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R I V I STA D E L C I N E M ATO G R A FO WWW.CINEMATOGRAFO.IT MENSILE NOVEMBRE 2007 N. 11 € 3,50 TORINO LE NOVITA’ All’ombra della Mole Alberto Barbera FESTA DI ROMA Schegge, colpi di fulmine (e di testa) SPECIALE C’erano una volta le streghe Charlize e alle Winx! Dietro il glamour, l’impegno: la Theron nella Valle di Elah e le fatine alla conquista del mondo Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano Occhio a Perfectioninmotion Loewe Flat-TV 100Hz con HDTV. Dettagli in movimento: immagini nitide e fluide grazie alla tecnologia 100Hz. Visione dei canali in alta definizione con HDTV e in digitale terrestre con il DVB-T. 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Nella sezione non competitiva Première un riconoscimento strameritato va a Into the Wild di Sean Penn, biopic on the road destinazione Alaska, che ha messo tutti d’accordo, fregiandosi del titolo ufficioso di miglior film della kermesse romana. E’ stata Festa anche per noi: la rassegna “Inquietudini critiche” in alcune sale di Roma, i “Luoghi dello spirito” a Santa Scolastica, la mostra fotografica “L’attimo neorealista”, hanno richiamato un folto pubblico di studiosi, cinefili e semplici appassionati, a confermare il valore dell’azione culturale promossa dalla Fondazione Ente dello Spettacolo. Tra le varie iniziative, a far la parte del leone è stato il convegno internazionale di studi “Neorealismo e presente dell’immagine. Il reale come progetto del film”, una due giorni organizzata dall’Ente presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ambizioso l’interrogativo di partenza: se il Neorealismo ha contribuito a formare la nostra identità nazionale e si è fatto testimone oculare e popolare dei mutamenti nel tessuto sociale italiano, quali indicazioni può ancora offrire a chi vuole ripensarlo al (e dal) presente? A confrontarsi sul dato estetico, le eredità cinematografiche e sociologiche, i concetti di modernità e identità nazionale, sono stati alcuni tra i maggiori studiosi italiani e internazionali, tra cui Noa Steimatsky, Uta Felten e Laurence Schifano. Guest star, richiamata a Roma da quello che definisce “il terzo grande momento di analisi del Neorealismo dopo i convegni di Torino e Pesaro”, è stato David Forgacs, professore di italiano all’University College di Londra, da sempre interessato alla storia culturale, i mass media e il cinema del nostro Paese: Rome Open City e Roberto Rossellini: Magician of the Real, tra le sue pubblicazioni. Archiviata la Festa romana, il testimone passa ora a Torino, che dal 23 novembre festeggia la 25ma edizione del Festival sotto la guida del neo-direttore Nanni Moretti. Punta di diamante del microcosmo cinematografico che brilla sotto la Mole, grazie al Museo del Cinema e al suo direttore Alberto Barbera. A lui in un’intervista esclusiva abbiamo chiesto di svelarci i trucchi del mestiere. Diego Giuliani, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco CONTATTI [email protected] [email protected] [email protected] ART DIRECTOR Alessandro Palmieri HANNO COLLABORATO Andrea Agostini, Pietro Coccia, Silvio Danese, Alessandro De Simone, Bruno Fornara, Maria Pia Fusco, Brando Giannoni, Marcello Giannotti, Enrico Magrelli, Massimo Monteleone, Franco Montini, Morando Morandini, Roberto Nepoti, Cristiana Paternò, Luca Pellegrini, Sergio Perugini, Paolo Prato, Giorgia Priolo, Sabrina Ramacci, Cristina Scognamillo, Alessandro Scotti, Boris Sollazzo, Marco Spagnoli, Paolo Travisi, Chiara Ugolini REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007 STAMPA Società Tipografica Romana S.r.l. Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM) Finita di stampare il 29 Ottobre 2007 MARKETING E ADVERTISING Eureka! S.r.l. Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano Fax: 02-45497366 - Cell. 335-5428.710 e-mail: [email protected] DISTRIBUTORE ESCLUSIVO Pieroni Distribuzioni S.r.l. - Viale Vittorio Veneto, 28 - 20124 Milano ABBONAMENTI ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) euro 110,00 SERVIZIO CORTESIA Direct Channel S.r.l. – Milano Tel. 02-252007.200 Fax 02-252007.333 [email protected] PROPRIETA’ ED EDITORE PRESIDENTE Dario Edoardo Viganò DIRETTORE Antonio Urrata COMUNICAZIONE E SVILUPPO Franco Conta COORDINAMENTO SEGRETERIA Livia Fiorentino DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma Tel. 06-663.74.55 - Fax 06-663.73.21 [email protected] Associato all'USPI Unione Stampa Periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale Cinema – Ministero per i Beni e le Attività Culturali IL NUOVO PALINSESTO È IN ORBITA Backs t a ge Ju nke t s Micr of ilm Home Cinema Identikit Box Of f ic e S p e a ke r ' s C o r n e r B-Roll Dove l'ab b iam o vis t o No t ebook Cinegiornale S K Y c h . 8 07 digitale terrestre comingsoon.it London We e kl y Siamo Stati Uniti Squar e Live Ca f fè 80 Fuori Qua dr o R ev i ew A n t i c i p a z i o n i F e s t i va l Reportage sommario Numero 11 > Novembre 2007 In copertina 26 Charlize Theron Impegno e divismo fra l’Iraq di Haggis e i No Global di Battle in Seattle: “L’America deve imparare dal mio Sudafrica” (Federico Pontiggia) 18 La più bella? Cate Blanchett (abito a parte) Servizi 18 Roma, il dopofesta Folgorazioni e istantanee dalla 2a edizione. Tra colpi di scena e conferme targati Coppola, Penn, Taymor... (Silvio Danese, Maria Pia Fusco, Roberto Nepoti, Cristiana Paternò, Marina Sanna, Marco Spagnoli) 30 Torino alla svolta A tu per tu col direttore del Museo del Cinema Alberto Barbera: strategie e dietro le quinte in attesa del primo festival di Moretti (Marina Sanna) I film FOTO: BRANDO GIANNONI 52 56 56 57 58 59 59 60 60 61 62 63 63 64 65 65 65 67 67 Nella valle di Elah Ai confini del Paradiso 1408 The Kingdom Il caso Thomas Crawford The Bourne Ultimatum Seta Il passato Giorni e nuvole Sleuth La giusta distanza I vicerè Il diario di una tata Un cuore grande L’abbuffata Quel treno per Yuma Meduse Die Hard - Vivere o morire L’uomo privato (S. Danese, A. De Simone, E. Magrelli, L. Pellegrini, F. Pontiggia, V. Sammarco, C. Scognamillo, B. Sollazzo, M. Spagnoli) Luglio-Agosto 2007 RdC 7 sommario Numero 11 > Novembre 2007 Speciale 35 Fate, streghe & megere Il fenomeno Winx e le sue antenate. In compagnia del papà Iginio Straffi, alla scoperta di una famiglia molto allargata. Dalla capostipite Grimilde alle discendenti televisive Bia e Sailor Moon, fra tenebre, sospiri e madri che nessuno vorrebbe avere... (Alessandro Boschi, Federico Pontiggia, Sabrina Ramacci, Chiara Tagliaferri, a cura di Marina Sanna) 24 Sean Penn irresistibile con il suo Into the Wild Le rubriche 8 RdC Luglio-Agosto 2007 FOTO: BRANDO GIANNONI 10 Tutto di tutto News, festival, protagonisti e fornelli (Andrea Agostini, Marcello Giannotti, Diego Giuliani, Massimo Monteleone, Morando Morandini, Chiara Ugolini) 70 Dvd & Satellite Regine, supereroi e suonatori: Glenn Miller, Elizabeth I e l'Uomo ragno (Alessandro Scotti, Federico Pontiggia) 76 Inside Cinema Pubblico seriale e penne d’autore (Franco Montini, Marco Spagnoli) 78 Libri Woody, Stanley e compagni (Sergio Perugini, Giorgia Priolo, Paolo Travisi) 80 Colonne sonore In cofanetto ottant’anni di storia e di note (Federico Pontiggia, Paolo Prato) Settembre 2006 RdC 8 TuttoDiTutto Ultimissime in pillole dal pianeta cinema: tendenze, news, divi e fornelli A cura di Diego Giuliani Jennifer Aniston recupera il tempo perduto. Assente al cinema da quasi due anni, l’attrice ha pianificato con cura il suo ritorno. E i numeri le danno ragione: 7 film in lavorazione, con compagne di set che spaziano da Meryl Streep e Jennifer Connelly alla sempre più diva Scarlett Johansson. Il suo ultimo progetto risponde al titolo di Traveling, singolare esempio di “commedia drammatica”, dove chi predica bene razzola male. Nel film le toccherà il ruolo di una designer floreale, che in un hotel di Seattle conosce un affascinante guru col volto di Aaron Eckhart. Tra i due scatta la classica scintilla, ma ad attenderla c’è una brutta sorpresa: proprio lui non mette in pratica gli insegnamenti che impartisce con dedizione agli altri. L’ora dell’altro Brody Helen tra le belle Adam Brody star del futuro? Il successo tutto italiano (e inaspettato) de Il bacio che aspettavo fa pensare all’ex star della serie O.C. come una delle sorprese della stagione. Ma il ragazzo non sembra essersi montato la testa: pochi film in produzione ma scelti con cura. Nel prossimo Death in Love affiancherà addirittura Jacqueline Bisset. La storia è quella di due fratelli, fra loro molto diversi, costretti a prendersi cura della madre, finché l’amicizia inaspettata con un’artista non sconvolgerà le loro vite. E pensare che Helen Mirren è la ciliegina sulla torta. L’attrice premio Oscar per The Queen è l’ultimo acquisto di Kevin McDonald (L’ultimo re di Scozia) per il suo prossimo State of Play. L’attrice si aggiunge a un cast da urlo: Edward Norton e Brad Pitt come protagonisti, affiancati da Rachel McAdams e Robin Wright Penn. Nel film, Gran ritorno per l’ex signora Pitt: 7 titoli in cantiere e comprimarie di superlusso FOTO: ALESSANDRO LANARI chi fa cosa di Andrea Agostini Quella volpe di Jennifer tratto da una miniserie della BBC, i due attori interpreteranno rispettivamente un membro del Congresso americano travolto da uno scandalo e un giornalista che investiga sul caso. La Mirren, invece, sarà il direttore del giornale per cui Pitt lavora. Ryan non sta a guardare Meglio solo che male accompagnato. Il caso Ryan Philippe sembra confermare il motto: la recente separazione da Reese Whiterspoon sembra aver giovato alla sua carriera. Ottimo fiuto non solo nella scelta dei film (Crash, Flags of Our Fathers), ma anche in quella delle future partner (cinematografiche). La prescelta? Eva Green, che dopo l’ultimo James Bond, affiancherà Philippe in Franklyn, thriller futuristico sulle avventure di 4 individui che abitano in due dimensioni parallele e lottano per la loro sopravvivenza. 10 RdC Novembre 2007 TuttoDiTutto Morandini in pillole Quello che gli altri non dicono: riflessioni e note a posteriori di un critico DOC di Morando Morandini FOTO: PIETRO COCCIA > 20 Settembre Da sempre ho molta stima per Kevin Costner, attore e regista produttore. L’ha confermata un’intervista, letta sul Manifesto di oggi, che gli ha fatto a Los Angeles Luca Celada. Ne trascrivo le risposte più significative: “Francamente non mi interessa ciò che vuole il pubblico. Posso solo cercare di fare quello che mi sembra interessante e poi sperare che la gente sia d’accordo con me”. “E’ vero, viviamo in tempi difficili, ma possiamo dare la colpa a noi stessi e ai nostri politici. Siamo responsabili delle scelte che fanno i nostri leader”. “Siamo arrivati sulla luna in otto anni. Nel 1973 avremmo dovuto dire: in venti anni liberiamoci dalla dipendenza dal motore a scoppio e del carburante... Se avessimo avuto il coraggio di farlo, ci saremmo affrancati da questa infrastruttura già dal 1993. Credo che sia stato un grave fallimento della classe politica e industriale. Nessuno di loro ha saputo mettere l’interesse del paese davanti a quello del profitto”. “Credo che il vero rischio nella vita sia fare cose che non vuoi. Tenere fede a se stessi non ha nulla di pericoloso... Non sarai il numero uno, ma non sarai perso”. “Mi rammarico che registi e produttori vogliano sapere cosa pensa di loro il pubblico prima ancora che il film sia terminato”. “Credo che non sia giusto questo rapporto fra spettatore e autore: è come assecondare continuamente un bambino. Dovrebbe essere il contrario... Il nostro mestiere è quello di divertire e di sorprendere: come fai a sorprendere il pubblico se lasci che sia lui a influenzare il processo creativo?”. Quando legge un’intervista come questa, un critico riacquista la fiducia nel proprio lavoro. > 15 Ottobre Stiano attenti i giovani critici, spesso ignoranti - che esaltano lo sperimentalismo e l’avanguardia – a non sottovalutare o, peggio, a disprezzare gli eventuali Carlo Cassola del cinema italiano. Sappiamo che, dopo essere stato antifascista e partigiano in gioventù, l’autore di La ragazza di Bube pubblicò dopo i sessant’anni una decina di libri contro la guerra. Docente all’università di Siena, Gianni Bernardini sta per pubblicare il libro Narrativa e ragione rivoluzionaria. Carlo Cassola e il disarmo universale. 12 RdC Novembre 2007 A lezione dal bruco animato Mangiare sano per diventare farfalla: dal Portogallo una parabola in 3D Addio misurini, bilance e condimenti col contagocce. La classica dieta appartiene ormai alla preistoria. Strano ma vero, un’alimentazione sana ed equilibrata può invece iniziare proprio dal set. Questa la bizzarra lezione di Food4 You, la campagna di videosensibilizzazione per i più giovani, giunta quest’anno alla sua terza edizione. Fantasia a volontà, impegno quanto basta e gran lavoro di squadra, gli ingredienti con cui studenti di tutta Europa si sono misurati a colpi di spot. Il generico invito lanciato dagli organizzatori ha lasciato ai ragazzi un ampio margine di manovra: contrastare l’obesità con un divertente invito al mangiar sano. I 32 filmati, visibili online nella sezione video dell’iniziativa, offrono un frizzante spaccato dell’approccio all’alimentazione in 15 lingue. Dalla Danimarca alla Francia, passando per la nutrita rappresentanza belga e una doppietta italiana, all’appello delle scuole superiori non è mancato nessuno. Il risultato è una panoramica di stili e approcci da leccarsi i baffi. Su tutti, ad avere la meglio è stato alla fine il sofisticatissimo Nutrimorphosis della Escola Profissional “Mariana Seixas” di Viseu: parabola Made in Portugal, ad alto tasso poetico e d’animazione. Bizzarri e coloratissimi protagonisti, due bruchetti verdi, separati dal destino e dalle tentazioni: quello che non resiste al fascino dell’hamburger rimarrà prigioniero delle sue forme, l’altro che imbocca la via della mela, spiccherà invece il volo come splendida farfalla. appuntamenti > 12 Settembre “Qualcuno mi deve spiegare perché le donne, quando litigano, litigano di spalle..:” dice il commissario Sanzio di Toni Servillo in La ragazza del lago. Ricordo ancora la risata del pubblico al Palalido di Venezia che accolse – in un film che non si propone di essere divertente – una battuta che, a leggerla, non sembra tanto spiritosa e che, invece, lo è nel contesto del racconto. Come ricordo altrettanto bene la continua ilarità – e il lungo applauso finale – con cui lo stesso pubblico accompagnò la proiezione di Non pensarci. Qualcuno dovrebbe spiegarmi perché i film di Molaioli (Settimana della Critica) e di Zanasi (Giornate degli Autori) non sono finiti in concorso al posto di Paolo Franchi e Vincenzo Marra. Ovviamente ho le mie idee sulle risposte da dare alla domanda precedente, ma sarei fuori tempo massimo e, in fondo, non è un argomento appassionante. Inutile piangere sul latte versato, tanto più che sono uno di coloro che si augurano una riconferma di Marco Müller alla direzione della Mostra, preceduta (in tempo!) da un’indispensabile riforma del suo regolamento, che non permette a un direttore più di un mandato, caso unico e stoltissimo nella storia dei festival internazionali. TuttoDiTutto f> IL PERSONAGGIO Nome Giuliano Gemma Provenienza Roma Il film d’esordio Io amo... tu ami Il miglior film Il Gattopardo L’ultimo film Giovanna la pazza > LE SPECIALITA’ amatriciana e Carbonara, altri primi piatti romani Risotto Savoia Petti di pollo alla griglia 墍> LA SCELTA “Più che una vera passione, quella di mettermi ai fornelli è una necessità. Quando sono fuori per girare, la sera preferisco cucinarmi qualcosa, piuttosto che andare al ristorante”. Giuliano Gemma, attore di molti western all’italiana e negli ultimi anni di tante fiction, si trova spesso fuori casa e così ha dovuto imparare a cucinare. “Dopo dieci ore di set, un bel piatto di pasta è la soluzione. Io amo i condimenti romani, ma anche quelli più semplici come il pomodoro e tonno o pomodoro e peperoncino. Sui secondi invece sono forte con il pollo: ai peperoni o anche solo i petti alla grigia, quando mi metto a dieta. In realtà quella che cucina bene è mia moglie”. Ed è lei, piemontese, ad avergli insegnato il Risotto Savoia, il piatto con cui è arrivato terzo alcuni anni fa al concorso dedicato a Ugo Tognazzi, “L’uomo in cucina”. Ne parla come di un “piatto della riconciliazione”. Perché i Piemontesi - dice - “in passato hanno creato qualche dispiacere ai siciliani”. 14 RdC Novembre 2007 TORINO FILM FESTIVAL Sito web www.torinofilmfest.org Dove Torino, Italia Quando 23 novembre - 1 dicembre Resp. Nanni Moretti tel. (011) 8138811 fax.(011) 8138890 E-mail [email protected] XXV edizione del festival competitivo internazionale che promuove talenti e cinematografie emergenti. I concorsi sono 4 (uno per i lungometraggi; Italiana.Corti e Italiana.Doc; Spazio Torino). Retrospettive (Wenders, Cassavetes), omaggi e panoramiche. SULMONACINEMA Sito web www.sulmonacinema.it Dove Sulmona, Italia Quando 5-10 novembre Resp. Roberto Silvestri tel. (0864) 576281 E-mail [email protected] XXV edizione del festival, tradizionalmente dedicato al “cinema contro”. Sperimentazioni, avanguardia e ricerca artistica protagoniste fra concorso e fuori concorso. Tra le anteprime Haiti Cherie di Claudio Del Punta e Babylon di Franco Rosso. Spazio anche al rapporto fra cinema e musica, con un workshop tenuto da Claudio Buonvino. FESTIVAL DEL CINEMA LATINO AMERICANO Sito web www.cinelatinotrieste.org Dove Trieste, Italia Quando 3-11 novembre Resp. Rodrigo Diaz tel. (041) 5382371 (riferimento a Venezia) fax. (041) 932286 E-mail [email protected] XXII edizione della rassegna competitiva, fra le principali in Europa ad occuparsi dei film dell’America Latina. Molti i titoli nelle varie sezioni (concorso, informativa, retrospettiva, documentari). FESTIVAL INTERNATIONAL DU FILM D’AMIENS Sito web www.filmfestamiens.org Dove Amiens, Francia Quando 9-18 novembre Resp. Jean-Pierre Garcia tel. (0033-3) 22713570 fax. (0033-3) 22925304 E-mail [email protected] III edizione del Festival, che si propone di fornire opportunità di dialogo interreligioso e creare un’occasione di approfondimento del linguaggio cinematografico. Si alternano lungometraggi, documentari e cortometraggi in concorso e fuori concorso. FESTIVAL INTERNACIONAL DE CINE DE GIJON Sito web www.gijonfilmfestival.com Dove Gijòn, Spagna Quando 22 novembre - 1 dicembre Resp. José Luis Cienfuegos tel. (0034-985) 182940 fax. (0034-985) 182944 E-mail [email protected] XXVII edizione del festival dedicato alle differenze e identità etnicoculturali, attraverso il cinema poco noto di tutto il mondo (lungometraggi, corti e documentari, in concorso). Previsti omaggi e retrospettive. MEDFILM FESTIVAL Sito web www.medfilmfestival.org Dove Roma, Italia Quando 8-18 novembre Resp. Ginella Vocca tel. (06) 85354814 fax. (06) 8844719 E-mail [email protected] XIII edizione, dal titolo “Le pari opportunità per tutti”, dell’unico festival cinematografico internazionale a carattere competitivo dedicato ai diritti umani e al cinema mediterraneo ed europeo. 200 film da 40 paesi, numerose le sezioni. Ospiti d’Onore della manifestazione sono la Grecia e la Tunisia. PLUS CAMERIMAGE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL OF THE ART OF CINEMATOGRAPHY Sito web www.camerimage.pl Dove Lòdz, Polonia Quando 24 novembre - 1 dicembre Resp. Marek Zydowicz tel. (0048-56) 6210019 fax. (0048-56) 6522197 E-mail [email protected] XV edizione del festival internazionale, competitivo, che promuove l’arte della fotografia cinematografica. In programma opere professionali e studentesche, retrospettive e seminari. XLV edizione della tradizionale rassegna che presenta produzioni di tutto il mondo, realizzate da giovani o per i giovani. In particolare quelle che sperimentano un nuovo linguaggio filmico. FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA DI SALERNO Sito web www.cinefestivalsalerno.it Dove Salerno, Italia Quando 12-17 novembre Resp. Mario De Cesare tel. (089) 231953 fax. (089) 223632 E-mail [email protected] LXI edizione della storica manifestazione dove concorrono: lungometraggi a soggetto, fiction televisive, cortometraggi, cartoni animati, audiovisivi industriali, turistici, didattici, scientifici e sportivi. La sezione “Riflessione” intende recuperare i film che hanno avuto una distribuzione limitata. festival del mese di Massimo Monteleone divi al fornello di Chiara Ugolini FILMFESTIVAL POPOLI E RELIGIONI “CIELO E TERRA” Sito web www.filmfestivalpopoliereligioni.it Dove Terni, Italia Quando 4 novembre - 11 novembre Resp. Alessandro Minestrini, Matteo Ceccarelli tel. (0744) 424786 fax. (0744) 437336 E-mail [email protected] ANTONIO AVATI e RAI CINEMA presentano IL TERRORE È DI CASA... un film scritto e diretto da LAURA MORANTE RITA TUSHINGHAM Pupi Avati TREAT WILLIAMS BURT YOUNG YVONNE BRULATOUR SCIÒ AMEDEO SALFA fotografia PASQUALE RACHINI (a.i.c.) e CESARE BASTELLI casting SHAILA RUBIN scenografia GIULIANO PANNUTI BETTINA BIMBI musiche RIZ ORTOLANI prodotto da ANTONIO AVATI una coproduzione DUEA FILM e RAI CINEMA regia di PUPI AVATI montaggio costumi DAL 16 NOVEMBRE AL CINEMA www.ilnascondiglio.com www.01distribution.it TuttoDiTutto [ Il grande schermo a tu per tu. Ovvero finta intervista a personaggi realmente esistiti. Al cinema I PROTAGONISTI DI MARCELLO GIANNOTTI ] Il personaggio Ringo Il film Ombre rosse Il regista John Ford L’attore John Wayne “Non mi sarei aspettato di finire a fare il tassista. Cavallo e carabina mi facevano sentire forte, ma oggi a vincere è il telefonino” 16 RdC Novembre 2007 Fine Ottocento. Una diligenza parte alla volta del New Mexico. Tra i passeggeri, oltre a una donna incinta, un medico ubriaco e un banchiere truffatore, c’è Ringo (John Wayne), ricercato per un delitto che non ha commesso e deciso a trovare le persone che lo hanno incastrato. Nel viaggio però, oltre a difendersi dagli apaches di Geronimo, incontra Dallas (Claire Trevor), prostituta cacciata dalla città, con la quale sogna un futuro migliore. Il film, tratto da un racconto di Ernest Haycox ispirato a sua volta a Boule de suif di Guy de Maupassant, è il western più amato e famoso di tutti i tempi, considerato il capolavoro di John Ford. Vinse due Oscar, uno per l’attore Thomas Mitchell come non protagonista, uno per la musica. Fu la prima delle molte collaborazioni tra Ford e Wayne. A volte, nella vita di un giornalista, ci sono anche i colpi di fortuna. Questo è uno di quelli. Alla Stazione Termini, a Roma, per realizzare un servizio sui taxi, ne vedo uno con la scritta “Ringo” sul cofano. Al volante, cappello in testa, gilet e sguardo fiero, c’è lui. Ci metto un attimo a riconoscerlo. I colleghi, intorno, lo prendono in giro pesantemente. Lui sembra non farci caso. Ringo, che ci fate su un taxi? Mi si è azzoppato il cavallo, signore. Il cavallo? Ma siete rimasto ai tempi del film? No, signore, i tempi sono cambiati. Purtroppo. Fate il tassista, mi pare ci sia un bella differenza… come ve la cavate? Voi non sapete neanche cosa vuol dire… Lavoro per non morire di fame. E vivo di ricordi. Il mio nome è Ringo, ero un bravo cowboy, ma successe qualcosa. Questo lo so, ricordo il film. Ma come è arrivato a fare il tassinaro? I soldi, amico, avevo bisogno di soldi. Ho fatto l’eroe, ho combattuto con coraggio. Se avete cinque minuti per prestarmi ascolto vi do la mia parola che non ve ne pentirete. Questo è davvero incredibile: dal Far West al traffico impazzito di una città come Roma. Per questo avete un’aria triste, Ringo. Dovete ribellarvi, non mi distruggete il mito di Ombre rosse. Vi chiedo un po’ di cortesia, signore, non urlate. Voi ridete di me come fanno gli altri, ma davvero non ne capisco il motivo. Le ho provate tutte: sono scappato, ho combattuto, ho preso la mia carabina. Niente, non è servito niente. Sono stato sconfitto. La civiltà, i tempi che cambiano, il computer, il telefonino, questo trionfa. Non mi aspettavo di fare questa fine. Mi sentivo forte con il mio cavallo e con la mia carabina. A proposito, signore, forse anche voi potreste un giorno aver bisogno della mia carabina: avete un’aria così buona, ma si vede che siete nervoso. Ma cosa vi salta in mente? Guardi che io non sono stressato né nervoso, sto benissimo. Solo che mi fa ridere l’idea di Ringo il tassinaro. E la sua donna, come sta? Lasciate stare, con Dallas è durata pochissimo. Dopo un paio di settimane ha cominciato a dire che si sentiva repressa e voleva la sua libertà. Diceva che quella casa era piccola, le faceva schifo, le facevano venire il voltastomaco i cavalli e la puzza delle vacche. Mi prendeva in giro quando le dicevo che in quella casa ci poteva vivere un uomo e anche una donna. E ora che fa? L’avvocato, è sposata con un imbecille ricchissimo. Vivono a New York. Mi ha tolto tutto, anche quei pochi soldi che avevo. E pure il cavallo e la fattoria. Mi hanno arrestato, poi sono scappato e sono finito qui in Italia. Ho provato a protestare anche con il governo italiano, ho chiesto che mi ridessero almeno il cavallo. Ma mi sembra che il governo abbia già troppe gatte da pelare da queste parti. E mi hanno riso in faccia pure qui. Ha intenzione di scappare di nuovo? Non scappo più, ormai. Ringo è stanco. Così ha deciso di arrendersi. Già. Che cosa dovrei fare? Ricordo. Ascolto la gente che ride di me e aspetto che il tempo passi. Ma ora vi prego, scendete: non voglio che mi vediate piangere. Devo pagare la corsa… No, offro io. Ho sempre mantenuto la parola nella mia vita, e la manterrò ancora. Mi spiace. Ma vorrei darle un consiglio: in questo mondo e in questa città deve imparare ad essere più furbo. E cinico. Altrimenti continueranno a prenderla in giro. Ringo, un cowboy che fa il tassinaro fa ridere, questo è bene che lei lo sappia. Io so tutto quello che voglio sapere. Addio, signore. Film e protagonisti della seconda edizione di Roma. Tra conferme e doppie rivelazioni di Marina Sanna foto Pietro Coccia e Brando Giannoni schegge di festa COLPO DI GENI(O) Across the Universe è uno dei musical più sorprendenti degli ultimi decenni. Romeo e Giulietta, sullo sfondo della guerra del Vietnam, dei movimenti razziali e pacifisti e di 33 canzoni dei Beatles, smontate e riarrangiate dal premio Oscar Elliot Goldenthal, che ne esalta ispirazioni gospel o derivazioni pop a seconda delle atmosfere. Sfilano citazioni di Hair, West Side Story, coreografie di Vincente Minnelli e un po’ di Moulin Rouge, perché la regista Julie Taymor sperimenta quanto, se non di più, di Baz Luhrmann. Mescola reale (come la marcia nella Fifth Avenue) e fantastico (maschere e pupazzi sono ispirati a quelli dello scultore e pittore Peter Schumann), tecniche d’animazione computerizzate 18 RdC Novembre 2007 Romeo e Giulietta sullo sfondo della guerra del Vietnam e di 33 canzoni dei Beatles: è il geniale Across the Universe Novembre 2007 RdC 19 schegge di festa e artigianali. E attori magnifici che cantano dal vivo: Evan Rachel Wood, Jim Sturgess, Joe Anderson. Che la Taymor avesse talento si intuiva dal pur ridondante Titus, ma in Across the Universe reinventa un genere toccando livelli artistici mozzafiato. Quando Jim Sturgess canta “All You Need is Love” ed Evan Rachel Wood appare, sul tetto dell’edificio di fronte, il cuore dello spettatore ha un sussulto, anche quello del più incallito. L’altra sorpresa arriva dal rustico Sean Penn, Into the Wild è il secondo film più bello di questa festa. Ambientazione: la natura selvaggia, trama: la storia vera di un ventiduenne che nel ’92 ha mollato tutto, genitori, macchina, bruciando persino i soldi, alla ricerca della libertà e della conoscenza di Sean Penn mattatore con Into the Wild. Sotto una scena di Across the Universe sceglie i copioni, lei sorridendo risponde “A occhi chiusi, a volte non leggo neanche la parte”. E ancora: “Ha girato 15 film in 6 anni, è stato faticoso?”. “Davvero l’ho fatto?”. Il suo compaesano Geoffrey Rush è un conversatore altrettanto brillante e gentile, parla dello stato della cinematografia australiana, fa domande fuori dal copione mentre Shekhar Kapur lo osserva soddisfatto e dispensa pillole di saggezza indiana. “Credo nell’istinto più che nella ragione. La mente impedisce l’espressione, la paura di fallire è una grande componente creativa”. Conclude: “La donna è energia pura, è come l’acqua, mentre l’uomo è la pietra che le impedisce di scorrere”. COLPO DI FESTA Le due sezioni più interessanti sono state Extra, a cui avevamo dedicato un inserto nel numero precedente, e Alice IL FUORICLASSE Linguaggio, religione, senso del tempo: Coppola rompe gli schemi e si scopre filosofo. Con un’opera allegorica, in cui rivivono Dracula, Budda e il Faust di Silvio Danese L’ immortalità e la finitudine, diciamo la finitudine sospesa, è un tema del cinema di Coppola, da Apocalypse Now a Un sogno lungo un giorno a Peggy Sue e, naturalmente, Dracula, la vita distaccata in un’altra dimensione per cui si presenta, finalmente, in una sorta di rivelazione della sua misteriosa continuità nei corpi, oltre i corpi e non necessariamente nell’anima religiosa. Ciò che mancava in Dracula di Bram Stoker, film precedente e tra i massimi di Coppola, per cui questo è diverso, ripercorrente e diverso, è il tempo, il tempo concreto dell’autore come carne che si autodistrugge e grida la sua volontà di esistere (“a 66 anni cominciavo a sentirmi arrivato a fondo corsa”). L’urlo di Gary Oldman e il se stesso (vedi Nepoti a pag. 24). Il giovane Emile Hirsch, già visto in Alpha Dog, sullo schermo esplode letteralmente, passando da un fisico atletico al limite della denutrizione. Quanto sono bravi questi americani? COLPO DI FULMINE Sean Penn di nuovo, irresistibile. Si presenta alla conferenza stampa con gli occhiali da sole, inebetito. Non reagisce all’ovazione della sala, e a un certo punto mormora: “Scusate sono ancora ubriaco da ieri sera”. Il cast di Elizabeth: The Golden Age. Cate Blanchett è bravissima, perla tra le perle è di una bellezza straordinaria e ha un’intelligenza spigliata. Quando le chiediamo, signora Blanchett come 20 RdC Novembre 2007 nella città, che quest’anno è cresciuta qualitativamente. Imperdibile la proiezione ufficiale del bel documentario On dirait que..., in cui i bambini giocano a fare i mestieri dei genitori (n.b. secondo il loro giudizio insindacabile l’ultima professione in ordine di importanza è lo spettacolo: senza si può vivere lo stesso). Le manine alzate dei piccoli spettatori erano tantissime e le domande alla regista francese Françoise Maire impressionanti. A margine una nota di colore: a una proiezione per la stampa parte per errore Parole sante di Celestini, inchiesta efficace e importante sul mondo del precariato. Una critica quotidianista urla: “Basta con questi comizi di estrema sinistra”… Coppola 10 anni dopo: Un’altra giovinezza vita Novembre 2007 RdC 21 schegge di festa LA PROMESSA FENOMENO HIRSCH Ieri in Alpha Dog, oggi pupillo di Sean Penn. Tre domande a un 22enne, che farà strada E’ stata una delle grandi rivelazioni della Festa del Cinema di Roma: Emile Hirsch, ventidue anni, notato dal pubblico attraverso film come Lords of Dogtown e Alpha Dog e adesso protagonista del capolavoro di Sean Penn Into the Wild. “Non credo di essere stato coraggioso”. Dice l’attore che è anche nel cast di Speed Racer, primo film dei Fratelli Wachovski dopo Matrix: “Ero soprattutto determinato a soddisfare il desiderio di avventura che avvertivo crescere dentro di me da qualche tempo e questo film ha rappresentato l’occasione perfetta. Per farlo sono dovuto uscire allo scoperto e lasciare tutte le mie sicurezze di persona e di attore”. Si è sentito particolarmente responsabile nella sua interpretazione di Christopher McCandless? “Alle volte i taglio del corpo come un taglio su tela di Fontana che apre il dietro le quinte? Forse. Qui però il passaggio dietro le quinte si vuole vederlo, si vuole vedere il dietro, si tenta ciò che miserabilmente facciamo sempre, comunque: cercare l’impossibile visione e trovare le parole per dirla, per dire il fallimento, nel linguaggio, quindi secondo le dotazioni di pensiero e scienza della storia dell’uomo, l’inconscio collettivo junghiano come il principio della trasmigrazione delle anime. Un “sentimento del tempo” selvaggio e insieme condizionato attraversa le due ore del nuovo film di Coppola come un elefante tra i cristalli. Rompe tutto, un frastuono, con 22 RdC Novembre 2007 Bruno Ganz e Tim Roth: bravissimi per Coppola personaggi che interpreti, se ispirati a persone reali, ti obbligano a un maggiore senso di responsabilità - spiega Hirsch -. In questo caso mi sono sentito in dovere di capire chi fosse questo ragazzo e per farlo sono stato attento a tutti i dettagli della sceneggiatura e alla direzione di Sean. Credo che, alla fine, ammirando alcune della sua qualità, ho finito per gravitare in maniera onesta e abbastanza autentica intorno alla sua figura”. Quando gli chiediamo se è troppo presto per parlare di nomination all’Oscar per la sua interpretazione straordinaria, Hirsch conclude: “Mettiamola in questi termini: è una cosa riguardo alla quale non posso fare nulla. Io, quello che dovevo fare, l’ho già fatto. Starà agli altri giudicarmi”. MARCO SPAGNOLI Una personale ricerca della verità che spinge lo spettatore ben oltre la semplice esperienza della narrazione quella zona di docu-fiction in cui gli scienziati capeggiati da Tucci, il maestro italiano di sanscrito, si muovono alla ricerca della grotta in India che dovrebbe confermare l’identità trapassata di Veronica come Rupini, la donna del VII secolo discepola di un sacerdote. Bizzarra, può sembrare, ma è invece lo stridore narrativo dell’elefante, che non si occupa di “equilibrio narrativo” o “tendenze pedagogiche”. Un’altra giovinezza vorrebbero ogni uomo e ogni donna della terra quando la pelle, il cuore e la mente si dissociano nell’età che avanza e tutto incomincia a rompersi. Un’altra e poi un’altra ancora, vorremmo, perché siamo incontentabili. L’immortalità e il senso del tempo, i punti cruciali di ogni pensiero sulla nostra esistenza, si fondono nelle religioni (da Budda a Cristo), nelle filosofie (da Platone a Nietzsche) nelle scienze (da Jung a Hawking) e nella storia delle lingue, le radici di ogni forma di pensiero. A dieci anni dall’ultimo lungometraggio (L’uomo della pioggia), Coppola ha trovato nel romanzo di uno dei massimi storici delle religioni, Mircea Eliade, materia per trasferire in un’avventura emozionante l’idea che la nostra percezione del tempo è soltanto una delle possibili. E’ un film complesso, allegorico, irregolare, commovente e provocatorio, convinto che a darci per primo il brivido delle molte vite e della rigenerazione dell’umanità è il cinema. Come nel romanzo, Un’altra giovinezza parte dal fulmine che colpisce, a Bucarest, nel 1938, un glottologo settantenne (Tim Roth, disinvolto e credibile viaggiatore nelle età). Sopravvissuto all’esperienza elettrica, esce rigenerato quarantenne destinato all’immortalità, con straordinari poteri di percezione e, soprattutto, con una sconcertata visione globale delle stagioni dell’umanità. La formula fiabesca (il fulmine, gesto divino) vale il mito di Dracula (ne nasce anche un doppio, emblema della dissociazione del controllo razionale in molte culture), ma la figura di realtà, il timido professore che aveva intenzione di uccidersi deluso dalle frustrazioni della vita, depotenzia il mito, e trasferisce il discorso nella miseria dei nostri tentativi di darci una ragione. Con la considerazione del linguaggio, interviene anche il discorso religioso. L’amore per Laura, da cui si era separato da giovane, a fine ‘800, torna alla fine degli anni ‘60 quando incontra lo stesso volto, lo stesso cuore. Seguendola, in un viaggio in India, fa nuove esperienze magiche legate alla religione e alla linguistica. Prelevando dalla storia del cinema uno straordinario immaginario intorno al tema del tempo (dall’espressionismo di Murnau IL PARTIGIANO PIOVONO PERE... Chiesa mette altra frutta sull’albero della conoscenza. E fa Movimento C’ erano le nuvole di Soldini, alla Festa di Roma, e c’erano, metaforiche ma anche molto reali, le nuvole di Guido Chiesa in uno strano e coraggioso documentario intitolato Le pere di Adamo, che è quasi un prototipo di cinema “alieno”, almeno nel panorama italiano. Un tentativo, magari riuscito solo in parte ma comunque molto affascinante, di percorrere l’ardua strada del film saggio con stile impressionistico e lieve, nonostante gli argomenti ponderosi. Un documentario in evidente soggettiva, a partire da un disagio esistenziale che il “partigiano” Chiesa non ha timore di ammettere (la fine delle certezze e delle ideologie, illuminismo e marxismo in testa): ma gli “ismi” e i serissimi concetti della filosofia della scienza dovrebbero arrivarci depurati di ogni intellettualismo e con un velo di autoironia. Ecco cosa immagina il cineasta piemontese: sul biblico albero della conoscenza non crescevano solo le mele ovvero per capire qualcosa di più del contraddittorio mondo contemporaneo siamo costretti a voli pindarici: accostare le previsioni del tempo e il precariato, accettare che movimenti di protesta e perturbazioni siano imprevedibili e ingovernabili e che lo diventino sempre di più via via che elementi esterni si accumulano. Possono sfociare in grandi tempeste o, come la tempesta in un bicchier d’acqua, svaporare nell’azzurro. La presunzione delle scienze esatte non è più tale dopo che, come si sa, il battito di ali di una farfalla in Brasile ha provocato un uragano in Texas… Con un cartone animato e la voce di Giuseppe Battiston a fare da cornice (ma forse non ce ne sarebbe stato bisogno), Chiesa costruisce un puzzle di immagini e di idee, un ballo a tre passi: gli intermittenti francesi che lottano contro una riforma dei sussidi che li mette in ginocchio; le spiegazioni scientifiche del meteorologo Luca Mercalli, impegnato sui temi dell’ambientalismo; l’eccentricità di un giovanissimo musicista e matematico scozzese, Iain Mc Larty, perfetta incarnazione di una scienza che non ha più paura dell’arte, anzi la corteggia. Un film-laboratorio in cui entrare come in un labirinto, lasciandosi guidare dal movimento delle nuvole. CRISTIANA PATERNO’ Novembre 2007 RdC 23 schegge di festa LA RIVELAZIONE SULLA SCIA Stesse coordinate, stessa asciutt V uoi vedere che Sean Penn si candida alla successione di Clint Eastwood? Da lui Penn sembra aver imparato a prosciugare la tendenza all’enfasi; e ora, a consolidare la sensazione, LA FOLGORAZIONE I BUDDA DELLA SPERANZA Dall’ultima delle Makhmalbaf una commovente riflessione sulla brutalità della guerra U na matita e un quaderno non dovrebbero rappresentare un desiderio impossibile per un bambino, eppure per Bakhtay, la protagonista di Buddha Collapsed Out of Shame, è quasi un sogno, perché Bakhtay è una bambina afgana di sei anni, vive sulle montagne in una caverna scavata tra le rovine lasciate dalle statue di Budda distrutte dai talebani nel 2001. I suoi grandi occhi saggi di chi non ha avuto diritto alla spensieratezza ritrovano la luce dell’eccitazione infantile e una punta di invidia quando sente il bambino, vicino di caverna, ripetere le lettere dell’alfabeto e leggere storie che fanno ridere: anche lei vuole andare a scuola e vuole leggere. La sola, piccola fortuna di Bakhtay è di avere una gallina che fa le uova che valgono qualche preziosa rupia. Testarda e tenace, Bakhtay vende le uova, commuove qualche adulto, riesce a comprare quaderno e matita necessari, poi, infagottata negli abiti del freddo, parte alla ricerca della scuola dove imparare e leggere le storie per ridere. Ma l’Afghanistan che la regista - 24 RdC Novembre 2007 Hana Makhmalbaf, 19 anni, sorella di Samira, figlia del regista Mohsen che con la famiglia ha edificato un laboratorio di cinema - racconta è quello arido e cattivo, attraversato da invasori, i russi, i talebani, gli occidentali laici e cristiani, tutti con la scusa di liberare il paese, tutti portando distruzione e morte. E Bakhtay, nel suo cammino, incontra tanti altri bambini che conoscono un solo gioco, la guerra, la sopraffazione, la violenza. Per loro tutto è un’arma, un pezzo di legno, un sasso, una matita e una bambina è la vittima giusta per il gioco della lapidazione. Buddha Collapsed Out of Shame è il film che, con i suoi toni sommessi, mette più in evidenza con impressionante efficacia, le conseguenze della brutalità, un piccolo gioiello della sezione Alice. I media si indignarono quando con le statue fu distrutto un patrimonio del passato dell’umanità, ma in quelle rovine si distrugge anche il futuro di un paese. Quante generazioni dovranno passare prima che i bambini scoprano un gioco diverso dalla guerra? MARIA PIA FUSCO all’esistenzialismo di Resnais) e ricalcando il discorso buddista di Eliade sulla reincarnazione, Coppola spinge lo spettatore oltre l’esperienza puramente narrativa, con un film saggistico e insieme poetico. Può respingere la zona più ideologica del film, quando gli scienziati guidati da Tucci, dispiegano la prammatica della reincarnazione. Dipende dall’idea che si ha del cinema. Tra Faust e Budda, Coppola ha diretto una sua personale ricerca della verità. DI EASTWOOD , tematiche sempre più simili. Anarchia e libertà di Into the Wild candidano Sean Penn a suo erede naturale arriva una rivisitazione molto “eastwoodiana” della mitopoiesi Usa: il confronto tra l’uomo e la “wilderness”. Basata su un caso autentico, la vicenda è quella di un ventenne, Christopher McCandless, che dopo la laurea rinuncia al futuro di privilegi organizzatogli dai genitori per mettersi sulla strada: strada sempre più solitaria, poi pista; fino all’Alaska, dove incontrerà il suo Destino. Dal pioniere Daniel Boone a Jack London, alla beat generation, il viaggio è stato mitologia fondativa della cultura statunitense. Se l’itinerario di Chris ne condivide l’esigenza impellente di libertà e anarchismo, la motivazione principale è il rifiuto della famiglia borghese: cellula di giudizio e di controllo sociale (da un certo punto in poi la vediamo attraverso la fotografia sfocata di home-movies) ma anche di perfetta infelicità; tanto più spaventosa perché accettata come norma e condizione “naturale”. Anche lungo le strade dell’America il ragazzo incontra, peraltro, il dolore, la perdita, la solitudine; ma si mostra capace di solidarietà e di affetto. C’è una scena che rasenta il sublime, ed è quella dell’incontro tra Chris, ormai stremato dalle privazioni (la wilderness è libertà e verità, ma anche minaccia alla sopravvivenza), e un orso bruno probabilmente affamato quanto lui, eppure non minaccioso. Spesso ci irritiamo alle estatiche ingenuità del cinema americano, ai paesaggi fotografati con sguardo artificiosamente candido. Invece, per una volta, le ingenuità di Into the Wild sono costituitive, connaturate allo sguardo di chi scopre un mondo (il protagonista) e di chi (lo spettatore) lo osserva assieme a lui. ROBERTO NEPOTI VISTI DAL TAPPETO ROSSO Il verdetto dell’applausometro sul Red Carpet: vincono le finte Winx e la Melita del Grande Fratello. Per il resto i brividi sono d’Argento Partenza bruciante, con fan e giornalisti disorientati: meglio all’Auditorium per Monica Bellucci o al Sistina per il premio a Sophia Loren? Il dilemma è presto sciolto: dal secondo giorno la pioggia di star si dirada e lascia spazio a un Red Carpet con posti quasi a sedere. Dato preoccupante, le impennate registrate dall’applausometro: Cate Blanchett a parte, a scaldare gli animi della folla è soprattutto un quartetto di Winx in carne e ossa e la Melita di Lucignoli e calendari, partorita dal Grande Fratello. Caso a parte il balletto messo in scena da Tom Cruise e Robert Redford: applauditissimi alla conferenza fiume di Leoni per agnelli, compaiono poi sul tappeto rosso. Toccata e fuga in sala e poi via alla chetichella, appena si spengono i riflettori. La palma dello spettacolo va paradossalmente ai fan. Capigliature punk e t-shirt d’annata sono la divisa d’ordinanza dei Maratoneti d’Argento: una folla eterogenea e appassionatissima, che è accorsa da tutta Italia, per assistere alla sei ore notturna della Trilogia delle madri. Commozione sul black carpet, con Asia e papà Dario mai così belli e sorridenti. (D.G.) Novembre 2007 RdC 25 CHARLIZE THERON I DUEVOLTIDI Dall’Iraq di Haggis alla battaglia di Seattle del marito Townsend: la donna più sexy del mondo in prima linea per educare Hollywood COVER STORY C he cosa lega Nella valle di Elah e Battle in Seattle? Soprattutto Charlize Theron, musa per Paul Haggis e sposa di Stuart Townsend. Fin qui tutto bene, ma dietro Charlize Theron vi è un’ombra inquietante, impressa ormai solo sulla nostra memoria: quella delle Torri Gemelle. Un’ombra che ideologicamente si staglia sull’Iraq di Paul Haggis e viene anticipata - e inseguita - nel resoconto di Townsend sulle proteste al WTO di Seattle nel 1999. A rischiarare questi foschi orizzonti, la solarità di Charlize Theron, che mette in scena la sua passione civile, riservando glamour e sex appeal al fuoricampo. Impresa ardua, se non disperante: la celebre rivista maschile Usa “Esquire” l’ha da poco incoronata donna più eccitante del pianeta, davanti a Jessica UNASTAR DI FEDERICO PONTIGGIA Novembre 2007 RdC 27 COVER STORY Biel (reginetta 2005), Angelina Jolie e Scarlett Johansson (titolata l’anno scorso). Occasione sfruttata dalla Theron, che da poco ha ottenuto la cittadinanza statunitense, per bacchettare Hollywood (“Non puoi andare da nessuna parte, anche solo per farti una chiacchierata”) e per attaccare sia il nativo Sudafrica che gli adottivi States: “Vengo da un Paese che con molto ritardo ha compreso che non si può imporre un unico stile di vita a 26 differenti etnie solo perché ci si crede nel giusto: è una lezione che l’America non ha imparato ancora”. Questa è Charlize, una e bina: Charlize Theron nella Valle di Elah. Accanto col marito e neoregista Stuart Townsend 28 RdC Novembre 2007 divismo e impegno per lei sono inscindibili, l’uno fa da volano per l’altro, in un gioco di specchi che ci riconsegna una donna, prima che un’attrice. Lontana dai clamori umanitari di altre sue colleghe (Angelina Jolie in testa), la Theron nondimeno supporta molteplici associazioni e iniziative benefiche, tra cui l’American Foundation for AIDS Research, YouthAIDS e una costellazione di sigle animaliste. Impegno generoso e sincero, per dare ad altri ciò che a lei stessa è stato sottratto. Afrikaan di Johannesburg, ha avuto un’infanzia tragica: a 15 anni vede il padre Charles, alcolizzato e “L’America deve imparare dal mio Sudafrica: le diversità non vanno combattute, ma rispettate” violento, ucciso per legittima difesa dalla moglie, che tentava di aggredire. Un macigno, da cui cerca di liberarsi grazie alla bellezza. Spinta dalla madre, vince il New Model Today a Positano e si trasferisce a Milano per lavorare come modella. Qui sfonda, grazie al fondoschiena: immortalato in bianco e nero nello spot culto per Martini. Ma la moda non è la sua passione, ritorna al primo amore, la danza, lo lascia per un infortunio al ginocchio, e opta per il cinema: i primi riflettori la puntano ne L’avvocato del diavolo al fianco di Al Pacino. Poi, siamo nel 2000, viene diretta da Robert Redford ne La leggenda di Bagger Vance, quattro anni dopo combatte la guerra civile spagnola con Penélope Cruz in Gioco di donna, e incassa il ruolo di testimonial per la maison Dior (oggi è il volto di Breil Milano). Nel frattempo, sono passati The Italian Job (il sequel The Brazilian Job uscirà nel 2009, con lei protagonista) e soprattutto l’Oscar alla migliore attrice, il SAG Award e il Golden Globe per Monster, in cui imbruttita ad hoc interpreta la serial killer Aileen Wuornos. E’ il 2003, l’Olimpo di Hollywood ha una nuova dea, che per altezza (177 cm) e bellezza è Venere predestinata. Ma mai doma alla superficialità dello showbiz: nel 2005, bissa con North Country, ispirato alla prima causa per molestie sessuali sul lavoro negli Stati Uniti, che le vale la candidatura all’Oscar per la migliore attrice e il Golden Globe. Due anni dopo, la ritroviamo detective sommessa e combattiva nella Valle di Elah di Paul Haggis, coscienza critica di un’America che in Iraq ha sconfitto se stessa, e diretta dal neomarito Stuart Townsend (attore irlandese al debutto in regia) nella battaglia di Seattle, moglie di un ufficiale di polizia, che sul lato “sbagliato” della barricata si troverà a fronteggiare la violenza. Ma per Charlize non è tempo di sedersi sugli allori: da poco ha iniziato le riprese di Burning, esordio in regia dello storico sceneggiatore di Iñarritu, Guillermo Arriaga. Conoscendola, un’altra prova impegnativa. FOTO PHILIPPE ANTONELLO Da un romanzo censurato per oltre 100 anni CONCEPT EDOARDO CAMPANALE UN FILM DI ALESSANDRO LANDO ROBERTO FAENZA CRISTIANA GUIDO PREZIOSI BUZZANCA CAPOTONDI CAPRINO JEAN VIGO ITALIA E RAI CINEMA PRESENTANO CON LA PARTECIPAZIONE DI INSTITUT DEL CINEMA CATALÀ E VIP MEDIENFONDS 2 IN ASSOCIAZIONE CON RISING STAR “I VICERÈ” ALESSANDRO PREZIOSI LANDO BUZZANCA CRISTIANA CAPOTONDI GUIDO CAPRINO ASSUMPTA SERNA SEBASTIANO LO MONACO BIAGIO PELLIGRA FRANCO BRANCIAROLI E LUCIA BOSE’ SCENEGGIATURA DI FRANCESCO BRUNI FILIPPO GENTILI ANDREA PORPORATI ROBERTO FAENZA PRODUTTORE ESECUTIVO GIULIO CESTARI LINE PRODUCER ALESSANDRO CALOSCI MUSICHE DI PAOLO BUONVINO SCENOGRAFIA E ARREDAMENTO FRANCESCO FRIGERI MONTAGGIO MASSIMO FIOCCHI COSTUMI MILENA CANONERO DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA MAURIZIO CALVESI (AIC) PRODOTTO DA ELDA FERRI UNA PRODUZIONE JEAN VIGO ITALIA IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA DIRETTO DA ROBERTO FAENZA FONICO BRUNO PUPPARO (AITS) www.ivicere.it DAL 9 NOVEMBRE AL CINEMA TORINO, IL SORPAS 30 RdC Novembre 2007 Personaggi Una valanga di mostre e rassegne, tra cui una fotografica di Carole Bellaïche e una personale di Werner Herzog. Dietro tanto fermento il Museo del Cinema e il suo direttore Alberto Barbera, mentre è al ciak il (primo) festival di Nanni Moretti di Marina Sanna SO a qualche tempo Torino vive un grande fermento culturale. Mostre, rassegne, eventi, e una qualità della vita che noi romani abbiamo dimenticato, fanno della città piemontese una controparte da tenere d’occhio. Ora tocca al primo festival di Nanni Moretti e, al di là del bilancio che si farà a giochi fatti, l’obiettivo è razionalizzare e vivacizzare una manifestazione che si stava lentamente spegnendo, puntando anche sullo snellimento di titoli e sezioni (vedi box a pag. 33). Dietro la Mole reale e metaforica di questo incessante lavorio c’è Alberto Barbera che, con la stessa passione e intelligenza con cui ha guidato la Mostra del Cinema e il Festival di Torino, sta trasformando la fisionomia del Museo del Cinema. Le attività sono tante e ramificate, la Mole Antonelliana, roccaforte del Museo, assomiglia a una piovra dai lunghi tentacoli, sempre più radicata nel territorio piemontese. D “Il Museo – spiega il direttore Barbera – ha una collezione di oltre un milione e mezzo di pezzi tra film, fotografie, manifesti, oggetti, volumi, documenti. Negli ultimi 15 anni il lavoro maggiore è stato catalogare questo patrimonio enorme, impresa che è giunta quasi a compimento. Uno dei problemi che stiamo cercando di risolvere ora è la riorganizzazione dei materiali, sparsi in depositi diversi e in locali talvolta inadeguati rispetto ai problemi di conservazione. La collezione cresce in maniera esponenziale? Di recente abbiamo acquisito tutto l’archivio personale di Elio Petri e quello di Marco Ferreri, attraverso le donazioni delle vedove. In questo momento stiamo inventariando i materiali di Francesco Rosi. Quali soluzioni prevedete? Ne abbiamo individuate tre, una per la Cineteca che è satura: in tre anni è Novembre 2007 RdC 31 Personaggi "Sono più di 100 gli attori e registi ritratti dalla Bellaïche" passata da ottomila a sedicimila titoli. Il comune di Torino ha trovato un’area che fa al caso nostro e il prossimo anno incominceranno i lavori di ristrutturazione dell’edificio. Dovrebbero finire entro il 2010. La seconda riguarda l’archivio generale delle collezioni, stiamo completando in questi giorni il progetto definitivo, per garantire le condizioni di conservazione, con umidità e temperatura adeguate. Il terzo polo consiste invece nel trasferimento della biblioteca in un ex archivio dell’Asl, dove avremo finalmente l’attrezzatura necessaria per la catalogazione dei libri. Soprattutto molti spazi per le attività connesse e sale di lettura tecnologicamente all’avanguardia, Secondo un principio moderno, cioè collezioni aperte e consultabili e non semplici depositi. Un progetto ambizioso. Ormai tutti i musei si orientano verso strutture che siano aperte, se non al pubblico, a ricercatori, studiosi, storici, il che vuol dire accessibilità immediata e completa. Mentre la parte espositiva? Rimane alla Mole, anche qui abbiamo bisogno di aumentare gli spazi, almeno per le mostre temporanee. Nel 2008 incomincerà la progettazione di un nuovo edificio, praticamente di fronte 32 RdC Novembre 2007 Il direttore del Museo del Cinema Alberto Barbera. Accanto due interni della Mole Antonelliana alla Mole, in cui si trasferiranno gli uffici del Museo, dei festival, la mediateca e gli spazi per l’attività didattica del museo. Intanto le attività culturali artistiche non si fermano… Anzi, sono aumentate. Quella didattica è diventata intensissima, con pubblicazioni rivolte sia alle scuole che a un pubblico adulto. Facciamo una media di 5 esposizioni temporanee all’anno, prevalentemente fotografiche ma non solo. A metà novembre inaugureremo una grossa mostra di Carole Bellaïche, che ha lavorato prevalentemente con i Cahiers du cinéma. Il titolo è “La collezionista”, sono 138 ritratti di attori e attrici realizzati dal 1992 al 2007. Contemporaneamente ci sarà la personale di Wim Wenders, organizzata dal festival. WIM E JOHN DA SCOPRIRE L’americano John Cassavetes e il tedesco Wim Wenders insieme sotto la Mole. Sono i due registi i protagonisti delle retrospettive del Torino Film Festival (23 novembre – 1° dicembre), che per spegnere 25 candeline ha voluto il neodirettore Nanni Moretti. Buon regista non mente, e l’autarchico nazionale ha tirato la zampata d’autore, volgendo lo sguardo a due celebri colleghi: l’anarchico Cassavetes e il poliedrico Wenders. Ad accompagnare la panoramica Cassavetes, curata da Jim Healy ed Emanuela Martini, sarà a Torino Seymour Cassel, amico del regista “ready made” e protagonista in campo, da Faces a Minnie and Moskovitz. L’alfiere della rinascita del cinema tedesco, viceversa, passeggerà su via Po a braccetto con la moglie Donata, per riflettere, dopo essersi rivisto, sulle definizioni che ne hanno accompagnato la carriera: postmoderno, metalinguistico, multiforme, precursore, etc. Alla retrospettiva curata da Stefano Francia di Celle il compito di fornire le risposte giuste… (F.P.) A gennaio sarà la volta di Werner Herzog… E’ un grosso evento: la retrospettiva completa di tutti i suoi titoli con l’anteprima europea dell’ultimo, Encounters at the End of the World, per l’occasione abbiamo ristampato 36 nuove copie dei suoi film. Ci sarà una mostra multimediale di fotografie e videoinstallazioni, con inediti o filmati girati apposta da Herzog per la mostra. Inoltre farà un workshop alla scuola Holden a un gruppo di ragazzi selezionati attraverso un concorso nazionale. Insomma, prima di Barbera, che cosa faceva il Museo? (Ride) Per anni è stato impegnato nell’allestimento della nuova parte espositiva alla Mole Antonelliana e nel completamento di servizi che sono stati attivati solo nel 2003. La produzione culturale o editoriale era ai minimi termini, c’era stata qualche mostra ma non era un’attività continuativa come adesso. Il vero sommerso è stata appunto l’attività di catalogazione, che solo ora sta giungendo al termine. E questo ci ha permesso di pubblicare un volume cospicuo, Tracce, di oltre 500 pagine, in collaborazione con il Castoro. E’ l’inventario di tutti i materiali appartenenti alla collezione del Museo sul cinema muto torinese, di ogni film viene elencato ciò che possediamo: sceneggiature originali, foto di scena, manifesti, ecc. Due anni fa abbiamo iniziato una collaborazione con il Castoro, che ci permette di arrivare in libreria con monografie non solo legate al passato ma anche di autori contemporanei poco conosciuti, come i due volumi dedicati a Miike Takashi e Kiyoshi Kurosawa. Poi ci sono i festival torinesi… Sono stati affidati al Museo del Cinema dal punto di vista amministrativo e gestionale, il che significa non solo “costruire” i budget, ma un lavoro di progettazione con lo staff dei singoli festival. La ricerca dei soldi, dei contributi, privati e pubblici, rapporti con gli sponsor, la condivisione dei progetti delle singole edizioni, la comunicazione… Che cosa dobbiamo aspettarci da Moretti? Il programma è meno spezzettato del solito e le opere sono diminuite. Vedremo… MORETTI, UN PO’ DI NOVITA' Dal 23 novembre al 1° dicembre, la 25ma edizione del Torino Film Festival, la prima diretta da Nanni Moretti. Dichiarata l’intenzione: far luce sulle zone d’ombra del cinema mondiale. 30 i lungometraggi tra Concorso (circa 12 titoli), Fuori Concorso (fra cui Lascia perdere Johnny di Fabrizio Bentivoglio) e Anteprime. Spazio a documentari, corti e tre novità: “La Zona” dell’innovazione; “L’amore degli inizi”, opere prime e debuttanti a colloquio con Nanni; “Lo stato delle cose” di una cinematografia emergente. Novembre 2007 RdC 33 L’ATTORE PREMIO OSCAR® L’ATTRICE PREMIO OSCAR® TOMMY LEE JONES CHARLIZE THERON L’ATTRICE PREMIO OSCAR® E SUSAN SARANDON IN THE VALLEY OF ELAH DAL 30 NOVEMBRE AL CINEMA IN PRINCIPIO ERANO STREGHE Si chiamavano Grimilde, Kim Novak e Veronica Lake. Poi sono arrivate le Winx e hanno cambiato look e tendenze. E le fate hanno preso il sopravvento… Novembre 2007 RdC 35 UN MONDO DI WINX Belle, brave e superaccessoriate. Sono un fenomeno televisivo (e non solo) che ora arriva al cinema. Merito di un signore che si chiama Iginio Straffi… di Marina Sanna 36 RdC Novembre 2007 Novembre 2007 RdC 37 F orse le streghe sono diventate impopolari. Spiegherebbe in parte il successo delle Winx, le fatine animate che in 3 anni hanno conquistato il cuore di milioni di bambine. Un fenomeno televisivo, esportato in 130 paesi, che sta contagiando ogni settore, dall’editoria ai gioielli (è imminente una linea esclusiva di monili con marchio Winx), per non parlare delle bambole, che hanno sostituito le tradizionali Barbie e persino le più trasgressive Bratz. Queste graziose fanciulline, che muovono un giro d’affari di circa 1,5 miliardi di euro, sono state inventate da Iginio Straffi, nato in provincia di Macerata e prestato ai fumetti prima di diventare il titolare della Rainbow CGI. Factory italiana con l’ambizione di diventare il corrispettivo della Disney, che raccoglie 400 talenti tra animatori, programmatori e altro personale tecnico artistico e i cui studi si dividono tra Roma, Loreto e Amsterdam. L’asso nella manica non è nella storia (buoni contro cattivi) ma nel design applicato al contenuto: la lotta contro il Male assume sembianze angeliche e acconciature da far invidia a star e professioniste dello shopping. A giorni questo prodigio 38 RdC Novembre 2007 dell’animazione arriverà anche al cinema, il 30 novembre uscirà nelle sale infatti il primo lungometraggio, a firma sempre di Straffi. “E’ una grossa sfida e un esperimento – ci dice –. Il nostro obiettivo è realizzare film di grafica CGI (Computer Generated Imagery) di alta qualità, per il mercato internazionale. Abbiamo altri due film in lavorazione che, dopo l’uscita delle Winx - Il segreto del regno perduto, entreranno nel vivo”. Il secondo lungometraggio sulle Winx e...? Una storia scritta da Michael Wilson, autore di Shark Tale, L’era glaciale… Un soggetto divertente con un’ambientazione nuova. Si tratta di un progetto più in linea con le produzioni americane rispetto alle Winx, che invece hanno una trama simile a quella di un live action. Le belle protagoniste di Winx - Il segreto del regno perduto. Accanto le due fasi di sviluppo di un albero e i modellini delle Winx in 2D MADE IN ITALY SPECIALE Come in Harry Potter, anche qui la miscela vincente sembra il quotidiano unito allo straordinario. Si è ispirato in qualche modo al mago della Rowling? In realtà avevo nel cassetto una storia per bambini in cui Male e Bene erano rappresentati da un gruppo di streghe e uno di fate. Alla fine degli anni ’90 ho pensato fosse il caso di incominciare a svilupparla, in quel momento il cartone mondiale era dominato dai Pokemon e i vari sequel: Digimon, Dragon Ball, ecc. C’era il sentore comune che le bambine guardassero poco i cartoon e i network televisivi spingevano perché le produzioni fossero orientate verso un pubblico maschile, un messaggio che arrivava soprattutto dall’America. Ricordo ancora una conferenza in cui i capi dei vari canali ci dicevano che secondo uno studio americano il telecomando lo teneva il bambino, perciò anche se in un nucleo familiare c’erano maschi e femmine, il target era sempre il maschio. Nonostante siano numericamente predominanti le femmine? Mi sembrava infatti una stupidaggine e un’ingiustizia. Nel ’94, fino al ’95, in Italia e nel resto del mondo spopolava il cartoon giapponese Sailor Moon, ennesima variazione del genere Candy Candy, Heidi. C’era quindi spazio, anzi una voragine, per un bel cartone rivolto al pubblico femminile. Ho sviluppato il soggetto che si è evoluto in aspiranti fate e potenziali streghe, ed ecco l’analogia con Harry Potter: le Winx vanno a scuola di magia, anzi al College, per diventare più brave, per sviluppare i loro talenti. Abbiamo inventato anche una scuola maschile, quella per maghi, che qui si chiamano Specialisti. Iginio Straffi nasce come autore di fumetti: oltre a ideare la storia, ha donato alle protagoniste delle Winx anche corpo e volto? Anche se non ho più la mano di quindici anni fa, di solito mi occupo dello sviluppo grafico dei personaggi. Ho un team di 30 disegnatori che realizzano le varie pose e lo sviluppo, partendo dai miei bozzetti e comunque spesso ci rimetto mano per cambiare acconciatura o magari uno sguardo. L’asso nella manica infatti è il look. Talmente curato da far pensare a mani e occhi femminili… Ha centrato il punto. Le dirò di più: dopo aver sviluppato per un anno una serie di personaggi delle Winx e un episodio pilota ho smontato tutto, nonostante la Rai e il coproduttore tedesco fossero entusiasti. I miei collaboratori sono quasi svenuti, avevamo già migliaia di disegni con tutte le attitudini e animazioni. Non vedevo l’innovazione rispetto agli altri prodotti, continuavo a pensare al target: un pubblico di bambine, per definizione attente all’aspetto e gli accessori. Poi ho pensato che il segreto potesse essere nei vestiti e Novembre 2007 RdC 39 SPECIALE MADE IN ITALY nelle acconciature, dettagli costosissimi perché significa che ogni puntata devi rifare i disegni. La nostra responsabile del licencing mi ha consigliato di chiamare delle stiliste di moda per migliorare il look delle Winx e così abbiamo fatto. Adesso abbiamo due disegnatrici che vengono da Dolce & Gabbana e Gucci. E’ stata una mossa azzardata ma vincente, come dicono gli americani cerchiamo di pensare “out of the box”, ossia fuori dagli schemi. Torniamo alla storia delle Winx, non ci sono solo fate ma anche streghe da generazioni… Le Antenate sono le trisavole delle Trix, le streghe rivali delle Winx. La distinzione tra Bene e Male è volutamente netta, come il messaggio che diventa più chiaro di puntata in puntata: le Winx scelgono sempre la via dell’onestà, l’unione, sono una per l’altra o per chi è più debole, hanno un’attenzione particolare all’ambiente. Le Trix, pur essendo un gruppo, si tradiscono e approfittano una dell’altra. Il creatore delle Winx Iginio Straffi con la fatina Bloom 40 RdC Novembre 2007 Una metafora dell’individualismo moderno? Del male moderno. Di come ci si può arricchire ai danni degli altri, modus vivendi che alla lunga non paga. Le Trix discendono da antenate terribili, che hanno semidistrutto la dimensione magica tra cui Domino, il mondo di provenienza di Bloom, la protagonista. Chi è Bloom? E’ la Fata del Fuoco, di lei sappiamo poche cose oltre al fatto che è stata cresciuta da genitori adottivi. Ora ha finito i tre anni di corso ad Alfea e decide di partire alla ricerca della vera madre e del vero padre, e le Winx e gli Specialisti la seguono in questa grande avventura. Le Winx non hanno una dinastia come le Trix? I genitori hanno dei poteri ma non sono sviluppati come quelli delle figlie, che sono andate a Magix, la scuola delle fate. Nel film si scopre che le sei ragazze sono legate “NEL FILM BLOOM PARTE ALLA RICERCA DEI SUO VERI GENITORI” Bambole, borse, ciondoli, prodotti hitech e fumetti Winx. Avete lasciato qualcosa di intentato? L’automobile per le mamme. Non è detto che non la faremo. IL GUARDAROBA DELLE MERAVIGLIE Campanellini, zucche e monili: il corredo cinematografico delle professioniste di scopa e bacchetta a una profezia e sono loro le guardiane della dimensione magica, le predestinate. Di solito si passa al film quando la serie è finita. Invece lei ha seminato indizi in tv per svelare la trama centrale al cinema? E’ piuttosto un prequel in cui si capisce ciò che è successo prima. Ci pensavo già dalla prima serie, alla Rai mi avevano detto che era ancora presto. Ho aspettato fino alla seconda e due anni e mezzo fa siamo partiti col progetto. Gli episodi televisivi continueranno con altri sviluppi, parallelamente ai film per il cinema. E’ un fenomeno nuovo? Ci sono dei precedenti, ad esempio Spider-Man, anche se non è animazione pura. La serie televisiva non si sovrappone ai film. “Quando il primo bambino rise, la sua risata si infranse in mille e mille piccoli pezzi, che si dispersero scintillando per tutto il mondo: così nacquero le fate”. E’ il 1904 e James Barrie, nel suo Peter Pan, ci spiega la nascita delle fate, regalandoci un prototipo di fatina civettuola, dispettosa, e tintinnante: Campanellino. La “femme jelouse” per antonomasia, distributrice di polverina magica che ti aiuta a volare, al cinema assume diverse sembianze (tra cui, quella deliziosa di Julia Roberts). Vista la statura, come abito le basta una foglia secca con scollatura quadrata, abbinato a un paio di deliziose pantofoline con pon pon. Look simile viene sfoderato nel 2001 in Moulin Rouge! da Kylie Minogue, la fatina verde dell’assenzio, che rincuora gli animi provati da amori destinati a finire a colpi di tisi. Le fate cinematografiche a volte possono permettersi qualche chilo in più e i capelli bianchi, come nel caso della Fata Smemorina di Cenerentola (Walt Disney, 1950). Basta un “bibbidi bobbidi boo” per trasformare una zucca in carrozza e un vestito da quattro soldi in un abito capace di far crollare il principe azzurro d’ordinanza. Anche David Lynch, sotto sotto, è un romanticone, e nel suo Cuore selvaggio (1990) decide un happy ending per Lula e Sailor, facendo scendere dal cielo Sheryl Lee, che prima di diventare una torbida Laura Palmer qui è in versione fatina buona e sfodera un abito simile a una gigantesca meringa. A colpi di bacchetta magica a forma di stella farà tornare Sailor da Lula, e noi tutti vivremo più felici e contenti. (C.T.) SPECIALE GRIMILDE & CO. PIU’ CHE FATE STREGHE Difficile riconoscerle se hanno le sembianze di Kim Novak, Tilda Swinton o Sarah E’ facile dire “strega”. Più difficile capire che cosa c’è nascosto, in questa parola per sua natura aggrovigliata, con quell’accrocchio di consonanti sovrapposte che sembra spalancare porte sull’inquietudine e sull’ambiguità. Su un doppiofondo. Su qualcosa che sta al di là. Che in quel luogo strano che è l’identità femminile sta oltre l’apparenza. Ci sono streghe che partono bene: torbide, rancorose e vendicative, ma poi si perdono per strada. Altre che arrivano a imbruttirsi, lottare e morire per coronare i loro loschi intenti, e altre ancora che fanno principalmente pasticci. Ma le più temibili sono quelle che neanche lo sanno, di essere streghe… E se è vero che la possibilità di essere anche un po’ strega è di tutte le donne (come di essere fata), che ognuna scelga il suo gruppo d’appartenenza, almeno cinematografico. MANTELLO NERO E MANICHE A PIPISTRELLO Ad aprire le danze delle cattivissime sono due “megere animate” Disney. La prima, Grimilde, che fedele al ruolo di matrigna/strega, sceglie amorevolmente lo scrigno dove riporre il cuore della sua figlioccia Biancaneve, colpevole di troppa bellezza. I suoi colori preferiti sono il viola e il nero, che ben s’intonano con la sua perfida eleganza lunare. Ma la più chic è sicuramente Malefica. Capigliatura mefistofelica, mantello nero con maniche a pipistrello che gli anni ’80 copieranno senza ritegno, si fa accompagnare da un corvo e le basta un mancato invito a un LA BELLA KIM UTILIZZA FILTRI D’AMORE PER CONQUISTARE JAMES STEWART CAPPA AL CHIODO Streghe che appendono la cappa al chiodo e rinunciano alle loro arti magiche per amore, diventando tristemente umane. Pare infatti che anche la più crudele delle streghe venga facilmente disinnescata dall’innamoramento. Capita a Veronica Lake, una strega con sembianze molto sofisticate e una chioma platinata passata alla storia, che in Ho sposato una strega di Renè Clair parte con terribili propositi vendicativi per poi rinunciare al suo cappello a punta a causa di un umanissimo amore. Abdicando al suo stato streghesco, non rinuncerà però allo stile sexy, optando per lunghi abiti da sera e pigiami di seta. Stessa sorte tocca a una sua più vicina parente: Finnicella/Eleonora Giorgi che, tornata sulla terra dopo parecchi secoli, decide come prima magia di sostituire il suo straccetto fuori moda con un abito preso da una vetrina di lusso. C’è da stupirsi che fatichi sette incantesimi per far suo Renato Pozzetto, ma pare che gli uomini, a volte, siano parecchio stupidi. Anche Kim Novak, stanca di trascorrere le serate con il suo gatto Cagliostro, utilizza filtri e pozioni per far innamorare un distratto James Stewart in Una strega in Paradiso, visto che il suo vestito con la schiena totalmente nuda – scandaloso per l’epoca – non basta. Jessica Parker. Ecco qualche consiglio per non perdere la testa di Chiara Tagliaferri Novembre 2007 RdC 43 SPECIALE GRIMILDE & CO. battesimo per scatenare il delirio e trasformarsi in drago alla bisogna. Portatrice di sana cattiveria streghesca in carne e soprattutto ossa è Tilda Swinton, la perfida Strega Bianca di Le cronache di Narnia, che congela animali e vestiti strizzati nel guardaroba: al loro posto predilige abiti rigidi come armature, pellicce bianche e ghiaccioli in testa. A David Lynch va il merito della rivisitazione della strega dell’ovest de Il mago di Oz. Diane Ladd, in Cuore selvaggio insegue a cavallo di una scopa la figlia a cui ha tentato prima di rubare, e poi di ammazzare il fidanzato. Le sue unghie sono laccatissime e lunghissime, e i suoi gusti in fatto di vestiario degni del peggior grande magazzino specializzato in stampe maculate. RIPETENTI E CONFUSE Le streghe un po’confuse, né buone né cattive, che avrebbero sicuramente bisogno di qualche corso di ripetizione vantano una Sarah Jessica Parker riesumata da Salem, che anche per danzare su una scopa volante, in Hocus Pocus non rinuncia a un profondo dècolletè e incanta i bambini del villaggio cantando Come Little Children. Ma la più bella è Nicole Kidman che, in Amori & incantesimi risulta finalmente umana proprio ora che fa la strega: pesta petali di fiori nel mortaio, sfoggia trecce rosse e un’aria fricchettona, seppellisce uomini con cui preferisce non avere più a che fare, e si lancia con la sorella Sandra Bullock dai tetti con calze a righe e ombrellino. CADUTE DAL PERO Per finire, le temibilissime streghe ignare di esserlo. Si comincia con un trittico di tutto rispetto: Susan Sarandon, Michelle Pfeiffer e Cher, meglio conosciute come Le streghe di Eastwick. Più simili a tre casalinghe disperate con una pessima messa in piega e degli abiti da Signorina Felicita di gozzaniana memoria, le tre parche evocano l’uomo perfetto che poi è, guarda caso, quel diavolo di Jack Nicholson. La cura Jack migliorerà visibilmente il volume delle capigliature e il make-up delle tre. La palma della strega senza scopa, ma non per questo meno temibile, va d’ufficio a Meryl Streep. In nome della moda vende l’anima a un diavolo griffato Prada: scaglia abiti come fossero incantesimi sulle scrivanie di povere assistenti, al posto di formule magiche pronuncia nomi come Manolo Blahnik e fulmina inarcando semplicemente un sopracciglio o sistemando un foulard di Hermès. Questa sì che è classe. PER SAPERNE DI PIU’ Fattucchiere di ieri e di oggi. Come si chiamano e che 1937 Grimilde, in Biancaneve di Walt Disney 1942 Veronica Lake, in Ho sposato una strega di Renè Clair 1958 Kim Novak, in Una 44 RdC Novembre 2007 strega in paradiso di Richard Avine 1959 Malefica, in La bella addormentata nel bosco di Walt Disney 1977 Mater Suspiriorum, in Suspiria di Dario Argento 1980 Mater Tenebrarum, in Pfeiffer, Cher, in Le streghe di Eastwick di George Miller Inferno di Dario Argento 1990 Diane Ladd, in Cuore 1980 Eleonora Giorgi, in Mia moglie è una strega di Castellano e Pipolo 1987 Susan Sarandon, Michelle selvaggio di David Lynch 1992 Meryl Streep, Goldie Hawn, Isabella Rossellini in La morte ti fa bella Meryl Streep in Il diavolo veste Prada, accanto Tilda Swinton in Le cronache di Narnia. Sotto Michelle Pfeiffer in Stardust film abitano, a cominciare dalla Grimilde di Biancaneve di Robert Zemeckis 1993 Sarah Jessica Parker, in Hocus Pocus di Kenny Ortega 1993 Nicole Kidman e Sandra Bullock, in Amori & incantesimi di Griffin Dunne 2003 Helena Bonham Carter, in Big Fish di Tim Burton 2005 Tilda Swinton, in Le cronache di Narnia di Andrew Adamson 2005 Nicole Kidman, in Vita da strega di Nora Ephron 2005 Monica Bellucci, in I fratelli Grimm e l’incantevole strega di Terry Gilliam 2006 Meryl Streep, in di David Frankel 2007 Michelle Pfeiffer, in Stardust di Matthew Vaughn 2007 Mater Lacrimarum, in La terza madre di Dario Argento Il diavolo veste Prada Novembre 2007 RdC 45 SPECIALE PARERI DOC MAGICHE ME “Oggi la strega è un’eroina”, dice il semiologo Ugo Volli. Da Biancaneve alle fate di Straffi, l’evoluzione della specie passa dal gender di Federico Pontiggia 46 RdC Novembre 2007 TAMORFOSI La bella e la bestia: Michelle Pfeiffer strega per Stardust e Nicole Kidman l’incantatrice ‘‘ uali sono le streghe oggi? Da semiologo, non ho una risposta”. Non in positivo, almeno. Per Ugo Volli, professore di Semiotica del testo all’Università di Torino e noto pubblicista culturale, è impossibile individuare nella società e cultura contemporanea persone e personaggi stregoneschi a denominazione d’origine controllata. Innanzitutto, Q streghe non sono le dark girls, stile Christina Ricci, Rose McGowan o l’italica Asia Argento: “Sono personaggi molto diversi: in queste donne non c’è il magico che è componente fondamentale delle streghe. Si possono definire tali, se proprio vogliamo, solo per metafora”. E la bacchetta magica del terzo millennio non è neppure la chirurgia plastica: “Sono allegre metafore e vaghe analogie, Novembre 2007 RdC 47 SPECIALE PARERI DOC del tutto inconsistenti sul piano dell’analisi testuale. La chirurgia plastica è qualcosa che uno subisce, e non fa”. Nondimeno, la strega è figura radicata profondamente nel nostro immaginario collettivo, come già rilevò il progenitore della moderna semiologia, Vladimir Propp (autore della fondamentale Morfologia della fiaba, in cui rintracciava le figure ricorrenti nella produzione fiabesca russa): “C’è una tradizione folklorica molto diffusa in varie culture, in cui sono rappresentate figure femminili dotate di poteri straordinari e vissute come non benevole: questa è la differenza fondamentale con le fate”. Propria delle streghe è “una certa intuizione del femminile: la donna pericolosa ha a che fare con quello che oggi si chiama gender”. “E’ l’idea – prosegue Volli - che le donne non ‘addomesticate’, ovvero non inserite nella normale situazione familiare, siano pericolose. Teorie antropologiche, prospettive femministe su un’epoca arcaica in cui il femminile era dominante, facili interpretazioni psicanalitiche (la madre, etc.), sono tutte letture possibili, ma nei testi è difficile trovarle”. Qualunque sia l’approccio interpretativo, la strega è configurazione POZIONI CATODICHE La classica ricetta di commedia e buonismo e le moderne riletture a base di suspense: la dipendenza a puntate di Vita da strega e le sue figlie Basta muovere la punta del naso e la magia è fatta! Almeno per la bionda protagonista di Vita da strega (Bewitched ). Samantha (Elizabeth Montgomery) e Darrin Stephens (Dick York) vivono una serie di avventure ben condite di un caustico humour di stampo anglosassone. Lei è una strega che fa di tutto per integrarsi nel mondo degli umani, lui un pubblicitario che accetta gli straordinari poteri della mogliettina (e della figlia Tabatha) ma farebbe di tutto pur di non avere nulla a che fare con Endora (Agnes Moorehead), suocera antipatica e onnipresente, che interferisce fin troppo nel tranquillo mènage familiare. Creata da Sol Saks e prodotta dalla ABC dal 1964 al 1972, la sit-com supera le 250 puntate: un successo che darà il via a un vero e proprio filone televisivo. Per contrastarne lo strapotere, il network NBC decide di opporle Strega per amore (I Dream of Jeannie), affidandone la creazione a Sidney Sheldon. La struttura è simile ma cambia il contesto. Dalla famiglia si passa all’universo dei single: Jeannie (Barbara Eden) è un genio della lampada disposta a tutto pur di soddisfare il padrone, l’astronauta Anthony Nelson (Larry Hagman). 48 RdC Novembre 2007 Tratta dal film The Brass Bottle e prodotta dal 1965 al 1970, la serie non raggiunge il successo della capostipite, ma mantiene intatta la dose di buonismo tipica delle commedie dell’epoca. Bisogna infatti aspettare gli anni 90 per imbattersi in streghe e maghe, pronte a lanciare un nuovo genere di incantesimi. Nel 1996 approda in tv il telefilm Sabrina (The Teenage Witch), basato sul fumetto Archie. Sabrina Spellman (Melissa Joan Hart) è una normale adolescente fino a quando le zie non le comunicano che per metà è strega. Per la ragazza inizia così un lungo periodo di formazione e di studio della stregoneria. Sorta di Harry Potter al femminile, riscuote un tale successo da indurre la DIC Entertainment a commissionarne a Josh Stolberg e Sean Abley una versione in cartoon. Anche qui la morale non manca: i problemi è meglio superarli con la forza del proprio carattere piuttosto che con la magia. Nel 1998, infine, negli Stati Uniti esce Streghe (Charmed). La serie, creata da Constance M. Burge diventa subito un cult. Abbandonate le pozioni “morali”, il genere raggiunge così un climax ben più drammatico e ricco di Le moderne Streghe televisive: Holly Mary Combs, Rose McGowan e Alyssa Milano ispirazioni fantasy. Le sorelle Halliwell (Prue, Piper e Phoebe), per ben otto stagioni combattono demoni e stregoni. In Italia, si classifica al quinto posto tra le serie più seguite degli ultimi anni. (S.R.) IN PRINCIPIO ERA BIA Le antenate delle Winx: L’incantevole Creamy, Lalabel, la Magica, magica Emi e Sailor Moon frequente, e tradizionalmente distinta dalla fata: “C’è una fondamentale attribuzione di valore: positivo / negativo, benevolenza / malevolenza, ovvero, con linguaggio semiotico duro e puro, euforia / disforia. Da qui l’attribuzione di distinti caratteri figurativi: colori e forme antitetiche, la fatina può essere azzurra, una strega no, la fatina è bionda, la strega nera”. A tracciare la linea di demarcazione è anche l’eros: “Ci sono donne sole e potenti che aiutano e quelle che danneggiano, magari, come in Omero e a differenza dei fratelli Grimm, attraverso meccanismi di seduzione. La strega incute una paura di carattere sessuale, mentre la fata solitamente non è sessualizzata: il sesso extraconiugale è inteso in connessione alla seduzione stregonesca, mentre la procreazione è prerogativa delle fate”. Ma oggi, puntualizza il semiologo, si richiede una necessaria avvertenza: “Dire fata può essere anche formula apotropaica, ovvero tentativo di rabbonimento per quella che in realtà è una strega”. E’ proprio in questo serbatoio di ambiguità che la cultura e lo showbiz contemporanei vanno a pescare: “IL TENTATIVO DEL NOSTRO TEMPO E’ RIVALUTARE IL MALE COME FEMMINILE” “Fumetti, cinema e letteratura riformulano in termini volutamente elusivi lo stregonesco, in sintonia con la nostra società fortemente sessualizzata: si pensi ai manga, alla Kidman di Vita da strega, alla regina di Biancaneve, alle saghe di Harry Potter e del Signore degli Anelli, o alle Winx”. Una mutazione “genetica” per cui, come nell’omonima serie televisiva, le streghe “da cattive diventano buone, anche se tough, toste. Di solito restano more, pungenti e poco tolleranti nei confronti del maschile, soprattutto il maschile un po’ idiota”. “L’elemento interessante - conclude Volli - è il tentativo proprio del nostro tempo di rivalutare il male come femminile: si conservano i tratti testuali e la dimensione sessuale delle streghe, senza farne delle fate angelicate, ma si tende a mostrarle quali eroine. Invariati gli aspetti figurativi, ma il ruolo assiologico (valoriale, NdR) è completamente mutato”. E’ questa, forse, la vera magia di inizio terzo millennio… Un genere originale degli anime giapponesi è quello della magia. L’industria del cartone animato sviluppa un ricco filone già a partire dal 1966 con Sally la maga. A metà fra il prodotto per bambini e quello per adolescenti, il cartoon nipponico ha come protagoniste soprattutto le ragazze (shôjo anime). Streghe e maghe sono inserite in un contesto di normale routine quotidiana (famiglia, scuola, amicizia), per poi stupire tutti quando la puntata raggiunge il suo apice e la protagonista ricorre alla magia per risolvere i piccoli guai di tutti i giorni. La vera rivoluzione arriva nel 1974 con Bia, la sfida della magia. Il ruolo delle donne è cambiato nella società e le streghette della TV sono chiamate a mostrarsi più decise, competitive e creative. Cambiano i costumi e i trucchi, i personaggi diventano più colorati e ogni volta che prendono in mano la bacchetta i colori sembrano esplodere dal piccolo schermo. Negli anni ‘80 dal Giappone arrivano alcune delle serie di maggior successo: L’incantevole Creamy (1983), Evelyn e la magia di un sogno d’amore (1984), Magica, magica Emy (1985) e Sandy dai mille colori (1986). Gli effetti speciali si moltiplicano e la fantasia delle giovani telespettatrici si proietta in un mondo in cui le avventure delle eroine sono un preludio all’età adulta. Ancora più determinate sono poi le ragazze degli anni ’90 e con loro i nuovi anime, che si ispirano dichiaratamente al fantasy. Il caso più eclatante è Sailor Moon, creato da Naoko Takeuchi, in cui le ragazze abbandonano le bacchette e si trasformano in guerriere pronte a sconfiggere i nemici della Terra con i loro poteri. (S.R.) Novembre 2007 RdC 49 SPECIALE TENEBRE E SOSPIRI MATRIGNE DI CASA NOSTRA Dario Argento e la sua trilogia delle streghe: retroscena di un’antica ossessione, costellata di segni e misteri di Alessandro Boschi proposito di streghe contemporanee, la trilogia delle streghe che Dario Argento ha concluso alla Festa di Roma con La terza madre è ispirata al celeberrimo De profundis di Thomas De Quincey, lo stesso autore di Confessioni di un mangiatore d’oppio. Allora si narravano le vicende di tre streghe che non si sono mai conosciute: si chiamavano Mater Suspiriorum (da cui Suspiria), Mater Tenebrarum (da cui Inferno e non Tenebre…) e la Mater Lacrimarum, che ci porta alla Terza Madre. Ciascuna è poi abbinata a una città: nel primo caso Friburgo, nel secondo New York e nel terzo Roma. In tutti e tre tornano poi abitazioni progettate dall’architetto Varelli: case inquietanti e minacciose, che invece di proteggere uccidono. È poi curioso, in quest’ultimo film, che Argento abbia affidato alla figlia Asia un ruolo catartico, liberatorio. Curioso ma condivisibile, perché riporta ed esorcizza le paure nel luogo in cui sono nate: in casa. I ventisette anni trascorsi da Suspiria e Inferno devono avere fatto fermentare a puntino le ossessioni del regista, prima di condurlo al A sospirato epilogo della trilogia. Pare che a convincerlo sia stato un misterioso episodio accadutogli durante un autunno solitario al mare: “Sto spesso da solo, perché mi piace stare con le mie paure, mi cibo di loro. So di avere una macchia scura dentro di me, ma ne sono consapevole fin da quando leggevo Edgar Allan Poe. Anzi, proprio le sue letture mi hanno insegnato ad affrontarla. Molti invece non lo fanno”. In cosa consistesse il misterioso episodio non è dato sapere, ma mentre raccontava queste cose, Dario Argento se ne stava con lo sguardo fisso verso il pavimento. Pur svelando alcuni aspetti di questa terza strega, impersonata dalla bellissima Moran Atias, Argento ha ottenuto il risultato di attirare una grande attenzione. Non fosse altro perché la Mater Lacrimarum gira nuda per tutto il film. La terza madre rappresenta il secondo “ritorno” di Dario Argento, dopo quello del giallo tradizionale. Questa atmosfera, da lui stesso definita “delirante e sanguinaria” e che apparteneva al suo primo periodo, in verità non lo ha mai abbandonato: basti pensare ai due episodi dei Masters of Horror, Jenifer e Plents. Ciò che però davvero intriga è il suo fare ammaliante, quell’aura di mistero che emana e riesce a stregare in eguale misura adulti e bambini, che continuano a circondarlo e a chiedergli l’autografo. “E’ vero - ha detto -, perché loro capiscono che il mio è un orrore che esorcizza l’orrore vero, sanno che è solo un gioco”. Diavolo di un Argento, ne sa una più delle sue streghe. LA TERZA MADRE E’ ISPIRATA AL CELEBRE DE PROFUNDIS 50 RdC Novembre 2007 Moran Atias è la strega de La terza madre. In alto una scena del film e Dario con Asia Argento ENZO PORCELLI PRESENTA UN FILM DI EMIDIO GRECO L’UOMO PRIVATO TOMMASO RAGNO MYRIAM CATANIA GIULIO PAMPIGLIONE con la partecipazione di MIA BENEDETTA ENNIO COLTORTI MARIANGELA D’ABBRACCIO VANESSA GRAVINA VANNI MATERASSI CATHERINE SPAAK soggetto e sceneggiatura EMIDIO GRECO con la collaborazione di PAOLO BRECCIA e LORENZO GRECO musica LUIS BACALOV fotografia GHERARDO GOSSI montaggio BRUNO SARANDREA supervisione alla scenografia ANDREA CRISANTI scenografo MARCELLO DI CARLO supervisione ai costumi PIERO TOSI costumista ELENA DEL GUERRA suono FULGENZIO CECCON casting RITA FORZANO organizzazione generale STEFANO BENAPPI prodotto da ENZO PORCELLI regia di EMIDIO GRECO una produzione ACHAB Film con il contributo del MINISTERO per i BENI e le ATTIVITÀ CULTURALI Direzione Generale per il Cinema con la collaborazione di RAI CINEMA FILM COMMISSION TORINO PIEMONTE e RIPLEY’S FILM DA NOVEMBRE AL CINEMA www.luce.it Punto critico: manuale per DA NON in PERDERE ☺☺☺☺☺ CAPOLAVORO ☺☺☺☺ sopravvivere alle uscite sala ☺☺☺ BUONO ☺☺ DISCRETO ☺ DELUDENTE NELLA VALLE DI ELAH ANTEPRIMA Gli Stati Uniti d’America messi a nudo da Paul Haggis. Cast ispirato con un magnifico Tommy Lee Jones REGIA Con Genere Distr. Durata PAUL HAGGIS Tommy Lee Jones, Charlize Theron Drammatico, colore Mikado 120’ Il Crash dell’America si chiama Iraq. E non è un “contatto fisico” che si risolve semplicemente nell’immanenza di un conflitto sul campo. Basta rimanere convinti che “everything’s all right”, che attraverso il sacrificio di qualche (!) valoroso caduto possa trovare conferma quel senso di appartenenza da contrabbandare in terre altre, da condurre a utopiche e forzate “democrazie”, per perdere di vista il dramma di una guerra urbana che non ha, e non avrà, vincitori né vinti, ma solamente fantocci di sopravvissuti. È nella consapevolezza di un desolante e aberrante “dopo”, anche conseguenza di un inferno presente mai raccontato dai media statunitensi, sempre più ostaggio delle istituzioni e cooptati dall’esercito stesso, che si muove Nella valle di Elah, secondo lungometraggio diretto da Paul Haggis, regista premio Oscar per il Miglior Film nel 2006 e sceneggiatore prediletto da Clint Eastwood (suoi, oltre a Million Dollar Baby, gli script di Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima). Ispirato contemporaneamente a due storie vere, una raccontata da quella foto che ritraeva la morte del bambino travolto da un convoglio militare (visibile alla fine dei titoli di coda del film), l’altra pubblicata sulle pagine di “Playboy” e firmata da Mark Boal (Morte e disonore, articolo dove viene portato alla luce l’omicidio di un giovane soldato appena rientrato dall’Iraq, sul quale indagò in prima persona il padre della vittima), Nella valle di Elah assume i connotati di una nuova, “piccola” pietra: la stessa con cui, migliaia di anni fa, il giovane David affrontò Golia. Il gigante da affrontare si chiama stavolta “senso di responsabilità”, biblicamente assente nella decisione di re Saul, messo pesantemente in discussione oggi, laddove un’intera nazione si ritrova a fare i conti con la scelta di aver spedito tanti giovani, uomini e donne, in quel tremendo malinteso conosciuto come “guerra in Iraq”. Mantenendo tale contesto dapprima sullo sfondo e chiamando immediatamente a sé l’attenzione dello spettatore nella BANDIERA CAPOVOLTA PER IL DOLORE DI UNA SUPERPOTENZA IN CERCA D’AIUTO 52 RdC Novembre 2007 iFilmDelMese Novembre 2007 RdC 53 iFilmDelMese Il regista Paul Haggis. Sopra Susan Sarandon 54 RdC Novembre 2007 ricerca che Hank, padre risoluto e silente, patriottico e militare in pensione (un immenso Tommy Lee Jones, nel film marito di Susan Sarandon), porta avanti per ritrovare il figlio, scomparso appena una settimana dopo esser rientrato in New Mexico dala missione irachena, Paul Haggis utilizza le dinamiche del giallo – puntando su atmosfere e suggestioni notturne che in alcuni casi fanno addirittura pensare all’Hardcore di Paul Schrader – per costruire e incanalare la suspense in un vicolo cieco, dall’uscita a ritroso dolorosamente lancinante: scoprire la verità, per quel padre già afflitto dalla morte di un figlio pilota d’elicotteri, sarà più semplice che poterla accettare. Quarantadue coltellate, il corpo fatto a pezzi e un rogo per farne sparire i resti: questo è ciò che rimane di Mike, ucciso, si scoprirà poi – grazie alla tenacia dello stesso Hank (messo sulla pista giusta anche dalle foto e dai video estrapolati dal telefono cellulare del figlio) e alla collaborazione di una detective di polizia interpretata da una convincente e sommessa Charlize Theron – senza un motivo, dalla banalità e l’orrore di un male partorito dall’inebetimento di una generazione condannata a distruggere. O all’autodistruzione. “È successa una cosa, papà. Devi tirarmi fuori di qui”: Hank non poteva sapere, immaginare che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe sentito la voce del figlio, distrutto da uno scenario d’indicibile orrore, spronato dal padre a resistere perché l’orgoglio di essere lì per la patria lo avrebbe aiutato a superare qualsiasi difficoltà. Inopinatamente snobbato nel recente palmares del Festival di Venezia, Paul Haggis lascia dietro di sé le fredde dinamiche che lo guidarono alla confezione di quel “capolavoro” studiato a tavolino che fu Crash e riporta il cinema a misurarsi con i drammi rappresentati dalla guerra e dalle sue conseguenze, sperando “che la gente, dopo la visione, possa interrogarsi sull’utilità di un conflitto come questo, che costringe la società a subire il peso di perdite irrecuperabili sia in termini umani che di credibilità”. Perché è una nazione non solo sconfitta, ma in cerca d’aiuto, l’America che capovolge la sua bandiera in uno dei finali simbolicamente più struggenti degli ultimi anni: una superpotenza che piange i propri figli, morti o sopravvissuti, costretti ad un destino che li vuole di ritorno dall’Iraq in stato confusionale, spingendoli a scomparire in un male di vivere senza soluzione. VALERIO SAMMARCO ☺☺☺☺ iFilmDelMese AI CONFINI DEL PARADISO Scontro di civiltà, libertà negate, rapporto fra Oriente e Occidente: Fatih Akin mette d’accordo tutti REGIA Con Genere Distr. Durata FATIH AKIN Nurgül Yesilçay, Baki Davrak Drammatico, colore Bim 122’ Un telegramma sul secondo film del turco-tedesco Fatih Akin, che in due passi di fiction (il primo era La sposa turca, Orso d’oro a Berlino) è già un cineasta considerevole, sarebbe: preoccupazione sociale dei terrorismi e delle libertà negate ai popoli, nello sfondo dell’attrazione/repulsione tra Europa occidentale e Medio Oriente musulmano. A Cannes ha guadagnato un premio alla componente più discutibile del film, la sceneggiatura a incastri di destini. Ad Amburgo il professore universitario Nejat rinnega l’anziano padre, assassino involontario di una prostituta che, dalla Germania, mantiene all’università di Istanbul la figlia Ayten, attivista politica in un gruppo terroristico, a sua volta fuggiasca in Germania a cercare la madre. Lì Ayten incomincia un amore saffico con Lotte che, coinvolta fino a Istanbul, viene uccisa. Le strade si sfiorano per lasciare allo spettatore un IN USCITA L’AUTORE DELLA SPOSA TURCA SI CONFERMA TRA I PIU’ PROMETTENTI DEL NUOVO MILLENNIO quadro chiaro, toccante, di un confronto generazionale sull’involuzione politica dei nostri tempi. Melodramma sull’idealistica, tragica convinzione giovanile che le cose si cambiano con una pistola, è anche un invito all’esperienza e una zona della vita. Akin è un ottimo soggettista e sceneggiatore di anime. Il successo del racconto parte dalla storia e dai personaggi. Un occhio attento all’evoluzione dei fatti e alle passioni individuali forgia un film che metterà d’accordo tutti, come successo, per esempio, con Le vite degli altri. SILVIO DANESE ☺☺☺ 1408 ANTEPRIMA John Cusack intrappolato in un Kammerspiel degli orrori. Evanescente REGIA Con Genere Distr. Durata MIKAEL HÅFSTRÖM John Cusack, Samuel L. Jackson Horror, colore Keyfilms 104’ Basato su un racconto di Stephen King, 1408 è il terzo lungometraggio del regista danese Mikael Håfström, dopo il debutto hollywoodiano Derailed e il patrio Evil, candidato agli Oscar nel 2006. Protagonista è lo scrittore di libri horror Mike Enslin (John Cusack), scettico convinto di fronte a supposti fenomeni paranormali. Fino a quando, nonostante l’opposizione del direttore dell’albergo (Samuel L. Jackson), entrerà nella famigerata stanza 1408 del Dolphin Hotel di New York. Thriller ad alto voltaggio fantasmatico, horror morale formato famiglia, 1408 si pone sulla scia di Hostel, Vacancy e altri analoghi stagionali ambientati in hotel-motel-ostelli. Ma è solo affinità 56 RdC Novembre 2007 L’ORIGINALE DI STEPHEN KING SI PERDE IN DIDASCALISMI E AMBIZIONI AUTORIALI d’habitat: lontano dalla politica del porno-horror, poco attratto dagli eccessi ematici del genere, 1408 riporta lo spettatore alla claustrofobia psicologica di Shining, privilegiando lo strazio introspettivo alla centrifuga della violenza esibita. Pur sovraccarico di effetti speciali, il film si guadagna una dimensione non pletorica di Kammerspiel degli orrori, grazie all’interpretazione di Cusack, misurato e credibile nei panni del romanziere ghostbuster. Ma non basta: dilatato su 104’, farraginoso nei cortocircuiti temporali, didascalico e prevedibile nel background familiare di Eslin, 1408 paga dazio alle sue stesse ambizioni autoriali. E finisce per essere ancor più evanescente dei fantasmi che insegue. FEDERICO PONTIGGIA ☺☺ ANTEPRIMA THE KINGDOM Terrorismo in salsa spettacolare, tra impegno e intrattenimento The Kingdom nasce dal punto di contatto tra il cinema impegnato e dalla vocazione esplicitamente politica come Syriana e lo stile narrativo di serie investigative (chiamate in gergo forensic) come C.S.I. Un film lungimirante e non consolatorio, diretto da Peter Berg (Friday Night Lights) e prodotto da quel genio creativo che è Michael Mann. Il regno cui fa riferimento il titolo è quello dell’Arabia Saudita, in cui un attentato in una zona residenziale dove abitano cittadini americani miete centinaia di morti e feriti. L’FBI, che ha la titolarità di queste inchieste anche all’estero, si vede negare il permesso di inviare una squadra sul posto per ragioni di ALTA TENSIONE E FORZA VISIVA PER RIFLETTERE SULLE RADICI DEL FANATISMO carattere politico. I buoni uffici di un alto dignitario saudita però fanno in modo che quattro persone possano partire per Ryhad, pure contro il parere del dipartimento di Stato. Sul luogo la cosa più difficile è instaurare un dialogo con la polizia locale e applicare un metodo investigativo scientifico valido, anziché norme da regime feudale. Sarà solo l’istinto di un poliziotto arabo e l’intelligenza del capo degli agenti FBI interpretato da Jamie Foxx a consentire che le indagini prendano una direzione costruttiva. Spettacolare, ma non scontato, The Kingdom è un grande thriller, e insieme un’addolorata parabola sul mondo in cui viviamo. L’Arabia Saudita, le sue contraddizioni, il rischio del fanatismo, lo scontro tra Oriente e Occidente vengono brillantemente raccontati in una REGIA Con Genere Distr. Durata PETER BERG Jamie Foxx, Jennifer Garner Drammatico, colore Universal 110’ miscela visiva ad alta tensione che, pur ancorata all’intrattenimento di genere, ci porta nel cuore del “terrorismo”: violenza, morte, genitori che perdono i propri figli, orfani disperati, dolore, lacrime. Un approccio emotivo, ma anche “meditato” per un capolavoro di stile, un po’action movie, un po’ perfino western, che conquista lo spettatore in maniera brillante e problematica. Una pellicola sulla mancanza di dialogo e collaborazione come fertile base per il fanatismo, la sopraffazione e la violenza senza fine. Un apologo coinvolgente sul non dividere il mondo tra buoni e cattivi, ma tra persone di buona volontà e gente che non vuole provare a comprendere gli altri. MARCO SPAGNOLI ☺☺☺☺ Novembre 2007 RdC 57 iFilmDelMese IN SALA IL CASO THOMAS CRAWFORD L’uomo prima della Legge: Hopkins in un legal thriller atipico ed elegante Old style, sangue esiguo, rovelli interiori e scacchiere psicologiche: per un crime-thriller è molto, e contemporaneamente poco. E’ forse proprio una frattura col genere di appartenenza quella a cui fa riferimento il titolo originale, Fracture, personalizzato per il pubblico italiano in Il caso Thomas Crawford. Thomas Crawford, ovvero Anthony Hopkins (che qui e là fa un po’ Hannibal Lecter…), uxoricida o forse no per una questione di corna. Toccherà indagare prima all’amante (Billy Burke) della moglie (Embeth Davidtz), il detective Rob Nunally, poi al rampante assistente alla Procura Distrettuale POCO SANGUE E TANTI ROVELLI: HOBLIT FRANTUMA IL GENERE 58 RdC Novembre 2007 Willy Beachun (Ryan Gosling, ottimo), sulla lama sottile di ascesa professionale e caduta etica. Per entrambi il confine realtà-apparenza andrà in frantumi. A differenza del film, che tiene solido, grazie a un cast di alto livello – menzione anche per David Strathairn – e a una costruzione avvolgente ed elegante, merito del regista Gregory Hoblit, avvezzo al legal thriller da Schegge di paura e ulteriormente allenato dai televisivi NYPD Blue and L.A. Law, e degli sceneggiatori Daniel Pyne e Glenn Gers. Che cosa manca dunque? Il centro, ovvero la parte legal-thriller tout court, a partire dall’ambientazione “a corte”: il film predilige la via extragiudiziale, anteponendo l’uomo al codice, nefandezze e talenti particolari all’asettica universalità della Legge. Più REGIA Con Genere Distr. Durata GREGORY HOBLIT Anthony Hopkins, Ryan Gosling Thriller, colore Eagle Pictures 113’ che un difetto, una virtù. Chi lo saprà apprezzare? Innanzitutto, gli spettatori “all’antica”, ghiotti di film d’attori piuttosto che action, seppur giudiziale. Ma non solo, Il caso Thomas Crawford potrebbe essere letteralmente tale per i sempre più numerosi adepti dei serial legali, a cui deve e dà molto. Lontano dall’estetica televisiva, Hoblit qui cerca nuove angolazioni per la camera, frammenta lo spazio (una Los Angeles notturna che non dispiacerebbe a Michael Mann), ma non si sottrae mai all’understatement, poetico e visivo. Per questo, nonostante l’ottima fattura, al box office prevedibilmente piangerà miseria. FEDERICO PONTIGGIA ☺☺☺☺ IN SALA THE BOURNE ULTIMATUM Adrenalina, ritmo, politica: terzo e migliore capitolo della saga IN SALA SETA Emozioni e atmosfere fedeli a Baricco REGIA Con Genere Distr. Durata REGIA Con Genere Distr. Durata PAUL GREENGRASS Matt Damon, Julia Stiles Thriller, colore Universal 120’ Come giustificare legalmente nefandezze come il Patriot Act e i suoi fratelli? A dircelo è Jason Bourne (Matt Damon), agente segreto ribelle e smemorato, alla ricerca della sua identità perduta. Scopre che il paese che serve (gli Stati Uniti, guarda un pò) è pronto a tutto per sopravvivere e dominare il mondo e che forse un tempo pure lui era un fanatico imperialista guerrafondaio. The Bourne Ultimatum (ma rischia d’essere “penultimatum” visto il finale un po’ troppo aperto), è il terzo capitolo della saga, il secondo di Paul Greengrass, ottimo regista di United 93. E’ il migliore: con ritmo e adrenalina spara a zero su CIA e affini, ricordandoci le estradizioni illegali, i servizi deviati – ma soprattutto i deviati dei servizi -, la politica estera spregiudicata e assassina. Per dire questo, per mostrarlo, cede su una serie di immagini e sequenze necessarie al box office: il controfinale didascalico e improbabile, gli inseguimenti in cui il nostro esce ammaccato e sanguinante ma sempre atletico e brillante, gli ammiccamenti amorosi che servono da scorciatoia. Cosceneggiatore è Tony Gilroy, sempre più abile nello script che nella regia (il suo esordio Michael Clayton ha suscitato reazioni tiepidissime), dimostra il solito intuito per grandi storie nascoste, alla ricerca dei meccanismi occulti della realtà. Il protagonista è sempre Matt Damon, perfetto con il suo faccione nella parte dell’ignaro ma infallibile killer. In fondo è un moderno cowboy: prima sparare, poi chiedere chi è, ecco la regola aurea. La buona notizia è che finalmente sapremo come si chiama il giovane perseguitato, anche se come al solito questa notizia farà più vittime della peste. Piacevole, non solo esteticamente, la comparsa di Julia Stiles, una chicca è l’interpretazione di David Strathairn a dimostrazione dell’eclettismo di uno dei più talentuosi e sottovalutati attori di Hollywood. La colonna sonora ritrova Moby (unica buona eredità del primo capitolo della saga), il cui Extreme Ways viene rivisto e corretto per diventare per il buon Jason quello che Gonna Fly Now è stato per Rocky Balboa. Insomma, Greengrass, sempre più un outsider del mainstream, ha compiuto il delitto perfetto: come un cuoco esperto ha saputo dosare gli ingredienti perché la pietanza potesse piacere a tutti. La ciliegina sulla torta è l’attacco politico, coraggioso e organico alla trama. A dimostrazione che ormai Bush al cinema non può andare neanche più ai multiplex. GREENGRASS E DAMON CORAGGIOSI. ATTACCANO IL POTERE, CON QUALCHE PERDONABILE SBAVATURA FRANÇOIS GIRARD Michael Pitt, Keira Knightley Drammatico, colore Medusa 112’ Un lago, la luce rarefatta, una donna di spalle che si gira lentamente e lascia scorgere il volto. Si apre e si chiude con questa sequenza Seta di François Girard, tratto dall’omonimo bestseller di Alessandro Baricco, pubblicato nel ‘96. Ma dietro quei vapori, dietro il viso dell’affascinante ragazza - che con la stessa grazia con cui si palesa, scompare nelle calde acque - si celano nostalgia, tristezza, inquietudine. È il preludio e la conclusione di una storia che agita e fa palpitare nonostante l’apparente quiete. È la vicenda di Hervé Joncour (Michael Pitt), commerciante di bachi da seta che ogni anno si reca verso il paese del Sol Levante per acquistare i bachi che producono la seta più preziosa. È il 1861. Joncour è sposato con Hélène (Keira Knightley), il loro è un rapporto sereno. Ma un giorno durante uno dei suoi viaggi, Hervé rimane intrappolato dal candore di una fanciulla, geisha di un nobile del luogo. L’uomo non confesserà mai la sua passione, né mai la vivrà, se non attraverso il pensiero e l’immaginazione, con la memoria di una storia vissuta sola attraverso le parole impresse su una pergamena di riso. Ma chi le ha scritte veramente? Quella di François Girard è una trasposizione fedele della storia di Baricco. Riesce a rievocare sul grande schermo le stesse emozioni delle pagine del libro, con una grande forza visiva, con delle inquadrature molto vicine all’arte pittorica più che a quella cinematografica. BORIS SOLLAZZO CRISTINA SCOGNAMILLO ☺☺☺ ☺☺ Novembre 2007 RdC 59 iFilmDelMese IL PASSATO IN USCITA Gael Garcìa Bernal inebetito da un copione che grida vendetta. Babenco da dimenticare REGIA Con Genere Distr. Durata HECTOR BABENCO Gael Garcìa Bernal, Analia Couceyro Drammatico, colore Mikado 114’ “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto: chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdammoce ‘o passato”. Non resta da dire altro, molto altro: Il passato delude, oltre ogni ragionevole dubbio. Diretto dal regista argentino Hector Babenco, implora di scordarne i gloriosi trascorsi: Pixote, la legge del più debole (1980) e, soprattutto, Il bacio della donna ragno (1984, Oscar e Palma d’Oro a William Hurt). Sorte analoga, su scala minore, per Gael Garcia Bernal, scelto da Babenco “a sua immagine e somiglianza” e inebetito da un copione che grida vendetta a cospetto di qualsiasi dio della sceneggiatura. Calato in una love story fastidiosa e noiosa, il Rimini di Bernal se la deve vedere con Sofia IL REGISTA ARGENTINO AI MINIMI STORICI. LA SUA LOVE STORY E’ AL LIMITE DEL FASTIDIO (Analia Couceyro), uno dei più rivoltanti personaggi femminili apparsi di recente sul grande schermo. Non aiutata da un aspetto gradevole, mono-ciglio, occhi vacui e sorriso stolido, è lei “l’arpia” che torturerà il povero (e altrettanto irritante) Rimini per i 114 minuti del film alla ricerca dell’Amore. Lui finirà trapassato, lo spettatore pure. Gratificato al festival di Toronto da giudizi quali “akin to someone jamming a chateaubriand into a champagne glass” (Variety), ha trovato in Concorso alla Festa di Roma, le corrispettive traduzioni italiane, letterali. Spinto da ambizioni palesi e raramente così frustrate, Il passato merita di rimanere tale, e remoto. FEDERICO PONTIGGIA ☺ GIORNI E NUVOLE Da Soldini una parabola verosimile sugli effetti collaterali del precariato REGIA Con Genere Distr. Durata SILVIO SOLDINI Antonio Albanese, Margherita Buy Drammatico, colore Warner Bros. 116’ Estromesso dall’azienda che lui stesso ha fondato, Michele aspetta due mesi prima di confessare alla moglie, Elsa, la novità. La loro agiatezza, del resto, le aveva consentito di mollare il lavoro per dedicarsi alla sua passione, la storia dell’arte. Messa al corrente della situazione, abbandona il suo impegno e inizia a lavorare in un call center, al quale poco più tardi aggiunge un impiego serale da segretaria. E Michele? Sballottato da colloqui inneggianti flessibilità e ruoli non all’altezza, si reinventa come operaio, ma l’euforia del momento si trasforma ben presto in anemica depressione. Dopo la leggerezza e i colori di Agata e la tempesta, Soldini abbandona il realismo magico con cui conquistò critica e pubblico per Pane e tulipani e si confronta con il grigiore e l’oscurità per raccontare il dramma di una famiglia benestante che, dall’oggi al domani, si deve riorganizzare per 60 RdC Novembre 2007 IN SALA TUTTO SI REGGE SULLA RECITAZIONE DI ALBANESE E BUY. MANCA PERO’ L’IMPETO non far crollare i propri standard di vita. Ritratto verosimile ma prevedibile, ingiustificato nella durata e affidato agli equilibri della coppia Albanese-Buy, per la prima volta insieme sullo schermo: sviluppo radical chic (“dovremo vendere la barca”) e mancanza d’impeto per un film che alla Festa di Roma ha convinto un po’ tutti. Del resto, si sa, inquadrare l’umiltà e la forza di volontà di personaggi femminili al cinema paga sempre. E bene. VALERIO SAMMARCO ☺☺ IN USCITA SLEUTH Pinter serve, Branagh realizza: risultato diabolico e dialoghi impeccabili Protagonista, prima di tutto, è la casa. Che non parla, come fanno in modo incontenibile i due personaggi maschili, ma si “muove” ed ha occhi nascosti ovunque, per spiare ambienti, corpi e anche anime. Fuori è barocca e austera, dentro è spietatamente moderna, fredda, inquietante, dark. Come il giovane playboy e parrucchiere (o attore?) Milo Tindle, ossia Jude Law e il suo attempato antagonista Andrew Wyke, ossia Michael Caine, scrittore vizioso e ambiguo, cui non mancano i soldi e la perversa, morbosa gioia di giocare con le sue prede e vittime (ma lui, davvero, che ruolo occupa?), quando entra in JUDE LAW NEL RUOLO CHE FU DI MICHAEL CAINE, ORA ANTAGONISTA gioco il fattore gelosia. C’è uno sfizio cinematografico in più nel gioco di Sleuth, sceneggiatura di Harold Pinter - un piacere del linguaggio eccelso e dialoghi di rara perfezione teatrale pur se talvolta segnati da qualche caduta di stile -, gioco del quale Kenneth Branagh e gli attori si sono innamorati: il fatto che il lavoro teatrale di Antony Shaffer all’origine del film è già stato portato sugli schermi da Joseph Mankiewicz nel 1972 e che in quella memorabile trasposizione (in Italia Gli insospettabili) l’allora giovane Caine interpretava il ruolo oggi di Law e il suo rivale era niente meno che Laurence Olivier. Questo rende l’idea della verticistica tecnica recitativa di cui il film si nutre: i dialoghi, ieri come oggi - anche se in film di natura assai diversa - sono l’anima e condensano REGIA Con Genere Distr. Durata KENNETH BRANAGH Jude Law, Michael Caine Thriller, colore Sony Pictures 86’ l’esperienza quasi sensoriale dello spettatore. Lo scrittore incontra il giovane e l’iniziale stretta di mano, vista dall’alto nella mobile e attenta regia di Branagh, è presaga di non troppi pacifici colloqui e di molti silenzi intimidatori: il secondo ha sottratto la moglie al primo, barattano un possibile accordo che li renda equivocamente liberi, si divertono ad occupare ruoli agli antipodi, ma la verità si annida altrove. Mentre le vibrazioni degli archi e le ripetitive note del pianoforte (perfetta, intima musica da camera di Patrick Doyle), danno subito l’idea di quale tipo di sonata accompagnerà le serate e le bevute dei due: diabolica. LUCA PELLEGRINI ☺☺☺ Novembre 2007 RdC 61 iFilmDelMese IN SALA LA GIUSTA DISTANZA Il bene e il male in un’Italia immaginaria e sospesa nel tempo. Bravo Mazzacurati A Concadalbero, il paese immaginario del nuovo film di Carlo Mazzacurati nei dintorni maestosi e piatti che si srotolano lungo le rive del delta del placido Po, le distanze tra le case e i mondi (portati dai vari caratteri) sembrano e sono più lontane di quelle tra i personaggi. E’ una questione di prossemica, di culture, di ambizioni, di rapporti economici. E soprattutto è un problema di racconto di quelle distanze che scorrono, come le acque quiete e pericolose del fiume, sull’incontro tra il meccanico tunisino Hassan (Hafiene), ormai integrato in una società parzialmente multirazziale e distrattamente tollerante, e Mara LA MAESTRIA E’ NELL’ANIMARE DI ATTUALITÀ QUESTO LIMBO ANONIMO 62 RdC Novembre 2007 (Lodovini) la graziosa ed estroversa maestra scesa con la sua valigia da una corriera per una supplenza in attesa di partire per il Brasile. Hassan comincia a spiare la giovane donna, a desiderarla, e lei si fa corteggiare e lo ama per quella che vorrebbe essere la storia di una notte. In quell’angolo di un’Italia piccola, ferma in un intervallo sfumato tra il passato prossimo e il presente, tra civiltà contadina e violazione degli accessi a internet fanno notizia l’uccisione seriale di alcuni cani, un incendio, la pazzia della vecchia insegnante che interrompe una festa paesana navigando solitaria verso il mare (una scena che rimane negli occhi), i pettegolezzi, l’astrologo che blatera in una tv locale, una festa di compleanno delle dipendenti di un call-center. Osservare e descrivere, con REGIA Con Genere Distr. Durata CARLO MAZZACURATI Giovanni Capovilla, Ahmed Hafiene Drammatico, colore 01 Distribution 110’ la “giusta distanza”, non troppo distaccati da apparire indifferenti né troppo vicini da esserne risucchiati, questo territorio anonimo, la sua tipizzata umanità (non tutti i comprimari sono inappuntabili) e “il giallo” che ne scaturisce, è il compito, attraverso le pagine del quotidiano locale, del giovane protagonista, l’aspirante cronista Giovanni (Giovanni Capovilla) e, attraverso la messa in scena e le inquadrature, del regista. Il cronista fa un buon giornalismo d’inchiesta e svela la verità (qualche ambiguità non chiarita non avrebbe penalizzato il film). Il regista è bravo nel prendere le misure del male quotidiano e qualunque. ENRICO MAGRELLI ☺☺☺ IFinalmente VICERE’ sullo schermo il romanzo di De Roberto: grazie a Faenza, meno al film ANTEPRIMA IN USCITA IL DIARIO DI UNA TATA Romanzetto rosa. Leggero e con brio REGIA Con Genere Distr. Durata REGIA Con Genere Distr. Durata ROBERTO FAENZA Alessandro Preziosi, Lando Buzzanca Storico, colore 01 Distribution 120’ Nella mole esorbitante delle patrie trasposizioni ancora nessuno aveva pensato a I vicerè di Federico De Roberto: è un punto pesante da segnare sul tabellino di Roberto Faenza. A lui va il nostro sincero grazie, per aver adattato il capolavoro dello scrittore partenopeo a oltre un secolo dalla sua edizione, datata 1894. Faenza ce l’ha fatta, laddove in molti avevano fallito, tra cui Roberto Rossellini, come recentemente rivelato dal figlio Renzo. Innumerevoli le difficoltà che avevano fino a oggi sconfessato i tentativi di riduzione: accanto alla svalutazione coeva dell’opera di De Roberto, che in Benedetto Croce trovò un feroce stroncatore, pesano fattori intrinseci, di forma (densità narrativa, struttura corale a incastro, peculiarità stilistiche difficilmente traducibili su schermo) e contenuto: anticonformismo, triplice attacco istituzionale a Stato, Chiesa e Famiglia, e, paradossalmente, l’irrefutabile modernità delle pagine derobertiane. Faenza esegue uno slalom quasi impeccabile tra queste insidie, maneggiando contemporaneamente mannaia, per rendere commestibile sullo schermo la tranche de vie del romanzo, e fioretto, annacquando in parodia, grottesco e divertissement il potente j’accuse socio-politico di De Roberto. Inevitabile escamotage per tradurre in audio-visivo la prosa sulfurea dello scrittore catanese d’adozione? Non crediamo, il regista dichiara l’assoluta estraneità tra la versione cinematografica e quella estesa per la televisione dei suoi Vicerè, ma il confine è in realtà molto labile. Punti d’appoggio del cine-ritratto della famiglia Uzeda in interno siculo ottocentesco sono costantemente drammaturgia ed estetica televisive, ovvero personaggi in bassorilievo psicologico, carta bianca alle scene madri, recitazione impersonale e molteplici deroghe stilistiche: montaggio paratattico, abbondanza di primi piani, macchina da presa scolastica. Non tutto è perduto: la costumista Milena Canonero non ha vinto tre Oscar per caso, Paolo Buonvino non lesina sullo spartito, e il pater familias Lando Buzzanca (Principe Giacomo) si mette in spalla il resto del cast, cercando – invano – di trasmettere il mestiere all’insipido Alessandro Preziosi (Consalvo), la svanita Cristiana Capotondi (Teresa) e Guido Caprino (Giovannino, non pervenuto). Non basta alla riuscita del film, ma è sufficiente per non gettare ulteriore fango sugli sciagurati Vicerè. ALL’OTTIMO BUZZANCA L’INGRATO COMPITO DI GUIDARE GLI INSIPIDI PREZIOSI E CAPOTONDI SHARI SPRINGER, ROBERT PULCINI Scarlett Johansson, Laura Linney Commedia, colore 01 Distribution 107’ Il futuro del mondo è nelle mani delle donne, e non parliamo di Hillary e Condoleeza, ma dei demoni che vestono Prada e delle mamme dell’Upper West Side. Merito senza dubbio del grande successo dei molti Chick Flick (tradotto letteralmente “romanzetti per pollastrelle”) che negli ultimi anni hanno preso d’assalto gli scaffali delle librerie. Il fatto è che sono tutt’altro che romanzetti, ma veri e propri trattati di sociologia, neanche tanto spicciola, che mostrano chiaramente la china sempre più nevrotico-esistenziale che le donne desiderose di diventare importanti stanno prendendo. Il diario di una tata rientra perfettamente in questo nuovo genere del cinema americano e il fatto che sia diretto, con mano divertita ma ancora un po’ acerba, dalla coppia Shari Springer e Robert Pulcini, già autori del geniale American Splendor e cineasti underground di vaglia, fa capire ulteriormente quanto questo fenomeno non sia da prendere sottogamba. Scarlett Johansson è una tata perfetta e Laura Linney è sempre una delle migliori attrici americane di questo scorcio di secolo, nei panni della ricca mamma insoddisfatta. Insieme raccontano i drammi di due ceti sociali a confronto, ma soprattutto la confusione che la frenetica vita moderna crea a grandi e piccini. Insomma, se Mary Poppins vivesse ai nostri giorni, chiederebbe un piano previdenziale e l’assistenza medica prima di entrare in casa. FEDERICO PONTIGGIA ALESSANDRO DE SIMONE ☺☺ ☺☺☺ Novembre 2007 RdC 63 iFilmDelMese ANTEPRIMA UN CUORE GRANDE Rapito e assassinato in Afghanistan. La Jolie rende giustizia al cronista Daniel Pearl Sarajevo - Guantanamo - Karachi. Un viaggio temerario di “Avventure nel mondo”? No, l’itinerario di Michael Winterbottom, cineasta di razza e intellettuale coraggioso. Emozioni, dolore, ingiustizie le sue specialità. Le guerre sporche e scomode di un Occidente sempre più corrotto e amorale il suo campo di battaglia, non solo cinematografico. Prima era l’ex Jugoslavia, ora è l’Afghanistan, il post 11 settembre. In Road to Guantanamo, ha raccontato la storia vera di quattro giovani la cui unica colpa fu sconfinare dal Pakistan e il non confessare, neanche sotto tortura, le bugie necessarie al Sistema. In Un cuore SOBRIETA’ E PUDORE NELLA DENUNCIA DI WINTERBOTTOM 64 RdC Novembre 2007 grande racconta i giorni in cui la guerra di civiltà, forse, è arrivata al suo punto di non ritorno. Nel gennaio 2002 Daniel Pearl, inviato per il Wall Street Journal in Pakistan e Afghanistan, viene sequestrato da Al Qaeda. Sarà il primo giornalista ucciso con un’atroce decapitazione, tragica moda del terrorismo di questi ultimi anni. Dopo le estradizioni illegali della Cia e il dramma delle detenzioni (spesso ingiustificate) di Guantanamo, Winterbottom, prodotto da Brad Pitt e con Angelina Jolie come protagonista, mostra l’altra faccia della guerra infinita, della libertà duratura, partendo dal libro di memorie della giovane e caparbia vedova. Con una narrazione classica e la solita grande capacità tecnica, il regista inglese ci porta all’interno di un dramma REGIA Con Genere Distr. Durata MICHAEL WINTERBOTTOM Angelina Jolie, Dan Futterman Drammatico, colore Universal 100’ familiare e mondiale con una sobrietà e un pudore per lui inusuali. Daniel (Dan Futterman) lo vediamo quasi esclusivamente nei momenti di felicità e lavoro, viviamo la tragedia con la moglie Mariane (Jolie), incinta di sei mesi, e di tutto il suo entourage di colleghi, amici e diplomatici. Di sbagliato e fuori posto c’è solo l’improbabile parrucca di Angelina. Ci si commuove, ci si indigna, si vorrebbe urlare insieme all’ottima Jolie, in uno dei pianti più scomposti ma veri della storia del cinema. Pearl cercava e raccontava la verità, ripugnava dogmi e ipocrisie. Una colpa troppo grande in un mondo fanatico e fondamentalista come il nostro. BORIS SOLLAZZO ☺☺☺☺ IN SALA IN SALA QUEL TRENO PER YUMA Western ultima frontiera: super Crowe Remake dell’originale di Delmer Daves del ’57, Quel treno per Yuma traccia la nuova frontiera del western del terzo millennio. Robustamente diretto da James Mangold (Quando l’amore brucia l’anima), ha nel bandito Russell Crowe e nel contadino Christian Bale due cavalli di razza, capaci di condurre la diligenza del neo-western in territori poco esplorati dal genere: humour a piacere, manicheismo al lumicino e allargamento prospettico senza dimenticare la tradizione. 117’ a briglia sciolta, che superano l’antenato, consacrando la burbera versatilità di Crowe, la coscienziosità di Bale e il fascino perv di Ben Foster. Un treno da non perdere. FEDERICO PONTIGGIA ☺☺☺☺ IN SALA L’ABBUFFATA Il “cinema nel cinema” di Calopresti è puro esercizio MEDUSE Piccolo gioiello su un Israele atipico REGIA Con Genere Distr. Durata MIMMO CALOPRESTI Paolo Briguglia, Stefano Della Casa Grottesco, colore Istituto Luce 100’ “Questa è la bellezza del cinema: le persone riescono a dirsi quello che non si dicono nella vita”. Un buon punto di vista per giustificare le numerose e didascaliche sceneggiature che affliggono tanto cinema contemporaneo. L’abbuffata di Calopresti non è un film. È un esercizio di cinema nel cinema che coinvolge, in maniera ipercalorica come da titolo, molti volti noti – alcuni fedelissimi del regista, vedi Valeria Bruni Tedeschi – nell’avventura di tre ragazzi calabresi (Briguglia, Nucera, Di Ciaccia) decisi a realizzare un lungometraggio con la partecipazione degli abitanti della piccola Diamante. Che si mobilitano con gioia quando, contro ogni previsione, Gérard Depardieu decide di prendere parte al progetto. L’indigestione sarà fulminante. Così come la sensazione che il bersaglio mirato da Calopresti, anche attore nella parte di un attore, perda di significato dopo qualche minuto di visione. Non bastano Abatantuono (regista senza più ispirazione), Donatella Finocchiaro, Frassica, più le apparizioni del già “Flaminio Maphia” G-Max e del critico Stefano Della Casa: l’ipotetico omaggio a 8 e 1/2 è pura teoria, la (grande) e letale abbuffata per il ferreriano Depardieu meccanico coupe de theatre. VALERIO SAMMARCO ☺ Se Babel fosse Tel Aviv. Etgar Keret e Shira Geffen, Camera d’Or all’ultima Cannes, ci regalano con Meduse lo spaccato di un Israele diverso. Senza violenza, ideologie e sospetti ma con un mare conciliante, sfondo di dolci storie di solitudini. Due sposi e una bella scrittrice triste. Una cameriera dagli affetti bizzarri alla ricerca di una bimba e una fotografa “schiava” di immagini che non interessano nessuno. Una domestica immigrata dalle Filippine e un’anziana mal sopportata. Una splendida Vie en rose cantata in ebraico da Corinne Allal. Un gioiello di regia, recitazione e sceneggiatura. Un film bello, atipico e diverso, come le sue attrici. NON BASTANO I VOLTI NOTI DI DEPARDIEU E FINOCCHIARO. L’OMAGGIO A BORIS SOLLAZZO FELLINI RESTA SOLO TEORIA ☺☺☺☺ Novembre 2007 RdC 65 iFilmDelMese DIE HARD - VIVERE O MORIRE Invecchia bene e si prende in giro da solo. Scoppiettante il ritorno dell’agente Willis REGIA Con Genere Distr. Durata LEN WISEMAN Bruce Willis, Timothy Olyphant Azione, colore 20th Century Fox 130’ Buon vecchio John McClane, quanto ci sei mancato. Tu, Rocky Balboa, John Rambo, voi sì che sapete come farci sentire vecchi. Il vostro sguardo spaesato in un mondo che non è più il vostro è adorabile al pari della tenera ostinazione con cui cercate di salvarlo. John, poi, è il migliore. Ultimo dei cowboy-boyscout, Bruce Willis gli deve tutto, a partire dal famoso “Hippy-yaye” che lo ha reso immortale. Grattacieli, aeroporti, persino la camera di un hacker adolescente, per lui diventano sempre il posto sbagliato al momento sbagliato. Il giovanissimo regista Len Wiseman, videoclipparo di razza e genio del reparto tecnicoartistico di diversi kolossal (Independence Day, Godzilla, Men in Black), lo mette di fronte a un attacco globale cyber-terrorista. Infame, JohnBruce non sa neanche accendere la lavatrice. All’antieroe “figo”, insultato perennemente dalle sue donne, tocca IN SALA RIUSCITO MIX DI VIOLENZA E UMORISMO: L’AZIONE VINCE PERCHÉ DEL TUTTO IMPROBABILE combattere con nerd bombaroli rifiutati dalle agenzie governative perché troppo intelligenti. Si sa, al colosso America mai far notare i piedi d’argilla. McClane non si scoraggia e affronta tutto come sa: con i computer condivide il cervello. L’uno elettronico, l’altro umano, ma entrambi mossi da un codice binario. Fortuna che l’abbinamento di Willis è violenzaumorismo. Le sue battute sono perle divertenti e improbabili quanto le scene d’azione. E tanto basta per acclamare il ritorno del nostro sgangherato eroe. BORIS SOLLAZZO ☺☺☺ L’UOMO PRIVATO IN SALA Occasione sprecata per Emidio Greco. Annoia il suo ritratto dell’alta società REGIA Con Genere Distr. Durata EMIDIO GRECO Tommaso Ragno, Myriam Catania Drammatico, colore Istituto Luce 100’ Quarantenne affascinante, professore universitario di Diritto, l’uomo privato (Ragno) che dà il titolo all’ultimo film di Emidio Greco (in concorso alla recente Festa di Roma) è socialmente e professionalmente affermato. Individualista, donnaiolo ma fondamentalmente solo, frappone davanti a sé un muro per difendersi dalla “volgarità e insensatezza della realtà”. Anche per questo, forse, decide di troncare la relazione con la giovane Silvia (Myriam Catania), perdutamente innamorata di lui. Ma quando sul corpo senza vita di uno studente viene trovato un foglietto con il suo nome e numero di telefono, l’uomo privato deve fare i conti con una realtà che, per forza di cose, non LA VIRATA IN GIALLO NON AIUTA LA MONOLITICA CATHERINE SPAAK può più tenere a distanza. Non è un’idea sbagliata, quella di Greco: raccontare attraverso la stucchevolezza di monologhi e dialoghi volutamente (?) aberranti l’(ipotetica) alta società contemporanea, mondo con cui il protagonista è ogni giorno in contatto, mantenendo con essa rapporti di favore, al limite della “corruzione” ideologica. A non funzionare, e parecchio, oltre ad interpretazioni monolitiche (vedi Catherine Spaak), è purtroppo la volontà di tenere invariate le coordinate ritmiche del racconto, anche in seguito alla virata verso il giallo: immobile masso che il presunto, nuovo atteggiamento dell’uomo privato non sposta di un millimetro. VALERIO SAMMARCO ☺ Novembre 2007 RdC 67 ISTITUTO LUCE, COOPERATIVA GAGÉ E DANIA FILM PRESENTANO UN FILM DI MIMMO CALOPRESTI PAOLO BRIGUGLIA ELENA BOURYKA LORENZO DI CIACCIA LELE NUCERA DIEGO ABATANTUONO DONATELLA FINOCCHIARO NINO FRASSICA VALERIA BRUNI TEDESCHI e con la partecipazione straordinaria di GÉRARD DEPARDIEU una produzione ISTITUTO LUCE, COOPERATIVA GAGE’, DANIA FILM in collaborazione con RAI CINEMA con il sostegno della REGIONE CALABRIA, FILM COMMISSION CALABRIA, FILM COMMISSION TORINO PIEMONTE produttore esecutivo MARISA GRIECO - HEAT PRODUCTION soggetto e sceneggiatura di MONICA ZAPELLI, MIMMO CALOPRESTI da “L’INVITO” di MAHMOUD IDEN musiche originali di SERGIO CAMMARIERE ORIGINAL SOUNDTRACKS – EDIZIONI GRANDEANGELO fotografia PASQUALE MARI (a.i.c.) montaggio RAIMONDO AIELLO scenografia ALESSANDRO MARRAZZO costumi CAROLINA OLCESE trucco LUIGI CIMINELLI suono presa diretta PIERRE YVES LAVOUE sound designer LILIO ROSATO, MARCO GIACOMELLI aiuto regia BERENICE VIGNOLI casting LAURA MUCCINO (u.i.c.) organizzatore PAOLO VENDITTI sviluppo progetto ALESSANDRO RUSSO, LAURENCE HOFFMAN (WILD SIDE MEDIA) regia di MIMMO CALOPRESTI Opera finanziata da Arcus S.p.A. con mutuo concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. a valere sui fondi del risparmio postale DAL 16 NOVEMBRE AL CINEMA gagé produzioni SKY ch 807 www.luce.it OK Telecomando Homevideo, musica, industria e letteratura: novità e bilanci dal cinema DVD Inside Cinema Libri Colonne sonore 80 anni di musica da film in tre Cd NOTE DI MERITO Da ascoltare e collezionare Novembre 2007 RdC 69 telecomando DVD Inside Cinema Libri Colonne sonore di Alessandro Scotti Regina del piccolo schermo Con Elizabeth I la televisione si fa cinema: un cofanetto di 2 dischi per lo splendido ritratto a cui dà vita Helen Mirren Regia Tom Hooper Con Helen Mirren, Jeremy Irons, Hugh Dancy, Patrick Malahide, Ian McDiarmind, Toby Jones Genere Storico Cofanetto con 2 Dischi Distr. Dolmen 70 RdC Novembre 2007 Quando il cinema si fa per la televisione: la miniserie dedicata alla figura della regina Elisabetta I d’Inghilterra, premiata con una pioggia di riconoscimenti, è un degno esempio di una televisione fatta con le logiche e la qualità del vero cinema. Lo sguardo del regista Tom Hooper va al di là delle cronache con cui storici e biografi hanno riempito le pagine dei libri di storia, per scavare nell’intimità di Elisabetta, rendendo al mito un aspetto di intensa umanità. Fin dall’apertura, nel primo episodio, la dichiarazione del taglio intimista è esplicita: proprio nella prima scena Sua Maestà viene sottoposta ad una umiliante visita ginecologica. Scopo, render conto alla corte che la regina sia ancora in grado di avere eredi. Fin da subito la vita privata si sottopone alle ragioni di Stato. Ogni scelta personale della regina diviene qui una scelta politica, di un’abile stratega e un’incredibile diplomatica: dall’eventuale matrimonio, e soprattutto dalla nascita di un futuro re, dipende la stabilità e la sopravvivenza della monarchia protestante d’Inghilterra. Molte sono le minacce che insidiano l’appetibile trono, la cattolica Spagna fa la parte del leone, ma c’è un pericolo ancora più vicino, che viene dalla cugina Maria, confinata in Scozia per aver sposato la causa cattolica. Per quaranticinque anni Elisabetta I difese il trono inglese contro le superpotenze dell’epoca, ebbe la meglio contro la temibile e potente Armada Spagnola, e immolò ai suoi doveri i sentimenti più forti, rinunciando al matrimonio con l’uomo amato, sottomettendo la sua vita a quella dell’Inghilterra. Donna di Stato, combattiva e decisa, capace di decisioni drastiche (la fine dell’insidiosa cugina sarà opera sua) pur di difendere corona e religione, ma anche capace di salvaguardare con decisione la zona più intima della sua femminilità nell’intricato dedalo dei giochi di potere della sua stessa corte. La regina di Hooper non è più giovanissima, ha passato già da diversi anni la quarantina e regna sull’Inghilterra ormai da quasi un ventennio. Sono fra gli anni più turbolenti della storia inglese, ma anche fra i più stimolanti per il proliferare di poeti, scrittori e pittori che la ritrassero e la immortalarono alla storia come la Regina vergine. Nella fastosità severa delle opulente sale del palazzo di Whitehall, l’erede di Enrico VIII continua con determinazione l’opera scismatica del padre. Nelle immagini di Hooper, lo splendido ritratto di una delle figure storiche femminili più complesse della storia. MINISERIE CHE SCAVA NELL’INTIMITA’ DELLA SOVRANA PER DONARE UMANITA’ AL MITO Novembre 2007 RdC 71 telecomando DVD Inside Cinema Libri Colonne sonore La classe dei classici A CURA DI BRUNO FORNARA NEW PARTITA D’AZZARDO DI GEORGE MARSHALL CON JAMES STEWART, MARLENE DIETRICH George Marshall impersona bene la figura dell’artigiano hollywoodiano. Carriera infinita, film su film di medio livello. E un piccolo grande capolavoro: Destry Rides Again, Partita d’azzardo (1939), western parodistico con risvolti drammatici. Trama da western classico: la cittadina è dominata dal padrone del saloon che, barando a poker, porta via le terre ai coloni. Nessuno crede che il nuovo e gentile vicesceriffo Tom Destry potrà averla vinta. Figuriamoci: non porta le pistole e non crede alla violenza. E invece. La partita più entusiasmante, James Stewart non la gioca, però, con i cattivi, ma con Marlene Dietrich, donna di saloon e del boss. Lui entra nel film scendendo dalla diligenza con canarino e parasole (non suoi!): e mostra subito un dolce e imprevisto lato femminile. Lei, maschile e dominatrice, ama bersagliare chi le sta intorno con qualsiasi oggetto le capiti sottomano. Tra i due scoppierà una delle più celebri bagarre della storia del cinema. Magnifica la Dietrich quando canta See What the Boys in the Backroom Will Have. Indimenticabile quando, morente, si passa la mano sulle labbra per togliersi il rossetto. Grandi caratteristi. Regia abile e invisibile: cioè meravigliosa. DISTR. UNIVERSAL Supereroi a volontà L’Uomo Ragno in tutte le salse. Con Batman e Superman, fra Blu-Ray e Limited Edition SPIDER-MAN 3 BATMAN BEGINS SUPERMAN RETURNS Distr. Warner Home Video Natale: tempo di superoi. Che abbiano barba bianca, tuta blu o aureola in testa, il mercato se ne frega e fa di tutta l’erba un fascio: un fascio infestante, nato per avvinghiarsi e strangolare gli abeti che adorneranno i salotti degli italiani. Un fascio di pacchetti rigogliosi, tanto gravidi da pesare sulle radici. Il primo contiene il terzo Uomo Ragno targato Raimi. Il film, preceduto dalla grancassa promozionale, si risolve nell’annunciato tripudio di effetti speciali. Spider-Man 3 può incassare ancora e l’occasione natalizia è ghiotta: disco singolo (per chi non può fare di più), due dischi e Limited Edition (per chi non si accontenta). Ma non c’è limite al tanto: cofanetto “Trilogia”, doppio disco Blu-ray, Trilogia in quattro dischi alta definizione Blu-Ray... La parte del leone la fanno gli extra: uno tsunami di interviste, commenti, gallerie, errori e video, rigirati in tutte le plausibili possibilità. La vera novità è nella Limited Edition: fra gli extra la campagna realizzata per il lancio del film. Rivende cioè, a pagamento, i filmati realizzati per convincerci della bontà del prodotto. Geniale. Autofago. Perverso. Alla Warner sono dilettanti: si sono limitati a riunire Batman e Superman in un un unico cofanetto. 72 RdC Novembre 2007 Freschi di sala IL DESTINO NEL NOME La fatica di crescere in USA col sangue indiano. Mira Nair porta a New York le difficoltà di adattamento degli emigrati bengalesi. Scene tagliate, commento del regista e dibattito di una classe della Columbia University sul film. DISTR. 20TH CENTURY FOX IL GRANDE MATCH La finale dei Campionati del Mondo di Corea e Giappone attrae l’attenzione ai quattro angoli del pianeta. Olivares racconta i viaggi di Tuareg, nomadi mongoli e Indios dell’Amazzonia per raggiungere un televisore. DISTR. DOLMEN LE VITE DEGLI ALTRI Esordio fulminante di Florian Henckel von Donnersmarck. Parabola drammatica del rapporto fra un drammaturgo sospettato dal regime e del funzionario della Stasi a lui affidato in una incredibile Berlino Est del 1984. DISTR. 01 DISTRIBUTION Istituto di Studi Teologici e Storico Sociali Terni Narni Amelia Maria Grazia Cucinotta Raz Degan Claudio Malaponti Krzysztof Zanussi Franco Battiato Pasquale Scimeca Vittorio Moroni Francesco Salvi Enrico Brizzi Paolo Bianchini filmfestival popoliereligioni Terni, terza edizione dal 4 all’11 novembre ‘07 per informazioni:WHOZZZÀOPIHVWLYDOSRSROLHUHOLJLRQLLWLQIR#ÀOPIHVWLYDOSRSROLHUHOLJLRQLLW come raggiungerci da Roma:GLUH]LRQH)LUHQ]HXVFLWDD2UWHGLUH]LRQH7HUQL6SROHWRXVFLWD7HUQL2YHVW Ministero per i Beni e le Attività Culturali Fondazione Diocesi di Terni Narni Amelia Comune di Terni Università di Perugia 3ROR6FLHQWLÀFR Didattico di Terni Cassa di Risparmio di Terni e Narni www.studioimago.it - foto Alberto Bravini Enrico Lo Verso Alvaro Buela telecomando DVD Inside Cinema Libri Colonne sonore SE MI LASCI TI CANCELLO Commedia agrodolce di Michel Gondry. Il sempre fecondo sceneggiatore Charlie Kaufman è una fucina di idee. Sembrano fatti l’uno per l’altro. Come Joel e Clementine: felici e innamorati, finchè lei non decide di dare un taglio alla relazione e si rivolge alla clinica Lacuna Inc. per cancellare Joel dai suoi ricordi. Edizione in doppio disco ricca di extra: commenti di regista e sceneggiatore, scene tagliate, backstage, interviste e clip. Il titolo originale è meraviglioso: Eternal Sunshine of the Spotless Mind, peccato per quello italiano. DISTR. EAGLE PICTURES Musica, maestri! Franklin, Gershwin & Co: quattro grandi del jazz, come non li abbiamo mai visti ARETHA FRANKLIN LA REGINA DEL SOUL GEORGE GERSHWIN REMEMBERED GLENN MILLER: L’EROE DELLA MUSICA AMERICANA SASS’N’BRASS: SARAH VAUGHAN & FRIENDS Cofanetto in 4 dischi Distr. Dolmen Fra aneddoti, interviste, ricostruzioni storiche e filmati originali, si raccontano quattro miti immortali della musica. Aretha Franklin, la regina del soul, George Gershwin, compositore stimolante e contradditorio, Glenn Miller, direttore d’orchestra e fecondo arrangiatore di alcuni fra i pezzi jazz più famosi al mondo, e Sarah Vaughan, “la divina”: le loro storie, fra mito e realtà sono – un po’ pretestuosamente - riunite in un cofanetto intitolato I maestri del jazz. Quattro dvd ricchi di elementi noti e inediti, dai grandi concerti dal vivo, alle testimonianze di chi li ha conosciuti, dall’immagine pubblica a quella privata. Il documentario di Cathe Neukem su Aretha Franklin riporta alla sua infanzia, quando cantava nella chiesa del padre, a Detroit. Parlano di lei altre star della musica, da Eric Clapton a Ray Charles. Attraverso conoscenti e amici Peter Adan costruisce il mosaico della vita di Gershwin, delle sue collaborazioni con Ginger Roger, Fred Astaire, Judi Garland e Grace Kelly. Don McGlynn firma il documentario su Alton Glenn Miller, ricorrendo a documenti d’epoca, notiziari e riprese amatoriali. Interessanti anche le voci di James Stewart e Henry Mancini sui retroscena di The Glenn Miller Story. Voce elegante, profonda e melodiosa, Sarah Vaughan si racconta nel documentario di Len Dell’Amico. FILM IN ORBITA SUGGERIMENTI TV DALLA GALASSIA SATELLITARE 74 RdC Novembre 2007 ROMANZO CRIMINALE VERSIONE INTEGRALE Edizione integrale in doppio disco con intervista a Giancarlo De Cataldo e a Pier Francesco Favino per la ballata tragica di quelli de La Magliana. A partire dal libro del giudice-scrittore (che lavora anche alla sceneggiatura), Michele Placido racconta l’Italia degli anni Settanta attraverso le vicende del Libanese, del Freddo e del Dandy; nomi alla Sergio Leone in un cinema che vorrebbe essere quello di Rosi. Si fa notare la fotografia di Luca Bigazzi, che ormai sembra essere il vero animatore del cinema italiano. DISTR. WARNER HOME VIDEO A CURA DI FEDERICO PONTIGGIA SVALVOLATI ON THE ROAD LA VOLTAPAGINE SPIELBERG ON SPIELBERG (Mediaset Premium) Sulla scia di Easy Rider, 40 anni dopo. Travolta & co., pancetta e bandana d’ordinanza, scorrazzano on the road, accelerando sulle risate. Per bikers nostalgici e buontemponi in gita fuori porta. (Mediaset Premium) Vendetta a suon di musica. Da Denis Dercourt, dramma da camera con splendide interpreti: Catherine Frot e Deborah François. Chiave minore al femminile, senza pietà. (Sky) Un documentario, di Richard Schickel, per celebrare Spielberg. In attesa del nuovo Indiana Jones, l’occasione per rivederlo in Salvate il soldato Ryan, La guerra dei mondi e Munich. telecomando DVD Inside Cinema Libri Colonne sonore ECONOMIA DEI MEDIA DI FRANCO MONTINI L’istinto del gregge Il mercato cresce ma diminuiscono i film di successo. Paradosso dovuto ai titoli “fenomeno” che cancellano il resto dell’offerta Cresce il mercato, diminuisce il numero dei film di successo. Può sembrare un paradosso, ma è la realtà che emerge analizzando le più recenti tendenze dell’esercizio cinematografico italiano. Il 2007 sembra destinato a chiudersi con una crescita di presenze non solo rispetto al 2006, ma anche nei confronti dei due anni precedenti. Dall’inizio dell’anno alla data del 7 ottobre, nelle sale monitorate da Cinetel si erano staccati oltre 73 milioni di biglietti, contro i 66,7 dell’analogo periodo 2006. In termini percentuali, la crescita è del 9,8%. Ancora migliore è il raffronto con il 2005, che, per ciò che riguarda le presenze, fa registrare un incremento del 17,9%. E’ positivo, infine, anche 76 RdC Novembre 2007 il raffronto con l’anno di grazia 2004, con una crescita di biglietti venduti pari al 3,4%. Tuttavia a determinare il positivo risultato 2007 sembra essere un numero assai esiguo di film. Se si conteggiano i biglietti staccati per i primi dieci titoli del box office 2007, si arriva alla cifra di 26,6 milioni, quasi il 40% del totale. Conteggiando i primi venti della classifica, i biglietti venduti sono oltre 39 milioni. Di conseguenza se ne ricava che per gli altri 723 film programmati in sala fra gennaio e ottobre si sono staccati 32 milioni di biglietti. L’andamento a forbice del mercato italiano, caratterizzato da un esiguo numero di film di successo ed una pletora di titoli che passano quasi del tutto inosservati, non è una novità di quest’anno, ma il fenomeno sembra destinato a svilupparsi ulteriormente. Quanto accaduto nei due mesi compresi fra metà agosto e metà ottobre comincia a sollevare qualche preoccupazione. Anche in questo periodo il mercato 2007 è cresciuto rispetto all’analogo periodo 2006, ma esclusivamente in conseguenza del successo stratosferico di due soli film: Shrek Terzo e I Simpson. Il primo con oltre 20 milioni di euro si è imposto come il maggior successo dell’anno. I Simpson, approdato in sala il 14 settembre, solo nelle prime quattro settimane di programmazione, non avendo ancora esaurito il proprio sfruttamento, ha raggiunto quota 15,6 milioni di euro. Ma nel periodo indicato, alle spalle di questi due film fenomeno, salvo rarissime eccezioni, si è registrato il vuoto. Il terzo film in classifica nel periodo considerato, Un’impresa da Dio, ha incassato 2,6 milioni di euro. A parte la bella sorpresa de La ragazza del lago, capace di rastrellare 2 milioni di euro, anche quest’anno tutti i film di Venezia, italiani e non, lanciati in concorso o nelle sezioni parallele, indipendentemente dal sostegno della critica, si sono rivelati economicamente deludenti. Insomma i film che incontrano i favori del pubblico sono in grado di ottenere singoli risultati di livello FRA AGOSTO E OTTOBRE INCASSI D’ORO SOLO PER SHREK TERZO E I SIMPSON. DIETRO DI LORO IL VUOTO eccezionale, ma il rischio è che proprio le dimensioni del successo di questi titoli cancellino ogni attenzione su tutto il resto. La spiegazione di quanto sta accadendo non può essere attribuita ad una sola causa; non c’è dubbio, ad esempio, che qualche responsabilità sia da attribuire al sistema dell’informazione e dei media, progressivamente teso a segnalare solo tutto ciò che è già noto e celebrato, e disinteressato alle novità e a segnalare il diverso e l’emergente. Ma una riflessione va fatta anche sulla struttura del mercato italiano. La proliferazione di multiplex, per altro auspicabile in aree cinematograficamente desertificate, ha favorito la diffusione del cinema commerciale, ma ha penalizzato la varietà dell’offerta. Nelle grandi strutture, in relazione al numero degli schermi, i titoli proposti sono generalmente pochi e sempre gli stessi. In questi ultimi anni, in conseguenza alla crescita dei multiplex e all’inevitabile chiusura di qualche sala tradizionale, le occasioni, ovvero spazio e visibilità, per il cinema di qualità sono diminuite anziché aumentate. Forse c’è anche un altro luogo comune da sfatare: quando si sono iniziati a costruire i multiplex, si è pensato che tutto il cinema ne avrebbe guadagnato, poiché gli spettatori che si recavano in una determinata struttura, trovando esauriti i posti per il film scelto in prima battuta, sarebbero andati a vederne un altro. Questo non è successo, proprio per quanto accennato prima: i film di maggior richiamo occupano anche tre/quattro/cinque sale di una stessa struttura e lo spettatore interessato trova (quasi) sempre posto. In compenso è accaduto il contrario, è scattato l’effetto emulazione: anche chi ha scelto in prima battuta un certo film, quando si reca in una grande struttura e constata che la maggior parte del pubblico si indirizza verso un altro titolo, è spinto anche lui a fare la stessa scelta. Spiace dirlo, ma l’istinto del gregge colpisce molti spettatori. CAST & CREW DI MARCO SPAGNOLI Perdersi nella visione John August Il segreto dello sceneggiatore? Far sprofondare il pubblico nell’adattamento Sceneggiatore fra i più apprezzati di Hollywood, avendo scritto gli ultimi tre film di Tim Burton, John August ha sempre puntato a innovazione e contaminazioni con il nostro immaginario collettivo. Che cosa significa scrivere un film? Impegno: in America si crede che tutti possano scrivere per il cinema e vendere il proprio lavoro a Hollywood. Non è vero. Realizzare una sceneggiatura non è facile. Non ci sono formule e nessuno crede a quelle regole contrabbandate come “necessarie” a uno script di livello. Il segreto di una buona sceneggiatura? Si deve puntare alla qualità e al coinvolgimento: il pubblico non può reagire a ciò che vede se non con una risposta emotiva. Lo guidiamo in una storia e facciamo sì che si perda nel nostro adattamento. La differenza nello scegliere di scrivere un copione o essere chiamato a realizzarne uno? Alle volte sono un artista, altre un ISTRUZIONI PER L’USO artigiano. L’importante è avere una visione chiara di quello che il regista farà con la storia che stai raccontando. Quale qualità ammira di più in Tim Burton? La capacità di riporre sempre grande fiducia nelle persone con cui lavora. Cosa vi accomuna? Il fatto che entrambi ci siamo sentiti a lungo degli outsider. Un consiglio per chi vuole fare lo sceneggiatore? Diventare prima uno scrittore. Essere “Devi saper raccontare una storia e insieme ascoltare ciò che accade” capace di raccontare una storia, ma anche ascoltare ciò che accade. Lasciare liberi i personaggi sulla pagina, permettendo loro di scegliere di agire. Bisognerebbe nutrire le aspettative del pubblico, evitando che l’azione risulti scontata. Indirizzi e raccomandazioni, per provarci senza fare una brutta fine AMANDO BIG FISH “È un libro che ho sempre amato. Quando l’ho adattato, sentivo che parlava anche del rapporto con mio padre. Alla fine, ci siamo accorti che era una storia universale con molti elementi autobiografici”. IN REGIA Presentato con successo alla SIC di Venezia, The Nines porta August alla regia. “Era uno script che non potevo dare a nessun altro. Dovevo dirigerlo io, perché parla della mia vita”. L’ARTE DI SCRIVERE www.johnaugust.com: “Una sceneggiatura è una combinazione di tanti elementi che provengono dalla scrittura tradizionale di fiction. E’ come sfidare una bestia strana”. Novembre 2007 RdC 77 telecomando DVD Inside Cinema Libri Colonne sonore Letture in movimento Regole e modelli riflessi dai serial tv e il ritorno alla narrativa dell’eclettico Allen. Per appassionati, con il cinismo dell’ironia Da non perdere a cura di Giorgia Priolo IL DOPPIO SOGNO DI STANLEY KUBRICK Luigi Cimmino, Daniele Dottorini, Giorgio Pangaro (a cura di), ed. Il Castoro - € 18,00 Mentre il Palazzo delle Esposizioni di Roma inaugura la riapertura con una mostra dedicata agli archivi di Stanley Kubrick, questa raccolta di saggi riprende il dibattito sull’ultimo Eyes Wide Shut, spesso liquidato come opera incompiuta di un genio alla fine del suo percorso creativo. Gli autori offrono un’appassionante rilettura del film a partire dal suo rapporto con il Doppio Sogno di Schnitzler, evidenziando come nel gioco di scambi tra letteratura e cinema sia nascosto il senso profondo dell’opera. Ma ancora più affascinante, nella sua complessità da iniziati, è l’analisi del rapporto tra musica e struttura filmica nel saggio finale di Luigi Ciccarelli. 78 RdC Novembre 2007 MICHAEL MANN F.X.Feeney, Paul Duncan, ed. Taschen - € 19,99 Una splendida monografia illustrata per i fan di uno degli autori più significativi e all’avanguardia del cinema americano contemporaneo. Pur avendo diretto grandi opere classiche come L’ultimo dei mohicani, Michael Mann è soprattutto un grande autore di genere. Fin dagli esordi con Manhunter, attraverso film come Heat, Insider, Collateral e Miami Vice ha contribuito a formulare il linguaggio, le atmosfere e l’impianto visivo del neo-noir americano, utilizzando tra i primi le tecniche di ripresa digitale con risultati di una poeticità sorprendente. Il volume analizza, seguendo il filo biografico, l’opera completa del regista, ma, ricco di foto di scena e di set, di bozzetti e story-board, è soprattutto una vera gioia per gli occhi. Lo specchio a puntate Giancarlo Zappoli, Elena Galeotto, ed. Effatà € 12,50 LEZIONI DI FICTION POLIEDRICO WOODY Fa parte ormai da anni delle abitudini televisive degli spettatori in ogni angolo del mondo. E gli italiani di certo non sono da meno: parliamo di quella che genericamente viene chiamata fiction tv. Con essa si è sviluppata una serie di studi e studiosi che ne analizza linguaggio, regole e modelli sociali. L’originalità dell’analisi condotta dal critico cinematografico Giancarlo Zappoli e dalla psicanalista Elena Galeotto nel libro Lo specchio a puntate, sta nell’aver messo sotto la lente d’ingrandimento il rapporto tra i sessi. Le dinamiche tra uomo e donna, la differenza tra l’innamoramento ed una relazione d’amore. Lo studio si è fondato su nove serial di successo, tra cui due prodotti italiani: Elisa di Rivombrosa e Incantesimo. Una sorta di gioco di specchi, come recita il libro. Sì, perché le storie delle fiction ricalcano quelle vissute nella realtà da molti degli spettatori che, a loro volta (ri)vivono alcune situazioni, facendo propri certi messaggi e scansandone degli altri. Le opere sono divise per appartenenza tematica. I luoghi definiti: la New York di Sex and the City, Wisteria Lane di Desperate Housewives, l’isola di Lost. La professione più rappresentata, il medico (E.R., Grey’s Anatomy, Nip/Tuck), i giovani (Dawson’s Creek, The O.C.). Il successo di questi prodotti nasce dall’identificazione degli spettatori con i protagonisti. Ma è possibile un arricchimento personale solamente seguendo un serial tv? Gli autori rispondono di sì. Se noi, come i personaggi del piccolo schermo, sappiamo distinguere una passione superficiale da una profonda ed autentica. L’eclettico e irrequieto cineasta di Brooklyn, Woody Allen, è tornato alla narrativa dopo ben venticinque anni di assenza (Saperla lunga - 1971, Citarsi addosso - 1975, Effetti collaterali 1981, La lampadina galleggiante 1982) con Pura anarchia, edito in Italia da Bompiani con una copertina davvero indovinata. Si tratta di una raccolta di brevi racconti, diciotto in tutto, ricchi di ironia e sarcasmo. Scoppiettanti e fantasiosi dialoghi, assurdi siparietti (ma non troppo) di vita quotidiana, dove il protagonista è l’uomo semplice, sconfitto, comico e cinico al tempo stesso. Allen si fa narratore di manie, di debolezze e di simpatiche ossessioni; è questo il caso ad esempio di Vacanze d’essai, Il rifiuto. Non mancano poi personaggi insoliti, situazioni al limite tra lo sberleffo e l’assurdo come in Colpo di scena al processo Disney oppure in Così mangiò Zarathustra. Le figure dei racconti sono tutte delineate secondo l’inconfondibile stile Allen; personaggi su carta che molto spesso sembrano usciti dalle pellicola del regista. Questo renderà felici gli appassionati, ma probabilmente non solo loro. Si ride, a volte con piacere, altre però anche in maniera forzata, per via di storie dalla struttura e dalla comicità più fragili. Pura anarchia conferma ad ogni modo l’agitazione artistica del regista americano, che prosegue in maniera prolifica la sua carriera; ha da poco infatti presentato fuori concorso al Festival di Venezia il suo ultimo film Cassandra’s Dream, in uscita nelle sale italiane a gennaio. Pura anarchia Woody Allen, ed. Bompiani € 16,00 PAOLO TRAVISI STANLEY KUBRICK – BARRY LYNDON Philippe Pilard, ed. Lindau - € 14,50 Ancora un saggio su Stanley Kubrick, sempre attuale anche nel suo film più “inattuale”, quel Barry Lyndon che il regista volle girare come “una specie di documentario del XVIII secolo”, ricostruendo con maniacalità filologica scene, costumi e illuminazione dell’epoca, salvo poi fotografare il tutto con gli obiettivi creati dalla NASA per immortalare gli spazi astrali. Barry Lyndon, sospeso tra Storia e Avanguardia, è il film degli eccessi creativi e ogni libro che lo analizza e ne racconta la genesi ci parla di una tappa fondamentale nella storia del cinema. Questo saggio di Pilard, pur non raccontando nulla di nuovo agli amanti di Kubrick, è un buon inizio per avvicinarsi a un film imprescindibile. SERGIO PERUGINI TIM BURTON Antoine De Beacque, ed. Lindau - € 18,50 Da autore di culto per gli amanti delle atmosfere goticodark contaminate dall’estetica “B movie” a giovane classico omaggiato quest’anno dal Leone d’oro alla carriera, Tim Burton è uno dei pochi registi che mette d’accordo grandi e piccini, cinefili e studios hollywoodiani. Questo godibilissimo saggio biografico-critico ci porta a conoscere il bambino solitario autore di Charlie e la fabbrica del cioccolato, l’adolescente goffo creatore di Edward mani di forbice e ricostruisce, grazie alle interviste, l’intera vicenda esistenziale e artistica di un cineasta che ha esorcizzato i demoni natalizi della sua e della nostra infanzia attraverso la stop motion bellissima di Nightmare Before Christmas. Novembre 2007 RdC 79 telecomando DVD Inside Cinema Libri Colonne sonore di Paolo Prato United Colors of Music Jazz, pop, swing, Oscar: insieme per ricordare 80 anni di storia cinematografica in un prezioso cofanetto Sarà ancora una volta il cinema a risollevare le sorti di un’industria discografica in caduta libera da qualche anno? E’ l’augurio di molti di fronte all’uscita di Io non sono qui, l’innovativa biografia di Bob Dylan, che Todd Haynes ha affidato a più interpreti. D’altronde quello del biopic è uno dei generi cinematografici più frequentati, da sempre, anche se le pop star degli esordi provenivano da tutt’altro ambiente e si chiamavano Schubert, Strauss Jr., Chopin o Liszt. I fecondi rapporti fra il cinema italiano e la musica sono argomento di Schermi sonori – Canzoni e musiche del cinema italiano (1930-2006), un cofanetto di tre CD che l’Ente dello Spettacolo ha prodotto in occasione degli 80 anni della Rivista del Cinematografo. Il percorso si divide in tre tappe. Gli esordi (1930-53) sono rappresentati Schermi sonori – Canzoni e musiche del cinema italiano (1930-2006) Cofanetto in tre CD Ente dello Spettacolo 80 RdC Novembre 2007 dalle canzoni e dalle voci che si dividevano fra grande schermo, radio e palcoscenico: da star del bel canto come Beniamino Gigli, Tito Schipa e Giuseppe Lugo a personalità poliedriche come Vittorio De Sica e Alberto Rabagliati, fino a dilettanti eccellenti come Totò, Anna Magnani o Alberto Sordi. Questo primo CD è anche un omaggio al talento di Cesare Andrea Bixio, che firma la metà delle canzoni - da Parlami d’amore Mariù a Mamma – e pubblica, con le sue edizioni musicali, una fetta importante della colonna sonora Made in Italy. Con il secondo CD (1945-70) entriamo nello specifico della musica per film, che diventa adulta a partire dal dopoguerra, con l’esperienza del neorealismo. Attraversa quindi la commedia e il western all’italiana, il cinema e il cartoon d’autore, il documentario e le parodie di serie B. Tra motivi blasonati e altri ripescati dagli archivi CAM – i più ricchi degli ultimi cinquant’anni - figurano anche il tema di Mondo cane (Grammy nel 1963, quattro milioni di dischi venduti, ottavo posto nelle classifiche USA) e due inediti: il primo da Satiricosissimo, il secondo da L’occhio selvaggio. Il terzo CD (1970-2006) si apre con uno dei rari motivi da film che sono riusciti a scalare le classifiche di vendita, Anonimo veneziano, quarto nel 1970. Una sorte toccata anche a Profondo rosso, primo nel 1975 sia fra i singoli che tra gli album, e a Ennio Morricone con il dodicesimo posto di Giù la testa e Il buono, il brutto e il cattivo, quarto nelle classifiche USA. Nel cofanetto sfilano tutti i premi Oscar della musica da film italiana: Luis Bacalov (insieme a Il postino si ascolta La città delle donne), Nicola Piovani (rappresentato con La notte di San Lorenzo) e Nino Rota (La dolce vita, 8 e 1/2, I clowns e Il Gattopardo). Nell’antologia sono inclusi anche Rossellini, Cicognini, Nascimbene, Rustichelli, Ortolani, Trovaioli, Fusco, Cipriani, Piccioni e Carpi, i maestri della prima generazione che hanno saputo fondere il respiro sinfonico e il colore locale, il jazz e i ritmi moderni, lasciando un’impronta indelebile su cinquant’anni di cinema. Le nuove generazioni sono rappresentate da Pivio e Aldo De Scalzi, Buonvino, Bosso e Taviani, nei quali convivono lo spirito e la professionalità dei classici con il gusto per sonorità estese al mondo intero. Per tutti i gusti LA GIUSTA DISTANZA San Francisco bagnata dal Po: se si trova La giusta distanza, tutto è possibile. E’ la musica da camera del gruppo cult americano Tin Hat ad accompagnare il film di Mazzacurati. Tra folk, bluegrass e jazz, uno score che si fa personaggio. di Federico Pontiggia SETA Per l’adattamento del romanzo di Baricco, si è scomodato Ryuichi Sakamoto. Fatica sprecata: se lo score è di classe, la tela visiva di François Girard non tiene. E le note struggenti e malinconiche si perdono nell’aria. THE BOURNE ULTIMATUM John Powell ritorna con lo Sciacallo per il terzo capitolo della saga. Nel primo era supportato da Moby, qui fa da solo, ma se la cava benissimo. Ritmo, martelli e adrenalina, un Ultimatum che non lascia scampo, nemmeno sullo spartito. Novembre 2007 RdC 81 5N GRANDE CAST CON %DWARD .ORTON h&IGHT #LUBvh,AAORAv*ESSICA"IEL"LADE4RINITYE 0AUL'IAMATTI3IDEWAYSn)NVIAGGIOCON*ACK .OMINATION ALL/SCAR PER LA MAGNIFICA FOTOGRAFIA DI $ICK 0OPE ,UOMO DELLANNO E MUSICHE DEL GRANDISSIMO COMPOSITORE 0HILIP 'LASS+UNDUN *O7FOEJUBJO%7% ? A M E N I C E D N A R G I D E T SE “Un’ottima annata” : in tre Pre s e rr e T le a it ig D l u s , anteprima TV Il grande cinema di Mediaset Premium diventa ancora più ricco. Ogni sera i campioni d’incasso al botteghino ti aspettano sul digitale terrestre. Tutti i lunedì un nuovo blockbuster e il venerdì appuntamento con i film più premiati dalla critica internazionale. Goditi tutta la qualità di un DVD: formato panoramico widescreen, Dolby Digital 5.1 e opzione audio in lingua originale con sottotitoli. Buona visione. A novembre su Mediaset Premium. Per informazioni chiama il numero 199 303 404* - www.mediasetpremium.it Non hai ancora il decoder? Chiama 840 500 203**. PREMIATI QUANDO VUOI. Le tessere ricaricabili Mediaset Premium sono iin vendita in tutti i migliori negozi di TV ed elettronica, dove trovi anche i decoder digitale terrestre. Prima di acquistare la tessera verifica che la tua zona di residenza sia raggiunta dal segnale digitale terrestre Mediaset Premium e che il tuo box abilitato riceva Medi Mediaset Premium con una qualità adeguata. *costo da telefonia fissa 2,64 centesimi al minuto, più 6,12 centesimi di scatto alla risposta, IVA inclusa. I costi da telefonia mobile variano in funzione del gestore da cui viene effettuata la chiamata. **Il costo pe per l’utente è di uno scatto alla risposta. Un’ottima annata 2006 TCF Hungary Film Rights Exploitation Limited Liability Company, Twentieth Century Fox Film Corporation and Dune Entertainment LLC. mium.
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