Edizione 13 - Giugno 2007 - Nobile Collegio Mondragone

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Edizione 13 - Giugno 2007 - Nobile Collegio Mondragone
Associazione ex Alunni Nobile Collegio Mondragone
Fondata il 2 febbraio 1922
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N° 13
GIUGNO 2007
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Primo numero redatto il 14 luglio 1866 - Nuova edizione semestrale dal 2001
On-line, a colori, sul sito www.collegiomondragone.com
Il Mondragone
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INDICE
“Il Miracolo”- Articolo di Maresti Massimo apparso sulla rivista " Le Dimore Storiche", ...........................................................3
CREATI PER CREARE
articolo di P. Valentino Davanzati S.I...............................................................................................6
ADDIO A LIVORNO ....................................................................................................................................................................8
La finestra “ellittica” di Villa Mondragone di Rodolfo Maria Strollo...........................................................................................9
QUEL FAMOSO SETTEMBRE del ’43 di Claudio Sabatini ..................................................................................................13
“ TRA GLI SPAZI SCONFINATI E NEL SOLENNE SILENZIO DELLE CIME ” .................................................................15
“ PER LUI VOI ERAVATE LA SUA VERA FAMIGLIA ” .....................................................................................................19
IL DRAGONE DI MONDRAGONE NELLE MEDAGLIE DI GREGORIO XIII BONCOMPAGNI ( 1572-1585).................20
VINCENZO CIOLINA : un industriale dello zafferano .............................................................................................................22
La Molara .....................................................................................................................................................................................24
“Casal Romito” ............................................................................................................................................................................29
Elenco dei partecipanti alla colazione di primavera a Casal Romito............................................................................................30
COMUNICAZIONE DELLA REDAZIONE ..............................................................................................................................31
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.2 di 32
Il Mondragone
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“Il Miracolo”- Articolo di Maresti Massimo apparso sulla rivista "
Le Dimore Storiche", periodico della Associazione Dimore e Storiche Italiane, Anno IX Maggio-Agosto 1993 n. 2 [N. 22]
Piccola, raccolta – era la stanza da letto del
ragazzo – la Cappella sorge al secondo piano
del lato più antico dei tre palazzi Massimo,
detto “istoriato” per la facciata interamente
rivestita di pitture decorative a monocromato
dalla scuola di Daniele da Volterra e da
Polidoro da Caravaggio che oggi rappresenta
un raro esempio di architettura romana non
contaminata da sovrastrutture barocche. E’
proprio nel palazzo istoriato che secondo
alcune fonti alla seconda metà del ‘400 Pietro
Massimo ospitò i due stampatori tedeschi
Arnoldo Pannartz e Corrado Schweynheim
reduci da Subiaco. Qui fu stampato il primo
libro romano a caratteri mobili le “Lettere
Familiari” di Cicerone datato 1467.
Nel giro di pochi anni dai tre torchi allestiti
nelle case de’ Massimi uscirono almeno 48
edizioni, un totale di 16.700 volumi. Poi è il
1527. E’ il sacco di Roma. Gli edifici
vengono messi a ferro e fuoco dai
lanzichenecchi. Nel 1532 Baldassare Peruzzi
viene incaricato di costruire sulle macerie una
nuova dimora.
PALAZZO MASSIMO
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.3 di 32
Il Mondragone
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Nasce un esempio di architettura
consapevole delle forme ampie e solide
dell’architettura classica, quasi un impegno a
riemergere da tanta rovina. E’ in questo
difficile contesto storico tra una Firenze
repubblicana e una Roma ancora prostrata
dalla memoria del Sacco che inizia una
straordinaria avventura spirituale che
attraversa tutto il 500: la vicenda di un uomo
per cui la religione era gioia, amato per la sua
bontà e santificato per i suoi miracoli, annota
Rita Delcroix nel suo “Filippo Neri il Santo
dell’allegria”. Filippo Neri è a Roma guida
spirituale di umili e potenti.
successivi. “…Entrò poi Filippo in camera,
dove stava il fanciullo morto; e si gittò sopra
la sponda del letto, facendo un mezo quarto
d’ora orazione con la solita palpitazione del
cuore, e tremore del corpo; e poi prese
l’Acqua Santa, e gliene gittò alquanto in
bocca; indi soffiandogli nel volto, con
mettergli la mano in fronte, lo chiamò con
voce alta, e sonora due volte: Paolo? Paolo?
Alla cui voce il giovinetto subito, come da un
sogno svegliato, aprì gli occhi, e rispose:
Padre e poi soggiunse: io mi ero scordato
d’un peccato, e però vorrei confessarmi.
All’hora il Santo Padre fece scansare
alquanto quelli ch’erano intorno al letto; e
dandogli un Crocifisso in mano lo riconciliò.
Poscia ritornati tutti in camera si mise a
ragionare seco della sorella e della madre, le
quali ambedue erano morte, durando il
ragionamento per lo spatio di mezz’hora,
rispondendo sempre il giovinetto con voce
chiara, e franca, come se fosse stato sano;
anzi gli tornò il colorito in volto, che a tutti
quelli, che lo guardavano, parea, che non
avesse avuto mal nessuno.
San Filippo Neri
Frequenta assiduamente anche casa
Massimo dove abitava con la famiglia
Fabrizio a cui il Santo aveva predetto la
nascita di un figlio maschio che avvenne nel
1569 dalla prima moglie Lavinia de’ Rustici.
Allora Padre Filippo aveva voluto che gli
fosse imposto il nome Paolo.
A quattordici anni Paolo dopo lunga malattia
muore. Padre Filippo è a dire Messa a S.
Girolamo della Carità e quindi riceve in
ritardo la notizia. Così il Bacci, biografo del
Santo, descrive nella sua Vita la cronaca del
fatto, riportata poi da tutti i biografi
La Cappella a Palazzo Massimo
Ultimamente il Santo Padre gli domandò se
moriva volentieri; egli rispose di si.
Interrogandolo Filippo la seconda volta se
moriva volentieri rispose, parimente, che
moriva volienterissimo, massimamente per
andare a vedere sua madre e sua sorella in
Paradiso; onde il Santo Padre dandogli la sua
benedittione gli disse: va, che sii benedetto, e
prega Dio per me.
E subito con un volto placido, e senza alcun
movimento tornò a morire nelle braccia del
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.4 di 32
Il Mondragone
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Santo Padre; stando presenti a tutto questo
Fabrizio con due sue figliole, poi Monache in
Santa Marta, e Violante Santacroce, sua
seconda moglie, e la serva, che gli assistea
nella sua infermità, chiamata Francesca, e
altri”.
Il giovane Paolo fu poi sepolto nella
Cappella Massimo a Trinità de’ Monti. E la
stanza da letto dove avvenne questo fatto
straordinario fu trasformata in cappella.
Da allora, da quel 16 marzo 1583
ininterrottamente anche in periodi di guerre,
pestilenze, carestie, occupazioni, nello
anniversario del miracolo la Cappella viene
aperta al pubblico e tutta la mattina ai tre
altari si celebrano le messe, soprattutto la
speciale messa votiva voluta da Pio IX in
occasione di una sua visita il 16 marzo 1847.
Papa Gregorio XVI nel 1838 aveva elevato la
Cappella a Chiesa.
Ed in questa Chiesa Domestica ogni 16 marzo
i molti visitatori romani e non, di colpo
lasciano il traffico caotico di corso Vittorio,
percorrono l’atrio, le scale verso un angolo
remoto del secondo piano cercando il culto di
quel messaggio spirituale al di là dell’arte e
della storia, estetica e concretezza del tempo,
verso la Roma di un Grande Semplice.
Note:
Ceccarius, Le grandi famiglie romane: I
Massimo, Istituto di Studi Romani, Roma
MCMLIV
V. Mariani. Il palazzo Massimo alle
Colonne, Roma. 1926, Casa Ed. Roma.
Cecilia Pericoli Ridolfini, Rione IV
Parione. Parte I. Guide Rionali di Roma a
cura dell’Assess. AA.BB.AA. Roma
Palombi, 1973.
Vita di San Filippo Neri, fiorentino.
Fondatore della Congregazione
dell’Oratorio, scritto da Pietro Giacomo
Bocci, prete dell’istessa Congregazione
ecc. In Roma, per Gio. Francesco
Baugni, MDCCIII.
Il primo processo per S. Filippo Neri.
Edito e annotato da Giovanni Incisa della
Rocchetta e Nello Vian con la
collaborazione del P. Carlo Gasparri d’O.,
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana, I vol. (1957), II vol. (1958), III
vol. (1960), IV vol. (1963)
Rita Del Croix: Filippo Neri il santo
dell’allegria. Newton Compton Editori
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.5 di 32
Il Mondragone
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CREATI PER CREARE
articolo di P. Valentino Davanzati S.I.
Nell’ultimo numero del vostro giornale, curato
dalla camerata dei Grandi, "Il Mondragone"
(maggio-giugno 1953), lo shock della notizia
che Mondragone si chiude. Una girandola di
sentimenti, bussole impazzite, giorni di grande
confusione, progetti per il futuro scombussolati.
Era proprio vero? Non era un incubo notturno?
Cosa si poteva fare per impedirlo? Quali pezzi
da 90 avrebbero potuto difendervi da quella
drastica decisione, dopo quasi 150 anni di
eccellente fioritura?
Fu una rivoluzione analoga a quella di quasi
400 anni prima, con la riforma del Calendario
Giuliano sottoscritta proprio a Mondragone nella
Sala Rossa da Gregorio XIII Boncompagni (il
cui stemma di famiglia campeggia a
Mondragone), per cui al giovedì 4 ottobre
sarebbe seguito il venerdì 15 ottobre 1582.
In questi giorni anche a Livorno stiamo
vivendo una situazione analoga. Per la seconda
volta: nel 1773 dopo una settantina d’anni le
scuole dei padri gesuiti vennero chiuse, perché
l’intera Compagnia di Gesù fu soppressa in tutto
il mondo dal Papa Clemente XIV, costretto dalla
pressione dei sovrani portoghesi, spagnoli e
francesi. Dopo appena due settimane nella excappella dell’Immacolata fu organizzata una
gran festa da ballo dal Granduca di Toscana!
Nel 2007, a cento anni dal ritorno in città,
e proprio alla chiusura dell’Anno Saveriano, i
cinque gesuiti della residenza San Francesco
Saverio lasciano definitivamente la città di
Livorno. Sorpresa, incredulità, critiche, occhi
lustri e lacrime non represse, da parte degli
antichi alunni, dei sacerdoti delle parrocchie
dove prestavano servizio, dagli iscritti al Centro
Artistico (che proprio quest’anno pubblica un
libro per il 50° di attività culturale a largo
raggio), di tutti quelli che guardavano alla nostra
residenza come a un punto di riferimento
difficilmente sostituibile, specialmente per
l’opera dei ritiri spirituali e delle letture bibliche.
La decisione presa, con dolore, dai Superiori
per carenza di nuove leve, ci vede pronti
all’obbedienza e desiderosi di discernere dai
"segni dei tempi" quale sia la volontà del Signore,
quello che Dio vuole dirci. Una obbedienza, come
vuole sant’Ignazio, di esecuzione, di volontà e di
intelletto: all’esecuzione sia unita questa
conformità della volontà e dell’intelletto tra chi
comanda e chi obbedisce.
San Francesco Saverio ci ha mostrato
come osservare il voto di obbedienza, quando fu
spedito in missione, quasi per caso, in due
giorni; quando ha dovuto adattarsi a culture,
lingue, consuetudini diversissime, navigazioni
rischiose e pericoli di ogni genere; come
avrebbe potuto comportarsi a seguito di una
lettera speditagli dal Padre Ignazio, che gli
chiedeva di rientrare a Roma dopo dieci anni di
intensa attività missionaria. Ma un’altra Volontà
lo chiamava al premio, quando tutto solo
sull’isolotto di Sancian era in attesa di entrare
anche in Cina, dopo le Indie e il Giappone (3
dicembre 1552).
Altri 800 gesuiti nel 1767 furono costretti ad
abbandonare le splendide Riduzioni del
Paraguay, dopo 150 anni di fiorente apostolato
tra i Guaranì, con l’aggiunta dello strazio di
essere tacciati da traditori degli Indios, che si
ritenevano vilmente abbandonati e costretti a
tornare nelle loro foreste.
Solo sei anni dopo, nel 1773, per le cospirazioni
dinastiche di Portogallo, Spagna e Francia più di
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.6 di 32
Il Mondragone
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22.000 gesuiti dovettero chiudere 1.180 residenze:
furono dispersi e imprigionati - come il Padre
generale Lorenzo Ricci nel carcere di Castel
Sant’Angelo - sotto le più infamanti accuse, o
costretti e sballottati in mare senza poter sbarcare.
Erano rimasti "vivi" in Russia, sotto Caterina II,
che si trovò ad avere come sudditi 200 gesuiti per
la seconda spartizione della Polonia nel 1772 e
non volle rinunciare a quattro grandi istituti
scolastici diretti dai padri, nonostante la bolla
"Dominus ac Redemptor" dell’agosto 1773.
Tra questi 22.000 gesuiti "soppressi" ben
46 furono eletti vescovi, tra cui il primo
Vescovo di Livorno, mons. Filippo Ganucci
Cancellieri, fiorentino. Molte altre regioni
furono fecondate da questi semi sparsi qua e là
dal turbine che li aveva colpiti, "in modo pacato
e senza ostentazione alcuna" (Pio VII).
Per esempio, nell’America del Nord Mons. John
Carrol, Vescovo di Baltimora, con la
collaborazione di altri Vescovi europei gesuiti
soppressi, ebbe tre missionari del team russo per il
collegio di Georgetown , col tacito consenso di Pio
VII, che aveva provato di persona la prigionia
francese a Fontanebleau, mentre il Bonaparte
invadeva gli Stati Pontifici.
La bolla "Sollicitudo omnium Ecclesiarum"
del 1814 ad opera di Pio VII fece risorgere la
Compagnia di Gesù, che nel giro di una
generazione ebbe oltre 5.000 membri sparsi per
tutto il mondo a servizio di Dio e della Santa
Madre Chiesa Gerarchica.
Le "mani di Dio sono mani ora di grazia ora
di dolore, ma sono sempre mani d’amore" (D.
Bonhoeffer).
Istituto S. Francesco Saverio
Via del Platano, 6 LIVORNO
Ecco perché non mi piace la sigla di "EX": ex si
dice di qualcuno che passa all’altra sponda
(politica, sport, matrimonio, ecc.), spesso in
antitesi a tutto ciò che era quando non era ancora
ex, forse per farsi accettare per quello che è
attualmente o farsi perdonare quello che è stato.
"Semel abbas semper abbas", secondo il detto
monastico: nel nostro caso semel alumnus semper
alumnus: le nostre istituzioni vivono in noi,
Congregati Mariani, Alunni o Figli spirituali!
Forse sarebbe coerente creare nelle nostre famiglie
un ambiente favorevole allo sbocciare, non reciso,
di una vocazione che continui e riproduca quella
cara immagine paterna indimenticabile di tanti
padri che hanno accompagnato la nostra
giovinezza, perché in futuro nessun collegio o
residenza debba ancora una volta conoscere
l’amarezza di una chiusura o soppressione, di un
lacerante distacco.
"CREATI PER CREARE", secondo l’insegna
di un libro delle Edizioni Sogno 1998. Questo è
l’augurio, da amico, di un bene concreto.
E che Maria, Mater Pietatis, ci benedica.
P. Valentino Davanzati sj
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.7 di 32
Il Mondragone
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ADDIO A LIVORNO
Da tempo sociologhi, psicologi, psicoterapeuti,
pensatori, politici qualificati, genitori, magistrati
illuminati
lamentano
gravi
lacune
comportamentali di giovani e giovanissimi che si
preoccupano per il futuro. E’ recentissimo uno
studio che evidenzia l’insoddisfazione e la
preoccupazione per lo stato in cui versa la
SCUOLA da sempre fondamento, assieme alle
famiglie, della formazione ed educazione delle
giovani generazioni.
La “scuola”, purtroppo, è fatta oggetto di
scontro e contesa politico-ideologico che poco o
nulla ha a che vedere con il “bene” dei giovani.
Tutto ciò, se ce ne fosse bisogno, ribadisce la
centralità della scuola. S. Ignazio lo aveva ben
compreso sottolineando la centralità della
missione culturale e formativa della Compagnia di
Gesù. Non per nulla fiorirono rapidamente scuole
ed istituti di formazione. Il livello culturale dei
Gesuiti è sempre stato elevato e perseguito con
certosina cura.
Molti Gesuiti furono consiglieri, confessori di
regnanti e di grandi personaggi della politica e del
potere. La qualità ed i metodi dell’insegnamento
sono sempre stati all’avanguardia e sviluppati, fin
nei minimi particolari, sotto l’aspetto morale,
culturale e sociale. (Le “riduzioni” sono un
luminoso esempio).
Per secoli, anche nelle avverse vicissitudini
dell’ordine, i Gesuiti hanno ispirato, formato e
guidato i detentori dei destini dei popoli.
Non per nulla i diversi sistemi politici, specie
se “autoritari” (ad esempio: comunismo, nazismo,
fascismo, per limitarsi al secolo scorso) che si
sono succeduti nei secoli hanno sempre “visto”
nella scuola un “pilastro” fondamentale della
società. Anche Napoleone lo aveva ben compreso;
fra l’altro la sua SCUOLA NORMALE ne è un
esempio luminoso e continua la sua funzione
educativa. Dove c’è il “vuoto” di una buona
scuola, lo sviluppo è lento e mediocre che le
“cattive” scuole non sono in grado di colmare.
Ricordo il grande dolore che procurò nel 1953
assistere alla chiusura, dopo quasi un secolo di
prestigiosa attività, del collegio Mondragone (vi
ho passato sei anni). Da allora, sempre con
rammarico, si è assistito allo smantellamento del
“sistema” educativo giovanile della Compagnia,
adesso ridotto all’osso!
E’ straordinario dover
constatare come in altri Paesi il sistema educativo
dei Gesuiti è fiorente, prestigioso e considerato! A
Washington, ad esempio, la GEORGETOWN
UNIVERSITY, la più antica degli USA retta dai
Gesuiti, è una delle più prestigiose!
La conosco benissimo, uno dei miei figli ci si è
laureato. Ho avuto modo di conoscere il Rettore e,
quando gli ho detto che ero un Alunno di
Mondragone, con mio grande stupore, ha avuto
espressioni di grande rammarico, unitamente a
grande considerazione, per la sua chiusura.
Ora, purtroppo, la storia sembra riproporsi a
Livorno.
Io amo Livorno; negli anni della mia
permanenza, in vari periodi, ho sempre “ritrovato” il
clima, la disponibilità e l’affetto dei Padri come
quando ragazzo ero a Mondragone!
Padre DAVANZATI ha anche battezzato
uno dei miei figli.
Non sono in grado, né è mio compito, conoscere
le ragioni passate e presenti di quanto è accaduto e
accade. Posso solo testimoniare la mia affettuosa
vicinanza all’”obbediente dolore” di Padre
Valentino Davanzati e la più completa condivisione
del suo rincrescimento che ha voluto parteciparci,
come si fa tra vecchi amici sinceri, invitandoci alla
coerenza familiare e a quanto “la cara immagine
paterna di tanti Padri che hanno accompagnato la
nostra giovinezza” ci ha consegnato.
Un’ultima notazione, caro VALENTINO: noi
siamo “EX” solo perché abbiamo cambiato lo
“STATUS”; è solo perché non siamo più
“ALUNNI”! Siamo cresciuti, gli anni sono passati!
Non abbiamo voluto, né tantomeno vogliamo,
“passare dall’altra parte”.
Siamo rimasti, caparbiamente, dalla stessa parte,
forti di quanto tu e tanti altri di voi ci avete
consegnato.
FabioValerj
(in collegio dal 1947 al 1953)
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.8 di 32
Il Mondragone
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La finestra “ellittica” di Villa Mondragone di Rodolfo Maria Strollo
La storia architettonica di Villa Mondragone, così
come quella di molte altre fabbriche del Complesso
delle Ville Tuscolane, è densa di avvenimenti che,
nello scorrere del tempo, hanno modificato la
morfologia dei manufatti, a volte anche
pesantemente.
Per la nostra struttura un evento “traumatico”
fu certamente quello ascrivibile a Giovanni Vasanzio
e promosso dal cardinal nepote Scipione Caffarelli
Borghese. Un intervento che vide l’originario Casino
dell’Altemps – e ancor più il palazzo della Retirata,
fatto costruire sempre dal cardinale Marco Sitico in
occasione delle nozze fra lo “scapestrato” figlio
Roberto e Cornelia Orsini – inglobato, a neanche
mezzo secolo di distanza dalla prima edificazione
rinascimentale, nella «machina a vedere superba, e
meravigliosa, la quale spaventeria ogni gran
Principe»1: quel Mondragone che fin da subito
spiccò nel Complesso – con sicura soddisfazione del
potente cardinale – e lungamente ha continuato a
predominare, come ancora oggi possiamo notare,
quantomeno per la mole.
Un’altra fase “critica” rilevante dal punto di
vista architettonico-morfologico si ebbe nel XIX
secolo, prima dell’utilizzo come collegio della Villa.
La decadenza e l’abbandono secolare
avevano infatti compromesso in larga misura la
struttura – come ci ricorda l’antica targa apposta nel
Borghese, tra le varie soluzioni del “problema”,
l’eventualità di una sua completa demolizione (figg. 12).
Il successivo sopraggiungere dei Padri della
Compagnia di Gesù influì non poco nella vita del
manufatto: inizialmente per la stessa sua sopravvivenza
–
connessa
ai
numerosi
interventi
di
rifunzionalizzazione che i Religiosi vennero man mano
apportando alla Villa, sin dal 1865, in luogo del canone
d’affitto, in ottemperanza all’accordo stipulato col
principe Borghese – e quindi, spe cialmente da quando
ne divennero proprietari, anche per le rilevanti
trasformazioni funzionali alla missione da essi
esercitata nel maestoso palazzo.
Così – in particolar modo dal 1929, per il vivo
“attivismo” del giovane Rettore Aristide Delmirani (fig.
3) – l’esigenza di reperire nuovi ambienti per il
Collegio portò l’amministrazione dell’Istituto a
promuovere un’ingente campagna di lavori nella Villa
volta ad ampliarne la ricettività e a migliorarne la
funzionalità connessa all’attività formativa ormai da più
di mezzo secolo nota a livello nazionale e
sovranazionale.
Nonostante le dimensioni della Villa fossero già
di gran lunga le maggiori fra quelle di tutte le
principesche dimore facenti parte dello storico
Complesso nel Tuscolano, le concezioni architettoniche
che avevano guidato entrambe le principali fasi
costruttive (quella cinquecentesca dovuta agli Altemps,
fondativa della fabbrica moderna e quella seicentesca di
1 - Un disegno di M. Sand realizzato intorno al 1850
Salone degli Svizzeri– tanto che non è infondato
ipotizzare che possa essere stata considerata dai
1
Giovanni Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et
architetti. Dal pontificato di Gregorio XIII fino a tutto
quello d’Urbano Ottavo. Le quali seguitano le vite, che
fece Giorgio Vasari, Roma 1642, rist. a c. di C. Gradara
2 - Una cartolina illustrata d’epoca e una sua parte
Pesci, Velletri 1924; rist. anast. Sala Bolognese 1975, p.
ingrandita raffigurante Mondragone
97.
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.9 di 32
Il Mondragone
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4 - L’architetto Clemente Busiri Vici
3 - Padre Aristide Delmirani, Rettore del Collegio
ridefinizione e ampliamento dovuta ai Borghese) non
erano certo le più idonee per un utilizzo come quello
che, negli anni Trenta del Novecento, riguardava
centinaia e centinaia di utenti coinvolti nella vita e
nelle attività del Collegio.
«… Bisognava passare da una stanza all’altra
come negli appartamenti nobili. Pertanto ridotto
l’edificio a Collegio gli alunni dovevano uscire nel
piazzale per andare nelle diverse aule scolastiche. Si
trattava di erigere grandi corridoi al piano terreno, al
primo e secondo piano». Questa frase, presente nel
testo di padre Vito Bondani2, riassume efficacemente
sia la motivazione sia le caratteristiche del principale
tra gli interventi – esposti da chi scrive anche in altre
occasioni3 – che furono allora attuati: quello mirato a
meglio “funzionalizzare” i percorsi fra gli ambiti
interni della Villa/Collegio.
Il professionista prescelto dallo stesso
Delmirani per curare gli aspetti progettuali fu
Clemente Busiri Vici, appartenente alla nota e storica
famiglia di architetti (fig. 4).
Gli interventi attuati, tuttavia, portarono a pesanti
stravolgimenti della fabbrica nella sua facies
architettonica. Tra gli ambiti più “colpiti” del vasto
edificio fu il Piazzale Maggiore che vide gli effetti di
questi lavori aggravati dall’adozione, da parte del
progettista, di criteri compositivi arbitraria prio
sconvolgimento dell’impaginato dei prospetti
affacciati sull’ampia corte, con deleterie ricadute
prevalentemente su tre dei suoi lati.
2
In ogni caso, date le esigenze funzionali, un
certo grado d’invadenza nell’apparato storicodecorativo e distributivo dei fronti era inevitabile; il
Busiri Vici escogitò la soluzione dello smontaggio e
ricollocamento delle storiche mostre in Pietra sperone
del Tuscolo sulle nuove facciate verso la corte:
operazione che avrebbe garantito (e, come i fatti hanno
dimostrato, garantì) da eventuali osservazioni delle
soprintendenze finendo poi per trarre in inganno anche
attenti studiosi della Villa4. Tale operazione era però,
nella realtà, perseguibile solo in parte per ovvie
considerazioni geometriche (riferendoci a uno schema
planimetrico, l’avanzamento di fronti perpendicolari
entro un angolo concavo porta inevitabilmente a una
loro sovrapposizione) e – nello specifico caso del
Piazzale Maggiore – fortemente snaturante per le
peculiarità presenti proprio – anche se non solo – negli
angoli, destinate a perdersi.
Le varie e numerose modifiche apportate a
questi fronti sono state ampiamente affrontate in altre
sedi, anche nella filologica ricostruzione grafica della
loro composizione precedente ai lavori del 19295; qui si
vuole sottolineare un aspetto che interessò il quarto
prospetto sul Piazzale, quello “principale” con il doppio
ordine porticato d’ingresso, nell’angolo nordoccidentale della corte.
Vito Bondani, Uomini per gli altri, Roma 1996, p. 27.
Nella conferenza del 27 maggio 2005 dal titolo Villa
Mondragone: gli adattamenti per il Nobile Collegio,
4
tenuta nel Palazzo Borghese di Monte Porzio Catone
Cfr., ad es., Laura Marcucci, Bruno Torresi, Declino e
nell’ambito del primo ciclo di conferenze Storie di un
rinascita di Villa Mondragone: progetti, restauri,
territorio, organizzato dal locale Museo della Città e nel
trasformazioni, in Saggi in onore di G. De Angelis d’Ossat a
saggio, Un caso di rilievo filologico: il Piazzale Maggiore
c. di S. Benedetti, G. Miarelli Mariani, “Quaderni
di Villa Mondragone, nel volume Disegno e conoscenza
dell’Istituto di Storia dell’Architettura”, (n.s.) fasc. 1-10
contributi per la storia e per l’architettura, a c. di R.M.
(1983-’87), Roma 1987, pp. 471-490.
5
V. n. 3, in particolare le tavv. I-V al termine del saggio.
Strollo, Roma 2006, pp. 251-290.
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3
Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.10 di 32
Il Mondragone
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5 - Prospetto del Palazzo Borghese di Monte Porzio Catone e dettaglio fotografico della facciata
nell’architettura dell’intera Villa: la finestra dalla
sagoma curvilinea posta superiormente alla finta
finestra corrispondente alla parete dell’altare della
Cappella Borghese o del SS. Sacramento (fatta
realizzare dal cardinal Scipione per svolgere il suo
personale ministero sacerdotale).
Una soluzione, questa della finestra dalla
sagoma ovale o ellittica6, che aveva apportato alla Villa
una nota “dissonante”, tipica delle coraggiose scelte
funzionali del Vasanzio, definibile – come tutto
l’intervento dell’architetto fiammingo su Mondragone –
«fuori del Classicismo»7 e da lui riproposta, in zona, nel
coevo Palazzo Borghese di Monte Porzio. (fig. 5)
La presenza della finestra, coerente con le
considerazioni metriche scaturite dai rilievi effettuati, è
stata confermata dall’attenta lettura di varia
documentazione d’archivio, principalmente di natura
fotografica – come nel corredo illustrativo di vari
articoli pubblicati su Il Mondragone (fig. 6) o in alcune
cartoline illustrate (fig. 7) – ma anche semplicemente
descrittiva, com’è, ad esempio, il caso di una copia
della minuziosissima «Descrizione di consegna» della
Villa, redatta verosimilmente nell’arco di due anni: dal
1886 al 18888.
6
Alle due sagome, seppur molto simili, sono sottese
costruzioni geometriche diverse.
7
Per questa definizione, proposta negli anni ottanta del
6 – Una fotografia apparsa su Il Mondragone del
secolo scorso dal Benedetti, al fine di una revisione delle
dicembre 1929 e una sua parte ingrandita
periodizzazioni allora canoniche, cfr. Sandro Benedetti,
Fuori del classicismo, Roma 1984.
8
Su questo fronte, a causa del nuovo volume
Il volume, consta di ben 1472 voci dettagliatamente trattate
in 487 pagine, firmato dall’architetto ingegnere Bencivenga
affiancato alla Manica Lunga, nell’angolo a ovest
(per conto dei Borghese) e dal Rettore in carica alla data
scomparve
un
peculiare
dettaglio,
unico
della firma (2 luglio 1888), padre Tommaso Ghetti.
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.11 di 32
Il Mondragone
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7 – Una cartolina illustrata d’epoca e una sua
parte ingrandita
Qui la finestra è descritta, anche nel
meccanismo d’apertura, entro una specifica voce, che
per ben tre pagine, è dedicata alla sola descrizione
della parete di fondo della Cappella ed è ancor valida
per gli elementi superstiti (fig. 8).
«437. Incontro l’ingresso evvi l’altare con
mensa di muro … superiore trabeazione con fregio
intagliato e cornicione risaltato sopra i pilastri sopra
indicati e timpano centinato spezzato nel mezzo tutto
intagliato e lumeggiato ad oro, e nel mezzo la cornice
del quadro con orecchiature dai lati, e mensoletta
sotto e il frontone sopra circoscritto dalla stessa
cornice intagliata sotto posta, entro la quale altra
cornice ellittica rilevata, sorretta da due putti vi è la
raggiera collo Spirito Santo tutto in rilievo e dorato,
come sono dorati gli ornati laterali con sfingi. Sopra
il cornicione e in mezzo al timpano spezzato evvi
altro frontone centinato dai lati, con sovrapposta
cimasa scorniciata che giunge alla volta con entro un
vano ellittico circoscritto da cornice rilevata,
intagliata e lumeggiata ad oro, munita di telaro e
sportello con bacchetta verticale nel mezzo e due
lastre a mastice poste nel battente; ferrato a studio
con due paia di cerniere, saliscendino composto sulla
piastra con rispettive staffette ribadite a monachetto,
cassa di ferro con carrucola murata nel sotto arco e
8 – Vista fotografica dei resti della parete di fondo
dell’antica Cappella Borghese
cordino per aprirlo, tutto in ottimo stato e senza
mancanze».9
Con l’intervento allora attuato, fu stravolto uno
degli ambienti di maggior qualità artistica tra quelli
realizzati nell’ambito dell’ingente ampliamento
riferibile al pontificato di Paolo V (Camillo Borghese
1605-1621): appunto la Cappella Borghese.
Nell’operazione, che ridusse questo spazio (di cui
restano soltanto i pregevoli stucchi della volta a botte
cassettonata opera certa di Annibale Durante) a un
locale di passaggio, fu altresì eliminata, murando il
vano ellittico (o forse ovale), una significativa
possibilità di lettura storico-critica dell’intera fabbrica
(oltre che una sua significativa peculiarità
architettonica). Fu così cancellata una specificità
rappresentativa dalla doppia valenza: quella legata alla
mano di un grande artista come il Vasanzio che sulla
fabbrica si era cimentato (ma con maggior rispetto per
le preesistenze del suo moderno “collega”) e quella
connessa alla volontà di un proprietario che ne aveva
ispirato a sua immagine, probabilmente, una
particolarità estetico-funzionale.
9
Ivi, s.v. 437, sottolineatura nostra.
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.12 di 32
Il Mondragone
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QUEL FAMOSO SETTEMBRE del ’43 di Claudio Sabatini
Nel Settembre del ’43, terzo anno di guerra,
mio padre, maggiore dei bersaglieri, chiamato
ancora alle armi anche se già ferito nel ’40 sul
fronte greco-albanese, era in un campo di
prigionia americano in Africa. Ero con mio
fratello Fabio, sfollato da Roma nella nostra
villetta di Monte Compatri.
A quell’epoca preparavo gli esami da
privatista per la maturità classica avendo
frequentato, prima il collegio di Mondragone e
poi l’Istituto Massimo di Roma.
Nelle prime ore del mattino del giorno 8
settembre mi incamminai a piedi verso Frascati
dove, giunto vero le ore 9, mi trattenni presso il
famoso caffè degli specchi prima di andare alla
stazione ferroviaria e prendere la littorina per
Roma.
Giunto senza incidenti alla stazione Termini
mi recai alla vicina abitazione del professore di
liceo che mi impartiva lezioni di latino e greco.
Verso mezzogiorno passeggiavo tranquillamente
per una via del quartiere Prati a braccetto con la
mia “fidanzatina”, quando fummo sorpresi da
forti rumori come se verso sud ci fosse un
intenso bombardamento in atto. Faceva molto
caldo e la giornata era particolarmente limpida.
Verso le ore 14 pomeridiane tornai alla
stazione, ma vi era una grande confusione.
Optai allora per la tranvia dei Castelli Romani il
cui capolinea era a fianco all’Istituto Massimo.
Erano gia allora tranvai antiquati a due piani che
quel giorno facevano un servizio molto
irregolare. Giunti a Villa Senni sulla Via
Anagnina, a pochi chilometri da Grottaferrata, ci
fecero scendere tutti e dovemmo procedere a
piedi verso il Bivio.
Giunto nei pressi della cittadina di Frascati il
mio stupore e lo sgomento furono immensi nel
vedere che tutto era stato distrutto e che esisteva
solo una montagna di macerie dove soltanto
poche ore prima esisteva un ridente borgo.
Tra le rovine delle case distrutte dal tremendo
bombardamento, si aggiravano squadre di
volenterosi alla ricerca di eventuali superstiti.
Militari italiani e tedeschi ancora insieme, in
quanto l’armistizio sarebbe stato proclamato in
serata, cercavano di coordinare gli automezzi di
soccorso per lo sgombero dei feriti e delle
macerie.
La vecchia Stazione Termini durante la guerra
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.13 di 32
Il Mondragone
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Attraversai Frascati camminando là dove prima
esistevano le case perché le strade erano inagibili
per il crollo degli edifici. La stazione, il caffè
degli specchi, la piazza con la grande chiesa non
esistevano più. Davanti al grande cancello di
Villa Mondragone era tutta una rovina, la casetta
del custode era stata distrutta e ricordo di aver
aiutato i padri gesuiti a estrarre il corpo del
custode in orribili condizioni.
Forse tra le macerie vi era anche qualche
collegiale, ma non ne sono sicuro, all’opera con i
Padri Gesuiti tra cui Padre Cubbe.
Fiat e si allontanarono verso Frascati. Eravamo
ancora alleati in quelle ore pomeridiane!
Scosso notevolmente da tanti improvvisi
avvenimenti e perplesso per quanto ero stato
testimonio poco prima ripresi, sempre a piedi, la
strada verso casa.
Pietro Badoglio
Verso le otto di sera dalla radio ascoltai la voce
del Maresciallo Badoglio che annunciava
l’armistizio con le potenze alleate, ma da questo
punto comincia un’altra storia.
Claudio Sabatini
Padre Raffaele De Ganthuz-Cubbe S.J.
Era il primo cadavere della guerra che vedevo da
vicino, ne avrei visti molti altri in seguito!
Ripresi la strada verso Monte Porzio per tornare
alla mia abitazione, ma giunto davanti alla villa
di Bottai notai due militari tedeschi della
gendarmeria, quelli con una grossa placca di
metallo sul petto, al centro della strada armati di
mitragliatori. Nello stesso istante verso Frascati
proveniva un furgoncino Fiat 1100 dei vigili del
fuoco. Si trattava di quelle auto a due posti con
un piccolo cassone di legno colore marrone in
quanto il rosso, in quei tempi, era stato bandito.
I due militari tedeschi dettero perentoriamente
l’alt all’automezzo dei vigili con le armi spianate
e comandarono ai due occupanti in divisa di
scendere e di proseguire a piedi mentre loro si
sistemarono tranquillamente dentro l’automezzo
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.14 di 32
Il Mondragone
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“ TRA GLI SPAZI SCONFINATI E NEL SOLENNE SILENZIO DELLE CIME ”
di Gian Claudio Sgabussi
Claudio di Seyssel d’Aix nacque a Milano il
19 maggio 1874 da Artemio (Sommariva del
Bosco 5 novembre 1835 – Sommariva del Bosco
4 novembre 1911), e da Giulia Oldofredi Tadini
(16 aprile 1846 – Sommariva del Bosco 14
settembre 1894).
A nove anni (1883) entra nel Collegio
Mondragone presso Frascati frequentando i
corsi fino all’ottobre del 1886 ¹ allorché si
trasferì al Collegio Militare di Firenze ove
rimase fino al 1888 passando quindi al Collegio
Militare di Milano.
Il 15 ottobre 1891 si iscrive alla Scuola
Militare di Modena ottenendo il 7 gennaio 1894
il grado di Sottotenente del Reggimento Savoia;
nel 1909 gli viene affidato l’incarico di Capitano
del “Savoia Cavalleria”. Il 24 giugno 1911
prende in sposa Luisa Brivio Sforza (1 dicembre
1887 – Milano 18 ottobre 1976), figlia di
Giacomo Brivio Sforza decimo Marchese di
Santa Maria in Prato e di Angela Clerici.
Col. Cav. Claudio di Seyssel Marchese di Sommariva del
Bosco e Marchese d’Aix.
Lo scoppio del Grande Conflitto Mondiale lo
troverà già in territorio dichiarato in stato di
guerra e l’8 ottobre 1915 è Aiutante in Campo
della
Brigata
Palermo.
La
qualificata
preparazione e la dedizione verso l’impegno
militare gli varrà l’assegnazione, in data 27
luglio 1916, del grado di Maggiore del “Savoia
Cavalleria” e, con decorrenza 11 aprile 1917, di
Comandante del I° Gruppo Squadroni.
Interrompendo una tradizione familiare decise di
lasciare la Cavalleria e di dedicarsi all’Arma di
Fanteria, “…a testa scoperta e a cappello
basso…” come egli amava giustificare questa
scelta. Il 18 settembre 1917 venne quindi
assegnato alla IIª Armata, Iª Fanteria “Brigata
Re”, battaglione di antichissima origine,
partecipando successivamente a rischiose azioni
militari. I mesi che seguirono furono
caratterizzati da mirabili esempi di fermezza e di
alta capacità di governo delle truppe. A Monte
Tomba (località del Comune di Cavaso del
Tomba – provincia di Treviso), il 22 novembre
1917, la sua Brigata si trovò improvvisamente
circondata dal nemico e nel corso di rabbioso
scambio di fuoco venne ferito ad un braccio.
Nonostante la pallottola di mitragliatrice gli
avesse prodotto una profonda ferita condusse il
proprio battaglione in un furioso contrattacco che
sorprese il comando austriaco permettendo così
di ristabilire l’originaria situazione. La gravità
della ferita l’obbligò a lasciare il battaglione per
essere ricoverato presso l’Ospedale di Perugia
ma prima di abbandonare il fronte gli venne
conferita sul campo la Medaglia d’Argento al
Valor Militare. Dopo breve convalescenza,
trascorsa presso i familiari a Milano, ritornò sul
campo di guerra ed il 30 dicembre 1917 venne
definitivamente assegnato al I° Fanteria con il
grado di Tenente Colonnello. Il 17 aprile 1918
assunse il comando della “Brigata Como” del
24° Reggimento Fanteria ed il 13 giugno gli
venne affidato l’incarico del Comando Superiore
di tutto il 24° Fanteria.
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¹ Un particolare ringraziamento al Dott. Vittorio Spadorcia, Segretario
dell’Associazione Ex Alunni Nobile Collegio Mondragone – Roma, per
la segnalazione.
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.15 di 32
Il Mondragone
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Tre giorni dopo, il 16 giugno 1918, subì
nuovamente una ferita a Col dell’Orso, località
che si trova a pochi chilometri dal Monte Grappa
in provincia di Treviso. Infatti, dopo giornate di
continui attacchi nemici era riuscito a difendere
con i suoi uomini un importante caposaldo e nel
corso di un duro confronto con le truppe
austriache venne colpito al ventre da una
pallottola di mitragliatrice; nonostante la ferita,
condusse il contrattacco conquistando importanti
postazioni che si rivelarono assai preziose per il
prosieguo delle operazioni belliche. Per questa
ardimentosa azione ottenne con plauso la
seconda Medaglia d’Argento al Valor Militare. Il
15 settembre 1918 venne nominato Colonnello
Comandante del 24° Fanteria e lo ritroviamo
protagonista in altre operazioni militari che lo
portarono a condurre i suoi uomini, tra le prime
forze dell’Esercito Italiano, al di là del Piave,
all’inseguimento del nemico.
Per questa ulteriore dimostrazione di coraggio
ed abnegazione gli venne concessa il 17 maggio
1919 l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine
Militare di Savoia.
I giorni, i mesi e gli anni che seguirono furono
caratterizzati dall’assegnazione di ulteriori e
prestigiose onorificenze: “Croce di Cavaliere
dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro” (31
maggio 1919), “Nastrino Fatiche di Guerra” con
4 stellette (18 giugno 1921), la Medaglia della
Guerra Italo-Austriaca per le campagne dal 1915
al 1918 (29 luglio 1920), la Medaglia Interalleata
della Vittoria (dicembre 1920), la Medaglia
dell’Unità d’Italia (19 ottobre 1922), il titolo di
Ufficiale dell’Ordine della Corona di Italia (18
aprile 1926) e la Croce d’Oro per Anzianità di
Servizio Militare (30 ottobre 1928).
L’ultima fase della carriera militare venne
segnata dal trasferimento nell’agosto 1923 al 50°
Fanteria che lascerà l’11 agosto 1925 con
commiato solenne da parte del Generale di
Divisione Comandante Zoppi che lo descrisse
come “…Comandante di Corpo dotato di elette
qualità, resse il comando del 50° Fanteria con
concetto altissimo della propria missione e con
esemplare ed illuminato spirito di fedeltà al
dovere. Il 50° Fanteria gli deve il
perfezionamento del proprio grado di
preparazione bellica, e quello spirito marziale e
nobile che stringe in salda e elevata compagine
il corpo dei suoi Ufficiali ed il Reggimento
tutto.”.
Restò a disposizione del Ministero della
Guerra fino al dicembre 1925 allorché assunse il
30 dicembre dello stesso anno l’incarico di
Comandante della Scuola Allievi Ufficiali di
Complemento ed Allievi Sottufficiali di Milano.
L’impegno dedicato alla Scuola Allievi si
caratterizzò per l’alta professionalità che
produsse intelligenti direttive tecniche, per la
qualità dell’addestramento dei giovani sempre
ispirato dai più alti valori civili e sociali; egli
stesso fu esempio di belle virtù militari e di
elevati sentimenti.
Nel mese di agosto del 1930 la Scuola Allievi
allestì un campo estivo presso il Lago d’Avio
(1.901 m.s.l.m.) in territorio del Comune di
Edolo (Valle Camonica - provincia di Brescia) e
all’alba del 30 agosto 1930 il battaglione si
dispose ad effettuare un’escursione lungo gli
impervi crinali che conducono al Rifugio
Garibaldi (2.548 m.s.l.m.), ai piedi della
maestosa
parete
Nord
dell’Adamello.
Il Lago d’Avio e l’Adamello (Edolo, prov. di Brescia)
Il giorno precedente il Colonnello Claudio di
Seyssel d’Aix accusò dei dolori addominali,
conseguenza di una probabile “debolezza
cardiaca”, ai quali non ritenne di dar troppa
importanza volendo così non mancare
all’appuntamento con il reparto. Quella mattina
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.16 di 32
Il Mondragone
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raggiunse le truppe con la teleferica, realizzata
per la gestione dei bacini idroelettrici della conca
dell’Avio; per un breve tratto restò alla testa dei
suoi ragazzi usufruendo della cavalcatura di un
mulo ma successivamente decise di lasciare
l’animale e di proseguire a piedi. Ma la crudele
salita, che dal Lago Benedetto si innalza per
raggiungere le fresche verzure della Malga
Lavedole (2.047 m.s.l.m.), si rivelò fatale.
Dolorose fitte al cuore lo colpirono provocando
in pochi minuti l’arresto cardiaco. Nonostante i
ripetuti tentativi di rianimarlo spirò lassù al
cospetto di sua maestà l’Adamello “…tra gli
spazi sconfinati e nel silenzio solenne delle cime
ove si avverte il senso dell’Infinito…”².
E tra quelle pietraie consacrate, pochi decenni
prima, dal sangue di tanti giovani soldati che
offrirono alla Patria la propria vita nel corso
della cruenta Guerra Bianca, il Colonnello
Seyssel trovò la morte che in più occasioni lo
aveva già sfiorato lungo trincee e campi di
battaglia. Per la prima volta vide passare avanti
le truppe e questo fu l’ultimo suo pensiero
affidato a poche e fioche parole colte dagli
ufficiali che lo sorreggevano attoniti.
Il battaglione si strinse intorno al Colonnello
e con dolore la salma venne riportata a
fondovalle e successivamente a Edolo.
Lassù, a perenne ricordo del tragico evento,
una mano sconosciuta incise sulla roccia
un’epigrafe che si articola su tre registri
sormontati da una croce latina trifogliata:
Edolo (BS), Val d’Avio. Rilievo dell’epigrafe incisa nel
luogo ove morì il Col. Cav. Claudio di Seyssel d’Aix.
A Edolo si compose il corteo funebre che tramite
vagone ferroviario raggiunse Brescia il giorno
dopo, lunedì 1 settembre 1930, accolto dal
sacerdote Don Angelo Barcellandi assistente
militare e cappellano degli Alpini nel corso della
Grande Guerra.
Fecero altresì visita al feretro, ospitato in una
piccola camera mortuaria allestita in tutta fretta,
il Generale Giovanni Cattaneo, il Generale
Capuana, i Colonnelli Roux, Spernazzati, Guarra
e Sansoni, il Capo di Stato Maggiore Colonnello
Aloisi, il Colonnello Bignamini, il Maggiore
Farina, il Vice Prefetto Vicario Dott. Ugo
Verlicchi, il Questore Comm. Viola, il Vice
Questore Belvedere, il Capitano del Comando
Carabinieri Capitano Bazan, il segretario
federale Innocente Dugnani, il seniore Arrigo
Rinaldini, il Console Bastianon, il Presidente
della Sezione Bresciana Associazioni Ferrovieri
Cav. Tornelli.
Verso le ore 14 i ragazzi del 50° Reggimento
Fanteria, discesi dalle montagne camune, si
riunirono presso la stazione ferroviaria di Brescia
e con commozione effettuarono l’ultimo saluto
con le armi al proprio ex-comandante.
Nel tardo pomeriggio venne preparata una
carrozza ferroviaria e alle 19,15 la salma lasciò
Brescia scortata dalla guardia d’onore per
giungere a Milano ove era attesa dai familiari.
Successivamente il feretro, per volere della
Famiglia, venne trasportato a Torino e di lì al
Castello di Sommariva del Bosco (provincia di
Cuneo) ove si svolsero i funerali mercoledì 3
settembre 1930.
Alla cerimonia funebre assistettero il Principe
del Piemonte Umberto I di Savoia, amico del
Colonnello, rappresentanti dell’esercito e del
mondo politico.
***
Claudio Seyssel appartiene alla nobile ed
antica famiglia dei Seyssel della quale si hanno
notizie che risalgono sino al XII secolo.
Originaria della regione francese del Bugey
(Rodano-Alpi, dipartimento Ain) ebbe illustri
antenati. Primo esponente di questa famiglia
ricordato dalle fonti scritte fu Gauterin de
Seyssel che risulta defunto prima del 1178.
___________
² Dall’omelia del Santo Padre, Servo di Dio, Giovanni Paolo II,
pronunciata in occasione della Ss. Messa celebrata in Adamello il 16
luglio 1988.
Il Marchesato di Aix (dipartimento francese delle
Bocche del Rodano, regione Provenza-AlpiCosta Azzurra) venne assegnato al ramo della
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.17 di 32
Il Mondragone
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Famiglia denominato Serraz nella seconda metà
del XVII secolo mentre il Marchesato di
Sommariva del Bosco, con il castello, venne
conferito nella prima metà del Settecento. I due
marchesati vennero riuniti da Vittorio Amedeo
(Torino 29 dicembre 1679 – Chambery 16
febbraio 1754), 3° Marchese della Serraz, gran
maestro dell’Artiglieria del Re di Sardegna,
Colonnello Comandante il Reggimento di
Fanteria “Savoia”, Generale di Battaglia e
Generale di Fanteria, Comandante della
Compagnia dei Gentiluomini Arcieri del
Reggimento di Cavalleria “Guardie del Corpo”,
Ambasciatore del Re di Sardegna a Londra,
Governatore di Milano, di Cremona e di Torino,
Cavaliere dell’Ordine Supremo della Santissima
Annunziata, Capo della nobiltà di Savoia.
A Vittorio Amedeo successe Giuseppe Enrico
(Torino 25 maggio 1715 – Torino 7 agosto 1762)
Colonnello di Cavalleria del Regio Esercito
Sardo e Cornetta del Reggimento di Cavalleria
“Guardie del Corpo”. Terzo Marchese di
Sommariva del Bosco e Marchese d’Aix fu
Vittorio Amedeo Giuseppe (Torino 3 gennaio
1747 – Torino 5 gennaio 1819) anch’egli
Colonnello del Reggimento di Cavalleria
“Savoia”. Seguì Tommaso (Torino 20 dicembre
1770 – Torino 4 dicembre 1828) che venne
nominato Conte dell’Impero Francese, Cavaliere
della Legion d’onore, Ufficiale del Reggimento
di Cavalleria “Savoia” nel Regio Esercito Sardo,
Deputato di Torino al Corpo Legislativo
dell’Impero Francese.
Alla morte di Tommaso i titoli passarono a
Claudio (Torino 10 dicembre 1799 – Torino 28
marzo 1862) Gentiluomo di Camera del Re di
Sardegna e suo aiutante di campo, Cavaliere
Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia,
partecipò alla battaglia di Goito al termine della
quale gli venne assegnata la Medaglia d’Argento
al Valore Militare; la sua carriera militare si
concluse con il grado di Tenente Generale nel
1860. Sesto Marchese di Sommariva del Bosco e
Marchese d’Aix fu Carlo Alberto (Torino 18
maggio 1830 – Malaga 24 aprile 1884), console
del Re d’Italia a Fiume, Galata e Malaga.
Successe Carlo (2 aprile 1834 – Sommariva del
Bosco 4 agosto 1896) e quindi Artemio
(Sommariva del Bosco 5 novembre 1835 – 4
novembre 1911) insignito di due Medaglie
d’Argento al Valor Militare, Colonnello
Comandante 4° Reggimento di Cavalleria
“Genova Cavalleria” e successivamente Tenente
Generale.
Giungiamo quindi a Claudio Seyssel, nono
Marchese di Sommariva del Bosco e Marchese
di Aix, che grazie al Decreto Ministeriale del 2
giugno 1929 poté fregiarsi del cognome di
Seyssel d’Aix³.
Particolare interesse riveste altresì la figura
della madre del Marchese Claudio, Giulia
Oldofredi Tadini figlia del Conte Ercole
Oldofredi Tadini (Brescia 6 settembre 1810 –
Chiari 24 settembre 1877), Deputato piemontese,
Direttore delle Ferrovie Piemontesi, Prefetto di
Bologna e Senatore del Regno d’Italia. La
famiglia Oldofredi Tadini trae origini da due
nobili casate: Oldofredi, che lasciò tracce sin dal
XII secolo, con origine da Iseo (Bs) e feudi
disseminati in Lombardia e Piemonte; Tadini
presente a Brescia e a Verolanuova (Bs) sin dal
XVII secolo. Tra gli esponenti di queste due
famiglie ricordiamo Gerolamo Giuseppe
(Peschiera d’Iseo 14 novembre 1773 – Milano
13 maggio 1839), nonno paterno di Giulia, che
fu Vice Presidente del Governo Imperial Regio
Lombardo, Vice Prefetto Dipartimentale di
Breno (Valle Camonica – prov. di Brescia)
Prefetto di Modena e di Bologna; venne altresì
investito del titolo di Cavaliere d’Onore e
Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Bisnonno di Giulia fu il nobile Tommaso (28
maggio 1722 – Peschiera d’Iseo 20 ottobre 1783)
che riunì in sé le due stirpi in quanto figlio di
Ercole Oldofredi (18 novembre 1687 – 17 agosto
1769) e di Vittoria Tadini. Tommaso, Signore di
Urago, ricoprì nel 1773 l’incarico di Capitano
della Valle Camonica (Bs).
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³ A Claudio di Seyssel d’Aix, 12º Marchese di Sommariva del Bosco e
Marchese d’Aix, viva riconoscenza per la preziosa collaborazione.
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.18 di 32
Il Mondragone
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“ PER LUI VOI ERAVATE LA SUA VERA FAMIGLIA ”
Una sera, come al
solito, mio marito mi
mancava …sono andata su
Internet e lui mi ha mandato
a guardare Mondragone.
Che bella sorpresa,
ma
che
emozione !
Alessandro mi parlava
sempre di voi e della sua
vita a Mondragone.
Ora direi che furono i piu spensierati anni
della sua vita. Lui si sentiva inquadrato ed al
sicuro fra i suoi compagni di studi che non ha mai
dimenticato.
Vi ringrazio tanto per il ricordo per
Alessandro e desidero ringraziare in modo
speciale il Signor Giuseppe Moroni Fiori per le
Sue belle parole in memoria di mio marito e per la
pubblicazione del suo articolo “Insieme, per
l’ultima volta” chi dimostra bene i suoi sentimenti
profondi.
Per Alessandro la chiusura del “Il
Mondragone” fu un cambiamento drastico nella
sua vita.
Vi porgo i miei più sinceri ringraziamenti
per il vostro generoso ricordo di Alessandro, che
non fu soltanto quello che voi dite, ma anche un
grande artista: musicista, pianista, sapeva suonare
qualsiasi strumento, compositore, ed anche poeta
( ricordava sempre tutta la poesia imparata a
Mondragone) e paroliere per la sua musica.
Sapeva esprimere i sentimenti della sua anima.
Alessandro viveva sempre in contatto con
voi, anche se a distanza.
Voleva tanto rivedervi e desiderava anche
andare a Firenze per trovare uno di voi.
Ero pronta ad accompagnarlo, ma la sua
salute non gli ha permesso più di viaggiare.
Per lui voi eravate la sua vera famiglia.
Sarei ancora più felice se prima di giugno
potessi fare la conoscenza di almeno uno di voi.
Se per caso avete l’occasione, di venire à
Ginevra, sarei felice d’accogliervi ed aprirvi la
nostra casa come avrebbe certamente fatto
Alessandro.
Di tutto cuore Vi ringrazio dell’omaggio
che Signor Moroni Fiori a fatto a mio marito e Vi
ringrazio ancora per questo spirito di fraternità
che fa vivere « Il Mondragone » per sempre.
Con i migliori auguri rispettosi per la
continuazione
nella
memoria
de
« Il
Mondragone »
Gentilissimo Signor Moroni Fiori,
I Vostri messaggi mi hanno portato tanta gioia
e sono stata colpita dalle notizie trovate sul vostro
sito per soddisfare la mia curiosità.
State veramente attuando un lavoro serio e
profondo nello Spirito di Mondragone.
Peccato che Alessandro non sia più
fisicamente qui per condividere i frutti delle
vostre ricerche, ma sento la sua presenza con noi.
Il Vostro invito per assistere alla
« Giornata di Mondragone » mi ha commosso
molto, perchè anche Alessandro desiderava farmi
conoscere « il suo caro collegio ».
Vi sono molto grata di permettermi di
partecipare ad un evento che avrebbe fatto molto
piacere ad Alessandro con i suoi veri amici e sono
lieta di accettare il vostro gentile invito.
Vi mando i miei più rispettosi saluti sperando di
incontrarvi prima del mese di giugno.
Mirva Baicoianu, vedova di Alessandro
A. Baicoianu( in collegio dal 1948 al 1953
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.19 di 32
Il Mondragone
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IL DRAGONE DI MONDRAGONE NELLE MEDAGLIE DI
GREGORIO XIII BONCOMPAGNI ( 1572-1585)
di Massimo Carafa Jacobini (a Mondragone 1952-53)
Nel suo lungo pontificato i medaglisti si sono
sbizzarriti a glorificare il Sovrano Pontefice
usando la simbologia della sua arma
gentilizia; e questo sicuramente più che in
qualsiasi altro Pontefice naturalmente perché
un drago ben più si presta all’immaginario
che le righe, i quadri e i rombi dei vari altri
stemmi.
Il Dragone che volteggia sulle rovine del
Castello di Castelfranco Emilia sta a
significare l’accettazione da parte del
Pontefice della petizione degli Emiliani a
rinunciare alla costruzione di una imponente
linea difensiva contro i turchi voluta da S. Pio
V di cui il Castello di Castelfranco era il
nucleo.
Il Papa fece sospendere i lavori che gravavano
pesantemente sui cittadini e sull’erario e fece
abbattere quanto già edificato.
TUTUM REGIMEN –
Un governo che ben sorveglia
OPTIME REGITUR – La barca di Pietro
è ottimamente condotta –
Il timone sovrastato dal Dragone allude alla
valentia del Pontefice nella guida della
Chiesa.
Esiste con e senza S.P.Q.R.
In questa medaglia, opera di Lorenzo Fragni,
l’artista si riallaccia al filone classico ovvero
al più noto fra i sesterzi di Nerone.
Vediamo infatti ROMA assisa sulla panoplia
con la mano sinistra sul gladio pronta ad ogni
evenienza ma, invece di avere nella destra LA
VITTORIA che le porge la corona d’alloro,
ha il Dragone che volge lo sguardo su corone,
mitrie e pastorali.
Tra le varie interpretazioni a questa
raffigurazione, a mio avviso, quella che
celebra la creazione delle nunziature
apostoliche nei vari stati è la più pertinente.
PRO CUNCTIS – A vantaggio di tutti
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.20 di 32
Il Mondragone
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NULLUM NUMEN ABEST MDLXXIII –
Non manca alcun elemento divino 1573
SPES OPIS EIUSDEMsperiamo nel tuo aiuto o Signore
Il Dragone sormontato dal Triregno ha tra le
zampe il globo crucigero.
Questa medaglia ricorda la nomina del
bolognese Fulvio Marescalchi a governatore
della Rocca Paolina di Perugia.
L’episodio biblico riportato nel rovescio di
questa medaglia è quello in cui Mosè invita il
suo popolo, in marcia nel deserto ed afflitto
dai morsi dei serpenti, a rivolgere suppliche
ad un simulacro posto sopra un palo.
Naturalmente nel nostro caso il simulacro è il
Dragone e la preghiera è rivolta al Signore
affinché tenga lontana la peste già presente
nel 1575 in molte città italiane.
UTRUNQUE PRAESTAT – ad entrambe le
categorie è giovata la saggia politica del
Pontefice.
Il Dragone tra il Caduceo simbolo del
Commercio e la Cornucopia simbolo
dell’Annona.
VIGILAT
Questa medaglia, battuta sia nel 1579 che
senza data, rappresenta il Pontefice nella
figura del Dragone che ben vigila la porta
della chiesa; difatti è nei meriti di Gregorio
XIII l’aver fatto ritrovare fiducia al mondo
cattolico, con il grande aiuto dei Gesuiti e di
S. Carlo Borromeo, contro le varie eresie
dilaganti.
Il Bonanni nella sua opera ( 1699 ) attribuisce
al Pontefice Ugo Boncompagni questi cinque
rovesci di medaglie ma finora non si sono
rinvenute in nessuna raccolta.
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.21 di 32
Il Mondragone
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VINCENZO CIOLINA : un industriale dello zafferano
(entrato in collegio nel 1890)
la
La famiglia Ciolina ha origine piemontese in
Craveggia, nella "diocesi" di Novara in Val
Vigezzo, splendida valle che dalla Val
D'Ossola si porta verso il confine italiano con
la Svizzera. Craveggia e la vicina Toceno
sovrastano la Val Vigezzo detta anche "valle
dei Pittori" che ha il suo principale Centro
culturale in Santa Maria Maggiore posta al
centro della valle medesima.
responsabilità del "di lui negozio".
Nasceva così la Ditta Ciolina-Biaggi con
sede in casa Biaggi (ora denominata "Palazzo
Ciolina") nel Centro della Città dell'Aquila110.
La Ditta Ciolina-Biaggi ha grande rilevanza
economico-commerciale
per
un'ampia
porzione del territorio abruzzese e per la città
dell'Aquila in quanto legata ad una fiorente
attività commerciale che i miei avi
espletavano, a partire dal 1769 e fino alla
prima decade del 1900, esportando negli stati
d'Italia ed in molte Nazioni del mondo il
prezioso zafferano dell'Aquila, richiestissimo
e preferito per "il suo alto ed ineguagliabile
pregio qualitativo sia per uso farmaceutico
che per uso industriale come colorante e per
uso di cucina"2 dopo averlo acquistato dagli
agricoltori di una vasta area dell'Abruzzo
aquilano ed averlo accuratamente selezionato
per liberarlo da eventuali impurità.11.
Vincenzo Ciolina nato il 9 luglio 1876 a L’Aquila e
morto il 15 aprile 1955
Intorno al 1760 Giovanni Angelo Ciolina
ed il figlio Giuseppe Maria, entrambi nati a
Craveggia, immigrano nel Centro Italia in
Terni dediti ad attività commerciali.
Giuseppe Maria Ciolina frequenta per
motivi commerciali la Città dell'Aquila ed
entra in rapporti con Antonio Biaggi, grossista
aquilano di zafferano ed altri prodotti locali
come le mandorle; successivamente sposa
l'unica figlia del Biaggi Nicoletta ed assume
con il "contratto matrimoniale" , allora in uso,
Palazzo Ciolina nel centro storico de L’Aquila
– secolo XVIII – sottoposto a vincolo Beni Culturali e
Ambientali
110
Giuseppe Mussoni - Il Commercio dello zafferano
all'Aquila nel '500/700 e gli statuti che lo regolavanoAdelmo Polla, Editore in Cerchio, prima edizione:
Dicembre 1998.
211
Luigi Marra - Il purissimo zafferano dell'Aquila.
Storia e ricette. Edizioni Libreria Colacchi, L'Aquila
1982.
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.22 di 32
Il Mondragone
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Il Mussoni, nel lavoro a stampa sopra
ricordato, nomina come fonti della Sua ricerca
documentale l'Archivio Comunale dell'Aquila
e l'Ufficio Commerciale del "Cav. Antonio
Ciolina, proprietario della più antica casa
esportatrice di zafferano".
Portale Palazzo Ciolina
Portale Palazzo Ciolina
Il Cav. Antonio Ciolina conduceva la Ditta
Fratelli Ciolina Biaggi unitamente al fratello
Alfonso, mio bisnonno e padre dell'alunno del
Collegio Vincenzo, fu Sindaco dell'Aquila e
co-fondatore dell'Ospedale San Salvatore
allora
ubicato
nel
centro storico
dell'Aquila non lontano dal Castello Spagnolo
che domina la Città.
La sede della Ditta e gli Uffici
commerciali erano ubicati nel pieno centro
della Città dell'Aquila, nel locale d'angolo al
piano terra tra il Corso Vittorio Emanuele II
ed il Corso Principe Umberto, nell'attuale
palazzo Ciolina, edificio storico ora
sottoposto a vincolo per motivi architettonici,
estetici e strutturali di gran pregio, situato in
angolo a costituire uno dei così detti "quattro
cantoni" del centro cittadino.
Dott. Alfonso Ciolina
nipote di Vincenzo Ciolina
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.23 di 32
Il Mondragone
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La Molara
La Molara è un territorio che si estendeva
dalle pendici meridionali del colle di Tuscolo
fino alle pendici settentrionali dei colli di
Rocca di Papa e dei campi di Annibale
sull’asse nord-sud e dall’attuale Pedica
dell’Olmo fino alle pendici del colle di Rocca
Priora sull’asse ovest-est. Attualmente il
territorio fa parte dei comuni di Grottaferrata,
Montecompatri, Rocca di Papa e Rocca Priora
ed è diviso in più settori ovvero nella Pedica
dell’Olmo, nella parte meridionale della
collina di Tuscolo, nella Montagnola, nella
zona del castello e della antica chiesa, nella
macchia della Riguardata, e nella zona di
Formello.
Tutti questi settori presentano tuttora i resti di
antiche strutture costituite da cisterne per la
raccolta delle acque, dalla via Latina e da un
suo diverticolo, diretto alla città di Tuscolo,
dai resti del castello, dalla chiesa con annessa
abitazione, dalla cava delle pietre molari,
dall’acquedotto della villa Aldobrandini, dalle
sorgenti del l’acquedotto de “Lu Piantatu” di
Montecompatri, dai cunicoli afferenti le
acque al Tuscolo della Montagnola, dai resti
di alcune cisterne della macchia della
Riguardata e l’edificio un tempo sede di una
locanda - osteria.
di Luigi Devoti
Attualmente il territorio su cui sono la chiesa
e i resti del castello fa parte del comune di
Grottaferrata.
Il nome di Molara deriva o da Roboraria,
antica stazione di posta sulla via Latina,
attraverso le forme di Boraria, Moraria,
Molaria da cui infine Molara, dalla presenza
di un cava di pietre molari presente sulle
pendici del colle su cui sono i resti delle
costruzioni del castello, oppure dal cognome
della famiglia che per un certo periodo è stata
proprietaria del territorio.
La chiesa viene ricostruita dal Cardinale
Scipione Borghese nel secolo XVII ossia
dopo che lo stesso ha acquisito dal Duca di
Gallese, Gian Angelo, la Molara insieme alle
altre parti del patrimonio Altemps.
La chiesa primitivamente è stata edificata in
ricordo di quella più antica costruita nel IV
secolo da Giovanni di Cappadocia, per il
cenobio dedicato a Sant’Agata, cui è seguita
la chiesa del castello.
Il cenobio di Sant’Agata nel 1004 è stato il
primo luogo abitato da San Nilo proveniente
dal territorio di Serperi, prima della
fondazione dell’abbazia di Santa Maria.
Una testimonianza per la fondazione del
cenobio è riposta nella lapide custodita nel
monastero di santa Scolastica di Subiaco,
incisa quando i monaci di san Nilo lasciano a
Santa Scolastica il cappuccio appartenuto a
San Basilio, quale ringraziamento
per
l’ospitalità avuta nel periodo in cui sono stati
costretti a abbandonare la loro abbazia di
Santa Maria di Grottaferrata:
DIVI BASILI MAGNI CAPUTIUM.
QUOD IN SACRARIO EST,
POST EIUS OBITUM,
QUI CONTIGIT ANNO 378 SUB DAMASO PAPA,
D. GREGORIUS NAZIANZENUS, SANCTI ILLIUS
MONACHORUM
ORIENTALIUM
PERENTIS
COEVUS,
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.24 di 32
Il Mondragone
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ET AMICISSIMUS, EX CAPPADOCIA IN ITALIAM
IOANNI CAPPADOCI,
CRYPTA FERRATA IN TUSCULANO ABBATI
TRANSMISIT QUOD DEINDE ANNO 1163.
NORMANNIS,
GERMANISQUE
ITALIAM
DEVASTANTIBUS
PRAEDICTI MONASTERIJ MONACI,
SEX A BELLI TUMULTIBUS,
PERICULISQUE RECIPIENTES,
IN
SACRUM
HOC
S.SCHOLASTICA
MONASTERIUM
(IN QUO IMMORARUNT DIU MORTUIQUE FUERE)
UNA CUM PRAEGRANDI AENEA,
AUROQUE OBLITA CRUCE
SANCTORUM PLENA RELIQUIS,
ET UNA ETIAM EX SERVATORIS NOSTRIS SPINIS,
INSIGNIQUE
IN
HOC
SITUM
SACRARIO
SEPARATIM
IN CHRISTALLINA THECA SECUM VENIENTES
ATTULERE,
ATQUE HIC VITA DECEDENTES RELIQUERE.
di santa Scolastica, nel quale abitarono a
lungo e alcuni vi morirono, con una grande
quantità di oggetti di rame, d’oro e una gran
croce dimenticata piena di reliquie di santi e
anche una insigne per il sacrario tra le nostre
spine custodite separatamente in questo luogo
in una teca di cristallo portata da coloro che
sono tornati e che hanno lasciato dopo essersi
ritirati da questa vita).
Il castello viene costruito, circa l’anno 1000,
con quasi certezza dai Conti Tuscolani sul
luogo occupato dal cenobio dedicato a
Sant’Agata.
Nel 1254 Riccardo Annibaldi, cardinale
diacono di Sant’Angelo vi acoglie con
magnificenza il Papa Innocenzo IV. Nel 1265,
poi, lo stesso cardinale ospita nel castello
della Molara Carlo d’Angiò in occasione della
spedizione contro Manfredi e durante le feste
natalizie il suo amico San Tommaso
d’Aquino che riesce a convertire alla religione
cristiana due dotti e ricchi ebrei ai quali lo
stesso, il giorno della vigilia di Natale,
somministra il battesimo.
Nell’anno 1328 il castello della Molara viene
occupato da Roberto Re di Napoli che però,
poi, deve arrendersi, per mancanza di viveri,
alle truppe dei romani e di Ludovico il Bavaro
Del periodo in cui, poi, viene costruita la
cappella in ricordo del cenobio di Sant’Agata,
è il dipinto raffigurante la Madonna
Imperatrice realizzato sulla parete della sala
adibita ad aula della chiesa, probabilmente
fatto da un monaco di rito greco bizantino.
D.Gregorio Nazianzeno coetaneo del santo e
molto amico di Giovanni di Cappadocia,
trasferitosi in Italia dalla Cappadocia come
abate a Grottaferrata nel Tuscolanoaffermazione errata poichè il monastero di
Grottaferrata non era stato ancora fondato- ha
collocato il cappuccio del divino Basilio
Magno nel sacrario dopo la sua morte,
avvenuta nel 378, durante il pontificato di
papa Damaso; durante le devastazioni dei
normanni e dei germanici, i suddetti monaci
del monastero , lo affidarono nell’anno 1163
il sesto giorno dall’inizio dei tumulti e dei
pericoli della guerra a questo sacro monastero
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.25 di 32
Il Mondragone
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la proprietà comprendente anche la tenuta
della Molara.
Il Papa Paolo V Borghese il 15 marzo 1616
emette un breve con il quale viene autorizzata
la ricostruzione del castello che però non
viene effettuata.
La chiesa, fino ad epoca recente, nel periodo
della Pentecoste era la meta di un
pellegrinaggio di fedeli che con l’occasione vi
celebravano anche una festa campestre.
Il castello di cui attualmente sono presenti
soltanto pochi resti delle murature, inoltre
anche sepolti da una vegetazione spontanea e
lussureggiante, è stato una delle fortificazioni
più importanti del territorio Tuscolano.
Su di un lato della costruzione, poi, vi sono
due camere create per la residenza di un
eremita custode della cappella.
Nel 1405 il castello viene nuovamente
assediato dai romani che però non riescono ad
espugnarlo. E per ordine dl Papa Innocenzo
VII Don Bartolomeo, Priore della chiesa di
Santa Maria dell’Aventino, viene inviato per
riappacificare
i
contendenti.
Riuscito
nell’intento, dopo che i romani hanno levato
il campo sulla via del ritorno gli stessi
tagliano la testa al priore, apparentemente
senza una ragione, ma forse per istigazione di
Prospero Colonna.
Nell’anno 1423, durante il pontificato di
Martino V, il castello viene distrutto, perché
Paluzio Annibaldi uccide di sua mano Nicola
Savelli.
Paluzio allora viene giustiziato e il suo
patrimonio confiscato,
ceduto, poi, ai
Colonna.
Nel 1574 il Cardinale Marco Sitico Altemps
compra da Marco Antonio Colonna la tenuta
della Molara insieme ad altre proprietà
comprendenti anche Montecompatri e Monte
Porzio.
Infine il Cardinale Scipione Borghese
acquista da Giovanni Angelo Altemps, nipote
del Cardinale Marco Sitico e suo erede, tutta
Dalla prima appartenenza ai Conti di Tuscolo,
poi, è passato nella proprietà degli Annibaldi
che hanno fatto seguire al loro nome quello di
Molara. E molto probabilmente il castello con
tutta la tenuta è divenuto di loro proprietà a
seguito di un matrimonio come narra il
Chronicon Sublacense dell’anno 1090:
Agapitus, comes tusculanus, quum habuent
duas filias, unam nuptias tradit Oddoni
Frangipanis, alteram Annibaldo Annibaldi.
Huic reliquit Castra Arcis Periuriae, Montis
Porculi et Molariae. Illi vero Castra Marinei,
Turricellae, Montis Albani et suam partem
Castri Montis Compatris.
(Agapito, Conte di Tuscolo, ( nome
probabilmente trascritto male, perché nella
famiglia dei conti tuscolani nessuno mai lo ha
portato) che ha due figlie, una la concede in
matrimonio a Oddone Frangipani, l’altra ad
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.26 di 32
Il Mondragone
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Annibaldo Annibaldi. Alla prima lascia i
castelli di Rocca Priora, di Monte Porzio e di
Molara. All’altra i castelli di Marino, di
Torricella, del Monte Albano e la sua parte
del castello di Montecompatri).
In prossimità del castello sulle pendici di una
collina, poi, vi sono due grandi caverne dove
venivano ricavate le mole per le macine dei
molini di cui alcune sono ancora attaccate alla
parete appena sbozzate.
E nella zona oggi denominata Pedica
dell’Olmo, parte del comune di Grottaferrata,
vi sono tuttora i resti di alcune cisterne per la
raccolta delle acque: Cisterna della via
vicinale Aldobrandini costituita da venti
navate, di metri 34,75 x metri 24,65, cisterna
prossima alla cava di pozzolana costituita da
dieci navate di metri 40 x metri 15, e la
cisterna prossima al diverticolo stradale
diretto a Tuscolo a navata unica, di metri 19 x
metri 6,40.
Altre cisterne, poi, sono situate nel territorio
oggi parte del comune di Montecompatri:
cisterna detta “La Casaccia”, di metri 19,20 x
10,70, cisterna detta “Casaccia bassa” di metri
22 x metri 3,20 e cisterna del colle dei
Pollastri, di metri 6 x 5,50.
Sempre nel territorio del comune di
Montecompatri
nell’area
denominata
Montagnola vi sono i cunicoli adduttori in
origine le acque alla città di Tuscolo che in
parte riforniscono alcuni fontanili utilizzati
dai pastori per le greggi.
Nel territorio di Montecompatri inoltre vi è la
costruzione un tempo adibita ad osteria dove è
presente un artistico e monumentale fontanile
con le insegne della casa Borghese fatto
costruire dal cardinale Scipione. La
costruzione un tempo proprietà degli
Aldobrandini oggi è dei Toccini che vi stanno
allestendo un centro per convegni, senza
tuttavia alterare la struttura dell’edificio.
Nella zona denominata Formello, poi, vi è un
ingresso all’acquedotto Aldobrandini la cui
galleria transita nel sottosuolo, dopo aver
utilizzato tratti di antichi cunicoli fino al bivio
della nuova strada diretta al Tuscolo, e dopo
avere effettuato un curva ad angolo retto
prosegue il suo percorso fino alla villa
Belvedere
di Frascati dove le acque
emergono da più fontane per cadere infine nel
grandioso ninfeo opera del Fontana e del
Maderno.
Nella parte superiore del primo tratto residuo
del diverticolo della via Latina che conduceva
alla città di Tuscolo vi sono i resti del
mausoleo sepolcrale di Marco Celio
Viniciano. Nel 1848 il Principe Camillo
Aldobrandini fa eseguire scavi nella zona
circostante il mausoleo con il ritrovamento
della lapide dedicatoria :
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.27 di 32
Il Mondragone
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M.COELIO M.F. VINICIANO
PR. PRO. COS. TR. PL. Q.
OPSILIA. UXOR. FECIT.
(Per Marco Celio Viniciano, Pretore,
Proconsole, Console, Tribuno della Plebe,
Questore, la moglie Opsilia ha fatto
costruire).
Allora il Principe Aldobrandini fa restaurare
l’antica strada per meglio raggiungere la villa
Belvedere dalla via Anagnina, dopo aver
ottenuto in enfiteusi perpetua i terreni del
versante meridionale della collina di Tuscolo
dalla Regina di Sardegna.
Inoltre in occasione del ritrovamento della
lapide dedicatoria il Canonico Pietro
Santovetti propone di apporre sul mausoleo
un’altra lapide con l’iscrizione da lui dettata:
RESTITUIT(HOC
SEPULCRUM)
VETUSTATE
MARMORIBUS EXPOLIATUM
DETECTIS TITULO ET VIA
MULTO AERE PROFUSO
PAUPERIBUS SUBLEVANDIS
CAMILLUS ALDOBRANDINUS PRINCEPS
BONARUM ARTIUM AMANTISSIMUS
IN PRISTINAM FORMAM
RESTITUIT
ANNO D.NI MDCCCXXXXIX
(L’anno del Signore 1849 il Principe Camillo
Aldobrandini molto amante delle belle arti
con il restauro del diverticolo dell’antica
strada raccolse tutti i marmi che rivestivano il
sepolcro per ricostruirlo nella primitiva forma
e profuse molto denaro ad alleviamento dei
poveri)
Il progetto però non viene realizzato a causa
dell’instaurazione della Repubblica Romana,
per cui il Principe deve lasciare Roma e
trasferirsi all’estero.
Didascalie
1) Chiesa di San Nicola.
2) Una parte dei resti del castello
3) La Madonna Imperatrice. Immagine
dipinta sul muro dell’aula della chiesa di
san Nicola, probabilmente da un monaco
di rito greco bizantino.
4) La caverna, sede della cava, con le tracce
sulla parete delle mole staccate.
5) Pianta e sezione della cisterna prossima
al diverticolo. Esempio di una per tutte le
altre presenti sul territorio.
6) Fontana della locanda - osteria, recante i
simboli araldici dei Borghese, Il Drago e
l’Aquila.
7) Il mausoleo di Viniciano con a fianco un
tratto del diverticolo stradale in un
disegno, realizzato al tempo degli scavi,
conservato nell’archivio Aldobrandini.
8) Il Mausoleo sepolcrale di Viniciano nello
stato attuale.
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.28 di 32
Il Mondragone
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“Casal Romito”
È la Villa che viene gentilmente concessa da quattro anni dal nostro Ex Giuseppe Carafa Jacobini
(in collegio dal 1945 al 1953) alla Associazione Ex Alunni Nobile Collegio Mondragone in
occasione della “Colazione di Primavera”
vista dall’alto del complesso
entrata del Casale
giardino per ricevimenti
sala dei banchetti
giardino apparecchiato per ricevimenti
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.29 di 32
Il Mondragone
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Elenco dei partecipanti alla colazione di primavera a Casal Romito
Hanno partecipato:
Padre Tiziano Repetto S.J.
Amedeo Amadei
Piero Antonio ed Elisabetta
Bonnet
Felice e Daniela Cafiero
Giuseppe e Maura Carafa
Jacobini
Massimo e Manuela Carafa
Jacobini
Luciano Comaschi
Enrico ed Isabella Corsetti
Antonini
Lucio Curato e nipote
Gabriele e Maria Fiastri
Luigi ed Olga Filograsso
Enrico e Maria Paola Fiorelli
Mario Garofoli
Franco e Clara Giannini
Silvio ed Enrica Irace
Eros Leonzi
Piero ed Helene Marchetti
Ferdinando e Maresti Massimo
Giuliano e Paola Mauro
Giorgio ed Augusta Melucco
Giuseppe Moroni Fiori
Franco e Marina Puca
Massimo e Anne Scaramella
Mario Sonnino
Vittorio e Nilla Spadorcia
Rodolfo e Roberta Strollo
Fabio Valerj
Giuliano e Mimmi Zincone
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.30 di 32
Il Mondragone
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COMUNICAZIONE DELLA REDAZIONE
Cari amici
Negli ultimi mesi due nostri Ex Rolando Tonarelli e Vittorio Spadorcia si sono impegnati a
riportare sul sito della nostra Associazione anche tutte le foto dei Convittori entrati in
Collegio dal 1865 al 1953 che si trovano nei due grandi Album che venivano aggiornati ogni
anno con le foto dei nuovi convittori.
Questo lavoro, paziente e mastodontico, adesso è stato completato.
Troverete riportate quasi 3.500 foto divise anno per anno di entrata in Collegio.
Purtroppo molte foto non sono di buona qualità, cosa dovuta al tempo e all’usura.
Andate sul nostro sito:
www.collegiomondragone.com
In basso alla prima pagina del sito troverete scritto:
“SE VUOI VEDERE LE FOTO DEI CONVITTORI DAL 1865 AL 1953 CLICCA QUI SOPRA”.
Un saluto dal Consiglio Direttivo
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Riportiamo i brani salienti della lettera inviata da Padre Tiziano Repetto S.J.
Provincia d'Italia della Compagnia di Gesu’
il coordinatore dei mezzi informatici
A: Don Ferdinando Massimo, Presidente dell’ Associazione Ex Alunni Nobile Collegio
Mondragone
PC: Il Consiglio Direttivo, Dr. Spadorcia, Ing. Tonarelli
PC: i soci tutti
Carissimi
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Edizione n° 13 – giugno’07 pag.31 di 32
Il Mondragone
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Con gioia apprendo che avete terminato (grazie agli instancabili buoni uffici di Spadorcia e
Tonarelli) la scannerizzazione e la pubblicazione delle immagini dei convittori entrati fino al
‘53.
Mi pare intanto un’opera immane, in termini di risorse e di tempo, ma anche immane in
termini di servizio alla Compagnia di Gesù e alle sue precedenti opere.
Il ricordo storico non è un elemento che ogni anno diventa sempre più vecchio, ma è un
ricordo che vive perennemente nel nostro presente, poiché di esso noi siamo il risultato. E
voi dell’Associazione Ex Alunni del Nobile Collegio Mondragone avete fattivamente
contribuito affinché tale ricordo si perpetui nei secoli a venire, se le memorie elettroniche,
come si spera, verranno conservate nel tempo.
Auspico che tale opera venga adeguatamente valorizzata. Quindi sia presentata e fatta
conoscere al Molto Reverendo Padre Generale, del quale a quanto pare, godete la
stima… L’atto di amore per la Compagnia di Gesù che avete testé compiuto compensa
abbondantemente l’indifferenza di alcuni. … “E questo tanto più perché la Compagnia
non è un’istituzione umana ma divina, perché voluta da Nostro Signore”.
... “La perenne memoria dei convittori defunti accompagnerà le loro famiglie tramite la rete
internet, una specie di ricordo diffuso e fruibile da chiunque desidera accedere al passato
di una nobile e gloriosa istituzione. L’immagine dei convittori viventi è una testimonianza
credibile e concreta di quanto un’educazione rigorosa e orientata all’individuo è in grado di
realizzare”.
Pertanto a nome della Compagnia di Gesù in Italia porgo un sincero ringraziamento per
tale opera editoriale, realizzata veramente “Consilio et patientia”, la quale tra l’altro parla
del forte spirito di corpo che l’Associazione conserva a distanza di oltre mezzo secolo dalla
chiusura del Collegio.
Il Signore e S. Ignazio vi benedicano, vi proteggano e vi assistano sempre.
Cordialmente,
p. Tiziano Repetto S. I.
Coordinatore dei mezzi informatici della Compagnia di Gesù in Italia
Redazione ed editing a cura di Vittorio Spadorcia e Rolando Tonarelli
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Edizione n° 13 – giugno ‘07 pag.32 di 32