Mutamenti climatici Situazione e prospettive - Arpae Emilia

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Mutamenti climatici Situazione e prospettive - Arpae Emilia
Quaderno Tecnico ARPA-SMR
n° 03/2001
Mutamenti climatici
Situazione e prospettive
Carlo Cacciamani
Marco Deserti
Vittorio Marletto
Stefano Tibaldi
Daniele Violetti
Franco Zinoni
Mutamenti climatici, situazione e prospettive.
Carlo Cacciamani, Marco Deserti, Vittorio Marletto, Stefano Tibaldi, Daniele Violetti
e Franco Zinoni
ARPA Emilia-Romagna, Servizio Meteorologico Regionale, febbraio 2001
Nota tecnica preparata in occasione della “Giornata dei Consigli Provinciali sui
Mutamenti Climatici”, 30 gennaio 2001
• L’insieme crescente delle osservazioni disponibili presenta l’immagine di
un mondo in via di riscaldamento e di altri cambiamenti nel sistema
climatico.
• Le emissioni di gas serra ed aerosoli dovute alle attività umane continuano
ad alterare l’atmosfera e ad influire sul clima.
• E’ aumentata la fiducia nelle capacità dei modelli di anticipare il clima del
futuro.
• Ci sono nuove prove più stringenti che il riscaldamento osservato negli
ultimi 50 anni si possa attribuire alle attività umane.
• L’uomo continuerà a modificare la composizione atmosferica per tutto il
secolo 21°.
• Tutti gli scenari esaminati conducono ad aspettarci un aumento globale
delle temperature e del livello dei mari.
• Il cambiamento climatico dovuto all’attività umana persisterà per molti
secoli.
• Sono necessarie ulteriori azioni per colmare le lacune informative e
conoscitive esistenti.
Queste dichiarazioni provengono dal testo riassuntivo destinato al mondo politico
ed alla società civile prodotto il 21 gennaio 2001 a Shangai dall’IPCC, un consesso
di studiosi del clima che, sotto l’egida dell’ONU, conduce periodiche verifiche
sull’andamento del clima globale, accompagnate da previsioni sul clima del futuro.
Il testo completo (reperibile in inglese nel sito www.ipcc.ch con il titolo IPCC WGI
Third Assessment Report, Summary for Policymakers) descrive in dettaglio quali
siano i risultati delle ricerche in corso.
1
INDICE
PREMESSA ................................................................................................................................................. 3
VARIAZIONI CLIMATICHE DOCUMENTATE..................................................................................... 4
TEMPERATURA........................................................................................................................................... 5
PRECIPITAZIONI ......................................................................................................................................... 9
MARI E GHIACCIAI ...................................................................................................................................... 9
AUMENTO DEI GAS SERRA.................................................................................................................. 11
L’AUMENTO DELLA CO2 ........................................................................................................................... 12
L’EFFETTO DEGLI AEROSOL ...................................................................................................................... 13
LA TENDENZA DEI GAS SERRA NEGLI ANNI FUTURI ................................................................... 14
LE PREVISIONI CLIMATICHE ............................................................................................................. 16
TEMPERATURA......................................................................................................................................... 16
MARI E GHIACCIAI .................................................................................................................................... 20
PRECIPITAZIONI ....................................................................................................................................... 21
LA CREDIBILITÀ DELLE PREVISIONI............................................................................................... 23
L’IMPATTO DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI .................................................................................. 27
GLI ACCORDI INTERNAZIONALI PER LA RIDUZIONE DEI GAS SERRA ................................... 29
PERCHÉ È FALLITA LA CONFERENZA DELL’AIA.......................................................................................... 30
I problemi irrisolti .............................................................................................................................. 30
La posizione dell’Italia ....................................................................................................................... 31
LE PIETRE MILIARI DELLA CONVENZIONE QUADRO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI ...... 33
RINGRAZIAMENTI................................................................................................................................. 34
BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................................... 34
2
Premessa
Molti dei componenti minori dell’atmosfera interagiscono con la radiazione
infrarossa terrestre causando il cosiddetto effetto serra. L’effetto serra consente la
vita sulla Terra, poiché la sua presenza aumenta la temperatura superficiale del
pianeta di circa 33 centigradi rispetto ai valori che avrebbe in sua assenza. Il
principale gas serra è il vapore d’acqua che però, diversamente da altri gas serra, è
soggetto a forti variazioni di concentrazione sia nello spazio che nel tempo.
Dall’inizio della rivoluzione industriale l’uomo ha però modificato la composizione
atmosferica, immettendovi grandi quantità di gas serra “minori”, tra cui più nota è
l’anidride carbonica (CO2). La concentrazione della CO2 è passata da 280 ppm (fine
‘700) a 367 ppm (oggi), livello probabilmente mai riscontrato negli ultimi venti milioni
di anni. L’incremento della CO2 negli ultimi vent’anni è per tre quarti imputabile al
consumo di combustibili fossili, e per il resto alla deforestazione.
Altri gas serra minori in aumento a causa delle attività umane sono il metano (CH4)
e il protossido di azoto (N2O). Totalmente assenti nell’atmosfera naturale ma
introdotti recentemente a causa delle attività industriali sono i clorofluorocarburi
(CFC) e altri gas simili (PFC). Anche questi gas (oltre a provocare la distruzione
dello strato di ozono stratosferico che ci protegge dagli ultravioletti) esercitano un
effetto serra interagendo direttamente con la radiazione infrarossa. Altre sostanze
inquinanti agiscono sul clima in modo indiretto favorendo la formazione di ozono a
bassa quota (O3 troposferico), gas che, oltre ad essere dannoso alle vie
respiratorie, costituisce un’ulteriore fonte di modificazione climatica.
Gli effetti di questi gas sull’alterazione del clima appaiono oggi sempre più evidenti
e, senza adeguati interventi, potrebbero compromettere la vita di domani.
3
Variazioni climatiche documentate
Il Segretariato delle Nazioni Unite ha istituito nel 1988 un comitato per lo studio dei
cambiamenti climatici, composto da scienziati di tutti i paesi, denominato
Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).
L’IPCC è organizzato in tre gruppi di lavoro che valutano rispettivamente i seguenti
aspetti:
• Gruppo 1: Variazioni climatiche osservate e previste
• Gruppo 2: Impatto delle variazioni climatiche su ambiente, salute ed economia
• Gruppo 3: Interventi per ridurre l’entità delle variazioni climatiche (i “rimedi”)
L’IPCC ha il compito di redigere rapporti periodici sullo stato del clima e previsioni
per il futuro. Il primo rapporto è stato realizzato nel 1990, il secondo nel 1995, il
terzo rapporto è previsto per il 2001 ma in questi giorni (gennaio 2001) sono stati
resi pubblici ampi stralci del suo contenuto.
Di seguito, in modo molto sintetico, sono riportati i contenuti del 3° rapporto
dell’IPCC in merito alle variazioni del clima, alle sue cause e alle condizioni attese
per il prossimo secolo, con alcune integrazioni ed analisi preliminari sulla situazione
climatica in Italia e nella nostra Regione.
4
Temperatura
I dati dell’IPCC dimostrano che sono già in atto variazioni climatiche significative
dovute alle attività umane. Queste modificazioni del clima sono documentate da
studi condotti a diverse scale su varie grandezze di interesse climatologico.
Fig.
1. 1.
Variazione
delladello
temperatura
Terra. Le media
linee continue
Fig.
Andamento
scartomedia
della della
temperatura
annuale globale dalla media del
rappresentano
lo
scarto
della
media
mobile
su
10
anni
rispetto
al
valor
medio
della su dieci anni. In
periodo 1961-1990. Le linee continue rappresentano la media
mobile
temperatura
del periodo
1961 -(misure
1990. In termometriche
alto gli ultimi 140inanni
(dati al suolo). In basso l’ultimo
alto gli ultimi
140 anni
stazioni
termometrici),
in
basso
l’
ultimo
millennio
(varie
fonti
di
dati).
millennio (varie fonti di dati). [IPCC, 2001]
Il riscaldamento medio globale misurato dal 1860 è pari a circa 1 °C, mentre
dall’inizio del ‘900 risulta di 0,6 °C, con un incertezza di ± 0,2 °C. Si tratta di valori
che non hanno eguali nell’ultimo millennio (Figura 1). Gli anni ’90 sono stati i più
caldi del millennio, con il 1998 e il 1997 piazzati rispettivamente al primo e al
5
secondo posto di questa sgradevole classifica. Il tasso attuale di riscaldamento alla
superficie è pari a 0,15 gradi per decennio. Questo riscaldamento viene confermato
su tutto lo spessore dei primi ottomila metri di atmosfera ed è riscontrabile a tutte le
scale, dalla scala mondiale, a quella europea, fino alla scala regionale (Figura 2).
A)
B)
E m ilia - R o m a g n a
C)
Temperature change (°C)
1.5
N o rm a l m e a n
S m o o th e d
1
0.5
0
-0.5
-1
-1.5
1967
1972
1977
1982
1987
1992
1997
Fig.
misurata(a)
nelle
Fig.2.2.Variazione
Variazionedella
dellatemperatura
temperaturamedia
dallaannuale
scala mondiale
allastazioni
scala
di rilevamento al suolo e mediata alla scala globale (a) europea (b) e
europea (b) alla scala regionale dell’Emilia Romagna (c).
dell’Emilia Romagna (c).
Fonti:A,A,B)B)EEA,
CRU,1998,
Regione2000.
Emilia - Romagna,
Fonti:
1998; C)Hadley
RegioneCentre;
Emilia -C)
Romagna,
Relazione sullo stato dell’ambiente ‘99
6
Le variazioni maggiori sono state registrate nell’emisfero nord alle latitudini più
elevate (circolo polare artico, Europa, Asia, America) con incrementi della
temperatura nel corso dell’ultimo decennio di 3 ÷ 5 °C rispetto al secolo precedente.
Fig. 3. Variabilità spaziale dell’incremento termico sul pianeta nel decennio ‘90
rispetto al trentennio 1961 - 1990. Fonte CRU,1998; Hadley Centre, UK
Per lo stesso periodo gli incrementi si riducono a 0,5 °C all’equatore, mentre non si
osservano variazioni significative nell’emisfero australe (Figura 3). In particolare,
alla scala continentale europea, pur con delle differenze anche talvolta elevate, la
maggior parte delle aree hanno mostrato degli aumenti di temperatura sino a 0,8 °C
in media in questo secolo (Schoenwiese e al., 1994). L’aumento non sembra essere
continuo su tutto il secolo ma appare invece un aumento sino al 1940, poi una
flessione sino al 1970 e successivamente un drastico nuovo aumento dagli anni ’70
ad oggi. Queste caratteristiche sono evidenti maggiormente alle medie ed alte
latitudini. Durante gli anni ‘90 il riscaldamento è stato molto elevato, con aumenti
variabili tra 0,25 e 0,5 °C in soli dieci anni.
Oltre a fare più caldo di giorno fa anche sempre meno freddo di notte: infatti
nell’ultimo secolo l’aumento delle temperature minime è risultato pari al doppio di
quello delle temperature massime. Così nel nostro emisfero è in atto un
accorciamento della stagione fredda, con la conseguente riduzione
dell’innevamento e un forte regresso della superficie dei ghiacciai sia sulle
montagne sia nell’Artide, dove lo spessore della calotta polare risulta diminuito del
40%.
L’aumento delle temperature si è osservato anche sul territorio italiano. Ad
esempio, come emerge da uno studio realizzato presso il Servizio Meteorologico
dell’Arpa Emilia-Romagna limitato al Nord Italia (Cacciamani e al., 2001), durante
gli ultimi quarant’anni si è rilevata una tendenza molto significativa all’aumento delle
temperature, con un tasso di circa +0,03°C/anno (Figura 4), che risulta superiore a
quello medio sia a scala globale che europea.
7
A)
B)
Fig. 4. Incremento annuo delle temperature massime e minime misurate nell’Italia settentrionale nel periodo 1961-1998. Il
colore rosso evidenzia variazioni positive delle temperature, statisticamente significative. [Zuccherelli, 2000]
8
Precipitazioni
Nel corso degli anni ’90 si è osservato mediamente un aumento delle precipitazioni
alle latitudini elevate (tra lo 0,5 e l’1 % per decennio), e una riduzione alle medie e
basse latitudini (-0,3 / -0,5 % per decennio).
In Europa centrosettentrionale, buona parte dell’aumento delle precipitazioni
annuali sembra derivare da un aumento delle stesse durante la stagione invernale e
primaverile. Sembrano essere invece diminuite le precipitazioni durante la stagione
estiva (Bradley, 1987).
Sul Bacino del Mediterraneo, in particolare, sembra assai evidente e significativa la
diminuzione delle precipitazioni durante tutte le stagioni a partire dalla fine degli
anni 50 ad oggi (Piervitali e al., 1998). La barriera orografica costituita dalle Alpi
sembra in grado di differenziare la tendenza delle precipitazioni che risulta in
aumento nell’Europa continentale (a nord delle Alpi) e in diminuzione nell’Europa
mediterranea (Figura 5b).
Oltre che come quantità totale, le piogge sembrano aver cambiato anche le
modalità con cui si verificano: nelle regioni tropicali e subtropicali si denota un
aumento dei giorni con pioggia intensa ed una riduzione del numero di giorni
piovosi. Alle medie ed elevate latitudini la frequenza delle piogge intense è
aumentata dal 2 al 4%.
Per quanto riguarda il nostro paese, è stato osservato (Figura 5a, da Brunetti e al.,
2001) un aumento significativo del numero di giorni fortemente piovosi (più di 25
mm al giorno) e la diminuzione di quelli con pioggia debole (meno di 25 mm).
Le conseguenze dirette di questo andamento sono: da una parte la maggiore
incidenza delle situazioni di alluvione causate da forti piogge (su questo
naturalmente incide non solo il carattere della pioggia ma anche la gestione del
territorio); dall’altra, una progressiva tendenza alla desertificazione, causata da
periodi asciutti sempre più prolungati a fronte di un maggior consumo di acqua da
parte della vegetazione, conseguente all’aumento delle temperature.
Mari e ghiacciai
Secondo i dati dell’IPCC il livello dei mari si è innalzato di circa 10-20 cm nel corso
del ‘900, aumento che non trova riscontro negli ultimi tremila anni e che
probabilmente è da ricondursi all’espansione termica della massa globale delle
acque.
Dal 1960 si è osservata una riduzione del 10% della superficie innevata, una
riduzione di 2 settimane del periodo di congelamento dei laghi alle medie e alte
latitudini e una riduzione del 10 – 15% dei ghiacciai estivi nei mari del nord.
9
A)
Pe
rc
en
ta
ge
20
20
20
20
20
20
10
10
10
10
10
10
0
0
0
0
0
0
-10
-10
-10
-10
-10
-10
-20
-20
-20
-20
-20
-20
1880 1900 1920 1940 1960 1980
0-2.5
mm/day
1880 1900 1920 1940 1960 1980
2.5-12.5
mm/day
1880 1900 1920 1940 1960 1980
1880 1900 1920 1940 1960 1980
12.5-25
mm/day
25-50
mm/day
B) Trend invernali nel periodo 1971 – 1992
(mm/giorno per decade)
1880 1900 1920 1940 1960 1980
>50
mm/day
1880 1900 1920 1940 1960 1980
>25
mm/day
Fig. 5. Studi realizzati sull’Italia settentrionale
non hanno evidenziato variazioni significative
dell’ammontare annuo delle precipitazioni nel
corso dell’ultimo secolo. E’stato osservato
invece un aumento significativo delle giornate
con elevata intensità di pioggia e, viceversa,
una riduzione del numero di giorni con
precipitazioni moderate (A, Brunetti et al.,
2000), come pure una riduzione delle
precipitazioni a sud delle Alpi nella stagione
invernale (B, RER, 2000)
10
Aumento dei gas serra
La tabella seguente riporta le variazioni di origine antropica dei principali gas serra,
il loro contributo all’effetto serra e le principali fonti di produzione (EEA, 1998.
* indica che la percentuale è applicabile al complesso degli alogenati, inclusi i CFC
e gli HCFC).
Gas
serra
Incremento
% dal 1750
Contributo % al
riscaldamento
Fonti antropiche
CO2
30
64
Combustione, deforestazione, cambio
d’uso dei suoli, produzione di cemento
CH4
145
20
Produzione e uso di energia (inclusa la
biomassa), animali, risaie, fognature,
discariche
N20
15
6
Fertilizzanti, bonifica, produzione di
acidi grassi e nitrici, combustione di
biomasse e combustibili fossili
HFC
-
10*
Refrigerazione, condizionamento,
industria chimica
PFC
-
-
Produzione di alluminio
SF6
-
-
Distribuzione di corrente elettrica
I composti in tabella non sono i soli gas serra. Per esempio il vapore acqueo, pur
rappresentando il principale componente dell’effetto serra, indispensabile per la vita
sulla terra, non è menzionato perché la sua concentrazione, molto variabile, non
risente direttamente delle attività umane.
Anche l’ozono troposferico contribuisce in modo sensibile al riscaldamento globale
ma risulta distribuito in modo disomogeneo, concentrandosi soprattutto in
corrispondenza di grandi aree urbanizzate e industrializzate, dove si genera per
reazioni fotochimiche in presenza di inquinamento atmosferico.
Al contrario, la diminuzione dell’ozono stratosferico, che notoriamente ci espone ad
un maggiore irraggiamento ultravioletto, produce un modesto effetto di
raffreddamento climatico. Il Protocollo di Montreal, se attuato completamente,
dovrebbe alla lunga porre termine sia alla diminuzione dell’ozono stratosferico, sia
agli effetti climatici connessi.
Come si vede dalla tabella precedente i principali gas serra le cui concentrazioni
sono aumentate a seguito dell’attività antropica successiva all’inizio dell’era
industriale sono: l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto
(N2O).
Gli altri composti menzionati nella tabella sono gas di sintesi, come i
clorofluorocarburi e altri alogenati. I più noti sono: PFC, HFC, SF6, prima totalmente
assenti in atmosfera e introdotti recentemente a causa delle attività industriali.
11
Come già detto, alcuni di questi gas sono già stati banditi per il loro effetto negativo
sulla chimica del “buco dell’ozono”.
L’aumento della CO2
Per quanto riguarda in particolare la CO2, secondo l’IPCC la sua concentrazione
attuale non ha precedenti negli ultimi 420.000 anni e forse negli ultimi 20 milioni di
anni. I due terzi dell’incremento registrato negli ultimi 20 anni sono dovuti al
consumo di combustibili fossili, alla deforestazione e alla produzione di cemento.
L’emissione degli altri gas serra (CH4 e N2O) è invece fortemente condizionata
dall’attività agricola e dal trattamento dei rifiuti di origine organica. Il complesso dei
gas serra immessi nell’atmosfera viene normalmente espresso in tonnellate di CO2
equivalente.
Fig.
della
concentrazione
atmosferica
di CO2 di
misurata
nel laboratorio
in vetta al in
Fig. 6.6.Andamento
Andamento
della
concentrazione
atmosferica
CO2 misurata
nel laboratorio
vetta alCimone
Monte(MO).
Cimone (MO). [www.isao.bo.cnr.it/~cimone]
Monte
Misure effettuate in Emilia-Romagna dall’Aeronautica Militare sulla vetta del Monte
Cimone evidenziano un aumento del 10% della CO2 negli ultimi vent’anni (Figura 6,
fonte: www.isao.bo.cnr.it/~cimone), in linea con quanto registrato in analoghi
laboratori presenti nel resto del mondo.
12
Dal 1750 ad oggi la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata del 30%
nonostante che:
♦ dal 1990 al ‘96 la CO2 emessa negli stati dell’Unione Europea abbia subito una
riduzione dell’1% come conseguenza di una minor crescita economica
complessiva, della riconversione industriale successiva alla riunificazione delle
due Germanie e della consistente minore emissione di CO2 a seguito dell’uso di
gas naturali al posto del carbone avvenuta nell’ultimo decennio nel Regno Unito.
♦ i paesi dell’ex URSS abbiano ridotto notevolmente le emissioni di CO2 a seguito
della crisi economica e industriale seguita alla caduta del regime comunista e
alla successiva frantumazione dell’URSS.
L’effetto degli aerosol
Gli aerosol atmosferici sono composti da particelle e goccioline di piccole
dimensioni. Possono essere immessi direttamente in atmosfera dall’uomo oppure
formarsi in seguito a reazioni chimiche determinate da composti inquinanti come
biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) o ammoniaca. Gli aerosol hanno
essenzialmente il ruolo di raffreddare l’atmosfera ma, a differenza dei principali gas
serra, hanno vita corta e non sono quindi distribuiti in modo omogeneo sull’intero
pianeta. Di conseguenza i loro effetti sono più regionali (tendono ad agire
principalmente nella zona in cui sono generati).
L’IPCC ha stimato che gli aerosol svolgano un consistente ruolo di contenimento
del riscaldamento provocato dai gas serra (fino a circa il 50% del riscaldamento
complessivo dovuto ai principali gas serra potrebbe essere stato compensato dal
raffreddamento causato dagli aerosol).
E’ bene altresì ricordare che una fonte naturale di aerosol è costituita dai vulcani
che, nel corso del ‘900, con le loro eruzioni hanno a più riprese rallentato
temporaneamente l’impatto dei gas serra sul riscaldamento globale.
13
La tendenza dei gas serra negli anni futuri
In assenza di drastici (e oltretutto improbabili) interventi da parte dei governi, tutti gli
scenari economico-sociali esaminati dall’IPCC prevedono un aumento della
concentrazione dei gas serra in atmosfera. In particolare la CO2 dovrebbe
raggiungere a fine secolo una concentrazione compresa tra le 540 e le 970 parti per
milione (da confrontarsi con le 280 ppm presenti prima della rivoluzione industriale).
Tenendo conto delle incertezze contenute negli attuali modelli del ciclo del
carbonio, l’intervallo previsto si allarga a 490-1260 ppm.
Gli stessi modelli evidenziano che per bloccare la concentrazione a 450 ppm
sarebbe indispensabile far tornare le emissioni al di sotto dei valori del 1990 entro
pochi decenni e continuare successivamente nella diminuzione fino a ridurre le
emissioni ad una frazione molto piccola di quelle attuali (che si aggirano attorno ai
sette miliardi di tonnellate di carbonio l’anno).
Per quanto riguarda invece la tendenza delle emissioni di gas serra, nella sola
Unione Europea, l’assenza di interventi strutturali avrebbe come conseguenza un
incremento, nel prossimo decennio, delle seguenti percentuali rispetto al 1990
(Figura 7A):
q
CO2 + 6%,
q
CH4 + 8%,
q
N2O + 9%.
La Figura 7B, mostra il contributo dei vari settori alle emissioni di gas serra rilevati
nel 1990 e stimati per il 2010, che dimostra come il solo settore dei trasporti
presenti un incremento significativo.
Questa tendenza al costante incremento delle emissioni, in assenza di immediate e
forti azioni di intervento, è confermata dagli scenari previsti dall’IPCC nell’ultimo
rapporto (Figura 8).
14
B)
A)
Fig. 7. A) Confronto tra le emissioni di gas serra degli stati dell’Unione Europea e negli stati che stanno per farvi
parte, tra il 1990 e il 2010, in relazione allo scenario più probabile in assenza di interventi strutturali. B) Contributo
dei diversi settori all’emissione di gas serra nell’Unione Europea. Fonte: Commissione Europea.
15
Fig. 8. Alcuni dei possibili scenari futuri di emissione di gas serra espressi in tonnellate equivalenti
di CO2. I diversi scenari corrispondono a diverse evoluzioni socio-economiche del pianeta
ipotizzate dall’IPCC, al netto di eventuali interventi governativi volti a limitare le emissioni.
Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001, Summary for policymakers.
Le previsioni climatiche
Temperatura
Dall’analisi delle simulazioni fornite dai diversi modelli accoppiati di Circolazione
Generale dell’Atmosfera e dell’Oceano (AOGCM), l’IPCC stima un incremento
medio globale della temperatura dell’aria dal 2000 al 2100 compreso tra 1.5 e 6 °C
in relazione ai diversi scenari di emissione di gas serra per i prossimi anni (da 3 a 6
°C senza interventi strutturali).
Si tratta di eventi che non hanno precedenti negli ultimi diecimila anni e che sono
destinati a modificare profondamente la superficie del pianeta e l’atmosfera rispetto
alla situazione attuale.
La stima delle anomalie termiche sulla scala regionale è molto meno accurata di
quanto non sia il segnale globale, però sulla base dei risultati dei più recenti
AOGCM si può ipotizzare che tutte le regioni della Terra si riscalderanno, in modo
16
particolare quelle situate alle medie e alte latitudini, con effetto maggiore nelle
stagioni fredde (Figure 9 e 10).
Limitatamente all’area del Mediterraneo, le simulazioni fornite dagli AOGCM (1) con
gli scenari di emissione A2 e B2 danno un aumento delle temperature superiore
all’aumento globale durante i mesi estivi, mentre in inverno l’anomalia (positiva)
sembra leggermente minore a quella globale.
In generale comunque i modelli prevedono un ventaglio di scenari climatici futuri,
nei quali la variabilità del risultato dipende dall’ipotesi adottata di emissione dei gas
serra nei prossimi cento anni, dal modello previsionale utilizzato, dalla tecnica di
simulazione. Tutti sono pero’concordi sull’aumento della temperatura (Figura 11).
(1) Comunicazione personale fornita da Filippo Giorgi, membro per l’Italia del WG1 IPCC, durante il
meeting sui cambiamenti climatici tenutosi a Venezia nei giorni 8 e 9 Febbraio 2001.
17
Fig. 9. Previsione
dell’incremento della
temperatura in Europa nei
prossimi 50 anni ottenuta con
uno scenario che assume
l’attuale trend di emissione dei
gas serra e valori di CO2 di circa
500 ppm nell’anno 2050. Fonte:
Commissione Europea, 1999.
18
B2
A2
Fig. 10. Previsioni della variazione di temperatura nel 2100 ottenute con due diversi scenari di emissione riportati
nella Figura 8: scenario A2 con emissione di CO 2 nel 2100 pari a sei volte i valori attuali; scenario B2 con
emissione di CO 2 nel 2100 pari a due volte i valori attuali. Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001, Summary for
policymakers.
19
Fig. 11. Previsioni della variazione termica ottenute utilizzando tutti gli scenari di emissione riportati nella
Figura 8 con diversi modelli climatici. Le bande grigie rappresentano la variabilità complessiva della
previsione dovuta all’impiego dei diversi modelli e scenari mentre le barre a lato indicano la variabilità dei
modelli applicati ad ogni scenario.Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001, Summary for policymakers.
Mari e ghiacciai
Gli scenari futuri prevedono un ulteriore innalzamento del livello del mare,
compreso tra 15 e 90 centimetri nel il periodo 1990-2100, con un valore centrale più
probabile di circa 50 centimetri. Questi dati corrispondono ad un aumento pari a
due-quattro volte i valori osservati nel corso del 20° secolo, che già sono da
considerare valori eccezionali.
Anche in questo caso il risultato è condizionato dallo scenario considerato di
emissione di gas serra per i prossimi anni e, come accennato per la temperatura, i
diversi modelli forniscono una risposta concorde sull’aumento del livello del mare
con valori più critici all’aumentare della concentrazione dei gas serra (Figura 12).
Critica sarà anche la situazione dei ghiacciai alpini, che dovrebbero
progressivamente scomparire, e altrettanto critica la situazione dei ghiacciai marini
per i quali è prevista una consistente riduzione. L’aumento di livello del mare
determinerà una perdita consistente degli insediamenti costieri, stimabile in alcuni
punti percentuali rispetto alla situazione attuale.
20
Fig. 12. Gamma delle previsioni relative all’incremento dell’altezza media del mare (in metri)
ottenuta utilizzando tutti gli scenari di emissione riportati nella Figura 8 con diversi modelli climatici .
Le bande grigie rappresentano la variabilità complessiva della previsione dovuta all’impiego dei
diversi modelli e scenari mentre le barre a lato indicano la variabilità dei modelli applicati ad ogni
scenario. Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001, Summary for policymakers.
L’aumento della temperatura del mare determinerà una variazione delle correnti
marine con modificazione della circolazione atmosferica, e ulteriori ripercussioni di
difficile previsione sull’estensione delle aree desertiche e monsoniche, sulla
frequenza di eventi simili al Niño, ecc.
Precipitazioni
Per le precipitazioni non vi sono segnali chiari nei modelli, come si è invece
osservato per la temperatura e per il livello del mare. Sul bacino del Mediterraneo,
sembrano probabili delle estati più “secche” di quanto non sia stato sino ad ora.
Con tutta la cautela legata all’incertezza sui dettagli locali delle simulazioni delle
precipitazioni, si può comunque immaginare un aumento delle precipitazioni a nord
delle Alpi e una riduzione a sud, soprattutto durante i mesi estivi, e quindi una
progressiva desertificazione delle regioni dell’Italia insulare e meridionale e sensibili
manifestazioni di desertificazione anche nelle regioni del centro-nord Italia.
21
Queste previsioni potrebbero migliorare solo con l’attuazione delle misure previste
dal Protocollo di Kyoto, che prevede il ritorno delle emissioni sotto il livello del 1990
nel periodo 2008-2012.
E’quindi necessario dare rapida attuazione alle Agende 21 locali, che prevedono il
computo analitico delle emissioni di gas serra, e condurre uno sforzo, guidato dalle
autorità centrali e locali, per l’abbattimento delle emissioni climalteranti (ricordiamo
che gli obiettivi stabiliti a Kyoto per l’Unione Europea consistono nell’abbattimento
delle emissioni globali europee nella misura del 8% al di sotto dei livelli del 1990 nel
periodo 2008-2012).
22
La credibilità delle previsioni
Nel corso degli ultimi anni è molto migliorata la credibilità delle previsioni climatiche
che oggi sono basate sulle simulazioni accoppiate dei modelli di circolazione
generale dell’atmosfera e dell’oceano (AOGCM). Il livello di accuratezza delle
simulazioni è aumentato in questi ultimi anni sino al punto che oggi i principali
AOGCM attualmente disponibili riescono a simulare adeguatamente le variazioni
del clima verificatesi negli ultimi centocinquanta anni (Figura 13).
Il miglioramento nella qualità delle previsioni è dovuto a tre diversi fattori:
♦ disponibilità di strumenti di calcolo sempre più potenti che hanno permesso, ad
esempio, di aumentare la risoluzione spaziale dei GCM e di usare delle
parametrizzazioni più realistiche dei processi fisici interni al sistema atmosferaoceano;
♦ riduzione degli errori di formulazione dei modelli atmosferici ed oceanici;
♦ applicazione dei modelli a scenari alternativi che tengono conto dell’inevitabile
imprecisione contenuta nei dati disponibili
I modelli sono quindi più complessi, in grado di simulare in modo più completo e
accurato, ad una scala di maggiore dettaglio, i processi che intervengono
nell’evoluzione del clima. Mentre negli anni ’70 venivano esaminate solo le variabili
fisiche dell’atmosfera, oggigiorno viene anche tenuta in considerazione l’interazione
atmosfera-suolo-oceano ed anche in parte la dinamica del ciclo del carbonio. Ci si
attende che in breve tempo i modelli siano anche in grado di simulare la dinamica
stagionale della vegetazione e la chimica atmosferica (Figura 14).
Le tecniche di simulazione climatica i cui risultati vengono attualmente utilizzati
dall’IPCC prevedono l’applicazione simultanea di più modelli accoppiati atmosferaoceano assoggettandoli ad un ampia gamma di scenari di possibile evoluzione dei
gas serra (Figure 11 e 12).
Anche se le tecniche utilizzate per la previsione sono più sofisticate e più attendibili
rispetto a 10 anni fa, il nuovo rapporto dell’IPCC non fornisce previsioni
sostanzialmente diverse da quelle riportate nei precedenti rapporti IPCC del 1990 e
del 1995. Appare però più evidente nel Terzo Rapporto IPCC che la fiducia
nell’attendibilità dei modelli è molto aumentata, e che di conseguenza le previsioni
formulate dall’IPCC sono sempre più credibili.
In sintesi i modelli matematici, strumenti essenziali usati dai climatologi per
comprendere il funzionamento della macchina climatica e prevedere le variazioni
climatiche del futuro, sono migliorati molto in questi ultimi anni e le simulazioni del
clima presente e del recente passato da essi fornite tendono a collimare sempre
meglio con le osservazioni. Molti fenomeni prima trascurati sono ora tenuti nella
dovuta considerazione e risultano simulati correttamente, anche se vi sono alcuni
punti che necessitano di ulteriori studi e chiarificazioni.
Un grande margine di ulteriore miglioramento si può anche avere nella
“regionalizzazione” del clima, che consiste essenzialmente nella definizione di
23
scenari di cambiamento climatico più realistici alla scala continentale ed inferiore
(nazionale e regionale).
Nonostante l’aumento eccezionale della potenza di calcolo dei supercomputer, la
risoluzione con cui vengono usati gli AOGCM è ancora abbastanza modesta (200300 Km.) e non permette una descrizione di cosa “accadrà in dettaglio” al clima del
prossimo secolo.
Per tentare di dare delle risposte a tale domanda, già al giorno d’oggi vengono
usate diverse tecniche di “down-scaling” del clima per proiettare alle scale spaziali
minori i risultati delle simulazioni dei modelli globali. Esse si basano sia su tecniche
di tipo statistico che su tecniche prettamente deterministiche.
E’evidente che per la valutazione di cambiamenti climatici su aree limitate come la
nostra nazione ed aree anche minori di essa (ad esempio la regione Emilia
Romagna) è necessario ed urgente approfondire molto gli studi e l’uso di queste
tecniche, al fine di definire degli scenari di clima sempre più realistici.
Come suggerisce il terzo rapporto del WG1 dell’IPCC, particolare cura dovrà
essere rivolta alla simulazione climatica degli eventi meteorologici estremi
(precipitazioni intense, brusche anomalie termiche) e a stabilire se e come potrà
accadere una variazione della loro frequenza di accadimento.
24
(b) ANTHROPOGENIC
model
observations
Temperature anomalies [°C]
Temperature anomalies [°C]
(a) NATURAL
Year
model
observations
Year
Temperature anomalies [°C]
(C) ALL FORCINGS
Fig. 13. Simulazioni della temperatura globale
ottenute con un modello climatico tenendo conto
all’impatto dei soli fattori di variazione naturali (a),
dei soli fattori antropogenici (b), e di entrambe le
fonti di variazione (c), a confronto con i dati
osservati negli ultimi 140 anni. L’accordo tra le
osservazioni e le simulazioni migliora molto quando
vengono simulati sia l’effetto delle emissioni
antropiche di gas serra, sia l’influenza di eventi
naturali di particolare rilevanza come le eruzioni
vulcaniche. Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001,
Summary for policymakers .
model
observations
Year
25
Fig. 14. Negli ultimi 25 anni si è avuto uno sviluppo notevole nella capacità dei modelli
previsionali di simulare i diverse fenomeni che condizionano l’evoluzione del clima. In
particolare i modelli degli anni’70 si limitavano alla simulazione dei processi atmosferici
mentre quelli attuali tengono conto dei processi superficiali, dei ghiacci marini, degli
aerosoli e del ciclo globale del carbonio. Si prevede che presto i modelli includeranno anche
la simulazione della dinamica vegetale e della chimica atmosferica.
Fonte: IPCC, rapporto
2001.
26
L’impatto dei cambiamenti climatici
L’argomento è talmente vasto e di difficile sintesi che si rimanda allo specifico
rapporto dell’IPCC (reperibile in forma riassuntiva sul sito www.ipcc.ch).
L’impatto delle variazioni climatiche sugli ecosistemi è (IPCC WG2, Summary for
Policimakers) assai articolato e complesso.
Non v’è dubbio che alcuni dei possibili impatti potranno riguardare anche ecosistemi
di interesse specifico per il nostro paese e la nostra regione.
Uno dei principali impatti dei cambiamenti climatici si avrà negli ecosistemi costieri.
Su tali ecosistemi, l’aumento del livello del mare e una possibile aumentata
frequenza di forti mareggiate potranno determinare un aumento dell’erosione
costiera e dell’habitat associato. Parallelamente, l’aumentata salinità delle acque
degli estuari potrà avere un grande impatto sulla vita delle specie acquatiche. Per
non parlare poi degli impatti che i cambiamenti climatici potranno determinare sul
turismo delle aree costiere, sulla disponibilità di acqua potabile, sulla pesca e sulla
biodiversità delle specie, nonché sugli insediamenti stessi.
Un altro settore che verrà interessato è quello della gestione delle risorse idriche ed
idrologiche. Cambiamenti climatici delle precipitazioni si potranno ripercuotere su
una notevole modifica del ciclo idrologico e quindi anche sulla possibilità di gestione
delle risorse idriche. Un cambiamento nel volume e nella distribuzione dell’acqua
potrà avere delle influenze sull’uso e sulla distribuzione della stessa per usi
domestici, industriali ed agricoli.
Sicuramente i cambiamenti nelle intensità delle precipitazioni avranno delle
ripercussioni sull’ampiezza delle portate dei fiumi e sulla frequenza di accadimento
delle piene. In particolare, aree con bacini idrografici medio-piccoli aventi tempi di
corivazione molto brevi potranno risultare molto più vulnerabili, in un’ipotesi di
aumento della frequenza di eventi brevi ed intensi. Altri bacini potranno vedere i
propri deflussi minimi vitali superati, verso il basso, in più periodi dell’anno.
Lo studio dell’impatto del clima e dei suoi mutamenti sulle molteplici attività umane
si fonda sulla cooperazione tra scienze sperimentali e scienze umane ed è quindi
caratterizzato da una maggiore indeterminazione dovuta alla complessità degli
argomenti da esaminare. Le Nazioni Unite ritengono comunque che i cambiamenti
climatici costituiscano probabilmente la maggiore minaccia alla sostenibilità
dell’attuale modello di sviluppo, con gravi ripercussioni sull’ambiente, sulla salute,
sul benessere e sull’economia.
E’ormai chiaro che non sussistono possibilità di evitare del tutto i futuri mutamenti
climatici ma per evitare che essi diventino catastrofici è necessario fin da ora agire
su tre fronti:
♦ determinare con la maggiore accuratezza possibile i trend climatici sul nostro
territorio, nazionale e regionale e valutarne le possibili conseguenze sulla vita
della popolazione;
♦ ridurre le emissioni di gas serra per limitare l’entità dei cambiamenti climatici;
27
♦ adeguare il nostro modello di vita per limitare gli effetti negativi dei cambiamenti
climatici stessi.
Gli interventi di contenimento delle emissioni saranno tanto più efficaci quanto più
saranno drastici e rapidi. Anche in caso di intervento sulle emissioni l’effetto delle
emissioni passate continuerà a manifestarsi per secoli anche se in misura attenuata
rispetto a quanto previsto.
In mancanza di contenimento delle emissioni gli effetti secolari potrebbero essere
veramente catastrofici: basti pensare che, in assenza di interventi, i modelli
prevedono lo scioglimento dell’enorme massa di ghiaccio che ricopre la
Groenlandia ed il conseguente innalzamento del livello degli oceani di tre metri
entro la fine del millennio e di ben sette metri quando il processo sarà concluso.
28
Gli accordi internazionali per la riduzione dei gas serra
La risposta internazionale ai cambiamenti climatici prese la forma della
Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC),
adottata a Rio de Janeiro nel 1992. Questa convenzione stabilisce un quadro di
azioni per stabilizzare la concentrazione dei gas serra nell’atmosfera in misura tale
da evitare che attività antropogeniche possano provocare pericolose interferenze
sul sistema climatico. Questo quadro prevedeva un generico impegno a stabilizzare
per la fine del secolo le emissioni di gas serra allo stesso livello del 1990. La
Convenzione ad oggi è stata ratificata da 185 nazioni ed è entrata in vigore nel
1994. Dal 1995 ad oggi sono state organizzate sei Conferenze delle Parti (COP),
che vedono la partecipazione delle delegazioni di tutti i Paesi membri per
concordare i modi e le azioni necessarie per l’implementazione della Convenzione.
Sin dal 1995, vista la limitatezza degli strumenti offerti dalla Convenzione per
raggiungere gli obiettivi fissati e visto che questi ultimi erano loro stessi di ampiezza
limitata, per contrastare le sempre maggiori evidenze di una eccessiva
concentrazione di gas serra nell’atmosfera fu lanciato un negoziato per addivenire
ad un ulteriore accordo che stabilisse nuovi limiti alle emissioni di gas serra e che
fosse soprattutto legalmente vincolante.
Questo importante traguardo fu raggiunto nel 1997 a Kyoto con l’adozione del
famoso Protocollo che ne porta il nome e che prevede che i Paesi industrializzati si
impegnino collettivamente, anche se in misura differenziata, a ridurre le emissioni di
gas che inducono l’effetto serra di circa il 5,2% sotto i livelli del 1990. Questo
obiettivo dovrà essere raggiunto nel periodo 2008-2012, ma sostanziali progressi
dovranno essere dimostrati entro il 2005. Se ad una prima lettura queste cifre
possono sembrare modeste, bisogna considerare che attualmente le emissioni di
gas serra sono in continuo aumento e le riduzioni previste rappresentano una
riduzione reale ben superiore anche se non sufficiente a invertire la tendenza. E’
importante sottolineare come il Protocollo entrerà in vigore, e diventerà vincolante
per gli stati signatari, solo dopo 90 giorni dalla data in cui almeno il 55% dei Paesi
membri della Convenzione l’avranno ratificato. In aggiunta, questi Paesi dovranno
rappresentare il 55% del totale delle emissioni di anidride carbonica (CO2), dei
Paesi elencati nell’Allegato I alla Convenzione (Paesi sviluppati più Paesi con
economie in transizione), conteggiate per il 1990. Se si considera che gli Stati Uniti
in quell’anno erano responsabili per il ∼ 38% delle emissioni, l’Unione Europea per il
∼ 22% e il Giappone per ∼ 8%, si può concludere che il Protocollo non entrerà in
vigore fino a quando non sia stato ratificato da un certo numero di Paesi chiave.
Altra fondamentale novità introdotta dal Protocollo di Kyoto sono i cosiddetti
“Meccanismi flessibili”, veri e propri strumenti economici che permettono il
raggiungimento degli obiettivi di riduzione attraverso progetti nei Paesi in via di
sviluppo o con economie in transizione e che generano crediti di emissione da
scontare all’interno del Paese attuatore, o in crediti negoziabili. Essi sono:
implementazione congiunta (JI, articolo 6), meccanismo di sviluppo pulito (CDM,
articolo 12) e permessi negoziabili (ET, articolo 17). I settori che saranno
maggiormente interessati sono: l’energia, i trasporti, l’industria, l’agricoltura, la
silvicoltura, e la gestione dei rifiuti.
29
Se al momento non si può sapere con certezza quando il Protocollo entrerà in
vigore, esiste una forte convergenza di impegni nell’indicare il 2002 (a dieci anni dal
summit di Rio che creò la Convenzione), come l’anno in cui questo obiettivo deve
essere raggiunto per non far perdere la credibilità all’intero processo. Resta il fatto
che ad oggi solamente 31 Paesi hanno ratificato il Protocollo e per lo più si tratta di
Paesi insulari in via di sviluppo, che sono quelli maggiormente minacciati da
fenomeni come l’innalzamento del livello del mare. La maggior parte dei Paesi,
soprattutto industrializzati, prima di ratificare il Protocollo aspettano che siano
definite chiaramente le regole e i dettagli operativi che determinano i modi in cui le
riduzioni concordate sono ottenute e come gli sforzi dei Paesi siano misurati e
valutati.
Perché è fallita la Conferenza dell’Aia
Dalla conferenza di Kyoto a quella dell’Aia, passando per quelle di Buenos Aires del
1998 e Bonn del 1999, è stato tutto un susseguirsi di meeting tecnici e politici che
dovevano avvicinare le posizioni fra le parti. La conferenza dell’Aia doveva quindi
rappresentare il momento di svolta dell’intero processo, nel quale le numerose
questioni tecniche aperte avrebbero dovuto trovare soluzione.
I problemi irrisolti
E invece non è stato così. Sono sostanzialmente quattro gli argomenti che hanno
creato il conflitto sinora irrisolto:
q
uso del suolo, cambio d’uso del suolo e forestazione;
q
i meccanismi di Kyoto;
q
i finanziamenti addizionali per i Paesi in via di sviluppo;
q
il regime giuridico di verifica e controllo degli impegni presi.
Il Protocollo di Kyoto prevede l’utilizzo di quantità di carbonio emesse/assorbite in
seguito ad attività di forestazione, riforestazione e deforestazione per raggiungere
gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra per ciascun Paese, ma non è
stato ancora trovato l’accordo sulle linee guida per il calcolo dei bilanci annuali del
carbonio per il settore agricolo e forestale, e quindi mancano ancora gli strumenti
per contabilizzare e verificare questi dati.
In discussione era anche se accettare subito queste attività o rimandarle a
successivi periodi dopo il raggiungimento dei primi obiettivi. L’argomento è stato
probabilmente quello più controverso, specie per molti Paesi in via di sviluppo in cui
quello delle foreste potrebbe essere uno dei pochi settori che attrae investimenti
stranieri, e necessita di ulteriori approfondimenti tecnico-scientifici.
Per quanto riguarda i meccanismi flessibili, i problemi sorti riguardano l’estensione
del loro uso rispetto alle attività di contenimento nazionali (principio di
supplementarietà). L’Unione Europea vuole fortemente la fissazione di un limite
minimo di azioni di contenimento nazionali, mentre ad esempio gli Stati Uniti e il
Giappone vorrebbero avere piena libertà su come e dove raggiungere i propri
obiettivi.
30
Differenze sostanziali permangono anche per ciò che riguarda la fruibilità dei
permessi negoziabili, che Cina e India vedono limitata sulla base di questioni di
principio; l’imposizione di una tassa sui meccanismi per aiutare i paesi più
vulnerabili ai cambiamenti climatici; e sui metodi con cui calcolare le cosiddette
baselines per i progetti di JI e CDM, cioè le ipotetiche emissioni di riferimento sulla
cui base vengono misurate le riduzioni generate attraverso i progetti.
La previsione di nuovi specifici finanziamenti è stata fortemente voluta dai Paesi in
via di sviluppo: in particolare si chiedono fondi per coprire i costi di adattamento alle
conseguenze dei cambiamenti climatici e per favorire il trasferimento di tecnologie
eco-compatibili.
Il regime giuridico è forse il meno controverso. Una volta stabilite regole chiare, i
modi per applicarle verranno condivisi; la questione è se le sanzioni devono avere il
carattere di deterrente oppure debbano essere repressive.
Emissions trends (Italy)
fonte ANPA
Total (with net CO2 emissions/removals)
Total (without CO2 from LUCF) (6)
Net CO2 emissions/removals
600.000
CO2 Equiv (Gg)
550.000
500.000
450.000
400.000
350.000
300.000
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
Fig. 15. Andamento delle emissioni di gas serra in Italia.Fonte: Anpa.
La posizione dell’Italia
L’Italia si è impegnata a ridurre complessivamente le emissioni del 6,5% sotto il
livello del 1990 e l’Unione Europea nel suo complesso ha un obiettivo di riduzione
dell’8%. Considerando che in questi anni la tendenza è rimasta in crescita, ci si può
aspettare che nuove normative e regolamenti dovranno essere introdotti ed
applicati su scala macro-economica per il raggiungimento di questo non facile
obiettivo. In particolare, bisogna considerare che le emissioni di gas serra in Italia
sono comunque in costante crescita (Figura 15).
I recenti provvedimenti governativi di incentivazione dei veicoli a basso impatto
ambientale, i finanziamenti per incrementare l’uso dell’energia solare e gli incentivi
31
per sistemi di trasporto pubblico urbano non inquinanti, ad esempio, si muovono in
questa direzione, ma molto deve essere ancora fatto per diffondere la conoscenza
della problematica e sui suoi possibili impatti.
Una strategia vincente per combattere le avverse conseguenze dei cambiamenti
climatici deve necessariamente passare anche attraverso il convincimento della
popolazione che ciò è possibile e ne vale la pena. Per molti l’effetto serra è ancora
un’astrazione lontana, distante nel tempo e non chiara nei suoi contenuti; spesso è
visto come il problema di qualcun altro, delle future generazioni o di altri Paesi.
Nuovi fattori, come il largo consenso scientifico maturato attorno al rischio del
mutamento climatico indotto dall’uomo, l’interesse dell’opinione pubblica mondiale e
del mondo economico, la consapevolezza raggiunta dai governi, soprattutto dopo il
fallimento del vertice dell'Aia, lanciano segnali di cauto ottimismo per il futuro
perché non dobbiamo dimenticare che i cambiamenti climatici sono universalmente
riconosciuti come una delle maggiori minacce, se non la maggiore, alla sostenibilità
futura dell’ambiente mondiale, alla salute dell’uomo e al benessere economico.
32
LE PIETRE MILIARI DELLA CONVENZIONE QUADRO SUI
CAMBIAMENTI CLIMATICI
Settembre 1988
Dicembre 1990
9 Maggio 1992
20 Giugno 1992
21 Marzo 1994
Aprile 95
Luglio 1996
Dicembre 1997
Novembre 1998
Novembre 1999
Novembre 2000
Dicembre 2000
Giugno 2001
Novembre 2001
2002
I cambiamenti climatici vengono discussi per la prima volta
alle Nazioni Unite
L’assemblea generale dell’ONU passa una risoluzione per
iniziare le negoziazioni su una Convenzione sui cambiamenti
climatici
La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti
Climatici (UNFCCC) viene adottata
La UNFCCC viene aperta per la firma alla Conferenza delle
Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED), a Rio de
Janeiro
La UNFCCC entra in vigore.
L’Italia ratifica la UNFCCC
Prima Conferenza delle Parti (COP 1) della UNFCCC si tiene
a Berlino
Vengono lanciate le negoziazioni per un protocollo o un altro
strumento legale per la UNFCCC
COP 2 si tiene a Ginevra
COP 3 si tiene a Kyoto
Viene adottato il Protocollo di Kyoto per la UNFCCC, che
prevede una riduzione globale di gas effetto serra da parte
dei Paesi industrializzati del 5,2% sotto i livelli del 1990, da
raggiungersi nel periodo 2008-2012.
COP 4 si tiene a Buenos Aires
Viene lanciato il “Piano d’azione di Buenos Aires”
COP 5 si tiene a Bonn
COP 6 si tiene a L’Aia
Si aspettavano accordi decisivi per il Protocollo di Kyoto e la
Convenzione, la Conferenza è “sospesa” con un nulla di fatto.
84 Stati hanno firmato il Protocollo di Kyoto
31 Stati lo hanno ratificato
185 Paesi hanno ratificato la Convenzione.
COP 6 parte 2° si terrà a Bonn
COP 7 si terrà a Marrakech
Summit mondiale Rio + 10
Entrata in vigore del Protocollo di Kyoto?
33
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano la dott.ssa Margot Van Soetendael per la cortese ed efficace
collaborazione editoriale.
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Nord Italia, Tesi di Laurea in Fisica, relatori Tosi E., Cacciamani C., realizzata
presso ARPA-SMR.
34