Social Housing e agenzie pubbliche per la casa
Transcription
Social Housing e agenzie pubbliche per la casa
Dexia Crediop S.p.A. Social Housing e agenzie pubbliche per la casa Ricerca realizzata da CENSIS in collaborazione con 868_08 Il presente dossier è l’esito di un lavoro comune tra Dexia-Crediop (committente della ricerca), Fondazione Censis (incaricata del rapporto) e Federcasa che ha raccolto e fornito i dati riguardanti le agenzie territoriali per la casa e le politiche regionali. Il testo del rapporto è stato redatto, sotto il coordinamento di Giuseppe Roma, da Stefano Sampaolo e Silvia Cataldo della Fondazione Censis, che si sono potuti avvalere del prezioso contributo di tutto il gruppo di lavoro. Anna Maria Pozzo e Francesca Perugia della Direzione Nazionale di Federcasa si sono occupate della stesura del capitolo 6 e della raccolta delle best practices; Fabio Vittorini e Alberto Brandolini per Dexia Crediop hanno curato la stesura del capitolo 5. 2 INDICE 1. Introduzione 1.1. Obiettivi e contenuti principali della ricerca 1.2. L’articolazione del rapporto Pag. “ “ 1 1 6 2. Le ragioni della centralità del social housing 2.1. Limiti e contraddizioni delle dinamiche recenti 2.2. La crisi del comparto dell’affitto “ “ “ 7 7 13 3. I principali fattori di spinta della domanda 3.1. L’atomizzazione delle famiglie 3.2. Giovani e processi di autonomizzazione 3.3. Immigrazione, casa e processi di inserimento 3.4. Anziani e condizione abitativa “ “ “ “ “ 17 17 19 25 30 4. Il patrimonio pubblico: dimensioni, utenza e gestione 4.1. Il profilo generale del patrimonio 4.2. Gli aspetti gestionali 4.3. Il profilo dell’utenza “ “ “ “ 36 36 40 48 5. Le Aziende Casa “viste” attraverso i bilanci 5.1. Il campione oggetto di analisi 5.2. I dati aggregati dell’esercizio 2006 5.3. I dati aggregati del trend 2004 - 2006 5.4. Considerazioni conclusive “ “ “ “ “ 55 55 58 61 64 6. Il quadro delle politiche regionali 6.1. L’evoluzione delle politiche nazionali e del rapporto Stato-Regioni 6.2. Regioni, diritto alla casa, criteri per l’accesso 6.3. Le politiche delle Regioni fra aiuto alla persona ed aiuto all’investimento 6.4. I bilanci regionali e l’investimento sul tema “casa” 6.5. Linee di intervento comuni e proposte innovative “ 66 “ “ 66 67 “ “ “ 68 80 84 7. Il ventaglio delle esperienze locali 7.1. Politiche per incrementare l’offerta in affitto 7.2. La finanza etica per la casa 7.3. Buone pratiche locali “ “ “ “ 93 93 97 98 8. Un confronto europeo 8.1. Welfare e diritto alla casa in Europa 8.2. Francia 8.3. Regno Unito 8.4. Spagna “ “ “ “ “ 135 135 136 142 146 868_08 1. INTRODUZIONE 1.1. Obiettivi e contenuti principali della ricerca Il presente rapporto di ricerca, realizzato dal Censis per conto di DexiaCrediop è il frutto di un lavoro comune con Dexia stessa (che ha curato l’indagine sui bilanci delle Agenzie territoriali per la casa, riportata nel capitolo 5) e con la Direzione nazionale di Federcasa, che oltre a contribuire all’impostazione del lavoro, ha fornito materiali e dati appositamente elaborati per l’occasione e si è occupata della stesura del capitolo relativo alle politiche regionali. La casa: un tema rimosso ma più che mai attuale L’Italia ha di fatto per molti anni “rimosso” il problema casa, nella convinzione diffusa che l’elevato tasso di proprietà fosse ormai una garanzia sufficiente della soddisfazione del fabbisogno. Nel frattempo la competenza sulle politiche abitative è stata regionalizzata mentre le risorse pubbliche sono venute meno. Le politiche abitative pubbliche si sono praticamente azzerate con l’esaurirsi delle risorse programmate. Di conseguenza, più o meno contemporaneamente, sono venuti a mancare sia una strategia nazionale sul tema casa e sia gli strumenti operativi efficienti per realizzarla. Come è noto, per diverse concomitanti ragioni, le politiche sociali in campo abitativo si sono nuovamente imposte all’attenzione del dibattito pubblico. Fattori di pressione sul fronte demografico, sociale ed economico hanno modificato i termini del problema sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta, dimostrando come la rigidità di un offerta tutta basata sulla casa in proprietà risulta accrescere le situazioni di disagio abitativo. Tra questi temi: la crescita del numero delle famiglie, l’aumento dei fenomeni migratori e l’invecchiamento della popolazione dal punto di vista delle evoluzioni demografiche; la precarizzazione dei rapporti di lavoro e le difficoltà per i giovani di uscire dalle famiglie di origine; il crescente indebitamento delle famiglie e le difficoltà connesse all’andamento delle dinamiche salariali e dei saggi d’interesse. La congiuntura economica non ha consentito un miglioramento del tenore di vita e un innalzamento dei redditi disponibili delle famiglie, a fronte di 1 868_08 una forte crescita dei valori immobiliari. In Italia la corsa alla patrimonializzazione a partire dalla fine degli anni ’90 è stata massiva, tanto che chi non ha acquistato una casa nelle favorevoli condizioni degli anni passati – in un momento in cui i mutui erano molto vicini come costo all’affitto,– oggi ha ancora maggiori difficoltà a sostenerne le spese. La lievitazione dei canoni oltre ad aver aumentato le difficoltà a far fronte alle spese della casa per molte famiglie ha, nei fatti, ridotto la possibilità di accedere a costi ragionevoli ad un alloggio in locazione, riducendo e scoraggiando nuove forme di mobilità territoriale. L’inadeguatezza delle risposte A fronte di questi fenomeni, le soluzioni offerte dal sistema tradizionale di aiuti per la casa e di operatori non sono più adeguate ad offrire una risposta. Infatti: - la crescente domanda di abitazioni in affitto non trova più un sufficiente supporto nel settore degli investitori istituzionali (che hanno a loro volta alienato il loro patrimonio); - l’aiuto personale per l’affitto è inadeguato quantitativamente (dovrebbe essere almeno raddoppiato) e non risolve strutturalmente il problema, ma richiede una spesa corrente costante e crescente nel tempo (il mercato si adegua alla presenza dell’aiuto). - l’offerta di alloggio sociale è andata riducendosi percentualmente a causa del processo di alienazione e non è più in grado di dare risposte sufficienti per i bisogni delle grandi città (vedi domande in attesa). Peraltro il decentramento regionale ha portato ad un aggravamento della frattura nord-sud che già esisteva anche negli anni precedenti il 1998. Le regioni più povere non sono in condizione di investire risorse proprie per la casa e quindi continuano ad investire grazie all’onda lunga dei trasferimenti statali dei residui ex Gescal (che per queste regioni erano più consistenti). Le altre regioni, in particolare nel centro-nord, avviano però interessanti sperimentazioni tendenti a dare risposta alla domanda emergente. Nascono esperienze di nuovo housing sociale (affitto intermedio) anche grazie al contributo dato dalle Fondazioni bancarie che iniziano ad investire in questo settore (Lombardia, Piemonte). Si sviluppano interventi innovativi di welfare attivo (autocostruzione, cohousing), a volte promossi direttamente dalla Regione (Lombardia) a volte su iniziativa degli operatori (ITEA Trento, cooperazione). 2 868_08 Un importante capitolo connesso alla casa si rivela quello della riqualificazione energetica del patrimonio e della sostenibilità dei nuovi interventi. Le riforme urbanistiche regionali più avanzate incentivano la produzione di alloggi sociali. Una nuova politica dell’affitto Nei principali Paesi europei il settore pubblico svolge un ruolo fondamentale, accanto al settore privato, nella gestione di abitazioni in affitto e nello stimolare ed incentivarne una nuova offerta di abitazioni a canone accessibile, quale elemento costitutivo di una strategia globale che favorisce la mobilità territoriale della forza lavoro, l’integrazione degli immigrati, lo sviluppo economico, la tutela di categorie socialmente svantaggiate. L’incentivo all’accesso alla proprietà non è ovviamente in grado di dare una risposta valida in molti casi. Nel nostro Paese per far fronte alle diverse e nuove domande di casa a costi accessibili, è indispensabile ripensare le logiche di intervento sociale per l’abitare. La scelta è dotarsi nuovamente di una strategia per governare il cambiamento e rispondere ai bisogni o esserne travolti. E’ questo peraltro il reale obiettivo di questo rapporto: fornire un quadro della complessità delle questioni in gioco per dimostrare la rilevanza della questione abitativa in relazione ad alcuni fondamentali processi sociali (tra i quali l’inserimento degli immigrati, l’autonomizzazione dei giovani, l’integrazione e il supporto agli anziani) e la conseguente necessità di mettere in campo risorse e misure organiche e non estemporanee per dare risposte efficaci ad una domanda articolata. In particolare servono politiche di incremento del patrimonio in affitto e di aumento dello stock con prezzi calmierati o controllati e quindi risposte articolate e flessibili: - articolate sul territorio (non è la stessa cosa rispondere ai bisogni nelle aree a forte tensione –Milano, Roma, Napoli – e nelle altre aree in cui il mercato è meno “drogato” da fenomeni speculativi legati alla forte pressione della domanda); - basate su un sistema di aiuti diversificato e in grado di rispondere a diversi tipi di necessità: il bisogno di casa temporaneo (studenti, lavoratori stagionali e in mobilità), il bisogno di casa per un periodo di difficoltà (separazioni, disoccupazione, problemi di emarginazione sociale). 3 868_08 - incentrate su un nuovo sistema di operatori che comprenda anche il settore privato e che veda la nascita di società immobiliari di tipo europeo anche in Italia. In Italia, la scelta irreversibile del decentramento consente di perseguire un nuovo sviluppo del settore, non dettato dall’Amministrazione centrale ma da essa comunque favorito con una politica coerente, che conti su: - una compresenza di attori pubblici e privati che sia in grado di dare risposte differenziate e articolate ai fabbisogni; - un ruolo positivo e creativo delle differenti articolazioni normative e organizzative, che potranno accogliere e travasare da un territorio all’altro proposte e best practices. Il ruolo delle agenzie Le agenzie di promozione e gestione degli alloggi sociali, nei fatti, rappresentano tuttora il riferimento per le politiche pubbliche di settore. Pur essendo relazionate ad un patrimonio abitativo di proporzioni rilevanti (pari a circa un milione di alloggi), hanno in parte perso il ruolo propulsivo e operativo avuto nel passato e sono state oggetto di un hostile takeover da parte della politica che ne ha ridotto l’efficienza. Come conseguenza, ne è derivata nella percezione collettiva una visione semplicistica secondo la quale il patrimonio pubblico è ovunque mal gestito, non assolve alla sua funzione sociale e rappresenta per lo Stato più un peso che una risorsa. Tuttavia le analisi svolte in questo rapporto mostrano come le Aziende casa pubbliche sono in larghe zone del Paese perfettamente in grado di svolgere in futuro questo ruolo. Sta alle Regioni progettare il ruolo delle Aziende casa pubbliche nel proprio territorio, senza perdere di vista la collaborazione tra pubblico e privato e senza deprivarsi di un patrimonio pubblico che rappresenta lo strumento di realizzazione di politiche concrete. Per questo nuovo sviluppo le Aziende casa pubbliche sono un fattore ovviamente non esclusivo ma imprescindibile se non si vuole rinunciare a governare il cambiamento invece di esserne governati. La lettura del rapporto dimostra che il settore pubblico ha ancora un ruolo da svolgere, non soltanto per dare risposte alla domanda debole, ma che al contrario deve allargare il suo ambito di intervento e trovare nuove forme di collaborazione, oltre che con i Comuni, anche con il settore privato. Le risposte date dagli operatori pubblici “aziendalizzati” sono infatti quasi tutte quelle improntate ad una valorizzazione del patrimonio, attraverso 4 868_08 interventi di riqualificazione energetica in Finanziamento Tramite Terzi, o attraverso interventi complessi di rinnovo e rivitalizzazione urbana, o ancora, rivolgendo particolare attenzione alle nuove fasce di utenza attraverso interventi mirati per gli anziani, gli immigrati, i giovani e improntati alla creazione di nuovi modelli di convivenza nei quartieri urbani. Questo tipo di intervento, che risponde spesso con soluzioni innovative ai nuovi bisogni, ha anche lo scopo di controbilanciare la crescita del deficit strutturale legato alla gestione dell’edilizia residenziale pubblica, in cui aumenta la presenza delle fasce deboli e la difficoltà di pagare gli affitti, con conseguente riduzione delle entrate. I processi di aziendalizzazione effettuati dalle regioni del centro-nord hanno messo gli enti in condizione di muoversi più liberamente nello svolgere la propria funzione, nel trovare forme di organizzazione più flessibili (grazie alla creazione di società strumentali) e nell’avviare rapporti di partenariato col settore privato. La permanenza di elevate quote di liquidità non impegnate nei bilanci degli enti dimostra però come ancora essi risentano della struttura di ente pubblico, con scarsa capacità imprenditoriale autonoma, da una parte, ma dall’altra dimostra anche il peso dei vincoli derivanti dall’essere azienda pubblica, sottoposta per ogni atto rilevante al controllo ed all’autorizzazione regionale (ad esempio per il reinvestimento dei ricavati dalle vendite), oltre che la scarsità di aree a costi compatibili con i limiti di spesa (anche questi imposti dalle Regioni). La questione delle vendite Dall’avvio del piano vendite “Nicolazzi” della legge 560/93 ad oggi si è venduto circa il 19% del patrimonio esistente all’epoca. Tuttavia questo processo non ha dato luogo ad un rinnovo del parco di edilizia pubblica, che è calato del 6%, per due motivi: i prezzi di vendita troppo bassi (oggi si vendono almeno quattro alloggi per costruirne uno) e l’erosione del ricavato (in particolare nel sud, in cui le Regioni hanno autorizzato l’impiego di quote superiori al 20% previsto dalla legge) per far fronte al deficit di bilancio. Serve sicuramente una revisione della 560/93, dando maggior autonomia agli enti proprietari nel definire criteri di vendita e prezzi che consentano la ricostruzione del patrimonio dismesso, contribuendo così ad un effettivo rinnovo e alla reimmissione di quote di patrimonio pubblico a disposizione delle graduatorie comunali. Non dimentichiamo che una pura e semplice dismissione a prezzi “politici” non risolve un problema di domanda abitativa e sottrae quote di disponibilità di alloggi, dovute alla rotazione degli abitanti (circa il 3% annuo). 5 868_08 1.2. L’articolazione del rapporto Nella costruzione del rapporto si è cercato di delineare un quadro complessivo del tema, facendo il punto sia dal lato delle dinamiche della domanda che da quello delle politiche. In particolare: - il capitolo 2 (“Le ragioni della centralità del social housing”), presenta una serie di dati ad illustrazione dei fattori di mutamento che rendono di nuovo centrale anche nel nostro Paese il tema dell’accesso all’alloggio; - nel capitolo 3 (“I principali segmenti della domanda debole”) vengono analizzate con maggiore dettaglio le i caratteri attuali della questione abitativa con riferimento a tre grandi questioni sociali: i processi di inserimento degli immigrati, quelli di autonomizzazione dei giovani ed infine ai quelli di integrazione e supporto degli anziani; - il capitolo 4 (“Il patrimonio pubblico: dimensioni, utenza e gestione”) è dedicato ad un’analisi sul ruolo ed il funzionamento delle Agenzie Territoriali per la casa, e utilizza dati relativi ad un’apposita indagine effettuata da Federcasa presso i propri associati in occasione di questo rapporto. - Nel capitolo 5 vengono riportati i risultati di un’apposita indagine effettuata da Dexia-Crediop sui bilanci di alcune aziende territoriali; - il capitolo 6 (“Il quadro delle politiche regionali”), a cura di Anna Maria Pozzo e Francesca Perugia di Federcasa, fa il punto sugli indirizzi delle politiche abitative adottate dalle singole regioni; - nel capitolo 7 (“Il ventaglio delle esperienze locali”) si è cercato di ricostruire un quadro orientativo delle politiche innovative sperimentali nate “dal basso” come risposta alla mancanza di organiche politiche nazionali per incrementare l’offerta in affitto a carattere sociale. Il capitolo è corredato dalla presentazione di una serie di casi di particolare interesse; - infine il capitolo 8 (“Un confronto europeo”) rende conto delle principali caratteristiche dei sistemi di housing sociale di Francia, Spagna e Regno Unito. 6 868_08 2. LE RAGIONI DELLA CENTRALITÀ DEL SOCIAL HOUSING 2.1. Limiti e contraddizioni delle dinamiche recenti Il rinnovato interesse collettivo (dell’opinione pubblica, della politica nazionale e locale, delle forze sociali ed economiche) per le tematiche abitative è indubbio: la casa è tornata prepotentemente ad essere un argomento al centro dell’agenda politica e non solo in Italia. Eppure questo ritorno della questione abitativa presenta degli aspetti apparentemente paradossali. Veniamo infatti da un recente ciclo di espansione del mercato immobiliare e del settore delle costruzioni che ha avuto al centro proprio il segmento residenziale. Per circa 10 anni (19972007) le compravendite di abitazioni hanno registrato un trend positivo con circa 800.000 alloggi scambiati negli anni di maggiore intensità del mercato (tab. 1). Di fatto oltre 5 milioni di acquirenti di case dal 2000 a oggi hanno determinato il più lungo e intenso boom del mercato immobiliare registrato in Italia. Come risulta dai dati ufficiali dell’Agenzia del Territorio, solo negli ultimi mesi del 2007 e nei primi del 2008 si è avuto un raffreddamento degli scambi, senza dubbio legato alle mutate condizioni del mercato del credito, cioè all’incremento dei tassi di interesse sui mutui, e con gli effetti della crisi dei mutui subprime statunitensi, che hanno indotto le banche a selezionare in modo maggiormente restrittivo la propria clientela. I dati del primo semestre 2008 dell’Agenzia del Territorio segnalano un calo delle compravendite residenziali del 14% riseptto allo stesso periodo del 2007. Si tratta di una discesa iniziata nella seconda emtà del 2007 e dovuta in larga parte al ridimensionamento della domanda di fascia bassa (acquisti sotto i 250.000 euro), quella che ha più difficoltà ad accedere ad un mutuo. Ma, è bene ricordarlo, in questi ultimi anni, soprattutto grazie ai bassi tassi di interesse, molte famiglie hanno avuto accesso al bene casa in proprietà, anche in un momento in cui i prezzi, dopo la caduta verticale del 1992, hanno ricominciato a crescere in modo sensibile, soprattutto nelle grandi aree urbane. Come è noto, siamo, dopo la Spagna, il Paese europeo con il più elevato tasso di famiglie che abitano in un alloggio di loro proprietà o comunque che non pagano un affitto (essendo magari l’abitazione in comodato d’uso). 7 868_08 Alla propensione all’acquisto dell’abitazione, considerato nel confronto con l’affitto un’azione più lungimirante e conveniente o semplicemente un’opzione inevitabile, fa da sfondo la generale crescita quantitativa dei soggetti di domanda: l’incremento del numero di famiglie negli ultimi anni ha registrato valori elevati, come si vedrà più avanti (fig.1), in parte anche per la crescita di separazioni e divorzi, un fattore che incide anch’esso sul fabbisogno abitativo (tab. 2). La voglia/necessità di passare alla proprietà e l’incremento dei soggetti portatori di esigenze abitative, hanno avuto un impatto rilevante sul settore delle costruzioni: dal 1998 ad oggi la crescita del settore delle costruzioni è stata alimentata in modo continuativo dal comparto abitativo (gli interventi di riqualificazione crescono a partire dal 1998 e la nuova edilizia abitativa dal 1999) offrendo peraltro un importante contributo al prodotto interno lordo e all’occupazione (tab.3). Per le costruzioni il 2007 è stato il nono anno consecutivo di crescita (gli investimenti sono aumentati dell`1% rispetto al 2006) ed anche nel 2007 la crescita è stata trainata dall’edilizia: quella residenziale, in particolare ha fatto segnare un incremento dell`1,6%, soprattutto per effetto del buon andamento del comparto della riqualificazione. Nel 2008, secondo l’Ance, gli investimenti in abitazioni faranno registrare un aumento più contenuto rispetto al 2007. Tendenzialmente in questi anni si sono costruite 300.000 nuova abitazioni/anno (tab. 4). Da notare che Lombardia e Lazio da sole rappresentano circa il 30% delle nuove costruzioni residenziali del Paese. Naturalmente la voglia di casa delle famiglie italiane si è dovuta misurare con il rialzo dei prezzi: e quindi da un lato chi ha comprato si è indebitato di più, per periodi più lunghi; dall’altro ha cercato un’offerta economicamente più “accessibile” (quella che gli anglosassoni chiamano affordable), andando ad acquistare nelle zone più esterne delle città e delle aree metropolitane, nelle prime ma soprattutto nelle seconde corone urbane, magari servite da qualche linea di trasporto ferroviario regionale. Gli effetti territoriali di queste dinamiche sono sempre più evidenti. Mentre l’economia si è progressivamente terziarizzata, concentrando nelle città i posti di lavoro nei servizi avanzati e tradizionali, sono cresciute dal punto di vista residenziale e demografico le aree periferiche, dove i valori immobiliari sono più alla portata dei portafogli familiari. Si tratta di un fenomeno generale, in atto da alcuni anni, ma che solo ora appare in tutta la sua evidenza. Gli effetti sono la crescita delle seconde cinture urbane, ma anche delle aree più esterne (tab. 5) ed il calo demografico delle aree centrali. Ma l’effetto più generale è stato l’ulteriore incremento del consumo di suolo, l’aumento contestuale del numero dei pendolari, cioè di coloro che escono dal proprio comune di residenza), e l’allungamento dei tempi degli spostamenti casa-lavoro. 8 868_08 Nella sola Lombardia, secondo una recente ricerca del Politecnico di Milano, il consumo di suolo è stato pari a 5000 ha l’anno, una superficie paragonabile a quella occupata dalla città di Brescia, ma evidentemente distribuita in una miriade di microaree di nuova urbanizzazione. L’aumento dei processi di dispersione insediativa ha avuto un effetto rilevante sul sistema della mobilità come dimostra l’esplosione del pendolarismo: fra il 2001 e il 2007 + 35,8%, a un tasso medio annuo del 6%. 9 868_08 Tab. 1 - Numero di transazioni normalizzate (1) del settore residenziale (2000-2007) Nord Ovest Nord Est Centro Sud e isole Italia 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 231.547,68 129.786,84 142.150,83 186.992,73 690.478,08 223.629,20 131.406,88 143.086,63 183.141,54 681.264,25 250.234,49 147.679,36 159.936,50 203.671,82 761.522,17 251.412,67 149.429,30 156.669,04 204.574,86 762.085,87 264.225,05 157.224,83 166.636,54 216.039,24 804.125,66 273.770,68 161.838,49 171.666,67 226.073,96 833.349,80 281.253,43 165.506,60 170.989,96 227.301,50 845.051,49 268.400,76 157.501,47 164.931,87 215.390,68 806.224,78 (1) Numero di transazioni ponderate con la quota di proprietà effettivamente compravendute (2) Esclude il Trentino-Alto Adige Fonte: elaborazione Censis su dati Agenzia del Territorio 10 868_08 Tab. 2 – Andamento degli investimenti in costruzioni residenziali, 2000-2008 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 (*) 2008 (°) Valori correnti (milioni di euro) Abitazioni nuove Abitazioni in straordinaria manutenzione Totale investimenti in abitazioni 24.763 25.428 27.996 30.225 32.853 35.791 38.112 39.933 41.050 27.202 28.532 30.589 32.048 35.017 37.896 40.394 42.996 45.393 51.965 53.960 58.585 62.273 67.870 73.687 78.506 82.929 86.443 Valori a prezzi 2000 (milioni di euro) Abitazioni nuove Abitazioni in straordinaria manutenzione Totale investimenti in abitazioni 24.763 24.918 26.358 27.750 29.053 30.352 31.262 31.512 31.494 27.202 27.960 28.798 29.423 30.967 32.136 33.132 33.911 34.776 51.965 52.878 55.156 57.173 60.020 62.488 64.394 65.423 66.270 Variazioni % in valore Abitazioni nuove Abitazioni in straordinaria manutenzione Totale abitazioni 2,7% 10,1% 8,0% 8,7% 8,9% 6,5% 4,8% 2,8% 4,9% 7,2% 4,8% 9,3% 8,2% 6,6% 6,4% 5,6% 3,8% 8,6% 6,3% 9,0% 8,6% 6,5% 5,6% 4,2% Variazioni % in quantità Abitazioni nuove Abitazioni in straordinaria manutenzione Totale abitazioni 0,6% 5,8% 5,3% 4,7% 4,5% 3,0% 0,8% -0,1% 2,8% 3,0% 2,2% 5,2% 3,8% 3,1% 2,4% 2,6% 1,8% 4,3% 3,7% 5,0% 4,1% 3,1% 1,6% 1,3% (*) Stima su Conti Economici Nazionali (°) Stime e previsioni Ance Fonte: Ance 11 868_08 Tab. 3 - Nuove costruzioni residenziali, 2005-2006 per regione (unità immobiliari) 2005 u.i. Piemonte Valle d`Aosta Liguria Lombardia Nord-Ovest 20.883 1.299 5.893 58.971 87.046 Veneto Friuli Venezia Giulia Emilia Romagna Nord-Est Umbria Toscana Marche Lazio Centro 2006 % sul totale 7,1% u.i. % sul totale 0,4% 2,0% 19,9% 29,4% 22.270 1.291 6.573 62.080 92.214 7,0% 0,4% 2,1% 19,6% 29,1% 30.881 5.976 28.119 64.976 5.756 14.929 9.857 26.913 57.455 10,4% 2,0% 9,5% 21,9% 1,9% 5,0% 3,3% 9,1% 19,4% 31.337 6.044 30.762 68.143 6.080 16.472 10.878 28.948 62.378 9,9% 1,9% 9,7% 21,5% 1,9% 5,2% 3,4% 9,1% 19,7% Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Sud e isole 9.217 1.458 20.069 16.513 2.619 8.110 18.613 10.125 86.724 3,1% 0,5% 6,8% 5,6% 0,9% 2,7% 6,3% 3,4% 29,3% 9.822 2.012 23.347 15.590 3.109 9.117 19.607 12.052 94.656 3,1% 0,6% 7,4% 4,9% 1,0% 2,9% 6,2% 3,8% 29,8% Totale Italia 296.201 100,0% 317.391 100,0% Fonte: elaborazione Censis su dati Agenzia del Territorio 12 868_08 Tab. 4 - Popolazione residente nelle città con 250.000 abitanti e oltre, nei comuni di prima e seconda corona urbana e nel resto della provincia, 1991-2007 (var. %) Var. % 1991-2001 Grandi città Prime corone urbane Seconde corone urbane Resto della provincia Var. % 1991-2007 -6,9 4,4 7,1 3,6 -5,4 11,4 14,9 9,3 Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat Fig. 1 - Numero e incidenza dei pendolari in Italia, 1991-2007 (v.a. e val. %) 20.000 22,2 25 18,9 16.000 15,4 15 12.000 4.000 10.955 6.000 9.685 8.000 13.149 10.000 10 Valori % 14.000 20 17,0 8.737 Valori assoluti in migliaia 18.000 5 2.000 0 0 1991 Pendolari (migliaia) 2001 2005 2007 Incidenza sulla popolazione residente (%) Fonte: Censis, 2008 13 868_08 2.2. La crisi del comparto dell’affitto Come si è visto, l’attuale questione abitativa deriva in gran parte dalla difficoltà ad intercettare le diverse e nuove domande con un quadro dell’offerta tutto sbilanciato sull’accesso all’abitazione in proprietà. Gli investimenti in edilizia residenziale destinata alla locazione non sono stati fin qui presi in considerazione da parte degli operatori professionali a causa della generale bassa redditività del capitale investito che raggiunge il suo minimo nella fascia destinata ai ceti più disagiati. Non a caso gli investitori istituzionali (Fondi Immobiliari, Casse di Previdenza, Società di Assicurazione, ecc.), negli ultimi anni si sono rivolti esclusivamente al settore immobiliare corporate (uffici, commercio, industria, hotel, leisure, ecc.). Peraltro, se è vero che non si produce nuova offerta in locazione, è altrettanto vero che il patrimonio esistente in affitto da un lato si ridimensiona per effetto delle vendite dei singoli privati e dei grandi proprietari, dall’altro registra una crescente associazione tra l’abitare in affitto e la difficile condizione economica della famiglia. Che la corsa alla proprietà e l’erosione del patrimonio in locazione abbiano finito per fa coincidere il settore dell’affitto con le fasce sociali medio-basse è bene illustrato dalla tabella 6, relativa a dati storici della Banca d’Italia. Solo 21 anni fa (1987), nella fascia di reddito più alta delle famiglie italiane, ben il 17,4% risiedeva in un alloggio in affitto: tale percentuale è gradualmente scesa al 12,3% nel 1991 e nel 1995 è crollata al 7,8%. Oggi è pari al 7,1%. Di contro nella fascia più bassa i valori, pur oscillando, sono rimasti in sostanza gli stessi. A fronte di tale composizione del settore privato non stupisce che l’effetto del caro-affitti sia una notevole e pesante incidenza dei costi abitativi rispetto al reddito delle famiglie. Nelle fasce basse tale incidenza raggiunge valori molto elevati (tab. 7). In particolare, una ricerca Censis-Sunia ha mostrato come nella fascia fino a 10.000 euro l’affitto nei grandi centri pesa per i due terzi del reddito nelle grandi città, e per il 42% sotto i 250.000 abitanti. Per la fascia di reddito tra i 10.000 ed i 15.000 euro, che rappresenta circa il 30% dell’inquilinato, l’incidenza media è pari al 30% sotto i 250.000 abitanti e al 48% sopra questa soglia. Nella fascia di reddito direttamente superiore, quella compresa tra 15.000 e 20.000 euro, in cui ricade circa il 27% delle famiglie in affitto, l’incidenza dell’affitto scende al 24% nei comuni con meno di 250.000 abitanti, ma rimane elevata nelle grandi città, dove è pari al 35%. 14 868_08 A fronte di tali valori è cresciuta la difficoltà delle famiglie in affitto a far fronte alle spese abitative. Lo dimostrano chiaramente i dati sugli sfratti: quelli che hanno come motivazione la morosità dell’inquilino rappresentano nel 2007, il 77,2% del totale (tab. 8), nel 1990 erano appena il 26%. In particolare nuove forme di disagio riguardano non solo le fasce più povere in condizioni di emergenza abitativa, ma anche le famiglie della fascia medio-bassa in affitto nel libero mercato nelle grandi aree urbane: soggetti che anche per ragioni di reddito sono fuori dall’offerta dell’edilizia sociale sovvenzionata, che non hanno mezzi adeguati per accedere alla casa in proprietà e che soffrono del rilevante aumento degli affitti. A fronte di una situazione di crescente difficoltà per una variegata platea di soggetti (ed in modo particolare nelle grandi aree urbane), a sostenere i costi abitativi e ad eccedere ad una sistemazione abitativa stabile e dignitosa, vi è nei fatti una sostanziale inadeguatezza delle risposte e delle risorse pubbliche. Sul fronte affitti, come è noto la legge 431 ha istituito uno specifico Fondo sociale e negli ultimi anni le risorse stanziate dallo Stato centrale hanno quindi in gran parte finanziato il sostegno diretto delle famiglie in affitto sul libero mercato. Anche da questo punto di vista la situazione è comunque critica, vista l’insufficienza delle risorse stanziate. Il fabbisogno accertato dalle Regioni ammonta ad oltre 500 milioni di euro a fronte di una dotazione assegnata dalle varie leggi finanziarie che è oscillata nel tempo intorno ai 300 milioni e che negli ultimi anni è andata diminuendo ulteriormente e che è in grado di soddisfare solo il 40% delle richieste ritenute valide (tab. 9). Questo tipo di intervento, è bene ricordarlo, pur essendo assolutamente indispensabile per fronteggiare le emergenze, sottrae risorse che potrebbero essere utilizzate per realizzare nuove abitazioni in affitto. Risorse che notoriamente sono ridotte ai minimi termini. La produzione complessiva annua di alloggi sociali è come nota crollata (siamo sotto le 2000 unità annue). 15 868_08 Tab. 5 - Percentuale famiglie in affitto per quintili di reddito Anno Fino al 20 percentile Dal 20 al 40 percentile 1983 1987 1991 1995 2000 2004 38,3 34,1 35,7 39,0 32,8 39,8 46,1 37,7 29,0 30,3 26,9 28,6 Dal 40 al 60 percentile Dal 60 al 80 percentile 28,9 27,2 23,4 22,2 20,4 18,4 27,6 27,2 19,8 17,7 15,0 12,6 Oltre l’80 percentile Totale 16,3 17,4 12,3 7,8 7,3 7,1 31,5 28,7 24,1 23,4 20,5 21,3 Fonte: elaborazione Censis su dati Banca d’Italia 2006 Tab. 6 - L’incidenza dell’affitto sul reddito nel settore privato (calcolata sul limite superiore della classe di reddito) Ampiezza demografica del comune Classe di reddito (euro/anno) Canone medio (euro/mese) Incidenza media canone su reddito (val.%) Fino a 10.000 euro 250.000 Da 10.000 a 15.000 euro Da 15.000 a 20.000 euro Da 20.000 a 25.000 euro 346,1 375,4 406,8 425,6 42% 30% 24% 20% Fino a 10.000 euro Oltre 250.000 abitanti Da 10.000 a 15.000 euro Da 15.000 a 20.000 euro Da 20.000 a 25.000 euro 543,8 596,6 584,8 630,3 65% 48% 35% 30% Fino a 10.000 euro Da 10.000 a 15.000 euro Da 15.000 a 20.000 euro Da 20.000 a 25.000 euro 402,6 425,3 441,9 471,1 48% 34% 27% 23% Fino a abitanti Totale Fonte: indagine Censis-Sunia-Cgil, 2007 16 868_08 Tab. 7 – Procedure di sfratto in Italia, 1997-2007 (v.a., val%) Anno v.a. 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Provvedimenti esecutivi di sfratto emessi Di cui per morosità v.a. 50.226 44.919 38.944 39.406 40.500 40.130 39.284 45.535 44.988 44.897 41.888 26.322 25.569 24.203 25.412 26.937 27.154 27.781 32.112 33.200 33.893 32.540 % 52,4% 56,9% 62,1% 64,5% 66,5% 67,7% 70,7% 70,5% 73,8% 75,5% 77,7% Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero degli Interni Tab. 8 - Anno 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Dotazione annuale nazionale Fondo sociale (“buono casa” ex art. 11 legge 431/1998) Norma di riferimento Legge n. 431/1998 Legge n. 431/1998 L. 23 dicembre 1999, n. 488 L. 23 dicembre 2000, n. 388 L. 28 dicembre 2001, n. 448 L. 27 dicembre 2002, n. 289 L. 24 dicembre 2003, n. 350 L. 30 dicembre 2004, n. 311 L. 23 dicembre 2005, n. 266 L. 27 dicembre 2006, n. 296 L. 24 dicembre 2007, n. 244 Stanziamento (in milioni di euro) 309,88 309,88 366,68 335,70 249,18 246,50 246,01 230,14 310,66 210,99 205,59 Fonte: Federcasa 17 868_08 Tab. 9 – Famiglie in graduatoria per il “buono casa” nelle grandi città Città Torino Milano Venezia Bologna Firenze Roma Napoli Bari Palermo Catania Cagliari Domande ammissibili buono casa 14.570 8.869 1.574 n.d. 1.610 9.971 n.d. 6.318 n.d. 1.764 643 Anno 2006 2006 2006 2008 2006 2005 2008 Assegnazione contributi per l’ affitto % domande Importo ammissibili contributi su famiglie in affitto 12% 4% 5% n.d. 4% 3% n.d. 20% n.d. 5% 5% 10.927.500 12.500.000 3.880.000 n.d. n.d. 29.300.000 n.d. n.d. n.d. n.d. 1.676.146 Importo medio/famiglia 750 1.409 2.465 n.d. 2.939 n.d. n.d. n.d. n.d. 2.607 Fonte: indagine Federcasa 2008 18 868_08 3. I PRINCIPALI FATTORI DI SPINTA DELLA DOMANDA 3.1. L’atomizzazione delle famiglie Certamente un fattore di spinta importante della domanda abitativa è costituito dalla generale crescita quantitativa dei soggetti di domanda: l’incremento del numero di famiglie negli ultimi anni ha registrato valori elevati. Processo che si è accompagnato alla costante diminuzione del numero di componenti. In particolare in Italia, dal 2000 al 2007 il numero delle famiglie è cresciuto di oltre 2 milioni, mentre il numero medio dei componenti di una famiglia è passato da 2,52 del 2003 a 2,44 del 2007 (figg. 2 e 3). L’atomizzazione della famiglia italiane è certamente un fenomeno che interessa tutto il territorio nazionale, pur presentandosi in maniera più incisiva nelle regioni del centro nord rispetto a quelle del sud. Fig. 2 - L’andamento del numero di famiglie in Italia, 2000-2007 (dati in migliaia) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat - Bilancio demografico 19 868_08 Fig. 3- L’andamento del numero di componenti per famiglia in Italia, 20032007 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat - Bilancio demografico Tab. 10 –Andamento di separazioni e divorzi - Anni 1995-2005 (v.a. e tassi di separazione totali) Anni Numero Separazioni Tassi di separazione totale per 1.000 matrimoni Tassi di separazione totale per 100.000 abitanti Numero Divorzi Tassi di divorzio totale per 1.000 matrimoni Tassi di divorzio totale per 100.000 abitanti 1995 52.323 158,4 91,3 27.038 79,7 47,2 1996 57.538 175,4 100,2 32.717 96,9 57,0 1997 60.281 185,6 104,8 33.342 99,8 58,0 1998 62.737 195,1 108,9 33.510 100,9 58,2 1999 64.915 203,9 112,6 34.341 104,2 59,6 2000 71.969 228,0 124,6 37.573 114,9 65,0 2001 75.890 242,7 132,2 40.051 123,8 69,8 2002 79.642 256,5 139,3 41.835 130,6 73,2 2003 81.744 266,0 141,9 43.856 138,6 76,1 2004 83.179 272,7 143,0 45.097 143,8 77,5 2005 82.291 272,1 140,4 47.036 151,2 80,3 2006 80.407 268,1 136,4 49.534 160,6 84,0 Fonte: Istat 20 868_08 3.2. Giovani e processi di autonomizzazione 3.2.1. Casa e diritto allo studio Per gli studenti universitari la ricerca di un alloggio rappresenta un primo ostacolo per avvalersi del tanto dibattuto diritto allo studio: ad oggi infatti la questione abitativa costituisce una notevole criticità in tutte le città universitarie raggiungendo livelli più o meno allarmanti. In tutta Italia gli studenti universitari iscritti ad un ateneo di un’altra provincia o un’altra regione rispetto a quella di residenza sono complessivamente circa 650.000, pari al 47,3% del totale degli studenti universitari. In risposta alla domanda abitativa generata dalla loro presenza sono offerti a livello nazionale solamente 54 mila posti letto divisi tra case dello studente pubbliche, collegi privati e religiosi. Si può affermare che in media la disponibilità sia pari ad un posto letto ogni 12 studenti fuori sede ma naturalmente in alcune singole città si registrano condizioni anche più drammatiche. Disagi rilevanti si hanno in regioni come l’Abruzzo dove gli studenti fuori sede sono oltre 30.000 (circa il 69% del totale degli studenti) e possono contare su appena 334 posti letto o come la Campania dove, per gli oltre 40.000 studenti fuori sede ci sono solo 728 posti letto a disposizione. Ma la condizione è emergenziale soprattutto nel Lazio dove gli studenti residenti in province o regioni diverse dalla propria sede universitaria sono il 40% e nel complesso, per un totale di circa 75.000 studenti, sono disponibili solamente 4.446 posti letto (tab. 14). Andando ad analizzare la situazione nelle principali città universitarie si nota come nelle grandi metropoli la comunità studentesca “immigrata” ha dimensioni rilevantissime: a Milano gli atenei hanno raggiunto, per l’anno accademico 2007-2008, oltre 72 mila iscritti fuori sede mentre le università della Capitale ne ospitano oltre 65 mila. Ma soprattutto si segnalano quelle città dove la presenza degli studenti fuori sede è meno rilevante in senso assoluto ma lo è assai di più in senso relativo: estremo è da questo punto di vista il caso di Pisa dove i circa 30 mila fuori sede (quasi 8 studenti su 10 vengono da fuori provincia), equivalgono al 33,8% della popolazione attualmente residente; o ancora il caso di Padova dove i circa 33.000 fuori sede corrispondono al 15,6% degli abitanti della città (tab. 15). In mancanza di un’adeguata offerta di posti letto nelle residenze e collegi universitari, la principale soluzione per tutti resta quella dell’affitto di un 21 868_08 appartamento, di una stanza o addirittura di un posto letto da privati. Naturalmente una pressione della domanda così elevata non fa altro che drogare il mercato degli affitti facendo crescere in maniera spropositata i prezzi soprattutto nelle aree centrali o prossime alle sedi degli atenei. In aggiunta al fenomeno crescono i cosiddetti contratti “in nero”, non adeguatamente fermati dagli ultimi provvedimenti adottati in materia di affitti per motivi di studio. Tab. 14 - Studenti universitari e posti letto, distribuzione regionale A.A. 2007-08 Aggiornato al 31 maggio 2008 Regione Abruzzo Basilicata Calabria Campania Emilia Romagna Friuli V.Giulia Lazio Liguria Lombardia Marche Molise Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Trentino Alto Adige Umbria Valle d'Aosta Veneto Totali Studenti fuori sede % sul totale degli studenti delle università della regione 32.474 2.103 15.894 40.502 80.979 17.038 74.973 11.033 94.951 25.002 4.133 27.762 18.564 15.735 45.667 63.577 6.515 13.505 166 59.103 649.676 68,9 34,9 37,0 30,2 66,6 59,5 40,8 36,9 48,1 64,5 51,4 37,6 24,5 43,3 38,9 67,4 42,9 49,6 17,0 63,2 47,3 Posti letto in residenze universitarie pubbliche e private 334 160 5.761 728 5.890 1.900 4.446 806 9.739 3.566 0 3.428 1.469 1.270 2.484 4.253 1.654 1.491 0 5.030 54.409 Rapporto studenti fuori sede / posti letto 97,2 13,1 2,8 55,6 13,7 9,0 16,9 13,7 9,7 7,0 n.d. 8,1 12,6 12,4 18,4 14,9 3,9 9,1 n.d. 11,8 11,9 Fonte: Elaborazione Censis su dati Miur 22 868_08 Tab. 15 - Studenti iscritti nelle principali città sedi universitarie in Italia, A.A. 2007-2008 (v.a., val. %) Città Studenti iscritti università A.A. 20072008 Pisa 37.390 Bologna 50.030 Padova 47.253 Parma 23.396 Venezia 19.870 Firenze 39.681 Milano 143.634 Cagliari 24.490 Torino 60.252 Roma 162.195 Catania 43.792 Genova 26.732 Palermo 37.726 Napoli 82.675 Bari 41.812 Studenti fuori sede (residenti in altra provincia o regione) % studenti fuori sede sul totale studenti 29.476 35.713 32.912 16.302 13.707 23.366 72.702 11.262 27.214 65.207 17.440 9.621 13.508 22.936 9.837 78,8 71,4 69,7 69,7 69,0 58,9 50,6 46,0 45,2 40,2 39,8 36,0 35,8 27,7 23,5 Posti letto statali e religiosi 1.590 3.242 1994 1.039 867 1.378 5.632 935 1.148 2.337 1.242 806 1.018 386 1.085 Rapporto studenti fuori sede/posti letto pubblici Rapporto % studenti / popolazione Rapporto studenti fuori sede / popolazione (val.%) 42,9 13,4 22,5 20,0 7,4 10,8 11 15,4 6,7 6 14,5 4,3 5,7 8,5 12,9 33,8 9,6 15,6 13,9 5,1 6,4 5,6 7,1 3 2,4 5,8 1,6 2 2,4 3 18 11 16 16 16 17 13 12 24 28 14 12 13 59 9 Fonte: Elaborazione Censis su dati Miur 3.2.2. La permanenza dei giovani nella famiglia di origine La questione abitativa resta un problema per i giovani anche una volta terminati gli studi. Per loro si prospetta infatti un mercato immobiliare di difficile accesso date le condizioni economiche di chi oggi si inserisce nel mondo del lavoro. Il diffondersi delle condizioni di precariato e di flessibilità lavorative e le conseguenti incertezze sul proprio futuro fanno sì che per le giovani generazioni sia sempre più difficoltoso usufruire dei servizi bancari (come ad esempio l’accensione di un mutuo) o comunque impegnarsi a lungo termine per sostenere le spese di una propria abitazione. 23 868_08 Peraltro il mercato dell’affitto mantiene le sue criticità, anche in relazione alla scarsa disponibilità da parte dei locatari a stipulare contratti che abbiano valenza giuridica. Oltretutto loro stessi mostrano una certa resistenza ad affittare appartamenti a giovani che non possano mettere a garanzia una busta paga o un reddito comunque stabile. La difficoltà che si incontra nell’andare a vivere in maniera indipendente in un alloggio proprio o in affitto è alla base della forma di disagio che mina anche le opportunità per i giovani di crearsi un proprio nucleo familiare. Con i dati a disposizione è possibile provare a misurare il potenziale fabbisogno abitativo delle giovani generazioni, celato appunto dai vari fenomeni di contorno. L’indagine Istat multiscopo al 2006 rivela che nell’ambito dei giovani occupati, tra i 26 e i 35 anni, il 44,5% non vive autonomamente e denuncia differenti altre condizioni (tab. 16). Il 3,5%, infatti, pur scegliendo la vita di coppia (con il matrimonio o la convivenza) vive aggregata ad altri nuclei, presumibilmente quello d’origine di uno dei due. Similmente anche un altro 3,4% della categoria dei giovani occupati, pur possedendo uno stato di famiglia autonomo da quello di origine e rispondendo quindi allo stato di nubile, celibe, separato o mono-genitore, vive aggregato ad altri nuclei familiari. Per entrambe queste categorie ipotizziamo dunque che l’aggregazione ad altri nuclei nasca da una necessità dovuta a difficoltà economiche o indisponibilità di una propria abitazione. Infine c’è un’ampia fetta di giovani occupati tra i 26 e i 35 anni (pari al 37,6%) che all’interno della struttura familiare rispondono ancora al ruolo di figli e continuano a vivere sotto lo stesso tetto dei propri genitori. Si tratta di oltre due milioni di cittadini italiani che per diverse ragioni non hanno ancora lasciato il proprio nucleo familiare. Come anticipato in precedenza, risulta difficile stimare per quanti di loro la mancanza di una casa sia un reale impedimento e per quanti invece il permanere con la propria famiglia nasca da ragioni di convenienza, che spingono i giovani a sfruttare al massimo la disponibilità dei propri genitori alla loro cura e sostegno. La tabella 17 conferma un dato intuitivamente noto a tutti, ovvero che la posticipazione dell’uscita dalla famiglia di origine sia sempre un fenomeno che caratterizza maggiormente il sesso maschile. La differenziazione non è tanto marcata nel periodo dello studio (circa il 95% dei giovani studenti vive 24 868_08 con i suoi contro il 93,5% delle studentesse) ma si distanzia maggiormente tra i giovani occupati (è ancora nella casa di origine il 55,9% degli uomini contro il 43,6% delle donne) e tra quelli in cerca di occupazione (restano in famiglia l’80,4% contro il 67,9%). Se andiamo a confrontare i “numeri” del nostro Paese con quelli delle altre nazioni vediamo che l’Italia si colloca su posizioni estreme rispetto agli altri stati europei. I dati disponibili al 2005 indicano nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni la permanenza nella propria famiglia di origine del 71% degli uomini e del 53% delle donne. Parzialmente assimilabile alla condizione dell’Italia è la Spagna con il 62% degli uomini e il 49% delle donne dei giovani tra i 25 e i 29 anni ancora a casa. Per tutto il resto delle nazioni oggetto di indagine, sono davvero pochi i giovani che superati i 25 anni vivono ancora nella famiglia di origine: nel Regno Unito solo il 24% degli uomini e il 14% delle donne similmente alla Francia con il 23% degli uomini e l’11% delle donne, fino alla situazione all’altro estremo della Finlandia dove solo il 16% degli uomini e il 5% delle donne condividono lo stesso tetto dei propri genitori superati i 25 anni (tab. 18). E la tabella 19 non fa altro che confermare questa condizione tutta italiana segnalando peraltro un dato di tendenza ancor più critico di incremento del fenomeno dal 1995 al 2005: in Italia, nei dieci anni presi a riferimento, l’età media a cui i giovani hanno lasciato la casa è salita, a differenza delle altre nazioni europee oggetto di indagine, dove è rimasta stabile o in qualche caso è addirittura scesa. 25 868_08 Tab. 16 - Giovani dai 26 ai 35 anni, occupati che presentano un potenziale fabbisogno abitativo, 2006 (v.a. in migliaia e val. %) Giovani occupati con potenziale fabbisogno abitativo v.a. Val.% sul totale Val.% sul totale giovani persone che non occupati vivono autonomamente Persone che vivono in coppia aggregate ad altri nuclei Single (nubili, celibi, separati, monogenitori) che vivono aggregati ad altri nuclei Figli che vivono con i genitori Totale persone che non vivono autonomamente Totale giovani 26-35 anni occupati 204.177 3,5 7,9 195.282 3,4 7,6 2.185.238 37,6 84,5 2.584.697 44,5 5.807.652 100 - 100 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat Tab. 17 - Giovani da 18 a 34 anni celibi e nubili che vivono con almeno un genitore per classe di età e condizione - Anno 2006 (per 100 giovani della stessa classe di età e condizione) Classi di eta’ / condizione Maschi Femmine Maschi e femmine 18-19 20-24 25-29 30-34 98,3 91,6 68,5 41,1 97,6 84,9 49,4 20,8 98 88,3 59,1 31,2 Occupati In cerca di occupazione Casalinghe Studenti Altra condizione Totale 55,9 80,4 94,9 75,5 67,3 43,6 67,9 7,5 93,5 54,8 52,6 50,9 74,6 7,5 94,1 65,5 60,1 Fonte: Istat 26 868_08 Tab. 18 - Giovani secondo la permanenza nelle famiglie di origine, 2005 (val.%) 18-24 anni uomini donne Italia Spagna Regno Unito Francia Germania Olanda Finlandia EU-25 (1) 94 90 67 70 72 71 39 78 25-29 anni uomini donne 90 81 50 56 56 53 56 66 71 62 24 23 25 20 16 42 53 49 14 11 12 8 5 28 (1) stima Fonte: Eurostat, LFS Tab. 19 - Età media a cui i giovani lasciano la casa, 1995 e 2005 1995 Italia Spagna Regno Unito Francia Germania Olanda Danimarca Finlandia 2005 uomini donne 29 29 23 24 24 23 n.d. n.d. 26 27 20 21 22 21 n.d. n.d. uomini età media 30 29 24 24 23 24 21 21 donne 27 27 20 22 21 21 20 20 Fonte: Eurostat, LFS 27 868_08 3.3. Immigrazione, casa e processi di inserimento Nell’analisi delle categorie sociali che sono investite più direttamente da condizioni di disagio abitativo, un approfondimento specifico deve essere dedicato in primo luogo alla popolazione immigrata. Il nostro si è trasformato, nel giro di pochi decenni, in un paese interessato da forti flussi migratori con una presenza sul territorio connotata da caratteri di stabilità e di lunga durata. La presenza dei cittadini stranieri immigrati è cresciuta in modo rilevantissimo quasi ovunque (in media di quasi il 90% tra il 2003 ed il 2007, tab. 11) ma permane e anzi si accentua uno squilibrio geografico abbastanza marcato, legato alla maggiore appetibilità dell’offerta lavorativa delle regioni del nord. Regioni che assorbono il 63,6% dei residenti (in particolare la Lombardia da sola accoglie poco meno di un quarto del totale degli immigrati). Di contro le regioni del sud (con appena l’11,6%), assolvono soprattutto al ruolo di territorio di ingresso, tappa iniziale di un percorso migratorio che ha come destinazione finale altre regioni italiane o altri paesi europei. In pochi anni la presenza degli immigrati è praticamente raddoppiata in molte città (tab. 12) come Torino, Venezia, Napoli, raggiungendo ad esempio a Milano una percentuale del 13% sulla popolazione residente. Pur a fronte di quasi 3 milioni di immigrati residenti registrati dall’Istat (ma i soggiornanti per la Caritas sono 3,7 milioni) e di diversi indicatori di stabilizzazione in crescita (aumento dei ricongiungimenti, dei minori, parità numerica tra uomini e donne ecc), il caso italiano è connotato dalla mancanza di organiche politiche di integrazione, chiaramente orientate. Non solo, ma manca anche un modello forte di riferimento: si pensi all’approccio assimilazionista francese, che mira ad assicurare una certa parità di diritti e a creare una buona mixitè sociale, ma che, puntando all’uniformità, mette in secondo piano le appartenenze religiose e culturali; o dall’altra, all’approccio multiculturalista anglosassone che ha permesso alle diverse comunità di conservare le proprie abitudini culturali o religiose, costruendo le proprie scuole e i propri centri di aggregazione, organizzando cioè dei “recinti etnici”, ma senza mirare ad una reale integrazione. Due approcci che peraltro, negli esiti reali, hanno dato prova di produrre effetti in parte simili e di cui oggi sono evidenti i limiti. Nel contesto italiano i principali fattori di rischio per la tenuta della coesione sociale che rimandano al problema immigrazione riguardano soprattutto la 28 868_08 diffusione di condizioni di disagio legate alla precarietà e alla irregolarità, esito dell’incrocio tra una forte pressione ad entrare e l’assenza di canali di sbocco regolari, e che producono un mancato riconoscimento di alcuni diritti di base e forti tensioni tra gli italiani. In quest’ottica la difficoltà di accesso ad un’abitazione dignitosa rappresenta l’ostacolo più diffuso. La condizione abitativa media degli immigrati presenti nel nostro Paese, oltre ad essere profondamente lontana da quella degli autoctoni, è contrassegnata da una situazione di diffusa precarietà, superiore a quella lavorativa. Inevitabilmente, oltre ai fattori discriminatori, sui processi di inserimento abitativo degli immigrati ha pesato la generale debolezza delle politiche abitative per le fasce medio-basse di cui sono espressione l’esiguità del patrimonio di edilizia sociale pubblica, e la carenza di un’offerta di abitazioni in affitto a prezzi accessibili. Ciò ha evitato fenomeni concentrativi nel patrimonio pubblico come quelli esistenti nelle banlieues francesi, ma ha prodotto un disagio diffuso. Naturalmente anche su questo fronte qualcosa si sta muovendo. Dai pochi dati disponibili, si nota la tendenza ad una polarizzazione delle situazioni abitative: da un lato gli immigrati di vecchio insediamento che hanno deciso di compiere il proprio progetto migratorio nel nostro Paese e che migliorano progressivamente la propria condizione abitativa, iniziando anche ad accedere al mercato della proprietà per immobili di livello medio-basso, di modesta dimensione, situati nelle zone periferiche della grande città o nell'hinterland (tab. 13); dall’altro le componenti più deboli, e che si trovano all’inizio del percorso, confinate nelle città invisibili che sorgono ai bordi delle aree ferroviarie, nelle aree dismesse o nei casolari abbandonati. Peraltro laddove esiste una qualche nuova offerta di abitazioni sociali pubbliche, spesso la popolazione immigrata, da poco ammessa ad essere inserita nelle liste dei candidati, si colloca in testa alle graduatorie. Il disagio abitativo può essere considerato un fattore indicativo di un rischioprecarietà che aumenta considerevolmente quando si considera l’area dell’irregolarità: la clandestinità comporta spesso, quale diretta conseguenza, situazioni di vera e propria emarginazione sociale. 29 868_08 Tab. 11 - Andamento della popolazione residente straniera per ripartizione geografica Maschi Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e isole Totale Italia 284.316 229.285 180792 93881 788.274 2003 Femmine 266.623 197.697 201008 95771 761.099 Totale % Maschi 550.939 426.982 381800 189652 1.549.373 35,6% 27,6% 24,6% 12,2% 100,0% 548.532 415.859 348.628 160.054 1.473.073 2007 Femmine Totale 518.686 386.380 379.062 181.721 1.465.849 1.067.218 802.239 727.690 341.775 2.938.922 Var. % 2003-2007 % 36,3% 27,3% 24,8% 11,6% 100,0% 93,7 87,9 90,6 80,2 89,7 Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat 30 868_08 Tab. 12 - La crescita della presenza straniera nelle città, 2003-2007 (v.a., var.%) Città Torino Genova Milano Venezia Bologna Firenze Roma Napoli Bari Palermo Catania Cagliari Immigrati residenti al 2007 83.977 35.255 170.619 16.959 30.319 34.939 199.417 19.188 5.413 14.734 5.959 3.049 Immigrati residenti su popolazione 2007 (val. %) Immigrati residenti 2003-2007 (var. %) 9,3 5,7 13,1 6,3 8,1 9,5 7,4 2,0 1,7 2,2 2,0 1,9 106,7 93,1 70,6 141,1 71,7 64,9 85,3 110,0 -4,1 40,2 39,9 65,7 Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat Tab. 13 - Compravendita di abitazioni da parte di lavoratori immigrati Anno Numero compravendite Variazione % annua Spesa media 2004 2005 2006 2007 2008 110.000 116.000 131.000 135.000 120.000 5,4 12,9 3,0 -11,1 93.000 103.000 117.000 124.000 128.000 Fonte: elaborazione Censis su dati Scenari Immobiliari 2008 31 868_08 3.4. Anziani e condizione abitativa Gli anziani rappresentano, per ragioni diverse, un altro segmento di popolazione esposto in modo particolare al problema della scarsa rispondenza della soluzione abitativa alle esigenze ed alle risorse individuali. Un problema che rimanda a dimensioni demografiche notevoli dato che l’Italia, come tutti i Paesi avanzati, presenta rilevantissimi tassi di senilizzazione. Basti pensare che le famiglie con persona di riferimento con più di 65 anni sono 7,75 milioni, più di un terzo (34%) del totale, e che ormai un italiano su 5 ha più di 65 anni. Si tratta di quasi 12 milioni di persone, circa 1.340.000 dei quali hanno superato la soglia degli 85 anni e quindi, solo in casi rari, sono del tutto indipendenti (tab. 20). Questo segmento della popolazione è in costante aumento. Soltanto nel periodo 2002-2007 il numero delle persone over 65 anni è aumentato di circa 1,1 milioni (+ 10,7%), registrando un tasso di crescita triplo rispetto a quello generale della popolazione (+ 3,6%) (tab. 21). Gli anziani sono portatori di bisogni molto particolari, anche rispetto alla dimensione abitativa, che attengono almeno a tre fattori: - quello economica, trattandosi in gran parte di persone a reddito mediobasso; - quello fisico, relativa cioè all’adeguatezza dello spazio abitato rispetto alle specifiche esigenze; - quello sociale, trattandosi spesso di persone sole. Per quanto riguarda gli aspetti reddituali, da un’indagine Censis sulle famiglie in affitto risulta che ben il 90,4% di quelle composte da anziani dichiara di avere un reddito familiare che non supera i 20.000 euro. Dalla stessa indagine risultava che sul totale delle famiglie in affitto con reddito fino a 10 mila euro, per il 39% si tratta di famiglie di anziani, mentre fra quelle tra i 10 e i 15 mila euro la percentuale degli anziani è pari al 34% (tab. 22). Ne consegue che gli anziani rappresentano nel quadro attuale una delle categorie più esposte al caro-affitti. In particolare l’incidenza della spesa abitativa per le famiglie di anziani in affitto nel mercato privato è particolarmente elevata laddove si incrociano bassi redditi (pensioni sociali) e la localizzazione in una grande area urbana. In questo caso per redditi fino a 10.000 euro il costo dell’affitto incide in media per i due terzi del reddito; percentuale che scende naturalmente per le fasce di reddito superiori mantenendosi comunque alta: 48% e 39% rispettivamente per redditi fino a 15.000 e fino a 20.000 euro. A dimostrazione di come gli anziani rappresentino un segmento particolarmente esposto al caro-affitto vi è il dato relativo alla fruizione del buono casa: le famiglie di anziani che hanno 32 868_08 ricevuto il contributo per l’affitto del Fondo sociale, sempre secondo i dati dell’indagine, sono il 18,9%, contro un dato generale del 12,5%. Ulteriori bisogni si originano da particolari correlazioni tra condizioni economiche e abitative. Molti anziani a basso reddito vivono in immobili sovradimensionati rispetto alle loro esigenze, con alti costi di gestione (manutenzione ordinaria e straordinaria, aspetti fiscali, ecc.). Per gli anziani proprietari le difficoltà possono derivare anche dalle mediocri o pessime condizioni dell’abitazione con carenze di vario genere, situazione aggravata dalla eventuale presenza di disabilità negli occupanti anziani Non va trascurata la tipologia edilizia e le condizioni dell’immobile, in molti casi non adeguate ai bisogni di cui gli anziani sono portatori. Si pensi alle case senza ascensore, agli immobili fatiscenti, alle case isolate. Questi fattori, tenendo presente la forte correlazione tra anzianità e disabilità, spesso si configurano come vere e proprie barriere architettoniche in grado di penalizzare fortemente la qualità della vita degli anziani. Secondo una rielaborazione dei dati Istat dell’ultimo censimento condotta dalla rivista Abitare Anziani relativa proprio a tale tematica, al 2001 erano quasi 4 milioni gli anziani (il 47,7%) residenti in case costruite prima del 1962; quasi 1,5 milioni quelli che occupavano abitazioni per le quali lo stato di conservazione dell’edificio è stato considerato "mediocre" o "pessimo" questa situazione riguarda prevalentemente (946.205 casi) gli anziani che vivono soli o condividono l’abitazione solo con altre persone anziane; è pari al 78,6% il numero degli anziani che vivono in edifici privi di ascensore; 400.000 anziani vivono in abitazioni prive di impianto di riscaldamento. Infine un ultimo importante tema è quello della socialità: la fascia di popolazione anziana è quella che affronta un maggior rischio di isolamento proprio perché nella maggioranza dei casi si trova a vivere da sola. In molti casi, specie quando subentrano oggettive limitazioni alla mobilità spaziale, questo coincide con una situazione di protratto stato di abbandono (solitudine). Inoltre la nuclearizzazione spinta delle famiglie e la progressiva difficoltà di quest’ultime ad offrire assistenza ai parenti anziani, finiscono per impattare direttamente sulla qualità della vita delle persone in età avanzata. La tabella 23 mette in luce, attraverso i dati delle indagini Multiscopo Istat, la condizione abitativa degli italiani che hanno superato i 65 anni di età. Complessivamente circa il 27% degli anziani dichiara di abitare da solo in casa, all’interno di questa categoria riscontriamo un 79% di individui di sesso femminile. Le indagini rilevano che negli ultimi anni la quota parte di cittadini anziani che vive da sola non ha subito incrementi significativi, tuttavia 33 868_08 l’allungamento della vita media ha fatto sì che il numero di anziani che soli sia passato dai 2 milioni e 400 mila individui del 1993 ai 3 milioni nel 2006. Considerando che nella maggior parte dei casi la condizione di solitudine non rappresenta una scelta ne consegue oltre ad un incremento nella domanda di cura e assistenza domiciliare, anche una richiesta di “compagnia”, alla quale i servizi sociali potranno difficilmente dare risposta mentre possono risultare determinanti i buoni rapporti di vicinato. 34 868_08 Tab. 20 - Gli anziani in Italia al 2002 e al 2007 65-84 anni Anno 2002 85 anni e oltre Nord-ovest Nord-Est Centro Sud Isole Italia 2.612.767 1.859.483 1.957.808 2.007.101 986.312 9.423.471 354.396 273.807 257.637 228.222 117.116 1.231.178 2.967.163 2.133.290 2.215.445 2.235.323 1.103.428 10.654.649 2.952.196 2.050.780 2.137.896 2.191.663 1.080.537 10.449.072 370.244 293.380 328.063 259.492 128.501 1.343.680 3.322.440 2.344.160 2.465.959 2.451.155 1.209.038 11.792.752 Nord-ovest Nord-Est Centro Sud Isole Italia 17,5% 17,5% 17,9% 14,4% 15,0% 16,5% 2,4% 2,6% 2,4% 1,6% 1,8% 2,2% 19,9% 20,1% 20,3% 16,1% 16,7% 18,7% 18,9% 18,3% 18,5% 15,6% 16,2% 17,7% 2,4% 2,6% 2,8% 1,8% 1,9% 2,3% 21,3% 20,9% 21,4% 17,4% 18,1% 19,9% Totale 65 anni e oltre 65-84 anni Anno 2007 85 anni e oltre Totale 65 anni e oltre Fonte: elaborazione Censis su dati Istat 2008 35 868_08 Tab. 21 - La crescita del numero di anziani tra il 2002 ed il 2007 Incremento 2002-2007 (val. %) Incremento 2002-2007 (v.a.) 65-84 anni Nord-ovest Nord-Est Centro Sud Isole Italia 339.429 191.297 180.088 184.562 94.225 1.025.601 85 anni e oltre 15.848 19.573 70.426 31.270 11.385 112.502 Totale 65 anni e oltre 355.277 210.870 250.514 215.832 105.610 1.138.103 65-84 anni 13,0% 10,3% 9,2% 9,2% 9,6% 10,9% 85 anni e oltre 4,5% 7,1% 27,3% 13,7% 9,7% 9,1% Totale 65 anni e oltre 12,0% 9,9% 11,3% 9,7% 9,6% 10,7% Popolazione totale 4,4% 5,0% 5,5% 1,2% 1,2% 3,6% Fonte: elaborazione Censis su dati Istat 2008 36 868_08 Tab. 22 - Peso delle famiglie con persona di riferimento con più di 65 anni sul totale delle famiglie in affitto per fascia di reddito Fascia di reddito Fino a 10.000 euro Da 10.000 a 15.000 euro Da 15.000 a 20.000 euro Da 20.000 a 25.000 euro Da 25.000 a 30.000 euro Oltre 30.000 euro Totale Peso percentuale famiglie di anziani 39,2% 34,0% 21,3% 12,4% 11,5% 8,5% 26,4% Fonte: indagine Censis-Sunia-CGIL, 2007 37 868_08 Tab. 23 - Persone sole che hanno compiuto 65 anni - Medie 1993-94, 1998, 2003 e 2006 Anno 1993-1994 1998 2003 2006 Maschi v.a. in % sul migliaia totale degli anziani 478 485 595 643 12,9 11,9 13,2 13,4 Anziani soli Femmine v.a. in % sul migliaia totale degli anziani 1.928 2.090 2.431 2.426 36,6 35,7 38,5 36,7 Totale v.a. in % sul totale migliaia degli anziani 2.406 2.576 3.026 3.069 26,9 25,9 27,9 26,9 Per 100 anziani soli Maschi Femmine Totale 19,9 18,8 19,7 21,0 80,1 81,2 80,3 79,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat - Indagine Multiscopo 38 868_08 4. IL PATRIMONIO PUBBLICO: DIMENSIONI, UTENZA E GESTIONE 4.1. Il profilo generale del patrimonio La politica della casa ha costituito uno degli elementi principali delle politiche di welfare attuate, in forme e dimensioni diverse, nei paesi europei soprattutto nel dopoguerra. Garantire a tutti l’accesso ad una abitazione accettabile è stata infatti una delle grandi promesse del secolo passato delle democrazie occidentali. In questo ambito l’intervento diretto dello Stato nella realizzazione di alloggi nasceva con il doppio scopo di assicurare il diritto alla casa anche a quanti sono penalizzati dalla debolezza delle risorse economiche e di svolgere un ruolo di ammortizzatore rispetto alle dinamiche del mercato immobiliare. Ma in un Paese come l’Italia, dove l’accesso alla proprietà abitativa da parte delle famiglie ha rappresentato il principale obiettivo delle politiche e dove lo stock di immobili disponibili per l’affitto è sempre stato notevolmente ridotto rispetto ad altri Paesi europei, anche il patrimonio di edilizia sociale pubblica ha avuto ed ha tuttora dimensioni decisamente modeste. L’incidenza del patrimonio gestito dagli ex-Iacp sullo stock complessivo degli alloggi occupati al 2001, anno del censimento sulla abitazioni (tab. 24), era pari ad appena il 3,8%, mentre quella sul solo stock in affitto era pari al 18,8% a livello nazionale, ma solo al 16,7% nelle regioni del nord (contro il 20,9% del sud). Un patrimonio in fase di ulteriore riduzione, visto che nel corso degli anni Novanta l’impegno pubblico è stato progressivamente ridimensionate fino ad arrivare ad un sostanziale smantellamento dell’intervento diretto. Come è noto, il trasferimento alle Regioni delle competenze in materia (1998), ha coinciso con la fine del prelievo Gescal che aveva avuto il merito di garantire al comparto un flusso finanziario costante e piuttosto consistente (3-4 mila miliardi di vecchie lire l’anno). Non stupisce dunque che negli ultimi anni la produzione annua di alloggi sociali su tutto il territorio nazionale sia scesa sotto le 2.000 unità (su un totale di circa 300.000 abitazioni costruite). Del resto è noto come, soprattutto nelle grandi città, siano numerosissime le famiglie in graduatoria in attesa dell’assegnazione di un alloggio sociale (tab. 25). 39 868_08 Peraltro un contributo significativo alla ulteriore contrazione del mercato dell’affitto è derivato dal processo di dismissione degli immobili residenziali degli ex IACP e dei Comuni (nonché degli Enti previdenziali) in particolare nelle aree metropolitane dove più è concentrato questo patrimonio. In particolare le politiche di alienazione di parte del patrimonio ERP (dovuta alla legge 560/1993) hanno portato alla dismissione, tra il 1993 ed il 2006 di oltre 150.000 alloggi (tab. 26), con un ricavo unitario medio di appena 23.700 euro. Come si vede l’apice di questo processo si è avuto tra il 1996 ed il 1999 quando il volume annuo di vendite si è attestato sulle 16-00017.000 unità (fig. 4). Oggi lo stock gestito dalle Ater assomma a soli circa 940.000 alloggi di cui però solo 768.000 in locazione (tab. 27); di questi ben il 45,5% si trova nelle regioni del nord. Tra il 2001 ed il 2005 il patrimonio gestito dalle aziende è diminuito di quasi il 6% (tab. 28). Venendo al grado di utilizzo del patrimonio (tab. 29) la percentuale di alloggi occupati abusivamente rispetto al totale degli alloggi gestiti in locazione sale scendendo verso il Meridione: è pari all’1,4% nel nord, al 4,6% nelle regioni dell’Italia Centrale e al 7,7 in quelle del Sud. Tab. 24- Peso percentuale del patrimonio Ater sullo stock abitativo al 2001 (val.%) Alloggi in locazione 2001 Nord Centro Sud Italia 362.126 162.001 287.361 811.488 Incidenza patrimonio Ater sul totale alloggi 3,5% 3,9% 4,1% 3,8% Incidenza patrimonio Ater sul totale alloggi in affitto 16,7% 20,8% 20,9% 18,8% Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa e Istat 40 868_08 Tab. 25 - Famiglie in graduatoria per un alloggio sociale in alcune città italiane Città Assegnazione alloggio sociale % richieste sul totale Data bando o agg. famiglie Famiglie in graduatoria Torino Milano Venezia Bologna Firenze Roma Napoli Bari Palermo Catania Cagliari 10.000 12.820 4.179 5.361 3.437 29.302 10.000 11.370 4.073 10.800 979 2007 2007 2005 2007 2006? 2005 1995 2005 2003 2003 2005 2% 2% 3% 3% 2% 3% 1% 9% 2% 8% 1% Fonte: Indagine Federcasa, 2008 Tab. 26 - Andamento delle vendite del patrimonio ERP per anno (1993-2006) Anno 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Totale Alloggi venduti 4.956 4.533 9.933 16.133 14.444 17.007 17.756 10.714 10.500 7.050 10.731 9.289 9.484 12.238 154.768 Ricavi da vendite (in milioni) 115 105 231 375 336 414 413 284 192 198 206 233 232 331 3.665 Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa 41 868_08 Fig. 4 - L’andamento delle vendite del patrimonio ex Iacp (1993-2006) Fonte: Federcasa, 2008 Tab. 27 – Il patrimonio gestito dalle Aziende al 2006 (stima Federcasa) Alloggi in locazione Nord Centro Sud Italia 340.415 152.922 280.499 768.047 Alloggi a riscatto Alloggi privati (gestione condominiale) 36.194 19.289 19.292 74.775 50.293 12.999 26.917 90.210 Totale 426.902 185.211 326.708 938.821 Val.% 45,5% 19,7% 34,8% 100,0% Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa 42 868_08 Tab. 28 - Variazione del patrimonio gestito 2001-2006 (val.%) Alloggi in locazione 2001 Nord Centro Sud Italia Alloggi in locazione 2006 362.126 162.001 287.361 811.488 Var.% 2001-2005 340.415 152.922 280.499 768.047 - 6,0% - 5,6% - 2,4% - 5,4% Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa Tab. 29 - Grado di utilizzo del patrimonio in locazione al 2006 (val.%) Assegnati (val.%) Nord Centro Sud Italia 93,0 92,4 89,5 91,6 Alloggi in locazione Occupati Sfitti(*) Abusivamente (val.%) (val.%) 1,4 4,6 7,7 4,3 5,6 3,0 2,8 4,1 Totale (val.%) 100,0 100,0 100,0 100,0 (*) da riassegnare o da ristrutturare Fonte: elaborazione Censis su dati Federcasa 43 868_08 4.2. Gli aspetti gestionali Canoni di affitto talvolta quasi simbolici, rilevanti fenomeni di abusivismo, morosità diffusa: questi sono i luoghi comuni che accompagnano presso l’opinione pubblica l’immagine della gestione del patrimonio di edilizia “popolare” del Paese. Per andare al di là degli stereotipi, che naturalmente discendono anche da realtà concrete, occorre riferirsi direttamente alle variegate situazioni locali. Al riguardo l’indagine effettuata nel 2008 presso le aziende territoriali di tutta Italia da Federcasa per questa ricerca promossa da Dexia, in parte conferma ed in parte smentisce tale visione semplicistica. Si guardi ad esempio al fenomeno dell’abusivismo (tab. 30): in gran parte del Paese (centro-nord e molte realtà del Mezzogiorno) è a livelli bassissimi, assolutamente fisiologici (0,1-0,3%). In qualche città del nord raggiunge l’1% (Brescia, Trento). In una realtà difficile e complessa dal punto di vista della domanda abitativa come Milano sale al 5%. Ma in alcune, poche per la verità, realtà del sud invece è un fenomeno assai rilevante. I casi estremi sono rapprsentanti dalle due grandi città della Sicilia, Palermo e Catania, dove sono abusive più di un quarto delle famiglie (27%). Ma percentuali rilevanti si registrano anche a Cosenza (15%), e a Brindisi ( 11,2%), ad esempio. Riguardo ai canoni c’è da premettere un dato importante: in altri paesi europei gli affitti del comparto sociale sono ben più elevati, ma larga parte delle famiglie degli inquilini ricevono un sussidio pubblico. In Italia ciò avviene solo, ed in misura comunque insufficiente come si è visto nel capitolo introduttivo della ricerca, nell’ambito del settore privato. Ne deriva che le entrate da canoni sono assolutamente modeste. La tabella 31 mostra come il ricavo annuo medio per alloggio gestito, in generale molto basso, registri delle marcate differenze nelle varie aree del Paese. Si attesta sui 1.000 euro/anno (90 euro mensili) nel nord-ovest (Piemonte-Liguria, Lombardia), sale attorno ai 1.200/1.300 euro nel nord-est (Veneto, Emilia), in qualche caso anche sui 1.400 nel centro Italia (Firenze, Terni) per poi scendere nelle regioni del Sud su valori tra 600 e 800 euro. Peraltro, come è noto, nonostante l’evidente funzione sociale svolta, finora gli ex Iacp, oggi aziende territoriali, sono stati obbligati a pagare l’imposta comunale sugli immobili e sono stati esclusi dai benefici fiscali sulle ristrutturazioni degli immobili (il famoso 36%). In questo senso il recente intervento di cancellazione dell’ICI sull’ERP va salutato come un fatto estremamente positivo. Nell’attuale formulazione tale esenzione libera circa 44 868_08 80 milioni di euro, pari a oltre il 10% del monte affitti totale, che possono essere investiti nella riqualificazione energetica del patrimonio con positive ricadute sull’occupazione, sulla produzione e sulla bolletta energetica degli utenti. Per quanto concerne la morosità (tab. 32), anche questa risulta molto differenziata: il fenomeno è molto rilevante nelle grandi città (Torino, Milano, Genova, Roma, Napoli, Bari e Palermo), mentre assume contorni assai più contenuti nelle medie città soprattutto del centro-nord. Basti pensare che se si considera al 2006 il rapporto tra mancati introiti per morosità e ricavi da canoni in città come Bergamo, Brescia, Parma ma anche a Venezia, Firenze e Bologna, siamo su valori intorno al 5%, mentre a Cagliari si arriva al 44%, a Palermo siamo al 35%, a Torino e Genova al 32%, a Roma e Napoli al 30%, a Bari al 23 e a Milano al 19%. Una situazione che mediamente tra il 2001 ed il 2006 è peggiorata. L’aumento generalizzato delle morosità, è senz’altro da mettere in relazione con l'impoverimento generale della popolazione che abita nei quartieri di edilizia sociale pubblica. Peraltro i mancati introiti corrispondono a cifre importanti: a Roma la morosità annua ammonta a 21 milioni di euro, a Milano a 17 milioni, a Torino a 11,5 a Napoli a 7 milioni di euro. Infine se si guarda al personale impiegato nella gestione del patrimonio (tab. 33), sono evidenti le discrepanze tra aziende. Se al nord generalmente il numero di alloggi per addetto si attesta intorno al valore 100, (con casi di maggiore dotazione di personale come Milano, Bergamo, Udine, Forlì), nelle aziende meridionali si arriva a casi limite come quelli di Palermo e Brindisi dove ad ogni addetto in servizio corrispondono più di 300 alloggi da gestire. 45 868_08 Tab. 30 - Alloggi occupati abusivamente, 2006 Ente, azienda Torino Novara Alessandria Genova La Spezia Milano Bergamo Brescia Cremona Trento Venezia Padova Udine Trieste Bologna Parma Forlì-Cesena Firenze Livorno Perugia Terni Ancona Teramo Pescara Roma Comune Latina Napoli Avellino Bari Brindisi Potenza Cosenza Palermo Catania Messina Cagliari Nuoro Totale Alloggi gestiti 32.674 6.132 5.108 12.050 4.124 65.930 6.882 9.946 5.387 10.118 12.518 9.327 7.072 13.379 19.092 6.263 4.380 12.036 8.941 4.726 3.735 5.788 2.554 4.543 52.845 7.890 34.430 6.742 20.877 6.007 5.957 11.010 11.000 10.003 7.841 11.309 4.039 462.655 (60,2% del patrimonio in locazione) Di cui occupati abusivamente 110 5 3 92 36 3.409 0 119 0 156 137 35 0 34 27 0 21 138 214 10 27 3 2 96 5.863 326 1.243 24 563 675 161 1.639 3.000 2.386 500 39 33 21.126 % alloggi occupati abusivamente 0,3% 0,1% 0,1% 0,8% 0,9% 5,2% 0,0% 1,2% 0,0% 1,5% 1,1% 0,4% 0,0% 0,3% 0,1% 0,0% 0,5% 1,1% 2,4% 0,2% 0,7% 0,1% 0,1% 2,1% 11,1% 4,1% 3,6% 0,4% 2,7% 11,2% 2,7% 14,9% 27,3% 23,9% 6,4% 0,3% 0,8% 4,6% Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008 46 868_08 Tab. 31 - Ente, azienda Torino Novara Alessandria Genova La Spezia Milano Bergamo Brescia Cremona Trento Venezia Padova Udine Trieste Bologna Parma Forlì-Cesena Firenze Livorno Perugia Terni Ancona Teramo Pescara Roma Comune Latina Napoli Avellino Bari Brindisi Potenza Cosenza Palermo Catania Messina Cagliari Nuoro Totale Ricavi da canoni relativi al patrimonio residenziale gestito, 2006 Ricavi da canoni alloggi 35.511.587 6.636.379 4.644.276 13.098.678 4.568.099 77.141.836 7.144.960 13.973.000 4.553.133 12.040.338 12.712.279 12.975.996 8.971.083 16.261.228 24.389.588 8.379.075 5.048.348 17.557.529 9.768.642 8.062.487 5.714.311 7.438.571 1.684.183 2.513.567 45.857.895 3.651.043 19.722.690 3.770.625 14.661.100 4.685.227 5.333.097 7.340.703 14.420.166 8.055.253 8.090.799 10.962.161 4.081.856 471.421.788 Ricavo medio per alloggio 1.087 1.082 909 1.087 1.108 1.170 1.038 1.405 845 1.190 1.016 1.391 1.269 1.215 1.277 1.338 1.153 1.459 1.093 1.706 1.530 1.285 659 553 868 463 573 559 702 780 895 667 1.311 805 1.032 969 1.011 1.041 Ricavo medio mensile 91 90 76 91 92 97 87 117 70 99 85 116 106 101 106 111 110 122 91 106 127 107 55 46 72 39 48 47 59 65 75 56 109 67 86 81 84 87 Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa, 2008 47 868_08 Fig. 5 – Ricavo medio annuo per alloggio 2006 (valori in euro) Perugia 1.706 Terni 1.530 Firenze 1.459 Brescia 1.405 Padova 1.391 Parma 1.338 Palermo 1.311 Ancona 1.285 Bologna 1.277 Udine 1.269 Trieste 1.215 Trento 1.190 Milano 1.170 Forlì-Cesena 1.153 La Spezia 1.108 Livorno 1.093 Genova 1.087 Torino 1.087 Novara 1.082 Bergamo 1.038 Messina 1.032 Venezia 1.016 Nuoro 1.011 Cagliari 969 Alessandria 909 Potenza 895 Roma Comune 868 Cremona 845 Catania 805 Brindisi 780 Bari 702 Cosenza 667 Teramo 659 Napoli 573 Avellino 559 Pescara 553 Latina 463 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa, 2008 48 868_08 Tab. 32- La morosità relativa ai canoni di affitto Ente, azienda Morosità canoni (euro) Torino 12.823.839 Novara 800.000 Alessandria 589.852 Genova 577.039 La Spezia 350.592 Milano 4.204.811 Bergamo 177.342 Brescia 310.526 Cremona 93.507 Trento 255.386 Venezia 664.868 Padova 316.211 Udine 45.274 Bologna 362.906 Parma 73.131 Forlì-Cesena 184.434 Firenze 918.683 Livorno 1.000.000 Perugia 300.000 Terni 894.467 Ancona 41.233 Teramo 363.826 Pescara 106.601 Roma Comune 18.420.136 Latina 1.288.648 Napoli 3.624.666 Avellino 321.695 Bari 3.739.724 Brindisi 1.490.589 Potenza 913.902 Cosenza Palermo 7.602.832 Catania 6.536.229 Messina Cagliari 3.530.092 Nuoro 1.033.074 Totale 2001 Importo dovuto (euro) 49.654.649 6.000.000 4.703.542 15.200.000 5.094.366 76.451.115 6.658.278 9.389.569 4.988.589 10.546.080 14.033.446 12.216.845 7.233.933 23.603.069 5.576.659 5.591.139 11.905.142 7.655.095 6.704.920 5.552.247 7.664.725 1.576.374 3.413.721 73.078.135 4.711.184 22.500.000 3.735.000 14.877.380 5.114.733 6.768.599 15.000.000 4.500.000 10.928.198 3.839.943 % Morosità su importo dovuto 25,8% 13,3% 12,5% 3,8% 6,9% 5,5% 2,7% 3,3% 1,9% 2,4% 4,7% 2,6% 0,6% 1,5% 1,3% 3,3% 7,7% 13,1% 4,5% 16,1% 0,5% 23,1% 3,1% 25,2% 27,4% 16,1% 8,6% 25,1% 29,1% 13,5% 50,7% 32,3% 26,9% 12,9% Morosità canoni (euro) 2006 Importo dovuto (euro) 11.529.996 908.890 440.000 1.404.355 122.659 7.860.753 411.760 996.900 313.641 282.721 590.008 972.085 336.930 1.376.913 493.058 245.131 737.964 849.721 1.453.682 679.569 355.140 446.713 259.596 23.474.373 1.026.848 5.383.000 277.456 3.765.541 826.449 1.952.685 5.862.251 5.389.259 7.973.304 4.824.179 - 35.511.587 8.137.044 4.710.508 14.770.904 4.993.020 77.141.836 8.066.671 15.423.000 5.694.056 14.312.080 13.635.317 13.336.627 9.347.749 28.458.788 9.535.697 5.348.641 18.062.367 10.522.057 8.062.487 6.634.238 7.968.948 1.684.383 2.753.268 57.003.994 4.049.358 22.605.477 3.989.843 16.147.646 5.010.287 6.492.393 7.786.069 15.524.095 8.617.680 9.066.562 10.962.161 - % Morosità su importo dovuto 32,5% 11,2% 9,3% 9,5% 2,5% 10,2% 5,1% 6,5% 5,5% 2,0% 4,3% 7,3% 3,6% 4,8% 5,2% 4,6% 4,1% 8,1% 18,0% 10,2% 4,5% 26,5% 9,4% 41,2% 25,4% 23,8% 7,0% 23,3% 16,5% 30,1% 75,3% 34,7% 92,5% 44,0% 15,9% Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008 49 868_08 Tab. 33 – Il rapporto addetti/patrimonio gestito, 2006 Azienda Torino Novara Alessandria Genova La Spezia Milano Bergamo Brescia Cremona Trento Venezia Padova Udine Trieste Bologna Parma Forlì-Cesena Firenze Livorno Perugina Terni Ancona Teramo Roma Comune Latina Napoli Avellino Bari Brindisi Potenza Cosenza Palermo Catania Messina Cagliari Nuoro Addetti in servizio 293 37 37 108 39 952 75 87 31 144 108 54 97 160 176 53 49 72 55 43 25 53 26 742 52 184 54 134 28 64 74 172 90 236 46 21 n. alloggi gestiti 39.429 6.235 5.553 12.200 4.348 65.930 6.882 10.956 5.458 15.264 12.639 9.416 7.072 17.524 35.109 6.283 4.380 13.020 10.973 5.072 3.964 5.860 2.839 66.618 7.890 39.199 7.440 22.366 9.389 6.488 11.968 11.000 14.713 7.925 11.309 4.297 Alloggi per addetto 135 171 150 113 111 70 92 126 176 106 117 174 73 110 199 119 89 181 200 118 159 111 109 90 152 213 138 167 335 101 162 64 163 34 246 205 Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008 50 868_08 4.3. Il profilo dell’utenza In opposizione alla fenomenologia sempre più diffusa in Italia che sta portando ad una progressiva diminuzione del numero medio degli occupanti delle abitazioni private, dai dati a disposizione emerge invece che nel patrimonio pubblico, in diverse province, si sta verificando un discreto incremento del numero medio degli occupanti delle abitazioni (tab. 34). Il fenomeno è sicuramente legato alla condizione economica degli inquilini delle case popolari che, in molte città, non riuscendo a far fronte all’incremento dei prezzi degli affitti sul mercato si trovano costretti a scegliere di continuare a vivere sotto lo stesso tetto nonostante gli inevitabili disagi. E’ sicuramente nella porzione di cittadini immigrati che questa condizione è più diffusa e l’incremento della loro presenza nel patrimonio pubblico ne è la conferma. I dati raccolti nella tabella 35 evidenziano infatti una significativa crescita della presenza di immigrati negli alloggi ERP. Fra i casi più evidenti c’è quello della provincia di Bergamo dove la presenza di cittadini extracomunitari in case popolari è cresciuta dal 2001 al 2006 del 686 % in termini assoluti; mentre, se si valuta la quota percentuale sul totale degli abitanti dell’edilizia pubblica, si è passati dall’ 1,6 % del 2001 al 12,9% del 2006. Anche a Milano per gli stessi anni gli inquilini immigrati nelle case dello stato sono passati dalle 7.690 alle 12.412 unità e a Bologna la loro presenza negli alloggi popolari si è addirittura raddoppiata. Ormai all’interno del parco abitativo di alcune aziende del centro-nord del Paese la presenza di famiglie di immigrati ha raggiunto percentuali decisamente considerevoli: il 18,9% a Parma, il 15,5% a Brescia, 15,2% ad Ancona, il 14,2% a Bologna, il 14% a Perugia, il 12,9% a Milano, solo per citare i casi maggiori. Se l’incremento della presenza di immigrati negli ultimi anni ha portato ad un abbassamento dell’età media dell’utenza degli alloggi pubblici, questo fattore è controbilanciato dalla lunga permanenza nelle case da parte degli aggiudicatari. Una ricerca Censis – Sunia – Cgil del 2007 ha rilevato il tempo di permanenza nelle abitazioni di proprietà pubblica, dimostrando che il 46,6% degli inquilini vive negli alloggi popolari da più di 16 anni e un altro 35,2% da almeno 6 anni. (tab. 36) 51 868_08 Ecco quindi che, come evidenziato nella tabella 37, in proporzione la presenza di inquilini che hanno superato i 65 anni nelle abitazioni di proprietà pubblica, ha subito, dal 2001 al 2006, un incremento fra il 20 e il 30% nella quasi totalità delle province prese ad esame nell’ambito di questa ricerca. Mentre in termini assoluti l’aumento della fetta di popolazione anziana è stato rilevato solo in poche province, e soprattutto a Brescia, Bergamo, ma anche a Perugia. Complessivamente gli enti provinciali che si trovano a dover far fronte alla maggiore quota di inquilini anziani sono quelli di La Spezia, Bologna e Parma con rispettivamente il 33,1%, il 32,2% e il 31,6% di inquilini over 65. Tutto questo dimostra, ancora una volta, lo scarso turn over degli inquilini nelle abitazioni pubbliche, da attribuirsi in parte alla difficoltà di ricollocazione sul mercato delle famiglie non aventi diritto, ma anche ad un reale mantenimento delle condizioni di svantaggio da parte degli abitanti degli alloggi pubblici. In termini di povertà e disagio, per il 2006 la presenza di nuclei in prima fascia di reddito presenta situazioni sostanzialmente differenziate a livello territoriale. Fra gli enti provinciali oggetto della nostra indagine, quelli che hanno una maggior quota di inquilini che pagano il canone minimo sono quelli di Alessandria (77,1%), Novara (57,1%), Parma (52,7%), Forlì (51,3%) e Brindisi (50,2%) (tab. 38). 52 868_08 Tab. 34 - Inquilini nel patrimonio abitativo in locazione gestito dagli Ater/Iacp: confronto 2001/ 2006 Ente, azienda Torino Novara Alessandria Genova La Spezia Milano Bergamo Brescia Cremona Trento Venezia Padova Udine Trieste Bologna Parma Forlì-Cesena Firenze Livorno Perugia Terni Ancona Teramo Pescara Roma Comune Latina Napoli Avellino Bari Brindisi Potenza Cosenza Palermo Messina Catania Cagliari Nuoro Alloggi 2001 33.001 6.041 5.033 12.811 4.331 89.501 5.964 9.335 5.346 8.386 12.915 9.706 7.102 13.233 18.664 6.087 4.350 13.127 7.680 4.538 3.662 6.175 2.539 5.167 Abitanti alloggi 2001 67.896 16.422 12.583 8.250 178.318 18.357 14.495 10.582 18.028 27.462 28.635 16.315 23.819 36.562 10.095 9.055 30.192 22.135 9.984 6.958 13.727 8.200 13.227 65.686 - 8.531 36.728 5.496 21.230 5.955 6.474 11.048 14.460 12.746 12.553 10.946 4.132 25.593 40.488 32.838 10.819 n. medio abitanti per alloggio 2001 2,1 2,7 2,5 1,9 2,0 3,1 1,6 2,0 2,1 2,1 3,0 2,3 1,8 2,0 1,7 2,1 2,3 2,9 2,2 1,9 2,2 3,2 2,6 3,0 2,8 3,0 2,6 Alloggi 2006 Abitanti alloggi 2006 32.674 6.132 5.108 12.050 4.124 65.930 6.882 9.946 5.387 10.118 12.518 9.327 7.072 13.379 19.092 6.263 4.380 12.036 8.941 4.726 3.735 5.788 2.554 4.543 70.000 13.384 11.980 20.953 8.516 132.158 15.823 19.751 10.920 21.143 24.619 21.850 14.144 20.750 35.846 11.401 9.218 27.793 19.704 12.655 6.446 13.976 12.375 52.845 127.846 7.890 34.430 6.742 20.877 6.007 5.957 11.010 11.000 7.841 10.003 11.309 4.039 110.357 20.803 52.193 16.043 27.500 31.700 34.779 10.905 n. medio abitanti per alloggio 2006 2,1 2,2 2,3 1,7 2,1 2,0 2,3 2,0 2,0 2,1 2,0 2,3 2,0 1,6 1,9 1,8 2,1 2,3 2,2 2,7 1,7 2,4 2,7 2,4 3,2 3,1 2,5 2,7 2,5 4,0 3,1 2,7 Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008 53 868_08 Tab. 35 - L’utenza: la presenza di immigrati. Confronto 2001-2006 Provincia di riferimento dell’azienda Torino Novara Alessandria Genova La Spezia Milano Bergamo Brescia Cremona Trento Venezia Padova Udine Trieste Bologna Parma Forlì-Cesena Firenze Perugia Terni Ancona Roma Comune Avellino Palermo Messina Nuoro Totale abitanti 2001 immigrati % immigrati extracomunitari extracomunitari sul totale 67.896 16.422 12.583 21.000 8.250 178.318 18.357 14.495 10.582 18.028 27.462 28.635 16.315 23.819 36.562 10.095 9.055 30.192 9.984 6.958 13.727 3.201 388 1.342 562 218 7.690 297 2.047 300 824 172 228 207 200 2.546 n.d. 389 1.980 200 502 40.488 - 20 - 4,7% 2,4% 10,7% 2,7% 2,6% 4,3% 1,6% 14,1% 2,8% 4,6% 0,6% 0,8% 1,3% 0,8% 7,0% n.d. 4,3% 6,6% 2,9% 3,7% 0,05% - Totale abitanti 2006 immigrati % immigrati extracomunitari extracomunitari sul totale 70.000 13.384 11.980 20.953 8.516 132.158 15.823 19.751 10.920 21.143 24.619 21.850 14.144 20.750 35.846 11.401 9.218 27.793 12.655 6.446 13.976 5.700 1.815 1.989 175 12.412 2.038 3.094 1.804 849 933 400 704 5.080 2.155 1.248 1.945 1.767 516 2.123 127.846 20.803 27.500 31.700 10.905 2.422 773 15 25 8,1% 13,6% 16,6% 2,1% 9,4% 12,9% 15,7% 16,5% 4,0% 4,3% 2,8% 3,4% 14,2% 18,9% 13,5% 7,0% 14,0% 8,0% 15,2% 1,9% 3,7% 0,04% 0,2% Variazione 2001-2006. Val.% 78,1 367,8 48,2 -19,7 61,4 586,2 51,1 501,3 3,0 309,2 93,2 252,0 99,5 220,8 -1,8 158,0 322,9 - Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008 54 868_08 Tab. 36 - L’utenza: gli inquilini con più di 65 anni. Confronto 2001-2006 Provincia di riferimento dell’azienda 2001 2006 % Totale abitanti Torino 67.896 Novara 16.422 Alessandria 12.583 Genova La Spezia 8.250 Milano 178.318 Bergamo 18.357 Brescia 14.495 Cremona 10.582 Trento 18.028 Venezia 27.462 Padova 28.635 Udine 16.315 Trieste 23.819 Bologna 36.562 Parma 10.095 Forlì-Cesena 9.055 Firenze 30.192 Livorno 22.135 Perugia 9.984 Terni 6.958 Ancona 13.727 Teramo 8.200 Pescara 13.227 Roma Comune Latina 25.593 Napoli Avellino Brindisi Palermo 40.488 Cagliari 32.838 Con più Inquilini di 65 con più di anni 65 anni 14.555 3.500 2.400 2.378 48.517 3.671 3.312 2.654 3.866 7.433 7.135 3.397 7.000 12.460 3.896 2.621 6.500 5.828 2.100 1.700 5.025 1.150 3.325 5.119 4.049 - 21,4% 21,3% 19,1% 28,8% 27,2% 20,0% 22,8% 25,1% 21,4% 27,1% 24,9% 20,8% 29,4% 34,1% 38,6% 28,9% 21,5% 26,3% 21,0% 24,4% 36,6% 14,0% 25,1% 20,0% - Totale abitanti 70.000 13.384 11.980 20.953 8.516 132.158 15.823 19.751 10.920 21.143 24.619 21.850 14.144 20.750 35.846 11.401 9.218 27.793 19.704 12.655 6.446 13.976 12.375 127.846 110.357 20.803 16.043 10,0% 27.500 34.779 Con più di 65 anni 14.000 2.805 2.663 5.834 2.823 39.568 4.763 5.538 2.938 4.264 7.353 1.865 3.413 6.189 11.551 3.602 2.822 7.638 5.635 2.561 1.831 3.681 3.228 32.031 17.629 2.988 3.663 4.996 % Inquilini con più di 65 anni 20,0% 21,0% 22,2% 27,8% 33,1% 29,9% 30,1% 28,0% 26,9% 20,2% 29,9% 8,5% 24,1% 29,8% 32,2% 31,6% 30,6% 27,5% 28,6% 20,2% 28,4% 26,3% 26,1% 25,1% 16,0% 14,4% 22,8% 14,4% Variazione 2001-2006 Val.% - 3,8 - 19,9 11,0 18,7 - 18,4 29,7 10,3 - 1,1 - 73,9 0,5 - 11,6 - 7,3 - 7,5 7,7 17,5 - 3,3 22,0 7,7 - 26,7 - 2,9 - Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa, 2008 55 868_08 Tab. 37 - Anni di residenza (in classi) in abitazioni di proprietà pubblica (Ater, Stato, Regione, Provincia, Comune) , val.% Anni di residenza Fino a 5 anni Da 6 a 15 anni 16 anni e oltre Totale Val. % 18,2 35,2 46,6 100,0 Fonte: indagine Censis-Sunia-Cgil, 2007 56 868_08 Tab. 38 - L’utenza: la presenza di nuclei in prima fascia di reddito, 2006 Provincia di riferimento dell’azienda Torino Novara Alessandria Genova La Spezia Milano Bergamo Brescia Cremona Trento Venezia Padova Udine Trieste Bologna Parma Forlì-Cesena Firenze Livorno Perugia Terni Ancona Teramo Pescara Roma Comune Latina Napoli Avellino Bari Brindisi Potenza Cosenza Palermo Catania Messina Cagliari Nuoro Totale alloggi 32.674 6.132 5.108 12.050 4.124 65.930 6.882 9.946 5.387 10.118 12.518 9.327 7.072 13.379 19.092 6.263 4.380 12.036 8.941 4.726 3.735 5.788 2.554 4.543 52.845 7.890 34.430 6.742 20.877 6.007 5.957 11.010 11.000 8.694 7.841 11.309 4.039 Nuclei in prima fascia di reddito 11.928 3.500 3.937 3.859 1.150 11.870 1.881 2.712 1.240 1.355 1.491 1.373 3.000 5.413 7.472 3.298 2.249 2.870 2.470 1.428 1.087 838 381 1.128 20.839 2.701 12.851 1.887 3.015 2.369 3.501 4.800 5.477 1.707 Nuclei in prima fascia di reddito su alloggi (val.%) 36,5% 57,1% 77,1% 32,0% 27,9% 18,0% 27,3% 27,3% 23,0% 13,4% 11,9% 14,7% 42,4% 40,5% 39,1% 52,7% 51,3% 23,8% 27,6% 30,2% 29,1% 14,5% 14,9% 24,8% 39,0% 34,2% 37,3% 28,0% 50,2% 39,8% 40,3% 61,2% 48,4% 42,3% Fonte: elaborazione Censis su dati indagine Federcasa 2008 57 868_08 5. LE AZIENDE CASA “VISTE” ATTRAVERSO I BILANCI 5.1. Il campione oggetto di analisi Successivamente al trasferimento delle competenze in materia di housing sociale, le Regioni hanno avviato un creativo processo di riforma del settore - in parte ancora in corso (L.R. Sardegna n. 12/2006) - sino a disegnare modelli organizzativi che presentano significative differenze. Il percorso di “personalizzazione” delle modalità operative di intervento non poteva non coinvolgere le aziende casa, il “braccio operativo” delle Regioni e degli Enti locali nell’edilizia residenziale pubblica. Nel disegnare i nuovi modelli di housing sociale, nessuna Regione ha ritenuto di poter far a meno delle aziende casa, ereditate dal precedente modello (ex Iacp); al 1.01.2008 sono 108 le aziende casa operative sul territorio nazionale (che aderiscono, come soci ordinari, a Federcasa). Un primo elemento di differenziazione è dato dalla denominazione, che riflette in taluni casi anche il diverso assetto normativo aziendale: ACER in Emilia Romagna, ALER in Lombardia, ATC in Piemonte, AREA in Sardegna, ARTE in Liguria, ATER in Basilicata, etc., oltre alle aziende casa che, non essendo state oggetto di specifica riforma, rimangono denominate Iacp (Campania, Sicilia, Puglia, ecc.). Circa la forma giuridica, alcune aziende casa sono costituite in forma societaria (Toscana e Trentino), sebbene solo in alcuni casi risulti previsto per legge l’obbligo del mantenimento del capitale sociale interamente pubblico (ad es. l’art. 7, L.Prov. Trento n. 15/2005). Gran parte delle aziende casa sono costituite, tuttavia, in forma di enti pubblici economici (Emilia Romagna, Liguria, Veneto, Umbria, Friuli-Venezia Giulia, ecc.) ovvero di enti pubblici non economici (Piemonte, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia, ecc.). Le Regioni hanno generalmente optato per aziende casa con competenze su bacini provinciali; sono dunque normalmente presenti tante aziende casa quante sono le provincie. Tuttavia, in Sardegna l’azienda casa è unica ma articolata per distretti territoriali periferici, corrispondenti a ciascuna delle circoscrizioni provinciali ovvero a più circoscrizioni provinciali in relazione all’entità del patrimonio gestito. 58 868_08 Le differenze riguardano anche i profili patrimoniali; gran parte delle aziende casa sono proprietarie degli alloggi di edilizia residenziale pubblica presenti nel bacino di riferimento. Non mancano, tuttavia, Regioni che hanno preferito assegnare la proprietà degli alloggi agli Enti locali; quest’ultimi si avvalgono poi delle aziende casa per gestire tale patrimonio (Emilia Romagna e Toscana). Va segnalato, però, che anche le aziende casa operative in Emilia Romagna e Toscana sono comunque proprietarie di alcuni alloggi, in quanto finanziati con risorse proprie; di converso, anche nelle Regioni con aziende casa c.d. “pesanti” (in quanto proprietarie del patrimonio), un rilevante numero di alloggi risulta comunque detenuto dagli Enti locali anziché dalle aziende casa. In un quadro di riferimento così eterogeneo, appare utile poter confrontare l’andamento della gestione che risulta dai bilanci delle aziende casa. L’obiettivo del presente capitolo è dunque quello di poter confrontare l’andamento aggregato della gestione economica, finanziaria e patrimoniale che risulta dai bilanci delle aziende casa; più in particolare, dai bilanci degli anni 2004, 2005 e 2006. L’analisi è stata svolta su n. 33 bilanci di aziende casa (tab. 39) scelte tra quelle che adottano la contabilità di tipo economico; va segnalato, in proposito, che una parte rilevante delle aziende casa (principalmente quelle operative nel sud del Paese), adotta ancora una contabilità di natura finanziaria (al pari degli Enti locali) con evidenti criticità di analitico confronto con il sistema a contabilità economica. L’unica azienda con contabilità di natura finanziaria compresa nel campione è l’ATC di Torino; ciò in quanto tale azienda rende disponibili anche dei prospetti contabili di natura economica. Nel corso dell’analisi dei bilanci sono emerse, inoltre, alcune differenze nelle modalità di allocazione di alcune poste; alcuni elementi di costo compresi nella voce “Oneri diversi di gestione”, in particolare, non è riservato un trattamento omogeneo. Al fine di assicurare l’analisi tra dati omogenei si è provveduto a riallocare – in limitati casi – alcune delle poste di bilancio. Le 33 aziende casa oggetto di osservazione rappresentano, nel 2006, il 34,5% (35,8% nel 2001) degli alloggi gestiti dalle aziende casa italiane; complessivamente le aziende del campione hanno generato nel 2006 un valore della produzione di circa 650 €/mln. 59 868_08 Si tratta, dunque, di un campione comunque significativo ed in grado di assicurare un’adeguata rappresentatività alle aziende pubbliche operative nel settore. 60 868_08 Tab. 39 – Patrimonio gestito e valore della produzione, 2006 Aziende casa Ancona Bergamo Bologna Brescia Busto Arsizio Chieti Como Cremona Firenze Forlì-Cesena Gorizia Grosseto Lecco Lodi Macerata Mantova Massa Carrara Milano Modena Padova Parma Pescara Prato Reggio Emilia Rimini Rovigo Siena Sondrio Terni Torino Trento Udine Varese % su totale alloggi Alloggi gestiti 2001 Alloggi gestiti 2006 Valore Produz. 2006 (migliaia di euro) 6.175 5.964 18.664 9.335 2.877 3.980 3.700 5.346 13.127 4.350 4.101 2.895 1.744 2.306 2.754 3.472 3.994 89.501 6.253 9.706 6.087 5.167 1.689 4.224 1.816 4.522 2.028 1.519 3.662 33.001 8.386 7.102 6.418 285.865 35,8% 5.788 6.882 19.092 9.946 2.349 2.695 3.888 5.387 12.036 4.380 4.745 3.069 2.281 2.159 2.932 3.353 3.743 65.930 6.674 9.327 6.263 5.351 1.671 4.321 1.931 4.330 2.380 1.547 3.735 32.674 10.118 7.072 5.811 264.374 34,5% 11.249 16.122 61.673 19.699 4.504 7.640 10.305 7.606 25.053 5.494 7.439 4.021 6.198 6.028 5.102 8.930 7.338 190.141 11.639 21.906 10.921 5.862 4.501 17.943 2.767 8.238 6.561 5.268 7.454 64.513 44.243 14.141 17.743 648.242 Fonte: elaborazione Dexia Crediop su Bilanci aziende 61 868_08 Appare utile segnalare, altresì, che tra le aziende del campione sono comprese le uniche due aziende casa alle quali risulta assegnato un rating pubblico da parte di un’Agenzia internazionale. L’Agenzia FitchRatings ha assegnato all’ATC di Torino “AA-” (aprile 2008) e ad ITEA S.p.A. di Trento “AA” (luglio 2008). Si tratta di livelli di rating molto elevati, compresi nel c.d. Investment grade e solo poco al di sotto del massimo punteggio assegnabile (AAA); in proposito, appare utile rammentare che l'Agenzia FitchRatings ha assegnato all'Italia un rating “AA-”. Si evidenzia che nel campione oggetto di analisi non risultano presenti le Aziende di due tra le città più importanti, come Roma e Napoli. In termini dimensionali, l’operatività dell’ATER di Roma e dello Iacp di Napoli è tra le maggiori a livello nazionale; le due aziende gestiscono, rispettivamente, circa 53.000 e 34.500 alloggi. Con la Legge della Regione Lazio n. 30/2002 si è disposta la trasformazione dell'Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Roma in due aziende casa, ripartendo tra tali operatori la competenza corrisponde al territorio del Comune di Roma ed a quello della Provincia di Roma (escluso il comprensorio di Civitavecchia). L’azienda casa operativa a Napoli non è stata oggetto di trasformazione ed è, pertanto, costituita in forma di Istituto Autonomo per le Case Popolari. Si è ritenuto di non inserire le aziende casa di Roma e Napoli nella presente analisi per il peso “rilevante” dell’ATER di Roma (che avrebbe sensibilmente inciso sui risultati medi del campione) e per la natura finanziaria della contabilità dello IACP di Napoli (che non consente un confronto omogeneo). Di recente le due aziende casa hanno evidenziato una situazione finanziaria critica e sono state oggetto di contestazioni di natura fiscale. Nel maggio 2008 l’ATER di Roma è stata oggetto di un pignoramento per un valore di oltre 370 €/mln da parte del Comune di Roma a causa del mancato versamento dell’ICI (relativamente agli anni 1993-2002) mentre, lo scorso anno, l’IACP di Napoli è stata oggetto di un analogo provvedimento per ca. 8 €/mln da parte dell’Agenzia delle entrate per accertamenti Irpeg e Ilor. Tali vicende hanno rischiato di bloccare, oltre ai nuovi investimenti, anche l’attività ordinaria (manutenzione di ascensore, rinnovo contratti assicurativi, ecc.). 62 868_08 5.3. I dati aggregati dell’esercizio 2006 Si riportano di seguito delle tavole di sintesi dello Stato patrimoniale e del Conto economico, relativamente all’anno 2006, delle aziende comprese nel campione. Tab. 40 - Sintesi dello stato patrimoniale e del conto economico (dati in milioni di euro) Stato Patrimoniale Aggregato 2006 Attivo Immobilizzazioni Materiali Altre Immobilizzazioni Attivo circolante Altre attività a breve Totale Attivo Passivo Patrimonio Netto Fondi Rischi ed Oneri TFR Debito Medio / Lungo creditizio Passivo Corrente Totale Passivo 3.869,5 208,2 941,8 7,3 77,0% 4,1% 18,7% 0,1% 5.027 vs 2.612,7 173,7 55,5 52,0% 3,5% 1,1% 390,8 1.794,1 7,8% 35,7% sistema 5.027 Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006 63 868_08 Tab. 41 – Conto economico aggregato (dati in milioni di euro) Conto Economico Aggregato Valore della Produzione Costi operativi, variaz-magazz. e oneri Valore Aggiunto Spesa per il Personale Margine Operativo Lordo Ammortamenti e Accantonamenti Risultato Operativo Saldo gestione Finanziaria & Straordinaria Risultato Ante Imposte Imposte su reddito d'esercizio Utile / Perdita 2006 % su VdP (-) 648 442 68,3% (-) 123 19,0% (-) 68 10,6% 205,8 82,5 14,0 22 35,7 (-) 35 1,0 Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006 Nel 2006 il Patrimonio Netto del campione (l'insieme delle fonti di finanziamento interne costituito da capitale sociale, riserve e utili/perdite d’esercizio) è pari a circa 2,6 €/mld, rappresentando oltre il 50% del totale di Bilancio. Nell’ambito dei Fondi rischi ed oneri (3,5% del totale di Bilancio) trovano allocazione, tra l’altro, i fondi stanziati per rischi connessi al deperimento di alloggi in gestione che, negli anni a venire, avranno bisogno di interventi di manutenzione straordinaria. La quota destinata a coprire rischi imposte rappresenta circa il 20% del Fondi rischi ed oneri. Le fonti di finanziamento a lungo termine, includendo i Debiti a Medio / Lungo termine (7,8% dell’Attivo), rappresentano oltre il 64% del totale di Bilancio; le passività correnti rappresentano meno del 36%. Nel 2006 il Conto economico del campione evidenzia un utile netto di 1 €/mln (tab. 41). Il Valore della produzione (comprensivo di introiti da canoni di locazione, contributi, incremento delle immobilizzazioni e ricavi vari) ammonta a circa 648 €/mln. 64 868_08 In relazione al Valore della produzione, i Costi operativi rappresentano oltre il 68% e la Spesa per il personale circa il 20%; tale struttura dei costi determina un Margine operativo lordo nel 2006 di 82,5 €/mln, pari al 13% del Valore della produzione. Sul Margine operativo lordo incidono gli Ammortamenti e gli Accantonamenti per 68 €/mln; l’elevata incidenza di tale componente (che rappresenta circa l’11% del Valore della produzione) si giustifica con il rilevante patrimonio delle aziende. Si segnala, tuttavia, come tale incidenza sia molto contenuta nelle aziende casa prive di patrimonio immobiliare (c.d. aziende casa leggere) ove, in rapporto al Valore della produzione, Ammortamenti ed Accantonamenti incidono nell’ordine del 25%. Il Risultato Operativo del 2006 è positivo per 14 €/mln. La gestione finanziaria assicura un contributo positivo di circa 9 €/mln; tale apporto trova la sua spiegazione con il duplice effetto generato da un modesto livello di indebitamento delle aziende casa (gli interessi passivi verso il mondo creditizio sono pari a circa 9 €/mln, circa l’1% del Valore della produzione) e dalla gestione della liquidità. L’erogazione a stato di avanzamento lavori consente, infatti, alle aziende casa di valorizzare le proprie disponibilità. Si segnala, tra l’altro, che le aziende casa sono soggette, ai sensi della vigente normativa, a destinare i proventi delle alienazioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica alla Tesoreria dello Stato (c.d. Gestione speciale). Tali risorse possono esser utilizzate dalle aziende casa, normalmente, previa autorizzazione regionale per la realizzazione di investimenti concordati. Anche in considerazione dell’apporto positivo assicurato dalla Gestione straordinaria (13 €/mln), il Risultato d’esercizio ante imposte è positivo per 35,7 €/mln. Le imposte sul reddito d’esercizio del 2006 raggiungono 34,7 €/mln; si segnala che tale ammontare non comprende il carico fiscale che grava sugli alloggi (ad es. l’ICI), contabilizzato tra gli Altri oneri di gestione. In tale posta di bilancio trovano allocazione altre componenti fiscali che gravano sull’operatività delle aziende casa quali le imposte registro box e negozi, l’IVA indetraibile, ecc. 65 868_08 5.4. I dati aggregati del trend 2004-2006 L’analisi ha riguardato anche gli anni 2004 e 2005 al fine di registrare il trend del campione nel triennio. Si riportano di seguito delle tavole di sintesi dello Stato patrimoniale (tab. 42) e del Conto economico (tab. 43), relativamente al triennio 2004-2006, delle aziende comprese nel campione. Il trend del Patrimonio netto registra una contenuta crescita nel triennio 2004-2006 (+4,3%). Si segnala, in particolare, una modesta apertura al sistema creditizio; l’incremento del debito a medio / lungo termine sebbene rilevante in termini percentuali (+39% rispetto al 2004), risulta alquanto limitato in termini di volumi (110 €/mln). L’Attivo dello Stato patrimoniale evidenzia, nel triennio, una modesta crescita (+1,9%), principalmente generata dal lineare incremento delle immobilizzazioni materiali (3.869 €/mln nel 2006) e dalle immobilizzazioni finanziarie. Significativa la riduzione dei crediti - principalmente verso enti pubblici - registrata nel triennio (-18%). Il trend del conto economico per gli anni 2004-2006 evidenzia un’evoluzione del Valore della produzione (-0,6%) che non riesce a far fronte alla dinamica - pur contenuta - dei costi; l’incremento dei costi risulta, infatti, inferiore all’inflazione. Si segnala, in particolare, che tra le voci di costo il maggior incremento è imputabile ai Servizi (+9% rispetto al 2004). La riduzione della componente Ammortamenti ed Accantonamenti determina, tuttavia, la tenuta del Risultato Operativo (+3,9%), stabilmente positivo nel triennio. Si segnala, in proposito, la progressiva riduzione degli alloggi gestiti dalle aziende del campione (-7,5% dal 2001 al 2006). Il saldo della gestione finanziaria si mantiene pressoché costante nei tre anni, mentre si riduce progressivamente il saldo positivo della gestione straordinaria. Detratte le imposte sul reddito d’esercizio, l’utile netto – pur restando positivo - registra una riduzione (da 9 €/mln del 2004 a 1 €/mln del 2006). Si riportano inoltre alcuni indicatori sull’operatività delle aziende casa comprese nel campione(tab. 44). Gli indicatori di struttura del patrimonio evidenziano una rilevante e stabile solidità patrimoniale delle aziende casa ed un basso livello di debito verso il sistema creditizio. I Mezzi propri e le Fonti consolidate rappresentano, rispettivamente, il 68% e l’84% delle Immobilizzazioni materiali. La spesa per il personale, in relazione al valore della produzione “rettificato”, rimane stabile nel triennio. 66 868_08 Il Margine operativo lordo del 2006 (82 €/mln) risulta pari al doppio della rata (capitale interesse) stimata. La spesa per il personale delle aziende casa, in relazione al numero di alloggi gestiti all’anno 2006, evidenzia un lieve incremento. Tab. 42 - Trend 2004/2006 dello Stato Patrimoniale Aggregato Trend Stato Patrimoniale Aggregato 2004 2005 2006 2004/06 % Attivo Immobilizzazioni Immateriali Immobilizzazioni Materiali Immobilizzazioni Finanziarie Totale Immobilizzazioni 8 3.658 108 3.774 6 3.699 106 3.810 8 3.869 201 4.078 0,2% 5,8% 86,0% 8,1% Rimanenze Crediti Attiv. Finanziarie non immobilizzate Disponibilità liquide Totale Attivo Circolante 60 610 33 360 1.063 69 633 37 391 1.131 78 498 55 310 942 30,1% -18,3% 67,2% -13,9% -11,4% Altre attività a breve Totale Attivo 3 4.934 6 5.054 7 5.027 1,9% Passivo Capitale sociale Riserve, Utile/Perdite Patrimonio Netto 405 2.099 2.504 415 2.089 2.504 420 2.193 2.613 3,6% 4,5% 4,3% 181 51 232 180 54 234 174 55 229 -4,0% 8,6% -1,3% 281 323 391 39,3% 1.917 4.934 1.993 5.054 1.794 5.027 -6,4% 1,9% Fondi Rischi ed Oneri TFR Totale Fondi Debito Medio / Lungo vs sistema creditizio Passivo Corrente Totale Passivo Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006 67 868_08 Tab. 43 -Trend 2004/2006 del Conto Economico Aggregato (dati in milioni di euro) Trend Conto Aggregato Economico 2004 2005 2006 2004/06 % -0,6% 4,8% Valore della Produzione Costi operativi Materie prime Servizi Godimento beni di terzi Variazioni magazzino Oneri diversi di gestione Valore aggiunto 652 422 14 296 12 1 100 230 632 421 13 300 11 0 97 210 648 442 14 322 13 -2 96 206 -10,5% Costi del Personale 117 126 123 5,4% Margine operativo lordo % su VdP 113 17% Ammortamenti ed Accantonamenti Risultato Operativo Saldo Gestione Finanziaria Saldo Gestione Straordinaria Risultato ante imposte Imposte sul reddito d'esercizio Utile/Perdita 84 13% 82 13% -26,9% 99 80 68 -31,1% 13 10 4 10 14 9 3,9% 23 47 17 32 13 36 - 38 - 31 - 35 9 1 1 -23,9% -89,5% Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006 68 868_08 Tab. 44 – Indicatori di sintesi sull’operatività delle aziende Principali Indicatori 2004 2005 2006 Struttura del Patrimonio e del Debito Mezzi propri / Immobilizzazioni Materiali Fonti consolidate / Immobilizzazioni Materiali Debito v/Sistema Creditizio a medio-lungo/VdP (*) 0,68 0,82 0,22 0,68 0,83 0,28 0,68 0,84 0,36 Struttura dei Costi Spese personale / Costi della Produzione Rata annua mutui (**) / Valore della Produzione (*) Spese Personale / Alloggi gestiti (in €) 0,18 0,05 442,5 0,20 0,05 477,6 0,19 0,07 466,5 Margini Reddituali Risultato prima delle imposte / Valore della Produzione (*) Risultato d'esercizio / Valore della Produzione (*) 0,08 0,02 0,05 0,00 0,06 0,00 (*) VdP netto di incremento immobiliz. e variazioni magazzino (**) Stima Dexia Crediop Fonte: Elaborazione Dexia Crediop su dati Bilanci 2006 5.5. Considerazioni conclusive Dall’analisi del campione emerge una struttura economico- finanziaria delle aziende casa tendenzialmente equilibrata, sebbene in graduale rallentamento. Tra gli elementi di debolezza si segnalano, in particolare, la stabilità del Valore della produzione, principalmente imputabile al mancato adeguamento dei canoni di locazione all’inflazione in numerose aree, nonché alla progressiva riduzione degli alloggi gestiti dalle aziende casa. Elemento di attenzione è altresì la significativa crescita dei costi per i servizi (+50% nel triennio 2004-2006), legata per una parte considerevole all’andamento dei consumi energetici. Alle dinamiche della gestione operativa sopra indicate si aggiunge la progressiva riduzione, sebbene ancora consistente, delle componenti straordinarie e finanziarie (-24% tra il 2004 ed il 2006). 69 868_08 Le disponibilità liquide non vincolate, le residue disponibilità presso la Tesoreria dello Stato, il possibile ricorso all’indebitamento (attualmente alquanto contenuto), nonché le professionalità presenti nelle aziende casa segnalano la potenziale capacità di tali aziende di contribuire significativamente a programmi di sviluppo del settore. Potenzialità spesso ostacolata da limitazioni non dipendenti dalle aziende casa e, principalmente, dalla carenza di aree appositamente riservate all’edilizia sociale pubblica, da livelli di canoni medi (non fissati dalle aziende) che risultano insufficienti ad assicurare non solo un’adeguata manutenzione ordinaria e straordinaria degli alloggi, ma anche i carichi fiscali imposti alle aziende casa, nonché l’andamento dei consumi energetici. Un elemento di riforma del sistema dovrebbe basarsi su una revisione dei canoni che assicuri integralmente la copertura degli oneri gestionali, nonché l’alleggerimento del carico fiscale complessivo (considerata la natura no profit delle aziende casa) e, laddove possibile, lo spostamento sull’utente dei consumi energetici. Inoltre per il rinvestimento della liquidità derivante dalle dismissioni del patrimonio, sono da rimuovere gli ostacoli derivanti dai tempi lunghi delle autorizzazioni regionali. 70 868_08 6. IL QUADRO DELLE POLITICHE REGIONALI 6.1. L’evoluzione delle politiche nazionali e del rapporto StatoRegioni L’autonomia regionale sancita con il Dlgs 112/98 e con la legge di modifica della Costituzione n. 3/2001 ha portato ad un allargamento del divario fra le politiche regionali che già esisteva precedentemente. Negli anni dal dopoguerra al 1998, il quadro di riferimento nazionale che indirizzava le linee generali della programmazione e la disponibilità di risorse certe cadenzate nel tempo avevano l’obiettivo della copertura dei bisogni per le famiglie dei lavoratori più deboli e di assicurare un livello minimo comune di servizi su tutto il territorio. L’attuazione di questo quadro era tuttavia influenzata dal diverso livello di efficienza delle strutture regionali e locali nell’attuare la programmazione nazionale in tempi ragionevoli. Dopo il 1998, le Regioni hanno avuto la responsabilità diretta di definire le proprie politiche per la casa, pur continuando, per un primo periodo, a spendere principalmente fondi derivanti dalle riserve accumulate sui conti dei Fondi ex Gescal e risorse derivanti da programmi nazionali1. Successivamente alla devoluzione delle competenze ci si potrebbe attendere una maggiore attenzione delle Regioni alle Politiche per la casa oltre ad un fermento di nuove sperimentazioni, legato alla necessità di ottimizzare l’uso delle risorse. La lettura, ad un decennio di distanza dall’avvio del decentramento, dimostra come ancora, tranne poche eccezioni, stenti ad affermarsi la capacità di iniziativa autonoma delle Regioni nella materia e come spesso la questione casa venga trascurata o trattata con frammenti di politiche obsolete negli obiettivi e negli strumenti oltre che spesso scarsamente coerenti fra loro. 1 Legge 21/2001, 20.000 alloggi per l’affitto, Contratti di Quartiere 1 e 2. 71 868_08 6.2. Regioni, diritto alla casa, criteri per l’accesso La Costituzione italiana ignora la questione del Diritto alla Casa dei cittadini, ma riserva allo Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, fra cui, da ultimo, il DL 112/2008 (convertito in Legge 133/2008) colloca i servizi abitativi. Rispetto al Diritto alla Casa le Regioni, nei loro Statuti si comportano in maniera molto diversa fra loro. Innanzitutto è da rilevare che poche regioni hanno aggiornato il proprio statuto a seguito della modifica costituzionale e spesso le Regioni che lo hanno fatto non hanno affrontato all’interno di questo importante documento la questione degli obiettivi delle politiche generali della Regione, che era affrontata invece nei precedenti statuti nati negli anni Settanta. Così alcune Regioni (la Puglia, la Toscana, la Lombardia e l’Umbria) hanno espunto dai loro nuovi statuti i riferimenti al diritto alla casa che vi erano inseriti. Altre Regioni invece hanno colto l’occasione della redazione del nuovo Statuto per precisare la propria posizione rispetto al Diritto alla casa. Così l’Abruzzo2 (La Regione [...] persegue l’obiettivo di assicurare a tutti il diritto all’abitazione), la Basilicata nel suo PDL del 2003 ([…] la Regione persegue quali obiettivi primari della propria azione: […] il sostegno alle famiglie, alla genitorialità, all’infanzia e all’adolescenza, con l’erogazione di servizi ed interventi adeguati, anche di politica abitativa;) il Lazio3 ((La Regione) Promuove come obiettivi prioritari [...] la disponibilità abitativa [...] persegue una politica abitativa che, compatibilmente con le esigenze di rispetto del territorio e dell’ambiente, crei le condizioni per assicurare a tutti il diritto ad un’abitazione adeguata ) e il Piemonte4 (La Regione riconosce e promuove il diritto all’abitazione). In conclusione, anche per quanto riguarda il riconoscimento formale del diritto dei cittadini alla casa, si assiste a comportamenti molto diversi, non sempre in linea con le linee regionali di programmazione degli interventi per contrastare il disagio abitativo. Per quanto riguarda i criteri di accesso alla casa, normalmente associati ad un massimale di reddito familiare, le regioni si differenziano notevolmente, Deliberazione in seconda lettura 12 settembre 2006 (BURA 10 gennaio 2007) Legge regionale statutaria 11 novembre 2004, n. 1 4 Legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 2 3 72 868_08 in particolare per quanto riguarda le soglie di accesso e di permanenza nell’edilizia sociale pubblica. Ciò sarebbe spiegabile se le differenze di soglia fossero in relazione con i diversi livelli di reddito delle famiglie nella regione, ma da un’analisi svolta da Federcasa emergono delle incongruenze evidenti. Il limite di reddito per l’assegnazione degli alloggi nella maggior parte delle Regioni italiane è utilizzato anche per l’applicazione del canone e l’inserimento nelle varie fasce e per fissare il limite di reddito per la decadenza (normalmente il doppio di quello per l’accesso). Alcune regioni fissano un limite di reddito in valore assoluto per la decadenza e altre ancora uno specifico per l’inserimento nelle fasce. Al fine di individuare il limite di reddito familiare per l’assegnazione, il massimale può essere unico o aumentato in funzione del numero dei componenti il nucleo familiare. Più frequentemente lo stesso effetto (prevedere un limite di reddito superiore per i nuclei numerosi) è ottenuto con detrazioni dal computo del reddito familiare, ancora in funzione del numero dei componenti. Il Piemonte propone un range di coefficienti di adattamento fino a un massimo di 1,6 per più di 4,5 componenti (0,5 per ciascun figlio a carico), Bolzano una detrazione in valori assoluti per ciascun componente. Per il calcolo del canone adottano il criterio dell’ISEE, puro o adattato: Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Toscana e Trento (ICEF, reddito pro capite). Abbiamo raccolto gli ultimi dati sui limiti di reddito regionali per offrire il quadro complessivo e aggiornato della situazione nazionale e l’esito è quello di una notevole diversificazione e disomogeneità da Regione a Regione, per di più non coerente con le specificità regionali, rappresentate dal PIL regionale e dal reddito medio regionale per famiglia. Con la tabella 43 viene proposto il confronto tra il reddito d’accesso per la famiglia tipo dell’edilizia sociale (tre persone, un reddito da lavoro dipendente o pensione) e il reddito medio regionale, ancora di tre componenti e ancora con soli redditi da lavoro dipendente o pensione. Ne risulta un’oscillazione estremamente ampia, da – 40% (Piemonte) a quasi + 40% (Sardegna), che sottintende una valutazione notevolmente differenziata del servizio che si intende offrire. A confronto sono rappresentati i valori pro capite del PIL regionale, utilizzato come indicatore di ricchezza della Regione. 73 868_08 6.3. Le politiche delle Regioni fra aiuto alla persona ed aiuto all’investimento Da una prima ricognizione sulla normativa regionale si nota che la maggior parte di queste non esplicita attraverso norme specifiche la propria politica abitativa e non sempre si riconosce una chiara precisazione degli obiettivi riguardo al tema della casa. In alcuni casi, poi, sono le normative mirate a categorie speciali, quali anziani, famiglie e stranieri, che contengono particolari riferimenti alle politiche abitative con l’esplicitazione dell’indirizzo che si vuole perseguire, la tipologia di intervento e gli operatori coinvolti. Le iniziative a livello regionale si muovono raramente a livello autonomo generando degli esempi forti di presenza istituzionale; i programmi e i bandi attuati e promossi dalle regioni si muovono prevalentemente all’interno di finanziamenti statali, che le regioni distribuiscono ai livelli di gestione territoriale più bassi (Comuni o ex Iacp). Bisogna dire però che l’accresciuto potere normativo delle Regioni non è stato di fatto accompagnato da una corrispondente attribuzione di risorse, indispensabile per poter effettivamente esercitare il nuovo ruolo che le stesse sono chiamate a svolgere. In questo contesto le Regioni sono obbligate ad ottimizzare le risorse indirizzandole verso interventi localizzati in aree e situazioni urbanistiche e sociali dove il fabbisogno è maggiore. Quindi quello che la situazione attuale dipinge è un quadro molto frammentato che si è mosso finora all’interno di una politica nazionale dell’alloggio pubblico debole, e sostanzialmente legata a finanziamenti spot o comunque ad interventi urgenti, e pertanto non costituisce un quadro definito nel quale ogni Regione, attraverso il suo potere legiferativo in materia di edilizia, possa trovare il suo modo di rispondere alle esigenze contingenti, legate strettamente al proprio territorio. Il livello comunale a questo punto diventa il maggior interlocutore e il maggior responsabile del patrimonio abitativo pubblico e la crescita e la gestione del patrimonio sono lasciate alla capacità del singolo comune e alla sua intraprendenza. Di seguito presentiamo una sintesi dei programmi regionali maggiormente innovativi. 74 868_08 6.3.1. Lombardia: una programmazione articolata per bisogni e risposte Il PRERP 2007-2009 (programma regionale per l'edilizia residenziale pubblica, giunto alla seconda edizione dopo il primo relativo agli anni 2002-2006) approvato dal consiglio regionale il 5 dicembre 2006 individua fra gli obiettivi generali delle Politiche Abitative “Strutturare nuovi percorsi di integrazione urbana degli interventi […] e di accompagnamento verso un’autonomia economica e sociale[…] L’ERP ha la necessità di trasformarsi in un servizio abitativo, una casa integrata a un insieme di servizi collegati , il più funzionale possibile alla necessità della famiglia e della persona.” Gli obiettivi confermano quelli del 1° PRERP, con l’individuazione di 4 macro-aree di intervento: 1. area dell’inclusione sociale, finalizzata all’inclusione della marginalità cui si risponde con interventi di locazione temporanea associati ad interventi di supporto; 2. area del disagio grave 3. area del disagio diffuso 4. area della difficoltà Le modalità di attuazione della Programmazione sono affidate ad Accordi quadro di sviluppo territoriale per la Casa (AQST)5 . La Regione sviluppa nel quadro del PRERP una serie di linee di intervento, fra cui quella della programmazione integrata a livello comunale e infracomunale, definita dal 2° Programma Regionale dei Contratti Di Quartiere6 Particolare importanza è attribuita all’aumento del patrimonio in affitto, attraverso il Programma regionale “Locazione Temporanea II”7 e il completamento del Piano Operativo Regionale per l'attuazione del "Programma Nazionale 20.000 abitazioni in affitto"8. La locazione a canone di affitto definito “sociale” ovvero rivolto ai cittadini con grave disagio economico, familiare e abitativo è cofinanziata dalla Regione Lombardia ad Aler e Comuni per la realizzazione di alloggi da Del. Giunta Reg. n. VIII/6246 del 19 dicembre 2007 Del. Giunta Reg. n. VIII/4933 del 15 giugno 2007 7 Del. Giunta Reg. n. 7/20845 del 16 febbraio 2005 8 Del. Giunta Reg. n. 15613 del 12 dicembre 2003 BURL n. 53 del 29 dicembre 2003 5 6 75 868_08 destinare alla locazione9: l’assegnazione in affitto, viene effettuata dai Comuni competenti. Il Comune individua le persone a cui assegnare un alloggio sulla base della situazione economica, familiare e abitativa delle famiglie rilevata attraverso l’apposito indicatore economico equivalente (ISEE). I bandi comunali sono tendenzialmente sempre aperti e la graduatoria è semestrale. Nei casi di particolare gravità, il Comune può accogliere la domanda del cittadino e assegnare l'alloggio senza attendere l'approvazione della graduatoria in deroga all'ordine da essa previsto. Un altro filone di intervento è rappresentato dalla sperimentazione di modelli alternativi, quali quello del Programma Sperimentale Regionale di Autocostruzione Associata in Affitto10, che consente di offrire alloggi in locazione a proprietà differita (10 anni) a coloro che hanno collaborato alla realizzazione dell'alloggio; infatti gli "autocostruttori", al termine dei lavori, potranno scegliere di abitare la nuova casa prima come affittuari e dopo come proprietari. Il sostegno all’affitto, oltre che ai contributi ex art. 11 della legge 341/98 comprende anche bandi per l'erogazione di finanziamenti per la realizzazione di strutture alloggiative per studenti iscritti a corsi universitari e post universitari11, borsisti, stagisti, parenti di malati in cura presso ospedali e centri clinici. Questa formula di locazione temporanea prevede anche l’assegnazione di alloggi ERP (edilizia residenziale pubblica) in affitto in base ad una graduatoria e alla disponibilità degli alloggi. Il canone di locazione applicato dai soggetti attuatori degli interventi deve essere commisurato alla necessità di remunerare il costo di realizzazione, di arredo, di global service e riscaldamento. Per il triennio 2007 – 2009 Regione Lombardia ha previsto lo stanziamento di risorse per la realizzazione di circa 1825 abitazioni a canone sociale e 1812 a canone moderato. La locazione temporanea prevede la messa a disposizione di 1044 posti letto e 340 posti per l’inclusione sociale. Il Fondo Sostegno Affitti dovrebbe dare risposta nel triennio a 210.000 famiglie, allargando il proprio ambito di intervento attraverso il collegamento con le politiche di welfare a sostegno della famiglia, iniziative 9 LR n. 8 novembre 2007, n. 27: legge canoni e vendite. Del. Giunta Reg. n. VIII/1558 del 22 dicembre.12.2005, BURL n. 5 – I° Supplemento straordinario del 31.01.2006 11 art- 1, LR n. 40/2004, Dec. Dir. n. 7760 del 05 luglio 2006 10 76 868_08 per prevenire morosità e sfratti e meccanismi premiali per i comuni che aggiungono risorse proprie e producono progetti organici ed innovativi. L’intervento in direzione del sostegno all’abitazione in proprietà è sviluppato attraverso bandi per l’assegnazione di Contributi per agevolare l’accesso ed il recupero della prima casa d’abitazione12 e bandi riservati alle giovani coppie13, per un numero previsto di 10.000 contributi. Inoltre per la costruzione, l'acquisto o la ristrutturazione delle abitazioni, nella categoria di interventi classificabili di sostegno alla persona la Regione attua il meccanismo del "Risparmio Casa", attraverso un sistema di risparmio e finanziamento combinati. Chi stipula un contratto di questo genere con un Istituto di credito, stabilisce fin dall'inizio il tasso di interesse da applicare sia alle somme che si impegna a risparmiare sia al mutuo che stipulerà per l'acquisto della sua casa. Quando il contratto di Risparmio Casa ha raggiunto la somma minima contrattuale di risparmio, corrispondente al 50% del capitale sottoscritto, il capitale risparmiato, con gli interessi maturati ed il mutuo, come previsto dal contratto iniziale, è immediatamente utilizzabile per l'acquisto o la ristrutturazione della prima casa. Le risorse messe a disposizione del PRERP al 1 gennaio 2007 sono in totale 512.786.000 euro, comprensivi del Fondo Sostegno Affitti ex art. 11 L. 431/98 pari a 164.8896.000 euro (di cui 43.500.000 di cofinanziamento regionale) sui tre anni (2007-2008-2009). Inoltre la Regione intende attivare un Fondo per favorire l’apertura a soggetti pubblici e privati in grado di innescare processi generatori di risorse. L’Osservatorio regionale sulla condizione abitativa è considerato lo strumento principale per acquisire la conoscenza della domanda e dell’offerta e come supporto per la programmazione generale. E’ prevista l’integrazione con gli altri Osservatori regionali (LLPP, Lavoro, Famiglia, Trasporti). 12 art. 3 LR 23/1999 Del. Giunta Reg. n. 8/5294 del 2 dicembre 2007 settembre 2007 13 ss. n. 3 al BUR n. 39 del 24 77 868_08 6.3.2. Piemonte: pianificazione e sperimentazione Con l’approvazione da parte del Consiglio regionale del “Programma casa: 10.000 alloggi entro il 2012”14 intervenuta nel 2006, ha preso avvio una nuova stagione di azioni e interventi a favore delle fasce deboli della popolazione che hanno difficoltà a trovare una soluzione abitativa stabile e decorosa a prezzi accessibili rispetto alle capacità reddituali. Il Programma è articolato in tre bienni in relazione alla necessità di conciliare i tempi di risposta al fabbisogno rilevato con le risorse finanziarie disponibili e con l’organizzazione degli interventi e contempla numerose linee d’azione, alcune già stabilite per l’intero programma, altre sperimentali limitate al primo biennio (edilizia agevolata sperimentale, sostegno alle agenzie locali per la locazione, fondo di garanzia per gli interventi autofinanziati). L’obiettivo è di rendere disponibili alla fine del periodo pluriennale di programmazione 6.063 alloggi di edilizia sovvenzionata, 1937 di edilizia agevolata, 300 di edilizia agevolata sperimentale, 300 destinati agli anziani e 1.400 ai giovani e prevede il monitoraggio periodico delle linee di azione sperimentali al fine della loro riproposizione o ridefinizione nei bienni successivi anche con riferimento alla loro sostenibilità finanziaria. Il fabbisogno finanziario complessivo è quantificato in 748,850 milioni di euro destinati alla realizzazione di 10.000 alloggi nonché alla predisposizione di studi di fattibilità, al sostegno alle agenzie sociali per la locazione ed alla creazione di due fondi di garanzia (programma giovani e alloggi autofinanziati). Gli obiettivi qualificanti del Programma Casa sono così riassumibili: - intervenire a favore delle fasce deboli della popolazione, che hanno difficoltà a trovare una soluzione abitativa stabile e decorosa, con l’offerta di alloggi in affitto a prezzi accessibili rispetto alle capacità di reddito; - realizzare prioritariamente alloggi da destinare all’affitto a canone sociale o a canone calmierato; - supportare con specifiche misure la ricerca della casa da parte di giovani e anziani e favorire il mix sociale; 14 Deliberazione n. 93-43238 del 20 dicembre 2006 78 868_08 - incentivare la possibilità di poter stipulare contratti di affitto a canone concordato (legge 431/98) anziché a libero mercato; - privilegiare la realizzazione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente al fine di ridurre la tendenza ad occupare nuovi spazi compromettendo il territorio; - vincolare la progettazione e la realizzazione degli interventi all’obiettivo di contenere i consumi dell’energia e delle risorse ambientali, favorire l’uso delle fonti energetiche rinnovabili e dei materiali eco-compatibili. In termini generali, ad eccezione del programma giovani per il quale è prevista la possibilità di partecipazione diretta dei cittadini interessati, per tutte le altre misure il finanziamento può essere richiesto dai soggetti attuatori previsti dalla normativa vigente al momento dell’apertura dei bandi. La programmazione del primo biennio (306.900.000 euro) ha visto un risultato superiore alle aspettative. Per il programma giovani le domande finanziate sono state il doppio di quelle ipotizzate in origine (1.400 al posto di 700). Va ricordato che il programma giovani prevedeva la partecipazione diretta dei cittadini interessati e il finanziamento degli interventi di recupero della prima casa di abitazione con un contributo a fondo perduto di 12.500 euro a cui poteva essere associata la richiesta di un fondo di garanzia regionale sull’importo di mutuo eventualmente contratto per la realizzazione dell’intervento. Le domande presentate sono state complessivamente 4.346 di cui 3.859 dichiarate ammissibili (88.79%) mentre quelle finanziate sono 1.400 pari al 36,28% delle domande ammesse. Il fondo di garanzia è stato richiesto soltanto da 381 giovani (27,21% delle domande finanziate). Il programma anziani, a sua volta articolato in interventi sovvenzionati (274 alloggi) ed interventi agevolati (156 alloggi), assume quale elementi connotanti la localizzazione in ambiti urbani caratterizzati da un adeguato sistema di supporti sociali ed assistenziali (pubblici, privati, del terzo settore) e la realizzazione all’interno degli interventi stessi di spazi destinati ad attività di interesse comune, alla socializzazione o alla cura, aperti anche alla comunità esterna. Le domande presentate dai comuni per il bando sostegno alle Agenzie sociali per la locazione sono state tutte finanziate; l’importo complessivamente attribuito è pari ad euro 2.752.563,82 a fronte dei 2 milioni previsti in sede di programmazione iniziale. La misura, che mira a stimolare e sostenere la sottoscrizione di contratti di 79 868_08 affitto convenzionati ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge 431/1998, ha riscosso un notevole successo sul territorio: le richieste sono localizzate nel comune di Torino e della prima cintura, oltre che ad Asti, Verbania, Ivrea, Pinerolo e Fossano. Alle Agenzie sociali possono rivolgersi i cittadini in emergenza abitativa e i proprietari di immobili per avere informazioni sui contratti del cosiddetto secondo canale della 431 che, come noto, comporta canoni calmierati per gli inquilini a fronte di vantaggi fiscali per i proprietari, ma che risulta ad oggi scarsamente praticato sia per una generale scarsa informazione in proposito sia per il timore dei proprietari rispetto alla solvibilità dei conduttori con redditi medio bassi o monoreddito. Di particolare interesse risulta la costituzione, grazie anche al costruttivo stimolo della Provincia di Torino, di un’Agenzia a livello metropolitano tra undici comuni dell’area, con il comune di Torino come capofila, con l’obiettivo di diffondere in rete il servizio, di utilizzare, potenziandole, le esperienze già presenti e di favorire economie di scala. Sperimentazione Social Housing Le “Linee guida per il social housing in Piemonte”15 sono state approvate ad integrazione del Programma casa: 10.000 alloggi entro il 2012. Gli interventi considerati nelle Linee guida sono suddivisi in due macro-tipologie per realizzare: 1. residenze temporanee, a loro volta articolate in alloggi individuali, residenze collettive e alloggi per l’inclusione sociale, quali microcomunità protette o pensioni/alberghi sociali; 2. alloggi individuali destinati alla locazione permanente; Le residenze temporanee possono offrire una prima risposta alla perdita di stabilità dovuta a cambiamenti sistemici quali le trasformazioni dell’organizzazione del lavoro, l’irrigidimento del mercato abitativo in locazione o le modificazioni dell’organizzazione familiare ovvero una risposta al mancato o precario inserimento nei contesti del lavoro e della famiglia, nonché alle situazioni di vulnerabilità causate da sovraccarico di cura. La loro principale caratteristica è costituita dalla necessità che il servizio abitativo sia integrato con servizi di accompagnamento sociale a pregnanza variabile in relazione alla marginalità considerata, fino alla 15 Del. Giunta Reg. n. 27-7346 del 5 novembre 2007 80 868_08 possibilità per il beneficiario di essere inserito in progetti personalizzati di inclusione sociale e ricostruzione della rete di coesione sociale. Gli alloggi individuali destinati alla locazione permanente costituiscono un’ulteriore possibile soluzione all’esigenza di trovare una sistemazione alloggiativa stabile, a canoni inferiori a quelli del libero mercato, con eventuale futura possibilità di riscatto per quei cittadini che pur avendo redditi superiori al limite di permanenza nell’edilizia sovvenzionata non riescono ad accedere al mercato della libera locazione o della proprietà. Rispetto agli interventi del Programma casa: 10.000 alloggi entro il 2012 questa tipologia si colloca come fascia cerniera con il libero mercato. E’ prevista una fase di sperimentazione funzionale alla definizione della metodologia da adottarsi per la selezione degli interventi a regime con particolare riferimento agli aspetti socio-economici. 6.3.3. Liguria: un Programma regionale per il social Housing Con l’approvazione del Documento di Programmazione economico – finanziaria la Regione Liguria per il triennio 2006 – 200816 individua, fra l’altro, gli indirizzi prioritari della politica economica organizzati in aree di intervento ed in obiettivi strategici, fra cui, in particolare l’Obiettivo Strategico 1.4 relativo all’utilizzo ordinario di strumenti di governance territoriale e rigenerazione urbana tesi a garantire, attraverso lo strumento dei programmi urbani complessi che consentono anche lo sviluppo di sinergie tra le risorse messe a disposizione dalla Regione e quelle di altri soggetti pubblici o privati, azioni di indirizzo e supporto finanziario agli enti locali per la promozione di interventi finalizzati alla riqualificazione delle aree urbane degradate al fine di garantire una maggiore vivibilità limitando l’insorgere di fenomeni di degrado sociale; e l’Obiettivo strategico 7.4 relativo all’incremento dell’offerta in affitto attraverso una precisa strategia che sia in grado di offrire una quota di alloggi a canoni moderati attraverso l’utilizzo di Programmi complessi. Da questi obiettivi scaturisce il Programma Regionale per il Social Housing, lanciato nel 200617, con cui la Regione Liguria invita le Amministrazioni comunali ad alta problematicità abitativa, da sole o in funzione del bacino di utenza di appartenenza, a definire in forma coerente e di medio periodo una politica della casa per il proprio territorio, presentando un "Programma Locale per il Social Housing", che individui una serie coordinata di interventi fattibili entro breve termine. 16 17 Del. Consiglio reg. n. 47 DEL 13 dicembre 2005 Del. Giunta Reg. n. 653 del 23 giugno 2006 81 868_08 All’atto dell’avvio del Programma gli stanziamenti previsti ammontano a € 4.800.000. Nell'ottica della rigenerazione urbana, gli interventi sono volti a incrementare e valorizzare il patrimonio di edilizia residenziale sociale da destinare alla locazione nel proprio territorio, in risposta al fabbisogno specifico effettivamente rilevato e/o stimato per ciascuna delle diverse tipologie di offerta sociale di casa e devono prevedere o il recupero edilizio/urbanistico dell'esistente, attraverso l'acquisto di immobili con o senza recupero edilizio oppure una nuova costruzione/nuova edificazione, mediante la sostituzione edilizia o la riqualificazione di aree dismesse o sotto utilizzate. Sono cofinanziati alloggi di edilizia residenziale pubblica, alloggi a canone moderato (canone di locazione non superiore al 75% di quello “concertato” ai sensi dell’art.2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998 n°431), nonché strutture alloggiative di natura temporanea, per soggetti aventi necessità abitative temporanee legate a contratti o rapporti di lavoro e/o formazione e studio o altre categorie individuate dal Comune in relazione alle specificità socioeconomiche del proprio territorio e centri per l’inclusione sociale sono generalmente rivolti al reinserimento abitativo di soggetti senza fissa dimora ovvero immigrati con lavori precari. Gli interventi e le azioni di rigenerazione urbana, da condursi preferibilmente promuovendo la partecipazione degli abitanti, sono finalizzati alla riqualificazione sociale, urbanistica ed edilizia dei quartieri di edilizia residenziale pubblica degradata e ad attualizzarne e incrementarne – anche con il concorso di investimenti privati-, la dotazione infrastrutturale e il recupero degli alloggi e delle volumetrie inutilizzate, sotto utilizzate o fonte di disagio e insicurezza prevedendo, al contempo, misure e interventi volti a favorire l’integrazione sociale e l’occupazione. I Comuni possono presentare il programma anche in forma congiunta, stipulando un ‘intesa che individui un' Amministrazione capofila come legittima presentatrice del programma. E possono inoltre assumere intese con l'Arte competente per territorio, al fine di convenire che l'attuazione e la titolarità degli interventi, o di parte di essi, competa all'Arte stessa. La partecipazione al programma è aperta anche ai privati, purché abbiano stipulato un'intesa con le amministrazioni. I Comuni, che aderiscono al Programma regionale per il Social Housing, e i soggetti che attuano gli interventi cofinanziati di canone moderato inseriti nei rispettivi Programmi locali, utilizzano una convenzione tipo regionale, 82 868_08 per determinare il regime di locazione degli alloggi realizzati, recuperati o acquisiti e la loro conseguente gestione e vincolistica. 6.3.4. Toscana: progetti innovativi Fin dal piano Casa 2003-200518, la Regione Toscana cerca di rispondere ai nuovi bisogni con una politica precisa che mira da accrescere l'offerta di alloggi in locazione a prezzi calmierati. Il piano utilizza la disponibilità finanziaria totale di oltre 300 milioni di euro, per circa un terzo per l’attivazione di nuovi progetti regionali, mentre il resto rappresenta il completamento di misure di accelerazione di progetti in essere all’epoca dell’avvio del programma. La Regione Toscana, alla luce delle nuove competenze regionali derivanti dalla modifica del Titolo V della Costituzione e della Riforma regionale in materia di edilizia residenziale pubblica, sta avviando una complessa revisione della normativa del settore in direzione di una più articolata politica sociale della casa capace di fornire risposte coerenti con le sempre più articolate componenti della domanda sociale (mobilità occupazionale, nuove povertà, anziani, immigrati, giovani coppie, studenti ecc.) che troverà i capisaldi e la definizione nello Statuto dell’edilizia sociale. I principali interventi previsti particolarmente innovativi sono: dal Piano Casa, alcuni dei quali 1. un bando regionale per affitti a costo intermedio rivolto ai comuni della Toscana. E' lo strumento che dà maggiore concretezza al concetto di politica sociale della casa. Interessa infatti fasce sociali notevoli escluse da ogni provvedimento perché collocate appena al di sopra delle soglie minime per l'accesso agli alloggi di edilizia sociale, eppure impossibilitate a muoversi nel libero mercato con i prezzi inaccessibili che propone. E' il caso di giovani coppie, single, immigrati, studenti ma anche di molte famiglie che hanno redditi medi. I 50 milioni di euro (frutto di risorse residue) a disposizione del programma sono destinati alla realizzazione di immobili in edilizia agevolata (cioè con contributo pubblico) da immettere sul mercato a "canone controllato" (con riduzioni rispetto al costo corrente). Gli interventi, in gran parte di riqualificazione o recupero privilegiano le aree dismesse e l’attuazione attraverso programmi integrati, ovvero interventi che possono contare su 18 Del. Consiglio reg. n. 51 del 26 maggio 2004 "Programma Regionale Edilizia Residenziale Pubblica 2003-2005" 83 868_08 più fonti finanziarie (pubbliche e private) e che considerano sia la presenza di funzioni diverse di appoggio alla residenza (spazi commerciali e residenziali), sia quella di opere di urbanizzazione, comprese aree verdi e spazi in cui vengono offerti servizi sociali quali un asilo nido o un centro anziani. 2. Il riutilizzo dei proventi derivanti dalla cessione e dalla gestione (canoni e alienazione) del patrimonio ERP (Edilizia Residenziale Pubblica) finalizzati allo sviluppo del settore. 3. La sperimentazione di forme diverse di gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica con la partecipazione dell'inquilino alla manutenzione dell'alloggio. Al fine di promuovere più alti livelli di partecipazione dell’utenza nella gestione del patrimonio ERP, di elevare gli standard qualitativi degli alloggi nonché di ridurre i tempi di inoccupazione di quelli destinati a nuovi assegnatari (cosiddetti alloggi di risulta),un fondo di 5 milioni consente ai legittimi assegnatari di provvedere direttamente alla ristrutturazione o al miglioramento dei servizi e degli impianti senza aspettare che lo faccia la proprietà. 4. L'autorecupero, una forma che vede la partecipazione sinergica di domanda e di offerta. Le finalità di tale azione sono molteplici e investono ambiti di intervento assai diversi tra loro (ad es. il lavoro e la formazione professionale). Tutte, comunque, sono riconducibili alla opportunità di incentivare l’apporto diretto della proprietà edilizia e dell’utenza nella costruzione di una politica della casa in grado di soddisfare le aspettative che compongono le cosiddette “nuove domande emergenti”. Immaginiamo che un ente (un comune, la chiesa, la locale Misericordia) abbia la disponibilità di un immobile dismesso e non sia in grado, autonomamente, di ristrutturarlo. In virtù del contributo regionale e dell'intervento del Comune interessato, il proprietario accetta di far attuare l'intervento di recupero ad una cooperativa di soggetti autoorganizzati che diviene locataria dell'immobile pagando però un canone ribassato. In sostanza si permette al futuro inquilino o meglio, alla cooperativa di inquilini, in accordo con la proprietà, di intervenire direttamente sull'immobile per ristrutturarlo e quindi per renderlo rapidamente abitabile. Si tratta di una operazione vantaggiosa sia per il proprietario, che può rendere utilizzabile un immobile altrimenti abbandonato, sia per gli affittuari, che possono garantirsi l'alloggio a prezzi ribassati. L'intervento regionale (per circa 15 milioni di euro) è finalizzato a sostenere sia il proprietario, negli interventi di recupero, sia le cooperative di affittuari. 5. L'acquisizione delle nude proprietà è una misura tesa a contribuire alla promozione di politiche di tutela e sostegno degli anziani (e di particolari 84 868_08 categorie sociali a questi assimilabili) e di salvaguardia della funzione residenziale dei centri/insediamenti storici, è facoltà dei Comuni acquisire la “nuda proprietà” di alloggi occupati dai legittimi proprietari da destinare nel medio-lungo periodo, ad estinzione di ogni diritto di usufrutto, alle finalità proprie dell’ERP. Un anziano ha la casa di proprietà, ma con la pensione fatica moltissimo a sbarcare il lunario. Il provvedimento regionale autorizza il Comune ad acquistare la nuda proprietà della casa: l'anziano può così utilizzare i proventi della vendita ma restare nell'abitazione per il resto dei suoi giorni con la garanzia di una vita dignitosa. Dopodiché l'immobile entra a far parte del patrimonio di edilizia pubblica. L'acquisto della nuda proprietà è vantaggioso sia per l'anziano (che può utilizzare subito il denaro ottenuto con la vendita) sia per la parte pubblica (che acquisisce patrimonio da destinare a Erp a costi più bassi). 6. Strumenti conoscitivi, ovvero un adeguato supporto tecnico che permetta di catalogare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica esistente e, nello stesso tempo, calcolare il reale fabbisogno. Lo scopo è quello di far incontrare domanda e offerta, un processo indispensabile perché il lavoro e gli sforzi in questo settore siano costruttivi. La Regione ha deciso recentemente di costruire, in accordo e di concerto con gli altri enti locali, un corpo normativo regionale che punti alla massima unitarietà e semplificazione (Statuto dell’edilizia sociale). Esso sarà composto da una legge quadro che sancisca i principi generali, le finalità, i soggetti istituzionali, gli strumenti e le modalità di reperimento delle risorse e da una serie di regolamenti che ne disciplinino l'attuazione. Lo statuto dovrà fare riferimento ai nuovi elementi fondativi della politica sociale della casa, alla programmazione regionale, all'attuazione del programma per quanto riguarda soggetti, modalità, regole, all'assegnazione, la gestione e la cessione degli alloggi pubblici. 6.3.5. Marche: programmazione e qualità Il Programma ERP 1996-1998 ha teso ad ottimizzare l’uso delle poche risorse disponibili ed ha quindi privilegiato nuove linee di intervento destinate alla locazione (a termine, con proprietà differita). Analogamente hanno agito i più recenti Piano di Edilizia Residenziale 2004-2005 e Piano di Edilizia Residenziale 2006-2008. Le risorse ancora disponibili per nuovi programmi provengono dalla vendita degli alloggi pubblici mediante piani di reinvestimento proposti dagli enti proprietari degli alloggi e da un'esigua quota dei canoni di locazione degli 85 868_08 alloggi pubblici; altre risorse provengono dalle economie dei precedenti programmi di edilizia agevolata per effetto del minor costo dei mutui edilizi. Il Piano Regionale di Edilizia Residenziale 2006-200819 è originato dalla legge regionale 16 dicembre 2005, n. 36, che ha definito in modo sistematico le strategie del settore, le categorie degli interventi, le funzioni degli enti locali, i beneficiari, i requisiti d’accesso; esso recepisce inoltre i contenuti della recente intesa di programma per lo sviluppo in ordine agli obiettivi di politica abitativa e di edilizia sostenibile. Le risorse stanziate nel triennio 2006-2008 sono pari a circa 100 milioni di euro. Le strategie privilegiano il sostegno alla locazione mediante incremento dell’offerta di abitazioni a canone sociale e moderato e mediante contributi alle famiglie per le quali il rapporto canone/reddito risulti particolarmente gravoso; le agevolazioni per l’accesso alla proprietà della prima casa mediante contributi "buoni casa" diretti a giovani coppie e l’istituzione di un fondo di garanzia per i mutui accesi da giovani coppie con contratti di lavoro precario o atipico. Particolare attenzione è posta all’incentivare un’elevata qualità del prodotto edilizio (nuovi alloggi ERP accessibili al 100%, parametri obbligatori di bioedilizia, sperimentazione di soluzioni di edifici autosufficienti energeticamente e forme organizzative nuove di autocostruzione in cooperative miste italiani - immigrati). Il piano regionale si attua attraverso: - Programmi provinciali (50,2 Mln) - Programmi di reinvestimenti ERAP/Comuni dei proventi delle dismissioni del patrimonio abitativo pubblico (32 Mln); - Programma di sperimentazione (2,6 Mln); - Fondo di sostegno alla locazione con contributi diretti alle famiglie (15 Mln). Approvato con Deliberazione Amministrativa del 5 giugno 2007, n. 55 pubblicato nel BURM n. 55 del 21 giugno 2007 e modificato con DACR del 17 marzo 2008, n. 87 pubblicato nel BURM n. 33 del 3 aprile 2008 19 86 868_08 I programmi provinciali si articoleranno in tre annualità secondo le risorse disponibili ed il grado di fattibilità degli interventi e dovranno attenersi alle linee guida regionali in materia di qualificazione del processo edilizio. Tutti gli interventi di nuova costruzione dovranno raggiungere un grado di sostenibilità edilizia (in termini di limitazione dei carichi ambientali e di consumo delle risorse) corrispondente ad un netto miglioramento delle prestazioni rispetto ai regolamenti vigenti ed alla pratica corrente; qualora la costruzione raggiunga un grado di sostenibilità maggiore sono previsti contributi aggiuntivi. Tutti i nuovi alloggi pubblici di edilizia sociale dovranno essere privi di barriere architettoniche sia all’esterno che all’interno. Fra le nuove linee di intervento l’erogazione di Buoni casa a giovani coppie, di contributi per interventi sperimentali in autocostruzione, la creazione di un fondo di garanzia mutui. Le risorse del fondo di sostegno alla locazione sono utilizzate anche per incentivare la costituzione di agenzie comunali per la locazione. 6.4. I bilanci regionali e l’investimento sul tema “casa” Il graduale decentramento delle competenze dello Stato iniziato nel 1990 attraverso la riforma della Legge 142/90, e proseguito con le Leggi Bassanini, ha portato con sè una trasformazione del sistema finanziario passando prima per un sistema di finanza decentrata e arrivando ad un sistema di finanza autonoma. Il Bilancio annuale regionale rappresenta dunque il momento in cui le linee della programmazione incontrano inevitabilmente la necessità della fattibilità finanziaria: alla primaria funzione di documento contabile, pertanto, si accosta quella politica; esso, infatti, é utile per vedere quali temi i Governi Locali intendano privilegiare. Per questo motivo si è scelta l’analisi dei bilanci per l’anno 2008, quale mezzo per mettere in luce le politiche abitative delle singole regioni e delle province autonome. D’altra parte è facile, in questo modo, fare un confronto diretto fra il livello di spesa statale per la casa (che negli ultimi anni si attesta intorno a 5 euro/procapite, rappresentati per la maggior parte dal Fondo affitti ex art. 11 L. 431/98) 87 868_08 La lettura dei bilanci è stata effettuata partendo dall’evidenziazione della spesa di competenza20 nelle unità di previsione di bilancio che sono state inserite sotto le ‘funzioni obiettivo/capitoli’ dell’edilizia residenziale e politiche per la casa. Quello che si nota dalla lettura è il minore importo nelle spese correnti (ossia spese riferite al funzionamento dei pubblici servizi) rispetto alle spese in conto capitale (ossia quelle che individuano tutte quelle spese che incidono direttamente o indirettamente sulla formazione del capitale della Regione). Queste ultime costituiscono il comparto all’interno del quale sono collocati contabilmente gli investimenti che la Regione sovvenziona nel corso dell'esercizio finanziario annuale. Da notare tuttavia che alcuni bilanci inseriscono in questa categoria di spese anche spese che non in modo diretto intervengono a incrementare il patrimonio dell’ente ma che comunque intervengono all’aumento o il miglioramento dello stock abitativo anche di proprietà privata, ad esempio i contributi per l’acquisto, il recupero, o il risanamento della prima casa o dell’abitazione principale. Le Regioni difficilmente hanno la possibilità di finanziare la propria attività, facendo leva solo sulle proprie risorse, e se a questa carenza si unisce una riduzione dei trasferimenti dallo Stato, ben si comprende come mai molte voci di bilancio siano collegate alla richiesta di mutui e/o agli strumenti di finanza innovativa. A favorire questo comportamento senza dubbio è intervenuta la riduzione dei tassi di interesse, che ha favorito il miglioramento della spesa complessiva della Pubblica Amministrazione riducendone gli oneri finanziari e consentendo la razionalizzazione delle politiche di spesa per investimento. Tra gli strumenti di finanza regionale senza dubbio rientrano i fondi immobiliari etici. Attraverso questi fondi gli investitori privati si propongono di realizzare progetti di Housing sociale. In Italia siamo ancora alla sperimentazione iniziale di queste realtà, anche se a incoraggiare i privati nel seguire questa strada di investimento ci sono le esperienze europee già avviate che hanno mostrato negli anni buoni tassi di crescita, mentre gli enti pubblici dal canto loro non sottovalutano questa opportunità, come mezzo per affrontare la scarsità di liquidità. 20 Le “competenze” ricordiamo rappresentano le spese che l’ente si è impegnato ad erogare durante l’esercizio finanziario, indipendentemente dal fatto che verranno in esso effettivamente riscosse o pagate. 88 868_08 Questo processo è definibile come costruzione privata di housing sociale, tuttavia il ruolo del Pubblico non è marginale. Questo viene chiamato a entrare in gioco in diversi momenti del progetto dai primi momenti di creazione dei presupposti per la formazione del fondo, alla fine dell’intervento. Il ruolo dell’ente pubblico sia esso Regione o Comune risulta determinante nella fase iniziale: è infatti necessario ed indispensabile per il reperimento delle aree su cui è possibile realizzare gli interventi, fino all’aiuto economico diretto attraverso l’elargizione di fondi o indiretto attraverso l’intervento sulla diminuzione delle imposte. Anche le politiche nazionali si stanno muovendo in questa direzione dando sempre più peso all’ingresso dei privati nell’affrontare l’emergenza abitativa attraverso l’ideazione di forme di partenariato pubblico/privato (cfr. decreto legge 159/2007 di accompagnamento alla finanziaria 2008 e Piano casa art 11, DL 112/2008). Oltre che la forma di finanziamento della spesa, dall’analisi dei bilanci è possibile evidenziare la categoria delle voci che fanno riferimento al tema della ‘Casa’. Le unità di previsioni di bilancio che vengono classificate sotto tale categoria sono sostanzialmente raggruppate sotto tre macro livelli: - Edilizia Residenziale Sociale (ERP,Convenzionata, Sovvenzionata); - Programmi di recupero Urbano (contratti di quartiere e di riqualificazione urbana, recupero centri storici); - Edilizia residenziale privata e sostegno alla persona; (come si può vedere nella tavola sinottica 46) L’articolazione in queste categorie e nelle sottovoci mostra come le amministrazioni pubbliche siano sempre più coscienti che un tema come quello della casa non possa essere unicamente legato alla costruzione e ristrutturazione del patrimonio immobiliare ma come questo sia connesso ad una serie di variabili che passano anche attraverso la qualità della vita a livello urbano e di quartiere, la differenziazione della soluzione proposta (differenti tipi di locazione, attenzione a categorie speciali, ecc.) e che necessitano di fondi per la ricerca e per l’innovazione. La tabella 46 riunisce in una stessa voce le spese che le regioni collocano sotto il tema casa, e quindi si sconta una certa disomogeneità: infatti per alcune Regioni l’importo destinato alla casa potrebbe risultare più alto se aggiungessimo le voci che sono inserite sotto ulteriori categorie. Un esempio ce lo dà l’Emilia Romagna, l’unica regione ad aver inserito il tema 89 868_08 del risparmio energetico per la casa all’interno della funzione obiettivo dell’edilizia residenziale, mentre quasi tutte le altre regioni hanno dedicato un capitolo specifico al risparmio energetico; la stessa problematica si ripresenta per le politiche relative alle sovvenzioni e agli aiuti per il sostegno economico alle famiglie o rivolte a categorie speciali (vedi ad esempio gli studenti, che il Molise inserisce nel capitoli casa e non educazione, scuola, università come molte altre regioni fanno). La nostra scelta, tuttavia, consente di cogliere quello che le regioni stesse vedono come proprie politiche per la casa in modo diretto e quindi ci dà un’idea del diverso atteggiamento che esse assumono rispetto a questo tema. L’ultima nota va fatta sul peso dell’investimento nel settore casa rispetto alla spesa totale delle regioni. Quello che si nota è che non si presenta una vera e propria distribuzione di tipo nord/sud, e non è vero che le Regioni più ricche investono di più sulla casa. l peso dell’investimento di competenza per l’anno 2008 per la casa sul totale del bilancio regionale si aggira su valori inferiori al 1% per almeno due terzi delle regioni italiane, con picchi che non superano il 3% fatta eccezione per la provincia autonoma di Bolzano. Incrociando la lettura dei temi del capitolo di bilancio sulla casa con questa classifica delle spese di competenza si nota che le regioni che investono di più come Basilicata, Calabria, e Trentino Alto Adige concentrano i loro stanziamenti prevalentemente sull’aumento e il rinnovo del patrimonio immobiliare e sui programmi di riqualificazione a livello urbano. Casa e ambiente urbano Collegata con il tema della “casa”, si nota anche un’attenzione ai finanziamenti per la creazione di servizi e ai piani di recupero urbano. Questa tendenza è il linea con quanto accade negli altri paesi europei. Questi temi introducono la questione della qualità che sempre di più accompagna l’edilizia residenziale sia pubblica che privata. L’ambiente in cui si vive diventa sempre più di prioritaria importanza. La parola ambiente viene intesa nella duplice accezione di ambiente urbano, quindi contesto (del quale abbiamo detto) ma anche di ambiente nel senso più 90 868_08 ‘naturalistico’, quindi con un’attenzione alla promozione di programmi e interventi legati al risparmio energetico e all’uso di energia rinnovabile. Sebbene come sopra detto solo l’Emilia Romagna stanzia i fondi per queste politiche ambientali legate alla casa nel capitolo Casa del bilancio regionale, non significa che questo tema non sia presente nelle politiche delle altre regioni, infatti, quasi tutte le regioni hanno nelle previsioni di spesa uno stanziamento dedicato alla casa/risparmio energetico posto nel capitolo appositamente dedicato alle politiche ambientali. Riguardo gli interventi promossi dalle Regioni si vede che tutte le Regioni hanno attivato iniziative nel campo delle fonti energetiche rinnovabili seguendo due principali linee di intervento in attuazione dei decreti del Ministero dell’Ambiente emanati a partire dal 2000 e legate ai programmi “Tetti fotovoltaici” e “Solare termico”. A questi interventi si accompagnano una serie di proposte a marchio regionale: le Regioni promuovono iniziative autonome attraverso Delibere Regionali, spesso in attuazione dei Piani Energetici Regionali, i quali valutano le potenzialità, dell’impatto e i benefici ambientali nonché gli investimenti necessari. Riassumendo si possono iscrivere gli interventi in tema ambientale promossi dalle Regioni che coinvolgono la sfera dell’abitare e l’edificio in modo diretto in tre categorie: - incentivo all’utilizzo di sistemi a tecnologia avanzata con lo scopo di diminuire le emissioni e risparmiare energia ( es. sostituzione vecchie Caldaie); - incentivi all’utilizzo di sistemi che utilizzino fonti rinnovabili (impianti fotovoltaici, solare) anche al fine di produrre energia per auto-consumo e non (ossia finalizzata all’immissione sul mercato); - incentivi per la manutenzione ordinaria e straordinaria che impieghi materiali, sistemi e tecnologie innovativi nel settore energetico (nuova coibentazione, sostituzione infissi, etc.) Alcune Regioni si distinguono per accompagnare gli incentivi e i finanziamenti ad una campagna di sensibilizzazione cittadini, all’educazione ambientale, tra questi possiamo segnalare la campagna sul consumo delle caldaie della regione Emilia Romagna e il progetto “la casa intelligente”della Provincia Autonoma di Trento, un programma on-line che segue la tipologia del test per auto-verificare in modo semplice e rapido i 91 868_08 consumi e gli sprechi all'interno dell’abitazione e alcuni sistemi di calcolo dei consumi di energia. 6.5. Linee di intervento comuni e proposte innovative Nonostante la scarsità di risorse proprie da destinare alla casa, proprio fra le Regioni che hanno minori disponibilità si nota come si stiano avviando politiche sperimentali ed innovative. Buone pratiche che meritano una diffusione al di fuori dei confini regionali, al fine di alimentare gli spunti a disposizione delle Regioni in ritardo. Proprio fra queste sperimentazioni si possono individuare delle linee di intervento comune: la priorità riservata all’affitto, l’attenzione alle soluzioni per dare casa ai giovani, la sperimentazione di nuovi modelli di produzione della casa (autocostruzione, autorecupero), la promozione di agenzie per l’affitto come modalità di coinvolgimento dei proprietari privati nell’aumento dell’offerta in locazione, l’attenzione alla qualità abitativa ( fornitura di servizi, risparmio energetico). Nuova è anche l’attenzione riservata alla categoria del disagio estremo, cui si rivolgono soluzioni abitative temporanee integrate alle politiche di sostegno sociale (vedi Lombardia). Tutte queste buone pratiche necessiterebbero però di essere inscritte in un piano strategico comune, troppo spesso ancora mancante, fatta eccezione per alcune regioni d’eccellenza. Le Regioni tendono a programmare gli interventi in modo poco organico, l’opportunità di avere una visione di insieme di quello che accade sarebbe un buon punto di partenza per l’analisi dell’efficacia dei sistemi attuati e per migliorarne la sinergia quando necessario. In tutto questo giocano un ruolo chiave gli Osservatori Casa, come strumento di ricerca e valutazione, oltre che di comunicazione tra le varie Regioni al fine di far veicolare le idee. Sulla questione Osservatorio Casa alcune Regioni stanno investendo e lo considerano uno strumento imprescindibile delle loro politiche (Piemonte, Lombardia, Marche, Emilia Romagna), ma purtroppo molte regioni ancora non si sono mosse o si limitano ad enunciazioni di principio. Per quanto riguarda la questione del reperimento delle aree, alcune regioni si sono mosse nell’ambito della revisione della normativa urbanistica. 92 868_08 Gli impianti di alcune leggi urbanistiche regionali prevedono, nell’ambito del processo attuativo del piano, che quote di superfici (aree o immobili) vengano destinate all’edilizia residenziale sociale. È il caso della LUR Veneto 11/2004, articolo 39, LUR Lombardia 12/2005, articolo 11, comma 5, ed anche, del disegno di legge per la modifica della LUR Emilia Romagna 20/2000 (il 20% della volumetria complessiva dei nuovi insediamenti residenziali è destinato ad alloggi di edilizia residenziale sociale) e della recente legge 12/2008 della Regione Puglia. Su questo tema, va ricordato che durante la scorsa legislatura sono state presentate diverse proposte di legge di riforma della normativa urbanistica a livello nazionale che affrontavano tra l'altro (anche se non in modo chiaro ed esaustivo) il tema della casa come diritto, riconoscendo il diritto all’abitazione come diritto di cittadinanza, e proponevano che l'alloggio sociale (definito come previsto dall’art. 5 della legge 9/2007 e dal relativo DM attuativo del 22 aprile 2008) potesse rientrare negli standard urbanistici come standard aggiuntivo nei nuovi insediamenti di espansione. Relativamente alla perequazione urbanistica, e alle modalità di attuazione delle cessioni delle aree a standard e competenze di gestione del processo di costruzione dell’edilizia sociale, la normativa nazionale proposta non suggerisce alcun meccanismo di compensazione legata, ad esempio, a soglie minime o massime di quote edificatorie destinate all’abitazione pubblica all’interno dei programmi di espansione o di trasformazione urbana. Il Piano casa previsto all’art 11 del DL 112/2008 (convertito in legge 133/2008) introduce invece: a) il trasferimento di diritti edificatori in favore dei promotori degli interventi di incremento del pa-trimonio abitativo; b) incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi, spazi pubblici e di miglioramento della qualità urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444”. I provvedimenti attuativi previsti dovranno chiarire il rapporto fra queste indicazioni e la normativa urbanistica regionale. 93 868_08 Tab. 45 - Limiti di accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica nelle regioni italiane (aggiornamento 12/2006) Regione Abruzzo Basilicata Calabria Campania Friuli Venezia Giulia Lazio Marche Molise Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Trentino Alto Adige - Bolzano Umbria Valle d’Aosta Veneto Limiti di reddito normativi accesso edilizia sociale Limiti di reddito accesso es Per famiglia tipo [1] Reddito medio regionale Per famiglia tipo [2] % scarto Pil ai prezzi di mercato per abitante [3] 22.616,00 12.435,01 12.394,97 11.977,39 20.000,00 13.298,00 13.343,00 12.883,26 24.645,00 13.000,00 11.465,00 12.807,13 13.700,00 15.000,00 12.452,00 12.794,00 32.178,86 17.925,47 17.869,42 17.284,81 25.000,00 19.133,66 19.196,66 18.553,02 38.871,60 18.716,46 16.567,46 18.446,44 26.083,44 21.516,46 14.929,00 18.428,06 25.133,00 23.596,00 21.132,00 22.835,00 29.594,00 28.493,00 28.955,00 26.805,00 27.785,00 22.868,00 26.519,00 21.907,00 31.781,00 27.968,00 29.189,00 29.122,00 - 28% 24% 15% 24% 16% 33% 34% 31% - 40% 18% 38% 16% 18% 23% 49% 37% 19.621,00 16.884,90 15.648,50 15.491,70 26.783,40 29.397,50 24.154,00 17.541,70 26.332,60 15.918,70 19.367,50 16.027,20 31.691,60 22.829,50 31.941,60 27.830,60 NB: sono escluse dall’elenco le regioni che calcolano il reddito limite di accesso all’edilizia pubblica attraverso il reddito convenzionale espresso tramite valore ISEE e ICEF. [1] [2] [3] composta da tre componenti, reddito da lavoro dipendente di un solo componente e due a carico. Esclusi i fitti imputati, fonte principale di reddito, lavoro dipendente (fonte: dati ISTAT “Conti economici regionali, periodo di riferimento: anni 2000-2005”, diffuso il 23.1.2007, anno considerato 2005. Fonte: dati ISTAT “Conti economici regionali, Periodo di riferimento: anni 2000-2005”, diffuso il: 23.1. 2007, anno considerato 2005 Fonte: elaborazione Federcasa sui provvedimenti regional 94 868_08 Abruzzo Basilicata Calabria Emilia Romagna Lazio Liguria Lombardia Molise Puglia Sicilia Trentino AA - Bolzano Trentino AA - Trento Valle d'Aosta Veneto X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Aiuti difficoltà mutui Contributi acquisto, recupero della prima casa/ bit i Aiuti agli assegnatari ERP Spese per il personale e per la programma zione Abbattimen to barriere Architettoni che Finanziamen to costruzione servizi accessori e Ricerca settore edilizia/ Osservatorio Casa Recupero centri storici Contratti di quartiere/ Programma riqualificazio ne urbana Cofinanzia menti sostegno alla locazione L. 431/98 t Altri Fondi nazionali Principali voci di finanziamento per categorie di interventi nei bilanci regionali 2008 Contributi nuova costruzione edilizia residenziale EPR/Conven Programma 20.000 alloggi in affitto Tab. 46 - Tavola sinottica delle principali voci di finanziamento per categorie di interventi nei bilanci regionali 2008 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Nota: le regioni Campania, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria non sono state inserite in quanto le voci di bilancio sono elaborate in modo sintetico e non contengono informazioni di dettaglio sulla destinazione dei fondi. Fonte: elaborazione Federcasa sulle Leggi di Bilancio regionali 95 868_08 Tab. 47 - Incidenza della spesa per la casa sui Bilanci di previsione 2008 delle Regioni Regione Calabria Trentino Alto Adige-Bolzano Basilicata Toscana Lazio Trentino Alto Adige- Trento Umbria Emilia Romagna Piemonte Campania Liguria Sicilia Friuli Venezia - Giulia Sardegna Molise Veneto Lombardia Abruzzo Valle d’Aosta Puglia Marche Tot. Spesa per la casa Tot. Bilancio 460.759.601 180.200.000 152.897.414 400.278.890 491.432.349 80.194.963 29.994.018 328.069.277 158.137.831 132.353.261 58.841.375 155.187.000 66.731.326 46.151.000 10.410.640 82.471.727 103.641.133 11.200.000 3.590.692 33.805.305 7.005.113 13.277.522.384 5.365.500.000 5.136.628.298 15.924.561.030 28.525.178.225 6.124.000.000 2.298.274.799 25.962.562.700 17.970.751.856 17.473.723.792 8.987.231.911 24.875.250.000 10.742.723.414 7.757.208.000 2.563.436.752 20.329.848.056 35.147.927.404 7.066.881.670 2.402.000.000 31.764.424.191 10.149.570.242 % spesa su bilancio Tot. 3,47% 3,36% 2,98% 2,51% 1,72% 1,31% 1,31% 1,26% 0,88% 0,76% 0,65% 0,62% 0,62% 0,59% 0,41% 0,41% 0,29% 0,16% 0,15% 0,11% 0,07% Fonte: elaborazione Federcasa sulle Leggi di Bilancio regionali 96 868_08 Tab. 48 - Spesa procapite delle Regioni per il tema casa nei Bilanci di previsione 2008 Regione Trentino Alto Adige Bolzano Basilicata Calabria Trentino Alto Adige Trento Toscana Lazio Emilia Romagna* Friuli Venezia - Giulia Liguria Piemonte Umbria Molise Sicilia Valle d’Aosta Sardegna Campania Veneto Lombardia Abruzzo Puglia Marche * valore medio Spesa competenza tema casa €/pro capite 370 259 231 158 110 89 78 55 37 36 34 33 31 29 28 23 17 11 9 8 5 Fonte: elaborazione Federcasa sulle Leggi di Bilancio regionali 97 868_08 Tab. 49 - Spesa procapite delle Regioni nei Bilanci di previsione 2008 Regione Valle d’Aosta Trentino Alto Adige Trento Trentino Alto Adige Bolzano Friuli Venezia - Giulia Basilicata Molise Puglia Calabria* Marche Emilia Romagna Liguria Abruzzo Lazio Sicilia Sardegna Toscana Veneto Piemonte Lombardia Campania Umbria * valore medio spesa competenza €/pro capite 19.245 12.078 11.002 8.859 8.686 8.009 7.805 6.645 6.607 6.148 5.589 5.395 5.193 4.958 4.675 4.377 4.259 4.129 3.682 3.018 2.633 Fonte: elaborazione Federcasa sulle Leggi di Bilancio regionali 98 868_08 Fig. 6 - Visualizzazione della spesa procapite per la casa delle Regioni - Bilancio 2008 99 868_08 7. IL VENTAGLIO DELLE ESPERIENZE LOCALI 7.1. Politiche per incrementare l’offerta in affitto Poste quotidianamente davanti alla drammaticità del problema casa, le amministrazioni locali mentre sono impegnate a far fronte alle emergenze, tentano anche di dare risposte innovative che contribuiscano a trattare le cause di un problema che appare sempre più grave. Il tratto comune delle iniziative innovative in fase di sperimentazione da parte degli enti locali, è costituito senza dubbio dal tentativo di creare un’offerta di alloggi in locazione a canone moderato o sostenibile (cioè significativamente più basso di quello di mercato), per quei ceti mediobassi tagliati fuori dalla possibilità di accedere all’edilizia sociale e che non sono in grado di sostenere i costi locativi del libero mercato né di imbarcarsi nell’acquisto di una abitazione. Se il fine è sostanzialmente comune, si evidenziano tuttavia almeno tre diverse linee di azione per perseguirlo, linee che possono essere anche in parte compresenti nell’azione della stessa amministrazione: - la prima è finalizzata ad introdurre all’interno dei processi di trasformazione urbana una quota di nuovo volume edificabile vincolata all’affitto e concordata con gli operatori economici in fase di negoziazione urbanistica; - la seconda mira a creare una riserva di aree pubbliche edificabili da destinare alla locazione, su cui far convergere investimenti pubblici e soprattutto privati, incentivati questi ultimi dall’abbattimento dei costi legati all’area; - la terza consiste nell’azione diretta di società immobiliari partecipate dall’amministrazione comunale, che pur muovendosi sul mercato come un normale operatore economico (e quindi acquisendo, trasformando e vendendo), perseguono anche finalità sociali ed operano in particolare nel settore dell’housing mirando a creare nuova offerta in affitto accessibile. Il primo approccio è ben rappresentato dal nuovo Piano strutturale di Firenze, che prevede l'obbligo per chi realizza interventi di edilizia 100 868_08 residenziale (nuove edificazioni o recuperi con demolizione e ricostruzione) di dimensione superiore a 2.000 mq di destinare almeno il 20% della superficie utile ad alloggi per l'affitto convenzionato. I prezzi dovranno essere del 20% inferiori a quelli stabiliti dai patti stipulati in sede locale da organizzazioni dei proprietari e degli inquilini. Tale norma ha applicazione immediata, anche in questa fase transitoria in cui il nuovo regolamento urbanistico deve essere ancora approvato. Nella fase a regime si prevede che la piena ottemperanza alla norma avvenga esclusivamente con l’affitto permanente. In alternativa, l’operatore può scegliere: - di limitare il periodo di affitto a 12 anni ed in questo caso dovrà versare al Comune una somma che consenta di attivare altrove altrettanti affitti temporanei per 18 anni (periodo residuale rispetto ai trent’anni di normale ammortamento di un investimento immobiliare), mediante un sovvenzionamento proporzionale a quello fissato dal governo per i “Ventimila alloggi in affitto” (25% del costo di costruzione); - oppure di non realizzare la corrispondente volumetria ed in questo caso sarà tenuto al versamento al Comune di una somma che consenta di attivare la costruzione altrove di altrettante case in affitto, mediante un sovvenzionamento pari a quello fissato dal governo per i “Ventimila alloggi in affitto” (45% del costo di costruzione). Dopo Firenze, anche il Comune di Bologna con il suo Piano Strutturale approvato in via definitiva nel luglio del 2008, ha introdotto la regola che prevede che in tutti i quartieri di nuova espansione residenziale realizzati su aree private, il 20% debba essere adibito ad edilizia sociale. Un altro caso assimilabile al primo approccio è rappresentato dal metodo adottato dal Comune di Torino attraverso la variante n. 37 al Piano Regolatore della città, approvata il 25 marzo del 2002. Essa, all’interno delle norme urbanistico - edilizie di attuazione del PRG, stabilisce che per quanto riguarda gli interventi di completamento, ristrutturazione urbanistica o nuovo impianto, che superano i 4.000 mq di superficie lorda complessiva (SLP) e che ricadono in zone urbane storico-ambientali o consolidate residenziali miste, nell’ambito dell'attuazione delle zone di trasformazione, una quota pari al 10 % della S.L.P. residenziale deve essere destinata all’edilizia convenzionata. La SLP residenziale di riferimento è quella effettiva al netto di una franchigia che è pari alla differenza fra 4.000 mq e la SLP non residenziale totale 101 868_08 prevista. Su tale quota la città può esercitare al momento dell'approvazione della Convenzione Urbanistica il diritto di acquisto. Qualora la città non eserciti tale diritto o lo eserciti in parte, gli interventi di cui sopra dovranno essere accompagnati da una convenzione o da atto unilaterale d'obbligo, da parte dei proprietari che assumono l'impegno, anche per i loro aventi causa, a dare in locazione, ai sensi dell'art. 32 legge 457/78 la quota di S.L.P. da destinare ad edilizia convenzionata per la quale la Città non si è avvalsa dell'opzione all'acquisto, a soggetti appartenenti a categorie indicate dalla Città stessa. Il Comune si riserva di valutare eventuali proposte di localizzazione delle suddette quantità di S.L.P. all'esterno dell'area di intervento. Tale proposta dovrà riguardare alloggi le cui caratteristiche siano conformi a quanto previsto dalle convenzioni di recepimento della normativa in materia di edilizia agevolata-convenzionata, siano essi nuovi o ristrutturati in modo da garantire uno stato conservativo equiparabile al nuovo, con interventi di recupero e adeguamento impiantistico documentabili. In tal caso la proposta dovrà comunque essere approvata dal Consiglio Comunale contestualmente all'approvazione della Convenzione.” Riguardo la Variante le disposizioni normative successive hanno precisato che quel 10% di edilizia convenzionata è da destinarsi nella sua totalità alla destinazione residenziale, sia in risposta alla crescente domanda abitativa ma anche alla esigenza di garantire un modello abitativo improntato sulla mixitè sociale. Il secondo approccio, quello centrato sulla messa a disposizione di aree pubbliche per realizzare nuova edilizia abitativa in affitto, è invece al centro delle politiche abitative promosse dall’amministrazione comunale milanese. Anche a Milano gli interventi di trasformazione urbana attuati negli ultimi anni (si pensi alle tante aree industriali dismesse riconvertite ad usi residenziali) non hanno creato offerta accessibile per le famiglie a basso reddito. Per rispondere a tale fabbisogno (stimato in 19.000 alloggi), il Comune di Milano ha utilizzato una recente legge regionale (la n. 8 del 2005, cosiddetta “legge Borghini”) che dà la possibilità ai comuni lombardi ad emergenza abitativa di utilizzare, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, le aree a standard per realizzare nuova edilizia residenziale pubblica. In applicazione di tale legge l’amministrazione comunale con la delibera promossa dall’assessore Verga (maggio 2005), ha individuato ben 46 aree 102 868_08 di proprietà pubblica in cui realizzare edilizia residenziale pubblica nell’arco di 4-5 anni. Si tratta di circa 1,2 milioni di metri quadrati su cui potranno essere realizzate tre diverse tipologie di intervento: - edilizia residenziale a canone sociale - edilizia a canone moderato/convenzionato/speciale - edilizia residenziale universitaria. Un primo pacchetto riguarda 4 aree comunali da destinare all’edilizia sociale: con risorse della Regione Lombardia e del Comune su circa 60.000 mq si conta di realizzare circa 750 alloggi generando una capacità insediativa di circa 2.250 abitanti. La scelta di queste aree, oltre ad essere ispirata dai criteri generali, ha anche tenuto conto della vicinanza dalla linee di forza del trasporto pubblico e di un’adeguata dotazione di servizi di zona. La loro trasformazione avverrà sulla base di un progetto architettonico che è stato selezionato mediante un concorso internazionale di progettazione (che tra l’altro ha registrato un notevole successo di partecipazione). Per le rimanenti aree si prevede la realizzazione di edilizia a canone sociale e moderato. Gli interventi potranno essere attuati direttamente dal Comune stesso, avvalendosi eventualmente dell’Aler o di altri soggetti pubblici o privati individuati mediante attraverso procedura ad evidenza pubblica. In particolare la delibera prevede che qualora gli interventi vengano realizzati con risorse pubbliche la totalità degli alloggi sia destinata al canone sociale e moderato. Nel caso in cui, invece, le risorse siano tutte private il 60% degli alloggi possa essere venduto come prima casa destinando il restante 40% all’affitto comprendendo canone sociale e moderato. Peraltro su 4 di queste 37 aree è già stato attivato un secondo concorso di internazionale di progettazione e si prevede di realizzare circa 470 alloggi mediante risorse interamente stanziate dal Comune di Milano. La terza linea di lavoro è quella relativa all’azione diretta di società immobiliari partecipate dall’amministrazione comunale, che operano anche nel settore dell’housing mirando a creare nuova offerta in affitto accessibile. A questo proposito, un caso interessante è quello relativo a “La Immobiliare Veneziana” (Ive) una s.r.l partecipata al 97% dal Comune di Venezia, che 103 868_08 negli ultimi dieci anni ha allargato la propria mission: non più semplice contenitore di immobili acquisiti dal Comune, ma soggetto che gestisce il patrimonio e acquisisce con mezzi propri aree e immobili che urbanizza, restaura, fraziona, affitta o rivende a soggetti di varia natura. L’Ive interviene in molti ambiti (recupero e rifunzionalizzazione di aree industriali dismesse, realizzazione dei terminal sulla laguna, gestione di servizi immobiliari), ed anche nella trasformazione di aree a destinazione residenziale da cedere a particolari categorie di utenti. In quest’ambito la società è impegnata in operazioni di costruzione di alloggi a Mestre da ceder al Comune che le metterà in affitto a canone sostenibile. Inoltre Ive ha acquistato alloggi dell’ex San Paolo Imi per i quali gli inquilini non avevano esercitato diritto di prelazione, evitando così loro il rischio di sfratto. Le risorse finanziarie necessarie per tali operazioni possono derivare, a seconda dei casi, dal proprio patrimonio, dalla compartecipazione di soggetti privati, dal finanziamento pubblico, da altre forme di finanziamento. 104 868_08 7.2. La finanza etica per la casa A fronte di una sostanziale erosione delle risorse pubbliche destinate alla questione della casa (i pochi finanziamenti sono in gran parte assorbiti dal Fondo sociale per l’affitto che tuttavia è stato progressivamente ridimensionato), la sperimentazione in questo ambito ruota essenzialmente intorno al problema di creare le condizioni di base per realizzare una nuova offerta residenziale a basso costo ma che assicuri rendimenti minimi tali da interessare investimenti privati. Nuove iniziative di un certo interesse sono state avviate grazie all’impegno di soggetti quali le fondazioni bancarie. In particolare si segnalano per interesse due iniziative promosse rispettivamente dalla Fondazione Cariplo e dalla Associazioni Industriali di Bologna. In entrambi i casi si tratta in sostanza dell’ipotesi di costituire, previa una intesa con l’ente locale, un fondo immobiliare con finalità legate alla creazione di alloggi in locazione a costi contenuti per fasce medio-basse che, pur avendo disponibilità finanziarie contenute, non presentano rischi di morosità. Per quanto riguarda la Fondazione Cariplo, la società continua a dedicare negli anni notevoli sforzi oltre che investimenti economici al settore dell’housing sociale. Nel giugno 2004, in compartecipazione con la Regione Lombardia e l’ANCI Lombardia, ha costituito la Fondazione Housing Sociale (FHS) allo scopo di lavorare su progetti di incremento all’accesso alla casa delle persone svantaggiate attraverso la realizzazione di nuove residenze su terreni ottenuti a condizioni agevolate, gestiti da operatori del non profit. Gli alloggi realizzati vengono concessi in locazione a canoni calmierati alle categorie di soggetti in condizioni di difficoltà (famiglie di nuova costituzione o monoreddito, studenti, anziani, immigrati e altri soggetti a rischio di esclusione). L’FHS ha inoltre istituito il Fondo Abitare Sociale 1, il primo fondo immobiliare dedicato a interventi di edilizia sociale, il cui regolamento è stato approvato dalla Banca d’Italia. Essendo un fondo etico offre rendimenti ridotti, ed è quindi riservato a investitori qualificati. Fino ad oggi il fondo ha operato unicamente sul territorio della Regione Lombardia. A breve, grazie ad una modifica dello statuto e ad una capitalizzazione di dieci milioni di euro la fondazione supererà i confini operativi regionali e sarà autorizzata a lavorare su progetti in tutta Italia. Per quanto riguarda il caso bolognese l’operazione è legata specificamente all’obiettivo di rendere più attraente Bologna come sede di 105 868_08 lavoro per i giovani, nel caso lombardo si tratta principalmente di un obiettivo sociale. A Bologna in questi anni da molte parti si è sottolineato il rischio di un progressivo impoverimento delle risorse umane della città. Rischio reale, riconducibile sia ad un tasso di senilizzazione tra i più elevati in Italia, che alle dinamiche di un mercato immobiliare che non solo spinge le coppie giovani a scegliere la residenza nei comuni periferici della cintura metropolitana, ma che disincentiva anche le migliaia di neo-laureati fuori sede delle facoltà bolognesi a rimanere a lavorare e vivere a Bologna. Tale riflessione riguarda, più in generale, il pericolo di un allentamento della tradizionale attenzione al lavoro e al “fare impresa”, più che comprensibile in una città caratterizzata da ricchezza diffusa, dove più della metà della popolazione si compone di ultrasessantacinquenni e di studenti universitari. In sostanza il problema del caro-affitti rischia di diventare “un tappo” non solo per la tenuta della coesione sociale, ma anche per lo sviluppo economico di Bologna. Da ciò la necessità di politiche tese a migliorare una delle vocazioni più distintive di questa città, l’accoglienza, a cominciare dalla casa, per avversare il processo di impoverimento di risorse umane e il conseguente scadimento della competitività della realtà urbana. Per tali ragioni l’Associazione industriali bolognese ha deciso di impegnarsi direttamente su questo fronte facendosi promotrice di uno studio/proposta per la costituzione di un fondo immobiliare etico ad apporti. Lo studio, che ipotizza come risultato la realizzazione di circa 500 nuovi alloggi (con un taglio medio di 70 mq), prevede il conferimento dei terreni da parte del Comune di Bologna e di un conferimento in liquidità da parte di investitori istituzionali per il controvalore necessario a costruire gli alloggi (circa 46 milioni di euro). L’apporto dei terreni da parte del Comune, che viene remunerato al termine dell’operazione attraverso le quote corrispondenti al valore di mercato, consentirebbe di praticare un canone moderato di 400 euro al mese, con un rendimento lordo del capitale investito di 5,1% annuo, corrispondente ad un rendimento finale, quindi al netto delle spese di gestione, dell'ordine del 3%. Gli utenti dovranno essere selezionati tenendo conto del reddito, dell’età e dal tipo di lavoro svolto. Lo studio prevede una durata contrattuale di quattro anni con possibilità di rinnovo per soli altri quattro, al termine dei quali l’alloggio ritorna al libero mercato o viene riaffittato ad un nuovo 106 868_08 utente. Si suppone che nel frattempo siano maturate le condizioni per una stabilizzazione lavorativa e per un radicamento nella città dell’inquilino tali da consentirgli il passaggio ad altro tipo di sistemazione abitativa. 7.3. Buone pratiche locali Qui di seguito vengono presentati i casi studio relativi ad alcune buone pratiche locali. Tra le numerose iniziative realizzate in risposta alla domanda di casa, sono state individuate le esperienze che si caratterizzano e si distinguono per l’innovazione degli strumenti utilizzati, la durata nel tempo dell’operazione, il positivo impatto dei risultati ottenuti. A) Il Villaggio Barona a Milano: un intervento di riqualificazione urbana integrato Il Villaggio Barona è uno dei principali interventi di housing sociale nella periferia di Milano, rilevante per la sua concezione di centro di assistenza integrato, che affianca soluzioni abitative e commerciali ad attività di servizio alla persona. Sorge in un’area della periferia sud-ovest di Milano, ampia circa 45.000 mq, situata tra le vie Svevo, Ponti, Cassoni e Zumbini e dismessa da attività industriali e artigianali. La realizzazione del villaggio costituisce un intervento di riqualificazione urbana dal carattere innovativo e che presenta diversi elementi distintivi in tema di rete di collaborazione tra enti pubblici, soggetti privati e operanti nel privato sociale. La partecipazione di 1000 volontari per la maggior parte residenti nel quartiere stesso ha, fra l’altro, permesso di porre al centro della vita del quartiere una serie di realtà e di situazioni sociali in passato poste ai margini. Il progetto nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Attilio e Teresa Cassoni, proprietaria dell’area di intervento, e la Parrocchia dei Santi Nazaro e Celso che si è avvalsa anche del supporto dell’Associazione di volontariato Sviluppo e Promozione. Altri soggetti coinvolti nell’intervento sono stati la Cooperativa La Cordata, gestore del pensionato, e l’Ospedale S.Paolo di Milano per la gestione del Centro Psicosociale. Per quanto riguarda la progettazione dell’intervento essa è stata affidata al 107 868_08 Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano che ne ha curato anche la fase realizzativa. In base al piano regolatore del 1976, l’area era vincolata a standard e solo grazie ad un innovativo trattamento tecnico è stato possibile includere nell’intervento le case e le attività commerciali che ricoprono una funzione sociale, poiché sono state incluse nelle funzioni di servizio per la comunità insediata. Per poter ottenere la destinazione a “servizi collettivi di interesse comunale”, la Fondazione Cassoni ha stipulato una convenzione con il Comune di Milano nella quale si è impegnata, tra l’altro, all’asservimento perpetuo dell’area ad uso di interesse pubblico. Scopo dell’intervento è stato quello di integrare funzioni di interesse pubblico e risposte ai bisogni diffusi nella comunità locale, individuando interventi sociali rivolti a categorie svantaggiate. Lo spazio fisico è stato organizzato in modo da favorire l’incontro tra gruppi sociali differenti per divenire luogo della contaminazione tra linguaggi diversi. Il progetto è suddiviso in quattro lotti di intervento caratterizzati da diverse funzioni: la residenza sociale, le attività commerciali, il pensionato sociale integrato, i servizi alla persona e il verde pubblico. Nello specifico, l’intervento è consistito nella realizzazione di: - 78 alloggi di edilizia sociale in locazione a canone calmierato e agevolato con annessi spazi per il commercio e l’artigianato (primo lotto) - 4 comunità alloggio per ragazze madri, disabili intellettivi, anziani e malati terminali da 250 mq ciascuna (primo lotto) - il pensionato sociale integrato 110 posti letto per studenti, lavoratori e soggetti deboli segnalati dai servizi sociali (secondo lotto) - strutture di servizio rivolte a famiglie in difficoltà con bambini in età prescolare, o per gli anziani del quartiere (terzo lotto) - un centro di animazione e promozione culturale (terzo lotto) - un giardino attrezzato di uso pubblico su una superficie complessiva di 22.000 mq (quarto lotto) La realizzazione del Villaggio è partita nell’ottobre 2001. Il primo lotto comprendente le abitazioni di edilizia sociale e le comunità alloggio è stato completato nel dicembre 2003, mentre il pensionato integrato del secondo 108 868_08 lotto è stato terminato nel settembre del 2005. Il terzo lotto con i servizi è stato terminato nel 2008. Mentre è ancora in fase di completamento il parco che andrà a costituire il cuore del Villaggio e il luogo di connessione tra le sue diverse parti e le strutture dei servizi alla persona. I diversi progetti hanno potuto usufruire di finanziamenti ed agevolazioni. Oltre alla Fondazione Cassoni, contributi importanti sono stati elargiti dalla Fondazione Cariplo e dalla Banca Popolare di Milano. Altri sostenitori del progetto sono stati Mediaset, Mondadori, Cattolica Assicurazioni, la società Borio Mangiarotti (società costruttrice), la Società La Ligure e la Fondazione Icare. Per quanto riguarda le residenze sociali si tratta di alloggi in locazione inseriti nel mercato per un 15% a canoni “molto sociali”, dunque in prima fascia, così da accogliere situazioni di grave disagio abitativo e per un 85% a “canone concordato” ovvero in seconda fascia, per facilitare l’accesso alla casa in un sistema simile a quello del mercato. Il pensionato sociale, gestito dalla Cooperativa La Cordata, è invece stato suddiviso in base alla permanenza delle utenze: dei 5 nuclei, 3 sono stati destinati alle permanenze lunghe (mensili o annuali) mentre i restanti 2 nuclei sono stati adibiti ad ostello e foresteria, con un tempo di permanenza previsto di due/tre giorni. Il Villaggio Barona ha rappresentato una sfida impegnativa per le realtà del terzo settore coinvolte e ha assunto una forte connotazione sperimentale e innovativa in virtù del fatto di essere innanzitutto uno dei primi interventi promossi, realizzati e gestiti da un proprietario privato “sociale”. Ulteriore importante fattore innovativo e determinante per la concretizzazione del progetto è stata la definizione della nuova procedura di attuazione urbanistica che ha consentito di realizzare, grazie alla forma dell’asservimento perpetuo all’uso pubblico, un intervento integrato dal punto di vista funzionale su un’area destinata dal piano a servizi collettivi. 109 868_08 Fig. 7 – Planimetria del Villaggio Barona – Fonte: www.villaggiobarona.it Fig. 8 – Vista dell’area di intervento - Fonte: www.villaggiobarona.it 110 868_08 B) Inserimento abitativo degli stranieri nel quartiere Stadera di Milano Il Programma di riqualificazione urbana del quartiere Stadera è un’interessante esperienza di nuova gestione del patrimonio pubblico da parte del comune attraverso la cooptazione del terzo settore, in particolare della cooperativa Dar-Casa, in un progetto sperimentale di recupero e ristrutturazione di abitazioni pubbliche e di successiva assegnazione a famiglie immigrate. L’intervento rappresenta il primo su scala così grande nella storia della città; come abbiamo visto, in passato l'ente pubblico si rivolgeva al privato sociale per la gestione di singoli appartamenti, mai per un intero edificio, e senza che fosse previsto in modo organico anche un'attività di accompagnamento sociale. L’esperienza, iniziata nel 2000 ha visto coinvolto come principale soggetto di riferimento Dar-Casa, una cooperativa di abitazione che si propone di cercare alloggi a basso costo da affittare ai lavoratori italiani e stranieri che non possono sostenere un canone di mercato. Alla cooperativa è stato assegnato uno degli edifici del blocco delle quattro corti di Stadera che sono state ristrutturate e quasi integralmente assegnate alla popolazione immigrata. Si trattava di persone iscritte da anni alla cooperativa, con rilevanti problemi di inserimento abitativo. L’inserimento della popolazione immigrata è stato possibile grazie alla sensibilità di vari attori, istituzionali e non, ed ha avuto un carattere assolutamente sperimentale in quanto mai prima era stato realizzato un intervento di tale portata, consistente in 51 alloggi dati a famiglie immigrate, per un totale di più di 150 persone, con la realizzazione parallela di un programma di mediazione territoriale a sostegno dell'inserimento abitativo. Stadera è un quartiere di edilizia popolare situato alla periferia sud di Milano nel quale la quasi totalità delle case (90%) appartiene all'ALER (ex IACP). Dalla anni ’90 la presenza di immigrati di diversa provenienza ha registrato un continuo incremento. Gli alloggi sono in situazione di degrado e abbandono e c’è una forte presenza di occupazioni illegali. La logica del programma era intervenire in modo complessivo sul quartiere, riqualificando il patrimonio di edilizia residenziale, aumentando la disponibilità di alloggi e la dotazione di servizi, mettendo in campo un circolo virtuoso volto a sostenerne lo sviluppo, ma anche ridurre il livello di tensione sociale, cercando di inserire nel quartiere nuovi abitanti che modificassero la forte concentrazione di problematiche sociali e potessero 111 868_08 svolgere un ruolo positivo e di rinnovamento rispetto alla situazione nel quartiere. Questa operazione è stata fatta sottraendo alcuni degli alloggi all’edilizia residenziale pubblica ed assegnandoli fuori bando a operatori del privato sociale che, lavorando nel campo del disagio abitativo, potessero contribuire alla gestione del processo. Attraverso l'intervento dell'operatore privato si perseguiva anche lo scopo di ridurre i tempi e i costi della ristrutturazione, rimettendo in tempi brevi sul mercato un buon numero di alloggi popolari. Nel luglio del 2001 viene firmata la Convenzione trilaterale tra Regione, Aler e Agenzia Lombarda riguardante l’edificio delle Quattro Corti, un blocco comprendente quattro edifici e ben 200 appartamenti, e che prevedeva che: - la ristrutturazione delle Quattro Corti, fosse svolta per metà dall’Aler e per metà da un operatore privato, indicato dall’Agenzia Lombarda per l'Affitto; - la ristrutturazione delle abitazione fosse svolta da Dar casa e dalla cooperativa La Famiglia, come operatori identificati dall’Agenzia; - le case ristrutturate fossero assegnate al di fuori dei bandi ordinari per l’edilizia residenziale pubblica; - le cooperative ottenessero la gestione degli alloggi ristrutturati in comodato gratuito per 25 anni; - gli alloggi fossero affittati al canone concordato ex L. 431/98, superiore a quello per l'assegnazione degli alloggi ERP, ma inferiore a quello di mercato. Per quanto riguarda le categorie di utenza ammesse alla locazione, l'intento è stato quello di rompere il carattere monoclasse del quartiere, inserendo, attraverso l'operatore privato, soggetti che presentassero situazioni di disagio meno forti rispetto alla media. In questo senso l'inserimento di famiglie immigrate è stato definito come elemento positivo di riqualificazione del quartiere, anche grazie alla mediazione di Dar casa. I lavori di ristrutturazione sono iniziati nel marzo del 2002 e le assegnazioni si sono interamente concluse nella primavera del 2005. La ristrutturazione è stata effettuata accorpando gli alloggi più piccoli per ottenere bilocali e trilocali di circa 60 mq., in modo che fossero idonei ad ospitare anche nuclei familiari. Al termine della ristrutturazione sono stati resi disponibili 48 112 868_08 appartamenti per ogni edificio; e alle due cooperative è stata lasciata libertà nell'assegnazione degli alloggi, pur nel rispetto dei criteri previsti dalla Convenzione. Per quanto riguarda i criteri di assegnazione degli alloggi, Dar casa ha attinto al bacino dei propri soci, utilizzando come criterio per l'assegnazione quello dell'anzianità di iscrizione alla cooperativa, con una sola eccezione: l’inserimento di alcuni iscritti di nazionalità italiana, per evitare una eccessiva concentrazione di popolazione straniera e fenomeni di ghettizzazione. L'assegnazione finale degli alloggi ha fatto sì che i 2/3 fossero assegnati a famiglie straniere e gli alloggi rimanenti a famiglie italiane. Sono stati così inseriti 31 nuclei di famiglie straniere, per un totale di circa 90 persone e con una la presenza di 18 nazionalità diverse. La cooperativa La Famiglia, invece, segue una modalità differente di assegnazione, con la raccolta di domande in collaborazione con il comitato di quartiere, il sindacato degli inquilini della zona, la parrocchia, le cooperative consorziate. Realizza quindi interviste volte a verificare l'esistenza dei seguenti requisiti: - lo stato di disagio abitativo; - la presenza di un reddito che consentisse comunque di sostenere il canone di cui alla L. 431/98 (vedi sopra). Il risultato è stato l'inserimento di 31 nuclei familiari italiani, in gran parte provenienti dal quartiere, e 17 stranieri, per un totale di 43 persone. L'Aler infine ha assegnato i suoi alloggi attraverso apposito bando e, cercando di intervenire sulla situazione delle famiglie del quartiere, ha dato assoluta priorità a coloro che risiedono nel quartiere. L’assegnazione a famiglie immigrate è stata in questo caso minoritaria (tre nuclei familiari). Successivamente all'assegnazione degli alloggi, Dar-Casa si è impegnata, a realizzare, con le proprie risorse, un programma di accompagnamento delle famiglie inserite, per garantire assistenza in caso di problemi con la manutenzione dell'alloggio, il pagamento puntuale del canone, il rispetto di rapporti di buon vicinato. Nel progetto è stato incluso un programma di mediazione territoriale svolto prima dell’inserimento abitativo, per preparare il quartiere all'arrivo delle 51 famiglie immigrate e limitare i rischi di scontro o di rigetto. L’intervento, finanziato dai Servizi Sociali del Comune di Milano, Settore Stranieri, è stato affidato ad ABCittà, cooperativa sociale esperta di progettazione partecipata. 113 868_08 L’operazione di ristrutturazione, invece, è stata finanziata dalle cooperative attraverso canali differenti, con costo notevole, circa 2 milioni di euro per ciascuna; per Dar-Casa si è trattato dell’intervento più costoso svolto dalla sua costituzione. Grazie ad un generoso contributo della Fondazione Cariplo (circa un milione di euro) le due cooperative riescono a coprire circa 1/3 dell'intervento. La restante parte è stata reperita attingendo in parte al prestito sociale, in parte accendendo un mutuo bancario. Fig. 9 - Foto aerea del quartiere Stadera - Fonte: www.alersistemamilano.it Fig. 10 - Il quartiere Stadera – Fonte: www.darcasa.org 114 868_08 C) L’Agenzia per la Locazione dell’Acer di Rimini L’esperienza dell’Azienda Casa Emilia-Romagna (ACER) della Provincia di Rimini appare interessante come esempio di servizio pubblico efficiente che risponde alla domanda abitativa con strumenti innovativi, lavorando sulla creazione di reti territoriali e aprendo la propria attività alle nuove forme di disagio abitativo. La storia dell’ACER di Rimini comincia nell’agosto del 2001, quando l'Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Rimini viene trasformato con la Legge Regionale sull'Edilizia Residenziale Pubblica in un ente pubblico economico. La titolarità dell’ACER viene conferita alla Provincia di Rimini (a cui compete il 20% del valore patrimoniale netto dell’ACER) e ai Comuni (che si dividono la quota restante, in proporzione al numero dei loro abitanti). Accanto alla mission principale, ossia quella di costruire e gestire alloggi pubblici finalizzati alla locazione permanente, l’ACER ha attivato all’inizio del 2002, grazie ad un finanziamento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, un’Agenzia per la locazione con l’obiettivo di soddisfare le esigenze abitative delle famiglie in stato di disagio, così come previsto dalla legge regionale. Infatti, in seguito alla trasformazione dello IACP in Azienda Casa Emilia Romagna, il legislatore regionale ha reso possibile lo svolgimento di attività rivolte anche alla gestione di patrimoni immobiliari pubblici e privati ed in particolare alla costituzione di Agenzie per la locazione tese a favorire la mobilità nel mercato degli affitti attraverso il reperimento di alloggi sul mercato privato, atti a soddisfare le esigenze abitative delle famiglie in stato di emergenza. L'Agenzia ha il compito di trovare gli alloggi e assegnarli in affitto ai destinatari, facendo da intermediario e garantendo direttamente nei confronti dei proprietari i pagamenti e il rispetto degli accordi contrattuali. Tale modalità operativa ha come obiettivo quello di calmierare i prezzi delle locazioni, particolarmente elevati in una realtà come quella riminese, facendo inoltre emergere una fetta del sommerso esistente nel mercato degli affitti. In questi primi tre anni di attività l’Agenzia è riuscita a contenere i canoni di circa il 20%. Di recente all’Agenzia per la Locazione è stata affiancata l’Agenzia Affitto Garantito che autonomamente ma con lo stesso metodo dell’esistente, offre i propri servizi sul mercato dell’affitto privato, al di fuori dell’emergenza 115 868_08 abitativa, con l’intento di favorire il ricorso ai canoni concertati ed una maggiore trasparenza e regolarità nel mercato della locazione. L’attività dell’Agenzia per la Locazione è svolta in nome e per conto dei Comuni e degli Enti Pubblici della provincia di Rimini (Comuni convenzionati, Provincia, Organizzazioni Sindacali, Università, Associazioni degli Imprenditori, Associazioni dei Proprietari Immobiliari). In questo contesto, l'ACER di Rimini ha stipulato tre convenzioni per soddisfare diverse tipologie di domanda sociale, con la possibilità di rispondere, accanto alle forme più gravi di disagio abitativo, anche ad un’utenza solvibile, ma ugualmente vulnerabile, come quella immigrata che, nonostante sia in grado di pagare un canone di mercato non riesce spesso ad accedervi per questioni di carattere puramente discriminatorio. Le tre convenzioni stipulate dall'ACER riguardano: - le famiglie in stato di disagio abitativo, con il coinvolgimento dei Comuni della provincia; - i lavoratori immigrati, con il coinvolgimento della Provincia e delle Associazioni di categoria; - gli studenti universitari fuori sede, con la partecipazione del Comune di Rimini e dell'Università di Bologna - Polo Riminese. L'assegnazione degli alloggi avviene secondo i criteri e le graduatorie stabilite dall'Ente convenzionato di riferimento (Amministrazioni pubbliche, Associazioni di categoria, Università di Rimini). Bisogna considerare inoltre che l'Agenzia per la Locazione si impegna con i proprietari che decidono di affittare le proprie abitazioni a curare la riscossione dei canoni dai locatari e corrisponderli direttamente ai proprietari; ad occuparsi della manutenzione ordinaria degli immobili; ad attivare le azioni, anche legali, relative ad eventuali inadempienze di chi ha preso in sublocazione l'appartamento e infine a restituire l'appartamento alla data convenuta nelle stesse condizioni di consegna. Il contratto a canone libero è ancora decisamente predominante (circa due terzi del totale). Tuttavia, l’Agenzia si pone lo scopo di promuovere la crescita del contratto a canone concertato poiché permette un maggiore calmieramento dei canoni d'affitto, mentre offre ai proprietari alcune importanti agevolazioni. Infatti, per chi affitta l'alloggio stipulando un contratto a canone concertato è previsto che: 116 868_08 - il reddito imponibile, ai fini fiscali, venga ridotto del 40,5% (per esempio: canone annuo di 7.000 euro - 40,5% = 4.165 euro di reddito imponibile dell'alloggio locato); - l'ICI venga ridotta al 2 per mille dall’attuale 7 per mille; - la registrazione del contratto ottenga uno sconto del 30%. Nel mese di settembre del 2002, l’ACER ha siglato un accordo con la Provincia di Rimini, le Associazioni degli Imprenditori, le Associazioni dei Proprietari Immobiliari e le Organizzazioni Sindacali. L’accordo nasce dall'esigenza sempre più sentita dalle aziende riminesi di reperire manodopera, soprattutto straniera, e di garantire ad essa soluzioni abitative idonee alle proprie esigenze, e prevede per i firmatari obblighi differenti: - l'ACER ha il compito di reperire gli alloggi sul mercato, stipulare i contratti di affitto con i proprietari e a sua volta subaffittarli ai lavoratori; inoltre, si impegna a curare la riscossione dei canoni dagli affittuari e corrisponderli ai proprietari e ad attivare le azioni, anche legali, relative ad eventuali inadempienze dei proprietari o di chi ha preso in affitto l'appartamento; - la Provincia si impegna a corrispondere all'ACER un corrispettivo per il servizio reso, pari a 1.063 euro per alloggio all'anno; - le associazioni degli imprenditori si impegnano ad accordarsi con le aziende associate per ripartire le spese per le provvigioni di mediazione e a fare azione di promozione verso gli associati affinché, per tutta la durata del rapporto di lavoro, le aziende si facciano carico di garantire il pagamento dei canoni di affitto per evitare le problematiche legate agli sfratti e alla morosità; - le associazioni dei proprietari degli immobili si impegnano a compiere un monitoraggio periodico presso i propri associati per accertare la disponibilità di appartamenti da rendere disponibili a questo scopo a canoni equi; - le organizzazioni sindacali assistono i lavoratori che richiedono alloggi o che hanno in subaffitto un appartamento e hanno l'obbligo di vigilare sulla correttezza nei rapporti tra datori di lavoro, lavoratori e proprietari. Nei primi tre anni di attività l’Agenzia per la Locazione ha reperito sul mercato privato e, successivamente sublocato 133 alloggi di varia 117 868_08 dimensione per 465 persone. 71 alloggi, pari al 53,4% sono stati destinati ad immigrati. Per la restante parte si tratta di studenti fuori sede e di famiglie in stato di disagio abitativo. Fra i 295 inquilini stranieri sono rappresentate ben 21 nazionalità. Inoltre, vi sono 43 nuovi appartamenti già disponibili e pronti per essere assegnati nei prossimi mesi. Fig. 11 - Il logo dell’Agenzia per la locazione di Rimini - Fonte: www.acerimini.it 118 868_08 D) “Un tetto per tutti”: un progetto di autocostruzione in Umbria Il progetto “Un tetto per tutti” propone un possibile modello di intervento per risolvere il problema del disagio abitativo praticando un’edilizia sociale di qualità attraverso l’utilizzo della pratica dell’autocostruzione. Per realizzarlo nel 2001 è stata fondata la cooperativa sociale Alisei che come braccio operativo del progetto riunisce nella sua compagine architetti, esperti di immigrazione, psicologi, mediatori e amministratori. La scelta di incentivare l’autocostruzione nasce dalla consapevolezza che per molti immigrati il problema della casa non è legato al reddito, ma alla scarsa capacità di patrimonializzazione. L’autocostruzione consiste nel fatto che a costruire sono gli stessi futuri proprietari, impegnati a prestare la loro opera manuale per un numero prestabilito di ore fino al completamento del progetto. L’attività edile è naturalmente diretta e controllata da professionisti e da organismi di consulenza cui è affidata la soluzione di tutti i problemi legali e burocratici legati alle pratiche edilizie. I progetti adottati presentano tecniche semplici e materiali a costi non troppo elevati, ma di qualità, per edificare nuovi quartieri sollecitando la costituzione di cooperative dei futuri proprietari. In questa maniera si riesce ad abbattere i costi di costruzione sino al 70%. Condizioni necessarie per la riuscita del progetto, oltre che la buona volontà degli autocostruttori e la presenza delle professionalità necessarie, sono il coinvolgimento degli enti locali, ed in particolare del comune, sia per la concessione a prezzo calmierato di terreni adibiti all’edilizia popolare (PEEP), che per le concessioni edilizie e infine per fornire le garanzie di pagamento alle banche che concedono i mutui. L’iter di realizzazione è stato avviato nella primavera del 2001, quando la Alisei Coop ha presentato il progetto alla Regione Umbria e agli assessorati competenti delle amministrazioni comunali di Perugia, Terni e Marsciano. Una volta vinte le resistenze degli uffici tecnici, nell’aprile 2001 la regione Umbria, i comuni di Perugia, Terni e Marciano, Alisei Coop. e Gepafin (finanziaria regionale) hanno firmato un Protocollo d’intesa. Oltre ai comuni, impegnati a mettere a disposizione i terreni edificabili, anche la Regione Umbria ha assunto compiti di promozione, sostegno dell’intervento sperimentale e monitoraggio. Nello specifico ha assegnato un finanziamento iniziale di 62.000 euro alla cooperativa Alisei Coop per l’avvio dei progetti e ha dato mandato alla finanziaria Gepafin di fare da intermediaria e da garante con gli istituti bancari per l’accesso ai finanziamenti e per la copertura delle spese. 119 868_08 Le domande di partecipazione al bando sono state superiori alle attese: 150 a Marsciano, più di 60 sia a Terni che a Perugia. In particolare, si è ricevuto un numero di domande da parte di cittadini italiani superiore alle aspettative. Una Commissione di selezione, formata da alcuni rappresentanti della Alisei Coop e delle istituzioni coinvolte, ha esaminato le domande e verificato il possesso dei requisiti richiesti. Uno dei criteri utilizzati è stato quello della varietà di nazionalità dei richiedenti, al fine di costituire un gruppo con caratteristiche di mutietnicità. Nell’arco di sette mesi sono stati selezionati e preparati i primi 51 autocostruttori, per più della metà di nazionalità straniera. La Alisei Coop ha poi organizzato incontri allo scopo di illustrare la tecnica dell’autocostruzione e le fasi del progetto. Durante gli incontri, con l’ausilio di psicologi, sono state indagate le motivazioni dei partecipanti. Tra il 2001 e il 2002 si sono formate, con l’assistenza della Alisei Coop, la cooperativa Quarantottomani a Terni e la cooperativa Casatua a Marsciano e infine la cooperativa Arna Insieme a Perugia. Una volta costituite, le tre cooperative edilizie hanno presentato ai Comuni la domanda di concessione dei terreni e hanno avviato la fase di progettazione che si struttura come un processo partecipato che ha coinvolto i soci autocostruttori e gli architetti di Alisei. Si è progettato tenendo conto di fattori e vincoli imprescindibili come la volumetria disponibile, il numero di case da edificare, la loro disposizione sul terreno, i materiali da impiegare; è stato mantenuto inoltre uno dei principi fondamentali dell’autocostruzione, che è quello secondo il quale tutte le cellule abitative sono standardizzate, ossia perfettamente uguali tra loro. Il progetto finale è composto da villette a schiera di 100 mq, con tre camere da letto, una cucina, un soggiorno, due bagni con garage e giardino. In attesa dell’approvazione del progetto per il rilascio del permesso di costruire da parte delle autorità competenti, i tecnici di Alisei hanno definito il prezzo delle abitazioni, dato dalla somma di materiali, attrezzature, assistenza tecnica e costo del terreno, risultato pari a circa 70.000/75.000 euro per unità abitativa e hanno individuato, con la collaborazione della Gepafin, le banche cui sottoporre il piano finanziario. La richiesta di finanziamento, proveniente dalle tre cooperative, è stata accolta a Perugia dalla Banca dell’Umbria, a Marsciano dalla Banca Popolare di Todi, a Terni dalla Cassa di risparmio di Terni e di Narni. Una volta esercitati, da parte delle banche, i necessari controlli sulla situazione economica dei singoli soci (già effettuata dalla Cooperativa Alisei in fase di selezione), le banche hanno disposto un prefinanziamento, per far partire il cantiere. 120 868_08 Terminati i lavori, le abitazioni sono state sorteggiate e attribuite agli autocostruttori con il vincolo di vietata alienazione per almeno cinque anni. Solo una volta ricevute le case, quest’ultimi hanno iniziato a pagare i mutui a loro assegnati, che proprio a causa del ridotto costo a loro carico saranno verosimilmente molto contenuti. In ogni caso ciascun autocostruttore ha avuto la possibilità di scegliere la formula di mutuo più conveniente, da pagare al massimo in 20 anni. Il progetto ha avuto un successo che è andato oltre le più rosee aspettative: sono in via di completamento 51 abitazioni nei tre cantieri umbri. In tempi molto brevi le prime 48 famiglie entreranno in possesso dei propri alloggi. A seguito di questa prima esperienza sono stati aperti altri cantieri: a Perugia (per 46 unità abitative), in diverse località nella provincia di Ravenna per un totale di 50 abitazioni, a Cesena per 20 unità abitative, in provincia di Milano per 56 abitazioni, in provincia di Padova per 16 unità abitative. Per il prossimo futuro la Cooperativa Alisei è già impegnata nella promozione di una legge nazionale sull’autocostruzione associata. L’obiettivo è principalmente quello di trasferire la buona pratica e di evitarne usi distorti o scorretti. Nella legge dovrebbe essere sancito che l’autocostruzione è una pratica che va incentivata, anche economicamente, all’interno dei Piani Regolatori Regionali; che gli autocostruttori non anticipano niente, ma pagano solo un mutuo a casa finita; che non c’è sovvenzione diretta da parte dell’ente pubblico. Ma tuttavia è necessario il supporto dell’ente pubblico per l’individuazione delle aree edificabili, per avere la concessione edilizia, per dare garanzie alle banche per il finanziamento. 121 868_08 Figg. 12 e 12 – Interventi di autocostruzione in Umbria Fonte: www.autocostruzione.net 122 868_08 E) Il co-housing: l’esperienza dell’Urban Village Bovisa 01 Il modello abitativo del Cohousing – letteralmente co-abitazione- è nato in Danimarca nel 1972, grazie ad un’esperienza portata avanti da ventisette famiglie di Copenhagen, che si è poi diffusa in diversi stati del Nord Europa, negli USA e in Australia. Favorendo la condivisione degli spazi e delle spese di gestione da parte di più individui o famiglie, può rappresentare una risposta efficace ai nuovi bisogni della società postindustriale che sente l’esigenza di rinforzare i legami sociali e di perseguire stili di relazione funzionali ad una sana convivenza tra le persone, anche attraverso la realizzazione di nuove forme abitative. La pratica si rende preziosa nelle condizioni in cui i bisogni sociali siano pressanti - anziani, disabili, ma anche minori - poiché il sostegno reciproco e vicendevole che la comunità può scambiarsi migliora notevolmente la qualità di vita e di relazione. La possibilità, inoltre, di condividere con altri cohousers i costi di molti servizi consente un abbattimento delle spese individuali e un notevole vantaggio economico per i singoli nuclei familiari. Il co-housing è un modello di piccola comunità, essenzialmente urbana, caratterizzato da livelli di condivisione diversi a seconda dei casi. Di solito vede riuniti dai 10 ai 40 nuclei familiari, ognuno dei quali possiede una propria abitazione, ma condivide con altri membri gli spazi comuni, che vanno a costituire il centro propulsore delle comunità e che in genere costituiscono intorno al 20% del totale costruito. Oltre agli spazi abitativi, talvolta gli abitanti della comunità scelgono di mettere in comune anche alcuni servizi e la gestione economica della struttura. Per quanto riguarda spazi e attività comuni, molto spesso gli abitanti in cohousing hanno una cucina-sala da pranzo dove si ritrovano per cenare almeno alcune sere a settimana, una lavanderia, uno spazio per il riciclaggio e un grande ripostiglio-magazzino. In altri casi si hanno in comune un salotto, un angolo bar o una biblioteca, oppure stanze per gli ospiti o uno spazio autogestito dagli adolescenti o dai bambini. Talvolta anche più semplicemente gli abitanti scelgono di condividere una stanza per guardare la televisione o fare musica. Nel caso di grandi aree a disposizione, e quando l’edificio lo permette, viene predisposta anche un’area attrezzata comune all’aperto. L’Urban Village Bovisa 01 è uno dei più grandi insediamenti in cohousing d’Italia che include residenze e spazi in condivisione. Si trova a Milano in via Dodandoni 12 nell’area industriale dismessa di Bovisa, nei pressi della sede 123 868_08 del Politecnico e a ridosso della nuova sede dell’Accademia di Brera, in un’area già a destinazione residenziale. Il progetto, avviato nel 2005 e attualmente in fase di realizzazione, consiste in trentadue unità abitative, di differenti tagli e schemi tipologici, disposte attorno ad un’ampia corte di 400 mq, dotate di garage e giardino, 700 mq di spazi comuni e una piscina con solarium. Le consegne delle nuove case sono previste per il mese di giugno del 2009. Già ventisei famiglie hanno aderito al progetto e acquistato le loro abitazioni, entrando così a far parte della più grande comunità residenziale mai formata in Italia. Principalmente sono giovani coppie, giovani famiglie, ma anche alcuni membri della terza età. La comunità da subito ha iniziato a riunirsi per stilare la “carta costituzionale” dell’Urban Village e definire le caratteristiche e le sistemazioni dei loro spazi comuni, nonché le forme di governo della comunità nascente. Inoltre, in maniera collettiva e partecipata, sono stati progettati gli spazi condivisi previsti nell’intervento: il living condominiale, la lavanderia, la sala hobby, l’area della piscina e l’ampio giardino. In Italia, ad oggi, all’attivo risultano sei progetti di cohousing alcuni già in dirittura d’arrivo. La società che in Italia gestisce la loro realizzazione è la Cohousing Ventures, il cui compito è innanzitutto quello di reperire, attraverso un gruppo di professionisti, le aree più adatte al tipo di coabitazione. Alla società spetta inoltre il compito di verificare la fattibilità del progetto, assistere le famiglie nella costruzione della nuova comunità, attivare sistemi per la ricerca dei coresidenti, fornire consulenze legali e infine gestire i rapporti con le imprese di costruzione. La maggior parte dei progetti di co-housing nasce dalla volontà di un gruppo di amici o conoscenti che decidono di intraprendere un processo che li porterà alla realizzazione di una vera e propria comunità. In altri casi è invece la società di accompagnamento che si occupa della formazione dei gruppi di coresidenti. Questa attività richiede un tempo vario che, generalmente, va dai sei ai nove mesi, nel quale si cerca di mettere assieme soggetti che abbiano la stessa idea di condivisione che non si limita solo alla spartizione degli spazi comuni ma si spinge alla scelta delle soluzioni progettuali e tecnologiche per le proprie abitazioni e soprattutto ad un modo comune di concepire la vita che parte proprio dalla dimensione quotidiana. Il buon esito di queste operazioni si esplica innanzitutto in un abbattimento dei costi fissi poiché uso e proprietà sono ripartiti su più persone. Inoltre la 124 868_08 convivenza tra più generazioni e gli scambi di vicinato possono indurre una riduzione di alcuni cosiddetti “costi sociali” legati alla cura e all’assistenza. Figg. 14 e 15 - Il Progetto per l’Urban Village Bovisa 01 Fonte: http://urbanvillagebovisa.googlepages.com 125 868_08 F) ITEA TRENTO: Coresidenza nuova tipologia abitativa A differenza della maggior parte delle esperienze di coresidenza che nascono da iniziative di privati cittadini, Itea Trento nasce dalla collaborazione fra tre enti pubblici: la Provincia Autonoma di Trento, l’Istituto Trentino Edilizia Abitativa (ITEA) e il Comune di Aldeno, che coglie questa occasione per affrontare anche un problema di riqualificazione urbana recuperando lo spazio produttivo, ora in disuso, della Cantina Sociale. Lo scopo principale del programma è, all’interno di abitazioni tipologicamente e tecnologicamente idonee, offrire a soggetti anziani soli, una modalità abitativa che, pur in condizioni di relativa autosufficienza, ne ritardi il più possibile il ricovero in strutture istituzionali. Il comune di Aldeno si colloca fra Trento e Rovereto, e presenta una conformazione disposta su un asse lineare nord-sud lungo la riva destra dell’Adige. Nello sviluppo che ha seguito il secondo dopoguerra sono stati realizzati nuovi insediamenti residenziali e produttivi. Fra questi, l’edificio della cantina sociale, collocato in posizione strategica, alle porte del centro abitato. L’edificio da anni dismesso, incombeva sul paesaggio con la sua mole priva di qualità. Nel piano di recupero, l’area di pertinenza di forma stretta e allungata è stata destinata ad accogliere, oltre alla coresidenza, altri servizi d’interesse comunale fra cui l’autorimessa dei vigili del fuoco e quella degli automezzi comunali. Infine all’incrocio fra le due strade che fiancheggiano l’area, si è deciso di collocare uno spazio di rappresentanza, come una sorta di reception urbana. Il progetto architettonico ha quindi dato corpo ad un programma sociale che riguardava non solo la dimensione interna della coresidenza ma anche quella esterna. Al suo interno la coresidenza di Aldeno comprende 23 alloggi di diverso taglio, con una superficie che va da un minimo di 46 mq ad un massimo di 100 mq, destinati a tre categorie di utenti: anziani, famiglie giovani (anche con bambini piccoli), famiglie mature (con figli più grandi) e comprende anche un nucleo di servizi comuni di pertinenza. Inoltre, nella sua dimensione esterna, il progetto dà spazio ad alcuni servizi destinati agli anziani assistiti dal servizio sociale comprensoriale. Il piano complessivo dispone le diverse funzioni secondo una logica urbana, in una sequenza che pone all’inizio del lotto, ossia nel punto più vicino al centro cittadino, i servizi sociali, che offrono, nell’ambito dei programmi di assistenza domiciliare, l’opportunità di trascorrere periodi diurni dedicati alla cura della persona, all’igiene (bagno assistito, lavanderia), 126 868_08 all’alimentazione (cucina-pranzo) alla ricreazione e al riposo pomeridiano. La coresidenza si sviluppa su tre livelli fuori terra: al piano terra si trovano prevalentemente locali di uso collettivo, mentre al primo e al secondo piano gli alloggi. Nel lotto sono collocate anche le due autorimesse dei Vigili del Fuoco e Comunale, ed infine, lo spazio di rappresentanza Municipale. Il progetto prende a modello tipologico la tradizione delle corti storiche di Aldeno e esprime efficacemente l’antico spirito di coesione abitativa delle genti del luogo ben adattandosi all’innovativo programma della coresidenza. I due piani destinati agli alloggi si sviluppano secondo un concetto tipologico anch’esso desunto dalla tradizione, il ballatoio, chiudibile, nel pieno rispetto del principio del risparmio energetico. Oltre alla grande sala, al piano terra, nella corte aperta sulla strada a monte, nel lato ovest verso il paesaggio dei vigneti, trovano posto: la portineria, un piccolo ambulatorio a disposizione dell’assistenza domiciliare infermieristica, una piccola palestra per attività ginniche dotata di spogliatoi e servizi, ed infine un laboratorio per attività manuali, ad esempio di tipo artigianale, ecc.. Le molteplici attività offrono agli abitanti della coresidenza più anziani l’occasione per trasmettere ai giovani esperienze artigianali in estinzione. Il progetto è stato realizzato utilizzando la metodologia AWS (Awareness Scenario Workshop). Attraverso ripetuti incontri con gli abitanti, le associazioni e gli enti amministratori interessati, hanno organizzato dei Focus group, per definire il progetto nelle sue caratteristiche funzionali, sociali, estetiche, culturali. Particolari accorgimenti sono stati adottati in tutti gli alloggi, al fine di consentire livelli di comfort, fruizione, sicurezza e accessibilità a misura degli utenti deboli: tutti gli alloggi sono stati predisposti per l’applicazione di domotica, security e safety. Questa scelta evita discriminazioni tipologiche o tecnologiche, rifacendosi al principio noto come universal design secondo il quale la soglia qualitativa è per tutti quella relativa alle esigenze degli utenti che in via temporanea o stabile si trovino nella condizione più disagiata. Per il comfort ambientale sono stati adottati impianti di ventilazione forzata e programmata al fine di garantire livelli adeguati di purezza e umidità dell’aria negli alloggi; per la sicurezza sono stati approntati dispositivi atti a evitare incidenti domestici, la chiamata di soccorso e il controllo remoto dell’impianto di riscaldamento centralizzato. Per quanto riguarda 127 868_08 l’accessibilità i servizi igienici sono stati predisposti all’utilizzo da parte di soggetti disabili motori. Per la fruibilità si prevedono infissi esterni dotati di sottofinestra per consentire la vista del paesaggio esterno anche in posizione seduta o allettata e logge interamente vetrate; per l’ambiente e il risparmio energetico oltre al recupero dell’acqua piovana per l’irrigazione degli spazi verdi, sono stati montati pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria e predisposti pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. Negli alloggi realizzati sono stati effettuati interventi di cablatura degli edifici per fornire in via potenziale tutti i servizi telematici utilizzabili dai servizi di assistenza e controllo personalizzati sulla base delle esigenze espresse dalla persona, e per garantire ai residenti negli alloggi l’accesso ai servizi telematici quali il telelavoro, la telemedicina, la teleassistenza, il telesoccorso, il controllo termoigrometrico, il controllo di manovra degli impianti, l’home-banking, l’accesso ad internet. L’introduzione dell’articolo 25 bis della Legge provinciale 21/1992 ha consentito di dare effettivamente corso alla sperimentazione del progetto della coresidenza. Gli elementi fondamentali della gestione sociale della coresidenza, sperimentati nel Comune di Aldeno, sono legati alla composizione della coresidenza, alla popolazione anziana ed alle famiglie coinvolte. Particolare importanza viene data anche alla formazione degli attori della coresidenza, alla presenza di un facilitatore delle relazioni (tutor) ed al coinvolgimento di attori sociali quali associazionismo familiare, volontariato o altre istituzioni. Come è immaginabile, i servizi offerti risultano indispensabili. Gli anziani che fanno domanda per la coresidenza devono soddisfare i criteri per la permanenza negli alloggi pubblici previsti dalla LP n. 21/1992, art. 25 bis. La selezione dei soggetti da alloggiare nella coresidenza avviene, previa presentazione di specifica domanda, sulla base di specifiche condizioni fra cui: il possesso dei requisiti per la permanenza negli alloggi pubblici indicati dalla LP n. 21/1992, art. 25 bis; la manifestazione esplicita, a seguito di dettagliata esposizione dei contenuti del nuovo modello abitativo, di aderire al progetto della coresidenza (coinvolgimento attivo della persona, sostegno agli altri attori della coresidenza, partecipazione delle attività, ecc.). Nella scelta viene data la preferenza alla presenza di legami affettivi parentali fra l’anziano e le coppie giovani (genitori anziani con figli; parenti anziani con figli) e si tiene in considerazione la richiesta di avvicinamento da parte di un anziano non residente nel Comune interessato dalla 128 868_08 coresidenza con una famiglia di parenti che risulta essere residente nel Comune in cui viene realizzata la coresidenza. Per tutti i nuclei che entrano a fare parte della coresidenza vengono valutate non solo le condizioni economiche ma anche il cosiddetto curriculum sociale. Tali requisiti sociali riguardano in particolar modo aspetti di natura attitudinale, psicologica e sociologica delle famiglie richiedenti e valutano, fra l’altro, le esperienze come famiglie affidatarie e adottive, di accoglienza o di impegno sociale, di volontariato, i legami con il territorio (impegno sociale, culturale, civico), nonché le particolari professionalità ricollegabili allo spirito della coresidenza (sanitarie e socio-assistenziali) o una competenza in attività di microartigianato (lavorazione del legno, cuoio, cucito, ricamo), artistiche (pittura, musica) e hobbystiche, la presenza all’interno della famiglia di disabili ed i legami affettivi parentali fra coppie giovani e anziani. A parità di condizioni sociali ha la precedenza nell’assegnazione la famiglia che possiede un reddito inferiore e/o vive in condizioni abitative disagiate. 129 868_08 G) Il Piano Regionale per l’autocostruzione in Lombardia Il piano sperimentale della regione Lombardia (2002-2004) ha l’obiettivo di realizzare 400 alloggi in cinque anni, attraverso lo strumento dell’autocostruzione associata. Coloro che hanno collaborato alla realizzazione dell'alloggio (autocostruttori) al termine dei lavori potranno scegliere di abitare la nuova casa come affittuari pagando un canone sostenibile e successivamente (dopo 10 anni) come proprietari, mediante riscatto, per un prezzo di acquisto inferiore del 40/50% al prezzo di mercato (1000/1300 € al mq). Il finanziamento regionale è pari al 20% dei costi convenzionali. L'autocostruzione/autorecupero prevede l'autogestione dell'85% del processo edilizio, con un ammontare minimo di 1.000 ore di lavoro prestate dal nucleo familiare per singolo alloggio. In sintesi, invece di accendere un mutuo e pagarne le rate, i cittadini "costruttori" hanno la possibilità di abitare la casa senza diventarne proprietari, pagando un canone sostenibile e rimandando a dopo la scelta di acquistare l'alloggio. Le Aler partecipano al programma della Regione perché è un intervento su fasce sociali che non possono entrare nel mercato immobiliare, cioè le famiglie in graduatoria (ma non in emergenza) con pochissime possibilità di avere un alloggio in assegnazione, in particolare le famiglie di recente immigrazione che non possono avere o pagare mutui. E’ un intervento con importanti valori in quanto coinvolge le persone nella soluzione del problema casa, crea comunità socialmente integrate attraverso il lavoro e non consuma risorse pubbliche ma produce case a costi accessibili. Aler Milano ha un ruolo centrale nella sperimentazione, in quanto: garantisce ai comuni le competenze tecniche per la gestione del cantiere (in convenzione con RTI Innosense-Alisei), si impegna a locare e a cedere a riscatto gli alloggi realizzati agli autocostruttori, finanzia l’80% della costruzione con mutuo fondiario, segue la realizzazione con i propri tecnici e infine gestisce per 10 anni il patrimonio immobiliare realizzato con l’autocostruzione in una logica di piena sostenibilità economica (no profitno loss) 130 868_08 I primi risultati L’esperienza dimostra che questo modello di integrazione attiva funziona, perché i bandi sono tutti in overbooking (domande pari a 3 volte gli alloggi disponibili) in quanto i valori economici offerti sono interessanti. Il rischio dell’intervento per Aler è basso, in quanto garantito da una convenzione a prezzo chiuso con RTI Innosense-Alisei (cooperativa che organizza e supporta gli autocostruttori), vi è un impegno mutualistico sui canoni (zero morosità attesa), si può ottenere una plusvalenza in caso di mancato riscatto (o comunque un impegno dei comuni al riacquisto del non riscattato). I cantieri funzionano, pur con l’imprevedibilità e le incertezze sui tempi di realizzazione tipici dei processi in autocostruzione. Le qualità edilizie delle abitazioni sono generalmente superiori a quelle dell’edilizia popolare tradizionale. In conclusione, si tratta sicuramente di un tipo di intervento adatto alla piccola scala e certamente non proponibile come intervento destinato a svilupparsi oltre una certa soglia quantitativa, anche in considerazione degli ostacoli normativi e burocratici che deve affrontare, dei problemi di sicurezza nel cantiere e dell’attribuzione di responsabilità che è necessario risolvere per praticarlo. Tuttavia è sicuramente interessante in quanto modello di integrazione sociale. 1. Le nazionalità degli autocostruttori 2. Un gruppo di autocostruttori davanti al cantiere a Paderno Dugnano 3. Lo schema di funzionamento del processo di autocostruzione 131 868_08 Fig. 16- Alcuni fra gli autocostruttori dell’intervento a Milano Fig. 17 - Milano autocostruzione. La distribuzione per nazionalità degli autocostruttori del programma Regionale della Lombardia 132 868_08 H) Insieme per migliorare la vita nel quartiere: il quartiere Siberia a Napoli A poche centinaia di metri dalle Vele di Scampia un gruppo di abitanti degli alloggi Iacp si difende dal degrado sociale circostante e si organizza per migliorare il proprio ambiente di vita. Il Rione Siberia (burocraticamente Lotto IV della Legge 422/68 ed il Lotto VI della Legge 1179/65), rispettivamente localizzati in Via Pietro Piovani ed in Via Pietro la Vigna a Piscinola sono tra i Rioni meglio tenuti di case popolari. Gli assegnatari originari provengono dalla realtà fortemente degradata di un rione, denominato “Siberia” originariamente ubicato in altra zona della città, adiacente a Corso Malta. Consapevoli del miglioramento della qualità di vita determinato dal loro trasferimento nei fabbricati di nuova costruzione negli anni Settanta, gli abitanti hanno ritenuto di doversi adoperare per conservare e migliorare quanto loro veniva offerto. Da qui inizia la storia del Rione “Siberia II”, in cui l’impegno del gruppo che si esprime nell’autofinanziamento per mantenere il decoro ambientale, e per sostenere attività sociali, ha un importante risvolto anche di prevenzione e contenimento di fenomeni di emarginazione e degrado culturale. Nel comparto ubicato in Via Pietro Piovani abitano 156 famiglie, che hanno dato vita ad un Comitato denominato “Siberia”. Le famiglie si tassano spontaneamente per pagare un giardiniere addetto alla cura degli spazi verdi, che hanno personalizzato con statue e opere varie (vedi foto). Nell’ambito del Rione è stato realizzato dallo IACP, con contributi anche della Regione Campania, un campetto di calcio in erba sintetica, gratuitamente usufruito dai ragazzi e gestito dal Comitato degli abitanti. Funzione sociale ed economica dell'autogestione Gli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, in particolare quelli recenti, soffrono, in Italia come negli altri paesi europei, di fenomeni di disgregazione sociale che derivano da una serie di fattori: - la creazione ex-nihilo di nuove parti di città comporta un processo di "colonizzazione" da parte dei primi abitanti, che vivono sulla propria pelle 133 868_08 il disagio della fase di completamento delle strutture di servizio alla residenza (viabilità, illuminazione pubblica, trasporti, servizi di base), processo che induce un sentimento di estraniamento e di insicurezza nei confronti dell'ambiente di vita; - la popolazione che abita i nuovi quartieri di edilizia pubblica proviene da diversi luoghi della città e da diverse condizioni sociali, manca il senso del "gruppo" sociale di appartenenza, sono frequenti gli episodi di frizione e di diffidenza che si creano fra alloggio e alloggio, fabbricato e fabbricato, aggravati dai primi atti di vandalismo e di intrusione che si verificano. Le condizioni di disagio, a fronte dei ritardi che spesso si verificano nel completamento delle strutture di servizio, contribuiscono a creare un fenomeno di conflittualità fra utente ed ente gestore che sfocia spesso in una morosità diffusa. A questo punto si entra in un circolo vizioso, in cui alla morosità corrisponde la scarsa qualità del servizio manutentivo, che genera a sua volta nuova morosità. La popolazione dei quartieri di edilizia pubblica, peraltro, è pervasa dalla cultura dell'assistenzialismo, per cui la buona gestione degli spazi abitativi esterni al proprio alloggio deve forzatamente essere assicurata dal servizio pubblico e ogni disfunzione, sia essa provocata da uso scorretto, come da effettivo malfunzionamento degli impianti o delle strutture, diventa nuovo oggetto di contenzioso. La proposta agli utenti di attivare l'autogestione dei fabbricati da loro abitati, in queste condizioni, si scontra spesso con un rifiuto, in quanto viene letta come un modo per scaricare sul gruppo di volontari che se ne accolli l'onere il contenzioso connesso alla morosità sui servizi e agli atti di vandalismo. Le esperienze in cui sono stati attivati meccanismi di gestione della manutenzione di fabbricati e spazi esterni con la partecipazione attiva degli abitanti dimostrano tuttavia come questo dispositivo sia in grado di creare quella coesione sociale e quel processo di riconoscimento degli abitanti rispetto al loro habitat, che mancano nei quartieri recenti. Contesto normativo dell'autogestione L'autogestione è prevista fin dal 1972, col D.P.R. 1035 del 31.12 .1972 , all'art. 24. Successivamente tale forma di gestione è stata ribadita dalla Delibera CIPE del 19 novembre 1981, che al punto 12, recita "gli enti gestori favoriscono e promuovono la autogestione da parte dell'utenza dei servizi accessori e degli spazi comuni (c.d. servizi a rimborso) in conformità con il regolamento tipo definito dalla Regione.... E' in facoltà dell'ente gestore, 134 868_08 sulla base di apposito regolamento, estendere l'autogestione alla piccola manutenzione, accreditando agli organi dell'autogestione una parte della quota del canone destinata alla manutenzione non superiore al 30%, con esclusione di qualsiasi altra riduzione. Gli assegnatari che si rendono morosi verso l'autogestione sono considerati a tutti gli effetti inadempienti degli obblighi derivanti dal contratto di locazione." Nonostante la norma prevedesse una graduale estensione dell'autogestione alla totalità del patrimonio pubblico, di fatto le esperienze attivate sono sporadiche, e l'iniziativa si è sempre scontrata con la diffidenza degli utenti verso una responsabilizzazione vista sopratutto come disimpegno da parte dell'ente gestore. Il caso del rione Siberia è un caso anomalo, in quanto si colloca al di fuori dell’inquadramento normativo dell’autogestione, pur conseguendo gli stessi risultati sul piano della gestione degli spazi comuni. Fig. 18 - Vista dall’alto dell’area di intervento 135 868_08 Fig. 19 - Il campo di calcio del quartiere 136 868_08 I) Sviluppo locale, Arquata a Torino partecipazione e sostenibilità: via Il quartiere di case popolari di via Arquata è stato scelto dal Comune di Torino come area in cui sperimentare un intervento di riqualificazione urbana e sociale all’interno del programma di intervento denominato “Contratto di quartiere” promosso dal Ministero dei Lavori pubblici. La proposta è stata completata nel 1998 e si ispira ad un approccio integrato che prevede azioni di recupero tanto di livello urbanistico ed edilizio, quanto di sviluppo locale in ambito sociale ed occupazionale. Il Progetto Speciale Periferie del Comune di Torino (PSP) svolge un duplice ruolo di supervisore del programma e di coordinamento operativo locale, con una presenza fissa nel quartiere attraverso un presidio realizzato da alcuni operatori in attuazione di una “Azione di sviluppo locale partecipato di via Arquata”. Tale presidio diventa la sede operativa del progetto ma anche uno sportello per il cittadino, luogo di incontro per gli anziani e i giovani del quartiere. La sede infatti diventa il luogo dove si svolgono azioni significative di accomunamento anche del programma di recupero edilizio ed urbanistico tramite sia un’azione di monitoraggio dei bisogni che di supporto all’azione esecutiva degli interventi svolti dall’Atc di Torino (Azienda territoriale della Casa ex Iacp). Le metodologie proposte sono di tipo negoziale e partecipativo: sono state realizzate attività di indagineascolto, cantieri-evento, focus group, legati all’individuazione di problemi, risorse, strategie per il raggiungimento degli obiettivi previsti. Tre sono le principali strutture organizzative messe in atto per la gestione del programma: Il Tavolo sociale, il Tavolo tecnico-politico, l’Agenzia di sviluppo locale Il Tavolo sociale è un laboratorio sperimentale per l’attuazione di politiche integrate che coinvolge: l’Agenzia Territoriale della Casa di Torino (ATC), Azienda sanitaria locale, Comitato spontaneo di quartiere, cooperative sociali, organizzazioni sindacali, associazioni di volontariato, con il compito di attuare le proposte progettuali (già avanzate e redatte nel 1996) e definire azioni ed interventi. Il Tavolo tecnico-politico è un gruppo di lavoro formato da soggetti referenti istituzionali quali: Comune, Regione, Atc, al fine di favorire la concertazione istituzionale da coordinare con i lavori del Tavolo sociale. L’Agenzia di Sviluppo locale è una struttura per la mediazione e l’accompagnamento ai soggetti locali alla quale partecipano alcuni soggetti costituenti il Tavolo sociale: Comitato spontaneo di quartiere, 137 868_08 cooperative sociali, organizzazioni sindacali, associazioni di volontariato, che svolge funzioni di coordinamento degli attori e delle competenze attorno ad un unico progetto (gestione delle parti sociali del Cdq) e di controllo qualitativo dei lavori (istituzione della figura del “direttore sociale dei lavori” designato dall’Agenzia che valida tutte le fasi del progetto) L’Agenzia di sviluppo locale di via Arquata è la prima esperienza di sviluppo locale riconosciuta come organizzazione di partecipazione dei cittadini attraverso la partecipazione di forme organizzate di cittadini per la gestione della cosa pubblica. Essa si configura sia come un “attore” della trasformazione sia come un “servizio”: è una associazione di soggetti responsabile dell’integrazione dei servizi presenti nell’area in coordinamento con gli operatori dei servizi sociali della Circoscrizione. Il compito dell’Agenzia è quello di mettere a punto un piano di integrazione dei servizi, coordinare gli interventi e monitorarli. Uno degli aspetti caratteristici dell’esperienza del contratto di quartiere di via Arquata è stato quello di fare lavorare le associazioni con il servizio sociale pubblico, ovvero i servizi sociali, sanitari, le scuole. Il Contratto di Quartiere prevedeva l’attuazione di una serie di interventi sull’edilizia residenziale pubblica (parzialmente già alienata), sui cortili e sugli spazi esterni, come la riqualificazione di aree pedonali con piazzette attrezzate e barriere antirumore e la sistemazione delle aree verdi e dei parcheggi comuni. La scala dei servizi era però particolarmente importante, al fine di rompere l’isolamento in cui il quartiere versava nonostante la sua posizione centrale, a causa della vicinanza con l’asse ferroviario ed il cavalcavia di corso Dante. Erano quindi previsti il recupero di nuovi spazi comuni (ex locali commerciali, ex deposito comunale e sala pubblica) da adibire a centro di incontro per anziani e giovani e la creazione di una sala polifunzionale sotto la sede dell’ATC. Il progetto di recupero coinvolge 42 palazzine costruite negli anni Venti di proprietà dell’ Atc di Torino, di quattro piani ciascuna e caratterizzate da un taglio degli alloggi molto piccolo Gli alloggi coinvolti erano in totale 823 (di cui 250 già ceduti in proprietà) portati a 800 (di cui 12 duplex) attraverso la ristrutturazione. I residenti erano per la maggior parte persone sole o anziani o genitrici con unico figlio/a ed il 30% dei residenti risultava in carico ai servizi sociali. Le caratteristiche degli alloggi, la loro diversificazione proprietaria e la fragilità degli utenti hanno ispirato la metodologia di intervento basata su un piano della mobilità che prevede un cambio degli alloggi all’interno 138 868_08 dello stesso palazzo e sulla creazione di “moduli di ristrutturazione” per piani e per colonne introducendo una struttura tecnologica da sovrapporre a quella esistente e contenente elementi di dotazione aggiuntiva. Oltre all’intervento fisico il programma propone due principali filoni di intervento: le azioni di sviluppo locale partecipato e le attività di formazione lavoro Le azioni di sviluppo locale partecipato coinvolgono una molteplicità di soggetti quali Amministrazione comunale (servizi socio-assistenziali, socioeducativi, culturali), Circoscrizione 1 (servizi socio-assistenziali), ATC (servizio progettazione, manutenzione, inquilinato, condomini), ASL (dipartimento salute mentale e tossicodipendenze, servizio infermieristico territoriale), e privato operante nel sociale (Quattro cooperative sociali ed una associazione operanti nel settore dei servizi alla persona, tre associazioni di volontariato pensioni, Forum del terzo settore) e sviluppano molteplici servizi alla persona: assistenza domiciliare di condominio, attività ricreative, culturali e di mediazione e gestione dei conflitti; servizio di lavanderia; sportello di segretariato sociale; interventi di educativa territoriale e di strada; assistenza ai pensionati; servizio di spesa a domicilio, sostegno, socializzazione integrazione per utenti del servizio mentale, iniziative di cittadinanza attiva. Le attività di formazione al lavoro individuano come soggetti istituzionali, quattro cooperative sociali e una associazione operanti nel settore dei servizi alla persona, tre associazioni di volontariato dei pensionati che sviluppano attività per l’integrazione degli utenti del servizio di salute mentale; iniziative di “cittadinanza attiva”; progetto di integrazione sociale per lavoratori svantaggiati (fondi unione europea) ; creazione di partnership tra attori locali; inserimento lavorativo in imprese sociali per la manutenzione dei servizi e il recupero del quartiere in associazione con due centri di formazione professionale; inserimento lavorativo delle donne disoccupate residenti negli interventi di sviluppo locale. L’aggiunta del progetto Policity Nella fase finale del progetto, ATC Torino ha saputo cogliere l’opportunità del progetto europeo Policity21, per aggiungere un ulteriore elemento qualitativo al programma. Il progetto, completato recentemente, prevedeva l’installazione di una rete dei teleriscaldamento a servizi di 30 degli edifici del CdQ (622 alloggi) e 21 Finanziato nell’ambito del VI Programma Quadro Ricerca dell’UE (Concerto) 139 868_08 dalla sede ATC, alimentata da una centrale di trigenerazione, l’installazione di impianti fotovoltaici per una potenza totale di 100 kwp (edifici coinvolti:11); la sostituzione di circa 500 serramenti con vetri basso-emissivi (alloggi coinvolti: 180 circa); l’installazione di lampade ad induzione per l’illuminazione degli spazi comuni e di contatori individuali di acqua con telelettura; il tutto collegato ad un gestore telematico dei flussi energetici. Gli impianti fotovoltaici per un totale di 100 kW sono collocati sul tetto di 11 edifici e sui frangisole dell’edificio pluripiano della sede ATC. Il nuovo impianto di trigenerazione installato nella sede ATC fornirà calore e acqua sanitaria al quartiere tramite la rete di teleriscaldamento; calore e raffrescamento all’edificio ATC ed inoltre convoglierà tutta l’energia elettrica prodotta in rete. La riqualificazione del complesso di abitazioni si completa così con un intervento destinato a ridurre i consumi energetici per gli abitanti e le emissioni di CO2 dell’intero quartiere. Fig. 20 - Planimetria di via Arquata con la localizzazione delle attrezzature previste dal Contratto di quartiere 140 868_08 L) Nuovi modelli finanziari a costo zero per l’amministrazione: Casa Spa, Ater Roma La carenza di risorse pubbliche per affrontare la riqualificazione del patrimonio di edilizia sociale, che versa spesso in cattive condizioni a causa dell’arretrato di manutenzione accumulato nel tempo come conseguenza dell’esiguità degli affitti che non consentono margini per intervenire, è ormai un dato di fatto consolidato. Il patrimonio inadeguato che necessita di interventi importanti di rinnovo impiantistico e strutturale ammonta ad oltre 450.000 alloggi e quindi non è pensabile di affrontare in tempi brevi questi numeri con risorse pubbliche. Da anni gli enti gestori stanno immaginando delle strategie appropriate per intervenire, utilizzando al massimo le risorse disponibili e sfruttando al meglio le opportunità offerte dalla valorizzazione del patrimonio, attraverso la trasformazione degli spazi inutilizzati e la ricerca di partenariati pubblicoprivato. Inaspettatamente, un aiuto è giunto dalle politiche di risparmio energetico e dalla liberalizzazione delle fonti di energia. La disponibilità di vasti spazi disponibili per l’installazione di pannelli fotovoltaici, da una parte, la possibilità di sostituire gli impianti di riscaldamento esistenti con impianti di cogenerazione da mettere a disposizione di altre amministrazioni o di privati offre la possibilità di ricavare risorse da destinare alla riqualificazione degli edifici di edilizia residenziale pubblica. Gli esempi cominciano ad essere presenti un po’ in tutta la penisola: ne presentiamo alcuni fra i più significativi in quanto esplorano delle piste di intervento innovative che possono essere facilmente trasferite ad altre situazioni: un intervento su vasta scala, possibile solo in presenza di un patrimonio di ampie dimensioni, quale quello dell’Ater di Roma, un intervento che punta a risolvere in un colpo solo due problemi: la presenza di amianto e la necessità di rifacimento delle coperture. Tutti questi interventi utilizzano uno strumento quale il Finanziamento Tramite Terzi (Third Part Financing - FTT), strumento di ingegneria finanziaria che prevede la fornitura globale, da parte di una società esterna, dei servizi di diagnosi, finanziamento, gestione, installazione e manutenzione necessari alla realizzazione di impianti tecnologici. Dalle prestazioni dell’impianto deriverà quel risparmio energetico-finanziario che garantisce l’ammortamento dell’investimento iniziale e del pagamento dei servizi erogati. Il FTT è attuato attraverso il ricorso a una Energy Service Company 141 868_08 (ESCO), società esterna specializzata in servizi energetici, il cui compito è di proporre ad un utilizzatore di energia l’esecuzione di un intervento di razionalizzazione energetica, offrendosi di sostenere l’investimento ed il rischio legato all’eventualità di un mancato risparmio, a fronte della stipula di un contratto pluriennale in cui siano fissati gli utili della stessa. OUT Amianto IN Fotovoltaico Il problema che si pone in Toscana agli operatori dell’alloggio sociale è duplice, in quanto essendo la proprietà dei fabbricati comunale, nel caso di richiesta di un finanziamento non ci sono garanzie accessorie della proprietà e la sola garanzia è data dall’attribuzione dei canoni di locazione e/o dei proventi di vendita all’ente gestore. In questo quadro, Casa S.p.A, la società pubblica per la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di Firenze . si è posta il problema di come poter contribuire, di concerto con i Comuni interessati, alla soluzione del problema della presenza nelle coperture di alcuni complessi edilizi. di eternit e dei costi da sostenere per la loro messa in sicurezza. A questo scopo Casa S.p.A. ha pensato di utilizzare la recente normativa di attuazione e incentivazione introdotta dal D.M. 10.02.2007 che ha stabilito i criteri e le modalità per incentivare la produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici. Ha proceduto quindi ad una studio di fattibilità tecnico-economica di un intervento che preveda la rimozione e smaltimento delle coperture in eternit esistenti, il montaggio di una nuova copertura con l’installazione di campi fotovoltaici, ricercando l’equilibrio economico-finanziario attraverso i ricavi derivanti dagli incentivi previsti dal conto energia (installazione dell’impianto fotovoltaico e vendita dell’energia prodotta). Il punto di partenza del piano finanziario è che il finanziamento dovrà coprire il 100% del costo e la sola garanzia del finanziamento è data dalla canalizzazione del conto energia e dalla vendita dell’energia prodotta, mentre la tempistica di rimborso del finanziamento dovrà tenere conto dell’attivazione dell’impianto fotovoltaico. I risultati di tale verifica sono positivi, nel senso che al verificarsi di determinate condizioni, quali la dimensione, la morfologia e il soleggiamento delle coperture interessate dall’installazione del campo fotovoltaico, e di conseguenza il rendimento ottimale dell’impianto fotovoltaico installato, e le modalità della provvista finanziaria, necessaria a far fronte all’investimento, sul mercato creditizio, puntando al mutuo a tasso fisso per 18-20 anni, gli introiti derivanti dalla sommatoria del conto energia 142 868_08 per la produzione elettrica così realizzata e dalla vendita dell’energia elettrica prodotta, sono allineati con gli oneri finanziari necessari per capire le spese dell’intera operazione. Il piano finanziario quindi dimostra che l’operazione è possibile e già i primi esempi sono stati realizzati. La Regione dal canto suo promuove e coordina gli interventi e contribuisce a sostenere le attività di verifica e progettazione, da un punto di vista tecnico e finanziario. Si stima che i costi di questo programma ammontino complessivamente a 55 milioni di euro. La resa economica, in un arco di 20 anni, della vendita di energia e degli incentivi previsti dal Governo (Decreto Ministeriale 10-2-2007 per l’istallazione di pannelli fotovoltaci) sarà di circa 64 milioni di euro. Ne risulta un utile di 9 milioni di euro che va a coprire i costi di rimozione e smaltimento dell’amianto delle coperture eternit. Fig. 21. Lo schema operativo 143 868_08 Ater Roma Oltre 1.000 alloggi recuperati ecologicamente, ovvero un intervento di circa 160 milioni di euro in tre complessi Erp situati nell’estrema periferia della Capitale realizzato a costo zero per l’ATER del Comune di Roma. È la prima volta che un’azienda di edilizia pubblica residenziale italiana raccoglie la sfida del cosiddetto “conto energia” e utilizza il project financing per un’operazione di questa dimensione, che ha tre obiettivi: risanare il proprio patrimonio immobiliare, rispettare l’adeguamento energetico imposto dalla legge, non spendere soldi pubblici per l’investimento. Un progetto ambizioso a due anni dalla ratifica in Italia del Protocollo di Kyoto. Con serre solari, pareti ventilate, coperture e muri vegetali sarà realizzato l’adeguamento energetico, e nello stesso tempo la necessaria manutenzione straordinaria avverrà utilizzando anche le innovative azioni di bioedilizia. Pannelli solari, sistemi olografici fotovoltaici e miniwind saranno invece installati per la produzione di energia elettrica in misura massimamente compatibile per essere anche venduta. Tutto ciò avverrà con finanza di progetto, ovvero ricorrendo ai privati che, tramite gara pubblica, si sono aggiudicati la realizzazione dei lavori (ivi compresi l’abbattimento delle barriere architettoniche e la sistemazione a verde degli spazi esterni) e la gestione ventennale degli impianti di produzione energetica. Un investimento che si ammortizzerà nei primi dieci anni e che produrrà guadagni nei successivi dieci. Al termine della convenzione ventennale, l’ATER diventerà proprietaria degli impianti. Il progetto prevede di recuperare 3 MWh di energia, di produrne 16 MWh all’anno e di evitare 100.000 tonnellate di emissioni annue di CO2. Il bando di project financing pubblicato nel 2007 si articola in tre programmi di recupero ecologico, che comprendono la realizzazione di opere edilizie di riqualificazione, l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonte energetiche alternative (FER) e la realizzazione di volumi tecnici e di servizio. Gli interventi coinvolgono tre quartieri dell’Ater di Roma: Tor Sapienza, n. 504 alloggi, Casale Caletto, n. 440 alloggi e Decima, n. 72 alloggi. Il corrispettivo per la realizzazione dei lavori è connesso alla gestione economica ventennale dei singoli interventi limitatamente alla vendita dell’energia elettrica prodotta dalle FER, alle relative tariffe incentivanti, al meccanismo premiale per gli interventi di efficienza energetica negli edifici, alla cessione di volumetrie di servizio nell’ambito delle quali sono compresi i 144 868_08 volumi tecnici strettamente funzionali alla produzione e gestione di energia dalle FER (che restano esclusi dalla cessione). Il finanziamento a carico dell’ATER è quindi pari ad Euro zero, tranne che per l’intervento di Decima, per il quale sono previsti anche contributi regionali. Il periodo medio di ammortamento del capitale investito è previsto mediamente in dieci anni. La gestione manutentiva delle opere realizzate è a totale carico del promotore per l’intera durata della convenzione. La valutazione delle proposte premiava anche la previsione di meccanismi di partecipazione degli abitanti alla progettazione ed alla gestione del progetto. Il modello proposto da Ater Roma è particolarmente significativo per la dimensione che consente di affrontare nel progetto di FTT interventi di riqualificazione a scala urbana e non solo di edificio. Il numero di partecipanti alla gara (un solo soggetto) ha però testimoniato l’inadeguatezza del sistema delle ESCO ad affrontare questa scala di problematiche. Eppure la carenza di risorse finanziarie per la riqualificazione renderà sempre più frequente il ricorso a questo modello di intervento che consente di coinvolgere capitali privati sfruttando le opportunità di valorizzazione del patrimonio. 145 868_08 Fig. 22 – Il rendering dell’intervento nel quartiere di Decima Fig. 23 – L’intervento nel quartiere di Tor Sapienza 146 868_08 8. UN CONFRONTO EUROPEO 8.1. Welfare e diritto alla casa in Europa Questo capitolo della ricerca è dedicato ad una breve presentazione della situazione delle politiche abitative di tre paesi europei: la Francia, il Regno Unito, la Spagna. Nel panorama europeo la diversità degli approcci alle politiche della casa è stata, soprattutto in passato, chiaramente leggibile nella diversa segmentazione del patrimonio abitativo (proprietà, affitto sociale, affitto di mercato) e nella dimensione finanziaria dell’impegno pubblico. Non vi è dubbio che tale diversa segmentazione rifletta l’impostazione generale del sistema di welfare. Essa peraltro, dal dopoguerra ad oggi, è parzialmente (e talvolta nettamente) mutata, essendo l’esito dell’evoluzione delle politiche pubbliche dei vari paesi nel settore abitativo. L’impegno dello Stato nel settore abitativo, avviato dall’inizio del secolo scorso nell’Europa settentrionale e centrale, è essenzialmente volto ad assicurare, attraverso interventi diretti ed indiretti, il generale diritto all’accesso ad una condizione abitativa adeguata e dignitosa. La fase più rilevante, in termini quantitativi, di questa stagione è stata certamente quella avviata con la ricostruzione nel secondo dopoguerra, fase in cui una quota rilevante delle abitazioni costruite soprattutto nei paesi del centronord dell’Europa è stata promossa dall’intervento pubblico. Ciò è avvenuto con modalità differenti, in relazione ad un quadro di operatori e procedure diversificato: in Gran Bretagna e in Olanda mediante un’edilizia residenziale pubblica realizzata e gestita soprattutto dagli enti locali; in Francia ed in Germania attraverso una delega a privati o a società di pubblica utilità sotto il controllo pubblico. E’ importante ricordare che nella maggior parte dei paesi del nord Europa si è attribuito all’intervento pubblico una funzione generale di regolazione e riequilibrio del mercato abitativo, con un’apertura verso tutte le categorie sociali e non solo per le fasce più povere. Come è noto, invece, nei paesi del Sud Europa, il sostegno alle famiglie nell’acquisto di una casa in proprietà, piuttosto che nell’accesso all’affitto, ha costituito il pilastro principale delle politiche pubbliche. In questo quadro il peso della casa all’interno della spesa sociale è stato (ed è tuttora) 147 868_08 tradizionalmente molto basso, e di conseguenza la consistenza del patrimonio in affitto sociale assolutamente marginale, riservata, almeno sulla carta, alle famiglie più povere e disagiate. In parte diverso il caso italiano, dove almeno tra il 1949 ed i primi anni sessanta ciò si è accompagnato contemporaneamente ad un impegno diretto alla costruzione di alloggi in affitto a canone sociale per le fasce più deboli nelle grandi città, anche se di entità assai più contenuta che nei paesi nord-europei. In ogni caso il ruolo centrale che il welfare mediterraneo attribuisce al soggetto famiglia nell’integrare le politiche pubbliche ha segnato nettamente le politiche abitative: la forte mobilitazione di risorse e reti familiari unita alle agevolazioni pubbliche per la prima casa ha consentito infatti in questi paesi il raggiungimento di quote elevatissime di famiglie proprietarie dell’alloggio in cui vivono (Spagna ed Italia in testa). Se dunque le impostazioni di partenza sono state profondamente diverse, la fase successiva, dal 1980 in poi, ha in parte modificato questo quadro. A partire dagli anni ‘80 si è infatti verificata un progressivo e generale riorientamento delle politiche, improntato ad un significativo ridimensionamento dell’intervento pubblico, sempre meno centrato sull’impegno diretto dello Stato a costruire un’offerta abitativa in affitto a costi accessibili, e sempre più diretto a sostenere il progressivo espandersi dell’accesso all’abitazione in proprietà. Un’evoluzione (molti hanno parlato di una vera e propria “ritirata”) legata in primo luogo a ragioni di finanza pubblica, alla limitatezza delle risorse disponibili, ma sulla quale, oltre a ragioni di compatibilità finanziaria, hanno giocato anche altri fattori quali i problemi sociali ed urbanistici legati ad alcuni esperimenti di iniziativa pubblica di mass housing degli anni ’60 e ’70 basati sulla standardizzazione, sul ricorso a tipologie edilizie intensive (torri, barre), sulla grande dimensione degli interventi, che ha finito per produrre in molti quartieri effetti segregativi e conflitti urbani. Tale riorientamento delle politiche si è tradotto non solo in una diminuzione delle risorse stanziate ma anche in una riarticolazione della spesa pubblica nel settore casa, che si è spostata dalla costruzione di alloggi al sostegno diretto alle famiglie per sostenere i costi abitativi di mercato, sia per le famiglie impegnate nell’acquisto che per quelle in affitto per le quali l’incidenza del canone sul reddito familiare supera determinate soglie. La generale convergenza delle politiche a sostenere il progressivo espandersi dell’accesso all’abitazione in proprietà da parte delle famiglie ha riguardato anche paesi con un consistente patrimonio in affitto. La contestuale riduzione del settore locativo ha determinato quindi un quadro 148 868_08 in gran parte diverso da quello precedente. Basti ricordare che, tra il 1980 ed il 2003, la quota di abitazioni in affitto è scesa dal 42% al 31% nel Regno Unito, dal 58% al 43% nei Paesi Bassi, dal 38% al 31% in Belgio, dal 21% al 11% in Spagna, dal 36% al 20% in Italia. Il ridimensionamento dell’impegno pubblico è stato attuato anche attraverso l’avvio di politiche di parziale dismissione del patrimonio di edilizia residenziale sociale pubblica, di cui il caso più eclatante è stato quello della Gran Bretagna nell’epoca Thatcher con l’introduzione nel 1980 del “Right to buy” e la vendita di circa 1,1 milioni di alloggi). La fase attuale segna invece un ritorno di attenzione per le housing policies: tutti i governi sono impegnati a varare piani casa pluriennali che segnano un rinnovato coinvolgimento dello Stato nella promozione di un’offerta abitativa in affitto a costi accessibili. È il caso del governo Sarkozy, del governo Zapatero e del governo Brown. 149 868_08 8.2. Francia 8.2.1. Introduzione al sistema del social housing in Francia In Francia, negli ultimi anni, il tema dell’housing sociale è tornato al centro dell’attenzione per due ordini di ragioni: da un lato per la minore disponibilità di case a prezzi sostenibili dalle famiglie più povere, dall’altro in relazione al dibattito seguito ai disordini verificatisi nelle periferie francesi durante l’autunno 2005. I prezzi delle case e i canoni degli affitti sono aumentati notevolmente a partire dal 1997, anche a seguito di un decennio in cui, soprattutto nel comparto residenziale, si è costruito poco. La crisi di tutto il settore ha colpito soprattutto le famiglie a basso e medio reddito e ha coinvolto diverse regioni, oltre che la maggior parte dei centri urbani. Nonostante ciò, a partire dalla metà degli anni ‘90 fino alla metà degli anni 2000, la costruzione di nuovi alloggi per il comparto sociale ha rappresentato una bassa priorità per i governi francesi. Una ripresa di attenzione si è registrata invece a partire dal 2004, quando sono stati avviati da un lato il Programma di rinnovamento urbano promosso dal ministro Borloo, dall’altro il Piano per la coesione sociale (di entrambe queste iniziative si parlerà più avanti nel testo). Per quanto riguarda le dimensioni dello stock abitativo, in Francia gli alloggi in affitto rappresentano complessivamente il 43,8% del patrimonio occupato (dato 2004). Nel comparto degli alloggi a canone sociale, la Francia può contare su 4,2 milioni di appartamenti, pari al 17,5% dello stock abitativo del paese ed al 45,5% del settore dell’affitto (tab. 49). Circa il 55% del patrimonio di edilizia sociale è stato costruito prima del 1976, di cui il 29% tra il 1966 e il 1975. Nel corso degli anni ’90 sono stati realizzati in media circa 56.000 nuovi alloggi all’anno, scendendo a circa 44.000 l’anno tra il 2000 e il 2003. Dal punto di vista della localizzazione, lo stock residenziale sociale è prevalentemente di tipo urbano: il 62% si trova in città o agglomerati con più di 100.000 abitanti, mentre solo il 14% è in piccole città con meno di 10.000 abitanti, o anche in zone rurali. Come è noto esiste una forte sovrapposizione tra il tema della coesione sociale nelle aree urbane è quello dell’housing sociale: all’interno delle 752 “zone urbane sensibili” (le ZUS) ricadono infatti circa un milione di alloggi 150 868_08 sociali pari al 25% del stock sociale complessivo. In particolare la loro localizzazione è concentrata in tre aree: Nord (Lille), Rhone (Lione) e Seine St Denis (la periferia nord-est di Parigi). Mission e organizzazione dell’housing sociale del governo francese L’housing sociale francese è generalmente associato al concetto di abitazione ad affitto moderato (HLM, habitation à loyer modéré) un settore specifico del mercato abitativo, disciplinato da disposizioni legislative e regolamentari, distinto dal diritto comune e regolamentato da Le code de la Construction et de l'Habitation. La Cassa Depositi è il principale finanziatore dell’edilizia sociale, garantendo agli operatori degli tassi molto bassi. A sua volta la Cassa è alimentata in gran parte dal risparmio che le famiglie fanno confluire nel “livret A”, un libretto di risparmio molto diffuso in Francia. E’ inoltre attiva una tassa per l’housing sociale che detrae dai salari un importo pari all’1%. Negli ultimi anni le sovvenzioni dirette sono rimaste sostanzialmente invariate, dai 442 milioni di euro spesi nel 1997 ai 455 milioni del 2004. Mentre i sussidi per la casa “alla persona” sono passati da meno di 5 miliardi di € nel 1984 a più di 14 miliardi di euro nel 2004, costituendo più del 55% del costo totale delle politiche per la casa. Come mostra la tabella 28, negli ultimi venti anni le politiche di aiuto alle famiglie per la casa, sono state riorientate verso il settore privato dell’affitto, che attualmente assorbe più sovvenzioni (dirette e indirette) da parte dello Stato rispetto al settore dell’affitto sociale. Lo stock HLM non è destinato esclusivamente alle fasce povere della popolazione. Attualmente i massimali di reddito per l’accesso all’abitazione sociale sono piuttosto elevati, e almeno teoricamente il 70% delle famiglie francesi avrebbe diritto ad un alloggio HML. Del resto sono ben 1,2 milioni le famiglie iscritte alle liste di attesa per accedere alle abitazioni HLM. Il patrimonio di edilizia sociale è classificato, in base alle caratteristiche degli alloggi, in tre grandi tipologie, a cui corrispondono tre tipi di prestito utilizzati dal governo per il loro finanziamento. Questi sono noti come housing sociale di tipo standard, superiore e inferiore (o 'molto sociale'). 151 868_08 Prima di 1977, lo stock sociale di tipo standard era pari all’81% del totale, per poi scendere, negli ultimi anni, al di sotto del 70%. Dal 2000, le politiche nazionali hanno favorito la costruzione di alloggi di tipo superiore, nonostante le dichiarazioni del governo riguardo l’emergenza abitativa. I soggetti che forniscono alloggi sociali sono denominati OPHLM (Organisme d'habitations à loyer modéré) e possono essere sia agenzie pubbliche (offices publics) finanziate dalle amministrazioni locali, che aziende private che lavorano nell’edilizia sociale (entreprises sociales d’habitat). Gli organismi sono riuniti in federazioni, che a loro volta sono riunite nell’Union sociale pour l’habitat. Entrambe le tipologie di soggetti offrono soprattutto housing di tipo “standard”, che rappresenta rispettivamente l’80% e il 78% del loro stock; anche se, mentre il primo fornisce una maggiore percentuale di alloggi di tipo“inferiore”, pari al 10% del loro stock, il secondo ha una maggiore percentuale di housing di tipo “superiore” (8% dello stock, contro il 4,5% delle agenzie pubbliche). Nel 2007, vi erano circa 800 organismi HLM: - 279 agenzie di alloggi pubblici (OPH, offices publics de l’habitat (finanziate dalle amministrazioni locali); - 284 aziende per l’edilizia sociale (ESH, entreprises sociales pour l’habitat); - 57 società di credito immobiliare e 19 filiali di prestiti finanziari; - 163 società cooperative di HLM. Per compensare la loro attività sociale, tutti gli organismi HLM beneficiano di esenzioni fiscali e assistenza speciale dallo Stato. Inoltre sono attive nel settore della costruzione e gestione dell’housing sociale anche alcune società di economia mista (SEM), che non sono giuridicamente organizzazioni HLM. Criteri di attribuzione e modalità di occupazione degli alloggi Bisogna considerare che la metà delle famiglie che vivono nel patrimonio di edilizia sociale ricevono sussidi per la casa. Le famiglie che presentano la domanda per ottenere un alloggio sociale devono disporre di un reddito. I massimali di reddito dipendono dal tipo di 152 868_08 abitazione in questione (standard, superiore o inferiore), e sono piuttosto elevati; ad esempio nel 2006 per una famiglia con due figli, il massimale di reddito per un alloggio di tipo standard, era di circa 40.000 euro. Nel 2001, la media di reddito delle famiglie in Francia (esclusi gli studenti) è stata pari a 1.449 euro al mese; nel caso degli inquilini dell’edilizia sociale tale valore si attestava a 1.062 euro, tra gli inquilini privati a 1.410 euro, mentre tra i proprietari a 1.606 euro. In termini di struttura familiare, il settore sociale ospita sempre più famiglie monoparentali e coppie con figli rispetto al settore privato in affitto, che ospita più singles. La crescente difficoltà che gli immigrati stranieri incontrano nel trovare alloggi in affitto nel settore privato fa sì che circa il 29% delle famiglie di immigrati vivono in alloggi del settore a canone sociale, contro il 14% dei non-immigrati. 8.2.2. Situazione attuale e priorità nelle politiche per il social housing Anche in Francia i governi stanno cercando di incrementare l’offerta in affitto non solo per i ceti bassi ma anche per le fasce intermedie. Nel 2006 è stato predisposto un nuovo incentivo fiscale noto come Borloo Populaire' (dal nome di Jean-Louis Borloo, Ministro del lavoro, della coesione sociale e della casa) volto a incoraggiare nuovi investimenti nel settore delle costruzioni per il mercato intermedio dell’affitto. In cambio di una deduzione fiscale, l'investitore ha l’obbligo di affittare l'alloggio per almeno nove anni a nuclei familiari il cui reddito è al di sotto del massimale per l’edilizia sociale di tipologia “elevata”, (piuttosto alto e non considerabile come “sociale”). Il canone di locazione imposto deve essere il 30% al di sotto del prezzo di mercato dell’affitto. Il Governo attuale vuole ricentrare il patrimonio HLM sulla sua vocazione sociale e per fra questo intende abbassare del 10% i massimali di reddito. Anche in Francia peraltro vi sono molte famiglie che non hanno più i requisiti. Fuori dalle ZUS ben 140.000 alloggi sociali sono attualmente occupati da famiglie che superano di almeno il 20% il massimale di reddito dell’edilizia sociale. Il Governo ha posto l’obiettivo del riesame, ogni tre anni, della situazione di ciascuna famiglia occupante per permettere un rialloggia mento più adatto nell’ambito del parco sociale o un percorso di accesso alla proprietà. 153 868_08 La vendita degli alloggi agli inquilini finora è stata contenuta: circa 6.000 alloggi all’anno. L’obiettivo del Governo è quello di aumentare verso la fine del decennio ad arrivare a 40.000 alloggi venduti all’anno. L’obiettivo ufficiale del governo, di creare 500.000 nuovi alloggi sociali in cinque anni (2005-2009), è lontano dall'essere raggiunto, con 39.000 alloggi costruiti nel 2004, 43.000 nel 2005, e meno di 50.000 nel 2006. La scarsa disponibilità è particolarmente sofferta nella regione parigina, dove la quota di housing sociale nell’ambito delle nuove costruzioni è scesa dal 37% al 15%. Ulteriore motivo di preoccupazione è la limitata quota di alloggi di tipo “standard”, prevista dagli obiettivi del piano: solo il 62%, mentre la parte restante è destinata ad edilizia sociale di tipo “superiore”. Nel dicembre 2007 il presidente Sarkozy ha presentato un “piano casa” basato su alcuni obiettivi prioritari: - fare della Francia un paese con una quota del 70% di proprietari; - realizzare 500.000 nuovi alloggi per anno di cui 120.000 sociali; - generalizzazione del Livret A per finanziare l’edilizia sociale; - raddoppiare il numero di vecchi alloggi ristrutturati, a cominciare dagli 800.000 alloggi HLM più degradati; - per far fronte alla scarsità di aree edificabili, lo Stato si impegnerà a vendere terreni pubblici; - riesame, ogni tre anni, della situazione economica degli inquilini e l’eventuale pagamento di un canone aggiuntivo nel caso che il reddito superi il tetto fissato per legge (attualmente circa 400.000 alloggi sono occupati da famiglie che hanno superato i massimali di reddito). A partire dal 1 gennaio 2009 tutte le banche potranno distribuire il Livret A, operazione finora riservata alle Casse di Risparmio e alla Banca Postale. La generalizzazione del Livret A è legata al dibattito sul finanziamento dell’edilizia sociale. 154 868_08 Tab. 50- Francia: lo stock delle prime case: 1984-2006 (v.a. * 1000, val. %) v.a. * 1000 val. % 1984 1991 2001 2006 1984 1991 2001 2006 In proprietà 10.544 11.999 13.739 15.025 52,1% 54,8% 56,0% 57,2% In affitto 9.686 9.878 10.816 11.238 47,9% 45,2% 44,0% 42,8% 5.277 5.175 5.853 6.074 26,1% 23,7% 23,8% 23,1% 2.865 3.262 3.672 3.915 14,2% 14,9% 15,0% 14,9% 1.544,0 1.441,0 1.291,0 1.248,5 7,6% 6,6% 5,2% 4,8% 20.230,0 21.877,0 24.555,0 26.262,7 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% di cui da persone fisiche HLM da altri operatori sociali e morali TOTALE Fonte: Elaborazione Censis su dati Comptes du Logement Tab. 51 - Lo stock dell’housing sociale francese Stock di edilizia sociale al 1/1/2005 Di cui in edifici a più alloggi Numero di alloggi per 1000 abitanti Alloggi a una o due stanze 4.290.133 86,4% 69,2 24,1% Dimensione Alloggi Alloggi a tre o a5 quattro stanze stanze o più 66,5% 9,4% Percentuale patrimonio sfitto Tasso di mobilità 2,5% 10,0% Fonte: SG-DAEI-SESP 155 868_08 Tab. 52 – Confronto condizione abitativa dei cittadini francesi e degli immigrati Proprietari In affitto sociale In affitto Altre condizioni Totale 1996 Cittadini francesi 54,3% 15,7% 21,0% 9,0% 55,9% 14,6% 20,7% 8,9% Immigrati 37,0% 27,9% 24,5% 10,7% Totale 56,0% 15,6% 21,3% 7,1% 2001 Cittadini francesi 57,7% 14,2% 21,2% 6,9% Immigrati 39,6% 28,9% 22,3% 9,1% Fonte: DEEF/USH, d’apres ENL-INSEE Tab. 53 - Aiuti alle famiglie per la casa: confronto 1984-2004 Beneficiari Famiglie in affitto privato Famigli in affitto a canone sociale Proprietari occupanti Totale Aiuti alle famiglie per la casa 1984 (%) 11 41 48 100 Aiuti alle famiglie per la casa 2004 (%) 28 26 45 100 Fonte: INSEE (2006), Compte du logement 2004 156 868_08 8.3. Regno Unito 8.3.1. Il sistema del social housing in Gran Bretagna Storicamente le politiche abitative nel Regno Unito sono state caratterizzate dal massiccio intervento dello Stato nel settore dell’edilizia residenziale, attraverso la produzione di abitazioni realizzate e gestite direttamente dagli enti locali (le “council housings”). Tale intervento non si connotava in termini di sostegno alle fasce più deboli ma piuttosto assumeva la funzione di regolazione e riequilibrio del mercato degli alloggi. Si è trattato di una grande sforzo intrapreso a partire dal 1919 e massicciamente rilanciato nel dopoguerra, che ha ribaltato l’articolazione del parco abitativo: basti pensare che il settore privato dell’affitto è passato dal 90% dell’inizio del ‘900 all’attuale 11% e che il settore sociale nel 1975 ha raggiunto la quota del 30% della abitazioni totali. Come è noto all’inizio degli anni ’80 si è aperta una nuova fase, improntata ad un disimpegno dello Stato dal settore dell’edilizia sociale. Le politiche tatcheriane hanno attuato una svolta significativa attraverso una drastica riduzione dei finanziamenti agli enti locali, la vendita degli alloggi pubblici agli inquilini e gli incentivi all’accesso alla proprietà. In Inghilterra, tra il 1979 e il 2006, attraverso il “Right to buy” sono stati venduti a prezzo ribassato 1,65 milioni di alloggi comunali. Sempre in quella fase sono stati introdotti i sussidi alle famiglie in affitto (housing benefit) soprattutto per rendere più facile per gli inquilini con basso reddito provenienti dal comparto pubblico il passaggio al settore privato. Oggi sono beneficiari di sussidi per l’affitto i due terzi delle famiglie che pagano un canone sociale ed un quarto degli inquilini del settore privato. Negli ultimi vent’anni la diffusione della proprietà abitativa è stata notevole: all’inizio degli anni ’80 la quota dei proprietari non raggiungeva il 60% mentre oggi ha di poco superato il 70%. Nelle grandi città la situazione è in parte diversa: specialmente a Londra, tale quota è notevolmente ridotta, con una consistente prevalenza dell’affitto sia pubblico che privato Attualmente nel Regno Unito il settore dell’affitto ha una quota pari al 31% dello stock abitativo; il solo settore sociale equivale al 18,5% di questo ed al 66,0% del comparto in locazione. 157 868_08 Il social housing fa riferimento a due tipologie di soggetto, le amministrazioni comunali e le “housing associations” (HAs). Negli ultimi 25 anni il peso del patrimonio gestito dagli enti locali è stato decisamente ridimensionato, e dal 1981 in poi si è ridotto circa ad un terzo. Per quanto riguarda il patrimonio, le Housing Associations gestiscono 2,2, milioni di alloggi, mentre 2,7 sono gestiti dalle amministrazioni comunali, direttamente o attraverso l’ALMOs (Arm’s Lenght Management Organization – Organizzazione per la gestione dell’edilizia sociale). Il ruolo delle housing associations è molto cresciuto, specialmente a Londra e nel sud del paese, e la percentuale di alloggi gestiti in tutto il Regno Unito è passata dal 2,2% del 1981 all’8,3% del 2006 (tab. 52). Si tratta di società di mutuo soccorso che hanno una lunga storia in Gran Bretagna e che fino agli anni ’70 coprivano appena il 2,3% del patrimonio. Le housing associations sono organizzazioni senza scopo di lucro (in cui quindi non è prevista la redistribuzione dei profitti, bensì il loro reinvestimento nelle attività stesse); che includono una componente specifica di lavoro volontario e che sono autonome dal governo e dotate di capacità di autogoverno. L’obiettivo di fondo di queste associazioni (che sono più di 2.000, molte delle quali di modeste dimensioni) è quello di fornire, grazie anche a finanziamenti pubblici, alloggi mediante l’affitto e la proprietà a carattere indiviso a quelle fasce svantaggiate (tra cui gli immigrati) che non sono in grado di acquistare abitazioni sul libero mercato, e/o non possiedono i requisiti per accedere all’affitto di alloggi di proprietà comunali. I servizi offerti sono sia a carattere prettamente immobiliare che sociale (con servizi di accompagnamento destinati ai soggetti con particolari esigenze come anziani, madri sole, ecc.) e territoriale (azioni di rigenerazione urbana, ecc.). Le Housing Associations sono regolate dall’Housing Corporation, un’agenzia con potere esecutivo che fa riferimento agli enti comunali e ai governi locali. La supervisione da parte del governo britannico è assicurata da diversi soggetti nei singoli stati: in Scozia dallo Scottish Executive, in Galles dalla National Assembly of Wales (che agisce anche da soggetto finanziatore e regolatore) e nell’Irlanda del Nord dalla Northern Ireland Assembly. I soggetti regolatori e finanziatori o le Housing Authorities sono rispettivamente Communities Scotland, the Northern Ireland Housing executive assieme al Dipartimento di Sviluppo Sociale e l’Assemblea nazionale del Galles. 158 868_08 Per rendersi conto della dimensione di questi organismi basti pensare che la NHF (ex Federazione nazionale delle cooperative edilizie) ha dichiarato all'inizio del 2003 di raggruppare al suo interno 1400 organizzazioni senza scopo di lucro, e di gestire circa 1,8 milioni di abitazioni in tutta l'Inghilterra. Criteri di attribuzione e modalità di occupazione degli alloggi Nel Regno Unito ogni amministrazione comunale definisce uno schema che attraverso un punteggio individua i soggetti prioritari per l’attribuzione degli alloggi e le conseguenti liste di attesa. A livello nazionale il governo indica alle amministrazioni comunali alcune categorie prioritarie per l’assegnazione degli alloggi: si tratta principalmente di soggetti senza casa, individui che vivono in abitazioni malsane, sovraffollate o insoddisfacenti, quelli con esigenze mediche o di welfare, oppure chi ha un’esigenza irrinunciabile ai fini della sopravvivenza di muoversi verso una particolare località nel distretto dell’autorità competente. Oltre ciò i criteri di attribuzione fanno riferimento al luogo di residenza del richiedente, alla sua situazione finanziaria (ad esempio se usufruisce di sussidi economici o se è in cassa integrazione), al tempo già passato in lista di attesa. In tutti gli stati del Regno Unito c’è la possibilità per gli occupanti degli alloggi sociali di accedere alla proprietà. 8.3.2. Situazione attuale e priorità per il social housing Nel Regno Unito la domanda abitativa corre molto più velocemente dell’offerta. I recenti incrementi dei salari non sono riusciti a star dietro all’aumento dei prezzi delle case. Attualmente il prezzo medio delle abitazioni è circa 11 volte quello dei redditi; già nel 2005 i prezzi medi di vendita erano cresciuti del 156% in più rispetto al 1997, mentre i redditi, nello stesso periodo, avevano subito un incremento pari a solo il 35%. L’elevata e prolungata domanda abitativa ad oggi non è ancora stata risolta da alcun ampliamento del patrimonio abitativo a disposizione. La carenza di alloggi ha contribuito all’aumento dei prezzi, richiedendo così da parte delle pubbliche amministrazioni sforzi addizionali per il settore dell’housing sociale; cosicché per una crescente e larga parte della 159 868_08 popolazione, l’unico modo per far fronte alla questione abitativa è utilizzare gli aiuti economici. In particolare nella sola Inghilterra dal 2001 al 2006 la lista di attesa per l’edilizia sociale è cresciuta del 60%, passando da 1.039.265 famiglie richiedenti nel 2001 a 1.634.301 famiglie nel 2006. La soddisfazione della domanda abitativa richiederebbe la costruzione di 70.000 nuovi alloggi sociali l’anno, dei quali 50.000 dovrebbero essere destinati all’affitto e 20.000 all’acquisto, ciononostante nel 2005-06 la previsione di costruzione per l’edilizia sociale era di circa 40.000 nuovi alloggi. Anche nell’Irlanda del Nord, la scarsa disponibilità di alloggi a prezzi sostenibili sta causando una forte pressione su tutti i settori del mercato abitativo, portando anche ad un aumento delle liste di attesa per gli alloggi sociali, pari a 36.182 richiedenti, e ad un corrispondente incremento delle persone in difficoltà o addirittura senza casa. Nell’ambito del Comprehensive Spending Review, lo Stato inglese ha messo a disposizione per il triennio che va dal 2008 al 2010-2011, un investimento di circa 8 miliardi di sterline (pari a circa 10 miliardi di euro), incrementando di 3 miliardi di sterline la cifra messa a disposizione rispetto al precedente periodo di spesa. Le azioni future sono state poi illustrate nel Government’s Housing Green Paper. Il governo inglese si è impegnato a realizzare 3 milioni di case in più entro il 2020 e almeno 70.000 nuove case a basso costo l’anno entro il 2010-2011. Il Piano punta alla promozione di un maggior numero di case attraverso il sostegno al settore delle costruzioni, l’incremento degli investimenti e la definizione di nuove strade per la determinazione e l’utilizzo delle aree di sviluppo. Secondariamente punta ad offrire maggiori opportunità di housing sociale, anche attraverso una più rapida realizzazione delle abitazioni grazie allo sblocco del sistema pianificatorio e alla liberazione di aree di sviluppo. Mira infine all’incremento dell’offerta di case a basso costo per la proprietà anche grazie a mutui a basso prezzo. 160 868_08 Tab. 54 - Regno Unito: alloggi per titolo di godimento: 1981-2006 (val.%) Titolo godimento di In proprietà In affitto da privati Local Authority Housing association Totale 1981 1992 2001 2006 57,6 11,0 29,2 2,2 66,1 9,6 21,2 3,1 69,4 9,7 14,5 6,4 70,2 11,3 10,2 8,3 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Censis su dati UK Housing Review, 2007 161 868_08 8.4. Spagna 8.4.1. Introduzione al sistema del social housing in Spagna La Spagna, dopo aver conosciuto un periodo di intensa crescita nella produzione nel settore residenziale, in cui le costruzioni di nuove abitazioni si attestavano tra le 700.000 e il milione di unità (più o meno quanto in tutta la Francia, Germania e Gran Bretagna messi insieme), sta facendo i conti con un improvviso arresto del settore generato dalla crisi dei subprime e dagli aumenti dei tassi che hanno stroncato la propensione all’acquisto degli spagnoli. Per conseguenza, nel giro di pochi mesi, hanno chiuso 40.000 agenzie immobiliari e si è registrato un blocco delle nuove costruzioni con un immediato impatto sui livelli occupazionali. Secondo un recente rapporto della Deutsche Bank, per il 2008 si prevede una diminuzione pari al 49% delle nuove costruzioni, assieme ad un calo dei prezzi delle case che, nel giro di tre anni, potrebbe superare il 20%. Situazione inevitabile vista la presenza sul territorio di uno stock di un milione di case invendute. Nel 2006 le vendite registrate di appartamenti sono scese di oltre il 7% rispetto l’anno precedente. Il fenomeno è risultato più marcato nel comparto delle nuove abitazioni (-12,4%) rispetto a quello degli alloggi già abitati (-5%). Per quanto riguarda gli investimenti stranieri nel settore abitativo sono calati per il terzo anno consecutivo (-11%). Si tratta di un chiaro segnale dell’inizio di un lento declino nello sviluppo del settore privato della casa. Per quanto riguarda il mercato delle compravendite l’aumento dei prezzi dal 1998 al 2006 è stato pari al 183,2% e ha raggiunto il 200% in quattro regioni (Baleari, Murcia, Andalusia e Valencia). Nel 1999 per comprare una casa era necessario aprire un mutuo corrispondente al 25,3% del reddito familiare. Ad oggi, a seguito dell’innalzamento dei prezzi e delle rate dei mutui bancari (4,09% per il 2007), l’acquisto di una casa richiede un mutuo che impegni fra il 46,6% (mutui a 25 anni) e il 53,3% (mutui a 20 anni) del reddito familiare. Nel settore della produzione di housing sociale, per la Spagna, tradizionalmente un paese con una scarsissimo stock di edilizia sociale, ci si attende un proseguimento nella crescita. Dal 1990, quando ancora le vendite del settore privato avevano prezzi sostenibili, il governo si è progressivamente disimpegnato dalle politiche per l’housing, riducendo notevolmente la produzione di edilizia sociale. Gli alloggi in affitto al 2004 rappresentavano appena l’11% dello stock totale. Alla stessa data l’edilizia 162 868_08 sociale era pari ad appena l’1% dell’intero patrimonio edilizio e a solo l’11,6% dello stock in locazione. Con l’innalzamento dei prezzi e la conseguente riduzione dell’accesso all’acquisto della casa, la domanda per abitazioni a basso costo è aumentata, al punto che diverse categorie sociali, incluse le famiglie a medio reddito, non hanno più avuto accesso al mercato abitativo, generando una questione molto spinosa per tutto il Paese. Mission e organizzazione dell’housing sociale del governo spagnolo Il mercato delle abitazioni in Spagna è fortemente orientato verso la proprietà della casa. Come mostra la tabella 54, solo una piccola quota dello stock di abitazioni è destinata all’affitto, mentre fra le prime case quelle in proprietà sono pari a circa l’87% del totale (dati 2007). Tuttavia bisogna tener conto che, come indicato nella tabella 55, il patrimonio abitativo in locazione è fortemente concentrato nelle grandi aree metropolitane del paese. In queste zone la percentuale di abitazioni in affitto si avvicina maggiormente agli standard europei. A partire dal 1963, il governo spagnolo ha definito, mediante il regio decreto 2131/1963, la Vivienda de Protección Oficial (VPO, anche conosciuta come Vivienda con Protección Publica o Vivienda Protegida). Si tratta di una tipologia di edilizia parzialmente sovvenzionata dalla pubblica amministrazione spagnola, il cui obiettivo è l’agevolazione dell’acquisto (e talvolta dell’affitto) per la popolazione a basso reddito. I benefici legati ad un alloggio classificato come VPO sono indirizzati sia al costruttore (o al promotore) che all’acquirente. Il costruttore, impegnandosi a vendere l’abitazione entro un tetto di prezzo massimo fissato dalla pubblica amministrazione di competenza che in genere è abbastanza al di sotto dei prezzi di mercato, riceve in cambio i finanziamenti per gran parte del progetto (80%) ad un basso tasso di interesse. In alcuni casi inoltre le amministrazioni pubbliche impongono la costruzione di edifici in VPO come condizione necessaria alla costruzione di case per il libero mercato. L’acquirente invece ottiene una casa ad un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato (talvolta anche sussidi nella forma di prestiti a interessi ridotti). In cambio la casa avrà una normativa di uso e di vendita speciale: per prima cosa deve essere il domicilio abituale dell’acquirente, e secondariamente, nel caso quest’ultimo desiderasse vendere l’alloggio, il 163 868_08 prezzo sarebbe fissato dalla pubblica amministrazione di riferimento che possiede anche il diritto preferenziale per l’acquisto. I sussidi statali per le abitazioni VPO ad oggi aiutano a finanziare circa 100.000 abitazioni all’anno. I proprietari degli alloggi sono soggetti ad uno speciale regime che impone uno stretto controllo e consistenti limitazioni sui prezzi. Gli alloggi mantengono il loro status di VPO per 30 anni. Le stime evidenziano che in tutto il territorio nazionale, il settore della “vivienda protegida” è pari a poco più dell’11% dello stock abitativo disponibile (tab. 38). La spesa per una casa “protetta” varia tra il 19 e il 35% del reddito familiare, a seconda della tipologia dell’appartamento. In tutta la nazione, l’altissima domanda di “vivienda protegida” ha portato alla creazione di più compagnie di housing pubblico. Dal 2001 al 2007 lo stock di abitazioni a regime protetto è cresciuta del 7,3% contro una crescita pari al 17,7% delle abitazioni a libero mercato (tab. 53). Mentre se andiamo a vedere il numero di nuove abitazioni costruite l’anno, si è passati dalle 15.069 del 2002 alle 42.651 del 2007. (tab. 56) Attori, enti ed operatori coinvolti La costruzione delle “viviendas protegida” è prerogativa di diverse soggettualità tenute unicamente a rispettare i criteri stabiliti dalla legge; si tratta principalmente di organi statali, governi regionali, municipalità, aziende pubbliche, società miste pubblico-private, associazioni, imprese commerciali, cooperative, organizzazioni no profit, ma anche privati cittadini. Inoltre alcune abitazioni in affitto sociale sono rese disponibili da provider pubblici (circa 200.000); in questo caso è possibile rintracciare differenti schemi di proprietà condivisa che variano nelle singole Comunità Autonome. Le cooperative di housing partecipano alla costruzione delle “viviendas protegida”, sebbene loro stesse operino anche sul libero mercato. Oltre a questo si occupano anche di fornire un limitato numero di appartamenti per l’affitto. Il settore della cooperative di housing sociale ha sofferto dell’incremento del prezzo del costo del terreno di costruzione e dei costi di costruzione (+ 28% tra il 2000 e il 2006). Di conseguenza, le nuove costruzioni sono scese dai 35.000 appartamenti costruiti nel 1994 a circa 21.900 nel 2003; recentemente la produzione ha iniziato di nuovo a crescere (32.000 164 868_08 appartamenti nel 2004). Le cooperative di housing hanno anche di recente ricominciato a costruire più alloggi che fanno sempre riferimento alle VPO. Criteri di attribuzione e modalità di occupazione degli alloggi In Spagna i piani per l’housing sociale hanno da sempre puntato ad un’ampia fascia della popolazione, stabilendo differenti programmi di sostegno in base al livello di reddito dei beneficiari. Le singole Comunità Autonome utilizzano simili requisiti per l’attribuzione degli alloggi: massimali di reddito, generalmente espressi in multipli dell’IPREM (valori di riferimento per le soglie di reddito in Spagna), nessuna disponibilità di altre case, registrazione nelle liste di attesa del territorio. Quando il numero dei potenziali acquirenti supera l’offerta di VPO, le amministrazioni locali sono solite ricorrere al sorteggio per decidere i soggetti aggiudicatari. A seguito della recente approvazione del nuovo Piano per l’housing che ha ampliato il suo campo di interesse includendo i richiedenti il cui reddito è superiore di 6,5 volte il salario minimo, diverse famiglie della classe media si sono ritrovate a non poter più accedere all’edilizia sovvenzionata. Queste categorie hanno la possibilità di accedere alle abitazioni “a prezzo concordato”, che consistono negli appartamenti VPO venduti a persone con un più alto reddito e ad un prezzo maggiore, rispetto al tradizionale settore del VPO. Gli alloggi VPO sono a disposizione degli occupanti per l’acquisto, anche grazie a sussidi messi a disposizione a questo scopo. Attualmente le Comunità Autonome stanno implementando diversi modelli di proprietà condivisa per i giovani, con la possibilità di accedere all’acquisto dopo 7-10 anni (alquiler con opcion de compra). Sistemi di finanziamento Per l’housing sociale il governo spagnolo promuove e attua convenzioni con le banche commerciali, mettendo anche a disposizione sussidi pubblici per la realizzazione di nuove abitazioni. Oltre ciò sono previsti aiuti per le famiglie che devono far fronte ai prestiti con gli interessi. Per quanto riguarda il regime fiscale, per l’housing sociale 165 868_08 viene applicata l’esenzione dalle tasse locali e aziendali e la riduzione dell’IVA. Lo sviluppo dell’edilizia sociale viene incoraggiato soprattutto con gli incentivi fiscali, cioè attraverso esenzioni fiscali per gli acquirenti delle case. Per bilanciare l’offerta di housing per l’affitto e per la vendita, viene definito un regime fiscale preferenziale per le aziende, la cui principale attività è la costruzione e la gestione delle case in affitto. 8.4.2. Governo e priorità nelle politiche per l’housing sociale Il Piano nazionale per la casa 2005-2008 ha portato ad un rilevante incremento nella produzione di alloggi. Tale piano stabilisce un ampia gamma di aiuti dal lato della domanda, includendo misure che puntano a facilitare la costruzione di nuovi alloggi, la riabilitazione dello stock esistente ed anche l’occupazione di appartamenti vuoti attraverso l’affitto. Inoltre le Comunità Autonome hanno iniziato ad integrare i piani nazionali dell’ housing con sussidi dal bilancio regionale, di diverse entità. La politica fiscale, che nel precedente piano veniva applicata in modo indiscriminato favorendo così le persone con alti redditi, è stata modificata in via definitiva: attualmente viene concessa dallo Stato solo una parziale esenzione dalle tasse sul reddito e solo se l’appartamento viene utilizzato come residenza permanente. Riguardo allo stanziamento del budget, il Piano prevede un incremento nel finanziamento pubblico per il VPO, attraverso lo stanziamento di fondi dalle casse statali. Per l’anno 2007 gli stanziamenti sono stati incrementati del 14,4% rispetto al 2006. Sia le Comunità Autonome che le singole municipalità allocano risorse per la promozione dell’housing sociale su base annuale. Inoltre, a seguito dell’introduzione della legislazione regionale sul tema della pianificazione urbana, nelle nuove aree di sviluppo, almeno il 30% del terreno a disposizione deve essere utilizzata per housing sociale. La percentuale minima è definita nella nuova legge sull’uso del suolo attualmente in discussione in Parlamento. L’attuale governo mira sostanzialmente ad incrementare il numero delle case in VPO a 180.000 appartamenti, allo scopo di accrescere l’offerta abitativa per le categorie con i redditi più bassi, aumentando quindi la soddisfazione da parte di una domanda sempre crescente. 166 868_08 Il governo spagnolo ha promosso la costruzione di oltre 230.000 nuove abitazioni dal 2004, delle quali 195.000 per la vendita e 38.000 per l’affitto. Gli obiettivi del governo sono: - la promozione e la costruzione di alloggi protetti sia in acquisto che in affitto - la realizzazione di alloggi destinati a categorie specifiche (studenti universitari, giovani, famiglie monoparentali ecc) - un forte impulso a promuovere il comparto dell’affitto, un’opzione complementare e non antitetica a quella della proprietà. Come si è visto in Spagna l’affitto rappresenta appena l’11% del mercato abitativo e gli alloggi pubblici in locazione rappresentano poco più dell’1% delle abitazioni protette, una situazione che il Governo intende urgentemente correggere per garantire il diritto alla casa delle fasce più deboli. La svolta si basa su tre interventi: - in primo luogo attraverso incentivi fiscali ed economici per le società ed i fondi di investimento immobiliare che operano nell’ambito della promozione, costruzione e commercializzazione di alloggi protetti in regime di affitto. E’ in programma una riforma legislativa che aiuti la cessione di suoli pubblici in diritto di superficie in modo tale da permettere su questi la realizzazione di alloggi in affitto da gestire da parte del promotore per un arco di tempo determinato e che poi tornano nella disponibilità dell’amministrazione pubblica; - In secondo luogo, un intervento pubblico diretto nel mercato dell’affitto sovvenzionato; - in terzo luogo nel prossimo Piano Casa 2009-2012 incrementare il finanziamento della costruzione di alloggi protetti in affitto portandolo al 40% del totale dei nuovi alloggi protetti dei prossimi 10 anni; - infine continuare nella linea di offrire garanzie ai proprietari e agli inquilini per aumentare l’offerta in locazione di alloggi sfitti. 167 868_08 Tab. 55 - Spagna: stock complessivo delle abitazioni, comprendente prime e seconde case, 2001 e 2007 (v.a., var.%) v.a. 2001 Abitazioni convenzionate (vivienda protegida) Abitazioni a libero mercato (vivienda libre) Totale v.a. 2007 var. % 2001-2007 2.547.121 2.732.317 7,3 18.486.638 21.033.759 21.763.527 24.495.844 17,7 16,5 Fonte: Elaborazione Censis su dati Ministerio de Vivienda, Gobierno de Espana, 2007 Tab. 56 - Spagna: titolo di godimento delle prime case v.a. 2001 In proprietà In affitto Altro Totale 12.194.339 1.614.221 375.466 14.184.026 v.a. 2007 14.621.334 1.881.402 273.986 16.776.722 val. % var. % 2001 2007 87,1 % 11,2 % 1,6 % 100,0 % 19,9 16,6 -27,0 18,3 Fonte: Elaborazione Censis su dati Ministerio de Vivienda, Gobierno de Espana, 2007 168 868_08 Tab. 57 - Case in affitto, 2006 Regioni val. % Andalusia Catalogna Comunità di Madrid Altro Totale 13,9% 25,7% 18,5% 41,9% 100,0% Fonte: Elaborazione Censis su dati Ministerio de Vivienda, Gobierno de Espana, 2007 Tab. 58 - Spagna: nuove costruzioni residenziali per anno al netto delle demolizioni, 2002 e 2007 (v.a., var. %) v.a. 2002 Abitazioni convenzionate nuove (vivienda protegida) Abitazioni a libero mercato nuove o ristrutturate (vivienda libre) Totale v.a. 2007 val. % var. % 2002 2007 15.069 42.651 6,7% 183,0 502.598 594.179 93,3% 18,2 517.667 636.830 100,0 % 23,0 Fonte: Elaborazione Censis su dati Ministerio de Vivienda, Gobierno de Espana, 2007 169