Gian Luigi Bettoli - Storia Storie Pordenone
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Gian Luigi Bettoli - Storia Storie Pordenone
Gian Luigi Bettoli La costruzione del Partito Socialista nel Friuli occidentale dalla fine del diciannovesimo secolo alla dittatura fascista. La pianura. La pedemontana fra Livenza e Cellina. Parte seconda: nel vortice della guerra mondiale. 1 Indice 5. La guerra incombe sul confine orientale. Internazionalismo pacifista e patriottismo fra i socialisti friulani e triestini 5.1 - La tradizione di fratellanza di un proletariato multinazionale 5.2 - Internazionalismo ed irredentismo 5.3 - I primi atti del gruppo parlamentare socialista triestino 5.4 - L’annessione della Bosnia-Erzegovina 5.5 - Per l’Università italiana in Austria 5.6 - In difesa dell’onore dei socialisti triestini 5.7 - Il Primo Maggio 1910 ad Udine 5.8 - Le elezioni austriache del 1911 5.9 - Nessun crumiro deve arrivare a Pola! 5.10 - La guerra fratricida 5.11 - Il dopoguerra 6. La frattura della guerra 7. L’assalto al cielo? Il dopoguerra 7.1 - Tabula rasa 7.1.1 - Il deserto delle Terre Liberate 7.1.2 - Dalle ceneri del radicalismo appare il primo tentativo di Giunta socialista 7.1.3 - Carlo Basso assessore socialista ad Aviano 7.1.4 - Fornasotto commissario prefettizio di Sacile 7.1.5 - La bonifica dei Camolli 7.1.6 - La ricostituzione del partito e dei sindacati 7.1.7 - Le elezioni politiche del 1919 7.1.8 - Due candidature patriottiche 7.1.9 - Il movimento per la ricostruzione delle terre liberate 7.1.10 - La battaglia per il lavoro e la cooperazione avianese 7.1.11 - Per non emigrare (almeno per ora) 7.1.12 - Ci si prepara per le elezioni amministrative 7.1.13 - Lo sciopero generale 7.1.14 - Riprende l’emigrazione 7.1.15 - Scioperano i commessi. Le otto ore per i cotonieri 7.1.16- Fra consigli di fabbrica, soviet e comuni socialisti 7.1.17 - Per la Casa del Popolo a Pordenone 7.1.18 - Primi sintomi di crisi del movimento 7.2 - I comuni socialisti 7.2.1 - Le elezioni amministrative di ottobre 7.2.2 - La bandiera rossa sul municipio 7.2.3 - La Lega dei Comuni Socialisti 7.2.4 - La Giunta Rosso 7.2.5 - La scissione comunista 7.2.6 - La riorganizzazione dei due partiti. La lotta contro la disoccupazione 7.2.7 - Si costituisce la Cooperativa di Borgo Meduna 7.2.8 - La polemica sul porto del Noncello 7.2.9 - La costruzione della ferrovia Pordenone-Aviano 7.2.10 - Il comune socialista di Aviano 7.2.11 - Il difficile proseguimento dei lavori della ferrovia 7.2.12 - Le barricate di Torre ed il commissariamento del comune 7.2.13 - Vittoria socialista nonostante le violenze 7.2.14 - L’attacco fascista alle giunte rosse del Portogruarese 7.2.15 - Primi tentativi di conciliazione e nuove violenze 7.2.16 - Il patto di pacificazione 7.2.17 - La battaglia di Treviso e dintorni 7.2.18 - Controffensiva di classe, fame in Russia e movimento contro la disoccupazione 7.2.19 - Policreti e Pisenti al servizio dell’industria elettrica (privata) 7.2.20 - Fra pacifismo e patriottismo: le onoranze al Milite Ignoto a Pordenone 7.2.21 - Il rientro in scena della Giunta Rosso 7.2.22 - Si lavora col fiato dei fascisti sul collo 7.2.23 - Sciopero generale in difesa degli Arditi del Popolo e serrata in difesa dei fascisti 7.2.24 - La cristianizzazione di Pordenone. Calma apparente. 7.2.25 - La costruzione delle scuole “Gabelli” e la politica di opere pubbliche 7.2.26 - Socialismo e ginnastica 7.2.27 - Avanti gli ultimi! La ripresa del movimento per i danni di guerra 7.2.28 - Socialisti “affaristi” vs. fascisti imboscati? 7.2.29 - La fine dell’amministrazione socialista 7.2.30 - Vallenoncello: i pochi difficili obiettivi di un’amministrazione contadina 7.2.31 - Cordenons: la bonifica dei magredi 7.2.32 - Aviano: la lotta contro l’emigrazione 7.2.33 - Fontanafredda: la bonifica dei Camolli 7.3 - Notizie dalla Vandea: il collegio di San Vito al Tagliamento 7.3.1 - San Vito al Tagliamento 7.3.2 - A nord di San Vito 7.3. 3 - Cordovado: la tassazione dei possidenti 7.3.4 - Pravisdomini: il soviet contadino 2 pagina 5 pagina 5 pagina 12 pagina 14 pagina 17 pagina 18 pagina 20 pagina 25 pagina 26 pagina 27 pagina 28 pagina 29 pagina 32 pagina 34 pagina 34 pagina 34 pagina 34 pagina 36 pagina 40 pagina 44 pagina 49 pagina 54 pagina 56 pagina 60 pagina 65 pagina 70 pagina 73 pagina 77 pagina 80 pagina 83 pagina 85 pagina 87 pagina 90 pagina 93 pagina 93 pagina 97 pagina 99 pagina 103 pagina 112 pagina 115 pagina 119 pagina 122 pagina 126 pagina 131 pagina 139 pagina 145 pagina 151 pagina 153 pagina 157 pagina 179 pagina 163 pagina 171 pagina 178 pagina 184 pagina 191 pagina 193 pagina 197 pagina 200 pagina 202 pagina 204 pagina 206 pagina 208 pagina 211 pagina 215 pagina 218 pagina 236 pagina 245 pagina 245 pagina 245 pagina 247 pagina 247 pagina 261 8. Dopo la sconfitta 8.1 - La costituzione del Partito Socialista Unitario 8.2 - I comuni dalla democrazia al fascismo 8.3 - La fine della Cooperativa Sociale e della Casa del Popolo di Torre 8.4 - Sotto il tallone di ferro 8.5 - Vent’anni di resistenza. 8.6 - La contrastata carriera di un imboscato 9. Conclusioni Appendice documentaria 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 1. Socialisti friulani e socialisti triestini Una maestra albonese per il proletariato friulano. Articoli di Giuseppina Martinuzzi Gli amministratori di Aviano dopo Caporetto Gli amministratori di Montereale Cellina dopo Caporetto La ricostituzione dell’amministrazione di Aviano nel dopoguerra Ilavori di ricostruzione postbellica Enrico Fornasotto assume l’incarico di commissario prefettizio Manifesto di Fornasotto per il 4 novembre 1919 La bonifica dei Camolli In morte di Enrico Fornasotto Lo sciopero per le repubbliche sovietiche e la costituzione della Camera del Lavoro Il risultato elettorale politico del 1919 nel Friuli occidentale La manifestazione contro la disoccupazione del 7 marzo 1920 a Pordenone Il programma amministrativo socialista Il Primo Maggio 1920 a Pordenone ed a Torre Il commissario Fabris esilia i sovversivi Comuni e province socialiste autonome, prima tappa verso la conquista del potere sovietico Ufficiali, non parlate con Pietro Sartor! Per le Case del Popolo di Pordenone ed Udine Le istruzioni del Ppi per la giornata elettorale I risultati delle elezioni amministrative dell’autunno 1920 in Italia I consiglieri provinciali socialisti eletti nell’ottobre 1920 Comuni conquistati dai socialisti nell’ottobre 1920 Comuni in cui i socialisti entrano come minoranza Gli eletti al comune di Pordenone nel 1920 Gli eletti al comune di Aviano nel 1920 Gli eletti al comune di Fontanafredda nel 1920 Convegno dei comuni socialisti L’adesione dei consigli comunali alla Lega dei comuni socialisti La prima seduta del Consiglio Comunale socialista a Pordenone Manifesto contro l’alcoolismo Il congresso delle sezioni socialiste pordenonesi del 5 dicembre 1920 Sanmartino sul congresso socialista pordenonese La relazione di Sartor al congresso provinciale socialista Il socialismo ci unisca, non ci divida Il discorso di Mosca al congresso della Camera del Lavoro del 20/21 febbraio 1921 Il 2° congresso provinciale socialista Per il monumento ai caduti Il porto del Noncello La costruzione della ferrovia Pordenone-Aviano L’agitazione contro la disoccupazione Rastrellamento a Torre La conquista di Torre secondo i fascisti Il licenziamento di Pietro Sartor e Francesco Fiorot Come si vota a Pordenone nel maggio 1921 Il risultato elettorale politico del 1921 nel Friuli occidentale Articoli di Pietro Sartor Dimissioni dal Consiglio Provinciale di Umberto De Gottardo I primi sei mesi della Giunta Rosso Ordine del giorno dell’assemblea provinciale dei sindaci del 29 agosto 1921 Lettera del Comitato provinciale per la disoccupazione ai Comuni della provincia di Udine L’utilizzazione delle forze idrauliche del Friuli Il Comune di Cordovado aderisce all’Efif Pisenti al servizio della Sade Trent’anni dopo: Candolini fa la storia dell’Efif Il Soldato Ignoto La commemorazione dei caduti in Libia pagina 266 pagina 271 pagina 264 pagina 259 pagina 271 pagina 276 pagina 278 pagina 284 pagina 291 pagina 251 pagina 278 pagina 297 pagina 298 pagina 297 pagina 299 pagina 302 pagina 303 pagina 284 pagina 285 pagina 289 pagina 290 pagina 291 pagina 292 pagina 294 pagina 296 pagina 297 pagina 369 pagina 369 pagina 303 pagina 303 pagina 304 pagina 304 pagina 306 pagina 307 pagina 307 pagina 308 pagina 308 pagina 309 pagina 311 pagina 314 pagina 315 pagina 316 pagina 316 pagina 317 pagina 317 pagina 318 pagina 320 pagina 321 pagina 330 pagina 336 pagina 342 pagina 342 pagina 342 pagina 343 pagina 344 pagina 345 pagina 353 pagina 353 pagina 356 pagina 358 pagina 358 pagina 359 pagina 359 pagina 360 pagina 364 pagina 365 3 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. Bibliografia 4 Il discorso di reinsediamento di Ellero Il comitato di solidarietà con le vittime politiche del fascismo per gli Arditi del Popolo La conferenza delle cooperative di consumo a Torre Lettere da Gorizia Il Consiglio Generale delle Leghe del Pordenonese Il comizio per i danni di guerra L’ultimo Primo Maggio Chi è Pisenti? L’accusa fascista contro Ellero In memoria di Tranquillo Moras Il caso Cavicchi e le dimissioni dell’amministrazione socialista di Pordenone Il testamento dell’Amministrazione Comunale socialista Il Consiglio Comunale di Cordenons per l’assicurazione obbligatoria di malattia La richiesta di adesione al Psi dei comuni espressione delle organizzazioni economiche Lettere da San Vito La politica del lavoro dell’Amministrazione Comunale di Cordovado “... dovremo rimaner ancora alla finestra a guardare, in attesa del colpo di Stato?” Il Consiglio Comunale fascista di Pordenone eletto il 14 ottobre 1923 Salviamo la Cooperativa Lo scioglimento della Casa del Popolo di Torre Un manifestino comunista dopo il delitto Matteotti Lo sciopero del Primo Maggio 1925 a Torre I fascisti intransigenti contro l’imboscato Pisenti La biblioteca di Guido Rosso pagina 365 pagina 366 pagina 367 pagina 368 pagina 372 pagina 376 pagina 377 pagina 378 pagina 379 pagina 428 pagina 383 pagina 383 pagina 385 pagina 399 pagina 386 pagina 401 pagina 385 pagina 396 pagina 384 pagina 385 pagina 402 pagina 448 pagina 402 pagina 404 pagina 407 Dapoiché esiste il partito internazionale socialista, il quale in ogni parlamento ha i suoi rappresentanti, vi è intesa comune fra essi d’impedire con ogni forzo una guerra continentale. Dapoiché egli è sceso fra le masse di tutte le nazioni ed ha fatto comprendere che gli uomini di qualunque parte del mondo sono uomini e come tali sono nati per amarsi e non per uccidersi, una guerra continentale si presenterebbe in cattive condizioni. 1 PROJECT FUR EINEN GRABSTEIN AL PASS DI MONT DI CROS JOSEPH Schneider von Mauthen ch’a ven a stai sartor e BEPO di Lanudesc murador ex emigrant in Austria si son sbugjelats sul Fraikofel cjocs par difindi la patria. che DIAZ... us al meriti.2 Da uno studio inedito che ho sottocchi sui miracoli dell’industria tedesca, io vorrei ricavare e comunicarvi soltanto uno specchietto, di sei sole cifre, che, secondo me, ci illustrano l’origine della guerra mondiale. E’ il confronto fra i progressi dell’industria inglese e della industria tedesca fra il 1870, il 1890 e il 1905. Commercio inglese, nel 1870, 13.5; nel 1890, 17.5, progresso 30 per cento; nel 1905, 24.5, progresso 42 per cento. Commercio tedesco, nel 1870, 6.5; nel 1890, 9.4, progresso 49 per cento; nel 1905, 16.2, progresso 72 per cento. E’ evidente che non vi era altro modo, per l’Inghilterra impigrita, di difendersi, che sacrificarci e massacrarci tutti quanti. 3 EN, n. 25 dell’1 giugno 1902, FRA ZIO COLONELLO E NIPOTE SOCIALISTA. CHE DIAZ... VI RENDA MERITO. PROGETTO PER UNA LAPIDE AL PASSO DI MONTE CROCE CARNICO. Giuseppe Schneider da Mauthen, cioè sarto, e Giuseppe di Lanudesc, muratore, già emigrato in Austria, si sono sbudellati sul Freikofel, sbronzi, per difendere la patria. Che Diaz... vi renda merito. ZANIER, Leonardo, Che Diaz... us al meriti, Aiello del Friuli, Centro Editoriale Friulano, 1979, pagg. 89-90. Merita approfittare dell’occasione per ricordare come questa poesia sarà letta durante un’animazione in Piazza Fonte Diana a Comiso, nel corso delle iniziative pacifiste contro l’installazione degli euromissili americani (Pershing e Cruise) e sovietici (Ss-20) nel 1984. In quell’occasione Maurizio Fanin del Comitato Friulano per la Pace legge l’originale in carnico ed Alberto Sciortino, segretario del gruppo parlamentare europeo di Democrazia Proletaria la traduzione in siciliano approntata appositamente per l’occasione. 3 TURATI, Filippo, Rifare l’Italia, in: id., Socialismo e riformismo nella storia d’Italia (a cura di Franco Livolsi), Milano, Feltrinelli, 1979, pag. 401. 5 1 2 Capitolo 5. La guerra incombe sul confine orientale. Internazionalismo pacifista e patriottismo fra i socialisti friulani e triestini. 5.1 - La tradizione di fratellanza di un proletariato multinazionale. I legami fra i socialisti friulani e quelli triestini sono ben antecedenti al primo dopoguerra, quando il Friuli orientale, Trieste e l’Istria vengono annessi all’Italia. I legami fra i due partiti socialisti fratelli sono diversi e frequenti, come testimoniano le periodiche corrispondenze sulla realtà triestina pubblicate su L’Evo Nuovo ed Il Lavoratore Friulano, ma anche talvolta quelle del radicale Il Paese. Non si tratta di corrispondenze stabili, sotto forma ad esempio di rubrica, ma di periodici interventi dedicati a momenti salienti delle vicende triestine. Oltre all’iniziativa legata a questioni di comune interesse, come l’organizzazione dei lavoratori friulani emigranti e la difesa della pace, essi si concentrano sulla questione del rapporto fra l’identità nazionale dei socialisti italo-asburgici e la loro scelta internazionalistica. La prima notizia si trova sul settimanale radicale all’inizio del 1901, quando si prende atto con soddisfazione del fallimento della sottoscrizione contro il socialista on. Todeschini, lanciata dagli irredentisti. Non sappiamo a quale episodio sia legata questa iniziativa contro il deputato veronese commesso viaggiatore per il socialismo, che in quell’anno diventerà famoso per la battaglia giornalistica per far condannare un tenente di cavalleria per l’efferato omicidio di una giovane prostituta della sua città. Saranno le conseguenze del processo subito per diffamazione a costringere negli anni successivi Mario Todeschini all’esilio, prima come segretario della Camera del Lavoro di Trento e poi, sempre in territorio asburgico, della Commissione delle organizzazioni professionali (il sindacato) triestina dal febbraio 1910. Internazionalista e bestia nera dell'irredentismo, Todeschini sarà nel 1914 protagonista a Verona di un processo per spionaggio intentatogli dai nazionalisti italiani e triestini.4 Si difende l’italianità di Carlo Ucekar 5, in polemica con la destra udinese ed il Giornale di Udine, riportando un brano de Il Piccolo di Trieste in cui quello che è il primo grande dirigente del socialismo triestino protesta vivamente per lo sciopero organizzato contro gli operai genovesi da maestranze slovene, cui egli replica ricordando non solo che le discriminazioni nazionali contrastano con il socialismo internazionalista, ma che anche loro – che parlano tutti italiano – sono in fondo italiani come i genovesi che essi boicottano. Si tratta dello sciopero di centottanta ribattitori dello stabilimento San Marco, organizzati dal gruppo dissidente del socialismo triestino capeggiato da Riccardo Camber (accusato da Piemontese di essere corrotto ed al servizio della polizia austriaca) contro la presenza di trenta ribattitori socialisti genovesi, giunti a Trieste in una fase di mancanza di manodopera e grazie ad un preciso accordo sindacale che impedisce di utilizzarli come elemento di ribasso dei salari locali: ma l’agitazione di questa minoranza li costringe a rimpatriare, nonostante la solidarietà dimostrata dalla maggioranza dei lavoratori del cantiere navale. 6 Il primo intervento dedicato al socialismo triestino sulla stampa socialista friulana lo troviamo già nel secondo numero de L’Evo Nuovo nel dicembre 1902. Anche in questo caso si testimonia della battaglia P, n. 268 del 9 febbraio 1901, pag. 3, Buon senso, articolo siglato X. Mario Todeschini, avvocato e noto baritono, è uno dei principali propagandisti del socialismo italiano, attivo soprattutto nel Sud, dove merita da un grande proprietario foggiano la definizione sopra riportata, ma anche fra gli emigranti e, dal 1907, incaricato della propaganda per la neocostituita Federazione giovanile socialista. Giornalista e propagandista, diventa sindacalista in esilio, cercando di supplire, come afferma Piemontese, alla mancanza di esperienza nel settore. Deputato quasi ininterrottamente dal 1900 al 1924, è esponente intransigente e porta il Psi a conquistare già nel 1914 l’Amministrazione Comunale di Verona. Su Todeschini, cfr.: ANDREUCCI, Franco e DETTI, Tommaso, cit., quinto volume, pagg. 59-60 (biografia redatta da Anna Rosada, che data al 1911 l’arrivo di Todeschini a Trieste, a differenza di Piemontese, che lo anticipa di un anno); MALATESTA, Alberto, Ministri, cit., terzo volume, pag. 185; PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pagg. 120 e 256-257. 5 Nel 1897 Ucekar è candidato al Reichstag per la quinta curia: si tratta della prima candidatura socialista a Trieste. Sarà candidato anche alle successive elezioni del 1901, quelle cui si riferisce il successivo articolo de L’Evo Nuovo. Cfr. CATTARUZZA, Marina, Socialismo adriatico, cit., pagg. 45-47, 77 e 115. 6 P, n. 269 del 16 febbraio 1901, pag. 2, Lo slavismo di Carlo Ucekar e le menzogne del… “Paese”. Sulla vicenda cfr.: PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pagg. 96-101: Piemontese non fa alcun riferimento alla nazionalità slovena degli scioperanti. 6 4 del dirigente socialista, definito ironicamente lo slavofilo ex candidato trombato nelle ultime elezioni politiche per la quinta curia7, Carlo Ucekar operaio tipografo socialista, a favore dei diritti della nazionalità italiana in Austria. Si tratta del suo intervento al comizio tenutosi a Trieste il 15 dicembre per richiedere l’Università italiana. Evidenti subito, fin dal tono sarcastico del commento, gli obiettivi polemici. Un operaio triestino si era permesso di candidarsi al parlamento di Vienna, in un’epoca in cui il Friuli stesso aveva visto solo le candidature - esterne all’ambiente regionale - di alcuni dei principali esponenti nazionali del partito socialista, col risultato di raccogliere pochi voti. Lo stesso Partito Socialista Italiano non brilla particolarmente nelle candidature operaie, prendendo i suoi esponenti e parlamentari dalla borghesia intellettuale e delle professioni. Quello stesso operaio, bollato di panslavismo dal nazionalismo italiano, sale in cattedra durante una manifestazione per l’Università italiana a Trieste. La pubblicazione dell’articolo sul settimanale socialista friulano e la citata partecipazione alla manifestazione triestina da parte della associazione Dante Alighieri sono evidenti testimonianze del carattere transfrontaliero delle accuse dei nazionalisti ai socialisti. Alle quale i socialisti possono rispondere sia con il ruolo ufficiale svolto da Ucekar in quella sede sia con le sue chiare parole. L’internazionalismo - secondo Ucekar, che non a caso tira in ballo il programma sulle nazionalità elaborato a Brno dalla socialdemocrazia asburgica - è perfettamente coerente con il libero sviluppo delle culture nazionali; la crescita dell’istruzione non potrà che portare allo sviluppo degli ideali di fratellanza fra i popoli. L’appoggio ad una rivendicazione nazionale è coerente con la politica socialista volta all’istruzione delle masse popolari, conculcata da una scuola tedesca ove gli scolari delle altre nazionalità patiscono sotto insegnanti militari o preti.8 Nonostante le speranze rivolte dai socialisti sulla funzione progressiva del sistema scolastico, i fenomeni di nazionalizzazione delle masse useranno invece potentemente il sistema formativo ed informativo in senso opposto alla creazione di ideali di internazionalismo e fratellanza. Questo però non può far dimenticare che per una fase almeno della storia un grande movimento a carattere mondiale (o almeno nelle parti più sviluppate del globo) - esso stesso mezzo di comunicazione di massa sui generis - investe le sue risorse in un’ipotesi alternativa di sviluppo equilibrato e solidale dei vari popoli, in una prospettiva di reciproco arricchimento nella coesistenza. La sconfitta di questa prospettiva e la vittoria dei nazionalismi con lo scoppio della guerra mondiale innescherà una serie di sanguinose esplosioni a catena di violenza quasi senza soluzione di continuità, ma riaccenderà speranze internazionaliste che continueranno a rinascere dalle proprie ceneri come l’araba fenice: se nel sanguinoso crogiuolo della prima guerra mondiale sorge il movimento comunista, che riesce - nonostante le stridenti contraddizioni della politica di potenza imperialistica diffusa dal primo stato socialista, l’Urss - a far espandere l’ideale internazionalista anche nei più speduti angoli del mondo (dove a volte sarà tutt’altro che spento all’alba del secolo successivo), alla ristrutturazione globale dell’economia e della società seguita al crollo del blocco sovietico corrisponderà la reazione di un grande movimento mondiale contro la globalizzazione. Pochi mesi dopo, alle vicende triestine viene dedicata tutta la prima pagina de L’Evo Nuovo: si tratta della grave notizia del massacro compiuto dalle truppe austriache il 14 e 15 febbraio 1902 nei confronti dei lavoratori del Lloyd in sciopero. L’articolo, dopo un commento redazionale, riporta una corrispondenza dei compagni triestini ed un lungo servizio dall’Arbeiter Zeitung, organo centrale della socialdemocrazia austriaca. Si attaccano i proprietari del Lloyd per la loro intransigenza ottusa in una vertenza economica, e soprattutto il governo di Vienna che ha messo a disposizione i fuochisti della marina militare per sostituire gli scioperanti ed ha inviato le truppe per ucciderli col fuoco e con le baionette. Si è giocato a far crescere la tensione contro le masse lavoratrici, ma la faziosità dei poteri pubblici, lungi dal piegare la lotta (conclusasi con la vittoria degli operai), ha provocato almeno quindici morti e numerosi feriti. A testimonianza della La quinta curia viene istituita dalla riforma elettorale austriaca del 1895, che la aggiunge alle quattro curie in cui votano i ceti privilegiati (aristocrazia, Camere di commercio, città e distretti rurali), per permettere l’iscrizione alle liste elettorali degli uomini adulti non colpiti da particolari inabilitazioni. Quest’ultima barriera esclude dal voto i “servi personali” che lavorano nelle proprietà fondiarie. La quinta curia, pur avendo di gran lunga il maggior numero di elettori, ha il minor numero di seggi assegnati: 72 su 425. E’ comunque possibile, grazie a questa riforma, l’elezione di deputati socialisti: con le elezioni del 1897 entrano in quattordici al Reichstag. Cfr. COLE, G.D.H., cit., volume III, tomo secondo, pag. 17. 8 EN, n. 2 del 22 dicembre 1901, Panslavismo. Cfr. il testo in appendice. Nella principale città della Moravia asburgica si svolge il congresso in cui i socialisti austriaci adottano il programma che prevede la ristrutturazione dell’Austria in una federazione multinazionale, rispettosa delle autonomie nazionali e delle minoranze nei territori misti. Lo stesso partito si autoriforma in sette sezioni nazionali: tedesca, ceca, slovacca, slovena, italiana, polacca e rutena, tutte rappresentate fra i sette membri del Comitato Esecutivo. Cfr. COLE, G.D.H., cit., volume III, tomo secondo, Roma-Bari, Laterza, 1976, pagg. 18-19. In realtà poi la sezione italiana viene rappresentata nell’esecutivo da Wilhelm Ellenbogen, dirigente socialista austrotedesco tutt’altro che tenero con le capacità degli italiani di mettersi al passo con i compagni tedeschi nell’organizzazione del partito. Cfr. CATTARUZZA, Marina, Socialismo adriatico, cit., pagg. 51 e 139-140. Sulla realtà della socialdemocrazia asburgica, cfr. COLE, G.D.H., cit., volume III, tomo secondo, pagg. 5-58 (per l’Austria) e 59-81 (per l’Ungheria). Sui principali esponenti dell’ “austromarxismo” e sulle loro originali tesi sulle nazionalità, cfr.: AGNELLI, Arduino, Questione nazionale e socialismo. Contributo allo studio del pensiero di K. Renner e O. Bauer, Bologna, Il Mulino, 1969; id., Socialismo e problema delle nazionalità in Otto Bauer, in: Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Storia del marxismo contemporaneo, volume secondo, Milano, Feltrinelli, 1977 e LESER, Norbert, Karl Renner e il marxismo, ibidem. Il principale testo teorico dell’austromarxismo sulle nazionalità è stato riprodotto per la prima volta in edizione italiana non integrale nel 1999: cfr. BAUER, Otto, La questione nazionale, Roma, Editori Riuniti, 1999. Sul pensiero, a proposito della questione nazionale, dei principali esponenti della sezione jugoslava della socialdemocrazia asburgica, cfr: CATTARUZZA, Marina, Socialismo adriatico, cit., pagg. 79-90. 7 7 automatica solidarietà delle classi dirigenti contro il movimento operaio, la stampa italiana è solidale con la repressione: Da qui si vede adunque quanto in errore siano “Le Sere”, di Milano, “Le Gazzette di Venezia”, “I Secoli XIX”, di Genova, i “Giornali d’Italia”, ecc., nel voler dimostrare che le responsabilità dell’eccidio devono ricadere sui socialisti. In questo caso da parte italiana non si accenna certo alla polemica contro l’odiato regime asburgico: quella che conta è innanzitutto la lotta contro il sorgente movimento socialista, vero nemico di una borghesia tanto cosciente della sua dimensione internazionale quanto pronta a far scannare le “proprie” masse popolari per ridefinire i confini dei propri affari. 9 L’internazionalizzazione della classe operaia attraverso l’emigrazione viene indirettamente testimoniata dall’origine della maggioranza dei manifestanti uccisi dall’esercito. Uno, il pittore ventenne Giuseppe Magris, proviene da Montereale (un immigrato “regnicolo” dalla Destra Tagliamento quindi); gli altri - quelli di cui è stata identificata esattamente la provenienza - dalla valle del Vipacco, dal Friuli asburgico, dall’Alta Carniola, dal Carso, dall’Istria.10 La solidarietà internazionalista non si limita solo a dare con rilievo la notizia del massacro di Trieste: in occasione del comizio pordenonese in favore della proposta di legge “Turati-Kuliscioff” per la regolamentazione del lavoro notturno delle donne e dei fanciulli, il 23 febbraio 1902, Luigi Scottà propone all’assemblea di mandare un messaggio di cordoglio alle vittime. 11 Poco tempo dopo, L’Evo Nuovo avverte della avvenuta pubblicazione a Roma del libro del socialista istriano Lajos Domokos: Trieste. I fatti di febbraio. La politica nazionale e il partito socialista.12 Il 18 maggio viene dato l’annuncio della morte improvvisa di Carlo Ucekar. A testimonianza della grande stima per il capo socialista viene riportata la circolare di lutto dei proprietari delle tipografie, i primi e diretti suoi avversari. Difficile immaginare una prova maggiore di stima per un dirigente politico, cui viene riconosciuta dalla controparte una indubbia capacità di contrattazione sindacale, prova di una grande maturità resa vana dalla morte prematura. Tipico invece delle frequenti cadute di stile del settimanale, capace di abbassarsi con il tuffo di un rapace dalle vette della teoria socialista alle bassezze personalistiche, è però il prosieguo dell’articolo, che riguarda anche in questo caso le vicende di un socialista italoasburgico: Nel mentre la morte con un insulto uccideva Carlo Ucekar a Trieste per insulto alla morte a Gorizia s’affogava LUIGI CANDUTTI tipogr. e militante nel partito socialista. Strane coincidenze, entrambi i defunti lasciano vedova e orfani, ma un senso di pietà si rivolga alla vedova CANDUTTI la quale vede il marito nel supremo amplesso con la morte in estremo amplesso con altra donna. Espressione purtroppo non rimasta isolata e che, come abbiamo avuto occasione di osservare, è spia di un atteggiamento a volte incomprensibile di forte polemicità e di scarsa capacità di mediazione, con il risultato di produrre tante inutili lacerazioni.13 Un successivo intervento ritorna sulla questione dei rapporti nazionali a Trieste, a proposito di uno sciopero degli edili. L’articolo, una dura polemica con il giornale veneziano L’Adriatico, è anche questa volta collocato in modo significativo: nonostante il suo carattere di lettera aperta, viene posto ad editoriale del numero. Come al solito l’internazionalismo socialista è stato tacciato dagli avversari di panslavismo, visto che le agitazioni della classe operaia multinazionale presente nella città vengono condotte unitariamente dalle due componenti, italiana ed jugoslava, della socialdemocrazia asburgica. Una categoria come quella degli edili, impegnati in quegli anni nelle grandi opere di ampliamento del porto e del sistema ferroviario, è insieme ai lavori di manovalanza in porto ed alle attività di servizio domestico - la principale realtà che assorbe nel sistema industriale cittadino i lavoratori a bassa qualificazione provenienti dalle aree geografiche contermini, siano queste la Slovenia, il Friuli o l’Istria.14 Ecco quindi il ruolo unificante dell’organizzazione sindacale socialista a carattere internazionalistico, oggetto delle feroci polemiche della borghesia italiana (ed anche slovena, che però riuscirà, negli anni precedenti la guerra, ad attrarre il proletariato sloveno nell’ambito dell’organizzazione sindacale nazionalistica). Organizzazione per altro saldamente in mano alla dirigenza della sezione italiana della socialdemocrazia austriaca a Trieste, pur contando su una base costituita per due terzi da operai del territorio contermine di nazionalità slovena. Una serie di spunti ci permettono di ricollegare questa vicenda alla presenza di un crescente numero di emigranti friulani presenti nelle attività in pieno sviluppo del grande porto adriatico. La cassa di sciopero è stata utilizzata anche a favore degli operai regnicoli. La compattezza degli operai edili, asburgici ed immigrati, permette di concludere vittoriosamente lo sciopero. 15 Nel 1900 i residenti a Trieste provenienti dal Regno d’Italia assommano a 21.699, pari ad un’incidenza del 12% sulla popolazione censita di 178.599 abitanti. Si tratta di un dato in piena evoluzione, se lo paragoniamo con i 16.590 regnicoli del 1890 (10,5%) e con i 29.439 cui assommeranno nel 1910 (12,82%). Gli immigrati, in parte provenienti dal Friuli, costituiscono una componente importante della EN, n. 11 del 23 febbraio 1902, pag. 1, Trieste, Dopo la bufera... Il giornale in realtà fissa la data del massacro al 16. A quel tempo il Lloyd non si limita ad esercitare l’attività armatoriale, ma dispone di un proprio Arsenale, sorto già nel 1837; cfr.: APIH, Elio, Trieste, Roma-Bari, Laterza, 1988, pag. 28. 10 Cfr. 1902-1982, La lotta dei fuochisti, Trieste, CGIL Friuli-Venezia Giulia, 1982, pag. 33. 11 EN, n. 12 del 2 marzo 1902. 12 EN, n. 31 del 13 luglio 1902, pag. 2, “Nuova pubblicazione”. 13 EN, n. 23 del 18 maggio 1902. Cfr. il testo del necrologio di Ucekar in appendice. 14 Nel 1900 la quota di popolazione triestina nata fuori città è circa del 40%: cfr. CATTARUZZA, Marina, La formazione del proletariato urbano, cit., pag. 6. 15 EN, n. 28 del 22 giugno 1902, pagina 1, Da Trieste. Cfr. il testo in appendice. L’Adriatico è stampato a Venezia: cfr. elenco dei giornali convenzionati per la pubblicità in: P, n. 282 di venerdì 27 novembre 1914, pag. 3, HAASENSTEIN & VOGLER. Ufficio Internazionale di Pubblicità. 8 9 popolazione soggetta all’accelerato inurbamento prodotto dallo sviluppo della città portuale, che nel primo decennio del secolo arriverà ad una crescita dai 178.599 abitanti del 1900 ai 229.510 del 1910, con un incremento percentuale del 28,5%, il valore più consistente dalla metà del secolo precedente. Secondo Marina Cattaruzza i dati relativi agli anni ‘10, immediatamenti precedenti la Grande Guerra, portano a concludere che gli immigrati italiani sono i protagonisti quasi esclusivi del flusso migratorio di quella fase, arrivando essi ad assommare nel 1914 a circa 50.000 su una popolazione di 250.000 abitanti (il 20%). 16 Ecco quindi l’importanza del coinvolgimento dei lavoratori immigrati nelle lotte sindacali, anche con forme di sussidio non limitate a quelle tradizionali della resistenza durante gli scioperi, ma volte a favorirne il rientro in patria, in modo da limitarne l’utilizzo come crumiri e da non penalizzarli ulteriormente con le conseguenze della forzata astensione dal lavoro. Si tenga inoltre presente che i lavoratori emigranti friulani e veneti usano all’epoca portarsi successivamente in varie località, a seconda delle notizie relative alle offerte lavorative, e quindi è possibile per loro utilizzare il sussidio di viaggio per recarsi in altre parti dell’Impero. Tale impegno è un portato storico dell’organizzazione sindacale socialista austriaca, che non a caso contribuisce alla formazione del socialismo in Friuli ed in particolare in Carnia attraverso l’organizzazione degli emigranti stagionali già dagli ultimi decenni del Diciannovesimo secolo, impegnando anche appositamente quadri di origine italo-asburgica nel lavoro presso gli emigrati italiani. E’ il caso del triestino Antonio Gerin, uno dei fondatori della socialdemocrazia a Trieste, che lavora negli anni ‘90 a Vienna in stretta collaborazione con Wilhelm Ellenbogen all’organizzazione degli italiani immigrati, attraverso l’Unione dei Mattonieri Austriaci. Questa iniziativa si colloca nell’ambito di un progetto condiviso dall’Internazionale Socialista, promosso al congresso di Zurigo nel 1893 da Antonio Labriola e che interessa anche le comunità di emigranti italiani in altri paesi europei. Nel luglio del 1897 lo stesso Gerin partecipa ad un convegno socialista veneto tenutosi a Treviso, per discutervi dell’organizzazione degli emigranti stagionali. Successivamente troveremo in Germania un altro triestino: Giuseppe Podgornik (che in seguito agli interventi fascisti di italianizzazione dei cognomi dei territori alloglotti conquistati nel 1918 muterà il cognome in Piemontese) che dal 1907 al 1912, e poi nel 1914 fino allo scoppio della guerra mondiale, dirige L’Operaio italiano, il giornale della Confederazione generale dei sindacati tedeschi rivolto agli emigranti italiani ed in particolare alla lotta contro il crumiraggio. Riprendendo le iniziative del suo predecessore, lo svizzero-livornese Giovanni Valär, Podgornik promuove cicli di conferenze invernali nei luoghi di residenza dei lavoratori emigranti italiani, in collaborazione con la Federazione Edilizia italiana, con la Società Umanitaria e con il Segretariato dell’Emigrazione, percorrendo la Carnia, il Cadore, il Comasco, il Varesotto, la montagna piemontese, ecc. I risultati furono ottimi: con tutto questo lavoro combinato, con l’ausilio di taluni compagni tedeschi che conoscevano a sufficienza l’italiano, il triste fenomeno del crumiraggio italiano in cinque anni fu quasi completamente debellato. Non solo, ma numerosissimi furono gli operai italiani che si iscrissero ai sindacati tedeschi e divennero a loro volta ottimi propagandisti sui cantieri di lavoro.17 Se il socialismo triestino fornisce suoi quadri per il lavoro fra gli immigrati italiani negli imperi centrali, il socialismo italiano ricambia inviandone di propri per favorire il lavoro politico dei socialisti di lingua italiana a Trieste. E’ il caso di Francesco Ciccotti Scozzese, che nel maggio del 1903 si trasferisce a Trieste per assumere la direzione del Lavoratore, compito che mantiene fino al 1906, quando si trasferisce a Venezia per dirigere il quotidiano socialista veneto Il Giornaletto. In tale veste Ciccotti interviene al congresso nazionale del Psi a Bologna nel 1904, portandovi il saluto dei socialisti di lingua italiana della Sezione Socialista Adriatica. Egli dichiarò che la città, pur gravitando verso Vienna per i rapporti politici ed economici, si sentiva tuttavia legata all’Italia per quelli culturali e profondamente italiana nel socialismo. Subito prima di Ciccotti interviene Adler per il partito socialdemocratico austriaco, il quale ricordò che i socialisti del suo Paese austriaci e non austriacanti hanno già costituito nel loro Partito una piccola internazionale dove tacciono le lotte nazionaliste e anche gli italiani di Austria trovano la tutela dei loro interessi. 18 In occasione del secondo congresso provinciale socialista di Udine del 23 settembre 1902 troviamo la presenza di Raimondo Petronio, intervenuto a nome dei socialisti triestini, il quale porta il suo saluto ai compagni friulani in apertura di seduta, invitandoli a lavorare alacremente attenendosi per quanto è possibile al metodo intransigente. Petronio torna ad intervenire successivamente nel corso del dibattito sulla proposta di statuto, quando si entra nel merito della discussione delle funzioni di centralizzazione politica o solamente di coordinamento della propaganda da attribuire alla federazione. Il suo intervento è l’occasione per una breve testimonianza sull’organizzazione del partito socialdemocratico austriaco, e sul rapporto fra esso e la sua sezione di lingua italiana. Il compagno Petronio di Trieste si manifestò contrario alle idee espresse dal Buttazzoni e dal Cosattini19 ritenendo che nulla di buono si potrà ottenere senza una disciplina e perciò dichiarò necessario che la Commissione Federale debba dare ed all’occorrenza imporre l’indirizzo sia nel campo economico come in ogni altro campo. Rafforzò questo suo parere coll’esempio di Trieste, sede dapprima di una Federazione ed ora di un Esecutivo che furono sempre ed ancora sono dipendenti ed obbedienti alla Direzione di Vienna. (...) (Il compagno Cfr. CATTARUZZA, Marina, La formazione del proletariato urbano, cit., pagg. 6, 39, 42, 54-55. Sull’emigrazione dal Friuli italiano a Trieste si vedano le pagg. 32-41. 17 CATTARUZZA, Marina, Socialismo adriatico, cit., pagg. 36-38; PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pag. 16; su Gerin cfr. inoltre RENZULLI, Aldo Gabriele, cit., pagg. 225 e 259. Su Giuseppe Podgornik/Piemontese, cfr. la biografia redatta da Enzo Collotti in: ANDREUCCI, Franco e DETTI, Tommaso, cit., quarto volume, pagg. 193-195. 18 ANDREUCCI, Franco e DETTI, Tommaso, cit., secondo volume, pagg. 38-39; PEDONE, Franco, cit., secondo volume, pag. 13. 19 I quali si erano espressi a favore dell’autonomia delle sezioni in materia economica e politica, di contro alla proposta centralistica venuta dalla commissione elaboratrice dello statuto. 9 16 Grassi) chiuse ringraziando il compagno Petronio di avere portato in questo Congresso l’esempio dell’organizzazione tedesca.20 Della relazione fra i socialisti friulani e quelli triestini rimane traccia anche nelle corrispondenze con Giuseppina Martinuzzi, socialista albonese attiva a Trieste. Nel settembre 1902 troviamo che: La nostra gentile compagna Giuseppina Martinuzzi di Trieste ci spedì in dono quattro bellissimi opuscoli di propaganda socialista: Relazione sul movimento femminile nella Regione Giulia; Edmondo De Amicis e la questione sociale; Patria e Socialismo, omaggio di Giuseppina Martinuzzi a Edmondo De Amicis; Libertà e schiavitù. Nel prossimo numero faremo un’ampia recensione.21 Il primo scritto lo troviamo solo sul numero 51 del 30 novembre. Ma esce monco, e dovrà essere ripubblicato sul numero successivo. Si tratta di una viva testimonianza delle brutali condizioni di vita del proletariato triestino. La Martinuzzi, nel descrivere le tante piaghe connaturate all’accelerato sviluppo portuale ed industriale, antepone la necessità prioritaria di intervenire su di esse al patriottismo borghese. 22 Purtroppo L’Evo Nuovo, con la ruvidezza cui abbiamo già accennato, tronca il rapporto con la Martinuzzi. Nel numero successivo infatti, troviamo questo breve e screanzato epitaffio: “Giuseppina Martinuzzi” - Trieste - I vostri articoli splendidi per una rivista educativa, non rispondono all’indole del nostro giornale.23 In realtà su L’Evo Nuovo, così come poi su Il Lavoratore Friulano, sono frequenti le note di vita sociale, spesso testimonianza delle stridenti condizioni di vita del tempo, ma ancor più spesso dell’ideologia e dei limiti culturali dei redattori. Un esempio per tutti è la martellante propaganda anticlericale, condita non solo di polemiche con il clero locale, ma di notizie - tratte con tutta evidenza di seconda mano dalla stampa provenienti dai più diversi paesi e città, anche straniere, a volte paradossali. Molto spesso negli spazi fra gli articoli vengono inseriti come trafiletti brani di dirigenti del socialismo italiano o di intellettuali (con grande preferenza per De Amicis), a carattere più moraleggiante che politico. Ci sarebbe quindi lo spazio e l’opportunità di pubblicare corrispondenze di forte carattere realistico come quelle della Martinuzzi. Si interrompe così una collaborazione interessante, che avrebbe potuto arricchire il dibattito fra i socialisti a cavallo della frontiera. Ma essa riprenderà alcuni anni dopo su Il Lavoratore Friulano, fornendoci una serie di testi che non sono finora mai stati compresi nelle raccolte conosciute delle opere della socialista istriana. Per questo motivo ho provveduto a trascriverli ed a raccoglierli in appendice. 24 5.2 - Internazionalismo ed irredentismo. Le vicende della comunità italiana di oltreconfine continuano a sollecitare l’attenzione dei socialisti friulani attraverso corrispondenze, commenti ed uno scambio di informazioni che intesse le relazioni fra i rispettivi partiti socialisti nazionali. La fede internazionalista non impedisce ai socialisti friulani di ribadire il loro appoggio alle rivendicazioni culturali degli italiani cittadini asburgici, mettendo in rilievo l’ipocrisia degli opposti nazionalismi della destra, anche attraverso la denuncia di singoli episodi. Come in questo caso, inserito in un contesto di aneddotica raccolta a scopo di propaganda anticlericale: Ad Aquileia i partecipanti alla festa della “Lega nazionale” sono stati oggetto da parte dei contadini, di insulti, di prepotenze e di aggressioni. Noi, non sospetti di odi nè di feticismi di razza, domandiamo: Chi è che spinge questi italiani a dimostrazioni ed a brutalità contro gli italiani? chi li rende o li mantiene nemici della loro patria e della loro lingua, chi soffoca in loro, il sentimento della nazionalità? Non già il socialismo che mira all’evoluzione ed alla fratellanza dei lavoratori di tutti i paesi, ma il prete. E’ il prete che nei paesi del Litorale compie il nobile mestiere di eccitare i rozzi contadini contro tutto ciò che è italiano. Ma i liberali quarantottisti di qui, non gridano contro il prete: Gridano contro di noi!25 A questo spirito che coniuga internazionalismo proletario, pacifismo e difesa dei diritti delle minoranze nazionali sono ispirate le cronache del convegno socialista italo-austriaco che si svolge a Trieste il 21 e 22 maggio 1905. Per la prima volta il convegno viene annunciato il 25 marzo: Per accordi presi fra le Direzioni del Partito socialista italiano, di quello dei socialisti dei paesi dell’Austria e dei socialisti italiani soggetti all’Austria, il convegno, che doveva avere luogo a Lugano, avrà luogo in Trieste durante le feste pasquali, per addivenire ad un accordo teorico e pratico circa le questioni irredentiste e concretare un piano di agitazione permanente contro il militarismo in Austria e in Italia e contro i fomentatori dell’odio fra l’Austria e l’Italia. Al convegno parteciperanno i delegati del partito socialista italiano nelle persone degli on. Ferri, Bissolati e Morgari; i rappresentanti della Direzione del Partito di Vienna, quelli dei socialisti italiani in Austria e forse anche qualche rappresentante del partito socialista germanico.26 Il testo è inserito proprio a conclusione di una prima pagina tutta dedicata ad articoli e brani di letteratura antimilitarista, in risposta al sequestro di un numero de Il Lavoratore Friulano per le espressioni EN, n. 54 del 21 dicembre 1902, II° CONGRESSO SOCIALISTA FRIULANO. EN, n. 39 dell’8 settembre 1902, Giuseppina Martinuzzi. In realtà non comparirà alcuna recensione, né in quello successivo, né negli altri numeri. Martinuzzi risulta anche abbonata a L’Evo Nuovo: Trieste - Alla compagna Martinuzzi mille ringraziamenti per l’abbonamento inviatoci. Attendiamo qualche suo scritto. Saluti. Cfr.: EN, n. 41 del 15 settembre 1902, Piccola posta. 22 EN, n. 52 del 7 dicembre 1902, pagg. 1 e 2, Amor di patria? Cfr. il testo in appendice. 23 EN, n. 53 del 14 dicembre 1902, Piccola posta. 24 Cfr.: CETINA, Marija (a cura di ), Giuseppina Martinuzzi. Documenti del periodo rivoluzionario 1896-1925, Pula, Naucna Biblioteka-Biblioteca Scientifica, 1970; MARTINUZZI, Giuseppina, La Lotta nazionale in Istria considerata quale ostacolo al Socialismo, Pola, Editore “Il Proletario”, 1900. 25 LF, n. 42 del 9 settembre 1905, In nome del padre del figliuolo e dello spirito santo. 26 LF, n. 18 del 25 marzo 1905, pag. 1, Il Convegno socialista Italo-austriaco. 10 20 21 contenute in un articolo sull’esercito, definito come funzionale a quelli che stanno in alto, e che se ne valgono per i loro interessi, per difendere i padroni contro gli operai ed i contadini, ed i ricchi contro i poveri. Che l’avvenimento sia di grande importanza è riscontrabile - oltre che dalla presenza annunciata di alcuni dei maggiori esponenti socialisti italiani - da una serie di notizie che ci vengono fornite a mo’ di editoriale dal settimanale. Nell’articolo dedicato al convegno veniamo informati che, oltre alla partecipazione di una rappresentanza della Direzione nazionale del Psi e del Gruppo parlamentare socialista, sono stati invitati tutti i giornali socialisti d’Italia. Dall’altra parte, oltre ai rappresentanti della Direzione socialista austriaca, sono presenti rappresentanze dei socialisti ruteni, ungheresi e croati. A nessuno può sfuggire l’alta importanza che, in merito alla tanto discussa questione irredentista, si connette a questo Convegno. Specialmente da noi, che più da vicino sentiamo i palpiti dei cuori dei fratelli d’oltre confine, e deploriamo le ingiuste e crudeli repressioni cui essi sono assoggettati. Questo Convegno internazionale saprà - speriamo - deliberare definitivamente un modus vivendi, che assicuri ai nostri confratelli un’era migliore.27 Che il convegno abbia la funzione di appoggiare le rivendicazioni dei socialisti triestini alla libera espressione della comunità italiana di quelle terre, è esplicitamente dichiarato fin dall’incipit del resoconto del convegno, nel numero successivo del settimanale. Ma il sostegno alle rivendicazioni triestine è espresso in un contesto rigorosamente internazionalista, che unisce le rivendicazioni di questa con quelle delle altre nazionalità dell’Impero asburgico, contro i nazionalismi guerrafondai dei due stati di appartenenza dei convegnisti. L’afflato internazionalista che unisce le delegazioni socialiste si confronta con i primi potenti passi del riarmo internazionale, che fa cadere pesante l’ombra della futura guerra mondiale anche sulla manifestazione in corso. Un grande comizio internazionale contro la guerra riunisce una grande folla mentre dal cantiere San Marco giungono i colpi di cannone con i quali viene varata la corazzata Magdala. Ma le speranze non sono perdute, l’unione del proletariato sembra capace di erigere un vallo inarrestabile contro la guerra: ci si propone di denunciare di fronte all’opinione pubblica le politiche belliciste dei governi borghesi. Il congresso si conclude con il voto di un programma che vede al primo posto l’opposizione alla guerra, ed è seguito da tre rivendicazioni legate ai temi delle nazionalità: la difesa dei diritti nazionalitari contro il potere centrale che andrà abbattuto; l’università italiana a Trieste e l’autonomia del Trentino. La rivendicazione dei diritti della nazionalità italiana in Austria non esclude una ricongiunzione allo stato comune, ma la scadenza è rinviata ad una fase futura, quando al regno sabaudo sarà sostituita la repubblica. Una contraddizione importante alligna in seno al socialismo friulano e dietro all’idealità internazionalista emerge il sogno risorgimentale della ricongiunzione di tutti gli italiani in un solo stato nazionale. Come questo possa convivere con la presenza contemporanea, su uno stesso territorio, di una pluralità di nazionalità, permessa fino allora dalla monarchia asburgica, non viene detto. 28 Il ragionamento viene ripreso in un editoriale la settimana dopo. Si tratta di una disamina della questione dell’irredentismo e di una definizione del pensiero socialista friulano a proposito del destino degli italiani dell’Impero Asburgico. Quanto viene affermato dai socialisti friulani a proposito della questione nazionale degli italo-asburgici è chiaro: l’azione nostra non si sogna di intaccare la difesa della nazionalità, nella quale il contributo dei socialisti e dei non socialisti non potrebbero differenziarsi che per il diverso modo di fissare e di seguire le linee di quella difesa. Il partito socialista vanta anzi nel campo dell’attività intellettuale più atti di buona e forte propaganda e più segni di elevata coltura italiana in Trieste che non possa fare lo stesso partito nazionale. Basti ricordare la serie fortunata delle conferenze e delle letture che hanno contato, anche fuori del terreno delle dottrine economiche, i successi di Cesare Lombroso, di Enrico Ferri, di Francesco Pastonchi, di Guglielmo Ferrero. I socialisti affermano il diritto dei connazionali sudditi asburgici alla libera espressione culturale ed alla riunione con lo stato nazionale italiano. Ma la rivendicazione nazionale non mobilita le masse in senso irredentista, anzi esse sono in gran parte estranee all’agitazione a favore dell’unione con l’Italia. Al contrario, mentre ogni base di massa per l’irredentismo è impensabile, e quindi sono da escludere movimenti insurrezionali come quelli risorgimentali, è stato proprio il socialismo a muovere le masse, partendo dalle loro esigenze economiche e sociali. Ma se sul terreno della rivendicazione nazionale socialisti ed irredentisti possono trovarsi d’accordo, il contrasto è radicale su quello dei mezzi per arrivare alla riunione: Il dissenso serio e profondo verte invece sul principio stesso del lavoro di preparazione di una qualsiasi azione violenta collettiva, avente per fine la liberazione delle provincie italiane soggette all’Austria, col mezzo di un conflitto armato. Per i socialisti è impossibile condividere la politica del nazionalismo irredentista, perché essa non potrebbe che portare come sbocco alla guerra fra i due paesi. Tale presa di distanza è tanto più significativa in quanto all’attivismo nazionalista triestino viene riconosciuto un ruolo positivo, per la sua battaglia per la tutela dei diritti della nazionalità italiana in quella città. La guerra avrebbe come risultato un ritorno a condizioni di vita preesistenti alle conquiste del movimento operaio di quegli anni: si tratta di una valutazione lungimirante, capace di individuare quello che, poco più di quindici anni dopo, sarà stato il risultato della guerra mondiale ed il mostro della dittatura fascista da essa partorito. Meno lungimirante ed ambigua è la valutazione sul nazionalismo a Trieste, del quale si sottolinea il positivo ruolo di espressione della realtà degli italiani del luogo, senza accennare alla sua dura politica di negazione dell’identità nazionale degli sloveni. In questa incomprensione sta una debolezza nell’analisi della situazione e delle sue conseguenze nel lungo termine: lungi dal proseguire nella linea mazziniana della concorde e reciproca autodeterminazione dei popoli 27 28 LF, n. 26 del 20 maggio 1905, pag. 1, IL CONVEGNO SOCIALISTA ITALO-AUSTRIACO. LF, n. 27 del 27 maggio 1905, pag. 1, Il convegno dei senza patria. Cfr. il testo in appendice. 11 europei, il nazionalismo si è evoluto ormai in una politica di potenza che fa assurgere i diritti degli italiani asburgici al di sopra di quelli dei popoli slavi della Venezia Giulia.29 Con soddisfazione viene rilevato il successo che porta nel 1907 all’elezione di quattro deputati socialisti triestini al parlamento di Vienna, a fronte del collasso elettorale dei liberal-nazionali. Se pensiamo che l’unico altro parlamentare triestino è espressione del nazionalismo sloveno maggioritario nelle campagne, possiamo avere la dimensione di quale rivolgimento nei rapporti politici sia intervenuto nella città adriatica. L’occasione è propizia per ricordare ai nazionalisti italiani che solo il partito socialista, sorgendo alto sopra gli altri, ha saputo in questi ultimi dieci anni a Trieste fare larga opera di diffusione di coltura italiana, rendendo popolare, amata la nostra scienza, la nostra letteratura, quanto non era stata mai e quanto il partito nazionalista, custode della quintessenza dell’italianità, mai avrebbe saputo fare (...).30 5.3 - I primi atti del gruppo parlamentare socialista triestino. Il legame fra socialisti italiani ed austriaci non si esprime solo sulle tematiche internazionalistiche e pacifiste, ma ha espressione nel lavoro, coordinato fra i due partiti, di organizzazione politica e sindacale dei lavoratori migranti italiani. Domenica 4 agosto 1907 ha luogo ad Udine un convegno italo-austriaco sull’organizzazione degli emigranti temporanei nell’Impero. Il convegno si svolge presso il Segretariato dell’Emigrazione, con la presenza dei quattro deputati socialisti triestini appena eletti, di rappresentanti delle organizzazioni socialiste austriache, friulane e bellunesi, dell’on. Angiolo Cabrini, di rappresentanti della Federazione Edilizia e della Cgl, oltre a quelli dell’ente ospitante. L’incontro - al quale Il Lavoratore Friulano della settimana successiva dedica tutta la prima pagina - ha luogo a poca distanza da quello fra i due ministri degli esteri avvenuto a Desio, e non a caso introducendo il convegno Angiolo Cabrini annuncia il sorgere di una nuova diplomazia, la “diplomazia” del proletariato. Obiettivo del convegno è quello di affidare ai deputati socialisti italiani a Vienna e ottenere dal Governo e dal Parlamento di colà, quella protezione e quei provvedimenti, che già tante volte furono dai Congressi operai sollecitati a favore della enorme mano d’opera italiana annualmente emigrante nelle regioni austriache. Così a lato della vecchia e cadente diplomazia borghese, che al pari del diroccato edificio capitalista, va man mano dissolvendosi e morendo, già sorge, dietro l’impulso animatore e fecondo del pensiero socialista, la diplomazia del lavoro, il nuovo organismo destinato a sovrapporsi e ad evolversi nella società futura, mentre il misterioso processo di infiltrazione e disintegrazione sociale fatalmente si compie! Ma noi ci domandiamo: perché la diplomazia sinora ha sempre, costantemente sdegnato occuparsi dell’umile folla del proletariato? Perché i lavoratori che pur dall’Italia emigrano a milioni per l’estero, così scarso interesse prestano a codesti convegni internazionali delle grandi Potenze? E’ facile la risposta: così sentono che codesta diplomazia non è mai stata per loro, ma sempre, ma sistematicamente è stata o al di fuori di loro, o contro di loro. Cabrini mette a confronto le diverse attenzioni con le quali le classi contrapposte guardano al crescere del fenomeno migratorio: I borghesi s’impressionano della crescente grandezza dell’emigrazione, in quanto essa è causa della rarefazione della mano d’opera, e del conseguente rialzo straordinario dei salari che precluse la via al profitto. Gli operai invece debbono preoccuparsi della ripercussione dell’emigrazione nei mercati di lavoro, verso cui si sbocca. Cabrini contesta le opinioni diffuse a livello internazionale sulle tendenze dell’emigrazione italiana, che è tutt’altro che un fenomeno destinato a decadere a breve termine, e ne fa il punto fermo per i dibattiti imminenti dell’Internazionale Socialista e di quella dei sindacati: Molti – specialmente in Germania – suppongono che il fenomeno migratorio italiano sia cosa del tutto transitoria; - sia come una esplosione di miseria, che cesserà con la rapida trasformazione economica del paese, di cui già si avvertono i sintomi. Questo è un equivoco che bisogna chiarire: l’Italia ha innanzi a sé decine e decine d’anni ancora di emigrazione sempre crescente. Un alleato importante in quest’opera di chiarificazione (nella quale il Psi interviene prevalentemente sul piano dell’organizzazione sindacale internazionale, riservando solo una minima parte dello sforzo all’azione assistenziale) sono ora i deputati socialisti triestini, i primi esponenti politici di quella città che abbiano preso a cuore i problemi dei lavoratori migranti italiani. Il convegno si articola poi in sessioni tematiche, dedicate alla legislazione sugli infortuni, all’emigrazione dei fornaciai (la categoria più refrattaria all’organizzazione sindacale), alla tutela del diritto dei minorenni di completare l’istruzione fino al quarto anno di scuola elementare prima di emigrare, all’emigrazione dal Bellunese nel Trentino (interviene oltre al relatore rag. Del Fabbro, del Segretariato dell’Emigrazione di Belluno31, l’on. Todeschini di Verona). La parte finale del convegno è dedicata all’organizzazione sindacale degli emigranti italiani in Austria, ponendo il problema di utilizzare in questo paese le stesse risorse che sono state usate dal sindacato tedesco per organizzare gli emigranti friulani e stroncare il crumiraggio: da parte dei triestini si riconosce l’importante principio che le organizzazioni che contano una adeguata presenza italiana abbiano anche una corrispondente rappresentanza di italiani nella direzione.32 LF, n. 28 del 3 giugno 1905, pag. 1, IRREDENTISMO E SOCIALISMO. Cfr. il testo in appendice. LF, n. 133 dell’8 giugno 1907, Quei cari irredentisti...!. 31 E, anno III, n. 2 del 15 febbraio 1908, Il primo Congresso Internazionale dei Segretariati e Uffici d’Emigrazione. 32 LF, n. 142 del 10 agosto 1907, pag. 1, Il Convegno italo-austriaco pro emigrazione temporanea; P, n. 187 di martedì 6 agosto 1907, pag. 1, L’importante convegno di domenica pro emigrazione temporanea . Cfr. il testo in appendice. 12 29 30 Il settimanale socialista friulano viene venduto a Trieste, al pari di altre località di emigrazione in Europa ed in Sud America. E da Trieste vediamo giungere al giornale le sottoscrizioni degli emigranti. 33 Il primo intervento al parlamento di Vienna del capo socialista triestino Valentino Pittoni è oggetto di notevole attenzione da parte della stampa di sinistra friulana. Secondo Il Paese egli interviene criticando minutamente il discorso del presidente del consiglio e parlando delle questioni nazionali, visto che i socialisti ora hanno l’onere di rappresentare gli italiani di Trieste e non intendono lasciare queste problematiche ai borghesi. Al suo rilevare che tutta la rappresentanza parlamentare triestina è socialista, dai banchi socialisti sorgono grida di: Viva Trieste! Pittoni nota come il governo abbia aumentato la spesa scolastica delle altre nazionalità ma calato quella per gli italiani; richiede in tale contesto l’istituzione dell’Università italiana e chiede la fine della politica poliziesca dell’Austria nella Venezia Giulia, dove recentemente sono state proibite tutte le commemorazioni di Garibaldi. Il redattore ricorda di non essersi mai accodato alle preponderanti voci della stampa italiana che annunciavano la fine della rappresentanza della nazionalità italiana con la vittoria dei socialisti internazionalisti, e si compiace di aver visto giusto; semmai questo primo intervento di Pittoni, del quale bisognerà vedere gli atti successivi, viene messo a confronto con il pochissimo appoggio che i socialisti italiani danno alla causa dei connazionali in Austria. 34 Il riassunto dell’intervento di Pittoni è collocato sulla prima pagina de Il Lavoratore Friulano del 27 luglio 1907. Un intervento di grande respiro, intitolato Socialismo ed italianità in Austria: particolarmente significativa è in questo contesto la commemorazione, contemporanea a quella che avviene in Italia da parte dei compagni del Psi, di Giuseppe Garibaldi, l’eroe della lotta nazionale combattuta proprio contro la potenza di cui Pittoni è ora parlamentare. Punto centrale della rivendicazione di Pittoni è quella dell’Università italiana a Trieste. 35 Sempre polemizzando con le accuse dei nazionalisti, Il Paese nell’ottobre 1907 riprende da Vita una lettera dell’avvocato Giuseppe Romualdi, che risponde alle accuse rivolte su quel giornale dal collega Ciraolo ai socialisti triestini. Romualdi dichiara che solo chi non conosce la realtà triestina può figurarsi che i nazionalisti locali siano diversi da quello che sono, cioè degli opportunisti che mascherano con il loro nazionalismo lo spirito di conservazione sociale. Al contrario, i socialisti, i cui capi sono tutti usciti dall’irredentismo locale prooprio per la sua totale ignavia, hanno contribuito a diffondere la cultura nazionale grazie al Circolo di Studi Sociali. Si pubblica anche la risposta di Ciraolo, che afferma che i socialisti triestini avranno compiuto il loro dovere nazionale solo quando avranno rotto con le razze ed i poteri ostili al popolo, alla civiltà, alla lingua d’Italia, alleandosi invece con gli esponenti della politica irredentistica triestina.36 Con l’inizio della stagione migratoria del 1908 la collaborazione fra socialisti italiani ed austriaci produce un rafforzamento delle iniziative nel settore. Il Segretariato dell’Emigrazione apre a ottobre un ufficio di assistenza e di cambio valute a Pontebba, nel principale punto di transito frontaliero con l’Impero asburgico. Molti poveri lavoratori non ancora compresi dalla necessità di organizzarsi, sono vittime di ingordi che speculano sulla loro ignoranza, e sulla pelle dei loro bambini, conducendoli in lontane regioni, senza regolari contratti di lavoro, e in barba alle leggi che proteggono il lavoro dei fanciulli. Altri, strozzini di diverso genere ma non meno nocivi e disprezzabili, attendono come cacciatori alpini, gli emigranti al ritorno, e nel cambio della moneta, compiono i loro loschi affari. L’ufficio è stato istituito nonostante il boicottaggio dell’Amministrazione Comunale e della direzione della stazione delle ferrovie, deliberatamente impegnate a coprire gli interessi degli speculatori, che nel frattempo si spacciano addirittura per emissari del Segretariato. Non ci si limita ad effettuare il cambio ad un tasso decisamente più vantaggioso di quello usurario praticato finora dai privati. L’ufficio gestisce pratiche amministrative di vario tipo, dà informazioni sui paesi stranieri ed indicazioni sulle organizzazioni sindacali cui rivolgersi nelle varie città di destinazione. 37 Nella vicina Villach è intanto stata organizzata nell’estate 1907 la Lega dei segantini collegata al Segretariato dell’Emigrazione, presieduta su mandato della Commissione Esecutiva di Udine da Antonio Bellina, con gruppi rappresentativi delle varie realtà della categoria in Carinzia, Tirolo e Stiria. Il Lavoratore Friulano sottolinea come questa, che è la prima affermazione importante di organizzazione di classe degli italiani all’estero, è un esempio positivo rispetto alla situazione di grave spaccatura nell’organizzazione dei lavoratori friulani, a causa delle contese ideologiche fra socialisti e sindacalisti. La Lega dei segantini è invece connotata dalla pluralità di orientamento politico dei suoi esponenti: in qualche modo è la situazione di isolamento geografico in cui vivono nelle località di coltivazione boschiva, oltre che lo spaesamento rispetto alla comunità nazionale, che produce l’esigenza dell’unità di classe fra questi lavoratori, costretti per lunghi mesi all’isolamento in fondo a valli inaccessibili. La Lega può prosperare grazie all’azione di connazionali emigrati che offrono la loro attività, ma soprattutto all’esperienza ed autorevolezza acquisita in Cfr.: LF, n. 142 del 10 agosto 1907, riquadro a pag. 4; n. 143 del 17 agosto 1907, SOTTOSCRIZIONE PERMANENTE. Le sottoscrizioni di emigranti friulani a Trieste si ripetono con continuità negli anni fino alla guerra, come dalle altre località di emigrazione dell’Europa centro-orientale. 34 P, n. 188 di mercoledì 7 agosto 1907, pag. 1, I SOCIALISTI AL PARLAMENTO DI VIENNA, articolo del dott. Antonio Ghislanzoni. 35 LF, n. 140 del 27 luglio 1907, pag. 1 Socialismo ed italianità in Austria. Un discorso dell’onorevole V. Pittoni. Cfr. il testo in appendice. 36 P, n. 237 di venerdì 4 ottobre 1907, pag. 1, Una lettera di Romualdi sul socialismo triestino. 37 LF, nn. 210 del 24 ottobre 1908, pag. 4, L’ufficio del Segretariato di Emigrazione in Pontebba.. La ferocia degli speculatori, 212 del 7 novembre 1908, pag. 3, PONTEBBA. Cfr. inoltre l’avviso pubblicitario, pubblicato ad esempio sul n. 213 del 14 novembre 1908, a pag. 4, Emigranti! 13 33 quel luogo; Antonio Bellina, fra i più attivi, è originario di Venzone e gestisce un avviato commercio di legnami in tutto il Land.38 Ma l’azione della Lega, con i risultati che si iniziano a vedere nel contrastare lo sfruttamento degli emigranti, produce un pesante e vasto intervento repressivo. Antonio Bellina viene espulso dall’Austria il 1° novembre 1908, nonostante il suo ruolo di imprenditore e di presidente della Società dei segantini - realtà associativa di nazionalità tedesca che opera, oltre che nelle tre regioni prima ricordate, anche nella Carniola ed il ricorso al console italiano di Klagenfurt. Dunque è chiaro: nessun movente politico: il Bellina infatti non si è mai occupato di politica, né mai ha fatto questione nazionalistica, essendo anzi contrario al movimento degli irredentisti patriottardi: nessuna giustificazione data da scioperi o da agitazioni di nessun genere; non vi furono infatti né dimostrazioni né scioperi. Niente di tutto ciò; soltanto un disinteressato patrocinio degli operai che a lui ricorrevano quale uomo di cuore e quale rappresentatnte la Commissione Esecutiva del Segretariato dell’Emigrazione di Udine, per essere difesi da speculatori ingordi e ladri. Di Bellina viene ricordata la scelta di inviare i figli a studiare presso la scuola tedesca. Ma quello che conta è l’aver portato 92 volte in causa ditte che sfruttano gli emigranti italiani, vincendo praticamente tutte le cause in rappresentanza di circa 200 operai. Le cause vinte e l’attività sempre prestata in forma legale e pacifica, senza provocare agitazioni, fanno affluire le iscrizioni numerose degli operai emigrati. Due degli appaltatori condannati (Mössinger ed Antonio Sandri) denunciano Bellina al Capitanato di Villach, sostenendo che con l’azione della Lega viene ostacolata la realizzazione delle opere pubbliche. L’aspetto paradossale della vicenda è che Bellina non viene espulso dall’Austria perché mette in discussione l’esistenza dell’impero multinazionale, ma perché si batte per risolvere, per via rigorosamente legale ed a nome di un ente morale italiano, sussidiato dal nostro governo, il contenzioso degli operai migranti nei confronti di imprese spesso impiantate da altri emigranti italiani. L’espulsione di Bellina produce l’intervento dei socialisti nei parlamenti italiano ed austriaco. Il Lavoratore di Trieste dà ampio risalto alla vicenda ed assicura l’intervento dei deputati socialisti al Reichsrat. Nei giorni successivi viene sequestrato il pacco de Il Lavoratore Friulano inviato a Villach e poi lo sarà anche Il Lavoratore di Trieste, questa volta per aver pubblicato un articolo (ripreso dal settimanale friulano) sulle torture sistematicamente inflitte ai detenuti nel carcere di Capodistria ed in particolare ad un emigrante bellunese.39 5.4 - L’annessione della Bosnia-Erzegovina. Il 1908 è l’anno in cui l’Impero Austroungarico annette la Bosnia-Erzegovina, provincia slava dell’Impero turco che trent’anni prima era stata assegnata in amministrazione agli Asburgo da una conferenza internazionale. E’ una scelta che porterà in pochi anni all’esplosione della guerra europea, che inizierà proprio nella capitale bosniaca Sarajevo, con l’uccisione dell’erede al trono di Vienna da parte di indipendentisti serbi. Nell’ottobre 1908 l’editoriale de Il Lavoratore Friulano è dedicato ad una riflessione di Giuseppe Ricchieri, che argomenta come solo la politica austriaca che conculca i diritti degli italiani dia spazio all’irredentismo e quindi - per garantire la pace internazionale - sia comune interesse il riconoscimento delle richieste della minoranza nazionale, ed in primo luogo l’Università italiana a Trieste e l’autonomia del Trentino. L’opinione del geografo socialista è per altro espressione di una visione classicamente geopolitica della situazione internazionale, in cui alle grandi potenze coloniali viene assegnato il compito di intervenire nelle zone di crisi con le loro forze di occupazione militari per garantire lo status quo. Si tratta di un approccio, che lascerà le sue tracce nella futura filosofia postmoderna della cosiddetta guerra umanitaria praticata dalla Nato alle soglie del Ventunesimo Secolo, ma che già a quest’epoca dimostra le sue crepe. Ne è un indizio il giudizio positivo sull’intervento austroungarico in Bosnia- Erzegovica nel 1878, che è invece l’inizio di una fase di scivolamento verso il precipizio della guerra, sia per l’azione di sgretolamento della potenza turca, sia per la sottovalutazione della forza del nazionalismo jugoslavo. 40 Pochi giorni dopo Il Paese, che ha ormai iniziato a cambiare linea votandosi alla propaganda bellicistica per il riarmo al confine orientale in funzione antiaustriaca, pubblica un articolo di Gino Piva, direttore del giornale socialista Grido del Popolo di Torino. Anch’egli fa riferimento alla vicenda della Bosnia-Erzegovina, ma non come Ricchieri per invocare il diritto di intervento internazionale nelle vicende interne di un paese per diminuire i pericoli di tensione, bensì per giudicare l’annessione avvenuta quell’anno da parte dell’Impero bicipite come un atto di rapacità. Per questo Piva polemizza duramente con Valentino Pittoni, che ha giustificato invece pubblicamente la rapina commessa dal suo padrone e signore Francesco Giuseppe dimenticando gli interessi dei popoli soggetti ad una compravendita che ne nega ogni diritto; accusa inoltre il socialismo giuliano - se d’accordo con Pittoni - di essere entrato in una fase di degenerazione e di acquiescenza al centralismo asburgico, che ha conquistato dall’interno la socialdemocrazia austriaca grazie al suffragio universale ed alla cooptazione del partito nelle istituzioni parlamentari dell’impero. A cosa mirasse LF, n. 210 del 24 ottobre 1908, pag. 4, PER L’ORGANIZZAZIONE DEI SEGANTINI. LF, nn. 212 del 7 novembre 1908, pagg. 1 e 2, Antonio Bellina espulso dall’Austria e 213 del 14 novembre 1908, pag. 213, REAZIONE FEROCE. Il Lavoratore sequestrato - Solidarietà socialista internazionale e Incredibili torture in un reclusorio; P, nn. 251 di lunedì 2 novembre 1908, pag. 1, L’espulsione dall’Austria del rappresentante del Segretariato dell’Emigrazione e 253 di mercoledì 4 novembre 1908, pag. 1, 40 LF, n. 209 del 18 ottobre 1908, pag. 1, L’irredentismo che fa? Cfr. il testo in appendice. 14 38 39 l’elargizione – ripetiamo con intenzione la parola – del suffragio universale in Austria, viene luminosamente dimostrato da questi deputati socialisti che si sono assunti il compito della conservazione dello Stato austriaco, anche se tale conservazione significa violenza ai naturali diritti dei popoli. Casa d’Asburgo in questi ultimi tempi non ha avuto, così, migliori alleati dei socialisti che, passati da un regime elettorale di privilegio al suffragio universale, hanno inconsciamente esagerata la importanza del fatto nuovo tanto da considerarlo più che mezzo di trasformazione, fine a sé stesso. Ecco come la critica al riformismo, unita alla rivendicazione delle aspirazioni nazionali degli italiani dell’Austria, inizia a formare quella miscela esplosiva che fa progressivamente slittare una parte del socialismo intransigente verso posizioni nazionaliste ed interventiste. Mentre il riformista Ricchieri difende la ragion di stato come elemento di sicurezza internazionale, da preservare e modificare attentamente in sede di trattative internazionali, Piva attacca la tattica parlamentare della socialdemocrazia diventata strumento e prova del cedimento agli interessi del regime autoritario della monarchia, cui in un anno di legislatura i neoparlamentari si sono prosternati in ogni occasione. In tal modo il programma di Brno, basato sull’autodeterminazione interna od esterna dei popoli austroungarici, è definitivamente messo in soffitta a pro della fedeltà dinastica.41 5.5 - Per l’Università italiana in Austria. Gli scontri a Vienna attorno alla fine di novembre 1908, fra duecento studenti italiani, che manifestano per l’Università italiana in Austria ed un numero dieci volte superiore di studenti tedeschi, provocano un’ondata di sdegno e manifestazioni in tutt’Italia. Ad Udine domenica 29 novembre si tiene una grande manifestazione al Teatro Minerva, indetta dalla Dante Alighieri e dalla Trento Trieste con l’intervento principale dell’on. Girardini. Parla anche il socialista prof. Felice Momigliano, che ricorda come i partiti socialisti da una parte e dall’altra del confine riconoscano la legittimità della richiesta dell’Università italiana in Austria. Ricorda il convegno internazionale socialista svoltosi a Trieste, e dichiara che la classe operaia è a fianco degli studenti: l’offesa allo spirito nazionale italiano è ugualmente patita dagli emigranti privi di tutela, da un dirigente sindacale espulso come Bellina, così come dagli studenti aggrediti. L’abile intervento dell’esponente socialista di origine ideologica mazziniana riesce a spostare l’attenzione del comizio sulla questione della rivendicazione dell’Università italiana, evitando che prevalgano i sentimenti irrendentisti: la manifestazione termina quindi con la votazione di un ordine del giorno in tal senso, concordato fra Momigliano e la presidenza del comizio.42 L’eco degli scontri di Vienna giunge anche in Consiglio Comunale a Pordenone mercoledì 25 novembre, dove è occasione per un attacco del capogruppo socialista Ellero alla politica del governo Giolitti.43 Alla lotta per l’università italiana in Austria è dedicato un successivo intervento di Ricchieri, dal titolo quanto mai significativo: L’agitazione contro l’Austria. L’aggressione agli studenti italiani è l’occasione per rivendicare il diritto della nazionalità italiana ad esprimersi nella sua lingua, e per condannare un governo monarchico che soffoca le stesse esigenze di sviluppo della propria borghesia, fra le quali il progresso culturale e tecnico rappresentato proprio dall’istituzione universitaria. La solidarietà con gli studenti italiani spinta fino al punto da condividere la reazione armata degli stessi all’aggressione - è l’occasione per una riflessione interessante sul ruolo sociale degli studenti. Ad un’analisi di classe (gli studenti come elementi in formazione della borghesia che si riproduce attraverso l’istruzione superiore) si affianca una valutazione sul ruolo in qualche modo “neutrale” svolto dalla scienza e dalla cultura nella crescita globale della società. Gli studenti non sono quindi solo l’avversario di classe in nuce, ma anche un potenziale utilizzabile dal movimento dei lavoratori. La difesa degli interessi legittimi della comunità italiana non deve però portare a giustificare l’irredentismo, pericoloso perché può essere la miccia dalla quale può scoppiare un conflitto, che P, n. 251 di lunedì 2 novembre 1908, pag. 1, Socialismo d’Austria. Cfr. il testo in appendice. Giovanni Piva, detto Gino, figlio di un generale garibaldino poi diventato militare di carriera, diventa socialista insieme al più giovane fratello Vittorio. Si iscrive al Psi a Rovigo, abbandonando la carriera militare. Condannato e costretto all’esilio dopo il 1898, nel 1900 è il segretario della ricostituita federazione socialista polesana, per poi assumere incarichi ad Alessandria e Ravenna, dove viene esautorato nel 1903 per motivi legati alla sua vita sentimentale; soprattutto in Romagna Piva, riformista di formazione democraticoradicale, si scontra con repubblicani, anarchici e socialisti rivoluzionari. Nel periodo successivo (nel 1902 secondo Piemontese, nel 1903-1905 secondo il dizionario di Andreucci-Detti) è direttore prima de Il Lavoratore a Trieste, e poi del settimanale Il Proletario di Pola, città dalla quale viene espulso poiché la sua attività è entrata nel mirino del comando della marina militare austriaca (cfr.: PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pag. 192). Dal 1907 riprende la sua attività giornalistica in Italia, non più limitata solo alla stampa socialista, iniziando a scrivere per il Grido del Popolo. Nel 1911 certi suoi atteggiamenti nazionalisti lo portarono a gravi contrasti con il partito: egli ne uscì; sarà propagandista interventista nel 1914-1915 in Veneto, poi corrispondente dal fronte ed addetto al comando supremo dell’esercito per Il Resto del Carlino ed il Corriere della Sera. Nel dopoguerra sosterrà l’impresa dannunziana di Fiume; allontanatosi dalla politica, manterrà un atteggiamento indifferente rispetto al fascismo e, pur rimanendo vigilato dalla polizia, si dedicherà all’attività di scrittore; morirà nel 1946. Cfr.: ANDREUCCI, Franco e DETTI, Tommaso, cit., quarto volume, pagg. 184187; 42 P, nn. 270 di martedì 24 novembre 1908, pag. 1, Un sanguinoso conflitto fra studenti italiani e tedeschi. La bestiale violenza degli studenti austriaci. Duemila tedeschi respinti da duecento italiani e segg., fino al 275 di lunedì 30 novembre 1908, pagg. 1 e 2, La protesta a Udine contro i fatti di Vienna. Cfr. il testo dell’intervento di Felice Momigliano e l’ordine del giorno approvato in appendice. 43 ACPn, Atti del Consiglio Comunale di Pordenone, 1908-1910, pagg. 82-83. 15 41 danneggerebbe innanzitutto le classi lavoratrici. Per questo i socialisti si oppongono a quegli ambienti italiani che uniscono l’agitazione irredentista alla politica di riarmo italiano in funzione anti-asburgica. Ma - in opposizione al quotidiano nazionale del partito - i socialisti friulani ritengono che non sia giunto il momento per “passare all’incasso” di quella cambiale di sostegno agli interessi della comunità italiana d’Austria che è stata sottoscritta negli incontri fra socialisti italiani ed austro-ungarici. E’ così che si prendono le distanze da quell’appello alla mobilitazione generale contro il governo di Vienna, rivolto dall’Avanti! ai compagni dell’Impero. Iniziano così a percepirsi quelle incertezze, fra una linea estrema ma inconcludente ed una più quietistica, che lacereranno non solo il socialismo italiano e friulano, ma l’intera Internazionale nel momento cruciale dello scoppio della guerra mondiale.44 All’agitazione irredentistica per l’università italiana viene dedicato un editoriale, tratto dall’Avanguardia e scritto da Sylva Viviani, l’esperto militare del Psi. 45 L’introduzione redazionale contestualizza tale movimento come un tentativo di contrastare l’ondata di antimilitarismo seguita al terremoto sullo Stretto di Messina ed alla storica inefficienza delle istituzioni dello Stato di fronte ai disastri nazionali. Decisamente la storia si ripete: mentre la gente muore, sepolta dai terremoti o travolta dalle alluvioni, le cifre spaventose destinate alle spese militari appaiono nella loro paradigmatica inutilità, di fronte all’incapacità operativa ed alla stupidità dei comandi, dimostrata da ultimo, alla fine del Ventesimo Secolo, dalle vicende dei terremoti friulano ed irpino del 1976-1980. L’articolo di Viviani ripercorre le vicende della politica estera italiana, dando una lettura interessante della politica delle alleanze dei governi post-risorgimentali. Pur nell’ambito di un ragionamento duramente antimilitarista, colpisce il giudizio favorevole del ruolo della Francia, che porta a sottolinearne l’appoggio al Risorgimento italiano ai tempi della seconda guerra d’indipendenza ed a dimenticare gli interventi a difesa del potere temporale dei papi nel 1848-49 e nel 1867. Ci troviamo di fronte ad un atteggiamento su cui pesa probabilmente il giudizio favorevole verso la Francia contemporanea governata dalla sinistra radicale e la proiezione su di essa della tradizione rivoluzionaria. Al contrario c’è un giudizio negativo sulla funzione guerrafondaia della Triplice: sembra di vedere anticipate le scelte dell’interventismo “democratico” al momento dell’entrata in guerra nel 1914-1915, con il rovesciamento delle alleanze e lo schieramento contro gli Imperi centrali. La tradizione risorgimentale viene quindi recuperata e selezionata ad usum delphini, aprendo una prospettiva destinata a produrre scelte impensate e drammatiche di lì a pochi anni. Ma, se questa è la prospettiva su cui scivolerà tanta parte della sinistra e dello stesso socialismo italiano, non vi cade uno stratega di mestiere come Viviani: l’articolo prosegue dando conto della modifica della politica estera italiana nei primi anni del Novecento, modifica che però non comporta alcun effetto in senso pacifista. E’ qui che entra in scena l’area adriatica, ove una parte della borghesia italiana ha deciso di intervenire in concorrenza con l’Austria. Alle idealità risorgimentali, valide fino al 1870, si sostituisce un nazionalismo imperialistico, che si carica di toni razzistici ed antigermanici, che provocano quasi automaticamente un’eguale reazione da parte dell’avversario. Certo questa valutazione ha molto del profetico: due guerre mondiali accompagnate dallo sterminio di interi popoli, come quello armeno e quello ebraico, e lo scenario di scontri “etnici” seguiti alla fine della guerra fredda, testimoniano ad abundantiam di come il virus del nazionalismo abbia scavato a fondo nelle strutture della società civile europea, lacerando secolari equilibri. Il passaggio dalla rivendicazione storica del nazionalismo romantico, legata ai movimenti democratici ottocenteschi, al violento e reazionario nazionalismo etnocentrico viene colto con acume da Viviani. Da questo momento è tutto un fervore di iniziative militari e dei centri dell’industria pesante; Zanardelli convoca incontri fra lo stesso sovrano e gli irredenti sudditi italiani degli Asburgo; il fervore italiano provoca dall’altra parte il riarmo austriaco al confine italiano. Con rigore pacifista Viviani prende per buone le ragioni austroungariche: è questa la parte oggettivamente provocata dalla propaganda nazionalista italiana. La conclusione politica è la condanna dell’irredentismo come di un movimento bellicista, di natura prettamente strumentale agli interessi della classe dominante: E l’irredentismo è per se stesso una provocazione, ed ha natura essenzialmente aggressiva. Altro che università a Vienna e tafferugli universitari! E’ tutta roba da borghesia. Lasciategliela! 46 Sempre di Sylva Viviani è un articolo di alcuni mesi posteriore, in cui si ricollega l’opposizione alla visita in Italia dello zar di Russia alle vicende balcaniche e del confine orientale. Viviani si chiede come mai, a differenza del governo francese e di quello inglese, quello italiano minacci duramente l’opposizione LF, n. 215 del 28 novembre 1908. Cfr. il testo in appendice. Sotto lo pseudonimo di Sylva Viviani si nasconde Gioacchino Martini, ufficiale di stato maggiore e docente della scuola ufficiali di Modena fino al maggio 1898, quando abbandona l’esercito e si avvicina al movimento socialista, probabilmente spinto dalla sanguinosa repressione militare nei confronti del movimento popolare a Milano. Di formazione risorgimentale e massonica, Martini inizia una lunga collaborazione con la stampa socialista, assumendo il ruolo di maggiore esperto di problematiche militari del partito. La sua influenza contribuisce ad orientare l’antimilitarismo socialista su posizioni riformistiche, di critica tecnica all’irrazionalità della spesa ed all’inefficienza dello strumento militare: una posizione che porta all’incapacità del Psi di guidare il movimento popolare contro la guerra di Libia e la successiva guerra mondiale. Martini al momento della sua iscrizione al partito nel 1912 si avvicina alle posizioni della sinistra rivoluzionaria e contribuisce attivamente alla campagna contro l’entrata in guerra nel 1914-1915, commentando poi sulle pagine dell’Avanti! l’andamento della guerra, l’impreparazione e le errate scelte strategiche dell’esercito. Cfr.: ANDREUCCI, Franco e DETTI, Tommaso, cit., quinto volume, pagg. 252-255, biografia redatta da G.Isola. In questa biografia Sylva Viviani (come l’abbiamo sempre trovata nelle nostre fonti) viene trascritta invece come Sylvia. 46 LF, n. 226 del 13 febbraio 1909, pag. 1, L’Università italiana in Austria. Irredentismo e proletariato. Cfr. il testo in appendice. 16 44 45 socialista che si prepara a contestare la venuta nel nostro paese dell’autocrate massacratore. La risposta è in un motivo inconfessabile, comune al governo ed ai radicali nostrani: Egli vede nello czar non già una tutela, come vi scorge il governo francese, ma una mano minacciosa e auguratamente aiutatrice nella guerra d’irredentismo con l’Austria, e in quel desiderio lo confortava e lo spingeva testé, al tempo dell’imbroglio balcanico, la stampa nostrana di molti colori, non eccettuata nemmeno quella che noi vorremmo, a titolo di coerenza almeno eccettuata. Il nostro suocero di Montenegro 47, l’altro parente della Serbia criminale sarebbero, assieme ai russi, i nostri alleati naturali, naturali perché slavi, contro l’Austria-Ungheria per riscattare la costa dalmata contro gli slavi. (...) Il proletariato inglese, francese, italiano, si mostrano oggi internazionalmente solidali col popolo russo, contro il dilaniatore suo. Ma l’italiano ha una ragione di più degli altri per commuoversi e insorgere, una ragione, che senza enfasi, si potrebbe dire di vita o di morte. A questo punto la riflessione di Viviani si rivolge ai ritardi del movimento operaio veneto, che non è riuscito a manifestare la sua opposizione all’oggettiva alleanza imperialistica fra la monarchia italiana e quella russa, lasciando l’iniziativa all’irredentismo. Nessuno può credere che il proletariato nostro, specie l’organizzato, sia macchiato di irredentismo, ma fu fatto pesare su lui il sospetto di essere irredentista a cagione della acquiescenza morbosa che artatamente il patriottismo intellettuale (chiamiamolo così a dispregio) riuscì a fargli subire nel corso di questi ultimi anni di vita dalla visita reale a Udine, Belluno del 1905. Il silenzio colpevole di tanti, mentre le gazzarre irredentiste salivano provocanti e sciocche dai giornali al Parlamento, hanno fatto supporre che il proletariato nostro non solo fosse divenuto irredentista, ma stesse persino macchiandosi di tabe militarista. Abbasso lo czar, vuol dire riprendere onestamente, senza infingimenti e senza abbandoni ed equivoci, la via socialista sgombra di ostacoli fratricidi e militaristi. Questo dovrebbe essere pel proletariato il doppio fine confessato della sua agitazione contro lo czar.48 5.6 - In difesa dell’onore dei socialisti triestini. Nel gennaio 1909 si dà notizia della crisi del quotidiano socialista triestino Il Lavoratore, costretto a ridurre la sua uscita a due volte la settimana, poiché le vendite non riescono a ripagare la gestione. 49 In giugno, in occasione delle elezioni amministrative locali, avviene una scissione all’interno del socialismo triestino, con l’uscita dal partito e la rinuncia al mandato parlamentare del deputato Silvio Pagnini, che esce su posizioni nazionaliste in polemica con la decisione di candidare dei socialisti sloveni nelle liste. Dopo l’insuccesso della sua successiva candidatura autonoma per le elezioni suppletive (dove riceverà 300 voti contro i 1700 del candidato ufficiale Cerniuz, riuscendo però a far perdere il collegio al partito socialista a favore del liberalnazionali) Pagnini costituirà con i suoi seguaci e con i repubblicani la Camera del Lavoro italiana di Trieste.50 Nei mesi successivi, nel rispondere alla violente campagne nazionaliste ed irredentiste contro i socialisti triestini, i compagni friulani rispediscono al mittente l’accusa di austriacantismo e di snazionalizzazione della città adriatica: Contro la strenua difesa dell’operato dei socialisti triestini, chiamati nelle difficoltà enormi di un ambiente nazionale a porre in atto le loro idealità, difesa sviluppata con tutta una larga dimostrazione di dati economici e di fatti politici, il nazionalismo triestino non ha saputo che opporre la lurida prosa dei libelli ai quali hanno tenuto bordone in Italia le ultime bolsaggini dell’irredentismo sfiatato. Ma gli italianissimi di Trieste intenti sotto la pressione delle esigenze dei loro profitti capitalistici a slavizzare la città mediante un’opera ormai decennale di richiamo di crumiri slavi contro le organizzazioni del proletariato italiano, le vergini vestali della patria in omaggio alla quale contro i socialisti hanno votato al parlamento di Vienna l’aumento della leva ed enormi cumuli di spese militari dirette contro l’Italia (...): le motivazioni della lotta politica portano a rovesciare sugli immigrati dalle campagne istriane e slovene la stessa valutazione di crumiri, di responsabili del peggioramento delle condizioni dei lavoratori indigenti che in Europa sono attribuite agli emigranti italiani. In un rovesciamento dei ruoli - pur rivendicando teoricamente la loro coerenza internazionalistica - i socialisti sono portati a far propria in qualche modo l’identità nazionale italiana, sotto forma di difesa delle condizioni di vita del proletariato cittadino. 51 Nell’autunno del 1909 si svolge fra il radicale Paese ed il socialista Il Lavoratore Friulano una lunga e violentissima polemica a proposito del ruolo dei socialisti triestini. Una polemica così violenta che finirà con la sfida a duello da parte dell’esule Romeo Battistig nei confronti di Giovanni Cosattini, che ovviamente rifiuta, come nel costume dei socialisti dell’epoca, che si fanno un punto d’onore nel combattere quello che ritengono il retaggio di un passato barbarico. E’ invece da un episodio di duello concesso (e vinto, a differenza che nel caso sfortunato di Felice Cavallotti) che ha inizio la polemica. E’ Lanza, il nuovo direttore regnicolo de Il Lavoratore di Trieste - formatosi in quell’ambiente studentesco impregnato dalle idee carducciane ove ogni contesa viene risolta a colpi di spada - a provocare Federzoni - esponente delle posizioni più reazionarie ed antipopolari espresse dal mondo politico italiano - che per parte sua alimenta sulla stampa italiana (sotto lo pseudonimo di Giulio De Frenzi) l’accusa al socialismo triestino di essere Si riferisce al rapporto di parentela fra la casa reale italiana e quella del piccolo regno balcanico, per il tramite del matrimonio fra Vittorio Emanuele III ed Elena, figlia del re del Montenegro. 48 LF, n. 251 del 24 luglio 1909, pag. 1, FUORI LO CZAR e fuori l’irredentismo. 49 LF, n. 222 del 16 gennaio 1909, pag. 1, IL “LAVORATORE” DI TRIESTE. 50 Cfr. le corrispondenze di Giuseppina Martinuzzi: LF, n. 247 del 26 giugno 1909, pagg. 1 e 2, Socialisti, nazionali italiani e nazionali slavi (i testi sono riprodotti in appendice) e PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pagg. 230-232. 51 LF, n. 258 dell’11 settembre 1909, pag. 3, I pifferi del Nazionalismo. 17 47 asservito all’Austria. Finisce in un duello presso Udine, dove Lanza riduce a mal partito Federzoni con due fendenti al volto che fanno interrompere il duello.52 Il casus belli è costituito dal rifiuto, da parte dei socialisti, dell’appoggio dei liberalnazionali italiani in occasione delle elezioni amministrative triestine. L’avvenimento si inserisce nel contesto dell’estensione del suffragio alle classi popolari, cui viene concesso di votare in una quinta curia loro destinata, a fianco delle quattro espresse dai ceti privilegiati. Da parte socialista si contesta come ciò sia il frutto dello sciopero generale indetto dalla socialdemocrazia asburgica, mentre in Italia non si è ancora raggiunta questa conquista democratica. Una conquista così importante da far passare in secondo piano quei timori, presenti pur nelle file del Psi, che attraverso il suffragio universale si possa giungere al successo elettorale dei cattolici: Ebbene malgrado queste oscure previsioni noi restiamo gli strenui propugnatori del suffragio universale perché sentiamo che solo per questa via verranno lanciate nelle competizioni politiche le grandi masse costituenti la grande maggioranza della popolazione. Il popolo potrà errare, ma ritrova presto o tardi la sua via. Esponenti socialisti intervengono anche con ampi articoli sul quotidiano radicale: primo è Francesco Toneatti, un operaio che ha vissuto lungo tempo nelle terre irredente , che elenca una lunga serie di atti nei quali sono stati i liberalnazionali italiani, oltre ai clericali, a rendere omaggio servile alle istituzioni della monarchia asburgica. Visto che il giornale glissa sulle accuse di Toneatti, rovesciando sui socialisti triestini le critiche di parte del mondo socialista italiano (Bissolati, Treves, Gino Piva ed Arturo Labriola), Libero Grassi osserva come ai fatti specifici che riguardano la destra nazionalista si è capaci solo di contrapporre accuse generiche: perché se Valentino Pittoni è filoasburgico solo a causa dell’autorevolezza datagli dal rappresentare la maggioranza della popolazione triestina, ciò equivarrebbe a definire filogovernativi quei dirigenti socialisti italiani il cui peso impone alle autorità pubbliche di consultarli ogniqualvolta ci siano questioni di vitale importanza. Grassi ripercorre il dibattito del convegno socialista italo-austriaco del 1905, ove Valentino Pittoni sostenne una posizione chiaramente internazionalista e classista, sostenuto dai maggiori dirigenti della socialdemocrazia asburgica e da Enrico Ferri, mentre di Lazzarini di Albona, Piscel di Rovereto e Gino Piva di Pola sostennero che il principio d’Italianità non può venir né rimpicciolito né subordinato , posizione bollata di irredentismo dai dirigenti socialisti Nemec (ceco) e Bokany (ungherese) i quali fecero notare che la stessa rivendicazione proposta dagli italiani sarebbe dovuta valere a maggior ragione per i loro connazionali, costituenti la maggioranza dei sudditi dell’Impero. Pagnini, che poi sarebbe uscito dal Psi su posizioni nazionaliste italiane, non si differenziò da Pittoni, la cui linea venne poi fatta propria dalle direzioni nazionali dei partiti italiano ed austriaco.53 Il dibattito provocato da Il Paese suscita la polemica non solo de Il Lavoratore Friulano ma anche del Giornale di Udine, che si stupisce di come possa essere concesso tutto questo spazio ai socialisti sul quotidiano del presidente del comitato udinese della Società Trento e Trieste. A proprio sostegno il quotidiano radicale cita il messaggio di Gino Piva, direttore del giornale socialista torinese Il Grido del Popolo: “Bravi! Sempre contro l’Austria!”54 Seguono vari articoli di Romeo Battistig, definito peraltro con rispetto da Il Lavoratore Friulano esule con una condanna a morte sulle spalle per la sua agitazione contro l’Austria. Per Battistig il successo del Partito Socialista triestino si deve soprattutto all’azione di Valentino Pittoni, che ha saputo arrivare al successo sottraendo il proletariato all’area nazionalista italiana (liberali, democratici e repubblicani) la quale, soprattutto grazie all’apporto venuto ai socialisti da quella austriacante (cattolici, legittimisti e nazionalisti slavi) è finora rimasta soccombente. Viene ripetuta l’accusa che i socialisti sono arrivati al parlamento di Vienna grazie all’appoggio governativo e dei nazionalisti slavi (clericali compresi, accusa che ha dell’incredibile per l’epoca) così come si rivendica il successo dei liberalnazionali italiani che hanno impedito la riforma del sistema elettorale amministrativo (mantenendo così il predominio a Trieste grazie all’antidemocratico voto per curie). Secondo Battistig, l’opinione che Pittoni sia al servizio del Luogotenente principe di Hohenlohe e sostenuta a Trieste da molti galantuomini, sta producendo l’abbandono di molti socialisti ed è stata raccolta da Luigi Federzoni (ovviamente Battistig presenta una versione del duello fra Lanza e Federzoni che fa apparire rinunciatari, anche se infine ingiustamente vincitori sul campo i socialisti: ma è d’accordo con Piemontese nel sostenere che il duello si è chiuso con l’intervento dei sanitari e Federzoni ferito più volte). Conclude affermando che non è possibile, in un paese oppressivo come continua ad essere l’Austria, che alcuno si alzi a provare le accuse contro Pittoni. Di fronte alle repliche de Il Lavoratore Friulano, Battistig ritorna sugli stessi argomenti, soprattutto sul rifiuto socialista di fare un accordo elettorale con i liberalnazionali per raccogliere il voto slavo. Ritorna sulla riforma elettorale amministrativa bloccata, ammettendo che si trattava di una riforma di tipo nazionale (non limitata solo a Trieste) ma replicando, con notevole spudoratezza, che ciò era finalizzato ad utilizzare, Il piacentino Angelo Lanza aderisce al socialismo nel 1893, mentre sta studiando medicina a Genova. Dal giugno 1909 fino al 1915 sarà direttore de Il Lavoratore di Trieste. Rientrato in Italia nel 1915 a causa della guerra, nel dopoguerra lavorerà all’Avanti! solo come correttore di bozze, rifiutandosi di prendere parte alle contese interne al Psi. Morirà nell’aprile 1945, pochi giorni prima della Liberazione, dopo essersi rifiutato rigorosamente di collaborare in ogni modo con suoi scritti all’esistenza del regime fascista. Cfr.: PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pagg. 194-197. Piemontese colloca però erroneamente il duello due anni dopo. 53 P, nn. 216 di sabato 11 settembre 1909, pag. 1, I SOCIALISTI ITALIANI DI TRIESTE. Dopo il duello Lanza-De Frenzi, articolo firmato Francesco Toneatti, operaio e 220 di giovedì 16 settembre 1909, pag. 1, I SOCIALISTI ITALIANI DI TRIESTE. LA POLEMICA E’ APERTA. UN SOCIALISTA, articolo firmato da Libero Grassi. Cfr. i testi in appendice. 54 P, n. 222 di sabato 18 settembre 1909, pag. 2, “Giornale di Udine” “Lavoratore” ed i socialisti italiani di Trieste. 18 52 contro le varie nazionalità oppresse, il proletariato. L’Austria – politicamente peggiore e molto più ipocrita della santa Russia – ha trovato finora la sua esistenza nella discordia dei popoli e nella tempra delle baionette; ma dovette persuadersi che i vecchi puntelli mal reggevano all’urto della civiltà che vive e si intensifica nell’amore delle patrie. Ricorse allora ad un nuovo elemento per rinfrescare la vetusta insegna del divide et impera e scatenò le masse incoscienti del proletariato, speculando sulla fame, sull’ignoranza e sull’impulsività delle folle per dare il tracollo alla misura. Quando nelle nostre provincie irredente gli slavi e i croati non riescono a soffocare lo spirito d’italianità o i tedeschi in Boemia sono insufficienti a fronteggiare gli czechi, si mette mano a la spina del cosidetto socialismo internazionale ed il colpo è fatto a tutto vantaggio della pericolante compagine dello stato e di S.M. graziosissima, l’imperatore degli impiccati. Laddove si può constatare come il relativismo della propaganda nazionalista usi sempre gli stessi argomenti, realizzando una sorta di universale unità di tempo e di luogo fino a sfidare i confini dell’infinito: la plebe è incosciente e strumentalizzata, salvo quando non è utile per fare “patriotticamente” da carne da cannone in un conflitto a pro della rispettiva borghesia (nel Ventesimo Secolo in Europa solo “alcune” decine di milioni di vittime, se consideriamo solo i morti ed evitiamo il computo dei feriti, mutilati ed invalidi, vedove, orfani e via discorrendo...). Paradossalmente gli stessi slavi, parlanti lingue quasi simili, sono “cattivi” nella Venezia Giulia ma “buoni” in Boemia… Argomenti che appaiono mescolati con la snervante ripetizione delle circostanze della sfida a Pittoni ad accettare una giuria arbitrale con Federzoni. 55 Battistig nega quindi il valore democratico del suffragio universale, riducendolo ad un mero espediente della monarchia austro-ungarica per danneggiare l’elemento nazionale italiano a favore di quello tedesco e di quello slavo, scatenando le masse incoscienti ed accusa i socialisti triestini di aver favorito i nazionalisti sloveni alle elezioni locali, mentre la realtà è che ovviamente nelle liste socialiste ci sono anche candidati sloveni internazionalisti, contro cui evidentemente viene fatto valere il pregiudizio razzistico. In realtà i socialisti triestini, combattuti dai nazionalisti sia italiani che sloveni, non hanno dato loro un voto ma semmai ne hanno ricevuti: dai liberalnazionali italiani ove i socialisti siano in ballottaggio contro nazionalisti sloveni e viceversa. Voti di sostegno peraltro sdegnati e comunque non necessari visto il distacco esistente con gli avversari ancora in competizione. Ai nazionalisti italiani il Psi rinfaccia inoltre come i liberalnazionali triestini attacchino volgarmente Valentino Pittoni, salvo poi votarlo a componente di varie commissioni comunali. Tutta questa polemica ha però una conseguenza negativa per i liberalnazionali: se nel 1907 i voti socialisti hanno soccorso il loro candidato a Pola, oggi lo stesso non avviene a Gorizia, ove i socialisti scelgono l’astensione, favorendo così il candidato clericale. Ed a Battistig che nota come vari esponenti del socialismo italiano abbiano espresso opinioni diverse da quelle dei socialisti friulani, ci si permette di replicare prendendo in giro i difetti dei propri dirigenti (od ex dirigenti) nazionali, notando come le loro debolezze siano pubblicamente oggetto di dibattito e di satira nella stampa socialista. 56 Interviene anche, per fatto personale, il direttore de Il Lavoratore di Trieste Angiolo Lanza, che puntualizza alcuni aspetti della vicenda che lo ha visto coinvolto e conclude, dopo aver smentito affermazioni false nei suoi confronti: Del resto, sulle vicende e sugli uomini del partito socialista di Trieste, l’opinione pubblica del Regno è sempre stata informata… così!57 Ultimo interviene su Il Paese Natale Rovina, esponente della Lega democratica nazionale di matrice democratico-cristiana, che difende parzialmente i socialisti triestini, affermando innanzitutto che il dibattito finora condotto è di basso livello e che le informazioni su Trieste in Italia sono inadeguate. Quanto all’atteggiamento internazionalista dei socialisti, egli ritiene che la sottovalutazione da parte loro dell’idealità patriottica sia perlopiù frutto di dogmatismo economicistico e non certo di malafede politica. Economicismo che deriva dalle originali condizioni di pesante sfruttamento del proletariato, che impediva ad esso di poter comprendere la complessità della costruzione sociale e quindi anche le complesse forme di idealità. Ma lo sviluppo del movimento, il suo passaggio dalla fase rivoluzionaria a quella evoluzionistica, porta al superamento di questi schematismi, per cui il nazionalismo, da retaggio di un passato irrazionale, diventa uno stadio naturale che viene integrato, e non negato dall’internazionalismo. E’ questo il motivo della reazione di socialisti come Piva e Pagnini, che rifiutano il dogmatismo internazionalista in cui rimangono ingabbiati i socialisti triestini, che trascurano gli interessi della nazionalità italiana in Austria. Ma i socialisti si sono preoccupati di tutelare il proletariato, del quale la borghesia italiana si è disinteressata, al punto tale di favorire l’invasione slava per avere manodopera più docile ed a minor costo. I socialisti hanno il grande merito di essersi battuti per l’elevamento dei lavoratori, mentre la borghesia non ha credibilità per suscitare il consenso di questa classe per le idealità nazionali (che per Rovina, che ricorda ai socialisti triestini la presa di posizione dell’Arbeiter Zeitung a favore dell’annessione della Bosnia all’Austria-Ungheria, sono fonte di progresso). Per questo i De Frenzi/Federzoni hanno torto, perché il tradimento nazionale dei socialisti triestini è giustificato dall’egoismo di classe della borghesia, e dall’opportunismo parolaio degli irredentisti di qua e di là del confine. Rovina afferma infine di aver dato un colpo al cerchio ed uno alla botte: tutti P, nn. 225 di mercoledì 22 settembre, pagg. 1 e 2, I SOCIALISTI ITALIANI DI TRIESTE. La polemica è aperta, 230 di martedì 28 settembre 1909, pagg. 1 e 2, stesso titolo e 234 di sabato 2 ottobre 1909, pag. 2, I socialisti italiani di Trieste. Al Direttore del “Lavoratore”, 239 di venerdì 8 ottobre 1909, pagg. 1 e 2, I SOCIALISTI ITALIANI DI TRIESTE. Replica al “Lavoratore Friulano”. 56 LF, nn. 260 del 25 settembre 1909, pag. 3, La polemica. I socialisti italiani di Trieste, 261 del 2 ottobre 1909, pag. 3, Socialisti e Nazionali a Trieste (Rispondendo a R. Battistig) e 262 del 9 ottobre 1909, pag. 3, Socialisti e Nazionali a Trieste (Breve controreplicando). 57 P, n. 232 di giovedì 30 settembre 1909, pag. 3, I socialisti italiani di Trieste. Per fatto personale. 19 55 debbono ammettere di aver avuto delle colpe, ma soprattutto i nazionalisti debbono ammettere di essere privi di vere idealità e di coerenza, senza le quali non sono legittimati a dare dei traditori ai socialisti. 58 Diversa è la polemica socialista nei suoi confronti; poiché si riconosce che un dialogo è possibile, condividendo le critiche ai nazionalisti guerrafondai. Si ricorda invece (criticando la sua sottovalutazione del ruolo del socialismo nella difesa dell’italianità di Trieste) l’opera di sviluppo della cultura italiana realizzata dalle istituzioni del movimento operaio triestino fra le masse popolari della città. A sostegno di questa replica si riporta un passo di Scipio Slataper, ove viene dato un giudizio alquanto lusinghiero sul lavoro culturale dei socialisti italiani fra le masse lavoratrici della città adriatica, giudicandolo di gran lunga più importante di quello svolto dai liberalnazionali, in quanto volto alla promozione contemporaneamente delle idee socialiste e di quelle italiane. Al contrario i liberalnazionali, secondo Slataper, concentrano i loro sforzi nel boicottare l’apostolato culturale dei socialisti e dissipano le risorse pubbliche destinate alla cultura con il risultato di non riuscire ad avvicinare le masse, proprio perché discriminano il loro partito politico ed i suoi canali di informazione. La polemica su questo fronte viene chiusa con una lettera di Natale Rovina a Il Lavoratore Friulano, in cui egli ammette di condividere molte delle valutazioni di parte socialista: Accontentatevi per ora di queste dichiarazioni che io credo doverose da parte mia: 1. che io riconosco i meriti grandi del partito socialista, anche a Trieste, e che non nego ogni opera di italianità dei socialisti triestini. - 2. che non credo all’idealismo della gran parte dei nazionalisti, colpevoli più degli altri di questo affievolimento di energie della razza italica - 3. che io, come qualsiasi altro gregario della Lega democratica nazionale, abborrisco dalla guerra: solo sento vivo e profondo l’amore per la patria, mi sento orgoglioso della mia italianità e credo che neppure il socialismo (se non fosse per quel benedetto idealismo religioso io mi professerei molto volentieri socialista) debba trascurare e porre in seconda linea quelli che sono veramente interessi nazionali.59 Non egualmente si risolve il dibattito con Battistig, che dà incarico al dr. Carlo Marzuttini ed a Giusto Muratti di richiedere a Giovanni Cosattini ed Ernesto Piemonte chi fosse l’autore dell’articolo sul n. 262 del 9 ottobre de Il Lavoratore Socialista a lui rivolto. Giovanni Cosattini si rifiuta di dargli il nome e si assume la responsabilità di quanto scritto. Allora Battistig manda due ufficiali a Cosattini per ottenere una smentita dell’articolo oppure per sfidarlo a duello, cosa che Cosattini rifiuta, sostenendo che quanto sia ritenuto di offensivo da Battistig è la pura e semplice risposta a quanto da lui affermato ne Il Paese del giorno precedente. A Battistig non rimane che notare che il procedimento degli avversari è così strano e così contrario alle vigenti consuetudini in materia d’onore. Lo stile socialista, alieno dalle barbare usanze ereditate dalla società feudale, spiazza l’avversario, che non può che sentenziare, rivolto al redattore socialista che lo attacca, come i galantuomini lo giudicheranno. 60 5.7 - Il Primo Maggio 1910 ad Udine. Pochi mesi dopo sarà una manifestazione nel capoluogo di provincia a dare l’occasione per un dibattito diretto fra esponenti friulani del socialismo internazionalista e del socialismo triestino piegatosi al nazionalismo italiano. Ad Udine l'oratore ufficiale socialista per il Primo Maggio 1910 è l’avvocato sacilese Enrico Fornasotto, che parla a favore del suffragio universale. Si tratta di una giornata di tensione per il movimento socialista: fin dalle nove del mattino c'è animata discussione fra i rappresentanti delle leghe e quelli della Camera del Lavoro, poiché molti organizzati ed iscritti non sono ancora presenti. Ma il corteo si forma comunque perché l'ora stringe, e vi partecipano duecento persone, guidate dalla banda cittadina. Il corteo si svolge senza entusiasmo, mentre risuonano l'Inno dei Lavoratori e la Marsigliese. Il comizio si svolge alla Sala Cecchini alla presenza di trecento persone. Fornasotto parla introdotto da Alfredo Dozza della Camera del Lavoro. L'avv. Enrico Fornasotto quando incomincia a parlare incontra subito la simpatia degli operai. L'oratore per circa un'ora parlò sul tema d'attualità. Suffragio Universale: Disse che il suffragio Universale è l'arma più poderosa che il proletariato possa disporre per la difesa e lo sviluppo delle sue conquiste economiche e politiche. Ma il comizio non si svolge senza contestazioni. E già si stava per uscire e ricomporre il corteo quando fu chiesta la parola. Il contraddittore, chiamiamolo così, è un barbiere, certo Adami occupato ora a Trieste. Fin dalle prime parole si comprende che il barbiere appartiene a quella frazione del partito socialista Triestino che si chiama dei socialisti nazionalisti capitanati dall'ex deputato Pagnini. Dopo aver inveito contro i deputati socialisti di Trieste, accusandoli d'essere appoggiati dal Governo Austriaco, legge un ordine del giorno favorevole ai socialisti nazionali inscritti alla Camera del Lavoro di Trieste. Ma appena terminò di parlare, il tipografo Miani insorge protestando e dicendo che i socialisti nazionali sono alleati alla borghesia liberale di Trieste e che perciò non meritano nessun appoggio dal proletariato e dai socialisti. Ormai la discussione era iniziata, e l'avv. Fornasotto disse poche parole ricordando che i deputati socialisti di Trieste votarono contro le spese militari, mentre i deputati italiani al Parlamento Austriaco votarono per le spese improduttive. (Applausi prolungati). P, n. 240 di sabato 9 ottobre 1909, pagg. 1 e 2, I SOCIALISTI ITALIANI DI TRIESTE. Socialismo e internazionalismo. LF, nn. 263 del 16 ottobre 1909, pag. 3, Nazionalisti e Socialisti di Trieste e 264 del 23 ottobre 1909, pag. 3, E questo fia suggel... e Nazionalisti e Socialisti. 60 P, n. 248 di martedì 19 ottobre 1909, pag. 3, Echi della polemica su “I socialisti italiani di Trieste”. 20 58 59 E l'incidente ha un breve seguito; e per farla finita parecchi escono dalla Sala Cecchini commentando sfavorevolmente il contegno dell'Adami che non chiamato volle venire qui a portare sul tappeto delle questioni intempestive. Cessato appena l'incidente Adami, un'altra voce chiede di parlare. E' il falegname Pietro De Marchi trivigiano, il quale con foga oratoria rude ma sincera e convinta si scaglia contro il suffragio universale e contro il parlamentarismo. Applausi scroscianti salutarono le parole del sindacalista De Marchi. E qui notiamo per incidenza il contrasto tra gli applausi prodigati all'avv. Fornasotto sostenitore del suffragio universale e quelli prodigati al De Marchi che parlò contro. Fatto sta che dopo la tiratina sindacalista del De Marchi tutti escono dalla Sala Cecchini sperando che nel pomeriggio la festa del lavoro abbia ad assumere un carattere di maggiore solennità. L'estemporaneo intervento di De Marchi non rappresenta però l'espressione di una voce isolata, come quello del compagno triestino: infatti alle 16 a Basaldella, dove si è diretto un misero corteo di cinquanta compagni per svolgere in quella località la cerimonia di inaugurazione della bandiera della Lega dei metallurgici, parlano di fronte a quattrocento persone Giovanni Bellina, giunto da Venzone, Federico Basso, Pietro De Marchi ed Ernesto Piemonte. Gli esponenti sindacalisti sono ben rappresentati, visto che oltre a De Marchi parla anche Giovanni Bellina: e nuovamente il Psi si trova a dover affrontare le due diverse dissidenze, unite nella critica alla democrazia parlamentare ed alla strategia riformista. 61 Un anno dopo, nel giugno 1911, la solidarietà internazionalista con i compagni triestini indurrà la Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro di Udine a rifiutare un incontro, richiesto dal segretario della Camera del Lavoro di Trieste, promossa dai socialisti scissionisti guidati da Silvio Pagnini. L’incontro è richiesto per uno scambio conoscitivo sulle modalità di gestione organizzativa ed economica dell’organismo sindacale friulano; il rifiuto di incontrare la CdL triestina nasce dal giudizio sul suo ruolo politicamente contrapposto alle Sedi Riunite, l’organizzazione sindacale tradizionale del socialismo triestino, e dal fatto di essere oggettivamente un sindacato giallo, cioè corporativo e succube degli interessi capitalistici. 62 5.8 - Le elezioni austriache del 1911. I partiti socialisti italiano, austriaco ed ungherese convocano a Roma per il 9 e 10 aprile 1911 un convegno contro i pericoli di guerra ed il militarismo: l’obiettivo è quello di giungere ad una riduzione degli armamenti e ad una diplomazia dei popoli, basata sui comuni interessi di lavoratori, al di sopra degli intrighi diplomatici e degli odii nazionalistici. Contemporaneamente al convegno vengono convocati comizi in tutte le località dei due paesi. Il convegno viene però rinviato a causa dello scioglimento del parlamento austriaco e del breve tempo concesso per la campagna elettorale.63 La campagna elettorale ed i risultati sono seguiti con particolare attenzione dal settimanale socialista friulano, che vi dedica vari articoli con notevole risalto. Alla vigilia delle elezioni del 13 giugno Il Lavoratore Friulano esce con quattro articoli, due nella prima e due nella seconda pagina, come se si trattasse di un numero propagandistico della propria campagna elettorale. Parte dei testi sono costruiti sulla base di notizie provenienti dall’organo della socialdemocrazia austriaca, l’Arbeiter Zeitung. Nell’editoriale, dopo aver notato che la piattaforma elettorale del Partito socialista in Austria è stavolta contro le spese militari, si rileva come al contrario la borghesia nazionalista ed irredentista triestina sia a favore di quelle stesse spese militari che vengono fatte in funzione antitaliana. Nazionalisti italiani e nazionalisti italo-austriaci sono uniti dall’interesse economico allo sviluppo dell’industria bellica, che viene indicata da Il Piccolo (contro il quale viene condotta la polemica) come l’elemento trainante dell’industria moderna. Respingendo le argomentazioni liberal-nazionali che imputano ai socialisti di non badare a tutelare il loro stesso elettorato fatto di lavoratori dell’industria militare, si nota la strumentalità di queste argomentazioni: quando sono in crisi gli altri settori economici, la borghesia non si fa problemi a licenziare in massa gli operai e ad indurli all’emigrazione. Ma in questo caso, come per lo Stabilimento Tecnico Triestino, sono in ballo tassi di profitto del 17%! Le elezioni si approssimano in una situazione che appare favorevole alla propaganda socialista, e che mette al contrario in difficoltà i vari schieramenti nazionalistici, tutti in lotta contro il governo nei loro territori di appartenenza, tutti succubi della politica governativa nel parlamento viennese. Il meccanismo che mette in crisi questa ambiguità, secondo Amilcare Storchi, è il suffragio universale, che fa entrare le grandi masse popolari nella scena politica. Si mette inoltre in rilievo il grande contributo finanziario prestato dalle organizzazioni sindacali austriache alla campagna elettorale del Partito socialista.64 P, n. 103 di lunedì 2 maggio 1910, pagg. 2 e 3, Il Primo Maggio a Udine. LF, n. 348 del 23 giugno 1911, pag. 2, Cronaca Cittadina. I socialisti nazionalisti Triestini e la Camera del Lavoro. 63 LF, n. 340 del 7 aprile 1911, pag. 1, Per il Convegno socialista italo-austro-ungarico. 64 LF, n. 349 del 10 giugno 1911, pag. 1, Nazionalismo, socialismo e spese militari (per la curiosa lotta elettorale di Trieste) e “ABBASSO I SOCIALISTI” e pag. 2, Il Partito Socialista Italiano e le elezioni in Austria. Le virtù del suffragio universale e Il tesoro di guerra. L’articolo sul suffragio universale viene firmato da Amilcare Storchi, giornalista socialista reggiano, già presente a Trieste nel 1909 in sostegno della campagna elettorale amministrativa del socialismo triestino. In conseguenza di quell’attività e delle accuse nazionaliste di aver fatto propaganda antitaliana, Storchi provoca un processo per diffamazione a Reggio Emilia nel 1910 che ha molta risonanza, coinvolgendo come testimoni i capi del nazionalismo italiano e del nazionalismo e socialismo triestino. Cfr.: PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pagg. 253-254. 21 61 62 Il risultato elettorale, pur non potendo ripetere il “miracolo” dell’elezione di quattro deputati di quattro anni prima, è buono per i socialisti, che vedono rieletti Pittoni ed Oliva nel ballottaggio, a fronte di due liberalnazionali italiani e di un nazionalista slavo; un buon risultato è anche quello della città di Pola, dove il candidato socialista è il più votato, pur essendo declassato al terzo posto dal voto dei comuni agricoli. I socialisti si sono astenuti in tutti i ballottaggi ove si sono confrontati i nazionalisti dei due schieramenti; viceversa gli sloveni hanno dato indicazione di voto a favore dei socialisti nei due collegi di Trieste. Il crescente voto ai nazionalisti sloveni anche in città dimostra il risveglio di questo popolo che acculturandosi sta uscendo dalla subalternità secolare all’etnia italiana. Inoltre il risultato elettorale di questi collegi dimostra che - se i lavoratori sloveni hanno votato per i socialisti - al contrario la piccola borghesia di quella nazionalità ha votato per i candidati nazionalisti italiani: preludio ad un futuro in cui si ipotizza una riunione di classe fra le borghesie italiana e slovena, in funzione antioperaia. Mentre tutta la stampa nazionalista, a Trieste come in Italia, accusa i socialisti di aver fatto un esplicito accordo elettorale con i nazionalisti sloveni, i socialisti si dedicano a documentare i gravi brogli elettorali commessi ai loro danni e la corruzione esercitata dai nazionalisti italiani. Sono la Patria del Friuli di Udine ed Il Gazzettino di Venezia che riprendono dal Corriere friulano di Gorizia il testo creato ad arte di un accordo fra il capo socialista triestino Valentino Pittoni e quello della sloveno-nazionale Edinost per il ballottaggio e la successiva condotta parlamentare, amministrativa e sindacale. Pubblicazione cui Pittoni replica sfidando gli avversari apertamente a provare la veridicità del documento, in cambio delle sue immediate dimissioni.65 5.9 - Nessun crumiro deve arrivare a Pola! La borghesia italiana, sempre pronta a chiedere il sostegno dei lavoratori al momento del voto, non si fa scrupolo di ricorrere a crumiri di altre nazionalità quanto si trova di fronte agli scioperi. Citando il giornale Istria socialista si dà notizia di come da due mesi i muratori di Pola siano in sciopero, ed i loro padroni - tutti italiani esclusa una ditta tedesca - hanno provveduto a cercare crumiri in Dalmazia, in Croazia ed in Bosnia: non li hanno trovati, ma questo è stato il risultato della solidarietà internazionale fra gli operai. In quegli stessi giorni si pubblica un avviso della Lega muratori di Pola che avverte come si aggiri per il Friuli un certo arruolatore di crumiri di nome Battistutti, invitando tutti i compagni a vigilare su questo sconcio, e ad avvertire il partito e l’ispettore del lavoro (che ci si augura saprà applicare la legge sull’emigrazione clandestina).66 La partecipazione dei socialisti friulani è tutt’altro che propagandistica: la corrispondenza del bollettino L’Emigrante testimonia di come l’organizzazione del Segretariato dell’Emigrazione e della Federazione Edilizia di Udine sia stata coinvolta nella lotta con il compito di bloccare il crumiraggio friulano. Dopo 80 giorni di compatto sciopero, senza che mai la lotta abbia potuto essere interrotta dai crumiri, ed otto giorni di trattative, la lotta degli edili a Pola si è conclusa con la vittoria operaia. Il contratto triennale ottenuto conquista l’orario mensile di otto ore per cinque mesi e di nove per sette mesi, aumenta i minimali retributivi, ottiene la festività del Primo Maggio ed il giudizio arbitrale nelle controversie. Non si può parlare di vittoria per la parte relativa all’orario, visto anche che si partiva dalla rivendicazione delle otto ore avendo alle spalle l’organizzazione già acquisita del novanta per cento degli edili polesi; viceversa sono stati buoni i risultati salariali. Se ne trae la conclusione che l’agitazione per le otto ore, per il suo carattere rivoluzionario e la grande resistenza della borghesia, non può essere conquistata con scioperi parziali, ma solo con l’agitazione generale che deve coinvolgere le grandi città. Ancora una volta abbiamo dovuto constatare dolorosamente l’intervento di squadre di crumiri friulani. Malgrado l’annuncio dello sciopero e i repetuti avvisi pubblicati sulla stampa udinese e specie sul Lavoratore malgrado il nostro avvertimento vi sono state due o tre compagnie numerose di operai friulani che inconsapevoli si sono dirette a Pola. La Federazione provinciale edile inviò il suo segretario Paolini a Pola il quale fra mille difficoltà riuscì a distogliere dal lavoro 12 operai nostri. Il Segretariato riuscì a fermarne una squadra di 33 alla stazione di Udine condotti da un certo Furlani di Marano che affermò nulla sapere dello sciopero, e di aver arruolato la gente per incarico di certi Battistutti e Martina di Chiusaforte. Il primo deve essere un disegnatore o impiegato di qualche firma edile di Pola. Il secondo è un noto albergatore. Il vero responsabile dell’arruolamento è il Battistutti ma desta anche meraviglia la leggerezza con cui un albergatore si mette con tranquillo animo ad arruolare gente per l’estero senza neanche prendersi la briga d’informarsi presso il Segretariato se vi sia agitazione o sciopero. Noi sappiamo che per ogni operaio arruolato era dalle firme promessa una paga di 60 – 70 hell., mentre gli ingaggiatori fissavano all’atto dell’arruolamento delle paghe ben inferiori: in tasca di chi andavano i centesimi di differenza? Dalla risposta a questa domanda si potrebbe esser illuminati sul perché degli impiegati e degli albergatori si prendano il fastidio di fare quello che non è il loro mestiere. 67 LF, nn. 350 del 17 giugno 1911, pag. 2, Le elezioni in Austria, 351 del 24 giugno 1911, pag. 1, Le elezioni a Trieste, che riunisce due corrispondenze da Trieste datate il 20 ed il 21 giugno e 352 dell’1 luglio 1911, pag. 1, I nazionalisti criminali di Trieste e pag. 3, CRONACA CITTADINA. Colle mani nel sacco. Il Gazzettino quotidiano di Venezia, è schierato con la sinistra democratica radicale, ma nel dopoguerra viene invece definito come l’organo di stampa più reazionario del Veneto. Cfr. LF, n. 52 del 18 novembre 1905, I muratori (La stampa anche democratica (Gazzettino)...); cfr. inoltre il n. 28 del 28 dicembre 1919, pag. 1, La stupida e cattiva menzogna del “Gazzettino”. 66 LF, nn. 358 del 12 agosto 1911, pag. 2, Il “loro” nazionalismo, 360 del 26 agosto 1911, pag. 2, Si tenta arruolare crumiri per Pola e 363 del 16 settembre 1911, pag.1, La vittoria dei muratori scioperanti di Pola. 67 E, anno VI, n. 8, agosto 1911, Lo sciopero di Pola è finito. 22 65 I rapporti fra i socialisti friulani e quelli triestini sono di reciproco scambio: oltre alle corrispondenze c’è una relativa circolazione della stampa al di qua ed al di là del confine, e momenti di incontro politico e di socializzazione comune. Il ruolo de Il Lavoratore Friulano a Trieste viene riconosciuto non solo dai compagni friulani emigranti, dai quali spesso giungono sottoscrizioni ed abbonamenti, ma anche dagli stessi compagni triestini, come dimostra la sottoscrizione di diciotto di loro, inviata ad Udine per il tramite di Giuseppina Martinuzzi. Al settimanale socialista friulano è abbonato il Caffé Unione, struttura cooperativa che funge da luogo di ritrovo dei socialisti triestini.68 5. 10 - La guerra fratricida. Il 24 settembre 1911 la gita annuale de Il Lavoratore Friulano viene organizzata a Cormons, insieme ai compagni d’oltre confine. Questa occasione annuale di ritrovo della federazione socialista viene portata nel territorio del Friuli imperiale e trasformata in un’occasione di propaganda pacifista ed internazionalista contro i pericoli di guerra. Quest’anno così la gita per il nostro giornale assume un carattere speciale: alla consueta propaganda si aggiunge una manifestazione di simpatia e di solidarietà fraterna con i compagni del vicino impero, fatti segno, da parte della stampa nazionalista, ad attacchi feroci e ad una campagna a base d’ingiurie e d’accuse dimostrate ripetutamente false. (...) La nostra gita, però, vorrà dire ancora come i popoli dei due paesi soggiogati nello stesso chiuso capitalistico desiderino ardentemente la pace e stigmatizzino con tutta le loro forze la stolta gara d’armamenti navali nella quale si sono ingolfati e l’Italia e l’Austria: gara che, se procede provocherà la rovina economica delle due nazioni. Il proletariato di qua e di là dal confine, accomunato dai medesimi interessi, non vuol prestarsi al giuoco dei gruppi capitalistici, navali o siderurgici o industriali, dei due paesi, perché le loro speranze sono diametralmente antitetiche colle proprie. La solidarietà con i compagni asburgici non fa mancare una rivendicazione dell’opera di diffusione della cultura italiana realizzata dai socialisti, contro le classi dirigenti che vi si oppongono favorendo la penetrazione slava, apportatrice di mano d’opera non qualificata e perciò livellatrice di salari. 69 L’8 ottobre, dopo un primo rinvio dovuto a motivazioni di profilassi sanitaria anticolerica nella zona alto-adriatica, si dovrebbe svolgere a Trieste un convegno giovanile socialista italo-austriaco. Si raccolgono le adesioni per quella che dovrà essere una manifestazione di almeno 10.000 persone: i delegati veneti parteciperanno con un treno in partenza da Venezia: ma la manifestazione, infine fissata per il 29 ottobre, viene all’ultimo momento vietata dalle autorità. Identico destino avrà il convegno giovanile convocato per il settembre 1914 a Reggio Emilia, travolto dall’esplodere della guerra mondiale. 70 Nel maggio 1912 riprende, per arenarsi subito, il dibattito parlamentare sull’Università italiana in Austria. Il governo parcheggia in una sottocommissione di studio il proprio progetto di istituzione provvisoria di una facoltà giuridica di lingua italiana con sede a Vienna, su pressione dei gruppi pangermanisti e dei clericali sloveni. La situazione è descritta riproducendo un articolo del giornale socialista trentino Il Popolo, allora diretto dal deputato socialista al Reichsrat Cesare Battisti, futuro capo interventista e volontario irredento ucciso dagli austriaci dopo la cattura nel 1916. Il Popolo sottolinea come fra i diciotto parlamentari che in commissione bilancio hanno difeso il progetto dell’università italiana figurano tutti e otto i deputati socialisti: Questi socialisti sono tedeschi polacchi, czechi; sono persone rappresentanti classi a cui ben poco può interessare la nostra questione; sono otto deputati senza patria, come usa chiamarli la borghesia; ma questi czechi, tedeschi e polacchi, questi senza patria, hanno sempre difeso e sostenuto il giusto diritto della patria italiana nel nome della giustizia che deve trionfare per tutti gli uomini e per tutte le patrie. Al contrario alcuni alleati dei liberalnazionali e dei clericali italiani dell’Austria si sono eclissati dalla votazione: sono il clericale tirolese Schraffl, grande amico dei clericali italiani, ed i deputati rumeni che formano insieme agli italiani il gruppo parlamentare dell’”Unione latina”.71 Ormai le notizie sul socialismo triestino ed asburgico non appaiono più su Il Lavoratore Friulano, come già da tempo succedeva per Il Paese passato sull’opposta sponda politica. Per qualche tempo ancora, fino al 1913, compaiono gli scritti di Giuseppina Martinuzzi. Poi più nulla. Con lo scoppio della guerra italoturca per la Libia e delle guerre balcaniche, l’accelerarsi dello scivolamento verso la guerra mondiale porta ad un ripiegamento delle organizzazioni socialiste, per altro sottoposte al fuoco di fila della propaganda nazionalista che, sempre più aggressiva, individua i socialisti come i nemici interni dalla patria. Per i socialisti friulani l’emergenza creata dalla chiusura degli sbocchi di lavoro all’estero e dalla disoccupazione della quasi totalità dei lavoratori migranti sovrasta con ogni probabilità tutte le altre preoccupazioni. Lo scoppio della guerra viene vissuto come una sconfitta esistenziale per molti socialisti, anche se il silenzio riscontrato appare assordante e sintomo quasi certo di un’accettazione dell’inevitabile catastrofe. La possibile resistenza con lo sciopero internazionale contro la guerra viene contraddetta da questo disseccarsi dei fili di dialogo e collaborazione comune. Crolla dalle fondamenta un’ipotesi di costruzione, qui ed ora, di LF, nn. 355 del 21 luglio1911, pag. 4, Sottoscrizione permanente e 379 del 7 gennaio 1912, pag. 4, Piccola posta. Il Caffé Unione era sorto dopo un duro sciopero dei camerieri, la cui sconfitta comportò il licenziamento dei dirigenti sindacali e la loro disoccupazione poiché venivano boicottati dai gestori. Si costituì allora una cooperativa, che acquistò il Caffé Tedesco in Via Trenta Ottobre, che funzionerà fino alla chiusura da parte delle autorità fasciste nel 1923. Cfr.: PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pag. 119. 69 LF, nn. 360 del 26 agosto 1911, pag. 3, La gita del “Lavoratore” a Cormons e 362 del 9 settembre 1911, pag. 3, A CORMONS. 70 LF, nn. 358 del 12 agosto 1911, pag. 2, Convegno Giovanile Socialista italo-austriaco e 363 del 16 settembre 1911, pag. 1, Il convegno di Trieste rinviato. Cfr. inoltre: PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pagg. 221-224. 71 LF, n. 395 del 5 maggio 1912, pag. 3, L’UNIVERSITA’ ITALIANA ed i socialisti austriaci. 23 68 un mondo diverso, attraverso il superamento dell’oppressione capitalistica. La fede nell’evoluzione sociale, nella intrinseca corrosione del meccanismo di sfruttamento, nella conquista del potere per via pacifica, cui la borghesia non avrebbe potuto che inchinarsi prendendo atto del suo superamento storico, viene lacerata. E’ la borghesia che muove il suo scacco matto alle istituzioni della classe operaia, riconsegnandola al suo ruolo subalterno. La sconfitta viene sancita da dieci milioni di morti sui vari fronti di guerra e nelle retrovie per la fame e le epidemie. Molti dirigenti socialisti triestini soffrono così profondamente la rottura da non riuscire più a continuare il loro sforzo: il tipografo Antonio Gerin, già debole di salute per le lunghe peregrinazioni della sua vita, consuma la sua crisi aggravata dalla morte della moglie nel 1918 e si spegne nel 1926 nell’ospedale per cronici. L’ing. Francesco Pittoni, fratello di Valentino e progettista e consulente tecnico del partito, subisce nel 1914 un crollo nervoso che lo porta al ricovero in sanatorio a Graz, dove muore nel 1917. Il tipografo Michele Susmel, anima del Circolo di studi sociali, vede aggravarsi la sua crisi nervosa, che termina con il suicidio nel 1924. Angelo Vivante, l’autore di Irredentismo adriatico, la massima opera dell’austromarxismo dedicata alla situazione delle terre di lingua italiana dell’Impero, si ricovera all’Ospedale Psichiatrico nei giorni in cui inizia la guerra fra l’Italia e l’Austria, e lì si suicida un mese dopo.72 Questo dramma che sconvolge il socialismo internazionale, e soprattutto gli ambienti che avevano più coerentemente concepito il loro impegno in termini di solidarietà transnazionale, è stato immortalato da Athos Bigonciali, che conclude il suo primo romanzo (dedicato agli anarchici pisani) con la crisi personale di uno dei protagonisti mentre sta scoppiando la guerra. “Partendo per il manicomio di Volterra - annoterà L’Avvenire - il compagno Mammini sottoscrive per le vittime della reazione 0,50 centesimi inneggiando all’avvento di un’epoca in cui la verità non sia considerata più follia”.73 5.11 - Il dopoguerra. La collaborazione fra socialisti friulani e triestini riprende nel dopoguerra e porta Giovanni Cosattini, eletto al Parlamento italiano nel 1919, ad esercitare in quella sede le funzioni di rappresentanza indiretta del socialismo triestino ancora escluso dalla vita politica italiana, in quanto i nuovi territori sono considerati e trattati da zona di occupazione militare. Proprio sulle drammatiche condizioni di oppressione e di arbitrio dovute al regime militare Cosattini pronuncia il 9 agosto 1920 alla Camera dei Deputati un discorso particolarmente drammatico, nell’ambito della sua campagna di denuncia degli scandali prodotti dalle amministrazioni civili e militari nei territori già occupati dagli austro-tedeschi nel 1917 e negli ex territori asburgici. In una fase in cui il fascismo non si è ancora sviluppato con tutta la sua forza eversiva sul territorio italiano, Cosattini denuncia un regime di intollerabile oppressione, esercitato contro le nazionalità che si sono trovate come minoranze entro i nuovi confini nazionali italiani e contro il movimento operaio italiano. Nel richiamarsi ai principi dell’ordinamento giuridico e ad un’immagine nobile dello Stato creato dal Risorgimento nazionale, egli mette in rilievo lo stravolgimento dell’esercizio del potere creato dal regime di guerra e proiettato nei territori nord-orientali ben oltre il periodo di belligeranza. Non è, non può essere ancora, una denuncia che comprenda come in quei territori si stia sperimentando una soluzione violenta e repressiva, che sottrarrà a tutta la nazione l’esercizio delle libertà democratiche per oltre vent’anni. Ma questo nobile e duro esercizio di solidarietà internazionalista costituisce una documentata denuncia delle origini del fascismo, prodotto dal colpo di stato interventista del 1915 e dal successivo regime di guerra imposto alla maggioranza degli italiani.74 Socialisti friulani e triestini lavorano per costruire strumenti comuni: al di là delle strutturazioni differenziate che il territorio ad ovest e ad est del vecchio confine ha creato nel corso dei secoli, si comprende fin da subito come sia opportuno costruire risposte a livello interregionale, fra la provincia friulana e la nuova realtà che ruota attorno a Trieste, che costituisce una polarità non solo economica ma anche politica, grazie alla grande forza del socialismo in quella città, che poco dopo transiterà prevalentemente nel neocostituito Partito Comunista. Nel primo congresso socialista friulano del dopoguerra, il 14 settembre 1919, Cosattini propone di far diffondere anche in Friuli il quotidiano socialista triestino Il Lavoratore, rappresentato nel convegno da Pancrazi che sostiene come ciò contribuirebbe a fondere il movimento proletario delle due provincie. Si approva infine la decisione di sostenere questa iniziativa, aprendo una redazione del quotidiano ad Udine. Nel congresso provinciale dell’11 luglio 1920, il segretario Mauro Scoccimarro propone di convocare presto un convegno a Palmanova fra i compagni della provincia di Udine e quelli del Friuli orientale e di Trieste per dibattere dei problemi comuni alle due regioni. Si costituisce una commissione per discutere coi compagni triestini del rafforzamento della diffusione del quotidiano Il Lavoratore e dell’eventuale accorpamento del settimanale Il Lavoratore Friulano in una edizione speciale del quotidiano triestino. PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pagg. 142, 159, 166 e 194; DANEO, Camillo, Il fantasma di Angelo Vivante, Udine, Coop. Editoriale Il Campo, 1988, pagg. 78-82. 73 BIGONCIALI, Athos, Una città proletaria, Palermo, Sellerio, 1989, pagg. 135-136. 74 ALATRI, Paolo, cit., pagg. 93-95. 24 72 Già dalla metà di giugno il quotidiano socialista di Trieste Il Lavoratore inizia le corrispondenze dal Friuli. Si dà indicazione ai rivenditori ed alle sezioni del Psi di richiederlo direttamente all’amministrazione, ed ai compagni e corrispondenti di diffonderlo ed inviare le notizie locali alla redazione udinese de Il Lavoratore Friulano: Lavoratori ricordate che la stampa borghese vi denigrò sempre, specie durante l’ultimo sciopero. Boicottatela! Ora abbiamo il nostro e vostro quotidiano. Leggetelo! Diffondetelo! Dopo la scissione del gennaio 1921 si diffonde il nuovo quotidiano sorto a Trieste, Il Lavoratore Socialista, mentre dal maggio successivo il settimanale socialista friulano dà spazio a corrispondenze dall’ex Friuli imperiale. E’ proprio Giovanni Cosattini a gestire la trattativa per la divisione del patrimonio de Il Lavoratore, che rimane ai comunisti, maggioritari al momento della scissione a Trieste. 75 A loro volta i comunisti cercheranno di coordinare la loro difficile costruzione di una rete propagandistica friulana, dopo i cinque numeri del settimanale delle federazioni di Udine e Gorizia Il Comunista Friulano, uscito nell’aprile-maggio 1921, prima attraverso il goriziano Spartaco, settimanale delle Federazioni di Gorizia-Udine-Belluno che esce nel giugno-settembre 1921, per poi concentrare tutte le energie del partito sul quotidiano Il Lavoratore di Trieste.76 Alcuni mesi dopo la serie di convegni trevigiani sulla ricostruzione postbellica delle Terre Liberate, il convegno triveneto delle organizzazioni politiche ed economiche socialiste si tiene a Trieste il 30 e 31 agosto. E’ la prima volta che sulla stampa socialista friulana si trova acquisita l’indicazione geopolitica Tre Venezie, con la quale si oggettivizza la conquista italiana di territori e popolazioni di lingua e storia diversa, superando i confini risorgimentali delle aree di popolamento italiano: la Venezia Tridentina, includente il Sudtirolo germanofono, e la Venezia Giulia, includente i territori maggioritariamente sloveni e croati della Carniola occidentale e dell’Istria, si affiancano al Veneto. Al convegno, cui partecipa fra i friulani, a nome della Federazione Provinciale Socialista, il pordenonese Sanmartino, ci si concentrerà, oltre che sulla disoccupazione, soprattutto sulle problematiche delle minoranze nazionali trovatesi all’interno dei confini italiani rilevando in primo luogo il regime di oppressione militaresca ancora in vigore nelle terre redente, alle quali con le peggiori disposizioni della legge austriaca s’infligge il rigore incomprensibile delle leggi italiane. Si denuncia la politica governativa di sopraffazione e di violazione, che ostacola la pacificazione ed i buoni rapporti fra gli elementi etnici diversi, creando così focolari d’irredentismi pericolosi, che possono giovare ai nazionalismi, ma che costituiscono un permanente pericolo per la pace; afferma il dovere del proletariato italiano d’intervenire contro tale politica e di esigere che per le minoranze etniche valga il principio a parità di doveri parità di diritti, sì che esse usufruiscano delle elementari libertà comuni a tutti i cittadini, senza distinzione di razza (...). Il tradizionale internazionalismo socialista, di fronte all’inclusione per la prima volta nella storia italiana moderna di consistenti minoranze nazionali oppresse, proprio mentre le squadre fasciste giuliane iniziano la loro compagna di distruzione delle organizzazioni operaie e delle comunità slovene e croate, si fa carico di quella particolare forma di rappresentanza delle popolazioni alloglotte che lo connoterà, soprattutto in area giuliana, per tutto il resto del secolo. In quella stessa occasione, dibattendo sul movimento cooperativo, si sottolinea come esso, quando non sia impostato su basi classiste, rappresenta un danno ed un pericolo per il movimento operaio . In ottemperanza ai deliberati del congresso nazionale della Federazione Italiana Operai Edili tenutosi a Milano si invitano le organizzazioni economiche delle Tre Venezie a radiare senz’altro ed a combattere quelle cooperative che non si uniformino a questo principio.77 LF, nn. 11 del 20 settembre 1919, pag. 2, Il Convegno Socialista Provinciale, 25 del 27 giugno 1920, avviso a pag.3, 28 del 18 luglio 1920, pag. 1, IL CONGRESSO delle Organizzazioni Socialiste e Proletarie del Friuli, 12 del 20 marzo 1921, pag. 3, Stampa e 19 dell’8 maggio 1921, pag. 4, DAL GORIZIANO. Sul ruolo di Cosattini nella trattativa per la divisione de Il Lavoratore, cfr.: PIEMONTESE, Giuseppe, cit., pag. 401. 76 Spartaco, nn. 1 del 16 giugno 1921, pag. 2 e 12 del 20 settembre 1921, pag. 1. 77 LF, nn. 35 del 5 settembre 1920, pag. 2, I rappresentanti delle tre Venezie a convegno e 36 del 12 settembre 1920, pag. 3, I nefasti del fascismo nella Venezia Giulia. 25 75 Capitolo 6. La frattura della guerra. La prima guerra mondiale cambia il quadro europeo. Cessa l’equivoco della belle époque, con lo scatenamento dello scontro di potenze imperialistiche per il dominio dei mercati mondiali. A scontrarsi sono i due opposti schieramenti dell’ex Triplice Alleanza, costituita dagli Imperi Germanico ed Austro-Ungarico con gli alleati Impero Turco e Regno di Bulgaria, e dell’Intesa, di cui fanno parte l’Impero Britannico e quello Russo e la Repubblica Francese, intervenuti a sostegno del Regno di Serbia. La retorica e la propaganda di guerra, diventate canoni storiografici, ci narrano dell’automatismo che impone alla Russia di prestare soccorso al piccolo regno balcanico aggredito dall’Austria, in nome della solidarietà slava, e poi alla Francia ed alla Gran Bretagna di intervenire a fianco della Russia e così via. Comunque non si avvera l’alleanza fra le nazioni democratiche in lotta contro gli imperi reazionari, auspicata ancora nel 1912 da un ufficiale di tendenze democratiche: come non sarà il riformista Leonida Bissolati a condurre l’avventura bellica italiana, così su un altro piano la reazione zarista sarà schierata con gli anglo-francesi, anche se austriaci e tedeschi dimostreranno di saper reggere lo sforzo sul fronte italiano anche senza l’enorme pressione dei milioni di fanti russi. Un’altra previsione non si avvererà: quella dello schieramento con la cattolica Austria del papa, errore fatale che avrebbe aperto le porte di San Pietro ad un nuovo papa modernista, democratico e sostenitore del sindacalismo bianco, concludendo il decennio della reazione capitanata da Pio X con la rivincita dei seguaci di Romolo Murri.78 La realtà brutale è che si scontrano le due potenze imperialistiche principali per il dominio mondiale: quella inglese ormai consolidata e quella emergente tedesca, mentre sullo sfondo appare quella che sarà la grande potenza del futuro, gli Stati Uniti d’America, anch’essi raffigurati come l’alleato democratico d’oltre oceano che interviene dopo le continue provocazioni della guerra di corsa della marineria germanica. Ognuno dei comprimari ha i suoi interessi secondari che giustificano l’invio delle proprie popolazioni a farsi scannare, come Austria, Russia (e poi Italia) che mirano al controllo della penisola balcanica. Ma ormai, lontano dal grande carnaio europeo, sono altri i luoghi dove si iniziano a combattere le battaglie del futuro: come quel Vicino Oriente pieno di petrolio dove si confrontano turchi ed inglesi, suscitatori questi ultimi del nazionalismo arabo in funzione anti-ottomana ma anche di quello ebraico con la promessa della Palestina come terra per gli ebrei europei. Non si tratta più di una breve guerra per conquistare territori relativamente piccoli, rettificare le frontiere, compiere processi di unificazione nazionale di un paese europeo. Certo, ci saranno anche questi, mossi dai superiori interessi a “liberare” le energie nazionali oppresse dai grandi imperi multinazionali dell’Europa centrale: una liberazione che cosparge il continente di nuove frontiere e comporta esodi biblici, come quello che nell’immediato dopoguerra sancirà il mantenimento dell’unità nazionale turca e la sconfitta dei tentativi di colonizzazione occidentali con lo “scambio” di milioni di greci e turchi. L’equilibrio delle forze, complici gli sviluppi ancora incompleti delle tecniche belliche, conduce milioni e milioni di persone a combattere una guerra di logoramento, che consuma le risorse economiche ed umane del continente. Non si tratta della guerra descritta dal Comandante X nel suo romanzo fantapolitico, combattuta soprattutto con le battaglie navali e quelle della nuova arma aeronautica (della quale si anticipano gli spaventosi effetti distruttivi). Una guerra iniziata con le divise a colori sgargianti degli zuavi francesi e senza elmetti metallici per i soldati di quasi tutti gli eserciti, si stabilizza in un uniforme e scolorito mondo di fango, in cui i colori degli umani abbruttiti si confondono con quelli di una natura non meno violentata. I comandi militari sanno in anticipo cosa attende i combattenti inviati al fronte, anche se non ne capiscono fino in fondo le implicazioni, ed usano milioni di contadini ed operai (i nemici interni, di classe, quelli veri...) come topi di laboratorio: ogni soldato portava una specie di scudo d’acciaio, che nell’avanzata serviva a proteggere gli uomini, mentre negli appostamenti costituiva una trincèa mobile. Il trionfo della trincèa, il rinnovellamento, dopo due secoli, della guerra di posizione, avevano prodotto il ritorno sia pure con altri mezzi e con altre forme a quel modo di combattere in apparenza antiquato. Dopo le granate a mano, da tempo tornate a vita nuova, si aveva la risurrezione della corazza e dello scudo, favorita dai progressi dell’industria e della tecnica dell’acciaio. Con i corpi martoriati fra i fili spinati, falciati dalle mitragliatrici, dissolti o soffocati dai gas, abbandonati agonizzanti nella terra di nessuno fra le contrapposte trincee, fucilati alle spalle dagli ufficiali e dai reparti di carabinieri, ignorati da un’opinione pubblica per gran parte tenuta all’oscuro di quanto avvenga in zona di guerra, i fanti vengono macellati come un’enorme gregge: quello sviluppo tecnologico che farà apparire in quegli anni i primi carri armati non fornirà loro certo delle corazze capaci di salvarli dai moderni proiettili. 79 COMANDANTE X**; La guerra d’Europa (1921-1923), Genova, L.E.A.R., 1912. Sul ruolo subalterno di Bissolati nei confronti di Cadorna e sulla sua incapacità di farsi interprete del tentativo del Parlamento di influire sulle decisioni autorità militari, svincolate da ogni controllo delle autorità civili, cfr.: MELOGRANI, Piero, Storia politica della grande guerra 1915/18, Roma-Bari, Laterza, 1977. 79 COMANDANTE X**; cit., in particolare pag. 177; sulla scarsa efficacia dei sistemi di protezione individuale dei soldati mandati allo sbaraglio fra i reticolati avversari, oltre che sulla bestialità dell’esperienza della guerra di trincea, cfr.: LUSSU, Emilio, Un anno sull’altipiano, Torino, Einaudi, 1966. 26 78 Al termine di questa guerra le perdite, fra caduti, mutilati, invalidi, feriti, orfani e vedove, saranno calcolate sull’ordine dei milioni: una percentuale enorme della popolazione maschile dei paesi europei coinvolti nella guerra. Le piramidi delle proiezioni demografiche successive, le cui basi si restringono improvvisamente - a segnare lo sterminio di intere classi di giovani maschi e la mancanza di nascite di una loro progenie - spiegano perché nel dopoguerra siano necessari milioni di operai immigranti in Francia e Belgio per la ricostruzione di un paese distrutto. I morti sui vari fronti arriveranno alla cifra di circa 10.000.000, mai raggiunta nelle guerre precedenti: a queste perdite vanno aggiunti i milioni di morti fra la popolazione civile, in minima parte per i primi bombardamenti aerei sulle città, ma in cifre impressionanti per la fame e gli stenti dovuti al drenaggio delle risorse indirizzate allo sforzo bellico ed ai boicottaggi e incursioni contro le linee commerciali: ed alla fine l’epidemia della influenza “spagnola” si abbatterà con il peso di un cataclisma pre-moderno su una popolazione debilitata, anch’essa falciando soprattutto le classi di età più giovani e produttive (con una stima ipotetica delle morti che oscilla fra i 20 ed i 100.000.000). 80 Solo in termini di perdite militari, l’Italia raggiunge i 600.000 morti, ai quali vanno aggiunti feriti, mutilati, tubercolotici e ricoverati negli ospedali psichiatrici, orfani, vedove ed anziani rimasti senza sostegno familiare. Secondo Hobsbawn, i massacri delle guerra producono un rifiuto della macchina militare da chiunque l’abbia vissuta81: una valutazione in controtendenza con praticamente tutte quelle che sottolineeranno, per il dopoguerra, la scarsa attenzione socialista per gli interessi e le aspettative degli ex combattenti, sintomo forse (queste ultime) più dell’introiezione di una “memoria condivisa” nazionale che della reale percezione dei guasti epocali della grande guerra. Nella letteratura postbellica (per la verità più in quella straniera, soprattutto quella dei nuovi paesi slavi usciti dal conflitto con più contraddizioni di come vi erano entrati) si trova traccia di questo rifiuto radicale: da Krleza che narra il dramma umano dei semplici domobrani croati - qualcuno costretto dall’arruolamento ad abbandonare al loro destino i figli già orfani di madre - sterminati inutilmente ne La battaglia di Bistrica Lesna alla rivolta impertinente ed anarchica del boemo Hasek de Il buon soldato Sc’vèik. Ma perfino dall’Italia, nonostante la retorica patriottarda che porta a far pubblicare perfino l’assurda scempiaggine di un libro per ragazzi come Il piccolo alpino di Salvator Gotta, emerge la testimonianza onesta di un ufficiale volontario che deve ricredersi di fronte alla realtà della guerra, come Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu, che però dovrà attendere la fine del fascismo per essere pubblicato nel suo paese. D’altra parte non bisogna sottovalutare le solidarietà formatesi fra i commilitoni, senza le quali non sarebbe possibile capire il valore dell’associazionismo e delle rivendicazioni dei combattenti: fili sottili colti anche dal giovane comunista austriaco Jura Soifert nel dialogo fra due compagni socialdemocratici (uno dirigente, l’altro attivista di base) uniti dai ricordi delle trincee del Carso. 82 La grande guerra è stata letta come l’inizio della crisi della ragione moderna, come la prima fase di una nuova “guerra dei trent’anni” che si conclude nel 1945, oppure di un “secolo breve” che si conclude nel 1989 con la caduta simbolica del Muro di Berlino e la liquefazione del blocco sovietico. E’ una chiave di lettura, in taluni casi fortemente strumentalizzata dal revisionismo storico, che va corretta in una prospettiva di lunga durata, che non si limiti ad osservare il teatro europeo. Quello che accade a partire dall’estate 1914 non è certo la crisi di quella razionalità che è espressione culturale dell’Europa capitalistica nel suo costituirsi plurisecolare: essa non è aliena dal sangue e dalla violenza totalitaria, anzi si è costituita materialmente in contrapposizione con “l’altro”. La ricostruzione dell’unità europea dopo le grandi migrazioni medioevali ha visto la formazione dell’Impero carolingio in contrapposizione frontale con il mondo arabo, che ha dovuto reggere nei secoli successivi l’aggressione dell’Europa cristiana espressa dal movimento crociato. E la spinta all’est della struttura feudale della civiltà romano-germanica avviene con la conquista delle popolazioni che stanno oltre il Reno, con un movimento che si arresterà solo alle soglie della Russia, dove verranno fermate le crociate del nord. E’ l’Europa del Rinascimento che inizia la politica di conquista del resto del mondo e di sterminio delle popolazioni autoctone delle regioni e continenti via via “scoperti”. Non si può ragionare sui milioni di morti delle guerre mondiali di questo secolo, con i molti olocausti di interi popoli (quello armeno proprio agli inizi della prima guerra mondiale, prototipo di quello ebraico nella seconda 83) se si cancellano i genocidi KOLATA, Gina, Epidemia. Storia della grande influenza del 1918 e della ricerca di un virus mortale, Milano, Mondadori, 2000, pag. 11. Il libro risente del taglio giornalistico dell’autrice, non aliena da clamorosi strafalcioni come il definire a pagina 8 “nazisti” i tedeschi del 1917-1918. Le stime delle vittime riportate sono condivise da: MC NEILL, William, La peste nella storia. Epidemie, morbi e contagio dall’antichità all’età contemporanea, Torino, Einaudi, 1982, pag. 263, che ritiene che le condizioni per l’eccezionale fenomeno epidemico si siano create con l’affluire di milioni di combattenti americani, europei ed africani in Francia nel 1918-1919. 81 HOBSBAWM, Eric J., Il secolo breve. 1914-1991: l’era dei grandi cataclismi, Milano, CDE, 1996, pag. 39. L’autore ne trae anche una conclusione purtroppo pessimistica: l’attenzione dei governi per il rifiuto di subire perdite da parte della propria popolazione ha prodotto una sempre maggiore spregiudicatezza nell’infliggere perdite alle popolazioni civili dei paesi avversari: è la via che porta ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki (e - aggiungiamo noi - alle sempre più sofisticate e distruttive tecniche di distruzione bellica adottate dai governi occidentali: dai bombardamenti terroristici tedeschi, inglesi ed americani sull’Europa ed il Giappone durante la seconda guerra mondiale a quelli su Vietnam, Cambogia, Panama, Grenada, Iraq, Jugoslavia...). 82 KRLEZA, Miroslav, Il dio Marte croato, Due racconti, Pordenone, Studio Tesi, 1982; HASEK, Jaroslav, Il buon soldato Sc’vèik, due volumi, Milano, Feltrinelli, 1988; GOTTA, Salvator, Il piccolo alpino, Verona, Mondadori, 1942; LUSSU, Emilio, cit.; SOYFER, Jura, Così morì un partito, Casale Monferrato, Marietti, 1988. 83 Non tutti sono d’accordo: l’improbabile premio Nobel per la pace israeliano Shimon Peres dichiara nel 2001 che non si può paragonare il genocidio degli armeni (perpetrato dalla Turchia, odierno alleato del suo paese) a quello degli ebrei: ottima conferma delle tesi di Domenico Losurdo sul valore ideologico della tesi dell’ “unicità” dello sterminio degli ebrei come fondamento dello Stato d’Israele. Cfr.: MATTEUZZI, Maurizio, Armeni, per Peres non fu genocidio. Fu solo “una tragedia”. Uno storico israeliano 27 80 delle popolazioni americane, di quelle africane - prima con la tratta degli schiavi e poi con il colonialismo - e di quelle asiatiche ed australiane: episodi di distruzione totale o quasi totale di popolazioni calcolabili sull’ordine delle centinaia di milioni, cinquanta-cento nel caso della tratta degli schiavi dall’Africa 84, ottanta milioni nel caso dello sterminio dei popoli americani. Né va dimenticato che la politica genocida aveva avuto origine nel nostro continente: senza scomodare gli stermini e la schiavizzazione di interi popoli da parte dei nostri antenati (per quota parte) Romani o il genocidio dei Sassoni da parte di Carlo Magno o l’inizio della persecuzione antiebraica iniziata in Renania con la prima crociata 85, basta in epoca moderna ricordare la crociata castigliana ed aragonese contro il Califfato arabo di Cordova e la successiva “pulizia etnica” della Spagna da tutti i musulmani ed ebrei - anche se cristianizzati - o la conquista delle Highlands scozzesi che costituì per l’Impero britannico il modello del trattamento da riservare ai “selvaggi”, prima celti irlandesi e poi nativi americani. Questo volendo rimanere solo alla dimensione puramente materiale, che va vista insieme con quella culturale, sia sotto l’aspetto della scomparsa di diversi ed altrettanto importanti patrimoni comuni dell’umanità, sia sotto la stratificazione nel patrimonio identitario europeo di aspetti di intolleranza facilmente negati ma altrettanto facilmente riaffioranti (“inspiegabilmente”, affermano mass-media ed opinion-leaders) nei massacri a noi contemporanei, proprio qui, sulla nostra porta di casa, si tratti di Croazia, Bosnia, Serbia od Albania. E’ nel crogiolo di violenza, conquista, sfruttamento e sterminio dei popoli “diversi” che si forma la razionalità malata dell’Occidente, quella che porta nell’arco di due guerre mondiali allo sterminio di decine e decine di milioni di esseri umani ed al disegno “razionale” di eliminazione del popolo ebraico e di cancellazione - con una sola bomba - delle città giapponesi usate come test sperimentale per l’arma atomica. Arma atomica che, citando nuovamente Hobsbawm, aveva come obiettivo un temporaneo alleato, considerato in realtà come il vero nemico da battere: l’Unione Sovietica. Stesso obiettivo era quello perseguito pochi mesi prima con un altro bombardamento terroristico “di tipo convenzionale”: quello contro la città tedesca smilitarizzata di Dresda, la cui popolazione e masse di profughi, furono inceneriti insieme ad insigni monumenti d’arte con una artificiale “tempesta di fuoco”. Un sistema - quello sovietico - con tutti i difetti concepibili per chi abbia mai pensato al socialismo ed al comunismo come strumenti di liberazione del genere umano, ma pur sempre il centro di un sistema sociale sottratto al comando capitalistico, estraneo al “libero mercato”, fonte di forza e legittimità per le conquiste dei lavoratori anche nei paesi capitalistici. Gli sconvolgimenti del dopo 1989 hanno dimostrato ad abundantiam come quel sistema massimamente imperfetto garantisse anche i diritti salariali, pensionistici, financo il semplice diritto alla vita di interi popoli. Domenico Losurdo ha ripercorso la storia delle precondizioni dell’ideologia occidentale, che pone le radici degli aspetti estremi dell’odio borghese di classe nel razzismo verso i popoli originari, gli schiavi neri, fino a trasformarsi nello scontro frontale con il comunismo sovietico e con quello che ne viene considerato uno degli aspetti: quell’ebraismo orientale che si è ritrovato in modo così importante nel socialismo e nel comunismo russo e polacco. E’ nel sistema di conquista del capitalismo moderno, che assoggetta interi continenti, li “libera” delle loro popolazioni, vi trascina coartatamente marginali europei o schiavi africani ed asiatici, sfruttandoli tutti fino allo stremo per il suo arricchimento, che si trovano le radici dell’apparente irrazionalità del Novecento europeo. Un’irrazionalità pagata per circa mezzo millennio da tutto il pianeta, fra una “scoperta” e l’altra. Un’irrazionalità alimentata dalla formale razionalità delle conquiste scientifiche, portata all’estremo da una sofisticata civiltà tecnologica, resa sempre più efficiente dall’introduzione di complessi macchinismi nei processi produttivi e di vita. I campi di sterminio nazisti e la bomba atomica non sono la perversione della ragione borghese, ma l’estrema e più razionale conseguenza. Se dell’olocausto: “Giudizio paragonabile al negazionismo”, in: Il manifesto, giovedì 19 aprile 2001; LOSURDO, Domenico, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma-Bari, Laterza, 1996, pagg. 248-255. A sua volta il genocidio armeno, condotta dai militari turchi con la consulenza di consiglieri militari tedeschi, era stato preceduto nel 1904-1905 da un’altra operazione di sterminio pianificato, quella del popolo herero nella colonia germanica dell’Africa del sud-ovest (la futura Namibia indipendente): cfr. LAMENDOLA, Francesco, Il genocidio dimenticato. La “soluzione finale” del problema herero nel sud-ovest africano 1904-05, Pordenone, Stavolta, 1988. Con questo non si vuole in alcun modo colpevolizzare in modo specifico il pur crudele militarismo tedesco: l’imperialismo del piccolo Belgio “inerme” aveva nel frattempo prodotto disastri ben maggiori nella sua grande colonia del Congo, a conferma di come i criteri di giudizio europei fossero proprio rovesciati rispetto a quelli del resto del mondo: cfr.: KI-ZERBO, Joseph, Storia dell’Africa nera. Un continente tra la preistoria e il futuro, Torino, Einaudi, 1977, pagg. 598602. Hanna Arendt, citata da Domenico Losurdo, parla del crollo della popolazione del Congo “dai 20-40 milioni del 1890 agli 8 milioni del 1911”: cfr. LOSURDO, Domenico, Il peccato originale del Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1998, pag. 4. D’altronde la logica dell’eliminazione del “diverso” non vale certo solo in direzione nord-sud, ma ritorna sui suoi passi e colpisce anche all’interno delle metropoli occidentali. Il gruppo etnico tedesco, il più grande contingente dell’emigrazione negli Stati Uniti d’America, è ad esempio colpito da un processo di criminalizzazione negli anni dell’intervento americano in Europa durante la prima guerra mondiale. Se la persecuzione dei tedeschi ha una funzione politica, con la distruzione delle organizzazioni della sinistra per gran parte dirette da emigranti socialisti tedeschi, questo non evita a gran parte della comunità di diventare vittima di un atteggiamento razzista che porta a doversi mascherare, traducendo in inglese i cognomi e molte parole d’uso comune (è così che i panini frankfurter diventano hot dog): RENSHAW, Patrick, cit., pagg. 181-209; D’ERAMO, Marco, Il maiale e il grattacielo. Chicago: una storia del nostro futuro. Milano, Feltrinelli, 1995, cfr. pagg. 174-181. Il destino dei tedeschi immigrati negli Usa è stato seguito poco più di 20 anni dopo dai nippo-americani dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour nelle Isole Hawaii. 84 KI-ZERBO, Joseph, Storia dell’Africa nera. Un continente tra la preistoria e il futuro, Torino, Einaudi, 1977, pagg. 273-274. 85 MOSCATO, Antonio, La questione ebraica nella storia, in: id., TAUT, Jakob, WARSHAWSKI, Michel, Roma, Sapere 2000, 1983, pagg. 25 e seguenti. 28 di grande guerra civile europea si tratta, è quella del capitale per impedire a qualunque costo il suo rovesciamento. Anche a costo di fare il deserto attorno ad esso.86 Tramonta quindi con la grande guerra una ipotesi gradualistica di trasformazione della società e di conquista del potere attraverso l’utilizzo dello strumento elettorale: quella delineata per il movimento operaio, dopo gli anni ruggenti della fine del Diciottesimo e del Diciannovesimo Secolo, con le sue gloriose e sanguinose rivoluzioni, dallo stesso Friedrich Engels, che nel 1895 si lasciava alle spalle l’era delle insurrezioni, superate dalla forza indistruttibile dei milioni di voti ormai accumulati dalla socialdemocrazia tedesca: L’ironia della storia capovolge ogni cosa. Noi, i “rivoluzionari”, i “sovversivi”, prosperiamo molto meglio coi mezzi legali che coi mezzi illegali e con la sommossa. I partiti dell’ordine, com’essi si chiamano, trovano la loro rovina nell’ordinamento legale che essi stessi hanno creato. L’anziano Engels parlava mirando la forza acquisita dal principale partito dell’Internzionale Socialista: qualsiasi cosa possa accadere negli altri paesi, la socialdemocrazia tedesca si trova in una situazione speciale e ha quindi anche, almeno per ora, un compito speciale. I due milioni di elettori ch’essa manda alle urne, insieme ai giovani, non elettori, che la seguono, formano la massa più numerosa, più compatta, il “gruppo d’assalto” decisivo dell’esercito proletario internazionale. Questa massa fornisce già ora più di un quarto dei voti espressi, ed è in continuo aumento, come dimostrano le elezioni suppletive al Reichstag, le elezioni alle Diete dei singoli Stati, le elezioni municipali e dei probiviri. Il suo aumento si compie in modo spontaneo, costante, irresistibile, e in pari tempo tranquillo, come un processo naturale. Tutti i tentativi del governo per ostacolarlo sono stati vani. Già oggi possiamo contare su due milioni e un quarto di elettori. Avanzando di questo passo, per la fine del secolo avremo conquistato la maggior parte dei ceti medi della società, dei piccoli borghesi come dei piccoli contadini, e saremo diventati nel paese la forza decisiva, alla quale tutte le altre dovranno inchinarsi, lo vogliano o non lo vogliano. Mantenere ininterrotto il ritmo di questo aumento, sino a che esso sopraffaccia da sè il sistema dominante di governo, (non consumare in combattimenti d’avanguardia questo gruppo d’assalto che si rafforza di giorno in giorno, ma conservarlo intatto sino al giorno decisivo), tale è il nostro compito fondamentale. Anche il vecchio combattente rivoluzionario si esprime come tutta la Seconda Internazionale: la conquista del socialismo è a portata di mano, non bisogna distruggere il percorso progressivo con colpi di testa. Ma è lungimirante e capisce che ci può essere un colpo di coda della borghesia che può rovesciare tutto questo schema apparentemente così logico: E vi è un solo mezzo, con cui potrebbe esser momentaneamente arrestato e persino rigettato addietro per un certo tempo questo accrescimento continuo delle forze di combattimento del socialismo in Germania: un conflitto di grandi proporzioni con l’esercito, un salasso come quello del 1871 a Parigi. Ma è ancora ottimista: A lungo andare, anche questo verrebbe superato. Far sparire a colpi di fucile un partito che si conta a milioni è cosa cui non bastano tutti i fucili a ripetizione d’Europa e d’America. Ma la evoluzione normale sarebbe frenata, (il gruppo d’assalto forse non sarebbe più a disposizione nel momento critico), la lotta decisiva verrebbe ritardata, protratta, e costerebbe gravi sacrifici. 87 Ed infatti l’Internazionale Socialista si disintegra in pochi giorni, di fronte all’assoggettarsi di ognuno dei partiti aderenti alla disciplina nazionale delle rispettive borghesie. Le politiche di “unione sacra” porteranno anzi le socialdemocrazie - anche quelle più riluttanti ad una adesione formale alla politica bellica - ad organizzare il consenso delle classi popolari alla guerra e a cercare di ridurre i movimenti di ribellione. L’uccisione del massimo esponente socialista francese, Jean Jaurès, sancisce la mancanza di spazio politico per la resistenza pacifista. Poche minoranze ed un solo partito dei paesi belligeranti, quello italiano, rifiuteranno di dare sostegno al grande massacro. Il movimento socialista pacifista, che rinasce nelle conferenze internazionali di Zimmerwald e Kiental non riesce a sostituire l’Internazionale ferita a morte dalla svolta nazionalista della maggioranza dei partiti socialisti, ma è il momento di prima espressione di quelle nuove tendenze comuniste che - preso atto del passaggio epocale - intendono adeguarsi ad esso, attraverso una riconversione della politica di potenza da strumento di lotta fra stati belligeranti a leva per la conquista del potere ed il rovesciamento dei rapporti di classe. La guerra, destinata a durare non pochi mesi ma lunghi anni di sangue, provoca effettivamente la detonazione del conflitto di classe internazionale. Il Comandante X, ispirato dall’ammutinamento della corazzata Potëmkin ad Odessa durante la rivoluzione del 1905, fa terminare la battaglia navale decisiva (del suo romanzo) con la fuga di quattro incrociatori che inalberano la bandiera rossa, evento che scatena la rivoluzione russa e provoca il disimpegno dell’impero orientale dalla guerra. I marinai russi si sottraggono così agli immani sacrifici umani, che gettano ai flutti migliaia di loro fratelli innabissatisi con le loro navi. Effettivamente questo avviene, dal Baltico al Mar Nero, con il disfacimento dell’esercito russo nel 1917 e con l’estendersi delle rivoluzioni sociali e nazionali, parallelamento alla crisi della capacità belliche degli Imperi Centrali ed al dispiegamento delle grandi risorse investite in Europa dalla nuova potenza d’oltreoceano: gli Usa. Un popolo odioso, nero, brutto, formicolava per le vie levando ignote grida: era la dimostrazione pacifista indetta in tutto il mondo dal partito socialista internazionale, per salutare la fine della guerra, l’ultima guerra della storia d’Europa.88 Ma quello che saluta l’ex imperatore d’Austria non è più il popolo organizzato dal socialismo gradualista e positivo, rivolto ad un futuro di progressive conquiste sociali contro le quali non è possibile erigere alcun ostacolo. La guerra ha posto irrimediabilmente termine ad un mondo: Marx ha preveduto il prevedibile. Non poteva prevedere la guerra europea, o meglio non poteva prevedere che questa guerra avrebbe avuta la durata e gli effetti che ha avuto. Non poteva prevedere che questa guerra, in tre anni di sofferenze LOSURDO, Domenico, Il revisionismo storico, cit.; id., Il peccato originale del Novecento, cit. ENGELS, Friedrich, Introduzione alla prima rispampa, in: MARX, Karl, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, Roma, Editori Riuniti, 1970, pagg. 79-81. 88 COMANDANTE X**, cit., pagg. 216-233. 29 86 87 indicibili, di miserie indicibili, avrebbe suscitato in Russia la volontà collettiva popolare che ha suscitata. Come ha ben formulato Antonio Gramsci, la rivoluzione - figlia del conflitto - non accetta più le cautele del gradualismo: Essa è la rivoluzione contro il Capitale di Carlo Marx. Il Capitale di Marx era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un’èra capitalistica, si instaurasse una civiltà di tipo occidentale, prima che il proletario potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico. I bolsceviki rinnegano Carlo Marx, affermano con la testimonianza dell’azione esplicata, delle conquiste realizzate, che i canoni del materialismo storico non sono così ferrei come si potrebbe pensare e si è pensato. Eppure c’è una fatalità anche in questi avvenimenti, e se i bolsceviki rinnegano alcune affermazioni del Capitale, non ne rinnegano il pensiero immanente, vivificatore. (...) E questo pensiero pone sempre come massimo fattore di storia non i fatti economici, bruti, ma l’uomo, ma le società degli uomini, degli uomini che si accostano fra di loro, si intendono fra di loro, sviluppano attraverso questi contatti (civiltà) una volontà sociale, collettiva, e comprendono i fatti economici, e li giudicano, e li adeguano alla loro volontà, finché questa diventa la motrice dell’economia, la plasmatrice della realtà oggettiva, che vive, e si muove, e acquista carattere di materia tellurica in ebullizione, che può essere incanalata dove alla volontà piace, come alla volontà piace. Una materia tellurica così attiva da prendere perfino forma nel sabba mefistofelico che conclude nel sangue la nera notte di Valpurga di Gustav Meyrink: dove il predicatore rivoluzionario mescola le rivendicazioni sociali con quella della libertà del grande subcontinente indiano, anticipando un movimento anticoloniale che si alimenterà anche delle contraddizioni fra le ipocrite rivendicazioni democratiche dell’Intesa e l’oppressione di milioni di schiavi coloniali. Quelli che, chiamati a combattere in Europa, Africa ed Asia come carne da cannone per i propri signori, in nome di diritti cui non avevano diritto ad aspirare, apprenderanno a quella dura scuola la necessità di lottare per la propria liberazione. 89 Non saranno i socialisti italiani - nonostante la loro dignità di unico partito che non si è sporcato le mani nel bagno di sangue - a fornire una direzione al rifiuto internazionalista della guerra, paralizzati da una posizione di compromesso che dimostra tutti i limiti strutturali e politici del Psi. Troppo schierati per dare la loro adesione alla guerra, anche dopo la ritirata di Caporetto, quando si crea un clima favorevole all’unità nazionale, i socialisti italiani sono incapaci di fare la scelta dell’opposizione rivoluzionaria: rimangono una federazione di movimenti locali, incapaci di assumere quella struttura e quella pratica politica nuove che sono richieste dalla guerra. L’esperienza russa, il sorgere del governo comunista dal crogiuolo della guerra, le masse di operai, contadini e soldati inquadrati dai bolscevichi e portati a combattere prima il governo borghese e poi l’alleanza delle potenze imperialistiche e della reazione interna, rimangono solo un riferimento ideologico per la maggioranza dei socialisti italiani, che saranno leninisti nel linguaggio ma non lo diventeranno mai nella pratica politica. Un’esperienza, quella sovietica, che passa attraverso la fucina di una durissima guerra civile, che trasformerà definitivamente il partito bolscevico in uno strumento di lotta militare: sarà questo anche il passaggio del Partito Comunista italiano, ma ci vorranno vent’anni di sacrifici e di resistenza, prima nella clandestinità e poi nella lotta armata, per formare quel partito che continuerà a mancare nel primo dopoguerra.90 La previsione engelsiana si avvera. Troppo intimamente positivisti e socialdemocratici per scatenare la rivoluzione, troppo legati alla base e vincolati dal rifiuto popolare della guerra, che si esprime anche in aperti atti di ribellione (fra i quali la rivolta di Torino del 1917 ed i continui atti di diserzione singolare e collettiva fra le truppe) per fare una scelta di governo di coalizione, i socialisti italiani andranno inevitabilmente incontro alla più dura delle sconfitte, senza fare una scelta. Incapaci di trovare il loro Lenin, daranno alla borghesia reazionaria il destro per incoronare il suo Stalin. GRAMSCI, Antonio, La rivoluzione contro il “Capitale”, in: id., Scritti giovanili 1914-1918, Torino, Einaudi, 1958, pagg. 149-153; MEYRINK, Gustav, La notta di Valpurga, Pordenone, Studio Tesi, 1990. Anche il primo dirigente dell’indipendenza algerina, Ahmed Ben Bella, passerà per l’esperienza dei fucilieri coloniali obbligati a riscattare (come truppe della Francia Libera del generale De Gaulle) l’onore della Francia battuta dai nazisti ed asservita con il regime fantoccio di Vichy. “Ovviamente” Ben Bella, indipendentista algerino, sarà costretto per punizione a combattere con i fucilieri marocchini; altrettanto “ovviamente” i governanti francesi non si sentiranno ingenerosi a massacrare nel 1945, proprio mentre l’Europa veniva liberata dal nazifascismo, almeno 40.000 algerini dopo la rivolta di Sétif cfr.: MERLE, Robert, Ahmed Ben Bella parla di sè davanti al magnetofono, Milano, Mondadori, 1966. 90 Sulle trasformazioni progressivamente imposte al partito bolscevico dalla guerra civile e la sua militarizzazione (passata significativamente nel linguaggio “militarista” del comunismo internazionale), cfr.: PROCACCI, Giuliano, Il partito nel sistema sovietico, 1917-1945, in: Critica Marxista, Roma, 1974, nn. 1, pagg. 59-125 e 2, pagg. 49-95. 30 89 Capitolo 7. L’assalto al cielo? Il dopoguerra. 7.1 - Tabula rasa. 7.1.1 - Il deserto delle Terre Liberate. Sul fronte italiano la guerra si svolge per gran parte ai confini del Friuli, a nord sul confine di Stato sulle Alpi Carniche, ad oriente alcune decine di chilometri all’interno del territorio imperiale nella valle dell’Isonzo e sul Carso: il comando supremo dell’esercito e lo stesso re si insediano ad Udine. La vita militare comporta una serie di stravolgimenti nel comportamento dei soldati e della popolazione. Per più di due anni, dal maggio 1915 all’ottobre 1917, gli spostamenti del fronte sono praticamente irrilevanti: ai piccoli lembi di terra asburgica occupati - con una certa irresolutezza da parte italiana - all’inizio della guerra, corrispondono - per ogni successiva limitata conquista - enormi perdite di vite umane. I soldati vengono usati come carne da cannone: abbandonate quasi da subito le tradizionali dottrine militari, la guerra si trasforma in uno stillicidio di azioni, con gli eserciti incollati nelle trincee, sottoposti a crudeli assalti corpo a corpo, agli eccidi di fronte ai nidi di mitragliatrice, sotto i colpi dell’artiglieria e delle nuove armi di sterminio di massa, come i gas asfissianti. Gli austroungarici si sono aggrappati alle loro postazioni difensive dominanti, sulle alture carsiche e sulle montagne, e possono quindi reggere lo sforzo da posizioni di forza dominanti, con il vantaggio di difendere il loro territorio nazionale dall’aggressione degli ex alleati traditori. Piccole vittorie corrispondono ad immani sacrifici e sono quasi subito rese vane dai contrattacchi avversari. I nuovi reparti d’assalto italiani, gli arditi, producono successi modesti, compensati dallo sterminio della fanteria le cui azioni si svolgono secondo linee tradizionali e non coordinate. 91 Se gli italiani riescono a conquistare lembi di Carso, gli austriaci per parte loro nel 1916 penetrano nell’Altipiano di Asiago nel Vicentino, inserendo una loro testa di ponte (tamponata a stento dal contrattacco italiano) alle spalle delle armate schierate in Friuli e nel Bellunese. La vita militare irreggimenta milioni di italiani e li inserisce in un processo di nazionalizzazione forzata, segnato dall’assoluto autoritarismo di gerarchie chiuse e reazionarie. La disciplina al fronte è spietata, la giustizia militare e la repressione poliziesca dei carabinieri corrispondono alla brutalità di una guerra combattuta metro per metro, morto su morto. Sotto il comando di Cadorna qualsiasi infrazione si trasforma in occasione per la più dura repressione, le condanne a morte (selettivamente di classe, rivolte verso i semplici soldati) colpiscono qualsiasi tentativo di sottrarsi al massacro. Ma nel frattempo si creano nuovi meccanismi di consenso: la Chiesa cattolica, inseritasi nel gioco politico nazionale grazie al sostegno della guerra di Libia, pur mantenendosi distante dal sostegno formale alla guerra potenzia le sue interconnessioni con l’apparato statale, ottenendo l’istituzione dei cappellani militari e gestendo in prima persona buona parte dell’attività assistenziale e ricreativa rivolta ai soldati. Alla persecuzione che colpisce i parroci schierati contro la guerra (anche se sostanzialmente ossequienti agli obblighi nazionali, come don Lozer e don Concina92) corrisponde il coinvolgimento di nuove figure sacerdotali che collaborano strettamente con gli ambienti militari, come l’Ordinario militare mons. Bartolomasi e don Celso Costantini che, grazie all’amicizia con Ugo Ojetti, viene incaricato di dirigere la parrocchia di Aquileja (la cui valorizzazione culturale è molto importante per la propaganda italiana nel Friuli asburgico) al posto del parroco internato dagli italiani.93 La vita politica nelle regioni vicine al fronte viene completamente interrotta. La zona di guerra è allargata fino a Bologna ed in essa è vietata la circolazione della stampa socialista. Inoltre nei confronti dei dirigenti socialisti viene attuata una politica di dura repressione: chi non è arruolato (magari come Giovanni Cosattini come soldato semplice, essendogli preclusa la possibilità di fare l’ufficiale per la sua attività antimilitarista) viene - anche se incaricato di funzioni pubbliche - espulso dal territorio friulano, come l’ex Cfr.: ROCHAT, Giorgio, Gli arditi della Grande Guerra. Origini, battaglie e miti, Milano, Feltrinelli, 1981. Don Concina, inizialmente vittima di un provvedimento repressivo motivato da accuse improbabili (la cui unica giustificazione è l’odio degli agrari nei suoi confronti) manterrà sotto l’occupazione austriaca un atteggiamento non solo di fedeltà all’Italia, ma anche di tutela degli interessi economici degli stessi proprietari di Prata, in particolare salvando la Filanda Centazzo dallo smantellamento: cfr. Relazione oggettiva e serena circa l’operato del parroco Don Gio:Maria Concina durante l’invasione nemica a Prata di Pordenone (6 novembre 1917-1 novembre 1918, in: CORNI, Gustavo, Il Friuli Occidentale nell’anno dell’occupazione austro-germanica 1917-1918, cit., pagg. 48-52. 93 Sull’arresto e successivo internamento di don Lozer, cfr.: LOZER, Giuseppe, Ricordi di un prete, pagg. 51-71; sulle vicende di don Concina, cfr.: CHIANDOTTO, Vannes, Giovanni Maria Concina, cit., pagg. 49-106; su don Costantini ad Aquileja, cfr.: CHIANDOTTO, Vannes, Stato e Chiesa nel Friuli occidentale, pagg. 56 e segg. 31 91 92 direttore del Segretariato dell’Emigrazione e consigliere provinciale Ernesto Piemonte. L’allontanamento dal Friuli è necessario per evitare l’internamento, fenomeno di cui sono vittime sia cittadini italiani (come gli abitanti di quei paesi che vengono accusati di essere austriacanti perché parlano in taluni casi il tedesco, ma anche talvolta perché si esprimono in friulano, idioma incomprensibile alle autorità militari italiane) sia gli abitanti dei territori del Friuli austriaco e dell’alta valle del Natisone “liberati”. Ernesto Piemonte scrive il 31 dicembre 1915 una lettera da Pavia, rivolta al presidente del Consiglio Provinciale di Udine Ignazio Renier, su carta intestata della Federazione Pavese delle Cooperative di Produzione e Lavoro, per perorare il suo interessamento per permettergli di partecipare alle prossime riunioni. E’ noto alla S. V. Ill.ma come, in previsione di esser compreso nelle liste degli internati politici, mi assentassi, nel giugno scorso, provvisoriamente dal Friuli; e che senza speciale permesso dell’autorità militare mi sia inibito di tornare ad Udine. In occasione della seduta del 27 Dicembre ho chiesto, a tempo debito, tale permesso, ma mi venne negato. In conseguenza quindi di un provvedimento di cui ignoro le ragioni e le motivazioni, contro il quale non mi è possibile alcuna legale difesa, non posso adempiere in alcun modo il mandato offertomi dalla benevolenza e dalla volontà degli elettori del mandamento di Ampezzo. Ho l’onore pertanto, colla presente, di rassegnare le dimissioni di consigliere provinciale (…). Nonostante le dimissioni di Piemonte siano un atto politico, che deriva dalle limitazioni alla sua libertà di movimento da parte dell’autorità militare, la Deputazione si nasconde dietro la consuetudine di accettare le dimissioni presentate (studiata andando alla ricerca dei precedenti fino a fine Ottocento) pur di non condannare le disposizioni limitative della libertà. Solo i deputati Francesco Concari e Leonardo Piemonte votano contro l’accettazione. 94 A fine ottobre 1917 un’azione concentrata delle truppe austroungariche, rafforzate da un’armata tedesca, permette di sfondare il fronte italiano nell’alto Isonzo e di conquistare le intere provincie di Udine e Belluno, oltre a parti di quelle di Venezia e Treviso fino al Piave. La ritirata di Caporetto è un fenomeno controverso, con intere divisioni che si sgretolano e si mischiano in una fuga scomposta con centinaia di migliaia di civili. I comandi militari cercano in ogni modo di lasciarsi alle spalle i civili, utilizzando le autorità locali per ritardare la notizia della sconfitta e poter utilizzare al massimo le vie di fuga per salvare i reparti che, perlomeno dal fronte del Carso e del Cadore, riescono a raggiungere indenni il Piave, mentre un’altra parte delle truppe viene sacrificata nelle battaglie d’arresto per ritardare l’avanzata nemica. Le truppe italiane non riescono non solo a tenere la incredibile linea difensiva attraverso la pianura e le colline, ipotizzata dal Comandante X sulla base del possibile appoggio dell’artiglieria navale italiana, 95 ma vengono travolte sulla linea difensiva del Tagliamento: lo sfondamento attorno alla testa di ponte di Pinzano-Ragogna porta all’isolamento della gran parte dell’armata carnica, che rimane imbottigliata in una disperata battaglia d’arresto nella valli delle Prealpi Carniche. La ritirata è per certi aspetti anche un successo militare, riuscendo a ricostituire il fronte su una linea come il Piave, più breve e difendibile del Tagliamento, nonostante il disfacimento di gran parte dell’esercito. Melograni - che dà per altro uno spazio spropositato a questa fase nella sua Storia politica delle grande guerra, come d’altronde praticamente tutta la storiografia italiana dedicata a questo conflitto - noterà come si tratti del primo esempio di azione moderna di penetrazione veloce di reparti speciali alle spalle del nemico, che nei mesi successivi non coglierà meno impreparati gli eserciti dell’Intesa in altre offensive analoghe sul fronte francese. Mentre i reparti rimangono arroccati sulle vette, come si trattasse di antiche fortezze (per anni si era lavorato a fortificarle, e si continuerà ancora per tutto il resto dei secolo, in attesa che nuovi unni penetrassero nelle nostre valli!), gli incursori guadagnano velocemente la pianura percorrendo i fondovalle, osservati dall’alto dagli avversari inermi e già superati. Caporetto diventa un mito nazionale dando nuovi significati alla guerra, trasformandola da imperialistica in difensiva e rafforzando la contrapposizione fra interventisti e pacifisti, accusati - soprattutto i socialisti - di aver voluta e provocata la disfatta ed associando la sconfitta italiana con il disimpegno russo dalla guerra, frutto della contemporanea Rivoluzione d’Ottobre. Ma la ritirata dimostra i limiti, ma anche la forza della struttura istituzionale dello Stato italiano: se per certi aspetti la fuga degli italiani corrisponde ad una sorta di carnevale tragico, di momento di rovesciamento delle gerarchie e di sfogo popolare contro la guerra, una grande orgia che sarà esaltata anche da uno scrittore interventista e fascista come Curzio Malaparte,96 dall’altra i plotoni di esecuzione mobili del generale Graziani non lasciano scampo agli sbandati e centinaia di migliaia di essi finiscono riuniti in un grande campo di concentramento a Castelfranco Emilia dove, lungi dal partecipare alla rivoluzione, vengono semplicemente reinquadrati per essere rispediti al fronte. Se chi fugge lasciando le armi può trovarsi in consonanza con il pacifismo socialista, non trova però un partito che pensi o sia capace di organizzare una vera lotta contro la guerra ed è abbandonato a se stesso. L’impossibilità della rivoluzione italiana del dopoguerra trova qui le sue radici, in contrapposizione alla situazione russa, dove il Partito Socialdemocratico Bolscevico sa approfittare del disfacimento dell’esercito per trasformare le masse di militari insorti in una forza rivoluzionaria. In Italia, salvo episodi minori, non succede neanche una rivolta di massa come quelle che percorrono gli eserciti degli Imperi centrali - a partire dall’insurrezione della flotta austriaca di Cattaro - e che porteranno infine alla caduta delle due monarchie ed all’instaurazione delle repubbliche austriaca e tedesca e dei nuovi stati slavi ed ungherese. 97 ASU-APU, busta 23, fascicolo 2, 1916, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 737 del 14.2.1916. COMANDANTE X**; cit., La battaglia del Friuli, pagg. 63-102. 96 MALAPARTE, Curzio, Viva Caporetto! La rivolta dei santi maledetti, Firenze, Vallecchi, 1995. 97 Alfred Döblin riesce a descrivere la epica contraddizione dei soldati alsaziani, che insorgono proclamando la rivoluzione tedesca per ritrovarsi cittadini della repubblica borghese di Francia, cui la loro regione ritorna dopo mezzo secolo: cfr. DÖBLIN, Alfred, Novembre 1918. Una rivoluzione tedesca. Borghesi e soldati, Torino, Einaudi, 1978. 32 94 95 I civili, sacrificati all’esigenza di salvare l’esercito, scappano secondo una linea che divide le classi: partono praticamente tutti i ceti superiori e gli impiegati pubblici; rimangono le masse popolari. Una differenziazione territoriale riguarda anche la vicinananza al confine (e quindi la relativa possibilità di fuggire prima, che porta ad un esodo massiccio dei mandamenti orientali del Friuli) e - a sottolineare la divisione di classe - la concentrazione urbana e la vicinanza alle stazioni ferroviarie. Intere popolazioni si trovano in una situazione di cul-de-sac, nel quale vagano senza meta per poi rientrare alle case depredate dopo aver trovato le strade intasate od interrotte. Gli insufficienti ponti sul Tagliamento - ingrossato dalla piena - vengono fatti saltare uno dopo l’altro, anche con quanti (civili e militari) si trovano sopra. In corrispondenza ai passaggi principali si formano bolgie infernali, con la gente che scappa con quello che può portare con sè, sotto una pioggia battente, mentre gli aerei austrotedeschi bombardano gli ammassamenti umani.98 La gente viene lasciata a sè stessa, in una nemesi storica che vede ogni autorità pubblica squagliarsi come neve al sole: l’unica categoria che rimane, salvo eccezioni, è quella dei parroci, che rafforzano il loro ruolo di mediazione sociale di fronte alla classe dirigente laica. Un esempio notevole della fuga delle autorità pubbliche dopo Caporetto è quella di Montebelluna nel Trevigiano, proprio a ridosso della linea del fronte: il sindaco (che tornerà ad esserlo nel 1924 con i fascisti) fugge portandosi via perfino la cancellata di casa in ferro battuto; fuggono il segretario comunale e tutti gli impiegati; il cancelliere, il pretore e l’ufficiale giudiziario; l’ufficiale e l’impiegato postale; tutte le levatrici; tutti i medici, compresi i due dell’ospedale e manicomio, lasciando le suore insieme a 110 pazienti psichiatrici e 24 ammalati. Vengono abbandonati gli internati nel manicomio ed i pazienti “comuni”: insieme con loro rimangono, prive di ogni indicazione ed aiuto, le masse contadine. Un’ouverture necessaria per la rivolta del dopoguerra. A Pordenone, a differenza dei borghesi, la popolazione operaia rimane in città, priva di lavoro per la distruzione delle fabbriche; in ospedale rimangono solo le suore, alcune delle quali, da infermiere, dovranno trasformarsi in chirurghe durante il periodo dell’occupazione.99 Oltre 130.000 friulani (circa un quinto della popolazione) sono dispersi nelle varie città italiane; a Firenze, diventata il nuovo capoluogo della provincia, si concentrano la maggioranza dei profughi e le istituzioni commissariali. Inizia a Firenze, con la propaganda estremista del Giornale di Udine, la campagna interventista che punta ad identificare i profughi come i patrioti, contrapponendoli ai rimasti traditori guidati dal clero austriacante. Una semina di veleno che nel dopoguerra si sovrapporrà alle altre contraddizioni sociali, e che serve da alibi per una classe dirigente che ha perso la dignità insieme con la faccia. Come ricorda Musoni, ai profughi (oltre 200.000 in totale: ma tutti gli studiosi concordano sull’incompletezza dei censimenti ufficiali, ritenendo le cifre reali più alte) vanno aggiunti gli abitanti delle zone del Veneto sgombrate perché diventate retrovie del fronte oppure (come Venezia) soggette a bombardamenti, pari ad altri 200.000. Ma i friulani ed i veneti non sono i soli esuli: masse altrettanto rilevanti (almeno 120.000140.000 persone, di cui quasi due terzi sono italiani) si erano dovute spostare a causa della guerra dal Litorale austriaco, costrette ad alloggi di fortuna nell’Impero asburgico, come le baracche del campo profughi di Wagna:. Ed altri, da una parte e dall’altra del fronte, sono stati internati dalle opposte macchine militari, per sospetti di collaborazionismo con il nemico: fra essi i più sfortunati sono le migliaia di abitanti delle zone occupate retrostanti il fronte del Piave, che vengono cacciati dagli austro-tedeschi dalle loro case, senza preavviso e senza destinazione, in una regione già sottoposta ad una pressione economica insostenibile.100 Il cambiamento delle regole di vita imposto dalla guerra ha coinvolto fortemente la regione, prima con una crescita economica artificiale dovuta ai consumi di grandi masse di combattenti e poi, dopo la battaglia di Caporetto e l’occupazione austrotedesca, con una politica di sfruttamento intensivo da parte di un esercito affamato ed ormai privo di risorse proprie. Cui si aggiungono le distruzioni: ad ogni spostamento di fronte non solo si creano nuovi profughi in un senso o nell’altro (vedasi il caso di Gorizia indicato da Corni come esemplare, con le sue quattro “liberazioni” consecutive) ma gli eserciti si scatenano nei saccheggi, mentre infrastrutture ed impianti industriali vengono distrutti per non lasciarli al nemico. Inoltre i centri abitati non vengono risparmiati dalla battaglia, come testimonia il sacilese on. Luigi Gasparotto che nel 1918 partecipa alla riconquista della sua città con combattimenti strada per strada. 101 Sul piano sociale ed economico, la guerra lascia il Friuli e le altre provincie occupate in condizioni pressoché totali di distruzione. L’apparato industriale è stato annullato dalle distruzioni e dai trasferimenti dei macchinari superstiti all’interno dei paesi occupanti. Il patrimonio zootecnico, base di uno sviluppo settoriale notevole per l’agricoltura provinciale nell’anteguerra, è azzerato, con una rapina che arriva quasi al 90% delle varie specie animali (colpendo così la produzione di carne e l’industria casearia e lasciando i contadini senza l’essenziale forza-lavoro per la lavorazione dei campi). La rete infrastrutturale (ferrovie, ponti e strade) è inutilizzabile per le interruzioni generalizzate; un numero molto alto di abitazioni e servizi pubblici sono stati distrutti.102 La guerra produce - come tutte le guerre - una polarizzazione sociale. Prima dell’invasione guadagnano imprenditori e i commercianti, che aumentano i volumi di vendita, mentre perde la popolazione, Cfr., anche per una rassegna degli studi precedenti sulla profuganza, ELLERO, Elpidio, La rotta di Caporetto: l’esodo della popolazione friulana (ottobre 1917), in: CORNI, Gustavo (a cura di), Il Friuli, storia e società, cit., pagg. 183-219. 99 VANZETTO, Livio, cit., pagg. 37-38; GASPARDO, Paolo, cit., pagg. 291 e 307. 100 Oltre ad Ellero, Elpidio, cit., cfr.: CORNI GUSTAVO, Storia della società friulana, cit.; VINCI, Annamaria, Il fascismo al confine orientale, in: FINZI, Roberto, MAGRIS, Claudio e MICCOLI, Giovanni, cit., pagg. 377-513. 101 Ripreso da: CHIARADIA, Giosuè, Pordenone 1915-18, cit., pagg. 27-29. 33 98 colpita dall’aumento artificioso dei prezzi. Come afferma Musoni, scoppiata la guerra, il Friuli si vide immediatamente riempito di truppe. Ciò se da un lato procurò guadagni insoliti ai negozianti, se aumentò il prezzo dei prodotti del suolo con vantaggio degli agricoltori, se arricchì la provincia di un gran numero di costruzioni e opere militari, e specialmente di vie carreggiabili in montagna, fu pure causa di grandissimo disagio alle popolazioni, di rincaro degli alloggi nelle città e nei centri maggiori, di danni recati alle campagne per occupazione di fondi, accampamenti di soldati, baraccamenti, depositi di materiali d’ogni specie. (...) Le aziende commerciali attraversavano un periodo di eccezionale floridezza e guadagnavano enormemente grazie alla ubicanza del Friuli rispetto al teatro di guerra (...) data la continua presenza del pericolo, si spendeva largamente e senza economie. (...) E ai negozianti vecchi moltissimi di nuovi se n’erano aggiunti (...). Quello che appare irritante è come, in una relazione elaborata dal noto geografo per conto della Deputazione Provinciale per sostenere la richiesta dei risarcimenti statali per i danni di guerra, vengano riproposte come investimenti e proprietà da rimborsare quelle che sono veri e propri sovraprofitti di guerra. E dopo l’occupazione austrotedesca, come ha rilevato Corni, a guadagnare saranno quelli che gestiscono il mercato nero, in una regione ad economia coatta segnata dalla penuria generale delle risorse. Le distruzioni del settore industriale sono tali da bloccarlo quasi completamente nel biennio postbellico, aggiungendo la disoccupazione degli operai di fabbrica a quella degli ex emigranti ed alla distruzione delle attività agricole (per i saccheggi ma anche per le mancate semine dell’anno agrario 1918, con la conseguente difficile ripresa delle colture dopo la fine della guerra). Gran parte della popolazione (in attesa del rientro dei militari mobilitati, che avviene lentamente a scaglioni per quasi tutto il 1919) è quindi costretta a vivere dell’assistenza pubblica, che viene scaricata su enti locali privi di risorse e di mezzi, se pensiamo che la distruzione della rete viaria e ferroviaria è tale da ostacolare l’afflusso di rifornimenti in Friuli. Quelle poche riserve che si sono salvate (come quelle delle Cooperative carniche, ricorda Tessitori) al momento della vittoria italiana sono distrutte da un saccheggio guidato dall’esercito nazionale. Inoltre il blocco della produzione e la mancanza di moneta (gli austriaci ne hanno introdotta una apposita per la zona occupata) rendono impossibili gli scambi monetari. Man mano che rientrano dai reparti, operai e contadini si trovano a fare i conti con la disoccupazione e la fame. Di fronte al fallimento di una classe dirigente, che ha portato alla distruzione del Friuli e nel dopoguerra si dimostra incapace di dare risposte ad una situazione drammatica (mentre il governo Orlando porta l’Italia all’isolamento internazionale, a causa delle sue posizioni imperialistiche oltranziste), due punti di riferimento si stagliano di fronte alle masse popolari sul piede della rivolta. Il primo è il clero, che non a caso è rimasto vicino alla popolazione, forse per scelta inconscia più che politicamente determinata e che fornisce l’ossatura alla rivolta contadina. Ma il secondo, il più forte, è rappresentato dai socialisti, che appaiono rafforzati non solo dalla loro opposizione alla guerra, ma anche dall’apparire all’orizzonte della prima esperienza di governo comunista del mondo. Le notizie della rivoluzione russa non sono arrivate solo ai profughi, tramite un Giornale di Udine che la vede solo come una manovra del nemico, ma sono circolate, grazie ai giornali austriaci stampati ad Udine in lingua italiana e tedesca, fra la popolazione anche tramite la comunicazione informale con i militari occupanti. Pur giudicando i rivoluzionari sovietici come spietati ed in difficoltà a causa della guerra civile, la stampa austriaca non può nasconderne la politica di pace e di socializzazione della terra. Sarà tramite l’austriaca La Gazzetta del Veneto che in Friuli si potranno conoscere nel dicembre 1917 gli accordi segreti di spartizione del mondo sottoscritti fra le potenze dell’Intesa e resi noti dal nuovo governo sovietico.103 7.1.2 - Dalle ceneri del radicalismo appare il primo tentativo di Giunta socialista. La prima seduta del dopoguerra - tenutasi il 20 dicembre 1918, poco più di un mese dopo la vittoria italiana - viene aperta dall’intervento del commissario prefettizio Pisenti. Anche in questo caso i consiglieri presenti sono solo dodici, esattamente come nell’ultima seduta tenutasi nel 1917. Pisenti ricorda con orgoglio che questa è stata l’amministrazione della guerra, che l’ha sempre sostenuta fin dall’inizio e che il 2 novembre 1917 l’Amministrazione Comunale aveva pubblicato un manifesto ai cittadini ove ricordava che l’occupazione sarebbe stata transitoria e si sarebbe conclusa con la vittoria. Dopo l’esodo l’amministrazione si è ricostituita a Firenze, ove ha risieduto fino al 1° novembre 1918. Il commissariato ha istituito due enti di consumo che, gestiti a favore della colonia dei profughi a Firenze da Leone Valenzin, hanno anche prodotto un utile di 21.300 lire. I dipendenti comunali hanno operato a Firenze, Ferrara ed in altri luoghi. L’ex sindaco Policreti si associa lodando il lavoro svolto da Pisenti, inizialmente per i tre mandamenti di Aviano, Sacile e Pordenone e successivamente solo per quest’ultimo. Policreti non ritiene di poter riassumere l’onere di dirigere l’amministrazione, a causa dei gravosi impegni di famiglia che si è trovato al rientro a Pordenone, ma rimarrà al suo posto finché sarà possibile visto l’immane compito della ricostruzione. Anche il suo intervento, come quello di Pisenti, è ispirato alla rivendicazione del più acritico interventismo: egli anzi non Ho utilizzato i dati contenuti in: MUSONI, Francesco, La Provincia di Udine e l’invasione nemica, Udine, Deputazione Provinciale, 1919 e TESSITORI, Tiziano, Il Friuli alla fine della guerra 1915-18, in: Memorie storiche forogiuliesi, Cividale, Deputazione di storia patria per il Friuli, 1976/8, pagg. 5-37. 103 BOSARI, Otello, L’immagine e l’influenza della rivoluzione d’ottobre in Friuli, cit. 34 102 perde l’occasione per utilizzare la precedente disfatta italiana per gettarne la colpa sugli oppositori alla guerra: Non può tacere una delle considerazioni che più spontanea si presenta sulle cause che condussero a Caporetto. Fu un’immensa sventura, ma è nella convinzione di tutti che non fummo vittime di un insuccesso militare, ma bensì di un delitto senza nome ad opera di italiani che già giudicano le nostre coscienze inorridite e meglio giudicherà la storia. Ma non dimenticheremo. Policreti però non dichiara correttamente tutti i suoi impegni: in realtà, durante la profuganza fiorentina, egli ha rinunciato alle funzioni di responsabile dell’amministrazione cittadina e mandamentale a favore di Pisenti, ma assumendo per sè quella del comune natìo di Aviano, nel quale era pure stato eletto assessore nel 1914. Gli interventi di Valenzin e di Asquini si soffermano sul disastro trovato al rientro in città, sulla distruzione delle risorse familiari (lamenta Valenzin), sullo snaturamento della vita cittadina commesso da una minoranza dei rimasti. Asquini ricorda Galeazzi, morto durante l’occupazione dell’ aborrito nemico. Risponde il clericale Tubero, che è rimasto e rivendica di aver agito a tutela della popolazione nascondendo granoturco per sfamare gli indigenti: Asquini precisa di non essersi voluto rivolgere a lui. Ma intanto si sono poste le premesse per l’ideologia del dopoguerra, con i radicali sostenitori della guerra che ne rivendicano la condotta e la conseguente vittoria, accusando clericali e socialisti, ed in generale la popolazione operaia e contadina rimasta in maggioranza sotto l’occupazione austrotedesca, di più o meno cosciente collaborazione con il nemico. La vittoria viene così a costituire non solo una discriminante in politica estera, ma soprattutto nella politica interna, fra lo schieramento della vecchia classe dirigente e quello (per altro diviso inconciliabilmente) dei partiti espressione delle masse popolari. 104 Ma, ricostituita l’amministrazione, la riunione successiva si svolge solo il 16 aprile 1919, a dimostrazione delle difficoltà a restaurare una corretta vita democratica. Questa volta è presente ed interviene Ellero che, sentendo rievocata nella precedente seduta l’opera amministrativa svolta prima dell’invasione e durante l’esodo, dichiara di non sentirsi in grado di esprimere opinioni, essendo stato assente da Pordenone per quasi tutta la durata della amministrazione (visto che - a differenza del “prode” Pisenti - era sotto le armi). E’ stato proprio il dirigente socialista, rientrato dal servizio militare, a sollecitare con una sua lettera la convocazione del consiglio. Subito dopo la relazione della Giunta egli, richiamandosi alle interrogazioni presentate, critica l’esecutivo per non aver sentito la necessità di convocare il Consiglio Comunale e di non essere riuscito a fornire dati sulla situazione economica: deve pur dire che non si è saputo o voluto forzar la mano sul Governo valendosi all’occorrenza di tutti i mezzi pur di riuscire a rimettere la vita nelle condizioni di prima e vincere il disagio economico della popolazione procurandole lavoro e assicurando agli operai i salari, che sono una cosa ben diversa dai sussidi. Dopo aver sottolineato che l’accusa è politica, non potendo esibire dati amministrativi per la sua forzata assenza, egli afferma: In momenti eccezionali come questi essa doveva alzare la voce, arrivare anche all’arbitrio e imporsi agli organi governativi che sono sordi o fanno troppo i sordi. La Giunta ha peccato di debolezza e ha mancato non unendosi al coro generale di legittimissima protesta. Altri problemi sollevati da Ellero sono la gestione degli enti comunali di consumo, che hanno sollevato molte critiche e hanno dato luogo a motivi di malcontento e la mancata corresponsione degli assegni dovuti ai militari congedati, anche delle classi più anziane. Il sindaco Policreti, nel rilevare che gli par di capire che Ellero sia quasi soddisfatto, deve però precisare che il consiglio è stato convocato prima della lettera di sollecito presentata dal consigliere socialista. Finanziariamente, deve ripeterlo, l’Amministrazione si è dibattuta e si dibatte in grandi difficoltà e si vive alla giornata, giacché le sovvenzioni governative sono state finora affatto insufficenti e non c’è neanche da rallegrarsi per l’avvenire, perché sembra che lo Stato non abbia promesso che l’antecipazione delle spese ordinarie. Fino al 31 dicembre si sono fatti i pagamenti con gli incassi degli spacci comunali e con una sovvenzione dello Stato di 80.000 lire. Quanto agli enti di consumo, da novembre ne erano stati istituiti cinque, ma due sono chiusi ed uno lo sarà a breve; per i lavori, non potendo fare affidamento sulle finanze comunali, si sono richiesti allo Stato finanziamenti per la ferrovia per Aviano, per il porto sul Noncello, per l’allargamento della strada Codafora ed altri. Monti si associa alle critiche di Ellero. Il sindaco dichiara di rimettere il mandato e di ritenere inutile fare frequenti riunioni del consiglio, visto tutto il lavoro che c’è da fare. Dopo vari tentativi di Roviglio, Asquini e Scaini di far evitare le dimissioni, si passa alla nomina della giunta, che alla seconda votazione viene eletta in Parmeggiani, Baschiera, Polon ed Ellero effettivi, e Zannerio e Monti supplenti.105 Nella seduta successiva non si può votare per il sindaco, per mancanza di numero legale, e tre assessori presentano le dimissioni (Polon, Baschiera e Parmeggiani). Il sindaco legge la lettera di accettazione di Ellero, Zannerio e Monti. Si crea quindi una situazione nuova: di fronte all’impossibilità di costituire una Giunta unitaria fra radicali e socialisti, per l’incalzare della protesta popolare, tre assessori effettivi radicali si dimettono, ma non fanno lo stesso i loro due compagni di lista che - eletti supplenti dichiarano di voler continuare il loro impegno insieme all’assessore socialista con il quale appaiono organicamente schierati. Pordenone ha la sua prima Giunta in qualche modo socialista. Pisenti si permette come semplice consigliere di osservare che le tre accettazioni sono circondate da tali condizioni da far nascere il dubbio che si nasconda l’intenzione di dimettersi a breve scadenza. Nel momento attuale irto di difficoltà la riserva di avere a disposizione mezzi cospicui per l’attuazione di un programma vasto e generico di carattere sociale, o meglio, come si preferisce dire proletario non può avere altro significato. Ellero. Si oppone a tale interpretazione e ACPn, Deliberazioni Consiglio 1918-1919 Amm.ne Policreti, seduta del 20 dicembre 1918, Oggetto Ricostituzione del Consiglio Comunale di Pordenone. 105 ACPn, Deliberazioni Consiglio 1918-1919 Amm.ne Policreti, seduta del 16 aprile 1919, Interrogazioni. Nomina della Giunta. 35 104 la chiama arbitraria. Non si deve dimenticare, egli dice, che noi rappresentiamo una esigua minoranza che va all’amministrazione anche coi voti della maggioranza. Con le nostre riserve noi intendiamo di essere assicurati che avremo l’appoggio della maggioranza che da noi dissente, per poter amministrare. Altra riserva è quella relativa ai mezzi necessari da parte delle superiori autorità perché si sappia che sarà possibile un’Amministrazione a Pordenone soltanto quando il Governo si metta all’altezza della situazione dando le somme necessarie. Dovere nostro è di scuotere il Governo, di imporsi ad esso ed è ciò che faremo se dovremo andare noi al potere, per non fare come l’Amministrazione precedente che non è stata all’unisono con le idee e le aspirazioni della città. Asquini. Comprende l’atteggiamento dell’opposizione ritenendo che essi domandino i mezzi per un programma massimo allo scopo di ottenere almeno quelli per l’attuazione di un programma minimo. Asquini ripropone la necessità di un accordo preliminare per formare una maggioranza omogenea, ma il sindaco risponde che non è possibile riconfermare l’amministrazione uscente, criticata da parte dell’opinione pubblica e della stessa maggioranza. Le votazioni per gli assessori risultano però nulle, rendendo quindi impossibile la sopravvivenza del pezzo di Giunta disponibile a continuare.106 Nella successiva seduta viene eletto sindaco l’avv. Cavarzerani con 10 voti, ed assessori sono eletti Polon, Baschiera ed Asquini. Ma l’8 maggio si comunica che Cavarzerani non ha accettata la nomina, pur non potendo passare alla votazione per sostituirlo per la mancanza del numero legale. Si commemora Alessandro Rosso, soldato delle guerre d’indipendenza del 1859 e 1866, e Riccardo Etro, morto a Ponte San Pietro di Bergamo dove si era trasferito dopo Caporetto. Con la loro morte e con quella precedente di Luigi Domenico Galeazzi scompaiono alcuni dei principali protagonisti della politica pordenonese dell’anteguerra.107 7.1.3 - Carlo Basso assessore socialista ad Aviano. Nel 1916 fanno parte della Giunta comunale di Aviano il sindaco Francesco Wassermann e gli assessori Angelo Mazzega, Carlo nob. dott. Policreti, Giacinto Mazzocco ed Angelo Tassan Got. 108 Non si tratta di una situazione tranquilla: rimangono tracce dell’intenso moto di ribellione alla disoccupazione dell’anno precedente, tanto che nel dicembre 1916 ogni sera di fronte all’ufficio postale di Marsure avvengono dimostrazioni ed atti vandalici.109 Nel seduta del Consiglio Comunale del 30 settembre 1917, sono presenti 13 consiglieri; gli assenti sono 8, mentre 7 sono sotto le armi: Antonio nob. dott. Cristofori, Pietro Piazza, Giuseppe Pegorer, Carlo Basso, Luigi Blasoni, Marco Venturelli e Luigi Tassan Gurle; Gio. Batta Pagnacco ed Angelo Zoratti sono morti, il secondo in guerra. In questa seduta si delibera il razionamento del pane, della farina e dei cereali, ma richiedendo che il termine per l’entrata in vigore venga prorogato perché è necessario premettere studi e indagini diligenti allo scopo di evitare che una affrettata soluzione del gravissimo problema possa, anziché raggiungere le finalità che si vuole conseguire, portare pregiudizio alla stessa e fare incorrere questa Amministrazione in un irremediabile errore. Proroga che viene concessa dal prefetto fino al 31 ottobre 1917. 110 Dopo Caporetto gran parte della classe dirigente del distretto di Aviano fugge dietro le linee del Piave. Nell’archivio del comune di Aviano sono conservati i prospetti relativi ai consiglieri dei tre comuni. Nel caso di Aviano, nonostante l’impegno interventista della maggioranza radicale, la maggioranza dei consiglieri rimane (sono 13, fra i quali tre assessori effettivi ed uno supplente: nell’ordine Angelo Mazzega, Angelo Tassan, Giacinto Mazzocco e Luigi Boschian), mentre solo 10 vanno profughi (ovviamente con in testa il sindaco Wassermann, i due nobili Policreti e l’assessore supplente Agostino Menegozzi) e 5 soli sono militari (ovviamente comprendendovi i consiglieri socialisti, a proposito delle tante lamentazioni sugli operai imboscati in produzione mentre la guerra la fanno i contadini, à la Melograni: purtroppo i socialisti friulani sono quasi sempre sia operai che contadini!). Il comune di San Quirino non ha dati precisi relativi alla condizione degli amministratori al momento dell’esodo. Il sindaco G. Lorenzin ed il segretario comunale Angelo Jus rimangono in paese. Il consigliere Enea Brusadin è profugo a Reggio Emilia; Antonio Toffolo Colan, assessore per San Foca, è profugo a Castellina Marittima (Pi); Ernesto Canton detto il Gobbo, assessore per San Quirino, è profugo in un comune del meridione sconosciuto; Pietro De Bortoli, consigliere comunale per San Foca, è profugo a Rapallo (Ge), ove lavora come servitore presso l’Hotel Kursaal. Non si hanno però notizie tali da poter ricostruire il destino di tutti gli amministratori: l’assessore di Sedrano sembra sia rimasto in paese, così come i consiglieri di San Quirino, d’altronde a causa delle dimissioni il consiglio era ridotto ai minimi termini. A Montereale i rimasti sono ben 12, fra i quali 3 assessori; solo 5 sono profughi, fra i quali il sindaco e l’assessore Amedeo Toffoli, mentre 3 sono sotto le armi, 2 dei quali sono gli assessori Federico Tonon e Romano Roveredo. Il sindaco Vincenzo Degan comunica con lettera di trovarsi profugo a Torino in Via ACPn, Deliberazioni Consiglio 1918-1919 Amm.ne Policreti, seduta del 24 aprile 1919. Sottolineature nell’originale. ACPn, Deliberazioni Consiglio 1918-1919 Amm.ne Policreti, sedute del 26 aprile 1919 e dell’8 maggio 1919. 108 ACA, b. 963, 1916, f. Categoria I Amministrazione, Classe 5.4. Giunta Municipale, estratto del processo verbale della Giunta Municipale del 19 settembre 1916. 109 ACA, b. 963, 1916, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5, Scioperi e disordini: Denuncia di dimostrazioni ed atti vandalici presso l’Ufficio Postale, 12 dicembe 1916. 110 ACA, b. 964, 1917, f. Categoria I Amministrazione, Classe 8.3, Estratto del Processo verbale della seduta pubblica straordinaria del 30.9.1917 del Consiglio Comunale. Con nota di autorizzazione del prefetto a margine. 36 106 107 Belfiore, 34 e di essere disponibile alla nomina a commissario del comune, anche perché si trova attualmente disoccupato.111 A Firenze viene costituito il Commissariato prefettizio per i comuni dei mandamenti di Pordenone, Sacile ed Aviano, nella persona di Piero Pisenti. 112 Invece nel comune di Aviano sotto occupazione austrotedesca esercitano le funzioni di sindaco Marco Zozzolotto (padre del tecnico comunale Francesco) e quelle di vicesindaco Giuseppe Magliaretta della frazione di Castello; ma la Sottoprefettura ha notizia (non confermata) del fatto che Luigi Scandolo abbia svolto funzioni amministrative, forse anche di sindaco. 113 Possiamo conoscere l’operato di Zozzolotto e di Magliaretta attraverso le loro relazioni elaborate rispettivamente il 31 marzo ed il 20 aprile 1919 (nel caso di Zozzolotto grazie alla stesura a cura del segretario comunale provvisorio, il cappellano don Giacomo Campolin. Relazioni tese, come afferma Zozzolotto, ad opposizione e confutazione di quelle idee e massime che forse potrebbero essere ingenerate in qualcuno di tacciare o credere austriacanti tutti i rimasti : ma il combattivo Magliaretta ricorda le circostanze di forza maggiore che gli hanno imposto di assumere la carica a causa della sparizione delle autorità comunali: fino dai primi dicenbre del 1917 venni da molte familie della frazzione scongiurato a voler interessarmi del disastro che imperversava. Dopo matura riflessione e osservato che quelle persone che potevano giovare alla santa causa essi insalutati ospiti varcarono il Piave (...). Zozzolotto e Magliaretta non sono certo degli usurpatori, visto che sono coadiuvati, oltre che da don Campolin, anche dall’assessore anziano Giacinto Mazocco e dal consigliere Angelo Tassan. La loro attività si limita a garantire la sopravvivenza della popolazione nelle difficili circostanze dell’occupazione: Assunta la carica di Sindaco e Consiglieri la sera del giorno 8 dicembre 1917 per incarico del Comando Germanico, prima cura di tutti i membri componenti l’Autorità Comunale fu unicamente quella di tutelare il più possibile i diritti, la proprietà e la sicurezza dei cittadini, la libertà Comunale e quanto formava parte integrante dei beni e rendite Comunali dalla voracità e perfidia dell’invasore. Perciò contro le losche manovre dei primi giorni di accollare al Comune una taglia di 50.000 lire per i piccoli pretesti della non esecuzione degli ordini emanati nei primi tempi, il Consiglio tutto compatto oppose una franca e risoluta resistenza non piegandosi minimamente di fronte alle continue minaccie di carcere ed internamento (...). L’amministrazione si fa carico quindi di gestire una minima politica annonaria, attraverso una trattativa in condizioni di svantaggio strutturale nei confronti delle autorità tedesche che obbligano all’ammasso dei prodotti agricoli e requisiscono tutto quello che può servire all’approvvigionamento delle truppe. L’obiettivo degli amministratori è quello di limitare i danni, sottrarre al prelievo qualcosa e documentare i diritti dei produttori soggetti alle requisizioni; la struttura comunale viene mantenuta grazie al reddito del servizio di distribuzione della carne attraverso le tessere annonarie (la carne viene pagata invece che requisita), evitando di aggravare più oltre la povertà degli abitanti con nuovi balzelli e tasse, ma di supplire alle spese indispensabili con qualche modico prestito e col piccolo civanzo di carne ed altre forniture. Non è un compito facile quello degli amministratori sotto gli austro-tedeschi: ma a loro giustificazione, come per il clero che in gran parte rimane nei territori invasi, sta il dato di fatto che qualcuno deve pur prendersi la rappresentanza delle popolazioni, rimaste senza guida e senza portavoce. Non a caso, abbiamo visto come a Caneva gli amministratori socialisti rimangano quasi tutti al loro posto: non essendo possidenti né guerrafondai, non avevano gran che da temere da parte dell’invasore, e comunque a loro come ai loro compagni di sventura, operai ed artigiani, bottegai e contadini, non aveva certo pensato nessuno. E così si assumono un ruolo di mediazione assai difficile, fra il famelico bisogno di reperire risorse dei militari e la disperata resistenza passiva di una popolazione alla fame. Forse i nuovi amministratori del 1917-1918 non dimostrano un grande patriottismo, ma certo solo su di loro grava il ruvido rimprovero dei nuovi venuti, che ricordano come l’Austria sia stata aggredita ed invasa dall’Italia e non viceversa: un giudizio storico e politico difficilmente contestabile, fatto pagare a chi ne aveva meno responsabilità. Gli amministratori dichiarano di aver collaborato solo per obbligo alla requisizione del granoturco da parte dei militari tedeschi, limitando i danni ai privati e cercando di ottenere per la popolazione una quota di quello trasportato ad Aviano dagli altri comuni. L’azione economica viene affiancata specialmente da quella nel campo morale e nazionale, con pratiche continue presso comandi ed uffici per evitare che i prigionieri di guerra vengano internati, ottenendo la derubricazione della loro posizione in quella di 111 ACA, b. 2483, Fascicoli separati 1915-19, f. Cat. I 1918, 1.Elenco dei Consiglieri Comunali con indicazione della residenza attuale di ciascun Consigliere, nonché del Segretario e degli altri impiegati, dei Comuni di AVIANO, S. QUIRINO, MONTEREALE CELLINA: richiesta della Prefettura al cav. Policreti di avere l’elenco dei consiglieri comunali del Mandamento al momento dell’esodo, con indicazione della residenza attuale, prot. n. 8594 del 10 luglio 1918 e solleciti prot. n. 1266 del 7 ottobre 1918 e del 14 ottobre 1917 (con risposta del delegato del commissario Wassermann) ed allegati; appunti e corrispondenza relativi agli amministratori di San Quirino; elenco dei Consiglieri Comunali di MONTEREALE CELLINA, compilato dal Segretario di Montereale Cellina, in Ceglie Messapico il 28 agosto 1918, in originale autografo ed in copia dattiloscritta; appunti; b. 1516, Carteggio sede provvisoria del Comune in Firenze, f. Montereale Cellina 1917-18, Cat. I, Temporanea sede municipale di Montereale Cellina e recapiti dei suoi rappresentanti: lettera di Vincenzo Degan al Commissario Prefettizio del Circondario di Pordenone del 24 gennaio 1918; 112 ACA, b. 1516, Carteggio sede provvisoria del Comune in Firenze, f. Atti Stato Civile e Affini, minuta del certificato prot. n.1495 del 26 gennaio 1918 relativa ad una profuga del comune di Aviano. La busta contiene una fitta corrispondenza relativa alle notizie sui profughi ed i militari del comune, intrecciata fra i vari comuni, uffici e reparti in cui questi si sono trovati. Sono presenti soprattutto certificazioni e pratiche a carattere assistenziale, oltre ad alcuni documenti relativi al funzionamento degli uffici. La documentazione comprende anche due fascicoli relativi ai comuni di San Quirino e di Montereale Cellina. 113 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 5.1, Sindaco, vice sindaco: lettera ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 5.1, Sindaco, vice sindaco: lettera riservata della Sotto Prefettura di Pordenone, senza protocollo, del 1° febbraio 1919, senza traccia di risposta; istanza di rimborso spese di Giuseppe Magliaretta del 12 settembre 1919. 37 prigionieri civili e proteggendoli attraverso la richiesta di assegnazione di persone dichiarate indispensabili alla gestione di sempre nuovi uffici, creati apposta come copertura. Magliaretta, nel rivendicare il pagamento delle spettanze della sua frazione per la carne fornita, ricorda come si siano macellati gran parte dei capi bovini per sfamare i poveri del paese, mentre egli correva da un luogo all’altro per limitare i danni delle requisizioni e gli arbitri delle autorità di occupazione. Nel dare il rendiconto dei suoi febbrili interventi, con il risultato che a molte familie di qui feci restituire grande quantità di generi di maiale, e poi ancora del formaggio pane e vino che la pattuglia germanica aveva requisito, ma anche bovini, asini, una carretta, fieno, frumento, biancheria e vestiti (la mancanza di permessi di requisizione diventa lo strumento per salvare almeno in parte i beni degli avianesi) il vicesindaco denuncia anche: Sventai pure una cosa che Scandolo Luigi era venuto in certe familie di qui per requisire bestiame con un gendarme senza l’ordine del Comando di Tappa. Bel tipo questo Scandolo: alla fine dell’anno sarà il protagonista della costituzione di una “cooperativa padronale” per rompere il fronte delle tre cooperative di lavoro socialiste... un buon esempio a pro di chi ancora pensa che esista un capitalismo “puro”.114 Dietro le linee, prima e dopo Caporetto, rimangono anche i disertori, quei soldati che, a costo della vita, decidono di non prestarsi più al gioco al massacro condotto dalle borghesie europee sulla pelle dei loro sudditi. Nel solo caso di Marsure di Aviano sono otto. I carabinieri leggono sulla piazza del paese la loro condanna a morte, ma la popolazione continua a proteggerli ed a sfamarli. Sono tre di loro a dar vita all’unico episodio di “resistenza armata” all’occupazione austrotedesca in Friuli, ricordato anche da Guido Corni sulla base di alcune memorie dell’epoca. 115 Sigfrido Cescut riporta invece la testimonianza orale di Giordano Tassan, uno dei ragazzi che avevano l’incarico di portar da mangiare ai disertori, prima per sfuggire alla vigilanza italiana - erano scappati prima di Caporetto - poi a quella austriaca e tedesca: I miei tre amici, Antonio, Mario e Pietro, una sera avvicinandosi con cautela alle proprie case, ebbero la disavventura di incontrare la soldataglia mentre stava rubando l’ultima mucca, rimasta nella stalla della Elisa. La povera donna viveva con due figlioletti e quall’unica vacca rappresentava tutto ciò che aveva. Il gruppetto dei transfughi involontariamente si trovò coinvolto nella situazione. Uno di loro pensò bene di imbracciare il fucile che portava sempre con sè. L’intenzione era solo quella di difendersi da dei ladri e possibilmente intimorirli, fatto sta che ad un caporale austriaco toccò una fucilata in un braccio. Il fatto assunse, per gli occupanti, il valore di un attentato in piena regola, nel bel mezzo di una guerra. Il giorno dopo Marsure venne circondata dalle truppe austriache e tutti gli uomini validi coercitivamente radunati in piazza. La richiesta di indennizzo, per “l’atto terroristico” subìto, formulata dal comando austriaco - sessantamila corone da raccogliere in due giorni - era del tutto sporporzionata rispetto le possibilità di quella povera gente cui era stato sottratto quasi tutto. Scaduto l’ultimatum, per ritorsione, centoquattro, fra capifamiglia e uomini validi, in pratica la quasi totalità della popolazione maschile, vennero deportati in un campo di lavoro nelle vicinanze di Linz. La deportazione poteva forse essere evitata da un diverso impegno del parroco che purtroppo non ci fu. Don Burigana presso gli Austriaci rappresentava un surrogato di autorità locale. Quello dei tre disertori non è quindi - con tutta probabilità - un eccezionale caso di resistenza all’occupazione, ma un episodio di solidarietà umana fra compaesani ridotti al limite della sopravvivenza. E non a caso è tutto il paese a viverne solidalmente le conseguenze, quando non sarebbe stato certo difficile utilizzare il comodo capro espiatorio dei militari alla macchia. D’altronde di disertori non ci sono più solo gli italiani: aiutati dall’ antimilitarista Gigi Solet gettano la divisa anche due indipendentisti boemi, che tenteranno di passare le linee per raggiungere la divisione ceca che combatte oltre Piave. Anche nel caso di Marsure il ruolo del parroco è difficile se non ambiguo, giocato sul filo sottile della mediazione fra gli interessi della collettività e quelli degli occupanti: ma il conto dei profitti e delle perdite, fra i suoi tentativi di limitare i danni e la collaborazione prestata, sono tali da alimentare il rancore della popolazione nei suoi confronti, con il lancio anche di alcune bombe a mano contro la porta della canonica nella notte di Santo Stefano del 1918. Se il ruolo del sacerdote appare difficile ed aperto a interpretazioni complesse (da parte sua si protesta invece un impegno per evitare l’internamento) sono i profittatori del paese, quelli che si arricchiscono con il mercato nero, che assumono indubbiamente il ruolo più nettamente negativo: lungi dal mettere mano al fornito portafoglio, sono probabilmente i collaborazionisti che forniscono la lista dei nomi da prelevare. Fra essi il padre di Giordano, vittima di chi aveva dovuto subire le sue denuncie verso gli speculatori.116 Anche sotto l’occupazione nemica, lungi dal dividersi in patrioti od austriacanti (interpretazione di comodo che dà una lettura sommaria ed insoddisfacente dei vari e difficili ruoli di mediazione comunitaria svolti da sacerdoti ed amministratori comunali rimasti), si approfondisce il solco delle differenze di classe. La guerra, che ha già diviso ricchi e poveri al momento della fuga, continua a dividerli fra chi si vede rapinare ogni risorsa e stenta a sopravvivere e chi riesce a trar lucro da questa situazione. Ed intanto, anche in queste sperdute contrade dove si è già troppo occupati a sopravvivere, cominciano a filtrare le prime notizie sul fatto che il socialismo è risorto dalle sue ceneri e - in piena guerra mondiale - in Russia i bolscevichi hanno realizzato la prima rivoluzione socialista vittoriosa. 117 ACA, b. 1516, Carteggio sede provvisoria del Comune in Firenze, 2° f. Aviano 1918. Relazioni autografe di don Campolin e di Magliaretta, la prima con firma autografa di Zozzolotto. 115 CORNI, Gustavo, Il Friuli Occidentale nell’anno dell’occupazione austro-germanica 1917-1918, cit., pagg. 35 e 43 (ove riprende un passo da: NODARI, Caterina, Memorie di una maestra durante l’anno di occupazione nemica 1917-1918, S. Giovanni di Polcenigo, Parabiago 1921); id., Storia della società friulana, cit., pag. 69, nota 266 (ove si cita anche come fonte l’interrogatorio del parroco di Marsure). 116 CESCUT, Sigfrido, Una storia avianese, cit., pagg. 70-76. 117 CESCUT, Sigfrido, Una storia avianese, cit., pagg. 76-77. 38 114 A metà novembre del 1918 sottoprefetto (ospitato provvisoriamente dal municipio di Pordenone) e prefetto (dalla sede di Firenze) provvedono a sollecitare la ricostituzione delle amministrazioni comunali. Si invitano gli organismi elettivi e riprendere le loro funzioni ed a richiamare dalla profuganza gli impiegati. Le amministrazioni nominate dagli austro-tedeschi vanno congedate, richiedendo loro immediatamente un rendiconto della loro attività; ai commissari mandamentali operanti a Firenze si chiede di completare il loro mandato straordinario favorendo il reinsediamento delle amministrazioni comunali.118 Il 10 novembre è Wassermann, nella funzione di delegato del commissario prefettizio, ad invitare il vicesegretario Antonio Novello da San Quirino a riprendere il servizio, anche a causa della morte dell’applicato Giuseppe Penzi. Novello affermava di aver voluto riprendere servizio subito dopo il ritorno delle truppe italiane, ma di non averlo potuto fare perché non trovò la legale rappresentanza insediata, e per le difficoltà del vivere e del trasporto. 119 Il 21 novembre il commissario prefettizio Piero Pisenti, vista la circolare sottoprefettizia del 13 novembre, in mancanza del numero legale dei consiglieri ed in assenza del commissario per il comune di Aviano Carlo Policreti delega il sig. Marco Zozzolotto a reggere provvisoriamente l’amministrazione, avvalendosi della cooperazione del rev. don Giacomo Campolin cappellano di Aviano. Lo stesso Zozzolotto aveva già provveduto a convocare la Giunta comunale d’ordine del sottoprefetto due giorni prima: decisamente il passaggio di consegne fra la Giunta del periodo austriaco e quella rientrante in funzione non può essere segnato da maggiore continuità.120 Uno dei primi atti della ricostituita Giunta è la corresponsione di una indennità straordinaria per permettere il rientro degli impiegati dalla profuganza: di tratta del segretario, dell’applicato, del ricevitore del dazio municipalizzato, dell’ufficiale sanitario e del cursore comunale, cui si aggiunge il vicesegretario comunale che durante l’occupazione è rimasto nella sua abitazione di San Quirino, il quale dev’essere fornito di vitto ed alloggio in Aviano. L’indennità giornaliera, valida dal momento del rientro dalle precedenti sedi di servizio fino a tutto il primo trimestre del 1919, è di 15 lire per gli impiegati, di 20 per il medico e di sole 2 lire per il cursore, mentre il vicesegretario ha un aumento dello stipendio da 209 a 400 lire mensili. Il cursore è l’unico dei salariati a percepire l’indennità, per il fatto di essere stato profugo: evidentemente gli altri dipendenti comunali erano rimasti in paese durante l’occupazione, come gran parte dei lavoratori manuali. Il provvedimento è motivato dal fatto che il personale richiamato in sede per l’improrogabile necessario ripristinamento di tutti i servizi comunali, si trova in grave disagio per le anormali condizioni della vita cittadina per il costo altissimo degli alloggi e dei generi di consumo, per la forzata separazione dalle proprie famiglie che sono nell’impossibilità di rimpatriare per mancanza di case abitabili (…): ciò esigendo un dispendio enorme che non può essere sostenuto con i redditi derivanti al personale dagli ordinari stipendi. In una lettera al segretario comunale Pietro Veroi, il sindaco Francesco Wassermann esprime parere favorevole alla proroga delle indennità fino a tutto giugno, visto l’inclinazione favorevole delle autorità superiori ed il loro finanziamento al riguardo. E’ significativo che il sindaco incarichi il segretario di esprimere questo parere ai componenti della giunta, e lo inviti perentoriamente: e non stia a provocare disordini anche da parte degli impiegati. 121 Non stanno male solo gli impiegati comunali, per i quali lo stipendio è in qualche modo garantito: Giuseppe Magliaretta, ricordando alla Giunta comunale che il passaggio delle consegne da parte della precedente amministrazione è avvenuto già il 15 aprile e che nulla sia stato fatto per pagare i 186 quintali di mais forniti dalla frazione di Castello, avverte che la popolazione è stanca essa a l’assoluto bisogno del denaro per comperare il grano per le sue familie. Dalle conseguenze che ne potrebbe derivare in mancanza di ciò ne renderà responsabile la Giunta stessa.122 In un comune come Aviano i lavori di costruzione e riparazione dopo i disastri della guerra sono più urgenti e necessari che altrove. Qui in paese, dove la gente prima della guerra viveva soprattutto grazie all’emigrazione, i lavori pubblici sono l’unica risposta che possa in qualche modo lenire una situazione sociale esplosiva, che anzi era già iniziata ad esplodere prima della guerra. Ora che si prospetta il rientro dalle trincee degli operai-soldati, la situazione richiede provvedimenti immediati, e questi si saldano con la necessità di provvedere al riatto del patrimonio edilizio. I primi lavori autorizzati a gennaio 1919 sono quelli per la fornitura e costruzione di baraccamenti per i servizi pubblici, la riparazione dei fabbricati privati per renderli abitabili. Il commissario prefettizio precisa in un avviso pubblico che si darà la preferenza, in quanto ne sia il caso, ai riatti degli immobili di proprietà delle classi meno abbienti. Le richieste degli interventi di riatto dovranno essere fatte dai proprietari al comune per l’inoltro all’autorità militare. In assenza dei proprietari, provvederà il municipio con i suoi organi tecnici. Sarà l’Amministrazione Comunale, sia nel caso delle riparazioni che della cessione dei materiali, a stabilire la lista delle priorità. 123 ACA, b. 2483, Fascicoli separati 1915-19, f. Cat. I 1918, 2.Ripristino dell’Amministrazione precedente l’occupazione nemica nei comuni di Aviano, S. Quirino: circolari del sottoprefetto prot. n. 2 del 13 novembre 1918, su carta intestata del Municipio di Pordenone; prot. n. 39 del 21 novembre 1918; del prefetto, su carta intestata ancora alla sede provvisoria in Firenze, Via de’ Bardi, 20, prot. n. 6086/IV del 26 novembre 1918. Sottolineature nell’originale. Cfr. i testi in appendice. 119 ACA, b. 2483, Fascicoli separati 1915-19, f. Cat. I 1918, 2.Ripristino dell’Amministrazione precedente l’occupazione nemica nei comuni di Aviano, S. Quirino: lettera autografa di Novello del 10 dicembre 1918, e minuta autografa di Wassermann in pari data. 120 ACA, b. 965, 1918, f. Cat. I Amministrazione, classe 5.1, Nomina del Sindaco, ecc.: lettera di nomina datata dal Municipio di Pordenone il 21 novembre 1918 e classe 5.4, Giunta Municipale: lettera prot. n. 5 del 19 novembre 1918. 121 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 5.4, Giunta Municipale: delibera Giunta Municipale di Aviano del 24 gennaio 1919 e lettera del sindaco del 25 aprile 1919. 122 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 5.4, Giunta Municipale: lettera di Giuseppe Magliaretta del 3 maggio 1919. 123 ACA, b. 2484, Fascicoli separati 1919, f. Cat. VIII.4.Iniziative dell’Autorità militare volte alla ripresa dell’economia (ricostruzione e riparazione fabbricati pubblici e privati, alienazione baraccamenti, etc.): cfr. il testo in appendice; avviso ciclostilato del gennaio 1919 39 118 Il 9 aprile il sottoprefetto Orlandi sollecita l’Amministrazione Comunale a deliberare subito i lavori pubblici necessari per alleviare la disoccupazione, adottando i provvedimenti finanziari relativi ed assicurando che essi saranno favorevolmente appoggiati. Orlandi chiede inoltre di essere informato relativamente a quali lavori siano eseguibili immediatamente. L’amministrazione risponde due giorni dopo che Comune Aviano aveva prima dell’invasione nemica pronti i progetti per edifici scolastici. I progetti andarono dispersi quindi non si possono subito iniziare lavori. Altre opere pubbliche non sono in vista e quindi per alleviare la disoccupazione non troverà miglior provvedimento che sollecitare costruzione ferrovia pedemontana e ferrovia Pordenone-Aviano. Nei giorni successivi si susseguono le circolari prefettizie per far partire i lavori e stimolare le amministrazioni a presentare i progetti e le domande per ottenere i mutui relativi.124 Il 2 maggio viene presentata una petizione al sindaco di Aviano per richiedere la riapertura delle scuole, che gli alunni non possono frequentare da venti mesi a causa dell’invasione. Si segnala che in ogni frazione ci sono locali da adibire all’insegnamento in attesa del restauro delle scuole. Si richiede inoltre al sindaco di adoperarsi presso l’ispettore scolastico di Maniago, per avere prestissimo valenti maestri e incominciare subito l’insegnamento agli alunni, per distoglierli dalle strade ed avviarli nella via retta del bene . Il primo firmatario è il socialista Carlo Basso, seguito da altri trentadue firmatari, in maggioranza con lo stesso cognome; ma l’istanza è firmata anche da alcuni assessori, come Angelo Tassan Got ed Angelo Mazzega o consiglieri, come Pietro Piazza.125 Il 12 giugno il provveditore agli studi Giulio Antonibon scrive una circolare agli ispettori e vice ispettori scolastici ed ai sindaci della provincia, a proposito dello sciopero degli insegnanti. Pur chiedendo ai funzionari di fare opera di convinzione nei confronti dei pochi scioperanti, la circolare prende atto della situazione di paghe insufficienti della categoria, e che lo stesso ministro Berenini ha modificato in senso migliorativo l’ipotesi di nuove tabelle retributive.126 Secondo una relazione del comune di Aviano, prima della guerra di fabbricati ed il materiale scolastico di Aviano e Marsure erano sufficienti, mentre nelle frazioni di Castello, Villotta e Giais erano insufficienti al numero dei frequentanti. Tutto è stato distrutto durante l’occupazione ( non rimase neppure una seggiola). I danni materiali ammontano a 60.000 lire e durante l’occupazione fu impossibile fare lezione. Non insegnanti, quasi tutti profughi, o sotto le armi, non locali adatti e mancanza assoluta di mobili ed arredi. Qualche maestre, qui rimaste in capoluogo, nel proprio tinello, che conteneva 7 od 8 alunni, funzionava. Del resto gli austriaci che presero il dominio dopo i germanici fecero ogni sforzo, perché gli abitanti riprendessero le loro abitudini, e che le scuole fossero aperte, ma tutto inutilmente. Nelle frazioni suddette non si può parlare di scuola. Non esistevano asili d’infanzia, né esisteva il Patronato scolastico ch’era sul nascere, né pubbliche biblioteche. 127 Per la ricostruzione del sistema scolastico il Ministero della Pubblica Istruzione mette a disposizione un primo fondo di mezzo milione per la ricostruzione delle suppellettili. Il decreto legge 21 aprile 1919 n. 717 dispone che i comuni possano ottenere a prestito la somma occorrente dal ministero con l’impegno a restituire solo due terzi del capitale concesso entro l’anno successivo, sotto forma di delegazione su cespiti fiscali a carico dell’esattore delle imposte, con una rateazione fino a cinque anni. Viene inviato un questionario dal provveditore, in cui si richiede di quantificare quante siano le aule demolite, quante quelle da restaurare, quanti banchi a due posti, cattedre, lavagne, sedie, attaccapanni sono necessari ed infine se il comune farà domanda di prestito.128 Il 25 aprile il comandante del 19° reggimento di artiglieria da campagna avverte i sindaci di Aviano, Polcenigo, San Quirino e Budoia che, per ordine del Comando Supremo alla scopo di non creare possibilità che i disoccupati non trovino lavoro e che i militari sostituiscano l’eventuale impiego di essi non potrà essere concessa alcuna prestazione di mano d’opera militare a privati se non per il tramite di Codeste Onorevoli Autorità comunali. Tale indicazione è esclusivamente intesa a facilitare la ripresa dell’attività industriale e l’impiego della mano d’opera resasi disponibile in seguito ai congedamenti. Un mese dopo giunge in comune la richiesta dell’ufficio centrale per il collocamento del Ministero dell’industria, commercio e lavoro di compilare un questionario rivolto ai sindaci italiani: Per essere in grado di provvedere al pronto collocamento degli operai, i quali, rendendosi via via disponibili – sia per la cessazione delle industrie di guerra, sia per effetto della smobilitazione generale – potrebbero trovarsi esposti a grave disoccupazione, necessita conoscere tutti i lavori di pubblico interesse, iniziati e sospesi, progettati e non iniziati, o necessari ma non ancora progettati, da eseguirsi da pubbliche amministrazioni. E’ altresì necessario conoscere il numero degli operai, attualmente disoccupati, che in detti lavori potrebbero trovare utile impiego.129 emanato dal Commissario Prefettizio, Eccezionali provvedimenti dell’autorità militare per le ricostruzioni. 124 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 8.2, Appunti di discussione: telegramma del sottoprefetto, prot. n. 820 del 9 aprile 1919, minuta della risposta del Comune di Aviano dell’11 aprile 1919 e documentazione segg. 125 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria IX Istruzione pubblica, 1.1, Provveditore; Ispettore scolastico: Atto di istanza per ottenere subito l’apertura de originale le scuole comunali, del 2 maggio 1919. 126 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria IX Istruzione pubblica, 1.1, Provveditore; Ispettore scolastico: Circolare ciclostilata del 12 giugno 1919. 127 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria IX Istruzione pubblica, 2.3, Costruzione e riparazione di locali scolastici: Relazione dei danni ai fabbricati ed arredi scolastici del suddetto comune, 12 giugno 1919, firmata per il sindaco da Angelo Tassan, in due diverse versioni (non difformi per la sostanza, ma molto per la prosopopea patriottica di uno dei due testi). 128 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria IX Istruzione pubblica, 2.3, Costruzione e riparazione di locali scolastici: Circolare ciclostilata del 4 luglio 1919 e calcolo dei bisogni in minuta. 129 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: lettera prot. n. 2808 del 25 aprile 1919; questionario allegato alla lettera prot. n. 6267 del 30 aprile 1919, che una nota a margine dichiara ricevuta dal comune di Aviano il 24 maggio 1919. 40 Nell’aprile il facente funzioni di sindaco Angelo Mazzega comunica la costituzione della commissione d’avviamento al lavoro e sussidi ai disoccupati del comune, costituita da Guglielmo Colauzzi, Giuseppe Fabbro e dal maestro Luigi Gandin. L’ufficio comunale di avviamento al lavoro e sussidi opera a partire da quel mese con un organico di 17 impiegati (il direttore Guglielmo Colauzzi, il tesoriere Vito Cristofori, il segretario Luigi Zanot, un contabile, dodici copisti ed un fattorino). L’organico arriverà fino a 19 persone nel giugno successivo e si ridimensionerà a sette-otto persone durante l’estate a causa delle pressioni delle autorità statali: l’11 agosto la commissione provinciale previsione sussidi disoccupazione delibera una serie di rilievi nei confronti della commissione di avviamento al lavoro di Aviano, fra i quali le retribuzioni non autorizzate ai suoi componenti (mentre l’incarico dovrebbe essere gratuito), per di più aggravate da un carico di lavoro inadeguato e dall’assunzione di un numero esagerato di dipendenti, nonché il fatto che si siano pagati i viaggi fino a Cuneo dei disoccupati, mentre l’utilizzo dei fondi è ammesso solo in ambito locale.130 In realtà gli abusi del servizio comunale per il collocamento sono tali da essere rilevati perfino dalle autorità militari: il 7 maggio il sindaco riceve una segnalazione dalla Sottoprefettura di Pordenone, a questa pervenuta dalla direzione della 24° zona lavori (militari), nella quale si contesta come un tale sig. Pietrobon Giuseppe fu Domenico della frazione di Marsure sia stato avviato al lavoro con un certificato di miserabilità rilasciato dal comune di Aviano, mentre in realtà si tratterebbe di un ricco contadino che non ha bisogno affatto di lavoro. Si invita quindi il comune a non rilasciare certificati infondati, questo per l’interesse di coloro che versano nella più squallida miseria e realmente hanno bisogno di lavoro per vivere. 131 Nei giorni 16, 17, 19, 20 e 21 maggio si svolgono manifestazioni di protesta, che diventano violente negli ultimi due giorni, provocando l’intervento di carabinieri e militari e numerosi arresti. In paese si attende l’arrivo di un commissario prefettizio visto che l’Amministrazione Comunale non funziona. La causa immediata dell’agitazione è l’aggravarsi delle disoccupazione per il congedo dei militari ed i graduali licenziamenti del personale impiegato dal Genio Militare. Intanto entrano in sciopero anche gli operai addetti ai lavori di restauro della centrale idroelettrica di Giais danneggiata durante l’invasione.132 L’Amministrazione Comunale è travolta dalle polemiche, attaccata da destra e soprattutto dai socialisti che guidano il movimento di lotta dei disoccupati. Il Consiglio Comunale si riunisce il 22 maggio. Sono dimissionari: Mario Marchi, G.Batta Policreti ed Angelo Blasoni e morti Angelo Zoratti, Agostino Menegozzi e Giuseppe Zammattio. Il consigliere Agostino Mazzega Sbovata è assente per malattia (ed infatti morirà verso la fine dell’anno). Il sindaco si presenta dimissionario ed i due assessori più anziani lasciano l’incarico di presiedere all’assessore iuniore Angelo Tassan. Il presidente informa il Consiglio congregato dell’oggetto della convocazione cioè, che in seguito alle reiterate dimostrazioni pubbliche ostili alla Rappresentanza Municipale questa se né trovata costretta di darne ufficialmente comunicazione per quei provvedimenti utili alla rimozione degli inconvenienti che furono causati più che altro da un malinteso contegno della stessa. L’avv. Cav. Policreti che il ripetersi dello scatenarsi della popolazione, non omesse le violenze con getto di sassi da produrre danni sia alle persone che alle cose, dinota che havvi dei gravi motivi di codesto malcontento addimostrato contro l’amministrazione, epperò invita chiunque dei Consiglieri a declinare gli addebiti contro chiunque fosse, che gli si fanno, della medesima. Dopo un intervento del consigliere Venturelli, che chiama alla commemorazione dei caduti, fra i quali il consigliere Zoratti morto a causa di un bombardamento, interviene il consigliere socialista. Il Sig. Basso Carlo osserva il grave torto della Rappresentanza Municipale si è quello della poca popolarità e democrazia adoperata per non avere mai convocato il Consiglio Comunale dopo la Liberazione, onde informarlo di quanto succedeva in Comune ed in Municipio, dacché essere Consiglieri per non ricevere informazioni e comunicazioni delle vertenze che più interessano il bene del popolo, gli sembra non sia la retta linea da tenersi, imperoché si viene a concludere che la detta Rappresentanza Municipale considera i Consiglieri Comunali piuttosto in ischiavitù che trattarli democraticamente. Il Sig. Pegorer Giuseppe conviene nell’esposizione del Basso e riassume in un solo concetto che la Giunta Municipale non s’attenne al proprio dovere, poiché lui tanto amichevolmente quanto in iscritto glielo fece comprendere. Ma tutto fu inutilmente e se non ci fosse state le dimostrazioni femminili l’adunanza odierna non avrebbe avuto luogo. Il Sig. Wassermann dichiara che gli oltraggi a lui diretti quale Sindaco furono la causa della sua rinuncia. E si giustifica della mancata convocazione del Consiglio Comunale, confermato da Venturelli, a causa della vera e propria fiumana di pubblico che affluisce al municipio per le più varie esigenze. Il consigliere Marco Venturelli presenta un ordine del giorno, che viene approvato all’unanimità, in cui si delibera (…) di soprassedere per alcuni giorni di rassegnare le proprie dimissioni, e d’incaricare la Giunta Municipale a provvedere nel più breve tempo possibile l’allestimento d’un progetto che comprenda tutti i lavori necessari per dar lavoro a tutti i disoccupati, di assumere il mutuo relativo e di chiedere alla Giunta di presentare una relazione sulla merce ricevuta e distribuita.133 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: lettera della Commissione Provinciale prot. n. 1231 dis. del 18 agosto 1919. 131 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: minuta della lettera di nomina datata aprile 1919; lettera della Sottoprefettura di Pordenone al Comune di Aviano prot. n. 1078 del 7 maggio 1919; b. 3268, 1921: Commissione d’avviamento al lavoro e sussidi di Aviano, Prospetto generale stipendi e spese dall’inizio di quest’Ufficio a tutto il 9 febbraio 1920. 132 Relazione sull’ordine e lo spirito pubblico redatta il 30 maggio 1919 dal comandante la divisione dei carabinieri di Udine E. Sterzi, custodita in copia presso l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste e citata in: CESCUT, Sigfrido, Una storia avianese, cit., pag. 93. 133 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 8.1, Avvisi di convocazione: verbale della seduta del 22 maggio 1919 ed allegati. 41 130 Quindi il consigliere clericale ed ex combattente Venturelli legge la richiesta di convocazione del Consiglio Comunale presentata da alcuni consiglieri per trattare argomenti urgenti, quali: i provvedimenti da prendersi per l’accelerata apertura delle scuole; la protesta per il cambio delle corone austriache in lire; provvedimenti per la rapida consegna di bestiame in conto danni di guerra per chi ne è stato privato; una comunicazione sulla gestione del comune dal novembre 1917 ad oggi, in modo da informare tutti i consiglieri comunali; la sistemazione regolare della distribuzione di viveri, quadrupedi, carri ed altri beni da parte della pubblica amministrazione; commissione per l’avviamento al lavoro, pagamenyo dei sussidi ai disoccupati e tutela degli interessi relativi all’assistenza militare; rapporti con l’ufficio del Genio Militare per una giusta distribuzione dei lavori e per una giusta graduazione della urgenza dei lavori da farsi; pressioni sul governo per ottenere l’immediata ripresa dei lavori della ferrovia pedemontana; ripristino delle quattro corse automobilistiche fra Aviano e Pordenone; riordinamento degli uffici comunali; avvio con la massima urgenza dei lavori già progettati dai geom. Pietro Piazza e Francesco Zozzolotto134 su commissione della giunta. Policreti (che ammette di aver ricevuto la lettera di richiesta inviata da Venturelli a lui a Pordenone al posto del sindaco) replica dichiarando che anche le altre amministrazioni comunali delle terre liberate non hanno provveduto a convocare i consigli perché sono troppo occupate, mentre replica alle critiche sul fatto di disinteressarsi delle cose del popolo ricordando gli interventi fatti presso il governo per sollecitare l’avvio dei lavori dei due tronchi ferroviari e della teleferica per il Monte Cavallo, anzi azzardando la contrattazione di un mutuo per pagare gli operai, nella certezza del successivo intervento del governo. Suggerisce infine di riconvocare il consiglio per il giorno dopo per eleggere sindaco ed assessori, e presenta testé le sue dimissioni. Venturelli e Pegorer replicano che nessuno in queste circostanze prenderà su di sé tali responsabilità. Il giorno dopo si riunisce la giunta, composta ormai solo da Mazzega, presidente, Tassan e Boschian, che riconvoca il consiglio per il 26 successivo per discutere di: Nomina del sindaco, Nomina di assessore, Elenco dei lavori pubblici da effettuarsi per togliere la disoccupazione degli operai, Mutuo da contrarsi per pagare la mercede agli stessi, Ratifica delle deliberazioni prese d’urgenza dalla Giunta Municipale in materia di vendita piante di boschi comunali e di indennità di missione e di caroviveri agli impiegati e salariati a norma dei R.D. 1917-1918 e 1919.135 Nella seduta del Consiglio Comunale del 26 maggio si discute la relazione del presidente assessore Carlo Policreti relativa alla proposta di ratifica della deliberazione urgente della Giunta per la vendita di piante dei boschi comunali. La proposta viene approvata all’unanimità, pur condividendo tutti i consiglieri la critica di Pegorer di non essere stato precedentemente informato il consiglio; Policreti informa che grazie all’intervento dell’esercito è in via di realizzazione la teleferica che permetterà lo sfruttamento dei boschi comunali.136 Il contratto di vendita è fissato a centomila lire. Si discute poi dell’elenco dei lavori da realizzare per combattere la disoccupazione, con il contributo del geom. Zozzolotto e di Guglielmo Colauzzi, presidente dell’ufficio per la disoccupazione. Si approva l’elenco dei lavori e la delega alla Giunta a trattare con gli organi dello stato l’assunzione a suo carico degli oneri relativi. Si discute della nomina di un assessore municipale, per sostituire l’assessore supplente Agostino Menegozzi morto il 27 aprile. E fa distribuire le schede in bianco, mentre in Consiglio si manifesta il proposito di concentrare i voti per il sig. Basso Carlo. Il quale insorge a dichiarare che per le sue occupazioni non si trova in grado di accettare la carica. Ma Basso ottiene dodici voti, contro i due di Venturelli ed uno solo di Piazza. Infine, dopo aver rinviato la nomina del sindaco per mancanza del numero legale dei due terzi, si delibera in merito alla costituzione di una commissione, per appurare quanto sia di sodo nelle critiche e lagnanze del popolo. L’elenco dei commissari viene approvato all’unanimità.137 Anche ad Aviano quindi, un mese dopo Pordenone, la crisi generalizzata spinge un Consiglio Comunale tutt’altro che socialista a portare in Giunta un rappresentante della classe operaia. Anche in questo caso però senza riuscire a dare stabilità all’Amministrazione Comunale. Il Consiglio Comunale delibera infatti nella stessa seduta l’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’azione svolta dalla Rappresentanza Municipale nella distribuzione della merce ricevuta per il popolo, formata da Guglielmo Colauzzi di Davide, Marco De Piante Vicin fu Angelo, Giovanni Zanus Fortes fu Vincenzo, Ferdinando Cipolat Gotet di Luigi, Angelo Patessio di Vincenzo, Carlo Tassan Caser fu Domenico, Agostino Stradella di Domenico e Luigi Basso Fin di Sante. Essa, in base alla lettera di convocazione da parte del f.f. di sindaco Angelo Mazzega, si riunisce la prima volta il 17 giugno, incaricando Guglielmo Colauzzi di presiederla e di trovare una persona competente per l’inchiesta (la lettera del sindaco Il geom. Francesco Zozzolotto di Marco nel 1915 aveva svolto la funzione di direttore dei lavori pro disoccupati. Nel 1917 era direttore dell’ufficio tecnico del comune, quando venne richiamato quale ufficiale dell’esercito. Nel dicembre 1919 è libero professionista. Cfr.: ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 6.4, Applicati: domanda di rimborso spese e competenze del 7 agosto 1917; richiesta anticipo sulle competenze del 18 dicembre 1919. 135 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 8.2, Appunti di discussione: estratto del verbale del Consiglio Comunale del 22 maggio 1919; allegati (negli allegati della seduta si trovano i seguenti biglietti di dimissioni: di Angelo Mazzega, che il 20 maggio dichiara di essersi dimesso dal giorno precedente da assessore e consigliere, stante la sua imperfetta salute e l’età avanzata; di Carlo Policreti del 22 maggio che si dimette da consigliere ed assessore; del 24 aprile di Giacinto Mazzocco fu Antonio, sempre da consigliere ed assessore) e 8.1, Avvisi di convocazione: avviso del 24 maggio 1919. 136 La teleferica esercitata dalla Società Anonina Industrie Riunite di Aviano è collocata fra la frazione di Pedemonte e la località di Gastaldia sul Monte Cavallo. Cfr.: ACA, b. 2486, 1921 Fascicoli separati, f. Categoria I, 1. Corrispondenza del Sindaco e del Commissario Prefettizio: lettera della società al Sindaco del 5 gennaio 1920. 137 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 8.2, Appunti di discussione: verbale della seduta del Consiglio Comunale del 26 maggio. 42 134 facente funzioni, riprendendo il verbale del Consiglio Comunale, dava infatti mandato di iniziare quando crede l’inchiesta stessa, valendosi se del caso di persona competente in materia ). Ma il 20 la commissione si riunisce con soli cinque componenti ed esprime viva polemica contro Patessio, rappresentante del capoluogo e De Piante, rappresentante di Somprado, assenti per la seconda volta in disprezzo del mandato assunto pubblicamente. Nella terza riunione del 22 giugno si decide, di fronte al persistere dell’assenza dei due, di convocare il comitato d’agitazione per sostituirli. Si sollecita nuovamente il presidente a recarsi a Pordenone per incaricare la persona competente, indicata nel sig. Bulfoni. Ma sopraggiungono gli assessori Mazzega, Tassan e Mazzocco che dichiarano, anche a nome di Policreti (certo non di Basso!), che l’amministrazione non si assumerà la spesa per il consulente, nonostante l’indicazione data dal Consiglio Comunale. Si decide quindi di inviare Colauzzi alla Sottoprefettura per chiarire tale questione. 138 Intanto il 27 maggio la commissione per l’avviamento al lavoro comunica al sindaco di non essere più in grado di effettuare i pagamenti dei sussidi per la mancata consegna dei documenti prescritti dalla legge ed invita l’amministrazione a disporre dei suoi poteri onde evitare gravi malcontenti. Il 17 giugno il presidente della commissione Guglielmo Colauzzi, richiede che venga a strettissimo giro di tempo nominata una Commissione composta di persone che ben conoscano la popolazione che affluisce in massa impressionante presso questo Ufficio per la richiesta dei sussidi. Detta Commissione la quale si comporrà di una persona per ogni singola Frazione ha la mansione di coadiuvare quella già in carica per evitare il ripetersi dei casi già verificatisi e colpire coloro che non si trovano nelle condizioni stabilite dal Decr. Luog. 5 Genn. 1919 N.° 6.139 Intanto sta esplodendo la questione alimentare: il 9 giugno il parroco di Marsure don Angelo Burigana invia una lettera al sottoprefetto di Pordenone (il quale la gira al sindaco raccomandando di tenere in considerazione l’ipotesi di assecondare il prete) in cui richiama che con decreto del comando di tappa germanico il 15 dicembre 1917 si è provveduto ad immagazzinare il granoturco della frazione per distribuirlo con tessere annonarie. Ciò ha prodotto una situazione di crescente tensione, perché i non produttori o quelli che sono sfuggiti all’ammasso hanno sfruttato i produttori e fin che non si faranno pagare i debitori (cosa per la quale il parroco si offre di costringerli, se assecondato dalla forza pubblica) la tensione non potrà scemare.140 Il 2 giugno iniziano i lavori pro disoccupati di espurgo della roggia a partire dal Partidor, occupando 566 operai. Il geom. Zozzolotto invita il segretario comunale, d’ordine di Carlo Policreti, a telegrafare alla Prefettura di Udine: Partecipo Vossignoria che oggi - stante locale agitazione operaia Amm.ne inizia lavori pubblici alleviando in parte la disoccupazione. In seguito alla protesta dei lavoratori di Giais, Zozzolotto non ha ritenuto di assumere come caposquadra Giovanni Basso Dina, mentre ha assunto, pur essendo assessore comunale, Carlo Basso, la cui nomina ad assistente del lavoro fu ratificata dalla giunta comunale. Le masse stanno letteralmente insorgendo per garantirsi il lavoro e si stanno organizzando in cooperative, quindi non è tanto il caso di badare alla forma: Carlo Basso è il capo dell’agitazione e questo è il fatto sostanziale, che dà senso al suo molteplice ruolo di organizzatore sindacale, cooperativistico ed amministratore comunale. La Prefettura eccepisce la mancanza di copertura della spesa e ritiene che il comune non possa impegnarsi; invita a presentare un’urgente richiesta al comando della quarta armata, e ritiene che molti disoccupati potranno aver lavoro per taglio boschi credesi in questi giorni approvato. Otto giorni dopo la Prefettura invita il comune a rivolgersi per competenza al 2° ufficio staccato lavori di Pordenone. 141 Il 14 giugno Carlo Policreti, consigliere comunale di Aviano ma soprattutto sindaco di Pordenone, scrive al segretario comunale di Aviano della situazione relativa ai rapporti con la Banca di Pordenone ed il Banco Ellero, che non si accontentano della deliberazione d’urgenza vistata dal sottoprefetto, ma vogliono e l’approvazione della Giunta provinciale amministrativa e la delibera del Consiglio Comunale. Dopo aver sollecitato al sottoprefetto la trasmissione della delibera al prefetto, per poterla così sottoporre all’approvazione del prossimo Consiglio Comunale, Policreti richiede la convocazione d’urgenza del consiglio ed avverte che intanto provvederò mediante obbligazione mia personale – salvo a ricevere i fischi della popolazione. In serata Policreti invia un fonogramma: Dal Sindaco Pordenone al Segretario Aviano. Provveda convocazione consiglio comunale per lunedì ore 17. Io interverrò e porterò con me somma necessaria per la prima quindicina dei lavori in corso. Sarà conveniente preavvisare la necessità della sospenza dei lavori stessi. Il consiglio si riunisce con quindici presenti, sotto la presidenza dell’assessore Policreti che svolge la relazione, e si conclude con la ratifica della deliberazione giuntale d’urgenza per assumere un prestito cambiario di 150.000 lire con la Banca di Pordenone.142 ACA, ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 8.2, Appunti di discussione: lettera del Sindaco f.f. A. Mazzega del 28 maggio 1919, allegata all’estratto del verbale della seduta del 22 maggio 1919 e b. 2483, Fascicoli separati 1915-19, f. Cat. I 1919, 1, Carte diverse relative alla cat. 1 Amministrazione, verbali delle riunioni della Commissione d’inchiesta. 139 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: copia della lettera della Commissione al Sindaco di Aviano, prot. n. 4 del 27 maggio 1919; lettera del 17 Giugno 1919 indirizzata al Sindaco. 140 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5, Scioperi e disordini: originale della lettera del parroco alla Prefettura del 9 giugno 1919, con parere del sottoprefetto annotato a latere. 141 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: relazione del geom. Zozzolotto al Sindaco del 2 giugno 1919; biglietto a matita del geom. Zozzolotto al segretario comunale, senza data, e minuta del telegramma alla Prefettura del 2 giugno 1919; telegrammi prefettizi prott nn 5534 del 3 giugno 1919 e 5818 dell’11 giugno 1919. 142 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 8.1, Avvisi di convocazione: lettera autografa di Carlo Policreti del 14 giugno 1919 (sottolineatura nell’originale), trascrizione fonogramma del 14 giugno 1919, ore 21.10, lettera di invito al Consiglio Comunale del 15 giugno 1919 ed annotazione relativa alla seduta. 43 138 Il 10 luglio l’ispettore centrale collocamenti del Ministero industria commercio e lavoro di Venezia richiede all’amministrazione di Aviano se sia esatto che ripetute domande di considerevole manovalanza per lavori da eseguirsi nel Friuli siano rimaste infruttuose di fronte al rifiuto opposto dagli operai di costì di allontanarsi dalle case, malgrado le loro abitudini migratorie. Il comune conferma tale fatto, ma obietta il 14 luglio come una settantina di operai d’Aviano recarono in questi giorni a lavorare in un impianto elettrico in Provincia di Cuneo e che circa 4 mesi or sono duecento operai che si presentarono ad un cantiere del Genio Militare a Casarsa della Delizia furono rimandati alla locale Sezione del Genio Militare. Pochi giorni dopo, il direttore dell’ufficio centrale per il collocamento del Ministero comunica al comune che, visto il rapporto dell’Ispettorato centrale collocamento e sussidi, si è sollecitato l’Ufficio tecnico provinciale di Udine perché voglia adottare benevoli e solleciti provvedimenti in merito ai progetti riguardanti i diversi lavori pubblici da eseguirsi nella frazione GIAIS. 143 Il 2 luglio una tempesta distrugge completamente i raccolti di Aviano. Il sindaco risponde quindi con un appello drammatico alla richiesta del giorno prima giunta dal sottoprefetto di Pordenone, che chiedeva di quantificare il numero dei disoccupati e di suddividerli per le varie categorie professionali. Senza neanche più raccolto, agli avianesi non rimane che ottenere con la massima urgenza un lavoro. 144 Il 16 luglio il sottoprefetto richiede al sindaco di Aviano, in occasione dello sciopero generale del 20 e 21 successivi, di prendere accordi con i comandi dei carabinieri e dei reparti militari, in modo da concordare la disposizione di un sufficiente numero di militari per fronteggiare immediatamente ogni eventualità di turbamento dell’ordine pubblico, che dovrà essere invece ad ogni costo tutelato. Mazzega risponde che, d’accordo con il brigadiere comandante la stazione dei carabinieri, ha concordato l’utilizzo del 19° Reggimento di artiglieria da campagna.145 La Sottoprefettura con telegramma del 25 luglio richiede al comune quali lavori siano necessari, vista la richiesta presentata dai comitati di agitazione al Ministero per le Terre Liberate per l’esecuzione di opere pubbliche per assumervi i disoccupati: in una nota il geometra Zozzolotto dice di rispondere che ci sono i progetti da lui depositati in Prefettura e poi i lavori delle due ferrovie, il riatto degli acquedotti ed i lavori di manutenzioni stradali e di edifici in conto danni di guerra.146 Il 31 agosto la Prefettura comunica la restrizione degli interventi rivolti ai contadini disoccupati, cercando di spingerli alla ripresa delle attività agricole, con evidente interesse degli agrari in un periodo che, vista la stagione autunnale incipiente, è il meno adatto. L’8 settembre un’altra circolare prefettizia ritorna sull’argomento. Questa volta l’obiettivo è di spingere i lavoratori all’emigrazione, vista come un destino naturale cui essi devono rassegnarsi vista l’abitudine degli anni prebellici. Si contesta la validità economica di “sprecare” denaro in opere pubbliche massicce, come se l’incredibile dispendio di risorse umane ed economiche della guerra non fosse stato ben più assurdo.147 Il 2 settembre si riunisce per l’ultima volta la Giunta comunale, presieduta da Angelo Mazzega e composta dagli assessori effettivi Giacinto Mazzocco ed Angelo Tassan e dal supplente Carlo Basso. Si delibera in merito al completamento dei lavori pubblici già in parte iniziati d’accordo con l’autorità Prefettizia e con Genio Militare. Si tratta in particolare degli acquedotti, che sono stati tutti danneggiati dagli austrotedeschi (qualcuno è inservibile) e delle rogge di Marsure e di Aviano - in particolare quest’ultima che hanno bisogno di riatto anche per assicurare il funzionamento dei mulini da grano . E’ necessario sistemare la rete stradale, per l’aumento del traffico e delle industrie e per riparare i danni recati dal nemico; sono da riparare 550 fabbricati danneggiati dal nemico, in modo da permettere la loro abitabilità prima della stagione invernale, anche per dare alloggio a famiglie già profughe che pel fatto di non poter ancora abitare la loro casa presero in affitto dei locali. Ritenuto che dando pronta esecuzione ai suddetti lavori, si viene a fronteggiare la disoccupazione operaia, mancando qui l’emigrazione temporanea all’estero che era consuetudinaria prima della guerra stante il forte contingente di emigranti; Ritenuta la necessità del provvedimento specialmente per alleviare le tristi condizioni economiche degli operai delle frazioni di Marsure e Giais, colpite dalla grandine che distrusse i raccolti in particolare quello del granoturco (…) La Giunta comunale delibera quindi di approvare il progetto tecnico redatto dal direttore dei lavori comunali Francesco Zozzolotto e dall’ing. Augusto Mior per il ponte sul torrente Cavrezza sulla strada che da Castello d’Aviano conduce a Pordenone ed a Sacile, che gli era stato commissionato nel luglio 1914. Questi lavori, ai quali alcuni altri (relativi a strade, tombini, ponti e lavatoi) vengono aggiunti con un biglietto di segnalazione di Zozzolotto, sono stati ipotizzati già nei mesi scorsi: il 19 maggio ad esempio l’ing. Mior aveva dichiarato che, in carenza di un progetto perfezionato (probabilmente era andato perso con l’invasione) dava la sua disponibilità: considerata l’urgenza accennata dal sindaco di ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: telegramma-espresso del Ministero prot. n. 1377 del 10 luglio 1919; minuta della risposta del comune del 14 luglio 1919; lettera del Ministero prot. n. 1433 del 21 luglio 1919. 144 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5, Scioperi e disordini: telegramma del Sotto Prefetto prot. n. 2222 del 2 luglio 1919 e minuta del telegramma sindacale di risposta del 3 luglio 1919. Cfr. il testo in appendice. 145 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5, Scioperi e disordini: telegramma del Sotto Prefetto senza protocollo del 16 luglio 1919 e minuta della risposta inviata a nome del sindaco da A. Mazzega il 17 luglio 1919. 146 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: telegramma-espresso del sottoprefetto prot. n. 2574 del 25 luglio 1919 ed annotazione a matita del geom. Zozzolotto in calce. 147 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: copie ciclostilate delle circolari, protocollate dal comune di Aviano il 9 settembre al n. 91 e l’11 settembre 1919 al n. 110. Cfr. i testi in appendice. 44 143 Aviano per far fronte alla disoccupazione io potrò entro alla prossima settimana segnare sul posto le opere di scavo e trasporto materiale, in modo di poter cominciare i lavori nella settimana successiva .148 Ma il giorno dopo prende possesso del municipio come commissario prefettizio Umberto Galasso. L’amministrazione è minata dalla dimissione della maggioranza dei suoi componenti, cui si aggiungerà quella dei tre residui assessori non socialisti: l’unico cemento che l’ha fatta funzionare fino in fondo è la spinta del movimento popolare. L’11 ottobre il sottoprefetto di Pordenone richiede al commissario prefettizio di Aviano, con un telegramma, l’elenco dei consiglieri defunti e copia delle dimissioni di consiglieri ed assessori. Il commissario risponde il 13 ottobre che i morti sono tre ed i dimissionari 27; che parte delle lettere sono andate disperse durante l’occupazione austrotedesca; che le dimissioni dei cinque assessori e della maggioranza dei consiglieri sono state consegnate al sottoprefetto dall’assessore Carlo Policreti nel mese di agosto di quell’anno.149 La lettera di dimissioni di tre assessori, priva di data, è indirizzata al commissario prefettizio e costituisce una dettagliata relazione sulla situazione del comune e sulle motivazioni e modalità della crisi progressiva che ha portato al disfacimento della precedente amministrazione: La crisi prodottasi nell’Amministrazione del Comune di Aviano trae le sue cause da uno stato di malcontento, conseguenza naturale e legittima dei dolori, dei sacrifici sofferti durante la guerra e durante la invasione nemica, e dai danni e dalle perdite arrecate da questa. Altra causa va ricercata nella condizione di quasi impotenza materiale e morale a superare le enormi e molteplici difficoltà che ogni giorno si prospettavano e nelle quali si è trovata la Amministrazione fino dal primo momento in cui riprese la propria funzione dopo la liberazione. Tale fenomeno, comune del resto a tutti i paesi liberati, doveva necessariamente manifestarsi con maggiore intensità in un paese scarso di risorse locali e con tradizioni di larga emigrazione temporanea. Crisi dell’alimentazione, disoccupazione, sensazione ancora viva di atroci sofferenze, sfiducia più o meno giustificata negli annunciati provvedimenti, contribuirono a tenere sempre desto il malcontento e a dare sempre nuova esca alle agitazioni. Ma questa, che parrebbe un’onesta ammissione di impotenza da parte di amministratori incapaci di far fronte a compiti più grandi delle loro capacità, si trasforma subito in un rabbioso ed ipocrita atto di accusa verso i socialisti: A questo aggiungasi la deformazione morale prodottasi nello spirito di parte della popolazione per effetto delle male arti di un nemico senza fede e senza onore, l’azione insistente e delittuosa intesa ad un nefando sfruttamento del dolore ad opera di chi, non sapendo rassegnarsi alla vittoria delle armi nostre, si era affrettato a mettere anche in Aviano le mani avanti alla ricerca di facili consensi ed a fini inconfessabili. Sono note le manifestazioni ostili e gli atti di violenza da parte della popolazione e sui quali non è opportuno insistere. Il rovesciamento della realtà è evidente, e prepara la reazione fascista: sui socialisti viene scaricata l’accusa di cospirazione e tradimento della patria: quei lavoratori che sono stati strappati dai loro decennali luoghi di lavoro, cui è stato distrutta la stessa possibilità di emigrare per procurarsi un reddito; quegli operai-contadini che hanno sopportato sulle loro spalle una guerra sanguinosa (Carlo Basso per primo, che come abbiamo visto ha combattuto in guerra) diventano i colpevoli dei disastri provocati dalla classe dirigente nazionale, mentre la maggior parte degli amministratori radicaldemocratici erano rimasti a casa loro, chi in un comodo esilio borghese, altri collaborando con gli austrotedeschi. Un piccolo riscontro accerta l’infamia: tutti e tre gli assessori che stilano questo atto d’accusa erano rimasti ai loro posti durante l’invasione austrotedesca, continuando a svolgere i loro compiti. Chi aveva collaborato con l’esercito occupante accusa di antipatriottismo chi aveva rischiato la sua vita sul Carso e sul Piave!150 7.1.4 - Fornasotto commissario prefettizio di Sacile: la bonifica dei Camolli. Nella profuganza le istituzioni locali sono ricostituite a livello commissariale: nel caso dei mandamenti di Pordenone, Aviano e Sacile si nomina come unico commissario l’avv. Piero Pisenti, sollevando le proteste di gran parte degli esponenti sacilesi. In un suo dattiloscritto del 14 dicembre 1917, inviato al prefetto di Udine Errante a Firenze, Giuseppe Lacchin esprime il parere che si debbano nominare commissari per i singoli comuni, od al massimo per i singoli mandamenti (ed in tal caso indica il segretario ACA, b. 2484, 1919 Fascicoli separati, f. Categoria X, Deliberazioni relative a lavori pubblici vari, con allegati: copia verbale seduta Giunta municipale di Aviano del 2 settembre 1919. Cfr. il verbale in appendice. 149 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 5.2 e 5.3, Assessori e consiglieri: telegramma del sottoprefetto dell’11 ottobre 1919, prot. Comune di Aviano n. 895 del 12.9.1919 (si tratta di un evidente errore del protocollo del comune, visti i timbri postali datati ad ottobre); minuta della lettera di risposta del commissario prot. n. 3229 del 13 ottobre 1919 e telegrammi successivi della Sottoprefettura. Nel 1919 risultano dimissionari tre consiglieri comunali: il nob. cav. G.B. Policreti, Luigi Angelo Blasoni e Mario Marchi, mentre sono morti altri quattro: Agostino Menegozzi, Giuseppe Zammattio, Angelo Zoratti ed Agostino Mazzega. Rimangono in carica 23 consiglieri: il nob dott. cav. Carlo Policreti, il nob. dott. cav. Antonio Cristofoli, Francesco Wassermann, Angelo Mazzega, Angelo Tassan Got, Giacinto Mazzocco (che dovrebbero essere i componenti della giunta), Carlo Basso, Luigi Boschian, Luigi Berti, Giovanni Coden, Domenico Mazzega, Giuseppe Pegorer, Agostino Della Puppa, Marco Venturelli, Geometra Piazza, Luigi Cipolat, Angelo De Marco, Luigi Stradella, Luigi Tassan, Ferdinando Mellina, Giuseppe Zanut Perelda, Giovanni Mazzega Fabbro e Gio. Maria Visintin. Cfr.: ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 5.2 e 5.3, Assessori e consiglieri: elenco dei consiglieri comunali di Aviano, senza data, compilato in occasione di un Consiglio Comunale (i presenti sono quindici, fra i quali Carlo Basso). Visto il confronto con il documento commissariale del 13 ottobre, questo elenco dovrebbe essere successivo per il sopraggiungere di un altro decesso. 150 ACA, b. 966, 1919, f. Categoria I Amministrazione, 5.4, Giunta municipale: lettera senza data. Cfr. il testo in appendice. 45 148 comunale di Sacile Marchesini), in quanto è impossibile pensare che qualcuno governi 25/30 comuni senza archivi senza uffici rimasti là, e quindi a memoria la necessità di ricostruire anche con atti di notorietà delle posizioni private e pubbliche. Un fitto carteggio si intreccia fra il prefetto, i deputati di origine sacilese Chiaradia e Gasparotto ed esponenti politici locali: fra gli aderenti all’iniziativa per svincolare i comuni del Sacilese dall’insufficiente tutela di Pisenti c’è, secondo Eugenio Padoin, anche Enrico Fornasotto. 151 Pisenti delibera il 5 dicembre 1917 la conservazione del posto per i dipendenti di ruolo ed i pensionati delle amministrazioni comunali dei tre mandamenti da lui commissariati, con l’aumento del 25% per la disagiata residenza e l’obbligo di presentarsi a Firenze e mettersi a sua disposizione (con la possibilità di utilizzarli anche in altre sedi concordate); licenzia invece i dipendenti precari e, dal 1° gennaio 1918, riduce l’aumento dell’indennità al 10%, escluso un ristretto gruppo di funzionari assunti presso l’ufficio del commissariato (si tratta del dott. Edoardo Cavicchi segretario comunale di Pordenone, del cav. Arturo De Carli, di Isidoro Pusca, di Pietro Veroi segretario comunale di Aviano, del cav. Giuseppe Marchesini segretario comunale di Sacile e di Diego Pagotto). 152 L’agitazione sacilese sostenuta dall’on. Chiaradia ottiene presto soddisfazione, con la nomina di un commissario per il mandamento nella persona dell’ex sindaco cav. Vittorio Zancanaro, uno dei più attivi nel rivendicare l’autonomia della città dall’amministrazione pisentiana. Il commissariato prefettizio per i comuni del mandamento di Sacile risulta costituito e dotato di suo materiale d’ufficio (carta intestata e timbro il 20 aprile 1918), ma era già stato costituito almeno il 12 marzo precedente. Il suo apparato è costituito dal segretario capo cav. Giuseppe Marchesini, dal vice segretario Eugenio Padoin (già responsabile del settore demografico), dall’applicata Lea Pianca (già contabile del municipio) e dal messo Francesco Fiorot (già usciere del commissariato di Pordenone). Ma fin da subito Zancanaro nomina un commissario delegato nella persona del notaio dott. Guido Sartori.153 Dopo la fine della guerra, la Sottoprefettura di Pordenone richiede il 6 gennaio 1919 al sindaco di Sacile quale sia lo stato degli amministratori ed impiegati al momento dell’invasione. Essi sono il sindaco cav. Vittorio Zancanaro, che però è dimissionario dove aver esercitato le funzioni sindacali nel novembredicembre 1918; gli assessori effettivi Attilio Mantovani, conte ing. cav. Ezio Bellavitis e Fabio Ruggero, in carica ed ing. cav. Ugo Granzotto, dimissionario 154; i supplenti Gio Batta Zanchetta e Giuseppe Montanari, in carica, così come i consiglieri comunali avv. cav. Girolamo Cristofoli, cav. Giuseppe Lacchin, Fausto Tallon, Americo Camilotti, Guido Marson, Giuseppe Ceolin, Francesco Candiani, Ros (nome illeggibile), Angelo Giust, Domenico Brieda, Ernesto Toldo, Pietro Bertoia ed Antonio Gasparotto (quest’ultimo deceduto). Il personale in servizio è costituito dal segretario cav. Giuseppe Marchesini, dal vicesegretario, da un contabile e da due applicati, uno dei quali deceduto. Il Consiglio Comunale si riunisce per la prima volta - dopo la sospensione delle attività a causa dell’invasione austrotedesca - il 25 gennaio. Al posto di Zancanaro subentrano come prosindaci Attilio Mantovani ed Ezio Bellavitis, in una situazione di grande incertezza: la Giunta si dimette in primavera per le critiche rivolte al suo operato e l’abbandono in cui è lasciata la città, seguita successivamente dalla maggioranza dei consiglieri. L’amministrazione commissariale viene richiesta da più parti, compreso il comitato di agitazione cittadino. Il 29 giugno, dopo un’ultima seduta consiliare andata deserta il 6 giugno, viene nominato commissario prefettizio Enrico Fornasotto.155 Fornasotto è uno dei due socialisti nominati commissari prefettizi in Friuli: l’altro è avvocato Riccardo Spinotti. Se la nomina dell’ ex sindaco di Tolmezzo a gestire gli affari della sua città appare la logica proiezione del netto predominio dei socialisti in Carnia, cui si aggiunge la sua scelta interventista che lo ha portato a gestire le relazioni con i comandi militari nella fase bellica, quella di Fornasotto a Sacile testimonia non solo del suo grande prestigio - che spicca di fronte all’incapacità dei governanti liberali della città del Livenza a far fronte ai gravosi compiti del dopoguerra - ma della fortissima spinta del movimento operaio e contadino, che già prima della guerra ha fornito il suo consenso maggioritario ai socialisti nei comuni del mandamento. A Sacile ed a Tolmezzo, quindi, si realizza attraverso la nomina governativa quello stesso fenomeno di assunzioni di responsabilità di governo da parte dei socialisti che a Pordenone e ad Aviano ha portato in Giunta loro esponenti, anche se per brevi periodi ed in condizioni di minoranza formale. Le condizioni di grande mobilitazione del “biennio rosso” portano i socialisti al potere, spinti dalla forza delle masse. Il programma di Fornasotto è espresso nel manifesto stilato per l’assunzione delle sua carica: il ripristino della vita normale della nostra città e la risoluzione parziale, se non totale dei problemi che urgono e, facendo appello a tutte le classi sociali della città, sintetizzato in due parole: lavoro e produzione.156 Duro il compito che spetta al commissario socialista: Le condizioni del paese. Sono dolorose, avendo questo sopportato i danni del combattimento durante la ritirata nostra e durate l’avanzata vittoriosa. Un terzo delle case sono inabitabili: parecchie decine devono venire riedificate dalle fondamenta; l’acquedotto ridotto in pessime condizioni: tutti i servizi pubblici sconquassati. La vecchia amministrazione comunale è rimasta inoperosa Il carteggio è riunito in: ACS, b. 1917-18, f. 1, Amministrazione, 1917. ACS, b. 1917-18, f. 1, Amministrazione, 1917, copie dattiloscritte dei decreti del 5 dicembre 1917 e del 20 gennaio 1918. 153 Cfr. il carteggio in: ACS, b. 1917-18, f. 1, Amministrazione, cl. 1, ufficio comunale, 1918, ed in particolare la delibera commissariale del 12 marzo 1918 e gli elenchi del personale dattiloscritti compilato in data 29 marzo e 20 aprile 1918 a Firenze. 154 Granzotto era in realtà dimissionario già dal 1915: cfr. CHINA, Elvi, cit., pag. 21. 155 ACS, b. 288, 1919, cat. I, lettera della Sottoprefettura di Pordenone prot. n. 221 del 6 gennaio 1919 e minuta della risposta, senza data né indicazione del protocollo; minuta della lettera del sindaco Bellavitis alla vedova del defunto consigliere Gasparotto, prot. n. 931 del 12 febbraio 1919 ed altre inviate in tale occasione; lettera del sottoprefetto di Pordenone n. 2205 del 29 giugno 1919; CHINA, Elvi, cit., pagg. 21-24. 156 ACCa, b. 1919, I-VII, f. cat. I, manifesto di Fornasotto. Cfr. il testo in appendice. 46 151 152 sino a poco fa, quando sentì il dovere (finalmente!) di dimettersi.Ora v’è il Commissario Prefettizio nella persona... (orribile a dirsi!) dell’avv. Enrico Fornasotto, socialista di vecchia data e che per anni e anni venne con tutti i mezzi, onesti e disonesti, combattuto e tenuto lontano dal Municipio da quei signori che hanno dato la prova della più grande inettitudine amministrativa. Il nostro compagno ha assunto l’incarico per carità di patria e spera di riparare in parte almeno ai malefatti altrui.157 La Patria del Friuli si dimostra fiduciosa nell’incarico a Fornasotto: Egli che fu altra volta Assessore Comunale, conosce i bisogni del momento per cui si ha diritto a sperare nell’opera sua a vantaggio di questo trascurato paese.158 Fornasotto farà il bilancio del suo mandato di commissario prefettizio, iniziato il 1° luglio, con la relazione che presenterà nel novembre 1920 al neocostituito Consiglio Comunale a maggioranza popolare, guidata dal suo antico avversario clerico-moderato dott. Selmi, che verrà eletto prosindaco. Fornasotto ricorda come abbia assunto l’incarico a pochi mesi dalla liberazione dall’invasione nemica: Lo stato di Sacile, sotto ogni rapporto, era miserevole quanto mai e specialmente i pubblici servizi si può dire che non esistessero nemmeno. Fu mia cura perciò di ripristinare, sia pure in modo non perfetto, detti servizi. Prima fra tutti la pubblica istruzione: la scuola di Cornadella è distrutta completamente, quasi distrutta quella di San Giovanni del Tempio, malridotte tutte le altre. Esse vengono restaurate grazie all’intervento, costato molto lavoro, del Genio militare e dell’Ufficio delle Terre Liberate. Dopo ulteriori fatiche per procurare il mobilio, parte a carico del Genio militare e parte per acquisto diretto da parte del comune, nell’ottobre 1919 le scuole potranno essere riaperte ai 1500 alunni del comune, che da due anni non prendevano più un libro in mano. Oltre alle scuole elementari, vengono riaperte le due secondarie e l’asilo infantile. Secondo argomento è quell’acquedotto, che in passato fu oggetto di tante discussioni e che restò sempre come un incubo sulla nostra popolazione. L’opera, in pessime condizioni già prima dell’invasione, fu da questa ulteriormente danneggiata, ma ora, grazie all’intervento dell’Ufficio delle Terre Liberate può essere ripristinata con una spesa di settecentomila lire: per Sacile vuol dire la risoluzione quasi eterna del più importante problema che assicura l’igiene e un forte reddito annuo alle finanze. Terzo settore quello della ricostruzione dei ponti, attualmente provvisori in ferro o – la maggioranza – in legname in via di deperimento, per i quali Fornasotto sceglie la via della ricostruzione sullo stesso sito, per non perdere tempo in lunghe pratiche di esproprio per cambiarne il tracciato: i ponti sono in quel momento in stato di realizzazione o di progettazione. Si tenga conto che il nucleo storico centrale di Sacile insiste su un’isola del Livenza, per cui ogni funzione cittadina, oltre alla circolazione stradale fra la città e l’esterno, è pregiudicata completamente. Viene inoltre restaurato il cimitero, che pure aveva avuto dei danni. Si prende occasione dagli affidamenti di lavori pubblici per migliorare i marciapiedi e le vie centrali, togliendo pure inconvenienti preesistenti all’invasione. Ma dove l’opera mia, unitamente a quella del Commissario Prefettizio di Fontanafredda, trovò fortuna inaspettata fu nel compimento della Bonifica dei Camolli che sembrava follia sperar. Profittando del movimento dei lavoratori dei Comuni interessati al grandioso lavoro, noi abbiamo mosso deputati, deputazione provinciale di Udine e persone influenti, riuscendo ad ottenere dal Ministro ciò che in tempi normali non si sarebbe ottenuto con anni di fatiche. Pensate: trattavasi di una spesa di 2 milioni di Lire, che ora a lavoro completo diventa di tre, e trattavasi di redimere una superficie di 10.000 campi. Il lavoro oggi è quasi ultimato, manca la ghiaiatura e dopo… speriamo che venga la buona volontà dei proprietari del terreno redento per porre a coltivazione quelle inoperose estese di terreno. Sacile non potrà che ricavare immensi vantaggi a bonifica compiuta. Fornasotto opera inoltre per sbloccare i lavori della ferrovia pedemontana, anche se non riesce ad ottenere il completamento del tronco per la tratta Vittorio-Sacile, intervenendo insieme al collega di Vittorio Veneto. Il Governo, ve lo dico sinceramente, vorrebbe distruggere la linea perché di certo non redditizia. Ma i Comuni interessati non vogliono mollarci per una infinità di ragioni. Ora bisogna tener duro e pazientare la vittoria non può mancarci: tanto più che l’egregio Presidente del Comitato Speciale che provvede al compimento del nostro sogno è il cav. uff. Carli di Caneva; persona amante dei suoi luoghi e tenace quale ostrica attaccata a scoglio. Non poteva mancare da parte di Fornasotto un impegno diretto per la creazione di case popolari, che si estrinseca con la costruzione di ben 44 nuovi alloggi: un problema simpatico da me risolto fu quello della costruzione di 44 appartamenti per famiglie bisognose, ottenuta dal Ministero delle T.L. oltre a 6 aule in aggiunta o addirittura nuove per le scuole delle frazioni. Trattasi di un lavoro di circa 800.000 lire che se non ha risolto completamente il grave disagio di abitazioni del paese lo ha di certo alleviato. Il Comune in tutta l’operazione ci ha rimesso il terreno: una spesa di 38.000 lire circa, ma si è assicurato delle comodità per i suoi amministrati e di più ha assicurato un reddito annuo non indifferente alle finanze con i fitti che gli inquilini di dette case devono pagare, benché minimi. Mentre si realizza una revisione delle liste dei poveri, per abbassare la spesa farmaceutica ingrossata dalle forniture ordinarie anche a tanti non bisognosi, si rivedono ed aumentano le retribuzioni dei dipendenti comunali; nonostante l’aggravio notevole per il bilancio comunale, esse rimangono ancora inadeguate rispetto al costo della vita e sono a volte più basse di quelle operaie. Con un contributo comunale di 1250 lire annue si istituisce verso nord la linea automobilistica Sacile-Budoia, lungo la pedemontana, mentre presto verrà attivata verso sud-est la linea Sacile-FrancenigoBrugnera-Gaiarine-Codognè-Conegliano. Così Sacile sarà unita a molti centri con un servizio di trasporti celere e sicuro: il che gioverà ad aumentare il movimento dei passeggeri nel nostro paese e quindi il commercio e lo scambio. 157 158 LF, n. 6 del 16 agosto 1919. PdF del 5 luglio 1919. 47 Il commissario provvede inoltre a collocare la pretura e l’agenzia delle imposte nel vecchio municipio, mentre per questo si cerca una collocazione in una nuova sede più capiente. Si ipotizza il trasporto delle carceri mandamentali in una ex scuola, mentre al loro posto andrebbe realizzato il monumento ai caduti. Alla loro memoria, utilizzando uno stanziamento del cav. Giuseppe Lacchin, si sta pensando di istituire una scuola di arti e mestieri, per la quale occorrerà costituire un nuovo ente ad hoc. Entro febbraio inoltre, ultimati i lavori e la contabilità, andrà presentata la denuncia dei danni di guerra, che produrrà notevoli risorse economiche per le finanze cittadine. Il 31 ottobre 1919, in occasione del primo anniversario della liberazione di Sacile dagli austroungarici, Fornasotto emana un manifesto fortemente patriottico. 159 Nel periodo commissariale il problema annonario viene gestito attraverso un magazzino mandamentale, con risparmio per il comune relativamente agli stipendi del personale ed ai fitti dei locali. Ma la gestione non è stata sempre ottimale e Fornasotto consiglierà ai nuovi amministratori popolari – visto che le attuali condizioni continueranno per anni almeno – di istituire un magazzino comunale, cui preporre un assessore comunale come dirigente. La risoluzione di questo problema eviterà possibili disordini e proteste della cittadinanza, la quale dovrà però rimborsare le spese di gestione con un lieve aumento di prezzo sui generi di vittuaria venduti. Quanto al bilancio, esso nel 1919 e 1920 è supportato dal governo a pareggio del deficit: ma dal 1921 bisognerà provvedere ad un passivo lievitato rispetto all’anteguerra (da 280 milioni, coperti quasi tutti con le sovraimposte sui terreni e fabbricati, a 543, con un deficit annuo di 383 milioni). Ma la situazione può essere definita ottimale rispetto ad altre amministrazioni. Quasi tutti i Comuni vicini in questi due anni si sono caricati di debiti per sopperire alla disoccupazione e impedire sommosse e gravi guai. Il nostro invece questo non ha fatto, avendo potuto provvedere a mezzo degli innumerevoli lavori del Ministero delle T.L., del Genio Militare, di privati e infine col lavoro della bonifica dei Camolli. La spesa di detta bonifica, sia detto qui per incidente, dovrà pesare sì per l’avvenire in parte – non si sa ancora in quale proporzione – sui Comuni interessati: ma di certo in base al perticato che trovasi in ciascun Comune. E siccome Sacile ha poco, per non dire pochissimo, terreno in bonifica, potrà cavarsela con piccola spesa pur essendo il Comune che più d’ogni altro avvantaggerà del lavoro. LA PIU’ RIGIDA AMMINISTRAZIONE. Durante la mia gestione ho procurato di attenermi alla più scrupolosa osservanza del bilancio: e ho la soddisfazione di affermare che nessun debito e nessun sperpero venne commesso. Vi fu invece un aumento di patrimonio (il terreno delle case operaie e delle scuole nuove) (…) E io consegno il bilancio del Comune con l’orgoglio di esserne stato geloso custode. Spetterà ora alla nuova amministrazione prendere decisioni coraggiose, come quelle prese nel passato per le scuole e l’acquedotto (che costarono 500.000 lire, ma oggi costerebbero il quadruplo), perché non è più possibile concepire il bilancio in termini di conservazione delle ristrette competenze esistenti. 160 Dopo la relazione di Fornasotto, il Consiglio Comunale a maggioranza popolare eleggerà la nuova amministrazione nelle persone del prosindaco prof. Matteo Selmi, di Giuseppe Montanari, Pietro Andreazza, Angelo Regini e dei supplenti Antonio Pizzinato e Paolo Basso, quasi tutti con quindici voti 161. I due consiglieri del blocco democratico (formato da liberali, repubblicani e combattenti) ed i due socialisti si asterranno: sono (in ordine di elezione) Ruggero Fabio (che era stato assessore comunale a partire dal 1908 nelle giunte guidate successivamente da Lacchin, Cristofoli, Mantovani e Zancanaro 162), Angelo Pizzutelli, Annibale Vando e Pietro De Martini. I socialisti abbandonano l’aula, insieme a buona parte del pubblico, di fronte al voto della maggioranza che convalida l’elezione del consigliere Francesco Pessot, il quale non ha i diritti elettorali (il ricorso era stato presentato da Ciro Liberali e Antonio della Janna); viceversa la maggioranza dichiara l’ineleggibilità di Annibale Vando, essendo egli maestro comunale, e vi fa subentrare il dott. Ciro Liberali. Vando quindi ha abbandonato le antiche posizioni socialiste confluendo nella lista del Blocco; le sue dimissioni permettono l’entrata in consiglio di un rappresentante della sezione repubblicana, esclusa al momento delle elezioni.163 Pochi giorni prima, il sindaco di Sacile aveva invitato i colleghi dei comuni limitrofi ad una riunione con il progettista Romeo Maestri per discutere della bonifica dei Camolli. 164 Tale incontro era stato sollecitato in occasione della prima riunione del consiglio di cmministrazione del Circolo Agricolo di Sacile dopo la guerra, il 17 aprile 1919, alla quale aveva partecipato come relatore il prof. Dorta della Cattedra Ambulante di agricoltura di Udine. Sacile veniva investito in quanto comune capofila del Consorzio intercomunale per la Bonifica dei “Camolli”. Si rammenta come Maestri, coadiuvato dall’amministratore sacilese ing. Ugo Granzotto in qualità di direttore dei lavori, avesse interrotto i suoi rilievi nel 1917 a causa ACS, b. 288, 1919, cat. I, minuta dattiloscritta del manifesto. Cfr. il testo in appendice. ACS, b. 290, 1920, cat. I, Relazione del commissario prefettizio al Consiglio Comunale di Sacile, dattiloscritta, in due copie diversamente impaginate, datata 4 novembre 1920; una con correzioni e firma in autografo di Enrico Fornasotto. 161 I popolari non riusciranno ad eleggere un sindaco stabile fino al luglio 1922, quando sarà eletto Pietro Andreazza, che rimarrà in carica fino al giugno 1923, quando i fascisti imporranno come commissario il comandante delle camice nere di Pordenone, l’avianese conte Alessandro Ferro. Matteo Selmi svolgerà il suo mandato con frequenti assenze da Sacile, in quanto libero docente di chirurgia presso l’Università di Modena, lasciando il governo del comune agli assessori Andreazza e Giuseppe Montanari: decisamente un atteggiamento di scarsa responsabilità nei caldi anni della ricostruzione del dopoguerra e dell’avvento del fascismo. Solo dopo l’elezione alla Camera dei Deputati nel giugno 1922, al posto di Tiziano Tessitori la cui elezione sarà invalidata poiché non ha compiuto i trent’anni richiesti, Selmi lascerà il suo posto ad Andreazza. Cfr.: CHINA, Elvi, cit., pagg. 24-28. 162 Cfr.: CHINA, Elvi, cit., pagg. 18-23. 163 ACS, b. 290, 1920, cat. I, Estratto del processo verbale della seduta tenuta dal Consiglio Comunale il 4 novembre 1920. Pietro De Martini di Valentino ha 51 anni ed è commerciante; Ruggero Fabio fu Giacomo ha 51 anni ed è ricevitore postelegrafonico; il dott. Ciro Liberali è veterinario ed il nobile Annibale Vando è maestro elementare: cfr. le dichiarazioni di alfabetismo allegate a: ACS, b. 290, 1920, cat. I, prot. n. 8424 del 28 ottobre 1920 ed il decreto commissariale dell’8 ottobre 1920. 164 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, minuta della lettera urgente prot. n. 4720 del 12 giugno 1919. 48 159 160 dell’invasione. Il circolo richiede all’amministrazione di attivare pratiche presso il Ministero delle Terre Liberate, per condurre a termine, in via extra legale, parte almeno dei progetti di strade e canali ritenuti necessari per le Bonifiche Agrarie. A rendere urgente tale scelta sono le condizioni generali create ai lavoratori-braccianti dopo la vittoria nostra detta del Piave, condizioni ben note ai Sigg. Rappresentanti dei Comuni consorziati, che si renderanno ben gravi, per il prossimo inverno, in causa delle costanti avversità atmosferiche. In tal modo si potrà venire in soccorso ai molti braccianti che accorreranno a chiedere lavoro e si potranno prevenire quelle lotte che sotto nomi vari, sono sempre lotte per l’esistenza, con tendenze sovversive, degenerandosi in lotte di classe. Il defunto Zanardelli, Ministro di Grazia e Giustizia quando era al potere e che il Paese si trovava nelle condizioni simili alle presenti, ha pronunciato l’aforisma politico “è meglio prevenire che reprimere”. Facciamolo nostro nell’ora triste che volge. 165 Fornasotto acquisisce dall’ing. Maestri una ricostruzione della corrispondenza avvenuta, durante la profuganza, fra lo stesso residente a Bologna ed il commissario prefettizio sacilese, il cav. Zancanaro, a cavallo fra il 1918 ed il dopoguerra. Il 10 gennaio 1915 i comuni di Sacile, Brugnera, Fontanafredda e Porcia riuniscono un’assemblea dei proprietari della zona dei Camolli, ove relaziona il prof. Dorta e si decide la costituzione di un comitato provvisorio composto dai rappresentanti di quei comuni e dal presidente del Circolo Agricolo Cooperativo di Sacile, con il compito di costituire un consorzio per avviare il lavoro di bonifica. I comuni individuano i loro tecnici di fiducia in Omero Polon per Porcia, Luigi Balliana per Sacile, Gino Pez per Brugnera ed ing. Antonio Salice per Fontanafredda. La progettazione è iniziata nel 1915 dal consorzio, ed è avviato con un decreto del prefetto Luzzatto che autorizza il personale dipendente dall’ing. Granzotto ad entrare nei terreni privati per realizzare le misurazioni, e dal successivo nulla osta, di poche settimane dopo, delle autorità militari. Per ottanta giorni, nell’estate del 1917, iniziano anche i lavori di bonifica. Il lavoro non viene completamente interrotto neanche dalla guerra e dalla profuganza di quasi tutti i protagonisti della vicenda. L’ing. Maestri, come dimostra la corrispondenza fra lui, il commissario prefettizio mandamentale Zancanaro ed altri interlocutori istituzionali, continua a lavorare al progetto nel periodo della profuganza, od almeno a rimanere a disposizione, in attesa che si reperiscano fondi per permettergli di dedicarsi a questo lavoro, in alternativa ad altri che egli si è procurato per avere un reddito. 166 7.1.5 - La bonifica dei Camolli. Come abbiamo visto, la decisione più importante del periodo di gestione di Fornasotto è quella dell’avvio della bonifica nei vasti territori incolti siti nella pianura fra Sacile e Pordenone, un vero e proprio “buco nero” nel territorio agrario del Pordenonese. A est di Sacile esiste dalla notte dei tempi una vasta prateria denominata Camolli (Campus mollis), anticamente luogo deserto ove trovavano rifugio banditi che depredavano i viandanti. Questo territorio arriva con le sue propaggini fino ai territori dei comuni di Polcenigo, Fontanafredda, Porcia e Brugnera, spaziando quindi in un’area che nasce sotto il massiccio del Cavallo e sconfina nella bassa al confine con il Trevigiano, Una prateria arida d’estate e umida nell’inverno, utilizzata dai contadini che pian piano l’avevano conquistata per falciarvi il foraggio. Così un commentatore contemporaneo, Italico Nono, ne descriverà la trasformazione dopo le bonifiche del primo dopoguerra: Oggi l’aspetto suo è molto migliorato; il provvido dissodamento, onde tanto spazio poco produttivo è stato trasformato in campi ubertosi, ha rotto la monotonia della distesa verde-gialliccia; come nastri bianchi serpeggianti la rigano nuove strade a ampi canali; candide case, dai rossi tetti, ombreggiate da alberi, spiccano nel bruno – rogio dei campi. La prateria si è così rimpicciolita, ma quanto è più allegra e produttiva! Solo una parte di questi territori era stata bonificata nel periodo dal 1880 al 1910 dai fratelli Domenico ed Antonio Balliana, per una estensione di 500 ettari siti fra S. Odorico di Sacile, Casut e Fontanafredda: ma la trasformazione vera dell’area ha luogo dopo la guerra mondiale, in un momento in cui le amministrazioni comunali sono commissariate e dirette da esponenti della sinistra: il socialista Enrico Fornasotto è commissario a Sacile mentre il radicale pordenonese Omero Polon lo è a Fontanafredda. Il lavoro di bonifica è costato una cifra assai elevata ai Comuni di Sacile, Fontanafredda, Porcia, Brugnera e Polcenigo, costituitisi in consorzio nell’anno 1919 ad iniziativa dell’Amministrazione Comunale di Sacile, retta dal Commissario avv. Enrico Fornasotto, alla quale iniziativa aderirono e collaborarono il Commissario prefettizio di Fontanafredda geom. O. Polon, i Sindaci di Porcia e di Brugnera sigg. G. De Mattia e G. Verardo, e il Commissario regio di Polcenigo Gius. Marchesini, avendo questi ottenuto che le opere di trasformazione fondiaria si estendessero, oltre i Camolli, alle zone incolte del Vadalt, Bodegan e Prese. La utilità che ne sarebbe derivata, era facilmente dimostrabile. Quanto all’importanza, si trattava di eseguire, come prime opere, due grandi arterie stradali, intersecantisi nel centro delle terre da redimere, fiancheggiate da larghi fossi per convogliare le acque piovane e sorgentifere nel Livenza e nella Fossaluzza. Eseguite queste opere, si sarebbe poi sviluppata l’iniziativa privata per costruire le strade campestri necessarie ad accedere, dalle grandi trasversali, a tutti i fondi da dissodare e ridurre a coltura avvicendata (4000 ettari) e per la costruzione di circa 300 case coloniche, che ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, relazione a mano datata 1° maggio 1919, inviata al sindaco di Sacile dal presidente del Circolo ing. Matteo Sartor, Bonifiche dei Camolli, Vadalt, Bodegan e Prese. 166 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, bozza di lettera dattiloscritta con correzioni a matita del sindaco di Sacile al prefetto di Udine del 29 marzo 1915; lettera del presidente del Consorzio prot. n. 1302 del 21 aprile 1915 ed allegato decreto prefettizio dell’1 aprile 1915; corrispondenza varia del periodo della profuganza, in originali e minute; relazione dattiloscritta dell’ing. Maestri del 24 luglio 1918; relazione dell’ing. Romeo Maestri di Treviso del 31 marzo 1919, scritta a mano, prot. n. 2197 del 5 aprile 1919. 49 165 avrebbero potuto dare ricovero e alimento a circa 3000 persone. Il progetto, geniale e ardito, date le condizioni economiche dei paesi interessati, che erano appena usciti dalla grande guerra e da una disastrosa occupazione nemica, ebbe sollecita attuazione. Se l’opera dei Balliana aveva dato una coltura a prato e pascolo in un territorio brullo e privo di limiti all’orizzonte (tanto che da S. Odorico si poteva vedere il campanile di Palse a sud di Porcia) la trentennale opera di bonifica iniziata da Fornasotto ha invece prodotto un territorio caratterizzato da seminativi arborati, fra i quali emergevano il gelso e la vite.167 Chiarissima l’impostazione con cui i lavori di bonifica sono avviati per far fronte alla disoccupazione, sia sul piano dei lavori pubblici (quello che più interessa Fornasotto e Sacile) che su quello della messa a cultura: le tremila persone ipotizzate da Marchesini - che collabora con Fornasotto oltre che come segretario comunale di Sacile anche come commissario di Polcenigo - corrispondono circa al 10% della popolazione dei comuni interessati: Per diminuire la disoccupazione che minaccia la popolazione dei Comuni di Sacile, Brugnera, Porcia, Fontanafredda, Polcenigo durante la prossima stagione invernale, questi Comuni associati nel Consorzio Camolli, Vadalt, Bodegan e Prese, hanno deliberato di eseguire un primo lotto di strade e canali destinati alla bonifica idraulica ed agraria di quei terreni. E più specialmente si è pensato di dare esecuzione immediata a due strade.168 Nella relazione stilata alla fine del 1919 dagli amministratori dei cinque comuni interessati, si descrivono le modalità tecniche dell’intervento, che interessa un’area di circa 4000 ettari, priva originariamente di strade e di canalizzazioni regolari per le acque, con una situazione proprietaria spezzettata. L’area, che finora ha dato solo il reddito derivante da un unico taglio annuo del foraggio, è votata ad uno sfruttamento con colture intensive, provato - in quei casi limitati in cui si è potuti intervenire per la vicinanza dei centri abitati ed un buon regime idraulico - dagli stralci delle prime bonifiche precedenti. La decisione di costituire un comitato fra i comuni di Sacile, Fontanafredda, Brugnera, Polcenigo e Porcia per studiare gli interventi è nata nel 1914, dopo la campagna elettorale amministrativa in cui i socialisti per primi hanno proposto questo grande intervento. Gli interventi centrali sono due strade intersecantisi a croce, una in senso sud-nord da Brugnera fino a Fontanafredda, ed una in senso est-ovest da Palse di Porcia a S. Odorico di Sacile, mentre sul piano idraulico va realizzato il drenaggio delle acque dei vari rivi per scaricarle nei corsi d’acqua principali. Le opere, completate da quelle secondarie di interesse private, dovrebbero portare ad una valorizzazione dei redditi agrari (con il passaggio dalle colture foraggere spontanee alla maiscoltura mista ad allevamento di bovini) tale da poter ammortizzare ampiamente gli investimenti progettati grazie al maggiore fatturato.169 A sostegno dell’iniziativa, Fornasotto fa intervenire l’on. Marco Ciriani, il quale in una cartolina postale del 6 gennaio 1920 assicura il suo interessamento, richiedendo di essere informato sulle pratiche svolte. Forse tale intervento viene suggerito da un insufficiente interessamento dei deputati socialisti locali (che in questa fase sono bellunesi od udinesi, vista la non elezione di Ellero), anche se nel dicembre 1919 Piemonte aveva inviato un biglietto a Fornasotto, dichiarando di aver saputo a Conegliano (ad un convegno socialista sulla situazione delle terre liberate) dei lavori di bonifica, segnalandogli normative utili a tal proposito e mettendosi a disposizione. Pure Cosattini, solo pochi giorni prima, aveva presentato una interrogazione parlamentare. Il parlamentare socialista dichiara che Sacile è un caso e dichiara che la via più sollecita e più utile da seguire è la espropriazione per conto di cooperative di contadini, che in seguito alla risanazione ne asumano la affittanza. I fondi vengono forniti dall’Opera combattenti. O forse, più probabilmente, Fornasotto lavora a tutto campo, coinvolgendo tutti i parlamentari di orientamento progressista ed in particolare quelli dell’area democratico-combattentistica: per esempio anche il sacilese Luigi Gasparotto, esponente importante della democrazia milanese, che lo informa con una cartolina postale dell’ottobre 1920 sulle pratiche espletate dal geom. Polon per la bonifica.170 Nel febbraio 1920 con decreto del Ministro per le Terre Liberate Nava viene concesso il mutuo della Cassa Depositi e Prestiti di due milioni necessario per i lavori. 171 Il mutuo viene fatto gravare su addizionali alle imposte dirette sui terreni e fabbricati, con decisione che viene concordata fra Fornasotto e gli amministratori degli altri comuni.172 I lavori verranno completati in questo biennio, nel quale la vita pubblica sacilese è stata diretta dall’esponente socialista. Ma anche dopo: la prevalenza socialista connota tutta l’area e perfino a Sacile, dove il Psi perde nettamente le comunali dell’autunno 1920, le elezioni politiche dell’anno successivo si trasformano in un trionfo. Negli altri comuni il Psi è il primo partito anche se non conquista l’amministrazione, e forse non a caso l’Amministrazione Comunale più interessata alla bonifica, quella di Fontanafredda, è conquistata dal Psi, anche se le divisioni campanilistiche (e probabilmente di interessi fra lavoratori emigranti e proprietari) fra il capoluogo e Vigonovo le fanno avere vita breve. Non a caso la MARCHESINI, Giuseppe, Annali per la storia di Sacile, cit., pagg. 421-422 e 764. ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, relazione del Consorzio Camolli, a mano, incompleta e non datata. 169 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, bozza della relazione, dattiloscritto con correzioni apportate a penna. La relazione è conservata anche nella copia a stampa, riprodotta presso la Premiata Società Tipografica Zilli & Comp. di Sacile. Cfr. il testo in appendice. 170 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, lettere autografe di Cosattini del 20 dicembre 1919 e di Piemonte del 29 dicembre 1919; cartoline postali autografe di Ciriani inviate da Spilimbergo il 6 gennaio 1920 e di Gasparotto inviata da Milano il 10 ottobre 1920. 171 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, nota dattiloscritta del sottoprefetto di Pordenone prot. n. 459 del 26 febbraio 1920; telegramma del presidente della Deputazione Provinciale di Udine Luigi Spezzotti del 21 febbraio 1920. 172 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, copia dattiloscritta della delibera commissariale del 4 marzo 1920. 50 167 168 rottura a Fontanafredda avviene sugli oneri derivanti dalla bonifica dei Camolli - che vede l’opposizione dei rappresentanti di Vigonovo - mentre il Psi anche nelle successive elezioni comunali prevale nella lista del capoluogo. In una riunione dell’8 giugno 1920 i rappresentanti dei comuni interessati decidono di investire tutti i due milioni assegnati nella esecuzione di canali, ponti e strade, e di richiedere che invece, per i lavori di inghiaiatura delle strade, venga concesso un ulteriore milione nelle nuove assegnazioni di fondi per la disoccupazione. La motivazione di questo scorporo è data dalla valutazione che la sola inghiaiatura venga a costare mezzo milione, distogliendo risorse notevoli dalla realizzazione delle infrastrutture fondamentali per la bonifica: Sentito che questa enorme spesa per la inghiaiatura delle strade è dovuta esclusivamente all’esagerato costo della breccia (lire 32.- al metro cubo) spesa che deve essere ritenuta, pel momento, un inutile spreco di danaro anche agli effetti della disoccupazione, perché quasi tutta assorbita dai mezzi di trasporto. Il progetto dell’inghiaiatura verrà presentato dal dott. Vianello alla fine del 1921, prevedendo ancora una licitazione privata fra le cooperative e la fornitura della ghiaia da parte di quella di Caneva. 173 Il progetto della bonifica viene elaborato dal dott. Domenico Vianello, agronomo di San Vito al Tagliamento, per un importo di 3.389.000 lire ed i comuni delegano all’esecuzione dei lavori il Commissariato per la riparazione dei danni di guerra attraverso l’Ufficio tecnico speciale di Udine. Esso realizza il primo gruppo di lavori, pari ai due milioni già concessi con il primo stanziamento.174 I lavori vengono realizzati tutti da cooperative di lavoro, con una ripartizione della spesa che vede 745 milioni spesi a Fontanafredda, 132 milioni a Sacile, 278 a Brugnera, 238 a Porcia e 105 a Polcenigo, per un totale di oltre 1.499 milioni di lire. Le cooperative coinvolte sono quelle di Porcia (oltre 223 milioni), Vigonovo (oltre 291) e Fontanafredda (oltre 350), Brugnera (oltre 276), Polcenigo (due cooperative: l’una oltre 47 e l’altra 57), Sacile (oltre 128 milioni), mentre una sola impresa privata ottiene un lotto di cottimo per oltre 45 milioni. Le cooperative lavorano autonomamente senza federarsi, mentre nell’ordine di esecuzione dei lavori si sono tenute presenti le necessità tecniche ed insieme quelle economiche e sociali. Perciò si sono iniziati prima di tutto nella primavera le sistemazioni stradali che permettevano agli operai di lavorare anche con basse temperature, poi nell’estate si sono eseguiti gli escavi per sistemazione di fossi e canali, e più tardi si sono ripresi i lavori stradali. Contemporaneamente si è avuto mira di occupare, per quanto possibile, tutta la mano d’opera disoccupata e perciò si sono alternati i lavori nei territori dei vari comuni in modo da raggiungere tale intento. Non necessariamente le cooperative hanno lavorato esclusivamente nel loro territorio comunale, per la comunanza di alcune opere; inoltre ragioni di opportunità, poi, per rimediare alla momentanea disoccupazione in qualche Comune ed evitare disordini, costrinsero anche a far effettuare da qualche Cooperativa limitati lavori anche nel territorio del Comune contermine (…)175 La ripartizione finanziaria e dei volumi di lavoro corrisponde alle superfici soggette alla bonifica: 717 ettari riguardano i Camolli di Brugnera; 1029 quelli di Fontanafredda, cui vanno aggiunti i 658 ettari di Bodegan, per un totale di 1687 ettari attinenti a quel comune; 173 ettari sono del Bodegan di Polcenigo, 414 i Camolli di Porcia e 704 quelli di Sacile.176 Durante i lavori si verificano agitazioni, a causa delle diverse retribuzioni attribuite agli sterratori, portando alla sospensione dei lavori. Il 3 agosto 1920 il direttore dei lavori comunica alle autorità competenti che la cooperativa di Brugnera ha abbandonato i lavori, mentre gli operai di quella di Fontanafredda ne hanno iniziati di arbitrari: in tutti questi casi il contrasto verte sulle tariffe del cottimo degli operai sterratori (sia sotto l’aspetto della retribuzione, che sotto quello della produzione da rendersi dagli operai) senza riuscire ad arrivare ad un accordo. In merito a questa relazione, è significativo l’intervento della Sottoprefettura di Pordenone, che chiede a Fornasotto di attivarsi per superare queste divergenze ed evitare che tale sospensione possa sfociare in gravi incidenti.177 Già durante i lavori emergono comportamenti dei privati che tendono ad approfittarsi dei lavori di bonifica in forma illegale, oltre che egoistica: Fornasotto emette il 1° luglio 1920 un manifesto, nel quale rileva come nel percorrere le opere della bonifica, accade di osservare che taluni proprietari frontisti fanno delle chiuse nei canali per sostenere le acque in prossimità delle loro abitazioni. Altri proprietari si propongono di eseguire delle piantagioni di alberi e di cedui lungo i nuovi fossi. Si manifesta la ragione di chi, come Cosattini e Piemonte, ha posto fin dal principio a Fornasotto il problema della futura gestione dei terreni bonificati: lungi dall’essere una rigidità ideologica lontana dalle esigenze dei contadini, la linea proposta dai due deputati socialisti friulani segnala l’esigenza di arrivare ad una efficace gestione collettiva, l’unica che può rappresentare un’alternativa alla politica di privatizzazione delle risorse ed eversione del progetto elaborato dalle amministrazioni locali. Il manifesto di Fornasotto, ad ogni buon conto, riproduce ampiamente tutte le disposizioni penali che reprimono tali comportamenti.178 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, verbale della riunione dell’8 giugno 1920; progetto di bonifica Camolli – inghiaiamento strade del 26 novembre 1921 ed allegati. 174 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, verbale di consegna dei lavori redatto dal Commissariato per le riparazioni danni guerra – Ufficio tecnico speciale di Udine, del 24 febbraio 1924. 175 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, Pro memoria sulla ripartizione delle spese fra i Comuni interessati alla Bonifica dei Camolli del direttore della bonifica Vianello, del 16 dicembre 1920; relazione del Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra – Ufficio tecnico speciale di Udine, Bonifica dei Camolli, riassunto dei cottimi del 28 gennaio 1924. 176 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, Pro memoria sulla ripartizione delle spese fra i comuni interessati alla Bonifica dei Camolli del direttore della bonifica Vianello, del 16 dicembre 1920. 177 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, relazione dattiloscritta del dott. Vianello del 4 agosto 1920 (cfr. il testo in appendice) e telegramma del sottoprefetto prot. n. 6742 del 12 agosto 1920. 51 173 Nel luglio-agosto 1921 il segretario della commissione per l’avviamento al lavoro del comune di Brugnera, Giustino Milani, chiede la convocazione dei sindaci e delle cooperative di lavoro dei comuni interessati a Brugnera, circa gli studi relativi a un progetto per ridurre all’agricoltura quei terreni incolti. Non v’è chi non veda l’urgenza e l’utilità di questi lavori, che possono impiegare per molto tempo le braccia inerti di tanti disoccupati, i quali in questa zona non possono trovare altrimenti occupazione.179 In agosto la Camera del Lavoro di Pordenone fa appello ai contadini e braccianti di Sacile, Brugnera, Fontanafredda e Porcia per costituire una cooperativa agricola, al fine di assumere in gestione comune i terreni incolti approfittando delle facilitazioni governative per l’accesso alla coltivazione dei contadini senza terra, promettendo l’appoggio dei parlamentari Ellero, Piemonte e Cosattini. Tale esperienza può essere quella che farà da esempio nelle altre situazioni.180 I lavori saranno in gran parte completati nel 1923, se un osservatore può notare come, dopo aver apprezzato i bei risultati ottenuti dalla rottura delle cotiche e dalle successive coltivazioni agrarie di questi anni del dopo guerra, parecchi ettari di terreno sono stati lavorati e si stanno lavorando tuttora colle motoaratrici e col mezzo di buoi, per trasformare prati stabili acquitrinosi in campi ubertosi. I Camoi, già paradiso dei cacciatori di uccelli da palude, sono oggi attaccati in tutti i punti dalla bonifica agraria. La bonifica idraulica ottenuta mediante lo scavo di canali di scolo e le coordinazioni degli scoli già prima esistenti, ha iniziato il primo passaggio dei terreni incolti verso l’agricoltura intensiva. Oggi i lavori di bonifica agraria sono compiuti da quasi tutti gli agricoltori; e le opere di aratura dei terreni sono completate dall’apertura di nuove strade di accesso (oltre quelle contemplate e considerate nei lavori di bonifica idraulica) e dalla costruzione di nuove case coloniche. 181 Ma, con la fine dei lavori e l’offensiva fascista, le cooperative sono in difficoltà nel rendere la contabilità necessaria a rendicontare i lavori, causa il disgregamento delle Cooperative stesse e l’assenza di alcuni amministratori. I lavori sospesi creano grave disagio, così come l’interruzione delle manutenzioni. La stessa cooperativa di Caneva, cui erano stati successivamente appaltati i lavori di inghiaiatura (poiché il materiale viene ricavato dalle cave coltivate in quel comune) non giungerà alla firma del contratto di appalto: i lavori sono poi sospesi per difficoltà finanziarie; per questo stesso motivo non si pone rimedio ai danni creati dall’alluvione del settembre 1920. 182 Negli anni successivi si accavalleranno le decisioni relative al completamento della seconda fase dei lavori. Si lamenta che il non completamento delle massicciate crea una situazione di impraticabilità delle strade costruite, dove i carri si impantanano. E nel frattempo il nuovo governo inizia a risparmiare a spese degli enti locali, escludendo le opere di bonifica ed irrigazione dai contributi versati per i lavori contro la disoccupazione, in quanto le bonifiche sono ritenute destinate a produrre un reddito per le comunità. Questo crea problemi alle amministrazioni comunali che hanno deciso nel giugno 1923 di provvedere direttamente alla prosecuzione dei lavori sotto la sorveglianza del Genio Civile. Intanto si riscontra nuovamente come in varie località i proprietari dei terreni hanno ristretto gli alvei dei canali, alterato le scarpate, effettuato piantagioni a distanza dal ciglio dei canali stessi minore di m. 2.00, eseguiti arginelli di sbarramento attraverso gli alvei. La situazione si trascina per anni: ancora nel 1927 varie corrispondenze lamentano che i lavori di inghiaiatura delle strade sono tutt’altro che completati, che le imprese incaricate vanno a rilento, che le amministrazioni non pagano neanche i tecnici incaricati, a dimostrazione – anche in questo caso – che con la fine della gestione democratica dei lavori pubblici, il regime fascista inaugura un’epoca di ritardi ed inerzia. La grande mobilitazione di energie attuata attraverso le cooperative ed il movimento popolare è ormai un ricordo del passato.183 “Ovviamente” anche a Sacile, dopo la parentesi del commissario socialista e della Giunta popolare, il fascismo riporterà sul seggio sindacale (dopo il commissariamento con lo squadrista avianese Ferro) le vecchie glorie del liberalismo locale: nel 1924-1925 l’ing. Ugo Granzotto; nel 1925-1927 il cav. ing. conte Ezio Bellavitis, infine dal 1927 al 1936 Vittorio Zancanaro. Quando si dice restaurazione…184 Enrico Fornasotto, definito noto studioso delle questioni dell’insegnamento popolare, sarà ancora candidato al Consiglio Provinciale nell’autunno 1920, anche se in quell’occasione il prestigioso dirigente socialista ottiene meno voti di Gio. Batta Scussat, il capo operaio di Budoia che gli viene affiancato. Ormai la situazione è cambiata, gli operai emigranti dei comuni della pedemontana, da Caneva ad Aviano, hanno superato il riformismo moderato del socialismo tradizionale, di cui l’esperienza sacilese era stata un esempio significativo nel ventennio trascorso. Anche in città, a capo del Psi appare la tumultuosa personalità dell’avv. ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, manifesto del Comitato Provvisiorio Bonifica agraria dei Camolli – Vadalt – Bodegan e Prese. 179 LF, n. 32 del 6 agosto 1921, pag. 4, BRUGNERA. Per la bonifica dei “Camoi”, articolo firmato da Giustino Milani. 180 LF, n. 35 del 28 agosto 1921, pag. 3, PORDENONE. Per la Cooperativa Agricola. 181 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, ritaglio de L’Agricoltura Friulana dell’1 dicembre 1923, pag. 4, Lavori di stagione nei “Camoi”, fiirmato G. Bubba. 182 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, lettera del dott. Domenico Vianello al commissario di Sacile del 17 gennaio 1924. 183 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, varie corrispondenze dal 1923 agli anni 1927/1928; lettera della Prefettura del Friuli prot. n. 11168/Div. IV del 26 giugno 1923; verbale di consegna dei lavori redatto dal Commissariato per le riparazioni danni guerra – Ufficio tecnico speciale di Udine, del 24 febbraio 1924; lettera dell’Ufficio tecnico cpeciale di Udine prot. n. 1013 del 29 febbraio 1924. 184 ACS, b. 99, cat. 10, Bonifica d. Camolli, estratto del processo verbale del Consiglio Comunale dell’11 luglio 1925; bozza di contratto senza data ma del 1926; lettera a stampa del sindaco di Sacile, prot. n. 1809 del 15 marzo 1926 ed altri documenti; CHINA, Elvi, cit., pagg. 28-30. 52 178 Tullio Camilotti, in particolare alla guida delle manifestazioni di donne contro il rincaro del prezzo del pane.185 Nel dicembre 1921 Fornasotto sarà il candidato socialista al Consiglio scolastico provinciale, relativamente a quei comuni le cui scuole sono amministrate dallo stesso consiglio.186 Fornasotto morirà nel gennaio 1923, forse pazzo: probabilmente a causa di questo fatto, considerato motivo di imbarazzo, egli viene dimenticato dalla famiglia e la documentazione e la stessa memoria della sua grande attività pedagogica e politica viene quasi completamente persa, tanto è vero che in nessuna biblioteca della regione si conservano copie delle sue opere pedagogiche.187 Come un altro grande costruttore del socialismo friulano, il dottor Plinio Longo di Pinzano 188 che muore poco dopo, Fornasotto scompare insieme con un’epoca di cui è stato protagonista di prima grandezza: quella del socialismo evoluzionista, laico ed umanitario, fiducioso nella crescita culturale prima ancora che economica delle masse popolari, vittima di una feroce reazione che rigetta indietro di decenni la condizione dell’Italia. 7.1.6 - La ricostituzione del partito e dei sindacati. Queste prime ed atipiche esperienze amministrative dei socialisti pordenonesi avvengono in una situazione tumultuosa. Il Lavoratore Friulano riappare il 12 luglio 1919, dopo più di quattro anni di assenza. In quel numero si dà notizia del grave massacro avvenuto a Spilimbergo, quando una manifestazione di disoccupati viene colpita dal fuoco dei militari, con tre morti e quattordici feriti gravi. La manifestazione è stata indetta dalla cooperativa di lavoro per reclamare il calmiere, di fronte alla situazione di carestia e di rialzo dei prezzi. I socialisti avevano cercato fino all’ultimo di evitare che si manifestasse pubblicamente, ritenendo illusorio il provvedimento. Mentre le autorità pubbliche (il commissario prefettizio ed il maresciallo dei carabinieri) stanno trattando con i manifestanti e sembrano aver raccolto la loro disponibilità alla trattativa, viene attuata dai militari una vera e propria imboscata dalle finestre delle case, che fa scattare il fuoco a mitraglia di un reparto schierato in stato di guerra. I militari sparano almeno due caricatori a testa, colpendo anche la gente a terra. L’eccidio di Spilibergo crea grande emozione: si pensi che - durante la manifestazione per lo sciopero generale a sostegno delle repubbliche sovietiche - a Pordenone si raccolgono duecentosessantasette sottoscrizioni di solidarietà. 189 La situazione, a dieci mesi dalla fine della guerra, viene descritta in un editoriale del sacilese Enrico Fornasotto. L’Italia è ancora in assetto di guerra, i comandi militari non vogliono perdere il potere acquisito, con le sue congrue prebende e le spese che continuano a dissanguare il bilancio pubblico. Invece i comuni friulani, che hanno doppiamente sofferto per la guerra e per l’occupazione nemica, attendono ancora l’inizio dell’opera di ricostruzione. Le case a migliaia distrutte o diroccate: le stalle semivuote di animali, i campi coltivati alla meglio (...) I Comuni ridotti alla più squallida miseria, abbandonati nel momento del massimo bisogno, impotenti a risanare le mille piaghe della lunga schiavitù: gli Enti annonari, sorti con la pretesa di combattere la carestia e la speculazione privata; costretti a vivacchiare miseramente, fornendo al pubblico tardivamente poca merce e non sempre sana; i calmieri dei generi di prima necessità, improvvisati dopo gli scoppi di ribellione popolare, impotenti a frenare la corsa ai massimi prezzi oppure causa diretta e immediata della scomparsa delle merci dal mercato, la rifusione dei danni di guerra ancora campata in aria, lontana da una pratica e pronta liquidazione, in balia della burocrazia che si palleggia il modo e il tempo per iniziarla: ecco il quadro fosco del presente stato di cose. E nel mentre pullulano i nuovi organi di governo, di soccorso, di studio e di riforme, in realtà tutto si risolve in vuota accademia e la limitata azione governativa e amministrativa locale si riduce a minima cosa, abbandonata nelle mani di impiegati irrequieti, malcontenti, stanchi di arrabbattarsi nelle pastoie aggiunte alla macchina burocratica antica. La situazione è esplosiva e minaccia ogni giorno di più di precipitare verso la rivoluzione che desta le più vive apprensioni anche negli audaci assertori dei nuovi diritti sociali. 190 La rivoluzione non è quindi quello cui vogliono arrivare i socialisti (o perlomeno la loro storica dirigenza friulana) ma è il portato dei fatti, lo sbocco oggettivo di una situazione di distruzione generalizzata e di paralisi economica, in cui la popolazione è costretta sulla via della sommossa dall’impossibilità di praticare altre soluzioni. Il ruolo dei socialisti è quello di agire per dare soluzioni credibili e gestibili alla protesta: come nel caso di Spilimbergo, il loro Su Camilotti, riporto la testimonianza di Antonio Fiorot, basata sui ricordi della madre. Dopo la seconda guerra mondiale Tullio Camilotti sarà il vicesindaco comunista, per due mesi (aprile-maggio 1946) nella Giunta di sinistra guidata dal sindaco repubblicano Ciro Liberali: cfr.: CHINA, Elvi, cit., pag. 41. 186 LF, n. 50 del 17 dicembre 1921, pag. 4, Alle Amministrazioni Comunali. 187 Testimonianza di Elvi China; cfr. inoltre la commemorazione di Ernesto Comas: LF, n. 5 del 3 febbraio 1923, pag. 4, ENRICO FORNASOTTO, riprodotta in appendice. E pensare che molti dei suoi articoli nei vari giornali regionali, forse grazie alle attenzioni di Felice Momigliano, si trovano ancor oggi nelle antiche schede compilate a mano nella biblioteca civica di Udine. 188 Longo muore il 7 luglio 1925, dopo 35 anni di esercizio dell’attività di medico condotto di Pinzano, durante i quali era stato l’elemento propulsore del Psi e della cooperazione, in un comune diventato uno dei primi punti di riferimento della sinistra socialista nel Friuli occidentale. 189 LF, nn. 1 del 12 luglio 1919, pag. 3, Da SPILIMBERGO. Lo spaventoso eccidio proletario e 2 del 20 luglio 1919, pag. 4, Un altro ferito e Sottoscrizione pro vittime di Spilimbergo. Sui fatti di Spilimbergo cfr.: MAZZOLIN, Jacopo, Il caso Pielli. Cronaca dell’eccidio di Spilimbergo, 10 luglio 1919, Venezia, tesi di laurea inedita, anno accademico 1995-1996. 190 LF, n. 8 del 30 agosto1919, pag. 1, LA COMMEDIA DEL GOVERNO. 53 185 tentativo è quello di incanalare la protesta verso la trattativa con le istituzioni governative, per ottenere a favore delle amministrazioni locali le risorse per fronteggiare la penuria alimentare ed il carovita e per riattivare i meccanismi produttivi. Ma non ci si rende conto che il percorso individuato dai socialisti è ostacolato dalla violenza prodotta dalle istituzioni, che ora agiscono tramite la repressione militare e poliziesca (che si esprime attraverso il costante divieto di manifestazioni, la denuncia degli oratori ed arresti, oltre che con vere e proprie aggressioni armate) ma presto sapranno produrre una originale forma di violenza reazionaria illegale con la quale sconfiggeranno il movimento. La prima corrispondenza da Pordenone porta una lunga polemica di Guido Rosso con Carlo Policreti: Rosso replica agli attacchi dell’avversario accusandolo di essere soprattutto esacerbato dall’aver perso quell’appoggio che in passato i socialisti gli avevano garantito nelle candidature. Rosso accusa Policreti di aver abbandonata l’Amministrazione Comunale in un momento di gravi difficoltà, quando l’azione amministrativa avrebbe potuto servire ad approvvigionare gli abitanti evitando il caro-viveri incontrollato; abbandono che segue quelli avvenuti dapprima al momento dello sfondamento austro-tedesco di Caporetto, quando Policreti ha preferito salvare il suo cane ed altri beni personali piuttosto che le casse del comune e del Monte di Pietà e successivamente, quando a Bologna ha rinunciato al ruolo di commissario mandamentale per Pordenone per assumere quello di Aviano, cedendo il posto al suo ex assessore avvocato Piero Pisenti. Quanto a lui, Rosso dichiara di essere partito profugo da Pordenone la notte prima del sindaco, visto che era stato avvertito che avrebbe dovuto arrangiarsi con mezzi propri e che gli amministratori pensavano ai fatti loro; respinge infine l’accusa di aver lui aspirato alla carica commissariale e di aver polemizzato con Pisenti per astio personale: ulteriore testimonianza della forza degli esponenti socialisti in quei mesi e dell’influenza da essi espressa sulle istituzioni dello Stato.191 Più tardi seguirà un’altra polemica, questa volta contro Ellero, accusato sul Giornale di Udine di essere un imboscato ed uno speculatore elettorale da un giovane capitano esponente della democrazia cittadina interventista. Accusa rifiutata affermando che Ellero ha seguito il suo destino, a differenza dei tanti guerrafondai che si sono imboscati grazie alle più diverse protezioni.192 Fa da sfondo alla polemica il comizio socialista che ha richiesto che gli assessori eletti (Ellero, Monti e Zannerio) vengano insediati nelle loro cariche e l’amministrazione cominci a provvedere ai gravi problemi del comune: ma la decisione prefettizia va in senso inverso, e trasforma il primitivo commissario prefettizio (provvisorio) in commissario regio (definitivo). Si blocca quindi l’attività amministrativa ed il comune è anche obbligato ad indire il concorso per assumere un segretario. Tale autoritario provvedimento del rappresentante del governo viene accolto polemicamente dai socialisti pordenonesi, che promettono di contestare a fondo tale iniziativa.193 Il 21 luglio si tiene il grande sciopero organizzato dai socialisti a sostegno delle repubbliche sovietiche di Russia ed Ungheria, riuscito nonostante il boicottaggio organizzato dalle istituzioni e dal sindacato tessile cattolico guidato da don Lozer. 194 I militari sono consegnati nelle caserme con le armi pronte, la Prefettura emana istruzioni per impedire l’esercizio del diritto di sciopero, il municipio minaccia di licenziamento i dipendenti che vogliano aderire ed invita i negozianti a tenere aperti i loro esercizi. Ciò nonostante lo sciopero riesce completamente ed i manifestanti convergono al Teatro Sociale per il comizio, dove parlano Cosattini, Ellero e Rosso. Al termine del comizio si fermano i delegati delle leghe sindacali e delle cooperative, che costituiscono la Camera del Lavoro di Pordenone e ne nominano i primi organismi dirigenti: punto di forza, oltre alle leghe pordenonesi, sono leghe e cooperative di Aviano (1436 soci sui 3097 totali), Fontanafredda (270) e Cordenons (450), mentre la presenza dei tessili pordenonesi è limitatissima (90 aderenti) a causa della protratta chiusura degli stabilimenti smantellati durante la ritirata italiana del 1917 e l’occupazione austro-tedesca. A differenza dell’anteguerra, quando l’unico sindacato generale era la Camera del Lavoro di Udine, ora in Friuli il sindacato è articolato sul territorio con le Camere del Lavoro di Udine, Pordenone, Tolmezzo, oltre a quelle sorte nel territorio ex imperiale a Gorizia ed a Monfalcone.195 Lo sciopero provoca una nuova polemica con don Lozer, inviperito per essere stato sconfitto a Torre nel suo tentativo di boicottare lo sciopero politico. Il parroco di Torre accusa Guido Rosso su La Patria del Friuli di essere un ricco borghese che nulla dovrebbe avere a che fare con i lavoratori, e meglio farebbe a LF, nn. 2 del 20 luglio 1919, pag. 4, La risposta agli sproloqui policretini e 3 del 27 luglio 1919, pag. 4, La faccia finita! LF, nn. 13 del 4 ottobre 1919, pag. 4, Gli spettacoli e la marcia r.! e 14 dell’11 ottobre 1919, pag. 4, Il capitan fracassa. 193 LF, n. 5 del 9 agosto 1919, pag. 4, Commissario Regio al Comune. 194 Merita riprodurre un passo della presa di posizione del Sindacato Cotonieri di Torre, per capire (oltre alla violenza ed alla volgarità delle espressioni di don Lozer) cosa significhi la tanto richiamata proposta di unità sindacale del 1904 e 1909, al di sopra delle divisioni politiche fra socialisti e clericali: in realtà una proposta di suicidio dell’organizzazione socialista, con la completa rinuncia alla sua identità politica. Lavoratori! A chi vi invita a scioperare rispondete con energia: No - No. Abbasso i traditori del Paese! Lo sciopero politico attuale è ridicolo, è stupido, è delittuoso. Oggi - specialmente in queste terre impoverite - è necessario lavorare, produrre più che mai, solo così si farà diminuire il caro-viveri e si potrà far fronte ai gravi bisogni familiari. Lo sciopero accresce la miseria, gli stenti, le privazioni. Negli altri Stati, tutti più ricchi di noi, si lavora e si produce. E’ falso che lo sciopero sia internazionale. In Italia invece si vuol diminuire il costo della vita, la miseria col baccano, con il disordine. Bel modo! Come chi dicesse a un anemico: Se vuoi guarire, cavati sangue. (...) Nel rimandare il confronto con tutti gli avversari alle prossime elezioni, Lozer riesce a concentrare in un breve comunicato tutti i luoghi comuni del moderatismo e della reazione più deteriori. Cfr.: LOZER, Giuseppe, Piccole memorie, cit., pag. 163. 195 LF, n. 3 del 27 luglio 1919, pag. 4, Imponente manifestazione proletaria e 10 del 13 settembre 1919, pag. 3, MOVIMENTO SINDACALE. Il primo Convegno tra le Camere di Lavoro del Friuli. 54 191 192 stare con i suoi simili che gli affollano lo studio affidandogli le cause. Buon gioco ha un compagno di Torre a rispondere che, se i borghesi di Pordenone affidano i loro contenziosi a Rosso, ciò vuol dire che sa lavorare bene, mentre il suo gratuito impegno per il socialismo testimonia di una fede per la quale l’avvocato socialista rinuncia a facili guadagni, ed ha dovuto anche essere incarcerato per le sue idee. A don Lozer si rinfaccia soprattutto di aver sempre lavorato a dividere la classe operaia, di aver proposto un sindacato puramente economicista, avulso da una prospettiva di cambiamento politico, e di aver alla fine sostenuto i candidati amministrativi e politici della borghesia moderata che si è sempre opposta agli interessi dei lavoratori.196 Nelle settimane successive si ricostituisce la Lega dei cotonieri di Torre e si costituisce quella fra camerieri ed affini. La categoria trainante del movimento è quella degli edili, forte delle migliaia di lavoratori cui viene preclusa l’emigrazione. Domenica 10 agosto si tiene un’assemblea delle Lega muratori e braccianti, introdotta da Umberto De Gottardo e dal segretario Costante Masutti. Le relazioni, oltre a riallacciarsi alla storia della Lega - che ha dovuto affrontare fin dalle origini una dura lotta contro la violenza e la reazione borghese - sottolineano che l’organizzazione sindacale non è solo uno strumento per ottenere conquiste economiche ma un luogo di formazione della coscienza dei lavoratori, che nulla possono ottenere se rimangono disorganizzati a lamentarsi ed a consolarsi nell’alcool. Viene anche letta una lettera di un altro organizzatore che avrà un importante ruolo negli anni futuri ma che è ancora sotto le armi: Ernesto Oliva 197. Uno dei problemi importanti della categoria è che il Genio militare affida i lavori ad imprese che assumono manodopera da fuori, invece dei disoccupati del luogo. Si delibera una piattaforma rivendicativa che prevede le otto ore di lavoro ed il collegamento con la Federazione centrale Edilizia di Torino per coordinare le rivendicazioni per ottenere i minimi salariali. Per il congresso delle leghe edilizie che si terrà ad Udine domenica 17 vengono eletti delegati Enrico Marzot e Costante Masutti.198 I dirigenti degli edili si lanciano in un attivo lavoro di propaganda e di organizzazione, con comizi e riunioni in tutto il territorio del Friuli occidentale, anche con il supporto del segretario provinciale della categoria Pietro Feruglio (Masut). Feruglio tiene insieme con Masutti e De Gottardo una conferenza a Pordenone, dove sottolinea che gli edili friulani sono i meno pagati d’Italia: in altre regioni si sono ottenuti grazie all’organizzazione - minimi salariali più alti dei massimi di qui e soprattutto i contributi padronali al fondo di previdenza sociale. Bisogna riuscire a trasfondere l’abilità professionale dimostrata dai friulani all’estero in capacità organizzativa in patria, soprattutto ora che non si riesce a risolvere il problema occupazionale con l’emigrazione. Domenica 17 si tiene un’assemblea a Roveredo, con De Gottardo e Marzot ed a Pasiano con Feruglio e Masutti. 199 Sul problema delle risorse umane disperse, fino alla guerra, nell’emigrazione interviene con rilievo sul settimanale socialista Plinio Longo, sostenendo che è ora che il Partito Socialista impugni la bandiera dell’autonomia friulana a partire dalla conquista delle amministrazioni locali ed in particolare di quella provinciale. Dagli enti locali deve essere portata avanti la battaglia per quei miglioramenti produttivi, attraverso irrigazione, cambi colturali ed un diverso utilizzo delle risorse zootecniche ed industriali, che possono permettere alla manodopera provinciale di rimanere in patria a realizzare quello sviluppo che in sua assenza è impossibile, invece di essere giocata sul mercato economico internazionale dagli interessi della borghesia.200 Sabato 15 si riuniscono in assemblea anche i metallurgici, che votano una piattaforma da presentare agli industriali che prevede l’aumento delle retribuzioni del 30%, il conglobamento del caroviveri nella pagabase, il pagamento come straordinario delle ore superiori alle otto giornaliere ed il pagamento delle trasferte: anche per questa categoria ci si pone il problema di una perequazione con il resto d’Italia. Si tenga conto che la categoria non è generalmente occupata in stabilimenti del settore, con l’eccezione delle Officine Licinio, stabilimento metallurgico e meccanico fondato nel 1906 dall’ing. Aristide Zennari per costruire macchine agricole, con una capacità occupazionale che arriva fino a 160 operai. 201 Con l’eccezione di officine meccaniche di livello artigianale, il sindaco dei metallurgici rappresentano gli operai addetti a quella particolare professione nei vari stabilimenti, in particolare nei cotonifici: è infatti il Cotonificio Veneziano a vedersi presentare per primo il memoriale dal consigliere Sborlin, con l’immediata concessione da parte del direttore ing. Ugo Granzotto del conglobamento del caro-viveri nella paga (rinviando il resto delle richieste alla direzione di Venezia).202 Il 14 settembre si tiene anche la seconda assemblea della Lega Cotonieri alla Casa del Popolo di Torre, introdotta dal segretario della Lega Muratori Masutti. Le donne della Lega votano un ordine del LF, nn. 3 del 27 luglio 1919, pag. 4, Una parolina a Don Lozer, 4 del 2 agosto 1919, pag. 4, Note locali, articolo firmato Un parrocchiano indipendente, 5 del 9 agosto 1919, pagg. 3 e 4, Da S. Quirino... a Torre. Lettere al vento, firmato Un sanquirinese, 11 del 29 settembre 1919, pag. 4, A proposito di don Giuseppe e svariati altri di questo periodo. 197 Ernesto Oliva è soldato eliografista nell’8° reggimento alpini, battaglione Monte Arvenis, 153 compagnia, in zona di guerra: cfr. GASPARDO, Paolo, cit., pag. 399. 198 LF, nn. 5 del 9 agosto 1919, pag. 4, Lega Cotonieri Torre, Lega Camerieri, Camera del Lavoro e A favore della disoccupazione e 6 del 16 agosto 1919, pag. 4, Operai disorganizzati, Assemblea della Lega Muratori e Braccianti, Organizzazione e Per la disoccupazione. 199 LF, n. 7 del 23 agosto 1919, pag. 4, Gli edili, Propaganda e Da PASIANO DI PORDENONE. Propaganda. 200 LF, n. 11 del 20 settembre 1919, pagg. 1 e 2, Come il socialismo friulano deve voler risolvere il problema dell’emigrazione. 201 GASPARDO, Paolo, cit., pag. 56. 202 LF, nn. 7 del 23 agosto 1919, pag. 4, Memoriale della Lega Metallurgici ed 8 del 30 agosto 1919, pag. 4, Il memoriale dei metallurgici. 55 196 giorno per l’abolizione del cottimo, per le otto ore di lavoro e per l’adesione alla Federazione Arti Tessili. In poche settimane la Lega arriva a duecentocinquanta iscritti, contro i cinquanta del sindacato cattolico (nonostante che le donne, per essere assunte al cotonificio, debbano passare per il tramite di don Lozer, che ovviamente richiede anche l’iscrizione al suo sindacato). Il settore continua ad essere in grave crisi, come dimostra il fatto che il cotonificio Amman licenzia in ottobre dalle sessanta alle settanta operaie per mancanza di commesse.203 Il 15 settembre la vertenza degli edili si chiude con un pieno successo della Lega Muratori e Manovali, dopo un mese di agitazione: l’accordo prevede minimi salariali (lire 1.60 orarie per i muratori ed 1.30 per i manovali, braccianti ed apprendisti), il riconoscimento della Lega e della Commissione Interna per la soluzione delle vertenze fra impresari e salariati, la fissazione dei massimi salariali secondo le capacità individuali, la regolarizzazione dei licenziamenti e soprattutto l’obbligo per le imprese di assumere mano d’opera tesserata, strumento sia per impedire la stipulazione di contratti sotto tabella, sia per vincolare tutta la massa dei lavoratori all’organizzazione sindacale, rafforzandone la compattezza. Contemporaneamente, si costituisce la Cooperativa di Lavoro fra Muratori ed affini, con la quale si cerca di andare oltre questa vittoria sindacale, per iniziare ad eliminare l’imprenditore con l’autogestione operaia. 204 Le rivendicazioni non riguardano solo il settore privato ma anche quello pubblico. Si denuncia il fatto che l’Amministrazione Comunale, che retribuisce il commissario regio cinquanta lire al mese (e che retribuiva la sola sua rappresentanza fra i profughi a ben cinquantacinque lire, in faccia alle ristrettezze della massa) licenzia semplici operai per fare economie e paga gli avventizi dalle 8 alle 9 lire, senza carovita e senza indennità (ma le signorine, per le quali peraltro i socialisti non hanno da obiettare, forse ritenendole sgravate dai carichi familiari, percepiscono dalle 6 alle 7 lire). La stessa Giunta provinciale amministrativa è intervenuta per condannare le rivendicazioni retributive dei dipendenti comunali, nonostante le evidenti disparità (varie figure di impiegati e guardie hanno stipendi che oscillano fra le 19 e le 15 lire, mentre i capi vanno da 20 a più di 45 lire).205 Oltre che ai problemi sindacali si pone attenzione a quelli sociali: una petizione chiede al commissario prefettizio che il primo ottobre vengano riaperte le scuole elementari, ora adibite a ricovero dei profughi, e si ottiene finalmente che venga aperto dal comune il promesso ufficio per il rimborso dei danni di guerra, sito presso la Società Operaia. Si prende atto con molto piacere del trasferimento del prefetto, che il 29 ottobre 1917 era fuggito senza mantenere la promessa di inviare un camion per garantire il trasloco dell’ospedale e del Monte di Pietà, e che nella profuganza era stato autore di partigianerie e preferenze. Altri problemi, che potremmo definire di “ordinaria” gestione della città, vengono affrontati, dalle frequenti interruzioni nella fornitura di energia da parte della società che gestisce l’illuminazione pubblica alla gestione del dazio, con l’impiegato ricevitore di Pordenone che è contemporaneamente l’appaltatore di altri comuni della zona. Ma più in generale è il problema della disponibilità alimentare contingentata e della ricostruzione a dominare, con la penuria e gli abusi più stridenti: lo zucchero che manca viene scaricato a pacchi dal Commissario mandamentale di Pordenone ed Aviano alla direzione del Cotonificio Veneziano; il vestiario donato dalla Croce Rossa americana parte lasciato rubare e parte conteso dalle dame della buona società ai mutilati di guerra.206 I socialisti organizzano anche gli smobilitati di guerra, in contrapposizione con l’Associazione nazionale combattenti e reduci che viene giudicata nazionalista e militarista nonostante la proclamata sua autonomia politica; in contrasto cogli interessi delle classi lavoratrici che più hanno dato alla guerra di sacrificio e sofferenze. Domenica 28 settembre si costituisce la Lega proletaria fra smobilitati al Teatro Sociale ed anche qui l’animatore è Costante Masutti, un giovane di ingegno che studia e conosce i problemi che interessano gli smobilitati, che assume la carica di presidente. Compito assegnato alla Lega è che, indipendentemente dalle autorità costituite e dal governo, protegga e difenda con ogni mezzo le ragioni e gli interessi dei lavoratori smobilitati. La costituzione della Lega fra smobilitati provoca immediatamente le reazioni degli avversari, che sul Giorrnale di Udine coprono Masutti di contumelie.207 Domenica 14 settembre alle 10, ad Udine all’Albergo al Telegrafo, si tiene il convegno provinciale socialista. Alla presidenza viene eletto Enrico Fornasotto, commissario prefettizio di Sacile. La prima relazione è significativamente quella del segretario degli edili Pietro Feruglio, che osserva come, a differenza dell’anteguerra, oggi la categoria, che è quella di gran lunga prevalente in Friuli, si stia organizzando: sono migliaia gli organizzati e molti altri non hanno potuto essere raggiunti per la mancanza di oratori che non permette di essere presenti in tutti i luoghi. Tale fenomeno sta iniziando anche ad interessare i contadini della LF, nn. 11 del 20 settembre 1919, pag. 4, Lega Cotonieri di Torre, 14 dell’11 ottobre 1919, pag. 4, Da TORRE DI PORDENONE. Lega Cotonieri di Torre, 15 del 18 ottobre 1919, pag. 4, La disoccupazione aumenta. 204 LF, n. 11 del 20 settembre 1919, pag. 4, Un’altra battaglia combattuta e vinta dagli Edili e Cooperativa di Lavoro. 205 LF, nn. 14 dell’11 ottobre 1919, pag. 4, Le economie al Comune e 15 del 18 ottobre 1919, pag. 4, Stipendi da affamatori. 206 LF, nn. 7 del 23 agosto 1919, pag. 4, Per la riapertura delle scuole,Danni di guerra e Trasloco del Prefetto, 8 del 30 agosto 1919, pag. 4, La distribuzione dei generi da parte del Commissariato mandamentale, 12 del 27 settembre 1919, lettera di un abbonato del dazio, 13 del 4 ottobre 1919, pag. 4, Dopo il furto la vendita, 14 dell’11 settembre 1919, pag. 4, lettera di Carlo Gazzetta, direttore del dazio di Pordenone, e 15 del 18 ottobre 1919, pag. 4, Servizio della illuminazione pubblica e replica di un abbonato del dazio. 207 LF, nn. 13 del 4 ottobre1919, pag. 4, Lega proletaria fra smobilitati e 14 dell’11 ottobre 1919, pag. 4, Lega proletaria che disturba. Gli organi dirigenti sono costituiti da: Costante Masutti presidente, Giovanni Portolan segretario, Giovanni Battiston, Rodolfo Da Ponte, Giuseppe Zanet, Giuseppe Ros, Angelo Russolo da Torre consiglieri, Francesco Brusadin e Pietro Bianco revisori dei conti e Fioravante Fantuzzi cassiere. 56 203 Bassa che si organizzano nella Lega dei lavoratori della terra, guidata dal compagno Spizzo di Udine (un altro intervenuto nel congresso, Alberto Baradello di Latisana, nota che proprio in quell’area le idee socialiste non hanno potuto ancora penetrare). Parallelamente alla crescita delle leghe si stanno organizzando molte cooperative di lavoro. Felice Feruglio, direttore (dimissionario per ragioni di salute) de Il Lavoratore Friulano ed Umberto Livotti relazionano sulla situazione economica del settimanale, che ora ha una diffusione molto più ampia che nell’anteguerra. Cosattini ribadisce che c’è una diversa attenzione nelle varie realtà per il giornale: si conferma la situazione storica per cui esso è mantenuto da Udine e dalla Carnia. Nel dibattito interviene anche l’avv. Rosso, il quale dice che tale fatto si spiega perché in qualche centro esiste una netta divisione fra i partiti e che gli aderenti al nostro, in condizioni economiche tali da poter essere tassati per una quota annua obbligatoria, sono in numero esiguo, come appunto si avvera nel pordenonese. Secondo l’esponente pordenonese quindi è la situazione sociale del principale centro del Friuli occidentale a determinare un diverso e meno continuativo sostegno al giornale, favorito invece in quelle realtà dove la più arretrata costituzione economica favorisce una composizione interclassista della base del partito e quindi una maggiore capacità contributiva. Il relatore sulle elezioni è l’avvocato Ellero, che parte dalla constatazione della diversità di legge elettorale, non più basata sul collegio uninominale ma sullo scrutinio proporzionale di lista. Gli interessi delle classi lavoratrici rendono necessaria l’affermazione nostra oltre che nel campo economico anche in quello politico. Date le oscure previsioni circa le classi emigratorie e i tanti problemi che aspettano una soluzione e che la borghesia è incapace di affrontare, urge provvedere affinché, per mezzo della rappresentanza politica, gli interessi del Partito e del proletariato siano difesi e salvaguardati. E’ necessario in questo momento riaffermare il fallimento della borghesia. Dobbiamo perciò scendere in campo con una lista propria e completa e solo basandosi sulle nostre forze. Ellero termina proponendo un ordine del giorno al convegno, in cui considerato che la guerra ed i trattati di pace hanno maggiormente acuito il dissenso e il distacco tra borghesia e proletariato e maggiormente fatta palese l’impotenza delle attuali classi dirigenti a decidere del diritto dei popoli ed a risolvere i problemi sociali che angustiano l’umanità, ritenuto che tutti i partiti della borghesia, dal clericale al democratico, sono egualmente responsabili dell’attuale stato di cose che iniquamente grava sulle genti e nessuno dei partiti stessi può rappresentare le legittime aspirazioni del proletariato, riafferma la necessità che il popolo lavoratore colla visione e la fede delle idealità socialiste, mai come ora tanto vicine per la evidente e tangibile bancarotta della borghesia nei principii di umanità, civiltà, diritto e giustizia, ai fini di una profonda rinnovazione di tutta la nostra vita politica, si affermi dovunque nei prossimi comizii politici con una lista propria, la quale nettamente e fortemente rivendichi in faccia a tutta la borghesia il sacro diritto e la ferma volontà delle masse proletarie di conseguire la propria completa emancipazione. Intervengono numerosi compagni, che si esprimono fra le estreme posizioni espresse dall’avv. Spinotti di Tolmezzo, che ritiene che la campagna elettorale sia affrontabile solo a condizione di riuscire a raccogliere una ragguardevole cifra per la propaganda, cosa che non ritiene sostenibile dal partito, e dal dottor Longo di Pinzano, che invece sostiene la linea dell’astensionismo elettorale, che a suo parere sarebbe uno strumento per spingere la situazione in senso rivoluzionario. Come spesso accade, Plinio Longo assume collocazioni originali nell’ambito del socialismo friulano: se nel passato ha costantemente messo in discussione l’anticlericalismo ufficiale del partito, oggi proprio lui brandisce la bandiera dell’astensionismo comunista rivoluzionario, propria dell’estrema sinistra del partito. Replica Rosso che contro la tesi di Longo afferma come non essendo il proletariato ancora pronto per passare alle vie di fatto è necessario agire entro gli organi della borghesia. La speranza nella rivoluzione non basta per tradurre quest’ultima in atto pratico. Il dibattito termina con l’approvazione a grande maggioranza di questo ordine del giorno e di un’altro, che stabilisce di presentarsi con una lista completa, in cui nove nomi siano dei friulani e tre dei bellunesi che dovrebbero venir aggregati al collegio e di riconvocarsi il mese successivo invitando tutti gli organismi economici aderenti alla Camera del Lavoro. Al termine del convegno viene eletto il comitato della Federazione Provinciale Socialista, costituito da Alberto Baradello di Latisana, Pietro Feruglio (Masut) di Udine, Renzo Cristofori di Tolmezzo, Arturo Torossi, Antonio Fornasir di Udine, Ettore Zanuttini di Cividale, Ezio Cantarutti di Spilimbergo, l’avv. Giuseppe Ellero di Pordenone, l’avv. Vittorio Turco e l’avv. Giovanni Cosattini entrambi di Udine. Il comitato risulta dal voto di tre diverse liste e su questo argomento si realizza un contrasto evitato in tutto il resto della giornata di discussione. Infatti uno dei convenuti, in una lettera, nota come in due delle tre liste presentate al voto dei congressisti figuravano diversi nomi affatto nuovi al partito ed altri già da tempo esperimentati di tiepida e mutevole fede. Furono votati lì per lì nomi di figliuoli prodighi rientrati nelle nostre file dopo il fallimento della guerra fascinatrice che nel 1914-915 ci abbandonarono per mettersi fianco a fianco coi nostri peggiori nemici a predicare la guerra... rivoluzionaria. Ciò ha provocato la protesta, specie di quei compagni operai che hanno patito sulla loro pelle le conseguenze del tradimento dei compagni intellettuali: ma è necessario che più in generale gli operai siano protagonisti della vita del partito, senza aprire indiscriminatamente le iscrizioni a tutti quelli che bussano alle porte delle sezioni e senza deleghe ai compagni borghesi. La stessa redazione, pur ridimensionando la polemica, ammette che la rappresentanza operaia nel comitato è effettivamente ridotta. Ma la protesta ottiene un suo primo risultato: le dimissioni di Ezio Cantarutti, motivate dalla sua originaria scelta interventista, della quale oggi egli si dichiara pentito, visto che la guerra ha seguito un corso opposto a quello rivoluzionario che lui aveva delineato, fedele come molti altri al mito della democrazia francese opposta all’autoritarismo teutonico. 208 LF, nn. 10 del 13 settembre 1919, pag. 3,Il Convegno Socialista Provinciale, 11 del 20 settembre 1919, pagg. 2 e 3, stesso titolo e Circa la nomina del Comitato della Federazione Socialista Provinciale e 13 del 4 ottobre 1919, pag. 3, Deliberati della 57 208 Intanto si è ricostituita in Udine (in tutt’altro clima ideologico, con le stesse caratteristiche unitarie, educative e moderate che ne avevano connotato l’esistenza prima della guerra) la sezione friulana dell’Umanitaria, il cui direttivo è presieduto dal prof. Francesco Musoni e composto dall’avv. Riccardo Spinotti, dal perito Augusto Braidotti, cav. Alberto Calligaris, Angelo Sello, Antonio Brovelli e Lodoviso Zanini. Il programma d’azione che questa Sezione si è proposta di attuare comprende una complessa e fattiva opera di restaurazione a beneficio della classe lavoratrice, che in questa Regione specialmente ha bisogno di assistenza e di aiuto. Mentre da una parte di mirerà al perfezionamento ed all’educazione tecnica dei lavoratori, dall’altra non saranno abbandonate quelle che sono le finalità più elevate della nostra opera, cioè l’educazione intellettuale e morale della classe lavoratrice. Con questi intenti saranno studiate tutte le iniziative in favore della coltura professionale e della ricostituzione delle vecchie scuole d’artieri con metodi, indirizzi e mezzi rispondenti alle odierne esigenze industriali; saranno istituite Biblioteche Popolari Circolanti ed in ogni caso sarà dato valido appoggio a tutte le opere in armonia con gli scopi da noi perseguiti. All’uopo l’Umanitaria Centrale ha già attuato utili iniziative per il nostro Friuli, istituendo: - L’Asilo Malarici in Maniago, che raccoglie già 200 ospiti. - Un Laboratorio-Scuola per falegnami, per il quale sono già state spese L. 70.000 in macchine ed accessori e quanto prima saranno istituiti nei due Distretti di Maniago e Spilimbergo Laboratori-Scuola per terrazzai e mosaicisti. 209 7.1.7 - Le elezioni politiche del 1919. Il nuovo comitato della federazione decide nella riunione del 29 settembre di dividere il territorio provinciale in tre coordinamenti organizzativi, che fanno capo alle sezioni di Udine, Tolmezzo e Pordenone: quest’ultima coordinerà le sezioni degli ex collegi di Pordenone-Sacile, Spilimbergo-Maniago e San Vito al Tagliamento. Ci si accorda per reperire al partito rapidi mezzi di trasporto per la campagna elettorale: già al convegno di Udine si era parlato di reperire compagni ciclisti, raccogliendo in particolare la disponibilità dei compagni del circolo giovanile socialista di Paderno. Si provvede infine a convocare un secondo convegno provinciale per domenica 12 ottobre, sembre all’Albergo al Telegrafo per discutere della campagna elettorale ed approvare la lista dei candidati; al convegno aderisce anche la federazione socialista di Belluno. 210 Al convegno partecipano, dal Friuli occidentale, Ellero come rappresentante della federazione provinciale, le sezioni di Pordenone e Sacile, la Camera del Lavoro e le leghe dei metallurgici, falegnami e cotonieri di Pordenone, quella dei cotonieri di Torre, la Lega proletaria degli smobilitati di Pordenone, le leghe degli edili di Pordenone, Pasiano, San Giovanni di Polcenigo, Budoia e Caneva, le cooperative di lavoro di Cordenons, la cooperativa economica di Pordenone, i compagni Guido Rosso e Romano Sacilotto di Pordenone ed Enrico Fornasotto e Battistioli di Sacile e forse altri fra i moltissimi non indicati per nome. Questa volta la presidenza del convegno è sportivamente ceduta all’avvocato Lante, rappresentante della federazione bellunese. Il convegno si apre con la lettura da parte di D’Orlando di Tolmezzo di un ordine del giorno di solidarietà con tre compagni arrestati e condannati dopo un comizio a Comeglians: Rosso eleva viva protesta contro il contegno della forza pubblica nei comizi operai e contro il continuo ripetersi degli eccidi proletari in tutta l’Italia, che vanno crescendo in modo allarmante. Cosattini spiega che l’invito rivolto alle organizzazioni economiche a partecipare al convegno del partito rappresenta una novità per il socialismo friulano e probabilmente nazionale 211. Va superato il concetto dell’apoliticità di tali organizzazioni, perché non ha più senso limitarsi al terreno del miglioramento salariale ma va perseguito l’obiettivo politico più generale del rovesciamento dei rapporti sociali, di fronte alla crisi della borghesia: per questo i socialisti chiedono alle organizzazioni sindacali e cooperative di scendere nella battaglia elettorale. Livotti a nome delle organizzazioni operaie presenta un ordine del giorno in tal senso. Il rappresentante pordenonese obietta però come nella sua realtà questo problema sia inesistente: Rosso dice che alle precedenti agitazioni di carattere politico hanno sempre partecipato anche le organizzazioni economiche. Le nostre leghe - egli soggiunge - hanno nel sangue l’idea della trasformazione sociale quindi non c’è alcun bisogno di chieder oggi la loro adesione alla lotta, adesione già implicita per il fatto della partecipazione di esse alle lotte precedenti e quindi inutile porre in votazione l’ordine del giorno Livotti. Ma - se Rosso esprime con la sua stringente logica di avvocato l’ovvietà di uno schieramento che è storicamente naturale per i socialisti della Federazione. Per la battaglia elettorale e Echi del Convegno. 209 ACA, b. 969, 1920, f. Categoria II Opere Pie e Beneficenza, 4.2, Società di mutuo soccorso ed operaie (fuori d’Aviano): lettera della Società Umanitaria, Sezione Friulana, dell’11 maggio 1920. 210 LF, nn. 11 del 20 settembre 1919, pagg. 2 e 3, Il Convegno socialista provinciale e 13 del 4 ottobre 1919, pag. 3, Deliberati della Federazione. Per la battaglia elettorale, Echi del Convegno e Convegno Provinciale. Nelle elezioni del 1919 per la XXV legislatura della Camera dei Deputati il collegio comprende le provincie di Udine (nella delimitazione d’anteguerra) e di Belluno. Nelle elezioni del 1921 per la XXVI legislatura, a quel collegio si aggiungono ad oriente i collegi dei territori annessi. Si tratta innanzitutto di quello di Gorizia, comprendente l’asburgica contea di Gorizia e Gradisca (con la Bassa friulana orientale) ed i territori annessi precedentemente appartenenti alla Carniola e Carinzia (con il Tarvisiano). A questo collegio cui afferiscono alcuni territori friulani (per ambito linguistico-culturale, o per successiva colonizzazione) si aggiungono i collegi elettorali della Venezia Giulia e Dalmazia: Trieste; Parenzo (provincia dell’Istria) e Zara (unico collegio uninominale del Regno, comprendente quella città, isolata dal Regno ed inserita nella Dalmazia appartenente al neonato Regno di Jugoslavia, e l’ancor più lontana isola di Lagosta, circa duecento chilometri più a sud). Non è compresa la città di Fiume, che verrà ricompresa nel 1924, nelle elezioni per la XXVII legislatura, nella circoscrizione elettorale della Venezia Giulia, che comprenderà i precedenti collegi di Trieste, Gorizia, Parenzo, Zara e la provincia di Udine. E’ in tale occasione che viene sancito istituzionalmente, perlomeno nella geografia elettorale, il passaggio del Friuli dall’ambito della regione Veneto a quello della Venezia Giulia. Confronta: RINALDI, Carlo, I deputati del Friuli-Venezia Giulia a Montecitorio dal 1919 alla Costituente, cit., primo volume, pagg. 15-16. 211 In realtà non era così alle origini, come abbiamo visto per esempio nel congresso di Tolmezzo del 1906. 58 realtà avanzata di Pordenone, Cosattini contro l’affermazione di Rosso dice che in provincia vi è qualche organizzazione che si è pronunciata per l’astensionismo e che quindi è necessario sapere se quelle intervenute al convegno aderiscano a scendere in lotta accanto al Partito socialista. Il problema è quindi un altro: l’emergere in settori sindacali di posizioni rivoluzionarie, influenzate dall’astensionismo della sinistra comunista, raccolta a livello nazionale attorno al giornale napoletano Il Soviet ed al futuro primo segretario del Pcd’i Amadeo Bordiga. Per accelerare il chiarimento, Masutti a nome delle leghe di Pordenone propone di mettere subito in votazione l’ordine del giorno per escludere dal convegno le organizzazioni che non l’accettassero, mentre in accordo con il compagno e collega Rosso Ellero rileva che i rappresentanti delle organizzazioni sono stati invitati per esprimere la loro idea circa la proclamazione dei candidati. In quanto all’adesione alla lotta il fatto stesso di esser presenti esprime già in proposito parere favorevole. Una votazione unanime conclude questo lungo dibattito, che sembra esprimere - più che una diversità di linea per il futuro - la diversa pratica e percezione del rapporto fra il partito e le organizzazioni vissuto dalla realtà udinese (dove da sempre i socialisti hanno lavorato in realtà formalmente apolitiche e gestite da un vertice formalmente in tanta parte liberal-democratico come il Segretariato dell’Emigrazione e la Camera del Lavoro prebellica) e da quella pordenonese, dove invece partito e sindacato si sono fin dalle origini identificati, anche nelle dirigenze.212 Domenica 5 ottobre viene votato lo statuto della Camera del Lavoro di Pordenone, che è lo stesso della CdL di Udine. Presiede l’assemblea, che si tiene alla Sala Coiazzi, Gio Batta Scussat di Budoia, una delle presenze più importanti di questo periodo: come i compagni di Aviano, è probabilmente un operaio edile che si è formato nell’emigrazione. Il segretario provvisorio della Camera del Lavoro è Umberto De Gottardo, mentre gli organismi dirigenti definitivi verranno decisi in una assemblea da tenersi la domenica successiva. E’ in quella sede che si discute delle elezioni e si decidono i tre candidati da presentare alla successiva riunione ad Udine. Due saranno i candidati pordenonesi inseriti nella lista del collegio (sono gli unici di tutto il Friuli occidentale): Vincenzo Degan e Giuseppe Ellero.213 Una folla di operai anima la festa per l’inaugurazione della sede della Camera del Lavoro domenica 19, con la presenza di associazioni, rappresentanze, bande musicali. Un corteo fa risuonare, per la prima volta da anni, l’Inno dei Lavoratori nelle strade di Pordenone. Parlano De Gottardo, Masutti ed Ellero, mentre il richiesto Rosso deve dare forfait perché senza voce. Una speciale attenzione è rivolta agli ex combattenti ed ai mutilati, invitati ad iscriversi alla Lega proletaria fra mutilati, invalidi, feriti, vedove e genitori di caduti in guerra: ed infatti alla loro condizione è rivolto il discorso di Ellero: dimostrò che oggi il gioco della borghesia consiste nel cercar di disunire il proletariato, per impedire il suo sviluppo e sovratutto la conquista dei poteri politici. Per questo si creano le associazioni nazionali dei combattenti chiamate col sussidio dello stato a combattere le associazioni proletarie. Rilevò che mentre si trovarono i miliardi per la guerra, a pace conclusa, a vittoria ottenuta il proletariato à lo spettro della fame e della disoccupazione... dacché la borghesia non intende di pagare i debiti. Elevò, infine, un inno alle organizzazioni internazionali fra una vera ovazione. Mentre si svolge il comizio viene distribuito un appello della Lega proletaria, in cui si invitano ad iscriversi tutti gli ex combattenti, con la sola esclusione di crumiri ed avversari delle organizzazioni dei lavoratori. Nel frattempo a Pordenone viene diffuso un manifesto della associazione combattenti, tutto teso a denunciare i traditori pacifisti e socialisti: l’associazione è presieduta dal democratico Polon, come altri suoi compagni di partito in fase di accelerato passaggio, per il tramite dell’interventismo, verso il nascente fascismo.214 7.1.8 - Due candidature patriottiche. Contrariamente a quanto viene generalmente affermato, l’atteggiamento dei socialisti - perlomeno di quelli friulani - non si rivolge contro i combattenti, ma specificatamente (e con più di qualche ragione) contro gli interventisti impenitenti, contro quella parte dello schieramento politico che, dopo essersi assunta la responsabilità di spingere l’Italia in una guerra sanguinosa, ne rivendica la continuità in funzione classista, antioperaia ed antisocialista.215 Lo stesso atteggiamento non viene mantenuto nei confronti di chi ha assunto una posizione critica, ricredendosi sulla scelta interventista, e nemmeno nei confronti di chi ha combattuto LF, n. 15 del 18 ottobre 1919, pagg. 2 e 3, Il Convegno delle Organizzazioni operaie e delle Sezioni socialiste del Friuli. LF, nn. 14 dell’11 ottobre 1919, pag.4, Camera del Lavoro e Relazione della costituzione della Camera del Lavoro di Pordenone e 17 dell’1 novembre 1919, pag. 1, La lista socialista. Partecipano all’assemblea le seguenti organizzazioni: Lega di Resistenza Edile di Pordenone, Lega Metallurgici, Lega Falegnami, Leghe Cotonieri di Torre e di Pordenone, Leghe Edili di Cordenons, di Fontanafredda, di Aviano, di Coltura, di San Giovanni di Polcenigo e di Barcis, Cooperativa di Consumo di Torre, Cooperativa di Lavoro di Pordenone, Cooperativa Scaricatori di Pordenone, Cooperativa di Fontanafredda, Cooperative Edili di Cordenons, Budoia, San Giovanni di Polcenigo e Caneva. Mancano le Leghe e Cooperative di Fiume Veneto e Pasiano di Pordenone e le Cooperative Scalpellini e Muratori di Aviano. I candidati socialisti sono: Luigi Basso di Feltre, avvocato, Luigi Baradello di Latisana, contadino, Giovanni Cosattini di Udine, avvocato, Vincenzo Degan, tipografo, Giuseppe Ellero, avvocato, Pietro Feruglio Masut di Udine, muratore, Ernesto Giuseppe Piemonte di Canelli, organizzatore, Ottavio Puntil di Tolmezzo, scalpellino, Giusto Santin di Belluno, muratore, Oberdan Vigna di Belluno, avvocato, Tito Zaniboni di Mantova, organizzatore ed Ettore Zanuttini di Cividale, impiegato. L’inserimento di Luigi Basso nella lista provoca l’intervento della direzione del Psi, che non ratifica la sua elezione, in quanto interventista. Ma il comitato elettorale collegiale di Udine replica che la designazione di Basso è avvenuta per designazione delle organizzazioni socialiste del Bellunese senza distinzione di tendenze, e quindi la lista rimane immutata. Cfr.: LF, n. 17 dell’1 novembre 1919, pag. 2, La lista rimane completa. 214 LF, n. 16 del 26 ottobre 1919, pagg. 3 e 4, La festa della Camera del Lavoro e Nel campo elettorale. 215 Come abbiamo visto ad Aviano, esponenti delle classi dominanti non si peritano di passare senza soluzione di continuità dal dominio italiano a quello austrotedesco a quello italiano nuovamente, accusando però i socialisti di essere antinazionali. 59 212 213 duramente la sua guerra in trincea. Anzi, si contrappone all’opportunismo degli ufficialetti imboscati nelle retrovie l’eroismo di chi ha saputo fare la sua parte, per obbligo o per coerenza con le sue scelte. Ciò viene dimostrato per esempio dalla vicenda di Cantarutti, che viene eletto nel comitato della federazione nonostante il suo precedente interventismo e dall’attivismo organizzativo della Lega proletaria pordenonese guidata dall’ex ardito Costante Masutti (che sarà poi uno degli animatori del Partito comunista d’Italia), ma anche - a maggior ragione - da due candidature politiche molto significative. Il Psi friulano e pordenonese rimane fermo nel suo rivendicare la giustezza della scelta pacifista e l’opposizione alla guerra, scelta che ha mantenuto con continuità per tutto il ventennio trascorso, dall’opposizione al riarmo ed alla militarizzazione della frontiera orientale, all’aggressione alla Libia ed alla Turchia, all’intervento in Albania fino all’ingresso nella suprema strage della guerra mondiale. Ma ciò non contrasta con la scelta di candidare proprio a capolista (la lista è compilata in ordine alfabetico, ma questa scelta esalta l’apertura, sia alla federazione socialista di Belluno che alla personalità) il capo socialista feltrino Luigi Basso.216 Per capire come la storia reale del movimento operaio pesi, al di là della pur dirimente questione della pace e della guerra, bisogna fare una breve digressione sulla storia politica di Basso e della sua città. Le origini politiche di Basso si ritrovano nella frequentazione, in ambiente universitario e poi a Roma, di circoli repubblicani e radicali. Nella capitale fu anche il segretario del comitato per il monumento a Giordano Bruno. E’ quindi una personalità già ben delineata il quasi trentenne Basso, che assume la funzione di capo dei democratici feltrini al suo rientro in città nel 1891, ove tesse i contatti fra le due componenti politiche della sinistra. Come in Friuli, le origini del socialismo nel feltrino e nel bellunese a fine secolo hanno radice nell’organizzazione degli emigranti temporanei, cui si rivolge L’Avvenire, organo dei partiti popolari della provincia fondato da Basso nel 1901. L’emigrazione temporanea dalle valli del bellunese è percentualmente superiore a quella stessa, apicale in Italia, della provincia di Udine ed è seconda solo all’intensità migratoria della fascia montana friulana.217 Anche in questa realtà i socialisti competono con il movimento cattolico, che tende ad organizzare i contadini, ottenendo successi elettorali come la conquista dell’amministrazione di Feltre nell’ultimo decennio del secolo, quando i clericali sfrattano coalizzati con i moderati l’amministrazione democratica che si fonda sui proprietari terrieri e sulla limitata borghesia cittadina. Organizzato il circolo socialista nel 1897 (che aderisce al Psi solo nel 1900) il primo decennio del Novecento viene dedicato alla conquista dei pubblici poteri. Un passo in tal senso è la riorganizzazione (da parte socialista) del disciolto partito radicale feltrino, manovra tattica per approfondire le divisioni nella coalizione clerico-moderata. Ciò porta nel 1905 alla conquista dell’Amministrazione Comunale da parte della coalizione radicale-socialista. Luigi Basso è l’anima dell’amministrazione, ricoprendo successivamente le cariche di consigliere, assessore e pro-sindaco, protagonista di una politica di riformismo pragmatico, che porta a risultati quali la municipalizzazione del dazio di consumo, l’abolizione delle quote minime dell’imposta di famiglia e la sua ridefinizione in senso moderatamente progressivo, l’istituzione delle refezione scolastica, la trasformazione del ginnasio comunale in istituto tecnico commerciale, la trasformazione del Monte di Pietà in istituto di risparmio e di credito. La pratica politica di Basso produce però critiche in ambito socialista, per le continue compromissioni con gli alleati radicali e per un’impostazione globalmente dimentica dei problemi delle campagne e di quelli collegati degli emigranti, cui viene lasciato solo il passivo ruolo di elettori dei compagni amministratori. Non può far stupire la scelta interventista di Basso, contrapposta al pacifismo del partito e l’atteggiamento attento agli aspetti gestionali ed amministrativi dell’attività politica nazionale postbellica. Luigi Basso arriva alla scelta dell’interventismo da una posizione ideologica che mescola fin dalle origini il socialismo al radicalismo ed al repubblicanesimo di stampo prettamente risorgimentale, anticlericale e filofrancese. Ma il suo ruolo politico di prima grandezza consiglia i socialisti della provincia di Belluno di non approfondire il contrasto ideologico, per altro preesistente all’agitazione interventista. L’inserimento di Luigi Basso (che peraltro, a dispetto della sua collocazione reale alla destra del partito, appare ora schierato su posizioni centriste) nella lista provoca l’intervento della direzione del Psi, che non ratifica la sua elezione, in quanto interventista. Ma Basso è difeso, oltre che dalla federazione di Belluno, anche dal comitato elettorale collegiale di Udine, che replica che la designazione di Basso è venuta dalle organizzazioni socialiste del Bellunese senza distinzione di tendenze: la lista rimane quindi immutata, sintomo che la cogenza delle indicazioni della direzione centrale è limitata rispetto alle scelte delle organizzazioni locali.218 I problemi sorgeranno successivamente, ma per ben altri motivi: l’elezione di Basso insieme a quella degli altri due candidati bellunesi Vigna e Santin, sarà argomento di frizioni fra le due federazioni socialiste, la più grande delle quali viene sacrificata con un numero minore di seggi a scapito degli organizzatissimi compagni bellunesi, evidentemente più abili nel gioco delle preferenze; situazione che sarà riequilibrata solo con le elezioni del 1921. 219 LF, n. 17 dell’1 novembre 1919, pag. 1, La lista socialista. La provincia di Belluno tocca nel 1902 la percentuale di emigrazione temporanea del 112,23 per mille, rispetto alle percentuali della regione Veneto (30,44) e nazionale (6,45), mentre il Friuli emerge con una percentuale globale provinciale del 73,2, ed una - relativa alla sola area settentrionale montana - del 137. Cfr. COSATTINI, Giovanni, cit., pagg. 25 e 30. 218 LF, n. 17 dell’1 novembre 1919, pag. 2, La lista rimane completa. 219 L’avv. Luigi Basso, rieletto deputato anche nel 1921, nel 1924 sarà eletto segretario del Partito socialista Unitario dopo l’assassinio del suo precedessore Giacomo Matteotti da parte di sicari fascisti. Su Il Lavoratore Friulano, soprattutto negli ultimi anni in cui il 60 216 217 Se Luigi Basso rappresenta la figura del professionista borghese che unisce l’ideologia risorgimentale al moderatismo riformista ed all’alleanza strategica con la sinistra borghese, Tito Zaniboni è invece l’esponente di un’altra tendenza che proviene dal recente passato nazionale: l’eroe romantico e privo di disciplina, pronto ad ogni pié sospinto a gettare il cuore oltre l’ostacolo forzando i limiti della politica, seguendo il classico modello garibaldino. Non a caso intratterrà relazioni con D’Annunzio, cercando di stabilire collegamenti fra il poeta, il suo collaboratore sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, Benito Mussolini e settori socialisti nel periodo a cavallo fra il 1922 ed il 1923 220, nella prospettiva di un accordo fra socialisti e fascisti che conta anche l’episodio del patto di pacificazione del 1921, perseguito insieme al pordenonese Giuseppe Ellero: ma - consumata questa prospettiva - egli compirà il suo gesto più famoso, il tentativo di uccidere il dittatore e di rovesciare il regime con pochi altri congiurati il 4 novembre 1925. Zaniboni viene candidato in Friuli non solo per il suo impegno nel movimento socialista: ecco come lo descrive la biografia pubblicata su Il Lavoratore Friulano: Tito Zaniboni è popolarissimo fra le truppe alpine, altrettanto che tra le popolazioni del Mantovano, dove nacque e dove conseguì la licenza agraria e d’Istituto Tecnico. A 23 anni emigrava in America per incompatibilità politica con il padre. Ritornato, diresse la Federazione delle Cooperative mantovane fino al suo richiamo alle armi che rimonta allo scoppio della guerra con l’Austria. E’ consigliere provinciale di Mantova dalle ultime elezioni amministrative. Venne in Carnia nel maggio 1915 quale sottotenente nell’8.o Alpini, rimanendo fra noi fino alla ritirata di Caporetto. Già l’incipit dell’articolo tradisce quale sia l’intenzione del Psi friulano nel candidare Zaniboni; il prosieguo del testo rivendica il ruolo del candidato nei fatti d’arme del fronte della Carnia. Socialista e neutralista, al fronte dimostrò sempre di essere un valoroso. Fin dai primi fatti d’arme si comportò in modo tale da meritare non solo il plauso dei suoi superiori e l’ammirazione dei suoi dipendenti, ma anche, e telegraficamente, la sospensione, da parte del Ministero della guerra, del procedimento giudiziario pendente a suo carico per la propaganda antimilitarista fatta in conferenze e scritti contro la guerra prima del suo richiamo alle armi. Gli avvenimenti militari del Pal Piccolo sono tutti collegati col suo valoroso contegno. Non abbandonò mai il fronte, fino al 26 marzo 1917, giorno in cui durante l’azione una gravissima ferita alla gola lo riduceva in fin di vita e lo rendeva invalido. Da allora passò ai servizi di retrovia. Per il suo contegno fu proposto per varie medaglie d’oro e d’argento al valore e onorificenze: fu decorato con due medaglie d’argento, della croce di guerra, croce francese, da medaglie del re d’Inghilterra e promosso da Capitano a Maggiore per meriti. Appare fin troppo evidente che le sue indubbie caratteristiche di capo ed organizzatore politico e cooperativistico non sono il principale motivo della candidatura: si può ben rilevare come il Partito socialista intenda giocare, unitamente alla dichiarata opposizione alla guerra, la rivendicazione del ruolo che molti suoi dirigenti e militanti avevano giocato nello sforzo bellico, anche con posizioni di primo piano. L’eroico ufficiale degli alpini, che ha corrisposto ai doveri imposti dalle circostanze senza risparmiarsi, viene esposto come una bandiera contro tutti quegli interventisti che, dopo aver imposto con la violenza l’entrata in guerra, non sono stati altrettanto coerenti ed oggi cercano di accaparrarsi il merito della condotta bellica nazionale. Queste due candidature, quindi, dimostrano insieme all’attivismo dei militanti ritornati dalle trincee come il Psi intenda contemporaneamente rivendicare il proprio ruolo di coerente oppositore alla guerra insieme con la rappresentanza di quel popolo lavoratore che la guerra ha subito ma anche vissuto da protagonista. Alla coalizione di tutte le forze borghesi - unite dalle parole d’ordine patriottiche - si contrappone l’esempio di un partito fatto da persone rimaste coerenti con i propri principi, ma che hanno saputo dimostrare di non essere seconde a nessuno nel comune sforzo militare: torniamo ancora alla biografia di Zaniboni. Socialista, la divisa non gli ha fatto mai dimenticare l’ideale del suo partito. Come soldato fece sempre il suo dovere e dai soldati fu presto notato ed amato per la sua bontà, per la sua rettitudine, per il suo settimanale diverrà l’organo dei socialisti unitari, saranno frequenti i suoi interventi, pubblicati sempre con grande rilievo. Su Luigi Basso cfr.: ANDREUCCI, Franco e DETTI, Tommaso, cit., primo volume, pagg. 201-203 (biografia a cura di A. Rosada); RINALDI, Carlo, I deputati del Friuli-Venezia Giulia a Montecitorio dal 1919 alla Costituente, cit., primo volume, pagg. 155-158; MALATESTA, Alberto, Ministri, cit., pagg. 86-87 lo indica come sindaco di Feltre, consigliere provinciale e presidente della Deputazione Provinciale di Belluno. Non rimane molto dell’esperienza prebellica di governo di Feltre nell’opera dello scrittore Silvio Guarnieri, che negli anni ‘50 è stato anche consigliere per il Pci in quel Comune prima di trasferirsi a Pisa per insegnarvi letteratura italiana. Guarnieri ha scritto un ponderoso testo, raccogliendo memorie e testimonianze sulla storia contemporanea della sua città, in un progetto in cui l’aneddoto viene assurto a forma di espressione della memoria della comunità di una piccola città, strumento di emersione di una cultura subalterna contrapposta alla “grande storia” ufficiale. Come per Barraco l’amministrazione radicale è solo un episodio che precede cronologicamente la coalizione liberale con cui Pordenone entra nella prima guerra mondiale (e qui commette una grave inesattezza, perché la Giunta eletta nel 1914 e durata per tutta la guerra è composta dagli stessi radicali, guidati non più da Galeazzi ma da quel Policreti ancora più vicino in passato ai socialisti) per Guarnieri l’anteguerra è stato solo un alternarsi di amministrazioni a guida liberale o radicale, che sempre avevano espresso sindaci appartenenti a quelle che venivano considerate le migliori famiglie della città e solo dopo la guerra, dal 1920 al 1922, finalmente Feltre ha un sindaco socialista ed un’amministrazione di sinistra. Il fascismo ha poi ripristinato il vecchio ordine sociale, portando a rivestire la carica di commissario prefettizio, sindaco e poi podestà il conte Bortolo Bellati, che dal 1907 al 1914 era già stato sindaco, di volta in volta con una maggioranza di impronta radicale o liberale. Nulla rimane nella memoria del lavoro politico di Basso, se non la dignitosa opposizione al fascismo, espressa attraverso il ritiro dalla vita politica, opposta al cedimento al regime del compagno e collega Oberdan Vigna e comunque politicamente perdente rispetto alla continuità di impegno rappresentata dal vicesindaco del 1920, l’avvocato Banchieri, passato nell’esilio in Francia al Partito comunista. Più pregnante appare per Guarnieri l’esperienza del vicino comune di Lentiai, dove all’inizio del secolo il movimento socialista si organizza con le sue istituzioni (Casa del Popolo e Società Operaia) e conquista nel 1910 l’amministrazione, realizzando un programma di costruzione di scuole in ogni frazione per sradicare l’analfabetismo, cui si viene ad aggiungere un asilo per l’infanzia. Cfr.: (BARRACO, Roberto), cit., pag. 12; GUARNIERI, Silvio, Storia minore, Verona, Bertani, 1986, pagg. 71-80; 105-109; 169-194. E’ appena il caso di notare come, anche nel caso del Feltrino, il Psi appare come il “partito degli avvocati”: professione che unisce nelle loro diverse scelte Basso, Vigna e Banchieri. 220 LYTTELTON, Adrian, cit., pag. 165. 61 valore, ma sopra tutto per il suo contegno ammirevole con inferiori e superiori. Divenne il padre successivamente del suo plotone, della sua Compagnia, del suo Battaglione, di tutti coloro che cercavano una difesa, un aiuto contro le esagerazioni militari. L’organizzatore dei contadini mantovani si candida in questo collegio, per continuare a guidare quegli alpini che erano gli stessi operai emigranti che hanno costruito il socialismo friulano. La sua Mantova l’avrebbe ben volentieri incluso nella sua lista, ma egli preferì la nostra Provincia alla quale lo legano tanti ricordi e tante profonde amicizie. Egli è attaccato a questa terra dove ha sentito l’affetto crescere intorno a sè, dove ha confortati gli ultimi istanti di tanti nostri compagni, dove ha confuso il suo sangue con quello dei nostri lavoratori.221 Le elezioni politiche rappresentano un successo per i socialisti, primo partito a livello nazionale e circoscrizionale. Il Psi passa dai 38 deputati del 1913 ai 155 del 1919; i popolari conquistano 100 seggi, contro i 33 clericali eletti nelle precedenti elezioni; i repubblicani calano da 17 a 7 deputati e tutto il vasto mondo dei liberali moderati, radicali, combattenti, insomma le varie componenti della classe politica tradizionale tracollano da 420 a 246 deputati. Vincono, sugli opposti fronti, le forze espressione delle masse popolari, quelle che si sono opposte o si sono mantenute più estranee alla guerra, cioè i socialisti ed i popolari, mentre vengono duramente punite tutte le forze che sono state individuate dall’elettorato come responsabili del disastro. Nel collegio di Udine e Belluno vengono eletti cinque deputati socialisti con 41264 voti, tre popolari (Luciano Fantoni, Pietro Tono e Luigi Cattini) con 30962, ed uno rispettivamente del Partito Democratico ministeriale (Ernesto Pietriboni) con 11303, della lista dei combattenti (Luigi Gasparotto) con 14584, uno del Partito Liberale Democratico, che rappresenta la lista del Fascio parlamentare di difesa nazionale, l’ala estremistica dell’interventismo (Giuseppe Girardini) con 14231 ed un esponente della Democrazia Cristiana autonoma, di nuovo l’unico in Italia (Marco Ciriani) con 10458; nessun eletto la lista liberale indipendente del prof. Ancona, deputato uscente di Gemona-Tarcento rappresentante un particolare fenomeno di clientelismo locale, con 3258 voti. Per capire la frammentazione delle varie forze politiche e la relativa debolezza dei quadri espressi dal territorio friulano, merita sottolineare come ben tre deputati (Pietriboni, Gasparotto e Girardini) provengano dal vecchio Partito Radicale, mentre - a parte la vicenda dell’elezione dei tre deputati bellunesi a scapito della componente friulana - buona parte dei deputati del collegio provengono dall’esterno (i popolari Tono e Cattini sono l’uno veneto e l’altro emiliano; Pietriboni è veneziano; Gasparotto, nativo di Sacile, nel 1913 era stato eletto a Milano). Il Partito Popolare, secondo partito nazionale e friulano, elegge ben due deputati esterni al suo territorio. Per i socialisti è diverso, anche se c’è qualche problema di rappresentatività: la divisione per zone delle preferenze taglia fuori Ellero, primo dei non eletti con un voto quasi esclusivamente pordenonese (6685 preferenze, più 1696 nell’area di Udine e 20 in quella di Tolmezzo; nessuna a Cividale e nel Bellunese) e Zaniboni, votato prevalentemente in Carnia (4684 voti, più 2036 ad Udine, 1294 a Pordenone, 17 a Cividale, 148 a Feltre e 16 nel Cadore). Al contrario, i tre candidati bellunesi, grazie alla disciplina dei loro elettori, vengono tutti e tre eletti, lasciando ai friulani solo i seggi di Cosattini e Piemonte. L’altro candidato pordenonese, Vincenzo Degan, ottiene 2262 voti a Pordenone, 172 ad Udine, 7 a Tolmezzo ed 1 in Cadore, classificandosi quarto dei non eletti.222 Riflette sul risultato il convegno socialista provinciale che si tiene ad Udine domenica 4 gennaio 1920, cui per altro non partecipa nessun rappresentante pordenonese, a differenza di varie realtà del Friuli occidentale, come la sezione socialista di Sacile e le leghe e cooperative di Budoia, San Giovanni di Polcenigo, Coltura, Polcenigo, Sarone e Cordenons. Dopo aver convenuto sul buon lavoro svolto in armonia fra tutti i compagni e con spese irrisorie, si approva un ordine del giorno in cui si rileva come nella recente lotta elettorale una concentrazione deliberata di preferenze, frutto di soverchie preoccupazioni localistiche - non LF, n. 18 dell’8 novembre 1919, pagg. 1 e 2, I nostri candidati. I. TITO ZANIBONI. Dopo l’elezione, il n. 26 del 5 giugno 1921 (stampato erroneamente: 6 del 5 agosto, ma modificato a penna) pubblica a pag. 1 una sua nuova biografia, I NOSTRI DEPUTATI. TITO ZANIBONI, in parte tratta dalla Gazzetta dello Sport del 27 maggio: Veramente all’alpino del Clautano e della Carnia non occorrerebbe presentare Tito Zaniboni. (...) Tito Zaniboni è l’eroe del Pal Piccolo, il comandante della compagnia più intrepida che fosse sulla fronte di Carnia. La fede nell’ideale di umanità che da gran tempo ne accompagna la vita non gli tolse di battersi con un vigore, una genialità, un impeto che richiamano la leggenda. Fratello maggiore dei propri incrollabili alpini, riempì le vallate carniche della storia delle proprie imprese. Riconquistò il castello rosso, giocato dagli austriaci mediante un apparato di corridoi nella neve, con quello slancio che è tradizionale e insuperabile nella stirpe italiana. Il combattimento compassato, a stregua di canoni d’arte militare, non l’invogliava: la sua strategia era improvvisazione audace dettata da un lupo di montagna: aveva il sapore dell’invenzione. Il giornale sportivo ricorda infine come Zaniboni, pur mutilato alla gola, abbia voluto ritornare sulle montagne, ove diresse per il resto della guerra una scuola per mitraglieri. Dopo la mancata elezione nel 1919, Zaniboni verrà rieletto consigliere provinciale a Mantova nelle elezioni dell’ottobre-novembre 1920. In quell’occasione sarà anche eletto sindaco del suo Comune, Monzambano. Verrà eletto deputato del Friuli nelle elezioni del 1921 ed in quell’occasione l’Avanti! lo presenterà come un medagliatissimo... maggiore degli alpini, bel giovane ardito, eroe di guerra pur avvertendolo che la Camera è una trincea assai più difficile e pericolosa di quelle del Carso e del Cadore. Cfr.: L’Avanti!, 19 giugno 1921, Gli ultimi arrivati, riportato in: RINALDI, Carlo, I deputati del Friuli-Venezia Giulia a Montecitorio dal 1919 alla Costituente, cit., secondo volume, pag. 773. Rinaldi afferma che Zaniboni passò dall’agitazione contro l’intervento in Libia all’interventismo insieme ai sindacalisti rivoluzionari di Filippo Corridoni: affermazione che mi pare priva di fondamento, visti sia la circostanza riferita della sospensione di procedimenti giudiziari per propaganda pacifista, sia il fatto che l’intervento censorio della direzione nazionale del Psi viene rivolto solo verso Basso, senza nulla accennare a lui. Anche la biografia in ANDREUCCI, Franco e DETTI, Tommaso, cit., quinto volume, pagg. 282-285, conferma il pacifismo di Zaniboni, espresso attraverso numerosi articoli contrari all’intervento pubblicati sulla Nuova Terra. 222 LF, nn. 22 del 28 novembre 1919, pag. 3, La vittoriosa votazione dei nostri candidati e 23 del 30 novembre 1919, pag. 1, Largo alle cifre! e Risultato ufficiale dei voti complessivi raggiunti dai candidati eletti; MALATESTA, Alberto, Ministri, cit., primo volume, pag. 229, secondo volume, pagg. 18 e 321 e terzo volume, pag. 189; RINALDI, Carlo, I deputati del Friuli-Venezia Giulia a Montecitorio dal 1919 alla Costituente, cit., primo volume, pag. 31. 62 221 certo intese ad una elevazione del costume politico e della coscienza proletaria di classe - abbia privato della diretta rappresentanza una delle parti della provincia più politicamente avanzata e più fortemente organizzata - ci si sta riferendo al Friuli occidentale - e quindi si reclama un provvedimento della Direzione che sancisca ad uno dei deputati della provincia di Belluno l’obbligo della residenza normale nel Friuli per essere a disposizione di queste organizzazioni per una più ampia intensificazione del movimento socialista. Il convegno si conclude delegando Felice Marchi a rappresentare la federazione al consiglio nazionale del partito della settimana successiva, col mandato di sostenere la tesi massimalista rivoluzionaria, poiché solo con la azione diretta in tal senso credono fermamente di poter affrettare la caduta del regime attuale e di instaurare la dittatura del proletariato. Una posizione che contraddice totalmente la linea seguita dal gruppo parlamentare nella gestione della vertenza per la ricostruzione delle terre liberate. Nessun rappresentante pordenonese figura nel nuovo comitato della federazione provinciale, eletto all’unanimità, in cui figurano invece Vando di Sacile e Buffolo di Sarone.223 La sezione socialista di Pordenone si riunisce il 31 dicembre 1919, approvando il bilancio annuale e nominando la commissione esecutiva, costituita da Romano Sacilotto, Giovanni Biasin 224 e Lau, ed il segretario Ferruccio Bomben.225 Anche se la mancata elezione di Ellero deve aver lasciato l’amaro in bocca ai socialisti pordenonesi, il loro risultato è egregio: non solo la maggioranza dei voti della città è andato ai socialisti, ma il risultato nei comuni del vecchio collegio è un vero e proprio trionfo, con solide maggioranze a Cordenons, Roveredo, Porcia, Fontanafredda, Vallenoncello, Pasiano ed Aviano e, nel Sacilese, a Caneva, Budoia e Polcenigo. I socialisti debbono lasciare il passo a Prata alla valanga popolare, che invece a Brugnera li sopravanza di poche decine di voti; a San Quirino al Fascio di Girardini; a Sacile ai Combattenti di Gasparotto (che gioca in casa), con i socialisti terzi a pochi voti dai popolari. A Montereale stravincono i democristiani di Ciriani, che vincono anche (seguiti dai popolari che sopravanzano di poco i socialisti) a San Vito al Tagliamento; il Psi trionfa ad Azzano Decimo ed a Pasiano, mentre negli altri comuni di quel collegio i socialisti ottengono votazioni minoritarie ma dignitose a Fiume, Arzene, Morsano al Tagliamento ed a Pravisdomini, che non fa ancora intravvedere il soviet dell’anno successivo. D’altronde, sempre nel Sanvitese, a Cordovado - che sarà comune socialista - il Psi non ottiene un solo voto, ma qui si verifica un fenomeno interessante, che ha il suo parallelo a Spilimbergo ed in altri comuni del suo mandamento, come Clauzetto, Forgaria, Meduno e San Giorgio della Richinvelda, in alcuni dei quali i socialisti notoriamente sono forti: la maggioranza dei voti va a Ciriani, che distacca fortemente il Psi (vittorioso solo a Castelnovo) lasciando però probabilmente a questo partito il suo elettorato l’anno successivo alle amministrative. La forza socialista si articola quindi non solo nelle zone di insediamento misto contadino-operaio che avevano visto i successi di Ellero nel 1913-1914, ma anche in comuni agricoli, come ad esempio Azzano Decimo. L’unico punto di crisi del socialismo pordenonese è ormai Prata, che per altro si conferma un’eccezione solitaria, mentre negli altri casi il Psi sembra risentire di fenomeni locali di travaso di voti verso candidature connotate in vario modo in senso progressista: quella di Ciriani a Spilimbergo e San Vito al Tagliamento, così come quella di Gasparotto a Sacile.226 7.1.9 - Il movimento per la ricostruzione delle terre liberate. Come loro prima iniziativa, i parlamentari socialisti veneti, che costituiscono il più numeroso gruppo dei partiti veneti alla Camera italiana, si riuniscono a Roma ed indicono per il 28 dicembre un convegno a Conegliano, cui vengono invitate tutte le sezioni socialiste, le Camere del Lavoro, i sindacati, le leghe operaie e contadine, le cooperative, le leghe proletarie di mutilati, invalidi e reduci di guerra aderenti alle CdL ed alla Cgl delle province di Udine, Belluno, Treviso, Venezia e Vicenza, oltre che rappresentanze delle principali organizzazioni operaie e socialiste del Trentino e della Venezia Giulia . I rappresentanti del proletariato, disdegnando le alleanze con altri gruppi, esponenti interessi antagonistici e responsabili dell’attuale stato di cose, hanno iniziata una grande battaglia: immediato risarcimento dei danni ai lavoratori, concessione di lavori continuativi per eliminare la disoccupazione. L’azione parlamentare si deve coordinare al movimento di piazza, con l’obiettivo di dare soddisfazione alle decine di migliaia di disoccupati che sono privi di un reddito (in un’interpellanza dei deputati socialisti si parla di duecentomila emigranti in gran parte disoccupati) e più in generale a tutte le categorie maggiormente colpite dalle LF, n. 2 dell’11 gennaio 1920, pagg. 1 e 2, Il Convegno fra le Sezioni socialiste e le organizzazioni proletarie del Friuli. Un Biasin sarà successivamente componente della commissione per redarre lo statuto della Camera del Lavoro di Pordenone (cfr. in appendice Lo sciopero per le repubbliche sovietiche e la costituzione della Camera del Lavoro, in: Scritti e discorsi di socialisti pordenonesi); nel 1921 è il segretario dell’assemblea della Sezione metallurgici, insieme ad Antonio Bomben: cfr. LF, n. 35 del 28 agosto 1921, pag. 3,La Sezione metallurgici. 225 LF, n. 2 dell’11 gennaio 1920, pag. 4, PORDENONE, TORRE e Sottoscrizione Pro “Lavoratore”. La sezione di Pordenone viene riconvocata per il 17 gennaio, per trarre i conti della campagna elettorale, e contribuisce alla sottoscrizione a favore de Il Lavoratore Friulano con la somma di £. 59.40, cinquanta delle quali versate da Ernesto Lizier. A Torre vengono raccolte 111,15 lire di sottoscrizione “pro Circolo di Cultura E. De Amicis”:: i sottoscrittori sono l’ing. Guido Monti che versa £. 50, Romano Sacilotto 20, Emilio Toffolon 0,25, avv. Guido Rosso 20, Angelo Mingot 0,40, avv. Giuseppe Ellero 20 ed N.N. 0,50. 226 LF, nn. 24 del 7 dicembre 1919, pag. 4, Voti di lista nel Collegio Udine-Belluno divisi per sezione e 26 del 21 dicembre 1919, pag. 4, stesso titolo. Cfr. la tabella in appendice. 63 223 224 distruzioni causate dalla guerra sul suolo friulano e veneto: non solo operai e contadini, ma anche impiegati e piccoli proprietari. La situazione è drammatica: A tredici mesi dall’armistizio i gravi ed imperiosi problemi riguardanti la rinascita delle terre invase e danneggiate dalla guerra non sono stati - se non in minima parte - risolti: sul Piave migliaia di disgraziati giacciono nel secondo inverno in baracche di legno; le opere di ricostruzione, da cui si bandiscono deliberatamente le Cooperative di lavoro, s’iniziano - per la vergognosa inerzia governativa - tardi e male da parte di rapaci imprese, né le classi abbienti si curano - per quanto sta in loro - di riattivare le industrie e la coltura dei campi; la reintegrazione zootecnica è di la da venire; gli anticipi per risarcimento - una goccia d’acqua nel deserto - tacitarono uno fra mille maggiori bisognosi; i generi tutti crescono vertiginosamente per l’ingordigia di coloro che si rifanno dei danni subiti sulle spalle del popolo; i sussidi per disoccupazione continuano a costringere all’elemosina i nostri forti lavoratori, giacché manca il lavoro - e tutto è da rifare! - e la miseria batte alle porte di decine di migliaia di desolate famiglie! L’antagonismo dell’azione socialista nasce da un dato di fatto: la classe dirigente italiana ha prima gettato il paese nella guerra, traendone il massimo profitto e scaricandone tutti i costi sulle classi lavoratrici, che in quest’area sono gravate dagli ulteriori sacrifici imposti dalla totale distruzione delle infrastrutture sociali ed economiche. La borghesia italiana, arricchitasi con la guerra, dimentica che questo popolo fu cacciato, a suo tempo, nell’orrendo macello e nega, oggi, a chi tutto diede, senza nulla chiedere in garanzia, il diritto alla vita. Per questo motivo è necessaria l’azione autonoma del proletariato, per imporre una ricostruzione secondo criteri di giustizia. Di fronte a questo miserando spettacolo d’inerzia governativa e borghese, di fronte al deliberato abbandono di queste martiri terre si rende soltanto indispensabile l’azione a fondo delle classi lavoratrici: esse sole imporranno l’applicazione integrale e immediata del risarcimento agli umili prima di tutti gli altri; esse sole indicheranno la via per risolvere i problemi che le interessano ed appassionano. Gli obiettivi immediati sono delineati in un’interpellanza, firmata dai deputati socialisti veneti, primo fra loro Giovanni Cosattini, rivolta al Presidente del Consiglio ed al Ministro per le Terre Liberate: l’accelerazione dei lavori di ricostruzione, l’affidamento dei lavori alle cooperative, la ripresa delle attività economiche locali da parte della borghesia, la messa a disposizione di risorse adeguate per permettere alle amministrazioni locali di ricostruire le opere pubbliche (con particolare riguardo per gli edifici scolastici), la liquidazione dei danni di guerra con precedenza per gli operai ed i ceti meno abbienti. Nel mentre si rivendica la rappresentanza esclusiva delle masse lavoratrici, ignorando la rappresentatività del Ppi soprattutto fra i contadini, si presenta un programma che non mette in discussione il quadro istituzionale e sociale esistente: non solo si richiede la messa a disposizione delle risorse da parte del governo borghese, ma si rivendica direttamente dalla stessa classe dominante la ripresa economica, confinando all’ambito dell’autogestione operaia solo il settore della realizzazione delle opere pubbliche, ove impiegare i lavoratori disoccupati per la mancata emigrazione. La vertenza per la ricostruzione viene confinata nell’ambito di un movimento sindacale tradizionale, per quanto di dimensioni generali sia per il carattere delle rivendicazioni che per estensione sociale e territoriale. 227 Il gruppo parlamentare socialista veneto continua le sue riunioni e le sue iniziative: il 21 dicembre Cosattini illustra un ordine del giorno del gruppo di sfiducia del governo per la sua incapacità politica nella gestione della ricostruzione: anche in questo caso primo firmatario è il deputato udinese, seguito nell’ordine da Piemonte, dai tre deputati bellunesi e poi dagli altri della regione. E’ in questa occasione che da parte socialista si richiede che - di fronte all’ignavia dei possidenti nel provvedere agli interventi di restauro - si proceda all’esproprio delle aziende ed abitazioni non riattivate ed alla costituzione di un demanio regionale, che costituirebbe la garanzia per recuperare risorse attraverso un prestito. La sollecitazione interclassista ai doveri delle classi abbienti si accompagna quindi ad una istanza di interventismo pubblico nell’economia, perlomeno nei confronti di quei proprietari che mantengano un atteggiamento assenteista. La pubblicazione dell’ordine del giorno - respinto dalla Camera - e dell’intervento di Cosattini (pubblicato anche dall’Avanti!) è occasione per precisare la posizione del Psi verso i risarcimenti. I socialisti sono stati attaccati per questo dal corrispondente udinese de Il Gazzettino che, segnando l’involuzione dei radicali, viene ora definito il giornale più reazionario del Veneto. Secondo il quotidiano veneziano i socialisti avrebbero scelto di opporsi alla corresponsione dei danni di guerra, contro gli interessi dei friulani, mentre invece la denuncia di Cosattini chiarisce che l’opposizione è quella alla corresponsione dei danni a tutti quei profittatori di guerra che hanno gonfiato a dismisura le loro richieste di risarcimento; opposizione che si accompagna (anche per le ristrettezze di bilancio, che finirebbero per arricchire i pescecani) alla richiesta di risarcire per primi i ceti popolari. La legge in materia infatti, secondo Cosattini, è una delle tante menzogne di guerra, votata per consolidare il “fronte interno” quando ancora l’esercito era sul Piave: priva di stanziamenti adeguati a fronte delle promesse - sproporzionate - fatte alle classi dirigenti dei territori allora occupati dagli austro-ungarici. Ma neanche oggi, a più di un anno dalla fine della guerra, il governo è in grado di stimare i danni ed il fabbisogno finanziario necessario. Quindi si impone, a fronte della crisi generale che si sta diffondendo, la necessità di scegliere, poiché non si potrà risarcire tutto come prevede la legge: una proposta che evidentemente non può che essere vista come un pericolo dalla borghesia delle province orientali. Il problema qui assume una caratteristica di classe per il fatto che, secondo la legge, al risarcimento dei danni il latifondista ed il commerciante, impinguatisi nella economia di guerra, hanno pari titolo dei lavoratori che hanno perduto i loro LF, nn. 26 del 21 dicembre 1919, pag. 1, Il proletariato veneto insorge per tutelare i suoi sacrosanti diritti! Il grandioso convegno di Conegliano del 20 dicembre. I Deputati socialisti per il Veneto. Altra riunione di Deputati Socialisti Veneti e 27 del 28 dicembre 1919, pag. 1, L’azione parlamentare socialista per la restaurazione delle terre invase. 64 227 attrezzi e i mobili, dei piccoli proprietari che hanno avuto distrutta o depredata la casa, dei contadini che hanno perduto il loro bestiame e degli impiegati che sono ridotti senza mobilio e senza biancheria. Non ci si pone il problema di un rovesciamento dei rapporti di potere a livello nazionale, ma semmai quello di un trasferimento di competenze dallo Stato (che ha finora operato tramite il Genio militare, con enormi sprechi e l’emarginazione delle cooperative e degli enti locali) alle rappresentanze territoriali, secondo un’ottica di decentramento più attenta alle esigenze locali e più gestibile da parte delle organizzazioni del movimento operaio.228 Il carattere di classe della rivendicazione “Avanti gli ultimi” viene lanciato nuovamente da Cosattini di fronte alle migliaia di partecipanti al comizio di Conegliano, che si svolge nelle strade del centro, fiancheggiate dagli scheletri dei palazzi distrutti durante la lunga battaglia sul Piave. Si tratta di una manifestazione che dimostra la grande crescita del socialismo nel Veneto, finora regione asservita alle forze politiche tradizionali ed al clero. Ai borghesi che si sono voluti confondere con gli umili nella richiesta di risarcimento va opposta la priorità delle esigenze delle masse popolari, che vanno integralmente indennizzate; a chi per un anno non ha fatto nulla attendendo i rimborsi (e magari ottenendo degli scandalosi anticipi) va opposto l’esproprio: rivendicazioni che dovranno essere spinte avanti da un forte movimento di piazza. E l’on. Musatti, intervenendo a nome del gruppo parlamentare socialista (così come Cosattini nella relazione al convegno pomeridiano) rinfaccia alla borghesia veneta di aver ottenuto la inapplicabile legge sui risarcimenti dell’8 giugno 1918 attraverso un ricatto rivolto a tutto il paese, con la rivendicazione di una Repubblica Veneta sotto il protettorato dell’Austria: progetto che oggi viene fatto sfumare dall’agitazione proletaria, ispirata dalla vittoria avvenuta in Russia. Alle 13 al Teatro Sociale si tiene un convegno cui partecipano numerosissime le organizzazioni socialiste ed operaie, in rappresentanza di oltre centomila organizzati: fra esse notiamo il circolo socialista di Pordenone, le leghe dei falegnami, dei cotonieri, dei metallurgici e dei muratori, la Camera del Lavoro di Pordenone, il Magazzino Cooperativo di Torre e le cooperative di lavoro e di consumo di Pordenone. Nel convegno, oltre a riprendere tutte le argomentazioni del programma socialista, si polemizza con l’indirizzo ideologico del Ministero per le Terre Liberate che, sotto la gestione del popolare Nava 229, si è dimostrato uno strumento di propaganda elettorale, privo di mezzi per operare concretamente, luogo di sprechi e di discriminazione delle cooperative socialiste a favore di quelle cattoliche anche quando esse non sono ancora in regola con l’iscrizione all’albo prefettizio. 230 Il concreto favoreggiamento per le istituzioni del movimento cattolico si accompagna allo scandalo costituito dalla ricollocazione, rivendicata dal ministro, di tutte le campane dei campanili del territorio occupato, a fronte della mancanza di una casa e dei locali scolastici per migliaia di persone. Cosattini aveva concluso fra gli applausi il suo discorso alla Camera affermando: Ma avvertite il monito disperato che sale dal dramma quotidiano della vita della nostra martoriata regione, evitate in tempo, ora che lo potete, che quelle campane suonino per altri vespri, ben diversi da quelli per cui le avete provvedute. Nella discussione interviene Rosso, che - rappresentando la situazione creatasi a Pordenone per il blocco delle possibilità emigratorie e la distruzione dei cotonifici a causa dell’occupazione austroungarica, raccomanda la peculiare condizione creata all’emigrante e l’ingiunzione di un termine perentorio per la ricostruzione ai proprietari delle fabbriche, scaduto il quale, si dichiarano decaduti i loro diritti, nonché la creazione di una Commissione per lo studio dei problemi delle terre invase. Vengono infine approvati all’unanimità due ordini del giorno, uno dei quali, presentato da Costantini della Lega proletaria di Palmanova, dà mandato al gruppo parlamentare socialista di presentare le rivendicazioni al governo, LF, nn. 27 del 28 dicembre 1919, pag. 1, L’azione parlamentare socialista per la restaurazione delle terre invase e La stupida e cattiva menzogna del “Gazzettino” e 2 dell’11 gennaio 1920, pag. 1, I danni di guerra al Parlamento. Il pensiero socialista nel discorso dell’on. Cosattini. 229 Cesare Nava, eletto deputato a partire dal 1909 e poi nominato senatore nel 1921, fu uno dei primi parlamentari cattolici ad entrare nel governo nazionale durante la prima guerra mondiale: dal maggio 1918 come sottosegretario e poi dal settembre 1918 come commissario per le armi e munizioni; dal giugno 1919 al marzo 1920 come ministro delle terre liberate. Iscrittosi dalla fondazione al Partito popolare, aderì nel 1922 al fascismo. Cfr.: MALATESTA, Alberto, Ministri, cit., secondo volume, pag. 243. 230 Sulla vicenda del favoritismo nei confronti della cooperative bianche, a costo di violare la legge, interviene estesamente da Venezia il consigliere delegato dell’Associazione Veneta Cooperativa Guido Giacometti. La legislazione strappata dal movimento cooperativo prevede che l’affidamento di lavori pubblici avvenga solo a favore di cooperative iscritti agli albi prefettizi, ove va verificata la loro esclusiva composizione di soci lavoratori, al fine di evitare - tramite l-’associazione di imprenditori - la loro strumentalizzazione da parte di altre figure: per esempio nel caso delle cooperative di lavoro cattoliche si trovano spesso ingegneri, appaltatori o sacerdoti svolgere la funzione di presidente. Le cooperative cattoliche non sono praticamente mai iscritte, ma non solo: sono riunite in consorzi che dovrebbero essere invalidi ope legis, in quanto essi possono essere legalmente costituiti solo se composti di cooperative tutte iscritte agli albi prefettizi! Ecco quindi che i cattolici utilizzano i poteri dello Stato per favorire il loro movimento, di fronte alle incertezze del nostro gruppo socialista. L’esponente della cooperazione trae quindi una conseguenza coerentemente riformistica dal suo ragionamento: i parlamentari socialisti debbono oltrepassare ogni forma di atteggiamento intransigente, per assumere un ruolo di condizionamento sul potere esecutivo e volgerlo a favore della legalità, che in questo caso è rappresentata dalla cooperazione rossa. Nel frattempo, dal basso la cooperazione intende giocare l’arma della pressione del movimento popolare: I lavoratori bene attrezzati nelle loro Cooperative sono pronti a lottare contro le imprese con tutti i mezzi; le organizzazioni che aderiscono al nostro movimento sono altrettanto pronte a far rientrare Ministri e società clericali nella legalità. Minacce? Macché! ci sostituiamo semplicemente agli uomini della legge che la legge mettono al posto delle ciambelle nel sito dove sapere. Cfr.: LF, n. 9 del 29 febbraio 1920, pag. 1, Il Ministero delle Terre Liberate contro la legge. 65 228 esigendone l’attuazione entro un termine fisso, scaduto il quale sarà proclamato lo sciopero generale ad oltranza in tutte le cinque provincie danneggiate.231 Nello specifico, le richieste di interventi urgenti erano già state presentate da una delegazione di parlamentari socialisti che si era incontrata lungamente il 14 dicembre con il presidente del consiglio Francesco Saverio Nitti. I deputati socialisti erano Basso, Piemonte, Galeno, Carazzolo e Musatti. La relazione da loro presentata a Nitti dà un’indicazione precisa di quale sia il ruolo che i socialisti danno al movimento di lotta in Friuli e nelle province vicine.232. I dati forniti nel memoriale presentato a Nitti iniziano con la drammatica realtà della disoccupazione: i disoccupati sono 70.000 in provincia di Udine, 30.000 in quella di Treviso e 18.000 ciascuna in quelle di Belluno e Vicenza, ai quali vanno sommati quelli delle altre quattro provincie venete. Cause di questa catastrofe sono: la mancata emigrazione di circa 150.000 operai nel solo territorio invaso; i licenziamenti avvenuti nel passaggio della gestione dei lavori pubblici dal Genio militare al Ministero delle Terre Liberate; la distruzione di gran parte degli stabilimenti industriali e l’esportazione del macchinario nel territorio invaso durante l’occupazione; la lentezza nella liquidazione dei danni di guerra e l’esaurimento dei fondi disponibili da parte dero delle Terre Liberate Questa situazione ha provocato agitazioni incontrollate, scatti di violenza collettiva, episodi di saccheggio e ciò appare a maggior ragione preoccupante, tanto più grave in quanto la mitezza della popolazione, lo spirito di ossequio alla autorità e la scarsa partecipazione alle agitazioni collettive, sono state sempre caratteristiche delle popolazioni venete. I socialisti non concepiscono come sbocco del movimento di lotta popolare in atto una presa rivoluzionaria del potere: essi presentano alle autorità i gravi pericoli connessi a queste agitazioni spontanee ed incontrollate e cercano di capitalizzarne il risultato sotto forma di una politica di opere pubbliche, volte a contenere la povertà ed il disagio ed a riattivare i meccanismi dell’economia, in alternativa o perlomeno in attesa della ripresa dei flussi migratori verso l’estero. In Prefettura ad Udine si tiene il 27 dicembre un convegno fra le varie autorità pubbliche interessate, promosso da Cosattini e Piemonte, nel quale si presenta un piano di opere pubbliche da realizzarsi da parte delle cooperative e dei loro consorzi, di qualsiasi orientamento politico (si noti il tono diverso utilizzato nei documenti ufficiali rispetto alle rivendicazioni di piazza) bloccando il ricorso a ditte private che realizzano speculazioni scandalose sulla ricostruzione. La prima proposta è quella di aumentare la dotazione del Comitato interprovinciale di Treviso, che ha utilizzato i fondi a sua disposizione per riattare case di abitazione invece di investirli in alloggi provvisori (realizzando in tal modo un’anticipazione sui risarcimenti che debbono essere forniti dal Ministero del Tesoro). Si chiede che le amministrazioni comunali dell’area montana possano utilizzare i tre quarti dei fondi incassati per lo sfruttamento dei boschi da parte dell’esercito, per realizzare opere di rimboschimento invece di lasciarli vincolati in titoli di Stato come hanno ordinato i prefetti. Si elenca quindi una serie di importanti opere ferroviarie e stradali: il completamento della ferrovia pedemontana Sacile-Pinzano; l’avvio dei lavori per la ferrovia Porto Precenicco-Maiano; la ripresa dei lavori della Udine-Maiano; il passaggio allo scartamento ordinario della Cividale-Caporetto; la realizzazione della Cividale-Monfalcone e della Cividale-Canale, per collegare i porti di Trieste e Venezia con l’Europa centrale; la ripresa immediata ed intensificazione dei lavori stradali in Valcellina, zona poverissima, senza risorse e nella quale furono recentemente licenziati oltre 2000 operai già dipendenti dal Genio militare e dal Ministero delle Terre Liberate. Altre opere sono la costruzione del palazzo delle poste in Udine; la derivazione delle acque dal Tagliamento sopra Alesso e dal Degano; il ponte sul Tagliamento da Spilimbergo a Bonzicco e, in provincia di Belluno, la ferrovia Feltre Cismon-Bribano Agordo. 233 Nel frattempo proseguono le agitazioni nei cantieri. Il Genio militare, che tiene a Pordenone un grande magazzino che occupa parecchi braccianti, ha sempre boicottato l’applicazione dell’accordo del 15 settembre 1919 fra il sindacato edile e le imprese edilizie pordenonesi per le tariffe, l’orario e le condizioni di lavoro. Dopo essersi fatto ripetere infinite promesse dal capitano del Genio, cui poi è subentrato un responsabile del Ministero delle Terre Liberate, Masutti fa entrare in agitazione gli edili che, dopo una lotta risoluta, ottengono che giunga da Udine un ingegnere: dopo una vivace discussione (eufemistica definizione, visto il comportamento notoriamente sanguigno del dirigente sindacale) il rappresentante del ministero accetta interamente le rivendicazioni.234 Non si tratta certo del risultato della spinta di un singolo dirigente. E’ la situazione che sta divenendo esplosiva ed i socialisti sono i primi a dichiarare che non va imputata alla loro agitazione politica, quanto alle condizioni sociali estreme. E non si gridi, no, al bolscevismo, quando le folle, stanche di un’attesa messianica, scendono in piazza prendendo colla forza ciò che per acquisito sacrosanto diritto loro si nega! La LF, n. 1 del 4 gennaio 1920, pagg. 1 e 2, A Conegliano, il proletariato veneto ammonisce fieramente Governo e Paese! L’imponente comizio di piazza, L’adunata pomeridiana in teatro. 232 Angelo Galeno, di Monselice (Pd) avvocato e laureato in scienze, è deputato socialista eletto a Venezia nel 1919 e nel 1921. Ricopre anche le cariche di consigliere comunale socialista a Monselice, Schio, Treviso, è sindaco di Cavarzere e consigliere provinciale di Venezia, presidente della Cassa di Risparmio di Monselice e membro dell’Ufficio provinciale del lavoro di Venezia. Gian Tristano Carazzolo, di Montagnana (Pd), avvocato eletto deputato socialista di Padova nel 1919. E’ consigliere comunale e presidente dell’ospedale della città natale. Elia Musatti, avvocato veneziano, è deputato socialista di Venezia dal 1909 al 1924 e, durante la prima guerra mondiale, segretario del gruppo parlamentare socialista. Consigliere comunale e provinciale a Venezia, aveva fondato il settimanale Il Secolo Nuovo ed il quotidiano socialista Il Giornaletto. Cfr.: MALATESTA, Alberto, Ministri, cit., primo volume pagg. 207 e 442 e secondo volume, pagg. 233-234. 233 LF, n. 1 del 4 gennaio 1920, pag. 2, I deputati socialisti per le terre invase. 234 LF, n. 4 del 25 gennaio 1920, pag. 3, Ancora una vittoria degli Edili. 66 231 disoccupazione sta crescendo (sono duecentomila i veneti che non possono emigrare, ottantamila solo in Friuli) e mentre migliaia di persone rimangono inattive, i lavori di ricostruzione sono sospesi, le opere svolte a metà si deteriorano, tutti i progetti sono insabbiati nei ministeri e la borghesia friulana che lascia - pur avendone i mezzi - i campi e le case abbandonate in definitiva rovina, mentre non s’attarda a richiedere senza sosta ciò che gli umili non possono darle. E ormai è il secondo inverno del dopoguerra che si passa al freddo ed alla fame. Non si può riproporre la valvola di sfogo dell’emigrazione. Innanzitutto perché sarebbe uno scandalo con tutto quello che c’è da fare in casa propria. E non si tenti - né lo si potrebbe - segnare alle nostre masse lavoratrici le vie dell’emigrazione, mentre in patria c’è da ricostruire tutto ciò che la guerra sterminatrice ha distrutto! Ma anche perché non c’è più dove andare all’estero. In Austria si muore di fame235; in Germania emigrano quegli stessi che si valevano delle braccia italiane; in Svizzera, in Francia ed in altri paesi non si trova occupazione (...). A questo punto i socialisti dichiarano che, se le autorità non faranno la loro parte, essi non svolgeranno più la loro opera moderatrice e lasceranno libero sviluppo alla rabbia del movimento. Ma a quanto pare le cose a livello governativo vanno in senso opposto: dei cinquecento milioni promessi per i lavori pubblici per il Veneto se ne metteranno a disposizione al massimo ottanta e degli ottantaquattro finora stanziati ben trenta sono stati spesi per edificare baracche di legno. Inoltre, su proposta del popolare Fantoni, verrà permesso il rimborso ai sovrapprofitti di guerra, a discapito delle esigenze delle classi popolari. 236 Nel mezzo delle lotte operaie si punta a rafforzare l’organizzazione, dotandosi anche a Pordenone di una Casa del Popolo, sul modello di Torre. Sabato 14 febbraio è organizzato un veglionissimo rosso al Coiazzi: l’intero ricavato sarà devoluto all’istituenda Casa del Popolo, per i cui fondi i compagni Ellero e Rosso già concorsero con la rilevante somma di lire 4000. 237 Domenica 22 febbraio viene convocata presso la stessa sala un’assemblea straordinaria della Lega muratori e braccianti, alla quale partecipano un migliaio di operai. Il convegno viene introdotto da Gobbo, che rivolge un saluto alla vittoriosa rivoluzione russa; poi Masutti svolge la relazione, presentando il regolamento interno della lega, il prossimo convegno nazionale edile, unitamente ai Consigli in fabbrica, dimostrando la grande importanza della loro costituzione in rapporto alla non lontana instaurazione della società comunista. Illustra il memoriale da presentarsi alla fine del mese successivo agli impresari, che contiene la clausola della revisione semestrale con la corresponsione di una percentuale aggiuntiva legata al costo della vita. Si fissa al 15 marzo la data entro la quale la adesione alla Lega varrà due lire; dopo quella data essa sarà elevata a cinque e l’iscrizione alla Lega sarà condizione da imporre agli impresari per le nuove assunzioni, al fine di stroncare il crumiraggio. L’assemblea, dopo la lunga relazione del segretario, viene riconvocata al suo rientro dal congresso nazionale. Quello stesso giorno si svolge anche l’assemblea generale della sezione di Pordenone della Fiom, che decide di presentare un memoriale a tutte le officine e stabilimenti per il recupero del costo della vita e l’adeguamento delle paghe, particolarmente basse rispetto alla media nazionale. Viene convocata dal presidente Vincenzo Battiston l’assemblea generale della Cooperativa lavori edili di Pordenone per il 1° marzo alle 19.238 Il consiglio generale delle leghe aderenti alla Camera del Lavoro friulana, cui prendono parte i rappresentanti di ben 52 leghe, oltre alle Camere del Lavoro di Pordenone e Tolmezzo ed alla Cooperativa di lavoro di Udine, su proposta del segretario Ercole Brovelli, indice per il 7 marzo dei comizi in tutti i capoluoghi dei mandamenti, per dare forza ed unità al movimento contro la disoccupazione. Prima delle manifestazioni ci saranno delle assemblee il 29 febbraio, e la prospettiva è quella che - se non verrà accolto il programma di lavori appaltabili o immediatamente realizzabili - si arrivi allo sciopero generale regionale. L’agitazione, diffusa in Friuli, nel Trevigiano e nel Bellunese, viene violentemente repressa dalla forza pubblica in varie località: a Varmo, dove il movimento ha imposto ai signori del paese l’assunzione di settanta disoccupati, arrivano i militari e compiono numerosi arresti; altri arresti avvengono a Ragogna; a Pieve di Soligo in provincia di Treviso i carabinieri sparano sulla folla uccidendo dei manifestanti. Lo stesso manifesto di convocazione delle manifestazioni del 7 marzo viene censurato dalla questura. Per coordinare il programma delle prossime iniziative di lotta si nomina un comitato di agitazione, costituito dal comitato esecutivo della Camera del Lavoro cui sono aggregati i segretari della CdL di Pordenone e Tolmezzo. 239 A Pordenone si manifesta già nei giorni precedenti al 7, con l’obiettivo di ottenere concrete partite di lavoro da far svolgere ai disoccupati. Un corteo di disoccupati attraversò l’altro giorno le vie della città. La colonna dei dimostranti, che cantava i nostri inni, recava, ondeggianti sulle teste, delle scritte su cui si leggeva: Pane e lavoro; Senza lavoro e senza sussidio; Ora penseremo noi ecc. In massa si recarono così dal Commissario Prefettizio, il quale per il passato era uso far pazientare questi disoccupati promettendo loro il lavoro del Noncello; senza considerare che fra essi ci sono taluni che da mesi non guadagnano un soldo. Vistasi la mala parata e che i Tanto è vero che fra i socialisti friulani si raccolgono sottoscrizioni per sostenere i bambini austriaci affamati, probabilmente in collaborazione con la socialdemocrazia di quel paese: cfr. LF, n. 14 del 4 aprile1920, pag. 4, Sottoscrizione per i bimbi viennesi. 236 LF, nn. 5 del 31 gennaio 1920, pag. 4, Disoccupazione!, 6 dell’8 febbraio 1920, pag. 3, stesso titolo e 7 del 15 febbraio 1920, pag. 1, Il vaso trabocca. 237 LF, n. 7 del 15 febbraio 1920, pag. 4, Veglionissimo rosso. 238 LF, nn. 7 del 15 febbraio 1920, pag. 4, Assemblea della Lega muratori e braccianti e 9 del 29 febbraio 1920, pag. 2, Gli Edili in assemblea, Presentazione di memoriale e Cooperativa lavori edili di Pordenone. 239 LF, nn. 7 del 15 febbraio 1920, pag. 1, Il vaso trabocca, 9 del 29 febbraio 1920; pag. 1, Il proletariato friulano contro la disoccupazione. Disoccupati, a raccolta!, I comizi mandamentali del 7 marzo e Dove la cupa disoccupazione imperversa. Gli eccidi di Treviso e L’azione della Camera del Lavoro e 10 del 7 marzo 1920, pag. 1, Il proletariato friulano insorge reclamando lavoro!, Lungo il Calvario... (commemorazione dell’on. A. Tonello), La solidarietà del Partito Socialista per il proletariato veneto e L’appello della Camera del Lavoro. 67 235 lavoratori di Pordenone facevano sul serio, come quelli di Porcia e di Azzano, convocò d’urgenza tutti gl’industriali e grandi proprietari del luogo i quali - dopo un inevitabile tira-molla - concessero alla rappresentanza operaia 100.000 lire di lavori, da iniziarsi immediatamente. Raccomandiamo ora che detti lavori vengano senz’altro iniziati, per dare il pane a tanta povera gente.240 Ma quella stessa settimana, il 4 marzo, agli operai della Cooperativa di lavoro di Aviano che non ricevono i salari da dicembre per i ritardati pagamenti governativi, si risponde con una sparatoria, nella quale ai carabinieri si aggiunge anche un borghese: viene ucciso il ventenne Luigi Tassan Lugrezin ed altri manifestanti sono feriti gravemente. I socialisti organizzano subito una manifestazione di protesta ad Aviano con Cosattini, Ellero, Carmassi segretario della Federazione Lavoratori della Terra di Treviso e Spizzo segretario provinciale degli edili. Per la prima volta ha fatto la sua comparsa il terrore bianco.241 7.1.10 - La battaglia per il lavoro e la cooperazione avianese. Ad Aviano la gente in cerca di un lavoro, sostava per giornate intere sotto il municipio e nella piazza del paese. Aviano era un brulicare di disoccupati che si incontravano, discutendo e bestemmiando per la loro grama condizione. Tutti i giorni una delegazione si recava nell’ufficio del Commissario Prefettizio al primo piano del palazzo comunale, per esporgli le esigenze della plebe affamata, che a sua volta invadeva i corridoi, le scale e gli uffici municipali. Il rappresentante del governo si affacciava al balcone per pronunciare il solito discorso teso a calmare gli animi; la moltitudine di sotto si sfogava con urla e fischi. Di tanto in tanto una squadra di operai veniva convocata dal genio militare per eseguire qualche opera, per lo più lavori di sterro nei canali. A turno, per un paio di giorni o al massimo per una settimana, si occupavano i più bisognosi. La loro misera paga serviva alle famiglie per tirare avanti un po’. I ragazzi come me li prendevano i fattori dei proprietari terrieri. Prestavamo la nostra opera durante la stagione del raccolto. La paga consisteva in un pasto al giorno fatto con pane e formaggio, qualche volta c’era anche un pesce salato che ci faceva bere un secchio d’acqua. In compenso per diverse famiglie diminuivano le bocche da sfamare. Da questi bisogni terribili nacquero ad Aviano nella seconda metà del 1919 le prime iniziative a favore della povera gente. L’organizzazione dei disoccupati trovò in Carlo Basso il suo principale artefice. La distribuzione dei generi alimentari e di prima necessità vide la partecipazione di molti ex emigranti ed ex combattenti. Per merito loro sorsero le cooperative di consumo.242 Gli scioperi, grandi come non se ne era mai visti prima, si susseguivano numerosi e vedevano la partecipazione di migliaia di disoccupati provenienti da tutta la pedemontana. A frotte, tutti i giorni, venivano giù da Giais e da Marsure per trovarsi con gli altri in piazza ad Aviano. Il segretario della Camera del lavoro Umberto De Gottardo, spesso teneva i suoi affollati comizi arrivando da Pordenone in bicicletta. Nelle occasioni più importanti c’era l’avvocato Giuseppe Ellero, grande oratore (...). Noi di Marsure eravamo i più organizzati, sempre primi nei raduni e nei cortei. Tanti compagni meritano di essere ricordati: (...) Vincenzo Mazzocco, che diventerà il primo sindaco socialista di Aviano (...). Ma il più preparato politicamente, chi individuava gli obiettivi da raggiungere trasmettendoli agli altri e al verbo rivoluzionario, allora sempre massimalista e roboante, sapeva abbinare i fatti concreti nel dirigere le lotte quotidiane: era Carlo Basso. Non gli volle molto per essere unanimemente proclamato capo-lega. Piccoletto e ben piantato, lo sguardo fra il triste e l’ironico, il sorriso stretto su due labbra filate, dava subito l’impressione di uno che la sapeva molto lunga... su tutto e tutti. Lo si trovava sempre al momento giusto: quando si doveva ottenere dal comune l’assegnazione dei lavori per le cooperative o bisognava riscuotere i pagamenti arretrati, quando si organizzava lo sciopero e quando si cominciavano spontaneamente i lavori pubblici. Carlo Basso era sempre lì dove le situazioni diventavano difficili ed occorreva un riferimento sicuro, qualcuno che concretamente portasse una soluzione Il clima di quei mesi, fra la fine del 19 e l’inizio del 20, diventò ben presto infiammato. Gli scontri con i carabinieri, ed i relativi arresti dei disoccupati si susseguivano periodicamente. Fascisti organizzati ancora non se ne vedeva in paese, ma l’insofferenza dei benestanti e dei reazionari verso il popolo si manifestava ogni giorno di più. Carlo Basso diventò ben presto la persona più odiata da coloro che esavano definirsi amanti dell’ordine. (...) Nel novembre del 1919, alle elezioni politiche, il P.S.I. era già diventato, con largo margine sugli altri partiti, la prima forza politica del comune, ma dopo le regie fucilate ad Aviano si andò organizzando la lotta di classe. 243 Ad Aviano il commissario insediato il 3 settembre 1919 (è il primo dei quattro che occupano il posto in poco più di un anno244) aveva dovuto continuare il lavoro deliberato dalla Giunta comunale nei giorni precedenti. Il 26 ottobre egli risponde ad un sollecito dell’Ispettorato collocamento e sussidi di disoccupazione di Venezia che sono attualmente in pendenza solo le domande per un mutuo di quattrocento mila lire, esattamente divise fra i progetti di costruzione ed ampliamento di quattro edifici scolastici. 245 LF, n. 10 del 7 marzo 1920, pag. 1, Un corteo di disoccupati. LF, n. 11 del 14 marzo 1920, pag. 1, Sangue proletario e I tragici fatti di Aviano. Per capire la “correttezza” della storia ufficiale del fascismo, Chiurco parla di Aviano solo nell’ambito dell’elencazione dei carabinieri uccisi o feriti “per la rivoluzione fascista”. Senza fare alcun accenno ai manifestanti feriti ed uccisi a grande distanza dalla caserma dei carabinieri, egli scrive testualmente: Brigadiere Antonio Formica, carabiniere Alberto Caprioli, feriti ad Aviano il 4 marzo 1920. Mentre cercavano di sottrarre il commissario prefettizio del Comune alla violenza di una turba di sovversivi, furono alla loro volta malmenati, percossi e feriti. Cfr.: CHIURCO, Giorgio Alberto, Storia della rivoluzione fascista, due volumi, Milano, Edizioni del Borghese, 1973, secondo volume, pag. 469. 242 CESCUT, Sigfrido, Una storia avianese, cit., pagg. 90-91. 243 CESCUT, Sigfrido, Una storia avianese, cit., pagg. 112-115. 244 CESCUT, Sigfrido, Una storia avianese, cit., pag. 125. 245 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: copia ciclostilata del telegramma dell’Ispettorato, prot. n. 2975 del 22 ottobre 1919 e minuta della risposta commissariale prot.n. 1289 del 26 ottobre 1919. 68 240 241 Il 9 ottobre il geom. Zozzolotto presenta il progetto di massima per il riatto degli acquedotti e dei canali comunali danneggiati per fatti di guerra, in modo da inoltrarli all’ingegnere del gruppo di AvianoManiago del Ministero delle Terre Liberate; il 10 ottobre il commissario delibera di richiedere al ministero di assumere direttamente i lavori, pari a lire 198.865,05, per assumere i disoccupati - specialmente di Marsure e Giais - poiché le finanze comunali non sono sufficienti neanche per l’ordinaria amministrazione, per la quale già si ricevono sovvenzioni dallo Stato. Il 19 novembre viene deliberata la spesa per l’installazione di una ricevitoria telegrafica a Marsure e Giais, già richiesta nel 1917 ma poi bloccata per l’invasione: si ritiene l’opera necessaria per la distanza delle frazioni dal capoluogo, che si aggrava nella stagione invernale. Il 28 novembre si delibera, preso atto che il progetto complessivo del geom. Zozzolotto relativo a strade ed altri manufatti ammonta a lire 423.829,25, di rinunciare all’esecuzione diretta da parte comunale e di richiedere l’intervento dello Stato, per la mancanza di cespiti attivi da parte dell’Amministrazione Comunale. Parimenti il 6 dicembre si delibera uguale iniziativa per il ponte sul torrente Cavrezza. Il 24 dicembre il commissario emana una serie di ulteriori delibere di rinuncia, in risposta alle perizie elaborate dall’ufficio tecnico del Ministero delle Terre Liberate relative ai vari lavori di manutenzione delegati al ministero dal Genio Militare, ivi compreso il riatto del municipio. 246 Il 2 dicembre il presidente dell’ufficio di collocamento Guglielmo Colauzzi comunica per telegramma all’Ispettorato di Venezia che causa gestione Genio Militare cessata agitazione impressionante popolazione Aviano per disoccupazione Pregola caldamente onde evitare disordini perorare immediata approvazione lavori pratiche in corso Magistrato Acque stop Pratiche presso Ufficio Tecnico Terre Liberate Udine stop Ferrovia Pedemontana Ferrovia Pordenone Aviano Pregola assicurarmi onde calmare animi. L’allarme viene preso sul serio dall’ispettore centrale di Venezia Pellegrini, che scrive agli uffici citati di tener presente quanto mi telegrafa il Presidente Commissione Comun. Avviamento Lavoro di AVIANO, e poiché risultami che disoccupazione in detto Comune è effettivamente grave, compiere quanto possibile per lenirla autorizzando lavori di competenza cotesto On. Ente.247 Il giorno stesso il sottoprefetto Fanzaga comunica che informato da qualche giorno del licenziamento operai parte genio militare feci pratiche perché sia provveduto onde ovviare grande disoccupazione informandone Prefetto che si interessò subito presso competente Ministero stop confido che sarà sollecitamente provveduto intanto faccia uffici presso dirigenti classi operaie perché siano evitati disordini che dovrei energicamente reprimere.248 Sempre il 2 dicembre Veroi, a nome del commissario prefettizio, informa il sottoprefetto di Pordenone che 200 operai di Marsure sono stati licenziati dal locale ufficio tecnico del Ministero delle Terre Liberate e si prospetta l’imminente disoccupazione di altri 1000 braccianti: ciò può provocare disordini vista la agitazione impressionante popolazione Aviano per disoccupazione, se entro lunedì 8 successivo non fossero iniziati i lavori pubblici (sistemazioni stradali e di acquenotti) i cui progetti sono già presso l’ufficio tecnico del Ministero per le Terre Liberate di Udine. A questo scopo sono stati spediti lo stesso giorno telegrammi a tutti gli uffici interessati. Gli operai sono stati avvertiti delle pratiche in atto, invitandoli a pazientare fino a lunedì.249 Il 4 dicembre in seguito ad una dimostrazione di disoccupati una turba di dimostranti invade il municipio in cerca del commissario e sentito che questi trovavasi a letto ammalato di enterocolite acuta, si portano a casa sua. Qui giunti, essi forzano la porta dell’abitazione, quella della stanza da letto e lo obbligano a scendere in istrada mezzo vestito. Il commissario riesce a parlare con il capo gruppo del Ministero delle Terre Liberate per ottenere assicurazioni di lavoro e poi, rivolgendosi alla folla di tremila persone riesce a calmarla. Alla mattina il commissario aveva ricevuto, pur essendo ammalato, una commissione di dimostranti ed una di mutilati. Nonostante le sue richieste di rinforzi da Pordenone, questi non gli sono stati inviati. A questo punto il commissario, allegando anche un certificato del dottor Longo che dichiara che per le sue condizioni di salute ha bisogno di assoluta tranquillità e riposo, presenta le dimissioni avvertendo che rimarrà in attesa della sostituzione quindici giorni, decorsi i quali se ne andrà senz’altro. 250 La vicenda ha i toni di una antica jacquerie: la denuncia presentata due giorni dopo ricorda le rivolte napoletane dell’inizio dell’età moderna251 (anche se qui per fortuna ci sono i dirigenti socialisti che evitano che i rappresentanti del potere finiscano letteralmente sbranati dalla folla... ma sembra che poco ci manchi). Dal resoconto contenuto nella denuncia da parte delle quattro guardie comunali, risulta che quel giorno alle 15.30 si presentano in municipio al segretario Pietro Veroi il signor Angelo Redolfi De Zan di Marco di 26 anni, impiegato al Consorzio zootecnico comunale e quindi stipendiato dal comune, con una comitiva di persone e con modi violenti chiede del commissario. Appreso del fatto che il commissario era a casa ammalato di enterocolite acuta - dopo aver insultato il segretario (Giovanni Maria Tassan Caser di Domenico ACA, b. 2484, Fascicoli separati 1919, f. Cat. X, Deliberazioni relative a lavori pubblici vari, con allegati e b. 2483, Fascicoli separati 1915-19, f. Cat. I 1919, 1, Carte diverse relative alla cat. 1 Amministrazione, manifesto di saluto del commissario prefettizio U. Galasso. 247 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: telegrammi del 2 dicembre 1919 e del 5 dicembre 1919. 248 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: telegramma sottoprefettizio del 5 dicembre 1919. 249 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5, Scioperi e disordini: minuta della lettera di Veroi al Sotto Prefetto prot. n. 2098 del 2 dicembre 1919, Agitazione operaia e minute dei telegrammi allegate. 250 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5, Scioperi e disordini: lettera del 5 dicembre 1919, prot. n. 2165 Ris. del Commissario, Dimissioni e certificato del dr. Longo. 251 Cfr.: VILLARI, Rosario, La rivolta antispagnola a Napoli. Le origini 1585-1647, Roma-Bari, Laterza, 1976. 69 246 di Marsure di anni 25 minacciava con i pugni il segretario dicendogli: è ora di finire la camorra altrimenti la faremo finire noi) - si recano a casa del commissario, accompagnati dal capo delle guardie campestri. Qui, mentre Redolfi De Zan conferisce con il commissario, entrano Antonio Capovilla di Vincenzo, ventitreenne di Aviano, Giovanni Maria Tassan Caser e De Lucca Angelo fu Giacomo, venticinquenne di Marsure: Capovilla cerca di abbattere a spallate la porta della stanza da letto e, visto che ci stava per riuscire, il commissario la apre. Il più scalmanato fu il Capovilla il quale a squarciagola reclamava dal Signor Commissario il licenziamento immediato del cursore e di altri impiegati comunali per dare posto ai mutilati; il Signor Commissario sempre a letto ed accusando dolori al ventre calmò gli animi dando le migliori assicurazioni. Vennero fatte minacce e violenze contro gli agenti della forza pubblica, e specialmente il Capovilla, prendendo per un braccio il Capo Guardia gridò; fuori di qui vagabondi, perché ora comandiamo noi qui. Gli agenti presenti (sono quattro guardie campestri in tutto) cercano di calmare gli animi, anche perché la folla aumenta. Sembra che la situazione si calmi ed i quattro intrusi se ne vanno dalla casa; ma un quarto d’ora dopo giunge un corteo di oltre mille dimostranti, con bandiere rosse e cartelloni con la scritta Viva Lenin viva la Russia, che urlando si precipitano nel cortile dell’abitazione del commissario, chiedendo a gran voce che egli scenda. Redolfi De Zan comincia a colpire a spallate la porta dell’abitazione, insieme ai tre di prima e ad altri non identificati, che cercano anche di entrare dalle finestre del primo piano. A questo punto, fra le grida delle donne di casa, con l’abitazione ormai invasa, il commissario scende mezzo vestito e scalzo per arringare la folla, ma viene obbligato a seguire la dimostrazione in quello stato. Con alla testa il commissario il corteo si dirige dal capo gruppo nel Ministero delle Terre Liberate, per avere assicurazione di lavoro, e poi nella piazza del paese il commissario e gli ingegneri Cappello e Pallavicini parlano alla folla. Sopraggiunse intanto l’avvocato Ellero di Pordenone il quale tenne pure egli un discorso alla popolazione la quale avuta assicurazione che sarebbe stati ripresi i lavori, si calmò e andò sciogliendosi. L’ordine pubblico viene mantenuto solo dalle guardie comunali, mentre i 14 carabinieri sono stati trattenuti in caserma dal maresciallo giunto da Sacile. Ciò produce la richiesta di intervento da parte del prefetto, poiché si ritiene che la presenza di almeno alcuni dei carabinieri davanti all’abitazione del commissario avrebbe certamente evitato l’atto di violenza e sopruso da parte di quei 10 o 15 scalmanati (erano quasi tutti mutilati ed invalidi) che erano alla testa dei dimostranti.252 Il 10 dicembre il prefetto Masi comunica al comune di Aviano che, qualora i licenziamenti di operai impegnati nella ferrovia Pedemontana non dipendano da motivi improvvisi e giustificati, gli uffici dirigenti di Udine e Maniago dovranno provvedere a mantenere la manodopera in attività. A tale ordine di servizio il capo dell’Ufficio costruzioni di Maniago delle Fs risponde dichiarando che nessun operaio avianese è stato licenziato in questi ultimi giorni.253 Gli operai avianesi, partendo anche dall’esperienza prebellica della cooperativa degli scalpellini e della organizzazione politica territoriale degli ex emigranti, affrontano la mobilitazione per il lavoro non solo sul piano della protesta, ma aggregandosi in cooperative, in modo da unire costruttivamente la rivendicazione del lavoro con la sua stessa pratica gestionale diretta. In risposta ad una richiesta dell’Ufficio provinciale di assistenza per i combattenti del 25 novembre, si rileva l’esistenza in Aviano di tre cooperative. Esse sono: la Cooperativa Federale fra Muratori, Falegnami e Fabbri di Aviano, costituita il 15 aprile 1919 con atto del notaio Bertoldi in Barcis, con 46 soci. Il presidente è Agostino Simonut di Angelo della frazione di Somprado, abitante al n. 40. La cooperativa esegue riatti di case danneggiate per eventi bellici ed è in grado di assumere qualsiasi lavoro. La Società anonima cooperativa fra gli scalpellini di Aviano denominata L’Unione è stata costituita con atto del notaio Sostero in Aviano il 10 luglio 1919, anch’essa con 46 soci. Il presidente è Alberto Piazza di Zefferino, abitante in Somprado al n. 78. Lavori assunti: paracarri provinciale PolcenigoSacile e selciato Pordenone ed altri lavori inerenti alla lavorazione della pietra, si trova in caso di assumere lavori edili, costruzione di ponti, e manufatti in genere. La Cooperativa di Lavoro e Lega di Resistenza Aviano è stata costituita il 26 giugno 1919 presso il notaio Sostero in Aviano ed ha 408 soci e tradisce già nel suo nome l’evidente origine sindacale. Il presidente è Carlo Basso di Osvaldo, di Cortina di Giais. Lavori di riatto strade del Comune di Aviano e lavori edili – è in caso di assumere qualsiasi lavoro. Secondo il comune queste cooperative sono composte prevalentemente di ex combattenti, confermando ancora una volta come la massa di pressione del movimento socialista provenga nella sua grande maggioranza dalle trincee della guerra. Stà il fatto però che molti lavori sono già stati condotti a termine, e molti lo saranno fra pochi giorni; sicché la disoccupazione che già affligge questo Comune, che conta circa 14000 abitanti, verrà sempre più allargandosi, specie poi col prossimo ritorno a casa della classe 1897. Si richiede quindi all’ufficio interrogante di adoperarsi per ottenere lavori per le tre cooperative: Vi sarebbe il tronco ferroviario Pordenone-Aviano, tanto necessario e tanto reclamato da queste popolazioni da varî anni. In questo lavoro potrebbero essere occupate varie centinaia di operai e si otterrebbero 2 alti scopi: congiungere Aviano ed altri paesi limitrofi col mondo civile; alleviare, se non poter risolvere totalmente, il problema della disoccupazione. 254 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5, Scioperi e disordini: processo verbale di denuncia per violazione di domicilio e di oltraggio agli agenti della forza pubblica, redatto il 6 dicembre 1919 e minuta della lettera del commissario al prefetto, prot. n. 2430 Ris. del 16 dicembre 1919. Il testo quasi integrale della denuncia è stato pubblicato da: PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio, cit., pagg. 218-219/ 253 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: telegramma del 12 dicembre 1919; lettera servizio costruzioni di Maniago della direzione generale delle Ferrovie dello Stato, prot. n. 2324 del 13 dicembre 1919. 254 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie (cooperative di lavoro); corresponsioni agli operai (anche coloro che lavorarono per il Genio militare): questionario dell’Ufficio provinciale di assistenza per i combattenti del 25 novembre 1919; promemoria per il Commissario senza data e senza firma, ma probabilmente del geom. Zozzolotto che era uno dei 70 252 La Cooperativa di lavoro e Lega di resistenza si era costituita con lo scopo di assumere direttamente e senza intermediari e esercire per conto dei soci lavori di qualunque genere in muratura, costruzioni ferroviarie e stradali, scavi, lavoranzie boschive, manutenzioni restauri. La durata della cooperativa è fissata in cinque anni; è iscritta nel registro prefettizio di Udine il 23 marzo 1920. Ne è capo ufficio Eldo Coletti. 255 Appena costituita la Cooperativa di lavoro di Aviano richiede lavori pubblici al Comando Supremo R. Esercito Zona Guerra: Ieri in Aviano numerosa adunanza operai – costituì cooperativa di lavoro per assumere lavori. Una commissione si presentò in Municipio affinché per alleviare disoccupazione venga fatta istanza codesto comando per ottenere che lavori progetto geometra Zozzolotto di cui è a conoscenza direzione lavori 24 Zona Pordenone vengano ceduti subito appalto suindicata Coop. Per evitare agitazione e turbamento ordine pubblico – trattandosi circa duemila operai prego disposizioni del caso.256 Lo stesso commissario sembra in qualche modo prendere le parti del movimento popolare, descrivendo le drammatiche condizioni di inattività degli operai ed il bisogno di fornire loro risposte occupazionali in una polemica nota rivolta al comando del Genio della 4° armata. Egli afferma come la locale sezione della 20° zona ha provveduto ad assumere molti operai, gran parte dei quali però non sono bisognosi: occorrerebbe mantenere un migliore collegamento fra le autorità civili e militari per analizzare le condizioni delle persone da assumersi. Molte strade del paese sono dissestate a causa della guerra, e non è possibile il transito di persone e dei carri per trasportare i fertilizzanti necessari alla coltivazione: sarebbe opportuno che il Genio occupasse operai in tali lavori. Inoltre, utilizzando il legname di cui dispone il Comune, il Genio potrebbe provvedere a ripristinare i ponti in legno sui vari corsi d’acqua, praticamente tutti crollati. Molti profughi non possono rientrare nelle loro abitazioni ancora in tutto od in parte danneggiate, ed il Genio non provvede alla ricostruzione, dichiarando che mancano materiali o mezzi di trasporto od operai specializzati oppure per lentezze burocratiche, così che gli operai stanno inerti davanti a tante abitazioni da ricostruire. Perché non si sono affidati i lavori ad imprese capaci, mantenendo in capo al Genio solo il controllo dell’andamento dei lavori?257 Il 13 dicembre si riuniscono ad Aviano, su invito del commissario prefettizio, per la Cooperativa di lavoro e Lega di resistenza il presidente Carlo Basso ed il vicepresidente Vincenzo Mazzocco e la commissione di tre operai nelle persone di Francesco Polo, Emilio Ronzatti e Carlo Tassan Caser; per la Cooperativa federale fra muratori falegnami e fabbri - assenti giustificati il presidente ed il vicepresidente - i consiglieri Giovanni Sartogo e Patessio Pietro e per gli operai Luigi Paronuzzi e Giuseppe Saveri; per la Cooperativa anonima di produzione e lavoro con sede in Giais il presidente Luigi Scandolo, Carlo Merlo di Donato al posto del vicepresidente assente e per gli operai Pietro Del Pra e Giovanni Rosa; per la Cooperativa scalpellini il presidente Alberto Piazza, il vicepresidente Sante Malnis e gli operai Pietro Moro, Agostino Redolfi e Giacomo Stradella. Intervengono inoltre l’ingegner Cappello capo gruppo del Ministero delle Terre Liberate, il geom. Francesco Zozzolotto perito comunale ed il vicebrigadiere comandante la locale stazione dei carabinieri. Obiettivo della riunione è quello di concordare le modalità di assunzione degli operai nei lavori pubblici, in modo da selezionare ed escludere i coltivatori proprietari. Si elabora il seguente ordine del giorno: Scopo della riunione. Visto che in Comune di Aviano i lavori non sono tali da poter permettere che vi prenda parte un numero rilevante di operai come adesso si verifica. Constatato come vengono assunti al lavoro operai che non sono propriamente operai e che invece risultano proprietari e agricoltori; Considerato che l’agricoltura sopra tutto nei momenti attuali dev’essere coltivata con tutto lo zelo, anzi incombe l’obbligo all’agricoltura d’accudire ai lavori campestri. Il Commissario ha indetta la riunione dei sopradescritti per quest’oggi alle ore 16 in Municipio, come è annunciata, allo scopo di nominare una commissione per l’accertamento della condizione sociale delle persone che vengono ammesse al lavoro. La commissione dietro invito diretto dal Commissario agli interessati risulta costituita come sopra con a capo il commissario Prefettizio del comune quale presidente.258 Il giorno successivo il commissario richiede alla direzione delle Ferrovie dello Stato di Roma, alla Prefettura di Udine e probabilmente ad altri enti, l’inizio dei lavori di costruzione del tronco ferroviario Pordenone-Aviano, per fronteggiare la situazione di disoccupazione di 1500 operai avianesi. Il 27 dicembre il commissario sollecita l’ufficio tecnico del Ministero per le Terre Liberate di Udine a dar corso ai lavori concordati nel convegno di Udine per assumere i disoccupati ed evitare disordini. Il 30 dicembre il commissario comunica al prefetto che, visto che il Ministero per le Terre Liberate non ha autorizzato i lavori stradali per i danni di guerra, i cui progetti erano già stati approvati dall’uffico tecnico di Udine il 13 due destinatari annotati in margine al questionario; minuta della lettera del commissario Galase prot. n. 1983 del 28 novembe 1919. Se la doppia denominazione della Cooperativa di lavoro denuncia esplicitamente la trasformazione in struttura societaria della Lega sindacale degli edili, la denominazione “federale” di quella fra muratori, falegnami e fabbri rinvia - nella terminologia dell’epoca - alla contemporanea ed obbligatoria iscrizione dei suoi componenti sia alla società che al sindacato. Cfr. per il caso analogo della Cooperativa Ceramica Federale propossa dalla Federazione Nazionale Ceramisti a Sesto Fiorentino: RAGIONIERI, Ernesto, Un comune socialista: Sesto Fiorentino, Roma, Edizioni Rinascita, 1953, pag. 158. 255 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: copia del decreto prefettizio, datata 12 aprile 1920 e lettera di trasmissione prot. n. 6000.III di pari data; richiesta di incontro autografa di Eldo Coletti inoltrata al Commissario di Aviano il 13 aprile 1920. 256 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: annotazione priva di data e di firma. 257 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: nota senza data e senza firma. 258 ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: verbale della riunione del 13 dicembre 1919. 71 dicembre, il venerdì successivo si devono licenziare mille operai: presentasi situazione allarmante et invoco intervento V.S. presso Comitato Treviso.259 Ma il 28 dicembre l’ufficio tecnico speciale di Udine del Ministero per le Terre Liberate informa di non poter autorizzare la esecuzione di detti lavori perché non ancora approvati dal Comitato Governativo di Treviso. Il commissario deve quindi assumersi la responsabilità di intraprendere, come indicato dal Ministero per le Terre Liberate, la strada del mutuo agevolato per gestire in proprio i lavori. Ritenuto che per alleviare la disoccupazione di circa 1400 operai del paese, che si trovano in allarmante agitazione si rende necessario un pronto provvedimento, il Commissario Prefettizio delibera di chiedere, come chiede, alla Cassa dei Depositi e Prestiti, un mutuo di favore di £.e 1.138.641,50 senza interessi ammortizzabile in 35 anni, come dispone il Decreto Legge 28 Novembre 1919 N.° 2405, per sostenere la spesa di esecuzione dei riattamenti stradali seguenti da affidare, a trattativa privata, alle locali Cooperative di lavoro. Delibera altresì, in pendenza delle pratiche pel predetto mutuo, di fare richiesta di un acconto di £.e 250.000 per iniziare d’urgenza i lavori, onde evitare disordini, che certamente sarebbero provocati dagli operai disoccupati.260 Nel frattempo il commissario richiede rinforzi di truppa per poter garantire l’ordine pubblico, ma senza successo, almeno in questa fase: l’11 gennaio 1920 la tenenza dei carabinieri di Sacile risponde alla richiesta del giorno antecedente del regio commissario di Aviano, negando la possibilità di aumentare i militari presenti per mancanza di personale.261 Abbiamo visto come le cooperative presenti alla riunione del 13 dicembre siano salite a quattro: ma una di queste costituisce una vera e propria iniziativa di rottura del fronte operaio organizzato dai socialisti, e la sua creazione non può passare inosservata. Il 9 dicembre l’ing. Cappello segnala che è nata a Giais una nuova cooperativa intitolata “Cooperativa anonima d’industria e lavoro”, presieduta da Luigi Scandolo e che ha richiesto all’ufficio tecnico del Ministero per le Terre Liberate lavori, dichiarando di associare 82 operai. Luigi Scandolo è un personaggio discutibile, accusato dagli amministratori comunali del periodo austrotedesco di sciacallaggio ed oggetto di richieste di informazioni da parte della Prefettura per essersi probabilmente spacciato per componente di quella amministrazione provvisoria. Ma i presidenti di altre due cooperative si oppongono alla richiesta e minacciano disordini in caso di assegnazioni lavori alla nuova cooperativa. Già il 10 dicembre troviamo una richiesta delle cooperative al comune di non fare accordi con cooperative fittizie.262 Il 18 dicembre i consigli di amministrazione delle tre cooperative di lavoro si riuniscono presso la sala della Sezione mutilati ed invalidi di guerra di Aviano, sotto la presidenza di Carlo Basso. Si riferisce di come si sia cercato di evitare la nascita di questa quarta cooperativa, che corre il rischio di creare concorrenza fra gli operai avianesi e come questi tentativi siano stati infruttuosi. Per questo deliberano di richiedere nuovamente lo scioglimento della nuova cooperativa e l’accoglimento dei suoi soci in una delle tre esistenti, sulla base del mestiere esercitato; in caso contrario, si minaccia di abbandonare in segno di protesta i lavori in corso non chiamandosi responsabili di quello che le masse potrebbero fare nel caso che vedessero nell’opposizione lesi i loro interessi. Il 26 dicembre l’assemblea generale della Società cooperativa di industria e lavoro accetta la fusione, nell’intendimento di addivenire con ciò, ad un accordo e di stringere una fratellanza, e non spinti dalle minacce e dagli insulti. Si propone quindi - sotto l’evidente pressione della coalizione rappresentata dalla maggioranza degli operai socialisti - l’unificazione delle quattro cooperative in una sola realtà. Il 29 ed il 31 dicembre le tre cooperative si riuniscono in assemblea dei consigli di amministrazione e decidono la ristrutturazione e specializzazione delle loro attività, non riuscendo però ad ottenere la confluenza della nuova cooperativa. La Cooperativa industria e lavoro sfiducia il suo presidente il 1° gennaio 1920, sostituendolo con Gio Batta Polo Peruchin ma riconfermando la volontà di non sciogliere la cooperativa e di concorrere proporzionalmente ai lavori pubblici con le altre tre. Il nuovo presidente comunica immediatamente al commissario - perché avverta i presidenti delle altre cooperative - che non si potrà procedere oltre all’atto di unificazione fino a che non sarà raccolto il consenso di tutti i soci; ma contemporaneamente richiede una decisione per l’aggregazione entro tre giorni, evitando ulteriori rinvii perché i soci si sono già esposti nell’acquisto dei materiali occorrenti per i lavori promessi dall’ingegnere del Ministero per le Terre Liberate ed hanno bisogno di lavorare con urgenza, senza attendere ulteriori promesse di inizio delle attività. Ma il 3 gennaio i rappresentanti della Cooperativa industria e lavoro si sottraggono all’assemblea dei consigli di amministrazione delle cooperative avianesi che è convocata al Teatro Sociale in ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: minuta dei telegrammi prott. nn. 2341 e 2344 del 14 dicembre 1919; nota del geom. Zottolotto al Commissario e minuta telegramma 2669 del 27 dicembre 1919 annotata in calce; minuta telegramma prot. n. 2791 del 30 dicembre 1919; . 260 ACA, b. 2484, Fascicoli separati 1919, f. Cat. X, Deliberazioni relative a lavori pubblici vari, con allegati e b. 2483, Fascicoli separati 1915-19, f. Cat. I 1919, 1, Carte diverse relative alla cat. 1 Amministrazione, manifesto di saluto del commissario prefettizio U. Galasso. 261 ACA, b. 2485, 1920 Fascicoli separati, f. Categoria XV, 1. Carabinieri Reali: carte diverse: lettera della Tenenza di Sacile al Commissario Regio di Aviano dell’11 gennaio 1920, prot. n. 44. 262 All’Ill.mo Commissario Prefettizio Comune di Aviano. Le Cooperative fra lavoratori di Aviano chiedono di stipulare un accordo con la Direzione dei lavori del Ministero Terre Liberate dal quale risulti l’impegno da parte della Direzione stessa di non affidare lavori che a cooperative vere e proprie di lavoratori e ciò a scanso che sotto forma di false cooperative di impresari anziché di lavoratori si chieda i benefici riservati dalla legge alle vere cooperative. Aviano 10 Dicembre 1919. Firmano: per la Società Cooperativa di Lavoro e Lega di Resistenza Aviano IL PRESIDENTE Basso Carlo: per la Cooperativa Federale fra Muratori-Falegnami-Fabbri Aviano IL PRESIDENTE Carlo Redolfi e Per la società coop fra Scalpellini Piazza Alberto. Cfr.: ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: lettera prot. n. 2276 Comune di Aviano. 72 259 Piazza Duomo. Una delegazione delle cooperative socialiste viene quindi inviata a ricercare gli assenti con il compito di portarli alla riunione: ritorna insieme con il presidente Luigi Scandolo il quale presenta copia del verbale della sua cooperativa (in cui si rifiuta l’aggregazione) e se ne va. L’assemblea quindi, visto che nessuna pratica tendente alla fusione delle Cooperative secondo la loro specialità potè avere evasione; che la Cooperativa Industria e Lavoro con verbale che si allega rifiuta qualsiasi accordo colle Cooperative sorelle (…) Ritenuto essere la nuova Cooperativa sorta lesiva agli interessi delle altre sorte molto tempo prima perché avente lo stesso scopo e la stessa finalità delle altre Delibera ad unanimità di non riconoscere altre Cooperative di Lavoro all’infuori di quelle esistenti ad Aviano (…). Il 12 gennaio avviene una riunione fra i rappresentanti di tutte e quattro le cooperative insieme con il commissario prefettizio capitano Vincenzo Giachery ed il geometra Zozzolotto, nella quale si delibera che la Cooperativa di lavoro e Lega di resistenza e la Cooperativa anonima di industria e lavoro si sciolgono per formare la nuova Cooperativa d’industria e lavoro e Lega di resistenza, mentre le altre due conservano la loro identità attuale; l’atto formale avrà luogo entro una settimana. Ma il 18 gennaio la Cooperativa industria e lavoro pone alcune condizioni per l’unificazione: che il presidente sia Vincenzo Mazzocco ed il vicepresidente sia Giacomo Polo Scolot di Giais, che essi nominino tutti gli assistenti e questi i capi di lavoro; che l’amministrazione venga fatta in continuità con la Cooperativa di resistenza e che le spese di costituzione e gli acquisti della cooperativa di Giais siano fatte gravare sui guadagni della cooperativa unificata: il commissario regio viene indicato come arbitro per la durata della nuova società. A questo punto Carlo Basso, con il sostegno dei presidenti delle cooperative dei muratori e scalpellini, scrive al Consorzio cooperativo friulano per chiedere che, visti falliti tutti i tentativi di unificazione con quella che viene definita un Sindacato di Impresari, ad essa venga negato l’affidamento di lavori in territorio del comune di Aviano, pur lasciando aperta la porta all’adesione dei soci ed alla nomina di nuove cariche. 263 Con questo ultimo atto per altro sembra conclusa la vicenda, e non troveremo più notizie della nuova cooperativa. L’organizzazione cooperativistica socialista riesce a gestire efficacemente il controllo del collocamento della manodopera, ma questo significa anche farsi carico della selezione degli operai sulla base dei bisogni, assumendosi come aziende responsabilità che dovrebbero essere delle autorità pubbliche. Il 26 gennaio 1920 il presidente della Cooperativa di lavoro Carlo Basso, visto che lavorano alle dipendenze della cooperativa 1400 operai ed essendo questi già esuberanti per le esigenze dei lavori in corso, ordina alle Commissioni per l’ammissione degli operai al lavoro ed agli assistenti di non provvedere più a nuove assunzioni, ma solamente di sostituire degli operai strettamente riconosciuti bisognosi, con altri riconosciuti meno o nulla affatto bisognosi. Si avverte pertanto che, chi assumerà operai senza sostituzione, verrà licenziato. 264 Il 15 marzo il comune di Aviano richiede al presidente della Cooperativa di lavoro di fornire un elenco nominativo di tutti gli operai che hanno lavorato nelle opere stradali, specificandone la condizione economica e familiare ed in particolare la condizione di maggiore o minore povertà.265 Il 19 febbraio Carlo Basso presenta una relazione sui lavori svolti sotto la direzione del tecnico comunale. Si tratta di ben 32 interventi di sistemazione di strade in Aviano, per un totale di 760.841 lire di lavori complessivamente. A queste opere si aggiungono riparazioni di fabbricati, realizzate in base ad un contratto dell’8 novembre 1919 con la Prefettura di Udine, per una spesa totale di 47.000 lire, ultimate entro il febbraio 1920.266 Gli operai si muovono in autonomia rispetto al geometra comunale, per esempio sospendendo lavori senza la sua autorizzazione, come dimostra una sua lettera di scarico di responsabilità inviata al commissario regio il 12 marzo, in merito alla sospensione della costruzione di un tombino sulla strada di Giais.267 L’organizzazione cooperativistica socialista non si limita alla cooperazione di lavoro, ma si rivolge anche al consumo, costituendosi il 26 luglio 1919 la Cooperativa “La Vittoria”, frutto del lavoro di promozione di Giuseppe Redolfi Brocon, maestro scalpellino che ha lavorato in Siberia e socio fondatore della prima cooperativa di scalpellini nel 1908; primo presidente è Luigi De Zan, pure lui scalpellino emigrato in Germania ed autodidatta. Il nome che danno alla società, la Vittoria, appartiene al patrimonio culturale dei “Combattenti”; e la cooperativa ottiene un contributo di tremilasettecento lire dal Ministero per le ACA, b. 968, 1919, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.2, Collocamento ai disoccupati; sussidi ai disoccupati: lettera prot. n. 2276 Comune di Aviano; b. 2485, 1920 Fascicoli separati, f. Categoria XI, 2. Istituzione della “Cooperativa anonima d’industria e lavoro”: lettera dell’ingegnere capo gruppo dell’ufficio tecnico per la provincia di Udine del Ministero per le Terre Liberate, prot. n. 201 del 9 dicembre 1919; richiesta di assegnazione lavori al commissario di Aviano dell’11 dicembre 1919; verbale della riunione delle tre cooperative del 18 dicembre 1919; lettera di Luigi Scandolo al commissario di Aviano del 26 dicembre 1919; verbale della riunione dei consigli di amministrazione delle cooperative di lavoro avianesi del 29 e 31 dicembre 1919; verbale assemblea della Cooperativa industria e lavoro del 1° gennaio 1920; due lettere del presidente della Cooperativa di industria e lavoro Polo Peruchin G.Batta fu Giuseppe di Giais al regio commissario di Aviano del 1° gennaio 1920 ed una del 21 gennaio 1920; verbale di riunione delle tre cooperative di lavoro di Aviano del 3 gennaio 1920; verbale della riunione presso il municipio di Aviano del 12 gennaio 1920; lettera dei presidenti delle tre cooperative del 23 gennaio 1920. 264 ACA, b. 2485, 1920 Fascicoli separati, f. Categoria XI, 2. Istituzione della “Cooperativa anonima d’industria e lavoro”: ordine di servizio di Carlo Basso del 26 gennaio 1920. 265 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: minuta della lettera del Comune, 15 marzo 1920. 266 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: Situazione lavori della Cooperativa di lavoro Aviano al 21 Febbraio 1920, in base al progetto del geometra Zozzolotto Francesco di Aviano perito comunale approvato dal Comitato governativo di Treviso, nella seduta del 14 Gennaio n. 1, autografo; lettera della Prefettura di Udine prot. n. 3189/Div. IV, del 29 febbraio 1920. 267 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: lettera autografa del geom. Francesco Zozzolotto, su sua carta intestata, prot. n. 9 del 12 marzo 1920. 73 263 Terre Liberate, dopo l’intervento del deputato sacilese Luigi Gasparotto, sottosegretario al Ministero della Guerra, eletto in Parlamento nel 1919 proprio quale candidato dei Combattenti. Con la costituzione della cooperativa di consumo, sopravvissuta per tutto il secolo e confluita nelle Cooperative Operaie di Trieste, il movimento operaio avianese completa la sua rete di strutture volte ad assicurare la sussistenza della popolazione, attraverso la distribuzione calmierata di alimentari ed altri generi di prima necessità, ma anche la socializzazione, grazie alle osterie ed a un circolo sociale e sala da ballo acquistata proprio in un palazzo nella piazza cittadina.268 E’ questo il clima nel quale avviene la sanguinosa aggressione alla manifestazione popolare, sulla quale non mi soffermo essendo stata approfonditamente narrata da Sigfrido Cescut nelle sue opere. Ci limiteremo a considerare come gli atti processuali abbiano dimostrato a sufficienza come la tesi dei carabinieri e dei benpensanti, che hanno fornito la versione dell’assalto socialista alla caserma e dell’autodifesa dei militari, risulti destituita di fondamento: morto e feriti sono stati colpiti a decine di metri di distanza da tiri di precisione dalle finestre più alte della stazione dei carabinieri. 7.1.11 - Per non emigrare (almeno per ora). Domenica 7 marzo, in un clima da stato d’assedio, manifestano cinquantamila persone in tutte le principali città friulane. Per quanto riguarda la parte occidentale della provincia, Ellero parla a Maniago; Cosattini a Spilimbergo; Buffolo, il segretario provinciale del Psi Scoccimarro e l’avv. Camillotti a Sacile; Carmassi, Ellero e Guido Rosso davanti a migliaia di persone a Pordenone; Feruglio Masut di fronte a cinquemila persone a San Vito al Tagliamento. Nei comizi viene approvato il seguente manifesto: “I lavoratori disoccupati della regione friulana devastata dalla guerra riuniti in comizio il 7 marzo 1920, stanchi delle promesse canzonatorie governative, dichiarandosi pronti a qualunque energica coercitiva azione di classe per risolvere l’impellente problema della disoccupazione che gli uomini di governo non hanno saputo e voluto risolvere pur lasciando tempo fino al 16 corr. deliberano di imporre in seguito l’immediato inizio di tutti i lavori iniziati e già approvati e danno incarico alle rispettive Camere di Lavoro di provvedere allo svolgimento della agitazione con quei mezzi che crederanno più consoni allo scopo.”269 La direzione del Cotonificio di Torre cerca di coinvolgere i capi sindacali socialisti nella sua azione di divisione fra gli operai, chiedendo ad Ilario Fantuzzi ed Umberto Santin di scegliere quali operai benestanti possano essere sostituiti da altri nullatenenti. I socialisti rifiutano di prestarsi a questa scelta che giudicano odiosa, e rinfacciando all’azienda di non seguire certamente questo criterio nelle nuove assunzioni, come per il fattorino appena raccomandato da un grosso prelato, pur essendo uno dei più grossi proprietari di poderi della zona.270 Mercoledì 25 marzo si tiene un’altra imponente assemblea degli edili, nella quale Masutti relaziona sullo svolgimento del congresso nazionale, le cui tematiche più importanti sono state l’internazionale proletaria, il cooperativismo e l’assunzione diretta dei lavori. Viene poi approvato, dopo alcune modifiche, il memoriale da presentare agli impresari e viene nominato il comitato d’agitazione, composto dagli operai G. Gobbo, G. Mio, Beniamino Truccolo, Ernesto Oliva e Costante Masutti. Il 26 vengono presentati i memoriali ed il 27 i capimastri si riuniscono ed inviano al sindacato una lettera, chiedendo sette giorni per fornire la loro risposta. La proposta viene respinta dal comitato d’agitazione e dal consiglio della Sezione Edile, sembrando sufficienti per i padroni 5 giorni per studiare il nostro modesto memoriale. 271 In un processo di riaggregazione del sindacato, che segna un passaggio dall’organizzazione professionale per mestiere a quella industriale che riunifica i settori, i meccanici dei cotonifici vengono passati dalla Fiom alla Federazione tessile e ciò comporta la convocazione di un’assemblea generale per domenica 11 aprile per rideterminare le scelte organizzative interne, ma anche la rettifica del memoriale rivendicativo. Nel frattempo a Pordenone giunge dal Piemonte il nuovo segretario della Camera del Lavoro Sanmartino.272 La Camera del Lavoro di Udine convoca per domenica 18 aprile a Treviso un congresso fra tutte le Camere del Lavoro e le Federazioni provinciali socialiste del Veneto, con all’ordine del giorno: “Lo studio dei mezzi più adatti a convincere gli uomini di governo, che il problema della disoccupazione deve essere risolto con criteri larghi e moderni e non più con ripieghi, palliativi e canzonature”. Nella relazione, anticipata dalla Camera del Lavoro friulana a nome delle organizzazioni delle terre invase e liberate su Il Lavoratore Friulano, si giudica fallimentare il bilancio del Ministero per le Terre Liberate, che ha sprecato i fondi insufficienti in sussidi ed in opere inutili, che hanno occupato solo un terzo dei disoccupati ed oramai sono al termine. Il governo temporeggia annunciando lavori faraonici senza darsi alcuna scadenza. CESCUT, Sigfrido, Cooperative, cit., pagg. 12-15. Il libro di Cescut è dedicato alla storia della Cooperativa di consumo “La Vittoria” alle pagine 5-68. 269 LF, n. 11 del 14 marzo 1920, pag. 1, IL MONITO DEI DISOCCUPATI. La cronaca dei comizi. Il resoconto della manifestazione di Pordenone, pubblicato in: LF, n. 11 del 14 marzo 1920, pag. 1, La grande dimostrazione di Domenica, è riprodotto in appendice. 270 LF, n. 12 del 21 marzo1920, pag. 1, TORRE di PORDENONE. 271 LF, n. 14 del 4 aprile1920, pag. 4, Assemblea degli edili. 272 LF, nn. 14 del 4 aprile1920, pag. 4, Assemblea Metallurgici e 16 del 18 aprile1920, pag. 4, PORDENONE. I meccanici sono organizzati in tutti e tre i cotonifici del comune di Pordenone ed hanno come esattori per la raccolta delle quote associative Luigi Copat a Torre, Giorgio Cagnato a Rorai e Romano Baseggio per l’Amman di Pordenone. Il segretario della Lega è Giovanni Sburlin. Cfr.: LF, n. 14 del 4 aprile1920, pag. 4, Si Comunica. 74 268 L’obiettivo del governo, denunciano i socialisti, è quello di far riprendere l’emigrazione e così allentare la tensione sociale. Se possiamo discutere che in un avvenire più o meno lontano la corrente emigratoria ritorni, come necessità economica e sociale, a riprendere il suo discutibilmente volontario movimento, neghiamo assolutamente che debba essere la necessità del momento, la valvola di sicurezza per la tranquillità di queste regioni. Dove si recherebbero le schiere numerose dei disoccupati nostri, qualora altra via d’uscita non rimanesse al nostro proletariato che la forzata, la maledetta, la deprecata emigrazione? Si contesta che lo sbocco possa essere in Austria e Germania, sconquassate economicamente e politicamente instabili, ma si contesta anche la praticabilità dello sbocco in Francia e Belgio (dove le ferite della guerra hanno prodotto un tale crollo demografico della popolazione attiva da richiedere manodopera straniera per la ricostruzione) poiché quei paesi sono ancora in piena crisi, c’è disoccupazione e ci sono agitazioni operaie, dove il nostro emigrante non si è mai recato, dove non conosce né lingua, né costumi, né usi di lavoro. L’emigrazione, se dovrà riprendere, non potrà essere un salto nel buio, ma rispettare l’acculturazione e la professionalizzazione acquisita in decenni di lavoro all’estero degli operai friulani. Nel frattempo ci dev’essere un programma di opere pubbliche per far lavorare le braccia inoperose e l’obiettivo fondamentale è la politica di bonifica e recupero delle terre incolte del Basso Friuli, per scopi igienici oltre che produttivi. Il convegno di Treviso deve servire ad individuare gli strumenti di lotta necessari per ottenere dall’alto i provvedimenti necessari con l’esproprio delle terre incolte, fino allo sciopero generale del territorio invaso e liberato, altrimenti il proletariato veneto dovrà ritornare a letto al buio.273 La necessità di dare una risposta di lotta all’effervescenza delle masse risente non solo delle urgenze imposte da una situazione sociale esplosiva, ma anche del dibattito interno al Psi. Da una parte le rivendicazioni sono condizionate della pratica gradualistica della dirigenza riformista, che esprime quasi tutti i quadri parlamentari ed amministrativi in Friuli e tende ad usare lo spauracchio delle agitazioni di fronte alle istituzioni dello Stato per trattare con esse strappando risultati immediatamente spendibili, inserendovi il suo tessuto di strutture cooperativistiche e sindacali, attraverso la gestione degli appalti e dell’imponibile di mano d’opera. Dall’altra emerge il rifiuto del riformismo gradualista, ci si ricollega all’occupazione delle fabbriche a Napoli, a Torino, a Genova, ove le masse non intendono più lavorare per la borghesia ma vogliono gestire esse stesse le fabbriche, si proclama che i lavoratori, tornati dalla guerra, anelano alla lotta violenta contro il nemico, quel nemico, la borghesia, che mai così bene hanno conosciuto e individuato come durante la guerra. 274 Ma il convegno di Treviso ha carattere interlocutorio e dev’essere riconvocato per il 28 aprile per completare la discussione. Non viene decisamente condannata, come vorrebbero i friulani ed il segretario della CdL di Venezia Giordano, la partecipazione di alcuni rappresentanti socialisti alla Federazione veneta per i danni di guerra insieme ai più eterogenei e reazionari elementi. Contro la proposta di Brovelli della CdL di Udine, che propone di convocare subito lo sciopero generale, viene approvata una proposta di Giordano, che invita le organizzazioni proletarie ad iniziare i lavori già progettati, minacciando lo sciopero per reclamare i pagamenti da parte del governo; Alessandri della direzione fa inoltre inserire un invito al Psi a proclamare una giornata a favore di questi territori nelle maggiori città d’Italia. Si decide inoltre, su proposta di Spizzo degli edili di Udine e di Alessandri, di invitare i lavoratori friulani a non recarsi in Francia ed in Svizzera, ove cominciano ad essere avviati specie dall’Ufficio provinciale del lavoro di Udine (cioè dagli organizzatori cattolici), poiché in quei paesi dilagano la disoccupazione e le agitazioni sindacali. Il convegno, mentre rinvia la decisione di inasprire e generalizzare l’agitazione, deve quindi prendere atto della crescente iniziativa degli avversari: mentre i cattolici iniziano ad organizzare l’espatrio dei lavoratori, utilizzando la manodopera friulana come elemento di rottura delle lotte operaie nei paesi europei, si solidarizza con i socialisti triestini le cui istituzioni iniziano ad essere attaccate da bande di arditi appoggiate dall’esercito. Si promette una solidarietà attiva che mai potrà manifestarsi: anzi a breve il fascismo, che sta realizzando le sue prime prove a Trieste, dilagherà anche in Friuli.275 Anche la riunione del 28 aprile vede confrontarsi due linee opposte: mentre i sindacalisti friulani Pascoli e Costantini chiedono che venga convocato lo sciopero generale delle terre liberate e su questa base si vada a chiedere il sostegno al partito nazionale ed alla Cgl ed a confrontarsi con il governo, la maggioranza segue la proposta di Alessandri della direzione nazionale, che propone invece di inviare prima una delegazione a Roma per trattare con le direzioni del Psi e della Cgl e poi - una volta acquisito il loro appoggio - trattare con il governo ed eventualmente convocare lo sciopero generale al ritorno dalla capitale. Ci si riconvoca per il 15 maggio al rientro della delegazione.276 LF, n. 15 dell’11 aprile1920, pag. 1, Per la disoccupazione. LF, n. 15 dell’11 aprile1920, pag. 1, Riformismo o massimalismo? di A. Polacco. 275 LF, n. 17 del 25 aprile1920, pag. 1, Il Convegno di Treviso per la disoccupazione. Alla vigilia di avvenimenti decisivi. Appelli a non emigrare vengono dalla Svizzera, ove la situazione economica è critica e si sta preparando lo sciopero generale per le otto ore e dalla Francia, dove è stato proclamato lo sciopero generale dei minatori e dove il sindacato degli edili sconsiglia gli emigranti a recarsi nelle zone liberate senza precise garanzie contrattuali: cfr. LF, nn. 18 dell’1 maggio 1920, pag. 4, Operai, non emigrate!, 19 del 9 maggio 1920, pag. 2, Società Umanitaria e pag. 4, Operai, non emigrate! Lo sfruttamento dei lavoratori nelle regioni liberate della Francia. L’utilizzo di operai veneti come crumiri è segnalato anche da San Giovanni Valdarno, con un appello a tutte le organizzazioni proletarie del Veneto diffuso tramite l’Avanti! La Giunta provinciale per il collocamento e la disoccupazione di Udine avvia i lavoratori emigranti per tariffe bassissime. Cfr.: LF, n. 15 dell’11 aprile1920, pag. 4, Operai, non emigrate! 276 LF, n. 19 del 9 maggio 1920, pag. 2, Il Convegno di Treviso per la disoccupazione. Una commissione è partita per Roma. Si comincia a sostituire la dizione Terre liberate e redente con la nuova espressione Tre Venezie, più ampia ed includente oltre al Veneto i nuovi territori annessi del Trentino e della Venezia Giulia (non c’è alcun riferimento invece al Sudtirolo). 75 273 274 La strategia socialista non appare univoca: mentre a livello regionale si proclama la linea della prosecuzione dei lavori pubblici, da parte del movimento cooperativo più strutturato, quello carnico, si adotta un’altra iniziativa, quella della serrata generalizzata delle cooperative di lavoro riunite nel Consorzio carnico. Nel documento che annuncia tale iniziativa si fa riferimento al grande sviluppo di questa realtà nel dopoguerra, ed al boicottaggio sviluppato dalle istituzioni nei suoi confronti: l’ostruzionismo burocratico, le ingerenze politiche sulle cooperative, il boicottaggio nella fornitura e nel trasporto dei materiali occorrenti. Ma non pagare alle cooperative il lavoro eseguito, non parve davvero al Governo capitalista l’arma meno efficace per attentare alla vita della cooperazione di lavoro! E alleati del Governo si trovarono tosto gli Istituti Bancari che rifiutarono gli anticipi per pagare gli operai. Le cooperative di lavoro carniche si trovano costrette a sospendere dal 7 maggio ogni attività, a fronte di oltre due milioni di crediti. Noi affermiamo che non è giusto, che non è possibile che la nostra organizzazione operaia continui per una sola giornata di più ad accordare crediti indefiniti, a scadenza indefinita, su lavori già eseguiti ed assegnati principalmente per alleviare la disoccupazione, per agevolare la classe operaia cui si è preclusa la consueta emigrazione. La decisione della serrata viene attuata per salvare le cooperative da una situazione finanziaria che rende dubbia la loro sopravvivenza, minata dagli oneri passivi nei confronti del sistema bancario: tutto ciò rende impossibile la pratica dell’azione diretta, per cui la protesta avviene sotto forma di chiusura di ogni attività economica. Vi è qui inoltre un giudizio sull’emigrazione come sbocco naturale della massa di manodopera, la cui preclusione è causa del malessere e degli interventi straordinari: non si fa riferimento alcuno, nel documento del Consorzio carnico fra le cooperative di lavoro, alla grande occasione di lavoro creata dalla ricostruzione, come viene affermato con enfasi in altri documenti. Pochi giorni dopo, l’11 maggio, anche la Federazione friulana per la cooperazione, riunitasi insieme ai rappresentanti delle cooperative di lavoro della provincia, dà un’analoga indicazione di sospensione del lavoro, che si estende poi alla provincia di Belluno; alle altre rivendicazioni si aggiunge quella della revisione dei prezzi, per adeguare i salari alle nuove tabelle contrattuali.277 L’incontro a Roma avviene il 6 maggio e si conclude con un ordine del giorno promosso da Serrati, nel quale si invitano le organizzazioni politiche ed economiche socialiste ad avviare una doppia agitazione parlamentare e di piazza, tendente a denunciare il governo in sede parlamentare per ottenere la fine del regime militare nelle terre devastate, redente o liberate (il convegno si era aperto con una relazione sulla situazione di ottusa dittatura militare imposta a Pola), per dare loro un immediato assetto politico e amministrativo, onde si possa iniziarne il rinnovamento economico e ad organizzare il malcontento in un movimento unificato, per ottenere gli obiettivi richiesti. Il giorno dopo viene presentato un memoriale al presidente del consiglio Nitti, in cui non a caso vengono sottolineate le rivendicazioni presentate dal movimento cooperativo (forniture materiali, ampliamento della disponibilità di credito cooperativo, efficacia dei pagamenti da parte delle stazioni appaltanti). Nitti si prende degli impegni, anche se dichiara che non si può procedere alle elezioni politiche nelle nuove province, ma al massimo a quelle amministrative: ma ormai il suo ministero è caduto e la delegazione esprime la sua insoddisfazione. I rappresentanti di Trento e Trieste anzi dichiararono che nessuna differenza esiste tra il trattamento dell’Austria degli ultimi anni e quello dell’Italia di oggi . 278 Il terzo convegno trevigiano, tenutosi lunedì 17 maggio, si conclude anch’esso senza nessuna decisione operativa, sottolineando nel documento finale soprattutto le rivendicazioni relative alla cooperazione. Insorge contro questa linea il friulano Brovelli, con il consenso della redazione de Il Lavoratore Friulano: se non si vuole fare lo sciopero generale, perché non c’è l’appoggio del partito e della Cgl nazionale, si abbia il coraggio di dirlo, invece di prendere in giro la gente. In quella riunione, in cui è presente, oltre ai rappresentanti provinciali, anche il segretario della Cdl di Pordenone Sanmartino, viene costituito l’Ufficio permanente di azione proletaria per i danni di guerra, come struttura che coordini l’azione delle organizzazioni proletarie e socialiste per lo studio e soluzione dei vari problemi che si riconnettono alla ricostruzione della vita civile e dei rapporti sociali e di classe delle Venezie.279 Dopo il convegno triveneto di Trieste del 30-31 agosto Pietro Pascoli interverrà sul problema del rapporto fra cooperative e movimento operaio con due articoli, dichiarandosi senz’altro d’accordo con i deliberati del congresso della Fioe e con la circolare inviata dal segretario generale Quaglino alle cooperative di lavoro. La Cooperazione di classe va considerata come un mezzo di lotta nelle mani dei lavoratori per migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro, per sottrarsi dalla speculazione privata del capitalista, eliminando l’intermediario; per elevare tecnicamente e moralmente l’operaio e la classe lavoratrice verso la totale emancipazione, creando gli organismi proletari atti e capaci di assumere la gestione diretta della produzione da parte dei produttori. Questo è quanto ha affermato in sostanza il Congresso di Milano nei rapporti fra Resistenza e Cooperazione di Lavoro, questo è quanto affermammo noi al Congresso Camerale delle organizzazioni della Carnia e del Canal del Ferro. Le Cooperative di Lavoro devono essere quindi uno strumento di lotta nelle mani del proletariato per conseguire le definitive conquiste del Lavoro; in una parola la cooperazione dev’essere un “mezzo per arrivare al fine”. La cooperazione di lavoro se non è basata su questi principi, si riduce ad una semplice espressione di gretti interessi egoistici di gruppi, guidati con criteri di ingorda speculazione; ed in questo caso può rappresentare un danno ed un pericolo per il nostro movimento operaio. LF, nn. 19 del 9 maggio 1920, pag. 2, La serrata cooperativa in Carnia. Per la lotta contro il Governo, 20 del 16 maggio 1920, pag. 2, L’agitazione delle Cooperative di Lavoro e 21 del 23 maggio 1920, pag. 1, Il convegno di Treviso per la disoccupazione. 278 LF, n. 20 del 16 maggio 1920, pag. 1, LE GRAVI CONDIZIONI DELLE TRE VENEZIE. Incapacità e cecità borghese - La nostra azione di classe. L’azione presso il Governo. 279 LF, n. 21 del 23 maggio 1920, pag. 1, Il convegno di Treviso per la disoccupazione e Dalle Venezie. La costituzione dell’Ufficio Permanente di azione Proletaria per i danni di guerra. 76 277 Dopo aver ricordato come la cooperazione di lavoro debba essere un elemento omogeneo ed integrato nel movimento di classe, Pascoli conclude auspicando la necessità di una rottura netta fra la cooperazione coerente e quelle non poche aziende che rappresentano solamente tendenze speculative, prima che il movimento diventi un pericolo ed un danno per le nostre organizzazioni, per la classe proletaria stessa che le rappresenta. Questa chiarezza politica è fondamentale per la costruzione della società rivoluzionaria in un settore produttivamente disperso come l’edilizia ove, a differenza dell’industria dove i consigli di fabbrica sono gli strumenti per lo studio e la preparazione dell’autogestione postcapitalistica, la gestione della produzione è possibile solo direttamente da parte del sindacato edile, attraverso lo strumento dell’appalto dei lavori alle cooperative. Le Cooperative che intendono di accettare tali principi dovranno però considerarsi parte integrante, emanazione diretta dell’Organizzazione stessa, e di conseguenza devono avere direttive puramente di classe. Solo aderendo a questi principi potranno le Cooperative di Lavoro considerarsi organi proletari di classe, e degne della nostra solidarietà.280 7.1.12 - Ci si prepara per le elezioni amministrative. Mentre si sviluppa l’agitazione, la Federazione Provinciale Socialista, riunitasi domenica 22 febbraio, delibera di organizzare a Tolmezzo ed a Pordenone dei sotto-comitati per sviluppare la propaganda per meglio valorizzare il meraviglioso risveglio socialista fra le masse friulane. Riguardo alle Elezioni Amministrative, si delibera di costituire delle scuole per i futuri consiglieri comunali in Udine, Pordenone, Tolmezzo. I Comuni che per le loro speciali condizioni non potranno usufruire delle suddette scuole saranno provveduti di opuscoli e di manuali che saranno all’uopo pubblicati dalla Direzione del Partito. 281 A Pordenone si convocano lunedì 15 alle 20 alla Camera del Lavoro i tre componenti della sottocommissione per la intensificazione della propaganda della sezione socialista: sono Giovanni Sborlin, Antonio Puglietti ed Enrico Marzot; due giorni dopo è convocata invece la commissione per le elezioni amministrative, nominata nelle persone di Ferruccio Bomben, Giovanni Gobbo, Giona Biasin, Riccardo Reni e Tomaso Fantuzzi.282 In quei giorni si sviluppa una singolare polemica fra la sezione di Torre e Pietro Sartor. Ecco l’ordine del giorno della sezione: La Sez. soc. di Torre di Pordenone protesta contro un articolo apparso nel “Gazzettino” del 7 marzo, n. 58, dal titolo “Per i nostri bambini”, firmato dal sig. Sartor Pietro quale rappresentante al Congresso Internazionale di Ginevra per l’infanzia dei paesi provati dalla guerra. A nome di tutti i compagni socialisti di qui, dichiariamo che le organizzazioni socialiste nulla hanno a che fare con il Comitato pro asilo e il Circolo di coltura, dai quali soltanto il Sartor ebbe il mandato. Quindi Sartor ha partecipato come rappresentante di iniziative nate nell’ambito della Casa del Popolo nel campo dell’istruzione e della cultura: ma quanto egli ha realizzato non aggrada ai socialisti di Torre, cui si associano quelli della redazione del settimanale socialista: L’articolo in parola caldeggia la fusione dei partiti nei comitati pro infanzia vittima di guerra. Il sig. P. Sartor ha trovato modo a Ginevra di affiatarsi con un conte Vinci, con una contessa ed una marchesa - rappresentanti dell’Unione cattolica e dei salesiani - per la formazione di un Comitato Nazionale. Ma di grazia, se non rappresenta neppure i compagni di Torre, chi rappresenta il “proletario” - come egli ama chiamarsi - Pietro Sartor? Non certo i socialisti, i quali ben sanno come e quando fare la beneficenza; non certo i proletari, i quali quando donano il loro umile ma significativo obolo non si immischiano nei cosidetti comitati di pudiche dame con relativi cicisbei. E allora? Stupisce vedere accusato di umanitarismo borghese ed interclassismo il compagno che pochi mesi dopo dirigerà la scissione comunista a Pordenone, ed un anno dopo guiderà la resistenza armata di Torre ai fascisti. Ma forse questa polemica testimonia semplicemente il fatto che - se Sartor è in contatto con i socialisti e frequenta il loro ambiente - egli non ha ancora stabilito con la sezione un legame organizzativo e porta avanti una linea che non è solo diversa dal partito, ma risulta irritante per i suoi esponenti. Per capire il contesto della polemica giova inoltre fermarsi per un momento sulle origini (indubbiamente anomale a Torre) dell’impegno di Sartor, che non proviene da una famiglia di operai anticlericali socialisti ma da una di quelli fedeli a don Lozer, di cui fino ad un certo punto è stato un pupillo. Infatti il Sartor venne mandato da me in Seminario in terza ginnasio; fece anche la quarta, indossò la veste, tengo il suo ritratto con la talare. Poi non si sentì di continuare e divenne socialista con grande dispiacere del padre e della madre ottimi cattolici. Un mese dopo, polemizzando con i socialisti dopo un loro comizio per la questione dell’asilo di Torre dei cui fondi il parroco si è appropriato, Lozer rinfaccerà all’ex allievo: al maestro che si rivolta contro il parroco che gli ha fatto scuola gratis per due anni facendogli superare la terza ginnasiale, ricordiamo semplicemente la figura di Giuda Iscariote. La rottura fra Sartor e Lozer è fresca, probabilmente maturata negli anni della guerra, stando alle corrispondenze conservate dal parroco: Il maestro Piero Sartor in data 29 agosto 1914 in una lettera mi diceva: “Non dubiti dei miei sentimenti che con la grazia del LF, nn. 38 del 26 settembre 1920, pag. 2, IL PROBLEMA della Cooperazione di Lavoro. O con noi o contro di noi! e 39 del 3 ottobre 1920, pag. 2, IL PROBLEMA della Cooperazione di Lavoro. Assunzione diretta della produzione, gli ultimi due firmati da Pietro Pascoli. Sul convegno di Trieste, cfr. sopra il paragrafo 5.11. 281 LF, n. 9 del 29 febbraio 1920, pag. 2, Federazione Provinciale Socialista. Un’inserzione de Il Lavoratore Friulano indica quali opuscoli ordinare per posta alla Società Editrice “Avanti!” di Milano: CALDARA - “Il Comune e la sua Amministrazione” L. 2 - “Consigli d’Azienda e Socializzazione” L. 2 - “Resoconto Stenografico del Congresso dei Comuni Socialisti” L. 3 - “Manuale per gli Amministratori Comunali” L. 3. LOCATELLI “Guida pratica per gli Amministratori Comunali e Provinciali” L. 1. Cfr. n. 25 del 27 giugno 1920, pag. 3, Per le Amministrazioni comunali. 282 LF, n. 11 del 14 marzo1920, pag. 1, Sezione socialista. 77 280 Signore non verranno mutati né della mia condotta che risponderà pienamente all’educazione da lei ricevuta”. Il 22 gennaio 1916 in altra corrispondenza scriveva: “Ricordo l’affetto che mi ha portato, i benefici che mi ha fatto. Son sicuro che lei mi ha perdonato e che mi ama ancora come una volta. Conosco i suoi dolori in Sardegna e mi dispiace assai. Dopo la guerra mi troverà più serio, più buono, più educato, più esperto della vita... ecc.”. Il dolore per la separazione di quello che forse era un allievo prediletto brucerà ancora mezzo secolo dopo nelle parole di Lozer: Ma poi si lasciò travolgere dall’ambiente e da illusioni e da una paranoia di grandezza. Dopo le barricate di Torre, si rifugiò nel Belgio, da dove mi mandò una sola cartolina da Bruxelles. Seppi poi che morì per incidente stradale. Sia pace all’anima sua tormentata e smarrita.283 Come ormai abbiamo ampiamente dimostrato, don Lozer ha un suo filtro molto particolare nell’esaminare gli eventi. Vediamo invece cosa ci dice Sartor pochi mesi dopo, narrando di come i suoi ex colleghi ufficiali di un reparto dell’esercito accasermato a Sacile vengano diffidati dal mantenere ancora relazioni con lui, diventato bolscevico e nemico della patria. Teniamo conto che il giovane maestro, nato nel 1897, era diciottenne all’inizio della guerra e la sua maturazione è avvenuta - come per altri suoi coetanei- in quei tre lunghi anni di servizio militare. Sartor, che - pur essendo ormai congedato - continua a scrivere da Sacile, la guerra l’ha fatta da ufficiale, forse nello stesso reparto in cui prestava servizio come soldato di fanteria un dirigente socialista del suo paese come Lucio Da Corte (il futuro presidente della Casa del Popolo), sicuramente nello stesso insediamento militare è arruolato come soldato semplice adibito a mansioni di scrivano Giovanni Cosattini (che, secondo lo stato di servizio, frequenta anche lei per qualche tempo un corso ufficiali). Come possano essere andate le cose, Pietro Sartor matura la sua scelta socialista in uno spazio ed un tempo in cui può essere entrato in contatto con importanti esponenti del partito nel corso della vita militare, oppure nell’ambiente magistrale, dal quale provengono il maestro socialista Piero Pasquotti, sacilese trasferitosi a Torre ed il più giovane collega Francesco Fiorot, che con Sartor sarà pochi dopo alla testa della resistenza antifascista del quartiere. Una scelta che nei primi mesi del 1920 (nei quali Sartor dev’essere già stato congedato, vista la sua partecipazione ad un congresso all’estero) non è ancora pienamente definita, mentre solo pochi mesi dopo appare ben delineata e proiettata verso un ruolo di primaria importanza.284 Intanto si inizia a delineare il programma socialista per le prossime elezioni amministrative. Silvio Piccini, in una lettera inviata ad Il Lavoratore Friulano, si assume il compito di riassumere gli scritti finora pubblicati da vari compagni. Ne sono capisaldi: una politica annonaria basata sul rigido controllo della distribuzione delle derrate attraverso la requisizione pubblica e la distribuzione cooperativa; una politica della casa basata sul risanamento, sulle requisizioni di alloggi disponibili e sulla costruzione di alloggi pubblici con alte caratteristiche di vivibilità; una politica del lavoro basata su grandi opere pubbliche (nel campo dell’istruzione, delle abitazioni, delle comunicazioni), sull’organizzazione di strutture produttive pubbliche, sul sostegno all’autogestione operaia delle industrie, su un miglioramento delle condizioni dei dipendenti pubblici e sulla distribuzione delle terre degli enti pubblici ai contadini; una politica scolastica che tenda a garantire il diritto allo studio, a cominciare dalla gratuità dei libri e dalla fornitura della refezione, lo sviluppo dell’istruzione professionale e dell’acculturazione degli adulti, a fronte della riduzione dell’orario di lavoro; una politica di semplificazione dei procedimenti amministrativi, per favorire l’accessibilità da parte dei cittadini; una politica sociosanitaria che garantisca la gratuità delle prestazioni, la prevenzione, l’apertura di farmacie e latterie comunali, il passaggio dalla carità ad una moderna assistenza ed il gravame delle spese ospedaliere su nuove tassazioni a carico degli abbienti; l’autonomia tributaria, basata sulla tassazione progressiva, lo sgravio ai redditi più bassi, il passaggio delle spese militari allo Stato e di quelle per il culto alle fabbricerie; la municipalizzazione di luce e tram e l’accorpamento delle piccole amministrazioni comunali.285 Sabato 20 marzo si riuniscono i socialisti della sezione di Pordenone e della sottosezione di Torre per discutere delle elezioni amministrative. La riunione risulta assai animata, e forse lo si può già intuire dalla convocazione, che avvertendo che non saranno giustificate le assenze prega i compagni avv. Ellero, Rosso e Martignan di assistervi. Due correnti si manifestarono in seno alla assemblea. L’una per la conquista del Comune quale pubblico potere allo scopo che la sua attività sia rivolta alla difesa della classe lavoratrice, l’altra, pur ammettendo giusto il principio enunciato, poneva innanzi delle difficoltà d’ordine finanziario e di carattere personale. Osservava che accedere oggi al Comune privo di mezzi e di credito, imbarazzato in ogni sua mossa e con ingenti e gravi problemi da risolvere, potrebbe portare alla disillusione della massa. Perché, aggiungeva, dobbiamo noi, proprio noi, in questo momento eccezionale, alleggerire le responsabilità della borghesia che ha gestito fino a ieri e che oggi gestisce attraverso il Commissario Regio? La borghesia non ha rivolto nessun problema, ... ha fatto debiti a sazietà, ... ed oggi, quasi in istato di fallimento, dovrebbe essere sostituita dai socialisti, senza che questi possano applicare tasse, ricorrere al fido, aumentare le imposte ecc.? Una terza corrente è sorta dalla discussione. Andare sì, ma preavvisare la massa della quasi certezza di poter fare ben poco; di conquistare il Comune per farne, sovratutto, un organo di protesta e ribellione contro il potere centrale. LF, n. 12 del 21 marzo1920, pag. 1, Una protesta della sezione socialista; lettera di don Lozer a don Giacinto, 19 maggio 1951, in carte Lozer, Archivio della Curia Vescovile di Pordenone, cit. in MARIUZZO, Flavio, cit., pag. 340, nota 18; LOZER, Giuseppe, Piccole memorie, cit., pag. 68; LOZER, Giuseppe, Ricordi di un prete, cit., pag. 165. Pietro Sartor nacque a Torre di Pordenone il 10 giugno 1897. Fu corrispondente di vari giornali tra cui “L’Ordine Nuovo” di Torino, “Il Lavoratore Friulano” e “Spartaco”: cfr. 213. 284 Il Lavoratore, domenica 3 ottobre 1920, Gran rapporto, corrispondenza da Sacile firmata da Pietro Sartor. Cfr. il testo in appendice. Su Lucio Da Corte, ho potuto consultare il suo foglio matricolare conservato da Teresina Degan; su Cosattini, cfr.: ALATRI, Paolo, cit., pag. 82. 285 LF, n. 14 del 4 aprile 1920, pag. 3, Per la conquista del Comune e della Provincia.Cfr. il testo in appendice. 78 283 Non si arriva a prendere una decisione; i compagni di Torre si riuniscono la settimana dopo, e si decide di riunirsi successivamente, forse insieme a tutte le organizzazioni operaie. 286 Sabato 10 aprile si svolge in piazza a Torre, convocato per invito di un gruppo di cittadini di ogni partito, un comizio pubblico di protesta per la vicenda dell’erigendo asilo infantile, per il quale parecchi anni sono da un gruppo di cittadini di ogni partito, era stata decisa la costruzione . Per quanto l’iniziativa, come si sottolinea più volte, abbia carattere non partitico, prevalgono i socialisti: di fronte ad oltre mille persone parlano il maestro Pietro Sartor, Giuseppe Ellero e Guido Rosso. Obiettivo della protesta è don Lozer, che si è chiuso in chiesa invece di accettare l’invito al contraddittorio: al parroco si imputa di aver sottratto, approfittando del suo ruolo di cassiere del comitato per l’edificazione dell’asilo, le tremila lire raccolte, di cui non ha mai voluto dare rendiconto, bloccando così anche la costruzione da parte del Ministero per le Terre Liberate, che non ha agito in mancanza del concorso del comitato. La manifestazione ha una coda con l’incontro fra una delegazione socialista ed il parroco, che ne ha lasciato un resoconto vivace. Don Lozer replica alle accuse direttamente sul settimanale socialista, affermando che l’iniziativa dell’asilo è sua, che era in suo potere sciogliere unilateralmente il comitato costituito prima della guerra, che i soldi lui li tiene nella Cassa operaia cattolica ed infine che i lavori di costruzione sono già iniziati. Affermazioni - contraddette dall’iniziativa presa durante la guerra dal comitato pro asilo di Torre di donare il terreno al comune e dalle dichiarazioni dell’assessore Piero Pisenti che annovera i fondi depositati presso don Lozer come una parte delle risorse utilizzabili per l’erezione dell’asilo comunale della frazione - cui i socialisti replicano notando la tendenza autoritaria di Lozer a sottrarre quanto è stato fatto unitariamente per riassorbirlo nelle spire dell’organizzazione ecclesiale.287 Dopo lunghe trattative ed una giornata di sciopero gli edili pordenonesi strappano gli aumenti salariali richiesti ai cotonifici (dove sono in gran parte occupati) ed alle imprese. Nel frattempo crescono le agitazioni sindacali: i cartai sono in sciopero; strappano notevoli aumenti anche i fornaciai, perché non si lavora a cottimo e le paghe orarie vengono rivalutate dell’85% per gli uomini e del 150% per le donne. Si iniziano ad effettuare da parte dei disoccupati lavori arbitrariamente, persuasi che ci sarà per certo chi penserà a pagarli; si organizzano gli impiegati, riuniti domenica 18 aprile al Teatro Pollini da Pietro Sartor che, pur non accorrendo in massa, si costituiscono in una associazione fra impiegati e affini aderente alla Federazione nazionale dell’impiego privato ed alla Cgl. Domenica 9 maggio nel cortile della scuole elementari si ricostituisce la Lega cotonieri di Rorai Grande, alla presenza del segretario della CdL, del segretario della sezione cotonieri e di Masutti. Si eleggono le cariche sociali, si raccolgono le buste paga per verificare la probabile violazione del concordato firmato a Milano e si invita a raccogliere dieci lire per ogni associato per ricostituire le casse della federazione esauste dopo lo sciopero Mazzonis. Ma, sull’altro fronte, i macellai fanno serrata per quattro giorni, per protestare contro il blocco del prezzo della carne da parte della commissione di annona: ed in questo caso si nota come nessuno protesti contro questa agitazione impopolare, mentre si grida alla sovversione quando sono i lavoratori a richiedere i loro diritti. 288 Il Primo Maggio a Pordenone ed a Torre diventa una grande manifestazione di solidarietà internazionale, organizzata intorno alla commemorazione di tutti i caduti della guerra, siano essi stati italiani, austriaci o tedeschi. La sezione di Torre invia anche un telegramma al governo austriaco, in cui si manda un saluto agli ex avversari auspicando pace e fraternità internazionale. I dirigenti socialisti pordenonesi intervengono anche nelle città vicine: Sartor parla a Sacile insieme all’avv. Camillotti ed a Piemonte (che è stato prima al comizio di Pordenone); Guido Rosso parla ad Aviano ed a Spilimbergo; a Maniago parlano De Gottardo, Masutti, Sanmartino ed anche la sua compagna, che si rivolge alle donne; a Maniago interviene anche la banda musicale di Torre. A San Vito, dove intervengono numerosi i ferrovieri di Casarsa, viene inaugurata la bandiera della Federazione operaia sanvitese e parla il ferroviere Giovanni Badi. 289 La solidarietà internazionale agisce su più piani: non solo su quello del ricordo dei caduti o nella solidarietà con i rivoluzionari ungheresi sconfitti o con la Russia rivoluzionaria aggredita dalla Polonia, ma anche su quello concretissimo della ricostruzione industriale, dove la ripresa della produzione cotoniera, LF, nn. 12 del 21 marzo 1920, pag. 2, Convocazioni e deliberazioni e 14 del 4 aprile 1920, pag. 4, Riunione del Circolo. LF, nn. 16 del 18 aprile 1920, pag. 4, L’asilo e don Bepi! e 19 del 9 maggio 1920, pag. 4, La parola a don Bepi (lettera di Lozer parroco di Torre) e Poche osservazioni di risposta; LOZER, Giuseppe, Piccole memorie, cit., pagg. 66-69. In quest’occasione avviene una polemica che dimostra quale livello di incomunicabilità ci sia fra le due parti. I socialisti accusano Lozer di essere stato internato in Sardegna per la lettera da lui inviata al console germanico prima dell’inizio della guerra. Lozer, giustamente piccato, replica: Fui internato in Sardegna per essere stato e nelle corrispondenze e nelle conferenze e nelle dimostrazioni e sui giornali feroce antimilitarista e neutralista. Mi vanto e mi onore di essere stato contrario alla guerra, quando per essere tale si veniva imprigionati ed esiliati. E’ poca bravura parlare contro la inutile strage quando questa è passata. Neanche a quest’orgogliosa affermazione di Lozer i socialisti concedono l’onore delle armi, per un raro sacerdote coerente con la sua fede cristiana e non accorso (come la maggioranza dei suoi colleghi) a benedire gli opposti eserciti. Anzi si replica nuovamente riducendo tutto all’episodio della lettera al console tedesco, in qualche modo facendo propria l’accusa di austriacantismo con cui gli interventisti bollavano il pacifismo cattolico. Eppure, pochi giorni dopo, saranno proprio i socialisti a festeggiare il Primo Maggio recando omaggio alle tombe dei caduti austriaci e tedeschi! 288 LF, nn. 17 del 25 aprile1920, pag. 4, L’operaio incomincia a far da sè, Associazione fra impiegati, La vittoria degli edili nel Pordenonese, La vittoria dei fornaciai e La serrata dei macellai e 20 del 16 maggio 1920, pag. 4, RORAI. Frai i cotonieri. Un mese dopo si invitano tutti gli associati al sindacato edile a recarsi al lavoro con la tessera, poiché si organizzano ispezioni per verificare l’eventuale presenza di crumiri; la sottoscrizione per sostenere lo sciopero ha fruttato la somma di Lire 3217,90, distribuite agli scioperanti ma utilizzate anche per sostenere due compagni gravemente ammalati. Cfr. LF, n. 21 del 23 maggio 1920, pag. 4, Lega Muratori e Braccianti. 289 LF, n. 19 del 9 maggio 1920, pag. 1, CALENDIMAGGIO IN FRIULI. Magnifica affermazione di fede internazionale. Per il resoconto delle manifestazioni di Pordenone e Torre, cfr. appendice. 79 286 287 come a Torre, è legata al parallelo smantellamento di impianti industriali delle ex potenze nemiche. La ditta Cotonifici Veneziani che ha uno stabilimento anche a Torre, aveva acquistato ad Ebensee (Salisburgo) le macchine di un cotonificio per trasportarle nel paese. Era rimasto inteso tra i padroni e la commissione operaia di Ebensee che le macchine sarebbero state sostituite da un certo numero di telai che assicurasse a tutti la continuità del lavoro. La promessa era stata fatta dai padroni in mala fede, ma quando quei compagni si accorsero che le loro macchine partivano ed i telai non arrivavano, scioperarono e riuscirono ad impedire la spedizione. La Sezione Socialista di Torre, obbedendo ad un elevato sentimento di solidarietà, ha inviato ai cotonieri di Ebensee, a mezzo del giornale Arbeiter Zeitung un plauso ed un fraterno saluto. A differenza dei diversi eserciti, quello italiano che ha distrutto gli stabilimenti per non permetterne l’utilizzo, oppure quello austroungarico che ne ha asportato i macchinari per portarli in territorio imperiale, le organizzazioni operaie non cadono nel tranello della contrapposizione nazionalista.290 Domenica 16 maggio le leghe bianche guidate da don Lozer e dall’attivista Bergamasco convocano una manifestazione a Pordenone. Il movimento contadino cattolico, organizzatosi già dall’anno precedente, punta alla revisione dei patti colonici: partendo dal rifiuto del pagamento dei canoni degli anni 1917-1919, richiesti dagli agrari al loro rientro dopo la profuganza. Nel Pordenonese la vertenza è resa più dura dalla scissione da destra dell’Associazione Agraria Friulana, che vede contrapposti a livello provinciale due proprietari avianesi: alla direzione dell’Associazione da parte dell’avv. Egidio Zoratti si oppongono gli avvocati Antonio Cristofori e Piero Pisenti, che formano l’Associazione Agricoltori di Pordenone, subordinando ogni concessione ai contadini ad aumenti di proprietà. L’associazione pordenonese, il cui presidente diventa Carlo Policreti, diventa la matrice di una serie di analoghe iniziative in altri mandamenti, segnando l’inizio di una fase di spostamento a destra dei proprietari terrieri e l’incubazione della reazione agraria che si esprimerà attraverso il fascismo. Sarà la nuova associazione a raccogliere l’eredità politica dell’Agraria, divenendo l’interlocutore friulano per le rappresentanze padronali delle altre provincie venete. Come ha notato Lorena Vanello, le leghe bianche si prefiguravano quale finalità politica il superamento della classe colonica nella condizione di piccoli proprietari, e sostanzialmente richiedevano l’abolizione del salariato e della colonia parziale mista, la graduale abolizione della mezzadria, la generalizzazione del contratto d’affitto con corrispettivo affitto in denaro, durata novennale dell’affittanza, limitazione della partecipazione dei capitali ai frutti sia nell’affitto che nella mezzadria, abolizione delle onoranze e prestazioni gratuite e obbligate, clausole di prelazione della vendita con prefissione del prezzo da parte di commissioni arbitrali. I sindacalisti bianchi, quindi, oltre ad agire con deliberata tempestività per tagliare la strada all’espandersi dell’influenza socialista nelle campagne, puntano a ridisegnare il sistema dei rapporti fra proprietari e coloni e mezzadri, superando il vecchio sistema in direzione della trasformazione dei rapporti subordinati in piccola proprietà, attraverso una serie di tappe che si concludono idealmente con la gestione del credito e la creazione di cooperative per l’acquisizione dei terreni dagli agrari. Le richieste delle leghe rosse, invece, non andavano ad intaccare il principio di proprietà, per cui tanto si preoccupavano i proprietari (...). I socialisti infatti non miravano ad un allargamento della piccola proprietà bensì alla elevazione della classe lavoratrice della terra, alleata della classe operaia, al fine della rivoluzione. Quindi si limitavano a chiedere “dividendi” più vantaggiosi. Le trattative con i “rossi” furono più rapide, mentre quelle con i “bianchi” ebbero molti momenti di tensione e di interruzione. I socialisti, accusati dai popolari di essere utilizzati dalla controparte padronale per rompere il fronte di lotta, sottoscrivono un contratto in cui accettano l’impostazione produttivistica degli agrari pordenonesi, acquisendo una minore percentuale di prodotti a favore del colono, maggiorata però di un premio sulla produzione di bozzoli, frumento e fagioli, cioè le produzioni più redditizie, quelle che normalmente vengono utilizzate per ricavare un reddito in denaro. Globalmente, come affermeranno poi i socialisti su Il Lavoratore Friulano e come conferma Gaspari in Le lotte agrarie, il contratto strappato dalle leghe rosse è migliorativo per i contadini.291 Il leghismo rosso nelle campagne è generalmente sottovalutato da tutti gli studiosi: non esiste uno studio specifico sull’organizzazione contadina nelle campagne, e si giunge perfino a giudizi liquidatori, come quello di Aldo Stella (che sposa, come per altri episodi, la versione di don Lozer sulla giornata pordenonese, senza dare spazio a quella dei socialisti), ove si sostiene che il sindacato rosso organizza i contadini solo in 5 comuni sui 186 della provincia e che la manifestazione del 16 maggio 1920 è la più grande mai svoltasi a Pordenone, affermazioni ampiamente smentite nel corso di questo studio. Peraltro noi non ci occupiamo dell’organizzazione socialista in altri centri del Pordenonese nel dopoguerra, da Azzano Decimo a Pasiano, da Sacile a San Vito al Tagliamento, da Sesto al Reghena a Brugnera, tutti centri nei quali l’impegno politico, sindacale e cooperativistico della sinistra ha la sua base fra i contadini.292 LF, nn. 20 del 16 maggio 1920, pag. 2, Salviamo i martiri ungheresi! e pag. 4, TORRE di PORDENONE. Solidarietà internazionale e 21 del 23 maggio 1920, pag. 1, Giù le mani dalla Russia! (i ferrovieri bloccano a Brescia, Monfalcone e Nabresina Aurisina viene ancora chiamata con il suo nome sloveno - convogli di materiale bellico destinato alla Polonia). 291 VANELLO, Lorena, L’agricoltura friulana tra le due guerre mondiali, in: Storia Contemporanea in Friuli, anno VIII, n. 9, Udine, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, 1978, pagg. 74-75. Sulle leghe bianche e le lotte agrarie nel Friuli del dopoguerra, cfr.: TESSITORI, Tiziano, Storia del Partito Popolare in Friuli, cit.; MIZZAU, Alfeo, Lotte contadine in Friuli (1919-1923), Udine, Del Bianco, 1961; SPADARO, Stelio, cit., pagg. 165-213; GASPARI, Paolo, Storia popolare della società contadina in Friuli. Agricoltura e società rurale in Friuli dal X al XX secolo, Monza, Officine Grafiche Piffarerio, 1976; id., Grande guerra e ribellione contadina. Chiesa e stato, possidenti e contadini in Veneto e Friuli (18661921), Udine, Istituto editoriale veneto-friulano, 1995; id., Le lotte agrarie in Veneto, Friuli e pianura padana dopo la grande guerra, Udine, Gaspari, 1996 (il giudizio citato è a pagg. 115-116); id., Le campagne friulane, in: ISTITUTO REGIONALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE NEL FRIULI-VENEZIA GIULIA, Friuli e Venezia Giulia. Storia del ‘900, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 1997. Per il Sanvitese, cfr. in particolare: MARIUZ, Giuseppe, cit., pagg. 67-104. 80 290 Certo è indiscutibile il ruolo di coagulo di un nuovo movimento sociale rappresentato principalmente dal leghismo bianco: i contadini, lasciati soli dai proprietari a sbrigarsela con le promesse e soprattutto lo sfruttamento degli austrotedeschi durante l’occupazione; ridotti sul lastrico dalla distruzione del parco zootecnico, delle attrezzature e dalla ripetuta mancanza di semine e raccolti; temprati da una guerra feroce ed allettati dalle promesse di “terra ai contadini” diffuse dalla propaganda austriaca da una parte del fronte e da quella italiana dall’altra; rimasti insieme all’unico mediatore sociale rimasto al loro fianco dopo la fuga delle classi dirigenti: il clero parrocchiale, esprimono la loro rivolta sociale attraverso il popolarismo. Ma il movimento delle leghe bianche non forma - a differenza dei socialisti - i suoi capi semmai, come ha rilevato Stelio Spadaro, è diretto da intellettuali borghesi cittadini e da una parte dei sacerdoti rurali. Nel Pordenonese, oltre a don Lozer ed a don Concina, i dirigenti delle leghe bianche sono un ex sindacalista socialista bergamasco, Francesco Igi, ed un sindacalista romagnolo, Natale Ricchi, mentre l’unico dirigente contadino “indigeno” è un mezzadro dei conti di Porcia, Giuseppe Schincariol di Fiume Veneto. E, a testimonianza del fatto che le contraddizioni sociali sono esplosive e difficili da inquadrare in una gestione moderata, lo stesso movimento l’anno successivo tenderà a sfuggire di mano ai dirigenti popolari, come dimostrerà la permeabilità fra leghe bianche e rosse ed il passaggio di qualcuna dai popolari ai socialisti, indicato a Pillot e Camisa. Il caso più clamoroso (anche se non si trasforma in un passaggio ai socialisti) sarà la radicalizzazione della lotta a Prata, dove Natale Ricchi viene espulso dalle leghe bianche pordenonesi per la sua agitazione che supera (o forse interpreta esplicitamente) le direttive di don Concina. Una radicalizzazione che forse spiega il tracollo socialista proprio a Prata, per lo scavalcamento “a sinistra” di un’agitazione popolare che assume contro gli agrari forme di mobilitazione popolare e di violenza sostanzialmente rivoluzionaria tipiche del leghismo bianco trevigiano.293 In occasione della manifestazione pordenonese - che avviene nella fase più calda del movimento per arrivare alla stipula dei nuovi patti colonici - si invitano anche i contadini a portare con sé i documenti per ottenere i risarcimenti dei danni di guerra, con la promessa di ottenerne il pagamento in quella giornata. Il giorno precedente avviene un incontro in Prefettura, nel quale i socialisti si impegnano a non ostacolare la manifestazione, in cambio del contraddittorio. Secondo la versione de Il Lavoratore Friulano, l’indomani, i socialisti si radunano in Largo San Giovanni, con ampio concorso di folla anche dai centri vicini; i popolari, invece di recarsi al giardino pubblico come convenuto, si rinchiudono nell’angusta piazza del duomo, difesi dal servizio d’ordine degli “arditi bianchi”. Alla testa del corteo socialista i dirigenti cercano di frenare la folla, ma gli arditi bianchi sparano alcuni colpi di pistola, dando il via ad uno scontro in cui la furia dei socialisti prevale nettamente sulle armi dei popolari, che parte fuggono, parte si rifugiano in chiesa e sul campanile da dove, gettando sassi sugli avversari sempre più infuriati, rischiano il linciaggio, così come avviene per il parroco di Torre individuato come il responsabile di tutto quanto. Ma nuovamente i dirigenti socialisti frenano la furia della massa che, dopo aver raccolto come preda bellica numerosi simboli popolari ed anche una rivoltella, si dirige al giardino dove tutto si conclude con un comizio di Sanmartino, Masutti, Ellero e del segretario della sezione socialista di Cordenons.294 STELLA, Aldo, cit., pagg. 85-87; LOZER, Giuseppe, Ricordi di un prete, cit., pagg. 85-89. La fonte di Stella per l’indicazione di sole 5 leghe rosse fra i contadini è probabilmente questa: Su 186 Comuni della Provincia solo 5 erano le leghe socialiste; per il resto tutte aderivano all’Unione del Lavoro d’ispirazione cattolica. Purtroppo Mizzau non cita le fonti archivistiche delle sue affermazioni, probabilmente tratte dalla memoria orale dei dirigenti del leghismo bianco. Per altro le sue opinioni sul leghismo rosso sono duramente liquidatorie, come quando ad esempio afferma: I sindacati socialisti, che firmarono i patti prima delle leghe bianche, e che vissero sulla rendita di quest’ultime agirono in quel momento, come lo strumento di manovra a favore dell’Agraria. Ai socialisti importava di essere presenti nelle trattative contadine. Importava ottenere un alibi, con cui presentarsi nelle campagne. Ed i contadini pagarono quell’alibi un caro prezzo. Oltre a mettere in sordina il peso della resistenza padronale (aiutata dalla stessa destra popolare e dalla violenza fascista) contro i contadini, l’autore non sembra neanche sfiorato dalla contraddizione fra l’affermare che il grido di emancipazione usciva spontaneo dalle campagne e se non fossero stati i cattolici a raccoglierlo era fatale sfociasse nel turbinoso e triste fiuma socialista, ed il dato di fatto che i socialisti non potevano certo rimanere immobili di fronte al tentativo cattolico di mantenere l’egemonia moderata sulle campagne. Mizzau segue una impostazione ideologica ferocemente antisocialista ed anticomunista, nella quale le proposte del movimento contadino socialista sono confuse semplicisticamente con la politica agraria realizzata nell’Unione Sovietica. Cfr. MIZZAU, Alfeo, cit., pagg. 31, 35 e 37, nota. 293 SPADARO, Stelio, cit., pag. 181; su Igi, cfr.: GASPARI, Paolo, Le lotte agrarie, cit., pag. 109; PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio, cit., pagg. 109-129 (su Ricchi, cfr. a pagg.121-123; su Igi, pag. 221). A proposito di Ricchi, così ne parla La Patria del Friuli riferendo di un contraddittorio in occasione della campagna elettorale del maggio 1921: Volle iniziare un contraddittorio l’ineffabile signor Ricci, già propagandista del partito popolare - poi sconfessato e militante ora nel partito dell’on. Cocchi, un estremista di bandiera bianca. Cfr.: PdF, n. 110 di martedì 10 maggio 1921, pag. 3, L’on. Girardini visita tre importanti capiluogo. A PORDENONE. Il bergamasco Romano Cocchi (che non fu mai eletto deputato; si noti per altro che pure Francesco Igi era originario di là), insieme al veronese Giuseppe Speranzini, era a capo dell’estrema sinistra popolare dei “gruppi d’avanguardia”, che si ispirava al sindacalista agrario Guido Miglioli. Divisisi da Miglioli, che continuerà la sua azione nel Ppi e nel sindacato bianco, Cocchi e Speranzini vennero invece espulsi dal Ppi e dalla Confederazione italiana dei lavoratori e fondarono al principio del 1921 un Partito cristiano del lavoro, che raccolse un certo numero di dissidenti nella Lombardia e nel Veneto e si presentò anche alle elezioni del maggio 1921, ma senza successo. In pratica questa scissione indebolì l’estrema sinistra del partito popolare senza portare alla formazione di un movimento indipendente capace di una seria azione. A dispetto dei significativi consensi, nessun dissidente popolare venne eletto, né nelle due circoscrizioni dove si presentava il Pcl (Bergamo-Brescia, dove ottenne 8700 voti, e VeronaVicenza, 3020) né a Treviso-Venezia, dove la Federazione lavoratori cristiani dell’on. Cappellotto ne ottenne 6186, né a CremonaMantova dove l’Unione cattolica del lavoro ne ottenne - a sinistra perfino di Miglioli - 11.894. Cfr.: CANDELORO, Giorgio, Il movimento cattolico in Italia, Roma, Editori Riuniti, 1972, pagg. 410, 419 e 424. L’azione di Ricchi era quindi tutt’altro che isolata, parte di un tentativo di rompere a sinistra con l’egemonia moderata del cattolicesimo politico che aveva avuto le sue propaggini anche nel Pordenonese. 81 292 7.1.13 - Lo sciopero generale. Il 24 maggio i socialisti lanciano lo sciopero generale in Friuli: si tratta un’iniziativa eccezionale per il movimento, che non sarebbe neanche stata concepibile nelle condizioni sociali e politiche dell’anteguerra. E’ la prima volta che il proletariato del Friuli si cimenta in una lotta vasta ed importante come quella che oggi intraprende, costretto dalle sue condizioni economiche diventate ormai insostenibili. Obiettivo dichiarato dello sciopero è costringere le classi dirigenti a prendere provvedimenti per la ripresa economica, fornendo lavoro alla grande massa dei lavoratori rimasti disoccupati dalla mancanza di iniziative produttive.295 Lo sciopero dura quattro giorni, da lunedì 24 a giovedì 27 maggio. Il primo giorno coincide con l’anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia e ciò infastidisce i borghesi che si vedono disturbate le manifestazioni commemorative. Pur negando la volontarietà della coincidenza, i socialisti non perdono l’occasione di far notare come l’attuale drammatica situazione sia stata determinata dalle conseguenze della mai ancora abbastanza deprecata guerra che ha rovinato la nazione ed in special modo la nostra provincia. Lo sciopero è un imponente movimento, avente come centro Udine. La prima giornata trascorse calma e tranquilla fra la stasi assoluta della vita cittadina. Ferrovie, officine, negozi, tutto era fermo, tutto paralizzato. (...) Squadre di operai con la fascia rossa circolavano per la città per diramare ordini e per vigilare sull’andamento dello sciopero.296 La manifestazione è così imponente da lasciare traccia nella storia ufficiale del fascismo di Chiurco: il 24 vengono segnalate in sciopero le categorie dei ferrovieri, dei tramvieri interprovinciali, dei panettieri, elettricisti e contadini. A Tarcento tremila sovversivi si dirigono verso Udine per partecipare a un comizio il quale viene proibito dall’autorità; essi impediscono il funzionamento del servizio postale. 297 Il giorno successivo le guardie rosse attendono alle porte della città gli operai giunti dalla provincia. Trentamila persone, giunte dopo decine di chilometri a piedi o su carri anche dai paesi più lontani, percorrono Udine in vari cortei che confluiscono al comizio in piazza Umberto I. Qui i dirigenti socialisti parlano contemporaneamente da quattro diversi palchi. Si inneggia in particolare al ruolo svolto nella lotta dai ferrovieri ed al fatto che essi ed i marinai hanno più volte bloccato l’invio di aiuti militari dell’Intesa alla Polonia per combattere la Russia comunista. Durante il corteo con cui si conclude la manifestazione, però, per due volte gli arditi esplodono colpi di moschetto contro la folla. Nel pomeriggio una delegazione della CdL con Cosattini incontra il prefetto, ma non avendo ottenuto risultati si decide di proseguire lo sciopero. Il terzo giorno si organizzano due comizi, il primo alla mattina in Piazza XX Settembre (parla fra gli altri anche il segretario della CdL di Pordenone Sanmartino) ed il secondo in serata. Nel pomeriggio il comitato d’agitazione decide di sospendere lo sciopero, visti i telegrammi ricevuti dal governo. Ma, mentre la folla attende alle 18.30 che inizi il comizio (indetto per mezz’ora dopo sotto la loggia municipale a causa della pioggia) un gruppo di arditi si pone all’ingresso del castello e spara sulla folla inerme, provocando la morte di un manifestante ed alcuni feriti. Fra le reazioni si conta anche l’assalto non riuscito ad un’armeria, per procurarsi le armi per difendersi dalle ormai continue aggressioni intenzionali delle truppe speciali. L’eccidio provoca la prosecuzione dello sciopero per protesta. Nella città la tensione non cala, con le forze di polizia mobilitate a strappare il manifesto del comitato d’agitazione: i manifestanti lo impediscono aggredendo un delegato di Ps in Via della Prefettura e per poco non si arriva ad un’altra sparatoria da parte dei carabinieri. Alle 11 Cosattini parla in Piazza Vittorio Emanuele, invitando alla calma ed illustrando i risultati ottenuti dallo sciopero. Mentre si riaffiggono i manifesti e se ne stampa uno nuovo per invitare tutti al funerale dell’ucciso - il diciottenne Ferruccio Cargnelutti - la CdL ordina il sequestro de Il Gazzettino per la parzialità tenuta dal quotidiano veneziano nel dar conto degli avvenimenti. Le quattro giornate si concludono alle 17.30 con il corteo delle leghe operaie LF, n. 21 del 23 maggio 1920, pagg. 3 e 4, Il “Caporetto” dei neri a Pordenone e TORRE di PORDENONE, “Al di sopra della mischia”, dopo la lezione di domenica, lettera aperta di Pietro Sartor a nome della sezione socialista. 295 LF, supplemento al n. 21, 24 maggio 1920, LO SCIOPERO GENERALE IN FRIULI. Lavoratori, fiancheggiate i disoccupati nella loro formidabile lotta! Fino alla vittoria. 296 Roberto Barraco colloca per una svista un lasciapassare, rilasciato il 26 maggio 1920 dalla Camera del Lavoro di Pordenone, nella successiva fase della resistenza antifascista e dell’organizzazione degli Arditi del Popolo: cfr. (BARRACO, Roberto), cit., pag. 113. 297 CHIURCO, Giorgio Alberto, volume primo, cit. , pag. 51. La Storia della rivoluzione fascista di Chiurco è un’opera a carattere quasi ufficiale. Chirurgo dell’Università di Siena, è il capo del fascismo senese e negli anni successivi raccoglie abbondante materiale grazie al sostegno della segreteria del Pnf. Ne trae un’opera compilativa, dove la cronaca quotidiana degli avvenimenti si sovrappone alla riproduzione di testi e discorsi, con alcuni inserti che narrano lo sviluppo del fascismo nei singoli territori. Un’opera ovviamente a tema: per Chiurco, esule dalmata, il fascismo è il movimento di riscatto nazionale contro le forze della sovversione, dedite al complotto (grazie anche alla presenza di sobillatori stranieri) alla preparazione - i comunisti - di imboscate e - gli anarchici - di attentati. Ne risulta un noioso western in cui i fascisti non fanno altro che reagire alle provocazioni, ovviamente trionfando sui perfidi e codardi musi rossi. Dal resoconto di Chiurco emerge la realtà di centinaia di vittime fasciste, anche s’egli in appendice coopta tutti i carabinieri morti o feriti dal 1919 al 1922, in un impeto di unificazione fra le forze dello Stato e quelle del fascismo: in realtà questa è una mossa storiograficamente scorretta, in quanto, se non si può certo negare il ruolo antipopolare della repressione compiuta in quegli anni da carabinieri e guardie regie, ciò non può essere se non solo parzialmente assimilato al fascismo. Ad esempio, sono inseriti nel lungo elenco i due carabinieri feriti ad Aviano il 4 marzo 1920 per difendere il commissario prefettizio dai manifestanti: il fascismo non esisteva ancora ed in tal caso a confrontarsi erano i disoccupati inferociti e le forze dello Stato, che pochi mesi prima si erano rese responsabili dell’uccisione di un manifestante nella stessa città. E’ comunque interessante fare una proiezione fra le centinaia di morti e feriti fascisti (gli aggressori) e le loro vittime: quante migliaia complessivamente? Si noti per inciso che Chiurco si guarda bene dal fare un elenco anche delle vittime fra le guardie regie, odiate dai socialisti per i loro interventi popolari ma evidentemente meno manovrabili dal fascismo. Cfr. le pagg. 460-493, ed in particolare 469. Cfr. la biografia di Chiurco, fascista fino all’ultimo e criminale di guerra, in: FRANZINELLI, Mimmo, cit., pagg. 201-202. 82 294 che conducono la bara dall’ospedale fino al piazzale del cimitero ove si svolge la commemorazione di Brovelli e Cosattini.298 La repressione militare, che vede coinvolti sia reparti di arditi che di carabinieri, si accompagna ad un clima di repressione nelle caserme, ove si prepara l’ennesima missione militare italiana, in Albania, mentre ci sono ancora soldati che non sono stati congedati dal servizio della precedente guerra. Si aggravano i turni di servizio, si rafforza la propaganda antisocialista, vengono perseguitati i militari che sono trovati a leggere il quotidiano socialista Avanti! o quello anarchico Umanità Nova. Ma la repressione non ostacola la rivolta che serpeggia fra i militari, e che anticipa la definitiva cacciata degli italiani dalla loro ultima testa di ponte nel sud albanese: è Chiurco a segnalarci che il 2 luglio, sobillati dagli anarchici, cento soldati si ammutinano a Cervignano per non partire per l’Albania. In agosto l’Italia dichiara di rinunciare a Valona.299 Se gli avvenimenti centrali si svolgono nel capoluogo di provincia, lo sciopero tocca tutta la realtà operaia friulana. Come scrive il segretario della CdL, è bastato un cenno, un avviso, una staffetta, perché la vita si arrestasse in tutta la provincia; dalle ferrovie del basso Friuli, alle alte centrali del Cellina, dai negozi ai servizi pubblici, dal basso Tagliamento al canal del Ferro. Non ci fu una defezione, non ci fu un tradimento. Per quattro giorni consecutivi il proletariato friulano ha dato esempio tale di compattezza, di solidarietà e di sacrificio, che in nessun’altra provincia, neppure in quelle della rossa Romagna, fu mai dato superare. A Pordenone, l’ordine di organizzare lo sciopero lanciato dalle Camere del Lavoro friulane giunge nella serata di sabato 22 e viene diffuso nei paesi da apposite staffette. A Pordenone come a Sacile, a Sacile come a S. Vito, a S. Vito come a Spilimbergo e Maniago, ovunque vi fu esecuzione completa delle disposizioni ricevute. A Pordenone si chiusero completamente i negozi, le osterie, i caffé, gli alberghi. I servizi di trasporti ferroviari pure cessarono. Cessarono del pari i servizi pubblici e parteciparono allo sciopero anche gli addetti al Municipio. Alla mattina alle 10 si tiene il primo grande comizio ove viene votato per acclamazione un ordine del giorno, che viene poi portato al sottoprefetto perché lo trasmetta al governo. Ad Aviano si ottenne la sospensione della illuminazione di Udine e la sospensione della illuminazione per Aviano e paesi circonvicini. Il martedì come mercoledì e giovedì si ebbero sempre due comizi, uno alla mattina alle 10, l’altro alla sera alle 6. Imponentissimo per concorso di operai e di contadini fu il Comizio dei Comizi tenutosi il mercoledì. E riuscì del pari grande il Comizio di protesta per l’eccidio di Udine. Comizi del pari furono tenuti a Spilimbergo, a S. Vito ove la situazione si era fatta un po’ grave per l’atteggiamento prepotente della forza pubblica che aveva posto perfino le mitragliatrici all’entrata della caserma dei carabinieri. Nessun incidente di qualche rilievo si ebbe a verificare. Le guardie rosse di controllo furono sempre e ovunque esecutrici di ordini precisi, e le staffette, meravigliose per attività e premura, compirono sempre il servizio di informazione che valse a mantenere unito e compatto il movimento. La Camera del Lavoro era affollata di operai ed il Comitato esecutivo locale era costantemente rappresentato per dare ordini relativi al movimento ed esaudire le richieste che dai privati venivano presentate. La Commissione ebbe cura perché pregiudizio alla massa non derivasse: per questo ai cottimisti accordò il tempo necessario per completare i lavori in corso; per questo assentì che gli impiegati di Banche e del Cotonificio disponessero le paghe compiutesi il venerdì. I cotonifici, richiesti, misero i camion a disposizione della Camera del Lavoro e così si poterono compiere con maggior sollecitudine i servizi di informazione e di aiuto. Il giovedì sera, in seguito alle decisioni del Comitato Centrale, fu dato l’ordine della ripresa del lavoro per il venerdì mattina e comunicati i risultati soddisfacenti della agitazione. Ripetiamo che la solidarietà fu completa; ripetiamo che la massa organizzata si mantenne ed ebbe sempre un contegno correttissimo. E’ appunto questo suo contegno che mentre da una parte le ha accaparrate le simpatie della grande maggioranza, ha disturbato pochissimi sfaccendati della politica, ai quali non sarebbe parso vero un atto di violenza per reclamare la presenza delle Guardie R. a Pordenone e spremere tutta la loro libidine reazionaria contro gli organizzati e contro gli organizzatori. La stampa in mancanza di meglio si limita ad amplificare episodi marginali: emerge fra gli altri l’articolo su Il Gazzettino di C.P., identificato senza dubbi in Carlo Policreti, che si inventa discorsi non fatti dagli oratori socialisti. Gli si ricordano i discorsi di quando egli aspirava a diventare il deputato radicale di Pordenone e tuonava contro le violenze poliziesche, invitando il popolo di prepararsi anche alla violenza per raggiungere le sue contestate rivendicazioni. Policreti arriva ad addebitare ai socialisti anche il lontano omicidio Toffoletti: gli si ricorda come allora candidato rivoluzionario abbia moralmente e materialmente aiutato lo sciopero dei muratori, e se non sia vero che egli abbia anche materialmente e con l’opera e col consiglio, concorso alla difesa degli imputati. Questo vorremmo sapere e vorremmo anche il pubblico ricordasse per giudicare se sono disprezzabili i socialisti che continuano nell’opera loro di organizzazione e di educazione o... gli altri che abbandonato completamente il sacco delle loro convinzioni elettorali, sono passati alla riva della reazione politica più settaria e feroce. Non si può che concludere come tutta la precedente passione politica di Policreti sembri legata solamente alla sua ambizione: passata questa, è rimasto solo il rancore della vendetta per gli alleati che l’hanno abbandonato.300 A parte Policreti, lo stesso Giornale di Udine deve ammettere che il blocco di Pordenone realizzato per quattro giorni dalle guardie rosse è stato totale, impedendo completamente la circolazione di veicoli e facendo scioperare perfino le dattilografe degli studi professionali (anche se con perfidia si sostiene che sono state esentate le dipendenti dello studio di Guido Rosso). Il blocco è così forte da provocare anche la protesta LF, nn. 22 del 6 giugno 1920, pagg. 1 e 2, IL PROLETARIATO FRIULANO ALLA RISCOSSA. Lo Sciopero generale. LF, nn. 21 del 23 maggio 1920, pag. 3, Le gesta della malemerita e 26 del 2 luglio 1920, pag. 1, Voci dalle caserme; CHIURCO, Giorgio Alberto, cit, volume primo, pagg. 67 e 72. Sulle vicende albanesi, dalla fragile indipendenza nel 1913 alla guerra mondiale combattuta sul suolo albanese fra austroungarici da un lato e francesi ed italiani dall’altro, fino agli accordi di pace sottoscritti dopo il ritiro, cfr.: BUCCIOL, Eugenio, Albania, fronte dimenticato della grande guerra, Nuova Dimensione, Portogruaro, 2001. 300 LF, n. 23 del 13 giugno 1920, pag. 3, PORDENONE. Lo sciopero generale. 83 298 299 presso il Ministero degli Interni del presidente delle leghe bianche di affittuari, mezzadri e piccoli proprietari del Sacilese, a causa del blocco di ogni attività commerciale dei loro associati. Reclamo a cui la Sottoprefettura risponde testimoniando di come le leghe bianche non abbiano certo il monopolio del mondo contadino di quel mandamento: Per la raccolta e per la divisione tra proprietari ed affittavoli dei bozzoli ora risolta il partito bianco ed il partito rosso si erano messi in un grande antagonismo perché ognuno di essi cercava di capitanare il movimento e darsi quindi il merito di aver spalleggiato e favorito le domande dei contadini. 301 Non si tratta comunque di un’azione unilaterale da parte degli scioperanti socialisti, ma del concorso incrociato dell’attività delle guardie rosse e della forza pubblica: infatti in occasione dello sciopero generale il prefetto di Udine ordina il divieto della circolazione di tutti gli autoveicoli, eccettuati quelli militari ed addetti ai pubblici esercizi e dispone la chiusura di tutti gli esercizi pubblici.302 Il risultato dello sciopero generale fa commentare al comitato d’agitazione costituito da Psi e CdL che esso costituisce una data con la quale si chiude il periodo d’infanzia del nostro movimento e si apre quello in cui il proletariato friulano entra come forza viva e fattiva nel campo delle competizioni sociali. Dal governo si è ottenuto l’impegno a realizzare un vasto programma di lavori pubblici da iniziare a breve scadenza ed il movimento ha strappato alle amministrazioni locali impegni a realizzare interventi per sostenere l’occupazione. Le cooperative hanno ottenuto la continuazione dei lavori svolti con fondi destinati alla riparazione dei danni di guerra, anche quando oltrepassino lo stanziamento, il pagamento dei lavori iniziati arbitrariamente dai disoccupati, l’introduzione della clausola della revisione dei prezzi contrattuali e l’anticipo del 50% dei pagamenti dei lavori svolti, oltre all’impegno a saldarli completamente a breve termine. Si conclude che troppo giovane è il nostro movimento politico ed economico, fatta eccezione per alcune parti della provincia, perché esso possa consentirci di perseguire oggi maggiori conquiste. Lo scopo essenziale, quello cioè di scuotere, di svegliare con un atto di forza le autorità dormienti, è stato raggiunto. Ma nello stesso tempo ci si sente incerti del risultato. Noi sentiamo però il dovere di dirvi che non ci rendiamo garanti dell’opera loro: una logica e naturale diffidenza ci suggerisce che questa non può essere altro che una tregua d’armi. Con più completa preparazione, con più robusti organismi, se vi sarà bisogno, riaffronteremo la lotta, ed allora soltanto ci sarà dato raggiungere più ampi risultati che sono nei voti e nelle aspirazioni di voi tutti. Giudizio sospeso anche dal segretario della CdL Brovelli, che afferma che le concessioni ottenute coll’odierna agitazione non bastano. I milioni buttati a spizzico, senza criteri, col contagoccie non risolvono nulla. Un programma di lavori organico, che dando lavoro ai disoccupati sia di utilità al paese, un programma di lavori, che dai bacini montani vada alle bonifiche del basso Friuli, un programma di lavori che attraverso la ricostruzione, i rimboschimenti ed i lavori idraulici, ridoni la ricchezza e la pace alla nostra martoriata provincia: ecco ciò che occorre senza indugi. Solo allora il proletariato friulano disarmerà. Ora è ancora sulla breccia, pronto alle nuove battaglie, convinto che solo con la forza potrà aver ragione, convinto anche che la forza egli la possiede, convinto ancor più di adoperarla per far valere i propri diritti.303 Non diversa la valutazione che emerge dal consiglio generale delle leghe della Camera del Lavoro di Pordenone riunitosi domenica 20 giugno, con la partecipazione entusiastica di tutte le leghe (se ne sono costituite altre dieci nel Friuli occidentale nel solo settore edile). Fu dal segretario generale fatta la relazione morale-finanziaria del movimento sindacale che fu approvata dopo animata discussione da parte dei presenti, i quali rilevarono che tutto quanto finora fu fatto era nel limite possibile delle forze disponibili dal nostro organismo. Chiuse la discussione su questo argomento il segretario rilevando la necessità di una maggiore organizzazione nella nostra zona, problema che sarà risolto al più presto con l’assunzione dei nuovi organizzatori e mettendo in chiara luce l’opera svolta da tutti i compagni per far sorgere le Leghe prima, e la Camera del lavoro poi, che conta oggi circa 14 mila organizzati. Vengono in seguito nominate le diverse Commissioni stabilite dallo statuto-regolamento e fatta dal compagno De Gottardo la relazione sulle trattative per i nuovi patti colonici stipulati con l’Agraria di Udine. Il compagno Masutti ha portato inoltre il saluto della Federazione nazionale edile, inneggiando alla organizzazione di tutti i lavoratori salariati. Fu data facoltà inoltre alla Camera del lavoro di invitare ad una riunione tutte le cooperative di lavoro per uno scambio di idee sul movimento sindacale e finanziario delle nostre organizzazioni. Sulla formazione dei Consigli di fabbrica ha parlato il segretario camerale comp. Sanmartino facendo la genesi della formazione illustrandone le rivoluzionarie origini e la necessità che anche a Pordenone venga tentato l’esperimento. Venne salutato alla chiusura da unanimi applausi che dimostrano la maturità della coscienza proletaria della nostra massa. L’assemblea venne chiusa dal compagno avv. Ellero che con appropriate parole auspicò alla redenzione dei lavoratori nella società socialista. 304 7.1.14 - Riprende l’emigrazione. Ma gli impegni presi dal governo non vengono mantenuti. Un mese dopo i socialisti denunciano come alle cooperative non siano giunti i pagamenti promessi mentre le pratiche sono ancora insabbiate dalla burocrazia: così quest’ultime si trovano in una condizione insostenibile anche di fronte agli operai che reclamano il pagamento del lavoro fatto. Una sorda agitazione pertanto serpeggia fra le masse lavoratrici, agitazione che non Cfr. i documenti pubblicati da: PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio, cit., pagg. 219-221. ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5.1, Scioperi e disordini; agitazioni operaie: telegrammi prefettizi del 24 e 29 maggio 1920; minuta provvedimento del Regio Commissario del 24 maggio 1920; ordine di chiusura dei pubblici esercizi e firme per presa d’atto degli esercenti del 24 maggio 1920. Il regio commissario di Aviano invia la notifica a tutti gli esercenti. 303 LF, n. 22 del 6 giugno 1920, pagg. 1 e 2, IL PROLETARIATO FRIULANO ALLA RISCOSSA. Federazione Provinc. Socialista e Camera del Lavoro e La prima battaglia. 304 LF, n. 25 del 27 giugno 1920, pag. 4, Assemblea generale delle Leghe e Movimento sindacale edile. 84 301 302 potrà a lungo esser contenuta. Inoltre l’ufficio tecnico di Udine del Ministero per le Terre Liberate, violando gli accordi, indice gare d’appalto fra cooperative ed impresari. Il segretario della Federazione delle cooperative di lavoro invia quindi all’ispettore dell’ufficio tecnico una lettera di protesta, annunciando a breve la ripresa delle agitazioni. Tale è la situazione anche della Cooperativa di Cordenons, che avanza più di centomila lire dal Magistrato delle Acque e di quella di Pordenone, che ne avanza quarantamila dal Ministero per le Terre Liberate, nonostante siano stati da tempo completati gli stati di avanzamento lavori. 305 Il Cotonificio Veneziano di Torre ritorna alla carica con la richiesta di compilare una lista di 35 operai da licenziare, precedentemente respinta dal sindacato. Il muratore Carlo Manzon, che era fra i predestinati, si offre di compilarne lui una, ma questa iniziativa gli frutta solo il fatto di essere - lui - per ora espulso dalla Lega e, su richiesta dei compagni di lavoro, licenziato. Anche in altre imprese edili è necessaria l’azione di controllo e denuncia della Sezione Edile, soprattutto relativamente al mancato prelievo in busta paga dei contributi sindacali.306 Si inizia la sottoscrizione del prestito comunista lanciato come una tassazione di guerra del proletariato dal consiglio nazionale del Psi, con l’obiettivo di rafforzare l’organizzazione del partito (inadeguata all’affluire dei nuovi iscritti, che hanno passato i centocinquantamila e soprattutto al suo ruolo rivoluzionario) e soprattutto di costruirla nel Sud. Ma se per l’avvocato Guido Rosso non è un problema versare cinquanta lire alla sezione di Torre, per gli altri compagni (che designano Antonio Giusti a fare da collettore) il versamento della quota minima di venticinque lire è problematico e tale da imporne la rateizzazione.307 Le lotte dei lavoratori vengono sostenute anche con iniziative sul piano culturale. Si costituisce un Circolo filodrammatico proletario, che realizza al Teatro Polini la sua prima rappresentazione sabato 26 giugno. Il titolo del dramma è inequivocabile: La disoccupazione, e la messa in scena, nella sala quasi piena, unisce gli attori, dilettanti con le loro inevitabili incertezze e crisi di panico ed il pubblico, tutti esclusivamente di estrazione operaia.308 A Torre fervono le iniziative rivolte ai giovani: la sezione promuove un circolo giovanile socialista. Si sta costituendo anche qui un Circolo filodrammatico, costituito dai giovani del Circolo di cultura. Nei confronti dei molti giovani che con tanto entusiasmo abbracciano la nostra fede l’atteggiamento del partito appare sospeso, fra il monito di trovarsi di fronte ad un cammino aspro e difficile che solo la fede può rendere sopportabile e l’approccio didattico e ricreativo. Sempre per i giovani rimane aperta tutte le sere la Casa del Popolo. Vengano numerosi: troveranno il giornale, la parola dei più anziani e nello stesso tempo il mezzo di divertirsi.309 Domenica 11 luglio si tiene ad Udine il congresso provinciale socialista. Sono rappresentate 45 sezioni socialiste, 60 leghe di resistenza, una ventina di cooperative e numerosi circoli e sezioni giovanili. Alla presidenza sono chiamati Sanmartino di Pordenone e Tonet di Monfalcone. Felice Feruglio svolge la relazione sulle elezioni amministrative, richiamando le decisioni del comitato della federazione del 27 giugno. In ogni centro ove esista la sezione del Psi, questa deve presentare la sua lista; ove esistano organizzazioni operaie aderenti alla CdL, sono queste che devono presentare la lista, con l’appoggio convinto del partito. In tal modo sarà raggiunto il duplice scopo di attenersi ai deliberati della Direzione e di dare la possibilità al proletariato organizzato di insediarsi nel maggior numero di Comuni al fine precipuo di addestrarsi a quel governo che ineluttabilmente passerà nelle sue mani creando nello stesso tempo in embrione quei Consigli di lavoratori che saranno le istituzioni dell’avvenire. La proposta, sostenuta da Cosattini, suscita un vivace dibattito, nel quale intervengono fra gli altri Sanmartino, Masutti e Buffolo di Sarone. Alla fine viene approvato all’unanimità un ordine del giorno che la recepisce: Considerate poi le condizioni del Friuli riguardo all’organizzazione socialista, decide di appoggiare le organizzazioni economiche aderenti alla Camera del Lavoro laddove mancando Sezioni di Partito, le prime volessero conquistare i Comuni; delibera di concentrare tutte le forze per la conquista della provincia da parte del Partito. Lo sviluppo del partito non permette ancora di avere a disposizione organizzazioni locali ramificate e disciplinate (e capaci di garantire una adeguata capacità gestionale), per cui è giocoforsa delegare all’organizzazione sindacale la rappresentatività del movimento socialista in molte situazioni. La radicalizzazione della situazione sociale e politica appare dalle parole delle relazioni pomeridiane sull’azione politica. Il primo relatore è Mauro Scoccimarro, che già la mattina era intervenuto sulla situazione organizzativa del partito, invitando ad un maggiore coordinamento e disciplina fra federazione ed organizzazioni locali. Ad imitazione di quanto s’è già fatto nella Venezia Giulia, propone l’istituzione di una scuola per propagandisti: fa presente l’urgente necessità di costituire sezioni giovanili a fianco di ogni sezione di adulti; di istituire pure al più presto ciclisti e guardie rosse. A questo proposito tratta dettagliatamente sulla modalità di costituzione di questi organi, destinati ad uno scopo importantissimo nei nostri frequenti e vasti movimenti. Il comp. Sanmartino svolge un suo ordine del giorno sulla costituzione dei Soviet in Friuli, prendendo esempio da quanto si sta facendo in altri centri e tenuto conto del periodo dinamico che LF, n. 26 del 2 luglio 1920, pag. 2, La grave situazione delle Cooperative di Lavoro. L’ostruzionismo del Governo e pag. 4, PORDENONE. 306 LF, nn. 26 del 2 luglio 1920, pag. 4, TORRE di PORDENONE. Un esempio e 28 del 18 luglio 1920, pag. 4, Si rispetti il contratto di lavoro. 307 LF, nn. 23 del 13 giugno 1920, pag. 1, PARTITO SOCIALISTA ITALIANO. Prestito Comunista. Appello al Proletariato d’Italia e 26 del 2 luglio 1920, pag. 2, TORRE di PORDENONE. Un esempio e Prestito comunista. 308 LF, n. 26 del 2 luglio 1920, pag. 4, Il circolo filodrammatico proletario. 309 LF, n. 27 dell’11 luglio 1920, pag. 4, TORRE di PORDENONE. Movimento giovanile e Circolo filodrammatico. 85 305 attraversiamo che ci deve trovare preparati ad ogni evento. L’importante e grave problema viene però rimandato ad altro Congresso da tenersi prossimamente. Il congresso discute poi della relazione del segretario della CdL Brovelli sulle vertenze degli edili, dei lavoratori del settore alberghiero e dei ferrovieri; si passa infine a discutere della relazione di Chino Ermacora sulla stampa. Viene infine eletto il nuovo comitato della federazione.310 Ma mentre il movimento socialista si pone il problema del consolidamento, riprende l’emigrazione in forme selvagge, grazie alla condizione di disperazione della gran massa di disoccupati friulani. La legislazione in vigore viene sistematicamente disattesa, grazie soprattutto a quegli uffici che indirizzano gli emigranti all’estero senza adeguate garanzie, mettendoli nelle mani di sfruttatori senza scrupoli: l’attacco è in particolare diretto contro don Lozer. Dalla nostra provincia in generale e da Pordenone in particolare continuamente affluiscono al confine francese nostri emigranti, muniti di solo passaporto, privi di contratti di lavoro vistati dalla competente autorità. Non potendo in tali condizioni varcare la frontiera, con grande perdita di tempo e di denaro si mettono alla ricerca di una via qualsiasi per sottrarsi a tale dolorosa situazione, finché privi di mezzi finiscono col diventare oggetto di losche speculazioni. E’ risaputo da tutti ormai, che arruolatori clandestini di mano d’opera hanno scorazzato in lungo ed in largo il nostro Friuli, ingaggiando con inganni d’ogni sorta uomini e donne affamati. Ricoperti di stracci han preso i miseri la via dell’esilio, terminando, senza assistenza e senza tutela, facile preda di un qualsiasi vampiro del Capitalismo straniero, al quale non sarà parso vero di succhiare sangue ed anima a questi disgraziati figli della Vittoriosa Italia. E le autorità e gli uffici competenti non hanno mai pensato a porre un freno a questo scandaloso commercio di carne umana. Anzi ed i fatti ci autorizzano a dirlo, questi tristi mercanti hanno operato con il loro beneplacito e con il loro aiuto. Prefettura, Ufficio del Lavoro e Segretariato di Pordenone collaborano attivamente nell’inviare in Francia lavoratori privi di contratto di lavoro. L’obiettivo sotteso all’alleanza fra potere e popolari è evidente. Si mira a sfollare in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo i nostri mercati di lavoro, si tende a por fine a quella congestione di mano d’opera che attraverso frequenti agitazioni sociali costituisce un continuo pericolo all’ordine pubblico. E mentre nulla si fa per offrire lavoro per la ricostruzione del Friuli e si costringono i lavoratori all’emigrazione senza garanzie, la loro opera feconda riporterà vita e ricchezza in altri paesi, in altre contrade, e noi rimarremo qui schiavi (...). Alla denuncia socialista replicano con grande rilievo Coren, direttore dell’Ufficio Provinciale del Lavoro e don Lozer. Il primo accusa i socialisti di voler far incancrenire la disoccupazione, arrivando perfino ad argomentare che per i friulani l’emigrazione è più una predispozione etnica che una necessità economica. Da parte socialista si risponde accusando gli uffici controllati dai popolari di coprire colpevolmente il commercio di braccia e documentando i casi in cui, inviati dal popolare Biavaschi direttore dell’Ufficio Provinciale del Lavoro o dal parroco di Torre, i lavoratori arrivano ripetutamente al valico di Modane sprovvisti di documentazione o di garanzia. E don Lozer non può che replicare rivendicando solamente la sua buona fede ed il suo disinteresse: è facile per il settimanale socialista replicare come il suo attivismo nel tessere contatti con il consolato francese di Venezia, inviando poi gli operai allo sbaraglio senza contratti scritti, sia irresponsabile. Don Lozer fra l’altro afferma di non discriminare assolutamente gli operai socialisti che si rivolgono al suo Segretariato: ma viene subito smentito da un operaio pordenonese che si è visto negare ogni assistenza nelle sue procedure di emigrazione in America.311 L’accusa è tutt’altro che infondata: l’uso politico dell’emigrazione per colpire il movimento socialista è decisamente testimoniato da una lettera stilata nel settembre successivo dal commissario regio di Aviano, Fabris, che afferma di aver deliberatamente provveduto a licenziare - d’accordo con il presidente del Consorzio per la ferrovia Pordenone-Aviano, Carlo Policreti - trecento operai per i quali ci sarebbe stato comunque lavoro, per costringerli ad andarsene all’estero: obiettivo raggiunto per una comitiva di sessanta di loro, fra i quali una squadra di veri turbatori dell’ordine pubblico . Decisamente i sostenitori della “teoria del complotto” capitalistico contro il movimento operaio rischiano di essere più realistici di quanto normalmente si sia disposti ad ammettere.312 Un episodio narrato dallo stesso Lozer testimonia di come il giudizio negativo dei socialisti nei suoi confronti sia tutt’altro che isolato o pregiudiziale: l’anno successivo, durante un congresso dei Segretariati dell’Emigrazione tenutosi a Venezia, sarà addirittura il Commissario generale per l’emigrazione comm. Giuseppe De Michelis ad accusare apertamente il Segretariato di Pordenone di favorire l’emigrazione clandestina.313 Per parte nostra, lungi dal voler contestare la buona fede del parroco di Torre, ci permettiamo di far notare l’impostazione puramente assistenziale e pastorale del segretariato cattolico, assolutamente avulsa dal lavoro di tipo sindacale internazionale tipico dei Segretariati dell’Emigrazione socialisti dell’anteguerra: una diversità che non solo è tutt’altro che ideologica, ma che ha permesso nei decenni LF, n. 28 del 18 luglio 1920, pag. 1, IL CONGRESSO delle Organizzazioni Socialiste e Proletarie del Friuli. Del nuovo comitato della federazione risultano far parte per l’area del Friuli occidentale: Michele Sanmartino e Giovanni Gobbo di Pordenone, Guido Sedran di Spilimbergo e Francesco Lancelotti di Sacile. 311 LF, nn. 25 del 27 giugno 1920, pag. 1, Sulle vie dell’Emigrazione, 27 dell’11 luglio 1920, pag. 1, In tema di emigrazione e 29 del 25 luglio 1920, pagg. 1 e 2, I preti e l’emigrazione. L’ultima autodifesa di don Lozer e 4, La vendetta del pipi. Un altro caso di invio di quaranta sanvitesi nelle miniere in Romania, in condizioni decisamente peggiori di quelle promesse da don Lozer, viene denunciato da Gioachino Gardin di Prodolone in: LF, n. 40 dell’1 ottobre 1920, pag. 3, Ad majorem patriae gloriam... Odissee di emigranti. 312 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5.1, Scioperi e disordini; agitazioni operaie: minuta della lettera del commissario regio al sottoprefetto di Pordenone: cfr. il testo in appendice. Il documento è stato anche riprodotto in: PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio, cit., pag. 191. 313 LOZER, Giuseppe, Ricordi di un prete, cit., pagg. 50-51. 86 310 precedenti grandi conquiste sociali per gli emigranti italiani ed i loro compagni di lavoro dei paesi di emigrazione; conquiste che rimangono un merito indiscusso del socialismo italiano e particolarmente friulano, mentre sui segretariati cattolici pesa la responsabilità di aver contribuito ad indebolire il movimento di lotta. 7.1.15 - Scioperano i commessi. Le otto ore per i cotonieri. Guidati da Pietro Sartor; segretario dell’Associazione impiegati e commessi, i commessi entrano in sciopero a cinquanta giorni dalla presentazione del loro memoriale ai commercianti. Questi ultimi imputano la rottura al contegno eccessivamente rigido di Sartor, mentre da parte socialista si denuncia il rifiuto dei commercianti di venire incontro alle richieste dei loro dipendenti. Le trattative si rompono giovedì 22 luglio con uno scambio di ultimatum fra le due parti: in realtà nessuno in città si aspetta lo sciopero, i commercianti per incredulità e l’opinione pubblica per disattenzione. L’organizzazione e la combattività degli scioperanti stupisce, in questa categoria dispersa in decine di botteghe e nuova all’organizzazione sindacale. Lo sciopero scoppia sabato 24, giorno di mercato. Circa settanta commessi, datosi appuntamento alla loro sede, percorrono la città riuniti in squadre ed impongono la completa chiusura dei negozi. Lo stesso accade a Torre, dove ad opporre un po’ di resistenza alla chiusura è l’Unione Cooperativa di don Lozer. L’accordo viene rapidamente raggiunto nel pomeriggio, per iniziativa di alcuni commercianti che si recano alla Camera del Lavoro a trattare. Ma lo sciopero continua anche lunedì mattina nelle ditte che non hanno ancora firmato l’accordo. Nel frattempo, a mezzogiorno di domenica 25 un gruppo di operai inscena una dimostrazione ostile davanti al municipio, di cui si contesta il ruolo negativo nella vertenza, e davanti all’abitazione di alcuni dei più grossi commercianti: La lezione fu salutare e persuase anche i più restii a mandare la propria adesione. L’azione si conclude con una completa vittoria, sottolineata dal fatto che non solo si tratta della prima vertenza organizzata dalla categoria, ma soprattutto dal fatto che essa si basava più su aspetti morali che economici.314 Domenica 25 si svolge l’assemblea della Sezione Edile. Presiede Mosca e relaziona Masutti sulla situazione sull’attività svolta, nonché sulla sottoscrizione fatta per sostenere i compagni scioperanti del magazzino recuperi. Si nomina il segretario nella persona di Ernesto Oliva, mentre Enrico Marzot ed Angelo Ruspolo sono nominati componenti dell’esecutivo della Camera del Lavoro. Si invita nuovamente ad isolare i pochi crumiri rimasti in città. Sanmartino nelle conclusioni invita a sottoscrivere il prestito comunista per rafforzare l’organizzazione del partito in tutto il paese.315 Negli stessi giorni i tessili strappano un accordo che fa dire che il vecchio Friuli, la terra classica dello schiavo e del servo, sta compiendo la sua trasformazione economico-politica. Quale sia il significato storico di questo accordo, la rottura profonda di un equilibrio di classe che ha oppresso per decenni i lavoratori industriali di Pordenone, è ben sintetizzato in queste poche frasi: Ci permettiamo di ricordarvi egregi signori il tempo in cui un’operaia non riusciva a guadagnarsi una misera lira al giorno, mentre voi magnanimi, in cambio della vostra generosità esigevate che la medesima operaia lavorasse fino allo sfinimento per undici e dodici ore, non solo di giorno ma anche di notte, entro locali privi d’aria fra le pestifere esalazioni della materia in lavorazione. Le conquiste odierne rappresentano modifiche radicali con la condizione preesistente, e segnano la modifica dei rapporti di forza prodotti dall’organizzazione operaia. L’orario non è più di undici-dodici ore al giorno ma di sette-otto; la paga non è più della lira per l’operaia ma di 10 e più lire. Di fronte a queste conquiste, appare come remoto il pericolo rappresentato dalla reazione di classe, che ritiene intollerabile l’attuale movimento di emancipazione e comincia a fare le sue prime vittime con l’attacco al quotidiano socialista a Milano. Ah! egregie dame italiane! Create pure la “santa crociata contro il lusso operaio” per poter salvaguardare il “vostro” lusso; e voi egregi pescicani cascamisti, truffatori e ladri fate pure assaltare l’”Avanti!” dalle vostre bande di sicari gallonati, mandate pure la guardia regia e l’ardito a fucilare gl’inermi operai. Tutto sarà vano poiché l’avvenire è di quest’ultimi, ineluttabilmente.316 I consigli delle leghe dei tessili degli stabilimenti di Pordenone, Torre, Rorai, Fiume, Cordenons e della Tessitura di Bagnara di Cordovado si riuniscono domenica 8 agosto alla Camera del Lavoro per valutare gli accordi sottoscritti e confermare l’elezione del nuovo segretario rag. Ettore Rusca, che in questa occasione farà la loro conoscenza. Intanto la commissione esecutiva della Lega dei falegnami fustiga gli aderenti che non hanno ancora contribuito al fondo di solidarietà con i compagni lombardi in sciopero da cinquanta giorni e convoca l’assemblea della categoria per venerdì 13. Intanto si costituiscono in Lega i barbieri; si segnala che ormai rimangono da organizzare solo i lavoratori della mensa.317 Lunedì 26 si riunisce la sezione socialista di Torre alla Casa del Popolo, per discutere della gestione annonaria del comune. Vengono votati due ordini del giorno: “La Sezione Socialista e l’Organizzazione Operaia di Torre, esaminata la situazione annonaria creata nel Comune in questi ultimi tempi, osservata la posizione antiproletaria presa dal Comune nella vertenza con i commessi, studiata la posizione dei suoi rappresentanti Maroder, Gobbo, Sartor in seno alla Commissione d’Annona, mentre approvano il loro operato, ritirano nello stesso tempo il mandato loro concesso per non dividere responsabilità in errori in cui non hanno avuto nessuna parte”. “La Sezione Socialista e l’Organizzazione Operaia di Torre, presa in esame la cattiva situazione annonaria LF, n. 30 del 31 luglio 1920, pag. 3, Lo sciopero dei commessi. LF, n. 30 del 31 luglio 1920, pag. 3, Assemblea degli edili. 316 LF, n. 31 dell’8 agosto 1920, pag. 4, Vittoria dei Tessili , articolo siglato F. B. 317 LF, n. 31 dell’8 agosto 1920, pag. 4, Riunione dei tessili, Lega lavoranti legno, Formazione Lega Barbieri e Nuovo Segretario. 87 314 315 del Comune; persuase che la responsabilità risale a vecchi errori della Commissione d’Annona e quindi del Comune, delibera di agitare, tra i lavoratori, la questione per mezzo della stampa e di pubblici comizi”. 318 E’ sempre la sezione socialista di Torre a denunciare come, mentre le scuole sono chiuse, i preti aprono un ricreatorio al costo di dieci lire al mese: sarebbe invece obbligo del comune fornire un servizio analogo per togliere i bambini dalla strada. La commissione esecutiva della Lega dei tessili scrive in questo senso al direttore delle scuole elementari, chiedendogli di istituire un Ricreatorio che raccolga durante le vacanze i figli degli operai.319 Il 28 luglio passa per Pordenone il grande propagandista anarchico Errico Malatesta, in visita ad una nipote sposata con l’oste Bardusco a Ranzano di Fontanafredda. Gli accade un episodio che viene commentato, oltre che da lui che assiste alla scena sbellicandosi dalle risa, anche dal settimanale socialista. Uno dei poliziotti che lo pedina immancabilmente si spaccia per veterinario e pretende di visitare una mucca del Bardusco. Fin qui niente di particolarmente strano, visto l’asfissiante controllo che accompagna il notissimo anarchico: ma l’ignorante questurino si smaschera da sè, prescrivendo per la cura del bovino la non modica quantità di 40 chili di solfato di rame e di 10 chili di nitrato d’argento! Decisamente le montagne di barzellette sui nostri patrii tutori dell’ordine sono ben giustificate.320 7.1.16 - Fra consigli di fabbrica, soviet e comuni socialisti. Il 15 agosto si riunisce alla Camera del Lavoro di Udine il Comitato della Federazione provinciale socialista. Sono presenti Scoccimarro, Feruglio e Viezzi per Udine, Del Gobbo per Pordenone, Bosi per Sacile, Pascoli per Tolmezzo, Chiaruttini per San Giorgio di Nogaro, Marchi per Cividale ed Ermacora per Tarcento. La discussione è orientata in senso tutt’altro che rivoluzionario, come si può arguire dalla breve sintesi seguente: Sul primo comma dell’ordine del giorno, “Consigli di Fabbrica e Soviet” non si discusse lungamente, domandando alle organizzazioni economiche lo studio dei primi, perché la loro costituzione possa avvenire nei centri industrialmente più sviluppati; per i secondi, non ritenendosi ancora possibile la loro costituzione da noi, date le speciali condizioni della provincia, si stabilisce di farne oggetto di studio, attenendosi al deliberato del Consiglio nazionale. L’istituzione dei consigli di fabbrica viene quindi confinata ad un ambito puramente sindacale, possibile solo in quelle rare realtà connotate dalla grande industria moderna; la valenza di autogoverno rivoluzionario dei produttori di questi organismi, omologhi del soviet russi, non viene compresa, oppure viene vissuta come estranea alla concreta realtà delle campagne friulane. Vivace invece è la discussione sulle elezioni amministrative che avranno luogo di lì a due mesi: quello che divide gli intervenuti non è la linea politica, ma i casi concreti di applicazione alle singole località. L’obiettivo è quello di confermare il successo delle politiche dell’anno precedente e di conquistare i comuni, attraverso l’applicazione uniforme delle decisioni prese precedentemente, evitando di seminare la confusione fra i compagni. Deve essere precisa la distinzione ed il sostegno reciproco fra liste espressione delle organizzazioni economiche e delle sezioni del partito; in caso di coesistenza e di prevalenza dell’organizzazione economica nella formazione della lista, il Psi limiterà solo ad alcuni aspetti la sua collaborazione, senza dare legittimità politica all’amministrazione conquistata. Ma viene interdetto agli astensionisti, cui si riconosce legittimità di diversa scelta politica nella lotta per il potere, di fare propaganda esterna in questa fase.321 Nelle settimane successive viene pubblicato a puntate un editoriale sulle funzioni del comune socialista. Il punto di partenza è che il possibile dilagare dei socialisti nelle amministrazioni locali può mettere in crisi la gestione borghese dello Stato: questo costituisce la preoccupazione che riunisce tutte le componenti dello schieramento politico in funzione antisocialista. La potenziale funzione politica antagonista del comune socialista deriva dal fatto di essere questo organismo, quando si affianchi alla sezione del Psi, alla cooperativa ed al sindacato, uno degli strumenti con cui il proletariato combatte la compagine statale mentre crea strutture a difesa dei propri interessi. Gli organismi comunali in Italia sono privi di autonomia, sottoposti al ferreo controllo dello Stato. D’altronde essi, come gli strumenti parlamentari, non possono essere concepiti come elementi fondanti del futuro Stato socialista, che dovrà invece basarsi sui consigli dei lavoratori, sul modello sovietico. I comuni comunque vanno conquistati, perché la battaglia socialista deve essere portata ovunque, soprattutto propagandando la vanità della piccola proprietà e la convenienza della coltivazione collettiva nei comuni rurali, la realizzazione di servizi pubblici in quelli urbani. Ma degli stessi limiti operativi delle amministrazioni locali devono essere avvertiti gli elettori, per evitare facili entusiasmi ed altrettanto facili delusioni. La conquista dei comuni deve servire come luogo di lancio della battaglia contro lo Stato: essi devono essere momenti di sostegno di tutte le lotte socialiste. Essi quindi non dovranno piegarsi alle imposizioni statali, ma anzi essere utilizzati come strumenti di parte del proletariato socialista, nella sua battaglia per la conquista del potere. Una battaglia in cui va messo in conto che ogni conquista, anche LF, n. 30 del 31 luglio 1920, pag. 3, TORRE di PORDENONE. LF, nn. 30 del 31 luglio 1920, pag. 3, TORRE di PORDENONE. Le scuole sono chiuse e 32 del 15 agosto 1920, pag. 4, TORRE di PORDENONE. Per un Ricreatorio. 320 LF, n. 33 del 22 agosto 1920, pag. 4, Malatesta e un poliziotto. 321 LF, n. 34 del 29 agosto 1920, pagg. 1 e 2, Federazione Provinciale Socialista. Riunione del Comitato. 88 318 319 piccola, dovrà essere strappata dalla forza del movimento di piazza, perché la borghesia non si farà espropriare per legge, ma metterà in campo tutta la violenza in suo possesso. Come si vede, si tratta di un’impostazione strategica diversa da quella contenuta nell’articolo pubblicato da Piccini nell’aprile precedente. La conquista dei comuni fuoriesce dall’orizzonte riformistico, per costituire una tappa del processo rivoluzionario di conquista del potere politico. Da questo punto di vista, i comuni socialisti sono una tappa nella trasformazione del potere locale in quello dei consigli dei lavoratori: ma questo non significa porsi una piattaforma che permetta di esaltare al massimo le potenzialità di questi strumenti. Ed allora la piattaforma si arricchisce di una serie di rivendicazioni profondamente autonomistiche: in primo luogo la fine del sistema di controlli prefettizi che vincola i comuni nel modo più assoluto, passando il controllo di legalità esercitato da prefetti e sottoprefetti ad organismi tecnici eletti dai comuni stessi, mentre il controllo di merito deve passare dalle Giunta provinciale amministrativa al giudizio popolare. Questa riforma del sistema dei controlli, che anticipa per molti versi quella che sarà attuata solo dagli anni Settanta alla fine del Ventesimo Secolo con l’istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali e poi più tardi con i provvedimenti denominati “Legge Bassanini”, deve essere accompagnata da un’espansione della sfera di competenza degli enti locali e delle risorse a loro disposizione, in una logica di crescente pubblicizzazione di attività e servizi. In conclusione, la battaglia per la conquista di una vasta autonomia comunale prefigura un’espansione della sfera di governo pubblica sull’economia e la società e la sperimentazione di forme di governo dal basso che mettono in discussione lo stato borghese. Lungi dal rappresentare un’alternativa ai soviet, l’autonomia comunale viene concepita come opposta al decentramento di funzioni dello stato borghese: in futuro anzi varie funzioni oggi amministrate dai comuni andranno meglio collocate in una gestione di tipo statale, mentre i comuni assorbiranno funzioni ora riservate ai privati, da gestire in forma autonoma od associata, per favorire le capacità operative delle piccole realtà amministrative rurali. Lo stesso legame fra battaglia per l’ampliamento dell’autonomia amministrativa in vista della costruzione di un potere socialista, in cui gli organismi politici diventino soprattutto strumenti di governo pubblico dell’economia, viene messo in rilievo nel ragionamento a proposito dell’ente provincia. A questo proposito si nota come, individuando in questo strumento artificiale del diritto pubblico un livello di governo intermedio fra la dimensione statale, troppo estesa per essere governabile, e quella del comune, spesso troppo piccola per essere adeguata a fornire strumenti di gestione, i socialisti sono divisi fra chi pensa di mantenere le province e chi pensa invece di abolirle per far posto alle regioni. Anche questo un dibattito tutt’altro che risolto ancora alla fine del secolo, anche dopo l’istituzione definitiva del sistema regionale in Italia, con l’elezione nel 1970 dei quindici consigli delle regioni a statuto ordinario. Lasciando da parte la discussione sulle prospettive istituzionali, che comunque denota una sovrapposizione fra la progettualità riformista e la linea rivoluzionaria predominante nel partito, si ritiene comunque che la conquista della provincia sia fondamentale sia per dar forza ai comuni socialisti, sia per diminuire l’opposizione proveniente dai comuni in mano alle forze borghesi e dalle istituzioni statali, soprattutto grazie alla conquista della maggioranza della Giunta provinciale amministrativa. I componenti della Giunta provinciale amministrativa debbono anzi essere pronti a coprire con il loro voto le decisioni illegali prese dai comuni socialisti, nella prospettiva dell’eversione delle istituzioni borghesi. Ma la gestione della provincia può essere importante, sul piano amministrativo, per operare in tre settori fondamentali per le masse popolari, come la sanità, l’assistenza e l’istruzione, da trasformare da concessioni del potere verso i poveri in moderni diritti esigibili dai lavoratori, combattendo d’altro canto l’oscurantismo clericale che domina nelle campagne. Così come fondamentale appare l’abnegazione degli amministratori votati a conquistare i piccoli comuni rurali, dove la massa lavoratrice è oppressa da un gruppo di maggiorenti, uniti al prete cattolico ed al segretario comunale nel subordinare le attività pubbliche a quelle della proprietà terriera. In questo caso gli amministratori si pongono sulle spalle un compito che non è solo di dirigenti politici, ma di veri e propri organizzatori della piccola macchina comunale, che può cambiare di indirizzo solo grazie al loro sforzo di cambiare lo stile delle relazioni ed i rapporti molecolari del potere locale.322 Per orientare la scelta dei candidati alle elezioni amministrative, si pubblica la direttiva diffusa dal segretario del Psi Egidio Gennari, che fin dalle prime righe si richiama a quanto fissato dal secondo congresso dell’Internazionale Comunista. Il Partito deve rinunciare all’abitudine di scegliere i suoi rappresentanti sopratutto fra gli appartenenti alle professioni liberali (avvocati, ecc.); la regola è invece quella di scegliere i candidati fra gli operai, senza timore della loro inesperienza. I Partiti Comunisti debbono respingere senza pietà e con disprezzo gli elementi arrivati che si introducono nel Partito alla vigilia delle elezioni col solo scopo di coprire cariche rappresentative. Non si debbono approvare che le candidature di persone che pel loro passato hanno dato prova indiscutibile della loro devozione alla causa operaia. I candidati debbono essere rigorosamente iscritti al partito; ove non ci siano iscritti oppure questi non siano sufficienti, il partito deve battersi solo per la conquista della minoranza oppure solo per motivi di bandiera, poiché la propaganda delle idee comuniste deve prevalere sulla ricerca del successo elettorale ad ogni costo. Le iscrizioni devono datare da due anni, con limitato ricorso alle deroghe, che però debbono almeno essere compensate da adeguata anzianità di iscrizione nelle organizzazioni economiche. Le sezioni LF, nn. 35 del 5 settembre 1920, pag. 1, Il Comune Socialista , 36 del 12 settembre 1920, pag. 1 e 37 del 19 settembre 1920,stesso titolo, 39 del 3 ottobre 1920, pag. 1, Provincia Socialista e IL COMUNE RURALE e 40 del 10 ottobre 1920, pag. 1, I comandamenti del sindaco socialista. Cfr. i testi in appendice. 89 322 dovranno sottoporre alle federazioni provinciali le loro scelte, consegnando a queste anche la possibilità di alterare parzialmente le liste proposte. La disciplina dei candidati, visto il momento rivoluzionario, deve essere assoluta: compresa la dispobilità a dimettersi dall’eventuale incarico ottenuto su richiesta del partito. Si precisi che la lotta elettorale deve principalmente servire a manifestare il vasto consenso delle masse al Partito e ai suoi metodi di lotta che deve agevolare e preparare ben altre battaglie. Anziché deprimere ed affievolire la conquista dei Comuni e delle Provincie, deve insomma aumentare ed acuire la capacità e lo spirito rivoluzionario del proletariato.323 7.1.17 - Per la Casa del Popolo a Pordenone. A Pordenone i socialisti denunciano le minacce di intervento della cavalleria nei confronti dello sciopero per la mancanza di pane, mentre il comune, in questa situazione di carenza alimentare, mantiene un magazzino ed un custode ove vengono lasciate deperire vettovaglie destinate ai poveri. Agitazioni locali e spirito internazionalistico si sommano: il 29 agosto i lavoratori del pordenonese chiamati a raccolta dalla locale Sezione Socialista e Camera del Lavoro, in numeroso corteo sfilarono per le principali via della città, cantando gli inni nostri ed acclamando alla Russia, portandosi in seguito in piazza del Moto dove i compagni Sanmartino, Mosca e Rusca fra scroscianti applausi dissero dell’opera nefasta dell’Intesa bollando a fuoco la politica falsa dei vari Nitti e Giolitti, senza dimenticare poi, di mettere a nudo le falsità della stampa borghese ricordando la Libia e il 1914 ecc. ecc. Diventano una manifestazione anche i funerali civili del socialista Antonio Modolo, morto mentre si recava al lavoro: martedì 31 agosto essi si svolgono in Piazza Municipio, organizzati dalla Camera del Lavoro, con il discorso del compagno Mosca. Vengono anche raccolte 500 lire di sottoscrizione per la famiglia.324 Intanto i radicali friulani, dopo la sconfitta patita nelle elezioni politiche del 1919 da parte della lista del Fascio da essi promossa, iniziano a trasferirsi nella nuova formazione del Partito del Lavoro, promossa ad Udine dall’ing. Fachini, che è anche il fondatore della Lega degli industriali della provincia. Alla nuova formazione aderiscono dal principio sia Girardini che Pecile, con l’obiettivo di riconquistare la guida del capoluogo mantenuta ininterrottamente dal principio del secolo.325 Anche le celebrazioni del Venti Settembre a Pordenone misurano quanto si sia creato un solco incolmabile tra il radicalismo ed il socialismo in città. Da parte dei democratici liberali si indice un giorno di festa in città, mentre dilagano disoccupazione e fame; i socialisti invece chiamano con un manifesto della Camera del Lavoro i lavoratori ad una giornata di lavoro volontario, per realizzare la sede delle loro attività cittadine, ed affiancare la Casa del Popolo di Pordenone a quella di Torre. L’esigenza di costruire le Case del Popolo si afferma in questo periodo in tutti e due i principali centri della provincia per dare una sede alle organizzazioni operaie e socialiste. Una sede con funzioni particolari, in cui agli scopi più immediatamente organizzativi, resi urgenti dalla forte espansione del movimento di lotta, si uniscono gli storici valori educativi del socialismo. Come afferma il segretario della CdL di Udine Ercole Brovelli, la Casa del Popolo deve essere innanzitutto un luogo di edificazione culturale, letteralmente foderata dai libri che sono il principale strumento di edificazione ed acculturazione del proletariato e contemporaneamente sede di una ricca gamma di attività culturali, dal teatro alla musica al cinematografo, in modo da fornire una completa offerta culturale e ricreativa di alto livello non solo per i lavoratori ma anche per i loro figli nell’orario extrascolastico. Un luogo dove, oltre agli spazi compresi nell’edificio, si affianchi un parco ove alternare attività ludiche e sportive a quelle culturali. L’acculturazione non dev’essere settaria e nella Casa del Popolo gli operai devono potersi confrontare con i giornali di ogni tendenza e di ogni livello, dalla stampa popolare alle riviste scientifiche. Brovelli propone di integrare questa moderna concezione dell’attività educativa con una grande scuola professionale, rivolta alla formazione degli adulti ma anche dei fanciulli, per superare i limiti della istruzione pubblica e legare maggiormente la loro educazione al mondo del lavoro. Ma la Casa del Popolo non dev’essere solo una casa della cultura, ma offrire una gamma completa di servizi per i lavoratori: dalla consulenza medica e giuridica offerta dalle organizzazioni operaie con criteri mutualistici, ad una mensa gestita in forma cooperativa dai lavoratori del settore, ad una foresteria con camere per i compagni di passaggio o per i lavoratori soli senza casa, in modo da sottrarli allo sfruttamento da parte degli osti; non può mancare una grande cooperativa di consumo. Nel suo complesso, la Casa del Popolo non è concepita solo come un centro di servizi oppure un’associazione culturale, ma è un vero e proprio centro propulsore, una anticipazione della società socialista del futuro, organizzata secondo criteri di autogestione dell’associazionismo operaio ed ispirata a criteri di semplicità, efficenza e promozione delle capacità umane.326 E’ proprio in quei mesi che a Torre si regolarizza la situazione proprietaria della Casa del Popolo. Il 10 maggio 1920 viene costituita presso il notaio Toffoli di Pasiano la Società Casa del Popolo di Torre. Tutti LF, n. 36 del 12 settembre 1920, pag. 1, PARTITO SOCIALISTA ITALIANO. Norme per la scelta dei candidati nelle Elezioni Amministrative Comunali e Provinciali. 324 LF, n. 35 del 5 settembre 1920, pag. 4, Raccolto a volo, Comizio pro Russia e Funerali civili. 325 LF, n. 35 del 5 settembre 1920, pag. 2, In attesa delle elezioni amministr. IL PARTITO DEL LAVORO Pecile-GirardiniPecile. Una lega... modello. Battuta d’aspetto. 326 LF, nn. 37 del 19 settembre 1920, pag. 4, Per il XX Settembre - Appello ai lavoratori del Pordenonese e 45 del 14 novembre 1920, pag. 1, Come ho sognata la Casa del Popolo, articolo di Ercole Brovelli. Cfr. i testi in appendice. 90 323 i costituenti, così come i due testimoni, sono operai del paese, e l’atto costitutivo nota come quasi tutti vi siano pure nati, con l’eccezione di quattro nati in provincia di Treviso e due a Pordenone. Essi compaiono in qualità di soci del circolo di cultura, della Lega di miglioramento fra cotonieri e della sezione socialista di Torre, che ai sensi dell’articolo 1 dello statuto sono le realtà costituenti della nuova società. Notevole fra essi, e significativa delle difficoltà di costruirsi una famiglia nell’ambiente operaio, la presenza di ben tre abbandonati al momento della nascita, due presso l’orfanotrofio di Venezia ed uno a Buenos Aires. Lucio Da Corte viene eletto presidente e Luigi Molmenti vicepresidente, Umberto Santin, Attilio Alberghetti e Giuseppe Pottino sono consiglieri e Tomaso Fantuzzi segretario cassiere. L’articolo 2 dell’atto costitutivo fissa l’oggetto sociale: Scopo di detta Società è di acquistare e di gestire un edificio quale sede per le associazioni laiche, per migliorare moralmente, intellettualmente, politicamente ed economicamente, i soci del Circolo di Cultura, della Lega di miglioramento fra Cotonieri e della Sezione Socialista di Torre. Secondo l’articolo 3, eventualmente l’edificio verrà adibito a spettacoli teatrali, a cinematografo ed a balli e potranno prendervi parte tanto i soci quanto il pubblico e l’utile eventuale andrà ripartito nel modo stabilito dallo Art. Tredici dell’allegato Statuto. Secondo l’art. 5 dello statuto, la società avrà un capitale di 4.000 lire, costituito da quote nominative del valore di una lira e verrà investito nell’acquisto di un edificio che formerà la sede della Società. Pochi giorni dopo, il 27 maggio, viene finalmente acquistato definitivamente il terreno ove la casa è stata costruita da ormai dieci anni. Compaiono davanti al notaio Gonano di Pordenone il possidente Giacomo Perin quale venditore ed il presidente della Società Casa del Popolo Lucio Da Corte, muratore, quale rappresentante dell’acquirente. Con questo contratto il Signor Perin Giacomo trasfonde fino da questo momento nella ditta cessionaria la proprietà di diritto dell’ente contrattato nel possesso materiale di fatto del quale la immise fino dal 1910 nella quale epoca la Società, (...) costituita solamente di fatto, mercé oblazioni e lavoro materiale gratuito, aveva costruito il fabbricato (...). Si tratta di un atto estremamente tempestivo: esattamente un anno dopo la costituzione della società le bande fasciste invaderanno Pordenone ed attaccheranno in armi il quartiere di Torre. Ma sbaglieremmo a giudicare l’atto dei socialisti di Torre come indotto dalla reazione fascista che sta cominciando ad organizzarsi: in realtà si tratta del processo di sistematizzazione dell’organizzazione operaia in tutto il territorio friulano, che tende a darsi sedi di aggregazione politica e sociale per strutturare più stabilmente un movimento sociale in grande crescita. Tuttavia, il perfezionamento degli atti di proprietà della Casa del Popolo da parte dei socialisti di Torre è provvidenziale, e permetterà nel dopoguerra di riacquisire il possesso dell’edificio, usurpato dal fascismo. Come recita il verbale dell’assemblea straordinaria del 15 ottobre 1948, durante il periodo fascista la società venne messa nella impossibilità di esercitare i suoi diritti ed il patrimonio venne illegalmente acquisito dalle organizzazioni dello ex regime; a liberazione avvenuta, alcuni soci ed altri aderenti alla Società si sono preoccupati di ricuperare in primo tempo il patrimonio sociale e poi di mettere nuovamente in efficienza la società (...). E’ in quella assemblea che, in ossequio alle nuove disposizioni del Codice Civile, la società si trasforma nell’Associazione “Casa del Popolo”di Torre. 327 La fortunata precauzione dei socialisti di Torre evita così la perdita definitiva del fabbricato incamerato dal regime fascista, destino comune a gran parte degli edifici costruiti con grandi sacrifici dal movimento operaio italiano. Ma permette anche di evitare la lunga battaglia legale che, in situazioni come quella di Prato Carnico, ha permesso alla cooperativa proprietaria di riacquisire legalmente la proprietà dell’edificio solo a prezzo di una non comune costanza e volontà di lotta. Come ha affermato Marco Puppini, anche se si tratterebbe di un risarcimento soprattutto politico e morale, è ancora tutta da affrontare la battaglia per il riconoscimento storico di questa grande espropriazione di risorse delle classi lavoratrici da parte del fascismo: certo si tratta di un delitto di dimensioni ben inferiori a quello perpetrato a danno della popolazione ebraica d’Europa, ma non per questo può essere relegato ancora nel cono d’ombra in cui è stato gettato. 328 In ottobre si segnalano nuove attività presso la Casa del Popolo di Torre: la Lega edile del comune di Pordenone versa cinquecento lire per sostenere l’istituzione; domenica 10 alle 15 si inaugura la bandiera del circolo giovanile, alla presenza dei compagni dei paesi vicini e si pensa anche a costituire, ed è la prima volta che viene segnalato nel partito pordenonese, un circolo femminile, in un prospettiva emancipazionistica. La Sezione Socialista ha aperto le sue porte a parecchie donne, e formerà un Circolo femminile. L’iniziativa sarà bene accolta dalle nostre donne, le quali vanno man mano liberandosi da tutti i I soci costituenti della Società “Casa del Popolo” di Torre sono: Lucio Da Corte, Luigi Molmenti e Umberto Santin (ambedue eletti pochi mesi dopo in Consiglio Comunale per il Psi), Attilio Alberghetti fu Francesco, Giuseppe Pottino, Tomaso Fantuzzi, Riccardo Reni, Giovanni Gobbo, Angelo De Lorenzi, Giuseppe Bresin, Antonio Giusti, Fioravante Fantuzzi, Enrico Marzot (anch’egli eletto in ottobre consigliere ed assessore comunale), Carlo Sartor, Armando Polucci, Antonio Giordano, Vittorio Carli, Angelo Russolo, Umberto Fantuzzi, Luigi Mascherin, Angelo Durigon, Giuseppe Bianchettin, Alessandro Furlan, Mario Franco e Francesco De Marchi; i testimoni sono Eugenio Zanussi e Corrado Giusti. Oggi la fotocopia dell’atto costitutivo della società e quello del contratto di compravendita costituiscono l’unica testimonianza documentaria, in qualche modo interna al Psi ed alle organizzazioni economiche ad esso collegate, rimasta presso l’archivio della Casa del Popolo di Torre di tutta l’epopea del socialismo prefascista: è stato grazie a questo atto di lungimiranza che, dopo la Liberazione nel 1945, è stato possibile per i legittimi proprietari ritornare a gestire quell’edificio che era costato tanti sacrifici. Cfr.: Archivio della Casa del Popolo di Torre di Pordenone, fotocopie degli originali conservati nell’Archivio Distrettuale Notarile di Udine, n. 5148 Rep. e Reg./n. 3629 Fasc. “Casa del Popolo” Torre di Pordenone (...) Costituzione di Società; n. 2596 di Fasc. e n. 3815 di Rep. - atto di compravendita del terreno su cui è sita la Casa del Popolo. 328 Per la vicenda della Casa del Popolo di Prato Carnico, trascinatasi nei tribunali dal 1953 al 1965, cfr.: ***, 1913-1979. Casa del Popolo. Prato Carnico. 66 anni di impegno e partecipazione, Udine, Stau, 1979. L’opinione di Marco Puppini è stata espressa nella relazione tenuta alla assemblea su: “La Casa del Popolo oggi” organizzata il 2 febbraio 2002 dalla Cooperativa “Coesione Culture Popolari” a Prato Carnico per l’ottantanovesimo anniversario della nascita dell’istituzione. 91 327 pregiudizi che le hanno tenute schiave nel passato. Il socialismo, a differenza di ogni religione, tra le cose che ha valorizzato, ha dato un’anima alle donne. Quest’anima, come tutte le cose nuove, spaventerà sicuramente le timide e le bigotte, ma riempirà di orgoglio la donna nostra che si presenta alla nuova vita con animo degno e sereno. E’ necessario uscire un po’ dal chiuso cerchio della famiglia, e prepararsi; è necessario che la donna conosca profondamente e non solo in aspirazione, tutti i problemi che la interessano per portare ad essi un largo contributo. Le donne, in parecchie nazioni, hanno già il diritto di voto. In Germania sono andate al Parlamento. In Italia, siamo ancora un po’ indietro, ma tutto dà a vedere che anche da noi la donna saprà togliersi dalla grave atmosfera che la circonda.329 Procede intanto la sottoscrizione per la Casa del Popolo di Pordenone: a fine anno la sottoscrizione è giunta a 10.614,25 lire, con le ultime significative sottoscrizioni della Lega edili di Vallenoncello (210 lire), del segretariato tessili pordenonese (2000), della Lega edili del Cotonificio Amman (100), della Lega metallurgici di Pordenone (537,60), della Lega edili di Roveredo (391) e di quella di Pordenone (207,50). Nell’aprile 1921 la sottoscrizione giungerà a 12.336,95 lire, di cui 1015,10 ricavate dal ballo alla sala del Lido; ad esse vanno ad aggiungersi 6079,59 lire versate dalla Lega cotonieri di Torre e 6187 da quella di Rorai, attraverso il segretario rag. Ettore Rusca. 330 7.1.18 - Primi sintomi di crisi del movimento. Non tutte le iniziative sono segnate da quel fervore costruttivo che fino a questo momento è parso permeare tutto il movimento. L’assemblea degli edili tenutasi domenica 5 settembre al Teatro Sociale vede una scarsa partecipazione, cui si reagisce deliberando provvedimenti immediati contro gli assenteisti. La redazione de Il Lavoratore Friulano approva con convinzione, affermando: L’operaio non deve appartenere alla Lega solamente per puro spirito palancaio, ma conscio dei suoi diritti e dei suoi doveri rispondere a tutti gli appelli della sua organizzazione. Solo così egli potrà incamminarsi sulla via diritta che lo porterà immancabilmente alla completa emancipazione.331 Ma pure al cotonificio di Torre si sentono pericolosi scricchiolii, che in questo caso non si esprimono con l’assenteismo dalle assemblee sindacali ma con una vera e propria iniziativa autonoma delle tessitrici. Le operaie scioperano, disconoscendo gli accordi stipulati fra la Lega dei cotonieri e la direzione dello stabilimento. E questo provoca una reazione stizzita ed un richiamo alla disciplina Si imputa alle operaie, che pur sappiamo alla testa, nei nostri paesi, del movimento femminile , di mettere così in crisi le conquiste appena ottenute, e gli spazi di democrazia realizzati con l’istituzione della Commissione Interna, che viene delegittimata con questo sciopero. Si giunge perfino ad un vero e proprio richiamo a non contravvenire alle disposizioni dei dirigenti sindacali: Ho visto i vostri dirigenti seccati e me n’è dispiaciuto. (...) Una organizzazione non si regge che sulla disciplina. Disciplina cosciente che imponga ad ognuno di compiere spontaneamente il proprio dovere. Con la socializzazione delle fabbriche non crediate all’anarchia. Anzi! Nelle battaglie del lavoro non si devono contare i sacrifici e per il benessere comune bisogna anche piegare la propria volontà a quella della maggioranza e dei dirigenti. Chi creda che certe forme di esasperata disciplina industrialista siano proprie solo del socialismo sovietico, a causa della militarizzazione del partito nato dal crogiuolo della guerra, può ben ricredersi: in questo caso il richiamo alla ferrea disciplina del partito e dei sindacato nasce dall’organizzazione professionale, dalla necessità di costruire una struttura salda con cui confrontarsi nello scontro di classe, struttura che si ipotizza tenderà ad irrigidirsi nel futuro regime di gestione collettivo. Non sono ammessi i colpi di testa, perniciosi per la solidarietà di classe e potenzialmente disorganizzatori dell’economica collettivistica e per l’ennesima volta le operaie cotoniere pordenonesi vengono duramente criticate dall’organizzazione socialista per le loro iniziative di lotta spontanee. La concezione organizzativa dei socialisti sembra passare inconsapevolmente, senza soluzione di continuità, conservando i propri caratteri fondamentali dal vecchio socialismo al nuovo comunismo rivoluzionario. Semmai appare una contrapposizione implicita fra il mondo delle operaie cotoniere, soprattutto donne, la cui voce appare solo indirettamente in rare occasioni di lotte spontanee o nell’annotazione della loro predominante presenza nelle manifestazioni pubbliche, e quello degli operai edili, dal quale l’organizzazione socialista trae la gran parte dei suoi dirigenti operai. D’altronde la critica non nasconde solo una preoccupazione per la tenuta dell’organizzazione sindacale da poco ricostituita, ma risente anche del clima di attacco che proviene dagli avversari, come la popolare Nostra Bandiera dalle cui pagine don Lozer accusa i muratori del cotonificio di Torre, nucleo portante del socialismo locale, di passare la giornata nell’ozio alcoolico invece che nel lavoro, facendo da amplificatore della prossima reazione padronale. Il nesso fra gli interessi cooperanti degli avversari viene ravvisato anche in quegli aiuti in materiale che l’azienda fornisce all’edificando asilo parrocchiale, proprio mentre il giornale stampa i suoi attacchi. Lo scontro con i popolari ed in particolare con don Lozer è generalizzato: se da una parte si polemizza con la cattolica Unione del Lavoro per le sue posizioni interclassiste, dall’altra si denunciano le condizioni degli operai inviati dal Segretariato dell’Emigrazione di Pordenone in Francia, in collaborazione con l’Ufficio Provinciale del Lavoro diretto dal popolare Biavaschi, sulla base di promesse fasulle ed in una realtà di disoccupazione crescente: oltre cinquanta edili pordenonesi LF, n. 40 del 10 ottobre 1920, pag. 4, TORRE di PORDENONE. Per la Casa del Popolo, Il Circolo Giovanile e Alle donne. LF, nn. 50 del 19 dicembre 1920, pag. 4, Pro Casa del Popolo e 14 del 3 aprile 1921, pag. 3, Pro Casa del Popolo. 331 LF, n. 37 del 19 settembre 1920, pag. 4, Assemblea degli Edili. 92 329 330 si trovano a Soissons, privi di denaro, con i documenti trattenuti dall’impresa e costretti a ripararsi come possono, con un reddito inferiore a quello necessario per pagarsi vitto e alloggio. 332 La crisi del movimento si sente a livello nazionale, con la conclusione insoddisfacente del movimento dei metalmeccanici. Si giunge alla occupazione delle fabbriche ed all’autogestione della produzione da parte degli operai, ma la vertenza viene infine conclusa con una mediazione sul piano puramente sindacale da parte della direzione riformista della Cgl. L’occupazione delle fabbriche rappresenta un crinale, nel passaggio dal tradizionale movimento di resistenza operaia alla sperimentazione rivoluzionaria dell’espropriazione della proprietà e come tale viene vissuta dalla borghesia italiana, che sarà spinta definitivamente sul piano della reazione violenta, anche se in questa fase si tende ad enfatizzare da parte socialista il risultato positivo della vertenza ed il senso di sconfitta degli avversari. Ma intanto le avanguardie che hanno condotto la lotta pagano il risultato con la loro espulsione dalle fabbriche, prodromo di una ben più violenta e generalizzata reazione. La conclusione al ribasso del movimento di autogestione provoca, ben lungi dal rappresentare una spinta in avanti del movimento rivoluzionario, il suo definitivo ripiegamento e prepara la sconfitta definitiva.333 A fine ottobre i fascisti distruggono a Trieste la sede de Il Lavoratore: anche se il quotidiano socialista riprende subito fortunosamente le pubblicazioni, siamo ormai giunti allo scatenamento della catastrofica offensiva della reazione contro il movimento operaio, che in pochi mesi metterà in scacco anche le organizzazioni friulane. In quegli stessi giorni, domenica 24, dopo precedenti provocazioni avvenute in altri centri della Bassa, proprio mentre si stanno svolgendo le elezioni del mandamento, un gruppo di arditi guidato dagli ufficiali tenta di assassinare l’organizzatore socialista Alighieri Costantini, che viene salvato a stento da un militare socialista e poi sottratto al linciaggio dal sindaco e dal maresciallo dei carabinieri. Il principio della fine preconizzata per la borghesia si trasformerà in quello delle storiche organizzazioni dei lavoratori, incapaci di fare una scelta fra l’organizzazione della rivoluzione propagandata o la costruzione di una partecipazione ad un governo di coalizione con le forze più avanzate della borghesia.334 Intanto, quasi a segnare una nefasta consequenzialità fra disgrazie umane e naturali, nubi fosche si addensano sui cieli del Friuli. Il 20 settembre una catastrofica alluvione semina la distruzione. Paesi distrutti, in parte crollati, campagne invase dalle acque, raccolti perduti, frane innumerevoli lungo le rotabili e le ferrovie, sulle colline già ricche di vigneti, franamenti di argini, case crollate... I danni aumentano senza dubbio a parecchi milioni e colpiti sono per buona parte i contadini e la classe operaia in genere. E’ ben vero che nelle ricostruzioni troveranno occupazione i nostri disoccupati, ma intanto in causa delle rotture a canali e officine elettriche la disoccupazione infierisce negli stabilimenti. La cronaca registra anche delle vittime, una decina in tutto: poche relativamente quando si pensi al pericolo serio corso dai paesi situati lungo le rive dei fiumi.335 Tuttavia l’organizzazione sindacale continua a far sentire il suo peso. Alla fine di settembre c’è uno sciopero dei cotonieri, questa volta apprezzato dai socialisti per la disciplina delle maestranze. Nello stesso periodo, dopo scioperi e trattative infruttuosi da parte del sindacato, gli operai che lavorano con l’impresa Dal Cin, che lavora al terzo tronco ferroviario della Sacile-Pinzano, provenienti da Pordenone, Fontanafredda, Sacile, Orsago, Pianzano ed altri centri accerchiano il padrone in una stazione ferroviaria. La vertenza, nata dal fatto che Dal Cin paga una retribuzione oraria molto più bassa della tariffa sindacale, viene risolta dal commissario prefettizio di Godega, che su richiesta di Masutti impone all’impresario il pagamento degli arretrati dall’1 maggio oltre ad otto giornate lavorative. 336 Sono sempre gli edili a rilanciare la lotta, decidendo di iniziare una vertenza ad oltranza per il rialzo del 20% dei salari, richiesta già accettata dalla commissione paritetica della Camera di Commercio di Udine. Nel corso dell’assemblea, nella quale parlano Costante Masutti e Mosca, viene eletto Ernesto Oliva a membro del consiglio generale del sindacato edile provinciale.337 Le rivendicazioni non si limitano al solo terreno sindacale. Si mettono in discussione le condizioni dell’istruzione in città, impartita nei due fatiscenti fabbricati di Via della ferrata e di Piazza del Moto. Di scuole hano solamente il nome; freddo d’inverno per l’aria che entra in alcune delle fessure del pavimento; caldo d’estate per il sole che le colpisce dalle invetriate. (...) Con tutto questo l’orario è ridotto a tre ore col bel risultato che il maestro viene sfruttato e il ragazzo impara metà di quello che dovrebbe imparare. Intanto un’aula del locale in piazza XX settembre, in cui si è sempre fatto scuola, da alcuni anni è occupata da una commissione di requisizione grano (o presso a poco) che potrebbe trovare benissimo posto in un altro luogo. Intanto molte bellissime sale delle caserme di cavalleria e di artiglieria rimangono vuote o vengono adibite a magazzini, mentre i piccoli che abitano verso la Comina devono fare quattro volte al giorno una strada di oltre due chilometri. Non basta: alla ripresa dell’anno scolastico le lezioni vengono effettuate per due sole ore, e per le elezioni gli alunni vengono mandati a casa per dieci giorni, mentre alcune aule sono state addirittura sgombrate all’inizio LF, nn. 37 del 19 settembre 1920, pag. 4, TORRE di PORDENONE. Lettera aperta ad un gruppo di operaie, firmata un amico e Dice davvero?, 40 del 10 ottobre 1920, pag. 4, Echi dello sciopero e 43 del 31 ottobre 1920, pagg. 1 e 2, La sorte di emigrati italiani in Francia. L’opera del partito popolare siglato P.G. 333 Il senso di frustrazione e la sensazione di tradimento degli operai coinvolti nell’occupazione delle fabbriche viene descritto con grande forza (e da un osservatorio inconsueto come quello del Sud) nelle ultime pagine di: BERNARI, Carlo, Tre operai, Milano, Mondadori, 1979. 334 LF, nn. 38 del 26 settembre 1920, pag. 1, Il principio della fine, 42 del 24 ottobre 1920, pag. 1, La distruzione del “Lavoratore” di Trieste e 43 del 31 ottobre 1920, pag. 2, I fasti dell’arditismo. Il compagno Costantini si salva per miracolo dai pugnali degli arditi. 335 LF, n. 38 del 26 settembre 1920, pag. 1, Il Friuli colpito da nuove sciagure. Urgono i provvedimenti del Governo. 336 LF, n. 39 del 3 ottobre 1920, pag. 3, Un imprenditore messo a posto e Lo sciopero dei cotonieri. 337 LF, n. 41 del 17 ottobre 1920, pag. 4, Assemblea straordinaria degli edili. 93 332 di ottobre, per le elezioni che dovranno svolgersi il 31! Mentre le istituzioni scolastiche vengono letteralmente disorganizzate, gli insegnanti di Pordenone attendono da cinque mesi il caroviveri già concesso a tutti i loro colleghi della provincia.338 Ma l’apatia, insieme con l’inefficienza organizzativa, provoca il limitato successo del comizio in difesa della Russia. Infanti e Rosso parlano di fronte a tre-quattrocento operai. L’occasione è ghiotta per il giornale della... prefettura: il Giornale di Udine coglie l’occasione per godere dell’insuccesso socialista, anche se poi si prende la libertà di fare una cronaca inventata di sana pianta, nella quale si riportano le valutazioni di Rosso sul comune di Pordenone, che non sono state neanche accennate nel comizio.339 338 339 94 LF, nn. 41 del 17 ottobre 1920, pag. 4, Scuole e Caserme e 43 del 31 ottobre 1920, pag. 4, Con un po’ di calma... LF, n. 42 del 24 ottobre 1920, pag. 4, Il Comizio. 7.2 - I comuni socialisti. 7.2.1 - Le elezioni amministrative di ottobre. Il rinnovo delle amministrazioni locali ha luogo in Italia a partire da settembre. Il Giornale di Udine di martedì 5 ottobre 1920 riprende dal Tempo i risultati fino al 26 settembre (Elezioni amministrative: i costituzionali in maggioranza). Si tratta perlopiù di piccoli comuni, la vera lotta sarà in ottobre. I dati sono divisi in tre gruppi: popolari - socialisti - costituzionali. Quest’ultima definizione raggruppa tutti i cosiddetti partiti dell’ordine: radicali, combattenti, liberali, democratici di vari colori, socialisti riformisti. Altra definizione che si ritrova nella stampa locale del raggruppamento borghese è quella di Blocco, mentre le liste di combattenti di area democratico-radicale assumono la denominazione di Rinnovamento. Ad Udine la lista borghese assume la denominazione dal Partito del Lavoro. In provincia di Udine le elezioni provinciali per il quadriennio 1920-1924 sono indette dalla Prefettura in quattro domeniche successive: il 10 ottobre per i mandamenti di Maniago, Ampezzo, Cividale, Latisana e San Daniele; il 17 per Spilimbergo, Moggio, Sacile, Codroipo e Tarcento; il 24 per Udine II, Aviano, San Vito al Tagliamento, Gemona e Palmanova ed il 31 per Udine I, Pordenone e Tolmezzo.340 Nei giorni successivi Il Lavoratore Friulano pubblica le candidature per le elezioni provinciali, divise per mandamento. Nel Friuli occidentale il primo mandamento a votare è quello di Maniago, dove l’organizzazione del partito è più debole e solo dopo le elezioni si andrà a costituire la prima sezione socialista; ma anche le organizzazioni operaie sono rimaste indebolite dalla emigrazione e forse non si sono potute curare come si doveva data la distanza dal centro e le difficoltà economiche e materiali di comunicazioni. Dei tre candidati iniziali solo uno è locale, l’orefice Abele Selva che sarà eletto sindaco di Maniago. Gli altri due candidati sono invece i pordenonesi Romano Sacilotto, cartolaio, ed Umberto De Gottardo, organizzatore. La campagna elettorale viene sostenuta da pochi compagni volontari, cui fanno da supporto alcuni oratori giunti da Pordenone, come Mosca, Sanmartino, De Gottardo e soprattutto Sartor. I socialisti non sono per altro i soli a presentare candidature esterne al collegio: fra i popolari troviamo ad esempio l’organizzatore contadino Natale Ricchi, che sarà poi protagonista dell’accelerazione delle lotte a Prata fino alla rottura con don Concina. Trovarlo candidato a Maniago ci porta a concludere che il suo ruolo nel movimento contadino popolare sia meno effimero e marginale di quanto risulti dalla ricerca condotta a Prata sul ruolo storico di don Concina (dove il nome dell’organizzatore sindacale ci viene tramandato storpiato in Richi: ma Bepi Carone ha reperito però anche tracce della sua presenza nelle canzoni conservate dalla memoria popolare). 341 I risultati elettorali del mandamento di Maniago premiano la lista Rinnovamento rappresentativa dei combattenti, che elegge tutti e tre i suoi candidati, seguiti dai socialisti; distanziati sono i candidati popolari e pochi voti raccolgono i tre candidati indipendenti, prevalentemente di area democratico-radicale. 342 Per i socialisti il risultato avrebbe potuto essere vincente se alcuni voti non fossero stati dispersi, soprattutto a causa del localismo predominante; nonostante la disorganizzazione del Psi le liste operaie hanno vinto quasi ovunque (affermazione cui non corrisponde però alcuna successiva indicazione su quali siano i comuni interessati e se si siano costruiti dei successivi rapporti con il partito), mentre i socialisti conquistano Maniago e Barcis, in quest’ultimo centro sconfiggendo tutti gli altri partiti coalizzati con il notevole distacco di settanta voti su 224 votanti. Pure alle provinciali i socialisti hanno un consistente successo a Barcis, dove il distacco raggiunge la quota di cento voti su 224, probabilmente per la sostituzione - non annunciata sulla stampa di partito - di De Gottardo con il candidato locale Giuseppe Malattia di Antonio, che ottiene solo cinque voti meno dell’ultimo eletto di Rinnovamento. E proprio un gruppo di elettori di Barcis (Bof Giuseppe fu Daniele, Paron Angelo fu Luigi, Bet Luigi fu Giuseppe, Paulon Giovanni e Gasparini Domenico) ricorre contro il primo degli eletti, Domenico De Zorzi, in quanto egli è maestro elementare dipendente dal comune di Maniago e quindi ineleggibile, chiedendo che egli sia sostituito dal primo dei non eletti Malattia. Il ricorso viene respinto solo per motivazioni formali legate alla notifica. 343 Sindaco di Barcis sarà Giuseppe Malattia, ma l’amministrazione (espressione della Lega edile del paese) durerà pochi mesi, minata da divisioni interne che porteranno il sindaco e la maggioranza della Giunta a rompere con le direttive della Lega edile, appoggiata dal Psi provinciale.344 ASU-APU, busta 24, fascicolo s.n., 1920. Decreto, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 10576 del 5.9.1920. La notizia è riportata daLF, n. 39 del 3 ottobre 1920, pag. 3, La data di convocazione dei Comizi elettorali. 341 Cfr. i contributi contenuti in: ***, L’opera sociale politica e pastorale di Giovanni Maria Concina, cit. 342 I candidati popolari sono: Leo Girolami fu Giuseppe con 518 voti, Natale Ricchi di Luigi con 561 e Francesco Venier fu Luigi con 479; i socialisti sono Romano Sacilotto con 768, Abele Selva con 744 e Giuseppe Malattia con 1130; quelli di Rinnovamento sono: avv. Agostino Mazzoli con 1305, ing. Luigi Plateo con 1135 e Domenico De Zorzi con 1478 e gli indipendenti sono Giuseppe De Carli (che viene eletto sindaco di Arba) con 247, dr. Carlo Mazzoli Taic con 328 e avv. Mario Marchi con 112; ottengono voti anche Giuseppe Colussi (190) e avv. Giacinto Maddelena (101). Cfr.: ASU-APU, busta 24, fascicolo (799), Maniago 1920, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 12406-12351 del 14 ottobre 1920. 343 Il Lavoratore Friulano, nn. 40 del 10 ottobre 1920, pag. 1, Candidati al Consiglio Provinciale e 41 del 17 ottobre 1910, pag. 4, MANIAGO. A elezioni finite e BARCIS. ASU-APU, busta 24, fascicolo (799), Maniago 1920, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 12406-12351 del 14 ottobre 1920; per il ricorso nn. 1294 del 26.10.1920 e segg. 344 LF, nn. 19 dell’8 maggio 1921, pag. 4, Assemblea della Lega Edile (in occasione del Primo Maggio si prendono le distanze dalla giunta, alla presenza del rappresentante del sindacato edile G.B. Scussat e dell’assessore anziano Enrico Paron) e 28 agosto 1921, pag. 95 340 Per il mandamento di Spilimbergo vengono candidati l’ing. Domenico Pievatolo ed il sarto Guido Sedran di Spilimbergo, il dottor Plinio Longo di Pinzano ed il fabbro Daniele Beltrame di Lestans. I socialisti polemizzano particolarmente contro la lista democratica, nella quale si trovano candidati i due socialisti riformisti Lucchino Lucchini ed il consigliere provinciale uscente rag. Giacomo D’Andrea insieme a due persone ambigue, che hanno fatto affari con le speculazioni di guerra: il clericaloide Giovanni Fabrici e Romano Biasutti. Le elezioni danno un risultato trionfale per i socialisti a Spilimbergo città, dove conquistano il comune e sono il primo partito nelle elezioni provinciali, seguiti dai popolari. L’quivoco invece ha trionfato per le provinciali nel distretto, ove gl’interessi locali furono anteposti a quelli collettivi e ne uscirono vittoriosi i due Cooperatori anticlericali Luchini e D’Andrea con Fabrici, che conosciamo, ed il povero ing. Zavagno del pipi (...). Ed infatti i socialisti prevalgono nettamente solo a Pinzano (dove conquistano anche l’Amministrazione Comunale) e nel seggio di Lestans di Sequals e sono il partito di maggioranza relativa a Castelnovo del Friuli, pur guadagnando in tutto il collegio 318 voti in più rispetto ai 1365 delle politiche dell’anno precedente.345 Per il mandamento di Sacile vengono candidati l’avvocato Enrico Fornasotto di Sacile e l’operaio Gio. Batta Scussat di Budoia. Qui prevalgono nettamente i due candidati popolari, l’architetto Domenico Rupolo ed il medico Matteo Selmi (che sono contemporaneamente i capilista popolari per le elezioni comunali di Caneva e di Sacile) che battono i socialisti, seguiti a grande distanza dai due candidati di Rinnovamento (il combattente di provenienza radicale on. Luigi Gasparotto ed il repubblicano Ferruccio Poletto) e dal conte Ezio Bellavitis, già popolare. In questo mandamento, ove i socialisti non conquistano nessuna Amministrazione Comunale, il risultato elettorale segna il netto predominio popolare: Terra di preti e di sonnacchiosi, specialmente, questa Sacile. Refrattario alla nostra propaganda, terreno malleabilissimo per i clericali. Il prete ed il padrone vi hanno sempre dominato: nessuna meraviglia se vi hanno messo radici profonde. Più che nelle coscienze, nelle abitudini. E romperla con la tradizione è più difficile, a volte, che sopprimere uno stato di coscienza. I popolari, nelle elezioni di domenica 17, hanno trionfato nelle comunali e nelle provinciali. In compenso la votazione di Rinnovamento testimonia della crisi dei partiti intermedi fra i due schieramento di massa: nulla ha potuto la popolarità del deputato sacilese, mentre i repubblicani non hanno ottenuto nessun eletto, neanche nella minoranza comunale, a causa delle tensioni interne create dall’alleanza con i partiti monarchici che porta al disfacimento della sezione. Il successo popolare testimonia inoltre di un’organizzazione capillare, l’unica in grado di contrapporsi efficacemente alla struttura politico-sindacale socialista, e che cura nei minimi particolari il controllo del territorio e la partecipazione al voto dei propri sostenitori. I socialisti sacilesi sono comunque cresciuti dai 212 dodici voti ottenuti alle politiche del 1919 ai 350 attuali, crescendo di 138 consensi. Ma la crisi del voto socialista viene attribuita soprattutto alla emigrazione di massa dai comuni pedemontani di Caneva, Polcenigo e Budoia, che ha sottratto varie centinaia di voti. L’importanza del voto degli operai emigranti è testimoniata anche dal risultato dello scalpellino e organizzatore sindacale Scussat, che batte lo storico esponente socialista della città, l’avvocato Fornasotto. Ma, oltre all’emigrazione, ha inciso un grave episodio di crisi interna al Psi, che ha vissuto nei mesi precedenti il distacco del compagno Oscar Buffolo di Sarone di Caneva, dopo oltre un anno di attivissima militanza per la costruzione del partito e del sindacato in quell’area: e quest’anno al posto di dare centinaia di voti socialisti, a Sarone non ha votato quasi nessuno. L’atteggiamento di Buffolo è probabilmente da ricondursi alla rottura in atto all’interno del Psi: infatti egli è stato diffidato dalla Camera del Lavoro, ma il suo atteggiamento astensionistico che ha portato alla mancata conquista dell’Amministrazione Comunale non è stato parimenti sanzionato dalla Federazione Provinciale Socialista.346 Per il mandamento di San Vito al Tagliamento si annunciano le candidature del lattoniere Vittorio Pradolin, dello scalpellino Pasquale Deotti e del meccanico Arturo Innocenti: al posto di quest’ultimo verrà poi effettivamente candidato Felice Marchi. In questo mandamento prevalgono i popolari, pur seguendoli a poca distanza i socialisti, mentre i candidati del vecchio liberalismo ottengono risultati irrilevanti, 4 (si polemizza con i provvedimenti antipopolari del commissario prefettizio). 345 LF, nn. 41 del 17 ottobre 1910, pag. 1, LAVORATORI! Votate compatti a Consiglieri Provinciali i seguenti candidati e pag. 3, SPILIMBERGO. Ancora i democratici, 42 del 24 ottobre 1920, pag. 4, SPILIMBERGO. La nostra vittoria e 43 del 31 ottobre 1920, pag. 4, SPILIMBERGO. L’esito delle comunali. I candidati ottengono i seguenti risultati: (popolari) ing. Osvaldo Zavagno eletto con 1759 voti, Lodovico Giusti 1567 voti, Vittorio De Nardo 1413 e Gio Batta Mincin 1212; (democratici) Giacomo D’Andrea eletto con 2133, cav. Lucchino Lucchini eletto con 2124 voti e Giovanni Fabrici eletto con 1894 voti, Romano Biasutti 1198 voti; (socialisti) Plinio Longo 1683 voti, Guido Sedran 1595, Daniele Beltrame 1572 e ing. Domenico Pievatolo 1529; (candidati indipendenti) dott. Eugenio Zatti 752 voti, raccolti a Meduno, Tramonti e Sequals, gli altri tre candidati rispettivamente con 8, 3 e 3 voti. Viene successivamente presentato ricorso (respinto) contro l’elezione del consigliere ing. Osvaldo Zavagno, “perché direttore tecnico dei lavori di costruzione del ponte sul Tagliamento fra Dignano e Spilimbergo assunti dal Sindacato Industriale Friulano e appaltati dalla Provincia e per essere inoltre Sindaco della detta Società”. ASU-APU, busta 24, fascicolo s.n., Spilimbergo 1920, Deputazione Provinciale di Udine, prot. 12529 del 20.10.1920; per il ricorso: prot. 16368, testo del relatore Brosadola allegato. 346 Ottengono voti:Rupolo 1980 e Selmi 1948; i socialisti Scussat 1394 e Fornasotto 1329; Gasparotto 1019 e Poletto 604; Bellavitis 166. ASU-APU, busta 24, fascicolo s.n., Sacile 1920, Deputazione Provinciale di Udine, prot. 12972 del 26.12.1920. In questo fascicolo è inserito il volantino di istruzioni elettorali del Ppi provinciale, riprodotto in appendice. LF, nn. 41 del 17 ottobre 1910, pag. 1, LAVORATORI! Votate compatti a Consiglieri Provinciali i seguenti candidati, 43 del 31 ottobre 1920, pag. 4, SACILE. Terra di preti e 44 del 7 novembre 1920, pag. 4, SACILE. Si può... ridere?, firmato Ceylon, in polemica con la direzione della sezione repubblicana sacilese, costituita dal geom. Poletto, dal dottor Liberali e dal commerciante Dante. 96 praticamente solo come candidati campanilistici. Il voto socialista prevale in modo nettissimo a Cordovado ed a Pravisdomini, dove sono state organizzate leghe contadine rosse ed i socialisti conquistano i due comuni; prevalgono i socialisti anche nel primo seggio di San Vito al Tagliamento, quello della città, e sono equivalenti con i popolari in altri due dei sei seggi del capoluogo, mentre i consensi tendono a ridursi negli altri comuni rurali. La condizione di minoranza dei socialisti appare molto più accentuata di quanto appaia dal distacco minimo rispetto agli eletti popolari, in quanto nelle singole località il forte consenso moderato è dato dalla somma dei voti ottenuti dai popolari e da quelli dei candidati di area liberale: ciò però non toglie che popolari e socialisti siano sostanzialmente testa a testa. 347 Per il mandamento di Aviano sono annunciate le candidature dell’operaio Carlo Basso di Aviano e dell’impiegato Luigi Tesan (Tassan?). Ma poi a contrastare la rielezione agli eterni avvocati radicali e rappresentanti dell’aristocrazia locale Carlo Policreti ed Antonio Cristofori sono Carlo Basso e Gio Batta Scussat di Budoia. Il risultato socialista è apprezzabile, soprattutto se si pensa che il confronto è diretto, senza la presenza di candidati popolari in questo mandamento: Policreti è eletto con 1649 voti e Cristofori con 1626, mentre Basso raccoglie 973 voti e Scussat 984. La prevalenza dei due consiglieri uscenti è fortissima nelle località più pianeggianti (il comune di San Quirino e probabilmente le frazioni di San Leonardo e San Martino del Comune di Montereale, mentre i socialisti prevalgono in un seggio di Montereale (Grizzo?) ed in tre dei sei di Aviano (probabilmente Marsure e Giais). I socialisti, che hanno conquistato il comune di Aviano, fanno autocritica, affermando che abbiamo perduto anche per l’apatia di molti compagni. A S. Quirino, per esempio, abbiamo perduto circa trecento voti perché sono mancate le nostre schede. In altri paesi altri errori dovuti al poco interessamento dei compagni. Ad Aviano invece abbiamo conquistato il comune ed è sintomatica questa conquista, di quasi tutti i centri, da parte nostra. Si poteva, in tutti i modi, ottenere molto di più. E lo otterremo quando molti compagni si persuaderanno che non basta cantare bandiera rossa... ma che per farla trionfare veramente bisogna lavorare e sacrificarsi. 348 L’ultimo mandamento a votare è quello di Pordenone, ove risultano eletti tutti e cinque i candidati del Psi: Giuseppe Ellero, Guido Rosso ed Umberto De Gottardo, di Pordenone, Davide Sartor di Torre ed Antonio De Anna di Angelo, oltre ad Angelo Del Zotto fu Francesco, popolare di Cordenons. I cinque socialisti di questo mandamento, insieme ai quattro candidati di Tolmezzo e ad uno dei due di Moggio portano il gruppo socialista in Provincia ad un totale di dieci consiglieri. Il risultato elettorale socialista è strepitoso a Pordenone, dove i candidati socialisti vincono nettamente in tutti e nove i seggi, arrivando in qualcuno a punte del 90%. Risultato nettamente maggioritario per i socialisti a Cordenons, dove solo in un seggio il candidato locale dei popolari Del Zotto riesce solitario ad insidiare il loro primato. I socialisti prevalgono anche in uno dei cinque seggi di Azzano Decimo (il quinto), in due dei tre di Fontanafredda (il secondo ed il terzo), a Vallenoncello ed in due dei tre seggi di Porcia (il primo ed il secondo). Sostanzialmente un pareggio è il risultato di Roveredo in Piano, dove però i popolari prevalgono per pochi voti. Negli altri comuni prevalgono i popolari (soprattutto a Prata) ed i liberali (notevole il risultato di Napoleone Aprilis nei comuni della fascia a sud di Pordenone). Nonostante la forte presenza di operai dell’industria delle fornaci, appare poco significativo il risultato di Pasiano (dove su cinque seggi solo in uno, il quinto, i socialisti insidiano il predominio popolare. Nel mandamento di Pordenone vengono conquistati, oltre al comune capoluogo, anche quelli di Vallenoncello, Cordenons e Fontanafredda. A Roveredo i socialisti possono essere sconfitti solo da una lista di coalizione fra tutti gli altri partiti, popolari compresi. 349 Le elezioni amministrative in Italia hanno termine il 7 novembre: 2937 comuni sono andati ai costituzionali, 1733 ai socialisti e 1081 ai popolari. Il 9 novembre vengono dati i principali risultati relativi alle elezioni di domenica 7 novembre, e cioè la vittoria del blocco a Genova, Firenze, Napoli e Torino, ASU-APU, busta 24, fascicolo s.n., S. Vito 1920, Deputazione Provinciale di Udine, prot. 12995 del 27.10.1920 eLF, n. 42 del 24 ottobre 1910, pag. 1, LAVORATORI! Votate compatti i seguenti candidati al Consiglio Provinciale. Sono eletti i tre candidati popolari: il possidente Pio Morassutti con 2683, l’impresario Pietro Guerra con 2574 voti ed il contadino Mattia Pittaro con 2413; i socialisti ottengono 2032 voti con Felice Marchi, 1994 con Pasquale Deotti e1985 con Vittorio Pradolin; il notaio Nicolò Marzona ottiene 422 voti praticamente concentrati a Casarsa, Arzene, Valvasone e San Martino al Tagliamento, il conte Giovanni Sbroiavacca 422 quasi tutti concentrati a Chions e Giuseppe Mussio 184 tutti a Morsano al Tagliamento. 348 ASU-APU, busta 24, fascicolo s.n., Aviano 1920, Deputazione Provinciale di Udine, prot. 12987 del 27.10.1920 e LF, nn. 42 del 24 ottobre 1910, pag. 1, LAVORATORI! Votate compatti i seguenti candidati al Consiglio Provinciale e 43 del 31 ottobre 1920, pag. 4, AVIANO. La mancanza di indicazione di quali frazioni corrispondano alle sezioni elettorali mi costringe ad andare ad intuito: d’altronde la valutazione sul lungo periodo ci dice ancor oggi della prevalenza moderata di quelle frazioni di Montereale, mentre la presenza socialista a Giais, Marsure e Grizzo era un dato consolidato già dagli anni dell’organizzazione degli emigranti. 349 Giuseppe Ellero viene eletto con 4725 voti, Guido Rosso con 4636 voti, Umberto De Gottardo con 4520 voti, Davide Sartor con 4343 voti ed Antonio De Anna con 4160 voti; il popolare Angelo Del Zotto è eletto con 3687 voti, mentre gli altri candidati popolari ottengono rispettivamente: Giovanni Piccinin 3606, Natale Turco 3588, Giuseppe Schincariol 3572 e Giacomo Brisotto di Prata 3165. Molto distanziati i candidati liberali: Napoleone Aprilis con 2600 voti, il conte Giovanni Quirini 1793, Luigi Quirini 1752, Giovanni Micoli Toscano 1646 ed Omero Polon 1615. Rosso presenta il certificato di laurea dell’università di Genova, ove si è laureato il 30 luglio 1902. De Gottardo Umberto fu Emanuele presenta il certificato di promozione alla classe quinta rilasciato dalle scuole elementari di Pordenone, e dichiara di essere nato a Venezia il 22 luglio 1887 e di essere muratore e residente a Pordenone; abita in via Selvatico. Sartor Davide è nato a Pordenone il 18 settembre 1888, di condizione muratore. Cfr.: ASU-APU, busta 24, fascicolo s.n., Mandamento di Pordenone 1920, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 13396 del 3.11.1920 eLF, n. 44 del 7 novembre 1920, pag. 4 (cfr. inoltre l’elenco degli eletti socialisti in appendice); LF, nn. 42 del 24 ottobre 1920, pag. 4, Un candidato del pipì residente a Prata e 43 del 31 ottobre 1910, pag. 1, LAVORATORI! Votate compatti a consiglieri Provinciali (nella lista pubblicata in quest’ultimo numero viene indicato come candidato Pietro Sartor, mentre invece sarà candidato Umberto De Gottardo) e n. 44 del 7 novembre 1920, pag. 4, Nelle elezioni provinciali e Altri comuni conquistati. 97 347 mentre i socialisti vincono a Milano (con una maggioranza di 4.000 voti su 142.000 votanti: ha votato il 75% degli elettori). Infine il 19 novembre il quotidiano riporta i risultati semidefinitivi delle amministrative su scala nazionale, forniti dal Partito Liberale. Dai risultati, per quanto non ancora perfetti, risulta una prevalenza dei socialisti in Lombardia, Emilia e Romagna e Toscana, dei popolari in Veneto, dei liberali nel centro-sud.350 Le precedenti amministrazioni erano quasi dovunque in carica dal 1913-14, se non da prima. Le votazioni si svolsero col sistema maggioritario (poiché non si era ancora provveduto ad estendere alle elezioni amministrative il sistema proporzionale) in due turni (...) in un clima reso incandescente dalle prime prove dello squadrismo fascista, con l’assalto al Palazzo D’Accursio a Bologna, in cui si ebbero 9 morti e centinaia di feriti e, a Udine, con la costituzione del Fascio di combattimento, anch’esso distintosi subito per le sue sanguinose bravate. Quel clima facilitò il netto recupero dei “blocchi costituzionali”, che nel 1919 erano sembrati prossimi all’eclissi, se non addirittura sepolti.351 Il consuntivo della campagna elettorale è sicuramente positivo per i socialisti. Vengono conquistati complessivamente 29 comuni, rispetto ai 2 amministrati finora. Dalla presenza in 4 comuni come minoranza consiliare si passa a 75. Da tre consiglieri provinciali a dieci. Rispetto ai voti delle elezioni politiche del 1919 (erano 27.931) si cresce a circa 32.000 voti, pur dovendo tener conto di 25.000 emigranti. 352 Certo non è nulla rispetto alla preconizzata rivoluzione, ma realisticamente, tenuto conto delle forze in campo, della limitata esperienza politica ed amministrativa e del concentrarsi degli avversari, il risultato è più che lusinghiero ed aumenta notevolmente la presenza socialista nelle istituzioni. Tuttavia il giudizio di Alatri sul cambio di fase politica appare confermato dai dati. Le amministrazioni comunali socialiste sono meno del 20% di quelle della provincia, e la presenza socialista nelle amministrazioni è pari alla metà circa di quelle totali. Una presenza quindi ben inferiore al ruolo di partito di maggioranza relativa, a livello nazionale ma anche a livello regionale e provinciale, nonostante lo stesso aumento di voti in cifra assoluta che viene riscontrato. Probabilmente alle modifiche che stanno intervenendo nella situazione politica nazionale, con la chiusura del “biennio rosso” e l’inizio del montare della reazione antioperaia, si sommano però dati di tipo più direttamente locale. Essi vanno individuati nella relativa debolezza organizzativa locale del partito socialista e nella mancanza di quadri formati e spendibili nella gestione delle amministrazioni. Emerge quindi lo speculare prevalere del vecchio ceto politico liberale e la crescita dei quadri politici del movimento clericale, radicati soprattutto fra le masse contadine e legati alla fortissima struttura del clero. Molti di loro in realtà sono tutt’altro che homines novi e si sono fatti le ossa nel moderatismo prebellico: ne sono una prova la temporanea adesione al Ppi dell’ing. Bellavitis di Sacile, ma anche quelle ben più organiche del prof. Selmi a Sacile e di Pio Morassutti a San Vito al Tagliamento. Al contrario, i socialisti scontano in particolare la ripresa impetuosa della corrente emigratoria, che sottrae loro consistenti fasce di elettorato ed un numero notevole di attivisti e di possibili quadri amministrativi. Tutte queste valutazioni non devono però far perdere di vista il dato di fondo, e cioè che - pur di fronte a vari fattori regressivi - il voto socialista tende a consolidarsi, guadagnando cinquemila nuovi voti e penetrando in zone dove precedentemente il Psi aveva avuto risultati nulli od irrilevanti. Il giudizio viene ripreso nella riunione del comitato provinciale del Psi che si tiene domenica 7 novembre. Il segretario provinciale introduce la riunione rilevando l’importanza dell’affermazione socialista, che non devesi superficialmente valutare dal numero dei Comuni conquistati dal Partito, di fronte a quelli rimasti nelle mani degli avversari. I suffragi raccolti dal Partito Socialista nelle elezioni amministrative superano ovunque quelli delle elezioni politiche, pur avendo noi un forte contingente di operai emigrati, che, indubbiamente, avrebbero di molto aumentato le nostre forze. Questo dato di fattto è di non lieve importanza, poiché esso costituisce l’indice più sicuro di un movimento politico ed economico, che attraverso le successive fasi del suo normale sviluppo, va gradualmente intensificandosi ed affermandosi come il più importante della Provincia. Netto il giudizio sulla funzione politica del Partito Popolare Italiano: il relatore rileva che per noi le vittorie “popolari” in parecchi Comuni e nella “Provincia”, non devono essere considerate a sè, come esponente di una forza nuova, ma devesi porle invece nella loro giusta posizione, quale ci viene indicata dalla funzione che il Partito Popolare va svolgendo in tutto il paese, funzione di conservazione e di difesa dell’ordinamento capitalistico contro l’avanzare del proletariato rivoluzionario. Le vittorie dei “clericali” non rappresentano altro che uno spostamento di forze interne nel campo borghese. Il “Partito Popolare” è oggi quella frazione della classe dominante, che più di ogni altro dà affidamento per la conservazione e la difesa del privilegio capitalista; ed è perciò che intorno ad esso vanno polarizzandosi tutte le forze della conservazione e della reazione. Si tratta di un giudizio che oggi - dopo l’esperienza della vittoriosa reazione fascista - può apparire come sproporzionato e sbagliato: ma esso va collocato in quella precisa fase, nella quale il ruolo di partito moderato del Ppi è sancito da una tattica in cui si cerca innanzitutto di creare un cordone sanitario attorno ai socialisti. E ciò è chiaramente dimostrato dalla ridicola intransigenza dei “popolari”, che in quei centri ove più intensa e più pericolosa per la borghesia si presentava la lotta, essi non hanno esitato a far comunella con tutti gli altri partiti borghesi; con quei partiti che in altre località han combattuto come acerrimi nemici. E questa valutazione porta ad una conseguenza in netta rottura con il passato prebellico: il risultato elettorale non va confrontato con quello degli eredi del clericalismo, ma con quello di tutte le espressioni politiche della borghesia. GU, nn. 254 di mercoledì 3 novembre 1920, pag. 1, 258 di martedì 9 novembre 1920, pag. 1 e 267 di venerdì 19 novembre 1920, pag. 2. Cfr. la tabella in appendice. 351 ALATRI, Paolo, cit., pag. 96. 352 LF, n. 44 del 7 novembre 1920, pag. 2, La vittoria del blocco e la nostra superba affermazione;GU, n. 230 di giovedì 7 ottobre 1920. 98 350 L’avversario principale non è più quindi il clericalismo - visto finora come la summa della reazione - ed anzi va esclusa qualsiasi forma di alleanza con l’anticlericalismo borghese. 353 7.2.2 - La bandiera rossa sul municipio. L’ultima seduta del Consiglio Comunale eletto prima della guerra avviene l’8 maggio 1919, ma in quella occasione viene a mancare il numero legale per l’elezione del sindaco. L’ultima riunione della Giunta Policreti si era tenuta il 26 aprile precedente. Il 21 giugno giunge in comune il decreto prefettizio che nomina a commissario il segretario comunale Odoardo Cavicchi, che rimarrà in carica fino al 15 novembre 1920, vigilia della prima riunione del Consiglio Comunale a maggioranza socialista.354 Fra le deliberazioni del commissario si trovano decisioni relative alle principali opere pubbliche che costituiscono sia i punti fermi del programma di infrastrutture per lo sviluppo della città, sia le iniziative per dare lavoro ai disoccupati. Il 5 giugno 1920 viene nominato il rappresentante del comune di Pordenone in seno alla commissione intercomunale per studiare il tracciato della ferrovia Pordenone-Oderzo, in seguito ad un ordine del giorno votato dai comuni interessati riunitisi in Oderzo. Una delibera di agosto è dedicata al progetto di navigazione del Noncello.355 Varie delibere sono adottate dal commissario relativamente alla ferrovia Pordenone-Aviano: per contribuire alle spese di costruzione con l’assunzione di mutui e per dare garanzia per l’anticipazione di somme del comune e della provincia di Udine per il pagamento dei lavori e per l’anticipazione di fondi alle cooperative di lavoro impegnate.356 Secondo gli avversari democratici del Partito del Lavoro, i socialisti sarebbero arrivati alla decisione di presentarsi per conquistare il comune fra aspri contrasti, che avrebbero opposto anche pubblicamente la base e gli organizzatori di livello più basso alla dirigenza del partito, contraria a prendere in mano le redini dell’amministrazione, in quanto i socialisti non devono accettare l’eredità delle amministrazioni borghesi, che amministrano in questo momento, cioè mentre dura il regime borghese-capitalistico (che essi - i capi - detestano) significa tradire gli ordini di Mosca ed entrare in un vero e proprio collaborazionismo, ecc. ecc. Ma questi ragionamenti a nulla hanno valso e la volontà degli organizzati ha prevalso. Di questo dissidio tra capi e gregari, delle sue fasi, delle sue manifestazioni, sono pieni i caffè e un giornale umoristico potrebbe toglierne infiniti spunti per allietare l’umanità sofferente. I “laburisti” attaccano l’estrazione borghese dei capi socialisti e più in generale la loro storica politica di collaborazione con la democrazia radicale pordenonese, che la conquista dell’amministrazione metterebbe definitivamente in crisi, costringendoli a scegliere fra la collaborazione di classe e le istanze della base operaia. Se si vuol fare una politica di classe a Pordenone, bisogna rassegnarsi a perdere le simpatie di qualche borghese, rompendo la tradizione del partito che, in persona dei suoi capi ha sempre barcamenato tra il proletariato e la grassa borghesia. Ma intanto, segno delle relazioni che i socialisti mantengono con esponenti della borghesia democratica, si nota che fra i possibili futuri amministratori si fa il nome di un non iscritto, l’ing. Monti che è stato eletto consigliere radicale dal 1915. 357 Giovedì 14 ottobre all’Hotel Quattro Corone si tiene l’assemblea per la costituzione del blocco elettorale fra democratici e combattenti, presieduta dall’ing. Luigi Querini. Si decide di correre solo per la minoranza, contro la lista popolare, con un programma esposto da Piero Pisenti in cui si dichiara di stare alla finestra rispetto alle capacità di governo dei socialisti: Esaminata la situazione elettorale di Pordenone, ritenuto che giovi a chiarire la situazione stessa l’assunzione al potere del partito socialista ufficiale, onde il proletariato avendo i suoi capi al governo della cosa pubblica, abbia chiaro il senso della realtà e i capi riacquistino quello della responsabilità. La decisione di lasciar vincere i socialisti nasce dalla certezza della loro egemonia in città: A Pordenone, l’elemento operaio è numerosissimo: la locale camera del Lavoro, nonché i capi del partito, non hanno mai lasciato occasione per esaltare la rivoluzione russa e il soviety di Mosca e dell’Ungheria; forti della loro posizione di minoranza critica, i socialisti hanno, volenti o nolenti, abituato le masse a ritenere che soltanto una amministrazione socialista avrebbe potuto aprire le porte del paradiso terrestre. Quando governavano altre amministrazioni, i socialisti tennero perfino dei comizi per criticarne l’operato. Poi, i capi socialisti costituirono a proprio uso e consumo, un Comitato di Agitazione in cui con telegrammi e ordini del giorno su questioni di pubblico interesse, pareva volessero allenarsi al governo della cosa pubblica. Da tutto ciò le masse si sono fatte la convinzione che i loro capi debbano assumere il potere. Ed è bene che ciò avvenga; perché molte illusioni cadranno a tutto vantaggio della sincerità, e, anche, della tranquillità cittadina. 358 La posizione democratica potrebbe essere giudicata come un buon esempio della famosa favola La volpe e l’uva: in realtà, se la loro lista per le elezioni provinciali nel mandamento è rappresentativa di quella aristocrazia agraria da cui hanno tratto i loro quadri amministrativi moderati e radicali nei decenni trascorsi (vi figurano l’ing. Napoleone Aprilis, Giovanni Micoli-Toscano, il conte Giovanni Quirini, oltre ai pordenonesi Omero Polon e ing. Luigi Querini), la lista per il comune è di una debolezza estrema, monca di LF, n. 45 del 14 novembre 1920, pagg. 2 e 3, Vita del Partito. Riunione del Comitato Provinciale. ACPn, Registro deliberazioni del Consiglio 1918-1919 - Amministrazione Policreti (in esso è contenuto il verbale di consegna dell’ufficio comunale al commissario prefettizio). 355 ACPn, Registro deliberazioni Giunta e Commissario 1919-1920: delibere commissariali del 5 giugno 1920 e n. 709 del 30 agosto 1920. 356 ACPn, Registro deliberazioni Giunta e Commissario 1919-1920: delibere commissariali n. 601 dell’1 luglio 1920, n. 612 del 17 luglio 1920, n. 628 del 24 luglio 1920, n. 716 del 9 settembre 1920, n. 766 del 25 settembre 1920, n. 817 del 10 ottobre 1920. 357 Il Lavoro, n. 1 del 4 ottobre 1920, pag. 3, A Pordenone. 358 Il Lavoro, n. 3 del 17 ottobre 1920, pag. 1, Si è costituito il blocco. 99 353 354 quasi tutti i grandi personaggi della politica prebellica e composta prevalentemente di ex radicali e combattenti: la compongono l’impiegato invalido di guerra Domenico Bortolini, l’impiegato ed ex combattente Rodolfo Pagura, il rag. Umberto Parmeggiani, il commerciante Eolo Polon, Luigi Querini e l’impiegato ex combattente Carlo Zanelli.359 Ma proprio in quei giorni si va organizzando il Fascio di Pordenone: in novembre il sottotenente Eugenio Rocco di Torre ne comunica l’avvenuta costituzione e la nomina a segretario di Leone Puiatti. Un mese dopo il fascio conterà una trentina di aderenti.360 Il risultato elettorale a Pordenone, nella fredda domenica del 31 ottobre, si trasforma in una valanga di voti per la lista socialista. Più che vinto abbiamo trionfato. (...) Non potrei dirne la percentuale che non si può trarre dai registri i quali portano nomi di elettori morti vent’anni fa e di numerosi assenti. Di questo non ne tengono conto gli avversari, i quali ora ci dicono: I vostri hanno votato tutti, mentre la maggior parte dei nostri si sono astenuti. Se volete non insistiamo. Ma non so con che nome chiamare quella gente che vede i socialisti marciare alla conquista del comune “per rovinarlo” e che non si muove da casa. Gli eletti socialisti ottengono dai 1728 del primo eletto ai 1701 del ventiquattresimo; i popolari, che conquistano la minoranza, ottengono per i loro sei candidati dai 381 ai 349 voti; infine il blocco, che risulta escluso dal Consiglio Comunale, ottiene dai 346 ai 336 voti, perdendo la minoranza per poco. Il corrispondente socialista avverte che gli avversari ora dicono che il Psi farà miracoli, per seminare successivamente la delusione sui risultati realmente ottenuti. Infatti stanno avvelenando con la loro rabbia le loro armi spuntate; e sussurrano al popolo: Certamente ora che i socialisti sono al potere voi vedrete innalzarsi i fabbricati scolastici e le case operaie di cui abbisogniamo; vedrete, attraverso gli spacci comunali, ribassare a metà i generi di consumo; vedrete tolta, specialmente, la piaga della disoccupazione. Il popolo vigili e non pretenda l’impossibile dai suoi rappresentanti; e ricordi sopratutto che l’attuale difficilissima situazione dipende da tutti i nostri avversari che la hanno voluta e che in questa hanno trovato il proprio interesse. Lunedì 1° novembre nel pomeriggio - nonostante il tempo freddo e piovoso - ebbe luogo una manifestazione proletaria per festeggiare le vittoriose elezioni. Al largo S. Giovanni, un numeroso corteo di uomini e donne provenienti da Torre, con bandiera e musica in testa, si unì ad un altro numeroso gruppo che attendeva. Il nuovo corteo percorse le vie Garibaldi e Vittorio Emanuele al suono dei nostri inni rivoluzionari, sostando davanti al Municipio, dove il compagno Sacilotto piantò la bandiera rossa tra gli applausi entusiasti della folla. Parlarono i comp. Mosca e Rusca e, chiamati, Ellero e Rosso.361 Il commento del Giornale di Udine lascia trasparire tutta l’amarezza della sconfitta: Massima indifferenza della cittadinanza per la vittoria socialista, ottenuta senza lotta. I voti del PSI sono anzi diminuiti. Il ceto medio ha votato solo al 35%, mentre socialisti e pop. hanno votato tutti: per 80 voti si è così persa la minoranza a favore della meschina lista del P.P.I. Neanche i socialisti sono esultanti: fugace apparizione della bandiera rossa in Municipio, ritirata dopo l’intervento del comm. di P.S. Essi sono preoccupati per la gestione del potere, e nonostante i primi moniti dalla Loggia, la gente si aspetta molto da loro. Pare che i socialisti vogliano revisionare tutta l’opera dal 1866 in poi. Il prossimo Sindaco sarà sicuramente l’avv. Rosso. Ci sono molti problemi, che verranno affrontati nei prossimi numeri.362 Il successo elettorale fa riuscire, questa volta con successo, la manifestazione di domenica 7 novembre, convocata in occasione dell’anniversario della rivoluzione russa. Ieri, alle 15, una folla imponente si è riunita al largo S. Giovanni, intorno ai numerosi vessilli portati alla manifestazione. Con la musica in testa; ha percorso via Garibaldi e via Vittorio Emanuele cantando gli inni rivoluzionari. Il corteo si è fermato sotto il Municipio dove, introdotto da Mosca, parlano il segretario della Camera del Lavoro di Treviso ed il sig. Marcolini, definito un nostro amico. Per ultimo interviene il compagno Sacher, che inaugura la bandiera del circolo giovanile socialista di Torre. Il corteo si è nuovamente ricomposto ed ha percorso ancora via Vittorio Emanuele per sciogliersi in piazza Cavour. Il tempo piovoso non ha impedito che un pubblico numerosissimo prendesse parte alla manifestazione. La percezione è ancora quella che il movimento sia in crescita: Il popolo sente, più di tutte le parole, che la lotta di classe si è intensificata e che bisogna prepararsi alla prova decisiva. E, ad onta di tutte le fanfaronate avversarie ragiona così: Se il popolo russo, che la guerra ed il blocco hanno reso condizioni economiche ben tristi, difende eroicamente la sua rivoluzione contro tutte le borghesie coalizzate, vuol dire che è persuaso che il suo regime attuale è infinitamente superiore al regime sfruttatore capitalista. Il buon senso proletario arzigogola meno ma colpisce più giusto dei pennaiuoli venduti.363 7.2.3 - La Lega dei Comuni Socialisti. Domenica 14 novembre si tiene il congresso dei sindaci e dei consiglieri comunali socialisti della provincia di Udine, presieduto da Ezio Cantarutti, sindaco di Spilimbergo. Si nota con disappunto l’assenza dei rappresentanti di minoranza socialisti di parecchi comuni, sintomo di un diverso coinvolgimento fra quei compagni che hanno acquisito un ruolo gestionale nelle amministrazioni e quant’altri invece sono votati a una testimonianza priva di responsabilità. Proprio questa assenza si ricollega al primo punto in discussione, cioè i rapporti fra le amministrazioni socialiste ed il partito, ove si indica la necessità di un’azione educativa, Il Lavoro, n. 6 del 30 ottobre 1920, edizione straordinaria per Pordenone, pag. 1, Elettori di Pordenone e del Mandamento, usate italianamente l’arma della scheda contro i clericali e i bolscevichi. Votate la lista del “Blocco”! 360 FABBRO, Mario, cit., pag. 37. 361 LF, n. 44 del 7 novembre 1920, pag. 4, La vittoria proletaria, La bandiera rossa sventola sul Municipio. Cfr. in appendice l’elenco dei consiglieri comunali eletti a Pordenone. 362 GU, n. 254 di mercoledì 3 novembre 1920, pag. 2, Dopo il voto. 363 LF, n. 45 del 14 novembre 1920, pag. 4, 7 Novembre. 100 359 specialmente verso i gruppi di minoranza. Il sindaco di San Giorgio di Nogaro Pasqualini propone che, per vincolare maggiormente gli eletti al partito, essi consegnino una lettera di dimissioni in bianco alla Federazione Provinciale Socialista, che ne farà l’uso più opportuno nell’interesse del partito. La proposta viene accolta con unanimi approvazioni da parte dell’assemblea, ma è rinviata alla competenza della federazione da Mauro Scoccimarro. Si passa poi al secondo punto: Lega dei Comuni Socialisti. Su tale argomento i congressisti si trovano d’accordo nel riconoscere la necessità della creazione di un organismo, che possa esplicare opera di incitamento, sorveglianza ed insegnamento verso i nostri compagni amministratori, e costituisca d’altra parte un nucleo centrale direttivo politico amministrativo attraverso il quale possa esplicarsi il Controllo Socialista, come attraverso gli organi costituiti (Prefetto, Giunta Provinciale Amministrativa, ecc.) si esplica il controllo borghese. E’ questa un’altra cellula che viene a crearsi per il futuro ordinamento socialista. Le modalità organizzative, l’apertura della sede a Pordenone od ad Udine e la composizione del consiglio direttivo vengono rinviate alla riunione dei sindaci socialisti che si terrà giovedì 18. Si vota infine all’unanimità un ordine del giorno: “ I Consiglieri Comunali e Provinciali Socialisti della Prov. di Udine, riuniti a Congresso in Udine il giorno 14 corrente, dopo ampia discussione sul programma politicoamministrativo tracciato nelle sue linee generali dalla Direzione del Partito e che verrà ampiamente svolto nei suoi particolari dal prossimo Congresso Nazionale dei Comuni Socialisti, riaffermano il concetto: 1. che il “Comune Socialista” è per il proletariato innanzitutto una essenziale conquista di carattere politico, che permetterà l’intensificarsi della lotta contro lo stato borghese, 2. che il Comune deve servire ai lavoratori per organizzare e creare le prime cellule della futura Società Socialista (Consigli di Fabbrica, Consigli d’Azienda, Cooperative di lavoro e consumo ecc. ecc.), 3. che esso deve tutelare e difendere con criteri nettamente classistici gl’interessi della classe lavoratrice senza preoccupazioni legalistiche. Riconosciuta la necessità di un’organizzazione delle Amministrazioni Socialiste, che sia guida direttiva politica e tecnica delle Amministrazioni stesse, danno mandato, di concretare e provvedere, seconde le direttive esposte nel Congresso, alla costituzione di un Consiglio Direttivo dei Comuni Socialisti, quale organizzazione provinciale attraverso la quale si aderirà alla “Lega dei Comuni Socialisti”. Si riconferma quindi la propria incondizionata solidarietà con la Russia dei Soviet e con tutte le vittime politiche della reazione borghese, dichiarandosi disposti a compiere attraverso il Comune quella qualsiasi azione, alla quale il Partito dovesse chiamarli per imporre e la ripresa delle relazioni politiche e commerciali con la Repubblica Russa da una parte, e la liberazione di tutti gli arrestati politici, dall’altra.” Giovedì 18, nella riunione dei sindaci socialisti, si decide in primo luogo di bandire un concorso pubblico per l’assunzione di due segretari, uno amministrativo ed uno contabile della Lcs. L’elezione di un grande numero di amministratori socialisti, sia di maggioranza che di minoranza, impone al partito di darsi una struttura professionale di consulenza e di orientamento per fornire indicazioni ai propri quadri. Per la prima qualifica, si richiedono titoli comprovanti la capacità di assistere legalmente ed amministrativamente i comuni; per la seconda, il titolo di ragioniere e segretario comunale. E’ richiesta preferenzialmente l’iscrizione al Psi. Viene nominato il consiglio direttivo provvisorio, costituito da Santorini assessore di Spilimbergo, Pasqualini sindaco di San Giorgio di Nogaro, Feruglio, Guido Rosso sindaco di Pordenone e Marinato sindaco di Pravisdomini: netta la prevalenza degli esponenti del Friuli occidentale, e ciò spiega bene la proposta di fissare la sede della Lega a Pordenone, che appare il vero centro politico dell’esperienza dei comuni socialisti friulani. Provvisoriamente viene incaricato di fare il segretario Scoccimarro. 364 L’organizzazione della Lcs in Friuli è parallela all’analogo movimento di organizzazione degli amministratori locali del Psi italiano: ad esempio nella contigua realtà del Portogruarese, immediatamente confinante a sud con il Pordenonese, si aderisce all’ ambizioso programma della Lega dei comuni socialisti della provincia di Venezia, così descritto da Imelde Rosa Pellegrini: vi si parla, infatti, di “conquista dell’autonomia comunale nel significato preciso di cui la colora la dottrina e la pratica socialista”, di “autonomia tributaria”, di “abolizione dell’ingerenza governativa”, della possibilità a Portogruaro, definito “Comune prevalentemente rurale”, di “decurtare il profitto e la rendita agricola”, di “sovraimposta sui terreni applicata senza attributi che quelli della necessità e della opportunità”, di “imposta sul bestiame, coordinata con quella di esercizio e rivendita (...) con aliquote che parranno enormi nei Comuni del Veneto governati da un cinquantennio da borghesi e da preti cui la tiepida imposizione sulle stalle conserva la quiete nei gabinetti sindacali”, di una “finanza comunale socialista (in grado di) mordere nel vivo del profitto del capitale e della rendita del suolo, fino a giungere anno per anno, bilancio per bilancio, ad una progressiva espropriazione”. Tra i progetti utopici della Lega dei comuni socialisti della provincia di Venezia, c’è anche l’impegno per l’impianto di nuove cooperative legate in consorzio “per l’aiuto alle cooperative di carattere socialista esistenti”, l’aiuto a una “scuola libera popolare” nel mandamento di Portogruaro, favorita da stanziamenti della lega stessa, e il sostegno da fornire ad alcune amministrazioni socialiste del mandamento che hanno deciso “d’accordare ai medici il richiesto aumento a condizione che essi riducano della metà le loro tariffe per quei cittadini che il comune ritenesse, pur non iscritti nell’elenco dei poveri, (...) in condizioni tali per cui assai gravoso riuscirebbe il pagare la tariffa di cui sopra”. Una rappresentanza della Lega dei comuni socialisti era stata inclusa anche nell’Ente autonomo antimalarico, sorto nel 1922, che sosteneva, fra l’altro, il progetto della collocazione di due stazioni antimalariche rispettivamente a S. Donà e a Portogruaro. Questo programma, contenuto nella relazione del segretario della Lega approntata per il congresso provinciale socialista del 1921, viene tacciato di utopismo e velleitarismo da Imelde Rosa Pellegrini, che imputa a tale istituzione ed alla sua linea politica la mancanza di realismo rispetto alla ben più dura aggressione fascista e governativa sulle istituzioni locali. Ma il programma appare al contrario una testimonianza dell’articolazione e delle ambizioni di un Psi avviato subito dopo la guerra mondiale verso la LF, n. 46 del 21 novembre 1920, pag. 2, Lega Comuni Socialisti. CONCORSO e pag. 3, IL CONGRESSO dei Consiglieri Comunali Socialisti e Riunione dei Sindaci Socialisti. 101 364 conquista del potere: è tipico semmai l’atteggiamento della storica portogruarese che, sulla base dell’orientamento tradizionale prevalente nella storiografia comunista, tende a svalutare il programma socialista, che rifiuta di per sè l’incasellamento nelle contrapposte categorie del moderatismo riformista e del velleitarismo massimalista, di cui si nega il carattere profondamente eversivo e rivoluzionario, pur nel contesto di una pratica amministrativa locale. Pretendere dai socialisti dell’epoca la capacità predittiva di quel fenomeno innovativo nella storia italiana ed europea che sarà il regime fascista è veramente esagerato. 365 Per iniziativa dell’Ufficio permanente di azione proletaria, con sede a Venezia a Palazzo Bembo, si annuncia la prossima costituzione di un Ufficio Regionale per la consulenza e l’assistenza gratuita per la soluzione dei diversi problemi di carattere amministrativo e tecnico, che si presenteranno ai nostri compagni amministratori. I settori di lavoro predisposti dal comitato promotore sono: Legislazione - Rapporti fra Comuni ed organi di vigilanza e tutela (Prefettura, Giunta Provinciale Amministrativa, Commissione Provinciale di Beneficenza, Commissione Provinciale Scolastica). Finanza - Compilazione bilanci, Preventivi e Consuntivi, Operazioni con la Cassa Depositi e Prestiti, Tasse. Tecnica - Compilazione e revisione progetti Tecnici. Assistenza e Legislazione sul lavoro - Rapporti con le organizz. operaie. Si invitano inoltre gli amministratori comunali socialisti ad abbonarsi alle seguenti riviste: Il Comune Moderno, Rivista per gli Enti Comunali e Provinciali, L’Igiene e la Vita, Rivista di Igiene Popolare, Alla conquista del Comune, Manuale per gli Amministratori di Enti Locali e Guida pratica per gli Amministratori Comunali e Provinciali, edita dalla Società Editrice Avanti! di Milano. L’azione organizzativa ed il radicamento nel territorio del Psi si accompagna con una nuova disposizione della federazione provinciale, che invita a designare i delegati mandamentali, che faranno parte del comitato direttivo, al fine di meglio collegare la struttura del partito e delle organizzazioni economiche nelle varie realtà.366 Nel frattempo Rosso fa la sua entrata in scena in Consiglio Provinciale, ove si insedia la nuova maggioranza popolare che elegge l’on. Luciano Fantoni presidente e l’avv. Candolini di Tarcento presidente della Deputazione Provinciale. Alla fine della tumultuosa seduta, il com. Rosso fa delle chiare e coraggiose dichiarazioni per il gruppo socialista, benché il presidente Fantoni - nella sua proverbiale ingenuità - tenti impedirle. L’oratore saluta le vittime politiche e la Russia dei Soviet, sciogliendo un commosso inno al socialismo. Vivi applausi dei nostri salutano l’elevato e forte discorso di Rosso. I clericali, che erano insorti come tanti arrabbiati quando egli aveva accennato al martirio di Giordano Bruno, si acquattano nei loro stalli come cani bastonati. Ma anche in Consiglio Provinciale i tempi sono cambiati e, dopo la trascinante oratoria del socialista pordenonese che ricorda le convulse battaglie anticlericali dell’anteguerra, si passa da parte socialista alla formulazione di proposte ambiziose e costruttive che vengono accolte dalla nuova Amministrazione Provinciale: il comp. Piemonte presenta un ordine del giorno in cui si chiede al Governo la concessione sollecita ai Comuni e alla Provincia delle forze idriche, impedendo lo sfruttamento ai pescicani dell’industria. E’ un primo atto pratico e utilissimo fatto nell’interesse della regione che si approva ad unanimità e che Candolini accetta come raccomandazione.367 Proprio il primo e più significativo intervento rimastoci del consigliere De Gottardo al Consiglio Provinciale richiama un problema cruciale per l’organizzazione degli enti locali socialisti, che non può ragionevolmente sostenersi in una situazione in cui la politica è un’attività gratuita, che solo gli appartenenti alle classi benestanti possono permettersi. Nel primo Consiglio Provinciale dopo le elezioni troviamo all’ordine del giorno una sua proposta per l’assegnazione di una indennità di presenza ai consiglieri provinciali, da conferirsi con effetto immediato. La proposta viene respinta, con il solo voto favorevole di undici consiglieri (uno in più del gruppo socialista) ma viene votata al suo posto una delibera in cui si chiede al parlamento di votare la proposta di legge al suo esame che prevede di corrispondere delle indennità agli amministratori pubblici.368 Domenica 2 gennaio 1921 si tiene a Pordenone il secondo convegno delle amministrazioni comunali socialiste friulane. La riunione è presieduta da Guido Rosso, che illustra i primi provvedimenti dell’amministrazione pordenonese. Sono presenti Giovanni Cosattini e le rappresentanze di ventiquattro comuni. Il primo punto all’ordine del giorno è quello degli approvvigionamenti, per i quali è necessario assicurare equità ed efficienza nella distribuzione, che i comuni socialisti dovrebbero affidare alla cooperazione di consumo o, di fronte alla sua incapacità, ad enti autonomi di consumo a gestione pubblica. Argomento immediatamente successivo, il che dà il polso della drammaticità del problema, è la lotta all’alcoolismo, per il quale si danno indicazioni di severo protezionismo e si critica la Commissione antialcoolica provinciale per la tiepidezza della sua azione. Si discute molto della disastrata finanza locale, la cui crisi non deve impedire alle amministrazioni socialiste di intraprendere tutte le iniziative necessarie nel campo della salute, dell’istruzione e delle abitazioni operaie, facendo gravare in ogni modo le tassazioni di modo progressivo sulle classi proprietarie. Quanto alla disoccupazione, Rosso illustra le iniziative prese dall’amministrazione di Pordenone insieme ai sindaci del circondario, ispirate al criterio dell’individuazione ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pagg. 239-240. Il documento citato è stato reperito nell’Archivio Comunale di Fossalta di Portogruaro da Ugo Perissinotto. 366 LF, n. 47 del 28 novembre 1920, pag. 3,Federazione Provinciale Socialista. Alle Sezioni Socialiste! e Vita del Partito. Lega Comuni Socialisti e Per gli Amministratori Socialisti. 367 LF, n. 46 del 21 novembre 1920, pag. 3, Le prime amarezze del “Pipi” nel Consiglio Provinciale. 368 ASU-APU, busta 13, fascicolo 2, 1920, Consiglio Provinciale di lunedì 27 dicembre 1920, schemi di delibera allegati n. 105, oggetto 51, Proposta del consigliere provinciale De Gottardo Umberto per assegnazione di una indennità di presenza ai consiglieri provinciali per intervento alle sedute del consiglio; LF, n. 1 del 2 gennaio 1921, pag. 3. 102 365 di tutte le opere pubbliche realizzabili ed alla pratica dell’avvio dei lavori, in attesa del reperimento delle risorse necessarie, da ottenere tramite la spinta popolare. Il problema della campagna per il risarcimento dei danni di guerra, sulla base delle rivendicazioni emerse nell’analogo convegno di Treviso, viene illustrato da Giuseppe Ellero, mentre in conclusione si approva il comitato definitivo della federazione dei comuni socialisti, presieduto da Rosso e composto da Cantarutti di Spilimbergo, Pasqualini di San Giorgio di Nogaro, Pietro Feruglio e dal segretario Scoccimarro. 369 L’adesione delle amministrazioni comunali alla Lcs provoca dibattiti spesso infuocati, che elevano al massimo livello la polemica da parte delle opposizioni. A Pordenone l’adesione alla Lega dei Comuni socialisti (deliberata dalla prima riunione di giunta, il 23 novembre 370) è approvata dalla maggioranza consiliare già nella seconda seduta del Consiglio Comunale - l’11 dicembre 1920 - senza evidenti discussioni.371 L'8 gennaio 1921 analoga delibera viene presa a Vallenoncello, senza però far riferimento alla documentazione inviata dalla Lcs. La Giunta comunale delibera la spesa di 1500 lire considerata l'urgente necessità di effettuare una spesa straordinaria, per la sistemazione degli Uffici Municipali e l'avviamento di questi a direttive più efficaci per il retto funzionamento di tutti i servizi del Comune; ritenuta pertanto indispensabile l'opera di personale straordinario si assume la decisione d'urgenza con i poteri del Consiglio. 372 Ad Aviano la deliberazione d’urgenza della Giunta dell’8 gennaio - relativa all’assunzione di una spesa di 1500 lire per la sistemazione degli uffici municipali e l’approvazione (in seconda lettura) del nuovo organico degli impiegati comunali - viene approvata dal Consiglio Comunale del 23 gennaio. La sistemazione degli uffici municipali è finalizzata all’avviamento di questi a direttive più efficaci per il retto funzionamento di tutti i servizi del Comune ; si ritiene quindi indispensabile l’assunzione di personale straordinario. Quale sia la modestia dell’investimento, è dato capire dal fatto che l’acquisto di una macchina da scrivere, al posto di quella sottratta al comune durante l’invasione, costa 3550 lire.373 Invece a Cordenons, dopo le prime settimane di voti pressoché unanimi, il 30 gennaio quasi tutta la seduta del Consiglio Comunale è occupata dalla ratifica della delibera giuntale del 5 dello stesso mese (tre giorni dopo il convegno dei comuni socialisti tenutosi a Pordenone!) con la quale si sono stanziate 1500 lire per finanziare la Lcs, sotto la forma di spese straordinarie per la sistemazione degli uffici municipali e l’avviamento di questi a direttive più efficaci per il retto funzionamento di tutti i servizi del Comune , necessarie ad istituire a Udine un ufficio di consulenza e di sorveglianza per tutti i comuni socialisti della Provincia . I consiglieri bloccardi di opposizione (anche qui democratico-liberali e popolari hanno superato le loro storiche contrapposizioni per cercare di impedire insieme la vittoria socialista) sollevano il problema di come un controllo di partito, esterno alla struttura amministrativa locale, venga a sostituirsi ai controlli della burocrazia comunale e statale; un consigliere - l’ing. Pasqualini - approfitta dell’occasione per ricordare ai consiglieri socialisti che se gli attuali amministratori non sono per incapacità in grado di amministrare senza l’aiuto di un consulente, la di cui spesa si vorrebbe poi far gravare sul bilancio del Comune, si dimettano ... l’opposizione borghese non riesce a celare il proprio razzismo verso questi consigli affollati di operai e contadini finora esclusi dalla vita pubblica. Alla fine la delibera viene presa con i voti contrari dei sette consiglieri d’opposizione ed il voto favorevole dei dieci presenti della maggioranza.374 Ma il risultato della votazione in seconda lettura della delibera di finanziamento dell’Ufficio di consulenza dei comuni socialisti, con 10 favorevoli e 6 contrari, non è valido in quanto non è raggiunta la maggioranza prescritta dalla legge.375 La polemica continua all’esterno del Consiglio Comunale, alimentata dalla lozeriana Lega dei piccoli proprietari: in marzo il consiglio direttivo polemizza per il tramite de Il Gazzettino con la decisione del Consiglio Comunale: si replica che la spesa pro capite è di 12 centesimi per abitante, che sono appena la quarta parte di un sigaro toscano. E tale spesa è fortemente utile, in quanto è impiegata in un ufficio di consulenza, per un ufficio cioè che dà consigli, che esamina pratiche amministrative, che sbriga pratiche presso le autorità superiori, che dà istruzioni sul modo di fare i bilanci, di applicare le tasse ecc. (...) Quale male se anche i comuni socialisti hanno un organo che metta i sindaci operai nella possibilità di fare cose nuove e pratiche? Ed ai popolari locali contesta infine, facendo rilevare la strumentalità dell’accusa, a fronte di una comune politica di richiesta della retribuzione degli incarichi pubblici per permettere che i lavoratori possano assumerli effettivamente: Ma che direbbero essi, se i socialisti di Cordenons facessero come i cattolici di Treviso che danno lo stipendio al sindaco, agli assessori e la indennità ai consiglieri? 376 Il 22 dicembre 1920 il sindaco di Pordenone Rosso invia a quello di Fontanafredda una circolare di invito: cfr. ACF, b. 1920, f. 1 Amministrazione, lettera ciclostilata, prot. n. 11743 del Comune di Pordenone e prot. n. 5075 del 26.12.1920 del Comune di Fontanafredda. LF, n. 2 del 9 gennaio 1921, pag. 3, Convegno dei Comuni Socialisti. Cfr. il testo della lettera ed il resoconto in appendice. 370 ACPn, Registro deliberazioni Giunta e Commissario 1919-1920: verbale Giunta del 23 novembre 1920. Delibera n. 935. 371 LF, n. 51 del 26 dicembre 1920, pag. 4, Consiglio comunale. Si tratta dell’unica fonte relativa a questa decisione, che non risulta dal verbale consiliare: probabilmente è stata soltanto comunicata dalla Giunta al consiglio. 372 ACCv, A17, Deliberazioni della Giunta Municipale, 30 luglio 1919-17 agosto 1923, verbale della seduta dell’8 gennaio 1921. 373 ACA, b. 972, 1921, f. Categoria I Amministrazione, 5.4, Giunta Municipale: Estrato del processo verbale della Giunta Municipale dell’8 gennaio 1921, Oggetto: Sistemazione degli uffici comunali e 8.3, Deliberazioni ed estratti di deliberazioni – con allegati – del Consiglio Comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 23 gennaio 1921 e del 30 maggio 1921, Oggetto 8°, Spesa di £. 3550 per l’acquisto di una macchina da scrivere ed apparecchio duplicatore automatico ad uso degli Uffici Comunali.. 374 ACCn, b. Deliberazioni del Consiglio 1920-1922, registro Consiglio 1921, seduta del 30 gennaio. Cfr. il resoconto in appendice. 375 ACCn, b. Deliberazioni del Consiglio 1920-1922, registro Consiglio 1921, seduta del 24 febbraio. 376 LF, n. 10 del 6 marzo 1921, pag. 4, Tutti sapienti! 103 369 Quanto alle deliberazioni del Consiglio Comunale di Aviano del 23 gennaio e 12 febbraio 1921 per la sistemazione degli uffici comunali, in merito alle quali la Prefettura intima ripetutamente al comune di precisare le dimensioni della pianta organica e delle retribuzioni dei dipendenti, l’amministrazione replica che tale stanziamento è in realtà finalizzato non solo agli uffici comunali in senso proprio, ma anche al finanziamento dell’ufficio di consulenza della Lcs: il comune replica alla Prefettura citando le istruzioni in proposito della presidenza del Consiglio dei Ministri. Infatti Giolitti, rispondendo a Matteotti, Casalini e Zanardi, superando il consolidato ostruzionismo della burocrazia statale in materia, ammette la possibilità per i comuni di stanziare contributi a favore della Lcs, in quanto tali uffici mirano ad assicurare la buona amministrazione dei Comuni assistendo gli amministratori con opportuni consigli e riparando alle eventuali insufficienze degli uffici locali. Entro questi limiti e per questo scopo la spesa per i detti contributi, purché proporzionale nella potenzialità economica dei singoli Comuni, può ritenersi rispondente a fine di utilità pubblica e perciò ammissibile ed in tal senso darò istruzioni ai prefetti.377 La risposta di Aviano è stata in realtà suggerita da Guido Rosso, che in un telegramma dell’8 febbraio ricorda come in seguito alla riunione del 2 gennaio abbia mandato il modulo con la deliberazione d’urgenza per i fondi indispensabili alla costituzione dell’ufficio di consulenza della Lcs provinciale. Ma fino ad allora hanno risposto solamente i comuni di Pradamano, San Giorgio di Nogaro e Pocenia, il quale ultimo ha ricevuto anche una nota della Prefettura. Rosso dichiara che prima di assumere il personale vuole che siano garantiti i fondi per pagarlo e cita la direttiva di Giolitti che riconosce l’ammissibilità di tali stanziamenti, come obiezione da presentare agli eventuali richiami prefettizi.378 In realtà anche i popolari organizzano con finalità e metodi simili un loro ufficio per l’assistenza amministrativa dei comuni, istituito il 1° aprile 1921 e diretto dal dottor Luigi Zanon, già segretario del comune di S. Daniele. (...) L’associazione aveva sinora costituito e tesserato il gruppo dei consiglieri provinciali e ventiquattro gruppi di consiglieri comunali. L’ufficio assistenza viveva coi contributi dei comuni aderenti, che fino allora erano ventisette.379 La Lcs tiene il suo congresso a Rimini dal 19 al 22 marzo 1921: vi sono invitati i rappresentanti di tutti i 2000 comuni e delle 25 province conquistate dal partito; ogni ente dovrà versare una quota di adesione variabile dalle dieci alle cinquanta lire a seconda del numero di abitanti rappresentati. I temi trattati dal congresso sono quelli dei tributi locali e del finanziamento degli enti locali; delle abitazioni, degli affitti e delle case popolari; dei consumi ed approvvigionamenti (fra i relatori si nota il triestino Valentino Pittoni, al quale viene riconosciuto il titolo di onorevole acquisito nel parlamento austriaco); della scuola; dei dipendenti degli enti locali; della politica industriale e di quella agraria; dell’attività delle amministrazioni provinciali, di quella dei comuni del Mezzogiorno e delle Isole e dell’amministrazione locale nelle nuove province ex austriache (relatori Mullic, Puecher, Avancini, Luca d’Avio e Unterkirchner). 380 I comuni socialisti friulani le cui scuole sono amministrate dalla provincia, in occasione delle elezioni dei quattro rappresentanti delle amministrazioni comunali in seno al Consiglio scolastico provinciale, sono invitati a votare per i quattro candidati del partito: Giulio Martinis di Treppo Carnico, Ettore Bandi di Sacile, Pomponio Pasquotti di Codroipo e Manlio Amadori di Chiusaforte. I consigli dei comuni autonomi sono invece invitati a votare per il maestro Domenico Maraldo di Cavasso Nuovo; quelli del comune di Udine per Gioachino Ermacora di Udine.381 Tuttavia, dopo questo inizio combattivo, la Lcs sparisce poco dopo dalle cronache di un Partito Socialista disarticolato dalla scissione comunista ed impegnato a difendere le sue strutture dalla crisi economica ed occupazionale, dal contrattacco padronale e dalla reazione armata fascista. Peserà sicuramente la caduta, solo un mese dopo, della Giunta pordenonese che è il fulcro della Lega: fatto sta che in ottobre nessun comune friulano risulta aver ancora versato la tassa d’iscrizione alla Lega. 382 A fine novembre giunge alle amministrazioni comunali socialiste la richiesta di adesione alla Lcs firmata dal presidente Zanardi, ex sindaco di Bologna.383 Dopo le elezioni amministrative del gennaio 1922 nei territori annessi dall’Austria, si costituirà a Ruda la Lega regionale dei Comuni Socialisti della Venezia Giulia. Vi sono rappresentate venti amministrazioni comunali socialisti ed undici gruppi consiliari di minoranza. Ma in queste elezioni ci sono ACA, b. 2486, 1921 Fascicoli separati, f. Categoria I, 1. Corrispondenza del Sindaco e del Commissario Prefettizio: lettere della Sottoprefettura di Pordenone del 18 marzo e 3 maggio 1921 e minuta della lettera del sindaco di Aviano prot. n. 1627 del 20 aprile 1921; LF, n. 5 del 30 gennaio 1921, pag. 2, Il contributo alla Lega dei Comuni socialisti ammesso dal governo. 378 ACA, b. 972, 1921, f. Categoria I Amministrazione, 8.3, Deliberazioni ed estratti di deliberazioni – con allegati – del Consiglio Comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 23 gennaio 1921 (allegati: telegramma del Sindaco di Pordenone dell’8 febbraio 1921, prot. n. 631 del Comune di Aviano del 10 febbraio 1921). 379 TESSITORI, Tiziano, Storia del Partito Popolare in Friuli, cit., pagg. 210-211. 380 LF, n. 11 del 13 marzo 1921, pag. 2, Congresso dei Comuni Socialisti. 381 LF, n. 14 del 3 aprile 1921, pag. 3, Ai Comuni socialisti. 382 LF, n. 40 dell’1 ottobre1921, pag. 2, LEGA DEI COMUNI SOCIALISTI. 383 ACA, b. 2486, 1921 Fascicoli separati, f. Categoria I, 1. Corrispondenza del Sindaco e del Commissario Prefettizio: lettera dattiloscritta del 30 novembre 1921 firmata in originale da Zanardi. Cfr. il testo in appendice. Su Francesco Zanardi, chimico e farmacista, organizzatore ed amministratore pubblico nel Mantovano, sindaco di Bologna dal 1914 al 1920, e parlamentare dal 1919 al 1924, cfr.: MALATESTA, Alberto, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, 3 volumi, Milano, Enciclopedia Biografica Bibliografia Italiana, Istituto Editoriale Italiano Bernardo Carlo Tosi, 1940-1941, terzo volume, pag. 246. Zanardi, creatore dell’Ente comunale autonomo dei consumi, è passato alla storia come il “sindaco del pane”, per essere riuscito a garantire la sopravvivenza della popolazione bolognese durante la guerra mondiale: sull’esperienza di Bologna durante la guerra cfr.: ONOFRI, Nazario Sauro, La grande guerra nella città rossa. Con una lettera autocritica di Pietro Nenni. Socialismo e reazione a Bologna dal ‘14 al ‘18, Milano, Edizioni del Gallo, 1966. 104 377 anche le prime affermazioni comuniste, con la conquista delle amministrazioni comunale di Perteole, Cormons, Capriva, Mossa, Sagrado, Brazzano, Salcano, S. Andrea, Merna. 384 Queste amministrazioni avranno generalmente vita breve in quanto saranno subito attaccate dalle squadre fasciste. Nei confronti della principale amministrazione comunista, quella di Cormons, l’azione fascista, concordata con il commissario civile di Gorizia, giunge al commissariamento nonostante la fiera resistenza del sindaco, l’operaio Antonio Sfiligoi. E’ significativo, in questo caso, l’accanimento con cui i fascisti cercano di impedire al sindaco di ottenere l’indennità di carica prevista dalla legge per espletare il suo incarico, accusandolo razzisticamente di gravare sulle casse comunali e di non essere né dotato di un adeguato reddito per fare politica gratuitamente, né di essere istruito. 385 7.2.4 - La Giunta Rosso. La prima seduta nel nuovo Consiglio Comunale di Pordenone ha luogo martedì 16 novembre 1920. Si tratta di una modifica radicale della compagine amministrativa cittadina. Due soli consiglieri comunali sono rieletti, e sono Ellero e Degan, cioè i principali protagonisti della presenza socialista in Comune da tre lustri. I consiglieri di estrazione liberale e democratica sono esclusi dal consiglio, ove entra come minoranza il neocostituito Partito Popolare, anche se nelle sue file si nota qualche vecchia conoscenza, come Italico Tubero. Sono presenti 28 consiglieri su trenta; sono assenti due consiglieri del Ppi. Un vero e proprio rovesciamento dei rapporti di classe, almeno sul piano amministrativo, è avvenuto. Il sogno del comune popolare sembra realizzarsi. Al posto dei consiglieri espressione del mondo delle professioni e dei ceti benestanti cittadini, entrano in Consiglio Comunale operai edili e tessili, insieme ad un gruppo di intellettuali, alcuni dei quali da sempre alla testa del movimento socialista, altri emersi nella tempesta del dopoguerra, come l’organizzatore comunista del Friuli occidentale Pietro Sartor. Ellero e Degan ottengono il massimo dei voti di preferenza, seguiti immediatamente dal cartolaio ed attivista Romano Sacilotto. Possiamo notare come il futuro sindaco Guido Rosso si collochi solo a metà della lista degli eletti, al tredicesimo posto, ma ciò poco importa, se rileviamo che fra il primo ed il ventiquattresimo degli eletti ci sono solo ventisette voti di differenza (in realtà è Ellero a spiccare con diciotto voti più del secondo eletto, mentre gli altri ottengono una differenza di solo nove voti su ventitre consiglieri). Il rapporto di dipendenza di Pietro Sartor (è maestro elementare e quindi dipendente comunale) e quello di appalto della cooperativa presieduta da Davide Sartor denotano un atteggiamento deliberatamente eterodosso dei socialisti rispetto alla disciplina delle incompatibilità ed ineleggibilità. Come abbiamo visto, a Barcis non si esita a ricorrere contro l’elezione di un avversario politico ineleggibile. Ma è la stessa Federazione Provinciale Socialista, per ottimizzare la raccolta del consenso elettorale, a dare la disposizione di violare deliberatamente la legge in materia, pur mantenendo alcune cautele: Sebbene le leggi comunali e provinciali prescrivano essere incompatibile la proclamazione a consiglieri comunali e provinciali dei dipendenti dei due enti, sarà bene portare ugualmente a candidati, tanto a consigliere comunale, quanto a provinciale, i compagni insegnanti elementari, medici condotti, ecc., però in proporzione tale che la loro eventuale decadenza dal mandato non intacchi, a suo tempo, la maggioranza consigliare nei centri dove essa dovrà ottenersi. Abbiamo ben presente il rapporto sinceramente strumentale fra amministrazione locale e movimento operaio concepito dai socialisti del tempo; in questo caso possiamo rilevare come il predominio socialista a Pordenone è tale che alcuna eccezione di ineleggibilità od incompatibilità viene sollevata contro i consiglieri eletti. Sbaglieremmo d’altra parte se considerassimo questo atteggiamento come puramente arbitrario e strumentale, come appare nel caso opposto dei due maestri citati: come si può dedurre dalla contestazione portata proprio da Guido Rosso a nome del gruppo provinciale socialista - contro il fondatore del Partito Popolare friulano cav. Pettoello, quello che si riscontra in termini di ineleggibilità (non accordata dalla maggioranza popolare, in quel caso) non è tanto il fatto che l’eletto abbia ruolo in un appalto dell’ente, quanto il fatto che egli sia il presidente del Sindacato industriale friulano, società di speculazione che ha parte in appalti di lavori della provincia, in concorrenza con le cooperative, che sono invece giudicate espressione dei lavoratori, sorte in alternativa alla speculazione privata.386 Il r. commissario avv. Cavicchi apre la seduta chiamando il cons. avv. Ellero, consigliere anziano, ad esaminare le prove di alfabetismo che vengono trovate regolari per tutti i consiglieri. Quindi il Commissario legge una chiara e lunga relazione sul suo operato, sui lavori compiuti, sullo stato attuale del bilancio. Ellero a nome della nuova maggioranza sottolinea la differenza fra questo ed i precedenti consigli comunali, nei quali solo una sparuta minoranza rappresentava quel movimento operaio socialista che oggi siede al suo giusto posto, ed annuncia che la nuova amministrazione si ispirerà nella sua opera alla realizzazione dei principi del socialismo. Tonelli, per la minoranza popolare, stigmatizza le vecchie amministrazioni, dice che le elezioni hanno significato reazione al passato, si dichiara avversario leale ed augura buona riuscita all’amministrazione Il Lavoratore Socialista, martedì 14 febbraio 1922, pag. 4, La costituzione della Lega regionale dei Comuni Socialisti e mercoledì 15 febbraio 1922, pag. 2, Dopo la costituzione della Lega regionale dei Comuni Socialisti; Il Lavoratore, martedì 17 gennaio 1922, pag. 1, Notevoli vittorie ed affermazioni comuniste e mercoledì 18 gennaio 1922, I risultati delle elezioni nel Friuli. 385 PATAT, Luciano, Agli ordini del duce. Cormons 1921-1945: il fascimo alla periferia dell’Impero, Udine, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, 1997, pagg. 37-42 e 47-52. 386 LF, nn. 40 del 10 ottobre 1920, pag. 1, Federazione Provinciale Socialista. Disposizioni per la lotta elettorale e 1 del 2 gennaio 1921, pag. 3, Consiglio Provinciale. Il cavalier appaltante e appaltatore. 105 384 proletaria. Anche Tonelli, agente dell’Unione Cooperativa di Torre, sottolinea la nuova compagine consiliare espressione del proletariato cittadino. Si passa quindi all’elezione della giunta: viene eletto a sindaco Guido Rosso, con 23 voti (e la sua probabile astensione) e l’astensione dei quattro consiglieri popolari presenti. Sono eletti assessori effettivi: Romano Sacilotto, Giacomo Brusadin, Luigi Brusadin (tutti e tre con 24 voti) e Giuseppe Ellero con 23 voti. Già in questo primo atto del Consiglio Comunale possiamo notare la differenza di “stile” fra i professionisti borghesi Rosso ed Ellero (che si astengono dal voto che li riguarda personalmente) e gli altri assessori di estrazione popolare. I due assessori supplenti sono Vincenzo Degan ed Enrico Marzot, ambedue con ventidue voti e due voti dispersi, da parte del gruppo socialista: si tratta molto probabilmente di un espediente tecnico per attribuire con precisione il mandato agli assessori effettivi rispetto a quelli supplenti. L’avv. Rosso, richiesto, dice che con la sovranità del lavoro si apre una nuova fase nella storia del nostro comune. Accenna ai comuni conquistati in tutta l’Italia, all’opera che dovranno svolgere e in ultimo ricorda la grande rivoluzione russa, simbolo vivente dell’ascensione proletaria. (...) Molta gente ha assistito alla prima riunione e molto si aspetta la cittadinanza dalla amministrazione socialista. Questa farà tutto il possibile ma ha bisogno del conforto di tutti particolarmente contro lo stato che, ha detto il comp. Rosso, è il più accanito avversario del comune.387 Ma il successo elettorale sembra essere offuscato da una prima ombra della possibile reazione: secondo Il Lavoro la convocazione del Fascio di Combattimento la sera prima del Consiglio Comunale allarma i socialisti tanto che per misure di prudenza fu provveduto a far occupare a tempo, dalle forze di Torre, l’aula consigliare. Della stessa relazione del commissario regio dottor Cavicchi si afferma che ebbe il merito di far suonare ancora nell’aula del consiglio (non diciamo per l’ultima volta) accenti di italianità prima che avessero inizio le stridule litanie russe. (...) La lettura della relazione proseguì senza incidenti salvo qualche colpo di tosse nervosa agli accenni di ringraziamento per il generale Badoglio che fu largo di appoggi al nostro Comune. A parte le insinuazioni gratuite del foglio pisentiano (l’ultima affermazione contrasta con quanto rimane a verbale, cioè la proposta di Ellero di stampare la relazione di Cavicchi), sono già presenti gli elementi che verranno utilizzati per ostacolare e poi far cadere la Giunta socialista, anche se ancora in forma sibillina: la violenza dall’esterno ed il boicottaggio di burocrati ostili al governo delle masse popolari dall’interno della struttura comunale. Per altro, si contrappone il carattere moderatamente riformista del discorso di Ellero e quello nettamente massimalista del discorso di insediamento di Rosso, che afferma che la sua sarebbe stata opera non tanto amministrativa, quanto di parte a tutela di una classe, e si nota lo spirito collaborativo dei popolari nei confronti dell’amministrazione socialista.388 La nomina della Giunta rossa coincide con la grande festa che si svolge a Rorai per l’inaugurazione delle bandiere della Lega edile di Porcia e della Lega tessile di Rorai. Accorre tanta gente, con tante bandiere e la musica della banda di Torre. Il lungo corteo, formatosi a Porcia, si è fermato in piazza di Rorai. Hanno parlato Sanmartino, segretario della Camera del Lavoro, Rusca, segretario dei tessili, Masutti, segretario degli edili, il compagno Sartor ed il geometra Marcolini. 389 In base all’ordinanza sindacale 20 novembre 1920, n. 103/9, Giuseppe Ellero è assessore delegato, nonché assessore alla Polizia, Igiene, Assistenza e Lavoro; Luigi Brusadin è assessore ai Lavori Pubblici ed Edilizia, Guido Rosso è assessore all’Istruzione, Personale e Pratiche legali, Giacomo Brusadin è assessore alla Finanze e Dazio, Vincenzo Degan è assessore allo Stato Civile e Romano Sacilotto è assessore all’Annona.390 Uno dei primi atti della Giunta è l’ordinanza del sindaco che vieta a caffè, bar e qualsiasi altro esercizio pubblico la compravendita di latte naturale a partire dal 22 dicembre, al fine di cercare che il latte naturale non manchi ai bambini, ai vecchi ed agli ammalati. Un provvedimento significativo non solo nella carente situazione del Friuli postbellico, il cui patrimonio bovino è stato distrutto durante l’anno dell’occupazione, ma universale: negli anni Settanta un provvedimento simile (la fornitura gratuita di latte ai bambini) caratterizzerà l’azione del governo cileno di Unidad Popular e sarà immediatamente revocato dopo il colpo di stato fascista dell’esercito e l’assassinio del presidente socialista Salvador Allende da parte dei militari al servizio del governo statunitense.391 La prima riunione della nuova Giunta si svolge il 23 novembre. Si delibera l’ampliamento del cimitero; l’acquisizione (sia sotto forma di acquisto che di esproprio) di un terreno per l’ufficio postale in Via Mazzini, nell’area della Ceramica Galvani; la rinuncia ai lavori di ristrutturazione del Palazzo Pera in Corso Garibaldi per realizzarvi scuole e uffici e la scelta di realizzare un nuovo fabbricato scolastico, iniziando le trattative per l’acquisto del terreno ed il progetto. 392 Si conferma con alcune modifiche il regolamento organico e si decide l’aumento della retribuzione per gli impiegati e salariati comunali, confermando la ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 16 novembre 1920, Oggetto 2°, Relazione del Commissario Regio dottor Odoardo Cavicchi e Oggetto 4°, Nomina della Giunta (cfr. i resoconti degli interventi di Ellero, Tonelli e Rosso in appendice); LF, n. 46 del 21 novembre 1920, pag. 4, Consiglio Comunale. 388 Il Lavoro, n. 9 del 21 novembre 1920, pag. 3, Da un regime all’altro. 389 LF, n. 46 del 21 novembre 1920, pag. 4, RORAI. Festa proletaria. 390 ACPn, Registro delle cariche, Pordenone, 20 giugno 1920, pag. 6. 391 LF, n. 1 del 2 gennaio 1921, pag. 4, Il latte ai bimbi, ai vecchi ed agli ammalati. 392 In ambedue i casi ci si trova di fronte ad aree nevralgiche del centro città, ove per decenni si progetterà la localizzazione di strutture amministrative e direzionali. Negli anni Settanta l’area dello stabilimento Ceramica Galvani verrà destinata a centro direzionale, collocandovi gli uffici finanziari, previdenziali e sanitari, oltre che numerosi uffici e residenze privati. Palazzo Pera all’inizio del secolo successivo sarà in fase di ristrutturazione per collocarvi la sede dell’Amministrazione Provinciale, ancora senza sede definitiva a più di trent’anni dall’istituzione dell’ente. 106 387 storica linea socialista di tutela dei dipendenti pubblici. Si propone l’istituzione di due nuovi uffici rivolti a soddisfare esigenze fondamentali della popolazione: l’ufficio del lavoro e quello dell’assistenza. 393 Nella seduta giuntale del 27 novembre Romano Sacilotto risulta investito dell’incarico di assessore anziano. In quella del 4 dicembre si decide la convocazione del Consiglio Comunale per deliberarvi la ratifica delle delibere giuntali. Si proporrà in quella sede anche l’autorizzazione ad assumere la spesa per la costruenda ferrovia Pordenone-Oderzo. Si rinuncia ai lavori per le rogge e per le strade: come nel caso della delibera di rinuncia relativa a Palazzo Pera, si richiede per tali lavori l’intervento del Ministero delle Terre Liberate a titolo di danni di guerra.394 Il Consiglio Comunale dell’11 dicembre si apre con alcune comunicazioni della giunta: quella relativa all’adesione al congresso del Psi, quella alla Lcs ed al convegno dei comuni socialisti tenutosi a Milano, quella sulla partecipazione ad un convegno a Tolmezzo per l’utilizzo delle risorse idriche del Friuli (che saranno prerogativa degli enti pubblici e non di società private) e ad una riunione per rilanciare la ferrovia Pordenone-Aviano.395 La Giunta socialista conferma quindi l’indirizzo amministrativo ormai consolidatosi dall’anteguerra, e confermato anche nel periodo commissariale (di cui si approvano le delibere), che punta a trasformare la città in uno snodo di vie di comunicazione commerciale: quella fluviale verso Venezia e quella ferroviaria. Non si tratta solo di provvedimenti volti a lenire la disoccupazione postbellica, ma di un organico progetto volto a potenziare l’economia cittadina in un sistema di traffici europei: non a caso contro questi progetti si batterà selvaggiamente la destra guidata da Piero Pisenti, che li seppellirà con la dittatura fascista. Il Psi si propone con una prospettiva capace di riunire l’interesse di tutti i ceti sociali allo sviluppo industriale e commerciale della città: ma questo progetto verrà sostenuto solo dagli esponenti politici della classe operaia e sarà cassato da un ceto borghese industriale ed agrario arretrato e preoccupato di mantenere lo status quo sociale. In questa stessa prospettiva, i socialisti pordenonesi partecipano all’iniziativa promossa dai compagni carnici, volta a realizzare importanti opere di sfruttamento dell’energia idroelettrica del bacino dell’alto Tagliamento, per fornire energia alla nascente industria friulana. La stessa presentazione dell’idealità che stanno alla base dell’inaugurazione, il 28 novembre, della prima derivazione del Tagliamento a Cavazzo Carnico da parte delle cooperative e dei comuni carnici e della provincia di Udine, susciterebbe il consenso di un ecologista impegnato nelle lotte contro le privatizzazioni previste dalle oligarchie del capitalismo globale del secolo successivo: Le forze della natura, e le acque in primo luogo, furono e sono oggetto di sfruttamento da parte di capitalisti, di società anonime e dell’infinita schiera di parassiti che si frappongono fra la natura, madre comune, ed i consumatori. Togliere al capitalismo il monopolio ingiusto di tanta ricchezza per ridarla ai proprietari legittimi, i consumatori, ecco quanto sta nel programma delle realizzazioni socialiste, ecco quanto, per la prima volta in Italia, ha solennemente affermato il proletariato carnico, oggi in uno coi rappresentati dei Comuni e della provincia. Un progetto che non a caso intende essere realizzato con un ruolo fondamentale della pubblica amministrazione e che viene concepito e sostenuto dai quadri dirigenti della cooperazione carnica. Anche questo progetto verrà fatto decadere con il cambio di regime, e lo sviluppo delle risorse energetiche friulane sarà consegnato nelle mani degli agrari e dell’industria elettrica. 396 Si nominano a far parte del consiglio di amministrazione del Consorzio granario provinciale, come rappresentanti del comune di Pordenone, i dirigenti socialisti Vittorio Cella di Tolmezzo ed Alberto Baradello di Latisana.397 Si vota un ordine del giorno, proposto dall’Unione emigranti friulani di Cavasso Nuovo, in cui si richiede l’approvazione di una legge per venire incontro agli emigranti che hanno perso all’estero le loro attività a causa della guerra, constatate le tristi condizioni di molti cittadini abitanti nel nostro comune che per ragioni della guerra hanno abbandonato e perduto all’estero la loro attività frutto di lungo lavoro e risparmio; constatato come il Governo non abbia ancora provveduto al risarcimento del valore delle attività perdute (…).398 Rosso relaziona sulle pratiche per la ferrovia Pordenone-Oderzo, che dovrà poi collegarsi alla Pordenone-Aviano, e cita i deliberati del convegno del 22 novembre. Tonelli plaude all’impegno di Rosso e chiede che ci si impegni anche a favore della linea tramviaria Pordenone-Portogruaro: gli risponde Rosso ricordando l’impegno già profuso al proposito dall’assessore Ellero. Ci si assume la quota parte di spesa per l’elaborazione del progetto, affidato all’ing. Liberale Papete, con l’indicazione che la linea debba avvicinarsi al comune di Pasiano, fissando una stazione nei pressi di Visinale di Sotto.399 Rosso ricorda i tentativi delle precedenti amministrazioni per arrivare alla costruzione del nuovo fabbricato scolastico urbano, ed informa che la Giunta ha avviato trattative con il cav. dott. Cossetti per ACPn Registro deliberazioni Giunta e Commissario 1919-1920: verbale Giunta del 23 novembre 1920. Delibere nn. 938, 944, 945, 946, 947, 950. 394 ACPn Registro deliberazioni Giunta e Commissario 1919-1920: verbale giunte del 27 novembre e 4 dicembre 1920. Delibere nn. 1001, 1005 e 1006. 395 LF, n. 51 del 26 dicembre 1920, pag. 4, Consiglio comunale. 396 LF, n. 48 del 5 dicembre 1920, pag. 2, REALIZZAZIONI. La forza idrica dichiarata proprietà collettiva. La Carnia sarà d’esempio al resto d’Italia, articolo firmato Spartacus. 397 ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 11 dicembre 1920, Oggetto 2°, Nomina di rappresentanti i Comuni nel Consiglio d’Amministrazione del Consorzio provinciale Granario di Udine. 398 ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 11 dicembre 1920, Oggetto 16, Voto a favore degli emigranti che per causa della guerra furono costretti ad abbandonare all’estero le loro attività patrimoniali. 399 ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 11 dicembre 1920, Oggetto 17, Autorizzazione alla spesa inerente al progetto per il costruendo tronco ferroviario Pordenone-Oderzo. 107 393 l’acquisto del terreno già in passato individuato come il più idoneo per la sua ubicazione. E’ indispensabile ed è volontà assoluta della Giunta di costruire il fabbricato scolastico urbano allo scopo di migliorare il funzionamento delle scuole elementari. E’ intendimento della Giunta di edificare un palazzo centrale con due palestre – una aperta e una chiusa – secondo i criteri più moderni e si intende inoltre di costruire un edificio modesto per alcune aule sussidiarie nella zona di S. Giacomo. Il consigliere popolare Tonelli condivide la decisione della Giunta e sottolinea che, visto lo sviluppo demografico della città soprattutto in periferia, è opportuna la realizzazione del fabbricato in San Giacomo. Il Sindaco prende atto delle raccomandazioni del Consigliere Tonelli. Annuncia a titolo informativo che ha disposto per i locali necessari e per l’assunzione del personale affinché col 1° gennaio 1921 le scuole abbiano immancabilmente a funzionare nelle ore antimeridiane e nelle ore pomeridiane.400 Al termine della seduta Rosso informa che si stanno facendo pratiche per riuscire a far finanziare dal Ministero delle Terre Liberate l’espurgo delle rogge, e che è intenzione dell’amministrazione di sistemare la Via Cavallotti. Moro domanda che l’Amministrazione comunale si interessi per far risuscitare l’università popolare o comunque per istituire una scuola serale che valga ad elevare la mente dei lavoratori distogliendoli dalle bettole. Sartor Pietro raccomanda la nomina della Commissione interna per gli insegnanti e fa voti per la scuola professionale. Sindaco. Si è preoccupato e si interessa per una scuola professionale – ma avverte che bisogna studiare il problema con molta ponderazione essendo difficilissimo da attuarsi. Egli è inteso con l’Ing. Mior che compilando il progetto per le scuole farà un’appendice per i locali delle scuole professionali. 401 Le nomine dei consigli di amministrazione dei vari enti controllati vengono fatte senza concedere alcuna rappresentanza alla minoranza popolare. Nella commissione comunale per la revisione delle liste elettorali sono nominati Masutti, Molmenti, Monti, Scarpa (effettivi) e Bontempi, Oliva, Puglietti e Pietro Sartor (supplenti). Nel consiglio di amministrazione dell’Ospedale Civile e del Monte di Pietà sono eletti Gino Rosso, Umberto De Gottardo, ing. Alberto Monti e Davide Sartor (questi due, dimissionari il 19 maggio 1922, saranno sostituiti da Francesco Ortiga ed Ilario Fantuzzi) e Giona Biasin. 402 Il consiglio di amministrazione della Congregazione di Carità è presieduto da Vincenzo Degan e composto da Enrico Marzot, G. Batta Scala, Giuseppe Maroder, Angelo Micheluz, Ferruccio Bomben, Antonio Puglietti, Andrea Valerio e Costante Masutti.403 La commissione elenco poveri incaricata dal 27 novembre 1920 al 27 novembre 1921, designata dalla Giunta comunale, è presieduta da Giuseppe Ellero ed ha come vicepresidente Ilario Fantuzzi.404 Vengono quindi approvati tre nuovi uffici: 1) Ufficio del lavoro, che dia una statistica esatta del movimento operaio e industriale, disoccupazione e richieste di mano d’opera, emigrazione, vertenze tra capitale e lavoro, applicazione delle leggi e dei concordati protettivi degli operai, ed in genere che aiuti, indirizzi, protegga il lavoratore (a presidente del quale è eletto Giacomo Brusadin) . 2) Ufficio di assistenza, che aiuti tutti quelli che hanno bisogno di essere guidati in qualunque pratica, particolarmente ora sul risarcimento danni di guerra, sulle pensioni militari, su pratiche burocratiche ecc. 3) Ufficio sanitario. A Pordenone abbiamo sempre avuto un ufficiale sanitario che è stato nel contempo medico condotto, ma ci è mancato l’Ufficio sanitario. Ora è stato provvisto per dare maggiore affidamento alla salute pubblica cittadina. Sono stati aperti i relativi concorsi, insieme a quello di medico condotto per Torre, di un direttore di polizia urbana e di qualche impiegato. Per il personale è stato rimaneggiato il regolamento organico a cui s’è portato una fondamentale modifica con la costituzione di Commissioni interne ed arbitrali che difendano gli interessi dei dipendenti. Per migliorare le condizioni economiche del personale è stato concesso un secondo caroviveri e l’aumento del venticinque per cento sullo stipendio. Il provvedimento, se non verrà a risolvere definitivamente il problema del caro vita, aiuterà certamente a sbarcare un po’ meglio il lunario. Sono state pure migliorate le tabelle per il personale dell’Ente autonomo comunale dei consumi, a controllo del quale sono stati nominati sindaci Rusca e Pupin. Nella discussione sul regolamento organico dei dipendenti comunali e sull’istituzione dei nuovi uffici, i sindacalisti Oliva e Masutti - e con loro i consiglieri popolari - intervengono per sostenere la necessità di tutelare i lavoratori con i salari più bassi. All’opposto, la Giunta provinciale amministrativa approva solo la concessione del secondo caroviveri, mentre sospende l’aumento (che oscilla dal 20 al 25%) fino all’approvazione del bilancio.405 La Giunta del 14 dicembre decide l’appalto dei lavori di dragaggio per la costruzione del porto fluviale sul Noncello e quella del 5 gennaio 1921 approva lo statuto del Consorzio provvisorio per il Noncello.406 A dicembre, in una riunione durata due ore e mezza e che ha dovuto poi essere interrotta e rinviata a pochi giorni dopo, la sezione socialista di Torre elegge a segretario Fioravante Fantuzzi ed a componenti della commissione esecutiva Pietro Sartor, Enrico Marzot, Giovanni Gobbo ed Egidio Poletti. ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 11 dicembre 1920, Oggetto 18, Autorizzazione alla spesa per il progetto delle scuole elementari in sostituzione di quello perduto durante l’invasione nemica. 401 ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 11 dicembre 1920. 402 ACPn, Registro delle cariche, Pordenone, 20 giugno 1920, pag. 10. 403 ACPn, Registro delle cariche, Pordenone, 20 giugno 1920, pag. 8. 404 ACPn, Registro delle cariche, Pordenone, 20 giugno 1920, pag. 7. 405 ACPn Registro Consiglio Comunale 1920-1921, seduta dell’11 dicembre 1920. Sono presenti 29 consiglieri, assente uno socialista; LF, n. 51 del 26 dicembre 1920, pag. 4, Consiglio Comunale. A proposito della designazione di Monti, Il Lavoro afferma stizzoso: Tra le nomine fatte dal Consiglio nella sua seduta di sabato, merita rilievo quella dell’ing. Alberto Monti che entra a far parte di parecchie amministrazioni socialiste, tra cui quella dell’ospedale. E’ noto che l’ing. Monti non fece parte della lista perché svariati dissensi lo dividevano dal partito; ma oggi, stando alle nomine, gli ostacoli sono superati e il partito ha una recluta in più. Cfr. Il Lavoro, n. 13 del 19 dicembre 1920, pag. 3, A PORDENONE. 406 ACPn, Registro deliberazioni Giunta e Commissario 1919-1920: verbale Giunta del 14 dicembre 1920. Delibera n. 1016. Registro Giunta 1921: verbale Giunta del 5 gennaio 1921. Delibera n. 8. 108 400 L’orientamento a sinistra della sezione è maggioritario. Il comp. Marzot presenta quindi un ordine del giorno che completa quello presentato ed accettato nell’assemblea del 5 u.s., fissando che, per unità di Partito, la Sezione intende unità comunista e, in tutti i casi, l’indirizzo dev’essere rivolto verso sinistra. Viene accettato. Parimenti è netta la tendenza a mantenere un rapporto di indirizzo e controllo nei confronti dell’amministrazione socialista del comune, alla quale si rivolgono una serie di richieste nel campo soprattutto dell’istruzione verso le varie fasce della popolazione del quartiere. Il comp. Sartor presenta successivamente parecchi ordini del giorno, invitando la Giunta amministrativa a fare alle Sezioni riunite di Torre e di Pordenone una relazione sulle condizioni in cui ha preso l’Amministrazione ed a sottoporre all’assemblea il proprio programma. Domanda inoltre: 1) che l’attuale asilo infantile, dotato di mezzi, diventi, da semplice custodia, un luogo di preparazione alle scuole elementari, e che quindi venga diretto da una maestra giornaliera diplomata; 2) che vengano istituite due scuole serali, una per l’insegnamento strumentale agli analfabeti e semianalfabeti; un’altra di cultura generale che dia agli operai le elementari cognizioni delle scienze, dell’igiene, dell’economia, della politica ecc. Si fa inoltre voti che venga istituito un corso d’igiene materna che dia alle nostre donne le relative indispensabili conoscenze e valga a diminuire il forte numero delle morti tra l’infanzia. Non solo la tensione rivoluzionaria di quello che sarà uno dei principali centri propulsori del comunismo friulano non impedisce una puntuale programmazione dei servizi occorrenti nel quartiere nel campo dell’educazione, ma (e su questo specifico il giudizio di Barraco nei confronti dell’operato della Giunta socialista viene contraddetto esplicitamente 407) si rivolge una grande attenzione al problema dell’alcoolismo. Venne pure accettato un altro ordine del giorno per la lotta contro l’alcoolismo, che fissa i seguenti punti: 1) nomina, tra la Sezione, di una Commissione di propaganda; 2) accordi con il Comune; 3) propaganda a mezzo conferenze; 4) apertura di scuole serali che valgano a far disertare le osterie; 5) istituzione, alla Casa del popolo, di un ritrovo antialcoolico, sala di giuoco, di lettura, dirette da compagni ed aperte la sera e la domenica; 6) applicazione rigorosa delle leggi contro gli ubbriachi e vari altri particolari. Tutti i compagni sono stati poi invitati ad iscriversi nella società Casa del popolo. Al fine di finanziare la Casa del Popolo vengono organizzate alcune feste da ballo pubbliche all’osteria al lido , il venerdì sera ed il sabato e la domenica dalle 15 alle 24. Per capire le dimensioni del fenomeno, va rilevato che un anno dopo Il Popolo stimerà in centinaia gli alcoolizzati nel quartiere.408 Lunedì 17 gennaio gli operai edili della tintoria di Torre effettuano uno sciopero spontaneo contro l’assunzione a portinaio di Giuseppe Bianchettin, accusato di aver tenuto una condotta equivoca durante l’occupazione austriaca. Si tratta di un episodio significativo sotto un duplice aspetto: il primo è l’autonomia dell’agitazione, che fa rimproverare gli operai da parte socialista per non aver coinvolto la Camera del Lavoro e per aver superato la gestione contrattuale, che prevede lo sciopero abbia luogo solo dopo aver avviato le trattative con la controparte. Ma emerge anche come - anche in questo ambiente permeato dall’antimilitarismo socialista - la rabbia operaia esploda contro un probabile collaborazionista dell’invasore e si materializzi nella richiesta che al suo posto venga assunto un mutilato di guerra: l’opposizione alla guerra si salda con la solidarietà con i compagni che la guerra l’hanno combattuta, mentre i preferiti dei padroni ne godevano i profitti a discapito della collettività.409 La seduta del Consiglio Comunale del 19 gennaio si apre con alcune comunicazioni: il sindaco informa che per oggi una Commissione dei nostri Comuni sarà ricevuta dal prefetto per discutere circa la disoccupazione. Si discute poi del voto della sezione socialista di Torre per ridurre le licenze di vendita degli alcoolici, al fine di ridurre il fenomeno dell’alcooldipendenza. La proposta dei compagni di Torre ha già avuto una conseguenza operativa, con il divieto - a partire dal 1° gennaio 1921 - della vendita di alcool impartito a ben 58 spacci nel territorio comunale. Il Lavoratore Friulano ne pubblica l’elenco completo, affinché i compagni si sappiano regolare. (...) Possono ancora vendere liquori con una gradazione superiore al 21% del volume 59 spacci. E’ stato dunque un taglio per metà. E’ ancora insufficiente, è vero, ma la lotta è appena incominciata. A giorni andrà in vigore un nuovo orario di cui darò notizia. Gli osti strillano, e con loro strilla qualche incosciente, ma il medico non si impressiona e taglia decisamente, sicuro di fare del bene. Pietro Sartor, approvando le iniziative prese, propone il divieto in tutto il comune della vendita degli alcoolici superiori ai 21 gradi, ma Rosso gli osserva che la vigente legge sugli alcool non consente per il momento misure più radicali . L’Amministrazione Comunale emana inoltre un manifesto contro l’alcoolismo. Alcune settimane dopo il Giornale di Udine attaccherà la campagna antialcoolica del comune di Pordenone, coerentemente con i suoi rapporti di dipendenza dagli agrari produttori del settore vitivinicolo: si tratta dello stesso collegamento che a livello nazionale ha ostacolato la legislazione in materia negli anni Le prime iniziative del Comune in confronto con il trionfalismo politico che aveva caratterizzato i commenti della stampa socialista e l’euforico atteggiamento delle masse, appena attenuato dall’appello dei neo-eletti, stanno come il classico topolino rispetto alla montagna. Lo sforzo comunale viene infatti indirizzato contro l’alcoolismo che minava la salute degli operai e la possibilità di quella redenzione civile e politica che volevano attuare i nuovi dirigenti comunali: vengono chiuse metà dello osterie e in un manifesto contro l’alcoolismo il sindaco minaccia di “licenziare gli operai trovati ubriachi” . Cfr.: (BARRACO, Roberto), cit., pag. 58. Questo giudizio riduttivo non tiene conto né della gravità della problematica, più sopra evidenziata, né della particolare ed estesa attenzione ed iniziativa antialcoolica dei socialisti. Invece Pillot e Camisa inseriscono la lotta contro l’alcoolismo nel contesto delle iniziative per acquistare maggiore efficienza nei lavori per la realizzazione del porto del Noncello: a conferma ulteriore della pessima conduzione dei lavori pubblici d’ordine comunale può essere ricordata la battaglia che il sindaco socialista di Pordenone, avv. Rosso, condusse alla fine del gennaio 1921 contro la grande diffusione del’alcoolismo tra le file degli operai impegnati nell’esecuzione dei lavori sul porto del Noncello. Cfr.: PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio, cit., pag. 48, nota 75. 408 LF, nn. 1 del 2 gennaio 1921, pag. 4, TORRE di PORDENONE. Vita del Partito e 2 del 9 gennaio 1921, pag. 4, Pro Casa del Popolo; Il Popolo, n. 3 del 22 gennaio 1922, pag. 3. 409 LF, n. 4 del 23 gennaio 1921, pag. 4, TORRE di PORDENONE. Agitazione tra gli edili. 109 407 precedenti la guerra. Si afferma che le cifre sono esagerate, poiché la gran parte del prodotto è diretto alle osterie dei paesi di una vasta zona: il fine non può portare a denigrare i cittadini di Pordenone. Si nota come l’iniziativa sia Giunta fino all’attenzione del quotidiano bolognese Il Resto del Carlino, che nel suo articolo L’invasione alcoolica del Friuli ha tra l’altro elogiato l’amministrazione socialista. Il quotidiano friulano propone che invece l’Amministrazione Comunale applichi la Legge 632 del 19 giugno 1913, che limita le licenze di osteria ad una ogni cinquecento abitanti. La critica provoca un lungo e puntiglioso articolo di replica de Il Lavoratore Friulano, ove si nota innanzitutto che questa è la prima volta che il quotidiano avversario, organo dei grandi proprietari fondiari, si degna di dare notizia dell’attività della Giunta socialista. Le cifre sindacali sono, purtroppo, inferiori alla realtà. E’ vero che c’è una esportazione di alcoolici sdaziati in altri comuni o non soggetti a dazio a ragione della loro quantità, provenienti da distillerie e fabbriche limitrofe e non limitrofe, e introdotti e consumati da non esercenti. (...) Ci sarebbero però da aggiungere ai dati del manifesto le quantità di alcool al dazio frodate nel 1920. Ma un altro punto della polemica del quotidiano vicino al Partito del Lavoro richiede una puntuale replica: e cioè la pretesa contraddizione fra la campagna antialcoolica e la lotta contro l’insufficienza salariale. In realtà la parte del salario operaio che se ne va in alcoolici è minima, e d’altra parte non sono certo gli operai coscienti ed organizzati che rivendicano miglioramenti salariali a spendere i loro soldi in osteria. Se una causa c’è al dilagare dell’alcoolismo, questa è la guerra con la degradazione morale, l’assuefazione alla violenza e la diffusione di massa delle psicosi. La verità si è che, in oggi, l’abuso dell’alcool piaga sociale in prevalenza portata dallo sviluppo industriale - si è acuito e si acuisce in tutte le classi sociali a causa di una minore valutazione della vita, e, sopratutto, dei suoi valori morali, deprezzati dalla guerra. (...) Ma poi, perché chiedere il ribasso dei salari, se, ridotto con i mezzi opportuni, l’uso dell’alcool, l’operaio avrebbe modo di tenere un regime di vita più igienico e moralmente più conforme ai destini suoi? E’ falso che il manifesto sia stato suggerito da spirito demagogico. Soltanto un animo vanitosamente settario poteva e può pensare questo. Ed infatti il giornale per coonestare la sua accusa, deve sottacere la misura pratica contenuta nel manifesto: il licenziamento, cioè, degli operai trovati ubbriachi. Sul richiamo alla legge speciale, conviene ricordare al giornale che, durante la gestione dei suoi amici e padroni, mai furono presi provvedimenti e che nei primi del 1919 non venne fatta opposizione alla violazione della legge che si andava compiendo col rilascio di licenze e di permessi taciti ed espressi alla vendita di alcoolici superiori ai 21 gradi. Permessi e licenze che soltanto l’Amministrazione attuale ha revocati e disciplinati nell’ambito delle sue facoltà. Il sindaco socialista ha compiuto, in fondo, un atto energico e pratico di difesa sociale: niente di più.410 Si dà il conto della decisione di mettere sotto controllo la distribuzione del latte e della positiva gestione dello spaccio alimentare comunale: Richiama poi l’attenzione di tutti i Consiglieri sull’ordinanza emanata per il latte allo scopo di garantirlo ai vecchi, ai bambini ed ai malati – raccomandando di compiere il dovere civico di invigilare e denunciare gli abusi. Un’altra proposta è quella di incrementare l’attività dell’Ente Comunale dei Consumi, visto il bilancio positivo della sua attività nel 1920: E’ lieto di comunicare che ha ricevuto dall’Assessore Sacilotto il bilancio dello spaccio comunale, che presenta un giro di circa 400.000 lire e un utile netto di circa £. 26.000, ciò che dimostra la vitalità della gestione. Si augura che si possa dare all’Ente dei Consumi uno sviluppo anche più ampio non appena venga trasferito nei locali del palazzo Pera. Da un consigliere socialista viene posta la questione dei carichi di lavoro dei pompieri, servizio comunale, ridotti a fare i turni notturni da soli: Il Sindaco risponde ad un’interrogazione rivoltagli dal Consigliere Bomben Ferruccio per sapere se non si ritenga opportuno disporre perché il servizio notturno di sorveglianza al Corpo dei Pompieri sia fatto contemporaneamente da due pompieri anziché da uno solo – adibendo a tale servizio per turno anche i graduati. Osserva che non si ritiene opportuno comandare di servizio due persone in una volta dato il numero esiguo dei pompieri – d’altra parte l’incaricato è in grado di disimpegnarsi da solo avendo a disposizione un apparecchio telefonico perfetto e non può trovarsi in condizioni di disagio avendo la propria branda. Aggiunge inoltre che il servizio è stato disposto d’accordo coi rappresentanti degli industriali inclusi nel Consorzio e che non sarebbe giusto cambiarlo arbitrariamente, tanto più che non si è mai lamentato alcun inconveniente.411 Vent’anni dopo la prima proposta della Giunta Polese, la Giunta socialista propone il sussidio alla Camera del Lavoro: Il Sindaco dice che le funzioni della Camera del Lavoro sono di tale utilità che non abbisognano di speciali illustrazioni – tanto più che sono riconosciute anche dai Comuni non socialisti. La Giunta quindi ritiene opportuno proporre un sussidio di £. 4000 ed invita il Consiglio ad approvarlo. Tonelli non solo non si meraviglia – ma anzi trova naturale e consona al carattere della maggioranza la proposta della Giunta – ma osserva che oggi i sindacati operai da differenza di 15 o 20 anni fa – potendo contare sui contributi periodici degli iscritti vivano di una vita prospera. Quindi tale concessione non rappresentebbe che un sussidio dato ad un’organizzazione di partito e per questo motivo la minoranza non l’approva. Ora che con l’istituzione del Consiglio Superiore del Lavoro la classe lavoratrice vanta una delle maggiori e più belle conquiste a garanzia dei suoi diritti – vorrebbe che il sussidio fosse dato all’ufficio dipendente di avviamento al lavoro e di collocamento – che opera al disopra e al di fuori di ogni manifestazione di carattere partigiano. De Gottardo osserva che la Camera del Lavoro ha dovuto esplicare l’anno scorso – quanto più infieriva la disoccupazione ed esplica tuttora funzioni che esorbitano dalle primitive sue competenze – riuscendo di grande gradimento e di utilità indiscutibile per tutta la classe operaia senza distinzione di partito: insiste perciò sulla necessità di approvare il sussidio richiesto e proposto dalla Giunta. Sartor Pietro aggiunge che le quote che pagano gli operai vanno alle Federazioni ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 19 gennaio 1921, Oggetto 1, Comunicazioni; GU, n. 37 di domenica/lunedì 13/14 febbraio 1921, pag. 2, Contro l’alcoolismo e contro le esagerazioni... pericolose e LF, nn. 2 del 9 gennaio 1921, pag. 4, La lotta del Comune contro l’alcoolismo, 5 del 30 gennaio 1921, pag. 4 Compagni, combattiamo l’alcoolismo! (cfr. il testo del manifesto in appendice: il testo giornalistico è identico a quello pubblicato da: PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio, cit., pag. 192) e 8 del 20 febbraio 1920, pag. 4, Contro l’alcoolismo... ed il “Giornale di Udine”. 411 ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 19 gennaio 1921, Oggetto 1, Comunicazioni. 110 410 di mestiere e non alla Camera del Lavoro – la quale deve sostenere grandi spese per il suo funzionamento e per compensare i propagandisti che fanno opera utile per tutti. Masutti si associa alle dichiarazioni fatte con conto della maggioranza. Ma su questa delibera si appunta la censura di merito della Giunta provinciale amministrativa.412 L’operato dell’amministrazione socialista è anche volto al ripristino della moralità negli uffici comunali, intervenendo fermamente contro il personale corrotto: Il Sindaco informa che avendo eseguito una inchiesta sommaria sulla gestione daziaria del Comune ha scoperto delle frodi a danno degli esercenti commesse con alterazione di bollettari e di bollette di riscossione – da qualche dipendente. (…) Dei fatti in discorso ha fatto denuncia al Procuratore del Re. E poiché l’ufficio – al quale sono devolute mansioni delicatissime – non poteva restare sotto l’ombra del sospetto da parte del pubblico la Giunta con atto 13 dicembre u.s. ha deliberato di incaricare il sig. Bellis Ernesto – persona di particolare competenza ed onestà – di compiere un’ampia inchiesta amministrativa e di suggerire le eventuali modifiche da attuarsi per ottenere il massimo rendimento. Inoltre il Sindaco con sua ordinanza 10 gennaio volgente ha sospeso a tempo indeterminato – dal giorno successivo tutto il personale daziario – immettendo contemporaneamente nell’ufficio il predetto Sig. Bellis coadiuvato da personale avventizio ed ha iniziato la procedura di legge per il licenziamento del commesso (…)413 Si delibera di acquistare l’area Galvani in Via Mazzini per collocarvi il palazzo degli uffici, comprendente le poste e telegrafi e gli uffici del registro, del catasto e delle imposte. Il comune spende 40.000 lire nell’acquisto, mentre la realizzazione del palazzo sarà a carico del governo; la spesa per l’acquisto del terreno è ricavata dalla vendita del terreno denominato Braida Zanin, davanti alle casermette in Via Molinari. Si decide di ripristinare alcune vecchie tasse per colmare il deficit del bilancio comunale: quelle sugli esercizi e rivendite, tassa famiglia, vetture e domestici, consumo energia elettrica e insegne. La tassa sull’energia elettrica verrà applicata al di sopra di un certo numero di candele, in modo che il proletariato ne resti esente. Se da una parte, quindi, si tassano gli esercenti per procurare risorse alla macchina comunale, si vuole che questa sia gestita in termini di onestà e correttezza amministrativa. Vengono poi ratificate le deliberazioni prese d’urgenza dalla Giunta; tra queste l’impiego dei fondi per la prosecuzione dei lavori sul Noncello. La somma stanziata per i lavori del porto è insufficiente, poiché lo Stato non pensa ora a darne di più; è stato deciso di impiegare il fondo devoluto per la conca di Visinale per salvare così molti operai dalla disoccupazione.414 Domenica 23 gennaio si tiene a Pordenone un imponente comizio di protesta contro la disoccupazione, con la presenza di oltre tremila operai e delle organizzazioni di sinistra dell’intero mandamento. Dopo il corteo parlano dal balcone del municipio Mosca, Giuseppe Ellero, Guido Rosso e Masutti e si approva un ordine del giorno in cui si fa propria l’agitazione nazionale indetta dalla Fioe contro il decreto-legge n. 2214 del 19 ottobre 1919 sull’assicurazione contro la disoccupazione involontaria, in quanto con tale disposizione si discriminano gli operai edili i quali, pur versando i contributi obbligatori, sono esclusi dal sussidio di disoccupazione nei mesi invernali. Nel pomeriggio una delegazione di operai si reca in Prefettura per discutere della situazione creatasi nel Pordenonese. 415 La Giunta del 26 gennaio decide l’adesione al costituendo Ente autonomo per l’utilizzazione delle forze idrauliche del Friuli; quella del 12 febbraio l’adesione al consorzio per il servizio automobilistico Pordenone-Motta di Livenza. Si delibera, in accordo con la Camera del Lavoro, di dare nuove disposizioni sull’organizzazione dei lavori sul Noncello. I turni saranno di cinque ore al giorno, in modo da dare più lavoro ai disoccupati. Non ci si limita a decidere i lavori pubblici e ad appaltarli alle cooperative di lavoro, ma si cogestisce l’organizzazione dei turni e la distribuzione dei redditi, in modo da garantire un’equa distribuzione del reddito sociale. Comune, Camera del Lavoro e cooperative sono elementi di un’unica struttura di governo socialista. Si delibera il regolamento per gli impiegati avventizi dell’amministrazione. 416 Rosso cerca di richiamare la borghesia al suo dovere civico di contribuire alle istituzioni sociali cittadine, dando l’esempio con l’acquisto di un pacchetto di schede di sottoscrizione della quota associativa al Patronato Scolastico. Così scrive: “E’ reputato dovere sociale di tutte le persone abbienti, portare il contributo per lenire le sofferenze, spesso ignorate, dei bambini poveri, affidati alle cure della scuola. Chi vive in mezzo alle giovani esistenze, rese infelici dalla incolpevole condizione sociale, può comprendere l’alta funzione protettrice ed educativa dell’assistenza. Per questo la premura degli istruttori e degli Enti pubblici acché risorga prontamente il Patronato scolastico deve venire benevolmente apprezzata ed aiutata”. Ma non si attendono i contributi dei benestanti, anzi si invitano gli operai a sottoscrivere le due lire di quota per il patronato. 417 ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 19 gennaio 1921, Oggetto 5, Sussidio annuale alla Camera del Lavoro. Sottolineature nell’originale. Annotazione a margine della Giunta Provinciale Amministrativa, che nella seduta del 14 luglio 1921 ritiene inammissibile la spesa. 413 ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 19 gennaio 1921, Seduta Segreta. Oggetto 21, Riferimento sulla sospensione inflitta dal Sindaco al personale dell’azienda daziaria. 414 ACPn, Registro Consiglio Comunale 1920-1921, seduta del 19 gennaio 1921 (sono presenti 29 consiglieri, assente uno popolare); LF, n. 5 del 30 gennaio 1921, pag. 4, Consiglio comunale. 415 LF, nn. 5 del 30 gennaio 1921, pag. 2, “FIOE”. Gli edili esclusi dal sussidio di disoccupazione! e pag. 4, Un Comizio di protesta contro la disoccupazione. 416 ACPn, Registro Giunta 1921: verbale giunte del 26 gennaio, 12 febbraio e 6 marzo 1921. Delibere n. 38, 90, 100, 110 e 119. 417 LF, n. 4 del 23 gennaio 1921, pag. 4, Patronato scolastico. Il consiglio di amministrazione del Patronato Scolastico è formato da Gualtiero Navarra, rappresentante dei soci, presidente; da Ugo Pasini, pure rappresentante dei soci, vicepresidente e dal vicedirettore didattico Giov. Gerardo Croce, pure rappresentante dei soci, segretario contabile. Giovanni Scarpa è rappresentante della giunta; il sindacalista Dario Mosca e Giovanni Scala rappresentanti del consiglio; l’assemblea degli insegnanti designa quattro componenti e quella dei soci sette, fra i quali si nota l’avvocato G.B. Cavarzerani. Sono componenti di diritto Giovanni Marcolini e l’assessore alla P.I. Guido Rosso. Le nomine sono state effettuate, a 111 412 La Giunta inoltre emana un manifesto, in cui fa appello ai cittadini perché inviino i figli nelle scuole il cui funzionamento è stato ripristinato dalla gestione socialista: “L’istruzione è certo uno dei mezzi più adatti per conseguire l’educazione e lo sviluppo dei sentimenti di socievolezza e solidarietà nelle generazioni. Per questo la legge prescrive l’obbligatorietà dell’istruzione e punisce i genitori i quali non mandano e trascurano di mandare i figli alla scuola; per questo l’attuale Amministrazione ha subito provveduto ad un funzionamento regolare di tutte le classi. Essendo pertanto venuta a cessare ogni legittima giustificazione, la Giunta comunale ha dato disposizioni acché: 1. sia dagli insegnanti ogni giorno presentato un elenco degli allievi mancanti senza giustificato motivo; 2. siano denunciati all’autorità giudiziaria i genitori che non mandano o trascurano di mandare regolarmente i figli alle lezioni”. 418 7.2.5 - La scissione comunista. Già agli ultimi di novembre la sezione di Torre era stata convocata per discutere dell’indirizzo che sarebbe uscito dal prossimo congresso e gli iscritti erano invitati a partecipare alle riunioni per contribuire a che il nostro partito, libero da tutti gli impacci, riprenda con giovanile vigore la strada segnatagli dalla storia. Due settimane dopo, la scissione è ormai all’ordine del giorno: sul settimanale socialista friulano, mentre la federazione, la Camera del Lavoro e la Lega dei comuni socialisti si insediano nella nuova Casa del Popolo acquistata ad Udine, a Palazzo Mangili in Piazza Garibaldi, 19 e si pensa all’unificazione delle tre camere del lavoro friulane, le opposte correnti chiamano a raccolta i loro aderenti: gli aderenti alla frazione comunista unitaria o massimalista sono invitati a dare la loro adesione al responsabile veneto Girolamo Li Causi a Venezia, mentre quelli aderenti alla frazione comunista secessionista sono invitati a riunirsi ad Udine alla Casa del Popolo da Alighieri Costantini.419 Domenica 5 dicembre si riuniscono alla Casa del Popolo di Torre le tre sezioni di Pordenone, Torre e Cordenons per discutere del congresso del partito. Il confronto è sereno, nonostante le due tesi che si fronteggiano divergano ormai radicalmente. Ellero, Rosso e Sanmartino trascinano la grande maggioranza degli iscritti sulle posizioni unitarie, rifiutando le indicazioni per l’omologazione alla disciplina dell’Internazionale Comunista e ritenendo inattuale la possibilità rivoluzionaria in Italia: essi conquistano i due delegati, che saranno Rosso e Sanmartino. Ai comunisti, guidati da Sartor, Masutti e Mosca non rimane che inviare la loro adesione alla mozione congressuale. Il rifiuto della rivoluzione non nasce dal distacco dall’esperienza sovietica ma dalla relativizzazione dei suoi aspetti violenti, legati ad una situazione che si vuole assolutamente irriducibile a quella dell’Europa occidentale. Nel congresso della sezione socialista udinese svoltosi il giorno prima, Cosattini fa la storia della rivoluzione russa, dalla caduta dello zarismo fino all’avvento al potere dei boscevichi. Afferma che di fronte ad un movimento di così grande importanza storica, bisogna guardare alle linee direttive e non ai particolari del movimento. I metodi seguiti nella rivoluzione russa sono stati determinati da uno stato di necessità al quale non ci si poteva sottrarre per le speciali condizioni dell’ambiente russo, perciò non si deve pensare di trapiantarli in Italia, ove tanto diverse sono le condizioni nelle quali si svolgerà la rivoluzione socialista. Espone la situazione attuale della Russia, affermando che dalla vittoria della rivoluzione russa dipendono in gran parte le sorti della rivoluzione nell’Europa occidentale. Esamina la situazione economica dell’Italia di fronte ad una possibile rivoluzione comunista, concludendo che necessita preparare gli organi della società nuova. Da parte comunista si sottolinea invece l’esigenza di liberare il partito dai troppi vincoli posti dalla presenza riformista, che svia da un ruolo attivamente rivoluzionario le organizzazioni economiche. I riformisti vanno espulsi, come richiesto dall’Internazionale e va costruito un partito che infonda lo spirito rivoluzionario al proletariato italiano. Queste esigenze sono anteposte dai comunisti alla rivendicazione orgogliosa della maggioranza del partito, di quell’autonomia che caratterizza l’organizzazione pluralistica del Psi, che si vorrebbe mantenere anche rispetto alla Internazionale, rifiutandone il carattere di rigorosa struttura di partito sovranazionale dotato di una sua ferrea disciplina finalizzata alla rivoluzione mondiale. 420 Pochi giorni dopo Michele Sanmartino affida al giornale del partito un articolo nel quale precisa le sue posizioni, in particolare confutando la corrispondenza che sosteneva che lui e Rosso avessero negato la possibilità della rivoluzione, che anzi egli rivendica (a contrario c’è un’evidente presa di distanza da Ellero, probabilmente schierato proprio sulle posizioni più moderate). Quello che Sanmartino però non può condividere è la richiesta di scissione a destra imposta dall’Internazionale Comunista, che secondo lui viola l’autonomia decisionale del partito italiano e condanna in maniera non condivisibile la componente rifomista, che ha grandi meriti nella costruzione del movimento sindacale e nella scuola di lotta di classe fatta al proletariato italiano. Sanmartino provoca anzi i comunisti a rompere con l’organizzazione sindacale, per sua natura riformista: ma i comunisti non romperanno l’unità sindacale neanche nei momenti di scontro più duro con il Psi, se non in situazioni locali, una delle quali sarà propria la realtà tessile pordenonese. E soprattutto il seconda delle categorie, dal 5 gennaio al 3 marzo 1921. Cfr.: ACPn, Registro delle cariche, Pordenone, 20 giugno 1920, pag. 11. 418 LF, n. 5 del 30 gennaio 1921, pag. 3, Non disertate le scuole! 419 LF, nn. 47 del 28 novembre 1920, pag. 4, TORRE di PORDENONE. Alla Sezione Socialista e 49 del 12 dicembre 1920, pag. 3, Per la fusione delle Camere del Lavoro e Vita del Partito. FRAZIONE COMUNISTA UNITARIA, Lega dei Comuni Socialisti e Frazione Comunista Secessionista. 420 LF, n. 49 del 12 dicembre 1920, pag. 3, SEZIONE SOCIALISTA. La discussione per il Congresso Nazionale e pag. 4, Preparando il congresso del Partito. Cfr. il resoconto del congresso in appendice. 112 segretario della Camera del Lavoro condanna l’ipotesi di scissione in quanto non può che indebolire la compagine organizzativa del movimento operaio, invece di rafforzarla com’è necessario.421 Che le difficoltà nel movimento sindacale non siano da sottovalutare di fronte all’organizzazione degli avversari, è anche la tesi sulla base della quale si unificano le tre Camere del Lavoro il 2 gennaio 1921. Il segretario di quella di Udine, Brovelli, afferma: Le tre Camere, disgiunte, separate, alle volte in antagonismo tra di loro, erano un controsenso. Le passate agitazioni di carattere generale, quali lo sciopero per la disoccupazione del maggio scorso e l’agitazione degli edili, ci hanno dimostrato un movimento sindacale frazionato, diviso, illogico. Non c’è stata né forza, né pressione, perché non c’era unità d’intenti, simultanea azione, coesione di attività. Viaggiare di nuovo sullo stesso binario sarebbe stoltezza, per non dire incoscienza. L’avversario contro il quale i lavoratori devono misurarsi, è ancora in forze, è rotto a tutte le schermaglie della lotta di classe, deciso più che mai a difendere i propri privilegi, a sostenere quelle che si vogliono chiamare le ultime scaramucce. Che il capitalismo sia agli sgoccioli della sua carriera nella storia, che la borghesia sia decrepita, infrollita, degenerata; son vieti modi di dire che non hanno che un valore relativo. Il valore reale è ben altro. Siamo sinceri. Dall’armistizio in poi ci siamo cullati in nocive illusioni, abbiamo fatto molta, troppa retorica, senza accorgerci di fare la spola tra Lissa e Custoza, senza accorgerci dell’unione di tutte le forze avversarie, sicuri, alla sera, di svegliarci il giorno dopo illuminati dal sol dell’avvenire. Non è pessimismo il mio, è richiamo alla realtà. E necessario che nelle future lotte (e non saran poche) il movimento e l’indirizzo sindacale siano unici e disciplinati, per cavarne il maggior profitto possibile. Niuna forza deve essere sperduta, niuna attività inutile, niuna azione dannosa. La concentrazione delle energie nostre nel campo economico, ora, nel campo cooperativo e politico, poi, ci metteranno realmente in grado di misurarci profittevolmente colle forze avversarie attive e fattive più che mai, più che mai convinte di adoperare tutte le armi per debellarci. Nel ragionamento di Brovelli la controffensiva avversaria è in atto, e non escluderà nessuna arma per eliminare la forza di un movimento operaio non sufficientemente conscio della necessità di opporre uno schieramento altrettanto compatto. Mentre si parla di rivoluzione e di crisi della borghesia, il movimento procede in forma inadeguata, rischiando la sconfitta. 422 Al congresso provinciale del Psi i socialisti pordenonesi assumono un ruolo di primo piano: Sanmartino è chiamato alla presidenza, mentre Sartor svolge la relazione a nome della frazione comunista secessionista, subito dopo Mauro Scoccimarro che parla per la frazione unitaria. Ma anche a livello provinciale prevale la tesi unitaria, dietro la quale si nascondono anche i riformisti, che non si distinguono come componente organizzata. Viene approvato a grande maggioranza un ordine del giorno proposto dallo stesso Scoccimarro, in cui ci si associa alla richiesta di espulsione dei socialdemocratici dal partito, ma in forma individuale, non bandendo tutta la componente organizzata come proposto dall’Internazionale. 423 La decisione dell’unificazione delle Camere del lavoro è così condivisa che viene approvata unanimemente dopo una discussione rapidissima. Il dibattito avviene invece sulla composizione del nuovo comitato centrale, che viene formato da tre membri per ognuna delle Camere del Lavoro unificate, ai quali si aggiungono con voto deliberativo i delegati della Federazione Provinciale Socialista e della Federazione friulana delle cooperative di lavoro e con voto solamente consultivo quelli del Sindacato provinciale edile e della Federazione provinciale lavoratori della terra. Questa soluzione viene avversata da Polacco e Sartor, della corrente comunista secessionista, che invece avrebbero voluto che i rappresentanti delle altre organizzazioni politiche ed economiche avessero un solo voto consultivo, per evitare di essere messi all’angolo proprio dai voti delle organizzazioni egemonizzate dalla maggioranza del partito. I comunisti comunque prevalgono nel nuovo organismo della Camera del Lavoro unificata e possono licenziare Ercole Brovelli e sostituirlo con Alighieri Costantini. I tre pordenonesi eletti sono Umberto Santin, Oliva e Pietro Sartor, tutti aderenti alla frazione comunista secessionista.424 L’appoggio da parte comunista all’amministrazione Rosso, che verrà mantenuto nei mesi successivi, non frena però in alcun modo l’organizzazione della scissione: i comunisti secessionisti della provincia sono invitati martedì 21 dicembre alla Casa del Popolo di Udine e la stessa federazione giovanile socialista provinciale è convocata per domenica 19 dicembre: sarà l’organizzazione giovanile a dare con le sue strutture ed i suoi attivisti il contributo fondamentale all’organizzazione del neonato Pcd’i sul piano nazionale.425 I primi commenti socialisti dopo la scissione di Livorno del 21 gennaio sono improntati soprattutto all’esigenza di lenire la ferita portata all’unità delle organizzazioni operaie. Chi ode e vede in quest’ora il lavoratore che sopporta sulla sua schiena, curva per ben altri pesi, il peso funesto della nostra scissura? Un primo intervento rifà la storia degli ultimi anni, con l’adesione delle masse che nel dopoguerra supera i confini della Carnia per dilagare nella pianura, non riuscendo a nascondere il disprezzo per quei giovani ora comunisti, che nel recente passato erano interventisti mentre i vecchi socialisti venivano internati. Facemmo tutti del nostro meglio, con sincerità e concordia, perché in ogni occasione s’affermasse la fede nell’idea che ci anima, e non LF, n. 50 del 19 dicembre 1920, pag. 2, PREPARANDO IL CONGRESSO. PER PRECISARE. Cfr. il testo dell’articolo in appendice. 422 LF, n. 51 del 26 dicembre 1920, pag. 2, Per la fusione delle Camere del Lavoro in Provincia e CONVOCAZIONI Camere del Lavoro Udine, Pordenone e Tolmezzo. 423 LF, n. 50 del 19 dicembre 1920, pag. 2, Congresso Provinciale Socialista. La discussione sulle tendenze. Cfr. il resoconto della relazione di Sartor in appendice. 424 LF, nn. 51 del 26 dicembre 1920, pag. 2, Per la fusione delle Camere del Lavoro in Provincia e CONVOCAZIONI Camere del Lavoro Udine, Pordenone e Tolmezzo, 2 del 9 gennaio 1921, pag. 2, La fusione delle Camere del Lavoro sanzionata dal Congresso Generale delle Leghe e 6 del 6 febbraio 1921, pag. 3, Camera del Lavoro Provinciale di Udine. 425 LF, n. 50 del 19 dicembre 1920, pag. 2, Vita del Partito. Frazione Comunista Secessionista e Federazione Prov. Giovanile Socialista. 113 421 senza merito contammo una grande vittoria politica, trenta Comuni conquistati, decine di Cooperative, Leghe, Sezioni, Case del popolo, sorte di paese in paese, come le pietre miliari, a segnare il cammino percorso, promettenti frutti della semina iniziata. Le lotte del dopoguerra non hanno portato grandi risultati, ma il rafforzamento del socialismo friulano è stato poderoso. Vendicavamo i morti nel macello orrendo, sollevavamo folate di speranza nei reduci stremati, fra i rimasti ed i profughi, seminando a piene mani in quei cuori esacerbati la bontà in un’idea che condannò la guerra, ponendo le sue radici nella fratellanza dei lavoratori in una umanità migliore. Di fronte a questi risultati la critica comunista appare come un’ingiustizia insopportabile. Non gettiamoci in faccia delle colpe, non insorgano gli oscuri, tratti ieri dalla menzogna borghese alla luce del socialismo, contro coloro che diedero per decenni il loro cuore alla grande idea proletaria; non vengano qui (...) a demolire a gran colpi di piccone, pazzescamente, l’edifizio tirato su dalla terra greve, con sudore ed amore; non travalichi la sensibilità incontenibile dei più giovani la linea segnata dalla fredda realtà, perché contro il fiume che scorre mai giova demolire gli argini per affrettarne lo sfocio: chi s’azzarda a far ciò ne può essere travolto. La scissione comunista viene vissuta come un abbandono temporaneo, simile a quello che ha nel passato distaccato piccole minoranze dal partito, senza svellerne la funzione di riferimento della classe operaia. Ma oggi incombe la necessità di difendere le conquiste realizzate e minacciate da quella che è una duplice violenza: quella dei fascisti che distruggono le sedi socialiste, ma anche quella dei comunisti che a Trieste invadono un nostro giornale, promettendone la distruzione nel caso non dovesse esser loro. Infatti a Trieste i comunisti, guidati da Tuntar, occupano la sede de Il Lavoratore per assumerne la gestione (avendo per altro alle loro spalle la grande maggioranza dell’organizzazione socialista triestina). 426 Domenica 7 febbraio si tiene alla Casa del Popolo di Udine il congresso provinciale socialista, per fare il punto sulla situazione creatasi nel partito dopo il congresso nazionale. Si afferma che il distacco di pochi compagni non ha scompaginato le file del partito; lo stesso rapporto con i comunisti non appare rotto del tutto, visto che questi, pur riunendosi a parte, inviano poi D’Orlando al congresso per un reciproco schiarimento sulla situazione creatasi in seno al partito. La relazione introduttiva sul congresso di Livorno è tenuta dal segretario della federazione provinciale Mauro Scoccimarro, il quale al termine legge una lettera inviata da Guido Rosso. Guido Rosso, che non ha potuto partecipare al congresso provinciale, invia un intervento che sarà pubblicato anche come articolo. Secondo il sindaco di Pordenone la scissione è insensata in un ambiente arretrato come quello friulano, dove il movimento è appena stato messo in piedi e le masse non saranno in grado di comprendere le polemiche ideologiche in cui i due schieramenti socialisti inevitabilmente getteranno le loro energie. Invece sarebbe questo il momento in cui bisognerebbe profondere ogni energia nella gestione di quelle amministrazioni che sono appena state conquistate e che danno grandi possibilità per realizzare la politica socialista. Inoltre affronta la questione della violenza, ritenendola comunque inevitabile al momento del trapasso del potere, ma non certo un fattore che possa far maturare anzitempo le condizioni per l’avvento del socialismo: per questo motivo Rosso lancia nei confronti dei comunisti la classica accusa usata nel passato dai socialisti italiani contro ogni dissidenza di sinistra rivoluzionaria: quella di estraneità al movimento di matrice marxista e di anarchismo. Dopo la relazione e la lettura di Rosso interviene Costantini, a nome dei gruppi comunisti puri che non sono ancora usciti dalle sezioni socialiste, creando un vivace dibattito. Pur sostenendo le ragioni degli scissionisti, una parte dei potenziali aderenti al Pcd’i è ancora parte organica delle organizzazioni socialiste. La mattinata viene conclusa da un appassionato discorso di Giovanni Cosattini, che afferma come sia implicita nella forma partito la divisione dei ruoli fra un’ala destra votata ad una lenta opera di costruzione ed una sinistra, dedita come avanguardia a trascinare le masse più pigre. E, nel replicare ai comunisti con la sottolineatura delle diverse prospettive che convivono anche nei dirigenti del nuovo partito, paventa le divisioni e le conflittualità che le masse dovranno patire per le divisioni inevitabili nell’organizzazione sindacale e nelle lotte. Infine la scissione avviene anche in ambito locale, con la dichiarazione di D’Orlando, all’inizio della seduta pomeridiana, dell’abbandono della sala da parte della minoranza che si riunisce in un altro luogo. Ma essa lascia le sue tracce ancora nella sala, dove è lo stesso segretario provinciale a manifestare i sintomi della sua crisi, che lo porterà alla successiva adesione al partito comunista. A questo punto il comp. Scoccimarro chiede l’atteggiamento della F.P.S. di fronte al gruppo comunista, il quale ha già dichiarato di prendere posizione di reciproco aiuto nel campo della lotta. Fa indi una commovente dichiarazione dei suoi principii, sentendo, come pochi, il dolore per il distacco dai socialisti, a lui legati da tanto affetto e da particolare stima. Dopo la replica di Feruglio, che rinvia ad una riunificazione futura dettata dalle circostanze - fra i compagni che oggi sono divisi nella concezione dei mezzi da utilizzare nella lotta - il congresso ascolta un’ultima dichiarazione di Pascoli passato ai comunisti e vota una mozione in cui si deplora la scissione, si approvano i deliberati del congresso socialista di Livorno e si riafferma l’adesione alla Terza Internazionale. Si elegge un nuovo comitato provinciale, composto da Zanuttini di Cividale, Silvio Benedetti di Ampezzo, Cristofoli di Tolmezzo, Sedran di Spilimbergo, Baradello di Latisana, Felice Feruglio e Braidotti di Udine, Rosso di Pordenone ed Ermacora di Tarcento. Qualche mese dopo, nei primi numeri del settimanale Il Comunista Friulano, interverrà sulla scissione Pietro Sartor: il ruolo della rottura a Pordenone assume valore paradigmatico per il dibattito regionale. Sartor, nella sua polemica rivolta soprattutto contro gli ambienti intellettuali omologati al pensiero LF, n. 6 del 6 febbraio 1921, pag. 2, DOPO IL CONGRESSO. Nell’ora dolorosa del distacco. 114 426 borghese, ma anche verso le masse succubi culturalmente, riesce indirettamente a dare ragione alle opinioni di Rosso sulla difficoltà di penetrazione nell’ambiente friulano degli ideali socialisti e sulla necessità di preservare il patrimonio organizzativo realizzato.427 7.2.6 - La riorganizzazione dei due partiti. La lotta contro la disoccupazione. L’eco della scissione giunge anche alla base, dove i compagni si schierano per l’uno o per l’altro partito. L’assemblea degli edili pordenonesi è segnata dal fatto che i principali dirigenti optano per i comunisti. La riunione del 2 febbraio viene introdotta da Ernesto Oliva, il quale osserva che tutte le lotte della Sezione, sono finite con piena vittoria degli operai sulla caparbietà padronale. Espone quindi la relazione finanziaria specificando le entrate ed uscite e fa notare che malgrado le enormi spese incontrate fra cui L. 4342.30 in soli giornali, vi sono ancora in cassa L. 5007.50. Messa in votazione la relazione è approvata all’unanimità. Prende poi la parola il comp. Masutti, che espone chiaramente l’operato suo e del comp. Oliva nel campo della organizzazione. Parla delle difficoltà superate e delinea quelle che si dovranno affrontare, raccomanda ai compagni di non ostacolare il lavoro dei dirigenti presentandosi a tutte le ore anche per futili motivi e soggiunge che l’opera loro deve esplicarsi solo per vantaggi collettivi. Vengono poi eletti i nuovi organismi dirigenti: sono consiglieri Valentino Gaudenzio (che è anche il collettore), Giovanni Colautti, Luigi Ragagnin, Enrico Bortolesi, Vittorio Carli, Marco Gris, Valentino Basso, Antonio Bresin, Giovanni Monti; cassiere è Antonio Pellegrini, revisori dei conti: Enrico Manzon, Fioravante Russolo ed Osiride Colombo; infine è rieletto segretario Ernesto Oliva. Il compagno Mosca infine parlando del Congresso di Livorno, spiega come il Partito socialista venne alla scissione ed afferma che il proletariato raggiungerà la sua meta sol quando riuscirà ad abbattere violentemente gli organismi borghesi. Termina inneggiando alla Russia ed alla 3.a Internazionale. La assemblea si associa ed applaude lungamente.428 A Torre la sezione socialista si riorganizza con l’adesione di 19 dei 40 iscritti, anche se si dà per scontata la successiva adesione di altri compagni. Nella riunione del 12 febbraio viene costituita la commissione esecutiva composta da Luigi Molmenti, Livrano e Lucio Da Corte, con segretario Fioravante Fantuzzi. La scissione non ostacola l’attività della Casa del Popolo (il cui presidente è rimasto con i socialisti): domenica 14 le operaie del Circolo femminile hanno invitato le compagne di lavoro organizzate ad una festa famigliare alla Casa del Popolo. La sala è stata addobbata con fiori, quadri e due rosse bandiere. La giornata è passata nella più schietta cordialità e la quaresima è stata così fraternamente festeggiata. Dopo la festa, i compagni organizzati, Viola e Cavazzo, hanno versato pro Circolo femminile lire 10 ciascuno. 429 Il 20-21 febbraio si tiene il congresso generale della Camera del Lavoro provinciale: partecipano oltre duecento delegati che, secondo i socialisti (visto anche il rivolgimento che avviene successivamente) sono solo parzialmente rappresentativi delle opinioni della base organizzata. La presidenza e l’ordine degli interventi sono concordati equamente fra i rappresentanti delle due componenti socialista e comunista. Il primo oratore, di parte comunista, è il segretario della CdL di Pordenone Mosca. Il suo intervento esprime l’opinione comunista che non ci debba essere una scissione sul terreno dell’organizzazione economica, ma che questa debba cambiare rotta per assumere una funzione coerentemente rivoluzionaria, abbandonando l’internazionale sindacale socialdemocratica per unirsi a quella moscovita. Al posto del corporativismo del passato va messa al centro dell’azione sindacale la prospettiva aperta dai rivoluzionari russi, soprattutto in questo momento in cui la reazione comincia a colpire e le milizie fasciste vengono utilizzate al posto dei reparti militari ritenuti meno affidabili (infatti proprio in quei giorni c’è un compatto sciopero del rancio dei militari di cavalleria del IV Genova di Pordenone). La scelta del ricorso alle bande armate appare quindi, per Mosca, come una scelta obbligata dall’impossibilità - per la borghesia - di usare impunemente come in passato lo strumento militare contro le manifestazioni dei lavoratori. Un inciso di Mosca dà inoltre un’importante valutazione positiva sul fenomeno dell’obiezione di coscienza alle produzioni belliche, che ha portato molti operai italiani a preferire la disoccupazione per non contribuire alla guerra delle potenze borghesi contro la Russia sovietica: un’esperienza dimenticata della storia operaia del nostro paese, ove negli ultimi decenni tale forma di lotta è stata invece ripudiata dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali e lasciata a piccoli nuclei minoritari di attivisti. Nella replica a Mosca, Ricci afferma fra l’altro che il Friuli è entrato a far parte della Cgl solo da un anno. L’oratore socialista rivendica il coerente percorso pacifista della confederazione, dall’opposizione all’intervento nel 1914 alla partecipazione alle conferenze internazionali di Zimmerwald e Kienthal, ove si gettarono le basi della Terza Internazionale. E ciò mentre le Confederazioni di altri paesi s’erano schierate coi rispettivi governi per la guerra capitalista, contro il proletariato, e ciò mentre tutti gli altri partiti politici e organizzazioni sindacali abiuravano alle tavole su cui avevano giurato in nome dell’Internazionale! Il mantenimento dell’adesione della Cgl all’internazionale sindacale di Amsterdam non può essere occasione di polemica, poiché è stata concordata con la Internazionale Comunista per influenzare a sinistra settori di LF, nn. 6 del 6 febbraio 1921, pag. 3, Federazione Provinciale Socialista. Congresso Provinciale, 7 del 13 febbraio 1921, pag. 1, I Socialisti Friulani a Congresso e pag. 2, Il socialismo ci unisca, non ci divida e Il Comunista Friulano, n. 3 dell’8 maggio 1921, pag. 1, Il Nemico del Comunismo. Cfr. i testi degli articoli di Rosso e Sartor in appendice. 428 LF, n. 7 del 13 febbraio 1921, pag. 4, Gli Edili in Assemblea. 429 LF, n. 8 del 20 febbraio 1921, pag. 4, TORRE DI PORDENONE. Sezione socialista. 115 427 quell’organismo che tuttora organizza venticinque milioni di lavoratori. Comunque, se l’adesione alla nuova internazionale dei Sindacati rossi avverrà con il suo congresso costitutivo nel prossimo maggio, non verrà invece reciso il rapporto con il Psi, soprattutto nella prospettiva di una scissione comunista che viene vista come di breve durata. Dopo una sospensione della seduta, si passa nel pomeriggio alle dichiarazioni di voto, con Costantini e Pascoli che parlano per i comunisti e Brovelli e Rusca, segretario dei tessili pordenonesi, per i socialisti. L’ordine del giorno comunista è presentato da Polacco, Pascoli e Pietro Sartor: pur rifiutando l’ipotesi di scissione sindacale, esso propone l’adesione politica al Pcd’i. Esso riceve la grande maggioranza dei voti: 12.020 contro i 6797 di quello socialista presentato da Ricci e Rusca, che comunque conferma l’adesione del sindacato all’Internazionale Comunista. Vota a favore la maggioranza delle leghe facenti capo alla CdL di Pordenone (quelle dello Spilimberghese e del Sanvitese fanno capo a quella di Udine), ed in particolare quelle dei contadini di Vallenoncello e Pravisdomini, quelle di quasi tutte le varie categorie minori di Pordenone (panettieri, camerieri, scaricatori, commessi, telefonici e barbieri), dei cartai e la Lega di miglioramento (733 iscritti) di Cordenons, oltre a quelle degli edili di Maniago, Pordenone (1500 iscritti), Barcis, Fiume Veneto, Francenigo, Pravisdomini, Rivarotta di Pasiano, Brugnera, Montereale, Stevenà, Polcenigo, Fontanafredda, Aviano (600 iscritti), Fiesso, Prodolone e Cavasso Nuovo. Fra i tessili solo quelli di Borgomeduna (825) optano per i comunisti, mentre scelgono i socialisti quelli di Rorai (700), Torre (650), Fiume Veneto (450) e Cordenons (100). Sempre per i socialisti votano i metallurgici (76) ed i ceramisti (130) di Pordenone, gli edili di Roveredo e - a Stevenà - contadini, tessili ed assistenti tessili. Complessivamente si può notare il ruolo predominante svolto nell’orientamento degli iscritti dai dirigenti sindacali a tempo pieno: mentre i tessili seguono prevalentemente il socialista Rusca, gli edili e le piccole categorie del terziario organizzate rispettivamente da Masutti, Oliva e Sartor optano per i comunisti. Per quanto riguarda le leghe del Friuli occidentale aderenti alla CdL di Udine, sono tutte degli edili e seguono lo stesso criterio appena individuato, votando per i comunisti in maggioranza: i 275 di Castelnovo del Friuli, i 390 di Forgaria ed i 600 di San Vito al Tagliamento; vota per i socialisti solo la Lega edile di Pinzano con i suoi 200 iscritti: qui evidentemente pesa l’influenza di Plinio Longo e dei socialisti di Spilimbergo. 430 Domenica 6 marzo, alla Casa del Popolo di Udine, si costituisce la Federazione Giovanile Comunista provinciale. Sul fronte socialista, a marzo si sono ricostituite le sezioni di San Vito al Tagliamento, Caneva e Coltura di Polcenigo, mentre se ne sono costituite di nuove a Fanna ed a Pravisdomini; nei primi giorni di aprile si annuncia la ricostituzione di quelle di Budoia, Spilimbergo e Sacile, alla fine del mese si sono ricostituite quelle di Cordenons, Pinzano al Tagliamento e Clauzetto. 431 Intanto si organizza l’adesione delle cooperative della provincia, finora rimasta piuttosto limitata, alla Lega Nazionale delle Cooperative, invitando i nostri amici a fare azione e nei consigli e nelle assemblee, incitando le Cooperative ad assolvere i loro obblighi e solidarietà e difesa nazionale. Si segnala che nel Friuli occidentale aderiscono già le cooperative di lavoro di Valeriano, Meduno, Maniago, Tramonti, Anduins, Casarsa, Montereale, Budoia, Sesto al Reghena, Spilimbergo, quelle di consumo di Cimolais, Fanna, Vigonovo, Erto Casso, San Martino, Spilimbergo, Frisanco, Budoia, Clauzetto, Torre, Lestans, quella di lavoro e consumo di Sequals, quella di muratori di Cordenons e quella di carrettieri di Spilimbergo. Sabato 26 marzo alla Casa del Popolo di Udine si tiene l’assemblea della Federazione Friulana per la Cooperazione di Lavoro, nella quale si fa il bilancio del primo anno di vita dell’istituzione. Del consiglio generale che viene eletto fanno parte Costante Masutti, Bet di Barcis, G. B. Scussat di Budoia, Guglielmo Fruttarol di Cordovado (era stato il candidato sindaco socialista pochi mesi prima, ma la Prefettura ne impedisce la nomina per precedenti penali), Ezio Canturutti sindaco di Spilimbergo e Davide Sartor di Pordenone. Alla fine, dopo una vivacissima discussione sul rapporto fra cooperazione e sindacato, cui partecipa fra gli altri Masutti, viene approvato quasi all’unanimità un ordine del giorno presentato dal segretario della Federazione Giuseppe Ricci, in cui, riconosciuta la necessità di incanalare il movimento cooperativo sempre più verso una azione classista e ad una fusione d’intenti e di forze fra tutta la classe lavoratrice, ed il dovere degli operai di organizzarsi nei Sindacati di mestiere, invita tutte le Cooperative Federate a fare obbligo a tutti i loro soci di iscriversi nei Sindacati di mestiere e di non assumere al lavoro operai avventizi se non siano organizzati, e conseguentemente ai concetti sopra esposti di disciplinare la propria azione a quella dettata dagli organismi nazionali aderenti alla Confederazione Generale del Lavoro. 432 Nel frattempo, il nuovo Consiglio Provinciale, grazie alla presenza predominante di consiglieri popolari e socialisti, vede un significativo aumento delle interrogazioni da parte dei consiglieri (soprattutto socialisti), a differenza degli anni precedenti, quando gli amministratori si limitavano a pochi eccezionali interventi. Rosso propone l’8 marzo di accordare un sussidio alla scuola commerciale di Pordenone, risorta per merito di pochi insegnanti, che accoglie ed istruisce ben 104 giovani. La Scuola è aiutata dal Comune, LF, nn. 8 del 20 febbraio 1920, pag. 4, TORRE DI PORDENONE. Rancio immangiabile e 9 del 27 febbraio 1921, pagg. 1 e 2, IL CONGRESSO GENERALE DELLE LEGHE FRIULANE. La tabella con i risultati del voto lega per lega, Risultato votazione Congresso Camerale del 20 febbraio 1921, è stata pubblicata da: PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio, cit., pagg. 292-294. Cfr. l’intervento di Mosca in appendice. Nel testo c’è un’incongruenza fra l’indicazione del congresso alla domenica (il 21 febbraio) e la tabella datata al 20. 431 LF, nn. 9 del 27 febbraio 1921, pag. 2, Federazione Giovanile Comunista. Comitato Provinciale, 12 del 20 marzo 1921, pag. 3, Le file s’ingrossano, 15 del 10 aprile 1921, pag. 2, Federazione Provinciale Socialista e 17 del 24 aprile 1921, pag. 2, Federazione Provinciale Socialista. Sezioni ricostituite. 432 LF, nn. 12 del 20 marzo 1921, pag. 2, Nel campo della Cooperazione. Le Cooperative devono aderire alla Lega Nazionale e 14 del 3 aprile 1921, pag. 3, Il primo anno di vita della Federazione Friulana per la Cooperazione di lavoro. 116 430 dallo Stato e dai privati: ha però bisogno di maggiori fondi per allargare ed intensificare l’opera sua socialmente utile. La Deputazione provinciale si riserva di esporre verbalmente i suoi intendimenti al riguardo. 433 Domenica 17 aprile viene convocato il 2° congresso provinciale socialista friulano, presso la Casa del Popolo di Udine. Troviamo la lettera di invito nell’archivio del comune di Aviano: nel fare appello alla più ampia mobilitazione, si riafferma la coscienza di essere il principale partito della classe operaia e si invita alla mobilitazione per le prossime elezioni politiche, pur notando che mai, come oggi, necessita vigilare per parare lo scatenarsi della rabbia borghese da un lato, per rincuorare i lavoratori, sostenerli, aiutarli da l’altro . Obiettivo principale del congresso è la riorganizzazione del partito, danneggiata dalla scissione: I compagni e le Sezioni, che dopo la scissione di Livorno sono rimasti fedeli al vecchio e glorioso Partito, hanno il dovere imprescindibile di lavorare perché nella nostra provincia la scissione stessa non abbia ad apportare gravi conseguenze nel campo politico sindacale. Ad ognuno di noi compete il dovere di dare tutta l’attività per la preparazione del prossimo Congresso delle forze socialiste del Friuli, perché mai come in questo momento le nostre forze si sono trovate disorientate sia per la scissione, sia anche per il momento politico che attraversiamo, il quale deve richiamare al senso della realtà tutti i compagni rimasti fedeli al Partito Socialista. Particolarmente grave appare l’effetto della scissione nel recidere le radici del futuro del partito fra i giovani: Occorre inoltre che tutte le Sezioni Socialiste procedano immediatamente alla costituzione dei Circoli giovanili, a fianco delle Sezioni stesse; ad essi sia dato tutto l’appoggio morale e materiale, onde si possa ricostituire quanto prima la Federazione Giovanile Socialista.434 Nella relazione al congresso, alla cui presidenza viene invitato il prof. Valär (non sappiamo se si tratti del sindacalista svizzero impegnato nell’organizzazione degli emigranti prima della guerra), Ermacora rileva come la scissione non abbia soverchiamente danneggiate le nostre Sezioni, le quali se hanno in qualche luogo diminuito il numero degli aderenti hanno guadagnato in cambio in qualità. Nel nuovo comitato federale sono nominati Guido Sedran di Spilimbergo, Umberto De Gottardo di Pordenone ed Umberto Zamuner di San Vito al Tagliamento.435 Nel frattempo i socialisti della Camera del Lavoro, dopo aver richiesto inutilmente al comitato centrale di convocare un nuovo congresso per verificare la rispondenza dell’orientamento comunista della maggioranza alla volontà della base, procedono all’autoconvocazione di un nuovo congresso per il 24 aprile alle 10. Ma, dopo alcune ulteriori schermaglie, una commissione paritetica fra sindacalisti socialisti e comunisti decide in quella data di procedere ad un referendum fra gli iscritti alle leghe, nel quale sia deciso quale delle due componenti debba governare la Camera del Lavoro, mentre l’altra assumerà disciplinatamente il ruolo di minoranza. Lo spoglio delle schede viene fissato a lunedì 16 maggio ed assicura una schiacciante vittoria ai socialisti, che ottengono 5520 voti contro i 587 dei comunisti. Il nuovo comitato della Camera del Lavoro viene quindi costituito il 31 maggio da otto socialisti, un comunista, un rappresentante ciascuna delle federazioni dei due partiti ed uno della Federazione provinciale delle Cooperative di Lavoro, anche se su proposta del comunista Polacco si decide che, vista la bassa partecipazione al voto, sia convocato un nuovo congresso entro sei mesi.436 Domenica 13 marzo alle 10 vengono annunciati cinque comizi contro la disoccupazione, a Tolmezzo, Gemona, Pordenone, Latisana e San Vito al Tagliamento. Tutti i lavoratori, dignitosamente, scendano in piazza per dimostrare l’urgenza del problema, la loro vigile coscienza; ammonimento e dimostrazione insieme al governo ed alla classe dirigente della sola necessità dell’ora: il lavoro!437 Giovedì 24 marzo si riuniscono congiuntamente il comitato centrale della Camera del lavoro, la Federazione Cooperative di lavoro, la Lega dei Comuni socialisti, la Federazione provinciale socialista, quella dei contadini e quella degli edili nonché quella comunista per trattare del problema della disoccupazione, a partire dai risultati dell’inchiesta sulle condizioni dei singoli paesi. Al questionario inviato in tutti i 179 comuni hanno risposto 120 amministrazioni: se ne desume la cifra di 50.000 disoccupati, mentre i lavori approvati e non finanziati assommano a 270 milioni. Dopo animata discussione venne deliberato di adoperare tutti i mezzi possibili d’agitazione non escluso lo sciopero generale e le dimissioni in massa di tutti i comuni socialisti e di tutte le minoranze socialiste. E ciò per indurre le autorità locali e centrali a fornire i mezzi atti a fronteggiare la terribile crisi che travaglia la già troppo duramente provata regione nostra. I socialisti ricordano come fummo noi a incuorare i lavoratori esasperati, a contenerli perché fossero evitate esplosioni di collera collettiva, a guidarli in proteste serie ed eloquenti per smuovere le autorità assenti, incapaci, sorde al grido di migliaia di esseri invocanti non pane, ma lavoro. L’anno scorso restò memorabile l’adunata in Udine di trentamila disoccupati, venuti dalla Slavia e dalla Carnia, dalla bassa e dal pordenonese. Ma oggi quel movimento è impossibile, a causa del clima politico sempre più pesante: ripetere un’agitazione come l’anno scorso significherebbe raccogliere piombo, non lavoro. Eppure una via occorre trovarla, subito. Ed ecco che i Comuni socialisti - quelli che più avvertono i bisogni dei lavoratori interpretandone i bisogni - riescono a convincere tutti gli altri Comuni della necessità improrogabile di romperla con gli ordini del giorno e con le vacue ASU-APU, busta 13, fascicolo 3, 1921, Consiglio Provinciale di martedì 5 luglio 1921, allegato n. 61, oggetto, 34, Proposta del Consigliere provinciale avv. Guido Rosso di accordare un congruo sussidio alla Scuola serale di pratica commerciale in Pordenone. 434 ACA, b. 2486, 1921 Fascicoli separati, f. Categoria I, 1. Corrispondenza del Sindaco e del Commissario Prefettizio: lettera di invito a stampa del 7 aprile 1921 della Federazione Provinciale Socialista al Sindaco di Aviano per il secondo congresso provinciale socialista: cfr. il testo in appendice. LF, n. 12 del 20 marzo 1921, pag. 3, Per il Congresso Prov. Socialista, articolo siglato O.I. 435 LF, n. 17 del 24 aprile 1921, pag. 2,I concordi propositi dei socialisti friulani al Congresso Prov. del Partito. 436 LF, nn. 16 del 17 aprile 1921, pag. 2,Autoconvocazione del Congresso delle Leghe - 24 aprile 1921, 19 dell’8 maggio 1921, pag. 2, Il “referendum” fra le Leghe e A tutte le Leghe aderenti e 23 del 5 giugno 1921, pag. 2, Camera del Lavoro Provinciale di Udine. 437 LF, n. 11 del 13 marzo 1921, pag. 2, I cinque comizi contro la disoccupazione. 117 433 proteste, minacciando le dimissioni in massa se il governo non provvede. Ai sindaci si uniscono le autorità provinciali ed i deputati, e sabato 2 aprile viene lanciato un ultimatum al governo, nel quale si fissa al 30 aprile la scadenza delle dimissioni di massa delle amministrazioni comunali se per allora non arriveranno i fondi necessari a sollevare, almeno parzialmente, il disagio in cui versano migliaia di famiglie. La Prefettura annuncia quindi che il governo ha stanziato 30 milioni: una cifra ritenuta insufficiente, una pura promessa elettorale: ma si chiede che almeno tale cifra venga subito erogata: i progetti sono pronti, i lavori sospesi attendono la prosecuzione. Ma si tratta di una goccia nell’oceano: nel Bellunese, Friuli, nel Vicentino, nel Veneto tutto, sono decine e decine di migliaia di lavoratori costretti ad incrociare le braccia. La zona devastata dalla guerra che per la necessità della ricostruzione dovrebbe essere la più adatta a dar lavoro a questa massa forzatamente disoccupata, per l’insufficienza degli organismi incaricati a dar sollecita esecuzione ai lavori necessari, è lasciata in grande trascuratezza. Si sono preventivate ricostruzioni di edifici pubblici per circa mezzo miliardo; si sono preventivate ricostruzioni di edifici privati per oltre un miliardo. Tali lavori, se prontamente eseguiti, oltre dare un giusto e doveroso risarcimento a coloro che dalla guerra sono stati colpiti, e rimettere, in tale modo, in efficienza la nostra regione, sarebbero il solo provvedimento atto a lenire, per parecchio tempo, la piaga della disoccupazione. Queste cifre, enormemente superiori ai pochi milioni stanziati, non ci sono per le autorità politiche. Nei giorni successivi emerge anche un’altra amara verità: i 30 milioni stanziati sono relativi a tutto il Veneto e solo 6 sono destinati al Friuli: in tutto una settimana di lavoro! E sono da saldare i vecchi conti dei lavori eseguiti l’anno scorso! Ad aggravare la situazione giunge il rientro di migliaia di emigrati nella Venezia Giulia, dove nel Goriziano e nel Monfalconese infuria la serrata, e dalla Francia ove si avverte una crisi acuta. 438 A conferma della difficoltà a gestire la situazione da parte dei poteri dello Stato, basti pensare che nel corso del solo 1921 si alternano ad Udine ben tre prefetti: Cantore dal 5 febbraio, Boniburini dal 9 aprile e Cian dal 29 giugno.439 7.2.7 - Si costituisce la Cooperativa di Borgomeduna. Il 24 febbraio si costituisce la Cooperativa Operaia di Consumo di Borgomeduna, seconda cooperativa di consumo socialista a Pordenone dopo il Magazzino di Torre. Si tratta del primo nucleo di quella che progressivamente diventerà, nel corso del secolo, la principale realtà della cooperazione di consumo pordenonese di sinistra, organizzata infine nell’area pordenonese della Coop Consumatori Nord-Est dopo una serie di processi che porteranno all’unificazione fra la Coop Consumatori del Friuli-Venezia Giulia e quella di Reggio Emilia. Per sottrarsi alla ingorda speculazione degli esercenti, anche gli operai della frazione di Borgo Meduna, giorni addietro si sono riuniti ed hanno costituito la loro Cooperativa di Consumo, denominandola “Cooperativa Operaia di consumo, Pordenone, Borgo Meduna”. Procedutosi in una seconda riunione alla nomina del consiglio di amministrazione risultarono eletti i seguenti compagni: Colautti Giovanni, Portolan Giuseppe, Santin Marco, Michelussi Angelo, Zanussi Francesco, Oliva Ernesto, Battiston Vincenzo, Piccinin Angelo e Toffolo Egisto. Il consiglio elesse a Presidente il comp. Portolan Giuseppe, a vice presidente Colautti Giovanni, a cassiere Mucignat Umberto. I sindaci e probiviri sono tutti compagni che danno il massimo affidamento. I soci concordi votarono integralmente uno Statuto che esula da ogni principio egoistico e che richiede anzi concordia e sacrificio. (...)440 Sorta al posto della precedente cooperativa di consumo degli operai tessili del Cotonificio Amman, la cooperativa di Borgomeduna sarà una di quelle che riuscirà a sopravvivere al ventennio fascista, anche se non ci rimane molto della storia dei suoi primi anni di vita. Come afferma Enzo Marigliano, che ne ha ricostruito la storia attraverso numerose interviste con amministratori e dirigenti, nessun intervistato, purtroppo, ha potuto offrire informazioni di prima mano o, comunque, esaurienti, sul periodo legato all’immediata fondazione della Cooperativa (anni ‘20); pochi e scarni riferimenti si sono potuti riferire agli anni ‘30 e ‘40 e, più in generale al periodo corrispondente al regime fascista. Mariangela Modolo, che ha studiato i verbali degli organi sociali della cooperativa, rileva che i tempi durissimi del dopoguerra non rendono il lavoro facile “i bilanci sono magri, gli utili inesistenti... causa la crisi economica ed il cattivo funzionamento dei commessi dello spaccio non si è potuto realizzare nessun utile...” Comunque, i verbali di quegli anni, riportano nelle cariche sociali gli stessi nomi e tra questi ricorrerà per molti anni il nome di Toffolo Egisto, il padre di Emilio e Italo personaggi di rilievo, se non di spicco, nella storia futura della Cooperativa; è evidente una certa regolarità di esercizio, che lascia trapelare difficoltà di ordine gestionale. Come accade spesso per quanto riguarda l’epoca prefascista, le poche testimonianze rimaste sono di seconda mano: proprio Emilio Toffolo, che per vari anni sarà il presidente della cooperativa, dichiara: “... Naturalmente non posso dire di avere esperienza personale; tuttavia, in effetti, non ho ricordi di aver sentito mio padre fare cenno a repressioni. Certo, c’erano obblighi di legge da rispettare e - questo lo so per certo! - c’erano stati inserimenti forzati nel Consiglio di Amministrazione di personaggi che, a detta di mio padre e di altri LF, nn. 13 del 10 aprile 1921, pag. 2, MENTRE INFURIA LA DISOCCUPAZIONE. I Sindaci minacciano le dimissioni ed il governo promette trenta milioni... elettorali e Un convegno a Treviso contro la disoccupazione, 16 del 17 aprile 1921, pag. 2, LE LOTTE DEL LAVORO e pag. 4, Dalla disoccupazione, alla serrata, alle elezioni e 17 del 24 aprile 1921, pag. 2, LE LOTTE DEL LAVORO. 439 ACA, b. 973, 1921, f. Categoria VI Governo, 1.7, Nuovi titolari degli Uffici governativi: lettere prefettizie di comunicazione dell’entrata nella carica, 5 febbraio 1921, 9 aprile 1921 e 29 giugno 1921. 440 LF, n. 11 del 13 marzo 1921, pag. 4, Liberiamoci dagli sfruttatori!; l’esatta datazione dell’assemblea costitutiva deriva dal frontespizio dello statuto sociale, riprodotto in copertina di: MODOLO, Mariangela e MARIGLIANO, Enzo, Il Borgo e la Cooperativa, 75 anni della Cooperativa Operaia di Consumo di Borgomeduna, San Vito al Tagliamento, Coop Consumatori Nordest, 1997. 118 438 componenti di Consiglio stesso, erano vicini al regime o, comunque, non certo in aria di oppositori. Indubbiamente ci sono state le solite cose “folcloristiche” tipiche del fascismo: saluto al Duce, prima e dopo le riunioni; richiami allo spirito patriottico, e via dicendo... (...) Nella sala riunioni della Cooperativa c’erano appese al muro tre foto. Conoscevo bene quelle del Re e di Mussolini perché le vedevo ovunque, anche a scuola. Il terzo, quello nel mezzo, non sapevo proprio chi fosse. Lo chiesi a mio padre e seppi, così, che si trattava di Prampolini, lui lo definiva come “il Cristo, sul calvario”... Quel ritratto non fu mai rimosso, per tutto il ventennio!...” (...) “E’ ovvio che in tutti i negozi, e quindi anche negli spacci della Cooperativa, erano obbligatorie le foto del Duce e del Re-Imperatore, ma, a quanto ne so, nessuno disse mai nulla ai dirigenti della Cooperativa. Mio padre credo fosse convinto che nessuno, in realtà, sapesse chi fosse Prampolini e che a nessuno venne mai in mente di chiederlo, forse per non fare brutte figure...” Simile la testimonianza di Vittorio Orenti, che riferisce: Mi è stato detto che durante il ventennio di fatto non ci furono grosse repressioni tranne il fatto che venne naturalmente eliminato il Consiglio di Amministrazione e le Assemblee dei soci non avevano alcun potere reale. Ma sono voci che ho raccolto, secondo cui dal ‘24 ogni spazio democratico interno era scomparso; una più attenta analisi dei documenti potrebbe anche smentirmi. Sì, il regime aveva messo i suoi uomini dentro, ma il direttore non era cambiato... Effettivamente, ancora il 27 maggio 1934 (in piena epoca di fascistizzazione delle cooperative, con l’onnipresente intervento alle assemblee del dott. Cautero, segretario provinciale dell’Ente Nazionale fascista della Cooperazione) la relazione dei sindaci sul bilancio viene firmata dal maestro socialista Enrico Pasquotti. 441 La costituzione della cooperativa nel sobborgo cotoniero di Pordenone costituisce un’articolazione della politica annonaria dell’amministrazione socialista, che si basa su una stretta collaborazione fra la gestione comunale ed il ruolo di autorganizzazione della distribuzione da parte della cooperazione, fino allora assente nella città. Ma l’Amministrazione Comunale non rinuncia alla sua iniziativa diretta: in seguito al rifiuto da parte dei macellai di somministrare la carne almeno agli ammalati - essendo nota la loro vertenza circa il prezzo di vendita - ha provveduto, a molto giustamente, ad aprire uno spaccio comunale in Corso Garibaldi, 26. Il prezzo di vendità è fissato in lire 12 al kg. per la carne bovina e in lire 14 per il vitello, e ciò in relazione al calmiere recentemente pubblicato.442 Mentre si bada all’alimentazione dei corpi, non ci si dimentica di quella dello spirito: Ai compagni amministratori non sfugge alcun lato del complesso problema socialista, fra cui primeggia l’elevamento materiale e morale del lavoratore. Di questi giorni il sindaco, compagno avv. Rosso, ha tradotto in atto una sentita nostra aspirazione: la costituzione cioè di una società per la diffusione della cultura fra la massa lavoratrice. A comporre il Comitato esecutivo vennero chiamati: il dott. Rellini, presidente, l’avv. Ellero, il prof. Mattioli, il dott. Brunetta, il rag. Cosarini e il direttore didattico Marcolini, membri.443 Nella seduta consiliare del 29 marzo, rispondendo a due interrogazioni di Guglielmo Busetto, il sindaco afferma che la delibera relativa all’istituzione dell’ufficio del lavoro e dell’ufficio assistenza è ritornata approvata dalla Prefettura solo pochi giorni prima. A tal proposito comunica di aver chiesto agli onn. Cabrini e Cosattini (si noti come è stato interpellato anche il deputato socialista riformista) dei nominativi di persone particolarmente idonee per collocarle a sovraintendere agli uffici ed accelerarne così l’apertura. Riguardo alla riparazione di Via Cavallotti, comunica che il Ministero delle Terre Liberate non se ne assume la spesa, pur essendo i danni cui rimediare derivanti dalle vicende belliche; essendo la spesa enorme per le finanze comunali, si ripiegherà su sistemazioni provvisorie, partendo dai marciapiedi. Sartor Pietro chiede la parola perché ci tiene a chiarire a nome dei colleghi di Consiglio del gruppo comunista la propria posizione dopo il voto del Congresso di Livorno. Ritiene che la sua situazione come quella dei compagni comunisti – sia incompatibile con quella della maggioranza consigliare. Turati ha detto a Livorno che il proletariato può arrivare ad attuare il socialismo solo per gradi cioè per evoluzione. Terracini comunista – invece – sostiene che vi si possa arrivare di un colpo solo – attraverso la rivoluzione rovesciando con la violenza la borghesia. Quindi noi comunisti pordenonesi – dichiara Sartor - che siamo con Terracini non possiamo condividere le direttive e la responsabilità dell’azione e del programma dell’attuale amministrazione. Ci stacchiamo politicamente dai colleghi del Consiglio – ma naturalmente collaboreremo quando si tratti di prendere delle deliberazioni a tutela degli interessi del proletariato. Chiude il suo dire con l’augurio che le masse si uniscano ai comunisti per attuare il programma che fa capo ai principi propugnati dalla terza internazionale. Il Sindaco nulla oppone – prende atto e porterà le dimissioni degli assessori Marzot e Brusadin Luigi – or ora pervenutegli – nella prossima riunione. Essa si svolgerà il 14 aprile, con la presa d’atto delle dimissioni dei due assessori comunisti e la loro sostituzione con Umberto De Gottardo e Francesco Ortiga. 444 Si ratifica la deliberazione giuntale del 1° marzo precedente con la quale si è deciso un contributo di 4.000 lire a favore della costruzione di un monumento ai caduti della guerra. Pur dichiarandosi a favore, il MODOLO, Mariangela e MARIGLIANO, Enzo, cit., pagg. 24, 26-27, 97, 188 e 216-217. LF, n. 18 del 1° maggio 1921, pag. 4, La questione dei macellai. 443 LF, n. 11 del 13 marzo 1921, pag. 4, Pro cultura dei lavoratori. 444 ACPn, Registro Consiglio Comunale 1920-1921, sedute del 29 marzo e del 14 aprile1921. Sottolineatura nell’originale. In quell’occasione tredici consiglieri si asterranno: quattro sono certamente popolari, il che farebbe ammontare a otto o nove i comunisti, a seconda che gli eletti si siano votati o si siano astenuti sul loro nome. Ciò attribuirebbe ai socialisti quindici o sedici voti al massimo: si conferma quindi l’atteggiamento di sostegno fornito dai comunisti alla giunta, nonostante la rottura avvenuta sul piano politico nazionale ed internazionale fra le due correnti del movimento operaio. I due gruppi continueranno a sostenere con coerenza la Giunta socialista: una scelta politica con un significato che va al di là della contingenza e dimostra una solidarietà di classe ed un pragmatismo dei comunisti pordenonesi che appare in contraddizione con le linee imposte a quel tempo al PCd’I dall’Internazionale Comunista. Dai riscontri fatti dallo scrivente su varie fonti, dopo la scissione comunista del gennaio 1921 aderiscono al Partito Comunista d’Italia i consiglieri Costante Masutti, Luigi Brusadin, Ernesto Oliva, Pietro Sartor, Ferruccio Bomben, Umberto Santin ed Enrico Marzot, mentre rimangono aderenti al Psi i consiglieri Giuseppe Ellero, Vincenzo Degan, Romano Sacilotto, Giacomo Brusadin, Luigi Molmenti, Guido Rosso, Francesco Ortiga e Umberto De Gottardo. Non ho notizie sugli altri consiglieri, se non che la maggioranza rimane fedele al Partito Socialista. 119 441 442 consigliere socialista De Gottardo ritiene prioritario assistere gli orfani dei caduti, per i quali propone uno stanziamento di almeno 10.000 lire, e quello comunista Pietro Sartor si dichiara a favore a condizione che questo rimanga come un monumento ai crimini della guerra. Ambedue gli intervenuti polemizzano con il consigliere popolare Tonelli, che invece si dichiara pago del fatto che oggi si commemorino i semplici caduti in guerra, invece che i re ed i generali a cui solamente erano attribuite le vittorie nelle guerre del passato: ma Rosso tronca la discussione rifiutando ogni approccio ideologico e dichiara che le 4.000 lire sono state stanziate per una scelta di umanità e rappresentano solo un anticipo sulle spese future.445 Si discute delle nuove tariffe della tassa famiglia. E’ stata proposta una tassazione progressiva, sulla base di una scheda censuaria con cui il comune vuole ricostruire i ruoli distrutti durante la guerra, e ciò ha sollevato proteste. Non si precisa in questa sede se le proteste siano venute solo da parte dei possidenti come sarebbe logico vista la progressività - oppure anche da parte degli operai, ma prevale la prima ipotesi: si tenga conto che la delibera è stata rinviata al Consiglio Comunale dalla Giunta provinciale amministrativa perché eccede le percentuali di legge. 446 Si vota il regolamento per i dipendenti avventizi del comune, deliberando anche un assegno speciale di famiglia per la categoria. Si vota una seconda volta il sussidio alla Camera del Lavoro, nuovamente bocciato dalla Giunta provinciale amministrativa. Infine c’è un interessante quesito, posto dal consigliere comunista Pietro Sartor a proposito dei fumi della Ceramica Galvani collocata in centro città. Si tratta di una preoccupazione per gli effetti dell’inquinamento industriale che costituisce indubbiamente un esempio ante litteram di ecologismo e si distacca dall’industrialismo ottuso normalmente attribuito ai settori classici del movimento operaio. Al quesito replica l’assessore Ellero, affermando che presto probabilmente la fabbrica verrà spostata fuori città. 447 7.2.8 - La polemica sul porto del Noncello. Due sono le grandi opere pubbliche realizzate dall’Amministrazione Comunale di Pordenone, in forma consorziale con quelle vicine, rispettivamente a sud ed a nord della città: il nuovo porto fluviale sul Noncello e la ferrovia Pordenone-Aviano. Attraverso queste opere, concepite prima della guerra ed avviate con urgenza nel dopoguerra, si cerca di coniugare l’azione contro la disoccupazione con la realizzazione di fondamentali infrastrutture per lo sviluppo industriale e commerciale cittadino. Pordenone nasce e si sviluppa nella storia proprio come porto fluviale, di cui gli Asburgo conservano il controllo ancora un secolo dopo la conquista veneziana della Patria del Friuli. I lavori di costruzione del porto fluviale del Noncello provocano una clamorosa polemica fra Piero Pisenti e l’amministrazione socialista. L’avvocato Pisenti interviene una prima volta sul Giornale di Udine il 31 dicembre 1920, con un giudizio favorevole sull’opera: Mentre il suo problema ferroviario subiva di anno in anno un’alterna ma monotona vicenda di speranze e di immancabili delusioni, Pordenone (...) pensò costantemente a riattivare, con modernità di criteri, la magnifica via fluviale che, attraverso i corsi del Noncello, della Meduna e della Livenza, la unisce al mare. Progressivamente, secondo Pisenti, le modificazioni dell’alveo del fiume, prodotte dalle continue alluvioni, avevano però provocato la perdita della navigabilità nel tratto prospicente la città, per cui lo stesso scalo aveva dovuto essere spostato tre chilometri a valle in località Dogana, sul lato sinistro vicino a Vallenoncello (proprio dove sorge, grazie alla possibilità di trasportare materie prime e prodotti sulle chiatte, la Fabbrica di Concimi448). Il progetto dei lavori redatto dall’ing. Augusto Mior, tecnico del comune di Pordenone,449 prevede la realizzazione di una chiusa a valle, a Visinale, ove il Noncello confluisce nel Meduna ed in una conca di grandi dimensioni i natanti verrebbero elevati, permettendo l’accesso a Pordenone a mezzi di portata fino a trecento tonnellate. Il salto della chiusa sarebbe anche sfruttato per la produzione di energia elettrica (recuperando così l’antico progetto dell’ing. Zenari 450). A monte di essa il fiume verrebbe rettificato delle sue numerose ed anguste anse, in modo da favorire la navigazione, mentre nel tratto cittadino, fra il ponte della ferrovia a sud e quello della strada provinciale a nord, verrebbe realizzato un nuovo tracciato per il fiume, che praticamente sarebbe ridotto ad un canale rettilineo, sul quale verrebbero realizzate le opere di raccordo con la ferrovia per permettere il trasbordo dei vagoni ferroviari, e magazzini ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 29 marzo 1921, Oggetto 1, Comunicazioni e ratifica di deliberazioni prese d’urgenza dalla Giunta comunale. Cfr. il resoconto in appendice. 446 Componente della Commissione Tassa Famiglia e sindaco dell’Ente comunale dei consumi è il sindacalista dei tessili rag. Ettore Rusca: cfr. ACPn, Registro delle cariche, Pordenone, 20 giugno 1920, pag. 14 e Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta dell’11 dicembre 1920, Oggetto 12°, Nomina di due Sindaci incaricati della sorveglianza dell’Ente comunale dei Consumi. 447 In realtà - come per tutte le grandi scelte infrastrutturali impostate in questo periodo e poi accantonate dal fascismo - lo stabilimento Galvani verrà trasferito solo negli anni Settanta fuori città, al fine di realizzare una grande operazione di speculazione fondiaria che condizionerà pesantemente l’assetto del centro cittadino. 448 CRIPPA, Flavio e Mattozzi, Ivo, cit., pag. 150. Secondo Paolo Gaspardo nel 1899 l’apertura della “Concimi” , a Vallenoncello, aveva riacceso le aspettative per la ripresa di questa via di comunicazione; nel 1906 a Chioggia era stato varato un piroscafo denominato “Pordenone” e destinato al traino delle chiatte sul percorso fluviale da Venezia a Pordenone. Cfr.: GASPARDO, Paolo, cit., pagg. 34-35. 449 C’è un ing. Mior che ha fatto per cinque anni e gratuitamente, s’intende, il membro della Giunta prov. amministrativa. L’ing. Mior è ingegnere e professore; ha insegnato in molti istituti e fu l’artefice disinteressato degli studi per il porto del Noncello; studi che ha iniziati, crediamo, nel 1911. Cfr. LF, n. 1 del 7 gennaio 1922, pag. 4, A proposito di cavalieri, lettera firmata un uomo dell’ordine. 450 Giosuè, Un secolo di attività idroelettriche, cit., pag. 81. 120 445 presso la strada provinciale. Le opere fluviali sarebbero infine completate dalla tramvia per gli stabilimenti industriali di Torre e Cordenons, mentre Aviano, grazie al collegamento ferroviario, potrà esportare la pietra delle sue cave, che occuperebbe nel viaggio di ritorno lo spazio già occupato in risalita dalle merci povere, come il cotone grezzo, destinate alle industrie pordenonesi.451 Si tenga conto che la prospettiva del riutilizzo dei sistemi di trasporto fluviale non era limitata solamente alla sistemazione del Noncello, individuata da una commissione reale nominata dal governo nel 1901 per studiare la possibilità di potenziare il settore in Lombadia e Veneto come il maggior centro industriale e di consumo della Regione. Quella stessa commissione aveva escluso di ripristinare la navigabilità del Livenza fra Sacile e Portobuffolè: ma nel 1908 il segretario comunale di Sacile Giuseppe Marchesini riprese la proposta in un opuscolo, nella prospettiva di ripristinare l’antica attività portuale sacilese, per dare uno sbocco ai prodotti della vasta area di Vittoriese e del Cansiglio, oltre che alle cave di Sarone, per le quali all’inizio del secolo il cav. Giuseppe Lacchin stimava una produzione di roccia da costruzione pari a circa 30mila tonnellate l’anno.452 Ma il 10 marzo un successivo intervento di Pisenti assume un carattere polemico del tutto diverso (e sospettiamo interessato, visto il carattere opportunistico e venale del personaggio, ben testimoniato dal suo successivo atteggiamento in merito all’industria elettrica). Se in dicembre egli concludeva il suo ragionamento affermando che: Utilità pubblica è l’argomento principe in difesa dell’opera; ma quello della disoccupazione deve essere decisivo per la rapida esecuzione, ora egli critica tutto l’iter seguito dall’Amministrazione Comunale pordenonese. Si badi bene: l’obiettivo polemico diretto sono i socialisti pordenonesi al governo del comune, ma Pisenti mette in discussione anche il periodo di gestione precedente, quando governava il commissario Cavicchi. Pisenti lamenta che i lavori siano proceduti rapidamente imponendo una situazione di fatto compiuto, di cui sono criticabili soprattutto l’assunzione diretta da parte delle amministrazioni comunali, invece che la più corretta delega alle istituzioni governative, che meglio avrebbero potuto sopportare i crescenti gravami dell’opera, valutati complessivamente a cinque miliardi. Si era quindi passati dalla delega al Ministero delle Terre Liberate nel marzo 1920 alla revoca nell’agosto successivo. La nuova amministrazione avrebbe dovuto tornare indietro, delegando nuovamente opere ed oneri relativi allo Stato, ma non l’ha fatto: e la situazione è pregiudicata da mancanza di controlli, da irregolarità amministrative e da inefficienza dei lavori, dall’esecuzione in economia invece che con appalti, dai pagamenti a giornata invece che a cottimo. Questo secondo intervento di Pisenti provoca la replica dell’ing. Augusto Mior, tecnico comunale progettista e direttore dei lavori del porto; nei giorni successivi Pisenti e Mior continuano a duellare sulle pagine del quotidiano udinese. Pisenti aggrava il suo giudizio sull’inefficienza dell’esecuzione dei lavori e sulla protezione accordata dall’amministrazione socialista alle cooperative della medesima tendenza. Mior replica in modo puntuale, respingendo le accuse di inosservanze contabili e sottolineando non solo come gli uffici statali non facciano i loro controlli, ma mai si rechino a Pordenone per rilevare la situazione de visu. D’altronde per Mior è vano appellarsi agli organismi statali per la realizzazione delle opere, che sono tutte bloccate, di fronte all’incapacità anche solo di realizzare la ricostruzione dei ponti distrutti dall’alluvione dell’autunno precedente. Gli enti pubblici, oltre a doversi far carico dell’inefficienza statale, debbono inoltre realizzare le opere tenendo conto del problema della disoccupazione di massa, utilizzando i fondi stanziati per dare lavoro ai disoccupati. Per questo motivo i criteri di inefficienza invocati da Pisenti non hanno senso, perché si sarebbero potuti realizzare i lavori in modo ben diversamente efficiente, ma senza poter dare risposta ai disoccupati. E’ inoltre logico che la Cooperativa di lavoro di Pordenone abbia chiesto una adeguata revisione prezzi, per aver dovuto occupare al lavoro manodopera proveniente da altri settori ed inadatta ai lavori edili: si son dovuti impiegare nel lavoro di pala e piccone anche operai provenienti da tutti altri mestieri (persino filatori, calzolai e barbieri). E naturalmente lo scarso rendimento dei meno adatti ha avuto influenza anche sugli altri. E’ vano voler applicare oggi i criteri dell’anteguerra e meravigliarsi della forte spesa 451 Il porto fluviale di Pordenone raccoglie nel medioevo l’eredità di quello di Torre - di epoca romana - e sorge immediatamente a valle dell’altura su cui sorge la città, dietro il municipio ed il duomo ed appena fuori l’uscita meridionale della città, la Porta Furlana. Lo scambio per mezzo di imbarcazioni con Venezia, Grado e altre zone rivierasche portò ricchezza e un buon tenore di vita. Si praticavano corse regolari di traghetto da e per Venezia dove vi erano approdi fissi per le barche del Noncello. Imbarcazioni chiamate “‘libertà” con carichi di merci, passeggeri e posta. (...) Altre chiatte, burchi e altro, più lente portavano solo carichi di merci. Il porto di Pordenone rimane attivo fino all’Ottocento, per essere sostituito (soprattutto per le merci voluminose) dal porto della Dogana, attivo fin dal Seicento, inizialmente utilizzato per avviare verso il mare il legname fatto fluitare dalla Valcellina attraverso il canale della Brentella, realizzato da patrizi veneziani alla fine del Quattrocento. Lo sviluppo industriale Settecentesco (cartiere, battirame, battiferro, laterizi, ecc.) ed in parte quello ottocentesco, anche dopo che l’Austria ebbe rammodernato il sistema stradale, continuò ad avvalersi del Noncello evidentemente più economico. (...) Il porto vedeva ancora una forte attività di trasporto merci negli anni Venti. Così Flavio Crippa ed Ivo Mattozzi descriveranno ottant’anni dopo i lavori realizzati sotto l’amministrazione socialista: Fino agli anni Venti il Noncello scorreva dove oggi c’è la strada di circonvallazione (via Riviera del Pordenone); per raddrizzare l’ansa del fiume in quel punto, fu scavato un altro alveo e costruito il ponte in cemento con “tappo centrale” in ferro che si percorre oggi. Il nuovo ponte risultò spostato verso la chiesa della Trinità e allineato col proseguimento di quello in pietra che verrà in parte interrato ma non demolito. (...) Negli anni Venti si fecero progetti e qualche tentativo per creare le infrastrutture (porto, approdi, banchine, cantieri, magazzini) per una ripresa in forma moderna del trasporto fluviale, il meno costoso di tutti. I progetti non ebbero seguito. Nel dopoguerra non se ne parlò più. I maggiori paesi d’Europa hanno efficientissimi ed economici trasporti via acqua, l’Italia quasi nessuno. Per ragioni non giustificabili si buttano possibilità che una antica e intelligente tradizione suggerisce. Cfr.: CRIPPA, Flavio e Mattozzi, Ivo, cit., pagg. 62-70. 452 BALLIANA, Maria, cit., pagg. 45-47. 121 rispetto alla produzione. E’ dolorosa esperienza di tutti i nostri Comuni il costo delle opere pubbliche per combattere la disoccupazione. Mior fa il punto sui lavori, in gran parte realizzati con il taglio delle anguste anse a sud della ferrovia e la progettata ricalibratura del tratto cittadino, ove i natanti potranno raggiungere il cotonificio ex Amman di Borgo Meduna, mentre grazie allo snodo con la ferrovia potranno essere trasportati i vagoni con le navi al Cotonificio, alla fabbrica Concimi ed alle Fornaci di Pasiano. E, ritornando sull’inefficienza degli operai impegnati nei cantieri, egli sottolinea che criticando il rendimento dei lavori del bacino si vuole dimenticare una circostanza di capitale importanza: che i denari furono concessi per combattere la disoccupazione. Voler applicare a questi lavori i criteri dei tempi normali, è una grave errore. Tutti i lavori fatti per combattere la disoccupazione devono forzatamente presentare il fianco a facile critica. Quando si deve avere per mira principale l’occupare il maggior numero possibile di operai, la questione del maggior rendimento deve passare in seconda linea. Lo hanno provato i lavori fatti direttamente dallo Stato, lo provano quelli fatti dai Comuni che devono sprecare denari in strade inutili. Per essere più efficienti, sarebbe bastato rinviare ad altra epoca i lavori in cui sono stati occupati gli operai di Vallenoncello, Pordenone, Prata, Pasiano e Porcia: per altro solo gli operai di Pordenone hanno dimostrato una minore efficienza, ma ciò era dovuto proprio alla eterogeneità della loro provenienza professionale (d’altronde proprio la città si qualifica per una prevalente professionalizzazione tessile oltre che terziaria delle maestranze, a differenza dei centri limitrofi a composizione agricola-edile della classe lavoratrice). Molti lavori avrebbero potuto essere svolti con la draga invece che a mano: ma come si sarebbe data risposta alle folle di operai inferociti che avevano imposto l’inizio dei lavori e l’assunzione indiscriminata al commissario Cavicchi, all’ingegner Mior (occupandone anche la casa) ed alla Cooperativa di lavoro che avrebbe voluto limitare il proprio personale a quello qualificato? L’assunzione generalizzata era stata una decisione dell’autorità politica per evitare disordini: se la Cooperativa Edile fosse stata libera di assumere il personale a sua scelta, il risultato finanziario sarebbe stato diverso; questo non va dimenticato per non cadere in apprezzamenti ingiusti. La detta Cooperativa non ha poi voluto fare altri contratti, appunto perché le mancava la sicurezza del buon esito. Ai lavori in economia si è dunque venuti per forza. E’ stato un male inevitabile. Pisenti conclude la polemica sottolineando la necessità di restaurare l’ordine costituito sconvolto. Si sottolinea molto la svogliatezza degli operai, ma, egregio, ingegnere, se essa esiste, conviene dar opera ad eliminarla. Si indicano delle aste per l’appalto dei lavori ed Ella vedrà, che sotto la minaccia della concorrenza, il male si avvierà alla guarigione, anche perché, ed è giusto, nel campo delle cooperative non si deve rendere impossibile la selezione: a chiunque lavori in una cooperativa si gelerà il sangue a queste parole di Pisenti, che rappresentano l’eterno programma di sfruttamento della manodopera fino al midollo. E’ necessario finirla con questa situazione di prevalenza dell’interesse operaio, nel quale sono sconvolti gli equilibri gerarchici e le risorse pubbliche sono spese a pro della classe operaia. L’obiettivo di Pisenti e delle classi dirigenti dell’anteguerra, che si stanno riorganizzando sotto l’ombrello del movimento fascista, è quello di ricostituire una gestione tradizionale, nella quale le finanze pubbliche siano finalizzate ad una “corretta” gestione ordinaria, con un pareggio di bilancio ed una gestione efficiente nella quale nessuno spazio sia riservato ad esigenze sociali. Un obiettivo che sarà realizzato già a partire dai mesi successivi, grazie alla violenta ondata delle milizie fasciste appoggiate dall’esercito e dalle istituzioni dello Stato. 453 Pochi giorni dopo, su Il Lavoratore Friulano, appare una lunga e circostanziata replica socialista a Pisenti ed a quegli esponenti dell’establishment - come l’ing. Roviglio - che si nascondono dietro di lui e non a caso attaccano la Giunta Rosso ma non accennano ai provvedimenti presi dalle amministrazioni che l’hanno preceduta nelle stesse scelte nel dopoguerra. Progetti che hanno ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie degli uffici superiori, ma che probabilmente hanno il difetto di non essere stati insabbiati come altre opere più volte promesse dalla borghesia cittadina e mai realizzate: come le scuole elementari e l’ospedale. Anche la stessa gestione in economia è stata realizzata prima dell’avvento della gestione socialista al comune, poiché a partire dal settembre 1920 anche la Cooperativa di lavoro di Pordenone, come tutte le altre imprese locali, si era ritirata dal proposito di gestire l’opera, per la sua complessità. E la gestione diretta era stata decisa dai comuni al momento della costituzione del consorzio per il porto, nell’agosto dello stesso anno, per vari motivi fra i quali emergeva l’inerzia del Ministero delle Terre Liberate. In quei tempi i critici odierni non erano contrari a tale soluzione, perché non avevano ancora rinunciato alla speranza di conquistare l’Amministrazione Comunale. Non è vero che i lavori procedano senza verifiche e controlli, tanto è vero che il Genio Civile vista regolarmente gli stati di avanzamento e che la documentazione è stata depositata presso gli uffici statali competenti. Le cifre indicate da Pisenti per il pagamento dei lavori vengono contestate in quanto imprecise, mentre si afferma che la produttività degli operai è corrispondente alla loro reale professionalità, poiché gli eventi politici hanno costretto alla inerzia una massa amorfa, squalificata, per la quale furono create leggi e dati fondi (...)... d’altronde, aggiungiamo noi, come possono Pisenti ed i suoi amici pretendere senza malafede di distruggere dapprima con la guerra un sistema produttivo e la stessa possibilità di sbocco occupazionale all’estero e poi lamentare l’occupazione di personale eterogeneo in opere di pubblica utilità? L’obiettivo polemico di Pisenti, secondo l’estensore dell’articolo, è quello di cercare di bloccare il richiesto milione di stanziamenti per il completamento dei lavori del porto, per il quale presto si potrebbe passare alla fase realizzativa della conca di Visinale: a questo scopo si scaricano sulla Giunta Rosso scelte fatte dalle Cfr. i testi della polemica in: PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio, cit., pagg. 205-211. Spiace notare come gli autori abbiano pubblicato solo i testi di Pisenti e dell’ing. Mior apparsi sul Giornale di Udine, senza dare alcuno spazio a quelli apparsi sul settimanale socialista. 122 453 amministrazioni precedenti, nella speranza che, sollevando un polverone scandalistico, l’amministrazione socialista possa essere travolta dalle accuse di scorrettezza. Ma un altro obiettivo viene individuato nelle successive repliche dell’avvocato ormai avviato verso la confluenza nel fascismo: quello di imporre il licenziamento degli operai che non esercitavano prima il mestiere dello sterratore. Pretesa a maggior ragione assurda oggi, quando gli operai sono stati messi a lavorare a turni ridotti di cinque ore, quindi con un salario minimo. Ma al Pisenti all’opera per screditare il consenso dei socialisti si ricorda che presto potrebbe essere chiamato a rendere i conti della sua passata gestione del comune.454 Durante la seduta del Consiglio Comunale del 29 marzo il sindaco, approfittando della conversione della delibera giuntale del 5 gennaio relativa alla costituzione del consorzio provvisorio per il finanziamento e l’esecuzione dei lavori del porto sul Noncello, interviene sulle polemiche giornalistiche di quei giorni. Le critiche sono sorte dopo l’inizio dei lavori che si svolgono sotto la direzione del progettista ing. Mior: ma il progetto è stato approvato dal Genio Civile e dal Magistrato delle Acque, cui non sono stati rivolti rilievi. La Giunta si dichiara incompetente di fronte alle critiche tecniche e si stupisce di come queste sorgano ora, di fronte ad un’opera concepita già nel 1919 e per la quale si sono spesi già due milioni. Per Sartor la questione ha carattere politico, anzi personale, e non vede la necessità di nominare nessuna commissione d’indagine. Il sindaco ricorda come la decisione di finanziare i lavori, a fronte del mancato intervento ministeriale, era stata presa il 7 agosto 1920, ed allora non ci furono critiche. La nostra Amministrazione preso in esame tale deliberato riconfermò il Consorzio provvisorio ed anzi ne ha affrettata la costituzione, Ora che si sono già spesi quasi due milioni di lire – come dicevo dianzi – sembra assurdo parlare di richiedere al Ministero delle Terre Liberate che riassuma esso l’esecuzione dei lavori. Al punto in cui sono le cose non resta che proseguire per la strada imtrapresa da mesi – ritenendola la più opportuna. Si è detto anche che gli operai non producono abbastanza. Sarà anche vero – ma ciò dipende – non bisogna dimenticarlo – da condizioni generali di collasso – ma anche da condizioni speciali – inquantoché si trovano sul mercato del lavoro dei disoccupati che in passato facevano mestieri diversi da quello di sterratori. Se i tre milioni sono stati concessi per combattere la disoccupazione e i disoccupati sono in gran parte operai che non facevano i braccianti è assurdo escluderli o pretendere che rendano al massimo come gli operai specializzati nei lavori di terra. Le censure corrispondono a un fatto vero ma esso è dipendente dalla volontà di qualsiasi amministrazione presente e passata. Ad ogni modo si sono presi provvedimenti limitatori per infrenare l’abuso dell’alcool e per attuare una maggiore disciplina affinché le forze del lavoro diano il loro massimo rendimento. A questo proposito non può che lodare le masse operaie che si sono adattate a ridurre il lavoro da 8 a 5 ore con relativa diminuzione di salario. Rosso rileva inoltre la fitta corrispondenza con gli uffici del Genio Civile e l’apertura del comune ai controlli, che gli organi superiori non hanno voluto finora effettuare non trovando motivo di rilievi. Si è inoltre richiesto tramite la Deputazione Provinciale un ulteriore milione al governo per i lavori. La delibera per il consorzio è approvata all’unanimità.455 La settimana successiva risponde la Cooperativa di lavoro di Pordenone, con un articolo firmato dal suo amministratore Giuseppe Ros. Se il precedente articolo era stato sarcastico, tutto incentrato sul rinfacciare a Pisenti la volontà di far carriera politica a basso costo con l’accusare l’amministrazione socialista di quanto era stato anche da lui condiviso, il tono usato dai muratori socialisti è molto più schiettamente polemico: per loro Pisenti è solo un parassita, un nullafacente che vive sfruttando gli altri, cui essi possono offrire solo la sfida di venire nella loro sede per controllare di persona la correttezza dei conti di una cooperativa di onesti lavoratori manuali.456 La Giunta del 2 aprile decide di dare una pubblica risposta agli articoli del Fascio pordenonese, apparsi su Il Gazzettino e sul Giornale di Udine, a proposito dei lavori sul Noncello. I lavori sono per altro sospesi, per poter riassumere il personale, in concorso con l’ingegnere capo dei lavori e la Camera del Lavoro. Il 10 aprile si delibera la concessione dell’appalto dei lavori del porto del Noncello alla cooperativa di lavoro, con l’obiettivo di migliorare il rendimento dell’opera. 457 La Giunta comunica al Consiglio Comunale che sono permessi ai comuni aumenti del dazio per finanziare i loro bilanci; l’organo esecutivo delibera aumenti specialmente sul vino e le bevande. Si presenta una nuova tabella salariale, per aumentare le paghe più basse fra i dipendenti.458 Domenica 17 aprile si tiene una riunione in municipio, a fronte dei gravi ostacoli frapposti dalle autorità militari che rischiano di portare alla chiusura dell’ospedale cittadino. Viene votato un ordine del giorno di sostegno alla politica dell’amministrazione: L’assemblea, udita la relazione sulle pratiche esperite per conseguire nel miglior modo e nel più breve tempo la soluzione dell’assillante e imperioso problema Ospitaliero, ed udita pure la situazione odierna del problema stesso, plaude all’opera delle amministrazioni Ospitaliere finora esplicate nell’intento di cui sopra: invita l’amministrazione attuale a perseverare nell’opera stessa colla massima energia accordandole la solidarietà incondizionata e piena di tutta la cittadinanza; s’impegna di agitare localmente la questione a mezzo della stampa e con ogni altro mezzo creduto opportuno, e a far pressione presso il Ministero competente mediante tutte le possibili influenze e apposita relazione che riassuma i concetti e propositi che LF, n. 13 del 27 marzo 1921, pag. 4, Il porto, le domande, i silenzi ed i... “perché”. Cfr. il testo in appendice. ACPn, Deliberazioni Consiglio 1920-1921, seduta del 29 marzo 1921, Oggetto 1, Comunicazioni e ratifica di deliberazioni prese d’urgenza dalla Giunta comunale. 456 LF, n. 14 del 3 aprile 1921, pag. 4, Sempre sui lavori del porto - Risponde anche la Cooperativa. Cfr. il testo in appendice. 457 ACPn, Registro Giunta 1921: verbale giunte del 2 e 10 aprile 1921. Delibere n. 174, 178 e 184. 458 ACPn, Registro Consiglio Comunale 1920-1921, sedute del 29 marzo e del 14 aprile1921. Sono presenti 26 consiglieri, assenti due socialisti e due popolari. 123 454 455 uniformarono e ispirarono l’odierna discussione onde “in nessun modo e per nessun conto” la soluzione del problema Ospitaliero venga ritardata o compromessa.459 Il 30 aprile si delibera la delega al Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra relativamente all’esecuzione delle opere sul Noncello e l’assunzione della quota parte comunale dell’ulteriore mutuo accantonato dal Commissariato per tale opera. Si delibera inoltre la denuncia generale dei danni di guerra patiti dal comune di Pordenone. Nella riunione successiva si delibera in merito all’assunzione del debito e di un mutuo per la ferrovia Pordenone-Aviano ed all’incremento dell’istruzione elementare, prevedendo nuovi edifici scolastici.460 7.2.9 - La costruzione della ferrovia Pordenone-Aviano. Anche le due linee ferroviarie che dovrebbero intersecarsi ad Aviano (la Aviano-Pordenone e la Sacile-Pinzano al Tagliamento) rientrano fra i programmi con i quali si pensa di dare lavoro ai disoccupati. Le previsioni del decreto legge 2405 del 28 novembre 1919 regolano i lavori straordinari contro la disoccupazione. Comitato speciale – Art. 1. E’ istituito presso la presidenza del consiglio, per il 1° semestre del 1920, un Comitato speciale con lo scopo di predisporre l’immediata esecuzione di lavori pubblici e di colonizzazione interna, per combattere la disoccupazione ed accrescere la produzione nazionale. (…) Lavori straordinari. Art. 2. Saranno dal Comitato speciale prescelti i lavori che offrono prevalente impiego della mano d’opera e possono essere subito iniziati ed avviati a compimento entro il 1920. (…) Tenendo conto dei bisogni locali e della gravità della disoccupazione, il Comitato stabilirà: 1° quali lavori debbano essere eseguiti dallo Stato con speciale riguardo alle provincie già invase, alle zone del Mezzogiorno, delle isole e a quelle montane; 2° quali debbano eseguirsi da Comuni, Provincie e Consorzi di interessati; 3° quali semplificazioni siano da apportare alle procedure di concessione di appalto, anche in deroga di leggi e regolamenti vigenti per intesificare i lavori di cui a due numeri precedenti. (…) Art. 3. Ad agevolare il trasferimento della mano d’opera dai luoghi dove si manifesta più grave la disoccupazione a quelli dove si debbano eseguire opere necessarie ed urgenti, potrà essere compresa in ciascun progetto, fra le spese occorrenti all’opera, quella per viaggi, alloggi baraccamenti, cucine, nonché speciali indennità agli operai. Sulle somme relative potranno essere fatte anticipazioni alle cooperative e consorzi di cooperative che assumono lavori. Agli articoli 4 e 5 si decreta che i lavori svolti dagli enti locali siano finanziati con anticipazioni sul fondo di 50 milioni istituito dal decreto legge 2214 del 19 ottobre 1919 e di mutui straordinari concessi dalla Cassa Depositi e Prestiti, sino all’ammontare di 500 milioni; i mutui straordinari per i lavori che rispondano alle condizioni del primo comma dell’articolo 2 saranno concessi senza interesse e con un periodo di ammortamento previsto fino a 35 anni. Saranno ammessi a mutuo anche i lavori di riattamento delle strade, di espurgo dei fossi laterali e dei collettori pubblici, ed i lavori in genere per ovviare alle manutenzioni deficenti negli anni di guerra. Gli articoli 6 ed 8 prevedono che le domande di contributo presentino una relazione sull’utilità delle opere proposte in rapporto con la situazione locale e gli indici di disoccupazione, ed un progetto vistato dal Genio Civile, il quale avrà valore di approvazione del progetto e di dichiarazione di pubblica utilità, nei riguardi delle espropriazioni . L’articolo 7 prevede che, in caso di mancanza di organi elettivi, le domande siano presentate dal regio commissario straordinario oppure dal commissario prefettizio. Art. 9. In caso d’urgenza, potranno assegnarsi acconti sui mutui anche prima che siano approvati o compiuti i progetti; in ogni caso però deve essere presentata una relazione dell’ufficio del genio civile o di uno speciale incaricato a mente dell’art. 14, che constati la pubblica utilità dell’opera, ne determini in via provvisoria l’ammontare, e stabilisca norme e condizioni cui dovrà attenersi il Comune, Provincia o Consorzio nell’eseguire i lavori. L’articolo 11 dispone che la Cassa Depositi e Prestiti, fino al 31 dicembre 1920, versi in tutto od a rate le somme concesse ai prefetti, i quali ne disporranno sotto la loro responsabilità per finanziare i progetti. L’articolo 13 dispone la revoca della concessione dei contributi od il commissariamento delle opere, qualora gli enti locali non provvedano ad iniziare i lavori entro il marzo 1920 oppure non li facciano procedere speditamente.461 Un mese dopo, il 26 dicembre 1919, i consiglieri provinciali avianesi Cristofori e Policreti chiedono con un’interrogazione quali siano stati gli interventi presso il governo per il completamento della SacilePinzano e la costruzione del tratto Comina-Aviano. La Prefettura il 4 febbraio 1920 informa che il Ministero delle Terre Liberate ha dato disposizioni per l’accelerazione dei lavori di completamento della Pedemontana, mentre per la Pordenone-Aviano si è ancora in fase di studio presso la commissione che valuta le nuove linee da realizzarsi direttamente dallo Stato. Ma si nota che, essendo realizzati in gran parte i movimenti di terra per la prima ferrovia, il numero degli operai e particolarmente dei terrazzieri sarà poco elevato. 462 Sempre in febbraio la Prefettura di Udine informa il sindaco di Aviano che il Ministero dei Trasporti ha comunicato la decisione di procedere al potenziamento dei lavori di costruzione della linea SacilePinzano, al fine di portarli a compimento senza interruzione. Comunica però che, essendo i movimenti di terra LF, n. 17 del 24 aprile 1921, pag. 4, S. M. il militarismo!... Il nuovo ospedale sorgerà successivamente su terreni adiacenti alle caserme dell’esercito sulla Via Montereale. Negli ultimi decenni l’espansione del comprensorio ospedaliero avverrà proprio a spese delle caserme della cavalleria progressivamente abbandonate. 460 ACPn, Registro Giunta 1921: verbale giunte del 30 aprile e 5 maggio1921. Delibere n. 255, 256, 257, 299, 304 e 310. 461 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: Copia a mano del Decreto 2405, Provvedimenti per combattere la disoccupazione ed accrescere la produzione nazionale , senza data. Gli articoli 7, 8 e 9, quelli riguardanti le funzioni dei commissari e del Genio Civile nell’operare in regime di assenza di un Consiglio Comunale e di lavori d’urgenza, sono sottolineati. Per la datazione del decreto cfr. la lettera del Consorzio per la ferrovia Pordenone-Aviano del 19 agosto 1920. 462 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.3, 1919, 1.4, 1920. 124 459 della linea in gran parte già eseguiti, il numero degli operai e specialmente di terrazzieri, che potrà essere occupato, anche quando i lavori avranno raggiunto il loro massimo sviluppo, non sarà di molto elevato. In quella occasione si conferma inoltre che, per la ferrovia Pordenone-Aviano, si attendono le risultanze della commissione per lo studio delle nuove linee da costruirsi da parte dello Stato. 463 Il 2 marzo il commissario regio di Aviano invia un telegramma al ministro delle Terre Liberate Pietriboni, chiedendogli di intervenire presso i ministeri competenti per far iniziare presto i lavori del tronco ferroviario Pordenone-Aviano, nome popolazione specialmente classe operaia che reclama lavoro continuativo.464 Il commissario prefettizio di Pordenone Cavicchi convoca sabato 27 marzo ad un’adunanza del consorzio ferrovia Pordenone-Aviano per urgentissime deliberazioni i comuni di Roveredo in Piano, Aviano, Montereale Cellina, Maniago, Fanna, Cavasso Nuovo, Barcis, Andreis, Claut, Cimolais ed Erto e Casso. 465 Al convegno partecipano i comuni di Pordenone, Roveredo, Aviano, Montereale, Cavasso ed inviano l’adesione Barcis e Fanna; nei giorni successivi i comuni adottano una delibera tipo in cui ricordano come nel 1917 era stato costituito il consorzio fra i comuni di Aviano, Pordenone, Roveredo e Montereale per la costruzione e l’esercizio della ferrovia Pordenone-Aviano e che nello stesso anno era stata presentata domanda per la concessione, corredata dal progetto, ma tali atti non sono più stati ritrovati al ministero, mentre se ne sono conservate poche tracce negli archivi comunali a causa delle distruzioni belliche, costringendo così i comuni a riprendere le pratiche, considerata la grave situazione di disoccupazione degli operai della zona. Il comune di Roveredo richiama la propria deliberazione 8 marzo 1917 in cui si confermava l’adesione al consorzio. I comuni richiedono al governo che si assuma l’onere della realizzazione della ferrovia e deliberano di confermare la costituzione del consorzio per costruire ed esercitare il servizio, qualora il governo non provveda direttamente. Deliberano inoltre di dar mandato a Pordenone di fare il capo consorzio e ad Aviano di procedere all’avvio dei lavori.466 In un biglietto (probabilmente di Cavicchi) si ricorda come il Consiglio Provinciale nella seduta del 18 giugno 1917 approvò un sussidio chilometrico di 320 lire per 50 anni per la costruzione e l’esercizio della ferrovia Oderzo-Pordenone-Aviano e come i comuni di Pordenone, Roveredo, Montereale ed Aviano aderirono al consorzio (inizialmente si era ipotizzato anche Maniago, che poi non aderì).467 Il 9 aprile 1920 il regio commissario di Aviano comunica al sottoprefetto di Pordenone che stamane dei 660 operai che lavoravano arbitrariamente sulla progettata Ferrovia Aviano-Lacomina circa 300 sonosi recati nella frazione Giais iniziando pure abusivamente lavori sistemazione torrente Framoso. Mentre riservomi inviare relazione dettagliata, resto attesa eventuali istruzioni. 468 Il 22 aprile il commissario di Aviano invia una lettera di diffida al presidente della cooperativa di lavoro di Aviano. 469 Il 21 aprile 1920 l’amministratore generale del Servizio Costruzioni della Direzione Generale FS risponde al commissario regio di Pordenone che non è possibile, come richiesto, incaricare della direzione dei lavori della linea Pordenone-Aviano l’ingegnere dirigente dell’Ufficio Costruzioni di Maniago, fino a che non siano perfezionate tutte le pratiche. La lettera perviene il 28 aprile al commissario di Aviano, che il 30 segnala che bisogna far fronte al pagamento dei lavori di sterro sulla progettata linea ferroviaria Aviano Comina arbitrariamente iniziati da alcune centinaia di operai sotto la Direzione della locale Cooperativa di lavoro e che per ovviare a violente manifestazioni degli operai necessita corrispondere subito alla Cooperativa la somma di 190.000 £. corrispondente agli stati di avanzamento lavori pari a circa tre chilometri di linea realizzati. 470 Il servizio costruzioni delle Ferrovie dello Stato, il 31 marzo informa la Deputazione Provinciale che presto saranno iniziate le costruzioni dei ponti sul Cellina e sul Meduna della Pedemontana, appena – nel primo caso – saranno risolte le difficoltà create dagli enti interessati ad un canale di fluitazione. Anche in questo caso si rinvia alle conclusioni della commissione di studio per la Pordenone-Aviano, e questo provoca la replica della Deputazione il 5 maggio, che polemicamente osserva che non è assolutamente esatto che tale ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: lettera del Prefettura di Udine del febbraio 1920. 464 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: minuta del telegramma del 2 marzo 1920. 465 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: biglietto autografo su carta da block-notes del 25 marzo 1920. 466 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: Delibera del Commissario Regio di Aviano del 27 marzo 1920; delibera del Commissario Regio di Pordenone del 28 marzo 1920; delibera del Commissario Prefettizio di Montereale Cellina Federico Tonon del 29 marzo 1920; delibera del Consiglio Comunale di Roveredo in Piano del 31 marzo 1920, Consorzio ferroviario Pordenone-Aviano. Sono presenti: Angelo Lollo, sindaco, ed i consiglieri Giovanni Del Piero, Giovanni De Mattia, Antonio Pajer, Antonio Pizziol, Angelo De Luca, Pietro Del Piero, Pasquale Redivo e Pietro Redivo; sono assenti i consiglieri Pietro Barbariol, Pietro Michelazzi, Benvenuto Del Piero, Giovanni Cojazzi ed Antonio De Simon; delibera Commissario Regio di Aviano del 9 aprile 1920; cfr. inoltre carteggio relativo. 467 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: note anonime su biglietto senza data, intestato al segretario capo del Municipio di Pordenone. 468 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: Minuta del telegramma del Commissario Molè. Il Commissario si è insediato da poco più di un mese: cfr.: ACA, b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, Classe 5.1: decreto reale 5 febbraio 1920 di nomina a Commissario Straordinario del Consigliere Aggiunto dottor Gaetano Molè, con lettera di trasmissione del sottoprefetto di Pordenone del 24 febbraio 1920; decreto di sostituzione per dimissioni prot. n. 13079/Div. IIa emesso dal prefetto di Udine del 13 luglio 1920. 469 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: Copia conforme della lettera prot. 2253 del 22 aprile 1920. Cfr. il testo in appendice. 470 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: lettera dell’Amministratore Generale delle FS, Direzione Generale, Servizio Costruzioni, del 21 aprile 1920, con nota di trasmissione a mano del Commissario Cavicchi al commissario Molè; originale deliberazione del Commissario Regio Molè del 30 aprile 1920. 125 463 linea si presenti di scarsa utilità, come sembra ritenere cotesta Direzione Generale: l’utilità di detta linea è invece indiscutibile e quest’ultima risponde ad un vero e sentito bisogno delle popolazioni interessate, come lo dimostrano le varie e continue premure e sollecitazioni che da queste pervengono alla scrivente Deputazione per ottenere che essa a sua volta solleciti dallo Stato l’inizio dei relativi lavori. Del resto, a convincersi della utilità della costruzione del tratto complementare Comina di Pordenone-Aviano, basta considerare che il tronco fino alla Comina rimarrebbe inutilizzato, ove non venisse effettuato il congiungimento ad Aviano della linea in parola colla Pedemontana. Ma oltre a tali considerazioni, che scaturiscono dall’evidente interesse locale della linea indiretta, giova considerare che, come già accennavo colla mia nota 15 marzo u.s., la disoccupazione in quella plaga è fortemente sentita, per cui l’inizio dei lavori rappresenterebbe, anche dal punto di vista sociale, un provvedimento delle massima opportunità e convenienza. Le Ferrovie dello Stato replicano nuovamente il 5 maggio rinviando alla commissione di studio: alla Deputazione Provinciale che si riunisce il 31 maggio non rimane che puntare - preso atto dell’atteggiamento negativo delle Fs e della probabile bocciatura del progetto di assunzione diretta dei lavori da parte dello Stato - sul sostegno dell’iniziativa autonoma degli Enti Locali, attraverso il sussidio. All’assunzione di responsabilità della Provincia plaude il commissario regio di Pordenone il 28 maggio, soprattutto perché l’inclusione del tronco costruendo mi torna tanto più gradita in quantoché esso nelle scorse settimane ha avuto un principio di esecuzione arbitraria ed ora mi è lecito sperare possa essere al più presto ripreso e continuato regolarmente. In seguito alla consegna del progetto completo fatta giorni addietro dall’Ing. Valentino Magnani ho provveduto alla ricostituzione del Consorzio volontario, con riserva per quello obbligatorio, e quindi alla approvazione del conseguente regolamento e al riparto del carico finanziario fra i vari Comuni, ed ora sto ultimando le pratiche necessarie a corredo della domanda regolare. Il progetto originario aveva dovuto essere rifatto, essendo il precedente andato distrutto durante l’invasione.471 Il 14 maggio l’ipotesi di consorzio comprendeva ancora Roveredo in Piano. Scopo del consorzio è provvedere a studi, trattative, contratti ed ogni altra pratica per promuovere la costruzione e l’esercizio di una linea ferroviaria che congiunga il Comune di Pordenone con quello di Aviano, continuando il tronco ferroviario esistente Pordenone-Comina, passando per il Comune di Roveredo ed allacciandosi in Aviano colla linea ferroviaria pedemontana. Lo scioglimento del consorzio sarà possibile solo col voto unanime dei comuni componenti. Il consorzio sarà amministrato da un comitato esecutivo composto da 13 membri (cinque per Pordenone, quattro per Aviano e 2 ciascuno per Montereale e Roveredo). Fra i compiti del comitato fare le pratiche occorrenti per ottenere l’intervento del Governo nella costruzione ed esercizio della ferrovia e per ottenere, con la concessione di legge, sussidi e concorsi dallo Stato e dalla Provincia e cedere la concessione a chi abbia la possibilità di assumere la costruzione e l’esercizio della linea, prescrivendo all’assuntore quelle clausole e modalità che il Comitato stesso riterrà necessario.472 Il 2 giugno il commissario regio dott. Gaetano Molè nomina i rappresentanti del comune di Aviano nel Consorzio per la ferrovia Pordenone-Aviano: sono il nob. ing. Antonio Policreti, il presidente socialista della Cooperativa di lavoro Carlo Basso, il nob. Vito Cristofori e Marco Venturelli.473 Il 3 giugno il commissario regio di Pordenone comunica al collega di Aviano che nella visita fatta la settimana scorsa l’On. Gasparotto ha annunciato che è stata accordata in massima l’autorizzazione per la ferrovia Pordenone-Aviano. Questa notizia, comunicata alla presenza di parecchi cittadini e di una rappresentanza della classe operaia, è stata di forte incoraggiamento alla ripresa dei lavori del piano stradale per la costruenda ferrovia in parola. E’ della massima urgenza ora dare regolare forma alla ricostituzione del consorzio ed avere le deliberazioni dei sussidi votati per trasmettere la domanda al competente Ministero ed ottenere nel più breve termine la regolare autorizzazione. Si invitano quindi i sindaci dei comuni consorziati ad una riunione in municipio di Pordenone per il 5 giugno.474 Le iniziative delle amministrazioni debbono rincorrere quelle del movimento operaio: le cooperative realizzano la massicciata della ferrovia senza attendere il via libera ufficiale. Premesso che in seguito all’attuazione arbitraria dei lavori di costruzione della sede stradale della ferrovia Pordenone-Aviano da parte degli operai disoccupati, si è provveduto, in accordo fra i Comuni di Pordenone, Aviano, Montereale Cellina, e Roveredo in Piano ricostituitisi in Consorzio per la ferrovia anzidetta, ad inviare sul posto del personale tecnico per dirigere l’azione arbitraria onde evitare l’esecuzione di opere errate ed inutilizzabili; Rilevato che non potendosi fin dal primo inizio, assegnare l’appalto dei lavori alle cooperative locali si è dovuto provvedere per intanto all’esecuzione in economia; essendo nella necessità di pagare i salari agli operai e dovendo mantenere l’impegno a rimborsare la somma corrispondente agli stati di avanzamento lavori anticipata a titolo di prestito sui fondi erogati dagli istituti bancari per sovvenzionare i lavori contro la disoccupazione, garantiti dal comune di Udine e dalla provincia, si autorizza l’avv. Carlo Policreti, nominato presidente del consorzio dall’adunanza dei rappresentanti dei comuni del 12 giugno, a chiedere in prestito le somme necessarie alla Provincia.475 Il 24 luglio il commissario regio di Aviano Fabris dichiara che le Cooperative di lavoro di Pordenone e Aviano hanno presentato gli stati di avanzamento dei lavori eseguiti per la costruzione del piano stradale della ferrovia Pordenone-Aviano. Il commissario Fabris emana mensilmente dichiarazioni in cui gli enti consorziati ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.4, 1920. ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: Bozza regolamento del Consorzio per la ferrovia, inviato dal Commissario Regio di Pordenone il 14 maggio 1920, con correzioni autografe da parte dell’amministrazione di Aviano. 473 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: Originale deliberazione Commissario Regio del 2 giugno 1920. 474 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: lettera del commissario regio di Pordenone del 3 giugno 1920. 475 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: Copia dattiloscritta della delibera 3 luglio 1920 del Commissario regio Molè. 126 471 472 si assumono la responsabilità dell’anticipo dei fondi alle cooperative di lavoro di Aviano, Pordenone e Roveredo, giunte ad ottobre ad una esposizione per 386.744 lire, in attesa dell’arrivo dei fondi governativi per il pagamento delle opere realizzate. Le esposizioni delle tre cooperative sono relative prevalentemente a quella di Aviano, che rappresenta oltre la metà della spesa, mentre al contrario quella di Roveredo ne rappresenta meno di un decimo.476 L’11 agosto il prefetto comunica alle amministrazioni comunali di Pordenone, Aviano e Roveredo ed alla Deputazione Provinciale la concessione di un primo prestito di 950.000 lire, concesso dal Ministero delle Terre Liberate in base al DL 2405 e la ripartizione della garanzia fra i quattro enti. Il consorzio per parte sua propone il 19 agosto alle amministrazioni comunali di Pordenone, Aviano, Roveredo e Montereale una ipotesi di riparto fra i comuni della parte del mutuo non assunto dalla provincia. Fra il consorzio, i comuni e la Prefettura si ipotizzano diverse modalità di riparto, nelle quali si ha un significativo spostamento della spesa da Aviano a Pordenone, e l’entrata del comune di Montereale fra i sottoscrittori il 23 agosto. Le spese gravano soprattutto su Pordenone (425.000), mentre Aviano si assume l’onere di 175.000 lire, Roveredo 75.000, Montereale 85.000 e l’Amministrazione Provinciale 190.000. Successivamente Roveredo esce dal gruppo dei comuni garanti ed il relativo onere è assunto da Pordenone, che ha oltre la metà dell’onere complessivo. E’ evidente la responsabilità politica che si assume il vecchio gruppo dirigente radicale pordenonese, che coinvolge sia il suo ruolo cittadino, sia la funzione sociale esercitata nei comuni di Aviano e Montereale.477 Il 23 novembre il sottoprefetto di Pordenone U. Magrini 478 notifica al presidente del Consorzio per la ferrovia Pordenone-Aviano (costituitosi fra i comuni di Pordenone, Aviano, Montereale e Roveredo) che il Ministero dei Lavori Pubblici ha respinto la richiesta di assunzione diretta della costruzione dell’opera. La direzione generale delle Ferrovie dello Stato, basandosi sulla limitata importanza della nuova comunicazione e sulla tenuità del traffico che da essa si può sperare, ha espresso avviso contrario all’accoglimento. Secondo osserva la Direzione suddetta, la nuova linea non costituirebbe che un accorciamento delle comunicazioni ferroviarie di Pordenone con altri paesi della Pedemontana Sacile-Pinzano; e, non solo non toccherebbe alcun nuovo centro importante, ma attraverserebbe una regione che è già sufficientemente servita da altre due ferrovie, cioè dalla pedemontana suddetta e dalla Treviso-Udine. Scarso e affatto trascurabile può prevedersi quindi il contributo del traffico che la regione darebbe alla nuova linea, con i trasporti di merci e viaggiatori diretti dalla pedemontana a Pordenone e viceversa, e per di più tale traffico verrebbe in definitiva sottratto ai tronchi Sacile-Aviano e SacilePordenone delle ferrovie esistenti. Per questi motivi, e vista la rilevante previsione di sette milioni di spesa per la costruzione ed il materiale d’esercizio, si respinge la richiesta, pur dimostrandosi favorevoli alla concessione al Consorzio visto l’interesse esclusivamente locale della linea. Il diniego governativo porta il presidente del consorzio a sospendere il 26 novembre i lavori per mancanza di ogni disponibilità finanziaria per continuare il pagamento delle mercedi agli operai. Prevedendosi perturbamenti, causa il licenziamento di circa 600 operai, il consorzio fa appello alla Deputazione Provinciale perché si unisca al movimento di protesta dei comuni interessati. La Deputazione interviene subito presso il prefetto, segnalando che la situazione a Pordenone è esplosiva per la grande disoccupazione, e sollecitando intanto il pagamento da parte del Commissariato di Treviso del mutuo concesso di 950.000, in modo da alleviare lo sforzo dei comuni che finora hanno pagato anticipando i salari agli operai. 479 Lo stesso consorzio è una pura società di fatto, in quanto dopo l’uscita dalla compagine del comune di Roveredo in Piano (proprio quello che sta a metà strada fra Pordenone ed Aviano) non si giungerà mai alla formalizzazione della sua costituzione, pur essendo esso strutturato attraverso l’indicazione del comune di Pordenone come capofila, la designazione di Carlo Policreti come presidente e l’assunzione delle occupazioni dei terreni e dei lavori a suo carico. L’unica sua ragion d’essere è l’invito della Prefettura ai tre comuni di Aviano, Montereale e Pordenone ad intervenire per disciplinare i lavori arbitrari, in quell’epoca eseguiti dalle masse operaie disoccupate di Aviano-Montereale-Pordenone e Roveredo, alle quali si deve la occupazione pure arbitraria dei terreni. E’ in questa situazione di grande tensione che i socialisti hanno appena iniziato a gestire il comune di Pordenone e quello di Aviano.480 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: Copia dattiloscritta della dichiarazione del commissario regio Fabris del 24 luglio 1920; verbali dattiloscritti delle deliberazioni del commissario regio Fabris del 4 settembre 1920 e del 10 ottobre 1920. Giovanni Fabris subentra al dimissionario dottor Molè il 13 luglio 1920: cfr. ACA, b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, Classe 5.1, decreto prot. n. 13079/Div. IIa del prefetto di Udine. 477 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.4, 1920; ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e SacilePinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: lettera della Prefettura di Udine dell’11 agosto 1920 e successive delibere e carteggio fra i vari enti interessati; la ipotesi di diverso riparto è formulata nella lettera del Consorzio per la ferrovia Pordenone-Aviano del 19 agosto 1920, firmata Omero Polon. Pordenone passa da 285.000 a 425.000 lire, mentre Aviano cala da 332.500 a 175.000; minori quote sono assunte dalla provincia (190.000) e da Montereale (85.000) e Roveredo (75.000). Nel gennaio 1921 il comune di Roveredo non figura più tra i consorziati; lo stanziamento relativo è passato a carico di Pordenone. L’ipotesi finale di riparto senza Roveredo è contenuta nella lettera del Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra nelle regioni venete e finitime del 15 gennaio 1921. 478 U. Magrini assume l’incarico di sottoprefetto di Pordenone (ci sono altre due sottoprefetture in provincia, quelle di Tolmezzo e di Cividale) il 10 settembre 1920. Cfr.: ACA, b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, Classe 5: Corrispondenza, circolari del Sindaco o del Commissario Pref., lettera a stampa inviata dal sottoprefetto il 10 settembre 1920 alle autorità del Circondario. 479 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.4, 1920. 480 Due dattiloscritti anonimi su carta bianca, probabilmente databili dagli ultimi giorni del 1930 in poi e confezionati a scopo di promemoria per gli amministratori in vertenze legali per il rimborso delle spese di esproprio dei terreni occupati per i lavori della ferrovia Pordenone-Aviano, ci danno alcune interessanti notizie sulla vicenda legale e soprattutto su quella sociale sottostante. ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: cfr. il testo in appendice. 127 476 Un’ultima nota: nella generale sottovalutazione con cui la critica storica considererà questa grande opera e più in generale il piano ferroviario predisposto prima della guerra mondiale dalla Provincia di Udine, si tende a dimenticare che - oltre alla Pordenone-Aviano ed alla Pedemontana - altri tronchi ferroviari sono proposti e fortemente sollecitati in questo dopoguerra. Abbiamo già accennato alla ferrovia Sacile-Vittorio Veneto, tronco consequenziale alla Pedemontana verso occidente sostenuto dai comuni orientali del Friuli. Ma un altro, molto più ambizioso progetto è proposto dai comuni dell’Alta Valcellina: nel 1920-1921 l’Amministrazione Comunale di Claut, insieme con quelle di Erto Casso e di Cimolais, propone la costruzione di una ferrovia della Valcellina, raccordante la Belluno-Cadore con la Pedemontana SacilePinzano, in modo da rafforzare per la valle il ruolo di cerniera fra Friuli e Bellunese creato dalla costruzione della strada.481 7.2.10 - Il comune socialista di Aviano. La grande agitazione dei disoccupati avianesi non si esprime solo con la battaglia per realizzare le ferrovie. Il 10 aprile 1920 Carlo Basso richiede al regio commissario del comune di adoperarsi affinché la cooperativa, che conta trecento operai rimasti disoccupati a causa della diminuzione del lavoro, possa concorrere all’appalto per il porto di Pordenone. Ma tale richiesta viene respinta al mittente dal commissario regio di Pordenone, poiché il direttore dei lavori del porto per incarico del Ministero delle Terre Liberate, ing. Mior, ha risposto che non è possibile prenderla in considerazione dati gli impegni assunti con altre cooperative dei Comuni rivieraschi del Noncello e dato che esiste anche qui mano d’opera disoccupata esuberante. Infatti uno dei problemi che emergono nella realizzazione delle opere pubbliche è quello dei contrasti fra operai delle cooperative dei vari comuni, che spesso entrano in concorrenza per ottenere dalle amministrazioni locali l’assegnazione di lotti di lavoro quando non siano sufficienti i lavori nel loro territorio d’origine. Tutte le opere principali (la bonifica dei Camolli, il porto del Noncello, i lavori ferroviari) sono realizzati da una pluralità di cooperative provenienti da paesi diversi, con delicati equilibri segnati dalla stima dei bisogni ma anche dagli stanziamenti realizzati dai singoli enti locali.482 Il 18 aprile il presidente onorario del Comitato pro monumento ai caduti Giuseppe Magliaretta di Castello d’Aviano (l’ex vicesindaco del periodo dell’occupazione) scrive al commissario per proporre il problema dell’erezione dello stesso, dato che nella riunione del 16 corr. li animi e le passioni dominavano l’assemblea non fu possibile la trattazione. La situazione deve essere tesa, visto che Magliaretta ripete che senza poi intralciare l’operato del Comitato ristretto io sarei d’avviso che il monumento non dovesse cadere su simboli di aperta politica dato come dissi le passioni e li animi che in questo momento travagliano li animi sarebbe bene perciò evitare. Evidentemente l’agitazione sociale, mista alla probabile irritazione per l’ambiguo ruolo di Magliaretta - come altri avianesi passato repentinamente dal realismo forse filoasburgico allo zelo patriottico - provoca un rifiuto della proposta commemorazione.483 Il 19 aprile il commissario di Aviano sollecita all’Ufficio Tecnico Speciale di Udine, su istanza dei presidenti delle cooperative edilizia e di lavoro di Aviano l’inizio urgente dei lavori di riparazione di fabbricati i cui preventivi erano già stati inviati due mesi prima; tali lavori possono occupare duecento operai, ed è interesse dell’amministrazione por rimedio alla disoccupazione.484 Il 22 aprile il commissario diffida la cooperativa a contabilizzare i lavori effettuati ed a formalizzare con la stipula di un contratto di lavoro i numerosi lavori svolti arbitrariamente.485 Il 31 marzo si erano conclusi i lavori di ripristino della strada che da Selva di Giais scende al quadrivio di San Martino di Campagna, affidati alla Cooperativa di Lavoro di Aviano con contratto dell’8 dicembre 1919 per un valore complessivo di 146.185 lire. Il 12 maggio viene affidata alla cooperativa dal comune la realizzazione di un lavatoio in Villotta, che dovrà essere realizzato in quindici giorni, per una spesa totale di 672 lire. Fra giugno e luglio vengono pubblicati gli avvisi ad opponendum per una serie di ACA, b. 2486, 1921 Fascicoli separati, f. Categoria X, 1. Ferrovia Valcellina. ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: lettera di Carlo Basso, su carta recante timbro della Società Cooperativa di Lavoro e Lega di Resistenza – Aviano; lettera del Comune di Pordenone, prot. n. 3513 del 12 aprile 1920. 483 ACA, b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, Classe 5: Corrispondenza, circolari del Sindaco o del Commissario Pref., lettera autografa del 18 aprile 1920. 484 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: minuta della lettera commissariale del 19 aprile 1920. Esiste in Aviano un’altra cooperativa, la Cooperativa federale fra muratori, falegnami, fabbri - Aviano: cfr. ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: lettera di richiesta di modifica dello Statuto sociale, per includere anche gli operai ausiliari al godimento degli utili spettanti agli operai soci, inviata il 13 maggio 1920 dalla Sottoprefettura di Pordenone al Comune di Aviano; biglietto di ricevuta di una notifica comunale da parte della Cooperativa del 29 maggio 1920, su carta recante il timbro della Cooperativa. La cooperativa non ottempera a questa richiesta e quindi non viene iscritta nel registro delle cooperative presso la Prefettura, la quale precisa che perciò essa non può concorrere ad appalto con le agevolazioni accordate per le cooperative di produzione lavoro: cfr. ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: lettera Prefettura di Udine al Comune di Aviano, prot n. 6000 III del 31 luglio 1920 (fino a quel momento ho rinvenuto solo una notifica di conclusione di lavori affidati a questa cooperativa, quella cui si riferisce la ricevuta sopra richiamata). 485 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: Copia conforme della lettera N 2253, in data odierna diretta al Sig. Presidente della Cooperativa di Lavoro di Aviano; altra copia in: b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: Copia conforme della lettera prot. 2253 del 22 aprile 1920. Cfr. il testo in appendice. 128 481 482 lavori stradali realizzati dalla cooperativa. Il 24 aprile si sono conclusi i lavori di sistemazione di strade e costruzione del ponte sul Tezze in Marsure, per un totale di 118.736 lire. Altri piccoli lavori realizzati entro la metà di agosto dalla Cooperativa di Lavoro per conto del comune sono la riparazione delle scuole di Castello e Marsure e della casa del medico, per una somma anticipabile di 6000 lire. 486 Il 30 aprile Carlo Basso, nella sua qualità di presidente della Società Cooperativa di Lavoro e Lega di Resistenza di Aviano, avverte che l’indomani, 1° maggio, parlerà alle 16 nel cortile delle scuole del capoluogo un rappresentante della Camera del Lavoro di Pordenone (sarà Guido Rosso a tenere il comizio487); Basso richiede inoltre al commissario regio che: In ricorrenza del 1° Maggio, festa dei lavoratori, si prega la S.V. Ill.ma voler sospendere il lavoro per tutti gli impiegati di codesto Municipio. 488 Il 16 maggio, in risposta ad una richiesta della sezione friulana della Società Umanitaria, il comune quantifica i disoccupati avianesi in: nessuno fra i braccianti, contadini e manovali; 1300 nel settore dell’edilizia (muratori, garzoni muratori, scalpellini, ecc.); 19 nel settore del legno (carpentieri, falegnami, boscaiuoli, tornitori); 12 metallurgici (meccanici, aggiustatori, tornitori, fabbri) e 200 di professioni varie. Risulta evidente la cagione dell’altissima conflittualità che da ormai un decennio connota il proletariato avianese, concentrato nel settore edilizio ed ormai staccato dalle attività agricole (che non a caso non denunciano alcun disoccupato).489 Domenica 23 maggio alle 10 si tiene un comizio socialista nel locale delle scuole comunali di Aviano, con all’ordine del giorno le elezioni e l’organizzazione di classe; il 28 luglio 1920, nel cortile delle scuole comunali, si tiene una conferenza pubblica sul tema: morale operaia.490 Il 23 giugno il commissario richiede alla Prefettura di inviare un tecnico per la celere misurazione dei lavori svolti, in modo da poter provvedere alla liquidazione evitando che si prenda questa occasione per inscenare qualche violenta manifestazione.491 Ad agosto sono emigrati dal comune 301 lavoratori, diretti prevalentemente in Francia (283). Le professioni sono in prevalenza braccianti e minatori pochi muratori e scalpellini. Sono disoccupati 842 braccianti avendo la locale Coop. di Lavoro sospesi i lavori stradali in corso per riammettere i più bisognosi che saranno circa 400. Alla domanda Quanti desiderano emigrare e per quali paesi? si risponde: Per ora non consta che vi siano degli intenzionati ad emigrare, ma dopo la prossima ripresa del lavoro da parte della Cooperativa pare che gli operai che saranno esclusi abbiamo dichiarato di emigrare in Francia.492 Il 3 agosto il commissario prefettizio di Aviano sollecita la direzione dell’ufficio tecnico del Ministero Terre Liberate di Pordenone, allo scopo di evitare perturbamenti d’ordine pubblico e soprattutto per poter dar corso con tutta sollecitudine alle disposizioni adottate per il licenziamento di oltre un migliaio di operai, di provvedere d’urgenza al collaudo delle opere realizzate dalle cooperative, per poter svincolare l’11% residuo trattenuto sulle spettanze, per liquidare gli operai. 493 Il 17 agosto si trova la prima richiesta di assunzione presso la Cooperativa di Lavoro di Aviano da parte di un lavoratore indirizzatovi dal commissario prefettizio. Ma il 5 settembre il commissario (è probabile che la nuova modalità sia stata introdotta dal nuovo commissario Fabris, che a differenza dei predecessori è avianese e faceva già parte dell’Amministrazione Comunale) arriva ad ordinare che sette operai passino dalla cooperativa - che li ha adibiti ai lavori ferroviari per la Pordenone-Aviano - ad una ditta che opera in lavori forestali, mentre saranno sostituiti da altri cinque (tutti gli interessati dal provvedimento sono della frazione di Castello).494 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: lettera della Prefettura di Udine al Sindaco di Aviano prot. n. 8136/Div. 4° del 5 maggio 1920; contratto fra il tecnico comunale geom. Zozzolotto ed il presidente della Cooperativa Carlo Basso, datato 12 maggio 1920; vari avvisi prefettizi inviati al Sindaco di Aviano in data 14 e 17 giugno e 17 luglio 1920; dichiarazione del tecnico comunale del 15 agosto 1920; lettera Prefettura n. 8315/Div. 4° del 21 maggio 1920. 487 LF, n. 19 del 9 maggio 1920, pag. 1, CALENDIMAGGIO IN FRIULI. Magnifica affermazione di fede internazionale. 488 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: annotazione anonima datata 30 aprile 1920; b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, Classe 5: Corrispondenza, circolari del Sindaco o del Commissario Pref., lettera autografa del 30 aprile 1920. 489 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.8, Statistiche, informazioni e notizie relative all’industria e di lavoro: minuta della lettera del Commissario all’ufficio di avviamento al lavoro di Aviano, prot. n. 1731 del 16 maggio 1920. 490 ACA, b. 2485, 1920 Fascicoli separati, f. Categoria XV, 4. Carte diverse relative alla Pubblica Sicurezza, lettera di Carlo Basso al Commissario Regio del 22 maggio e 27 luglio 1920. 491 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: copia del telespresso commissariale, inviata in pari data al sottoprefetto di Pordenone. Cfr. il testo in appendice. 492 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.8, Statistiche, informazioni e notizie relative all’industria e di lavoro: risposta prot. 4306 dell’8 agosto 1920 del comune di Aviano al questionario inviato con circolare prefettizia del 21 luglio 1920. 493 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: minuta della lettera del Commissario prot. n. 4203 del 3 agosto 1920. 494 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: lettera di Antonio Basso Delle Vedove del 17 agosto 1920, con annotazione del commissario; copia lettera commissariale n. 4842 del 5 settembre 1920 (significativamente l’oggetto originario, Richiesta lavoro operai, è stato modificata nel più autoritativo Cambio di lavoro di alcuni operai). Questa pratica clientelare è acclarata anche dalla richiesta di assunzione inviata, con lo stesso numero di protocollo, all’amministratore della società Industrie Riunite di Aviano, che guarda caso è un altro collega di amministrazione di Fabris, cioè Marco Venturelli. La società gestisce il taglio dei boschi comunali e la teleferica: cfr. ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: copia lettera del comune alla Prefettura di Udine del 29 ottobre 1920. 129 486 Il 25 agosto il commissario prefettizio comunica con un telegramma alla Prefettura che gruppo operai di questo comune stamane arbitrariamente al lavoro sui torrenti Framoso Scodelin. Si nota anche come tale arbitrio viene perpetrato da persone estranee alla Coop appaltatrice . Il giorno dopo un nuovo telegramma comunica che sessanta operai di Giais continuando a lavorare arbitrariamente opere di difesa del torrente Framoso occorre rafforzare subito la locale stazione dei Carabinieri di almeno 20 uomini per poter domani far sospendere il lavoro stesso.495 Con il passare dei mesi si nota un atteggiamento sempre meno disponibile delle autorità comunali, che cercano progressivamente di chiudere i cantieri di lavoro: non a caso il 25 settembre troveremo la lettera del commissario Fabris che rivendica l’opera di espulsione dal paese degli attivisti socialisti attraverso l’emigrazione, in contrappunto con le promesse e le velate minacce contenute nel seguente telegramma del sottoprefetto Marri, conservato senza data e forse incompleto: Comunichi ciò capi operai costì raccomandando calma feconda di utili risultati astenendosi da turbamenti ordine pubblico che io ho imprescindibile dovere di tutelare.496. Il 26 ottobre la Cooperativa di Lavoro invia un riepilogo dei lavori comunali eseguiti, nei quali vanno ricompresi anche l’ufficio postale di Marsure, le scuole di Villotta, la canonica di Giais, per un totale complessivo delle sette opere di 8954 lire.497 Dall’inizio dell’anno fino al 28 ottobre risulteranno pagati alla Cooperativa di Lavoro di Aviano complessivamente 1.160.000 lire, delle quale 190.000 per la ferrovia Aviano-Comina, 8800 per la riparazione delle scuole e tutto il resto per lavori stradali, che assorbono quasi completamente le risorse. 498 Gli elettori che votano per l’elezione del Consiglio Comunale di Aviano sono 1360: sono eletti 24 consiglieri socialisti e 6 del blocco. 499 I consiglieri socialisti sono tutti neoeletti, con la sola esclusione di Carlo Basso, come dimostra, oltre che il confronto nominativo con i consiglieri eletti nel 1914, il fatto che si siano dovuti sottoporre tutti e 23 alla prova di alfabetismo davanti ad un notaio. Spiccano nei risultati elettorali il grande distacco fra i primi due eletti, che raccolgono quasi il doppio dei voti degli altri compagni di lista, ed il risultato di Carlo Basso che, pur essendo il segretario della Lega dei muratori e l’unico consigliere uscente, è l’ultimo degli eletti (ma che nell’elenco dei consiglieri socialisti eletti riportato dal settimanale socialista friulano figura invece al primo posto). Certo questo non può aver consolato i nobili Policreti per aver avuto solo, rispettivamente, tre ed un voto più di lui, e l’altro nobile Cristofori di averne avuto qualcuno di meno e non essere stato eletto. Ma va notato anche che, in termini di voti individuali, gran parte dei consiglieri del blocco seguono a ruota gli eletti socialisti, con pochi o poche decine di voti in meno.500 La prima seduta del nuovo Consiglio Comunale di Aviano ha luogo martedì 10 novembre. Vi partecipano quasi tutti i consiglieri socialisti. 501 Il consiglio inizia con la relazione del commissario regio (l’attuale consigliere di minoranza Giovanni Fabris) sulla sua gestione, iniziata nel luglio 1920 conoscendo le condizioni finanziarie del comune e soprattutto l’assillante questione operaia. In queste tristi condizioni, chiunque (...) avrebbe sentito una forte riluttanza a coprire questo posto che aveva tutti i caratteri del problema. Abbiamo già visto con quale spirito ed operatività si è dedicato a questo gravoso compito, un anno prima, il socialista Fornasotto a Sacile; ben diversamente imposta il suo lavoro questo esponente della classe dirigente locale: Fin dal primo giorno mi trovai davanti al bivio “Comune ed operai”. Di fronte una situazione di fatto che rendeva assai ardua la conciliazione dei due termini. Fronteggiare la disoccupazione, evitare la rovina del Comune. L’operaio disorientato dalla guerra nel suo ritmico procedere di vita, devastato dalla barbara invasione nemica, chiedeva lavoro per il pane quotidiano per sè e famiglia; e l’operaio chiedeva il pane alla madre che aveva servito con ammirabile slancio di fede e di amore, e quindi bisognava provvedere subito. Ma il Comune si trovava nelle condizioni finanziarie le più desolanti; non solo sprovvisto di fondi, ma aggravato dei debiti ben noti a tutti. ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: minute e ricevute dei telegrammi del 25 e 26 agosto 1920 alla Prefettura (il primo) ed alla Sottoprefettura (il secondo, dopo che la Prefettura ha risposto di non essere l’ufficio competente: cfr. il telegramma allegato). 496 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5.1, Scioperi e disordini; agitazioni operaie: copia telegramma sottoprefetto, senza data né altri estremi identificativi. 497 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: Riepilogo dei lavori Comunali eseguiti per ordine del R. Commissario, 26 ottobre 1920, firmata al posto del presidente da Emilio Ronzatti. 498 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XI Agricoltura, industria e commercio, 2.3, Società operaie, Cooperative di lavoro etc.; Corresponsioni agli operai: Mandati pagati alla Cooperativa di Lavoro di Aviano, nota senza data e senza indicazione dell’autore. 499 ACA, b. 972, 1921, f. Categoria I Amministrazione, 4.2, Elezioni amministrative: lettera della Sottoprefettura, prot. n. 142 del 21 gennaio 1921, e nota di risposta annotata e firmata dal Sindaco. 500 Il consiglio comunale del 10 novembre 1920 prende atto che, dei 26 consiglieri comunali invitati a presentare la prova di alfabetismo, 22 hanno presentato una scrittura autenticata dal notaio (ma noi ne abbiamo trovate 24) e quattro hanno presentato i certificati scolastici. Cfr.: ACA, b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, 8.3, Deliberazioni ed estratti di delib. del Consiglio comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 10 novembre 1920, 1° Oggetto. Esame della prova di alfabetismo data da 26 Consiglieri Comunali; Classe 5.3: Convalide a consiglieri comunali (in ordine alfabetico) 3-4 novembre 1920 (le dichiarazioni di alfabetismo dei consiglieri comunali socialisti eletti ad Aviano sono state autenticate dal notaio Gio Batta Paolo Bertoldi di Polcenigo, alla presenza di tre altri consiglieri comunali di Aviano, con le sole eccezioni di Giacomo Paronuzzi Tico che firma alla presenza di tre impiegati e di Giovanni Polo Grillo che firma alla presenza di tre altri testimoni: è evidente che quasi tutti i consiglieri si sono recati insieme dal notaio. Alcune delle firme sono malferme e denotano una scarsa familiarità con la scrittura, per quanto il breve testo redatto dai neoconsiglieri è tale da escluderne in senso tecnico l’analfabetismo) e 976, 1923, f. Categoria I Amministrazione, Classe 4, 1°: Amministrazione comunale – liste elettorali, verbale dell’adunanza dei presidenti dei seggi del 25 ottobre 1920 per la proclamazione dei risultati elettorali. Cfr. la tabella con i risultati ed altri dati in appendice. 501 Nel consiglio comunale del 10 novembe 1920, quando le due parti politiche si dividono, sono presenti tutti i sei consiglieri dell’opposizione, mentre ai socialisti mancano due voti: sono Spagnol Perelda Gio Batta e Ronzatti Emilio. 130 495 Come ricompensare dunque questi operai soldati ritornati dal grande carnaio delle trincee? Se si vogliono salvare le finanze comunali - ovviamente, senza che nobili e borghesi mettano mano al portafoglio attraverso un aggravio delle tassazioni e senza imputare al proprio governo la mancanza di investimenti - al “disorientamento” dei bravi sudditi non c’era migliore risposta della tradizione: Capii subito che bisognava scegliere l’emigrazione per salvare il Comune. E quando il buon senso popolare capì che il non ricco territorio del Comune, le già stressate finanze comunali non sufficentemente integrate da quelle dello Stato, non avrebbero consentito più oltre l’impiego di un numerosissimo personale nell’ambito di Aviano, in tutti i modi mi sforzai di tutelare l’emigrazione che lentamente si riattivò (...). Ma la gente stenta a farsi convincere a riprendere la via dell’emigrazione: Passarono giorni tristi perché l’operaio non voleva assolutamente lasciare la casa, e posare il piede in terra straniera, dove non sempre i sacrifici sono valutati ed apprezzati (...) ma il nostro operaio capì che era necessario il sacrificio per salvare il Comune e con esso l’avvenire proprio, quindi lentamente si rassegnò alla sorte. Oggi per nostro conforto questi emigranti mandano notizie soddisfacenti e regolarmente inviano il loro risparmio, frutto di assiduo lavoro e di sacrifici. E quindi il bilancio del comune, e soprattutto quello dei suoi maggiorenti, è salvo... ma sembra che il risultato elettorale non abbia dimostrato un grande consenso per questa ipocrita politica conservatrice. Nonostante il trionfalismo di Fabris non tutti possono emigrare, a conferma del fatto che questa scelta non deriva solo da disperazione, ma necessita anche di una condizione professionale e di una disponibilità di capitali minima: Ma il Comune però doveva provvedere per trecento operai veri miserabili ed in condizioni di famiglia speciali pei quali l’emigrazione si rendeva impossibile. E per questa classe di operai feci del mio meglio per procurare dei lavori redditizi e per conseguire il necessario finanziamento. Non era facile per il Comune di Aviano iniziare nuovi lavori per il solo fatto che l’amm.ne gravata già da forti mutui contratti per fronteggiare la disoccupazione non poteva ottenerne degli altri. Tuttavia gli operai trovarono continuato lavoro sulla costruenda ferrovia Pordenone-Aviano, opera iniziata ancora nella primavera scorsa per iniziativa dei Signori Dr. Carlo Policreti Dr. Antonio Cristofori e del Commissario, mio predecessore, Dr. Gaetano Molè. Opera che trovò, per l’adempimento, gravi ostacoli e che se oggi la vediamo volgere al termine dobbiamo sentitamente ringraziare i benemeriti predetti Signori, che, per l’effettuazione lavorarono con passione senza nulla risparmiare. Secondo Fabris i lavori (quelli della massicciata, perché per l’armamento ferroviario sarà tutta un’altra storia) stanno volgendo al termine. Si può ben obiettare come tale celere realizzazione sia più merito delle cooperative di lavoro e dei loro dirigenti (che ora siedono in maggioranza in Consiglio Comunale) che hanno provveduto al miracolo di un lavoro autogestito che dimostra la grande professionalità delle maestranze avianesi. Ma in questa sede ci interessa sottolineare un altro aspetto: si tratta della conferma dell’impegno di Policreti e Cristofori (le due nobili persone che onorano il nostro paese ed il Friuli, uomini realmente nobili di animo e superiori per intelligenza, carattere e cuore) a favore della ferrovia Pordenone-Aviano, che testimonia una volta di più - oltre ad una piaggeria degna delle corti feudali - come quest’iniziativa non sia solo un palliativo alla crisi occupazionale inventato dai socialisti, ma una realizzazione infrastrutturale che sta a cuore dei settori più avanzati della borghesia locale, che saranno poi traditi dal fascismo. Al M. Delle T.L. di Treviso molte volte mi portai in persona per sollecitare la concessione di un altro mutuo per l’esecuzione di opere stradali e per condutture d’acqua non potabile, lavori veramente riconosciuti di grande utilità pubblica. Anche le strade e le rogge sono quindi tutt’altro che semplici placebo per la disoccupazione, ed infatti Fabris annuncia che tale stanziamento verrà presto concesso in conto danni di guerra appena saranno rifinanziate le disponibilità del ministero, spettando al Comune la spesa per la sostituzione della tubatura in ghisa a quella attuale in cemento. Altre opere già finanziate o per le quali sono praticamente ultimate le pratiche sono la ricostruzione completa delle diciotto cascine della malghe di proprietà del Comune, la sistemazione dei Torrenti Scodelin e Framoso ed i fabbricati scolastici. Alla nuova Amministrazione Comunale spetta ora ( lentamente, aggiunge il commissario regio) ripristinare le sorti dei nostri organismi amministrativi dissanguati e desolati, che egli lascia con un debito pari a 2.600.000 lire, per far risorgere le sorti del paese che agonizza in un’inerzia desolante : vanno ricordate queste espressioni e la cifra, per confrontarle con quanto verrà imputato alla Giunta socialista nella relazione commissariale di tre anni dopo. Rispondono subito duramente i socialisti. Il Consigliere Sig. Basso Carlo, a nome anche della maggioranza del Consiglio, riconosce i meriti del Sig.r Commissario e dei predecessori, non essendo però con lui d’accordo sul favorire l’emigrazione dei lavoratori all’estero – mentre gli operai dovrebbero trovare occupazione in Italia. Egli ricorda l’operaio rimasto vittima nelle agitazioni del Maggio e manda un saluto alla sua memoria. Più esplicitamente, secondo il settimanale socialista Basso ricorda che solo i nomi dei benemeriti della borghesia sono stati ricordati in questa adunanza, dimenticando il Tassan Luigi caduto sulla piazza di Aviano, colpevole nient’altro che di chiedere il corrispettivo del proprio lavoro per le più urgenti necessità della vita. 502 Viene eletto sindaco Vincenzo Mazzocco fu Luigi, oste e possidente e - come abbiamo già visto vicepresidente della Cooperativa di lavoro e Lega di resistenza di anni 37. 503 Ottiene 21 voti, sei schede bianche ed un voto è disperso.504 Sono eletti assessori con 22 voti: Francesco Polo Grava di 41 anni, Basilio ACA, b. 972, 1921, f. Categoria I Amministrazione, 8.3, Deliberazioni ed estratti di deliberazioni – con allegati – del Consiglio Comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 10 Novembre 1920, Oggetto N° 2, Relazione del Regio Commissario; LF, n. 46 del 21 novembre 1920, pag. 4, La prima seduta del Consiglio comunale. 503 ACA, b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, Classe 5.1: dichiarazione di non esistenza di cause di ineleggibilità od incompatibilità da parte del commissario regio Fabris del 19 novembre 1920, prot. n. 6160. 504 ACA, b. 972, 1921, f. Categoria I Amministrazione, 8.3, Deliberazioni ed estratti di deliberazioni – con allegati – del Consiglio Comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 10 Novembre 1920, Oggetto 3°, Elezione del Sindaco. 131 502 Visentin di 35 anni, Ferdinando Cipolat di 34 anni e, con 19 voti, più cinque schede bianche e quattro dispersi, Innocente Pegorer. Assessori supplenti sono eletti Ferdinando De Zan con 21 voti e Lorenzo Tassan con 20.505 Prima che la seduta venga sciolta per esaurimento dell’ordine del giorno, il Consigliere Sig. Basso Carlo, avuta la parola, esprime l’augurio che il nuovo Sindaco venga appoggiato da tutto il Consiglio nell’esercizio delle sue funzioni e ciò pel buon andamento della cosa pubblica. Riferisce inoltre quale Presidente della Cooperativa di Lavoro di Aviano su pratiche in corso per lavori pubblici da lui sollecitati presso il Commissariato governativo di Treviso allo scopo di assicurare occupazione agli operai bisognosi. Raccomanda alla nuova Amministrazione i provvedimenti per l’istruzione pubblica, specialmente per far costruire ed ampliare i progettati edifici scolastici. Infine propone un voto a favore della ripresa delle relazioni politiche e commerciali fra l’Italia e la repubblica Russa, nonché un voto per la rivendicazione delle vittime della politica del Governo Italiano. Questo è il testo del verbale consiliare, mentre il settimanale socialista presenta una versione più marcata del discorso: il compagno Basso Carlo esprime l’augurio che la nuova Amministrazione possa riuscire, malgrado le non lievi né poche difficoltà d’indole finanziaria e politica cui andrà incontro, ad assolvere il compito affidatale dalla maggioranza del popolo avianese. Inviò quindi un saluto ed un’espressione di solidarietà alla Russia dei Soviet ed alle vittime politiche, proponendo di chiedere al governo il riconoscimento e la ripresa degli scambi commerciali con la Russia; la libertà a tutti coloro che non sono colpevoli di null’altro che di avere una fede e propugnare un programma di redenzione, di libertà e di giustizia umana. Tali proposte vengono approvate dalla maggioranza del Consiglio. Più esplicito del verbale ufficiale è il testo socialista anche riguardo alla dichiarazione del più influente oppositore: Il Consigliere Sig. Policreti Carlo, ottenuta la parola, mentre rileva l’illegalità della trattazione d’un argomento non inserito all’ordine del giorno – si associa a nome della minoranza consigliare alle raccomandazioni del Consigliere Basso in specie per quanto riguarda il programma scolastico – ma non aderisce ai voti politici richiesti, pur dichiarandosi favorevole al ristabilimento dei rapporti economico-commerciali con la Russia. Poste a partito le proposte Basso, risultano approvate per alzata di mano di 22 Consiglieri sui 28 votanti. Il Lavoratore Friulano: Il cons. avv. Carlo Policreti a nome della minoranza dichiara che, nel mentre sentiva di convenire col cons. Basso circa tutto ciò che riguarda l’incremento economico e morale del paese non poteva associarsi alle proposte relative alla Russia, la cui difficile situazione dimostra chiaramente, secondo lui, che gli uomini che ne stanno a capo non sono né adatti, né capaci. Non diverse parole si poteva attendere da un rappresentante della borghesia, che nulla ancora ha compreso di questo grande risveglio del proletariato. 506 Carlo Policreti si trova a fare il portavoce di una composita opposizione, interna ed esterna al Consiglio Comunale. Oltre a Carlo, dei Policreti di Ornedo, i nobili Policreti di Castello sono rappresentati da Antonio, che ha preso il posto del defunto Gio Batta; stanno fuori dal Consiglio Comunale i conti Ferro, che hanno amministrato il comune con tre loro esponenti e serbano in seno il futuro capo delle squadre fasciste Alessandro; il nobile avvocato Antonio Cristofori, come Carlo Policreti di estrazione democraticoradicale e consigliere provinciale, si appresta invece a fare il salto per essere eletto l’anno successivo alla Camera dei Deputati come deputato del Blocco, votato (lui liberale ed anticlericale) anche da una serie di parroci della zona che tradiscono il Ppi, la cui presenza rimarrà sempre irrilevante in questo paese polarizzato socialmente e politicamente. D’altronde Cristofori, capo degli agrari e nemico giurato delle leghe bianche, è pur sempre un discendente diretto del beato padre Marco Cristofori! A completare lo schieramento dei nobili proprietari di terra avianesi ce ne sta uno che non siede in Consiglio Comunale, ma che ad Udine tratta come capo dell’Associazione Agraria Friulana con le leghe bianche, l’avvocato Egidio Giovanni Zoratti, mentre dall’Associazione si staccano da destra gli agrari pordenonesi guidati proprio dal suo predecessore Cristofori e da Piero Pisenti. Due persone, appartenenti anche loro all’entourage di questa eletta schiera di aristocratici, sembrano ad un certo punto rappresentare l’emersione del Ppi ad Aviano e si tratta di Marco Venturelli, che viene eletto segretario di una Lega dei piccoli proprietari il 17 luglio 1921 e dell’ex commissario prefettizio Giovanni Fabris. In realtà si tratterà di due vere e proprie meteore del popolarismo, segnalate da un’effimera apparizione giornalistica su Bandiera Bianca: ben più solido sarà poi il loro approdo al fascismo.507 Più volte Sigfrido Cescut si interroga su questa assenza del Ppi nel panorama politico avianese e sulla mancanza di attivismo delle leghe bianche ma, in mancanza di altri dati, credo che la spiegazione sia forse più semplice di quanto sembri: ad Aviano la polarizzazione politica è estrema e parallela a quella sociale. 2.000 emigranti, con le loro famiglie, significano la quasi totalità di una popolazione che, a causa della avarizia del suolo, ha dovuto a gradi diversi evolversi verso una nuova dimensione di operai industriali, anche se di un’industria grave e dolorosa come quella dell’emigrazione in tutto il mondo allora conosciuto. Di fronte a loro non esiste un diffuso ceto medio di piccoli proprietari benestanti, ma solo una grande proprietà abbarbicata al suo secolare potere. Certo, può esistere un piccolo gruppo di esponenti del Ppi, opportunisti ed alleati della destra, che condividono la scelta elettorale amministrativa di presentarsi in un unico blocco antisocialista, salvo poi perdere ogni autonomia e fare il definitivo passo a destra. Nonostante la presenza di don Lozer, troveremo una situazione praticamente analoga a Cordenons. Non ci sono vie di ACA, b. 972, 1921, f. Categoria I Amministrazione, 8.3, Deliberazioni ed estratti di deliberazioni – con allegati – del Consiglio Comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 10 Novembre 1920, 4° Oggetto, Elezione della Giunta Municipale. 506 ACA, b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, 8.3, Deliberazioni ed estratti di delib. del Consiglio comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 10 novembre 1920, Oggetti. Diversi; LF, n. 46 del 21 novembre 1920, pag. 4, La prima seduta del Consiglio comunale. 507 CESCUT, Sigfrido, Una storia avianese, cit., pagg. 104, 108, 132, 141-148. 132 505 mezzo, lo scontro è totale: chi perde se ne va. Il fatto che - un secolo dopo - la popolazione avianese abbia cinquemila abitanti di meno ci dice senz’ombra di dubbio qual’è stato l’esito dello scontro. Neanche la vittoria elettorale fa dimenticare ai socialisti la spada di Damocle dell’emigrazione. Già l’8 dicembre il consigliere Antonio Coden darà le dimissioni da revisore dei conti, essendo emigrato in Francia. La nomina (erano stati eletti anche Luigi De Zan e Pietro Piazza) era stata deliberata nel Consiglio Comunale del 2 dicembre: si tratta della prima defezione di una lunga emorragia che porterà progressivamente ad emigrare la maggioranza dei consiglieri.508 Nel Consiglio del 2 dicembre il sindaco propone la riapertura del magazzino comunale degli approvvigionamenti, su cui concorda anche la maggioranza della commissione annonaria. Viene letta, su richiesta di Policreti, la relazione di Ugo Olivieri sulla gestione del magazzino, chiuso senza passibilità nel luglio precedente. L’assessore Carlo Tassan propone che il magazzino rifornisca le locali cooperative di consumo e gli esercenti, utilizzando solamente i generi tesserati che vengono prelevati dal Commissariato di Pordenone. Il Consiglio approva all’unanimità la proposta di apertura e delega la giunta ad assumere il magazziniere più idoneo.509 Il 25 novembre Polon, a nome del Consorzio per la ferrovia Pordenone-Aviano (nel quale fa spesso le veci del compagno di partito Policreti) avverte i sindaci del respingimento al mittente della pratica di assunzione dei lavori da parte dello Stato e della decisione di cessare i lavori dal 26 novembre per mancanza di finanziamenti. Rosso il 30 novembre invia una lettera agli altri sindaci, in cui convoca una riunione generale presso il municipio di Pordenone per sabato 11 dicembre. Il convegno elabora un ordine del giorno che viene sottoposto ai Consigli Comunali.510 L’ordine del giorno viene portato il 12 dicembre al Consiglio Comunale di Aviano che lo approva con il voto unanime del 24 consiglieri presenti, prendendo atto delle decisioni del convegno di Pordenone del giorno prima e del rifiuto del Ministero dei Lavori Pubblici di assumersi gli oneri per la linea ferroviaria Pordenone-Aviano e quindi dando la propria adesione alla proposta di riprendere la trattativa col governo inviando una commissione.511 Rosso convoca tutti i sindaci del circondario per venerdì 31 dicembre, alle ore 10 a Pordenone, per prendere opportuni accordi sulla azione a svolgersi onde sia prontamente provveduto, da parte dello Stato, alla sovvenzione dei mezzi necessari per far fronte allo ancora grave ed assillante fenomeno della disoccupazione. 512 Il movimento contro la disoccupazione assorbe tutta l’attenzione locale, e così cadono nel vuoto le manovre preventive della Prefettura per impedire disordini in occasione del “Natale di sangue” con il quale Giolitti (una volta messosi d’accordo con Mussolini corrompendolo e distaccandolo da D’Annunzio 513) pone fine all’impresa fiumana. Il sottoprefetto comunica al sindaco di Aviano il telegramma proveniente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri: Date attuali condizioni spirito pubblico che appare produca guerra civile, si deve vietare qualunque manifesto che possa eccitare animi provenga esso da fascisti o da socialisti come pure si deve evitare ogni comizio che tenda ad accrescere eccitazioni animi. Queste rigide prescrizioni sono riprese in una circolare pure inviata a tutti i sindaci del circondario: Per notizie provenienti da Fiume si nota in diversi luoghi la tendenza ad inscenare pubbliche riunioni, dimostrazioni, cortei e simili. Data situazione eccezionalissima e la possibilità per il sentimento che anima i dimostranti che tali manifestazioni abbiano ripercussione nella quiete pubblica è necessario esse non siano consentite. La S.V. adotterà tutte le misure perché ordine pubblico non sia turbato essendo prudente fermezza e cercando di evitare ogni violenza, e chiederà, occorrendo, intervento Arma RR. Carabinieri.514 Il 3 gennaio 1921 il sindaco di Pordenone Guido Rosso invia un telegramma ai sindaci del circondario per sollecitare la loro adesione al memoriale a stampa che a giorni sarà presentato al ministero per sostenere l’assunzione da parte dello Stato della costruzione della ferrovia Pordenone-Aviano. Si richiede ACA, b. 972, 1921, f. Categoria I Amministrazione, 8.3, Deliberazioni ed estratti di deliberazioni – con allegati – del Consiglio Comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 23 gennaio 1921, Oggetto 1°. Nomina di un revisore dei conti in sostituzione del rinunciatario Sig. Coden Antonio ed allegati. 509 ACA, b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, 8.3, Deliberazioni ed estratti di delib. del Consiglio comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 2 dicembre 1920, Oggetto 4°. Deliberazione per la riapertura del magazzino comunale degli approvvigionamenti. 510 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: lettera del Consorzio per la ferrovia Pordenone-Aviano del 25 novembre 1920, lettera del sindaco di Pordenone del 30 novembre 1920; copia dattiloscritta della proposta di ordine del giorno del convegno dell’11 dicembre 1920, con annotazioni a lato relative al Consiglio Comunale di Aviano, a correzioni ed integrazioni ed alla delegazione costituita al termine del convegno. Cfr. i testi in allegato. 511 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: lettera del Consorzio per la ferrovia Pordenone-Aviano del 25 novembre 1920, lettera del sindaco di Pordenone del 30 novembre 1920; copia dattiloscritta della proposta di ordine del giorno del convegno dell’11 dicembre 1920, con annotazioni a lato relative al Consiglio Comunale di Aviano, a correzioni ed integrazioni ed alla delegazione costituita al termine del convegno; b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, 8.3, Deliberazioni ed estratti di delib. del Consiglio comunale: Estratto del processo verbale della seduta del Consiglio Comunale del 12 dicembre 1920, Oggetto 5°. Ferrovia Pordenone-Aviano. 512 ACA, b. 969, 1920, f. Categoria I Amministrazione, Classe 5: Corrispondenza, circolari del Sindaco o del Commissario Pref., lettera a stampa prot. n. 11562 del 20 dicembre 1920 del Comune di Pordenone. 513 TASCA, Angelo, Nascita e avvento del fascismo, cit., pag. 145 e 198, nota 7. 514 ACA, b. 971, 1920, f. Categoria XV Sicurezza pubblica, 5.1, Scioperi e disordini; agitazioni operaie: lettera del sottoprefetto di Pordenone al Sindaco di Aviano, prot. n. 354 del 27 dicembre 1920; circolare ciclostilata del sottoprefetto, pari data, prot. n. 279. Presso l’archivio comunale di Aviano si conserva un autografo di Gabriele D’Annunzio: si tratta di una dichiarazione, su carta intestata a GABRIELE D’ANNUNZIO - COMANDO MILITARE DELLA CITTÀ DI FIUME e datato Fiume d’Italia, 17 Maggio 1920, in cui si informa il sindaco di Aviano che il di Lei amministrato Carabiniere Barzan Giuseppe che aveva giurato fedeltà alla causa di Fiume è stato allontanato dalla Città perché si è reso indegno quale traditore: ACA, b. 2485, f. XV, 1920, 1 (CC.RR., carte diverse). 133 508 l’adesione di tutti i sindaci interessati per rafforzare la richiesta, pur precisando che essa non significa nulla più che un sostegno morale e non un’assunzione diretta di oneri per i comuni rappresentati. Il sindaco di Aviano comunica la sua adesione per via telefonica il 6 gennaio e successivamente fornisce al comune di Pordenone le informazioni statistiche richieste per la compilazione dell’opuscolo. 515 L’opuscolo esce in febbraio, con la firma unanime dei 29 sindaci del circondario e dimostra l’egemonia dell’amministrazione socialista di Pordenone anche sugli amministratori popolari e bloccardi, che costituiscono la gran maggioranza degli aderenti. Si parte dalla realtà storica, per cui da secoli Pordenone è il centro del movimento e dei traffici della regione fra Tagliamento e Piave. Convergono a Pordenone, o per dir meglio continuano ancora a convergervi, le popolazioni dei Comuni del suo vasto circondario, chiamate al capoluogo da una inveterata consuetudine e dalla sicurezza di trovarvi ogni specie di rifornimento. Già un precedente memoriale del 6 novembre ha fatto riferimento alla fioritura di aziende industriali, storicamente determinata ma in fase di crescita: Basterà ora aggiungere che esse sono in progressivo e giornaliero sviluppo, ciò essendo nella indole degli abitanti e ciò rispondendo ad una tradizione che si continua e si rinnova senza tregua. Ma la tendenza positiva e le realistiche prospettive occupazionali non possono durare in eterno in assenza di investimenti: Fino a quando durerà per Pordenone tale condizione di cose? Pordenone è servita da una sola ferrovia: la Venezia-Treviso-Udine. Ciò data dal 1856. Da allora non è progredita di un passo in fatto di comunicazioni ferroviarie, mentre all’intorno vide sorgere la PortogruaroCasarsa-Spilimbergo, la Motta-S. Vito, la Pedemontana Sacile-Pinzano. Le ultime due sono state costruite per esigenze militari, che avrebbero potuto essere soddisfatte dalle ipotesi parallele (ma con valenze di interesse economico civile) della Oderzo-Pordenone e della Pordenone-Pinzano; ma, quando sarà completata la Pedemontana in costruzione, l’isolamento per Pordenone sarà allora completo poiché, specialmente per effetto della Pedemontana, si saranno artificiosamente incamminate per altre vie le correnti che da secoli convergono naturalmente a Pordenone. Ora la Pordenone-Aviano sarebbe appunto chiamata a rendere almeno in parte giustizia a Pordenone, per quella parte cioè che riflette le comunicazioni colla zona montana del Circondario, non essendo quì né per ora il caso di parlare della zona a valle e per la quale avrebbe provveduto la accennata OderzoPordenone. Le circostanze esterne hanno quindi oramai imposto di concentrare gli sforzi politici solo sulla tratta volta a lenire le conseguenze più negative per la città, rinviando ad altra epoca il proseguimento verso l’Opitergino. Le esigenze pordenonesi si saldano con quelle degli abitanti di 26 comuni di Pordenone, Aviano, Maniago e Spilimbergo che potranno recarsi in città solo grazie al tracciato diretto facendo snodo ad Aviano, mentre altrimenti dovrebbero rinunciarvi nel caso dovessero servirsi del più lungo tratto fino a Sacile e poi a ritroso. Questo perché (ad onta delle tecnocratiche valutazioni negative delle Fs, che ritengono la zona già servita potenzialmente dalla Treviso-Udine e dalla costruenda Pedemontana) il tragitto fino a Sacile potrà servire alla regione per le poco frequenti comunicazioni verso Venezia, verso Milano, verso la capitale, non la servirà affatto per le quotidiane necessità di accedere al capoluogo, la servirà male per le comunicazioni col capoluogo della Provincia. Che ciò sia vero lo dimostrano anche le attuali linee automobilistiche le quali, seguendo e assecondando un movimento già esistente, dalla zona montana convergono tutte a Pordenone nessuna a Sacile. Quindi la Pedemontana anziché servire la regione la disgiunge dal capoluogo. Il ragionamento qui svolto a proposito dei collegamenti automobilistici apre uno spazio alla riflessione sul grumo di forze che si coagulerà per interrompere il processo di sviluppo dei collegamenti ferroviari di Pordenone. Già abbiamo visto quali siano stati gli interessi privati di amministratori pubblici moderati, appoggiati dal deputato locale Chiaradia, nell’assegnazione del servizio alla società Sap. Ma più in generale stiamo assistendo proprio in questo periodo ad uno sviluppo del trasporto su gomma, alimentato dalla necessità di riconversione di quell’industria automobilistica italiana (soprattutto la Fiat di Torino) che si è sviluppata grandemente grazie alle commesse militari. La Camera di Commercio e Industria di Udine noterà nel maggio 1924 che è in pieno sviluppo l’industria dei trasporti automobilistici, che avvolgono ormai tutta la provincia in una rete di comode e rapide comunicazioni. Parallelamente si diffuse l’industria dei garages e della vulcanizzazione delle gomme.516 Lo sviamento dei flussi di traffico avrà come conseguenza che certamente verrà il giorno in cui Pordenone vedrà sparire i propri traffici, ma ciò avverrà quale conseguenza dell’isolamento al quale la si sarà voluta sistematicamente condannare; al contrario la spesa che lo Stato rifiuta di assumersi è non solo limitata (visto il breve percorso della linea richiesta) ma la stessa spesa di realizzazione è ormai certamente stata contenuta al di sotto di quella preventivata. Per la Pordenone-Aviano sarebbe invertito il fenomeno quotidiano in fatto di opere pubbliche, della mancata coincidenza del previsto collo speso, e ciò malgrado l’acuirsi e l’aggravarsi del costo della mano d’opera. Ma per tornare all’argomento della importanza della linea non possiamo quì tacere di un’opera chiamata a dare, in concorso di quella che qui ora propugnamo, notevole incremento al commercio di Pordenone. Si sta da un anno lavorando a rendere navigabile fino a Pordenone il fiume Noncello. Le materie prime e le merci pesanti e povere in genere troveranno per tale via facile e poco costoso trasporto dal mare. La Pordenone-Aviano sotto un certo aspetto costituirebbe quindi anche la integrazione verso la montagna di tale nuovo mezzo di comunicazione. Un sistema di comunicazione allo studio da decenni (con crescenti difficoltà a causa delle nuove linee, che tutte sembrarono espressamente ideate e destinate a preparare, coll’isolamento, la rovina di Pordenone) e che ha avuto nuovo impulso dalla creazione dei primi tre chilometri da parte dei militari durante la guerra. ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: telegramma del Sindaco di Pordenone del 3 gennaio 1921, con annotazione ai margini relativa alla telefonata del Comune di Aviano; telegramma del sindaco di Pordenone del 17 gennaio e minuta della risposta del Comune di Aviano prot. n. 242 del 18 gennaio 1921. 516 CAMERA DI COMMERCIO E INDUSTRIA DI UDINE, Caratteristiche economiche del distretto camerale, Udine, Tipografia Cooperativa, 1924, pag. 8. 134 515 Il memoriale passa quindi a parlare dell’ultima fase, quella della costruzione della massicciata ferroviaria, esprimendo su questo specifico punto una mediazione che non dimostra di apprezzare il movimento di realizzazione diretta delle opere pubbliche avviato dai socialisti, ma dando così ancora maggior valore al sostegno dei sindaci al progetto della ferrovia: Quando si pensi a tutte le opre cui si è posto mano per dar lavoro ai disoccupati e alla imponenza della spesa allora sostenuta si è tratti a poco lietamente considerare che con una parte sola della stessa un’opra tanto reclamata e tanto necessaria, quale la PordenoneAviano, potrebbe essere ora un fatto compiuto. E dappoiché esisteva un progetto e la cosa era nel dominio di tutti, venne un giorno in cui i disoccupati della regione, ai quali forse ripugnava di dover dedicare le loro energie in opere inutili, se pur non dannose, iniziarono arbitrariamente il lavoro del piano stradale della ferrovia. Dei tanti arbitri e dei tanti errori di quei giorni questo fu certamente il meno ingiusto ed illogico. E dal Ministero delle Terre Liberate il fatto fu considerato con favore tanto che sui fondi per la disoccupazione la Pordenone-Aviano conseguì la sovvenzione di circa un milione. Ora, che ne sono stati spesi uno è mezzo, appare assurdo che si lasci incompiuta un’opera che è costata tanto denaro pubblico. A maggior ragione si ripresenta la richiesta di gestione statale della nuova linea, poiché essa potrebbe usufruire dei terminali delle stazioni delle Fs che stanno ai suoi due capilinea (e a Pordenone il collegamento c’è già) mentre la costruzione di due nuove stazioni private sarebbe un sovraccosto inaccettabile per il concessionario. Anche la derubricazione dell’intervento alla realizzazione di una tramvia o ferrovia economica sarebbe antieconomico, perché non si saprebbe dove collocare la stazione a Pordenone e bisognerebbe abbandonare gran parte dei due chilometri realizzati a partire da Aviano (che, con i tre chilometri realizzati dai militari a Pordenone, rappresentano già più di un terzo della linea totale. Viceversa ad Aviano bisognerebbe collocare la stazione nella campagna a sud della cittadina, poiché l’accesso al paese è ormai impedito dalla realizzazione del terrapieno della ferrovia Pedemontana; oltre a questo fatto, che renderebbe difficile raggiungere la tramvia e la limiterebbe al massimo agli abitanti di Aviano (tagliando fuori tutti quelli degli altri centri interessati), bisognerebbe anche abbandonare circa due dei chilometri realizzati. Viceversa, alla realizzazione da parte dello Stato mancherebbero pochi manufatti, essendo la massicciata già collegata alle stazioni: si tratterebbe di poche case cantoniere e la fermata di Roveredo, opere che per ora, come è stato praticato per altre linee, potrebbero essere costruite in legno nell’attesa di tempi migliori per le costruzioni murarie. Si conclude ritornando sull’esecuzione emergenziale dei lavori, dando un giudizio senz’altro positivo: I fondi assegnati alla disoccupazione in parte, in parte lo spontaneo concorso di cittadini, hanno fino ad oggi provveduto alla spesa del lavoro, e la mole del lavoro già compiuto è assai notevole. Era stato allora il problema contingente, la disoccupazione, che si era imposto e che non aveva ammesso discussione. Per buona sorte ciò avvenne senza che fosse perduto di vista il problema permanente, e il lavoro eseguito sulla Pordenone-Aviano, a differenza di quasi tutte le altre opere escogitate o reclamate dalla disoccupazione, ebbe ottimo indirizzo e perfetta esecuzione. Ora che la disoccupazione si riaffaccia più che mai grave e minacciosa, potrà la Pordenone-Aviano essere abbandonata? Potrà la regione Pordenonese essere condannata alla rinuncia della sua secolare aspirazione?517 7.2.11 - Il difficile proseguimento dei lavori della ferrovia. In febbraio si annuncia la costituzione della sezione socialista: Anche in questo Comune, tenuto per il passato sempre sotto il giogo del clericalismo e dei farisei, amministratori solo di egoismo e di vendetta, si è costituita la Sezione socialista promossa dalla maggioranza del Consiglio Comunale che conquistò il Comune in nome degli ideali socialisti. Ma non tutti i ventiquattro consiglieri socialisti aderiscono alla sezione: Però vi è qualche esitanza in qualche consigliere che ancora non si è messo in regola col segretario circa il prelevamento della tessera del partito per il 1921. Non crediamo opportuno fare i nomi di costoro, perché sono certamente ottimi compagni che si tengono in disparte dal movimento soltanto per un po’ d’inerzia. Comunque è necessario che anch’essi si scuotino ed adempino in tutto e per tutto il loro dovere di buoni socialisti, ciò che è nel desiderio di tutti i compagni. Nutriamo intanto la speranza di non aver esortato invano.518 Domenica 24 aprile i socialisti organizzano un loro comizio, sia per avviare la campagna elettorale per il rinnovo della Camera dei Deputati sciolta da Giolitti (che vuole ridurre il Psi e si allea con i fascisti) sia per rispondere agli attacchi fascisti contro le loro iniziative economiche ad Aviano. Ad aprire il fuoco di fila... elettorale in questa mite Aviano, fra questa popolazione laboriosa, furono dei sedicenti fascisti, i quali iniziarono una sconcia campagna di denigrazione contro la locale Cooperativa di lavoro, di consumo e contro le organizzazioni proletarie. Ma domenica scorsa si ebbero pan per focaccia. Riunitisi numerosi i contadini e operai, i compagni Masutti di Pordenone e Basso di Aviano smascherarono le losche manovre dei nemici del proletariato. Quando poi quest’ultimo spiega la ragione della sua lettera inviata all’apolitica Sezione Combattenti allo scopo di non permettere la manovra intesa a far passare gli ex combattenti al Fascio, lunghi “evviva al Socialismo” accolgono le sue parole. Indi il compagno Masutti che ben un’ora tiene attento l’uditorio parlando della reazione che infuria ed invitando i lavoratori a difendersi, valendosi in quest’occasione della scheda perché sia affermata la loro precisa volontà. A questo punto i sei signori di cui sopra interrompono ricordando i “delitti” dei lavoratori: casi isolati di violenza dovuti più che ad altro all’esasperazione ed alla provocazione. Ma il compagno Masutti, con ***, Ferrovia Pordenone-Aviano, cit., pag. 14. Ringrazio la prof. Teresina Degan, che mi ha fornito una fotocopia di questo stampato. Successivamente ho reperito un originale dello stesso opuscolo in: ASU-APU, b. 708, f. I35h, Pordenone-Aviano, 1.5.1921. In questa copia è possibile leggere la datazione (10 FEB 1921) riportata a timbro a pag. 14 e quasi illeggibile nella copia in possesso di Degan. 518 LF, n. 7 del 13 febbraio 1921, pag. 4, Sezione Socialista. 135 517 forza, ribatte facendo presenti le distruzioni di Case del Popolo, di Camere del Lavoro, di tipografie socialiste, le uccisioni, le intimidazioni, le violenze e sfida gli avversari a citare consimili esempi di ferocia perpetrati da lavoratori, i quali subiscono e non ritorcono, educati, come sono, alla nostra scuola che se pure ammette la lotta, non ammette la stupida e cruenta guerra di classe. E’ fragorosamente applaudito. Il contraddittorio dei sunnominati, mentre si risolve in un fiasco, valse a luminosamente dimostrare ai proletari qual’è la loro strada, l’unica e certa loro via: il Socialismo!519 In maggio, proprio a ridosso dell’attacco fascista alle amministrazioni comunali del Pordenonese, i clericali si scatenano per chiedere l’allontanamento degli insegnanti elementari loro non graditi. In Aviano i preti vogliono ritornare alla vecchia morale a qualunque costo e hanno messo in circolazione dei fogli in bianco, senza alcuna intestazione (evviva la slealtà e la ipocrisia! evviva il medio-evo!) per raccogliere firme di padri di famiglia. Parecchi hanno creduto di firmare per chiedere il ritorno delle campane, e invece i fogli dovranno servire per domandare l’allontanamento dei maestri non baciapile.520 Proprio nel campo della politica scolastica l’amministrazione socialista deve recuperare i disastri realizzati dal commissario popolare Fabris. Come nota il maestro elementare Angelo Fondato, salito al potere, il signor Fabris non svolse che un’azione completamente negativa in ogni ramo del benessere pubblico. (...) Della scuola fu un vero nemico. Egli, messosi sotto i piedi il senso della civile missione cui è chiamata la scuola elementare, volle lasciare la frazione di Villotta senza locale scolastico e fece abbandonare le quattro aule che il sig. De Piante Vicin Angelo aveva concesso al comune sin dallo scorso anno per un compenso giornaliero di una lira. Così la scuola perdeva l’unico locale adatto esistente nella frazione. Più tardi poi fece riattare a spese del comune quattro aule, veri bugigattoli, due dei quali, appartenenti al parroco di Villotta, non erano capaci di contenere più di sei banchi scolastici escluso il tavolo e la predella dell’insegnante. E dire che queste aule avrebbero dovuto ricevere centinaia di alunni! (...) Le aule non vennero occupate e dovettero rimanere inutilizzabili. Ecco perché il R. Ispettore Scolastico, giustamente rilevata la mancanza di locali, avrebbe voluto ritirare la proposta di creare una nuova scuola in Villotta richiesta dalla necessità di dividere in due parti la 1 classe costituita di 150 alunni. Ora però la nuova amministrazione sta facendo pratiche per rimettere la scuola di Villotta nel vecchio locale di proprietà del signor De Piante Vicin Angelo. (...) Ora il popolo attende fiducioso i fabbricati scolastici, gli asili infantili, l’acquedotto, i forni, il macello comunale ecc. Sentite le buone intenzioni dei nuovi amministratori per quanto riguarda la scuola, il sottoscritto, insegnante elementare, volle inviare una lettera al comune indicando l’azione da svolgere in questo momento a favore della scuola di Aviano. Il contenuto di quello scritto si può così riassumere: necessità di fare pressione presso l’Ufficio Scolastico per ottenere una nuova scuola in Giais e una in Villotta, ove alcune classi sono formate di 150 e 200 alunni. Il R. Ispettore ha proposta al R. Provveditore l’istituzione di queste due nuove scuole, ma proporre non vuol dire concedere. Bisogna perciò insistere per ottenere che tra le 45 scuole di nuova creazione vengano incluse quelle due che sono state richiesta per Aviano. Fabris - per parte sua - continua a boicottare la politica scolastica comunale: impossessatosi della lettera di Fondato, l’ha spedita all’Ufficio Scolastico cercando di provocare un provvedimento disciplinare nei confronti del maestro.521 Intanto la ferrovia langue senza futuro, in attesa di sapere se lo Stato se ne assuma gli oneri di armamento e gestione. Il 14 aprile Policreti e Rosso richiedono al presidente della Deputazione Provinciale di sapere con urgenza quali stanziamenti, sui trenta milioni accordati dal governo per la disoccupazione, siano relativi ai lavori del porto sul Noncello e per l’ultimazione della ferrovia Pordenone-Aviano. La risposta spiega che le assegnazioni sono, rispettivamente di 1.000.000 e di 400.000 lire. Lo stanziamento è stato così deciso a Treviso il 18 aprile, in una riunione fra il Commissario, il Presidente della Deputazione Provinciale ed il prefetto di Udine, nonché i rappresentanti delle federazioni delle cooperative di lavoro del Friuli.522 Il 19 aprile Rosso scrive nuovamente al presidente della Deputazione Provinciale, comunicando che secondo la Sottoprefettura il Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra nelle Regioni Venete e finitime sito a Treviso sarebbe disponibile ad ulteriori stanziamenti per finanziare la Pordenone-Aviano . In attesa delle pratiche di assunzione da parte dello Stato, che si stanno svolgendo attivamente, è necessario provvedere ad un ulteriore finanziamento dell’opera nell’intento di portare a compimento almeno la costruzione della sede stradale, dei passaggi a livello, dei fabbricati ecc. e rendere possibile il pagamento delle indennità dovute per espropriazioni ed occupazioni temporanee di terreni. Inoltre, per far procedere i lavori, il consorzio ha dovuto provvedere ad obbligazioni private per 700.000 lire, che si vorrebbero svincolare facendone passare l’onere agli enti pubblici interessati: come si vede si tratta di impegni di gran lunga superiori agli stanziamenti governativi. Rosso quindi richiede che la Deputazione inizi le pratiche, al fine di poter ottenere un nuovo mutuo di un milione, sui trenta assegnati dal governo, visto che è l’Amministrazione Provinciale l’ente cui viene concesso il finanziamento.523 Il 29 aprile il sindaco di Aviano scrive a quello di Roveredo per chiedergli di concedere l’accesso nel territorio comunale all’ingegnere progettista ed ai suoi collaboratori per le misurazioni necessarie, nella prospettiva dell’assunzione dei lavori da parte dello Stato. La risposta del comune di Roveredo è negativa, in quanto si proclama incompetente ad autorizzare l’entrata del progettista nei fondi privati, i cui proprietari hanno presentato reclamo al prefetto.524 LF, n. 18 del 1° maggio 1921, pag. 4, Per la nostra via, lavoratori! LF n. 22 del 29 maggio 1921, pag. 2,Che roba è? 521 LF, n. 4 del 23 gennaio 1921, pag. 4, La disamministrazione del Commissario nelle scuole e... in altre cose. 522 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.5, 1921, Deputazione Provinciale di Udine, telegramma prot. n. 5181 del 20 aprile 1921, prot. n. 5894 del 26 aprile 1921. 523 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.5, 1921, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 5425 del 21 aprile 1921. 136 519 520 Quello stesso giorno, e nuovamente il 3 maggio il sindaco di Aviano sollecita al presidente del consorzio (lo aveva già fatto con la Prefettura di Udine) la ripresa dei lavori per la sede stradale, in quanto la disoccupazione si sta aggravando in modo allarmante, con la presenza di circa seicento disoccupati permanenti. I lavori ferroviari sono l’unica opera che è stata finanziata al comune per combattere la disoccupazione - pur avendo già progettato da tempo altre opere - ed è quindi necessaria la rapida ripresa dei lavori per poter occupare almeno i braccianti più bisognosi. Lunedì 9 maggio, data fissata come ultimativa dal sindaco, la cooperativa riprende i lavori ed il 20 maggio il sindaco richiede al presidente del consorzio il pagamento delle somme dovute, date le condizioni di bisogno dei braccianti occupati. Ma il 3 luglio Mazzocco dovrà lamentare che gli operai occupati sono in credito di tre quindicine di salario, mentre la cooperativa non ha mezzi per anticipare quanto dovuto.525 Intanto il 30 aprile vengono convocati da Rosso i rappresentanti dei comuni consorziati in Pordenone, per discutere dell’assunzione del mutuo suppletivo di 400.000 stanziato sui fondi per la disoccupazione e comunicato dalla Prefettura con lettera del 21 aprile. Alla riunione sono presenti Policreti, presidente del Consorzio, i sindaci di Montereale, Aviano e Pordenone e l’ing. Cav. uff. Antonio Pallavicini direttore dei lavori della ferrovia. Si discute anche della situazione finanziaria del consorzio e delle operazioni compiute presso gli istituti di credito locali: gli effetti cambiari ammontano a 859.329 lire, ma tenderanno a lievitare a 900.000 per l’effettuazione di altri lavori per l’ultimazione della sede stradale. Si decide la suddivisione del mutuo nelle stesse proporzioni del precedente di 950.000 lire, utilizzando le nuove disponibilità per far riprendere i lavori sospesi e lenire la disoccupazione. L’Avv. Rosso rileva l’obbligo da parte degli Enti interessati di svincolare dagli impegni i sottoscrittori e propone che gli Enti stessi deliberino di assumere in proprio il debito cambiario trasformando per ora le sottoscrizioni private in firme di avallo, salvo esperire in seguito i necessari accordi con gli Istituti mutuanti per svincolare totalmente ogni obbligazione privata. Le sottoscrizioni dei privati erano servite per proseguire i lavori in attesa dei contributi governativi: si decide quindi di assumere a carico degli enti consorziati l’onere (ripartito come sopra) di rilevare le garanzie prestate da una ventina di privati per un totale di 671.329 lire presso tre istituti bancari. 526 I lavori riprendono spontaneamente, come segnala Policreti il 20 maggio, il quale sollecita alla provincia la rapida messa a disposizione delle cifre stanziate. in seguito alla concessione del secondo mutuo di L. 400.000.= per la continuazione dei lavori sulla ferrovia Pordenone-Aviano, varie squadre di operai, specialmente di Aviano, hanno da diversi giorni ripreso il lavoro di sterro per il completamento della sede stradale.= I dirigenti si sono rivolti a questo Consorzio per ottenere il pagamento delle giornate ed è pertanto indispensabile che siano subito forniti i fondi necessari mancando ogni disponibilità di cassa. La conquista fascista di Pordenone non ha quindi stroncato il movimento operaio, che procede anzi imperterrito nel suo percorso, cercando di utilizzare i finanziamenti per attuare con l’azione diretta i provvedimenti contro la disoccupazione, forzando la mano alle istituzioni.527 Il 30 maggio si riunisce il Consiglio Comunale di Aviano, che approva all’unanimità l’assunzione della spesa deliberata alla riunione di Pordenone di un mese prima. La Provincia invece si sottrarrà a quest’ulteriore onere, con il motivo della sua estraneità alla gestione dei lavori: secondo quanto comunicherà Policreti in settembre al comune di Aviano, l’ente dichiara di non poter accedere alla richiesta di assunzione del carico di L. 134.000 avendo già superato il limite massimo del contributo consentitole con l’assunzione delle precedenti quote dei mutui per la disoccupazione. Ed invero, poiché la Provincia non ha ingerenza diretta sulla costruzione del tronco ferroviario Pordenone-Aviano ed il suo intervento non può che limitarsi ad una azione integrativa, dovendo il Consorzio provinciale essere proporzionato fra tutte le iniziative del genere che sorgano nel territorio della provincia stessa, non ritengo opportuno altra maggiore insistenza per ottenere l’adesione, insistenza da cui sortirebbe indubbiamente una seconda risposta negativa.528 Il 13 luglio la Prefettura sollecita il comune di Aviano a perfezionare le pratiche per la concessione dei mutui accordati dalla Cassa Depositi e Prestiti (al primo mutuo di 950.000 lire se ne è aggiunto un altro per 400.000). Il Sindaco risponde che una delle delibere necessarie è ancora sottoposta all’approvazione degli organi tutori (cioè presso la Prefettura stessa...) e che quindi sono essi che devono sbrigarsi ad approvarla. Altre sollecitazioni giungono nei mesi successivi. L’8 novembre è Ellero, a nome del Comune di Pordenone, a sollecitare il Comune di Aviano a consegnare gli atti richiesti dalla Prefettura per poter ottenere ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: minuta della lettera prot. n. 1896 del 29 aprile 1921 e lettera di risposta del Sindaco di Roveredo in Piano Del Piero n. 607 del 26 aprile 1921. C’è un’evidente incongruenza delle date, in quanto il comune di Roveredo risponde ad una lettera di Aviano che data al 25, mentre la minuta di Aviano appare chiaramente datata 29. 525 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: minuta delle lettere del Sindaco di Aviano al Presidente del Consorzio per la ferrovia Pordenone-Aviano, prot. nn. 1895 del 29 aprile e del 3 maggio 1921, 2002 del 20 maggio 1921 e (senza numero di protocollo) del 3 luglio 1921. 526 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: verbale dell’adunanza del 30 aprile, allegato alla delibera del Consiglio Comunale di Aviano, seduta del 30 maggio 1921, oggetto 6°, Deliberazione relativa allo svincolo delle sottoscrizioni private ed assunzione dei prestiti cambiari per la ferrovia PordenoneAviano; ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.5, 1921, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 5971 del 6 maggio 1921. 527 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.5, 1921, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 6397 del 23 maggio 1921. 528 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: delibera del Consiglio Comunale di Aviano, seduta del 30 maggio 1921, oggetto 6°, Deliberazione relativa allo svincolo delle sottoscrizioni private ed assunzione dei prestiti cambiari per la ferrovia Pordenone-Aviano e lettera del Consorzio Ferrovia Pordenone-Aviano prot. n. 75 del 27 settembre 1921 al sindaco di Aviano. 137 524 i mutui. Ma tutta la vicenda appare viziata da meccanismi burocratici e probabilmente da comportamenti ostruzionistici delle autorità tutorie.529 Il 15 luglio il consorzio (al posto di Policreti firma la lettera Omero Polon) richiede alla Deputazione di sollecitare la Prefettura, che non ha ancora versato le 100.000 lire di anticipazioni chieste il 14 giugno dal commissario prefettizio di Pordenone per pagare gli operai che fin dal mese di maggio hanno ripreso i lavori. Le autorità fasciste non riescono a tenere sotto controllo la massa operaia e d’altra parte non sono capaci di ottenere i finanziamenti necessari a pagare i salari per i lavori svolti, e sono costrette a rivolgersi al presidente popolare della Provincia perché interceda presso le autorità statali che sono i loro tutori!530 In agosto il deputato avianese Cristofori, richiesto dal sindaco di Aviano di interessarsi delle vicende più importanti per il comune, come i danni di guerra, la ferrovia Pordenone-Aviano e l’armamento del tronco ferroviario Sacile-Montereale Cellina risponde che spera che le ferie parlamentari permettano ai ministri competenti di dargli le informazioni richieste. Anche in questo caso (come in quello di Fornasotto che si appella al radicale e combattente Gasparotto ed al democratico cristiano Ciriani, oltre che ai parlamentari socialisti) gli amministratori socialisti avianesi utilizzano il deputato locale, anche se di un altro schieramento politico, per seguire le pratiche.531 Le autorità statali non intendono finanziare ulteriormente i lavori, come riferiscono a Candolini i ministri competenti. Egli comunica al presidente del consorzio che occorre che gli enti locali interessati trovino altre modalità di finanziamento per proseguire i lavori, assicurando il sostegno della provincia. 532 Il 5 novembre il prefetto Cian chiede al sindaco di Aviano di informare il presidente della cooperativa che sono iniziate presso la Prefettura le pratiche per le delegazioni della Cassa Depositi e Prestiti con particolare riferimento al pagamento dei fondi per gli stati di avanzamento lavori.533 L’8 dicembre Rosso, ritornato in carica, convoca il Consorzio ed i Sindaci dei Comuni interessati per il 10 successivo per decidere quali iniziative prendere per avviare nuovamente la pressione nei confronti dei ministeri per ottenere da parte dello Stato l’assunzione della spesa della sede stradale della ferrovia Pordenone-Aviano.534 Il 24 dicembre Rosso, da poco reinsediato sindaco e Policreti inviano una relazione al presidente della Deputazione Provinciale, in cui contro il boicottaggio governativo rivendicano le ragioni del collegamento ferroviario onde evitare l’isolamento di Pordenone a causa della prossima apertura della linea Sacile-Pinzano. La rivendicazione della ferrovia da Pordenone alla Pedemontana viene fatta risalire ad uno studio del 1882, di cui si dichiara di non possedere copia, richiedendo alla Provincia stessa di rintracciarla nei suoi uffici. Infine, Rosso e Policreti dichiarano che, in cambio dell’assunzione diretta degli oneri di gestione da parte dello Stato, le amministrazioni locali sono disponibili a contribuire con sostanziosi stanziamenti. La Deputazione Provinciale esprime un voto di consenso a questa istanza pordenonese. Ritenuto che la ferrovia in parola si presenta di indiscutibile utilità, in quanto ha per compito precipuo di ovviare all’isolamento ferroviario che attualmente si verifica nei riguardi dell’importante centro di Pordenone che, sia per ragioni di commercio e specialmente per l’hinterland del porto fluviale del Noncello, sia per i rapporti degli Uffici Civili, come Capoluogo di Circondario, ha necessità di essere congiunto con la zona a nord, si auspica che il Governo si assuma gli oneri del completamento e dell’esercizio della linea ferroviaria. 535 Ma il Ministro dei Lavori Pubblici respinge l’istanza, sostenuta anche dall’on. Biavaschi, ripresentando il parere negativo del 2 novembre 1920 dell’Ufficio Speciale delle Ferrovie con il quale veniva Ad esempio il 1° febbraio 1922 il sottoprefetto Magrini informa il Sindaco di Aviano che l’approvazione delle delibere di assunzione degli oneri dei prestiti effettuati da privati per permettere la prosecuzione dei lavori - prese dal comune il 30 maggio e l’8 luglio 1921 è rimasta sospesa in attesa dei provvedimenti dei comuni di Pordenone e Montereale, ma richiede al comune di Aviano stesso di sollecitare la produzione degli atti mancanti se non vuole subire ulteriori ritardi. Una bella faccia, per il funzionario che era stato nominato proprio commissario del comune di Pordenone grazie all’invasione fascista! Il sindaco di Aviano risponde il 16 marzo dichiarando che, visto il rifiuto da parte della Deputazione Provinciale di intervenire relativamente agli oneri assunti dai privati (sia per difficoltà di cassa sia perché l’ente non è direttamente coinvolto nella realizzazione), i comuni si sono assunti il compito di garantire la quota parte che viene a gravare su di loro, sulla base delle decisioni prese nel convegno del 30 aprile 1921. ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: telegramma del prefetto di Udine del 13 luglio 1921; minuta della risposta del sindaco prot. n. 3172 del 16 luglio 1921; altra corrispondenza successiva; lettera di Giuseppe Ellero, in veci di sindaco, prot. 12517 dell’8 novembre 1921 al sindaco di Aviano; lettera del sottoprefetto di Pordenone prot. n. 329 del 1° febbraio 1922; minuta della lettera di risposta del sindaco di Aviano prot. n. 408 del 16 marzo 1922 e testo della deliberazione del comune di Aviano, presa dai sedici consiglieri presenti all’unanimità, senza data (ma riferentesi ai consigli del 2 dicembre 1921 o del 3 marzo 1922). 530 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.5, 1921, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 9315 del 7 agosto 1921. 531 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: biglietto autografo su carta della Camera dei Deputati datato 7 agosto 1921. 532 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.5, 1921, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 11701 del 15 ottobre 1921. 533 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: telegramma del prefetto del 5 novembre 1921. 534 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: telegramma del Sindaco di Pordenone prot. n. 13687 dell’8 dicembre 1921. 535 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.5, 1921, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 14419 del 7 gennaio 1922. Cfr. il testo della lettera in appendice. 138 529 respinta la richiesta di assunzione diretta della costruzione da parte dello Stato, formulata dal consorzio il 30 luglio 1920.536 Il 21 marzo 1922 Cristofori invia un altro biglietto al sindaco di Aviano, nel quale fa un resoconto di un incontro ottenuto con il nuovo ministro dei Lavori Pubblici, con l’on. Merlin ed il direttore generale delle Ferrovie dello Stato. Il nuovo ministro on. Riccio appare disponibile, rispetto alla ferrea opposizione del suo precedessore e della direzione delle Ferrovie per cui, pur essendosi riservato il ministro di studiare il caso, le prospettive appaiono migliori.537 Il 12 giugno Rosso sollecita il Comune di Aviano a trasmettere alla Cassa Depositi e Prestiti gli atti relativi all’accettazione dei due mutui contratti. Il 19 giugno il sindaco di Aviano risponde a quello di Pordenone di non aver potuto onorare le scadenze dei mutui contratti per mancanza di fondi e di aver ottenuto dall’esattore un anticipo sulla spesa.538 Il 16 giugno si riunisce, convocato da Rosso in accordo con Policreti, il Consorzio ferrovia Pordenone-Aviano. Sono presenti i rappresentanti del Comune di Pordenone Carlo Policreti, Ernesto Cossetti e Guido Rosso; il cav. Federico Tonon ed il dott. Enrico Battistella rappresentanti del Comune di Montereale Cellina e Marco Venturelli, Carlo Basso, Vito Cristofori ed il Sindaco Mazzocco per il Comune di Aviano; sono assenti i rappresentanti pordenonesi cav. Asquini, ing. Monti e cav. Polon ed Angelo Lollo, prof. Del Piero ed il sindaco per il Comune di Roveredo. I Sigg. Avv. Guido Rosso e Avv. Policreti riferiscono ai convenuti la dolorosa situazione in cui viene a trovarsi la pratica per la costruzione della ferrovia PordenoneAviano in seguito al recente deciso rifiuto da parte del Ministero dei LL.PP. di assumere direttamente l’onere tanto di costruzione come di armamento e d’esercizio. Informano che il Ministero stesso si è però favorevolmente pronunciato sulla concessione dei sussidi chilometrici che potranno anche essere accordati, tanto per la costruzione della linea, come per l’esercizio, nella misura massima per un complessivo importo di L. 50.000 per chilometro e per 50 anni qualora il Consorzio decida la continuazione ed il compimento dei lavori e l’esercizio diretto della linea. Ciò premesso i convenuti, riconfermata la assoluta necessità di perseverare nella realizzazione del progetto sia per evitare a Pordenone l’isolamento cui andrebbe soggetta in seguito specialmente alla costruzione della Pedemontana, sia per mantenere ai centri montani la loro linea naturale di scambio con Pordenone ora più che mai valorizzata dalla costruzione del Porto sul Noncello che permetterà un largo sfruttamento dei loro prodotti, sia infine per non rendere completamente inutilizzate le opere fino ad ora compiute; delibera 1°) di mantenere in Consorzio i Comuni di Pordenone-Aviano e Montereale Cellina col preciso intendimento di completare la costruzione del tronco ferroviario Pordenone-Aviano assumendo direttamente l’esercizio della linea. Il Comune di Montereale, causa le gravi condizioni di bilancio, chiede un diverso frazionamento degli oneri. 539 Nel frattempo la sede stradale per la ferrovia Pedemontana da Sacile a Montereale Cellina è stata completata. L’8 giugno 1922 si tiene un convegno a Sacile fra i sindaci dei comuni interessati, dove si rileva lo stato di fatto e la presenza nei cantieri dello stesso materiale necessario all’armamento e si richiede ai parlamentari di agire presso i Ministeri delle Terre Liberate e dei Lavori Pubblici per la conclusione dei lavori sul tronco realizzato. Il Ministero per le Terre Liberate si dichiara disponibile a proseguire i lavori per il tratto Montereale-Pinzano e a realizzare l’armamento della linea realizzata. Ma ormai gli interlocutori non sono più le giunte socialiste che stanno cadendo una ad una: il 31 dicembre il Comune di Aviano risponde ad un quesito della Camera di Commercio di Treviso per mano del Commissario Regio venuto a sostituire l’Amministrazione Comunale.540 Negli anni successivi la vicenda viene accantonata. Solo tre anni dopo, in seguito alle insistenze delle amministrazioni locali, il prefetto comunicherà che il Ministero dei Lavori Pubblici ha deciso all’inizio del 1925 di riprendere in esame la questione della linea ferroviaria. Un anno dopo, con decreto ministeriale 16 gennaio 1926 n. 259 del Ministero dei Lavori Pubblici, si autorizzano i lavori di costruzione della linea. Il 6 giugno l’ingegnere capo della Provincia relaziona alla Commissione Reale per la Provincia del Friuli, ricordando come, dopo la costruzione del primo tronco da parte dei militari durante la guerra , in seguito nel ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.6, 1922, Deputazione Provinciale di Udine, prot. n. 489 del 28 gennaio 1922. 537 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: biglietto autografo su carta della Camera dei Deputati datato 21 marzo 1922. 538 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: telegramma del Sindaco di Pordenone prot. n. 6049 del 12 giugno 1922; minuta della lettera del sindaco di Aviano prot. n. 1688 del 19 giugno 1922 a quello di Pordenone. 539 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: verbale allegato alla lettera del Comune di Pordenone prot. n. 6198 del 16 giugno 1922. 540 Il progetto della ferrovia Sacile-Pinzano viene approvato dal Ministero dei Lavori Pubblici il 28 novembre 1914 con decreto 45676/5818; ciò implica una serie di rettifiche di tratti stradali precisate dal piano parcellare pubblicato il 19 novembre 1915 ed il 5 ottobre 1917. Le polizze a garanzia dei pagamenti degli espropri dei terreni necessari alla costruzione della ferrovia vengono depositate all’Intendenza di finanza di Udine nel 1919, e per il loro svincolo e liquidazione gli interessati debbono presentare un atto di notorietà avvalorato da quattro testimoni e vistato dalla Giunta municipale: una delle prime dichiarazioni per lo svincolo porta la data del 10 dicembre 1920 ed è firmata dal neoeletto sindaco socialista Vincenzo Mazzocco. Ma le procedure di pagamento procedono a rilento e vengono in gran parte effettuate negli anni successivi, e procedono fino al 1928. ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Atti notorietà Ferrovia Pedemontana. Espropriazioni: Verbale di consegna strade del 23 maggio 1933 del Ministero dei Lavori Pubblici, Direzione generale nuove costruzioni ferroviarie; lettera di istruzioni del Capo dell’ufficio costruzioni di Maniago del Servizio costruzioni delle Ferrovie dello Stato del 19 dicembre 1920; Atto di notorietà Pippolo Augusta cg. Basso et alii; f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: lettera del Comune di Sacile prot. n. 3758 dell’8 giugno 1922 e del Ministero per le Terre Liberate prot. n. 54805/Div. 3° del 5 agosto 1922, indirizzata al Comune di Sacile; lettera della Camera di Commercio e Industria di Treviso prot. n. 543/9 del 20 dicembre 1922 e minuta della risposta del Commissario Regio n. 3369 del 31 dicembre 1922. 139 536 1920-1921, con mutui sulla disoccupazione operaia, venne costruita quasi completamente la sede ferroviaria fino ad Aviano; poi rimase tutto sospeso, e soltanto continuò vivo l’interessamento del Consorzio dei Comuni, inteso ad ultimare la importantissima ferrovia, che rappresenta si può dire la strada maestra congiungente tutti i paesi e le popolazioni di vasta zona pedemontana e montana facenti capo alla città di Pordenone. Si valuta quindi con compiacimento lo stanziamento di 14 milioni per il completamento del tronco ferroviario in esecuzione del Decreto Ministeriale 259 del 6 gennaio 1926. Il 3 agosto 1926 viene emanato un manifesto, firmato dal sindaco di Aviano Wassermann, in cui si autorizzano i tecnici ad entrare nei fondi privati per le misurazioni necessarie. Ma i lavori non riprendono. L’effetto pratico delle disposizioni è solo quello di liquidare le pendenze rimaste aperte con la vertenza della costruzione della ferrovia nel 1920-1922. 541 In seguito a questo stanziamento il consorzio, il 27 gennaio 1927, richiede di poter cedere all’amministrazione statale la parte di opere realizzate recuperando in tal modo le spese fatte per la realizzazione della linea; la cessione avviene, ad un prezzo più basso di quello sostenuto dalle amministrazioni locali (1.300.000 lire invece di 2.160.536) con convenzione firmata il 16 dicembre 1929 dai podestà dei comuni di Pordenone (dott. Arturo Cattaneo), Aviano (ing. Antonio Policreti) e Montereale (Vincenzo Degan) e della Provincia di Udine (ing. Antonio Pallavicini). Con questa documentazione si esaurisce la vicenda della ferrovia nell’archivio della Provincia, completo fino al 1930 dalla scadenza bimestrale delle rate sui mutui contratti all’inizio del decennio per fronteggiare la disoccupazione. 542 In una delibera podestarile di quell’anno viene riproposta la storia della ferrovia Pordenone-Aviano, iniziata nel 1919-1920 sotto la pressione degli ex emigranti disoccupati: sul lavoro si riversavano oltre 1000 operai coi propositi di minaccia e turbolenza che non lasciavano dubbio su intendimenti sovversivi ove si fosse fatta opera di impedimento e non si fosse comunque subita l’azione e provveduto al conseguente pagamento del lavoro così intrapreso; (...) la stessa Autorità politica provinciale, sotto la pericolosa minaccia di perturbamento dell’ordine pubblico, invitò gli Enti interessanti al problema ferroviario anzidetto, ad intervenire prontamente per disciplinare comunque l’esecuzione del lavoro arbitrario per evitare danni maggiori e l’esecuzione di opere inutili. Gli enti pubblici e le Ferrovie dello Stato hanno dovuto mettere i loro tecnici a disposizione degli operai delle cooperative, per disciplinare in qualche modo il lavoro ed i tre comuni consorziati si sono dovuti assumere un onere di spesa sottoscrivendo prestiti cambiari per 900.000 lire, che si sono andate ad aggiungere ai mutui concessi dallo Stato contro la disoccupazione (1.350.000). (...) i lavori si protrassero fino al 1922 allorché, alleggeritasi la pressione dei disoccupati, intervenne il completo esaurimento delle disponibilità finanziarie del Consorzio ed i lavori stessi si conclusero con la pressoché completa costruzione della sede stradale del tronco ferroviario (...).543 Il podestà di Aviano ha almeno l’onestà di ammettere che i lavori erano stati conclusi durante l’amministrazione socialista sotto la pressione e per gestione diretta del movimento operaio. Un anno prima, dopo l’emanazione del decreto, il quotidiano pisentiano Il Giornale del Friuli aveva avuto la tronfia avventatezza di annunciare il completamento dei lavori su quello stesso tronco che servì tante volte ai demagoghi dei rossi tempi come piattaforma elettorale, e che fino all’avvento del fascismo non aveva mai rappresentato altro che un buon campo di sfruttamento politico. Pieni di boria, i fascisti annunciano che è attualmente in corso la revisione del progetto per questa linea e gli verrà dato corso non appena avrà riportato le necessarie approvazioni, che, crediamo di sapere, verranno date senza indugi. Povere parole di servi vestiti da padroni, incapaci anche lontanamente di confrontarsi con le realizzazioni di quei mille operai, ormai dispersi ai quattro angoli del pianeta.544 7.2.12 - Le barricate di Torre ed il commissariamento del Comune. Nel corso della primavera del 1921 si segnala un crescere di episodi di violenza fascista in Friuli. Da Manzano a Resia, da un paese tranquillo della pianura ad un più tranquillo paese della montagna, dall’attacco al contrattacco, come in guerra, con i metodi, la mentalità, il frasario di guerra! I fascisti avanzano, coperti dalla propaganda del Giornale di Udine, che da quotidiano degli agrari è diventato il loro. A Sacile (dove si costituisce il Fascio il 24 marzo per iniziativa di Mariano Gonzales 545) un camion di fascisti impone ai passanti di scoprirsi; a Manzano di baciare una bandiera nera; a Spilimbergo i fascisti sparano in aria. Ovunque queste apparizioni provocano reazioni, giudicate naturali dai socialisti: Le imposizioni richiamano le ritorsioni. La violenza, ogni sorta di violenza, non ha un limite rosso e vellutato, ma sbocca al mezzo più barbaro, al sangue sempre. Ma questo monito non viene portato alle estreme conseguenze: di fronte al crescere della ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: lettera riservata n. 58 del 7 gennaio 1925 del sottoprefetto di Pordenone Magrini al sindaco di Aviano; decreto del prefetto di Udine prot. n. 21025/IV del 28 luglio 1926; manifesto del 3 agosto 1926 del Comune di Aviano; ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.8, 1926, Amministrazione Provinciale del Friuli, prot. n. 9544 del 6 giugno 1926. 542 ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.10, 1929, Amministrazione Provinciale di Udine, prot. n. 1780 del 15 febbraio 1929. 543 ACA, b. 2190, Ferrovia Aviano-Pordenone e Sacile-Pinzano, f. Carteggio vario (mutuo, costituzione di un Consorzio, etc.) 1920-39: delibera podestà di Aviano n. 4211 del 20 luglio 1927. Cfr. il testo in appendice. 544 Il Giornale del Friuli, 15 febbraio 1926, Da PORDENONE. Ferrovia Pordenone-Aviano. Ritaglio in: ASU-APU, busta 708, fascicolo F 35 h, Pordenone-Aviano, 1.4, 1920. Cfr. il testo in appendice. 545 CHIURCO, Giorgio Alberto, cot. volume primo, pag. 194. 140 541 violenza fascista i socialisti, dopo aver lanciato il loro monito a fascisti ed autorità dello Stato, invitano gli operai a non accettare le provocazioni. Oggi, come in passato, occorre dimostrare come socialismo non sia teppismo - come fanno vedere i giornali mantenuti dei grandi proprietari - occorre dimostrare, di fronte alla risorta psicosi bellica di certa gioventù, come quel contagio non ci tocchi, avviati come siamo verso mete di fratellanza umana, verso ideali di giustizia, verso quel socialismo che travalica e vince tutte le bufere, perché esso è spirito operante entro l’anima, non stolida imposizione, non grido selvaggio, non omicidio né incendio. La violenza che si abbatte sulla terra più calma d’Italia viene vista come una proiezione del tentativo della destra, laica e clericale, di prendersi la rivincita sul 16 novembre 1919 alle imminenti elezioni politiche. Non si percepisce ancora come quell’ondata, che in Friuli viene da est, dove i fascisti hanno messo a ferro e fuoco le istituzioni proletarie della Venezia Giulia, abbia un respiro di ben più lunga portata. D’altronde è la stessa direzione del Psi a collegare l’agitazione fascista alla convocazione da parte del re di nuove elezioni: La monarchia ha sciolto la Camera allegando un preteso cambiamento della pubblica opinione, come se gli incendi delle Camere del Lavoro e dei giornali del Partito, gli assalti alle organizzazioni sindacali e cooperative, le violenze morali e materiali perpetrate col consenso e coll’aiuto delle autorità contro gli uomini nostri e gli enti da noi conquistati fossero indici di mutata opinione pubblica! Si coglie correttamente come la violenza sia il logico portato di una borghesia agraria ed industriale che non riesce più a difendere il proprio dominio con la legalità, si individua nella battaglia elettorale il tentativo di respingere indietro la classe operaia, ma non si comprende la dimensione del pericolo incombente. Ricordando la vittoria contro le precedenti ondate repressive, da Crispi alla reazione interventista, si ribadisce la fiducia nella forza derivante dal successo elettorale, anticamera della conquista del potere: con le frecce non si spengono le stelle; con le bombe non si uccidono le idee. E il socialismo è più vivo che mai.546 Il 23 marzo accade il singolare attentato esplosivo anarchico al Teatro Diana di Milano, motivato dalla protesta contro l’arresto del loro dirigente Errico Malatesta. Muoiono diciotto persone ed un centinaio restano ferite: è l’occasione per la rappresaglia fascista (con la distruzione delle sedi del quotidiano anarchico Umanità Nova e - per la seconda volta - di quello socialista Avanti!) che si scatena nel capoluogo dell’unica regione che non sia stata ancora completamente devastata dalle squadre. In quegli stessi giorni il sindaco di Pordenone e quello di Spilimbergo inviano loro messaggi di solidarietà al collega di Milano, per protestare contro l’eccidio, ad ulteriore testimonianza dell’estraneità dei socialisti: “Per solidarietà manifestazione solenne protesta contro tutte le violenze che ritardano progressiva elevazione morale politica del proletariato, prego rappresentare questo Comune socialista funerali odierni. Grazie saluti - Sindaco Rosso”.547 In quei mesi i fascisti conquistano le regioni dell’Italia del nordest, dalla Venezia Giulia all’Emilia e la Toscana, distruggendo sistematicamente l’organizzazione della sinistra. Il terrore si diffonde nelle città conquistate e nelle campagne, dove scorrono i camion e le automobili cariche di fascisti armati, che girano distruggendo le sedi dell’attività della sinistra, dei popolari e, nella Venezia Giulia, delle organizzazioni delle minoranze nazionali slovena e croata (case del popolo, cooperative, circoli culturali, sedi sindacali e politiche), ma anche attaccando casa per casa i quadri dirigenti del movimento operaio e contadino, con uno stillicidio di rapimenti, violenze, omicidi e distruzioni dei beni familiari. Le amministrazioni socialiste vengono costrette a dare le dimissioni e sono sostituite da commissari prefettizi. E’ Giolitti che, secondo Tasca, è il vero e proprio Giovanni Battista del fascismo ed il suo Ministro della Guerra, l’ex socialista Bonomi, che ordina nell’ottobre 1920 ai sessantamila ufficiali smobilitati di presentarsi alle sedi dei Fasci di Combattimento. Il fascismo viene alimentato dalla reazione agraria, che non sopporta più il controllo socialista nelle province bracciantili della Bassa Padana; dagli industriali che si sono visti minacciati ormai dall’esproprio proletario simbolico rappresentato dall’occupazione delle fabbriche; dall’affluire di piccoli borghesi ex combattenti, delusi e disorientati da un socialismo incapace di andare al governo per realizzare una politica di riforme ma anche di organizzare la rivoluzione: ma viene anche rafforzato, finanziato, armato, appoggiato sul piano logistico e politico e garantito dall’impunità fornitegli dallo Stato. Veri e proprio apprendisti stregoni, gli esponenti dei vecchi gruppi dirigenti dell’Italia liberale credono di usare le squadre mussoliniane ma in realtà si accingono a venire usati per l’ascesa al potere della dittatura. Per la borghesia italiana il fascismo è lo strumento per riconquistare lo spazio sociale perduto ed in tal senso andrà ben oltre il classico tentativo giolittiano di approfittare della debolezza crescente del movimento socialista per addomesticarlo e trarlo alla collaborazione di governo. Lo stesso Mussolini, nei mesi estivi, proverà la durezza della linea della reazione agraria e dovrà venire a patti con essa, rinunciando ad ogni velleità laburista di collaborazione con la Cgl ed i riformisti, pur accarezzata a lungo. Intanto, le squadre fasciste, ben armate nei magazzini militari e dotate con dovizia di mezzi di locomozione moderni, battono il territorio attraverso una guerra di movimento ben orchestrata, colpendo le strutture del movimento operaio isolate nel loro localismo. I fascisti combattono una vera e propria guerra totale, nella quale il loro fattore vincente è, oltre all’addestramento, alla disponibilità di quadri militari ed alla logistica, l’utilizzo a tutto campo di reparti che si spostano da una città ed una regione all’altra, mentre i socialisti risentono della debolezza, oltre che sul piano militare, dei collegamenti e del “gioco di squadra” fra le varie realtà. Così le fortezze della sinistra cadono solitarie, una dopo l’altra.548 LF, nn. 14 del 3 aprile 1921, pag. 3, La macchia si allarga e 16 del 17 aprile 1921, MENTRE S’ACCENTUA LA LOTTA ELETTORALE. “Con le frecce non si spengono le stelle; con le bombe non s’uccidono le idee”. Il Partito Socialista al Proletariato Italiano, documento della Direzione del Psi. 547 LF, n. 14 del 3 aprile 1921, pag. 3, Echi della strage di Milano; sull’attentato: CHIURCO, Giorgio Alberto, cit. volume primo, pagg. 179-180 e TASCA, Angelo, Nascita e avvento del fascismo, cit., pagg. 184-185. 548 TASCA, Angelo, Nascita e avvento del fascismo, cit., in particolare il capitolo settimo. 141 546 La collaborazione fra istituzioni dello Stato e violenza fascista è dimostrata da un episodio che precede di pochi giorni l’invasione fascista di Pordenone. Consci delle possibilità di resistenza soprattutto dei militanti di Torre, numerosi carabinieri e cavalleggeri attuano un vero e proprio rastrellamento a Torre mercoledì 20 aprile.549 La riunione della Giunta comunale di quel giorno si svolge in un clima di pesante pressione fascista: si discute dei locali della Camera del Lavoro, che dopo la guerra ha trovato sede in un edificio di proprietà del Monte di Pietà in Piazza della Motta. La Giunta ritiene che non vi sia pericolo di attentati. Si eleva una formale protesta contro le perquisizioni effettuate nel quartiere di Torre e si emana un manifesto per il disarmo, in cui si denunciano le responsabilità delle autorità. Il manifesto viene però bloccato dalla Prefettura.550 Il 1° maggio un gruppo di sei fascisti trasferitisi dal Bolognese a Spilimbergo per realizzare la propaganda del Blocco di destra si dà a vari atti di violenza: strappano innanzitutto la bandiera rossa della sezione socialista; in serata picchiano il giovane cattolico Zavagno; nella notte nel frattempo avevano sequestrato il dottor Plinio Longo, medico socialista di Pinzano; infine martedì 3 maggio picchiano il socialista geom. Marco Cavallerin (ne avrà per un mese di cure) ed il fornaio Aldo Savia. I socialisti spilimberghesi rimangono fedeli alla linea di non reagire in alcun modo; al contrario il cattolico Zavagno viene soccorso da altri giovani e devono intervenire i carabinieri, che arrestano un fascista. 551 Le aggressioni dei propagandisti fascisti (che però quando si trovano di fronte alla massa organizzata socialista si limitano a chiedere il contraddittorio, come abbiamo visto avviene in quei giorni ad Aviano durante un comizio di Costante Masutti e Carlo Basso) si inseriscono nella grande e dispensiosa campagna di propaganda elettorale del blocco, nella quale la destra cerca di riguadagnare terreno per mettere in discussione, una volta sconfitto il Psi alle elezioni, le conquiste dei lavoratori. 552 Il 10 ed 11 maggio avviene l’aggressione fascista a Pordenone. Le violenze fasciste sconvolgono la città: il municipio e l’amministrazione socialista sono uno degli obiettivi dell’aggressione. Esistono varie versioni dei fatti riportate dagli organi di stampa, la maggior parte dei quali - conviene ricordarlo - sono sostenitori di quel Blocco di cui gli aggressori fascisti sono il vero e proprio braccio armato elettorale. Pillot e Camisa hanno inoltre reso note importanti documentazioni provenienti dagli organi di polizia e dai successivi atti giudiziari, dai quali risulta l’inequivocabile ruolo di sostegno ai fascisti da parte dei dirigenti delle forze di polizia e della Prefettura. Da parte socialista, si dichiara fin da subito come le cronache dei fatti siano state artatamente distorte dalla stampa avversaria, preoccupata di scaricare sulla sinistra la responsabilità dei fatti, accusando socialisti e comunisti di essere stati i primi responsabili delle violenze. Vanno inoltre considerati con le dovute cautele gli atti giudiziari, nei quali è ovvio l’interesse degli imputati socialisti e comunisti a ridimensionare ogni loro ruolo nell’organizzazione della resistenza antifascista, al fine di alleggerire la loro posizione. E’ la stessa Amministrazione Comunale di Pordenone, nell’ultimo suo atto prima di essere violentemente privata dei suoi poteri, a diffondere un comunicato nel quale compie una ricostruzione dei fatti per il tramite de Il Lavoratore Friulano. Il primo atto di aggressione viene compiuto da un camion di fascisti domenica 8 maggio a Borgomeduna, con l’attacco ad un gruppo di operai con un pretesto; nella colluttazione un fascista perde delle medaglie, che vengono successivamente richieste da una squadra fascista (si presume lunedì 9) a Romano Sacilotto presso il suo negozio: l’episodio si conclude con la mediazione del sindaco e delle autorità di polizia che convincono i fascisti a desistere poiché non ci sarebbe nessun valido motivo per ritenere che l’assessore socialista debba possedere lui le medaglie. I fascisti ritornano a Pordenone con un camion, sempre provenienti da Borgomeduna, verso le 16 di martedì 10, mentre gli operai stanno uscendo dagli stabilimenti. I fascisti si mettono a sparare e, nei pressi dell’angolo fra il Viale Umberto I (il futuro Viale Martelli) e la strada che sale a Piazza della Motta (in seguito Via Molini) feriscono due operai ed una bambina appena uscita dal prospicente Asilo Vittorio Emanuele II. I fascisti affermeranno poi di essere stati vittime di un’imboscata, mentre l’incontro con la massa di operai che esce dal cotonificio Amman, se è stato preordinato, lo è stato da parte fascista, per rendere più efficace l’aggressione. Successivamente continuano la sparatoria in Via Cesare Battisti (la successiva traversa di Viale Umberto I che sale verso il centro) e poi in Piazzetta Cavour contro un gruppo di operai riunitisi davanti al Caffé Cadelli ed in particolare contro un oratore che era appena salito su una sedia (probabilmente per invitare gli operai ad organizzare una reazione). Gli operai, disarmati, rispondono con una sassaiola contro i fascisti. Oltre agli spari dal camion, a testimonianza della preordinazione degli avvenimenti, altri spari vengono rivolti alla folla dalle finestre dell’Albergo Quattro Corone (gli scontri quindi si sono estesi fino al Corso Vittorio Emanuele, raggiunto attraverso il sottoportico a monte della via Battisti) e da alcune abitazioni private. La sparatoria provoca in questa fase fra gli operai quattro o cinque feriti non gravi. C’è invece un morto, da parte fascista, l’udinese Pio Pischiutta: ma la sua uccisione è sicuramente stata causata dal fuoco incrociato dei fascisti (collocati, come abbiamo visto, sia in mezzo alla strada, sul camion, che alle finestre delle costruzioni laterali), non certo dagli operai che sono disarmati. I socialisti smentiscono quando LF, n. 17 del 24 aprile 1921, pag. 4, TORRE DI PORDENONE. Spedizione in grande stile. Cfr. il resoconto in appendice. ACPn, Registro Giunta 1921: verbale Giunta del 24 aprile 1921. Delibere n. 193 e 194. 551 LF, n. 19 dell’8 maggio 1921, pag. 2, A Spilimbergo. I Maggio - scenate e violenze. Una parte della corrispondenza è ripresa dal Friuli. 552 LF, n. 18 dell’8 maggio 1921, pag. 2, Mentre cinquantamila disoccupati attendono il pane, il “Blocco” lancia per i paesi del Friuli centinaia di automobili padronali a seminare menzogne e ad irridere alla dura miseria che li affligge. 142 549 550 affermato dalla stampa avversaria, cioè che contro l’albergo Quattro Corone ed il Caffé Nuovo siano state lanciate bombe: in ambedue i locali sono state semplicemente rotte delle vetrine a sassate o bastonate dai manifestanti, in risposta agli spari che venivano dalle finestre di quei locali.553 Ormai gli operai riunitisi sono una grande massa, i fascisti fuggono e la cavalleria chiude le strade. Gli scontri, che debbono aver visto contrapposti in questa ultima fase anche i militari sopraggiunti agli operai, provocano infine molti feriti da parte operaia, oltre ai fascisti fratelli conti di Montereale, Amedeo Capriolo e Girolamo Roviglio. Fra i fascisti non ci sono quindi solo quelli provenienti dall’esterno, ma sono scesi in campo anche i pordenonesi, fra i quali si notano nomi noti dell’aristocrazia e borghesia cittadina. La folla alla fine si scioglie, dopo le garanzie date dalle autorità di polizia che esse garantiranno il blocco delle entrate di Pordenone ai fascisti. Ma i patti dall’autorità stessa furono violati. Ed ecco come. Verso la mezzanotte, mentre la città era immersa nel sonno, la truppa, che presidiava gli sbocchi delle vie, venne ritirata. Immediatamente irruppero i fascisti, in lunga colonna, dal Largo S. Giovanni. Il loro passaggio non fu, no - come il fascista “Giornale di Udine” asserisce - un trionfo, fra applausi e gettito di fiori, ma fu il segnale d’un nuovo e maggior terrore che si diffuse ovunque, mentre i cittadini chiudevano frettolosamente le imposte. Non solo si smentisce che ci siano state festose accoglienze rivolte ai fascisti ma si afferma che: Quanto ai fiori ed agli applausi sta la generale constatazione del popolo lavoratore pordenonese, il quale ebbe a dire che simile terrore non fu provato nemmeno sotto gli austriaci. Evidentemente l’entusiasmo è limitato alle famiglie della “Pordenone bene” che finalmente vedono castigati gli odiati socialisti: quella borghesia pordenonese che, mentre ha dato poche spilorcie lire per il monumento ai caduti, durante le giornate della dittatura fascista ha versato parecchie migliaia di lire per ben altro scopo! Se finora, quindi, la squadra fascista che aveva attaccato Pordenone era di provenienza udinese, l’attacco decisivo viene portato dalla direzione opposta, cioè da Sacile, dove evidentemente sono state concentrate le squadre provenienti dal Veneto, dall’Emilia e dalla Lombardia, per un totale che viene stimato fino a cinquecento fascisti in armi. E da dove, particolare di non poco conto, proverranno successivamente anche i reparti di alpini che verranno usati per l’attacco a Torre. La prima azione è la conquista del municipio, sul quale viene alzata la bandiera tricolore. In Municipio, nel gabinetto sindacale, furono rinvenute 300.000 schede socialiste che alle 4 del mattino vennero incendiate nella piazza. Il rogo durò fino al pomeriggio. Le squadre si danno poi a percorrere le vie cittadine, con l’obiettivo principale di attaccare le abitazioni e le attività economiche dei dirigenti socialisti. La mattina del giorno seguente s’iniziarono le rappresaglie care al giornale del Blocco. Verso le 8, i fascisti invasero e devastarono lo studio dell’avv. Rosso, sindaco di Pordenone, il negozio di cartoleria del compagno Sacilotto554 e lo studio degli avvocati Enea e Giuseppe Ellero. Da notarsi che il vegliardo Enea Ellero - padre del compagno nostro Giuseppe - è l’unico e glorioso superstite pordenonese della schiera dei Mille. Enea Ellero indignato reagisce rispedendo al Ministero della Guerra tutte le decorazioni ottenute per le campagne risorgimentali.555 Anche la Camera del Lavoro venne perquisita e devastata. Resta a chiedere ai signori del Blocco pordenonese quando mai la “teppa rossa” fece altrettanto verso le case loro. Nel magazzino di Romano Sacilotto i fascisti sequestrano una grande quantità di opuscoli sovversivi che furono immediatamente incendiati (…). Vincenzo Degan sfugge ai fascisti che, non accompagnati evidentemente da nessuno del luogo, chiedono proprio a lui informazioni sul suo indirizzo.556 Così Rosso descriverà l’invasione del suo studio, esattamente un quarto di secolo dopo: alla sera stessa = io era, allora, sindaco della città = fu invasa la mia casa. Dalla casa però subito i visitatori andarono nello studio che misero a soqquadro. In quella circostanza dal cassetto del mio tavolo fu asportata una busta in pelle contenente documenti, note e memorie relative anche alla attività dell’avv. P.P. che resse, come commissario prefettizio, il Comune di Porenone durante il profugato e nel periodo immediatamente successivo. 557 Documento storico importante sia per capire gli interessi culturali di Rosso che per la drammatica testimonianza pervenutaci è una copia della Storia Socialista della Rivoluzione Francese di Jean Jaurès (edizione che contiene la parte relativa alla Costituente ed alla Legislativa fino alla caduta della monarchia). Il grosso volume di 1278 pagine, ancora conservato dal nipote, è privo del frontespizio e di oltre quattrocento pagine iniziali, tagliate con il pugnale dai fascisti durante l’assalto e l’incendio allo studio Rosso nella notte fra il 10 La smentita che i socialisti abbiano fatto uso di bombe a Pordenone è l’occasione per una pungente polemica con il direttore della Patria del Friuli Domenico Del Bianco, ordinariamente soprannominato sul settimanale socialista Meni Muse. Del Bianco, come Mussolini, Pisenti e molti altri interventisti e patriottardi sostenitori del fascismo non è proprio quello che si definirebbe un eroe di guerra, ed infatti, ironizza il redattore socialista, il sullodato signore non può intendersi di bombe a mano per il semplice motivo che la guerra l’ha fatta colla pelle degli altri e tanto meno il di lui figliuolo, prima imboscato e poi riformato: cfr. LF, n. 21 del 22 maggio 1921, pag. 2, Echi dei fatti di Pordenone. Per la collocazione degli alberghi e caffè del centro di Pordenone, cfr.: GASPARDO, Paolo, cit., pagg. 42-43. 554 Ancora nell’aprile 1922, in barba ad ogni certezza del diritto e grazie alle pressioni fasciste sulla magistratura per garantirsi l’impunità, a Latisana ci sono cinquanta penne stilografiche del signor Romano Sacilotto ed in altro punto c’è una macchina da scrivere non restituita nonostante il trattato di pace. Cfr.: LF, n. 15 del 15 aprile 1922, pag. 3, Un arresto, articolo firmato Alceo, in: APR, busta Pisenti avv. Piero. 555 LF, n. 21 del 22 maggio 1921, pag. 2, Il garibaldino Enea Ellero sdegnosamente rimanda le sue decorazioni. La Federazione Provinciale Socialista gli invia questo telegramma di solidarietà: “Mentre ella getta bugiarda onorificenza protesta violenza borghese, proletariato Friuli onora nella plebiscitaria elezione Giuseppe tradizioni paterne.” Così rispose il veterano: “Vostro telegramma altamente onorami commosso ringrazio - Enea Ellero”. 556 DEGAN, Teresina, Industria tessile, cit., pag. 103. 557 APR, busta Pisenti avv. Piero, minuta della lettera di risposta al presidente dell’Ordine degli avvocati, Zoratti, senza data, ma successiva al 7 agosto 1946. 143 553 e l’11 maggio 1921. Sulla copertina figura un appunto autografo di Guido Rosso: Così ridotto dai fascisti la notte del 10.5.21. Pordenone visse così per due giornate sotto la dittatura dei fascisti, assente l’autorità. Anzi apparve chiarissima, non solo la passività di quest’ultima, ma la connivenza coi fascisti, i quali - armati di fucili Wetterly e mod. 91, nonché di pistole, perquisirono i cittadini, fermarono i veicoli, frugando le tasche in cerca d’armi, lacerando sul viso degli operai le tessere della Camera del Lavoro. E tutto questo sotto gli occhi dei carabinieri che lasciano fare. Gli amministratori devono darsi alla macchia, anche se il Psi smentisce inizialmente che Rosso, Ellero e Sacilotto abbiano abbandonato la città. Mercoledì 11 anzi, mentre i fascisti spadroneggiano, giunge a Pordenone anche Giovanni Cosattini. Ma nei giorni successivi i capi socialisti debbono effettivamente darsi alla macchia. Romano Sacilotto (...) doveva allontanarsi da Pordenone seguito da pericolo di morte coll’angoscia e l’abbattimento delle sofferenze patite e della famiglia che lasciava (...); fu (...) il maestro cav. Buia che dal Sacilotto pretese una dichiarazione colla quale il nostro compagno si impegnava a non far più ritorno a Pordenone. Lo stesso maestro Buia (un vero sciacallo: interventista prima, poi imboscato e infine fascista) si reca la mattina dopo la devastazione dello studio di Ellero a casa sua, per patrocinare le ragioni dei fascisti e viene scacciato dall’avvocato socialista, alla presenza del padre, del fratello e del dirigente sindacale Ferruccio Bomben. Ellero viene poi sequestrato dai fascisti a Milano: accompagnato al Fascio, ov’egli si comportò energicamente. Alla domanda che denunciasse la località ove trovavasi il compagno avv. Rosso, rispose ai fascisti: “Mi meraviglio della domanda che vi disonora”. Venne indi rilasciato ed in giornata partì per la sua Pordenone (...). Mentre la scelta dei socialisti pordenonesi è quella di non reagire sul piano armato, privilegiando il blocco di tutte le attività economiche pordenonesi con uno sciopero che si trascinerà per alcuni giorni, a Torre ed a Rorai, nonostante le strade di accesso alle due frazioni siano bloccate dall’autorità di Ps, quegli operai - nella tema legittima che i fascisti avessero fatta irruzione anche colà - provvidero a difendere le loro case e le loro famiglie. Vennero tagliate le strade ed ingombrate con materiale vario. A Torre gli operai, guidati da comunisti e socialisti e rafforzati da gruppi di volontari armati giunti da altre località del Friuli occidentale (più volte sarà ricordato come giungano anche dalle lontane Spilimbergo e Lestans 558) per l’intera giornata dell’11 resistono ai fascisti, ma devono arrendersi di fronte all’arrivo di reparti dell’esercito e dei carabinieri che, una volta ottenuto il disarmo, lasciano mano libera ai fascisti anche a Torre. Secondo i socialisti i fascisti anzi neanche si azzardano ad avvicinarsi al quartiere rosso (riconoscendo così essi la loro superiorità solo di fronte a cittadini inermi e privi di difese) ma si limitano a seguire i militari. Secondo il quotidiano liberalefilofascista Giornale di Udine sono le stesse truppe fatte giungere dalle caserme pordenonesi e sacilesi che, una volta accerchiata Torre da sud (dalla strada che giunge da Pordenone) e da nord (attraverso Cordenons, ove pure socialisti e comunisti organizzano la resistenza, guidati dal sindaco Alicardo Pajer), espugnano le prime linee difensive. Dopo la conquista di Torre la resistenza si spezza in una sparatoria casa per casa, con numerosi feriti ed arresti, fra i quali spicca quello del capo comunista Pietro Sartor. Ma anche a Pordenone (sempre che tutte le perdite non siano dovute al fuoco incrociato dei fascisti, come nel caso di Pischiutta) ci deve essere stata qualche forma di resistenza: si afferma ad esempio che il segretario fascista di Conegliano sarebbe stato ferito ieri sera da un colpo di arma da fuoco sparato dalla casa del Sindaco Rosso. Da parte socialista si cerca di dare alla resistenza di Torre una dimensione ridotta, rispetto a quella insurrezione contro i poteri dello Stato che viene invece disegnata dalle autorità e dalla stampa borghese, che cercano di far passare la resistenza del quartiere quasi come la giustificazione a posteriori della spedizione fascista. Gli operai di Torre di Pordenone, venuti nella mattina del 10 a conoscenza del saccheggio fascista nel negozio Sacilotto e nello studio Ellero e Rosso, si trincerarono e si prepararono alla lotta non contro i nostri soldati e le autorità, ma unicamente nella tema di un’irruzione fascista. Essi volevano difendere a tutti i costi le loro famiglie e la loro florida Cooperativa la quale conta delle merci per circa 200.000 lire. Obiettivo a quanto pare raggiunto, salvando il patrimonio della più importante esperienza cooperativa socialista del Pordenonese. Non si salva invece la libreria della Casa del Popolo, i cui volumi vengono bruciati in strada dai fascisti. 559 Ma il ridimensionamento della resistenza di Torre non vuole essere una presa di distanza da essa, semmai ha la funzione di cercare di alleggerire la posizione giudiziale degli arrestati (mentre, come abbiamo visto, da parte della stampa di destra si cerca di accreditare la tesi dello scontro diretto fra abitanti di Torre ed esercito). Il maestro Sartor, il “capo della sommossa”, secondo la palancaia Patria del Friuli, che fu percosso e ferito dai fascisti quando già era ammanettato dai carabinieri e contro il quale si tenta imbastire un processone, merita tutta la nostra ammirazione e il nostro appoggio per il solo fatto che egli aveva ordinato ai frazionisti che nessun colpo di fucile e di rivoltella venisse sparato contro la truppa. Ed è merito suo se non abbiamo a registrare guai maggiori. Torre rimane comunque uno dei più significativi episodi di resistenza armata al fascismo, che non a caso vede unite insieme per la prima volta le forze di sinistra e, in qualche modo, anche i cattolici di don Lozer. 560 LIZZERO, Mario, Luigi Bortolussi “Marco”, cit., pagg. 15-16, ricorda che le Barricate di Torre videro una notevole partecipazione di antifascisti dello Spilimberghese. Presero parte a quella gloriosa battaglia delle barricate di Torre G.A. Colonnello di Spilimbergo, il primo storico della Resistenza friulana, e di Lestans vi parteciparono Elmo Cavalcante, che poi dovette emigrare in Argentina, e Pietro Màzzoli che ricordava sempre di aver fatto l’ardito in guerra. 559 PASQUOTTI, Evelina, La bambola di Francia, romanzo autobiografico inedito, s.l. (Pordenone) e s.d., testo dattilografato. 560 Per la ricostruzione dei fatti, cfr.: LF, nn. 20 del 15 maggio 1921, pag. 3, Le elezioni tramutate in guerriglia civile. Pordenone proletaria in preda al terrore. I crociati della nuova Italia contro un veterano di Garibaldi (una parte delle corrispondenze sono tratte dal Giornale di Udine), 21 del 22 maggio 1921, pag. 2, Echi dei fatti di Pordenone, 22 del 29 maggio 1921, pag. 3, ANCORA I FATTI DI PORDENONE e 48 del 3 dicembre 1921, pag. 4; GU del 13 maggio 1921, pag. 3, La ripresa della vita normale a Pordenone dopo l’occupazione e il disarmo di Torre. L’opera di pacificazione dei Fasci. I capi borghesi del bolscevismo sempre 144 558 Solo un anno dopo ci sarà un’azione giudiziaria nei confronti dei principali responsabili delle violenze, identificati personalmente in Valentino Toniolo di Leonardo, d’anni 21 ed Arturo Cattaneo fu Giordano Riccardo, di anni 31, imputati della devastazione dello studio Rosso e di averlo minacciato di morte a mano armata di rivoltella; terzo imputato sarà Giovanni Vittorio Covre detto Gino, nato a Chions il giorno 11 febbraio 1890 ed imputato della devastazione, oltre che dello studio di Guido Rosso, anche presso il negozio di Romano Sacilotto e presso Giuseppe Ellero. 561 Il ruolo repressivo delle istituzioni, che operano d’accordo con i fascisti dietro un labile velo di legalità, non è rappresentato solo dai militari, ma anche dai poteri civili. Lo stesso 11 maggio viene emanato un decreto del sottoprefetto che dichiara la Giunta Comunale assente: le forze di polizia invece di tutelare le vittime le perseguitano. Il sottoprefetto invita inoltre la Giunta a sospendere il maestro Pietro Sartor ed a licenziare il maestro Francesco Fiorot 562, in quanto considerati i capi dei comunisti nei disordini di ieri e oggi. La diversità del provvedimento è dovuta alle diverse procedure imposte dalle norme per Sartor, che è dipendente di ruolo, e per Fiorot che è invece solamente supplente563. Viene nominato commissario provvisorio il sig. Carlo Stucchi. Il suo primo atto è proprio il licenziamento di Fiorot e la sospensione di Sartor. Due giorni dopo viene nominato commissario con decreto prefettizio il sottoprefetto Magrini. All’atto dell’insediamento Magrini pubblica un manifesto sugli avvenimenti del 10 maggio, nettamente schierato da parte fascista, che non a caso viene ripubblicato e diffuso dal Fascio di Udine. D’altronde le opinioni espresse da Magrini sono le stesse dei borghesi di Pordenone e degli ufficiali del 4° Genova Cavalleria, raccolte e commentate severamente da un lettore non socialista de Il Lavoratore Friulano che si firma T.G. Magrini verrà successivamente sostituito, per motivi di salute, con il dott. Nicola Falanga.564 Alcuni atti del commissario Falanga sono chiari indizi della volontà di liquidare istituzioni comunali importanti per le condizioni di vita della popolazione operaia, ma sicuramente invise alla categoria dei commercianti per la loro funzione di calmiere: come la chiusura dell’Ente Comunale dei Consumi, la chiusura e cessione della macelleria comunale appena creata, la cessazione delle erogazioni della cucina economica e la liquidazione dello spaccio comunale: le prime due iniziative sono prese solo due settimane dopo la sua nomina. Questi atti dimostrano come la continuità della classe dirigente cittadina, dal clericomoderatismo d’anteguerra al fascismo postebellico, sia direttamente asservita a quelle categorie di commercianti che costituiscono, insieme con l’aristocrazia e la borghesia industriale, i segmenti del potere politico e sociale pordenonese.565 irreperibili. L’occupazione di Torre dopo un breve assedio e senza spargimento di sangue; I feriti in: APR, busta Pisenti avv. Piero. Cfr. inoltre la testimonianza di don Lozer nei tre libri citati in bibliografia. Il sindaco Pajer incita la popolazione alla resistenza con un discorso tenuto nel friulano di Cordenons, comunemente definito “folpo”, invitandoli ad unirsi tutti insieme come un mazzo delle sottili canne che vivono nelle sorgive del Noncello che bagnano il paese: testimonianza di Luigi Vidal, a lungo sindacalista dei tessili della Cgil ed autore di alcune ricerche sulla storia del movimento operaio pordenonese apparse sulla stampa locale. 561 APR, busta Pisenti avv. Piero, copia dei mandati di comparizione notificati dal giudice istruttore del Tribunale di Pordenone il 16 marzo ed il 26 agosto 1922. Mentre nell’ultima edizione della Storia della rivoluzione fascista di Chiurco non ci sono accenni all’invasione di Pordenone, ci sono in quella fiorentina del 1929. La versione fascista riferisce di scontri il 10 maggio, con feriti ed un ucciso, e l’assedio a Torre da parte fascista con mitragliatrici ed un cannone, fino all’arrivo delle truppe giunte da Udine. Il giorno dopo si divaga sul ferimento fantastico del fascista toscano Giuseppe Naldini, studente di enologia a Conegliano, colpito da revolverate tirate da comunisti nascosti nella casa di Ellero sindaco socialista! Non serve commentare l’attendibilità di questa fonte. Cfr.: CHIURCO, Giorgio Alberto, cit., Firenze, Vallecchi, 1929, terzo volume, pagg. 413-417. 562 Francesco Fiorot, Sacile 3 febbraio 1901- 16 luglio 1988. Catturato dai fascisti dopo la conquista di Torre, Fiorot viene portato nella sede del fascio: egli strappa la tessera del Psi (era iscritto alla sezione di Sacile) e l’ingoia per non farsela sequestrare. Un fascista suo compaesano fa il gesto di cercare di fargli ingoiare anche una bomba a mano, ma viene trattenuto dai suoi camerati. Fiorot viene infine rinviato a Sacile con la diffida a non ritornare a Pordenone. Dopo il licenziamento fa l’aiuto amministratore nell’azienda dei conti Brandolini a Cordignano (Tv). Successivamente riprenderà a fare il maestro ma, alla fine degli anni ‘30, quand’è ormai nato il primo figlio, dovrà iscriversi al Pnf per conservare il posto di lavoro (la tessera fascista, nel caso dei dipendenti pubblici, è obbligatoria). Ciò nonostante, la sua distanza dal fascismo viene rimarcata da aperti atti di disprezzo compiuti in presenza del figlioletto maggiore (come il farlo pisciare nel fez d’ordinanza). Nel dopoguerra, Fiorot è prima attivo nel Psiup e poi, dopo la scissione del Psli di Saragat, sarà il segretario della socialdemocrazia sacilese, legato in particolare all’on. Ceccherini. Contro di lui, consigliere comunale schierato all’opposizione, le amministrazioni democristiane arriveranno perfino - nel tentativo di fargli abbandonare il seggio consiliare - ad aumentare a dismisura le imposte comunali: fatto che lo costringerà a gravi sacrifici economici, pur di non diventare incompatibile presentando ricorso. Sarà assessore comunale all’istruzione all’epoca del primo centrosinistra; si distaccherà dall’impegno attivo per dissensi con la segreteria nazionale di Pietro Longo alla fine degli anni ‘70. L’impegno principale di Fiorot, è quello di svolgere gratuita azione di patronato, istruendo pratiche di assistenza sociale ed in particolare quelle di pensione dall’estero, seguite grazie all’amico Ceccherini. Fonte: testimonianza del figlio Antonio Fiorot. 563 I provvedimenti di sospensione e licenziamento sono in: ACPn, b. Fascicoli personale eliminati. Maestri. Lett. L. a Lett. Z., fasc. Sartor Pietro, copia conforme all’originale dattilografata in pari data, con timbro di emissione del mandato a firma del Commissario prefettizio U. Magrini del 21.5.1921; copia dattilografica, con annotazione a penna: Alla ragioneria in atti contab. Cfr. i testi in appendice. Purtroppo su tutta la vicenda pordenonese del 10-11 maggio, ma anche sui fatti dei mesi successivi, ci manca la documentazione di parte socialista, raccolta in una voluminosa inchiesta del 1921 e poi riprodotta l’anno successivo, senza però apportarvi significative modifiche: vista la data di compilazione, maggio-giugno 1921, i fatti di Pordenone come gran parte degli altri del Veneto non sono stati inseriti: cfr. ***, Fascismo. Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Milano, Avanti, 1922. 564 ACPn, Registro Giunta 1921: decreto del sottoprefetto e delibera commissariale n. 313 dell’11 maggio 1921; decreto prefettizio del 13 maggio 1921; decreto prefettizio dell’11 giugno 1921. LF, n. 22 del 29 maggio 1921, pag. 3, ANCORA I FATTI DI PORDENONE. PER LA VERITA’. 145 Lo stesso commissario procede a trattenere una giornata di lavoro ai maestri elementari che, nonostante i provvedimenti repressivi nei confronti dei loro colleghi Sartor e Fiorot, scioperano il 22 giugno. Pietro Sartor, in esilio da Pordenone ma non ancora emigrato all’estero, ha dedicato la settimana precedente un articolo sullo sciopero magistrale, pubblicato sul settimanale comunista Spartaco. I maestri sono scesi in lotta, nonostante la loro caratterizzazione ideologica prevalentemente patriottica, utilizzando la stessa forma di lotta degli operai “antipatriottici”, in quanto vessati da salari da fame e da condizioni di lavoro molto pesanti, dovendo assistere fino ad ottanta bambini ciascuno. Sartor ritorna sulle problematiche scolastiche in due successivi articoli, pubblicati in agosto. Nel primo compie un’analisi della situazione della scuola attuale: le percentuali di analfabetismo in Italia sono molto superiori a quelle di altri paesi europei e le leggi approvate per combattere questo fenomeno non vengono applicate. Per il governo la scuola è un peso; la borghesia inoltre continua a pensare che l’istruzione sia pericolosa in quanto è uno strumento di emancipazione delle classi popolari, a differenza delle borghesie dei paesi evoluti che concepiscono l’istruzione come fattore di crescita del sistema produttivo. Il corpo docente è moderato, gli insegnanti di sinistra sono pochi ed emarginati e l’insegnamento ne risulta complessivamente noioso e tale da spingere i ragazzi a formarsi sulla strada. Nell’ultimo articolo Sartor indica i criteri su come dovrà essere la scuola nella società comunista.566 Tutta una serie di altre iniziative, sia di Magrini che di Faranda, sono invece la continuazione dei programmi di attività comunale: i pagamenti dei lavori eseguiti lungo il Noncello, compresi quelli definiti arbitrari e compiuti dalle cooperative di lavoro come strumento di pressione sulle istituzioni; gli atti per l’assegnazione delle case operaie alle Casermette (in Via Molinari); gli appalti e convenzioni per l’ampliamento dei cimiteri. I lavoratori disoccupati sono un ostacolo troppo grosso per la reazione fascista: in quegli stessi giorni infatti, nonostante le spedizioni nel territorio circostante Pordenone, abbiamo visto come i lavoratori di Aviano riprendano inesorabilmente la realizzazione dei lavori arbitrari. Costituisce invece un grande vulnus all’autonomia del comune la redazione del bilancio preventivo 1921, redatto al posto di un’amministrazione che è stata estromessa con la forza e l’illegalità.567 7.2.13 - Vittoria socialista nonostante le violenze. Giolitti scioglie la Camera dei Deputati, giocando la sua vecchia politica trasformistica: questa volta egli punta al coinvolgimento ed alla legittimazione dei fascisti all’interno del blocco governativo, per usarli contro la sinistra, come nel passato aveva fatto con il voto cattolico. I socialisti presentano una lista con tutti e cinque i deputati uscenti (Basso, Santin e Vigna della provincia di Belluno e Cosattini e Piemonte di quella di Udine) e riproponendo fra gli altri Tito Zaniboni. Il Friuli occidentale è rappresentato dai pordenonesi Umberto De Gottardo e Giuseppe Ellero.568 L’attacco a Pordenone del 10 ed 11 maggio non rimane un episodio isolato. Usato come braccio armato della campagna elettorale della destra riunita nel Blocco, il fascismo fa affluire squadristi dal resto del territorio nazionale per costruire un’ossatura organizzata di “propagandisti” nel territorio, ove i nuclei locali non si siano ancora costituiti. La violenza squadrista si articola localmente con l’obiettivo di attaccare le istituzioni operaie del Pordenonese e si prolunga nelle settimane e nei mesi successivi, instaurando un controllo del territorio attraverso missioni punitive nei paesi circostanti.569 Durante le giornate dell’invasione fascista di Pordenone, i fascisti rastrellano ed arrestano militanti comunisti, accusati di detenere armi, a Torre, a Rorai Piccolo, a Roveredo. 570 Ad Aviano impongono di esporre la bandiera tricolore sul municipio e sequestrano Basso, definito uno dei capi comunisti (;) egli venne di lì a poco rilasciato dopo aver assunto formale impegno di troncare la sua propaganda bolscevica. Anche a Vallenoncello un camion di fascisti impone l’esposizione del tricolore e sequestra al sindaco un bandierone rosso che viene portato a Pordenone. 571 Al funerale del fascista Pischiutta a Sacile, a plastica dimostrazione dell’unità d’intenti della destra, parlano l’on. Gasparotto a nome della cittadinanza sacilese e l’avvocato Pisenti a nome della Federazione Friulana dei Fasci di Combattimento; a Pordenone il rag. Pruti a nome del Fascio di Pordenone e l’avvocato ACPn, Registro Giunta 1921: delibere commissario Falanga n. 384 del 24 giugno, 387 del 25 giugno, 528 del 29 luglio e 531 del 3 agosto 1921. 566 ACPn, Registro Giunta 1921: delibere commissario Falanga n. 379 del 22 giugno 1921. Spartaco, n. 1 del 16 giugno 1921, pag. 3, Lo sciopero dei maestri, n. 8 del 5 agosto 1921, pag. 4, Problemi sociali. La scuola e n. 19 del 19 agosto 1921, pag. 4, Problemi sociali. La scuola comunista. Cfr. i testi degli articoli in appendice. 567 ACPn, Registro Giunta 1921: delibere commissario Magrini n. 315 del 18 maggio e 356 del 4 giugno; delibere commissario Falanga n. 390 e 460 del 28 giugno, 462 del 2 luglio, 478 del 9 luglio, 479 del 10 luglio, 568 del 5 agosto, 575 del 7 agosto, 614 del 29 agosto, 640 del 28 agosto, 642 del 30 agosto, 643 del 5 settembre e 652 del 16 settembre 1921. 568 LF, n. 18 del 1° maggio 1921, pag. 2, ELEZIONI POLITICHE 1921. Circoscrizione Elettorale Udine-Belluno. CANDIDATI PRESENTATI DAL PARTITO SOCIALISTA. 569 Sulla guerriglia scatenata dai fascisti e sulle reazioni da parte di gruppi armati di Arditi del Popolo socialisti, comunisti e popolari nel Pordenonese cfr.: PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio,cit. 570 GU del 13 maggio 1921, pag. 3, La giornata di ieri. Le perquisizioni e gli altri arresti; I fascisti a Rorai Piccolo; Un altro arresto in: APR, busta Pisenti avv. Piero. 571 GU del 13 maggio 1921, pag. 3, Il tricolore sul municipio di Aviano; Sul municipio di Vallenoncello sventola il tricolore in: APR, busta Pisenti avv. Piero. 146 565 Policreti, che disse di parlare nella sua qualità di ultimo sindaco Nazionale prima dell’avvento bolscevico al potere; infine il rag. Covre come comandante delle squadre fasciste di azione in Pordenone. 572 Va sempre ricordato che quelli sono i giorni delle elezioni che vedono alleati nel blocco i vari spezzoni del vecchio gruppo dirigente liberale con i fascisti: ed infatti negli eventi pordenonesi a fianco di Pisenti, ormai diventato capo del fascismo friulano, troviamo il suo antico sindaco Carlo Policreti (che rivendica il carattere interventista della sua giunta) ed il sacilese on. Gasparotto. E’ l’intero blocco democratico-radicale che è transitato nelle file del fascismo, fornendo quei quadri politici che guidano, dando una parvenza di perbenismo e legalità, le squadre fasciste fatte affluire per gran parte dal Veneto, dalla Venezia Giulia e dall’Emilia. Gli antichi alleati dei socialisti non sono secondi a nessuno quanto ad infamie: è sempre l’ex sindaco a guidare i fascisti che strappano il manifesto per la pace stampato dai mutilati ed invalidi di guerra pordenonesi. L’avv. Policreti, seguito da un gruppo di fascisti, investì con insolenza due mutilati, strappando loro dalle mani gli avvisi che tenevano, e dicendo, ad essi che tutto avevano offerto e sacrificato alla Patria: “Andate a casa a piangere le vostre ferite”. Queste vili parole - afferma il settimanale repubblicano trevigiano Riscossa indegne d’un italiano, non possono non suscitare una fremente onda di sdegno in chi abbia cuore d’uomo civile, e sentimenti d’onestà. Riprendendo l’antica accusa contro la vanità del nobile avianese, viene rispolverato il motivo del rancore accumulato verso i socialisti fin dal 1913, quando si erano presentati autonomamente tagliandogli la strada all’elezione deputatizia: E l’avv. Policreti spererà forse in una futura candidatura fascista... Non si tratta solo di Policreti: anche un altro suo seguace politico, Omero Polon, si distingue in questi comportamenti vigliacchi: L’amico nostro Russolo Sante, mutilato di guerra, grande invalido, trovandosi in Piazza (era malvestito, forse in virtù della riconoscenza della Patria verso i suoi figli valorosi) fu aggredito da un gruppo di fascisti ed invitato al “comando” del sig. Polon. Arrivato colà, lo si schiaffeggiò e lo si sputacchiò in viso. Riconosciuto il grave errore gli si domandò scusa!... Quanto cinismo. E questo è quello che molti si ostinano a chiamar civiltà. Non è tutto. Tre fascisti si portarono alla Sezione Mutilati, armati fino ai denti, ed accompagnati da altri due capi del fascismo, invitarono il nostro amico mutilato Mazzoli, segretario della Sezione, a seguirli fino al “Kommando” dove sarebbe stato destinato a subire la sorte dell’amico precedente. A quell’invito, l’amico Mazzoli, rifiutò recisamente, accettando solo qualora fosse intervenuto il delegato di P.S. od il maresciallo dei Carabinieri. Non solo l’amico rifiutò di seguirli, ma anche di parlare con loro. 573 L’attacco fascista non si limita solo al Pordenonese ma tocca in quei giorni anche il resto del Friuli: a Pozzuolo viene sequestrato nella notte di sabato 14 maggio il fratello di Cosattini, Augusto, direttore della Filanda Masotti; i fascisti tentano parimenti senza successo di sequestrare due esponenti popolari; sequestrano lo stesso giorno a Tricesimo l’on. Ancona, candidato indipendente inviso al bloccardo ex radicale Girardini. L’episodio più grave avviene domenica 15 a Palazzolo dello Stella, dove i fascisti uccidono il capostazione socialista Alfredo Zerbini. Lunedì 16, il giorno dopo le elezioni, viene incendiata la Tipografia San Paolino ad Udine, ove i popolari stampano il loro quotidiano Il Friuli. L’aggressione alla tipografia cattolica provoca una dichiarazione di esplicita solidarietà politica da parte socialista con i popolari, di cui si riconferma di essere avversari, ma di cui ci ergiamo a difendere la suprema libertà, troppo spesso violentata: quella del pensiero. Ma, anche in questo caso, non si tratta di un episodio isolato ed è tutta la città di Udine a venire investita nella notte, come nei giorni prima è avvenuto a Pordenone. A differenza del capoluogo del Friuli occidentale però, la Casa del Popolo di Udine in Piazza Garibaldi viene energicamente difesa dai cordoni dei carabinieri. I fascisti trovano invece modo di raggiungere la tipografia, che sorge presso la sede della diocesi in Via Treppo, difesa da solo due agenti nonostante la polizia sapesse che si sarebbe tentato di distruggerla e vi appiccano l’incendio con il getto il alcune bombe. Solo il tempestivo intervento dei pompieri (ostacolati peraltro dai fascisti) evita che l’incendio si propaghi al palazzo vescovile, contro il quale viene lanciata una tanica di benzina. I tipografi udinesi scendono in sciopero per protesta ed il giorno dopo Il Friuli esce, stampato nella tipografia avversaria al posto del Giornale di Udine.574 Nei giorni successivi in città si mantiene una notevole agitazione; una manifestazione socialista viene dispersa martedì dai bersaglieri. Socialisti e popolari, congiuntamente, si recano in Prefettura per protestare contro l’atteggiamento delle forze dell’ordine, dichiarando la concorde deliberazione di socialisti e popolari di costituire una milizia cittadina a suprema difesa della libertà civile di tutti. La sede del Fascio viene occupata militarmente mercoledì e vengono arrestati per l’incendio della Tipografia San Paolino i fascisti Covre e Castelletti: ma nel pomeriggio arrivano numerosi fascisti dalla Venezia Giulia, capitanati dall’avv. Giunta di Trieste, che impongono alle autorità di P.S. la restituzione della sede e la liberazione dei due arrestati. I fascisti in serata si danno a correre sparando e picchiando nei quartieri popolari di Udine; anche in questo caso, nella centrale Via Poscolle, un fascista viene ucciso in uno scontro fra due squadre, una locale GU del 13 maggio 1921, pag. 3, Le tre città salutano commosse e riverenti la salma del giovane fascista ucciso. I funerali a Sacile; A Pordenone in: APR, busta Pisenti avv. Piero. 573 LF n. 22 del 29 maggio 1921, pag. 3, Non rispettarono neppure i mutilati!... Dedicato al “Giornale di Udine”. L’articolo si limita a riprodure quello del settimanale repubblicano. 574 Tiziano Tessitori segnala un singolare episodio di solidarietà antifascista, di cui non ho trovato riscontri né in altri testi, né nella lettura del quotidiano popolare Il Friuli dell’epoca: Fin dal tempo delle elezioni politiche, popolari e socialisti friulani s’erano sentiti solidali nella protesta e nella resistenza allo squadrismo fascista. E così, mentre i primi avevano provveduto al trasporto da Udine a Pordenone di nuove schede elettorali, in luogo di quelle date alle fiamme dai fascisti, dando modo ai socialisti di poter votare, i secondi avevano assicurato mercè la loro lega dei tipografi la continuazione della stampa del Friuli. Questa solidarietà aveva predisposto gli animi alla collaborazione, che fu affermata dal congresso provinciale socialista tenutosi a Cividale il 15 luglio del 1922. Cfr.: TESSITORI, Tiziano, Storia del Partito Popolare in Friuli, cit., pagg. 206-207. 147 572 ed una forestiera, che non si riconoscono. Le violenze continuano anche giovedì indisturbate, se si eccettua la vigilanza delle truppe alla Casa del Popolo: i fascisti impediscono con le armi in pugno la composizione de Il Friuli nella tipografia della Patria del Friuli; scioperi scoppiano in altre categorie; la gente, come a Pordenone, afferma che cussì no vìn vude paure nanchie sott i todèscs.575 Ma le violenze fasciste non riescono a piegare la resistenza popolare. Lo sciopero in tutte fabbriche pordenonesi e di Cordenons continuerà fino a lunedì 16 maggio, il giorno dopo le elezioni. Se i principali dirigenti socialisti non possono neanche andare a votare, il clima cittadino è segnato non solo dalle violenze fasciste, ma dalla compatta reazione dei lavoratori, cui fa seguito un compatto voto per la sinistra. I socialisti sono nuovamente il primo partito nel collegio, con 52130 voti, contro i popolari che seguono a ruota con 50921; i due blocchi (quello udinese e quello bellunese) riescono a totalizzare solo 48511 voti; l’ultima lista, quella “dei rimasti” - costituitasi per protesta contro le durissime polemiche della destra patriottarda organizzatasi alla guida dei profughi dopo Caporetto - ne ottiene solo 380. I socialisti ottengono diecimila voti più delle elezioni del 1919, favoriti anche dalla mancanza in questa circoscrizione della lista comunista. I comunisti hanno invitato all’astensione ma, come dimostra anche il caso dell’espulsione di qualche sezione per indisciplina, la loro base deve avere in parte votato per il Psi. I socialisti hanno cinque eletti: Cosattini, Basso, Piemonte, Ellero e Zaniboni. Questa volta quattro sono friulani (ivi compreso il mantovano Zaniboni) ed uno solo bellunese: i due deputati uscenti Vigna e Santin sono i primi dei non eletti. Quarto degli eletti è il pordenonese Ellero, che ottiene 19205 voti di preferenza, mentre l’altro candidato concittadino, De Gottardo, viene evidentemente sacrificato dalla disciplina di partito per non perdere anche questa volta l’occasione di eleggere un deputato locale: le sue preferenze sono infatti solo 93, rimanendo l’ultimo dei votati, a grande distanza dal penultimo che ne ottiene 977. In realtà la lettura del quotidiano popolare fa pensare a tutt’altro che ad una pur sotterranea unità d’azione fra socialisti e popolari, che sembra una proiezione a posteriori del clima ormai consolidato del centrosinistra in cui esce il libro di Tessitori oppure, nella migliore delle ipotesi, il frutto tattico dell’accelerazione violenta dello squadrismo. Mercoledì 11 maggio 1921 Il Friuli titola: La campagna elettorale macchiata ancora di sangue! Un morto e alcuni feriti in un conflitto tra fascisti e socialisti a Pordenone. Il crescente successo della pacifica battaglia d’idee del Partito Popolare Italiano. Gravissimo conflitto tra fascisti udinesi e socialisti a Pordenone, riportando sostanzialmente la versione fascista degli avvenimenti. Il giorno dopo (titolo: La guerra civile arde nelle campagne di Pordenone. La slista del Partito Pop. Italiano affermazione di pace civile verso la vittoria) l’equidistanza popolare dai due partiti, omologati nella responsabilità dello scatenamento della guerra civile, induce a proporre nell’editoriale: Giù ora le armi perché l’incendio fatalmente non divampi.Ci permettiamo di far presente questo dovere civico ai capi socialisti ed ai capi fascisti. Entri, consigliere saggio, un socialista autorevole in Torre di Pordenone e induca i suoi compagni ad affidarsi alla giustizia d’Italia Piccola spia dell’atteggiamento reale dei popolari, il titolo LA VERSIONE FASCISTA è composto con caratteri doppi rispetto a La versione del Municipio socialista. Sostanzialmente ambigui anche il giornale di venerdì 13 maggio, a partire dal titolo: CONTRO LA VIOLENZA. E, dopo aver fatto la crona del funerale del fascista Pischiutta ad Udine, si commentano i fatti di Torre auspicando pilatescamente che attendano tutti, calmi e sereni, il responso dell’autorità giudiziaria. Il Friuli chiede una sola cosa: che si raccolgano presto tutti gli elementi - testimonianze e perizie, - che presto i responsabili della vittima di Pordenone, come quella di Precenicco, sentano i rigori della giustizia. Nessuna presa di posizione di chiara condanna delle sistematiche violenze fasciste che da mesi stanno mettendo a ferro e fuoco tutto il nord Italia. Solo sabato 14 maggio si pubblica, a pag. 4, l’articolo I gravi fatti di Torre veduti in Torre, dove si afferma: Mercoledì nessuno andò al lavoro. La notizia dell’arrivo dei fascisti e delle seguite rappresaglie compiute in Municipio e nelle case dei capi partito rossi esasperò gli animi di tutti gli operai. Si temeva una incursione di fascisti a Torre e la conseguente distruzione delle Cooperative e Casa del Popolo nonché della canonica perché i signori chiamano il nostro parroco graziosamente il prete bolscevico. Per impedire la venuta dei fascisti gli operai lavorarono intensamente a ostruire tutte le vie di accesso al paese, si scavarono fosse, si misero reticolati, si piazzarono tre mitragliatrici, si ricercarono tutte le armi possibili; non per fare la rivoluzione, o per velleità comuniste, non per opporsi alle autorità, ma unicamente per impedire l’arrivo in paese dei fascisti. Torre era divenuta un fortilizio, era tutto disposto a sistema di guerra. Se i fascisti avessero tentato una irruzione, ne sarebbe successo un macello. Dalle finestre, dai tetti, dalle siepi era tutto un preparativo terribile. Essendo sparse le voci che i fascisti a Torre avrebbero fatto incendi e devastazioni, la massa operaia era compatta a difendersi ad ogni costo. Ma, dopo questa onesta presentazione, don Lozer (poiché è evidente che è lui a scrivere) rivendica non certo la solidarietà con la difesa di Torre, ma il fatto di essere andato a Pordenone ad avvertire le autorità della gravità della situazione. E, dopo la cronaca degli scontri, conclude: Noi siamo contrari al Comunismo, al bolscevismo a tutta la zizzania socialista rivoluzionaria, come siamo contrari al fascismo: questo e quelli espressione di violenza. Noi siamo per la legge e per la libertà. Gli operai aprano gli occhi, si persuadano che seguendo certe teorie stupide, utopistiche, vanno incontro alla loro rovina. Ritornino sulla via della onestà, ritornino ai principi cristiani i quali soltanto sono fonti di pace, di progresso, di giuste rivendicazioni. Si noti, ancora, lo spazio lasciato alla polemica contro socialisti e comunisti e quello, irrilevante, riservato a quella con i fascisti. Di seguito viene pubblicato (con l’incongruo titolo: NOBILE MANIFESTO) la presa di posizione della sezione del Ppi pordenonese: Cittadini! Gli avvenimenti di questi giorni rattristano ogni cuore. La nostra gentile e nobile città non deve essere teatro di guerra civile. PACE, PACE, PACE! Si rispetti ogni idea civilmente professata. In nome delle madri, delle spose, delle sorelle che trepidano, sospirano; in nome degli innocenti che soffrono, i partiti in contesa devono intendersi; i loro capi pattuire una tregua, una intesa per il rispetto al più sacro dei diritti, la vita; per il rispetto alla roba che è frutto di lavoro e di sacrifici, per la libertà, la inviolabile libertà di voto nella domenica prossima. Cittadini! Gli episodi di violenza, le scene di terrore, non sono degne di noi! Si perdoni dagli offesi con la generosità dei forti! Ritorniamo tutti al lavoro, alla ripresa delle nostre attività. La base del sotterraneo accordo per consegnare ai socialisti le schede elettorali bruciate dai fascisti in municipio, si potrebbe forse rintracciare proprio nella proposta di un’intesa per garantire il diritto di voto, formulata in questo manifesto. Ma poi, dopo le elezioni, i fascisti invadono Udine e distruggono la sede de Il Friuli. Ogni equidistanza è impossibile, e l’adunanza dei popolari friuani, attraverso il numero di fortuna del giornale uscito mercoledì 18 maggio, afferma finalmente che la tolleranza o la connivenza dell’Autorità politica ha creato uno stato anormale di cose nel Friuli, ove non sono garantite le più elementari libertà civili e i reati rstaano impuniti; è necessario perciò provvedere con ogni mezzo a difendere la libertà civile; e, constatao che gli ultimi avvenimenti hanno delineata, in questo campo, una naturale solidarietà di interesse di difesa della libertà tra il partito socialista e il partito popolare ritiene che, pur riaffermando le profonde differenze politiche, i due partiti possano unire precariamente le proprie forze esclusivamente in difesa della libertà (...). 575 LF, n. 21 del 22 maggio 1921, pagg. 1 e 2, VENDETTE D’ALTRI TEMPI. Dalla violenza contro le persone alla violenza contro le cose. Alfredo Zerbini; Cronaca dei sequestri; La devastazione della Tipografia S. Paolino. 148 Il voto socialista pordenonese si conferma uno dei punti di forza del collegio: i voti socialisti ripartiti secondo i vecchi collegi uninominali sono 7174 a Pordenone, 6580 ad Udine, 5067 a Tolmezzo, 3522 a San Vito al Tagliamento, 3153 a San Daniele-Codroipo, 3010 a Spilimbergo-Maniago, la stessa cifra a Palmanova-Latisana, 2872 a Gemona-Tarcento, 2358 a Cividale e 15384 nella provincia di Belluno (8372 a Belluno, 4532 a Feltre e 2142 a Pieve di Cadore). I popolari eleggono Biavaschi, Fantoni, Tovini e Tessitori; il blocco Ciriani, Gasparotto e Girardini: anche se nessuno dei tre è fascista (anzi Ciriani assumerà successivamente un atteggiamento fortemente antifascista) i due ex radicali sono ormai sulla strada della confluenza nel partito mussoliniano. Nel Friuli occidentale i socialisti confermano praticamente tutti i loro punti di forza, fra cui alcuni comuni in cui sono all’opposizione nelle amministrazioni comunali, come Sacile, Brugnera, Caneva, Budoia, Polcenigo, Porcia e Roveredo, retrocedendo al secondo posto solo nei comuni di Maniago, Fontanafredda, Barcis e Cordovado (per soli due voti): in tutti questi casi è il Blocco a prevalere. Il Psi conferma la sua forza, prodotto di una presenza rilevante delle leghe contadine rosse e di quelle degli edili a San Vito al Tagliamento (dove segue per pochissimi voti di differenza il Ppi), a Sesto al Reghena, ad Azzano Decimo, a Pasiano, a Montereale, nella stessa Chions dove il fascista Covre ha cercato di organizzare i contadini 576. I socialisti sono quindi compattamente la prima forza politica sia nei mandamenti di Pordenone, Aviano e Sacile e sono riusciti a penetrare in quel Sanvitese che prima della guerra era una vera e propria Vandea. Nel collegio di Spilimbergo-Maniago invece, pur confermando Spilimbergo e Pinzano, e con un risultato maggioritario ad Arba (in pareggio con il Ppi) ed a Frisanco, il risultato è più modesto, così come è deludente il risultato dei popolari: ambedue i partiti, e particolarmente quello cattolico, subiscono ancora il “fenomeno Ciriani”, che spazia dall’elettorato democratico-combattentistico a quello dei due partiti di massa. Riuscendo perfino a stupire, i socialisti trionfano a Pordenone (con 1962 voti, contro 381 per il Ppi e 641 per il Blocco) dimostrando non solo la fierezza e la resistenza della classe operaia locale ma anche una notevole capacità organizzativa, riuscendo a sostituire le schede che erano state bruciate e vincendo un clima di pesante oppressione. Con il risultato elettorale, strappato in condizioni praticamente impossibili, i socialisti liquidano in un sol colpo tutta la propaganda borghese che vorrebbe la città - ed anche la classe operaia liberata di dirigenti ormai screditati.577 7.2.14 - L’attacco Portogruarese. fascista alle giunte rosse del A sud del Pordenonese è collocato il lembo estremo della provincia di Venezia, il mandamento di Portogruaro che fino all’inizio dell’epoca austriaca aveva fatto parte del Friuli e che tutt’ora è unito al Friuli occidentale dalla comune appartenenza alla Diocesi di Concordia. I legami non sono solo religiosi, anche se questo piano è estremamente importante per la comunanza delle vicende del movimento sociale e politico cattolico: è la stessa comune matrice del paesaggio agrario a fare del Portogruarese, in continuità con il Sanvitese, il centro della vita economica tradizionale del territorio ad ovest del Tagliamento. Secondo Cesare Gottardo, la divisione amministrativa del 1818 provoca una cesura che spacca quello che è il cuore dell’agricoltura di questa parte del Friuli. Sulla sponda sinistra del Tagliamento il cuore della vita del settore e delle popolazioni è nell’alta pianura e nella zona delle colline moreniche, mentre verso il mare il territorio diventa in gran parte paludoso e malarico; invece alla destra del fiume i rapporti sono invertiti: a settentrione l’alta pianura è arida e condanna la gran parte degli abitanti all’emigrazione, ad ovest di Pordenone c’è la landa desertica dei Camolli (ma Gottardo non si accorge di questo dato) mentre l’area colturale principale, ove si insedia una grande proprietà a conduzione prevalentemente mezzadrile si colloca nel sud-est dell’area, fra San Vito dove si collocano enormi proprietà come quella dei conti Rota e Portogruaro. 578 In realtà, al ragionamento solamente agronomico di Gottardo sfugge un dato unificante al di sopra dei confini provinciali: quello politico. E’ da Portogruaro che fino al 1917 viene diffuso in tutto il Friuli occidentale il settimanale diocesano La Concordia, organo delle battaglie del direttore don Giordani, di don Lozer e di don Concina; è da Portogruaro che dopo il tentativo di linciaggio del vescovo Isola al ritorno delle truppe italiane nel 1918 i sacerdoti progressisti guidano il tentativo (parzialmente riuscito) di trasferire la sede vescovile a Pordenone. Ma - pur nella mancanza di collegamenti accertati fra i socialisti pordenonesi e quelli portogruaresi - è da sud che spira attraverso i confini politici il vento della rivolta. Non a caso proprio ai confini con il territorio veneziano sorgeranno le combattive esperienze delle leghe contadine rosse di Pravisdomini e di Cordovado, quest’ultima organicamente integrata nel movimento sindacale e cooperativistico portogruarese. Quelle che - viste dal Friuli - sembrano delle anomalie in una zona bianca, Cfr. i documenti riprodotti da: PILLOT, Pier Paolo e CAMISA, Livio, cit., pagg. 255, 259 e 260. LF, nn. 21 del 22 maggio 1921, pag. 1, Né frodi di governo, né violenze borghesi valgono ad arrestare il cammino del Socialismo. Il Proletariato Friulano e Bellunese risolleva la sua fiammante bandiera. 10.000 voti in più delle passate elezioni - I blocchi clamorosamente battuti e pag. 2, Vigliaccheria avversaria e Il Socialismo è più vivo e forte che mai, lettera di Giuseppe Ellero che testimonia, nella giornata di venerdì 13 maggio, la condizione in cui vivono i socialisti della città sotto occupazione fascista. Per i risultati elettorali comune per comune: LF, n. 24 del 12 giugno 1921, pag. 3, Perché sia ricordata la nostra vittoria. La diversa somma risultante dai risultati del Bellunese è causata dai dati forniti in maniera disomogenea nei due numeri del settimanale socialista. Cfr. il testo di Ellero ed i risultati dei voti nel Friuli occidentale in appendice. 578 GOTTARDO, Cesare, cit., pagg. 37-38; sul ruolo dei conti Rota cfr.: SPADARO, Stelio, cit., pag. 179. 149 576 577 sono in realtà i sintomi della diffusione di un grande movimento di lotta contadino egemonizzato dai socialisti. Parafrasando il Tomizza che narra la vicenda del vescovo di Capodistria Pier Paolo Vergerio il Giovane, che passa alla Riforma luterana, in questo caso il male viene dal sud.579 Parlando dello sviluppo del socialismo nel Veneto orientale, Imelde Rosa Pellegrini afferma: Non è chiaro da dove giungano nel Portogruarese le prime scintille di socialismo: forse dal Pordenonese, dove è presente un precoce inserimento industriale già nella seconda metà dell’ottocento, forse dal capoluogo veneziano, dove sono già vive a fine secolo le prime organizzazioni operaie o forse dalle regioni del centro Europa dove gli emigranti hanno cominciato a dirigersi con sempre maggiore incidenza proprio all’inizio del secolo scorso. Ma, a differenza del Pordenonese, dove prevalgono le presenze operaie (sia nell’industria che nell’emigrazione) nel Portogruarese la presenza socialista appare nel primo decennio del Novecento in un ambiente prevalentemente agricolo, fra braccianti e mezzadri.580 Ma la presenza socialista rimane marginale a causa dell’ostilità dei contadini, controllati politicamente dalla chiesa: solo nel 1913 il Psi si presenta con un proprio candidato nel collegio di Portogruaro, proponendo il futuro capo massimalista del dopoguerra Giacinto Menotti Serrati, allora segretario della Camera del Lavoro di Venezia. E’ in questa campagna elettorale che nascono le prime due sezioni socialiste a Portogruaro ed a Concordia Sagittaria, ma il peso reale del partito appare marginale, con 223 soli voti in tutto il territorio del Portogruarese e del Sandonatese, a fronte dei 7600 voti del candidato clericale-moderato Sandrini (fratello di un importante esponente della curia vescovile) che si impone sul deputato uscente, il radicale Vittorio Moschini (3319 voti). Nei confronti del deputato uscente i cattolici si mobilitano in seguito al Patto Gentiloni, soprattutto per le posizioni assolutamente contrarie all’insegnamento religioso espresse da Moschini in parlamento in occasione della mozione Bissolati sulla materia, discussa nel febbraio 1908. Dall’altro lato, i socialisti non potevano appoggiare un parlamentare che si era speso a favore della guerra colonialista per conquistare la Libia.581 Ben diverso è lo sviluppo del socialismo nel dopoguerra, quando i contadini asserviti da secoli di sfruttamento bestiale si rivoltano al momento del ritorno dalle trincee. Alla dura condizione dei contadini pordenonesi, quelli della fascia costiera assommano un’ulteriore disgrazia: quella della malaria che viene dalle lagune.582 Risorgono le organizzazioni socialiste di prima della guerra ed altre nascono, come le leghe di lavoratori edili, della terra e delle filandiere: un movimento che deve tener conto che si tratta di dare una coscienza di classe a una massa vergine all’idea socialista, e che per il passato fu sempre refrattaria. Il movimento sindacale socialista arriva ad organizzare la grande maggioranza dei contadini del mandamento; nel giugno 1919 sorge la Camera del Lavoro di Portogruaro. Sarà questo movimento a sostenere la vertenza con gli agrari per la trasformazione della colonìa in affitto e la diminuzione delle spettanze destinate ai proprietari (anche qui come in Friuli si chiede la divisione al 60% per il mezzadro ed al 40% per il proprietario e l’abolizione delle regalie) conclusasi con un compromesso nell’agosto del 1920. Durante la lotta i socialisti organizzano una imponente manifestazione il 1° maggio, cui partecipano diecimila persone, conclusa da un comizio dell’udinese Giovanni Cosattini. Alla Camera del Lavoro di Portogruaro aderiscono anche le leghe dei braccianti e dei mezzadri di Cordovado.583 Nel maggio 1920 la rivendicazione degli edili di San Michele al Tagliamento, impegnati nei lavori di arginatura del Tagliamento a Bevazzana (lavoro quanto mai necessario in questa plaga flagellata da gravi inondazioni) e non pagati da settimane, si trasforma in una violenta rivolta. Il comportamento provocatorio delle forze dell’ordine scatena la furia dei manifestanti, che assediano i carabinieri nel municipio, lo incendiano e disarmano infine i militari in fuga.584 Alle elezioni politiche del dicembre 1919 nel collegio di Portogruaro-San Donà di Piave i socialisti realizzano un enorme balzo in avanti, raccogliendo 2741 voti, contro i 2786 del liberale Sandrini. 585 Il successo viene confermato dalle elezioni amministrative del 1920: viene eletta un’amministrazione socialista a Portogruaro, guidata dal sindaco Luigi D’Iseppi e forte di 22 consiglieri contro gli 8 democratico-liberali. Il primo atto della nuova amministrazione è l’esposizione della bandiera rossa dal balcone del palazzo municipale. Se il sindaco è esercente, i consiglieri sono in gran parte lavoratori - prevalentemente contadini e per gran parte rappresentano il movimento sindacale e cooperativistico attivo in quei mesi. A Concordia è eletto sindaco Guglielmo Bellomo, segretario della Camera del Lavoro di Portogruaro. A Fossalta di Portogruaro l’esposizione della bandiera rossa è occasione per la minoranza per tacciare i socialisti di essere antipatriottici. Complessivamente i socialisti trionfano in nove degli undici comuni del mandamento, con la sola esclusione di San Michele al Tagliamento e di Gruaro dove vincono i popolari (proprio a Gruaro ha sede TOMIZZA, Fulvio, Il male viene dal nord. Il romanzo del vescovo Vergerio, Milano, Mondadori, 1984. ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pag. 121. 581 ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pagg. 126-130; su Vittorio Moschini cfr.: MALATESTA, Alberto, Ministri, cit., secondo volume, pagg. 229-230; 582 E che si aggraverà durante la guerra, sia per la requisizione delle scorte di chinino da parte degli occupanti austroungarici (le cui truppe a loro volta sono falcidiate dalla malaria nelle trincee sul basso Piave), sia per il trasferimento coatto della popolazione dai comuni malarici del Sandonatese a quelli della Bassa Friulana prospicenti la laguna di Marano, con il risultato di una recrudescenza dovuta alla promiscuità, agli alloggi provvisori ed alle privazioni alimentari. Cfr.: CORNI, Gustavo, Il Friuli Occidentale nell’anno dell’occupazione austro-germanica 1917-1918, cit.; l’argomentazione è ripresa dallo stesso autore in: id., Storia della società friulana, cit., pagg. 56-57. 583 ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pagg. 170-181 (la citazione è tratta da Il Secolo Nuovo, settimanale socialista veneziano, del 23 agosto 1919). 584 ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pagg. 193-196. 585 ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pag. 189. 150 579 580 la cooperativa di lavoro che condivide i suoi soci con Cordovado 586). La vittoria è completata dall’elezione di quattro dei cinque consiglieri provinciali del mandamento (il quinto è un popolare). 587 I fascisti in particolare deprecano il fatto che a reggere le amministrazioni locali siano giunti, con i socialisti, rappresentanti di quel proletariato agricolo da secoli oppresso dalla proprietà fondiaria: Ognuno al suo posto, i biavaroli vadano a vender formaggio e scope. I mureri vadano a lavorar di cazzuola. I bolscevichi pure vadano a contemplarsi l’ombelico nell’adorazione del loro puzzolentissimo dio Lenin. (...) Al municipio ci vogliono amministratori che sappiano presentarsi ad una cerimonia civile, senza sterco di vacca incollato alle scarpe. Niente meglio di questa prosa, ampiamente esemplificativa di un linguaggio fascista che nei confronti dei socialisti sa dare espressione al peggio del turpiloquio, dà rappresentazione al vero e proprio razzismo della classe dirigente nei confronti delle masse lavoratrici che hanno osato assurgere alla gestione di un potere riservato solo ai padroni.588 Anche nel Veneto orientale l’aggressione fascista si scatena nella vigilia elettorale. Contro le amministrazioni socialiste si appunta specificamente la campagna di violenze e denigrazione del fascismo portogruarese, al quale aveva aderito prontamente l’on. Sandrini già il 3 settembre 1920. Il deputato moderato, fratello del vicario della diocesi, ritornato in parlamento diventa uno dei sostenitori dell’avventura fiumana di D’Annunzio.589 Una delle prime prodezze delle squadre fasciste, collegate con quelle che agiscono nel Veneziano, nel Pordenonese e nella zona di Latisana come la “Disperata”, è l’attacco e l’interruzione della manifestazione del 1° maggio 1921 a Portogruaro, che aveva richiamato dalle 6000 alle 7000 persone: anche in questo caso si nota una coincidenza temporale con l’attacco fascista a Pordenone dei giorni successivi. L’ondata fascista appare omogena e continua e, partita da sud nel Portogruarese, si espande la settimana dopo nel Pordenonese per giungere in quella successiva del Friuli centrale. Ma anche nel Portogruarese, nonostante la crescita delle violenze fasciste (che giungono all’attacco alla Camera del Lavoro ed alle principali amministrazioni comunali rosse) viene confermata la predominanza socialista. In questo territorio i socialisti confermano la loro forza, con 49.894 voti (sono il secondo partito nel collegio Venezia-Treviso, per il predominio popolare nel trevigiano, mentre mantengono il primo posto in provincia di Venezia e nel Portogruarese). Nel collegio di Venezia-Treviso, a differenza del Friuli, si presenta anche il neocostituito Partito Comunista: ma il risultato elettorale dei comunisti veneziani è minimo: 2865 voti. In quest’area l’adesione di dirigenti di primo piano del Psi al Partito Comunista avverrà in una fase successiva, quando il Pci riorganizzerà la sua rete locale alla fine del fascismo: è il caso del segretario della CdL e sindaco di Concordia Guglielmo Bellomo. Fra i primi aderenti al Pcd’i a Portogruaro c’è il capogruppo del sindacato ferrovieri Oscar Buffolo, che subisce una aggressione fascista nel marzo 1921. Buffolo è l’organizzatore dello sciopero dei ferrovieri del mese successivo nella stazione di Portogruaro, che gli frutta anche un’ispezione dalla quale esce però indenne perché viene dimostrata la spontanea e generale adesione dei compagni di lavoro all’agitazione. Le violenze fasciste sono tali che a Portogruaro nel settembre 1921 verrà proclamato il coprifuoco e l’Amministrazione Comunale sarà costretta a far scortare i suoi assessori, mentre il sindaco D’Iseppi farà emettere fogli di via verso i fascisti e le forze dell’ordine dovranno richiedere rinforzi per presidiare i punti strategici della città. 590 Le amministrazioni socialiste del Portogruarese daranno le dimissioni prevalentemente nel 1923, fiaccate dai ritardati pagamenti dei danni di guerra, sostituite da commissari prefettizi dopo uno stillicidio di ispezioni governative.591 7.2.15 - Primi tentativi di conciliazione e nuove violenze. Dopo gli avvenimenti di maggio il Psi pordenonese si trova in una strana posizione. Il partito esce moralmente e politicamente vittorioso da una campagna elettorale in cui la violenza l’ha fatta da padrona ma non è riuscita a sconfiggere il partito sul piano elettorale, neanche nella città occupata militarmente dagli avversari appoggiati dalle istituzioni pubbliche. Il successo è netto, tutte le roccaforti socialiste nel territorio sono riconfermate, le poche amministrazioni in crisi sono marginali (come Fontanafredda e Barcis). Il Psi si conferma il primo partito a livello provinciale e nazionale. A sancire ulteriormente questo risultato giunge l’attesa elezione di Giuseppe Ellero alla Camera dei Deputati. La stessa scissione comunista appare fortemente ridimensionata: il Pcd’i in questo collegio non è stato capace di presentare la sua lista, il suo principale dirigente Sartor (per altro nobilmente difeso dal Psi) è in carcere, l’organizzazione del nuovo partito è divisa dalla scelta astensionistica. Sul settimanale socialista friulano leggiamo in questi giorni, nella cronaca goriziana, della scelta astensionistica della sezione di Idria, Cfr. più avanti la documentazione dell’archivio comunale di Cordovado. ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pagg. 190-193 e 206. 588 ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pag. 220. La citazione è tratta dal periodico fascista veneziano Italia Nuova dell’8 dicembre 1921. 589 L’on. Sandrini, al momento della liberazione di Portogruaro dagli austriaci, è uno dei protagonisti dell’episodio della violenta aggressione al vescovo mons. Isola, accusato di austriacantismo, con il probabile obiettivo di insediare sul seggio concordiese il fratello: cfr. a tal proposito: CHIANDOTTO, Vannes, Stato e Chiesa nel Friuli occidentale, cit.; MARIUZZO, Flavio, cit. 590 Imelde Rosa Pellegrini non lo rileva, ma Oscar Buffolo è l’organizzatore sindacale socialista che negli anni precedenti ha dato vita ad un grande movimento sindacale dei disoccupati a Sarone. ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pagg. 208-210, 220, 224-225, 233 e 234-237. 591 ROSA PELLEGRINI, Imelde, L’altro secolo, cit., pag. 239. 151 586 587 resa pubblica da un manifesto che contesta le iniziative elettorali della federazione provinciale, mentre da parte socialista inizia la campagna contro le presunte malversazioni del neodeputato comunista Tuntar (l’unico eletto di sinistra ed italiano in una provincia in cui hanno stravinto i deputati della lista nazionale slovena) nella sua funzione di direttore della Cassa di assicurazione malattia di Gorizia. 592 L’attacco fascista ha neutralizzato l’organizzazione comunista. pordenonese. Ancora nella seconda metà di giugno la situazione (...) continua ad esser grave, malgrado gli accordi stipulati fra fascisti e socialisti. I pochi nostri compagni rimasti al loro posto, non possono esplicare la loro attività, perché continuamente sorvegliati dagli eroi del tricolore.593 La situazione del Pcd’i è aggravata dal ritorno al Psi di qualche realtà di base: la sezione di Valeriano viene espulsa dal Pcd’i per indegnità proletaria. Dato che il comunicato emesso da Giovanni Colonello per la Federazione provinciale non precisa i motivi del provvedimento, possiamo solo indovinare, e non ci stupiremmo che la rottura nascesse dal rifiuto dei compagni di quel paese di astenersi dalle votazioni politiche cui la lista comunista non era presente. Infatti in una lettera aperta Arrigo Petris li avverte che le accuse contro il comunismo portate dai socialdemocratici sono destituite di qualsiasi fondamento e che perciò non dovete dar retta alcuna ai loro “Vieni meco”. 594 E’ probabile, anche se non ne abbiamo conferme dirette, che sia in quest’epoca che va consumandosi la crisi di quei compagni che, come gli ex assessori comunali Marzot e Brusadin, troveremo di nuovo nel Psi negli anni successivi. Anche se si segnala un certo attivismo comunista nel Pordenonese, sia sul piano sindacale (guidato dal segretario della Camera del Lavoro Ernesto Oliva) che su quello della resistenza armata ai fascisti nei gruppi degli Arditi del Popolo, è probabile che il settarismo della linea seguita dal Pcd’i nei primi anni di vita e dall’altra parte il magnete rappresentato dall’organizzazione socialista ancora forte e capace di mantenere il controllo delle principali strutture del movimento operaio, abbiano fatto rientrare almeno in parte gli effetti della scissione. Tengasi inoltre conto che, a dare l’impressione di una maggiore presenza comunista nel territorio, quando si trova la definizione di comunisti nella stampa dell’epoca, ci si riferisce spesso ad esponenti della maggioranza massimalista del Psi. Ma dall’altra parte c’è il dato di fatto della sospensione dei poteri dell’amministrazione democraticamente eletta di Pordenone e la mano libera assicurata agli avversari attraverso la gestione commissariale. Si tratta di una contraddizione stridente: il Psi rimane il partito egemone nel Pordenonese, ma i suoi dirigenti principali sono al bando dalla città e le leve del potere locale sono loro sottratte. C’è in qualche modo un’urgenza, quella di ritornare alla guida dell’Amministrazione Comunale, di ripristinare la legalità. Ecco quindi che già alla fine di maggio si giunge ad un accordo fra socialisti e fascisti per il ripristino dell’Amministrazione Comunale di Pordenone. L’accordo viene reso pubblico con un manifesto: “Il Sindaco e gli altri Amministratori del Comune, nessuno dei quali è dimissionario, torneranno dopo la bufera di questi giorni, col rispetto di tutti, al loro ufficio, perché è giusto che il Comune torni ad avere la naturale sua amministrazione.”595 L’accordo avviene in un clima in cui i socialisti sono portati letteralmente in trionfo dalla loro base, vittoriosa nelle recenti elezioni. Non chinano la testa, anzi rivendicano tutta la loro forza di fronte ad un avversario che ha potuto prevalere solo momentaneamente e grazie all’appoggio delle istituzioni dello Stato. Il nostro deputato on. Ellero giornalmente visita i Comuni del Collegio e dovunque è accolto da plebiscitarie dimostrazioni di entusiasmo e di fede. Dovunque è costretto a parlare alla enorme massa di popolo che festosamente lo accoglie, lo ascolta e lo applaude. Le dimostrazioni improvvisate si susseguono in modo impressionante e dovunque di riscontra che il socialismo, dopo le giornate del terrorismo bianco e bleu, è più vivo LF, n. 23 del 5 giugno 1921, pag. 4, Veleno tuntariano, Il “signor” Tuntar e la legge, I punti sugli “I” e Disciplina e onestà comunista. Giuseppe Tuntar di Visinada, giovane seminarista conquistato al socialismo dal dott. Ritossa (il medico del paese che successivamente fu l’amato sindaco della prima amministrazione rossa dell’Istria) rinunciò a dare i voti e divenne uno degli esponenti di primo piano del socialismo istriano. Si era poi trasferito nel 1909 a Gorizia, assunto come direttore dalla Cassa di assicurazione malattia conquistata dai socialisti. Nel dopoguerra emerge come l’esponente più importante della sinistra del Psi e poi del Partito Comunista ed in tale veste diventa direttore de Il Lavoratore e viene eletto nel 1921 deputato nel collegio di Gorizia. Dopo l’elezione alla Camera, Tuntar pronuncia un forte discorso contro il regime di occupazione militare italiano della Venezia Giulia, le violenze fasciste e le condizioni precarie in cui versano i lavoratori a causa della mancata ricostruzione: esso viene stampato dal Pcd’i come opuscolo di propaganda e gira ancora negli anni ‘30, come afferma Vincenzo Marini nell’introduzione alla ristampa di cinquant’anni dopo. Secondo Piemontese, Marini e Patat Tuntar è minato da gravi malattie (asma e tubercolosi) che lo portano all’assuefazione alla morfina, assunta per ragioni terapeutiche ma soprattutto per reggere i carichi di lavoro, il che lo rende soggetto ad un comportamento collerico ed irriflessivo. In realtà lo “scandalo” goriziano è più dovuto al boicottaggio dell’apparato socialista della Cassa contro di lui ed alla sua impazienza di farsi giustizia da solo: l’episodio produce delle conseguenze con la temporanea rottura fra Tuntar ed il Pcd’i, poi recuperata. Tuntar morirà nell’esilio in Argentina nel 1940, ove continuerà l’attività antifascista. Cfr.: PIEMONTESE, Giuseppe, cit., in particolare pagg. 435-436; TUNTAR, Giuseppe, Il Martirio del Proletariato nella Venezia Giulia, Trieste, Federazione autonoma triestina del Pci, 1971; PATAT, Luciano, Giuseppe Tuntar, Udine, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, 1989, pagg. 49-50. Sul contributo di Tuntar al dibattito del socialismo istriano sulla questione nazionale, cfr.: CATTARUZZA, Marina, Socialismo adriatico, cit. Va detto che, a differenza dei compagni friulani che riescono a reggere le polemiche comuniste con un atteggiamento calmo ed unitario, i socialisti goriziani e triestini - probabilmente per la loro condizione minoritaria rispetto al fortissimo partito comunista - si dedicano a polemiche violentissime non solo nei confronti di Tuntar: ne sono un esempio quelle nei confronti del dirigente contadino Giovanni Minut, su cui si rovesciano violente accuse ancora quando egli è ancora iscritto al Psi. Una polemica frontale e senza esclusione di colpi è quella che contrappone socialisti e comunisti a proposito del controllo delle Cooperative Operaie di Trieste: cfr. le annate 1921-1922 de Il Lavoratore e Il Lavoratore Socialista e RANCHI, Sergio, ROSSI, Marina, COLLI, Mario, Il Lavoratore. Ricerche e testimonianze su novant’anni di storia di un giornale, Trieste, Dedolibri, 1986, pag. 45. 593 Spartaco, n. 2 del 23 giugno 1921, pag. 3, DA PORDENONE. 594 Spartaco, n. 3 del 30 giugno 1921, pag. 3, RADIAZIONE e AI COMPAGNI DI VALERIANO. 595 LF, n. 23 del 5 giugno 1921, pag. 4, Al nostro posto. 152 592 che mai e i socialisti si sono raddoppiati. A Sacile come a Caneva, Sarone, Tamai, Brugnera, Maron, Puia, Prata, Porcia, Rorai Piccolo, Rorai Grande, Torre, Cordenons, Vallenoncello, Aviano, Marsure, Montereale, S. Leonardo, ecc. ecc. si sono avute dimostrazioni indimenticabili. Mai prima d’ora si erano viste cose simili. Tutto il popolo accorre nelle piazze e l’automobile che conduce il nostro compagno ritorna ogni sera a casa ricoperta di fiori che la gentilezza delle donne del proletariato prodigano senza risparmio. 596 Intanto vengono rilasciati gli arrestati di maggio - fra essi Pietro Sartor - e si costituisce un Comitato pro vittime politiche del Pordenonese con sede presso la Camera del Lavoro, che fa appello alla sottoscrizione da parte delle organizzazioni, dei singoli operai e dei comuni socialisti. Il comitato è presieduto dal comunista Costante Masutti.597 La liberazione dei prigionieri produce un’entusiastica manifestazione a Torre, dove vengono accolti gli eroi delle barricate antifasciste. La sera del 30 maggio, quando come un baleno si sparse la voce della loro liberazione, tutta Torre si riversò nelle strade ad incontrare i liberati. Vecchi, adulti, donne, bambini movevano insieme, rattenendo la gioia per poi manifestarla, con commovente semplicità, in una inenarrabile effusione di baci e di lacrime quando i nostri cari compagni furono tra essi, impotenti, per l’emozione, a ringraziare tutti, a stringere a tutti la mano protesa in atto di fraterno saluto. Significativo oltre ogni dire fu l’offerta di fiori da parte delle nostre donne e degli alunni delle scuole; quest’ultimi, partecipi della gioia comune, circondarono il maestro Sartor, né lo vollero più lasciare per tutta la serata. Benché i compagni scarcerati fossero stanchi e desiderosi di riabbracciare i loro cari, la moltitudine non volle lasciarli ed in corteo mosse verso il paese al canto dei nostri inni, fra un entusiasmo indescrivibile. Insistentemente chiamato, il comp. Sartor parlò, dicendo della commozione che riempiva l’animo di tutti in quell’ora e dello strazio sofferto, delle persecuzioni e percosse patite; sciolse infine un inno alla fede nostra, asserendo come le dure prove, anziché fiaccare, valsero a rafforzare ed ingigantire la fede in un ideale di giustizia e libertà fra la gente del lavoro. Quale diversità di toni con le corrispondenze, sulla stessa pagina, dal Goriziano. Come se provenissero da due mondi completamente differenti (e forse in un certo senso l’antico confine aveva reso effettivamente tali le due parti del Friuli), qui si dà notizia dell’entusiasmo popolare, anche con toni commoventi, come il contatto fisico da parte della popolazione di Torre con i suoi difensori, che arriva all’idillio del maestro Sartor attorniato dai suoi allievi. Altro che feroce comunista: quello che è ormai il capo riconosciuto della sinistra di Torre viene acclamato nel comizio ed i socialisti gli si stringono attorno in un’unità di classe che contrasta in modo stridente con le feroci polemiche che dividono la sinistra goriziana. Là invece, si attaccano settimanalmente con toni feroci i comunisti, descritti come un gruppo di prepotenti prevaricatori. E’ facile capire come traspaia da questa differenza di toni la tranquilla egemonia socialista nel Pordenonese (oltre al caso di Pordenone, ad esempio, non si segnalano in questi mesi altre prese di distanza di amministratori locali per passare al Pcd’i), che può permettersi il lusso di convivere con un’organizzazione sindacale a maggioranza comunista senza alzare i toni della polemica, mentre i socialisti del Friuli orientale, nettamente minoritari, reagiscono in modo settario.598 L’entusiasmo socialista fa perdere letteralmente le staffe ai fascisti i quali, con il loro inconfondibile stile, minacciano il neodeputato dalle pagine del Friuli Fascista: “Avvocato Ellero! Ci consta che, dopo il ritorno dalla fuga, dopo avere gesuiticamente sollecitato la pacificazione degli animi, state rialzando la testa e andate diffamando il fascismo. Vi hanno udito incitare le madri ad insegnare ai figli l’odio ai fascisti. Vi hanno udito definire il fascismo la “nuova delinquenza”. Noi, intanto, prendiamo nota. Il saldo dei conti può raggiungervi, indifferentemente, a Pordenone, a Udine, a Milano e a... Montecitorio. Giriamo la presente a Mussolini. Quelli della DISPERATA”.599 La polemica nei confronti dell’arroganza fascista e della copertura concessale dalle forze dell’ordine ha luogo da Udine e da qui continua anche nel numero successivo, poiché probabilmente nel capoluogo di provincia si è rifugiato qualche dirigente del Psi pordenonese impedito per motivi di sicurezza di risiedere nella sua città. Infatti a partire dall’8 giugno c’è una recrudescenza della violenza: è fuori discussione che la votazione plebiscitaria data alla nostra lista dal proletariato pordenonese è la ragione permanente dell’indignazione avversaria. Come del resto la sconfitta bloccarda fu la ragione determinante della distruzione del Friuli, quotidiano popolare. Lo stillicidio delle violenze viene costruito con la copertura della stampa borghese: per esempio a Fontanafredda si strumentalizza uno scontro fra due vetture, l’una di operai che si vogliono colorire come socialisti, l’altro con due borghesi che si pretende siano fascisti: il fatto che questi ultimi abbiano avuto la peggio ed i primi siano fuggiti dà una coloritura politica ad un fatto che non avrebbe avuto il minimo rilievo, se si fosse trattato del solito investimento di gente comune da parte di un’automobile borghese che poi fugge senza prestare soccorso. 600 La sera dell’8 corr. avvenne poi un fatto ancor più grave, nel riferire il quale ci serviamo proprio della versione fascista. Il compagno Masutti Costante, iscritto al partito comunista e segretario degli edili di Pordenone LF, n. 23 del 5 giugno 1921, pag. 4, Commovente entusiasmo. La sottoscrizione assomma a 3406 lire, raccolte fra i singoli operai organizzati dal Segretariato Tessile del Pordenonese, dalla Sezione Socialista di Torre, dalla Sezione Edili di Pordenone, dalla Sezione Assistenti Tessili Rorai Amman, dal Circolo Giovanile Comunista Spartaco di San Vito al Tagliamento, dalla Lega Stovigliai di Pordenone, dalla Lega Arte Bianca di Pordenone e fra gli Operai Edili lavoranti sul porto. Come si vede le sottoscrizioni sono ben ripartite fra organizzazioni a guida comunista e socialista. 1950 lire sono devolute ai seguenti compagni: Augusto Magrin di Torre (300 lire), Giorgio Paludet di Torre (200), Emilio Nardi di Torre (200), Pietro Sartor di Torre (200), Giovanni Giordano di Torre (200), Gildo Santin di Torre (100), Giuseppe Polesel di Pordenone (200), Ernesto Battiston di Vallenoncello (200), Giovanni Basso di Vallenoncello (200), Da Ponte di Pordenone (150). LF, nn. 23 del 5 giugno 1921, pag. 4, Pro vittime politiche e 25 del 19 giugno 1921, pag. 4, stesso titolo. 598 LF, nn. 23 del 5 giugno 1921, pag. 4, Scarcerazioni e 24 del 12 giugno 1921, pag. 4, TORRE di PORDENONE. Liberazione! e DAL GORIZIANO. Chi paga le spese elettorali dei comunisti e Il Congresso del Sindacato Edile. 599 LF, n. 24 del 12 giugno 1921, pag. 2, CRONACA CITTADINA. In difesa del fascismo! 600 LF, n. 25 del 19 giugno 1921, pag. 4, Il terrore riprende nel Pordenonese. PACIFICAZIONE? I precedenti prossimi e remoti. 153 596 597 e circondario, aveva tenuta quella sera una conferenza a Prata sulla disoccupazione, che qui, come ovunque, infierisce gravissima. Al ritorno, a tarda ora, nei pressi di Puia, s’imbattè in un camion di fascisti che si recavano alla sua ricerca, avendo avuto sentore che il Masutti nel comizio aveva parlato male di loro. Riconosciutolo, o, meglio, avendo intuito che il ciclista che moveva in senso inverso non poteva essere altri che il Masutti, fermarono la macchina ed uno di essi, tale Arturo Salvato di Padova, mosse incontro immediatamente al ricercato. Non si sa quali parole siano intercorse tra i due. Ad un certo punto però il Masutti gettò contro il fascista la bicicletta sparando con la rivoltella. Il Salvato, colpito al basso ventre, sparò a sua volta e, mentre gli altri accorsi sostenevano il ferito, Masutti fuggì per i campi. Il Salvato venne testé accompagnato all’ospedale di Pordenone, ove il suo stato, dapprima apparso grave, non sembra destare più preoccupazioni.601 La sera stessa, dopo trasportato all’ospedale il fascista ferito, i fascisti, recatisi all’abitazione del Masutti, nei pressi del cimitero, picchiarono alla porta. Ne fecero indi uscire la moglie, che è in stato interessante, e due bambini. Codesti disgraziati cercarono tremanti rifugio in una casa vicina, mentre i fascisti, penetrati nella casa vuota, si diedero a devastare, gettando in istrada mobili e masserizie. Nel frattempo il telefono chiamava soccorso perché... bisognava far di più, far di peggio, più luminosamente dimostrare la fede italica dei salvatori della patria. Una donna e dei bimbi cacciati dal letto, in preda al terrore, non eran sufficiente olocausto per il sangue versato in una notte di agguati. Secondo Degan invece, anziché portare il ferito all’ospedale i fascisti si recano a Prata nella casa paterna del Masutti ove sequestrano un fratello, dopo aver terrorizzato gli altri componenti della famiglia. Successivamente a Pordenone devastano l’abitazione del Masutti.602 All’indomani. Provenienti dalla nazionale di Udine, giungono camions di fascisti. Note conoscenze: sono della Venezia Giulia e ad essi s’aggiungono quelli di Udine. Cediamo volentieri la parola al Gazzettino: “Verso la mezzanotte giunsero le prime squadre fasciste, e la popolazione fu svegliata di soprassalto da spari continui, e dal rombare che facevano scoppiando alcuni petardi. I fascisti si riversarono subito verso la casa del socialista Da Ponte603, nei pressi della Camera del Lavoro. Riuscivano anche ad invaderla e in un batter d’occhio le masserizie vennero gettate dalle finestre, mentre alcuni fascisti tentavano di incendiare il locale. Ma nel frattempo giunsero soldati e carabinieri e l’incendio venne prontamente domato. I fascisti desistettero dal tentativo e, rotti i cordoni di truppa, imboccarono Corso Vittorio Emanuele, recandosi davanti il negozio dell’assessore socialista Romano Sacilotto, che, come si ricorda, era stato già altra volta devastato. Quivi si fermarono, e ripresero a sparare, tentando di sfondare la saracinesca che però resistette. Misero allora una bomba sotto i portici, la quale scoppiando sfondò le saracinesche, ma frantumò anche le grandi vetrine dei negozi di fronte, Polese e Pagma. Il negozio Gaggiese, apparati elettrici, fu pure fortemente danneggiato. I fascisti poterono così entrare nel negozio del Sacilotto, e qui la devastazione fu completa. In questo frattempo, non si sa come nel negozio cominciò a divampare un incendio, e tanto era il fumo, e le fiamme da credersi che metà città fosse in preda al fuoco, ciò che aumentò il terrore della cittadinanza”. Per parte nostra facciamo solo rilevare che l’incendio, sviluppatosi non si sa come, non può esser altro che il compimento naturale dell’azione iniziata. I danni arrecati al disgraziato compagno nostro s’aggirano sulle 100.000 lire.604 Anche Rosso subisce nuovamente il saccheggio dello studio, questa volta meno “mirato” del precedente: lo studio fu nuovamente invaso dai fascisti che gettarono l’intera biblioteca di circa 8 mila volumi, sulla pubblica via e vi appiccarono il fuoco. Qualche reliquato è ancora da me conservato. 605 Non basta: ecco sempre citato Il Gazzettino: “Verso le 4, i fascisti riuscivano anche a rompere i cordoni di truppa stesi a proteggere la Camera del Lavoro, e penetrati nell’interno, la devastarono completamente. Verso le 10, i fascisti si recavano a Torre, in cerca del maestro Sartor. Non trovandolo, ne devastarono la casa. Altro gruppo di fascisti si recava a Cordenons, ove rompeva l’insegna della Lega Edile, e entrato nei locali, asportava delle bandiere. Ritornò a Pordenone verso le 12”. 606 Ed Il Friuli, che narra le disgrazie del parroco di Torre: “Questa mattina circa trenta fascisti rinnovarono l’assalto alla canonica di don Lozer alle ore 6. Il parroco di trovava ancora a letto. Rovistarono cassetti e armadi, devastarono libri e registri della Camera di don Burigana, ospite, il quale stava in chiesa celebrando la santa messa. Stracciarono carte, pugnalarono il letto... vuoto, il cappello, asportarono cartelle di rendita della Fabbriceria di Marsure, effetti cambiari depositati a custodia, rubarono circa cinquecento lire. Quindi entrarono nella camera del parroco ancora a letto. I giovinetti erano armati di rivoltelle, di pugnali e di bombe. - E’ lei il parroco? - Sì... che desiderano? E si incominciò ad accusare il prete di tante e tante cose: lo insolentarono nel modo più basso. Egli senza turbarsi rispose: - Se è vero quanto voi dite, se voi potete provare la verità di quanto asserito, eccomi qui steso sul mio letto, sono nelle vostre mani, sgozzatemi... I fascisti si acquetarono un po’: uno che voleva avventarsi contro, fu trattenuto dai compagni. Quindi gli fu ingiunto di vestirsi per andare con loro a Pordenone. Intanto che il parroco si vestiva, lasciarono la canonica, ed egli andò in chiesa a celebrare. Sul muro delle scale lasciarono questa iscrizione: Alla Croce i preti. Dopo un’ora arrivano sul posto le autorità e i carabinieri”.607 LF, n. 25 del 19 giugno 1921, pag. 4, Il terrore riprende nel Pordenonese. PACIFICAZIONE? In difesa della vita. Arturo Salvato, che morirà in seguito alle ferite, era incaricato di dirigere l’organizzazione dell’ancora inesistente sindacato fascista degli edili, proprio il settore diretto per la Camera del Lavoro da Masutti. Cfr.: LF, n. 28 del 9 luglio 1921, pag. 4, Altri incidenti. Su Salvato, cfr. la biografia in: FRANZINELLI, Mimmo, cit., pag. 262: ex combattente padovano, già fascista, viene trasferito come dipendente dell’ufficio imposte, a Treviso, poi a Sacile ed infine a Pordenone, dove costituisce la squadra d’azione “Lupi neri’, impegnata in spedizioni punitive a Venezia ed a Pasiano. E’ alla testa degli squadristi che entrano a Torre l’11 maggio 1921. 602 LF, n. 25 del 19 giugno 1921, pag. 4, Il terrore riprende nel Pordenonese. PACIFICAZIONE? Prime rappresaglie e DEGAN, Teresina, Industria tessile, cit., pag. 105. 603 Rodolfo Da Ponte: cfr. DEGAN, Teresina, Industria tessile, cit., pag. 105. 604 LF, n. 25 del 19 giugno 1921, pag. 4, Il terrore riprende nel Pordenonese. PACIFICAZIONE? Scostatevi: la civiltà è in cammino... 605 APR, busta Pisenti avv. Piero, minuta della lettera di risposta al presidente dell’Ordine degli avvocati, Zoratti, senza data, ma successiva al 7 agosto 1946. 606 LF, n. 25 del 19 giugno 1921, pag. 4, Il terrore riprende nel Pordenonese. PACIFICAZIONE? Dalla devastazione della Camera del Lavoro... 154 601 Questa volta si nota che il fascismo udinese se la prende con la borghesia locale, che viene accusata di lucrare sui sacrifici dei combattenti della guerra. Il giorno undici e seguenti della scorsa settimana, dopo i gravissimi fatti di Pordenone, i muri della città di Udine apparvero tappezzati dal seguente manifesto: Fascio Udinese di Combattimento. La rappresaglia di stanotte a Pordenone fu un’azione di giustizia. Gli avversari sappiano che i fascisti sanno vendicare il sangue dei fratelli. Quella borghesia vile che non approva e invoca la pace per sciupare nel gaudio l’oro ricavato dal fango delle trincee si ricordi che ai fascisti deve tutto, l’oro e la vita. Il direttorio. Si nota che quella borghesia che viene ora attaccata dai fascisti è quella degli industriali come Spezzotti che li benedice, dei capi delle forze dell’ordine che li proteggono o non li ostacolano, di tutti quelli che hanno pagato la benzina delle loro spedizioni. Ma, dopo avere sottolineato che il vero avversario del fascismo non è la borghesia che ha profittato sulla guerra, ma il proletariato che l’ha fatta e soprattutto il Psi, e non certo quei quattro ed innocui gatti comunisti che conta la nostra provincia, si fa appello alle “forze sane” presenti nel fascismo, invitandole a scegliere se schierarsi con la borghesia o con i lavoratori: In mezzo a Voi, fascisti, vi è della zavorra, molta zavorra, come in tutti i partiti, come in ogni conglomerato umano, ma vi sono pure dei giovani sinceri, disinteressati, pieni di fede ed animati da un grande spirito di sacrificio ai quali, ne siam certi, la passività, e peggio, la connivenza, più o meno larvata, di quella gente, che dovrebbe essere tutrice dell’ordine debbono muovere lo schifo! Quest’invito a dividersi fra i fascisti fa da contraltare all’altro, a non gridare contro la borghesia solo per ottenerne maggiori finanziamenti.608 Da parte socialista si continua quindi a credere di poter trovare nelle file fasciste degli interlocutori credibili per una politica di pacificazione, che pur appare fortemente messa in discussione non solo dalla prepotenza fascista a livello nazionale, ma anche dalla ripresa della violenza nel Pordenonese. Ognuno, che non sia un cieco d’occhi e d’intelligenza, comprende che a questi patti di Brenno non è possibile il respiro. Né è possibile quella pacificazione per cui tanto insistono i giornali dell’ordine - tipo Giornale di Udine - i quali, dopo aver incitato follemente a loro tempo, oggi fanno i tolstoiani dinanzi allo straripare di tanto patriottismo. Ciò tenga presente nel giudicare i fatti avvenuti nel Pordenonese, ove si grida alla pace proprio da coloro che qui furono a sommuovere e devastare ed ove i colpiti comprimono in petto un dolore senza eguale perché il fratricidio abbia a cessare.609 7.2.16 - Il patto di pacificazione. In questa situazione “L’egregio avv. Rosso, nostro sindaco, pur animato dalle migliori intenzioni di servire la nostra città, di fronte alla situazione qui venuta creandosi, ha rassegnato le sue dimissioni”. La scelta del sindaco è resa praticamente inevitabile dal clima di linciaggio nei suoi confronti, come dimostra la scenata avvenuta in quei giorni in Consiglio Provinciale: Ad interrompere la pomeridiana monotonia dell’appello dei consiglieri, fatto nella seduta di martedì scorso al Consiglio Provinciale, provvide il signor Castelletti, cronista del “Giornale di Udine” e segretario politico nuovo del fascio pure di Udine. Al nome del compagno avv. Rosso, già sindaco di Pordenone, il signor Castelletti venne preso dapprima da un tremito, indi da incontenibile convulso, travasato sotto la forma di grida e di epiteti, evidentemente fascisti, all’indirizzo di un nome. Poiché non trattavasi d’altro: il chiamato non c’era, né trovavasi a Udine come voleva far credere il giornale omonimo. Se non che in quel mentre entrava dalla porta di destra il Consigliere Cella. Non ci volle altro. Il signor Castelletti balza concitato dalla tribuna della stampa, esce dall’aula per fermarsi dinanzi all’ingresso principale, gridando: “Se l’avv. Rosso non esce di qui, vado a chiamare i fascisti!” La isterica aggressione di Castelletti viene respinta dai consiglieri, alla cui protesta danno voce il prefetto Cian ed il presidente della Deputazione Fantoni, che dichiarano intollerabili simili comportamenti.610 La realtà pordenonese è ormai ingestibile: da una parte la forza socialista è rimasta praticamente intatta, come hanno dimostrato le elezioni, senza grosse lacerazioni sul fronte sinistro verso i comunisti, senza perdite di consenso create dall’offensiva fascista. Ma l’Amministrazione Comunale - fulcro dell’attività amministrativa socialista friulana - è inutilizzabile, le violenze continuano a colpire i suoi componenti e sostenitori e non a caso il sindaco, vista vanificata la prospettiva della celere ripresa dell’attività, getta la spugna. Non hanno del tutto torto i socialisti a lamentare che la resistenza comunista è solo un pretesto per i fascisti, che non a caso attaccano indistintamente obiettivi comunisti (Masutti, Sartor e la Camera del Lavoro, per altro unitaria) ma perseguitano scientificamente Sacilotto, De Gottardo, Rosso, Ellero ed altri esponenti del Psi. E’ necessario fare qualcosa ed in tal senso spingono anche consistenti ambienti della borghesia cittadina, che nelle prossime settimane usciranno pubblicamente sulla stampa per rivendicare la ripresa dell’attività della Giunta Rosso. L’iniziativa del patto di pacificazione nasce quindi proprio a Pordenone. Il patto, secondo Cesare Rossi, citato da Angelo Tasca, viene promosso da quattro generosi deputati ex combattenti: per parte socialista sono Giuseppe Ellero e Zaniboni, mentre da parte fascista sono gli onn. Acerbo e Giuriati e si dichiara disponibile come mediatore il presidente della Camera dei Deputati De Nicola. Nel luglio, dopo i fatti di Sarzana, quando i fascisti rifiutano di considerare come possibile mediatore il presidente del consiglio Ivanoe LF, n. 25 del 19 giugno 1921, pag. 4, Il terrore riprende nel Pordenonese. PACIFICAZIONE? ... ai saccheggi e furti a Torre. Sempre a tal proposito si veda quanto riporta don Lozer nelle sue memorie. 608 LF, n. 25 del 19 giugno 1921, pag. 2, CRONACA CITTADINA. In difesa del fascimo contro “Quella borghesia vile”. 609 LF, n. 25 del 19 giugno 1921, pag. 4, Il terrore riprende nel Pordenonese. PACIFICAZIONE? 610 LF, nn. 27 del 2 luglio 1921, pag. 4, Le dimissioni del Sindaco e 28 del 9 luglio 1921, pag. 3, Due pii desideri rientrati al Consiglio Provinciale. Quello di un fascista... 155 607 Bonomi (che ritengono troppo antifascista) le trattative vengono riprese direttamente dalle due delegazioni, nelle quali Giovanni Bacci si affianca per la direzione del Psi ad Ellero e Zaniboni, mentre per i fascisti intervengono Giuriati e Pasella.611 Quale sia il canale che ha portato Ellero ed il battagliero collega mantovano, amico di D’Annunzio (del quale Giuriati era stato segretario a Fiume), l’idea del patto di pacificazione, già accarezzata un mese prima in città per riportare in sella l’Amministrazione Comunale, viene riproposta su un piano più ampio, non essendo possibile gestirla in un ambito solamente locale. Quello che non era possibile realizzare grazie ai legami personali con antichi compagni di lotte come gli ex radicali Policreti, Polon e Pisenti, è forse possibile con quel Mussolini che in questa fase accarezza l’ipotesi di un governo in comune con gli esponenti socialisti, o meglio con quelli di una Cgl resasi autonoma in una nuova formazione politica laburista. Il probabile canale di comunicazione che viene stabilito attraverso Zaniboni e Giuriati, uomini legati a D’Annunzio, interseca il duplice e concorrenziale piano d’azione per la presa del potere di D’Annunzio e di Mussolini, le due diverse “marce su Roma”, ma viene ostacolato dall’ala squadristica del fascismo, quella “schiavistica” che ha conquistato in pochi mesi gran parte della Pianura Padana, che invece vuole giungere allo scontro violento ed all’eliminazione fisica del socialismo italiano. Ma non si può non sospettare la strumentalità mussoliniana in un momento in cui il fascismo è alle corde e rischia di arrivare allo scontro con lo Stato, richiesto da un’opinione pubblica allarmata per le violenze: Mussolini aderì senz’altro e inviò chi scrive a Roma al fine di affrettare i negoziati e per significare concretamente il consenso della C.E. del Comitato Centrale dei Fasci. Ragioni di sentimento e ragioni di opportunità si sposarono nell’animo suo per incoraggiare siffatta iniziativa. “Un cerchio di odio si sta stringendo intorno al fascismo. Bisogna spezzarlo”, mi disse in quei giorni dell’estate del 1921, dopo i gravissimi incidenti verificatisi a Roccastrada, a Treviso, a Viterbo. In quei tre luoghi combattenti, repubblicani e cattolici del partito popolare si erano coalizzati in una difesa attiva contro le violenze fasciste.612 Non va d’altra parte escluso il canale massonico, in qualche modo adombrato da Cesare Rossi, quando si consideri che la massoneria di Piazza del Gesù è quella cui sono affiliati molti deputati e capi fascisti fra i quali: Costanzo Ciano, Italo Balbo, Rossoni, Acerbo (...). Particolare ignorato: fino a tutto il 1923 anche Tito Zaniboni militava nella massoneria di Piazza del Gesù. (Passò dopo tale anno in quella di Palazzo Giustiniani). Il Sovrano Gran Commendatore Raoul Palermi, attualmente a riposo una volta m’indirizzò al Viminale il “caro fratello” Zaniboni, futuro attentatore di Mussolini raccomandandomelo caldamente per cose del resto più che legittime, relativamente a certe cooperative operaie della Carnia. (Giacché ci sono conviene faccia - per quanto senza importanza - la mia brava confessione laica: anche io ero iscritto a questa massoneria di Piazza del Gesù dove finii per raggiungere, proprio senza alcun merito e desiderio, un alto grado: il 32°. Soltanto che io non ebbi mai occasione di mettere piede in una loggia. Fui un massone di ruolo riservato, a domicilio, esente evidentemente dagli obblighi della frequenza). D’altronde non solo la massoneria di Piazza del Gesù - che sarà attiva nell’aiutare Mussolini nella preparazione della marcia su Roma attraverso i suoi contatti con ambienti militari - ma anche la massoneria democratica e francofila di Palazzo Giustiniani ospitava deputati e capi fascisti di grido (...). Se i rapporti massonici fra Rossi e Zaniboni sono evidenti e dichiarati, rimane dubbia e probabilmente da escludere l’appartenenza alla massoneria nel caso di Ellero, per le esplicite dichiarazioni sullo stravolgimento delle finalità della massoneria rispetto al suo “periodo eroico” del Risorgimento e anche per la fortissima contrapposizione politica con gli ambienti moderati e massonici pordenonesi alleati con i clericali. Ma Ellero è pur sempre il figlio di un massone e può quindi aver apprezzato lo spiraglio offerto da questa specie di “zona neutra” fra borghesi di area liberale e democratica, ma anche fra combattenti e fascisti.613 Quali sono le prime reazioni socialiste all’ipotesi di accordo? Ne nasce immediatamente un dibattito, nel quale G.B. per primo osserva che si parla in questi giorni di una specie di trattato di pace stipulato fra socialisti e fascisti allo scopo di por termine alla lotta violenta che da molti mesi semina lutti e rovine in tutta Italia. Sembra, da quanto riferiscono i giornali, che i rappresentanti dei due partiti, on. Zaniboni ed Ellero socialisti e on. Acerbo e Giuriati fascisti, si siano trovati d’accordo in linea di massima e che il trattato (chiamiamolo pure così) sia ormai accettato da ambe le parti. (...) Comunque se da questo punto di partenza si TASCA, Angelo, Nascita e avvento del fascismo, cit., pagg. 269 e 271; ROSSI, Cesare, cit., pag. 105. Cesare Rossi, fascista di origine sindacalista e vicinissimo a Mussolini fino alla rottura avvenuta nel 1924 ed al passaggio all’opposizione, prende parte alla trattative fin dall’inizio. Si proclamerà successivamente fautore di una tregua fra fascisti e socialisti, fui tra i più ostinati e attivi negoziatori di un apposito patto che ponesse fine alle risse fratricide (pag. 16 dello stesso libro). 612 ROSSI, Cesare, cit., pagg. 105-106. Così sintetizza Renzo De Felice le motivazioni politiche che spinsero il capo del fascismo a volere il patto (evitare che il fascismo, ormai largamente vincitore sul terreno dello scontro armato con la sinistra, potesse “passare dalla parte del torto” presso quella parte del paese che aveva approvato o comunque giustificato la sua reazione, potesse, con le sue violenze, provocare nuove aggregazioni politico-parlamentari rivolte contro di lui, ovvero essere egemonizzato e, quindi ridotto ad un ruolo subalterno e contingente dalle forze economiche e politiche tradizionali ormai non più minacciate sulla sinistra) e, successivamente, la trasformazione del fascismo da movimento scarsamente centralizzato e in alcune zone assai autonomo da lui in un vero e proprio partito, così da poter inquadrare e disciplinare la massa squadrista, sia per controllarla meglio sia per potersi presentare in sede politica e parlamentare come il leader effettivo e responsabile di una vera forza politica, con cui poter trattare e “fare politica”. Cfr.: DE FELICE, Renzo, Autobiografia del fascismo. Antologia di testi fascisti 1919-1945, Torino, Einaudi, 200, pag. 73. Ma, sulla traccia di Tasca, dobbiamo anche notare come Mussolini riuscirà a realizzare i suoi obiettivi solo cedendo alle istanze dello “schiavismo agrario” rappresentato da Grandi e dagli altri capi squadristi, con una rapida inversione di linea che lo porterà - con grande abilità tattica - dall’isolamento all’interno del fascismo alla riconquista del partito. Nel frattempo la situazione politica nazionale si sarà rasserenata per i fascisti e quindi il patto di conciliazione potrà benissimo essere buttato alle ortiche. 613 ROSSI, Cesare, cit., pagg. 181-183. 156 611 potesse una buona volta indirizzarsi verso forme di lotta più civili, tutti dovremmo compiacercene. Voler risolvere le questioni economico-sociali con la guerra civile, con l’assassinio e la distruzione, è il massimo degli assurdi. Quello che ora sta avvenendo nel nostro paese non potrà, se dovesse continuare ancora, che portare questa povera Italia nelle condizioni in cui si trovava parecchi secoli fa. La criminosa battaglia fra individui o gruppi d’individui che attualmente sta svolgendosi, non è rivestita di alcun carattere rivoluzionario, per cui si possa sperare da essa il benché minimo vantaggio per l’avvenire sociale. Ma G.B. nota come tale accordo sia stato subito messo in discussione dai fascisti udinesi che, pur accogliendolo positivamente, si oppongono alla partecipazione dell’on. Ellero alle trattative. “Il Giornale di Udine”, scrivendo in proposito affermava che l’accordo avvenuto tra socialisti e fascisti era stato appreso dai fascisti locali con viva soddisfazione, ma che nell’istesso tempo avevano energicamente protestato contro l’intervento dell’on. Ellero, ritenuto da essi come uno dei maggiori responsabili dei delitti compiuti nel Pordenonese e firmatario d’un patto di pacificazione al quale poi (sempre secondo l’opinione fascista) sarebbe venuto meno. Furono quindi inviati a Mussolini i seguenti telegrammi: Mussolini - Roma Fascio Udinese sconfesserà trattative rappacificazione animi se concordate con on. Ellero responsabile uccisione martiri friulani. - Ricordiamo Ellero rinnegatore altri patti firmati. - Segretario Castelletti Mussolini - Roma Commissione Esecutiva Federazione nome trentacinque fasci friulani protesta contro trattative con Ellero che già dimostrò non rispettare solenni impegni pacificazione rammentandolo responsabile assassini Pischiutta e Salvato. Non riconoscerà eventuali patti se firmati Ellero. Per la Federazione Ravazzolo - Castelletti - Puiatti. Giustamente l’estensore dell’articolo nota come sia pretestuoso addossare ad Ellero la responsabilità di f