Edizione 13 - Giugno 2007 - Nobile Collegio Mondragone
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Edizione 13 - Giugno 2007 - Nobile Collegio Mondragone
Associazione ex Alunni Nobile Collegio Mondragone Fondata il 2 febbraio 1922 _______________________________________________________________________________________________________________________ N° 13 GIUGNO 2007 _____________________________________________________________________________________________ Primo numero redatto il 14 luglio 1866 - Nuova edizione semestrale dal 2001 On-line, a colori, sul sito www.collegiomondragone.com Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ INDICE “Il Miracolo”- Articolo di Maresti Massimo apparso sulla rivista " Le Dimore Storiche", ...........................................................3 CREATI PER CREARE articolo di P. Valentino Davanzati S.I...............................................................................................6 ADDIO A LIVORNO ....................................................................................................................................................................8 La finestra “ellittica” di Villa Mondragone di Rodolfo Maria Strollo...........................................................................................9 QUEL FAMOSO SETTEMBRE del ’43 di Claudio Sabatini ..................................................................................................13 “ TRA GLI SPAZI SCONFINATI E NEL SOLENNE SILENZIO DELLE CIME ” .................................................................15 “ PER LUI VOI ERAVATE LA SUA VERA FAMIGLIA ” .....................................................................................................19 IL DRAGONE DI MONDRAGONE NELLE MEDAGLIE DI GREGORIO XIII BONCOMPAGNI ( 1572-1585).................20 VINCENZO CIOLINA : un industriale dello zafferano .............................................................................................................22 La Molara .....................................................................................................................................................................................24 “Casal Romito” ............................................................................................................................................................................29 Elenco dei partecipanti alla colazione di primavera a Casal Romito............................................................................................30 COMUNICAZIONE DELLA REDAZIONE ..............................................................................................................................31 _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.2 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ “Il Miracolo”- Articolo di Maresti Massimo apparso sulla rivista " Le Dimore Storiche", periodico della Associazione Dimore e Storiche Italiane, Anno IX Maggio-Agosto 1993 n. 2 [N. 22] Piccola, raccolta – era la stanza da letto del ragazzo – la Cappella sorge al secondo piano del lato più antico dei tre palazzi Massimo, detto “istoriato” per la facciata interamente rivestita di pitture decorative a monocromato dalla scuola di Daniele da Volterra e da Polidoro da Caravaggio che oggi rappresenta un raro esempio di architettura romana non contaminata da sovrastrutture barocche. E’ proprio nel palazzo istoriato che secondo alcune fonti alla seconda metà del ‘400 Pietro Massimo ospitò i due stampatori tedeschi Arnoldo Pannartz e Corrado Schweynheim reduci da Subiaco. Qui fu stampato il primo libro romano a caratteri mobili le “Lettere Familiari” di Cicerone datato 1467. Nel giro di pochi anni dai tre torchi allestiti nelle case de’ Massimi uscirono almeno 48 edizioni, un totale di 16.700 volumi. Poi è il 1527. E’ il sacco di Roma. Gli edifici vengono messi a ferro e fuoco dai lanzichenecchi. Nel 1532 Baldassare Peruzzi viene incaricato di costruire sulle macerie una nuova dimora. PALAZZO MASSIMO _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.3 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ Nasce un esempio di architettura consapevole delle forme ampie e solide dell’architettura classica, quasi un impegno a riemergere da tanta rovina. E’ in questo difficile contesto storico tra una Firenze repubblicana e una Roma ancora prostrata dalla memoria del Sacco che inizia una straordinaria avventura spirituale che attraversa tutto il 500: la vicenda di un uomo per cui la religione era gioia, amato per la sua bontà e santificato per i suoi miracoli, annota Rita Delcroix nel suo “Filippo Neri il Santo dell’allegria”. Filippo Neri è a Roma guida spirituale di umili e potenti. successivi. “…Entrò poi Filippo in camera, dove stava il fanciullo morto; e si gittò sopra la sponda del letto, facendo un mezo quarto d’ora orazione con la solita palpitazione del cuore, e tremore del corpo; e poi prese l’Acqua Santa, e gliene gittò alquanto in bocca; indi soffiandogli nel volto, con mettergli la mano in fronte, lo chiamò con voce alta, e sonora due volte: Paolo? Paolo? Alla cui voce il giovinetto subito, come da un sogno svegliato, aprì gli occhi, e rispose: Padre e poi soggiunse: io mi ero scordato d’un peccato, e però vorrei confessarmi. All’hora il Santo Padre fece scansare alquanto quelli ch’erano intorno al letto; e dandogli un Crocifisso in mano lo riconciliò. Poscia ritornati tutti in camera si mise a ragionare seco della sorella e della madre, le quali ambedue erano morte, durando il ragionamento per lo spatio di mezz’hora, rispondendo sempre il giovinetto con voce chiara, e franca, come se fosse stato sano; anzi gli tornò il colorito in volto, che a tutti quelli, che lo guardavano, parea, che non avesse avuto mal nessuno. San Filippo Neri Frequenta assiduamente anche casa Massimo dove abitava con la famiglia Fabrizio a cui il Santo aveva predetto la nascita di un figlio maschio che avvenne nel 1569 dalla prima moglie Lavinia de’ Rustici. Allora Padre Filippo aveva voluto che gli fosse imposto il nome Paolo. A quattordici anni Paolo dopo lunga malattia muore. Padre Filippo è a dire Messa a S. Girolamo della Carità e quindi riceve in ritardo la notizia. Così il Bacci, biografo del Santo, descrive nella sua Vita la cronaca del fatto, riportata poi da tutti i biografi La Cappella a Palazzo Massimo Ultimamente il Santo Padre gli domandò se moriva volentieri; egli rispose di si. Interrogandolo Filippo la seconda volta se moriva volentieri rispose, parimente, che moriva volienterissimo, massimamente per andare a vedere sua madre e sua sorella in Paradiso; onde il Santo Padre dandogli la sua benedittione gli disse: va, che sii benedetto, e prega Dio per me. E subito con un volto placido, e senza alcun movimento tornò a morire nelle braccia del _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.4 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ Santo Padre; stando presenti a tutto questo Fabrizio con due sue figliole, poi Monache in Santa Marta, e Violante Santacroce, sua seconda moglie, e la serva, che gli assistea nella sua infermità, chiamata Francesca, e altri”. Il giovane Paolo fu poi sepolto nella Cappella Massimo a Trinità de’ Monti. E la stanza da letto dove avvenne questo fatto straordinario fu trasformata in cappella. Da allora, da quel 16 marzo 1583 ininterrottamente anche in periodi di guerre, pestilenze, carestie, occupazioni, nello anniversario del miracolo la Cappella viene aperta al pubblico e tutta la mattina ai tre altari si celebrano le messe, soprattutto la speciale messa votiva voluta da Pio IX in occasione di una sua visita il 16 marzo 1847. Papa Gregorio XVI nel 1838 aveva elevato la Cappella a Chiesa. Ed in questa Chiesa Domestica ogni 16 marzo i molti visitatori romani e non, di colpo lasciano il traffico caotico di corso Vittorio, percorrono l’atrio, le scale verso un angolo remoto del secondo piano cercando il culto di quel messaggio spirituale al di là dell’arte e della storia, estetica e concretezza del tempo, verso la Roma di un Grande Semplice. Note: Ceccarius, Le grandi famiglie romane: I Massimo, Istituto di Studi Romani, Roma MCMLIV V. Mariani. Il palazzo Massimo alle Colonne, Roma. 1926, Casa Ed. Roma. Cecilia Pericoli Ridolfini, Rione IV Parione. Parte I. Guide Rionali di Roma a cura dell’Assess. AA.BB.AA. Roma Palombi, 1973. Vita di San Filippo Neri, fiorentino. Fondatore della Congregazione dell’Oratorio, scritto da Pietro Giacomo Bocci, prete dell’istessa Congregazione ecc. In Roma, per Gio. Francesco Baugni, MDCCIII. Il primo processo per S. Filippo Neri. Edito e annotato da Giovanni Incisa della Rocchetta e Nello Vian con la collaborazione del P. Carlo Gasparri d’O., Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, I vol. (1957), II vol. (1958), III vol. (1960), IV vol. (1963) Rita Del Croix: Filippo Neri il santo dell’allegria. Newton Compton Editori _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.5 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ CREATI PER CREARE articolo di P. Valentino Davanzati S.I. Nell’ultimo numero del vostro giornale, curato dalla camerata dei Grandi, "Il Mondragone" (maggio-giugno 1953), lo shock della notizia che Mondragone si chiude. Una girandola di sentimenti, bussole impazzite, giorni di grande confusione, progetti per il futuro scombussolati. Era proprio vero? Non era un incubo notturno? Cosa si poteva fare per impedirlo? Quali pezzi da 90 avrebbero potuto difendervi da quella drastica decisione, dopo quasi 150 anni di eccellente fioritura? Fu una rivoluzione analoga a quella di quasi 400 anni prima, con la riforma del Calendario Giuliano sottoscritta proprio a Mondragone nella Sala Rossa da Gregorio XIII Boncompagni (il cui stemma di famiglia campeggia a Mondragone), per cui al giovedì 4 ottobre sarebbe seguito il venerdì 15 ottobre 1582. In questi giorni anche a Livorno stiamo vivendo una situazione analoga. Per la seconda volta: nel 1773 dopo una settantina d’anni le scuole dei padri gesuiti vennero chiuse, perché l’intera Compagnia di Gesù fu soppressa in tutto il mondo dal Papa Clemente XIV, costretto dalla pressione dei sovrani portoghesi, spagnoli e francesi. Dopo appena due settimane nella excappella dell’Immacolata fu organizzata una gran festa da ballo dal Granduca di Toscana! Nel 2007, a cento anni dal ritorno in città, e proprio alla chiusura dell’Anno Saveriano, i cinque gesuiti della residenza San Francesco Saverio lasciano definitivamente la città di Livorno. Sorpresa, incredulità, critiche, occhi lustri e lacrime non represse, da parte degli antichi alunni, dei sacerdoti delle parrocchie dove prestavano servizio, dagli iscritti al Centro Artistico (che proprio quest’anno pubblica un libro per il 50° di attività culturale a largo raggio), di tutti quelli che guardavano alla nostra residenza come a un punto di riferimento difficilmente sostituibile, specialmente per l’opera dei ritiri spirituali e delle letture bibliche. La decisione presa, con dolore, dai Superiori per carenza di nuove leve, ci vede pronti all’obbedienza e desiderosi di discernere dai "segni dei tempi" quale sia la volontà del Signore, quello che Dio vuole dirci. Una obbedienza, come vuole sant’Ignazio, di esecuzione, di volontà e di intelletto: all’esecuzione sia unita questa conformità della volontà e dell’intelletto tra chi comanda e chi obbedisce. San Francesco Saverio ci ha mostrato come osservare il voto di obbedienza, quando fu spedito in missione, quasi per caso, in due giorni; quando ha dovuto adattarsi a culture, lingue, consuetudini diversissime, navigazioni rischiose e pericoli di ogni genere; come avrebbe potuto comportarsi a seguito di una lettera speditagli dal Padre Ignazio, che gli chiedeva di rientrare a Roma dopo dieci anni di intensa attività missionaria. Ma un’altra Volontà lo chiamava al premio, quando tutto solo sull’isolotto di Sancian era in attesa di entrare anche in Cina, dopo le Indie e il Giappone (3 dicembre 1552). Altri 800 gesuiti nel 1767 furono costretti ad abbandonare le splendide Riduzioni del Paraguay, dopo 150 anni di fiorente apostolato tra i Guaranì, con l’aggiunta dello strazio di essere tacciati da traditori degli Indios, che si ritenevano vilmente abbandonati e costretti a tornare nelle loro foreste. Solo sei anni dopo, nel 1773, per le cospirazioni dinastiche di Portogallo, Spagna e Francia più di _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.6 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ 22.000 gesuiti dovettero chiudere 1.180 residenze: furono dispersi e imprigionati - come il Padre generale Lorenzo Ricci nel carcere di Castel Sant’Angelo - sotto le più infamanti accuse, o costretti e sballottati in mare senza poter sbarcare. Erano rimasti "vivi" in Russia, sotto Caterina II, che si trovò ad avere come sudditi 200 gesuiti per la seconda spartizione della Polonia nel 1772 e non volle rinunciare a quattro grandi istituti scolastici diretti dai padri, nonostante la bolla "Dominus ac Redemptor" dell’agosto 1773. Tra questi 22.000 gesuiti "soppressi" ben 46 furono eletti vescovi, tra cui il primo Vescovo di Livorno, mons. Filippo Ganucci Cancellieri, fiorentino. Molte altre regioni furono fecondate da questi semi sparsi qua e là dal turbine che li aveva colpiti, "in modo pacato e senza ostentazione alcuna" (Pio VII). Per esempio, nell’America del Nord Mons. John Carrol, Vescovo di Baltimora, con la collaborazione di altri Vescovi europei gesuiti soppressi, ebbe tre missionari del team russo per il collegio di Georgetown , col tacito consenso di Pio VII, che aveva provato di persona la prigionia francese a Fontanebleau, mentre il Bonaparte invadeva gli Stati Pontifici. La bolla "Sollicitudo omnium Ecclesiarum" del 1814 ad opera di Pio VII fece risorgere la Compagnia di Gesù, che nel giro di una generazione ebbe oltre 5.000 membri sparsi per tutto il mondo a servizio di Dio e della Santa Madre Chiesa Gerarchica. Le "mani di Dio sono mani ora di grazia ora di dolore, ma sono sempre mani d’amore" (D. Bonhoeffer). Istituto S. Francesco Saverio Via del Platano, 6 LIVORNO Ecco perché non mi piace la sigla di "EX": ex si dice di qualcuno che passa all’altra sponda (politica, sport, matrimonio, ecc.), spesso in antitesi a tutto ciò che era quando non era ancora ex, forse per farsi accettare per quello che è attualmente o farsi perdonare quello che è stato. "Semel abbas semper abbas", secondo il detto monastico: nel nostro caso semel alumnus semper alumnus: le nostre istituzioni vivono in noi, Congregati Mariani, Alunni o Figli spirituali! Forse sarebbe coerente creare nelle nostre famiglie un ambiente favorevole allo sbocciare, non reciso, di una vocazione che continui e riproduca quella cara immagine paterna indimenticabile di tanti padri che hanno accompagnato la nostra giovinezza, perché in futuro nessun collegio o residenza debba ancora una volta conoscere l’amarezza di una chiusura o soppressione, di un lacerante distacco. "CREATI PER CREARE", secondo l’insegna di un libro delle Edizioni Sogno 1998. Questo è l’augurio, da amico, di un bene concreto. E che Maria, Mater Pietatis, ci benedica. P. Valentino Davanzati sj _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.7 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ ADDIO A LIVORNO Da tempo sociologhi, psicologi, psicoterapeuti, pensatori, politici qualificati, genitori, magistrati illuminati lamentano gravi lacune comportamentali di giovani e giovanissimi che si preoccupano per il futuro. E’ recentissimo uno studio che evidenzia l’insoddisfazione e la preoccupazione per lo stato in cui versa la SCUOLA da sempre fondamento, assieme alle famiglie, della formazione ed educazione delle giovani generazioni. La “scuola”, purtroppo, è fatta oggetto di scontro e contesa politico-ideologico che poco o nulla ha a che vedere con il “bene” dei giovani. Tutto ciò, se ce ne fosse bisogno, ribadisce la centralità della scuola. S. Ignazio lo aveva ben compreso sottolineando la centralità della missione culturale e formativa della Compagnia di Gesù. Non per nulla fiorirono rapidamente scuole ed istituti di formazione. Il livello culturale dei Gesuiti è sempre stato elevato e perseguito con certosina cura. Molti Gesuiti furono consiglieri, confessori di regnanti e di grandi personaggi della politica e del potere. La qualità ed i metodi dell’insegnamento sono sempre stati all’avanguardia e sviluppati, fin nei minimi particolari, sotto l’aspetto morale, culturale e sociale. (Le “riduzioni” sono un luminoso esempio). Per secoli, anche nelle avverse vicissitudini dell’ordine, i Gesuiti hanno ispirato, formato e guidato i detentori dei destini dei popoli. Non per nulla i diversi sistemi politici, specie se “autoritari” (ad esempio: comunismo, nazismo, fascismo, per limitarsi al secolo scorso) che si sono succeduti nei secoli hanno sempre “visto” nella scuola un “pilastro” fondamentale della società. Anche Napoleone lo aveva ben compreso; fra l’altro la sua SCUOLA NORMALE ne è un esempio luminoso e continua la sua funzione educativa. Dove c’è il “vuoto” di una buona scuola, lo sviluppo è lento e mediocre che le “cattive” scuole non sono in grado di colmare. Ricordo il grande dolore che procurò nel 1953 assistere alla chiusura, dopo quasi un secolo di prestigiosa attività, del collegio Mondragone (vi ho passato sei anni). Da allora, sempre con rammarico, si è assistito allo smantellamento del “sistema” educativo giovanile della Compagnia, adesso ridotto all’osso! E’ straordinario dover constatare come in altri Paesi il sistema educativo dei Gesuiti è fiorente, prestigioso e considerato! A Washington, ad esempio, la GEORGETOWN UNIVERSITY, la più antica degli USA retta dai Gesuiti, è una delle più prestigiose! La conosco benissimo, uno dei miei figli ci si è laureato. Ho avuto modo di conoscere il Rettore e, quando gli ho detto che ero un Alunno di Mondragone, con mio grande stupore, ha avuto espressioni di grande rammarico, unitamente a grande considerazione, per la sua chiusura. Ora, purtroppo, la storia sembra riproporsi a Livorno. Io amo Livorno; negli anni della mia permanenza, in vari periodi, ho sempre “ritrovato” il clima, la disponibilità e l’affetto dei Padri come quando ragazzo ero a Mondragone! Padre DAVANZATI ha anche battezzato uno dei miei figli. Non sono in grado, né è mio compito, conoscere le ragioni passate e presenti di quanto è accaduto e accade. Posso solo testimoniare la mia affettuosa vicinanza all’”obbediente dolore” di Padre Valentino Davanzati e la più completa condivisione del suo rincrescimento che ha voluto parteciparci, come si fa tra vecchi amici sinceri, invitandoci alla coerenza familiare e a quanto “la cara immagine paterna di tanti Padri che hanno accompagnato la nostra giovinezza” ci ha consegnato. Un’ultima notazione, caro VALENTINO: noi siamo “EX” solo perché abbiamo cambiato lo “STATUS”; è solo perché non siamo più “ALUNNI”! Siamo cresciuti, gli anni sono passati! Non abbiamo voluto, né tantomeno vogliamo, “passare dall’altra parte”. Siamo rimasti, caparbiamente, dalla stessa parte, forti di quanto tu e tanti altri di voi ci avete consegnato. FabioValerj (in collegio dal 1947 al 1953) _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.8 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ La finestra “ellittica” di Villa Mondragone di Rodolfo Maria Strollo La storia architettonica di Villa Mondragone, così come quella di molte altre fabbriche del Complesso delle Ville Tuscolane, è densa di avvenimenti che, nello scorrere del tempo, hanno modificato la morfologia dei manufatti, a volte anche pesantemente. Per la nostra struttura un evento “traumatico” fu certamente quello ascrivibile a Giovanni Vasanzio e promosso dal cardinal nepote Scipione Caffarelli Borghese. Un intervento che vide l’originario Casino dell’Altemps – e ancor più il palazzo della Retirata, fatto costruire sempre dal cardinale Marco Sitico in occasione delle nozze fra lo “scapestrato” figlio Roberto e Cornelia Orsini – inglobato, a neanche mezzo secolo di distanza dalla prima edificazione rinascimentale, nella «machina a vedere superba, e meravigliosa, la quale spaventeria ogni gran Principe»1: quel Mondragone che fin da subito spiccò nel Complesso – con sicura soddisfazione del potente cardinale – e lungamente ha continuato a predominare, come ancora oggi possiamo notare, quantomeno per la mole. Un’altra fase “critica” rilevante dal punto di vista architettonico-morfologico si ebbe nel XIX secolo, prima dell’utilizzo come collegio della Villa. La decadenza e l’abbandono secolare avevano infatti compromesso in larga misura la struttura – come ci ricorda l’antica targa apposta nel Borghese, tra le varie soluzioni del “problema”, l’eventualità di una sua completa demolizione (figg. 12). Il successivo sopraggiungere dei Padri della Compagnia di Gesù influì non poco nella vita del manufatto: inizialmente per la stessa sua sopravvivenza – connessa ai numerosi interventi di rifunzionalizzazione che i Religiosi vennero man mano apportando alla Villa, sin dal 1865, in luogo del canone d’affitto, in ottemperanza all’accordo stipulato col principe Borghese – e quindi, spe cialmente da quando ne divennero proprietari, anche per le rilevanti trasformazioni funzionali alla missione da essi esercitata nel maestoso palazzo. Così – in particolar modo dal 1929, per il vivo “attivismo” del giovane Rettore Aristide Delmirani (fig. 3) – l’esigenza di reperire nuovi ambienti per il Collegio portò l’amministrazione dell’Istituto a promuovere un’ingente campagna di lavori nella Villa volta ad ampliarne la ricettività e a migliorarne la funzionalità connessa all’attività formativa ormai da più di mezzo secolo nota a livello nazionale e sovranazionale. Nonostante le dimensioni della Villa fossero già di gran lunga le maggiori fra quelle di tutte le principesche dimore facenti parte dello storico Complesso nel Tuscolano, le concezioni architettoniche che avevano guidato entrambe le principali fasi costruttive (quella cinquecentesca dovuta agli Altemps, fondativa della fabbrica moderna e quella seicentesca di 1 - Un disegno di M. Sand realizzato intorno al 1850 Salone degli Svizzeri– tanto che non è infondato ipotizzare che possa essere stata considerata dai 1 Giovanni Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti. Dal pontificato di Gregorio XIII fino a tutto quello d’Urbano Ottavo. Le quali seguitano le vite, che fece Giorgio Vasari, Roma 1642, rist. a c. di C. Gradara 2 - Una cartolina illustrata d’epoca e una sua parte Pesci, Velletri 1924; rist. anast. Sala Bolognese 1975, p. ingrandita raffigurante Mondragone 97. _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.9 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ 4 - L’architetto Clemente Busiri Vici 3 - Padre Aristide Delmirani, Rettore del Collegio ridefinizione e ampliamento dovuta ai Borghese) non erano certo le più idonee per un utilizzo come quello che, negli anni Trenta del Novecento, riguardava centinaia e centinaia di utenti coinvolti nella vita e nelle attività del Collegio. «… Bisognava passare da una stanza all’altra come negli appartamenti nobili. Pertanto ridotto l’edificio a Collegio gli alunni dovevano uscire nel piazzale per andare nelle diverse aule scolastiche. Si trattava di erigere grandi corridoi al piano terreno, al primo e secondo piano». Questa frase, presente nel testo di padre Vito Bondani2, riassume efficacemente sia la motivazione sia le caratteristiche del principale tra gli interventi – esposti da chi scrive anche in altre occasioni3 – che furono allora attuati: quello mirato a meglio “funzionalizzare” i percorsi fra gli ambiti interni della Villa/Collegio. Il professionista prescelto dallo stesso Delmirani per curare gli aspetti progettuali fu Clemente Busiri Vici, appartenente alla nota e storica famiglia di architetti (fig. 4). Gli interventi attuati, tuttavia, portarono a pesanti stravolgimenti della fabbrica nella sua facies architettonica. Tra gli ambiti più “colpiti” del vasto edificio fu il Piazzale Maggiore che vide gli effetti di questi lavori aggravati dall’adozione, da parte del progettista, di criteri compositivi arbitraria prio sconvolgimento dell’impaginato dei prospetti affacciati sull’ampia corte, con deleterie ricadute prevalentemente su tre dei suoi lati. 2 In ogni caso, date le esigenze funzionali, un certo grado d’invadenza nell’apparato storicodecorativo e distributivo dei fronti era inevitabile; il Busiri Vici escogitò la soluzione dello smontaggio e ricollocamento delle storiche mostre in Pietra sperone del Tuscolo sulle nuove facciate verso la corte: operazione che avrebbe garantito (e, come i fatti hanno dimostrato, garantì) da eventuali osservazioni delle soprintendenze finendo poi per trarre in inganno anche attenti studiosi della Villa4. Tale operazione era però, nella realtà, perseguibile solo in parte per ovvie considerazioni geometriche (riferendoci a uno schema planimetrico, l’avanzamento di fronti perpendicolari entro un angolo concavo porta inevitabilmente a una loro sovrapposizione) e – nello specifico caso del Piazzale Maggiore – fortemente snaturante per le peculiarità presenti proprio – anche se non solo – negli angoli, destinate a perdersi. Le varie e numerose modifiche apportate a questi fronti sono state ampiamente affrontate in altre sedi, anche nella filologica ricostruzione grafica della loro composizione precedente ai lavori del 19295; qui si vuole sottolineare un aspetto che interessò il quarto prospetto sul Piazzale, quello “principale” con il doppio ordine porticato d’ingresso, nell’angolo nordoccidentale della corte. Vito Bondani, Uomini per gli altri, Roma 1996, p. 27. Nella conferenza del 27 maggio 2005 dal titolo Villa Mondragone: gli adattamenti per il Nobile Collegio, 4 tenuta nel Palazzo Borghese di Monte Porzio Catone Cfr., ad es., Laura Marcucci, Bruno Torresi, Declino e nell’ambito del primo ciclo di conferenze Storie di un rinascita di Villa Mondragone: progetti, restauri, territorio, organizzato dal locale Museo della Città e nel trasformazioni, in Saggi in onore di G. De Angelis d’Ossat a saggio, Un caso di rilievo filologico: il Piazzale Maggiore c. di S. Benedetti, G. Miarelli Mariani, “Quaderni di Villa Mondragone, nel volume Disegno e conoscenza dell’Istituto di Storia dell’Architettura”, (n.s.) fasc. 1-10 contributi per la storia e per l’architettura, a c. di R.M. (1983-’87), Roma 1987, pp. 471-490. 5 V. n. 3, in particolare le tavv. I-V al termine del saggio. Strollo, Roma 2006, pp. 251-290. _____________________________________________________________________________________________ 3 Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.10 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ 5 - Prospetto del Palazzo Borghese di Monte Porzio Catone e dettaglio fotografico della facciata nell’architettura dell’intera Villa: la finestra dalla sagoma curvilinea posta superiormente alla finta finestra corrispondente alla parete dell’altare della Cappella Borghese o del SS. Sacramento (fatta realizzare dal cardinal Scipione per svolgere il suo personale ministero sacerdotale). Una soluzione, questa della finestra dalla sagoma ovale o ellittica6, che aveva apportato alla Villa una nota “dissonante”, tipica delle coraggiose scelte funzionali del Vasanzio, definibile – come tutto l’intervento dell’architetto fiammingo su Mondragone – «fuori del Classicismo»7 e da lui riproposta, in zona, nel coevo Palazzo Borghese di Monte Porzio. (fig. 5) La presenza della finestra, coerente con le considerazioni metriche scaturite dai rilievi effettuati, è stata confermata dall’attenta lettura di varia documentazione d’archivio, principalmente di natura fotografica – come nel corredo illustrativo di vari articoli pubblicati su Il Mondragone (fig. 6) o in alcune cartoline illustrate (fig. 7) – ma anche semplicemente descrittiva, com’è, ad esempio, il caso di una copia della minuziosissima «Descrizione di consegna» della Villa, redatta verosimilmente nell’arco di due anni: dal 1886 al 18888. 6 Alle due sagome, seppur molto simili, sono sottese costruzioni geometriche diverse. 7 Per questa definizione, proposta negli anni ottanta del 6 – Una fotografia apparsa su Il Mondragone del secolo scorso dal Benedetti, al fine di una revisione delle dicembre 1929 e una sua parte ingrandita periodizzazioni allora canoniche, cfr. Sandro Benedetti, Fuori del classicismo, Roma 1984. 8 Su questo fronte, a causa del nuovo volume Il volume, consta di ben 1472 voci dettagliatamente trattate in 487 pagine, firmato dall’architetto ingegnere Bencivenga affiancato alla Manica Lunga, nell’angolo a ovest (per conto dei Borghese) e dal Rettore in carica alla data scomparve un peculiare dettaglio, unico della firma (2 luglio 1888), padre Tommaso Ghetti. _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.11 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ 7 – Una cartolina illustrata d’epoca e una sua parte ingrandita Qui la finestra è descritta, anche nel meccanismo d’apertura, entro una specifica voce, che per ben tre pagine, è dedicata alla sola descrizione della parete di fondo della Cappella ed è ancor valida per gli elementi superstiti (fig. 8). «437. Incontro l’ingresso evvi l’altare con mensa di muro … superiore trabeazione con fregio intagliato e cornicione risaltato sopra i pilastri sopra indicati e timpano centinato spezzato nel mezzo tutto intagliato e lumeggiato ad oro, e nel mezzo la cornice del quadro con orecchiature dai lati, e mensoletta sotto e il frontone sopra circoscritto dalla stessa cornice intagliata sotto posta, entro la quale altra cornice ellittica rilevata, sorretta da due putti vi è la raggiera collo Spirito Santo tutto in rilievo e dorato, come sono dorati gli ornati laterali con sfingi. Sopra il cornicione e in mezzo al timpano spezzato evvi altro frontone centinato dai lati, con sovrapposta cimasa scorniciata che giunge alla volta con entro un vano ellittico circoscritto da cornice rilevata, intagliata e lumeggiata ad oro, munita di telaro e sportello con bacchetta verticale nel mezzo e due lastre a mastice poste nel battente; ferrato a studio con due paia di cerniere, saliscendino composto sulla piastra con rispettive staffette ribadite a monachetto, cassa di ferro con carrucola murata nel sotto arco e 8 – Vista fotografica dei resti della parete di fondo dell’antica Cappella Borghese cordino per aprirlo, tutto in ottimo stato e senza mancanze».9 Con l’intervento allora attuato, fu stravolto uno degli ambienti di maggior qualità artistica tra quelli realizzati nell’ambito dell’ingente ampliamento riferibile al pontificato di Paolo V (Camillo Borghese 1605-1621): appunto la Cappella Borghese. Nell’operazione, che ridusse questo spazio (di cui restano soltanto i pregevoli stucchi della volta a botte cassettonata opera certa di Annibale Durante) a un locale di passaggio, fu altresì eliminata, murando il vano ellittico (o forse ovale), una significativa possibilità di lettura storico-critica dell’intera fabbrica (oltre che una sua significativa peculiarità architettonica). Fu così cancellata una specificità rappresentativa dalla doppia valenza: quella legata alla mano di un grande artista come il Vasanzio che sulla fabbrica si era cimentato (ma con maggior rispetto per le preesistenze del suo moderno “collega”) e quella connessa alla volontà di un proprietario che ne aveva ispirato a sua immagine, probabilmente, una particolarità estetico-funzionale. 9 Ivi, s.v. 437, sottolineatura nostra. _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.12 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ QUEL FAMOSO SETTEMBRE del ’43 di Claudio Sabatini Nel Settembre del ’43, terzo anno di guerra, mio padre, maggiore dei bersaglieri, chiamato ancora alle armi anche se già ferito nel ’40 sul fronte greco-albanese, era in un campo di prigionia americano in Africa. Ero con mio fratello Fabio, sfollato da Roma nella nostra villetta di Monte Compatri. A quell’epoca preparavo gli esami da privatista per la maturità classica avendo frequentato, prima il collegio di Mondragone e poi l’Istituto Massimo di Roma. Nelle prime ore del mattino del giorno 8 settembre mi incamminai a piedi verso Frascati dove, giunto vero le ore 9, mi trattenni presso il famoso caffè degli specchi prima di andare alla stazione ferroviaria e prendere la littorina per Roma. Giunto senza incidenti alla stazione Termini mi recai alla vicina abitazione del professore di liceo che mi impartiva lezioni di latino e greco. Verso mezzogiorno passeggiavo tranquillamente per una via del quartiere Prati a braccetto con la mia “fidanzatina”, quando fummo sorpresi da forti rumori come se verso sud ci fosse un intenso bombardamento in atto. Faceva molto caldo e la giornata era particolarmente limpida. Verso le ore 14 pomeridiane tornai alla stazione, ma vi era una grande confusione. Optai allora per la tranvia dei Castelli Romani il cui capolinea era a fianco all’Istituto Massimo. Erano gia allora tranvai antiquati a due piani che quel giorno facevano un servizio molto irregolare. Giunti a Villa Senni sulla Via Anagnina, a pochi chilometri da Grottaferrata, ci fecero scendere tutti e dovemmo procedere a piedi verso il Bivio. Giunto nei pressi della cittadina di Frascati il mio stupore e lo sgomento furono immensi nel vedere che tutto era stato distrutto e che esisteva solo una montagna di macerie dove soltanto poche ore prima esisteva un ridente borgo. Tra le rovine delle case distrutte dal tremendo bombardamento, si aggiravano squadre di volenterosi alla ricerca di eventuali superstiti. Militari italiani e tedeschi ancora insieme, in quanto l’armistizio sarebbe stato proclamato in serata, cercavano di coordinare gli automezzi di soccorso per lo sgombero dei feriti e delle macerie. La vecchia Stazione Termini durante la guerra _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.13 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ Attraversai Frascati camminando là dove prima esistevano le case perché le strade erano inagibili per il crollo degli edifici. La stazione, il caffè degli specchi, la piazza con la grande chiesa non esistevano più. Davanti al grande cancello di Villa Mondragone era tutta una rovina, la casetta del custode era stata distrutta e ricordo di aver aiutato i padri gesuiti a estrarre il corpo del custode in orribili condizioni. Forse tra le macerie vi era anche qualche collegiale, ma non ne sono sicuro, all’opera con i Padri Gesuiti tra cui Padre Cubbe. Fiat e si allontanarono verso Frascati. Eravamo ancora alleati in quelle ore pomeridiane! Scosso notevolmente da tanti improvvisi avvenimenti e perplesso per quanto ero stato testimonio poco prima ripresi, sempre a piedi, la strada verso casa. Pietro Badoglio Verso le otto di sera dalla radio ascoltai la voce del Maresciallo Badoglio che annunciava l’armistizio con le potenze alleate, ma da questo punto comincia un’altra storia. Claudio Sabatini Padre Raffaele De Ganthuz-Cubbe S.J. Era il primo cadavere della guerra che vedevo da vicino, ne avrei visti molti altri in seguito! Ripresi la strada verso Monte Porzio per tornare alla mia abitazione, ma giunto davanti alla villa di Bottai notai due militari tedeschi della gendarmeria, quelli con una grossa placca di metallo sul petto, al centro della strada armati di mitragliatori. Nello stesso istante verso Frascati proveniva un furgoncino Fiat 1100 dei vigili del fuoco. Si trattava di quelle auto a due posti con un piccolo cassone di legno colore marrone in quanto il rosso, in quei tempi, era stato bandito. I due militari tedeschi dettero perentoriamente l’alt all’automezzo dei vigili con le armi spianate e comandarono ai due occupanti in divisa di scendere e di proseguire a piedi mentre loro si sistemarono tranquillamente dentro l’automezzo _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.14 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ “ TRA GLI SPAZI SCONFINATI E NEL SOLENNE SILENZIO DELLE CIME ” di Gian Claudio Sgabussi Claudio di Seyssel d’Aix nacque a Milano il 19 maggio 1874 da Artemio (Sommariva del Bosco 5 novembre 1835 – Sommariva del Bosco 4 novembre 1911), e da Giulia Oldofredi Tadini (16 aprile 1846 – Sommariva del Bosco 14 settembre 1894). A nove anni (1883) entra nel Collegio Mondragone presso Frascati frequentando i corsi fino all’ottobre del 1886 ¹ allorché si trasferì al Collegio Militare di Firenze ove rimase fino al 1888 passando quindi al Collegio Militare di Milano. Il 15 ottobre 1891 si iscrive alla Scuola Militare di Modena ottenendo il 7 gennaio 1894 il grado di Sottotenente del Reggimento Savoia; nel 1909 gli viene affidato l’incarico di Capitano del “Savoia Cavalleria”. Il 24 giugno 1911 prende in sposa Luisa Brivio Sforza (1 dicembre 1887 – Milano 18 ottobre 1976), figlia di Giacomo Brivio Sforza decimo Marchese di Santa Maria in Prato e di Angela Clerici. Col. Cav. Claudio di Seyssel Marchese di Sommariva del Bosco e Marchese d’Aix. Lo scoppio del Grande Conflitto Mondiale lo troverà già in territorio dichiarato in stato di guerra e l’8 ottobre 1915 è Aiutante in Campo della Brigata Palermo. La qualificata preparazione e la dedizione verso l’impegno militare gli varrà l’assegnazione, in data 27 luglio 1916, del grado di Maggiore del “Savoia Cavalleria” e, con decorrenza 11 aprile 1917, di Comandante del I° Gruppo Squadroni. Interrompendo una tradizione familiare decise di lasciare la Cavalleria e di dedicarsi all’Arma di Fanteria, “…a testa scoperta e a cappello basso…” come egli amava giustificare questa scelta. Il 18 settembre 1917 venne quindi assegnato alla IIª Armata, Iª Fanteria “Brigata Re”, battaglione di antichissima origine, partecipando successivamente a rischiose azioni militari. I mesi che seguirono furono caratterizzati da mirabili esempi di fermezza e di alta capacità di governo delle truppe. A Monte Tomba (località del Comune di Cavaso del Tomba – provincia di Treviso), il 22 novembre 1917, la sua Brigata si trovò improvvisamente circondata dal nemico e nel corso di rabbioso scambio di fuoco venne ferito ad un braccio. Nonostante la pallottola di mitragliatrice gli avesse prodotto una profonda ferita condusse il proprio battaglione in un furioso contrattacco che sorprese il comando austriaco permettendo così di ristabilire l’originaria situazione. La gravità della ferita l’obbligò a lasciare il battaglione per essere ricoverato presso l’Ospedale di Perugia ma prima di abbandonare il fronte gli venne conferita sul campo la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Dopo breve convalescenza, trascorsa presso i familiari a Milano, ritornò sul campo di guerra ed il 30 dicembre 1917 venne definitivamente assegnato al I° Fanteria con il grado di Tenente Colonnello. Il 17 aprile 1918 assunse il comando della “Brigata Como” del 24° Reggimento Fanteria ed il 13 giugno gli venne affidato l’incarico del Comando Superiore di tutto il 24° Fanteria. ____________ ¹ Un particolare ringraziamento al Dott. Vittorio Spadorcia, Segretario dell’Associazione Ex Alunni Nobile Collegio Mondragone – Roma, per la segnalazione. _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.15 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ Tre giorni dopo, il 16 giugno 1918, subì nuovamente una ferita a Col dell’Orso, località che si trova a pochi chilometri dal Monte Grappa in provincia di Treviso. Infatti, dopo giornate di continui attacchi nemici era riuscito a difendere con i suoi uomini un importante caposaldo e nel corso di un duro confronto con le truppe austriache venne colpito al ventre da una pallottola di mitragliatrice; nonostante la ferita, condusse il contrattacco conquistando importanti postazioni che si rivelarono assai preziose per il prosieguo delle operazioni belliche. Per questa ardimentosa azione ottenne con plauso la seconda Medaglia d’Argento al Valor Militare. Il 15 settembre 1918 venne nominato Colonnello Comandante del 24° Fanteria e lo ritroviamo protagonista in altre operazioni militari che lo portarono a condurre i suoi uomini, tra le prime forze dell’Esercito Italiano, al di là del Piave, all’inseguimento del nemico. Per questa ulteriore dimostrazione di coraggio ed abnegazione gli venne concessa il 17 maggio 1919 l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia. I giorni, i mesi e gli anni che seguirono furono caratterizzati dall’assegnazione di ulteriori e prestigiose onorificenze: “Croce di Cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro” (31 maggio 1919), “Nastrino Fatiche di Guerra” con 4 stellette (18 giugno 1921), la Medaglia della Guerra Italo-Austriaca per le campagne dal 1915 al 1918 (29 luglio 1920), la Medaglia Interalleata della Vittoria (dicembre 1920), la Medaglia dell’Unità d’Italia (19 ottobre 1922), il titolo di Ufficiale dell’Ordine della Corona di Italia (18 aprile 1926) e la Croce d’Oro per Anzianità di Servizio Militare (30 ottobre 1928). L’ultima fase della carriera militare venne segnata dal trasferimento nell’agosto 1923 al 50° Fanteria che lascerà l’11 agosto 1925 con commiato solenne da parte del Generale di Divisione Comandante Zoppi che lo descrisse come “…Comandante di Corpo dotato di elette qualità, resse il comando del 50° Fanteria con concetto altissimo della propria missione e con esemplare ed illuminato spirito di fedeltà al dovere. Il 50° Fanteria gli deve il perfezionamento del proprio grado di preparazione bellica, e quello spirito marziale e nobile che stringe in salda e elevata compagine il corpo dei suoi Ufficiali ed il Reggimento tutto.”. Restò a disposizione del Ministero della Guerra fino al dicembre 1925 allorché assunse il 30 dicembre dello stesso anno l’incarico di Comandante della Scuola Allievi Ufficiali di Complemento ed Allievi Sottufficiali di Milano. L’impegno dedicato alla Scuola Allievi si caratterizzò per l’alta professionalità che produsse intelligenti direttive tecniche, per la qualità dell’addestramento dei giovani sempre ispirato dai più alti valori civili e sociali; egli stesso fu esempio di belle virtù militari e di elevati sentimenti. Nel mese di agosto del 1930 la Scuola Allievi allestì un campo estivo presso il Lago d’Avio (1.901 m.s.l.m.) in territorio del Comune di Edolo (Valle Camonica - provincia di Brescia) e all’alba del 30 agosto 1930 il battaglione si dispose ad effettuare un’escursione lungo gli impervi crinali che conducono al Rifugio Garibaldi (2.548 m.s.l.m.), ai piedi della maestosa parete Nord dell’Adamello. Il Lago d’Avio e l’Adamello (Edolo, prov. di Brescia) Il giorno precedente il Colonnello Claudio di Seyssel d’Aix accusò dei dolori addominali, conseguenza di una probabile “debolezza cardiaca”, ai quali non ritenne di dar troppa importanza volendo così non mancare all’appuntamento con il reparto. Quella mattina _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.16 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ raggiunse le truppe con la teleferica, realizzata per la gestione dei bacini idroelettrici della conca dell’Avio; per un breve tratto restò alla testa dei suoi ragazzi usufruendo della cavalcatura di un mulo ma successivamente decise di lasciare l’animale e di proseguire a piedi. Ma la crudele salita, che dal Lago Benedetto si innalza per raggiungere le fresche verzure della Malga Lavedole (2.047 m.s.l.m.), si rivelò fatale. Dolorose fitte al cuore lo colpirono provocando in pochi minuti l’arresto cardiaco. Nonostante i ripetuti tentativi di rianimarlo spirò lassù al cospetto di sua maestà l’Adamello “…tra gli spazi sconfinati e nel silenzio solenne delle cime ove si avverte il senso dell’Infinito…”². E tra quelle pietraie consacrate, pochi decenni prima, dal sangue di tanti giovani soldati che offrirono alla Patria la propria vita nel corso della cruenta Guerra Bianca, il Colonnello Seyssel trovò la morte che in più occasioni lo aveva già sfiorato lungo trincee e campi di battaglia. Per la prima volta vide passare avanti le truppe e questo fu l’ultimo suo pensiero affidato a poche e fioche parole colte dagli ufficiali che lo sorreggevano attoniti. Il battaglione si strinse intorno al Colonnello e con dolore la salma venne riportata a fondovalle e successivamente a Edolo. Lassù, a perenne ricordo del tragico evento, una mano sconosciuta incise sulla roccia un’epigrafe che si articola su tre registri sormontati da una croce latina trifogliata: Edolo (BS), Val d’Avio. Rilievo dell’epigrafe incisa nel luogo ove morì il Col. Cav. Claudio di Seyssel d’Aix. A Edolo si compose il corteo funebre che tramite vagone ferroviario raggiunse Brescia il giorno dopo, lunedì 1 settembre 1930, accolto dal sacerdote Don Angelo Barcellandi assistente militare e cappellano degli Alpini nel corso della Grande Guerra. Fecero altresì visita al feretro, ospitato in una piccola camera mortuaria allestita in tutta fretta, il Generale Giovanni Cattaneo, il Generale Capuana, i Colonnelli Roux, Spernazzati, Guarra e Sansoni, il Capo di Stato Maggiore Colonnello Aloisi, il Colonnello Bignamini, il Maggiore Farina, il Vice Prefetto Vicario Dott. Ugo Verlicchi, il Questore Comm. Viola, il Vice Questore Belvedere, il Capitano del Comando Carabinieri Capitano Bazan, il segretario federale Innocente Dugnani, il seniore Arrigo Rinaldini, il Console Bastianon, il Presidente della Sezione Bresciana Associazioni Ferrovieri Cav. Tornelli. Verso le ore 14 i ragazzi del 50° Reggimento Fanteria, discesi dalle montagne camune, si riunirono presso la stazione ferroviaria di Brescia e con commozione effettuarono l’ultimo saluto con le armi al proprio ex-comandante. Nel tardo pomeriggio venne preparata una carrozza ferroviaria e alle 19,15 la salma lasciò Brescia scortata dalla guardia d’onore per giungere a Milano ove era attesa dai familiari. Successivamente il feretro, per volere della Famiglia, venne trasportato a Torino e di lì al Castello di Sommariva del Bosco (provincia di Cuneo) ove si svolsero i funerali mercoledì 3 settembre 1930. Alla cerimonia funebre assistettero il Principe del Piemonte Umberto I di Savoia, amico del Colonnello, rappresentanti dell’esercito e del mondo politico. *** Claudio Seyssel appartiene alla nobile ed antica famiglia dei Seyssel della quale si hanno notizie che risalgono sino al XII secolo. Originaria della regione francese del Bugey (Rodano-Alpi, dipartimento Ain) ebbe illustri antenati. Primo esponente di questa famiglia ricordato dalle fonti scritte fu Gauterin de Seyssel che risulta defunto prima del 1178. ___________ ² Dall’omelia del Santo Padre, Servo di Dio, Giovanni Paolo II, pronunciata in occasione della Ss. Messa celebrata in Adamello il 16 luglio 1988. Il Marchesato di Aix (dipartimento francese delle Bocche del Rodano, regione Provenza-AlpiCosta Azzurra) venne assegnato al ramo della _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.17 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ Famiglia denominato Serraz nella seconda metà del XVII secolo mentre il Marchesato di Sommariva del Bosco, con il castello, venne conferito nella prima metà del Settecento. I due marchesati vennero riuniti da Vittorio Amedeo (Torino 29 dicembre 1679 – Chambery 16 febbraio 1754), 3° Marchese della Serraz, gran maestro dell’Artiglieria del Re di Sardegna, Colonnello Comandante il Reggimento di Fanteria “Savoia”, Generale di Battaglia e Generale di Fanteria, Comandante della Compagnia dei Gentiluomini Arcieri del Reggimento di Cavalleria “Guardie del Corpo”, Ambasciatore del Re di Sardegna a Londra, Governatore di Milano, di Cremona e di Torino, Cavaliere dell’Ordine Supremo della Santissima Annunziata, Capo della nobiltà di Savoia. A Vittorio Amedeo successe Giuseppe Enrico (Torino 25 maggio 1715 – Torino 7 agosto 1762) Colonnello di Cavalleria del Regio Esercito Sardo e Cornetta del Reggimento di Cavalleria “Guardie del Corpo”. Terzo Marchese di Sommariva del Bosco e Marchese d’Aix fu Vittorio Amedeo Giuseppe (Torino 3 gennaio 1747 – Torino 5 gennaio 1819) anch’egli Colonnello del Reggimento di Cavalleria “Savoia”. Seguì Tommaso (Torino 20 dicembre 1770 – Torino 4 dicembre 1828) che venne nominato Conte dell’Impero Francese, Cavaliere della Legion d’onore, Ufficiale del Reggimento di Cavalleria “Savoia” nel Regio Esercito Sardo, Deputato di Torino al Corpo Legislativo dell’Impero Francese. Alla morte di Tommaso i titoli passarono a Claudio (Torino 10 dicembre 1799 – Torino 28 marzo 1862) Gentiluomo di Camera del Re di Sardegna e suo aiutante di campo, Cavaliere Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia, partecipò alla battaglia di Goito al termine della quale gli venne assegnata la Medaglia d’Argento al Valore Militare; la sua carriera militare si concluse con il grado di Tenente Generale nel 1860. Sesto Marchese di Sommariva del Bosco e Marchese d’Aix fu Carlo Alberto (Torino 18 maggio 1830 – Malaga 24 aprile 1884), console del Re d’Italia a Fiume, Galata e Malaga. Successe Carlo (2 aprile 1834 – Sommariva del Bosco 4 agosto 1896) e quindi Artemio (Sommariva del Bosco 5 novembre 1835 – 4 novembre 1911) insignito di due Medaglie d’Argento al Valor Militare, Colonnello Comandante 4° Reggimento di Cavalleria “Genova Cavalleria” e successivamente Tenente Generale. Giungiamo quindi a Claudio Seyssel, nono Marchese di Sommariva del Bosco e Marchese di Aix, che grazie al Decreto Ministeriale del 2 giugno 1929 poté fregiarsi del cognome di Seyssel d’Aix³. Particolare interesse riveste altresì la figura della madre del Marchese Claudio, Giulia Oldofredi Tadini figlia del Conte Ercole Oldofredi Tadini (Brescia 6 settembre 1810 – Chiari 24 settembre 1877), Deputato piemontese, Direttore delle Ferrovie Piemontesi, Prefetto di Bologna e Senatore del Regno d’Italia. La famiglia Oldofredi Tadini trae origini da due nobili casate: Oldofredi, che lasciò tracce sin dal XII secolo, con origine da Iseo (Bs) e feudi disseminati in Lombardia e Piemonte; Tadini presente a Brescia e a Verolanuova (Bs) sin dal XVII secolo. Tra gli esponenti di queste due famiglie ricordiamo Gerolamo Giuseppe (Peschiera d’Iseo 14 novembre 1773 – Milano 13 maggio 1839), nonno paterno di Giulia, che fu Vice Presidente del Governo Imperial Regio Lombardo, Vice Prefetto Dipartimentale di Breno (Valle Camonica – prov. di Brescia) Prefetto di Modena e di Bologna; venne altresì investito del titolo di Cavaliere d’Onore e Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta. Bisnonno di Giulia fu il nobile Tommaso (28 maggio 1722 – Peschiera d’Iseo 20 ottobre 1783) che riunì in sé le due stirpi in quanto figlio di Ercole Oldofredi (18 novembre 1687 – 17 agosto 1769) e di Vittoria Tadini. Tommaso, Signore di Urago, ricoprì nel 1773 l’incarico di Capitano della Valle Camonica (Bs). __________ ³ A Claudio di Seyssel d’Aix, 12º Marchese di Sommariva del Bosco e Marchese d’Aix, viva riconoscenza per la preziosa collaborazione. _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.18 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ “ PER LUI VOI ERAVATE LA SUA VERA FAMIGLIA ” Una sera, come al solito, mio marito mi mancava …sono andata su Internet e lui mi ha mandato a guardare Mondragone. Che bella sorpresa, ma che emozione ! Alessandro mi parlava sempre di voi e della sua vita a Mondragone. Ora direi che furono i piu spensierati anni della sua vita. Lui si sentiva inquadrato ed al sicuro fra i suoi compagni di studi che non ha mai dimenticato. Vi ringrazio tanto per il ricordo per Alessandro e desidero ringraziare in modo speciale il Signor Giuseppe Moroni Fiori per le Sue belle parole in memoria di mio marito e per la pubblicazione del suo articolo “Insieme, per l’ultima volta” chi dimostra bene i suoi sentimenti profondi. Per Alessandro la chiusura del “Il Mondragone” fu un cambiamento drastico nella sua vita. Vi porgo i miei più sinceri ringraziamenti per il vostro generoso ricordo di Alessandro, che non fu soltanto quello che voi dite, ma anche un grande artista: musicista, pianista, sapeva suonare qualsiasi strumento, compositore, ed anche poeta ( ricordava sempre tutta la poesia imparata a Mondragone) e paroliere per la sua musica. Sapeva esprimere i sentimenti della sua anima. Alessandro viveva sempre in contatto con voi, anche se a distanza. Voleva tanto rivedervi e desiderava anche andare a Firenze per trovare uno di voi. Ero pronta ad accompagnarlo, ma la sua salute non gli ha permesso più di viaggiare. Per lui voi eravate la sua vera famiglia. Sarei ancora più felice se prima di giugno potessi fare la conoscenza di almeno uno di voi. Se per caso avete l’occasione, di venire à Ginevra, sarei felice d’accogliervi ed aprirvi la nostra casa come avrebbe certamente fatto Alessandro. Di tutto cuore Vi ringrazio dell’omaggio che Signor Moroni Fiori a fatto a mio marito e Vi ringrazio ancora per questo spirito di fraternità che fa vivere « Il Mondragone » per sempre. Con i migliori auguri rispettosi per la continuazione nella memoria de « Il Mondragone » Gentilissimo Signor Moroni Fiori, I Vostri messaggi mi hanno portato tanta gioia e sono stata colpita dalle notizie trovate sul vostro sito per soddisfare la mia curiosità. State veramente attuando un lavoro serio e profondo nello Spirito di Mondragone. Peccato che Alessandro non sia più fisicamente qui per condividere i frutti delle vostre ricerche, ma sento la sua presenza con noi. Il Vostro invito per assistere alla « Giornata di Mondragone » mi ha commosso molto, perchè anche Alessandro desiderava farmi conoscere « il suo caro collegio ». Vi sono molto grata di permettermi di partecipare ad un evento che avrebbe fatto molto piacere ad Alessandro con i suoi veri amici e sono lieta di accettare il vostro gentile invito. Vi mando i miei più rispettosi saluti sperando di incontrarvi prima del mese di giugno. Mirva Baicoianu, vedova di Alessandro A. Baicoianu( in collegio dal 1948 al 1953 _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.19 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ IL DRAGONE DI MONDRAGONE NELLE MEDAGLIE DI GREGORIO XIII BONCOMPAGNI ( 1572-1585) di Massimo Carafa Jacobini (a Mondragone 1952-53) Nel suo lungo pontificato i medaglisti si sono sbizzarriti a glorificare il Sovrano Pontefice usando la simbologia della sua arma gentilizia; e questo sicuramente più che in qualsiasi altro Pontefice naturalmente perché un drago ben più si presta all’immaginario che le righe, i quadri e i rombi dei vari altri stemmi. Il Dragone che volteggia sulle rovine del Castello di Castelfranco Emilia sta a significare l’accettazione da parte del Pontefice della petizione degli Emiliani a rinunciare alla costruzione di una imponente linea difensiva contro i turchi voluta da S. Pio V di cui il Castello di Castelfranco era il nucleo. Il Papa fece sospendere i lavori che gravavano pesantemente sui cittadini e sull’erario e fece abbattere quanto già edificato. TUTUM REGIMEN – Un governo che ben sorveglia OPTIME REGITUR – La barca di Pietro è ottimamente condotta – Il timone sovrastato dal Dragone allude alla valentia del Pontefice nella guida della Chiesa. Esiste con e senza S.P.Q.R. In questa medaglia, opera di Lorenzo Fragni, l’artista si riallaccia al filone classico ovvero al più noto fra i sesterzi di Nerone. Vediamo infatti ROMA assisa sulla panoplia con la mano sinistra sul gladio pronta ad ogni evenienza ma, invece di avere nella destra LA VITTORIA che le porge la corona d’alloro, ha il Dragone che volge lo sguardo su corone, mitrie e pastorali. Tra le varie interpretazioni a questa raffigurazione, a mio avviso, quella che celebra la creazione delle nunziature apostoliche nei vari stati è la più pertinente. PRO CUNCTIS – A vantaggio di tutti _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.20 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ NULLUM NUMEN ABEST MDLXXIII – Non manca alcun elemento divino 1573 SPES OPIS EIUSDEMsperiamo nel tuo aiuto o Signore Il Dragone sormontato dal Triregno ha tra le zampe il globo crucigero. Questa medaglia ricorda la nomina del bolognese Fulvio Marescalchi a governatore della Rocca Paolina di Perugia. L’episodio biblico riportato nel rovescio di questa medaglia è quello in cui Mosè invita il suo popolo, in marcia nel deserto ed afflitto dai morsi dei serpenti, a rivolgere suppliche ad un simulacro posto sopra un palo. Naturalmente nel nostro caso il simulacro è il Dragone e la preghiera è rivolta al Signore affinché tenga lontana la peste già presente nel 1575 in molte città italiane. UTRUNQUE PRAESTAT – ad entrambe le categorie è giovata la saggia politica del Pontefice. Il Dragone tra il Caduceo simbolo del Commercio e la Cornucopia simbolo dell’Annona. VIGILAT Questa medaglia, battuta sia nel 1579 che senza data, rappresenta il Pontefice nella figura del Dragone che ben vigila la porta della chiesa; difatti è nei meriti di Gregorio XIII l’aver fatto ritrovare fiducia al mondo cattolico, con il grande aiuto dei Gesuiti e di S. Carlo Borromeo, contro le varie eresie dilaganti. Il Bonanni nella sua opera ( 1699 ) attribuisce al Pontefice Ugo Boncompagni questi cinque rovesci di medaglie ma finora non si sono rinvenute in nessuna raccolta. _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.21 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ VINCENZO CIOLINA : un industriale dello zafferano (entrato in collegio nel 1890) la La famiglia Ciolina ha origine piemontese in Craveggia, nella "diocesi" di Novara in Val Vigezzo, splendida valle che dalla Val D'Ossola si porta verso il confine italiano con la Svizzera. Craveggia e la vicina Toceno sovrastano la Val Vigezzo detta anche "valle dei Pittori" che ha il suo principale Centro culturale in Santa Maria Maggiore posta al centro della valle medesima. responsabilità del "di lui negozio". Nasceva così la Ditta Ciolina-Biaggi con sede in casa Biaggi (ora denominata "Palazzo Ciolina") nel Centro della Città dell'Aquila110. La Ditta Ciolina-Biaggi ha grande rilevanza economico-commerciale per un'ampia porzione del territorio abruzzese e per la città dell'Aquila in quanto legata ad una fiorente attività commerciale che i miei avi espletavano, a partire dal 1769 e fino alla prima decade del 1900, esportando negli stati d'Italia ed in molte Nazioni del mondo il prezioso zafferano dell'Aquila, richiestissimo e preferito per "il suo alto ed ineguagliabile pregio qualitativo sia per uso farmaceutico che per uso industriale come colorante e per uso di cucina"2 dopo averlo acquistato dagli agricoltori di una vasta area dell'Abruzzo aquilano ed averlo accuratamente selezionato per liberarlo da eventuali impurità.11. Vincenzo Ciolina nato il 9 luglio 1876 a L’Aquila e morto il 15 aprile 1955 Intorno al 1760 Giovanni Angelo Ciolina ed il figlio Giuseppe Maria, entrambi nati a Craveggia, immigrano nel Centro Italia in Terni dediti ad attività commerciali. Giuseppe Maria Ciolina frequenta per motivi commerciali la Città dell'Aquila ed entra in rapporti con Antonio Biaggi, grossista aquilano di zafferano ed altri prodotti locali come le mandorle; successivamente sposa l'unica figlia del Biaggi Nicoletta ed assume con il "contratto matrimoniale" , allora in uso, Palazzo Ciolina nel centro storico de L’Aquila – secolo XVIII – sottoposto a vincolo Beni Culturali e Ambientali 110 Giuseppe Mussoni - Il Commercio dello zafferano all'Aquila nel '500/700 e gli statuti che lo regolavanoAdelmo Polla, Editore in Cerchio, prima edizione: Dicembre 1998. 211 Luigi Marra - Il purissimo zafferano dell'Aquila. Storia e ricette. Edizioni Libreria Colacchi, L'Aquila 1982. _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.22 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ Il Mussoni, nel lavoro a stampa sopra ricordato, nomina come fonti della Sua ricerca documentale l'Archivio Comunale dell'Aquila e l'Ufficio Commerciale del "Cav. Antonio Ciolina, proprietario della più antica casa esportatrice di zafferano". Portale Palazzo Ciolina Portale Palazzo Ciolina Il Cav. Antonio Ciolina conduceva la Ditta Fratelli Ciolina Biaggi unitamente al fratello Alfonso, mio bisnonno e padre dell'alunno del Collegio Vincenzo, fu Sindaco dell'Aquila e co-fondatore dell'Ospedale San Salvatore allora ubicato nel centro storico dell'Aquila non lontano dal Castello Spagnolo che domina la Città. La sede della Ditta e gli Uffici commerciali erano ubicati nel pieno centro della Città dell'Aquila, nel locale d'angolo al piano terra tra il Corso Vittorio Emanuele II ed il Corso Principe Umberto, nell'attuale palazzo Ciolina, edificio storico ora sottoposto a vincolo per motivi architettonici, estetici e strutturali di gran pregio, situato in angolo a costituire uno dei così detti "quattro cantoni" del centro cittadino. Dott. Alfonso Ciolina nipote di Vincenzo Ciolina _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.23 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ La Molara La Molara è un territorio che si estendeva dalle pendici meridionali del colle di Tuscolo fino alle pendici settentrionali dei colli di Rocca di Papa e dei campi di Annibale sull’asse nord-sud e dall’attuale Pedica dell’Olmo fino alle pendici del colle di Rocca Priora sull’asse ovest-est. Attualmente il territorio fa parte dei comuni di Grottaferrata, Montecompatri, Rocca di Papa e Rocca Priora ed è diviso in più settori ovvero nella Pedica dell’Olmo, nella parte meridionale della collina di Tuscolo, nella Montagnola, nella zona del castello e della antica chiesa, nella macchia della Riguardata, e nella zona di Formello. Tutti questi settori presentano tuttora i resti di antiche strutture costituite da cisterne per la raccolta delle acque, dalla via Latina e da un suo diverticolo, diretto alla città di Tuscolo, dai resti del castello, dalla chiesa con annessa abitazione, dalla cava delle pietre molari, dall’acquedotto della villa Aldobrandini, dalle sorgenti del l’acquedotto de “Lu Piantatu” di Montecompatri, dai cunicoli afferenti le acque al Tuscolo della Montagnola, dai resti di alcune cisterne della macchia della Riguardata e l’edificio un tempo sede di una locanda - osteria. di Luigi Devoti Attualmente il territorio su cui sono la chiesa e i resti del castello fa parte del comune di Grottaferrata. Il nome di Molara deriva o da Roboraria, antica stazione di posta sulla via Latina, attraverso le forme di Boraria, Moraria, Molaria da cui infine Molara, dalla presenza di un cava di pietre molari presente sulle pendici del colle su cui sono i resti delle costruzioni del castello, oppure dal cognome della famiglia che per un certo periodo è stata proprietaria del territorio. La chiesa viene ricostruita dal Cardinale Scipione Borghese nel secolo XVII ossia dopo che lo stesso ha acquisito dal Duca di Gallese, Gian Angelo, la Molara insieme alle altre parti del patrimonio Altemps. La chiesa primitivamente è stata edificata in ricordo di quella più antica costruita nel IV secolo da Giovanni di Cappadocia, per il cenobio dedicato a Sant’Agata, cui è seguita la chiesa del castello. Il cenobio di Sant’Agata nel 1004 è stato il primo luogo abitato da San Nilo proveniente dal territorio di Serperi, prima della fondazione dell’abbazia di Santa Maria. Una testimonianza per la fondazione del cenobio è riposta nella lapide custodita nel monastero di santa Scolastica di Subiaco, incisa quando i monaci di san Nilo lasciano a Santa Scolastica il cappuccio appartenuto a San Basilio, quale ringraziamento per l’ospitalità avuta nel periodo in cui sono stati costretti a abbandonare la loro abbazia di Santa Maria di Grottaferrata: DIVI BASILI MAGNI CAPUTIUM. QUOD IN SACRARIO EST, POST EIUS OBITUM, QUI CONTIGIT ANNO 378 SUB DAMASO PAPA, D. GREGORIUS NAZIANZENUS, SANCTI ILLIUS MONACHORUM ORIENTALIUM PERENTIS COEVUS, _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.24 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ ET AMICISSIMUS, EX CAPPADOCIA IN ITALIAM IOANNI CAPPADOCI, CRYPTA FERRATA IN TUSCULANO ABBATI TRANSMISIT QUOD DEINDE ANNO 1163. NORMANNIS, GERMANISQUE ITALIAM DEVASTANTIBUS PRAEDICTI MONASTERIJ MONACI, SEX A BELLI TUMULTIBUS, PERICULISQUE RECIPIENTES, IN SACRUM HOC S.SCHOLASTICA MONASTERIUM (IN QUO IMMORARUNT DIU MORTUIQUE FUERE) UNA CUM PRAEGRANDI AENEA, AUROQUE OBLITA CRUCE SANCTORUM PLENA RELIQUIS, ET UNA ETIAM EX SERVATORIS NOSTRIS SPINIS, INSIGNIQUE IN HOC SITUM SACRARIO SEPARATIM IN CHRISTALLINA THECA SECUM VENIENTES ATTULERE, ATQUE HIC VITA DECEDENTES RELIQUERE. di santa Scolastica, nel quale abitarono a lungo e alcuni vi morirono, con una grande quantità di oggetti di rame, d’oro e una gran croce dimenticata piena di reliquie di santi e anche una insigne per il sacrario tra le nostre spine custodite separatamente in questo luogo in una teca di cristallo portata da coloro che sono tornati e che hanno lasciato dopo essersi ritirati da questa vita). Il castello viene costruito, circa l’anno 1000, con quasi certezza dai Conti Tuscolani sul luogo occupato dal cenobio dedicato a Sant’Agata. Nel 1254 Riccardo Annibaldi, cardinale diacono di Sant’Angelo vi acoglie con magnificenza il Papa Innocenzo IV. Nel 1265, poi, lo stesso cardinale ospita nel castello della Molara Carlo d’Angiò in occasione della spedizione contro Manfredi e durante le feste natalizie il suo amico San Tommaso d’Aquino che riesce a convertire alla religione cristiana due dotti e ricchi ebrei ai quali lo stesso, il giorno della vigilia di Natale, somministra il battesimo. Nell’anno 1328 il castello della Molara viene occupato da Roberto Re di Napoli che però, poi, deve arrendersi, per mancanza di viveri, alle truppe dei romani e di Ludovico il Bavaro Del periodo in cui, poi, viene costruita la cappella in ricordo del cenobio di Sant’Agata, è il dipinto raffigurante la Madonna Imperatrice realizzato sulla parete della sala adibita ad aula della chiesa, probabilmente fatto da un monaco di rito greco bizantino. D.Gregorio Nazianzeno coetaneo del santo e molto amico di Giovanni di Cappadocia, trasferitosi in Italia dalla Cappadocia come abate a Grottaferrata nel Tuscolanoaffermazione errata poichè il monastero di Grottaferrata non era stato ancora fondato- ha collocato il cappuccio del divino Basilio Magno nel sacrario dopo la sua morte, avvenuta nel 378, durante il pontificato di papa Damaso; durante le devastazioni dei normanni e dei germanici, i suddetti monaci del monastero , lo affidarono nell’anno 1163 il sesto giorno dall’inizio dei tumulti e dei pericoli della guerra a questo sacro monastero _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.25 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ la proprietà comprendente anche la tenuta della Molara. Il Papa Paolo V Borghese il 15 marzo 1616 emette un breve con il quale viene autorizzata la ricostruzione del castello che però non viene effettuata. La chiesa, fino ad epoca recente, nel periodo della Pentecoste era la meta di un pellegrinaggio di fedeli che con l’occasione vi celebravano anche una festa campestre. Il castello di cui attualmente sono presenti soltanto pochi resti delle murature, inoltre anche sepolti da una vegetazione spontanea e lussureggiante, è stato una delle fortificazioni più importanti del territorio Tuscolano. Su di un lato della costruzione, poi, vi sono due camere create per la residenza di un eremita custode della cappella. Nel 1405 il castello viene nuovamente assediato dai romani che però non riescono ad espugnarlo. E per ordine dl Papa Innocenzo VII Don Bartolomeo, Priore della chiesa di Santa Maria dell’Aventino, viene inviato per riappacificare i contendenti. Riuscito nell’intento, dopo che i romani hanno levato il campo sulla via del ritorno gli stessi tagliano la testa al priore, apparentemente senza una ragione, ma forse per istigazione di Prospero Colonna. Nell’anno 1423, durante il pontificato di Martino V, il castello viene distrutto, perché Paluzio Annibaldi uccide di sua mano Nicola Savelli. Paluzio allora viene giustiziato e il suo patrimonio confiscato, ceduto, poi, ai Colonna. Nel 1574 il Cardinale Marco Sitico Altemps compra da Marco Antonio Colonna la tenuta della Molara insieme ad altre proprietà comprendenti anche Montecompatri e Monte Porzio. Infine il Cardinale Scipione Borghese acquista da Giovanni Angelo Altemps, nipote del Cardinale Marco Sitico e suo erede, tutta Dalla prima appartenenza ai Conti di Tuscolo, poi, è passato nella proprietà degli Annibaldi che hanno fatto seguire al loro nome quello di Molara. E molto probabilmente il castello con tutta la tenuta è divenuto di loro proprietà a seguito di un matrimonio come narra il Chronicon Sublacense dell’anno 1090: Agapitus, comes tusculanus, quum habuent duas filias, unam nuptias tradit Oddoni Frangipanis, alteram Annibaldo Annibaldi. Huic reliquit Castra Arcis Periuriae, Montis Porculi et Molariae. Illi vero Castra Marinei, Turricellae, Montis Albani et suam partem Castri Montis Compatris. (Agapito, Conte di Tuscolo, ( nome probabilmente trascritto male, perché nella famiglia dei conti tuscolani nessuno mai lo ha portato) che ha due figlie, una la concede in matrimonio a Oddone Frangipani, l’altra ad _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.26 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ Annibaldo Annibaldi. Alla prima lascia i castelli di Rocca Priora, di Monte Porzio e di Molara. All’altra i castelli di Marino, di Torricella, del Monte Albano e la sua parte del castello di Montecompatri). In prossimità del castello sulle pendici di una collina, poi, vi sono due grandi caverne dove venivano ricavate le mole per le macine dei molini di cui alcune sono ancora attaccate alla parete appena sbozzate. E nella zona oggi denominata Pedica dell’Olmo, parte del comune di Grottaferrata, vi sono tuttora i resti di alcune cisterne per la raccolta delle acque: Cisterna della via vicinale Aldobrandini costituita da venti navate, di metri 34,75 x metri 24,65, cisterna prossima alla cava di pozzolana costituita da dieci navate di metri 40 x metri 15, e la cisterna prossima al diverticolo stradale diretto a Tuscolo a navata unica, di metri 19 x metri 6,40. Altre cisterne, poi, sono situate nel territorio oggi parte del comune di Montecompatri: cisterna detta “La Casaccia”, di metri 19,20 x 10,70, cisterna detta “Casaccia bassa” di metri 22 x metri 3,20 e cisterna del colle dei Pollastri, di metri 6 x 5,50. Sempre nel territorio del comune di Montecompatri nell’area denominata Montagnola vi sono i cunicoli adduttori in origine le acque alla città di Tuscolo che in parte riforniscono alcuni fontanili utilizzati dai pastori per le greggi. Nel territorio di Montecompatri inoltre vi è la costruzione un tempo adibita ad osteria dove è presente un artistico e monumentale fontanile con le insegne della casa Borghese fatto costruire dal cardinale Scipione. La costruzione un tempo proprietà degli Aldobrandini oggi è dei Toccini che vi stanno allestendo un centro per convegni, senza tuttavia alterare la struttura dell’edificio. Nella zona denominata Formello, poi, vi è un ingresso all’acquedotto Aldobrandini la cui galleria transita nel sottosuolo, dopo aver utilizzato tratti di antichi cunicoli fino al bivio della nuova strada diretta al Tuscolo, e dopo avere effettuato un curva ad angolo retto prosegue il suo percorso fino alla villa Belvedere di Frascati dove le acque emergono da più fontane per cadere infine nel grandioso ninfeo opera del Fontana e del Maderno. Nella parte superiore del primo tratto residuo del diverticolo della via Latina che conduceva alla città di Tuscolo vi sono i resti del mausoleo sepolcrale di Marco Celio Viniciano. Nel 1848 il Principe Camillo Aldobrandini fa eseguire scavi nella zona circostante il mausoleo con il ritrovamento della lapide dedicatoria : _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.27 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ M.COELIO M.F. VINICIANO PR. PRO. COS. TR. PL. Q. OPSILIA. UXOR. FECIT. (Per Marco Celio Viniciano, Pretore, Proconsole, Console, Tribuno della Plebe, Questore, la moglie Opsilia ha fatto costruire). Allora il Principe Aldobrandini fa restaurare l’antica strada per meglio raggiungere la villa Belvedere dalla via Anagnina, dopo aver ottenuto in enfiteusi perpetua i terreni del versante meridionale della collina di Tuscolo dalla Regina di Sardegna. Inoltre in occasione del ritrovamento della lapide dedicatoria il Canonico Pietro Santovetti propone di apporre sul mausoleo un’altra lapide con l’iscrizione da lui dettata: RESTITUIT(HOC SEPULCRUM) VETUSTATE MARMORIBUS EXPOLIATUM DETECTIS TITULO ET VIA MULTO AERE PROFUSO PAUPERIBUS SUBLEVANDIS CAMILLUS ALDOBRANDINUS PRINCEPS BONARUM ARTIUM AMANTISSIMUS IN PRISTINAM FORMAM RESTITUIT ANNO D.NI MDCCCXXXXIX (L’anno del Signore 1849 il Principe Camillo Aldobrandini molto amante delle belle arti con il restauro del diverticolo dell’antica strada raccolse tutti i marmi che rivestivano il sepolcro per ricostruirlo nella primitiva forma e profuse molto denaro ad alleviamento dei poveri) Il progetto però non viene realizzato a causa dell’instaurazione della Repubblica Romana, per cui il Principe deve lasciare Roma e trasferirsi all’estero. Didascalie 1) Chiesa di San Nicola. 2) Una parte dei resti del castello 3) La Madonna Imperatrice. Immagine dipinta sul muro dell’aula della chiesa di san Nicola, probabilmente da un monaco di rito greco bizantino. 4) La caverna, sede della cava, con le tracce sulla parete delle mole staccate. 5) Pianta e sezione della cisterna prossima al diverticolo. Esempio di una per tutte le altre presenti sul territorio. 6) Fontana della locanda - osteria, recante i simboli araldici dei Borghese, Il Drago e l’Aquila. 7) Il mausoleo di Viniciano con a fianco un tratto del diverticolo stradale in un disegno, realizzato al tempo degli scavi, conservato nell’archivio Aldobrandini. 8) Il Mausoleo sepolcrale di Viniciano nello stato attuale. _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.28 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ “Casal Romito” È la Villa che viene gentilmente concessa da quattro anni dal nostro Ex Giuseppe Carafa Jacobini (in collegio dal 1945 al 1953) alla Associazione Ex Alunni Nobile Collegio Mondragone in occasione della “Colazione di Primavera” vista dall’alto del complesso entrata del Casale giardino per ricevimenti sala dei banchetti giardino apparecchiato per ricevimenti _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.29 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ Elenco dei partecipanti alla colazione di primavera a Casal Romito Hanno partecipato: Padre Tiziano Repetto S.J. Amedeo Amadei Piero Antonio ed Elisabetta Bonnet Felice e Daniela Cafiero Giuseppe e Maura Carafa Jacobini Massimo e Manuela Carafa Jacobini Luciano Comaschi Enrico ed Isabella Corsetti Antonini Lucio Curato e nipote Gabriele e Maria Fiastri Luigi ed Olga Filograsso Enrico e Maria Paola Fiorelli Mario Garofoli Franco e Clara Giannini Silvio ed Enrica Irace Eros Leonzi Piero ed Helene Marchetti Ferdinando e Maresti Massimo Giuliano e Paola Mauro Giorgio ed Augusta Melucco Giuseppe Moroni Fiori Franco e Marina Puca Massimo e Anne Scaramella Mario Sonnino Vittorio e Nilla Spadorcia Rodolfo e Roberta Strollo Fabio Valerj Giuliano e Mimmi Zincone _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.30 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ COMUNICAZIONE DELLA REDAZIONE Cari amici Negli ultimi mesi due nostri Ex Rolando Tonarelli e Vittorio Spadorcia si sono impegnati a riportare sul sito della nostra Associazione anche tutte le foto dei Convittori entrati in Collegio dal 1865 al 1953 che si trovano nei due grandi Album che venivano aggiornati ogni anno con le foto dei nuovi convittori. Questo lavoro, paziente e mastodontico, adesso è stato completato. Troverete riportate quasi 3.500 foto divise anno per anno di entrata in Collegio. Purtroppo molte foto non sono di buona qualità, cosa dovuta al tempo e all’usura. Andate sul nostro sito: www.collegiomondragone.com In basso alla prima pagina del sito troverete scritto: “SE VUOI VEDERE LE FOTO DEI CONVITTORI DAL 1865 AL 1953 CLICCA QUI SOPRA”. Un saluto dal Consiglio Direttivo ________________________________________________________________________________ Riportiamo i brani salienti della lettera inviata da Padre Tiziano Repetto S.J. Provincia d'Italia della Compagnia di Gesu’ il coordinatore dei mezzi informatici A: Don Ferdinando Massimo, Presidente dell’ Associazione Ex Alunni Nobile Collegio Mondragone PC: Il Consiglio Direttivo, Dr. Spadorcia, Ing. Tonarelli PC: i soci tutti Carissimi _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno’07 pag.31 di 32 Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________ Con gioia apprendo che avete terminato (grazie agli instancabili buoni uffici di Spadorcia e Tonarelli) la scannerizzazione e la pubblicazione delle immagini dei convittori entrati fino al ‘53. Mi pare intanto un’opera immane, in termini di risorse e di tempo, ma anche immane in termini di servizio alla Compagnia di Gesù e alle sue precedenti opere. Il ricordo storico non è un elemento che ogni anno diventa sempre più vecchio, ma è un ricordo che vive perennemente nel nostro presente, poiché di esso noi siamo il risultato. E voi dell’Associazione Ex Alunni del Nobile Collegio Mondragone avete fattivamente contribuito affinché tale ricordo si perpetui nei secoli a venire, se le memorie elettroniche, come si spera, verranno conservate nel tempo. Auspico che tale opera venga adeguatamente valorizzata. Quindi sia presentata e fatta conoscere al Molto Reverendo Padre Generale, del quale a quanto pare, godete la stima… L’atto di amore per la Compagnia di Gesù che avete testé compiuto compensa abbondantemente l’indifferenza di alcuni. … “E questo tanto più perché la Compagnia non è un’istituzione umana ma divina, perché voluta da Nostro Signore”. ... “La perenne memoria dei convittori defunti accompagnerà le loro famiglie tramite la rete internet, una specie di ricordo diffuso e fruibile da chiunque desidera accedere al passato di una nobile e gloriosa istituzione. L’immagine dei convittori viventi è una testimonianza credibile e concreta di quanto un’educazione rigorosa e orientata all’individuo è in grado di realizzare”. Pertanto a nome della Compagnia di Gesù in Italia porgo un sincero ringraziamento per tale opera editoriale, realizzata veramente “Consilio et patientia”, la quale tra l’altro parla del forte spirito di corpo che l’Associazione conserva a distanza di oltre mezzo secolo dalla chiusura del Collegio. Il Signore e S. Ignazio vi benedicano, vi proteggano e vi assistano sempre. Cordialmente, p. Tiziano Repetto S. I. Coordinatore dei mezzi informatici della Compagnia di Gesù in Italia Redazione ed editing a cura di Vittorio Spadorcia e Rolando Tonarelli _____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.32 di 32