Bluecoat Chambers a Liverpool Residenze a Langerak
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Bluecoat Chambers a Liverpool Residenze a Langerak
ISSN 0394 - 1590 Aprile 2013 Anno XXVI Rivista bimestrale Contiene I.P. Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale DL 353/2003 (conv. in legge il 27.02.2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB Forlì Organo ufficiale dell’Andil Assolaterizi via Alessandro Torlonia 15 00161 Roma www.laterizio.it Tecniche Nuove S.p.A. via Eritrea, 21 20157 Milano (Mi) tel. 02 39090.1 COSTRUIRE IN LATERIZIO Bluecoat Chambers a Liverpool Residenze a Langerak, Hessenberg e Grauwaart Complesso residenziale a Ypenburg Quartiere Lakerlopen a Eindhoven Abitazioni a Transvaal Quartiere De Grienden a Puttershoek 152 biq costruire in laterizio Organo ufficiale ANDIL ASSOLATERIZI via Alessandro Torlonia 15 00161 Roma tel. +39 (0)6 44236926 (r.a.) fax +39 (0)6 44237930 [email protected] - www.laterizio.it 152 sommario news 6 a cura di Roberto Gamba prodotti 8 a cura della redazione Rivista bimestrale Anno xxvi Aprile 2013 Direttore responsabile/Editor - in - chief Giuseppe Nardella Direzione editoriale/Editorial direction Luigi Di Carlantonio – e-mail: [email protected] tel. +39 (0)644236926 Redazione/Editorial office Livia Randaccio (responsabile) e-mail: [email protected] - tel. +39 (0)2 39090354 Monica Iezzi - e-mail: [email protected] tel. +39 (0)2 39090232 - fax +39 (0)2 39090332 PANORAMA 10 a cura della redazione Comitato di Redazione/Editorial Board Adolfo F. L. Baratta, Lorenzo Bari, Veronica Dal Buono, Roberta Cristallo, Alfonsina Di Fusco, Alberto Ferraresi, Roberto Gamba, Rosario Gulino, Igor Maglica, Chiara Testoni in primo piano 12 Mario Botta Bechtler Museum a Charlotte, Stati Uniti Alberto Ferraresi Comitato Scientifico/Scientific Advisory Board Alfonso Acocella (Università di Ferrara), Andrea Campioli (Politecnico di Milano), Jean Luc Chevalier (CSTB Parigi), Marco D’Orazio (Università Politecnica delle Marche, Ancona), Manuel Garcìa Roig (ETSAM Madrid), Zheng Shilling (Tongji University Shanghai), M. Chiara Torricelli (Università di Firenze) editoriale 16 Questioni di fatto. L’architettura di biq stadsontwerp Hans Ibelings Comitato Direttivo/Managing Board Luigi Di Carlantonio (Presidente), Guelnaz Atila, Vincenzo Briziarelli, Mario Cunial, Fernando Cuogo, Roberto Danesi, Fabrizio Fantini, Michele Marconi Direzione commerciale/Sales manager Cesare Gnocchi - e-mail: [email protected] progetti 18biq Approccio realistico per una nuova tradizione Igor Maglica Coordinamento stampa e pubblicità/Printing and advertising coordination Fabrizio Lubner (responsabile) Fabiola Galbiati - tel. +39 (0)2 39090206 - fax +39 (0)2 39090236 Progetto Grafico/Graphic design Igor Maglica (Andil) Ricostruzione del Bluecoat Chambers, Liverpool (GB), 2001-08 Igor Maglica 22 Due edifici residenziali a Langerak, settori 6 e 11, Utrechl (NL), 2004-09 Roberto Gamba 26 Complesso residenziale a Ypenburg settore 23, (NL), 2004-09 Adolfo F.L. Baratta 32 Edifici residenziali ad Hessenberg, Nijmegen (NL), 2005-10 Carmen Murua 36 Quartiere Lakerlopen a Eindhoven, (NL), 2006-10 Alberto Ferraresi 42 Complesso residenziale a Grauwaart, Utrecht, (NL), 2007-11 Chiara Testoni 46 Unità abitative a Transvaal, L’Aia (NL), 2006-13 Igor Maglica Grafica, disegni e impaginazione/Graphics, drawings and layout Grafica Quadrifoglio srl - Milano Hanno collaborato a questo fascicolo/Contributors to this edition Adolfo F. L. Baratta, Andrea Campioli, Marco D’Orazio, Alfonsina Angela Di Fusco, Elisa Di Giuseppe, Alberto Ferraresi, Roberto Gamba, Igor Maglica, Fermo Antonio Mombrini, Flavio Mosele, Chiara Testoni. Abbonamenti/Subscriptions Luisa Branchi (responsabile) e-mail: [email protected] Alessandra Caltagirone, e-mail: [email protected] Domenica Sanrocco, e-mail: [email protected] tel. +39 (0)2 39090440 - fax +39 (0)2 39090335 e-mail: [email protected] Tariffe per l'Italia: cartaceo annuale € 37,00; cartaceo annuale studenti € 26,00; cartaceo biennale € 65,00; digitale annuale € 27,00. Tariffe per l'Estero: digitale annuale € 27,00. Per abbonarsi a Costruire in Laterizio è sufficiente versare l'importo sul conto corrente postale n. 394270 - oppure a mezzo vaglia o assegno bancario intestati a Tecniche Nuove Spa - Via Eritrea 21 - 20157 Milano. Gli abbonamenti decorrono dal mese successivo al ricevimento del pagamento. Costo copia singola € 1,50 (presso l'editore, fiere e manifestazioni) Abbonamento digitale € 27,00 IVA 21% compresa. Ufficio commerciale - vendita spazi pubblicitari/ Commercial department - sale of advertising spaces Tecniche Nuove S.p.A. - Milano - Via Eritrea, 21 tel. +39 (0)2 39090283 - +39 (0)2 39090272 fax +39 (0)2 3551535 - e-mail: [email protected] Uffici regionali/Regional offices Bologna - Via di Corticella 181/3 - tel. +39 (0)5 1325511 - fax +39 (0)5 1324647 Vicenza - Contrà S. Caterina, 29 - tel. +39 (0)44 4540233 - fax +39 (0)44 4540270 l’intervista 50 Colloquio con Hans van der Heijden dei biq Igor Maglica Stampa/Printing Litorama - Via Quaranta, 44 - Milano Responsabilità/Responsibility La riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista, nonché la loro traduzione è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa editrice. I mano scritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati e la Casa editrice non si assume responsabilità nel caso di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. ricerca 52 Ricognizione post-sisma in maggio 2012. Gli edifici moderni in laterizio in Emilia Alfonsina Angela Di Fusco, Flavio Mosele Periodicità/Frequency of publication: bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in 27/02/2004 - n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano 62 Isolanti naturali e laterizi a vista. I laterizi come sistema di «moisture buffering» Elisa Di Giuseppe, Marco D’Orazio Registrazione/Registration: n. 869 del 18/12/1987 - Tribunale di Milano Iscritta al ROC Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 6419 (delibera 236/01/Cons. del 30/6/01 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni). 66 Prestazioni acustiche di pareti divisorie tra unità abitative. Dalle prove di laboratorio ai valori in opera Fermo Antonio Mombrini Divisione edilizia e costruzioni • Costruire in laterizio • Il commercio edile • www.clickthebrick.it • Il nuovo cantiere • Imprese edili • www.edilizianews.it • Macchine edili • Noleggio • Progettare architettura • Progetto colore città territorio • Serramenti+Design dettagli 70 Laterizio senza tempo Andrea Campioli Tecniche Nuove pubblica le seguenti riviste/ Tecniche Nuove publishes the following magazines: Apparecchi Elettrodomestici, AE Parts & Components, Arredo e Design, Automazione Integrata, Backstage, Bagno Design, Beauty Line, Bicitech, Commercio Idrotermosanitario, Computer Music Studio, Cosmesi in farmacia, Costruire in Laterizio, Cucina Naturale, Dermakos, Energia Solare & rinnovabili, Elettro, Farmacia News, Fluid Trasmissioni di Potenza, Fonderia, GEC Il Giornale del Cartolaio, Global Heating and Cooling, Global Metalworking, Griffe, Griffe Collection, GT Il Giornale del Termoidraulico, Hotel Domani, Il Commercio Edile, Il Dentista Moderno, Il Latte, Il Nuovo Cantiere, Il Pediatra, Il Progettista Industriale, Imbottigliamento, Impianti Solari, Imprese Agricole, Imprese Edili, Industria della Carta, Italia Grafica, Kosmetica, L’Erborista, Laboratorio 2000, Lamiera, L’Impianto Elettrico & Domotico, Logistica, Luce e Design, Luce e Design China, Macchine Agricole, Macchine Alimentari, Macchine Edili, Macchine Utensili, Maitre Sommelier, Medicina Naturale, Nautech, NCF Notiziario Chimico Farmaceutico, Noleggio, Oleodinamica Pneumatica Lubrificazione, Organi di Trasmissione, Ortopedici e Sanitari, Plastix, Porte & Finestre, Progettare, Progetto Colore, RCI, Serramenti + Design, Stampi Progettazione e Costruzione, Strumenti Musicali, Subfornitura News, Tecnica Calzaturiera, Tecnica Ospedaliera, Technofashion, Tecnologie del Filo, Tema Farmacia, Trattamenti e Finiture, Utensili & Attrezzature, VQ - Vite, Vino & Qualità, Watt Elettroforniture, ZeroSottoZero recensioni 74 a cura di Roberto Gamba Aderente a Soluzioni Tecniche per l’Architettura e le Costruzioni SALONE INTERNAZIONALE DELL’EDILIZIA main sponsor Potete sfogliare questa rivista on-line all’indirizzo www.rivistedigitali.com/cil 5 cil 152 Se volete comunicare con la nostra redazione l’indirizzo di posta elettronica è: [email protected] Se volete visitare il Web server di Tecniche Nuove l’indirizzo è: http://www.tecnichenuove.com Editoriale Hans van der Heijden Architect Hans Ibelings* Lo studio biq, diretto da Rick Wessels e Hans van der Heijden, combina marginalità e prominenza. A differenza di molti altri architetti e studi di architettura in Olanda, biq non è un nome conosciuto da tutti.Tuttavia lo studio è stato tra i pochissimi a essere invitato dal direttore David Chipperfield a partecipare all’ultima Biennale di Architettura di Venezia. Questa inclusione a Venezia non solo riflette il fatto che l’architettura di biq si inseriva nel tema scelto da Chipperfield per la Biennale, ovvero Common Ground, ma sottolinea anche la sua risonanza internazionale. Van der Heijden possiede una voce distinta all’interno del dibattito architettonico olandese, anche se il lavoro di biq è pubblicato solo incidentalmente. È alquanto significativo il fatto che egli sia oggi editore della serie degli Annuari di architettura in Olanda, in cui nessun progetto di biq è mai stato presentato. Ovviamente questo dimostra che il lavoro di biq non rientra nella corrente principale dell’architettura olandese però, e questo è un altro paradosso, l’architettura di biq è probabilmente più olandese di quella di molti altri colleghi: costruisce secondo tecnologie e materiali, secondo abitudini e convenzioni olandesi, tuttavia il risultato è in uguale Questioni di fatto L’architettura di biq stadsontwerp Edifici residenziali ad Hessenberg Nijmegen, Olanda, 2005-10. misura familiare e straniero. In tal senso questa architettura riecheggia ciò che Gilles Deleuze e Félix Guattari discutevano nel 1975 riguardo a Kafka, i cui scritti erano da loro definiti come «letteratura minore»: «Une littérature mineure n’est pas celle d’une langue mineure, plutôt celle qu’une minorité fait dans une langue majeure». Nell’opinione di Deleuze e Guattari, per Kafka non vi era alternativa che scrivere in tedesco, che a Praga era «une langue déterritorialisée, propre à d’étranges usages mineurs». Qualcosa di simile si può applicare ai biq, che usano la lingua maggiore della tradizione olandese di architettura in mattoni in un modo tale che il risultato diventa una lingua minore, un’architettura che solo vagamente somiglia al proprio background e alle proprie origini. Ciò che fa biq, e questo è probabilmente una conseguenza non voluta del suo approccio progettuale, è di rivelare un aspetto esotico di qualcosa di profondamente olandese. In un contesto in cui tutto è progettato pretenziosamente, l’apparente normalità e ordinarietà dell’architettura di Wessels e di van der Heijden si stagliano come qualcosa di curiosamente non comune. Questa ordinarietà allude a ciò che può essere visto come un elemento essenziale della filosofia di biq: l’offrire un’architettura che resista a ogni aspetto della vita quotidiana con un approccio realistico (di questioni di fatto). Abbastanza spesso l’architettura si focalizza su uno spettro limitato tra il fare bene e seguire la felicità.Van der Heijden una volta ha detto che lui desidera che la propria architettura sia anche un contesto dignitoso di conforto e persino di consolazione per gli inevitabili aspetti più tristi della vita di ogni famiglia, come le morti e i funerali. Per permettere ciò, l’architettura di Wessels e van der Heijden contiene una certa frugalità nella sua espressione, senza lo spietato ottimismo fuori The work of biq does not fit in the mainstream of Dutch architecture but biq’s architecture is probably more Dutch than that of many of its colleagues. It builds upon Dutch construction technology and materials and Dutch customs and conventions yet the outcome is in many respects equally familiar and foreign 16 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Progetto De Grienden, Puttershoek, Rotterdam, Olanda, 2007. luogo che atterrisce così spesso l’architettura, ed è privo della spavalderia della bravata formale, che van der Heijden può forse anche apprezzare come tale, ma che non è nel suo stile. In questo senso per lui vi è una fondamentale distinzione tra questo tipo di forma astratta, che presuppone un’indipendenza dalla realtà, e la forma ridotta, che è fermamente radicata nel contesto e nella storia. Secondo la sua opinione, l’astrazione è una ricerca di un nuovo ordine, la riduzione è invece una questione di distillazione della realtà. La riduzione porta a concentrarsi sulla mera essenza di un edificio, disadorno ma non banale. Il potere dell’architettura di biq sta in questa concentrazione e nell’abilità di evocare con sensibilità un’atmosfera, un tema che gioca un ruolo importante nell’architettura analoga dell’architetto svizzero Miroslav Šik, con cui van der Heijden ha evidenti affinità, e con cui condivide un interesse nel trovare un equilibrio tra familiarità e alienazione. Una differenza fondamentale tra Šik e van der Heijden, tuttavia, è il fatto che per il primo la rappresentazione architettonica nella forma di disegni evocativi è più o meno altrettanto importante quanto lo sono gli edifici (di cui non ve ne sono molti). Per lui il disegno e l’edificio hanno entrambi un’esistenza interrelata ma ciononostante autonoma, mentre per van der Heijden il disegno è un mero mezzo per convogliare le conoscenze necessarie alla costruzione di un edificio, e durante la costruzione dell’edificio l’architettura diventa realtà, in quanto acquista esistenza materiale. Per biq il significato dell’azione del costruire è da ricercare nel risultato, nell’edificio in sé. Šik è solo uno dei punti di riferimento nel mondo di biq, un mondo che trascende tempo e spazio e contiene sia figure storiche come il maestro del Novecento Giovanni Muzio, che realizzò i suoi progetti più importanti a Milano negli anni Trenta, sia contemporanei con visioni similari in Gran Bretagna, Belgio, Germania e Svizzera, come Tony Fretton, Sergison Bates e Paul Vermeulen, per nominarne solo alcuni. Ciò che questi architetti hanno in comune è che non stanno cercando un’essenza dell’architettura universalmente valida, ma piuttosto stanno tentando di approssimare l’essenza di ogni specifica commissione, approcciandola in maniera induttiva. Ciò si mette in relazione con quella distinzione fatta da David Hume nel suo Ricerca sull’intelletto umano (1748) tra «Relazioni di idee» e «Questioni di fatto». L’algebra appartiene alla prima categoria, scrive Hume: «Quel tre per cinque è uguale alla metà di trenta, esprime una relazione tra questi numeri. Proposizioni di questo tipo sono svelabili grazie a mere operazioni di pensiero, senza la dipendenza da ciò che è esistente in qualunque parte dell’universo». Le «Questioni di fatto» di Hume sono «non accertate nello stesso modo». Chiaramente il lavoro di biq appartiene al mondo delle questioni di fatto, nella piena consapevolezza che tutte le abitudini quotidiane dipendono dal trarre conclusioni incerte da esperienze relativamente limitate (considerando per esempio che il sole sorgerà domani così come ha fatto oggi e ieri). Per Wessels e van der Heijden questo è vero anche per l’architettura. Sta di fatto che l’architettura di biq è semplicemente questo: il trarre conclusioni incerte ma auguratamente convincenti da esperienze inevitabilmente limitate. (Traduzione di Lynda Scott) *Hans Ibelings critico d'architettura, fondatore di «A10» e «The Architecture Observer» 17 CIL 152 Igor Maglica* biq Approccio realistico per una nuova tradizione Hans van der Heijden (1963), design director, e Rick Wessels (1959), managing director, fondano lo studio di architettura biq nel 1994 a Rotterdam. Le loro ormai numerose opere costituiscono una delle realtà architettoniche contemporanee più interessanti dell’Olanda in quanto portatrici di un pensiero teorico originale, lontano da certe logiche progettuali del momento, approntato alla ricerca di una nuova tradizione in architettura desunta dai reali bisogni delle persone e dal contesto urbano circostante. Qui di seguito sono illustrati sette progetti realizzati e un ottavo è illustrato nella rubrica «Dettagli», accomunati dall’utilizzo del mattone come principale materiale costruttivo, dal tema quasi esclusivamente di tipo abitativo, dalla loro collocazione geografica e dalla grande passione con la quale affrontano il mestiere dell’architetto. Completano l’apparato progettuale le fotografie di Stefan Müller, una breve intervista che ci introduce ancora di più nel mondo dei biq e uno scritto acuto e intelligente di Hans Ibelings. ¶ * phd, architetto e giornalista Bluecoat Chambers nasce nel 1716 quando due cittadini filantropi, un capitano di mare e un reverendo, decisero di offrire protezione e cura, insieme all’istruzione, ai bambini rimasti orfani di Liverpool e dintorni. La costruzione, realizzata in puro stile Queen Ann, viene oggi considerata come una delle più antiche della città ed è stata vincolata dall’English Heritage (ente pubblico del governo britannico che si occupa della protezione di edifici storici e monumenti) come Grade I Listed Building. All’inizio del ‘900, la scuola trasloca in una nuova sede e il Bluecoat (il nome fa riferimento al colore delle uniformi dei giovani ospiti del centro) cambia la destinazione d’uso originaria per convertirsi in uno spazio cittadino dedicato all’arte (Bluecoat Society of Arts), funzione che lo contraddistinguerà fino ai giorno nostri. Causa pesanti danneggiamenti subìti durante i bombardamenti del 1941 – anche se dopo la Seconda guerra mondiale fu restaurato e, in seguito, un’altra volta ancora – nel 2000 si decise di bandire un concorso per la completa ricostruzione del volume (restauro delle parti antiche e la costruzione di un’ala mancante) in vista del 2008, anno in cui la città fu dichiarata la Capitale europea della cultura. Il concorso fu vinto da un gruppo di giovani architetti olandesi chiamati biq che, due anni dopo la costituzione dello studio, avevano vinto nel 1996 la 4a edizione del concorso internazionale Europan con il progetto per un’area di RICOSTRUZIONE DEL BLUECOAT CHAMBERS, LIVERPOOL (GB), 2001-08 Progetti Hans van der Heijden Architect Planimetria orientata a nord. Nella pagina a fianco: Dettaglio del prospetto sud. Il fronte del nuovo corpo costruito. Liverpool e pertanto avevano continuato a frequentare la città inglese. La scelta di affidare un incarico così delicato ad architetti solo agli inizi della loro carriera e con poca esperienza nel campo d’edilizia non residenziale non ha impedito a Rick Wessels e Hans van der Heijden di realizzare un progetto originale, né troppo timido, né «fuori posto»: un’opera che trae lo spunto dalla famosa preesistenza architettonica per costruire un ampliamento moderno senza complessi d’inferiorità verso l’illustre vicino e che in seguito ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. I biq, con una certa sfacciataggine che a volte contraddistingue i giovani, hanno preteso, e ottenuto, alcune importanti modifiche al programma progettuale, come quella di poter aprire le finestre in molte gallerie e di non realizzare la sala per le conferenze da 200 posti ritenuta un po’ troppo «ufficiale» per un centro artistico e tipologicamente ingombrante. Il Bluecoat è impostato su una pianta ad «H» orientata nord-sud, alla quale, nel corso degli anni, è stato aggiunto un fabbricato di completamento sul lato sud che, in realtà, reca un piccolo sbocco sulla College Lane, permettendo così il passag- The project Bluecoat Chambers tackles, besides the restoration of a three-quarter of the ancient complex, the difficult question of the reconstruction of the East Wing. The new body fits perfectly into the existing volume, neither too faint nor «out of place», establishing a sense of balance and continuity between the old and the new 18 CIL 152 Hans van der Heijden Architect 19 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Vista dal cortile del fronte ovest della nuova ala est. gio, attraverso i due cortili, fino all’entrata più nobile a nord, sulla School Lane. Il progetto, oltre al restauro filologico dei tre quarti del complesso, affronta la difficile questione dell’ala est mancante (East Wing). Il nuovo corpo s’incastra a perfezione nel volume esistente, costruito in mattoni, rispettando le sue indicazioni riguardo agli allineamenti, all’orientamento e alle dimensioni da adottare. Anch’esso in mattoni – in omaggio anche alla città di Liverpool, piena di edifici di pregio costruiti con questo materiale ricco di storia – stabilisce un senso d’equilibrio e di continuità tra la nuova e la vecchia architettura. La contemporaneità della nuova ala si manifesta soprattutto nel disegno delle sue facciate più pubbliche. La testata sud, che contiene una nuova piccola entrata, con il suo profilo particolare che segue l’ingombro dei volumi posti dietro (il lucernario, il tetto a due falde), è forata da tre grandi finestre a sbalzo, intelaiate in cornici di rame, e costituisce un po’ l’immagine simbolo del nuovo intervento. Invece, il fronte che dà sul bello e intimo cortile interno sfoggia un senso di solidità e robustezza diffuso dal ritmo regolare dei «vuoti» delle finestre e dei «pieni» delle parti in muratura; queste porzioni, alte due piani, sono sormontate, come fosse un grande architrave, da una parte dell’edificio, più distante, ma più Scheda tecnica Committente: Progetto architettonico: the Bluecoat, Liverpool biq, Rotterdam (Theo van de Beek, Marjolein van Eig, Hans van der Heijden, Helen Webster, Rick Wessels) Progetto esecutivo: Austin-Smith:Lord, Manchester/Liverpool Progetto strutturale: Techniker, Londen Progetto impianti: Ernest Griffiths, Bromborough Project manager: B4, Manchester/Londen Progetto conservazione beni archeologici: Donald Insall, Chester Progetto del paesaggio: Austin-Smith: Lord, Manchester/Liverpool General contractor: Kier North West, Liverpool (restauro, nuova costruzione); Whittakers, Liverpool (interni) Controllo costi: Tweeds, Liverpool Segnaletica: Nonconform, Liverpool Costi di costruzione: circa 12.000.000 di euro, Iva esclusa Progetto e realizzazione: 2001-08 Fotografie: Stefan Müller 20 CIL 152 Particolare del fronte esterno dell’unione tra la superficie muraria realizzata in mattoni e la copertura in rame. Hans van der Heijden Architect Dettaglio del fronte sud. In fondo, il volume della nuova ala. alta, e coperta in rame. Nelle due facciate lunghe i mattoni sono stati posati tutti di «fascia» (con i lati lunghi) e non sfalsati, mentre sul fronte sud essi sono tutti, non sfalsati, disposti di «testa». Ciò conferisce ai nuovi prospetti una qualità materica maggiore, come se fossero stati rivestiti in semplici piastrelle, e ne determina un’ottima caratterizzazione. ¶ Igor Maglica phd, architetto e giornalista Fronte sud sulla College Lane. Vista dal cortile nord dell’edificio restaurato. Fronte nord sulla School Lane. 21 CIL 152 DUE EDIFICI RESIDENZIALI A LANGERAK, SETTORI 6 E 11, UTRECHL (NL), 2004-09 Hans van der Heijden Architect A ovest di Utrecht, l’antica città che ospita la più importante sede universitaria e di ricerca dei Paesi Bassi, in un grosso quartiere in costruzione, il Leidsche Rijn, pianificato per ospitare nel 2025 oltre 80.000 abitanti, si inserisce questo intervento residenziale di 240 appartamenti. Localizzato a sua volta nel Langerak, insediamento su cui, dal 1999, sono dislocati circa 2.000 alloggi popolari, il complesso abitativo è costituito da due blocchi a pianta rettangolare. Ciascun corpo, conformato a «C», ha un volume di collegamento di quattro piani; le testate più alte di sette e nove piani e al centro il cortile, da cui si accede anche ai box seminterrati. I due blocchi edilizi, situati nei settori 6 e 11, perimetrano il lato del quartiere che costeggia la Langerakbaan, asse principale, parallelo al canale omonimo; quindi si allineano, nell’isolato, all’edificio curvo, progettato in precedenza da Frits van Dongen di ArchitectenCie. Il carattere urbano che la composizione esprime è sicuramente significativo e contrasta, o per lo meno si distingue dal contesto suburbano. Infatti, al susseguirsi in adiacenza di insediamenti edilizi di tipo estensivo, il complesso appare di misurata imponenza e uniformità, risultando in questo modo un tentativo riqualificatorio di questa parte di città, o almeno una sorta di critica alla situazione di dissolvimento urbano che anche qui si manifesta, come ai margini di tutte le metropoli moderne. In ogni blocco, la forma architettonica si articola L’insediamento costeggia l’asse della Langerakbaan, parallelo al canale omonimo. nella continuità perimetrale della zoccolatura, corrispondente al livello seminterrato, e si interrompe solo in corrispondenza dei varchi di ingresso (due sul lato lungo, verso la Langerakbaan, uno su ogni testata, uno dal lato del cortile). Si articola inoltre nella continuità di allineamento delle finestrature, intervallate dalle rientranze delle logge o, verso il cortile, dalle balconate ballatoio. In conseguenza di ciò, tutte le abitazioni dispongono di ampi spazi all’aperto. L’uniformità delle facciate è poi scandita dai rivestimenti in muratura di laterizi color sabbia, dalle fasce marcapiano e dalle incorniciature in alluminio anodizzato bronzo dei serramenti, mentre lo zoccolo e i portali d’ingresso risaltano per la finitura un po’ più scura dei mattoni. Il progetto è stato concepito inizialmente con schizzi eseguiti a mano libera, ma successivamente è stato precisamente sviluppato, secondo una concezione di ripetitività modulare (basata su multipli di 7,50 m) che ha reso semplice ed efficace la definizione della struttura portante e delle proporzioni dei componenti. Tutte le abitazioni hanno un The two blocks, which surround the side of the district along the Langerakbaan, express urban character and are articulated by the continuity of the edge, interrupted by the entry points, and by the alignment of the windows 22 CIL 152 mini-posto auto in un parcheggio seminterrato, ottenuto al livello di fondazione, appena sopra il livello delle acque sotterranee e dotato di aperture che garantiscono una ventilazione naturale. All’interno, i rivestimenti a pavimento e a parete delle parti comuni e degli ingressi sono in pietra, in modo da conferire agli ambienti una decorosa eleganza. Nonostante ciò, i costi di costruzione sono risultati alla fine bassi, con riferimento a un progetto qualitativamente elevato come questo, risultando di circa € 650/m2 (Iva esclusa). L’opera è stata nominata per i premi Rietveld e Högerpreis Fritz 2011, oltre a essere stata presentata in Brasile alla Biennale di San Paolo. ¶ Roberto Gamba architetto, libero professionista Scheda tecnica Località: Committente: Progetto architettonico: Langerak, Utrecht Mitros, Utrecht biq, Rotterdam (Theo van de Beek, Marjolein van Eig, Hans van der Heijden, Mathieu Kastelijn, Paul Voorn, Rick Wessels, Manora van Wijck) Progetto strutturale: Pieters Bouwtechniek, Delft Gestione costi: Bouwhaven, Utrecht General contractor: BAM, Utrecht Progetto e realizzazione: 2004-09 Costo complessivo: circa 22.000.000 euro, iva esclusa Fotografie: Stefan Müller Hans van der Heijden Architect La testata di sette piani. Planimetria. 23 CIL 152 Hans van der Heijden Architect 24 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Le fasce marcapiano, lo zoccolo e i portali d’ingresso si distinguono per la finitura più scura dei mattoni. Nella pagina a fianco: le finestrature continue sono intervallate dalle rientranze delle logge o, verso cortile, dalle balconate-ballatoio. A destra la testa di nove piani, a sinistra quella di sette, al centro il corpo di quattro. Profilo dalla Langerakbaan. 25 CIL 152 COMPLESSO RESIDENZIALE A YPENBURG SETTORE 23, (NL), 2004-09 Hans van der Heijden Architect Gli stadsdelen, letteralmente «parte di città», sono il più basso livello amministrativo in Olanda e sono guidati da un consiglio, analogo a quello comunale, e da un comitato, simile alla giunta con sindaco e assessori. Den Haag, che possiede un territorio comunale così esteso da richiedere un frazionamento amministrativo, ha ben otto stadsdelen, tra cui Ypenburg. Giampiero Sanguigni spiega, in «Undutchable: l’architettura vista dagli studi olandesi della nuova generazione» (Meltemi, Roma 2006), come lo stadsdeel di Ypenburg sia nato dal nulla in un’area tra Den Haag e Rotterdam, esattamente dove un tempo si trovava un campo di aviazione militare di cui resta memoria grazie a due grandi canali realizzati laddove si trovavano le piste. Il masterplan di Ypenburg (1994) definisce un’area di espansione per circa 11.000 unità abitative articolandosi in due livelli: il primo interessa il progetto della rete infrastrutturale e degli spazi pubblici, di cui si è occupato lo studio Palmboom & van den Bout; il secondo riguarda il progetto delle zone residenziali e commerciali. Lo studio di architettura biq ha realizzato lungo uno dei canali un complesso residenziale con 114 abitazioni. Lo spunto di partenza del complesso è duplice: in primo luogo, realizzare delle abitazioni personalizzate in un contesto suburbano, settore 23 del Piano, e in secondo luogo, sviluppare un’identità urbana che caratterizzi la specifica località di Ypenburg. L’immagine del complesso e dei singoli edifici si fonde con il disegno degli assi stradali che lo circondano, attraverso l’uso dei colori, della forma e del materiale che si ripetono; ma, allo stesso tempo, è fortemente caratterizzato dall’insolito doppio anello concentrico di abitazioni, dal fronte compatto, che genera una prima corte da cui origina, a sua volta, una seconda corte, grazie al raccordo degli edifici interni con un muro di cinta. Così facendo la disponibilità di verde e spazi aperti attrezzati differenzia i due gruppi di edifici: le abitazioni del primo anello hanno una corte aperta accessibile al pubblico, in cui lo spazio urbano esterno penetra consentendo a chiunque di condividere un ambiente collettivo, con la possibilità di sedersi, prendere il sole o incontrarsi nel tempo libero per socializzare; la soluzione adottata prende le distanze dal possibile individualismo che, invece, caratterizza le abitazioni del secondo anello le quali sono corredate da un giardino più riservato. Avendo bandito l’automobile da entrambe le corti è stato realizzato un piano seminterrato per i garage dei residenti e i parcheggi dei visitatori. Questa alternanza di edifici esterni e interni, a stecca e a schiera, spezza l’uniformità geometrica e crea visioni prospettiche fra i diversi blocchi. Sul lato prospiciente il canale si trova un grande edificio per appartamenti con copertura piana mentre lungo i restanti tre lati sono collocate delle villette a schiera con un acuto tetto a falde: il corpo di fabbrica che si affaccia sul canale si relaziona più direttamente con la scala urbana, ovvero con gli edifici che in adiacenza costituiscono il fronte stradale e con quelli che si trovano sull’opposta sponda. Mentre la distribuzione degli spazi interni rende giustizia alla scelta del nome dello Studio, che sembra si ispira all’azienda francese che produce oggetti semplici e di uso quotidiano (penne, ra- In Ypenburg, in one of the «stedsdelen» of Den Haag, the biq realized an elementary residential solution but ironic, in which a dual concentric housing ring generates a double court and all the breakage elements are collected by the use of a compact front face brick 26 CIL 152 Il fronte ritmato del blocco per appartamenti che si affaccia sul canale. soi e accendini), l’aspetto esteriore presenta una composizione articolata da aperture di differenti dimensioni, grandi tagli, timpani, abbaini, balconi loggiati e pluviali. Il risultato è di un certo rigore, seppure frammentato e discontinuo, con un’omogeneità garantita dall’uso del medesimo materiale, ovvero quel mattone faccia a vista che ha fatto la storia dell’architettura dei Paesi Bassi. ¶ Adolfo F. L. Baratta ricercatore, Università Roma Tre Scheda tecnica Progetto: Localizzazione: Committente: Progetto architettonico: Progetto paesaggio: General contractor: Costo complessivo: Progetto e realizzazione: Fotografie: Complesso residenziale Ypenburg, settore 23 Yperburg, Den Haag (NL) AM Wonen, Rotterdam (NL) Biq stadsontwerp (Irene Edzes, Hans van der Heijden, Rogier Kant, Rick Wessels, Manola van Wijck), Rotterdam Mixst, Utrecht (NL) Dura Vermeer, Leidschendam circa 11.300.000 euro, iva esclusa 2004-09 Stefan Müller Hans van der Heijden Architect La tessitura in laterizio viene cromaticamente esaltata dagli infissi bianchi e il portone d’ingresso verde. 27 CIL 152 Hans van der Heijden Architect La collocazione di un secondo nucleo abitativo nella prima corte genera interessanti visioni prospettiche fra i blocchi. Planimetria dell'intervento. 28 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Prospetto sul fronte strada e sulla corte interna del grande blocco per appartamenti. Vista A Vista B Prospetti verso la corte. Vista C 29 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Sopra e nella pagina a fianco: L’aspetto esteriore presenta una composizione articolata da aperture di differenti dimensioni, grandi tagli, timpani, abbaini, balconi loggiati e pluviali. Prospetti verso l'esterno. 30 CIL 152 Hans van der Heijden Architect 31 CIL 152 EDIFICI RESIDENZIALI AD HESSENBERG NIJMEGEN (NL), 2005-10 Hans van der Heijden Architect Ad Hessenberg, una vasta area situata nel centro storico di Nijmegen, la città d’origine romana più antica dei Paesi Bassi, lo studio biq è intervenuto in quattro contesti urbani attraverso altrettante soluzioni progettuali mirate. Nei così detti lotti II, III, VII e IX sono state impiegate soluzioni tipologiche differenti per i singoli edifici, che sono occupati essenzialmente da abitazioni residenziali e alcuni spazi commerciali, secondo le linee guida stabilite dal piano urbanistico redatto da bOb van Reeth/AWG. Le architetture dei biq si adattano al «piano» in modo rigoroso ed esemplare con il fine di dare origine a nuovi e originali spazi urbani in una delicata ricerca di un complesso equilibrio scaturito dall’identità del luogo e dalla singolarità d’ogni volume. Sebbene i quattro edifici si trovino sparsi nella disposizione planimetrica riempiendo isolati vuoti all’interno delle aree d’intervento, e ciascuno abbia piante e altezze diverse, il risultato finale rimane di grande armonia, grazie al lavoro svolto dai progettisti per ciò che concerne la costruzione, i materiali, le proporzioni e i colori delle facciate. L’immagine unitaria è trasmessa principalmente dalla composizione dei singoli prospetti, basata su principi architettonici essenziali, e dall’uso generalizzato dei mattoni. I basamenti degli edifici, di colore antracite, hanno altezze variabili a seconda delle quote delle strade, mentre le parti superiori, di colore crema chiaro, propongono aperture ritmate da lesene, con i sottili marcapiani di cemento bianco. L’edificio situato nel lotto II presenta una tipologia a corte, con un cortile interno collettivo a forma di «U» in relazione con le vecchie case del luogo; da qui, tramite una distribuzione a ballatoio, si accede ai nuovi appartamenti. L’affaccio sulla via Lange Hezelstraat, una delle principali strade commerciali cittadine, avviene con un piccolo volume leggermente staccato dal resto del fabbricato. Il suo fronte riporta, come ricordo dell’immagine urbana di Nijmegen, grandi lettere dorate su lastre di pietra, un tempo appartenenti alla facciata dell’antico giornale locale «De Gederlander», restituendo un certo carattere monumentale all’intero edificio. A sud del lotto II sono situati i blocchi III e IX separati, soltanto, da una stretta strada intermedia. Il volume dell’area III, si sviluppa con una tipologia a torre che ospita numerosi appartamenti di tagli differenti. Dopo il terzo piano posto sopra il basamento, il corpo dell’edificio arretra per altri cinque piani sul lato nord; l’ultimo piano è occupato da un attico, di pianta ancora più ridotta, non visibile dalla strada. L’edificio del lotto IX, con una composizione basata su due appartamenti per piano, offre molte similitudini nel disegno dei suoi fronti, a eccezione di quello disposto a est, di color antracite, con le aperture regolari che assumono sembianze di semplici tagli per segnalare l’ingresso a un grande parcheggio sotterraneo. Infine, il fabbricato del lotto VII, il più piccolo dei quattro, è un’essenziale costruzione compatta, con una superficie rettangolare e con un ruolo urbano rilevante, che fa da cerniera tra due piazze disposte a quote diverse. I prospetti, simili sui quattro lati, impiegano gli stessi principi costruttivi e composi- Four residential buildings and commercial spaces follow the guidelines of a development plan in the center of Nijmegen in a perfect balance between the identity of the place and the uniqueness of each volume 32 CIL 152 Pianta con la numerazione dei lotti, con evidenziati i lotti II, III, VII e IX, oggetto dell'intervento tivi degli altri edifici. A nord, sulla via Hessenberg, un portico a doppia altezza nobilita i tre piani superiori e nasconde il collegamento con le due piazze laterali: quella a est, con un ampio scalone di fronte a un vecchio orfanotrofio, e quella a ovest, sollevata rispetto al livello della via commerciale. Il risultato finale dei quattro interventi di Hessenberg è un insieme di opere, nominato per il premio Mies van der Rohe 2013, dove l’architettura si adatta perfettamente alla struttura urbana e agli spazi lasciati liberi dalla città senza rinunciare, al contempo, a segnalare la sua presenza. ¶ Carmen Murua architetto, libero professionista Scheda tecnica Committente: Progetto architettonico: Heijmans, Amersfoort biq, Rotterdam (Theo van de Beek, Hans van der Heijden, Rogier Kant, Wiepkjen Kingma, Rick Wessels) Progetto strutturale: Goudstikker De Vries, Almere Progetto impianti: Visietech, Almkerk Consulenza urbanistica: AWG, Antwerp / MTD, Den Bosch Progetto del paesaggio: MTD, Den Bosch General contractor: Bouwcombinatie Heijmans Hendriks, Nijmegen Costi di costruzione: circa 10.000.000 euro, iva esclusa Progetto e realizzazione: 2005-10 Fotografie: Stefan Müller Hans van der Heijden Architect L’edificio del lotto II visto dalla via commerciale Lange Hezelstraat. Pianta piano terra dell’edificio a corte del lotto II. 33 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Vista del fronte ovest dell’edificio a torre del lotto III. Fronte sud dell’edificio del lotto IX. Pianta del piano terra degli edifici realizzati nei lotti III e IX (da sinistra a destra). 34 CIL 152 Hans van der Heijden Architect L’edificio realizzato nel lotto VII, visto da nord-est, dalla via Hessenberg. Pianta piano terra dell’edificio del lotto VII. Vista verso le vecchie case della città dalla corte interna dell’edificio del lotto II. 35 CIL 152 QUARTIERE LAKERLOPEN A EINDHOVEN (NL), 2006-10 Hans van der Heijden Architect Sia per la dimensione dell’intervento, sia per le caratteristiche del progetto, il nuovo quartiere Lakerlopen mostra forti connotati urbani, profondamente radicati nel passato di Eindhoven. La storia di questa città è documentata almeno dal 1200 e le sue origini rurali si riflettono nel nome: a seconda delle versioni si traduce in ultima fattoria o forno. Subito a ridosso del centro cittadino ritroviamo quartieri con edifici chiusi sul perimetro e aventi una estesa corte centrale, caratterizzata dalla consistente presenza di vegetazione già nelle singole tipologie edilizie. In molte di esse è tradizionalmente presente una quota di spazi aperti piantumati a uso privato. Le tipologie presenti si sono sedimentate nel tempo, ibridandosi senza mai tradire i propri contenuti fondanti, anche quando la vocazione prettamente rurale ha lasciato spazio all’ingresso dell’industria, in particolare dal 1891 con i primi stabilimenti Philips e poi con l’arrivo della casa automobilistica DAF. Da alcuni decenni Eindhoven ospita una prestigiosa Università tecnica, interprete del forte spirito di sperimentazione e di riformismo animante la città; l’università forma un’aggiornata compagine di progettisti, capaci d’affiancare i giovani imprenditori nei primi passi della propria attività. Con riferimento al proprio progetto urbanistico per Eindhoven, su Arch’it Andrea Branzi, Ernesto Bartolini e Lapo Lani sostengono che in quel contesto l’ «imprenditorialità giovanile diffusa richiede la realizzazione di intensi spazi relazionali, cioè di un mix urbano dove si sovrappongano indifferentemente residenza, ricerca scientifica, laboratori, commercio, tempo libero e produzione agricola. A differenza dei «vecchi zoning» industriali, la «neweconomy», come attitudine imprenditoriale di massa, non si attua nei campus separati ma dentro a contesti d’informazioni culturali e critiche, come solo il mercato urbano può offrire.» Sulla base di questo assunto i biq rispondono con un progetto articolato, quanto a tipologie edilizie, offrendo un mix di funzioni ed edifici nell’area complessa su cui sono chiamati a lavorare. Quest’ultima è caratterizzata da una forma irregolare e non delinea un quartiere geometricamente definito, ma si articola attraverso alcune ricuciture di isolati, in «porte» all’accesso delle nuove lottizzazioni variamente estese e in ricostruzioni di fronti stradali. Nel rispetto del vocabolario dell’architettura della città, i progettisti scelgono la varietà delle tipologie edilizie reinterpretando le fattezze del costruito storico: residenze a schiera, a patio, a ballatoio, si alternano contaminandosi vicendevolmente. Rimangono le costanti del tetto a falde per quasi tutte le tipologie proposte, e del mattone faccia a vista. Mattone e tegole si abbinano con il medesimo colore arancio; evidenziano in questo modo i nuovi corpi di fabbrica, distinguendoli dalle preesistenze di colore più scuro, principalmente rosso o marrone. Il laterizio, con contenute intromissioni di altri materiali, costituisce il vero comune denominatore fra la nuova architettura e la città consolidata. ¶ Alberto Ferraresi architetto, libero professionista The project reworks traditional building types, proposing a mix of both formal, both in terms of uses. This is an effective strategy to meet the diverse geometric characteristics of the area, both to accommodate the Eindhoven vocation to research and innovation 36 CIL 152 Accomunate dal medesimo linguaggio di forme e materiali, le tre tipologie abitative definiscono un crocevia urbano all’interno dell’area d’intervento. Nella pagina a fianco: la planimetria generale mostra la complessità geometrica dell’area, lasciandone intuire i contenuti compositivi. Scheda tecnica Committente: Progetto architettonico: Woonbedrijf, Trudo/DNC, Eindhoven biq, Rotterdam (Hans van der Heijden, Mathieu Kastelijn, André Kwakernaak, Helen Webster, Rick Wessels) Progetto strutturale: Van de Laar, Eindhoven Progetto impianti: Nelissen, Eindhoven Consulente urbanistica: MUST, Amsterdam Progetto paesaggio: Mixst, Utrecht Controllo costi: Ter Haar, Schiedam General contractor: Van Bree, Someren Costi di costruzione: circa 17.000.000 euro, iva esclusa Progetto e realizzazione: 2006-10 Fotografie: Stefan Müller Hans van der Heijden Architect 37 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Due nuovi volumi verticali, come una porta, segnalano l’ingresso alla riqualificazione interna del quartiere. La reinterpretazione delle tipologie tradizionali permette di individuare chiaramente la citazione del progetto; i colori degli impasti laterizi distinguono il nuovo dalle preesistenze. 38 CIL 152 Hans van der Heijden Architect I balconi e i piccoli giardini a terra non sono che due esempi della misura d’uomo a cui si orienta l’esteso progetto urbano. Le residenze con ballatoio al piano primo. Le dotazioni di verde, pubblico e privato, riconducono l’intervento alla misura d’uomo. 39 CIL 152 Hans van der Heijden Architect In alto: Il dettaglio precisa i rapporti dimensionali fra i paramenti in laterizio e le stratigrafie retrostanti. A sinistra La tessitura muraria, pur nell’unica testa di spessore, simula la maggior profondità con elementi ortogonali alla direzione del muro, posati come fossero diàtoni. Nella pagina a fianco in alto: Una delle soluzioni di testata permette d’apprezzare l’articolazione tipologica e formale dell’intervento. Nella pagina a fianco in basso: La ripetitività della tipologia a schiera su strada è stemperata dalle differenti altezze dei volumi; il ritmo di quest’alternanza e i rapporti dimensionali fra aperture e murature richiamano quelli delle adiacenze. 40 CIL 152 Hans van der Heijden Architect 41 CIL 152 COMPLESSO RESIDENZIALE A GRAUWAART, (UTRECHT), (NL), 2007-11 Hans van der Heijden Architect Il distretto Leidsche Rijn di Utrecht (NL), rappresenta una zona di forte espansione urbana. A seguito dell’accordo di programma Vinex avviato nel 1988, nell’area è previsto per il 2025 l’insediamento di circa 80.000 nuovi residenti. Secondo il masterplan complessivo a opera di Franz Ziegler, il cuore dell’intervento è costituito da un ampio parco pubblico situato in posizione centrale, con funzione di snodo tra la dimensione rurale dello spazio a ovest e quella più marcatamente urbana a est. Attorno alla zona verde, è prevista la distribuzione di isolati a elevata densità edilizia – da progettare a cura di diversi studi – articolati secondo la tipologia dei «blocchi a corte» e caratterizzati da forte eterogeneità, nella volontà di evocare lo spirito della Rotterdam del XIX secolo. In tale macroscopica operazione urbanistica, attualmente sono stati realizzati soltanto alcuni interventi grazie all’iniziativa di alcune cooperative di abitazione. Tra questi, rientra il quartiere di Grauwaart, situato a ovest del comparto e connotato da due monolitici complessi a «C», progettati l’uno dall’architetto Korth Tielens e l’altro da biq. Entrambi i blocchi sono distribuiti attorno a una corte centrale, alberata, che ospita i parcheggi. L’intervento di Korth Tielens riguarda le case a schiera a tre piani prospicienti la zona verde a ovest; quello di biq interessa il complesso per appartamenti a 4 Vista del complesso da sud. e 5 piani distribuiti nel corpo di fabbrica principale, con affaccio sulla trafficata arteria carrabile a est, e nelle due testate laterali a nord e a sud, in contiguità con le case a schiera. Nonostante la dimensione monumentale e l’omogeneità dei materiali (laterizio beige nei paramenti esterni, alluminio anodizzato negli infissi, calcestruzzo prefabbricato nei balconi), l’intervento rivela una notevole varietà espressiva grazie al gioco dei volumi, alla vivacità degli alzati, al taglio differenziato degli alloggi. Il fronte a est è caratterizzato da un rigoroso blocco complanare: i varchi di accesso alla distribuzione verticale e alla corte interna tripartiscono l’impaginato secondo una chiara logica compositiva; il gioco di alternanza tra volumi a 4 e 5 piani e tra le tipologie delle bucature determina una ritmica serrata ma vivace. Le testate sud e nord sono caratterizzate da un maggiore dinamismo volumetrico grazie al vibrante contrasto tra aggetti e rientranze. La considerevole varietà nei tagli degli alloggi garantisce un’elevata offerta abitativa in grado di soddisfare il più ampio bacino d’utenza, a beneficio di una reale mixité sociale. The project is part of an impressive urban expansion and concerns the construction of a residential complex structured according to a court scheme. The buildings put up row houses, designed by Korth Tielens, and apartments of various sizes, designed by biq. The work is not «out of scale» thanks to the vivid rhythm of the volumes and of the openings, the attention to detail, the materials and the urban furniture 42 CIL 152 Nonostante il carattere di unitarietà e la dimensione «monumentale» (propria della più consolidata tradizione edilizia olandese), l’opera appare forte e vigorosa ma allo stesso tempo non «fuori scala». L’intervento si qualifica, infatti, per una particolare cura dei dettagli, dagli elementi di arredo urbano, alla scelta della vegetazione, allo studio delle visuali prospettiche che penetrano la cortina edilizia, alla qualità dei materiali. Il risultato è un’opera concepita per durare e garantire una effettiva qualità abitativa, secondo un approccio culturale rigoroso e ben poco incline alla retorica e ai capricci delle mode. ¶ Chiara Testoni architetto, dottoranda in Tecnologia dell’Architettura, Università di Ferrara Scheda tecnica Localizzazione: Leidsche Rijn (Utrecht, NL) Committente: Bo-Ex, Utrecht Progetto architettonico: biq Rotterdam (Theo van de Beek, Hans van der Heijden, Mathieu Kastelijn, Paul Voorn, Helen Webster, Rick Wessels); Korth Tielens, Amsterdam Progetto strutturale: Konstruktieburo Krabbendam-Boerkoel, Soest Progetto impianti: VIAC, Houten Consulenza urbanistica: Franz Ziegler, Rotterdam Progetto del paesaggio: Mixst, Utrecht General contractor: Van Bekkum, Hooglanderveen Controllo costi: Bouwhaven, Barendrecht Progetto e realizzazione: 2007 – 2012 Costi di costruzione: circa 15.500.000 euro, iva esclusa Fotografie: Stefan Müller Hans van der Heijden Architect Vista del complesso da nord. Pianta piano secondo. Pianta piano terra. 43 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Dettaglio costruttivo. 44 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Vista del complesso da sud. Scorcio verso la corte interna. Dettaglio della facciata. 45 CIL 152 UNITÀ ABITATIVE A TRANSVAAL, L’AIA (NL), 2006-13 Hans van der Heijden Architect Den Haag, terza città olandese per grandezza e sede di oltre centocinquanta prestigiosi enti giuridici e diplomatici internazionali, del Governo dello Stato e della residenza ufficiale della Casa reale, è suddivisa in otto stadsdelen (letteralmente «parti di città»), ovvero, le ripartizioni amministrative che raggruppano i numerosi quartieri cittadini. Il Den Haag Centrum, che fisicamente occupa il centro della città, è formato, a sua volta, da nove distretti, tra i quali anche quello di Transvaal, popolato da circa 20.000 abitanti, e il cui nome sembra sia da associare addirittura alla Seconda guerra boera combattuta in Sudafrica. Il distretto, caratterizzato da una forte multietnicità (il 90% degli abitanti), è stato per un lungo periodo abitato dalla popolazione appartenente alle classi sociali medie e meno abbienti, anche se negli ultimi anni, grazie all’opera di riqualificazione in atto, assistiamo a un fenomeno di gentrificazione sociale. Il progetto dei biq denominato Morgenzonlaan – in onore alla principale strada carrabile sulla quale sono affacciate le quattro «testate» che contraddistinguono l’intervento, e che, in orizzontale, secondo l’orientamento est-ovest, delimita il lato sud dell’area – si inserisce a perfezione nel programma generale di ristrutturazione urbanistica e sociale del distretto. Dentro una grande area composta in maggioranza da case unifamiliari a schiera, suddivisa in quattro isolati di forma rettangolare, i biq propongono al- cuni puntuali interventi di «ricucitura» urbana che rispecchiano appieno la loro politica progettuale: realizzare «normali» alloggi di qualità per le persone di tutti i giorni nel rispetto della tipologia, degli aspetti formali e delle tradizioni costruttive del luogo. All’interno dei quattro isolati gli interventi sono concentrati nelle estremità meridionali, in cui si trovano ubicati gruppi di alloggi che danno luogo a unità abitative autonome, alte tre piani, formate da 9, 8 e 7 case a schiera a seconda delle dimensioni dei singoli lotti. I tre volumi realizzati, pur nella loro diversità morfologica, costituiscono interessanti esempi d’architettura con forti caratteristiche d’unità tipologica e progettuale. Caso a parte costituisce, invece, l’isolato più a est, che si trova in una posizione planimetrica particolare, quasi prospiciente alla Kaapstraat, la strada di scorrimento urbano veloce che da sud lo incrocia creando uno snodo del trafficopiazza triangolare. La soluzione compositiva e architettonica proposta dai biq si focalizza sull’angolo d’incontro delle bisettrici viarie enfatizzando l’eccezionalità del sito attraverso la costruzione di un volume con un’altezza maggiore (5 piani), una soluzione tipologica (appartamenti, invece di alloggi unifamiliari) e una forma esteriore (i due fronti stradali sono caratterizzati dalla presenza di lunghi balconi) diverse dal resto dell’intervento. All’edificio ad angolo sono uniti, a ovest e a nord, dei gruppi di case a schiera, costituite rispettivamente da 5 e 15 unità. Completa l’opera di Morgenzonlaan una lunga «striscia», parallela alla strada centrale d’attraversamento nord-sud, composta da ben 34 unità a schiera, che, per rompere la quasi inevitabile uniformità del disegno, è stata suddivisa, solo formalmente, in parti con altezze In Transvaal, Den Haag, some architectural projects recompose the existent blocks urban design through design works of row houses blocks and an original corner building 46 CIL 152 e profondità lievemente differenti ed è caratterizzata da una leggera variazione dei prospetti. Il fronte standard affacciato su strada, alto tre piani, presenta un’impostazione classica simmetrica – a parte, ovviamente, l’episodio di una sola porta d’entrata – suddiviso in due porzioni contrassegnate da aperture vetrate tripartite; conclude la composizione un elemento finale (il top), una funzionale apertura d’emergenza per l’acqua e la neve convertita dai progettisti in un elemento decorativo. Il disegno dei prospetti è contraddistinto dall’utilizzo di mattoni in laterizio di diversi colori e posati con modalità differenti; queste parti autonome, colorate e con un disegno geometrico reso più rigoroso dalla sovrapposizione ortogonale delle fughe dei mattoni stessi, contribuiscono a rendere l’immagine complessiva dei singoli fronti molto più «ricca» ed elaborata. Le 86 unità abitative (78 case a schiera e 8 appartamenti) sono attualmente in fase di ultimazione e si prevede che i primi alloggi siano pronti nelle prossime settimane. ¶ Igor Maglica phd, architetto e giornalista Schizzo di studio. Hans van der Heijden Architect Vista da sud-est dell’edificio d’angolo. Render. Planivolumetrico dell’intervento, orientato a nord. 47 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Fronte sulla Morgenzonlaan dell’edificio d’angolo. Render. Tavola con i diversi fronti stradali. In alto, vista d’insieme sulla via Morgenzonlaan. 48 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Modello a grandezza naturale realizzato in cantiere di una porzione di facciata tipo. Campioni di diversi colori di mattoni utilizzati. Scheda tecnica Committente: Progetto architettonico: Progetto strutturale: Progetto impianti: General contractor: Costi di costruzione: Progetto e realizzazione: Fotografie: ERA Contour, Zoetermeer biq, Rotterdam (Theo van de Beek, Marcel Berghout, Sacha Buck, Carl Greveling, Hans van der Heijden, Rogier Kant, Francesca Poli, Helen Webster, Rick Wessels) Brekelmans, Maastricht LBP, Nieuwegein ERA Contour, Zoetermeer circa 9.000.000 euro, iva esclusa 2006-13 Stefan Müller 49 Render di una porzione del fronte tipo affacciato su strada. CIL 152 L'intervista Hans van der Heijden Architect Igor Maglica* Colloquio con Hans van der Heijden dello studio biq Hans van der Heijden e Rick Wessels conducono dal 1994 lo studio di architettura biq. Qui di seguito, van der Heijden risponde ad alcune brevi domande che tendono a illustrare in maggior misura la «filosofia» progettuale del gruppo olandese. Anche adesso che la vostra opera è parte integrante della storia dell’architettura olandese, e pure se vi accostate a una certa tradizione architettonica nazionale, non siete molto pubblicati «in casa», come, invece, succede ad alcuni architetti «alla moda». Come vivete questa contraddizione? Essa costituisce una motivazione in più per il vostro futuro lavoro? usino intenzionalmente forme architettoniche «riduttive» (non astratte e/o C’è un aneddoto su J.J.P. Oud, il quale, proprio come H.P. Berlage, parlava e scriveva fluentemente in tedesco. Cento anni fa i Paesi Bassi si concentravano molto sulla cultura architettonica dell’Europa centrale. Gli architetti olandesi guardavano verso Oriente. Amavano costruire solide strutture in mattone, pietra e cemento. Eppure, intorno alla Seconda Guerra mondiale, Oud comprese che l’inglese stava divenendo il linguaggio dell’architettura moderna e incominciò a impararlo attraverso la lettura di romanzi polizieschi. La sua padronanza dell’inglese segnò una svolta. Dopo quel momento, le fantasie di «sugarmodernismo» olandese si allontanarono dall’influenza centro-europea. Gli architetti olandesi, ora, rivolgono lo sguardo verso Occidente, meravigliati dal mondo inglese, dalle illimitate possibilità delle strutture in acciaio e dal peso leggero del loro rivestimento.Tuttavia, l’industria edile olandese non è cambiata così drasticamente ed è rimasta attaccata al modus operandi del costruire solidi edifici in pietra. Senza voler essere evangelico: ciò chiaramente non può essere negato da quegli architetti olandesi che amano costruire edifici durevoli nel tempo. assenti da caratteri ornamentali) estratte dalla realtà urbana circostante. Le Molti interventi illustrati nelle pagine precedenti sono stati realizzati in si- opere da voi progettate riflettono appieno il vostro pensiero architettonico tuazioni urbane fortemente caratterizzanti. Questo costituisce un incentivo polarizzato principalmente sul quotidiano, invece che nella ricerca dello in più per cercare nuove soluzioni tipologiche, basta rispettare i perimetri spettacolare a tutti i costi? del blocco urbano? La forma «riduttiva» è un modo per raggiungere un senso di generalità. Quando si tolgono le decorazioni di una casa, il progetto sta più nell’impressione di chi poi l’osserva che nelle intenzioni o nell’abilità artistica del suo creatore. La realizzazione, poi, si spera, si avvicina a un’idea condivisa della casa. Speriamo che questo tipo di case si adatti facilmente alle esigenze di chi le abita e sia più capace di assimilarne i gusti. Gli edifici dovrebbero essere concepiti per affrontare anche tragedie e melanconia. Quando progettiamo un alloggio lo immaginiamo come un luogo di gioia e piaceri, ma anche di sofferenza e dolore. Una casa è il luogo dove le persone nascono e muoiono; fa anche da scenario ai funerali. Le soluzioni tipologiche non nascono mai come un evento a sé stante. La gamma di un blocco urbano può essere espressa in molti modi diversi. Questioni banali, come la necessità sempre maggiore di parcheggiare le automobili nel tessuto urbano, provocano la sua innovazione. Il blocco formato da un insieme di alloggi, giardini e parcheggi va oltre soluzioni già note. Ci piace compararle con i superblocchi londinesi del diciannovesimo secolo. Le scuderie dell’epoca erano il risultato del benessere raggiunto dalla nuova classe borghese e ospitavano le stalle per i loro cavalli e i servitori. In molti dei nostri progetti, il cortile interno del blocco è utilizzato come parcheggio e posteggio delle biciclette. Dal momento che l’ingresso sul retro della casa è usato con più frequenza di quello sul davanti, è cambiata la concezione pubblica di fronte e retro. La tendenza è quella di far divenire sempre più formale quello anteriore. Si può affermare che la vostra architettura privilegi volutamente il quotidiano e l’ordinario, quello che potremmo chiamare come una «storia minore» costituita dalla vita d’ogni giorno delle persone, realizzando progetti non spettacolari, ma attenti al contesto e alle esigenze reali della gente? Chi siamo noi per poterci definire in grado di comprendere le esigenze reali delle persone? L’ossessione di gran parte dell’architettura d’oggigiorno è affermare la propria importanza nel più definitivo e indiscutibile dei modi. Ovviamente, di conseguenza, le idee non possono più essere di poco rilievo. Rick e io non esaltiamo l’ordinario e certamente non lo interpretiamo, né cerchiamo di farlo col fine di elaborare un giudizio personale su azioni o pensieri della gente comune. Non siamo Herman Hertzberger. Siamo interessati a tutto quello che condividiamo. Crediamo fermamente nel concetto di generalità in architettura, nella quale s’incrociano le espressioni della cultura popolare con quella più aulica. Non ci limitiamo alla riproposizione di nessuna delle due. Questo si manifesta nell’immagine esterna dei vostri progetti che sembra «We are interested in the things that we share. We strongly believe in the notion of generality in architecture in which the manifestations of low and high culture meet. We don’t restrict ourselves to a revamp of either of the two» 50 Crede nella funzione sociale dell’architettura e che, quindi, essa possa avere un effetto sulla società in cui viviamo? Qual è la funzione principale CIL 152 Hans van der Heijden Architect dell’architetto: captare e interpretare le esigenze provenienti dalla società, cercare di «educare» le persone proponendo nuovi modi di abitare, o altro? Sì e no. No, nel senso che l’architettura è una tecnica che dovrebbe avere la possibilità di venire studiata, insegnata e celebrata in maniera autonoma. E no, perché l’architettura intesa come veicolo di messaggi a carattere politico afferma tutto e niente. È un mezzo troppo astratto per la retorica. Ma sì, nel senso che non vi è bisogno di dire che la professione esiste solo grazie alle richieste fatte agli architetti. A parer mio, gli architetti non possono mai essere abbastanza precisi nelle negoziazioni sui loro progetti e distribuire lo spazio in cui fare la differenza. Se esiste un qualcosa di progressivo nel lavoro degli architetti, sarà inevitabilmente ispirato da decisioni razionali, dalla ricerca di fatti e da un congruo dibattito e dipenderà di gran lunga meno dalle buone intenzione del solo creatore, o peggio ancora, da politiche di simboli. Gli architetti dovrebbero porsi dei limiti. Essi possono, infatti, assumersi la responsabilità di solo una piccola parte dell’intervento effettivo. Qual è la situazione in cui si trova un giovane architetto che sta iniziando la professione in Olanda? Qui in Italia abbiamo l’impressione che, per molti versi, nonostante la crisi economica presente in numerosi paesi europei, da voi ci siano grandi opportunità per poter costruire. Sono pochi i paesi in cui le difficoltà e gli ostacoli per gli architetti sono così limitati come in Olanda. È d’uso comune che le imprese edili si assumano la responsabilità per la buona riuscita tecnica della realizzazione. Queste ultime costituiscono ormai i veri esperti per ciò che concerne gli aspetti tecnici della costruzione. Paradossalmente, questa pratica ha reso il mercato olandese più accessibile per i giovani architetti e, non dimentichiamocene, anche per architetti stranieri come Alvaro Siza, Hans Kollhoff e i fratelli Krier. L’esperienza degli architetti non è così fondamentale quando sono gli imprenditori ad averla. L’altro fattore è che l’architettura e la progettazione sono il punto forte del programma politico del governo olandese. Sebbene l’unione tra gli architetti non può essere vista da nessuna parte, questa «industria culturale» (come comunemente viene chiamata) è attivamente promossa all’estero dai diversi ministeri. E vi è anche un generoso sistema di borse di studio di supporto alla ricerca non accademica, alle pubblicazioni o ai dibattiti.Anche in questo caso, sono agevolati gli studi di architettura più piccoli e giovani.Tuttavia, è evidente che questa pratica ha impedito all’Olanda di sviluppare una cultura architettonica che vada oltre l’immagine e la coltivazione di storie e personalità. Gli architetti olandesi si sono abituati molto bene a saltare oltre gli ostacoli che i capitani dell’«industria culturale» pongono al loro passaggio. I miei sentimenti sono contrastanti riguardo a questa situazione! Che rapporto avete con i clienti, credo, quasi tutti olandesi? Secondo la tua esperienza, sanno quale architettura progettate e qual è la vostro posizione riguardo all’architettura attuale? Inoltre, cercano, come tanti altri clienti, di darvi «suggerimenti»? E, alla fine, appaiono soddisfatti, o semplicemente preoccupati dalla realizzazione del profitto? I nostri clienti olandesi sono soddisfatti degli edifici una volta terminati ma, alle volte, hanno difficoltà a immaginare il volume quando è ancora in fase di progettazione. «Il film è meglio del libro», una 51 volta ci disse uno di loro. Ciò può essere dovuto ai materiali «forti» che amiamo usare. I mattoni che utilizziamo, per esempio, sono terribilmente complicati da rendere nelle rappresentazioni al computer. Avevamo una relazione più profonda con i clienti del Bluecoat arts centre di Liverpool. Bryan Biggs era un visual artist, Charlotte Myrhum un architetto d’esperienza. Normalità, realismo e generalità non sono concetti alieni al mondo dell’arte dopo AndyWarhol e Sol LeWitt. Quando ci proponemmo per il lavoro, fummo i soli tra i settanta partecipanti a proporre la continuazione del monumento esistente in mattone nella nuova ala e aspirarando ad un’armonia e coesione generale piuttosto che a una giustapposizione di stili differenti. Mostrammo delle fotografie del Convento di Sant’Angelo a Milano (nella foto) progettato da Giovanni Muzio e nessuno fu in grado di stabilire a che epoca risalisse. Bryan e Charlotte ci sollecitarono a dare rilievo nella nostra architettura a quest’aspetto senza tempo. Bryan fu il nostro primo e ultimo cliente a dire: «Tu mi hai perso. Non ho idea di cosa stai parlando. Ma se pensi che sia importante come dici, allora fallo e non cercare nessuna via di mezzo». Il fatto che usiate il mattone così tanto deriva dalla situazione oggettiva in quanto progettate principalmente in Olanda paese noto per la sua ricca tradizione di esempi d’architettura in laterizio? O, anche, da altre considerazioni che riguardano le molte qualità costruttive di questo materiale? Il mattone è un materiale meraviglioso che si deteriora lentamente. La muratura in mattoni del nostro social housing in Lakerlopen non esprime un’abilità artistica. Non ci sono ornamenti e nessuna adesione d’unitarietà tra le parti. Non possiamo più farlo in altri esempi di housing. Al massimo ci si potrà avvicinare. I giunti orizzontali delle pareti di Lakerlopen sono incavati e rientranti di 8 mm, mentre quelle verticali non sono riempiti. Come risultato, abbiamo ricavato delle forti linee d’ombra orizzontali che possiedono una «somiglianza» con la tradizionale costruzione in mattoni che poteva essere precedentemente trovata sul luogo. I mattoni color arancione, per nulla schiarito, offrono una composizione oltremodo apprezzabile. Siamo convinti che le possibilità tecniche ed estetiche che questo materiale è in grado di offrire non siano per nulla esaurite.¶ (Traduzione di Ander Maglica) *Igor Maglica phd, architetto e giornalista CIL 152 Dettagli Hans van der Heijden Architect Andrea Campioli * Laterizio senza tempo Il progetto di biq per il quartiere De Grienden, alla periferia di Puttershoek, propone una ricca articolazione di edifici residenziali caratterizzata da una raffinata reinterpretazione dei tipi e delle tecniche della tradizione olandese I l progetto sviluppato da biq nel quartiere De Grienden alla periferia della piccola cittadina di Puttershoek, situata nelle immediate vicinanze di Rotterdam, è costituito da un complesso sistema insediativo costituito da 170 alloggi e un centro medico, realizzati nel corso di undici anni. La quarta fase, completata nel 2007, prevede una serie di volumi organizzati intorno a una piazza centrale e ad alcune corti allungate, che formano l’asse del nuovo insediamento. Questo asse è completamente libero dal traffico veicolare e stabilisce una connessione con il limitrofo parco urbano, al cui confine sono situate quattro ville urbane, parte integrante del progetto. I corpi di fabbrica che si affacciano su tale asse presentano differenti tipologie. Ma sia che si tratti di case isolate, a schiera oppure di ville bifamiliari, gli edifici si sviluppano sempre su tre livelli: un piano terra e due livelli superiori, contenuti in un tetto a due falde simmetriche. La peculiare articolazione degli spazi collocati al secondo livello caratterizza l’intero progetto: seguendo ritmi che cambiano nelle diverse tipologie, essi sono in parte contenuti nella falda e in parte la intersecano, determinando, localmente, una doppia altezza del fronte. Il profilo è poi sottolineato da elementi in calcestruzzo a vista che corrono, orizzontalmente e verticalmente, senza soluzione di continuità, lungo il prospetto in laterizio dell’intero corpo di fabbrica. Ne risultano fronti continui con diverse altezze, delimitati da linee spezzate che sembrano ritagliare il piano inclinato della falda di copertura. Dal punto di vista costruttivo, molteplici sono gli aspetti interessanti del progetto: i solai sono realizzati con lastre prefabbricate e getto di completamento in opera; le chiusure sono costituite da una muratura interna in blocchi, da un’intercapedine isolata e da una muratura esterna in mattoni faccia a vista; il tetto a falde è composto da pannelli in legno intelaiati e isolati rivestiti da un manto di copertura in tegole. Le cornici che profilano le murature esterne sono costituite da elementi prefabbricati in calcestruzzo armato a vista, ancorati con staffe metalliche ai solai. Occorre sottolineare come il contrasto tra queste ultime e la muratura in laterizio costituisca una ripresa The biq project for the De Grienden neighborhood, at the outskirts of Puttershoek, offers a rich articulation of residential buildings characterized by a refined reinterpretation of the types and techniques of the Dutch tradition 70 del tema tettonico presente in tutte le fasi di realizzazione dell’articolato progetto insediativo. Ed è proprio questo tema che ha richiesto una particolare attenzione nello sviluppo del dettaglio costruttivo laddove la muratura e il manto in tegole vengono interrotte dalla cornice cementizia. Se per certi versi le scelte tipologiche e formali del progetto possono essere ricondotte ai caratteri dell’architettura rurale olandese, occorre altresì sottolineare come esso presenti una sua assoluta originalità nell’organizzazione volumetrica e nel peculiare rapporto tra il fronte dell’edificio e le falde della copertura. Anche dal punto di vista costruttivo, il legame con la tradizione olandese appare con evidenza, soprattutto nell’impiego del laterizio faccia a vista per la realizzazione delle murature esterne. Ma non mancano elementi di chiara innovazione, che dimostrano una particolare attenzione dei progettisti nei confronti delle potenzialità delle più aggiornate soluzioni costruttive di matrice industriale. Gli edifici sono infatti connotati da un elevato livello di ibridazione tecnologica che si palesa nell’uso promiscuo di prefabbricazione e costruzione in cantiere, nell’accostamento di soluzioni massive (per le chiusure) a soluzioni leggere (per la copertura) e nell’aperta dialettica tra materiali tradizionali e materiali della modernità. D’altra parte, in un’intervista rilasciata a Hans Ibelings, Hans van der Heijden, uno dei fondatori di Biq, affermava che: «due cose sono oggi necessarie. Gli architetti dovrebbero ritornare a occuparsi della costruzione, familiarizzare nuovamente con gli appalti, con l’organizzazione del processo, con le specifiche tecniche. L’altra cosa è che dovrebbero prestare maggior attenzione alla «piccola storia». Non al mondo dei grandi ideali, delle grandi idee e dell’avanguardia, ma al «qui» e «ora»; al problema di riqualificare un determinato edificio o di rinnovare un certa periferia con un’attenzione specifica per il luogo e senza spettacolarizzazioni. Entrambi questi aspetti, la conoscenza della costruzione e la piccola storia, sono al contempo ideologici e pragmatici». Si comprende allora come il progetto «De Grienden» possa essere considerato rappresentativo dell’intera ricerca architettonica di biq, una ricerca radicata nella profonda conoscenza del costruire e al contempo protesa alla rielaborazione delle invarianti tipologiche e materiche della cultura del luogo, al fine di situare il progetto in un presente senza tempo...¶ * Andrea Campioli professore ordinario, Politecnico di Milano CIL 152 Hans van der Heijden Architect Biq, progetto De Grienden, Puttershoek, Rotterdam, Olanda, 2007 Dettaglio 1 Sezioni verticale, orizzontale e prospetto dell’ingresso collocato sulle testate degli edifici. Descrizione L’apertura della porta di ingresso, ricavata sulle testate dei corpi di fabbrica, è sottolineata da una cornice prefabbricata in calcestruzzo armato a vista aggettante rispetto al filo della facciata. Il tamponamento è costituito da una muratura interna in blocchi e da una muratura esterna in mattoni faccia vista con un’intercapedine isolata. La muratura presenta una tessitura a cortina. Legenda 1. muratura in mattoni faccia a vista 2. isolante 3. cornice prefabbricata in c.a. 4. muratura interna in blocchi 5. pannello di chiusura in legno 6. staffa di fissaggio della cornice in c.a. 7. porta 8. cordolo in c.a. 9. soglia in pietra 10. isolante a cellule chiuse 11. solaio in calcestruzzo alleggerito Planivolumetrico complessivo e scorcio dell’intervento. Prospetto della testata tipica dei corpi di fabbrica. 71 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Biq, progetto De Grienden, Puttershoek, Dettaglio 2 Sezione verticale e prospetto in corrispondenza della porta di ingresso collocata sul fronte lungitudinale e sezione verticale del colmo del tetto. Descrizione Il secondo e il terzo livello dell’edificio sono contenuti all’interno di un tetto a due falde simmetriche. La struttura del tetto è costituita da una pannellatura in legno intelaiata e isolata ed è protetta da un manto in tegole. La gronda del tetto è in calcestruzzo armato ed è parte integrante della cornice che si sviluppa lungo l’intero fronte dell’edificio. La muratura in mattoni, al di sopra del vano porta, è sostenuta da un profilo ad «L» di acciaio. Legenda 1. manto di copertura in tegole 2. struttura della copertura in pannelli di legno 3. gronda prefabbricata in c.a. 4. architrave ad «L» in acciaio a sostegno della muratura in mattoni 5. pannello di chiusura in legno 6. solaio parzialmente prefabbricato 7. porta 8. muratura in mattoni faccia a vista 9. solaio in calcestruzzo alleggerito 10. isolante a cellule chiuse 11. soglia in pietra 12. Pavimentazione in calcestruzzo Sezione trasversale e vista di una testata. 72 CIL 152 Rotterdam, Olanda, 2007 Hans van der Heijden Architect Biq, progetto De Grienden, Puttershoek, Rotterdam, Olanda, 2007 Dettaglio 3 Sezione verticale e prospetto in corrispondenza del volume a due piani con le porte finestre. Descrizione L’articolazione volumetrica dell’edificio è sottolineata da una cornice realizzata con elementi prefabbricati in c.a. che si sviluppa senza soluzione di continuità collegando le linee di gronda collocate ad altezze differenti. Ognuna delle porzioni a doppia altezza presenta due porte-finestre al primo piano e due finestre al piano terra. In corrispondenza del telaio superiore dei serramenti è alloggiato un dispositivo per la ventilazione degli ambienti interni. Legenda 1. elemento orizzontale prefabbricato in c.a. 2. isolante 3. solaio parzialmente prefabbricato 4. elemento verticale prefabbricato in c.a 5. porta finestra in legno 6. muratura in mattoni faccia a vista 7. parapetto metallico 8. pannello di chiusura in legno 9. dispositivo per la ventilazione 10. architrave ad «L» in acciaio a sostegno della muratura in mattoni Vista e dettaglio del fronte longitudinale. I disegni sono stati elaborati da Davide Mondini sulla base della documentazione cortesemente messa a disposizione dai progettisti. 73 CIL 152 Sul contestualismo architettonico Operare nella città moderna Ristrutturazione di una città giardino Sconfinamento tra architettura e arte Il libro, insieme manuale e «manifesto» teorico, si inserisce nel dibattito su conservazione e modernizzazione delle aree urbanizzate. Lo studio, che ha avuto come referenti scientifici David Dunster e Wim Platvoet, ammettendo la non esistenza di norme e ricette da utilizzare allo scopo, ribadisce la necessità di legare analisi della città esistente e progettazione e di individuare le regole che la sottendono. Soprattutto nei Paesi Bassi, la tendenza è stata quella di demolire la città post-bellica, di ricostruirla secondo la moda contemporanea, senza motivare minimamente questo metodo operativo. L’autore, direttore dello studio biq di Rotterdam, volendo comunque individuare aspetti metodologici per la progettazione, propone realizzazioni esemplificative di quattro famosi architetti europei. Mappa e definisce il campo del contestualismo architettonico, fissando come punti di riferimento: la storia e le sue tendenze recenti; il dibattito conseguente al tema del rinnovamento; quei progetti che hanno condiviso l’atteggiamento di non falsificazione delle identità e che hanno proposto un’indagine empirica della realtà, facendo riferimento agli insegnamenti del nostro Aldo Rossi. Ogni progetto viene sviluppato sia alla scala architettonica che a quella urbana, con riferimento al rinnovamento di manufatti storici a un insieme di isolati, mescolando nuove costruzioni, restauro e progetto del paesaggio, abitazioni. Il libro, edito in olandese e in inglese, è stato concepito dallo studio biq in relazione alle tematiche della pratica del costruire. Si compone di due saggi, di uno scritto intervista di Ellis Woodman (redattrice della rivista inglese BD – Building Design e critico di architettura per The Telegraph) e della presentazione di cinque progetti di rigenerazione della città, documentati dalle fotografie di Stefan Müller. Considera gli aspetti e i problemi della riqualificazione urbana, argomenti che hanno un ruolo centrale nell’attività di biq, comprendendo interpretazione dei fenomeni sociali, cooperazione, finanziamento e tecnologia costruttiva. Hans van der Heijden e Rick Wessels, principali componenti dello studio biq, considerano l’habitat umano, che è campo di lavoro dell’architetto e frutto del suo impegno progettuale, non un idillio incontaminato. L’efficacia del progetto è il prodotto di tradizioni e di convenzioni sociali, di sogni, di desideri; è fulcro di funzioni per i suoi abitanti, ma è anche espressione della limitatezza delle possibilità costruttive. L’obiettivo è stabilire in che modo operare nella città moderna, esaminando gli effetti prodotti dai cinque progetti esemplari, presi in esame, riguardo ai temi della nuova costruzione, della ristrutturazione, dell’espansione urbana, della riqualificazione, della monumentalità pubblica e della produzione di massa per la residenza. Il libro descrive gli aspetti architettonici, socio economici e abitativi dell’intervento di ristrutturazione di 241 case a schiera, effettuato dallo studio biq, nella «città giardino» di Kethel, a Schiedam, Comune di oltre 75.000 abitanti, a ridosso della tangenziale di Rotterdam. In 7 capitoli fa la storia del quartiere, conosciuto con il nome di Tuindorp e realizzato da Zwiers e Groosman negli anni ‘50, come gran parte del patrimonio di edilizia sociale, utilizzando componenti prefabbricati. Ne descrive le strade strette senza marciapiedi, gli aspetti della ristrutturazione, catalogando le diverse tipologie abitative. Degli autori, van der Heijden è direttore dello studio biq; la Klomp è tecnologa, ricercatrice presso l’Università di Delft. Il progetto, finalista nel 2006 al The World Habitet Award, promosso dalle Nazioni Unite, è stato esposto a Berlino nel 2004, come esempio per il rinnovamento dei quartieri tedeschi del dopoguerra. Sono stati adottati materiali e colori che fanno riferimento a quelli del progetto originale, lasciando inalterati i caratteri informali e intimi degli spazi interni ed esterni delle abitazioni. Le facciate sono state integralmente rivestite con pannelli di colore giallo sabbia, per migliorare le prestazioni termiche degli edifici; i nuovi telai dei serramenti sono stati inquadrati da pesanti cornici in legno colorato. È questo il catalogo della mostra, parte del programma «Olandiamo in Toscana», promosso dall’Ambasciata dei Paesi Bassi a Roma, organizzata alla fine dello scorso anno dal Centro Pecci di Prato e da Image. Documenta le riflessioni di architetti e artisti su cambiamenti avvenuti nel contesto sociale, economico e demografico e come l’attuale momento globale abbia mutato in Olanda temi e soggetti affrontati dai creativi. Gli autori, 6 artisti e 5 architetti (Atelier Van Lieshout, Boundary Unlimited, DUS architects, Haas & Hahn, Nicoline Van Harskamp, Anne Holtrop / Bas Princen, Wouter Klein Velderman, Krijn de Koning, NIO Architects, ONIX), organizzano un percorso che prende spunto da quanto li circonda, da una produzione che si rispecchia nei cambiamenti in atto nel Paese; li fa propri e li restituisce sotto forma di installazioni, video, sculture e interventi urbani. Mostra e libro raccontano lo sconfinamento tra ricerca architettonica e artistica, riflettendo sulla capacità di tracciare un orizzonte di produzione inedito e originale, come reazione alla crisi internazionale. I saggi introduttivi sono di Giampiero Sanguigni e di Hans Ibelings; il primo (ricercatore presso il Dipsa della Facoltà di architettura di Roma Tre) è il curatore dell’iniziativa, insieme a Marco Brizzi; l’altro, editore del volume, definisce grande denominatore comune di tutti questi nuovi studi il design sociale. Tuindorp Kethel Schiedam – Noddy, Noddier, Noddiest Hans van der Heijden, Barbara Klomp Thoth (Bussum), 2004 pp. 108, € 24,90 Triggering reality: new conditions for art and architecture in the Netherlands Giampiero Sanguigni, con il contributo di Hans Ibelings The Architecture Observer (Amsterdam), 2012 pp. 120, €18,00 a cura di Roberto Gamba Recensioni Hans van der Heijden Architect Architecture in de kapotte stad (Architecture in the fractured city) Hans van der Heijden Thoth (Bussum), 2008 pp. 216, € 29,90 Habitat Biq Bouwt De Stad Biq Builds The City Hans van der Heijden, Rick Wessels, Ellis Woodman NAI010 Publishers (Rotterdam), 2013 pp. 144, € 29,50 74 CIL 152 Hans van der Heijden Architect Rivoluzione architettonica Punti di vista disciplinari Protagonismo architettonico L’autore di questo libro, critico olandese e direttore della rivista A10, ha scelto di iniziare questa rassegna dal 1890, ritenendo tale data punto di partenza della transizione verso un’epoca, segnata dalla rivoluzione industriale, sociale e architettonica, dallo sviluppo demografico delle città e dal divenire l’Europa, da culmine del potere, semplice polo geopolitico del globo. Infatti pur se economia e formazione sociale della moderna Europa hanno avuto luogo in precedenza, solo la fine del XIX secolo ha visto l’architettura acquisire la portata e il significato che l’hanno caratterizzata successivamente. Il libro non si limita alla sola parte occidentale dell’Europa, ma ne analizza anche la parte centrale e orientale, basandosi sul presupposto che molto di ciò che qui è considerato architettura, è costituito da spazi, edifici pubblici e abitazioni collettive, destinati non più (ed esclusivamente) al servizio della Chiesa e di una classe privilegiata, ma frutto di disegno e progetto di pubblico dominio. Questo cambiamento, direttamente correlato alla sua crescita civile e burocratica, ha visto l’aumento del numero di professionisti architetti e l’inizio della loro istituzionalizzazione e formazione. Il libro si compone di quattro capitoli tematici, sul rapporto tra architettura, città, stato e società, e di altri quattro, ordinati in ordine cronologico (Until 1914; 1917–1939; 1945–1989; After 1989). Il volume contiene ricerche, relative alle tematiche di «Abitare il futuro, giornate internazionali di studio», organizzate nel 2010 dall’Università Federico II di Napoli. L’autrice (Ordinario di Composizione) le ha elaborate in diverse occasioni, secondo un punto di vista sulla disciplina specifica, basato sull’osservare la città e il territorio, attraverso l’utilizzo della cartografia storica. Nell’introduzione, Valeria Pezza considera la condizione di «catastrofe annunciata» che riguarda il presente della società, del mestiere e delle città, pur se con il libro si pone l’obiettivo di proporre l’ottimismo della modernità e della scientificità della materia architettonica. La prima delle tre parti del libro, «Voci per un lessico della costruzione urbana», commenta ed esemplifica, come una piccola enciclopedia, termini fondati sulla condivisione di un linguaggio comune, «razionalmente costruito»: la città moderna, la fabbrica, la piazza, strumenti e obiettivi della progettazione. Segue «Note d’apprendistato», in cui saggi, legati all’insegnamento, a progetti didattici e studenteschi, a teorie metodologiche, si rapportano alla storia e alla tradizione. L’ultima parte, «Esercizi di ammirazione», raccoglie scritti di autori dell’architettura contemporanea (Grassi, Renna, Monestiroli, Cantafora, Bisogni), insieme a saggi riassuntivi dei concetti sopra espressi, a cura di Camillo Orfeo e di Renato Capozzi. È il catalogo che ha accompagnato il Padiglione Italia, allestito alla 13a Mostra di Architettura della Biennale di Venezia, a cura di Luca Zevi. L’esposizione riguardava le nostre risorse ambientali, produttive e umane, in un percorso che comprendeva due poli: il primo basato sulla lezione di Adriano Olivetti; il secondo sulla prospettiva di una green economy, da quella ispirata, che possa divenire «sistema paese», capace di far fronte alle sfide del futuro. I numerosi saggi introduttivi del libro descrivono le quattro stagioni dell’architettura italiana: celebrano l’opera di Olivetti, che si affidò ai migliori progettisti della scena italiana per dare impulso al territorio ove la sua industria si insediava; citano l’«assalto al territorio» (definito «città diffusa»), che nel dopoguerra è stato manifestazione di una imprenditorialità individualistica; sottolineano la «terza stagione», incubatrice di quelle ottime «architetture del made in Italy», chiamate a rappresentare il sub-universo di migliaia di imprese, che si impongono sui mercati internazionali; analizzano la «quarta stagione», che, nell’attuale congiuntura storica, tenta di rilanciare appunto il protagonismo di un’innovativa progettualità architettonica di respiro internazionale. Le opere selezionate sono raggruppate in «architetture della fabbrica», «direzionale diffuso», «nel paesaggio agricolo», «recupero e riconversione produttiva» e «densificazioni». Il Premio, alla sua 3a edizione, è stato promosso dalla Consulta Lombarda Ordini Architetti PPC. Intende valorizzare giovani talenti (nati dopo il 1970), distinguibili per la ricerca di integrazione tra progetto, contenuti innovativi e dialogo con il territorio. In ogni gruppo partecipante, almeno uno dei componenti doveva essere iscritto a un Ordine della Regione. Una prima fase ha visto una preselezione a livello provinciale; nella seconda, la Giuria, composta da Manuel Aires Mateus, Emilio Caravatti, Luca Molinari, Paola Pierotti, Umberto Riva, ha proclamato vincitori, per la categoria «Nuove Costruzioni»: il progetto di riqualificazione di piazza Unità d’Italia a Tirano (SO), di Daniele Vanotti e Marco Ghilotti; per «Ristrutturazioni»: il recupero dell’edificio in via Zenale 3, a Milano, di Filippo Taidelli; per «Interni», ex aequo: il «Social Noise» a Milano, di Alberto Pottenghi, Mariana Fernandes Sendas, Mattia Alfieri, Martina Baratta e la «Biblioteca dell’arte», al MAXXI di Roma, di Ghigos Ideas; per «Spazi Pubblici e Paesaggio»: la riqualificazione di piazza Garibaldi a Zogno (BG), di Marianna Paola Vanoni. In questo catalogo, a cura della redazione di AL (Bollettino degli architetti lombardi), con testi introduttivi di Paolo Ventura (presidente della Consulta) e di Daniela Volpi (coordinatrice dell’iniziativa) sono illustrati anche i 4 progetti segnalati per la menzione e gli altri 41 selezionati. Scritti per l’architettura della città Valeria Pezza Franco Angeli (Milano), 2012 pp. 336, € 29,50 Le quattro stagioni – Architetture del made in Italy: da Adriano Olivetti alla green economy Autori vari Electa Milano, 2012 pp. 352, € 29,00 Rassegna lombarda di architettura under 40 – Nuove proposte di architettura» – III edizione Irina Casali, Martina Landsberger, Igor Maglica, Daniela Villa (a cura di) Gruppo24ore (Milano), 2012 pp. 112, € 19,00 European architecture since 1890 Hans Ibelings SUN architecture (Amsterdam), 2011 pp. 240, € 17,25 75 CIL 152 Giovani progettisti a confronto Hans van der Heijden Architect Matters of Fact The architecture of biq stadsontwerp Hans Ibelings The office of biq, led by Rick Wessels and Hans van der Heijden, combines marginality with prominence. Unlike many other architects and architectural offices, biq is not a household name in the Netherlands. Yet, the office was one of the very few Dutch architects invited by director David Chipperfield to participate in last year's Venice Architecture Biennial. This inclusion in Venice not only reflects that the architecture of biq fitted in Chipperfield's overarching theme of the Biennial, Common Ground, but also underlines its international resonance. Hans van der Heijden, one of biq's principals, has a distinctive voice in the Dutch architectural debate, yet biq's work is only incidentally published. Quite tellingly, Van der Heijden is now editor of the long running series of yearbooks of Architecture in the Netherlands, in which no project of biq was ever included. Obviously this shows that the work of biq does not fit in the mainstream of Dutch architecture but, and this is another paradox, biq's architecture is probably more Dutch than that of many of its colleagues. It builds upon Dutch construction technology and materials and Dutch customs and conventions yet the outcome is in many respects equally familiar and foreign. In this sense this architecture echoes what Gilles Deleuze and Félix Guattari contended about Kafka in 1975, whose writings they characterized as a 'littérature mineure': 'Une littérature mineure n'est pas celle d'une langue mineure, plutôt celle qu'une minorité fait dans une langue majeure.' For Kafka, Deleuze and Guattari believed, there was no other choice than to write in German, which was in Prague 'une langue déterritorialisée, propre à d'étranges usages mineurs'. Something similar applies to biq, which uses the major language of Dutch brick building tradition in such a way that the result becomes a minor language, an architecture that only vaguely resembles its background and origin. What biq does, and this is probably an unintended byproduct of its design approach, is revealing an exotic aspect of something very Dutch. In a context where everything is pretentiously designed, the apparent normality and ordinariness of the architecture of Wessels and Van der Heijden stands out as something curiously uncommon. This ordinariness is hinting at what could be seen as an essential element of biq's architecture, to provide for an architecture that withstands every aspect of daily life in a matter-of-fact-like way. Quite often architecture focuses on a limited spectrum of doing good and pursuing happiness. Van der Heijden once said that he wants his architecture also to be a dignified context of comfort and even consolation for the unavoidable sadder parts of any family's life, such as deaths and funerals. To enable this, the architecture of Wessels and Van der Heijden has a certain frugality in its expression, without the misplaced ruthless optimism that terrorizes architecture so often, and devoid of the swagger of formal bravado, which Van der Heijden may appreciate as such but isn't his style. In this sense, for him there is a fundamental distinction between this kind of abstract form, that presupposes an independency from reality, and the reduced form that is firmly rooted in context and history. According to him, abstraction is a search for a new order, reduction is about a distillation of reality. Hans van der Heijden Architect Reduction leads to a concentration on the bare essence of a building, unadorned but not plain. The power of biq's architecture lies in this concentration and the ability to carefully evoke an atmosphere, a theme that plays an important role in the analogue architecture of the Swiss architect Miroslav Šik. Šik is an architect with whom Van der Heijden has a clear affinity, and with whom he shares an interest in finding a balance between familiarity and alienation. A fundamental difference between Šik and Van der Heijden however is that for Šik the architectural representation in the form of evocative drawings is almost equally important as buildings (of which there are not many). Both a drawing and a building have a interrelated yet autonomous existence, while for Van der Heijden, the drawing is merely a tool for conveying the knowledge necessary to make a building, and in the making the building architecture becomes reality, as it gains a material existence. For biq, the significance of the act of building, is to be found in the outcome, the building itself. Šik is only one point of reference in the world of of biq that transcends time and place and contains historic figures such as Novecento master Giovanni Muzio, who realized his most important projects in Milan in the 1930s, and contemporary, like-minded people in the UK, Belgium, Germany and Switzerland, such as Tony Fretton, Sergison Bates and Paul Vermeulen to name just a few. What these architects have in common is that they are not searching for a universally valid essence of architecture, but instead are trying to approximate the essence of each particular assignment, by approaching it in an inductive way. This relates to the distinction made by David Hume in his An Enquiry Concerning Human Understanding (1748) between 'Relations of Ideas' and 'Matters of Fact'. Algebra belongs to the first category, as Hume wrote: 'That three times five is equal to the half of thirty, expresses a relation between these numbers. Propositions of this kind are discoverable by the mere operation of thought, without dependence on what is anywhere existent in the universe.' Hume's Matters of Fact are 'not ascertained in the same manner'. Clearly, the work of biq belongs to the world of Matters of Fact, in the full awareness that all everyday habits depend on drawing uncertain conclusions from relatively limited experiences (assuming for instance that the sun will rise tomorrow just as it did today and yesterday). For Wessels and Van der Heijden this holds true for architecture as well. As a matter of fact, biq's architecture is just that: the drawing of uncertain but hopefully convincing conclusions from unavoidably limited experiences. Hans van der Heijden Architect Interview with Hans van der Heijden of biq Igor Maglica IM: It can be said that your architecture deliberately privileges the everyday and ordinary, what we might call the “small history” made of the people’s daily life, letting us see not spectacular projects, but projects attentive to the “normal” context and the real needs of the people? HvdH: Who are we to say we know what the real needs of people are? The obsession of so much current architecture is to prove its relevance in the most ultimate and definitive terms possible. Obviously, ideas can never be small anymore. Rick and I don’t glorify the ordinary and we most certainly don’t try and interpret the ordinary in order to arrive at a personal statement on whatever normal people do or like. We are no Herman Hertzberger. We are interested in the things that we share. We strongly believe in the notion of generality in architecture in which the manifestations of low and high culture meet. We don’t restrict ourselves to a revamp of either of the two. IM: This is in some way manifested in the imagery of your projects which seem deliberate in the use of reductive forms (not abstract and / or lacking ornaments) drawn from the urban reality that surrounds us. Can we say that your architecture focuses on the everyday instead of the spectacular? HvdH: The reduced form is a way to arrive at a sense of generality. When you take away the embellishments of a house, the design is more about what the observer makes of it than about the intentions and the artistry of the maker. The imagery hopefully gets closer to a shared idea of the house. We hope that such houses are tolerant to the appropriation by their inhabitants and more capable to absorb the taste of people. Buildings should cope with tragedies and with melancholy. When we design a house we imagine it as the setting for joy and pleasure, but also of grief and pain. A house is the place where people are born and where people die. Houses are also the backdrop for funerals. IM: Although your work is evidently part of Dutch architecture history and is inspired by its tradition, you are not as much published in the Netherlands as other architects that we can define as more stylish. How do you experience this contradiction? Are you thinking that “Nemo propheta in patria” and that, sooner or later, your merits will be appreciated? HvdH: There is this anecdote about J.J.P. Oud. Like H.P. Berlage, he was a fluent German speaker and writer. 100 years ago the Netherlands had a strong focus on Central European architectonic culture. Dutch architects look eastwards. They liked to build solid structures in brick, stone and concrete. But around WW2 Oud understood that English was becoming the language of modern architecture and he started learning English by reading detective novels. Oud’s mastering of the English language marked a turning point. After that, the phantasies of Dutch sugarmodernism moved away from the Central European discourse. Dutch architects are now looking westwards, amazed by the spectacles of the Anglosaxon world, to the unlimited possibilities of the steel frame and their light weight cladding and lining. Yet, Dutch construction industry has changed far less fiercely and has stuck to the modus operandi of doing solid stone buildings. This reality is Hans van der Heijden Architect refractory. Without wanting to be evangelical: the laws of the construction industry can’t be denied by those Dutch architects who like to construct durable edifices. IM: Many interventions presented here are strongly characterized as urban blocks. How do you face the problem of intervening in specific contexts? Does that become an incentive to invent new typological solutions; do you try to respect the limitations of the perimeter of the block; how does this work? HvdH: The typological experiment never happens as an event per sé. The urban type of the perimeter block is expressed in many, many different ways. Trivial facts, such as the increased need to store cars in within the block, are by now triggering its innovation. The compiled block with a mix of dwellings, gardens and car parking goes beyond known arrangements. We like to compare this to the nineteenth century London superblocks. The mews in these blocks were the result of the wealth of a new bourgeoisie and accommodated their horses and stables and servants. In many of our projects, the inner court of the block is used for car parking and bicycle storage. Because the rear door of the house is used more frequently than the front, the public status of fronts and backs has changed. The tendency is that the front of the house becomes more and more formal. IM: Do you believe in a social function of architecture and that it may have an effect on the society in which we live? HvdH: Yes and no. No, in the sense that architecture is a technique which should have the chance to be studied, educated and celebrated autonomously. And no, because architecture as a vehicle for political messages proves everything and nothing. It is too abstract a medium for rhetoric. But yes, in the sense that it goes without saying that the profession exists only because of the tasks that are given to architects. In my mind, architects can’t be precise enough in the negotiations on their designs and allocate the space where they can make a difference. If there is any progressive substance in the work of architects, it will unavoidably be informed by rational decisions, by fact finding and by a reasonable debate and will depend far less on the good intentions of the creator alone, or even worse, by symbol politics. Architects should limit themselves. They can only take on responsibility for a very small part of the actual intervention. IM: What is the situation in the Netherlands for a young architect who is starting his career? From taly we get the impression that in spite of the current economic crisis this is still favorable to other European countries and that there are still opportunities to build. HvdH: There are few countries where the tasks and liabilities of architects are as restricted as in the Netherlands. As a rule contractors take over the responsibility for the technical performance of the buildings. Contractors have become the real experts of buildings. Paradoxically, that practice has made the Dutch market easily accessible for young architects and, let’s not forget that, foreign architects such as Alvaro Siza, Hans Kollhoff and the Krier brothers. The experience of architects is a limited asset when the contractors know better. The other factor is that architecture and design are spearheads of Dutch governmental politics. Whilst the architects’ union is nowhere to be seen, this ‘cultural industry’ (as it is called in current Newspeak) is actively promoted abroad by the diverse ministries. And there is a generous grant system to support non-academic research, publication and debate. Again, this works in favor of younger and smaller offices. Yet, it is Hans van der Heijden Architect immediately clear that this very practice has prevented the Netherlands from establishing an architectonic culture that goes beyond the image and the cultivation of stories and personalities. Dutch architects have become well adjusted to jumping through the hoops that the captains of ‘cultural industry’ hold up for them. I have mixed feelings about this situation! IM: What is your relationship with your clients who presumably are predominantly Dutch? Are they aware of your attitude towards contemporary architecture? HvdH: Our Dutch housing clients are pleased with the finished buildings, but they sometimes have difficulties in imagining the building when it is still a design. ‘The film is better than the book,’ one of them once stated. That might have to do with the strong character of the materials that we like to use. The bricks that we apply are terribly difficult to represent in computer renderings. We had a more profound relation with the clients of the Bluecoat arts centre in Liverpool. Bryan Biggs was a visual artist, Charlotte Myhrum an architect by training. Normality, realism and generality are no alien concepts in the art world after Andy Warholl and Sol LeWitt. When we pitched for the job, we were the only architect out of 70 applicants who suggested to continue the brick architecture of the existing monument in the new wing and to aim at one coherent whole instead of a juxtaposition of styles. We showed pictures of the Convento di Sant’Angelo in Milano, designed by Giovanni Muzio and nobody could guess from which era this building originated. Bryan and Charlotte urged us to pronounce this timeless aspect in our architecture. Bryan was the first and last client ever to say to me: ‘You have lost me. I don’t know what you are talking about. But if you think it is as important as you say, then do it and don’t compromise.’ IM: The fact that the brick you use so much in your work results from the situation that you operate mostly in the Netherlands, a country known for a very rich variety of brick architecture examples. Are there considerations that have to do with the construction and the quality of this material? HvdH: Brick is a beautiful material that weathers nicely. The brickwork of our social housing in Lakerlopen doesn’t articulate craftsmanship. There are no ornaments and there is no special bonding. We can’t do that anymore in housing. At best we can look for the analogy. The horizontal joints of the Lakerlopen walls are raked and recessed by 8 mm, the vertical joints are not filled. As a result, we got strong horizontal shadow lines that possess a similarity with the traditional brickwork that could be found on the site previously. The deeply saturated orange bricks provide a powerful texture to the houses. We are convinced that the technical and aesthetic possibilities of the material are not exhausted.