Mutamenti climatici Situazione e prospettive - Arpae Emilia
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Mutamenti climatici Situazione e prospettive - Arpae Emilia
Quaderno Tecnico ARPA-SMR n° 03/2001 Mutamenti climatici Situazione e prospettive Carlo Cacciamani Marco Deserti Vittorio Marletto Stefano Tibaldi Daniele Violetti Franco Zinoni Mutamenti climatici, situazione e prospettive. Carlo Cacciamani, Marco Deserti, Vittorio Marletto, Stefano Tibaldi, Daniele Violetti e Franco Zinoni ARPA Emilia-Romagna, Servizio Meteorologico Regionale, febbraio 2001 Nota tecnica preparata in occasione della “Giornata dei Consigli Provinciali sui Mutamenti Climatici”, 30 gennaio 2001 • L’insieme crescente delle osservazioni disponibili presenta l’immagine di un mondo in via di riscaldamento e di altri cambiamenti nel sistema climatico. • Le emissioni di gas serra ed aerosoli dovute alle attività umane continuano ad alterare l’atmosfera e ad influire sul clima. • E’ aumentata la fiducia nelle capacità dei modelli di anticipare il clima del futuro. • Ci sono nuove prove più stringenti che il riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni si possa attribuire alle attività umane. • L’uomo continuerà a modificare la composizione atmosferica per tutto il secolo 21°. • Tutti gli scenari esaminati conducono ad aspettarci un aumento globale delle temperature e del livello dei mari. • Il cambiamento climatico dovuto all’attività umana persisterà per molti secoli. • Sono necessarie ulteriori azioni per colmare le lacune informative e conoscitive esistenti. Queste dichiarazioni provengono dal testo riassuntivo destinato al mondo politico ed alla società civile prodotto il 21 gennaio 2001 a Shangai dall’IPCC, un consesso di studiosi del clima che, sotto l’egida dell’ONU, conduce periodiche verifiche sull’andamento del clima globale, accompagnate da previsioni sul clima del futuro. Il testo completo (reperibile in inglese nel sito www.ipcc.ch con il titolo IPCC WGI Third Assessment Report, Summary for Policymakers) descrive in dettaglio quali siano i risultati delle ricerche in corso. 1 INDICE PREMESSA ................................................................................................................................................. 3 VARIAZIONI CLIMATICHE DOCUMENTATE..................................................................................... 4 TEMPERATURA........................................................................................................................................... 5 PRECIPITAZIONI ......................................................................................................................................... 9 MARI E GHIACCIAI ...................................................................................................................................... 9 AUMENTO DEI GAS SERRA.................................................................................................................. 11 L’AUMENTO DELLA CO2 ........................................................................................................................... 12 L’EFFETTO DEGLI AEROSOL ...................................................................................................................... 13 LA TENDENZA DEI GAS SERRA NEGLI ANNI FUTURI ................................................................... 14 LE PREVISIONI CLIMATICHE ............................................................................................................. 16 TEMPERATURA......................................................................................................................................... 16 MARI E GHIACCIAI .................................................................................................................................... 20 PRECIPITAZIONI ....................................................................................................................................... 21 LA CREDIBILITÀ DELLE PREVISIONI............................................................................................... 23 L’IMPATTO DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI .................................................................................. 27 GLI ACCORDI INTERNAZIONALI PER LA RIDUZIONE DEI GAS SERRA ................................... 29 PERCHÉ È FALLITA LA CONFERENZA DELL’AIA.......................................................................................... 30 I problemi irrisolti .............................................................................................................................. 30 La posizione dell’Italia ....................................................................................................................... 31 LE PIETRE MILIARI DELLA CONVENZIONE QUADRO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI ...... 33 RINGRAZIAMENTI................................................................................................................................. 34 BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................................... 34 2 Premessa Molti dei componenti minori dell’atmosfera interagiscono con la radiazione infrarossa terrestre causando il cosiddetto effetto serra. L’effetto serra consente la vita sulla Terra, poiché la sua presenza aumenta la temperatura superficiale del pianeta di circa 33 centigradi rispetto ai valori che avrebbe in sua assenza. Il principale gas serra è il vapore d’acqua che però, diversamente da altri gas serra, è soggetto a forti variazioni di concentrazione sia nello spazio che nel tempo. Dall’inizio della rivoluzione industriale l’uomo ha però modificato la composizione atmosferica, immettendovi grandi quantità di gas serra “minori”, tra cui più nota è l’anidride carbonica (CO2). La concentrazione della CO2 è passata da 280 ppm (fine ‘700) a 367 ppm (oggi), livello probabilmente mai riscontrato negli ultimi venti milioni di anni. L’incremento della CO2 negli ultimi vent’anni è per tre quarti imputabile al consumo di combustibili fossili, e per il resto alla deforestazione. Altri gas serra minori in aumento a causa delle attività umane sono il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O). Totalmente assenti nell’atmosfera naturale ma introdotti recentemente a causa delle attività industriali sono i clorofluorocarburi (CFC) e altri gas simili (PFC). Anche questi gas (oltre a provocare la distruzione dello strato di ozono stratosferico che ci protegge dagli ultravioletti) esercitano un effetto serra interagendo direttamente con la radiazione infrarossa. Altre sostanze inquinanti agiscono sul clima in modo indiretto favorendo la formazione di ozono a bassa quota (O3 troposferico), gas che, oltre ad essere dannoso alle vie respiratorie, costituisce un’ulteriore fonte di modificazione climatica. Gli effetti di questi gas sull’alterazione del clima appaiono oggi sempre più evidenti e, senza adeguati interventi, potrebbero compromettere la vita di domani. 3 Variazioni climatiche documentate Il Segretariato delle Nazioni Unite ha istituito nel 1988 un comitato per lo studio dei cambiamenti climatici, composto da scienziati di tutti i paesi, denominato Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). L’IPCC è organizzato in tre gruppi di lavoro che valutano rispettivamente i seguenti aspetti: • Gruppo 1: Variazioni climatiche osservate e previste • Gruppo 2: Impatto delle variazioni climatiche su ambiente, salute ed economia • Gruppo 3: Interventi per ridurre l’entità delle variazioni climatiche (i “rimedi”) L’IPCC ha il compito di redigere rapporti periodici sullo stato del clima e previsioni per il futuro. Il primo rapporto è stato realizzato nel 1990, il secondo nel 1995, il terzo rapporto è previsto per il 2001 ma in questi giorni (gennaio 2001) sono stati resi pubblici ampi stralci del suo contenuto. Di seguito, in modo molto sintetico, sono riportati i contenuti del 3° rapporto dell’IPCC in merito alle variazioni del clima, alle sue cause e alle condizioni attese per il prossimo secolo, con alcune integrazioni ed analisi preliminari sulla situazione climatica in Italia e nella nostra Regione. 4 Temperatura I dati dell’IPCC dimostrano che sono già in atto variazioni climatiche significative dovute alle attività umane. Queste modificazioni del clima sono documentate da studi condotti a diverse scale su varie grandezze di interesse climatologico. Fig. 1. 1. Variazione delladello temperatura Terra. Le media linee continue Fig. Andamento scartomedia della della temperatura annuale globale dalla media del rappresentano lo scarto della media mobile su 10 anni rispetto al valor medio della su dieci anni. In periodo 1961-1990. Le linee continue rappresentano la media mobile temperatura del periodo 1961 -(misure 1990. In termometriche alto gli ultimi 140inanni (dati al suolo). In basso l’ultimo alto gli ultimi 140 anni stazioni termometrici), in basso l’ ultimo millennio (varie fonti di dati). millennio (varie fonti di dati). [IPCC, 2001] Il riscaldamento medio globale misurato dal 1860 è pari a circa 1 °C, mentre dall’inizio del ‘900 risulta di 0,6 °C, con un incertezza di ± 0,2 °C. Si tratta di valori che non hanno eguali nell’ultimo millennio (Figura 1). Gli anni ’90 sono stati i più caldi del millennio, con il 1998 e il 1997 piazzati rispettivamente al primo e al 5 secondo posto di questa sgradevole classifica. Il tasso attuale di riscaldamento alla superficie è pari a 0,15 gradi per decennio. Questo riscaldamento viene confermato su tutto lo spessore dei primi ottomila metri di atmosfera ed è riscontrabile a tutte le scale, dalla scala mondiale, a quella europea, fino alla scala regionale (Figura 2). A) B) E m ilia - R o m a g n a C) Temperature change (°C) 1.5 N o rm a l m e a n S m o o th e d 1 0.5 0 -0.5 -1 -1.5 1967 1972 1977 1982 1987 1992 1997 Fig. misurata(a) nelle Fig.2.2.Variazione Variazionedella dellatemperatura temperaturamedia dallaannuale scala mondiale allastazioni scala di rilevamento al suolo e mediata alla scala globale (a) europea (b) e europea (b) alla scala regionale dell’Emilia Romagna (c). dell’Emilia Romagna (c). Fonti:A,A,B)B)EEA, CRU,1998, Regione2000. Emilia - Romagna, Fonti: 1998; C)Hadley RegioneCentre; Emilia -C) Romagna, Relazione sullo stato dell’ambiente ‘99 6 Le variazioni maggiori sono state registrate nell’emisfero nord alle latitudini più elevate (circolo polare artico, Europa, Asia, America) con incrementi della temperatura nel corso dell’ultimo decennio di 3 ÷ 5 °C rispetto al secolo precedente. Fig. 3. Variabilità spaziale dell’incremento termico sul pianeta nel decennio ‘90 rispetto al trentennio 1961 - 1990. Fonte CRU,1998; Hadley Centre, UK Per lo stesso periodo gli incrementi si riducono a 0,5 °C all’equatore, mentre non si osservano variazioni significative nell’emisfero australe (Figura 3). In particolare, alla scala continentale europea, pur con delle differenze anche talvolta elevate, la maggior parte delle aree hanno mostrato degli aumenti di temperatura sino a 0,8 °C in media in questo secolo (Schoenwiese e al., 1994). L’aumento non sembra essere continuo su tutto il secolo ma appare invece un aumento sino al 1940, poi una flessione sino al 1970 e successivamente un drastico nuovo aumento dagli anni ’70 ad oggi. Queste caratteristiche sono evidenti maggiormente alle medie ed alte latitudini. Durante gli anni ‘90 il riscaldamento è stato molto elevato, con aumenti variabili tra 0,25 e 0,5 °C in soli dieci anni. Oltre a fare più caldo di giorno fa anche sempre meno freddo di notte: infatti nell’ultimo secolo l’aumento delle temperature minime è risultato pari al doppio di quello delle temperature massime. Così nel nostro emisfero è in atto un accorciamento della stagione fredda, con la conseguente riduzione dell’innevamento e un forte regresso della superficie dei ghiacciai sia sulle montagne sia nell’Artide, dove lo spessore della calotta polare risulta diminuito del 40%. L’aumento delle temperature si è osservato anche sul territorio italiano. Ad esempio, come emerge da uno studio realizzato presso il Servizio Meteorologico dell’Arpa Emilia-Romagna limitato al Nord Italia (Cacciamani e al., 2001), durante gli ultimi quarant’anni si è rilevata una tendenza molto significativa all’aumento delle temperature, con un tasso di circa +0,03°C/anno (Figura 4), che risulta superiore a quello medio sia a scala globale che europea. 7 A) B) Fig. 4. Incremento annuo delle temperature massime e minime misurate nell’Italia settentrionale nel periodo 1961-1998. Il colore rosso evidenzia variazioni positive delle temperature, statisticamente significative. [Zuccherelli, 2000] 8 Precipitazioni Nel corso degli anni ’90 si è osservato mediamente un aumento delle precipitazioni alle latitudini elevate (tra lo 0,5 e l’1 % per decennio), e una riduzione alle medie e basse latitudini (-0,3 / -0,5 % per decennio). In Europa centrosettentrionale, buona parte dell’aumento delle precipitazioni annuali sembra derivare da un aumento delle stesse durante la stagione invernale e primaverile. Sembrano essere invece diminuite le precipitazioni durante la stagione estiva (Bradley, 1987). Sul Bacino del Mediterraneo, in particolare, sembra assai evidente e significativa la diminuzione delle precipitazioni durante tutte le stagioni a partire dalla fine degli anni 50 ad oggi (Piervitali e al., 1998). La barriera orografica costituita dalle Alpi sembra in grado di differenziare la tendenza delle precipitazioni che risulta in aumento nell’Europa continentale (a nord delle Alpi) e in diminuzione nell’Europa mediterranea (Figura 5b). Oltre che come quantità totale, le piogge sembrano aver cambiato anche le modalità con cui si verificano: nelle regioni tropicali e subtropicali si denota un aumento dei giorni con pioggia intensa ed una riduzione del numero di giorni piovosi. Alle medie ed elevate latitudini la frequenza delle piogge intense è aumentata dal 2 al 4%. Per quanto riguarda il nostro paese, è stato osservato (Figura 5a, da Brunetti e al., 2001) un aumento significativo del numero di giorni fortemente piovosi (più di 25 mm al giorno) e la diminuzione di quelli con pioggia debole (meno di 25 mm). Le conseguenze dirette di questo andamento sono: da una parte la maggiore incidenza delle situazioni di alluvione causate da forti piogge (su questo naturalmente incide non solo il carattere della pioggia ma anche la gestione del territorio); dall’altra, una progressiva tendenza alla desertificazione, causata da periodi asciutti sempre più prolungati a fronte di un maggior consumo di acqua da parte della vegetazione, conseguente all’aumento delle temperature. Mari e ghiacciai Secondo i dati dell’IPCC il livello dei mari si è innalzato di circa 10-20 cm nel corso del ‘900, aumento che non trova riscontro negli ultimi tremila anni e che probabilmente è da ricondursi all’espansione termica della massa globale delle acque. Dal 1960 si è osservata una riduzione del 10% della superficie innevata, una riduzione di 2 settimane del periodo di congelamento dei laghi alle medie e alte latitudini e una riduzione del 10 – 15% dei ghiacciai estivi nei mari del nord. 9 A) Pe rc en ta ge 20 20 20 20 20 20 10 10 10 10 10 10 0 0 0 0 0 0 -10 -10 -10 -10 -10 -10 -20 -20 -20 -20 -20 -20 1880 1900 1920 1940 1960 1980 0-2.5 mm/day 1880 1900 1920 1940 1960 1980 2.5-12.5 mm/day 1880 1900 1920 1940 1960 1980 1880 1900 1920 1940 1960 1980 12.5-25 mm/day 25-50 mm/day B) Trend invernali nel periodo 1971 – 1992 (mm/giorno per decade) 1880 1900 1920 1940 1960 1980 >50 mm/day 1880 1900 1920 1940 1960 1980 >25 mm/day Fig. 5. Studi realizzati sull’Italia settentrionale non hanno evidenziato variazioni significative dell’ammontare annuo delle precipitazioni nel corso dell’ultimo secolo. E’stato osservato invece un aumento significativo delle giornate con elevata intensità di pioggia e, viceversa, una riduzione del numero di giorni con precipitazioni moderate (A, Brunetti et al., 2000), come pure una riduzione delle precipitazioni a sud delle Alpi nella stagione invernale (B, RER, 2000) 10 Aumento dei gas serra La tabella seguente riporta le variazioni di origine antropica dei principali gas serra, il loro contributo all’effetto serra e le principali fonti di produzione (EEA, 1998. * indica che la percentuale è applicabile al complesso degli alogenati, inclusi i CFC e gli HCFC). Gas serra Incremento % dal 1750 Contributo % al riscaldamento Fonti antropiche CO2 30 64 Combustione, deforestazione, cambio d’uso dei suoli, produzione di cemento CH4 145 20 Produzione e uso di energia (inclusa la biomassa), animali, risaie, fognature, discariche N20 15 6 Fertilizzanti, bonifica, produzione di acidi grassi e nitrici, combustione di biomasse e combustibili fossili HFC - 10* Refrigerazione, condizionamento, industria chimica PFC - - Produzione di alluminio SF6 - - Distribuzione di corrente elettrica I composti in tabella non sono i soli gas serra. Per esempio il vapore acqueo, pur rappresentando il principale componente dell’effetto serra, indispensabile per la vita sulla terra, non è menzionato perché la sua concentrazione, molto variabile, non risente direttamente delle attività umane. Anche l’ozono troposferico contribuisce in modo sensibile al riscaldamento globale ma risulta distribuito in modo disomogeneo, concentrandosi soprattutto in corrispondenza di grandi aree urbanizzate e industrializzate, dove si genera per reazioni fotochimiche in presenza di inquinamento atmosferico. Al contrario, la diminuzione dell’ozono stratosferico, che notoriamente ci espone ad un maggiore irraggiamento ultravioletto, produce un modesto effetto di raffreddamento climatico. Il Protocollo di Montreal, se attuato completamente, dovrebbe alla lunga porre termine sia alla diminuzione dell’ozono stratosferico, sia agli effetti climatici connessi. Come si vede dalla tabella precedente i principali gas serra le cui concentrazioni sono aumentate a seguito dell’attività antropica successiva all’inizio dell’era industriale sono: l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O). Gli altri composti menzionati nella tabella sono gas di sintesi, come i clorofluorocarburi e altri alogenati. I più noti sono: PFC, HFC, SF6, prima totalmente assenti in atmosfera e introdotti recentemente a causa delle attività industriali. 11 Come già detto, alcuni di questi gas sono già stati banditi per il loro effetto negativo sulla chimica del “buco dell’ozono”. L’aumento della CO2 Per quanto riguarda in particolare la CO2, secondo l’IPCC la sua concentrazione attuale non ha precedenti negli ultimi 420.000 anni e forse negli ultimi 20 milioni di anni. I due terzi dell’incremento registrato negli ultimi 20 anni sono dovuti al consumo di combustibili fossili, alla deforestazione e alla produzione di cemento. L’emissione degli altri gas serra (CH4 e N2O) è invece fortemente condizionata dall’attività agricola e dal trattamento dei rifiuti di origine organica. Il complesso dei gas serra immessi nell’atmosfera viene normalmente espresso in tonnellate di CO2 equivalente. Fig. della concentrazione atmosferica di CO2 di misurata nel laboratorio in vetta al in Fig. 6.6.Andamento Andamento della concentrazione atmosferica CO2 misurata nel laboratorio vetta alCimone Monte(MO). Cimone (MO). [www.isao.bo.cnr.it/~cimone] Monte Misure effettuate in Emilia-Romagna dall’Aeronautica Militare sulla vetta del Monte Cimone evidenziano un aumento del 10% della CO2 negli ultimi vent’anni (Figura 6, fonte: www.isao.bo.cnr.it/~cimone), in linea con quanto registrato in analoghi laboratori presenti nel resto del mondo. 12 Dal 1750 ad oggi la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata del 30% nonostante che: ♦ dal 1990 al ‘96 la CO2 emessa negli stati dell’Unione Europea abbia subito una riduzione dell’1% come conseguenza di una minor crescita economica complessiva, della riconversione industriale successiva alla riunificazione delle due Germanie e della consistente minore emissione di CO2 a seguito dell’uso di gas naturali al posto del carbone avvenuta nell’ultimo decennio nel Regno Unito. ♦ i paesi dell’ex URSS abbiano ridotto notevolmente le emissioni di CO2 a seguito della crisi economica e industriale seguita alla caduta del regime comunista e alla successiva frantumazione dell’URSS. L’effetto degli aerosol Gli aerosol atmosferici sono composti da particelle e goccioline di piccole dimensioni. Possono essere immessi direttamente in atmosfera dall’uomo oppure formarsi in seguito a reazioni chimiche determinate da composti inquinanti come biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) o ammoniaca. Gli aerosol hanno essenzialmente il ruolo di raffreddare l’atmosfera ma, a differenza dei principali gas serra, hanno vita corta e non sono quindi distribuiti in modo omogeneo sull’intero pianeta. Di conseguenza i loro effetti sono più regionali (tendono ad agire principalmente nella zona in cui sono generati). L’IPCC ha stimato che gli aerosol svolgano un consistente ruolo di contenimento del riscaldamento provocato dai gas serra (fino a circa il 50% del riscaldamento complessivo dovuto ai principali gas serra potrebbe essere stato compensato dal raffreddamento causato dagli aerosol). E’ bene altresì ricordare che una fonte naturale di aerosol è costituita dai vulcani che, nel corso del ‘900, con le loro eruzioni hanno a più riprese rallentato temporaneamente l’impatto dei gas serra sul riscaldamento globale. 13 La tendenza dei gas serra negli anni futuri In assenza di drastici (e oltretutto improbabili) interventi da parte dei governi, tutti gli scenari economico-sociali esaminati dall’IPCC prevedono un aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera. In particolare la CO2 dovrebbe raggiungere a fine secolo una concentrazione compresa tra le 540 e le 970 parti per milione (da confrontarsi con le 280 ppm presenti prima della rivoluzione industriale). Tenendo conto delle incertezze contenute negli attuali modelli del ciclo del carbonio, l’intervallo previsto si allarga a 490-1260 ppm. Gli stessi modelli evidenziano che per bloccare la concentrazione a 450 ppm sarebbe indispensabile far tornare le emissioni al di sotto dei valori del 1990 entro pochi decenni e continuare successivamente nella diminuzione fino a ridurre le emissioni ad una frazione molto piccola di quelle attuali (che si aggirano attorno ai sette miliardi di tonnellate di carbonio l’anno). Per quanto riguarda invece la tendenza delle emissioni di gas serra, nella sola Unione Europea, l’assenza di interventi strutturali avrebbe come conseguenza un incremento, nel prossimo decennio, delle seguenti percentuali rispetto al 1990 (Figura 7A): q CO2 + 6%, q CH4 + 8%, q N2O + 9%. La Figura 7B, mostra il contributo dei vari settori alle emissioni di gas serra rilevati nel 1990 e stimati per il 2010, che dimostra come il solo settore dei trasporti presenti un incremento significativo. Questa tendenza al costante incremento delle emissioni, in assenza di immediate e forti azioni di intervento, è confermata dagli scenari previsti dall’IPCC nell’ultimo rapporto (Figura 8). 14 B) A) Fig. 7. A) Confronto tra le emissioni di gas serra degli stati dell’Unione Europea e negli stati che stanno per farvi parte, tra il 1990 e il 2010, in relazione allo scenario più probabile in assenza di interventi strutturali. B) Contributo dei diversi settori all’emissione di gas serra nell’Unione Europea. Fonte: Commissione Europea. 15 Fig. 8. Alcuni dei possibili scenari futuri di emissione di gas serra espressi in tonnellate equivalenti di CO2. I diversi scenari corrispondono a diverse evoluzioni socio-economiche del pianeta ipotizzate dall’IPCC, al netto di eventuali interventi governativi volti a limitare le emissioni. Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001, Summary for policymakers. Le previsioni climatiche Temperatura Dall’analisi delle simulazioni fornite dai diversi modelli accoppiati di Circolazione Generale dell’Atmosfera e dell’Oceano (AOGCM), l’IPCC stima un incremento medio globale della temperatura dell’aria dal 2000 al 2100 compreso tra 1.5 e 6 °C in relazione ai diversi scenari di emissione di gas serra per i prossimi anni (da 3 a 6 °C senza interventi strutturali). Si tratta di eventi che non hanno precedenti negli ultimi diecimila anni e che sono destinati a modificare profondamente la superficie del pianeta e l’atmosfera rispetto alla situazione attuale. La stima delle anomalie termiche sulla scala regionale è molto meno accurata di quanto non sia il segnale globale, però sulla base dei risultati dei più recenti AOGCM si può ipotizzare che tutte le regioni della Terra si riscalderanno, in modo 16 particolare quelle situate alle medie e alte latitudini, con effetto maggiore nelle stagioni fredde (Figure 9 e 10). Limitatamente all’area del Mediterraneo, le simulazioni fornite dagli AOGCM (1) con gli scenari di emissione A2 e B2 danno un aumento delle temperature superiore all’aumento globale durante i mesi estivi, mentre in inverno l’anomalia (positiva) sembra leggermente minore a quella globale. In generale comunque i modelli prevedono un ventaglio di scenari climatici futuri, nei quali la variabilità del risultato dipende dall’ipotesi adottata di emissione dei gas serra nei prossimi cento anni, dal modello previsionale utilizzato, dalla tecnica di simulazione. Tutti sono pero’concordi sull’aumento della temperatura (Figura 11). (1) Comunicazione personale fornita da Filippo Giorgi, membro per l’Italia del WG1 IPCC, durante il meeting sui cambiamenti climatici tenutosi a Venezia nei giorni 8 e 9 Febbraio 2001. 17 Fig. 9. Previsione dell’incremento della temperatura in Europa nei prossimi 50 anni ottenuta con uno scenario che assume l’attuale trend di emissione dei gas serra e valori di CO2 di circa 500 ppm nell’anno 2050. Fonte: Commissione Europea, 1999. 18 B2 A2 Fig. 10. Previsioni della variazione di temperatura nel 2100 ottenute con due diversi scenari di emissione riportati nella Figura 8: scenario A2 con emissione di CO 2 nel 2100 pari a sei volte i valori attuali; scenario B2 con emissione di CO 2 nel 2100 pari a due volte i valori attuali. Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001, Summary for policymakers. 19 Fig. 11. Previsioni della variazione termica ottenute utilizzando tutti gli scenari di emissione riportati nella Figura 8 con diversi modelli climatici. Le bande grigie rappresentano la variabilità complessiva della previsione dovuta all’impiego dei diversi modelli e scenari mentre le barre a lato indicano la variabilità dei modelli applicati ad ogni scenario.Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001, Summary for policymakers. Mari e ghiacciai Gli scenari futuri prevedono un ulteriore innalzamento del livello del mare, compreso tra 15 e 90 centimetri nel il periodo 1990-2100, con un valore centrale più probabile di circa 50 centimetri. Questi dati corrispondono ad un aumento pari a due-quattro volte i valori osservati nel corso del 20° secolo, che già sono da considerare valori eccezionali. Anche in questo caso il risultato è condizionato dallo scenario considerato di emissione di gas serra per i prossimi anni e, come accennato per la temperatura, i diversi modelli forniscono una risposta concorde sull’aumento del livello del mare con valori più critici all’aumentare della concentrazione dei gas serra (Figura 12). Critica sarà anche la situazione dei ghiacciai alpini, che dovrebbero progressivamente scomparire, e altrettanto critica la situazione dei ghiacciai marini per i quali è prevista una consistente riduzione. L’aumento di livello del mare determinerà una perdita consistente degli insediamenti costieri, stimabile in alcuni punti percentuali rispetto alla situazione attuale. 20 Fig. 12. Gamma delle previsioni relative all’incremento dell’altezza media del mare (in metri) ottenuta utilizzando tutti gli scenari di emissione riportati nella Figura 8 con diversi modelli climatici . Le bande grigie rappresentano la variabilità complessiva della previsione dovuta all’impiego dei diversi modelli e scenari mentre le barre a lato indicano la variabilità dei modelli applicati ad ogni scenario. Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001, Summary for policymakers. L’aumento della temperatura del mare determinerà una variazione delle correnti marine con modificazione della circolazione atmosferica, e ulteriori ripercussioni di difficile previsione sull’estensione delle aree desertiche e monsoniche, sulla frequenza di eventi simili al Niño, ecc. Precipitazioni Per le precipitazioni non vi sono segnali chiari nei modelli, come si è invece osservato per la temperatura e per il livello del mare. Sul bacino del Mediterraneo, sembrano probabili delle estati più “secche” di quanto non sia stato sino ad ora. Con tutta la cautela legata all’incertezza sui dettagli locali delle simulazioni delle precipitazioni, si può comunque immaginare un aumento delle precipitazioni a nord delle Alpi e una riduzione a sud, soprattutto durante i mesi estivi, e quindi una progressiva desertificazione delle regioni dell’Italia insulare e meridionale e sensibili manifestazioni di desertificazione anche nelle regioni del centro-nord Italia. 21 Queste previsioni potrebbero migliorare solo con l’attuazione delle misure previste dal Protocollo di Kyoto, che prevede il ritorno delle emissioni sotto il livello del 1990 nel periodo 2008-2012. E’quindi necessario dare rapida attuazione alle Agende 21 locali, che prevedono il computo analitico delle emissioni di gas serra, e condurre uno sforzo, guidato dalle autorità centrali e locali, per l’abbattimento delle emissioni climalteranti (ricordiamo che gli obiettivi stabiliti a Kyoto per l’Unione Europea consistono nell’abbattimento delle emissioni globali europee nella misura del 8% al di sotto dei livelli del 1990 nel periodo 2008-2012). 22 La credibilità delle previsioni Nel corso degli ultimi anni è molto migliorata la credibilità delle previsioni climatiche che oggi sono basate sulle simulazioni accoppiate dei modelli di circolazione generale dell’atmosfera e dell’oceano (AOGCM). Il livello di accuratezza delle simulazioni è aumentato in questi ultimi anni sino al punto che oggi i principali AOGCM attualmente disponibili riescono a simulare adeguatamente le variazioni del clima verificatesi negli ultimi centocinquanta anni (Figura 13). Il miglioramento nella qualità delle previsioni è dovuto a tre diversi fattori: ♦ disponibilità di strumenti di calcolo sempre più potenti che hanno permesso, ad esempio, di aumentare la risoluzione spaziale dei GCM e di usare delle parametrizzazioni più realistiche dei processi fisici interni al sistema atmosferaoceano; ♦ riduzione degli errori di formulazione dei modelli atmosferici ed oceanici; ♦ applicazione dei modelli a scenari alternativi che tengono conto dell’inevitabile imprecisione contenuta nei dati disponibili I modelli sono quindi più complessi, in grado di simulare in modo più completo e accurato, ad una scala di maggiore dettaglio, i processi che intervengono nell’evoluzione del clima. Mentre negli anni ’70 venivano esaminate solo le variabili fisiche dell’atmosfera, oggigiorno viene anche tenuta in considerazione l’interazione atmosfera-suolo-oceano ed anche in parte la dinamica del ciclo del carbonio. Ci si attende che in breve tempo i modelli siano anche in grado di simulare la dinamica stagionale della vegetazione e la chimica atmosferica (Figura 14). Le tecniche di simulazione climatica i cui risultati vengono attualmente utilizzati dall’IPCC prevedono l’applicazione simultanea di più modelli accoppiati atmosferaoceano assoggettandoli ad un ampia gamma di scenari di possibile evoluzione dei gas serra (Figure 11 e 12). Anche se le tecniche utilizzate per la previsione sono più sofisticate e più attendibili rispetto a 10 anni fa, il nuovo rapporto dell’IPCC non fornisce previsioni sostanzialmente diverse da quelle riportate nei precedenti rapporti IPCC del 1990 e del 1995. Appare però più evidente nel Terzo Rapporto IPCC che la fiducia nell’attendibilità dei modelli è molto aumentata, e che di conseguenza le previsioni formulate dall’IPCC sono sempre più credibili. In sintesi i modelli matematici, strumenti essenziali usati dai climatologi per comprendere il funzionamento della macchina climatica e prevedere le variazioni climatiche del futuro, sono migliorati molto in questi ultimi anni e le simulazioni del clima presente e del recente passato da essi fornite tendono a collimare sempre meglio con le osservazioni. Molti fenomeni prima trascurati sono ora tenuti nella dovuta considerazione e risultano simulati correttamente, anche se vi sono alcuni punti che necessitano di ulteriori studi e chiarificazioni. Un grande margine di ulteriore miglioramento si può anche avere nella “regionalizzazione” del clima, che consiste essenzialmente nella definizione di 23 scenari di cambiamento climatico più realistici alla scala continentale ed inferiore (nazionale e regionale). Nonostante l’aumento eccezionale della potenza di calcolo dei supercomputer, la risoluzione con cui vengono usati gli AOGCM è ancora abbastanza modesta (200300 Km.) e non permette una descrizione di cosa “accadrà in dettaglio” al clima del prossimo secolo. Per tentare di dare delle risposte a tale domanda, già al giorno d’oggi vengono usate diverse tecniche di “down-scaling” del clima per proiettare alle scale spaziali minori i risultati delle simulazioni dei modelli globali. Esse si basano sia su tecniche di tipo statistico che su tecniche prettamente deterministiche. E’evidente che per la valutazione di cambiamenti climatici su aree limitate come la nostra nazione ed aree anche minori di essa (ad esempio la regione Emilia Romagna) è necessario ed urgente approfondire molto gli studi e l’uso di queste tecniche, al fine di definire degli scenari di clima sempre più realistici. Come suggerisce il terzo rapporto del WG1 dell’IPCC, particolare cura dovrà essere rivolta alla simulazione climatica degli eventi meteorologici estremi (precipitazioni intense, brusche anomalie termiche) e a stabilire se e come potrà accadere una variazione della loro frequenza di accadimento. 24 (b) ANTHROPOGENIC model observations Temperature anomalies [°C] Temperature anomalies [°C] (a) NATURAL Year model observations Year Temperature anomalies [°C] (C) ALL FORCINGS Fig. 13. Simulazioni della temperatura globale ottenute con un modello climatico tenendo conto all’impatto dei soli fattori di variazione naturali (a), dei soli fattori antropogenici (b), e di entrambe le fonti di variazione (c), a confronto con i dati osservati negli ultimi 140 anni. L’accordo tra le osservazioni e le simulazioni migliora molto quando vengono simulati sia l’effetto delle emissioni antropiche di gas serra, sia l’influenza di eventi naturali di particolare rilevanza come le eruzioni vulcaniche. Fonte: IPCC, WG1, rapporto 2001, Summary for policymakers . model observations Year 25 Fig. 14. Negli ultimi 25 anni si è avuto uno sviluppo notevole nella capacità dei modelli previsionali di simulare i diverse fenomeni che condizionano l’evoluzione del clima. In particolare i modelli degli anni’70 si limitavano alla simulazione dei processi atmosferici mentre quelli attuali tengono conto dei processi superficiali, dei ghiacci marini, degli aerosoli e del ciclo globale del carbonio. Si prevede che presto i modelli includeranno anche la simulazione della dinamica vegetale e della chimica atmosferica. Fonte: IPCC, rapporto 2001. 26 L’impatto dei cambiamenti climatici L’argomento è talmente vasto e di difficile sintesi che si rimanda allo specifico rapporto dell’IPCC (reperibile in forma riassuntiva sul sito www.ipcc.ch). L’impatto delle variazioni climatiche sugli ecosistemi è (IPCC WG2, Summary for Policimakers) assai articolato e complesso. Non v’è dubbio che alcuni dei possibili impatti potranno riguardare anche ecosistemi di interesse specifico per il nostro paese e la nostra regione. Uno dei principali impatti dei cambiamenti climatici si avrà negli ecosistemi costieri. Su tali ecosistemi, l’aumento del livello del mare e una possibile aumentata frequenza di forti mareggiate potranno determinare un aumento dell’erosione costiera e dell’habitat associato. Parallelamente, l’aumentata salinità delle acque degli estuari potrà avere un grande impatto sulla vita delle specie acquatiche. Per non parlare poi degli impatti che i cambiamenti climatici potranno determinare sul turismo delle aree costiere, sulla disponibilità di acqua potabile, sulla pesca e sulla biodiversità delle specie, nonché sugli insediamenti stessi. Un altro settore che verrà interessato è quello della gestione delle risorse idriche ed idrologiche. Cambiamenti climatici delle precipitazioni si potranno ripercuotere su una notevole modifica del ciclo idrologico e quindi anche sulla possibilità di gestione delle risorse idriche. Un cambiamento nel volume e nella distribuzione dell’acqua potrà avere delle influenze sull’uso e sulla distribuzione della stessa per usi domestici, industriali ed agricoli. Sicuramente i cambiamenti nelle intensità delle precipitazioni avranno delle ripercussioni sull’ampiezza delle portate dei fiumi e sulla frequenza di accadimento delle piene. In particolare, aree con bacini idrografici medio-piccoli aventi tempi di corivazione molto brevi potranno risultare molto più vulnerabili, in un’ipotesi di aumento della frequenza di eventi brevi ed intensi. Altri bacini potranno vedere i propri deflussi minimi vitali superati, verso il basso, in più periodi dell’anno. Lo studio dell’impatto del clima e dei suoi mutamenti sulle molteplici attività umane si fonda sulla cooperazione tra scienze sperimentali e scienze umane ed è quindi caratterizzato da una maggiore indeterminazione dovuta alla complessità degli argomenti da esaminare. Le Nazioni Unite ritengono comunque che i cambiamenti climatici costituiscano probabilmente la maggiore minaccia alla sostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, con gravi ripercussioni sull’ambiente, sulla salute, sul benessere e sull’economia. E’ormai chiaro che non sussistono possibilità di evitare del tutto i futuri mutamenti climatici ma per evitare che essi diventino catastrofici è necessario fin da ora agire su tre fronti: ♦ determinare con la maggiore accuratezza possibile i trend climatici sul nostro territorio, nazionale e regionale e valutarne le possibili conseguenze sulla vita della popolazione; ♦ ridurre le emissioni di gas serra per limitare l’entità dei cambiamenti climatici; 27 ♦ adeguare il nostro modello di vita per limitare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici stessi. Gli interventi di contenimento delle emissioni saranno tanto più efficaci quanto più saranno drastici e rapidi. Anche in caso di intervento sulle emissioni l’effetto delle emissioni passate continuerà a manifestarsi per secoli anche se in misura attenuata rispetto a quanto previsto. In mancanza di contenimento delle emissioni gli effetti secolari potrebbero essere veramente catastrofici: basti pensare che, in assenza di interventi, i modelli prevedono lo scioglimento dell’enorme massa di ghiaccio che ricopre la Groenlandia ed il conseguente innalzamento del livello degli oceani di tre metri entro la fine del millennio e di ben sette metri quando il processo sarà concluso. 28 Gli accordi internazionali per la riduzione dei gas serra La risposta internazionale ai cambiamenti climatici prese la forma della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), adottata a Rio de Janeiro nel 1992. Questa convenzione stabilisce un quadro di azioni per stabilizzare la concentrazione dei gas serra nell’atmosfera in misura tale da evitare che attività antropogeniche possano provocare pericolose interferenze sul sistema climatico. Questo quadro prevedeva un generico impegno a stabilizzare per la fine del secolo le emissioni di gas serra allo stesso livello del 1990. La Convenzione ad oggi è stata ratificata da 185 nazioni ed è entrata in vigore nel 1994. Dal 1995 ad oggi sono state organizzate sei Conferenze delle Parti (COP), che vedono la partecipazione delle delegazioni di tutti i Paesi membri per concordare i modi e le azioni necessarie per l’implementazione della Convenzione. Sin dal 1995, vista la limitatezza degli strumenti offerti dalla Convenzione per raggiungere gli obiettivi fissati e visto che questi ultimi erano loro stessi di ampiezza limitata, per contrastare le sempre maggiori evidenze di una eccessiva concentrazione di gas serra nell’atmosfera fu lanciato un negoziato per addivenire ad un ulteriore accordo che stabilisse nuovi limiti alle emissioni di gas serra e che fosse soprattutto legalmente vincolante. Questo importante traguardo fu raggiunto nel 1997 a Kyoto con l’adozione del famoso Protocollo che ne porta il nome e che prevede che i Paesi industrializzati si impegnino collettivamente, anche se in misura differenziata, a ridurre le emissioni di gas che inducono l’effetto serra di circa il 5,2% sotto i livelli del 1990. Questo obiettivo dovrà essere raggiunto nel periodo 2008-2012, ma sostanziali progressi dovranno essere dimostrati entro il 2005. Se ad una prima lettura queste cifre possono sembrare modeste, bisogna considerare che attualmente le emissioni di gas serra sono in continuo aumento e le riduzioni previste rappresentano una riduzione reale ben superiore anche se non sufficiente a invertire la tendenza. E’ importante sottolineare come il Protocollo entrerà in vigore, e diventerà vincolante per gli stati signatari, solo dopo 90 giorni dalla data in cui almeno il 55% dei Paesi membri della Convenzione l’avranno ratificato. In aggiunta, questi Paesi dovranno rappresentare il 55% del totale delle emissioni di anidride carbonica (CO2), dei Paesi elencati nell’Allegato I alla Convenzione (Paesi sviluppati più Paesi con economie in transizione), conteggiate per il 1990. Se si considera che gli Stati Uniti in quell’anno erano responsabili per il ∼ 38% delle emissioni, l’Unione Europea per il ∼ 22% e il Giappone per ∼ 8%, si può concludere che il Protocollo non entrerà in vigore fino a quando non sia stato ratificato da un certo numero di Paesi chiave. Altra fondamentale novità introdotta dal Protocollo di Kyoto sono i cosiddetti “Meccanismi flessibili”, veri e propri strumenti economici che permettono il raggiungimento degli obiettivi di riduzione attraverso progetti nei Paesi in via di sviluppo o con economie in transizione e che generano crediti di emissione da scontare all’interno del Paese attuatore, o in crediti negoziabili. Essi sono: implementazione congiunta (JI, articolo 6), meccanismo di sviluppo pulito (CDM, articolo 12) e permessi negoziabili (ET, articolo 17). I settori che saranno maggiormente interessati sono: l’energia, i trasporti, l’industria, l’agricoltura, la silvicoltura, e la gestione dei rifiuti. 29 Se al momento non si può sapere con certezza quando il Protocollo entrerà in vigore, esiste una forte convergenza di impegni nell’indicare il 2002 (a dieci anni dal summit di Rio che creò la Convenzione), come l’anno in cui questo obiettivo deve essere raggiunto per non far perdere la credibilità all’intero processo. Resta il fatto che ad oggi solamente 31 Paesi hanno ratificato il Protocollo e per lo più si tratta di Paesi insulari in via di sviluppo, che sono quelli maggiormente minacciati da fenomeni come l’innalzamento del livello del mare. La maggior parte dei Paesi, soprattutto industrializzati, prima di ratificare il Protocollo aspettano che siano definite chiaramente le regole e i dettagli operativi che determinano i modi in cui le riduzioni concordate sono ottenute e come gli sforzi dei Paesi siano misurati e valutati. Perché è fallita la Conferenza dell’Aia Dalla conferenza di Kyoto a quella dell’Aia, passando per quelle di Buenos Aires del 1998 e Bonn del 1999, è stato tutto un susseguirsi di meeting tecnici e politici che dovevano avvicinare le posizioni fra le parti. La conferenza dell’Aia doveva quindi rappresentare il momento di svolta dell’intero processo, nel quale le numerose questioni tecniche aperte avrebbero dovuto trovare soluzione. I problemi irrisolti E invece non è stato così. Sono sostanzialmente quattro gli argomenti che hanno creato il conflitto sinora irrisolto: q uso del suolo, cambio d’uso del suolo e forestazione; q i meccanismi di Kyoto; q i finanziamenti addizionali per i Paesi in via di sviluppo; q il regime giuridico di verifica e controllo degli impegni presi. Il Protocollo di Kyoto prevede l’utilizzo di quantità di carbonio emesse/assorbite in seguito ad attività di forestazione, riforestazione e deforestazione per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra per ciascun Paese, ma non è stato ancora trovato l’accordo sulle linee guida per il calcolo dei bilanci annuali del carbonio per il settore agricolo e forestale, e quindi mancano ancora gli strumenti per contabilizzare e verificare questi dati. In discussione era anche se accettare subito queste attività o rimandarle a successivi periodi dopo il raggiungimento dei primi obiettivi. L’argomento è stato probabilmente quello più controverso, specie per molti Paesi in via di sviluppo in cui quello delle foreste potrebbe essere uno dei pochi settori che attrae investimenti stranieri, e necessita di ulteriori approfondimenti tecnico-scientifici. Per quanto riguarda i meccanismi flessibili, i problemi sorti riguardano l’estensione del loro uso rispetto alle attività di contenimento nazionali (principio di supplementarietà). L’Unione Europea vuole fortemente la fissazione di un limite minimo di azioni di contenimento nazionali, mentre ad esempio gli Stati Uniti e il Giappone vorrebbero avere piena libertà su come e dove raggiungere i propri obiettivi. 30 Differenze sostanziali permangono anche per ciò che riguarda la fruibilità dei permessi negoziabili, che Cina e India vedono limitata sulla base di questioni di principio; l’imposizione di una tassa sui meccanismi per aiutare i paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici; e sui metodi con cui calcolare le cosiddette baselines per i progetti di JI e CDM, cioè le ipotetiche emissioni di riferimento sulla cui base vengono misurate le riduzioni generate attraverso i progetti. La previsione di nuovi specifici finanziamenti è stata fortemente voluta dai Paesi in via di sviluppo: in particolare si chiedono fondi per coprire i costi di adattamento alle conseguenze dei cambiamenti climatici e per favorire il trasferimento di tecnologie eco-compatibili. Il regime giuridico è forse il meno controverso. Una volta stabilite regole chiare, i modi per applicarle verranno condivisi; la questione è se le sanzioni devono avere il carattere di deterrente oppure debbano essere repressive. Emissions trends (Italy) fonte ANPA Total (with net CO2 emissions/removals) Total (without CO2 from LUCF) (6) Net CO2 emissions/removals 600.000 CO2 Equiv (Gg) 550.000 500.000 450.000 400.000 350.000 300.000 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 Fig. 15. Andamento delle emissioni di gas serra in Italia.Fonte: Anpa. La posizione dell’Italia L’Italia si è impegnata a ridurre complessivamente le emissioni del 6,5% sotto il livello del 1990 e l’Unione Europea nel suo complesso ha un obiettivo di riduzione dell’8%. Considerando che in questi anni la tendenza è rimasta in crescita, ci si può aspettare che nuove normative e regolamenti dovranno essere introdotti ed applicati su scala macro-economica per il raggiungimento di questo non facile obiettivo. In particolare, bisogna considerare che le emissioni di gas serra in Italia sono comunque in costante crescita (Figura 15). I recenti provvedimenti governativi di incentivazione dei veicoli a basso impatto ambientale, i finanziamenti per incrementare l’uso dell’energia solare e gli incentivi 31 per sistemi di trasporto pubblico urbano non inquinanti, ad esempio, si muovono in questa direzione, ma molto deve essere ancora fatto per diffondere la conoscenza della problematica e sui suoi possibili impatti. Una strategia vincente per combattere le avverse conseguenze dei cambiamenti climatici deve necessariamente passare anche attraverso il convincimento della popolazione che ciò è possibile e ne vale la pena. Per molti l’effetto serra è ancora un’astrazione lontana, distante nel tempo e non chiara nei suoi contenuti; spesso è visto come il problema di qualcun altro, delle future generazioni o di altri Paesi. Nuovi fattori, come il largo consenso scientifico maturato attorno al rischio del mutamento climatico indotto dall’uomo, l’interesse dell’opinione pubblica mondiale e del mondo economico, la consapevolezza raggiunta dai governi, soprattutto dopo il fallimento del vertice dell'Aia, lanciano segnali di cauto ottimismo per il futuro perché non dobbiamo dimenticare che i cambiamenti climatici sono universalmente riconosciuti come una delle maggiori minacce, se non la maggiore, alla sostenibilità futura dell’ambiente mondiale, alla salute dell’uomo e al benessere economico. 32 LE PIETRE MILIARI DELLA CONVENZIONE QUADRO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI Settembre 1988 Dicembre 1990 9 Maggio 1992 20 Giugno 1992 21 Marzo 1994 Aprile 95 Luglio 1996 Dicembre 1997 Novembre 1998 Novembre 1999 Novembre 2000 Dicembre 2000 Giugno 2001 Novembre 2001 2002 I cambiamenti climatici vengono discussi per la prima volta alle Nazioni Unite L’assemblea generale dell’ONU passa una risoluzione per iniziare le negoziazioni su una Convenzione sui cambiamenti climatici La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) viene adottata La UNFCCC viene aperta per la firma alla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED), a Rio de Janeiro La UNFCCC entra in vigore. L’Italia ratifica la UNFCCC Prima Conferenza delle Parti (COP 1) della UNFCCC si tiene a Berlino Vengono lanciate le negoziazioni per un protocollo o un altro strumento legale per la UNFCCC COP 2 si tiene a Ginevra COP 3 si tiene a Kyoto Viene adottato il Protocollo di Kyoto per la UNFCCC, che prevede una riduzione globale di gas effetto serra da parte dei Paesi industrializzati del 5,2% sotto i livelli del 1990, da raggiungersi nel periodo 2008-2012. COP 4 si tiene a Buenos Aires Viene lanciato il “Piano d’azione di Buenos Aires” COP 5 si tiene a Bonn COP 6 si tiene a L’Aia Si aspettavano accordi decisivi per il Protocollo di Kyoto e la Convenzione, la Conferenza è “sospesa” con un nulla di fatto. 84 Stati hanno firmato il Protocollo di Kyoto 31 Stati lo hanno ratificato 185 Paesi hanno ratificato la Convenzione. COP 6 parte 2° si terrà a Bonn COP 7 si terrà a Marrakech Summit mondiale Rio + 10 Entrata in vigore del Protocollo di Kyoto? 33 Ringraziamenti Gli autori ringraziano la dott.ssa Margot Van Soetendael per la cortese ed efficace collaborazione editoriale. BIBLIOGRAFIA Bradley, R.S., Diaz, H.F., Eischeid, J.K., Jones, P., Kelly, P., Goodess, C., 1987: Precipitation fluctuations over Northern Hemisphere land areas since the mid-19th Century. Science, 237, 171-175. Brunetti M., Buffoni L., Maugeri M., Nanni T., 2000. Precipitation intensity trends in Northern Italy. Int. J. Climatology, 20: 1017-1032. Cacciamani C., M. Lazzeri, A. Selvini, A. Zuccherelli e R. Tomozeiu, 2001: Evidenza di cambiamenti climatici sul Nord Italia. Parte 1: Analisi delle temperature e delle precipitazioni. Report Interno Area Previsioni e Sala Operativa, ARPA-SMR. In preparazione. EEA, 1998. Europe’s environment: the second assessment. ISBN 92-828-3351-8, 293 p. IPCC, 2001. Third Assessment Report, Working Group I. Summary for policymakers (draft), www.ipcc.ch. Piervitali, E., M. Colacino, M. Conte, 1998: Rainfall over Central-Western Mediterranean basin in the period 1951-1995. Part I: precipitation trends. Il nuovo Comento, 21 C, N. 3, 331-344 Regione Emilia-Romagna, Ass. Territorio Programmazione Ambiente, 2000. Relazione sullo stato dell’ambiente in Emilia-Romagna. 408 p. (in particolare Cacciamani et al., Capitolo 1, Cambiamenti climatici e meteoclimatologia). Schonwiese, C.D., Rapp, J., Fuchs, T., Denhard, M., 1994: Observed climate trends in Europe 1891-1990. Meteorol. Zeischrift N. F., 3, 22. Violetti D., 2001, Clima, le scelte possibili dopo il vertice de L’Aia. Agricoltura, N. 12001, 60-62 Zuccherelli A., 2000, Analisi climatica dei dati di temperatura e precipitazione del Nord Italia, Tesi di Laurea in Fisica, relatori Tosi E., Cacciamani C., realizzata presso ARPA-SMR. 34