Fisioterapia
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Dipartimento sanità Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Nadine Böhny Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 L’efficacia dell’esercizio fisico sulla qualità della vita di donne affette o sopravvissute al carcinoma mammario. Una revisione della letteratura Relatore: Luca Scascighini L'esercizio fisico L'allenamento aerobico e il rinforzo muscolare hanno un effetto positivo sulla qualità di vita di pazienti affette da tumore al seno o sopravvissute alla malattia. In ambito riabilitativo sarebbe opportuno poter offrire la possibilità di svolgere un programma d'allenamento fisico sotto la supervisione di un fisioterapista. La scelta di affrontare il tema dell’efficacia dell’esercizio fisico sulla qualità di vita di pazienti affette da tumore al seno o sopravvissute a questa malattia nasce dal fatto che questa patologia è sempre più frequente alle nostre latitudini ed ha un impatto importante sulla qualità di vita di chi ne è affetto. È quindi fondamentale poter intervenire in ambito riabilitativo in modo da poter garantire una migliore qualità di vita sia in corso delle malattia sia dopo la guarigione. Abstract Obiettivo L’obiettivo di questo studio è di valutare l’efficacia e le ripercussioni dell’esercizio fisico aerobico e di rinforzo muscolare sulla qualità di vita di donne affette o sopravvissute al tumore al seno, basandosi sulle evidenze scientifiche presenti in letteratura. Metodologia della ricerca La ricerca della letteratura si è svolta sulle banche dati PubMed e PEDro. Per la selezione degli studi si è tenuto conto dei criteri d’inclusione definiti a priori secondo il modello PICO. Sono stati inclusi unicamente studi di tipo randomized controlled trial che hanno valutato l’efficacia dell’esercizio fisico, di tipo aerobico e/o di rinforzo muscolare, sulla qualità di vita di donne malate o sopravvissute al carcinoma mammario. Risultati Nove studi hanno soddisfatto i criteri d’inclusione e sono stati inclusi in questa revisione. Dalla loro analisi è stato possibile ricavare evidenze riguardo l’efficacia dell’esercizio fisico, applicato durante il periodo dei trattamenti adiuvanti oppure al termine di queste terapie, sulla qualità di vita delle donne con carcinoma mammario. In particolare, l’allenamento fisico permette di migliorare significativamente sia il livello di fitness fisico sia la capacità nell’esecuzione delle attività quotidiane e di conseguenze permette di aumentare la qualità della vita. www.supsi.ch In media, gli studi mostrano che il gruppo d’allenamento otteneva un miglioramento della qualità della vita pari al 16% in più rispetto al gruppo non sottoposto all’esercizio fisico. Inoltre l’esercizio fisico assume un importante ruolo a livello preventivo e riduce il rischio di recidive. Attualmente non è ancora possibile determinare in modo preciso l’efficacia dell’esercizio fisico sullo stato psicosociale del paziente in quanto gli studi presenti in letteratura sono ancora limitati. Nonostante questo, sembrerebbe che l’allenamento abbia un impatto positivo anche sul benessere psicosociale. Per quanto riguarda la pianificazione dell’allenamento esistono alcune linee guida che riportano quali siano i parametri ottimali da applicare ed essi dipendono in gran parte dalla caratteristiche individuali del soggetto. Alcuni studi hanno incluso anche un intervento educazionale ma al momento i dati a disposizione non permettono di determinare quale sia la sua efficacia. Conclusioni L’esercizio fisico permette di migliorare la qualità della vita di donne affette da tumore al seno o sopravvissute alla malattia. Inoltre riduce il rischio di recidive e assume un importante ruolo preventivo. Sarebbe quindi opportuno promuovere e offrire un programma d’allenamento fisico come trattamento aggiuntivo nella cura di questa malattia. Greta Castelli Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 L'efficacia della fisioterapia respiratoria a scopo preventivo: esempi di trattamento in bambini con Paralisi Cerebrale Infantile Relatrice: Brigitte Erdmann 1. Auscultazione 2. Stetoscopio 3. Foglio di lavoro Didascalia immagine 1. L'auscultazione polmonare permette di verificare la presenza o l'insorgenza delle problematiche respiratorie. Mediante l'identificazione dei rumori avventizi e tenendo conto delle caratteristiche individuali del paziente il terapista attua la tecnica di "toilette" bronchiale più adeguata. (Fonte immagine: http://intranet.tdmu.edu.ua/) Didascalia immagine 2. Lo stetoscopio è lo strumento d'eccellenza per la fisioterapia respiratoria dato che permette l'auscultazione. Si tratta di un oggetto di piccole dimensioni, di facile reperibilità e dai costi contenuti. Didascalia immagine 3. Questa griglia è stata elaborata per essere compilata ad ogni trattamento di fisioterapia respiratoria preventiva. Il suo scopo è quello di permettere di ottenere una storia degli eventi respiratori del singolo paziente e di avere uno strumento che dimostra oggettivamente l'efficacia o meno del trattamento proposto. Le problematiche respiratorie costituiscono ancora oggi una delle principali cause di ospedalizzazione e morte prematura di persone con Paralisi Cerebrale Infantile. Nonostante questo sia un dato scientificamente provato, la maggior parte degli articoli non si occupa del trattamento di tali problematiche e tanto meno di un intervento di tipo preventivo; si limitano invece, a sottolineare quanto esse incidano negativamente sulla qualità di vita di queste persone. Abstract Obiettivi Mediante l’analisi della letteratura scientifica è stata dapprima discussa l’incidenza delle problematiche respiratorie in persone con Paralisi Cerebrale Infantile (PCI). Successivamente si è cercato di dimostrare l’efficacia delle tecniche manuali di fisioterapia respiratoria a livello preventivo, attraverso l’analisi di alcuni casi di bambini con PCI. Infine, è stata elaborata una tabella che vuole essere una linea guida per tutti i terapisti nel momento in cui si accingono ad eseguire un trattamento di fisioterapia respiratoria preventiva. Questo documento potrà essere utile per oggettivare il proprio lavoro e valutarne l’efficacia, sia a breve che a lungo termine. Riassumendo, l’obiettivo generale che è stato raggiunto, era quello di dimostrare l’efficacia delle tecniche manuali di fisioterapia per prevenire l’insorgenza delle patologie respiratorie, in modo particolare, nei bambini con PCI. Metodologia della ricerca Si tratta di uno studio retrospettico che analizza l’efficacia della fisioterapia respiratoria applicata a scopo preventivo su bambini con Paralisi Cerebrale Infantile, ospiti di una struttura riabilitativa ticinese. Per quanto riguarda la base teorica di questo lavoro sono state consultate le seguenti banche dati: PubMed, Elsevier, Springer Link, BioMed Central. La ricerca è stata condotta utilizzando la parola chiave cerebral palsy associata attraverso l’operatore boleano AND ad altre keywords: respiratory problems, life expectancy, mortality, hospital admission. Parallelamente si è svolta una ricerca riguardante le principali tecniche di fisioterapia respiratoria utilizzate al giorno d’oggi mediante le seguenti keywords: chest physiotherapy, autogenic drainage, techniques de désencombrement, expiration lente. www.supsi.ch Risultati Dall’analisi della letteratura scientifica è emerso il fatto che le problematiche respiratorie sono ancora oggi una delle principali cause di ospedalizzazione, diminuzione della qualità di vita, e in alcuni casi di morte prematura delle persone con Paralisi Cerebrale Infantile. Nonostante questo però nessun articolo si sofferma a parlare dei possibili interventi, non farmacologici, per migliorare tale situazione e tanto meno nessuno fa riferimento ad un intervento di tipo preventivo. I casi clinici proposti, invece, hanno dimostrato l’efficacia della fisioterapia respiratoria per prevenire il manifestarsi di tali problematiche, grazie ad outcome quali: numero di ospedalizzazioni annue, frequenza di somministrazione di antibiotico, manifestarsi di eventi respiratori acuti. Conclusioni La fisioterapia respiratoria si è dimostrata essere un intervento efficace (nella prevenzione dell’insorgenza delle patologie respiratorie), veloce, di semplice applicazione e in grado di ridurre i costi sanitari. Tale studio però, non può avere validità scientifica a causa delle dimensioni ridotte del campione considerato e a causa del fatto che la documentazione clinica recuperata era spesso frammentaria. Considerata l’importanza dell’argomento trattato si sollecita la realizzazione di uno studio più approfondito. Thea Faccio Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Il ruolo della coordinazione motoria nella prevenzione e trattamento dell'obesità infantile: una revisione della letteratura Relatrice: Brigitte Erdmann 1.Piramide attività fisica 2. Obesità infantile 3. Coordinazione Didascalia immagine 1. Oltre alla piramide alimentare esiste anche una piramide dell'attività fisica che che riassume le abitudini per una vita salutare. (Fonte immagine: Lughetti, L. & S. Bernasconi. 2005. L'obesità in età evolutiva. McGraw-Hill) Didascalia immagine 2. Secondo l’OMS l’obesità infantile rappresenta uno dei più gravi problemi della salute pubblica del 21° secolo; in tutto il mondo si contano infatti più di 42 milioni di bambini in sovrappeso di meno di 5 anni. L’obesità durante l’infanzia è considerata come una malattia cronica che sviluppa molto presto delle complicanze e rappresenta un precoce fattore di rischio per patologie che possono permanere anche in età adulta. Didascalia immagine 3. Nei programmi di intervento é di primaria importanza fornire le opportunità e gli incoraggiamenti ai bambini in sovrappeso per sviluppare le loro abilità motorie in modo da promuovere il coinvolgimento e il mantenimento regolare di un’attività fisica. Inoltre attività fisiche mirate al miglioramento della coordinazione motoria rappresentano la componente chiave per prevenire un peso malsano nei bambini. (Fonte immagine: www.yourself.it, www.lapalestra.net) (Fonte immagine: www.sport.admin.ch/ufspo/) Dato l'interesse personale per la pediatria e l'attività fisica e considerando la crescita esponenziale del numero di bambini in sovrappeso e obesi in tutto il mondo, ho voluto analizzare il ruolo della fisioterapia nel trattamento e nella prevenzione di questa condizione. Vista l'importanza della coordinazione motoria per lo sviluppo globale del bambino ho analizzato la correlazione tra questa e il BMI in modo da determinare gli aspetti essenziali per i programmi di intervento. Abstract Obiettivi Lo scopo di questa revisione della letteratura è quello di identificare e analizzare la correlazione tra il sovrappeso e la coordinazione motoria (CM) e il ruolo di quest’ultima nella prevenzione e trattamento dell’obesità infantile. Questo lavoro vuole inoltre individuare il ruolo della fisioterapia nella prevenzione e trattamento di questa condizione e determinare quale tipo di attività e quali aspetti vanno considerati nella creazione di programmi d’intervento. Metodologia della ricerca La revisione della letteratura è stata eseguita analizzando il database PubMed utilizzando come parole chiave i seguenti termini: Obesity, Overweight Motor Skill, Motor Coordination, Child, BMI e Weight Status. Per rendere la ricerca più specifica e aggiornata sono stati inclusi solo gli studi di tipo cross-sectional condotti negli ultimi 10 anni (2002-2012) riguardanti la fascia d’età pediatrica (5-14 anni). Dalla selezione iniziale di 49 studi sono stati esclusi 25 articoli in base al titolo (in riferimento ai criteri d’inclusione ed esclusione). Dopo la lettura dell’abstract e del testo integrale sono stati esclusi ulteriori 17 studi per gli stessi motivi e per mancanza di reperibilità. www.supsi.ch Dei 49 articoli identificati si è poi giunti ad un totale di sette articoli selezionati per eseguire questa revisione della letteratura. Dai sette articoli individuati sono state ricavate le informazioni più importanti che indicavano i diversi i metodi di valutazione della coordinazione motoria o abilità motorie fondamentali (AMF) usati negli studi per analizzare le differenze nella coordinazione motoria nei bambini normopeso, sovrappeso (relazione tra il BMI e la CM). Riguardo a questa correlazione sono stati fatti degli approfondimenti anche riguardo alle difficoltà legate agli svantaggi di un peso eccessivo e le differenze legate all’età e al sesso. Un capitolo è stato dedicato all’evidenziazione dell’importanza dello sviluppo della CM durante l’infanzia. Infine, in base ai risultati ottenuti dagli studi di tipo cross-sectional, sono state fatte delle considerazioni per la prevenzione e il trattamento dell’obesità Conclusioni In base ai risultati ottenuti in questa revisione della letteratura si può concludere che c’é una correlazione inversa tra il livello di coordinazione motoria e il BMI. In base agli studi analizzati si può dire che questa correlazione non è a senso unico, l’una infatti può essere la causa dell’altra. Le evidenze scientifiche riportano inoltre che il livello di CM è strettamente legato alla motivazione e alla partecipazione all’attività fisica. La scoperta di queste correlazioni ha un’influenza importante per la prevenzione e il trattamento dell’obesità infantile in quanto la coordinazione motoria potrebbe essere la chiave strategica per ottenere risultati a lungo termine per la promozione dell’attività fisica e di uno stile di vita attivo. Per questo motivo è importante che nei programmi multidisciplinari di prevenzione e trattamento dell’obesità infantile sia presente anche la figura del fisioterapista, in quanto essendo uno specialista del movimento, ha le conoscenze necessarie per proporre degli interventi fisici adatti alle caratteristiche dei partecipanti. Jessica Ferrari Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Analisi di due trattamenti per la cura dell’epicondilite sulla base della letteratura e della percezione soggettiva Relatore: Marco Barbero I trattamenti Nell'immagine grande é mostrato un esercizio contro resistenza eseguito in modo autonomo dal paziente, movimento che agisce sul rinforzo muscolare e il range articolare. Nell'immagine piccola il paziente riceve un trattamento di Deep friction che agisce sull'inserzione dell'epicondilo. L’epicondilite è una patologia molto diffusa al giorno d’oggi che provoca forti dolori e disabilità a chi ne è affetto; purtroppo essa è di difficile guarigione. Ho quindi deciso di analizzare e confrontare due trattamenti tra quelli che ho potuto sperimentare maggiormente nelle mie esperienze lavorative. Abstract Obiettivi Determinare il trattamento più efficace tra deep friction ed esercizio eccentrico nella cura dell'epicondilite, tramite la revisione approfondita della letteratura. Capire inoltre se la percezione dei pazienti conferma quanto espresso nella letteratura professionale. Metodologia della ricerca Il lavoro svolto è una revisione della letteratura di 6 articoli trattanti studi medico-scientifici di cui 3 inerenti l’esercizio eccentrico e altri 3 la deep friction. La tesi in oggetto prosegue quindi con una seconda fase in cui sono stati contattati 10 pazienti con una diagnosi comprovata di epicondilite ma con storie cliniche differenti. E' stato chiesto loro tramite un questionario di valutare il trattamento ritenuto migliore tra i diversi effettuati. Il limite principale di questo Lavoro di Bachelor è la mancanza di un confronto diretto tra i due trattamenti, sia nella letteratura scientifica reperibile che nella popolazione indagata. www.supsi.ch Risultati Dall’analisi della letteratura risulta che l’esercizio eccentrico è più efficace della deep friction che però, inserita nell’insieme delle terapie, può comunque risultare utile. Per alleviare il dolore il 40% dei pazienti percepisce maggiormente efficace la deep friction, e il 10% l’esercizio eccentrico; mentre per il recupero delle attività il 20% dei pazienti considera efficace l’esercizio eccentrico. Conclusioni Tra i due trattamenti analizzati risulta più efficace l’esercizio eccentrico, ma non bisogna dimenticare che il trattamento migliore è quello che include diversi trattamenti nel suo insieme, riuscendo così a ottenere una riabilitazione il più completa possibile. Anna Foletti Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 L'istruzione della neurofisiologia del dolore a pazienti con problematiche muscoloscheletriche croniche di natura nonmaligna: efficacia e strumento Relatore: Luca Scascighini Esempio di illustrazione Queste vignette dovrebbero aiutare il paziente a capire la fisiologia del dolore. Qui è raffigurata l'elaborazione a livello corticale del dolore acuto: ad un stimolo doloroso consegue un cambiamento della rappresentazione sensoriale corticale. (Fonte immagine: disegno eseguito da Michele Foletti) Era un mio interesse approfondire un argomento che toccasse il dolore e la sua gestione. Confrontandomi con alcune figure professionali, è finalmente nato il progetto di creare un documento che aiutasse il paziente con dolori cronici a conoscere meglio la propria situazione clinica e quindi ad accettare la terapia. Dalla ricerca letteraria doveva poi nascere uno strumento concreto da utilizzare con i pazienti. Abstract Background In letteratura si trovano alcune pubblicazioni scientifiche che supportano il fatto che le informazioni fornite al paziente risultano essere fondamentali per la sua comprensione del problema. L'istruzione della neurofisiologia è una strategia che può indurre dei cambiamenti a livello cognitivo: ipoteticamente il paziente concettualizza il problema da un altro punto di vista, per cui diminuisce la sensazione di catastrofizzazione della sua situazione. Obiettivo L’obiettivo di questo Lavoro di tesi consiste nel determinare l'efficacia dell'istruzione della neurofisiologia del dolore ai pazienti con muscoloscheletriche croniche di natura non-maligna tramite una revisione della letteratura. In un secondo passaggio, si cercherà di creare uno strumento per spiegare la neurofisiologia del dolore cronico per la patient education sulla base di opinioni di esperti nel campo della gestione del dolore cronico. Metodologia della ricerca La ricerca degli articoli è stata effettuata sulla banca dati PubMed. In un secondo tempo, per individuare le informazioni utili per il paziente, è stata programmata un'indagine Delphi, al fine di raccogliere le opinioni di professionisti del gruppo di studio svizzero per il dolore (EEDS-Swiss chapter IASP). www.supsi.ch Risultati Tre articoli sono stati reperiti dalla ricerca nelle banche dati. Gli autori degli articoli sono stati contattati per richiedere altre eventuali referenze. 10 articoli sono stati selezionati in base a dei criteri d’inclusione. Nel sondaggio Delphi hanno partecipato 15 persone al primo round e 14 al secondo. I risultati hanno poi permesso l'elaborazione dello strumento destinato ai pazienti. Conclusione L'istruzione della neurofisiologia del dolore risulta promettente, ma di scarsa evidenza. Ulteriori studi sono necessari per confermare questi risultati. Lo strumento creato appositamente per i pazienti necessita di approfondimenti, soprattutto per quanto riguarda il suo utilizzo presso i pazienti. Elena Franconi Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Difficoltà e limiti del fisioterapista nella presa a carico e nel trattamento del paziente con dolore cronico, una ricerca qualitativa Relatore: Luca Scascighini 1. Le vie del dolore 2. Sensitizzazione 3. Biopsicosociale OMS Didascalia immagine 1. Le vie del dolore (schema riassuntivo). Didascalia immagine 2. Il percorso del dolore periferico e i siti di sensitizzazione periferica e centrale. Didascalia immagine 3. Un modello biopsicosociale della disabilità, con i corrispondenti componenti OMS. La scelta di affrontare questo tema è nata dalla curiosità di comprendere a fondo le problematiche che si celano dietro il dolore cronico. Il tutto è scaturito durante il secondo anno di Università all'interno del quale ho affrontato un modulo sul dolore ed è proprio da lì che ho cominciato ad interessarmi di questa tematica complicata, ma allo stesso tempo molto affascinante e coinvolgente. Abstract Obiettivi Questo lavoro vuole mettere in rilievo i punti salienti, di rilevanza clinica, per il fisioterapista, nella presa a carico del paziente affetto da dolore cronico. Si analizzeranno le diverse tipologie di intervento e trattamento utili a modificare non solo il lato del dolore a livello fisico ma anche tutti quegli atteggiamenti psicologici che vanno ad aggravare il problema. Infine si tematizzerà anche la problematica della centralizzazione del dolore e degli ostacoli riabilitativi che si incontrano nei percorsi di presa a carico e di trattamento di pazienti affetti da dolore cronico, non di origine maligna. Metodologia della ricerca La raccolta dei dati dei fisioterapisti è stata fatta tramite un’intervista semi-strutturata con domande aperte, in profondità (in-depth, semistructured interviewing). È stato scelto il metodo di ricerca qualitativo per analizzare i contenuti risultanti dalle interviste messi poi in relazione alla letteratura scientifica. Risultati Sono state effettuate 5 interviste con diversi fisioterapisti, specializzati nel trattamento di pazienti con dolori muscolo-scheletrici cronici. In questa tesi non si è voluto creare o delineare uno standard unico di presa a carico e di trattamento per il fisioterapista, bensì vengono sottolineate tutte le sfumature, o almeno molte di esse, che si trovano tra i fisioterapisti e in letteratura, per poter costruire un quadro, il più ampio e sfaccettato possibile, sul soggetto con una sindrome di dolore cronico. Il risultato finale è il delinearsi di una cornice estremamente ampia e complessa che può certamente contribuire ad una maggiore condivisione e riflessione attorno a questa problematica di rilievo nell’ambito della salute pubblica. www.supsi.ch Conclusione Questa tesi ha permesso di mettere in relazione il dolore cronico con l’aspetto biopsicosociale e il modello multidimensionale che tale problematica contiene al suo interno. Inoltre sono emerse diverse difficoltà e i limiti che si possono incontrare nella gestione di situazioni cliniche complesse, caratterizzate da una predominanza del dolore persistente. L’aspetto di elaborazione e di percezione del dolore nel sistema nervoso centrale riveste un ruolo indiscutibile. Questo elemento è di particolare importanza nella presa a carico di pazienti con dolori cronici. Luca Frattini Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Protocolli riabilitativi: una review sistematica sul trattamento conservativo di lussazione di spalla nel giocatore di basket Relatrice: Martina Erni 1. Gesto specifico 2. Lussazione anteriore 3. Tutori Didascalia immagine 1. Dwyane Wade (giocatore NBA) tenta di rubare la palla ad un avversario subendo una lussazione di spalla. (Fonte immagine: http://scores.espn.go.com/nba/recap? gameId=270221010) Didascalia immagine 2. Immagini che descrivono anatomicamente una lussazione anteriore di spalla. Didascalia immagine 3. Esempio di tutore reggibraccio con funzione di scarico del peso (a sinistra) ed esempio di tutore sportivo, specifico per un atleta (a destra). La lussazione di spalla, per un giocatore di basket, potrebbe risultare come un infortunio molto serio e che potrebbe richiedere una riabilitazione specifica. Dall’esperienza personale nasce la curiosità di osservare, studiare ed analizzare la correlazione tra i gesti abituali del cestista e le problematiche relative alla lussazione dell’articolazione della spalla. Abstract Obiettivo La tesi mira a sviluppare e redigere un protocollo riabilitativo specifico al tipo di infortunio e alla tipologia di atleta citata nel titolo. Metodologia della ricerca L’intervento che si vuole analizzare è una riabilitazione di tipo conservativo che comporta una certa progressione finalizzata al recupero del cestista. La tesi si sviluppa attraverso una revisione sistematica della letteratura. Sono stati analizzati 83 articoli scientifici (e un sito internet) e selezionati 34 contributi, ritenuti coerenti e corretti con i limiti di ricerca grazie all'utilizzo delle seguenti banche dati: PEDro, Elsevier, PubMed. Le limitazioni imposte precedentemente sono: • articoli che riguardino instabilità di spalla e/o in particolare lussazione • articoli che trattassero la patologia in maniera conservativa • articoli che trattassero di pazienti tra i 15 e i 40 anni • articoli riguardanti infortuni di atleti (in particolare relativi a giocatori di pallacanestro) www.supsi.ch Risultati Dopo una revisione di vari protocolli e dopo aver analizzato il gesto sportivo, i risultati evidenziano una notevole scarsità di articoli riguardanti il tema oggetto del lavoro di tesi. La maggior parte dei protocolli analizzati si dimostra, dunque, aspecifica per il campione preso in esame. Conclusioni La stesura di una nuova linea guida, nella parte finale della tesi, vuole provare a definire un diverso obiettivo e vorrebbe suscitare un nuovo interesse sul tema. Nel lavoro di Bachelor non vi è stata la possibilità di testare il protocollo redatto per valutarne l’efficacia. Per concludere e verificare le tesi esposte sono necessari ulteriori studi che continuino il lavoro fin qui svolto con la speranza che questo elaborato possa incuriosire altri professionisti e che si possa dimostrare scientificamente la validità dei contenuti presentati. Hüseyin Göksungur Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 L’efficacia del trattamento conservativo per una problematica di dolore sottoacromiale. Una revisione della letteratura Relatore: Luca Scascighini L'acromion Classificazione dell’acromion in base alla sua forma. (Fonte immagine: Kissner & Colby. 2004. L’esercizio terapeutico. Principi e tecniche di rieducazione funzionale. Padova: Piccin Nuova Libraria) Ho deciso di sviluppare questo lavoro sulla sindrome da impingement perché il complesso e la biomeccanica della spalla sono degli aspetti che mi hanno sempre affascinato e suscitato maggior interesse rispetto ad altri argomenti. La seconda motivazione che mi ha spinto verso questa tematica, è stata determinata dal fatto che durante gli stages sono stato poco confrontato con questo tipo di patologia ed ho approfittato di questa revisione per ampliare le mie conoscenze. Abstract Obiettivi Questa revisione della letteratura vuole verificare l’efficacia di un trattamento conservativo in soggetti che presentano un dolore sottoacromiale in termini di miglioramento sintomatico. Metodologia della ricerca È stata svolta una ricerca di articoli in letteratura nei Database di Pubmed e di PEDro dal mese di settembre 2011 al mese di febbraio 2012. Le parole chiavi utilizzate nella banca dati di PubMed sono state le seguenti: Exercice Therapy, Joint mobilization, Articular mobilization, Physical Therapy Modalities, Physical Therapy, Rehabilitation, Shoulder Impingement Syndrome/rehabilitation, Shoulder Pain/therapy, Clinical Trial, Randomized Controlled Trial e NOT animal. Tutti i termini sono stati combinati con le parentesi. Infine le keywords sono state combinate tra loro attraverso l’utilizzo degli operatori booleani OR, AND e NOT, in maniera tale da formare la stringa di ricerca definitiva. Le parole chiave utilizzate nel Database di PEDro sono state le seguenti: subacromial, "pain, upper arm, shoulder or shoulder girdle" e clinical trial. www.supsi.ch Risultati Dalla Banca Dati di PubMed sono risultati 96 articoli, da cui sono stati selezionati 5 articoli dopo un’accurata selezione secondo i criteri d’inclusione. Dalla banca dati di PEDro sono risultati 39 articoli dove ne sono stati selezionati 2. La qualità di questi 7 articoli, secondo la PEDro Scale, va da un range di 3/10 ad un range di 8/10. I dati ricavati da questi studi sono molto diversi tra di loro per quanto riguarda la popolazione molto ampia e variabile, i tipi di intervento e le misure di outcomes. Per questa ragione non è stato possibile effettuare una comparazione dei dati tra i vari studi, ma quella di giungere ad una conclusione sull’efficacia del trattamento conservativo. Conclusioni Dai risultati ottenuti dai 7 articoli selezionati per questa revisione della letteratura emerge che il trattamento conservativo ha un’efficacia comprovata sulla sindrome da conflitto sottoacromiale. L'età dei soggetti risulta molo ampia e variabile, andando dai 18 ai 66 anni. Questa variabile non ha comunque influenzato i risultati degli studi. Nei vari studi, i tipi di intervento risultano differenti, sia per quanto riguarda la tempistica che la modalità d’approccio terapeutico, portando a risultati soddisfacenti. I diversi tipi di outcomes degli studi hanno mostrato che il miglioramento della patologia con il trattamento conservativo deve essere effettuato non solo con la VAS, ma anche con questionari di valutazione funzionale della spalla per avere un metodo di rivalutazione ed efficacia. Serafino Iovine Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Efficacia dell’esercizio fisico in soggetti con sindrome metabolica per la prevenzione di eventi cardiovascolari Relatrice: Brigitte Erdmann L'obesità L'obesità centrale rappresenta uno dei criteri che definiscono la sindrome metabolica. Le persone definite obese possono più facilmente riscontrare valori alti di trigliceridi e bassi valori di colesterolo HDL (“colesterolo buono”), e elevati valori di colesterolo LDL ("colesterolo cattivo"). Inoltre le persone obese con forte accumulo di grasso addominale (forma a “mela" per gli uomini e a "pera" per le donne) sono più facilmente soggette a tale situazione metabolica, ed hanno un elevato rischio di malattie coronariche. (Fonte immagine: www.mypersonaltrainer.it/allenamento/esercizio-fisico-donne1.html) La scelta di questo argomento è nata dal mio interesse nei confronti della riabilitazione cardiovascolare. In un secondo momento, grazie anche al suggerimento della mia tutor di Tesi, ho portato la mia attenzione verso questa condizione clinica del quale solo da pochi anni se n'è cominciato a parlare in maniera insistente. La combinazione di questi due elementi mi ha spinto quindi a sviluppare questo mio Lavoro di Bachelor approfondendo questa tematica con l’ausilio della letteratura scientifica. Abstract Obiettivi Il Lavoro di tesi ha come obiettivo quello di comprendere e verificare l’importanza di un allenamento fisico mirato, nella presa in carico di pazienti con sindrome metabolica, allo scopo di prevenire eventi cardiovascolari e di migliorare la qualità di vita. Attraverso questo elaborato desidero inoltre trovare degli specifici protocolli di allenamento applicabili nella clinica e dimostrare con dei dati la concreta efficacia di un trattamento fisioterapico. Metodologia della ricerca È stata svolta una revisione della letteratura effettuando una ricerca nel Database medico di PubMED, nel mese di gennaio del 2012. I termini chiave utilizzati per questa ricerca sono stati: “metabolic syndrome”, “exercise” e “risk factors”. Questi termini sono poi stati combinati tra loro con delle parentesi, utilizzando l’operatore booleano “AND” in maniera tale da formare la stringa di ricerca definitiva. Per rendere più specifica la mia ricerca ho aggiunto dei limiti e dei criteri di inclusione. I principali sono stati: data di pubblicazione negli gli ultimi 5 anni, tipo di articoli Randomized Controlled Trial in lingua inglese ed età dei partecipanti dai 19 anni in avanti. Quindi dopo la lettura degli Abstract e in seguito di ogni singolo articolo, sono giunto ad un numero conclusivo di 7 articoli sui quali poi ho concentrato la mia attenzione. I dati ricavati da questi 7 studi si possono suddividere in due sottocategorie, dove 4 di loro valutano l’intervento di diverse modalità di esercizio fisico, mentre gli altri 3 fondano le loro risposte cliniche su differenti metodi di approccio terapeutico. Da qui sono emersi dei risultati molto interessanti, ed altri invece meno rimarchevoli, riguardo l’efficacia dell’esercizio riferito alle problematiche legate alla sindrome metabolica. Da questi sono state ricavate le informazioni più importanti che si possono riassumere attraverso il riscontro delle misure di Outcome prese in osservazione per valutare l’effetto dell’allenamento. Gli Outcomes presi in esame sono: i criteri diagnostici per la sindrome metabolica, il massimo consumo di ossigeno (VO2max) e l’emoglobina glicata (HbA1c), parametro quest’ultimo, molto importante perché in stretto rapporto con la glicemia. www.supsi.ch Risultati e conclusioni Le modalità di intervento sono state diverse tra loro nella tempistica, nell’intensità e nella modalità d’approccio terapeutico. Il risultato di questi studi osserva che il programma preventivo ha un effetto prevalentemente positivo sulla riduzione dei più importanti marcatori metabolici che caratterizzano la sindrome metabolica, soprattutto per quel che riguarda i livelli di glicemia e colesterolo nel sangue, ma anche di pressione arteriosa. Stessa cosa vale per il massimo consumo di ossigeno, il quale ha osservato dei miglioramenti nella maggior parte degli studi. Va tenuto però in considerazione che non tutti questi miglioramenti hanno avuto una significatività statistica. Tuttavia sono necessari ulteriori studi, e più duraturi, in quanto la letteratura scientifica è ancora relativamente scarsa per quel che riguarda questo tipo di intervento. Annalisa Margni Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Non c'è più nulla da fare? Revisione in letteratura sul ruolo del fisioterapista nel trattamento dei pazienti terminali affetti da cancro Relatore: Gianpiero Capra Un aiuto concreto Una mano contro la sofferenza. Riuscire a far luce sulla grande tematica delle cure palliative inerenti al cancro nell'ambito fisioterapico, significa regalare alle persone affette da una malattia terminale, un aiuto per vivere in modo migliore, per quanto è possibile, gli ultimi momenti di vita. Abstract Obiettivi Sempre più persone muoiono a causa del cancro. Per via dello sviluppo della medicina e dell’accanimento terapeutico la popolazione vive sempre più a lungo. Molto spesso le persone passano l’ultima fase della vita in ospedale attorniate dal personale specializzato nelle cure mediche che fa di tutto per tenere in vita il più a lungo possibile il malato. Per questo motivo è essenziale conoscere se il fisioterapista può avere un ruolo nelle cure palliative dei malati terminali di cancro. Questo lavoro pone come obiettivo primario la definizione del ruolo del fisioterapista nel trattamento di questa tipologia di pazienti. Si cercherà dunque di capire se la fisioterapia può migliorare la qualità di vita, ridurre il dolore e diminuire la fatica nel malato terminale. Metodologia della ricerca La revisione della letteratura è stata condotta analizzando le banche dati di PubMed e include testi pubblicati tra il 2001 e il 2010. Tramite il metodo PICOM è stato formulato il quesito di ricerca e sono state estrapolate le parole chiave utilizzate nella ricerca stessa: terminally ill, cancer, physiotherapy, physical therapy, rehabilitation e review. Gli operatori booleani utilizzati sono stati: AND e OR. Sono stati inclusi testi che presentavano una popolazione sia di sesso femminile che maschile, di maggiore età e che erano affetti di cancro in stadio terminale. Sono rientrati nell'analisi, inoltre, anche contributi riguardanti il ruolo del fisioterapista tramite tecniche appropriate al suo campo di competenza, trial clinici controllati e randomizzati (RCT), revisioni sistemiche o non sistemiche, studi osservazionali e testi in lingua inglese, francese e italiano. Sono stati esclusi i testi inerenti animali, pazienti sopravvissuti al cancro o con handicap già dalla nascita, cure mediche o cure palliative infermieristiche e tutti gli interventi non inerenti alla fisioterapia. www.supsi.ch Risultati In base ai criteri di inclusione ed esclusione viene effettuata una selezione dei 77 articoli trovati. Dalla lettura dei titolo vengono selezionati 19 articoli dei quali 1 viene eliminato in quanto duplicato. Dei 18 articoli rimasti ne vengono esclusi altri 9 dopo la visione degli abstract. Dei rimanenti 9, in base alla lettura dei full-text, vengono eliminati altri 5 articoli, giungendo al numero conclusivo di 4 testi oggetto di studio. L’analisi degli stessi, ha messo in evidenza che la riabilitazione tramite l’utilizzo di tecniche appropriate nel campo fisioterapico, potrebbe essere utile nella cura dei malati terminali di cancro. La necessità di un intervento palliativo è supportato da dati di prevalenza dei sintomi; l’utilizzo della Memorial Symptom Assessment Scale (MSAS) può aiutare a comprendere la prevalenza degli stessi nei malati terminali di cancro, indirizzandone il trattamento. Anche se la validità dei dati è scarsa, viene messo in evidenza il miglioramento psicologico di pazienti inseriti in un programma di esercizio fisico di gruppo, all'interno di un ambiente idoneo e con a capo un fisioterapista. Conclusioni Le cure palliative nei malati terminali di cancro sono necessarie e la fisioterapia può migliorarne la qualità di vita. Il numero ridotto di dati raccolti suggerisce però lo svolgimento di ulteriori studi sul tema. Inoltre si costata che la MSAS può essere uno strumento utile per comprendere la prevalenza dei sintomi che presentano i malati, utilizzabile da tutti gli operatori sanitari che si occupano del miglioramento della qualità di vita. Dati inerenti la riduzione della fatica e del dolore tramite la fisioterapia non sono stati rilevati; anche in questo caso sono necessarie ulteriori ricerche. Michela Meschiari Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Revisione della letteratura sulla contrazione eccentrica in tendinopatia achillea, effetti sul dolore Relatore: Gianpiero Capra 1. Posizione di partenza 2. Esercizio 1 3. Esercizio 2 Didascalia immagine 1. Posizione di partenza per un esercizio di contrazione eccentrica del muscolo tricipite surale: il paziente è in appoggio monopodalico sull'arto sintomatico, con l'avampiede su un gradino e porta la caviglia in flessione plantare. Didascalia immagine 2. Esercizio 1: dalla posizione di partenza (immagine 1), il paziente porta il tallone sotto il livello dell'avampiede, con il ginocchio in estensione, fino a quando la caviglia è in massima flessione dorsale. Didascalia immagine 3. Esercizio 2: dalla posizione iniziale (immagine 1), il paziente porta la caviglia in massima flessione dorsale, con il ginocchio in flessione, così da ottimizzare l'attivazione in eccentrica del muscolo soleo. Ciò che mi ha spinta ad affrontare questo argomento, è l’interesse ad approfondire il trattamento conservativo in tendinopatia achillea. Mi sono poi concentrata sulla contrazione eccentrica del muscolo tricipite surale, chiedendomi quali effetti può avere sul dolore. Abstract Obiettivo L'obiettivo di questa tesi è di valutare gli effetti sul dolore della contrazione eccentrica in tendinopatia achillea, tramite revisione della letteratura. Metodologia della ricerca La ricerca degli articoli è stata fatta da luglio 2011 ad aprile 2012, nelle banche dati di PEDro e Pubmed. Ho scelto queste due banche dati perchè sono le più note al mondo, PEDro per le evidenze scientifiche fisioterapiche e Pubmed per la bibliografia medica. Per la ricerca sono state utilizzate le seguenti parole: tendinopathy, tendinosis, tendonitis, Achilles tendon, Achilles tendinopathy, Achilles tendinosis, Achilles tendinitis, conservative treatment, eccentric overload, calf muscle e pain. Ho incluso gli articoli che comprendevano la tendinopatia achillea, scala visiva analogica (VAS) e il questionario VISA-A per la valutazione del protocollo, la contrazione eccentrica come protocollo riabilitativo, gli articoli compresi dal 2000 al 2012, maschi/femmine, nessun limite d'età, atleti e non atleti, articoli in lingua inglese, RCT (studi controllati randomizzati), studio multicentro prospettivo randomizzato, studi retrospettivi, prospettici e studi pilota. I criteri d'esclusione, invece, sono stati: altre tendinopatie, le revisioni della letteratura, articoli antecedenti il 2000, altri parametri di valutazione dell'efficacia della contrazione eccentrica, altri tipi di contrazione, altri protocolli conservativi e non per il trattamento del dolore. Sono stati selezionati 8 articoli in totale, che sono stati revisionati e discussi. www.supsi.ch Risultati e conclusioni Negli studi che hanno utilizzato la VAS come parametro di valutazione, ne è risultato che almeno la metà dei pazienti ha avuto un miglioramento della sintomatologia dolorosa, sia subito ed in alcuni studi fino a 6 mesi dopo il protocollo eccentrico. I dati che sono emersi dagli studi, non sono tutti solo il risultato di un protocollo di contrazione eccentrica, ma in alcuni studi sono stati fatti eseguire altre tipologie di esercizio, oppure applicati trattamenti antidolorifici. Inoltre l’intensità e la durata del dolore, prima dell’inizio dei protocolli, è varia e potrebbe aver influenzato i risultati ottenuti dagli studi analizzati. Negli studi che hanno utilizzato il questionario VISA-A, dato che non sono stati indicati i punteggi delle singole domande, non è stato possibile precisare la risoluzione del dolore, ma si è comunque potuto constatare un miglioramento del punteggio finale, fino a 5 anni dopo il protocollo eccentrico. Anche in questi studi i partecipanti hanno potuto far affidamento su altri trattamenti antidolorifici, per cui i risultati del questionario VISA-A sono stati influenzati dall’eventuale uso di altri trattamenti antidolorifici. Arianna Mordasini Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Revisione della letteratura sull’efficacia delle mobilizzazioni passive della spalla nell’aumento del ROM articolare nella capsulite adesiva Relatrice: Martina Erni Classificazione FS La spalla congelata si suddivide in primaria o secondaria. La differenza consiste che nella primaria l'eziologia è ignota, mentre nella secondaria le cause possono essere sistemiche, estrinseche o intrinseche. (Fonte immagine: Hsu, J.O., A.O. Anakwenze, W.J. Warrender & J.A. Abboud. 2011. Current review of adhesive capsulitis. J Shoulder Elbow Surg 20:136) Personalmente, sono sempre stata attirata dall’articolazione della spalla inoltre, durante uno stage osservativo, ho avuto modo di vedere, anche se per un breve periodo, un paziente affetto da capsulite adesiva. Durante questo breve vissuto ho notato che, tra le molte tecniche fisioterapiche che si possono mettere in atto, la mobilizzazione passiva rivestiva un ruolo, se non fondamentale, importante. Per questo motivo ho deciso di trattare, come argomento di tesi, le mobilizzazioni passive nella spalla congelata. Abstract Obiettivo L’obiettivo di questo lavoro è di valutare l’efficacia delle tecniche di mobilizzazione passiva nell’aumento dei gradi articolari dell’articolazione gleno-omerale nella problematica della capsulite adesiva della spalla. La domanda di tesi è la seguente: “Sono le mobilizzazioni passive della spalla efficaci nell’aumento del ROM articolare della spalla in soggetti con capsulite adesiva?”. Metodologia della ricerca Questo lavoro è una revisione della letteratura, dove è stata eseguita una ricerca nelle banche dati di PubMed, PEDro e la Cochrane Library. Le parole chiavi sono state scelte tramite l’acronimo PICO, tramite stringhe di ricerca in inglese e tramite l’utilizzo degli operatori boleani AND e OR. Il disegno degli studi presi in considerazioni erano studi clinici controllati randomizzati (RCT). Sono stati formulati criteri d’inclusione ed esclusione per rendere la ricerca più mirata. www.supsi.ch Risultati Dalla ricerca effettuata sono stati trovati solamente due articoli che rispecchiassero i criteri d’inclusione e rispondessero alla domanda di tesi. Uno studio ha comparato l'efficacia delle mobilizzazioni high-grade e low-grade su due gruppi di persone affette da spalla congelata. ll secondo articolo ha confrontato l'efficacia di mobilizzazioni end-range (ERM), mobilization with movement (MWM) e mid-range mobilization (MRM) su due gruppi di persone affette da spalla congelata. Conclusioni Dai risultati degli studi è emerso che le tecniche di mobilizzazione high-grade, le ERM e MWM sono state più efficaci nell’aumento dei gradi articolari della spalla rispetto alle mobilizzazioni low-grade e MRM. Roberta Nicolosi Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Confronto sull’affidabilità e specificità diagnostica tra i test evocativi e la risonanza magnetica in una sospetta lesione meniscale Relatore: Gianpiero Capra Joint line tenderness Esecuzione del joint line tenderness. Nell’ambito fisioterapico le lesioni del menisco sono molto frequenti e quindi il riconoscimento di questa patologia, tramite l’anamnesi, l’esame fisico, e i vari metodi diagnostici presenti sul mercato, sono utili per una diagnosi precisa e rapida. È importante considerare nei nostri interventi questi aspetti per proporre un trattamento concreto, mirato ed individuale ad ogni paziente. Abstract Obiettivi L’obiettivo del mio Lavoro di tesi è quello di approfondire la tematica della lesione del menisco, patologia importante ma forse poco conosciuta e approfondita rispetto ad altre problematiche del ginocchio. Gli aspetti interessanti del mio lavoro di ricerca sono quelli di comprendere l’affidabilità e la specificità dei test descritti nella letteratura per il menisco come strumenti di diagnosi da parte del fisioterapista, di confrontare i test evocativi con la risonanza magnetica, indagine strumentale essenziale ma non di facile accesso. Questo confronto risulta inevitabile in quanto oggigiorno una percentuale consistente di pazienti giunge dal fisioterapista con diverse indagini strumentali già eseguite. Per queste ragioni, gli altri aspetti rilevanti consistono nell’osservare se l’esecuzione dei test evocativi può aumentare la probabilità di doversi sottoporre ad una risonanza magnetica e nel verificare se quest’ultima permette di indagare tutte le lesioni a carico del menisco e se si possono presentare dei falsi positivi o dei falsi negativi. Metodologia della ricerca La ricerca è stata svolta tramite una revisione della letteratura, usando come banche dati Pubmed. Le parole chiave utilizzate sono state: apley test, diagnostic test of meniscus, diagnostic test and MRI in the meniscus injuries, MRI and meniscus injuries, mc murray’s test, MRI and diagnostic tests and meniscal tears, palpation of joint line in the meniscal injuries. È stato utilizzato come operatore booleano solo AND. Sono stati inseriti come criteri d’inclusione: lavori pubblicati negli ultimi cinque anni (2006-2011), studi che trattassero dell’affidabilità e della specificità dei test evocativi e della risonanza magnetica nelle lesioni meniscali e che gli articoli fossero in lingua inglese. Sono stati utilizzati anche due libri consigliati dal relatore di tesi. www.supsi.ch Dalla serie di documenti visualizzati dopo aver inserito le parole chiavi, quelli che sembravano essere utili al lavoro erano 16. Dopo averli letti e analizzati tutti, i documenti che rientravano nei miei criteri d’inclusione sono stati 7. Risultati Da questo lavoro sono emersi risultati molto interessanti: innanzitutto il fatto che la palpazione è da ritenere la prova più precisa tra i test fisici, che risultano quindi meno accurati. In secondo luogo è da sottolineare che per aumentare la precisione diagnostica bisogna necessariamente combinare alcuni test fra loro, senza limitarsi ad uno solo. La risonanza magnetica è risultata particolarmente utile per diagnosticare una lesione del menisco, ma non va utilizzata come prima indagine; l’artroscopia, al contrario, pur rimanendo un’indagine invasiva risulta essere accurata e precisa al 100%. Bisogna ricordare che un esame fisico condotto bene aiuta certamente nella diagnosi. Conclusione Questa ricerca è stata molto utile, perché mi ha permesso di conoscere ulteriori test per diagnosticare le lesioni del menisco e mi ha concesso di sviluppare un tema utile per la pratica professionale. Daniela Pacifico Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Analisi di un nuovo strumento per la quantificazione del dolore: il Pain Drawing su iPad Relatore: Marco Barbero 1. Body chart donna 2. Body chart uomo 3. Matrice di correlaz. 4. Sovrapposizione aree 5. Grafico dispersione 1 6. Grafico dispersione 2 Didascalia immagine 1. Body chart su iPad anteriore, donna. Didascalia immagine 2. Body chart su iPad posteriore, uomo. Didascalia immagine 3. Matrice di correlazione tra le variabili area del dolore, RMDQ, FABQ e la VAS. Didascalia immagine 4. Pain frequency map della collocazione del dolore riportato dagli 8 uomini del campione nella parte posteriore della Body chart. Didascalia immagine 5. Relazione dell'area di dolore valutata tramite il Pain Drawing con l'intensità del dolore valutata tramite la VAS. Didascalia immagine 6. Relazione dell'area di dolore valutata tramite il Pain Drawing con il livello di disabilità valutato tramite il RMDQ. Durante gli stage pratici ho potuto constatare la complessità nell'eseguire un accurata valutazione nei pazienti con CLBP stimolandomi l'interesse ad indagare alcuni strumenti valutativi. Inoltre mi mi ha colpito la correlazione non-lineare tra dolore, impairment e disabilità in questa tipologia di pazienti. Nasce da qui l'idea di applicare alcuni strumenti valutativi su soggetti con CLBP ed esplorare la relazione che intercorre tra le varie misure raccolte: area del dolore, intensità del dolore, disabilità e fear avoidance beliefs. Abstract Design di studio Studio osservazionale con approccio quantitativo svolto tramite la raccolta dati su soggetti affetti da lombalgia cronica. Contesto Il dolore lombare è considerato come fenomeno complesso influenzato da diversi aspetti e necessita di una valutazione multidimensionale. Il pain drawing, la VAS, il Roland Morris Disability Questionnaire (RMDQ) ed il Fear Avoidance Beliefs Questionnaire (FABQ) sono strumenti valutativi applicabili nel paziente con Chronic Low Back Pain (CLBP) che indagano rispettivamente sul dolore, la disabilità e le credenze verso il dolore. Obiettivo Indagare una nuova variabile sul dolore, ovvero la quantificazione dell'area di dolore tramite il pain drawing su Ipad, esplorando la relazione tra area del dolore quantificata in picxel con la l'intensità del dolore, la disabilità e le fear avoidance beliefs. Metodologia della ricerca Il campione preso in esame è costituito da 15 soggetti con CLBP a cui sono stati somministrati il pain drawing su iPad, la VAS, il RMDQ ed il FABQ. I dati ricavati sono stati analizzati attraverso il coefficiente di correlazione di Pearson ed i grafici a dispersione. Discussione La correlazione tra area e intensità di dolore potrebbe far supporre a due variabili interdipendenti, cioè che a determinare l'intensità del dolore concorre l'area o viceversa. Inoltre la correlazione tra queste due variabili potrebbe indicare una certa coerenza nell'oggettivare un esperienza prettamente soggettiva come la percezione del dolore. La non-correlazione tra il Pain Drawing ed il RMDQ ed il FABQ si ricollega a ciò che si evince in letteratura; nei fenomeni complessi come la lombalgia cronica spesso c'è una scarsa correlazione tra le varie variabili valutate. La relazione positiva tra disabilità e fear avoidance beliefs è riportata anche in letterature mentre per quanto riguarda la relazione tra disabilità e intensità di dolore non c'è univocità. Conclusione Il pain drawing su iPad può essere utile nell'approccio valutativo dei pazienti con CLBP in quanto provvede ad un ulteriore parametro di riferimento, oltre alla VAS, riguardante il dolore. Spesso, nel paziente con CLBP, dolore, disabilità e altre componenti come in questo caso le fear avoidance beliefs non sono coerenti tra di loro suggerendo che per garantire una presa a carico globale, ogni aspetto va valutato e trattato a sè. Spesso l'approccio terapeutico è incentrato principalmente sulla cura del dolore ma altrettanta importanza dovrebbe essere data alla disabilità ed alle fear avoidance beliefs. Parole chiave: CLBP, Pain drawing su iPad, VAS, RMDQ, FABQ. Risultati Dall'indagine risulta che l'area di dolore è correlata in modo significativo alla VAS con un P-valore di < 0.01 mentre l'area di dolore non risulta essere statisticamente correlata né alla RMDQ né alla FABQ. Inoltre è emerso che persiste una correlazione tra il RMDQ e la VAS e tra il RMDQ ed il FABQ con un P-valore di < 0.05. www.supsi.ch Alessia Paiona Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Analisi di un caso clinico, ruolo del fisioterapista nell'attività sportiva di un ragazzo disabile Relatrice: Brigitte Erdmann 1. Fasi della curva 2.Sequenza di due curve 3. Lavoro e sport Didascalia immagine 1. L'immagine rappresenta la sequenza tecnica della curva con apertura di uno sci. (Fonte immagine: Swiss Snowsports) Didascalia immagine 2. Nella foto è mostrata la sequenza di due curve consecutive, eseguite dal caso clinico analizzato. Le linee rosse tracciate, evidenziano la proiezione del baricentro, che si trova portato all'indietro, rispetto a quello prestabilito dalla tecnica. I cerchi evidenziano i compensi adottati dal ragazzo per mantenere l'equilibrio durante i movimenti. Didascalia immagine 3. L'immagine rappresenta uno dei tanti momenti durante l'attività sportiva. In particolare dove A. ha bisogno di aiuto per alzarsi dopo una caduta. La motivazione maggiore che mi ha spinta a svolgere questo tipo di lavoro è stata quella di far conoscere a più professionisti l'efficacia e l'utilità che si può avere nell'attività sportiva in persone disabili. Abstract Il caso clinico presentato affronta il tema di un ragazzo della classe 1995 che presenta: tetraplegia spastica asimmetrica a predominanza inferiore sinistra post-asfissia perinatale, distonico-atetosico. Viene analizzata principalmente la sua prestazione sciistica, sia dal punto di vista tecnico che quello fisioterapico attraverso un confronto con una persona normalmente abile. In un secondo tempo vengono evidenziate le difficoltà riguardo all’autonomia rispetto allo sport e alla vita quotidiana, per poi arrivare a trovare alcune strategie fisioterapiche interessanti mirate al caso. Infine viene evidenziato il ruolo del fisioterapista in base ai risultati ottenuti attraverso il lavoro svolto sul campo direttamente con il ragazzo e all’analisi della letteratura. www.supsi.ch I risultati dimostrano che svolgere un’attività sportiva non incide negativamente sull’autonomia della vita quotidiana; a livello fisico, inoltre, non si riscontrano evidenti cambiamenti. Nello studio viene messo in evidenza il ruolo del fisioterapista: non risulta essenziale la sua costante presenza (fondamentale invece per gli atleti di livello agonistico), ma è fortemente consigliata per rendere funzionale l’attività, senza limitare le persone disabili. Tramite questo lavoro è stata creata una linea guida basata sull’esperienza acquisita dall'analisi del caso clinico presentato, che consente di aiutare i terapisti ad un primo approccio in questo campo ancora poco esplorato. Micaela Pasinetti Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 L'efficacia del trattamento conservativo per la lussazione traumatica e non traumatica della spalla Relatrice: Martina Erni La spalla La spalla instabile. La scelta di questa tematica è stata spinta da un'interesse personale, visto che io stessa ho sofferto di tale patologia. Inoltre a livello professionale, ritengo sia una patologia alla quale spesso sarò confrontata. Abstract Obiettivi L’obiettivo della tesi è quello verificare l’efficacia del trattamento conservativo per la lussazione traumatica e non traumatica primaria della spalla. Metodologia della ricerca Ho effettuato la ricerca degli articoli selezionando due banche dati, PubMed e PEDro tra tutte quelle disponibili sul portale della biblioteca della SUPSI. Ho scelto di consultare la banca dati PEDro, in quanto contiene il maggior numero di articoli riguardanti la fisioterapia; PubMed invece è la banca dati che contiene il maggior numero di pubblicazioni in campo biomedico. La ricerca in queste due banche dati l’ho effettuata da agosto 2011 a febbraio 2012. Al fine di identificare gli articoli ho utilizzato le seguenti parole chiave: non traumatic shoulder instability, shoulder instability atraumatic shoulder instability, traumatic shoulder instability, traumatic shoulder instability, shoulder instability, physiotherapy, physical therapy, non operative management, conservative management, exercise, surgery, arthroscopic stabilization, repair, return to premorbid function (work or sport), persistent pain (long-term), subjective instability, re-injury or recurrence. A questo punto ho selezionato gli articoli in base ai criteri di inclusione da me stessa definiti quali: età dei soggetti compresa tra i 15 e i 55 anni, pazienti con lussazione traumatica o non traumatica di spalla, sottoposti a qualsiasi tipo di trattamento conservativo e chirurgico. Ho incluso articoli che includessero misure di outcome quali: il ritorno allo stato pre-infortunio, riduzione del tasso di recidive, riduzione del dolore e della sensazione di instabilità. Sono stati inclusi articoli RTC, CT e review; non ho definito alcun limite sulla data di pubblicazione e incluso articoli scritti in inglese, tedesco e francese. Questo mi ha permesso di individuare ed includere nella mia tesi 7 articoli. www.supsi.ch Risultati e conclusioni Dai risultati degli studi inclusi nella mia revisione è emerso che il trattamento chirurgico permette di ottenere migliori esiti riguardo alla diminuzione del tasso di recidive; purtroppo tutti gli studi sono effettuati su un numero limitato di soggetti e spesso appartenenti ad una categoria limitata della popolazione. Affinchè questi risultati siano applicabili all’intera popolazione è necessario che vengano effettuati ulteriori studi di maggiore qualità metodologica, con un numero più grande di soggetti e non ristretto ad una categoria definita della popolazione Gli studi che dimostrano l’efficacia del trattamento conservativo sono insufficienti. È quindi necessario condurre, con una certa urgenza ulteriori studi, al fine di fornire evidenze dell’efficacia del trattamento conservativo quale trattamento indipendente o quale metodo per migliorare i risultati del trattamento chirurgico. Luca Pezzani Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 La gestione non farmacologica della fatigue nei pazienti affetti da sclerosi multipla: strategie attuate dai pazienti in Ticino vs tecniche proposte dalla letteratura. Relatrice: Annanora Huber-Bassetti Parte del questionario Alcune domande estratte dal questionario da me redatto. Ho scelto di basare questo Lavoro di tesi sulla gestione della fatigue nei pazienti affetti da sclerosi multipla per due motivi principali: da un lato mi interessava svolgere un progetto nell’ambito neurologico, dall’altro mi sento coinvolto da questo argomento a causa di un esperienza personale. Abstract Design di studio Indagine di tipo qualitativa effettuata attraverso la somministrazione di un questionario semi-strutturato. Contesto La fatigue è un sintomo comune nei pazienti affetti da sclerosi multipla. Esso viene riferito in circa un terzo dei pazienti e per molti è il sintomo maggiormente disabilitante, inoltre è la terza causa più comune di disabilità neurologica negli adulti tra i 18-50 anni. La gestione della fatica è un compito complesso perché molteplici fattori, diversamente combinati in pazienti con SM, possono contribuire a produrre il sintomo. Obiettivi Indagare i metodi di gestione non farmacologica della fatigue proposti in letteratura e confrontarli con la realtà ticinese tramite un questionario. I risultati attesi sono quelli di trovare una correlazione fra il trattamento proposto dalla letteratura scientifica e quelli che i soggetti affetti da SM attuano nella loro quotidianità per far fronte alla fatigue. www.supsi.ch Metodologia della ricerca Inizialmente si è verificato quali siano i possibili trattamenti non farmacologici applicabili per la gestione della fatigue proposti in letteratura. In seguito è stato redatto un questionario, la qui somministrazione a 45 soggetti residenti in Ticino, è stata gestita via posta tramite il Centro SM di Lugano. Risultati Dalla letteratura si evince che esistono diversi tipi di terapie e strategie per la gestione di questo sintomo, ma non emerge un “Gold standard” o un trattamento migliore rispetto agli altri. Dall’analisi dei 19 questionari pervenuti, è stata trovata una corrispondenza solo in una parte dei trattamenti proposti dalla letteratura, ovvero quelli che riguardano gli approcci di tipo più gestionale di questo sintomo. Mentre nessuna correlazione è stata trovata tra la letteratura e i trattamenti e le attività che richiedono una partecipazione più attiva da parte dei soggetti. Gustavo Schmitt Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Fisioterapia respiratoria: verso l’auscultazione oggettiva Relatrice: Brigitte Erdmann Auscultando - Laënnec Come lo stetoscopio di Laënnec rivoluziona l'auscultazione diretta d'ippocrate, l'informatica rivitalizza l'auscultazione nell'era dell'EBM. (Fonte immagine: fotomontage di Gustavo Schmitt di immagini selezionate da Google images) É l’analisi della funzione respiratoria che ha stuzzicato maggiormente il mio interesse: l’insieme di conoscenza/arte che fa dell’auscultazione e dello stetoscopio una pratica e uno strumento di così complessa interpretazione e utilizzo. Abstract Introduzione Posteriormente alla genialità di Laënnec, che con il suo stetoscopio rivitalizza l’interesse d’Ippocrate per i rumori del torace, l’auscultazione entra in un nuovo periodo d’involuzione. La soggettività del test, l’impossibilità di condividere quello che si sente, risulta in difficoltà di trasmissione di conoscenze e descrizioni imprecise e ambigue. Oggi viviamo una nuova rivoluzione. L’auscultazione diventa computerizzata. Obiettivo Paragonare i risultati dell’auscultazione tra un fisioterapista esperto con il suo stetoscopio tradizionale e un terapista inesperto con uno stetoscopio elettronico e i rispettivi grafici per analisi dei rumori respiratori che questo strumento permette. Metodologia della ricerca Dopo aver selezionato 10 pazienti con diverse patologie respiratorie, stadio della malattia, età e sesso e aver creato delle schede di auscultazioni, si procede ad auscultare secondo un protocollo creato a misura dell’esperimento. In un primo momento ausculta l’esperto e posteriormente lo fa l’inesperto; successivamente si compilano le schede di auscultazione indipendentemente e si procede al confronto. Risultati Dai risultati ottenuti, si distinguono tre possibili differenze: la sede di auscultazione scelta come significativa, il rumore respiratorio identificato e lo score di severità del rumore percepito. Si verificano delle differenze nel 60% dei pazienti auscultati; analizzando questo numero in dettaglio però, si sono verificate 3 differenze di sede significativa, 1 di rumore respiratorio percepito e ben 4 differenze di score di severità. Questi errori possono essere, anche se soggettivamente, spiegati e giustificati. Tutte le differenze riguardo la sede scelta come significativa, si sono verificate in giovani pazienti minori a 3 anni, nei torace dei quali era difficile distribuire le 16 sedi di auscultazione. Inoltre, tutte le scelte differenti sono cadute nello stesso polmone malato, per il quale, anche se diversa la sede, il trattamento sarebbe lo stesso. Le altre 2 tipologie di differenze, sono il risultato delle soluzioni attuate dal terapista inesperto, sommate ai limiti riscontrati nello strumento e anche nel suo utilizzo. Conclusioni Malgrado le due valutazioni parlino di differenze nel 60% dei pazienti auscultati, l’utilizzo dello stetoscopio Littmann 3200 in mano del terapista inesperto ha permesso di realizzare una valutazione prima impensata e, ignorando gli altri due tipi di differenze, ha permesso l’identificazioni di rumori patologici nel 90% dei casi con la precisione dell’esperto. Lo stetoscopio utilizzato per l’esperimento probabilmente rappresenta l’inizio della strada che porterà all’oggettivazione dei rumori respiratori dai laboratori al letto del paziente. Lontano dal sostituire il buon terapista, questo strumento permetterà di sommare dati precisi al ragionamento clinico. Parole chiavi: lung sound, Stethoscope, electronic stetoscope, computer analysis. www.supsi.ch Luca Tonolla Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Tecniche di trattamento di neurodinamica: una revisione della letteratura Relatore: Marco Barbero 1. Tessuto neurale 2. Nervo ulnare 3. Nervo di Byron Didascalia immagine 1. Esercizio di mobilizzazione del tessuto neurale "slump" Didascalia immagine 2. Tecnica di mobilizzazione del nervo ulnare. Didascalia immagine 3. Esercizi di scivolamento del nervo di Byron. La neurodinamica come nuovo approccio nel trattamento delle problematiche neuromuscoloscheletriche è stata presentata in diversi importanti testi (Grieve, 1970; Elvey, 1979; Maitland, 1979; Kenneally et al, 1988; Butler, 1991, 2000; Shacklock, 1995a, b, 2005, Coppieters e Butler 2008). Contemporaneamente sono stati pubblicati in letteratura diversi studi clinici. Tutt’oggi non sono ancora state analizzate e riportate in modo completo e dettagliato le tecniche di neurodinamica che si trovano maggiormente in letteratura. Abstract Design di studio Revisione sistematica della letteratura. Obiettivo Analizzare e riportare in modo completo e dettagliato le tecniche di neurodinamica che si trovano maggiormente in letteratura. Metodologia della ricerca In questa revisione della letteratura sono stati inclusi 22 articoli che sono stati inseriti in una tabella riassuntiva. Si é poi estrapolato e ripreso in apposite schede la parte pratica in cui viene descritta la tecnica di trattamento di mobilizzazione del tessuto neurale. Risultati 12 schede tecniche categorizzate a dipendenza delle patologie studiate dagli articoli. Inoltre è stato indicato il dosaggio con cui la tecnica è stata utilizzata all’interno di ciascun studio, il tutto accompagnato da alcune immagini esplicative. I risultati estrapolati dai 22 articoli inclusi nella revisione sono i seguenti: Il disegno dello studio più utilizzato é risultato il Controlled Trial che conta ben 15 unità pari al 68,18% del totale, mentre i Randomized controlled Trial sono 7 cioè il 31,81%. Il numero della popolazione riscontrata maggiormente è risultata essere tra una fascia che va da 21 a 30 individui in cui sono rientrati 7 studi scientifici; il punteggio PEDro maggiormente ottenuto é tra i 4 e i 7 su 10 e la patologia che è stata studiata maggiormente per l’applicazione di questo tipo di trattamento è risultata essere la sindrome del tunnel carpale, in cui sono stati trovati 8 articoli (36,36%). www.supsi.ch Conclusioni Sono state redatte 12 schede tecniche divise in otto patologie. Dagli elementi acquisiti posso concludere che questo tipo di terapia manuale ha un’efficacia relativa se utilizzata singolarmente ma acquisisce forza se associata ad altri tipi di trattamento. Per quanto riguarda le proposte future ritengo che oltre al fatto che questo campo deve ancora essere approfondito e studiato per avere una certezza dell’efficacia clinica della sua applicazione, i futuri studi clinici possano migliorare l’aspetto della descrizione dettagliata della tecnica che intendono utilizzare e dovrebbero cercare di adoperare una nomenclatura universale in modo da rendere più chiaro il tutto. Igor Torriani Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Efficacia dell'allenamento dei muscoli inspiratori in pazienti con BPCO, una revisione della letteratura Relatore: Gianpiero Capra Threshold Disegno schematico dell'utilizzo di un "Threshold inspiratory muscle trainer". (Fonte immagine: http://www.scielo.br/scielo.php? script=sci_arttext&pid=S0102-86502007000200004) In Svizzera più di 400'000 persone sono affette da BPCO (Broncopneumopatia cronica ostruttiva), questa è inoltre la quarta causa mondiale di morte e si ritiene che in futuro la sua prevalenza sarà sempre maggiore. Una delle principali caratteristiche di questa malattia è la sua cronicità. Gli interventi fisioterapici volti al trattamento di questa patologia sono svariati. Uno tra questi è l'allenamento dei muscoli inspiratori, il quale però risulta tutt'oggi oggetto di dibattito nella letteratura scientifica. Abstract Introduzione La BPCO è una patologia cronica che condiziona fortemente la qualità di vita del paziente che ne è affetto. La BPCO è la quarta fra le principali cause di morte al mondo e si prevede che vi sarà un aumento della prevalenza e della relativa mortalità nelle prossime decadi. Risulta perciò importante che i professionisti che hanno a carico questi pazienti conoscano, oltre la patologia dal punto di visto anatomo-fisiologico, anche i trattamenti possibili, i loro metodi di applicazione e gli effetti derivanti da questi. Obiettivi Gli obiettivi principali posti in questo lavoro sono i seguenti: in primo luogo identificare attraverso la lettura degli studi selezionati e di alcuni libri di testo quali sono alcune tra le tecniche più utilizzate nel trattamento dei muscoli inspiratori. In secondo luogo valutare l’efficacia dell’allenamento dei muscoli inspiratori (IMT) in aggiunta, o non, ad un trattamento di riabilitazione respiratoria in relazione ad un gruppo di controllo senza IMT, oppure con un allenamento a bassa intensità dei muscoli inspiratori (ShamIMT). Infine vi è l’obiettivo di integrare i due punti precedenti allo scopo di valutare, se possibile, le modalità di trattamento maggiormente utilizzate e supportate dalla letteratura e dalle evidenze scientifiche. Metodologia della ricerca La ricerca è stata effettuata attraverso una revisione della letteratura, utilizzando le due banche dati Pubmed e PEDro. La parola chiave utilizzata è il termine MEsh: “inspiratory muscle training COPD”. Sono stati inseriti criteri di inclusione e di esclusione per rendere la ricerca più specifica. Dei 353 articoli risultanti dalla ricerca ne sono stati esclusi 344 in quanto non rispecchiavano i criteri di inclusione o perché erano presenti in ambedue le banche dati. Quindi in questa revisione della letteratura sono stati inclusi 9 articoli scientifici, tutti RCT. www.supsi.ch Risultati e conclusioni Da questa revisione della letteratura si è notato come vi siano differenti metodi di allenamento. I carichi di lavoro utilizzati sono molto variabili da studio a studio. Alcuni autori identificano due principali metodi di allenamento dei muscoli inspiratori: “Inspiratory resistive training” e “Normocapnic Hyperpnoea”. In base ai risultati raccolti da questa revisione della letteratura si può dire che l’allenamento dei muscoli inspiratori in pazienti con BPCO sembra avere effetti positivi e rilevanti sui seguenti parametri: forza (PImax) e endurance dei muscoli inspiratori, tolleranza all’esercizio fisico (6MWT), qualità di vita percepita (SGRQ) e dispnea percepita (POD e BDI). Michela Weishaupt Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Il ruolo del fisioterapista nelle Cure Palliative: dalla teoria alla realtà ticinese Relatrici: Ilaria Bernardi-Zucca e Brigitte Erdman Cure Palliative L'immagine presenta con differenti colori il mondo di professionisti che gira attorno al paziente e ai suoi cari per prendersi a carico i loro bisogni. (Fonte immagine: Porchet-Munro, S., V. Verena & E. Waldmann. 2005. Den letzten Mantel mache ich selbst. Schwabe Verlag Basel. Pag. 47) Le esperienze acquisite con pazienti che beneficiavano di Cure Palliative durante i percorsi formativi, e gli interrogativi scaturiti da queste ultime, avvalorano l’impressione di trovarsi in una situazione di misconoscenza rispetto all’ambito palliativo, al ruolo della fisioterapia e all’importanza del contributo che può dare il fisioterapista alle Cure Palliative. L'intento è di approfondire e di far conoscere questo tema. Abstract Obiettivi Il lavoro mira a delineare il ruolo e l’importanza del fisioterapista all’interno delle Cure Palliative, nonché a presentare una fotografia della situazione nel Canton Ticino rispetto queste cure e la riabilitazione palliativa. Metodologia della ricerca Si è attinto a fonti differenti: 1. La scheda per stendere il progetto del Lavoro di tesi, fornita durante il modulo “Ricerca, metodologia e gestione dei progetti 1”. 2. Vari documenti per scrivere il contesto in cui si svolge la ricerca. 3. Articoli scientifici i quali trattano il ruolo del fisioterapista nelle Cure Palliative, per stendere il punto di vista della letteratura. 4. Interviste d’indagine indirizzate a professionisti che esercitano nel campo nel Canton Ticino, per scoprire la realtà ticinese. Si è poi provveduto alla discussione e alla messa a confronto dei dati emersi dalla letteratura scientifica con quelli ricavati dall’indagine su territorio. www.supsi.ch Risultati e conclusioni Dallo studio è emerso chiaramente che il fisioterapista ha un ruolo all’interno delle Cure Palliative, che la sua presa a carico deve essere rivolta al miglioramento e al mantenimento della maggiore qualità di vita possibile e non al ripristino totale della funzione persa. Un altro risultato di rilievo emerso riguarda il metodo di porre gli obiettivi riabilitativi, il quale è molto differente rispetto la riabilitazione “normale”. Per quanto concerne la fotografia della realtà ticinese, si può affermare che le Cure Palliative sono rappresentate in Ticino e si fa il possibile per aumentarle e integrarle nel contesto lavorativo non strettamente palliativo. Sia la letteratura che le interviste pongono particolare attenzione alla differente presa a carico, all’importanza della formulazione degli obiettivi terapeutici e alla necessità di lavorare in un’équipe interdisciplinare. Il lavoro redatto valorizza il ruolo del fisioterapista e ne dimostra l’importante contributo che può dare agli altri membri del team di Cure Palliative. L’augurio è quello di aver portato conoscenze ed elementi validi per coloro che consulteranno questo lavoro stimolando ad approfondire e delineare ulteriormente il ruolo del fisioterapista nelle Cure Palliative. Luca Zaccarella Bachelor of Science in Fisioterapia Tesi di Bachelor 2012 Tecniche di facilitazione manuale e non manuale: efficacia nell'apprendimento di compiti motori in due gruppi di pazienti con esiti di ictus cronico Relatore: Luca Cesana 1. TAC hands off 2. TAC hands on 3. Sit to stand 4. Alzata hands on 5. Alzata hands off 6. Gradino hands on Didascalia immagine 1. Sezioni di TAC Encefalo risalenti all'evento acuto del gruppo sottoposto a facilitazioni non manuali, o hands off. Didascalia immagine 2. Sezioni di TAC Encefalo risalenti all'evento acuto del gruppo sottoposto a facilitazioni manuali, o hands on. Didascalia immagine 3. Modello di movimento normale di alzata e seduta, o sit-to-stand e stand-to-sit. Didascalia immagine 4. Esempio di un esercizio finalizzato al miglioramento della performance nell'alzata per il gruppo hands on. Didascalia immagine 5. Esempio di un esercizio finalizzato al miglioramento della performance nell'alzata per il gruppo hands off. Didascalia immagine 6. Esempio di esercizio per il miglioramento del one leg standing, o appoggio del piede su un gradino, per il gruppo hands on. Da molti anni la ricerca scientifica sta cercando di spiegare quale sia il modo migliore per guidare o facilitare il riapprendimento e la riorganizzazione motoria dopo un danno cerebrovascolare. Si è scelto di affrontare questo problema sia sotto l'aspetto teorico che quello pratico, con la proposta di un progetto sperimentale in cui due diverse possibilità di facilitazione al movimento vengono messe a confronto. Abstract Obiettivo Valutare i risultati a breve e lungo termine ottenuti in seguito all’applicazione di due tecniche di facilitazione manuale e non manuale su due gruppi di pazienti con esiti di ictus cronico. Metodologia della ricerca - Studio: trial sperimentale between groups con disegno sperimentale pre-post-follow up a 3 mesi. - Setting: reparto di Riabilitazione Neurologica, Azienda Ospedaliera Guido Salvini, Garbagnate Milanese. - Partecipanti: due gruppi di 5 pazienti omogenei per età e data dell’evento ictale ( > sei mesi), deambulanti con o senza l’utilizzo di ausili (scala FIM 50-75% Barthel index >65), assenza di deterioramento cognitivo (MMSE >18 corretto per età e scolarità), assenza di antecedenti psichiatrici. - Intervento: ogni partecipante è stato sottoposto a cinque sedute di allenamento di quarantacinque minuti l’una per cinque giorni consecutivi. Le sedute comprendevano esercitazioni nei compiti di sitto-stand, one-leg-standing e nello scavalcamento di ostacoli, con circa quindici minuti di esercizi per compito. Un gruppo è stato sottoposto unicamente a facilitazioni manuali, l’altro a facilitazioni non manuali che comprendevano gli aspetti visivo, verbale e contestuale. - Indicatori di efficacia: l’efficacia dei trattamenti è stata valutata tramite la somministrazione di una batteria di test motori prima, dopo e a due mesi di distanza dalle sedute di allenamento. I test scelti sono stati: five times sit-to-stand, timed up and go, four square step test, ten meters walking test e step test. Oltre a questi test motori sono state somministrate anche la Fugl Meyer Assesment Scale (solo per la mobilità e sensibilità dell’arto inferiore) e la Rivermead Mobilty Index. Le performance sul test dei dieci metri sono state riprese e mostrate a tre terapisti esperti per un’analisi qualitativa. www.supsi.ch Risultati Entrambi i gruppi hanno avuto esiti positivi in alcuni dei test motori a livello globale (lo step test sia dal lato plegico che dal lato non plegico per il gruppo non manuale e il timed up and go nel gruppo manuale), e la comparazione a coppie dei risultati mostra che alcuni di questi miglioramenti sono stati mantenuti nella valutazione follow up a due mesi. Non sono emerse differenze tra i due gruppi di lavoro nell’analisi between groups. Conclusioni L’analisi dei risultati ha senza dubbio risentito del ristretto numero dei partecipanti, tuttavia i risultati hanno dimostrato che entrambe le modalità di approccio possono essere efficaci. L’omoschedaticità dei risultati betwenn groups potrebbe essere legata al numero ristretto dei partecipanti oppure rispecchiare un’effettiva equivalenza dei due trattamenti.