UN`OPERA SCONOSCIUTA DI JACOPO SANSOVINO IN ROMA.

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UN`OPERA SCONOSCIUTA DI JACOPO SANSOVINO IN ROMA.
UN'OPERA SCONOSCIUTA
DI JACOPO SANSOVINO IN ROMA.
vi ta e delle opere di J acopo Sansovino, scultore
ed architetto, noi sappiamo ben poco di più delle
notizie forni teci dal Vasari (I), che i bi ografi pi II recenti (2) si sono limitati a parafrasare e ad illustrare.
Precise ed ampie per tutto il periodo veneto di attività dell'artista (forse per le relazioni del Vasari col
figlio Francesco ), tali notizie lo sono molto meno pei
precedenti periodi, che pure non meno di quello della
maturità gloriosa ci interesserebbero a rappresentarci
intero il cammino percorso; specialmente per quello
in cui il Sansovino ha in Roma affermato in modo definitivo la sua arte, e
la gemma sbocciata a Firenze è divenuta fiore.
Anche le testimonianze autentiche, date , dalle firme incise o da documenti
d'archivio, per le opere veneziane abbondano e vengono a controllare sicuramente i dati vasariani; mancano invece quasi completamente per quelle anteriori, sicchè rimangono per noi ancora avvolti nella nebbia tanto l'alba fiorentina, quanto il meriggio romano.
Può assumere quindi una notevole importanza ulla specie di sunto espositivo dell'opera dell'artista, contenuto in un documento che non si comprende
come possa essere finora sfuggito agli studiosi . È questa una lun ga lettera (3),
in data 2 novembre 1537, diretta a Venezia da Pietro Aretino a Jacopo Sansovino stesso; non davvero inedita, perchè già appare pubblicata nelle prime
edizioni dei Libri delle Lettere e vi rimane compresa in tutte le edizioni succeSSIve.
È ben noto quanto sia stata intima e costante l'amicizia, fatta di ammira. zione e d'affetto (se non anche di colleganza d'interessi) e cementata da preziosi doni di oggetti d'arte (4), che pel suo « compare» Sansovino, con l'abituale esuberanza, l'Aretino dimostra, sempre pronto a magnificarne i meriti,
a raccomandarlo eloqu entemente ai potenti, a conciliarlo con gli amici che
la natura un po' iraconda ed orgogliosa di maestro J acopo talvolta offendeva, a
ELLA
(I) VASARI (ed. Milanesi), t. VII, p. 485.
(2) T. TEMANZA, Vita di Jacopo Sansovino, Venezia, 1752; L. PITTONI, Jacopo Sansovino,
scultore, Venezia, 1909.
(3) Cfr. P. ARETINO, Il p,'irno libro delle lettere, Bari , 1913, p. 287.
(4) I dubbi sulla sincerità e sul disinteresse dell 'Aretino non sono mai troppi. Basti ricordare la ce lebre lettera a l Bembo, in cui c inicamente confessa il carattere mercantile delle sue
lodi: « Bisognami fare che le voci dei miei scritti rompano il sonno dell'altrui avarizia, e quella
.battezzare invenzione e locuzioni che mi reca corone di auro e non di lauro ».
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consigliarlo sulla via da seguire p er il suo bene e pe r la s ua gloria. La lettera in
parola h a appunto per iscopo un co nsig lio e quale m ezzo le lodi più entusiasti ch e:
essa si propone di dissuadere l'ar tista ad abbandona re Venezia e ad accettare le offe rte ch e, co me anche il Vasari ci attesta (I), da R o ma gli faceva la
corte pontificia, per p a rte, a quanto sembra , di quel Giovanni Gaddi, ch e per
tanto tempo è stato il vero protetto re autorevole del Sansovino; e tutta la
serrata arg'om entazio ne si basa s ul r app resenta re il ciclo o rmai chiuso delle
opere rom ane ' e quello ape rto delle ope re iniziate a V en ezia.
Ecco la lettera :
'
« Ora sì ch e l' esec uzione dell' op re uscite dall'altezza del v ostro ingegno
dan compimento alla pompa d ell a ci ttade ch e noi, m e rcè de lle sue bontà libere,
ci a bbiamo eletta per patria; ed è stata nostra ventura, p oich è qui il buon
forestieri, non solo si agguaglia al ci ttadi no, m a si pareggia al gentiluomo.
Ecco d al m ale del sacco di Roma è pur usci to il bene che in questo luogo
di Dio fa la vostra scultura e la vostra architettura.
« A m e no n par nuovo ch e il m agnan imo Giovanni Gaddi chie ri co apostolico coi ca rdinali e coi papi vi tormenti no co n le richieste de le lettere a ritornare in corte, per riorna rla di voi. Mi parebbe b ene strano il vostro giudizio
se cercaste d i snidar vi dalla sicurezza per colca rvi nel p e ricolo, lascia ndo i
senatori v e neziani per i prelati cortigiani. Ma si dee perdonargli le spronate
che p er ciò vi dànno, sendo voi atto a restaurargli i tempii, le statue e i p alazzi. Di già essi non veggon mai la chi esa dei Fiorentini, che fondaste in sul
Tevere, con istupor di ' Raffaello d a Urbino, di Antonio. da Sangallo e di Baldassare da Siena; n è m ai si voltano a S. Marcello, vostra operazione, nè alte
figure di marmo, nè a la sepoltura di Aragona, di Santa Croce e di Aginense
(i principi de le quali pochi sapranno fornire), ch e non sospirino l' assenzia
Sansovina; come anco se ne duol Fiorenza, m entre vagh eggia l' a rtificio che
dà il moto de lo spirito al Ba ~co loca to n egli orti Bartolini, con la somma di
cotante altre m e ravigli e che avete scolpite e gittate ».
« Ma eglino si stara nno senza di voi, perch è in buon luogo s'han fatti i
tabernacoli le vostre virtù savie. Dipoi val più un saluto di queste m aniche
nobili che un presente di quelle mitre ignobili. G ua rdi la casa che abi ta t e come
deg na prig io ne dell'arte vostra chi vuoI vedere in che grado sieno tenuti da
così. fatta republica i virtuosi atti a ridurla nelle maravigli e ch e tutto dì. par·
torite con le mani e con l'intelle tto » .
« Chi non la uda i rip a ri perpetui per c,ui sostiensi la chi esa di S . Marco?
chi non stupisce ne la co rinta macchin a de la Misericordia? ch i no n rimane
a stratto n e la fabrica rustica e dori ca de la Zecca? chi non si sma rrisce vedendo l'ope ra di dorico intag'liato, ch e h a sopra il componimento ionico, con
gli ornamenti dovuti, cominciata a l'in cont ro a l p alazzo della Signoria? Ch e
bel vedere ch e farà l' edificio di m a rmo e di pietre miste, ricco di gran colonne,
che dee murarsi apresso la d etta! Egli av rà la forma composta di tutte le bellezze de l'Archi te trura, se rvendo p er loggia ne la quale sp asseggia ranno i personaggi di cotanta nob ilta de. D ove lascio io i f011damenti, in cui debbono fermarsi i s upe rbi tetti Co m a ri ? do ve la Vigna? dove la Nostra Donna de l'Arsenale? dove quella m irabile Ma dre di Cris to. ch e porge la corona al protettore
di questa uni ca patria? L'istoria del quale fate vede re di bronzo, co n mira bile
( I)
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V ASARI, loc. cit., p. 5 II.
Boli. d 'Arte.
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contesto di figure, ne l p e rg'olo della su a abitazione; onde m eritate i premi e
gli ono ri dativi da le m agnifice nze del sere nissimo animo dei suoi ri g uarda nti
d evoti. O r consenta Iddi o ch e i dì nos tri sie n molti, aciochè voi duriate piil
a ser virg'li e io più continui a loda rvi ».
Se ora noi spogli a mo questo inte ressa nte documento d alle a rgo mentazionì,
dalle lodi, dalle frasi sonanti, n e vien fuori un elenco di op ere eseguite e di
op ere in corso, una serie di dati s ull' attività d el Sansovino, l' a utenti cità dei
quali può dirsi sicura; poic-qè ogni dubbio va escluso qua ndo si p ensi esse re
la le ttera diretta a ll'autore stesso delle ope re menzionat e e sc ritta da chi p er
la lunga consuetudine e p e r la vasta coltura e ra davve ro in grado c:li conoscere e di apprezzare la sua prod uzione a rtistica.
La parte più ampia, particolareggiata, turgida di aggettivi. è , naturalmente,
q uella ch e si ri ferisce a Venezia. La enume razione n ella lettera dei lavo ri ivi
fin o a llo ra eseg uiti a dar «compim ento alla pompa della citta de» n on reca
invero a lla nostra conoscenza elem enti nuovi quanto ad a ttribuzi oni, ma ci è
utilissima per stahilime, o p e r conferma rne , la cronologia co n precisione: quella
cronolog'ia ch e, a nch e quando le Ìndicazioni so no esatte, è sempre il lato manchevole delle narrazioni vasariane. N oi sappiamo dunque p er essa ç h e al tempo
della lettera, il 2 novemb re 1537, il consolidamento della chiesa di S. Marco
era te rminato; proseguita la fabbrica della Scuola della Mi serico rdia; costruita
la Zecca « bellissimo, ricchissimo e fortissimo edificio, tutto di ferro e pi etra »',
come ~li ce il Vasari; iniziata la mirabile Lihreria (I); .a nco ra in progetto , invece, la Loggetta del Campanile (2); co mpleta la nava ta di S . Francesco della
Vigna; posti i fondamenti d el palazzo Comara. E, quanto alle opere di scultura, ci risultano a nteriori a quella data la Madonna dell' Arsenale (3), la Madonna di S. Marco, l'inizio del primo «perg'olo » in bronzo con le stori e d el
santo nella basilica Marciana (4).
D elle opere del periodo fiorentino il ricordo, ormai ' lo ntano, h a per l'Aretino
p oca importa nza per g li scopi che la s ua lettera si propone ; sicchè al cenno
ri assuntivo basta la m e nzione del m ira bile Bacco Bartolini , qu ale esemp'i o tra
le «altre meraviglie scolpite e g ittat e ».
Per R om a l'elenco invece t orna ad esse re, se non diffuso , almeno preciso
e specifico. Le chiese di S. Marcello e di S. Giovanni dei Fiorentini, le sepolture «di A ragona, d'i Santacroce, di Aginense », sono le opere che ai «prelati
co rti g ia ni », alle « mitre ignobili » fanno sospirare « l'assenzi a san sov ina ». Non
certo son desse le sole, m a quelle ch e al g iudizio dell' Aretino sembrano le più
impor tanti e significative. Perciò appunto la lettera, se per le opere di scultura decorativa, quali le tombe, h a valore positivo p er quello ch e afferma ; per
quanto rig'ua rda le cos truzioni architetto ni ch e ne assume un o che direi n egativo, in quanto tace di altri non m eno impo rtanti edifici romani, non certo all'Aretino ignoti, e ci fa così, se non esclu dere, porre almeno in dubbio le a ttribuzioni fatte per essi a Jacopo Sansovino.
(I ) È appunto del 1537 l'approvazione de l modello da parte dei Proc urato ri. Cf. PITTONI,
op, cit., p. 156.
(2) S i r ite ne va finora che l'incarico a l Sansovino del disegno della Loggetta fosse dato
dai proc urator i ne l 1540. Cf. PITTONI, op. cit., p. 183; vedi a nche G. CANTALA~mssA in Rassegna d'Arte, anno II, p. 154. Occorre or a portare innanzi di oltre due a llni tal e data.
(3) La data in cisa nella edicola è del 1534.
(4) I primi co nti per q uesto primo pergola datano appunto a l 1537 . .Cf. ONGANIA, Docu1Nwti per la storia della Basilica di S. Marco, p. 42.
In particola re il dubbio h a per oggetto il palazzo di Giulia no de' M edici
ai Cap i-etta ri ed il p alazzo Gaddi ai .Banchi.
Per il palazzo Medici, l' elegante edifici o ch e Leone X fece eleva re per il
fratello, così. pres to m orto, e ch e passò poi ai Lante, l'attribuzione di autore
non è stata ma i molto fondata . Accenna a J acopo Sansovino il 1Vlelchiorri affermando (I), poi il L e tarouilly dubitando (2); il Gnoli dice ch e d eve essere di un
a rchitetto sCllltore e fa il nome di Andrea Contucci , il maes tro di J acopo (3).
Non ci vuoI quindi m olto a liberare il campo e d a dire modestam ente ch e,
allo sta to attu ale delle nos tre, ancor povere, conoscenze sull'arte dei principali
a rchitetti del Rinascime nto, ogni design azione sarebbe p el palazzo Medici a rbitraria.
Per jl palazzo Gaddi, noto sotto il nome di palazzo N iccolini, h a invece
non li eve peso l' asserzio ne d el Vasari, il quale (4) dice ch e J acopo « fece in
Banchi un palazzo ch e è d ella casa dei Gaddi, il quale fu poi comprato d a
Filippo Strozzi , ch e certo è co modo e belli ss imo e con molti ornamenti ». Qui
p e rò i d oc ume nti ve ngono ad opporsi. Appare d a essi (5) ch e nell'ottobre del
I 5 I 8 il Sansovino, detto in un istrome nto d el notaio Adam « J acobus Anto nii
d el T ata vocatur Sansolino », si occupa bensì della fabbrica dei Gaddi, m a solo
in quanto è nomina to a rbitro tra i Gaddi e Bonaccorso d e ' Rucellai in un a
vertenza pel vicolo inte rmedio alle loro case ; incarico che sembra incompatibile co n le fLmzioni di a rchitetto di una delle p arti contendenti.
A questo valido a rgom ento co ntrario un altro aggiunge o ra il silenzio
d ell'Aretino; il quale non ignorava certo l'esis tenza e l'importanza d ell a casa
costruita in Roma dalla famiglia Gadd i, di cui egli era (a m odo suo) ami cissimo,
a cui appa rteneva quel Giovanni Gaddi (6), ch e nella stessa lettera al Sansovin o
egli chi am a « m agna nim o », e ch e, a sua volta, lo designava coll' epiteto, nientemeno, di « divino ».
Quanto a i mon ume nti sepolcrali. scolpiti dal Sansovino in Roma, du e e rano
g ià m enzionati dal Vasari (7) cioè quello d el cardinale d'.A .xagona e quello del
vescovo Agine nse ; a cui o ra la testimoni a nza dell'Aretino aggi un ge la « sepoltura ' di Santacroce » . '
Il sepolcro del vescovo Aginen se od Agiense è quello ben noto, in S. Ma rcello, eretto p er i due prelati chioggi.otti, Giovanni Michiel, ca rdi nale di Sant'Angelo ed A nto ni o O rso s uo nipote. Il sepolcro d el cardinale L ui gi d'Aragona
(un a d elle piìl caratteristi ch e fig u re d el Rinasciment o rom ano) (8), trovavasi
MELCHTOR RI, Guida di Roma, p. 584.
L ETAROUILLV, Les édifices de Rome moderne, Texte, pago 346 .
GNO'LI, Have Roma, Ro m a , 1909, pago 169.
VASARI, loc. cit., 'p. 499.
I docum e nti ed i dati sulle vicende del palazzo Gaddi so no ampiamente rife ri ti ne ll e
Lettere romane di Momo, Roma, 1872, p. 54. Risulta da essi che la casa d ei Gaddi in Banchi
fu cominci ata a costrui re nel 1515 al posto di cas upole vendute da Piero di Fili ppo Strozzi.
Dopo costruita, fu rive nd uta n'e l 1530 dai Gaddi aHo stesso Piero Strozzi (e no n a F ilippo
come dice il Vasari) secondo la stima che ne fecero Anto ni o da Sangallo, Sebastiano da Fosso mbro ne e P eri no da Caravaggio (Atti G hays, 4 maggio 1530).
(6) Vedi, ad esempio delle lettere ami chevo li inviate dall 'Aretino a Giovan ni Gad~ i, q uell a
conten uta nell 'op. citata a p . 232.
(7) VASAR1, loc. cit., p , 499.
(8) . Su questo prelato, così noto p er le sue stra nezze, i suoi l ussi, le sue .caccie, per la
sua diretta parentela con le case di Spagna e di Napoli , interessanti notizie possono t rova rsi
nel Ciacconio III, 187, G. 'BIAG1, nella N1tOVa Antologia, 1886, p. 677; D. GNOLI, Le cac,ce di
(I)
(2)
. (3)
(4)
(5)
-
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al1a Minerva; ed il cen no dell'Aretino, ch e conferm a quanto sapevasi dal Vasari,
basta p er escludere l'afferm azione infondata della Pittoni ch e leggermente ha
ritenuto esse re tutto uno con quello del ca rdinale Sant'Angelo, col quale il
Vasari avrebbe con fuso il cardinale d'Aragona. Ce rto p e rò la tomba deve essere
stata disfatta e trasportata v ia, in parte, m olto presto; la s ua dispersione deve
cioè imputarsi, non già ai recenti spieta ti ristauri i quali, dal 1847 al 1855,
hanno dato alla bel1a chiesa gotica romana l'aspetto attuale e n e h anno scon·
volto tutta quella m agnifica serie di m onume nti che n e facevano un vero museo
di scultura decorativa, ma ad un qualche rifacimento avvenuto nel sec. XVI;
poichè già in antichi elenchi di sepolcri co ntenuti nell'interno della chiesa e
qel monastero, della tomba Aragona non si parla (I).
Ne rimane ora solo l'iscrizione dettata dal cardinale Franciotto Orsini (2),
che molto c 'inte ressa per fissa re la data del lavoro, eseguito nel 1533, ben 14
anni dopo la morte dell' Aragona. Forse un res to a rchitettoni co molto notevole
potrebbe identificarsi nel tab e rn acolo ch e nella s tessa chiesa r acchiude la pittura
rapprese ntant e Santa Luci a e Sant'Agata: confuso monumento frammentario
che i coniugi Alfonso Americhi ed Onesta Marsiliani elevarono n el 1550 (3).
La rispondenza di misure con la lapide s udde tta e di stile con le altre opere
sansovinesche permettono la congettura, la quale però è ben lontana dall'approssimarsi alla certezza.
Certo invece è completamente estranea al monumento d'Aragona, come è
estranea all' a rte del Sansovino, quella statua di S. Giovanni Battista, collocata
nella cappella Grazioli, che la Pittoni (4) a ttribuisce alla scuola dell'arti sta e che
è invece opera, molto più tarda, di Ambrogio Bonvicino (5).
Leone X, Roma, 1890; PASTOR, Die Reise der Kard. d'Aragon durch Deutschland etc., Freiburg, 1905 ;
nonch è in a rticoli dell'Archivio storico napoletano del 1876 e ' del Cuadernos de trabajos de la
escuela de Arqueologia y de ist., I, I, Madrid, 1912.
(J) Vedi ad es. nella nota riportata dal BERTHIER, L'église de la Minerva, Ro ma, I9IO.
Cf. anche le schede del Terribilini alla Casanatense, nonchè due elenchi riguardanti « Pontifices
et s. R. E. Cardinales sepulti in hoc tempIo etc. » (Cod. Vat. 2689, c. 27I; 8255, c. r87).
(2) L'iscrizio ne è in una lapide di m. 1,05 X 2,IO, ora murata nell a parete di fronte alla
tomba d ell' Angelico. Il suo testo è il seguente:
D'O'M
ALOYSIO . CARDINALI . ARRAGONIO
REGVM . NEAPOLITANARVM . FERDI NANDI . NEPOT I
ALPHONSIQVE' PRIORIS . PRONEPOTI . QVI . VIXIT
ANN . XLIV . ME NS . IV . DIES . XIV
FRANCIOTTVS . CAR-D . VRSINVS . EX . TEST' FACIVNDVM
CVRAVIT . ANNO' MDXXXIII.
All a quale epig rafe, secondo il Ciacconio, loc. cit.. era poi unita quest'altra, metri ca.
Ergo C1Incta licmt Lachesis tibi, ?Iec datur ulli
Evitare tuas improba posse mamts.'i'
Regis ille atavis AloysiU'Nt editus, ille.
C1~i roseus sacro vertice fu lsit apex .
I lle uni virtus omnis cui contigit, 1tnUS
Qtti contra haeo potttit vivere secla, iacet,
Hett quot ?toS mortale gemts sperabilnus amlOS,
Si vita est iPsis tantula 1l1tminibus.'i'
(3) Sulle vicende di tale altare e sulle iscrizioni in esso inci se vedi BERTHrER, op. cit.,
pago 137.
(4) Op. cit., p. 131.
.~
(5) Cf. BERTOLOTTI, Artisti lombardi in Roma, voI. II, p. I06. Vi si riporta un documento
del 16 novembre 1603, in cui Am brogio Bonvicin o promette di scolpire per la Co nfraternita
d el Salvatore alla Minerva una statua di S . Giovanni Battista da porsi nella cappella di S. Sebastiano.
JACOPO SANSOVINO.
Monumento in S. Croce in Ge,ftlsalemme -
Roma.
I
Ma senza pill oltre indugiarsi a riferire ricerche quasi interamente infruttuose (ch e, secondo la sorte comune degli studi, son proprio quelle che hanno
richiesto magg'ior tempo e maggior lavoro), occorre o ra parlare delle altre, molto
più fortunate, che, sulla traccia dei dati dell'Aretino, hanno cond otto allo studio
di un importante monumento, che è quello « di Santacroce » .
Secondo l'uso costante del Cinquecento, il nome si riferisce, non al casato
di una famiglia, ma ad un titolo cardin alizio ridotto, per b revità, in un cogn ome.
E senza ricercare altrove altri esempi basterebbe vedere nelle stesse lettere dell'Aretino talune che son dirette a « Santacroce» od al « cardi nal Santacroce (I ),
cioè allo stesso prelato per cui il Sansovino eseguiva il monum ento. Nei primi
quattro decenni del Cinquecento ebbero tal titolo - quello cioè di Santa Croce
in Gerusalemme - due spagnuo li che nella storia ecclesiastica occupano dtie
posti importantissimi: il cardinale Bernardino Carvajal, antipapa a Milano
contro Giulio II e poi rientrato in grembo alla Chiesa, decano per molti anni
del Sacro Collegio (2), ed il cardinale Francesco Quignones, della famiglia De
Angelis, francescano, confessore di Carlo V, intermedia rio tra i papi e l'imperatore nei loro mille maneggi politici (3).
Ambedue son sepolti in Santa Croce nell'abside: il Carvajal in una modesta
tomba parietale , collocata a sini st l~a in alto, quasi voglia avvicinarsi all'affresco
del semicatino che il Carvajal stesso fece dipingere; il Quignones in' un avello
preparato. lui vivente (4) ai piedi di un grande tabernacolo in marmo, murato
nel m ezzo, dietro l'altare maggiore basilicale (5). Ed è appunto questo tabernacolo, ricco di marmi e di statue, sepolcro ed altare nel tempo istesso, il monumento menzionato dall' Aretino.
Due iscrizioni corifermano questa duplice destinazione, l'una incisa sul
ta be rnacolo. che lo dedica al S. Sacramento :
IN
FRANCISCVS . OVIGNONES . TIT. S. CR VCIS
HIER VSALEM . S~ R. E. PRESBYTER . CARDINALIS
NATIONE . HISPANVS . PATRIA' LEGIONENSIS .
SANCTISSIMO . CHRISTI . CORPORE . DICA VIT
ANNO . MDXXXVI . KAL. IVLI .
e l' altra, tombale, nel ripiano anteriore, sollevato da tre gradini dal pavimento
della chiesa:
FRANCISCVS . QVIGNONES . CARD . S. CRVCIS
DE . MORTE' AC . RESVRREC. COGITANS
VIVENS . SIBI . POSVIT .
ESPECTO . DONEC . VENIAT . IMMVTATIO . MEA
Dalla riproduzione fotografica della tavola annessa, dal disegno di restituzi one
della fig. I, i caratteri architettonici, decorativi e scultorii dell'opera appaiono
così evid enti d a non richiedere ampia descrizione illustrativa. Sulla zona basa(I) Vedi op. cito a pagg. 62, I4u.
(2) Cf. MOR ONT, Dizionario, vol. X; PASTOR, Geschichte der Piipste, vol. V.
(3) Cf. CIACCONIO, Vitae ecc., voI. II, pago 1Og8; BESOZZI, La storia delta basilica di Santa
Croce in Gerusalemme, Roma, 1750, pago II9.
(4) Il Quignones morì nel 1540 a Veroli.
(5) Nel sec. XVI tale altare basilicale era tuttora quello m edioevale, opera, della metà del
sec. XII dei marm or ari. romani Giovanni, Angelo e Sasso, figli di Pietro . Cf. DE ROSSI, in
Bullett. d'Arch. cristiana, 1875.
mentale alta e li scia , decorata 's oltanto da una croce e ntro un cerchio (I) nel mezzo
e da due stemmi del Quignones ai la ti, si eleva uno stilobate che contiene la
epigrafe dedicatoria, sormontato dal classico motivo delle quattro mezze colonne
che sorreggono la tra beazione e racchiudono il vano rientrante del tabernacolo
centrale e le due nicchie laterali. Al disopra d~l timpano che corona la com·
posizione m ediana è un attico, fianchegg'iato da due volute syiluppantesi bizzarramente i'n zampe leonine e terminato d a un altro timpano in flesso.
Fig.
L
-
Jacopo
Sansovino
Monumento in , S.. Croce in Gerusalemme.
Saggio di restituzione.
Entro queste linee SI svolgono sobriamente gli elementi sta tu ari ed ornamentali e la decorazione poli croma. Nelle due nicchie sono due statue veramente mirabili, alte ciascuna circa m. 1,27, di un uomo maturo a destra, di
un vecchio dalla lunga barba a sinistra; ambedue drOlppeggiatee calzate secondo
i modelli romani, ambedue aventi in capo una corona. La figura di sinistra ha
un atteg'giamento oratorio e reca in una m'a no \lt1 largo nastl:o con l'a scritta:
PANEM COELI DEDIT EIS; quella di destra, calma e severa, ha un altrp ,n astro
su cui è inciso: MISERATGR . DOMINVS . ESCAM . DEDlT . TTMENTIB . SE.
,
.
(I) Nel cerchio è contenuta l'iscrizione: ABSIT GLORIAR;' ,NISI IN CRVCE.
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7I
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I due sacri versetti, simboli cam en te riferiti all'Eucarestia, sono di Salomone il primo ( l), di David il secondo (2), e ci dicono quindi chi siano i p ersonaggi rapp rese nta ti nelle due figure reg-ali_
N el m ezzo due ang-eli scolpiti sporgo no in altori lievo da un plinto e reggono una targa su cui è scritto: HIC DEVM ADORA_ Sopra è il cibo rio in forma
di tempi etto dorico r?tondo sormontato da una cupola , ed ha ai lati due angeli
in bronzo in g inocchiati_
Equilibrate nelle m asse e di una fin e purezza nei profili sono le mod an ature architettoniche; eleganti i capitelli co rinti, n ei cui fogliami è eviden te la
ispirazione da quelli d el tempio di Vesta in Tivoli; molto meno accurati invece
come composizione e come fattura tutti g li elementi d ell a zona s uperiore, dei
quali i più caratteristici so no la conchiglia racchiusa nel timpano che co rona l' attico, i due candelabri late rali in forma di tozze balau stre a rroto ndate, le volute
e le m ensole di tipo m osso e vivace_
La colorazione, che è elemento essenziale della composizione decorativa, è
ottenuta mediante variati marmi, quasi sempre autentici, ma in qualche zona
anche imitati a pittura e m ediante dorature sottili. Sono di p orfido le due colonne
di m ezzo e di portasanta le due es treme, di verde a ntico il fregio, di a frica no il
riquadro dell'attico ed il triangolo del timpano principale, di m a rmi giallo e
rosso -la croce ed il 'cerchio di cui è inta rsiata la 'zon a basamentale, di m a rmo
grigio azzurrognolo venato la supe rficie concava delle ni cchie; ed è forse d ello
s tesso colo re, da cui riceve così delicato risalto il bianco delle figure sc01pite,
il fònd o d el vano centrale poi ri cop e rto da una scura tinta bituminosa _
D o rati sono i capitelli, le basi, i fogli a mi e le zampe leon ine laterali all' attico, le nervature della conchig-lia del timp ano , le strie verticali ch e sotto la
cornice, all'altezza dei capitelli dividono lo spazio in tanti quadrati a lternativamente bianchi e violacei, ed i li stelli, i tondini, le gole so ttili n elle mòdanature, ' non della zona inferiore, m a di tutta la m edia e la suprema_
Non senza alterazioni gravi è pervenuta a n oi la belli ssima opera. Nelle
radicali trasformazioni della chiesa compiute nel Seicento e n el S ettecento, essa
deve essere stata rimossa e poi rimurata e ri alza ta allora di tutto il zoccolo in feriore
che ora aggiunge peso soverchio alle proporzioni della zona basamentale e turba
i rapporti di tutto l'insieme_ Anch e, è s tato ag-giunto in tale occasione il baldacchino supe riore, decorato della croce e dell'uva simboli ca , che t aglia l'atti co
e n e nasconde il coronamento, sottraendo all'effetto della m~ssa architettonica tutta una zona in alto, proprio quando se n e aggiungeva un'altra nel basso.
La targa che contiene l'isc rizione: HIC DEVM -ADORA è s tata inquad rata entro
una cornice barocca di ottone con un ornato a conchiglia ed un festone; e nel
marmo, dipinto a bro nzo, d el fon do sono s tate inserite le lettere in rili evo,
che forse p e rò seguono l' epigrafe incisa precede nte. Il fondo del vano centrale
e quello del plinto hann o preso quella colorazione nerastra che muta i valori
degli oggetti e violentemente distacca le due figure rilevate. Infine sono certo
~lem enti aggiunti i due angeli di bronzo, così irrazio nalm ente disposti sop ra
gli altri due in m a rmo, e così diversi da tutto il resto p e r materiale, per attegg iame nti e p e r s til e.
Non è quindi difficile da queste osservazioni p assa re ad una restituzion e,
sicura nell'insieme, della forma originaria; ed è quella che appa re nel bozzetto
(I) Dal Liber Sapientiae, c. XVI, v. 20.
(2) Dal Salmo !IO, v. 4.
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disegnato n ella fig . 1. In modo quasi inatteso ritorna con essa il monum ento
alla sua armonia ed al s uo equilibri o, da cui lo h a nno t a nto allontanato le modific azioni subì te ; non g rand issime prese ognuna per sè, m a tali, sommate insieme,
da a lterare pro fo ndam ente la bellezza ed il sig nificat o artistico di un'ope ra
di una grande finezza a rchitettonica e deco rativa. Solo questo può sp iegare co me
essa sia passata completamente inosservata agli studiosi e come n ean ch e p e r
incidenza ne abbiano fatto m enzion e trattati e g uide n el p erco rrere il vasto
campo dell'arte in Roma.
A nche cosÌ riportata alle antiche linee appare inneg'a bilmente di altezza
esagerata tutta la zona basamentale del monumento. È molto prob abile tuttavia
che ivi fo sse colloca ta originariamente una m ensa d'alta re , o di marm o, ma
solo in parte ade rente al fondo, quale sarebbe ad es. una tavola retta da
balaustri, ovvero in legno, di carattere posticcio , quasi mobile, ad dossata all'op era m a rmo rea. L' esempio più tipico di tale disposizione è quello dell'altare
di Santa ' Cita del Gagini a Palermo, ch e anc1~'esso mostra un alto basam ento
nudo e liscio, da cui risulta spostato ora troppo in su il centro di gravità
a rtistico dell'altare; t ale basamento indi ca con evidenza l'innesto di una m en sa
anteriore, la quale con la sua sporgenza e forse a nche col suo ornato doveva
riportare equilibrio in tutta la composizione.
Malgrado ciò non si è ritenuto d'introdurre tale elemento n el di segno
di restituzio ne per non mescol a re in esso ipotesi non ben precisate ai dati
:;;icuri.
D elle trasfo rmazioni di cui si è test è disco rso dà sovratutto testimonianza
il m onumento stesso; m a per alcun e di esse aggiungon o qualche conferma di
do cumentazione gli scarsi elementi che qua e là possono trovarsi in stampe
od in pubbli cazioni speciali. D elle prime ha sin golare importanza una incisione
del Maggi (1), relativa alla Basilica Sessoriana, la quale intorno alla veduta
d 'insieme, riproduce i nove altari pri ncipali. Tra ques ti l' alta re del Sacramento è chi am a to Altare m aggio re ed è raffigurato privo del baldacchino
superiore e diminuito del forte zoccolo; " appaiono invece già al loro p osto i
due angeli di bronzo, che reggono ed apro no un drappeggio into rno al ciborio,
e si dimostrano così essere un' aggiunta anteriore ai primi anni del S eicen to ,
in cui l'incisione deve essere stata eseguita.
Quanto alle descrizioni del Seicento e clel Settecento, sorvolan do sui cenni
brevissimi ch e ne danno i libri aventi p e r oggetto le stazioni o le basiliche
roma ne (2) (tutti assorti nella leggenda di Sant'Elena e n el racconto d el ritrovamento d ella g rande reliquia nel Quattrocento), l'unica ch e assume una qualch e
ampiezza è quella del Besozzi (3), il quale ci d esc rive « la bellissima macchin a
di marmi pretiosi », n e chi arisce il carattere di alta re ed insiem e di tomba, e,
n el riferire che Be nedetto XIV « h a lascia to il S5. Sacramento nel primitivo
luogo, cioè in alto d ella m acchin a », fa una lunga disquisizione sul modo di
(I ) La incis io ne fa parte (ta\'. 78) d i una importante raccolta di sta mp e ro m a ne edite dal
De Rossi, che trovasi all a Bibl. r oma na Sarti (Co l. I3, F. I9).
(2) Cfr. ad es. P. UGONIO, H istoria delle Stationi di Roma, Roma, I588, pago 208; PANVINIO, Le sette Chiese (ed. Lanfranchi ), Roma, I570, pag o 277; G. S EVERANO, Memorie sacre ecc.,
Roma, I630, p ago 624; FEUNI, Trattato delle cose meravigliose ecc., pago 25; FRANCINT, Stationi. pago I3I; BAGLION I, Le nove Chiese, Roma, I639, pag o 139, ecc.
(3) BEsozzr, op. cit., p ago 32 e pago 93.
73 -
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tenere i ta b e rnacoli (I). P a rla p oi d el cib ori o di bro nzo, d el p ia no a nte ri ore
ch e se rviva ad alza re il trono pontifi cio, delle s t a tue d ell'alta re , di c ui di ce
a utore il M a d e rno ; e cad e con quest e asse rzioni in altre tta nte inesa t tezze , poi ch è
il cibori o n on è , e fo rse non è s ta to m a i, di bronzo , e la sedia pap ale n on può
esser s tata elevata in m ezzo, su di una to mba, lasci a ndo alle sp alle l' alta re
eucaris ti co, ed infine l' a ttribuzi on e al Mad e rno p otrà, se m ai, ri fe ri rsi ai due
a ngeli di bronzo aggiunti , n on ce rto alle princip ali fig'ure d el m o numento .
Il B esozzi ed altri si indu g ia n o altresì su alcuni elementi accesso ri p rossimi all'altare ; così a d es. s ui sedili di
marmo p osti tutt'intorno alla tribun a e sulle infelici pitture
a finto m a rmo d ella p a rete, op e ra, com e ci di ce il Pascoli (2 ),
di Nicolò d a P esaro. Niuno invece accenna ad alcune
ope re d eco ra tive ivi prossime che pure h a nn o un n otev ole
v alore d' a rte , cioè a i quattro gra ndi candela bri in fe rro b a ttuto collocati n el pres biterio (fig. 2), ch e prob a bilme nte
furono d es tin a ti in ori g ine a d esser p osti into rno all'alta re
del Sacra m e nto . Pur senza raggiunge re l'impo rta nza d ei
maggiori esempi coevi, quali quelli di S a nta M a ri a in Orga n o
a Verona, d el S a nto di Padova , d el Museo d el B a rgello
a Firenze, d ella Cattedrale di Rovigo , ecc., t ali ca ndela bri,
dalle robus te basi diretta m ente imitate d a m o d elli classici,
dalle sottili e la rghe foglie e d alle g hirla ndette ch e rive·
stono il fus to , h a nno una eleg a nza di li nea ed una squi sitezza di esecuzion e n ei particolari ch e m e rita no di essere
fugacement e segn ala te.
Chiusa ques ta breve digression e , occo rre torn a re al
monumento ed ai suoi ca ratte ri stili stici n ella scultura e
nella g e nerale composizione.
L'opera di scultura v e ra m ente ins ig n e è in esso d a ta
dalle du e s ta tue d ei profe ti. Forse a n zi di m a n o del Sansovino, oltre ch e il di segno generale d ell'op era , non ci
sono che quelle; ed il resto è op e ra di aiuta nti e di esecutori, abili ssimi n ell'intaglia re l 'o rn a to d egli st emmi e d ei
Ca ndelabro
capitelli, m a non m olto vale nti n eilo scolpire le due figure Fig. 2 .
in fe rro battuto nel
dei due a ng eli n ella zona ce ntrale , imita te d a a nti ch e s tatue
pres bite rio d i S. Croce
di Vittorie, m a goffe e p oco proporziona te (3) .
in Ge ru sale mme .
L'opera diretta di Iacopo S a nsovin o p e r le due s ta tue
principali è dimostra ta sì dalla somigli a nza di tipo e di atteg g ia m e nto con tante
(I ) N o n è priva d'inte re sse tal e trattaz ione, di ca ratte re liturgico, specialmente riferita ad
un esempio infre que nte , co me quello di S a nta Croce ; in cui cioè n o n solo si assoc ia un se polcro
ad un altare, m a si rito rna per il cibori o di cust od ia d e ll' E uca ristia al tip o m edioevale d el
tabernacolo, o conditoriulIt, murat o nell a pa rete. (Ved i su t ale sog getto H . GRISAR in Civiltà
Caltolica, 1896, p. 469 ). G li e se mpi prossimi che specialme nte m eritan o m enzio ne a t al pro posito
sono l'altare di S . F in a nell a Cattedrale cii S . Ge mi g na no e l'altare del S ac ra m ento, di A ndrea
Sansovino , in S. Spirito a Fire nze.
(2) L. PASCOLI, Le vite ecc., 1, 242.
(3) Occorre t uttavia not are che l'att ua le e ffetto p oco felic e è accentu ato dal fo ndo nera·
stra che tag li a le fig ure in vece di unirl e ne ll a supe rfi cie; ed anche che la m a nca llL:a d i g iu ste
proporzio ni è esage rat a nella fot ografia, presa d a un punto di vista 1110lto più alto di qu ell o
ordinario.
lO -
Bo t/. d 'A ,-l e.
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altre ope re note , com e da quélla v irtu osità s traordin a ria nella tec ni ca del mod ella re e d ello scolpire , in cui il S a nsovin o forse non e bbe l'ugua le. La m ossa d ella
figura nell'atto di iniziare un passo, il volgersi a «tre quarti» d ella t esta, il modello
d el vestiario e d ei calza ri, il tip o dei capelli e d ella barba si ritrovano in quasi
tutte le fig'ure m aschili d ell 'artista, d al S. Iacopo di Firenze alle statuine d egli
Evangelisti nel presbite rio di S. Ma rco. La testa d el S alomone somiglia a d un
gran numero di teste di vecchio da lui scolpite ; e vi accusan o pare ntela i
barbuti infedeli dei bassorilievi d el pergolo di S . Marco, e, più a ncora, il vec chio ch e trovasi al primo pian o d el rili evo rappresentante il miracolo di S. Antonio n ella chiesa del Santo i n Padova.
N elle vesti so ttili, aderenti ai co rpi, sapie ntem e nte mod ellate, si tro va quella
m e ravi g liosa fin ezza di fatt ura ch e fa dire elel Sansovino a l Vas ari (r) ch e « mos trò co me si la voravano i panni traforati, a vendo quelli co ndotti tanto sottilm e nte e sì naturali che in alcuni luoghi ha campato n el m a rmo la g rossezza
che il na turale fa nelle piegh e ed in sui lembi e n ella fin e d ei vivag ni del
panno », e, p oco dop o, ch e « i s uoi panni n el marmo erano sotti li ss imi e b e n
condotti co n belle pi egone e co n fa lde che mostravano il vesti to ed il nudo ».
In particola re il modo con c ui si a vvolge il vestito intorno a l corpo el el
David ed il recamo che n e deco ra il le mbo, rico rdano in modo st rao rdina rio
l'opera forse la più finita e perfetta del Sansovino, cioè la s tatua eli S. J acopo
in S. Giacomo degli Spagnuoli in R oma.
L' op e ra scultori a di J acop o Sansovino può, com e la s ua vita artistica, dividersi in tre p e riodi; nel p e riodo 'fiore ntino si afferma l' a rmonio sa e leganza
toscan a ; nel breve p e riodo rom a no si manifesta il virt uosismo tecnico, e quasi
può dirsi la cifra, di un'a rte trita ed accuratissima, nobile, ma t'redda e n on
grandiosa, lontana ancora dalle vaste con cezioni michelangiolesche , e pill ch e
altro alla rice rca di una mi ra bile finitezza n ella disp osizion e e nei p a rticolari (2 );
il periodo veneziano reca infine , pur nella grande disuguaglianza d elle manifestazioni, un pila vasto respiro, un a la rg'hezza ed una varietà nuove nello studio
delle m asse, un' espression e di vita nei volt·i e n elle move nze , una m aggior forza
di concetto unita sempre alla elega nza classi ca d ella form a , ma talvolta anche
un a esecuzion e più affrettata, e p e rfino scadente, in confronto d ei precede nti
p e riodi.
L e statue d el monume nto di S a nta Croce in Gerusale mme, pur appartenendo ad un te mpo in cui già, nella vita dell'artista, la dimora, più o m en o
s tabil e, in Venezia, era iniziata da vari ann i (tanto ch e è da suppo rre che il
Sansovino abbia profitta to, p e r eseguirle , di alcune dell e s u e frequ e nti (3) as'
senze es tive), s i ria nno dan o direttamente alla m a ni e ra roman a , delle tre
( I ) Op . e loc. cit., pago 491 e 512 .
(2) Q uesto carattere d el periodo sansovi nescu ro man o pe rderebbe di sicurezza e di unità
se ve ram ente fossero da attribuirsi al maestro co m e fa 1;1 PITTONI (op. cit., pag o 126 e seg.),
o pere co me il S. Sebastiano in S. G iovann i D eco ll ato e la lunett;1 de ll a Chiesa de ll 'An ima, ed
a ll a s ua scuola il S. Giovanni Battista cleli a M·inerva. Ma la prima d i q ueste, goffa ed in a bil,
me nte eseg uita, no n può essere che cii un o scu lto re d 'infim'o rdin e; la lunetta dell 'A nima sembra
piuttosto - e la P ittoni stessa lo acc enn a - cle li a scuola di Andrea e non cii J aco po Sansovin o; il S. Giovanni clèlla Min erva è , co me abbiamo v isto precede nte me nte, d el Seice nto.
(3) Cfr . VASAR1, Note del Milanesi, voI. VE, pago SII. No n è impro babil e ch e il diritto
di all o nta narsi ogn i a nno alcuni mesi per i propri affa ri fosse regolarme nte stabili to t ra m aestro
J aco po e le ammini straz io ni ve nezian e per le quali prestava la sua ope ra, a nal ogamente a qu a nto
~ rd fi ssato p e r Andrea Sansovin o a Loreto.
\
\
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75 -
che si sono o ra distinte, ed hanno le m assime affinità col S. Jacopo Sllaccennato e con la Madonna di S. Agostino.
***
Venezia ed il tempo hanno invece sulla composizione architettonica e sul
concetto d eco ra tivo direttamente avuto influenza.
\
(Fot. Alina.'i).
Fig. 3· - Jacopo San so vino.
Monumento,in S. Marcello in Roma.
Se questa composIzIOne e questo concetto noi mettiamo a confronto con
quelli a cui è ispirato il monumento del cardinal di Sant'Angelo in S. Marcello,
scolpito circa sedici anni prima, vediamo quale grande cammino l'artista abbi a
percorso. Certo ci potrebbe riusci re di un grande inte resse conoscere le fermate
intermedie di questo cammino in cui egli è venuto acqui s tando una personalùtà
nuova, e determinare questi successivi momenti , non già con uno sguardo generale dato alla ua multiforme attività, ma con un esam e comparato di op ere
di tipo analogo e di tema affine . Ma pur troppo questo no n ci è ora possibile:
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76-
nulla sappi a m o di quella tomba p el d u ca di Sessa (I ) di c ui , nel 1525, secondo
quanto documenta il Gotti (2), Michelangelo ced è al Sansovillo l 'in carico; sco mp arsa è , come già s i è detto, la tomba del cardin al d'Arago na scolpita nel 153 3
(già nel tempo della dimora a Venezia) ; i vari disegni di sep olcri e di edicole
che nella raccolta d egli Uffizi a lui si a ttribui scono (3) non so n o certo s uoi,
p oichè una eno rme differenza n ello s tile e n el m odo del di segn a re li sepa ra da
quei pochi ch e sono ve ramente a utenti ci (4) .
Così il confronto tra le due opere cosÌ lontane divie n e di co ntrast o, poichè
n on può seguire un a co ntinu a ca t en a ch e le colleghi.
Non certo è qui n ecessa rio soffe rm arci a lun go sul monumento che il V asa ri e l'Aretin o elico no di «Agine nse », del quale n on m a ncano s tudi ed il. lus trazioni (5). Basti ramm e ntare che esso fu fatto e rige re intorno al 1520 d a
J acop o Orso da Chioggia in m emori a dello zi o, Giovanni Mi chi el, cardina le
di Sant'Angelo, m orto di veleno n el 1503, e del fra t ello Antonio Orso, vescovo agiense, prelato insigne per dottrina, m o rto n el 1513. D el Michiel è la
: figura ce ntrale do rmi ente s ull'urn a, dell'Orso quella giacente a i suoi pi edi su
di un letto -sostenuto da un a catasta di libri , ch e sta a ri co rd a re la munificenza
d ei suoi doni alla Biblioteca di S. Marcello . Il monumento ci è pervenuto co mpleto a rchitetto nica m e nte e decorati vamente, inco mpleto per quanto rig ua rda
la scultura; poich è, com e g ius ta m e n te osserva la Pitto ni , le quattro statu e
, la te rali, le due delle nicchi e e le altre due s upe ri o ri, son o s ta te aggiunte in
t empo poste ri o re, ed il bizzarro co ronam e nto cQi due putti che reggono lo
stemma , è stato eseguito in m odo affrettato ed in orga ni co.
Nell'arte di Jacop o Sansovino, questo monum e nto (vedi fig. 3) di S. Marcello
h a, pur nella perfezione delle pri ncipali figure sco lpite, un duplice ca ratte re negativo: l' assenza di un vero e fort e sentimento architettonico; la d e ri vazion e diretta
e quasi p edissequa, da lle fo rm e e d ai concetti eli Andrea Sansovino. Certo
ancora quelle linee fiacche e m anca nti di rilievo non fanno d avve ro presagire
il meraviglioso a rchite tto d ella Zecr:a, dell a Libreria Ma rcia na e delle altre
opere ch e, secondo 1'espr essio n e d ell ' A retin o, «dan compim e nto a lla pompa»
di V e nezia; a n cora i nvece n on appare in esse ch e un o scola ro di Andrea
Contucci, ab ilissimo specialmente « n el fa re d ei panni e n ei putti » come dice
il Vasari, m a m o lto in fe rio re a l maestro nella co mposizio n e a rc hitetto ni ca ed
ornamentale.
I r affronti ch e chiaramente dimostrano tutto questo possono istituirsi coi
capolavori di Andrea Contucci, quale l 'alta re del Sacrame nto in S. Spirito di
Firenze e le d ue tomb e in S . Maria de l Popolo, dalle quali ultime la tomba
di S. Ma rcello direttam e nte deriva. Ma non è forse privo d'inte resse il sofferm a rsi un m ome nto per aggi unge re a i tanto conosciuti esempi sudde tti, due
altri, poco noto l'uno, ignoto fin o ra l'altro, i quali se non ci rivelano alcun
aspetto nuovo n ella fig ura artistica di maestro Andrea, pure contribuiscono a
(I) È questi Go nza lvo di Co rdova , creat o duca di S essa da Ferdinand o V di Na poli, e
che si trovò q uasi costa nte m ente in Roma, in rappresentanza de ll 'imperatore, negli a nni di
Adriano VI e n ei successivi. Cf. G. PASOLINI, Adriano VI, Roma, 1913.
(2) Cf. GOTTI, Vita di Michelangelo, Firenze, 1875 , p. 177.
(3) Disegni A rch . degli Uffizi: ColI. S a ntare lli, ì~. I, SIlO.
(4) Ide m, idem N. 616, 5112. ,
(5) PITTONI, op. cit., p, 102; TOSI, M01UilJÙnti sacri e sepolcrali ecc. , t av. XXX IX; BULLO,
Di tre illustri prelati glodiensi,. segretari di pontefici, Venezia, 1900, p, 2 1.
l'
(
\
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mostrarcela completa e ben definita e meg'lio ci permettono così di farn e punto
di partenza a determinazioni comparate.
L'uno di essi è la tomba del vescovo Pietro da Vicenza nella chiesa di
Aracoeli; l'altro non è opera eseguita, ma un grande disegno di progetto e
trovasi nella raccolta dei Disegni architettonici degli Uffizi al n. 142.
Della tomba di Pietro da Vicenza (fig. 4), morto nel r 504, la paternità al
primo Sansovino non è affermata nè da isc rizioni nè da documentazione, ma
risulta con assoluta certezza dal confronto delle figure scolpite con quelle dei
(Fot. A lil1a1'i )
Fig. 4. - Andrea Sansovino.
Monumento a Pietro di Vicenza in S. M. d'Aracoeli
in Roma.
monumenti di S. Maria del Popolo e segnatamente col sepolcro dello Sforza,
che, terminato nel r505, deve essere stato eseg'uito quasi insieme con esso.
Quasi identiche le statue di rilievi della Giustizia e della Carità, e della Madonna racchiusa in un tondo, quasi identica la figura dormiente sul letto (r ),
piena di calma e di dignità. L'armoniosa inimitabile bellezza, la maniera larga
e sicura dello scolpire assicurano essere questo monumento di Pietro da Vicenza non già una copia di un allievo, ma opera diretta del maestro; forse
è da vedere in essa l'esperimento primo per le maggiori prove dei sepolcri
di S. Maria del Popolo (2).
( I)
non più
dopo di
(2)
Il Sansovino in queste tombe è stato forse il primo a rappresentare la figura g'iacente
come morta, ma come dormiente, sollevata sui cuscini; il qual e tipo di rapprese ntanza
lui è diventato, se non normale, come dice il Gnoli, certo abbastanza diffuso.
Vedi la riproduzione geometrica del TOSI, op. cito tav. LXIV.
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Quanto al disegno d egli Uffizi (fig . 5), grande disegn o di circa m. 0,30 X 0,40,
esso reca una comp osizione a nco ra pitl a mpi a e complessa di architettura e di
F ig . 5. -
Andrea Sansovino - Disegno di monum ento sepolcrale
(Dis. Arch . U ffi zi n. J 42).
scultura funera ri a. Nel centro è un a figura giovane, n o n pitl do rmiente, m a
desta ed in a tto di legge re un libro (I) ; il letto sul quale questa si leva è por( I ) Ln figur a che si è desta, ma rim a ne sul letto è rapprese ntaz ione immediatame nte successiva, pe r ordin e di co ncetto se non regola rm e nte per ordine di tempo, a q ue lla precedentemente indicata . Tra i più interessanti so no g li esempi bolognesi, quali q uelli d ei monum e nti
al Mala vo lta, al T eodosio, ad Ercole Bottrigari, uomin i di scie nza che si son vo luti raffig urare
non in atteggiamento di ripo so, ma co n la mente ancora e perenn emente tesa a1) o studio.
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79 -
ta to da un a so vrapposlzlOne di basamenti e di urne, ed è so rmonta to d a un
bald acchin o, e ntro cui è p os ta, in un medaglio ne, un a Mad onn a col B ambino.
Ne lle ni cchi e qua ttro statue rapprese nta no S . P ie tro, S. Paolo, S. Giovanni ed
un altro S a nto ; b asi, stilo bati ed a tti co so no ricop erti di basso rili evi rapi dame nte schizzati , a lcuni di sog getto .. ac ro, a ltri di sce ne di battagli e. Tutta
ques ta scultura è inquadrata in lin ee a rchitet to ni ch e ch e diretta mente si rian·
n oda no a quelle dei sep olcri a l P op olo, ma in cui si sos titui sce all' unico
ordine, s ul qua le so rg-e l' a rco centrale, seg ue nd o lo sch ema dell'..n_ , un a sov rappos izi on e di ordini, ch e racchiud e t ale a rco ; e la lll assa ne ri sulta p ill co mpli cata e co nfusa ( r).
Sul di segno è sc ritto in ca ra tte re sta mp a tello : A71dTea Cò ntucci dal J1/o7tte
S ansovino sc~dt . , e l'i sc rizio ne sembrami debba asseg na rsi a ll o S ca mozzi, od a
chi p er suo co nto av rà ordin a to la s ua raccolta d i d isegni (2 ; ; ma p e r q uanto
ag g-iunta in t emp o eli p oco p ost e ri ore, non sare bb e sufficie nle p e r un a a ttribuzione sicura , se no n inte rve ni sse ro i raffronti s tili s ti ci, se n on co n altri di seg ni
(p oich è a nco ra su qu es ti p e r An d rea S a nsov in o, più ch e p e r J acopo, l' oscuri tà
è quasi co mpl eta), co n le op ere aute ntiche. E così questa sicurezza ci da nn o il
tipo della nobile fig ura principale, simile alle altre fig ure t om bali su acce nn ate,
il g ruppo raffigura to n ell'attico, ch e riprodu ce in tutto la Pietà d el p aliotto
nell'alta re del S ac rame nto in S. Spirito eli F irenze, e g li a ngeli ch e reggo no
i ca ndela bri, ed i p a rti cola ri d ell' o rna to, sp ecialme nte gli intrecci di pilastrini
n ell' atti co, ed il m otivo a rchitettoni co dell'insieme.
L a data del progetto, ch e ce rto non fu tradotto in a tto, può fo rse p orsi
p os te ri ore alquanto alle tombe di S _ Ma ri a d el P op olo, ri sp etto le quali prese nta un o stadio più evoluto sebb ene m olto m e no feli ce, ed a nteriore all'ini zio
dei lav ori in L oreto , in cui l'o rna mento della Santa Casa (faccia o no cap o ad
un a prima idea del Bramante) (3) ri s p ond e ad un più ampi o e forte co n cetto
a rchitettoni co: tra il 150 7 quindi ed il 1513 .
Ritorna nd o ora , dop o questa dig ression e, a 1. monum e nto e retto da J acop o
S a nsovin o in S. Ma rcello, i te rmini di confronto ch e si son o p os ti ci m os tra no
la de rivaz ione evid e nte. L a fi g ura, sollevata su di un fi an co , del cardinal di
S a nt' A ngelo è anco ra la figura di Pietro d a Vicenza o del ca rdinal Girolam o
B asso della -Rove re ; ed a nalog-hi ai _sep olcri di Santa Ma ri a del P op olo so no,
n on solo il conce tto a rchitettoni co , la di sp osizi one gen e rale, m a anch e i p a rticola ri : il tipo d ei capitelli, la forma delle ni cchi e, le sagome delle co rni ci,
tra cui quella dell' a rchivolto, di esile la rg h ezza, deco ra to da un ordin e di fusaruole. Solo le prop orzi o ni son o più timide, nella zona ce ntrale ; paras te si so- sti tuiscono alle m e zze colonne, e la co rnice u di esse è pi ccola e di poca sp orgenza, me ntre invece m olto maggiore importa nza è assunta dalla corni ce di
co rona m ento.
( I ) Q ueste a pplicazio ni degli o rdini a rchitettoni ci a tombe e ad altari del Rin asc ime nto ,
ra pprese ntano altretta nte variaz io ni d el tipo degli archi trionfali roma ni_ Motivo an alog-o a q uesto
de l diseo-no sansovine sco trovasi, ad ese mpio, ne ll 'altare Piccolo mini d ell a cattedral e di Si ena,
nell'altare di An d rea da Mila no nella S acresti a d i S _ Ma ri a d e l Po polo in Roma, ecc _
(2) Agli Uffi zi si ri te ngo no siffatte isc ri zioni di Giorgio Vasari : ma mi fa prope nd e re pe r
lo Scam ozzi il ritrov:lrne alcllne a naloghe in di seg-ni a rchitetto nici suoi, poste ad ind ica re , no n
già titoli o d ati esteri o ri, ma note spi cciole attin e nti diretta me nte a l sig nifi ca to cl ell e p ia nte e
d ell a sezio ni d elin eate .
(3) Vedi su questi lavo ri la t rasc ri zione d e i doc um e nti la uretani fatta da l G ian ui zz i (Mss.
della Bi bl. d a Direzio ne p _ le A nti chità e le B. Art i), vo I. IL
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Così n el 1520 J acopo Tatti ancora non appare svin colato menoma,m ente
p er quanto riguarda composizio ne architettonica e d eco rativa, dalla scuola del
Maestro dal quale aveva preso il nome; e, del resto, pure le opere di vera
a rchitettura eseguite nel corrispondente periodo roma no sono ben lun g i dal
rivelarci un a verçt p ersonalità origin ale e forte: g li interni di S, Marcello e di
S, Giovanni dei Fiorentini non ci m ost rano che le solite forme senza un concetto nuovo" A Venezia invece fin dai primi anni la figura dell'artista si affe rma
s ubito nelle manifestazioni a rchitetton ich e e prosegu e sicura n ella sua strada
gloriosa, La fo rmazione dell'architetto è stata tarda ed h a richiesto un a lunga
m aturazion e, ta nto quanto invece e ra stat a quella dello sculto re precoce.
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Nel m onume nto di Santa Cro ce in Gerusalemme è g ià il riflesso di questo
nuovo sentime nto di sicurezza e di forza: è l'ope ra di un a rchitetto che domina
la fo rma e ri cerca n egli effe tti della massa e dell io rnato nuove espressioni, ch e
sostituisce alla minuta sov rabbo ndanza decorativa il ritmo e perfino il contrasto
tra la sempli cità e la ri cch ezza.
In questo p assaggio tra due così differenti t endenze espresse nei due monumenti, c'è tuttavia in parte l' evoluzi o ne dell' a rtista, in p a rte quella d el suo
tempo. Sul tema elegante del sepolcro o dell' alta re il primo Rinascime nto si
era a tta rdato più ch e s u di ogni altro, ed aveva seg'uitato anco ra in pieno Cinquecento a ri coprire di finissimi intagli le supe rfici e , lasciando all'Architettura
il fornire ad essi i riquadri, senza assumere, altro che in casi di eccezione (come
appunto nelle suddette tombe in S. Maria del Popolo, co me n ella tomba Vendramin a V en ezia e nelle altre affini), un a funzi one diretta d'Arte. Il risveglio
e la trasformazione sono state quindi rapide e brusche. « L' a rchitetto e lo scultore statuari o » , com e ben di ce il Gnoli (I ), «cacciano affatto di posto lo scultore
d eco rativo » , E d ecco apparire com e monumenti-tipo la cappella d ella Madonna
a L o ret o, la tomba M ocenigo, di Tulli o Lombardi, in Ss. Giovanni e Paolo a
Venezia (2), la piramide del monumento di Agostino Chi g i in Santa Maria del
Popolo a Roma , (3) il sepolcro in ma rm o del cardinale A rmellini a Santa M'Iria
in Trastevere, quello di Adriano VI in Santa M a ria d ell' Anima, (41 e pill t a rdi
le tombe di Leon e X e di Clem e nte V II, quella di Piero dei Medici a Montecassino , ecc.
Questo ritardo di fase h a avuto anzi due conseguenze notevoli, l'una in
contrasto con l'altra, in opere tra loro co ntemporanee e pur differentissime p er
stile. D a un la to la t endenza quattrocentesca, affidata alle positive ragioni del
tirocinio professionale di artisti e di m aestranze, prosegue ancora avanti e vi ene
(I) GNOL1, Have Roma, Rom a , 1909, pago II9,
(2) Su qu esto m o numento, di cui sono notevolissime le a ffini tà co n qu ello del S ansovino in
S, Croce in Gerusalemme, vedi P AOLETTI. Architettura e sculbwa in Vmezia, Venezia, 1903, p, 215 .
(3) Vedi GNOL1 in A,'clzivio storico dell'Arte, val. 1. L 'a rgo m ento principale p er l'attrilmzione a Raffaell o è, come è not o, dato da un disegno della collezione d egli Uffizi ; m a la scrittura, è, in quel disegno, veramente""di Raffaello?
(4) Per la data d ell' importante monumento elevat o dal P eru zzi ad Adriano VI, vedi
PASOL1N1 Op, cito, p, 122, SCHMIDLIN, Geschicltte der Anima, Freiburg, 1906, p , 2ì9, Per la
restituzione dei suoi ele me nti scomposti, ed in particolare d ell 'atti co, vedi il disegno contenuto nel C1A CCONIO, o p. cito, nonch è un bozzetto del Peruzzi stesso conservato nell a collezione del Louvre (N, 1410), che certo si rife ri sce all'attico suddetto.
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CLt
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SI -
a trascinare architetti quali il Sangallo nella cappella Cesi alla Pace, od .il Sanmicheli nell'altare della Visitazione nel duomo di Orvieto; dall'altro la t endenza cinquecentesca, una volta invalsa, porta presto con sè espressioni architettoniche e deco rative pill spinte: le cai-telle e gli s temmi e le targhe varie
e mosse, le urne m ass ive, le colonne inalveola te, i timpani spezzati.
A tale ordine di soluzioni appartiene il monumento Quignones in Santa
Croce; vi appartiene per l'alternanza di zone lisce ed adorne, pei forti rilievi,
per l'alto attic'o, per la lib e rtà ornamentale delle volute che lo fianchegg-iano;
e, più che tutto p er il colore dei marmi, introdotto non co me cosa accessoria,
ma come elemento organico, come m ezzo principale d ella composizione.
In questo concetto nuovo della ricerca dell'effetto cromatico è il valore
principale dell'opera del Sansovino in Santa Croce in Gerusalemme. In Roma
fino ad allora solo in casi sporadici, quali la cappella Chigi a Santa Maria del
Popolo, il monumento di Adriano VI all'Anima (di tre anni s.oltanto a nte riore),
la policromi a affidata all'unione di varie qualità di marmo aveva fatto la sua
comparsa. Jacopo Sansovino la porta ad un a vivace tipica espressione, dell a
quale evide ntemente ha tratto l'ispirazione a Venezia: la città in cui il colore
forma parte integrante dell'architettura, e dove non mancano esempi della sua
applicazione a monumenti funera ri fin dai primi d ecenni del Cinquecento (r).
Lo schema a rchitettonico, corretto e calmo, toscano e romano, risulta così insolitamente ravvivato da questo innesto del sentimento coloristico venez iano. Poi
il sistema diviene normale. Non passeranno trent'anni ed il colore trionferà
nell'interna decorazione delle chies ~ , nei pavime nti, negli altari; e dirà il Vasari:
« veggiamo questa giunta alle altre industrie degli ingegni moderni e che i
scultori con i colori vanno nella scultura imitando la pittura» (2 ).
Quanto all'opera del Sansovino, essa segu:ta poi ad evolversi. Tanta
distanza corre (rim anendo sempre nell'analogia del soggetto) tra il monumento
di S, Marcello e quello di Santa Croce in Gerusalemme, quanto tra questo ed
il monumento V e ni e r in S. Salvatore a Venezia, i cui elementi sono dati d a ll'architettura forte e massiccia, dalla statuaria vivace nelle espressioni e negli
atteggiamenti, dalla decorazione architettonica, basata sul colore, che quasi
es clude la decorazione ornamentale,
Sono dunque queste citate tre t appe nell' a ttività dell' a rtista; e l'opera ora
determinata, a cui fa capo quella m èdia, acquista per ciò importa nza e significato. È, nel campo dell' Architettura decorativa, la modesta so rella minore
della Loggetta del Campanile.
GUSTAVO GIOVANNONL
(I ) Vedi ad esempio il caratteristico monumento, eretto nel 1525, al senatore Bonzio in
55. Giovanni e Paolo.
(2) VASARI, Le Vite, voI. ultimo : « Vita di Li o ne Lioni », ecc.
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Bott. d'A.r te .