SE SSA NT `AN NI DI ED IL IZ IA : L`IMP RE SA MAR IN O BA

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SE SSA NT `AN NI DI ED IL IZ IA : L`IMP RE SA MAR IN O BA
SESSANT’ANNI DI EDILIZIA: L’IMPRESA MARINO BAGNASCO
SESSANT’ANNI DI EDILIZIA: L’IMPRESA MARINO BAGNASCO
Foto di copertina:
Fulvio Rosso
Vado Ligure, Palazzina Parfi ri, Low Emission Building
SESSANT’ANNI DI EDILIZIA:
L’IMPRESA MARINO BAGNASCO
Salvatore Lanza
Andrea Zanini
Crediti fotografici:
Archivio Impresa Bagnasco
Archivio Fulvio Rosso
Federica Bagnasco
Maurizio Bagnasco
Frida Pantano
Fulvio Rosso
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o
trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo
elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione
scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore.
© 2007 ADW srl, Vado Ligure, Savona.
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Ideazione e cura editoriale:
ADW srl, via Verdi 5, Vado Ligure, Savona.
Printed in Italy
Finito di stampare nel mese di novembre 2007 da:
Grafiche f.lli Spirito, Cosseria, Savona.
www.adw.it
A nostra madre Anna
e ai nostri figli in ricordo del Nonno
Maurizio e Federica
Sessant’anni di attività rappresentano un traguardo importante per la nostra
Azienda, le cui origini risalgono appunto al 1947 quando nostro padre, Marino Bagnasco, da poco diplomatosi geometra, fonda una piccola impresa di costruzioni destinata in
breve tempo a crescere considerevolmente sino a diventare una delle più importanti di
tutta la Provincia di Savona. Questo è stato possibile grazie alle sue capacità tecniche e
imprenditoriali, all’ indomabile volontà e allo spirito di sacrificio che hanno accompagnato tutta la sua vita lavorativa. Una vita lavorativa che si è sempre costantemente
intrecciata con quella personale e familiare. I valori in cui papà ha sempre creduto lealtà, correttezza, senso di responsabilità - sono stati anche lo stile che ha improntato
tutto il suo percorso imprenditoriale.
Questo volume che abbiamo scelto di pubblicare per la stima e l’affetto che
abbiamo sempre avuto per nostro padre, vuole essere anzitutto un modo per ricordarne
la figura, attraverso la ricostruzione di un suo profilo non solo imprenditoriale, al quale
sono dedicati un saggio specifico e alcune schede, ma anche umano, grazie ai contributi
di persone che hanno avuto modo di conoscerlo e di apprezzarne le qualità. Crediamo
però che oltre alle parole, sia importante ripercorrere questi sessant’anni attraverso le
immagini che documentano in modo efficace le importanti realizzazioni compiute, l’ impronta data a molti angoli della nostra Città e ad alcuni centri della Provincia. In
secondo luogo vogliamo testimoniare che l’attività continua tutt’oggi in termini importanti e che sono previsti numerosi e significativi progetti per i prossimi anni, sempre
conservando lo stile e l’ impronta inconfondibile di nostro padre.
Questa è anche l’occasione per ringraziare quanti, con il loro quotidiano lavoro,
hanno contribuito alla crescita della nostra Impresa, ed alla creazione di un’Azienda con
un nome che siamo fieri di poter portare avanti con l’ impegno e i valori di sempre.
Maurizio e Federica Bagnasco
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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Prefazione
Questo libro raccoglie e illustra i risultati di una vita dedicata ad un principio
fondamentale: quello di essere consapevolmente protagonisti della propria esistenza in
una visione costruttiva nel vero senso della parola. Costruire è una parola che viene dal
latino e vuole dire “cum struere”, cioè mettere insieme con ordine.
Marino Bagnasco era l’esempio vivente di questa definizione. Scriverne, ricordando anche soltanto alcuni tratti dell’uomo e dell’amico, è un onore per me. Era un
uomo che guardava diritto negli occhi e pesava. Il suo sguardo era una bilancia digitale
dalla quale lui leggeva sul display (che lui solo vedeva) non il peso corporeo, ma lo spessore
dell’ interlocutore. Non si sbagliava e questo era il segno del corredo del comandante:
leggere negli uomini. Non emetteva mai giudizi sommari, perché il suo senso di umanità
era altrettanto consistente e garantiva tolleranza. Un altro segno del comando.
In questi tempi non ci sono più le condizioni dei secoli nei quali un uomo carismatico ed eccezionale per capacità di vario genere era patentato come “nobile”. Come si
diventava nobili allora? Per esempio al tempo della tavola di Re Artù? Soprattutto per
le virtù dell’animo, come: essere leali, costanti, affidabili nell’ impegno, disponibili per il
prossimo, determinati nel perseguimento del bene comune. Valori che sono gli stessi di
tutti i tempi e di tutte le latitudini e che hanno sempre distinto l’uomo con la U maiuscola dagli uominicchi e dai quaqqueraquà battezzati da Sciascia nella sua letteratura.
In tempi antichi, come quelli che sto rievocando, Marino sarebbe stato certamente investito col tocco della spada sull’omero, perché questo crisma della nobiltà d’animo e di stile
lo aveva in pieno. E nella sua professione s’era verificato qualcosa di simile col passare
degli anni di lavoro. Era geometra nel senso etimologico più alto della parola, nata al
tempo della Grecia antica. Tanto è vero che, vivo ancora il professor Benvenuto, Preside
della Facoltà di Architettura e caro amico, Marino era stato invitato a tenere una lezione
all’Ateneo genovese e s’era avviato, a sua insaputa, il procedimento per un riconoscimento
“ad honorem”.
Parlo di un uomo di questo valore, e cioè di un uomo che ha lasciato traccia di sè
per tanti versi: quella più evidente nelle opere edili, opere solide ed eleganti, ma quella
più significativa della sua personalità nella sua chiarezza di idee, nella sua capacità di
distinguere le cose importanti da quelle che non lo sono, nel suo rispetto del prossimo, con
senso profondo di umanità. A fianco di questi aspetti, coerenti tra loro, tutti oggettiva-
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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mente riconoscibili e riconosciuti da chi l’ ha incontrato o frequentato nella sua attività
professionale, mi piace esaltare proprietà più intime del suo carattere. Le sue radici erano
in Val Bormida e i suoi ricordi andavano spesso alla memoria delle emozioni giovanili
che le stagioni, gli eventi naturali, la terra, hanno sempre prodotto su un animo sensibile
che si aff accia alla vita. Così all’ imprenditore tutto d’un pezzo si intrecciava come un
viticcio l’ inclinazione per la coltura delle piante e dei fiori. Se è vero che esiste il pollice
verde, lui ne era certamente dotato. E se è vero che coltivare dei fiori, come diceva Confucio, è garanzia di buon vivere più di quanto non possano procurare altri piaceri,
Marino ha saputo scientemente trarne beneficio.
Era bello rievocare con lui le esperienze che, appartenendo entrambi alla generazione sfiorata (senza subirne troppi danni) dalla guerra del 1940, avevano rappresentato
un’ importante lezione di vita. Anni drammatici, distanti anni luce dal tessuto economico
di oggi che “conforta” i giovani, che li fa crescere più alti, più sani, ma che ha tolto a loro
(e forse anche ai non giovani ma immemori) qualcosa di importante, anche se scomodo
da gestire. Mi riferisco alla riflessione della quale sono partito per parlare di Marino:
essere protagonisti della propria esistenza: un valore che sta al di sopra di quanto di solido
si può mettere insieme nella vita.
E mi permetto di dire che sono contento per lui, per la sua natura di uomo vero,
che ci abbia lasciato così, senza avere il tempo di arrendersi all’ingiuria degli ultimi anni,
della vecchiaia, che lui, nonostante l’età anagrafica, non ha mai conosciuto.
Giacomo Bruzzone
Pagina successiva:
Cengio, primi anni ’50.
Cena per festeggiare la fine dei lavori di costruzione del palazzo
di via Marconi 3 e 5, Cengio.
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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Appunti sull’urbanistica a Savona
dopo il secondo conflitto mondiale
di Salvatore Lanza
Pagina precedente:
Savona, la zona del porto dopo i bombardamenti
della II Guerra Mondiale.
Sopra:
Savona, la vecchia stazione ferroviaria di Savona-Letimbro.
Pagina successiva:
Savona, 1961. L’edificio della nuova stazione ferroviaria
di Savona-Mongrifone.
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Premessa
Quando Federica e Maurizio Bagnasco mi chiesero di scrivere per la presente pubblicazione un breve capitolo dedicato alle vicende urbanistiche della nostra
città durante il secondo dopoguerra, dovetti venire a patti con l’idea di non poter
aff rontare il tema in modo esaustivo, limite reso forse più accettabile dalla considerevole e significativa bibliografia esistente1. Ho preferito quindi esaminare i nodi
dell’espansione della città, di cogliere gli elementi più salienti che hanno determinato
la formazione e crescita di Savona della seconda metà del XX secolo.
Il panorama urbanistico italiano nel secondo dopoguerra vede anche se con
notevoli rallentamenti, l’applicazione della legge urbanistica del 1942 con la formazione dei PRG, ovvero i Piani Regolatori Generali. Per Savona, la nuova pianificazione urbanistica si inserisce in una tradizione già presente a partire dalla seconda
metà dell’Ottocento con il Piano Cortese Galleano del 1856 e la successiva Variante
“Corsi”2, strumenti alla base dell’espansione urbana di fine Ottocento. La città assisterà in seguito ad ulteriori momenti di trasformazione urbanistica, che avranno per
oggetto parti significative del tessuto urbano esistente3 con importanti progetti per
Si citano in proposito due significativi testi: C. Var al do,
M. Ricch ebono: Savona, Genova, Sagep Editrice, 1982 e L.
Pagg i (a cura di): Cento anni di lavoro. Il ruolo delle imprese
edili nella trasformazione del paesaggio urbano del 900 savonese, Savona, Unione Industriali della Provincia di Savona
Sezione Imprenditori Edili, 2000. In tale pubblicazione sono
contenuti i contributi di: N. Campor a, Il Savonese del ‘900:
le peculiarità, gli equilibri, l’evoluzione la trasformazione, il
recupero; L. Ca mpag nol o, I Rapporti tra lo sviluppo e la
pianificazione del territorio in provincia di Savona; F. Tomasinelli , Le innovazioni di processo e di prodotto nell’edilizia
savonese del ‘900; M. Ric c h ebono , Un secolo di architettura
nella provincia di Savona. Momenti e tendenze del ‘900; E.
Mat t iauda , Paesaggio urbano e architettura savonesi del ‘900
nell’arte figurativa; D. Per sico , Il contributo del comparto
edile allo sviluppo dell’economia savonese del ‘900.
1
le zone delle Quarde e dei Cassari e per le zone agricole dell’Oltreletimbro.
Sarà sostanzialmente nelle aree ad orti poste in sponda destra del torrente Letimbro che si giocherà il futuro della Savona del dopoguerra; uno dei nodi dell’assetto
urbano assunto da quest’area a partire dagli anni ’50 sarà la collocazione della nuova
Stazione Ferroviaria, con le relative infrastrutture ed il parco merci.
Il Piano del 1856 e sue successiva Variante disegnano
l’assetto che la città assumerà tra fine Ottocento ed inizio
Novecento, che si caratterizza per due importanti fattori: la
scelta di una maglia lottizzativa rettangolare e l’adozione di
una rigida forma di controllo della qualità architettonica, che
viene garantita attraverso la Commissione d’Ornato organo
di approvazione e controllo dei progetti edilizi.
2
Per una trattazione esaustiva si rimanda alla pubblicazione
di L. Gabbar ia Mist r ang el o, Savona, Piani 1838-1959,
Milano, Libreria Clup, 2004.
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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In questo si può cogliere una relazione, forse una delle poche, con quanto
già vissuto dalla città nel corso dell’espansione ottocentesca: il posizionamento della
Stazione Ferroviaria come chiave di volta, elemento fondativo di un processo di
espansione urbana. Purtroppo le analogie non si spingono oltre e analizzando gli esiti
di quanto avvenuto nell’Oltreletimbro essi non sembrano paragonabili a quanto si
produsse dopo la scelta localizzativa della vecchia stazione ferroviaria, che costituì la
polarità per il definitivo tracciamento di via Paleocapa, asse viario principale insieme
a corso Principe Amedeo (l’attuale corso Italia) per la determinazione dell’intera
maglia insediativa ortogonale.
L’espansione della città nel secondo dopoguerra
Non esiste un modello insediativo unico cui ricondurre l’espansione della
città nella seconda metà del Novecento, nella quale sembra riconoscibile piuttosto
una sequenza di interventi sporadici e quasi mai coordinati tra loro. Una prima
conseguenza di tale situazione è la nascita delle periferie, sorta di “città satelliti”
che, separate da quello che in seguito sarà chiamato centro-storico, nulla hanno del
connotato idilliaco della città giardino e si individuano come veri e propri quartieri
marginali riconoscibili, oltre che per le forme architettoniche dei loro edifici, anche
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Pagina precedente, in alto:
Savona, 1894. Lavori di apertura di via Paleocapa.
Sotto:
per la caotica rete dei collegamenti stradali. L’edificazione delle case ha infatti preceduto la costruzione di viabilità (strade) e servizi (scuole), creando quartieri complessi
Savona. via Paleocapa a lavori ultimati.
in cui lo sviluppo delle aspettative sociali ed individuali talvolta è stato a lungo
Savona. corso Principe Amedeo (attuale corso Italia).
penalizzato.
Questa pagina, sotto:
Savona. Panoramica della zona “Villetta”.
Al centro si noti il Teatro “G. Chiabrera”
Lo sviluppo urbano sistematico è avvenuto in modo più contenuto ad oriente
nella zona della Villetta, dove si è manifestato attraverso una calibrata saturazione
degli spazi non edificati, ed in quella di Valloria; ha interessato in modo più consistente la porzione occidentale del territorio comunale, con le aree dell’oltre Letimbro
e zone di piazzale Moroni, Chiappino-Mongrifone, Legino.
Nella Savona del dopoguerra si sono saldate in un complesso connubio le
esigenze della ricostruzione e i fattori di crescita demografica legati ad una forte
immigrazione conseguenza dello sviluppo industriale; questa difficile situazione fu
gestita da amministratori e tecnici cui toccava l’arduo compito di individuare solu-
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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zioni adeguate e ancor più di elaborare nuovi strumenti concettuali per cercare di
comprendere appieno le conseguenze delle scelte attuate in condizioni che avevano
pochi precedenti o non ne avevano affatto. Questa situazione non è ovviamente
una peculiarità savonese, ma si riscontra in tutto il contesto italiano del tempo. La
società, in tutte le sue componenti, non aveva ancora maturato esperienze adeguate e
meccanismi di gestione capaci di confrontarsi con trasformazioni socio economiche
di così grande portata quali quelle post-belliche. C’erano state sì varie operazioni
di trasformazione durante il ventennio fascista (“il piccone risanatore”)4, che però
nascevano principalmente da una volontà celebrativa, ben leggibile anche nelle limitate esperienze realizzatesi nella costruzione di nuove città o nell’aggiunta di nuovi
Esempi di tale approccio sono molto frequenti nelle città
di nuova costituzione nelle aree pontine dopo la bonifica
come anche negli interventi su quartieri ottenuti a seguito
di demolizioni di intere porzioni dei centri storici come nel
caso della Spina di Borgo e di via dei Fori Imperiali a Roma
ma anche del quartiere dei Cassari a Savona.
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quartieri alle città esistenti.
La disastrosa fine del ventennio fascista aveva lasciato, oltre alle rovine fisiche
degli edifici distrutti nel conflitto mondiale, anche un più sottile vuoto culturale che
era stato talvolta colmato dal mito del “moderno”, estrinsecato attraverso modelli
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Pagina precedente:
Savona. L’intersezione di via Giuria, via Untoria e
corso Principe Amedeo in piazza Giulio II.
A destra si noti il vecchio Ospedale “S. Paolo”.
Questa pagina, sotto:
Savona. Via Giuria all’altezza di piazza Cavallotti.
mutuati da esperienze internazionali spesso solo parzialmente comprese, modelli che
enfatizzavano il valore di un costruire secondo schemi con forti connotati di semplificazione. Secondo questi schemi l’immagine dell’edificio doveva essere improntata
a forme “assolute” in cui la decorazione era quasi del tutto cancellata e potevano
essere sottolineati pochi elementi funzionali, quali tetti e fi nestre, considerati in
modo asettico e del tutto privi degli elementi formali che da sempre ne avevano
accompagnato la percezione. Dobbiamo tenere presente che il prendere le distanze
dal decorativismo non è che un portato della tendenza a considerare la modernità
soprattutto come violenta reazione al passato. Questo particolare atteggiamento ha
in parte contribuito ad originare, nella quotidianità dello sviluppo urbano, scelte
fondate sul primato dell’oggetto architettonico (l’edificio) rispetto al contesto in cui
esso deve volta a volta collocarsi. Emblematico è a questo proposito quanto avvenuto
in piazza Cavallotti, spazio ottocentesco formato dall’intersezione di due percorsi
perpendicolari tra loro, dove gli edifici sono posti sui quattro canti smussati a 45° a
formare una piazza ottagonale. Nella costruzione della scuola media Colombo, edificata sul sedime di uno dei quattro “canti” della piazza, viene totalmente ignorata
la configurazione ottagonale e il nuovo edificio si innesta nello spazio pubblico con
un angolo retto che irrompe nella piazza a guisa di cuneo.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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Scuole Medie “C. Colombo”, in rosso, sull’ottocentesco tessuto
urbano di piazza Cavallotti.
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L’indebolirsi di tutti i legami e delle attenzioni che avevano permeato il delicato rapporto tra il contesto fisico-territoriale e le nuove costruzioni che in esso
dovevano essere erette costituisce la condizione di fondo che contraddistingue questo
momento culturale. A questo mutato approccio si accompagna una diffusa concezione della progettazione vista soprattutto come “sperimentazione individuale”, priva di
momenti di riscontro e verifica pubblici. Non si fa più ricorso ai “Concorsi di Idee”,
ai Seminari o ad altre simili occasioni, rinunciando quindi ad una crescita omogenea
dei contesti tecnico-culturale, ma anche amministrativo nel loro complesso, basata
sul confronto e sul dibattito. Le necessità operative richiedevano nel contempo che
la classe politica affrontasse le difficili ed inderogabili scelte localizzative e gestionali
relative alle trasformazioni della città, ma in quel momento sono del tutto mancate le
sinergie e le scelte della classe politica sono avvenute in una condizione di “isolamento” e di assenza di verifiche sia con l’insieme dei progettisti che delle scelte avrebbero
dovuto fornire il substrato culturale, sia con gli imprenditori che avrebbero dovuto
dar luogo alla concreta realizzazione delle idee selezionate.
Acquistano peso determinante, in questa fase di forte espansione e crescita
nei consumi, anche i condizionamenti dettati dal concetto di edificio inteso soprat-
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
tutto come bene non duraturo, in tutto e per tutto prodotto industriale che viene
realizzato, riprodotto ed aggregato nei modi e in adesione alle logiche più svariate,
purché rispondenti a criteri economici e gestionali. Sono allora coniati termini come
“Edilizia Economico–Popolare” e realizzati gruppi di edifici chiamati, mutuando il
termine dalle antiche suddivisioni delle città in quattro zone (Quarti), “Quartieri di
Edilizia Economica e Popolare” realizzati in un primo tempo nell’ambito di programmi finanziari come “Ina Casa” e “Gescal” in seguito gestiti dagli IACP nell’ambito
dei Piani per l’Edilizia Economica e Popolare. Vengono così a delinearsi due prassi
di accrescimento della città: quella delle lottizzazioni con edilizia di pregio e quella
dei piani di zona per l’edilizia economica, differenti per target ma accomunati dalla
carenza di qualità abitativa.
Nella fase successiva al 1967 con la cosiddetta “legge ponte”5 che si proponeva
di porre un freno alla caotica espansione delle città, si fa strada il concetto di normare
i caratteri della nuova costruzione soprattutto in relazione ai rapporti dimensionali
e alle distanze dei fabbricati dai nastri stradali. La “legge ponte” trova una sua piena
attuazione dopo l’emanazione del Decreto Legislativo n. 1404 del 1968 che introduce
la classificazione delle strade con le relative distanze minime dei fabbricati rispetto
al nastro stradale e del successivo Decreto Legislativo 14446 che introduce gli “standard urbanistici” ovvero quantità minime di aree da destinare ad attrezzature di
interesse pubblico per le diverse zone territoriali. Il panorama legislativo nazionale
negli anni Settanta vedrà anche l’approvazione di una nuova importantissima legge,
la “legge quadro” o “legge Bucalossi”7, che introduce con il “Programma Pluriennale
di Attuazione del Piano Regolatore” uno strumento amministrativo volto a rendere
realizzabili le prescrizioni dei Piani Regolatori. L’attività legislativa vede quindi l’ap5
Legge 6/8/1967 n. 765.
Il Dlgs 1444 ha per titolo Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati e rapporti massimi
tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e
spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formulazione dei
nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti,
ai sensi dell’art. 17 della legge 765/1967.
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Legge 28/1/1977 n. 10 Norme per l’edificabilità dei suoli.
Tale legge oltre a disciplinare i casi e l’iter per il rilascio
della concessione ad edificare pone i principi fondamentali ai
quali dovranno adeguarsi le Regioni nell’emanare le proprie
normative urbanistiche secondo il dettato costituzionale e
secondo le norme relative al trasferimento di competenze
legislative alle Regioni.
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provazione di diverse leggi miranti a finanziare programmi ed interventi urgenti per
rispondere all’emergenza abitativa, che contengono anche disposizioni in materia di
strumenti urbanistici. È il caso della legge del 5/8/1978 n. 457 che nel suo Titolo IV
affronta il problema del recupero edilizio introducendo il “Piano di Recupero” come
strumento urbanistico attuativo appropriato per affrontare la complessa problematica
del recupero dei centri storici.
Traspare da questo brevissimo excursus come il panorama legislativo della fine
degli anni Sessanta e degli anni Settanta in Italia sia alquanto affollato e denoti una
diff usa presenza di nodi critici nella gestione del territorio. Gli strumenti con cui si
tenta di aggredire il problema affidano la loro efficacia all’introduzione di un sistema
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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di norme prescrittive che se possono, nel migliore dei casi, portare ad un controllo
quantitativo dell’attività edilizia, certo hanno scarsa capacità di innescare processi
virtuosi tali da incrementare l’attenzione alla qualità ed alle logiche del costruire.
Non è il caso di sviluppare ulteriormente la riflessione sulle conseguenze insite
in tale approccio concettuale in questa sede si cercherà di analizzare alcune situazioni
concrete illustranti le vicende di espansione della nostra città.
La chiave di lettura individuata è legata due temi specifici e complementari:
il rapporto tra edifici e percorsi nello sviluppo del contesto urbanistico savonese del
secondo dopoguerra e le peculiarità individuabili nelle realizzazioni architettoniche
sorte in alcune zone cittadine paesaggisticamente qualificate, nelle quali una migliore
e più matura riflessione progettuale, amministrativa e imprenditoriale ha dato vita a
manufatti edilizi significativi e ben connotati.
Il primo aspetto andrà assumendo un’importanza rilevante nel successivo
processo di sedimentazione delle trasformazioni della città, quando diventerà percepibile il ribaltamento del rapporto tra edifici e percorsi (strade). Il concetto dell’edificio come prodotto ha favorito la perdita del rapporto casa/strada, rapporto che ha
contraddistinto senza soluzione di continuità l’intero svolgersi dell’attività edilizia
nella storia della civiltà occidentale. Gli edifici ora possono sorgere o per meglio dire
“spuntare”, avulsi da una qualsivoglia maglia di percorrenze. In certi casi (piazzale
Moroni) tale maglia viene ricavata solo dopo l’ultimazione delle costruzioni, determinando problematiche di collegamenti, percorribilità, parcheggi nonché la proliferazione obbligata di servizi e di linee di trasporto pubblico.
Il secondo aspetto, ovvero le peculiarità individuabili nelle realizzazioni architettoniche sorte in alcune zone cittadine paesaggisticamente qualificate trova ad
esempio riscontro nella fascia a mare, ovvero lungo la porzione urbana del tracciato
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
relativo alla via Aurelia verso ponente. In tali aree si rilevano alcuni gruppi di edifici
pensati con una migliore e più matura riflessione progettuale, che ha consentito di
sfruttare gli spazi in modo razionale creando micro quartieri caratterizzati da una
migliore vivibilità: è il caso dell’insieme via Crocetta innesto con via Nizza oppure
delle costruzioni di via Nizza prospicienti i giardini della clinica Riviera. Anche in
questi casi, accanto a volumetrie contenute in altezza ed a finiture tutt’altro che dozzinali, troviamo attenzione al rapporto con la percorrenza segnato dagli allineamenti
e dalla creazione di fasce di mediazione tra lo spazio pubblico e quello privato che
utilizzano alberature o portici.
Sopra:
Savona, zona piazzale Moroni. Panoramica.
A fianco:
Savona, via Crocetta 2, 4, 6, 7 e 8, 1964/1972.
Edifici di civile abitazione.
Planimetria generale che evidenzia l’intervento
dell’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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Savona, via Crocetta 7, 1969/1971.
Edificio di civile abitazione.
Prospetto dell’edificio realizzato dall’Impresa Marino Bagnasco.
In un siffatto contesto socio-culturale vanno a collocarsi le espansioni della
città di Savona, che procedono per saturazione degli spazi rimasti liberi nei quartieri
caratterizzati dalla presenza di villette suburbane quali appunto le zone ad est denominate Villetta e Valloria, ad ovest invece, varcato il torrente Letimbro, l’espansione
interessa le aree delimitate a sud dal mare e dal Borgo delle Fornaci, dal Borgo di
Legino ad ovest, a nord dalle le prime alture della Madonna degli Angeli e della
Madonna del Monte e ad est dalla riva destra del Letimbro. Tali aree, da sempre
costituite da orti suburbani, erano anche state oggetto dei primi insediamenti industriali di inizio Novecento collocati nelle aree più vicine al Letimbro.
Si è già ricordata la scelta di trasferire a ponente la linea ferroviaria con conseguente costruzione della nuova stazione di Mongrifone. Bisogna sottolineare come,
contrariamente a quanto avvenuto a fine Ottocento, la stazione non abbia costituito
anche una polarità urbanistica: non esiste una vera piazza antistante la stazione su cui
si attestino gli assi viari di collegamento con altre polarità urbanistiche. Mancando
gli assi viari non esiste tessuto edilizio ed è significativo come anche la stazione abbia
sofferto e ancora soffra di una condizione di marginalità rispetto alla città.
Diversa è la condizione di corso Tardy & Benech, asse viario che continua in
Oltreletimbro corso Mazzini, l’arteria di collegamento con il porto. In questo caso
la vicinanza con il centro della città e l’adozione di una tipologia edilizia caratterizzata da edifici dotati di porticato continuo a piano terreno, facilitano la presenza di
attività commerciali (negozi) che rendono ancora vitale la zona. Vitalità che cessa
repentinamente quando la strada incrocia il cavalcavia della ferrovia, cambia nome
divenendo via Stalingrado e soprattutto vede terminare la tipologia edilizia porticata
che viene sostituita da case in linea costruite dalle Ferrovie dello Stato per i propri
dipendenti. Il caso citato è paradigmatico in quanto evidenzia due importanti fattori: in primo luogo si può banalmente notare come il progressivo allontanamento
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Savona, 1938.
Piano Regolatore di massima per l’ampliamento della città.
dal centro città, comporta l’aumento della condizione di marginalità della zona, in
secondo luogo trova conferma l’importanza del ruolo della qualità architettonica nel
determinare la marginalità urbanistica dei fabbricati.
Quanto avviene in corso Tardy & Benech non è un caso unico: si ritrova una
simile scelta progettuale nel piccolo quartiere prossimo alla chiesa di San Giuseppe,
che viene costruito riproponendo negli anni Sessanta lo schema ortogonale della
città ottocentesca, come per altro previsto dal Piano Regolatore del 1938 per tutto
l’Oltreletimbro.8 Tale scelta trova una possibile spiegazione a seguito della presenza di
alcune forti preesistenze del primo novecento come la casa con tipologia “a ballatoio”
di via Aglietto e l’edificio in forme neogotiche su corso Ricci. Ma alle preesistenze si
associa anche una progettazione che porta alla costruzione di uno spazio pubblico:
piazza Martiri della Libertà, delimitata da edifici che, almeno su due lati, ripropongono il tema dell’edificio porticato.
Il piano proponeva la copertura del torrente Letimbro e la
continuazione della maglia edilizia ortogonale nell’Oltreletimbro fi no alla nuova stazione ferroviaria collocata dove
verrà, trent’anni dopo realizzata.
8
Un ulteriore caso in cui sono rilevabili attenzioni sia per i rapporti dimensionali sia soprattutto per la relazione con il contesto urbano che viene defi nito è
presente nell’edificazione della zona limitrofa alla piccola chiesa di San Michele.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
23
In quest’area in si realizzano tipologie edilizie con piano terreno porticato che costituiscono un vero e proprio “tessuto edilizio”.
In questo quadro generale molto frammentato si inserisce una nuova stagione
di pianificazione che, come ormai ritenuto necessario per le “novità”, deve distaccarsi
dal passato e connotarsi in modo “nuovo” attraverso l’introduzione della “Pianificazione funzionale e parametrica”. Trovano quindi applicazione anche nell’urbanistica
savonese quei complessi meccanismi da calcolo algebrico basati su “indice di fabbricabilità”, altezze massime consentite, distanze, “standard urbanistici”, ma il disordine
sostanzialmente non muta e il raggiungimento di un’effettiva qualità urbana resta
ancora un obiettivo lontano e difficile da conseguire.
Sopra:
Savona, 2007.
Il quartiere San Michele in una veduta a volo d’uccello.
A fianco:
Savona, via San Michele 2, 4, 6, 8 e 10, 1966/1970.
Edifici di civile abitazione e negozi.
Planimetria generale degli edifici realizzati
dall’Impresa Marino Bagnasco.
24
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Savona, via San Michele 2, 1966/1970.
Edificio di civile abitazione e negozi.
Prospetto dell’edificio realizzato dall’Impresa Marino Bagnasco.
Il P.R.I.S. Piano Regolatore Intercomunale Savonese
Il Comune di Savona si è dotato di “Piano Regolatore Intercomunale (PRIS)”
approvato con Decreto del Presidente della Giunta Regionale n° 1988 del 5 settembre
1977 sottoposto a “Variante Generale Intermedia” approvata con Decreto dello stesso
Presidente della Giunta Regionale n° 503 del 2 giugno 1995.
Il PRIS ha accompagnato in realtà una stagione delle recenti vicende urbanistiche savonesi iniziata un decennio prima della sua approvazione su cui sono state
condotte molte riflessioni a margine delle quali si ritiene utile sottolineare alcuni
elementi significativi.
Innanzi tutto la zonizzazione ed in generale i problemi e le prospettive di sviluppo sono stati considerati a livello di comprensorio: Albisola Superiore, Albissola
Marina, Bergeggi, Quiliano, Savona, Vado Ligure visti come insieme territoriale fatto
di realtà distinte ma interdipendenti. La seconda considerazione riguarda (soprattutto
per Savona) la scelta di classificare le zone del territorio comunale poste a monte del
nastro autostradale Genova Ventimiglia come Zone Verdi a Servizi territoriali (Parco
Urbano). Il nastro autostradale identifica il limite dell’edificabilità: a monte dell’autostrada una zona boscata che diviene inedificabile e a valle si concentrano le potenzialità edificatorie. Difficile valutare la positività o la negatività di una tale scelta che
ha consentito di preservare un polmone verde alle spalle della città difendendo tali
aree dalle pressioni speculative ma per contro ha costretto le potenzialità edificatorie
in aree limitate con una conseguente saturazione degli spazi urbani.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
25
Qualità e Quantità una scommessa per il futuro
La conclusione dell’esperienza del PRIS si accompagna alla fine di quella che
è stata definita la “golden age” delle costruzioni savonesi e che ha attraversato gli
anni sessanta e gli anni settanta. A questa fase fa seguito una stasi dell’attività edilizia connessa al mutato quadro socio economico della città. Le previsioni di crescita
della popolazione residente non trovano riscontro ed anzi si assiste ad un drastico
ridimensionamento del numero degli abitanti. Muta anche il quadro di riferimento
dell’economia locale con la conclusione della fase industriale e una progressiva terziarizzazione dell’economia. Anche lo sviluppo urbano subisce un cambio di rotta
e ad operazioni di sviluppo quantitativo si sostituiscono interventi sull’esistente che
hanno portato - ed ancora stanno portando - ad una ridefinizione di spazi urbani
come quelli caratterizzati ad esempio dalla presenza di aree industriali dismesse o
da costruzioni fatiscenti.
Si tratta di una grande occasione che puntando sulla qualità architettonica e
sulla riflessione tra i rapporti della nuova costruzione con l’edilizia storica ha portato
alla costruzione di edifici molto interessanti, come quello realizzato tra via Pia in
prossimità del Palazzo della Rovere, in cui senza rinunciare alle forme contemporanee si ricerca un confronto il linguaggio architettonico del passato giungendo ad un
armonioso equilibrio.
La qualità architettonica rappresenta indubbiamente un obiettivo assai ambizioso ma il suo ruolo è fondamentale sia per intervenire sulle incongruenze presenti
nel panorama edilizio, sia per contribuire a conservarne quell’identità urbana ovvero quei caratteri identificativi che la città si è data nel corso del proprio sviluppo
storico.
Pagina successiva:
Savona, 2007.
Veduta di via Paleocapa verso piazza del Popolo ed il Letimbro.
Sullo sfondo, la stazione ferroviaria Savona-Mongrifone.
26
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
27
La biografia imprenditoriale di Marino Bagnasco
di Andrea Zanini
Pagina precedente:
Cengio, anni ’50. Maestranze al lavoro.
Sopra:
Savona, 10 luglio 1999. L’imprenditore Marino Bagnasco.
30
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Premessa
Il panorama industriale del nostro paese è caratterizzato dalla presenza di
numerose imprese di piccole e medie dimensioni che, in molti casi, costituiscono la
struttura portante del sistema economico. Molte di esse sono a base familiare, spesso
sorte per iniziativa di un singolo individuo, grazie alle cui capacità sono progressivamente cresciute sino a divenire una realtà di rilievo all’interno del settore e dell’area
geografica in cui operano1.
La Marino Bagnasco è una di queste. Nata nell’immediato secondo dopoguerra come piccola azienda di costruzioni, sotto la direzione del suo fondatore, che
l’ha guidata per oltre mezzo secolo, si è gradualmente sviluppata giungendo ad essere
una delle maggiori imprese edili della provincia di Savona. Attraverso le numerose
realizzazioni effettuate nell’arco dei suoi sessant’anni di vita ha concorso non solo alla
trasformazione del territorio, ma anche alla sua crescita economica e sociale.
Ripercorrerne l’evoluzione, delineare le principali tappe della sua crescita, le
opportunità che ha saputo cogliere, il modo in cui ha fronteggiato le alterne fasi congiunturali del settore, significa dunque contribuire anche ad una migliore conoscenza
del contesto in cui ha operato2.
1. Le origini dell’impresa tra dopoguerra e ricostruzione
La storia dell’impresa è legata a fi lo doppio a quella del suo fondatore: tratPer una recente messa a punto del tema si veda A. Colli ,
Capitalismo famigliare, Bologna, Il Mulino, 2006.
1
Le storie di imprese e di imprenditori operanti nel settore
edile non sono molto numerose. Per l’area savonese, oltre a
due lavori monografici relativi ad aziende non più attive (cfr.
F. Fol c o, M. Sper at i, Nicolò Galeotti, l’uomo, l’imprenditore, Savona, Marco Sabatelli Editore, 1993; Ing. Sugliani &
Tissoni Impresa Costruzioni, a cura di F. Cic il io t , Savona,
Marco Sabatelli Editore, 1999), sono disponibili sintetici
profili delle principali realtà tutt’oggi attive nel volume Cento
anni di lavoro. Il ruolo delle imprese edili nella trasformazione del paesaggio urbano del ’900 savonese, a cura di M.L.
Pag gi, Savona, Unione Industriali - Sezione Imprenditori
Edili, 2000.
2
A. Bagnasc o, “Il male della pietra”,
” in Il Ponente savonese
dalle Alpi al mare, a cura di S. Riol f o Mar eng o, Milano,
Vienennepierre edizioni, 2006, p. 36.
3
teggiare la sua figura diviene dunque essenziale per ricostruirne le vicende. Marino
Bagnasco, terzo dei sei figli di Paolo e Giuseppina Bunino, nasce il 3 marzo 1927 a
Rocchetta, una frazione del comune di Cengio, in Val Bormida. Nonostante la presenza di alcuni importanti complessi produttivi, a quell’epoca la popolazione della
zona è ancora in gran parte dedita all’agricoltura e all’allevamento. Non sorprende
dunque che il padre volesse avviarlo alla professione di veterinario, attività che, date
le peculiarità economiche della vallata, gli avrebbe garantito prospettive occupazionali certe. Pertanto, terminate le scuole medie, si iscrive al liceo scientifico per poi
accedere agli studi universitari3.
Negli anni dell’adolescenza, però, Marino comprende che il suo futuro lavorativo sarebbe stato diverso da quanto era nelle intenzioni paterne. La spiccata creatività
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
31
Cengio, 19 marzo 1955.
La famiglia d’origine: da sinistra le sorelle Germana e Lucia,
il fratello Rino, la mamma Giuseppina, il fratello Edoardo,
il papà Paolo, Marino ed il fratello Natale.
e il grande senso pratico di cui è dotato lo indirizzano infatti verso l’attività edilizia:
un mondo dal quale è affascinato e verso cui si sente attratto, tanto da far nascere
una vera e propria passione che egli stesso definirà “il male della pietra”. Così, dopo
il primo biennio di liceo, decide di seguire le proprie inclinazioni e di iscriversi all’istituto tecnico per geometri, scelta non semplice, sia per il periodo storico (è infatti
da poco iniziata la seconda guerra mondiale), sia perché gli impone di ricominciare il
percorso formativo superiore e per di più lontano da casa, dal momento che a Savona
non esiste ancora uno specifico corso di studi. Marino non è persona che indietreggia
di fronte alle difficoltà e, già in questa occasione, dimostra la sua determinazione: si
trasferisce a Genova dove, per recuperare il tempo perduto fa “due anni un uno” e
così, nel 1946, ottiene il diploma di geometraa4.
Dopo la parentesi del sevizio militare, prestato a Livorno nel Genio collegamenti, ritorna a Cengio, dove nel 1947 mette a frutto il sapere tecnico e professionale
acquisito e avvia una piccola azienda di costruzioni, destinata a diventare ben presto
4
32
Ibidem, p. 37.
protagonista dell’edilizia savonese nella seconda metà del Novecento.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Egli appartiene dunque a quel gruppo di uomini “nuovi” che, pur non avendo
alle spalle una precedente esperienza nel settore maturata nel contesto familiare di
provenienza, si rivela ben presto persona in grado di concepire progetti importanti,
dotato di una non comune lungimiranza economica, unita ad una buona sensibilità
imprenditoriale e a notevoli capacità organizzative. Tali caratteristiche gli consentiranno di profittare delle occasioni di crescita legate allo sviluppo del comparto che
si manifesteranno negli anni successivi.
Nell’immediato dopoguerra si registra infatti un risveglio dell’attività edilizia, grazie soprattutto a considerevoli interventi di matrice pubblica finalizzati alla
ricostruzione delle infrastrutture della nazione e alla ripresa economica del Paese.
In ambito privato, invece, il settore stenta a ripartire: le riparazioni dei fabbricati
danneggiati e le realizzazioni di nuovi alloggi risultano ancora sporadiche, cosicché
molte imprese si rivolgono principalmente verso gli appalti statali5.
Nonostante la difficile congiuntura legata agli immobili residenziali, Marino
decide di orientarsi in via esclusiva proprio in questo ambito nel quale intravede
L. Bort ol ott i, Storia della politica edilizia in Italia, Roma,
Editori Riuniti, 1978, p. 217 e segg.; G. Sapelli , L’industria
e lo sviluppo dell’ impresa, in G. Sapel l i, S. Zan, Costruire
l’impresa. La cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna
dal 1945 al 1972, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 19-21.
5
maggiori prospettive di sviluppo. A partire dagli anni Cinquanta, si registra infatti
una significativa crescita dell’edilizia abitativa, sostenuta da specifici provvedimenti
per favorire la costruzione di case per lavoratori, il cosiddetto “Piano Fanfani”, e da
successivi interventi che prevedono sgravi fiscali, contributi governativi, finanziamenti
Tali interventi si propongono inoltre di far ripartire il settore edilizio e di contribuire a ridurre la forte disoccupazione.
Cfr. A. Pugl ie se, L’ industria edilizia unico e rapido mezzo
per la ripresa economica, Genova, Chimera, 1950; L. Bor t ol ott i, Storia della politica edilizia, cit., in particolare pp.
249-274; T. Fanfani, Scelte politiche e fatti economici in Italia
nel quarantennio repubblicano, Torino, Giappichelli, 1988,
pp. 47-52; G. Sapel l i, L’ industria e lo sviluppo dell’ impresa, cit., pp. 19-27; G. Pesc osol ido, Industria e artigianato,
in Annali dell’economia italiana, Milano, Ipsoa, 1982, voll.
10/2, pp. 140-144; 11/2, pp. 108-112; G. Mor i, L’economia
italiana tra la fine della seconda guerra mondiale e il “secondo
miracolo economico” (1945-58), in Storia dell’Italia repubblicana, vol. 1, La costruzione della democrazia, Torino, Einaudi,
1994, pp. 179-180. Sulla relazione tra attività edilizia e ciclo
economico si veda il classico M. Tal amona , Fluttuazione
edilizie e cicli economici, Roma, Isco, 1958.
bancari a tassi agevolati, quali le leggi Tupini e Aldisio. Grazie anche a tali misure, il
Come osserva Paolo Sylos-Labini con riferimento proprio
all’immediato dopoguerra, il sistema di ritardare i pagamenti relativi all’esecuzione di opere pubbliche, fa sì che solo le
imprese più efficienti e finanziariamente più forti possono,
per conseguenza, presentarsi agli appalti. Cfr. P. Syl os-Labini, Disoccupazione e opere pubbliche, in L’economia italiana: 1945-1970, a cura di A. Gra z iani, Bologna, Il Mulino,
1972, pp. 105-106.
L’area geografica interessata dalle prime realizzazioni è la Val Bormida. Si
6
7
volume di investimenti in ambito privato arriverà ben presto a superare quello delle
commesse pubbliche6.
È però probabile che sulla scelta di orientarsi verso il settore dell’edilizia abitativa abbiano pesato anche altri fattori, come la ridotta disponibilità iniziale di
capitali, che non gli consente di avviare da subito un’attività di grandi dimensioni e
in grado di concorrere con realtà già consolidate nell’aggiudicazione degli appalti7.
Non va però nemmeno trascurato il fatto che il settore delle costruzioni residenziali
permette maggiore libertà nell’esprimere le proprie capacità tecniche e progettuali,
aspetto senza dubbio allettante per il giovane Marino.
tratta senza dubbio di una scelta non casuale: è il contesto socio-economico in cui
è cresciuto, con il quale ha maggiore consuetudine e dove gli è più agevole ottenere
la fiducia della committenza, grazie anche al sostegno che gli assicura la famiglia.
Al suo esordio, infatti, egli non ha ancora raggiunto la maggiore età (all’epoca fissata
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
33
Sotto:
Cengio, 1959.
L’arrivo a tetto della Chiesa Parrocchiale San Giuseppe.
a ventun’anni), e dunque non possiede la piena capacità di agire: è quindi il padre
che si fa garante per lui degli impegni contrattuali8.
Inizialmente esegue soprattutto lavori per conto terzi, ai quali si aggiungono
piccole realizzazioni in proprio: costruisce alcune case a Millesimo, tra cui il Palazzo
Reggiani, e nella stessa Cengio; qui, assieme ai fratelli, edifica anche la nuova chiesa
parrocchiale, con annessi asilo e canonica. Un altro intervento di qualche anno
posteriore (1956-57), ma sempre nel campo dell’edilizia religiosa, è il restauro della
cupola del Santuario della Madonna del Deserto (Millesimo)9.
Già dal 1950, però, Marino aveva aperto un ufficio a Savona e nel 1953 vi
trasferisce la sede dell’impresa: da questo momento in poi il suo impegno lavorativo
si concentra principalmente nel capoluogo e in Riviera dove si prospettano maggiori
opportunità10.
8
A. Bagnasco, “Il male della pietra”,
” cit., p. 37; M.L. Paggi,
G. Col ombo, Vita e lavoro delle imprese, in Cento anni di lavoro, cit., p. 155. Per una visione socioeconomica del contesto
valbormidese dell’epoca si rinvia a: L. Pasqual e, Lo sviluppo
industriale in Val Bormida, in Il Novecento in Val Bormida, a
cura di M.L. Pagg i, Savona, Marco Sabatelli Editore, 1999,
pp. 49-58 e G. Sc ar z el l o, Modificazioni ambientali indotte
dai cambiamenti socio-economici dell’agricoltura, Ibidem, pp.
69-80.
9
A. Bagnasc o, “Il male della pietra”,
” cit., p. 37.
M.L. Paggi, G. Col ombo, Vita e lavoro delle imprese, cit.,
p. 155. Per oltre trent’anni l’impresa ha avuto sede in via
Paleocapa 3, fi no a quando, sul fi nire degli anni Ottanta,
gli uffici sono stati trasferiti nel palazzo di corso Italia 27,
di cui Marino aveva appena ultimato il restauro, dove si
trovano tutt’oggi.
10
34
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
2. La crescita dimensionale durante la “golden age”
Negli anni Cinquanta e Sessanta il settore savonese delle costruzioni si sviluppa
considerevolmente non solo in termini assoluti, ma anche in rapporto al comparto
industriale globalmente considerato: tra il 1951 e il 1971 le unità locali sono quintuplicate (da 326 a 1.611), e il numero degli occupati è quasi triplicato: da 3.062 a
8.847 addetti. Nello stesso periodo anche il contributo alla formazione del reddito
provinciale è aumentato sensibilmente, passando dal 5,7% al 10,5%11.
Per quanto riguarda più specificamente il boom dell’edilizia residenziale esso è
determinato, da un lato dall’incremento demografico del capoluogo e di altri comuni
costieri, che sollecita una significativa domanda di nuove abitazioni, e, dall’altro, dallo
sviluppo del comparto turistico che induce un potenziamento dell’offerta ricettiva,
sia per quanto concerne le strutture alberghiere che le seconde case12. Tale processo
si inserisce all’interno di una fase positiva per l’economia nazionale e internazionale
11
A. Zanini , Dal mare alle colline. L’economia savonese nel
Novecento, Vado Ligure, Adw Editori, 2005, pp. 121-123;
D. Per sico , Il contributo del comparto edile allo sviluppo
dell’economia savonese del ’900, in Cento anni di lavoro, cit.,
p. 131.
Con riferimento a questi ultimi aspetti si rinvia al nostro Sviluppo turistico e trasformazioni economiche fra Otto e
Novecento: il caso savonese, in corso di stampa nel volume Il
turismo e le città tra XVIII e XXI secolo. Italia e Spagna: un
confronto, a cura di P. Bat t il ani, D. St r angio, Milano,
Franco Angeli, in particolare § 4.
12
Sui caratteri dell’attività edilizia a livello provinciale si
rimanda a D. Per sico , Il contributo del comparto edile, cit.,
pp. 117-135.
13
14
A. Zan ini, Dal mare alle colline, cit., pp. 24-25.
Sui mutamenti urbanistici del periodo si vedano: M.
Ric c h ebono , C. Var al do, Savona, Genova, Sagep, 1982,
pp. 64-68; N. Cer iso l a, Savona tra Ottocento e Novecento,
Savona, Editrice Liguria, 1987, pp. 253-254; G. Cer iso l a,
Il ruolo dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari nella storia
urbanistica della provincia di Savona, in Savona nel Novecento.
Note e appunti di storia e cultura, Savona, Agenzia Regionale
Territoriale per l’Edilizia, 1998, pp. 27-60; N. Campor a, Il
Savonese nel ’900: le peculiarità, gli equilibri, l’evoluzione,
la trasformazione e il recupero, in Cento anni di lavoro, cit.,
pp. 11-30; M. Ricc heb ono, Un secolo di architettura nella
provincia di Savona. Momenti e tendenze del ’900, Ibidem, in
particolare pp. 89-91. Per un quadro più generale si veda I.
Inso le r a, L’urbanistica, in Storia d’Italia, vol. V, I documenti, Torino, Einaudi, 1973, soprattutto pp. 480-486.
15
che è stata denominata golden age (1950-1973).
Forte dell’esperienza maturata e dei buoni risultati raggiunti nei primi anni,
Marino intende cogliere tutte le opportunità che derivano dalle favorevoli prospettive di sviluppo del settore, cosicché l’attenzione dell’impresa si esplica in entrambe
le direzioni, sia pure con diversa intensità a seconda dell’ambito territoriale e del
periodo13.
In una prima fase, che abbraccia gli anni 1954-1973, prevalgono le opere in
ambito urbano. Dopo la parentesi bellica, infatti, la popolazione di Savona, che già
a metà degli anni Trenta aveva superato le 64.000 anime, riprende ad aumentare
e, nel ventennio 1951-1971, cresce di ulteriori 12.000 unità, passando da 67.800 a
79.800 abitanti. A tale dinamica si accompagna una consistente domanda di nuovi
alloggi14.
A causa di questi mutamenti il centro urbano si dilata e si ramifica ulteriormente
rispetto a quanto accaduto nel periodo fra le due guerre. Occupati gli ultimi spazi liberi
all’interno della parte centrale, la città si espande da un lato nell’area pianeggiante posta
lungo la sponda destra del torrente Letimbro e, dall’altro, invade progressivamente le
colline circostanti. Lo sviluppo del capoluogo è poi influenzato anche dai cambiamenti
intervenuti nel settore dalle infrastrutture di trasporto, con la costruzione della nuova
stazione ferroviaria – affidata peraltro ad un progettista di livello internazionale quale
Pier Luigi Nervi – e il raccordo alla rete autostradale in località Zinola15.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
35
Savona, via Privata Istria 2, 1958/1959.
Edificio di civile abitazione. Vista prospettica.
Pagina successiva:
Savona, via Ponchielli angolo corso Vittorio Veneto, 1958.
L’edificio appena terminato.
Per quanto concerne più specificamente l’edilizia residenziale essa è caratterizzata da una crescita che, in termini quantitativi, risulta essere piuttosto consistente:
nascono interi quartieri, borghesi e popolari, con un incremento delle unità immobiliari più marcato rispetto a quello demografico. Basti pensare che nel decennio
1961-1971, il periodo di maggiore accelerazione, gli alloggi disponibili aumentano del
27,2% (sono realizzati poco più di 6.100 nuovi alloggi, per oltre 22.000 nuovi vani),
a fronte di una crescita della popolazione del 10,7%, pari a circa 7.700 unità16.
In tale contesto il contributo dell’impresa Bagnasco alla costruzione del nuovo
volto della città risulta decisamente importante, non solo in termini quantitativi, ma
anche sotto il profi lo qualitativo. Le prime realizzazioni della seconda metà degli
anni Cinquanta sono alcuni condomini nella zona di via Nizza, i “Villini Elios”, e via
Privata Istria (quattro residenze per complessive cinquantasei unità immobiliari).
Proprio in quegli anni, però, Marino si appresta a compiere un salto di qualità che sarà il preludio alla crescita dimensionale dell’azienda. Tra il 1956 e il 1958
riesce infatti a portare a termine il primo importante progetto effettuato interamente
in proprio che richiede un notevole impegno tecnico e, soprattutto, economico:
la costruzione di un palazzo di trentaquattro alloggi in via Ponchielli su progetto
dell’architetto Giovanni Gai. Per reperire i mezzi necessari egli ricorre sia a risorse
16
36
D. Per sico , Il contributo del comparto edile, cit., p. 121.
proprie che ad un finanziamento bancario; in tale circostanza la preoccupazione
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Savona, via Briganti 2 e 4, 1959/1961.
Edificio di civile abitazione e negozi. Vista prospettica.
Pagina successiva:
Savona, via La Rusca 20 e 22, 1970/1974.
Edifici di civile abitazione. Prospetto.
principale è dunque quella di riuscire a rientrare dei capitali anticipati in tempo
utile per rimborsare i presiti contratti. Le incertezze a questo riguardo sono presto
fugate: Marino giunge a collocare rapidamente tutti gli appartamenti, tranne uno
che riserverà a propria abitazione17. Nel luglio 1959, infatti, sposa Anna Maria Facelli
e da quel momento in poi trasferisce la propria residenza a Savona18.
Nel corso degli anni Sessanta, approfittando della favorevole congiuntura dell’edilizia in ambito provinciale, effettua numerose realizzazioni in diversi punti della
città, con una media di cinque-sei cantieri avviati in contemporanea, e un picco di
nove sul finire del decennio, arrivando ad occupare anche centoventi addetti.
Proprio nella casa di via Ponchielli nel 1962 nascerà Maurizio, il primo figlio di Marino e Anna.
18
38
/VNFSPEJDBOUJFSJEFMM*NQSFTB#BHOBTDPBUUJWJB4BWPOB
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Le informazioni relative alle realizzazioni sono desunte
da A. Bagnasc o, “Il male della pietra”,
” cit., pp. 36-39; M.L.
Pag g i, G. Col ombo, Vita e lavoro delle imprese, cit., pp.
155-160 e dall’Archivio dell’impresa.
17
In questo periodo, infatti, la domanda di alloggi da acquistare è sostenuta
non solo dal già ricordato incremento demografico, ma anche da un generale miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, testimoniato dall’aumento
del reddito pro-capite e da una sensibile contrazione della disoccupazione. Ciò fa sì
che molte famiglie, anche appartenenti ai ceti meno abbienti, si orientino in misura
consistente verso l’acquisizione dell’abitazione principale. Questo processo è facilitato
dalla diff usione di alcune innovazioni di ordine commerciale, come la vendita degli
alloggi “sulla carta”, di cui l’impresa largamente si avvale, e dei mutui immobiliari
per i piccoli risparmiatori19.
Tra le più significative realizzazioni portate a termine in questi anni vanno
ricordati i condomìni di via Mignone e via La Rusca (rispettivamente quarantadue
e cinquantasette appartamenti), via Crocetta e via San Michele (settantasei e novantanove unità abitative) e via De Mari (diciotto alloggi), quest’ultimo su progetto dell’architetto Marcello Fusconi, piuttosto attivo in quel periodo nell’area savonese20.
Per un quadro complessivo di tali mutamenti a livello
nazionale si rimanda a: G. Sapelli , L’industria e lo sviluppo
dell’ impresa, cit., pp. 19-34; G. Pesc osol ido, Industria e
artigianato, in Annali dell’economia italiana, Milano, Ipsoa,
1982-1985, vol. 12/2, pp. 75-77; vol. 13/2, pp. 38-40; vol.
14/2, pp. 103-105; A. Cas t agnol i, E. Scar pel l ini, Storia
degli imprenditori italiani, Torino, Einaudi, 2003, pp. 310320; 379-386.
19
Nel 1966 Marino trasferisce la propria residenza nello
stabile di via De Mari 7A e 7B, appena ultimato, dove, nello
stesso anno, nascerà la figlia Federica.
20
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
39
Sopra:
Accanto a edifici con preminente funzione residenziale sono realizzati anche
Roccavignale, agosto 1972.
Cantiere di “Villa la Rocca”.
magazzini e uffici, come lo stabile di via Valletta San Cristoforo, nel quartiere savo-
A destra:
nese di Legino (2.800 metri quadri totali), ultimato nel 1970, nel quale avrà a lungo
Roccavignale, 1973.
“Villa la Rocca” appena terminata.
sede l’Ufficio Iva. Tuttavia, la parte più consistente è rappresentata dall’edilizia abitativa. Tra il 1954 e il 1973, infatti, l’impresa costruisce una cinquantina di immobili
per un totale di quasi mille appartamenti, pari a circa l’11-12% di quelli realizzati
complessivamente in tale periodo nel capoluogo.
Oltre a S avona, il comune maggiormente interessato in quegli anni
dalla sua attività è Finale Ligure, dove il boom edilizio è trainato invece dal consistente incremento dei flussi turistici, che già nel corso degli anni Cinquanta superano
il milione di presenze annue21. Qui, oltre ad alcune abitazioni, Marino costruisce soprattutto strutture alberghiere: si tratta del Park Hotel e dell’ampliamento dell’Hotel
Moroni a Finale; del Nick e del Saraceno a Varigotti. La realizzazione di quest’ultimo
è anche occasione per Marino di entrare in contatto con Lucio Fontana ed Emilio
Per una visione d’insieme si veda A. Za nini , Sviluppo
turistico e trasformazioni economiche, cit., § 4.
21
A. Bagna sco , “Il male della pietra”,
” cit., pp. 37-38. Significativa anche la scelta della sede della Galleria San Michele, per la quale Marino sceglie di riattare una chiesetta
sconsacrata collocata all’interno di un’area edificabile aveva
acquistato qualche anno prima.
22
40
Scanavino ai quali erano stati commissionati due pannelli decorativi per impreziosire l’edificio. L’incontro con i due artisti è fa nascere in Marino il gusto per l’arte
contemporanea, una passione che coltiverà negli anni successivi e che lo porterà a
realizzare la Galleria San Michele di Savona, inaugurata nel 1974 con una mostra di
Graham Sutherland, e gestita per venticinque anni dalla moglie Anna 22.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Vado Ligure, località Bossarino.
Uffici della omonima discarica.
Sotto:
Finale Ligure, località Castelfranco, via Caviglia, 1966.
Edificio di civile abitazione e magazzini. Prospetto.
3. Nuovi orientamenti e diversificazione dell’attività dagli anni Settanta a oggi
Dopo il considerevole sviluppo dell’edilizia residenziale protrattosi ininterrottamente per circa un ventennio, nei primi anni Settanta si assiste ad un rallentamento
della domanda di abitazioni, causato dall’azione congiunta di fattori nazionali e
locali. Fra i primi vanno ricordati l’incremento consistente del costo delle costruzioni, generalmente più marcato di quello delle retribuzioni, al quale si aggiungono
l’aumento dei tassi di interesse, la crescita della disoccupazione e un tendenziale
peggioramento dei livelli di vita rispetto al decennio precedente. A Savona, inoltre,
si registra un’interruzione del secolare percorso di crescita demografica e la contemporanea apertura di una lunga fase di progressiva diminuzione della popolazione.
Il concorso di tali cause determina una contrazione dell’edilizia a livello provinciale
e, in maggior misura, nella città della Torretta 23.
L’impresa, però, non risente di questa difficile congiuntura, probabilmente
perché, proprio in quegli anni, effettua importanti realizzazioni anche al di fuori del
capoluogo e in particolare nelle località turistiche della Riviera di Ponente dove il
mercato delle seconde case si presenta piuttosto dinamico.
23
D. Per sico , Il contributo del comparto edile,e cit., pp. 121-123.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
41
A metà degli anni Settanta, inoltre, si pongono le premesse per una diversifica-
Varazze, località Piani d’Invrea,
via Pini d’Aleppo 61, 1983/1986.
Casa di civile abitazione. Prospetto, “Residenza My Home”.
zione dell’attività. In quel periodo, infatti, Marino acquista una quota di proprietà di
Pagina successiva:
una discarica per rifiuti inerti in località Bossarino, nel comune di Vado Ligure (della
Savona, anni ’80. Marino Bagnasco nella sua postazione di
lavoro nell’ufficio di via Paleocapa 3/1.
quale diventerà in seguito unico titolare), allo scopo di smaltire i materiali di risulta
provenienti dai cantieri. Successivamente, però, egli comprende le potenzialità offerte
dal settore ambientale che, nel tempo, diviene un nuovo ambito di intervento in aggiunta al tradizionale core business: nel 1992 ottiene in gestione un’altra discarica, sempre
nel territorio di Vado, in zona Boscaccio, destinata ad accogliere rifiuti urbani, mentre
quella di Bossarino si specializza nel campo dei rifiuti speciali non pericolosi24.
Per quanto concerne più specificamente l’edilizia, a partire dalla metà degli anni
Settanta i lavori di maggiore rilievo riguardano in primo luogo il Finalese, dove sono
realizzate numerose villette plurifamiliari e il complesso residenziale “Rive di Monticello”. Accanto agli interventi effettuati in quest’area, in cui la presenza dell’impresa è
già consolidata, si dà inizio ad una serie di realizzazioni a Varazze, e ai Piani d’Invrea,
La Bossarino S.r.l. gestisce l’omonima discarica, mentre
quella del Boscaccio è affidata alla Ecosavona S.r.l., società
partecipata al 25% dal comune di Vado Ligure e al 5% da
quello di Savona. Cfr. Comune di Vado Ligur e, Dichiarazione ambientale 2005, Vado Ligure, 2006, p. 38 (consultabile on-line all’indirizzo www.comune.vado-ligure.sv.it).
24
Tale intervento è realizzato mediante una società appositamente costituita: la Rivamare S.r.l.
25
42
dove tra il 1978 e il 1996 sono portati a termine una decina di interventi tra condomini
e villini e il complesso residenziale “Salice”.
In questo stesso periodo l’impresa opera anche a Cengio, dove edifica alcune
abitazioni plurifamiliari, ed effettua altresì interventi di ristrutturazione a Spotorno e
Finale, dove si procede alla trasformazione in appartamenti di un albergo dismesso: la
“Villetta Rivamare”25.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
A Savona, invece, dopo l’edificazione di alcune ville in località Belvedere,
che Marino ridenominerà “Conca Verde”, gli anni Novanta sono caratterizzati dalla
costruzione del complesso residenziale di Torre San Michele, su progetto dell’architetto genovese Piero Gambacciani26, e dal palazzo in marmo bianco e grigio di
via Pia 21 curato dallo Studio Associato Dolmen27, che per la semplicità delle linee
architettoniche e la scelta dei materiali impiegati si inserisce armonicamente nell’area
del centro storico in cui è collocato28.
Siamo ormai alle soglie del Duemila e l’impresa ha oltrepassato il mezzo secolo
di vita, durante il quale Marino Bagnasco ha dimostrato senza dubbio di essere un
imprenditore capace di raggiungere traguardi ambiziosi. Egli è in grado di attivare
le necessarie risorse materiali, finanziarie, umane e farle convergere verso l’obiettivo
prefissato, con pazienza, tenacia, spirito di sacrificio e molta voglia di fare; in questo
modo riesce a superare le difficoltà che di volta in volta si presentano.
Per lui il lavoro è una forma di realizzazione e suoi progetti sono in un certo
senso un progetto di vita. Le sue capacità e il suo costante impegno hanno permesso
26
Si veda la scheda relativa.
All’epoca composto dagli architetti Nicolò Campora,
Rodolfo Fallucca e dall’ingegner Livio Giraudo. Si veda al
riguardo la scheda relativa.
27
M.L. Paggi, G. Col ombo, Vita e lavoro delle imprese, cit.,
p. 155, 158-160.
28
all’azienda di svilupparsi e consolidarsi: un percorso sostanzialmente parallelo in cui
l’impresa e l’imprenditore crescono e si rafforzano vicendevolmente.
Egli è “uomo di cantiere”: segue quotidianamente il procedere dell’attività
anche nel momento in cui le opere in corso sono numerose e dunque richiedono un
notevole impegno. Questo approccio, senza dubbio necessario nei primi anni di atti-
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
43
vità, quando molti aspetti concreti sono demandati alla fase esecutiva, ha comunque
caratterizzato tutta la sua vita lavorativa 29.
Per scelta, inoltre, Marino tende a curare in proprio pure gli aspetti che potrebbero sembrare di secondaria importanza, non per scarsa fiducia nei confronti dei
propri collaboratori, ma per la precisa volontà di imprimere il suo personale indirizzo
a tutte le fasi del lavoro.
Sin dagli esordi le sue realizzazioni sono caratterizzate dalla costante ricerca
di coniugare gli imprescindibili requisiti strutturali e urbanistici con i non meno
importanti aspetti estetici e funzionali dell’unità abitativa: la strategia è dunque
quella di puntare sull’edilizia residenziale di qualità, in modo da soddisfare le richieste e incontrare i gusti di una clientela esigente. Marino, però, non si limita ad
agire in conseguenza degli stimoli provenienti dal versante della domanda, ma arriva a condizionarla, imponendo, con successo, il proprio stile costruttivo. Uno stile
curato nei minimi dettagli e attento anche a rifuggire le forme anonime e piatte che
caratterizzano le realizzazioni compiute in quegli anni in talune aree della città. Una
scelta non facile, ma che indubbiamente si è rivelata vincente e ha consentito, da un
Su questo cambiamento si vedano in termini generali le
considerazioni di M. Ric chebon o, Savona primo Novecento:
una città in trasformazione, in Ing. Sugliani & Tissoni, cit.,
pp. 125-136, in particolare p. 130.
lato di rafforzare il buon nome dell’impresa e, dall’altro, di facilitare la collocazione
Su questa peculiarità dell’agire imprenditoriale cfr. le
considerazioni di G. Ber t a, L’imprenditore. Un enigma tra
economia e storia, Venezia, Marsilio, 2004, p. 56.
secondari, anche l’apporto dei collaboratori tecnici, come il geometra Mario Pera che
29
30
Cfr. G. Sapelli , L’industria e lo sviluppo dell’impresa, cit.,
pp. 27-34; A. Cast ag noli , E. Sc a r pellin i, Storia degli
imprenditori italiani, cit., pp. 318-319. Con riferimento
specifico al caso savonese si veda anche F. Tomasinel l i, Le
innovazioni di processo e di prodotto nell’edilizia savonese del
’900, in Cento anni di lavoro, cit., pp. 61-74.
31
44
degli alloggi sul mercato30.
Sulla elevata qualità del prodotto ha sicuramente influito, e in termini non
lo ha affiancato per quasi tutta la vita lavorativa, e quello delle maestranze edili. A
differenza di quanto accade in altri comparti industriali, nel settore delle costruzioni
l’abilità manuale dei lavoratori conserva più a lungo rilevante importanza, dato il
minore ruolo sostitutivo esercitato in questo senso dalla meccanizzazione e dall’evoluzione tecnologica31. A questo riguardo Marino può contare su capocantieri di
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Pagina precedente:
Savona, località Legino, via Natarella 6 e 8, 2002/2005
Edifici di civile abitazione. Prospetto.
A destra:
Anni ’60. Marino Bagnasco in compagnia
del geometra Mario Pera.
elevata professionalità, con una solida esperienza derivante dalla quotidiana attività
di cantiere, e validi operai specializzati. Ad essi presta costante attenzione e, pur nel
rispetto del suo ruolo di imprenditore, giunge a instaurare un insieme di relazioni
di stampo “familiare”.
La sua modestia lo ha portato in generale a rifiutare gli incarichi istituzionali,
che pure gli sono stati offerti a testimonianza del rilievo assunto in ambito savonese
dalla sua attività. Uniche eccezioni sono rappresentate dalla nomina, a più riprese,
a membro della Commissione edilizia del Comune di Savona e, dal 1990 in poi,
a Consigliere della filiale provinciale della Banca d’Italia. Nel 1972 è entrato a far
parte del Rotary club cittadino e si dimostra in più occasioni sensibile e generoso nei
confronti di iniziative di promozione culturale e sociale32.
Al momento della sua improvvisa scomparsa, il 10 dicembre 2000, i figli Federica e Maurizio, già inseriti nell’azienda, ne hanno assunto la responsabilità e hanno
portato avanti l’impegno paterno sia nel settore edile che in quello ecologico.
Tra i progetti più recenti, oltre alle nuove realizzazioni a Savona, Finale e
Bergeggi, è da segnalare la palazzina di Vado Ligure in cui hanno sede gli uffici
A. Bagnasco, “Il male della pietra”,
” cit., p. 38; M.L. Pag gi,
G. Col ombo, Vita e lavoro delle imprese, cit., p. 155.
32
della Geotea (la società cui fanno capo le attività del comparto ambientale), che
ha ricevuto nel 2006 un prestigioso riconoscimento: la “menzione d’onore attività
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
45
Medaglia d’oro all’architettura italiana, a cura di F. Ira c e, Milano, Electa, 2006, p. 116; G. Vac c a ro , Edifi cio
ecocompatibile: premio di architettura alla sede Parfi ri di
Vado, in “Il Secolo XIX”, 29 giugno 2006, p. 24.
33
34
Si veda la scheda relativa.
produttive e per il pubblico” nell’ambito del più importante premio di architettura
italiana, la “Medaglia d’oro all’Architettura”33. Inoltre l’edificio è uno dei primissimi
in Italia, ad uso non residenziale, realizzato interamente con criteri di bioarchitettura
ed ecocompatibilità34.
Dunque, ancora una volta si tratta di una realizzazione di qualità, in sintonia
con la tradizione consolidatasi durante i cinquantatre anni sotto la guida di Marino
Sotto:
Cengio, 1954. Marino Bagnasco in compagnia del Vescovo
durante la costruzione della chiesa parrocchiale di San Giuseppe.
Pagina successiva:
Cengio, 1954/1960. Chiesa di San Giuseppe.
46
Bagnasco e che continua tutt’oggi. Attualmente, l’impresa, oltre a partecipare ad
alcune società immobiliari, sta sviluppando direttamente iniziative di costruzioni
con destinazione residenziali, industriali e commerciali, portando così avanti l’attività
iniziata ormai da sessant’anni.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
47
48
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Pagina precedente:
Finale Ligure, località Varigotti, 1953/1954.
Hotel Saraceno.
Sopra:
Finale Ligure, località Varigotti, 1953/1954.
Hotel Saraceno in un’immagine del 1997.
Sotto:
Cengio, via Marconi 3 e 5, 1954/1957.
Edificio di civile abitazione e negozi.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
49
50
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Pagina precedente:
Finale Ligure, 1955/1956.
Sopraelevazione dell’Hotel Moroni.
A destra:
Savona, via Briganti 2 e 4, 1959/1961.
Edificio di civile abitazione e negozi.
Sotto:
Savona, via Privata Istria 2, 3, 4 e 6, 1958/1960.
Edifici di civile abitazione.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
51
52
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Pagina precedente:
Savona, via Piave 1, 1963.
Edificio di civile abitazione e negozi.
A destra:
Savona, via Firenze 10, 1961/1963.
Edificio di civile abitazione.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
53
Savona, via Turati 1/A, B e C, 1961/1965.
Edifici di civile abitazione e box.
Sotto:
Savona, via Nizza 52/A e B, 1962/1963.
Edificio di civile abitazione e negozi.
54
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Vado Ligure, via I Maggio, 1962/1964.
Edificio di civile abitazione e negozi.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
55
Finale Ligure, località Castelfranco, via Caviglia, 1963/1968.
Edifici di civile abitazione.
Pagina successiva:
Savona, località Villetta, via dei De Mari 7/A e B, 1963/1965.
Edificio di civile abitazione.
56
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
57
Sopra:
Savona, via Mignone 44, 1963/1965.
Edificio di civile abitazione.
Sotto:
Savona, via Mignone 39, 41 e 43, 1965/1968.
Edifici di civile abitazione.
58
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sopra:
Finale Ligure, località Castelfranco,
via Caviglia 26, 1967/1968.
Edificio di civile abitazione.
Sotto:
Finale Ligure, località Castelfranco, via Caviglia, 1968.
Park Hotel Castello.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
59
A destra e sotto:
Savona, via San Michele 2, 4, 6, 8 e 10, 1967/1970.
Edifici di civile abitazione e negozi.
Pagina successiva:
Savona, via Crocetta 2, 4, 6, 7 e 8, 1964/1972.
Edifici di civile abitazione.
Pagina 62 e 63:
Savona, via La Rusca 20, 22, 24 e 26, 1970/1974.
Edifici di civile abitazione.
60
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
61
62
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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64
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
65
Pagine precedenti:
Finale Ligure, via della Pineta, 1973/1978.
Case di civile abitazione.
A destra:
Cengio, via Veneto 36, 1975/1981.
Casa di civile abitazione.
Sotto:
Cengio, via Veneto 38, 1975/1981.
Casa di civile abitazione.
Pagina successiva:
Finale Ligure, località San Bernardino,
via Da Verrazzano, 1979/1983.
Case di civile abitazione.
66
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
67
Sopra:
Varazze, via Cavetto 1, 1981/1983.
Casa di civile abitazione.
Sotto:
Varazze, via Salice 13 e 15, 1979/1982.
Case di civile abitazione.
Pagina successiva, sopra:
Varazze, via Delfino 11, 1982/1984.
Case di civile abitazione.
Pagina successiva, sotto:
Varazze, località Piani d’Invrea,
via Pini d’Aleppo 61, 1983/1986.
Casa di civile abitazione.
68
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
69
Spotorno, via Cavour 99, 1983.
Ristrutturazione di casa di civile abitazione.
Pagina successiva:
Savona, località Conca Verde, via alla Strà, 1992/1998.
Case di civile abitazione.
70
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
71
72
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
73
Pagina 72:
Savona, corso Italia 27, 1987.
Ristrutturazione di palazzina adibita ad uffici
del Gruppo Bagnasco.
Pagina 73:
Finale Ligure, vico Marassi, 1982/1986.
Ristrutturazione edificio di civile abitazione, realizzata dalla
società Rivamare srl.
A destra e sotto:
Finale Ligure, via Forti di Legnino, 1996/2001.
Case di civile abitazione.
Pagina successiva:
Vado Ligure, via Verdi 5, 1998/1999.
Ristrutturazione di edificio adibito ad uffici.
74
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
75
Finale Ligure, località Varigotti,
via degli Ulivi 49 e 51, 2001/2003.
Ristrutturazione edificio di civile abitazione.
Sotto:
Savona, località Legino, via Natarella 6 e 8, 2002/2005
Edifici di civile abitazione realizzati dalla società Liali srl.
Pagina successiva, sopra:
Bergeggi, via Pian dei Rossi 25, 2002/2005
Case di civile abitazione.
Pagina successiva, sotto:
Savona, località Legino, via Pietragrossa 1/A e 1/B, 2004/2007
Edifici di civile abitazione realizzati dalla società Liali srl.
76
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
77
Torre San Michele | Savona | 1994-1999
80
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
L’intervento ha operato sulla rete di viabilità veicolare e pedonale della zona,
in particolare con la rettifica della sede stradale di via Servettaz e del piazzale Pionieri
dell’industria e la costituzione della rete secondaria di penetrazione con il raccordo
tra via Servettaz e via Scarpa: l’allaccio del parco sud di via S. Michele, il raccordo
sotterraneo (dove sono i parcheggi) tra sud e nord, le piccole aste di raccordo con
il corso Vittorio Veneto ed il mare a tutto il tessuto connettivo con le residenze
dell’intorno.
Urbanisticamente il fatto saliente e significante è costituito dalla composizione
dell’area nel contesto geografico urbano: si è creata infatti l’opportunità di connettere tre fondamentali assi di scorrimento levante/ponente con una struttura edilizia
orientata nord/sud che ospita funzioni urbane integrative di un contesto sfibrato,
architettonicamente senza ruolo. Da qui la necessità di adoperare un linguaggio
progettuale incisivo in parte volutamente anomalo. E da qui il superamento di vincoli del regolamento vigente, nella consapevolezza che non vengono meno le difese
della igienicità e privaticità delle residenze esistenti all’intorno. Le maggiori altezze
si accompagnano al forte dilatarsi degli spazi all’intorno che hanno così modo di
organizzarsi a spazi “aperti” veramente vivibili.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
81
L’incontro della via Servettaz con l’asse nord/sud dell’insediamento, ha assunto la
forma di piazza emiciclica, pedonalizzata, che è diventata il fulcro del complesso: a sud
si penetra in una galleria coperta con una struttura trasparente formata da due edifici
lamellari posti in modo parallelo e saldati, verso mare, dalla “torre” abitativa elevantesi
per 14 piani con un terminale a cuspide. Il corpo della torre (il “torracchio” nome che le
sue caratteristiche dimensionali evocano) è quell’emergenza polarizzante che dovrà fortemente contribuire alla formazione della futura “memoria visiva” del nuovo fatto urbano:
cioè il “centro città” si allarga verso ponente (tendenza esplicita di Savona). Tra il “torracchio” ed il bastione ferroviario si colloca il parco attrezzato con una struttura “aperta”
per i giuochi, le manifestazioni artistiche, etc. Si è lambito così il bastione ferroviario, che
ha agganciato il nuovo complesso al corso Vittorio Veneto e quindi al mare.
arch. Piero Gambacciani
82
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Palazzo di piazza Della Rovere | Savona | 1996
Nonostante lunghe discussioni sulla città e sull’architettura del ieri e dell’oggi,
idee su progetti condivise o spesso contrapposte, programmi sul futuro savonese, solo
una volta ho in effetti con l’amico Marino aff rontato un progetto completo dalle
fondamenta al tetto, dal primo mattone all’ultimo rubinetto, al tocco dell’artista,
alla finitura funzionale.
Ma ciò non fu un caso, è stato il momento in cui decisi il passaggio del mio
lungo impegno rivolto alla pianificazione urbana e ai concorsi, che mi ha coinvolto
in Liguria e nel nord ovest piemontese, alla progettazione edilizia. Sulla mia decisione
di mettere in pratica la teoria del disegno urbano e affrontare il mattone, la composizione architettonica, molto ha influito il coraggio di Marino che mi convinse con
piglio autoritario e fermo ad affrontare le problematiche di un angolo di città antica,
dove molti, forse troppi, e con mire speculatrici non consone al delicato sito, avevano fallito e dove più volte, studente prima, laureato dopo, avevo anch’io tentato di
coniugare recupero con esigenze del committente. Il coraggio di Marino di riuscire
dove molti avevano fallito mi spronò, e finalmente il nostro dialogare su temi grandi
si concretizzò in un piccolo punto urbano. Vi fu tra noi subito completa intesa sia
nel metodo di approccio con gli organi preposti all’approvazione del progetto, e su
questo Marino era inarrivabile, sia sulla libertà progettuale di ricomposizione di un
pezzo di vecchia città su cui mi diede piena fiducia.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
87
Il tema non era facile, lo scenario già modificato con il piano di ricostruzione,
per altro redatto ed eseguito in parte da mio padre Ing. Marcello, metteva a vista il
prestigioso Palazzo Della Rovere, palazzo di via diventato nel Piano fondale di una
nuova piazza. Nel mio primo vero impatto con la città, la paura di sbagliare era forte:
i grafici cartacei sono modificabili, cestinabili, rielaborabili, ma nel loro fossilizzarsi
in qualcosa di immutabile, giudicabile da tutti, patrimonio della gente, costituisce
per il progettista l’ansia principale; un segno sbagliato, un particolare fuori posto
basta per cancellare tutto l’impegno profuso.
Ma è stato anche il primo concreto impatto con Marino che mi ha fortemente
aiutato e spinto a seguire un’idea da subito fra noi condivisa. Determinato, competente esecutore, innamorato del mattone, più che imprenditore, sempre presente nel
discutere ogni dettaglio e la sua idea, subito celata e poi rivelata, di creare nel cuore
della città antica il “tesoretto di famiglia” mi ha ancor più stimolato a dare il massimo di me stesso: lì dove la guerra aveva messo fine al mirabile disegno urbano del
succedersi per vie parallele verso il porto, con canali visuali che lo facevano intuire
e lentamente scoprire fino ad aprirsi sulla calata sferragliata dal passaggio dei tram,
la ricostruzione ha lasciato il passo ad un disegno neottocentesco superato e brutta
copia del mirabile centro savonese tutt’uno con la città medioevale. Restava unica
testimonianza, non conclusa, ma fondamentale e storica per la città, l’isolato di via
Orefici, la residenza dei Papi, la cui testata diruta ha per anni ricordato, testimoniato
i tristi momenti degli anni 40.
La sfida per la ricostruzione di un piccolo angolo medioevale fondamentale
per la presenza sulla via Pia di importanti e pregevoli palazzi, fu lo stimolo con cui
Marino affrontò il problema; tema difficile il comporre insieme fronti da ricostruire
senza contrapporsi al disegno antico, e fronte da inventare di una piazza che non
c’era. Anche in questo caso l’incontro con Marino risulta decisivo, ad ognuno il suo
ruolo, io progettista, lui esecutore; ne scaturì un involucro pregevole, considerata la
mia opera prima.
Anche qui ebbi a rapportarmi con l’esecutore e non con l’imprenditore dove
la qualità del progetto veniva prima del valore dello stesso. Fu questo il mio primo
vero impatto con la realtà: dalla pianificazione, che tanto mi aveva impegnato, all’attuazione di un delicato angolo della città. Il momento giusto con l’imprenditore
giusto che nei suoi silenzi mi ha insegnato come rapportarsi con gli operai, i tecnici, i
fornitori, i trucchi del mestiere, i suoi collaboratori, a litigare con loro e con tutti pur
88
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
di ottenere il meglio a comprendere i tuoi errori, dove è il giusto e dove è il banale.
Un grazie a Marino che mi rimane nel cuore e che mi è mancato molto in un
momento di trasformazione del mio processo professionale. Da lui Federica ha molto
appreso, la sua presenza in cantiere era un momento importante, critico anche, ma
costruttivo; a lei come a me Marino diede molto.
Ora lui non c’è più ed io continuo con il mio rapportarmi con i problemi di
una città in fermento da solo, anche se spesso mi sento tirare per la giacca.
Nico Campora
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
89
Il palazzo sorge sulle demolizioni belliche dell’ultimo confl itto mondiale.
Come si evince dalla nutrita documentazione fotografica dello stato preesistente alla
realizzazione eretta, la distruzione dei bombardamenti aveva profondamente lacerato
il tessuto medioevale savonese; il maggior accanimento bellico aveva precisamente
colpito la cortina delle case a schiera compresa tra le vie Pia ed Orefici proprio in
corrispondenza del prospetto di palazzo della Rovere sulla stessa via Pia.
Palazzo, opera rinascimentale del San Gallo, scampato miracolosamente alla
generalizzata distruzione della cortina residenziale in immediata adiacenza, ma lasciato con il fronte principale “piatto” sulla piazza (della Rovere) non prevista né prevedibile invalidando parzialmente il prezioso studio del San Gallo che aveva progettato
lo stesso, con le sue simmetrie e le sue partizioni, perché potesse essere goduto di
scorcio percorrendo la stretta via Pia: non di fronte come oggi, ove lo stesso prospetto
costituisce la quinta principale della piazzetta.
Il fronte residenziale distrutto veniva parzialmente ricomposto con la realizzazione negli anni quaranta di un alto palazzo residenziale in angolo alla piazza
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
tragicamente aperta, lasciando la porzione verso piazza del Brandale desolatamente
diruta fino all’inizio della realizzazione ad opera di Marino Bagnasco.
L’operazione di ricostruzione è passata per un lungo e difficoltoso passaggio di
ricostruzione catastale delle proprietà interessate alla demolizione bellica: quindi alla
loro acquisizione con un lavoro di ricerca e di accorpamento graduale estenuante.
Una volta ricostruita ed acquisita la totalità dei mappali interessati si è proceduti alla vera e propria progettazione del “possibile” manufatto.
L’area assomma in se stessa la maggioranza delle peculiarità dell’edilizia di
base medioevale savonese: caratterizzata da pochi “forti” elementi che ne delineano
il chiaro contenuto di appartenenza. In più, il nuovo elemento sul tavolo di progetto
risultava essere il risvolto architettonico sulla oramai divenuta piazza Della Rovere,
in stretta connessione sia con il fronte principale di Palazzo della Rovere sia con il
risvolto del palazzo costruito sui ruderi verso la via Quarda. Individuati i presupposti
al contorno, il progetto ha cercato di risolvere le tre diverse problematiche costituite
dagli ambiti in cui i tre nuovi prospetti avrebbero dovuto partecipare: quello sulla
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via Pia, caratterizzato dalla grande omogeneità della scansione architettonica verticale delle preesistenze che sulla stessa dichiaravano il prospetto principale; quello
sulla piazza della Rovere, necessariamente in rapporto con l’emergenza del Palazzo,
del nuovo spazio e del prospetto caratterizzato del nuovo palazzo realizzato; quello
sulla sottostante via Orefici, ovviamente meno importante, ma che il distacco delle
costruzioni post belliche sulla via Gramsci aveva scalarmente impreziosito.
Sulla via Pia e sulla via Orefici (che per dimensioni e destinazioni è oggi considerabile di pari peso all’originario principale percorso della via Pia che collegava il
Priamar al Monticello) si è voluto reinterpretare e riproporre la scansione verticale
della cellula di base dell’originaria schiera: questo con rigorosi allineamenti delle
bucature, con sottolineata verticalità delle reciproche cesure (anche con l’uso non
banale dei pluviali), con la marcata evidenziazione dello spessore della cortina muraria
di perimetro (forti strombature verticali delle bucature) e con semplici coronamenti
in sommità. Sulla piazza Della Rovere il risultato ha dovuto considerare e risolvere
elementi nuovi, per approdare ad una mediazione che prendesse in giusta considerazione il necessario rapporto con gli spazi (non medievali, della piazza), con il fronte
del palazzo Santa Chiara, e con i nuovi ed egualmente importanti punti di vista dalla
Vecchia Darsena, dalla via Gramsci.
Allora, su piazza, il risvolto della voluta scansione medievale sulle vie Pia ed
Orefici salta di scala lasciando comune ai tre fronti il solo coronamento di attico, e
dialogando con il contesto “atipico” con una unica campitura centrale leggermente
sottomessa al filo perimetrale: questa, per simmetria e leggerezza (ampie ed uguali
bucature), attribuisce alla propria semplicità lo strumento di dialogo e quindi distintivo del fronte su piazza.
I materiali di rivestimento (il grigio bardiglio ed il bianco C di Carrara) intervengono nella complessiva composizione non come sottolineatura ma come parte
integrante dei concetti progettuali espressi: gioco di sfumature e di ombre, a ribadire
l’elegante sobrietà di una costruzione pensata per Savona.
arch. Rodolfo Fallucca
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Palazzina Parfiri, Low Emission Building | Vado Ligure | 2005
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Un Concorso privato per costruire un edificio per uffici.
Un’Azienda di cui sentivamo parlare da sempre. Due amici per i quali provare a
lavorare, due amici che sarebbero diventati ancora più amici, con il tempo, i progetti.
Il costruire.
Ricordiamo la passione per l’architettura che incontrammo parlando del Concorso, dei loro bisogni e dei loro desideri.
Quando, in studio, iniziammo a pensare al progetto, due parole tornavano
sempre nelle nostre discussioni: semplicità e bellezza. Due parole che non sempre si
riescono a rendere compatibili, soprattutto in una fase dell’architettura così difficile,
confusa, prevaricante dal punto di vista formale, “modaiola”.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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Quando Maurizio ci telefonò per comunicarci che avevamo vinto il Concorso
per i loro uffici, con Rudy Ricciotti stavamo camminando lungo il Tevere per la seconda
fase del Concorso Internazionale del Ponte dei Congressi a Roma. Allora, alla soddisfazione, si aggiunse la consapevolezza che era avvenuto l’incontro dei nostri modi di
pensare e di quelli di un Committente, e che tutto questo poteva diventare una grande
occasione di crescita comune.
Il progetto è nato da quel Concorso e dalle successive numerose discussioni
comuni, con Maurizio e Federica. Ha trovato, nella determinazione etica nei confronti
del rispetto del territorio e delle sue risorse un elemento determinante e caratterizzante.
È migliorato parlando con loro, provando ad immaginare il loro modo di usare gli spazi
degli uffici, e capendo quanto desiderassero che l’edificio fosse bello, ma non monumentale; quanto cercassero una misura, una certa “esattezza” espressiva, che rappresentasse
l’orgoglio di una azienda familiare, del lavoro di un padre amato e ammirato. Un lavoro
che loro avrebbero continuato con la stessa serietà e passione.
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Esattezza. Chiedere esattezza all’architettura può significare chiederle di fare un
passo indietro. Oppure può voler dire trovare la chiave di interpretazione, la modalità
espressiva che rappresenti, che “significhi”. Una leggera deformazione. Uno slittamento
di pochi centimetri delle parti vetrate, piccoli sbalzi con i colori del Movimento Moderno, quasi un tentativo di riscatto delle nostre periferie. Un gesto semplice, quasi
invisibile da lontano, ma che si scopre avvicinandosi all’edificio, sia a piedi che in auto.
Così come il grigio, nelle sue gradazioni, trova significato in quei colori. Insieme alla
razionalità degli spazi del lavoro, alla loro funzionalità.
L’edificio è stato realizzato, su forte richiesta del Committente, seguendo principi di bioarchitettura ed ecocompatibilità, sia “passiva” che “attiva”, intendendo per
ecocompatibilità passiva, quella legata alle scelte di materiali e di tecniche costruttive,
quella attiva, legata alle scelte architettoniche e distributive capaci di determinare comportamenti virtuosi dal punto di vista bioclimatico, oltre ovviamente la presenza di
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tecnologie di recupero e di sfruttamento delle energie naturali. Prima di tutto l’edificio
è costruito senza l’utilizzo di materiali di rivestimento di cava, ma solo con materiali
di recupero di queste lavorazioni. Tutti i prodotti industriali utilizzati sono certificati
come del tutto privi di emissioni.
Dal punto di vista attivo, l’edificio ha un sistema di areazione che utilizza l’intercapedine e un canale verticale nel corpo dei bagni e delle scale, che permette un
equilibrio termico complessivo durante tutte le stagioni. Questa scelta ha permesso
di ridimensionare la previsione di riscaldamento e raffreddamento. Un altro ottimo
risparmio è stata ottenuto realizzando il tetto giardino finito a prato. Sullo stesso tetto
sono stati installati pannelli fotovoltaici che contribuiscono al consumo dell’edificio ed
un aerogeneratore che produce energia per illuminare la parte esterna all’edificio. Gli
impianti di riscaldamento e raffrescamento sono elettrici ed utilizzano solo energia da
fonti rinnovabili prodotta dalle aziende del gruppo. È stato inoltre previsto un sistema
automatico di riequilibrio del condizionamento nel caso di apertura delle finestre.
L’arretramento dei volumi vetrati esposti a sud, permette ovviamente una migliore protezione alla luce e al calore diretto, che rende l’edificio prestazionale dal punto di vista
dei consumi più di un normale edifico per uffici con ampie pareti vetrate. Tutto l’impianto di illuminazione è stato realizzato seguendo criteri di domotica ed utilizzando
corpi illuminanti a basso consumo. È stato previsto un sistema di recupero delle acque
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
bianche in vasca di accumulo, per gli scarichi dei wc e per l’irrigazione dei giardini. Le
acque di scarico vengono pretrattate in un impianto di fitodepurazione.
Dal punto di vista distributivo e funzionale, l’edificio è costituito di tre piani
per uffici, più un piano seminterrato adibito a garage. La semplicità distributiva dei tre
piani è evidente nel sistema dei collegamenti verticali e dei servizi, tutti concentrati in
un unico blocco disposto quasi baricentrico nella parte posteriore dell’edificio. Il leggero
disassamento di questo blocco rispetto alla pianta rettangolare, è dettato dalla volontà
di sbilanciare, al piano terra, la zona di servizio, bar e mensa, verso il giardino esterno,
non allontanando troppo questo sistema dall’accesso principale. Si è trattato anche di
un piccolo stratagemma per sdrammatizzare, attraverso un lieve e quasi impercettibile
disorientamento dell’utente, la rigidità e la simmetria del sistema a manica semplice
degli uffici. Così come risulta un poco straniante scoprire che, all’interno degli uffici,
grazie agli sfalsamenti dei corpi vetrati, ogni spazio ha un rapporto con le aperture verso
l’esterno differente: o è il paesaggio ad entrare con la sua orizzontalità e vista dall’alto
nello spazio interno o viceversa ed in differenti gradazioni, lo spazio dell’ufficio ad essere
proiettato verso l’esterno stesso. Così, il rapporto tra semplicità funzionale e leggere
deformazioni a forte carica espressiva è la cifra di esattezza che abbiamo cercato in questi
anni di lavoro, e che speriamo di avere trovato. Questi aspetti sono risultati ancora più
chiari ed evidenti, dopo il lavoro fotografico, che vedete in queste pagine.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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È stato straordinario scoprire che Sancho Silva, l’artista portoghese che Maurizio
e Federica hanno voluto per un’installazione presso gli uffici, su consiglio di Francesca
Pennone, ha realizzato un’opera che ha come tema la percezione del territorio, una
“macchina per la visione” del contesto. Proprio uno degli argomenti centrali della
nostra progettazione.
Durante le fasi di progetto sono stati fondamentali i consigli e la competenza di
Mauro Pera, così come è stato indispensabile confrontarsi giornalmente in cantiere con
l’intelligenza, l’esperienza e la disponibilità di Claudio Ronzano. Con loro, ci sentiamo
di poterlo dire, è nata un’amicizia che va oltre gli aspetti professionali.
C’è chi non ha potuto condividere con Maurizio e Federica, la costruzione di
questo edificio, la conclusione dei lavori.
Tutti sappiamo, silenziosamente, che questa bellissima esperienza professionale
e di amicizia ha questo rimpianto.
Gianluca Peluffo, Alfonso Femia - 5+1AA
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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Ricordi
Caro Marino,
ci conoscemmo tanti anni or sono quando tu rivolgesti la tua attività imprenditoriale a Savona: venivi dalla Valbormida, valle a me cara, vicina a Cortemilia, mio
paese d’elezione.
Conoscendo la mia esperienza nel campo dell’urbanistica, ti rivolgesti a me per
avere consigli in quel settore e di qui iniziò la nostra amicizia che, attraverso gli anni,
diventò sempre più sincera ed aff ettuosa.
Ebbi modo di conoscerti come imprenditore ed ogni volta mi colpiva il modo
manageriale con cui dirigevi le tue attività ed iniziative: avevi un’attenzione anche ai
minimi dettagli, una forza di volontà eccezionale, una capacità di lavoro intensa ed
inarrestabile, uno spontaneo e semplice modo di rapportarti con il prossimo.
La tua giornata lavorativa finiva solo quando la sera incontravi i tuoi collaboratori di cantiere: era un’ulteriore fatica a cui ti sottoponevi, prolungando fino a tarda ora
il tuo impegno.
Altri parleranno di Te e delle tue importanti realizzazioni edilizie.
Io voglio invece ricordarti come splendido compagno di caccia durante le nostre
battute sulle colline della Valbormida, con i nostri cani da ferma in cerca di pernici e di
lepri.
Si instaurava fra noi un rapporto più semplice e vero: tu svolgevi la tua battuta
con il solito impegno, con la stessa serietà che mettevi in ogni tua iniziativa e poi amavi
distribuire a tutti il frutto delle tue fatiche venatorie. Ne seguivano pranzi, incontri che
erano, nella tua generosità, allargati a tutti gli amici: la festa di S.Anna era un rito
irrinunciabile al quale dedicavi tutta la tua attenzione e il tuo aff etto, in onore di tua
moglie e dei tuoi meravigliosi figli.
Dalla folla dei ricordi emerge la tua personalità forte, schietta, intelligente.
Quale perdita irreparabile fu la tua scomparsa, Marino, per la tua famiglia, per
gli amici, per la nostra città.
Ti abbraccio aff ettuosamente,
tuo Piero Ivaldi.
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Tra i momenti davvero importanti nella vita, l’ incontro con un amico sincero è
uno dei regali più preziosi.
Nei ricordi, che porto dentro di me, della cara persona che era Marino, vi è un
episodio accaduto a Cervinia in un giorno del mese di febbraio del lontano 1974.
Dopo aver sciato con il comune amico Dino Barbero e fatti reciproci complimenti
per la tecnica ancora valida, scoprimmo che tra di noi vi erano 10 anni di diff erenza
essendo nati nel 1917, 1927 e 1937. Per tale circostanza Marino volle off rire una bottiglia di Champagne e durante la cena vedendo che Dino univa dell’acqua minerale al suo
bicchiere di champagne ribattezzandolo una “buona bibita” osservò, suscitando la nostra
allegria, che da buon ligure cercava di fare bastare la bottiglia anche per il giorno dopo.
Da quel momento ammirai in Marino, oltre alle sue qualità umane e professionali, la
non comune vena ironica.
Corrado Levanti
Sarà perché le occasioni in cui ci si incontrava erano quasi sempre liete o comunque serene, ma quando ripenso a quei giorni lo rivedo sempre con un ampio sorriso
stampato in un volto cordiale, venirmi incontro con la mano tesa.
Eppure con il suo savoir faire che le regole del bon ton impongono, riusciva sempre
a dirti, con limpida sincerità, tutto il grande piacere che provava a vederti. Ed era
vero.
Ci sono persone che andrebbero tenute in una considerazione speciale, perché sono
tra le poche che ti “allargano il cuore”.
Gianni Venturino
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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Ad attendermi, quel pomeriggio, alla stazione di Genova c’era Maurizio e la
nostra corsa verso Savona fu veloce e piena di allegria.
L’evento, per questo mio viaggio da Roma “ fuori stagione”, non consentiva d’altra
parte ritardi: Marino, per festeggiare i suoi “magnifici” 70 anni, aveva voluto vicino,
accanto, intorno gli amici di sempre, per condividere con lui e la sua splendida famiglia
l’ intensa gioia di quel momento. Il ricordo di quella serata, per l’autenticità di aff etto e
di ammirazione che si esprimeva a Marino (e non solo verso Marino) e per l’allegria che
regnava, mi è rimasto intatto nel tempo. Ora Marino torna a noi, con l’allegria di quella
sera, per una nuova grande ricorrenza: i 60 anni della sua “creatura”.
La pubblicazione di questo libro rende, certamente, un doveroso omaggio alle sue
straordinarie capacità ed intuizioni di imprenditore illuminato. Altri, con maggior titolo
e competenza, sapranno definire la complessità, la vastità e la qualità dell’opera sua. Io
mi riservo il privilegio di parlar di lui estraendo dal prezioso scrigno della memoria
emozioni, parole, silenzi, sorrisi, che sono il tessuto vivo di ogni autentica amicizia.
Si rinnovava mirabilmente ad ogni nostro incontro l’esperienza di una profonda
consonanza e di un reciproco arricchimento. Apprezzavo sempre la sua serenità, la libertà
con cui mi osservava ed esprimeva bene e con verità quel che gli altri pensavano, qualunque cosa credessero, qualunque cosa volessero dire o tacere o far sapere, o assai più raramente contraddire. Conversavamo del vivere e del suo difficile mestiere e scoprivo nella
sua parola una costante tensione verso l’alto. Viveva Marino senza nulla trascurare,
lavorava con incontenibile entusiasmo, mai pago dei traguardi raggiunti, all’edificazione
(mai così propria fu la parola!) di un’opera dalle dimensioni oniriche.
Gli chiesi un giorno: “Quale spazio occupano i sogni?”. E la sua risposta fu illuminante: “Tutto quello che gli si dà”. Ed aggiunse: “La vita o è un’audace avventura o
non è aff atto vita”. Forse per questo, Marino sembrava muoversi sempre alla ricerca di
mondi dove il mutamento non fosse rovina e dove tempo, uomini e fatti fossero ancora
in rapporto tra loro.
Nella sua intensissima giornata egli sapeva trovare il tempo per fermarsi, guardare, ascoltare: accogliere, cioè, in modo esemplare quello che il poeta Whitman ha
definito “ il profondo insegnamento della ricezione”. D’altra parte, solo un modo nuovo
di osservare può indurre la scoperta di cose nuove ed è sicuro mezzo perché l’occhio esterno
apra l’occhio interno. Mi ripeteva spesso: “Non c’ è modo migliore di testare un’ idea che
portarla fuori e vedere se vola”. Era il suo credo. E così ha regalato a molti di noi, come
Chagall ai suoi anonimi eroi, l’ebbrezza del volo.
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Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
Ogni nostro incontro mi lasciava, raff orzato e sempre nuovo senza alcun’ombra
d’ incertezza e di fatica, il suo costante amore il suo autentico amore, del tutto. Sembrava
suggerirmi ogni volta: “Coraggio, non trascurarlo mai quest’amore, cercalo sempre. Osservalo con la necessaria ed adeguata libertà. Fai il possibile per viverlo come e quanto io
l’ ho vissuto. La sua consistenza non può che sempre e meglio rivelarsi. Non può fare altro
che rimanere”.
Ad opera compiuta, possiamo dire che nella sua scelta professionale vi è il segno di
una vocazione, come nei nomi scopriamo sovente lo stigma di un destino.
Ricordando Marino, non riesco mai a bandire l’emozione della nostalgia e del
rimpianto, ma mi conforta il costante pensiero della sua grande lezione umana e professionale: operare sempre nel bene, senza mai perdere, per dirla con Dante, “ la speranza
dell’altezza”.
Andrea Corvo
Sessant’anni di edilizia: l’Impresa Marino Bagnasco.
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....no,
l’aff ettuoso marito e padre,
il nonno speciale che sarebbe stato,
il geniale infaticabile lavoratore,
il sereno affidabile amico...
no, non sapeva...
ma noi sappiamo che avrebbe avuto ancora tanto da dare!
Giuse e Federico
Lo diciamo con fierezza
nel ricordare la tua onestà, la generosità, l’amore per la famiglia,
il senso dell’amicizia.
Lo diciamo con orgoglio
quando ricordiamo ciò che hai saputo costruire,
in anni di lavoro intenso ed appassionato.
Lo diciamo con dolcezza
ritrovandoti negli occhi di Federica e Maurizio e nelle parole di Anna.
Lo diciamo con gioia
nel ricordo di risate felici nelle ore passate insieme.
Siamo tuoi amici
e non lo dimenticheremo mai.
Nanda, Carlo e gli amici
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