi abitanti, che vivono sulla propria pelle
133
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il disagio della fase di completamento delle strutture di servizio alla
residenza (viabilità, illuminazione pubblica, trasporti, servizi di base),
processo che induce un sentimento di estraniamento e di insicurezza nei
confronti dell'ambiente di vita;
-
la popolazione che abita i nuovi quartieri di edilizia pubblica proviene
da diversi luoghi della città e da diverse condizioni sociali, manca il
senso del "gruppo" sociale di appartenenza, sono frequenti gli episodi di
frizione e di diffidenza che si creano fra alloggio e alloggio, fabbricato e
fabbricato, aggravati dai primi atti di vandalismo e di intrusione che si
verificano.
Le condizioni di disagio, a fronte dei ritardi che spesso si verificano nel
completamento delle strutture di servizio, contribuiscono a creare un
fenomeno di conflittualità fra utente ed ente gestore che sfocia spesso in
una morosità diffusa. A questo punto si entra in un circolo vizioso, in cui alla
morosità corrisponde la scarsa qualità del servizio manutentivo, che genera
a sua volta nuova morosità. La popolazione dei quartieri di edilizia
pubblica, peraltro, è pervasa dalla cultura dell'assistenzialismo, per cui la
buona gestione degli spazi abitativi esterni al proprio alloggio deve
forzatamente essere assicurata dal servizio pubblico e ogni disfunzione, sia
essa provocata da uso scorretto, come da effettivo malfunzionamento
degli impianti o delle strutture, diventa nuovo oggetto di contenzioso.
La proposta agli utenti di attivare l'autogestione dei fabbricati da loro
abitati, in queste condizioni, si scontra spesso con un rifiuto, in quanto viene
letta come un modo per scaricare sul gruppo di volontari che se ne accolli
l'onere il contenzioso connesso alla morosità sui servizi e agli atti di
vandalismo.
Le esperienze in cui sono stati attivati meccanismi di gestione della
manutenzione di fabbricati e spazi esterni con la partecipazione attiva
degli abitanti dimostrano tuttavia come questo dispositivo sia in grado di
creare quella coesione sociale e quel processo di riconoscimento degli
abitanti rispetto al loro habitat, che mancano nei quartieri recenti.
Contesto normativo dell'autogestione
L'autogestione è prevista fin dal 1972, col D.P.R. 1035 del 31.12 .1972 , all'art.
24. Successivamente tale forma di gestione è stata ribadita dalla Delibera
CIPE del 19 novembre 1981, che al punto 12, recita "gli enti gestori
favoriscono e promuovono la autogestione da parte dell'utenza dei servizi
accessori e degli spazi comuni (c.d. servizi a rimborso) in conformità con il
regolamento tipo definito dalla Regione.... E' in facoltà dell'ente gestore,
134
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sulla base di apposito regolamento, estendere l'autogestione alla piccola
manutenzione, accreditando agli organi dell'autogestione una parte della
quota del canone destinata alla manutenzione non superiore al 30%, con
esclusione di qualsiasi altra riduzione. Gli assegnatari che si rendono morosi
verso l'autogestione sono considerati a tutti gli effetti inadempienti degli
obblighi derivanti dal contratto di locazione."
Nonostante
la
norma
prevedesse
una
graduale
estensione
dell'autogestione alla totalità del patrimonio pubblico, di fatto le esperienze
attivate sono sporadiche, e l'iniziativa si è sempre scontrata con la
diffidenza degli utenti verso una responsabilizzazione vista sopratutto come
disimpegno da parte dell'ente gestore.
Il caso del rione Siberia è un caso anomalo, in quanto si colloca al di fuori
dell’inquadramento normativo dell’autogestione, pur conseguendo gli
stessi risultati sul piano della gestione degli spazi comuni.
Fig. 18 - Vista dall’alto dell’area di intervento
135
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Fig. 19 - Il campo di calcio del quartiere
136
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I)
Sviluppo locale,
Arquata a Torino
partecipazione
e
sostenibilità:
via
Il quartiere di case popolari di via Arquata è stato scelto dal Comune di
Torino come area in cui sperimentare un intervento di riqualificazione
urbana e sociale all’interno del programma di intervento denominato
“Contratto di quartiere” promosso dal Ministero dei Lavori pubblici.
La proposta è stata completata nel 1998 e si ispira ad un approccio
integrato che prevede azioni di recupero tanto di livello urbanistico ed
edilizio, quanto di sviluppo locale in ambito sociale ed occupazionale. Il
Progetto Speciale Periferie del Comune di Torino (PSP) svolge un duplice
ruolo di supervisore del programma e di coordinamento operativo locale,
con una presenza fissa nel quartiere attraverso un presidio realizzato da
alcuni operatori in attuazione di una “Azione di sviluppo locale partecipato
di via Arquata”. Tale presidio diventa la sede operativa del progetto ma
anche uno sportello per il cittadino, luogo di incontro per gli anziani e i
giovani del quartiere. La sede infatti diventa il luogo dove si svolgono azioni
significative di accomunamento anche del programma di recupero edilizio
ed urbanistico tramite sia un’azione di monitoraggio dei bisogni che di
supporto all’azione esecutiva degli interventi svolti dall’Atc di Torino
(Azienda territoriale della Casa ex Iacp). Le metodologie proposte sono di
tipo negoziale e partecipativo: sono state realizzate attività di indagineascolto, cantieri-evento, focus group, legati all’individuazione di problemi,
risorse, strategie per il raggiungimento degli obiettivi previsti.
Tre sono le principali strutture organizzative messe in atto per la gestione del
programma: Il Tavolo sociale, il Tavolo tecnico-politico, l’Agenzia di sviluppo
locale
Il Tavolo sociale è un laboratorio sperimentale per l’attuazione di politiche
integrate che coinvolge: l’Agenzia Territoriale della Casa di Torino (ATC),
Azienda sanitaria locale, Comitato spontaneo di quartiere, cooperative
sociali, organizzazioni sindacali, associazioni di volontariato, con il compito
di attuare le proposte progettuali (già avanzate e redatte nel 1996) e
definire azioni ed interventi.
Il Tavolo tecnico-politico è un gruppo di lavoro formato da soggetti
referenti istituzionali quali: Comune, Regione, Atc, al fine di favorire la
concertazione istituzionale da coordinare con i lavori del Tavolo sociale.
L’Agenzia di Sviluppo locale è una struttura per la mediazione e
l’accompagnamento ai soggetti locali alla quale partecipano alcuni
soggetti costituenti il Tavolo sociale: Comitato spontaneo di quartiere,
137
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cooperative sociali, organizzazioni sindacali, associazioni di volontariato,
che svolge funzioni di coordinamento degli attori e delle competenze
attorno ad un unico progetto (gestione delle parti sociali del Cdq) e di
controllo qualitativo dei lavori (istituzione della figura del “direttore sociale
dei lavori” designato dall’Agenzia che valida tutte le fasi del progetto)
L’Agenzia di sviluppo locale di via Arquata è la prima esperienza di sviluppo
locale riconosciuta come organizzazione di partecipazione dei cittadini
attraverso la partecipazione di forme organizzate di cittadini per la gestione
della cosa pubblica. Essa si configura sia come un “attore” della
trasformazione sia come un “servizio”: è una associazione di soggetti
responsabile
dell’integrazione
dei
servizi
presenti
nell’area
in
coordinamento con gli operatori dei servizi sociali della Circoscrizione. Il
compito dell’Agenzia è quello di mettere a punto un piano di integrazione
dei servizi, coordinare gli interventi e monitorarli.
Uno degli aspetti caratteristici dell’esperienza del contratto di quartiere di
via Arquata è stato quello di fare lavorare le associazioni con il servizio
sociale pubblico, ovvero i servizi sociali, sanitari, le scuole.
Il Contratto di Quartiere prevedeva l’attuazione di una serie di interventi
sull’edilizia residenziale pubblica (parzialmente già alienata), sui cortili e
sugli spazi esterni, come la riqualificazione di aree pedonali con piazzette
attrezzate e barriere antirumore e la sistemazione delle aree verdi e dei
parcheggi comuni. La scala dei servizi era però particolarmente
importante, al fine di rompere l’isolamento in cui il quartiere versava
nonostante la sua posizione centrale, a causa della vicinanza con l’asse
ferroviario ed il cavalcavia di corso Dante. Erano quindi previsti il recupero
di nuovi spazi comuni (ex locali commerciali, ex deposito comunale e sala
pubblica) da adibire a centro di incontro per anziani e giovani e la
creazione di una sala polifunzionale sotto la sede dell’ATC.
Il progetto di recupero coinvolge 42 palazzine costruite negli anni Venti di
proprietà dell’ Atc di Torino, di quattro piani ciascuna e caratterizzate da
un taglio degli alloggi molto piccolo
Gli alloggi coinvolti erano in totale 823 (di cui 250 già ceduti in proprietà)
portati a 800 (di cui 12 duplex) attraverso la ristrutturazione.
I residenti erano per la maggior parte persone sole o anziani o genitrici con
unico figlio/a ed il 30% dei residenti risultava in carico ai servizi sociali.
Le caratteristiche degli alloggi, la loro diversificazione proprietaria e la
fragilità degli utenti hanno ispirato la metodologia di intervento basata su
un piano della mobilità che prevede un cambio degli alloggi all’interno
138
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dello stesso palazzo e sulla creazione di “moduli di ristrutturazione” per piani
e per colonne introducendo una struttura tecnologica da sovrapporre a
quella esistente e contenente elementi di dotazione aggiuntiva.
Oltre all’intervento fisico il programma propone due principali filoni di
intervento: le azioni di sviluppo locale partecipato e le attività di formazione
lavoro
Le azioni di sviluppo locale partecipato coinvolgono una molteplicità di
soggetti quali Amministrazione comunale (servizi socio-assistenziali, socioeducativi, culturali), Circoscrizione 1 (servizi socio-assistenziali), ATC (servizio
progettazione, manutenzione, inquilinato, condomini), ASL (dipartimento
salute mentale e tossicodipendenze, servizio infermieristico territoriale), e
privato operante nel sociale (Quattro cooperative sociali ed una
associazione operanti nel settore dei servizi alla persona, tre associazioni di
volontariato pensioni, Forum del terzo settore) e sviluppano molteplici servizi
alla persona: assistenza domiciliare di condominio, attività ricreative,
culturali e di mediazione e gestione dei conflitti; servizio di lavanderia;
sportello di segretariato sociale; interventi di educativa territoriale e di
strada; assistenza ai pensionati; servizio di spesa a domicilio, sostegno,
socializzazione integrazione per utenti del servizio mentale, iniziative di
cittadinanza attiva.
Le attività di formazione al lavoro individuano come soggetti istituzionali,
quattro cooperative sociali e una associazione operanti nel settore dei
servizi alla persona, tre associazioni di volontariato dei pensionati che
sviluppano attività per l’integrazione degli utenti del servizio di salute
mentale; iniziative di “cittadinanza attiva”; progetto di integrazione sociale
per lavoratori svantaggiati (fondi unione europea) ; creazione di
partnership tra attori locali; inserimento lavorativo in imprese sociali per la
manutenzione dei servizi e il recupero del quartiere in associazione con due
centri di formazione professionale; inserimento lavorativo delle donne
disoccupate residenti negli interventi di sviluppo locale.
L’aggiunta del progetto Policity
Nella fase finale del progetto, ATC Torino ha saputo cogliere l’opportunità
del progetto europeo Policity21, per aggiungere un ulteriore elemento
qualitativo al programma.
Il progetto, completato recentemente, prevedeva l’installazione di una rete
dei teleriscaldamento a servizi di 30 degli edifici del CdQ (622 alloggi) e
21
Finanziato nell’ambito del VI Programma Quadro Ricerca dell’UE (Concerto)
139
868_08
dalla sede ATC, alimentata da una centrale di trigenerazione, l’installazione
di impianti fotovoltaici per una potenza totale di 100 kwp (edifici
coinvolti:11); la sostituzione di circa 500 serramenti con vetri basso-emissivi
(alloggi coinvolti: 180 circa); l’installazione di lampade ad induzione per
l’illuminazione degli spazi comuni e di contatori individuali di acqua con
telelettura; il tutto collegato ad un gestore telematico dei flussi energetici.
Gli impianti fotovoltaici per un totale di 100 kW sono collocati sul tetto di 11
edifici e sui frangisole dell’edificio pluripiano della sede ATC.
Il nuovo impianto di trigenerazione installato nella sede ATC fornirà calore e
acqua sanitaria al quartiere tramite la rete di teleriscaldamento; calore e
raffrescamento all’edificio ATC ed inoltre convoglierà tutta l’energia
elettrica prodotta in rete.
La riqualificazione del complesso di abitazioni si completa così con un
intervento destinato a ridurre i consumi energetici per gli abitanti e le
emissioni di CO2 dell’intero quartiere.
Fig. 20 - Planimetria di via Arquata con la localizzazione delle attrezzature previste
dal Contratto di quartiere
140
868_08
L)
Nuovi modelli finanziari a costo zero per l’amministrazione:
Casa Spa, Ater Roma
La carenza di risorse pubbliche per affrontare la riqualificazione del
patrimonio di edilizia sociale, che versa spesso in cattive condizioni a causa
dell’arretrato di manutenzione accumulato nel tempo come conseguenza
dell’esiguità degli affitti che non consentono margini per intervenire, è
ormai un dato di fatto consolidato.
Il patrimonio inadeguato che necessita di interventi importanti di rinnovo
impiantistico e strutturale ammonta ad oltre 450.000 alloggi e quindi non è
pensabile di affrontare in tempi brevi questi numeri con risorse pubbliche.
Da anni gli enti gestori stanno immaginando delle strategie appropriate per
intervenire, utilizzando al massimo le risorse disponibili e sfruttando al meglio
le opportunità offerte dalla valorizzazione del patrimonio, attraverso la
trasformazione degli spazi inutilizzati e la ricerca di partenariati pubblicoprivato.
Inaspettatamente, un aiuto è giunto dalle politiche di risparmio energetico
e dalla liberalizzazione delle fonti di energia.
La disponibilità di vasti spazi disponibili per l’installazione di pannelli
fotovoltaici, da una parte, la possibilità di sostituire gli impianti di
riscaldamento esistenti con impianti di cogenerazione da mettere a
disposizione di altre amministrazioni o di privati offre la possibilità di ricavare
risorse da destinare alla riqualificazione degli edifici di edilizia residenziale
pubblica.
Gli esempi cominciano ad essere presenti un po’ in tutta la penisola: ne
presentiamo alcuni fra i più significativi in quanto esplorano delle piste di
intervento innovative che possono essere facilmente trasferite ad altre
situazioni: un intervento su vasta scala, possibile solo in presenza di un
patrimonio di ampie dimensioni, quale quello dell’Ater di Roma, un
intervento che punta a risolvere in un colpo solo due problemi: la presenza
di amianto e la necessità di rifacimento delle coperture.
Tutti questi interventi utilizzano uno strumento quale il Finanziamento Tramite
Terzi (Third Part Financing - FTT), strumento di ingegneria finanziaria che
prevede la fornitura globale, da parte di una società esterna, dei servizi di
diagnosi, finanziamento, gestione, installazione e manutenzione necessari
alla realizzazione di impianti tecnologici. Dalle prestazioni dell’impianto
deriverà
quel
risparmio
energetico-finanziario
che
garantisce
l’ammortamento dell’investimento iniziale e del pagamento dei servizi
erogati. Il FTT è attuato attraverso il ricorso a una Energy Service Company
141
868_08
(ESCO), società esterna specializzata in servizi energetici, il cui compito è di
proporre ad un utilizzatore di energia l’esecuzione di un intervento di
razionalizzazione energetica, offrendosi di sostenere l’investimento ed il
rischio legato all’eventualità di un mancato risparmio, a fronte della stipula
di un contratto pluriennale in cui siano fissati gli utili della stessa.
OUT Amianto IN Fotovoltaico
Il problema che si pone in Toscana agli operatori dell’alloggio sociale è
duplice, in quanto essendo la proprietà dei fabbricati comunale, nel caso
di richiesta di un finanziamento non ci sono garanzie accessorie della
proprietà e la sola garanzia è data dall’attribuzione dei canoni di locazione
e/o dei proventi di vendita all’ente gestore.
In questo quadro, Casa S.p.A, la società pubblica per la gestione degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica di Firenze . si è posta il problema di
come poter contribuire, di concerto con i Comuni interessati, alla soluzione
del problema della presenza nelle coperture di alcuni complessi edilizi. di
eternit e dei costi da sostenere per la loro messa in sicurezza.
A questo scopo Casa S.p.A. ha pensato di utilizzare la recente normativa di
attuazione e incentivazione introdotta dal D.M. 10.02.2007 che ha stabilito i
criteri e le modalità per incentivare la produzione di energia elettrica da
impianti solari fotovoltaici.
Ha proceduto quindi ad una studio di fattibilità tecnico-economica di un
intervento che preveda la rimozione e smaltimento delle coperture in
eternit esistenti, il montaggio di una nuova copertura con l’installazione di
campi fotovoltaici, ricercando l’equilibrio economico-finanziario attraverso i
ricavi derivanti dagli incentivi previsti dal conto energia (installazione
dell’impianto fotovoltaico e vendita dell’energia prodotta).
Il punto di partenza del piano finanziario è che il finanziamento dovrà
coprire il 100% del costo e la sola garanzia del finanziamento è data dalla
canalizzazione del conto energia e dalla vendita dell’energia prodotta,
mentre la tempistica di rimborso del finanziamento dovrà tenere conto
dell’attivazione dell’impianto fotovoltaico.
I risultati di tale verifica sono positivi, nel senso che al verificarsi di
determinate condizioni, quali la dimensione, la morfologia e il
soleggiamento delle coperture interessate dall’installazione del campo
fotovoltaico, e di conseguenza il rendimento ottimale dell’impianto
fotovoltaico installato, e le modalità della provvista finanziaria, necessaria a
far fronte all’investimento, sul mercato creditizio, puntando al mutuo a tasso
fisso per 18-20 anni, gli introiti derivanti dalla sommatoria del conto energia
142
868_08
per la produzione elettrica così realizzata e dalla vendita dell’energia
elettrica prodotta, sono allineati con gli oneri finanziari necessari per capire
le spese dell’intera operazione.
Il piano finanziario quindi dimostra che l’operazione è possibile e già i primi
esempi sono stati realizzati.
La Regione dal canto suo promuove e coordina gli interventi e contribuisce
a sostenere le attività di verifica e progettazione, da un punto di vista
tecnico e finanziario. Si stima che i costi di questo programma ammontino
complessivamente a 55 milioni di euro. La resa economica, in un arco di 20
anni, della vendita di energia e degli incentivi previsti dal Governo (Decreto
Ministeriale 10-2-2007 per l’istallazione di pannelli fotovoltaci) sarà di circa
64 milioni di euro. Ne risulta un utile di 9 milioni di euro che va a coprire i
costi di rimozione e smaltimento dell’amianto delle coperture eternit.
Fig. 21. Lo schema operativo
143
868_08
Ater Roma
Oltre 1.000 alloggi recuperati ecologicamente, ovvero un intervento di
circa 160 milioni di euro in tre complessi Erp situati nell’estrema periferia
della Capitale realizzato a costo zero per l’ATER del Comune di Roma. È la
prima volta che un’azienda di edilizia pubblica residenziale italiana
raccoglie la sfida del cosiddetto “conto energia” e utilizza il project
financing per un’operazione di questa dimensione, che ha tre obiettivi:
risanare il proprio patrimonio immobiliare, rispettare l’adeguamento
energetico imposto dalla legge, non spendere soldi pubblici per
l’investimento. Un progetto ambizioso a due anni dalla ratifica in Italia del
Protocollo di Kyoto.
Con serre solari, pareti ventilate, coperture e muri vegetali sarà realizzato
l’adeguamento energetico, e nello stesso tempo la necessaria
manutenzione straordinaria avverrà utilizzando anche le innovative azioni di
bioedilizia. Pannelli solari, sistemi olografici fotovoltaici e miniwind saranno
invece installati per la produzione di energia elettrica in misura
massimamente compatibile per essere anche venduta.
Tutto ciò avverrà con finanza di progetto, ovvero ricorrendo ai privati che,
tramite gara pubblica, si sono aggiudicati la realizzazione dei lavori (ivi
compresi l’abbattimento delle barriere architettoniche e la sistemazione a
verde degli spazi esterni) e la gestione ventennale degli impianti di
produzione energetica. Un investimento che si ammortizzerà nei primi dieci
anni e che produrrà guadagni nei successivi dieci. Al termine della
convenzione ventennale, l’ATER diventerà proprietaria degli impianti.
Il progetto prevede di recuperare 3 MWh di energia, di produrne 16 MWh
all’anno e di evitare 100.000 tonnellate di emissioni annue di CO2.
Il bando di project financing pubblicato nel 2007 si articola in tre programmi
di recupero ecologico, che comprendono la realizzazione di opere edilizie
di riqualificazione, l’installazione di impianti per la produzione di energia da
fonte energetiche alternative (FER) e la realizzazione di volumi tecnici e di
servizio.
Gli interventi coinvolgono tre quartieri dell’Ater di Roma: Tor Sapienza, n.
504 alloggi, Casale Caletto, n. 440 alloggi e Decima, n. 72 alloggi.
Il corrispettivo per la realizzazione dei lavori è connesso alla gestione
economica ventennale dei singoli interventi limitatamente alla vendita
dell’energia elettrica prodotta dalle FER, alle relative tariffe incentivanti, al
meccanismo premiale per gli interventi di efficienza energetica negli edifici,
alla cessione di volumetrie di servizio nell’ambito delle quali sono compresi i
144
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volumi tecnici strettamente funzionali alla produzione e gestione di energia
dalle FER (che restano esclusi dalla cessione).
Il finanziamento a carico dell’ATER è quindi pari ad Euro zero, tranne che
per l’intervento di Decima, per il quale sono previsti anche contributi
regionali. Il periodo medio di ammortamento del capitale investito è
previsto mediamente in dieci anni. La gestione manutentiva delle opere
realizzate è a totale carico del promotore per l’intera durata della
convenzione.
La valutazione delle proposte premiava anche la previsione di meccanismi
di partecipazione degli abitanti alla progettazione ed alla gestione del
progetto.
Il modello proposto da Ater Roma è particolarmente significativo per la
dimensione che consente di affrontare nel progetto di FTT interventi di
riqualificazione a scala urbana e non solo di edificio. Il numero di
partecipanti alla gara (un solo soggetto) ha però testimoniato
l’inadeguatezza del sistema delle ESCO ad affrontare questa scala di
problematiche. Eppure la carenza di risorse finanziarie per la riqualificazione
renderà sempre più frequente il ricorso a questo modello di intervento che
consente di coinvolgere capitali privati sfruttando le opportunità di
valorizzazione del patrimonio.
145
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Fig. 22 – Il rendering dell’intervento nel quartiere di Decima
Fig. 23 – L’intervento nel quartiere di Tor Sapienza
146
868_08
8.
UN CONFRONTO EUROPEO
8.1. Welfare e diritto alla casa in Europa
Questo capitolo della ricerca è dedicato ad una breve presentazione della
situazione delle politiche abitative di tre paesi europei: la Francia, il Regno
Unito, la Spagna.
Nel panorama europeo la diversità degli approcci alle politiche della casa
è stata, soprattutto in passato, chiaramente leggibile nella diversa
segmentazione del patrimonio abitativo (proprietà, affitto sociale, affitto di
mercato) e nella dimensione finanziaria dell’impegno pubblico. Non vi è
dubbio che tale diversa segmentazione rifletta l’impostazione generale del
sistema di welfare. Essa peraltro, dal dopoguerra ad oggi, è parzialmente (e
talvolta nettamente) mutata, essendo l’esito dell’evoluzione delle politiche
pubbliche dei vari paesi nel settore abitativo.
L’impegno dello Stato nel settore abitativo, avviato dall’inizio del secolo
scorso nell’Europa settentrionale e centrale, è essenzialmente volto ad
assicurare, attraverso interventi diretti ed indiretti, il generale diritto
all’accesso ad una condizione abitativa adeguata e dignitosa. La fase più
rilevante, in termini quantitativi, di questa stagione è stata certamente
quella avviata con la ricostruzione nel secondo dopoguerra, fase in cui una
quota rilevante delle abitazioni costruite soprattutto nei paesi del centronord dell’Europa è stata promossa dall’intervento pubblico.
Ciò è avvenuto con modalità differenti, in relazione ad un quadro di
operatori e procedure diversificato: in Gran Bretagna e in Olanda
mediante un’edilizia residenziale pubblica realizzata e gestita soprattutto
dagli enti locali; in Francia ed in Germania attraverso una delega a privati o
a società di pubblica utilità sotto il controllo pubblico. E’ importante
ricordare che nella maggior parte dei paesi del nord Europa si è attribuito
all’intervento pubblico una funzione generale di regolazione e riequilibrio
del mercato abitativo, con un’apertura verso tutte le categorie sociali e
non solo per le fasce più povere.
Come è noto, invece, nei paesi del Sud Europa, il sostegno alle famiglie
nell’acquisto di una casa in proprietà, piuttosto che nell’accesso all’affitto,
ha costituito il pilastro principale delle politiche pubbliche. In questo quadro
il peso della casa all’interno della spesa sociale è stato (ed è tuttora)
147
868_08
tradizionalmente molto basso, e di conseguenza la consistenza del
patrimonio in affitto sociale assolutamente marginale, riservata, almeno
sulla carta, alle famiglie più povere e disagiate. In parte diverso il caso
italiano, dove almeno tra il 1949 ed i primi anni sessanta ciò si è
accompagnato contemporaneamente ad un impegno diretto alla
costruzione di alloggi in affitto a canone sociale per le fasce più deboli
nelle grandi città, anche se di entità assai più contenuta che nei paesi
nord-europei.
In ogni caso il ruolo centrale che il welfare mediterraneo attribuisce al
soggetto famiglia nell’integrare le politiche pubbliche ha segnato
nettamente le politiche abitative: la forte mobilitazione di risorse e reti
familiari unita alle agevolazioni pubbliche per la prima casa ha consentito
infatti in questi paesi il raggiungimento di quote elevatissime di famiglie
proprietarie dell’alloggio in cui vivono (Spagna ed Italia in testa).
Se dunque le impostazioni di partenza sono state profondamente diverse,
la fase successiva, dal 1980 in poi, ha in parte modificato questo quadro. A
partire dagli anni ‘80 si è infatti verificata un progressivo e generale
riorientamento
delle
politiche,
improntato
ad
un
significativo
ridimensionamento dell’intervento pubblico, sempre meno centrato
sull’impegno diretto dello Stato a costruire un’offerta abitativa in affitto a
costi accessibili, e sempre più diretto a sostenere il progressivo espandersi
dell’accesso all’abitazione in proprietà.
Un’evoluzione (molti hanno parlato di una vera e propria “ritirata”) legata in
primo luogo a ragioni di finanza pubblica, alla limitatezza delle risorse
disponibili, ma sulla quale, oltre a ragioni di compatibilità finanziaria, hanno
giocato anche altri fattori quali i problemi sociali ed urbanistici legati ad
alcuni esperimenti di iniziativa pubblica di mass housing degli anni ’60 e ’70
basati sulla standardizzazione, sul ricorso a tipologie edilizie intensive (torri,
barre), sulla grande dimensione degli interventi, che ha finito per produrre
in molti quartieri effetti segregativi e conflitti urbani.
Tale riorientamento delle politiche si è tradotto non solo in una diminuzione
delle risorse stanziate ma anche in una riarticolazione della spesa pubblica
nel settore casa, che si è spostata dalla costruzione di alloggi al sostegno
diretto alle famiglie per sostenere i costi abitativi di mercato, sia per le
famiglie impegnate nell’acquisto che per quelle in affitto per le quali
l’incidenza del canone sul reddito familiare supera determinate soglie.
La generale convergenza delle politiche a sostenere il progressivo
espandersi dell’accesso all’abitazione in proprietà da parte delle famiglie
ha riguardato anche paesi con un consistente patrimonio in affitto. La
contestuale riduzione del settore locativo ha determinato quindi un quadro
148
868_08
in gran parte diverso da quello precedente. Basti ricordare che, tra il 1980
ed il 2003, la quota di abitazioni in affitto è scesa dal 42% al 31% nel Regno
Unito, dal 58% al 43% nei Paesi Bassi, dal 38% al 31% in Belgio, dal 21% al 11%
in Spagna, dal 36% al 20% in Italia.
Il ridimensionamento dell’impegno pubblico è stato attuato anche
attraverso l’avvio di politiche di parziale dismissione del patrimonio di
edilizia residenziale sociale pubblica, di cui il caso più eclatante è stato
quello della Gran Bretagna nell’epoca Thatcher con l’introduzione nel 1980
del “Right to buy” e la vendita di circa 1,1 milioni di alloggi).
La fase attuale segna invece un ritorno di attenzione per le housing policies:
tutti i governi sono impegnati a varare piani casa pluriennali che segnano
un rinnovato coinvolgimento dello Stato nella promozione di un’offerta
abitativa in affitto a costi accessibili. È il caso del governo Sarkozy, del
governo Zapatero e del governo Brown.
149
868_08
8.2. Francia
8.2.1. Introduzione al sistema del social housing in Francia
In Francia, negli ultimi anni, il tema dell’housing sociale è tornato al centro
dell’attenzione per due ordini di ragioni: da un lato per la minore
disponibilità di case a prezzi sostenibili dalle famiglie più povere, dall’altro in
relazione al dibattito seguito ai disordini verificatisi nelle periferie francesi
durante l’autunno 2005.
I prezzi delle case e i canoni degli affitti sono aumentati notevolmente a
partire dal 1997, anche a seguito di un decennio in cui, soprattutto nel
comparto residenziale, si è costruito poco. La crisi di tutto il settore ha
colpito soprattutto le famiglie a basso e medio reddito e ha coinvolto
diverse regioni, oltre che la maggior parte dei centri urbani. Nonostante ciò,
a partire dalla metà degli anni ‘90 fino alla metà degli anni 2000, la
costruzione di nuovi alloggi per il comparto sociale ha rappresentato una
bassa priorità per i governi francesi. Una ripresa di attenzione si è registrata
invece a partire dal 2004, quando sono stati avviati da un lato il Programma
di rinnovamento urbano promosso dal ministro Borloo, dall’altro il Piano per
la coesione sociale (di entrambe queste iniziative si parlerà più avanti nel
testo).
Per quanto riguarda le dimensioni dello stock abitativo, in Francia gli alloggi
in affitto rappresentano complessivamente il 43,8% del patrimonio
occupato (dato 2004). Nel comparto degli alloggi a canone sociale, la
Francia può contare su 4,2 milioni di appartamenti, pari al 17,5% dello stock
abitativo del paese ed al 45,5% del settore dell’affitto (tab. 49).
Circa il 55% del patrimonio di edilizia sociale è stato costruito prima del
1976, di cui il 29% tra il 1966 e il 1975. Nel corso degli anni ’90 sono stati
realizzati in media circa 56.000 nuovi alloggi all’anno, scendendo a circa
44.000 l’anno tra il 2000 e il 2003.
Dal punto di vista della localizzazione, lo stock residenziale sociale è
prevalentemente di tipo urbano: il 62% si trova in città o agglomerati con
più di 100.000 abitanti, mentre solo il 14% è in piccole città con meno di
10.000 abitanti, o anche in zone rurali.
Come è noto esiste una forte sovrapposizione tra il tema della coesione
sociale nelle aree urbane è quello dell’housing sociale: all’interno delle 752
“zone urbane sensibili” (le ZUS) ricadono infatti circa un milione di alloggi
150
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sociali pari al 25% del stock sociale complessivo. In particolare la loro
localizzazione è concentrata in tre aree: Nord (Lille), Rhone (Lione) e Seine
St Denis (la periferia nord-est di Parigi).
Mission e organizzazione dell’housing sociale del governo francese
L’housing sociale francese è generalmente associato al concetto di
abitazione ad affitto moderato (HLM, habitation à loyer modéré) un settore
specifico del mercato abitativo, disciplinato da disposizioni legislative e
regolamentari, distinto dal diritto comune e regolamentato da Le code de
la Construction et de l'Habitation.
La Cassa Depositi è il principale finanziatore dell’edilizia sociale,
garantendo agli operatori degli tassi molto bassi. A sua volta la Cassa è
alimentata in gran parte dal risparmio che le famiglie fanno confluire nel
“livret A”, un libretto di risparmio molto diffuso in Francia.
E’ inoltre attiva una tassa per l’housing sociale che detrae dai salari un
importo pari all’1%.
Negli ultimi anni le sovvenzioni dirette sono rimaste sostanzialmente
invariate, dai 442 milioni di euro spesi nel 1997 ai 455 milioni del 2004. Mentre
i sussidi per la casa “alla persona” sono passati da meno di 5 miliardi di € nel
1984 a più di 14 miliardi di euro nel 2004, costituendo più del 55% del costo
totale delle politiche per la casa. Come mostra la tabella 28, negli ultimi
venti anni le politiche di aiuto alle famiglie per la casa, sono state
riorientate verso il settore privato dell’affitto, che attualmente assorbe più
sovvenzioni (dirette e indirette) da parte dello Stato rispetto al settore
dell’affitto sociale.
Lo stock HLM non è destinato esclusivamente alle fasce povere della
popolazione. Attualmente i massimali di reddito per l’accesso all’abitazione
sociale sono piuttosto elevati, e almeno teoricamente il 70% delle famiglie
francesi avrebbe diritto ad un alloggio HML. Del resto sono ben 1,2 milioni le
famiglie iscritte alle liste di attesa per accedere alle abitazioni HLM.
Il patrimonio di edilizia sociale è classificato, in base alle caratteristiche
degli alloggi, in tre grandi tipologie, a cui corrispondono tre tipi di prestito
utilizzati dal governo per il loro finanziamento. Questi sono noti come
housing sociale di tipo standard, superiore e inferiore (o 'molto sociale').
151
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Prima di 1977, lo stock sociale di tipo standard era pari all’81% del totale,
per poi scendere, negli ultimi anni, al di sotto del 70%. Dal 2000, le politiche
nazionali hanno favorito la costruzione di alloggi di tipo superiore,
nonostante le dichiarazioni del governo riguardo l’emergenza abitativa.
I soggetti che forniscono alloggi sociali sono denominati OPHLM
(Organisme d'habitations à loyer modéré) e possono essere sia agenzie
pubbliche (offices publics) finanziate dalle amministrazioni locali, che
aziende private che lavorano nell’edilizia sociale (entreprises sociales
d’habitat). Gli organismi sono riuniti in federazioni, che a loro volta sono
riunite nell’Union sociale pour l’habitat.
Entrambe le tipologie di soggetti offrono soprattutto housing di tipo
“standard”, che rappresenta rispettivamente l’80% e il 78% del loro stock;
anche se, mentre il primo fornisce una maggiore percentuale di alloggi di
tipo“inferiore”, pari al 10% del loro stock, il secondo ha una maggiore
percentuale di housing di tipo “superiore” (8% dello stock, contro il 4,5%
delle agenzie pubbliche).
Nel 2007, vi erano circa 800 organismi HLM:
-
279 agenzie di alloggi pubblici (OPH, offices publics de l’habitat
(finanziate dalle amministrazioni locali);
-
284 aziende per l’edilizia sociale (ESH, entreprises sociales pour l’habitat);
-
57 società di credito immobiliare e 19 filiali di prestiti finanziari;
-
163 società cooperative di HLM.
Per compensare la loro attività sociale, tutti gli organismi HLM beneficiano
di esenzioni fiscali e assistenza speciale dallo Stato.
Inoltre sono attive nel settore della costruzione e gestione dell’housing
sociale anche alcune società di economia mista (SEM), che non sono
giuridicamente organizzazioni HLM.
Criteri di attribuzione e modalità di occupazione degli alloggi
Bisogna considerare che la metà delle famiglie che vivono nel patrimonio
di edilizia sociale ricevono sussidi per la casa.
Le famiglie che presentano la domanda per ottenere un alloggio sociale
devono disporre di un reddito. I massimali di reddito dipendono dal tipo di
152
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abitazione in questione (standard, superiore o inferiore), e sono piuttosto
elevati; ad esempio nel 2006 per una famiglia con due figli, il massimale di
reddito per un alloggio di tipo standard, era di circa 40.000 euro.
Nel 2001, la media di reddito delle famiglie in Francia (esclusi gli studenti) è
stata pari a 1.449 euro al mese; nel caso degli inquilini dell’edilizia sociale
tale valore si attestava a 1.062 euro, tra gli inquilini privati a 1.410 euro,
mentre tra i proprietari a 1.606 euro.
In termini di struttura familiare, il settore sociale ospita sempre più famiglie
monoparentali e coppie con figli rispetto al settore privato in affitto, che
ospita più singles.
La crescente difficoltà che gli immigrati stranieri incontrano nel trovare
alloggi in affitto nel settore privato fa sì che circa il 29% delle famiglie di
immigrati vivono in alloggi del settore a canone sociale, contro il 14% dei
non-immigrati.
8.2.2. Situazione attuale e priorità nelle politiche per il social housing
Anche in Francia i governi stanno cercando di incrementare l’offerta in
affitto non solo per i ceti bassi ma anche per le fasce intermedie. Nel 2006 è
stato predisposto un nuovo incentivo fiscale noto come Borloo Populaire'
(dal nome di Jean-Louis Borloo, Ministro del lavoro, della coesione sociale e
della casa) volto a incoraggiare nuovi investimenti nel settore delle
costruzioni per il mercato intermedio dell’affitto. In cambio di una
deduzione fiscale, l'investitore ha l’obbligo di affittare l'alloggio per almeno
nove anni a nuclei familiari il cui reddito è al di sotto del massimale per
l’edilizia sociale di tipologia “elevata”, (piuttosto alto e non considerabile
come “sociale”). Il canone di locazione imposto deve essere il 30% al di
sotto del prezzo di mercato dell’affitto.
Il Governo attuale vuole ricentrare il patrimonio HLM sulla sua vocazione
sociale e per fra questo intende abbassare del 10% i massimali di reddito.
Anche in Francia peraltro vi sono molte famiglie che non hanno più i
requisiti. Fuori dalle ZUS ben 140.000 alloggi sociali sono attualmente
occupati da famiglie che superano di almeno il 20% il massimale di reddito
dell’edilizia sociale. Il Governo ha posto l’obiettivo del riesame, ogni tre
anni, della situazione di ciascuna famiglia occupante per permettere un
rialloggia mento più adatto nell’ambito del parco sociale o un percorso di
accesso alla proprietà.
153
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La vendita degli alloggi agli inquilini finora è stata contenuta: circa 6.000
alloggi all’anno. L’obiettivo del Governo è quello di aumentare verso la fine
del decennio ad arrivare a 40.000 alloggi venduti all’anno.
L’obiettivo ufficiale del governo, di creare 500.000 nuovi alloggi sociali in
cinque anni (2005-2009), è lontano dall'essere raggiunto, con 39.000 alloggi
costruiti nel 2004, 43.000 nel 2005, e meno di 50.000 nel 2006. La scarsa
disponibilità è particolarmente sofferta nella regione parigina, dove la
quota di housing sociale nell’ambito delle nuove costruzioni è scesa dal
37% al 15%. Ulteriore motivo di preoccupazione è la limitata quota di alloggi
di tipo “standard”, prevista dagli obiettivi del piano: solo il 62%, mentre la
parte restante è destinata ad edilizia sociale di tipo “superiore”.
Nel dicembre 2007 il presidente Sarkozy ha presentato un “piano casa”
basato su alcuni obiettivi prioritari:
-
fare della Francia un paese con una quota del 70% di proprietari;
-
realizzare 500.000 nuovi alloggi per anno di cui 120.000 sociali;
-
generalizzazione del Livret A per finanziare l’edilizia sociale;
-
raddoppiare il numero di vecchi alloggi ristrutturati, a cominciare dagli
800.000 alloggi HLM più degradati;
-
per far fronte alla scarsità di aree edificabili, lo Stato si impegnerà a
vendere terreni pubblici;
-
riesame, ogni tre anni, della situazione economica degli inquilini e
l’eventuale pagamento di un canone aggiuntivo nel caso che il reddito
superi il tetto fissato per legge (attualmente circa 400.000 alloggi sono
occupati da famiglie che hanno superato i massimali di reddito).
A partire dal 1 gennaio 2009 tutte le banche potranno distribuire il Livret A,
operazione finora riservata alle Casse di Risparmio e alla Banca Postale. La
generalizzazione del Livret A è legata al dibattito sul finanziamento
dell’edilizia sociale.
154
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Tab. 50- Francia: lo stock delle prime case: 1984-2006 (v.a. * 1000, val. %)
v.a. * 1000
val. %
1984
1991
2001
2006
1984
1991
2001
2006
In proprietà
10.544
11.999
13.739
15.025
52,1%
54,8%
56,0%
57,2%
In affitto
9.686
9.878
10.816
11.238
47,9%
45,2%
44,0%
42,8%
5.277
5.175
5.853
6.074
26,1%
23,7%
23,8%
23,1%
2.865
3.262
3.672
3.915
14,2%
14,9%
15,0%
14,9%
1.544,0
1.441,0
1.291,0
1.248,5
7,6%
6,6%
5,2%
4,8%
20.230,0
21.877,0
24.555,0
26.262,7
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
di cui
da persone
fisiche
HLM
da altri
operatori
sociali e
morali
TOTALE
Fonte: Elaborazione Censis su dati Comptes du Logement
Tab. 51 - Lo stock dell’housing sociale francese
Stock di
edilizia
sociale al
1/1/2005
Di cui in
edifici a
più
alloggi
Numero
di
alloggi
per
1000
abitanti
Alloggi
a una
o due
stanze
4.290.133
86,4%
69,2
24,1%
Dimensione
Alloggi Alloggi
a tre o
a5
quattro stanze
stanze
o più
66,5%
9,4%
Percentuale
patrimonio
sfitto
Tasso di
mobilità
2,5%
10,0%
Fonte: SG-DAEI-SESP
155
868_08
Tab. 52 – Confronto condizione abitativa dei cittadini francesi e degli immigrati
Proprietari
In affitto sociale
In affitto
Altre condizioni
Totale
1996
Cittadini
francesi
54,3%
15,7%
21,0%
9,0%
55,9%
14,6%
20,7%
8,9%
Immigrati
37,0%
27,9%
24,5%
10,7%
Totale
56,0%
15,6%
21,3%
7,1%
2001
Cittadini
francesi
57,7%
14,2%
21,2%
6,9%
Immigrati
39,6%
28,9%
22,3%
9,1%
Fonte: DEEF/USH, d’apres ENL-INSEE
Tab. 53 - Aiuti alle famiglie per la casa: confronto 1984-2004
Beneficiari
Famiglie in affitto privato
Famigli in affitto a canone sociale
Proprietari occupanti
Totale
Aiuti alle famiglie per la casa
1984
(%)
11
41
48
100
Aiuti alle famiglie per la
casa
2004
(%)
28
26
45
100
Fonte: INSEE (2006), Compte du logement 2004
156
868_08
8.3. Regno Unito
8.3.1. Il sistema del social housing in Gran Bretagna
Storicamente le politiche abitative nel Regno Unito sono state caratterizzate
dal massiccio intervento dello Stato nel settore dell’edilizia residenziale,
attraverso la produzione di abitazioni realizzate e gestite direttamente dagli
enti locali (le “council housings”). Tale intervento non si connotava in termini
di sostegno alle fasce più deboli ma piuttosto assumeva la funzione di
regolazione e riequilibrio del mercato degli alloggi.
Si è trattato di una grande sforzo intrapreso a partire dal 1919 e
massicciamente rilanciato nel dopoguerra, che ha ribaltato l’articolazione
del parco abitativo: basti pensare che il settore privato dell’affitto è
passato dal 90% dell’inizio del ‘900 all’attuale 11% e che il settore sociale nel
1975 ha raggiunto la quota del 30% della abitazioni totali.
Come è noto all’inizio degli anni ’80 si è aperta una nuova fase, improntata
ad un disimpegno dello Stato dal settore dell’edilizia sociale. Le politiche
tatcheriane hanno attuato una svolta significativa attraverso una drastica
riduzione dei finanziamenti agli enti locali, la vendita degli alloggi pubblici
agli inquilini e gli incentivi all’accesso alla proprietà. In Inghilterra, tra il 1979
e il 2006, attraverso il “Right to buy” sono stati venduti a prezzo ribassato
1,65 milioni di alloggi comunali.
Sempre in quella fase sono stati introdotti i sussidi alle famiglie in affitto
(housing benefit) soprattutto per rendere più facile per gli inquilini con
basso reddito provenienti dal comparto pubblico il passaggio al settore
privato. Oggi sono beneficiari di sussidi per l’affitto i due terzi delle famiglie
che pagano un canone sociale ed un quarto degli inquilini del settore
privato.
Negli ultimi vent’anni la diffusione della proprietà abitativa è stata notevole:
all’inizio degli anni ’80 la quota dei proprietari non raggiungeva il 60%
mentre oggi ha di poco superato il 70%. Nelle grandi città la situazione è in
parte diversa: specialmente a Londra, tale quota è notevolmente ridotta,
con una consistente prevalenza dell’affitto sia pubblico che privato
Attualmente nel Regno Unito il settore dell’affitto ha una quota pari al 31%
dello stock abitativo; il solo settore sociale equivale al 18,5% di questo ed al
66,0% del comparto in locazione.
157
868_08
Il social housing fa riferimento a due tipologie di soggetto, le amministrazioni
comunali e le “housing associations” (HAs).
Negli ultimi 25 anni il peso del patrimonio gestito dagli enti locali è stato
decisamente ridimensionato, e dal 1981 in poi si è ridotto circa ad un terzo.
Per quanto riguarda il patrimonio, le Housing Associations gestiscono 2,2,
milioni di alloggi, mentre 2,7 sono gestiti dalle amministrazioni comunali,
direttamente o attraverso l’ALMOs (Arm’s Lenght Management
Organization – Organizzazione per la gestione dell’edilizia sociale).
Il ruolo delle housing associations è molto cresciuto, specialmente a Londra
e nel sud del paese, e la percentuale di alloggi gestiti in tutto il Regno Unito
è passata dal 2,2% del 1981 all’8,3% del 2006 (tab. 52).
Si tratta di società di mutuo soccorso che hanno una lunga storia in Gran
Bretagna e che fino agli anni ’70 coprivano appena il 2,3% del patrimonio.
Le housing associations sono organizzazioni senza scopo di lucro (in cui
quindi non è prevista la redistribuzione dei profitti, bensì il loro reinvestimento
nelle attività stesse); che includono una componente specifica di lavoro
volontario e che sono autonome dal governo e dotate di capacità di autogoverno.
L’obiettivo di fondo di queste associazioni (che sono più di 2.000, molte
delle quali di modeste dimensioni) è quello di fornire, grazie anche a
finanziamenti pubblici, alloggi mediante l’affitto e la proprietà a carattere
indiviso a quelle fasce svantaggiate (tra cui gli immigrati) che non sono in
grado di acquistare abitazioni sul libero mercato, e/o non possiedono i
requisiti per accedere all’affitto di alloggi di proprietà comunali. I servizi
offerti sono sia a carattere prettamente immobiliare che sociale (con servizi
di accompagnamento destinati ai soggetti con particolari esigenze come
anziani, madri sole, ecc.) e territoriale (azioni di rigenerazione urbana, ecc.).
Le Housing Associations sono regolate dall’Housing Corporation, un’agenzia
con potere esecutivo che fa riferimento agli enti comunali e ai governi
locali.
La supervisione da parte del governo britannico è assicurata da diversi
soggetti nei singoli stati: in Scozia dallo Scottish Executive, in Galles dalla
National Assembly of Wales (che agisce anche da soggetto finanziatore e
regolatore) e nell’Irlanda del Nord dalla Northern Ireland Assembly.
I soggetti regolatori e finanziatori o le Housing Authorities sono
rispettivamente Communities Scotland, the Northern Ireland Housing
executive assieme al Dipartimento di Sviluppo Sociale e l’Assemblea
nazionale del Galles.
158
868_08
Per rendersi conto della dimensione di questi organismi basti pensare che la
NHF (ex Federazione nazionale delle cooperative edilizie) ha dichiarato
all'inizio del 2003 di raggruppare al suo interno 1400 organizzazioni senza
scopo di lucro, e di gestire circa 1,8 milioni di abitazioni in tutta l'Inghilterra.
Criteri di attribuzione e modalità di occupazione degli alloggi
Nel Regno Unito ogni amministrazione comunale definisce uno schema che
attraverso un punteggio individua i soggetti prioritari per l’attribuzione degli
alloggi e le conseguenti liste di attesa.
A livello nazionale il governo indica alle amministrazioni comunali alcune
categorie prioritarie per l’assegnazione degli alloggi: si tratta
principalmente di soggetti senza casa, individui che vivono in abitazioni
malsane, sovraffollate o insoddisfacenti, quelli con esigenze mediche o di
welfare, oppure chi ha un’esigenza irrinunciabile ai fini della sopravvivenza
di muoversi verso una particolare località nel distretto dell’autorità
competente.
Oltre ciò i criteri di attribuzione fanno riferimento al luogo di residenza del
richiedente, alla sua situazione finanziaria (ad esempio se usufruisce di
sussidi economici o se è in cassa integrazione), al tempo già passato in lista
di attesa. In tutti gli stati del Regno Unito c’è la possibilità per gli occupanti
degli alloggi sociali di accedere alla proprietà.
8.3.2. Situazione attuale e priorità per il social housing
Nel Regno Unito la domanda abitativa corre molto più velocemente
dell’offerta. I recenti incrementi dei salari non sono riusciti a star dietro
all’aumento dei prezzi delle case. Attualmente il prezzo medio delle
abitazioni è circa 11 volte quello dei redditi; già nel 2005 i prezzi medi di
vendita erano cresciuti del 156% in più rispetto al 1997, mentre i redditi, nello
stesso periodo, avevano subito un incremento pari a solo il 35%.
L’elevata e prolungata domanda abitativa ad oggi non è ancora stata
risolta da alcun ampliamento del patrimonio abitativo a disposizione. La
carenza di alloggi ha contribuito all’aumento dei prezzi, richiedendo così
da parte delle pubbliche amministrazioni sforzi addizionali per il settore
dell’housing sociale; cosicché per una crescente e larga parte della
159
868_08
popolazione, l’unico modo per far fronte alla questione abitativa è utilizzare
gli aiuti economici.
In particolare nella sola Inghilterra dal 2001 al 2006 la lista di attesa per
l’edilizia sociale è cresciuta del 60%, passando da 1.039.265 famiglie
richiedenti nel 2001 a 1.634.301 famiglie nel 2006. La soddisfazione della
domanda abitativa richiederebbe la costruzione di 70.000 nuovi alloggi
sociali l’anno, dei quali 50.000 dovrebbero essere destinati all’affitto e
20.000 all’acquisto, ciononostante nel 2005-06 la previsione di costruzione
per l’edilizia sociale era di circa 40.000 nuovi alloggi.
Anche nell’Irlanda del Nord, la scarsa disponibilità di alloggi a prezzi
sostenibili sta causando una forte pressione su tutti i settori del mercato
abitativo, portando anche ad un aumento delle liste di attesa per gli
alloggi sociali, pari a 36.182 richiedenti, e ad un corrispondente incremento
delle persone in difficoltà o addirittura senza casa.
Nell’ambito del Comprehensive Spending Review, lo Stato inglese ha messo
a disposizione per il triennio che va dal 2008 al 2010-2011, un investimento di
circa 8 miliardi di sterline (pari a circa 10 miliardi di euro), incrementando di
3 miliardi di sterline la cifra messa a disposizione rispetto al precedente
periodo di spesa. Le azioni future sono state poi illustrate nel Government’s
Housing Green Paper.
Il governo inglese si è impegnato a realizzare 3 milioni di case in più entro il
2020 e almeno 70.000 nuove case a basso costo l’anno entro il 2010-2011.
Il Piano punta alla promozione di un maggior numero di case attraverso il
sostegno al settore delle costruzioni, l’incremento degli investimenti e la
definizione di nuove strade per la determinazione e l’utilizzo delle aree di
sviluppo. Secondariamente punta ad offrire maggiori opportunità di
housing sociale, anche attraverso una più rapida realizzazione delle
abitazioni grazie allo sblocco del sistema pianificatorio e alla liberazione di
aree di sviluppo.
Mira infine all’incremento dell’offerta di case a basso costo per la proprietà
anche grazie a mutui a basso prezzo.
160
868_08
Tab. 54 - Regno Unito: alloggi per titolo di godimento: 1981-2006 (val.%)
Titolo
godimento
di
In proprietà
In affitto da privati
Local Authority
Housing
association
Totale
1981
1992
2001
2006
57,6
11,0
29,2
2,2
66,1
9,6
21,2
3,1
69,4
9,7
14,5
6,4
70,2
11,3
10,2
8,3
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Censis su dati UK Housing Review, 2007
161
868_08
8.4.
Spagna
8.4.1. Introduzione al sistema del social housing in Spagna
La Spagna, dopo aver conosciuto un periodo di intensa crescita nella
produzione nel settore residenziale, in cui le costruzioni di nuove abitazioni si
attestavano tra le 700.000 e il milione di unità (più o meno quanto in tutta la
Francia, Germania e Gran Bretagna messi insieme), sta facendo i conti con
un improvviso arresto del settore generato dalla crisi dei subprime e dagli
aumenti dei tassi che hanno stroncato la propensione all’acquisto degli
spagnoli. Per conseguenza, nel giro di pochi mesi, hanno chiuso 40.000
agenzie immobiliari e si è registrato un blocco delle nuove costruzioni con
un immediato impatto sui livelli occupazionali. Secondo un recente
rapporto della Deutsche Bank, per il 2008 si prevede una diminuzione pari al
49% delle nuove costruzioni, assieme ad un calo dei prezzi delle case che,
nel giro di tre anni, potrebbe superare il 20%. Situazione inevitabile vista la
presenza sul territorio di uno stock di un milione di case invendute.
Nel 2006 le vendite registrate di appartamenti sono scese di oltre il 7%
rispetto l’anno precedente. Il fenomeno è risultato più marcato nel
comparto delle nuove abitazioni (-12,4%) rispetto a quello degli alloggi già
abitati (-5%). Per quanto riguarda gli investimenti stranieri nel settore
abitativo sono calati per il terzo anno consecutivo (-11%). Si tratta di un
chiaro segnale dell’inizio di un lento declino nello sviluppo del settore
privato della casa.
Per quanto riguarda il mercato delle compravendite l’aumento dei prezzi
dal 1998 al 2006 è stato pari al 183,2% e ha raggiunto il 200% in quattro
regioni (Baleari, Murcia, Andalusia e Valencia). Nel 1999 per comprare una
casa era necessario aprire un mutuo corrispondente al 25,3% del reddito
familiare. Ad oggi, a seguito dell’innalzamento dei prezzi e delle rate dei
mutui bancari (4,09% per il 2007), l’acquisto di una casa richiede un mutuo
che impegni fra il 46,6% (mutui a 25 anni) e il 53,3% (mutui a 20 anni) del
reddito familiare.
Nel settore della produzione di housing sociale, per la Spagna,
tradizionalmente un paese con una scarsissimo stock di edilizia sociale, ci si
attende un proseguimento nella crescita. Dal 1990, quando ancora le
vendite del settore privato avevano prezzi sostenibili, il governo si è
progressivamente disimpegnato dalle politiche per l’housing, riducendo
notevolmente la produzione di edilizia sociale. Gli alloggi in affitto al 2004
rappresentavano appena l’11% dello stock totale. Alla stessa data l’edilizia
162
868_08
sociale era pari ad appena l’1% dell’intero patrimonio edilizio e a solo
l’11,6% dello stock in locazione.
Con l’innalzamento dei prezzi e la conseguente riduzione dell’accesso
all’acquisto della casa, la domanda per abitazioni a basso costo è
aumentata, al punto che diverse categorie sociali, incluse le famiglie a
medio reddito, non hanno più avuto accesso al mercato abitativo,
generando una questione molto spinosa per tutto il Paese.
Mission e organizzazione dell’housing sociale del governo spagnolo
Il mercato delle abitazioni in Spagna è fortemente orientato verso la
proprietà della casa. Come mostra la tabella 54, solo una piccola quota
dello stock di abitazioni è destinata all’affitto, mentre fra le prime case
quelle in proprietà sono pari a circa l’87% del totale (dati 2007).
Tuttavia bisogna tener conto che, come indicato nella tabella 55, il
patrimonio abitativo in locazione è fortemente concentrato nelle grandi
aree metropolitane del paese. In queste zone la percentuale di abitazioni
in affitto si avvicina maggiormente agli standard europei.
A partire dal 1963, il governo spagnolo ha definito, mediante il regio
decreto 2131/1963, la Vivienda de Protección Oficial (VPO, anche
conosciuta come Vivienda con Protección Publica o Vivienda Protegida).
Si tratta di una tipologia di edilizia parzialmente sovvenzionata dalla
pubblica amministrazione spagnola, il cui obiettivo è l’agevolazione
dell’acquisto (e talvolta dell’affitto) per la popolazione a basso reddito. I
benefici legati ad un alloggio classificato come VPO sono indirizzati sia al
costruttore (o al promotore) che all’acquirente.
Il costruttore, impegnandosi a vendere l’abitazione entro un tetto di prezzo
massimo fissato dalla pubblica amministrazione di competenza che in
genere è abbastanza al di sotto dei prezzi di mercato, riceve in cambio i
finanziamenti per gran parte del progetto (80%) ad un basso tasso di
interesse. In alcuni casi inoltre le amministrazioni pubbliche impongono la
costruzione di edifici in VPO come condizione necessaria alla costruzione di
case per il libero mercato.
L’acquirente invece ottiene una casa ad un prezzo notevolmente inferiore
a quello di mercato (talvolta anche sussidi nella forma di prestiti a interessi
ridotti). In cambio la casa avrà una normativa di uso e di vendita speciale:
per prima cosa deve essere il domicilio abituale dell’acquirente, e
secondariamente, nel caso quest’ultimo desiderasse vendere l’alloggio, il
163
868_08
prezzo sarebbe fissato dalla pubblica amministrazione di riferimento che
possiede anche il diritto preferenziale per l’acquisto.
I sussidi statali per le abitazioni VPO ad oggi aiutano a finanziare circa
100.000 abitazioni all’anno. I proprietari degli alloggi sono soggetti ad uno
speciale regime che impone uno stretto controllo e consistenti limitazioni sui
prezzi. Gli alloggi mantengono il loro status di VPO per 30 anni. Le stime
evidenziano che in tutto il territorio nazionale, il settore della “vivienda
protegida” è pari a poco più dell’11% dello stock abitativo disponibile (tab.
38). La spesa per una casa “protetta” varia tra il 19 e il 35% del reddito
familiare, a seconda della tipologia dell’appartamento.
In tutta la nazione, l’altissima domanda di “vivienda protegida” ha portato
alla creazione di più compagnie di housing pubblico.
Dal 2001 al 2007 lo stock di abitazioni a regime protetto è cresciuta del
7,3% contro una crescita pari al 17,7% delle abitazioni a libero mercato
(tab. 53). Mentre se andiamo a vedere il numero di nuove abitazioni
costruite l’anno, si è passati dalle 15.069 del 2002 alle 42.651 del 2007. (tab.
56)
Attori, enti ed operatori coinvolti
La costruzione delle “viviendas protegida” è prerogativa di diverse
soggettualità tenute unicamente a rispettare i criteri stabiliti dalla legge; si
tratta principalmente di organi statali, governi regionali, municipalità,
aziende pubbliche, società miste pubblico-private, associazioni, imprese
commerciali, cooperative, organizzazioni no profit, ma anche privati
cittadini. Inoltre alcune abitazioni in affitto sociale sono rese disponibili da
provider pubblici (circa 200.000); in questo caso è possibile rintracciare
differenti schemi di proprietà condivisa che variano nelle singole Comunità
Autonome.
Le cooperative di housing partecipano alla costruzione delle “viviendas
protegida”, sebbene loro stesse operino anche sul libero mercato. Oltre a
questo si occupano anche di fornire un limitato numero di appartamenti
per l’affitto.
Il settore della cooperative di housing sociale ha sofferto dell’incremento
del prezzo del costo del terreno di costruzione e dei costi di costruzione (+
28% tra il 2000 e il 2006). Di conseguenza, le nuove costruzioni sono scese
dai 35.000 appartamenti costruiti nel 1994 a circa 21.900 nel 2003;
recentemente la produzione ha iniziato di nuovo a crescere (32.000
164
868_08
appartamenti nel 2004). Le cooperative di housing hanno anche di recente
ricominciato a costruire più alloggi che fanno sempre riferimento alle VPO.
Criteri di attribuzione e modalità di occupazione degli alloggi
In Spagna i piani per l’housing sociale hanno da sempre puntato ad
un’ampia fascia della popolazione, stabilendo differenti programmi di
sostegno in base al livello di reddito dei beneficiari. Le singole Comunità
Autonome utilizzano simili requisiti per l’attribuzione degli alloggi: massimali
di reddito, generalmente espressi in multipli dell’IPREM (valori di riferimento
per le soglie di reddito in Spagna), nessuna disponibilità di altre case,
registrazione nelle liste di attesa del territorio.
Quando il numero dei potenziali acquirenti supera l’offerta di VPO, le
amministrazioni locali sono solite ricorrere al sorteggio per decidere i
soggetti aggiudicatari.
A seguito della recente approvazione del nuovo Piano per l’housing che ha
ampliato il suo campo di interesse includendo i richiedenti il cui reddito è
superiore di 6,5 volte il salario minimo, diverse famiglie della classe media si
sono ritrovate a non poter più accedere all’edilizia sovvenzionata. Queste
categorie hanno la possibilità di accedere alle abitazioni “a prezzo
concordato”, che consistono negli appartamenti VPO venduti a persone
con un più alto reddito e ad un prezzo maggiore, rispetto al tradizionale
settore del VPO.
Gli alloggi VPO sono a disposizione degli occupanti per l’acquisto, anche
grazie a sussidi messi a disposizione a questo scopo.
Attualmente le Comunità Autonome stanno implementando diversi modelli
di proprietà condivisa per i giovani, con la possibilità di accedere
all’acquisto dopo 7-10 anni (alquiler con opcion de compra).
Sistemi di finanziamento
Per l’housing sociale il governo spagnolo promuove e attua convenzioni
con le banche commerciali, mettendo anche a disposizione sussidi pubblici
per la realizzazione di nuove abitazioni.
Oltre ciò sono previsti aiuti per le famiglie che devono far fronte ai prestiti
con gli interessi. Per quanto riguarda il regime fiscale, per l’housing sociale
165
868_08
viene applicata l’esenzione dalle tasse locali e aziendali e la riduzione
dell’IVA.
Lo sviluppo dell’edilizia sociale viene incoraggiato soprattutto con gli
incentivi fiscali, cioè attraverso esenzioni fiscali per gli acquirenti delle case.
Per bilanciare l’offerta di housing per l’affitto e per la vendita, viene definito
un regime fiscale preferenziale per le aziende, la cui principale attività è la
costruzione e la gestione delle case in affitto.
8.4.2. Governo e priorità nelle politiche per l’housing sociale
Il Piano nazionale per la casa 2005-2008 ha portato ad un rilevante
incremento nella produzione di alloggi. Tale piano stabilisce un ampia
gamma di aiuti dal lato della domanda, includendo misure che puntano a
facilitare la costruzione di nuovi alloggi, la riabilitazione dello stock esistente
ed anche l’occupazione di appartamenti vuoti attraverso l’affitto. Inoltre le
Comunità Autonome hanno iniziato ad integrare i piani nazionali dell’
housing con sussidi dal bilancio regionale, di diverse entità.
La politica fiscale, che nel precedente piano veniva applicata in modo
indiscriminato favorendo così le persone con alti redditi, è stata modificata
in via definitiva: attualmente viene concessa dallo Stato solo una parziale
esenzione dalle tasse sul reddito e solo se l’appartamento viene utilizzato
come residenza permanente.
Riguardo allo stanziamento del budget, il Piano prevede un incremento nel
finanziamento pubblico per il VPO, attraverso lo stanziamento di fondi dalle
casse statali. Per l’anno 2007 gli stanziamenti sono stati incrementati del
14,4% rispetto al 2006.
Sia le Comunità Autonome che le singole municipalità allocano risorse per
la promozione dell’housing sociale su base annuale. Inoltre, a seguito
dell’introduzione della legislazione regionale sul tema della pianificazione
urbana, nelle nuove aree di sviluppo, almeno il 30% del terreno a
disposizione deve essere utilizzata per housing sociale. La percentuale
minima è definita nella nuova legge sull’uso del suolo attualmente in
discussione in Parlamento.
L’attuale governo mira sostanzialmente ad incrementare il numero delle
case in VPO a 180.000 appartamenti, allo scopo di accrescere l’offerta
abitativa per le categorie con i redditi più bassi, aumentando quindi la
soddisfazione da parte di una domanda sempre crescente.
166
868_08
Il governo spagnolo ha promosso la costruzione di oltre 230.000 nuove
abitazioni dal 2004, delle quali 195.000 per la vendita e 38.000 per l’affitto.
Gli obiettivi del governo sono:
-
la promozione e la costruzione di alloggi protetti sia in acquisto che in
affitto
-
la realizzazione di alloggi destinati a categorie specifiche (studenti
universitari, giovani, famiglie monoparentali ecc)
-
un forte impulso a promuovere il comparto dell’affitto, un’opzione
complementare e non antitetica a quella della proprietà.
Come si è visto in Spagna l’affitto rappresenta appena l’11% del mercato
abitativo e gli alloggi pubblici in locazione rappresentano poco più dell’1%
delle abitazioni protette, una situazione che il Governo intende
urgentemente correggere per garantire il diritto alla casa delle fasce più
deboli.
La svolta si basa su tre interventi:
-
in primo luogo attraverso incentivi fiscali ed economici per le società ed
i fondi di investimento immobiliare che operano nell’ambito della
promozione, costruzione e commercializzazione di alloggi protetti in
regime di affitto. E’ in programma una riforma legislativa che aiuti la
cessione di suoli pubblici in diritto di superficie in modo tale da
permettere su questi la realizzazione di alloggi in affitto da gestire da
parte del promotore per un arco di tempo determinato e che poi
tornano nella disponibilità dell’amministrazione pubblica;
-
In secondo luogo, un intervento pubblico diretto nel mercato dell’affitto
sovvenzionato;
-
in terzo luogo nel prossimo Piano Casa 2009-2012 incrementare il
finanziamento della costruzione di alloggi protetti in affitto portandolo al
40% del totale dei nuovi alloggi protetti dei prossimi 10 anni;
-
infine continuare nella linea di offrire garanzie ai proprietari e agli inquilini
per aumentare l’offerta in locazione di alloggi sfitti.
167
868_08
Tab. 55 - Spagna: stock complessivo delle abitazioni, comprendente prime e
seconde case, 2001 e 2007 (v.a., var.%)
v.a. 2001
Abitazioni convenzionate
(vivienda protegida)
Abitazioni
a
libero
mercato (vivienda libre)
Totale
v.a. 2007
var. %
2001-2007
2.547.121
2.732.317
7,3
18.486.638
21.033.759
21.763.527
24.495.844
17,7
16,5
Fonte: Elaborazione Censis su dati Ministerio de Vivienda, Gobierno de Espana,
2007
Tab. 56 - Spagna: titolo di godimento delle prime case
v.a. 2001
In proprietà
In affitto
Altro
Totale
12.194.339
1.614.221
375.466
14.184.026
v.a. 2007
14.621.334
1.881.402
273.986
16.776.722
val. %
var. % 2001 2007
87,1 %
11,2 %
1,6 %
100,0 %
19,9
16,6
-27,0
18,3
Fonte: Elaborazione Censis su dati Ministerio de Vivienda, Gobierno de Espana,
2007
168
868_08
Tab. 57 - Case in affitto, 2006
Regioni
val. %
Andalusia
Catalogna
Comunità di Madrid
Altro
Totale
13,9%
25,7%
18,5%
41,9%
100,0%
Fonte: Elaborazione Censis su dati Ministerio de Vivienda, Gobierno de Espana,
2007
Tab. 58 - Spagna: nuove costruzioni residenziali per anno al netto delle demolizioni,
2002 e 2007 (v.a., var. %)
v.a. 2002
Abitazioni
convenzionate
nuove (vivienda protegida)
Abitazioni a libero mercato
nuove
o
ristrutturate
(vivienda libre)
Totale
v.a. 2007
val. %
var. % 2002 2007
15.069
42.651
6,7%
183,0
502.598
594.179
93,3%
18,2
517.667
636.830
100,0 %
23,0
Fonte: Elaborazione Censis su dati Ministerio de Vivienda, Gobierno de Espana, 2007
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