Caritas, l`impegno nelle sfide educative - diocesi Brindisi

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Caritas, l`impegno nelle sfide educative - diocesi Brindisi
Anno XXXIII n° 6
15 Maggio 2010
Redazione: piazza Duomo, 12 Brindisi
E-mail: [email protected]
tel. 340.2684464 | fax 0831.524296
editoriale
La politica
dei cerchi
concentrici
Angelo Sconosciuto
S
e il discorso non fa una
grinza, ma stride contro
l’onda del momento e la
parola d’ordine dei potenti di
turno, si dice: «Ecco, i vescovi
si mettono a fare politica!».
Questa volta, invece, dopo la
presentazione del documento
in vista della Settimana sociale
di Reggio Calabria, nessuno
ha scagliato la prima pietra.
Eppure, quelle parole non sono
sembrate in sintonia con le
mode e le ricette di benessere del
momento, perché non si è sentito
parlare di «federalismo fiscale»,
declinato in tutte le salse, ma di
«bene comune», cioè il «bene di
tutti e di ciascuno».
Certamente quelle riflessioni, dopo il documento della
Conferenza episcopale sul
Mezzogiorno, vanno considerate come la logica conseguenza di tutto. Ed allora,
nessuno nega il federalismo
fiscale, ma «il punto è come
vivere la solidarietà all’interno del Paese».
A leggere bene le carte, c’è un
diverso impegno nell’azione
di ciascuno, perché «vivere
la solidarietà all’interno del
Paese» sollecita innanzi tutto
la coscienza del singolo cittadino e gli fa scoprire «i pregi
sistemici del principio di sussidiarietà», che conducono
ad una visione diversa della
società».
La riprova? In una frase soltanto, che si trova nel documento: «La nozione di bene
comune non è compatibile
con una teoria della società
al singolare».
Possibile che, nei momenti
topici della nostra vita civile, famiglie ed associazioni
restino al palo? Eppure tutte
le grandi sfide passano attraverso la famiglia, l’educazione come il fisco. Già, perché
le famiglie avvertono entrambi i pesi: per il secondo
si attrezzano come possono,
per il primo invece non c’è
verso: «non c’è bene comune
se ai soggetti dell’educazione
non viene riconosciuto per
intero il loro prezioso e insostituibile ruolo», si legge nel
documento. E allora occorre
insiste sul protagonismo delle famiglie, quelle alle quali è
stata riconosciuta la costruzione di «nuovi percorsi del
welfare». Del resto, il bene
comune è fatto di cerchi concentrici: lo si sperimenta prima in famiglia, al cui centro
c’è la persona umana. Poi il
cerchio lo si allarga piano
piano, senza che nessuno resti fuori, escluso, emarginato.
Provare per credere.
€ 1,00
Spedizione in A.P. - art. 2 - c.20 - L.662/96
❑ primo piano
Testimoni digitali.
Nuove sfide
per sacerdoti e laici
Servizi a pag.
3
❑ famiglia
Convegni e incontri
per riflettere
e programmare
A pag.
11
Caritas, l’impegno
nelle sfide educative
Speciale alle pagine 7-8-9
Don Tonino Bello, l’invito a non stare alla finestra
T
anto attesa, accuratamente preparata,
solennemente e sobriamente celebrata, la cerimonia per la Prima Sessione
pubblica della causa di canonizzazione di don
Tonino è «un evento che sicuramente si inscriverà nella storia già tanto gloriosa di questa
comunità ecclesiale diocesana» (Mons. Martella). E se la Chiesa decide di porre ad esempio la figura luminosa di don Tonino, come di
altri testimoni di vita cristiana, non è certo per
dare onore a lui, per isolarne i meriti, additare
le virtù, quanto perché i santi «ci invitano ad alzare gli occhi al cielo, ad aprirci alla luce e alla
speranza, e a sottrarci all’oscurità e alla perversità del quotidiano spettacolo del male» (Mons.
Amato).
In diversi momenti della celebrazione ho avvertito il brivido di una maggiore responsabilità
di cui ci siamo caricati. Una responsabilità che
riassumiamo.
L’abbiamo assunta da quanto don Tonino è
stato tra noi e da quando ci ha lasciato la sua
straordinarietà spirituale. E dobbiamo riconoscere che non poche volte l’abbiamo sotterrata,
come quel servo della parabola dei talenti, per
timore di disperderla perché troppo grande.
Adesso, avendo avviato questo processo, è una
responsabilità che abbiamo voluto riassumere,
di fronte alla Chiesa tutta e al mondo.
E non mi riferisco alla responsabilità dell’impegno che comporterà il processo in quanto
tale; Mons. Martella ha concluso la celebrazione dicendosi tranquillo «perché conosciamo
in quali mani lo abbiamo affidato». Piuttosto si
tratta della responsabilità di rendere feconda la
santità di don Tonino, di farne luce e sale per la
nostra vita.
Molto chiare le parole di Mons. Amato: «Può
costituire, infatti, un periodo di maturazione
della causa stessa, mediante la conoscenza più
profonda, da parte dei fedeli, dell’esemplarità
del Servo di Dio. Ciò non può non interrogarli
sulla loro coerenza alle promesse battesimali. Per questo, una causa di beatificazione è
da considerarsi da parte di vescovi e sacerdoti
una vera e propria opportunità pastorale e una
grande risorsa spirituale.»
Mentre avanzerà il lavoro di ascolto dei testimoni, dovrà avanzare pure il processo di
conversione che la santità di don Tonino ci
sollecita. Occorre riprendere il suo magistero
e verificare quanto ha inciso nelle nostre relazioni personali e nella vita delle nostre famiglie; quali indicazioni continua ad offrire per
orientare il modo di vivere gli affetti, il lavoro,
l’uso dei beni, il rapporto con l’ambiente; anche i Politici, che numerosi hanno condiviso la
celebrazione, dovranno verificare quanto delle
sollecitazioni che in mille occasioni don Toni-
no ha rivolto a loro, in riferimento all’impegno
per il bene comune, si riesca a tradurre in progetti e percorsi coerenti, anche in scelte di uno
stile diverso e più sobrio del fare politica, che
travalichi le beghe e le lotte di potere, personali
e di partito.
Dovremo anche come Chiesa, clero e laici,
fare un serio esame di coscienza per riconoscere e spezzare quelle dinamiche latenti di una
pastorale talvolta inborghesita, autoreferenziale, poco adusa a lasciarsi dettare dal mondo
“l’ordine del giorno” delle programmazioni.
Osare uno sguardo oggettivo delle nostre comunità parrocchiali per vedere se sono luoghi
di discernimento e di profezia oppure un’inesorabile esercizio di ordinaria amministrazione.
Anche i benpensanti, coloro che hanno sempre
da ridire su tutti e tutto, si sentiranno provocati
a smettere di stare alla finestra, a guardare da
dietro i vetri della propria presupponenza, e
scendere per strada, dove le persone e le situazioni ti provocano e ti chiamano in causa.
Non ci interessa alimentare un ulteriore devozionismo che non di rado si ingenera attorno al
culto dei santi. Per don Tonino sarebbe del tutto inopportuno.
Dunque, la santità che di don Tonino vogliamo giustamente esaltare, sia una santità per
noi, perché aiuti noi a diventare più santi, perché i nostri sentieri, le nostre vite personali, per
quanto contorte e irte di debolezze, emanino
intorno il profumo di santità. É questa la vera
“causa” per la quale tutti noi, e non solo il Tribunale, con quel fragoroso applauso che ha
concluso la cerimonia, abbiamo giurato.
Luigi Sparapano
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Speciale Anno Sacerdotale
15 maggio 2010
riflessioniMons. Settimio Todisco anima un incontro interparrocchiale in Ostuni
Maria e i sacerdoti, riferimenti della pasqua quotidiana
I
l 10 marzo scorso, nel quadro degli incontri
quaresimali interparrocchiali nella città di
Ostuni, S.E. Mons. Settimio Todisco, nostro
Arcivescovo emerito, ha guidato una riflessione su
“Maria e i Sacerdoti”. Mentre ringraziamo Mons.
Todisco per la sua disponibilità, vi proponiamo,
nel mese mariano, il testo del suo intervento.
I
l tema “Maria e i sacerdoti” potrebbe
sembrare estraneo al comune cammino verso la Pasqua. Invece siamo in piena sintonia, se pensiamo che Maria è stata
la prima creatura a mettersi alla sequela di
Gesù e sarà, poi, tutta immersa nella sua Pasqua. Così la Pasqua del Figlio diventa anche
la Pasqua della Madre.
Circa i sacerdoti osservo che non basta che
essi accompagnino i fedeli nel cammino penitenziale verso la Pasqua. I sacerdoti sono i
ministri dei sacramenti pasquali a vantaggio
dei fedeli. Ma essi potranno celebrare degnamente i misteri della Liturgia, solo se li verificano in se stessi e li vivono personalmente
“facendosi così modelli del gregge” come
dice Pietro nella Prima Lettera (5,3).
Non potendo sviluppare appieno il tema
“Maria e i sacerdoti”, mi fermerò a lungo su
“Maria sulla sua fisionomia interiore ed esistenziale, supremo modello per tutti i cristiani”.
Circa i sacerdoti avrò poche annotazioni,
ma significative dato il particolare rapporto
e richiamo tra Maria e i sacerdoti come un
tempo tra Maria e gli Apostoli del Figlio.
Maria, la Madre di Gesù. Questa la vocazione-missione di Maria di Nazareth! La Madre del Messia Salvatore e la prima creatura a
essere redenta nel Figlio e preservata anche
dal peccato originale; la creatura “due volte
santa” per la sovrabbondanza dello Spirito
Santo. Certo, la maternità divina è pure dono
a Maria e insieme appello alla sua responsabilità. Fa piacere trovare all’inizio della storia della salvezza “una donna”, proprio Lei
Maria di Nazareth, quale icona privilegiata
dall’umano investito dal Divino.
La risposta di Maria è tutta nella sua fede
accogliente e obbediente del mistero di Gesù
figlio di Dio e figlio suo: dall’incarnazione e
sempre, giorno dopo giorno, man mano che
la missione del Figlio si dispiega sotto i suoi
occhi.
La discepola del Figlio. Alla sequela del
Figlio, dopo essere stata mamma-educatrice
per anni! Sempre, come narrano i vangeli,
con partecipazione discreta. In primo piano
solo alle “nozze di Cana di Galilea” e al Calvario.
Ella si nutre della Parola, delle opere e della esemplarità del Figlio. Così Maria cresce
nella fede: una fede che costa molto nelle
oscurità proprie delle creature umane; una
fede sempre più illuminata dallo Spirito Santo circa la sorte del figlio; una fede che ha
chiesto nuovi “sì” al disegno di Dio fin sotto
la Croce.
La Madre trafitta. La profezia di Simeone
a Maria nella presentazione del Bambino
al tempio: “Anche a te una spada trafiggerà
l’anima”. Così Maria partecipa al destino doloroso del Figlio: la spada che trapassa l’anima le confermerà, durante la passione, che
Gesù appartiene, più che a Lei, al Padre e
alla sua missione di salvezza.
La Madre dei credenti. Dal sacrificio di
Cristo nasce la Chiesa come comunità dei
discepoli uniti nella fede.
Gesù morente “Vedendo la Madre e accanto a lei il discepolo che egli amava disse alla
madre: Donna, ecco tuo figlio! Poi disse al
discepolo: Ecco tua madre! E da quell’ora il
discepolo la prese con sé” (Gv 19,26-27).
Nella figura di Giovanni ci sono tutti i discepoli di Gesù riuniti nella Chiesa su cui Maria esercita la funzione materna. La Madre
di Gesù è madre dei credenti, perciò madre
della Chiesa.
Anche a Pentecoste vediamo Maria al centro del gruppo dei discepoli per l’effusione
dello Spirito Santo: lei è al centro! Ma si tratta della centralità dell’amore materno, non di
una centralità di autorità. L’autorità di guida
nella Chiesa è dei dodici Apostoli e tra questi
Pietro principio di unità e di comunione.
Maria discepola degli Apostoli. Discepola
del Figlio, diventa ora discepola degli Apostoli. La maternità di Maria è permanente
nella storia della Chiesa e tale rimane misteriosamente nella gloria della Trinità! Per noi
la sua maternità rimane come esemplarità
di fede e di santità nel discepolato cristiano
e come forza e grazie di intercessione presso
il Figlio.
Madre dei sacerdoti. Certamente Maria ha
seguito silenziosa e con premura e amore gli
Apostoli che erano alla sequela di Gesù, in
intimità di discepolato e di amicizia. Quanto ha pregato per essi e quanto ha sofferto,
e quanta consolazione ha avuto vedendoli, una volta trasfigurati dalla Pasqua, dediti
a continuare la missione del Figlio. Con lo
stesso occhio, con lo stesso cuore e con la
stessa forza di intercessione Maria segue i
Vescovi, successori degli Apostoli, e i collaboratori che sono i sacerdoti.
L’essere sacerdoti: dono-privilegio-responsabilità.
• Allora, noi vescovi e sacerdoti siamo dei
privilegiati? Sì! Perché per divina vocazione
e missione, rappresentiamo Cristo capo e
pastore e in suo nome sosteniamo la vita di
fede e di carità dei fedeli attraverso la predicazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la guida della Comunità, secondo
la tradizione apostolica.
• Dio si fida di me e mi riempie del suo
Spirito per l’impresa che mi attende nella
Chiesa e nel mondo. Di tanto dono io devo
ringraziare ogni giorno il Signore e impegnarmi alla fedeltà e generosità quotidiana.
Gratuitamente ho ricevuto, gratuitamente
devo dare.
• Io appartengo a Cristo, sono consacrato
a Lui. Così si può, in qualche modo, capire il senso della condizione sacerdotale segnata dalla virtù, dal celibato, dalla povertà,
dall’obbedienza.
• Io appartengo al Popolo di Dio, nel senso
di un ministero totalizzante nel quale porgo
tutte le mie energie, e per la vita intera, in comunione con il vescovo e con il presbiterio.
riflessioni Incontro-dibattito con la giornalista di Avvenire Marina Corradi
Anno sacerdotale: le attese della comunità ecclesiale
T
ra le iniziative celebrative dell’Anno Sacerdotale ha suscitato vivo
interesse l’incontro dibattito tenuto il 26 aprile u.s., presso la Biblioteca “S.
Benedetto” su invito delle Comunità Parrocchiali in collaborazione con le Suore
Oblate Benedettine di San Vito dei Normanni.
Il dott. Giovanni Morelli dell’Ufficio diocesano Comunicazioni sociali ha introdotto la conversazione con la giornalista
del quotidiano “Avvenire” Marina Corradi.
Particolarmente interessanti sono risultati
gli spunti introduttivi di Morelli che ha sintetizzato “le attese”, le aspettative della comunità ecclesiale, o quanto meno
del sentire comune, nei riguardi del sacerdote. Spunti interessanti perché ognuno si riconosce in uno o più aspetti,
che qui riportiamo e su cui riflettere.
- C’è chi dice che il prete dovrebbe stare sempre in chiesa davanti al tabernacolo, così che la gente possa trovarlo
sempre lì e chi dice, invece, che il prete deve andare fuori,
in mezzo alla gente, incontro alle persone.
- C’è chi lo vuole sempre in clergyman e chi, invece, lo
vuole vestito come tutti gli altri.
- C’è chi lo critica se va in giro con un’auto di lusso e chi,
invece lo vorrebbe tutte le sere nei pub insieme ai giovani.
- C’è chi lo vorrebbe sempre accanto agli ammalati e agli
anziani e c’è, chi, invece, vorrebbe che coinvolgesse di più i
laici nell’azione pastorale.
- C’è chi lo vorrebbe amico su facebook o su twitter e c’è
chi, invece, dice che quella è solo una perdita di tempo e
che per evangelizzare è necessario ritornare ai metodi “antichi”.
- C’è chi dice che i preti maneggiano troppi soldi e c’è chi
sostiene che il celibato è un danno per il prete.
- C’è chi dice che pregano (o almeno che li si vede pregare) troppo poco e chi, invece, li critica perché se ne vanno
in giro con talare, breviario sotto il braccio e tricorno in testa.
Un momento della tavola rotonda © D. Di Carlo
- C’è chi dice che molti di loro non si siano letti bene i documenti del Concilio, soprattutto a proposito del protagonismo dei laici e c’è chi, invece, dice che non sono predisposti al dialogo e al confronto schietto.
- C’è chi dice che il Seminario li rovina e c’è chi, invece,
sostiene che avrebbero bisogno di ben altra formazione.
- C’è chi li vuole “poveri tra i poveri” e chi, invece, sostiene
che loro non devono sporcarsi le mani direttamente.
- C’è chi, come tante persone anziane, va a confessarsi anche una volta a settimana e chi, come i più giovani, si allontanano sempre più dal Sacramento della Riconciliazione
sostenendo “perché devo dire i fatti miei ad una persona
che forse ha più peccati di me?”.
La giornalista Marina Corradi ha sviluppato l’argomento
ricordando l’impegno e le parole di don Oreste Benzi “cerco il volto di Cristo nelle facce delle persone che incontro”.
L’appello a preti e a laici, appartenenti ad un unico regno
sacerdotale, ad usare sempre parole chiare, ad essere testimoni della misericordia di Dio e a cercare sempre, con
umiltà, quell’equilibrio tra azione e dimensione spirituale,
tra realtà vissuta e utopia sognata. Anche in tempi difficili,
come afferma il Card. Tonini, occorre il coraggio della chiarezza considerando anche il dolore e la vergogna, come
una “grazia”.
Sono seguiti alcuni interventi, in particolare ho richiamato alcune riflessioni del vescovo don Tonino Bello Servo di
• So bene che sto idealizzando il sacerdozio.
La realtà è diversa, meglio ha sfaccettature
diverse: eroismo e fragilità, santità e peccato,
il sacrificarsi come Cristo e l’egoismo autoritario sugli stessi fedeli. Ahimè, il sacerdote è,
può essere tutto questo. Signore, abbi pietà
di me, di noi!
Maria e i sacerdoti. Non sono due estremi
opposti, né due somiglianze esplicite. Maria
è Maria! Il sacerdote è il sacerdote!
Eppure dal vissuto di Maria noi sacerdoti
possiamo ricavare stimoli, esempi, ispirazioni. E molto più se a lei ci rivolgiamo con fede
devota e preghiera filiale.
Soprattutto se ci comportiamo secondo il
modello: il Figlio suo, Sommo Sacerdote del
nostro sacerdozio.
+ Settimio Todisco
Arcivescovo emerito.
Dio (il 30 aprile è iniziata la causa per la beatificazione).
In particolare nelle sue omelie per le Messe Crismali e nei
suoi scritti quaresimali vi sono molti spunti di riflessione
al riguardo. Il Giovedì Santo del 1983 rivolgendosi ai sacerdoti aveva detto: “Liberiamoci dagli ingombri delle tante
esteriorità, dalle mille cose futili, dalle centomila attività
che si tingono di parvenze apostoliche e ci rompono l’equilibrio interiore. Riscopriamo il valore dl silenzio. Riproviamo il gusto della preghiera lunga, fatta di abbandono e
di stupore davanti all’Eucaristia, centro della comunità e
della nostra missione. … Una concezione atomizzata della parrocchia, come un feudo dato in appalto a un titolare,
geloso della sua autonomia e puntiglioso custode della sua
indipendenza, non corrisponde agli orientamenti conciliari. Dobbiamo ritrovare lo stile, il gusto, il puntiglio della comunione. Se noi non esprimiamo in modo collegiale e in
profonda comunione reciproca il nostro servizio ai fratelli,
noi impediamo al mondo di tenere fissi gli occhi su Gesù.
Li faremo figgere sulle nostre scissioni, sulle nostre rivalità,
sulle nostre manovre ambigue, ma non su di Lui. Dobbiamo pertanto convertici. Ciò significa uscire dall’isolamento
pastorale. Aprirci a uno stile di corresponsabilità e di partecipazione. Specialmente tra presbiteri di una stessa città.
… Convertirsi alla comunione significa trovare spazi per
pensare insieme, per progettare insieme, per confrontarsi
insieme, per correggersi insieme, per pregare insieme, per
soffrire insieme, per servire insieme”.
E rivolto ai laici: “Se terrete fissi gli occhi su di Lui, maestro e Signore, il vostro lavoro si caricherà di una potentissima valenza pastorale… Un laicato adulto, maturo, che
abbia una profonda coscienza ecclesiale, che non si senta
dislocato su fasce periferiche soltanto. …Una stimolazione
a ricercare con più puntiglio la dignità, il posto, il ruolo che
vi competono nella Chiesa in forza del vostro battesimo e
nello spirito della comunione che deriva dal tener fissi gli
occhi su di Lui”.
Ha concluso l’incontro il Vicario Generale Mons. Giuseppe Satriano richiamando la relazione profonda tra il
sacerdote e la comunità. Dio è la sola ricchezza che l’uomo
cerca nel sacerdote. Occorre tornare alle origini ricordandosi da quale roccia proveniamo. Una sfida ed un richiamo
alla responsabilità di tutti ed alla dignità altissima nella vita
del sacerdote.
Ernesto Marinò
3
Primo Piano
15 maggio 2010
media Il 16 maggio la 44ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali
Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale
D
igitale ormai non è più una parola sconosciuta. Nota
solo agli addetti. È entrata nelle nostre case con l’invito martellante ai possessori di tv in alcune Regioni
italiane, ma sarà così per tutte, a passare dall’analogico al digitale. Chi già ce l’ha il digitale terrestre sa che può ricevere
sulla sua tv un molteplicità di programmi, alcuni gratuiti altri
a pagamento. Di fatto il digitale è una tecnologia raffinata che
ha potenziato in maniera straordinaria le nostre comunicazioni. Viene applicata a tutti i mezzi, compresa la macchina
fotografica, il telefonino, i giornali, ovviamente internet.
Ma non è solo un’innovazione tecnologica. Cambia il nostro modo di comunicare. Un solo esempio. Il nostro cellulare si trasforma in una immensa piazza globale dove troviamo
il giornale, la tv, libri, intere biblioteche, la nostra banca con
la quale fare delle operazioni. E soprattutto permette a noi di
collegarci con il mondo intero, anzi di essere costantemente
in Rete. Insomma fa di noi degli esseri digitali. Ci rende parte
di un continente, di un mondo digitale. Con linguaggio più
complicato si dice che siamo in perenne connessione. Non
solo materiale ma di menti, di cuori, di relazioni.
La novità è colta con estrema puntualità da Benedetto XVI
nel messaggio per la 44ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, dal tema “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media a servizio della Parola”, che si celebra domenica 16 maggio, Ascensione del Signore. Perché
proprio questa domenica? Perché Cristo invita gli apostoli ad
andare nel mondo per comunicare il Vangelo. Le comunicazioni sociali, dai mezzi tradizionali ai nuovi, sono oggi indispensabili per formare opinioni, per partecipare alla formazione delle coscienze.
Il Papa invita a non essere estranei al nuovo mondo digitale
sia la Chiesa in generale, ciascun cristiano, sia direttamente
il sacerdote, la sua pastorale. Perché? Incredibile solo a pensarlo qualche anno fa. I sacerdoti possono, anzi debbono
dopo testimoni digitali Nuovi impegni per le comunità
Una Chiesa “on line” ed “off line”
U
na Chiesa on line
e off line. Questo il
compito affidato da
Benedetto XVI ai cristiani,
tutti. Una presenza qualificata in entrambi i mondi o
ambienti: nello spazio fisico
e non fisico, vale a dire nel
mondo consueto e in quello
digitale, per abitare anche
questo nuovo «universo con un cuore da credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto
flusso comunicativo». Perché? È nella natura di questa comunità millenaria, fondata da Cristo, porre la
sua barca nel mare aperto, talvolta pure incurante
dei marosi e delle tempeste. Ed è l’atto di fiducia di
un Papa, non giovane nell’età ma giovanissimo nella
missione, che esorta senza mezzi termini a cogliere
come grazia questo «passaggio epocale». In fondo
questo fluido e immenso “hub” è la terra stessa. La
Chiesa è venuta per stare dentro il mondo e percorrerlo in lungo e largo.
Ora che questo nostro globo conosce «un enorme
allargamento» attraverso «le frontiere della comunicazione» non può che corrispondere alla vocazione
missionaria della Chiesa. Anzi da sempre il cattolicesimo si è via via strutturato come una organica rete
di persone, di credenti, di comunità, di siti di cuori
religiosi, dove due o tre o più persone stanno insieme per essere testimoni positivi con la preghiera, la
carità, con la condivisione del bene.
Di fatto attraverso il digitale, che è poi una straordinaria tecnica per eliminare distanze e tempi nelle
relazioni comunicative, si realizza una forma di cattolicità, di universalità, di grande piazza di Gerusalemme, dove gli uomini pur parlando diverse lingue
si potevano comprendere. Ma come e perché? Semplicemente perché oltre il diaframma della molteplicità delle lingue vedevano e intravedevano un
messaggio, un volto. Quello di Cristo. Eh sì! Il Papa
nell’udienza ai “testimoni
digitali” ha chiesto di «tornare ai volti». Anzi a quel Volto
nel quale rifulge il volto di
ogni uomo.
Questo il punto. La Rete
dev’essere possibilità di incontro. Per questa ragione il
Santo Padre auspica che mantenga la sua vocazione
ad una apertura ugualitaria e pluralista. Non vive,
però, di sogni Benedetto XVI. Sa che già è in corso
quello che viene identificato come il fenomeno del
digital divide, che esclude e non solo include. Come
gli è noto il rischio dell’«omologazione e del controllo» per diffondere un pensiero dominante, unico, che
in altre occasioni ha chiamato dittatura del conformismo e qui di «relativismo intellettuale e morale».
Eppure quando mai i rischi diventano per un cristiano un impedimento per entrare in un territorio,
in una città, in un continente nuovo come il digitale?
Dove vi è ambivalenza, probabilità d’intraprendere
strade sbagliate vi sono per lo meno altrettante possibilità di vincere la sfida del bene. Anche e appunto
in Internet. La grande Rete può essere sorella e sorellastra, prossimo e nemico. Può rendere più umano il
nostro habitat: i «media possono diventare fattori di
umanizzazione» e di disumanizzazione. Dipende da
noi. Pure da noi cristiani. In fondo ogni invenzione
è una conquista, un arricchimento. Non una perdita, non un pericolo. La Chiesa ha avuto il coraggio di
abbracciare l’invenzione della stampa, poi del telegrafo, della radio e della televisione. Giovanni Paolo II ci ha insegnato praticamente, con il suo corpo
stesso, a stare dentro i media, ad essere testimoni
appassionati dell’uomo, perché innamorati e affascinati dell’Uomo-Dio. Benedetto XVI invita alla stessa
passione in nome dell’uomo.
“esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità” anche
attraverso le tanti voci che scaturiscono dal mondo digitale, e
“annunciare il Vangelo avvalendosi di questa nuova generazione di audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web)”.
Per il Papa sono “inedite occasioni di dialogo”. In soldoni la
catechesi, l’evangelizzazione non passano più soltanto attraverso il contatto diretto dell’attività parrocchiale. Vi è un’altra
parrocchia, grande quanto il mondo, il continente digitale,
nella quale si possono contattare, incontrare, persone, per
instaurare dei rapporti anche solo mediatici. Importante è
che da questo mondo “immateriale” si passi al mondo di tutti i giorni.
La scommessa è di farsi testimoni, come si è detto nel recente convegno ecclesiale “Testimoni digitali” nella grande
rete. Impossibile? Assolutamente no. Troppo pericoloso?
Certo non è un mondo per ingenui, serve sempre vigilanza. Lo sanno i genitori quanto importante è seguire i figli
che navigano in questo ambiente. Ma guai a rifiutare questa
“grande risorsa per l’umanità”. Conta in fondo “la qualità del
contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali”, ricorda Benedetto XVI nel messaggio. Infatti
si possono creare contatti con non credenti, con credenti di
altre religioni, soprattutto si possono rinforzare le relazioni
con altre comunità cristiane e generare anche solidarietà caritative.
Con una prima preoccupazione specifica: il digitale è solo
parte del nostro mondo reale. Con una seconda: non dimenticare il modo di comunicare di ieri: stampa, radio e tv. Un
solo dato a conferma: il 95% delle informazioni in rete viene dai giornali. La giornata rafforzi la convinzione sull’indispensabilità di comunicare a tutto campo. La Chiesa non
può mancare questa straordinaria opportunità.
La Diocesi tra i
testimoni digitali
«I
media possono diventare fattori di umanizzazione "non solo
quando, grazie allo sviluppo
tecnologico, offrono maggiori
possibilità di comunicazione e
di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e
orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze
universali" (Caritas in Veritate n.
73). Ciò richiede che "essi siano
centrati sulla promozione della
dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti
al servizio della verità, del bene
e della fraternità naturale e soprannaturale" (ibid.). Solamente a tali condizioni il passaggio
epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo
di nuove opportunità. Senza timori vogliamo prendere il largo
nel mare digitale, affrontando la
navigazione aperta con la stessa
passione che da duemila anni
governa la barca della Chiesa.
Più che per le risorse tecniche,
pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando anche questo
universo con un cuore credente,
che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete».
Con queste parole, riprese
dall’enciclica Caritas in Veritate,
il Santo Padre Papa Benedetto
XVI ha concluso il Convegno
Testimoni Digitali tenutosi a
Roma dal 22 al 24 aprile scorsi.
Nel meeting sono stati illustrati
gli orizzonti delle nuove tecnologie della comunicazione. La
Chiesa non può non interessarsi
di questa realtà per cui sente il
diritto non solo di usufruire delle
nuove tecnologie, ma soprattutto il dovere di saperle usare per
poter meglio donare il messaggio della Salvezza “fino ai confini del mondo”, confini che non
riguardano più limiti geografici
ma che si estendono nella realtà
cosiddetta “virtuale”.
E’ pur vero che la Chiesa è sempre stata all’avanguardia e facendo un excursus storico possiamo
bene vedere come si sia asservita
di ogni strumento per annunciare la Buona Novella.
Così oggi guarda con favore e
attenzione al “nuovo” invitando gli operatori a farsi presenti
con la responsabilità di chi porta
una missione affidatagli e con la
consapevolezza che così si possono raggiungere gli agorà che,
altrimenti, potrebbero rimanere
esclusi dal ricevere la Parola di
Dio.
Fr. Salvatore Giardina
4
I
Vita Diocesana
15 maggio 2010
Presunte apparizioni della Vergine a Brindisi: precisazioni dell’Arcivescovo
l 16 aprile u.s., e nei giorni successivi, S.E. l’Arcivescovo
Mons. Rocco Talucci, è venuto a conoscenza del fenomeno relativo a presunte apparizioni e messaggi della
Vergine Maria al giovane brindisino Mario D’Ignazio, solo
attraverso il racconto di alcune televisioni e quotidiani locali.
I fatti, così come riferiti dalle cronache, avverrebbero nella
sua casa di campagna in contrada Santa Teresa, nel giorno
del venerdì.
Solo il 30 aprile u.s. il giovane ha fatto visita all’Arcivescovo. Nel colloquio, molto sereno, sono emerse numerose
riserve, risultando confusa l’identità delle stesse presunte
apparizioni, pur mantenendo il rispetto per le scelte personali.
Si precisa che la visita del giovane all’Arcivescovo ha avuto
solo significato informativo.
Il colloquio è stato paterno e interlocutorio senza che ne
sia derivato, da parte dell’Arcivescovo, né un “nulla osta”, né
un divieto.
Non ci sono motivi di approvazione o di disapprovazione.
Si tratta di un’esperienza personale affidata alla responsabilità del soggetto.
Numerose sono le apparizioni autentiche; molte altre, invece, sono presunte o svanite nel nulla perché legate a fatti
emotivi e di natura psicologica che si sono risolte con spiegazioni umane.
Nei mesi precedenti è mancato ogni riferimento all’autorità religiosa, mentre è esplosa la diffusione attraverso gli organi di informazione, con conseguente spettacolarizzazione
dei fenomeni.
Si esorta il soggetto interessato alla riservatezza, alla preghiera e alla comunione ecclesiale, evitando una indebita
diffusione di messaggi.
Ai fedeli è vivamente consigliata la preghiera alla Vergine
Santa, mente li si sollecita ad evitare ogni forma di curiosità.
Si esortano gli operatori dell’informazione a non enfatizzare un fenomeno che ha bisogno di silenzio e discernimento.
A tutti si ricorda che il messaggio del Vangelo rimane la
vera strada per il rinnovamento del cuore degli uomini e
per la costruzione di una società nuova.
Brindisi, 3 maggio 2010
IL RICORDODon Ettore Biasi presbitero di grande spiritualità
Testimone per rendere fecondo l’anno sacerdotale
N
ell’anno sacerdotale, fare memoria
del sacerdote don Ettore Biasi, nel
trigesimo della morte, è molto più
del ritrovarsi nella preghiera del suffragio
cristiano. È proprio l’occasione privilegiata
di proporre alla comunità diocesana i lineamenti di un presbitero di profonda conformità al modello di Gesù pastore, di un testimone di alto spessore spirituale.
Il Collegio dei Canonici della Basilica Cattedrale è più povero ora che è venuto a mancare, dopo la sua presenza nel Capitolo, lunga
quanto l’intero suo arco ministeriale a Brindisi. La personalità del ministro di Dio umile
e discreta, quasi dimessa, aliena dal clamore
della visibilità cercata, a volte, anche in una
certa condotta ecclesiale nell’era mediatica
estroversa, dove spesso l’apparire sembra
contare più dell’essere.
Don Ettore è stato un maestro di pietà sa-
cerdotale, scrupoloso “perfezionista” nella
celebrazioni liturgiche, devoto del Sangue
prezioso di Gesù quando era Rettore della
chiesa di S. Paolo, della Beata Vergine quando ha guidato la comunità di Santa Maria
degli Angeli.
A livello diocesano ha servito la comunità da Vice Cancelliere arcivescovile, ed ha
operato a lungo da Assistente diocesano del
Gruppo Donne di Azione Cattolica, cui erano affidati i Fanciulli di Ac, distinti, allora, in
“fiamme bianche, verdi e rosse”. E con i bimbi era a suo agio, lui che ha sempre goduto
della semplicità congenita delle anime intrise di valori evangelici.
Personalmente ho potuto godere di queste
sue doti, scoprendole nella frequentazione
che ha creato dei vincoli amicali tra le nostre
famiglie, tra le mie sorelle e la sua sua sorella, la dottoressa Erminia. In questi ultimi
anni rievocavamo i bei periodi di ferie trascorsi insieme
in Valtellina, a S. Caterina in
Val Furva nell’Opera di Don
Folci, alternando al riposo
gli Esercizi spirituali e le cure
termali, con i confratelli don
Giuseppe Massaro, don Luigi
Spagnolo, don Raffaele Rocchetta, oltre alle
visite alla Sindone a Torino e il pellegrinaggio in auto a Lourdes, Ars, Nevers, La Salette,
Paray Le Monial. Particolari, questi, caratterizzanti la sua umanità e spiritualità.
Uomo di cultura, ha dedicato molti anni
all’insegnamento della Religione cattolica
nella scuola media e da Rettore di S. Maria
degli Angeli promosse un corso di riflessione sul Quaresimale di S. Lorenzo da Brindisi,
sul testo latino originale, interpretato da par
suo, dalla professoressa Mimima Guadalupi.
Don Ettore conosceva bene il latino, dava lezioni private e in casa si dilettava a parlarlo
con la sorella Erminia.
Amareggiato, perchè fui impedito a partecipare alle esequie, lo sento vicino come
sempre e nella preghiera rinnovo la speranza
che il cuore di noi presbiteri si apra alle gioie
ineffabili della vocazione, con l’esemplarità
di un uomo buono, di un testimone umile e
operoso servitore del Regno di Dio.
Il suo seme continui a fiorire!
Angelo Catarozzolo
15 maggio 2010
radunoIn occasione della Giornata mondiale delle vocazioni
I Ministranti fanno discernimento
U
n incontro diocesano dalla consistente
e intensa partecipazione, quello dei ministranti
organizzato dal seminario
arcivescovile
“Benedetto
XVI” lo scorso 25 aprile, in
coincidenza con la Giornata
mondiale di preghiera per le
vocazioni.
Giunto alla sua nona edizione, il raduno, dal tema “Testimoni gioiosi di Gesù”, ha
visto riunirsi tantissimi ministranti della Diocesi assieme
a sua Eccellenza Mons. Rocco Talucci e guidati da don I Ministranti con l’Arcivescovo © A. Di Coste
Alessandro Luperto, Rettore
del seminario, per essere testimoni del messaggio di gioia e
«Quindi la notizia bella che io vi do è questa: è che è Gesù il
di speranza del vangelo.
pastore buono. Io sono solo il segno visibile per dire che lui
«Quello del raduno – ha dichiara don Alessandro Luperto – è in mezzo a noi. La notizia bella è che il Signore vi conosce
è stato il punto culminante del cammino, che i nostri ragazzi uno ad uno e che vi ringrazia per il servizio che offrite ogni
hanno percorso durante l’anno a livello interparrocchiale. È giorno. Ringrazia i ministri, sacerdoti e diaconi ma ringrazia
stato un momento davvero ecclesiale, una festa piena di gio- anche i ministranti. Come è stato detto prima se le celebraia e di fede, in un clima di fraternità e di condivisione».
zioni sono belle, vuol dire che ognuno di voi fa o sa fare».
«I 105 Ministranti presenti al raduno, provenienti da Brin«In questi mesi – ha detto ancora l’Arcivescovo - avete pardisi, Ostuni, Guagnano, Leverano, Locorotondo, Mesagne, lato della preghiera che significa amare Dio e amare come
Salice, San Vito e Veglie, si sono coinvolti in un allegro e nello Lui. Avete parlato del servizio che significa aiutare gli altri
stesso tempo profondo itinerario a tappe, basato sull’annun- a vivere bene l'Eucaristia. Oggi si parla della testimonianza
cio di buone notizie e soprattutto della “buona notizia” che è che avviene tra la preghiera e il servizio. Quando pregate eleil Vangelo di Gesù. Ingredienti essenziali della buona riuscita vate il cuore al Signore, quando servite rendete decorosa la
dell’evento – ha dichiarato inoltre don Alessandro Luperto - celebrazione, ma in tutto il tempo che resta rimane la testisono stati la presenza attenta e creativa dei seminaristi, che monianza che uno può dare ai suoi amici. E allora la buona
da veri fratelli maggiori hanno pensato, sostenuto e animato notizia è questa: Gesù è venuto come pastore perché vi cotutti i momenti, il supporto discreto e premuroso degli edu- nosce e vi ama».
catori presenti e anche di alcuni sacerdoti che hanno voluto
«Gesù manda i suoi pastori, vescovi e sacerdoti per farvi
vivere con i loro ragazzi tutta intera o una parte di quella do- sentire ancora più vicini questo amore; è buona notizia è che
menica speciale e soprattutto la visita dell’Arcivescovo, alla il Signore ha bisogno anche di voi e voi rispondete a questo
cui presenza i ministranti hanno rinnovato le loro “promes- servizio che vi chiede; e questa buona notizia a dover saper
se”, ricevendo dal pastore della diocesi la conferma più bella dare anche agli altri».
al loro servizio, insieme ad un incoraggiamento davvero paUna giornata da non dimenticare, da mettere nell’album
terno».
dei ricordi e delle esperienze di questo cammino, per i giova«Nella messa che ho celebrato stamattina ho pregato per ni e grandi ministranti.
voi – ha esordito l'Arcivescovo - sapevo che eravate qui in
Una giornata che non è stata compromessa nemmeno dai
questa giornata chiamata del “Buon Pastore”. Sono contento “capricci” del tempo meteorologico ma che è stata allietata
che questa immagine sia esposta davanti a voi, perché ricor- dalla gioia e dalla serenità, vista anche attraverso i giochi e
da la visita pastorale che ho fatto in tutti i paesi della diocesi. le attività, che i chierichetti hanno potuto respirare e portare
E il Vescovo è sempre in visita pastorale. Oggi visita i mini- con sé nella vita di tutti i giorni.
stranti, i cresimandi e così tutte le comunità. Il Vescovo è,
«L’auspicio – ha concluso don Alessandro Luperto – è che
nella Chiesa, il segno visibile del buon Pastore».
questa esperienza metta nel cuore dei ministranti un rinno«Gesù è il vero buon pastore, – ha continuato Mons. Talucci vato ardore per lo svolgimento del proprio servizio e in noi
prima di lasciare i giovani alla loro celebrazione eucaristica adulti la consapevolezza che la passione educativa verso i
– per essere visibilmente accanto a voi ha scelto gli apostoli, ragazzi passa anche attraverso la semplice promozione di ini loro successori e i loro collaboratori, in modo che voi oggi contri e di momenti che, pensati apposta per loro, possono
veniate aiutati educati e serviti dai pastori e ministri, ma è aiutarli ad interiorizzare i grandi valori della vita».
con il vostro cuore che dovete vedere la presenza di Gesù
che è in voi».
Antonella Di Coste
vocazioniUna veglia di preghiera pensando a Zaccheo
“Ho una bella notizia: io l’ho incontrato”
G
iovedì 29 Aprile è
stata celebrata, nella
Cattedrale di Brindisi, la Veglia Vocazionale Diocesana presieduta dal Padre
Arcivescovo, il cui tema centrale è stato il racconto della
vocazione di Zaccheo.
La Veglia si è aperta con
l’introduzione di don Cosimo Zecca, che ne ha curato
la realizzazione, alla quale è seguito il
saluto di Mons. Talucci e la lettura di un
passaggio del messaggio che Sua Santità Benedetto XVI ha inviato in occasione della Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni, nel quale delinea gli
aspetti fondamentali che devono caratterizzare ogni chiamata al sacerdozio e
alla vita consacrata, sottolineando che
l’unico modo, per ogni “uomo di Dio”,
di far conoscere l’amore del Padre e suscitare, così, nuove vocazioni è quello
di vivere in profonda intimità con il Signore, dando spazio alla preghiera personale e all’ascolto della Parola.
La lettura del brano del Vangelo narrante la conversione di Zaccheo è stata
preludio della rappresentazione teatra-
5
Vita Diocesana
le che, del racconto stesso, hanno realizzato i ragazzi del Seminario Minore
di Brindisi.
I seminaristi hanno offerto una drammatizzazione piuttosto originale e
coinvolgente della storia di Zaccheo,
coniugando l’arte della recitazione a
musiche, coreografie ed effetti speciali
che hanno saputo rendere con particolare intensità il viaggio ed il travaglio
interiore vissuti da Zaccheo, metafora della lotta spirituale vissuta da ogni
uomo che, prima lontano da Dio, sperimenta nella sua esistenza il mistero, la
bellezza e lo stupore che scaturiscono
dall’incontro con l’Amore, la Misericordia e la Grazia.
Gli spunti di riflessione offerti dai vari
momenti di preghiera della
Veglia sono stati molteplici
ed hanno trovato il loro culmine nelle parole dell’Arcivescovo che ha sottolineato
l’importanza ed il valore di
ogni vocazione cristiana, soprattutto di quella al sacerdozio, e la grande responsabilità di cui sono investiti gli
stessi sacerdoti, chiamati in
maniera particolare a testimoniare la
loro fede con atti concreti di carità e di
servizio non solo a Dio ma anche ai fratelli che devono aiutare e sostenere nel
cammino di ricerca, scoperta e crescita
della loro vocazione personale.
L’auspicio più grande, nonché i frutti
che a conclusione della Veglia ci si augura di raccogliere sono dati dalla speranza che ogni uomo apra il suo cuore
all’ascolto della Voce di Dio che lo chiama, sentendosi toccato dall’amore del
Padre così da poter testimoniare con
fede e gioia grande a ciascun fratello:
“Ho una bella notizia: io l’ho incontrato”.
Stefania Carbonella
Il Consiglio Pastorale
diocesano si interroga
sul cammino sinodale
I
l 21 aprile u.s. si è riunito, presso S. Maria
del Casale in Brindisi, il Consiglio Pastorale
Diocesano. E’ stato presieduto dall’Arcivescovo
Mons. Rocco Talucci e
moderato da Salvatore Licchello. Dopo il momento
di preghiera con la recita
del vespro e la riflessione del nostro Pastore, si
è dato inizio al lavoro del
Consiglio
monotematico il cui ordine del giorno
era “Ipotesi della scheda
di verifica sul cammino
sinodale”. Nell’allegato, inviato preventivamente a
tutti i membri del Consiglio, sono state formulate
sei domande riguardanti il
Sinodo. In questa bozza si
è voluto verificare quanto
il Sinodo sia stato vissuto
come una forte esperienza di fede, quanto siano
cresciute le relazioni di
comunione ad intra e ad
extra della nostra Chiesa, e
quanto l’obiettivo “La Parrocchia missionaria evangelizza nella storia e nel
territorio” sia sempre stato
presente in tutti i momenti
dei lavori sinodali. Ancora,
è stato chiesto di suggerire
le modalità e i tempi per
la presentazione del Liber
Sinodalis alle parrocchie
e alle pubbliche istruzioni
di ogni singola città, e di
indicare alcune esigenze
trasversali emerse nei diversi ambiti, che possano
diventare opzioni pastorali. Infine è stato lasciato
spazio per una libera valutazione del cammino sinodale vissuto.
Padre Arcivescovo ha invitato tutti i presenti a sentirsi protagonisti di «tutto
quanto la vostra sensibilità
laica vi può suggerire per
dare risposta a quanto vi
è proposto» in modo che
da questo Consiglio esca
la scheda definitiva. Egli
Pubblicazione quindicinale
Reg. Tribunale Brindisi n. 259 del 6/6/1978
ha ribadito l’importanza di quest’ ultima, con la
quale si da la possibilità
a tutti i membri sinodali
di offrire un ulteriore loro
contributo per la presentazione del Libro Sinodale
e per predisporre il lavoro
del prossimo triennio. «Il
Libro Sinodale – ha continuato Mons. Talucci – non
sia una bella raccolta di
dati o di documenti, ma
possa essere presentato
secondo dei sentieri formativi che verranno fuori da queste sensibilità. Il
prossimo triennio farà rivivere con calma il tutto. Da
essere Sinodo dei sinodali
diventerà Sinodo del popolo di Dio». La riflessione
dei presenti è continuata
nei tre gruppi laboratoriali, che dopo quaranta
minuti si sono ritrovati in
assemblea per condividere
il proprio lavoro. Dalle modifiche e dalle integrazioni
apportate è stata così riformulata la scheda definitiva inviata a tutti i membri
sinodali. I suggerimenti e
le valutazioni che giungeranno saranno vagliate in
seduta congiunta dal Consiglio Presbiterale e dal
Consiglio Pastorale.
A conclusione, Padre Arcivescovo ha rilasciato alcune comunicazioni.
Sabato 22 maggio è previsto l’incontro del prof.
Stefano Zamagni sul tema
“L’economia di comunione
nella Caritas in Veritate”.
E’ in programma un pellegrinaggio diocesano a
Santiago De Compostela.
E’ stato pubblicato dalla
Elledici il volume di don
Pietro De Punzio “Organismi di partecipazione
ecclesiale” (recensione a
pagina 15).
Maria Coluccello
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6
Vita di Chiesa
settimane socialiPresentato il documento preparatorio per l’incontro di Reggio Calabria
L’Italia ha bisogno di riprendere a credere
“L’
Italia ha bisogno di riprendere a crescere”. Lo
afferma il Comitato scientifico e organizzatore
delle Settimane Sociali dei cattolici italiani nel
documento preparatorio – presentato il 10 maggio – in
vista della 46ª Settimana Sociale (Reggio Calabria, 14-17
ottobre 2010), che ha per tema “Cattolici nell’Italia di oggi.
Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”.
Italia unita di fronte alla globalizzazione. Il documento,
che si propone di offrire “alcune buone ragioni perché proceda l’opera di discernimento necessaria alla declinazione,
oggi, in Italia, della nozione di bene comune”, parte da un
accenno alla crisi socio-economica, per uscire dalla quale
è necessario “un uso coraggioso e innovatore dei nuovi assetti e delle opportunità che la globalizzazione ha prodotto”.
Il Comitato definisce l’Italia “media potenza declinante” di
fronte a un processo di globalizzazione che “procederà (o
invertirà il suo cammino) anche senza attendere il contributo del nostro Paese, e magari anche grazie a contributi
di sue singole espressioni locali o d’interesse. Tuttavia, ciò
non esclude che l’Italia unita in questo passaggio critico
potrebbe giocare un ruolo che nessuna sua singola componente potrebbe svolgere da sola”.
Flessibilità e sicurezza nel lavoro. Andando a declinare i
punti dell’“agenda”, il documento parte dal riconoscimento
che “nel nostro Paese c’è ancora una riserva di capacità di
lavoro e d’impresa” ed esorta a spingere il mercato del lavoro verso “una combinazione di flessibilità e sicurezza (flexicurity), necessariamente declinata in funzione delle caratteristiche e dei vincoli specifici del contesto italiano”. Il testo
denuncia “ritardi e limiti strutturali” nel sistema produttivo
e “criticità relative al funzionamento del mercato del lavoro”, nonché un “dualismo” tra “un’area di occupazione
protetta” e “un’altra priva di tutele o con tutele diseguali”.
Combinare flessibilità e sicurezza, sottolinea il “documento preparatorio”, richiede “strumenti di sostegno al reddito
e di supporto della ricerca del lavoro da parte di chi ne è
privo, così come il superamento di ogni tipo di ‘rendita di
posizione’ e d’irresponsabilità”, “politiche attive a favore dei
soggetti in difficoltà” e “un equo, trasparente e sostenibile
sistema di sussidi di disoccupazione”. Il documento, inoltre,
denuncia “l’iniquità” delle politiche fiscali e sociali verso la
famiglia, “abbandonata a se stessa proprio nei momenti in
cui avrebbe più bisogno di aiuto”.
Scuola, famiglia e associazionismo per educare. Poi, tra
le priorità vi è la questione educativa, poiché “l’emergenza
educativa si manifesta come grave crisi di bene comune”. Il
Comitato fa presente la “sfida educativa” a cui sono sottoposti oggi gli insegnanti, “assai più impegnativa di quella
affrontata dai loro colleghi di qualche decennio fa”, e più in
generale riconosce che “la crisi della famiglia e della scuola accompagna quella dell’autorità e ne è a un tempo causa
15 maggio 2010
ed effetto”. Riguardo al “corpo docente”, il documento invita a far leva su “formazione” e “motivazione”. Nell’azione
educativa, inoltre, si sottolinea la necessità del “riconoscimento pubblico” dell’associazionismo, “realtà esposta più
di altre alla crisi e al ripiegamento egoistico”, che “non può
essere difesa professionalizzandola, mitizzandola né semplicemente conservandola”, ma “va aiutata a produrre innovazione anche nei processi educativi”.
Cittadinanza alle seconde generazioni. In terzo luogo,
“l’Italia è tornata ad essere un Paese d’immigrazione” e “vivissima è la coscienza diffusa dei rischi e delle opportunità
che comporta l’intensificarsi dei flussi migratori”. Di fronte
a quest’affermazione, il “documento preparatorio” riconosce che “nella società di domani i figli degli immigrati giocheranno un ruolo importante”, e “li attendono numerose
difficoltà comuni a tutti i giovani in Italia, più una: quella
di riuscire a riconciliare la loro quotidianità italiana con
un’identità costruita nel dubbio di non vedersi riconosciuta la cittadinanza”. Pertanto “il riconoscimento della cittadinanza da parte dello Stato italiano è solo una condizione,
certo necessaria ma non sufficiente, per una piena interazione/integrazione delle seconde generazioni nella società
italiana”.
Occupazione e transizione politica. Sul fronte dell’occupazione, invece, il documento invita ad “abbattere le barriere” che impediscono “la crescita piena” dei giovani, “la
mobilità sociale” e “il traffico dei talenti”. Attenzione viene
rivolta pure allo stato dell’università in Italia, la cui “insufficiente autonomia” e l’“insufficiente contributo alla ricerca”
rappresentano “un’emergenza tanto grave quanto disattesa”. Infine, la spinta alla partecipazione e all’innovazione
politica: il testo sottolinea che “le istituzioni politiche devono completare il passaggio a un modello più competitivo”
e richiama come “l’adesione alla prospettiva del bene comune” porti “a riconoscere come prioritario il problema di
una concezione e di una prassi coerentemente sussidiaria
del federalismo”.
caritas in veritateUna verifica sul campo dell’ultima enciclica di Papa Benedetto XVI
Primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo
I
l mio vuole essere un modesto contributo, chiaramente
non completo e non esaustivo, sul dibattito in corso nel
nostro paese sulle tematiche su cui il Santo Padre, con la
presentazione dell’enciclica, ci ha invitato a riflettere.
“La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci
nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare
sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi
diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità” (CV §21).
É necessario quindi capire le cause profonde della crisi e
mettere in campo una nuova progettualità economica e sociale ancorata a forti valori etici e morali.
Il fatto che l’economia sia al centro dei nostri pensieri, non
deve significare che l’uomo sia al secondo posto, ma deve significare che l’economia è funzionale all’uomo.
Si è pensato per anni che l’obiettivo principale dell’imprenditore fosse quello di realizzare il massimo profitto economico.
Ma l’etica dell’impresa non è fare solo profitto e basta.
“Il profitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine
che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul
come utilizzarlo. L’esclusivo obiettivo del profitto, se mal
prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di
distruggere ricchezza e creare povertà” (CV §21).
“Il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica.....senza forme interne di solidarietà e di fiducia
reciproca”. (CV §35).
Ma solidarietà e fiducia sono principi che hanno bisogno di
scelte aziendali coerenti che si concretizzano in atti amministrativi di responsabilità, di onestà, di trasparenza.
Non serve un’etica nuova, e non servono delle nuove regole, ma è necessaria la coerenza tra regole e comportamenti.
Non si può pensare allo sviluppo solo in termini economici
ma anche sociali e culturali.
Ed è per questo che il Papa, con l’enciclica, si rivolge ad
ogni uomo di buona volontà, a tutti coloro che vogliono vivere una vita associata buona, e quindi “amare nella verità”.
L’enciclica quindi riguarda tutti noi, perché ci aiuta a capire
il fatto sociale nelle sue espressioni fondamentali, ragione e
fede, ed allora è meglio smettere di gridare sempre contro i
grandi della terra o i governanti di turno.
In una situazione come quella attuale di grave incertezza,
fare luce è la prima necessità, e dobbiamo cominciare da noi
Benedetto XVI firma la Caritas in veritate
stessi.
Dobbiamo partire dalla nostra vita personale e sociale: cosa
facciamo noi per evitare di cadere nella “visione consumistica” della vita? Le nostre aziende valorizzano il bene comune
e il profitto? Quali scelte professionali e politiche sono ur-
genti per noi?
L’impresa infatti non produce solo beni e servizi, ma relazioni di convivenza al suo interno e nel contesto sociale in
cui opera.
L’economia di mercato va pertanto rifondata a partire
dall’utilità sociale e la logica del “dono” è necessario che entri “nel” mercato.
Sembra una provocazione e una contraddizione, rispetto
alle ferree leggi del mercato, parlare di carità, di amore, di
gratuità, nell’economia. Ma è proprio questo il senso profondo dell’Enciclica che invita ad un “dare” perché nessuno sia
più nel bisogno. Invita tutti ad un “agire” nel momento generativo delle sofferenze, e non successivamente, con opere di
carità per temperarne gli effetti.
Il dono deve essere inteso come “grazia, amore ricevuto e
donato” (CV § 5) che sta dentro il processo economico, nel
mercato. Per cambiare concretamente la logica economica
oggi dominante, il Papa indica un modello preciso: quello dell’impresa che, pur all’interno delle leggi di mercato,
si pone l’obiettivo dell’utilità sociale complessiva. Infatti “è
causa di gravi scompensi separare l’agire economico, a cui
spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui
spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la ridistribuzione” (CV §36). Per cui “a dovere essere chiamato in causa è
l’uomo, la sua coscienza morale e la sua responsabilità personale e sociale” (CV §36).
“La solidarietà...quindi non può essere delegata solo allo
Stato”, ma “è sentirsi tutti responsabili di tutti” (CV §38).
Non è capace di progredire quella società basata sulla logica del “dare per avere proprio della logica dello scambio e al
dare per dovere proprio della logica dei comportamenti pubblici imposti per legge dallo Stato” (CV §39).
Considerare il principio della gratuità entro l’agire economico significa considerare la spesa per il welfare come fattore
di sviluppo economico e di investimento sociale, e contribuire alla diffusione della cultura e della prassi della reciprocità.
In definitiva, non possiamo non condividere e sostenere
pienamente quanto Benedetto XVI afferma e cioè “che il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: L’uomo infatti è l’autore, il centro e il
fine di tutta la vita economico - sociale” (CV §25).
Maurizio Carmelo Iaia
Consulente del Lavoro
r
e
i
s
s
o
D
convegno diocesano caritas parrocchiali Esperti, parroci, animatori e volontari a confronto
Animare Parrocchie e territori
attraverso l’accompagnamento educativo
La parola
dell’Arcivescovo
La parola
dell’Assistente
I
L’
attenzione alla parrocchia e al
territorio, unita alla sensibilità
educativa, è un tema ben radicato anche nel Sinodo diocesano che la
comunità sta vivendo.
La relazione necessaria che si viene a
stabilire tra queste due entità, Chiesa e
società civile, è stato al centro della riflessione dell’Arcivescovo, il quale ha
ringraziato il dott. Luigi Russo per aver
proposto una lettura psicologica del brano tratto dall’Antico Testamento, letto
nell’introduzione, che ha posto tutti in
una verità di relazione.
«Come Chiesa, quindi come parrocchia
e come territorio - ha sottolineato Mons.
Talucci - siamo chiamati a riempirci di
quella luce di verità che ci porta il Signore».
© S. Licchello
Volgendo lo sguardo alla realtà del nostro
tempo, fatta spesso di uomini che pur
avendo una casa, la salute e la ricchezza
si chiudono nella loro autosufficienza
raggiungendo anche i limiti dell’arroganza, Padre Arcivescovo ha lanciato un invito a considerare le migliaia di persone
bisognose, riconoscibili solo se ciascuno
di noi si immedesima nelle stesse condizioni, nonostante le tante e innumerevoli sicurezze della vita.
Quale, allora, la linea pedagogico- educativa che la Caritas deve intraprendere?
«La Caritas - ha concluso Mons. Talucci – ha il compito di dare risposte ai bisogni, ma noi sappiamo che le persone
portano in sé tante richieste inespresse
alle quali pure dobbiamo tentare di dare
delle risposte».
Un invito, quindi, a saper andare oltre i bisogni apparenti e materiali, i
quali, seppur importanti, mascherano
spesso altre necessità che richiedono
quell’amore, di cui il cristiano è portatore. Il cristiano, riconoscendosi lui per
primo nel bisogno, nonostante le sue
certezze terrene, può raggiungere la vera
gioia di vivere, ed essere così pronto ad
andare incontro al prossimo.
Daniela Negro
Il dottor Luigi Russo durante il suo intervento © S. Licchello
L
a relazione rappresenta il luogo privilegiato in
cui l’individuo sperimenta se stesso, la sua capacità di comunicare, la sua capacità di emozionarsi simpatizzando ed empatizzando con l’altro.
Per il cristiano poi, la relazione rappresenta anche
lo spazio e il tempo dell’incontro con Dio che ha
scelto lo stesso luogo e lo stesso spazio per raccontarsi agli uomini.
La relazione con i suoi limiti, la relazione con i suoi
conflitti, la relazione con i suoi equilibri e le rotture
degli stessi.
Attraverso l’analisi dell’incontro di Gesù con la samaritana (Gv, 4) si è inteso individuare elementi da
mettere a disposizione di una riflessione pedagogica
sulle modalità attraverso le quali un incontro tra persone può divenire un incontro “intimo” di quelli che
stimolano nei protagonisti movimenti emozionali e,
quando opportuno, anche il cambiamento.
La consapevolezza che il proprio percorso esistenziale stimola in ciascuno di noi un modo specifico di
dare significato alle situazioni che vive e che è questo significato che orienta sia le emozioni che il fare
determina, rispetto alla relazione, un atteggiamento di “esplorazione” di sé e dell’altro, finalizzato alla
I
individuazione di quello spazio in cui i significati si
incontrano.
Il brano analizzato si è ben prestato alla riflessione
per una serie di motivi: perché metafora degli incontri quotidiani (tra persone diverse perché esistenze
diverse, perché di sesso diverso, perché di cultura,
di religione diverse); perché ben evidenzia i pericoli
che possono determinare la rottura del percorso di
incontro (in primis il considerare il fisiologico pregiudizio come verità che orienta il nostro fare: “i Giudei infatti non mantengono buone relazioni con
i Samaritani”); perché mette in risalto l’atteggiamento di esploratore che, nell’incontro, determina
movimento dell’uno-verso-l’altro, movimento libero
da giudizi e da timori, movimento bidirezionale, che
coinvolge i due o i più che entrano in relazione.
L’invito a considerare l’incontro come il luogo per
sperimentare il rapporto con se stessi, con l’altro e,
per chi ha fede, con dio, con un atteggiamento di
“perturbatore” che rompe la quiete del già conosciuto, del prevedibile, dello scontato rappresenta lo
spunto di riflessione consegnato agli intervenuti.
Luigi Russo
La parola del
Direttore
l convegno annuale diocesano si ricollega ad un altro
appuntamento che si è
tenuto a San Benedetto del Tronto dal tema
“Educare alla carità
nella carità” i cui orientamenti sono stati trasmessi nel corso dell’incontro.
«Promuovere l’animazione è l’imperativo che
lo Statuto (art. 3) ci consegna – ha affermato il
Direttore della Caritas
diocesana Rino Romano - è la finalità principale delle nostre azioni:
non si tratta di agitare la
comunità ma di darle
anima, coscienza, consapevolezza».
La funzione pedagogica rimane, ovviamente, il perno attorno a
cui ruota tutto
il servizio della
Caritas, come
lo stesso Benedetto XVI ha
scritto e risaltato nell’enciclica
Caritas in Veritate: è la formazione del cuore
l’obiettivo verso
cui occorre tendere. «Il principale strumento
per raggiungere
tale finalità ha specificato il Direttore - è la proposta di
percorsi ed esperienze
educative, tessere che
costituiscono un puzzle
educativo fondato sulla
certezza della significatività delle relazioni».
Ribadita nuovamente
l’importanza della si-
nergia tra Chiesa e società civile per garantire
un servizio che risponda non solo alle emergenze o ai bisogni, ma
che abbia anche una
valenza pedagogica, «la
comunità e il territorioha concluso il Direttore
- sono vere palestre che
allenano alla disponibilità, alla consapevolezza, alla solidarietà, alla
gratuità, al passare dal
dono delle cose al dono
di sé, dentro la quotidianità e l’ordinarietà
della vita».
Daniela Negro
l tema del convegno è
stato introdotto dalla
lettura di alcuni versetti
tratti dal libro del Deuteronomio che riguarda il
Cantico di Mosè, ciò che
Dio ha fatto per l’uomo.
(Dt 32, 7-12).
La riflessione è stata
guidata da don Adriano
Miglietta, Assistente spirituale della Caritas diocesana, che ha invitato
i partecipanti a vivere
il servizio che viene offerto come vocazione, a
leggere il brano secondo
la tematica del convegno e nella prospettiva di quello che sarà il
cammino della Chiesa
sulla sfida educativa per
il prossimo decennio,
all’interno di due coordinate: Dio che educa e
Dio che chiama ciascuno
ad educare.
«L’atteggiamento di Dio
- ha spiegato don Adriano - è verso tutti, non ci
sono distinzioni. Egli veglia sui suoi nati come fa
un’aquila, dispiega le sue
ali, li prende e li solleva.
Laddove non c’è la capacità di farlo da soli, Dio
viene a innalzare perché
ognuno possa poi volare
per conto suo».
Da qui, l’appartenenza
e l’esclusività di Dio non
deve essere interpretata
come un fatto egoistico,
ma come vero amore,
donazione totale del Signore nei confronti di
tutti.
«E’ questo il richiamo
che Dio fa a noi verso gli
altri - ha proseguito don
Adriano - perché come
il popolo di Israele non
corrispondeva a tutto
questo, così anche in noi
è possibile trovare una
non corrispondenza. E in
questo, troviamo anche
la difficoltà nel compito
educativo che vorremmo
assumere».
L’accompagnamento
educativo, nell’ambito
della parrocchia e del
territorio, non si riduce,
quindi, ad una semplice
questione di ordine, di
impegno, di psicologia
ma, ha concluso «è per
noi fondamentalmente
fatto di spiritualità profonda che deve muoverci
come atteggiamento di
educazione e di servizio
anche all’interno del nostro cammino Caritas».
Da. Ne.
Dossier
8
15 maggio 2010
Dossier
15 maggio 2010
9
convegno diocesano caritas parrocchiali Esperti, parroci, animatori e volontari a confronto a S. Maria del Casale
Animare Parrocchie e territori attraverso l’accompagnamento educativo
Vicaria di Brindisi
Vicaria di Ostuni
A
ottobre 2009 e febbraio 2010
si sono attuati gli incontri programmati per la formazione
degli animatori Caritas. Sono stati frequentati dai referenti Caritas e da diversi accompagnatori parrocchiali che
ne hanno tratto grande beneficio per la
ricchezza dei contenuti e per la chiara
esposizione dei formatori. Ne è stata testimonianza la vivacità del confronto al
termine di ogni sessione.
Ma la formazione continua, nell’ambito di ogni parrocchia, secondo i tempi e le diverse sensibilità comunitarie,
affinché la presenza sul territorio sia
avvertita come sollecitudine verso i più
deboli e gli ultimi, servizio ai poveri antichi e nuovi, premura per i minori in
disagio e per i disabili e i malati.
Proprio l’attenzione per i malati e gli
anziani ha indotto i parroci della Vicaria ad aumentare notevolmente il
numero dei ministri straordinari della
D
distribuzione dell’Eucaristia. Questi
nostri fratelli diventano, quando possibile, anche visitatori degli anziani e
dei malati aiutandoli nella preghiera e
condividendone spiritualmente la sofferenza.
Da loro è stato evidenziato un problema più o meno noto in tutto il territorio. La presenza di persone cosiddette
“badanti”, generalmente provenienti
da Paesi dell’est europeo e di religione
ortodossa, che non trovano adeguata e
particolare attenzione alle loro necessità spirituali.
Dobbiamo ascoltare, capire ed essere
loro vicini. Questo è un obiettivo per
tutte le comunità parrocchiali.
Nunzio Nacci
I partecipanti al convegno © S. Licchello
Vicaria di Locorotondo
P
er quanto riguarda la presenza
dei gruppi Caritas nella vicaria
di Locorotondo, si può dire che
attualmente, a livello operativo, sia presente solo nella Parrocchia San Giorgio
Martire.
Nella Parrocchia di contrada San Marco, la Caritas parrocchiale come gruppo operante, è esistita fino al 2001, poi
si è sciolta. E di ciò me ne dolgo.
Con l’avvento del nuovo parroco, essendo formata questa contrada da famiglie prettamente contadine e non
riscontrando persone bisognose, egli
non ha ritenuto opportuno mantenere
in essere il vecchio gruppo né riformarlo in quanto, per sua stessa ammissione, quando capita qualche sporadico
caso di intervento caritativo, riesce a far
fronte alla bisogna egli stesso. Altrettanto si può dire della parrocchia LamieTrito; sita in una contrada anch’essa
perfettamente identica. Anche in passato non c’è mai stato un vero e propri
gruppo Caritas, ma una o due persone
che, su segnalazione del parroco, intervenivano in caso di necessità.
Ma ci dimentichiamo che “Caritas”
è anche aiutare a superare la mentalità assistenziale, a volte necessaria, per
aprirci alla missione evangelica di prossimità e condivisione.
Il solo gruppo Caritas attualmente
esistente a Locorotondo, inserito nella parrocchia San Giorgio Martire, è
attualmente in via di rilancio con l’inserimento di nuove adesioni: da ottonove componenti si è passati a diciotto-
diciannove; che per una parrocchia di
circa 12.000 anime è appena sufficiente. Attualmente condivido la responsabilità della conduzione del gruppo
con la generosa partecipazione di uno
di questi, l’amico Michele, che sarà il
nuovo responsabile nel prossimo anno
pastorale.
Ora stiamo reinserendo nel nuovo
programma, alcune attività che si portavano avanti alcuni anni fa e che per
carenza di operatori, venutasi ad assottigliare negli anni per vari motivi, non
si erano più potute realizzare.
Così facendo, si era ridotto il campo
d’azione alla sola distribuzione dei generi alimentari prelevati dal Banco Alimentare; senza però perdere di vista le
giornate proposte dalla Chiesa a favore
di particolari situazioni di emergenze
varie: vedi terremoto in Abruzzo, Haiti,
Cina e altro. Organizziamo la colletta
del Banco Alimentare, in collaborazio-
ne con gli altri gruppi parrocchiali, e, in
più, affrontiamo alcune delle emergenze che si presentano nel nostro territorio collaborando vicendevolmente con
i Servizi Sociali.
Per quanto concerne la formazione
Caritas, già nell’anno passato alcuni
nuovi arrivati hanno potuto partecipare a detti corsi tenutIsi ad Ostuni, riunendo le due vicarie, riportandone un
giudizio molto positivo. Particolarmente grati siamo a Salvatore e Mary per
essere venuti a Locorotondo a portarci,
oltre alle schede esplicative, le testimonianze di altre parrocchie che si sono
attrezzate per un’opera più mirata verso le persone e le famiglie immigrate.
Come ho avuto modo di dire in altra
occasione, a Locorotondo siamo certi
che la formazione, fatta a livello vicariale, sia più efficace, per il ridotto numero di persone partecipanti, in quanto si
ha la possibilità di intervenire più concretamente e nel contempo è più facile
riportare questo schema formativo, anche nel proprio gruppo.
Stiamo promuovendo, nella nuova
esperienza, anche incontri di collaborazione con gli altri gruppi della Parrocchia per poter intervenire più efficacemente verso i bisogni della gente,
cercando di fare opera di evangelizzazione, affinché il tutto non si riduca alla
consegna del pacco, ma come operatori
diveniamo portatori, per quanto possibile, della parola di Cristo.
Angelo Ledda
Migrazione a Brindisi, dall’integrazione alla convivenza
I
l gruppo organizzato “Percorsi di
Arte e Cultura per il Territorio”, in
collaborazione con le ACLI, la cooperazione dell’associazione Medi@zione
ed il patrocinio del Comune di Brindisi, ha proposto alla cittadinanza, lunedì 12 aprile presso l’ex Convento di
S. Chiara, un primo incontro sul tema
Migrazione a Brindisi, dall’integrazione alla convivenza nell’ambito della
manifestazione “Man in progress”.
Alla tavola rotonda, animata dalle
interviste di Dario Bresolin, hanno partecipato il vicesindaco Mauro d’Attis,
Gianluca Budano, Presidente regionale
Acli, Luigi Perrone, docente di Sociologia delle immigrazioni presso l’Università del Salento, Antonio d’Amore, presidente Confesercenti, Roberta de Castro,
avvocato civilista impegnata nella
difesa dei diritti, Annachiara Scalera,
mediatrice culturale, Silvere Bryan e
Nico Radulovich, giocatori Enel Basket
Brindisi, Lamin Trawalli, rappresentante della comunità africana del Gambia
e Malika El Mabrouk, rappresentante
della comunità africana del Marocco.
Il dibattito è stata un’occasione per
riflettere su un fenomeno che riguarda, oggi come ieri, moltissime persone: uomini e donne che spesso vengono emarginati, disprezzati e guardati
con sospetto nel momento in cui giungono nelle nostre terre.
L’iniziativa aveva l’obiettivo di invitare la città a guardare gli immigrati con
occhi diversi e ad accogliere semplicemente altri esseri umani.
La manifestazione ha voluto essere,
quindi, un appello ad una maggiore
apertura, comprensione, ascolto attivo nei confronti di questo fenomeno,
che dovrebbe considerare stranieri gli
immigrati solo per la loro nazionalità
e non escluderli da quella che è la nostra storia, la nostra cultura, il nostro
sistema sociale.
L’argomento è stato analizzato dal
punto di vista istituzionale, accademico, giornalistico e umano, con il comune scopo di mettere in risalto la realtà che sussiste oggi nel nostro Paese
nei confronti degli immigrati stranieri,
evidenziando, tuttavia, la possibile
strada di convivenza e di integrazione
che si può intraprendere e che molti
rappresentanti di altre comunità straniere hanno pienamente raggiunto
nella città di Brindisi.
Daniela Negro
L
Vicaria del Salento
a Vicaria del Salento consta di 14 parrocchie distribuite su sette paesi. La Caritas è presente in 11 di esse.
La formazione costante è sentita da tutti come una
necessità per meglio realizzare sul territorio quella funzione
pedagogica che costituisce la prevalenza dell’agire Caritas.
Perciò sono stati molto apprezzati gli incontri vicariali proposti dalla équipe diocesana.
Soprattutto gli animatori di più recente impegno hanno potuto comprendere il ruolo e lo
stile che deve identificare la Caritas nella vita
della parrocchia e della comunità.
Quelle serate a Salice, servite da riferimento
anche negli incontri parrocchiali, hanno costituito momenti di crescita e di importante verifica perché vi è stata la possibilità di scambio
di esperienze, di confronto dell’operato del
gruppo con le proposte suggerite, e a livello
personale, di fare un’analisi sul proprio modo
di essere animatore Caritas.
A livello parrocchiale, 6 gruppi su 11 fanno
cammini specifici attraverso lo studio di encicliche o documenti di Caritas italiana; negli
altri casi si partecipa alla formazione comunitaria.
Nostro desiderio, per il prossimo anno, oltre
agli incontri vicariali, è quello sollecitare e accompagnare la
possibilità di altri momenti di crescita tra le Caritas di uno
stesso Comune o di Comuni vicini in modo che i gruppi più
consolidati siano di supporto a quelli di nuova costituzione o
che attraversano un momento di difficoltà.
Certo, fare formazione, comprendere la natura della Caritas o confrontarsi con altri operatori, non basta a risolvere i
problemi. Le difficoltà non mancano e fare sintesi e contestualizzare nella vita dei gruppi e dei territori, le indicazioni
recepite non è sempre facile.
Passando alle attività svolte, possiamo dire che nella nostra
vicaria, pur essendo acquisita pienamente l’idea che Caritas
non vuol dire solo distribuire alimenti o abbigliamento o pagare bollette, questi servizi assistenziali vengono garantiti in
varie modalità un po’ dappertutto.
Come pure tutte le parrocchie quest’anno sono state particolarmente coinvolte nella sensibilizzazione e nella raccolta
fondi a favore delle popolazioni terremotate dell’Abruzzo e
di Haiti.
Sempre nell’ambito della sensibilizzazione, alcune Caritas
hanno organizzato serate di informazione e approfondimen-
to su temi sociali delicati come la Pace, la crisi economica,
l’emergenza educativa, in particolare il fenomeno del bullismo.
Per quanto riguarda il rapporto con le associazioni di volontariato, vi è già da tempo una attenzione e a volte una
collaborazione in manifestazioni pubbliche o iniziative organizzate dall’Unitalsi, la Lega Tumori, l’Ass.
Donatori Midollo Osseo, l’Avis, la Protezione
Civile.
Il Vescovo, nelle linee pastorali dedicate al
volontariato laico e cattolico, sollecita le parrocchie alla vicinanza e al sostegno di queste
bellissime esperienze di amore, segni di speranza insieme alle nostre Caritas, per la città
dell’uomo.
Pertanto, in alcune parrocchie si è voluto
promuovere, far conoscere attraverso spazi
informativi dedicati e testimonianze dirette
l’opera delle Associazioni e le motivazioni
soggettive dei volontari. In quest’occasione
sono stati invitati anche i giovani della diocesi che svolgono il Servizio Civile in Caritas a
Brindisi e che hanno raccontato l’esperienza
da loro fatta del post terremoto a L’Aquila.
Tutto ciò per stimolare i fedeli, anche i più
giovani, ad un impegno personale che per noi cristiani vuol
dire testimoniare il precetto evangelico dell’amore di Dio
verso i fratelli, in particolare i più bisognosi.
Ed è questo lo spirito che è alla base dei vari doposcuola organizzati dalle Caritas per ragazzi poveri, del coinvolgimento
delle comunità nella preparazione dei pranzi comuni con gli
extracomunitari residenti nel paese, o semplicemente nella
raccolta di viveri da destinare alle famiglie in difficoltà.
Infine, mi piace sottolineare come a differenza di quanto si
lamentava in passato, sono giudicati in generale, molto positivi i rapporti tra le Caritas e gli altri gruppi parrocchiali, sia
per la partecipazione alle varie iniziative, sia alla luce delle
relazioni personali tra operatori pastorali.
La presenza di animatori Caritas in altri gruppi parrocchiali
permette di portare avanti il pensiero Caritas, pur rimanendo ognuno legato alla propria specificità.
La speranza è che possa affermarsi sempre più nelle nostre
parrocchie una pastorale organica che aiuti la Comunità a
nutrirsi del Pane dell’Eucaristia, ad annunciare la Parola, a
guardare, con occhi pieni di compassione, i fratelli piegati
dalla sofferenza.
Donato D’Agostino
al confronto effettuato tra le
realtà parrocchiali emergono
situazioni di povertà varie,
secondo il tessuto sociale di appartenenza. Le situazioni maggiormente
evidenziate di povertà sono per lo più
riconducibili alla mancanza di lavoro,
che determina conflittualità familiari
ed ulteriori situazioni, che sfociano
in varie forme di povertà, da quella
fisica a quella psicologica (alcolismo,
depressione, violenza fisica e psicologica).
A tal proposito, si ritiene necessario
valorizzare i Centri di Ascolto delle
Caritas parrocchiali, auspicando il
sorgere di un Osservatorio delle “povertà e delle risorse”, da tempo agognato da tutti.
La formazione svolta durante l’anno
ci ha permesso di soffermarci sull’animazione della Carità all’interno di
una comunità, cercando di superare
L’
l’aspetto, spesso deformato, della
“Caritas=Assistenzialismo”;
Purtroppo, non in tutte le comunità parrocchiali è possibile
creare occasioni di confronto e
relazione tra le persone su questioni essenziali al nostro vivere
quotidiano e dare una lettura “sapienziale”, alla luce del Vangelo.
Le parrocchie della Vicaria si sono
assunte la responsabilità di gestire la
mensa facendo osservare un regolamento interno che ha visto coinvolti
nella sua stesura i Responsabili della
Caritas diocesana insieme ai coordinatori della mensa ed i responsabili
parrocchiali.
Questo, per offrire ai volontari del
Servizio Civile e ai volontari delle
parrocchie che si avvicendano nella
preparazione dei pasti ai fratelli in difficoltà, uno strumento per migliorare
qualitativamente il servizio.
anno pastorale che ormai sta per concludersi ci ha
visti impegnati, come gruppi Caritas della Vicaria,
a riflettere sulle tematiche del sinodo diocesano:
abbiamo partecipato infatti agli incontri di formazione
proposti dalla Commissione Scuola Operatori pastorali;
abbiamo partecipato agli incontri, a livello vicariale, tenuti
dalla Caritas diocesana e abbiamo vissuto un ritiro spirituale in Quaresima per tutti i gruppi Caritas, presso il nuovo convento delle Suore Benedettine di Ostuni per vivere
meglio questo tempo liturgico. Infine, pensiamo di vivere
una giornata di verifica e di fraternità a chiusura dell’anno.
Uno sguardo veloce sulla situazione attuale delle Caritas
parrocchiali.
All’interno di ogni comunità esiste il Gruppo Caritas,
dove ogni comunità, volto della Chiesa locale sul territorio,
è chiamata a vivere la sua identità di Chiesa nel servizio
della carità, e a concretizzare la propria missione attorno
alle tre dimensioni fondamentali:
• l’annuncio della Parola di Dio (attraverso la catechesi),
• la celebrazione dei Sacramenti (attraverso la liturgia),
• la testimonianza del Vangelo (mediante le opere di carità).
Su 7 parrocchie, solo 4 hanno aderito alla convenzione
per usufruire dei prodotti Agea. Le altre parrocchie vengono incontro ai bisogni con proprie iniziative.
Attualmente, grazie al censimento e alla collaborazione
di tutti i gruppi, gli assistiti sono stati suddivisi e indirizzati alle parrocchie di appartenenza per cercare di fermare il “girovagare”. Bisogna comunque evidenziare lo sforzo delle parrocchie che distribuiscono generi alimentari,
perché coprono anche i bisognosi delle altre parrocchie.
È significativo l’impegno da parte di
tutte le parrocchie nel voler realizzare
il lavoro “in rete”, con tutte le difficoltà che comunque si incontrano per la
diversità delle situazioni esistenti nel
territorio vicariale.
Per migliorare il lavoro “in rete”, si
propone il coinvolgimento delle Istituzioni per affrontare insieme le nuove realtà che appartengono alla nostra
città, in modo particolare quella dei
nostri fratelli immigrati.
Giovanni Marangi
Vicaria di Mesagne
Inoltre, nel nostro territorio opera il volontariato vincenziano; esso
utilizza i prodotti Agea,
ma ha una gestione del
tutto autonoma.
Per quanto riguarda
la formazione da parte
della Caritas diocesana, abbiamo condiviso
i momenti vissuti insieme per comprendere
meglio il significato di
essere Caritas. Gli incontri sono serviti a favorire un miglior rapporto interpersonale tra tutti i componenti i gruppi Caritas, anche se la
Parrocchia ha il sopravvento sulle proprie iniziative a scapito di quelle vicariali.
Anche per il prossimo anno pastorale pensiamo di avvalerci della loro presenza per approfondire il discorso
sul centro di ascolto e per essere formati in merito ad una
eventuale apertura di un a casa di accoglienza.
Iniziative e prospettive. Allo studio della Vicaria ci sono
dei progetti che vengono portati avanti da anni quali: una
mensa cittadina, un centro di ascolto vicariale, una casa di
accoglienza e in ordine di tempo, un unico centro di distribuzione.
Carlo Mitrugno
Vicaria di San Vito-Carovigno-San Michele
I
n rappresentanza della
Caritas Vicariale per i Comuni di San Vito dei Normanni, Carovigno e S. Michele Salentino, possiamo dire di
essere soddisfatti dei risultati
sino ad ora ottenuti, a seguito della formazione effettuata
durante l’anno trascorso.
In particolare, così come
mi è stato rappresentato dai
Responsabili e dai collaboratori Caritas Parrocchiali nel corso di
un recente incontro in preparazione
di questo Convegno che si è tenuto in
San Vito, attraverso i laboratori abbiamo avuto modo di conoscerci meglio,
scambiandoci opinioni ed indicazioni
utili nelle relazioni con il pubblico.
Oggi, ci è più chiaro il concetto di
Caritas che inizialmente ci sembrava
finalizzato alla distribuzione di viveri
ed indumenti, e quindi, siamo consapevoli che fare Caritas non è solo
offrire servizi, ma ascoltare più da
vicino l’utenza che si presenta nelle
nostre Parrocchie, osservando i reali
bisogni al fine di superare le difficoltà.
A tal proposito, voglio segnalare
l’operato della Parrocchia di San Michele Salentino che ha attivato un
Centro Ascolto di grande qualità, nel
quale operano un avvocato, un medico, un infermiere, una psicologa ed
altri validi volontari che forniscono
all’utenza un aiuto fattivo e completo.
Altresì, nel corso del suddetto incontro pre-Convegno, è emersa l’esigenza
di frequentarsi di più tra le Parrocchie
dei vari Comuni per conoscere e poi
risolvere meglio i problemi sociali, in
quanto ci siamo resi conto che ogni
Parrocchia opera individualmente nel
proprio territorio, sconoscendo a volte altre realtà o esigenze vicine. Praticamente bisogna interagire di più.
Inoltre, tra gli operatori Caritas è
emersa l’esigenza di dialogare con
tutti gli Enti, sanitari e sociali, operanti nel territorio di ogni Comune al fine
di conoscere meglio le realtà presenti
e di collaborare nell’assistenza morale
e sociale dell’utenza.
Francesco Marrazzo
convegno Interessante dibattito organizzato ad Ostuni dalla Biblioteca e Archivio diocesano
Costruire la famiglia: vita di coppia, educazione dei figli
I
l 29 aprile scorso, nell’auditorium della
Biblioteca Comunale di Ostuni, si è tenuto il convegno sul tema Costruire la famiglia: vita di coppia, educazione dei figli,
organizzato dalla Biblioteca e dall’Archivio
diocesani, per celebrare il loro 143° anniversario. L’argomento è stato scelto considerando che la famiglia, nonostante le tempeste
da cui appare oggi travagliata, rimane punto
di riferimento essenziale per le persone, per
la società civile e, pertanto, va sostenuta affinché rimanga luogo privilegiato di dialogo,
speranza e crescita.
Il relatore del convegno è stato il prof. Ferdinando Montuschi, ordinario di Pedagogia
speciale all’Università degli Studi di Roma
Tre, psicologo e psicoterapeuta autore, tra l’altro,
di un saggio dal titolo posto quale tema del convegno. Alla manifestazione hanno collaborato le associazioni Aimc, Azione cattolica, Centro di cultura “D. Cirignola”, Consulta di pastorale giovanile,
Associazione Il Gabbiano, Incontro matrimoniale,
Meic e Uciim.
Particolarmente interessante è stata la modalità
di svolgimento del convegno, suggerita dall’autore
che ha tenuto l’incontro rispondendo agli interrogativi rivoltigli dai membri delle associazioni o da
singole persone, suscitati dalla lettura del libro, di
modo che la relazione stessa tenesse conto delle
problematiche poste dai lettori. Le domande hanno riguardato principalmente la vita della coppia,
la genitorialità e l’educazione dei figli e/o degli
alunni. Il prof. Montuschi ha esordito affermando
che il porsi delle domande è già un fatto positivo;
occorre semmai saper individuare “la bussola,”
poichè oggigiorno le regole morali non sembrano
più sufficienti a garantire la saldezza della famiglia
poichè l’idea stessa di provare è di per sè una
zavorra nel rapporto: la coppia che si pone in
tale prospettiva si propone come una somma di egoismi concordati. L’opinione che una
coppia così strutturata duri di più di quella in
cui entrambi si assumono impegni e responsabilità maggiori non è dimostrato. La durata
nel tempo della vita di una coppia nasce dalla necessità di realizzare un progetto a due
che esula dalla logica del provare per entrare
nell’ambito della determinazione costruttiva,
cioè dell’investire ogni risorsa per la riuscita
del progetto che risulterà appagante per entrambi i coniugi.
Un momento del convegno © T. Lococciolo
Un altro tema affrontato è stato quello
dell’educazione dei figli. Il prof. Montuschi
e a superare il dolore che ci procuriamo a causa ha sostenuto che anche nei processi educativi il
dei nostri analfabetismi affettivi. Un errore in cui problema non è il cosa fare quanto, piuttosto, la
comunemente s’incorre è “l’inganno dell’anima misura di quel che si decide di fare: è educativagemella”, metafora letteraria che non aiuta a co- mente valida la comprensione, come la fermezza;
struire la vita di coppia. Sostiene il professore che ha senso il sentimento di rabbia come la tenerezogni coniuge, verificate le compatibilità iniziali za; sono opportuni i sì ed i no; ha valore la stima di
con il proprio partner, deve avviare un progetto sé come la fiducia negli altri. La sapienza dell’edudi costruzione per diventare anima gemella. Il che catore decide la misura, fermo restando che obietpresuppone la conquista dell’autonomia perso- tivo primario è aiutare l’educando a costruirsi
nale ed affettiva e, soprattutto, la disponibilità al persona: nella ricerca di una sua identità, nell’accambiamento di se stessi per rendersi gemellabi- cettazione positiva di sé, nel percorrere la strada
le con l’altro. Invece, le energie investite nel cam- del dovere e del piacere conservando quell’infanbiamento dell’altro sono sprecate, tolgono vita, tilità interiore che consente di continuare a stupirmentre è più positivo ricercare il bene non anco- ci delle persone, della natura e degli eventi.
Il convegno ha confermato come i temi affrontati
ra vissuto, le virtù oscurate dai difetti che vanno
considerate piuttosto virtù fuori misura come, siano di grande attualità e necessitino di ulterioad esempio, la generosità eccessiva. Alla doman- ri approfondimenti da parte di specialisti delle
da circa la convinzione, diffusa tra i giovani, che scienze umane, per meglio affrontare la ormai deè meglio provare a convivere prima di sposarsi, finita emergenza educativa.
il professore ha risposto che la legittima paura
Teresa e Pippo Vincenti
di costruire la famiglia non si supera “provando”,
formazione Incontro dei responsabili diocesani della Pastorale familiare delle Diocesi di Puglia
La famiglia di fronte alla sfida educativa
S
i è svolto il 25 aprile a Molfetta nel Seminario maggiore, la riunione dei responsabili di Pastorale Familiare pugliesi.
Relatore dell’incontro è stato il prof. Lazzaro Brigante del Tribunale dei minori di
Lecce.
Il prof. Brigante ha aperto l’incontro facendoci ascoltare una canzone di Vasco
Rossi “Benvenuto”. Dopo l’ascolto e la lettura del testo ha posto degli interrogativi:
chi sono i personaggi, a quale contesto si
riferisce, quali le scene, che bisogni emergono… Ne viene fuori un presepe dove c’è
un re, il messia, un padre e una madre occupati
e preoccupati per il figlio. Questo re va difeso,
accontentato, creando degli spazi tra genitori e
figlio e non permettendo a nessuno di minare
questi spazi. Insomma un re i cui i genitori sono
in ginocchio, soprattutto il padre.
Secondo il prof. Brigante con il ’68 è andato
in crisi il concetto del bene e del male. Si è inneggiato ad una società senza padri. È entrato
in crisi il codice paterno. Con la mancanza della figura del padre sono venute meno le regole
che fanno parte dell’autorità paterna. E quindi
sono venute meno le variabili di questa autorità
che sono: la cura; l’attenzione all’altro (l’ascolto);
la richiesta di maturità; il controllo delle regole
fatte attraverso la comunicazione.
Sempre secondo il prof. Brigante la nuova generazione di genitori sta mutando perché sta
prendendo coscienza della situazione, anche
perché viviamo in una società dove non si discute più ciò che è bene e ciò che è male.
L’adolescente ha bisogno di esempi, di adulti significativi. La famiglia è minacciata dall’assenza
di futuro, fatta di beni materiali e non da valori. L’essere genitori significa dare sicurezza per il
domani, ha detto il prof. Brigante. Ma il problema scottante che oggi la famiglia deve affrontare è la normativa, calare nella vita le norme
condivise, anche se non sempre può essere
condiviso tutto. Deve essere ripristinato il
senso di colpa, altrimenti si crea fragilità.
In sintesi abbiamo bisogno di una paternità responsabile.
Il prof. Brigante ha suggerito la lettura
della lettera pastorale che il Cardinale Martini scrisse alla sua diocesi “Dio educa il suo
popolo”, che in un passo recita così: «Una
caratteristica dell’agire di Dio che sembra
essere un po’ scomparsa dalla riflessione
pedagogica corrente, almeno nella pratica
quotidiana, la indicherei così: Dio nella storia della salvezza si mostra un educatore “energico”. Non molle o accondiscendente, non rassegnato o fatalista, ma impegnato, deciso, capace
anche di rimproverare. Se educare vuol dire aiutare ciascuno a trovare la propria strada, sembra strano che non si debba effettuare ogni tanto delle “correzioni di rotta” in un cammino che
altrimenti, diventerebbe deviante. Oggi si tende
a emarginare questa idea: al massimo si accetta
che si debba gentilmente avvisare qualcuno che
forse sta andando fuori strada, lasciando poi a
lui scoprire da solo le conseguenze disastrose
dei suoi atti.»
Arturo e Anna Maria Destino
Conflitto
e dialogo
D
omenica 2 maggio
si è svolto ad Ostuni, nell’ auditorium della
parrocchia Madonna del
pozzo, il convegno sul
tema Conflitto e dialogo,
promosso dalla omonima
comunità parrocchiale,
in collaborazione, tra gli
altri, con la Commissione
diocesana per la Pastorale familiare, il Tribunale
ecclesiastico, l’Ufficio della Pastorale per la salute/
sanità e con le associazioni Retrouvaille e Incontro
matrimoniale che da anni
sono impegnati a sostegno delle coppie in difficoltà.
Il convegno è nato dal bisogno diffuso nella nostra
società, di capire le dinamiche dei conflitti che
ciascuno di noi vive nella
quotidianità della propria
realtà per gestirli in maniera positiva. Obiettivo
del convegno, dunque, è
stato quello di voler offrire una prima risposta
alla crescente richiesta di
aiuto proveniente soprattutto dalle famiglie ed in
particolare dalle coppie.
Relatore e animatore del
convegno è stato il Camilliano padre Arnaldo Pangrazzi, docente di Pastorale Sanitaria, autore di
numerosi libri ed esperto
di relazioni di aiuto e di
dinamica di gruppo. Attraverso un itinerario di
conoscenza e di autoanalisi, ha fornito gli strumenti di base per gestire
i conflitti che inevitabilmente sorgono in ogni
tipo di relazione umana,
con un particolare riguardo alla relazione di
coppia. Padre Arnaldo ha
condotto i partecipanti ad
interrogarsi ed a riflettere
sulla propria esperienza
partendo da alcune «considerazioni generali sul
conflitto» per esaminare:
“Pericoli e benefici del
conflitto; cause e contesti;
fattori che incidono nella
risposta ai conflitti; modi
diversi di affrontare i conflitti; diversi tipi di conflitto; opzioni nella gestione
dei conflitti: prevenire,
relativizzare,affrontare e
risolvere”.
Tutti i partecipanti hanno
espresso il bisogno di un
sostegno qualificato organico e permanente nella
vita di relazione, sempre
complessa e difficile, soprattutto nella società
odierna fortemente connotata di individualismo.
Antonietta e Lillino
Frumento
12
Parrocchie & Associazioni
15 maggio 2010
convegno nazionale delle presidenze Azione Cattolica, primo annuncio e riscoperta della fede
Sulle strade dei cercatori di Dio
I
l convegno nazionale delle Presidenze diocesane
di Azione Cattolica, tenutosi a Roma nel primo
week end di maggio, muove i suoi passi sulla riflessione già avviata dalla Chiesa italiana con la “Lettera ai cercatori di Dio” e con l’evento internazionale
“Dio oggi: con lui o senza di lui cambia tutto”.
Già il titolo del convegno “Sulle strade dei cercatori
di Dio” pone le dovute premesse affinché la riflessione sia efficace: il primo annuncio esige persone che
scendano nelle strade e condividano il proprio cammino con gli uomini di oggi. Siamo tutti cercatori di
Dio; lo è persino Gesù, che nell’incontro con la Sa- © Archivio Azione Cattolica Italiana
maritana al pozzo di Sicar ha manifestato la sua sete,
ponendosi sullo stesso piano di bisogni della donna.
per rispondere alla questione dell’alterità, al bisogno insito
Durante il convegno riecheggiavano le parole che la litur- nell’uomo di custodirsi nell’altro. Iniziano a vacillare i nuogia del venerdì santo rivolge per coloro che non credono in vi significati, mutuati dai dizionari della trascendenza, dati a
Dio “Tu hai messo nel cuore degli uomini una così profonda concetti forti come la libertà, la fedeltà, l’infinito.
nostalgia di te, che solo quando ti trovano hanno pace”. La
La sete di Dio, questo bisogno di senso che affiora nelle
nostalgia di Dio, questo impulso interiore alla ricerca, inizia persone, non sempre trova risposte nella fede, preferendo
a riemergere con forza nella cultura nel nostro tempo che già l’immediato senso di sazietà che deriva da esperienze più
alcuni definiscono della post-secolarizzazione. Di fatto, la idolatriche che di fede. Si pensi all’aumento di persone che si
cultura della secolarizzazione inizia ad essere insufficiente rivolgono alla magia come immediato appagamento del pro-
ostuni Decima edizione per l’iniziativa promossa dal mensile “il pozzo”
Un ramoscello d’ulivo per un mare di pace
D
omenica 25 aprile,
presso la Chiesa ed
il Porto di Villanova di Ostuni, si è svolta la
manifestazione cittadina
“Un ramoscello d’ulivo per
un mare di pace”. Da diversi
anni tale iniziativa intende
suscitare, nei tanti ostunesi che vi partecipano, una
seria riflessione sul bene
della Pace, che diventa poi
preghiera.
Tutto ebbe inizio alla fine
degli anni 90 del secolo
scorso, quando la comunità
parrocchiale della “Madonna del Pozzo” e l’allora parroco don Franco Pellegrino,
estesero all’intera Vicaria di
Ostuni l’idea di partecipare
all’iniziativa promossa da
Pax Christi “mille città per
fermare la guerra”, che, in
quel periodo, era scoppia-
ta nei Balcani. Per questo
motivo per la prima volta ci
recammo, nel pomeriggio
di domenica 28 marzo 1999,
presso il Porto di Villanova.
Era la Domenica delle Palme
e portavamo con noi il nostro ramoscello d’ulivo, che,
dopo la preghiera comunitaria, lanciammo sulle acque
del mare augurandoci che
i venti spingessero il nostro
messaggio di pace sulla
sponda opposta dell’Adriatico, raggiungendo i popoli
colpiti dalla guerra. L’iniziativa gode del Patrocinio del
Comune di Ostuni e viene
organizzata in sinergia dal
mensile interparrocchiale
“il pozzo” ed il Centro di
Cultura “D. Cirignola” a cui
si aggiungono anche altre
associazioni (SEROSTUNI,
Unitalsi, Croce Rossa, Biblio-
teca Diocesana, Ac, UCIIM e
MEIC).
Nelle ultime edizioni, in
base ad un’indicazione di
don Piero Suma, la manifestazione si è caratterizzata per la presenza di un
momento di riflessione sul
messaggio che il Santo Padre
scrive per la celebrazione
della Giornata Mondiale
della Pace. Quest’anno, con
immensa gioia, abbiamo
avuto tra noi l’Arcivescovo,
che ha presieduto il momento di preghiera e ha spiegato
ai presenti il messaggio del
2010 “Se vuoi coltivare la
pace, custodisci il creato”.
Mons. Talucci ha sottolineato la necessità di compiere
delle scelte, sia da parte dei
singoli che delle istituzioni,
finalizzate al rispetto della
“casa comune” donataci da
Dio.
In questo percorso culturale, intrapreso per la formazione di una generazione di
“costruttori di pace” anche
gli studenti delle scuole
medie ostunesi hanno dato
un valido apporto. Il logo
per l’edizione 2010 è stato
realizzato dall’alunno Francesco Turco della Scuola
media “S. Giovanni Bosco”,
che ha disegnato due mani
che custodiscono il globo
terrestre, il sole, la luna e le
stelle; questa sintesi grafica
ci fa comprendere l’essenza
del messaggio di Benedetto XVI, il mondo è stato
affidato alle mani dell’uomo
e a ciascuno di noi spetta il
compito di custodire questa
grande ricchezza.
Nicola Moro
prio bisogno di trascendenza, o al devozionismo che
a volte si confonde con professioni politeiste.
Quali sono dunque le strade dei cercatori di Dio?
Ovvero: su quali strade metterci in cammino?
Quella che va da Gerusalemme a Gerico, che definisce chi è il nostro prossimo, tenendo presente che
c’è un “giorno dopo” in cui dobbiamo lasciare l’altro
alla libertà della sua fede, senza essere tentati da deliri di onnipotenza; quella della croce, della nostra
quotidianità che non è fatta di miracoli; la via per
Emmaus, che parte dalla delusione e dal senso di
sconfitta e solo nell’azione apre gli occhi dei discepoli; la via di Damasco, dove Anania accompagna Paolo a passare dalla cecità alla fides oculata, capace di pensiero
e ragionamento.
Da questo siamo provocati a dover ripensare il nostro
modo di stare sulla strada dei cercatori di Dio. Riscoprendo
la nostra fede come dono e non come un dato scontato, testimoniando lo stupore di scoprire ogni giorno l’amore che
Dio ha per noi. In questo tempo, non ci è chiesto di diventare
esperti di risposte, ma di domande.
Cecilia Farina
San Leucio, concorso
riservato alle scuole
L’
Associazione MusicaleCulturale “San Leucio”,
nell’ambito delle iniziative
volte ad incentivare l’interesse per la cultura sul
territorio, organizza la 1ª
edizione del Premio Letterario “San Leucio” sul
tema: Brindisi, porto di
pace. Il concorso, con il
patrocinio del Comune e
l’avallo del Provveditorato
agli Studi e dell’UNESCO
(Club di Brindisi) è articolato in due Sezioni: Narrativa e Poesia ed è riservato
agli studenti della Scuola
Secondaria Superiore delle
classi 3° e 4°, i quali potranno presentare gli elaborati entro il 5 Giugno
p.v. L’iniziativa è destinata
a stimolare nei giovani la
maturazione di un habitus
critico, insieme alla profondità di riflessione e ad
offrire messaggi umani e
culturali universali; scrittura quindi, intesa non
come momento isolato di
un iter educativo e sociale,
ma come accostamento diretto alla realtà, in forma
mediata da vari linguaggi,
per formularne ipotesi interpretative e svilupparne
la flessibilità mentale.
I partecipanti saranno
selezionati da una giuria
composta da docenti, giornalisti ed esperti nel settore editoriale giovanile e
musicale; i vincitori riceveranno targhe e medaglie ricordo, ed i primi classificati
anche un’opera di un noto
artista brindisino.
La premiazione si svolgerà durante le prossime festività natalizie.
Anna Rita di Sansebastiano
Bando e scheda di partecipazione su: www.corosanleucio.it
Info al 347/3242892
Padre Pio, sacerdote e vittima
A Brindisi il 6° Convegno diocesano dei Gruppi di Preghiera
S
abato 17 aprile u.s. si è svolto a Brindisi il 6° Convegno diocesano dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio
sul tema Padre Pio sacerdote e vittima, nel quadro
delle riflessioni ispirate all’anno sacerdotale. L’incontro si è
tenuto nella splendida chiesa di S. Maria del casale, com’è
ormai tradizione.
Alle ore 15,30, sono giunti puntuali i primi gruppi che ,
con i loro canti a San Pio, hanno creato un clima di festa
per quanti man mano sopraggiungevano sino a riempire
tutta la chiesa.
Al saluto del coordinatore diocesano, Padre Giuseppe Attorre, ha fatto seguito un momento di preghiera, guidato
da don Adriano Miglietta, componente del Consiglio diocesano dei Gruppi di Preghiera, per ringraziare il Signore
per il dono della fede e chiedergli la forza per testimoniarla,
sull’esempio del Santo di Pietrelcina.
Prima che padre Giuseppe Maria Antonino, cappuccino appositamente venuto da Santa Fara in Bari, profondo
conoscitore e studioso della spiritualità di padre Pio, incominciasse a sviluppare il tema del convegno, padre Arcivescovo ha voluto salutare i convegnisti. Al termine del suo
saluto il coordinatore diocesano, a nome di tutti i convegnisti, lo ha ringraziato per la sua immancabile presenza e gli
ha formulato calorosi ed affettuosi auguri per il decennale
di episcopato nella chiesa che è in Brindisi – Ostuni.
Padre Giuseppe Maria Antonino ha quindi dato inizio alla
sua relazione sulla vocazione sacerdotale di Padre Pio e la
sua conformazione a Cristo nell’arco della sua esistenza. Il
relatore ha innanzitutto evidenziato l’esistenza di un progetto di Dio su padre Pio che si è rivelato, sin dalla più tenera età, dotato di una spiritualità assolutamente al di fuori
del comune.
Delineando con particolare precisione tutti i momenti
più salienti della giovinezza di Padre Pio, in preparazione
al sacerdozio, padre Giuseppe ha dimostrato come il nostro
Santo si sia fatto plasmare dalle mani di Cristo come argilla
nelle mani del vasaio, sino a quando venne consacrato sacerdote, il 10 agosto 1910.
Da allora in poi, padre Pio visse la sua esistenza sempre
più conforme a Cristo: come Gesù si era preparato a Nazareth, prima della sua missione, nella solitudine e nel silenzio, così padre Pio a Pietrelcina, malato e debole, rinchiuso
nella sua “torretta” aveva letto e studiato tantissimo, pregando giorno e notte, in una continua sofferenza e totale
solitudine.
Come Gesù aveva preso su di sè i dolori del mondo, così
lui si era offerto vittima per i peccati di tutta l’umanità. Il
Padre relatore ha fatto notare che già ad un mese dall’ordinazione sacerdotale, padre Pio ricevette le prime stimmate,
e questo sta a dimostrare che il suo sacerdozio si consuma-
va sull’altare dove, soffrendo la passione del Signore, univa
la sua sofferenza a quella di Cristo e solo al momento della
comunione, risorgendo con lui, viveva la gloria del Risorto.
Conformato a Cristo anche nel confessionale, dove assumeva su di sé tutti i peccati di coloro che si recavano a
confessarsi da lui e si offriva vittima per la salvezza di tutte
quelle anime. Durante le confessioni ammoniva, esortava,
attirava a Dio, convertiva: era dolcissimo con i suoi figli
spirituali, che lo seguivano come un padre amorevole.
Infine, padre Giuseppe ha evidenziato l’altro elemento
caratterizzante la vita di padre Pio: la preghiera. Egli impostò il suo stile di vita sull’invito di Gesù ai suoi discepoli:
“Vegliate e pregate”. Trascorreva, infatti, gran parte del giorno e della notte in preghiera per salvare il maggior numero
di anime. Consapevole di essere consacrato a Cristo, si sentiva tutto di Dio con l’unico scopo di manifestare Cristo agli
altri per portarli a Lui.
A conclusione delle sue appassionate riflessioni, padre
Giuseppe Maria Antonino ha esortato tutti i partecipanti a
meditare sulla missione sacerdotale di padre Pio e sull’eredità spirituale che ha lasciato ai Gruppi di Preghiera che
devono diffondere nel mondo l’amore per Cristo e per il
prossimo, come ha testimoniato con la sua vita il Padre
fondatore.
Il convegno si è concluso con la celebrazione eucaristica
presieduta da Padre Giuseppe Maria, nel corso della quale sono stati raccomandati al Signore due giovani meravigliosi, autentici testimoni di fede, che hanno fatto parte dei
Gruppi di Preghiera di Leverano e di Brindisi: Francesca
Tondo e Matteo Farina.
Anna Maria Manfreda
13
Parrocchie & Associazioni
15 maggio 2010
Agenda
pellegrinaggio SS. Resurrezione di Brindisi e S.M. delle Grazie di Ostuni
Sulle tracce della Sacra Sindone
I
n occasione dell’Ostensione della Sacra Sindone la Parrocchia SS.
Resurrezione di Brindisi, in
collaborazione con la Parrocchia S. Maria delle Grazie
di Ostuni, ha organizzato un
pellegrinaggio che prevedeva
come prima tappa la città di
Torino, poi Paray le Monial,
infine Ars, queste ultime in
Francia.
Il pellegrinaggio si è svolto
dal 27 aprile al 1° maggio.
Nel pullman è stato proiettato un dvd che ha illustrato e
descritto la storia della Sacra Sindone e
il dibattito scientifico sulla sua autenticità.
Il giorno seguente, il 28 aprile, ci siamo messi tutti in marcia per una visita
alla splendida Basilica di Superga, e
dopo il pranzo abbiamo subito ripreso
il cammino verso il Duomo.
Qui c’erano diverse entrate che portavano tutte in una specie di labirinto, un percorso obbligatorio che ci ha
introdotti in una stanza antistante al
Duomo dove ci hanno fatto pregustare
la visita con un filmato che illustrava
ogni dettaglio della Sindone. Una volta
entrati nel Duomo, ci siamo avvicinati a
quest’ultima in gruppo. Essere di fronte al sudario di nostro Signore è stata
un’emozione grandissima, inspiegabile!
Su di esso si vedono le ferite, il sangue e
il volto inconfondibile di Colui che ha
dato la sua vita per noi; e, nonostante sia quasi tangibile la sua sofferenza,
aleggia, tuttavia, un senso di serenità
quasi inspiegabile.
Si dice spesso che si sta perdendo la
fede, che i giovani si allontanano, ma
non credo sia così, perché a Torino a
venerare la sacra Sindone c’erano tanti
giovani, c’era tantissima gente, venuta da ogni parte del mondo per vedere
questo miracolo, non per curiosità, ma
sospinta da una vera fede.
Abbiamo pregato tanto soprattutto
per quelle persone che non sono potute venire, ma che hanno chiesto di
pregare per loro e per i loro cari. Sono
stati pochissimi minuti, ma sono sta-
zavattaro a salice salentino
ti momenti intensissimi. È
come saziarsi di qualcosa o,
meglio, di qualcuno.
Il terzo giorno, il 29 aprile,
siamo entrati in Francia e ci
siamo diretti a Paray le Monial. Nei pressi della Basilica
è situata una modesta cappella che ha ricevuto la visita
di Dio. È la Basilica delle apparizioni ove nostro Signore ha rivelato il suo cuore
a Santa Margherita Maria
Alacoque. Proprio in questa
piccola cappella abbiamo
celebrato l’Eucarestia.
Il quarto giorno, 30 aprile, è stato il
culmine del nostro viaggio. Tappa ultima è stata Ars, ancora in Francia. Non
potevamo non andare, proprio nell’anno sacerdotale, dal Curato d’Ars, San
Giovanni Maria Vianney che ha dato
alla Chiesa, mediante la sua carità pastorale, una viva immagine di Gesù
Buon Pastore. Anche qui abbiamo celebrato la santa messa assieme ad altre
comunità italiane.
È stato un viaggio incredibile, forte,
emozionante che ci ha fortificato nello spirito e rigenerato con la preghiera nella fede, per riprendere il nostro
cammino quotidiano con un bagaglio
di speranza da seminare.
Dorina Laneve
L’attualità di Maria
«N
l vaticanista del Tg1 Fabio Zavattaro sarà a Salice Salentino il 21 maggio per partecipare ad un convegno
organizzato dal locale gruppo famiglie sul tema Dal villaggio globale alla Torre di Babele. Quando la comunicazione diseduca. L’incontro si terrà presso il Centro
Polifunzionale a partire dalle ore 19,30.
il professor zamagni a brindisi
S
abato 22 maggio alle ore 17 presso la Basilica Cattedrale il prof. Stefano Zamagni, Ordinario di Economia all’Università di Bologna, terrà una relazione sul
tema L’economia di comunione nella Caritas in veritate.
veglie. festa dell’azione cattolica
S
i svolgerà sabato 29 maggio presso la Parrocchia S.
Antonio abate di Veglie la Festa diocesana unitaria
dell’Azione Cattolica che avrà come tema Diventiamo
grandi insieme. Info su: www.acbrindisiostuni.it
MESAGNE. ORDINAZIONE SACERDOTALE
D
omenica 30 maggio alle ore 18 nella Chiesa matrice, il diacono Andrea Mingolla sarà ordinato
presbitero per l’imposizione delle mani e la Preghiera
consacratoria dell’Arcivescovo Mons. Rocco Talucci.
ordinazione tre nuovi diaconi
M
artedì 1 Giugno 2010 alle ore 18,00 nella Basilica
Cattedrale, tre giovani saranno ordinati Diaconi
dall’Arcivescovo Mons. Rocco Talucci. Si tratta di seminaristi originari di tre diverse parrocchie di San Vito dei
Normanni: Giovanni Prete della Parrocchia Immacolata
Concezione, Luca D’Agnano della Parrocchia Santa Maria della Vittoria e Raffaele Ardito Tateo della Parrocchia
San Domenico.
iniziative pastorale della famiglia
M
mesagne Padre De Fiores a Mater Domini
el momento in cui ci troviamo di fronte ad
una “società liquida”, come l’ha definita Zygmunt Bauman, Maria è capace di indicare
la via delle relazioni solide e permanenti. È l’unica, nella
storia della salvezza, che è testimone dell’Incarnazione,
dell’Evento pasquale, della Pentecoste». In queste parole conclusive della conferenza stampa tenuta da P. Stefano De Fiores a Mesagne è tutta la motivazione vera di un
impegno che coinvolge ed apre altre prospettive. Per tre
giorni a Mesagne, in occasione della festa di Maria Mater
Domini, la “Vergine Pasquale”, l’insigne mariologo non si
è certamente risparmiato nelle catechesi e nel contatto diretto con la gente per «parlare di Maria», anzi per rendere
appieno l’elemento della sua attualità.
Attualità di Maria, nel nome della quale potrebbe davvero avviarsi, su basi, solide il dialogo tra cristiani ed
Islam. Attualità di Maria, che offre un orientamento sicuro
nell’odierna «società liquida», proprio come abbiamo visto. E riflettendo su «Maria e la Trinità» e «Maria e l’umanità» il religioso ha inquadrato Maria nell’ambito delle tre
grandi religioni monoteiste ed ha riflettuto circa «la verità
su Maria». «Maria è colei che ha creduto», ha riferito P. De
Fiores. «Cioè colei che ha accettato il disegno di Dio, prima
di dare alla luce Gesù. Ecco perchè mi sono care le parole
di Manzoni, il quale rivolgendosi agli Ebrei dice che anche
loro dovranno accettarla ed arrivare a dirla Beata. Del resto, oltre le parole calunniose dei primi secoli - ha spiegato -, va detto che un’ebrea fa fatica ad accettare di Maria il
I
“prima” ed il “dopo”. “Troppo
passiva”, dicono. Ed invece
- ha ripreso De Fiores - Maria va controcorrente: pensiamo solo al “Magnificat”, il
canto più politico del Nuovo
testamento, che induce ad
appropriarsi di Maria in tutta la sua originalità di donna
più celebrata al mondo, tanto che nessuno più dubita su
come la sua inculturazione sia ineguagliabile».
Quanto alla considerazione di Maria nell’Islam, «basta
leggere la sura 19 del Corano per rendersene conto: Maria
è benedetta tra tutte le donne - ha detto -; Maria e Gesù
sono senza peccato... E da qui può nascere il dialogo tra
cristiani e musulmani, che riconoscono la verginità, la santità, la maternità umana verso Gesù...».
Maria, però, cosa comunica alla società odierna? P. De
Fiores è stato chiarissimo: «Maria è la donna che si apre al
trascendente, abbandonando la sapienza umana. È l’invito
a non chiudersi nel razionale, ma ad aprirsi al mistero di
Dio. Ci invita ad abbandonare l’egoismo, a lasciare i circoli
abortivi che esso determina. Del resto, i pastorelli di Fatima, hanno dimostrato che solidarietà e sussidiarietà evitano l’autodistruzione dell’uomo e il futuro dell’umanità
dipende solo dalla conversione del cuore».
(a.scon.)
ercoledì 2 giugno le famiglie della Diocesi vivranno un pellegrinaggio ad Alessano e Santa
Maria di Leuca. Alle ore 10,30 è prevista la celebrazione eucaristica presso il Santuario de Finibus Tarrae di
Leuca. Nel pomeriggio, dopo il pranzo al sacco, alle ore
15,30 incontro-testimonianza ad Alessano, sulla tomba
di don Tonino Bello. L’appuntamento è aperto a tutte
le comunità parrocchiali della Diocesi. La Commissione
diocesana per la Pastorale familiare, informa inoltre
che il tradizionale campo scuola estivo si svolgerà dal
21 al 25 luglio in Veneto. Info e adesioni alle iniziative:
Arturo e Annamaria Destino (cell. 331/6476718).
INCONTRI VOCAZIONALI GRUPPO EMMAUS
P
rosegue il ciclo di incontri del Gruppo Emmaus. Il
prossimo si terrà domenica 20 giugno a Locorotondo presso la Parrocchia San Giorgio martire sul tema
“La crescita nell’identità”.
campo scuola per seminaristi
L
a comunità del Seminario diocesano informa che
il campo scuola per seminaristi del maggiore e del
minore si terrà a Fuscaldo (CS) dal 29 luglio al 4 agosto
pp.vv. Maggiori informazioni sul sito web del Seminario:
www.seminariobrindisi.it
deceduto don damiano fina
S
i è spento il 5 maggio 2010 all’età di 90 anni don Damiano Fina, originario di San Donaci, attualmente
cappellano a Sant’Antonio da Padova. Nato il 22 ottobre del 1919, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il
17 luglio del 1954. Aveva svolto grande parte del suo ministero sacerdotale come parroco della SS. Resurrezione
di Brindisi. Il rito funebre è stato presieduto dall’Arcivescovo presso la Chiesa madre di San Donaci.
Custodire l’acqua. Incontro - dibattito a Salice Salentino
«A
ll’uomo il Creatore ha donato la natura con l’incarico di custodirla, ma l’uomo in cento anni ha depredato un patrimonio straordinario!». È questo il concetto base di introduzione al tema della serata “Custodendo
l’acqua”, sottolineato, nella presentazione dell’incontro, dal
moderatore prof. Vincenzo Parato.
Il tema dell’acqua è stato oggetto di analisi e riflessione il
27 aprile presso il Centro Sociale Parrocchiale di Salice Salentino grazie agli interventi della dott.ssa Margherita Ciervo, referente regionale del Comitato “Acqua Bene Comune”
e della dott.ssa Alessandra Aquilino, rappresentante di Ingegneria senza frontiere. L’iniziativa si inserisce nel quadro
del progetto “Questione di stili”, un progetto sull’ambiente
e sugli stili di vita, fortemente voluto dalle Associazioni di
Azione Cattolica delle Parrocchie di S. Maria Assunta e di
S. Giuseppe, dal Forum-giovani e dalla Pro Loco di Salice
Salentino, progetto che si sviluppa sulla scia delle sollecitazioni di Papa Benedetto XVI e del nostro Arcivescovo Mons.
Rocco Talucci ad una maggiore attenzione ai temi dell’ambiente.
La dott.ssa Aquilino, con l’ausilio di immagini significative,
ha esaminato il “problema acqua” sotto il profilo scientifico, sociale ed economico, sottolineando gli sprechi e gli
squilibri dei forti consumi d’acqua del Nord del mondo rispetto a quelli scarsissimi del Sud , parlando anche di buone pratiche di utilizzo dell’acqua, di tecnologie utili e di acque minerali.
Gli aspetti politici e legislativi del “problema acqua” sono
stati esaminati dalla dott.ssa Ciervo, che ha sottolineato la
rilevanza giuridica del concetto di acqua come bene pubblico e ha rilevato come il “decreto Ronchi” sulla privatizzazione dell’acqua sia anche il frutto degli interessi di un
vero e proprio partito trasversale (che attraversa tutti gli
schieramenti politici). La dott.ssa Ciervo ha poi informato
i presenti che il Comitato “Acqua Bene Comune”, a partire
dal 24 aprile, ha avviato la campagna per la raccolta delle
firme per un referendum, che ha come scopo l’abrogazione della legge sulla privatizzazione e per il quale in quella
sede si è proceduto alla raccolta. Che il problema sia sentito dai cittadini è dimostrato da un dato: 120.000 firme già
raccolte in tutto il Paese in soli tre giorni!
L’incontro si è concluso con un dibattito interessante e talvolta vivace che ha, tuttavia, ribadito un principio condiviso
da tutti e cioè che l’acqua è bene inestimabile e pubblico,
che va tutelato e assicurato a tutti gli abitanti del pianeta,
senza discriminazioni!
Enzo Parato
Rappresentante “Questione di Stili”
14
Chiesa & Arte - Mesagne
15 maggio 2010
scrigno d’arte Sorge nella piazza principale della cittadina
Chiesa matrice vero segno della memoria collettiva
S
e per la città di Lecce e il suo barocco è impossibile trovare un unico genius loci,come sostenuto da Marcello
Fagiolo, per Mesagne è esso identificabile nell’architetto-sacerdote Francesco Capodieci. Questi si è reso interprete del linguaggio barocco nella piccola cittadina mesagnese, a metà seicento ancora ferma a linguaggi medievali
e rinascimentali. Le fila del discorso prendono avvio dalla
realizzazione del progetto della Chiesa Collegiata di Ognissanti nell’anno 1649; essa è sita in piazza IV Novembre. Di
impronta ottocentesca dopo le demolizioni dei più antichi
edifici del XVI sec.
La facciata della Collegiata svetta imponente sulla piazza
grazie alla sua notevole altezza proponendosi come uno dei
più significativi e originali esempi del barocco salentino, vicino alle linee del barocco romano. Qui architettura e scultura si fondono creando una facciata plastica ritmata in tre
ordini, ricca di elementi decorativi ben armonizzati tra di
loro. La Collegiata fu realizzata sulla preesistente chiesa intitolata ai Santi Eleuterio, Anthia e Corebo tuttora presenti
nella statuaria in facciata al di sopra del portale, dove poi si
distribuiscono gli apostoli nelle nicchie e nel terzo ordine è
presente il bassorilievo della Madonna del Carmine protettrice della città. Completa il tutto il timpano con angeli che
affiancavano una statua del Cristo ormai perduta e lo stemma dell’Università di Mesagne come attestazione dell’indiscusso jus patronatus; era la stessa collettività che si autotassava per sopperire alle necessità pecuniarie richieste dai vari
interventi tesi a renderla sempre più maestosa. Il progetto
© Mino Palermo
del Capodieci previde l’allargamento di navata e presbiterio
e l’aggiunta del transetto, ottenendo così l’attuale pianta a
croce latina seppur con i bracci più corti rispetto alla navata
centrale e individuando una cupola ellissoidale. La copertura a volta e l’imponente colonnato furono realizzati a partire
dal 1766 dall’ing. Giuseppe Palmieri per sostituire il soffitto
che aveva subito grossi danni dal terremoto del 1743. Nella
navata si aprono cinque cappelle; due cappelloni sono nel
transetto. Al centro è l’altare maggiore in marmo, che secondo il canonico Paciolla, Giuseppe Cino realizzò tra il 16851701 grazie al lascito di una nobildonna mesagnese; l’altare
è rialzato di otto gradini per permettere l’accesso all’antico
succorpo della seconda metà del ‘500 . Nel 1769 il napoletano Nicola Carletti fu incaricato di realizzare le decorazioni a
stucco che sarebbero andate a coprire preesistenti elementi gotici che non si confacevano al nuovo impianto barocco.
Una serie di notevoli tele adornano le cappelle. Esse sono
riconducibili ad autori locali come Gian Pietro Zullo e il nipote Andrea Cunavi che realizzarono “L’adorazione dei Pastori”, un “Sant’Oronzo che protegge Mesagne” dell’ambito
di Giovanni Andrea Coppola, un “Assunzione della Vergine”
di Saverio Lillo, una “Madonna del Carmine” del mesagnese
Domenico Pinca che qualche anno dopo, non incontrando
più il gusto della committenza e volendo abbellire la chiesa
con un’altra opera realizzata “in Napoli o in Roma dalli più
eccellenti pittori” fu sostituita dalla“Madonna del Carmine”
del napoletano Giuseppe Bonito.
Ilaria Demitri
tempio mariano Da dieci anni anche basilica minore
Il Carmine, la “casa” della protettrice della città
I
l santuario del Carmine, basilica
minore da dieci anni, è luogo molto
caro ai mesagnesi, perché in esso si
conserva e si venera l’icona della protettrice della città. La struttura, assieme
a quella del tempietto di San Lorenzo,
richiama i secoli più antichi del culto
cristiano.
L’incedere del tempo attraverso gli stili
architettonici è facilmente visibile, anche all’occhio meno esperto, per la convivenza di stilemi gotici, rinascimentali, barocchi, neoclassici. Il santuario,
sviluppatosi su un preesistente ipogeo
dedicato a San Michele Arcangelo, risale ai primi del XIV secolo. Il culto per
questo santo, cui è dedicata la piazza
circostante il convento, ha precedenze
altomedievali di matrice longobarda.
L’attuale chiesa, a una sola navata, è attigua al convento dei padri carmelitani
la cui presenza in Mesagne risale al XVI
secolo; da allora ai frati è commessa la
cura del santuario, dal 1960 sede di una
delle sette parrocchie della città di Mesagne. Qui è conservato e venerato il
corpo di sant’Ilario, visibile, in urna di
vetro, già nel diruto convento di Santa
Maria della Luce da cui pure proviene
un notevole Crocifisso ligneo secentesco.
Il San Michele in cartapesta è opera
del Caretta; il novecento è ben rappresentato dai dipinti parietali del Bramante. Da secoli vi si venera l’icona
rinascimentale della Vergine del Carmine, dipinta da Francesco Palvisino di
Putignano, segnata dalla tangenza del
miracolo, fulcro della devozione che,
infine, attraverso gli eventi-simbolo
della peste del 1656 e del terremoto del
1743, avrebbe reso effettivo alla Vergine del Carmelo il ruolo di protettrice di
Mesagne già sancito il 30 aprile 1651.
La Vergine è soggetto della statua lignea
settecentesca, di probabile manifattura
veneta, portata in processione nella città in occasione della festa del patroci-
nio, il 20 febbraio, e della solennità del
Carmine, il 15-17 luglio.
La devozione mariana, molto diffusa
nell’occidente e nell’oriente cristiano,
ha nel culto per la Vergine del Carmelo una delle sue più diffuse e notevoli
espressioni. Nelle cappelle sono rimandi a devozioni tipicamente carmelitane;
ne è un esempio la “Trasverberazione
di Santa Teresa d’Avila” opera del manduriano Diego Oronzo Bianco.
La Basilica Minore, un prezioso scrigno nel quale sono conservati numerosi tesori, è tappa obbligata per chi
voglia visitare Mesagne. Al suo interno,
sotto la sapiente guida dei suoi custodi,
i padri carmelitani, sarà possibile scoprire i segreti del quadro considerato
miracoloso e conoscere la storia del
terremoto al quale Mesagne scampò,
grazie all’intervento di Colei che da allora ne è la protettrice, e la cui bellezza
risplende tra le mura della sua casa.
Alessandra Caforio
© Mino Palermo
La chiesa di Sant’Anna nella piazza del Principe
F
orse non è un caso che a Mesagne il monumento più rappresentativo del vitalismo e della plasticità dello stile barocco sia
la chiesa di Sant’Anna .
Situata nell’antica Piazza del “Principe”,
l’odierna piazza Orsini del Balzo, su cui si
affacciano altri due pregevoli manufatti architettonici: il Palazzo Baronale e la Chiesa
Madre dalla sua parte absidale, la chiesa di
S. Anna completa perfettamente i volumi e
le linee degli altri edifici e ci appare nella
sua monumentalità.
Dico appare perché la sua facciata evoca
in questa piazza un proscenio su cui si apre
una manifestazione visiva che ci suggestiona e ci ricorda il Paradiso!
Vittoria Capano, vedova del feudatario di
Mesagne Benedetto de Angelis, nel 1683
volle affidare all’ormai affermato sacerdote
architetto Francesco Capodieci l’ambizioso
progetto di una chiesa in onore di Sant’Anna
in adempimento di un voto per la guarigione del figlio Carmine. Il nostro bravissimo
architetto acconsentì e dopo vari progetti
“nel mese di dicembre 1683 ad hore due di
notte”, fu chiamato a Palazzo per la conferma dell’ultimo presentato e l’inizio dei lavori. L’intrapresa portò anche alla costruzione
della piazza antistante la chiesa: “piazza
grandiosa e di gran decoro e maestà”.
Parlare di Sant’Anna a Mesagne vuol dire
anche parlare di Giuseppe Cino. L’impaginato della facciata, scandita su due ordini, ci
regala un’armoniosa visione decorativa ed
ornamentale trasmettendoci quasi un’aura
di angelica melodia, con i suoi puttini festosi tra fiori e frutta.
Capodieci e Cino: perfetta summa di misura e vitalismo decorativo, per una chiesa
dedicata alla Madre della Vergine.
L’interno è ad unica nave con tre altari.
Sull’altare maggiore è posto il dipinto dell’
Adorazione dei Pastori (secoli XVII-XVIII
bott. salentina) inconsueta variante di tale
tema perché sulla destra della tela sono posti Sant’Anna e San Gioacchino che onorano
la nascita del Bambinello.
Sull’altare sinistro è posto il dipinto con il
Crocifisso con San Francesco e Santa Caterina
da Siena (secolo XVII) mentre su quello di
destra, anticamente dedicato a Sant’Oronzo,
è la tela attribuita ad Andrea Cunavi: Il Compianto del Cristo Morto (secolo XVII), copia
della più celebre posta nella navata sinistra
della chiesa della SS. Annunziata di Ostuni,
dipinta da Paolo Caliari detto il Veronese.
Due splendidi matronei lignei, esempi quasi unici nel loro genere, sono posti sui muri
laterali.
Chiusa per lunghi periodi la chiesa di
Sant’Anna, come si evince dagli Atti di Santa Visita, ha dovuto subire molti interventi
all’interno tra cui anche l’eliminazione dei
secenteschi altari barocchi. Ancora oggi in
questa chiesa si manifesta la devozione dei
mesagnesi verso la Titolare; molti di quelli
che lavorano all’estero ritornano a visitarla
nel giorno della ricorrenza della santa il 26
di luglio.
Dobbiamo dire grazie anche a una principessa, a una donna del ‘600, se a Mesagne,
per quanto riguarda le bellezze architettoniche, possiamo affermare “Si alzi il sipario,
è di scena il Barocco!”.
Carmela Gentile
© Mino Palermo
Libri & Cultura
15 maggio 2010
appuntamenti Una mostra ha attirato numerosi visitatori
I tesori della Cattedrale di Ostuni
L’
Ufficio diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici ha partecipato, con
il patrocinio del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali, alla XII edizione della
Settimana della Cultura.
In collaborazione con la Biblioteca Diocesana "R. Ferrigno", l'Archivio Storico Diocesano, l'Istituto secondario "Pepe-Calamo" di
Ostuni e l'Albo degli Operatori Culturali Diocesani è stata promossa la mostra "I Tesori
della Cattedrale", tenutasi in Ostuni, il 24 ed
il 25 Aprile. L'iniziativa ha previsto un itinerario storico, artistico e archeologico, patrocinato anche dal Comune di Ostuni.
La prima tappa del percorso era in via Cattedrale, all’interno del complesso della ex
Chiesa di San Vito Martire, pertinente al
complesso detto "delle Monacelle"; qui sono
stati esposti i beni archeologici del capitolo
Concattedrale, tra cui diversi utensili, unguentari e trozzelle. Presso l’ex Palazzo del
Seminario sono stati messi in mostra documenti d’archivio, platee e libri antichi appartenenti alle collezioni diocesane.
Ultima tappa del percorso è stata la Concattedrale di Ostuni, aperta in orario inconsueto, per dare modo al maggior numero di
Fotografi brindisini
sbarcano a Tirana
E
nergia, economia, ambiente, cultura,
politica, sport e società civile sono
i temi principali del ciclo di eventi “Due popoli, un mare, un’amicizia”, che
si è svolto dal 1° al 9 maggio, promosso
dall’Ambasciata d’Italia in Albania, in collaborazione con le Istituzioni pubbliche e
private, italiane e albanesi.
Nell’ambito dell’iniziativa è stata inaugurata il 4 maggio a Tirana, presso l’Accademia delle Belle Arti, la mostra dal titolo
“Brindisi Portfolio”. Realizzata attraverso 80
fotografie scattate da diversi artisti brindisini, soci di Cantierimmagine, la mostra offre
un itinerario alla scoperta del capoluogo
pugliese, di una Brindisi inedita, anche nei
suoi angoli più sconosciuti. Allestita già
nell’anno passato presso l’ex Convento di
S. Chiara e a Palazzo Granafei – Nervegna,
la mostra è stata riproposta in terra albanese grazie alla partecipazione all’iniziativa
GLI ORGANISMI DI PARTECIPAZIONE ECCLESIALE
“L
turisti e concittadini di visitare i beni mobili
custoditi al suo interno. Il tutto è stato coordinato dai Tutor Diocesani per i Beni Ecclesiastici.
All’interno della mostra nella Chiesa di San
Vito martire, i visitatori sono stati accompagnati dagli studenti del Liceo Classico “A. Calamo” di Ostuni, che hanno illustrato i beni
archeologici in esposizione.
Circa 2000 i turisti e i visitatori che hanno
potuto scoprire o riscoprire, in questi due
giorni, i beni del Capitolo. È stato raggiunto
l'intento che ci si era prefissati l'anno scorso,
sempre in occasione dell'evento ministeriale, ovvero collegare le aperture straordinarie
a mostre ed esposizioni.
Antonella Golia
di Nicolò Barile, Federica Bruno Stamerra,
Simona Bungaro, Claudia Canepa, Rossana
Carparelli, Arianna D’Accico, Cinzia Dinardo, Daniela Errico, Stefano Facecchia, Enrico Favuzzi, Sabrina Ingrosso, Sandro Locorotondo, Damiano Malorzo, Alessandra
Pepe, Angelo Pezzolla, Anna Protopapa,
Viviana Rampino, Federica Rucco, Ida Santoro e Gabriele Spedicato.
Brindisi in mostra: un’occasione per rafforzare maggiormente la cooperazione tra
Italia e Albania, due paesi separati dal mare
ma uniti da un passato e da un presente
che oggi li vede nuovamente vicini.
All’evento inaugurale hanno partecipato,
oltre a numerose autorità del mondo culturale e del governo albanese, il sindaco
di Brindisi Domenico Mennitti, l’Assessore
alla Cooperazione Internazionale Massimo
Ciullo e, in rappresentanza dell’associazione fotografica Cantierimmagine, il presidente Angelo Pezzolla e la curatrice della
mostra Viviana Rampino.
Da.Ne.
Un “tipo losco” da imitare
Papa Benedetto XVI ha portato ad che si proponeva nel suo proclama istituIunalesempio
per i giovani il fondatore di tivo la sana amicizia, fondata sul vincolo
società dei tipi loschi. Il fatto è che della preghiera e della solidarietà: oltre
la notizia è vera, e tutto ciò è avvenuto a
Torino, dove il Santo Padre si è recato il 2
maggio per l’Ostensione della Sindone ed
ha poi rivolto un discorso alla folla riunita
in Piazza San Carlo.
Durante il discorso il Pontefice ha ricordato la nobile figura del Beato Piergiorgio
Frassati, torinese, figlio del fondatore del
quotidiano “La Stampa”. A differenza del
padre, ricco borghese lontanissimo dalla
fede, Frassati aiutò fin da giovanissimo i
poveri e gli umili della città, fu un grande
sportivo e morì di poliomielite fulminante
a soli 24 anni, nel 1925. Il Beato Frassati
aveva fondato, con un gruppo di amiche
e di amici, la “Compagnia dei tipi loschi”,
ad essere un’intuizione quasi profetica (il
cattolicesimo vissuto nella sua interezza
anche nelle circostanze ordinarie della
vita, senza separazioni e divisioni, in uno
spirito di cristiana gioia) fu la occasione
di indimenticabili gite in montagna, buffi proclami in stile rivoluzionario e fonte
di simpatici soprannomi dei suoi membri.
Dietro l’apparente facezia si celava però
il progetto di un’amicizia cristiana a tutto
tondo, capace di valere per tutti gli ambiti
della vita.
Ecco alcuni brani dell’esortazione fatta
da Benedetto XVI a Torino, che prende
spunto dal dialogo evangelico in cui un
giovane chiede a Gesù come deve com-
15
a partecipazione dei laici non è un
lusso, non è un optional, è un’esigenza di vita...la stessa consultività degli
organismi non è riduttiva ma è potenziale
per un ascolto sapienziale, per un arricchimento vitale”: così scrive Mons. Rocco Talucci nella presentazione del libro dal titolo
“Gli organismi di partecipazione ecclesiale”
edito da Elledici e scritto da don Pietro De
Punzio.
Nato a Mesagne nel 1951, entra, nel 1975,
nel Seminario dei Missionari della Consolata di Torino dove riceve la formazione
presbiterale.
Ordinato
sacerdote nel 1981, viene
nominato, nello stesso
anno, vicario parrocchiale nella comunità S.
Maria Assunta in Salice
Salentino, parroco della chiesa SS. Addolorata
in Tuturano nel 1983 e,
quattro anni dopo, è alla
guida pastorale del Santuario Mater Domini in
Mesagne. Nel 2001 è Giudice del Tribunale Ecclesiastico Regionale di Bari
e consegue, nei tre anni
successivi, il Dottorato
in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma.
Viene nominato parroco
della chiesa SS. Annunziata in Brindisi dal 2003
al 2007, anno in cui diviene amministratore parrocchiale della
SS. Annunziata in Mesagne. Attualmente
è cappellano dell’ospedale San Camillo De
Lellis in Mesagne, docente di Diritto Canonico all’ISSR di Brindisi e Vicario Foraneo
della Vicaria di Mesagne.
Al termine del triennio che la diocesi in
Brindisi- Ostuni ha dedicato al laicato e in
concomitanza con il Sinodo diocesano, il libro si offre come guida per tutti i parroci e
per la formazione, lo sviluppo e la verifica
dei suddetti organismi, raccogliendo indicazioni giuridiche e suggerimenti pratici
per la costituzione o il rinnovo del Consiglio Pastorale Parrocchiale, del Consiglio
per gli Affari Economici e del Consiglio Pastorale Vicariale. Un lavoro nato dall’espe-
rienza pastorale dell’autore e dalla sua
competenza giuridica di Vicario Giudiziale,
il cui aspetto è particolarmente trattato in
queste pagine.
“Gli organismi di partecipazione ecclesiale- si legge nella premessa- luogo dove si
realizza la connessione tra Parola celebrata, Parola annunziata, Parola testimoniata,
diventino la prima espressione dell’esperienza della Chiesa, in modo da incentivare
una prassi pastorale che sappia leggere dal
di dentro la realtà locale per offrire un servizio valido all’evangelizzazione”.
Con l’obiettivo di coinvolgere l’intera comunità, gli organismi, che devono essere valorizzati,
non si prefigurano come
aggregazioni ma come
esperienze di vita comunitaria a servizio delle
nostre chiese locali, alla
luce di uno spirito sinodale nella consultività e
nella corresponsabilità
attraverso un ascolto
concreto.
I cambiamenti sociali, il
ruolo e le nuove responsabilità che i laici hanno assunto nella Chiesa,
oggi, richiedono una rinnovata visione della vita
parrocchiale insieme ad
una presa di coscienza
della comunità cristiana
che vive nella città e che
deve, necessariamente, essere aperta al
territorio e alle sue problematiche.
Il testo, disponibile in tutte le librerie,
propone, quindi, uno spunto di riflessione e un valido metodo di lavoro a tutte le
diocesi per la preparazione e la buona conduzione della vita comunitaria, nel rispetto
della normativa prevista dal Codice di Diritto Canonico, al fine di animare la comunità parrocchiale attraverso gli organismi di
partecipazione ecclesiale, con il contributo
di ciascun laico impegnato nel servizio, nella condivisione e nella responsabilità delle
scelte per il futuro della Chiesa.
Daniela Negro
almanacco
portarsi: “Nel dialogo con il giovane, che
possedeva molte ricchezze, Gesù indica
qual è la ricchezza più importante e più
grande della vita: l’amore. Amare Dio e
amare gli altri con tutto se stessi. La parola amore - lo sappiamo - si presta a varie
interpretazioni ed ha diversi significati:
noi abbiamo bisogno di un Maestro, Cristo, che ce ne indichi il senso più autentico e più profondo, che ci guidi alla fonte
dell’amore e della vita. Oggi viviamo in un
contesto culturale che non favorisce rapporti umani profondi e disinteressati, ma,
al contrario, induce spesso a chiudersi in
se stessi, all’individualismo, a lasciar prevalere l’egoismo che c’è nell’uomo. Ma il
cuore di un giovane è per natura sensibile
all’amore vero. Perciò mi rivolgo con grande fiducia a ciascuno di voi e vi dico: non
è facile fare della vostra vita qualcosa di
bello e di grande, è impegnativo, ma con
Cristo tutto è possibile!”.
Al termine il Papa ha ricordato ancora
il ragazzo torinese beatificato da Giovanni Paolo II: “ Un ragazzo affascinato dalla bellezza del Vangelo delle Beatitudini,
che sperimentò tutta la gioia di essere
amico di Cristo, di seguirlo, di sentirsi in
modo vivo parte della Chiesa. Cari giovani, abbiate il coraggio di scegliere ciò
che è essenziale nella vita! “Vivere e non
vivacchiare” ripeteva il beato Piergiorgio
Frassati. Come lui, scoprite che vale la
pena di impegnarsi per Dio e con Dio, di
rispondere alla sua chiamata nelle scelte
fondamentali e in quelle quotidiane, anche quando costa!”.
Ferdinando Sallustio