Società Ligure di Storia Patria
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ATTI DELLA SOCIETÀ L I G U R E DI STORIA PATRIA VO LU M E X X X GENOVA PRESSO LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO BIANCO TIPOGRAFIA R. ISTITUTO SORDO-MUTI Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 ATTI DELLA SOCIETÀ L I G U R E DI STORIA P A T R IA Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VO LU M E XXX GENOVA TIP OG RAFIA R. I S T IT U T O SO R D O -MUT I Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 GENO ATI E VITVRII DEL SOCIO G A ETAN O PO GGI Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 PREFAZIONE GENOVA! en tre Genova si prepara ai grandi commerci del secolo X X , trasformando i suoi istituti, il suo porto, le sue forze motrici, non è senza interesse risalire alle origini storiche, e misurare il cammino che Genova ha già percorso. Come Roma fu detta la città eterna della Civiltà e del Cristianesimo, così Genova può con diritto chiamarsi la città eterna del mare. Le tombe scoperte a p ie’ del colle di S. Andrea hanno fatto testimonianza che essa esisteva, commerciante e civile, cinque secoli avanti 1 era volgare. Sono dunque X X IV secoli autentici di sto ria , oltre quelli che rimangono oscuri negli incunaboli del tempo. E così Genova può competere con Rom a per antichità, e può vantare su Roma una civiltà preromana. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 1 utti i popoli che trafficarono nel Mediterraneo G e nova conobbe. Sul cian del colle, attraverso la chetMua, ai ripidi sentieri che correvano fra il Zerzan e il por t i xeu, pc Ravecca, da M oconesi, in ó P rio n , dao Caste pc Canneto e nelle diverse raibe e raibette, ossia mercati, s incontravano 250 0 anni fa Fenici, Focesi, Cartaginesi e G ieci ripetendo gli stessi nomi che ho riferito, e che già fin d allora erano antichi. Fenici, Focesi, Cartaginesi scom parvero. Caddero tutte, all’ infuori di Marsiglia e Messina, le grandi citta commercianti sul mare, coetanee di Gen o \ a . caddero Sidone e T iro e Cartagine,7 cadde Focea, O A ten e e Corinto, ed in Italia Siracusa e Agrigento, Sibari e Crotone, Sorrento e Cuma, Minterno e Formia, Anzio ed Ostia, Pisa e Luni. E non è a dire che contro G e nova non imperversasse l ’ ira degli uomini e la bufera dei secoli. Mag-one Cartaginese la distrusse facendole colpa di aver favorito i R o m an i; ciò avveniva nell’anno 205 a. C. e può dirsi che allora finì Zenoa la ligure, e cominciarono O ' i nuovi destini di Genua romana. Poi cadde sotto il ferro di Rotari (a. 6 4 1) Genua ro mana e bizantina e cominciò l ’ lam ia del medio evo. Mentre la barbarie invadeva da ogni parte e si spegneva il com m ercio, Genova ebbe fede. Per tre secoli vegliò dall alto del suo castelo, gli occhi fermi sul mare. I Zenoati si azzuffarono allora sulle scogliere liguri, in una lotta feroce e senza tregua, per respingere il Saraceno e difen dere dalla rapina le navi e le case, le donne ed i figli. Finalmente colle Crociate si apre l’era del rinascimento — i Genovesi, Iannenses, trionfano nel mediterraneo — e Caffaro inizia gli annali della terza civiltà. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Se 1 amore non ci fa velo, siamo all’ alba di un nuovo e grande risorgimento. Lo spirito di Zenoa ligure, di Genua latina, dé\Y Ianua medioevale si riafferma poten temente in Genova italiana. Solo è da augurarsi che vi sia chi secondi lo svolgimento di così alti destini. Io mi propongo adunque di ricercare i primissimi tempi di G en o va, quando il suo porto era segnato dal trian golo che forma in oggi la piazza della Marina, quando a mezzo la valle di Polcevera finiva il suo stato. Tanto son modeste le origini altrettanto è lusinghiero il confronto. È bello rievocare col pensiero quei primi G en oati, che sull imbrunir della sera tiravano a terra la loro flotta sulla ghiaia di Rivotorbido, e, volgendo d ’ un tratto gli occhi al presente, vedere lo stesso Genoate che nello stesso luogo, alla foce di Rivotorbido, crea la G a rib a ld i e la Colon, veder gli stranieri affollarsi intorno ai nostri cantieri, premurosi di mettere in capo alla loro flotta la nave genovese. Il che non può a meno di farci ricordare che venti secoli fa Pompeo Magno cercava le navi dei Ge- noah per intraprendere la famosa guerra contro i pirati, e quindici secoli dopo alle galee dei Genovesi era affidata la fortuna di Francia e di Spagna. Son glorie passate, è vero, ma giova ricordarle per trarne fede e ardimento contro le difficoltà dell’ ora presente. * LA TAVO LA DI BRO N ZO . (Jn documento solo ci resta de’ primitivi tempi, ma di un valore immenso. È la tavola di bronzo dell’ anno 1 1 7 a. 1’ E. V. Ed io mi accingo a commentarla, a ren derla popolare per quanto è possibile, mentre finora fu Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 considerata come un prezioso enigma riservato alle discus sioni degli eruditi. Intorno ad essa tenterò di ricomporre i due primi periodi della nostra storia — Zenoa ligure e Genua romana. L a tavola ragiona dei nostri antichi nella circostanza in cui esistevano delle controversie fra i Genoati ed i loro vicini di Polcevera, i V itu ri; sono questi i due popoli che fondendosi in uno crearono la grande personalità storica di Genova. E d è per essere fedele al momento storico descritto nella tavola che io intitolo questo libro « V it v r ii G eno ati e ». LE N U O VE C O N Q U IST E D E L L A ST O R IA . Nel secolo decimonono la linguistica, la paletnologia, l’ antropologia e l’ archeologia hanno fatto dei grandi progressi verso gli orizzonti della storia. Un nuovo soffio di vita invade tutte le cose morte; si direbbe che gli scheletri sussultano come nella visione di Ezechiello e prendono a poco a poco la parvenza degli esseri vi venti. In questo avvicinarsi dell’ archeologia alla storia sta forse la ragione di quell’ attrattiva, che in un secolo così affaccendato come il nostro suscitano gli studi dell’ antico. Pochi si interessavano ai ruderi, ed invece son molti quelli che aspirano a conoscere la vita real mente vissuta dai popoli primitivi. Si aggiunga che 1’ umanità attraversa un periodo di trepidanza, incerta del dom an i, certa però che cose grandi, non definite e non definibili, si van maturando in grembo al futuro. E probabilmente è questa una delle ragioni per cui lo spi- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — XI — rito umano si volge di preferenza alla storia di ciò che è molto antico, come per ricercare in essa la spiegazione del gran segreto che l’ affatica, il segreto della vita. Queste riflessioni mi indussero a credere che non sarebbe opera del tutto accademica Liguri. uno studio degli antichi L e caverne della Liguria, le palafitte e le terramare della valle del Po, le necropoli di Villanova, di Chiusi, di Vetulonia, i bassi strati di Taranto rivelano ogni giorno gli avanzi di epoche preistoriche, di civiltà antichissime che ebbe l’ Italia prima del dominio dei Romani^ E il tipo ligure, che è quanto dire il tipo italico primitivo, si va sempre più delineando nei monumenti archeologici del sottosuolo. La storia non può essere indifferente a tutte queste rivelazioni, specialmente la storia dei Liguri che tutti riconoscono come i legittimi rappresentanti del1’ antichissima razza. Il sistema di spiegare coi Romani le nostre origini diventa ormai un ridicolo anacronismo. RICO M PO SIZIO N E D E L L A N T IC O D IA L E T T O L IG U R E . Terrò conto nel mio lavoro delle nuove e importanti cognizioni che la Scienza ha acquisito alla Storia. Ma sopratutto intendo giovarmi degli studi da me compiuti sul dialetto ligure antico, perchè sono convinto che non si riuscirà mai a conoscere storicamente i Liguri se non arriviamo a conoscere la loro lingua (i). A questo riguardo io mi propongo: ( i) « Dell' idioma e della letteratura genovese » scrisse l’ on. Randaccio nel 1894 (Rom a, tip. del Senato). È un lavoro pregevolissimo non solo per la conoscenza della grammatica genovese, ma per il confronto di questo dialetto Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — xir — i.° Di stabilire la natura del dialetto ligure antico, e le sue forme primitive ; 2.0 Dimostrare che il dialetto ligure è l’antico let to m e d it e r r a n h o d ia - di cui la lingua greca fu la più splendida estrinsecazione; 3 .0 Dimostrare che questo antico dialetto mediter raneo e il substrato linguistico su cui si formò il latino, e poi tutte le lingue che vanno sotto il nome di lingue neolatine. Il mio lavoro differisce essenzialmente dalla linguistica mode^pa perchè ha uno scopo diverso ; io non discuto lingue note, ma piuttosto cerco di risalire dal noto all’ ignoto. Per dare un nome a questo mio studio io lo chiamerò ricomposizione del volgare antico. Il metodo che ho seguito per questa ricomposizione ha per base XAlpinism o. Una paziente analisi dei fenomeni linguistici, che si apprendono in montagna, mi aprì la via a ragionare con qualche fondamento delle manife stazioni linguistiche primitive. Studiando la fonetica dia lettale, classificando una grande quantità di nomi affini, decomponendoli, analizzandoli in relazione a ciò che hanno di comune nella loro entità morfologica e nelle cose che rappresentano, ho cercato di trar fuori le forme colle altre lingue m editerranee, e specialmente colle neolatine. Il tema del Ran daccio è alquanto diverso dal mio. E gli studia di proposito il genovese, il moderno più che l’ an tico ; io studio il dialetto ligure nella sua espressione più lata di lin gua italica prim itiva. Le origini del dialetto ligure antico, che formano intro duzione al lavoro del Randaccio, sono per me lo scopo essenziale. Io attribuisco al dialetto un origine mediterranea, mentre il Randaccio propende per le origini celtiche. M i piace notar subito questo dissenso per richiamare su di esso 1’ atten zione d ell’ illustre scrittore, che ha dedicato alle cose liguri tanta parte del suo in gegno. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — XIII — sostanziali, primitive del dialetto. La filologia comparata, le cognizioni storiche, le tradizioni mi aiutarono a dilu cidare le forme, dialettali; la lingua greca ebbe in queste dilucidazioni un’ influenza decisiva. Ma del risultato sarà giudice il lettore. Il tema è vasto e difficile assai. Il mio lavoro può essere un fuoco fatuo, può essere un lumicino acceso in mezzo alla immensa foresta buia. Qualunque cosa s i a , giova sperare che non sarà del tutto inutile a chi vorrà inol trarsi meco, finché nuove scoperte e più forti intelletti non verranno ad illuminare queste plaghe remote della nostra storia. Genova, i.° Gennaio 1900. G aetano P o g g i della Società Ligure di Storia Patria Presidente della Sezione Ligure del C lu b A l p i n o . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 » I. LA TAVOLA DI BRONZO Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - — -y- U-l T O _____ , o 5 - ^ v r- - - — ùjS«,S£ìJ7 i“ ,ì1 S c ì i h m o g ^ t x r é i l i S j m Sr?:Q ^aSìi % r/s^sàssisf 325 cx-~lu w< <<* \——2 lìj ^ -u ^ Z ^ uL J £ ^ t= 3Ì >. ó ^ - J 2 f : * p rw /7=^ u u— i l i d i ^ o o7 u—£< £* 3<? > m Ù j$ * i§ z * $ Z £ 2 2 a \ ^ r ! 3 g a 3 £ S ! 5 Ì &8 ó 2 &g<=oK®3ì I I io/grj^gg-psS - ùj^d: > >2 Ì ?.S ? § g LL-fc*2£§eS! 3 S S S Ì < i^ / & e £ 3 £ 2 0 s z s ? s C f!S $ > Z E § h 2 £ 2 2 ' ? ! < & % # %? Ì 2 £o% b ^ § ^ § f s l l t | » S 75 r“ 5HS< 2 5 | | $ S 5? S r^ < ; o g d g l l £“ ^ |§ |S IÌ18 Ì2 | - ~ ^ 5 ^ p £ p, z ° ? | z ''E g ifM g t;s = g 2 0 5 ~ ^ oZ 3“ £-Ja=g § É < S* ^~t;2uG? u §ru 2 a 3u3^ U ^ 0Ui-a “--v^ WJ Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 ____ CAPO I L A T A V O L A DI B R O N Z O E L A ST O R IA L IG U R E P R E R O M A N A . i. Scoperta della tavola. — 2. Suo contenuto. — 3. Lezione del M om m sen. — 4. Traduzione. — 5. G li studi compiuti fino al presente. — 6. Im portanza della tavola sotto l’ aspetto giuridico, sociale, linguistico. — 7. S u a im por tanza come primo documento di Storia Ligure. Le interpretazioni d el Serra, del Grassi, del Desimoni — 8. Criterii da seguirsi nello studio d ella tavola. 11 pregiudizio latino. — 9. G li storici latini. — 10 . Fonti per lo studio della Storia ligure preromana. — 1 1 . Il dialetto. — 12 . L ’ ispezione diretta dei luoghi. — 13. Il metodo storico-alpino applicato allo studio d ella ta v o la di bronzo. — 14. La mia carta. — 15. Il commento. 1. — Nell’ anno 1506 un contadino ligure, scavando un fosso nel territorio di Isola, presso Pedemonte, estraeva dalla terra una lastra metallica dello spessore di 2 mm, alta cent. 3 7 . 5 , larga cent. 4 7 .5 . Questa lastra era incisa in caratteri antichi, ma il contadino non ebbe altro pensiero che di vendere quel poco rame, e qualche giorno dopo la tavoletta passava in proprietà di un calderaio. Fortuna volle che nella bottega del calderaio s’ imbattesse una persona intelligente, la quale informava sul p regio di A t t i So c. L ig . di S t o r ia P atria .. 2 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 > quella tavola il governo della repubblica; e così fu sal vato da distruzione quasi certa il prezioso documento. Acquistata dal governo, fu prima affìssa nella cattedrale di S. Lorenzo, poi collocata nell’ aula dei Padri del Co mune nel palazzo ducale. Oggidì ha un posto d’ onore presso il municipio di Genova, nella sala a sinistra del 1 ’ aula consigliare. Il Giustiniani , che viveva all’ epoca in cui la tavola fu sco p erta, così racconta il fatto e i giudizii di quel tempo : « ............Trovolla un paesano Genoate Agostino di » Pedemote 1 anno di mille cinqueceto sei in la valle » di Pocevera secca ne la villa di Izo secco, sotto terra » cavàdo co la zapa in una sua possessione, & » tola a Genoa per vendere , & por- il senato poi che li » fu fatto intèdere di quàta importanza era quella tavola, » riscato quella, & fu grato a cui li ne dete notitia, & la » fece riporre in luogo publico in la Giesia di S. Lorenzo » nel muro circòdata da bianchi marmi , a canto alla » capella del glorioso S. Gio. Baptista dalla parte oriè» tale per memoria perpetua, & chi voi ben còsiderare » no si e trovata da più anni in qua una anticaglia, che » si possi aguagliare ne còparare a questa, alla quale » noi in 1 opera latina habbiam fatto un cometariolo per » più facile intelligenza di quella, perche il parlar an» tico é differente assai della loquella di Cicerone, & de » gli altri posteriori autori, & riformatori della antichis» sima lingua latina. » Genova era allora sotto il dominio del re di Francia; e gli archivi municipali ci conservano 1’ originale decreto con cui, il 27 Dicembre del 1 5 0 7 , il governatore fran- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 3 — cese Rodolfo De Lannoy e il Consiglio degli Anziani , informati « a doctissimis viris » che quella tavola supe rava per antichità tutti i documenti romani, ordinavano al Cancelliere Benedetto del Porto di adornare la tavola e di darle sede onorata nel tempio di S. Lorenzo « af finchè fosse manifesto dall’ antichità di questo celeberrimo documento che Genova aveva ragione di annoverarsi fra le città le più antiche. » Trascriviamo integralmente questo decreto : « Illustris et ex.sus dns Radulfus de lannoy balyvus Am bianensis Regius Januen Gubernator: et Magnificum consilium doriòrum Antianorum comunis Janue in pleno nuo congre gatum: Scientes Superiori anno in finibus nris haud procul radicibus Jugi montis: quod vallem porciferam claudit: Dum effoderet montanus qda agellum suum invenisse unam tabulam eneam que antiquissimis romanis literis fines circoniectos longe lateq. disterminaret: et facti certiores a doc tissimis viris eam tabulam a denominatione consulum : qui in ea descripti sunt : antiquitate sua superare omnia ferme monumeta romana: que usq. atq. etiam rome cernantur. Eaq. ratione p pu:o eam a montano illo emptam: et in publicum redactam fuisse : propterea cupientes : ut in admirationem venerade vetustatis posteris preservetur: et ne in privatis edibus tam inclytum monumentum delitescat rubigini et obli vioni obnoxium : palamq. fiat a vetustate huius celeberrimi inventi: inter orbis antiquissimas urbes Genuam anumerari posse: E t audissent hodie Egregium Benedictum de portu cancellarium : apud quem decreto Senatus tabula ipa hactenus stetit: Suadentem ut proferatut in publicum et aliquo loco celebri proponatur: Comisser' S p ,is patribus cois: ut ipi ex sua pecunia tabulam ipsam quantum fieri possit exornent ut q. facile et comodissime etia eminus ea scripta legi pos sint. Atq. inde in teplo divi laurenty parietem loco maxime conspicuo effodiant. Sedemq. tabule ornatam honoratamq. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 4 — » » » » efficiant. In eamq. sedem tabulam reponant. Ut templo pariter atq. urbi ornamento et decori sit. E t operis huius conficiendi pnominato Benedicto curam ac negotium potissimu deleg'averut (i). » N ic o l a u s d e B r ig n a l is cancellarius ». ( i) Confrontando questo decreto colle parole del G iustiniani, panni capire che fra i doctissimi v i r i , che si interessarono alla conservazione della tavola, e che ne fecero conoscere al Senato la grande antichità, abbia avuto molta parte l’ ottimo e dottissim o G iustiniani. A vrete notato la compiacenza con cui lo storico nostro lico rd a che il Senato « fu grato a cui li aveva fatto intendere ecc. ». G iova av vertire un altra coincidenza a riguardo della antichità del documento. T anto nel d ecreto , com e nelle parole che ho riferito del G iu stin ian i, essa è un po’ esa g e ra ta ; e la ragione di ciò la trovate negli A nn ali, ove Giustiniani fa risalire 1’ età della tavola a « duecento n ovan t’ anni prima che nascesse il Salvator del mondo ». Sono invece 1 1 7 ; e sono tanti che bastano per rendere il documento prezio sissim o. Ma i supposti 290 anni spiegano le grandi m eraviglie d’ allora, e fanno sem pre m eglio com prendere che le idee di quel tem po facevano capo al Giusti niani. I l quale, fra il 15 0 6 e il 15 2 0 , ebbe frequente dim ora in G enova, ove pub blicò il suo Salterio D avidico in cinque lin gu e, ebraica, caldea, araba, greca e latina. E ra uomo eruditissim o, specialm ente in m ateria sa c ra , appassionato inve stigatore di cose storiche. E quando, nel 15 2 0 , andò a stabilirsi in Francia, chia m ato dal re Fran cesco I ad insegnare lingua ebraica nell’ università di P a rig i, noi lo vediam o occuparsi di storia e pubblicare in P arig i diverse opere di Jacopo B racelli, e in appendice la tavola d i bronco. E videntem en te il buon G iustiniani aveva per quel documento un affetto paterno; era lui che probabilm ente lo avea salvato dal naufragio ed era orgoglioso di farlo conoscere, e di attestare con esso la grande antichità della sua Genoa. L ’ antichità era per lui 1’ essenziale, quanto a studiare i particolari della tavola lasciava che se ne occupassero i posteri. F u il G iustiniani che nei suoi annali mise a va n ti, senza darle im portanza, la « conietura di alcuni » che i V iturii fossero g li abitanti di Voltaggio di là del giogo . L e idee del Giustiniani sulla topografìa dei Viturii erano molto vaghe; ma di ciò discuterem o a suo tempo. N el 1 5 3 7 com pariva in G enova colla prima edizione degli an n ali, la prima traduzione italiana fatta dal Giustiniani della tavola di bronzo. Ma il Giustiniani non ebbe la consolazione di vedere pubblicato questo suo lavo ro , perchè moriva 1’ anno prim a m iseram ente annegato in una traversata da Genova in Corsica, ove si recava per il suo V escovato. N el 1 535 aveva donato alla Repubblica la sua libreria composta di codici an- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 2. — L a tavola contiene una sentenza proferita in Roma, per delegazione del Senato, da due illustri cittadini R o mani, Quinto e Marco Minucii, intorno alle controversie che esistevano nell’ anno 1 1 7 avanti l’ E . V ., fra i G e novesi e una tribù di Viturii, che abitava 1’ alta Polcevera ed aveva il suo centro a Langasco. chiama i primi « Genuenses La tavola e Genuateis » ed i se condi Veiturii Langenses ». Per usare i veri nomi del dialetto noi diremo « Zenoeixi e Langen » (1). L a sen tenza stabilisce i rapporti di territorio fra i due popoli, de scrive minutamente i confini dell’ agro privato e dell agro pubblico dei Langen, stabilisce le condizioni dei possedi menti privati nell’ agro pubblico, regola il godimento dei « compascui », fissa i limiti entro i quali si potranno stabilire dei prati nei compascui , decide infine questioni personali di ingiurie e vie di fatto, sulle per cui alcuni dei Langen erano stati presi e messi in carcere dai Genovesi. ticlii preziosissimi, i quali dovrebbero trovarsi in oggi nel locale A rchivio di Stato. In questo dono era compreso un suo manoscritto contenente il N uovo Testam ento in cinque lingue, ed il comenUiriolo della tavola di bronzo di cui parla nei suoi Annali. (1) Zènod, Zenocisi e Zenoc si diceva in antico, donde le forme latine Genua, Genuenses, Genitali. A i tempi del Giustiniani si scriveva ancora Génoa, Genoesi e Genoati, forme latinizzate di Zénoa, Zenoeisi, Zenoé. Il Zen, radicale, si mantenne inalterato nella pronunzia del popolo, sul quale nè il Genua nè alcuna presa. Vedremo presto 1’ origine 1’ Ianua fecero di Zenoa. Del nome di V itu rii non m i è riuscito di trovar traccia. Quanto ai Langen, abbiamo ancora la voce viva sul luogo come vedremo nel capo V I. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 6 — * 3- ^ Mommsen così legge la nostra ta vo la: ( 1 ) i a . M. MINUCIE1S Q. F . RU FEIS DE CO NTROVO RSIEIS 1NTER ; G EN U A TEIS E T V E IT U R IO S IN RE PRAESEN TE CO GNOVERUNT, ET CORAM INTElt 5 ET 4 UBEI EA FACTA EO S CONTRO VO SI AS CO M PO SEIVERUN T, QUA L EG E AGRUM PO SSID EREN T ET QUA F 1NE1S FIERENT DIXSERUNT. EOS FIN EIS FACERE TERMINOSQUE ST A TU I IU SERU N T; E S S E N T , ROMAM CORAM VENIRE ÌO U SERU N T. ROM A E CORAM SEN TEN TIAM E X SEN ATI CONSULTO DIXERUNT EIDIB(US) 5 DECEM B(RIBUS) L. CA ECILIO Q. F. Q. MUUCIO Q. F. CO(N)S(ULIRUS). QUA ACER P R IV A T U S C A ST E L I VITURIORIOM E ST , QUEM AGRUM EOS VENDERE HEREDEMQUE 6 SEQ UI L IC E T , IS AGER V ECTIG AL NEI SIET . LA N G A T1UM FIN E1S AGRI PRIVATI. AB 7 ED EM ; IB I TERM INUS ST A T . INDE FLOVIO RIV O INFIMO QUI O RITU R AB FO N TEI IN MANNICELO AD FLOVIUM SUSO VORSUM IN FLOVIUM LEMURIN. INDE FLO VIO LEMURI SUSUM USQ UE AD R1VOM COMBERANE(AM). S INDE RIVO COMBERANEA SUSUM USQUE AD CONVALEM C A EPT 1EMAM ; IBI TERMINA 9 REGIO N E IN RIVO VENDUPALE. EX RIVO V 1NDUPALE IN FLOVIUM NEV1ASCAM. INDE io FLO VIO PROCOBERAM DEORSUM USQUE AD RIVUM VINELASCAM INFUMUM ■ IBIil i: IBEI TERM INUS DUO STAN T CIRCUM VIAM POSTUMIAM. EX EIS TERM INIS RECTA DORSUM FLUIO N EV IASC A IN FLOVIUM PROCOBERAM. INDE TERM INUS ST A T . INDE SURSUM RIVO RECTO V1NELESCA ; ST A T PROPTER VIAM POSTUMIAM. INDE ALTER TRANS VIAM POSTUMIAM TERM IN U S ST A T . E X EO TERMINO, QUEI STAT 12 TRAN S VIAM PO STU M IAM , RECTA REGIONE IN FONTEM IN MANICELUM. INDE DEORSUM RIVO , QUEI O R IT U R AB FONTE EN MANICELO, 13 AD TERMINUM, QUEI ST A T AD FLUVIUM EDEM. — AGRI POPLICI QUOD LANGENSES 14 EDUS E T PRO C O BERA , IBEI TERMINUS ST A T. INDE EDE FLOVIO SURSUORSUM IN 15 S T A T . INDE SURSUMVORSUM IUGO RECTO MONTE LEMURINO; IBEI TERMIN(U)S 16 ST A T IN MONTE PRO CAVO. INDE SURSUM IUGO RECTO IN MONTEM LEMURINUM 17 R E C T O IN C A ST ELU M , QUEI VOC1T A T U ST ALIANUS ; IBEI TERMINUS ST A T. INDE 16 S T A T . IND E SURSUM IUGO RECTO IN MONTEM APENINVM, QUEI VOCATUR BOPLO; 19 IN MONTEM TULEDO NEM ; IB E I TERMINUS STAT. INDE DEORSUM IUGO RECTO IN 20 IN FU M O ; IBI TERMINUS ST A T. INDE SURSUM IUGO RECTO IN MONTEM PRENICUM ; 21 FLOVIUM PO SID EN T, HISCE FIN IS VID EN TU R ESSE . UBI COMFLUONT MONTEM LEMURINO INFUMO ; IBEI TERMINUS S T A T . INDE SUSUM IUGO RECTO LEMURINO, IBI TERMINUS SUMMUM ; IBI TERM IN US ST A T. INDE SURSUM IUGO SURSUM IUGO RECTO IN MONTEM IOVENTIONEM ; IBI TERMINUS IBEI TERMINUS S T A T . INDE APENINVM IUGO RECTO FLOVIUM VERAGLASCAM IN MONTEM BERIGIEMAM IBI TERMINUS ST A T . INDE DORSUM IUGO RECTO IN T U L EL A SC A M ; IBI TERMINUS ST A T . INDE SURSUM IUGO B L U S T 1EMELO IN MONTEM CLAXELU M ; IBI TERMINUS ST A T . INDE ( 1) O gni capoverso rappresenta una linea della tavola originale. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 RECTO I — 7 — 22 DEOKSUM IN FONTEM LEBRIF.MELUM ; IBI TERMINUS STA T. 25 ENISECA IN FLOVIUM PORCOBERAM ; IBI TERMINUS STA T. INDE DEORSUM IN FLOVIOM PORCOBERAM. UBEI CONFLOVONT FLOVI EDUS ET INDE RECTO RIVO j.l PORCOBERA; IBI TERMINUS STAT. QUEM AGRUM POPLICUM INDICAMUS ESSE, EUM AGRUM CASTELANOS LANGENSES VEITURIOS PO(SI)DERE 25 V E1TURIS FRUIQUE VIDETUR OPORTERE. PRO EO AGRO VECTIGAL LANGENSES IN POPLICUM GENUAM DENT IN ANOS SINGULOS VIC(TORIATOS) N(UMMOS) CCCC. SEI LANGENSES EAM PEQUNIAM NON DABUNT NEQUE SA TIS 26 FACIENT ARBITRATUU GENUATIUM, QUOD PER GENUENSES MO(R)A NON FIA T , QUO 27 SETIUS EAM PEQUNIAM AC1PIAN T: TUM QUOD IN EO AGRO NATVM ERIT FRUMENTI PARTEM VICENSUMAM, VINI PARTEM SEXTAM LANGENSES IN POPLICUM GENUAM DARE DEBENTO 28 IN ANNOS S1NGOLOS. QUEI INTRA EOS F1NEIS AGRUM POSEDET GENUAS AUT VITURIUS ; QUEI EORUM POSEDEIT K. SEXTIL(IBUS) L. CAICILIO 2.) Q. MUUCIO CO(N)S(ULIBUS) , EOS ITA POSIDERE COLEREQUE LICEAT. E(I)S , QUEI POS1DEBUNT, VECTIGAL LANGENSIBUS PRO PORTIONE DENT ITA UTI CETERI 50 LANGENSES, QUI EORUM IN EO AGRO AGRUM POSIDEBUNT FRUENTURQUE. PRAETER 31 EA IN EO AGRO NI QUIS POSIDETO NISI DE MAIORE PARTE LANGENSIUM VEITURIORUM SEN TEN TIA, DUM NE ALIUM INTRO MITAT NISI GENUATEM AUT VEITURIUM COLENDI CAUSA. QUEI EORUM 52 DE MAIORE PARTE LANGENSIUM VEITURIUM SENTENTIA ITA NON PAREBIT, IS EUM ,3 AGRUM NEI HABETO NIVE FRUIMINO. — QUEI AGER COMPASCUOS E R IT , IN EO AGRO QUO MINUS PECUS (P)ASCERE GENUATES VEITURIOSQUE LICEAT ITA UTEI IN CETERO AGRO 3-4 GENUATI COMPASCUO, NI QUIS PROHIBETO, NIVE QUIS VIM FA CITO , NEI VE ii PROHIBETO QUO MINUS EX EO AGRO LIGNA MATERIAM QUE SUMANT UTANTURQUE. VECTIGAL ANNI PRIMI K. JANUAR1S SECUNDIS V ET U R IS 36 LANGENSES IN POPLICUM GENUAM DARE DEBENTO. QUOD ANTE K. JANUAR(IAS) PRIMAS LANGENSES FRUCTI SUNT ERUNTQUE, 37 VECTIGAL INVITEI DARE NEI DEBENTO. — PRATA QUAE FUERUNT PROXUMA FAENISICEI L. CAECILIO Q MUUCIO CO(N)S(ULIBUS) l IN AGRO POPLICO, QUEM VITURIES LANGENSES 38 POS1DENT ET QUEM ODIATES ET QUEM DEC TUNINES ET QUEM CAVATURINEIS ET QUEM MENTOVINES POSIDENT, EA PRATA , 39 INVITIS LANGENSIBUS ET ODIATIBUS E T DECTUNINEBUS ET CAVATURIN ES ET MENTOVINES, QUEM QUISQUE EORUM AGRUM 40 POSIDEBIT, INVITEIS EIS NIQU1S SICET NIVE PASCAT NIVE FRUATUR. SEI LANGUESES AUT ODIATES AUT DECTUNINES, AUT CAVATUR1NES 41 AUT MENTOVINES MALENT IN EO AGRO ALIA PRATA INM1T T E R E DEFENDERE S 1CARE, 42 MODUM PRATORUM HABEANT QUAM PROXUMA AESTATE HABUERUNT FRUCTIQUE ID UTI FACERE LICEAT, DUM NE AMPLIOREM SUNT. — VITURIES QUEI CONTROVORSIAS 4 3 GENUENSIUM OB INIOURIAS 1UDICATI AUT DAMNATI SUNT, SEI QUIS IN VINCULE 1S OB EAS RES EST, EOS OMNEIS 44 SOLVEI M ITTEI LIBER(ARE)IQUE GENUENSES VIDETUR OPORTERE ANTE EIDUS SEX T ILIS PRIMAS. SEI QUOI DE EA RE 45 INI^UOM VIDEBITUR ESSE AD NOS ADEANT PRIMO QUOQUE DIE ET AB OMNIBUS CONTROVERSIS ET HONO. PUBL. L I. — 46 LEG(ATl) MOCO MET 1CAN10 METICONI F (IL IU S ), PLAUCUS PELIANI(O) PELIONI F(ILIUS). ) Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — S — * 4* a) Preliminari. gasco. - I miei studi portano a questa traduzione : b) Formalità della sentenza. — c) L ’ agro privato degli uomini di f.and) Confini dell’ agro privato. - e) Confini dell’ agro pubblico. - giuridiche dell’ agro pubblico; è soggetto a canone verso i Genuati. - f ) Condizioni g) I possessi pri vati nell’ agro pubblico. — h) Norme per il godimento dell’ agro pubblico. — i) Decorrenza del canone. — j) Regolamento dei prati dei diversi popoli. - k) Liberazione dei prigio nieri; per le questioni relative si rinvia la causa. — l) Sottoscrizione dei delegati delle due parti. a) Quinto e Marco M inucii, figli di Quinto, della famiglia dei R u f i, esaminarono le quistioni fra Genuati e Viturii in questa c a u s a le di presenza fra loro le composero. .Stabilirono le norme dei relativi possessi, ed il modo di fissarne i confini. Fecero segnare questi confini e porre i termini. b) Esauriti questi incombenti, ordinarono di comparire a R o m a , ed in R om a, presenti le p a rti, pronunziarono sentenza, a ciò autorizzati dal decreto del Senato, nelle Idi di dicembre ( il dì i j ), sotto il consolato di Lucio Cecilio, figlio di Quinto, e di Quinto Muzio, figlio di Quinto (anno 6jy d i Roma, n y av. I E . V.). Colla qual sentenza fu giudicato: c) A i è un agro privato spettante al Castello (Langasco) dei A itu rii, che essi possono vendere e trasmettere agli eredi. Questo agro non sarà soggetto a canone. d) I confini dell’ agro privato di quei di Langasco sono i seguenti : D ove finisce il rivo che nasce dalla fontana in Pla nicelo (Mcirsen, abbreviazione d i « M a-en-i-cen ». P er effetto di un avvallam enio la fo?itana scaturisce ora un po’ più in basso n el ripiano /detto « a-en -i-cen » ove ò- la palazzina Razeto) c dove lo stesso s’ incontra coll’ Ede (Verde), ivi sta un termine. — Quindi si va in su per il fiume fino ad incontrare il fiume Lémori (Levioin, ora R io d’ Iso). — Quindi su per il fiume Lemori fino al rivo di Cumberanea ( Creusa). — Quindi su per il rivo di Cumberanea fino alla convalle Ceptiema (aru convalle di Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 9 — Pietra Lavezzara) ; ivi sono due termini presso la via Postumia. — Prolungando la linea retta risultante da questi due termini, si va al rivo Vendupale (Pcu-vei). — Dal rivo Vendupale nel fiume Neviasca (Castagna). — Poi giù pel fiume Neviasca fino all’ incontro del Procobera (-Ricb). — Quindi giù per il Procobera fino al punto ove finisce il rivo Vinelasca (Rio de vigne ora detto « dai Langen ») ivi è un termine presso la via Po stumia, e un altro al di là della via. — Dal termine che sta al di là della via Postumia, si va in linea retta alla fontana in Manicelo. — Quindi giù per il rivo che nasce dalla fontana in Manicelo sino al termine che sta presso al fiume Ede (Verde), e) Quanto all’ agro pubblico posseduto da quei di Lan gasco, si ritiene che i suoi confini siano questi: dove conflui scono l’ ede e la Procobera ( il Verde e la Polcevera) sta un termine £Ej. — Quindi si va su per il fiume Ede fino al piè del monte Lemorino (Lem oin)/iv i sta un terminej^II). — Quindi si va su pel giogo Lemorino, e s’ incontra un termine (III). — Poi su per il giogo Lemorino, e si trova un altro termine nel monte Procavo (Jm~-cwi)j p j ) . Quindi su per il giogo si va al sommo del monte Lemorino-^ZgccfiJ ,• ivi sta un termine (V). — Quindi proseguendo per il giogo si va al Castello che chiamano Aliano (A -lià, ora monte Pcuzu) ; ivi sta un termine (VI). — Quindi camminando pel giogo sul monte Giovenzio (A u Zuvo, il luogo ove allora la Postumia valicava, ora Montatelo); ivi è un termine (VH')- Quindi seguendo il giogo nel monte Apenino, che si chiama Boplo ( Ora-Capellin, probabilmente da Cao-penin) ; ivi sta un termine (V ili). -— Dall’Apenino seguendo il giogo al monte Tuledone f Carmo) ; ivi è un termine (IX). Poi giù per costa nel fiume Veraglasca (che sbocca sotto Vote) ; in fondo al monte Berigiema sta un termine (X). — Quindi per la costa si va su al monte Prenico (Pernecvo); ivi sta un termine (XI). — Quindi per costa si scende nel fiume Tutelasca (Secca, cìie nasce dal Carino o Tuledone) ; ivi sta un termine (nel luogo detto Isola) (XII). — Quindi su per la costa di Blustimelo (costa d i Pede monte) fino al monte Claxelo (oggi Croxevia) ; ivi sta un ter mine (XIII). — Quindi si discende al fonte Lebrimelo foggi Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 ---- TO — Fontana d ’ asi); ivi sta un termine (X IV ). — Quindi giù pel rivo d’ Ensiseca nel fiume Procobera (aggi Ricb) ; ivi sta un termine (X V ). — Quindi giù per il fiume Procobera (Ricò). Dove confluiscono 1’ Ede e la Procobera ( Verde e P ^ ct.mw+ir~Ricò) ivi sta il termine (già memwtmi# a l moni. I). f ) D i questo ag'ro, che giudichiamo esser pubblico, i Vi turii del Castel di Lang’asco si ritiene che debbano avere il possesso e il godimento. P er questo agro i Viturii Langen daranno 40# vittoriati all’ anno all’ erario di Genua. Se i Langen non pagheranno questa somma e nemmeno soddisferanno i Genuati in altro modo gradito a questi, beninteso che i Genuati non siano causa del ritardo a riscuòtere, saran tenuti i Langen a dare ogni anno all’ erario di Genua la ventesima parte del frumento nato in quell’ agro e la sesta parte del vino. g) Chiunque Gemiate o Viturio, possiede dell’ agro entro quei confini, sia mantenuto nel possesso e nel godimento, purché il suo possesso dati almeno dalle kalende del mese Sestile (Agosto) del Consolato di L. Cecilio Metello, e di Quinto Muzio (6 jy ): coloro che godranno di tali possessi pagheranno ai Lan gen unganone proporzionale come tutti gli altri Langen, che in quell’ agro avranno possessi o godimenti. Fuori di questo caso nessuno potrà possedere in quell’ agro senza l’approva zione della m aggioranza dei Viturii Langen, ed a condizione di non introdurvi altri che Genuati o Viturii come coloni. E quei di essi che non obbedisse alla maggioranza dei Vi turii Langen, non potrà continuare ad avere nè godere di tal agro. li) Quanto all’ agro che sarà compascuo, sarà lecito ai Genuati e Viturii pascervi il gregge come nel rimanente agro genuate destinato a pascolo pubblico : nessuno lo impedisca, nessuno ricorra a vie di fatto ; così pure non s ’ impedisca di prendere da quell’ agro legna e materiali. i) L a prima annata di canone i Viturii Langen dovran pagarla alle kalende di Gennaio del secondo anno (639), e di c iò , che godettero o godranno prima delle prossime kalende di Gennaio (638) non saran tenuti a pagare canone alcuno. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — II — J ) Quanto ai p rati, che durante il Consolato di L. Cecilio e Q. Mucio (l’ anno in corso 637) erano maturi al taglio del fieno (si parla dei prati) siti nell’ agro pubblico, sia in quello posseduto dai Viturii Langen, sia in quello posseduto dagli Odiati, e dai Dectunini e dai Cavaturini e dai iU n tovin i, nessuno vi potrà segare, nè condurre bestie a pascola, nè sfrut tarli in altro modo senza il consenso dei Langen, degli Odiati, dei Dectunini, dei Cavaturini e dei Mentovini, per quel tratto che ciascun di essi possederà. Se i Langen, o gli Odiati, o i Dectunini, o i Cavaturini, o i Mentovini vorranno in quell’agro stabilire nuovi patti, chiuderli, segarvi il fieno, ciò potranno fare a condizione che non abbiano maggiore estensione di praterie di quel che ebbero e godettero nell’ ultima estate. k) Quanto ai Viturii, che nelle questioni coi Genovesi furono processati e condannati per ingiurie, se qualcuno è ancora in carcere per tal motivo, si ritiene dovere i Genovesi proscioglierli e rimandarli in libertà. Prima delle prossime Idi del mese Sestile (Agosto 038), se al riguardo di tal faccenda sembrasse esservi qualche cosa di ingiusto, compariscano in nanzi a noi in qualunque giorno, che non sia destinato nè alle cause nè a pubblici affari. I) P I la u co D ELEGATI f ig l io d i M OCO P e l io n M E T IC A N IO d i P e l io F IG L IO DI M E T IC O N E . >r 5. — Questa tavoletta di bronzo è al giorno d ’ oggi considerata, nel mondo degli eruditi, come uno dei più preziosi documenti dell’ archeologia romana; pochissimi se ne trovano così antichi, nessuno così completo (^1). 1 (i~) 11 Can. G rassi, ragionando -della grande importanza che ha la tavola di bronzo, come monumento archeologico, scrive: « L ’ uso di consegnare al rame » gli atti pubblici presso gli antichi 'saria tornato davvero d’ infinito van taggio ; » ma il tempo edace, si in questo, si in altre qualità di memorie funne deplorabil» mente m aligno; a noi Liguri segnatamente, cui involò persino quasi tutto quanto Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Fu per pubblicata la prima volta a P arigi, l’ anno 152 0 , opera del Giustiniani nell’ occasione in cui dava alle stampe un libro contenente opere diverse di Jacopo e )’ eloquente L iv io e l ’ indagatore Polibio avevano delle cose nostre conse gnato nei loro volum i. Q uanto a ll’ A erescriplura, come 1’ appella Siculo, gli ori ginali serbati in R o m a perirono n egli incendii e nei saccom anni ; i duplicati di quegli A t t i, che riferivansi alle C o lo n ie , ai Municipii federati, alle Prefetture, ai F o r i, ai C o n c ilii, alle P ro vin cie, alle A lleanze e via discorrendo, andarono per poco tutti in dileguo con danno irreparabile della storia e della filologia. N elle guerre O toniane se ne squagliarono quanto aveaven e in Cam pidoglio, che andò in fiam m e, com e nota T a cito , e dove erano collocate le rim an en ti, salve o ripristinate, dopo i precedenti infortunii. Perirono per disastri posteriori le tre m ila tavole, rifatte, giusta Svetonio, sotto 1’ Im peratore Vespasiano; ripa razione , la q u a le , com echè di troppo incom pleta , alleviava pur tuttavia non poco il dolore di si gran di iatture. Ben tornava incom pleta quella ristorazione in vero per doppio tito lo ; im perocché se ne potè ripristinare soltanto un assai breve num ero , quelle cioè che poterono riaversi com echessia da c o p ie , o da copie di copie che ancora n ’ esistevano per R om a od altrove ; e si ristorò senza dubbio con quegli scorsi non infrequenti e quelle mutazioni, cui vanno sempre soggette, anco in buona fed e , e conscienziata sollecitudine, le riproduzioni di cose antiche. Infatti com e riesci la copia della nostra T a v o la medesima cavata d’ ordine di C osim o I di T o scan a, che trovasi nella galleria di Firenze? Eppure copia ritratta d all’ o r ig in a le , e con m andato del m assim o di precisione. Sudò Polibio, sudarono i più dotti Q uiriti, eh’ egli dovè appellare in soccorso, a ca vare un costrutto dalla T a v o la che conteneva 1’ atto di federazione fra Romani e Cartaginesi l’ anno prim o del Consolato R o m an o , cacciati i R e ; eppur non eran poi si discosti dal tem po di quella com pilazione. Donde viene che noi pos siam o con m iglior fondamento interpretare i fram m enti delle X II Tavole, anzi quelli delle leggi regie? E i passarono per la bocca e per lo stile di molte ge nerazioni, ce ne avvisa T u llio , di fanciullesca elem entare lettu ra, mandavansi a m em oria, ivano perciò dirugginendosi, seguendo in alcunché il progresso della successiva coltura del linguaggio. Q jianto perciò m aggiore è la rilevanza delle iscrizioni di data certa o assegnabile, coeve e ben conservate! E gli è il posse derne pur una senza dubbio gran sorte, e tanto im m ensam ente più, se corredata di si felici condizioni, fra si poco num ero scampato dallo sterminio, e dall in giu ria del tem po, che 1’ abbia interamente rispettata. » Il senatusconsulto de’ b a c c an ali, che serbasi nel museo vien n ese, rinvenuto nelle C alabrie, atto sancito nel 568 di Rom a, è il solo digesto al nostro para g o n a b ile , e che lo precede; questo senatusconsulto prezioso per la filologia e per le form ole, non è per fermo di m assima importanza storica; conciossiachè Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i3 — Bracelli. Fu divulgata poi colla traduzione che ne diede il Giustiniani nei suoi Annali, che vennero alla luce in Genova nel 1537. Fu poi riferita dal Bisaro e da Foglietta; in Germania Giorgio Fabricio la riportò nelle sue « Antiquitates » sotto il titolo : « Instrumentum ter minorum inter Genuenses et Veiturios; » in Francia ne scrisse il Brisson, in Fiandra 1’ Ortelio ed il Grutero, fra gli Spagnuoli Didaco Stunica. Pare ne abbia scritto il Pinelli, Genovese, ma non se ne trova più traccia. 11 Terrasson ne fa cenno nella sua « Storia della Giurisprudenza Ro mana », ed il conte Carli nelle sue « Antichità Italiche ». Il Granduca di Toscana Cosimo I, amante d ogni antica rarità, ne fece ritrarre un esemplare in bronzo che si conserva nella Galleria di Firenze ; e su quella copia studiarono altri eruditi come lo Zaccaria e 1 Orelli. Ma tutti costoro si contentarono di rilevare la grande importanza della tavola sotto l’ aspetto della epigrafìa latina, senza che alcuno si accingesse a rilevarne il senso geografico, storico e giuridico. L a traduzione del Giustiniani rimase per trecento anni » non iscopraci nulla di nuovo, sapendo noi il suo disposto altrim enti, cioè per » mezzo di Tito Livio. Ma il viennese è in minor conservazione. G li esemplati » delle antiche leggi e Senatusconsulti conservatici sui libri di Frontino, di Cice» rone e di Catone, dal detto sopra son fuori di comparazione, e perciò me ne » passo. I miseri brani circonrosi delle leggi agrarie, la smarginata legge Toria, » la monca iscrizione Eracleense opistografa d altre greche molto più antiche, il » lungo frammento senza capo e senza chiusa delle costituzioni per la Gallia Ci » salpina, la legge acefala de praeconibus et viatoribus, il bronzo Term ense, sono »> assai lungi dal poter disputare la preminenza al nostro, che in estensione, che » in importanza, che in vetustà, che in conservazione. L ’ epigrafe puteolana esi» stente in Napoli, ma in m arm o, ben conservata, pur cede alla nostra dell an» tichità d’ alcuni anni. Le due Tavole alimentarie, la Trasapenmna, e la Bebiana « portano il nome di Trajano ». Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 14 — 1’ unica fonte a cui si attingeva per conoscerne appros simativamente il contenuto. E si capisce c h e , leggendo il Giustiniani, ogni generazione si convincesse trattava di « res obscura » come dicevano che si i padri del Comune, e così si lasciasse ad altri il compito di deci frare quel rebus. Colla lodevole intenzione che la tavola « si potesse leg ge re ed intendere senza fatica » i Padri del Comune, nel 15 8 5 , nell’ occasione in cui trasporta rono la tavoletta di bronzo dal tempio di San al Palazzo Ducale, fecero trascrivere la Lorenzo tavola in una grande iscrizione di m a rm o , che dopo molte vicende è ritornata ora alla luce nella collezione di lapidi esistenti nel portico del Palazzo Bianco. L ’ idea era buona, os serva il S a n g u in eti, ma non così l ’ effetto; scrizione fatta eseguire dai Padri del perchè l’ i Comune ribocca di errori, e prova col fatto che dopo 80 anni si capiva ancora meno di quanto ne aveva capito il Giustiniani. Nella seconda metà del secolo scorso cominciò quel nuovo indirizzo desfli studi storici ch’ ebbe in Genova due <_> valorosi campioni: l’ abate Oderico e poi il marchese G e rolamo Serra, l ’ antesignano di quel patriziato intelligente, che volle rinnovare la sua nobiltà cogli studi, che a metà del secolo xix ebbe un altro illustre campione nel Marchese A gostino Pareto, ed in oggi è degnamente rappresentato dal Marchese Cesare Imperiale, Presidente della Società L ig u re di Storia Patria. Allettati dalla loro profonda erudizione, tentarono en trambi un commento della tavola di bronzo; il primo con un lavoro latino rimasto inedito, che si conserva fra i mm. della Biblioteca dell’ Università di Genova ; il secondo con una monografìa pubblicata nel 1806 nelle Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i j — Memorie dell’ Istituto Accademico di Genova. Per quanto i loro studi sieno oggi passati in seconda linea, perchè basati sopra di errori ormai definitivamente constatati, essi hanno tuttavia il gran merito d ’ aver portata la cri tica storica su questo importante documento, d ’ avere aperto la via agli studiosi, di avere per lo meno fatto sentire il bisogno e 1’ utilità di nuove ricerche, e di aver fatto intravedere la possibilità di arrivare un giorno alla completa intelligenza della tavola fondamentale di bronzo. che vizia le interpretazioni L ’ errore del Serra e dell’ Oderico non è di loro invenzione, come credettero alcuni commentatori, ma risale alla traduzione del Giu stiniani. Il Serra e l’ Oderico, seguendo il Giustiniani, ritennero che i Langen fossero un popolo, ed i Vituri un altro, e che la contesa sostanziale fosse tra Langen e V itu ri, e che i Langen a i V itu ri dovessero un canone ; mentre è chiarito pagare oramai che la contesa era fra i Vituri Langen e i Genovesi, e che il canone era dovuto dai Vituri Langen a i Genovesi. L ’ equivoco era nato dalla forma antiquata della parola « che si legge al principio della 2 5 / linea, che « NUAM V e it u r is » ove è detto V E C T IG A L . L A N G E N S E S . V E I T U R I S . IN P O P L IC U M . . GE ».. Stando alle norme grammaticali aveva d en t ragione il Giustiniani, e con lui 1’ Oderico ed il Serra, di tradurre « i Langaschi paghino censo a i V itu ri ». Ma la filologia latina ha dimostrato, ed con altri passi della tavola parimente veituris tivo il confronto dimostra, come sia una forma arcaica rappresentante il nomina v e it u r it , ed una volta fissato questo concetto, viene a mutare nella sua sostanza tutto il significato della ta vola. Ecco la ragione per cui i commenti del Serra e Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i6 — dell’ O derico, come la traduzione del Giustiniani, non sono più in oggi accettabili. A g li erronei concetti del Serra si inspirarono gli scrittori nostri fino al 18 6 0 circa. Di ciò è bene avver tire i giovani studiosi, ai quali facilmente potrà accadere di attingere le prime cognizioni sulla tavola di bronzo dalla Guida di G en ova del Banchero, o dai Cenni A r cheologici del C a n a l e , pubblicati G enovesato nel 18 4 6 nella in occasione Descrizione del del I.° Congresso deoli Scienziati. o L o studio della tavola di bronzo fu ripreso verso la metà del secolo X I X dagli eruditi della G erm an ia, i quali vi portarono acutezza di critica e vastità di vedute. Mentre il Ritschl ne pubblicava il facsimile nei suoi monumenti anteriori ad Augusto, il Rudorff ne studiava il senso giuridico e sociale in una sua dissertazione pub blicata negli Atti dell’ Accadem ia di Berlino nell’ anno 18 4 2 . Contemporaneamente il Grassi Genovese si dedicava alla correzione del testo e rilevava quell’ errore fonda- mentale che aveva viziato ogni commento, dal Giustiniani al Serra ; avvertiva che « Viturii Langen » significava un popolo solo, che la controversia era fra Viturii Langen e G e n o v e si, che erano i Viturii Langen che pagavano un canone cui Genovesi, non i Langen ai V itu rn . Finalmente si ebbe nel Mommsen una gran mente ordinatrice ; egli tutto vide, vagliò colla sua critica so vrana ; eliminando una quantità di errori ; spiegando, in tegrando le formule più astruse, ripristinando insomma nella sua verità epigrafica la tavola romana. L ’ esempio del Mommsen provocò nuovi studi da parte Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 17 — degli archeologici liguri di cui Genova era fiorente a quel tempo. Nel 1864 si formò in Genova un nobile consorzio di eruditi per lavorare d ’ accordo allo studio della tavola di bronzo, e ne uscirono pregevoli commenti dell'Ab. Sanguineti, del Canonico Grassi e del prof. Desimoni, che sono raccolti nel Voi. Ili degli Atti della Società Ligure di Storia Patria. Gli studi, che questi tre valenti archeologi fecero sull’ originale della tavola, ebbero prima di tutto per ri sultato di correggere parecchi errori, e dare una più esatta lezione del testo. Ed il Mommsen fece tesoro dei loro studi quando, nel 1877, pubblicava per la seconda volta questo documento nelle « Inscriptiones Galliae Cisalpinae ». A b biamo così nella traduzione del Mommsen un testo, che si può dire autentico e perfetto, in cui sono eliminate le difficoltà provenienti dalle forme antiquate, dalle abbre viazioni, nonché le altre che dipendevano dai guasti della tavola, dalla imperfetta incisione , o dall’ ignoranza dell ’ incisore. Ciascuno può ora con base sicura accingersi a nuovi studi. * 6. _ Gli studiosi del diritto romano troveranno nella tavola le prime applicazioni della procedura ro m an a, della potestà giudiziaria del Senato, e delle delegazioni che conferiva ai giudici di sentenziare in suo nome, del modo con cui si istruivano le cause, con cui le sentenze si redigevano e si pronunziavano ; troveranno coi prin cipi dell’ ager vectigalis un’ esatta applicazione di quei A t t i S o c . L ig . di S t o r ia P a t r ia . V o i, X X X . 3 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — famosi interdetti i8 - uti po ssidetis , che rappresentano la parte più pratica del giure romano in tema di proprietà. Gli studiosi di cose sociali potranno rilevare namento primitivi , politico e il regime agrario di l ’ ordi quei popoli confrontare colla tavola di bronzo le leggi agrarie dei Romani, studiare sotto questo rapporto le affi • nità del popolo ligure cogli altri popoli dell evo antico. L a linguistica avrà campo di studiare nella tavola di bronzo le prime forme latine, e riscontrare le intime relazioni che esse hanno con certe forme volgari, che ci ostiniamo a considerare come una corruzione del latino, mentre queste non sono che le generatrici di quelle. L a tavola di bronzo, come il Senatus consultus dei Baccanali, come le iscrizioni delle tombe dei Scipioni, come le leggi agrarie, ci presentano il meraviglioso contrasto di una lin gua parlata, alquanto rozza ma concettosa, vivace e libera, la quale si dibatte popolo che la frena, contro la ferrea disciplina di un come può , colla sintassi e colla grammatica latina. L a disciplina grammaticale finirà per trio n fa re , allo stesso modo che l’ assolutismo militare trionferà della libertà dei popoli ; ma non sarà men vero che, come i L iguri formano il substrato della popolazione italica, così il dialetto ligure, osco, sabellico, che dir si voglia, fu il primo fattore della lingua nostra ( i) . * 7. — Ma la tavola di bronzo ha una importanza tutta speciale per noi Liguri. E ssa contiene il segreto della nostra storia di 2000 anni fa. ( 1 ) Su gli antichissim i dialetti italici, vedi p. 52. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 19 — Sotto il punto di vista della storia ligure lo studio della tavola è ancora molto indietro. Gli stranieri attendono giustamente che il paese, a cui il documento si riferisce, risponda. Sono i Genovesi, che in quel quadro di 2000 anni fa devono ritrovare sè stessi, devono intuire il loro passato in relazione col loro presente; perchè soltanto essi conoscono i luoghi, i nomi, le tradizioni, i costumi, che riannodano il presente all’ antico. Gli studi del Sanguineti, del Grassi e del Desimoni costituiscono una preziosa illustrazione della nostra tavola; ma sono ben lontani dal risolvere tutte le complicate questioni di storia ligure che vi si connettono; e lo sentiva il Grassi quando proponeva di stabilire in G e nova « il commento perpetuo della tavola di bronzo ». Il Sanguineti trattò splendidamente la parte filologica ed accennò a diversi criterii storici. Il Grassi si occupò più specialmente della correzione del testo, diede un commento filologico e storico, una traduzione latina e italiana e un tentativo di ricostruzione geografica. Il Desimoni profuse i tesori della sua erudizione in tre lettere, che sono tre veri trattati sulla questione to pografica — sulla questione sociale — sulla questione filologica. Trattò da pari suo delle origini dei Liguri ; ma il campo è vasto e la storia ligure preromana è sempre allo stato di nebulosa. Ed ora mi pare il momento di rispondere ad una legittima domanda : perchè dopo che questi grandi eru diti aveano parlato io osai ritornare sull’ argomento? L a questione topografica, dalle stesse incertezze del Grassi e del Desimoni, mi pareva tutt’ altro che risolta. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 20 — Compresi da certi indizii che tanto il Grassi quanto il D e simoni avevano lavorato molto dal tavolo, ragionando sulle carte dello Stato M aggiore, la qual cosa ho sempre riscontrato esser pericolosa in così fatti studii. In secondo luogo notai che tanto il Grassi quanto il Desimoni partivano da certi p u n ti fis s i geograficamente erronei. Tanto l’ uno (Pa&- 4 3 5 ) quanto 1 altro (p. 5 3 7 ) suppongono che il Verde si estenda, e perciò si prolungasse in antico fino al Morigallo, e siccome la tavola parla del punto ove conflui scono 1 E d e e la Procobera , essi concludono : E d e è il V erde, la Procobera è la Sec ca; il punto ubi confluunt è il Morigallo. E questo è un errore, il quale vizia tutto il loro sistema di confinazione. Il Verde non va al Mo rigallo , ma finisce a Pontedecimo ; e perciò il punto ubi confluunt E d u s et Procobera doveva porsi a Pontedecimo e non al Morigallo. E non si doveva portar la Procobera sulla Secca con una ipotesi arbitraria non solo, ma dis detta da una ritenuto la Polcevera. tradizione costante, la quale ha sempre Seca un affluente, una cosa distinta dalla Il professor Desimoni inoltre pose a base del suo si stema questi altri due presupposti i.° che la catena del1’ Appellino abbia un monte a i G io vi (p. 5 3 7 ) , mentre che ai Giovi non vi è che un avallamento, un passo; i monti più vicini sono il Montaldo e il Capellino. 2.0 Che sia errata la carta dello Stato Maggiore e che il monte Pesalovo debba essere segnato al posto del Capellino (Pa&- 548, nota), mentre la carta è conforme al vero. A questo punto devo richiamare ciò che il Prof. Desimoni scrive nella sua nota a pag. 549 : « L a parte p iù diffìcile d i questo confine montuoso, dal monte della Boc Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 chetta a l Santuario della Vittoria f u verificata da un mio amico, il S ig . W olf\ instancabile indagatore di luoghi e d i documenti ». Il W o lf era un appassionato cultore della Storia L i gure, ma era forestiero, e non poteva non risentire le dif ficoltà dell’ ambiente, e specialmente quella di intendersi coi nostri villici. Poteva quindi facilmente ingannarsi , come avvenne. Questa è la ragione per cui fallirono i tentativi del Grassi e del Desimoni. Lo sport della montagna era pochissimo in uso ai loro tempi, oltre che le condizioni fisiche non permettevano forse nè all’ uno nè all altro di percorrere tutti i gioghi descritti nella tavola di bronzo. Non fu dunque soverchia pretensione la mia se mi rifiutai di giurare in verba m agistri, e, visto che 1’ errore era nato dalla poca conoscenza dei luoghi volli ritentare la prova associando alla mia impresa 1’ Alpinismo, il gran perito della montagna. Quel che è certo si è che Genova non ha fiìio ra risolto il quesito relativo alla posizione geografica dei primitivi Genoati e Viturii ; e basterebbe la discordia assoluta che regna fra le ipotesi del S e r r a , del Grassi e del Desimoni per convincersene. Si comprende facilmente che una configurazione di versa dei popoli liguri porta ad altri orientamenti nel ragionare delle relazioni dei popoli stessi. L a grave que stione della dipendenza dei Vituri Langen dai Genoati, assume dalla posizione geografica caratteri nuovi, che suggeriscono, a mio avviso, conclusioni diverse da quelle generalmente adottate finora. E così sempre più si delinea la necessità di uno studio ex novo. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 8* Oltre che nella questione geografica, io mi al lontano dagli altri scrittori nel sistema, cioè nel modo di investigare la storia ligure preromana. A mio avviso lo studio della tavola diè scarsi frutti sinora, perche non si considerò abbastanza che la tavola di bronzo, se e documento romano per la forma — perchè due personaggi romani intervennero e scrissero in latino lo stato delle nostre questioni — è però nella sostanza un documento essenzialmente ligure. Non bisogna 1 E. V ., dimenticare che nell’ anno 1 1 7 avanti in cui la sentenza è pronunciata, ai suoi primi contatti col il Ligure è popolo di Roma. E gli non chiede ai delegati del Senato una legislazione nuova: è troppo geloso della sua indipendenza per farlo. Egli chiede semplicemente un riconoscimento di diritti antichi, di possessi, di costumanze preesistenti. Genoati e Vituri contendono per i confini dei loro a g r i , per i loro com pascui, per il diritto di trarre dai monti legna da ardere e materiali da costruzione ; essi non invocano altre ra gioni che i loro u s i , i loro p a tti antichi. Gli arbitri non fanno che constatare, sanzionare, precisare gli an tichi confini e le antiche costumanze, colla scorta dei relativi possessi. Insisto su questo punto perchè mi è sempre parso di vedere che, nello studio delle cose liguri antiche, noi siamo fatalmente trascinati dal « pregiudizio latino ». Si chiese all’ erudizione romana spiegazione di tutte le cose nostre. A tutti i nostri nomi, come Cavignan, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — Serzan ec c ., si attribuì 23 — un’ origine latina. Ma guri non esistevano mille e due mila anni i Li prima? lo credo che « Zénoa » avesse tal nome prima che Publio Scipione vi sbarcasse colle sue navi ( i ) , e Strabone, il segretario di Augusto, la segnasse per « Genua » nel x * * * suo taccuino. Credo che un Carino (2) non sia mai esi stito a Cavignan, ma che questo nome sia antico quanto « ca vi, g a v i, g avign e, gavignan e gavignana » e non vi sia ragione d ’ inventare un Sergio romano per dar il nome a Zerzan (3) , il quale indubbiamente si chiamava così dal giorno in cui i primitivi L ig u ri, parlando una favella, che era comune a tutti i popoli mediterranei, dissero. — « S èra » il monte che chiude — « Z a n e C lan » il piano — « uale o vale » la valle — « S e r -z a n » il monte che serra il piano — « seravaie » il monte che serra la valle. Per effetto del « pregiudizio latino » 1’ anacronismo regnò sovrano nei nostri studi. Si fece nascere dai R o mani un’ infinità di cose, di fatti e di idee , che erano proprie dei Liguri e che i Romani tolsero da quelli. E così si andò fuori strada cercando nel latino Genua 1’ origine di Zenoa , in Sabatia 1 origine di S a o n a , in Ricina l’ origine di Reco, in Hasta 1 origine di A sti, in Taurinus l’ origine di Turin, in Turrilia 1 origine di Turriggia; mentre lo studio del dialetto ligure attesta all’ evidenza che Zenoa, Saona, Astu, Turin, Turia, altro non sono che antichissimi nomi nostri , che furono poi ( 1 ) L i v i o , Libro X X I. ( 2 ) Il C a n a l e nella Storia dei Genovesi p. 2 4 fa derivar Cariniano da un Ca rino romano. Altri fantasticò: Cherem-jani. (}) 11 C ax ' a l e fa derivar Sarzano da Sergio ossia da Sergiano; altri da arx-jani. Noto che di Serian, Sar^aii e Sarianello è piena la Liguria. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 24 — mascherati romanamente da quel popolo superbo, che volle tutto il mondo foggiato ad immagine sua. Non vi sarebbe stato gran danno se questa tendenza si fosse contentata di sbizzarirsi nel campo delle etimo logie. Ma siccome il criterio etimologico diventa facil- mente criterio storico, così le reminiscenze classiche in vasero tutta la nostra storia, e la fisionomia del Ligure primitivo ne rimase profondamente alterata. Ecco la ra gione per cui mi premunisco tanto contro il pregiudizio testé accennato. Non vorrei certo mettermi in dissenso col prof. Desimoni per la semplice etimologia di E d e, di iso, o di Ioven tio; ma quando vedo che, accettando le definizioni del Desimoni, io faccio dipendere dalla civiltà romana le origini dei L ig u ri, quando penso che derivando Ioventio da Io v is, il Desimoni costruisce tutta una teoria dei po poli L igu ri che avrebbero avuto sull’Appenino genovese i loro convegni religiosi con Giove alla testa; allora, io dico, non è più questione etimologica. Si entra a discutere il carattere primitivo del popolo ligure, ed io chiedo la parola per oppormi a che V Iovis acquisti nella nostra storia un seggio che non gli compete. Allora io contrap pongo un’ etimologia che arresta il corso a tutte queste vedute storiche e dico: badate che Ioventio è semplicemente la traduzione di zuvu o giovo. Non il ligure dal latino, ma il latino dal ligure; questo è per me il gran vero che deve presiedere alla ricomposizione della storia primitiva. Perchè non dob biamo dimenticare che i Liguri sono il più antico p o polo d ’ Italia, che a poco a poco fu ristretto fra la Magra e il V a ro , che i Romani altro non sono che un tardo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 germoglio 25 — di questa antichissima razza italica ( i ) . I romani vennero in Liguria quando il nostro popolo aveva già 2000 anni di vita, quando il ciclo ligure stava per finire (2). Vennero, videro, ed ogni cosa trasformarono, romanizzarono, non abbiamo difficoltà ad ammetterlo, e a ritenere che l’ influenza latina fu enorme. Tutte le forme della civiltà romana passarono fra noi, foggiammo alla latina la nostra lingua, seguimmo i romani nell’ arte, nella letteratura, nell’ opulenza e nel vizio. Ma non per questo cessammo di esser Liguri ; Zénoa fu sempre Zénoa! Questa Zenoa primitiva non è ancora chiarita. Gli studi nostri sono per molti riguardi ancora al punto in cui era la storia di Roma prima che il Niebuhr, il Mommsen, il Bonghi e il Pais, seguendo un’ idea già adombrata da Giambattista Vico, sceverassero dalla realtà tutto quell’ artificio simbolico, che avvolge i primi secoli di Roma, colla differenza che 1’ artificio era in quel caso di creazione antica, mentre nel caso nostro è di fattura moderna. Come la civiltà miocenica si sviluppò in L i guria parecchi secoli dopo la gran fioritura di Micene e di Troia, così è molto tardivo il nostro movimento scien tifico a riguardo della ricostruzione storica. L a storia Genovese ha fatto dei grandi progressi in questo secolo, .specialmente per quanto riguarda il medio evo, e di molto siamo debitori al Desimoni, che fu il Muratori della L ig u ria, più illuminato, più moderno come voleva la differenza dei tempi. Ma la storia ligure primitiva è tuttora in balìa di criterii infantili, perchè siamo venuti sin ad oggi trastul landoci colla erudizione romana, pur essendo convinti che ( 1) Vedi N ic o l u c c i , S c h i a p p a r e l l i , M o l o n , C e l e s i a , M a r i o t t i , S e r g i . (2) N i e b u h r , Storia romana. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i6 — R om a non basta a spiegare le origini del L ig u re , i l p iù antico popolo italico. Adunque è verso il Ligu re primitivo che noi dobbiamo appuntare i nostri studi, se vogliamo comprendere i fe nomeni sociali e politici che costituiscono il principio, il substrato di tutta la nostra storia. L ’ amore del classicismo ci ha sempre fatto dimenticare che G en o va esisteva ed era marinara e commerciante , ed era civile e florida cinque secoli avanti 1’ E. V., quando R o m a riceveva le prime lezioni di civiltà etrusca da Tarquinio Prisco. Bisognava che il piccone demolitore portasse alla luce le tombe dei nostri avi di X X I V se coli addietro ( i ) per far toccar con mano ai più incre- ( i) « N egli scavi fatti nel 1898 per l ’ apertura della nuova strada X X Settembre » furono scoperte oltre 15 tombe a pie’ del colle di S. A ndrea e più particolarmente » nel luogo ove era la chiesa di N. S. del Rim edio. L e tombe erano scavate » nel tufo. N ei tagli sezionali che si praticavano per 1’ abbassamento del suolo si » avve rtiva sovente la presenza di una tomba, in quanto si vedevano nel terreno >» sopra il tufo i segni di un antico scavo della larghezza di 1. 60 circa. Dove ces tì sava la terra e com inciava il tufo lo scavo prendeva la forma di un pozzetto » di circa 70 cent, di larghezza. N el pozzetto era un vaso contenente i resti della » crem azione. L e ceneri e le ossa carbonizzate erano miste alla terra colata colle » infiltrazioni. Intorno al vaso cinerario, anfore, ciottole e utensili diversi. Alcune » tom be contenevan o due, tre e perfino quattro vasi cinerarii; erano probabil» m ente tom be di fam iglia. Il pozzetto era coperto di una lastra di pietra comune » senza alcuna iscrizione. , » I vasi, che saranno esposti nel museo del Palazzo Bianco, sono di quelli vol» ga n n e n te chiam ati etruschi, perchè negli scavi etruschi si trovarono in gran » copia ; m a in realtà sono, secondo il prof. Gherardini, di fabbrica Ateniese del » V secolo a. 1’ E . V. A m m irabile per finezza di lavoro una anforetta in bronzo » ed altri piccoli oggetti d’ arte greca. » L a m aggio r parte dei vasi cinerari si trovarono rotti, le pietre che servivano » di coperchio alle to m b ; erano generalmente inclinate, il che è indizio che quelle » tom be erano state m anomesse da chi sperava trovarvi denari od oggetti preziosi. » Se della G recia si apprezzavano i bronzi e le ceramiche non è improbabile » che qualche m onum ento più 0 meno artistico sorgesse su quelle tombe a’ piedi Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 27 - duli che Genova ebbe una civiltà preromana, per con vincerli che fuori del mondo romano sono da ricercarsi le origini nostre. * 9 - — Sotto un altro aspetto il « pregiudizio latino » intralciò lo studio delle nostre antichità preromane. Da Polibio, da Tito I J v i o , da Cicerone, da Strabone, da Plutarco, da Dionisio, dagli scrittori romani insomma, si traevano le notizie de’ nostri Liguri antichi. Gli storici romani descrissero i Liguri frugali, agili e forti, quasi belve, predoni; ce li descrissero come li co nobbero nelle zuffe sanguinose ingaggiate con essi nei monti liguri ; ma in realtà poco o nulla conoscevano della storia nostra, ed erano troppo orgogliosi per cre derla degna dei loro studi. Oltre a non conoscere i Liguri , gli scrittori romani confusero in un solo concetto i Liguri pugnaci dell’A p penino Apuano, Parmense e Piacentino coi Liguri delle due riviere, coi Liguri che abitavano in fondo al golfo. Io ritengo che la storia dovrà a poco a poco rilevare diverse tendenze e diversi gradi di civiltà fra i Liguri antichi. Fierissimi gli Apuani e quelli dell’Appenino Par mense e Piacentino, più rozzi, più montanari; più inci» del Colle di S. Andrea. Certamente di marmi dovette arricchirsi la nostra città » 5 secoli appresso dopo che Augusto diede tanto lavoro e tanta celebrità alle » cave di Luni, ed invogliò tutta l’ Italia a seguire l ’ esempio di R o m a , a ri- » farsi di m arm o, mentre era di mattoni, di rozze pietre e di paglia ». Su questa importante scoperta delle tombe genovesi riferirono il Prof. D ’ A n drade e il Prof. G h ir a r d in i negli atti dei Lincei (Rendiconti Classe di scienze m orali, storiche e filologiche). Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 28 — viliti quelli che abitavano il littorale. Ostili a Rom a quei della riviera di Ponente per 1’ indirizzo preso ai tempi dell’ invasione d ’Annibale ( i ) ; rivali forse quei della ri viera di Ponente coi Genovesi, rivalità che si cambiò forse in odio quando M a g o n e, alleato con quei della riviera, saccheggiò G e n o v a , e portò il bottino nel castello di Saona (2). G en ova rimase amica dei Romani o per lo meno neutrale in quel periodo fortunoso delle guerre di Annibaie, e cominciò allora quella politica tutta sua, inspirata unicamente ai suoi interessi commerciali, che non ingelosì i Rom ani, che li indusse a lasciar in pace i Genovesi, a trattarli non come sudditi ma coijie confe derati, mentre gli altri popoli liguri furono crudamente colpiti. Riassumendo adunque dirò che, se gli storici romani possono darci notizie di fatto sui nostri popoli e sui rapporti che ebbero poi colla repubblica e coll’ impero, non possono che fornirci apprezzamenti inesatti, quando si tratta di conoscere la loro storia intima prima della conquista romana. * 10 . — Quali saranno dunque le fonti a cui dovrà inspirarsi uno studio della Liguria preromana? Non saremo certamente noi che disprezzeremo quei preziosi appunti che troviamo negli scrittori latini. Ma quelli appunti non sono ancora la nostra Storia. Volendo (1) L ivio , XXVIII. (2 ) L i v i o , X X V III. 46. Ecco un fatto storico che può spiegare molto bene 1’ antichissim a rivalità fra G enova e Savona. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 29 — conoscere 1’ intima natura dei Liguri primitivi e renderci conto dell’ evoluzione da essi compiuta prima di confon dersi e sparire nella gran fiumana del popolo romano, noi dobbiamo chiedere 1’ ispirazione a fonti essenzial mente Liguri. Sotto questo aspetto ha un valore immenso la tavola di bronzo ; si può chiamare nell’ ordine storico la B ib bia dei Ligicri. * ii. — Il dialetto ligure antico, diligentemente studiato può aprire nuovi e grandi orizzonti alla storia. Imperocché il dialetto ligure antico esiste nei nostri monti, e sara uno dei compiti più belli dell’ Alpinismo ricercarlo e ri comporlo, allo stesso modo che 1’ alpinista botanico coglie e classifica le specie rare di una flora che sta per scom parire. Nelle alte valli del Bisagno e di Fontanabuona, dell’ Orba , della Scrivia e della Trebbia il dialetto ligure è rimasto colle sue forme primitive inspirate alla na tura. È rimasto perchè le popolazioni di lassù furono esenti o quasi da commistione ; le invasioni celtiche e poi le longobardxhe, che dilagarono nella valle Padana, si fermarono a pie’ di quei monti ; appena un leggero spruzzo può aver toccato la cima. E così, mentre il dialetto lombardo è nella sua base un ligure celtico, mentre il dialetto genovese è un mosaico ligure formato con tassilli di tutte le lingue, l’ alto Appennino invece ripete « nomina et voces » il cui fondo è essenzialmente ligure. Non diciamo con questo che il dialetto dei monti sia quello di 20 secoli fa, ma è certo che lassù abbon- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 30 - dano i fenomeni linguistici, c h e , ben vagliati e ben di scussi, possono servire per una ricostruzione archeologica del dialetto ligure primitivo. Gli studii linguistici avrebbero un indirizzo più sicuro e risultati molto più positivi, se potessero fissare le carattei istiche dei dialetti antichi, che furono i generatori delle lingue scritte. S e non che anche per i dialetti della montagna « il tempo va d attorno colle force ». Dopo tanti secoli di stabilita nell ordine sociale e linguistico, è cominciato un periodo che si potrebbe dire un vortice, tanto è ra pida 1 azione della civiltà nell’ abbattere le caratteristiche indù iduali dei popoli. Il dialetto montanino ha subito più trasformazioni negli ultimi cinquant’ an n i, che non ne subì in venti secoli prima. In conseguenza la ricerca del dialetto ligure antico diverrà fra poco difficile assai. Se non ci affrettiamo a raccogliere dalla bocca dei mon tanari viventi gli ultimi resti , ci troveremo ben nelle condizioni di quelli che vanno in cerca presto dell’ oro nelle sabbie dell Orba. L ’ oro vi sarà, ma nessuno avrà più il coraggio di pescarlo. Il della d ialetto, tengo a dichiararlo , sarà nel mio studio tavola di bronzo spiegazione linguistica. il punto di partenza A le denominazioni tutte di monti, di fiumi nostri io farò questa riflessione: è la forma, ligure la sostanza. E ogni di latina mi domanderò: che cosa avran detto i Liguri, perchè i Romani traducessero nel tale o tal altro modo? Troveremo che sotto nomi pomposi, d ’ invenzione romana, si annidano espressioni volgari, a noi Liguri ben note, e corrispondenti esatta mente alla natura dei luoghi, a cui furono applicate. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 3i — Vedremo che Ioventius non è altro che il « zuvu », come Lemurinus è traduzione di « Lemuin », Procobera di « Porsei-via ». L o studio del dialetto ci condurrà a preziosi confronti fra i nomi e i costumi liguri e quelli degli altri popoli del Mediterraneo. E da questi confronti emergerà che il dialetto nostro era nelle sue radici e nelle sue forme essenziali il dialetto comune a tutti quei popoli. Vedremo le identiche espressioni ripetersi nell’ Asia Minore e nella Libia, come nella Francia meridionale e nella Spagna. Vedremo che la lingua greca altro non è che una splen dida fioritura di questo dialetto. E comprenderemo come sia avvenuto 1’ errore di coloro che ritennero il dialetto ligure derivazione del greco, e videro colonie greche in tutti i nostri centri liguri. L o studio del dialetto non vuol essere un’ inconcludente e fantastica ricerca di etimologie, ma uno studio com parato dei fenomeni linguistici, uno studio che consiste nel mettere a confronto il volgare dei Liguri colle lingue scritte dell’ antichità, cercando più che la corrispondenza dei suoni, l’ identità del pensiero nelle voci, che appa rentemente si corrispondono. Un’ indagine giudiziosa e paziente porterà a questo risultato, che si avrà un vocabolario del ligure antico, ricco di nomi, di frasi, ignote o dimenticate nei voca bolari del dialetto genovese. E di fronte alla gran messe raccolta non si potrà più dubitare che il dialetto ligure altro non era che un volgare comune a tutti i popoli mediterranei, da cui nacque il greco ed il latino e poi tutte le lingue, che più o meno giustamente furon dette neolatine. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 L o studio del dialetto e delle sue attinenze colle lingue antiche del Mediterraneo porterà un forte contritributo alla soluzione di un altro quesito — 1’ origine dei Liguri. Sarà allora completamente sfatato, io credo, quell’ altro pregiudizio delle origini celtiche che dal P. B ar detti in poi ingombrò la mente di tanti scrittori di cose liguri. * 12. — L ’ ispezione diretta dei luoghi è un altro mezzo che aiuta potentemente l ’ intelligenza dell’ antico. È diffi cile da lontano afferrare il giusto concetto di relazione fra luogo e luogo; l ’ erudizione da sola non basta; bi sogna che vi sia chi si incarica di portare 1’ erudizione al cospetto dei lu o g h i, che intendersi con tutti gli la inviti ad affiatarsi, ad elementi storici, che il paese conserva. Sovente sono notizie minuziose, tradizioni rozze, volgari, ma preziosissime, perchè danno più d ’ una volta 1 idea che conduce a nuovi orientamenti. L a sintesi topografica balena spesso agli occhi del1’ alpinista, mentre dall’ alto di un monte abbraccia con uno sguardo 1’ intera regione. Vede il giogo che corri sponde all’ altro giogo, vede l’ andamento dei fiumi e dei rivi, distingue i bei coltivi dai luoghi sterili per natura, indovina da un comodo e non interrotto sentiero la possibilità di un’ antica strada, vede su quel sentiero allinearsi una serie di antichi edifizi, vede comparire antichi ponti... Seguendo il filo ideale che collega tutti questi fenomeni, si arriva spesse volte a quella fortunata concezione in cui tutte le cose prendono posto in ordine lo g ic o , si spiegano e si conciliano. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 33 - L o studio del dialetto non potrà mai compiersi senza una grande famigliarità colla montagna. 1 così detti vo cabolari! del dialetto non riproducono che in minima parte le voci primitive, gli arcaismi del vernacolo, e non riescono mai a riprodurre efficacemente la pronunzia. K per lo più dal suono vero dei vocaboli che nasce 1 idea per cui un nome ne richiama un altro ed una sillaba pronunziata a un dato modo fa ricordare il 0 o 1 w di un nome greco. Serve infine meravigliosamente 1 alpi nismo per far un continuo confronto fra la cosa ed il nome. Questo è tante volte indecifrabile, ma i luoghi parlano per esso. * 13. — Ho seguito questo metodo storico-alpino nello studio della tavola di bronzo. Per due anni ripetei le mie escursioni sui monti della Polcevera, dai gioghi della Boc chetta e della Vittoria al Monte Carmo. Portai lassù le diverse ipotesi fatte dal Serra, dal Grassi e dal Desimoni a riguardo dei territorii descritti nella tavola di bronzo. O , Posi a confronto quelle ipotesi coi gioghi, coi fiumi, coi rivi, e trovai che la disposizione dei luoghi assolu tamente si ribellava alle tre ipotesi suaccennate. Mi posi allora ad uno studio ex novo , senza vinco larmi ad alcuna idea preconcetta, senza lasciarmi sugL,e stionare da quelle omonimie, che già fecero al Seira così cattivo servizio. Le omonimie potranno essere un argomento di conferma, ma non la base per procedere alla constatazione dei confini. È la natura coi suoi mon e i suoi corsi d’ acqua che deve rivelarci quella configur 4 A t t i S o c . L i g . di S t o r ia P a t r ia . Voi. X X X . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 34 — razione, che corrisponda esattamente ai dati forniti dalla tavola. E dico esattamente, perche non posso supporre che sia errato il documento e tanto meno che abbia mutato aspetto la natura. Nella tavola saranno alterati o mal espressi i nomi lo c a li, perchè i Romani avranno avuto difficoltà ad intendere e a tradurre le espressioni dei nostri villici; sarà ed è certamente errata di fronte alla gram matica 1 espressione latina, perchè questa splendida lingua era ancora ribelle a quelle norme che divennero leg ge ai tempi di Cesare. grammaticali Ma la preci sione dell idea, 1 esattezza nell’ esposizione del fatto come nella definizione del diritto, che rese eternamente famosi i Romani, si rivela mirabilmente sotto le forme antiquate della tavola. V i sono concetti come ju g u m , flo viu s, rivus, sursum e devorsum , che devono esattamente corrispon dere ai lu o g h i, e vedremo che corrispondono. Vi è una convalle , e si deve trovare « un punto dove due valli si congiungono ». E così pure si devono trovare le fontane che servivano di confine, le fontane tanto care agli antichi, dove avvenivano gli abituali convegni, dove la bella Rachele di Pòseivia, col secchio alla mano, giu rava fede di sposa al suo Giacobbe Zenóeise o Viturio. Se non m ’ illudo, 1’ « alpinismo applicato alla storia » ha dato in questo caso buona prova. L a questione topo grafica parmi risolta per chiunque vorrà recarsi in Polcevera e constatare de visu i fatti che io vengo a descri vere. Si troverà una serie di manifestazioni locali che si succedono nell’ ordine preciso indicato dalla tavola. Tutti i punti fissati dai fratelli Minucii appariranno come senti nelle della storia, e non una mancherà alla consegna. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 35 — * 14- — Ho raccolto in una carta i rilievi topografici da me compiuti. Ho aggiunto in essa uno studio delle vie romane che toccavano Genova e la Polcevera , ho segnato le vie presumibilmente più frequentate dai Liguri / antichi in relazione ai loro centri e ai loro scambi. Ho segnato gli antichi abitati, ed ho posto una -+- nei luoghi ove sorsero le prime Pievi cristiane, perchè coincidono generalmente colle antiche tribù Liguri e servono, per tal motivo, allo studio delle circoscrizioni primitive. E con tutti questi elementi ho cercato di delineare il meglio possibile la Polcevera di venti secoli fa. * 15. — Fatte queste constatazioni, m’ accingo ora al commento della tavola di bronzo. Vorrei, se mi riesce, abbozzare un profilo storico dei nostri antenati, e per questo ho preferito il titolo « Il g en o a ti e v it v r i ». mio studio sarà diviso in tre parti, che saranno tra di loro indipendenti. I. L a tavola di bronzo. II. I Liguri primitivi ; il loro dialetto Zenoa. III. I Liguri nell’ epoca romana Genua (1). ( 1) Se mi basterà il pochissimo tempo che ho disponibile per questi studi, aggiungerò come complemento : IV . Libarna e l’Agro libarnese. V. L ’ Appenino nel medio evo ; le prime vie commerciali fra Genova e la Lom bardia. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - A 36 - prima vista può sembrare un po’ strano questo sistema di cominciare dalla tavola di bronzo, per risalire ai tempi antichi e poi ritornare all’ epoca romana. Ma si troverà che ho ragione, quando si pensi che la tavola di bronzo è 1 ’ unico documento su cui si possa far base « u b i con sistam », direbbe A rchim ede, per farsi ad in vestigare gli immensi spazii dell’ antichità ligure. Bisogna conoscere bene la tavola per comprendere i tempi ante riori e quelli che vennero dopo. È dessa una gran vetta luminosa, dalla quale soltanto si può sperare di vedere qualche cosa nelle tenebre della storia. Tentiamo dunque da coraggiosi alpinisti di guadagnar questa vetta. Falli rem o? Non importa; la nostra caduta servirà d ’ esempio perchè a ltri, più forte e più savio di n o i, possa meglio e più felicemente salire. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 CAPO II I LI GURI . P R IM O SA G G IO IN DI BA SE R IC O S T R U Z IO N E AL S T O R IC A D IA L E T T O . i. I Liguri pastori — 2. Il dialetto ligure antico. Modo di ricomporlo — 3. La terra — 4. L ’ acqua. I corsi d’ acqua — 5. I monti — 6. L a valle — 7. L a selva. A Uà — 8. I v i, cioè i volghi — 9. Le strade: v a , vado e odo — 10. Le posizioni dei v i — 1 1 . Il Caste — 12. Le prime abitazioni dei L igu ri: i cavi e l’ erma e. il gias — 13. Eto, edo e gli esi — 14. Cape - Cabaiia Tegi - Stagiu - Ca - Monia - Galea — 15. La capanna del pastore — 16. L ’agricoltura — 17. Le piante — 18. I legumi — 19. I fiori — 20. G li animali — 2 1. I termini marinareschi — 22. Le professioni — 23. L ' A s t u , il proti, la raiba e i pr'e — 24. 11 popolo — 25. La divinità — 26. L a fa miglia — 27. Conclusione. i. — I Liguri come tutti i popoli prim itivi, eran o in principio pastori più che agricoltori. Pecore , a g n elli bovin e, e sopratutto veri e porci costituivano la e loro ricchezza privata. L a fabbricazione del fo rm a g g io e ra la loro industria ( i ) ; il commercio consisteva nel ve n d e re (1) I formaggi liguri erano in gran pregio anche ai tempi romani. Marziale nell’ epigramma de caseo Lunense descrive la grossa forma di cacio coll’ impronta della mezzaluna come è ancora in uso nel Parmigiano, e dice che poteva sfamare mille giovani caseus betruscae signatus imagine Lunae praestabit pueris prandia mille tuis. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 formaggi, agnelli e porcellini. Di poco abbisognavano per il loro sostentamento personale : castagne e legumi, fave, m o ch i, lenticchie, fornivano ad essi il cibo quotidiano. L a terra era allora considerata un bene comune, come 1’ aria, come la luce. U nica proprietà apprezzata, gelo samente custodita , il g re g g e . A questo soltanto e ai suoi prodotti si attribuiva un valore, e quando coll’ an dar del tempo si cominciò a far commercio d ’altre cose la pecora ebbe per secoli e secoli la funzione commutativa del denaro ; si negoziava a pecore come oggi si negozia a lire e sterline. Ricordiamo 1’ etimologia di pecunia « P e cunia a pecore appellabatur » scrive Plinio H. N. X V III. 9. A n co ra ai tempi di Plinio si chiamavano, nelle tavole censuarie « pascila », i territorii che costituivano i red diti del popolo romano, perchè, dice Plinio, per molto tempo « hoc solum (pecus) vectigal fuerat ». Risalgono ai tempi della ricchezza pecorina due parole tutt’ ora in uso : peculio e peculato (appropriazione di pecunia pub blica). Quelli che pascolavano e tosavano il m aggior nu mero di pecore erano i R o tsch ild , i R a g g io del tempo. E 1’ età dell’ oro descritta dai poeti , è la vita pastorale, semplice e primitiva, ma non rozza, non priva di finezza intellettuale come altri potrebbe credere. Si leggano i capi della Genesi ove è descritta la vita di Giacobbe e si avrà il migliore commento della vita dei Liguri di 30 0 0 anni fa. L a natura è regina in quella vita pastorale. Ed io penso che sia uno dei modi più efficaci per riprodurre il colorito dei tempi primitivi quello di far conoscere le espressioni dell’ antichissimo dialetto. Si ottiene a questo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 39 modo un risultato che è simile a quello dei raggi Roentgen : attraverso certi vocaboli noi possiamo, per così dire, foto grafare gli atteggiamenti morali e intellettuali dei Liguri di 3000 anni fa. * 2. — Mentre la natura non ha quasi più segreti, perchè le scienze positive penetrarono a fondo nelle ragioni delle cose, l’ oscurità regna profonda sopra una parte, la più antica, delle nostre lingue ; vi è nel nostro parlar quoti diano un residuo preistorico refrattario sinora ad ogni processo analitico. Sono voci di cui non si conosce il significato, o per lo meno è ignota 1 origine. Donde viene il piemontese doira tù ira , mi d co, il genovese a reo, ancheu, bulìtigu , andstu , bezùgji? Che cosa si gnifica Zena, Reco, Moergu , Coemagu, L a rveg u , Bobiu , Viuvà, Pavia, Piaxcnza, Arno, Livorno? Non si sa. Si tentò di spiegare questi vocaboli profittando di certe omonimie, ma 1’ esperienza ha dimostrato che un tal si stema non può condurre ad alcunché di serio e di con creto, tanto più quando si prendono per punto di partenza i nomi come sono scritti nei vocabolarii delle lingue moderne. Si ricorse al latino e si cadde nelle più strane fantasie. L a moda portò i suoi capricci anche in questo genere di studi. Vi fu prima la tendenza celtica; cominciò nel secolo scorso il P. Bardetti, e gli eruditi lo seguirono nel facile compito di riportare tutti i suoni del dialetto ligure, di cui non si comprendeva il significato, alla supposta lingua celtica. Il Serra seguì in questo 1’ indi- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 40 — rizzo dei tempi e celtizzò nella sua storia ligure. Nel secolo nostro si divulgò lo studio del sanscrito , ed il Celesia e tanti altri si abbandonarono con voluttà alla ricerca di etimologie in questo campo. Altri si a d ag ia rono nell’ erudizione g re c a , la quale aveva realmente dei tesori da profondere nello studio del nostro dialetto, ma la poca conoscenza dei nostri vocaboli, la mancanza di metodo nella ricerca, nell analisi e nella classificazione condusse non ad un lavoro sistematico, ma ad etimologie arbitrarie. E chi rimase spettatore finì per sorridere, dichiarando vana e presuntuosa 1’ impresa. L idea di ricomporre collo studio del dialetto la storia dei tempi primitivi non è nuova. gli studiosi dell etnologia D a Humbold in poi e della storia vanno ripe tendo che sarebbe di suprema importanza il conoscere, regione per regione, 1 intima natura del dialetto volgare. Imperocché le grammatiche costituiscono in certo qual modo 1 artificio della lingua, ed è nella parola volgare, rozza in apparenza, vergine e bella nella sostanza, che si nascondono tanti segreti dell’ epoca antica. Il Celesia fu il primo a rilevare 1’ utilità del metodo che io chiamo storico-alpino. E gli raccomandava ( i ) di « studiare i volgari delle campagne e dei monti ove tena» cernente si maìitengono g li a v iti lin g u a g g i , di cercare » quelle voci che rappresentando oggetti sensibili sono » proprii di tutte le età e di tutti i luoghi, per cui fatta » depurazione di ogni mistura forestiera, sarà aperto un » vasto campo per istituire confronti con altri dialetti e » per afferrarne le comuni radici e così levarsi alle ori t i) C e l e s i a . S u ll’ antichissim o idioma dei Liguri, 1863. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 4i — » gini delle antiche favelle e provarne le affinità coi » moderni volgari. » « Tale compito, soggiungeva il Molon ( i ) , sarebbe » più facile certamente ai Liguri e Piemontesi, siccome » a coloro che colle prime aure di vita attingono le » nozioni delle più piccole gradazioni, differenze, nonché » delle caratteristiche dei patrii dialetti ». Cito queste parole del Molon perchè vengono in certo qual modo a giustificare il mio proposito. Entro in un tema complicato, difficile assai, dinanzi al quale tanti poderosi intelletti si arrestarono; ma ho la fortuna di ragionare di un dialetto che è il mio , e di avere famigliarità colla montagna a cui attingo i suoni primitivi e dove studio le caratteristiche di natura, che hanno inspirato un tale linguaggio. Quanto ai criterii che devono guidarci in questi studi 10 feci tesoro innanzi tutto di quelli insegnamenti che 11 Desimoni da vero e grande maestro lasciò scritti nella seconda delle sue lettere sulla tavola di bronzo, dove discorre a lungo dei grandi vantaggi che dalla cono scenza del dialetto possono derivare allo studio delle epoche primitive. « Io credo, dice il Desimoni a p. 6 5 7 , che siffatto » campo sia spinoso s ì , ma gravido nelle sue viscere » di preziosi veri, e vergine quasi al tutto nel giro della » Storia Patria. E se ne vantaggeranno non solo le cose » nostrali, ma ben più la Filologia generale che sui di» versi lavori parziali appoggiandosi salirà più alto, af» ferrerà d’ un sol colpo d’ occhio qua le lacune e gli » errori, colà l’ ingegnoso modo di colmare e correg- (1) M o l o n . Preistorici e contemporanei, 1880. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 42 — » g ere ; così, proponendo nuovi canoni e sottoponendo » nuove interrogazioni ai più umili ricercatori delle sin» gole parti, ristabilirà anche in questo ramo quella fra» ternità del lavoro che sola può far progredire 1’ umana » Società. In tale m aniera di procedim ento sono da » prendere a modello i cultori delle scienze naturali, che » ottengono sem pre più m eravigliosi avanzamenti me- » diante la disciplina dell’ ord in am en to, con una fitta » rete di congressi, corrispondenze, osservatorii, telegrafi, » e avvincendano le m onografie cogli studi di scienze » com parate, 1’ analisi colla sintesi. L ’ analisi sottilissima » per misura, peso, qualità e per invenzione di nuovi » più sensibili stromenti ; nulla trascurando per quanto » paja di poco p re g io , perchè » d ’ un intero sistema. La ivi è talvolta il germ e sintesi di vari g r a d i, che » com incia a raccogliere tutti i fatti simili, poi ne tenta » la spiegazione con una ipotesi o regola pratica che li » ripartisca in fam iglie, specie, generi, ordini. L e regole » pratiche suggeriscono tentativi di nuove esperienze » che, più o meno felicemente riuscite, formano contro» prova della loro bontà; e infine si tenta ascendere alla » v era teoria, alla formola pura ed astratta, che contenga » in se la ragione compiuta di tutte le regole pratiche. » M a non basta. L e scienze naturali oltre il calcolo » ordinario ne possedono uno straordinario o superiore, » che si dirama in due membri opposti tra sè, ma che » a vicenda si completano ; voglio dire il calcolo delle » differenze, che pur si chiama degli infinitesim i o dei » lim iti ; e il calcolo delle somme o delle integrazioni. » Con questi due calcoli, il primo de’ quali disfà il tutto » riducendolo all’ elemento, e il secondo ricompone 1 e- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 ì 43 » lomento nel tutto, ottengonsi quelle formole più sublimi » che col calcolo ordinario o non si otterrebbero m a i, » o solo assai più lentamente e imperfettamente. Non - » altrimenti la Linguistica e la Storia potrebbero g io — » varsi mirabilmente per le rispettive indagini di un » metodo simile, che va anch’ esso diviso in due; da » chiamarsi 1’ uno il criterio dei limiti, 1’ altro il criterio » delle somme o delle probabilità. Col primo di essi, se » anche non si giunga a determinare ricisamente una » verità, si riesce a rinchiuderla entro un cerchio più o » meno ampio; ai limiti del quale l’ errore può giun» gere, ma varcare essi limiti non può. In tal caso l ’ er» rore possibile ben si assomiglia ad un infinitesimo in » matematica, che si trascura senza che ne restino punto » intaccate le conseguenze entro i posti confini. Questo » metodo inoltre lascia guadagnar sempre maggior ter» reno alla verità, ampliandone il cerchio, e restringen» dosi in proporzione la portata possibile dell’ errore. » Col secondo criterio sommando 20, 30, 40 casi si- » m ili, storici o linguistici, ne emerge un fascio, un » insieme i cui singoli elementi per sè nulla varrebbero » a conchiudere; ma pure riuniti e confermati da sempre » nuovi fatti finiscono collo ispirare una morale certezza. » Che se questo paja ripugnante alla logica, secondo la » quale nelle conseguenze non si dee comprendere più » di quel che sia nelle premesse, non ripugna invero » chi ben consideri ; dappoiché qui la vera premessa del » sillogismo non è l’ uno 0 l’ altro dei singoli fatti, ma » sì l’ ordine costante di natura, voluto dal disegno » tanto più mirabile quanto più semplice della Divina » Provvidenza: ordine che ci si palesa e conferma ap- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 » punto in proporzione » casi simili osservati. del raggu ard evo le numero dei » Siffatti due criterii non sono nuovi, sebbene, troppo » spesso attuati per solo istinto di naturale acume, non » poterono rendere tutto quel frutto che avrebbe recato » la piena conoscenza della loro efficacia e la loro ridu» zione a forinole rigorose. Ma il secondo criterio se- » gnatam ente, il calcolo delle probabilità, fu anche svolto » sotto il rispetto te o rico , ed ebbe acutissimi e felici » colturi in entram be le discipline onde è qui parola. » Così in F ilo lo g ia questo calcolo ne insegna dapprima » ad andar cauti, a non dedurre subito dalle apparenze » di vocaboli simili anche la som iglianza delle idee in » essi vocaboli rappresentate. Perchè » sillabe possibili a combinarsi in il numero delle una lingua essendo » molto più ristretto che non è il numero delle idee da » esprim ersi con quelle sillabe, dee avvenire di necessità » che molti suoni simili si trovino rappresentare idee » disparate. E ciò tanto più dee avvenire, ponendo a » confronto vocaboli simili ma appartenenti a lingue di» verse : giacché le più centinaia che ne esistono al » mondo e la corruzione sofferta da esse lingue pel corso » dei secoli moltiplicarono e travisarono i suoni ; rima» nendo in proporzione molto meno svariato il fondo » delle idee dell’ Umanità. » Tuttavia continuando a raccogliere fatti simili, il » calcolo stesso che pria ci gridava cau tela, ne in co» ragg ia ora e ne affida a ritrarre da » di somiglianze dottrina frutti sinceri di grande somma filologica. » Perchè i casi di somiglianza accidentale prodotti dalle » cause predette devono avere un certo limite ; e se il Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 45 — » numero continua ad aumentare fino ad un alto segno, » contuttoché si escluda la mistura delle lingue e dei » luoghi e si adoperino le più savie cautele, è forza » conchiuderne che la somiglianza in tale caso è reale, » non apparente nè arbitraria; e che dunque sta ivi » nascosta una famiglia o generazione d’ idee rispon— — » dente alla famiglia delle parole simili raccolte. Non » altrimenti dal paragone di più dialetti a lui ben noti, » qualunque uomo di mediocre intelligenza viene a co» noscere 1’ affinità fra gli stessi dialetti e la loro co» mune derivazione da una lingua madre. E in simile » modo i dotti procedendo a disaminare molte lingue » madri, e vedendo chiaramente impressa nelle mede» sime tanta affinità di forme grammaticali e di radici » fra le une e le altre, poterono dedurne con eguale » certezza 1’ esistenza d’ altra lingua più antica , che » fosse madre comune di quelle lingue ed ava di » quei dialetti. Di che 1’ inglese Y un g ideò in gegn osa» mente una specie di scala o misura di tali somiglianze, » la cui altezza, progrediente in proporzione che ne » cresce il numero, faccia salire quello che in principio » era minimo grado di probabilità fino a piena certezza. » L ’ applicazione dello stesso metodo a nomi proprii, » ripetuti in più luoghi antichi e moderni, frutterebbe, » per mio avviso, più vantaggi di molto rilievo: i.° quello » di rischiarare la Geografia antica e del medio evo, e » le diverse (pur non sempre contraddittorie) lezioni » d ’ un medesimo nome in più scrittori e documenti ; » 2.° quello di agevolare l’ intelligenza delle famiglie o » consorzi aristocratici di tutti i popoli, che successiva» mente apparvero nella Storia e celano sotto i loro Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 46 — » prenomi o cognomi gran parte delle proprie vicende ; » 3.° (ed è il cardine di tutti gli altri) il van taggio di » potere avvicinarsi sem pre più a scoprire il vero ed » unico nome tipo di sotto alle molteplici sue trasforma» zioni scritte o pronunziate ; e con ciò scoprire anche » la lingua in cui questo nome tipo abbia il suo signi» ficato naturale, la sua indubitabile etim ologia. » Perciò quando mi si affaccia il nome di un luogo che » rinvenni già altrove vestito colla stessa o quasi identica » forma, posso crederlo dapprim a effetto di caso od anche » effetto di circostanze sim ili, ma senza la menoma rela» zione tra i due luoghi omonimi. Quando però mi ritorni » ripetuto lo stesso nome in quattro, sei, dieci luoghi, dimi» nuisce in proporzione la probabilità del caso, che è caso » appunto perchè solitario ; e cresce nella stessa proporzione » la probabilità d ’una regola di relazione, cioè d ’una causa » generale e comune di tutti questi nomi. E se codeste ri» petizioni si trovassero poi disposte in più luoghi diversi » in una forma regolare ed analoga, per esem pio quasi » centri simili con ra g g i o subcentri simili, cioè con nomi » proprii secondarii agglom erati intorno ad altri principali, » e tutti rispettivam ente omonimi, non sarebbe questo più » che sufficiente indizio di uno stretto nesso di consan» guinità fra gli abitatori di tutti questi luoghi ? » R iassum endo: da una parte il calcolo delle proba» bilita e dei limiti che costringono la m ateria sotto » generali classificazioni, dall’ altra l’ analisi » e controprova i singoli elementi di che rivede queste classifica- » zioni, infine la sintesi che di nuovo li congiunge e ne » indaga la ragion filosofica; ecco i tre mezzi che ado» perati da una o m eglio da più persone, alternata- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 47 — » m ente o congiuntam ente, non possono fallire ad una » g ra n riuscita, l'ale è la caccia che si dee fare alla — » v e rita p e r iscovacciarla dai più intimi recessi, dai » lu o g h i più arrischiati ove ama nascondersi: si comincia » dal la r g o a ricingerla ; il cordone è ancor troppo » v a sto e lento per chiudere tutte le scappatoie; ma le » b asi stra teg ich e poste in sodo concedono di potersi » in o ltrare senza scoprire le spalle, acquistando sempre » n u ovo terreno e fermando nuove parallele collegate » alle p rim e basi ; il cerchio stringendosi cresce la forza » nei sin g o li elementi pel contatto reciproco ; si adope» ran o stratagem m i, finti attacchi, falsi supposti, armi e » strom en ti d ’ ogni maniera e di cui fu prima sperimen» ta ta la b o n tà, eliminando i non buoni, rafforzando i » deboli, provandone le forze congiunte in varie guise, » ac ciò non si consumino in urti reciprochi, ma colli— » m ino tutti allo scopo prefisso. E tuttavia non si ap— » p ro d erà gran cosa nelle più alte e più difficili battaglie » intellettuali, senza le qualità che vi dee recare 1’ ordi» n atore di tutti questi mezzi, l’ animo: che vuol essere » ard en te ad un tempo e calmo ; poetico per intuito, » m atem atico per le deduzioni ; spoglio di pregiudizi, » ten ace d e ’ principi sani, ma docile a ricredersi e pa» ziente a rifare la v ia , appena si avveda d’ errore; » fidente n ell’ ingegno e nell’ erudizione, e ad un tempo » d iffid en te per la facilità dell’ ab u so; onde, più che a » se s te s s o , creda alla natura; ascoltandone fedele la » v o c e , interrogandola senza posa con opportune spe- » rienze e p er guisa che, a vece d’ un ritratto a mano » d ’ uom o che è sem pre un po’ parziale, ella stessa, la » natura, si renda pittrice e fotografa » ............. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 4 8 - « L a prima delle operazioni da intraprendere si è la » collezione compiuta d e ’ nomi d e’ p a e s i, » boschi, ecc., non solo per la L ig u ria » anche colà dove i L ig u ri per » non solo dei nomi ora v iv i, È m arittim a, ma antico stanziavano ; e ma e » che ricordano le carte del medio » Scrittori o G eografi. m o n ti, rivi , vero di quelli perduti evo che e sfli Cluverio antichi ed altri » eruditi raccolsero quanto dagli antichi si potè ; e ten» tarono con più o meno felice successo trovare la ri» spondenza di que’ nomi co’ m oderni: ma questo tesoro » rimane troppo scarso e infecondo, finché non sia av» vivato dal contatto con altri nomi attuali » che hanno con quegli antichi » m ig lia ; benché o medievi una fisionom ia di fa- di lineam enti di cui con variazioni » sotto studieremo 1 ’ importanza. » Questo lavoro non può esser fatto che da noi Ge» novesi i quali, oltre aver tutto agio di percorrere a » palmo a palmo il nostro paese e conoscerne tutti i » monumenti anche inediti, soli possiamo acquistare nel» 1 intelligenza del dialetto e nella continua e reciproca » conversazione quel tatto p ratico, quel discernim ento » delle vere dalle false som iglianze, quella piena cogni» zione degli usi, modi ed abbreviazioni che uno stra» niero, quanto si voglia in g e g n o so , non potrebbe mai » in tutta la sua vita. L a miniera principale da coltivarsi » sarà la raccolta dei nomi di luoghi che sono posti più » in alto, più selvaggi e deserti, più strani ed ignorati ; » i nomi di certi m onti, fontane e piccoli rivi di cui » specialmente il popolo di cam pagna e alcuni più spe» cialmente fra lo stesso popolo custodiscono , come » sacro deposito, le secolari memorie. Gli antichi Scrit- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 49 — tori non si occuparono naturalmente che de’ luoghi più illustri al loro tempo, e nulla di più poteano aggiungere quegli eruditi che solo si proposero di commentare gli antichi ; di che rimane materia quasi vergine quella che io raccomando di preferenza. Si sa che tanto la conquista quanto la civiltà sono essenzialmente innovatrici: è nella Città dove il R e o il popolo fatto signore esercitano il maggiore influsso, ecl ambiscono eternare coi nomi dell’ antica patria le loro gesta e la loro memoria nelle nuove sedi. L a natura per contrario e la tradizi ne si ricoverano nei più lontani e poveri ridotti : quivi il popolo indigeno mantiene inviolata la forma del tetto natio, i suoi costumi, il dialetto; e, mentre i sopravvenuti denominano altramente il basso fiume, esso mantiene il nome antico alla parte più alta, alla sorgente; e colle prische memorie conserva e scalda l’ odio tenace contro i nuovi Signori e si matura alla riscossa. » A ll’ uffizio ora indicato di raccogliere la materia dee poi succedere 1’ analisi : il compito cioè di sceverare il simile dal dissimile, il comune dal particolare, il noto dall’ ignoto ». E qui il Desimoni prosegue dot — » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » tamente accennando ai criterii che dovrebbero presie dere alla classificazione dei vocaboli antichi. Bisogna eliminare una idea falsa che è finora radicata nella mente un po’ di tutti, che il dialetto sia alte rato , e non sia più possibile rintracciarne le origini. Il dialetto e specialmente quello della montagna è meno corrotto di quanto si crede ; intendo parlare del dialetto come si parla , non del dialetto come s i scrive. 11 dialetto parlato sui nostri monti è fedele a leggi morfologiche A t t i S o c . L ig . di S t o r ia P a t r ia . Voi. X X X . $ Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — e fonetiche prim itive , e studiare. 50 — son queste leg g i che bisogna Diro ora brevem ente del sistema da me seguito per la ricomposizione del dialetto ligure antico. Io com inciai col far delle indagini su vasta scala, rac cogliendo nomi uguali od affini, procurando di attingerli in diverse r e g io n i, di quelle che un tempo furono abi tate dai L igu ri. D al confronto tentai di conoscere quale fosse 1 intima struttura, la radice di un dato vocabolo, le sue caratteristiche di suono e di accento. Com piuta questa operazione, ridotta in certo qual modo allo stato vergin e la m ateria prim a, io cercai di farne l ’ assag gio , prendendo come pietra di paragone le lingue antiche. In generale la linguistica ricorre al sanscrito, ma con ciò si va troppo in alto e non si ragg iu n ge lo scopo. A nche le lingue germ aniche fan capo al san scrito , e quando avrò stabilito le relazioni del ligure antico col sanscrito avrò dimostrato ciò che è n o to , e non avrò fatto un passo verso il mio scopo finale, che è di sapere se il ligure appartiene alla fam iglia dei popoli m editer ranei o dei popoli nordici. Io cerco una lingua che corrisponda non solo nelle radici fondam entali, ma che riproduca esattamente gli stessi fenomeni morfologici, gli stessi atteggiam enti del pensiero, per cui si possa dire che il popolo che la parlava, avendo comune col L ig u re il pensiero, il suono, l’ accento, era del L igu re un popolo fratello. E la lingua che m eravigliosam ente corrisponde esiste ; è la lingua greca. E ssa ci darà la spiegazione di tutte le più piccole sfumature del nostro dialetto. L a lingua greca è perfettamente nota nelle sue leggi fone tiche e morfologiche ; è facile decomporre il vocabolo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 5i — greco in tema e desinenza, staccando le preposizioni e i suffissi. Analogamente si decompongono i nomi liguri, e se ne trova la radice, e se ne conoscono a poco a poco le desinenze finali, e i loro particolari significati. Con questo procedimento si viene a scoprire che la m aggior parte dei misteriosi nomi liguri corrispondono ad altret tanti vocaboli greci. Vi fu chi rise un giorno dell’ abate francese Espagnolle perchè andava affermando che la lingua francese era derivata dal greco. Espagnolle aveva torto di chiamar figlia una lingua sorella, ebbe anche il torto d’ affastellare etimologie sconclusionate, ma non ebbe nemmeno ragione chi lo derise. 11 fatto è che non si pensò mai a far seriamente uno studio comparato. Si sarebbe allora compreso, ch e, messo da parte il gioco infantile delle etimologie, v ’ era un orizzonte immenso da investigare, in fondo al quale chiaramente appariva l’ in tima parentela del greco e del ligure, e l’ unità primitiva della lingua mediterranea. Altri dirà se le mie deduzioni trovano riscontro nel sanscrito. Io non mi sono disinteressato di questi ele menti, ornai noti, e posso affermare che, se vi può es sere disaccordo su qualche punto, le mie conclusioni collimano in tesi generale coll’ insegnamento glottologico moderno. Ma la glottologia è una scienza a parte ed ha uno scopo che non è precisamente il nostro. Io considero il dialetto come un antico tempio che ebbe a subire trasformazioni in epoche diverse di civiltà. Vi è chi cerca qual’ era il tempio antico e riesce a comprenderlo dall’ esame dei particolari, messi a confronto con quelli che si desumono da altri templi della stessa epoca, dalla conoscenza degli stili che vennero dopo, dal modo usato Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 52 — nell innestare uno stile ad un altro. V i è poi chi esamina i pezzi, i frantumi d e ll’ antico, li classifica, li studia non più nell insiem e del tempio, ma com e linea, come curva, come stile; sp ieg a le origini di un capitello, di un mo tivo architettonico, risale all etrusco, al greco, a ll’ orien tale. Il primo finisce come il prof. D ’ A n drad e a ripri stinare la porta Soprana o il palazzo di S. G io rg io , 1 altro finisce con una dotta lezione di archeologia. o Il compito che io mi propongo è la ricostruzione del dialetto ligure scopo non primitivo. deve Chi vuol raggiu n gere questo sprofondarsi troppo nelle discussioni glottologiche per non sm arrirsi nelle astrazioni, e perdere il contatto colla realtà. S e il p aese, a cui il dialetto si riferisce, deve interessarsi a queste ricerche, bisogna che il metodo sia a base di fatti e di logàca comune. D altronde il dialetto, prim a di essere un fatto scientifico, è un fatto umano e un fatto storico. B isogn a dunque che le conclusioni linguistiche sieno conformi anzitutto alla coscienza del p o p o lo , e non contraddicano alla storia. Devono anche essere conformi alla tecnica linguistica, e perciò non intendo ribellarmi alla glottologia, ma asso ciarmi ad essa, andarle incontro con uno studio dal vero. 11 mio studio differisce pure quanto al metodo dai lavori compiuti recentemente sugli antichi dialetti italici dal Rober von Pianta « Graconn. der O sk -U n jb r D ia lecte ». 2 voi. 18 9 3 -18 9 7 — da R . S. Conw ay « The italic dialects » 2 voi. 18 9 7 — dal Nazari « I dialetti ita lici » 1900, Milano - Napoli. Questi scienziati, penetrando a fondo nella tecnica del lin gu aggio , tentarono di rico struire la gram m atica umbra ed osca in base alle tavole eugubine e alle molte iscrizioni dialettali antiche che Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 51 — 1’ Italia media ci ha conservato. Ma il loro metodo è tutto basato sulla tecnica glottologica ; essi ragionano sulla forma scritta, noi prendiamo per punto di partenza il dialetto vivente. A questo riguardo io faccio un voto che lo studio di quei dialetti sia ripreso da persone nate e vissute sui luoghi, che le iscrizioni umbre ed osche abbiano un commento desunto dalla voce del popolo. Quante difficoltà scompariranno ! quante cose che sem bravano indecifrabili si faranno limpide e manifeste ! Basta riflettere che cosa è per un forestiero uno scritto che ri produce il vernacolo genovese. Eppure questo scritto, per quanto malamente composto, è presto chiarito se uno del luogo si prende la pena di commentarlo, so stituendo un mondo di consonanti aspirate, di vocali non pronunziate ma esistenti nel concetto dialettale. Io ritengo che quando il dialetto antico umbro ed osco fosse studiato da persona colta del luogo, e con elementi lo cali , finirebbe per presentarsi sotto tutt’ altro aspetto. In alcuni riscontri parziali io ho avuto occasione di con vincermi della verità già adombrata dal Celesia che 1’ Umbro e specialmente 1’ Osco sono dialetti corrispon denti al Ligure , che risalgono probabilmente all’ epoca in cui erano Liguri gli abitatori di tutta Italia ( i ) . (i) A d esempio akrutu, arviu sembrano a tutta prima vocaboli veram ente bar barici; togliete quel k delle tavole eugubine, che è uno spaventa passeri per noi, e sostituite la grafia nostra comune e avete agru. Quanto all’ arviu io vi ricordo il ligure L ’ a rv e -g u ; l’ aivu. Voglio dire con ciò c h e .il dialetto italico primitivo è semplice, piano, con caratteri unito’ m i; e la difficoltà di interpretare le iscrizioni umbre ed osche è piuttosto estrinseca e dipende da due fatti, i.° dall’ essere scritto il dialetto con alcune lettere strane e da persone poco addomesticate col m aneggio letterario, 2.° dal non essere aiutato lo sforzo di chi traduce dalla fonetica del dialetto vivente. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — Io 54 — accennerò per ora alle voci fondamentali, più comuni, del dialetto lig u re, e alla loro parentela col g re c o , riser vandomi di provare a suo tempo come tutto il proce dimento m orfologico si corrisponda nel dialetto ligure e nella lingua g reca ; articolo, preposizioni, avverbi, suffissi, con cui si formano i sostantivi e gli aggettivi ; con questa differenza che il ligure è lingua rozza, senza declina zione di nomi e con una coniugazione di verbi affatto em b rion ale, mentre il greco è lingua perfetta in ogni sua parte. V ariano le forme accessorie, ma il substrato fondamentale è identico — è il d i a le t t o m e d i t e r r a n e o . Per afferm are che una parola del dialetto vivente ap partiene al ligure antico io esigo tre condizioni: i.° Che sia parola di carattere primitivo, e con ciò intendo dire che si riferisca alle manifestazioni più semplici della na tura. 2.0 Che sia parola diffusa nell’Appenino e nelle Alpi, in modo da poter ritenere che fosse d ’ uso gen e rale fra i liguri antichi. 3 .0 Che abbia una chiara corri spondenza nelle lingue antiche e preferibilmente nel greco; perchè se la corrispondenza fosse solo nel latino potrebbe essere un suo derivato. 4.0 Come elemento di controprova ricorro infine a ll’ osservazione locale. Non mi contento di aver stabilito che un tal vocabolo è adoperato da tempi antichissimi nel Piemonte come nel Genovesato, e che i greci collo stesso significato l ’ usavano, ma inter rogo i luoghi. Siccom e i vocaboli primitivi sono inspirati dalle manifestazioni della natura, così prima di asseverare che roia, oria, doria, doira vuol dir corso d’ acqua ; che Ri-cróso vuol dir rivo incavato, che Moergu e Moraneco vuol dire terra abbondante di frutta, che Guà vuol dire valle e Set-uala , sito nella valle, vado sul luogo e m’ as- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 )5 — sicuro che la realtà corrisponda al nome. Allora soltanto mi credo autorizzato a presentare un vocabolo come li — gure antico e a dichiararne il naturale significato. Seguo in sostanza il metodo tanto raccomandato da Cesare Balbo e che egli chiama metodo connettitore, metodo il quale consiste nel metere a riscontro tutti i fenomeni che si riferiscono alla lingua, ai luoghi, alla storia, alla tradizione, ricercando in essi quel nesso che tutti li unisce e li concilia. Ma tutti gli studii dialettali riusciranno vani se non ci fissiamo bene in mente che la pronunzia è tutto; bisogna recarsi in montagna ove i suoni sono ancora vergini, studiare sulla viva voce gli accenti, le pause, i suoni diversi delle vocali e delle consonanti, e ricordarsi che le lettere dell’ alfabeto latino e italiano sono insuf ficienti a riprodurre quei suoni che hanno avuto origine quando nessun alfabeto esisteva. È un grande errore ba sarsi sull’ ortografia per conoscere una lingua che non fu scritta (i). (i) Bisogna aver ben fisso in mente che le voci antiche avevano suoni liberi, sfumature tali che difficilmente si riproducono nell’alfabeto italiano e latino. Pronun ziate la lingua inglese come è scritta e non è più inglese ; e cosi provate a scriver certe voci liguri e pronunziatele come le avete scritte e troverete che non sono più quelle. Arquata non è Arquata, è piuttosto Au-coa; ma nemmeno con q u e st’ ultima forma voi riproducete il suono del dialetto. Rigoroso non corrisponde al nome genuino del bel paese; forse Ricrusu si avvicina di più al vero, ma il c non è un c, i due u non sono nè u nè o. Parma non è nè Parma nè Penna. Cuneo non è nè Cuni nè Coni. Intanto una cosa è certa, che il dialetto è il depositario del suono vergine primitivo, le forme scritte altro non sono che contraffazioni più o meno riuscite della forma originale modellata sulla natura. La teoria, a cui io mi inspiro, parmi indicata dal buon sènso: studiamo finché è possibile la lingua nel suo originale, non nelle sue copie che sono le lingue scritte. La glottologia fa generalmente punto di partenza sulle lingue moderne come si Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — s6 — Con questi criteri oftro al lettore un piccolo sagg io dell antico dialetto. Sono torme semplici senza alcuna scri\ono e si parlano dalle persone colte, ed io cre^o che m olte false partenze debbano necessariam ente verificarsi in tal sistema. Queste riflessioni io facevo un giorno leggendo in uno studio di glottologia (Rivista d i glottologia, 1895) una lunga dim ostrazione per spiegare com e antica mente si scrivesse Rootnani e non Romani. Ed io tranquillam ente pensavo: si scri v e r Roomani perchè il dialetto ancora in oggi fa una lunga pausa e raddoppia il suono dell 0. Basta sentir d ire: son roo ..m a n o de R o o . . . ma per capire che la form a scritta Roma è deficiente e non corrisponde alla realtà. E perchè si è co m inciato a dir Rooma e dopo 2500 anni si m antiene la stessa pronu nzia? Si di ceva Rooma e non R om a per la stessa r.igione per cui in greco si scrive Ptófia e non Pójxa. Ferm iam oci su ll’ im portante argomento. 11 segreto dell origine di R om a, com e di quasi tutte le voci italiche, si ha stu diando non superficialm ente, ma nelle sue intim e ragioni m orfologiche la lingua g re e a , che dovrebbe essere il perno di ogni discussione linguistica. È infatti la lingua che m eglio ripioduce i suoni prim itivi del volgare m editerraneo come si \edrà a suo tempo, quando confronterem o col greco le forme del dialetto ligure. Noi abbiam o nelle pronunzie dialettali ita lich e , ma specialm ente nel ligu re, il ?, 1 rh il 0, il £, il 1’ W) ossia quei suoni m isti, che i G reci, studiosi del vero, artisti della form a, cercatori d’ ogni perfezione, di ogni sfumatura, seppero m odel lare nella loro plastica lingua, e che il R om ano trascurò nella sua lingua uniform e, breve, concisa, essenzialm ente tecnica. 11 Rom ano pretese, mi si permetta la frase, di m ilitarizzare i dialetti italici, di costringere nelle sue (orme latine i liberi suoni della lingua p arlata, in altri term ini del dialetto mediterraneo antico. Ma questo sforzo non è riuscito che in parte perchè si vincono i pop oli, ma più difficilmente si vince la lingua. A i tempi d ell’ assolutism o rom ano, G a llia , S p agn a, L igu ria, continuarono a parlare i loro d ia letti, e tanto più li parlarono quando il gran despota era caduto. Il fatto è che nella stessa capitale della lingua latin a, il p o polo e probabilm ente lo stesso Orazio, V irgilio, Sallustio, Cicerone, pronunziavano Rooma m entre scrivevano R om a A d u n qu e, ritornando alle origini e volendo sa pere il perchè d ell’ 0 allungato in Roo-m a, noi troviam o, in quella grande miniera linguistica che è la lingua greca, quanto segue. Po)[i è la radice prim itiva, e possiamo dire la radice mediterranea che significa forza. O gni suono prim itivo è derivato da un fenomeno di natura. Im m aginate il bambino che com incia a capire, e sente istintivam ente il bisogno di esprimersi. Senza che alcuno lo amm aestri , ode il tuono e fa lun. Vede bastonare un cane e fa tun. Sente la voce dei pulcini e fa p i. 11 desiderio della madre che tutto comprende g li m ette in bocca il ma, come il pa g li dà un vago senso di ciò che ègrande, potente. L o stesso processo infantile è nella formazione delle lingue. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 57 — complicazione ideologica. Le forme derivate del pensiero, i concetti di relazione fra 1’ uomo e la natura, ciò che - L ’ uomo cominciò a parlare imitando con monosillabi i suoni principali della na tura. Cominciò coll’ esprimere i concetti sem plici, p o i, per associazioni d’ id e e , passò ad esprimere le svariate forme riflesse del suo pensiero. Cosi il rom bo del tuono, il rotti-ore del macigno che precipita, dell’ acqua che ir-row-pe m isero sulle labbra deH’umanità primitiva il suono embrionale di room per significare la violenza, la potenza, la forza. Voi lo capite da tutte queste figliazioni di vocaboli greci fortifico — pw|j.atoj, forte — p<ó|i7), forza — è^p&jiévoj, robusto, forte. E comprendete da ciò, senza bisogno dei complicati teoremi linguistici, che cosa significhi romano e rèma, perchè si pronunzino in' quel tal modo, mentre si scrive diversamente. Quella tribù di Latini che fondò l ’ eterna città aveva o si dava pro babilmente da sè la qualifica dei forti. Si cominciò a chiamare popolo Roottiano, e la sua città, la città dei Roomani. A poco a poco si formò il nome di Roma in relazione al nome del popolo; seguendo l’ ordine che è costante nella storia delle lingue; quando il nome è tolto dalla qualità del popolo, il nome del luogo viene storicamente dopo; quando è tolto dalle qualità del luogo viene storicamente prima. Questa spiegazione di Roma, che io ritengo l’ unica vera, è in arm onia col dialetto, spiega filologicamente l’ arcaismo latino roomani, risponde psicologicamente e storicamente alla fisonomia morale di quel popolo, vi dà ragione del suo orgo glio, della convinzione assoluta che egli aveva d’ esser nato a trionfare di tutto il mondo. Un’ altra cosa si spiega in modo più logico che non si è spiegato finora. I Rumeni e la Rumenia non sono più una correzione linguistica di Rom ani e Romania ma sono due nomi originarii. Più vicini alla Grecia quei popoli pronun ziavano forse più spiccato dei Romani l’ co di P<o|i, e pronunziavano esattamente il |ié primitivo (sppw|isvoi), e tale pronunzia conservarono attraverso i secoli. Se voi vi allontanate dall’ origine testé accennata, se abbracciando la tesi predo minante in glottologia che Roma derivi da ps-w , scorro, vi troverete impigliato in tutte queste difficoltà: i.° Non vi trovate più in armonia col fenomeno storico, che anche i glottologi riconoscono, cioè che Roma è vocabolo derivato da romanus. Chi ritiene che rom deriva da péw (fiume che scorre), deve per necessità ammettere che 1’ etimologia si riferisce al fiume, e perciò al luogo non alle persone, e quindi che i Romani abbiano preso il nome da Roma, ciò che, come dicemmo non è conforme all’ ordine storico. — 2.° Sparisce quella preziosa corrispondenza che abbiamo riscontrato fra il nome assunto dai Romani, e le caratteristiche morali del popolo. — 3.0 Viene ad essere distrutta tutta la parentela linguistica per cui vedemmo nascere dallo stesso ceppo 1’ è^pto|j.évog greco, il romano dei latin i, il rumeno di Rumenia. Non insisterò mai abbastanza sulla necessità di studiare ogni più piccola sfuma- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 58 - nella lingua rappresenta il senso, la vita , le condizioni soggettive di un popolo verrà poi. E vedrem o allora quale m eravigliosa armonia regnasse fra tutti i popoli primitivi nel modo di concepire 1’ essenza delle cose , e di estrinsecare col linguaggio della natura le più sottili astrazioni, le più belle idealità della vita. Fui molto dubbioso se conveniva dell’ antico dialetto dar qui un saggio parziale, e nelle sue dimostrazioni in completo, dinanzi al quale il lettore sarebbe forse rim asto ne del tutto incredulo, nè del tutto convinto. So benis simo che in così fatti studi la forza viva della convin zione non può nascere che da un grande insieme, e dalla perfetta corrispondenza di tutte le sue parti. A d esempio, 10 decompongo un nome ligure antico e col più alto grado di convinzione affermo di aver trovato articoli e prepo sizioni affini alle greche ( en-i-cen in-o-campó), ed affermo che gen, vuol dir piani — ren, pecore — oin, ovine — asca, torrente — p a , tutto — ma, affatto, che Peàdo si decompone in Peà-odon (tcox-ooov) ; ma non posso certo tura della pronunzia dialettale. Ad esempio la pronunzia dialettale vi fa correggere 11 rom ore in rórnu, il rompere in rompe, e cosi vi fa intendere abbastanza bene che vi è nella prima vocale quel suono m isto, quel suono lungo che il greco seppe cosi bene form ulare col suo co, e che presso gli italici restò sempre in balia d ell’ uso, perchè la lingua latina non seppe afferrarlo. È m eravigliosa la fedeltà e la preci sione del dialetto ligure nel conservare le forme fonetiche prim itive specialm ente nella pronunzia delle vocali e n ell’ accento tonico. In tutte le parole che nel greco prendono l’ w, il dialetto ligure m antiene la pronunzia caratteristica d’ origine II dialetto vi dice anchtu (oggi) per la stessa ragione che il greco scriveva èv pronuncia Còni a quel dato modo intraducibile, per la stessa ragione che il greco scriveva xcóvr], dice Coemagu e non Com agu per la stessa ragione che il greco scriveva y. io\ix e non y.ojix. A mio avviso la form a dialettale deve esser il prim o fattore della glottologia moderna. Chi si attiene unicamente alle lingue scritte corre il rischio di sosti tuire una linguistica artificiale alla linguistica umana. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 59 - lusingarmi che un grado uguale di convinzione si comu nichi al lettore, dal momento che il suo spirito non è passato attraverso tutti quei processi analitici in cui si è già soffermato il mio, perchè egli non assistette agli esperimenti fatti sopra un infinità di nomi affini, non fu presente a quella controprova sui luoghi che forma la parte positiva, matematica dei nostri studi. Se non che è una necessità in questo genere di tratta zioni, il conoscere a un certo punto cose e fatti destinati ad ulteriori dimostrazioni, e dovendo anticipare nella trattazione è giuocoforza chiedere eziandio una anticipa zione di fiducia al lettore, in attesa che chi scrive abbia potuto completare quel prisma, che da tutte le sue facce deve sprigionare 1’ evidenza — 1’ evidenza quando si è nel vero, — e la più eloquente contraddizione quando si è nel falso. Non abuserò di quel po’ di credito che vorrà farmi il lettore, perchè sarà mio impegno di presentare per ora dei soggetti linguistici molto semplici e che per molta parte si giustificano da sè, o per lo meno possono essere chiariti sufficientemente con parziali dimostrazioni. * 3. — Comincerò dall’ esame di due parole che rap presentano per così dire la sintesi della natura. G è a - tera. — La parola gea è apparentemente scom parsa dal nostro dialetto; ma presto la vedremo far ca polino nella composizione di parecchie voci dialettali. Rilevo anzitutto alcuni vocaboli moderni che abitualmente noi qualifichiamo parole greche : ^ -g ra fia , ^w-logia, geo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 metria, ^ o-desia, ed osservo che geo vuol dire suolo, terra. Penetro più addentro nelle origini della parola g re ca e trovo che yq » terra, suolo prende la sua radice dal verbo yfjjxa', giaccio, e vengo alla conclusione che il g e , geo rappresenta propriamente il suolo, la superfice che si adagia sotto i piedi dell’ essere vivente. Piocedo innanzi nell’ esame delle varie forme dialettali della lingua greca e raccolgo queste tre varietà: y&, yaìa; sono suoni diversi ma la parola è una sola e sign i fica suolo. Giunto a questo risultato io chiamo a raccolta le voci semplici e composte del nostro dialetto, le sottopongo all analisi coi criteri che ho più sopra accen n ati, mi fermo sopratutto allo studio obbiettivo dei luoghi e delle cose a cui si riferiscono in oggi queste voci. Non posso riferire tutte le analisi da me compiute ed i risultati ora positivi ora negativi da me ottenuti, ma vengo per bre vità alla conclusione. L e tre forme g i, ga, gea esistevano nel dialetto ligure esattamente come nella lingua greca. Il g ì e il ga si riscontrano tuttora in un’ infinità di parole composte, ne cito per ora alcune, avvertendo che molte altre compariranno in seguito : g i-a rd in vuol dire suolo irrigato (yr'-jroéuw) — Z oa-gi vuol dire terra da bestiam e (Ztoa-yVj) — gz-gìio — ^z-ranio — g i- asem in , son tutti nomi che accennano al suolo ove nascono questi fiori. — P ra -ga vuol dire terra verdeggiante ( i) — G a-vi vuol dire buchi nella terra (p. 1 1 9 ) — Lan-ga vuol dir terra nascosta (2). Ga-ronna , fiume che irroia la terra (3 ). (1) Vedi F ra , p. 1 4 1 . (2) V edi Langa, p. 62. (3) V edi sotto Roia, Roiia, p. 65. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 6i — Il gea vive ancora come vocabolo semplice ma con un senso alquanto traslato; vedremo fra poco che il geno vese chiama gea, il tortonese geira e il lombardo g h ia ra la parte piana del fiume, ove questo giace. Tera è la terra in quanto germoglia, in quanto è pro duttiva. Infatti 0ep, è radice che significa calore. 0é.*ov è il calore, e per affinità la terra germogliante, la messe. Tutto ciò che si attiene alla fecondazione della terra parte da questa radice: germu, Géojioc: è il germe, come ghi-ghevmu significa germe sbocciato dalla terra (y*)dépnog). Termine, 0£p[uvo;, era la pietra che si piantava a modo di germe per segnare il confine. Qépnz'. erano dette da tempi antichissimi le acque calde, Qép-eicc, 1 estate, e nel dialetto ligure ser-ena è la rugiada notturna prove niente dal calore dell’ estate. Da questi dati linguistici si ricava il significato vero e preciso della parola tera e della parola gea. Questa rap presenta il suolo, la terra in quanto è superficie, quella esprime la efficienza produttiva del suolo. E concetto moderno la « terra pianeta », è concetto latino quello per cui si attribuisce alla terra il significato di gea cioè di suolo su cui si cammina. 11 Genovese conserva 1 idea pura primitiva di tera quando dice : il tale ha molte ter e, il tale coltiva le sue tere. 11 toscano usa la parola terre nel senso antico per indicare paesi della campagna, centri di coltivazione. Quanto all’ ortografia osservo che stando all’ origine etimologica si dovrebbe dire un errore della lingua latina lo scrivere terra con due r. Ma i Romani non ammettevano che vi potesse essere una filologia al di sopra della loro lingua; il terra latino è ormai san zionato dall’ uso di 20 secoli, e chi volesse cambiare Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 ----- 62 ----- rischierebbe di prendere un rabbuffo da O razio, il quale sentenziò che nell’ uso consiste 1 ' ius et norma loquendi. L a n g a è pur essa un’ espressione molto generica. H a il significato di regione, ma di regione nascosta, chiusa fra i monti. L origine etim ologica si deve ricercare nella radice XxvG^che vuol dire nascosto; lan-ga è terra nascosta, separata, circondata dai monti. L a n g a è propriam ente il termine ligure antico ; le lingue nordiche conservano questa radice prim itiva in la?id (U nter-land, M id -la n d , Ir-land). Quando i primi nordici scesero nella valle del Po chiamarono lan d la bella regione circondata dalle A lp i, ed infatti diedero il nome di M a i-la n d , terra di ^ aggi°> a lla loro sede centrale. Noto che i N ordici se guitano a dare tal nome alla capitale lombarda. L a radice Xavtì apparisce in moltissimi nomi ligu ri: Lanzo e Laìiza, nascosto, Lant-osco, torrente nascosto (vedi più sotto asc, torrente), Lan-g-asco, lan g a, ossia regione sul torrente. L e Langhe costituiscono una florida regione d Italia rinchiusa fra le Alpi liguri e gli A ppenini alle sorgenti del T an aro e della Bormida. * 4- — A lg a era l’ acqua. T rovate questa forma prim itiva nelle alpi marittime, la culla dei Liguri. A ig a , aigue si dice nel versante italiano come nel versante francese. Venendo da occidente a levante la parola antica subisce queste lievi sfumature: aicua nell’ alto Monferrato ( A ic u i ) — aegua intorno a Genova. Nelle composizioni dei nomi di paese, essendo la desinenza generalmente maschile, Xaegua Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 63 — diventa aegu: Min-aegu, Man-aegu , Pà-va-ri-aegu , Vig-an-aegu, nelle carte Mignanego, M agnanego, Paravanico e Viganego. Apro una parentesi per avvertire che man, min sono suffissi che funzionano continuamente nella composizione dei nomi liguri, corrispondono al greco |iav, |at]v, affatto e rimangono tuttora nel francese maint, nell’ inglese many. S ’ incontra pure sovente il pa, che corrisponde al greco Ttxg, Ttàcjx, Tcàv tutto — il peà (nèon) presso — il pollò, polii ( n'Jlò ; , TioÀÙ), molto molti — eto est dimora, abitati (vedi p. 120) — va (BàSo;) strada (p. 102) — ron , reno, enza, fiume (p. 65) — asco, asca , tor rente (pag. 69) — zan , zen, piano, piani (p. 1 1 5 ) — an , in alto (p 115 ) — car, in cima (p. 114 ). In Lombardia, forse per l’ influenza celtica, la pro nunzia dell’ aiga si muta maggiormente e diventa ago. Sono moltissimi i paesi in ago nella vallata del Po, ed io li accenno perchè credo che il loro antichissimo nome possa dar qualche norma nella ricerca delle palafitte ita liche : Bar-s-ago — Bel-in-z-ago — Bi-n-ago — Bus-nago — Cambi-ago — Cam-’n-ago — Capo-’n-ago — Car’n-ago — Cav-en-ago — Comig-’n-ago — Corei-ago — Cresc-en-z-ago — Cuz-z-ago — Giuss-ago — Gor-l-ago — Legn-ago — Liss-ago — Lom-’n-ago — Ma-’n-ago e Ma-ni-ago (lo stesso che Ma-n-aegu) — Mor-n-ago — Or-n-ago — Ors-ago — Para-bi-ago — Poli-’n-ago — Rezz-ago — Ron-ago — Tre-gn-ago — Vede-l’ ago ; tutti nomi che accennano alla vita dei popoli in mezzo o vicino alle acque. La parola lago non è altro che l ’ ago di origine mediterranea. Ritorneremo su questi nomi per dedurne importanti considerazioni, quando tratteremo dei Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 64 — Ligu ri nelle terram are, quando rievocherem o questa p agin a m eravigliosa di storia lig u re , che com incia d iverse m i gliaia d ’ anni prim a d ell’ E . V. e finisce con V enezia l’ ultima e la più splendida riproduzione delle palafitte italiche. Passando alla filologia com parata noi troviam o nel- 1’ antico greco la stessa forma fonetica aig. M a più del suono ci deve interessare la derivazione ideologica per conoscere da quale concetto prim itivo ha preso le mosse 1’ antichissim a voce. Il greco usava a-yus? plurate di acque correnti. L a radice si deve cercare nel senso di in aix e nel verbo ataaw irrom po, scaturisco. Adunque a ig a era nel senso primitivo l ’ acqua che irrompe, la sorgente. L a ra dice aix e il significato di acqua sorgiva spicca nel fran cese A i x les bains corrispondente all’ acquese die, dicui. C oll’ andar del tempo aiga significò 1’ acqua in genere. Confrontate il latino coll’ aiga e sentirete come esso è lingua derivata. L 'a ig , identico nel greco e nel ligure, si veste di una nuova forma gram m aticale: aqiia. Studiando queste evoluzioni si vede come sia ornai tempo di abbandonare quella tendenza lin guistica, che per sistema capovolge 1 ’ ordine storico, tendenza che tut todì si afferma dicendo che il genovese aegua è corru zione del latino aqua. È precisamente l ’ opposto: X atga ligure generò X aqua latina ( i) . ( i) Q uello spirito arguto, che fu Raffaele Rubattino, era solito scherzando dire che la genovese era la m adre lingua R paradosso s’ incam m ina a diventar verità scientifica, se noi ci lim itiam o a parlare del dialetto ligure antico o per m eglio dire della gran lingua parlata del Mediter, aneo, la quale fu madre alla lingua scritta, greca, latina, italiana, francese e spagnuola Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 65 — Roia, Oria, D’ oria, D’oira, L ’ oira, Rona e Reno benché in apparenza costituiscano suoni diversi, sono in sostanza una parola sola che significa il fiume, il corso d ’ acqua, in greco pwv). Come il greco aveva più dialetti, l ’ ionico, il dorico, 1’ attico, l’ eolico che si differenziavano nelle combinazioni morfologiche e fonetiche, così aveva i suoi dialetti la lingua parlata dei liguri. Direi che Roia è la forma primitiva, morfologicamente più perfetta. Oria e Oira sono metatesi di Roia. D ’oria e D ’oira contengono un de che significa derivazione D e-oria , De-oira, e così L ' oira non ha che l ’ aggiunta di un articolo. Non occorre che io rammenti quanti fiumi portano ancora oggidì questi nomi, accennerò soltanto alla Roia di Ventimiglia, alle Dorie del Genovesato, alle Orie che si trovano sui laghi, alle Doire di Torino. Molti di questi nomi sono scomparsi , molti si trovano storpiati nelle scritture dei tempi di mezzo, come vedremo fra poco. Rona e Reno sopravvivono in A -rona (al fiume), in Ga- rona , fiume di Francia, in G a-ron, cognome ligure, in Reno affluente del Po, in Reno di Germania. G iova notare che le due radici re e ro del dialetto ligure hanno esatta corrispondenza nel greco ; pi-w e ptt-ojxat sono i due verbi che rappresentano lo scorrere delle acque. Ma sarebbe un errore chiamarle forme derivate dal greco, perchè sono forme primitive del dialetto me diterraneo. N ell’ Europa noi le troviamo dono geograficam ente ai luoghi che corrispon occupati dai primitivi Liguroidi, Italia, Svizzera, Francia meridionale e Spagna. In Italia sono Roie, O rie, D orie, in Svizzera Reno , in F ran cia Rhóne , Ga-ronne, L ’oira, in Ispagna Doero. A tti Soc. L io . di S t o r ia P a t r i a . V o i. XX.X. 6 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 66 — I Rom ani fecero le più strane alterazioni a questo ri guardo. L a R oia di V entim iglia divenne Rutuba, la L o ira di Francia divenne L ig e r, la D oira di T orino divenne D ìirta. Forse non era tanto l ’ ignoranza dei nomi liguri, che conduceva a queste alterazio n i, come un concetto politico tendente a d istruggere la lingua e i ricordi del1 antica nazionalità dei popoli. I notai del medio e v o , non furono da meno dei R o m ani; non avevano certamente vedute politiche, ma colla loro ignoranza seppero far miracoli nello storpiare i nomi antichi. S e ebbero una g u id a , fu la smania di ad u lare, di nobilitare i nomi dei potenti, così quelli della D''oria furono detti nel medio evo de A u ria e de L a u r ia , come i Romani avevano chiamato A u riates gli abitanti della V al-ona presso D em on te, e A uria la loro città. Non ripeterò mai abbastanza che il mondo antico f u sistematicamente travisato dai Latini, e che per intendere la storia ligure preromana bisogna abituarsi a conside rare questi travisam enti per quello che sono, a studiare il mondo antico per quello che realmente fu prima che avvenissero tutti quei rivolgim enti, per cui i popoli an tichi perdettero la loro personalità, divennero u n ombra di Rom a e nulla più. R itengo che sieno numerosissime le oire, rone e i reno, che si nascondono nella composizione dei nomi liguri. Sapendo che va, vado, bado è la via, come vedremo fra poco, io decompongo Va-ren-a, del fiume, Va-ro, e Va-rè in via Va-re-se e Va-ra-se in abitazioni, esi (vedi ì’esi più sotto) sul va del fiume, rappresentando il re e ra il suono di ps e il suono misto di pw. N ovara si decompone in N-o-va-ra, nella via del fiume. L a stessa Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 67 - cosa sono i cognomi N'-o-va-ro e Da-n-o-va-ro. Credo che Arno sia una metatesi di A-ron e che L ib a rn a , L i- borno, Livorno sieno espressioni che vogliono indicare la posizione di una città, di un popolo sulla riva di un fiume. Lib-órn vuol dire che liba (AeipJ che attinge al fiume. A conferma di questa mia opinione stanno due fatti : i.° L ’ essere tutti questi antichi paesi collocati sopra un fiume. 2.° 11 fatto che Sozomeno (lib. 9) scrive Liberonum per Liborno Vercellese. Sozomeno non era scrit tore da pensare ad una ricomposizione filologica ; se scrisse così è perchè nel Vercellese così si pronunziava. Libe-rona (Xs^s-pwvy]) sarebbe dunque la forma primitiva di Libarna e Liborno. Quanto al cambiamento dell’ # in 0 riflettete al suono misto dell* w, quanto al Liborno che diventa Livorno pensate che il (3 greco è b e v. Un Xsifì-puw] abbreviato è probabilmente Broni e cosi deve essere un’ abbreviazione di Liberona, il Verona, che è scritto Bfjccov in diversi codici di Strabone. Un altro Verona è il V i -veròn che trovo nel Novarese. Un X£$-p£'v è probabilmente il francese bibe-ron. La frase deve essere stata molto diffusa quanto è semplice l ’ idea del bere, dell’ attingere acqua. In Francia vi sono diversi paesi Libe-ròn. Da po viene §£0o;, da ps £eOaic, onda, parole che il no stro dialetto conserva nelle frasi fà du roso, far largo, e f a rèo, apparire abbondante, farsi valere, da non con fondersi coll’ araèo, che corrisponde ad àpaiw; (da àpatów in ligure areì ) e si dice del prendere ad una ad una e con diligenza cose minute. Enza, Entella ha lo stesso significato di Roia. Mi for nisce la spiegazione il greco sv-Oito, scorro in. Ard-cnza Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 e corso d acqua che irriga, Vìc-cnza vico sul fiume. Opino che Valenza e Faenza sieno alterazioni di Va-enza , strada del fiume (p. 10 2 ) . Pot-enza è luogo su l fiume (greco tot’); Par-enzo luogo presso il fiume (greco rcx?à). Pea-enza (réSx, presso) sarebbe 1’ antica forma di Piacenza. P o . Potarne era il gran fiume ; corrisponde il greco : t:6tx[ì.oc. È radice ben più antica del greco e ce lo attesta la parola orientale Meso-potamia, che sign ifica: terra in mezzo ai fiumi. N otate quel rneso antichissimo, che cor risponde esattam ente al ligure in tncso, al greco iv tw (iìjm. S a ra verissim o ciò che dice Plinio d ’ aver inteso che an ticamente il Po si chiam ava Bodinco,1 ma ciò non toglie o che la parola Po sia voce primitiva che significa fiume in genere. Si capisce che coll’ andar del tempo sia an dato in disuso il nome particolare e, trattandosi dell’ unico gran fiume dei L igu ri, si sia finito per chiam arlo senz’altro il Po, cioè il fiume per eccellenza, come avvenne di tanti altri fiumi che presero il nome generico di Roia, Doria, Enza, Entella. Bodinco. Plinio dice che Bodinco voleva sio-nificare o profondo; e noi facendo una ricerca che Plinio non ha fatto, possiamo anche darne la ragione. PuOivxo; sono aggettivi derivati Infatti J3u0itt]<; e da £400? che significa gorgo, profondità. I liguri trassero dal p-j0o; il busu e di qui Bus-alla (^u0-àXf^ buchi riuniti, tutto buchi, e Busa- letta (puO-àXr^c) errante nei buchi. D alla radice busu de rivano le espressioni buzarà, buzancà, buzaradda. O sservo che il nome di Bodinco non era interamente scomparso dal Po ai tempi di Plinio, come attesta quel nome di Bodinco—magus che troviamo vicino al Po negli itinerarii romani. Confrontando i molteplici nomi Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 in — 6y — mago che le tavole romane pongono nella gran pianura del Po, coi moltissimi nomi in ago del dialetto, facilmente si capisce che il romano fece altrettanti mago di quei ncmi dialettali che non capiva. BocLinco-m-ago altro non è che ’n-ago, nell’ acqua del Bodinco. Asca era il torrente. In greco ay&v significa fre nare, trattenere ; àoyBioq significa impetuoso, irrefrenabile. Ma l’ etimologia sola non mi basta; è lo studio del dialetto ligure accoppiato all’osservazione locale che deve decidere. Osservo che a tutti i luoghi in asco e in asca corri sponde un torrente : Borzonasca, Borlasca , Bogliasco, A volasca, Langasco, Carasco, Vernasca o Vernazza nel Genovesato, Piossasco, Frossasco, Gambasca, Tarantasca, Venasca in Piemonte, Garlasco, Grignasco, M or nasco, Rovellasca, Rosasco, Salasco, Soriasco, Vernasca, Zinasco nel Tortonese e in Lombardia. Interrogo la tavola di bronzo e trovo in Polcevera i torrenti Neviasca, Veraglasca e Tutelasca. Dunque l’ asca è il torrente. Ritrovo Vasca in N -’asche, nel torrente — M -’asca, affatto (ma) torrente — M -’asc-ardi, tutti irrigano col torrente (vedi ard p. 72) — M - asca-zin, affatto sulla zin-a ( tìtv, p. 10 8) del torrente — V-asca, luogo dove va il torrente, 1’ asca. Parlano dell’ asca tutti questi cognomi: A sch-en, quei dell’ asca — Ba-gn-asco, va, strada nell’ asca — M a- gn-asco, affatto nell’ asca — Pin-asco, pino sull’ asca — Res-asco, asca dirupato, Rav-asco, asca delle rape. Asco finì per diventare un suffisso che significa a valle, lungo il torrente ; così Porse-vi-asco, Berga-m- asco, Orb asco. Vedi per tanti altri derivati il prospetto della radice ose in fine del volume. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 7° — Probabilmente è un asc-fellón , in greco cpsXXecov, scosceso, quel nome di Caschifellone , che assunse la fam iglia di Cafifaro, seguendo quella tendenza verso i nomi lereschi che era propria del tempo. troviamo Taschifellone , torma che caval In alcuni scrittori si identifica molto bene con 1’ espressione del dialetto T - asc-fellon, ab b re viazione di in-to-ascfellon. Si distingueva nel fiume la parte alta dove esso p re cipita e s infrange in mezzo alle roccie e la parte piana. Ricò si chiam ava la parte alta (in greco pt]yò; ag gettivo verbale di pi'yv-Jii:, sign ifica: che irrom pe, che infrange). R icò dunque era il fiume che si frange o in mezzo alle roccie. P er ben com prendere il Ricò sarà bene che il lettore consulti il mio prospetto delle radici lig u ri, ove troverà il Reco, il R ic c h in , V arigotti, R ic c i , R iss o , i rasci con A rasci, M arcisci, i R egio, i R a g io , i Canareg io , i V iaregio, i V ia r ig i, un’ immensa fam iglia di vocaboli liguri che risalgono tutti a ll’ antichissima radice mediterranea. Gea (greco ya-a) era la parte piana del torrente. G ià vedemmo che gea significa la superficie, il suolo, ciò che giace. E si comprende molto bene come i L igu ri chia massero gea il torrente che uscito fuor dei precipizi si aduna, come direbbe Dante, nel piano. D all’ uso di pren dere i ciottoli nella g é a , venne géa per ghiaia ( i ) . ( i) Il gea nel senso ora accennato si pronunziava ora già, ora g ira , ora gèira, ora ghia, ora gbéiria, onde i cognom i di Géa, G èira, G ira o G èrra. Cosi in greco si diceva y yè% , fr i. V oghera, il cui nome fu oggetto di tante e così strane ipotesi, non è altro che un V u-gbea o V u -gh tira, cioè un Vu [vedi sotto Vi, Vii) sulla gheira, un p io - fa ia . I Rom ani capirono benissimo il Vu e tradussero Vicus ; non capirono il gbciria e tradussero Ir ia e fecero Vicus Iriae Si direbbe che è Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 7 i — L a distinzione fra Ricò e Géa si trova molto chiara mente espressa in vai Polcevera. Ed infatti la Polcevera, dalle sorgenti fino a Pontedecimo, ove il fiume cammina sulla roccia viva, si chiama Ricò, da Pontedecimo a G e nova si chiama a géa, in ta géa. L ’ espressione Ricò è divenuta rara, ma quella di géa è d ’ uso generale fra Giara della Pócevera, scrive il Giustiniani, descrivendo i paesi della bassa Polcevera. Screivia era un terzo epiteto che si dava al fiume dal letto incavato. Lo deduco da questi confronti. Crena era le popolazioni liguri. una semplice questione etimologica; eppure il non aver bene inteso il nome di Vicus Iriae ha finito per creare le più strane confusioni a riguardo di \o g h e ra , della Scrivia e della Staffora. G li scrittori dei tempi di mezzo chiamano Ira ed Iria la Scrivia. D ’ altra parte i Romani chiamavano Vicus Iriae Voghera, che non è sulla Scrivia ma sulla Staffora. Perchè dunque si chiamava Vicus Iriae? Si cominciò a lavorar di fantasia e il D urand nel Piemonte Cispadano cosi ragionava: « Iria era il nome della Staffora »; hanno sba gliato Giornande ed altri scrittori del tempo di mezzo ponendo 1 Ira presso T o rto n a; essi per lo meno furono inesatti nell’ esprimersi e intendevano dire che Ira (Staffora'» è sul Tortonese. Il Bottazzi costruì un’ altra ipotesi: « Ira era la Scrivia ». E per spiegare il testo di Giornande il Bottazzi suppose che la Scrivia girovagasse un tempo in quel di Voghera ed allora nascesse il Vicus-Iriae, che poi la Scrivia prendesse un’ altra strada e quindi Vogheia restasse un Vicus Iria e senza Iria . Colle cognizioni che ci vengono dallo studio del dialetto noi spieghiamo natural mente ogni cosa. A Tortona chiamavano l’Olra il fiume m aggiore la S c riv ia , e dal dialetto il Giornande trasse più o meno fedelmente il suo Ira . a Voghera, dove comincia il piano era detta gèiria secondo 1’ uso L a Staffora comune ed i Rom ani, poco pratici del dialetto, come il Giornande, decomposero il \ ugheira in Vugbe-ira e scrissero Vicus Iriae e poi Iria. Io accetto come nome rom ano, sia pure una storpiatura, quello di Iria per Voghera perchè consacrato da docu menti Romani ; non accetto invece come romano Ira per Scrivia perchè la stor piatura è di origine medioevale. L ’ Ira di Giornande ha una importanza in quanto si fa conoscere che roia e oira e doira erano voci comunissime anche fra i Liguri della vallata del Po. L 'Ir a per Scrivia era molto generalizzato nel medio evo, perchè Tortona figura molto spesso nelle carte col nome di Aut-ira, e cosi pure Libarna è ricordata come Aut-ira o A ut-ina nei vaghi responsi della tradi zione locale. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 72 — un increnatura, un taglio, una corrosione nella m o n tagn a; me lo insegna il greco x?r]|ivó; che vuol dire rotto, inca vato, e me lo insegna l ’ osservazione locale fatta alla C roia presso S erra valle e in altri punti D alla stessa radice xpatv, scavo, consumo, viene Screi-via, che rappresenta l ’ azione del fiume, che scava e corrode le sponde, come appunto fa la Scrivia sui massi di calcare che la costeggian o a R ig o ro so , A rquata, Serravalle. D a Kpa-v C re-vai (C revari) strada incavata, Cre-vain-a (Creverina, Crevenna). Lacio si chiama la Scrivia alle sue origini ; è il fi^me che passa nelle fessure delle ro ccie, in greco Xaxfe. B ) ovini Borm ia (B orm ida) — Bor-bea (B o rb era) il torrente che freme che brom eggia , in greco ppojiéw. Gorz-t?ite, il torrente che fa g o rg hi da yopydcfuci. Tanao Tanaro, il fiume che aveva un corso molto lungo, in greco tàva-05, lungo, allungato; di qui Tanaro e T anai nella Spagna. E cco spiegato per incidenza la \ oce tana, che è il buco allungato , nascondiglio delle fiere. A rc i è radice che significa irrigare; ce lo insegna il greco 3c?5-e'jci). Noi abbiamo torrenti e rivi che si chiamano A rd -a , A rd-an-a , A rd e n z a ; vedremo presto gi-ard-in ecc. Ri, chiamavano il piccolo corso d’ acqua, la radice è sem pre psw, scorro; R i è abbreviazione di por,. 11 r i di venta spesso n à nasso, ossia rìasc, rivo, torrente. A nche i rivi dalla loro forma prendono diversi nomi. R i-cròso (Rigoroso) è il rivo, incavato (la radice è sem pre xpaiv). Per analogia si dicono creùse le stradic- ciuole infossate fra i muri delle nostre ville. cognom e Crosa. D i qui il Rasci, resci sono le fenditure della montagna, i fossati; corrispondono in greco due forme identiche pà;:g e pr^;- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 ~ 73 Così si spiega A-rasci, al fossato, M -’a-rasci, affatto al • fossato, Ga-resci-o, terra in mezzo ai fossati, Gar-asc-in ecc. R ig i, Regio, Ragio il canale, la riga. Con m eravigliosa corrispondenza il greco ripete pr/pj, prjyos, p.dcyc>e, ew;. Vi-a-rigi nell’ Alessandrino, Vi-a-regio in Toscana espri mono la stessa cosa vi, volgo (p. 93) al canale. D i qui 1 molti nomi in Regio, Regis, R agio, di cui si fece al trettanti re, regii, e raggi. Di qui i Ca-rega, Sena-rega (?%*)) Casa-regio ecc. Di qui riga, rigare, in-rigare. Sciurméa e sciumea (in greco m>?n<x.iz (1), era il tor l i ) iiup|iaia in greco era propriamente il purgante che scioglie il corpo. 2up|.iat£c« rappresenta l ’ individuo sotto l’ azione del purgante. Come sono originali e naturali ad un tempo queste derivazioni ideologiche che passano dal purgante alla sciurméa. -up|j.a!a viene dalla radice oup. Per dimostrare l’ ampiezza del tema che io vado sfiorando, perchè anche gli increduli possano convincersi che 1’ identità del dialetto mediterraneo antico è una verità scientifica non una invenzione m ia, che non si tratta di frasi isolate, ma di un tutto organico, che com e tale appa risce sotto ogni forma, mi piace dare un po’ di sviluppo a questa rad ce aop che fu meravigliosamente feconda nel dialetto mediterraneo. Sop e xup si corri spondono, oùp«) vuol dire: trascino precipitosamente, oùpPr] e TÓpjsY] vuol dire la stessa cosa : turba, tumulto. Cosi comprendiamo 1’ origine delle parole dialettali sciurbia, sciurbi, comprendiamo questi nomi di torrenti Turbi, Turbia, Turbeìla, Stura e Sturla ; comprendiamo l’ acqua sturbia, il vino turbido e il turbolin. Com prendiamo che furono tolte dal dialetto mediterraneo le espressioni latine di turba, lui bare, turbo, turbidus, turbulentus, turgeo, turmentum, turris (fatta a turbo). Comprendiamo l’ italiano torneo, tormento, siringa (ouptYywv). Notiamo che in greco la torre era xupaij ; ecco spiegato il nome della famiglia rursi. Il principe che opprimeva il popolo, la turba, si diceva xùp-avvog. Topóco si diceva del rimescolare i liquidi ; nella lingua pastorale era la parola tecnica che rappresentava le fabbricazioni del cacio, top o; si chiamò il form aggio e tutto ciò che si faceva di solido colla miscela dei liquidi ; 1’ espressione rimase fra i liguri in turón (torrone fatto di miele, uova ecc.). Comprendiamo così il tùira dei piemontesi. Tupoi al plurale significava il mercato dei form aggi; e così appro diamo alle origini di Turin (mercato di formaggi) che i Romani arbitrariamente tradussero in Taurinus. Tupaia era il luogo ove si fabbricavano i form aggi ; e qui prende il suo posto Turia, fatta Turrilia dai R o m an i, onde la espressione neo latina di Turiggia. Chi avesse dei dubbi su questo punto non ha che a spiegare una Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 74 — rente di breve corso che per la gran pendenza del monte arriva spum eggiante (colla sciama). Su ligure il latino modellò questo nome, il suo fiumen e il toscano la fium ana. Nelle A lpi marittime dicono S ciu m aira coll’ iduro; di qui il nome di A la ira. Stura viene dalla stessa radice avo e xup che ho illu strato nella nota che precede. Si rifletta a ll’ acqua stur-bia e si avrà 1’ idea esatta di ciò che significano i fiumi in Stur-a. 11 nome Stura si dà sem pre a un corso d ’ acqua di una certa importanza, ed è molto più diffuso di Sciur- m ea; infatti troviam o la Stura a O vada, la S tu ra a C u neo, la Stura presso Torino, in Ispagna il fiume A -stura, e nel Lazio troviam o pure un fiumicello A s-tu ra sul quale era posta la villa di Cicerone ove questi fu assassinato. Beo, bea era un altro nome dato all'acq u a corrente. L a sua etim ologia si riannoda a libo,, bevo, beo (g reco Xei(3a). latino bibo) Beo era il corso d ’ acqua in quanto ser viva ad abbeverare il bestiam e o ad abbeverare i ter reni; in Piemonte si dice tutto dì bea-lera quello che nel Genovesato si dice o beo. D a beo i nomi di Beveóu e di Vca (il p greco dà il suono del b e del v ). Chi potrebbe mai indovinare che il fiume V a ra è in origine véa, se lo studio dialettale non venisse ad attestarlo ? carta di Porto Maurizio e troverà il nome di Turia allo stato vergine. I xùpoi erano i fabbricanti di form aggi ; ecco g li antichissimi T ir ii e la città di I irò. C o l xup, tuiro com prendiam o il significato di turlupinare, che ha una esatta cor rispondenza nel greco xopojtiòXsw, vendere form aggi. vender cacio cattivo e vantarlo per buono ; chi F in d’allora si sara usato subiva l’ inganno era un uomo turlopinalo. L a gran radice xup si riproduce nell’ inglese iouring, lourist, tour, nel francese tour a tour, tour de force, tourbillon, tourbilloner tutte espressioni che ri producono m olto btn e il tuird d ell’ antichissimo ligure. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 75 - Pun tlasca è chiamata la Seca nella tavola di bronzo perche portava tunt, limo, greco tuvcXóg TuvxXà^o). Ebro , e un nome che si dava spesso a fiumi e a monti per indicare un hiogo fiorente, da ?$>] parola primitiva che rappresenta la pubertà e la fioritura ad un tempo. Ebro era un fiume di Grecia, Ebro si chiama ancora oggidì un fiume di Spagna, noi abbiamo i mont 'E bro in vai Borbera e in altri luoghi dell’ Appenino. 1 alvolta il fiume prendeva il nome dalla regione. Ne abbiamo un esempio nel Tuntlasca che divenne Seca perche così si chiamava l’ altura fra Pontedecimo e Pe demonte. P i l a era la foce del fiume (greco TtóXrj). Ecco spiegato il borgo P ila alla foce del Bisagno; quando il mare più si addentrava esso era il borgo della foce ; il ponte della P ila , la porta della Pila erano il ponte e la porta che conducevano al borgo Pila. La parola Pila ci spiega 1 antichissimo nome di piloto: infatti i porti primitivi erano alla foce dei fiumi, il piloto era l’ uomo pratico che sapeva condurre le navi alla pila. Per analogia si disse Pilo, Pilon (jtjXos, tojXwv) la porta di una città come a dire la fauce; di qui Pilo nome di città e cognome di famiglia. Di qui far pilo espressione genovese che vuol dire fallire, prender la porta. Pzgi, greco Ttrjyf] era la fontana. Si indovina subito come per associazione di idee, per il fatto di specchiarsi alla fontana, dalla parola pegi si fece : s-pegi-u, specchio. Elementi preziosissimi di confronto sono pegd, parola del dialetto ligure che significa l’ azione del contadino che o o rende liscia la superficie dell’ aia, spalmandola con una soluzione di sterco, m'y-p, in greco, che significa il Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 76 — ghiaccio. In L ig u ria abbiam o il F cg i prim itivo in P egli, nella riviera di Ponente. Firn-tana. M entre il vocabolo pcgi rapp resentava la nitidezza dell acqua, firn-tana invece rappresenta lo sca turire dell acqua. F u ti equivale al greco <pu&v, participio di cpiio), nascere, scaturire; futi-tana è l ’ acqua zam pillante in una vasca naturale, tana. * 5- — Passiam o ai monti. L a parola m ontagna è di fattura moderna. L a parola monte aveva fra i liguri il significato di punto isolato, culm inante, come vuole la sua etim ologia che è moti fióv-o; e vuol dir solo : un punto sporgente da solo sul giogo. Mon era dunque il monte ; il latino si limitò ad a g giu n gere un .y alla parola m editerranea e fece mons, m ontis; di qui la forma neolatina monte. Ma la forma ligure prim itiva si conserva in M on-du-vi — Mon-barusso — AIon-tci — M on-tiggià — Mon-calè e tanti altri. Zuvu era il crinale delle catene montuose. L a parola zuvu sì riferiva più specialmente al p assaggio ; passare ó zuvu significava passare nell’ altro versante. L e popo lazioni dei nostri monti non dicono zuvu a tutto l’Appenino, ma chiamano zuvu il luogo ove è stabilito un valico ; ad esem pio il zuvu di S .u Giustina è un punto fisso , come in Polcevera s ’ intende una località ben de finita quando si dice au t^uvu , a i zuvi. Questa parola zuvu è nata dalla solita associazione di idee. I primitivi pastori giustamente trovarono una somiglianza fra le curve Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 77 del g io g o che mettevano sul collo ai buoi e l’ondeggiare dei profili montuosi. Voi potete apprezzare l’ antichità e -- la imm utabilità del nostro dialetto dal modo con cui si mantenne fedele alla radice zu, che il greco conservo in Cuyo-. Il latino, lingua derivata, tradusse jugum , l’ italiano con forma neolatina disse giogo; ma il ligure rimane rozzo e vergine col suo zuvu. G o lia , c o ila , c h o è lu a plurale coilc e cote, in greco v.óù.a, e V avallam ento, la parte depressa ove si passa il giogo. Si dice ancora oggidì colla d i Carpasio, colla, di Maro, d i A lbenga. D ove il giogo presenta molte colle vicine, trovate, come in Antola, l’ espressione i colletti. Sono due cose ben diverse colle e colla; a Genova, vicino a Sarzano, abbiam o il colle e la cheùlua. Nel linguaggio alpinistico la parola Col, Colle si e in molti luoghi sostituita alla colla primitiva; si dice col dcs Fenètres, colle d i Tanarello, ma il significato e sempre quello di valico attraverso i monti, un significato affatto diverso dal colle comune. S é r a è la catena montuosa che chiude un piano, o una valle ; lo dice il greco aeioà — se chiude il piano è il ser-zan, se chiude la valle è il sera-valle. In Liguria abbondano le Sére, come le Sierre in Ispagna. La montagna che tanto esercitò l’ osservazione dei popoli primitivi fu da loro definita in tutte le sue più caratteristiche manifestazioni. P e n , p e n a , p e n in chiamaron quelle punte, che for mano la m aggior attrattiva dei moderni alpinisti. L ’insie me dei monti fatti a pen chiamarono a i pen e per contra zione alpen , che i romani tradussero alpes, e noi con terminazione neolatina chiamiamo A lp i. Quell’ altra gran Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 7S - catena dove i pen sono meno g igan ti fu detta dai liguri di p :n in , e p er contrazione A p cn in (vedi p. 295)- I romani scrissero A p e n in i; ma 1’ ortografia italiana g iu stamente adotto A p p en in i, dovendo il primo dei due p rappresentare la fusione dell’ articolo col nome p en in . Seca (Zìxo;) chiamarono una escrescenza m ontuosa che esce fuori dal piano come pure chiam avano seca lo scoglio em ergente sulla superficie del m are. In P olcevera la Seca è propriamente quel dorso montuoso che em erge sulla gea e forma la collina di Moeurgo a S. C ipriano. Poco lontano dalla stazione di Pontedecim o com incia una stradicciuola diretta a quell’ altura e si chiam a la via della Seca. Caermo chiamarono il colm o, il cocuzzolo del monte. °g g i il dialetto dice córm o; ma nei monti sentite la pronunzia accentuarsi in coermu; è il suono inafferrabile che il greco rappresenta coll’ co. Di caermo è piena la Ligu ria, e la Palestina ci attesta col suo C aerm o che la voce ligure viene dall’ oriente. Il latino tradusse arb itra riamente Carmelum e poi Carmen, Carm inis. A llo stesso modo i notai del medio evo finirono p er fare un C ar- mandmo del paese di Caermen o Cremen che vuol dire du Caermo. Prion si chiamava l ’ estremo sasso della vetta. Infatti troviamo nel greco 7l?t]wv nello stesso identico significato. L osservazione locale vi conferma che effettivam ente i nostri monti finiscono quasi sem pre in un p rio n . Q uesta parola divenne poi d ’ uso comune per dire in c im a ; testimonio la strada d ’ <? prión in G enova, che è la strada che conduce in cima al colle. Notiamo queste preziose corrispondenze fra ligure e greco : préa, -izocc — pernecco, Trévutoc (petroso) — P rea Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 79 — Bissea, Pietrabissara, Ttsxpa (fycrarj-iaaa, cioè pietra formante precipizii Qi-lpa-q, abisso). Gimeio, timeio, oggidì gimélu, da cui l’ italiano cimelio, era un altra espressione ligure primitiva per indicare la cima. Ne abbiamo 1’ esatta spiegazione nel greco 0£(jìXiov o Os[i!tXiov. In oggi si dice più specialmente delle piante, dei fiori, gimélu de parm a, gimélu de còu. Ventimiglia fu detta In-temdio, dall’ essere costrutta in 0sjj.i Oj.o. B r i c c o si decompone in px-pr^o*, per contrazione Pp-/,x°v Come ba-russo è il monte che va rosso, così b-rico è il ìonte che va scosceso; corrisponde a Va-rigotti, Va-rignan ; la radice è sempre pyjy (vedi p. 88 e prospetto radici). Corona e per contrazione co . . . nà si diceva di una disposizione di monti o colli a corona (greco xopwv^). Comixe si dice in riviera di ponente il bel lido montuoso che incornicia il mare (in greco xopom£a)). Coroni-zèn e per contrazione Còrni-zèn e Cornigen (si noti l’accento tonico sul zèri) erano i piani, i qen (vedi a p. 1 1 5 ) che stavano sotto Cónà. E così svanisce la famosa etimologia, per cui gli eruditi avevano assicurato che Cornigliano non po teva esser altro che il fundus Cornelianus, senza punto pre occuparsi di sapere se era mai esistito questo fortunato Cornelio padrone di Cornigen. L ’ etimologia degli eru diti aveva, come in tanti altri ca si, un punto di partenza errato. Bisognava partire da Cornigen e non da Corni gliano, che è una fantasia romana o del medio evo. Bi sognava riflettere che, per quanto corrotto o corruttore si voglia credere il nostro dialetto non avrebbe mai fatto di Cornigliano un Cornigen ; avrebbe detto Cornelian , Corneian, ma nessuna teoria linguistica può spiegare come si sarebbe sostituita la parola zen o gen ad eliano. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 8o — Co e cao era un altro nome applicato ai monti : Il cao esiste nel dialetto odierno nelle espressioni Cao de N o li, Cao de M ete, In ó cao. Il co esiste nel v o lg a re italico o e basta citare il verso di D ante : in có del ponte presso Benevento. Il co balza fuori nella frase piem ontese m i d ’ co che significa io p u re , io da capo. Ad illustrare il có e le sue diverse form e giova come sem pre il confronto colla lingua greca. T ro v ia m o in essa coll identico significato x^5?* g en - X0^;. A d u nq u e ori ginariam ente si avevano due vocali. E d allora com incio a capire il cao; la prim a vocale è un o larg o divenuto insensibilmente un’ a. Un etim ologia stranissim a eppur vera che si riannoda al X^ò è Ao-coà (A rquata) al capo, al prom ontorio ( i ) . B asta aver presente quella bella sporgenza che s ’ avanza sul piano di Libarn a per convincersi che il nome corrisponde alla realtà. Confesso tuttavia che rim asi m olto tem po scettico su questo punto, quando un’ esperienza pratica mi venne a dar prova decisiva che A rqu ata altro non era che un coà, capo. Chiunque può ripetere il mio esperi mento. Interrogate un vecchio del luogo e dom andate ( A come si chiama il paese ed egli risponde : O coà. P rose gu ite: Di che paese siete? D ii coà. D ove an d ate? Ao coà. D ove abitate ? Iti to coà. Scrissi coà; ma realm ente la finale di Ao-coà non è nè un a nè un o, è un suono misto come 1’ a di cao. In questa declinazione di coà è (i) Il Muratori definì Arquata terra acq u o sa, paludosa; ma una ispezione del luogo vi dice subito che la definizione non corrisponde al p aese, che è secco quanto altro mai. A ltri disse : Arquata perchè vi erano degli archi di un acque dotto romano. che Io 1’ acquedotto conosco 1’ acquedotto rom ano e il suo corso e posso far fede passava in Arquata incassato nella terra. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 81 preziosissima un’ altra scoperta, che cioè gli articoli del dialetto ligure greco è, xoO, corrispondono agli articoli del dialetto ; solo il dativo è sostituito dall ’ o nomina tivo greco colla preposizione a. F ra il V e V I secolo si introdusse IV nell’ accento, per cui si diceva in Genova, ro (é, ró zuvu, ro coà, invece di ó se, ò zuvu, ò coà, e t così mi spiego come dicendosi allora A-ro-coà e A -r-’coà si sia finito per scrivere Arquata nelle prime pergamene che parlarono di questo luogo. Dissi che l’ introduzione dell’ r è del V e VI secolo, il che equivale a dire che non entra nella nostra morfologia primitiva. E lo dimo stro. Vi sono dei vocaboli antichissimi, in cui 1’ accento di 2000 anni fa ha finito per fossilizzarsi col nome E n i seca — en-i-(en — in-o-cao — O-prion — in-o-campo in-e-ciappe. Queste voci primitive mi dicono che 1 r non entrava allora nel nostro articolo, come non entra più ora. Nella composizione dei nomi romani dove trovate tanti di questi nomi liguri fossilizzati, non uno vi riproduce I V di cui parliamo. Troviamo invece I V spiccatissimo nelle carte del iooo (i). ( i) Sfioriamo importanti questioni riflettenti l’ origine della lingua italiana. mi limito ad accennarle. i.° L ’ articolo esisteva nell’ antico dialetto Io italico contrariamente a quanto scrisse il Muratori che l’ articolo viene da una corruzione del latino ili e tlla. 11 Muratori, profondo investigatore delle nostre antichità, si arrese troppo facilmente su questo punto alle fantasie etimologiche del M enagio, e, cosa strana, la teoria del Menagio, che non aveva valore scientifico alcuno, divenne per la grande au torità del Muratori e di coloro che senza discuterla vi si adagiarono, la base dell’ insegnamento. Infatti nelle scuole si continuò a ripetere per molto tempo che l’articolo il, la è corruzione di ille illa, che il pronome loro è corruzione d illorum. La materiale corrispondenza di qualche suono era 1’ unica base di questa teoria. Collo studio del dialetto ligure noi veniamo a conoscere in modo certo e po sitivo che 1’ articolo esisteva nel favellare antico, ó ed à corrispondente a ll’ 6 e fj A t t i S o c . L ig , di S t o r ia P a t r ia . V o i. X X X . 7 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Noterò infine che A rq u ata succedette a L ib arn a, il suo castello è del IX secolo, e sono senza dubbio i C aro lin gi greco per il singolare, ! ed « , 01 ed a i greco, per il p lu rale. In fatti la ta v o la di bronzo ci presenta chiaro e parlante un e n -i-se c a . L a tavola ci presenta pure un Matticelo che vedrem o essere n ien t’ altro che un ma-en-i-ceti. L a ta v o la ci ha dato il filo delle ricerche, m a una vo lta capito 1’ en-i-seca ci si affaccian o tanti altri di questi fram m enti di d ialetto antico, che contengono 1’ articolo di 20 secoli fa cri stallizzato. In-o-cao — En-i-cen — In-o-campo — In-o-prion — lti-e-ciappe son tutti lossili che appartengono ai tem pi dell' E n -i-s e c a . L ’ articolo adunque esisteva ed era conforme all articolo g r e c o , e sarebbe a m aravigliarsi che così non fosse quando vediam o in tutto il resto una assoluta corrispondenza di questa lingu a col nostro dialetto 2 ° L articolo prim itivo subì sem plicem ente un’ alterazione di suono a l contatto delle genti nordiche che invasero l ’ Italia dal V secolo in poi. G li stran ieri ficca rono una quantità di consonanti aspre in m ezzo alle nostre sillab e troppo ricche di vocali per essi. L ’ articolo germ anico der fu probabilm ente q u ello che fece dire al tortonese er castè, er coà, er cavalu, a l gen ovese ro castè, ro coà, ro cavalu. L r si raddolcì ben presto sulle labbra degli Italian i e di qui ebbero origin e quei suoni v a g h i, oscillanti d ell’ articolo per cui in V a l di S crivia si dice in og gi eu cavalu, eu casté, in Piem onte el c a v a i, el casté con un el che confina con il, in T oscana il cavallo, il castello. N el G en ovesato o ve si era adottato il ro identica evoluzione; l ’ r si raddolcisce in / e diventa lo, e così si dice lo cavalu, lo castelo, finché 1’ / sparisce per lasciare a ll’ articolo il suono prim itivo 0 cavalu , 0 castelu. Quando i dialetti finirono per sistem arsi il toscano ritenne la form a il lo per il m aschile, la per il fem m inile, i li le per il plurale. Il genovese ritenne o a, i e conservando V solam ente dinanzi alle parole che com inciano con vo cale e solo al caso singolare. Q uesta è la storia vera del nostro articolo quale risu lta da docum enti di epoche d iv e rse , ed io chiedo alla vecchia scuola che tutto vuol derivar dal latino com e si spiegano col latino ille ed illa tutte quelle evoluzioni a cui ho accennato e che risultano dal confronto dei nostri dialetti. Il M enagio non sognava nem m eno che lo studio delle evoluzioni d ialettali d ovesse entrare in questa indagine linguistica. M a quando si parla di corruzione del latin o fatta dal volgo, è doveroso, è logico a mio avviso il ragionare sui fatti linguistici che son proprii dei volghi. U n ’ altra cosa non considerava il M enagio ed è che il dialetto può essere incerto nella form a ma è sem pre logico nella sostanza, e non avrebbe m ai detto illuni U lani, che significa cosa lon tana, parlando ad esem pio di cosa che era presso di chi par lava. Non è verosim ile che per d ire: la mia volontà una persona andasse a cercar 1’ Ulani e im m aginasse questo sproloquio : illa mea voluntas. Bisognerebbe dim ostrare che il senso delle parole era com pletam ente perduto n el cervello d eg li italiani. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 83 quelli che per la prima volta scrissero il nome. Dicevano essi a-ro-coà e scrivevano Arquata. Concludo che la facile teoria che fa nascere ogni forma italiana da una corruzione del latino non corrisponde alla verità storica. È verissimo che nove decimi dei vocaboli appartenenti ora alle lingue neolatine esistevano nella lingua di R om a, ma è pur vero che nove decimi dei vocaboli, latini provengono dall’ antichissimo dialetto italico, osco o ligure che dir si voglia — che questo dialetto non ha mai cessato di esistere nè in Liguria nè in Piemonte nè in T o sc a n a , nè in F ran cia, nè in Spagna — che persino a Roma vi era il volgare accanto al classico latino — che quando l’ Impero cadde i popoli non cambiarono lingua ma continuarono a parlare il loro idioma, che non era certamente il primitivo perchè latinizzato, ro manizzato in tutte le sue esterne p arvenze, ma che non era neppure la lingua latina — idioma che nell’ ottavo secolo si chiamava lingua romana o romanza per distinguerlo dalla lingua dei barbari conquistatori — idioma che poi fu detto impropriamente toscano mentre è essenziamente ita lic o , tanto è vero che prima di Dante S. Francesco d’ A ssisi, Pier delle V ig n e , Federico I I , Folchetto Mala- laspina genovese poetavano in questa lingua dall’ uno a ll’ altro capo d’ Italia. In questo importante argomento, rimando il lettore alla splendida dissertazione del Muratori (antichità italiane, Diss. 32) ove egli dimostra che il volgare italico è sempre esistito anche ai tempi di Roma. Non ho m ai potuto comprendere come egli dopo questa dimostrazione cosi esauriente abbia potuto adagiarsi n ell’ opinione del Menagio. Io non nego che il latino abbia avuto un’ influenza enorme nel rim aneggia mento della nostra lingua primitiva. Amm etto che un’ infinità di vocaboli sono modellati sulla form a latina. P. e. il pronome latino ille, illa, illi rimase nei no stri dialetti come pronome. Sono figli legittim i dell’ ille , i lla , i l l i , 1’ elo e 1’ eia della Prov. di Portomaurizio, elio, elli, elle di Dante. L ’ elo, eia si accorciò a poco a poco in lé per i G enovesi; così i Piemontesi fecero dell’ elo un lu, d ell' illa un chilla; i Toscani finirono per far dell’ eia un lei, dell’ «/o un lu i, dell’ elli un eglino. La logica linguistica è rispettata in tutte queste voci neolatine, perchè lui, lei, eglino sono pronomi esattamente corrispondenti alle antiche forme testé ac cennate. Ma altro è dire che il latino introdusse nuove forme nei nostri d ia le tti, altro è dire che la nostra lingua odierna nasce da una corruzione del latino. Da quella ricca miniera che è la dissertazione del Muratori ricavo un altro argomento e meglio ancora un documento importantissimo per la mia tesi. Dissi più volte che il ligure era 1’ antico dialetto italico ed in ciò è d’ accordo anche il Celesia quando dimostra che Ligure, Osco, Sabellico, e Siculo era in fondo la stessa cosa. Dissi pure che il linguaggio che parlavano gli Italici doveva essere comune a tutti i popoli mediterranei. Ora poiché ho accennato alla lingua ro- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 84 V edrem o il significato di Cóo delinearsi sempre meglio in Còsoa. m ana o rom ancia che si parlava dopo la caduta dell’ impero riferirò un testo che m i fornisce il M uratori. N ell’ anno 842 Carlo il Calvo re di Francia faceva un trattato eon R e Ludovico il Pio. Carlo giurava nella lingua di Ludovico cioè Teudisca lingu a, e Ludovico giurava nella lingua che si parlava in Francia cioè romana lingu a. Sentite come si parlava in Francia: « P ro D co a m u r, et prò Christian poblo, et nostro comun salvamento, dist di in » avant, in quant Deus savir et podir me donat, si salvareio cist meon fradre Karlo, » e t i t i adiudba, et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fradre salvar dist, ino, >» quid il m i altre si fa^et. E t ab Ludher plaid numquam p rin drai, qui meon voi » cist meon fr a d r e K arle in damno sit ». Il senso dì tali parole in italiano è questo: « P e r am ore d i D i o , e per bene del Popolo Cristiano, e per comune salve^a; da » questo d ì in avanti, in quanto Dio mi darà sapere, e potere, cosi salverò questo mio » F ratello Carlo, c g li sarò in aiuto, e in qualunque cosa, come uomo per diritto dee » salvare il suo Fratello in quello, che un altro farebbe a me. Nè con Lottario (co » m une lo r fratello) fa rò mai accordo alcuno, che di mio volere torni in danno di » questo mio F ra tello Carlo ». C h e cosa è questa lingua? Un latino, un francese, un italiano? È l’ antico dia letto m ed iterra n e o , mascherato alla romana, contraffatto colla soppressione degli articoli, con preposizioni e terminazioni latine. Voi sentite nelle poche linee che ho riferito uno sforzo per dare un po’ di forma romana ad una lingua parlata che di ro m an o non vuol saperne. Bene osserva il Raina (origini della lingua ita liana) che i testi dall’ 800 al 1000 non rappresentano propriamente una lingua m a piuttosto lo sforzo di avvicinarsi a un latino che si conosce come Dio vuole. Q uesto non ebbero mai in mente coloro che si ostinarono a cercare la lingua p arlata n elle carte del medio evo. Obbligate uno ad esprimersi in una lingna che poco conosce e verranno fuori anche in oggi dei testi come son quelli, in così detto latin o, d a ll’ 800 al 1000. A questo latino corrisponde il francese che parla un cocchiere di G enova quando dice al forestiero: « vu li la velare? d’alle e venir me doner'e tre fr a n e », corrisponde all’ italiano che parla tante volte l’ inglese e il tedesco nei nostri musei. Fate che il Genovese parli genovese, l’ Inglese in glese, il 1 cdesco tedesco e ciascuno parlerà corretto sì da essere nel suo genere un testo di lin gu a. Non altrimenti i notai del 1000 che ci fanno inorridire coi loro spropositi, eran gente che nella vita comune, quando nulla li costringeva a usar quel linguaggio, ormai loro estran eo, e quando potevano esprimersi libe ram ente nel loro particolare dialetto, non commettevano la minima sgrammati catura e non avrebbero fatto la benché menoma offesa alla più umile fra le let tere d ell’ alfabeto. Sicché, ben conclude il Raina, quel loro scrivere ci dice solo due cose : da un lato la loro ignoranza del latino, e in genere il difetto di ogni Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 8S Cósoa (Cosola) non è che una yfioic, una catena sporgente. Il Cósoa di Val Borbera accenna a quella pro coltura, una volta che il latino ne era il solo strum ento, dall’ altra la differenza ben ragguardevole, che doveva esserci fra il latino e la loro favella nativa. Ma perchè dunque non scrivevano come parlavano? Per la stessa ragione per cui al contadino Ligure che fa 1’ ortolano a Buenos-Ayres o il cavista in C a li fornia non passa nemmeno per il capo di valersi del dialetto proprio quando scrite alla famiglia. Egli fa come il notaio del io o o ; scrive una lingua ibrida, che se non £" italiana è tuttavia lontana dall’ essere dialettale nelle sue forme esterne. A parte la difficoltà di rappresentare con lettere i suoni del dialetto, egli non pensa nemmeno che vi sia una lingua scritta che non sia l’ italiano. Q uelle parole che gli insegnò a fare il maestro comunale erano italiane, ogni volta che lesse un giornale era italiano, il suo congedo militare, 1’ avviso delle tasse era in italiano, ed egli non suppone nemmeno che si possa comunicar fra lontani in altro modo. Così avvenne del latino. Nel ioo o il latin o, come lingua organica era un cadavere, ma si continuò a far uso delle parole latine o latinizzate perchè era la lingua scritta degli avi, perchè era la lingua in cui più o m eno tutto il mondo s’ intendeva, perchè era la lingua della gran maestra, la Chiesa. Concludiamo si scriveva alla latin a, ma si parlava in volgare. È un grande errore il credere che come si scriveva, si parlasse. Appena Carlo il C alvo avrà finito il suo giuramento nella lingua romana, si può esser certi che il suo favel lare svesti quei pochi arnesi latini che si erano tirati luori per la solennità, che depose e il Pro Deo amur, e il numquam e in damno sit. Ed è anche proba bile che abbia aggiunto: « Pour amour de Dieù, lasciatemi parlare a modo m io ». Del resto la fatica del re era stata ben poca, ed io non esito a dichiarare che il suo giuramento è un volgare vero ed autentico leggermente latinizzato, come era quello delle gride che il Cintraco bandiva al popolo dal IX . al X V .™ secolo. Si leggano i documenti in lingua genovese pubblicati dall’ O livieri, dal Molfino, dal Belgrano, dal Randaccio e si vedrà che si verifica sempre lo stesso fenom eno: il genovese per nobilitare il suo scritto prende l’ intonazione e il periodare alla latina, e nel secolo X IV quando il volgare illustre prevale si sente il m iscuglio del genovese col toscano. Il vero e genuino genovese raramente fu scritto; e per trovarlo dobbiamo venire ai sonetti del Foglietta e alle poesie del C ic a la , del. Cavallo e del Chiabrera. E per ritornare all’ articolo, a cui la mia nota si riferisce, dirò che se nei do cumenti dall’ 8oo al iooo l ’ articolo non comparisce è unicamente perchè si volea dare agli scrìtti la parvenza del latino. Ma vi sono dei testi molto più latinizzati in cui 1’ articolo fa capolino sulla penna dei notai. E me ne fornisce la prova il Muratori stesso che a pag. 74 della sua dissertazione cita un diplom a del re D e siderio dell’ anno 772 in cui si legge: Fossatum d e ia v ite . Volendo riassum ere in Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 paggin e dell’Appenino che forma il M ont’ E b ro e il Monte Giairolo. A Sam pierdarena chiamano quei da Coscia coloro che abitano sotto il promontorio che finisce alla Lanterna. Notate 1 esatta corrispondenza dell o di C ósoa e C oscia con 1 co di x ® aCl»- Generalm ente si credono suoni determ i nati da pronunzie locali mentre sono suoni corrispon denti alle leg g i fonetiche universali primitive. Costa e pur esso un vocabolo derivato dal gran eòo. Si chiam avano Coste i fianchi sporgenti della m ontagna, e digradanti verso il piano. In greco xwat°S (da x $ CTt,))11 nome proprio dei monti ebbe origine in diversi modi. Molte volte il nome generico divenne nome proprio. Quei della valle che avevano una punta dinanzi a loro finirono per chiam arla ó Pena, ó P e n in ; quelli altri che erano soliti andar a pascolare sul Caermo del monte finirono per d ire: vado au Caermo; altri parlando sem pre della sctumaira finirono per chiam arla à M a ira ; altri finirono per chiam are Po il Bodinco a forza di ripeuna forinola 1’ evoluzione storica del dialetto italico io direi che esso è nato dal gran dialetto che si parlava un tem po da tutti i popoli m ed iterran ei, che durò per m olti secoli, sem plice, prim itivo, uniforme, prim a della dom inazione rom ana che si latinizzò durante la stessa, che subì m odificazioni ma non sostanziali colla com m istione dei popoli C elti, Longobardi e F ran ch i, dai quali tolse nuovi voca boli. R itengo che dalle influenze diverse esercitate dagli invasori nacque la varietà nei nostri dialetti. E d infine che la lingua italiana altro non è che la continua zione d ell’ antico dialetto latinizzato, una fusione dialettale in cui ebbe la prepon deranza il dialetto toscano, perchè seppe m eglio di tutti g li a lt r i, assecondare le esigenze di quella nuova civiltà che ebbe il suo apogeo nel trecento. G li scrittori del trecento diedero alla lingua stabilità di form a, la perfezionarono con profondo sentimento artistico; ma la fusione nei rapporti civili e politici fu 1’ effetto di quel m ovim ento che cominciò m olto prima colle crociate, che si propagò poi mediante i com m erci, e il riavvicinarsi dei popoli, e le a llean ze, e le guerre, e le paci, e il rifiorire della vita italiana in quell’ epoca m eravigliosam ente bella che fu detta il rinascimento. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 87 — tere per secoli e secoli : il po, il fiume. Questo fenomeno, naturale per se, doveva tanto più verificarsi fra i Liguri, popoli molto frazionati, e molto stabili nelle loro dimore. Ognuno di essi non si occupava che della sua regione, della sua uale, della sua séra, della sua oria o della sua sciumaira. Il loro parlar quotidiano era: vado a S é ra , vado au Z u v u , vado ati Caermo, vado in to ricò , vado in ta gea. E così si spiega come, senza influenze estranee, avvenisse che' questi nomi restassero poi come nomi proprii, e certi luoghi avessero contemporaneamente due appellativi. Così la tavola di bronzo dà al Caermo il nome di Tuledon che significa: gibboso (pag. 298). E d in realtà il monte presenta questo fenomeno nel suo gran dorso. Ma anche il monte gibboso aveva il suo colmo. Si ca pisce che il nome specifico era il nome più antico; ma l’ uso continuo, che faceva dire vado sul Caermo, fece sì che quest’ ultimo nome, generico quanto vu oisi, la vin cesse sull’ antico. I nomi particolari dati ai monti sono tolti, come quelli dei fiumi, dei paesi ecc. dalle caratteristiche di natura. Ed è questa preziosa circostanza che permette all’ Alpi nista, attento osservatore della m ontagna, di fare uno studio reale, sul vero, introducendo il positivismo ove tutto era ipotesi, per non dir fantasia. Riscontrerete per es. che tutti i monti che si chiamano: Pernecco, Prenico, in greco repévixos sono monti abbon danti di pietre. Vedremo il Prenico nella nostra tavola. Sucao, Sucaèlo (Zuccaro, Zuccarello) sono i monti fatti a zucca, aòxov. Cao il monte ove fa capo una catena. Mont-a-odè, Montàdo, monte alla strada (p. 104). Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 88 — A litela è il monte fiorito; in greco àvGuXoc;; così Car-anza è capo, cima fiorita, come vedrem o fra poco. M on-ba-russu , si spiega con Barusso ; è il terreno che va ((3a da paivco) rosso (f>ouaco£) ; equivale a tcrrarossa, e basta ricordare il colore della terra di M onbarusso e Basaruzzo per capire questa etim ologia. L a gran lingua prim itiva dà qui una prova della sua universalità; lo slavo in R u s s ia , il germ anico in B o -ru ssi (buoi ro ssi), divenuto poi Prussi e P ru ssia, vi attestano che russo è voce raccolta alle prime fonti del genere umano. È a notarsi quel va che troverem o molto spesso nella com posizione dei nomi liguri. A l giorno d ’o ggi si dice che un abito va bene e in antico si diceva che un monte va-russo, un altro V a -rig n a n , parole che letteralm ente tradotte si gnificano va-rosso, va-rotto (da prjYW1 rompo); a V a-rignan corrisponde V a-rigotti (va-rotto o rotti da p^yvupc). B o r è radice che si applica ai monti esposti al vento (Bopsxc; aquilone, settentrione) ; di qui Bor-l-asca , B o r-io , Bor-on, Bor-zon, Bor-zon-asca. Cun (g reco /wv-yj ^wv-o;) è una espressione che si ap plica ai monti che sovrastano ad una conca o che fan conca. Ta-cun in Polcevera significa monte ’n ta cun, in italiano si direbbe nel cunno, dei monti Lem urini — conu Fi-a-ciìn significa monte che fa il cun (yo-a-yjuv) — come An-cón-a, significa nella conca, nel cunno — come Coni (Cuneo) significa cunno formato dalla confluenza di due fiumi. Tutto ciò m ’ insegna l ’ osservazione locale. Mon-calè corrisponde a monte bello, yylóq, yo^l- D i qui Mon-calè, Moncalieri, come Pan-calè, Pancalieri, tutto bello, Ma-calè, affatto bello. 11 cale per il solito cambiamento di c in g divenne Gale e Gaietto. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 8 9 - Mon-tigià è il monte acuto (da Wf(o), OrjyàXeoS ). Falte-rona significa coda cima (<?&%, y&Xrjios) del fium e, rone. • Tulon , Tuleton, Tuledun rappresenta la gibbosità del monte. xoXòv è il gobbo, il zembo tuXwtò? è 1’ aggettivo che significa gibboso. Di qui i monti Tulon , Tuledon in Polcevera, Tulon in Francia, di qui Tulosa, Tttledo in Spagna. Come termine di confronto è utile ricordare che i Greci davano ad un isola remota il nome di ul tima tuie., 1’ ultima gobba che avevano trovato sul mare. Monte-Moro , era il monte dove abbondavano gli alberi di frutto. In greco |j.ópov, in latino moriun, frutto. Facendo un’ ispezione sui monti che portano questo nome si vedrà che sono monti in bassa zona e ben soleggiati, e adatti alla produzione della frutta. Il Desimoni nei suoi Docu menti per la Storia d i G avi attribuiva il monte Moro ai Mori , cioè ai Saraceni , e dall’ esistenza del monte Moro in quel di Gavi e di altri monti Moro nei din torni, trovava argomento per la sua opinione che i S a ra ceni abbiano avuto per molti anni permanenza in vai di Leme e in vai di Scrivia. A nch’ io sono di questa opi nione, quanto alla permanenza dei Saraceni, perchè altri argomenti la confermano ; ma quanto al monte Moro credo non abbia nulla di comune coi Saraceni. Anche a Genova, ove i Saraceni giunsero da predoni e non si fermarono, abbiamo il monte Adoro presso Oregina. L a Liguria è piena di Monte-Moro. Vedi Moro a pag. 148. Monte-ergondo, che nelle carte fu travisato in Monte rotondo, è il monte lavorato, coltivato (greco éoyov). A Serravalle si dice : r ’gónda un mèi per dire : sb u ccia, togli la corteccia a una mela. E così di un monte a Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 90 — cui si era tolta la crosta e su cui si eran form ate le belle p ro sic si diceva monte ergondo, come a dire monte rimondato. In Arquata V alle di R ’gonca^ si trova nello stesso senso la Mon-tèi è il monte da. cui si vede bene ( f i ). Oamà è un nome frequentissimo nell’ A ppenino e si trova sempre applicato a quelle posizioni da cui si gode un bel panorama ; p. e. si chiama Oamà la bella costiera che va dai Giovi alla Bocchetta, dalla quale si god e il m agnifico spettacolo della Polcevera e del m are. A rg o mento da ciò che la parola abbia origine com une col greco opapc. Visto che nel vocabolo lio-ure l ’ accento O cade sull ultima sillaba , e sapendo per esperienza che 1 accento tonico non si altera mai nel dialetto , io de comporrei così il nome ligure opa vede, p.a affatto tutto. E il solito ma che salta fuori ogni momento nella com posizione dei vocaboli liguri. A rgen tm , Argenterà è il monte bianco per neve o per ghiaccio (greco apyevCTtrjp). Ricordo qui l ' arz-illo, che si dice del pesce freschissimo che ha l’ occhio (tAXo?) vivo come 1’ argento. Sella il monte fatto a sella ; in greco aéXXa. * 6- — Gua, Gu, Guà, Uà, guala, uale, era la valle, in greco yòu, yuàXov. Avete il gita in Costa-gùa, costa a v a lle ; il g u in Larve-gu, 1’ arvo a valle, in Coema-gu , la comarca a valle. Avete il Guà, Uà in Ovada, in Monferrato — date a Guala l ’ uale in Set-uala e Sera-uale ; an Sottovalle e Serravalle e troverete nel dialetto Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 91 — questa pronunzia. La pronunzia di Guà, O vad a, oscilla fra Uà e Guà. Come si vede abbiamo in questo caso gran dovizia di confronti e di prove. Concordano le lingue antiche, con cordano le pronunzie dialettali, e quel che è decisivo vi è Guà (Ovada) è una gran valle, come Sera-uale chiude effettivamente la valle come Set-uala è posto nella valle (0£tò; da xt0rj{xt onde il ligure setóu, assetóu, il latino situs, situatus). Il Set di Set-uala non è di nostra invenzione ; Setuala e non Sottovalle dicono le scritture del medio evo e il Giustiniani. A pro posito della frase a valle noto questa espressione del dialetto di Val Scrivia : in guà d i quel monte e anche in guà d i quell’ albero vuol dire, a valle, ai piè. la testimonianza dei luoghi. L a parola guà serve come tante altre parole primitive a constatare la fratellanza dei popoli mediterranei. In Ispagna si trovano i Guà-dalquir, i Guà-diana. L a Francia si presenta con Guà-scon, Guà-scogna e tanti altri. Guà serve a spiegare un’ infinità di nomi come : Gualco, Guasco, Guasqui, Guaschin. Notate negli ultimi Il tre nomi la finale ose, torrente. Guà di Ovada riproduce il fenomeno più volte accen nato del nome generico che diventa nome proprio. L a magnifica valle fu detta Guà ossia la Valle per eccellenza. A Gzià era una volta la gran foresta che fu delizia di caccia per i re Longobardi ( i) . Il fiume che la traver sava fu detto 1' Ul-ba cioè il fiume, la contrada della selva Il (va e ba si corrispondono come Vado e Bado). Uexina, Uegina è una vailetta; Oregina a Genova. ( i) P a o l o D i a c o n o . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 92 — * 7- — Ul, Ula, ilva, elva, elba, velva era in dia letto ligure la selva. Non dobbiamo spaventarci di tante variazioni sullo stesso vocabolo. L a lingua parlata non conosceva discipline grammaticali. Del resto è bene notare che i nomi citati derivano da due radici diverse : u l che accenna alla fronda, ehi che accenna all’ om bra. Tutto ciò risulta manifesto dallo studio delle voci corrispondenti in lingua greca. Il greco ha 1’ uXy] che significa fronda e corrisponde al nostro ul, ula, che trovate in A -u la — Ul-ba — in Ul-ma ( i) , ed ha ^Xo, che significa om bra e risponde all’ ilva, elva, velva e elba. Il latino da ilv a fece silva, donde l’ italiano selva. Ilu a ed Elba fu detta l'iso la d ’ E lb a perchè in origine non era che selva. C o ll’ ilua si spiega il nome dei Liguri Iluates o Ilvates; erano i po poli che abitavano la selva; e così si spiega pur anche il carattere più fiero e più selvaggio loro attribuito dagli storici latini. Velleia capoluogo degli Iluati, accenna ancor m eglio all’ atteggiamento primitivo di quel popolo. Velleia o m eglio HX-Xeta, come scrive Strabone, si decompone in fjX, selva, Xsca, varco, luogo di preda. L eia, L ià era il punto di agguato, la bocchetta, il luogo dove si depredava, dove si esercitava a leia aspettando la gente al varco. In Liguria è tuttora viva la frase giocare a leia per giocare ad acchiapparsi. Sui monti (i) Com e si capisce bene 1’ ulular del vento! I vocabolari italiani tradussero urlare, ma non è esatto. Così avviene di tanti bei vocaboli antichi, dei quali, si è perduto l’ intim o valore. Dal che si vede quanto sia importante lo studiodell’antico dialetto, in rapporto ad una più perfetta conoscenza della lingua italiana. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 93 — s’ incontrano ad ogni poco di questi nomi a lià, a Loèa, in Piemonte A g lià , A gliè. Sono traduzioni latine del- a-ltà: A llian a, A lliata, Magliano e il famoso torrente A lita ove i romani furono sconfitti dai Galli Senoni. HX-Xeta era il passo nella selva ove gli Iluati tende vano i loro agguati; Xe£a preda, X selva. Dal predare, ossia dalla leia presero nome anche i Celelati che vuol dire predoni (Xe^XàiTjs) dei piani (ceti). Vedremo fra poco che v i significa volgo, popolo ; vi-glian è il vi dedito alla preda, alla leia ; e così si spiega A -vi-gliana e Savt-gliano. Probabilmente anche Lion ripete le sue origini da un antico leion, nome che troviamo sovente nelle gole dei nostri monti. Mi contento per ora di aver fatto un cenno di questo leia , e mi riservo di ritornarvi con un commento storico allorché dovrò parlare del Castelus 1’ A -lianus (Vedi p. 290 e prospetto delle radici). * 8. — V i, Viu, Vu è parola che s ’ incontra ad ogni poco; ricordo Pa vi-%., Pa-z/z’- an, Porsei-z'z-a, Mon-du-z'z, Viu-zene, Viu-v a , Cod e-viu. S ’ incontra in una infinità di paesi in Piemonte che si chiamano vtù, in altrettanti in Lombardia che si chiamano vo. come Vhò, K-vo-\ asca sopra Tortona, F<?-gheia. Anche qui è la lingua greca che ci dà la chiave del1’ antico dialetto. Bó-o? è la vita, genitivo §c-ou, il suono di vi, viu. Ma non fidiamoci delle omonimie; cerchiamo piuttosto la corrispondenza dei significati e delle idee. L a lino-ua o oo-reca ci dischiude un vasto orizzonte quando ci fa conoscere che vi-o vi-u, si diceva abitualmente per Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 94 esprim ere una moltitudine di esseri viventi, un volgo. L espressione corrisponde mirabilmente al fraseggiare antico. O ggidì un complesso di viventi si direbbe una popolazione, prevalendo il concetto di un vincolo politico. Nei primi tempi invece era il concetto fisiologico quello che predominava ; così Tito Livio, con espressione fisio logica prim itiva, chiamava le giovani milizie di Roma « rom ana pubes ». — E d ora che abbiamo un filo che ci conduce proce diamo ai confronti delle voci liguri, e vediamo se vera mente si accordano nel concetto di volgo, che adottiamo momentaneamente come ipotesi. Porsei-vi-a, moltitudine di porci. Co-de-viu, in capo al vi, al paese. Viu-zene, volgo forestiero (&vog). M on-du-vi, sarebbe il monte di un antico volgo. Trovo il M on-du-vi a Marcarolo dove io pongo la tribù dei M entovini, trovo Mon-du-vi in molte altre parti dei no stri monti ; ma preferisco concentrarmi per un momento sul Mon-du-vi di Cuneo. Presso Mondovì io trovo un Vico. Che cosa è il vicus? è il viu latinizzato, e lo ar gomento dal fatto che in molti luoghi trovo dei vi-co che nel dialetto si pronunziano viu, come Co-àe~vico e Co- de-viu. Vicus Iriae dicevano i latini per dir Voghera, ma il dialetto continua a dire F^-gheria o Vu-gheìa, conservando il v u , viu primitivo. Allo stesso modo i Romani fecero Vic-enza d’ un Vi-enza. Con queste co gnizioni ritornando a Mondovi, le mie idee si chiariscono e si completano ; comprendo che Vico doveva esser l’ altipiano ove stanziava l’antico vi e che questo vi die’ il nome al Mon-du-vi che era probabilmente il monte Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 95 — ove la tribù si radunava, dove aveva il suo castello. A pie’ del monte era probabilmente la brea ossia il mercato (vedi sotto brea) ; ciò che dà la ragione storica del Mondovì-breo. Questi fenomeni ci spiegano molto bene 1’ intima pa rentela del viu col vicus latino e ci mettono sempre meglio in condizioni di approfondirne il significato. Viu è 1’ antichissima voce che generò il vicus, come il diminutivo viulu generò il viculus. D a viulu venne, al femminile, vitila che il latino tradusse in villa. L ’ opu lenza romana alterò il concetto di villa facendone un luogo di lusso e di godimento. Ma il volgare italico, raccolto nella sua purezza da Dino Compagni e dall’A lighieri, dà alle ville il suo significato primitivo di abi tati sparsi nella campagna. Nel secolo nostro il Leopardi, italicamente poetando, diceva del suono dei bronzi « che rimbomba lontan di villa in villa ». V ico e villa erano il contrario di città, eran le case sparse all’ aperto. I romani dicevano dei liguri montanari « vivunt dispersi in vicis ». Rotari, il feroce Longobardo, per avvilire Genova e Luni, che avea distrutte « vicos has civitates nominare praecepit » volle che fossero un volgo, un v i non un popolo, non una città. Ecco il vero significato del v i e del vicus. vi volgo, come il ron e il reno e l’ enza, fiume, come l elu , tila , se lv a , come il l ià , liàn, preda, come Il il morof frutto, come il zan piano sono fenomeni lin guistici che si ripetono per tutta Italia e si connettono indubbiamente alla diffusione di una razza unica, primi tiva. Si chiami pur questa razza come meglio ag g rad a, ligure, italica, iberica, mediterranea od aborigena, ma Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — non v ’ ha dubbio che si 96 — tratta di una razza la quale occupò nei primi tempi 1’ Italia dall’ Alpi alla Sicilia, che ebbe lingua e costumi uniform i, che lasciò traccie iden tiche nelle terramare della valle del Po come nei bassi strati recentemente scoperti intorno al porto di Taranto. P reg o il lettore di esaminare quel prospetto di nomi formato in base al v i primitivo, che io presento in fine di questo volume. D al mio prospetto, che è ben lontano d a ll’ essere completo, il lettore potrà rilevare espressioni origin alissim e, che si ripetono in forma identica dall’ una a ll’altra estremità della penisola, per esempio — Vi-va-ro ( v i sul v a , cioè sulla strada, del ro , fiume) si trova nel V en eto e nella provincia di Roma — Vi-a-rigi {vi al prjY?), fenditura, canale, fossato) nell’ Alessandrino e Vi a-regio { pr^o;, prjyew; è lo stesso di prjyr] ) presso Pisa — Vi-t-erbo-i ( v i negli alberi ) cognome del Genovesato e Vi-t-erbo in provincia di Roma — Vi-enza e Vi-ent-ino { v i su ll’ enza, fium e) tradotto dai Romani in Vicenza e V icen tin o e Bi-ent-ina in Toscana, Vi-an nell’ Emilia e Vi-an, V ia n i nel Genovesato. Così vedremo Bo-biu, nel1’ A ppen in o ligure e Bo-viu nel Napoletano. Io non posso dilungarm i per ora in questi confronti, e mi riservo di dim ostrare 1’ importanza di queste forme italiche primi tive quando tratterò di proposito del dialetto. Per ora mi contento di accennare che le mie investigazioni por tano direttamente a concludere all’ esistenza di un ling u a g g io italico primitivo uniforme. E mi piace ricordare che la paternità di questa idea spetta a Giuseppe Micali, nome troppo dimenticato negli odierni studi sulle an tichità italiche. E g li fu il primo a mettere in evidenza che 1’ Italia ebbe una storia grandiosa avanti il dominio Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 97 — dei Romani. Poco si interessò del problem a, che rite neva insolubile, dell’ origine dei popoli italici, ma quat tro grandi verità scolpì nel suo libro, le quali vanno sempre più rifulgendo di nuove prove. i.° 1’ esistenza di una civiltà italica preromana; 2 .0 1’ esistenza di una lingu a’ italica primitiva uniforme; 3 .0 1’ esistenza di un alfa beto italico. Lo studio del Micali ha forse il difetto di essere troppo limitato all’ Italia, di trascurare le attinenze degli Italici primitivi cogli altri popoli mediterranei. Per me la primitiva civiltà italica è civiltà mediterranea; di — venne per così dire nazionale per merito degli Etruschi, popolo mediterraneo, che sviluppò il suo genio in armo nia al bel sole, alle belle terre, ai bei fiori d ’ Italia. L a civiltà latina, è figlia della civiltà mediterranea, ingen tilita dagli Etruschi. Ma ritorniamo al nostro vi. Quando trovate dei v i, viu sui nostri m onti, potete esser certi che avete di fronte un abitato di almeno 30 secoli fa. Quando trovate un vico o vigo sapete che là era un v i ligure, probabilmente preromano, ma dell’ e poca romana senza dubbio. L esistenza degli antichi vi si ricava anche da una parola accessoria che è molto frequente : co-de-viu o co-dc-vico. P. e. a Pei, nel villaggio più alto dell’Appennino ligure, che sta fra il Mont Ebro, e il Lesima, voi trovate all’ estremità del paese una pic cola bordata che si chiama Co-de-viu ; a Novi trovate o sulla collina il Co-de-vico. Codeste espressioni vi dicono chiaramente che in quel dato luogo era il co, il gruppo estremo dell’ antichissimo vi. Novi può colla testimonianza del suo Codevico reclamare un antichità che la storia non gli accordava finora. Probabilmente nell altipiano della Collinetta e della Pendalocca era il v i di 3000 anni fa, A t t i S u e . L ig . di S t o r ia P a t r ia . V o i. X X X . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 93 — e il Codevico ne segnava 1’ estremità. Quel volgo pro spero senza alcun dubbio nei tempi belli della domina zione rom ana, poi fu disperso dalla bufera dei barbari. Si ricom pose al basso all’ epoca del risorgimento e fab bricò le cosi dette case nove sulla via di Basarusso. E d ecco in qual modo lo studio del dialetto prende parte alla ricomposizione della Storia. Questa ci insegnava che N ovi sorse nel X III secolo per opera dei Tortonesi, ma quella espressione di case nove restava alquanto oscura, se il dialetto non interveniva a completare il concetto sto rico, a indicarci le dimore antiche, che dan ragione del nome assunto dalle nuove. Non è possibile che io raccolga tutte le scintille di storia che vengon fuori nel dar l’ assaggio al dialetto antico. Io mi contento di abbozzare un sistema suscet tibile di uno svolgimento immenso. Spero che qualche studioso vorrà ritornare sul tema e correggermi ove ne sia il caso, imperocché di correzioni e molte avrà ancora bisogno questo mio lavoro. Aneli’ io vi ritornerò sopra, se avrò tempo e vita, e spero, con una trattazione siste m atica e con elementi nuovi dimostrare completamente la mia tesi sul dialetto primitivo dei Liguri. D ebbo ora chiarire alcune delle forme più importanti del vi, viu . U na di queste forme è il Bovio e Bobio che troviamo ripetuta in tutta Italia. Bo-viu e Bo-biu significano vi di buoi. D a ciò veniamo a comprendere che la parola vi si usava in principio per indicar un insieme di esseri viventi fossero uomini od animali ; poi si limitò a indi car esseri umani. Vedremo a suo tempo come anche la paro la popolo abbia le sue origini comuni cogli animali Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 99 — e significhi g reg g e grande. L ’ alternarsi di Bo-viu e Bo-biu è una prova che il viu nostro è precisamente il (Sco? greco ; sappiamo infatti che il P greco corrisponde al v e al b nello stesso tempo. Porsei-vi-a, come vedremo meglio in seguito risponde allo Stesso concetto di Bobio Bovio ; significa abbondanza, v i di porci, come Bo-bio e Bo-vio, abbondanza di buoi. Altra forma che merita di essere chiarita è il Vigneti, Vignette, che fu tradotto Vignolo, Vignole. L a radice fondamentale è il vi, l’aggiunta è un noèu (vloc) nuovo. Accanto a una città si formavano facilmente dei nuovi volghi e si capiva che prendessero il nome di Vi-nocu. 11 latino tradusse vmeolus e vineolae, e ne resto la forma latinizzata Vignolo e Vignole . Qualche volta la traduzione fu esatta, ed allora si ebbe un Vigonovo. Un’ altra forma che giova mettere in evidenza è il biòn, viòn per significare gran v i , gran fìioc. Noi indo viniamo questa forma primitiva in tutti quei vignon d 1 cui è ricca la Liguria non meno che la Provenza. A -v i- gnone è senza dubbio un viòn che per essere stato tra dotto A vinto, Avim onis resto Avignone. Cosi Savignone non è che un Sa—viòn ( i ) latinizzato. L a forma primi tiva del vion o biou si trova ancora in Rocca-vion in Piemonte, in Ro-bion in Francia nella valle della Tinée, Vion nel Bresciano, corrispondente al Vignon del N ova rese. Vien-ne è probabilmente una cattiva traduzione di (i) Il sa è forma comunissima del dialetto mediterraneo che accenna a difesa, luogo di salvamento (greco £a-óo)), da questa radice Sa-on-a, Sa-orgio. L espressione Sa-vignon accenna probabilmente a un antico castelo destinato a guardia (sa) , del vion; come Sa-vi-glian doveva essere un altro castelo a guardia del vi-lia n (vedremo tra poco il significato di lian). Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 100 — V io n , com e Ro-billant di Ro-bion (l’ n nasale indebolisce le vo cali). N asce probabilmente dall’ antico bibn (\ue\YA l-biòn che 1 ottimo Serra aveva finito per collocare nel numero delle divinità celtiche, e così' credo che sia un a o biòn quel1A linum che precede il nome di alcune città liguri antiche A lim ivi Intem elium , A lbiu m Ingannimi. Erano grossi vi e pei distinguerli si chiamavano Ao-viòn in timeio e ao vion in gonu (pag. 79 ), come oggi si direbbe a gente in to girnelu, a, gente in to gotnio. lu tt i i Vtu, Vù del Piemonte, i Vo del Tortonese concordano nel significato ora detto. A viu, a vò, a vo -l -asca dicono Piemontesi e Tortonesi, e queste frasi, ripoi tate al dialetto primitivo, significano al volgo, alla g e n t e . al torrente. I borgo ; a-vo-l'-asca vuol dire al borgo sul v i formavano spesso dei sobborghi nelle adiacenze delle città. Sono antichissimi in Genova i sobborghi di S. Stefan o, di S. Vincenzo, della Pila. E voi trovate nel territorio dell antico borgo di S. Stefano un viu-va che ricorda il vm primitivo fondatore del bonjo. Viu-va è o una reg io n e presso Carignano, che conserva fedelmente il suo nome ligure primitivo, nonostante che gli eruditi 1 abbiano battezzata per Via lata. Il va come vedremo fra poco è la strada ; viu —va altro non è che il va la strad a del viu , del volgo. A ridosso di quel contrafforte che unisce 1 Acquasola a Carignano e che oggi è tagliato dalla v ia X X Settem bre, e che in antico si chiamava P a —matton (p a , affatto, matton [xatxwv, participio del verbo !ià-T(o, che significa, cingo, stringo — colle che cinge af fatto'), doveva fin dai tempi antichissimi trovarsi un viu, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 101 — un volgo, che col volger dei secoli divenne volgo dei marinai, delle ciurme combattenti a Chioggia e alla M e loria. Quel viu fu probabilmente il primo nucleo di quel borgo di S. Stefano, che comprendeva Portoria e Pon ticello e parte di C arignano, che diede i natali a C ri stoforo Colombo, di quel borgo che tenne sempre vive le più belle tradizioni del popolano genovese. Il viù a,ntico abitava probabilmente quelle belle pendici che da Carignano e S. Stefano scendono verso R ivo torbido ; esso prospettava la città, che si ergeva sul colle a destra del rivo. Il viu-va doveva essere la contrada maestra del viu , la quale si dirigeva dalle alture di Carignano verso Ponticello e Portoria. Il v i, viu, vo, come tutti i vocaboli liguri antichi si trova assai raramente allo stato di parola semplice, ab bonda invece nelle parole composte. Quindi sarà utile per gli studiosi il conoscere quali sono i vocaboli che più comunemente si trovano accoppiati al nostro vi. Generalmente l’ idea del vi, della popolazione si univa all’ idea della posizione occupata. Zon, come vedrem o, era la parola che indicava il luogo elevato, la posizione che era propria d ’ ogni v i , e col zon noi spiegheremo fra poco i V i—son, i Vi-an-zon ecc. Quando il v i abitava sopra un fiume facilmente è l’ enza, il ró X&gèa, X aegu e l 'ago che si accoppiano col v i, come Vi-c-enza — Ro-bion — Ro-vi-go. — Vi-va-ro - Vi-ve-ron — Vo-gheia — Vi-gan-aegu Vi-gan-ò. V i sui monti e v i sull’ acqua; caverne e terramare. Se i v i si trovavano sulla strada prendevano il nome da odo strada (vedi sotto odo e P arodi ) e nascevano i Vinadio, contrazione di Vi-an-odii; oppure prendevano Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 102 — il nome di va, e nascevano i Vige-va, v i sul va della gea. S e i vi erano collocati in alto prendevano il nome in an com e P a-vi-an ( F a tutto, v i gente, an in alto). Pa-vi-an corrisponde a P a -v i-a ; la differenza consiste nell 'an che serve a specificare che Pa-vi-an era un v i in collina. S e i v i erano in basso, sul torrente, prendevano la ter m inazione in la sca come A —vo—l'asca , nel Tortonese * 9- V a — Vado —Bado e così pure Odo sono le parole che nell’ antico dialetto mediterraneo rappresentano il cam m ino, la strada. Bàoo; dicevano i G re c i, il cammino, la strada battuta. Bxivw era il verbo che esprime il camminare e che trova il suo esatto corrispondente nel ligure vegno. L antichissimo va, vado dei Liguri balza fuori ad ogni poco dai il residui dell’ antico dialetto. Vedemmo or ora V iu-va, va del volgo, vedemmo parlando dei fiumi il va-ro, che significa il va del fiume. Bisogna aver presente che i corsi dei fiumi costituivano Generalmente le vie di com unicazione dei popoli primitivi, ed allora si spiega come ad ogni fiume, ad ogni torrente si trovano voca boli come questi: va-ro, va-rè, va-rena, va-rese, va-rase. Varo, Va-rè, e Va-renà si corrispondono (come pwojxat e peto) ed hanno tutti lo stesso significato di va, strada del fium e; Va-rese, Va-rase si corrispondono quando si pensa che entram bi alludono agli esi, cioè agli abitanti sul va-rè o va-ro cioè sulla via del fiume; dalla contrazione del re con esi nacque il Varese, dalla contrazione del ro con Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 103 — esi il Varase. L ’ osservazione locale ci fa conoscere a poco a poco un’ infinità di va fossilizzati nei nostri nomi. P. e. i Varzi (l 'a si pronunzia in modo che sem bra tal volta un’ e) accennano alla strada sull’ argine, alla strada in rilevato; i Varzi corrispondono per posizione a quei paesi che nel linguaggio latino furono detti R ipalta (R ivalta Borm ida, Rivalta Scrivia sui rilevati della gran Via Aurelia). Varzi sarebbe in greco pa-a£jpeacs; in dia letto ligure si decompone in Va-ersi (ecco spiegata la pronunzia in V èrzi), essendo Versi voce tuttora in uso per indicare l’ argine, il rilevato. Vanderst, nome di una famosa abbazia in vai Borbera, altro non significa che Va- n-ersi, strada sull’ ersi. — Va-l’-enza e il va dell Enza. Il Va apparisce generalmente nei nomi composti : quando la parola si adoperava da sola manteneva la forma più completa Vado. Un prezioso avanzo 1 abbiamo nella ligure città di Vado, che, se deve alla via romana la sua importanza storica, non deve certo ai Romani il suo nome. I Romani non fecero che travisare il vocabolo ligure antico Vado convertendolo in Vada che significa tutt’ altra cosa. Per meglio chiarire il significato e le ori gini di Vado giova ricordare i molti cognomi in Bado e Bad'en (BaSo?, Bxorjv) ; essi ci fanno intendere come nell’ antica pronunzia ligure il v e il b si confondessero precisamente come avviene nella lingua greca ove il P rappresenta l’ uno e l’ altro suono. L ’ odo dei Liguri si ricompone facilmente collo studio di queste forme linguistiche: Par-odi, Ode, Monte-a-odè, Pea-odo. L a lingua greca ci dà la chiave per compren dere il segreto di tutti questi nomi. 056 ; era la strada. Aggiungendo la preposizione racpà i Greci fecero il nome Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 104 — di kxpóoioi. p er in dicare g li abitanti sulla strada; il Ligure u sa n d o 1 id en tica p repo sizio n e che era comune al dia le tto m ed ite rra n eo fece P a r-o d i , nome di paesi e di famiglie. I G r e c i con uno dei loro suffissi fecero o5-(-ty); per indicare il \ ia n d a n t e , colui che abitualm ente percorre la strad a, il p e d o n e , o il m u lattiere ; il L ig u re con terminazione più ro z z a, e a b itu a le al suo lin gu agg io , fece Ode, che corri s p o n d e a l l ’ oòt’t7]? g re c o , a ll’ Odiates della tavola di bronzo. C o ll a n d a r del tem po 1 ’ Ode si affievolì in Oè, ma la pro n u n z ia p rim itiv a rim ane intatta nel cognome Oc/è, che la s c r ittu r a a lte rò invano in O derò e Orerò. D e b b o so p ratu tto a ll’ osservazione locale compiuta su v a s t a s c a la dal V a ro alla M acra se posso affermare con s ic u re z z a il sign ificato del Monte-a-odè. L a parola così d e c o m p o s ta riv e la ab b astan za chiaramente il suo conte n u to. M a si sareb b e potuto credere che la decomposi z io n e s ia frutto di una casu ale omonimia. Invece l’ osser v a z io n e lo c a le ci fa co n o scere questa circostanza positiva, c h e tu tti i Monte-a-odè sono monti che dominano un’ an tic a s t r a d a ; sono a ode cioè alla strada. Molte delle s tr a d e a cu i accenno d iven n ero poi vie romane, ed allora il p rim itiv o Monte-a-odè fu tradotto con frase latina in Mons-altus. M a il nome lig u re antico non scomparve mai d el tu tto nella pronunzia locale, il d rimase quasi sempre; in fatti p e r u na sp ecie di transazione fra il Mont-a-odè e il J/ous-altus questi monti finirono per chiamarsi Montàdo, ed o g g id ì si scrivono Montaldo. Il famoso castello Montis- alti a R ig o r o s o , che se g n ò per molto tempo il confine fr a i G e n o v e s i, i Tortonesi e il Marchese di G avi, e sor g e v a s o p r a un piccolo m onte che dominava la via, il va d e lla S c r i v i a , era indubbiam ente un Monte-a-odè, ma Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - io 5 — qu ando i R om an i fecero d e ll’ antico va la g ra n v ia P o stu m ia , il M onteaodè divenne Mons-altus. P e r tutto il m edio evo ebbe tal nome nelle p ergam en e e nei b re v i d ella R e p u b b lic a ; m a quei del lu ogo com e lo ch ia m a ro n o ? In terro g a te quei d ’A rq u a ta e vi dicono Monte-a-odè, in Montàdo\ m a nessuno vi com prenderebbe se voi p arlaste di un monte-alto. Po co fa abbiam o aggiu n to a ll’ odo il para e ab b iam o te rro g a te quei di R ig o ro so e vi dicono ottenuto il P a ro d i; a g g iu n g e te ora un’ altra p repo sizio n e che è p ro pria del dialetto lig u re com e della lin g u a g re c a , il peà (g reco Tteòà) ed avrete il Peà-odo (rceòa-ooov), e p er naturale contrazione Pcddo. E c c o sp ie g a to il fam oso Peado, l ’ antichissim o va ligure p er cui gli Odè, i p e d o n i, i m ulattieri scendevano a G e n o v a dalle alture di S . O lcese (Oc). C om e term ini di confronto sono preziose le frasi peà-contrà, che sentite ripetere an cora o g g id ì lu n g o la v ia rom ana a Q uarto. V ed rem o studiando la tavo la di bronzo il m onte Pea-l’-Oblo (P esalovo) essere il m onte p resso l ’ O blo. V ed rem o infine studiando nelle sue form e o r g a niche il dialetto com e non solo il 7ia;:à, il raòà, m a il rapi, l ’ ev, l’ avi ( i ) e tutte le preposizioni che u sav a il g re c o antico fossero egualm ente in uso nel dialetto lig o o u re . E d a studio com piuto io credo che saran ben pochi colo ro che ancora dubiteranno, non dico del sign ificato di P aro d i o di Peado, che sono atom i insignificanti nel nostro studio, m a d e ll’ esistenza di un dialetto m ed iterraneo, di un d ia letto unico prim itivo che rim ase nei popoli lig u ri allo ( i) Ricordo per ora ~apà in Par odi, il TteSà in Pea-lovo, in P ej-c o n lrà , e in Pea-odo, il «spi nella antichissima voce peri-gur-din (ballo campestre) che sign i fica jtepl intorno, yup giro. Sijv sempre, 1’ sv in En-i-seca nella tavola di bronzo, l ’ *v e 1’ ava in Pa-vi-an, Ze-mi-ni-an, e nel verbo anà, anento per andare. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — io6 — stato rozzo, e si elevò fra i Greci alla più alta perfezione di lin g u a scritta. Il dialetto ligure della montagna è per i suoi caratteri vergini, ro zzi, primitivi, un vero cimelio p e r q u an to riguarda la linguistica degli antichi popoli m ed iterran ei. Più prezioso del greco in quanto riproduce g li atteggiam en ti linguistici primitivi, esso è destinato a d iv e n ta re la base dei nuovi studii sui popoli mediterranei, sia n e ll’ ordine glottologico che nell’ordine etnologico.e sto rico. * io . — 1 vi erano molto affezionati alle loro posizioni, alle lo ro s e d i, colle quali per così dire si identificavano. A lle posizioni da essi occupate davano diversi nomi. @s|ia, 0ECT'g, eu; (da Ti'0rj[u) dicevano i greci per dire posi zio n e , sito , esposizione e sempre nel senso di posizione b u o n a ; Sema e Sese dicevano i liguri. 0rjtd; in greco e ra la c o sa situata, e con matematica precisione il ligure rip e te setòu, seth; esempio Set-uala, sito nella valle. M i portarono a conoscere queste relazioni linguistiche i.° l ’ ispezione dei luoghi; d ella 2.° una osservazione attenta pronunzia dialettale che mi fece sentire l ’ esatta corrispondenza nel suono e nell’ accento tonico di Sema con e Sese con Beai;. Tanto nella pronunzia di Sema com e di Sese si sente un ts caratteristico, un suono miste rioso ch e richiama il 9 greco. Il letto re genovese ha già compreso che parlando di Sese io alludo a S. Carlo di Cese in cima al Canale di S e stri Ponente; più difficilmente può aver compreso che io alludo con Sema a Vocemola, frazione di Arquata. Strana Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 107 — alterazione di vocaboli è quella di V ocem ola com e qu ella di A rq u a ta ! M a è bene so g g iu n g e re subito ch e l ’a lte ra zione fu sem pre d i chi scrisse, perchè il dialetto, ferm o, im m utabile, non disse mai e non dice nè A rquata nè Vocemola. A n ch e per V ocem ola abbiam o d alla d e clin a zione la p ro va diretta della sua ve ra entità m o rfo lo g ica. R ip ete te al contadino di V o cem o la la stessa d o m an da che io posi a quel d ’A rq u ata ed eg li vi risp o n d e : O Sema — du Sema — ao Sema — in to Sema. A d u n q u e Sema è il nom e , o è 1 ’ articolo. L a p arola V o cem o la è affatto m od erna ; nelle carte del secolo scorso tro vate an co ra O-zema. Semiti erano g li abitanti del Sem a; esam in ate p. e. g li atti parrocchiali di V ocem ola e ved rete che i Sem in o form ano da secoli la m aggio ran za della popolazione. So n o infiniti i nomi che fan capo al C hi ha percorso le belle colline di vai Sema e Sese. P o lce v e ra non può a v e r dim enticato la splendida esposizione di Sesino. Q uesta p arola altro non è che un a g g e ttiv o d e riva to d a ©eat;: Sesino, in g reco 0eai;-ivo$, sign ifica bene esposto. O ltre la chiesa di Sesino e fino a L a n g a sc o con tinu a la bella costiera epiteto prospettante il m ezzogiorno si riproduce lassù in a lto , e l ’ antico ove tro vate Pà-sese, tutto ben esposto. Il Oefia si tro va in Pen-tcma , p osizion e sul pen. com e il 11 0c[j.a vive tuttora 0 e|jiXiov, nella p aro la gima ( c im a ) , che è il suo dim inutivo (p. 7 9 ) in gi rnelu. Peuzu era il luogo da dove si p otea ved ere, e sp lo ra re , la posizione elevata sporgente. In g re c o rauai;. Il p o v e ro peuzu fu an ch ’ esso disprezzato dai linguisti, che lo vo llero una corruzione del Podium latino, m entre il Peuzu è pa- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — io S — r o ia v e r g in e che rap p resen ta la più pura favella italica di tre n ta s e c o li fa. — D a Peuzu gli infiniti P o ggi e Poggio, nom i di lu o g o e cogn om i di casato, nei quali la forma to s c a n a h a finito p er trionfare. Così la mia fam iglia porta al p re s e n te il nom e di P o g g i , ma le sue origini sono in d isso lu b ilm en te le g a te al bel Peuzu di Rigoroso, e nel lo c a le rim ane la frase primitiva quei del Peuzu d ia le tto p e r in d ic a r e le persone ch e risiedono in quella regione. Caste là è un cocuzzolo torreggiarne in forma di castello. oo Z in a s ig n 'fic a : sp o n d a , a rg in e , scoscendim ento, o estrem ità di un lu oog o ; in o greco 0 tv 0cvó:. Viene e v id e n te m e n te d alla g ra n radice di xt0y]|xt, da cui viene m e g lio 1 1 tkjj-x. L a p a ro la si con serva limpida, arzilla nella valle di P o rto -M a u riz io , e il pittoresco paese di Panta-zina è là p e r d i r c i, in lin gu a p rim itiva: son pa (affatto, proprio) in ta zina. R ich iam o i cognomi Zinon, Zignone, e Zm -aegu, Z ig n a g o , cioè zina sull’ acqua. T ò n , Zòn, Dòn. — È una forma che ebbe una d iffu sio n e im m ensa e m erita tutta la nostra attenzione. H a g e o g ra fic a m e n te parlando un significato analogo al Sema, al Sesin, al Peuzu: ma racchiude inoltre un con c e tto s t o r ic o , p o litic o , stra te g ic o , che cercheremo di d e lin e a r e più chiaram ente che sarà possibile. Io cominciai con a lc u n i raggru pp am en ti che mi parvero sintomatici. N e lla re g io n e m ontuosa intorno all’ Antola io trovo un tón-o ( T o n o ) nel versan te del Brevenna, A-o-ton (Ottone) nel v e rs a n te della T re b b ia . D all’ alta Vobbia si viene Va-en-zón-a, parola che per la cono s c e n z a c h e abbiam o del va e dell’ en si spiega come via ch e p o r ta nel zon. D unque questo ton , zon è qualche s u ll’ A n t o la per Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — co sa che sta in alto, 109 — ed a cui si acced e rim o n tan d o le valli. 11 g ra n popolo tortonese eb b e rad ici intorno a ll’ A n to la , p aro la an tica ci ricorda. intorno in d u b b iam en te le a su e quel ton ch e o g n i T u r (intorno) al ton è p r o b a bilm ente la frase prim itiva che diè il nom e ai T o rto n e si. P ortiam o le nostre osservazioni più a levan te e tro viam o che Bor-zon sopra C h ia v a ri nella v a lle d e lla S tu rla in alto a tram on tan a ( B or ). è una posizione poi verso ponente mi ferm o a valle S tu ra , A n d an d o e tro vo che Ma-son è ma (affatto) p o siz io n e , cioè affatto in c im a , p resso il g io g o . Scendo in vai di S c riv ia , e mi porto ad esam inare il Gron-don-a. V ed o in a lto , in m a g n ifica p osizion e, un castello feudale che può essere b en issim o il su ccessore d ’ un antico castelo lig u re , e in b a s s o , in g iro a quello vedo il paese di G ro n d o n a , che p o treb b e essere benissim o un abbreviazion e di Guron-don-a , g iro al don. (Il yup yopov funziona in molti nom i in lig u r i, p. e. Gurdola.sca è il g u r g iro de l ' asca: to rren te). Adunque 1 ’ idea che sem pre più si afferm a nell e sam e dei zon, ton e don è quella di posizione in alto. Io non mi dò alcun pensiero del fatto iniziale non è mai sta b ile ; che la le ttera mi com p iaccio anzi di q u e l l ’ oscillazione continua fra il ton e il zon e il doti, p erch è # mi rivela la presenza di un suono m isto che corrisp o n d e al solito 0 ogreco. O sservo che anche la vo cale ha il suono misto dell’ co greco; non è nè V o nè l’ u. Ricomponendo con lettere greche il vero suono fondamentale di questi ton, zon, don si riesce ad un 0wv, che sarebbe il participio attivo del verbo Baciai, prospetto. 05 jv sarebbe la posi zione che prospetta, che domina. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — n o li tr o v a r s i questa p aro la intorno a ll’ A ntola, e in quelli a ltri g r u p p i dell A p p ellin o, che per tradizione antichissima so n o c o n sid e ra ti com e viva i delle antiche genti lig u ri, m i p o rta a questa supposizione che il (tóv fosse 1’ altura, il lu o g o di con centram en to degli antichissimi popoli. Q u a n d o q u esti si su d d ivisero anche le loro posizioni si m o ltip lic a ro n o , ed o gn i per d iv e n ta re altura in mezzo alla valle finì il v i che abitava d’ intorno. un 0wv p er Vi-son (V is o n e ) corrisponderebbe esattamente al con c e tto di posizione del vi. Il Vi-an-zon in Francia è ma n ife sta m e n te un vi nel 0 &v, nell’ altura. Così pure tanti a ltri n o m i in don com e Ar-cao-don ( i ) , si rife ris c o n o a l don, don, 1 Mon-ba-al-don l ’ uno significherebbe in capo al a ltro a l don sulla strad a ( ba) del monte. Car-a-son p re s s o M o n d o vì sareb b e il solito xap-a terra in capo al zon , A i-so n fra V in ad io e Demonte sopra Cuneo s a r e b b e il so lito a l zon, alla posizione, come A-o-ton in vai T re b b ia , com e Au-tun, in Francia. di Anche il ga-zon fr a n c e s e c h e si riprod uce n e ll’Appenino in ga-zón (presso A n t o l a ) tro v e re b b e nel 0wv la sua naturale spiegazione; il y s a r e b b e il suolo, il piano sull’ altura e , per es s e r e g e n e ra lm e n te un prato, gazón in Francia rimase a s ig n ific a r e I il p ra to , l ’ erb a verdeggiante. co n fro n ti non sono mai troppo, ed io mi compiaccio di fa r n o ta re com e tutti i paesi del Mediterraneo abitati d a i L ig u r i riproducono certe forme tipiche che fan capo al zon, ton — Pre-men-ton in Polcevera — Men-ton in F r a n c ia — A-o-ton abbiam o in vai T rebbia — Au-tun ( i ) Ar-cao-don è la pronunzia dialettale di Ricaldone in quel d’A equi. Ar-cao-don è frase com posta di tie parole liguri: al capo don. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — Ili — in F ra n c ia — Ai-son in Piem onte — A l-zonne in F r a n c ia Car-a-son in Piem onte — Car-ca-sonne in F r a n c ia Ga-zon su ll’A p p en in o (in A n to la ) — Ga-zon in F ra n c ia . Va-en-zon-a, Bel-in-zon-a , Bes-en-zon e sim ili in Italia — Bn-an-zon, Bc-s-an-zon, Vi-an-zon e tanti altri in F ra n c ia . Nella ricerca degli antichi 0ó3v ho notato delle felicis sime combinazioni, che fanno intuire le relazioni del 0o>v coi luoghi che stavano d ’ intorno. Come Mon-du-vi è il monte del Vi, così Car-a-son , nome assai frequente in Liguria e nella Francia meridionale, è la terra che si — trova in capo al 0wv. L ’ altipiano di Vico a Mondovì costi tuiva il 0cov cioè la posizione del vi-, il monte all’ estre mità nord costituiva il Mon-du-vi, la terra in capo a l 0wv verso nord-est era il Car-a-son ( xap-a-0wv ). Passiamo in Francia e vicino ai Pirenei troviamo in alto un zon cioè Al-zon-ne, e giù in basso, vicino al fiume, troviamo l ’ an tica terra in capo al zon un Car-ca-sonne (xao-ya-Owv). Il 0o)v d eve a vere avuto nel lin g u a g g io p rim itivo una applicazione largh issim a. N ella descrizione d ella G a llia , G iu lio C esare cita ad ogni p asso finale è dunum, dunum. — ad e sem p io : Uxello-dunum — nomi di p aesi la cui Eburo-dununi — L u g Sego-dunum — Novio dunum che sono Em brun, L io n e, Issolun, R o d ez, N e v e rs. C h e cosa è mai quel dun, latinizzato in dunum d a G iu lio C e sa re ? R ite n g o non sia altro che il 0wv, cioè la p o sizióne, il luogo di concentram ento. Q uei popoli bellicosi concentravano le loro forze in posizioni s tra te g ic h e , che G iulio C esare trasform ò in altrettanti cam pi trin cerati dopo la conquista. P rim a di essere castra romana eran o 0o)v, posizioni dei G a lli; E m bru n era E m bru n-d ón e G iu lio C esa re tradusse Eburo-dunum . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — I 12 — C r e d o che il nom e di Sean-esi si debba riportare al 0o)v o m eg lio a una v a ria n te del 0J>v, 0s<I>v, participio di 01xo[Aa:. 0;òv e 0sd>v sono la stessa cosa com e 0xo|J.ai e 0Eào|iai; l ’ uno è d ialetto attico, l ’ altro è ionico. L ’ a di Sean-esi è v o c a le di suono in certo e tradisce l ’ w. E si è la solita p a ro la ch e sig n ific a a b ita ti, ville. Seanesi dunque sign i fic h e re b b e ab itan ti del 0wv. V e d ia m o o ra in quali rapporti si trovò questo 0wv, colla lin g u a latin a. e ra nè Il popolo conquistatore non si curò come su o costum e di con oscere nè il significato del Zon le su e o r ig oin i v e d e m m o , trad u sse etim ologich o e. G iulio C esare, come dunum. I R om ani che vengono a c o m p o rre le co n tro versie fra G enoati e Viturii danno ai T o r to n e s i il nom e di De-c-tun-ini. Niun dubbio, ora che a b b ia m o fam ig liarità colla fraseologia lig u re , che tradus s e ro Dc-c-tìin-ini p e r a v e r sentito dire quei de tun e forse a n c h e de-ctun, p erch è si trova in g reco anche la forma X0wv. Il tun p rim itivo di questo popolo era probabilmente l ’A n t o la , intorno al qu ale sentim m o risuonare le antiche vo c i Tzm-no, A o-tun. Poi il popolo crebbe, si diffuse, d isc e se al p ia n o , e so p ra uno d egli ultimi contrafforti d e ll’A p p e n in o form ò a poco a poco Tur-tun-a che sign i fica in torno al hm. Q u an d o , al segu ito di A u g u sto , venne fra noi Strabone e v isitò i nostri p aesi, com p rese subito, con quella finezza di p ercezio n e che non p o teva m ancare ad un g reco , che la p ro n u n zia del T u rto n a nascondeva un Owv, e corresse il Dectuna in Asp-Ouv-x. L a mia tesi non poteva desiderare più a u to re v o le con ferm a. R e sta ancora a spiegare perchè S tra b o n e scrisse D er e non Tur\ e la spiegazione è data d a lla p ronun zia tortonese. Il D è il risultato dell’ espres- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - ii3 — sione d ialettale d ’ T u r ton-a, Ve è l ’ effetto di quel suono in certo che prendono le vocali dinanzi a ll’ r, p e r cui non si può m ai sap ere se chi p arla esprim a un ti y opp ure un e. Strab o n e adunque di T o rto n a un a , un o, scrisse il riproducendo fedelm ente il suono com e e g li lo intese e com e lo nom e d ialettale intendiam o noi d opo 19 secoli. E mi com piacio di v e d e re che la form a S tra b o niana è se g u ita in o g g i dai T o rto n e si com e le g g o nella S tren n a del 19 0 0 intitolata Derthona Sacra. E p oich é sono a p arlare di S tr a b o n e , rileverò una volta p er sem pre com e e g li sia forse 1 ’ unico d egli scrittori R o m a n i che se g u ì il m etodo, tanto utile alla storia, d e ll’ ispezione d i retta dei luoghi. M entre gli altri scrittori fecero dei nomi locali un g io co di fantasia, egli fu ricercato re p o sitivo d ella lin gu istica dialettale di tutti i popoli. 4 D a llo studio di Torton-a. di nomi che verrò esam inando Zeno-a e di tanti altri ricavo un postulato ch e è d ella m assim a im portanza: i nomi locali dei L ig u r i an tichi subirono molte variazioni d i scrittura , ma la pro nunzia dialettale f u quasi sempre costante. F u ro n o g li eruditi che trovandosi n ell’ im barazzo inventarono ad ogni piè sospinto le così dette corruzioni dialettali. Parlan d o delle configurazioni to po grafich e della m on ta g n a d evo ancora render conto di alcune esp ression i lig u ri antiche che si riproducono tuttora nel lin g u a g g io d ialettale. M u — Mu-assu — Muassan-a e ra il cum ulo di te r reno depositato dalle alluvioni o frane tanto frequenti nei nostri monti a ripida pendenza. A n c h e qui la s p ie g a zione ci vien e dal g reco . L a rad ice è p . S i d icev a paX ó; e jiueXó? ciò che in dialetto si dice m eula, m oula, m idolla. S i capisce che il significato è di cosa m olle , molla in A tti Sue. Lio. d i S t o r i a P a t r i a . V o i. X X X . 9 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — ii4 — d ia le tto . C o n fro n tan d o il significato testé accennato coi lu o g h i ch e si ch iam ano M u Mu-assu e Mu-assan-a trovai c h e si tra tta p re cisa m en te di m asse di terreno provenienti d a a llu v io n i. C on fro n tai pure queste voci con la parola d ia le tta le molassa e tro vai l ’ identico significato. E allora c o n c h iu si Muasso, Mulassan-a, Muassan-a è la molassa, la m id o lla del te rren o che si è staccata d all’ osso, cioè d a llo sc h e le tro d ella m ontagna. L a sem plicità del concetto è c o n fo rm e a ll’ id e o lo g ia prim itiva. Il terreno alluvionale p re s s o L ib a r n a si ch iam a Mu ( mollo). A Rigoroso vi è il M u-assu; in B isa g n o Mu-assan-a; fra Savona ed A lba tr o v ia m o M u , M ulo e Mu-azzan , Murazzano. Se i con fro n ti o r a esp o sti non bastassero aggiu n gerò che in dia le tto d i v a i P o lce v e ra e vai di S crivia si dice mulan-a il fo r m a g g io m olle desmuià , come a dir desm ogliare per re n d e r m o lle ; móeia la te rra ram m ollita, onde La-moglia, in fra n c e s e La-molle. S ia m o evid en tem en te a g li antipodi con quelli etimolo g is ti c h e riten g o n o M o lassan a da Mora-sana, dimora sana. Car è la posizione in cim a in capo, in greco xap. Di q u i Car-anza, capo fiorito ( i ) . Car-osu (Carosio) in capo ( i) S i diceva nel secolo X II Pieve di Caratila quella che in oggi è la pieve di M ongiardino. che 11 Belgrano, nella Illustrazione del Registro a pag. 3 6 1, ricorda « la vetusta Chiesa Pievana si elevava propriamente un miglio a sud di M ongiardino e pressoché nella cima del geigo che divide le acque della Sisola da q uelle della Vobbia ». Q uella Pieve in cima al monte era nei tempi antichi la Chiesa che serviva alle popolazioni di Vergagni, Cravè (Salata), Vobbia, Noxco, A-e^o, Va-en^ona, Canaie (Cerendero), tutti luoghi antichissimi che rappresentano una antica tribù ligure che io non esito a chiamare la tribù dei Caranum perchè questo è il nom e che ancora in oggi si ripete per indicare le persone che ven gono da quell’ antica regione. Probabilmente a quella tribù apparteneva in antico tutta la popolazione di Vobbia [V a-obbia; da Isola fino a Caranza. Mongiardino sostituì Caranza al principio del rinascimento forse a ragione del commercio che si svolse su lla linea Genova, Casella, Crocefieschi, Rocchetta, Tortona, Piacenza. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — ii5 — a ll’ olm o — Car-enzo posto in capo. Caréa (xapstov, xapécou). Sorta. So n o i luoghi che p resentan o molti cum uli, in g re c o owpefa. C osì crwpol ( il p ae se di S o ri in riv ie ra di le va n te ) sign ifica cumuli, m onticelli. Dassori, dai Sori. Cheiro o chiero, pascolo (xefpfo): Chieri, p ascoli B-ardichteri, vann o irrig a re pascoli (p . 1 0 2 , 14 0 ) . Cher-asco, pascolo al torrente. Car-cheri, in riv ie ra di P o n en te e in T o sc a n a sign ifica in capo (xap) ai p ascoli. Zan e Zen, Cian e Cen, £an e £en, era il piano, i piani (rad ice £av ^ofvto, ra d e r e , lisciare). D i qui i nomi infiniti di Cen, en-i-cen, Ma-en-i-cen o Manigen, o Marsen, di qui 0 Cian, Ser-zan, Monte-san, e Corni-zen. Fue-zan, F o re g g ia n o , è il torrente che fora il piano. Q uesto zan diventò poi suffisso indicante il piano : A sti -zan, Parmi-zan. An. In m oltissim e voci ligu ri sento risu onare un an che mi riporta sem pre al concetto d e ll’ ava greco , in su. E d io venni in questa idea che com e in o g g i è com une la frase quei d’ in sciti, quei de z ìi , b o rg o de sotto e b o rg o d ’ ato , così in antico si ad op erasse per indicare quei che stavano in a lto , m olto l ’ an quei della m on tagn a. T ro v o in L ig u r ia molti Di-an e tutti ra p p rese n tano una posizione in alto; trovo m olte term inazioni in an com e Sem-in-an, Cavign-an , e trovo che corrispondono sem pre al concetto di posizione in alto. T ro v o an nei monti Apo-an (ara-àv, lontano d a , in alto). C on clu do che an e n -an corrispondono a ll’ av ed ava g reco e sign ifican o il contrapposto di cian, pianura. Montesignan d e ve essere uno dei tanti Sem-in-an, tradotto dai R om an i in Signanus. Basu, in greco [k0u<;, rap presen ta la posizione nel basso. D i qui Bassano, Bassana, Bassignana. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i r6 — * ii. — C a s t è . In cim a al Z071 a difesa del vi e degli esi i L ig u r i in n alzavan o generalm ente un castè, parola m e d ite rr a n e a che fu poi latinizzata in castelo. D a certe v o c i a n tic h e com e Sa-on, Sa-vignon, Sa-viglian è lecito a r g o m e n ta r e che il castclo avesse anche un altro nome c h e s u o n a v a a un di p resso salva-gente. Infatti i nomi o ra c ita ti letteralm en te tradotti si risolvono in salva, salva-gente, salva-gente-predante. P iù c h e un edilìzio, il castelo era un gran recinto for m a to d i sa ssi, alto, inaccessibile, ove in tempo di pericolo le trib ù salvavano ogn i cosa loro, i raccolti, i vecchi, i b a m b in i e forse an ch e il g re g g e . E ra in momenti di g u e r r a sp ecu la e fo rtezza, in tempo di pace era il mu n ic ip io , l ’ erario. Q u e s ti castelli d o ve va n o essere molto in uso all’epoca d e lla ta v o la di bronzo, perchè il secolo precedente era s ta to un b a tta g lia re continuo fra L ig u ri e Rom ani dall’Arno al V a r o , e tutti i popoli di L ig u ria, anche i più pacifici a v r a n p e n sa to ad a g g u e rrirsi per la circostanza. T it o L iv io e g li storici romani parlano ad ogni poco di c a ste lli presi ai L ig u r i, tacendo volentieri le molte v o lte c h e da quei castelli tornarono malconci. Una frase s a tiric a , che ric o rd a v a i nostri castelli, restò per molto te m p o nel lin g u a g g io dei politicanti di Rom a. Quando si v o le v a can zon are un console che trionfava per qualche g u e r r a , d a cui non a v e v a saputo riportare le belle spo g lie c h e a b b a g lia v a n o la plebe, si diceva : Son trionfi ca ste lla n i. C o n ciò si allu d eva, dice Cicerone, ai castelli liguri, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — .117 — p erch è s ’ e ra verificato tante volte di sentir annunziare che il tal con sole a v e v a preso centinaia di castelli ai L ig u r i, e ven u to il g io rn o del trionfo il console non p o te v a p re se n ta re nem m eno un chiodo tolto al nem ico. S m a n te llati i castelli non si trovavan che s a ss i; di arm i ed a rm atu re non e ra il caso di p arlare p erch è i L ig u r i com b attevan o c o ll’ arco e colla fionda, ma specialm ente coi sassi. I castelli del m edio evo, che ci ostiniam o a c red ere u n ’ im portazione dei C aro lin gi, sono in vece, storicam ente p arlan d o, niente altro che la continuazione d e g li an ti ch issim i castelli liguri. Nei secoli di tran quillità e di b e nessere, che seguiron o alla conquista rom ana , i castelli antichi furono probabilm ente ab b an d on ati, e an d aron o ro vin an d o com e in o g g i quelli del m edio e vo ; m a d i stru tta la gran d e com pagine d e ll’ im pero, venuto il tem po delle strag i e delle rapine i nostri monti si ripopolarono di castelli. L e popolazioni che erano scese al piano to r narono a rag g ru p p arsi dentro e a ll’ intorno di quei recinti di sassi, che tali erano i castelli d e ll’ 8 0 0 e d e l 900, prim a che vi p igliassero stanza nobili fam iglie e che il rinascim ento li rivestisse d ’ arte e di poesia. E cco uno dei tanti casi in cui la storia p rero m an a serve a sp ie g a re il m edio evo. Il quale p er essere bene inteso ab b iso gn a molto di questo studio di riavvicin am en to alle epoche antiche. L a storia di un popolo è una con catenazione di fatti, d ’ idee, di costum i. C iò che in a p p a renza è rivoluzione, in sostanza è sem pre evoluzione. S i m odificano bensì i p o p o li, per i m utam enti politici e sociali, p er le com m istioni di altre razze che ve n g o n o a piantarsi in mezzo a loro, ma non si trasform ano m ai tanto da perdere il contatto col loro passato. L ’ ep o ca Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 1 18 — ro m a n a è la p rim a fio ritu ra, il rinascim ento è la seconda, il m e d io e v o è il p erio d o di tran siz io n e , ma il popolo c h e s u b is c e q u este v ic e n d e è in fondo sempre lo stesso. P e r n o i è sem p re p op olo ligure, inteso nella sua signi fic a z io n e p rim itiv a di p op olo italico. L a critica moderna ci a v v e r t e poi ch e 1 elem en to straniero, che prese stanza in It a lia non fu così num eroso come si fece credere dagli s to ric i a n tich i, i q u ali d alla grandezza dei disastri subiti fu ro n o in d o tti ad e s a g e ra re le forze dei popoli invasori, m e n tr e lo stato di ab b an don o e di letargìa in cui si trovavano i vin ti fu la v e ra causa di quelle sventure. Q u e ste rifle ssio n i h an n o m olta importanza nello studio d e i n o s tri costum i e d ella nostra lingua. L a tendenza a v e d e r e in tutto elem en ti d ’ importazione straniera è pe r ic o lo s a , m en tre e più conform e a ll’ ordine naturale delle c o s e il rite n e re che i vincitori essendo molto inferiori di n u m e ro , e trovan d osi di fronte a una gran civiltà, benché d e c a d e n t e , 1 ab b ian o su b ita più di quanto possono averla m o d ific a ta . D a l m e d io evo rito rn an d o ai tempi primitivi dirò che il castelo e ra nelle costum anze di tutti gli antichissimi p o p o li R om ani del coi m ed iterran eo . Nel primo trattato C a rta g in e si è scritto fatto dai « I Cartaginesi non fa c c ia n o casteli nel territo rio latino ». Il trattato è riferito d a P o lib io nel libro i i i , cap. 22. D a tu tto quanto ho esposto viene a cadere 1’ etimo- lo g ia , ta n to accred itata finora, che il castelo fosse deriva z io n e d e l gast g e rm a n ic o ; l ’ etimologia si deve cercare in q u a lc h e cosa di più antico. E d a me è parso di rin* t r a c c ia r la nel confronto del castè (Tortonese) castèl (piem o n te ) co l gastè g re c o cioè yaax^p, che significa ventre. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — Per a n a lo g ia i g reci ii9 — chiam avano yàat?a il fondo d ella nave, e p er la stessa a n a lo g ia i popoli m ed iterran ei a v ra n detto gastè a quella costruzione d estin ata a ric e v e r e le v e tto v a g lie e le m igliori cose loro. L a finale in elo è e v i dentem ente 1’ effetto della latinizzazione del nom e lig u re . N o te rò an cora la pronunzia a sp ra del c in castè, ch e ri co rd a m olto bene il g prim itivo. Il gast g erm an ico se rv e a dim ostrare la p aren tela an tica che anche i p op oli n o r dici avevan o coi popoli del m ed iterraneo. E s s i furon quelli che con servarono la rad icale p rim itiva in tutta la sua v e rg in ità . * 12 . — D o v e abitavano i L ig u r i, com e c h ia m a v a n o i loro ab itati? D iodoro Siculo ci rico rd a che a b ita v a n o in cavis o in tuguri fatti di tronchi d ’ albero e di p a g lia . L e cavern e dei L ig u ri furono sp lend id am en te illu strate d a ll’ Issel e da una falan ge di studiosi, fra cui m i è caro di ricord are l’ am ico mio, l ’ In g. B e n sa del C lu b A lp in o G e n o v e s e , che presentò una b ella m em oria p re m ia ta al concorso della S o cietà g e o g ra fic a italiana nell an n o 18 9 8 . I loro cavi ; ecco il nome con cui i L ig u r i d e sig n a v a n o i prim i rifu g i; la parola è rim asta nel lin g u a g g io nostro ; ad esem pio 1 cavi di Lavagna. V ed re m o che i Cavaturini della tavola di bronzo altro non eran o che quelli di Cavi. G a v a e G a v i è la form a p rim itiv a da terra, va, via, m eandro nella terra (ved i nota p. 12 7)> • Erma era pur detta la ca vern a ( in g re c o spy^* 0 fjpe|i0?) di qui il nome di L ’ erma. Arm a altro non è che 1 ’ erma. S i com p ren d e 1 altera- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 120 — — z io n e d e l l ’ e p e r e sse re se g u ita da ?r (épyjia). Così Arm a d i T aggia e tan te a ltre . G ius si ch ia m a va n o e si chiam ano ancora oggidì nelle A lp i i recin ti di s a s s i, d o v e i pastori raccolgono alla s e r a il lo ro g r e g g e , d o v e questo giace. I nostri caccia to ri ne tra sse ro la fr a s e : p render la lepre a giasso. L a p a r o la è p rim itiv a ; ce lo attesta la corrispondenza g re c a : yfjuar, g ia c c io . Q u e sti cavi, erme e giu s sono i rifugi del Ligu re p ri m itiv o . M a m e d ite r r a n e a all ep o ca d ella tavola di bronzo la civiltà e ra d iffusa nelle nostre v a lli, ed i Liguri a\ e a n o c a p a n n e e case solidam ente costrutte, che descri\ e re m o a su o tem po. P e r o ra mi contento di accennare a l n o m e g e n e r ic o che a v e va n o le ab itazio n i, le case. * T3 ’ Eto, edo, p e r abbreviazione eo, plurale esi, era la d im o ra , il lu o g o ab itato e coltivato nello stesso tempo. Q u e lla m en te so v ra n a che fu il prof. Desimoni, stu d ia n d o la ta v o la di b ron zo (p a g , 640, 642, 6 4 3 ) si ferm ò con ra g io n e sulla p arola ho, che si riscontra ad o g n i p o c o in P o lcevera, com e Isoverde, Isosecco, Isocotte. E g li in tra v id e che la p a ro la iso risale a ll’ antichissimo d ia le tto l i g u r e — ch e è affin e all’ edo ( Murt-edo) e all 'esi (Montan-esi') — che 1’ iso e l ’ edo del dialetto ligure h a n n o a ffin ità coll aedes latino e coll’ insula in quanto s ig n ific a isolato, c a se g g ia to . Ma stu d ii, il D e s im o n i, attratto non eb b e tem po dalla molteplicità dei suoi * di approfondire le origini e le a ttin e n z e d el dialetto ligu re, e così concluse: « non è Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 121 — sp ie g a to finora il valore etim ologico d e ll’ iso, esi, com e form a, unica, prim itiva. Q uesta form a p rim itiva non si tro v a nelle lingue classiche e note ». E sfu g g ita a ll’ illustre archeologo, ma la form a p rim i tiva dell 'edo, esi si trova nel g reco f/ta;, abitazione, casa, lu ogo d o ve sta qualcuno. N oto subito che in ifìoc, vi è un 6 cioè una co n so n an te di suono misto, un suono che oscilla fra z, s, t, d. Q u esto confronto col greco è m aravigliosam ente fecondo. C a p ite subito che eto, edo ed esi sono la stessa cosa e che tutti riproducono la stessa voce antica che il g re c o rip ro d u ceva in oq, dimora, e che ben si apponeva il D esim o n i quando, senza conoscere queste ragioni di p aren tela d i c ev a che in edo doveva esser il concetto di aedes. Il g re c o attribuiva all’ 7)605 il significato sem p lice casa, d im ora; il ligure dava probabilm ente a q u esta vo ce un significato più am p io , corrispondente alla su a e tim o lo g ia ; eso da essere, fj0o? da èfp.t. E to , edo p er il lig u re era il luogo dove una cosa è. B iso g n a aver presente che i L ig u ri antichi v iv e v a n o in mezzo alle terre che coltivavan o, e quindi nel loro concetto si confondeva il luogo coltivato e la dimora. c> Galan-eo, letteralm ente tradotto è il luogo del latte (yy-Xax), Murt-edo, della m u rta , ma per ren d ere b en e il « concetto ligure antico direi villa du laite , e villa da murta, perchè la villa in L ig u ria è appunto un lu o g o coltivato ed abitato ad un tempo da chi lo co ltiva. M a il concetto ligure prim itivo che univa in un solo vocab olo le coltivazioni e la dimora , subì d elle m od ifi cazioni coll’ introdursi di nuovi usi e nuove civiltà. Il latino s ’ impadronì della finale eto e la usò g en eralm en te Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 di — 1 22 — p e r e s p r im e re la sem p lice coltivazione : frutteto significò lu o g o p ia n ta to a fru tta , oliveto luogo piantato a olivi, noceto lu o g o p ian tato a noci. S ’ impadronì pure dell’ edo e g li a ttrib u ì il sig n ifica to di casa trasform andolo in aedes, co m e v e d r e m o non d o b b ia m o più sotto. N ello studiare il dialetto noi p re scin d e re da questi fatti che ebbero c e r ta m e n te una influenza nelìe nostre significazioni d ia le tta li. Io c re d o ch e vo len d o tener conto di ogni cosa si d e b b a p ro c e d e re con q u este distinzioni. Q u a n d o ci tro viam o di fronte a un eto, Rovereto, Po- bleto, Feigheto , Tiglieto, Rovereto, Carpineto, Sanguineto, C erreto , G orreto, Noceto, Oliveto ecc. è più logico il s u p p o r r e ch e la p a ro la ab b ia il senso generico del suf fisso la tin o , lu o g o di r o v e r i , di p io p p i, di faggi e c c ., m e n tre V edo, 1 'eo e V est, essendo voci puramente liguri, è p r o b a b ile che rap p resen tin o l’ idea prim itiva di luogo c o ltiv a to e abitato ad un tem po. Volendo tradurre le p a r o le lig u r i antiche in lig u ri moderne io dunque direi: Fave-to (cpx[j-r(0og) il sito delle fave. M urt-edo (ixupt-^So;) v illa del murta. Paèo lo stesso che P a re to ( ttapà-f,0o;) presso la villa, la c a s a , dà cà. Bozan-eo lo stesso che Bolzaneto, la casa del pastore. ( Bozan sig n ific a p asto re d a 0o b u e, Giocai guardo). A-ezo si d ice nei m onti ligu ri (Vobbia) un paese che fu tr a d o tto A re z z o . E v id e n tem e n te non è altro che un A f/Oo?. E co sì è s p ie g a to anche il nome della città di Arezzo. Bo-eza, Vaca-eza sono p aro le che risalgono alla stessa r a d ic e e s ig n ific a n o , ab itato di b u o i, abitato di vacche. P iù esi fo rm avan o i pa-esi. Si capisce che Mocon-esi, M ontan-esi erano più case, cioè paesi, da antico. Ecco Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 123 — in qual modo il dialetto, una volta ben com p reso, aiu ta p otentem ente la storia. L ’ l /005 , ci sp iega come i primi cristiani abbian potuto ch iam ar Paradiso la desiata dim ora accan to a D io (rcapà-Ac-fjGoc) S p ie g a il perchè si chiam assero f)0éoi, E t h e i, i prim i 1’ Italia ; eTp.t significa essere ; t)0£(o sign ifica abitare e coltivare (ricordo Iseo sul la g o popoli che colonizzarono om onim o). L a parola Eneti (V eneti) corrisponde ad Etei e sig n ifica incolae ossia coloni in ; basta questa o sse rv a zione p er dim ostrare come fossero cam pate in a ria tutte le discussioni degli d egli eruditi che cercavano la identità E n e ti nostri cogli Eneti d ell’ A sia m inore. S a ra n venuti d a ll’ oriente i nostri primi incolae, m a il nom e di E n e ti p er sè non ha valore perchè è nome g en erico , e non rappresenta specificamente nè una razza nè un popolo. S p ie g o pure l’ antico nome di Elvetu ; sono gli 7]Xu-7)tìeoi. abitanti delle selve (vedi rjXu, p. 92). C on queste cognizioni si spiega molto facilm ente gin e etim ologica di Venezia. P e r fu ggire alle 1 ’ o ri p ersec u zioni d e g li invasori gli Eneti di Aquileia, di A itin o e di P a d o va si rifugiarono nelle isole della lagu na. Q uelle isole, che probabilmente erano g ià abitate ab antico dai vo lgh i E neti, divennero famose sotto il nome di Enetiae , isole d egli Eneti. Il dialetto aveva nunziare con una certa velatura la la tendenza a p ro vocale in principio di parola e così di Enetiae si fece Venetiae, E lleia V elleia. Quando le isole della laguna com e di divennero unità organica, il Venetiae si affermò in V en ezia. L ’ aedes latino non è che un tardo germ oglio dell an tico dialetto mediterraneo. 1 romani fecero acdes dell edo, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 124 — c h e v o lg a r m e n te a n c h ’ essi pronunciavano. L ’ ae vi rap p re s e n ta la vo cale lu n g a tj , 1’ £ finale è terminazione g ra m m a tic a le , onde si v e d e l ’ identità fra la parola latina e la p a r o la d el dialetto. A questo punto mi sia lecito rib a d ire un m io aforism a, ch e nelle parole di loro natura p rim itiv e , non è il latin o ch e diè luogo al dialetto, ma il d ia le tto c h e form ò il latin o. B iso g n a ripetere questa verità p e r c h è fin o ra tutta la n o stra storia ligure è viziata da q u e sto e rro n e o con cetto che basti risalire al latino per tro v are 1 ’ o rig in e in m e n te c h e d ’ ogn i cosa. il lig u re ha c o lle o r ig in i della vita. È c o lo n n e d ’ E r c o le , cui p er D obbiam o fissarci una antichità tem po di che confina infrangere quelle troppo ligii alla grandezza la tin a , tro p p o dim entichi d e ll’ antichità nostra, g u r i ci e ra v a m o quasi abitu ati a credere che d ei R o m a n i non vi fossero bene nè p o p o li, nè noi L i al di là c iv iltà , nè l i n g u a , nè vita . H o p a rla to finora d ell 'edo e del Veto e dell’ esi, e mi so n o a ste n u to di p roposito di ragionare àt\V iso. Iso-verde, ' Iso-secco, Iso-corte m essi a confronto con altri iso latiniz zati co m e Iso la B u on a, Iso la del Cantone presentano ad un a tte n to o sserva to re dei luoghi e della pronunzia certi c a ra tte ri c h e reclam ano uno studio particolare. M ’ in v ita ro n o q u a si tu tti a riflettere tre circostanze, la i . “ che g li iso e isola che conosciamo se non sono iso le so n o vicin o ad un corso d ’ acqua e per lo più sopra l ’ a n g o lo form ato d alla ch e in g r e c o confluenza di due acque; la 2." si chiam a vf,ao; l’ is o la , e vtfioi è il verbo c h e s ig n ific a filo , accu m u lo ; la 3.’ che ritornando sulla fo n e tic a d ia le tta le ho riscontrato che i vecchi, puristi del d ia le tto , pronunziano un n sbiadito innanzi a ll’ iso. Questo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 125 — — com p lesso di circostanze m ’ induce a credere ch e 1 ’ iso d e b b a riportarsi al niso, avvertendo però che il sig n ifi cato p rim itivo del W]0io, vipoq, vfjots non era quello m od erno di terra circondata dal mare da tutte le parti, m a se m p licem ente di cumulo, acervo, sostanza agg lo m erata, com e tuXy], che pur si adoperava per significar isola, v o le v a d ire prom inenza, gobba sul mare. Esam inate la conform azione di Iso c o rte , Isoverd e, Isosecco in P o lcevera, Iso la del C an ton e in vai di Scrivia e troverete una sp orgen za, un rialzo, una specie di isolotto formato dalla confluenza di due acque. qu ella Da questa configurazione speciale derivò circostanza rilevata dal B elgrano nel Registrum Curiae che gli Iso di Polcevera erano i luoghi dei m olini; i sig n o ri di questi luoghi si chiam arono nel m edio evo quei delle Isole. A d u n q u e deve tenersi distinto d all’ eso, eto, edo ed est, a b ita z io n e , il niso o iso che significa una protuberanza sp o rg e n te sulle acque ( i) . (i) Quanto alle terminazioni latine in ense come Genueiise, e alle terminazioni greche in ide come Pelide, che il Desimoni chiamava a confronto come termini affini all’ iso e all 'aedes, nulla possono aver di comune con essi. Osservo che la struttura della lingua greca è completamente nota. L i di Pelide è una vocale di congiunzione fra il nome e il suffisso patronimico 8 tj;; ILsXi5 r)g si scompone in HeX-t-Sr)?. Popsa, per esempio, avendo la consonante in fine, non ha bisogno della vocale di congiunzione e fa Pop£&-Sv){. Manca dunque la sillaba tonica, radicale dell’ iso. L 'ensis latino altro non è che una trasformazione della finale che in greco si scrive eu?. Da Zenoa il dialetto faceva alla greca Zenoeusi; analogamente il latino faceva da Genua, Genuensis. L ’ iso non ha nemmeno relazione coll’ oixoj greco che significa casa, come suppone il Desimoni; perchè la radice è totalmente diversa. Nemmeno credo che si possa ammettere una parentela fra oìxog e il latino vicus. Vicus si riannoda ad un’ altra importantissima radice del dialetto mediterraneo che è il V i, V iu , come abbiamo dimostrato al paragrafo precedente. V i è una affinità, diceva il Desimoni, fra il greco idts come Pelides e le nostre Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 126 — Noto che vrjaaa o vrjTxa è in greco l’ anitra che véet, che fila , che nuota — e rutta si usa ancora da noi Liguri pei indicare 1 acqua mista a fango, la poltiglia ove per cosi dire siamo costretti a nuotare più che a camminare. Volli richiam are queste espressioni perchè è probabile e quasi certo che i molti paesi in nissa prendono il nome 0 d a ll a b b o n d an za d elle an itre o m eglio d all’ aspetto fan g o s o , p a lu d o so , che a v e v a in antico il terreno. V e d ia m o o ra quali relazioni esistono fra 1’ iso ligure e 1 insula d e i R o m an i. I R o m a n i chiam avano insula l’ isola in m ezzo al m are e chiam avano insula una casa isolata d a tu tte le p a r ti, una casa quae non jungitur parietibus cum vicin is ( i) , Q uando i R o m an i ve n n e ro in L ig u ria e si trovarono di fro n te a d e g li iso, vo llero latinizzare lo r s e m b r a v a b a rb a ra e nom e nuovo la parola che rozza e tradussero insula. restò nei p aesi 11 in cui fu più viva l ’ in espressioni Rudulfus de Gavio - Opicinus de Arquata ecc. E l ’ affinità vi è certa m ente perchè amendue queste espressioni hanno un valore patronimico, rappre sentano cioè il casato. E vi è anche un’ affinità morfologica che il Desimoni avrebbe greca. certam ente afferrata se avesse più intimamente ricercata la struttura L ides, com e dicemmo, si decompone in i-de-s. Togliete V i e l 's che sono gram m aticam ente due accessori, fermatevi sul de che è 1’ essenziale e trove rete, com e giustam ente insegna il Curtius nella sua grammatica greca, che il de è la preposizione che rappresenta la derivazione. 1 Greci artisticamente fusero insiem e la preposizione col nome ; noi liguri la conservammo staccata. Noi dice vam o : il tale è de Zénoa, mentre il greco lo chiamava £evoei-de. Il latino, sen\a nulla creare, continuò a dire de Gènoa. Ognun vede a quali importanti conclusioni portano queste ricerche. Non solo abbiamo separato V ides greco dall’ aedes ro m ano, che non vi ha nulla da vedere, ma abbiamo stabilito, contro 1’ opinione pre valen te, che il de latino non è che la riproduzione del de ligure, che il de ligure è il de dei g rec i, il de di tutti i popoli mediterranei. Ed abbiamo anche raccolto tanto che basta per capire che Zenoate o Zenoa-de è forma tipica greca per dir Genovese, ( i) Festo. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 12 7 — fluenza romana, — ma non attechì nella maggior parte della Liguria. P a rrà sottile, ma non è priva di interesse se rv a z io n e . Isola buona, Isola del Cantone q u esta o s ten n ero il nome rom ano, perchè trovandosi sulla via Postum ia quel nome fu tanto ripetuto che divenne ufficiale e stab ile. I paesi invece che rimasero più in disparte con servaro n o il loro nome prim itivo: Iso-verde, Iso-secco. * 14. — Abbiam o parlato fin qui delle ab itazio n i in genere. Veniam o ora ad esam inare più da vicin o le dimore dei nostri Liguri. L asciam o da parte i covili dei tempi prim itivi, i cavi, Xerma e l’ arma che in alcuni luoghi furono ab itati anche nei tem pi storici, e parliamo delle prime costruzioni dei popoli pastori. Cape, era lo staggio in mezzo alla p astu ra; in g re c o xà7aj. Corrisponde approssimativamente a ciò che nelle A lp i con termine antico si dice : marghiera. Io trad uco Cape-nardo la marghiera del nardo. L a gran fa m ig lia dei re di Fran cia, i gran Cap-eto dovevano la loro p rim itiva nobiltà a un eto, a una casa fatta a cape; in altri term ini una capanna. Cape, era propriamente il tetto dello sta g g io , del p resepio; di qui vennero i nomi di capellu, capella, capclla de fonzo, i cognomi Capellin. D i qui Capana, Catana, Cavana, che è probabilm ente un composto di cape-an, cape alto. V edi 1 an a p. 1 1 5 ( 0 - (1) Da Cavi, gavi, dove abitavano i primi popoli Liguri, deriva un vero eser cito di nomi: i Cavi, Cavetti, il popolo Cavaturino, i Cavetti, i Ciabot, i C a va te ti, i Caveri, i Cavour, i Cavouretti, i Cavatur. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 1 28 — Tcco, Tegi. Intorno alla capanna, alla casa avean ge neralmente un recinto di pietre accatastate maxee (|iàxéXoc) Il C, com e vedemmo a p. 1 1 9 , era in origine un G. Epperciò troviamo Cavotti e Gavotti. De C avi e De G a vi. Noterò qui una sottile distinzione del dia letto. C avare è verbo neutro, e rappresenta il lavoro che si fa nella terra per sfondarla ; f a r cava dicono in Polcevera e in Bisagno. Gavare è verbo attivo, usato specialm ente oltre gio go , ed è sinonimo di estrarre, levare. Per esem p io: cavando il contadino gava i sassi. d istin gu en d o La parola è sempre usata con proprietà, sem pre il gavare dal levare. Gavano l’ albero, gavano le erbe cattive, g a v a n o la secchia dal pozzo, gavano il bambino renitente dal mezzo della strada ; le va n o 1’ uva, levano la neve dai tetti. Come si vede gavare si usa per tutti i casi in cui c’ è bisogno di vincere una certa resistenza. Il Gavotto fu a sua volta gran capostipite di nomi liguri e provenzali. Ga- ro tti erano g li antichi montanari delle Alpi Marittime, e secondo il Giustiniani si ch iam avan o cosi per la loro foggia grossolana nel vestire, portando delle fascia ture di pelli di capra alle gam be, ossia calzari denominati appunto gavotti. Più n atu ralm ente ancora si può ritenere che il nome sia loro venuto dall’ abitar essi in « Cavot » o « ciabot », come dice ancora il dialetto piemontese. Certo è che nel d ialetto rim ase un significato bernesco a questa parola gavotti, che ricordava quei m ontan ari grossolanamente coperti di pelli di capra, che comparivano nei borghi popolosi a dar spettacolo di salti e di giuochi coll’ orso e colla marmotta. Di qui certam ente ebbe origine il « f a r gavano e gavaTjart » cioè fare strepito, i cogn om i G a v a n o (per abbreviazione Ga\\o) G avanan (per abbreviazione G asali) e 1 espressione genovese « sga va ^ o » la quale affibbiata alle persone, e specialm ente a lle donne, significa : tipo grossolano e senza garbo. In senso più gentile si dice ga reggiare per corteggiare o piuttosto fare il chiasso, saltare e ballare con una persona preferita. L a m aschera rappresentante il pastore colla musa, che sal tava e suonava e faceva rumore nei nostri carnovali d’ altri tempi, era riprodu zione fedele di questi gavotti e dei loro gavazzi. Ai tempi di Luigi XV vennero in m o:la i balli pastorali , e allora fu introdotta a Corte la « gavotta », il ballo caratteristico dei montanari delle A lp i Marittime. Il nome mantenne sempre il suo prim itivo significato; ed a Nizza ed a Marsiglia, ancora oggidì, di una mon tanara si dice « la bella gavotta ». A ffin e al g a v i, gavare è il garbo, sgarbare, ma la radice è diversa. Il garbo è un in cavo, paipog, fatto nella terra, -fa ; quindi y«-p-pos- Di qui i nomi di famiglie: G a rb arin , G a rb ili, Garbolin, e di paese : Garbuglia e Garbaglieli. Q uesti aggruppam enti di nomi ci fan conoscere figliazioni e parentele che tante vo lte sfuggon o al più attento osservatore. Per esempio all’ illustre De Simoni parve indecifrabile 1’ origine del nome di « G avi », sua patria, e torturò il suo acu tissim o in gegn o per trovare una relazione fra Gavi e il tedesco Gau, mentre Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 129 — che i greci chiamavano xhyps, e i liguri teco, tecio e tegi. Nell’ Appenino si riscontrano ancora in oggi questi nomi. Nel recinto chiudevano alla sera il loro gregge ed alla mattina le pecorelle uscian dal chiuso ad una ad una, come si legge nella bella immagine di Dante. Così si usa ancora oggigiorno nei gias delle nostre Alpi, così si usava 30 e 40 secoli fa in Mesopotamia, in Grecia e in tutti i paesi intorno al mediterraneo. Lo vedremo fra poco. Stdgiu, è pure termine antico ed opinerei che sia da attribuirsi a stagiu, 1’ origine del cognome Stagen. Una buona ragione la trovo in Cicerone, il quale volendo l’ identità di Cavi con Gavi si fa manifesta quando si ha dinanzi tutta quella serie di nomi che ho testé citato. Ritorneremo su questo argomento quando parleremo dei Cavaturini ricordati nella tavola di bronzo. 1 Cavaturini erano indubbiamente quei di Cavi, ossia quei della vallata del Leme. Quando nel medio evo, un feudatario si piantò nella valle, si chiamò Marchese di Cavi o Gavi. Il marchesato die luogo a un borgo e poi ad una città. Ecco 1’ origine etimologica e storica di Gavi. Voglio segnalare ancora 1’ evoluzione di tre nomi che rappresentano per così dire le tre epoche della vita pastorale dei Liguri : la Cava, caverna an-a o cab-an-a — la Cà, casa. 1 primi la Cav- Liguri, e specialmente quelli delle Alpi M arittime, abitavano in « rupibus concavif et speluncis a natura factis » (Diodoro Siculo, lib. IV, c. 29). Un primo passo verso il vivere civile fu la cavanea, un cavo artificiale, che rappresenta la seconda epoca. La cavanea o cabanna fu poi sostituita dalla « cà » 0 cas-a, abbreviazione di cast. Le prime ca, cioè i primi cdifizii in pietra altro non erano che imitazioni degli antichi cast-eli. Cava, Cavanea e Cà formano tre nuove stirpi etimologiche che si riprodussero all’ infinito come le stirpi di Giacobbe. Abbiamo già visto i discendenti di Cavi — Cavanea generò Cavagna, Cavatina, C avagnari, Cavena, Caverià e tanti altri — quanto al cà accenno alle figliazioni meno apparenti : Casale, Casotti, Casella, Ca-bella. Della-cà, Ca-Alian 01 a Gallian, Ca-Ogero ora Gaggero, Ca-Andolfo ora Gandolfo. Noto qui la solita trasformazione del C in G , dovuta in gran parte ai nuovi suoni portati dai Longobardi e dai Franchi, i quali dicevano gast invece di cast la casa ed il castello. Quest ori gine germanica prevale in gast-aldus, uomo che sta alla custodia della casa. Ma la dolcezza primitiva del favellare italico la vinse sui barbari e i Gastaldi insen sibilmente si trasformarono in CaslaUi e Cataldi. A tti Soc. L ig . di S t o r u P a tr ia . V o i. XXX. 10 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i 30 — pungere il ligure E h o Staieno non rifiniva mai di chia marlo Staieno e Staieno. Lo Spotorno (Storia letteraria) è d'avviso che Elio fosse nativo di Staglieno, ma per capire il frizzo di Cicerone bisogna supporre che Sta glieno suonasse come parola vile, onde lo stagiu, luogo ove stanno le bestie, si accorda molto bene con questo pettegolezzo di grandi uomini. A lp , A Ipe è parola che si usa ancora oggidì in mon tagna per indicare un’ abitazione di pastori, un luogo di comune rifugio, dove il pastore come il viandante si ri focilla. Si può dire il tipo primitivo del ricovero alpino. In greco antico <2X<pi era la farina d’ orzo , ScXcpm era la polenta d’ orzo che facevano i montanari. Ed io ritengo che questa sia l’ origine della parola ligure ora accennata perchè richiama il concetto vero dell’ alp, cioè di luogo ove il pastore o il viandante cerca non tanto il rifugio quanto un po’ di cibo caldo. Nella sezione Ligure del Club Alpino si ammira , riprodotto al naturale , 1’ anti chissimo alp del montanaro ligure. Queste erano le abitazioni dei pastori negli altipiani dell Appenino. Ma nella valle, ove era più civiltà ed una perfetta coltivazione, esistevano le belle viule, ville, colle loro case in mezzo. Già vedemmo che le ville abitate si chiamavano esi. Ca o Casa si diceva l’ abitazione costrutta in pietra con solidi muri a modo di caste. Di questa parentela antichissima fra ca e castè ebbi l’ idea leggendo nel Van gelo di S. Matteo (xxi, 2) che Gesù disse una volta « andate al castelo di Marta », ed un’ altra volta (S. Luca, x, 38) « prendete un asino là in quel castelo che vi sta di fronte » ; evidentemente in questi passi si Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i3i — accenna a case private, che essendo solidamente costrutte in pietra prendevano il nome della costruzione tipo, cioè del castelo. M o n ia, la casa isolata, il casolare, greco (iovla da |iov, [xovo5, solo. Monia corrisponde a Mon-esi. Il Monia vi spiega la' traduzione romana ad M omlia e il Mondici vi spiega la parola neolatina Moneglia e Monegià . È la evoluzione linguistica che ebbe Oneia. Neia (VT;to0 ficava luogo navale, cantiere e coll articolo a-o-neia. Il la tino tradusse Onilia e da Onilta venne Oneglia e Onegia . Ecco i veri termini dell’ influenza latina, modificazioni finali, ingrandimenti di parole, che portano sovente ad alterazioni di significato ; ma la parola primitiva è ligure e con una paziente analisi si riesce il più delle volte a ripristinarla. Galea, xaXtà, casa di legno, da xaXov, legno secco. Di qui derivò galea, galeotto, gaggia. D ’ ora in avanti bisogna fare una distinzione fra il Ligure pastore e il Ligure più incivilito che coltiva la valle, e il Ligure in piena civiltà che nell’ Em porio di Zenoa traffica con popoli del Mediterraneo. Cominciamo dal più antico. * j cj, — Entriamo nella casa del pastore. L a troviamo dei gausi (yaóao;) pieni di laite (yaXa£ yaXàxxo;). dell ’ame, |iih, del buliru poótu?ov, del ferm aggiu cpepp. Si capisce facilmente perchè i Parmigiani pronunzino Pernia e non Parma (/ e p si corrispondono). Si capisce il nome di Parmèa , alterato in Palmaro (presso Prà). Il form aggio Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 132 — una volta solidificato si chiamava turòn, e la voce è ri masta nei torroni di mandorle e miele (topòc). Il giaci glio del pastore e fatto di carvi (xxpcpYj) ovverosia di paglia, il suo vestimento è di pelliccie di pecora (Tiéxo?), Le pelli di animali (p’jpaa) porta a vendere ai Bnrsotti (pupaÓTo^oi). Con una pelle di capretto si fa una musa, y.ouaa, e con quella musa suscita i canti, i balli, gli amori, le pazzie. Alo iso si dice ancora oggidì sui nostri monti (p. e. al Sassello) per dire mattoide, persona allegra (greco [Jiotaos). Il fogoà , focolare (cpxixòc,, risplendente) rappresenta la cosa più cara, perchè è il simbolo della famiglia. Quando molti pastori si radunano in festa, accendono la sera il gran falò (?aAò;) indizio di gioia in tempo di pace, di pericolo in tempo di guerra. Una face di virgulti è il loro f a n à , cpavò;. Un quadro vivo parlante di quella vita pastorale pri mitiva, che può servire benissimo come documento sto rico per la vita dei Liguri, è la descrizione della capanna di Eumeo nell’ Odissea. Il pastore dell’ Odissea rappresenta il periodo della civiltà miocenica, 1500 anni a. l’ E. V. Se calcoliamo che questa civiltà deve essere penetrata molto lentamente fra noi, per quanto fosse civiltà diffusa fra i popoli mediter ranei , io crederei d’ essere nel vero dicendo che il pa store greco del XV secolo avanti l’ E. V. corrisponde al pastore ligure, quale poteva essere ai tempi della ta vola di bronzo. Ascoltiamo riverenti ; parla Omero, il poeta di 38 secoli fa. Ulisse approda alla sua Itaca e si dirige alla casa di Eumeo (libro XIV dell’ Odissea). Trova il fedel servo assiso in cima di un colle, all’er.trata di un recinto fatto Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 133 — con pietre a secco, nàxeXov, in latino maceria, nel dialetto ligure maxéa. All’ interno un altro recinto fatto di siepe morta, sostenuta da pali di quercia senza scorza. Entro al primo recinto erano disposti dodici staggi, che alla sera ricevevano il gregge, 50 troje ciascuno ; erano le stalle di Ulisse affidate ad Eumeo. I porchi maschi dor mivano fuori, lasciando cavallerescamente alle troje i posti migliori; 760 eran le femmine; 360 i maschi, molto di radati perchè ne facevano strage i Proci ingordi. Di notte, giacean presso le bestie quattro cani pari a leoni. Molti i garzoni al servizio del gregge. Siamo al teco (p. 128). Eumeo stava allora fabbricandosi un paio di scarp e, cioè dei calzari, tagliando una pelle che egli avea tinta. I cani s’ avventano ad Ulisse ; Eumeo li sgrida « or questo or quello con spesse pietre qua e là cacciando ». Eumeo introduce Ulisse nella sua capanna e lo fa se dere sopra un giaciglio di virgulti su cui distende una pelle di capra, poi « ...............alle stalle in fretta mosse, » E , tolti due dalla rinchiusa mandra » Giovinetti porcelli, ambo gli uccise, » Gli abbronzò, gli spartì, negli appuntati » Spiedi l’ infisse : indi, arrostito il tutto, » Caldo e fumante negli stessi spiedi » Recollo e il pose al Laerz'iade innanzi, » E di farina candida 1’ asperse. » Ciò fatto, e in tazza d’ ellera mesciuto » L ’ umor dolce dell’ uva, a lui di fronte » S ’ assise..................... » Eumeo narra a quel forestiero, che ignora essere Ulisse, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 134 - come fosse ricco e potente il suo signore. E per descri vere la sua ricchezza, così si esprime : « » » » » » » » Dodici armenti nell’ Epiro, e tante Di pecorelle greggi e di maiali Tanti di capre comodi serragli, Di domestici tutto e di stranieri Pastori a guardia. In Itaca serragli Di capre undici, e larghi, e nell’ estremo Tutti della cam pagna, e con robusti C u sto d i......................... » Dopo un lungo favellare e di Troia e di Creta e d’E gitto e di guerresche imprese, Eumeo prepara all’ospite un letto presso il fuoco con molte pelli di montoni e di capre. Là si corica Ulisse, e a canto a lui si coricano 1 garzoni , ma il fido Eumeo non vuol dormire disgiunto dai suoi verri. Egli si appresta alla guardia notturna, sospende agli omeri gagliardi una spada, si ricopre d un manto e d’ una pelle di grossa capra, e con un dardo in mano » .............s’ andò a corcar dove protetti » Dal soffio d’Acquilone i setolosi » Verri dormian sotto una cava rupe. » E così abbiamo descritto, quale poteva essere ai tempi della tavola di bronzo, il teco di un pastore delle Ca panne di Mercuieu , di Fiacun, dei Tegi, di Tono o di Carega, la vita in mezzo alle pegue, ai porse , ai veri. * Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 135 — i6. — Nel basso la civiltà era molto più sviluppata e la tavola di bronzo ci parla di contratti enfiteutici, di vigne e di grano a Sera, Pedemonte e Oè. Mentre in alto si pascolava qui in basso si roncava, si trasformava in un giardino la bella valle. I bei declivi si ordinavano in piccole fascie col sistema faticosissimo di cufezzare (xucp^eiv), cioè di trasportare la terra colla cufa (xucpr)). I trasporti da una regione all’ altra si facevan in gran parte sui muli, gigenii, o colle trase (zo&aua), in italiano, treggie. Nei piani verso il Po si adoperava il carro xàopwv, si aravano (apóto) i campi coll aò, aratro (5?o£ov afó,ou), i buoi, pool, legati al zuvu, £ùyos, si spingevano coll aguieìc, W atos. Insisto su queste particolarità perchè è di su prema importanza chiarire 1’ essenza di questo dialetto ligure antico, su cui ci siamo da noi stessi mistificati fino al giorno d’ oggi. Avendo parlato del grano mi piace ricordare il sestro arjOTpov, vaglio, perchè spiega il segreto di quel nome di Sestri tanto maltrattato finora dagli etimologisti. Sestri è un bel vaglio dove le p ccole ghiaie rappresentano il grano, dove le alghe, le scorie van lentamente elimi nandosi per effetto dell onda. Così agitando il vaglio si forma un’ onda che elimina dal grano ogni sostanza estranea. Un secolo avanti Cristo 1’ agricoltura era in gran fiore in tutto il mediterraneo. E non era la coltura empirica e tante volte irrazionale dei contadini d oggi giorno. L’ arte di piantare una vigna, un frutteto, di far prosperare queste o quell’ altre seminagioni era oggetto di osservazione e di studio per parte di dotti scrittori presso i popoli antichi. La letteratura romana era ricchis- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 136 siina di scrittori che insegnavano i sistemi più razionali d’ agricoltura. Columella, Palladio sono dell’ epoca del1 impero quando molto si disputava e 1’ agricoltura vol geva alla sua rovina. Appartengono invece ai tempi classici dell agricoltura Catone e Varrone fra i Latini, Magone fra i Cartaginesi (i). I nostri Plauco Pejan, e 1 1 ) C artagin e fu il paese dove l’ agricoltura giunse al suo più alto grado di perlezione. Infatti g li scrittori latini di cose rustiche richiamano ad ogni poco gli insegnam enti degli scrittori Cartaginesi. Dalle opere latine che ci son rimaste, si ha un idea ben chiara della diligenza con cui i Cartaginesi si occupavano di questa scienza così poco apprezzata ai nostri tempi. Le citazioni si riferiscono gen eralm en te a M agone, che Columella E ccone a lcu n e: proclama il padre dell’ economia rurale. « Il cartagin ese Magone sorpassò tutti i citati autori in nobiltà : trattò in lingua punica e in ventotto libri i diversi oggetti che Cassio Dionisio d’ Utica tradusse in g r e c o , e spedì al pretore Sestio, desumendo diverse cose dagli autori greci sopra citati, e om ettendo otto libri di Magone. Diofane di Bitinia ridusse tutto il lavoro di M agone a sei libri, e il diresse al re Deiotaro. » Q uanto a lla sanità delle bestie cornute, io ho cavato molte cose dai libri di M agone, e li fo leggere a’ miei pastori. » \ ha due maniere di nutrire, una nei campi pel bestiame grosso, l’ altra nelle m asserie pei polli, i piccioni, le api, ecc.; soggetti che il cartaginese Magone e C assio D ionisio ed altri hanno trattato in varii passi delle loro scritture. Pare che Seio di Sicilia pure gli abbia le tti, e da una sola masseria abbia cavato più frutto, che altri da tutta una terra. » D iofane di Bitinia ridusse a sei volumi la grand’ opera di Dionisio d’ Utica, traduttore del cartaginese Magone. » O ltre g li autori citati, menzioneremo principalmente con lode il cartaginese M agone padre d ell’ economia rurale, i cui segnalati ventotto libri furono tradotti in latino per decreto del senato. (Non trascuri il lettore queste circostante del senato che ordina la traduzione de’ lib ri d’ agricoltura; e d’ un padrone che li dà a leggere a i suoi pastori). » Q uesto cred’ io abbia voluto esprimere il cartaginese Magone, che comincia la sua opera con questa sentenza : « Chi vuol comprare una terra dee vendere la sua casa, acciocché non si occupi più della sua dimora cittadina, che non della campestre. C h i è più affezionato alla casa di città, non ha che fare d’ una possessione ». » P e r ta g liare i ceppi di vite v’ ha due stagioni; ma la migliore, al dir di M a g o n e, è la prim avera, anzi che i getti comincino a movere; giacché pieni Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i 37 - Meticon Meticanio, che troviamo ricordati nella tavola di bronzo erano probabilmente colti agricoltori e forse di succhio, possono tagliarsi nel modo più facile ed eguale e non resistono al potino. » Magone aggiunge un precetto sul propaginare il ceppo della v ig n a ; bisogna che la propagine sia collocata in modo, che la fossa non si riempia subito di terra, ma che.m età soltanto sia riempita l’ anno dopo, perchè cosi, egli dice, il ceppo è costretto a gettar le radici per disotto. » Nel comprare buoi da aratro, l’ economo segna certe regole che Magone presentò nell’ ordine che noi diciamo. Siano giovani, robusti, di grosse membra, di lunghe corna, nere e forti, fronte larga e crespata, orecchie dure, occhi e labbra nere, narici grandi e aperte, nuca lunga e curvata, giogaia larga e che dia fin al ginocchio, petto largo, anche robuste, ventre spazioso, reni tese, coscie larghe, dorso dritto e piatto, deretano tondo, gambe dritte e piene, piuttosto corte che lunghe, ginocchia sode, coda lunga e pelosa, rossastra o bruna, e m olle al tatto. » Secondo Magone, vuoisi castrare i vitelli ancora giovani, e non col ferro, ma con una verga fe s s a ............. » Alcuni scrittori che non sapremmo tacere, come Catone e principalmente Magone e Dionisio, narrano che in Africa non si riguarda come un prodigio, il veder le mule feconde, anzi è tanto comune, quanto l’ impregnare delle giumente. » Credono alcuni che nelle api bisogni distruggere affatto l ’ antica covata, il che io non ammetto con Magone. » Magone insegna anch’ egli a trarre il vino di prima qualità. Scelgansi grappi d’ uva ben maturi ed arsi, levando quelle secche o guaste; si alzi un palco di piuoli o di forche su cui si stende del giunco : poi si espongano i grappoli al sole, e la notte si coprano dalla rugiada. Quando sono appassiti, si staccano i grani dal raspolo, si gettano in una botte, si pigiano, e vi si mette sopra il miglior mosto. Quando ne hanno bene assorbito il succo, il sesto giorno si pon gono in un vaso, si spremono e si ottiene il vin prelibato. Aggiuntovi poi altro mosto fresco, le uve son nuovamente pigiate o spremute. 11 secondo vino si ripone tosto in vasi incatramati acciocché non inacidisca. Venti o trenta giorni dopo, quando ha cessato di fermentare, si schiarisce in altri vasi, i cui coperchi si un gono subito e si coprono di pelle. » Magone vuol che l’ olivo si pianti in terreno secco, subito dopo l ’ equinozio d’ autunno e prima del giorno più breve. » Magone dice che la fossa dove si pianta il magliolo della vite non deve esser colmata tutta ad un tratto, ma poco a poco; perchè così caccia radici più profonde. » Magone insegna a castrar i vitelli ecc. (vedi sopra). » Se il cavallo soffre di asma, stringesi nei fianchi; ha gli occhi, o almeno il Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — I3S - non ignoravano nè le opere di Catone nè quelle di Ma gone. In quel tempo era ambizione del pater fam ilias d estro, cisp o si, la bocca ard en te, l ’ andare mal sicuro. Questa malattia sul prin cipio può gu arirsi facilm ente, benché richieda molta cura. Si guardi dunque la figura del cavallo. Se il fianco destro si curva, potrà esser guarito; se il sinistro, non viv rà . P e rò bisogna aprire al cavallo la vena, e dargli una pozione di croco, m irra, nardo, pepe b ian co ; m ele vergine, olio vecchio, olio di rose, tutto cotto in idrom ele. » Q uanto a gli alberi che provengono da granelli, Magone badò specialmente a l noce. I m andorli devono esser piantati in terreno m olle, solatio: ma amano anche il terren o sodo e caldo, mentre sul grasso ed umido muoiono o non fanno frutto. Q u elli che sono falciformi si preferiscono per piantarli, dopo lasciati tre giorn i in m olle nel succo di letame. L a punta si volga all’ ingiù: il lato fendente verso settentrione : si piantino in triangolo, distante un palmo uno dall’ altro ; si bagnino og n i dieci giorni perchè crescano. » M agon e vu o l che i pioppi sieno piantati in fosse sterrate un anno prima, acciocché assorbano il Sole e l ’ umido. Se non si può, bisogna accendervi fuoco due m esi prim a, e non piantare che dopo la pioggia. » M agon e esige che gli ulivi si piantino alla distanza di 75 piedi, 0 almeno di 4 5 , in terren o sodo ed esposto a l vento. » M agon e richiede che g li ulivi sieno piantati su colline, in terreno secco ed argilloso fra l ’ autunno e l’ in v ern o ; in terreno grasso ed umido, fra la messe e l ’ in vern o. È facile vedere che ciò prescriveva per l’Africa. » A n ch e dei re scrissero sull’ agricoltura, come Ierone, A ttalo, Filometore ed A rc h e la o ; e dei gen erali, come Senofonte e Magone, la cui opera fu talmente onorata dal senato rom ano, che dopo la conquista di Cartagine regalò tutte le biblioteche ai re amici, m a fece tradurre 1’ opera del generale da persone versate n ella lin gua punica fra cui D. S ilan o, di famiglia principalissima, superava gli altri tutti » . C om e in R o m a , nei tempi belli della repubblica, così a Cartagine i primari cittad in i, i più alti m agistrati esercitavano l’ agricoltura. Il terreno era mirabil m ente u bertoso, e Polibio lo vide « coperto di giardini e piante e canali per irrigare, e casini di campagna ombreggiati di o liv i, e p ra te r ie e splendide vigne ». V o lli ricordar tutto questo perchè essendo i Cartaginesi in continui rapporti coi L igu ri è logico e naturale il supporre che siano stati i maestri dei Genovesi e d egli altri L ig u ri m arittim i nell’ arte dell’ agricoltura. E dalla perfezione di quelli p ossiam o in parte misurare la perfezione dei nostri. N el chiudere questa nota relativa ai Cartaginesi mi piace ricordare che il loro v e ro nom e di popolo era quello di <toivixoi che voleva dir quei delle palme (cpoivt^), erano infatti una colonia Fenicia. I Rom ani, alterando la parola, li chiamarono Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 139 - conoscere bene i propri fondi e ridurli con scientia alla più perfetta coltura. Si studiava sui libri l’ arte dei campi colla stessa profondità con cui si studiava 1’ arte della guerra, e quando si lodava un padre di famiglia come bonus v ir, era inteso, dice Catone, che si voleva dire buon agricoltore e buon colono. Vediamo ora che cosa c’ insegna il dialetto a riguardo delle coltivazioni. Téra, 0spov è, come dicemmo, la vera parola che nel linguaggio antico esprimeva la terra in quanto germ oglia, produce. L ’ idea di téra richiama sempre quella di colti vazione e di reddito: ed in Liguria si dice aver delle tere per aver dei poderi, delle ville. Ronco, póyfpq o flyx0?) terreno roncato. Gli scrittori latini descrivendo la vita dei Liguri osservavano con somma meraviglia: « sono costretti per aver terreno coltivo a spezzar le roccie ». Roncare fu sempre il lavoro dei Liguri. Dante usa il verbo roncare per esprimere il la voro abituale dei Liguri Apuani « là dove ronca i l Car rarese » dice nell’ Inferno al Canto ventesimo. Si fantasticò tanto sulla parola Bosco Ma-renco; essa altro non significa che : affatto roncato, dissodato (?£yx°s). Sappo, Zappo Okttcw. A rd u , irrigo, come in greco apSIuw. Di qui gi-a rdin , terra irrigata, di qui i cognomi Gher-ardi genovese, Gil- ardini, piemontese, Gab-ardi, toscano, Ger-ard, francese. Phoeni e Pomi. Volli ricordar questa espressione di t|ioiv£xoi per 1’ analogia che essa ha coi nomi Liguri: Odè quei sulla strada, Tignili, quelli in ti porci, Zenoeixi quelli che trafficano, Viturii quelli che piantano, Mml-oin, quelli delle pecore. Tutto ciò vedremo fra poco. Cosi Enotri, Oìvóxpot, quelli del vin o, erano gli Italici. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 140 — D i qui Pic-ardu , usix-apS lavo la lana, Pis-ardu, raaa-ap8, irrigo gli orti (Vedi pisa più sotto), nomi che il Randaccio chiama erroneamente germanici a pagina 11 del suo Idiom a Genovese. XJ'ard vi spiega i V -a rd i , i Va-!-ardi, i B-ardi che sono coloro che van irrigando. I B a rd i ci presentano i B a rd e llin i, B ard ich ieri (pag. 1 1 5 ) , loro derivati. I Bardi ci presentano Gai-bardi (Garibaldi) e Gai-ardi (Gagliardi) irrigatori di terra (joci). Aggiungendo ver, prato, ver ziere (p. 12 9 ) troviamo i Ver-ardi e B er-ardi, alterati qualche volta in Ber-aldi. Catnpo. E parola comunissima, ma per bene intendere il significato primitivo della parola giova riportarla alla sua radice che si trova nel greco xapc, abbatto, spiano, incurvo. Rappresenta l ’ azione dell’ uomo che abbatte la b o s c a g lia , incurva le sporgenze, spiana il suolo. Canaie per campi è uno dei più preziosi residui dei tempi preistorici. Ricordiamo le antichissime isole Canaie, il paese delle Canaie nella valle di Vobbia nel Geno vesato, la città di Cannea nell’ isola di Candia. Il voca bolo trova la sua spiegazione nel greco vàio?, nuovo. Il cam po novello, non ancora seminato, 1 'ager novalis dei Latini si diceva dai Greci vàia o via. Mettete innanzi un xav preposizione che si usa davanti a v invece di xaxa, p resso , e avrete xav-véa e xav-vàta e xav-vàtai, che significa a i nuovi campi. Bosio e Bosco era il luogo di pastura, Bóacs, sw; e Bóaxr). Fran-zon, Fran-zante, è luogo ytey> con siepe (??av)P isa gli orti in quanto sono verdi da raaov pisello. Di qui veniam o a comprendere l’ antichissimo nome di Pisa; di qui pure veniamo a conoscere che il Pisagno , che Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - I4I - scorre oggi in mezzo a Genova, si acquistò questo nome per la importanza dei suoi orti ; comprendiamo meglio il nome di Besagnin-e dato a tutte le donne che vendono verdura. Quanto allo scambio del P in B abbiamo due cognomi, Pisagno e Bisagno che ci attestano l’evoluzione subita dalla prima sillaba. Quale evoluzione del resto ha la sua ragione storica nel fatto che i Romani, non com prendendo il Pisagno avean tradotto Bisamnis. Pisagno è nome ligure puro, Bisagno è neo-latino. P rd , Próu, Praclu eran detti i prati dal loro aspetto verdeggiante. dicevano i Greci per esprimere il ver deggiare. Parmi d’ intravedere in quel Tipaaf la spiegazione tanto discussa, del nome di Brasi, paese di vai Polcevera. Osservo che Pra e B ra si alternano nel dialetto ligure. Noto pure che Brasi è uno degli altipiani più verd eg gianti della Polcevera, come è luogo verdeggiante la regione detta B rasi e Brasile (si noti anche qui lo scambio di P in B ) nell’America del Sud. Anche nell’ India ab biamo una regione denominata P ra s ia , e di nomi in Prasia abbondano le colline alle spalla di Porto M au rizio. Riteniamo adunque che P ra e B ra sono voci pri mitive che rappresentano il verdeggiar della terra e più specialmente dei prati, i quali finirono col prenderne il nome. Il vocabolo pra mi invita a soffermarmi alquanto sul- 1’ origine di Pravexin che è il nome di una illustre fa miglia Genovese. Trovo sopra Cantalupo un antichissimo villaggio denominato Pra, Prato. Vicino a P ra è un altro villaggio che si chiama Pra-vexin ; l’ identica pronunzia che si riscontra nel Pravexin (Pallavicino) di Genova. Io non dico che i nostri Pallavicino traggano da quel paese Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 142 — l ’ o rig in e ; noto soltanto che questa combinazione di Pra e P ra -v ex in si ripete nell’Appellino ; quindi, senza nulla togliere alle genealogie del Litta, io ritengo che l’ origine della gran famiglia italica si debba attribuire a questa formola antichissima del gergo montanino, e che sieno tutte alterazioni più o meno adulatorie, più o meno sa tiriche quelle che trasformarono i Pra-vexin in Pallavicino, Pelavicini, Paravicini. D a P r a vien pra-ga cioè terra ( yà ) verdeggiante. Un nome che diè luogo a molte discussioni (vedi Bot tazzi « Ruderi di Libarna ») è Prae-(i-pian in vai di Scrivia, ove era anticamente una grande abbazia fondata da Liutprando. Prae-qi-pian altro non è che un prue , prati ( i p i a n , sui piani. Bisogna conoscere bene il dia letto locale per capire la naturalezza di quel (i pian che in G en o va sarebbe sci cen. E bisogna vedere i magnifici prati irrigui della tenuta Demicheli a P rae-g i-p ian , per apprezzare 1’ esatta corrispondenza del nome colla realtà. Lim on Xec|ì(Óv è il prato irriguo. Cortin significava pure il pascolo, il prato. Lo dice il greco xpptivo;, ^opuvou, che significa precisamente il luogo erboso. V i sono molti luoghi denominati córta e curta. Xópxo? in greco è il recinto dove si raccoglie il fieno, la curta altro non è che 1’ odierno, corte, corti, cortile. E qui lo studio del dialetto assorge al nobile ufficio di rimettere la storia sulla buona via , ciò che avverrà ben sovente. M o lti, trovando nelle carte del medio evo una Curtem • if * * la scambiarono senz’ altro per una Corte regia d origine longobardica. Invece si tratta per lo più di semplici corti di fieno, di vacche e di buoi. Intorno al iooo, quando tro- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 143 - viamo tante donazioni di curtes la parola era sinonima di masseria. Anche in oggi in Val di Scrivia si dice la corte del tale o del tal altro per indicare il recinto ove si tiene il fieno, la paglia, il bestiame, in una parola ove sono le s-corte, ove si personifica la masseria. Io penso che le Domo-Culte, tante volte ricordate nelle carte di Genova, altro non fossero che una casa con annessa curta. Quante volte non troviamo negli atti dei secoli scorsi questa frase: « Vendita di una masseria con casa e corte! ». I notai del medio evo credettero di comporre una espres sione elegante scrivendo domo-culta, come altri si com piacque di fare un via-lata di Vtu-và e via A rchimede di via degli Érchi. ir i j. — Si noti o ra I questa meravigliosa corrispondenza del ligure col greco nei nomi delle piante. M ei, i meli. L ’ antichità di queste voci è data dalle parole greche [lei'Xeix che significa cose dolci, cose che si danno ai bambini per rabbonirli (da jisXi, miele) e [ir^ov plurale nrjXa che significa frutti, pomi, latino mala. Gli al beri di mele si chiamavano i mei; di qui i tanti nomi di paesi A i-m ei (nelle carte Aimelio ) e i cognomi di Am e glio, Ameglia, Ameri, nati dalle fantastiche traduzioni di A-meo, Ai-mei. Troveremo nella tavola 1' aebrjc de met. Pei, — rapa, Pero. Di qui i paesi in Pei. Oia, Oie, Oliva, Olive. È un altro di quei nomi che hanno un’ importanza capitale nella storia ligure primitiva. Gli eruditi , fra cui 1’ ab. Oderico e lo Spotorno hanno già dimostrato come sia erronea l’ opinione che i primi Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 144 ~ olivi sieno stati portati in Italia ai tempi delle crociate. Fo rse in quell’ epoca si introdussero specie nuove e con esse si ripopolarono le nostre valli rese incolte e deserte per 1 imperversare dei barbari e di tante altre calamità. Ma 1 olivo , 1’ albero sacro , emblema di pace , esisteva negli antichissimi tempi e ne fa buona testimonianza il nome nei suoi diversi suoni di óia e oia, corrispondenti alle voci greche ohx, db]. Il latino Oliva è traduzione del volgare oia ; ciò dimostra all’evidenza la nostra tesi essere il latino lingua derivata, essere il ligure lingua primitiva. L ' oia ci spiega un’ infinità di nomi liguri; io mi li mito ad accennare Val-oia , e Port-oia, porta dell’ o- livo in Genova. L a mia interpretazione collima con due fatti positivi incontestabili. Ai tempi di Colombo la porta verso Portoria si chiamava dell’ Olivella; ed ancora in la stradicciuola che da piazza Raibetta mette in Canneto cioè nella vai dell’ olivo si chiama Vico dell’Oliva Val-ois in Francia non è che un Val-oiia. Caru, era il noce ; carue le noci ; così in greco xawa era l ’ albero, xx?iov il frutto. Che la voce appartenesse effettivamente all’ antico dialetto lo deduco dal confronto di molti nomi che riferisco nella nota a p. 165. Ricor derò per ora il genovese ciatue. L ’ idea della noce diede l ’ idea della carena (xapimj) e del carugiu. A m andua - a[iuyòaXsa l’ albero, apySccXr] il frutto. S ex ia , x7jXy]at?, ciliegio. Di qui i cognomi £exia, Celesia. Fègu , era il nome primitivo del faggio, oggi ab breviato in f ò ; e lo dimostro. Abbiam o un’ infinità di fe g in , parola che corrisponde al greco cpy)yivos, che significa luogo piantato a faggi. In vai di Scrivia i luoghi dei faggi si dicono feighéi , e con Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - T45 — termine più moderno faghéi. Abbiamo un monte che si chiama figogna, che evidentemente corrisponde al greco cprjywv, cpY)yovoi;, che significa monte circondato di faggi. Dunque fegu è il nome primitivo del faggio. È arbitraria l’ opinione che il nostro Fegino sia cor ruzione di A d figulinas, nome che si trova nella tavola Peutingeriana. Abbiamo non meno di cinquanta fe g in in Liguria, e la maggior parte sui monti, e sarebbe ridicolo supporre che esistessero dappertutto delle fabbriche di vasi (figulini). Si spiegherà logicamente XA d Figulinas quando si comincerà a riflettere che il dialetto antico non si con tentava di dire fegin al luogo dei faggi, che è il nome generico, ma distingueva : il monte tutto circondato di fè g i si chiama figogna (cpyjycóv, ovos), i boschi cedui di faggi si chiamavano e figaè-e, e figuiè, come i boschi cedui di roveri e ruvaè-e o ruvae-iè. Supponete delle fig u iè al Boschetto, cioè nel luogo ove io segno la via Aurelia presso Figino, e voi comprendete come i romani potes sero trovar comodo l’ ad figulinas per rappresentare quel nome in figu, al femminile, al plurale, di cui afferravano il suono ma non il significato. Da questa gran radice del fego o fig o , derivano non solo il Figino, il Figogna (Monte di N. S. della Guardia), ma i cognomi F ig a r i, F ig u li , Figallo e tanti altri consimili. Figo. Si dirà che io confondo faggio e fico. A questa osservazione rispondo : figo nel senso di fico prende ori gine dal <póxo£, che denota il rosso che è nella polpa di questo frutto. Ne abbiamo la conferma nel latino ficus. Tasso altro non era che il x&^oc, specie di abete. D i qui tutti i Tassarolo, Tasso e Tassara intorno ai quali si affaticò inutilmente l’ ottimo prof. Desimoni. A t t i S o c . L ig . d i S to r ia P a tr i* . Voi. X X X . i ‘ Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 146 — M u rta , (jwpxov, ppxa. E ra comunissimo in antico come pianta che si adoperava nel far corone e ghirlande. Il murto diè luogo ai nomi di Murta, Multedo, Mortara e Mortola. Quel che oggi si chiama murtin non è più il mirto antico ; ma è una pianta simile al bosso. Che in antico si dicesse murta e non mirto si ricava da molti documenti ; cito p. e. i capitoli della Consortia dei forestieri della chiesa dei Servi pubblicati dal Rossi nella M iscellanea di storia italiana p. 8. Ivi si legge: « Noi dobbiamo per festa et dire una messa in canto et che l ’ altare sia ornato di apparati con la morta ». A Nizza si dice tuttodì murta e non mirto. Róe - róvie, la rovere dalla radice pw che significa ro bustezza. D a róvie deriva ròviieu, il rovereto. In ruvae-e o in tc róvae-iè vuol dire : nelle tagliate di roveri. E cco spiegato il nome del paese di Vuiè che i notai torturarono tanto da farlo diventar un Valle regia. E cco spiegato il R uveieu, Rivarolo. Castagna, xaaxàva. E r x u , leccio, quercus ile x ; radice alp. Granéa, -/.pavéia, i cornioli. Di qui i nomi di Granéa, G ranaeiu, Val Grana. M u la corrisponde al greco pia, che significa mosca. C hiam avan muie le more perchè nere come mosche. Osu, 1’ olmo, ò£ut). Di qui i nomi di paesi Osu, A-osu, Car-oso (in capo all’ olmo). N elle piante si distingueva : la reisce - pr£a - radice, il butón, vutón, cpuxóv. 1 Greci dicevano cpuxéuco, pianto (di qui il latino futuo') ; cpuxéuxrj; il piantatore , èvtpcxéuai? il contratto per cui si prendeva a piantare, a fa re, come Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 147 si dice in Liguria, una terra. Di qui si arguisce che son termini antichissimi fito e afità, fitto e affittare. Talu, tala ha significato affine al buton. 0 àXXw esprime in greco il germogliare, il fiorire, 0 aXi'a, è il fiore, 0 àXo;, è la fronda , il germoglio. Poasse, fronde tagliate. In greco abbiamo ma., fronda, m&C,o, taglio le fronde ; quale verbo ha il suo esatto cor rispondente nel ligure poà. Non è a confondere questa radice con quella di porà, in greco tuopda e mpéuca che significa valico, passaggio, e che a noi liguri fornì gli antichi nomi di Porà, Poà, Poretta. Fùllu, cpyXXov e cpuXXfov, foglia. Di qui i nomi di Follo così frequenti in Liguria, i cognomi di Folia. E così si spiega l’ italiano fo lla affollarsi, fo llia e fo lle (chi ha mente oscillante come foglia). Un nuovo vocabolario ese getico della lingua italiana potrebbe compilarsi sulla base del dialetto ligure, forse più utile di ogni vocabolario attuale per la conoscenza della nostra lingua. Spore, i sem i, aizopà. L ’ albero nel suo complesso si chiamava: aerbu e per metatesi aebru, radice alp, che significa crescere, innalzarsi ; dalla stessa radice alpixoq, erica, e così pure er-ba e così v-er-de (p. 267). Vedremo nella ta vola di bronzo l ’ aebru de mei camuffato dai romani in l-ebri-e-melu. M o ro è la parola primitiva che rappresenta il frutto. Tutto il mondo ha nomi locali informati a questa radice. Morea, Moravia, ecc. In Liguria abbiamo Mor-go, luogo ove viene la frutta (da mor frutta, ga terra) — M org- allo, che significa l ’ altro morgo. Mora-n-ico, aggettivo che significa atto a produr della frutta. Un’ antica favola Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 1 48 — ci presenta la fata M organa, la tata che porta i frutti ai bambini. A questa rassegna dei mori bisogna aggiu n gere i monti Moro di cui abbiamo parlato. Il zione luogo abbondante di frutta, per la solita termina in eto , eo, si dice il mor-eto o il mor-eo. Dal M or-eto traggono origine i nomi di Moreta, Moreti, A -m oreti; dal mor-eo, i nomi Morea, Moreu , Morero, M oreno, M orello, Moreno, tutte forme con cui si tentò di com pletare 1’ eo finale. Mori-asci e Morassi sono i frutti salvatici, S.ay&zo<;. Mori-ando è il frutto fiore (5v0o;). M oran-ico, Moro-sm e Mor-in sono tre aggettivi che significano fruttuoso, i quali riproducono esattamente le tre forme greche dell’ ag gettivo , ime,, gc^o e evo. Cosi si gnifica frottuoso il moròn che troviamo in Campomoròn corrispondente al greco iiopóst?. C arpi erano i frutti, i raccolti ; greco xàpcpr], xaprco;, xapTOuna, xaprabw. Di qui il latino trasse il suo elegante carpere pom a, di qui il greco fece xaprcaao? e il ligure carpaxu o ggi arbaxu, lino finissimo. C a rp i, carpin dicevasi pure un albero d’ alto fusto, che m ette ramoscelli fin dalle radici e serve a fare spal liera nei giardini. Il suo legno è molto duro, serve a molti lavori ed è eccellente a farne carbone...... (Vocabolarii F an fan i e Casaccia). Carpin-eto è il luogo di carpi. Votri, l ’ u va; greco (3óxpus. Il nome di Viotri ci attesta che tale espressione è realmente esistita fra noi. I bei vini di P ra e di Sapello ci confermano che la regione di V otri è in armonia col suo nome. Raca, rachetta, il ramoscello, la parte del grappolo che si stacca, greco A fin e lla , acino; greco Di qui axióu, aceto. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 149 — I n , vino; greco olvog. Il Randaccio rilevando questo fenomeno di in per vin, lo attribuì ad un’ aferesi del v iniziale. Il confronto col greco ci ammonisce che nulla fu tolto alla parola primitiva. Oivo? era il vino nell’ antico dialetto e ciò tanto è vero che si chiamavano Otvóxpoi gli Itàlici in quanto eran produttori di vino. E il latino che aggiunse la v iniziale, ma il ligure dalla montagna, con serva pura e genuina una pronunzia, che io non esito a dichiarare quella di 40 secoli fa. E n in , §v-olvos dicevano i Greci un paese abbondante di vino. Quando rifletto che Sampierdarena si pronunzia in dialetto San Pè d ’ein-a, mi viene il sospetto che 1’ em-a finale possa derivare da una contrazione di en-in-a. Infatti per indicare gli abitanti si dice San-Pé-d-enin. Questo mio sospetto si concreta in un’ opinione più fon data quando penso a quei bei declivi così ben soleggiati, dove maturerebbe certamente un bel vino non inferiore a quello di Coronata, se il terreno non fosse stato in vaso da palazzi e giardini e poi da dock, fabbriche e cantieri. Tuttavia rimane l’ incertezza; ein-a può essere con altrettanta probabilità arena, come infatti fu tradotto. Noto a riguardo del vino una bellissima corrispondenza fra greco e ligure. BpuXXo? è chi chiede ancora da bere (jSpuv) ; ecco spiegato brillo e b rin , brindare ecc. Suca, la zucca, aóxov. Vedemmo già l’ applicazione di questo nome ai nostri monti. * 18. — Quanto al cibo dei Liguri primitivi, Diodoro Siculo scrive: « si riempion la pancia di erbaggi ». Qui occorrerebbe una storia degli alimenti. Nei volghi pre- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i 5o — istorici forse anche le ghiande furon cibo del « turpe pecus > come narrano i poeti. Un’ antichissima tradizione favo leg giava che gli uomini dalle ghiande eran nati. E la parola dialettale gi-andra parrebbe conforme alla fa vola perche nella sua radice suonerebbe yi-avSpos, genera uomini. M a non bisogna dimenticar che la parola aveva un significato generico, e che probabilmente le castagne eran com prese nelle ghiande. Non sono molto lontani i tem pi in cui in molti paesi dei nostri monti si viveva a castagn e per quattro quinti dell’ anno. Ma lasciamo a parte la ghian da; certo è che i Liguri furono sempre molto parchi e perciò molto vegetariani. L e fa v e avevano forse il primo posto fra i legumi; tanto che F a v a era sinonimo di cibo. L a radice è quella del g reco cpxyerv; forse in antico si diceva fa g a , e per raddolcim ento faba. Me ne convince il fatto che il dia letto conserva il g in fogassa, che il latino scrive fabacia. D a fa v a i cognomi Fava, Favaro, Favaie. I lenti, specie di vicia che serviva comunemente di cibo com e i mochi e le lenticchie ; radice Xeji. Molte regioni presero nome dalla coltivazione dei temi ; troveremo nella tavola di bronzo il Lemo e i Lemuin. Col nome di Lemi si trova pure una località sopra Grondona. Da lento, lum-co, luogo di lemi ; di qui Lum ello, Lumellina e LutndLini. I mochi, altra specie di vicia. Abbiamo in Liguria un paese detto Mocon-esi. Un vico Moco-n-esi pure esisteva in G en o va prima del 1898 di fronte alla caserma di S. A m brogio. L a finale della parola ci dice che là eran le case dei Mochi. L a tavola di bronzo ci ricorda che un Moco fu il rappresentante dei Genuati nella famosa questione con quei di Langasco. È dunque verosimile il Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - i 5i — supporre che in quelli antichissimi esi ora distrutti, fosse la culla del più antico cittadino di Genova di cui la storia ci conservi il nome. Rave, pàcpug. — Agio, àyXfg. Fra le erbe noto: Erba dragon-a, in greco Spaxóvteios, fatto a biscia. I carvi, un’ erba speciale dei prati. Ortica, che fa gonfiare. OpOtxo? da opGóco. F ra i cibi ricorderò ancora il Mè, Am è , cioè il miele, greco [as&c. Ricordo il paese ligure Me italianizzato in Mele. M eli , fragole, da mè, perchè dolci come il miele. * 19. — Quanto ai fiori ricchissimo era il repertorio di quei popoli tanto amanti della natura. Fio pare fosse il nome generico che significava nato, sbocciato da «puto. Di qui il latino fio s , 1’ italico fio-re. Così Fio-enza (fiume dei fiori) divenne Fioren za, come Fi-eso-e {esi nei fio) divenne Fesulae e Fiesole. Anzo e Zalea erano altri due nomi primitivi che da vano ai fiori ; <2v0os e 0aXefa in greco. Vedemmo g ià che Antola, ccvBuXos era il monte fiorito. Così Car-anza signi fica : capo, cima fiorita. La radice è primitiva e risuona in tutto il mondo antico negli Anzio, Anzo, come risuona nel mondo moderno in D 'anzica nelle città Anse-atiche (greco av0r]xo$, avGe-à-Ttxog). Il fiume Durane e in Francia altro non è che una Doria-anza, fiume fiorito. Il 0aXe«c vive ancora nella specie delle A-zalée e nelle D alie (z e d sono il suono del 0). E così non hanno più bi Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — sogno di spiegazione 152 — i cognomi di Tale-vi, Tali-ce, Sali-ce, Sale, Salò, Salasco, Saluzzo, Villa Talla. Poiché ho accennato ai paesi e città che anticamente portavano il nome di Anzo, non posso a meno di ricordare che la riviera ligure, che fu sempre il paese dei fiori, aveva anticam ente il suo A nzo, una cittadina che secondo lo Spotorno dovrebbe collocarsi sulle spiaggie di Sestri Levante. Molto si discusse sul nome d’ Italia; io non la pre tendo a etim ologista, ma faccio notare come il dialetto m editerraneo ci offre un H-9xXaa,1 che significa la fiorita, o la bella, la fulgida. L ’ anima di un popolo artista, che ved eva fiori intorno alle sue case (.Fi-eso-c), fiori intorno ai suoi fiumi (Fio-enza), chiamò probabilmente lI-0àXeia tutto 1 insieme del bel paese, mentre i forestieri lo chia m avano vagam ente Enotria, Tirrenia, Ausonia. G arofu, garofano, y.apóocpuXXov (foglia di noce). G iva m o , da y^petov, lanuggine, pelo bianchiccio che hanno le foglie in certe specie di fiori. Crisantem o, in greco xpt'&r), grano - àvtìéjjuov, fiore. V a-n -ilia da va-n-y^y., va al sole. S a lv ia da 0xX, pianta, (3£ou, della vita. Isopo, rpoizot.bc. — Tumòuy 0'j(xo^. M en ta , che dura ( l’odore) da [livio, jiévio;. - Nardo, vàpSosRósa, la rosa, pòSéa, póÒYj, póSov. Ecco l’ origine di Rodi, del cognom e Rodino (pootvo;, rosaceo, color di rosa). Sambuco, oaficpù^ov. Amaranto, ajju&pavxos. Clemati, xXrj|j,«. A lt e a , àX0oaa (che sana). - Arnica, àpvlxo? (che scaccia). * 20. — Passiamo ora in rivista gli animali. Z o a era il bestiame, gli animali in genere; in greco Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - i 53 — C<óa, singolare £wov, da Cwów, alimento, ingrasso, Kfafh vitto. Ecco spiegato il nome di Zoa-gi, terra di bestiami. O i, le ovine, in greco h'iq, h'Coq. Come si capisce bene il Mont-oio che per via di traduzioni divenne Montobium e Montàggio in Liguria, Montorio a R om a! Così pure si fa manifesto il senso dei popoli Mentovini descritti nella tavola di bronzo. Il ment, che equivale al maint francese, al mainy inglese, trova il suo corrispondente primitivo nel greco jxryv che significa molto, affatto. M en tovini adunque significa: affatto pecorai. Aren e ren, arne, le pecore, come àprjv, e <2pevg in greco. Queste voci appariranno ad un orecchio ben esercitato nell’ esame di molte parole liguri. Il segreto sta nell'accento che nel ren è sensibilissimo A-rén-gén (ai piani di pecore). come in In Francia Rènne, in Germania A-rén-berg. Agnè, agnello; in greco àjxvó?, àfAvV). Pécua, pégua si chiamavano poi le pecore in conside razione della lana (rax), che divenne ben presto 1’ oggetto più importante di speculazione. Chi aveva molte pecore era un uomo ricco perchè disponeva di molta lana ; di qui pecus e pecunia. Iléxo; in greco è propriamente la pelliccia lanosa della pecora. Ilexxéo) era l’ azione di tondere la pecora; toxtò? significava: raso, pettinato. Ecco la spie gazione del pettiìlare italiano, del nome petuin-a dato per analogia ai terreni ben coltivati, ben pettinati, di Pecoz in Savoia. Ecco spiegato il famoso Polupice, che nella Peutingeriana si trova segnato come una stazione della strada fra Genova e Vado, e che il mio amico Paolo Accame segna vicino alla Pietra. IIoXu-tox-c: e per con trazione IMó-m^ significa: molta lana, molte pelli di Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 1 54 — pecora. Escluderei il concetto di fabbriche ove si lavo rava la lana, perchè parmi un concetto industriale un po troppo moderno. È più verosimile, più conforme all’ epoca primitiva, pastorale, l ’ immaginare nel Polupice un luogo di con vegn o, un piccolo emporio, ove i pastori conve nivano a vendere le loro pelli. M ela, M ala, in greco pjXa, MaXa, onde il latino mala, av e v a un significato assai generico, e si usava per dire: ca p re tti, pomi , vergini mammelle. Rappresentava in som ma 1 ’ idea della freschezza della giovinezza, e si ap plicava ai prodotti del bestiame come ai frutti dell’ albero. S i sente tutta l’ ingenuità, la fragranza di un termine prim itivo. Salomone nel cantico dei cantici così si esprime : Ubera tua sicut hin nuli capreae gemelli, qui pascuntur m lilu s. Si vede da questi preziosi confronti come il con cetto fosse innato nel pensiero di tutti i popoli primitivi. Il cognom e M ela vuol dire quelli dei capretti o dei pomi. M ala-spina (jxxXa-acprjv) è espressione ligure antica che significa i frutti del bianco spino. Da spino viene Spinoa e il cognome Spinola. Beco , il becco, il caprone ; Boi-xo? dalla radice Ba£-vu> (coeo, ineo). Di qui monte Beco. C rava , per metatesi di capra. In greco xanpaiva è real mente la femmina del v.m?05, cinghiale, porco selvatico. D i qui i molti nomi di Crav-asco, Cravì ecc. E ru vera, il porco selvatico, errante; greco C osì si spiega Man-éru epiteto sprezzativo usato dal volgo, che significa: affatto maiale. Porséo, poi latinizzato in porsellu, il porco domestico uopBéto?. Sussu, il porco in quanto succhia, greco cms, latino sus. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — r55 — G urru, si dice il porco in vai di Scrivia e gu llu si di ceva anticamente in tutta la Liguria in quanto fa yu?Crin, si diceva e si dice il porco in Piemonte, in cor rispondenza al greco jdpmq (xo'tp°S porco, yobpwoq porcino). Da questa ricchezza di nomi cominciamo a com pren dere 1’ importanza che aveva il porco nella vita primitiva. Cinque nomi aveva il porco in Liguria, e gli stessi nomi identici si riproducono nella lingua greca. Chi potrà negare di fronte a questi fatti la comunanza d ’ origine della lingua greca col dialetto ligure ? Chi potrà non am mettere l’ esistenza di un antico dialetto mediterraneo? Quando si formò la lingua latina questi nomi erano da migliaia d’ anni sulla bocca dei popoli italici ; perchè 1’ immondo animale è antichissimo e compare sempre nella storia accanto a quei primissimi volghi, che Orazio chiama turpe pecus. Il latino prese dal vernacolo il veru e fece il ver, prese il porse e fece il porcellus, e così del sussu fece il sics; lasciò perdere il gullu, g u rru , grullu e il crin. Ma il volgare italico conservò le sue voci prim itive, il genovese tenne fino al giorno d ’oggi il porse, il tortonese tenne il gurru, il piemontese il crin, il toscano il grullo. In Liguria è voce di scherno il ripetere ad uno g u llu , gullit. Quei di Sestri solevano ancora trent’ anni or sono provocare quei di S. Giambattista gridando « tigulli » che vuol dire « ’n ti gulli » cioè « in ti porchi ». Eccovi spiegato il senso di Tigulli e golfo Tigulino, antico nome del popolo di Rapallo. Eccovi spiegato l’ antichissimo nome di Porséi-vi-a , cioè moltitudine di porci (vedi p. 192). Si ebbe un bello scrivere Procobera, Porcifera, Polcevera, ma la parola originale fu conservata Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i 56 — nella sua integrità dalla voce viva del popolo. Soltanto 1 r si oscuro alquanto, ma ancor in oggi voi sentite che il suono dialettale non è nè Ponseivia nè Posèivia, ma e un suono che si spiega coll’ r scolorito dai secoli. Chi capiva prima i M a-n-eri, i Funi-eri di Polcevera ? Ora invece che conosciamo il senso di eri facilmente com prendiamo che M a-n -eri è m a , nei porci affatto, come M a-ni-gen significa affatto nei piatii — Fum -en significa mucchio (cpuji.) d ' e ri — e così il Veri-glasca della tavola significa torrente dei veri. Così Beri-giem a, nome della tavola, così Ber-sesi, Bergeggi, Ber-qeo, Bersezio o Berceto (p. 268 in nota), così Ber-zan, Ber-10 e I-b er-u son tutti nomi che si riferiscono ai veri o beri. Così Ber-n-in-son (nella posizione dei veri) Ber-en-ga(rio ) (B eren gario, Brengola), Ber-in-geo, Berlingeri {v e r i nella gea), così Verr-eto, Verru-a. L ù -u , Xuxos. Ci ricorda Lucca. Leon , Xéo)v. B ò , b e u , il bue, nome primitivo, che spiega un mondo di cose. Il greco aveva l’ identica parola jfoOs, §oós, pool, che significa la specie bovina in genere, bue, vacca, toro. I luoghi dove le bovine si portavano al pascolo si chiama vano poay.05 da póaxw, pasco ; si chiamavano anche póata da jjóaic, cibo. — Ecco spiegato il Bosco e il Bosio. Com prendiam o anche i Galli B o i che abitavan la pianura del Po. Vedrem o presto i diversi nomi che per derivazione si davano alle persone che avevan la cura delle bovine. Un bue grosso si diceva Bo-5taaòv in greco, cioè bue doppio. D i qui la frase ligure Bodissun, uomo grasso, inetto. A nalogam ente da eru si fece man-eru, magneru, che si gnifica proprio un porco. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - IS7 — Viicci, non è che il femminile di un aggettivo formato da Bous, cioè Bw-xo?, rj, bovina. T ò u , 0ópo?, il toro, di qui pou-0ópo?, bue toro ( buzuru ), Monte-soro, monte fatto a toro. O rn i, eran gli uccelli ; greco ópvt? 5pvt0o?. L a parola p ri mitiva resta in Storni e in una categoria di nomi propri che il Randaccio erroneamente attribuisce al Germanico : Pizz-orno, Cog-orno, Gatt-orno, Spot-orno, Lici-orno. Se ci fosse possibile di fare un vocabolario completo di tutte le voci liguri antiche si vedrebbe che non son molte le voci che restano da attribuirsi alle lingue straniere. C o loro che studiarono il nostro dialetto seguirono per la maggior parte questo sistema di dichiarare celtiche, lon gobardiche tutte quelle parole che non sapevano come altrimenti spiegare ; una semplice omonimia bastava per mettere nella classe dei forestieri i vocaboli che in realtà erano i più antichi fra i liguri. Il Giustiniani ebbe il vezzo di riportar tutto all’ arabo, che egli prediligeva nei suoi studii, così il P. Bardetti riportava tutto al celtico, che nessuno ha mai saputo dire cosa fosse, e di etimo logie celtiche , invenzioni fantastiche e nuli’ altro , son pieni gli scritti del secolo scorso e della prima metà del secolo nostro. Il Randaccio non seppe resistere a questa tendenza; di celtico e di germanico troppo si compiacque a mio avviso nelle sue derivazioni etimologiche , forse attratto dall’ autorità che esercita ancora il Littré col suo vocabolario etimologico della lingua francese. Venendo ai nomi in orno da me sopra citati, osservo che Pizz-orno è pizzo dell’ orno, frase comunissima che si traduce in Pizzo dell’ oxellu. Cog-ornu è cuccu-ornu (xóxxuQ Gatt-orno è canto, allegria di uccelli, dalla radice greca yatìl-w, che Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - i;8 - corrisponde per suono e per significato all’ antica parola ligure gazéa. Spo-t-orno è nidiata d’uccelli, Spo-d’-om u; spo e radice di arcópco - <7rcopà, procreare, prole. Lici-orno , uccello licio. A ggiungerò che tutte le sponde ove appro darono i Mediterranei ripetono il nome di orn; alterato poi in Horn. Nei nomi degli uccelli continua sempre più m aravigliosa la corrispondenza del ligure antico col greco. P ern ixe, è la pernice, TcépSpicp. Vedete la corrispondenza nelle minime sfumature; ixe nel ligure, (!* nel greco. Sterne , si chiamavano e si chiamano le pernici da certe particolarità dello sterno. Il greco con fedeltà riproduce il vocabolo mediterraneo antico e scrive axepvfxYjs. F a x è n , fagian i , cpaaiàvo'. Sareb b e lungo numerare tutti i nomi di uccelli del dialetto antico. Cróo, il corvo ; greco xópacp, xópaxo?. Di qui i numerosi monte Cróo, monte Corvo. A r p e , àpmr), il falco. G r ifo , Y p u ? TP0tP°S. — Cuccu , xóxxuE. — Cigno, xuxvoc. F r a gli animali domestici : P o llo , tùwXos. — P o lla ia , Tcàleiz. Capón, xàraov. A -n issa , 1’ anitra, in greco vipoo. e vrjxxa. P u lla , il più intimo degli animali domestici, la pulce. P u lla dice ancora oggidì il Piemontese ; ed ecco il greco col suo <póXXa. * 2 1. — Vediamo ora la corrispondenza nei nomi ma rinareschi. L i ho citati per ultimo perchè ponendoli prima Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i 59 — temevo che troppo frettolosamente si volesse conchiudere, come conchiuse il Randaccio , che i Genovesi avessero a poco a poco imparato dai greci 1’ arte del mare , e quindi avessero tolto a prestito quei nomi , pur avendo diverso linguaggio nelle cose di casa loro. Invece ho di mostrato che i Liguri avean comune coi Greci, possiamo dire coi popoli mediterranei, tutto quello insieme di voci che 1’ uomo esprime nel suo primo affacciarsi alla natura. N e u -o , nuoto; in greco vèto, filo ( i ) . Nae, nave, greco v à u in dialetto ionico vfja. Il nome di Catania si decompone in Kaxa-v^a^ (alle navi). (i) L ’ ideologia dei popoli primitivi, la semplicità con cui filavano le loro idee, partendo da’ fenomeni di natura, apparisce splendidamente studiando le figliazioni della radice ne. véci) significa in origine filo. Per associazioni di idee si disse poi vécu, per navigo, nuoto. Quei finissimi osservatori avean notato che chi naviga e chi nuota fila, cioè lascia dietro di sè una striscia leggera. Il Ligure dice ancora in oggi come 4000 anni fa: néo, per nuoto. Il filare bene di un bastimento è frase genovese che si riannoda all’ idea primitiva. vé o j, vétoj vuol dir nuovo, recente, filato da poco, e il Ligure dice néu ; véog iti greco era il bambino, il pulcino, il vitello da latte, e vedremo più sotto lo stesso significato da noi. vsóXrje significa in greco appena nato. I francesi conservano il vocabolo ligu re antico in Noèl, per indicare Gesù Bambino. veó£t>s si diceva in greco per dir sposo recente, e il ligure italico conserva il vocabolo none mentre il latino lo alterò in nuptiae. v75000, è 1’ anitra che nuota, e noi già vedemmo che nissa era vocabolo ligure, vsóg, vaóg, vaOj era la nave in quanto fila ; il ligure fedele.alla voce prim itiva dice nàe. néia dice il ligure quando vede i fiocchi di neve filare dal cielo. Come il volgare ligure dice neo il bambino ultimo arrivato (figlio del figlio), così il volgare italico usa neo per indicare un germ oglio, un figliuolo della nostra pelle. Neo dice il latino per filo, nò per nuoto. E cosi a poco a poco si spiega il segreto d’ ogni parola italica ed appariscono le grandi linee della madre lingua antica, il dialetto mediterraneo. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i6o — B arca, pàpi-xo? naviculare, da popig, barca. La città di Bari altro non è che il greco. G r iis s u , dal gausu , greco ya.òaoq. Scafu , CTxàcpo;. A n cu a , ayxupa. A scia, R em u, p S c a rm u , axàXno$. Noezzo, vauXów. Ormezzò, òp^w da Spfiog, legaccio. Brum ezzu, Ppófioc. Piloto, TOjXatrrj? da tiuXy) stretto, bocca del fiume, che in antico era quanto dire bocca del porto. C a o , xàXog, fune nautica. G àio , provenienza da xàXov legno secco ; far calo vuol dire fare come il legno secco. Scoglio, oxoXtós. Garabottin, xàpafta?. Carena, xap6tvos,7), fatta a modo di noce. Galea, deve pur essere termine antico, poiché troviamo fra i G reci la stessa voce xaXià, tugurio, casa di legno, carcere. Comprendo che quando le barche si fecero grandi ed ebbero internamente 1’ apparenza di una casa di legno finirono per chiamarsi calée con un nome che già esisteva. G li schiavi rinchiusi nelle calee si chiamarono calioti. V i presento ora gli antichi sovrani del mare : Balen-a , BaXeiva. Ceta , xfjxos. L a voce è scomparsa dal dialetto, ma le carte antiche ci ricordano che si chiamava Ceta il monte fatto a forma di gran cetaceo, che è fra Borgo Fornari e Isola buona. L a Pieve si chiamava plebs de Ceta. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 161 — mare era per i Liguri il ma, tutto, &kq per i G reci; 11 sal-e è metatesi di &\<q. Galinéa (G alinaria), yoikrpxiot., la tranquillità del mare da vafw, sono in, y&Xu, latte; Galin, yaXvjv-os, tranquillo. 22. — Delle professioni, cioè delle diverse forme in cui si manifestava l’ attività dei Liguri, abbiamo buoni testimoni viventi in molti cognom i, e quel che più im porta abbiamo nella lingua greca la prova che quelle denominazioni appartengono al ciclo dei primitivi popoli mediterranei. Bota , Boté, Bosco, Bozan , che corrispondono ai co gnomi Bottaro, Bottero o Vottero, Bozzano, Bosco, erano i pastori. Bwtwp,Boxrjp e B00x65 è precisamente pastore, Bo-0à-o[iat significa guardo le bovine. Chi sono i B o-eri emigrati nelTranswal? Risalendo alle origini storiche del nome sono bovari come i Boero di G en ova, i Bott,? dei Greci. Questi rilievi apparentemente insignificanti, sono quelli che devono guidarci alla ricerca dell’ unità primitiva del genere umano, e nello stesso tempo devono avvertire i linguisti a non essere corrivi nel far delle classificazioni etnologiche fidandosi di certe analogie di linguaggio. Ormai è chiaro che vi è affinità, anzi identità di voca boli fra i popoli più disparati. Devono dunque abbando narsi tutti i facili sistemi basati su ricerche superficiali. Io mi contento di affermare per ora che il dialetto lio-ure concorda nei suoi elementi sostanziali coi dialetti C> di tutta Italia, e trova costantemente riscontro non solo nel ogreco ma in tutti ogli antichi nomi della Svizzera, della Francia e della Spagna. I famosi A tti Soc. L io . d i S to r u JJP a tri* . V o i. X X X . Etruschi, per 12 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 162 — cui tanto si discusse, o avevano una lingua sostanzial mente uguale alla nostra, perchè avevano un’ origine m editerranea, o poco influirono sugli antichi nomi'del t—> -i* paese a cui si imposero. Infatti mettendo a riscontro gli antichi nomi del paese degli Etruschi trovo che rispon dono sem pre alle stesse radici dell’ antichissimo dialetto italico. A rno e A rdenza, P is a , L u ca , Fi-eso-le, Fio-enza ( F io r-en z a ), Livorno, Arezzo son tutti nomi che appar tengono all antico nostro dialetto come dimostrai a pag. 67, 69, 14 0 , 156, 1 5 1 , 6 7 , 122. Così Pistoia (cpu-;ióx) Fucecchio (cpuxec-xo;, algoso, paludoso) e tanti altri. V i sono vocaboli abissini che corrispondono al dialetto ligure. P er esem pio: M a -cale corrisponde al Mon -calè — M a -saoa corrispondente a Saon-2i — mangascià corri sponde a man, affatto, ga (ya) terra, aydv frenatore, cioè governatore assoluto della regione — Adoa corrisponde alla frase mediterranea A-odo-a cioè a-odo sulla strada, come Padoa, vuol dire P a {ji a) tutto, odo, strade, come P a r -o d u , vuol dire sulla strada, come Ode vuol dire quei dell odo, della strada, come Peaodo o Peado, vuol dire per la strada. Si potrebbe prolungare con frutto questo riscontro fra l ’ abissino e l ’ italico. Il tema è interessante e si presenta cogli stessi caratteri che aveva il tema del1 Humbold sull’ affinità del Ligure col Basco. Chi sa che 1 antropologia e la linguistica non abbiano un giorno a darsi la mano e a proclamare 1’ esistenza di un gruppo euro - africano ! ( 1 ) . Ma come dissi non bisogna essere corrivi a concludere, perchè col progredire degli studi ( 1 ) Il Sergi { A r ii e Italici. Torino, 1898) attribuisce la stirpe mediterranea ad una razza euro-africana che avrebbe popolato il Mediterraneo non solo, ma si sa rebbe diffusa nelle regioni atlantiche, nel Sahara, nel Nubian, nell’ Abissinia, nel Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 163 — le affinità linguistiche appariscono sempre m aggiori in tutte le lingue; e con elementi isolati, non ben definiti, non si può pretendere di stabilire le parentele dei popoli nella grande famiglia umana. Buzùgu, Bou^irp^. Bou£uytoSj era 1’ uomo che teneva in mano 1’ aratro. Di qui 1’ epiteto sprezzativo bezùgu. Buzuru, è termine rimasto a Roma in senso sprezza tivo e significa originariamente toro, animale non addo mesticato Bou-6ópoc. Buzu , B u zzin , che dà da mangiare ai buoi, greco BouBoivr]?; di qui i cognomi Bozzo, Bozzino. A liz e r i, erano i marinai, greco aXi^prjc da aXg, mare. Bursotti e Bursin, i pellai, in greco Bu?aóxo[ioi e Bo?alvot da Bopaa, pelle. Scuéu, chi lavorava in cuoio, axóxo;, eco? • scueia o oxirreia luoghi dove si lavoravano i cuoi ; argomento dalla parola greca e dalla corrispondenza col nome di scueia, anti chissima località di Genova. Il cuoio tagliato in pezzi si diceva tornea, greco tonalo?. Bado, Baden, Baste o Batiste, Bava, Bavai, i pedoni, la gente solita a battere la strada. In greco Bà5o? è la strada, il cammino — Bx8r]v significa a piedi BxSh^w, vado Bx5£aT/]s, l’ uomo che cammina, battistrada. Si intuisce la parentela con un’altra lingua che al Precursore di Cristo diè il nome di Batista. Ba-vai e Ba va è chi va per il ba (Vedi sopra va e ba). Ode, erano probabilmente aneli essi gente che traffi cava sulla strada come già dicemmo ragionando sul1’ odo. paese dei G a lla e dei So m a li. E cosi ap partereb bero ad una id e n tic a fa m ig lia Italian i ed A b issin i. L ’ idea era stata a d o m b ra ta dal R o m a g n o s i . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 1 64 — T roverem o alle spalle di Genova a Ouè una tribù di G enoati chiamati Ode. Furono probabilmente una tribù di quei mulattieri di cui Plinio ricorda i muletti famosi che si chiamavano gig em i, in greco y^yévYjc;, yrjyevétos, che vuol dire indigeni. I h ! g ig ia , dicono ancora in oggi i mulattieri dell Appellino alla loro mula. Probabilmente è la stessa voce che attirò 1’ attenzione di Plinio e che g li fece scrivere g ig e -n ii nel suo taccuino. A r i , dicono pure i nostri m ulattieri, favellando col mulo ; apòco si dice in greco per a ra re, arrancare, e da ciò argomento che a r i deve essere ugualmente un termine antico. Sòj[ia dicevano i Greci per indicare il carico; dunque deve essere altrettanto antica la voce soma dei nostri mulattieri. Pa-sa-dò , chi pa, affatto, 6x, prospetta, odo, la strada. Meticón , è un termine ormai scomparso, ma che ci è dato in modo positivo dalla tavola di bronzo. Confron tando questa parola cui greco troviamo che \itxoUoi erano i m anenti, i fittabili ; la parola è composta da ohi®, abito, Usta , con. Peisan , era 1’ uomo che lavorava sotto un patron. 11 greco con mirabile corrispondenza di vocaboli e di signi ficati ci dà il Ttaip&v (da rcair]?) e il itsiBwv da rafOeiv, ob bedire. M ale traduce chi dice peisan Adi paese. Il contadino indipendente era il villan. Reboa, Reboin, Rebolin, Brea, oggi Rebora, Reborino, Rebolino e Brea, erano coloro che trafficavano nel mer cato detto raiba o braia come vedremo più sotto. G i-a rd i-n e , il giardiniere, colui che irriga (apSéuw) la terra (ytj). Il genovese conserva in giardini il vocabolo nella sua purezza prim itiva, mentre si sente l’ influenza nordica in Gherardi, Ghirardelli, Ghirardini, Gherardelli, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - ié j — Girardengo e Gerard tutti cognomi che rappresentano l’azione di irrigare Y^J-àpSeueiv. * 23. — A stu . Le tribù liguri, come tutti i popoli pri mitivi, si adunavano intorno a un albero, ad un’asta, astu, che poi divenne sinonimo di città (1). (r) Tutti quei nomi di Hasta che si trovano scritti negli itinerarii romani altro non sono che la traduzione dell’ antichissima parola mediterranea, di cui abbiamo ancora un glorioso superstite in Asti Monferrato. Aoxo si chiamava A tene, come a dire la città per eccellenza, e col nome d’A sty la ricordano i vocaboli latini. R i cordano pure l’ antico Astu i cognomi liguri Ast-oi, Ast-cngo, Ast-e. Astu è parola composta della preposizione a e della radice stu, la quale significa erigere: in greco troviamo ctùu) erigo, oxóXoc;. colonna, cosa dritta, àoxu (da avà-o xu ) la pubblica colonna, la pubblica asta, e per metafora la città. Il dialetto ligure offre dei termini di confronto preziosissimi L atto del cane che leva il muso odorando suggeiì al ligure la parola ana-stu. Il gam bo del grano che rimane dritto stecchito nel campo si chiama stu-gia. Antichissimo nei popoli mediterranei era l’ uso di piantare un’ antenna come segnacolo delle pubbliche riunioni, E un uso che si mantenne fino al secolo nostro, infatti nei delirii della rivoluzione francese i nostri Liguri innalzarono nelle loro piazze 1’ albero della libertà, cioè un’ antenna col berretto frigio ; era 1 astu. A n cora oggidì si pianta l’ astu nei piazzali di m ontagna, sia per annunziare il m a turare del gran o, sia per chiamar la gente al ballo pubblico. Sappiamo dagli scrittori latini che la frase vendere all’asta nacque dal fatto che si attaccavano all’ asta pubblica le spoglie tolte ai nemici e si assegnavano a chi più denaro offeriva. L ’ astu si piantava in generale in un prato (vicino a tutti i centri antichi troverete il pròu) e intorno all’ astu si tenevano le assem blee, si deliberava sugli interessi della tribù, si amministrava giustizia. E da ciò si com prende come prendesse a poco a poco il significato di capoluogo, di luogo pub blico e coll’ andar del tempo di città. Astu e Asti è la stessa cosa, perchè 1 0 greco corrisponde all’ u e all’ i Seguendo questi concetti storici l ’Alpinista Ligure può fare utilissime scoperte sui nostri monti. Io trovai vicino a Crixia in vai Bormida il pian dell Astu (Crixia era un centro ligure ricordato nella tavola Peutingeriana), trovai 1 Astu alle Capanne di Marcarolo ove era il gran mercato degli antichi popoli liguri. U n a . località detta Astu si trova, a quanto mi fu riferito, fra Voltri e Pra, che coinci derebbe col luogo dell’ antica Hasta. Sono constatazioni preziose per la storia ligure, ed io prego tutti gli studiosi della montagna ad interessarsene, riflettendo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — P ro u era il luogo 1 66 — ove il popolo si radunava, ove probabilm ente si piantava l’ astu. Quando i popoli s’ in civilirono e l’ astu divenne una città o per lo meno un agglom erato di abitazioni, il prou si trasportava alla pe riferia. Il paese di P rà ricorda il luogo ove l’ Astu dei V iturii aveva il suo prato. Genova aveva il suo prou che la presenza di questo astu rappresenta un antico luogo di riunione, che, se non era centro di trib ù , era come Marcarolo luogo di convegno, dirò così, in ternazionale, più importante ancora. L astu è uno di quei nomi che dimostrano più di ogni altro 1’ origine medi- terran ea dei popoli liguri. A stu rie, in greco ccatupiov, è nome antichissimo di Spagn a, che significa piccole città, castelli, gruppi di abitanti. A -stu entra nella com posiz one di molte parole mediterranee antiche. Ed è con questa chiave che v o i potrete facilm ente spiegare quel Cary-stu degli Statielli, che tanto filo da torcere ha dato agli eruditi. N arra L iv io a l Lib. X L II che nell’ anno 579 di Rom a, 56 anni prima della tavola di b ro n z o , il console Popilio Lenate portò guerra ai Liguri Statielli e ne fece strage « ad oppidum Carystum ». S i capiva che il fatto doveva essere avve nuto n ella v a lle della Borm ida, si capiva che il console partito da Piacenza, ove i rom ani tenevano il comando del corpo d’ armata (per usare la frase moderna) dovevano ave r assalito i Liguri in qualche castello dell’ alta Bormida ove si erano fortificati, m a quale? ma dove? V i si provarono molti eruditi; vi fu chi disse C arsi, vi fu chi disse Cartosio, ma si tendeva a indovinare brancicando in mezzo alle om onim ie. Se voi riflettete alla parola oppidum cominciate a comprendere che si tratta di un luogo fortificato e le fortificazioni dei Liguri non erano sistema V auban, esse dipendevano essenzialmente dalla natura. Ricordate ora la posizione di C airo in cim a di V al Bormida. L ’ adocchiò Napoleone e non a torto; Cairo vanta un antichissim o castello sopra una rupe, come Ventimiglia. Era un oppidum nel vero senso ligu re; era sulla via presumibilmente battuta dal console Popilio L en ate. N el 18 3 2 il cav. Spotorno scopriva a Cairo diverse medaglie consolari, di cui sarebbe utilissima una illustrazione. Se a tutte queste ragioni logistiche ed archeologiche si aggiungesse la corrispondenza esatta del nome, non vi pare che sarebbe un gran passo fatto su questo tema tanto discusso di Storia Ligure? Prego il lettore a seguirmi in una breve escursione per il mondo, cioè nelle regioni intorno al M editerraneo; imperocché codesti studii d e v o n o essere compiuti su vasta s c a la ; non si può procedere senza grandi confronti. — Abbiamo un Cairo in V a l B orm ida, abbiamo un Cairo in Lomellina, abbiamo un Carà nella V a lle del T an aro . Abbiamo Cairo in Egitto, Carya, Carystus nella penisola ellenica. L ’ etim ologia in questo caso è semplice y.àpuov (latino caryon) è la noce, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 167 — sulla spianata del Bisagno. A S. Fruttuoso nella regione di Terralba si ricorda il prato dei Capitani. Raiba, Raibetta, Brea, Brera. In quasi tutte le città antiche si ripetono questi nomi in-a-brea (G enova) a brea (Milano) breo (Mondovì), La metatesi di raiba in braia 0 xapóx è 1’ albero di noce. Il dialetto ligure conserva ancora oggidì la parola ciaràe, cose senza valore, da bambini e basta ricordate questo significato per compren dere che il ciarùa altro non è che 1’ antico carini. Adunque Carù vuol dire « dà Noxe » (l’ u greco si pronunzia nel dialetto ora i ora u); Caryo-stu, 1’ aslu dalle noci. Cario diventa Cairo per effetto di una di quelle metatesi, cioè inversione di sillabe, che sono comunissime nel dialetto ligure; roia e oria, rela e brea, ecc. La povera Caristu Ligure fu distrutta da Popilio Lenate come risulta da questo breve cenno di Livio : « arma omnibus ademit, oppidum diruit, ipsos bonaque eorum vendidit ». Senza arm i, la città di strutta, venduti i beni e le persone, poteva ancora chiamarsi un astu 1 infeli cissimo Cairo? Fu detto Cairo semplicemente e somma grazia che questa parte del nome sia rimasto ! A ciò si aggiunga la tradizione, che io raccolgo da un distico m olto antico citato nella Tabula Corografica (Muratori Script tomo X , p. Civ). Parlando di Cairo l’ antico poeta ricorda « Urbs erat autiquo, quam nomine dixerat Astumusus ». Il poeta del medio evo non poteva inventare a caso quel nome ligure primitivo. Parmi dunque giustificata la mia opinione che Cari-slum era 1 antico Astu di Cairo. Cairo, Carù, Caristo non devono confondersi con Care, Carosio, Carsi, C a itosio ed altri nomi liguri antichissimi. Oxu era l’ olm o, greco ògu ; xap-ó^u Carossu significa dall’ ormo (frase notissima ai Genovesi); x a p x a -ó g o , Caitósu, significa tutto olmi; Ossu fra Casella e Montoggio, non è che ogu, olm o. Caro e Carsi, Cariati, Caranza, Caratisti, Carenio, come Cranea e Granea, Cranaieù e Granaieù derivano tutti dalla gran radice de x<xp ,xd p a, capo, cranio. Il greco riproduce esattamente le stesse parole. — xópov è un erba dei prati : detta anche i carvi. Di qui il nome di Caro. — xapoi? (da y.elpto) tonsura del c a p c , per metafora segatura, luogo ove si sega il fieno. Ecco spiegato il Carsi. y.dp;ioi, erbe, sementi. Di qui Carpi, Cnrpasio. — xpaveCa, cornioli. Di qui Granéa. ttpocvaùj, luogo sterile, tutto cervice, tutto osso. Di qui Granaieù. v.ap-£av, Cai - ian, in capo al piano. — xap-lv6sTo;, per abbreviazione xap-ev 9o j, posto in capo, posto in cima Ecco il significato di Carenio. — y.ap-avtìoj, capo, cima finita, di qui Caratila. Voi avrete la certezza matematica di tutte queste etimologie confrontando i vocaboli coi luoghi. In questo tema l’Alpinismo diventa il gran perito, il tecnico della Storia. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 168 è evid en te , tanto più quando mettete a confronto il nome gen ovese di piazza Raib-etta. Che cos’ è questa raiba ? T utti i luoghi che presentavano un’ insenatura, una curva si chiamavano anticamente raibà aggettivo verbale di pxipóco. Qui metterò in scena un’ altra parola genovese, un vero cimelio nel caso nostro: a-r-bà. Ogni genovese può far fede che io esprimo esattamente la forma dia lettale di Albaro. A/baro è termine neolatino , ma cosa avran detto i liguri perchè i romani traducessero Albarus? Il lettore vedrà quale potente sussidio ci fornisce l’ os servazione locale. Andiamo a S. Fruttuoso e volgiamoci verso A lb a ro ; ci si presenta un insenatura, e quelle col line che formano la curva si chiamano Arbà. Facciamo una g ita nella riviera opposta, andiamo ad Albissola a m onte, che i Romani trasformarono in A/ba Docilia, e anche la si riscontra lo stesso fenomeno ; le belle colline che s incurvano formano Arbisseua, cioè A-raib-isseua, piccola raiba. Scandagliamo il dialetto e troviamo un altro term ine caratteristico, il rebigu, che significa curva, becco, gan cio arebecchio, l’ oggetto che termina col rebigu. T an to il suono come i caratteri oggettivi della cosa ci consigliano dunque a mettere in una sola famiglia a-rebà, a-rebisseua e rebigu. Ritorniam o alla filologia comparata. Pa$ów, significa incurvo, paipò? è la cosa che fa curva, patffacóg è l’ oggetto arebecchio. E d io concludo : a rebà è il luogo e per lo più la collina che s’ incurva (i). Arbisseua è la piccola rebà. E b b ero un bel ripetere i Romani Albarus e Alba \\) ìe r r a lb a è probabilmente traduzione fantastica di ta-rebà, e significa il piano com preso ’ n ta rebà. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — I 69 — D ocilia, e le carte ufficiali Albaro e A lbissola, ma il dialetto che si vuol far credere così sensibile all’ influenze esterne, è fermo impassibile nei suoi vocaboli di 3000 anni fa : A rbà e Arbisseua. Per analogia si disse raiba, reba e brea il mercato per il fatto che le merci si presentano in reba, cioè in banchi disposti in curva. Genova preromana aveva due raibe. La più antica era probabilmente quella che stava sulla destra di via Venti Settembre, nel piano ove è il Manicomio, ove due anni or sono era via Brera, alterazione del noto Ì 7i-a-brea. L e merci provenienti dal mare si scaricavano alla foce del Rivotorbido e, risalendo il rivo si disponevano in raiba nel piano più vicino, che era appunto quello indi cato. L ’ altra, la raibetta, sorse probabilmente più tardi, come si argomenta eziandio da quel diminutivo, che sup pone un termine di paragone già esistente. Sorse pro babilmente la raibetta quando per 1’ affluir delle navi si creò una seconda stazione, quella che diede luogo al mandracclo ([xav§p« è il chiuso delle pecore, mandraccio fu detto un primo chiuso di palafitte per le navi). Finora si era sempre creduto sull’ affermazione del Giustiniani che raiba fosse parola araba, e gli arabisti ne avean fatto punto di partenza per attribuire all’ arabo un’ in finità di altre parole che son nostre, essenzialmente liguri. Ma la raiba e la raibetta non erano i soli mercati di Genova antica ; un terzo mercato era probabilmente il Prè. P r è . E una parola di cui fu sempre incerto il sign i ficato. Vi fu chi, dando valore alle fantastiche traduzioni dei notai, disse che Prè vuol dire de praedis. Il P. Spo- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 170 — torno opinò che P rè fosse il plurale di p ra, prato, ma la pronunzia, che è di un e stretto, non risponde a questo concetto. Io, sarei d ’ avviso che il Prè si riannodi all idea di negozio ed abbia la stessa radice di Pretto , di preta, francese prcter. IIp^oi? significa vendita, negozio. T o g liete dal pre-sis la terminazione greca, ed avete la pronunzia precisa del nostro Prè (coll’ e stretto). Alla stessa radice io attribuisco il cognome Pretto , mercante, corrispondente al n:pr)XT7]; greco, il presta genovese cor rispondente al preter francese. Jlo/j-xta), significa in greco faccio negozii, Tepida, affare, t^x-ty]?, m-qx-uap, mercante. M ercóu è pure un termine primitivo ; e me lo atte stano le antichissime capanne di Mercuieu (piccolo niercóii) ( 1 ) , e le voci greche [lepf?, jJtipoc;, che significano parte, merce, negozio. È importante la genealogia del |iep nelle lingue medirerranee. Il greco disse |ietpo|Aai, acquisto, entro in parte, [iswióc, guadagnato. Il latino fece mereo e men tum ; il ligure con voci molto più somiglianti al greco fece metto. Di una cosa tenuta a parte, non mescolata con altra il latino disse merus, e merum il vino puro; della donna che fa parte di sè mer-etrix, mer-etnciutn. D a [iéooc fece mer-ces, mer-cator, mer-catura, M er-cunus; il ligure mér-se, mer-sd. Per dimostrare come il ligure cammina indipendente dal latino ricorderò anche il mer- ma, togliere una parte, mer-mellà, rubare una parte. Men -dian o e M eri-ggio, ritornano alla stessa radice. ( 1 ) V ed i l’ illustrazione del Mercuieu, Marcarolo, a p. 327. * Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i7 i 2 4 - — Un’ ultima ricerca dialettale, ed avrò finito questo breve saggio storico linguistico. Popolo è un nome che si può dire antico quanto 1’ umano consorzio. La tavola di bronzo accenna al poplicum Genuae cioè al pubblico erario di Genova. Poplicus è ab breviazione di populicus. Ma che cosa significa popu lu s? Studiarono gli eruditi, ma la definizione vera si cercò troppo lontano nelle lingue orientali. Diamo invece uno sguardo al nostro dialetto di famiglia, al dialetto mediterraneo. nas-rcoXó significa gregge grande. È 1’ idea biblica del grande ovile, ed è così semplice, così intuitiva, così ri spondente al concetto che del popolo avevano i popoli primitivi, che s’ impone da sè, quand’ anche non vi fosse la ragione grammaticale che ci dimostra la perfetta rela zione fra po-polo e tcumwXu. Chi governava il popolo? La maggioranza deliberava, ma dovevano esservi dei capi eletti dal popolo per far eseguire quelle deliberazioni. Come si chiamavano? D e marchi, cioè àpx0l> reggitori del popolo oejjio {demo-crazia, demo-cratico) si chiamavano i magistrati eletti a gover nare secondo le leggi di Solone. Il cognome Dem archi che io trovo ancora in Liguria mi fa supporre che questa fosse la voce comune a tutti i popoli mediterranei per indicare i loro reggitori. Zeno era il forestiero ; greco ijévos. L ’ abituale concorso dei Zeno, forestieri, nell’ Emporio dei Liguri, die’ proba bilmente origine al nome antichissimo di Zenoa ( i) . (i) Una definizione del nome di Genova, che, resistendo alla critica, sia alm eno probabile, non mi fu dato trovare in tutti gli storici nostri. Per molti secoli, favoleggiando si disse Ianua da Giano. Altri dissero Genua da gomito, ginocchio. Finalmente nel secolo X IX si affermò che nello studio Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 172 — * 2 5- — Forse parrà ad alcuno che, a completare questa sintesi che ho fatto del parlare e del costume dei liguri, delle lingue orientali si era trovato l ’ origine di Genova, ed il Celesia scrisse che G enua ve n iv a dal sanscritto. E nessuno contraddisse all’ autorità del dotio professore ligu re. Ma 1’ affermazione del Celesia cade per una questione pregiudiziale sempli cissim a. Il Celesia doveva prima dimostrare che Genua è il nome primitivo. I nom i locali devono studiarsi nel dialetto e non nei libri, perchè, tutte le voci prim itive furono più o meno alterate nel loro passaggio alla forma scritta. Mi si risponderà che anche il dialetto si altera e per questa ragione non si può esser cerri che Zena fosse in origine Zena. Ed io non nego che il dialetto muti forme e suoni coll’ andar del tem po, perchè, quando nuove civiltà si impossessano dei popoli, bisogna per necessità che ne risenta la lingua come ne risente la vita. Cam biam o lentam ente le forme esterne del dialetto, le finali, i toni, cambia più diffìcilm ente la sostanza. Ma in fatto di nomi locali la cosa è ben diversa. Ebbero un bel chiamare i romani Ioventio il nostro %uvu, Procobera la Posei-via, ed in tem pi a noi più vicini si ebbe un bel scrivere Ianua e Ianuenses per Zena e Zeneisi, \ ultur per Vótri, Cuneo per Còni, Vallis Regia per Vuiè, Riparolium per Rutew, Rivusdolosus per Ricrusu, ma il dialetto non se ne die’ mai per inteso. Bisogna che avvengano rivolgim enti eccezionali perchè un popolo muti il proprio nom e. Con queste riflessioni che mi sembrano abbastanza semplici ed altrettanto logich e io dico Zena fu sempre Zena. Una insignificante differenza può esservi fra la pronunzia odierna e 1’ antica quanto alla desinenza finale della parola. D alla lettura dei nostri storici antichi si indovina che la pronunzia antica era Zenoa e questo mio sospetto diventa certezza leggendo nella tavola di bronzo Genua, che è la traduzione romana di Zenoa, come Ianua è la traduzione me d ioevale. Sono due traduzioni di cui vi date completa ragione se tenete conto d elle epoche diveise in cui son nate. È naturale in chi traduce il desiderio di m ettere innanzi una parola che esprima qualche cosa. Il romano trovò che il vocabolo più affine al Zenoa che non capiva era genua, ginocchia, e senz’ altro tradusse Genua. Nel settimo od ottavo secolo, quando venne fuori lamia eravamo sotto l ’ influenza dei C arolingi; dal 1000 al 1300 la lingua provenzale 0 romanza m orm orava i suoi vezzi sui nostri lidi. Ed allora il Zen si raddolciva in bocca ai nostri vicini di Francia, e i tabellioni di Carlo Magno cominciarono a scrivere Ianua nelle loro pergamene, e, una volta lanciata la parola, tutti gli annalisti e notai si credettero in dovere di conservarla. Ma era affare da archivi e da Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 173 — sarebbe stato bene aggiungere un po’ di discorso sulle credenze religiose dei Liguri. pergamene; quanto al popolo non sognò mai di aver cambiato nom e e quando il cintraco lo chiamava araccolta, gridava: popolo de Zenoa e Zenoeisi. Adunque errò il Celesia cercando le origini di Genova in Genua, mentre dovevano cercarsi in Zenoa. Anche su questo punto la montagna ci fornisce testimonianze im portanti e decisive. Salite a Pey, il pittoresco villaggio che sta a pie’ del M ont’ Ebro. Il Giacomino, l’ oste del luogo, vi presenta agli avventori che si scaldano al suo focolare come un cittadino de Zenoa. Un mulattiere che viene dal Tortonese riprende : « dunque lei è de Genova ». E la conversazione continua su questo tono, restando fermo sul Zenoa il Giacomino di Pey e sul Genova il mulattiere di Tortona. Ora io mi domando : chi introdusse il Zenoa fra gli abitanti di quel villaggio antichissimo? (Pey è antichissimo perchè ha in capo un co-de-viu). Se la gente di lassù avesse sentito l’ influsso moderno avrebbe adottato il Genova, se avesse sentito l’ influsso romano avrebbe adottato il Genua. Dunqne bisogna concludere che Zenoa è il termine primitivo rimasto in mezzo a quei monti, come vi rimasero chiari e limpidi tanti altri nomi primitivi, ad esempio il co-de-viu. I Tortonesi invece, profondamente romanizzati come tutti i L om bard i, adottarono il Genua, ed io ritengo che ai Lombardi e non ad altri, noi dobbiamo attribuire l’ introduzione del v attraverso al Genua latino. Fu probabilmente la dominazione longobardica che, come introdusse 1 ’ r nell’ articolo, cosi introdusse m olto di fre quente un v in mezzo alle nostre parole troppo ricche di vocali ; come il lom bardo pronunzia vun per un, vuomo per uomo, così prese a dire Genova per Genoa, e Savona per Saona (nome originario). Ancora nella pronunzia odierna del m ila nese voi sentite quel v che si affaccia molto timidamente come per rispettare il Genoa primitivo. 11 continuo commerciare fra Genovesi e Lombardi e lo scrivere abitualmente Genova nella loro corrispondenza commerciale fu probabilmente la cagione per cui il v entrò definitivamente anche nell’ uso dei Genovesi. Non ci voleva che una ragione pratica di commercio per far variare di una sillaba un nome di venti secoli. Quale sarà 1’ origine di Zenoa ? L ’ a è lettera finale, è la desinenza che serve per mettere la parola al femminile ; la radice è indubbiamente Zen, Zeno. Che significa questa radice nel dialetto mediterraneo antico? È radice nota; voi la trovate negli antichi nomi Zenone, Zenobia, nel veneziano Zeno, nelle voci asiatiche Zeno-dii e Zeno-doro. In Liguria avete nomi proprii come Viu-iene. espressioni originali come questa: de-ien-tegd. Nel dialetto avete delle Cominciamo a spolverare un po’ questo arnese. Quando una povera donna ha la casa invasa dai topi o dagli scarafaggi non si dà pace finché non li ha de-zen-teghé. Il contadino dice che la Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 174 ~ C redo che assai poco si possa dire su questo punto. Io accetto in massima quanto scrisse il Celesia sulle gram ign a è una cattiva sem enza, che quando ha preso possesso molto ci vuole a d e-zen -tegàìa. Per non dilungarm i vengo alla conclusione. Traducete pure tega, m ettere (in greco xCSyjjjii, de-zen di fuori (6e £ev) e siate pur certo di tradurre esatto perchè avete nella lingua greca perfetta corrispondenza di suono e di concetto. Dalla radice £sv il greco forma forestiero, il che vi spiega il concetto fondam entale di Zenobia, di Zenone, di Zeno, di Zenodii, ecc. 11 con cetto di £ é v - o s , forestiero, corrisponde esattamente a quello di de-zen-tegd, metter fuori. P ro ced iam o innanzi e troviamo un altro elemento prezioso di confronto nella p arola ligu re zèno-u, il genero, il forestiero che diventa parte della nostra famiglia. In tutti questi confronti bisogna che abbiate sempre presente all’ orecchio la pro nuncia dialettale. II Zen di Zenoa è perfettamente identico al zen di ^«o -w e di d e-zen -tegd. M entre i Genovesi prononziano il z italiano come un s, qui si trova un z m olto aspro, che coincide col £ greco. S iam o per approdare all’ origine etimologica e forse alle origini storiche di Ge no va. Im perocché se le mie induzioni acquisteranno saldezza, certo è che il nome, com e io lo sp iego, molto esprime di ciò che era Genova primitiva, di ciò che apparve dal suo primo immischiarsi nelle cose del mondo. L ’ avvicinarsi di questi due concetti di forestiero e Genovese non dispiacerà certo a chi ben conosce G e n o va e la sua storia. L a lingua greca ci assiste fino all’ ultimo istante, ci spiega m inutam ente l’ordine logico e m orfologico per cui dalla radice £svo si forma £évo-a. Possedettero i G reci in sommo grado la plasticità del linguaggio, da un nome p rim itivo derivavano verbi ed espressioni qualificative all’ infinitivo. Di chi trattava coi barbari, di chi profanava la lingua delle muse con voci barbare dicevano che barbarizzava - pappapi£siv. Così avevano un verbo speciale per chi trattava coi forestieri e parlava il loro dialetto £svi£stv. E così davano un nome appropriato ai luoghi dove m olti forestieri convenivano - £svó -sts, £evó-eoatx. Togliete le de sinenze gram m aticali s i j eooa che sono prerogative artistiche della lingua per fetta , m ettete invece la terminazione più semplice e più comune al dialetto ligu re, un a invece dell’ essa ed avrete limpido e chiaro il significato di Zevo-a. L a nostra Zénoa vorrebbe dire : luogo di forestieri. Zenoeisi vuol dire: gente che traffica coi forestieri. T u tta la storia di Genova si associa a questo concetto. Mi basta ricordare il più antico dei nostri storici, Strabone, il quale descrivendo Genova di 19 secoli fa tutto riassumeva in una parola: Emporio dei Liguri. A Genova convenivano da tempi remotissimi Greci, Fenici, Cartaginesi, e i Zenoeisi con tutti si in ten d evan o , con tutti contrattavano per arricchire il loro mercato, che i ro m an i dissero emporio, ma che i Genovesi fin d’ allora chiamavano mercóu, raiba, e prè. Vedendo tutta quella foresteria rimescolarsi in Genova, si capisce come Zeno-a e Zeno-eisi da tutti si nominassero. Quanta Storia in una parola ! Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - i75 — credenze dei primi popoli italici in genere, ma ritengo assolutamente fantastico ciò che egli afferma di culti speciali, di divinità, di templi che avrebbe scoperto in Liguria ( i) . Io son poco disposto a credere che i Liguri primitivi avessero moltiplicità di dei, e abbondanza di Chi potesse conoscere quando cominciò quel nome potrebbe dire di conoscere l’ epoca in cui cominciò il commercio dei Genovesi. Frattanto io ritorno col pensiero a quelle tombe scoperte sul colle di S. A ndrea, ai v a s i, alle anfore greche ivi raccolte e dico: se cinque secoli avanti l’ E. V . eravamo in piena civiltà, in pieno commercio, ciò significa già che Genova ebbe un incivilimento anteriore di tre secoli alla venuta dei romani e mi confermo in quel criterio che è deci sivo per lo studio della storia ligure; la necessità cioè di abbandonare definiti vamente il sistema di far intervenire il latino a spiegare la nostra origine. Dall’ esistenza di quelle tombe si arguisce che Genova è probabilmente antica come Roma per fondazione, ancora più antica per civiltà. Roma infatti fu fondata due o tre secoli prima di quelle tombe, ma ci è noto come nei primi secoli fu poca cosa; essenzialmente agricoltore, niente affatto commerciante nè amante dei forestieri il suo popolo. Appena ai tempi delle guerre puniche, cioè quattro secoli dopo la sua fondazione, Roma costruiva le sue prime navi. Ed è noto del pari che la civiltà greca entrò in Roma quando la Grecia fu conquistata, cioè tre e più secoli dopo le nostre tombe. Graecia capta ferum victorem subegit. Per concludere io ritengo verosimile che 1’ emporio Ligure - Zenoa - rimonti al settimo o ottavo secolo a. C . , all’ epoca in cui fioriva nell’ Italia media la civiltà Etrusca con Arezzo, Cortona, Chiusi, Perugia, Tarquinia, Vetulonia, V o l terra, Fiesole, Pisa, Lucca e Luni e nell’ Italia meridionale la civiltà Greca con Sibari, Crotone, E rad e, Taranto, Brindisi, Messina, Catania, Siracusa, Girgenti. A questa civiltà di popoli artisti e gaudenti faceva riscontro allora la civiltà dei Fenici e Focesi essenzialmente commercianti. Roma incominciava, ma era una quantità impercettibile di fronte a questi popoli che avevano il dominio del mondo. Greci, Etruschi, Fenici, Focesi si disputavano in quel tempo, come in oggi Inglesi, Francesi, Italiani, Tedeschi, gli approdi del Mediterraneo. I Fenici fondarono Cartagine in quel turno di tempo, i Focesi Marsiglia e nello stesso modo deve esser nata la nostra Genova, 1’ Emporio ove i Liguri s’ incontravano coi forestieri. Un primo approdo o di Fenici o di Focesi o di Greci vi portò probabilmente la scintilla della civiltà e del commercio; il resto venne da sè. Mi basta aver accennato questo per ora, e di aver dimostrato l’ importanza che ha per la storia Ligure un accurato studio del dialetto. Riprenderemo a' suo tempo la storia di Zenoa ( i) C e l e s ia . Teogonie dei Liguri. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 176 — templi. Ammetto senza difficoltà che nei centri marittimi della L ig u r ia , 1’ influenza greca abbia potuto smerciare insieme ai vasi di Atene anche i simulacri di molti dei, e che in seguito la civiltà romana abbia introdotto fra noi tutto il suo bagaglio olimpico. Ma probabilmente vi credevan ) i nostri antichi come crediamo noi al dio Giano che rappresentiamo sull’ asta dei nostri lampioni. È nota la teoria di M ax Muller, che gli dei Greci e Rom ani non rappresentassero nella loro moltiplicità delle divinità nel senso comunemente inteso, ma fossero piut tosto nomina (num ina ), ovvero sia metafore per esprimere la venerazione a determinati concetti. Io credo che in questa teoria molto vi sia di vero. Ad ogni modo qua lunque fosse la concezione degli Dei presso i Greci ed i Rom ani, io credo che presso i Liguri, come presso gli altri popoli in cui tali dei rappresentavano merce d’ im portazione, fossero assolutamente considerati come for inole decorative, e che entrassero nei loro costumi come le colonne ioniche e corinzie entrarono nella loro archi tettura, come la toga nei loro abbigliamenti. E di fatti quando i primi banditori della fede di Cristo approdarono ai nostri scogli, nostri abbracciarono senza difo 1 i Lig-uri o ficoltà il nuovo culto ; la Liguria, scrive il P. Semeria nei suoi Secoli C ristiani, non ha martiri. Non per questo intendo di sostenere che i Liguri pri mitivi non avessero un sentimento religioso loro proprio. C redo anzi che minor idolatria di forme rappresentasse una m aggior profondità dell’ idea religiosa. Come popoli vergin i, primitivi, sentivano certo con più forza la neces sità di inchinarsi all’ ignota potenza che scuoteva il loro spirito, che giganteggiava negli spazii immensi del cielo, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 177 — nel misterioso avvicendarsi della natura. Lo scetticismo rappresenta 1’ indebolimento della psiche ed è proprio delle civiltà decadenti. Ma nella coscienza dei popoli primitivi si agita fortemente il gran problema d eli’ essere; e vediamo quei popoli affaticarsi di moto in moto non tanto per la conservazione della vita individuale quanto della vita collettiva. I popoli primitivi sentono 1’ immor talità dell’ anima e per questo aspirano potentemente al1' immortalità della stirpe. Fissi in questi ideali non pro vano gli scoraggiamenti, le depressioni dello spirito, e camminano arditamente incontro al futuro ; così avviene che dopo 25 secoli essi rispondono all’appello della storia. Fra questi popoli, che formano l’ ammirazione del mondo, io ne cito uno solo, e con orgoglio, i Zenoati. Ma non avendo una concezione esatta di D io , essi dovevano necessariamente cercarlo nelle forze cosmiche in cui la potenza sovranaturale si manifestava. Vedevano nella fe condazione della terra, nel concepimento dell uomo, nell’ estinguersi della fiamma vitale, quel mistero che fa pensoso ogni essere intelligente, e avranno naturalmente adorato, come tutti i popoli italici, la divinità in quanto fecondava la terra, in quanto maturava le messi, in quanto dava la luce al mondo, l’ atterriva col fulmine, accendeva o spegneva negli esseri umani la vita. Ma che plasmas sero, alla greca, divinità speciali, che avessero templi in mezzo ai loro monti non si può dire senza alcuna prova. Tutti gli Dei Bor, Mar, Albion , Bergion, che il Bar detti e il Serra avevano visto nelle radici di certi voca boli , scomparvero ai miei occhi appena io rivolsi su queste parole un po’ di critica filologica. Il B o r non significa che la posizione a nord 0 la posizione esposta A t t i S o c . L i o . d i S t o r i a P a t r i a . V o i. XXX. *3 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - i 78 - al vento di tramontana, il Marenco, il M arassi, dove il Serra trovava il M ar, non sono che (ìà-^yxos affatto dis boscato, affatto sul fossato. A l-bion si riferisce al gran volgo, come vedemmo pai landò del v i, e così Bcrg-ion accenna al berg, di cui parleremo nella nota a p. 268. Così alla luce della filologia dialettale scompare il Giove a cui il Desimoni aveva fatto un tempio sui nostri Giovi, ritenendo che il mons Joventius della tavola rappresentasse realmente un monte di Giove, mentre non è altro che la traduzione di zuvu. Allo stesso modo scompaiono i templi e gli Dei delle teogonie del Celesia. Se è vero che in Italia si ebbe un Giove Penino per opera dei romani, non è punto di mostrato che petnno scompagnato da Giove fosse un Dio, e non un semplice aggettivo. Quanto al Giano non bastano i nomi di Arenzano, Carignano e Vezzano a testimoniare che regnasse come dio nell’ epoca preromana, perche i nomi di Renqen e Cavignan, presi per quel che sono realmente, non contengono, nemmeno per ombra, are di Giano o carine di Giano, come vuole il Celesia, ma ricordano, come vedemmo, configurazioni naturali le più semplici che si possano immaginare. Quanto a Vezzano è troppo chiara 1’ origine latina di Vehanus per farne una vetta di Giano. Dal monte Arm etta il Celesia deduce che là fosse un tempio ad Ermete ; per me il monte dell’Armetta non è che il monte della piccola arm a , grotta. Il Celesia trova a Lerici la dea Etrusca E ris ; io chiesi notizie della dea al dialetto, e questo in modo irrefutabile mi rispose che Lerici non è che erxu. Si chiama l’ erxu per la stessa ragione per cui altri paesi si chiamano P in, altri l ’Ormo. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 179 — La Villa Matutiana vicino a S. Remo diè argomento agli eruditi di attribuire ai Liguri una dea M atutia. Essi collegarono il suono della parola ligure alle remi niscenze classiche relative a questa dea. Ma tutta codesta erudizione è basata sull’ omonimia, ed io mi domando qual credito possiamo accordarle, dopo che abbiamo visto i Romani farsi giuoco di tutti i nostri nomi battezzando Ioventio il zuvu, Lemurini i Lem uin, Ricina Reco, e così di seguito. Intanto io constato che ^oliata è la collina in forma di mamellone, e poiché non si hanno notizie più precise della dea, io continuerò a credere che quel nome, come generalmente tutti i nomi liguri, rappresenti una configurazione locale e nuli’ altro. Nemmeno posso credere che vi sia un dio in quei Diano che troviamo frequentemente in Liguria , Diano sulla riviera, Diano in quel d’ Alba. Noto due circo stanze: i.° che in dialetto si pronuncia D i-àn coll’ ac cento molto vivo sull’ an\ 2 ° che gli antichi Diano sono sempre sull’ alto. Da ciò argomento che Di-àn sia piut tosto la forma primitiva di una espressione che è molto in uso in Liguria: d’ in sciù. I Genovesi che vanno al mare dicono: vado in zìi; quando tornano a casa vanno in sciù. Chi va sui Giovi dice egualmente vado in scià ; gli abitanti che sono nella valle si chiamano quelli de suttu, gli altri che sono sul monte si dicono quelli d ’ iti sciù. Questi rilievi d’ indole locale mi inducono a rite nere che quei di an altro non fossero che quelli che stavano in alto, dal momento che an è la preposizione che si trova in greco e in molti composti del dialetto ligure per indicare in sii (1). (r) V e d i la voce a n a p. 1 1 5 . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i8 o — E per finirla con questa demolizione di Dei osserverò che la tradizione di Giano, dio, fondatore e re dei Liguri è aneli essa molto sospetta perchè nasce nel medio evo quando era suprema ambizione degli imperatori come dei popoli di farsi credere più latini che fosse possibile; se non si era discendenti diretti di Roma, si voleva es sere collaterali in primo grado, perchè con queste par venze si credeva di acquistar dignità, gradi e privilegi nel mondo che stava per rinascere, un mondo tutto plas mato alla romana sia in politica, sia in letteratura che in arte. Perciò io dubito assai che se non fosse per Roma Giano non esisterebbe nelle tradizioni genovesi. Ebbe probabilmente nell’ epoca romana il suo tempio in Ge nova, ma da questo fatto al dire che Giano fu veramente il dio dei Genovesi e fu il fondatore di Genova corre la differenza che vi è fra la favola e la storia. Vi sono bensì nel dialetto alcune frasi che accennano a divinità, e sono il die, d ia n -a ; che si riscontrano in queste frasi : p e r-d ie, pcr-di-ana-bacco, per-bac-culina , per-bacculetta, per-din-culin-a. Ma parmi di vedere abbastanza chiaro che queste frasi più che esprimere una fede rap presentano uno scherzo alle spalle di Bacco. Bacco è noto. Ma chi era il culin-a ? Non si tratta di nuovo dio. 1 buoni Liguri dall’ umor allegro brindavano col culin-a e col culetta al dio bicchiere. KuXrj è il ca lice , la tazza, culin-a e culetta altro non sono che un vezzeggiativo di tazza. Amavano i nostri Liguri la loro culetta quanto Petronio, X arbiter elegantiarum, la sua trulla murrina, che costava 300 talenti. E quando giu ravano più che a Bacco, rendeano omaggio alla tazza del dolce licor. La frase per-bac-culina e per-bac-culetta, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 181 - vuol dire per la tazza d i Bacco, o meglio p er la tazza di vino. Il per-die significa per il dio (Aia) ; p e r d i ana bacco significa per dio in Bacco. + 26. — All’ idea religiosa si connette 1’ idea della fa miglia, di questo vincolo che tutti i popoli ebbero sacro, finché corrotti dalla materialità del piacere, o dall’ ego ismo della ricchezza, non smarrirono l'idealità, e subito dopo il concetto pratico della vita. Il sentimento di famiglia era profondo nel nostro po polo antico, così profondo che 30 secoli non valsero a sradicarlo, ed in oggi forma la più bella caratteristica, il più gran coefficiente di forza della razza ligure. L’ Issel ci ha descritto con bellissime pagine i senti menti famigliari dei Liguri, facendo una geniale ricostru zione psichica sugli oggetti ritrovati nelle caverne. Io accenno ai vocaboli più intimi del favellare primitivo. Pà e mà. Ritengo che queste fossero le espressioni pri mitive mediterranee per dir padre e madre. Poi il greco fece TOx-xrjp e |io-0rp e il ligure analogamente po-è e nio-è. Ila e |j.a sono due suoni primordiali da cui si svolse un infinità di vocaboli. Dal confronto di questi si viene a conoscere che pa e ma avevano il significato di tutto, di affatto. E per fermo troviamo in greco : ~ia, niux, ~xv. tutto ; |xàv, ujjv, affatto, che in inglese è many, in francese maint, in volgar italico ma. « Qui non avea pianti ma che di sospiri ». In vai di Scrivia ancora oggi per dire: il tale non ha che ciarle, si dice: 0 ria ma che der ciarle. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 182 — In ogni ordine di idee si affaccia il ma primitivo. Nell ordine degli affetti la madre è ma, come nelle re lazioni di spazio l’ affatto è il mare, che il ligure seguendo 1 espressione primitiva continua a chiamare semplicemente il ma. Il p a col significato di ro b , n a ca, icàv si trova nella composizione di un’ infinità di nomi liguri ; Pa-vei, tutto abeti, Pan-ta-sm a, tutto sulla zina, Pa-vi-a, tutto gente, P a -v i-a n , tutto gente in collina. Nell’ ordine degli affetti p a è il padre, nell’ ordine fisiologico pan è il pane. F io , greco 960$, il figlio. Errore dunque il credere fio abbreviazione di filiu s . Neo, néssa per nipote, greco v&s, vé-eaaa. 11 figlio del figlio si chiamava il nuovo, X ultimo comparso; tale ap punto è il significato di véo$. Quel bambino che chiama il suo tutto il padre e la ma dre — quei genitori che dicono al figlio: tu sei il nostro generato — che sorridono al figlio del figlio chiamandolo il nuovo — ci rivelano un consorzio d’ anime inspirate alle più pure idealità. Un affetto potente legava in una sola catena tutti i membri della famiglia e ne formava un ente pieno di energia, di vitalità, di fede. N en ia , ora la nuora; prendeva essa pure il nome dal fatto che era la nuova in casa, da veto;, t). Zenòu, genero è nome che parte dallo stesso concetto; è il il forestiero che diventa dei nostri. Z io in riviera di ponente come in Toscana per indi care il fratello del padre o della madre; greco Moq. * Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 183 — 27. — Dirà il lettore: ma son proprio queste le voci del dialetto primitivo ? Ho già manifestato i criterii che mi avrebbero guidato in questo lavoro di selezione archeologica; ma è bene ritornare alquanto sull’ argomento. Il lettore deve aver presente che io ho sempre riferito vocaboli, espressioni che per loro natura sono per così dire fondamentali, statutarii in ogni linguaggio umano. I popoli possono aver tolto a prestito da altri il nome di cose e concetti, che sono accessorii della civiltà; ma vi sono invece vo caboli, che sono inerenti alle prime manifestazioni della vita, e questi si devono ritenere primitivi. Il modo di concepire la natura, il modo di esprimersi per indicare il monte, il piano, la valle, il fiume, il padre, la madre, gli esseri viventi, è sempre generazione spontanea del pensiero umano in relazione colla natura; si eredita dai padri non si copia dallo straniero. Ciò posto, mi pare di poter asserire che l’ indagine testé compiuta è im portante non parzialmente presa, in quanto spiega 1 uno più che 1’ altro nome (io non la pretendo ad etimolo gista e sarò grato a chi vorrà correggermi nelle mie parziali ricerche), ma è importante nel suo complesso. Infatti, per quanto sia stata rapida e incompleta la mia rassegna, credo che la fisionomia del dialetto antico sia per gli studiosi sufficientemente adombrata. Si sente nel complesso un tipo unico, omogeneo, caratteristico, primi tivo di linguaggio, si sente la verginità dell idea che informa tutte quelle espressioni dialettali. Si capisce che è una mente semplice che svolse, filò, per così dire, tutti quei concetti attingendo sempre a una fonte, la natura. La fonetica e la morfologia di questo dialetto ci dice Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 184 — chiaramente che Greci e Liguri furono un tempo una fa miglia sola (i). Se poi, mettendo da parte la fonetica e la morfologia, ci limitiamo ad esaminare il dialetto nella sua parte tìlosotìca, cerchiamo il verbo che si racchiude nel nostro linguaggio , allora troveremo che il pastore ligure è nella sua psiche. primitiva, il pastore di Grecia ( 1) G li scavi recenti del loro rom ano rivelarono un fatto che ha stretta attinenza i-olle nostre in\estigazioni. L a famosa stele arcaica che si attribuisce da alcuni al ^ I’ ^ e da altri al IV secolo avanti l’ lì. V , è scritta in vetusti carat- tei i g rtci a giudizio del Ceci, del Gamuzzini (Notizie degli scavi, 1899), del Gatti (B ollettin o d ella Commissione archeologica comunale di R om a, 1899), del Franz Schutsch iLitterarisches Centralblatt, 1899), del Comparetti (Atene e Roma, 1899) e d d Pais (N uova A ntologia, 1899). Io metto a riscontro questo fatto con alcuni passi dei C om m entarii di G iulio Cesare ove egli afferma che nella Gallia e nel- 1 E h ozia trovò in uso 1 alfabeto greco, e mi domando: questa scrittura che noi <-on\ezionalmente diciamo greca non sarebbe per avventura qualche cosa di più antico e di più generico, cioè la forma di cui si rivestiva quel dialetto primitivo i-he andiam o studiando e che si chiamò greca quando rivesti la lingua più perfetta d ie questo dialetto ha procreato ? E i vocaboli scritti in quella stele del foro ro m ano, quei vocaboli che non sono latino come dice il Ceci, o che per lo meno sono in confronto al latino di una arcaicità straordinaria, non rientrerebbero per avven tu ra m quel dialetto italico prim itivo, che è il dialetto ligure largamente inteso, in altri term ini il dialetto mediterraneo ? \ isitando il foro romano nel gennaio 1900 io pensavo: quella stele spezzata contiene parole di senso oscuro, ma intanto vi è una parola in cui si accordano g li interpreti, la giumenta: quei bassorilievi sparsi tra i ruderi han mille significati su cui si affacendano g li eruditi ; ma da quei bassorilievi una cosa vien fuori acces sibile a tu tti, che il maiale aveva una gran parte nei riti rom ani, come ci attesta il bassorilievo che è nelle vicinanze della colonna di Foca. Ed io ritornavo col pensiero ai m iei Ligu ri, alla loro P or sei-via, ai loro Ti-gulli, ai loro Ma-n’ eri ed ai loro fam osi muletti gigenii, con cui entravano in Zenoa, ed allora mi balenava a lla m ente questa sintesi storica: la stele arcaica, i bassorilievi del foro e tutti i riti p rim itivi di questi Rom ani, come degli altri popoli italici, altro non sono che m anifestazioni di un'epoca prim ordiale, in cui tutti i nostri popoli vivevano una stessa v ita , seguivano uno stesso costume, scrivevavano rozzamente cogli stessi caratteri una lin gu a, che ci riesce oscura come è scritta allo stesso modo che riu scivan o oscuri g ià ai tempi di Polibio i primi trattati fra Romani e Cartaginesi, m a che d oveva corrispondere in sostanza all’ antichissimo dialetto mediterraneo. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - i8 ) - come il pastore dell’Asia. Omero e la Bibbia sono il miglior commento dei Genoati e Viturii di 20 secoli fa. Più ci spingiamo innanzi nello studio delle origini, più si manifesta come una gran verità scientifica l’ insegna mento biblico che tutti i popoli avevano in principio un sol verbo e un solo linguaggio. L’ unità del linguaggio doveva necessariamente scomparire per ragioni geogra fiche e storiche, quando i popoli si dispersero sulla faccia della terra, andando incontro a fenomeni fisici e vicende storiche d’ indole diversa. Ma intanto il nostro studio ci assicura, che finché i popoli restarono nello stato pasto rale poco o nulla variarono degli antichissimi costumi, e delle antichissime idee che la natura avea impresso nelle loro menti, quando formavano una famiglia sola negli altipiani dell’ Asia. A base di pastorizia è la vita di Giacobbe, la storia del suo amore per Rachele — porci e veri costituiscono la parabola del figliuol prodigo— e le fontane, i fiumi, i bianchi capretti, gli olivi e le palme, e le melagrane formano gli elementi di quell’ immensa poesia che bril lava nel cuore del re Salomone. Tutta questa sempli cità, quest’ armonia primitiva è quella che induce in me la convinzione che il paesaggio ligure da me descritto è vero, che i vocaboli che a tanti saranno parsi strani come gli A-ren-gen, i Porsei-via, i Ti-gulli, i M an-eri, sono invece quelli che corrispondono al concetto delle origini storiche dei popoli. Del resto non fu mio intendimento di far qui una trat tazione linguistica, ma solo di presentare al lettore quel tanto del dialetto ligure antico che era necessario per renderci un po’ più famigliare quel mondo primitivo, in Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 186 — cui stiamo per addentrarci. A suo tempo discuteremo di proposito il dialetto e ne trarremo conseguenze d’ indole linguistica, etnologica e storica, di cui il lettore ha già compreso l’ importanza. E dimostreremo la verità delle nostre tesi che qui abbiamo abbozzate: 1.° Essere il dialetto ligure antico un dialetto che fu comune a tutti i popoli mediterranei ; 2.° Essere questo dialetto mediterraneo il substrato • linguistico su cui si formò la lingua greca e poi la lingua latina e poi tutte le lingue che vanno sotto il nome di neolatine ; 3.0 Essere i Liguri un popolo di razza mediterranea e non di razza nordica (i); ( i) La questione dell’ origine dei Liguri si dibatte, più viva che m ai, nel cam po della scienza, dopo che la storia si è dimostrata incapace a risolverla. I nostri antichi, che non am avano torturarsi il cervello, avevano finito per ri m ettersi a lle favole. N el tempio di S. Lorenzo, una grande inscrizione, che cam m ina lu n go i m agnifici colonnati, dava per uso dei Genovesi questa versione: Ianus princeps Iroianus astrologia peritus navigando ad halitandum locum querens sanum dominabilem et securum Ianuam jam fundatum a Iano rege Italiae pronepote Noè venit et eam cerneus mare et montibus tutissimam ampliavit nomine et posse. Q uesta lapide è del 1 3 1 2 . U n’ altra iscrizione molto più antica si legge sotto la testa di G ian o , che sta in alto a sinistra della gran navata. Essa dice: Ianus rex itaiiae de progenie gigantium qui fu ndavit ianuam tempore dbrae. Adunque Genova era stata fondata da Giano, re d’ Ita lia , pronipote di N oè, ai tempi d’Àbramo. U n altro G ia n o , principe troian o, grande astrologo e navigatore, l’ aveva poi occupata e ingrandita. E per i buoni Genuati non occorreva di più per credere che Ianu a (nom e m edioevale) venisse da Giano. A ltre favole parlavano di un L igurino, figliuolo di Fetonte, figlio di Cham , e padre di V e n e to , dal quale Ligurino , come primo loro duce, avrebbero i Liguri tolto il nom e. A ltre leggende, che adombravano forse qualche cosa più di vero, si riferivan o alla venuta di Ercole in Italia, alle sue guerre coi Liguri. Questa leggenda che ha profonde radici nella letteratura greca, rappresenta probabilmente j le prim e spedizioni fenicie nel suolo dei Liguri. F in qui siam o in balia dei poeti, gente gradevolissima, ma pericolosa, come dice il B arrili. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - i 87 — 4- Essere molto probabile la esistenza di un gruppo euro-africano j risultante da caratteri antropologici e linDopo il rinascimento s’ intromisero nell’ ardua questione g li eruditi, m i si rimase con più confusione di prima. Essi trattarono la questione con idee precon cette, con criterii unilaterali, desunti ora da un testo greco o latino, ora da una etimologia, ora dalla interpretazione di oscure leggende o di m iti im m aginosi. Basti notare la leggerezza con cui fu edificata tutta la teoria delle origini celtiche dei Liguri. Narra Plutarco nella « Vita di Mario » che alla battaglia di A ix gli Ambroni si mossero contro i Liguri, che erano nell’ esercito di M ario, gridando : « Ambra! Ambra! » ed i Liguri risposero collo stesso grido, spiegando poi che questo era il vero nome della loro nazione. Bastò questo perchè vi si edificasse sopra una teoria che, rivestita dal P. Bardetti di una indigesta erudizione, si ripetè fino ai nostri giorni. Il senatore Randaccio nel suo pregevole lavoro sul « Dialetto ligure » risolve le origini dei Liguri col passo di Plutarco. Le teorie lasciateci dagli eruditi si possono ridurre a tre — i. Teoria dei popoli aborigeni ed autoctoni, cioè nati sul luogo, che costituisce la leggenda dei poeti latini, e che meno esattamente si attribuisce nel secolo nostro al Micali — 2. Origine celtica, basata sul testo ora menzionato, sulla lunga consuetudine che ebbero i Romani di chiamare la Liguria e la Valle del Po Gallia Cisalpina, sul nome di Celto Liguri dato ai popoli dell’ Alta Italia o di Francia, e sopra una filza di nomi che si battezzarono di origine celtica dal Bardetti e dal Serra e dai loro seguaci — 3. Origine greca basata sulla parentela del nostro dialetto col greco, parentela giustamente intuita, malamente spiegata. Nel secolo nostro si è fatta innanzi la scienza con criteri suoi proprii, ed è giusto il confessarlo la questione ha acquistato serietà e consistenza nelle sue mani. Fu il Nicolucci il primo a dare un indirizzo scientifico alle ricerche col suo lavoro « La stirpe Ligure in Italia nei tempi antichi e moderni » pubblicato nel 1863 negli Atti della R. Accademia di Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Il suo studio, ricco di notizie storiche ed etnografiche si compendia in queste proposizioni : 1 0 Essere i Liguri odierni discendenza diretta di quei Liguri del1’ antichità, che nelle epoche preistoriche avevano popolato non pur l’ Italia, ma parte ancora della Francia e della Spagna — 2 ° Esser eglino di stirpe affine a quelli che abitavano l’ Europa innanzi l’ arrivo dei popoli Ariani — 3.° L e colonie ariane venute in Italia avervi in parte sostituito i più antichi abitatori ed essersi sovrapposti alla razza indigena, il cui tipo scomparve e fu assorbito dall’ ariano che divenne il tipo generale della penisola — 4.° Ma in Piemonte ed in Liguria la vecchia razza si serbò predominante, ond’ è che quivi il tipo antico o non fu punto o fu solo lievemente modificato. Schiapparelli nelle sue « Lezioni sulla etnografia dell’ Italia antica » pubblicate Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — iS 8 — guistici, ed essere importantissimo a questo riguardo uno studio comparato fra i dialetti italici e i dialetti africani. nel 18 78 esam inava le nuove e importantissime scoperte delle terramare nella valle del P o, riconosceva in quelle antichissime stazioni umane la presenza della schiatta ligure, che riteneva « d i sangue iberico, venuta probabilmente dall A frica». Questa schiatta, secondo lo Schiapparelli, avrebbe occupato le regioni occidentali del M editerraneo, lunghi tratti delle coste orientali dell’ Ib eria, e delle sponde della C eltica. I Liguri sarebbero stati poi in gran parte cacciati dagli Ariani, ossia dai C elti venuti dal N o rd , e ridotti ad occupare pochi tratti delle Alpi marit tim e, dell’ Apennino settentrionale e del territorio montuoso ai lati di queste due catene. C o là , dice lo Schiapparelli, essi appariscono ancora al principio del- 1’ E ra vo lgare con caratteri distinti , peculiari , quantunque vinti e sgominati d.11 R om ani. Il C e lesia, seguendo le idee del Nicolucci prese a dimostrare che il dialetto prim itivo italico , o sco , sabellico che dir si voglia, era il dialetto dei Liguri che sotto nom i diversi occupavano antichissimamente tutta l’ Italia. H umbold aveva già trovato che vi era affinità fra i Baschi di Spagna e 1 Liguri. Molon nel suo libro « Preistorici t Contemporanei » (Milano 1880) e nella mo nografia « I nostri antenati » (Parm a 1887) discute lungamente e un po confu sam ente sulle origin i, rileva l’ affinità fra i Baschi e i L igu ri, che sarebbero gli avanzi di una antica razza, che avrebbe popolato in tempi remoti le rive del M editerraneo; dimostra come il Ligure sia il popolo italico, di cui si possedono m em orie di data più remota, e come il suo idioma abbia lasciato traccie profonde nei volgari di tutta Italia. L a scienza moderna si è dedicata al problema delle origini con tutti i mezzi che erano a sua disposizione, ed in poco tempo si dichiararono tre scienze di stin te , ma convergenti allo stesso scopo - la linguistica - 1 antropologia la paletnologia. Pur troppo anche le scienze partecipano delle debolezze umane. Le tre scienze ora menzionate non si vedono di buon occhio l’ una coll altra, e invece di su. s diarsi a vicen d a, tendono a disputarsi il campo, e a mettere in evidenza i loro dissensi. L a linguistica è in oggi in lotta aperta coll antropologia. La paletnologi diffida delle altre due e fa cammino per conto proprio. Tutte tre hanno un di sprezzo troppo eccessivo per le tradizioni e i testi antichi, che se non furono capaci a dare una risoluzione definitiva, sono tutt altro che disprezzabili a mio avviso. Non è possibile qui riassumere il gran lavoro compiutosi in questi ultimi tempi. D irò soltanto che il movimento scientifico in Italia è nell’ ultimo ventennio splendidam ente rappresentato dall’ A scoli per la glottologia, dal Sergi per l’ antro- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 189 — Doversi i dialetti studiare sulla viva voce diffidando della grafia, quasi sempre alterata. Essere indispensabile per lo studio dei dialetti la famigliarità colla montagna. Per risolvere così gravi questioni non basta ancora quel poco che ho riferito del nostro dialetto; occorre che noi ci mettiamo in grado di presentare ai glottologi non solo gli scheletri di alcune parole, ma lo scheletro organico della lingua antica. È ciò possibile? Io credo che uno studio, come io lo intendo, può non solo giun gere al punto di ricostruire morfologicamente e foneti camente e nelle sue forme sintetiche il dialetto ligure antico, ma può condurci eziandio ad un altro importante risultato, dimostrare cioè come una meravigliosa conti nuità esiste nelle lingue mediterranee, specialmente nella volgare italica, specialmente nei monti della Liguria, una continuità, in mezzo alla quale il latino figura non già come lingua nuova, ma come una bella rifioritura del grande albero antico. pologia, e da una schiera di valenti archeologi e naturalisti per la paletnologia, Issel, Brizio, Clerici, Pigorini, Ghirardini e tanti altri. Sono notevoli in questo momento le conclusioni della scuola antropologica del Sergi, che vengono a stabilire essere i Liguri i veri Italici, cioè i primi coloniz zatori d’ Italia in confronto agli Arii (i Celti) che vennero dopo ; essere i Liguri una razza euro-africana, avere essi una origine comune cogli antichi popoli mediterranei , coi primitivi popoli dell’Africa settentrionale ; essere essi venuti dal mare, mentre gli Arii vennero dal Nord. La Paletnologia trova il Ligure nei più bassi strati della terramare. È discorde però sulla definizione dell’ elemento ario. La Glottologia non ha finora elementi sufficienti per stabilire una classificazione etnologica dei popoli. Le sue tendenze sono finora per l’ accoppiamento italo-celtico. Ma se la glottologia vorrà aprirsi una nuova via nel campo degli studii dialettali, io ho fede che, come dissi, sentirà il bisogno di nuovi orientamenti e che presto verrà il giorno in cui le tre scienze sorelle si daranno la mano proclamando con Tacito l’ origine mediterranea dei popoli Liguri. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 190 — Per ora ci basti l’ aver dimostrato come nel nostro dia letto di montagna esistano le forme dialettali primitive. Abbiamo accennato ad alcune principali e con ciò non abbiamo svelato che la centesima parte di ciò che esiste di antico. Ma è tanto che basta per dimostrare che ele menti di studio non mancano per chi abbia la volontà di rintracciarli. Ed è tanto che basta per maravigliarci come siamo venuti sino alla fine del secolo XIX pensando che i Liguri fossero una razza estinta, che il dialetto da essi parlato fosse qualche cosa di misterioso da gran tempo scomparso. Questa opinione è così radicata che il Randaccio, scrivendo nel 1894, diceva che nemmeno le cin que parole, già attribuite all’ antico dialetto dei Liguri, esistevano, perchè tre erano galliche e due eran figlie d ignoti! Recentemente il Nazari (i) scriveva, riassu mendo l’ opinione generale della scienza, che la lingua parlata dai popoli Liguri è scomparsa senza lasciar traccia d i sè. E un grande errore, ed io penso che non passera gran tempo che la glottologia moderna studiando gli elementi primitivi dei dialetti di Spagna, della Francia meridionale, d’ Italia e di Grecia adotterà una formola nuova affermando l’ esistenza, se non del gruppo euro africano, almeno del gruppo mediterraneo o greco-ligure. Lo studio del dialetto ligure antico contiene il se greto dei grandi problemi di razza e di lingua. Se non ha dato alcun risultato finora in ordine a questi problemi, ciò avvenne perchè fummo paralizzati sempre dal pregiu dizio celtico e più ancora dal pregiudizio latino. Roma aveva coperto d’ un velo le origini dei popoli, avea con ogni (.1) N a za r i, Dialetti italici. H o ep li, 1900. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 19 1 — arte, e non ultima quella del linguaggio, cercato di cancel lare ogni ricordo della loro nazionalità primitiva. Il fasto, le lusinghe della civiltà nuova fecero sì che anche i popoli, i Liguri non esclusi, quando si trovarono decorati alla ro mana, diventassero vergognosi del loro passato. E questa debolezza, così conforme alla natura umana, si radicò tal mente nei popoli italici che anche quando l’ impero era caduto, anche quando i nostri comuni risorgevano dopo il iooo a nuova vita, non si ricordarono più di esser liguri, ma da Roma trassero le inspirazioni del loro risorgimento, alla romana foggiarono i loro ordinamenti politici, la loro lingua ufficiale, le loro leggi. L’ illusione di far rivivere l’ impero fu sempre nel cuore degli Italiani. All’ epoca del rinascimento questa divenne, come dice il Sergi, un’ aspirazione morbosa ; i più grandi intelletti come Dante e Petrarca delirarono per essa. Cola di Rienzo rappresenta nella storia il primo fallimento della gran diosa utopia. Si capisce che con questi sentimenti, nes suno più rivolgesse la mente alla storia preromana. Il velo sulle origini liguri si fece sempre più denso. E così avviene che volendo in oggi ritrovare il ligure antico, noi dobbiamo rompere, più che un velo, una incrostazione latina di 20 secoli. Ma non per questo il ligure si deve dire scomparso; cercatelo in fondo al dialetto dell’Appenino e delle Alpi o lo ritroverete, come si trovano i suoi arnesi di pietra e i suoi fittili nelle caverne e in vai di Po negli strati delle terramare. Il ligure non è spento, come tanti hanno scritto, egli è pronto ad appa rire nei suoi atteggiamenti primitivi a chi saprà rievo carlo. Proseguiamo adunque : Lazare veni foras ! Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 CAPO III L A POLCEVERA PRIMITIVA. L A POLCEVERA A L L ’ EPOCA D ELLA TAVOLA DI BRONZO, i. L a Polcevera nell’ epoca primitiva. Porsei-vi-a. — 2. La Polcevera all’ epoca della tavola di bronzo. — 3. Storia del regime agrario dei Liguri. Divisione del territorio fra tribù. — 4. L ’ ager privatus della tribù. — plicus. — 6. I compascui. — 5. L ’ ager po 7. I prati nei compascui. — 8. Opinioni del R u d orff e del Desimoni. — 9. L e comunaglie; nidge. i. La Polcevera nell’ epoca pastorale era una bella foresta, ricca di pini, di faggi, di roveri, di castagni, di carpi, di abeti, ove intorno alle capanne dei pastori for micolavano pecore, agnelli e sopratutto veri (porci sel vatici) e porsèi (porci domestici). Queste prime nozioni ci fornisce il dialetto coi suoi antichissimi nomi. Pósei-vi-a significa v i multitudine di porsei, come B ó -viu e Bo-biu significa v i di buoi. Polcevera in italiano non è che una traduzione del Porcifera di Plinio, il quale, afferrando il significato pri mitivo della voce dialettale, avea tradotto : ferace di porci. Anche il termine di Procobera e Porcobera usato nella tavola di bronzo ritorna allo stesso significato. E se vi fosse bisogno di ulteriori commenti, si può richiamare la testimonianza di quel Vescovo che, di ritorno dal Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 193 - concilio di Trento, scrisse della Polcevera: «Vallem inveni plenam castaneis et animalibus immundis ». L’Accinelli scrive di Genova nell’anno 1751 « Fu in » quest’ anno tanta abbondanza di porci in Genova che » si risolse il Magistrato dei PP. del Comune, con suo » decreto 13 Marzo, a dar facoltà a tutti di ucciderli ». Nè era questa una particolarità dei Genovesi perchè tutte le grandi città abbondavano di simili ospiti. Se questo avveniva nel secolo scorso, si può imma ginare che cosa fosse il mondo primitivo. Porsèi in Pol cevera, g u lli nella vallata di Rapallo, Berti, cioè pastori di beri nella riviera di ponente. I-beni per tutta la Spa gna tanto da darle il nome di Iberici. Tralascio tutti i verus, verres, porcus che infiorano la storia romana. Ri cordo per i Genovesi il Sus-èia (aug-eia) luogo di porci. Venendo all’ analisi della parola dialettale Pósei-vi-a è facile scoprire nel Pòsèi una sfumatura fonetica di pòrsèi. Per quella tendenza a sopprimere le consonanti, che è propria del nostro dialetto, l’ r quasi non si pro nunzia, ed è questa la ragione per cui 1’ 0 prende tal volta un suono nasale e facilmente si pronunziaponsei-vi-a. Il Giustiniani, che come Genovese avvertì quella sfumatura, scrisse Pocevera. Il vi è parola ornai nota; quanto all a è la solita finale del femminile Adunque Pósei-va era la valle abbondante di porci. Concorda la filologia e la tradizione storica; concordano pure altri fenomeni locali che accenneremo fra poco. La flora primitiva della Polcevera ci è data da questi nomi : Figino era un luogo piantato a faggi (cpT]Yivo$) ; il monte Figogna era il monte tutto circondato di faggi (cpriywv, óvos). Presso 1’ abbazia del Boschetto } in quella A t t i S o c . L ig . di S t o r i a P a t r i a . V o i. XX.2C. ‘4 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 194 — piccola costiera per cui si sale dal Boschetto a Borzoli, dovevano essere delle tagliate di faggi ai tempi romani il cui nome Jig u ie e Jigu aè fu probabilmente quello che diede occasione ai romani di scrivere A d Jìgulinas nei loro itinerarii. 11 Ligure distingue ancora oggidì ruveied, da ruveiaè, tagliate di roveri, tassarciì bosco di tassi, da taxaee , tagliate di tassi ; e così distingue carpineto da carpinaèe , P i /èo da Pinaèe. I monti intorno a Genova erano per la maggior parte boschi di pini, e si capisce come siano stati i primi ad essere sacrificati alle esigenze della navigazione. Divennero pinaèe e finirono in quello stato miserando in cui si presentano alla « Pro Mon tibus » del secolo XX. Sulla sinistra sponda della Polcevera abbondano i ro veri , troviamo ruvaeiè, cioè tagliate di roveri (a vuié ); e roveri a bosco a Rivarolo, Ruveieu. I porci che ci annunziava il nome di Porsei-vi-a li ritroviamo con stabile domicilio a Fum -eri, mucchio (jpu?ì) d e r i , a M a-n-en , affatto negli eri. Sotto le ruvaeié , ossia V uiè , la tavola ci segna il B en -giem a , e il fossato Veri-glasca, due nomi che rappre sentano egualmente i V eri (non dimentichiamo che b e v si corrispondono^. Le pecore, le ovine, oin , che avevano sì gran parte nel paesaggio primitivo, le troviamo ricor date in Polcevera in queste voci. Ment-oin, Ment-on, erano le frasi abitualmente adoperate per indicare tutto pecore (M en , M en t, tutto affatto). E noi troviamo i Mentoin, i M entovines della tavola, a Larvegu e alle Capanne di Marcarolo, veri paesi da pecore; troviamo le pecore anche giù in basso a Pre-menton, prati tutti pecore. La vallata era chiusa in alto dai monti che si chìa— Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — i 95 — mavano Lem uin , che la tavola di bronzo illustra col titolo di Lem urini. Era la catena che s’ incurva sopra Cravasco e Pietralavezzara ; da tempi antichissimi i monti più alti di questa catena si chiamavano Ta-cun e Lecco. come vedremo a suo tempo-. Veniva poi il monte detto ora Peuzu , allora a Uà (nella tavola A /ian u s), poi ó Zuvu ora Montàdo (nella tavola Joventius), poi il Caopennin (nella tavola Apeninus Summus) ora C a-pellin , poi il Tuledon ora Caermo. La Póseivia aveva per suoi affluenti principali il V erde , che fu tradotto per Ede nella tavola, e il Tuntlasca ora Seca. La vallata era da tempi remoti abitata da due popoli Liguri, i V itu rii e i Zenoeixi. Questi popoli si suddi videvano in tribù ; a Langasco aveva il suo centro una tribù di Viturii che abbracciava nella sua periferia Sesia, Mignanego, Isoverde e Campomoron (tutti nomi dell’epoca antichissima). In seguito questa tribù si estese in quel di Sera , Pedemonte e Vuiè, come vedremo dalla tavola di bronzo. Da Seanesi e Castrofin (S. Cipriano) comin ciavano le tribù dei Zenoeixi che occupavano la parte bassa della Poseivia e si estendevano da Caestro-Jin a Porto-fin , due nomi che rimangono tuttora intatti a in dicare i confini storici dell’ antichissimo popolo Genuate. Di tutti questi fatti avremo la dimostrazione man mano che penetreremo nel segreto della tavola di bronzo. * 2. — All’ epoca della tavola di bronzo, che è quanto dire all’ epoca in cui i Liguri vengono a contatto coi Ro mani, i nostri erano tutt'altro che barbari; la Polcevera Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 196 — era, come già dicemmo, fiorente per coltura. Gli esi, cioè gli abitati, le belle ville , coprivano tutta la valle. Ne fan fede gli antichi nomi di Sesin, Sean-esi, Montan-esi e il Langasco e i castelli descritti nella tavola, e i rac colti di vino e di grano chè la tavola assegna al terri torio di Pedemonte e di Vuié. Il passaggio dallo stato pastorale allo stato di coltura doveva essere avvenuto molto lentamente. Non temo di essere esagerato dicendo che all epoca della tavola di bronzo Viturii e Genoati erano almeno da venti secoli stabiliti in quelle sedi. Vediamo come avvenne questo passaggio allo stato di civiltà. L indagine è importante perchè ci dà occa sione di studiare nei suoi primi atteggiamenti il regime agrario descritto nella tavola, quel regime che si estrin seca sotto i moltiplici aspetti di agro privato — agro pubblico — compascui — prati nei compascui. * 3- — Nella vita pastorale primitiva non vi era motivo di stabilire a chi appartenesse la proprietà della terra ; questa, come dicemmo, si considerava un bene comune al pari dell’ aria e della luce. Ma quando l’ agricoltura comincia a svilupparsi accanto alla pastorizia, la terra acquista un nuovo valore. Dap prima si considerava come patrimonio della comunità, ma il lavoro dei singoli genera necessariamente il con cetto di proprietà individuale, ed è allora che comincia quella evoluzione per cui, da una comunione generale, si passa mano mano ad una comunione più ristretta, e si finisce colla proprietà privata. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 197 - I Liguri erano fin da tempi remotissimi divisi in diversi popoli. Cominciarono a ripartire i territori fra popolo e popolo. Eccovi i Zenoeixi col loro centro, astu, a Zen-a — i Viturii col loro centro, astu, presso Votri ( i ) luogo segnato Hasta nella tavola Peutingeriana — i Tigulli (2) col loro centro a Rapallo (3). Questi erano popoli che pro babilmente formavano una confederazione, la quale faceva capo a Genova. Nella parte orientale vi erano gli Apuani ed altri popoli che facevano capo a Luni. Fra gli occi dentali primeggiavano quei di Saona (4), di Inganno (5) (Albenga) e di Intimelio (6) (Ventimiglia) i quali si orientavano probabilmente su Ventimiglia. Di questi raggruppamenti abbiamo degli indizii nei fatti che accompagnarono l’ invasione d’ Annibaie ; si sa che la riviera occidentale parteggiò per 1’ invasore, quelli che abitavano in fondo al golfo si tennero neutrali dopo essersi più volte riuniti a consulto (7). ( 1) Votri corrisponde al greco Bóxpuj, u va, come vedemmo a p. 148. (2) Ti-gulli, abbreviazione di ’ti-ti-gtilli, in ti porci. Vedi p. 15 5 . (3) Rapallo si decompone in Rap-allo. Q uell’ allo si trova sovente nelle voci liguri e significa (àXXoj) come Morg-allo, l’ altro Morgo. Questa considerazione ci porta a credere che realmeute l’ antica astu dai T igulli fosse più dentro terra, forse dove è ora S. Maria del Cam po, come riferisce la tradizione. Perchè si chiamasse Rap-allo la nuova città, bisogna che l’ antica si chiamasse Rapo o R a fo , giacché la radice del nome è pacp, rapa. Propenderei per il Rafo, che coincide con un cognome molto comune nella Riviera di Levante. (4) Saona risponde al greco oaóo), salvo, e significa luogo di approdo di scampo. Vedi p. 116 . (5) In-gauno significa nel ginocchio, in yóvt), e si riferisce alla sporgenza della montagna. Vedi p. 100. (6) Significa in (imèlu, termine ligure che significa punta nelle piante, vertice nei monti. Tutti sanno come l’ antica Ventim iglia sia appunto in un caratteri stico 5imélu. Vedi p. 79. (7) S e r r a . Storia di G e n o v a , V o i. I, p. 12. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 198 — Alle spalle dei Viturii e dei Genovesi erano gli Sta tielli, capitale A iq u i e i Tur-tun-in, capitale Tur-tun-ci in latino Dectunini e Dectuna poi Derthona. Ogni popolo si suddivideva in tribù. La tavola par lando dei « Vituri Langen » ci fa conoscere chiaramente che diverse erano le tribù dei Vituri, ed io pongo fra queste quei di Vótn, i Langen e i Mentovin. È impor tante al riguardo l’avvertimento del Mommsen, il quale ci raccomanda di non moltiplicare troppo i popoli liguri, e di aver in mente che molti nomi rappresentano suddi visioni, tribù dello stesso popolo. 11 territorio adunque fu ripartito prima fra i diversi popoli, poi fra le tribù di ciascun popolo. I gioghi e i corsi d acqua segnavano generalmente le linee di con fine. Si diceva agro Viturio quello che spettava al po polo dei Viturii — agro dei Viturii Langen quello che spettava alla tribù che aveva il suo centro a Langasco, e così vi era 1’ agro dei Vituri Mentovini con sede a Larvegu, 1’ agro dei Vituri marittimi con sede all 'Astu (Hasta) presso Voltri. Fra le tribù dei Genoati io pongo: i.° quei d'A -r-bd (Albaro), 2.0 i N ervin (Nervi), 3.0 quei di S o ri (Sori), 4.0 i Camuin (Camogli). 5.0 gli E n in (San Pier d' ein-d), 6.° quei della D oria in Bisagno, 7.0 i B a v a i (Bavari) » 8.° i B a r g a i (Bargagli) » 9 .0 g li Ode (O r e r ò ) , io.0 quei di Castrofin (S. Cipriano), Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — >99 - ri.® quei del Ruveièu (Rivarolo), i2.° quei di Seanesi (Ceranesi) (i). I Tortonesi avevano probabilmente molte tribù; impor tantissima diverrà col tempo quella dei Libarnesi occupanti valle Scrivia e vai Borbera con centro a Libarna. L’ agro od arvo di ciascuna tribù si chiamava poplicus, abbreviazione di populicus perchè al popolo apparteneva. * 4> — Mentre queste divisioni di territorii avvenivano nei rapporti esterni, altre importantissime modificazioni avvenivano nel regime interno delle singole tribù. Ogni tribù aveva preso stabile dimora sulle alture, Odjv, e dalle alture era discesa nelle valli, scegliendo di preferenza i luoghi più soleggiati, lungo le roie o dorie presso lefun-tan-e. Ed in quelle plaghe, col consenso della maggioranza, ciascuno roncava, stabiliva le sue fasce e le sue maxée. Accanto ai legumi cresceva il grano, 1’ oia ossia 1’ ulivo, la vigna e i frutti squisiti. Le parole in mor, moro come Morgo, Morgallo, rappresentano, come già vedemmo, i bei frutteti della Polcevera di 2000 anni fa. Si formarono allora quelle belle ville che furono per così dire le prime monadi di proprietà privata, gli e s i , che coll’ andar del tempo divennero pa-esi, cioè gruppi composti di molti est. Come è naturale, la tribù concedeva che chi aveva dissodato e reso fruttifero un terreno se lo godesse, pa gando il concessionario un piccolo canone; poi si andò più innanzi e si disse che poteva venderlo e trasmetterlo (1) Ritorneremo a parlare di queste tribù al cap. VII. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 200 — a g li e re d i ; poi lo si e so n e rò anche dal canone ; e questa è 1 o r ig in e d ella p ro p rie tà privata. T u tto 1 in siem e di c a se e ville p rivate form ò appunto 1 A g e r PRrYATVs di cui p a rla la nostra tavola. * ^ a parte meno fertile del territorio, quella che non era stata oggetto di ripartizione ai privati, restò 1 A g e r poplicvs, cioè territorio di uso pubblico. S e n on ch e lo svilu p p a rsi della popolazione , il pro g r e d ir e d e ll a g ric o ltu ra , il rapido avanzarsi della civiltà s p in g e v a n o i p op oli ad in taccare anno p er anno 1’ agro p u b b -ico co n n uove coltivazioni. A ll’ epoca lia m o p assi s: c am m in ava a g ra n d i di nella cui p ar trasform a z io n e d e ll a g r o p u b b lico in a g ro privato. L a tavola ci ta c o n o s c e re ch e nell a g r o pubblico dei L an gen vi era una q u a n tità di p o sse ssi p r iv a t i. che dovevano essere r .s p e tt a t i co m e tali, p a g a n d o essi un canone all eran o d e lla tr ib ù . * 6- — S p ie g a to 1 ordinam ento primitiva e le evolu z io n i su c c e s siv e , ed il rapporto che intercedeva fra agro p r iv a t o cosa ed debba a g r o pubblico, passiamo ora a vedere che in ten d ersi p e r « Compascui > secondo la t a v o la d i b ronzo. M entre le valli si coltivavano, le alte costiere dei monti rim anevano sempre destinate alla pastura. Pare che per av e re p iù ampiezza e lib ertà dì pascoli lasciassero quelle -One montuose, che erano zone di connne, ad uso prò- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 201 — miscuo di tutti i popoli confinanti. I monti che dividono la Polcevera dalla Scrivia erano bensì dell’agro dei Langen nel versante sud, e dell’agro Dectunino nel versante nord, ma Langen e Dectunini portavano lassù il loro gregge e pascolavano liberamente al di qua e al di là, almeno per una determinata zona. Lo stesso dicasi dei monti che erano fra i Genoati e i Vituri da Vuiè a Ouè. Ecco spiegato il c o m p a s c v o , parola che, letteralmente tradotta, significa pascere cum, pascere insieme. «r 7. — Resta a spiegare la faccenda dei prati. Venne un giorno che anche il fieno ebbe un valore e formò oggetto di speculazione privata, al quale risultato avrà contribuito per molta parte il passaggio frequente delle legioni per la ria Postumia. Si capisce che i Langen, che si trovavano precisamente sulla gran via, che da Ge nova conduceva a Piacenza, tendessero più degli altri a far monopolio di fieno. Si capisce molto bene dalla ta vola che essi andavano d’ anno in anno restringendo le zone destinate al compascuo, stabilendo poco per volta dei prati e chiudendoli. Si capisce che Genovesi e Dectu nini fossero malcontenti e che finissero per far altrettanto da parte loro. Ecco spiegata la sentenza dei Minucii quando dice, in via di conciliazione: si mantenga lo stalu quo nei compascui. Sia libero a tutti i Langen, Genoati, Dectu nini, Cavaturini e Mentovini pascervi il gregge, far legna, prender materiali- Quanto ai prati che si son fatti nei compascui restino, ma non se ne facciano dei nuovi, o Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 202 — per lo meno, volendo farne, si abbandoni al compascuo altrettanto dei prati vecchi. * 8- — Riassumendo , dirò col RudorfT che nell’ agro pubblico, in causa delle continue trasformazioni, eransi form ate tre categorie: r.° l’ «ager cultus» cioè i coltivi dei privati che pagavano un canone alle tribù ; 2 ° « prata » i prati formati dalle tribù ; 3.0 « compascua » i compa scui, i pascoli e boschi destinati al godimento promiscuo, che andavano sempre più restringendosi alle parti alte e montuose per il continuo avanzarsi dei prati e dei coltivi. Il sugli prof. Desim oni, inspirandosi alle idee del Kemble ag ri germ anici, ritenne che il compascuo fosse un terzo agro che facesse corona all’ agro pubblico. Non mi sem bra che a un tal concetto si presti la tavola di bronzo. Il pascolare promiscuo , caratteristica del com p ascu o , si esercitava nell’ « agro pubblico» dei Langen, com e d egli Odiati, dei Dectunini e dei Cavaturini, e non in territorii speciali ; e la tavola lo dice quando stabilisce i rapporti fra i prati e compascui, quando proibisce di far altri prati nell’ agro pubblico, quando dice che nei prati g ià fatti non si potranno dai Langen, Odiati, Dectunini, C avaturini e Mentovini condurre bestie a pascolo, che volendo far nuovi prati bisognerà lasciar libero altret tanto territorio per il pascolo comune. Adunque prati e com pascui erano due elementi che tendevano ad esclu dersi a vicenda entro I' agro pubblico. Un altro argomento Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 203 — decisivo mi par che nasca dal vedere quali sono i con fini dell’ agro pubblico dei Langen. Esso arrivava fino al giogo, e si capisce che al giogo arrivava, d’ altra parte, 1’ agro pubblico dei Dectunini e dei Cavaturini. Non p o teva quindi esistere una zona intermedia, e per necessità bisogna concludere che i compascui si esercitavano, dai popoli confinanti, sulle parti estreme dei monti in una zona che da una parte era agro del popolo A , dall’ altra del popolo B. Non vi era territorio che non fosse agro pubblico o privato di qualche popolo, ma vi erano delle porzioni di agro che restavano soggette al pascolo pro miscuo, e queste si dicevano i compascui. Del resto io mi limito qui a delinear la mia tela; e non è per ora il caso di entrare in discussioni che avranno il loro posto nei successivi capitoli. * 9. — I compascui di cui parla la tavola divennero col tempo le comunaglie di Fiaccone, Busalla, Savignone e Casella al di là del giovo; Mignanego, Serra, Ouè al di qua. Compascuum è termine latino, ma non fu mai in uso presso i liguri, i quali adoperavano piuttosto il termine di comunaglie per rappresentare le zone destinate ad uso comune. Per i liguri la parola « compascua » sarebbe stata meno propria, per la ragione che i loro beni d ’uso comune erano essenzialmente boschi, che servivano al pascolo non solo, ma a provvedere legna da ardere e materiali da costruzione. Comunaglie è pur esso un termine preso dal latino, ma, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 204 — prima che i libri censuarii adottassero il latino comunalia, esisteva una parola dialettale di cui ho trovato i residui sui nostri monti ed è il « niàge » Kotvó? e xotvwvta dicevano i Greci per significare « comune e comunione » e xocvovixó? (che resta in canonico) per significare la per sona o la cosa faciente parte della comunione. Argomento da ciò che il « niàge » che incontro sovente nelle alte zone montuose, corrispondenti senza dubbio agli antichi com pascui, altro non sia che un abbreviazione di un’ an tichissim a forma dialettale, che io reintegrerei in como- m àge (xoivovià-YTj), e per abbreviazione niàge. 11 latino communis, communalia altro non sarebbe che una tra sformazione dell’ antica radice coinu in commu. Ma la sciando le disquisizioni linguistiche, si può ritenere per certo che le comunaglie dei nostri monti sono 1’ ultimo residuo di un sistema agrario che risale a non meno di 4000 anni fa. E d ora che conosciamo sufficientemente le persone ed i luoghi, veniamo all’ esame della sentenza. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 CAPO IV. LA SENTENZA DEI MINUCII. i. I rapporti dei Liguri coi Romani. — 2. I fratelli Minucii. - L ’ influenza dei R o mani in Liguria. — 3. Epoca della sentenza. — 4. Carattere della sentenza. — 5. Preliminari e formalità. — 6. Definizione dell’ agro privato dei Langen. Suoi confini. — 7. Confini dell’ agro pubblico. — 8. Vectigal dovuto dai Langen ai Genovesi « prò eo agro ». Si respinge il concetto di sudditanza, finora ammesso dal Rudorff, dal Mommsen e dal Desimoni. — 9. Cosa fosse il « Vectigal » e 1’ « ager vectigalis ». — 10. Decorrenza del Vectigal dovuto dai Langen. — 1 1 . I possessi privati nell’agro pubblico. — 12 . Com pascui 0 comunaglie. — 13. Norme per i compascui fra Genovesi e Vituri. — 14. I prati nei compascui. — 15. Decisione relativa alla liberazione dei prigionieri. Anche qui si elimina l’ idea di sudditanza. — 16 .Dissensi sul modo di leggere il testo. — 17. Discrepanze di lettura e di interpretazione a riguardo della clausola - si • oyoi • de • ea • re • in iq v o m • v id e b itv r. — 18. Il nome dei delegati Genovesi e Viturii. i . — Perchè i Romani sentenziavano delle cose nostre ? Genoati e Viturii facevano parte in quel tempo dell’ im pero del popolo romano nella condizione di confederati e per usare la parola classica di « socii >. È questa la generale opinione degli scrittori. I motivi che inducono a ritenere che i Genovesi ed i popoli in fondo al golfo fossero nelle condizioni di socii e non sudditi, sono diverse : i.° Il fatto che mai si trova menzione nei docu menti di Genova colonia. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 206 — 2 ° Il fatto che mai si parlò in Genova di Pretori, o Q uestori, ossia di quei magistrati che si mandavano nei paesi conquistati (S ic ilia , A fric a , Spagna ecc.) per am m inistrare e rendere oofiustizia. 3 .0 Il fatto che, i Genovesi contestarono sempre agli imperatori di Germ ania il dominio di Genova appog giandosi ai privilegi antichissimi che godevano ai tempi romani. Ricordiam o le parole di Caffaro alla dieta di R o n caglia : « A b antiquo concessum et firmatum est per romanos » im peratores, ut ab omni angaria et perangaria habita> tores civitatis Ianue debeant perpetuo excusari, solamque » fidelitatem imperio de be a nt . . . . E t non possunt de » reliquis appellari » ( 1) . 4 .0 L o studio della tavola ci fornisce altri validissimi argom enti. Veniamo infatti a conoscere che i Genovesi avevan preso, e condannato i Langen esercitando giuris dizione propria, ciò che vuol dire che Magistrati romani in G en ova non funzionavano. Nel parlare delle persone che potranno possedere nell’ agro pubblico dei Langen, si stabilisce che nessuno vi potrà possedere senza il per messo della maggioranza dei Langen. Ora è facile il com prendere che i Romani non avrebbero dichiarato queste cose per un territorio di loro dominio. Non solo non si sarebbe assoggettato il civis romanus ad una maggio ranza di L a n g e n , se per avventura ad un civis romanus fosse saltato il ticchio di avere una villa a Langasco, ma avrebbero piuttosto stabilito che per possedere vi doveva essere il beneplacito dei romani. Si nota infine in tutte (1) V ed i Caffaro e i suoi tempi del Marchese C e s a r e I m p e r ia l e di S. A n g e l o . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 207 — le espressioni dei fratelli Minucci una deferenza che sa rebbe veramente eccessiva e inesplicabile, se non si fosse trattato di socii. Se avessero giudicato dei sudditi i fra telli Minucii non avrebbero detto « ci pare che i Langen debbano avere il godimento. . . ci pare, conveniente che i Genovesi debbano rimandare i prigionieri ». Coi popoli soggiogati non si parlava così, ma si diceva « ordinamus, statuimus ». Più che giudicare si imperava. I Romani erano inesorabili coi vinti ; se non li oppri mevano, li annientavano ; viceversa i popoli che non si mostravano ostili erano trattati come amici, finché non intralciavano le viste dei conquistatori. II sistema romano di maneggiare i popoli è delineato con due parole assai crude dal Macchiavelli « o vezzeg giarli o spegnerli ». I nostri Genoati e Viturii erano a quel tempo fra i popoli vezzeggiati. A Roma conveniva per i suoi fini po litici 1’ amicizia dei Genovesi ; ai Genovesi conveniva per i loro scopi commerciali l’ amicizia di Roma. Erano dunque « socii » si governavano da sè, avevano magistrati proprii, amministravano le proprie rendite, non pagavano tributo a Rom a, contribuivano soltanto alla difesa dell’ impero, al mantenimento delle strade, alla formazione degli eserciti; erano alleati « et in amicitia populi romani vivebant ». Quando nascevano questioni interne fra Socii e Socii, il Senato si affrettava ad intervenire per cacciare innanzi più che potesse la sua autorità. Le divergenze per gli agri erano frequentissime in Italia ; e non mancano esempi in Livio di delegazioni fatte dal Senato a questo riguardo. Nell’ anno 173 a. l’ E. V ., essendo consoli L. Postumio Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 2o8 — Albino e M. Popilio Lenate, lo sterminatore dei Liguri Statielli, « senatui placuit L. Postumium consulem ad agrum publicum a privato terminandum in Campaniam ire, cuius ingentem modum possidere privatos, paullatim profferendo fines, constabat » Livio, Lib. , n. 2 . Come si vede, anche nella Campania vi era lo stesso sistema di agri, là come in Polcevera si tendeva a diminuire l’ agro pubblico, il compascuo, donde saran venute le solite guerre. Il console mandato dal Senato avrà, come i fratelli Minucii, piantato i termini e forse anche redatto un verbale in tavola di bronzo, di cui una copia sarà stata affissa sul luogo, ed una copia originale sarà stata portata a Roma. Queste tavolette di bronzo si conservavano nelle sale dell erario presso il Campidoglio, come ci attestano Polibio, Lib. in, c. xxvi; Livio, 111, 55; Svetonio in lui. Caes. c. 28, in Aug. c. 94. x l i i * 2. — I Minucii mandati a Genova, per giudicar le controversie fra Genovesi e Viturii, appartenevano ad una delle più illustri famiglie di Roma. La gente Minucia numerava già nei suoi fasti setti consoli, un Pontefice Massimo, un trionfatore. Ed era uno dei loro, e della famiglia dei Rufi, quel Minucio che era comandante in capo della cavalleria e morì contro Annibaie alla bat taglia di Canne. Un Quinto Minucio Termo, fu console nell’anno 193 a. 1’ E. V., e risulta da Livio che dimorò molto tempo in Liguria e che nel 197 partì da Genova Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 209 — con un esercito per soffocare la ribellione di quei di C asteggio; morì combattendo contro i Traci. lo penso che in quel tempo in cui il console Minucio Term o fu in mezzo a noi, essendo egli consigliato dalla necessità del momento a cattivarsi la benevolenza delle nostre popolazioni, molte cose si devono essere compiute e molte incamminate nell’ interesse di Genova. Genova, che per causa dei romani era stata distrutta da Magone (205 a. 1’ E. V .) , che nel 203 era stata ricostrutta dai soldati del Pretore Lucrezio, deve avere fatto valere.in questa circostanza ( 19 7 ) i sacrifizii incontrati per Roma, ed allora devono essere nati i primi accordi coi Romani per la navigazione e la 1’ autonomia del popolo sorveglianza del mare e per Genoate. Minucio avrà proba bilmente fatto intravedere i vantaggi di una gran strada (la Postumia costrutta poco dopo) che avrebbe messo 1’ Emporio in relazione colla vallata del Po. Gli interessi politici di Roma, coincidendo molto bene cogli interessi affatto commeriali di Genova, è ovvio che una buona relazione siasi stretta a quel tempo fra Zenoati e Ro mani e che Zenoa abbia appunto in quel tempo assicu rata la sua libertà entrando nel novero delle « civita » confederatae », le quali, come scrive il Merula « suis » legibus et magistratibus vivebant, diversisque foede» ribus amicitiam cum populo romano connecteb Nel secolo sesto di Rom a, che è appunto l’ epoca di cui parliamo, si trovano frequentemente in gazioni dei Tribuni per accordare la cittadinanza Romana a città italiane. Cito ad esempio ciò che e scritto a capo 36 del libro xxxm. Probabilmente e in quest epoca che i Genovesi furono ascritti alla tribù Galena, come si «f A tti S oc . L i g . d i S t o r i a P a t r i a . Voi. X X X .. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 evince da un marmo scoperto in Roma nel 1796. {V edi Sa n g u in eti /scrizio n i p. 24). Trovo anche verosimile ciò che pensa il Serra che i no stri Liguri eleggessero in quell’ occasione Minucio Termo loro patrono in Roma, come era costume delle città ita liane , che si mettevano sotto la protezione dei Senatori più cospicui e più benemeriti per avere maggior fa vore alla capitale. L onorevole patrocinio era continuato generalmente dai successori , e questa, come dice il Serra, potrebbe essere benissimo la ragione per cui il Senato di Roma nella sua saviezza mandò i due fratelli Minucii, probabili nepoti del Minucio Fermo testé ac cennato. I nostri due Minucii erano allora al principio della loro carriera p o litica, ed i fasti consolari ci fanno conoscere che non furono degeneri dai padri. Uno di loro portò in fam iglia 1 ottavo consolato, l’ altro, il secondo trionfo, avendo debellato i Triballi e gli Scordisci, popoli Traci, che erano scesi in Dalmazia, dopo aver sconfitto il con sole Porcio Catone. E poiché ho fatto ai lettori la presentazione dei Mi nucii, mi piace ricordare qui i principali personaggi ro mani che capitarono fra di noi nei primi cent’ anni. — Nell anno 218 il Console Publio Emilio Scipione, che sbarcava alla foce di Rivotorbido in tutta fretta per andare a fronteggiare Annibaie sul Ticino (1). — Nel1 anno 203 il pretore Lucrezio che venne colle sue legioni a rifabbricar Genova (2) distrutta da Magone fratello (1) Livio, XXI. 32. (2) L iv io , XXX. 1. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 di Annibaie ( i) . — Nel 197 Quinto Minucio 'l'ermo (2). Fra il 186 e il 175 un console Postumio, che costrusse da Genova a Piacenza la via Postumia (3). — Nel 1 17 gli arbitri fratelli Minucii. — Nel 109 Emilio Scauro, che compieva la via littoranea Pisa, Luni, Genova, Vado e il valico Vado, Acqui, Tortona, Piacenza. Vennero certamente in seguito Mario, Pompeo, Cesare ed Augusto, ma di lor venuta non ci restano precise memorie (4). Qui richiamo 1’ attenzione del lettore sopra un punto molto trascurato di storia ligure, voglio dire la grande trasformazione che subì la Liguria per opera di Giulio Cesare e di Augusto. Ciò servirà a giustificare i miei criteri storici, per quanto concerne i rapporti dei Liguri coi Romani. L’ epoca di Giulio Cesare e quella di Cesare Augusto è certamente la più importante per la completa fusione che avvenne in quel tempo del Ligure col Romano. Strana coincidenza ! L’ epoca in cui Genova e la Liguria diventa romana è 1’ epoca in cui nasce Gesù Cristo, banditore del gran verbo che doveva rovesciare 1’ Impero. Giulio Cesare ed Augusto sono due figure talmente grandi che la storia non è mai riuscita a disegnarle per intero. La Liguria e 1’ alta Italia furono dal loro genio, che diè nuova forma a tutto il mondo, radicalmente rin novate. Questa parte di storia che è la più importante e ( 1) L ivio , X X V III. 46. (2) Livio, X X X II. (3) Ne tratteremo a suo tempo nella parte III. I L igu ri nell epoca romana. (4) Su questo tema dei Romani in Liguria è interessante il libro di W . H . H a l l , The Romans 011 thè Riviera and thè Rhóne, London 1898. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 tuttora mal nota. L a storia si comportò a riguardo di Giulio C esare e di Augusto come ha fatto con Napoleone; descrisse, magnifico le imprese militari come se in queste consistesse tutta la loro grandezza. M a , come bene os serva L u ig i Arnaldo Vassallo (i ), spirito geniale e pro tondo ad un tem p o, « Napoleone non è soltanto un gen erale ; è sopratutto un uomo di stato che coordina una legislazione informe, o piuttosto la crea, che congegna con grandezza mirabile l ’ amministrazione pubblica met tendola in relazione diretta con i generali interessi . . . . Q ueste sono le vere, durevoli, grandi vittorie del genio strategico di Bonaparte ». Così è di Giulio Cesare e di Augusto. Gli storici narrano diffusamente del valore personale, delle riva lità, degli o d ii, delle stragi di cui furono causa, come se la loro grandezza consistesse essenzialmente nelle bat taglie vinte, nel sangue sparso. Ma uno studio obbiettivo della grande opera politica da essi compiuta, e per cui furono benemeriti del mondo e della civiltà, raramente venne fatto. L opera militare di Giulio Cesare e di Augusto ebbe relativam ente breve durata, l’ opera politica e amministra tiva fu così stabile che il mondo attuale non ha ancora scosse del tutto le basi su cui lo posero quei grandi uomini di Stato. Ritornando al nostro tema dirò che Giulio Cesare du rante le guerre galliche svernò molte volte nella Cisal pina, che vuol dire o a Piacenza o a Vado, ed in quelle circostanze visitò tutte le regioni di qua e di là dell’Ap( i) Secolo X IX , Gennaio 1900. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 21^ — penino, riordinò le colonie e i municipii accordando fa vori d ’ ogni genere, costruendo strade, innalzando templi e basiliche, introducendo dappertutto la grandezza ro mana ( i) . Cominciò allora il rapido latinizzarsi delle città dell’ alta Italia e della Liguria, le quali andarono poi a gara nel chiamarsi Ju lia , sia per gratitudine dei benefizii ricevuti, sia per l’ ambizione di far conoscere che erano state le città predilette dal gran Giulio. L ’ opera più im portante e meno conosciuta di Giulio Cesare fu la famosa L ex Ju lia municipalis ( 2 ) , che fu lo statuto fondamentale dei municipii italiani non solo per tutto il tempo che durò l’ impero, ma fu la base delle nostre costituzioni comunali nel medio evo e all’ epoca del rinascimento, ed inspira ancora molte parti della legislazione comunale moderna. L a riferiremo a suo tempo, parlando dell’ E poca romana, perchè essa è il punto di partenza della nostra storia comunale da Giulio Cesare in poi. Augusto fu il continuatore del pensiero di Giulio C e sare ; più fortunato di lui potè completare e lasciare il suo nome a quella grande organizzazione politica che è la cosa più meravigliosa dell’ impero romano. Ho voluto accennare brevemente a questi fatti perchè il lettore possa convincersi che io non intendo di esa gerare quel certo programma di ribellione all’ erudizione latina, ma intendo contenerlo nei suoi giusti confini, fa cendo una distinzione che raramente fu fatta e che è (1) S v e t o n io scrive, Iulius, § 28 « Provincias alliciebat . . . . Italiae . . . . potentissimas urbes, praecipuis operibus exornans ». (2) La Lex iulia ci è conservata in parte da una tavola scoperta nel 17 7 2 ad Hraclea, che si trova oggidì nel Museo Nazionale di Napoli Fu illustrata dal Mazzocchi e dal Mommsen nel Corpus Inscriptionum. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 214 — capitale. I Liguri primitivi si devono studiare in sè stessi, elim inando ogni concetto latino. Solo dal o ©-{orno in cui viene a Genova Lucrezio e poi Minucio Termo e si costruisce la prima via romana in Liguria comincia il contatto con Roma. I patti federativi, la concessione della cittadinanza preparano il terreno alla imminente trasfor mazione. M a un’ influenza romana decisiva, assorbente, non si verifica che ai tempi di Giulio Cesare e di A u gusto, i quali furono certamente in Genova, e la carez zarono e presen tava la favorirono la sua in ragione dell’ interesse che posizione marittima, il suo popolo procacciante, attivo , intelligente, atto a comprendere le utilità e i vantaggi del nuovo ordine di cose. L a difficoltà m aggiore di questo studio dell’ antichità ligure sta precisamente nell’ apprezzare al loro giusto valore g li effetti di questi primi incontri fra l’ elemento indigeno e 1 elemento invasore, per non vestire anzi tempo il L ig u re da R o m an o , e per dare a suo tempo tutta 1’ importanza che merita all’ influenza latina. * 3- — È interessante fermarsi alquanto sull’ epoca in cui la Sentenza fu pronunziata. Erano allora consoli, dice la tavo la, L . Cecilio figlio di Quinto, e Q. Muzio figlio di Quinto. I romani numeravano gli anni dalla fondazione della città — ab urbe condita — ma la data negli atti pub blici si segnava generalmente col nome dei Consoli, che avean governato in quel dato anno, potendo ciascuno ri- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 215 — scontrare nei pubblici registri, ossia nelle tavole esposte in Campidoglio, gli anni corrispondenti ai nomi dei Consoli. Il Giustiniani era caduto in un grave errore nel far questo riscontro. 11 Muucio (forma antiquata) invece di M udo lo mise in imbarazzo, ed egli finì coll’ attribuire alla tavola una data erronea, cioè 290 anni a. 1’ E. V. — 477 di Roma. Altra ipotesi errata fu quella del Conte Carli che assegnò una data posteriore di 50 anni. L a data vera — 637 di Roma — fu ristabilita dal Brisson e dal Bizarro, e poi con molta erudizione giustificata dall’ Oderico e dal Serra. Nell’ anno 637 di Roma — 117 a. l’E. V. — secondo i fasti consolari (vedi Mommsen) erano appunto Consoli L. Cecilio, figlio di Quinto Metello e Quinto Muzio figlio di Quinto. Sarà utile chiarire alquanto questa data per mettere in armonia la nostra storia con quella di Roma. Siamo nell’ epoca più bella della repubblica romana, al momento delle grandi conquiste, delle grandi e feconde lotte fra il patriziato e la plebe. Questa si agita inspirandosi alla memoria dei Gracchi, i coraggiosi tribuni uccisi dal prepotente patriziato. Siamo in un momento di reazione patrizia, tanto è vero che nel 643 viene approvata la legge thoria diretta a convalidare le usurpazioni degli agri pubblici per parte dei grandi. A Roma fioriscono in questo periodo uomini eminenti, fra i quali primeggia 0 . Muzio Scevola, che secondo il Serra e il P. Cantova, è il console ricordato nella tavola. Muzio Scevola era il grande giureconsulto, che disputava nel foro con L. Crasso e con Antonio, che fu maestro di diritto e di eloquenza a Cicerone, che dettò molti re sponsi di diritto civile che noi conosciamo indirettamente, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 2 16 — solo perchè li troviamo citati con grande venerazione nei frammenti del D igesto Giustinianeo ( i) . Cecilio Metello, 1 altro console, nominato nella tavola, ap parteneva all illustre fam iglia dei Metelli che già contava sette consoli. Per distinguerlo da tanti altri illustri MeII) « A conoscere le virtù ed il sapere di questo grand’ uomo, basta leggere ciò ..he in d i\erse occasioni ne dice Tullio. Non voleva egli tenere icuola nè pubblica nè privata di giurisprudenza; ma m olti, ciò non ostante, accorrevano ad udire le saggie risposte ch’ egli dava a coloro che a lui venivano per con s ig lio , e questo stesso era un utilissim o magistero, di cui Cicerone confessa di essersi g io v a o assai (D e CI. O ra i., n. Sp). A un profondo saper delle' leggi conDiu n geva egli u ni robusta eloquenza. Quindi Crasso, presso Cicerone, di lui p arlando così dice: (De O rat., 1. i , n. jq ) : Q. Scaevola aequalis et collega meus, homo omnium , et disciplina ju ris civilis eruditissimus, et ingenio prudenliaque acu tissimus, et oratione maxime limatus atque subtilis; atque, ut ego soleo dicere, juris* P er* l°rum tloquentissimus, eloquentium jurisperitissimus. Quintiliano ancora gli dà luo° o » stati gr.tn quelli che nella giurisprudenza insieme e nell’ eloquenza eransi acquinom e (/. io , c. _j). Uomo al medesimo tempo di probità insigne, era a tutta la repubblica esempio e modello d’ ogni più bella virtù. Memorabile è il fatto che di lui narra T u llio (De Offic., I. 3, n. 75), cioè che volendo egli » fare acquisto di un campo, e, fattane già la stima, avendo cercato al venditor di v e d e rlo , poiché ebbelo esam inato, disse spontaneamente che il prezzo a cui » età stato stim ato , non ne eguagliava il valore, e una somma assai maggiore glien e fece contare. Per questa sua integrità fu in odio a quelli a cui essa era » ed uno spiace voi rim provero ed un rigido freno (Cic. pro Plancio, n. 13 ) ; e » questa, per avventura, fu la cagione dell’ infelice sua morte; perciocché egli ne’ » funerali di C. Mario fu per mano di uno scellerato crudelmente ucciso (id., prò » Roscio A m e r., n. 12 ). Intorno a questo e agli altri Scevola che furon celebri in R o m a singolarm ente pel loro sapere nella giurisprudenza, veggansi le annota» zioni del P. Giuseppantonio Cantova della Compagnia di Gesù, poste al fine del » prim o libro dell Oratore di Cicerone, da lui di fresco tradotto e dato alle stampe; » nelle quali, con diligenza assai m aggiore che non abbian fatto comunemente gli » altri spositori, ha accuratamente distinte ed esaminate le cose che a ciaschedun » di essi appartengono. Quegli di cui qui favelliam o, fu certamente uno dei più illustri giureconsulti che vivessero in Roma, e secondo il parere del Terrasson ■> (Hist. de la Ju rispru d. R o m .,p . 229) e di molti altri scrittori, fu egli il primo » che a qualche ordine e divisione riducesse il Diritto civile, intorno a cui egli » scrisse diciotto lib ri, i quali dagli antichi giureconsulti sono spesso allegati ». C o sì il TiraboscliL Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 217 — telli.la storia lo designa col nome di Dalmatico (vinci tori dei Dalmati). Questo C. Metello ci richiama alla memoria un’ altra grande figura della Storia' di Rom a , C. Mario. Nell’ anno 635 di Roma, due anni prima della nostra tavola, Caio Mario, scrive Plutarco, ottenne il consolato per broglio di Cecilio Metello. A rrivato con questo mezzo, Caio Mario proponeva subito una riforma elettorale, come si direbbe in o g g i, per frenare le cor ruzioni (1), e al Console Cotta che si opponeva minacciò di farlo arrestare, e la minaccia fece eseguire contro il Senatore Metello suo protettore, che aveva parlato contro la legge. E così dice Plutarco , la legge fu ap p ro vata, '« e Mario passò per uomo che non si lasciava piegar per timore, nè smuovere per verecondia e che forte era e terribile in contrastare al Senato in grazia del popolo. » Cito questi fatti per dimostrare come certi fenomeni po litici non sono novità dei tempi nostri. Brogli elettorali e corruzioni degli uomini pubblici per denaro (2) furono sempre le piaghe che afflissero Roma nei tempi della repubblica, come nei tempi dell’ Impero. 11 colorito del- (1) Mario propose, per impedire ai nobili il traffico dei vo ti, che i ponti o ingressi conducenti nel recinto dell’ assemblea fossero fatti più angusti, affinchè vi entrasse uno solo alla volta, e non potesse stare alcuno sul passaggio a m er canteggiare i suffragi. Leggi vane, finché il popolo non comprende il valore e la dignità del voto. (2) Appunto nell’ epoca di cui stiamo parlando si ordivano le prime fila di quella matassa di scandali che fu la guerra Giugurtina, e che finì poi nel clamoroso processo dell’ anno n o a 1’ E. V. in cui furono implicati in gran numero con soli, proconsoli, questori e pontefici, tutti accusati di aver tradito la repubblica e essere stati corrotti dall’ oro giugutino. In quel processo dell’ anno 1 1 0 appa risce anche il nome di quel famoso Emilio Scauro, che un anno dopo (10 9 ) t r o vererno occupato, come censore, ad asciugar le paludi piacentine ed a costrurre la strada Pisa, Luni, Genova, Vado, e Vado Acqui, Piacenza. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 1 epoca ci è dato molto 2 l8 — bene dai due consoli testé accennati : Metello, carattere di guerriero, di patrizio, di politico appassionato, S c e v o la , intrigante, senza scrupoli. Muzio carattere di uomo di Stato, di giureconsulto retto, inflessibile, uguale a se stesso tanto nella vita pub blica che nella vita privata. Fu un’ epoca disordinata, ma esuberante di forze creatrici. Fu una delle più grandi p rim avere della umanità, se si pensa a quel meraviglioso svolgim en to di cui fu allora capace il popolo Rom ano, nell ordine politico, sociale e giuridico. * 4- — Veniamo ora all’ esame della sentenza dettata dai fratelli M inucii, la quale più che una sentenza si potrebbe dire un verbale di conciliazione. Infatti la tavola dice che esaminata la questione — coram in ter eos com poseivervnt — In Rom a non si fece che dare san zione e autorità di cosa giudicata al componimento. L e controversie che si erano presentate ai giudizio dei Minucii erano di diversa natura. Non sarebbe esatto chi dicesse che si trattava di un semplice regolamento di confini. Bene esaminando la sentenza, e ponendola in relazione colle formole del diritto romano, si scorge che, per un giureconsulto venivano in campo tre actiones : i.° L ’ « actio finium regundorum », cioè di regola mento di confini. 2 ° L ’ « actio vindicatoria », perchè non solo si volevano segnati i confini, ma si proponevano questioni attinenti alla proprietà, al possesso, ai patti enfiteutici. 3 .0 L ’ « actio de damno iniuria dato » nascente dalle Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 219 — ingiurie e vie di fatto. Questa azione era regolata dalla famosa « lege Aquilia » che fu pubblicata nell’ anno 286 a. C., legge che è un vero monumento di sapienza civile e di equità naturale. Trasfusa nei nostri codici , essa impera tuttodì nella soluzione delle più svariate questioni di responsabilità civile. * — Per maggiore chiarezza noi abbiamo diviso la sentenza in 12 parti. a) I preliminari. Si narra quanto i fratelli Minucii fecero sul luogo — esaminarono le questioni, c o g n o v e rvn t — le composero, c o m p o s e i v e r v n t — fecero segnare i confini, f j n e i s ■ f a c e r e — e stabilire i termini, t e r m i 5. N O SQ VE • ST A T V I. b) Si fa menzione delle formalità con cui fu pro nunziata in Roma la sentenza. La pronunziarono in nome del Senato, e x • s e n a t i • c o n s v l t o — in presenza delle parti, c o r a m , circostanza che nell’ uso procedurale equivale a notificazione. Segue la data della pronunzia: idi di Dicembre dell’ anno in cui eran Consoli L. Cecilio fiodio o di Quinto e q. Muzio figlio di Quinto — il che è quanto dire: addì 13 Dicembre dell’ anno 637 di Roma, 117 avanti 1’ E. V. (1). (i) Non sarà inopportuno ricordare in questa nota come fosse ordinato il ca lendario romano. « Il primitivo anno romano non aveva che 304 giorni, ripartiti in dieci mesi, » a cominciare dal marzo; le vestigia di questo antichissimo uso sono rim aste nei » nomi degli ultimi mesi dell’ anno, da settembre a dicembre. In tal guisa esso » non corrispondeva nè all’ anno solare ne al lunare, ma corrispose con questo, » dopo che Numa Pompilio lo portò a 355 giorni aggiungendo i due mesi di Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 220 — * 6. — Entrando nel m erito, si comincia col definire la condizione giuridica dell’ agro privato del Castelo dei Viturii Langen. « V ettigale non sia, e possa ciascuno vendere la sua parte di quest’ agro e trasmetterlo agli eredi. » A bbiam o a questo riguardo un prezioso riscontro nei frammenti di leggi agrarie pubblicate dal Mommsen. In quella dell’ anno 643 di Roma, detta comunemente legge th o n a , volendo i patrizii sanzionare le usurpazioni da » gennaio e febbraio. AI tempo dei Decemviri si dettero 31 giorni ai mesi di » m a rz o , m a g g io , luglio e ottobre, 28 a febbraio, e 29 a tutti gli altri ; e per » com pensare il ritardo sull’ anno solare , ogni due anni s’ intercalava un mese » supplem entare (mensis intercalaris) di 22 0 23 giorni, che veniva a cadere pro» prio dopo g l’ Idi di febbraio. Ma questa compensazione era troppo forte di un » giorno, e perciò il calendario si trovò ben presto in contraddizione con le sta» gioni naturali, richiedendo una nuova riforma, che il Senato e i sacerdoti ave» vano interesse a ritardare, ma che Giulio Cesare, quando fu pontefice massimo, » affidò a Sosigene di A lessandria nell’ anno 46 av. C. e che da lui prese il nome » di G iu lian a. Secondo il calendario giuliano ai dodici mesi furono aggiunti tanti » giorni da ridurli alla lunghezza che hanno oggi, facendo i mesi alternativamente » di 3 1 giorn i e di 30, salvo febbraio, che ne aveva 29, quindi i mesi di 31 giorni » erano G e n n a io , M arzo, M aggio, L u glio , Settembre e Novembre. Inoltre ogni » quattro anni si aggiunse a Febbraio un giorno (dopo il 24 del mese, nel calen» dario rom ano ante diem sextum Calendas Martias), ed allora l ’ anno fu detto » bissextus. » I nom i dei mesi erano Ianuarius, Februarius, Marlius, Aprilis, Maius, Iunius, » Q uintilis (detto poi Ju liu s dopo la morte di Giulio Cesare, e in onore di lui), » Sextilis (detto poi Augustus dopo la morte di A ugusto), September, October, » Novem ber, December. La distribuzione dei giorni nei mesi dell’ anno rimase re» go lare, finché, essendosi dedicato ad Augusto il mese di Sestile, non si volle » per bassa adulazione che questo mese, che aveva fin allora avuto 30 giorni, » non fosse da meno del Luglio, dedicato a Giulio Cesare ; e quindi per portarlo » a 3 1 si tolse un giorno da Febbraio, che fu ridotto a 28, e perchè non fossero » di seguito tre mesi di 3 1 giorni, si dettero 30 giorni a Settembre e Novembre, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 221 — essi fatte a danno dell’ agro pubblico, facevano appunto decretare che ciascun possessore poteva vendere la sua parte e trasmetterla agli eredi, e chi non 1’ aveva chie derne l’ immissione in possesso ecc. È la famosa leg g e censurata da Cicerone ove dice : « Agrum publicum v i tiosa et inutili lege vectigali levavit. » Leggendo i fram menti di quella legge sempre più manifesta il concetto che l’ agro pubblico era la regola, il privato l’ eccezione. L ’ agro pubblico è quello che resta di dominio del popolo e d i pubblico reddito; agro privato è quello che si mette » 31 a Ottobre e Dicembre: e cosi fu alterata la semplice e comoda combinazione » escogitata ila Cesare. Ogni mese era diviso in tre parti disuguali dalle calende » {Kalendae), dalle none (Nonae), e dagli idi (Idus), e i giorni intermedi si nume» ravano contando all’ inverso a partire dal più prossimo (in avanti) di uno di » questi giorni, sempre includendo nel conto il giorno da cui si com inciava la » numerazione e quello di cui si parlava. Le Calende cadevano sem pre il primo » giorno del mese, e pare che traessero il nome loro dall’ antico uso che uno » dei pontefici al cominciar della nuova luna 1’ annunziasse pubblicamente (y.a/.éojì » al popolo. Gli Idi, che sarebbero il giorno nel quale la luna è nel suo mas » simo splendore, cadevano per quei mesi che fin da principio erano più lunghi » degli altri (marzo, maggio, luglio e ottobre, come si è detto), al 15 , per gli « altri al 13. Le None poi, così dette perchè venivano nove giorni innanzi degli » idi, contando alla Romana, cioè includendo nel computo il primo giorno delle » none e quello degli idi, ma soltanto otto giorni avanti, secondo il nostro modo » di contare, cadevano per quei quattro mesi indicati di sopra al 7 del m ese, » per gli altri otto al 5. Del modo di enumerare gli altri giorni si è già parlato; » solo si ricordi: i.° che il giorno precedente o alle calende o alle none o agli » idi si diceva pridie kakndas, pridie nonas ecc., ma l’ antiprecedente era per la » ragione detta di sopra il terzo giorno prima delle calende, delle none e cc.; » 2.° che i giorni di ciascun mese posteriori agli idi si numeravano in relazione « alle calende del mese successivo; 3.° che il nome del mese diventava un ag ii gettivo concordante con le parole femminili Kalendae, Nonae, Id u s ; 4 .0 che la » data si metteva sempre all’ ablativo; 5.° che per un caso di attrazione, curioso » ma non nuovo nella sintassi delle lingue classiche, invece di dire per esempio » duodecimo die ante Kalemlas maias (20 aprile) si diceva più spesso ante dieta )> duodecimum Kakndas maias e così di seguito. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 222 — in commercio, dichiarando che si può vendere e trasmettere agli eredi. Onesti riscontri di diritto romano mi sembrano utilis simi finché si tratta di spiegare le forinole adoperate nella tavola di bronzo e per intendere il sistema agrario che era quasi sempre lo stesso nei popoli primitivi. Ma bi sogna esser ben cauti e fermarsi a tempo in questi con fronti, per non introdurre nel nostro studio concetti politici e storici che nulla han di comune coi Liguri. A Roma la ripartizione degli agri fu per lunghi anni la base dei partiti politici. A furia di leggi agrarie si davano batta glia patrizi e plebei. A d ogni poco si nominavano com missioni di cittadini « agris dividundis > per dividere gli agri. L e assegnazioni avevano una fonte inesauribile nella conquista. Ciò non avviene per i Liguri, gli agri dei quali provengono da antichissime e primitive ripartizioni. E non vi è solo questa differenza di origine; le cose diversificano anche per quanto riguarda le vicende amministrative degli agri. Gli agri conquistati dai Romani eran lasciati molte volte ai popoli vinti, i quali continuavano a goderli m ediante un vectigal. In questo caso il vectigal era un vero tributo. I pubblicani erano incaricati di riscuotere le « pensiones » ossia i « vectigalia » dovuti all’ « erarium poplicum ». Chi volesse applicare indistintamente al caso nostro tutte queste forme storiche degli agri provenienti da con quista finirebbe per dare alla proprietà ligure e ai Liguri un carattere che assolutamente non hanno. Ed infatti, se il popolo Romano fu invadente, altrettanto pacifica ed am ante dei suoi confini primitivi fu la razza Ligure. Non v' è indizio alcuno che permetta di credere che Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 223 — questo o quel popolo ligure abbia avuto velleità di con quista territoriale. Eran gelosi della loro te r ra , come mezzo di godimento e di produzione, non come estrinseca zione di dominio. Per i Genovesi 1’ unico campo di am bizione fu il mare, e sappiamo da Caffaro che appena nell’ anno 1121 passarono il giogo per prendere Fiac- cone, Mondasco, Chiappino, Pietrabisciara e Voltaggio, non per ambizioni di conquista, ma per provvedere ad un bisogno commerciale, 1’ impianto e la sicurezza delle strade. Ma ritorniamo alla tavola. c) Si stabiliscono con esattezza i confini dell’ agro privato dei Langen. * 7. — d) Si stabiliscono i confini dell’ agro pubblico dei Langen. L ’ agro pubblico era quello, che rimaneva desti nato al godimento comune, mentre l’ agro privato era quello che era stato ripartito fra i privati. Ripeto queste definizioni per abituare il lettore alle idee di quel tempo; ciò che è necessario per mantenere un giusto orienta mento, per non cadere nell’ errore di giudicare l’ antico colle idee dei tempi nostri. Al giorno d ’ o g g i, quando si parla di cose appartenenti allo Stato, s’ intende gene ralmente i fiumi, i laghi, le grandi strade, le fortezze, i porti e tutto ciò che serve a l funzionamento del grande organismo nazionale. Si capisce che tutto questo orga nismo deve essere indipendente, e non soggetto allo straniero ; se fosse diversamente si avrebbe uno Stato Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 dipendente da un altro Stato. Nel linguaggio ammini strativo moderno tutto ciò si chiama Demanio dello Stato. I beni invece che, pur essendo proprietà dello Stato, non servono alle sue funzioni, ma sono semplicemente destinati ad usi normali di natura privata, si chiamano B en i patrim oniali dello Stato (art. 425, 426, 427, 428, 429, c. c.). L 'agro pubblico dei Langen, definito alla stregua dei concetti moderni, sarebbe niente altro che un bene patrim oniale della tribù, cioè una utilità di indole privata goduta in comune. Ritengo che il concetto mo derno della demanialità abbia influito nell’ opinione di coloro che lecero i Langen dipendenti dai Genovesi, in quanto pagavano un vectigal ai Genovesi per l’ agro pubblico. Al concetto di agro pubblico fu data un’ impor tanza che non aveva ; perchè si trattava di un territorio qualsiasi, detto pubblico solo perchè tutti ne godevano in comune. / e) Si stabilisce il « vectigfal devono o > che i Langen o pagare ai Genovesi, < prò eo agro >. Il vectigal è così stabilito dalla sentenza: o 400 vittoriati all'anno, oppure una parte dei Irutti, la ventesima parte del grano, e la sesta parte del vino. Ricordiamo che l’ agro pubblico era in molte parti coltivo. Io non mi dilungherò nel calcolo che tecero il Serra e il Desimoni per stabilire la popolazione dei Langen. Rileverò solo che la Polcevera doveva essere allora in un periodo di splendida coltiva zione , e popolata quanto può essere in oggi, se \ oiè, Pedemonte e Sèra davano grano e vino nelle proporzioni suaccennate. La floridezza della Polcevera traspare del resto da tutto 1 insieme della tavola, e dalle vive que stioni che si facevano per i confini di quelle terre. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 225 — * 8. — Ho già detto che, a mio avviso, questo < vectigal » non è indizio di sudditanza, ma rappresenta piuttosto un’ enfiteusi, una di quelle locazioni perpetue, che sono antichissime in Italia, e specialmente in Liguria. Nel medio evo vediamo ricomparire ad ogni poco di queste locazioni tra i vescovi di Genova da una parte e gli uomini del Bisagno e di Polcevera dall’ altra. L’ attività dei Genovesi era assorbita fin da quei tempi dai commerci e dalla navigazione, mentre i Langen mantenevano il carattere di popolazione agricola. Nulla di più naturale che i Genovesi, non avendo nè tempo nè voglia di lavorare in quei terreni montuosi, che for mano attualmente i territori di Pedemonte, di Voiè e di Sèra, che probabilmente spettavano ad essi in origine, li dessero a godere ai Langen, a condizione che questi corrispondessero un canone prò eo agro. Sottolineo le parole prò eo agro per richiamare su di esse 1’ attenzione di chi propende per un rapporto di sudditanza fra i Langen e i Genoati. Non è la tribù dei Langen, come popolo, che paga un tributo ai Genovesi, ma si tratta invece di un vectigal che grava sopra una parte di territorio, mentre l'agro privato e il castello dei Langen è assolutamente indipendente per esplicita dichiarazione « vectigal ne siet », dice la tavola. Parmi che se i Langen fossero stati sudditi avrebbero dovuto pagare un tributo sul territorio ove abitavano, sul castello, su ciò che co stituiva la loro essenza politica, non sopra una parte secondaria del territorio. A n i Soc. L sg. di Storia Patria . Voi. X XX. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 p — 226 — L a mia opinione che respinge il concetto di suddi tanza, è dunque appoggiata al testo della tavola ed ha la sua spiegazione nelle tradizioni e nelle costumanze dei L ig u ri. Parmi eziandio che abbia una conferma nella disposizione dei luoghi. Parm i di vedere che l ’ originario confine fra i Geno vesi ed i Vituri fosse la Polcevera ed il Ricò, e ciò per il riflesso che i corsi d’ acqua più importanti forma vano generalm ente la linea principale dei confini. Proba bilm ente i Genovesi avevano sconfinato dalla linea pri m itiva, occupando, con o senza l’ altrui consenso, le colline di Murta, di San Biagio e quelle di Cornigliano — ed i L an g en avevano sconfinato occupando, probabilmente col consenso dei G enovesi, Sèra, Pedemonte e Voiè. Q uesto avvicendarsi di usurpazioni, di occupazioni fece sì che un bel giorno i Langen non volessero più rico noscere i diritti dei Genovesi sull’ agro da questi con cesso a titolo precario. Di qui le discordie e le vie di fatto, di qui la transazione proposta dai Romani in base a ll’ « uti possidetis >: restassero i Langen a Sèra, Pede monte e V o iè ; limitassero la loro espansione verso il territorio genovese ad Isola (punto B ove fu trovata la tavola) e al Pernecco, e per questo agro pagassero un canone annuo ai Genovesi. L a tavola non dice che q u est’ ag ro sarà loro proprietà, come l’ agro privato; dice soltanto che i Langen ne avranno il possesso e il godim ento. Usando una forinola giuridica diremo che i L an g en erano gli « utilisti » e i Genovesi i « direttari > in questa locazione perpetua, che aveva il suo titolo autentico nella tavola di bronzo. In altri termini i Polceveraschi cominciavano a diventare i manenti dei Geno- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 v — 227 — vesi. Manente è termine introdotto dai latini; chi volesse adoperare la parola ligure antica dovrebbe dire « i meticoni » (i) dei Genovesi. Quanto alla sponda destra della Polcevera, forse l’ occu pazione dei Genovesi era più antica, forse era stata san zionata da accordi presi con altre tribù. Il fatto è che i Genovesi possedevano da quella parte e rimasero al pos sesso. Solamente un piccolo triangolo fu concesso in via di transazione ai Langen, ed è quel bellissimo lembo di terra che prospetta la collina di Campomorone e che in oggi porta ancora lo storico nome «. dai Langen ». Ad alcuni parve poco naturale questa configurazione, che i fratelli Minucii avrebbero dato all’ agro privato dei Langen ; parve strano quel brandello di terra, dato per giunta. Io penso invece che trattandosi di una transa zione, basata su fatti accidentali, cioè sugli atti di pos sesso compiuti negli ultimi anni, doveva per necessita venir fuori una configurazione non più naturale ma po sticcia, come avviene di tutte le cose che furono oggetto di lunga contesa, e che restano un pezzo all uno e un pezzo all’ altro. Si trattava di contentar un po’ tutti, e quel triangoletto (il punto A ) rappresenta appunto 1 ’ « aliquid datum vel retentum » che è la caratteristica d’ ogni transazione. * Ho detto che il vectigal nasceva probabilmente da un’ enfiteusi. Che cos’ era Xenfiteusi? Che cos era il 9. — ( 1 ) Vedi p. 164. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 228 — vcclig a l e 1 ager vectigalis? Come intendevano i Romani, come intendevano i Liguri queste parole? Che cosa intendessero i Romani per « ager vectigalis » e « ager non vectigalis » si ricava molto bene dai fram menti raccolti nel Digesto. Nel Lib. vi, Tit. in, troviamo questa definizione del giureconsulto Paolo: «. Agri civi» tatum alii vectigales vocantur, alii non. Vectigales vo» cantur, qui in perpetuum locantur, id est hac lege, ut tandui pro illis vectigal pendatur, quandiu neque ipsis, » qui conduxerint, neque his qui in locum eorum suc» cesserunt, auferri eos liceat. Non vectigales sunt, qui » ita colendi dantur, ut privatim agros nostros colendos > dare solemus ». Nelle Istituzioni di Giustiniani al Lib. ih, Tit. xxv, 3, si spiega la natura giuridica del contratto di enfiteusi, e si dice che non è nè vendita, nè locazione, ma è retto da pattuizioni speciali, e queste sono: 1,° la concessione in perpetuo del godimento dei terreni *. perpetuo qui busdam fruenda traduntur»; 2.0 l’ obbligo di pagare un canone « pensio praestetur »; 3.0 l’ irrevocabilità della concessione « ut quando pensio sive reditus domino » praestetur, neque ipsi conduttori, neque heredes eius, » cuive conductor heresva ejus praedium vendiderit, aut » donaverit, aut dotis nomine dederit, aliove quocumque » modo alienaverit, auferre liceat ». Il concessionario può trasmettere il fondo agli eredi, venderlo, donarlo, darlo in dote, subaffittarlo, disporne insomma come di cosa sua, purché il fondo resti sempre vincolato al canone, e questo sia soddisfatto. Il vectigal dunque era una prestazione, originata da un < contratto bilaterale » in cui una parte dava a godere la terra, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 229 1 altra corrispondeva una porzione di frutti o 1’ equiva lente in denaro. Più tardi il vectigal divenne sinonimo di tributo come abbiamo di sopra spiegato ; e questa significazione divenne abituale sotto i barbari conquistatori , che imposero ai vinti di dare una porzione dei frutti delle loro terre; il nome era lo stesso, ma la ragione della cosa era totalmente cambiata. Coloro che videro nel vectigal pagato dai Langen un vero tributo, un indizio di dipendenza verso i Genovesi partirono dalla supposizione affatto gratuita ed anche poco naturale, come abbiamo dimostrato, di una precedente conquista. Ma dal momento che le costumanze antiche dei contratti enfiteutici spiegano così bene e nel suo vero senso il vectigal dei Langen, non vedo più ragioni di andare fantasticando conquiste e vincitori e vinti fra le nostre pacifiche tribù. Fra i commentatori della tavola di bronzo, parmi che solo il Can. Grassi (p. 418) abbia avuto un con cetto storicamente esatto del vectigal , pagato dai Langen. Il Desimoni (p. 599), seguendo il presupposto che i Genovesi fossero di fronte ai Langen il popolo conqui statore e dominante, attribuì al vectigal il carattere di tributo, ritenne cioè che i Genovesi avessero confiscato a loro favore il vectigal che i Langen come privati pa gavano prima alla loro comunità per i possessi privati che avevano nell’ agro pubblico. Il concetto del Desimoni non è ben chiaro su questo punto. Ed io osservo che secondo la tavola era la tribù dei Langen - prò indiviso non il privato, che pagava un vectigal ai Genovesi prò eo agro. La tribù concessionaria concedeva a sua volta — — Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 230 — ai privati di aver dei possessi nell’ agro pubblico, ed incassava dei vectigal dai singoli. Vi era dunque enfiteusi dal popolo di Genova al popolo di Langasco, e parziali sub-enfiteusi dal popolo di Langasco ai singoli. Queste forme di regime agrario erano comuni, negli antichissimi tempi, a tutti i popoli italici. Il Diritto ro mano non fece che raccogliere i principii di diritto con suetudinario nelle sue disposizioni relative all’ « ager vectigalis » (Dig. vi, 3). Questo regime doveva pur essere comune a tutti i paesi del mediterraneo. Infatti è nata in Grecia la parola < enfiteusi » che divenne in seguito la parola tipica dell affitto a perpetuità, sia in diritto romano, sia nel diritto moderno (art. 1546 e seg. cod. civ.) (1). ^i) L a com unanza d origine, di lingua, di costume degli antichi popoli mediter ranei si potrebbe anche lum inosam ente dimostrare col confronto delle leggi II diritto ro m an o non è, nella sua sostanza, una creazione del popolo latino, come m olti sem brano credere. I R om ani nel loro genio pratico diedero una costruzione scientifica a lle costumanze an tiche, le svilupparono, le fecondarono, crearono le azion i, cioè il funzionamento del diritto, fecero di questo una forza potentissima di coesione sociale. Ma i germ i del diritto esistevano nelle costumanze mediter ranee. C iò che si verifica dell’ enfiteusi, si può dire della maggior parte delle leggi attinenti a lla proprietà e alle servitù prediali. Per citare un altro esempio, rife risco un fram m en to di G aio sulla legge delle X I ( tavole (Dig. X , 1. 13)- « Sciendum e st, in actione finium regundorum illud obseruandum esse, quod » ad exem plum quodammodo, eius legis scriptum est, quam Athenis Solonem di» citur tu lisse : nam illic ita est: E 'x v 115 àt|iao£av tùap’ àXXozplw y^toplw òpòyri» xòvòpov fxir] iòxpaSaJveiv. èàv zt'.yj.O'/, nó J a àtòcXlibeiv èàv 8& o(xr)|i*. » òióSag. èàv Sé xàqpov, rj ^69 -pov ópózXrj, dsov xr) pàfl-oj rj, xoaoOxov àùoXCmetv. » èàv ?è qjpéxp, opyrnàv. èXa£xv 8è. y.al auxòv, èvvéa S o S a ; afflò xoO àXXoxatoo » tf'jxssóeiv. x à ìé iX X a ?év8pa, àmvxe fflóSxj. i. S i quis sepem ad alienum prae it dium fix e rit, infoderitque: terminum ne excedito. S i maceriam: pedem relinquito. » S i vero dom u: pedes duos. S i sepulcrum, aut serobem foderit: quantum profunditatis o habuerint, tantum spatij relinquito. S i puteum: passus latitudinem. At veri oleam, » aut sicum, ab alieno ad nouem pedes planiti to: ceteras arbores ad pedes quinque ». Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 V - 231 — Si dava generalmente ad enfiteusi il terreno incolto ; si dava a dei coltivatori perchè lo dissodassero e lo piantassero. Anche in oggi i Liguri esprimono molto bene il concetto col: « dare a fare una terra » «Duiéuto vuol dire pianto una terra — cpu-tetto]? è il pian tatore — evcpuiéuTr)? è chi pianta in un terreno altrui l’ er la maxéa, la distanza è di un piede, per la casa di due, per lo scavo tanta la distanza quanta la profondità; per 1’ oliva e il fico nove piedi, per gli altri alberi cinque piedi. Dal che si vede come le disposizioni scritte nel nostro codice civile al libro II, titolo III, capo II, sezione III, che generalmente si dicono di creazione rom ana, altro non sono che antichissime costumanze mediterranee, che Solone codificava in Grecia nell’ anno 591 a. 1’ E. V. ed i Romani nel 4 51 colla legge delle X II tavole. La misura del piede fu comune a tutti i popoli mediterranei. Solo colla venuta dei popoli nordici in mezzo a noi incomincia la moltiplicità delle misure. Liutprando re dei Longobardi volle conciliare l’ unità di misura lin eare, ed a l lungò il piede che era in antico di 0, 2957, e la misura nuova fece scolpire nella basilica di S. Pietro in celo d’ oro in Pavia. La novità fece si che il nuovo piede si chiamò « p ii di prando » ossia di Liutprando. Non mancarono g li eruditi i quali si fecero a dimostrare che Liutprando era un gigante, e che calzava realm ente un piede, come lo aveva elargito ai suoi popoli. È un fatto che ha molta importanza per il nostro studio questo della om oge neità di costumi, di leggi, di lingua, degli antichi popoli mediterranei. V i ritor neremo a suo tempo facendo un confronto delle leggi greche e romane colle leggi mosaiche e le leggi di Manu e vedremo come tutte si corrispondessero. G li uomini di mente elevata, che aspiravano al primato nel loro paese intraprendevano lunghi viaggi, i Feniciie gli Ebrei nell’ oriente, i Greci nella Fenicia e n ell’ Egitto, i Romani in Grecia, e così si formavano quelle tavole legislative, che diventa vano le costituzioni dei popoli. L ’ uomo di genio aveva cura di mettere in armonia le leggi col carattere nazionale; quando avevano questa impronta il po polo le consacrava coll’ uso, e il legislatore passava fra gli Dei e semidei, senza pericolo di essere accusato di plagio. Se è lecito paragonare giganti e pigm ei, noterò che gli scrittori del medio evo fabbricavano statuti che parevano novità, mentre letti ora e confrontati, appariscono quasi tutti di uno stampo. Cosi in an tico, a grande distanza di tempo e di spazio, si pubblicavano tavole di leggi, che parevano originali, mentre erano la riproduzione di un diritto consuetudinario an tichissimo. Ciò sia detto in linea generale e con tutta la riserva dovuta alla granI diosità dell’ argomento. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 J — 2 32 — svcpotévais è il contratto di cui parliamo. Fitto, affitto è evidentemente figliazione della stessa radice. Abbiamo voluto riservare a questo punto un interes sante rilievo etimologico. V i t u r i i , a mio avviso, è tra duzione latina di ^uxwpot; e cioè un popolo che si dedicava ai puntamenti. Aveva cominciato a riempiere di vigneti le belle colline degradanti al mare, S. Giambattista, Sestri, Pra e Voltri ; di qui il nome di Votri - póipu? che significa « uva ». Ma quei colli erano troppo limitati e cercarono sfogo alla loro attività passando i monti. Passarono probabilmente per il canale di Sestri, per Cese e Torbi occuparono Larvego (centro della tribù dei Mentovini), poi si gettarono al di là del Verde ed occupa rono Langasco. Non bastando poi alla tribù di Langasco il terreno, questa chiese ed ottenne ai Genovesi la con cessione del territorio fra il Ricò e la Secca. Questa è per me 1 ipotesi più naturale che spiega come i Viturii Langen pagassero sull’ agro pubblico un vectigal. Sono poco propenso alla etimologia di vectigal accen nata dal Can. Grassi. Osservo che nel dialetto mediterraneo « ecttn •» vuol dire: pagare, persolvere (greco exit'v-w); e siccome il vectigal doveva pagarsi al domicilio del concedente, opinerei che la radice di vectigal altro non sia che « ( » — va a pagare e per contrazione , i X i i v — e col suffisso qualificativo ( , che corrisponde precisamente all arcaico latino « vecticum » del Can. Grassi, trasformato poi in vectigal. Quanto al poplicus a cui accenna per analogia il Sanguineti, parmi di averne dato una spiegazione soddisfacente nel rc&s-roXó (po-polu) che tradotto letteralmente significa il « gregge grande ». E caratteristica e veramente consona alle idee semplici ìx j éx tlv js x t ix ó s Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 233 — e primitive questa figura del popolo, desunta da una moltitudine di pecore ! * io. — Tolgo dalla tavola ciò che è riferito alla lettera i) perchè l’ ordine logico vuole che, dopo aver parlato del vectigal dovuto ai Genovesi, si riferiscano le clausole stabilite per il pagamento. Dice la tavola: i) La prima annata di canone i Viturii Langen dovran pagarla alla calenda di Gennaio del secondo anno (639), e di ciò che godettero o godranno prima della prossima calenda di Gennaio (638) non saran tenuti a pagare canone alcuno. Opina il Grassi che il vectigal abbia le sue origini nella sentenza. Trovo più naturale il supporre che la concessione fosse antica, e che i Langen si rifiutassero a corrispondere le prestazioni d’ uso, probabilmente col pretesto delle altre questioni in corso. Chi ha pratica di liti sa che questi sono i termini in cui generalmente si presentano cosifatte contestazioni. 1 Genovesi avran chiesto la riconsegna del terreno, sostenendo che i Langen eran decaduti da ogni diritto. E siccome nell’ ultimo anno pare che questi si fossero fatta giustizia colla forza, così ne venne l’ equo tempe ramento dei fratelli Minucii, che fissano il canone da decorrere un anno dopo. E siccome i Genovesi, popolo commerciante, preferivano ad ogni altra cosa il denaro, così il canone, forse per loro suggerimento, fu stabilito in 400 vittoriati. Ai Langen conveniva egualmente questo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 2 34 patto perchè pagando una somma fìssa restavano a loro esclusivo vantaggio i futuri miglioramenti. — — * r i * — Senonchè in quell’ agro, che colla sentenza era dato a godere ai Langen, i Genovesi avevano già fatto lavori di dissodamento, così pure se ne erano fatti da parte dei Langen. Erano probabilmente i primi coltivi, le prime ville di Isola, di Pedemonte e di Voiè! La tavola stabilisce che tanto il Genovese che il Viturio debba essere rispettato nei possessi p riv a ti che avesse acquistati da un anno in quell’ agro. Per la storia del Diritto Romano osserveremo che fin da 2000 anni fa era nettamente stabilita la teoria del possesso annuale, che consiste essenzialmente nel tutelare lo stato di fatto, in presenza alle divergenze di diritto. Si vede che la teoria possessoria come il contratto enfiteutico erano antiche costumanze italiche elevate a si stema , trasformate in maravigliosa costruzione giuridica da quei potenti fecondatori del diritto che furono i giureconsulti romani. Dopo aver provvisto alla manutenzione dei possessi privati nell’ agro pubblico, la tavola stabilisce alcuni oneri ed alcuni vincoli a carico degli stessi. i.° I possessi privati nell’ « agro pubblico» paghe ranno un canone alla tribù. E la ragione è facile a com prendersi, giacché in quel dato momento storico l’agro pubblico era ancora considerato come patrimonio comune, ed i possessi privati venivano ad essere una sottrazione fatta a questo patrimonio. Era la tribù che aveva preso Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 235 — a godere quel territorio dai Genovesi, era la tribù che ne pagava il vectigal, dunque dovevano intendersi colla tribù quelli che volevano conservare od introdurre nuove coltivazioni private in quell’ agro. 2.° Spetterà alla maggioranza della tribù il conce dere nuovi possessi privati, in altri termini nuovi disso damenti e nuove ville. 3.0 Finalmente i coltivatori di questi possessi privati nell’agro pubblico dovranno essere o Genovesi o Vituri, appartenenti cioè o al popolo che aveva il dominio di retto, o al popolo che aveva il dominio utile su quel territorio, esclusi gli estranei. Questa condizione era in tesa ad impedire che lo straniero prevalesse per mezzo della proprietà. Mille anni dopo vedremo risorgere queste idee negli statuti del Medio Evo, colla esclusione dello straniero dal diritto di possedere e di ereditare. Negli atti di enfiteusi che si sono conservati nel Registrum Curiae troviamo sempre questa formola «. Et non habeamus potestatem venundam nec alienam nisi in famulis Sancti Syri indomnicatis ». È sempre lo stesso concetto attinto alle antichissime fonti delle costumanze liguri. * 12. — Abbiamo già osservato che compascua è parola latina e più esattamente questi boschi si chiamavano dai Liguri « comuniage » perchè servivano non solo al pascere ma al legnare , e al taglio dei legnami da costruzione. Osserveremo ancora che qui si parla delle comuniage in cui avevano diritto Langen e Genovesi, le quali, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 236 — stando alla mia carta, non potevano essere altro che i boschi di Monte Carmo, del Pernecco, di Ouè, i quali, benché fossero in territorio Viturio per una parte, e in territorio Genovese per l’ altra, pure costituivano, in quanto erano comuniage, un godimento promiscuo. Dobbiamo ora un po’ più distesamente intrattenerci del carattere di questi compascui, e delle vicende dagli stessi subite. Un prezioso commento del diritto di compascuo, presso 1 R o m a n i, lo ricavo dalla legge 20, tit. V, libro Vili del Digesto. Strana coincidenza, è Muzio Scevola che parla, il grande giureconsulto che era console quando i Minucii pronunciavano la loro sentenza. « Plures ex municipibus, qui diversa praedia possidebant, » saltum communem, ut ju s compascendi haberent, mer» cati sunt; idque etiam a successoribus eorum est ob» servatum: sed nonnulli ex his qui hoc jus habebant, > praedia sua illa propria venundederunt. Quaero an in > venditione etiam jus illud secutum sit praedia, cum » ejus voluntatis venditores fuerint, ut et hoc alienarent? > Respondit: id observandum quod actum inter con» traentes esset: sed si voluntas contraentium manifesta > non sit, et hoc jus ad emptores transire ». Il che vuol dire che, se un Genovese vendeva il suo fondo privato per esempio a un Tigulino, il l'igulino, salvo patto in contrario, acquistava il diritto di compascuo che spettava prima al fondo venduto. Abbiamo un esempio nella famosa tavola alimentaria di Velleia. Trajano aveva instituito un collegio di fan ciulli a Velleia da alimentarsi con rendite tratte dai fondi, che i Velleiati ed altri benefattori avevano assegnato in Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 237 * dote. Fra questi benefattori troviamo ricordato Gn. Antonio Prisco, il quale legava un fondo « cum jure Apenini Arielasci et Caudaiasci et comunionibus, qui est in Veleiate et in Libarnensi pago Domitio Eboreo ». Antonio dunque donava all’opera Pia di Velleia una proprietà coi diritti inerenti sull’ agro pubblico; ami ju re A penini, che era probabilmente il diritto sui prati pubblici; et comunionibus, che era probabilmente il diritto sulle comunaglie, sui pascoli promiscui di Mont’ Ebro. Ma io debbo subito soggiungere che i responsi del diritto romano furono seguiti sì e no dai Liguri. 11 prin cipio che tendeva a far del compascuo un diritto reale, non attecchì gran fatto in Liguria; prevalse piuttosto nel compascuo il carattere di diritto personale del popolo, che era più conforme a quel principio di stabilità, per cui il popolo si identificava colla sua terra. La formola che racchiude il concetto ligure, si perpetuò in questa frase: comunaglie degli uomini di Busalla, di Langasco, di Ouè, di Casella, di Montoggio. Si ebbe sempre una gran difficoltà ad ammettere che chi com prava dei fondi in paese divenisse compartecipe nelle comunaglie. Anche in Piemonte vi era questa tendenza ad escludere gli estranei, e ne fa fede la decisione ti tolo XXIV, libro III in Fabro. Contribuì a questo risul tato la tenacia dei Liguri nel conservare le proprie caratterische locali di popolo, ed anche il principio di carità cristiana, che fece in certo qual modo delle comunaglie il patrimonio dei poveri. Nella legislazione italiana del 1865 si trovano ancora le ultime traccie del compascuo. L’ art. 432 del cod. civ. parla dei beni patrimoniali delle provincie e dei comuni Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 • 2 38 - e dice che son retti da leggi speciali. La legge comu nale dispone all’ art. 141 che i beni comunali devono di regola essere dati in affitto e solo in via di eccezione si potrà continuare a goderli in natura, ma dovrà farsi un regolamento, per determinare le condizioni d’ uso, e alligarlo al pagamento di un correspettivo. Rigoroso, ad esempio è uno dei pochi paesi Liguri che conserva 1’ uso antichissimo del godimento in comune. Nell’ ultimo tren tennio vi tu una tendenza a sopprimere queste proprietà comunali, che nei luoghi suscettivi di miglioramento, erano un inciampo al progredire dell’ agricoltura. L ’ ar ticolo 142 della legge citata stabilì che 1’ alienazione dei beni incolti poteva essere fatta obbligatoria dalla Depu tazione Provinciale. Nel 1874, si rese obbligatoria la vendita dei beni incolti, se entro cinque anni non eran ridotti a coltura. Nel 1886 si accordava al ministero di Agricoltura di consentire nuovi termini. Per effetto di queste leggi le comunaglie sono in quest’ ultimo tren tennio quasi interamente scomparse e questi miei cenni, che si riferiscono a fatti contemporanei, diverranno ben presto cenni storici sul modo con cui finirono in Italia le comunaglie, i compascua della tavola di bronzo. Non è senza utilità questo raffronto dell’ antico col presente, ossia del principio col fine. La storia fu detta una grande catena, e tante volte è 1’ ultimo anello quello che dà la spiegazione del resto, come si verifica in parte in questo caso. Io avevo accennato fin da principio all’ idea che i compascui erano una parte degli agri pubblici che restava soggetta a ll’ onere del pascolo promiscuo a favore delle comunità confinanti. Studiando le leggi odierne, tendenti all’ abolizione di questi oneri reciproci, io ho Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 239 ~ r potuto impossessarmi di un fatto che è la conferma di quanto ho asserito. Dice l’ art. 682 del codice civile « nei territori ove è stabilita la reciprocità dei pascoli, il proprietario che vuol recedere in tutto o in parte dalla comunione del pascolo, deve farne la denunzia ecc.... Il Tribunale decide sul recesso..... ». La Cassazione di Torino, con sentenza 12 Marzo 1856 applicava questa disposizione di legge ai comuni di Pietra Bruna e Dolcedo, ed è appunto dalla lettura di quella sentenza che io venni a conoscere che ancora nel 1856 esisteva di fatto in Liguria quello intreccio di compascui da me descritto : Quei d i Pietra Bruna andavano a pascolare nell’ agro d i quei d i Dolcedo, e viceversa, quei d i Dolcedo andavano nell' agro d i Pietrabruna. E la ragione è che i pascoli, come già osservai, avevano bisogno di alter narsi su vasta scala; era necessario pascolare un po’ in questo paese un po’ in quell’ altro per dar tempo all’ erba di riprodursi. La Cassazione di Torino pro nunziò che il recesso dalla promiscuità era una riforma introdotta nell’ interesse dell’ agricoltura in genere, e poteva invocarsi tanto dai privati che dai comuni, che come enti morali, capaci di diritti rientravano nella espressione generica di proprietario usata dall’ art. 682 del codice. Altro esempio di pascoli prom iscui f r a co muni ci fornisce una decisione piemontese del 1774 riferita al voi. in , parte II, p. 614 della Pratica legale. Abbiamo visto le origini, abbiamo visto la fine del compascuo e vedemmo che comincia coi primissimi po poli e finisce con noi, destinati a vedere la fine di tante cose e un vago principio di tante altre. Abbiamo visto i concetti giuridici che regolano il compascuo. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 240 — Facciamo ora 1111 breve riassunto della storia del compa scuo dall’ epoca romana in sino a noi. Nuovi fatti e nuove idee verranno in luce, utilissime al nostro commento. I romani, come vedemmo, avevano questo concetto giuridico del compascuo: alle popolazioni il possesso e il godimento, allo stato la proprietà; questo principio bene definito presso i romani, era appena adombrato presso i Liguri, i quali si contentavano di stabilire chi doveva possidere fru iq u e; quanto all’ astrazione dell’ Ente Stato e ai suoi diritti era una metafisica che non cono scevano e non volevano conoscere. I fratelli Minucci, con molta finezza, sorvolarono, pensando probabilmente che il silenzio tenuto a riguardo dell’ alto dominio po teva giovare per mettere innanzi quando piacesse, il diritto del popolo di Roma. II sottinteso dei Minucii venne fuori ai tempi degli imperatori in cui il Priticeps a nome del popolo romano si considerò il padrone di tutte le terre che non erano proprietà privata. Le rapine, le confische, anche di grandi proprietà private, resero sterminato il patrimonio del popolo romano ai tempi dei Cesari. Nel IV secolo cominciarono le donazioni dell’ impe ratore Costantino e di altri imperatori cristiani alla Chiesa. E di qui ebbe origine, osserva il Desimoni, quel famoso patrimonio delle Alpi Cozie, cioè degli Appen nini Liguri secondo il linguaggio di quei tempi, patri monio dato alla Chiesa dagli imperatori, tolto dai bar bari , restituito, ritolto e ridonato dai Re Lomgobardi. Da questo patrimonio probabilmente scaturirono quei molti dominii che intorno al 1000 vantano i Vescovi di Genova, in Creto da Molassana a Vico Molasso, ed in Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 241 — quel di Langasco, di Mignanego, di Voltaggio, di Ca rosio, di Cavi. Parimente da questo patrimonio io credo che avessero origine i dominii, che 1’ Abbazia di Percepiano aveva in valle Scrivia ed in Val Borbera ed altrove, come risulta dalla Bolla del 1196 di Papa Celestino pubblicata dal Bottazzi. Intorno al 1000 i papi erano per così dire onusti di queste donazioni ingombranti, alle quali si erano ag giunte altre donazioni da parte di privati, decisi di di sfarsi dei loro beni sia per la profezia del finimondo, sia perchè i '^eni stabili eran giunti a tal punto di ro vina, avevano sofferto e soffrivano tali e tanti abusi, soprusi e rapine che era impossibile goderli. Fin dal secolo VII si adottò dai Papi il sistema di ripartir fra vescovati ed Abbazie i grandi patrimonii della Chiesa, nei quali erano compresi molti degli antichi compascui. E fu gran bene perchè, specialmente per opera dei frati si ripigliò'la coltura agricola, si ravvivò la produzione che era quasi spenta in mezzo ai tanti cataclismi subiti. I barbari conquistatori avevano confiscato più che avevano potuto dei patrimoni dei vinti, ed avevano pre teso di subingredire nei diritti patrimoniali dell’ impero, e molti territorii a tale titolo occuparono ; di qui quell’ immensa quantità di Corti Regie comprendenti talora anche intere città coll’ unito territorio, amministrate da Gastaldi dei Re Longobardi. Venne poi Carlomagno, e dopo di lui gli imperatori di Germania, i quali si fissero in capo di ristabilire il grande romano impero, e si arrogarono nominalmente il dominio su tutto e su tutti A loro bastava che si riconoscesse che ogni poA tti Soc, Lia. d i S to m a I’à t h u . Voi. XXX. ■ 7 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 242 — testa e proprietà derivava da loro, e dopo ciò di poco si contentavano. Nacquero allora le infinite investiture feudali a marchesi, conti e baroni, e tutte le infinite concessioni subalterne. Vi fu un grande frazionamento dei godimenti pubblici ; una grande moltiplicita di usi ; una grande moltiplicità di utenti; chi p a s c e v a , chi le g n a v a , chi p e s c a v a , chi s p i g o l a v a , cni p r e n d e v a l a g h i a n d a , chi prendeva 1’ a c q u a , chi le s a b b ie a u r i f e r e . I feudatarii avevano aperto bot tega all ingrosso e al minuto degli antichi diritti dei popoli, vendevano per poco e nulla, perchè il supposto compratore tanto e tanto avrebbe goduto lo stesso. Ma ripetiamo tutti gli atti, le investiture, le dispute al riguardo, toccavano più la forma che la sostanza. Le popolazioni, ferme negli usi antichi, godevano la terra come credevano di doverla godere per un diritto che risaliva all’ immemorabile. I popoli Liguri continuarono ad esercitare, come prima, i loro diritti di pascolo, secondo gli usi antichi, e le antiche delimitazioni ; riconoscendo qualche rara volta, quando non ne potevano a meno, di aver questi godimenti per graziosa concessione di qualche principe ; più facilmente riconoscendo 1’ alto dominio del Vescovo. II Deluca, il Cepolla nei loro trattati della Servitù, 1 Otero D e p a s c u i s , il Rendell D e p a s c u i s , il Cocceio, 1 Hertio, lo Struvio e molti altri autori scrissero i tempi di mezzo sui diritti relativi ai compascui. In sostanza questi rimangono quello che erano ai tempi della tavola di bronzo. Sono per lo più zone incolte e selvatiche che attesa la loro natura appartengono p r ò in d iv is o a tutti i comunisti di un medesimo luogo, considerato Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 243 — ciascun individuo come coutente. La forinola era questa: pertinent ad omnes uti singulos non uti universos ; perchè quantunque tutti sieno a godere di questi fondi e ne percepiscano i frutti, questo si fa da ciascuno in parti colare e immediatamente da sè, differentemente dai beni appartenenti all’ universitas, dei quali i comunisti godono non direttamente ma come membri dell università mede sima. Non è il diritto di pascolo (così si chiamava nei secoli scorsi) un diritto di servitu in re aliena, ma è un diritto, dicono i dottori, di uso promiscuo in rem pro priam , spettante a ciascuno del popolo, uti sin gu li. In Sardegna aveva un carattere speciale 1 adem pnvo, che rappresentava il diritto di far legna, seminare e p a scolare ad un tempo. Altra forma di compascuo era quella del Tavogliere delle Puglie, dove Alfonso I d’ Aragona stabiliva quel vectigal che si chiamava la dogana della mena delle pecore. Il vectigal del Tavoliere assunse in seguito forme e nomi diversi secondo il capriccio dei re e dei loro ministri, che mungevano il bel compascuo (diritti statonicali, autunnali, vernotici e di bagliva ecc.). La S ila in Calabria era pure un grande compascuo ove si pagava la fida, il giogatico, la granettena. Il feudalismo imbastardì i compascui meridionali e in fluì anche sui compascui piemontesi, ma nulla mutò nei nostri compascui intorno a Genova. Il popolo vi si man tenne nel suo primitivo atteggiamento senza complica zioni nè di forma nè di sostanza. I territorii destinati a comuniage, gli usi con cui si governavano erano, trenta anni fa, indiscutibilmente gli stessi dei tempi della tavola di bronzo. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 244 — * 13Si stabiliscono le norme per i compascui che erano fra i Genovesi e i Vituri (a Monte Carmo, a Ouè). f ) Genovesi e Viturii Langen promiscuamente po tranno pascervi il gregge, prendervi legna da ardere e materiali. Per i Genovesi sempre intenti a fabbricar navi, il materiale da costruzione costituiva forse l’ interesse più torte al libero godimento dei boschi compascui. * ! 4 * — Segue la questione dei prati. g) I prati g ià stabiliti nel compascuo sieno rispettati. Impera sempre, come si vede, il principio « uti possidetis >. Chi ha questi prati se li goda, e nessuno possa segarvi nè condurvi bestie a pascolo senza il consenso delle tribù che formarono questi prati. Imperocché i prati erano fatti dalla tribù nel compascuo già destinato a pascolo comune di tutti i popoli finitimi. Così, fino a pochi anni addietro, quei della Doria avevano i loro prati comuni in Creto in luoghi che anticamente erano comunaglie d’ uso pro miscuo fra Creto e Montoggio. Si capisce dalla tavola che questa tendenza, di restrin gere i compascui di uso comune per farne dei prati, era invalsa presso i Langen, come presso gli altri popoli. Quindi la tavola stabilisce una norma generale per tutti e conchiude: Nessuna tribù potrà avere maggiore esten sione di prateria di quella che ha attualmente. Se i Langen, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 245 — gli Odiati, i Dectunini, i Cavaturini, i Mentovini, che erano le quattro tribù che possedevano i gioghi, vorranno stabilire nuovi prati, chiuderli, segarvi il fieno potranno farlo, ma a condizione che lascino libero altrettanto com pascuo da un’ altra parte. Alternino la coltura, ma non la ingrandiscano. Un amplissimo commento si potrebbe fare a questo punto, ricordando tutte le usurpazioni che furono tentate, nel corso dei secoli, a danno del compascuo. Per 2000 anni seguitarono le contese, e l’ atteggiamento dei con tendenti fu sempre lo stesto ; i privati tentavano di esten dere i loro diritti a danno dei diritti del pubblico, il pubblico si opponeva. Nello stesso modo che fra i Liguri primitivi si pia tiva perchè i Langen facevano dei prati e li chiudevano a danno dei compascui; così molti secoli dopo troveremo che in Sardegna si piativa per gli adem privi, cioè per il diritto di far legna e pascolare in certi agri pubblici. Anche in Sardegna si faceva guerra all’ ademprivo col cussorgio e la difesa, cioè col chiudere i prati e defendere. Vedete qui gli stessi fatti e perfino le stesse parole della tavola, conservate nel dialetto sardo; gli usurpatori chiu devano i coltivi da essi fatti nell’ agro pubblico e defen debant (francese: défense - sardo: difesa), cioè impedi vano alla popolazione di entrarvi. Altro mezzo escogitato per avvantaggiarsi a danno della comunità fu il seguente. Per trarre il miglior vantaggio dai compascui, le comunità o i feudatarii solevano dare questi beni a locazione perpetua, riservando il diritto di pascolo per il pubblico. 11 locatore coltivava il fondo e faceva suoi i frutti industriali, e il pubblico continuava Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 246 — a godere i frutti n a t u r a l i . Era, come si vede, un svol gimento del sistema già adottato nella tavola d i concedere d e i g o d i m e n t i p r i v a t i n e l l ' a g r o p u b b lic o . E siccome il concessionario aveva il diritto di usare dei pascoli per il suo bestiame, nasceva facilmente in lui il proposito di profittare più largamente che fosse possibile del benefizio che gli competeva. Le pecore e le bovine aumentavano, fuor di misura, nelle stalle del concessionario, e se non bastava il proprio bestiame faceva venire dei m a r g a r i a pascolare sotto il suo nome. Di qui leggi sopra leggi, ordinanze feudali, sentenze di giudici, che limitavano ai concessionarii la quantità del bestiame. Riferisco in nota diverse decisioni del Senato piemontese in cui sono giu stamente contemperati i diritti dell’ uso pubblico coi diritti dell uso privato (i). Sono decisioni interessantissime perchè (i) « A ven d o la Comunità di None sporta rappresentanza all’ Ufficio del signor » Avvocato Generale per ottenere 1’ assenso di opporsi al pascolamento del margaro » introdotto dal signor A vvocato Bor letti, sono emanate le seguenti conclusioni. » V. S i osserva risultare dal contraddittorio, ed ordinanza del signor Podestà di » detto luogo delli 16 caduto m arz o , che le vacche introdotte dal Margaro Lo» renzo C astellan o nella cassina del signor Avvocato Borletti sono in numero di » o tto , e che dalli due m assari d’ esso signor Avvocato se ne ritenghino altre » quattro, avendo il medesimo signor Avvocato allegato, che tanto le une, che » le altre sieno necessarie, e proporzionate al conveniente bisogno dell’ ingrasso » d elli beni e consum o de’ fieni. » Q uindi si riflette, che avendo li registranti del luogo la ragione di mantenere, » e far pascolare nel territorio quel numero di bestie bovine, che possano essere » proporzionate al fine della coltura, ed ingrasso de’ beni, non possa essere di » m olta considerazione la circostanza esposta, che le bestie non sieno proprie delli » stessi particolari registranti, purché servano ad un tal fine, e non si ecceda nella » quantità delle bestie il numero conveniente alli beni. » E tanto più poi, che la Com unità non avrebbe alcun titolo, da cui ciò resti » proibito, anzi che dagli accennati Bandi campestri resterebbe implicitamente » perm esso, stantechè in essi viene solamente proibita l’ introduzione delle capre, » e pecore. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 247 riflettono al vivo gli atteggiamenti di quella lotta fra godimento pubblico e godimento privato che noi abbiamo visto nascere per la prima volta a cagione dei prati nei compascui. Una terza maniera di usurpazioni agrarie, fatte dai privati a danno del compascuo, è configurata in una sentenza del Senato di Genova in data 23 Dicembre 1831 » Inoltre dal sommario della causa vertita con il signor conte di R ivalba si « raccoglie che diversi registranti, e particolari, tanto abitanti in detto luogo, che » forastieri fossero soliti lino da tale tempo di tener li margari nelle loro cassine. » Nè si crede, che possa essere utile alla rappresentante l’ insistere in tale punto, » poiché non può essere se non vantaggioso, che dalli Particolari si procuri in qual» che modo di avere il numero conveniente di bestiami per mezzo de loro mas» sari, o margari, giacché non tutti li padroni de’ fondi stimano di provvederli » del proprio. » Da ciò ne verrebbe in conseguenza, che la rappresentante avrebbe ragione di » opporsi alla introduzione delle suddette bestie, quando eccedano quella quantità, » che resta proporzionata e conveniente per i beni del signor A vvocato Borletti, » avuto riguardo alle bestie solite mantenersi dagli altri Particolari, del che non » si sarebbe fatto constare. » Epperò r crede di non poter permettere alla rappresentante di fare una Ufficio n lite per il suddetto fatto, salvo, che si diano gli opportuni schiarimenti in ordine » alli detti riflessi, e circostanze. » Torino, li 6 aprile 17 j6 . » C a v a l l i Sost. A w . Gen. 1. » Tenore di altre conclusioni dell’ Ufficio del signor Avvocalo Generale sovra altra » rappresentanza data dalla Comunità di None per 1 assenso di poter litigare contro » il signor Avvocato Borletti all’ effetto d inibirlo di tener margaro. » V. cogli alti, e documenti enunciati. » Essendosi considerati li detti atti seguiti nel Tribunale di None, ed avanti il » Reale Senato sullo stesso punto, di cui si tratta, cioè se fosse lecito alli Partico» lari di tenere le margarie di bovine, 1’ Ufficio persiste nello stesso sentim ento, » di cui nelle conclusioni delli 6 aprile andante anno per li motivi in esse addotti, » ritraendosi dalli detti atti, che, non ostante la lite fatta dalla Com unità dall’anno » 1721 all’ anno 1728 contro li signori G aris, A lberi, Commessaro di Guerra » Mathesius, e Controllore Garrone, non ha però ottenuto alcun provvedimento » definitivo, ed avrebbero sempre continuato a tenersi le margarie, risultando anzi Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 24 8 — riferita nella raccolta del Gervasoni a p. 430 di detto anno. Nel 1596 i l) Oria, quali feudatarii di Torriglia, avevano disposto di un territorio che, era evidentemente di uso pubblico, nel seguente modo. A dodici individui di Don netta, quartiere di Pentema, concedevano in enfiteusi la tenuta di Donnetta , alborata di faggi e cerri, composta di più terreni di diverse denominazioni per l'annuo ca none di stara otto grano. Pattuivano: i.° che dentro da m edesim i atti, che in tale tempo di già ve ne fossero altre in detto terri» torio. » N è si crede, che possa far caso in contrario 1’ esempio, che si è addotto della » C om un ità di Donasso, a cui colle conclusioni dell’ Ufficio de’ 2? luglio 1838 si è perm esso di opporsi a ll’ introduzione de’ m argari, mentre ciò sarebbe stato per >> le singolari circostanze del caso ivi additate, cioè che li Particolari, che volevano » tenere le m argarie, già fossero provvisti sufficientemeute d’ altri bestiami propri per la c o ltu ra, ed ingrasso de’ beni, e che le margarie si tenessero da’ l’ arti» colari solam ente per profittare in pregiudizio degli altri, e del pubblico, del che » non si avrebbero riscontri nel caso presente. » N em m eno sembra, che possa essere bastante da sè solo il riflesso, che ciò » possa dar luogo a disciogliere la società, e reciprocità del pascolo, che vi sarebbe tra li P articolari, m entre questo dipenderebbe da’ stessi Particolari, ove stimino » di proporlo, e le circostanze, e situaz.one de’ beni lo permettano, ma si crede, » th è non debba proporsi dalla Comunità, per non riconoscersi un motivo di pub» blica n ecessità, ed utilità, subito che dalli Particolari nel numero delle bestie delle m argarie non si eccede quella quantità di bestie, che possa essere propor» zionata a lli ben i, ed al registro, avuto riguardo al numero delle bestie solite » tenersi d agli altri P a rtico la ri, onde la differenza consista solamente nell’ essere » bestie proprie de’ padroni, e m assari, oppure delli margari. » Q uindi ad effetto di evitare le spese, ed ogni pregiudicio al pubblico si sug gerisce a lla Com unità rappresentante quanto già sarebbe stato eccitato dall’ Uf» ficio nelle conclusioni de’ 12 m aggio 1726 sul ricorso uni'.o al rescritto Sena» torio de 13 medesimo mese, di cui in detti atti, cioè di fissare, e stabilire una <> regola pel num ero de’ bestiami, che ognuno de’ Particolari, e registranti potrà » tenere a proporzione de’ beni, e considerate tutte le circostanze, affine di to» gliere g li abusi che potessero esservi nell’ uso de’ pascoli; e questo potrà farsi » col m ezzo d un bando da approvarsi dal Reale Senato, e con partecipazione del r. signor Feudatario del luogo, ad esempio d’ altri luoghi, ne’ quali si è stabilita » una tal regola ne Bandi cam pestri, venendo cosi tolte le quistioni, che possono Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 249 l’ anno dovesse seguir la divisione di quella tenuta fra i conduttori; 2 ° che questi non potessero in certi posti tagliar cerri e faggi, e potessero nel rimanente tagliare, boscheggiare e seminare a loro piacere; 3.0 che se vi conducessero a pascolare bestie di forestieri dovessero pagar la tassa per ciò stabilita (si prevedeva 1’ abuso di cui abbiamo parlato di sopra); 4.0 che g li uomini di » esservi circa la maggior, o minor quantità de’ bestiami, che si tengono da » Particolari. » Torino, li i f giugno i j) 6 . « C a v a l l i. » Nella causa della Comunità di Bussoleno contro Francesco, Giuseppe, Seba» stiano, Giacomo e Lorenzo Combctti, Bartolomeo Richetto, Gioanni, e Giacom o n Barutelli, e Giacomo, e Gioanni Orscha, tutti del luogo di Mathie Borgata delle » Combe. » 11 Senato . „ . . . ha pronunciato e pronuncia doversi dichiarare, come dichiara » spettare alli suddetti Particolari delle Combe di Mathie la partecipazione del » pascolo del territorio di Bussoleno, di cui si tratta, per quella quantità di bestie » proporzionata al loro registro, ed all’ esigenza della coltura de’ beni che ivi » possedono, la quale verrà in altro giudicio tassata, compensate le spese. » Torino , li 14 febbraio 18 7). » L a u r e n t i Relatore. 5 » Nella causa d e l l i ............. del luogo di Viù contro Gioanni Antonio Benedetto. » 11 Senato, sentita la relazione degli atti, e le Parti in pubblica udienza, ha » dichiaralo, e dich iara.................non essere stato, nè essere lecito al prefato Be li nedetto d’ introdurre, o far pascolare ne’ beni comuni una maggior quantità di » bestie, oltre ciò, che possa esser proporzionato alla quantità del registro di esso » Benedetto, e alla qualità, e quantità de’ pascoli del detto territorio, conforme » verrà in altro giudicio (issato................. » Torino, li ; j mur^o 1779. » G a l l i Relatore ». Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 250 — Pcntema potessero condurvi le loro bestie a pascolare « absque aliqua solutione ». Nel 1680 sorsero questioni fra i conduttori e gli uom ini d i Pcntema per il diritto, che questi intendevano di avere, di pascolare e boschcggiare in detti beni. Nel 1751 la lite veniva portata per la seconda volta dinanzi al Giudice di Torriglia. Il Giudice con sentenza del 2 Giugno 1751 dichiarava « competere hominibus villae Pentemae jus pascendi et lignandi ». 1 7 5 5 il principe Doria faceva pubblicare un’ ordinanza in cui, per ovviare a sconcerti, provvisoriamente e senza pregiudizio delle ragioni rispettive delle parti, proibiva ai suoi conduttori di coltivare e addimesticare più di quello che avevano sino allora fatto; quanto alle terre già coltivate a sem ineno e prato , restassero; ma fosse lecito ai Pentemini pascolarvi, quando non ne poteva aver danno il raccolto. Chi non vede in questa ordinanza la riprodu zione fedele dei criterii primitivi della tavola di bronzo ? I Langen avevano abusato col far prati? cessassero dal farne, dicevano i Minucii ; quanto ai prati già fatti, se li tenessero, ma... ecc. Nel 1822 altri proprietari erano subentrati in Donnetta e fra questi i Bevilacqua, che tendevano a liberarsi dal pubblico pascolo, sostenendo 1 abolizione di questi diritti in base alle leggi francesi, invocando la prescrizione estintiva, ed altre ragioni di tal fatta. Ma il Senato di Genova, colla sentenza testé indicata, ritenne che il diritto di pascolare era un antico diritto dei Pentemini, preesistente all’ atto del 159^» una servitù vera e legittima, non una semplice conces sione di favore signorile e feudale. Il Senato poteva dire senza tema di errare : Donnetta era un antico compascuo, dal quale per effetto del feudalismo si era deferito al Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 251 — Principe il dominio diretto. I conduttori di Donnetta avevano le stesse tendenze, che avevano da venti e trenta secoli tutti i nostri privati di fronte a tutte le comunità. Eran felici se riuscivano ad allargare il prato ed il semi nerio e restringere il compascuo. Questa dimostrazione storica parmi non sia riuscita del tutto inutile. Infatti essa è venuta a confermare che il compascuo non era un terzo agro, come credette il Desimoni, ma era un diritto che si esercitava sopra de terminate zone dell’ antico agro pubblico, in quell 'agro pubblico, ove, secondo la tavola, si verificava l’ eterna lotta del prato col compascuo. Avevo contro di me 1’ au torità grandissima del Desimoni, e non potevo esimermi da una copiosa dimostrazione per convincere il lettore che i concetti da me esposti sono consacrati dalla pratica dei popoli italici dall’ epoca della tavola di bronzo in poi. Non si crederebbe; eppure, la tavola di bronzo, una volta chiarita può essere un documento utile ancora og gidì nella risoluzione di certe controversie che sembrano insolubili tanto sono confuse. Accade ancora oggigiorno che si disputa per i confini di due paesi in tema di beni comunali. Vi è chi pretende che un comune abbia diritto su parte del territorio che è al di là del giogo. Si in voca il possesso sempre avuto di far legna e di pascolar al di là. A questa pretesa un giudice ben informato sulle origini e sulle vicende storiche dei compascui facilmente risponderebbe : Il possesso che voi vantate al di là del giogo è un possesso non a titolo di proprietà esclusiva, ma un possesso a titolo di proprietà promiscua. Per le antiche costumanze Liguri, sanzionate nella tavola di bronzo e nelle tradizioni, voi pascolavate e facevate legna Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 252 _ al di là, come i vostri vicini pascolavano e facevano legna al di qua. Quindi non potete essere accolti nella vostra domanda a meno che proviate di aver trasformato quel possesso promiscuo in possesso esclusivo da più di trent anni. Se questo non provate, le costumanze antiche devono dar norma nell'interpretare il possesso. Se volete venire ad una soluzione di questa promiscuità non vi è altra via che quella segnata dall’ art. 682 cod. civ. In mancanza di prova si deve ritenere che tanto era il ter reno lasciato al compascuo dalla comunità che era di là dal giogo, quanto era il territorio lasciato da quella che era al di qua. In conclusione deve restare alla popola zione che è di là completamente libero il territorio fino a l g l 0 g°> e libero fi, 7io a l giogo deve restare il territorio alla popolazione che è al di qua. Il giogo in mancanza di altra prova deve segnare il contine, perchè la tradi zione storica, consacrata nella tavola di bronzo ci insegna che il giogo era il confine normale delle popolazioni stanziate sui due versanti della montagna. Così decidendo, o il giudice farebbe una sentenza in perfetta armonia con quella dei Minucci di 2000 anni fa e quel che più importa darebbe ai possessi ab immemorabili il loro giusto ca rattere. * 15. — Viene infine la decisione relativa alle ingiurie e vie di fatto. Là fra quelle ville, che sono in oggi le proprietà Dasso, Stronello e Bacigalupo in Isocorte (punto A ) si picchiavano con più o meno di santa ragione i nostri Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 253 “ padri antichi. E lo stesso probabilmente avveniva dal1 altra parte fra Isola e Pedemonte (punto B ). La tavola ricorda che i Genovesi avevano preso i Langen e li avevano chiusi in carcere. In questa circostanza si volle trovare un altro argo mento della supremazia dei Genovesi sui Vituri. Ma l’ argomento è soltanto apparente, ed il lettore ne sarà facilmente convinto da questo confronto. Nel XVI secolo, cioè diciasette secoli dopo la tavola di bronzo, quei di Busalla litigavano coi Polceveraschi per gli stessi motivi di confine. Riferisce il Roccatagliata all’ anno 1589 che in quel tempo Nicolò Baliano, Pier Marco Deferrari e Stefano Lasagna essendo giudici per incarico del Senato fra quei di Polcevera da una parte e quei di Busalla dall'altra, per questione di confini andarono sul luogo ed ivi profferirono sentenza__ Come si risente la tra dizione romana ! Queste liti, se per disgrazia comincia vano, erano eterne. Ed il Roccatagliata è costretto a ritornare sull'argomento 17 anni dopo ed a scrivere che nell’ anno 1606 vi fu nuovamente questione fra quei di Polcevera e quei di Busalla « Ritrovandosi ' quei di Pol cevera in un bosco, che ognuna delle parti riteneva es ser suo, fecero quelli del luogo d i Busalla p rig io n ieri quei d i Polcevera ecc...... ». Si dirà che i Busallini ave vano la supremazia su vai Polcevera ? Nessuno vorrà sostenerlo. L’ uso di prendere e legare e sequestrare le persone colte in flagranza di furto 0 di usurpazioni campestri è sempre esistito in mezzo alle popolazioni dell’Appenino. Ed è naturale che così si facesse; non essendovi nè carabinieri, nè campari, nè guardie forestali, nè proce- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 2 54 - dure di contravvenzione, chi era colto a segare o mietere o coltivare dove non doveva essere, o non si voleva che fosse, era preso da coloro che si credevano danneggiati, legato ad un albero, e poi condotto prigione. Nei tempi in cui ogni potere si concentrava nella tribù, era la maggioranza che decretava di agire in tal senso, ed ogni uomo della tribù era senz’altro investito del potere esecutivo, era questore e questurino ad un tempo. La tribù processava e condannava i colpevoli, per il prin cipio che ogni popolo aveva il diritto di punire i reati che si commettevano nel suo territorio. Bisogna pene trare in fondo a questi nostri costumi liguri, che costi tuiscono ancora oggigiorno un sistema completo di po lizia rurale. Nè il Mommsen, nè il Rudorff potevano attingere a queste fonti locali. Essi fecero fin troppo divinando molte cose col loro spirito d ’ induzione. Ma sarebbe troppo poco da parte nostra se ci limitassimo a ripetere le loro indu zioni e non tentassimo, cogli elementi positivi che noi soli possediam o, di chiarire, di rettificare le cose, di r ifa r e , occorrendo, su certi punti lo studio della nostra tavola. I Langen adunque erano stati fatti prigioni e condotti a G en o va - il castello di Serzan era probabilmente il loro carcere. L a sentenza ordina la liberazione. * 16. — Notate la frase: bisogna che i Genovesi li sciolgano e li rimandino liberi — Solvei, mittei liberique — L a gram m atica è difettosa, ma il concetto è di una pre- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 255 — cisione matematica. Il Mommsen sostituisce « liberarique » a « liberique » ritenendo che vi sia un errore di incisione. 10 noi crederei, sembrandomi che il liberique risponde meglio all’ esplicazione del concetto. Si voleva stabilire 11 modo da tenersi nella liberazione dei prigionieri. Scio glierli e rimandarli era una cosa, ma si poteva anche rimandarli sotto scorta al confine, e perciò si volle che al rimandare fosse aggiunto « et liberi ». Parmi di sen tire il Polceverasco sottile e diffidente sollevare il quesito : come ce li rimanderanno? come tanti malfattori? No, avran risposto i Minucii, verranno da sè, liberi. E gli altri ad insistere perchè fosse scritto anche questo. Ed i Minucii conchiudere: « solvei mittei et liberi ». Chi ha pratica di liti e di transazioni sa che queste aggiunte, che poi sembrano superfluità, sono appunto il risultato del contendere sopra una parola, che si teme non dica mai abbastanza. Sostituendo « liberarique » mancherebbe quella successione logica di idee, che hanno le tre pa role, una dopo l’altra considerate; il liberari sarebbe una espressione generica che ripeterebbe inutilmente il con cetto già compreso nelle altre due - solvei et mittei. * 17. — Dissento poi dall'opinione del Serra, ed anche del Sanguineti (pag. 388) e del Grassi (pag. 485) nel l’ interpretazione delle ultime parole della tavola: a n t e • IDVS • SEXTILIS • PRIMAS • SI • QVOI • DE • EA • RE ■ INIQVOM • • adeant • ad • nos... Non è una clausola che riserva alle parti il diritto di reclamare contro la sen tenza, come il Serra ritiene, o contro una parte della VIDEBITVR Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 stessa come ritiene il Sanguineti. Se un reclamo contro il giudicato fosse stato possibile doveva deferirsi ad un altro magistrato, non a quello che aveva già pronunziato. Questa è regola elementare di ogni procedura e se nella tavola fosse scritto davvero che i giudici rivedranno la sentenza, quando in tutto o anche in parte non piacesse ai litiganti, bisognerebbe dire senz’ altro che non è romano il documento. Ma non è solo la logica del diritto che si oppone all’ interpretazione testé accennata ; vi è pure la logica dei fatti. Abbiamo già avvertito in principio che i Romani composero sul luogo tutte le controversie. Adun que, se le controversie erano state transatte d’ accordo, se un quasi contratto giudiziale era intervenuto ad elimi narle, e le parti avevano sottoscritto, sarebbe stato assurdo il prevedere un giudizio d’ appello. Vide giusto, a mio avviso, il Sanguineti quando av vertiva che la frase d e • e a • r e si riferiva al fatto delle ingiurie e della prigionia non a tutta la sentenza, come il Grassi riteneva. Vide giusto il Grassi quando fece la distinzione fra interessi pubblici e interessi privati. La sentenza aveva risolto le questioni fra i due popoli, aveva ordinato la restituzione dei prigiomieri. Ma la faccenda delle ingiurie, dei sequestri di persone e di cose doveva avere necessariamente un tratto consecutivo la liquidazione dei danni - a favore dei singoli danneg giati. È facile immaginare come le famiglie, che avevano dovuto sottostare a vie di fatto, sollevassero un mondo di reclami e pretendessero « individualmente » dei ri sarcimenti. I Romani, da persone pratiche, si tolsero momenta neamente da quel ginepraio, dicendo: « Se qualcheduno Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 257 - credesse vi sieno delle ingiustizie da riparare a riguardo di tal faccenda - de ea re - cioè a riguardo delle in giurie e vie di fatto, venga a Roma e ne parleremo ». Ma dove mi separo assolutamente dal Grassi è nella interpretazione delle ultime parole: adeant • a d • nos • PRIMO • QVOQVE • DIE • ET • AB • OMNIBVS • CONTROVERSIS • • hono. • p v b l , • l i . La frase ha la sua spiegazione molto semplice nei formularii della procedura. Quando il giudice fa come si dice « un rinvio della causa » o fissa il giorno o lascia la scelta alle parti, escludendo certi giorni. I nostri pretori, per esempio, adoperano abitualmente questa formola « compariranno le parti nel primo giorno non feriato ». Altre vojte dicono « compa riranno le parti alla prima udienza, ^caduti i termini dell’ appello ». I fratelli Minucii non fecero un rinvio vero e proprio della causa, ma dissero: Se qualcuno avrà delle ragioni da far valere per le ingiurie patite comparirà prima delle calende di Agosto —quoque die et ab omnibus controversiis et honore pubblico libero — nel primo giorno che gli piaccia purché sia libero da cause e da pubblici uffizii - in altri termini: in un giorno che non vi sieno cause nè altro pubblico ufficio da sbri gare. La delegazione del Senato è esaurita, la sentenza è pronunciata, la causa fra i due popoli e definita ; se qualcheduno personalmente ha delle ragioni da far valere verrà da noi, Minucii, amichevolmente, « vedremo il da farsi ; se potremo conciliare la cosa, la concilieremo, altrimenti si provvederà colle formalità che saranno del caso ». Si ricordi che queste parole sono scritte in una sentenza, che è in sostanza un verbale di conciliazione. Evidentemente le ragioni dei singoli avrebbero costi- it A tti S o c. Lia. di S t o m a P a t « u . V o i. XXX. ,8 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 258 — tuita una causa nuova, non più fra due popoli, ma fra privati, e forse era necessaria una nuova delegazione e un nuovo giudizio per risolverla. Il rinvio è una cosa tutta affatto amichevole ; più che un rinvio è una riserva di parlare del resto a suo tempo. La mia interpretazione segue la lezione adottata dal Mommsen. Noto che anche volendo mantenere la lezione it • m o n o . p v b l . • l i che il Mommsen corregge e t • mono • p v b l. • li la mia interpretazione non cambia, perchè 1 i t suonerebbe un i t e m « primo quoque die libero ab omnibus controversiis item honore publico ». Farmi che la mia interpretazione abbia questi vantaggi: 1. risponde alle consuetudini procedurali, nel fissare i termini di comparizione; 2 ° risponde meglio alla lettera della tavola; 3.0 dà alla parola h o n o r e • p v b l i c o • il suo vero e naturale significato che è di ufficio pubblico. « Honoribus operam dare » dice Cornelio nella vita di Catone — « Honores non petiit » dice Cicerone in Verrem. Parmi invece non abbastanza provato che i Romani usassero la frase « h o n o r e • p v b l i c o » per indi care la formalità del giudizio, come il Grassi suppone. * *8. — Segue la sottoscrizione della sentenza per parte dei delegati dei due popoli. Moco Meticanio figlio di Meticon per i Genovesi - Plauco Peian figlio di Peion per i Viturii. Già vedemmo che il moco è una specie di vecia molto in uso presso gli antichi liguri, i quali si cibavano es senzialmente di fave, di mochi, di lemi e di lenticchie. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 259 — Moco era sopranominato il delegato di Genova, come a Roma, nello stesso secolo, si chiamava Cicero un uomo insigne, che fu sommo filosofo, sommo oratore, console e dittatore. Quanto al « Meticanio figlio di Meticon » non sono d’ accordo col Grassi che vuole ad ogni costo, per certi suoi ragionamenti, leggere « Ometicanio figlio di Ometicone ». Io spiego molto più facilmente il Meticanio e il Meticone, quando penso che i nostri antichi fratelli di Grecia chiamavano fieiotxoi i coloni, e jiexoixsìv stare appo uno come colono. La parola si decompone in [leià-axico, abito con, presso uno. Dal che deduco che nell’antichis simo dialetto mediterraneo « meticón » era quello che poi si disse il « manente ». I Meticanii erano probabil mente una stirpe, che veniva da un’ antica famiglia di « metichi ». I cognomi liguri derivano generalmente o dai luoghi abitati o dalla professione abituale. Certi epiteti, dopo essere ripetuti per centinaia d’ anni, si cristallizzano e diventano nomi proprii. Già vedemmo i Botero, Bottaro, Boero, Vottero provenire da antichi bovari, gli Alizeri da antichi marinai, i Gherardi genovesi, i Gerard pro venzali, i Gilardini piemontesi, i Ghirardini e Gherardelli in Toscana, i Girardengo nel Tortonese da antichi « ir rigatori di terre », i Reboa, Reboin, Rebolin, i Brea dagli antichi mercanti della « reba » o « brea », i Burzin, Bursotto da antichi pellai. Nel medio evo, dopo tante inondazioni di barbari 'succede una nuova cristallizzazione di nomi comuni in nomi propri. Allora appaiono gli Aldi, i Gastaldi, i Scabini, gli Armanin che ricordano 1’ epoca Longobardica, come altri nomi comuni trasformati in Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 26 o — nomi proprii ricorderanno il feudalismo, le crociate, le dominazioni francesi e spagnuole in Italia. Adunque Moco Meticanio si chiamava il nostro con cittadino che per il primo rappresentò Genova dinanzi al mondo civile. Meticon Meticanio si chiamava suo padre. Vedremo più sotto che Pejon Pejan si chiamava il padre di Plauco Pejan. I Romani facilmente ripetevano nel figlio il prenome del padre. I Liguri avevano il vezzo di ripetere nel nome il casato : quest’ usanza fu sempre viva in Italia, e ancora in oggi troviamo Landò - Landi, Gabardo - Gabardi, e simili. Quanto al Plauco Peliano figlio di Pelione rappre sentante dei Langen, io traduco: Plauco Pejan figlio di Pejon. Ritengo che il Plauco sia il solito sopranome, il cui significato può anche essere di « uomo sordido » tro vandosi in greco un TnjXà-i;, 7n)Xà-xo; che il dialetto può aver contratto in plà-o-co —notando che co (*os) è la solita finale comune al ligure e al greco. I Romani scrissero Plaucus P elian i Pelioni filius, il che mi ricorda come nelle carte antiche Pelio sia il paese di P egi (Pegli). Parmi una supposizione abbastanza natu rale che i Romani abbiano battezzato col nome di Pelio quello che i Liguri dicevano e dicono ancora in oggi P^gl> che abbiano tradotto in Peliano la parola Pejan, abitante di Pegi, in Pelion Pelionis il nome di Peion, padre di Plauco. Una volta intesi che il Pelio è Pegli, e in ciò mi assistono il Grassi e il Desimoni, io ripiglio il mio sistema di scrivere il nome ligure come veramente è. Pelio è latino, Pegli è italiano, P egi è l’ antichissimo, il - - Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 261 — vero nome ligure (i). Giunti a questo punto è facile indovinare che Peliano è traduzione di Pejan, che vuol dire Pegian, de Pegi. E così il paese di Pegli e la fa miglia Peirano hanno l’onore di trovare nella tavola di bronzo il documento autentico di una nobiltà che va oltre i 2000 anni. L’ essere di Pegli il rappresentante dei Viturii è una delle tante circostanze che concorsero a farmi ritenere che Voltri fosse territorio dei Viturii. Sestri, Pegi, Paimaro e Voltri sarebbero gli antichi paesi dei Viturii marittimi. I Vituri Langen dovendo mandare un rappre sentante a Roma, ne scelsero uno che non fosse come loro un semplice agricoltore, uno che potesse competere coi « Zenoeixi ». Questi, come spiega il nome, sapevano trattare e intendersi coi forestieri; bisognava contrapporre un uomo che conoscesse il mondo e sapesse parlare e farsi valere alla presenza dei Romani ; e si scelse il Plauco di Pegi. Ne deduco che quei di Pegi dovevan esser Viturii, perchè non è verosimile che i Langen sceglies sero un rappresentante fuori della loro nazione. I nomi dei delegati sono apposti a modo di firma in fine della Sentenza. Firmarono effettivamente? o il loro nome fu posto soltanto a ricordo del fatto ? A suo tempo dimostreremo che la scrittura non doveva essere ignota ai nostri Liguri come ai tempi di Giulio Cesare non era ignota ai Galli e agli Elvetici. Per finire, faccio un voto: che Genova si ricordi un giorno del suo Moco, e poiché fu distrutto nel passato anno 1899 il vico Moconesi, che poteva anche essere la (i) Vedi a p. 75, Pegi, nrjyr), fontana. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 2Ó2 — d i m o r a , 1’ edo d e l n o s t r o g r a n d e a n t e n a t o , i n t i t o l i a l m e n o u n a v ia a m o co m e tic a n io . Pegli non vorrà essere da m eno, e scriverà il nome di P lauco P eiano . * E d ora che siamo informati di ogni co sa, facciamo come i fratelli Minucii — andiamo sul luogo. Risulta che i Minucii con molta diligenza segnarono dei confini, e m isero dei term ini; noi dobbiamo rintracciarli. Traver sarono due volte la V ia Postumia, e noi dobbiamo tra versarla. Trovarono due castelli, e noi dobbiamo ritrovarli. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 CAPO V . L’AGRO PRIVATO DEI LANGEN, i. Il « castelo » e il suo agro. — 2. L\< ede ». — 5. Il « m a n ic e l o ». 4 - Il « LEMORI ». — 5. Il « COMBERANEA » . — 6. La « CONVALIS CAEPTIEMA ». — 7. La « VIA POSTVMIA ■> — 8. Il VINDVPALIS » e il « NEVIASCA » . — g. La « PROCOBERA ». — IO. VINELASCA • POSTVMIA e MANICELO. I I . Si ritorna al primo termine. i. Venendo a parlare dell’ « agro privato » dei Veturii di Langasco, rilevo per la seconda volta l ’ impor tanza di questa espressione, « • • v itu rio ru m . » Il castello , ager • p r iv a t u s ben si comprende , c a st e l i doveva trovarsi presso l’ abitato, e, siccome i Liguri abitavano in mezzo alle terre che coltivavano, parmi logico il concludere che se il castello era a Langasco , nel qual punto tutti i commentatori sono d’ accordo, doveva pure trovarsi intorno a Langasco 1 agro privato del Castelo. Ouesta riflessione consiglia di indirizzarci, prima di tutto, da quella parte, per vedere se corrisponde alla regione descritta, come agro privato, nella tavola di bronzo. Avverto subito che camminiamo in direzione opposta a quella che segui 1 illustre Desimoni, il quale configurò un agro privato su quel di S. Cipriano, un Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — agro 264 - disgiunto dal suo castello; ipotesi che mi parve sempre alquanto anormale e poco verosimile. Incamminiamoci dunque per la strada della Bocchetta, e giunti al principio del paese di Langasco prendiamo posizione su quel colle che è a sinistra della strada, detto Caltela, che potrebbe anche essere il sito dell’ an tico castello ( i ) . È il punto migliore per chi vuol fare un esame diretto dei luoghi, o, come dicono gli artisti, uno studio dal vero. Un altro punto di osservazione veramente splendido è il monte di N. S. della Guardia, che diverrà, grazie all’ on. Pizzorno, che ne promosse la ferrovia elettrica, una como dissima specula del grande paesaggio dei Genoati e Viturii. C o m in cerem o col notare i caratteri più spiccati re g io n e . della L a prima cosa che colpisce l’ attenzione è 1’ aspetto verdeggiante del paese, e ciò dipende dall’ esservi do vizia d acqua. Sui colli è raccolta in vasche e « tombei, » ed al basso è guidata di qua e di là da « bei » antichis simi , che prima alimentavano molini, ed ora servono a molteplici industrie. Contribuisce al verde del paesaggio la serpentina, per cui assume un colorito caratteristico il fondo del torrente o perfino le strade, costituite di un massiccio di verde di Polcevera. Si comincia a riflettere che deve essere antichissimo il nome di « Verde », come è di tutti i nomi che son nati dall’ osservazione della natura. ( i ) Per sè la parola Castelà non ha valore in ordine alla nostra questione. Castelà è nome che si trova ad ogni passo nei nostri paesi e significa un luogo in rialzo che torreggia in forma di castello: la parola si decompone in casté-Ià, Y<xotV)p-Xà£, castello-rupe Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 2ÓJ — L esposizione è magnifica , il paese gode il sole in pieno mezzogiorno; dalla tramontana è difeso dal giogo. La seconda impressione che raccoglierete investigando il paesaggio dall’ alto di quel poggio, è un senso, dirò così, di antico che domina dappertutto. Il Castelà, sul quale abbiamo preso posizione, è 1’ ultima sporgenza di quella bella costiera che divide la vallata di Langasco da quell’ altra che finisce ad Isoverde. Il paese antico doveva essere sull’ alto di quella costiera, ed il castello doveva formare la vedetta verso Genova, mentre il « Castelus Alianus » costituiva una guardia e una di fesa là sul giogo al passo della Bocchetta. Nella regione detta « Tombeo » si scorge una serie di case abbandonate di creazione molto antica, vasche, acquedotti coperti con volti di pesante muratura, detti appunto « tombei. » Son lontano dal credere che sieno opera dei tempi di cui parliamo , ma è certo che gli edifizii a cui accenno sono anteriori all’ apertura della strada della Bocchetta, dai Genovesi costrutta nel se colo XVI (1580). Mentre tale strada fece fiorire il Lan gasco nuovo, Campomorone e Pietra Lavezzara , quelli antichi edilìzi, rimasti fuori mano, cadevano a poco a poco in abbandono. Ma i ruderi stanno a testimoniare un’ antica e diversa conformazione di paese, a provare l’ esistenza di un Langasco più popolato, più esteso di quel che non sia il Langasco moderno. Con tutte queste osservazioni di fatto parmi che si possa già cominciare a presumere che l’ Agro privato fosse in quella regione che ha Langasco nel centro e Campomorone, Isoverde, Pietra Lavezzara, Mignanego e Cesino nella periferia: i.° perchè, se a Langasco era Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 266 — il castello, 1’ agro doveva trovarsi all’ intorno; 2 ° perchè quel di Langasco è l’ agro più ricco d’ acqua come è il più caldo d’ inverno, il più riparato dai venti; 3.° perchè ha tutti i caratteri d’ un luogo abitato da tempo anti chissimo. Sono buone presunzioni, che potranno avere un valore, se troveranno conferma nella descrizione dei confini. Ed ora dal Castelà di Langrasco, O ' di cui ci siamo impossessati per la circostanza, volgiamo lo sguardo al torrente Verde; ivi è il primo termine. Infatti la tavola dice che il primo termine sta a d f l o v i v m • e d e m là dove sbocca il rivo q v i • o r i t v r • a b • f o n t e i • i n • m a m n i c e l o . * 2. Il flovius « E D E ». L ’ « Edus » o « Ede » della tavola è il Verde. In questo punto concordano il prof. Desimoni e il canonico Grassi, e ciascuno avrà tempo a convincersene quando saremo più innanzi. Donde il nome di Ede? Non bisogna dimenticare che esiste fra il dialetto e la lingua scritta una lotta che dura da 20 secoli. Il dia letto ha dei suoni inafferrabili, intraducibili, che necessa riamente dovevano modificarsi passando alla forma scritta. Che cosa vi è di più semplice della parola Verdef Eppure per il Ligure della montagna il Verde ha un suono che non è quello che noi pronunziamo. A queste difficoltà intrinseche si aggiunge la tendenza ad alterare sistematicamente i nostri nomi, tendenza che abbiamo rilevata al capo II, ove pure ci risultò che se la scrit Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 267 — tura alterò le forme primitive, il dialetto della montagna fu tenacissimo nel conservarle. Venendo alla parola « Ede » io credo che significhi nient’ altro che « Verde » e che questo fosse il nome del fiume fin di 2000 anni fa, essendo i nomi tolti dalla natura in generale antichissimi. Non è difficile indovinare da che può essere derivata la storpiatura di Verde in Ede. Osservo che il Ligure, e specialmente il Ligure della montagna, ebbe sempre in odio le con sonanti. L’ oliva, per il contadino Ligure, sarà sempre 1 ’ « óia, » e per pronunziar « verde » si fermerà a bocca molto aperta sul primo e facendo pochissimo sentire il v e 1’ r. E così mi spiego come il tabellione che seguiva i due « viri consulares » in quella visita sui luoghi, coll’ incarico di notare i nomi che man mano saltavano fuori, abbia potuto scrivere « Ede », mentre i Liguri avranno inteso di pronunziare « verde ». Che direbbe il lettore se un giorno, con buon corredo di confronti e di prove, io dimostrassi che il v di verde è una delle solite consonanti introdotte per complemento, come il v di v-eri, il v di Venezia, il v di Genova, il v di Savona? e che la radice primitiva di verde è <2ip (erba, erbu, erica) e che er-de altro non significa che de-air, color d!erba? Probabilmente i nostri liguri di 2000 anni fa dissero ai Romani : questo è 1'Erde, scivolando sull V come è loro costume. Dicevano Po...seivia per Porseivia, così avran pronunziato Ede per Erde (1). (1) L ’ introduzione del v è un fenomeno linguistico tutt’ altro che ra ro , anzi costituisce una tendenza generale dei nostri dialetti italici. In antico più che un v era un b, ma noi sappiamo che b e v si corrispondono nella lingua primitiva. È un fenomeno importantissimo e che non vuol essere dimenticato nello studio del Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 268 — L a mia opinione a riguardo dell’ Ede è, come ben vede il lettore, sostanzialmente opposta a quella del prof. D e simoni , il quale ritiene che Ede fosse il termine primitivo e che avesse un significato affine all’ iso esi (Iso-verde Mocon-esi) e all’ aedes latino. Ho già dato al capitolo II la spiegazione di questi altri vocaboli ; ma ritengo che 1 E de, ossia Verde nulla abbia di comune con essi. * 3 - ----- I l « M A M N IC E L O » . L a tavola segna il primo termine dell’ agro privato in questo modo: nostro dialetto, perchè levando un v o un b riusciamo tante volte a vedere niti damente una parola ligure là dove credevamo di trovarci di fronte a parola nor dica. P e r esempio, dando al v e al b il suo giusto valore, noi comprendiamo che è la stessa cosa veru e erti — che il Beri-giena della tavola di bronzo vuol dire veri-giena — che Ber-sesi (Bergeggi), Ber-se^io e Ber sèo (Berceto), altro non sono che un 0so;g, o 63x05 posizione di veri. Com e il v e il b si aggiunsero a ll’ erti e fecero veri e beri cosi il v e il b si aggiunsero alla radice aip (erba, erbii) e fecero v-erde, come fecero v-er-ga e b-er-ga. Io credetti per un momento che il berg fosse parola nord ca. Infatti essa ha il suo centro di diffusione in Germ ania. Ma la scoperta di quel b decorativo mi fece cam biar d’ opinione, per cui ritengo che berg fosse benissimo parola abituale della lingua nordica, ma fosse egualmente parola propria del dialetto mediterraneo. B erg in Germ ania significa monte ; bergèr in Francia significa pastore. Monti, pascoli e pastori sono cose distinte, ma trovano relazioni in un’ idea comune. V erba. E d io ritengo che la radice ctip, onde il nostro erba, e il nostro verde, sia pur la radice del berg e berger coll’ aggiunta del b decorativo Il berg corrisponde al ligure ber-ga (nel Tortonese), Berga-i (Berga-gli o Bar- g a g li nel Genovese) e significa terra erbosa, come Ver-ga e Ver-ga-gni, Ver-ga-no, Ver-gi-ate, Ver-ga-lo, Ri-ver-garo. In G erm an ia i monti erbosi adatti al pascolo, furon detti b e rg , e cosi si fece Aren-berg, monte delle pecore e cosi Norin-berg, Bam-berg ecc. Il bergér dei francesi è colui che attende ai pascoli. 11 Ber-ga-mo non è che un ber-g-an, terra erbosa in alto, Bergamasco è il ber-ga-n'-asco cioè la parte a valle in asco del ber-ga ; corrisponde all’ antichissimo Or-ga-n’-asco in vai di Trebbia che vuol dir terra (y»), or per er, erbosa, n’asco, nel torrente. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 269 — AB • RIVO • INFIMO • QUI ■ORITUR • AB • F O N T E I - IN MAMNICELO • AD • FLOVIUM • EDEM • IBI • TERM INUS • S T A T . Per intenderci colla tavola dobbiamo dunque, cercare il fonte in Manicelo, e il rivo che discende da quel fonte nel Verde. Io, d’ accordo in ciò col canonico Grassi, segno questo fonte lassù nei piani detti di Marsen ; il rivo sarebbe quello che viene a sbucare sulla destra del Verde, al di là dei giganteschi piloni del nuovo viadotto della ferrovia. La semplice omonimia di « Manigen » con Manicelo fece deviare il Serra: eg li, attratto dal Mani^en , finì per mettere sulla Secca l’ agro privato dei Langen. Già vedemmo nel capitolo II come siano comunissime in Liguria queste espressioni che indicano i piani « i cen en-i-cen - ma-en-i-cen - a-ren-gen ». Se il marchese Serra avesse premesso alle sue indagini uno studio del dialetto non avrebbe fatto gran caso del « Ma-n’-i-cen », ed avrebbe concluso con noi che molti altri nomi potevano esservi in Polcevera con quella generica denominazione. Quando io dico che « Manicelo » deve essere il Margen, non dò alcuna importanza all’ affinità del suono, ma ra giono sui fatti positivi che risultano dall' ispezione locale. Quanto alla struttura della parola Marcen dirò soltanto che i fen ne formano indubbiamente la finale, e il mar deve essere l’effetto di una contrazione, un « Ma-en-i-cen » abbreviato in « Ma...cen ». Se le nostre induzioni sono esatte dobbiamo ancora in oggi trovare dei pian i, e su quei piani una fontana. I piani esistono realmente lassù a Margen, prima di ar rivare alla Madonna dell’ Orto. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 270 — Più interessante mi sembra la scoperta della fontana. Non riuscivo a trovarla, lassù a Marcen nelle condizioni volute dalla tavola, la quale accenna ad una fontana in alto, da cui nasce un rivo, che mette nell’ Ede. Un bel giorno, dall altipiano di Margen, m’ accorsi che un grande avvallam ento era avvenuto, per cui una parte del piano di Margen era sceso a mezza costa, dando luogo a quel poggio, su cui fa bella mostra di sè la palazzina Razeto. Scesi sul luogo e trovai le fresche acque di una ricchis sima fo n te, la q u ale, ben si capiva, scaturiva in quel1 avvallam ento perchè le era mancato il terreno sulla cima. Domandai ai contadini come si chiamasse quel ripiano, e mi risposero « en-i-cen » ; e la fontana « la fontana di cn-i-cen. » Cercando il riv o , compresi allora che 1 avvallamento lo aveva coperto, e che mentre in oggi gli scoli della collina formano un delta , doveva esservi in antico un bel ruscello ove attualmente è il poggio dei signori Razeto. Queste circostanze risultano evidenti dall ispezione dei luoghi, senza la quale non è possibile uno studio della tavola di bronzo. L e circostanze ora accertate mi sembrano importanti, ma io non voglio che si attribuisca ad esse un valore decisivo. Supponiamo per ipotesi d’ aver trovato il Ma nicelo è il rivo del Manicelo. Ma desidero, per prudenza, che 1’ ipotesi resti tale finché non avremo compiuto il giro dei confini intorno all’ agro privato, finche non avrem o dimostrato che il perimetro segnato dalla tavola ci riporta naturalmente e necessariamente a Marsen. Siam o dunque intesi. Partiamo dal gran viadotto, sup ponendo che trecento metri più a monte dello stessosbucasse il rivo che scendeva dal fonte di Manicelo nel- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 271 — Verde, e che ivi fosse il i.° termine. E proseguiamo come vuole la tavola. * 4. -- Il flovius « LEM UR ». Segnato il primo termine sul fiume E d e , ove sbocca il rivo di Manicelo, la tavola dice : andate su per il fiume Ede fino ad incontrare il fiume Lemur. Ecco il testo: I N D E • F L O V IO • S V S 0 • VORSVM • IN ■ FLO V IV M • L E M V R I M . Ho notato che dei diversi rami di cui è composto un fiume, quello che ha una direzione normale al corso grande delle acque riunite, mantiene lo stesso nome , mentre i rami che si congiungono lateralmente sono quelli che, secondo la tavola, cambiano denominazione. Risalendo il Verde troviamo a sinistra il rivo di Paravanico, più in su a destra il rio d’ Iso. E questo è il flovius Lemori; così vuole la concatenazione dei confini. Chi desidera altre ragioni che lo confermino ne troverà delle amplissime quando vedrà spuntare tutto all’ intorno i monti Lemurini, quando metteremo a riscontro questo fiume col Leme, che è al di là, e col monte* Lecco che 1’ un dall’ altro divide. Nè si dica che il rio d’ Iso non può essere preso per un fiume, perchè la risposta è pronta nella tavola. I R o mani abbondavano nel dare il nome di flovius ; chiama vano così ogni corso d’ acqua un po’ importante, quelli che avevano acqua in permanenza, chiamavano rivi quelli che conducono soltanto acqua piovana. Per convincersene Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 272 — basta ricordare che la tavola mette sei flovii nell’ alta Polcevera. Pedele al mio sistema di cercare sotto il nome latino la voce ligure, ho finito per convincermi che Lem u-r altro non è che Lemo. I lenii sono una specie di vecia di cui si cibavano molto i Liguri antichi '; si semina ano . cora in oggi ad uso delle bovine. Lemo si chiam a, e certamente si chiamava anche allora, il fiume che è al di là del giogo. A l riguardo osservo che non è raro in L ig u ria il caso che i corsi d’ acqua che scendono dallo stesso m o n te, portino lo stesso nome. Troviamo un esempio poco lontano, nel Migliarese e Migliarina ; al trove troviamo Borbera e Dorbera. Il nome dei monti si affratellava sovente con quello dei fiumi ; e noi tro viamo che all’ intorno del nostro fiume stavano i monti Lem urini. Ecco dunque un’ interpretazione semplice e na tu rale: Lem o il fiume del versante sud, Lemo il fiume del versante nord, Lemuin i monti all’ intorno. Traspare in tutto questo un’ idea prim itiva, che risponde al con cetto storico assai meglio di tutti i « Lemures » della m itologia greca e latina. dall’ aspetto dei luoghi. I Liguri toglievano i nomi Quelle vallate abbondavano di lemi , ed essi non cercarono altro , e distribuirono alla regione il nome dei lemi , come altrove chiamavano « Moconesi » le ville piantate a mochi. Il confine cammina cinquanta metri circa nel Lem o, e poi entra nel Ri-creusu, o Creusa, presso Isoverde. È il rivo Comberanea della tavola. * Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 273 - 5- ----- 11 r i v o COMBERANEA. IN D E • FL O V IO • LEMVRI • SVSVM • VSQVE • AD • R IV O M • C O M BERA N E. Noto come tanto rivo creùsu come rivo comberanea rappresentano lo stesso concetto di rivo incavato. 1 ro mani fecero qui una traduzione, abbastanza esatta, del1’ espressione ligure. * 6. — L a convalle « c a e p t ie m a ». IN D E • RIVO ■COMBERANEA • SVSVM • VSQVE • AD • C O N V A L E M • CAEPTIEM A M . Arriviamo ad una convalle, il luogo dove due valli si congiungono fra due monti. Siamo evidentemente a Pietra Lavezzara, col monte Cao a sinistra, il monte Bastia a destra, la valle della Creusa a ponente, la valle di Pavèi a levante. Si potrà percorrere quanto si vuole tutta la Polcevera, ma non riuscirà ad alcuno di trovare questi caratteri di convalle in altro punto, che si presti ad entrare nella con figurazione dell’ agro privato descritto dalla tavola. Le ipotesi del March. Serra e del prof. E>esimoni si arrestano a questa difficoltà e parlano della convalle Caeptiema come di una incognita, di una configurazione di monti che deve essere scomparsa in seguito a cata clismi subiti dalla montagna. È un’ ipotesi a cui non posso acquetarmi, perchè è molto grave 1 attribuire alle montagne di questi scherzi in un periodo in cui i grandi A t t i S o c . L io . di S t o r ia P a t r i* . Voi. X X X . *9 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 274 movimenti tellurici erano cessati. — ~ Posso ammettere uno scoscendimento come a M argen, ma non posso ammet tere che scompaia un complesso di montagne in atteg giamento di formare una con valle. Che cosa vuol dire Caeptiema? diverse interpretazioni verchia plausibili. importanza : Caepa Vi possono essere Senza annettervi so è la cip o lla, Caeptum il luogo piantato a cipolle ; ed io non ripeterò mai abba stanza questa verità, che le dominazioni Liguri si devono cercare nell’ indole montanina ed agricola del popolo, nelle manifestazioni della natura, nella qualità delle col tivazioni ; e credo che il lettore se ne sarà convinto dalle dimostrazioni che ho dato al Capitolo II. V alle caeptiema sarebbe traduzione latina di « V al de ziule » nome comunissimo nei nostri monti come « próu de ziule ». * 7. — L a v ia P o s t u m ia . Ma torniamo alla tavola di bronzo. E ssa p ro se g u e . IB I • T E R M IN A • D VO • S T A N T • C IR C V M • V IA M • P O S T V M IA M . Siamo al punto più interessante delle nostre ricerche. Se la nostra confinazione è esatta, avremo la chiave per risolvere questo problema che fu oggetto di tante discrepanze : dove passava la via Postumia ? Parleremo della strada in un capitolo a parte ( 1) . Per (1) Io credo di a ve re , colla guida della tavola di bronzo e le constatazioni locali, stabilito il tracciato della via Postumia da Genova a Libarna. Se potrò raccogliere in un volume i m iei studi su Libarna riferirò in una pianta il percorso Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 27 5 — ora mi contento di osservare come, trattandosi di aprire una strada militare attraverso il giogo, era naturale che i Romani preferissero il passo della Bocchetta, che era certamente il migliore sotto l’ aspetto strategico, come ebbimo a constatare con dolorosa esperienza ai tempi delle guerre austro-sarde e napoleoniche. Ai tempi romani la base delle operazioni militari era a Piacenza, gli eserciti venivano per Tortona a Libarna e, superato il giogo, si affacciavano al grande o?2^ della Polcevera (Vedi oamà, p. 90). 11 monte Poggio col suo Castelo Aliano difendeva magnificamente la strada al convergere di tre valli : Polcevera, Lemo e Scrivia. Il valico della Bocchetta è più alto di quello dei Giovi, ma presenta il vantaggio di una salita comoda, natural mente tracciata dai declivi della montagna. Nei tempi antichi era inoltre preferibile perchè il Ricò era perfet tamente deserto, oltreché esposto al vento e con poco sole , mentre passando per Langasco , si traversava un bell’ abitato e un bel coltivo; circostanze tutte che ave vano la loro importanza sia per la comodità del cammino, sia per 1’ approvvigionamento delle legioni. Due termini dice la tavola, stanno nella convalle ai lati della via Postumia per segnare il limite dell’ agro privato. Se è vero il tracciato da me finora descritto, della Postumia al di là dell’ Appenino. Frattanto m’ interessa di fare una riserva a riguardo di quel tratto di strada che è fra Pontedecimo e Langasco. L a strada poteva passar per Cesino come per Campomorone Ho dato la preferenza al trac ciato per Campomorone perchè mi sembrava un po’ forte, per una via militare 1’ erta di Cesino, ed anche perchè la costiera del Castelà mi presentava più spic cati i caratteri di un abitato antico. Ma l’ incertezza non è tolta da queste deboli presunzioni. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 276 — si può mostrare a dito il luogo ove dovevano essere quei termini. La via attuale, che passa dinanzi alla pa lazzina del dott. Pittaluga, e poi dinanzi alla Chiesa, deve essere esattamente l’ antica Postumia; e dico esattamente, perchè la costiera è talmente ristretta a quel punto che non lascia margine per un tracciato diverso. Il rivo creusu, o meglio la « Creusa » finisce poco prima della palaz zina Pittaluga; adunque in quei 100 metri di strada che precedono la palazzina dovevano essere 1' due termini ricordati dalla tavola. Come si vede, Pietra Lavezzara era fuori dell’ agro privato, e son certo che non avrà difficoltà ad ammetterlo chi è conoscitore del luogo, pittoresco quanto altro mai, selvaggio ad un tempo. L abitato di Pietra Lavezzara ebbe origine dalla costruzione delia strada e dalla scoperta delle cave, non dalla coltura del terreno. Forse fin di 2000 anni fa erano in Val de Ziule dei rifugi di osteria, ove sostavano i soldati di Postumio, di Scauro e di Mario per confortare lo stomaco e le gambe col bianco vinello di Polcevera. Ma regione coltiva non fu mai la convalle, e posso citare un testimonio autorevole nel March. Gianvincenzo Impeperiale, il quale, nelle sue note di viaggio (1), volendo magnificare Pietra Lavezzara, altro non potè dire che era « di rape e di castagne e di perfette ricotte oltre ogni dire ripiena ». ( 1) Atti delia Società Ligu re d i Storia Patria, voi. X X IX . * Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 277 - 8. 11 V i N D V P A L E e il EX • H IS • T ER M IN IS N • — e v ia sc a RECTA • . R EG IO N E • IN • R IV O • V IN D U PA LE. Dalla costiera di Pietra Lavezzara si scende sul ver sante opposto seguendo la linea formata dai due termini che sono al di qua e al di là della Postumia. Affaccia tevi verso Pavèi e trovate un rivo che comincia preci samente là dove abbiamo segnato i due termini. È il « ria de Pavèi ». Sempre ligio a spiegazioni d’ indole locale e dialettale, io confronto il Vìndu-pà col Pà-vei, che è l’ antico paese di questa vallata. Pa-vèi ha origine comune con Avèi (Aveto); Pa-vei, come già vedemmo nel Capitolo II, significa tutto-abeti. Confrontando il Vindu-pà col Pà-vei si sente che il primo non è che una traduzione mal riuscita del secondo. Quel vei deve aver dato da studiare assai ; forse ai Romani, che erano poco etim ologisti, parve di trovare in quel vei un senso di minaccia o di vendetta, e tradussero « vindu » del pa con terminazione latina fecero « palis ». Il lettore avrà notato come quasi tutti i nomi venuti fuori dalla tavola trovano riscontro nei luoghi. Manicelo trovò Mar^en, il fiume Lemor trovò il Lem o, la con valle trovò la convalle, il Vindupale trovò il Pavèi. Saremmo dunque sul confine storico tante volte sognato tante volte svanito? Non illudiamoci, perchè le omonimie hanno fatto dei cattivi scherzi finora. Io mi limiterò a segnalare al lettore queste coincidenze man mano che si paleseranno, ma senza lasciarmi deviare dal mio in- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 278 — tento, che è di ricomporre la tavola di bronzo a base di fatti positivi risultanti dalla configurazione dei luoghi. EX • R iv o • V IN D U P A L E • IN • FLO V IU M • N EV IA SC A M . V iene un corso d ’ acqua più importante e la tavola lo chiama flovius. È il rio di Costagiutta o meglio Co- stagua ( 1 ) . Qui viene a proposito di rilevare una circo stanza locale, che m ’ interessa più della corrispondenza dei nomi. Neviasca è l ’ asca cioè il torrente della neve. L a gola —g u a — del Costa-gùa è un posto ove si agglomera la n eve, se neve cade in Polcevera; è il luogo ove la neve stanzia più a lungo, essendo quella gola sottratta ai ra g g i insistenti del sole e alle correnti calde del mez zogiorno. Confrontando la mia carta con quella del com pianto prof. D esim oni, si vedrà che egli fu costretto a porre il N eviasca nel torrente di Séra, fra Voiè e Pe dem onte, in luogo aprico e tutt’ altro che destinato a conservare le nevi. Il C ostagùa mette nel Ricò , che è la parte più alta della Polcevera. E d ecco, la tavola che dice; andate giù per il Neviasca fino a incontrar la Procobera. * 9 - — La IN D E « P ro co bera • DEORSUM • ». FLO V IU M • N EV IA SC A • IN • FLO V IO ' PROCOBERAM . Siam o al famoso Po-sei-vi-a, che i Romani tradussero prim a in Procobera e poi in Porcifera, e che i moderni, ( 1 ) V ed i al Capitolo II gùa, gualon. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 279 — alterando il Porcifera di Plinio, chiamarono con una pa rola priva di senso Polcevera (Vedi p. 192). nome di Ricò che i Polceveraschi danno alla Pol Il cevera alta non è altro, come vedemmo, che un ag g et tivo che significa roccioso: esso è antico quanto la parola Po-sei-vi-a. Probabilmente ai tempi della tavola di bronzo si usava ancora nel senso di aggettivo, e il nome di Pòseivia si dava a tutto il fiume sino ai Giovi. In oggi 1’ aggettivo ha usurpato il posto del nome per tutto il tratto della Polcevera rocciosa da Pontedecimo in su. ¥ IO . ---- IN D E V l N E L A S C A - PO ST U M IA • F L O V IO • PR O CO BE RA R IV O M • V I N E L A S C A M ■ INFUMUM RECTO "\flAM • • STU M IAM V IA M • V lN E L A SC A PO ST U M IA M — EX • IB I M — N IC E L O . • USQ UE IN D E • SURSUM ■ ALTER • T ER M IN E PO STU M IA M • R E C T A a • DEORSUM • TER M IN U S ■ IN D E • EO — • • • STAT TRANS QUI • • AD • R IV O • ■ PROPTER - • V IA M • STAT • ■ PO TRANS • R E G I O N E • IN • F O N T E M • IN • • M A N IC ELO . Il problema sembra, a prima vista, assai complicato, ma si risolve felicemente, quando si tengano presenti i dati di fatto che già possediamo. Dobbiamo scendere per la Procobera fino ad incontrare un rivo, attraverso il quale passa la via Postumia. La via Postumia 1’ abbiamo incon trata in direzione da Pietra Lavezzara a Langasco; dunque non è possibile che, scendendo per il Rico, si trovi la via Postumia prima di Pontedecimo. Ma, dopo Ponte- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 28 o — — decimo, stiamo attenti: il primo rivo sulla destra sponda può essere il nostro. Il primo rivo che s ’ incontra di qualche importanza è il « ria d i Langen »; sottolineo, perchè qui la parola è veramente un tesoro. sima parola, che su Si quel capisce da questa antichis rivo stavano accantonati i nostri Langen-ses. Spingete uno sguardo sulla collina e \edrete delle case rustiche a sinistra della palazzina Bacigalu p o: sono « le case dei Langen ». Se arriverete lassù vi si faranno incontro dei contadini affabili e cortesi, che vi offriranno del buon latte, e vi ripeteranno, quanto vi piacerà, 1’ antico nome, lasciando anche intendere che siete ben strani a far le meraviglie di una parola, che è per essi la cosa più semplice e più naturale del mondo. I bei declivi soprastanti a quel rivo dovevano essere abitati da antico. E vi spiegate così il nome di V i-ri-l’asca (gente sul rivo). T rovato il rivo , vi raffigurate tutto il resto. Capite allora come da Isocorte sbucava la Postum ia, che, va nendo da G e n o v a , risaliva la Polcevera sulla destra sponda ; capite che essa traversava sopra un ponticello il « rià di Langen » e si gettava probabilmente sull’ altra sponda del Póseivia con un ponte, che andava a metter capo sotto il bel poggio di Pontedecimo. 11 castello ivi fab bricato nel medio evo è indizio che in quel punto vi era una strada da taglieggiare. I castelli del mille fanno in generale alla storia questo servizio, di segnare le traccie degli itinerarii antichi. Ponte-decimo ebbe probabilmente il nome da quel ponte che doveva essere il « Pons de cimus a Genua. » Mi piace ricordarlo per dimostrare che accetto a suo tempo anche le origini romane. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 281 — Sulla via Postumia, nel punto ove questa traversava il Vinelasca, eran due termini; uno al di qua, l ’ altro al di là .della via. Dal termine che stava al di là i Minucii tracciarono una linea retta fino al fonte di Manicelo. E 1’ unica linea artificiale, che si trovi nella confinazione stabilita dai fratelli Minucii. Ho già spiegato che questo era il punto dove ferveva la lotta. I Langen si avanzavano verso Isocorte. I Geno vesi avranno voluto respingerli al Verde come confine naturale. I Minuci, tenuto conto dei rispettivi possessi, accordarono ai Langen un bel triangolo del terreno con trastato, quello che prospettava direttamente la villa di Campomorone; attribuirono il resto ai Genovesi. D ’ allora in poi chi andava oltre il Vinelasca, andava « dai L an gen ». La frase tipica è scolpita da duemil’ anni nel linguaggio dei villici che abitano all’ intorno. Per la esatta intelligenza delle cose ricorderò che i Romani, tracciando la linea dal Vinelasca al Manicelo, miravano a Margen che è perfettamente visibile dal fondo del Vinelasca, non alla fontana attuale, che è scesa a valle, come abitiamo dimostrato. La linea retta, stabilita dai fratelli Minucii, è indizio che essi o non trovarono il confine primitivo, o lo tro varono modificato dai successivi possessi. Dovendo trac ciare un confine si servirono dei poteri loro concessi dall’« actio finium regundorum », e fecero, come dicono i testi 1’ « adiudicatio » in altri termini un arbitramento. Si consulti al riguardo il Digesto, libro II, Iit. i, lege 2. L ’ arbitramento fu accettato dalle parti senza contestazione, come si evince dalle prime parole della tavola, ove è detto che tutte le controversie « inter eos composverunt », Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 282 — * 11 ■ Si ritorna al primo termine. IN D E • D E 0 RSVM IN • M A N IC E L O • AB • R IV O • AD 1 • T E R M NVM • QVI ■ O R IT V R • AB • FO N TE • • Q VI • S T A T • A D * FLO V IV M • EDEN. D al Manicelo si scende per il rivo, ed arriviamo così la donde eravamo partiti, e cioè al termine che sta sul fiume Ede. Abbiam o completato il giro senza che la menoma difficolta sia insorta. Ogni flovius, ogni rivus ha risposto alla chiamata — la convalle Caeptiema, che si era cre duta vittima di un cataclisma, si è ritrovata più viva che mai, tranquillamente adagiata fra il monte Bastia e il monte Cao. Nessuna violenza alla lettera della tavola — esattam ente rispettati i « sursum » e i « devorsum » — 1 interpretazione grammaticale in armonia c o l l ’ interpre tazione logica — le ragioni d’ ordine fisico, perfetta mente convergenti con quelle di ordine* storico e lin guistico. Parmi di aver così presentato una serie di prove positive e dirette, tutte concatenate, le quali con fermano le mie induzioni primitive quando, facendo i primi a s s a g g i, dicevo : 1’ agro privato del castello deve trovarsi intorno al castello e non altrove. Allora cercavo il verosimile : ora se non m’ inganno siamo al cospetto della verità. Ma di ciò lascio giudice il lettore. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 CAPO VI L ’ AGRO PUBBLICO DEI LANGEN. i. Idea generale. — 2. « E d e e P r o c o b e r a » . — 3. I monti « L e m v r i n i » . — 4. Il « P r o c a v o ». — 5. Il L em v rin u s svm mvs ». — 6. il C a s t e l v s a l ia - n v s » . — 7. « I o v e n t iv s ». — 8. « A p e n in v s svmmvs ». — 9. « T v l e d o n . V e r a g la s c a . B erigiem a. P r e n ic o ». — 10 « T v n tla s c a . B lu s t ie m e lo . C l a x e l o . L e b rie m e lo . E n i s e c a » .- - 1 1 . « E d v s e r P r o c o b e r a » . — 12 . P o n tedecimo. — Sintesi storica. i. — L ’ agro pubblico « ager poplicus » faceva corona all’ agro privato e consisteva essenzialmente nella parte montuosa. Vi era tuttavia anche in esso una parte bella e buona, che fin d’ allora era ridotta a coltivo, perchè la tavola ragiona del vino e del grano che nell’ agro pubblico raccoglievano i Viturii. Questa parte era 1’ at tuale territorio di Sera, Vuiè e Pedemonte, come si vedrà quando avremo completamente stabilita la configurazione dell’ agro pubblico. L ’ agro pubblico è segnato molto bene dal corso dei fiumi, che in parte già conosciamo, e dalle costiere dei monti. Sono XV i termini che dobbiamo riscontrare ; noi li discuteremo ad uno ad uno, pregando il lettore di aver presente la nostra carta, e di confrontarla direttamente coi luoghi. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 284 — * 2- — . PROCOBERA Dice la tavola: v bi • c o n flv o n t • • e d v s e t • IB E I • T E R M IN V S • ST A T . Poniamo dunque il primo termine in Pontedecim o, nell estrema punta del « borgo d ’ àto » ossia borgo su periore, ove confluiscono il Verde e il R ic ò , e d v s e t PROCOBERA. Il Prof. Desimoni e il Canonico Grassi pongono il primo termine al M origallo, al confluente della Secca colla Polcevera. A lla Seca attribuiscono l ’ antico nome di Procobera, alla Polcevera attribuiscono il nome di Ede. E il punto deb ole, non giustificabile delle loro ipotesi. Il Desimoni premette che « non si può dubitare, e non » si è mai dubitato, che la Polcevera non risponda al» 1 antica Procobera ». E d in ciò siamo d ’ accordo. Pro segue : « Se non che la tavola ne accerta che il nome » di Procobera di quei tempi si dovea estendere anche » alla parte del fiume che sta al disopra del suo con» fluente coll’ Edo, laddove oggi p er Polcevera intendiamo » soltanto i l fium e che sta a l d i sotto del confluente a l » ponte e luogo denominato d i M origallo ; e chiamatisi » Vzrde e Secca i due fiu m i che confluiscono p e r form are » la Procobera ». Conclude dicendo che senza tema di errare si può ritenere che quello fosse in antico, come è 111 oggi, il punto di confluenza dell’ Ede colla Proco bera. E così al prof. Desimoni parve provato che al Morigallo era il primo termine, che è il perno di tutta la questione. Senza venir meno alla venerazione, che conservo per Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 • - 28* - la memoria dell’ illustre archeologo, onore e vanto di Genova, io debbo combattere nella radice codesto ra-* gionamento. Non è esatto anzi tutto che la Polcevera moderna cominci dopo la confluenza della Seca, perchè la Polce vera comincia dopo la confluenza del Verde col Ricò. Di questo m’ è testimonio tutto il paese di Pontedecimo che distingue ben chiaro Ricò, Verde e Polcevera, e chiama i suoi tre ponti: ponte sul Verde, ponte sul Ricò, ponte sul Polcevera. E posso anche invocare l’ autorità del Giustiniani il quale ci attesta che 360 anni fa si chiamava Pocevera il corso d ’ acqua formato dal congiongersi a Pontedecimo del Ricò coll’altro brazzo che viene da Cravasco. È verissimo poi che, secondo la tavola, la Procobera conservava tal nome anche per il tratto che stava al disopra del suo confluente col Verde, ma questo tratto era il Ricò, la Procobera rocciosa, che finì per farsi un nome proprio dell’ epiteto sanzionato dall’ uso. E così cadono le premesse del prof. Desimoni, e resta senza giustificazione, ciò che egli credette di aver dimo strato, che cioè fosse necessario portare al Morigallo il punto VBI • CONFLVONT ■ EDVS • ET • PROCOBERA. Si vedrà meglio in appresso se la mia ipotesi è giu stificata. Intanto rilevo che essa presenta una perfetta concordanza fra il presente e l’ antico ; per essa : — il Verde finisce a Pontedecimo — la Polcevera comincia a Pontedecimo e finisce al mare — il Ricò forma la Procobera alta, come nel concetto d’ oggigiorno forma l’ alta Polcevera. Invece l’ ipotesi contraria è costretta a spogliare del suo nome un tratto di fiume che è , e fu Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 286 - sempre chiamato Polcevera, a dare il nome di Polcevera alla Seca, mentre Seca e Polcevera furono sempre con siderati come cose diverse e ben distinte. Non bisogna lasciarsi confondere dall’ espressione Polcevera usata in senso lato. So benissimo che Polcevera si chiama molte volte tutta la valle da Ouè a Isoverde e Galaneto, nello stesso modo che si dice essere Tortona, Pavia, Milano, Bologna nella valle del Po. Dirò di più che in senso lato si dice Polcevera Verde e Polcevera Seca, ma ciò non toglie che, venendo a parlare del fiume, sian tutti d accordo i Polceveraschi nel dirvi che la Seca non è la Polcevera, ma un suo affluente. * 3- — Prosegue la tavola: in d e • ede • flo vio • sv r v o r - SUM • IN • MONTEM • LEMVRINO • INFVMO • IBEI • TERMINVS • • STAT. Si va su per il Verde, e si oltrepassa Galaneto, si sale .alle origini del fiume. L à principia una catena di monti, che finisce al Monte Lecco. È la catena dei « L e m v r in i ». Il secondo termine sta alle falde di questa catena, cioè al « L em v r in o infvm o ». Bisogna essere sul colle di Langasco, o meglio an cora sul monte di N. Signora della Guardia, prospettare quella grandiosa corona di monti, che sta sopra Isoverde, Cravasco e Pietra Lavezzara, per avere la prova diretta intuitiva, che quelli sono i monti Lemurini, e non ve ne possono essere altri. Il Desimoni fu vincolato dal suo sistema a porre i monti Lemurini nei colli di Langasco. Ma non è possi- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 287 — bile che i Romani, così esatti nel distinguere i flovii dai rivi, abbiano confuso i veri montes colle colline, ed ab biano messo in una sola categoria i poggi di Langasco colle cime del Montaldo, del Capellino e del Carmo. * 4. — Leggiamo il testo : in d e • svrsvm • iv g o • r ec to • • M O N T E • L E M V R IN O • I B E I • T E R M I N V S • S T A T • I N • M O N T E • • PROCAVO. Si va su per il monte Lemurino e si trova un terzo termine nel monte Procavo, che corrisponde al monte « Ta-con ». Tacòn non è quel che a prima vista apparisce. E un residuo archeologico della più alta importanza, in tema di dialetto ligure. Con era nel dialetto ligure antico la curva, l’ insenatura, l’ angolo, il golfo, come già vedemmo al capo II, p. 188. Questo significato si ricava: i.° Dal confronto colle lingue antiche, x&v significava in greco, curva, seno, 2.° Dal confronto di certe parole italiane: an-con-a, termine d’ archittetura, che significa nicchia, arco. - An-con-a, città. 3.0 Dai caratteri dei luoghi e delle cose in cui si riscontra tal nome. Ancona, nicchia, rappresenta un’ insenatura, una curva; Ancona, città, rappresenta la stessa idea, e lo stesso dicasi del monte Ta-cón, che s’ incurva ad arco sopra Cravasco. L a parola è composta di in ta-cón, e basta conoscere le tendenze nostre dialettali per comprendere l’abbreviazione ’n-ta-con e poi tacon. Così Ancona è composto di en-còn, cioè nel seno, nell’ arco. La stessa origine a mio avviso ha cun-a, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 288 — culla, con-ca e con-cavo e probabilmente anche la prepo sizione con, che i latini tradussero cum. Il fondersi dei liquidi si chiamava in greco yavdcL, e X«vr) il recipiente dove si fondevano. I Liguri chiamavano o coni il punto dove le acque di due fiumi si confondevano. L o attesta il nome di Còni, che nei tempi di mezzo fu tradotto molto approssimativamente in Cuneo. I Latini invece di dire « al coni » dissero al « con-fluente » ma il dialetto nostro vi si adattò malamente, come attestano quelle storpiature che trovate spesso nelle nostre valli di c011ficnte e consciente. Ritornando al nostro Tacón parmi di aver dimostrato come esso contenga 1’ esatto significato di Procavo., ed in conseguenza doversi ritenere che quest’ ultimo non sia che la traduzione dell’ antichissimo nome che esisteva 2000 anni fa. A questo punto si può già cominciar a dar valore alle omonimie. Tutti i nomi han corrisposto finora al confronto, ed il ripetersi di questa corrispondenza è in dizio che la nostra configurazione s ’ identifica colla con figurazione della tavola di bronzo. * 5 - — Continua la tavola: IN • M O N TEM • LEM V R IN V M in d e • svrsvm • iv g o • rec to • • SVM M VM • IB I • T E R M IN V S • S T A T . Sem pre camminando per i l giogo si arriva a questo termine che è posto nel punto più alto il « summus » dei Lemurini. Evidentemente siamo al monte Lécco, che è la cima più alta. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 289 — Lecco è con molta probabilità, una parola antica che io, riannodando circostanze già note, ricomporrei in Lem-co ossia Lemi-co. Per l’ assimilazione delle consonanti, che è regola fissa tanto nella lingua greca come nel nostro dialetto, il Lem-co sarebbe diventato Lecco. Direi anche che tale e non altra è l’ origine di Lecco sul lago omo nimo. I monti, i fiumi in Lemo e lem-co dovevano essere molto frequenti in antico, quanto era comune la coltiva zione dei lenii. Noto che il Polceverasco pronunzia Le...co, facendo sentire una pausa in luogo della consonante. Il suffisso co (xó?) è proprio del greco e di tutte le lingue antiche; noto Gerico, Levico, Moranico e nei nomi comuni grafico, fisico, pratico ecc.; tale suffisso rappresenta 1’ attitudine a qualche cosa. Il monte dava origine ai due Lemo e perciò fu detto Lemico e poi Lecco. Adunque anche per il « Lemurinus summus » continuerebbe la corrispondenza fra il nome attuale e il nome latinamente riprodotto nella tavola di bronzo. Notate ancora quel monte Cao che sta al di sopra di Pietra Lavèzzara e che forma un avanzamento del Lecco. Cao in dialetto corrisponde a capo, estremità ; non sa rebbe per avventura la parola corrispondente al summus latino? (Vedi p. 87). Ho segnato in corsivo le parole « camminando p e r il giogo » per far osservare a questo punto che 1 ipotesi del prof. Desimoni, che fa passare il confine attraverso i colli di Langasco, non corrisponde a questa continuità di giogo, che la tavola seguì dal « Lemurinus infimus » al << Lemurinus summus ». * A tti Soc. L ig . d i S t o r i a P à t r i a . V o i. XXX. 20 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 6. ---- INDE • SVRSVM 290 — ■ IVGO • RECTO • IN * CASTELVM • • QVEI • VOCITATVS • ALIAN VS • IBEI • TERMINVS • STAT. Sempre camminando per giogo si va dal monte Lecco al Castelo Aliano. Dobbiamo dunque trovare una sommità dopo il monte Lecco, ove era questo castello. Non abbiamo che a scen dere dal Lecco al passo della Bocchetta e risalire imme diatamente al monte « Peuzu » nelle carte « monte Poggio ». Ivi era in antico il Castelo Aliano. Fermia moci, e discorriamo un tantino delle origini, del signifi cato di questo castello. Richiamo anzi tutto il lettore alle nozioni dialettali riferite a p. 92, e, proseguendo i miei studi sull importante argomento, osservo: Agliano, Aglié, Aliana son nomi frequenti in Piemonte. Ma non mancano termini di confronto in Liguria. Vi è un valico che porta a monte Creto che si chiama A-leia. In tutti i monti liguri voi sentite ripetere questa parola « a lià ». A Busalla si chiama « a lià » quella regione dove sono, al giorno d’ oggi, le case del Cav. Villa vecchia. Qual’ è il misterioso significato di questa voce antichissima mediterranea ? Il greco ci assiste sempre come buon interprete. Aefa è la preda, XerjXixeii i predoni. Confrontiamo il greco col nostro dialetto vivente e sen tiamo balzar fuori la voce antica in tutta la sua freschezza primitiva. Giocare « a leìa » significa in dialetto, giocare ad acchiapparsi. Passo ad un altro raffronto da cui si vedrà l’ impor tanza dello studio dei luoghi. Siamo sulla Bocchetta ove 1’ uso del predare aveva per i nostri vecchi una tradizione secolare. Invece di secolare Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 291 — la tradizione è probabilmente millenaria. Dalla Bocchetta si passava 2000 anni fa per andare in vai di Lemo e per andare in vai di Scrivia. La via Postumia, che pro babilmente seguiva il tracciato dell’ antichissimo sentiero ligure, passava sotto il castello Alianus, che io comincio a tradurre « à lià », e scendeva nel luogo di Busalla, precisamente dalle case Villavecchia, ove ancora oggidì si conserva il nome di « lià » (vedi carta). Probabilmente questo antichissimo sport del predare i viandanti, si esercitava di preferenza là sulla Bocchetta e al passo di Busalla. Del predare dei Liguri parlano ripetutamente gli scrittori romani Cicerone, Livio ed altri. Seneca regala senz’ altro ai Liguri il titolo di « praedones ». Così pure Aristotile (de mirabilibus), parlando della strada littoranea, che «ex Italia protenditur ad usque Celtas et celto Ligures » e che si chiamava la strada di Ercole, dice che era sicura perchè i Romani avevan decretato che, se qualche cosa accadeva di male ai viandanti, si sarebbe fatto giustizia su coloro nel cui territorio era avvenuta 1’ aggressione. A buon intenditor poche parole ! Aggiungerò ancora che « Ce-lelates » (Cev-Xe^Xàxeis, predoni dei piani) si chiamavano i popoli che avevano il loro centro a Casteggio, quelli che alla vigilia della battaglia della Trebbia, aiutarono Annibaie a saccheg giare i depositi di grano che i Romani avevano a Cla stidium (Casteggio) e che furono poi debellati da un esercito che Minucio Termo condusse per la via Postumia movendo da Genova (Livio XXXII). Pare effettivamente che del predare non si facessero scrupolo i Liguri 0 meglio i popoli antichi. Mario trovò Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 292 — che « gli Iberi credeano bellissima cosa il predare ». Predavano Cartaginesi e Greci e Fenicii e Genovesi sul mare. E da grandi maestri predavano in tutto il mondo i Romani, che non a torto furon chiamati « raptores orbis ». E così si predava « si lià v a » al Monte Pèuzu, al valico della strada per valle Scrivia. E così si spiega 1 esistenza del castello, che i nostri Liguri o forse i Romani avran labbricato lassù appunto per vigilare e mantenere la sicurezza della strada, e si spiega il suo nome di castelo à lià . Adunque l’ interpretazione è sorretta da ragioni etimologiche non solo, ma da ragioni logistiche, da ragioni storiche e dalle tradizioni locali. Sul monte Pèuzu si trovan tracce di antichi muri; se questi sieno residui dell’ antico castello, o sieno opera dei tempi di mezzo, lascio ad altri il risolvere. + 7 - ---- INDE - SVRSVM • IVGO • RECTO ■ IN ’ MONTEM • IOVEN- TIONEM • IBI • TERMINVS • STAT. Il sesto termine sta sul monte Giovenzio. Anche qui il mio sistema di cercare il nome ligure sotto la forma latina mi conduce ad interpretazione diversa da quelle finora adottate. Si disse : Giovenzio vuol dire che quello era per i Liguri il monte di Giove. Ed io rispondo : questo andrebbe bene se fossimo in terra romana; ma, trattandosi di un monte dei Liguri, dobbiamo cercare se non vi sia qualche cos’ altro sotto quel nome. Con tinua la mia lotta contro il « pregiudizio latino ». Io ritengo che Ioventio sia traduzione romana e molto libera dell’ antichissima parola « zuvu ». Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 293 - La parola zuvu o zùgu è probabilmente tanto antica quanto i Liguri, come son quasi tutte le parole che esprimono le manifestazioni più semplici della natura. E la lingua greca col suo « £6yog » è pronta ad attestarci che « Zug » è la forma primitiva della parola che i latini tradussero in « jugum ». Come si vede il latino è sempre lingua derivata ; il ligure è originario primitivo nelle sue forme. Il prof. Desimoni ritiene che Ioventio significhi monte di Giove, che il moderno Giovo rappresenti l’ antico monte di Giove. Egli osserva che Giovo non può essere il solito zuvu perchè tutti i monti sono zuvi. Pone il Giovenzio nel monte Giovo dicendo che questo monte è « a tutti noto, passandovi poco al disotto la via Nazio nale e la Ferrata, che mettono da Genova alla gran valle del Po » (Pag. 537). Fa del Giovenzio (sul Giovo) uno dei punti fissi, uno dei tre postulati del suo sistema. Mi spiace dover contraddire 1’ illustre maestro anche su questo punto. Anzi tutto l’attuale Giovo, se nella carta è scritto Giovo, nel dialetto è puramente « b ztivu », ed è unicamente il dialetto che ci deve dar norma in questo caso. Zuvu è termine troppo noto per dargli significato diverso da quello che ha sertipre avuto di « giogo ». In secondo luogo osservo che il monte del Giovo o dei Giovi, che il prof. Desimoni dice a tutti noto, geograficamente non esiste, e nessuna carta lo segna come monte. Penetrando a fondo nel dialetto ligure, noi trovammo (p. 76) che la parola « zuvu » salta fuori, non ad ogni monte, ma solo quando si accenna ad un passo. Si di ceva « passare il giogo » quando si passava la Bocchetta. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 294 — Si dice in oggi « passare il giogo » quando si va da Mignanego a Busalla! Il giogo è il crinale della catena montuosa; tante volte un monte si trova vicino al punto ove si passa il giogo, ma tante volte non si trova, come al passo di Busalla, ove i monti più vicini sono Capel lino e Montaldo. Ciò premesso ecco la mia interpretazione. La Postumia, come si vede dalla mia carta, passava il giogo presso la cima di Montaldo (i), dove ancora in oggi si trova una strada mulattiera che conduce a Bu salla. Il passo, secondo 1’ uso testé accennato, avrà preso il nome di « zuvu » e il monte, che era a quel passo, avrà portato lo stesso nome « au zuvu ». Basta essere genovesi per comprendere che questo modo di parlare e perfettamente conforme all’ uso e alle tradizioni locali. I Romani avran detto : come tradurremo noi questo zuvu, zovu? La prima voce più affine che loro si pre sentò fu quella di Jo vis, e dissero Joventio. Ne regala vano a tutti, anche a quelli che non ne volevano, del loro Giove! Ho rivestito di cipolle la valle Ceptiema, ho tolto ogni leggenda poetica ai Lemori, sopprimendo le larve vaganti di notte nella valle di Cravasco (Il Can. Grassi, seguendo il vezzo dell’ erudizione romana accolse 1’ idea dei Le mures). Ora tolgo il tempio di Giove dal monte Ioventio; idea accarezzata dal Prof. Desimoni. E così se ne va quel po’ di poetico e di grandioso che i Romani, vezzeg giando, avevano dato ai nostri monti. Ma ne guadagna la verità storica. Anche la storia di Roma per diventare ( i ) Montaldo, come vedemmo a p. 87 e 10 3, corrisponde a Mont-a-odè, monte sulla strada. Ecco dunque l’ idea prim itiva di passo che si perpetua anche nel nome attuale. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 295 — vera storia dovette ridurre alle proporzioni di fatti vol gari molte delle sue epopee. Ciò tanto più deve avvenire per chi si fa ad investigare la storia di un popolo sem plice primitivo, che per nulla pretese all’ epopea come il popolo Ligure. In questo caso sarà sempre un sano criterio 1’ ispirarsi alle idee semplici della natura. Nè mi si dica che, io mi fermo troppo sull’ analisi delle parole. Siamo dinanzi a un quadro antico, annerito dal tempo, e vogliamo, fin dove è possibile, ricomporne le linee, e farne uscir fuori il colorito. Nulla dobbiamo trascurare ; una parola di cui si riesce ad afferrare 1 in timo significato, un « leme, un moco, una lià, un zuvu » tutto è prezioso. Imperocché la ricostruzione storica, deve mirare noh soltanto a identificare il terreno, ma a deli neare il costume, la fisionomia del ligure primitivo. * 8. — Prosegue O la tavola: in d e • s v r s v m ■i v g o • r e c t o ■ IN • MONTEM • APENINVM • QVEI • VOCATVR • POBLO • IBEI • TERMINVS • STAT. Da Montaldo la costiera discende e forma il passo at tuale dei Giovi; poi risale al monte Capellino, che è sopra la Madonna della Vittoria. È la configurazione geografica che necessariamente ci porta a quel monte. Capellino e Appenino si corrispondono più di quanto a prima vista non sembri. Infatti, secondo la tavola siamo all’ « a p e n i n v s s v m m v s » e volendo ridurre questa for inola in dialetto Ligure si viene naturalmente a dire « Cào Penin », che può essere benissimo la forma pri mitiva di « Capellin ». Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 296 — Il nome di Pen, Penna, Penili si ripete in tutti i monti liguri, anzi ne è piena l’ Italia « che l'Appettili Parte..... Il Capellin o « Cao-Penin » è l’ estremo capo, il « summus mons » della gran catena che finisce al capo Sparavento. E qui è bene aver presente la teoiia dei geografi antichi « Apenninus a Genua incipit, Alpes a Sabbatis » Strab. lib. V. E ciò basti per 1’ « a p e n i n o ». Se non che la tavola dice che quel monte si chiamava anche « p o b l o » . Che diremo di questo nome? Non ne trovai notizia sulla cima, ma scendendo nel versante di Busalla, trovai presso al Capellino il « Pesalovo » che il Prof. Desimoni (supponendo che vi fosse un errore nelle carte dell’ Isti tuto geografico) pose al posto del Capellino,’ sembran dogli di trovar nella parola « Pesalovo » l’ incognita « Poblo ». Il « Pesalovo » ci può servire lasciandolo a suo posto ; ed ecco in qual modo. Diciamo pure che il 7.0 termine era al Capo Penino (Capellino), sopranominato Poblo; e poi osserviamo che Pesalovo, senza essere il Poblo, po teva esser il suo vicino il « Peà-l’oblo » cioè il monte « presso il Poblo » (1). Noto che in Liguria si dice sempre « oblò, obbio per poblo ». L ’ « oblo » dei Giovi fu da un cattivo traduttore cambiato in « ovo », e così si formò la voce imbastardita « Pesalovo ». Come si vede, i monti non sono del tutto muti; sono anzi come fonografi che velatamente riferiscono la voce di 2000 anni fa. Il monte Capellino aveva dimenticato ( 1) L espressione ligure peà non è precisamente apie, ad pedes ; peà è una pre posizione conservata nel greco n è ia , che ha lo stesso significato di iiszà, e signi fica contro, oltre, fra, presso. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 2 97 — il suo sopranome antico, ma il « Pèa-l'oblo », che gli sta dappresso ra5a, l’ ha raccolto, e ci ha trasmesso quanto basta per avvertirci che il Cao-Penino si chiamava anche Pohlo. E qui mi sia lecito una volta tanto rilevare 1’ utilità pratica deH’Alpinismo applicato alla storia. Senza quella escursione sul castelà di Langasco non avremmo intuite le caratteristiche di natura che ci diedero il primo concetto dell’ agro privato dei Langen. Senza percorrere le alte costiere, senza l’ osservazione diretta di quell’ju go con tinuato spiccatissimo, non avremmo ricostrutto il paesaggio Lemurino con tutto quell’ insieme di fiumi, di monti che perfettamente si corrispondono — non sarebbe mai sorta l’ idea primitiva del Ta-cón, senza vedere quella curva grandiosa che fa il monte sopra Cravasco. Non avremmo spiegato l’ Ioventio senza l’ idea del valico; non ci sarebbe mai venuto in pensiero di rintracciare l’ Oblò nelle spo glie del Pesalovo, perchè probabilmente senza la verifica locale avremmo continuato a credere, sull’ autorità del Desimoni, che Pesalovo dovesse nelle carte avere il posto del Capellino. Senza una perfetta conoscenza dei luoghi non avremmo contestato al Desimoni l’ esistenza del monte dei Giovi. E così pure, senza aver avuto una ge nerale conferma dagli abitanti del paese, non avremo forse osato contraddire l’ illustre Desimoni sul punto importan tissimo e decisivo: « ubi confluunt Edus et Procobera ». Credo aver dimostrato così quanto ebbi a dire al Capo 1 sul grande vantaggio che arreca l’ispezione diretta dei luoghi. * Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 9- Prosegue la tavola: 298 — in d e • a p e n i n v m ■ i v g o ■r e c t o • • IN • MONTEM • TVLEDONEM • IBEI • TERMINVS ■ STA T. INDE • DEORSVM • IVGO • RECTO • IN • F L 0 V 1VM • V E R A G L A SCAM • IN • MONTEM • BERIGIEMAM • INFIMO IBEI • TERMINVS • • STAT. IN D E • SVRSVM • IVGO • RECTO • IN • MONTEM • PRENICVM • • IB E I • TERM INVS • STA T. Si va dal Capellino, sempre per giogo, al monte Tuledone, ov e un termine — si scende in un fiume, il Veraglasca, ove si trova un termine alle falde del Berigiema — si risale al monte Prenico, ove è un altro termine. Il Prenico è il Pernecco. Tutti i commentatori hanno afferrato questa corrispondenza di nome ; il Desimoni ha fatto del Pernecco il terzo presupposto del suo sistema, sistema pericoloso assai, perchè il Prenico, come il Tulon, sono nomi che esprimono qualità generiche comuni a molti monti, e fu un caso se per il Pernecco non si verifico 1’ equivoco del Manicelo, che mandò a rotoli tutte le ipotesi del Marchese Serra. Prenico è veramente il Pernecco, perchè non solo 1 omonimia, ma ben altre prove ce lo confermano. Ho dimostrato al capo II, pag. 87, che Prenico e Pernecco vuol dire monte petroso. L’osservazione locale conferma questo dato di fatto e ci assicura che il Per necco su cui andiamo a porre il termine XI è un monte sassoso per eccellenza. Un’ altra controprova sorge dallo studio delle circoscrizioni. Se qualcuno avrà avuto l’ idea di esaminare sulla mia Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 299 — carta le punteggiature che riguardano le attuali circoscri zioni, avrà notato un fatto della più alta importanza — che i confini moderni con Fiaccone, Busalla e Casella corrispondono esattamente ai confini di 2000 anni fa. Dal Capellino, camminando jugo recto, come dice la tavola, si viene al monte Carmo, e la Carta dello Stato Maggiore, che traspare sotto la nostra carta antica, segna il confine di Casella nell’ identico modo. Seguite la punteggiatura moderna e troverete che dal Carmo, che è il Tuledone della tavola, si scende nel torrente di Voie, detto Veraglasca nella tavola; si scende prima per giogo, poi si prende una costiera di fianco che si vede benissimo da Voiè, la costiera delle Cassine, detta Berigiema nella tavola. Vedete poi la stessa pun teggiatura che dal torrente risale per un’ altra costiera sul Pernecco, il Prenico. La tavola di bronzo riproduce la stessa identica disposizione di confini. È una coincidenza meravigliosa, un fatto storico della più alta importanza, perchè dà un’ idea della stabilità dei popoli Liguri, della tenacia con cui essi conservarono i loro confini primitivi. Questo fatto si connette ad altri non meno importanti, stabilità di carattere, di costumi e di lingua, tanto che noi potemmo tranquillamente affermare al capo II, che una gran parte di nomi liguri sono esattamente quelli di 40 secoli fa, per quanto di sprezzati finora col facile ritornello di corruzioni del latino. I preziosi riscontri fatti sul Pernecco, gettano molta luce sul nostro cammino e fan nascere il desiderio di aver la spiegazione anche delle cose piccole e d’ impor tanza secondaria. Tuledon è il nome che la tavola dà al monte Carmo. Tulon è segnato oggidì un monte sopra Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — jOO — S. Olcese. Tuledo, Tulosa, Tulentino sono tutti nomi che risalgono alla radice « Tul ». I Greci chiamavano 1 estrema isola dell’ Oceano, da loro conosciuta, l’ultima Tuie ! Che cosa voleva dire fra i popoli mediterranei questo vocabolo ? La lingua greca ci spiega che xóX-oq è il tubero, la gibbosità, la sporgenza. L ’ ultima Tuie era 1 ultima gibbosità che appariva nell’ immenso piano dell Oceano. TuXto-tó; significa gibboso, gropposo. E così si spiega il Tulon, Tuledon ed anche il Tuledo, Tulosa e Tulentino ; son tutti nomi derivati dalla forma gibbosa della montagna (vedi p. 89). Il monte Carmo corri sponde esattamente a questi connotati. Osservo che il nome Carmo è certamente antico quanto il Tulon. Carmo che si pronunzia caermu (x“ ?), significa colmo, compimento, cupola ; donde nel dialetto la frase : « fà cormadda, fa i cormaieu », quando si finisce una fabbrica facendo il colmo. Monti Caermu si trovano in tutte le sponde del Mediterraneo, come i monti Soria, come i monti Moria, ecc. Il Carmelo non è che un Caermu latinizzato. Chi credesse che i tanti « Caermu » che sono in Liguria siano sorti dopo la divozione della Madonna del Carmelo, sarebbe in grave errore. Anzi il Ligure volgarizzò molto bene, in « madonna du caermu » ciò che i latini avevano alterato in Carmelo e gli italiani in Carmine (vedi p. 78). Ritornando al nostro monte « Càermu » io dico che è probabile che fin di 2000 anni fa Càermu si chiamasse la cima, — Tuloton o Tulon, 1’ insieme della montagna gibbosa — e che i romani abbiano tradotto il primo nome che loro si dichiarava. Il doppio nome non è raro anche al giorno d’ oggi. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 30i — Non si confondano i monti « Càermu » coi monti Curma, perchè questo nome deriva da xupau, incurro, cado in; si avvicina al significato di Mz, aggressione, preda, di cui parlammo a proposito del Castelo Aliano. Quanto al Veraglasca e al Berigiema, sono due nomi che si combinano nella radice: veri, porci selvatici. Ri cordiamo che V e B si corrispondono. « Veri-lasca » è il torrente dei veri. « Beri-giema » è giaciglio di veri. 11 giema corrisponde al yr^at greco, al gias delle Alpi. È bene ricordare che yr) vuol dir terra, in greco come in ligure, yf^oa vuol dir giacere come in piemontese cu-^-se. * io. — Avvertiamo che siamo prossimi alla fine e presto dovremo ricongiungerci al primo termine scendendo g iù per la Procobera. 11 primo termine 1’ abbiam lasciato a Pontedecimo, e per conseguenza dobbiamo andar ad incon trare la Procobera al di sopra di quella località. Bisogna quindi affrettarsi a traversar la Seca e salire al di sopra di S. Cipriano. INDE • DORSVM • IVGO • RECTO • IN • FLOVIVM ■ T V T E L A SCAM • IBEI • TERMINVS • STAT. Dal Prenico, dice la tavola si scende giù per nel Tutelasca, che è la Seca moderna; ivi sta mine. Noto che vi è un giogo spiccatissimo : questa caratteristica vien meno per chi prende, Prof. Desimoni, un’ altra via. il giogo un ter mentre come il Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 3°2 — Tutelasca è nome ligure antico che si applica al « fiume « che porta limo », in greco tuvtXós, xuvxXdcCto. Asca è la solita voce che rappresenta il torrente ( i). Le caratteristiche locali corrispondono benissimo al nome; infatti son note inondazioni della Seca, e basta percorrere le sponde del fiume per avere sott occhio in qualsiasi tempo le traccie del limo. Seca era una volta il nome della regione che fu ap plicato poi al torrente, come Bisagno era il nome degli orti passato poi al fiume. Di ciò che affermo si vedrà la prova fra poco nell’ « En-i-seca ». Ed ora traversiamo il fiume, e prendiamo la costa di edemonte. 11 confine moderno non ci può servire in questo punto, perchè la circoscrizione fu modificata in tempi recenti secondo le nuove esigenze comunali.. INDE SVRSVM • IVGO • RECTO • BLVSTIEMELQ • IN • M O N T E M ■ CLA XELV M . Dalla Seca si sale per la costa di Pedemonte « jugo Blustiemelo », e si va al Croxevia « mons Claxelus ». Poco sotto, nel versante del Ricò, si trova l’antichissima « fontana d ' A x i » che è il « fons Lebriemelus ». Dalla fontana comincia una vailetta, col rivo « Eniseca » che va nel Rico. Procedo con una certa sicurezza, perchè ho di nuovo con me una buona guida, il confine moderno. Tro\ erete nella mia carta la punteggiatura dei confini moderni, che prendendo la stessa salita di Pedemonte, un tantino più a sinistra, si dirige come noi al Crocevia, e (i) \edi al Capo II asca p. 69 e tuul p. 75. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 303 — scende per lo stesso rivo nel Ricò. Ma il rivo è fatto a delta e il confine attuale segue il braccio più a nord. Blusti-melo è parola oscura nella prima parte, ma nella seconda parte tradisce abbastanza chiaro il m ei , melo. L ’ osservazione locale vi dirà che i meli sono ed erano ancor più in antico la ricchezza di quella regione. BXwox in greco significherebbe il sentiero, il cammino. D a questi confronti risulta una spiegazione abbastanza sem plice, e conforme al dialetto e alla natura dei luoghi - B lu s- ti-mei - sentiero nei meli. Claxelus riproduce benissimo il concetto di C roxevia ; è il monte che classifica, che divide quattro strade, una per Serra, una per S. Cipriano, una per Pedemonte, una per il Ricò. 11 monte si chiama anche Bocchettin, quale denominazione corrisponde al concetto di valico , di apertura, di strada. Il fonte Lebri-e-melo richiama il Blusti-melo. Parmi intravedere che come vi erano degli alberi di melo in basso, così la fontana era la fontana da « 1 ebn de wiei ». Bisogna avere acquistato molta famigliarità colla pro nunzia dialettale, e avere conoscenza dei* luoghi per comprendere la naturalezza di questo linguaggio : dau jìg u — da ll erbu o dall’ èbru de inei — dall erxu dall' ormo. Eniseca è il piccolo rivo « della Madonna » che dalla « fontana d'axi » scende nel Rico, anticamente Proco bera. Questo nome « Eniseca > esercito sempre una pe ricolosa suggestione sugli .interpreti della tavola di bronzo. La prima idea, che viene alla mente, vedendo comparire questo nome, è che si tratti del fiume Seca. Ma il fiume non può essere perchè non si può supporre che i Ro- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 304 — mani dessero il nome di rivo a questo fiume impor tante , mentre chiamavano flovii il ria d ’ I s o , il ria di C ostagua e tanti altri affluenti minori. Il Prof. D esimoni fece dell’ « Eniseca » un affluente spiegando il nome attuale del fiume col della Seca, nome del- 1 antico affluente. Ma io non vedo il bisogfno di ricorrere ne all u n a , nè all’ altra ipotesi. Ho già manifestato la mia opinione al riguardo. Seca era il nome della regione, come Bisagno era il nome degli o rti, a levante di G e nova. E come il Bisagno die’ nome al fiume, così avvenne che la Seca lo die’ al Tutelasca. Oltre 1' esempio testé citato del Bisagno, ho tre altre ragioni, che mi sembrano convincenti. Una la tolgo dalla tavola di bronzo, cioè dallo stesso nome di Eniseca. Evidentemente « E n -i-Seca» vuol dire « nella Seca »; dunque si tratta di un rivo esistente « nella Seca » e Seca è la regione. L ’ altra la desumo dallo studio dei luoghi. In oggi chi va da Pontedecimo a S. Cipriano dice: vado in sulla Seca. Uscendo dalla stazione di Pontedecimo e camminando verso tramontana si trova a destra un viadotto che porta scritto « via- alla Secca ». Il che prova che nel concetto antico, come nel concetto moderno, Seca è la regione, ed il fiume non ha dato, ma ne ha preso il nome. Metto per ultima la ragione etimologica. Seca trova il suo cor rispondente nell’ aggettivo verbale del verbo £éw, scatu risco , emergo. Ssxog • Séxa è lo scoglio che viene fuori dall’ acqua, è la terra emersa. A n d a r nelle secche si dice ancora in italiano alludendo alle navi che urtano negli scogli. Non ogni scoglio è seca; e basterà interrogare un bambino delle spiagge liguri perchè vi mostri quali sono le vere seche; sono gli scogli disseminati nello Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 305 ~ specchio del mare, circondati dalle acque. E forse così chiamarono i nostri padri le prime terre emerse. Basta guardare da Bolzaneto, da Murta, o meglio dal monte della Guardia, la forma di quella prominenza, ove è Morgo e S. Cipriano, e veder come emerge sull’ ampia distesa dei due fiumi, per comprendere come quella re gione si sia potuta chiamar Seca ab origine. * II. — I N D E • D EO R SVM • IN • F L 0 V I V M • P R O C O B E R A M • V B E I • • C0NFL0V0N T • EDVS • ET • PRO CO BERA • IBI T E R M IN V S • • STA T. Rientrati nel Procobera si va giù — d eo rsvm — e ci ritroviamo al primo termine, onde siamo partiti, là ove confluiscono 1’ Ede e la Procobera, ossia il Verde e il Ricò. Vi pare che avessi ragione di mettere il primo ter mine a Pontedecimo, e non al Morigallo, al confluente della Secca colla Polcevera? Se qualcuno avesse ancora un dubbio, spero, che sara convinto da questa ultima prova che mi fornisce la storia locale, e che mi par decisiva. Se Pontedecimo era in antico un punto di confine, se il « borgo d’ àto » apparteneva ai Langen, e il « borgo de suttu » apparteneva ai Genovesi, come noi veniamo a stabilire colla nostra carta, qualche traccia doveva ri manere nella storia. E la traccia rimase. 11 « borgo d’ àto » fu sempre unito alla Parrocchia di Cesino, agro privato dei Langen. Il borgo di sotto fu A t t i S o c . L ig . di S t o r i a P a t r i a . Voi. X X X . 21 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 306 — sempre unito alla Parrocchia di S. C ipriano, territorio genovese. L a Parrocchia di Pontedecimo è di creazione moderna, e si può consultare nell’ archivio della Curia A rcivescovile il decreto 7 Agosto 18 57, con cui Monsi gnor Charvaz erigeva Pontedecimo in Parrocchia, smem brando il territorio di Cesino e di S. Cipriano. Adunque fino a Mons. Charvaz esistevano in Pontedecimo le c ir coscrizioni di 2000 anni fa ; il termine « ubi confluunt E du s et Procobera » il termine piantato dai fratelli Mi nucii aveva segnato fino a quel giorno il confine fra i L an gen di Cesino e i Genovesi di S. Cipriano ! Ho così dimostrato come la confinazione da me de scritta sia in perfetta corrispondenza cogli elementi storici locali. Per contro il lettore potrà avvertire che le ipotesi configurate pria d ’ ora dal Serra, dal Grassi e dal Desimoni segnavano arbitrariamente degli agri nel mezzo della Polcevera, in assoluta discordia con tutte le circoscrizioni storiche successive. L ’ ipotesi del Prof. Desi- moni fa l ’ antichissimo territorio di S. Cipriano metà G enovese e metà Viturio, taglia per metà il paese di Langasco, e non ha alcuna corrispondenza colle antiche pievi, che non bisogna dimenticarlo, rappresentano una unità cristiana foggiata sull’ unità politica che preesisteva. Vedrem o a suo tempo come nel mio sistema Pievi e tribù Ligu ri si corrispondano. Osserveremo per ultimo che secondo il Desimoni resterebbe nell’ agro Viturio quel C astrofino, culla di Caffaro, il quale rappresenta nei primordi del comune il purissimo sangue genoate. Comprendo benissimo come Genoati e Viturii formas sero a quell’ epoca un popolo solo, ma non posso con vincermi che le differenze antiche fossero scomparse al Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 307 — punto da far dei Langen i primi cittadini di Genova appena appena risorta. In queste faccende si andava altrettanto lenti allora, quanto si va rapidamente in oggi. Nella configurazione da me tracciata i luoghi di Castro fino, di Mani^en, di Cremen, di Fregoso, di B rasi, di Murta, che figurano nella storia come il primo nido delle famiglie che poi costituirono il comune, sono tutti in territorio Genoate. Anche questa circostanza parmi avere il suo peso. Si credette finora che nessun documento esistesse da potere dar norma per l’ interpretazione della tavola di bronzo. Ma i documenti non mancano, come abbiamo veduto al capitolo IV, ove dimostrammo che il sistema agrario della tavola ha il suo riscontro in tutti gli atti che si riferiscono a possessi, confini, godimenti promiscui sui nostri monti. Abbiamo visto come le contese del X V I e X V II secolo fra Busallini e Polceveraschi rispecchino fedelmente le costumanze primitive consacrate nella ta vola di bronzo. Vedemmo infine come tutti i documenti che riflettono le successive circoscrizioni concordano mi rabilmente coi nostri confini. Debbo ora mettere in luce un documento che ha una importanza capitale per for marci una convinzione definitiva sui confini da me de scritti. Consultando gli archivi locali trovai presso il C o mune di Busalla una carta topografica del X V II secolo che descrive le questioni allora esistenti fra Busallini e Polceveraschi. La carta accenna come i Busallini inten dessero il loro confine; essi richiamavano come loro an tico confine il og-iocro, o ; nello stesso identico modo in cut è segnato dalla tavola d i bronzo. I Polceveraschi invece pretendevano di oltrepassare il giogo ed occupare una Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 3°8 — zona sul versante busallino. Evidentemente si trattava di quella solita zona che i Busallini in om aggio all’ anti chissima costumanza avevan lasciata al compascuo, ossia al godimento promiscuo. Niun dubbio che i Polceveraschi pascolavano e boscheggiavano da tempo antico su quella zona, come i Busallini avran pascolato e boscheggiato in tempo antico sopra una zona corrispondente sul ver sante opposto. Così voleva la costituzione primitiva del compascuo. Gli arbitri non ebbero un concetto esatto del sistema che governava il compascuo; e forse anche le parti contribuivano ad alterare questo concetto parlando entrambe di possesso esclusivo. Il fatto è che orli arbitri, o 1 nominati dal Senato di Genova, onde por fine al litigio entrarono nel concetto moderno dell’ art. 682 c. c . , abo lirono la promiscuità e fecero, come dicevano i Romani, una « adiudicatio », crearono cioè in via equitativa una nuova linea di confine, col facile sistema di dare un colpo in mezzo alle reciproche pretese. A i Polceveraschi fu accordata una zona al di là del giovo, che forma tuttora ° g g etto di discussione. L a carta del comune di Busalla ha per noi il gran pregio di confermare in modo autentico la tradizione che * il confine ju g o recto era il confine primitivo di tutti gli a g r i, e di farci assistere alle inevitabili conseguenze a cui doveva dar luogo col tempo la promiscuità dei pa scoli. Il litigio di Busalla l’ ho riscontrato identico in molte altre cause di confine. Sul Mont’ Ebro fra quei del versante di Cosola e quei del versante di Pey esistono approssimativamente le stesse discussioni al giorno d ’ oggi. Quei di Cosola accennano alla loro padronanza sui pa scoli di Mont Ebro, quei di Pey contestano. Avviene poi Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 309 - in pratica che in certi luoghi una popolazione ha finito per acquistare il possesso esclusiv o della zona promiscua perchè l’ altra popolazione, essendo fornita di altri più comodi pascoli, ha trascurato da sua parte il possesso. Così al Mont’ Ebro i possessi propendono ormai per quelli di Cosola, e così avveniva probabilmente nel X V II secolo a riguardo dei Polceveraschi, i quali essendo meno ricchi di pascoli, tennero il possesso al di là del giogo, mentre quei di Busalla che avevano pascoli di sopra vanzo trascurarono forse il possesso nel versante di vai Polcevera ( i) . Noto che in codeste- contestazioni di con fine venne fuori sovente quest’ argomento. Tanto è vero, dicevano quei d i qua, che il nostro territorio si estende nella zona al d i là, che diversi di noi possedono dei coltivi e dei prati in quella zona. È il fatto dei pos sedimenti privati nel compascuo, che non può essere apprezzato nel suo giusto valore, se non si fa capo alla tavola di bronzo, e alle clausole da noi commentate nel capitolo IV. * 12. — Non voglio lasciare il famoso confluente del Verde e del Ricò, senza fare un cenno di Pontedecimo. Le cognizioni che abbiamo raccolte ci bastano per ri comporre sinteticamente la sua antica storia. Finora ben poco sapevamo all’ infuori di quelle vaghe parole che lasciò scritte il Giustiniani, cioè, che nel 15 3 5 ( 1 ) Per la questione di Busalla, che ci fornisce tanti preziosi confronti, vedi quanto ho già scritto a p. 251, 253. Vedi inoltre p. 319, 336. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Pontedecimo « era cosa molto deserta e molto disabitata », ma in antico « f u g ià buon borgo, sia p e r numero d i case, sia p e r la fortezza ». - La nostra carta ci fa conoscere che a Pontedecimo passava 2000 anni fa la gran via romana, la Postumia. Ecco la spiegazione del « buon borgfo ». Le legioni, con o O molta probabilità si fermavano « ad Pontem Decimum » prima di accingersi alla salita della Bocchetta. Si capisce facilmente come a « Isocorte » e a « Borgo d ato » do vessero esistere nell’ epoca romana due gruppi importanti di abitati, e come il Pontedecimo dovesse essere fiorente all epoca dell’ impero, essendo un luogo di transito fra Genova e Libarna, Tortona, Milano (r). Probabilmente fu nel 641 quando Rotari piombò su Genova e la distrusse, che Pontedecimo ebbe a subire la sua prima rovina. Venne 1 epoca feudale e facilmente si comprende come quel bellissimo poggio, formato dalla confluenza del Verde col Rico dovesse diventar la sede di un Castello. Qual era la famiglia che dominava sul poggio di Pontedecimo ? Lo dice questo documento che fa parte del R egistrim i Curiae pubblicato dal Belgrano (Vedi p. 297). « f I n curia archiepiscopi. Arbitri Philippus lamberti. » Boamuns odonis, inter Archiepiscopum Syrum et Ca» pharum concorditer electi, laudauerunt quod capharus » amodo habeat et nomine proprietatis possideat, sine ( i ) Adottando 1’ opinione del Desimoni che la via Postumia passasse per Moergo e S . C ip rian o , il Pontedecim o, che accenna al P o n s d ecim u s a G e n i t a , resterebbe senza significato. Anche questa è una ragione molto stringente in favore della nostra carta. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 3 11 — » contradicione eiusdem domni archiepiscopi et succes» sorum suorum et omnium personarum per eos. Nomi» natiue totum podium quod est ad pontem decimum, supra » molendinum dompnicum. Hoc est ab uia subtana que est » ucrsus Januam et uadit ad molendinum usque ad domum » quam ibi habet Capharus. Hoc totum illi laudauerunt » In Integrum. Domno uero Archiepiscopo laudauerunt » tabulas terre quinquaginta nouem. que sunt a uia in » iusum uersus Januam, quas ipse Capharus tenebat ». Ho voluto trascrivere questo documento perchè è ve ramente importante per la storia di Pontedecimo, per la storia di Caffaro e perchè ci parla della famosa strada che, passando al poggio di Pontedecimo, si dirigeva versus Januam. Tale strada è evidentemente la via Postumia segnata in quel punto dalla mia carta. Son tutti fatti che si collegano. Il Ponte-decimo ricorda la strada, la strada spiega il castello, il castello richiama Caffaro e la proprietà che egli aveva di tutto il podium di Pondecimo nel i l j 8 . L’ acquisto fatto molto prima del 1158 dai Caffaro del poggio di Pontedecimo rappresenta forse uno dei primi passi verso la confusione dell’agro viturio coll agro genuate. Quel poggio, come vedemmo, era 1 estrema punta dell’ agro privato dei Vituri Langen. Caffaro, il feudatario genoate, che aveva le sije radici lassù in alto presso Castro-fin, sul torrente Fellon, in T-asca-felloti ( \ edi sopra p. 70), Caffaro dico, signor di Caschifellone, scende al basso e prende posizione sulla via antica che si andava ripopolando. E così va perdendo la sua im portanza l’ antico termine vbi . conflvont . e d v s . e t . . procobera , e così si dilegua il Viturio e ingigantisce Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 3 12 — il nome genoate. Ma le circoscrizioni ecclesiastiche, che sopravivono sempre alle vicende politiche, fanno omaggio per secoli e secoli al famoso termine. Il parroco di Ce sino, dell agro Viturio, continuerà per settecento anni ancora a chiamare quel poggio di sua giurisdizione, mentre il territorio al di qua di quel termine rimarrà unito alla pieve genoate di S. Cipriano. Ma ritorniamo a Pontedecimo. Chi vuole rifar la storia di Tontedecimo deve tener conto fino al 1300 dell’ accen nata distinzione. Il borgo d’ ato comincia la sua storia col ponte romano (186-180 a. C.). Vanta nel medio evo il Castello di CafTaro (1150-1200) e l’ ospitalità ivi accor data, probabilmente dalla famiglia Caffaro, all’ imperatore Arrigo VI figlio di Barbarossa, quando venne a Genova nel 1191. Il Pontedecimo di sotto comincia la sua storia non già nell anno 1196, colla costruzione della Chiesa di S. Giacomo per opera delle monache di S. Tomaso, come dice il P. Spotorno nel Casalis, ma diversi secoli prima. Infatti il Registrum Curiae a p. 237 ricorda che ivi esisteva una Chiesa fin dall’ anno 996. Nel 1300 Pontedecimo era nel suo complesso un borgo molto fioiente. Ma questa epoca di floridezza finisce in modo vio lento nel 1316. Narra molto laconicamente il Giustiniani: «■ Et 1 anno di mille trecento sedici, del mese di Novembre » i Spinoli che erano al dillà dal giogo discesero in la valle » di Pocevera con gran numero di gente, e destrus» sero infino ai fondamenti la terra nominata Pontede» cimo, in tanto che non li rimase pietra sopra pietra ». Gli Spinola si vendicavano così di ciò che avevan per petrato 1’ anno prima i loro nemici, che « dopo aver Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 313 - saccomanato Buzalla la destrussero dai fondamenti ». In queste lotte fratricide, barbare, spietate che dura1ono dal 1300 al 1500 sta rinchiusa la storia, o per meglio dire la distruzione di tanti paesi della nostra Liguria. Per finire questa mia digressione sulla storia di Pon tedecimo dirò che nel 1435 Filippo Visconti fece restau rare la fortezza, cioè il Castello di Pontedecimo. Nel 1452 era rettore di S. Giacomo quel Paolo Fregoso, che fu poi Arcivescovo, Cardinale e Doge di Genova. Ma il paese rimase deserto e disabitato, come dice il Giu stiniani, e questo stato durò fino all’ apertura della stradal della Bocchetta (1580). Cominciò allora una nuova era di prosperità, che non fu interrotta che dalle guerre e dal saccheggio del 1746 per parte degli Austriaci. Nel 1773 Pontedecimo ebbe nuovo incremento per l’ aper tura della via Camblasia da Pontedecimo a Genova per Bolzdneto e Rivarolo. Nel 1821 crebbe il commercio di transito per l’ apertura della strada Genova-Torino, e nel 1853 per l’ apertura della ferrovia. Nel 1859 Pontedecimo fu creata Parrocchia e la sua chiesa fu ricostrutta a nuovo nel 1870. Fra il 1870 e il 1900 Pontedecimo subì una completa trasformazione edilizia, si arrichì di scuole, di ponti, di strade, di tramvie e di stabilmenti industriali, elevandosi al grado di città ligure, operosa e intrapren dente. ■¥ 13. — La maggior parte dei nostri paesi di montagna ha più di 3000 anni di storia — epoca ligure, circa 1000 anni — epoca romana, circa 500 anni — epoca barbara e medioevale 1000 anni — epoca moderna 500 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 3 i4 — anni. Generalmente non si ricorda che 1’ ultimo periodo, perchè iooo anni di barbari e di feudalismo, che furono anni di abbiezione, han quasi cancellato ogni memoria dei tempi antichi, floridi e lieti. Ma la tavola di bronzo è il gran faro che getta sprazzi di luce nella notte buia. Lo studio della tavola non ha ancora dato tutto ciò che può dare. Bisogna collegare 1 epoca romana, coll’ epoca ligure che precede, coll’ epoca medioevale che segue, e non ci mancano i mezzi per farlo. Da questa sintesi deve venir fuori tutta intera la nostra storia, una storia, che non si arresterà più, come si arrestava finora, alle colonne d’ Èrcole, che parevan segnate dal iooo. Ciò che abbiamo detto di Pontedecimo, non è che un saggio, in piccole proporzioni, di quella ricostruzione sto rica che noi vagheggiamo. Lo storico più informato non ci presentava Pontedecimo che come luogo molto deserto e molto disabitato. Intendeva che Pontedecimo doveva aver avuto un periodo di floridezza anteriore ; capiva che in Pontedecimo vi era stato in antico un commercio di transito, che le carovane, le quali nel 1500 passavano per Fiaccone, Busalla, Vittoria, Serra e di qui per S. Cipriano e Morgallo, o per Voiè e Pedemonte, dovevano in antico passar per Pontedecimo; ma non aveva elementi storici per ricomporre 1’ ordine di cose primitive. Invece colla tavola di bronzo noi potemmo stabilire l’ antichità di Pontedecimo, guardare a 1000 anni prima e a 1000 anni dopo, e concludere che Pontedecimo ebbe due ci viltà, una romana, 1’ altra medioevale, prima della civiltà moderna, che data dal 1580, cioè dall’ epoca dell’ aper tura della strada della Bocchetta. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 3i 5 — La storia dei nostri piccoli paesi è ancora bambina ; essa è generalmente formata di episodi più o meno in teressanti, ma sconnessi fra loro. Perchè la storia sia ve ramente tale, bisogna riannodare gli sparsi elementi, presentare, sia pure a grandi linee, l’ evoluzione completa che ha subito il paese nell’ ordine storico, chiarire bene la successione dei tempi, le relazioni dei paesi fra loro, le relazioni coi grandi centri, dai quali presero sovente leggi, commercio e costume. Così a mio avviso, dovrà rifarsi a poco a poco la storia della montagna, meno ricca di particolari, ma ben delineata nei suoi contorni, bene scolpita nelle sue caratteristiche cl’ indole politica e sociale. Una storia della montagna fatta a questo modo non avrà solo un interesse locale, ma diventerà il sub strato della storia generale del popolo ligure. Imperocché tutti sanno che esiste uno stretto legame, nell’ ordine storico, fra la città e la montagna. Basta ricordare che il risorgimento si svolse con una grande emigrazione dai monti alla città, allorché l’ individualismo, rappresentato dal feudo, s’ inchinò, per amore o per forza, al principio della collettività, rappresentato dalla « compagna ». Dirò di più che tutti i grandi periodi della storia ligure sono rappresentati dalla trasmigrazione dei popoli dal monte al piano e viceversa. Il Ligure primitivo, vivente prima nelle caverne lun^o il lido del mare, attacca la foresta, e tende al giogo — il Ligure dell’ epoca eneolitica dal monte scende al piano e copre la vallata del Po delle sue abitazioni a palafitte (le terramare). — Viene l’epoca delle invasioni celtiche e il Ligure nostro si restringe ai monti. — Viene la civiltà romana e scende di nuovo nelle valli, e pianta i suoi paesi lungo le magnifiche strade Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 3 16 — costrutte dal popolo conquistatore. Dalle alture di Cesino e S. Cipriano scende a Pontedecimo, da Fiaccone, Tegi e Camarza scende a Busalla, dalla Banchetta e dalla Castagnola scende alle falde del monte Ceta (Borgo Fornari), dal Porale, dal Mingei e da Pietrafraccia scende a Ronco, da monte Cagne, Montessoro e Marmassana scende a Isola, da Villa e Pingei a Pietrabissara, da Borlasca, Sottovalle e Montaldo a Rigoroso. Valle Scrivia e Val Borbera, fanno centro a Libarna. — Vengono poi gli invasori dell’ impero e la popolazione ligure per salvarsi da Goti, Ostrogoti, Unni, Longobardi e Saraceni riprende i noti sentieri dei monti, ripopola i suoi paesi antichi, altri ne crea in gran numero nelle gole dei monti. Nel1 epoca del rinascimento, che si diffonde per i nostri monti colle vie mulattiere d’ oltre giogo, la popolazione mon tanina nuovamente scende e si allinea sulle nuove strade. Ecco la sintesi della nostra storia montanara. Ecco se gnato un altro vastissimo campo di studio all’ alpinista ligure, il quale potrà, col rilievo delle antiche strade romane e delle mulattiere del Medio Evo, stabilire la ragione storica della maggior parte dei nostri paesi di montagna. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 CAPO VII GLI ALTRI POPOLI DELLA TAVOLA. i. Criterii da seguirsi. — 2. I Dectunini — 3. Gli Odiates. — 4. I Cavaturini. 5. I Mentovini. — 6. A qual popolo appartenevano i Cavaturini. — 7. Le capanne di Mercuieù; antichissimo mercato — 8. Le antiche strade dei Genuati e Viturii. — 9. 1 confini fra Genuati e Viturii. — IO. Le tribù dei Viturii; le tribìi dei Genuati. — n . Si discutono i confini dei Genovesi. — 12. Come e perchè scomparve la memoria del popolo Viturio. — 13. I po poli Liguri attraverso i secoli fino .illa rivoluzione francese. 14- Con clusione. i. — Dobbiamo ora identificare gli altri popoli ricordati nella tavola. Qui si tratta veramente di toccar punte ver gini, come si direbbe nel linguaggio alpinistico. Il Grassi e il Desimoni dopo qualche tentativo finirono per ab bandonare l’ impresa, ma io credo che vi sieno buoni punti d’ attacco e buone funi, eppercio invito il lettore a salire. Quanto a punti di attacco ne abbiamo due abbastanza saldi, poiché sappiamo dove erano i Viturii Langen e dove erano i Genovesi, Dalla tavola si vien pure a co noscere che gli altri popoli in essa menzionati erano confinanti coi Viturii Langen, perche si accenna ad una reciprocità di condizioni, che tutti questi popoli dovevano Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 3 i8 - osservare coi Langen per riguardo ai cnmpasqui. Dobbiamo dunque distribuire gli altri popoli menzionati dalla tavola in modo che tutti sieno a contatto coll’ agro pubblico dei L an gen . E d ora le funi, mi si permetta la figura rettorica un po troppo prolungata; io parlo dei criterii a cui dob biamo affidare le nostre investigazioni : I -° — Si presenta per il primo il prezioso avverti mento del Mommsen. I popoli liguri erano frazionati in molte tribù. Ma i Romani non cercavano le origini e le parentele delle diverse tribù e si contentavano di riferire i nomi delle genti liguri come loro si presentavano. E così è avvenuto certamente nella tavola, ove sono nominati senza distinzione dei popoli stipite, e dei popoli tribù. I G e novesi erano senza dubbio un popolo stipite al quale cor rispondevano diverse tribù. I Viturii erano anch’ essi un popolo stipite perchè la tavola ci fa conoscere che i Langen erano una delle tribù dei Viturii. Ne deduco che vicino ai Langen dovevano esservi altri V itu rii, perchè le tribù dovevano essere contigue se il popolo era uno solo. 2.° criterio. — L a precisione dei Romani nel de scrivere fatti e cose, fa legittimamente ritenere che Odiates, D ectunini, C avaturini, M entovini sieno scritti uno dopo 1’ altro nell’ ordine in cui esistevano. 3 .0 criterio. — L e diocesi; esse corrispondono gene ralmente alle circoscrizioni degli antichi popoli. I confini delle diocesi furono con molta tenacia conservati, e dove ebbero luogo delle variazioni queste sono generalmente note * Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 2. 319 — — Mi giovo dei tre criterii ora accennati per co minciare a mettere al loro posto i Dectunini. L ’ illustre prof. Desimoni dubitò e finì per non credere che i Tortonesi potessero arrivare fino al giogo. Ma quando noi troviamo che il Comitato tortonese arrivava fino a Fiacone (i), quando leggiamo negli A d a Sanctorum che le ceneri di S. Agostino furono depositate a Savignone, luogo ad fines agri dertonensis, quando vediamo Casella e Torriglia diocesi di Tortona, quando pensiamo che vi fu lite fra Genova e Tortona per la parrocchia di Bu salla (2), che Fiacone fu la prima conquista dei Genovesi ( 1) D u r a n d , Piemonte Cispadano. (2) Scrive il P o l l in i nelle Memorie storiche della Chiesa tortonese (18 8 9): « In amico il popolo di Busalla riconosceva per sua parrocchia la chiesa di Sarizzola. Sul finire del secolo XV I (anno 1582) si eresse la chiesa parrocchiale in quella borgata coll’ intervento del Vescovo tortonese. La Curia di G enova pre tese che la Scrivia segnasse il confine delle due diocesi e perciò la dichiarò su a; portata la causa a Roma e deferta in ultimo ad un Cardinale, questo morì senza pronunciarsi ». Busalla fu chiamata per questo Busalla rebellis. Nel 1600 coll’ intervento dell’Arciprete del Bosco, delegato dal Vescovo di T o r tona, fu posta la prima pietra della chiesa attuale, che sostituiva probabilmente la cappella eretta in parrocchia nel 1582. Nel 16 10 si riaprirono le lotte fra Sarizzola e Tortona per i beni spettanti alla parrocchia e fu allora che i Busallini chiesero di essere aggregati alla diocesi di Genova, ciò che il Papa acconsenti previo assenso del Vescovo di Tortona (16 12 ). Tutto ciò rilevava il Remondini compulsando gli archivi di Busalla e della Curia genovese. Adunque Busalla fu tortonese fino al 1614. Gli altri paesi d’ oltre giogo che fecero poi parte dello Stato genovese erano passati alla Curia di Genova diversi secoli prima. Nel 1 1 2 1 i Genovesi passano perla prima volta il giogo. Gli annali di Caffaro ci ricordano che in quell’ anno i Genovesi coeperunt praeliando (ed anche un po’ negoziando) Flaconem, Mondascum, Clapinwn et Petrambissaram e comperarono Voltaggio dal marchese di Gavi. Subito dopo fanno un’ altra punta verso il Tortonese, comperando il Castello di Montaldo, come risulta da molteplici documenti. Questo Castello, lo riconobbero il Desimoni e il Belgrano, era posto su quel monte che sovrasta alla frazione detta Ca bianca a Rigoroso. Chi scrisse ne fece Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 3 20 — quando passarono il giogo (Caffaro, Annali, anno 1 1 21 ), allora si fa evidente che i Dectunini di cui parla la tavola l ’ acquisto nel 1899 per sottrarre ad una totale distruzione quei pochi ruderi che formano un prezioso ricordo di storia ligure. Montaldo è il fam oso castello onde trasse le sue origini la fam iglia dei dogi Montaldo (vedi F e d e r i c i , Fam iglie nobili)-, è il castello tante volte licordato nei brevi dei Consoli genovesi, nei quali per secoli e secoli si ripete questa forinola : « Giuro di difendere il territorio dei G e novesi a Portus Monoeci usqtie ad Montem-altum » oppure « di operare in laude torum a Vultabio et a Monte allo et a Savignone (Atti Storia Patria, voi. 1, p• 1 99 )* V oltaggio, Montaldo di Rigoroso, e Savignone furono dal 1 1 2 1 al 119 8 i confini settentrionali dei Genovesi. N el 119 8 il confine divenne G a v i, M ontaldo e Savi gnone. F ra il 1 1 2 1 e il 12 4 0 i G enovesi si agitarono per far estendere la giurisdizione ecclesiastica ai popoli d’ oltre giogo da essi occupati. L e controversie durarono a lungo finché nel 12 4 0 un papa genovese, Innocenzo I V , fece la bolla per cui sta bilì che la Curia di G en ova dovesse esercitare la sua giurisdizione su tutti i ca stelli e le terre che erano soggette al dominio del Comune di G enova, h questa bolla, citata dal Belgrano e dal Desim oni, che spiega quello strano intreccio che si riscontra nei confini delle due diocesi di Genova e Tortona. L a sinistra sponda della Scrivia rimase quasi tutta alla diocesi G enovese, la quale com incia a nord col paese di Rigoroso, presso Arquata. Ma subilo dopo Rigoroso viene Borlasca e Pietrabissara che appartengono alla diocesi di Tortona. Appartengono invece a G enova i vicariati di M ongiardino e Montobbio al di là della Scrivia. Ma ritornando al nostro tem a, sta il fatto, e tutte le bolle e i documenti ora accennati lo confermano, che i paesi d’ oltre giogo spettavano un tempo alla dio cesi tortonese. Chi desidera m aggiori giustificazioni al riguardo può consultare l’ Illustrazione al Registro Arcivescovile del Belgr-.no negli A tti di Storia Patria ed anche le Parrocchie dell’ arcbidiocesi di Genova del Remondini. Da speciali documenti riferiti dal Beigrano e dal Rem ondini ricavo: Montobbio è dichiarato diocesis tortonensis in un documento del 26 M aggio 1 236 (Belgrano, p. 366). Busalla risulta tortonese fino al 1 6 1 0 dai documenti succitati. L a Pieve d i Borgo Fornari, che nel medio evo si chiamò Plebs de Cela dal nome che aveva allora il monte R ivà, deve essere stata costituita dalla Curia gtnovese fra il 124 0 e il 1 2 5 0 Infatti si trova nei rogiti del notaio Parodino di S^s ri un atto del 1 2 50 in cui « prete G u glielm o, ministro della chiesa di S. Martino di Ronco, januensis diocesis, rinunzia alla rettoria in manibus Iohannis Arcbipresb. S. M ariae de Ceta. Dunque S. Maria de Ceta era già Pieve genovese nel 1250. N el lodo del 1 389 ove son noverate tutte le P.evi e relative Parrocchie appariscono Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 321 — erano quelle tribù di Tortonesi che abitavano nei monti di Busalla, Casella e Fiacone. Queste tribù si orizzon teranno a poco a poco sopra Libarna ed allora 1’ agro di Casella, Busalla e Fiacone non si chiamerà più agro Dectunino ma agro Libarnese. Senonchè all'epoca di cui parliamo Libarna non esisteva od era appena in gesta zione. Ed è perciò che la tavola di bronzo usa il nome generico di Dectunini. Abbiamo già tre punti fissi: Genovesi, Tortonesi e Viturii, e ciò che è importante tre popoli stipite. E subito vi accorgete, dando uno sguardo alla carta, che non vi è più posto per grandi popoli, e che probabilmente le genti che restano da collocare sono tribù. — * 3. — Vediamo ora se ci riesce di collocare a loro posto gli Odiates. Qui mi valgo di un 4.0 criterio, il criterio linguistico. Esso ci fa intendere che vi è parentela fra Oè, paese alle spalle di Genova, patria degli Ode, e Odiates; ricordiamo ciò che abbiamo scritto a p. 103. Odo era la strada; in greco 006;. Par-odi in greco, come in dialetto ligure, sono gli abitanti lungo la strada; come suffraganee della Pieve genovese di Ceta: Fiacone, Ronco e Campolungo cioè Isola del Cantone, non Rigoroso perchè dipendeva allora da Voltaggio. Del 1 1 27 abbiamo un documento nel liber jurium , che ci narra delle contese fra G e novesi e Tortonesi per le decime riguardanti la montagna di Ceta e il tcnimento di Ronco; erano le prime avvisaglie che dovevano portare alla occupazione defi nitiva e stabile per'parte dei Genovesi. Quanto ad Isola, che in antico era Campolungo, di là dalla S crivia, è detto apertamente nella bolla 13 Aprile 1219 di papa Innocenzo III che era in Episco pale Dctlonensi, dipendente dal Monastero di S. Michele della Chiusa a Torino. A tti S o c . L ig . di S t o r ia P a tr ia . Voi. X X X . 22 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 322 — icopà-oStoi. Resta ancora questo nome a Parodi sopra G avi ove era l’ antica strada che metteva in comunicazione Statielli (A cq u i) e Tortonesi (Libarna-Tortona). E la strada che vi spiega quella linea di castelli: T ag lio lo , Lerm a, Mornese, Mont-a-odè, Par-odi e Gavi. Ode ha lo stesso significato di P a ro d ii; gli Ode erano quelli che abitavano sull’ antichissima via ligure che met teva in comunicazione Genova con valle Scrivia dalla parte di Casella. Dico Ode perchè così si pronunzia al presente, ma la forma primitiva doveva essere Odiò, corrispodente al greco 68t-ie?, all’ odiè di V’-odiè (Valdieri odiè sul va). E cco spiegato 1’ Odiates della tavola. L ’ ipotesi nostra che gli Ode fossero una tribù è pure confermata dal complesso di questi fatti: i.° Tesservi a Oè un’ antichissima P ieve; 2 ° Tesservi a Oè un Vico V icus, indizio del primitivo concentramento ligure, del viu stanziato ab antico su quell’ altura; 3 .0 Tesservi più in basso un Coema-gu, che col suo nome ci attesta che era la comarca a valle di una popolazione che stava in alto ( Coema-gu, ossia Kw^a-yu). Guardando alla posizione di Oè, alla sua vicinanza con Genova, alla tradizione storica, per cui Oè fu sempre unito alla città, facilmente verrete nella mia convinzione che gli Odiates, ossia gli Ode, fossero una tribù del po polo genovese come quei della D o ria , come gli E n in , come quei di Castrofin. * 4. — Abbiamo dunque il popolo Genoate, capo stipite, a G enova — gli Ode, tribù, a Oè — i Dectunini, capo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 323 — stipite, a Casella, Savignone, Busalla e Fiacone. Ne viene per necessità (criterio 2.0) di collocare i C avaturini verso Cavi, cioè nella regione dei Cavi. Notate come si adden sano le omonimie: Gavi e Cavi si corrispondono (p. 1 19 ) , vicino al giogo si trovano i Cavetti. Sono montagne in cui le caverne abbondano, e probabilmente i primi Liguri di quella valle presero nome dal loro abitare in cavis. Se dovessi indovinare il nome ligure che si cela in Cavaturini, direi : quei d i Cavi, o meglio quei di Cavito-rì (cavi nel torrente). * 5. — Restano i Mentovini. Men, come vedemmo più volte, è parola antica, che conservasi nel greco [j.y)v e nel francese maint ed ha lo stesso significato di molto, affatto. Men-t-ovin significa: affatto in ti ovin, affatto in mezzo alle pecore, come M a-ri-eri significa affatto n egli eri. Il Grassi fermandosi all’ omonimia disse: M entovili corrisponde a Monteuggin. Credo anch’io che M onteuggin sia un vocabolo neolatino che rappresenta un antico Mentoin; ma tutti i pecorai erano Mentoin come tutti i ripiani si chiamavano en i-cen, ma-ni-cen. Dunque l'om o nimia non basta ; bisogna cercare fra i tanti Mentoin , quali sono i Mentovines della tavola. Per noi la posizione dei Mentovini è ormai determi nata ; Genoati, Dectunini, Cavaturini accerchiano i L an gen da mezzodì, da levante e da tramontana; i Mentovini adunque non potevano trovarsi che a ponente. Il loro arvo privato era probabilmente a L ’-arve-gu, il loro arvo pubblico intorno alle capanne di Mercuieit. L ’ ispe- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 324 — zione di questo territorio fornisce elementi che vengono a conferma del nostro assunto. Noto prima di tutto il carattere della regione che è acconcia a nuli’ altro che alla pastorizia, essendo quasi tutta montuosa ; solo a valle esiste un po’ di coltivo. Noto in secondo luogo quel prezioso vocabolo di L ’ -arve-gu , che come già vedemmo, significa arvo a valle (pag. 90). L a posizione che io vengo a dare ai Mentovini è pure giustificata da un 5 .0 criterio. — Parlando delle origini dei Liguri dimostrerò, come ho già dimostrato in parte collo studio del dialetto, che i primi luoghi abitati furono le coste del mare, come era l ’ antica opinione di Tacito. Stando a questo criterio i Viturii avrebbero preso le mosse dalle spiaggie di Voltri, di Prà e di Sestri, ed in conseguenza sui monti che stanno alle spalle di questi paesi dovevano trovarsi le loro trib ù , che secondo la tavola eran p iù d ' una. Nè a Masone nè a Campo L i gure posso collocare i Mentovini perchè ivi eran le sedi degli Statielli, e la diocesi d ’ Acqui colla sua circoscri zione ancora in oggi ce lo ricorda. Bisogna dunque per necessità ritenere G erem ia, P e n e llo , che 1 ’ altipiano che sta fra i monti Lecco e Figne fosse la sede della prim a tribù dei Viturii Mentovini, e Larvego il centro del loro agro privato. L ’ altra tribù era, come vedemmo, a L an gasco . * 6. R esta a risolvere un quesito: era dei Viturii o dei Tortonesi la tribù dei Cavaturini? Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 325 - Se Viturii erano i Mentovini e Viturii i Langen, po tevano essere Viturii anche i Cavaturini. Io ho fatto luogo a questa ipotesi nella mia carta in omaggio a una certa tradizione che coincide e forse nasce dall’ opinione del Giustiniani, il quale dice Viturii i Voltaggini ; ma più ancora perchè mi faceva impressione il fatto c h e , nei primi albori del rinascimento, i Genovesi si stabiliscono con pochissime difficoltà a Voltaggio e a Parodi e trat tano sempre con un tal quale atteggiamento di padro nanza il Marchese di Gavi, di cui finiscono per assorbire 1’ intero Marchesato (i). Io riflettevo: Genovesi e Viturii avevano intorno al iooo costituito un sol popolo ; scen dendo in vai Lemme non procedevano per avventura ad una rivendicazione dei possedimenti antichi ? Avevo pure presente un altro fatto, che la circoscri zione del feudo di Gavi arrivava, come arriva ancora oggidì la pretura di Gavi, fino sopra Voltri ; vedevo in somma un intreccio fra Voltri e Gavi, come vedevo una famigliarità fra Cavaturini e Langen in quel Leino , che dava il nome alla valle di qua e di là del giogo. Osservavo infine che se quei di vai di Leme non erano Viturii, erano certamente Dectunini, ma i Dectunini erano già stati nominati nella tavola di bronzo. Se i Dectunini continuavano anche intorno al monte Tuggiu, perchè la tavola li avrebbe nominati col titolo di Cavaturini ? perchè non li avrebbe compresi nella espressione gene rica di Dectunini ? Ma la cosa resta molto incerta perchè vi sono argo menti in contrario d’ altrettanta importanza. (i) Vedi D e sim o n i, A ll’ ultimo Annali di Gavi. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 326 — degli argom enti ora accennati si può giustamente opporre ciò che dissi pur io, ragionando sul i.° criterio: i Ro mani non si curavano di classificare i popoli secondo le loro nazionalità, riferivano promiscuamente nomi di tribù e nomi di popoli. I Polceveraschi avranno avuto frequenti rapporti con quei di vai L e m e , che certamente fin allora si orizzontavano per i loro di scambi su Genova più che Tortona, e quindi, mentre chiamavano Dectunini tutti gli altri abitanti di là del giogo, avranno dato a quei de G avi, con cui erano abitualmente a contatto, il loro nome particolare. In secondo luogo si può osservare che il giogo era il naturale confine dei popoli, e Caffaro ricorda, come un fatto straordinario, che i Genovesi pas sarono i l giogo nell’ anno 1 1 2 1 per occupare Fiaccone, C la p in o , Petrabisciara e Voltaggio ( 1 ) . Un terzo argo mento in contrario si ricava dalle giurisdizioni ecclesiasti che. Risulta dai documenti riferiti dal BeW an o nella sua Illustrazione al R egistro Arcivescovile, che nel 1 1 3 0 Voltaggio era ancora sotto la diocesi di Tortona, e che fu solo nel 12 4 0 che interviene la Bolla di Innocenzo IV , la quale stabilì che in tutti i castelli e in tutte le terre della diocesi di Tortona, ove il comune di Genova go deva dominio, la sua Chiesa dovesse esercitar senz’ altro la propria giurisdizione. F'u per effetto di questa bolla che Fiaccone e V o ltaggio , Aim ei, e Montaldo (di R i goroso) e G avi e tutto il Parodese divennero Diocesi di G enova. Risulta d ’ altra parte dai documenti di Tortona che (1) il Comitato Tortonese e la Diocesi di Tortona V o lta g g io , in dialetto Olagio è nome di origine medioevale. Significa a-o-tagio, luogo dove dal Marchese di G avi si percepiva il lagium , la taia, ossia il pedaggio. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 327 avevano anticamente per confine la Piota e 1’ Orba dal lato di Ponente. Che un contratto di enfiteusi, come quello dei Viturii Langen coi Genovesi, abbia condotto i Viturii in vai di Leme ? Anche questa è un’ ipotesi possibile. Certo è che il fatto da me accennato di rapporti intimi antichissimi fra quei di vai di Lemme e i nostri traspare da tutti gli elementi storici antichi. Lascio dunque incerto questo punto pur confessando che nel bilanciare le due ipotesi contrarie propenderei in oggi per mettere i Cavaturini fra i Tortonesi. Il fatto che i popoli marittimi finivano al giogo quasi sempre, e il fatto che i paesi di vai Leme e valle Scrivia ap partenevano in principio del medio evo al Comitato e alla Diocesi di Tortona, la vincono sugli altri per la loro importanza. * y. __ Le capanne di Mercuieu ricordano un anti chissimo mercato che là si faceva fra gli abitanti del versante nord e quelli del versante sud dell Appenino. Scrive il Giustiniani, quando accenna alle Capanne di Mercuieu « A lle capane si fa quasi ogni giorno mercato tra Genoesi e Lóbardi». Chi riflette alla posizione delle Capanne, che per la loro distanza sono ormai dimenticate, non può a meno di maravigliarsi come i Genovesi an dassero proprio a metter banco in mezzo a quei monti. È un fenomeno che non si spiegherebbe senza la tavola di bronzo. Per comprendere 1’ origine di M em aeiì bisogna risa lire molto in alto, alle costumanze primitive dei popoli. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 328 — L e diverse tribù che abitavano nelle valli, s’ incontravano in determinate occasioni sui monti che servivano di con fine. Il Giustiniani parlando delle Capanne di Marcarolo d ice: questo giogo è un d ei term ini d i confine della valle d i Polcevera . Faccio inoltre osservare che era un luogo centrale fra V itu rii, Zenoexi, Dectunin e Sasselin ( i ) , quattro popoli che da questo e da tanti altri indizii ar gomento fossero uniti in un vincolo di confederazione (2 ). Probabilm ente su quel giogo, in mezzo ai boschi delle Capanne, i quattro popoli tenevano le loro assemblee, com pievano i loro negozii, celebravano in comune i loro riti. L e tradizioni dei popoli italici, come dei popoli greci, come di tutti convegni i popoli mediterranei parlano religiosi e civili che avean luogo di questi nei boschi sacri posti sul confine di diversi popoli (lucus in confinio). Come le tribù dei Latini si radunavano nel famoso bosco F cì entino, così i L ig u ri orientali avevano la Selva Fero nia (notisi la corrispondenza di Ferentino e Feronia ) e i L ig u ri occidentali il bosco Bor-man detto dai Romani lucus B orm ani. E così il M ercuieu tempi primitivi il Ferentino su questo nome perchè doveva essere nei dei Liguri centrali. Insisto mi richiama alla mente una gran de armonia di vocaboli e di cose. Il Ferentino era il luogo ove ferebant i loro prodotti, che appunto per questo chiamavano pferm a (cpepjxa), onde ferm a -giù , Pcr( 1) R iten go che Statielli, nome dato dai Rom ani, sia traduzione di Sass-el-tn, che significa gente che sta ( 0 aao) nella foresta, eia ( pag. 92 ). La mia spiegazione concorda col nome di Sass-élu c Sass-el-in che conservasi al Sasseto, antichissimo Zon degli S tatielli. Questo rilievo dialettale panni decisivo. (2) Non si unirono ad A n n ib aie, non fecero guerra contro i Romani, tanto che fu disapprovata anche in R o m a la persecuzione di Popilio Lenate contro i paci fic i Statielli n ell’ anno 56 a. C. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 329 — ma, Parmea. Per la stessa ragione chiamavano fe ra , fe a , fiera il mercato a cui portavano questi loro prodotti. Non volendo far dell’ archeologia soltanto ma della storia, noi dobbiamo ora trovare il filo che riannoda at traverso i secoli il Mercuieù primitivo col M ercuieù di cui parla il Giustiniani. Sul finire dell’ XI secolo i G e novesi eran tornati di Terra Santa con nuovi campioni di droghe, di stoffe, di profumi, di oggetti preziosi, e senti vano vivamente il bisogno di presentare all’ E uropa, e per il momento ai Lombardi, quei nuovi prodotti. A Mercuieù era un mercato avviato da tempi antichissimi, caricarono i loro muli, i gigi, e portarono a M ercuieù le primizie dell’ Oriente. È là che si iniziarono i primi rapporti di Genova medioevale coi paesi d’ oltre giogo, e la che si annodarono le prime fila di quel commercio che doveva un giorno attraversare il Moncenisio, il Got tardo, il Sempione. Si comprende che i Genovesi, assicurato il commercio dovessero subito pensare a dargli più comode vie di transito attraverso valle di Scrivia e vai L e m e , ma da buoni mercanti, che non' abbandonarono mai il fondaco vecchio, finché non han condotto tutta la clientela al fon daco nuovo, coltivavano ancora, all’ epoca del Giustiniani, il loro antichissimo Mercuieù. Marcarolo ha perduta in oggi ogni e qualsiasi impor tanza. Ma le traccie di qualche cosa di molto antico si trovano prima di tutto in quell’ Astu che segna ancora il luogo ove intorno all’ antenna i popoli si radunavano 40 secoli fa. Testimonio del Mercuieù medioevale badia, che esisteva a Mercuieù, e che nel X V I era. passata nel patronato dei Doria. Nel 1582 è la secolo quando Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 330 - Mons. Bosio visitava le parrocchie della Curia di Genova Mercuieù avea cessato di avere una Chiesa. Ma le dili genti ricerche del Ferretto ci hanno pur fatto conoscere che un 'ecclesia de M ercariolo risulta nel 1 2 2 1 da un atto di pari data del Notaio Salomone. Tutti questi fatti ci confermano che Mercuieù ha realmente diritto a quel posto che io gli assegno nella Storia. * 8. — Nella mia carta ho segnato le antiche vie liguri e le vie romane. E una distinzione di suprema importanza per chi vuole farsi un concetto esatto di quella evoluzione storica per cui il mondo ligure divenne mondo romano. Per coloro i quali fan cominciare la storia nostra da Rom a e dai Romani, tutte le strade liguri sono opera del popolo conquistatore. Io credo invece che i Romani altro non fecero che sistemare gli antichi va e gli odo dei L igu ri e trasformare le modeste vie mulattiere che esistevano da 2000 anni in magnifiche vie strate. L e vie liguri avevano uno scopo molto ristretto ; i Romani le utilizzarono a scopi più grandiosi di comunicazione mon diale. Attraverso la Ligu ria essi dovean passare per entrare nella Gallia Cisalpina e nella Transalpina. Costrussero prima ( 18 6 - 18 0 ) la via Postumia che doveva mettere in comunicazione Piacenza, la sede del comando militare della Cisalpina, col mare. Subito dopo pensarono a com pletare la via littoranea. L a gran via Aurelia conduceva da Rom a a Pisa ma non oltre ; prolungarono dunque questa strada attraverso le balze della riviera ligure e la condussero fino a Vado (Vada Sabatia) ; ed allac— Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 -------------------- ------------------------------- — 33 i - ciaiono Vado con Piacenza, sede del comando della Cisalpina, mediante il braccio Vado, Acqui, T ortona, Piacenza (109). Di queste due strade romane, Postumia e A urelia e di tutto il nostro sistema stradale, perfezionato da A u gusto, ci occuperemo nella parte III quando tratteremo dei Liguri nell’ epoca romana. Per ora mi interessa di ribadire il concetto che il Romano costrusse, stra v it, le strade, il che vuol dire spianò, lastricò, fece argini e ponti, diede insomma la forma classica di via romana agli antichi va dei Liguri, ma questi va esistevano. Tanto è vero che pur tendendo alla Gallia transalpina si con tentarono di far la strata alla romana da Pisa a Vado e da Piacenza a Vado, lasciando come era il tratto da Vado in Francia, ciò che vuol dire che la via ligure era abbastanza praticabile e poteva servire alla necessità del momento. Sappiamo infatti che è opera di A ugusto la via Iulia lungo la riviera da Vado al Varo. Le vie liguri primitive, i va, avevano, come dicemmo, uno scopo limitato ai bisogni di quei popoli, molto sta bili nelle loro dimore, molto ossequenti alle loro divi sioni primitive. Essi non nutrivano idee di conquista alla romana ; quindi i loro va avevano unicamente per iscopo di comunicare fra l’ una e l’ altra valle, e l’ uno e l ’ altro versante, fra un popolo e 1’ altro ; servivano per gli scambi locali di porcellini, di pelli, di bovine e di formaggi. Io ricomporrei così gli antichissimi va dei Genuati ; i.° Il va ossia l’ odo che da Genova conduceva diret tamente in vai di Scrivia (Casella) passando per Ode (Oè), si chiamava la strada per eccellenza cioè il Peado, come vedemmo a pag. 105. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 332 — 2.° Il va che dalla valle di Polcevera conduceva alla stessa m eta, cioè il va che dalla Polcevera saliva a Manigen e per il Pernecco andava a Ode, per scendere poi in V alle Scrivia. 3 .0 Il va che per la Polcevera e la Seca saliva a Vine e al giovo. 4 .0 Il va che per Morgo, S. Cipriano e S era andava egualmente al giovo. Questi due va facevano capo al valico di N. S. della Vittoria e scendevano a Savignone per la via, detta del Conte (Fieschi) nel medio evo. Dalla circostanza molto dubbia che Liutprando, nel trasportare in solenne pelle grin aggio le ceneri di S. Agostino avrebbe fatto la strada di V uiè e Savignone alcuni vollero dedurre che questa fosse l ’ antica via Postumia. Altri come il Desimoni col locarono la Postumia per M orgo , kS. Cipriano e Sera. M a io dimostrerò a suo tempo che la via Postumia era impraticabile all’ epoca di Liutprando ; e quindi non vi è molto di strano che Liutprando abbia scelto per suo itinerario quel va che gli presentava m aggiori comodità di viaggio . Si aggiunga che a Savignone era allora una cella di Benedettini favoriti dai Longobardi , ed è naturale che Liutprando scegliesse la via di Savignone, per aver un luogo sicuro ove pernottare. Il Desimoni, e tanti altri scrittori rilevano che le vie di Vuiè e di Sera sono antichissime, ed io sono d ’ accordo con essi, perchè le segno come vie lig u ri, preesistenti alle vie romane. Ma il diverso modo di pensare nasce da c iò , che gli scrittori testé accennati ritengono che sia romano tutto ciò che è molto antico, mentre io son fermo nel mio concetto che le cose molte antiche sorpassano 1’ epoca Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 333 — romana , e non si devono attribuire ad essa senza una speciale ragione. 5-° Probabilmente è valico antico preromano quello che da S. Cipriano e Sera e la Vittoria scendeva a Busalla, valico molto in uso nel medio evo, prima che i Genovesi ristabilissero la strada della Bocchetta. Per esso da Busalla si andava a Borgo Fornari, Fiacone, V oi— taggio e Gavi e di qui in Lombardia. Restò famosa questa via per il passaggio di Carlo V che pernottò a Borgo Fornari nell’ anno 1 5 3 3 ; è famosa per la vittoria riportata dai Genovesi sui Gallo-Sardi presso il monte poi detto della Vittoria nell’ anno 1625. Busalla e Borgo Fornari acquistarono importanza per il commercio che ebbe per più secoli questa strada, che si chiama ancora attualmente in quei paesi la strada della Vittoria. 6.° Va importantissimo nell’epoca preromana doveva essere quello che dalla gea della Polcevera conduceva al valico della Bocchetta, e che metteva in comunica zione vai di Polcevera con valle Scrivia e vai Lem e ; questo è il va che divenne poi la via Postumia. 7.0 Nelle alture delle Capanne di Marcarolo la mia carta segna una serie di va tutti convergenti all* antico mercato. Sono sentieri tuttora praticati, lungo i quali si riscontrano ad ogni passo di questi nomi : bosco d i ladri\ ed espressioni consimili, che ricordano molto bene le av venture cui dava luogo quell’ antico mercato, che è uno dei fatti più caratteristici della storia ligure primitiva. 8.° Vi è un altro gruppo di va convergenti e sono i sentieri che conducevano i Viturii montanini al loro Astu sul mare. Tali sono i sentieri liguri da Masone a Voltri, dalle Capanne per il monte Vesolina a V o ltri, Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 334 — dalle Capanne per il monte Orditan e il Pennello a — P ra , da L a rv e g o , Incisa, S. Carlo di Cese a Sestri. 9.0 Vengono finalmente gli antichi va littoranei che si confusero poi colla via Aurelia — Zenoa, Arbà, Quarto, Quinto (nomi romani indicanti le miglia), N e r v i, S o r i, Reco, Rua, da una parte, — Zenoa, Corni-zen, S estri, Pegi, Pra dall altra. Noto che la via romana abbandonò il va ligure di Cornizen ; e la ragione esiste benché molto nascosta nelle pieghe del tempo. L a via Postumia e la via A urelia avevano uno scopo strategico ed il loro obbiettivo era la Gallia ; si voleva che il corpo d ’ eser cito stanziato a Piacenza avesse una via comoda per piombar sulla Gallia e sorvegliare i Liofuri occidentali ; o o di cui Rom a diffidava fin dai tempi d ’ Annibaie. Per tal motivo la via romana, appéna giunta al Boschetto v o l tava a ponente profittando del comodo valico di Borzoli. Generalm ente si scrive che la via Aurelia aveva per iscopo di unir Pisa con Genova e Genova con Vado; ma questo programma d’ interesse locale è una supposizione che non regge alla critica storica. I punti strategici che interessava riunire erano Pisa, Piacenza, Vado. Si andava da Pisa per Genova a Piacenza; da Piacenza a Vado per valle Scrivia; da Piacenza a Vado per vai Bormida. Il congiungere Sampierdarena coll’ altra sponda di Cornigliano era un’ opera inutile per i romani. Non b i sogna poi dimenticare che la Polcevera era larghissima alla sua foce e questa era probabilmente molto più in dietro, precisamente come avveniva in B isagn o, dove il fiume occupava tutta la spianata ove sbocca la via X X Settembre e la Pila (p. 75) era la foce. Quando i nobili genovesi vollero avere una comoda via per le Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 335 — loro ville di Cornigliano, di Coronata e di Sestri, fecero in consorzio il ponte sulla Polcevera, che vien ricor dato da tutti come il primo che unì le due sponde della Polce/era, alla sua foce. Per contro è tradi zione costante quella del ponte romano che esisteva fra - la Certosa di Rivarolo e il Boschetto. Ho accennato più volte alla necessità di collegare i fatti storici del medio evo con quelli dell’ epoca pri mitiva. Uno degli studi più fecondi di buoni risultati è quello di paragonare le strade antiche coi castelli e i conventi del medio evo. Nell’ epoca primitiva erano i Casteli che difendevano le strade dagli eterni praedatores ; p. e. il Castelus Alianus al valico della Bocchetta — nell’ epoca romana erano le Mutationes, grandi stazioni di rifornimento ad uso degli eserciti. Nel medio evo quando ogni ordine costituito si disciolse, i feudatari pretesero difendere le strade, ma l’ amore del prossimo era così scarso che invece di difendere si opprimeva il viandante coi pedaggi e le robarie. La carità cristiana ebbe allora una splendida estrinsecazione nei conventi, che piantati sulle vie prin cipali di transito avevano fra i loro scopi principali il dare alloggio ai pellegrini. Questi conventi si piantarono sulle vie esistenti nell’ epoca romana, perchè il medio evo non fece strade e piuttosto ne distrusse. Dati questi fatti io ne rilevai un criterio che mi giovò sempre nelle mie ricerche : un convento sui monti si collega generalmente ad una antica strada. Savignone e Precipian erano le due Abbazie che nel medio evo ebbero per così dire la tutela della strada Vallis Scripiae (Postumia). Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 336 — Dalla Bocchetta si scendeva in vai di Lem e e voi trovate i ruderi di un antichissimo convento di .S". G righeù nella costiera che dalla Bocchetta conduce a Fiaccone. Dal Giovo si scendeva pure a Busalla e voi trovate sul versante di Busalla 1’ antichissimo Convento che fu per molto tempo il campo di battaglia fra quei di Bu salla e i Polceveraschi per la eterna questione dei con fini (vedi nota a p. 307). Questi sono i conventi anteriori al 1000. Ma venendo al 1100, 1200, 1300, 1400 i conventi si rinnovano sulle antiche strade ed io credo importante far notare un fatto che convaliderà a suo tempo il tracciato che io dò della antica Postumia. Da Pontedecimo a Genova prima che si facesse la via Camblasia (1773) sulla sinistra sponda, la strada fu sempre là sulla destra, in mezzo a quelli abitati antichissimi che sono sotto S. Biagio, Murta e Fegin. Ed è appunto su questo tracciato che si trovano alli neati molti conventi, che vantano nella loro storia ospi talità famose accordate ai più illustri personaggi della terra. Chi, nel medio evo, scendeva in Polcevera per la via Postumia trovava un primo luogo di sosta nell’ antichis simo Isocorte. Richiamo 1’ attenzione degli studiosi su questa località sulla quale equivocò il Belgrano (vedi indice locorum) ragionando a p. 24 e 220 del Registro. Ed invito pure a studiare le origini di quelli antichi edificii che formano in oggi la fabbrica Dasso e che dovevano essere 1’ antica Curte , che diè il nome a Isocorte. Quella Curte poteva essere benissimo un’ antica badia. Veniva poco dopo il convento di S. Francesco della Chiappetta, che per il deviamento dell’ alveo della Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 337 ~ Polcevera fatto nel 1853 resta in oggi sulla sinistra sponda, mentre era in antico sulla destra. Veniva poi sotto Fegino la Commenda dei Cavalieri Gerosolimitani. Al Boschetto, dove si biforcava la via, dove si incon travano i pellegrini che andavano a Genova con quelli che andavano in Lomdardia e quelli che andavano in Francia, era la famosa badia dei Benedettini. Varcato il ponte altro convento rinomato per 1’ importanza storica - ed artistica, la Certosa di Rivarolo. Al Colle di S. B e nigno si presentava al viandante un ultimo rifugio nella celebre Abbazia di S. Benigno che occupa il luogo delle caserme militari. La badia dominava la via Postumia, che allora passava più in alto, e precisamente dove in oggi è la via S. Benigno. Da questi fatti emerge chiaro abbastanza l’ intimo legame che esisteva fra la strada e O i conventi; colla via Postumia si spiegano i conventi da me descritti, e viceversa si ricompone il tracciato della via Postumia seguendo il loro allineamento. A suo tempo confronterò il sistema stradale ligure primitivo col romano, col medioevale e col moderno. Per ora mi contento di accennare i mutamenti subiti dalla nostra via maestra, quella fra Genova e la Lom bardia. 11 va primitivo più semplice, più breve, era pro babilmente quello che per Oè scendeva in valle Scrivia. Ma, venuti i Romani, diedero la preferenza al valico della Bocchetta, e la Postumia divenne la gran via. Ma nel medio evo era la gran via di nome, perchè nel fatto divenne ben presto impraticabile. Lo si arguisce senza bisogno di documenti da quelle costiere sempre in frana per cui passava da Ronco a Pietrabissara. Si dice anche sia stata rotta dai Genovesi nel VII secolo per arrestare A t t i S oc. Lig. di S t o r ia P a t r ia . V o i. XXX. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 338 — l’ invasione longobardica. Il fatto è che al di là del Giovo la via Postumia fu abbandonata, e le carovane del medio evo s ’ incamminavano dalla Lom bardia per G avi e Voltaggio, da V oltaggio venivano a F ia cco n e, Borgo Fornari e Busalla per scendere per Sera e S. Cipriano, oppure salivano alla Bocchetta per scendere a Langasco e Pontedecimo. Durarono così le cose fino al X V I secolo cioè fino alla costruzione della strada nuova della Boc ■ chetta ; allora si stabilì definitivamente la linea Genova, Pontedecimo, Campomorone, Langasco, Voltaggio, G a v i, la quale però da Pontedecimo a Genova continuava ad essere la Postumia romana. Nel secolo scorso la famiglia Cam biaso volle rendersi benemerita della sinistra sponda e costrusse la via da Sam pierdarena a Pontedecim o, la quale fece sì che il tracciato della Postumia da Ponte decimo al Boschetto cadesse in abbandono. L a via nazio nale costrutta nel 1 8 2 1 riprese la vecchia Postumia da Busalla a Serravalle, ma restò definitivamente abbando nata la Postumia vecchia da Busalla a Genova. * 9- — D evo ora dar ragione di quel frastagliamento di confini che si vede nella mia carta fra Genoati e Vituri. 6.° criterio. Qui mi gioverò di un altro criterio che mi fu suggerito da quel profondo investigatore di cose Ligu ri che è il Cav. Cervetto. E gli fu sempre caldo so stenitore dell’ opinione che ai Vituri appartenesse il terri torio di Voltri e mi accennò sovente alle ragioni storiche desunte dalle antiche circoscrizioni. Voltri, Pegli, Sestri, Borzoli fecero sempre gruppo a sè ; la giurisdizione del- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 339 — 1'Abboìi, come del Capitanato finiva al Traste (Apaa-xe?, luogo infranto, dirupo). Si intuisce da questo e da tutte le tradizioni storiche di Voltri-Sestri-Borzoli che là vi era anticamente un popolo che si orientava su Voltri. j.° criterio. — 11 fatto ora accennato trova la sua conferma in un documento storico che è sempre di altis sima importanza per quanto appaia alterato e scorretto in qualche parte. Intendo parlare della tavola Peutingeriana, di cui fu fatta nel 1 888 una splendida illustra zione dal Konrad Miller. Questa segna appunto un H asta là dove noi poniamo XAstu dei Vituri Marittimi. E ciò parmi che dovrebbe bastare per dire che là vi era un popolo, una tribù, le cui attinenze dovevano essere colle tribù che stavano alle spalle. 8.° Le Pievi. — Le Pievi sono come le diocesi, un altro prezioso criterio relativamente alle nostre ricerche, perchè il Cristianesimo si innestò sulle antiche circoscri zioni dei popoli. Si direbbe, ripetendo il concetto filoso fico di Dante, che i popoli si ordinavano a gruppi sulla terra per ricevere il germe della nuova vita. 11 fatto che le prime pievi corrispondevano alle divi sioni dei popoli liguri ci è confermato da questi impor tanti riflessi. Mentre le pievi erano molto scarse e distanti l’ una dall’ altra in principio, tanto che Voltaggio, Capanne di Marcarolo, Larvego, Langasco, Mignanego formarono in un dato tempo, una sola pieve a S. Stefano di Larvego, si trova questo strano fenomeno che a poca distanza da Larvego esisteva un'altra pieve, quella di Seanesi che esercitava giurisdizione sul territorio che s adagia a pie del monte della Guardia. Se le pievi fossero state im piantate col criterio di una regolare distribuzione del Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 340 — servizio religioso in ragione delle distanze, non vi sa rebbero state certamente due pievi così vicine. Ma se pensiam o che in quel punto si trovavano due nazionalità diverse, Genoati e V itu ri, che se gli uni avevano una pieve anche gli altri 1’ avran voluta, perchè si credeva di pregiudicare la propria sovranità e la propria indipendenza sottoponendosi alla giurisdizione ecclesiastica di un altro p o p olo, facilmente si spiega la coesistenza di due pievi in quel punto, la pieve Vituria a Larvego, la pieve G enovese a Seanesi. L a mia carta adunque giustifica il fatto delle due p ievi, e questo dà storica mente ragione della mia c a rta , che pone Genoati ac canto a Viturii sulla destra sponda della Polcevera. Noi non siamo più abituati a ved ere, come esisteva in a n tic o , un’ intima connessione fra giurisdizione civile e giurisdizione ecclesiastica, ma non è men vero che tutta la storia di Genova sia piena di questioni insorte per cagione delle giurisdizioni ecclesiastiche. Mi basti ricor dare che per la consacrazione del Vescovo di Corsica è nata la fiera contesa che portò alla rovina di Pisa, che per le pievi di vai Lem e e valle Scrivia durò per più secoli il contrasto fra le Curie di Genova e Tortona, mentre nell’ ordine politico si disputava e si guerreggiava per il possesso di G avi da una parte e di Arquata dall’ altra. Riportando questo criterio ai tempi primitivi del Cri stianesim o io comincio a fare un gruppo di Sestri, Borzoli e F eg in o perchè così m ’ insegna la circoscrizione dell an tichissim a pieve di Borzoli. L a pieve arrivava fino al Traste, come fino al Traste arrivava VAbbott di Voltri e poi il Capitanato. Dunque al Traste è a ritenere che fosse 1’ antico confine fra Genoati e Viturii. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 34 ^ — Metto invece in territorio genoate Cornigliano perchè storicamente risulta che fu sempre unito alla giurisdizione ora di Sampierdarena ora di Rivarolo. * io. — Riferendomi alle antiche giurisdizioni delle pievi, io dunque ricomporrei cosi i due popoli: Vituri col loro centro all 'A stu fra Voltri e Pra con I quattro tribù: i. Viturii di Votri col loro centro zM'Astu, Hasta, con due portixeù (i) uno a Votri l’ altro a P eg i — Pieve a Prà (2). {1) A Pegli si conserva ancora lo storico nome di portixeù che si dava ai pic coli porti dei liguri antichi, consistenti in una piccola insenatura alla foce dei torrenti. 1 genovesi, come più volte dicemmo, avevano il loro portixeù a lla foce di Rivotorbido. (2) Il moderno paese di Prà segna approssimativamente il luogo d ell’ antico astu, l'Hasta della tavola Peutingeriana. Me ne convince la storia di questa P ieve che vantò sempre, ed in più contingenze dimostrò la sua antichità sul V oltri odierno, come si legge nel Remondini. La Pieve si chiamò nei primi tempi Plebs de Vulturo, in seguito Palniaro, ed oggidì Prà. Questi tre nomi appartengono tutti, a mio avviso all’ epoca primitiva, e servono molto bene a chiarire l ’ esistenza dell’ antica città. Vétri, póxpoj, che significa uva, vigneti, era il nom e generico della regione; Parmea 0 Parma, come dice il Giustiniani, era il luogo ove si faceva mercato di formaggi, capretti e porcellini ed ha lo stesso significato (cp?jp[].a) ; Prà era il solito prato ove il di Parm a popolo si radunava. Si riuniscono in queste tre parole tutti i caratteri di un astu ligure antico. Probabilm ente le contese fra Voltri e P rà , quando si disputavano la precedenza c l ’ an tich ità, dipendeva da ciò: Prà aveva per sè la ragione storica, perchè il suo abi tato era sul posto dell’ antica Hasta, Vótri aveva conservato il nome antico che apparteneva un tempo a tutta la regione. Plebs de Vulturo, avran detto i V oltresi, vuol dire Pieve di Voltri, la qual cosa era vera e non vera a seconda del modo con cui il Voltri si intendeva. Quei di Prà avranno risposto, 0 potevano rispon dere con ragione, che l’ espressione Plebs de Vulturo non si riferiva a V o ltri paese, ma a tutta la regione che un tempo si chiamava de Vótri, dell’uva. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 342 — 2. Vituri Sestrin con sede a Sestri e S. Giambat tista col loro portixeu nel luogo che si chiama in oggi Virgo Potens (i). — Pieve a Borzoi (2). 3. Vituri M entoviti (Mentovini) con centro a Larvego. — Pieve a S. Stefano di Larvego. 4. Vituri Langen (Langenses) con centro a Lan gasco. — Pieve a Larvego e Sera. I Z e n o ix i col loro centro a Zenoa e con 12 tribù: 1. Quei d'A -r-b à , che nei tempi cristiani formarono la Pieve di S. Martino o plebs de h irch is , traduzione grossolana della parola erch i , con cui si accennava ai molti archi dell’ epoca romana sul greto del Bisagno (3). ( 1) I vecchi di Sestri e di S. Giovannibattista ricordano ancora di aver visto sotto V irgo Potens g li anelli in ferro ove legavano gli antichi Sestrin le loro navi. (2) Pop-^wrj. Il £0)1] ha lo stesso significato di vi, nucleo di viventi, gente. Borzoi è la gente a tram ontana (pop). (3) Il G iustiniani ci fa conoscere che ai suoi tempi il ponte di S. Agata aveva 28 archi, che si trovano ancora da chi li cerca attraverso gli orti verso S. Frut tuoso. N el 1898 scavandosi un fognone in via Paolo Giacom etti in vicinanza di piazza Giusti io vidi un’ altra linea di archi, completamente sepolti, in direzione del Mondo nuovo e constatai che erano in relazione con quelli che si trovano negli orti di piazza T om aseo. Q uesto rilievo ha molta importanza, perchè giova a chia rire la configurazione che a ve va il Bisagno a ll’ epoca romana. L ’ avviarsi di tutte le strade, anche di quelle di S. Francesco d’ Albaro al ponte di S. A gà, significa che il letto del Bisagno era allora molto largo, e si estendeva probabilmente da piazza Tom aseo al M anicom io. L a foce del fiume era probabilmente molto più indietro e corrispondeva al borgo P ila (Vedi p. 75), come avveniva in Polcevera, ove il m are si spingeva fin sotto Coronata occupando in parte i piani di Campi. F ra la P ila e il ponte di S. A g à erano gli o rti, nioa., onde il fiume ha tolto il nom e. Questi orti erano probabilmente piccole oasi nel greto, riparate alla me g lio da m uri a secco (maxée), come si usa in Liguria. Poi lentamente questi orti si alzarono, per effetto del deposito lasciato dal fiume, le piccole oasi si uni rono e diedero luogo a un’ ampia distesa di qua e di là del fiume, la quale acquistò carattere di suolo stabile in grazia degli argini costrutti dai Genovesi. Allora sol tanto fu possibile il ponte P ila, che congiunse direttamente S. Francesco d’Albaro e il borgo P ila alla c ittà , m entre nell’ epoca antica questa comunicazione non Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 343 — 2. I N ervin cioè abitanti di Nervi (vsupr,, per meta tesi nervi ; ritengo che questo termine si usasse in antico per indicare le nervature della montagna) pieve a Nervi. 3. Quei di Sori (awpot, cumuli, monticelli) ; pieve - a Sori. 4. Quei di Camogli. Lo studio della montagna mi suggerisce che i Camuin fossero gli abitanti del monte fatto a forma di cammello, y.a|i.rjXoj ; la terminazione di Camuin rivela la terminazione comunissima di oin (ovino), ed io credo conforme al dialetto il ricomporre il nome in Ca- meluìn e per contrazione Camum ; in latino Camulio e per corruzione dell’ ulto in ugi, Camugi. Ebbero antichis sima pieve a Camogli. Adunque quattro sarebbero state le tribù sul mare a levante, una era a ponente, cioè : 5. La pieve degli Enm ( 1 ) , oggi Sampierdarena. A monte erano probabilmente sette tribù. 6. Quei della Doria che ebbero poi la loro pieve a S. Siro. Probabilmente il Bisagno non aveva altro nome in principio che Oria 0 D ona (vedi p. 65) ; poi dagli orti (rasa) tu detto Pisagno, alterato in Bisam nis. D al forare i piani pare sia stato detto anche F u e-zan , onde l’ altro nome di Fentor. Nel medio evo la pieve si chia mava di Murazana, perchè a Molassana era un castello poteva essere altro che un va che passava a guado il Bisagno, ed aveva gli orti da una parte e il mare dall’ altra. Gli orti si alzarono di circa tre metri dall’ epoca romana al giorno d’ oggi ; ed è questa la ragione per cui il mare dovette ritirarsi e i ponti romani rimasero in gran parte sepolti, cosa che si verifica in m olte altre parti della nostra Liguria. Cosi a Bobbio il ponte romano è sotto il fiume, in Albenga vediamo ancora gli archi romani sul Centa, ma le pile sono affondate. (1) Vedi pag. 149. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 344 — del V escovo ed una curia, ma la chiesa pievana era sem pre a S. Siro di Struppa. Vedi Registrim i curiae. 7. I b a v a i ( 1 ) , con pieve a Bavari. 8. I B a rg a -i ( 2 ) , con pieve a Bargagli. 9. G li Ode — Odiates — con pieve a Oè, S. Olcese. 10 . Quei di Castro/in, pieve a S. Cipriano. 1 1 - Quei di Seanesi, pieve a Ceranesi. 12 . Quei di R uveieu, pieve a Rivarolo. Noto che i nomi delle quattro tribù viturie come quelli delle dodici tribù genovesi rispondono tutti a radici li guri prim itive, circostanza che ha molto valore per la classificazione da me proposta. * 11 • Si dirà che io assegno al popolo genovese dei confini arbitrarii ; si domanderà quali prove ho di questa configurazione da me ideata. Rispondo : quanto alla ripartizione delle tribù ho il criterio delle pievi ; quanto ai confini estremi del popolo genoate ho diversi altri fatti che giustificano le mie in duzioni. L a parola fin, per dire confine, era d’ uso generale in Italia ai tempi romani. Gli itinerarii romani scrivono ad ( 1 ) B a - v a i, chi va per il ba, pedone vedi p. 163. In vai di Trebbia troviamo altri B a-va-i che hanno il loro aslu a B a v ’-aslu ossia Bavastru, che figlierà col tem po Bavastrello. (2) R iten go che Bargagli si debba riportare a Berga, terra verde (p. 267, nota) B erga-i son quei di Berga. Me ne convince il cognome di Bergagli, che è mani festam ente la traduzione di B erga-i. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 345 — ogni poco fra i nomi locali ad fin e s, ciò che significa che i luoghi che dividevano una regione dall’ altra por tavano il nome di fin , ao firn. Cito un esempio che mi fornisce la Liguria. Quando Liutprando fece il viaggio da Genova a Pavia recando in solenne processione le ceneri di S. Agostino, pernottò a Savignone, il qual luogo, dicono gli Acta Sanct., è ad fines agri Dertonensis. Cito un altro esempio di questa denominazione antica, il Finale , luogo di confine fra gli Ingauni e i Sabazii. Ciò premesso non si vorrà negare che abbia un’ im portanza il fatto che vengo ad accennare. I genovesi, secondo la mia carta, si estendevano da Portofin a Castrofin. Decompongo queste due parole e trovo porto-fin e castro- fin . Il Castro-fin parla eloquentemente da sè ed è -testi monio ineccepibile in favore della mia tesi. Quanto al Porto-fin mi attendo un’ obbiezione dai fautori delle origini romane: si dirà che Porto-fin è corruzione di Portus delphini ; ed infatti tutti gli eruditi 1’ han detto fino al giorno d’ oggi. Ma ormai io mi sento troppo forte dell’ esperienza fatta sulla onomatopeia dei Romani, e conosco troppo il modo con cui trattavano i nostri nomi per non dubitare che il delfin non sia una delle solite fantastiche traduzioni. Essi prendevano il suono apparente di una parola, e vi applicavano un vocabolo latino che ad orec chio le corrispondesse; così di Lemuin fanno Lemurini, di zuvu Ioventio, di Reco Ricina, di Vado Vada, di P i- sagno Bisamnis e via di seguito. Ho quindi ragione di credere che i Romani sentendo chiamare l’ estrema punta di quel bel promontorio che si stacca da Camogli A o-Jin ovvero da-o-fin, abbiano allegramente scritto delphinus. Ma il dialetto non volle saperne; con tenacia ammirabile Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 346 — continuò a dire Porto— fin , il piccolo porto che stava ao fin , e monte di P o rto -fin il monte soprastante. V i è poi un altro argom ento, che ho g ià accennato di passaggio, il quale ha pure la sua importanza in questa faccenda dei confini dell’ agro genoate. Riflettendo all’ ipotesi del Desimoni che pone S. M i chele di Castrofino nel territorio dei Viturii, sentivo sem pre una difficoltà ad ammettere che fosse di nazionalità vituria Caffaro di Caschifellone (località presso S. Michele di Castrofino, vedi p. 7 0 ) che rappresenta una delle storiche famiglie che posero le basi del nostro comune. A dottando invece i confini da me segnati, Caffaro di Caschifellone è un germ oglio dell’ antichissima razza g e noate , come tutti gli altri Visconti che escono da Manesseno, da Carmandino, dalle Isole (Iso). Notiamolo bene, nessuna di queste primitive famiglie che fondano il co mune, viene da Langasco, nè da Sera, nè da Vuiè, tanto meno da Sestri o da Voltri. Anche questo parmi un argom ento validissimo, perchè non sarebbe naturale che al loro primo costituirsi i Genovesi non conservassero una certa distinzione, una certa prerogativa sui popoli deditizii, come probabilmente erano i V itu rii, se pure ancora lo erano all’ epoca di cui ragioniamo, cioè intorno al 10 0 0 . V olli tentare tutti i mezzi per vedere se mi riusciva di convalidare con altri documenti storici questa circo stanza dei confini, che dovrebbe essere il punto di partenza della storia genovese, quando fosse definitivamente accer tata. E le mie ulteriori ricerche non furono senza frutto, perchè nel Registrum Curiae illustrato dal Belgrano, trovo (P- 4 5 ) che il Vescovo di Genova aveva nel medio evo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 347 “ molte proprietà in Polcevera che formavano la Curia di Medolico (Moergu), e che possedeva in quel di S. Cipriano un castello g ii spettante a ll’arciprete d i S. C ip ria n o , e nello stesso luogo un manso de configno, che vuol dir su l confine. Adunque nel 1143 esisteva ancora a S. Cipriano la memoria di un castelo passato al Vescovo, dopo essere stato dell’ arciprete. Eravamo allora nel cuore del feuda lismo e se il castello fosse stato d’ origine feu d ale, non sarebbe stato d’ antico in mano dell’ arciprete. È vero simile quindi che si trattasse dell’ antico castello ligure, - spettante alla tribù che stava ao fin , di quel castello che nei tempi romani avrebbe dato il nome di Castrum -finis alla regione (1). Quando la pieve nelle costumanze del popolo, sostituì il primitivo castelo come luogo di con— centramento popolare, Castrofin divenne S. Cipriano. Quel manso de configno è un’ altra splendida conferma della nostra tesi, che cioè a metà della Polcevera su quel di S. Cipriano, era il confine dell’ agro Genoate. Quanto al Porto-fin è utile raccogliere anche questa circostanza, che il Registro scrive portus dalfini, che tra disce molto chiaramente il dialettale d’au fin . (1) Nell’ anno 1143 quel castello non era a mio avviso che un ru d ere, una memoria. Il Belgrano a p. 519 del suo commento al Registro, ritiene che il C a stello di cui si parla nel libro della Curia fosse stato costrutto dall’ A rcivescovo ed esistesse realmente nel 1143 e ne indica ipoteticamenie il luogo. E g li non aveva il pensiero sugli antichi castelli liguri, ma io osservo che il Registro a p. 47 parla di un castello qui futi de Archipresbitero, e ne parla fra le terre date in enfiteusi, ed a p. 118 dice chiaramente che il luogo detto Castello era quaedam terra quae est in valle porcifera loco ubi dicitur Medolkus et vocatur castellum. Un castello che nell’ epoca del feudalismo non era più che una terra J ’ affitto, era evidentemente un residuo di castello d’ altri tempi. Quanto al luogo ove il castello era situato poteva essere benissimo il poggio fra S. Cipriano e M orgo. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 348 — * I2 - — Come e perckè scomparve il popolo V iturio? Non e difficile imm aginarlo collegando fatti storici ben noti. Colle devastazioni di Rotari, dei Saraceni e dei N or manni certamente cadde 1’ H asta, il centro dei V itu rii, allo stesso modo che fu distrutta Genova da Rotari e ridotta alle condizioni di un vicus. Così cadde proba bilmente l ’ antica R ap allo , centro dei Tigulli, così l ’ an tica Saona, A lbenga, Vintimiglia. L e popolazioni tribolate si dispersero su pei m onti, ma ben presto Genova iniziò il suo grande rinascim ento, e molte di quelle famiglie che, per così dire, non avevano più patria, si raccolsero, come narra la tradizione riferita dall’Accinelli, intorno al grande albero g en o a te, che gettava rigoglioso le sue nuove fronde. I Genovesi non domandarono a quale an tica nazionalità appartenessero. Genova imitò in quel tempo 1’ esempio di Roma, e diede la cittadinanza a tutti coloro che si presentavano come amici e che eran pronti a giurare per essa. Come Roma ascriveva i Genovesi alla tribù Galeria, così Genova ascriveva i Viturii nelle sue compagne. E così Genoati e Viturii divennero a poco a poco un popolo solo. Dico a poco a poco, perchè penso che 1’ antichissimo Genoate avrà conservato per qualche tempo una certa superiorità sui popoli divenuti cives genuates per dedizione, come in Roma si fece per molto tempo distinzione tra 1’ ius civitatis dei Quiriti e 1’ ius civitatis degli Italici. E difatti i primi Visconti che Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 349 — governano il comune nel primo secolo appartengono tutti, come vedemmo, all’ antichissimo agro genoate. Ciò che avvenne del popolo Viturio, avvenne proba bilmente di molti altri popoli liguri. Anche il Libarnese scompare e il Tortonese, forse evocando la comune ori gine primitiva, incorpora l’ agro libarnese nel suo comi tato e nella sua diocesi, mentre le famiglie cercano di preferenza asilo in Genova. Così scompare il popolo Velleiate, e il suo agro s’ incorpora in parte nel T orto nese, in parte nel Piacentino (i). Un giorno parlando di Libarna e dell’ assetto che prese vai di Scrivia dopo la sua caduta, dovrò ritornare sull’ argomento per meglio studiare come si divisero quelle spoglie. Per ora mi contento di accennare alla tradizione ri ferita dal Muratori ( Annali toni. X . e dall’ Accinelli p. 9 ) che Genova molto s accrebbe, specialmente dopo la venuta dei Longobardi, per il fatto che molte famiglie d’ Italia vi cercarono scampo. Erano i V itu rii da una parte, i T igulli dall’ altra, i Libarnesi da tramontana. E più da lontano ancora vennero i fuggiaschi nell’ epoche turbolente delle invasioni. La storia ci ricorda che i Milanesi per sottrarsi alle sevizie dei Longobardi em i grarono in Genova nel VII secolo dell’ E ra volgare e presero stanza a piè del Colle negli orti di S. Andrea, ove per molti anni soggiornarono i Vescovi di Milano e fondarono la primitiva Chiesa di S. Ambrogio. Milanesi, Tortonesi, Acquesi, Libarnesi, Velleiati, Viturii e Tigulli formarono il gran contingente degli avventizii che costi tuirono insieme ai Genoati quel nucleo di resistenza (i) Vedi nota a p. 350. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 3 SO — contro la b a rb a rie , che è uno dei fenomeni più rari e più belli in mezzo alle oscure vicende del medioevo ( i ) . A Genova esiste un vico L ib arn a sul fianco destro della Chiesa della Maddalena. Quel nome fu dato con delibera zione della Giunta Comunale nel 1 865 circa, com e attinsi dalla gentilezza del Cav. Buscazzi direttore dell A rch ivio Municipale di G en o va, ma il nome è felicem ente appli cato perchè segue appunto il tracciato dell antica romana che veniva da Libarna. D al via promontorio di S. Benigno questa strada veniva a Fassolo ( presso 1 antica Chiesa di S. Teodoro), passava a Prè (p resso la com menda e 1’ abbazia di S. Antonio), saliva per In-o-cam po, scendeva a F ossattello, costeggiava a destra 1 antica cattedrale di S. S iro , passava a destra della C hiesa della Maddalena e per la via D avid Chiossone entrava in citta alla porta di Serravalle che era in fondo alla salita S. Matteo. Per quella via passarono i profughi di M ilano , di Tortona e di Libarna (2). ( 1 ) I Lum ellin, che costituirono poi in G enova una grande fam ig lia , facevano parte di questi em igrati. Vennero da Lum ello, città di Lom bardia, ricordata n egli itinerari romani, che era al di là del Po, rimpetto a Tortona. (2) Libarna fu una splendida m eteora della L ig u ria , che brillò per 300 anni circa e cadde sotto i colpi dei legionarii nel IV secolo e dei barbari nel V . Ma i suoi ruderi a cui mi legano ricordi d’ infanzia esistono ancora ed io spero che riuscirò un giorno a farli rivivere almeno in parte. D agli scavi da me praticati si può ormai stabilire la pianta dell’ antica città. Abbiam o la decumana m aior, ab biamo delle decumane minores, abbiamo delle vie trasversali (cardi), conosciam o il teatro e l’ anfiteatro e il sito delle terme. G li scavi da me fatti nel 1899 hanno messo alla luce il foro di Libarna che si argom enta fosse circondato da tre parti da gran colonnati, rivestiti di finissimi m a rm i, di cui son pieni i ruderi. Libarna non è nominata da Strabone, ma comparisce in cinque docum enti ro mani e cioè in Plinio, n ell’ itinerario di Antonino P io , in T o lo m eo , n ella tavola V elleiate e nella tavola Peutingeriana. D alla tavola di V elleia si può argomentare che ai tempi di T ra jan o Libarn a * Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 351 - Sarebbe importante conoscere la Storia di questi primi emigrati italiani che nelle grandi catastrofi del V , VI, VII, VIII, IX e X, secolo si rifugiarono in G e n o v a , soccombenti al destino, allo stesso modo che dal 1 847 al 1861 altri emigrati vi si diedero convegno, ma più fortunati dei primi, perchè ad essi brillava in cuore il prossimo risorgimento della gran patria italiana. * 13. — Non ostante questi rivolgimenti i popoli liguri conservarono la loro personalità nel medio evo e fino alla rivoluzione francese. Intorno alla pieve si mantenne l’ unità della tribù : il campanile sostituì nella coscienza popolare il Castelo , quando questo cessò di essere 1’ asilo del popolo e d i venne strumento di tirannia. Le tribù crescendo di nu mero si divisero, e la parrocchia fu quella che diè forma organica ai nuovi gruppi. L ’ antico concetto di popolo permane in questi piccoli v i che germogliano come virgulti sulle grandi ceppaie antiche. Gli agri si suddi vidono, ma ogni popolazione ha sempre il suo agro privato e all’ intorno il suo agro pubblico, voglio dire le co- munaglie, e i prati regolati dalle costumanze antiche. era capoluogo di un agro che era chiuso da questi monti: Lécco, Capellino, Carm o, Creto, Candelozzo, Antola, Carmo, Chiappo, Boglielio. Comprendeva V al L em e, valle Scrivia, e vai Borbera, e la parte alta di vai Curone. Le cabanne di Casola ove è attualmente un rifugio del Club Alpino, erano un luogo di passaggio e di con fine fra l’ Agro Libarnese e l’ Agro Velleiate. Nel medio Evo quello fu il confine fra il Comitato Tortonese e il Velleiate, in tempi meno lontani era il confine fra il ducato di Parma e la repubblica Genovese 0 come si diceva, fra il G enovesato e il Piacentino Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 352 — Volete vederli ancora una volta questi popoli liguri che vantano 40 secoli? Illusi da una bandiera, che non era ancora la nostra, pei che nascondeva nelle sue pieghe le ambizioni napo leoniche, questi popoli insorsero un giorno gridando libertà. Piantarono sulle loro piazze 1’ astu tradizionale, e intorno ad esso cantarono l’ inno della redenzione, e vo tarono applausi a Faipoult e a Vandries, gli incaricati del Direttorio, che maturavano la repubblica ligure per farne subito provincia francese. Nell estate del 17 9 7 si muovono in persona dei loro deputati i popoli liguri per far adesione al governo prov visorio insediato in Genova nel palazzo ducale. L à, nella grande aula, da poco restaurata, sfilano per l’ ultima volta a far sacrifizio della loro individualità storica, nella lusinga di formare una nuova p atria, grande e libera. L usciere li annunzia ed io ne prendo nota nell’ ordine in cui si presentano dal Giugno al Settembre dell’ anno 1797 (0 - L usciere annunzia la deputazione del popolo di : Savona Parodi Lavagna Zoagli N ovi Sampierdarena Ovada Fiacone C h iavari Spezia Pegli Sarzana R ecco Sori Sestri P. Porto Maurizio Fin ale Albenga Pieve Multedo R apallo Sassello Nervi Stella Fontanabuona Varese Mele Cornigliano V o ltri Arcola Spezia Calissano V en tim iglia Celle Rossiglione Albissola P rà, S a p e llo , Pai- Cam ogli Cervo Busalla m aro Bogliasco Gari baldo Colla V oltaggio Fortofino Pietra S. Pietro di Vara ( 1 ) \ edi Atti dei Governo provvisorio, Genova 1 798. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 353 Ortonova S. G. B. di Sestri T riora Valle di Levanto Rigoroso Brugnato G odano Vernazza Vernazza Riva P. B ergeggi A pparizione Castagna Alassio Masone Albaro Albissola Marina Framura Velva O siglia Crevari Coronata Carega S . B iagio Cavi di Lavagna Gavenola Andora Capreno Varazze Diano Bonassola Badalucco Pieve di Sori Lerici Bussana Bracelli Taggia Deva Giustenice Noli Moneglia Anzo Riomaggiore C arp era Bargagli Roccatagliata Castelfranco A m eglia Castello S. Ilario Uscio Carcare Caro Zuccarello Vado T ribogna Monterosso Vezzano Foce M ontaldo Laigueglia Fegino Lagorara C ervara Carnoli Ruta Trebbiano Caprara Borghetto Mendatica Salto Bargone Ceriale Sarzanello Pogliasca Spotorno Quigliano Porto Venere Nel mese di agosto vengono le deputazioni dei paesi dei così detti feudi dei monti liguri : Borgo F o rn a ri, Ronco, Garbagna, Ottone, Arquata ecc. Per comprendere l’idea che guidava allora il movimento dei popoli liguri afferriamo qualche periodo dei tanti di scorsi ampollosi che si pronunziarono in quella circostanza: 11 cittadino Luigi Aluigini Arciprete d’ Ottone a nome di questa Municipalità apostrofa così: « La gioja più pura, un trasporto di giubilo innonda » i nostri cuori in questo brillante giorno, che forma » 1’ Epoca avventurosa della nostra rigenerazione. Questa » gioja e questo giubbilo diffondesi di cuore in cuore, » e penetra nei centri, e ne’ deserti delle nostre mon» tagne, e scuote, ed anima gli abitatori di quelle un » tempo infelici, e rustiche contrade. Quivi la feudal ti» rannia congiurata con la natura condannati ci avea A t t i S o c. L io . d i S t o m i P i t h u . V o i. X X X . 24 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 354 — » ad esser negletti, avviliti, annientati, prevalendosi del— » 1 orrida situazione il barbaro dispotismo. Quivi appena » sapevam o di esistere ; ma abbastanza per sentire la » schiavitù , che ci opprimeva. Quivi senza P a tr ia , il » sacro Patriotico fuoco era un sentimento ignoto a noi, » O ra acquistiamo la P a tr ia , e questa tenera Madre » stende le amorose braccia verso di noi per accoglierci » in questo giorno nel suo seno. V iva dunque la Patria, » viva la Repubblica Ligure, viva il Popolo Sovrano ! » D ebbo anche a nome di qu esti, a nome di tutti i » Popoli de nostri rispettivi Distretti rappresentarvi che » noi riguardiam o il bravo Cittadino Vendries, A gente » M ilitare della Repubblica F ra n c ese, come Autore e » Padre della nostra rigenerazione: la dolce, ed efficace » m aniera, con cui nell’ aspro giro de’ nostri Monti ha » felicemente compiuta la nostra organizzazione : i piani » eh egli ha formati per la compiuta nostra felicità: il » cuore sensibile , e democratico , che nello spargere i » semi della virtù, e della libertà ha sempre dimostrato, » gli ha guadagnato il cuore di tutti, e fa a tutti desi» derare che egli continui il benefico suo influsso sopra » di noi, e che egli compia i disegni di beneficenza per » la più felice nostra situazione. Secondate, Cittadini, i » nostri v o ti, e compite la felicità degli » auspicj di questo memorabil giorno. avventurosi Sia questo im- » presso nei nostri cu o ri, e i sacri diritti di lib ertà, e » di eguaglianza, che oggi acquistiamo, ci facciano con » Repubblicano entusiamo grid are; V iva la Repubblica » F ra n c ese : V iv a il Prode Bonaparte: V iva » Ministro F aipo ult: il bravo V iva il bravo Agente Vendries: » V iva il Popolo sovrano ! » Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 355 — I deputati di Borgo Fornari esclamano: « Sfavillò finalmente in mezzo a noi l’ aureo splendore della libertà generosamente inviataci in dono dall’ eroe immortale dell’ Armata Francese per 1’ organo del saggio suo, ed instancabile Commissario, il Cittadino Vendries. Al primo balenare di quell’ astro benefico spezzaronsi i ceppi, che aggravavano i piedi degli Abitanti de’ Feudi, caddero dalle loro braccia le pesanti catene, e in un istante dileguossi dai loro occhi 1’ orribile mostro della barbara Feudalità, Così si videro essi rientrati al possesso dei diritti dell’ uom o, così si sentirono cangiati in tutti altri da quelli, che erano: videro, sentirono, e appena credettero a se medesimi ». - » » » » » » » » » » » » II cittadino Ambrogio Aluigini Arciprete di G arbagna a nome di quella popolazione : « Evviva all’ inclita Repubblica Ligure, all’ invitta Re» pubblica Francese, al grand’ eroe del secolo Bonaparte, » al saggio Ministro Faipoult, all’ attivissimo, ed uma» nissimo Commissario Vendries, o Autori, o Coopera» tori della felice nostra rigenerazione. Evviva ». Il cittadino Giuseppe Maria Laviosa Arciprete di Borgo Fornari Deputato per il popolo di Ronco, rievoca l’ an tica fratellanza dei popoli liguri. « Cittadini, sono Ligure, sono Democratico d ’ origine: » Devo, e non posso negare alla verità, alla gratitudine, » alla giustizia il primo omaggio. » E il savio Vendries, che mi ha creato organo della » sua parola nella gloriosa impresa de’ Feudi : io non » vi ho concorso, che colla nuda materialità d ’ istrumento » insufficiente: la sua prudenza, la sua attività, il suo Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 356 - » valore, il suo attaccamento alla nostra Repubblica sono » le sole forze, che ricondotto hanno al vostro sen o , e » riunito al nostro Corpo sociale quella porzione della » L ig u r ia , che ha gemuto sinora sotto il duro ceppo » feudale. Questi Popoli pria che la mano ladra de’ » Tiranni invadesse i Cantoni da essi abitati, formavano » con noi un solo P opolo, una sola nazione, una sola » società: tutti i Liguri dalla Cauria all’ Oriente sino alle » A lpi per 1 occidente, e dal mezzo giorno dal mare » L igustico sino al fiume Po per il Settentrione sono » nostri fratelli per origine : la tirannìa degli ex-nobili » gli ha potuti dividere da n o i, e tenerli come schiavi » in catene; ma la generosità della Francese Repubblica, > di Buonaparte il valore, la giustezza di Faipoult, 1’ at» tivita di Vendries rendono in oggi alla nostra tenerezza » i nostri cari fratelli, a tutta la L igu ria 1’ in tegrità, » 1 unione, la forza antica, rendono a noi ed a tutta la » L ig u ria la Libertà, 1’ Eguaglianza, la Fraternità, il po» tere sovrano. » V iva la Repubblica Francese, viva Buonaparte, viva » Faipoult, viva V endries! » cittadino Giam battista Lombardi a nome del popolo di A rq u a ta: 11 « Gem eano da più secoli legati di doppie catene gli » abitanti d e’ Feudi; i perfidi Feudatarj si studiavano » ogni giorno di aggravarne il peso, oppressi noi miseri » dalle più impotenti ingiustizie, spogliati, e disprezzati » dall’ arbitrario, sempre ingiusto diritto Feud ale, privi » di qualunque esistenza Civile e Politica, eravamo de» gradati dei diritti inalienabili dell’ uomo, e condannati, » quai giumenti, a seguire il capriccio, l’ avarizia, e l’ in- Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 35 7 — » giustizia di un uomo snaturato che si faceva chiamare » Padrone. - » Per mera generosità della Repubblica Francese » rotti sono a quei Popoli i ferri, e sono liberi ; essi » con vero trasporto anelano a far parte della L ig u ria, » da cui erano stati staccati per prepotenza. » Cittadini Rappresentanti, d’ oggi in avvenire non » ci chiameremo più abitanti de’ Feudi, nome orribile » coniato nell’ officina dell’ inferno, ma Popoli della » Montagna. » Con sì bel nome in fronte v ’ invito, o Cittadini, a » mettere alle voci 1’ unione alla Repubblica L ig u r e , e » giuro in nome di tutti i nostri Commettenti odio eterno » ai Tiranni del primo e secondo ordine, al rivoltante » diritto feudale, che ci ha oppressi fin’ ora, all’ Oligar* chia e all’ Aristocrazia. » Giuriamo tutti d’ accordo eterna riconoscenza alla » Repubblica Francese, giuriamo di mantenere la Costi» tuzione, che sarà sanzionata dal Popolo Sovrano, giu» riamo 1’ osservanza delle Leggi, il rispetto alle Autorità » constituite, giuriamo la Democrazia o la morte ». E così l’ individualità dei popoli liguri ha dato 1’ ul tima scintilla. Si erano costituiti quaranta secoli prima in base al principio naturale di libertà, e in un delirio di libertà finisce la loro vita di popoli liguri. Non tardarono a maturare i nuovi destini. Svincolati dalle prepotenze di casta, e dalle misere gare di castelli e di campanili, i piccoli popoli si fusero in grandi unità, che sono le nazioni dell’ oggi, tendenti a lor volta a quella fratellanza più vasta, che forma l’ ideale del cristianesimo e della civiltà. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 y - 358 * l4Abbiam o collo studio della tavola di bronzo accennate le grandi linee della storia lig u re , o meglio di quella parte di storia ligure che riguarda Genoati e Viturii. In un secondo volume cercheremo di precisare con nuovi elementi i caratteri dell’ epoca primitiva. In un terzo volume descriveremo l ’ epoca romana. E cosi, se non ci verranno meno le forze, avremo completato quel quadro storico, nel quale dovrebbe cam p eggiare la g ran figura di Genova nei suoi due primi periodi Zenoa ligure e Genua romana. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 PROSPETTO DI RAD ICI DEL DIALETTO L IG U R E PR IM ITIV O A-ig - a A.ig - u.e (Vedi testo, p. 62). Aig-a A ig -ue . . per acqua, acque, in Provincia di Porto Maurizio e in F r a n c i a ...................... In greco aixog-alyeg. A i x ..................... in Francia Aic-uì . . . . in Acqui A eg- ua nel Genovesato . . . » }Aa-n-aegu. » (Paravanico) via tutta sull’ acqua. » (Mignanego) affatto sull’ acqua. Pà-va-n '-aegu Min -aegu . Mes-an -aegu (Mignanego) affatto sull’ acqua (torrente) W (Mezzanegol in mezzo alle acque. )> (Moranico) luogo di frutta sul torrente. Mor-an -aegu Vig-an -aegu )) (Viganego) v i , vicus sull’acqua. . )> (Zignago) Sponda dell’ acqua. Zin -aegu . in Lombardia . » barche (Pape?) sulle (i’) acque. Bel- in-s-flgo » Selva (?|X\>) nelle (in si) acque. Bi-n-a^o Ago . . . Bar-s-a^o . » V i, gente nelle acque. B u s-n -fljo. » Buco, apertura nelle acque. Can-bi-«£o (1 )) al (xav) v i sull’ acqua. Cam biago Can-n-rtffo. )) all’ (xàv) acqua. Camnago. Cap-n’-rtg'o )) Capanna (y.ànv)) nell’ acqua. Cor-n -ago . » terra (‘/top) nell’ acqua. Cave-n '-ago » caverne nell’ acqua. Comi-gn-flfo )) comarca nell’ acqua. C o i - à - ago. » terra (xwp) sulle (si) acque. (1) Cam-bi-ò, altro non è che un Cam -bio-n'-ago abbreviato. Infatti i rom ani avean tradotto Carni-lo-tu’-ago. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — C rescen z - a g o . in Cuzz - a g o 360 — bardia dove è m aggior l ’ acqua (xpsloowv). . cim a, cunno (xóaGog) dell’ acqua, Gor- ■1’ - a g o . . Leg- n -a g o . . L iss- a g o . . L o -n -a^ o . . M a -n -a ^ o . l ’ ago dei porci (yup). luogo ove finisce 1’ acqua (Xifr). » L om - n - a g o » (Irfcz) » che lava (Xou) n ell’ acqua. » » » » affatto nell’ acqua, M or- n - a g o . . O r-n -a g o . . O r-s -a g o . . Para- b i-a ^ o . P o li- u - a g o . acqua, rivo dei frutti, guarda nell’ acqua (op). prospetta sull’ acqua (op). presso il v i nell’ acqua, . Rezz - a g o . . Ron- ago . . T re - g n -a g o . m olto nell’ acqua, canale, uscita (pijgi d ell’ acqua, corso, canale dell’ acqua, sito nell’ ago (Bpvjvog). V ed e -1 '-ago . vede - 1 ’ acqua. V i è poi un’ infinità di ^ > di composti che sfuggono a un osservatore superficiale. p ,, . . ae* ° > c‘° è il va la strada nell’ aegu, nel torrente, dà luogo a questa r e d a z io n e , a ra -v a g n a vagna. P a r a - v a - n ’-aego com e P t a - v a - r i- a e g o diventa in alcuni luoghi Para - vagno e diventa P e -v e -a g n o e Peveragno. E così si spiegano tutti i Vagno, Vagna, D à-va g n a , L a -vagn a (si accenna a Lavagna antica sulla s.n,s„ d ell’ E n tella) ; son tetti „ s ul,' acqua . sul torrente, n ’a,s u a ra-m agn a e per contrazione C a-m agn a rientra in questa fam iglia etimologica. U SÌ° nÌfica a^ att0 Gla v ) in capo (y .a p a ), Cara-m agna affatto in capo all aegu, al torrente, cioè cara - m an-aevu. 2. A n (V ed i testo, p . i i f ) . An . . . . in su, in alto, m oto a. P a - v i- a » . . . . . àv-àvà. . tutto gente in collina. Paverano. C an - bi - an • a l (xav) v i in collina. Cambiano. C a v i- g n - a n ■ cavi n e ll'ara, nel monte. Carignano. S e m i-g n ’-an . posizione nel m onte. Zemignano. Vedi Se. D i- a n . ■ d’ in su, a monte. Diano. . . lontano in alto. Apoano. A p o -a n . B e r-g -a n . . pascolo in alto. Bergamo. Vedi E r. L an è il contrapposto di ia n piano, e funziona generalmente come suffisso per indicare monte, a monte. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 361 — 3Anzo (Vedi testo, p. 15 1) . . , A111-10 . . Anio . àv0og. . luogo dei fiori; di qui i nomi di tante città antiche, Anzio, Bis-anzio, ecc. Car - ania . r> O *51 * . cima f i o r i t a ................................................. %ap-&v0og. . luogo fio r ito ................................................. àvGuxog. Anse-aàco » Dur-anfe . ................................................. àvBoa-ctxóg . fiume (doria) dei fiori. . . . f i o r it o ........................................................... àv 0 i)Xog. A n i-ulla . . . fioritura della pelle in seguito a morsica Anto-la. tura 0 riscaldamento. 4- \ Ard (Vedi Usto, p. 139). A rd ...................... . irrigare............................................................ àpòéuco. A rd -a . . \ A r d -tnza. '> nomi di torrenti e canali. A r d -an -a ì Pie-arili . . . lavo lana, Pis- ardu . . . irrigo orti, (rcioa), cognome genovese. G i-ard-in . . . terra irrigata, giardino. Vedi gea, gi. Gher- a r d i. . . irrigatori di terra. Gher-ard-in . ( t c e w ), cognome genovese. » » » Gi-V -ard-in . » » G er-ard . . » d B -ardi . . . . irrigatori, cognome lombardo-piemontese. L m -go -b -a rd i . Longobardi, irrigatori di terre. Vedi ìan. B-arde-Ym . diminutivo di Bardi. B -ard i-ch in i Gai-b -ardi Gai-ardi . irrigatori di pascoli. Vedi chieri. . . . . irrigatori di tetra. Garibaldi. Vedi gea, gai. » Gagliardi. » Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 362 — 5A re n - rem ( Vedi testo, p. 15 3 ) . A t en -ren . . pecore àp>5v, £yjv. ........................ A - reti - qen ai piani delle pecore, A ren - b e rg . monte delle pecore, R en - nes pecore. 6. A se - a (V ed i testo, p. 69). A s c - a .........................il torrente. ia x , impetuoso irre frenabile. B o r -1 '-a sca . . torrente del vento (Pop). B o r-z o n -asca . Borzon al torrente. B o r-n -asco.. . nel torrente del vento. Bugi -asco . torrente a busi. . A - v o -1 '-asca . alla gente sul torrente. Vedi v i , vo. L a n - g -asco . L anga sul torrente. Vedi lan e ga. C a m - b i - . al (xav) v i sul torrente. C h e r-asco . . pascoli al torrente. V edi cher. C a r -asco . . in capo a l torrente. Vedi car. Pios-asco . . gente (Piog) al torrente. Vedi vi. T u n t - l’-asea . torrente del lim o (-cuvx). V e r i - g - 1’-asca. torrente della terra dei veri. N-a.sc/je. . . abitazioni nel torrente. T -a s e -fe llo n . nel torrente fellon, scosceso B a-g n -a s« > . . strada nel torrente. M a - g n -asco . affatto nel torrente. Pin-aflro . . torrente dei pini. R a v -asco . . torrente delle rape. R e s -asco . . torrente scosceso. Vedi rig, reg. V - asca . . . dove va A s c h - t ri . . quelli del torrente. 1’ asca. P ò s è - v i-a s c ili. quelli che abitano in Pòseivia sul torrente. B e r g - a m -ascili quelli che abitano sul torrente del Berg-an. Ulb - aschi . . quelli che abitano sul torrente Ulba. t Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 363 — G o r- 1’- asco . il torrente dei guri (porci). G ri-g n -asco . . nel torrente dei crin (porci). Mor-n'-asco . . nel torrente dei frutti. Vedi mor. R ove-l’-aicn . . il torrente delle roveri. . il torrente delle rose. R os-asco . . Sal-flwo . . . il torrente delle piante. Vedi Sai. Sori-ajco . . . il torrente dei cumuli (owpoc). Tarant - asca . . torrente turbolento. Ver-n -asca . . nel torrente dei veri (Vernazza) V e -n -asca. . . strada nel torrente. Vedi va. Zin - asco . . sponda del torrente. . 7B o - b e ri - b ò i (Vedi testo, p. i$6). Bo-bei.-bòi . Bo- sio . . Bo-sco . . . bue, b u o i................................................. . pascolo...........................• . . ........................................ • . . . bue doppio...........................- Ik -v iu . . . . v i, moltitudine di buoi. S o -b iu . . . Va-ca . . . . b o v in a ...................................................... Bo-tè . . . . pastore ...................................................... » » . . . » . . . Bo-tà . . . . a r m e n t o ................................................ Bo- zan. . . . guarda b u o i ........................................... B u - zugu . . . che tiene l’ a r a tr o ................................. Bu-zuru . . bue toro . . po5g, Po-ós . Bo-disson . Bo-k » . . po-xr)p. » . potKÙYVjg. ................................................. B u -zu, bu-zin . chi dà da mangiare ai buoi . . . . POO-0 O[VY)£. 8. Bor (Vedi testo, pag. 88). . vento, tramontana.......................................(3ap-éaf. B o r..................... Bor-Y- asca . . il torrente del vento. Bor-zon . . posizione al vento o a tramontana. . Por- zon -asca . Borzon sul torrente. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 3 64 — B o r - zoi . . . gente a tramontana (di Sestri). B o r-e a . . . . cognom e ligure. B o r n -r ì- a s c o . . j5op-£(Ò7]. . . in P ro v. di P avia. B u za (V ed i testo, p . 68). Bum • • • B u ^ - alla b u c o ........................................................................ potìó£. . luogo di buchi, tutto buchi, fossati . . puB-aXVjg. Bii^-aleu . errante nei b u c h i .......................................... puG-àXfJxyjc- •Bw^-arà far buchi, rovinare. . » B u i -an cà . Z?u£-aradda term ine genovese per dire : alla m alora. » B u i - arona » B u ^ - inco . Bodinco, antico nome del Po B u i ' n " ago apertura, uscita n ell’ acqua, B u ii- asco . o Bugiasco, torrente a buchi. » . . . . • Pu0-ivxo£. io . Calè (V ed i testo, p . 88 e 16 2 ). C a l è ........................ b e llo ...........................................................................xaXóg, xaX ii. M on -c a l è . P an -c a lè . . tutto bello. V edi p a n . Ma - c a l è . . . affatto bello. V ed i m a . Monte g a l è . . monte bello . monte bello. Monte gale -to . diminutivo. Can (V ed i testo, p. 14 0 ) Can . . . . . presso, v icin o , a Can - bi - an C aw -bi-ago . C a n - b i- ò . . C a n -n -a g o l ......................................... xccv-T tata. . al v i a m onte. Cambiano. . al v i sull’ acqua. Cambiago. » » . all’ acqua. Cam nago. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 365 Catt- naie . . . ai nuovi campi. Vedi neo. Can - néa . . . al nuovo campo. Vedi neo. Cflx-rega . . . al canale. Vedi rig, reg. CoH-regio. . . al canale. Canaregio a Venezia. Vedi rig, reg. Can- regi . . . al canale. Carregi in Toscana. Ca/(-eIu-na . » . alla selva (Vedi elu). 1.2. Cape (Vedi testo, p. 127). Cape . . . . . tetto ............................................................ XCtTtT). Cap-an. . . Cap - ellu . . . che copre a mò di cape. Cap - ellin . . . diminutivo di Capellu. Cap-t to . . abitazione, cape, capanna. . . cape in alto (av) capanna. * 3- Car (Vedi testo, p. 1 1 4 e 167 nota). Car . . . . - . capo........................................................... . xdp. Car-asco . . . in capo al torrente. C ar-anza . . . cima fiorita. Vedi An\o. Car-osu . . . in capo all’ olmo. Car -enzo . . . posto in c i m a ............................................ SV- 0 STO£. Car-éa . . . . sulla cima...................................................... xap eia. Cara - man. . Cara-magna . . affatto in cima . affatto in cima del torrente (cara-manaegu). Car-zan . . . in cima al p i a n o ....................................... x a p -£ à v . Car-si . . . . tonsura del capo, luogo raso . Cran- eia . . . cornioli. Granea............................................. x p a v -e ta . Craw-aieù . . . luogo sterile, tutto cervice. Granarolo . xpKV-aùs. Car-ico. . . ciò che si portava in capo. . . . . x a p -a i£ . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 366 14- C a s t o g ast (V ed i lesto, p. 116 ) . Cast Gast^. . . . significa propriamente sto m aco, per ana logia castello, luogo ove si depositano Casti, Castèlo. g li a v e r i ........................................................... y <X0'c1')P. nel Piem onte. Gastè, sellasti. . nel Tortonese. Cast-e\k . . . cocuzzolo fatto a c a s t e llo ..............................Ya a x *)P‘ ^“ a £ - G u f-liò n . . . castello al varco, alla preda vedi leia. Di qui g li infiniti Castiglione che si incontrano in tutta Italia. 15- Cliei 1*0 o C hiero (V ed i testo, p . 1 1 5 ) . Clieiro o Chiero. C her-asc o . . C h ier-i . . . . B - ardi-chieri . . p a sc o lo ....................................................................-xe£pu). . pascolo al torrente. pascoli. . irrigatori dei pascoli. 16. Co - Cào (V ed i testo, p. 8o). Co-C ào A o -coà . . . . . . . capo, promontorio, argine Cao- de -N o li . . Capo di Noli. . C o -d e -v iu . . C o-sta . . . C ó -so a . . . C ó -sc ia . . . . in capo agli esi (Quezzi). C o -esi . . . . . . • yàoz x o i s- . Arquata. ' . in capo al vi. . costa. . contrafforte, Cosola nell’ Appenino. » . Coscia a Sam pierdarena. » Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 367 — 17Elu - r e i vìi - òl b a - v e l v a - i l v a (Vedi testo, p. 92). Elu-hlva-èlba-velva-ilva S • i l v a ...................... in latino. S - e lv a ..................... in italiano. . . . paese in valle Stura. V - elva...................... nome di paesi in Liguria. S-/7 -van . E l b a ...................... isola. Can-elu-nn . . . alla (xav) selva (ijXu). Ilua- t i ..................... abitanti della selva, quei di Velleia . ’HXoaf»]£. E ll-e ia 0 Vell-eh . luogo di preda (v. leia) nella selva; città ligure an tica.................................’HXXe£a. £fo-etii . . . . abitatori della selva.................................'HXu - rfiso i B el-in-zon-a. v. . selva nel 1011. B el-in-s-ago. . . selva sulle acque (in si ago). Sass-elu . . . . paese in Liguria; Sassello Sass-eM n . . . . antichi popoli Liguri; Statielli (1). Gaao-7)X-ivog. . . . Qaaa-rjXu. (r) Notate queste preziose corrispondenze fra la linguistica e la storia. Sass-eì-in era il popolo che stava (Sctaow) nella selva (elu); era il popolo che i Rom ani chiamarono Slati-el-i, che occupava Val Bormida, capitale Acqui, nonché V a l del- 1 Eru, Val d'Ulba, e Valle Stura. In Val dell’ Erti trovate ancora il S ass-eìu , in Val d’ Ulba ritrovate l’ ul, selva, in cima a Valle Scura sentite i popoli confinanti dell altro versante di Voltri che dicono ancora Can-e/«-na, che significa presso la selva. In fondo a Valle Stura trovate S-; 7 -van. E la storia ci conferm a che in Valle Stura, Val Bormida e Val d’ Ulba esisteva ancora nel medio evo una gran selva, ove si deliziavano nella caccia i re Longobardi e poi i re Franchi e poi gli imperatori di Germania. È questa la selva, che fu per 200 anni teatro di guerra contro i Saraceni, e dove si svolsero tante avventure, che trasformate, idealizzate dai poeti, formarono per noi il ciclo della tavola rotonda. L a selva è scomparsa, ma restano sempre i ricordi di Carlo Magno, dell’ Imperatore Ottone e dei loro Alenami, Ademari e Vladimiri; restano le leggende d’ arm i, d’ am ori, d’ audaci imprese che suscitarono i canti del Tasso e dell’ Ariosto, e degli infelici imitatori che vennero dopo. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 368 — i8. > E n z a (V e d i testo, p. 67). En%a . . . . . fiume. V a - V-en^a . va, strada su ll’ enza (Valenza, Faenza). P e a -tn \a . . . presso l’ enza (Piaxenza, 0 Piacenza). V ic-e n \a . . . vico su ll’ enza. P ar - enxp . . . presso 1’ enza. Pot-«;;^a . . . presso 1 ’ enza. . . fiori (fiù) sull’ enza, Firenze. A rd - en^a . Fiu -en\a . enza che irriga. . 19. E r - A i r (V e d i testo, p. 267). E r , A ir . . . . ciò che si ' e le v a , che si erge . . . . aìp, capto .E r-b a . . . . er che v a ........................................... E r-b o . . . . er che grandeggia come bue ; albero . .EV-ica . . . . er s e r p e g g ia n t e ................................................ aìp-ixog. V -e r -d e . . . color de er, cioè color d’ erba . . . . V -e r-g a . . . terra verdeggiante. V edi gi, ga. V -e r-g -a to . . terra verdeggiante in alto. V - « r - g i- a te .’ )) V -e r -g a g n i . R i- v - e r -g a - r o . . aip-pa. . atp-poog. » . rivo della terra verdeggiante. b -« r -g a . . . . terra verdeggiante come V -e r -g a . b -e r-g a i . . . quei del berga. Bargagli. b -e r-g -a n . berga in alto (av). Bergam o. b-cr-g-an-asco. . b -e r -g -a n a valle nel torrente, Bergamasco. O -er-gì-n'-zsco b -e r-g . . atp-SyjG- . » . per » Organasco. b -er-g a , si usa in Germ ania per si gnificar m onte, luogo di pascolo. b -e r-g -è r. . . in Francia è il pastore. A ren - berg. . . in Germ ania monte delle pecore. W u n tm -b e r g . Barn - berg . . . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 3^9 b-^r-ardi . . b-w -aldi . . » » v-«--ardi . . » » — . irrigatori della terra verdeggiante. 20 Eru - veru - foeru ( Vedi testo, p. 154). Eru, Veru, Berti Ver . . . . . vero, porco selvatico, errante . . . . . latino. Ver-re . . . Ver-rina . . . genovese. Man-erw . . . affatto un veru, un porco. Man - eri. , . . tutto veri. Funi-en' . . . mucchio di veri (epufx). Veri-g - l’-asca 5 eri-giema » . il torrente dei veri. . . il giaciglio dei veri. Ber-sesi . . . la posizione (Géaig) dei veri (Bergeggi). Ber-seo . . . sito (Gétoj) dei veri (Berceto e Bersezio). Ber-zan . . . piano (£av) dei veri (Berzano e Persano) I -berti . . . l-beria . . . Ver-ato . . V eru -ì. . Ber-io . . pastore di veri. . gli Spagnuoli. . paese di veri; la Spagna. . luogo di veri. . » Ber-nin-zon . . nella posizione dei veri, vedi ion. B e r-in-geo . nella terra dei veri, vedi geo. . Ber-in-ge-rii . quelli della terra dei veri (Berlingeri). )) B<r-en-ga-rii 1) 2 1. Eto - edo - eo - esi (Vedi testo, p. 120). Elo - edo -eo- esi . Oliv-«(o Noc-efo . luogo dove una cosa » noci. Rover -eto . » roveri. Pobl-e/o » pioppi. » tigli. Atti abitazione . . sito degli ulivi. . Tigli -eto è, . S o c . L i g . ri S t o r ia P a t r i a . V oi. \X K . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 370 — C arpi- a-eto. . sito dei carpi. Sanguin-e/o » sanguin. S e r -eto . . » cerri. G or-eto . . » gorrin. F a v -e to . . » fave. M urt-«fo . » d ella murta. G alan-e/o . t F a r -eto . . » del latte (YaX ax). P a -eo . presso la casa ( 7tapa-ì) 0 og). . . B o z a rw o . . v illa del pastore (guardo Baoptai, buoi, go). A -eso . . alla villa. . S ea n -« t » » . abitati del Geùjv, vedi ipn. . M ontan - est. . abitati al monte. Moco - n - esi . abitati dei mochi. M on -est'. . . abitati isolati. C o - esi . . . in capo agli abitati (Quezzi). . luogo delle vaccine. F i -eso -e . abitati nei fiori (fiù ). V aca -e ia . B o va - e\a . . luogo dei buoi. P a -esi . . . paesi, cioè tutto esi. l-e s i . . . • gli esi, g li abitati, lesi. E n - eti . . . coloni, abitatori in . E n - etiae. . E 1w -e t ii. . le isole degli Eneti. Venezia . . abitatori della S e l v a .................................... ’HXu-ijSsot. A e d e -i . . . latino . . ev -v )0 éo t. non è che una form a derivata d ell’ edo m editerraneo. E d e-« . . P a ra -d i -50 . . deriva ugualm ente dall’ edo prim itivo. . altro non significa che iso d im o ra , mxpà. M a., presso Dio. 22. F 1e g o - F i g o (V ed i testo, p. 14 4 ). g o -F ig o . . . faggio ( f ò ) ...................................................... F e g - in . . . . luogo di f a g g i .............................. F ig o -gn a . . F igu -z.k t . . <m°e- cprjyivos. . monte circondato di f a g g i ........................ cpvjyòjv, ovog. Feighe-i e faghe- i. sito di faggi. . tagliata di faggi. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 F ig u -ii. . . . quei dei faggi. Figa- lo . . . Figa-ri . . 371 — » » 23. Galac (Vedi testo, p. 1 3 1 e 16 1). faXccg, YaXax-coc- G a la c ..................... l a c ..................... latino. laite..................... ligure. Galan-eo . . . luogo del latte. Ga-Un . . . . tranquillo come l a t t e ........................... Galin-èa . . . tranquillità del mare, che par latte, Ga YaXtvo£. yaX ivaìa. 24 Gra, - va , Ga-vi. Ca - va, Ca - vi (Vedi testo, p. 119 e 127 nota). Ga-va, G a-vi, Ca- va, C a -v i. Cav-txm . • C av-eti . . . via, va, nella terra, ga ya . . . Pa. . Y « S-ip Y (ia . yap-?i0oi . abitatori dei cavi nel ri, torrente. Cava-to-ri-n Cav-ottieGa-TOtti abitanti dei cavi. Cav-ote C/ai-ot. casupola a modo di caverna. Cava-tour Cav-our . . Cav-ouret. . intorno ai cavi. . . » . » . vivono nei cavi Cava-ztù . . Cave-rià . . . ria di cavi, Capriata. Cave-n’-ago . Cava-nea . . . Caverne nell’ acqua. fatta a cavo. Cava -gn- ari . quei delle cavanee. Gaw-gne . cavità nei monti. . Gaw’-gnan, Gav t-gnana - monte tutto gavigne. Caw'-gnan, Cavi-gnana - » » Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 372 25 G ea - Gri - ga - gai (V e d i testo, p. 59). Gea, G i, ga, gai . s u o l o ...................................................................Y“ ~Y^"Ya ^a ' gèa, gèira, ghiara. la parte piana del fiume. b e r - in - g w c u -g é -s e . . . veri nella géa. . . piem ontese, per mettersi a giacere. beri - gie - m a . ù! ' as . . . . g i - asso . . ove giaciono i veri. luogo ove giaciono le mandre. . . . giaciglio. S i dice : prender la lepre a giasso. V u -gh èi-a. . . . gente (vu) sulla gea. \i-o -g -v a . . . gente sulla strada (va) della gèa (1). ( 1 ) Il prof. Colom bo ha scritto un volume sulla origine etim ologica di Vigevano E g li esam ina tutte le strane form e inventate dagli scrittori nel medio evo , le confronta fra di loro, e cerca in quel caos quale fosse la forma primitiva di V i gevan o Il libro è splendido per erudizione, ma, quanto allo scopo finale, dubito che sia raggiunto. Io ritengo che la filologia dialettale non farà mai vere e proprie conquiste scientifiche finché si lim iterà a cercare nelle fantasie degli scrittori latini e m edioevali 1 origine dei nostri nomi. Solamente lo studio comparato delle forme dialettali prim itive può darci la chiave per intendere i nostri arcaismi. Ch i avrà acquistato un po’ di fam igliarità colle forme dialettali primitive non avrà alcuna difficoltà ad intendere il nome di V igevano. Il dialetto pronunzia V i-g e -v a , V i-g e -v e . Basta sentire questa pronunzia per capire che ci troviamo dinanzi a tre parole prim itive; v i vicu s, sul va strada, della gea fiume. L ’ osser vazione locale conferm a l ’ esistenza del fiume e del va. L a storia col riprodurre il vicus, ci fa capire che in quel luogo esisteva un antico vi. Ecco dunque la spiegazione. Com e V u-gheia era il Viu che stanziava sulla gbeia 0 gea della S ta ffo ra , cosi quel di V i- g e - v a era il vi che abitava sulla strada, sul va della gea del T icino. È cosi semplice e così vero ! Quando si co m inciò a tradurre in latino il nome ligure si tradusse come era giusto e naturale il v i in vicus, e per adattar al vicus il g e -v a 0 g e - ha (va e ha si corrispondono e si confondono nella pronuncia) si ricorse alla form a dell’ aggettivo inos e si fece gevu - inus e gebu - inus. Il prof. Colombo notò 1’ accento tonico su ll’ i , e questo accento basta per farci comprendere che inos è il solito suffisso proprio del1 aggettivo nelle lingue m editerranee, tanto nella greca, come nella latina e nel- 1 italiana. A ltri poi latinizzarono Vigeva in Vigevanum, altri lo vollero amplificare in Viglevanum. Ma tutte queste sono contrafazioni del nome originale, creato della lingua parlata in relazione alle caratteristiche locali. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 373 — "■(-arci-in . . . terra irrigata, giardino (vedi ard). fft'-a-semin . . che vuol terra in buona posizione, semiti. gi-glio . . . . g'i-ranio il fiore che vuol terra al sole, . . . » terra inaffiata. ghi- germo .. . . germe della terra. Gfl-resci-o. . . terra nelle fenditure, pàjjcj (torrente). Ga-rasci-n . . abitanti della terra nella fenditura (p^fts). Ga-va e G a - v i. buco, via nella terra. Pra-ga . . . Lan-ga . . Lan-ga-bardi Gai- b- ardi Gai -ardi terra a prato. Vedi Pra. . terra nascosta. Vedi lan. . Longobardi, irrigatori di terra. . . . . . irrigatori della terra, Garibaldi. » » Gagliardi. 26. Gua - Gu - Gufi - uà - guàla.- uàle - vale ■(Vedi testo, p. yo). Gùa-gà-gud-uà guàla-uàle ............................................... fua-YÙaXov. Costa - g ù a .....................costa nella valle. Costagiutta. L’- a r v e - £ « .....................arvo nella valle. Larvego. Còma-^zt.......................... comarca nella valle. Comago. G uà .................................... valle. Ovada. S e t - u a la .......................... sito nella valle. Sottovalle. Sera -u a le ..........................chiude la valle. Serra valle. G u a i - c o .......................... della valle. G h - a s c o ..........................nella valle sul torrente. G «-asqui..........................quei nella valle sul torrente. Gu -ascon.......................... ■ » G/i-asco-gna . . . . G a - a s c h in ..................... » » » » » 2 7. Laut-Lanz (Vedi testo, p. 62). Lanl-Lani terra nascosta. La«-ga Land . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 374 — L a n z - o , L a n \ - a. terra nascosta. L a n t-e ri . . L a t i-g -a s c o . L a ti-ga .- bardi Lantos- co . . abitanti della langa. . L anga sul torrente. . Longobardi, irrigatori di terra. . . nascosto. 28. L ò ia - L i à - Liòn (V ed i testo, p. 92). L éia-lià -liò n . . preda, luogo di p re d a ....................................Xsltx.. à Icia . . à lià . . • . . nome di passo, di varco in tutta Italia. a - g lià . . . in Piem onte, k-liam is. . ■ giocare a leia, ad acchiapparsi. castello ricordato nella tavola di bronzo ìeiòn, liòn . luogo di preda, nome di diversi torrenti in Liguria. C ast -lion . . castello al varco , alla preda; di qui i A - Itati . . ■ alla preda. A llia n a , A gliano, A gliè. V i - liuti. . . gente (vi) predante. Vigliano, Vigliani. m olti nomi di paese - Castiglione. S a - v i -lian. salva-gente (castello) dei predatori. Savigliano. A - v i -Ha» . al v i dei predatori. A vigliana. M a -lian affatto predatore. Magliano. . Ct-leila-x.es predatori dei piani (<;en) ; quei di Casteggio. 29. M a - Man - Men - IVIin (V e d i testo, p. 63). M a - man -m en - min . tutto, a f f a t t o ......................................... Md . . . . m are. Md . . . . m adre. M a -sào a . . tutto salva. M a -c a lè . . tutto bello. M a - g n - asco M a - rasci . |xav-|ir;v. . affatto sul torrente. . affatto a-rasci, al torrente. M a n -g a -sc ià . affatto della terra governatore. M a- n -a e g u . affatto nell’ acqua - nel Genovesato. .M a -n -a g o . in Lom bardia. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 375 — Ma -gn- aghi . . in Lombardia. M en-t- ovin . . affatto nelle pecore ; tribù ligure ricordata Me/i-du-ron . . affatto del fiume. Mandrogni, Mendrona Min-aegu . . affatto nell’ acqua - nel Genovesato. nella tavola di bronzo. o Modrone in Lombardia. Vedi ron. , 30. Mer (Vedi testo, p. 170). Mer . . p a r t e ..........................................................p ép °i, PeP Mèr- se. (ligure) merce. Mer - ces (latino) M er-sk. (ligure) mereiaio. » Mer- mà. » levare una parte. Mer -mellà » rubare una parte. Mer-eòa . » mercato. » piccolo mercato. M er-c uieù iWer-curius (latino) Mercurio. Mer-etrice (latino) meretrice, che fa parte di sè. Mer-itum . (latino) la parte che si è guadagnata. 3*. Moro (Vedi testo, p. 14']). M o r o .....................f r u t t o ........................................................... [iópov. Mor -um . . . Mor-eo . . in latino. . frutteto, fruttuoso. Sono alterazioni di Mor-eo i Moreu, Morero, Moreno, Morelo. Mor-e a. . Mor-eto . . . . . frutteto, fruttuoso. » Mor-eta . . . » Mor-eti . . . » Mor-go. . . Mor-gallo. . . Mor-n-ago . terra di frutti. l’ altro Morgo. . . sul rivo dei frutti. M or-n-asco . . sul torrente dei frutti. Mor-gana . . . fata che porta frutti. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 37 M o r -andò (àvOog) frutto fiore, M o r- asca torrente dei frutti, A fo -ròn fruttifero. 6 A / o r - in . tvog. acjjLog. M oro-sin 32. ]Veo ( Vedi testo, p . 15 9 ). Neo . . . . ■ filo . . nàe . . . neo . . . . ligure per nuoto, filo. néo, néio . . ligure per nuovo, filato da poco . . ligure per nave, che fila . néo . . . . ligure per indicare il figlio del figlio . vaug. vèog-vsiog vèog. . veorjXig. noe- 1 . . none . . . sposi r e c e n t i .............................. nèia . . . . in genovese per nevica. n issa. . . nissa 0 nitta . 1 anitra che vèei, che nuota........................ vrjaoa. . la poltiglia, 1 ’ acqua stagnante. neo . latino per filo. . . . neonato, rim ase in Francia in Noèl . . A - 0 - nèia veò£ug. . è la form a prim itiva di Oneglia, e significa alla nu ova, come Nòve (Novi) significa alle case nuove. 53Odo (V ed i testo, p. 10 2 ). O do. strad a ................................................................. ÓSÓg. P a r -o d i . . . presso la strada. P e k -o d o . . . per la strada. M o n t -a -ode . monte alla strada. Mont -ado . . P a - s a -odo . » „ . prospetta ( 0 x-o[iat) affatto la strada. Passadore, cognome ligure. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 377 34- Oia, (Vedi testo, p. 143). Oia O liv a ......................................................................................... orj-olx-oùx. Port-oj'a . , porta dell’ olivo, in Genova. Val-ow . . . valle dell’ olivo in Genova. Val -ois . . . valle dell’ olivo, in Francia. 35- Orni (Vedi testo, p. ìt f ) . O r n i ..................... uccelli. St- orni . . Pizz-orno . . storni. . pizzo dell’ uccello. Questa espressione ap plicata ai monti è assai diffusa in Africa e in Europa: i nordici scrivono Horn. Coc-orno . G at-orno . . uccello cucco . allegria d’ uccelli (faOéio). Spot-omo . . nido d’ uccelli (oira)). Liei -orno . uccello licio. . 36. Pa -Pan - Panta Pa-pan-panta . . tutto, affatto.................................................uàg-u àaa-n àv. P d ......................padre. P d n ..................... pane. Prt-vi-a . . Pa-vi-an . . . . tutta gente. Pavia. » Paverano in Genova. P i- v a -n ’-aego . tutto sull’ acqua. Paravanico. Pii - seise . . . tutto ben esposto. Vedi Se. P a-vei . . . . tutto abeti. Pa-matton. . Pan -ta-zina . . che cinge affatto (|iaooà>v). . tutto sulla zina. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 378 — 37- JPeou - ii P ecu - a . . la pecora in quanto produce la n a . Pecus . (in latino) il gregge. . Pecu- nia . (in latino) pecunia, ricchezza. P ecò-z . . (in Savoia) lana. . . Tiéxoj, lana. Polu -pice . che taglia m olta l a n a .................................... noXó-Ttecxoj. Péte- n à . . scardassare, pettinare la lana P éte -n e . . pettine. P ètu- ina . la terra ben la vo ra ta ; nome frequente in . . . . ^éx-céco L igu ria . 3 8 . JPen - P e n a - Penin (V ed i testo, p . 6 } e 1 8 1 ) . P e ti-p e n a -p e n in . A l -peti . . . A i- penin. . punta. . A lpi. . Appenin. D i qui tanti nom i di m onti, Penna, Pen-elo, Penin, Pen-tema, Pen-ice. 39- P ila (V e d i testo, p . 7$). F i l a ...............................foce del fiume P il -oto . . . . Pilo, p ilo ti. . far p i l o . . . . . . TtÓX»). . p i l o t o .............................. . porta, pilastro . . . 7tuX 0 -T£/g. TtÙXoj. fallire, prender la porta 40. P isi (V ed i testo, p. 140). P i s i ......................... Pisa . piselli, e per analogia o r t i ........................nioov-nlacc. . . . Pisa, che significa orti, P is a -g n o . . orti nel fiume (pisa-n-aego). Bisagno. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 379 — Pesa- gno corrisponde a Pisagno. » Besa- gno Besa-gnin » quelli del Bisagno, degli orti. 4 1. Polù, Pollò (Vedi testo, p. 63). Polù, Pollò . . . molto g r a n d e ...........................................rcoXó, uoXXój. Polu-pice . . .c h e taglia molta la n a ................................ TtoXó-jtéxoj. P o -polù . . . gran g r e g g e ................................................tòg-TtoXù. Poli-e nzo . . . molta corrente (en^a). Polla-n-esi . . molti abitati (esi). 42. Prà - Próxi - Prélu (Vedi testo p. 14 1). upaaia. Pra-prou-praelu(i). prato, praticello Prasia . . . è il termine primitivo di prato. Si trova in Provincia di Porto Maurizio. Prà e Bra. Frasi-Brasi Pra-ga . . . prato, luogo verdeggiante. » » Brasi, Brasile. . terra a prato. Praga. Pra-vexin . . vicino al prato. Pallavicino. Pre-q i-pian . prati sui (fi) piani. Precipiano. 43- liaib - Reb - Bre (Vedi testo, p. 167). Raib . . incurvo..........................................................£aipó(tì. Raibà . la curva, la cerchia del monte A -r-b à . . . paipóg patpij. Albaro. (1) Come gli orti presero il nome dal verdeggiare dei piselli (7uaa), così il prato per il colore verde intenso, somigliante a quello dei p o rri, si chiamò prasia, in greco Ttpaaux da npaot^w, che vuol dire, appunto verdeggiare come un porro rcpaoov. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 38° — A - r-b is s a ta rdiba . . . . . . la piccola curva. lo spazio n ella raibà, per analogia mercato. ra ib -e tta . . . d im inutivo di raiba. t a -raiba . . . n ella raiba, tradotto teralba a G enova. bréa-brero . . . lo stesso che raiba. reb - i g o . . . . uncino, gan cio . a-r«Z>-ecchio . . fatto a gancio. 44. Sao ( Vedi testo, p . 116 ) . S a o ............................... pare si applicasse ai castelli, ai porti, ai lu oghi che servivano per m ettersi in s a lv o ....................................................................aaóco. Saòn . . . . Savona. M a -5a o -a . . . che sa lv a affatto. S a o - g io . . . Sao rgio, che salva. .S a -v i-g lia n . . castello del v i predante. 5 a -v ig n o n . . . castello del v i grande (Savignone). 45S e -Z e ( Vedi testo, p . 10 6 ). S e - Z e ......................... radice che significa mettere, collocare . 0é-xì07}{j.c. Seto, setóu, séo . sito s i t u a t o ...................................................... 0éxog. 5 «/-uala . sito nella valle. Sottovalle. . . B er -s é o . . . . sito dei veri (Berceto, Bersezio). S é s e ......................... la buona posizione (S. Carlo di £ése). P i-sé se . . . . Sesin . . . . Sem a . Qima . . . . . . tutto in buona posizione. ben s i t u a t o ..................................................... Osoivos. .la posizione (Sem a-foro, 0 Sema ossia V ocem ola). S e m - in - a n . lo stesso che sèma, la posizione, la cima. . Zem ignano, posizione in alto (av). Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 38 i 46. Ser (Vedi testo, p. 77J. Ser-a . . . . . . che serra il piano. S er-zan Sera-vale . Sierr - a . . la catena montuosa che serra . . . . . osi pd, aeipAio. . che serra la valle. . . in Ispagna. 47 - Rig - Reg - Rag (Vedi lesto, p. 73). Si riferisce alle fenditure della montagna e del suolo formate dai torrenti, ossati, canali. R ig -reg -ra g. . rompo, infrango.................................... pyjY (pTjYvufxi) e pay (pccoato). R icò. . . . Rigoti . il torrente che scava la roccia. . . . . . scosceso, in fra n to ............................... Va-rigoti . . Rignan . . . . Varigoiti, va scosceso. scosceso, infranto, si dice dei monti. Va - rignan Varignano, va scosceso. Reco . . . . luogo infranto, specialmente sul mare (Recco).............................................. Rasci . . . Resci . . . A- rasci PW SprjxwSyjs. . » py)Y-av. PW°S- P<*S‘ S.......................................... P ^ S - >) . . M a-a -rasci . affatto sul fossato. G a -rescio . . terra infossata. Res- asco . . torrente infossato. R e{-ie . . . al fossato. . Alpi rotte, frastagliate. Ricci..................... quei che abitano sui reco 0 rasci, 0 resci. Riccbin. . . . » » » Risso . . » » » . Rigi o Regi . Regio . . Ragio . . propriamente il fossato diritto, fatto a riga. p^Y^. . la stessa cosa di rigi ............................... piÌT°S> E(1)S. . . è la stessa cosa di rigi e regio. Eccone le prove V i-a -r ig i . .............................................. fà Y aS, . . gente al canale, nell’ Alessandrino. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 382 — V i - a -regio. gente al canale, in Toscana. C an - regio . Cannaregio (sul canale) a Venezia . Can - regi . o C arregi, al fossato ,'in Toscana . . . xap-prjYrj. C an - rega . o C arrega, al fossato, nel G enovesato . xap-prjY11]- Rig-a. in italiano, un solco d ir it t o ........................ P^Y*!- . . In - r ig - are. condurre l’ acqua a solco in un luogo. fo g o -la r e . tener in riga. R e g i-strare m ettere in riga. Rege, rex . chi tiene in riga. R eg i-m en tare m ettere in riga. C a r-r« ff-ia ta R aggio . . xav-p ^Y 607- o carreggiata solco fatto dal carro. . , la linea diretta che va dal centro alla circonferenza. R a d i- aare . . tirare una riga D a r ig i, reg io , e ragio g li infiniti cognomi R a g g io , R eggio , R e g i, D e-Regis, De regibus, Casa-regis. Benché m ascherati dall’adulazione e dall’ambizione umana, questi n om i finiscono per tradire la loro origine quando si confrontano coi luoghi ove son nati. Andate sull’ A n tola e troverete poco lontano dei casolari che si chiam ano Casa - regio ; essi non ebbero mai nulla di comune coi re. 48. R o ia - oria - cl’ oria - d’ oira - 1’ oira ro n a - reno Roia - oria - d’ oria - d ’ oira - V oira - ron-a. - ren-o - il fiu m e. . péto, (5ó)0|iat, por/. k ° m .........................fiume a V en tim iglia. R h o n -t. . . . G a -r o n « - e A -ro n -a . . . . in F ran cia. . » in Lom bardia. A -ron, A -rito . in T o scan a. Infatti il monte da cui nasce F alte-roH -a . . coda del f i u m e ................................................9^X7]?, ycog. L ib -a m a . . città rom ana fra Arquata e Serravalle l’A rn o si chiama . l-Vo-ornoo\Àv-orno in Lom bardia e in Toscana L ib e -ro » . . . bibe-rora . . Ve -ro n - a . . . B -ro w -i . . . Xstp-puv. . . . . in F r a n c ia ............................................................. » » . vocabolo f r a n c e s e .......................................... » e V i-v e -ro n nel B r e s c ia n o ........................ » . nel V ogh erese. O r ia .........................sui lagh i Lom bardi. Doria . . . . nel Genovesato. D oira . . . . a T orino. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 383 — Doero . . . . in Spagna. Loira . . . . in Francia. Ira • . . Va-ro . . . N -o -va-ra . . (nella via del fiume). N -o-va-ro . » . (Scrivia). . (via del fiume) in Francia. D a-no-va-ro Ren- 0 . . V a -rè . . » . . (via del fiume). Va-ren-a . . Va-r-ese . . Va-r-ase . . Ró-so . . . . nell’ Appenino, in Svizzera e altrove. » . (abitazioni esi sulla via del fiume). » » . far roso in genovese, far largo. Ré-0, far reo . . . . in genovese significa apparire abbondante farsi valere . - ................................ peùoig, onda. Un ron ligure si cela anche in queste parole antichissime di Lombardia Mandrogne, M.endrona alterato in Modrone. Men-du-ron . . affatto del fiume, del canale, è probabilmente il nome primi tivo degli abitanti di Mendrona 0 Modrone, ed il nome primitivo dei Mandrogni, come si chiamano ancora oggigiorno gli abitanti della sponda sinistra della Scrivia fra Novi e Tortona. Ritrovate nel men 1’ espressione primitiva che ci dà i M en- t-ovin, affatto nelle pecore; i Ma-n-eri, affatto nei porci; i Magnasco, affatto nel * torrente. 49 T a l - s a i (Vedi testo, p. 14 7 - i $ i ). Tal-sai . . . . la fioritura, la viridescenza . . . . Tallo . . . . (in italiano) ramoscello da trapiantare . SaXXóv. Talù . e<ax. . . . erba nascente, in ligure. S a i-k o . . . . nome di popolo, addetto alle piantagioni. Tal-ice. . • . atto alle piantagioni. ■ 0aX-ixog. Sai-ice . . Sai-ii . . . Sal-z . . . . fioritura, nome di paese in Lombardia . SaXea. Sal-b . . • • Sai-uzzo . . . luogo di p rim izie..................................... BaXóaiog. Sai■asco . . . torrente fio r ito ......................................... BetX-àax- Talk . . . . » . nome di popolo, significa fiorente » . . GctXstog. significa fiorisco. 0aXfi. . villa in prov. di Porto Maurizio. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 384 — A - %alèe. . . . specie di f i o r i ............................................... OaXeEa. D a l-ie . . . . » ............................................... OctXsa. S a i- so . . . . fioritura, si dice anche delle macchie alla l-t a lia . . . . la f i o r i t a ........................................................... -q-GàXeia. p e l l e ..................................................... ..... . GocX'I'tg, ewg. 50. Ton - Zon - don ( Vedi testo, p. 108). . posizione elevata, luogo di concentramento. Giòv, Gscòv, x 0 “>v da Gxofiai, prospetto. T o ti-io ti- don T o n -o . . . il ion, T o nn o presso il monte Antola. A - o -ton . . al zon, Ottone A u -tu n . . » . al zon, in Francia. T u r -loti . intorno al zon, Tortona. A i-so n . . . ai z °'h >n Italia. A l-^ o « . . . al zon in Francia. V a - e n -zon -a . strada per il zon in vai di Vobbia per Antola. Bel - in -^ o « -a . selva nel zon, in Italia. B ri-a n -^ o » . Bricco al zon, in Francia. B e s - e n - ione . strada (paia) al zon, in Italia. B e s -a n - zon G a - xpn. t» . in Francia. . terra al z °n, n ell’ Appenino presso l’Anto la , e in Francia. M o n -b -al-io ra . m onte, strada al don (Monbaldone). A r - c a o -don . al capo del don (Ricaldone). . G ro n -d o n -a . . in giro (yopov) al don. Grondona. 5i- T u r - sur - stur (V ed i testo, p. 7 } nota). T u r -s u r -stu r . latino e ligure, tur -b a re . latino, d e - s ta r - b à . ligure. tur - bo . -to p , a u p . turbo, rim escolo, volvo tu r-h a . . , latino. fu r-b id u s . . latino. stu r-b ìo . ligure. * Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 fwr-bolin . . . ligure. fw-bolentus . . . latino. . latino. tur-mentum . . latino. tur-ris . . . tur-si . tur-geo . . . . latino. . ligure corrispondente a turris . tar-annus . . , 0 tirannus l a t i n o ..................................... xópavvog tur-òn . . . . ligure, il formaggio indurito T u r-in . . . ligure, luogo ove si vendevano i formaggi. Topol. T u r-in . . . . ligure, luogo ove si fabbricavano i formaggi. xupeia. tur-ta . . . . ligure, torta. tur . . . . . . . ■tópoic- . . xupóo). ligure, in giro (Tur-ton-aj. tour..................... francese, tour a tour, tour de force, tour billon. tour..................... inglese, touring, tourist (r). T u r -b i. . . T u r-bi-a . . J nomi di fossati (beo, beio, beia). \ Tur-bella . Stur-a . . . ligure, nome di torrente. A-stur-n . . latino, nome di torrente nel Lazio. Sciur-mea e Sciar maira . . ligure, nome generico dei torrenti che fan la sciuma. Di qui Maira nome di torrente 52. Ul - Ula (Vedi testo, p. 92). Ul - Ula . . . . s e l v a ................................... . . . 5Xt), ronda. . . . alla selva. . , . via, ba della selva. Ul - ma . . . . tutto selva. U l-ul-ar . . il fremito della selva, delle fronde. U/-VOSUS . . . scrive Apollinare Sidonio (Epis. V, lib. I.) A - ula U l- ba . . per silvosus. (1) Nuove armonie che ci richiamano all’ unità del linguaggio primitivo. A tti S oc. L io. 01 S tor ia P at r ia . Voi. X \ X . Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 386 — 53- V a - " V d o - B ad o - Vain - V a is (V ed i testo, p. 10 2 ). Va- Vado-Bado- Vais V a -r o . . F a -rè . . Va - rena . V a -r- e s e . ........................................................................ SotSog, BaCvu), pàaeO jioa. via del fiume. abitazioni sulla via del fiume. F a -r-a se . N ’- o - w i- r a N ’- v a - r o nel va del fiume. . D a - n ’- o - v a - r o V iù - v a . . strada del viu , del borgo, Ba -g n - asco va nel torrente. F a-erzi V arzi o V erzi, via sull’ er\i, argine. F a-an -e rzi V anderzi, via sull’ erzi. B a d -è n . . quelli che battono la strada. B a -s tè . . B a i - istè B a t- ista Baino o Vaigno vengo. A -vegno , alla strada. Bai--x.ina venire adagio, adagio (dicesi dell’ acqua). . V a is-o in -a monte sulla via di M arcarolo; significa via degli oin, delle pecore Ricordo che ivi risiedevano i Ment-oin. Fai-sim a Vais - o . . . . . si dice dei m onti facili a salire. . Veso, si dice del luogo dove salgono i polli per dormire, Bes - an - zon . il veso del %on. B e l- o - w s o la selva (v e l) al veso, in bella posizione. C ià -x 'a i (i) Ch iavari, significa strada sul piano. C ià-u a/w -a. Chiavenna Vagna e Vagno la strada su ll’ acqua, sul torrente (vedi p. 360). » » Form e composte di v a -v i-a e g u sono ( i ) Il w a y inglese corrisponde esattamente al va i di C h ia-w n . U ra -g u a y e P a ra -g u a y sono alterazioni di O ra -v a i (via m t, dei monti opog) e P a ra -v a /(lu n g o la strada). P a r a -v a i corrisponde al ligure P a r a -v a -n ’-aego. tanto in tanto 1’ eco Mi piace rilevare di lontana di tutte queste v o c i, che attestano mirabilmente 1’ unità del lingu aggio e 1’ unità del genere umano. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 387 - La-vagna . . . la strada sul torrente. Lavagna. Dà - vagna . . . dalla strada sul torrente. Davagna. CiH-vagna. . . la strada sul torrente, al piano; Chiaravagna Para -vagna . . a Sestri Ponente. presso la strada sul torrente, lo stesso che Paravanego. Pea-vagno . . . Peveragno (Péa corrisponde a itéìa). Funziona pure il va e ba in queste espressioni : Fa-rigotti. . . va rotto (vedi p, 381). Fa-rignan . . . » » B a - russo. Ba-stia. . . . va rosso » Mom-barusso. . . . . va a modo di gabbia, di recinto. Bastia. Ba-stimento . . derivato neolatino di bastia. 54- Viu - Vi - Vu - Vo - Viòn insieme di viventi, gente, borgo . . . . f>£-osAbbiamo la forma più perfetta viu in . . . (strada del vi) a Genova. Viu-Vi-Vu-Vo-Viòn. V iu-va. Frà-zene . . . (vi forestiero) nelle Alpi marittime. Bo-Hk. . . . (vi di buoi) nell’ Appenino. Bo-viu . . . . (vi di buoi) nel Napoletano. C o -d e-viu . . (in capo al vi) a Novi, e nell’Appenino V i ù .................. in Piemonte. Abbiamo la forma abbreviata in v i: nel Genovesato. Pa-w'-an . . . affatto vi in alto. Fi'-an . . . . vi in alto, Viani. Fi-t-erboi . . vi negli alberi. F/'-g-an-aegu . vi della terra nell’ aegua. Porsei-v i -a . . v i di porséi: nel Monferrato. Fi'-son . . . . v i al zon, alla posizione. Vedi \on: nell’Alessandrino. Fj - a - rigi . . . v i al canale. Vedi rig V i -glian . . . v i dedito alla preda. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 388 — nel Tortonese. V ig - ieù . . . v i di bestiam e. Viguzzolo F i- g - n e ù . . . v i n u o vo, m al tradotto in Vignole : nel Piem onte, S a - t> i-g -lia n . castello, sa, del v i predante, A -w -g - lia n . al v i predante. V i - a l - frè . v i al frè . . F i- d r a c c o . F i- n o v o v i predante . .............................. v i nuovo. V i - n -a d io cioè n’ a odo, sulla strada M o n - d u -w monte del v i V i-c o il vi. . 5 pccaa-to. . nel M ilanese. P a -v i-a . . F i - m ercate . tutto v i, tutta gente. . . mercato del v i F i-m e n - d -ro n . V ico Modrone. Vedi ron. V i- g ’- a n - ò . . v i della terra sull’ ^cqua, come Viganego. V i-g e -v a . . F i-z o lo . . . corrisponde a Vig - \eù. F i- z o la . . F i - v e -r ó n v i sul va della terra, Vigevano. » » . v i che attinge al fiume (Verón corrisponde a V e ro n -a , Beròn, Libe-rón, Liborno, L ibarn a ecc. vedi ron). F i- g - a n e lla . dim inutivo di Vigano. nel Bergam asco. F i-g -a n . . . v i in alto (come Vi-an). nel Crem onese. F i - d u - 1’-asco F i- g lia n . . v i del torrente. . . v i dedito alla preda: nel Bresciano. F i-sa n . v i al piano (gav). V i - c-e n z a v i sull’ enza. F i- v a - r o . v i sulla via del fiume (vedi Roma), F i-g h i- z o le lo stesso che Vig-z&ù. R o -v i-g o . alterazione di R o -vicu s, v i sul fiume. nel Veneto. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 3<V; - nel Parmense. Ft-g-ato . . . v i in alto. nell’ Emilia. V i-an . . . . vi in alto come nel Genovesato. V i-a-regio . . come Vi-a-rigi nell’ AUssandrino. Bt-ent-ina . . regione del bi o vi sull’ enza. Corrisponde in Toscana. a Vi-ent-ino, Vicentino B i-e nzo . . . v i al fiume , corrisponde a Vicenza; fu mal tradotto in Bisenzio. nell’ Italia Media. F i-v a-ro . . v i sulla via del fiume (Prov. di Roma). Ft-t-erbo . . vi sugli alberi, come Viterbori a Genova. . . w dell’ allegria, ì)o0r), in Prov. di Foggia nell’ Italia Meridionale. F»-este . Vi-e t ri . . . . Vi-gi-on . . in Prov. di Salerno e Potenza. . (lo stesso che w '-gi-an) in Prov. di Potenza. Ft'-gi-an-ello . diminutivo di Vi-gi-an. in Francia troviamo: Vi-son. . . . v i al zon come in Acqui. V i-an-zon . . vi al zon. Fi-en . . . . Il vu e il vo si trova di preferenza nel Tortonese. Fw-gheia . . . Voghera, vi sulla ghiaia. V ò .....................sopra Tortona. A -to -l’asca . . al vi sul torrente, sopra Tortona. Fó-beia . v i sul canale; . . Vobbia, affluente della Scrivia. Il btia è il beo che si riproduce in Bor-beia (Borbera), Dor-beia (Dorbera) Tur-beia (Turbia) e tanti altri. Veniamo al viòn, che significa gran vi. Troviamo la forma pura in Viòn.................... nel Bresciano. Rocca -viòn • • nelle Alpi Occidentali. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 390 - — R o - b ioti . . . nelle A lp i Occidentali. A o - bion . . . nome generico di alcuni centri Liguri tradotto dai Romani in Albium (A l bium Intem elium , Albium Ingaunum). A I - bion. . . . nome che fu scambiato per divinità L i gure. T roviam o la form a latinizzata in A -v ig n o n . . . alterazione latina dì A o -viò n (in Francia). S a - vignon . . . alterazione latina di S a -vió n (nell’ A p- penino). I i-g ó n . . . . in Lombardia- 55^ an ■Zen - Oiaii - Cen Z a n -Z e n - Cim i - Cen. piano, p i a n i .................................................................gatv-u). Ser ~ian che serra il piano., Purc-ian che fora il piano, C o rn i -zen piani nella c o -m . M onte -fa n monte piano. Vi - san . v i al piano. strada sul piano. L a via (vain) che scende dallo Spluga si trova a piano (ciati) a C/a-venna C ia -v a i. . (Chiavenna) ; la via della riviera Ligure cam- d a - v a in - a . \ m ina sul piano a O a -v a i (Chiavari). A Sestri Cia -vagn a . . I Ponente abbiamo il torrente Cid-vagna (Chia- [ ravagn a) che significa van’acgu, (vedi aegu) strada nel torrente, al piano (ciati). C lan - tè I cen m al tradotto in cantiere. . . M a - e n - i- c e » . i piani. . affatto nei piani. M a -n ’ - i - « ; z » Manesseno. M i- c e n . » Marsen, come . M à - fa n . affatto nel piano. Marsano. 56. Zeno Z'eno. . . f o r e s t i e r o ....................... ............................................ Csvog. Zeno-u . . genero, il forestiero che entra in famiglia. Z en o - n . forestiero. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 ~ Zeno - bia 391 - . . . forestiero. Z en -odii . . . forestieri sulla strada. Zeno-a . . . . luogo ove convengono i forestieri. Genova. Zeno-àxì . . . gente che tratta coi forestieri. Genovesi. Viu - zene . . . gente (vi) forestiera. De-^ew-tegà . . metter fuori (ieri), scacciare. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 NOMI DI P A ESI E D I F A M IG L IE IL L U S T R A T I IN Q U ESTO VO LUM E (I numeri indicano le pagine del testo. Si veda inoltre il prospetto delle radici ove molti nomi sono riprodotti). A Acqui, Pag. 63, 198. Aremberg, 15 3. A glià, 93, 290. Arenzano, 153. A gliè, 93, 290. Argenterà, 90. Aison, 108, 1 1 3 . Argentin, 90. Alassio (Arascij, 114 . Arma, 119 . Albaro, 16 7, 198, 342. Armetta, 178. Albenga, 79, 197. Arno, 67. Albissola, 167. A rona, 65. Alianus, 93, 290. Arquata, 80, 87. A llià, 93, 290. Ascheri, 69. A lliana, 93, 290. Aste, 16 5. A lliata, 93, 290. Astengo, 165. Alpi, 77. Asti, 16 5, 34 1. Amelio, 145, Astori, 165. Am eri, 14 3. Astu, 16 5. Amoretti, 148. Aula, 92. Ancona, 88, 287. Aurelia (via), 334. Antola, 88, 1 5 1 . Auria, 66. Anzio, 1 5 1 . Auriates, 66. Appenini, 77, 295. Autun, 110 . Apoani, 1 1 5 , 19 7 . Avegno, 386. Arda, 72. Avigliana, 93. Ardenza, 72, 69. Avignone, 99. Ardana, 72. Avolasca, 69, 93, 102 Arc/.zo, 120, 162. Avozo, 146. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 394 — B Baden, Pag. 10 2 , 16 3. Binago, 63. Bado, 10 2 , 16 3. Bisagno, 140. B agnasco, 69. Blustiemelo, 303. Baldi chieri, 115^ 140. B ardellini, 14 0 . Bardi o B ald i, 140. B argagli, 19 8 , 268 n ., 343. B ari, 16 0. Bobhio, 98, 192. Bocchetta, 2 7 $, 333. Bodinco, 68. Boero, 16 3. Boezia, 122. B arsago , 63. Bogliasco, 362, 364. Barusso, 38 7. Bolzaneto, 120. B assan a, 1 1 5 . Boi, 156. B assan o , 1 1 5 . Borbera, 72. Bassignano, 1 1 3 . Borea, 364. Basteri, 16 3 . Borgo Fornari, 3 15 , 3 19 n ., 337- Bastia, 387. Borlasca, 69, 88, 3 15 . Battista, 16 3. Bormida, 72. B avari, 19 8 , 343. Borman, 328. Beco, 15 4 . Bornasco, 362, 364. Bellinzago, 63. Borsotto, 16 3. B ellin zona, 10 8 , 1 1 3 . Borzino, 16 3. B erald i, 14 0 . Borzoli, 338, 342. Berardi, 140. Borzonasca, 69, 88. B erceto, 15 4 , 19 8 n. Borzon e Bruzzon, 69, 88, 109. Berio, 15 4 , 19 3 . Bosco, 140, 156 . B eren gario, 156 . Boschetto, 334, 337. B ergam o , 268 n. Bosio, 140, 156. Bergam asco, 69. Bottero, 16 1. B ergeggi, 15 4 , 19 8 n. Bottaro, 16 1. Berigiem a, 15 4 , 198 n ., 298. Bovarezzo, 120. B erlin geri, 15 6 . Bovio, 98, 192. Berninzone, 156 . Bozzano, 16 i. B erga, 298 n. Bozzino, 163. B esagnin , 14 0 . Bozzo, 163. Besangon, 10 8 , 1 1 5 . Bra, 14 1, 166. Besanzone, 1 1 1 . Brasi, 1 4 1 , 16Ó, 198. Bersezio, 15 4 . Breo, 164. Beveratto, 74. Brera, 164. Berzano, 15 4 . Brenzola, 156. B rengola, 156 . Brero, 164. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 _\ - 395 Brianzon, 108, 113 . Busalla, 68, 253, 307, 3 1 2 , 3 15 , 3 19 n ., Bromia, 72. 3 33» 337 Busnago, 63. Broni, 67. Busaletta, 68. C Caeptiema, Pag. 273. Carrega, 365, 382. Caermo, 78. Carregi, 365 382. Cairo, 165 n. Carenzo, 1 1 4 , 162 n. Caffaro, 310. Carezzan, 165 n. Cagne m ., 315. Carmo, 78. Camagna, 365, 374. Caristo, 165 n. Carnarza, 315. Carnago, 63. Cambiaso, 63. Caro, 165 n. Camblasia, via 313. Carosso, 114 , 146- Cambiò, 359, 364. Carpasio, 148, 165 n. Cambiasca, 362, 364 Carpi, 148, 16$ n. Cambiano, 360, 364. Carpineto, 120, 148, 165 n. Cambiago, 359, 364. Carrega, 114 . Camogli, 198, 342. Garrii, 144, 165 n. Camnago, 63. Carsi, 165 n. Campo, 14.0. Cartosio, 165 n. Campolungo (isola), 319 n. Carvi, 132. Campo Morone, 148, 195. Casaregis, 382. Canarie, 140. Casella, 319 , 331 Canaregio, 364, 381. Caschifellon, 69, 3 1 1 . Canea, 140, 364. Castagnola, 315. Canelona, 364, 367. Castello, 116 . Cao, 87, 289, 295. Castellaro, 108, 264. Capellini, 127. Casteggio, 291. Capenardo, 127. Castiglione, 366, 384. Capeto, 127. Castrofin, 165, 198, 344. Caponago, 63. Catania, 159. Caraman, 565, 374. Cataldi, 129. Caramagna, 365, 374. Cavanna, 127. Carasco, 69. Cavagna, 127 n. Caranza, 114 , 151, 165 n. Cavagnari, 127 n. Capriata. 127. Cavassolo, 127 n. Carcheri, 115. Cavatur, 127 n. Carea, 114 , 165 n. Caveri, 127 n. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Cavenago, 63. Colletti, 77. C avetti, 12 7 n. Com ago, 90, 322. C avi, 1 1 4 . Com ignago, 63. Cavignan, 2 3, 119 . Convento (Busalla), 336. Cavotti, 12 7 n. Cornago, 63. Cavaturini, 1 1 9 , 329, 324 Cornigliano, 79, 334. C avour, 12 7 n. Coronata, 79. Cavouretto, 12 7 n. Corte, 14 2 . Celelati, 9 3, 2 9 1. Cortin, 14 2. C elesia, 14 4 . Coscia, 85. Ceranesi, 10 9 , 196, 19 8, 340, 343. Cosola, 85, 308 Cesino, 10 6 , 19 5 , 3 15 n Costa, 86. C eta (Borgo Fornari), 3 15 , 5 Ig n . Costaguta, 90, 278. Cherasco, 69. C h iavari, 386, 390. Crem eno, 78, 198. ' Crenna, 72. C hiavenna, 386, 390. Crescenzano, 63. C h iaravagna, 386, 390. Crevari, 72. C hieri, 366. Creverina, 72. Cheulua, 77. Crevenna, 72. C iaxelu s, 302. Creuso, 72, 273. Codevico, 9 3, 97. Crocevia, 302. C ogorno, 15 8 . Crosa, 73. C ol, 77 . Cuneo, 88, 289. C o lle, 77. Cuznago, 63. D D anovaro, 69. Doero, 65. D avagn a, 387. Doira, 65. D ectunini, P ag. 3 19 Domoculta, 143. D em arch i, 1 7 1 . Doria, 65, 198, 343. D iano, 1 1 5 . Durance, 1 5 1 . E bro, Pag. 75, 308. Enotri, 143. E dus, Ede, 266, 284. Entella, 67. E lb a, 92. Enzo, Enza. .67. E lvezia, 92, 12 3 . Ethei, 123. Eniseca, 303. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 397 - F Faenza, Pag. 67. Figallo, 145. Falterona, 89. Faveto, 120 . Figari, 145. Figogna, 145, 193. F e g'n o , 14 5 , 19 3. Figoli, 145. Feighetto 120 . Fercutino, 328. Feritor, 34 3. Firenze, 1 5 1 . 162. Franzante, 140. Feronia, 328. Franzon, 140. Fiaccone, 88, 3 1 5 , 3 1 9 n . . 339. Fiesole, 1 5 1 , 16 2. Frossasco, 69. Foraggian o, 1 15 , 343- Fumeri, 154, 194. GGabardi, Pag. 140. Gazzan, 127 n. Gagliardi, 140. Gazzo, 127 n Galaneto, 121. Gelardini, 139, 164. Gallinaria, 161. Genova, 267. Gallino, 161. Gerard, 139, 164. Gambasca, 69. Genua, 192 n. Garassino, 114. Gherardi, 139, 164. Garbagna, 127 n. Gherardini, 139, 164. Garbarin, 127 n. Ghiara, 6 1. Garbin, 127 n. Ghigermo, 61. Garbo, 127 n. Giaira, 6 1. Garbolin, 127 n. Giera, 6 1. Garessio, 70. Giovi, 290. Garibaldi, 140. Girardengo, 139, 164. Garlasco, 69. Gorzente, 72. Garonna, 65. Gorlago, 63. Gastaldi, 129. Gorlasco, 363. Gattorno, 158. Gorreto, 120. Gavazzan, 127 n. Granara, 146. Gavazzo, 127 n. Granarolo, 146. Gavi, 128 n ., 323, 325, 337. Gias, 119 . Gavignana, 23, 119. Grignasco, 69. Gavotti, 127 n. Grondona, 109. Gazon, 108, 113. Guà, 90. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 « 398 — G u sla , 90. Guasqui, 90. G ualco, 90. Guasquin, 90. G uasco, 90. Gurdolasca, 109. I Ianua, P ag. 17 2 n. Iseo, 12 3 . Iberi, 15 4 , 19 3 . Isocorte, 12 4 , 336. Iberia, 369. Isola del Cantone, 12 4 , 3 19 n. Iesi, 370. Isolabuona, 12 4 . Illeia o V e lleia , 92. Isosecco, 124. Iluati o Ilv a ti, 92. Isoverde, 124 , 19 5 , 252. Inocao, 8 1. Italia, 152. Ioventio, m. 292. Iulia (via) 3 3 1. Ira, 70 n. L Laccio, P ag 72. Lemuin, Lem urini, 15 0 , 286. L am oglia, 1 1 4 . Lerici, 178. L a-m olle, 1 1 4 . Lerm a, 1 19 , 322. L an ga, 60, 13 9 . Libarna, 67, 3 2 1 / 3 4 9 , 350. Langasco, 63. Liberon, 67. Langen, Langenses, 198, 280, 318 . Liciorno, 158. Langobardi, 3 6 1, 373, Lim one, 14 2. 374. Lantosco, 62. Lione, 92, 93. Lanzo, L a n z a, 62. Lissago, 63. L a rv e g o , 90, 19 8 , 3 2 3, 340, 342. Livorno, 67. L a v a g n a , 387. Lom ellini, 150. L ebriem elo , 303. Lomnago, 63, L ecco, 19 5 , 288. Lonago, 360 L ecco m . , 19 5 , 288. Loira, 65. L egn ago, 63. Lucca, 156. L em e, 15 0 . Lumello, 150. L em o f . , 2 7 1 . Lum ellin, 350. L em o r f. , 2 7 1 . Luni, 197. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 - 399 M Mombaldone, n o . M acalé, Pag. 162. M agliano, 93. M agnaghi, 63. Moncalieri, 89 M agnanego, 63. Magnasco, 69. Mondovì-Breo, 15. Magneri, 154, 155, 194. Monelia, 1 3 1 . Mombarusso, 88. Mondovì, 76, 93, 94 - Maira, 74. Monesi, 120. Malaspina, 154. Montaldero, 87, 103, 322. M am nicdo, 268. Manago, 360. Montanesi, 120, 196. Mandrogne, 383. Mangascià, 162. Monte Galeto, 364. Manesseno, 11 5 , 269, 332. Marassi, 114 . Marcarolo, 170 , 323, 32 7 , 333 Marmassana, 315 . Marnago, 63. Marsano, 11 5 . Marseno, 11 5 , 269. Marucco, 139. Masone, 109. Massaoa, 162. Matutiana, 178 Medolico, 346. Mela, 154. Mele, 15 1. Mendrona, 383. Mentane, 15 3 , 194, 32 3. Mentovini, 15 3, 3 2 3 , 342. Montaldo, 87, 103, 294, 3 1 5> 3 '9 n- Monte G alè, 364. Montemoro, 89. Montesano, 1 1 $ . Monterotondo, 89. Montesignano, 115 . Montesoro, 156, 315 Montobbio, 153, 319 n . , 3 2 5 . Montorio, 153. Mora, 148. Morando, 148. Moranico, 148. Morassi, 148. Morasca, 148. Moraschi 148. Morasso (muasso), 114 . Morello, 148. Morego, 148, 332. Moreno, 148. Meticone, 164. Morero, 148. Mezzanego, 359. Mignanego, 63, 19 5. Moreta, 148. Milano, 62. Morgallo, 148, 284. Milanesi, 349. Morino, 148. Moco, 150. Moco Meticanio, 255. Mornago, 63. Moconesi, 120, i>o. Mornese, 322. Modrone, 383. Morone, 148. Molazzana, 1 1 3. Morosini, 148. Moretti, 148. Mornasco, 69. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 400 — M ortara, 14 6 . M ulo, 1 1 4 . M ortola, 14 6 . M urta, 14 6 , 19 8. M ign anego, 6 3, 19 5. M ultedo, 12 0 . M ilano, 62. M urazzano, 1 1 4 . M inceto, 3 15 . N N asche, P ag. 69. Noceto, 12 0 N ervi, 19 8 , 342. N ovara, 67. N eviasca, 69, 278. N o varo , 67. N izza, 12 6 . o Odiates, Pag. 3 2 1, 34 3. O n eglia, 1 3 1 . O liveto, 120. Orba, 9 1 . O ram à, 90. O rganasco, 268 n. O rbasco, 69. O rn ago , 63. O regina, 9 1 . O rsago, 63. O rerò, O derò, 10 3 , 10 5 , 16 3 , 19 8 , 32 1 O ttone, 10 8 , 1 1 3 . 343 - O vada, 9 1 , 3 7 3 . O ria, 65. Padova, P ag. 16 3 . Peado, 10 2 , 10 3 , 10 6 , 33 Pai m aro, 328, 34 1 n. Pecoz, 378. Pallavicini, 1 4 1 . Pedem onte, 106 , 19 5. Pam attone, 10 0 . P egli, 75, 260, 338, 34 1. Pantasina, 10 8 . Pei, 14 3 , 308. P aravanico, 6 3. Peirano, 260. P aravagn a, 360. Pena, 378. Parabiago, 63. P enello, 378. Parenzo, 67. Penin, 378. Parm a, 1 3 1 . Penice, 378 . Pasadore, 164. Pentem a, 3 7 8 . Pàseise, 10 7 . Pernecco, 87, 298. P aveto , 12 2 , 277 Pesalovo, 296 P a via , 9 3, 10 2 P avian , 9 3 , 10 2 , 1 1 5 . t, Peveragno, 360. I Precipiano, 1 4 1 , 335. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 — 4 <->i — Prenicus, 87, 298. Pollenzo, 63. Piacenza, 67. Pobleto, 120. Piccardo, 139, 140. Pollupice, 63, 153. Pietrabissara, 78, 315, 319 n. Pcn, Penna, Penon, 77 , 295. Pietrafraccia, 315. Pontedecimo, 305, 309, 339. Pietralavezzara, 273. Porale, 147, 315. Pila, 75. Poretta, 147. Pinasco, 69. Portofino, 195, 344. Piosasco, 69. Portoria, 143. Pisa, 140. Postumia (via), 274, 3 3 3 , 337. Pisagno e Pessagno, 140. Prà, 14 1, 167, 341 n. Pizzardo, 139, 140. Prè, 169. Pizzorno, 158. Praga, 142. Plauco Peian, 258. Prasia, 14 1. Po, 68. Precipiano, 14 1, 335. Plobo, 295. Prenicus, 87, 298. Polcevera, 93, 97, 102, 155, 192, 284. Pretto, 169. Polceverasco, 63, 253, 307. Prione, 78. Poggio, Poggi, 107. Procobera e Porcobera, 278, 284, 305. Polinago, 63. Procavo m ., 287. Pollanesi, 63. Promontorio, 110 , 15 3 , 194. Q Quarto, Pag. 334. Quinto, 334. Quezzi, 366, 370. R Rafo, Pag. 197 n. Rembado, 67. Rafetto, 197 n. Renne, 153. Raggio, 381. Reno, 65. Rapallo, 197 n. Resasco, 69. Ravasco, 69. Rezie (Alpi), 381. Ravaschio, 69. Ricaldone, n o . Rebolino, 164. Ricò, 70, 279, 285. Rebora, 164. Ricchin, 70. Reco, 70. Rigoroso, 72, 108, 3 1 5 , 3 19 n. Regio, 381. Risso, 381. Regis, 381. Ricci, 381. A tti So c . L i o . di S to r i* P a tr ia . V oi X X X . =7 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 R iv alta , 10 3 . R o n a, 65. R ivarolo , 14 6 , 19 4 , 19 S , 343. Ronco, 13 9 , 3 1 9 n. R iv e rg a ro , 268. R ovelasca, 69. R obion , 99. R osasco, 69. R occavion e, 99. R ua, 65. R o ia, 65. R overeto, 1 2 2 . R om a, 5 5 n. R o vigo , Salasco, P ag. 69, 14 0 . S crivia, 7 1 . S a le , Seca, 78, 19 5 , 303. 14 0 . 10 1. Salice, 14 0 . Sella, 90. S alico , 3 8 3 . Sem ino, 10 7 . Salio, 38 3. Serra, 77 , 106 , 19 5 , 332, S alò , 14 0, 383. S erravalle, 7 7 , 90. Salso, 384. Sestri, 13 5 , 338, Saluzzo, 140. Sierra, 77. Sam pierdarena, 14 9 , 19 8 , 342. S ilvan o, 367. S. B enigno, 337 . Sottovalle, 90, 10 6 , 2 15 . S. Cipriano, 19 8 , 3 0 1, 305, 3x 5, 322 Sori, 1 1 5 , 19 8 , 342. S. Fran cesco della Chiappetta, 336. Sorìa, 1 1 5 . S. G rego rio , 336. Soriasco, 69. Sanguineto, 12 2 . Spinola, 15 4 . Sarissola, 3 19 n. Spotorno, 158 . Sassello , 19 8 , 328. Staglieno, 12 9 . Sassellin, 19 8 , 328. Statielli, 19 8, 328. Savon a, 99 n . , 19 7 , 267. Struppa, 343. Saviglian o , 93. Stura, 74. Savign o n e, 99, 3 19 n ., 3 35 , 345. Sturla, 73 n. Scuderia, 16 3 . Susèia 0 Sosiglia, 19 3. 342. T T a co n , m. Pag. 19 5 , 287. T assara, T a g lio lo , 32 2. T asso , 14 5 . T a le v i, 14 0 . Tassarolo, 14 5. T a lic e , 140. T eco, 129. 45. T a lla , 14 0. T e g li, 12 8 , 3 15 . T a n a ro , 72. T iglieto, 12 2. T aran tasca, 69. T igu lli, 15 5 , 197. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 403 — Torino, 93 n. Tuledo, 89. Torbella, 93 n. Tuledon, 89, 298. Torbi, 93 n. Tulon, 89. Torbia, 93 n. Tulosa, 89. Torriglia, 93 n ., 319. Tutelasca, 69, 301. Tortona, 109, 112 , 198, 319 n, V Vacarezza, Pag. 122. Vergare, 268. Vado, 103, 330. Vergano, 268. Vagna, 359. Vergiate, 268. Vagno, 359. Verilasca, 154, 194, 298, 5 4 1. Valdieri, 322. Vernazza, 363. Valenza, 103. Verona, 67. Valenzona, 108. Ver re, 154. Valleregia, ;46, 331. Verreto, 156. Valori, 144. Verrina, 154. Valoia, 144. Verrua, 156. Vaioria, 66. Vhò, 95. Vanderzi, 105. V ia Iulia, 331. Vara, 74. Vianzon, 10 1. Varase, 67, 102. Viarigi, 38 1, 387. Vardi, 140. Viareggio, 381, 389. Vallardi, 140. Vicenza, 68, 10 1. Varena, 67, 102. Vico, 97. Varese, 67, 102. Vienna, 10 1. Varigotti, 381, 387. Vienne, 10 1. Varignan, 381, 387. Viganego, 99. Varo, 67, 102. Viganò, 99. Varzi, 103. Vigasio. 97. Velleia, 92, 123. Vigevano, 102. Velleiati, 349. Vigato, 97. Velva, 367. Vignole, 99. Venasca, 69. Vignolo, 99. Venezia, 123, 267. Vigo, 97. Ventimiglia, 79. Vigoderzere, 97. Verardo, 140. Vigone, 97. Verde, f ., 195, 267, 282, Vigonovo, 97, 99. Verga, 268 n. Viguzzolo, 97. Vergagni, 268. Vinadio, 10 1. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 404 — V indupalis, 277. Vobbia, 389. Vinelasca, 280. Voceniola, 10 6 . Viuzene, 93. Voghera, 70 n. V ivero n , 67. V oltaggio, 326 n. , 3 19 n. , 338. V irg o P otens, 342. Voltri, 14 8 , 19 7 , 338. V ison, 1 0 1 . Vuiè, vedi V alleregia. V iturii, 19 5 , 2 3 2 , 348 Vulturo, 3 4 1. V itto ria m. , 333 Vòtri, 19 7. V iù , 9 3. z Zem ignano, 1 1 5 . Zignon, 108. Zenoa, 17 2 n. , 19 7. Zinasco, 69. Zenoeixi, 1 7 2 n ., 195. Zoagli, 60, 153. Zignago, 108 . Zuccaro, Zuccarello, 87 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 } INDICE P r e f a z i o n e ........................................................................................................Pag. v ii C A PO I. LA TAVOLA DI BRONZO E LA STORIA LIGURE PREROMANA i. Scoperta della tavola. — 2. Suo contenuto. — 3. Lezione del M om m sen. — 4. Traduzione. — 5. Gli studi compiuti fino al presente. — 6. Im portanza della tavola sotto l’ aspetto giuridico, sociale, linguistico. — 7. Sua im por tanza come primo documento di Storia Ligure. Le interpretazioni del Serra, del Grassi, del Desimoni — 8. Criterii da seguirsi nello studio della tavola. 11 pregiudizio latino. — 9. Gli storici latini. — 10. Fonti per lo studio della Storia ligure preromana. — 11. Il dialetto. — 12. L ’ ispezione diretta dei luoghi. — 13. Il metodo storico-alpino applicato allo studio della tavola di bronzo.— 14. La mia carta. — 15. Il c o m m e n to ........................ P ag. * 1 CA PO II. I LIGURI. PRIMO SAGGIO DI RICOSTRUZIONE STORICA IN BASE AL DIALETTO . i. 1 Liguri pastori — 2. Il dialetto ligure antico. Modo di ricom porlo — 3. L a terra — 4. L’ acqua. I corsi d’ acqua— 5. I m onti— 6. L a v a lle — 7. L a selva. A lià — 8. I vi, cioè i volghi — 9. Le strade: v a , vado e odo — 10. Le posizioni dei vi — n . Il Castè — 12. Le prime abitazioni dei L ig u ri: i cavi e l'erma e il gias — 13. Eto, edo e gli esi — 14 . Cape - Cabaiia Tegi - Slagiu - Ca - Monia - Galea — 16. L’agricoltura — 17. Le piante — 18 . 15. La capanna del pastore 1 — legumi — 19. I fiori — 20. G li animali — 21. I termini marinareschi — 22. Le professioni — 23. L ’ A stu , *^ il prou, la raiba e i prè — 24. 11 popolo — 25. La divinità — 26. L a fa miglia — 27. Conclusione................................................................... P a g . 57 fi Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 CAPO III. LA PO LCEVERA PR IM IT IV A . LA PO LCEVERA A LL’ EPOCA DELLA TAVOLA DI BRONZO. . La P o lcevera n ell’ epoca prim itiva. Porsei-vi-a. — 2 . L a Polcevera a ll’ epoca d ella ta v o la di bronzo. — 3. Storia del regim e agrario dei Ligu ri. D ivisione del territorio fra tribù. — 4. L ’ aver privatus della tribù. — plicus. — 6. I compascui. — 7. I prati nei compascui. — 5- L ’ ager po 8. Opinioni del R u d o rff e del D esim oni. — 9. L e comunaglie; nidge.........................Pag- 192 C A P O IV . LA SEN TEN ZA DEI MINUCII. . I rapporti dei L igu ri coi R o m an i. — 2 . I fratelli Minucii. - L ’ influenza dei R o m ani in L igu ria. — 3. Epoca della sentenza. — 4. Carattere della sentenza. — 5. P relim in ari e form alità. — 6. Definizione dell’ agro privato dei Langen. Suoi confini. — 7. Confini d ell’ agro pubblico. — 8. Vectigal dovuto dai L an gen a i G en ovesi « prò eo agro ». S i respinge il concetto di sudditanza, finora am m esso dal R u d o rff, dal Mommsen e dal Desimoni. — fosse il « V e c t ig a l» e 1’ 9. Cosa « ager v e c tig a lis» . — 10. Decorrenza del V ectigal dovuto dai L angen. — 1 1 . I possessi privati nell’agro pubblico. — 12 . Com pascui o com unaglie. — 1 3 . N orm e per i compascui fra Genovesi e Vituri. — 14 . I prati nei com pascui. — 15. Decisione relativa alla liberazione dei p rigion ieri. A nch e qui s i elim ina l’ idea di sudditanza. — 16. Dissensi sul m odo di leggere il testo. — 17 . Discrepanze di lettura e di interpretazione a rigu ard o d ella clausola - si • q v o i • d e • e a • r e • in iq v o m • v id e b it v r . 18 . Il nom e dei delegati G enovesi e V i t u r i i ................................... Pog• 205 C A P O V. l ’ agro PRIVATO DEI LANGEN. i . Il « c a s t e l o » e il s u o a g r o . — 2 . L ’ « e d e ». — 3. Il « m a n ic e lo » . — 4 - ^ « LEMORI ». — 5. Il « COMBERANEA ». — 6 . La « CONVALIS CAEPTIEMA ». — 7 . L a « VIA POSTVMIA 0 — 8. Il VINDVPALIS » e il « NEVIASCA ». — 9. L a « PROCOBERA » . — IO. VINELASCA • POSTVMIA t MANICELO. — I I . Si ritorna a l primo t e r m in e ............................................................................Po.g. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 263 — 4°7 — CAPO VI. l ’ agro p u b b l ic o i. dei lan gen . Idea generale. — 2. « E de e P k o c o b e r a ». — 3. I monti « L 4. Il « P ro cavo ». — 5. Il L e m v r in u s svm m vs » . — 6. Il C e m v r in i ». — a stelv s a l ia - NVS ». — 7. « IOVENTIVS ». — 8 . « A p ENINVS SVMMVS » . — 9 . « T vL E D O N . V e r a g l a s c a . B e r ig iem a . P r e n ic o C l a x e l o . L e b r iem elo . E n is e c a » . — ». — ii io . . « E dvs « T et vn tlasca. B l u s t ie m e l o . 12 . P o n Pro co bera ». — tedecimo. — Sintesi s to r ic a ................................................................................ Pag. 283 CAPO VII. gli a ltr i po po li d ella 1. Criterii da seguirsi. — 2. 5. 1 1 Dectunini. tavo la. — 3. G li Odiates. — 4. I Cavaturini. — Mentovini. — 6. A qual popolo appartenevano i Cavaturini. — 7. Le capanne di Mercuieu; antichissimo mercato — 8. Le antiche strade dei G e nuati e Viturii. — 9. I confini fra Genoati e Viturii. — 10 . L e tribù dei Viturii; le tribù dei Genoati. — 1 1 . Si discutono i confini dei G enovesi. — 12. Come e perchè scomparve la memoria del popolo Viturio. — 13 . I po poli Liguri attraverso i secoli fino alla rivoluzione francese. — clusione ..................................... 14 . C o n ...............................................................Pag- 317 Prospetto di radici del dialetto ligure p rim itivo..........................................» 358 Nomi di paesi e di famiglie illustrati in questo v o lu m e .........................» 393 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 INDICE G EN O ATI E V IT V R II SAGGIO STORICO SUGLI ANTICHI LIGURI. Prefazione................................................................................................................................... Capo I. L a tavola di bronzo e la Storia Ligure prerom ana . . . . Capo II. I liguri. Prim o saggio di ricostruzione storica in base al dialetto VII » i » 37 Capo III. L a Polcevera prim itiva, la Polcevera a ll’ epoca della tavola di bronzo................................................................................................................. ........ l92 Capo IV . L a sentenza dei M in u c ii.........................................................................» 205 Capo V . L ’ agro privato dei L a n g è n .................................................................. » 263 Capo V I. L 'a g r o pubblico dei L a n g è n ...................................., 283 . . . . » V I I . G l i a l t r i p o p o li d e l la t a v o l a ......................................................................... » 3 17 Prospetto di radici del dialetto ligure p r i m i t i v o ...........................................» 358 Nomi di paesi e di famiglie illustrati in questo volu m e...............................» ^ C a p o Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011 Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011