Le stagioni della vita Die Jahreszeiten des Lebens
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Le stagioni della vita Die Jahreszeiten des Lebens
Centro Documentazione Luserna onlus Dokumentationszentrum Lusérn onlus Le stagioni della vita Die Jahreszeiten des Lebens Abiti e costumi delle Dolomiti e delle Alpi orientali Kleider und Trachten aus den Dolomiten und den östlichen Alpen A cura di / Texte von Lorenzo Baratter ViaDellaTerra Curatore della mostra e testi / Kurator der Ausstellung und Texte Lorenzo Baratter Allestimento e organizzazione / Vorbereitung und Organisation Lorenzo Baratter, Marika Nicolussi Castellan Galeno Vetrine / Vitrinen Finstral AG Spa, Renon / Ritten (Bolzano/Bozen) Pannellistica e progetti grafici / Paneele und Graphik Publistampa Snc, Pergine Valsugana (Trento) Catalogo / Katalog ViaDellaTerra editore, Rovereto (Trento) Progetto editoriale / Verlagsentwurf ViaDellaTerra Testi a cura di / Texte von Lorenzo Baratter Fotografie / Fotografien Paolo Calzà, Rovereto Grafica / Grafik Giancarlo Stefanati Stampa / Druck Litografia Stella, Rovereto Webmaster / Webmaster Luca Zotti, Luserna (Trento) Audioguide / Audioführer Francesco Pisanu, Todovideo Traduzioni / Übersetzung Paula Weiss, Claudia Berlanda Weiss © 2008 ViaDellaTerra Tutti i diritti riservati La riproduzione e la trasmissione dei testi e delle immagini è vietata ISBN 978-88-7558-034-6 ViaDellaTerra editore Via Trieste 32 38068 Rovereto (Trento) tel./fax +39 0464.435805 www.viadellaterra.com [email protected] Centro Documentazione Luserna onlus Dokumentationszentrum Lusérn onlus Via Trento/Stradù, 6 38040 Luserna/Lusérn (Trento) tel. +39 0464.789638 - fax +39 0464.788214 www.lusern.it - [email protected] Premessa Lorenzo Baratter | Direttore del Centro Documentazione Luserna La splendida raccolta di abiti e costumi d’epoca messa in mostra nel 2008 presso il Centro Documentazione Luserna è senza dubbio una delle più ricche e complete collezioni mai esposte al pubblico, per la vastità dell’area coinvolta e per l’ampiezza del periodo cronologico preso in considerazione. Questo risultato è motivo di grande orgoglio per tutta la Comunità di Luserna nel suo complesso e per le varie istituzioni che a Luserna, in un reale spirito di squadra, collaborano alla buona riuscita di queste iniziative. É doveroso un ringraziamento alla Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, alla Provincia Autonoma di Trento, al Comune di Luserna, all’Azienda per il Turismo degli Altipiani di Folgaria, Lavarone, Luserna, ma anche ad alcuni Enti privati, che credono profondamente nei nostri progetti e li sostengono con convinzione e generosità. L’esposizione è frutto di una lunga ricerca e di un’accurata progettazione, ma è anche risultato di una serie di eccellenti collaborazioni avviate con importanti Enti museali e collezionisti privati che hanno fin dall’inizio dimostrato uno straordinario entusiasmo: ad essi va la nostra più profonda e sincera riconoscenza. L’idea di progettare una mostra sull’abbigliamento è nata da una semplice considerazione circa il valore altamente simbolico rappresentato dall’abito nella storia e nella società delle popolazioni dolomitiche e alpine. L’abito assumeva un valore peculiare in ciascuna delle tante stagioni della vita che segnavano l’esistenza degli uomini e delle donne di un tempo. Attraverso gli abiti si può dunque recuperare il senso di una vita corale vissuta dalle generazioni che ci hanno preceduto, nei giorni di festa ma anche nella vita di ogni giorno, nei sacrifici e nelle privazioni. Luserna è un incantevole paese di montagna di cui è difficile non innamorarsi, disteso tra i verdi prati, pascoli e boschi degli Altipiani, dove vive – da almeno otto secoli – una popolazione di origine bavarese, i cimbri appunto. Di quell’antica stirpe sono rimasti molti segni vivi e tangibili, fatto assolutamente straordinario se si considerano le varie epoche storiche che si sono susseguite dal Medioevo ad oggi e considerando, in particolare, quanto accaduto nel corso del Novecento: un secolo in cui i conflitti nazionali hanno pesantemente messo in gioco equilibri costruiti in secoli di pacifica convivenza. A Luserna si parla tuttora una ricca e splendida lingua, il cimbro, vero e proprio patrimonio linguistico e culturale, la cui sopravvivenza è legata anche alla sensibilità con cui le istituzioni locali e internazionali sapranno continuare a tutelare le minoranze linguistiche. Luserna, grazie anche all’operato del Centro Documentazione, sta dimostrando che anche le periferie possono mettere in gioco una vivacità inattesa, porsi al centro della cultura europea e competere, anche per la qualità dell’offerta, con le grandi strutture museali del fondovalle. Una sfida, la nostra, che si ripete ogni giorno e che è ripagata dalla stima, dall’amicizia e dall’affetto che ormai da anni ci lega a tante persone che giungono qui da tutta Europa. Luserna, non a caso, può essere considerata a tutti gli effetti come un ponte in grado di collegare la cultura mediterranea con quella mitteleuropea; un ponte solido, che vale la pena di percorrere. Vo r w o r t Lorenzo Baratter | Direktor des Dokumentationszentrum Die wunderschöne Sammlung alter Kleider und Trachten die im Jahr 2008 im Dokumentationszentrum Lusérn ausgestellt wird, ist aufgrund der breiten Zeitspanne und der Weitläufigkeit des in Betracht gezogenen Gebietes eine der reichsten und vollkommensten die je gezeigt wurden. Die Gemeinschaft von Lusérn und die Institutionen die in Lusérn mit echtem Teamgeist zum guten Gelingen dieser Initiativen zusammenarbeiten, können auf dieses Ergebnis mit Recht stolz sein. Der Region Trentino-Südtirol, der Autonomen Provinz Trient, aber auch einigen privaten Einrichtungen die fest an unsere Projekte glauben und sie mit Überzeugung und Großzügigkeit unterstützen, sind wir zu Dank verpflichtet. Die Ausstellung konnte durch eine lange Recherche und eine genaue Planung aber auch durch die hervorragende Zusammenarbeit mit wichtigen Museen und privaten Sammlern und deren außergewöhnlichen Enthusiasmus zu Stande kommen. Ihnen allen sind wir zu großem Dank verpflichtet. Der Grundgedanke für diese Ausstellung liegt in der großen symbolische Bedeutung des Gewandes in der Geschichte und in der Gesellschaft der Völker der Dolomiten und der Alpen. Der Kleidung wurde einst im Laufe der verschiedenen Jahreszeiten des Lebens der Männer ebenso wie der Frauen besonderer Wert beigemessen. Die Kleidung kann uns dazu verhelfen den Sinn des gemeinschaftlichen Lebens unserer vorangegangenen Generationen sei es zu den Festlichkeiten als auch im täglichen Leben, mit seinen Opfern und Entbehrungen, nachzufühlen. Lusérn ist ein bezauberndes in den Wäldern der Hochebenen eingebettetes Bergdorf in das man sich verlieben muss. Hier leben seit mindestens acht Jahrhunderten die Zimbern, ein Volk bayrischer Herkunft. Von diesem alten Volk sind bis heute lebendige und greifbare Zeichen geblieben was in Anbetracht der verschiedenen historischen Epochen die ab dem Mittelalter aufeinander folgten, absolut außerordentlich ist. Dies insbesondere angesichts der Ereignisse des zwanzigsten Jahrhunderts, einem Zeitalter in dem die nationalen Konflikte das in Jahrhunderten des friedlichen Zusammenlebens aufgebaute Gleichgewicht schwerwiegend aufs Spiel setzte. In Lusérn spricht man heute noch Zimbrisch, eine reiche und schöne Mundart, ein echter Kultur- und Sprachschatz, dessen Überleben auch vom Feingefühl mit dem die lokalen und internationalen Institutionen auch in Zukunft beim Schutz der Sprachminderheiten vorgehen werden, abhängt. Auch dank dem Dokumentationszentrum ist Lusérn ein Beweis dafür, dass auch Randgebiete eine unerwartete Lebhaftigkeit aufbringen und sich in den Mittelpunkt der europäischen Kultur stellen können. Anhand der Qualität des Angebotes stehen sie den großen Museen der Ebene nicht nach. Eine Herausforderung die uns jeden Tag neu gestellt und die mit der Achtung, der Freundschaft und der Zuneigung belohnt wird, die uns bereits seit Jahren von den vielen Menschen die von ganz Europa hierher kommen, gezeigt wird. Lusérn kann nicht um sonst als eine Brücke betrachtet werden die in der Lage ist die mediterrane und die mitteleuropäische Kultur zu verbinden, eine solide Brücke die es wert ist übergequert zu werden. Le stagioni della vita Lorenzo Baratter Questo catalogo, reso unico dalle splendide fotografie scattate dall’obiettivo di Paolo Calzà, vuole fissare per sempre il meglio di una mostra straordinaria – intitolata “Le stagioni della vita. Abiti e costumi delle Dolomiti e delle Alpi Orientali” – allestita presso il Centro Documentazione Luserna nel 2008, nell’ambito della quale sono stati esposti più di ottanta abiti, costumi e indumenti, gran parte d’epoca, per illustrare il modo di vestire nel territorio delle Dolomiti e delle Alpi Orientali a cavallo tra Ottocento e Novecento. Un modo per percorrere l’esistenza degli individui, dalla nascita fino all’età adulta, passando attraverso i momenti più importanti della vita individuale e sociale: da questo, appunto, il titolo “Le stagioni della vita”. L’abito e il costume tradizionale hanno un fascino particolare perché consentono più chiavi di lettura: storica, etnografica e antropologica. Interpretazioni diverse, ma complementari, che convergono sul profondo significato dell’abbigliamento, le sue caratteristiche simboliche e l’evoluzione nel tempo, quale vero e proprio riflesso di un’intera comunità. Osservare attentamente gli abiti, capirne la provenienza e coglierne i tratti, può certamente aiutare ad immergersi nel tempo passato e comprendere le tante comunanze – ma anche le peculiarità – del modo di vestire nel territorio del Sudtirolo, in Trentino, nel Bellunese e nel Tirolo del nord. Nei secoli trascorsi l’abito non aveva solo una valenza funzionale, non era cioè un oggetto legato esclusivamente al gusto e alla moda; esso era anche l’espressione più profonda di un comune sentire, uno strumento attraverso il quale si poteva comunicare in modo chiaro la propria identità e il proprio ruolo sociale. Tra gli abiti della prima infanzia spiccano i colorati costumi festivi provenienti dalla Val Gardena e dalla Val Badia, importanti per illustrare il momento in cui i due generi, maschile e femminile, trovavano la propria distinzione; ma anche per dimostrare come spesso i bambini fossero vestiti alla stregua di piccoli adulti. Era naturalmente in uso l’abitudine di “ereditare” i vestiti dai fratelli e dalle sorelle maggiori. Di particolare interesse l’abito da bàlia, raffigurato anche nel presente catalogo: nella zona di Feltre e Belluno, infatti, era diffusa la presenza di giovani donne che, a pochi mesi dal parto, mettevano a disposizione il proprio latte ai figli di donne che non avevano questo nutrimento oppure che avevano deciso di non allattare per non sciuparsi il corpo. Questa attività fu oggetto di emigrazione a partire dalla fine dell’Ottocento: dapprima a Venezia, quindi nelle città dell’Italia settentrionale e all’estero. La stagione della giovinezza era contrassegnata dai colorati vestiti di bimbe e ragazze, sui quali compariva il grembiule, annodato al bacino, sopra la gonna: un tratto caratteristico e diffuso dell’abito femminile anche in età adulta. Il modo di vestire delle giovani ragazze, ma anche il tipo di acconciatura dei capelli, aveva inoltre la funzione di comunicare lo stato di nubili: un aspetto lampante nel vestito, ma soprattutto nella ricca corona posta sui capelli dalla giovane ragazza gardenese, che portava appunto sul capo un ornamento prezioso, detto in ladino “gherlanda spiza”. L’abitudine di porre delle corone di fiori sopra la testa delle vergini era un’usanza comune in diversi luoghi d’Europa, fino dall’antichità. Legato alla giovinezza e alla spensieratezza è anche lo splendido costume d’Arlecchino – databile ai primi del Novecento e proveniente dall’area bellunese – che rievoca l’usanza antica, radicata specialmente nelle valli più periferiche, di festeggiare il Carnevale; una ricorrenza piena di significati simbolici, che trova molteplici espressioni e forme di rappresentazione. L’abito del giovane coscritto della Valle dei Mòcheni (che, insieme a Luserna, è una delle due isole linguistiche germanofone del Trentino) è riconoscibile dai colorati e festosi decori che ornano la figura. Questo tipo di abbigliamento ci riporta a riti tradizionali molto radicati, andati oggi in gran parte perduti. Il matrimonio si celebrava in giovane età e segnava un momento di radicale cambiamento delle abitudini di vita. A differenza di quanto accade oggi, la sposa indossava abiti di colore scuro, arricchiti da grembiuli molto ricchi e colorati. Il vestito del matrimonio seguiva la donna nel corso della sua esistenza ed era utilizzato nei momenti più importanti della vita. L’abito da sposa del Primiero (nel Trentino orientale, al confine con la provincia di Belluno) era dominato dal colore rosso, segno di festa; qui – come in altre zone – il colore del grembiule variava a seconda delle diverse circostanze religiose e sociali in cui doveva essere indossato. Il matrimonio era una delle occasioni rituali in cui il costume, specialmente nelle vallate ladine, assumeva un valore particolarmente importante anche per i parenti stretti e per i testimoni. In Val Gardena gli stessi genitori degli sposi, il padre (“pere”, in ladino) e la madre (“oma”) degli sposi dovevano portare degli abiti speciali. La madre indossava il costume della “cazina”, dal nome dell’alto copricapo di cotone blu ornato da un nastro di seta azzurra. Il padre degli sposi indossava invece la caratteristica “bagana”, tipica giacca lunga verde, rossa o blu scuro e cappello a cilindro (“zilinder”). Passando agli abiti della quotidianità si entra a contatto con il mondo contadino, immerso nella natura e nelle sue stagioni. L’uomo si dedicava a diverse attività, ad esempio il taglio del legname o il lavoro nei campi. Di particolare interesse l’abito da pastore, protetto da un pesante tabarro di lana, proveniente da Lamon (Belluno), al confine tra Veneto e Trentino. L’abito maschile di ogni giorno era costituito da pochi e semplici elementi, molto uniformi, a differenza di quello femminile, che consentiva maggiore variabilità nei dettagli e nei colori. Molti uomini inoltre, specialmente in Trentino e nel Bellunese, emigravano per periodi più o meno lunghi dell’anno. Nel corso dei loro viaggi apprendevano nuovi modi di vestire e vi si adattavano, importando nuove mode e nuovi gusti nei paesi di provenienza. Un tempo erano inoltre molto diffusi anche i venditori ambulanti che giravano di villaggio in villaggio e di maso in maso, portando un piccolo armadio sulle spalle, proponendo articoli di merceria, ma anche stoffe, tessuti e stampe; si facevano così portatori di nuove tendenze e di nuovi gusti. Le famiglie, un tempo assai più numerose di quanto non avvenga oggi, imponevano alla donna molte gravidanze, la cura dei figli, la manutenzione del maso e della stalla, il lavatoio. Il grembiule da lavoro della donna era indispensabile nelle mille attività della giornata: oltre a proteggere la gonna da macchie ed usura, permetteva di afferrare con comodità i tegami caldi ma anche di trasportare uova, frutta e cereali. Un ampio scialle nero serviva per ripararsi dal freddo. In generale, lo stile di vita di un tempo, le poche possibilità economiche e il forte legame alle tradizioni, comportavano l’utilizzo di abiti poveri e funzionali, di taglio semplice, che erano rammendati infinite volte e che seguivano diversi cicli di impiego a seconda delle esigenze. L’abito stesso della festa, specialmente nel mondo contadino, dopo una lunga usura poteva essere riutilizzato nel lavoro dei campi o nei boschi. Da ricordare inoltre che la produzione degli abiti, prima della più recente epoca industriale, era gestita all’interno delle comunità. Tramite la coltivazione del lino e della canapa ma anche con l’allevamento delle pecore (la cui tosatura avveniva due volte l’anno, in primavera ed in autunno) potevano essere ottenute le fibre base con cui erano filati i tessuti. Questi ultimi venivano infine colorati attraverso l’utilizzo di essenze ricavate, nei modi più svariati, dalla natura: la corteccia di alcuni alberi o il mallo delle noci potevano servire, ad esempio, per tingere la lana di marrone. Una figura molto importante era naturalmente anche quella del sarto. Non poteva dunque mancare un tributo ad Ernst Neunhäuserer, sarto della Val Pusteria nato nel 1912 ad Olang/ Valdaora (Bolzano) e scomparso di recente. Egli, oltre ad avere esercitato per tutta la vita la professione, svolse importanti studi sulla storia del costume tirolese e fu un importante punto di riferimento in tutta la provincia di Bolzano (ma non solo) per le sue attività di studio, riscoperta e corretta rielaborazione del costume tradizionale. Di lui, oltre a numerosi abiti esposti nel percorso della mostra, è rimasto anche il costume personale che amava indossare. Da non dimenticare che un tempo sarti e calzolai esercitavano la loro professione anche come ambulanti, di paese in paese. Non di rado questi artigiani erano ospitati per alcuni giorni nelle abitazioni e nei masi, provvedendo al rinnovamento degli abiti delle famiglie o alla riparazione delle calzature. Un tema di grande interesse, perché di rado raffigurato e rappresentato, riguarda gli indumenti intimi, in particolare femminili. La sottoveste, indossata sopra le mutande e sotto la gonna, era in alcuni casi ornata di pizzi nella parte inferiore, specialmente nelle ragazze da marito. Le mutande, quasi sempre a gamba lunga con aperture davanti e dietro o sui lati, entrarono in uso nell’abbigliamento popolare solo nel corso dell’Ottocento. In precedenza la biancheria faceva parte dell’abito. Esistevano poi le camicie da notte, entrate in uso intorno al XVI secolo, le quali, non di rado, erano utilizzate anche durante il giorno. Questi indumenti, come dimostrano alcuni dei capi esposti, potevano essere personalizzati con il ricamo delle iniziali dei rispettivi proprietari. In un vero trionfo di stili e di colori, sono ritratti nelle pagine di questo catalogo anche i numerosi costumi festivi che erano confezionati con lo scopo di durare tutta la vita e dovevano essere indossati nelle ricorrenze più importanti. Molti sono i tratti in comune che appaiono nei costumi festivi femminili: il grembiule in seta, il corpetto femminile (che aveva la funzione di reggiseno ma anche di rendere meno evidenti le scollature), i bustini con lacci, le ampie e pesanti gonne misto lino e lana o di loden, i fiocchi colorati di seta che cingono il ventre. Il colore e la foggia del costume comunicavano anche il luogo di provenienza di chi lo indossava. La raffigurazione della moltitudine di abiti maschili e femminili esposti a Luserna – provenienti dalle vallate ladine della provincia di Bolzano, da tutto il Sudtirolo e dalle valli del Tirolo austriaco – sottolinea la predominanza di costumi provenienti dall’area di lingua tedesca e ladina e rimarca la minor presenza di abiti tradizionali relativi al Trentino e al Bellunese (ad eccezione della zona di Cortina, rappresentata qui da alcuni abiti di grande impatto). Ragioni sociali ed economiche hanno infatti condizionato in modo decisivo la presenza, più o meno diffusa, dei costumi festivi. Tra gli abiti maschili spiccano i caratteristici costumi da Schützen, con cappello a larga tesa rialzato per fare posto alla canna del fucile, pantalone al ginocchio (Tiroler Lederhose), cinturoni di cuoio finemente decorati. Si tratta, in questo caso, di un abbigliamento interessante, dalla profonda valenza patriottica: aveva infatti la funzione di ricordare e celebrare le lotte condotte nel 1809 dai Tirolesi, guidati da Andreas Hofer, contro le invasioni napoleoniche. Nel 1909, ad un secolo da quegli eventi storici, si poté assistere ad una generale riscoperta degli antichi abiti tradizionali, sia maschili e femminili. Con la conclusione della Grande Guerra, l’area del Tirolo storico fu smembrata: Trentino, Sudtirolo, Cortina di Ampezzo e Livinallongo vennero annessi al Regno d’Italia. Questo comportò conseguenze importanti anche sul modo di vestire: in epoca fascista vi fu il tentativo di utilizzare i costumi per dare una legittimazione politica al nazionalismo italiano. Molti abiti tradizionali (specialmente in Sudtirolo) furono proibiti e altri completamente reinventati per dare alle terre precedentemente austriache una parvenza di italianità. Nel Tirolo austriaco si poté assistere, nel periodo tra le due guerre, ad una profonda attività di studio e di rielaborazione dei costumi storici, in parte strumentalizzata – a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta – ancora per finalità nazionalistiche. Nonostante questo, nel secondo dopoguerra, specialmente nel Tirolo austriaco, si poté assistere ad una ricca serie di iniziative per la valorizzazione del costume tradizionale, sostenuta anche da specifici corsi di studio professionali. Il costume, nelle vallate ladine, in alcune vallate del Sudtirolo e del Tirolo del Nord, è ancora cosa viva; in alcuni casi rimane un elemento di affermazione della propria storia e identità, un segno concreto di appartenenza e di radicamento. Si tratta in ogni caso di un patrimonio vasto e prezioso, da salvaguardare anche nel presente quale testimonianza irrinunciabile di un passato a noi ancora molto vicino. Die Jahreszeiten des Lebens Lorenzo Baratter Dieser Katalog der durch die wunderschönen Photoaufnahmen von Paolo Calzà einzigartig ist, will die Höhepunkte einer außergewöhnlichen Ausstellung für immer festhalten. Die im Jahr 2008 im Dokumentationszentrum Lusérn stattfindende Ausstellung mit dem Titel „Die Jahreszeiten des Lebens. Kleider und Trachten aus den Dolomiten und den östlichen Alpen“ erläutert anhand der über achtzig ausgestellten Gewänder, Trachten und Kleidungsstücke, die zum Grossteil Originalstücke sind, die Bekleidungsart der Bewohner im Raum der Dolomiten und der östlichen Alpen zwischen dem neunzehnten und dem zwanzigsten Jahrhundert. Sie führt uns durch das Dasein des Menschen während der wichtigsten Momente in seinem privaten und gesellschaftlichen Leben, von der Geburt bis zum Erwachsenenalter eben „Die Jahreszeiten des Lebens“. Die traditionellen Gewänder und Trachten üben eine besondere Faszination aus, da sie für die unterschiedlichsten Interpretationen offen stehen und zwar im historischen, völkerkundlichen und anthropologischen Sinn. Unterschiedliche, jedoch sich ergänzende Auslegungen, die in der tieferen Bedeutung der Bekleidung, ihrer symbolischen Merkmale und der Entwicklung im Laufe der Zeit verschmelzen und zur regelrechten Widerspiegelung einer ganzen Gemeinschaft führen. Eine genaue Betrachtung dieser Gewänder, das Erkennen des Ursprunges und die Wahrnehmung der Einzelheiten kann sicher dazu beitragen, sich in die Vergangenheit zu versetzen und die vielen Gemeinsamkeiten – aber auch die Besonderheiten – der Kleidungsart Südtirols, des Trentino, der Gegend von Belluno und Nordtirols zu verstehen. In den vergangenen Jahrhunderten war die Kleidung nicht nur zweckdienlich oder ein mit Geschmack und Mode verbundener Gegenstand sondern auch der tiefere Ausdruck eines Gemeinschaftsgeistes, ein Mittel mit dem man deutlich die eigene Identität und die gesellschaftliche Rolle mitteilte. Unter der Kinderbekleidung stechen die bunten Festtagstrachten aus dem Gadertal und dem Grödental hervor, sie erläutern den Moment ab dem die Kinder nach ihrem Geschlecht unterschieden wurden und beweisen auch dass man sie auch oft wie kleine Erwachsene kleidete. Natürlich war es üblich, die Kleidung von den größeren Geschwistern zu „erben“. Besonders interessant ist das auch in diesem Katalog abgebildete Ammenkleid: in der Gegend von Feltre und Belluno stellten in der Tat zahlreiche junge Frauen, wenige Monate nach der Entbindung, ihre Milch den Kindern jener Frauen zur Verfügung die nicht Stillen konnten oder nicht wollten um ihren Körper nicht zu beeinträchtigen. Diese Beschäftigung führte ab dem Ende des neunzehnten Jahrhunderts zur Auswanderung, vorerst nach Venedig und dann in die Städte Norditaliens und ins Ausland. Die Jahreszeit der Jugend war von den bunten Kleidern der Mädchen gekennzeichnet über denen die umgebundene Schürze erscheint, ein charakteristisches Merkmal, das auch in der weiblichen Bekleidung der Erwachsenen weit verbreitet ist. 10 Die Art der Kleidung wie auch die Frisur dienten dazu den Ledigenstand der jungen Mädchen kundzutun. Besonders gut ersichtlich ist diese Tatsache am Kleid aber vor allem an der üppigen Haarkrone des jungen grödner Mädchen das eben einen solchen wertvollen Kopfschmuck trägt, der in ladinischer Sprache „gherlanda spiza“ genannt wird. Der Brauch, das Haupt der Jungfrauen mit Blumenkränzen zu schmücken, war seit dem Altertum in verschiedenen Gegenden Europas weit verbreitet. Mit der Jugend und der Unbeschwertheit hängt auch das Harlekinkostüm zusammen, das aus der Gegend von Belluno kommt und aus den ersten Jahren des zwanzigsten Jahrhunderts stammt, und an den alten, auch in den entlegensten Tälern verwurzelten Brauch, den Fasching zu feiern erinnert; ein Anlass voller symbolischer Bedeutungen und mit zahlreichen Ausdrucks- und Darstellungsformen. Die Kleidung des jungen Wehrpflichtigen aus dem Mochental (mit Lusérn eine der zwei deutschen Sprachinseln des Trentino) ist anhand der bunten und feierlichen Ornamente der Figur erkennbar. Die Kleidungsart erinnert an tief verwurzelte traditionelle Rituale, die heute zum Grossteil verloren gegangen sind. Die Hochzeit wurde in sehr jungen Jahren gefeiert und brachte eine grundlegende Änderung der Lebensweise mit sich. Im Gegensatz zu den heutigen Bräuchen trug die Braut dunkle Kleidung, die durch prunkvolle und bunte Schürzen angereichert war. Das Brautkleid begleitete die Frau das ganze Leben lang und wurde zu den wichtigsten Anlässen getragen. Auf dem Brautkleid aus Primiero (im östlichen Trentino, an der Grenze zu Belluno) überwiegt die Farbe rot, ein Zeichen der Feierlichkeit. Wie auch in anderen Gegenden änderte sich auch hier die Schürze, je nach religiösem oder gesellschaftlichem Anlass zu dem sie getragen wurde. Die Hochzeit war eine der rituellen Gelegenheiten bei denen die Tracht, insbesondere in den ladinischen Tälern, auch für die enge Verwandtschaft und die Trauzeugen des Hochzeitspaares einen besonderen Wert darstellte. Im Grödental mussten sogar die Eltern des Brautpaares, der Vater (“pere” auf ladinisch) und die Mutter („oma“), eine besondere Kleidung tragen. Die Mutter trug die Tracht der “cazina”, Name der von der hohen blauen Kopfbedeckung aus Baumwolle stammt die mit einer hellblauen, seidenen Schleife verziert ist. Der Vater trugt dagegen die charakteristische „bagana“, eine typische lange grüne, rote oder dunkelblaue Jacke und einen Zylinderhut („zilinder“). Beim Übergang auf die tägliche Kleidung trifft man auf die mit der Natur und ihren Jahreszeiten tief verbundene Bauernwelt. Der Mann ging vielen Beschäftigungen nach, wie zum Beispiel dem Holzfällen oder der Feldarbeit. Besonders interessant ist die Kleidung des Hirten der von einem schweren Wollmantel geschützt ist und aus Lamon (Belluno) an der Grenze zwischen dem Veneto und dem Trentino stammt. Die männliche Alltagskleidung bestand aus wenigen einfachen, sehr einheitlichen Elementen zum Unterschied zur weiblichen Kleidung, die eine größere Vielfalt der Details und Farben 11 erlaubte. Im Laufe des Jahres wanderten außerdem viele Männer, insbesondere aus dem Trentino und dem Raum Belluno für mehr oder weniger lange Perioden aus. Auf ihren Reisen begegneten sie neuen Kleidungsgepflogenheiten, passten sich ihnen an und brachten so neue Moden und Geschmacksrichtungen in ihre Ursprungsdörfer. Verbreitet war einst auch die Tätigkeit der Straßenhändler, die von Dorf zu Dorf und von Bauernhof zu Bauernhof wanderten. Sie trugen einen kleinen Kasten auf den Schultern und boten Kurzwaren aber auch Stoffe und Gewebe an und brachten so neue Tendenzen und Moderichtungen in die Täler. Die Familien waren einst durch die vielen Geburten viel zahlreicher als heutzutage und legten den Frauen viel Arbeit auf, von der Betreuung der Kinder, die Arbeit auf dem Bauernhof und im Stall bis zur Arbeit am Waschtrog. Die Arbeitsschürze war bei den unzähligen, täglichen Tätigkeiten eine Notwendigkeit, sie schützte nicht nur den Rock vor Flecken und Abnutzung sondern diente auch zur bequemen Handhabung heißer Töpfe sowie zum Transport von Eiern, Obst und Getreide. Ein breiter, schwarzer Schal schützte vor der oft eisigen Kälte. Im allgemeinen führte die damalige Lebensweise, die geringen Einkünfte und die starke Traditionsverbundenheit dazu, einfach geschnittene, praktische aber eher ärmliche Kleidung zu tragen, die unzählige Male geflickt und je nach Bedarf den verschiedenen Gegebenheiten angepasst wurde. Sogar das Festtagskleid wurde vor allem in der Bauernwelt, nach langem Tragen noch für die Arbeit auf dem Feld oder in den Wäldern benutzt. Vor dem Anbruch des Industriezeitalters stellte man die Kleidungsstücke innerhalb der Gemeinschaft her. Durch den Anbau von Leinen und Hanf wie auch mit der Schafzucht (die Scherung fand zweimal im Jahr, im Frühling und im Herbst, statt) konnten die Grundfasern gewonnen werden mit denen man die Stoffe weben konnte. Die Gewebe wurden mit den verschiedensten, aus der Natur gewonnen Farben getönt. Die Rinde einiger Bäume und die grüne Schale der Nüsse dienten zum Beispiel zur braunen Färbung der Wolle. Eine sehr wichtige Figur war natürlich die des Schneiders. Aus diesem Grund konnte hier ein Hinweis auf Ernst Neunhäuserer, Schneider aus dem Pustertal, der 1912 in Olang (Bozen) geboren wurde und vor wenigen Jahren verstarb, nicht fehlen. Er übte nicht nur sein ganzes Leben lang den Beruf des Schneiders aus, sondern führte auch wichtige Studien über die Tiroler Tracht durch. Aufgrund seiner Nachforschungen, seiner Wiederentdeckungen und Überarbeitungen der traditionellen Trachten wurde er zu einem wichtigen Bezugspunkt für die gesamte Provinz Bozen und darüber hinaus. Von ihm ist außer den zahlreichen ausgestellten Gewändern auch seine persönliche Tracht verblieben die er mit Vorliebe trug. Nicht zu vergessen, dass Schneider und Schuster einst auch von Dorf zu Dorf wanderten um ihren Beruf auszuüben. Diese Handwerker wurden öfters für einige Tage in den Häusern und auf den Bauernhöfen einquartiert, wo sie die Kleidung der Familien erneuerten oder das Schuhwerk reparierten. 12 Ein interessantes Thema das selten abgebildet und dargestellt wird betrifft die Unterwäsche und insbesondere die weibliche. Der über der Unterhose und unter dem Rock getragene Unterrock war manchmal, vor allem bei den ledigen Mädchen, am unteren Rand mit Spitzen verziert. Die meist langbeinigen Unterhosen, mit einer vorderen und hinteren oder seitlichen Öffnung, wurden erst im Laufe des neunzehnten Jahrhundert zum Zubehör der Volkskleidung. Bis dahin war die Unterwäsche Bestandteil der Kleidung. Um das sechzehnte Jahrhundert wurden auch die Nachthemden eingeführt, die des öfteren auch bei Tag benutzt wurden. Wie aus einigen ausgestellten Exponaten ersichtlich ist, wurden diese Kleidungsstücke durch das Aufsticken der Initialen des Besitzers, personalisiert Auf den verschiedenen Seiten dieses Katalogs werden in einem Triumph der Stile und Farben die zahlreichen prunkvollen Trachten abgebildet die mit dem Zweck geschneidert wurden, das ganze Leben lang zu halten und zu den wichtigsten Ereignissen getragen zu werden. Die festlichen Frauentrachten weisen verschiedene Gemeinsamkeiten auf: die seidene Schürze, das Oberteil (das als Büstenhalter diente, aber auch den Ausschnitt kaschieren sollte), die geschnürten Mieder, die weiten schweren Röcke aus Leinen- und Wollstoffmischfaser oder Lodenstoff, die bunten Seidenschleifen die um die Mitte gebunden sind. Die Farbe und der Schnitt der Tracht gaben auch Auskunft über die Herkunft des Trägers. Die Vielfalt der männlichen und weiblichen Kleidungsstücke die in Lusérn ausgestellt sind und die von den ladinischen Tälern der Provinz Bozen, aus ganz Südtirol und den Tälern 13 Tirols stammen unterstreicht die Vorherrschaft der Trachten aus dem deutschsprachigen und ladinischen Raum und bestätigt das geringere Vorhandensein von Trachten im Trentino und im Raum von Belluno (mit Ausnahme der Gegend von Cortina d’Ampezzo, aus der hier einige wunderschöne Trachten zu sehen sind). Gesellschaftliche und wirtschaftliche Gründe beeinflussten entscheidend die mehr oder weniger starke Verbreitung der Festtagstrachten. Unter den männlichen Kleidungen stechen die charakteristischen Trachten der Schützen mit den breitkrempigen Hüten, die, um dem Gewehrlauf Platz zu machen, seitlich hochgekrempelt sind hervor, den Tiroler Lederhosen und den mit verschiedensten Techniken verzierten, breiten Ledergürtel. Es handelt sich in diesem Fall um eine interessante Tracht mit tiefer patriotischer Bedeutung: Sinn und Zweck ist das Gedenken und die Zelebrierung der Kämpfe, die 1809 von den von Andreas Hofer angeführten Tirolern gegen die napoleonischen Eroberer ausgetragenen wurden Im Jahr 1909, hundert Jahre nach diesen Ereignissen, erfuhren die alten Trachten eine generelle Wiederentdeckung, und zwar die männlichen wie auch die weiblichen. Mit dem Ende des Ersten Weltkrieges wurde das Gebiet des historischen Tirol zergliedert: das Trentino, Südtirol, Cortina d’Ampezzo und Livinallongo wurde in das Reich Italien einverleibt. Dies brachte auch für die Kleidungsart schwerwiegende Folgen mit sich: in der faschistischen Ära versuchte man die Trachten dahingehend zu benutzen, dem italienischen Nationalismus eine politische Legimitation zu verleihen. Viele Trachten wurden verboten, andere, vollkommen verändert, alles um den einstigen, österreichischen Landen einen italienischen Anschein zu verleihen Im österreichischen Tirol wurden im Zeitraum zwischen den zwei Weltkriegen eingehende Studien und Überarbeitungen der historischen Trachten durchgeführt die teilweise – zwischen den dreißiger und den vierziger Jahren – zu nationalistischen Zwecken instrumentalisiert wurden. Trotz allem wurde in der Zeit nach dem zweiten Weltkrieg, vor allem im österreichischen Tirol, eine große Anzahl von Initiativen zur Aufwertung der Trachten ins Leben gerufen, die auch durch spezifische professionelle Bildungskurse unterstützt wurden. In den ladinischen Tälern der Provinz Bozen, in einigen Tälern Südtirols und Nordtirols ist die Tracht heute noch stark gegenwärtig sie stellt oft ein Element zur Bestätigung der eigenen Geschichte und Identität dar, ein konkretes Zeichen der Zugehörigkeit und der Verwurzelung, ein kostbares Gut, das auch in der heutigen Zeit als unabwendbares Zeugnis einer uns noch sehr nahen Vergangenheit, gehütet werden muss. 14 Abiti e costumi Kleider und Trachten 15 16 Abito da bambino della val Pusteria (Sudtirolo) Collezione privata Gabriele NeunhäusererWallnöfer, Olang (BZ) Pustertaler Knabentracht (Südtirol) Privatsammlung Gabriele Neunhäuserer-Wallnöfer, Olang (BZ) Abito da bambina della val Pusteria (Sudtirolo) Collezione privata Gabriele NeunhäusererWallnöfer, Olang (BZ) Pustertaler Kinderdirndl (Südtirol) Privatsammlung Gabriele Neunhäuserer-Wallnöfer, Olang (BZ) Abito da bimba della val Badia (Sudtirolo) Collezioni private Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (San Martino in Badia) e Waltraud Pizzinini (San Leonardo in Badia) Gadertaler Kinderdirndl (Südtirol) Privatsammlungen Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (Sankt Martin in Thurn) und Waltraud Pizzinini (Sankt Leonhard) 17 Abito da balia del bellunese Museo etnografico provinciale di Belluno, Cesiomaggiore (BL) 18 Ammenkleid aus dem Raum Belluno Volkskundemuseum der Provinz Belluno, Cesiomaggiore (BL) 19 “Gherlanda spiza”. Costume per giovane nubile gardenese (Sudtirolo) Museo della Val Gardena, Ortisei (BZ) 20 “Gherlanda spiza”. Grödner Tracht eines ledigen Mädchens (Südtirol) Museum de Gherdëina, St.Ulrich (BZ) 21 Vestito da bambina del meranese (Sudtirolo) Museo della Donna “Evelyn Ortner”, Merano (BZ) 22 Meraner Kinderdirndl (Südtirol) Frauenmuseum “Evelyn Ortner”, Meran (BZ) 23 Abito da Arlecchino Museo etnografico provinciale di Belluno, Cesiomaggiore (BL) 24 Harlekinkostüm Volkskundemuseum der Provinz Belluno, Cesiomaggiore (BL) Coscritto della valle Mocheni (Trentino) Collezione privata Ilario Toller, Palù del Fersina (TN) 26 Wehrpflichtiger aus dem Mochental (Trentino) Privatsammlung Ilario Toller, Palù del Fersina (TN) Abito da sposa del Primiero (Trentino) Collezione privata Manuela Corona, Primiero (TN) 28 Brautkleid aus dem Raum Primiero (Trentino) Privatsammlung Manuela Corona, Primiero (TN) 29 Madre degli sposi (“Cazina”) in Val Gardena (Sudtirolo) Lia Guanc dala Gherdëina, Ortisei (BZ) 30 Mutter des Brautpaares aus dem Grödental (“Cazina”) (Südtirol) Lia Guanc dala Gherdëina, St.Ulrich (BZ) Padre degli sposi in Val Gardena (Sudtirolo) Lia Guanc dala Gherdëina, Ortisei (BZ) 32 Vater des Brautpaares aus dem Grödental (Südtirol) Lia Guanc dala Gherdëina, St.Ulrich (BZ) Abito da pastore con tabarro proveniente da Lamon (Belluno) Museo etnografico provinciale di Belluno, Cesiomaggiore (BL) Hirtenkleidung mit Wollmantel aus Lamon (Belluno) Volkskundemuseum der Provinz Belluno, Cesiomaggiore (BL) 33 Vestito da contadina, Sappada (Belluno) Collezioni private Caterina Benedetto, Paola Piller Roner, Vittorina Piller Cottrer, Sappada (BL) 34 Werktagsdirndl aus Plodn (Belluno) Privatsammlungen Caterina Benedetto, Paola Piller Roner, Vittorina Piller Cottrer, Plodn (BL) Abito per contadina bellunese Museo etnografico provinciale di Belluno, Cesiomaggiore (BL) Werktagsdirndl aus dem Raum Belluno Volkskundemuseum der Provinz Belluno, Cesiomaggiore (BL) 35 Costume del sarto Ernst Neunhäuserer (1912-2003), di Valdaora (Sudtirolo), con oggetti originali provenienti dal suo laboratorio Collezione privata Gabriele NeunhäusererWallnöfer, Valdaora (BZ) 36 Tracht des Schneiders Ernst Neunhäuserer (1912-2003), aus Olang (Südtirol), mit Originalexponaten aus seiner Schneiderei Privatsammlung Gabriele NeunhäusererWallnöfer, Olang (BZ) 38 Sottoveste - Museum in Grünen Haus – Museumverein des Bezirkes Reutte, Reutte (Tirol) Unterrock - Museum in Grünen Haus – Museumverein des Bezirkes Reutte, Reutte (Tirol) Bustino rammendato - Museo etnografico provinciale di Belluno, Cesiomaggiore (BL) Geflicktes Mieder - Volkskundemuseum der Provinz Belluno, Cesiomaggiore (BL) Camicia da notte, Valle dei Mocheni (Trentino) Collezione privata Ilario Toller, Palù del Fersina (TN) Nachthemd, Mochental (Trentino) Privatsammlung Ilario Toller, Palai im Fersental (TN) 39 Vestito festivo femminile della val Badia (Sudtirolo) Collezioni private Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (San Martino in Badia) e Waltraud Pizzinini (San Leonardo in Badia) 40 Weibliche Gadertaler Festtagstracht (Südtirol) Privatsammlungen Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (Sankt Martin in Thurn) und Waltraud Pizzinini (Sankt Leonhard) Costume festivo di Luserna (Trentino) Istituto Cimbro di Luserna, Luserna/Lusérn (TN) Festtagstracht aus Lusérn (Trentino) Kulturinstitut Lusérn, Luserna/Lusérn (TN) 41 Costume festivo femminile della Val Badia (Sudtirolo) Collezioni private Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (San Martino in Badia) e Waltraud Pizzinini (San Leonardo in Badia) 42 Weibliche Gadertaler Festtagstracht (Südtirol) Privatsammlungen Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (Sankt Martin in Thurn) und Waltraud Pizzinini (Sankt Leonhard) Costume festivo femminile per giovane donna (Sudtirolo) Museo degli Usi e Costumi della Provincia di Bolzano, Teodone (BZ) 44 Festtagstracht einer jungen Frau (Südtirol) Südtiroler Landesmuseum für Volkskunde, Dietenheim (BZ) Vestito festivo femminile (Sudtirolo) Museo degli Usi e Costumi della Provincia di Bolzano, Teodone (BZ) Weibliche Festtagstracht (Südtirol) Südtiroler Landesmuseum für Volkskunde, Dietenheim (BZ) 45 Costume festivo femminile dell’Oltradige (Bassa Atesina, Sudtirolo) Jenbacher Museum, Jenbach (Tirol) 46 Überetscher Festtagstracht (Bozner Unterland, Südtirol) Jenbacher Museum, Jenbach (Tirol) 47 Costume festivo femminile della Valle Badia (Sudtirolo) Collezioni private Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (San Martino in Badia) e Waltraud Pizzinini (San Leonardo in Badia) 48 Weibliche Gadertaler Festtagstracht (Südtirol) Privatsammlungen Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (Sankt Martin in Thurn) und Waltraud Pizzinini (Sankt Leonhard) Costume festivo per donna sposata della Val Badia (Sudtirolo) Collezioni private Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (San Martino in Badia) e Waltraud Pizzinini (San Leonardo in Badia) Gadertaler Festtagstracht einer verheirateten Frau (Südtirol) Privatsammlungen Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (Sankt Martin in Thurn) und Waltraud Pizzinini (Sankt Leonhard) 49 Costume festivo femminile della zona di Merano (Sudtirolo) Museo della Donna “Evelyn Ortner”, Merano (BZ) 50 Weibliche Meraner Festtagstracht (Südtirol) Frauenmuseum “Evelyn Ortner”, Meran (BZ) “Aravecia”. Antico costume festivo femminile di Cortina d’Ampezzo (Belluno) Union de i Ladis de Anpezo (U.L.d’A.), Cortina d’Ampezzo (BL) “Aravecia”. Alte Festtagsfrauentracht aus Cortina d’Ampezzo (Belluno) Union de i Ladis de Anpezo (U.L.d’A.), Cortina d’Ampezzo (BL) 51 Costume festivo femminile (Tirolo) Museum in Grünen Haus – Museumverein des Bezirkes Reutte – Reutte (Tirol) 52 Weibliche Festtagstracht (Tirol) Museum in Grünen Haus – Museumverein des Bezirkes Reutte – Reutte (Tirol) “Varnaza”. Costume festivo femminile di Cortina d’Ampezzo (Belluno) Union de i Ladis de Anpezo (U.L.d’A.), Cortina d’Ampezzo (BL) “Varnaza”. Weibliche Festtagstracht aus Cortina d’Ampezzo (Belluno) Union de i Ladis de Anpezo (U.L.d’A.), Cortina d’Ampezzo (BL) 53 Costume festivo femminile della Val di Fassa (Trentino) Istitut Cultural Ladin - Museo Ladin de Fascia, Vich/Vigo di Fassa (TN) 54 Weibliche Fassataler Festtagstracht (Trentino) Istitut Cultural Ladin - Museo Ladin de Fascia, Vich/Vigo di Fassa (TN) Costume festivo da uomo della Val di Fassa (Trentino) Istitut Cultural Ladin - Museo Ladin de Fascia, Vich/Vigo di Fassa (TN) Männliche Fassataler Festtagstracht (Trentino) Istitut Cultural Ladin - Museo Ladin de Fascia, Vich/Vigo di Fassa (TN) 55 Costume festivo maschile sudtirolese Museo degli Usi e Costumi della Provincia di Bolzano, Teodone (BZ) 56 Männliche Südtiroler Festtagstracht Südtiroler Landesmuseum für Volkskunde, Dietenheim (BZ) Costume festivo maschile della Val Badia (Sudtirolo) Collezioni private Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (San Martino in Badia) e Waltraud Pizzinini (San Leonardo in Badia) Männliche Gadertaler Festtagstracht (Südtirol) Privatsammlungen Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (Sankt Martin in Thurn) und Waltraud Pizzinini (Sankt Leonhard) 57 Abito festivo maschile di Cortina d’Ampezzo (Belluno) Union de i Ladis de Anpezo (U.L.d’A.), Cortina d’Ampezzo (BL) 58 Männliche Festtagstracht aus Cortina d’Ampezzo (Belluno) Union de i Ladis de Anpezo (U.L.d’A.), Cortina d’Ampezzo (BL) Abito da vedova con “fazól del dispiazér” (fazzoletto da testa “del dispiacere”) Museo etnografico provinciale di Belluno, Cesiomaggiore (BL) 60 Witwentracht mit “fazól del dispiazér” (“Kummerkopftuch”) Landes-Volkskundemuseum von Belluno, Cesiomaggiore (BL) Bi b l i o g r a f i a / L i t e r a t u r AA.VV., Abbigliamento tradizionale e costumi popolari delle Alpi. Atti del convegno internazionale, Torino, 1994 AA.VV., L’invisibile. Una storia sugli indumenti intimi, Frauenmuseum-Museo della Donna “Evelyn Ortner”, Meran/Merano (BZ), 2003 AA.VV., L Museum de Gherdëina. Das Grödner Heimatmuseum, Urtijëi/Ortisei (BZ), 1985 Donatella Bindi Mondaini, I costumi della Val Gardena, Bozen/Bolzano, 1991 (?) Gian Paolo Gri, Chiara San Giuseppe (a cura di), I costumi popolari del Trentino negli acquerelli di Carl Von Lutterotti, Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, San Michele all’Adige (TN), 1996 Gian Paolo Gri, Tessere tela, tessere simboli, Antropologia e storia dell’abbigliamento in area alpina, Udine, 2000 Hans Grießmair, Das Volkskundemuseum von Dietenheim. Il museo etnografico di Dietenheim. The Museum of Local Ethnic Traditions at Dietenheim, Bozen/Bolzano, 1997 Hans Grießmair, Il museo etnografico di Teodone presso Brunico, Bozen/Bolzano, 2000 Guido Mangold, Hans Grießmair, Usi e costumi del Sudtirolo, Bozen/Bolzano, 2001 Amelia Menardi Illing, Il costume in Ampezzo, Cortina d’Ampezzo (BL), 1995 Museo Provinciale etnografico di Dietenheim (a cura di), Documenti e immagini del Sudtirolo (1940/41), Bozen/Bolzano, 2001 Gabriele Neunhäuserer-Wallnöfer, Die Pustertaler Festtracht. Der Trachtenschneider Ernst Neunhäuserer und sein Vermächtnis, Bruneck/Brunico (BZ), 1998 Daniela Perco (a cura di), L’abbigliamento popolare tradizionale nella provincia di Belluno, Quaderno n.11, Comunità montana feltrina. Centro per la documentazione della cultura popolare, Feltre (BL), 1993 Daniela Perco (a cura di), Canapa e lana. Tecniche tradizonali di produzione e lavorazione nel feltrino, Quaderno n. 2, Comunità montana feltrina. Centro per la documentazione della cultura popolare, Feltre (BL), 1985 Daniela Perco, L’emigrazione delle balie da latte dalle Prealpi venete (sec. XIX-XX), Museo etnografico della provincia di Belluno, Seravella di Cesiomaggiore (BL), 2002 Meinrad Pizzinini, Alt-Tirol im Plakat, Innsbruck (A), 1993 Helmut Rizzolli, Unsere Trachtenfibel. Leitfaden zum Tragen und Anfertigen unserer Tiroler Volkstrachten, Bozen/Bolzano, 2007 Astrid Schoenweger (a cura di), Bellezza, lavoro, vita quotidiana. Il Museo della Donna di Merano racconta, Innsbruck (A), 2007 Giuseppe Sebesta, Analisi per un costume popolare maschile e femminile della città di Trento: 1800-1850, Trento, 1987 Daniela Todesco, Desy Berloffa, Paola de Benedet, Lucia Fontana (a cura di), Ciòde e ciodéti. Un’emigrazione stagionale di donne e ragazzi dal bellunese al Trentino, Quaderno n. 12, Comunità montana feltrina. Centro per la documentazione della cultura popolare, Feltre (BL), 1995 62 Collezioni / Sammlungen Manuela Corona (Tonadico), Kulturinstitut Lusérn – Istituto Cimbro (Lusérn), Clara Castlunger, Hilda Sottara, Rita Zingerle, Paola Valentini (Sankt Martin in Thurn / San Martino in Badia), Waltraud Pizzinini (Sankt Leonhard / San Leonardo in Badia), Gabriele Neunhäuserer-Wallnöfer (Olang / Valdaora), Museo della Scuola (Pergine Valsugana), Museo Etnografico della Provincia di Belluno (Cesiomaggiore), Südtiroler Landesmuseum für Volkskunde (Dietenheim / Teodone), Frauenmuseum – Museo della Donna Evelyn Ortner“ (Meran / Merano), Ilario Toller (Palai im Fersental / Palù del Fersina), Jenbacher Museum (Jenbach), Museum de Gherdëina (Urtijëi / St.Ulrich / Ortisei), Lia Guanc dala Gherdëina (Urtijëi / St.Ulrich / Ortisei), Gruppo Folkloristico Mezzano di Primiero, Union de i Ladis de Anpezo (Cortina d’Ampezzo), Caterina Benedetto, Paola Piller Roner, Vittorina Piller Cottrer (Plodn / Sappada), Museo della civiltà contadina della Vallarsa (Riva di Vallarsa), Luigi Valduga (Terragnolo), Gruppo culturale “La lioda” (Laggio di Cadore), Lucia Vicentini (Pomarolo), Pepi Pahl, Anna Nöckler Benedikter, Walcher Alois, Mairamhof Steinhauser (Prettau / Predoi), Bergbaumuseum (Kornkasten / Cadipietra), Istitut Cultural Ladin – Museo Ladin de Fascia (Vich / Vigo di Fassa), Dorfmuseum Aldein - Museumverein Aldein (Aldein / Aldino), Museum in Grünen Haus – Museumverein des Bezirkes Reutte (Reutte), Tiroler Volkskunstmuseum (Innsbruck), Theresia Bichler (Ritten / Renon) Si ringraziano inoltre le seguenti Istituzioni e Aziende / Wir danken folgenden Personen, Institutionen und Firmen für die Zusammenarbeit Comune di Luserna / Kamou vo Lusérn, Kulturinstitut Lusérn – Istituto Cimbro, Regione Autonoma Trentino - Alto Adige / Südtirol, Provincia Autonoma di Trento, Montagna con Amore, Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano, Cassa Rurale di Rovereto, Finstral Ag SPA, Publistampa Arti Grafiche Edizioni, Pro Loco Luserna 63 Finito di stampare nel mese di aprile 2008 per conto di ViaDellaTerra Editore presso Litografia Stella, Rovereto