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R I V I STA
D E L C I N E M ATO G R A FO
WWW.CINEMATOGRAFO.IT
MENSILE
NOVEMBRE 2007
N. 11 € 3,50
TORINO
LE NOVITA’
All’ombra della
Mole Alberto
Barbera
FESTA
DI ROMA
Schegge, colpi
di fulmine
(e di testa)
SPECIALE
C’erano una
volta le streghe
Charlize
e alle Winx!
Dietro il glamour, l’impegno:
la Theron nella Valle di Elah e le
fatine alla conquista del mondo
Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.L.
353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1,
comma 1, DCB Milano
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rC
PUNTI DI VISTA
CINEMA TELEVISIONE RADIO
TEATRO INFORMAZIONE
Nuova Serie - Anno 77
Numero 11
Novembre 2007
In copertina Charlize Theron
(foto Pietro Coccia)
La guest star
David Forgacs:
“Quell’eredità
cinematografica
in un convegno
di valore
assoluto”
Dario Edoardo Viganò
CAPOREDATTORE
d
Rivista del Cinematografo
DIRETTORE RESPONSABILE
Marina Sanna
REDAZIONE
NEOREALISMO
DA SCOPRIRE
Mentre andiamo in stampa, la Festa del Cinema di Roma
rivela i premiati della sua seconda edizione. Ad aggiudicarsi il
Marco Aurelio per il miglior film in concorso è la commedia Juno
di Jason Reitman, opera seconda del regista - figlio d’arte – di
Thank You for Smoking, con la splendida Ellen Page nei panni di
una 16enne indipendente e anticonvenzionale alle prese con
l’inaspettata maternità. Nella sezione non competitiva Première
un riconoscimento strameritato va a Into the Wild di Sean Penn,
biopic on the road destinazione Alaska, che ha messo tutti
d’accordo, fregiandosi del titolo ufficioso di miglior film della
kermesse romana.
E’ stata Festa anche per noi: la rassegna “Inquietudini critiche”
in alcune sale di Roma, i “Luoghi dello spirito” a Santa Scolastica,
la mostra fotografica “L’attimo neorealista”, hanno richiamato un
folto pubblico di studiosi, cinefili e semplici appassionati, a
confermare il valore dell’azione culturale promossa dalla
Fondazione Ente dello Spettacolo. Tra le varie iniziative, a far la
parte del leone è stato il convegno internazionale di studi
“Neorealismo e presente dell’immagine. Il reale come progetto del
film”, una due giorni organizzata dall’Ente presso il Centro
Sperimentale di Cinematografia.
Ambizioso l’interrogativo di partenza: se il Neorealismo ha
contribuito a formare la nostra identità nazionale e si è fatto
testimone oculare e popolare dei mutamenti nel tessuto sociale
italiano, quali indicazioni può ancora offrire a chi vuole ripensarlo
al (e dal) presente? A confrontarsi sul dato estetico, le eredità
cinematografiche e sociologiche, i concetti di modernità e identità
nazionale, sono stati alcuni tra i maggiori studiosi italiani e
internazionali, tra cui Noa Steimatsky, Uta Felten e Laurence
Schifano. Guest star, richiamata a Roma da quello che definisce
“il terzo grande momento di analisi del Neorealismo dopo i
convegni di Torino e Pesaro”, è stato David Forgacs, professore di
italiano all’University College di Londra, da sempre interessato
alla storia culturale, i mass media e il cinema del nostro Paese:
Rome Open City e Roberto Rossellini: Magician of the Real, tra le
sue pubblicazioni.
Archiviata la Festa romana, il testimone passa ora a Torino, che
dal 23 novembre festeggia la 25ma edizione del Festival sotto la
guida del neo-direttore Nanni Moretti. Punta di diamante del
microcosmo cinematografico che brilla sotto la Mole, grazie al
Museo del Cinema e al suo direttore Alberto Barbera. A lui in
un’intervista esclusiva abbiamo chiesto di svelarci i trucchi del
mestiere.
Diego Giuliani, Federico Pontiggia,
Valerio Sammarco
CONTATTI
[email protected]
[email protected]
[email protected]
ART DIRECTOR
Alessandro Palmieri
HANNO COLLABORATO
Andrea Agostini, Pietro Coccia, Silvio
Danese, Alessandro De Simone, Bruno
Fornara, Maria Pia Fusco, Brando
Giannoni, Marcello Giannotti, Enrico
Magrelli, Massimo Monteleone, Franco
Montini, Morando Morandini, Roberto
Nepoti, Cristiana Paternò, Luca Pellegrini,
Sergio Perugini, Paolo Prato, Giorgia Priolo,
Sabrina Ramacci, Cristina Scognamillo,
Alessandro Scotti, Boris Sollazzo, Marco
Spagnoli, Paolo Travisi, Chiara Ugolini
REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA
N. 380 del 25 luglio 1986
Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007
STAMPA
Società Tipografica Romana S.r.l.
Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM)
Finita di stampare il 29 Ottobre 2007
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Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano
Fax: 02-45497366 - Cell. 335-5428.710
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DISTRIBUTORE ESCLUSIVO
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Veneto, 28 - 20124 Milano
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ABBONAMENTO PER L’ITALIA
(10 numeri) 30,00 euro
ABBONAMENTO PER L’ESTERO
(10 numeri) euro 110,00
SERVIZIO CORTESIA
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Tel. 02-252007.200 Fax 02-252007.333
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PROPRIETA’ ED EDITORE
PRESIDENTE
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DIRETTORE
Antonio Urrata
COMUNICAZIONE E SVILUPPO
Franco Conta
COORDINAMENTO SEGRETERIA
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DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
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Tel. 06-663.74.55 - Fax 06-663.73.21
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Associato all'USPI
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Periodica Italiana
Iniziativa realizzata con il
contributo della Direzione
Generale Cinema – Ministero
per i Beni e le Attività Culturali
IL NUOVO
PALINSESTO
È IN ORBITA
Backs t a ge
Ju nke t s
Micr of ilm
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Identikit
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S p e a ke r ' s C o r n e r
B-Roll
Dove l'ab b iam o vis t o
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digitale terrestre
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London We e kl y
Siamo Stati Uniti
Squar e
Live
Ca f fè 80
Fuori Qua dr o
R ev i ew A n t i c i p a z i o n i
F e s t i va l
Reportage
sommario
Numero 11 > Novembre 2007
In copertina
26 Charlize Theron
Impegno e divismo fra l’Iraq
di Haggis e i No Global di
Battle in Seattle:
“L’America deve imparare
dal mio Sudafrica”
(Federico Pontiggia)
18
La più bella?
Cate Blanchett
(abito a parte)
Servizi
18 Roma, il dopofesta
Folgorazioni e istantanee
dalla 2a edizione. Tra colpi
di scena e conferme targati
Coppola, Penn, Taymor...
(Silvio Danese, Maria Pia
Fusco, Roberto Nepoti,
Cristiana Paternò, Marina
Sanna, Marco Spagnoli)
30 Torino alla svolta
A tu per tu col direttore del
Museo del Cinema Alberto
Barbera: strategie e dietro
le quinte in attesa del
primo festival di Moretti
(Marina Sanna)
I film
FOTO: BRANDO GIANNONI
52
56
56
57
58
59
59
60
60
61
62
63
63
64
65
65
65
67
67
Nella valle di Elah
Ai confini del Paradiso
1408
The Kingdom
Il caso Thomas Crawford
The Bourne Ultimatum
Seta
Il passato
Giorni e nuvole
Sleuth
La giusta distanza
I vicerè
Il diario di una tata
Un cuore grande
L’abbuffata
Quel treno per Yuma
Meduse
Die Hard - Vivere o morire
L’uomo privato
(S. Danese, A. De Simone,
E. Magrelli, L. Pellegrini,
F. Pontiggia, V. Sammarco,
C. Scognamillo, B. Sollazzo,
M. Spagnoli)
Luglio-Agosto 2007 RdC 7
sommario
Numero 11 > Novembre 2007
Speciale
35 Fate, streghe & megere
Il fenomeno Winx e le sue
antenate. In compagnia del
papà Iginio Straffi, alla
scoperta di una famiglia
molto allargata. Dalla
capostipite Grimilde alle
discendenti televisive Bia e
Sailor Moon, fra tenebre,
sospiri e madri che nessuno
vorrebbe avere...
(Alessandro Boschi,
Federico Pontiggia, Sabrina
Ramacci, Chiara Tagliaferri,
a cura di Marina Sanna)
24
Sean Penn
irresistibile con
il suo Into the
Wild
Le rubriche
8 RdC Luglio-Agosto 2007
FOTO: BRANDO GIANNONI
10 Tutto di tutto
News, festival,
protagonisti e fornelli
(Andrea Agostini,
Marcello Giannotti,
Diego Giuliani,
Massimo Monteleone,
Morando Morandini,
Chiara Ugolini)
70 Dvd & Satellite
Regine, supereroi e
suonatori: Glenn
Miller, Elizabeth I e
l'Uomo ragno
(Alessandro Scotti,
Federico Pontiggia)
76 Inside Cinema
Pubblico seriale e penne
d’autore
(Franco Montini, Marco
Spagnoli)
78 Libri
Woody, Stanley e compagni
(Sergio Perugini, Giorgia
Priolo, Paolo Travisi)
80 Colonne sonore
In cofanetto ottant’anni di
storia e di note
(Federico Pontiggia, Paolo
Prato)
Settembre 2006 RdC 8
TuttoDiTutto
Ultimissime in pillole dal pianeta cinema: tendenze, news, divi e fornelli
A cura di Diego Giuliani
Jennifer Aniston recupera il tempo perduto. Assente al cinema da quasi due anni, l’attrice
ha pianificato con cura il suo ritorno. E i numeri le danno ragione: 7 film in lavorazione, con
compagne di set che spaziano da Meryl Streep e Jennifer Connelly alla sempre più diva
Scarlett Johansson. Il suo ultimo progetto risponde al titolo di Traveling, singolare esempio di
“commedia drammatica”, dove chi predica bene razzola male. Nel film le toccherà il ruolo di
una designer floreale, che in un hotel di Seattle conosce un affascinante guru col volto di
Aaron Eckhart. Tra i due scatta la classica scintilla, ma ad attenderla c’è una brutta sorpresa:
proprio lui non mette in pratica gli insegnamenti che impartisce con dedizione agli altri.
L’ora dell’altro Brody
Helen tra le belle
Adam Brody star del futuro? Il
successo tutto italiano (e inaspettato)
de Il bacio che aspettavo fa pensare
all’ex star della serie O.C. come una
delle sorprese della stagione. Ma il
ragazzo non sembra essersi montato
la testa: pochi film in produzione ma
scelti con cura. Nel prossimo Death in
Love affiancherà addirittura
Jacqueline Bisset. La storia è quella di
due fratelli, fra loro molto diversi,
costretti a prendersi cura della madre,
finché l’amicizia inaspettata con
un’artista non sconvolgerà le loro vite.
E pensare che Helen Mirren è la
ciliegina sulla torta. L’attrice premio
Oscar per The Queen è l’ultimo acquisto
di Kevin McDonald (L’ultimo re di Scozia)
per il suo prossimo State of Play.
L’attrice si aggiunge a un cast da urlo:
Edward Norton e Brad Pitt come
protagonisti, affiancati da Rachel
McAdams e Robin Wright Penn. Nel film,
Gran ritorno per
l’ex signora Pitt:
7 titoli in cantiere
e comprimarie
di superlusso
FOTO: ALESSANDRO LANARI
chi fa cosa di Andrea Agostini
Quella volpe di Jennifer
tratto da una miniserie della BBC, i due
attori interpreteranno rispettivamente
un membro del Congresso americano
travolto da uno scandalo e un giornalista
che investiga sul caso. La Mirren, invece,
sarà il direttore del giornale per cui Pitt
lavora.
Ryan non sta a guardare
Meglio solo che male accompagnato. Il
caso Ryan Philippe sembra confermare il
motto: la recente separazione da Reese
Whiterspoon sembra aver giovato alla sua
carriera. Ottimo fiuto non solo nella scelta
dei film (Crash, Flags of Our Fathers), ma
anche in quella delle future partner
(cinematografiche). La prescelta? Eva
Green, che dopo l’ultimo James Bond,
affiancherà Philippe in Franklyn, thriller
futuristico sulle avventure di 4 individui
che abitano in due dimensioni parallele e
lottano per la loro sopravvivenza.
10 RdC Novembre 2007
TuttoDiTutto
Morandini in pillole
Quello che gli altri non dicono: riflessioni e note a posteriori di un critico DOC
di Morando Morandini
FOTO: PIETRO COCCIA
> 20 Settembre Da sempre ho molta stima per Kevin
Costner, attore e regista produttore. L’ha confermata
un’intervista, letta sul Manifesto di oggi, che gli ha fatto a Los
Angeles Luca Celada. Ne trascrivo le risposte più significative:
“Francamente non mi interessa ciò che vuole il pubblico.
Posso solo cercare di fare quello che mi sembra interessante
e poi sperare che la gente sia d’accordo con me”. “E’ vero,
viviamo in tempi difficili, ma possiamo dare la colpa a noi
stessi e ai nostri politici. Siamo responsabili delle scelte che fanno i nostri leader”. “Siamo
arrivati sulla luna in otto anni. Nel 1973 avremmo dovuto dire: in venti anni liberiamoci
dalla dipendenza dal motore a scoppio e del carburante... Se avessimo avuto il coraggio di
farlo, ci saremmo affrancati da questa infrastruttura già dal 1993. Credo che sia stato un
grave fallimento della classe politica e
industriale. Nessuno di loro ha saputo mettere
l’interesse del paese davanti a quello del
profitto”. “Credo che il vero rischio nella vita sia
fare cose che non vuoi. Tenere fede a se stessi
non ha nulla di pericoloso... Non sarai il numero
uno, ma non sarai perso”. “Mi rammarico che
registi e produttori vogliano sapere cosa pensa
di loro il pubblico prima ancora che il film sia
terminato”. “Credo che non sia giusto questo
rapporto fra spettatore e autore: è come
assecondare continuamente un bambino.
Dovrebbe essere il contrario... Il nostro mestiere
è quello di divertire e di sorprendere: come fai a
sorprendere il pubblico se lasci che sia lui a
influenzare il processo creativo?”. Quando legge un’intervista come questa, un critico
riacquista la fiducia nel proprio lavoro.
> 15 Ottobre Stiano attenti i giovani critici, spesso ignoranti - che esaltano lo
sperimentalismo e l’avanguardia – a non sottovalutare o, peggio, a disprezzare gli
eventuali Carlo Cassola del cinema italiano. Sappiamo che, dopo essere stato antifascista
e partigiano in gioventù, l’autore di La ragazza di Bube pubblicò dopo i sessant’anni una
decina di libri contro la guerra. Docente all’università di Siena, Gianni Bernardini sta per
pubblicare il libro Narrativa e ragione rivoluzionaria. Carlo Cassola e il disarmo universale.
12 RdC Novembre 2007
A lezione dal
bruco animato
Mangiare sano per diventare
farfalla: dal Portogallo una
parabola in 3D
Addio misurini, bilance e
condimenti col contagocce. La
classica dieta appartiene ormai alla
preistoria. Strano ma vero,
un’alimentazione sana ed equilibrata
può invece iniziare proprio dal set.
Questa la bizzarra lezione di Food4
You, la campagna di
videosensibilizzazione per i più
giovani, giunta quest’anno alla sua
terza edizione. Fantasia a volontà,
impegno quanto basta e gran lavoro
di squadra, gli ingredienti con cui
studenti di tutta Europa si sono
misurati a colpi di spot. Il generico
invito lanciato dagli organizzatori ha
lasciato ai ragazzi un ampio margine
di manovra: contrastare l’obesità
con un divertente invito al mangiar
sano. I 32 filmati, visibili online nella
sezione video dell’iniziativa, offrono
un frizzante spaccato dell’approccio
all’alimentazione in 15 lingue.
Dalla Danimarca alla Francia,
passando per la nutrita
rappresentanza belga e una
doppietta italiana, all’appello delle
scuole superiori non è mancato
nessuno. Il risultato è una
panoramica di stili e approcci da
leccarsi i baffi. Su tutti, ad avere la
meglio è stato alla fine il
sofisticatissimo Nutrimorphosis
della Escola Profissional “Mariana
Seixas” di Viseu: parabola Made in
Portugal, ad alto tasso poetico e
d’animazione. Bizzarri e
coloratissimi protagonisti, due
bruchetti verdi, separati dal destino
e dalle tentazioni: quello che non
resiste al fascino dell’hamburger
rimarrà prigioniero delle sue forme,
l’altro che imbocca la via della mela,
spiccherà invece il volo come
splendida farfalla.
appuntamenti
> 12 Settembre “Qualcuno mi deve spiegare perché le donne, quando litigano,
litigano di spalle..:” dice il commissario Sanzio di Toni Servillo in La ragazza del lago.
Ricordo ancora la risata del pubblico al Palalido di Venezia che accolse – in un film che non
si propone di essere divertente – una battuta che, a leggerla, non sembra tanto spiritosa e
che, invece, lo è nel contesto del racconto. Come ricordo
altrettanto bene la continua ilarità – e il lungo applauso finale
– con cui lo stesso pubblico accompagnò la proiezione di Non
pensarci. Qualcuno dovrebbe spiegarmi perché i film di
Molaioli (Settimana della Critica) e di Zanasi (Giornate degli
Autori) non sono finiti in concorso al posto di Paolo Franchi e
Vincenzo Marra. Ovviamente ho le mie idee sulle risposte da
dare alla domanda precedente, ma sarei fuori tempo
massimo e, in fondo, non è un argomento appassionante.
Inutile piangere sul latte versato, tanto più che sono uno di
coloro che si augurano una riconferma di Marco Müller alla
direzione della Mostra, preceduta (in tempo!) da
un’indispensabile riforma del suo regolamento, che non
permette a un direttore più di un mandato, caso unico e
stoltissimo nella storia dei festival internazionali.
TuttoDiTutto
f> IL PERSONAGGIO
Nome Giuliano Gemma
Provenienza Roma
Il film d’esordio Io amo... tu ami
Il miglior film Il Gattopardo
L’ultimo film Giovanna la pazza
> LE SPECIALITA’
amatriciana e
Carbonara,
altri primi piatti romani
Risotto Savoia
Petti di pollo alla griglia
墍> LA SCELTA
“Più che una vera passione,
quella di mettermi ai fornelli è
una necessità. Quando sono
fuori per girare, la sera
preferisco cucinarmi qualcosa,
piuttosto che andare al
ristorante”. Giuliano Gemma,
attore di molti western
all’italiana e negli ultimi anni
di tante fiction, si trova
spesso fuori casa e così ha
dovuto imparare a cucinare.
“Dopo dieci ore di set, un bel
piatto di pasta è la soluzione.
Io amo i condimenti romani,
ma anche quelli più semplici
come il pomodoro e tonno o
pomodoro e peperoncino. Sui
secondi invece sono forte con
il pollo: ai peperoni o anche
solo i petti alla grigia, quando
mi metto a dieta. In realtà
quella che cucina bene è mia
moglie”. Ed è lei, piemontese,
ad avergli insegnato il Risotto
Savoia, il piatto con cui è
arrivato terzo alcuni anni fa al
concorso dedicato a Ugo
Tognazzi, “L’uomo in cucina”.
Ne parla come di un “piatto
della riconciliazione”. Perché i
Piemontesi - dice - “in passato
hanno creato qualche
dispiacere ai siciliani”.
14 RdC Novembre 2007
TORINO FILM FESTIVAL
Sito web www.torinofilmfest.org
Dove Torino, Italia
Quando 23 novembre - 1 dicembre
Resp. Nanni Moretti
tel. (011) 8138811
fax.(011) 8138890
E-mail [email protected]
XXV edizione del festival competitivo
internazionale che promuove talenti
e cinematografie emergenti. I
concorsi sono 4 (uno per i
lungometraggi; Italiana.Corti e
Italiana.Doc; Spazio Torino).
Retrospettive (Wenders, Cassavetes),
omaggi e panoramiche.
SULMONACINEMA
Sito web www.sulmonacinema.it
Dove Sulmona, Italia
Quando 5-10 novembre
Resp. Roberto Silvestri
tel. (0864) 576281
E-mail [email protected]
XXV edizione del festival,
tradizionalmente dedicato al
“cinema contro”. Sperimentazioni,
avanguardia e ricerca artistica
protagoniste fra concorso e fuori
concorso. Tra le anteprime Haiti
Cherie di Claudio Del Punta e
Babylon di Franco Rosso. Spazio
anche al rapporto fra cinema e
musica, con un workshop tenuto da
Claudio Buonvino.
FESTIVAL DEL CINEMA LATINO
AMERICANO
Sito web www.cinelatinotrieste.org
Dove Trieste, Italia
Quando 3-11 novembre
Resp. Rodrigo Diaz
tel. (041) 5382371 (riferimento a
Venezia)
fax. (041) 932286
E-mail [email protected]
XXII edizione della rassegna
competitiva, fra le principali in
Europa ad occuparsi dei film
dell’America Latina. Molti i titoli nelle
varie sezioni (concorso, informativa,
retrospettiva, documentari).
FESTIVAL INTERNATIONAL DU
FILM D’AMIENS
Sito web www.filmfestamiens.org
Dove Amiens, Francia
Quando 9-18 novembre
Resp. Jean-Pierre Garcia
tel. (0033-3) 22713570
fax. (0033-3) 22925304
E-mail [email protected]
III edizione del Festival, che si
propone di fornire opportunità di
dialogo interreligioso e creare
un’occasione di approfondimento
del linguaggio cinematografico. Si
alternano lungometraggi,
documentari e cortometraggi in
concorso e fuori concorso.
FESTIVAL INTERNACIONAL DE
CINE DE GIJON
Sito web www.gijonfilmfestival.com
Dove Gijòn, Spagna
Quando 22 novembre - 1 dicembre
Resp. José Luis Cienfuegos
tel. (0034-985) 182940
fax. (0034-985) 182944
E-mail [email protected]
XXVII edizione del festival dedicato
alle differenze e identità etnicoculturali, attraverso il cinema poco
noto di tutto il mondo
(lungometraggi, corti e documentari,
in concorso). Previsti omaggi e
retrospettive.
MEDFILM FESTIVAL
Sito web www.medfilmfestival.org
Dove Roma, Italia
Quando 8-18 novembre
Resp. Ginella Vocca
tel. (06) 85354814
fax. (06) 8844719
E-mail [email protected]
XIII edizione, dal titolo “Le pari
opportunità per tutti”, dell’unico
festival cinematografico
internazionale a carattere
competitivo dedicato ai diritti umani
e al cinema mediterraneo ed
europeo. 200 film da 40 paesi,
numerose le sezioni. Ospiti d’Onore
della manifestazione sono la Grecia
e la Tunisia.
PLUS CAMERIMAGE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL
OF THE ART OF CINEMATOGRAPHY
Sito web www.camerimage.pl
Dove Lòdz, Polonia
Quando 24 novembre - 1 dicembre
Resp. Marek Zydowicz
tel. (0048-56) 6210019
fax. (0048-56) 6522197
E-mail [email protected]
XV edizione del festival
internazionale, competitivo, che
promuove l’arte della fotografia
cinematografica. In programma
opere professionali e studentesche,
retrospettive e seminari.
XLV edizione della tradizionale
rassegna che presenta produzioni di
tutto il mondo, realizzate da giovani
o per i giovani. In particolare quelle
che sperimentano un nuovo
linguaggio filmico.
FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL
CINEMA DI SALERNO
Sito web www.cinefestivalsalerno.it
Dove Salerno, Italia
Quando 12-17 novembre
Resp. Mario De Cesare
tel. (089) 231953
fax. (089) 223632
E-mail [email protected]
LXI edizione della storica
manifestazione dove concorrono:
lungometraggi a soggetto, fiction
televisive, cortometraggi, cartoni
animati, audiovisivi industriali,
turistici, didattici, scientifici e
sportivi. La sezione “Riflessione”
intende recuperare i film che hanno
avuto una distribuzione limitata.
festival del mese di Massimo Monteleone
divi al fornello di Chiara Ugolini
FILMFESTIVAL POPOLI E
RELIGIONI “CIELO E TERRA”
Sito web
www.filmfestivalpopoliereligioni.it
Dove Terni, Italia
Quando 4 novembre - 11 novembre
Resp. Alessandro Minestrini, Matteo
Ceccarelli
tel. (0744) 424786
fax. (0744) 437336
E-mail [email protected]
ANTONIO AVATI
e
RAI CINEMA presentano
IL
TERRORE
È DI
CASA...
un film scritto e diretto da
LAURA
MORANTE
RITA
TUSHINGHAM
Pupi Avati
TREAT
WILLIAMS
BURT
YOUNG
YVONNE
BRULATOUR SCIÒ
AMEDEO SALFA fotografia PASQUALE RACHINI (a.i.c.) e CESARE BASTELLI casting SHAILA RUBIN scenografia GIULIANO PANNUTI
BETTINA BIMBI musiche RIZ ORTOLANI prodotto da ANTONIO AVATI una coproduzione DUEA FILM e RAI CINEMA regia di PUPI AVATI
montaggio
costumi
DAL 16 NOVEMBRE AL CINEMA
www.ilnascondiglio.com
www.01distribution.it
TuttoDiTutto
[
Il grande schermo a tu per tu.
Ovvero finta intervista a personaggi
realmente esistiti. Al cinema
I PROTAGONISTI
DI MARCELLO GIANNOTTI
]
Il personaggio
Ringo
Il film
Ombre rosse
Il regista
John Ford
L’attore
John Wayne
“Non mi sarei
aspettato di
finire a fare il
tassista. Cavallo
e carabina mi
facevano sentire
forte, ma oggi
a vincere è il
telefonino”
16 RdC Novembre 2007
Fine Ottocento. Una diligenza parte
alla volta del New Mexico. Tra i
passeggeri, oltre a una donna incinta,
un medico ubriaco e un banchiere
truffatore, c’è Ringo (John Wayne),
ricercato per un delitto che non ha
commesso e deciso a trovare le
persone che lo hanno incastrato. Nel
viaggio però, oltre a difendersi dagli
apaches di Geronimo, incontra Dallas
(Claire Trevor), prostituta cacciata
dalla città, con la quale sogna un
futuro migliore. Il film, tratto da un
racconto di Ernest Haycox ispirato a
sua volta a Boule de suif di Guy de
Maupassant, è il western più amato e
famoso di tutti i tempi, considerato il
capolavoro di John Ford. Vinse due
Oscar, uno per l’attore Thomas
Mitchell come non protagonista, uno
per la musica. Fu la prima delle molte
collaborazioni tra Ford e Wayne. A
volte, nella vita di un giornalista, ci
sono anche i colpi di fortuna. Questo
è uno di quelli. Alla Stazione Termini,
a Roma, per realizzare un servizio sui
taxi, ne vedo uno con la scritta
“Ringo” sul cofano. Al volante,
cappello in testa, gilet e sguardo fiero,
c’è lui. Ci metto un attimo a
riconoscerlo. I colleghi, intorno, lo
prendono in giro pesantemente. Lui
sembra non farci caso.
Ringo, che ci fate su un taxi?
Mi si è azzoppato il cavallo, signore.
Il cavallo? Ma siete rimasto ai
tempi del film?
No, signore, i tempi sono cambiati.
Purtroppo.
Fate il tassista, mi pare ci sia un
bella differenza… come ve la
cavate?
Voi non sapete neanche cosa vuol
dire… Lavoro per non morire di fame.
E vivo di ricordi. Il mio nome è Ringo,
ero un bravo cowboy, ma successe
qualcosa.
Questo lo so, ricordo il film. Ma
come è arrivato a fare il tassinaro?
I soldi, amico, avevo bisogno di soldi.
Ho fatto l’eroe, ho combattuto con
coraggio. Se avete cinque minuti per
prestarmi ascolto vi do la mia parola
che non ve ne pentirete.
Questo è davvero incredibile: dal
Far West al traffico impazzito di
una città come Roma. Per questo
avete un’aria triste, Ringo. Dovete
ribellarvi, non mi distruggete il
mito di Ombre rosse.
Vi chiedo un po’ di cortesia, signore,
non urlate. Voi ridete di me come
fanno gli altri, ma davvero non ne
capisco il motivo. Le ho provate tutte:
sono scappato, ho combattuto, ho
preso la mia carabina. Niente, non è
servito niente. Sono stato sconfitto.
La civiltà, i tempi che cambiano, il
computer, il telefonino, questo trionfa.
Non mi aspettavo di fare questa fine.
Mi sentivo forte con il mio cavallo e
con la mia carabina. A proposito,
signore, forse anche voi potreste un
giorno aver bisogno della mia
carabina: avete un’aria così buona, ma
si vede che siete nervoso.
Ma cosa vi salta in mente? Guardi
che io non sono stressato né
nervoso, sto benissimo. Solo che
mi fa ridere l’idea di Ringo il
tassinaro. E la sua donna, come
sta?
Lasciate stare, con Dallas è durata
pochissimo. Dopo un paio di
settimane ha cominciato a dire che si
sentiva repressa e voleva la sua
libertà. Diceva che quella casa era
piccola, le faceva schifo, le facevano
venire il voltastomaco i cavalli e la
puzza delle vacche. Mi prendeva in
giro quando le dicevo che in quella
casa ci poteva vivere un uomo e
anche una donna.
E ora che fa?
L’avvocato, è sposata con un imbecille
ricchissimo. Vivono a New York. Mi ha
tolto tutto, anche quei pochi soldi che
avevo. E pure il cavallo e la fattoria. Mi
hanno arrestato, poi sono scappato e
sono finito qui in Italia. Ho provato a
protestare anche con il governo
italiano, ho chiesto che mi ridessero
almeno il cavallo. Ma mi sembra che il
governo abbia già troppe gatte da
pelare da queste parti. E mi hanno
riso in faccia pure qui.
Ha intenzione di scappare di
nuovo?
Non scappo più, ormai. Ringo è
stanco.
Così ha deciso di arrendersi.
Già. Che cosa dovrei fare? Ricordo.
Ascolto la gente che ride di me e
aspetto che il tempo passi. Ma ora vi
prego, scendete: non voglio che mi
vediate piangere.
Devo pagare la corsa…
No, offro io. Ho sempre mantenuto la
parola nella mia vita, e la manterrò
ancora.
Mi spiace. Ma vorrei darle un
consiglio: in questo mondo e in
questa città deve imparare ad
essere più furbo. E cinico.
Altrimenti continueranno a
prenderla in giro. Ringo, un cowboy
che fa il tassinaro fa ridere, questo
è bene che lei lo sappia.
Io so tutto quello che voglio sapere.
Addio, signore.
Film e protagonisti
della seconda edizione
di Roma. Tra conferme
e doppie rivelazioni
di Marina Sanna foto Pietro Coccia e Brando Giannoni
schegge di
festa
COLPO DI GENI(O)
Across the Universe è uno dei musical
più sorprendenti degli ultimi decenni.
Romeo e Giulietta, sullo sfondo della
guerra del Vietnam, dei movimenti
razziali e pacifisti e di 33 canzoni dei
Beatles, smontate e riarrangiate dal
premio Oscar Elliot Goldenthal, che ne
esalta ispirazioni gospel o derivazioni
pop a seconda delle atmosfere. Sfilano
citazioni di Hair, West Side Story,
coreografie di Vincente Minnelli e un
po’ di Moulin Rouge, perché la regista
Julie Taymor sperimenta quanto, se
non di più, di Baz Luhrmann. Mescola
reale (come la marcia nella Fifth
Avenue) e fantastico (maschere e
pupazzi sono ispirati a quelli dello
scultore e pittore Peter Schumann),
tecniche d’animazione computerizzate
18 RdC Novembre 2007
Romeo e Giulietta sullo
sfondo della guerra del
Vietnam e di 33 canzoni
dei Beatles: è il geniale
Across the Universe
Novembre 2007 RdC 19
schegge di festa
e artigianali. E attori magnifici che
cantano dal vivo: Evan Rachel Wood,
Jim Sturgess, Joe Anderson. Che la
Taymor avesse talento si intuiva dal pur
ridondante Titus, ma in Across the
Universe reinventa un genere toccando
livelli artistici mozzafiato. Quando Jim
Sturgess canta “All You Need is Love” ed
Evan Rachel Wood appare, sul tetto
dell’edificio di fronte, il cuore dello
spettatore ha un sussulto, anche quello
del più incallito. L’altra sorpresa arriva
dal rustico Sean Penn, Into the Wild è il
secondo film più bello di questa festa.
Ambientazione: la natura selvaggia,
trama: la storia vera di un ventiduenne
che nel ’92 ha mollato tutto, genitori,
macchina, bruciando persino i soldi, alla
ricerca della libertà e della conoscenza di
Sean Penn mattatore
con Into the Wild.
Sotto una scena di
Across the Universe
sceglie i copioni, lei sorridendo risponde
“A occhi chiusi, a volte non leggo
neanche la parte”. E ancora: “Ha girato
15 film in 6 anni, è stato faticoso?”.
“Davvero l’ho fatto?”. Il suo
compaesano Geoffrey Rush è un
conversatore altrettanto brillante e
gentile, parla dello stato della
cinematografia australiana, fa domande
fuori dal copione mentre Shekhar
Kapur lo osserva soddisfatto e dispensa
pillole di saggezza indiana. “Credo
nell’istinto più che nella ragione. La
mente impedisce l’espressione, la paura
di fallire è una grande componente
creativa”. Conclude: “La donna è energia
pura, è come l’acqua, mentre l’uomo è la
pietra che le impedisce di scorrere”.
COLPO DI FESTA
Le due sezioni più interessanti sono
state Extra, a cui avevamo dedicato un
inserto nel numero precedente, e Alice
IL FUORICLASSE
Linguaggio, religione,
senso del tempo:
Coppola rompe gli
schemi e si scopre
filosofo. Con un’opera
allegorica, in
cui rivivono Dracula,
Budda e il Faust
di Silvio Danese
L’
immortalità e la finitudine,
diciamo la finitudine sospesa, è
un tema del cinema di Coppola,
da Apocalypse Now a Un sogno lungo un
giorno a Peggy Sue e, naturalmente,
Dracula, la vita distaccata in un’altra
dimensione per cui si presenta,
finalmente, in una sorta di rivelazione
della sua misteriosa continuità nei corpi,
oltre i corpi e non necessariamente
nell’anima religiosa. Ciò che mancava in
Dracula di Bram Stoker, film precedente
e tra i massimi di Coppola, per cui
questo è diverso, ripercorrente e diverso,
è il tempo, il tempo concreto dell’autore
come carne che si autodistrugge e grida
la sua volontà di esistere (“a 66 anni
cominciavo a sentirmi arrivato a fondo
corsa”). L’urlo di Gary Oldman e il
se stesso (vedi Nepoti a pag. 24). Il
giovane Emile Hirsch, già visto in Alpha
Dog, sullo schermo esplode
letteralmente, passando da un fisico
atletico al limite della denutrizione.
Quanto sono bravi questi americani?
COLPO DI FULMINE
Sean Penn di nuovo, irresistibile. Si
presenta alla conferenza stampa con gli
occhiali da sole, inebetito. Non reagisce
all’ovazione della sala, e a un certo
punto mormora: “Scusate sono ancora
ubriaco da ieri sera”. Il cast di Elizabeth:
The Golden Age. Cate Blanchett è
bravissima, perla tra le perle è di una
bellezza straordinaria e ha
un’intelligenza spigliata. Quando le
chiediamo, signora Blanchett come
20 RdC Novembre 2007
nella città, che quest’anno è cresciuta
qualitativamente. Imperdibile la
proiezione ufficiale del bel
documentario On dirait que..., in cui i
bambini giocano a fare i mestieri dei
genitori (n.b. secondo il loro giudizio
insindacabile l’ultima professione in
ordine di importanza è lo spettacolo:
senza si può vivere lo stesso). Le manine
alzate dei piccoli spettatori erano
tantissime e le domande alla regista
francese Françoise Maire impressionanti.
A margine una nota di colore: a una
proiezione per la stampa parte per errore
Parole sante di Celestini, inchiesta
efficace e importante sul mondo del
precariato. Una critica quotidianista
urla: “Basta con questi comizi di estrema
sinistra”…
Coppola 10
anni dopo:
Un’altra
giovinezza
vita
Novembre 2007 RdC 21
schegge di festa
LA PROMESSA
FENOMENO
HIRSCH
Ieri in Alpha Dog, oggi pupillo di Sean Penn.
Tre domande a un 22enne, che farà strada
E’
stata una delle grandi
rivelazioni della Festa
del Cinema di Roma:
Emile Hirsch, ventidue anni,
notato dal pubblico attraverso
film come Lords of Dogtown e
Alpha Dog e adesso protagonista
del capolavoro di Sean Penn
Into the Wild. “Non credo di
essere stato coraggioso”. Dice
l’attore che è anche nel cast di
Speed Racer, primo film dei
Fratelli Wachovski dopo Matrix:
“Ero soprattutto determinato a
soddisfare il desiderio di
avventura che avvertivo crescere
dentro di me da qualche tempo
e questo film ha rappresentato
l’occasione perfetta. Per farlo
sono dovuto uscire allo scoperto
e lasciare tutte le mie sicurezze
di persona e di attore”. Si è
sentito particolarmente
responsabile nella sua
interpretazione di Christopher
McCandless? “Alle volte i
taglio del corpo come un taglio su tela di
Fontana che apre il dietro le quinte? Forse.
Qui però il passaggio dietro le quinte si vuole
vederlo, si vuole vedere il dietro, si tenta ciò
che miserabilmente facciamo sempre,
comunque: cercare l’impossibile visione e
trovare le parole per dirla, per dire il
fallimento, nel linguaggio, quindi secondo le
dotazioni di pensiero e scienza della storia
dell’uomo, l’inconscio collettivo junghiano
come il principio della trasmigrazione delle
anime. Un “sentimento del tempo” selvaggio
e insieme condizionato attraversa le due ore
del nuovo film di Coppola come un elefante
tra i cristalli. Rompe tutto, un frastuono, con
22 RdC Novembre 2007
Bruno Ganz
e Tim Roth:
bravissimi
per Coppola
personaggi che interpreti, se
ispirati a persone reali, ti
obbligano a un maggiore senso
di responsabilità - spiega Hirsch
-. In questo caso mi sono sentito
in dovere di capire chi fosse
questo ragazzo e per farlo sono
stato attento a tutti i dettagli
della sceneggiatura e alla
direzione di Sean. Credo che,
alla fine, ammirando alcune
della sua qualità, ho finito per
gravitare in maniera onesta e
abbastanza autentica intorno
alla sua figura”. Quando gli
chiediamo se è troppo presto
per parlare di nomination
all’Oscar per la sua
interpretazione straordinaria,
Hirsch conclude: “Mettiamola
in questi termini: è una cosa
riguardo alla quale non posso
fare nulla. Io, quello che dovevo
fare, l’ho già fatto. Starà agli
altri giudicarmi”.
MARCO SPAGNOLI
Una personale
ricerca della
verità che
spinge lo
spettatore ben
oltre la
semplice
esperienza della
narrazione
quella zona di docu-fiction in cui gli
scienziati capeggiati da Tucci, il maestro
italiano di sanscrito, si muovono alla ricerca
della grotta in India che dovrebbe
confermare l’identità trapassata di Veronica
come Rupini, la donna del VII secolo
discepola di un sacerdote. Bizzarra, può
sembrare, ma è invece lo stridore narrativo
dell’elefante, che non si occupa di
“equilibrio narrativo” o “tendenze
pedagogiche”. Un’altra giovinezza
vorrebbero ogni uomo e ogni donna della
terra quando la pelle, il cuore e la mente si
dissociano nell’età che avanza e tutto
incomincia a rompersi. Un’altra e poi
un’altra ancora, vorremmo, perché siamo
incontentabili. L’immortalità e il senso del
tempo, i punti cruciali di ogni pensiero sulla
nostra esistenza, si fondono nelle religioni
(da Budda a Cristo), nelle filosofie (da
Platone a Nietzsche) nelle scienze (da Jung a
Hawking) e nella storia delle lingue, le
radici di ogni forma di pensiero. A dieci
anni dall’ultimo lungometraggio (L’uomo
della pioggia), Coppola ha trovato nel
romanzo di uno dei massimi storici delle
religioni, Mircea Eliade, materia per
trasferire in un’avventura emozionante l’idea
che la nostra percezione del tempo è
soltanto una delle possibili. E’ un film
complesso, allegorico, irregolare,
commovente e provocatorio, convinto che a
darci per primo il brivido delle molte vite e
della rigenerazione dell’umanità è il cinema.
Come nel romanzo, Un’altra giovinezza
parte dal fulmine che colpisce, a Bucarest,
nel 1938, un glottologo settantenne (Tim
Roth, disinvolto e credibile viaggiatore nelle
età). Sopravvissuto all’esperienza elettrica,
esce rigenerato quarantenne destinato
all’immortalità, con straordinari poteri di
percezione e, soprattutto, con una
sconcertata visione globale delle stagioni
dell’umanità. La formula fiabesca (il
fulmine, gesto divino) vale il mito di
Dracula (ne nasce anche un doppio,
emblema della dissociazione del controllo
razionale in molte culture), ma la figura di
realtà, il timido professore che aveva
intenzione di uccidersi deluso dalle
frustrazioni della vita, depotenzia il mito, e
trasferisce il discorso nella miseria dei nostri
tentativi di darci una ragione. Con la
considerazione del linguaggio, interviene
anche il discorso religioso. L’amore per
Laura, da cui si era separato da giovane, a
fine ‘800, torna alla fine degli anni ‘60
quando incontra lo stesso volto, lo stesso
cuore. Seguendola, in un viaggio in India, fa
nuove esperienze magiche legate alla
religione e alla linguistica. Prelevando dalla
storia del cinema uno straordinario
immaginario intorno al tema del
tempo (dall’espressionismo di Murnau
IL PARTIGIANO
PIOVONO PERE...
Chiesa mette altra frutta sull’albero della conoscenza. E fa Movimento
C’
erano le nuvole di Soldini, alla
Festa di Roma, e c’erano,
metaforiche ma anche molto
reali, le nuvole di Guido Chiesa in uno
strano e coraggioso documentario
intitolato Le pere di Adamo, che è quasi
un prototipo di cinema “alieno”, almeno
nel panorama italiano. Un tentativo,
magari riuscito solo in parte ma
comunque molto affascinante, di
percorrere l’ardua strada del film saggio
con stile impressionistico e lieve,
nonostante gli argomenti ponderosi. Un
documentario in evidente soggettiva, a
partire da un disagio esistenziale che il
“partigiano” Chiesa non ha timore di
ammettere (la fine delle certezze e delle
ideologie, illuminismo e marxismo in
testa): ma gli “ismi” e i serissimi concetti
della filosofia della scienza dovrebbero
arrivarci depurati di ogni intellettualismo
e con un velo di autoironia. Ecco cosa
immagina il cineasta piemontese: sul
biblico albero della conoscenza non
crescevano solo le mele ovvero per capire
qualcosa di più del contraddittorio
mondo contemporaneo siamo costretti a
voli pindarici: accostare le previsioni del
tempo e il precariato, accettare che
movimenti di protesta e perturbazioni
siano imprevedibili e ingovernabili e che
lo diventino sempre di più via via che
elementi esterni si accumulano. Possono
sfociare in grandi tempeste o, come la
tempesta in un bicchier d’acqua,
svaporare nell’azzurro. La presunzione
delle scienze esatte non è più tale dopo
che, come si sa, il battito di ali di una
farfalla in Brasile ha provocato un
uragano in Texas… Con un cartone
animato e la voce di Giuseppe Battiston a
fare da cornice (ma forse non ce ne
sarebbe stato bisogno), Chiesa costruisce
un puzzle di immagini e di idee, un ballo
a tre passi: gli intermittenti francesi che
lottano contro una riforma dei sussidi
che li mette in ginocchio; le spiegazioni
scientifiche del meteorologo Luca
Mercalli, impegnato sui temi
dell’ambientalismo; l’eccentricità di un
giovanissimo musicista e matematico
scozzese, Iain Mc Larty, perfetta
incarnazione di una scienza che non ha
più paura dell’arte, anzi la corteggia. Un
film-laboratorio in cui entrare come in
un labirinto, lasciandosi guidare dal
movimento delle nuvole.
CRISTIANA PATERNO’
Novembre 2007 RdC 23
schegge di festa
LA RIVELAZIONE
SULLA SCIA
Stesse coordinate, stessa asciutt
V
uoi vedere che Sean Penn si
candida alla successione di
Clint Eastwood? Da lui
Penn sembra aver imparato a
prosciugare la tendenza all’enfasi; e
ora, a consolidare la sensazione,
LA FOLGORAZIONE
I BUDDA DELLA SPERANZA
Dall’ultima delle Makhmalbaf una commovente riflessione sulla
brutalità della guerra
U
na matita e un quaderno
non dovrebbero
rappresentare un
desiderio impossibile per un
bambino, eppure per Bakhtay, la
protagonista di Buddha
Collapsed Out of Shame, è quasi
un sogno, perché Bakhtay è una
bambina afgana di sei anni, vive
sulle montagne in una caverna
scavata tra le rovine lasciate
dalle statue di Budda distrutte
dai talebani nel 2001. I suoi
grandi occhi saggi di chi non ha
avuto diritto alla spensieratezza
ritrovano la luce dell’eccitazione
infantile e una punta di invidia
quando sente il bambino, vicino
di caverna, ripetere le lettere
dell’alfabeto e leggere storie che
fanno ridere: anche lei vuole
andare a scuola e vuole leggere.
La sola, piccola fortuna di
Bakhtay è di avere una gallina
che fa le uova che valgono
qualche preziosa rupia. Testarda
e tenace, Bakhtay vende le uova,
commuove qualche adulto,
riesce a comprare quaderno e
matita necessari, poi,
infagottata negli abiti del
freddo, parte alla ricerca della
scuola dove imparare e leggere
le storie per ridere. Ma
l’Afghanistan che la regista -
24 RdC Novembre 2007
Hana Makhmalbaf, 19 anni,
sorella di Samira, figlia del
regista Mohsen che con la
famiglia ha edificato un
laboratorio di cinema - racconta
è quello arido e cattivo,
attraversato da invasori, i russi,
i talebani, gli occidentali laici e
cristiani, tutti con la scusa di
liberare il paese, tutti portando
distruzione e morte. E Bakhtay,
nel suo cammino, incontra tanti
altri bambini che conoscono un
solo gioco, la guerra, la
sopraffazione, la violenza. Per
loro tutto è un’arma, un pezzo
di legno, un sasso, una matita e
una bambina è la vittima giusta
per il gioco della lapidazione.
Buddha Collapsed Out of Shame
è il film che, con i suoi toni
sommessi, mette più in evidenza
con impressionante efficacia, le
conseguenze della brutalità, un
piccolo gioiello della sezione
Alice. I media si indignarono
quando con le statue fu
distrutto un patrimonio del
passato dell’umanità, ma in
quelle rovine si distrugge anche
il futuro di un paese. Quante
generazioni dovranno passare
prima che i bambini scoprano
un gioco diverso dalla guerra?
MARIA PIA FUSCO
all’esistenzialismo di Resnais) e ricalcando
il discorso buddista di Eliade sulla
reincarnazione, Coppola spinge lo
spettatore oltre l’esperienza puramente
narrativa, con un film saggistico e insieme
poetico. Può respingere la zona più
ideologica del film, quando gli scienziati
guidati da Tucci, dispiegano la prammatica
della reincarnazione. Dipende dall’idea che
si ha del cinema. Tra Faust e Budda,
Coppola ha diretto una sua personale
ricerca della verità.
DI EASTWOOD
, tematiche sempre più simili. Anarchia e libertà di Into the Wild candidano Sean Penn a suo erede naturale
arriva una rivisitazione molto
“eastwoodiana” della mitopoiesi Usa:
il confronto tra l’uomo e la
“wilderness”. Basata su un caso
autentico, la vicenda è quella di un
ventenne, Christopher McCandless,
che dopo la laurea rinuncia al futuro
di privilegi organizzatogli dai
genitori per mettersi sulla strada:
strada sempre più solitaria, poi pista;
fino all’Alaska, dove incontrerà il suo
Destino. Dal pioniere Daniel Boone
a Jack London, alla beat generation,
il viaggio è stato mitologia fondativa
della cultura statunitense. Se
l’itinerario di Chris ne condivide
l’esigenza impellente di libertà e
anarchismo, la motivazione
principale è il rifiuto della famiglia
borghese: cellula di giudizio e di
controllo sociale (da un certo punto
in poi la vediamo attraverso la
fotografia sfocata di home-movies)
ma anche di perfetta infelicità; tanto
più spaventosa perché accettata come
norma e condizione “naturale”.
Anche lungo le strade dell’America il
ragazzo incontra, peraltro, il dolore,
la perdita, la solitudine; ma si mostra
capace di solidarietà e di affetto. C’è
una scena che rasenta il sublime, ed è
quella dell’incontro tra Chris, ormai
stremato dalle privazioni (la
wilderness è libertà e verità, ma
anche minaccia alla sopravvivenza), e
un orso bruno probabilmente
affamato quanto lui, eppure non
minaccioso. Spesso ci irritiamo alle
estatiche ingenuità del cinema
americano, ai paesaggi fotografati
con sguardo artificiosamente
candido. Invece, per una volta, le
ingenuità di Into the Wild sono
costituitive, connaturate allo sguardo
di chi scopre un mondo (il
protagonista) e di chi (lo spettatore)
lo osserva assieme a lui.
ROBERTO NEPOTI
VISTI DAL TAPPETO ROSSO
Il verdetto dell’applausometro sul Red Carpet: vincono le finte Winx e la Melita del Grande Fratello. Per il resto i brividi sono d’Argento
Partenza bruciante, con fan e giornalisti
disorientati: meglio all’Auditorium per Monica
Bellucci o al Sistina per il premio a Sophia Loren? Il
dilemma è presto sciolto: dal secondo giorno la
pioggia di star si dirada e lascia spazio a un Red
Carpet con posti quasi a sedere. Dato
preoccupante, le impennate registrate
dall’applausometro: Cate Blanchett a parte, a
scaldare gli animi della folla è soprattutto un
quartetto di Winx in carne e ossa e la Melita di
Lucignoli e calendari, partorita dal Grande Fratello.
Caso a parte il balletto messo in scena da Tom
Cruise e Robert Redford: applauditissimi alla
conferenza fiume di Leoni per agnelli, compaiono
poi sul tappeto rosso. Toccata e fuga in sala e poi
via alla chetichella, appena si spengono i riflettori.
La palma dello spettacolo va paradossalmente ai
fan. Capigliature punk e t-shirt d’annata sono la
divisa d’ordinanza dei Maratoneti d’Argento: una
folla eterogenea e appassionatissima, che è
accorsa da tutta Italia, per assistere alla sei ore
notturna della Trilogia delle madri. Commozione sul
black carpet, con Asia e papà Dario mai così belli e
sorridenti.
(D.G.)
Novembre 2007 RdC 25
CHARLIZE THERON
I DUEVOLTIDI
Dall’Iraq di Haggis alla battaglia di Seattle del
marito Townsend: la donna più sexy del mondo
in prima linea per educare Hollywood
COVER STORY
C
he cosa lega Nella valle di Elah e
Battle in Seattle? Soprattutto
Charlize Theron, musa per Paul
Haggis e sposa di Stuart
Townsend. Fin qui tutto bene, ma dietro
Charlize Theron vi è un’ombra inquietante,
impressa ormai solo sulla nostra memoria:
quella delle Torri Gemelle. Un’ombra che
ideologicamente si staglia sull’Iraq di Paul
Haggis e viene anticipata - e inseguita - nel
resoconto di Townsend sulle proteste al
WTO di Seattle nel 1999. A rischiarare
questi foschi orizzonti, la solarità di Charlize
Theron, che mette in scena la sua passione
civile, riservando glamour e sex appeal al
fuoricampo. Impresa ardua, se non
disperante: la celebre rivista maschile Usa
“Esquire” l’ha da poco incoronata donna
più eccitante del pianeta, davanti a Jessica
UNASTAR
DI FEDERICO PONTIGGIA
Novembre 2007 RdC 27
COVER STORY
Biel (reginetta 2005), Angelina Jolie e
Scarlett Johansson (titolata l’anno scorso).
Occasione sfruttata dalla Theron, che da
poco ha ottenuto la cittadinanza
statunitense, per bacchettare Hollywood
(“Non puoi andare da nessuna parte, anche
solo per farti una chiacchierata”) e per
attaccare sia il nativo Sudafrica che gli
adottivi States: “Vengo da un Paese che con
molto ritardo ha compreso che non si può
imporre un unico stile di vita a 26 differenti
etnie solo perché ci si crede nel giusto: è una
lezione che l’America non ha imparato
ancora”. Questa è Charlize, una e bina:
Charlize Theron
nella Valle di Elah.
Accanto col marito
e neoregista
Stuart Townsend
28 RdC Novembre 2007
divismo e impegno per lei sono inscindibili,
l’uno fa da volano per l’altro, in un gioco di
specchi che ci riconsegna una donna, prima
che un’attrice. Lontana dai clamori
umanitari di altre sue colleghe (Angelina
Jolie in testa), la Theron nondimeno
supporta molteplici associazioni e iniziative
benefiche, tra cui l’American Foundation
for AIDS Research, YouthAIDS e una
costellazione di sigle animaliste. Impegno
generoso e sincero, per dare ad altri ciò che
a lei stessa è stato sottratto. Afrikaan di
Johannesburg, ha avuto un’infanzia tragica:
a 15 anni vede il padre Charles, alcolizzato e
“L’America deve imparare dal
mio Sudafrica: le diversità non
vanno combattute, ma rispettate”
violento, ucciso per legittima difesa dalla
moglie, che tentava di aggredire. Un
macigno, da cui cerca di liberarsi grazie alla
bellezza. Spinta dalla madre, vince il New
Model Today a Positano e si trasferisce a
Milano per lavorare come modella. Qui
sfonda, grazie al fondoschiena: immortalato
in bianco e nero nello spot culto per
Martini. Ma la moda non è la sua passione,
ritorna al primo amore, la danza, lo lascia
per un infortunio al ginocchio, e opta per il
cinema: i primi riflettori la puntano ne
L’avvocato del diavolo al fianco di Al Pacino.
Poi, siamo nel 2000, viene diretta da Robert
Redford ne La leggenda di Bagger Vance,
quattro anni dopo combatte la guerra civile
spagnola con Penélope Cruz in Gioco di
donna, e incassa il ruolo di testimonial per
la maison Dior (oggi è il volto di Breil
Milano). Nel frattempo, sono passati The
Italian Job (il sequel The Brazilian Job
uscirà nel 2009, con lei protagonista) e
soprattutto l’Oscar alla migliore attrice, il
SAG Award e il Golden Globe per
Monster, in cui imbruttita ad hoc interpreta
la serial killer Aileen Wuornos. E’ il 2003,
l’Olimpo di Hollywood ha una nuova dea,
che per altezza (177 cm) e bellezza è Venere
predestinata. Ma mai doma alla
superficialità dello showbiz: nel 2005, bissa
con North Country, ispirato alla prima
causa per molestie sessuali sul lavoro negli
Stati Uniti, che le vale la candidatura
all’Oscar per la migliore attrice e il Golden
Globe. Due anni dopo, la ritroviamo
detective sommessa e combattiva nella
Valle di Elah di Paul Haggis, coscienza
critica di un’America che in Iraq ha
sconfitto se stessa, e diretta dal neomarito
Stuart Townsend (attore irlandese al
debutto in regia) nella battaglia di Seattle,
moglie di un ufficiale di polizia, che sul
lato “sbagliato” della barricata si troverà a
fronteggiare la violenza. Ma per Charlize
non è tempo di sedersi sugli allori: da poco
ha iniziato le riprese di Burning, esordio in
regia dello storico sceneggiatore di Iñarritu,
Guillermo Arriaga. Conoscendola, un’altra
prova impegnativa.
FOTO PHILIPPE ANTONELLO
Da un romanzo censurato per oltre 100 anni
CONCEPT EDOARDO CAMPANALE
UN FILM DI
ALESSANDRO
LANDO
ROBERTO FAENZA
CRISTIANA
GUIDO
PREZIOSI BUZZANCA CAPOTONDI CAPRINO
JEAN VIGO ITALIA E RAI CINEMA PRESENTANO
CON LA PARTECIPAZIONE DI INSTITUT DEL CINEMA CATALÀ E VIP MEDIENFONDS 2 IN ASSOCIAZIONE CON RISING STAR “I VICERÈ”
ALESSANDRO PREZIOSI LANDO BUZZANCA CRISTIANA CAPOTONDI GUIDO CAPRINO ASSUMPTA SERNA SEBASTIANO LO MONACO BIAGIO PELLIGRA FRANCO BRANCIAROLI E LUCIA BOSE’
SCENEGGIATURA DI FRANCESCO BRUNI
FILIPPO GENTILI ANDREA PORPORATI ROBERTO FAENZA PRODUTTORE ESECUTIVO GIULIO CESTARI LINE PRODUCER ALESSANDRO CALOSCI MUSICHE DI PAOLO BUONVINO
SCENOGRAFIA E ARREDAMENTO FRANCESCO FRIGERI MONTAGGIO MASSIMO FIOCCHI COSTUMI MILENA CANONERO DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA MAURIZIO CALVESI (AIC)
PRODOTTO DA ELDA FERRI UNA PRODUZIONE JEAN VIGO ITALIA IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA DIRETTO DA ROBERTO FAENZA
FONICO BRUNO PUPPARO (AITS)
www.ivicere.it
DAL 9 NOVEMBRE AL CINEMA
TORINO,
IL SORPAS
30 RdC Novembre 2007
Personaggi
Una valanga di mostre e
rassegne, tra cui una
fotografica di Carole
Bellaïche e una personale
di Werner Herzog. Dietro
tanto fermento il Museo
del Cinema e il suo
direttore Alberto Barbera,
mentre è al ciak il (primo)
festival di Nanni Moretti
di Marina Sanna
SO
a qualche tempo Torino vive un
grande fermento culturale.
Mostre, rassegne, eventi, e una
qualità della vita che noi romani abbiamo
dimenticato, fanno della città piemontese
una controparte da tenere d’occhio. Ora
tocca al primo festival di Nanni Moretti e,
al di là del bilancio che si farà a giochi
fatti, l’obiettivo è razionalizzare e
vivacizzare una manifestazione che si stava
lentamente spegnendo, puntando anche
sullo snellimento di titoli e sezioni (vedi
box a pag. 33).
Dietro la Mole reale e metaforica di
questo incessante lavorio c’è Alberto
Barbera che, con la stessa passione e
intelligenza con cui ha guidato la Mostra
del Cinema e il Festival di Torino, sta
trasformando la fisionomia del Museo
del Cinema. Le attività sono tante e
ramificate, la Mole Antonelliana,
roccaforte del Museo, assomiglia a una
piovra dai lunghi tentacoli, sempre più
radicata nel territorio piemontese.
D
“Il Museo – spiega il direttore Barbera –
ha una collezione di oltre un milione e
mezzo di pezzi tra film, fotografie,
manifesti, oggetti, volumi, documenti.
Negli ultimi 15 anni il lavoro maggiore è
stato catalogare questo patrimonio
enorme, impresa che è giunta quasi a
compimento. Uno dei problemi che
stiamo cercando di risolvere ora è la
riorganizzazione dei materiali, sparsi in
depositi diversi e in locali talvolta
inadeguati rispetto ai problemi di
conservazione.
La collezione cresce in maniera
esponenziale?
Di recente abbiamo acquisito tutto
l’archivio personale di Elio Petri e quello
di Marco Ferreri, attraverso le donazioni
delle vedove. In questo momento stiamo
inventariando i materiali di Francesco
Rosi.
Quali soluzioni prevedete?
Ne abbiamo individuate tre, una per la
Cineteca che è satura: in tre anni è
Novembre 2007 RdC 31
Personaggi
"Sono più di
100 gli attori
e registi ritratti
dalla Bellaïche"
passata da ottomila a sedicimila titoli.
Il comune di Torino ha trovato un’area
che fa al caso nostro e il prossimo anno
incominceranno i lavori di
ristrutturazione dell’edificio. Dovrebbero
finire entro il 2010. La seconda riguarda
l’archivio generale delle collezioni,
stiamo completando in questi giorni il
progetto definitivo, per garantire le
condizioni di conservazione, con umidità
e temperatura adeguate.
Il terzo polo consiste invece nel
trasferimento della biblioteca in un ex
archivio dell’Asl, dove avremo finalmente
l’attrezzatura necessaria per la
catalogazione dei libri. Soprattutto molti
spazi per le attività connesse e sale di
lettura tecnologicamente all’avanguardia,
Secondo un principio moderno, cioè
collezioni aperte e consultabili e non
semplici depositi.
Un progetto ambizioso.
Ormai tutti i musei si orientano verso
strutture che siano aperte, se non al
pubblico, a ricercatori, studiosi, storici, il
che vuol dire accessibilità immediata e
completa.
Mentre la parte espositiva?
Rimane alla Mole, anche qui abbiamo
bisogno di aumentare gli spazi, almeno
per le mostre temporanee. Nel 2008
incomincerà la progettazione di un
nuovo edificio, praticamente di fronte
32 RdC Novembre 2007
Il direttore del
Museo del Cinema
Alberto Barbera.
Accanto due
interni della Mole
Antonelliana
alla Mole, in cui si trasferiranno gli uffici
del Museo, dei festival, la mediateca e gli
spazi per l’attività didattica del museo.
Intanto le attività culturali artistiche
non si fermano…
Anzi, sono aumentate. Quella didattica è
diventata intensissima, con pubblicazioni
rivolte sia alle scuole che a un pubblico
adulto. Facciamo una media di 5
esposizioni temporanee all’anno,
prevalentemente fotografiche ma non
solo. A metà novembre inaugureremo
una grossa mostra di Carole Bellaïche,
che ha lavorato prevalentemente con i
Cahiers du cinéma. Il titolo è “La
collezionista”, sono 138 ritratti di attori e
attrici realizzati dal 1992 al 2007.
Contemporaneamente ci sarà la
personale di Wim Wenders, organizzata
dal festival.
WIM E JOHN DA SCOPRIRE
L’americano John
Cassavetes e il tedesco Wim
Wenders insieme sotto la
Mole. Sono i due registi i
protagonisti delle
retrospettive del Torino Film
Festival (23 novembre – 1°
dicembre), che per spegnere
25 candeline ha voluto il
neodirettore Nanni Moretti.
Buon regista non mente, e
l’autarchico nazionale ha
tirato la zampata d’autore,
volgendo lo sguardo a due
celebri colleghi: l’anarchico
Cassavetes e il poliedrico
Wenders. Ad accompagnare
la panoramica Cassavetes,
curata da Jim Healy ed
Emanuela Martini, sarà a
Torino Seymour Cassel,
amico del regista “ready
made” e protagonista in
campo, da Faces a Minnie
and Moskovitz. L’alfiere della
rinascita del cinema
tedesco, viceversa,
passeggerà su via Po a
braccetto con la moglie
Donata, per riflettere, dopo
essersi rivisto, sulle
definizioni che ne hanno
accompagnato la carriera:
postmoderno,
metalinguistico, multiforme,
precursore, etc. Alla
retrospettiva curata da
Stefano Francia di Celle il
compito di fornire le risposte
giuste…
(F.P.)
A gennaio sarà la volta di Werner
Herzog…
E’ un grosso evento: la retrospettiva
completa di tutti i suoi titoli con
l’anteprima europea dell’ultimo,
Encounters at the End of the World, per
l’occasione abbiamo ristampato 36 nuove
copie dei suoi film. Ci sarà una mostra
multimediale di fotografie e
videoinstallazioni, con inediti o filmati
girati apposta da Herzog per la mostra.
Inoltre farà un workshop alla scuola
Holden a un gruppo di ragazzi
selezionati attraverso un concorso
nazionale.
Insomma, prima di Barbera, che cosa
faceva il Museo?
(Ride) Per anni è stato impegnato
nell’allestimento della nuova parte
espositiva alla Mole Antonelliana e nel
completamento di servizi che sono stati
attivati solo nel 2003. La produzione
culturale o editoriale era ai minimi
termini, c’era stata qualche mostra ma
non era un’attività continuativa come
adesso. Il vero sommerso è stata appunto
l’attività di catalogazione, che solo ora sta
giungendo al termine. E questo ci ha
permesso di pubblicare un volume
cospicuo, Tracce, di oltre 500 pagine, in
collaborazione con il Castoro. E’
l’inventario di tutti i materiali
appartenenti alla collezione del Museo
sul cinema muto torinese, di ogni film
viene elencato ciò che possediamo:
sceneggiature originali, foto di scena,
manifesti, ecc. Due anni fa abbiamo
iniziato una collaborazione con il
Castoro, che ci permette di arrivare in
libreria con monografie non solo legate
al passato ma anche di autori
contemporanei poco conosciuti, come i
due volumi dedicati a Miike Takashi e
Kiyoshi Kurosawa.
Poi ci sono i festival torinesi…
Sono stati affidati al Museo del Cinema
dal punto di vista amministrativo e
gestionale, il che significa non solo
“costruire” i budget, ma un lavoro di
progettazione con lo staff dei singoli
festival. La ricerca dei soldi, dei
contributi, privati e pubblici, rapporti
con gli sponsor, la condivisione dei
progetti delle singole edizioni, la
comunicazione…
Che cosa dobbiamo aspettarci da
Moretti?
Il programma è meno spezzettato del
solito e le opere sono diminuite.
Vedremo…
MORETTI, UN PO’ DI NOVITA'
Dal 23 novembre al 1° dicembre, la 25ma
edizione del Torino Film Festival, la prima diretta
da Nanni Moretti. Dichiarata l’intenzione: far
luce sulle zone d’ombra del cinema mondiale. 30
i lungometraggi tra Concorso (circa 12 titoli),
Fuori Concorso (fra cui Lascia perdere Johnny di
Fabrizio Bentivoglio) e Anteprime. Spazio a
documentari, corti e tre novità: “La Zona”
dell’innovazione; “L’amore degli inizi”, opere
prime e debuttanti a colloquio con Nanni; “Lo
stato delle cose” di una cinematografia
emergente.
Novembre 2007 RdC 33
L’ATTORE PREMIO OSCAR®
L’ATTRICE PREMIO OSCAR®
TOMMY LEE JONES
CHARLIZE THERON
L’ATTRICE PREMIO OSCAR®
E
SUSAN SARANDON
IN THE VALLEY OF ELAH
DAL 30 NOVEMBRE AL CINEMA
IN PRINCIPIO
ERANO
STREGHE
Si chiamavano Grimilde, Kim Novak e Veronica Lake.
Poi sono arrivate le Winx e hanno cambiato look
e tendenze. E le fate hanno preso il sopravvento…
Novembre 2007 RdC 35
UN
MONDO
DI
WINX
Belle, brave e superaccessoriate. Sono
un fenomeno televisivo (e non solo)
che ora arriva al cinema. Merito di un
signore che si chiama Iginio Straffi…
di Marina Sanna
36 RdC Novembre 2007
Novembre 2007 RdC 37
F
orse le
streghe sono
diventate impopolari.
Spiegherebbe in parte
il successo delle
Winx, le fatine
animate che in 3
anni hanno
conquistato il cuore
di milioni di
bambine. Un fenomeno televisivo,
esportato in 130 paesi, che sta
contagiando ogni settore, dall’editoria ai
gioielli (è imminente una linea esclusiva
di monili con marchio Winx), per non
parlare delle bambole, che hanno
sostituito le tradizionali Barbie e persino
le più trasgressive Bratz. Queste graziose
fanciulline, che muovono un giro d’affari
di circa 1,5 miliardi di euro, sono state
inventate da Iginio Straffi, nato in
provincia di Macerata e prestato ai
fumetti prima di diventare il titolare
della Rainbow CGI.
Factory italiana con l’ambizione di
diventare il corrispettivo della
Disney, che raccoglie 400 talenti
tra animatori, programmatori e
altro personale tecnico artistico
e i cui studi si dividono tra
Roma, Loreto e Amsterdam.
L’asso nella manica non è nella
storia (buoni contro cattivi) ma
nel design applicato al contenuto: la
lotta contro il Male assume sembianze
angeliche e acconciature da far invidia
a star e professioniste dello shopping.
A giorni questo prodigio
38 RdC Novembre 2007
dell’animazione arriverà anche al cinema,
il 30 novembre uscirà nelle sale infatti il
primo lungometraggio, a firma sempre di
Straffi. “E’ una grossa sfida e un
esperimento – ci dice –. Il nostro
obiettivo è realizzare film di grafica CGI
(Computer Generated Imagery) di alta
qualità, per il mercato internazionale.
Abbiamo altri due film in lavorazione
che, dopo l’uscita delle Winx - Il segreto
del regno perduto, entreranno nel
vivo”.
Il secondo lungometraggio sulle
Winx e...?
Una storia scritta da Michael
Wilson, autore di Shark Tale, L’era
glaciale… Un soggetto divertente
con un’ambientazione nuova. Si tratta
di un progetto più in linea con le
produzioni americane rispetto alle
Winx, che invece hanno una trama
simile a quella di un live action.
Le belle protagoniste
di Winx - Il segreto del
regno perduto.
Accanto le due fasi
di sviluppo di un
albero e i modellini
delle Winx in 2D
MADE IN ITALY SPECIALE
Come in Harry Potter, anche qui la
miscela vincente sembra il quotidiano
unito allo straordinario. Si è
ispirato in qualche modo
al mago della Rowling?
In realtà avevo nel cassetto una
storia per bambini in cui Male
e Bene erano rappresentati da
un gruppo di streghe e uno di
fate. Alla fine degli anni ’90 ho
pensato fosse il caso di
incominciare a svilupparla, in quel
momento il cartone mondiale era
dominato dai Pokemon e i vari sequel:
Digimon, Dragon Ball, ecc. C’era il
sentore comune che le
bambine guardassero poco i
cartoon e i network televisivi
spingevano perché le
produzioni fossero orientate
verso un pubblico maschile,
un messaggio che arrivava
soprattutto dall’America. Ricordo
ancora una conferenza in cui i capi
dei vari canali ci dicevano che
secondo uno studio americano il
telecomando lo teneva il bambino,
perciò anche se in un nucleo familiare
c’erano maschi e femmine, il target era
sempre il maschio.
Nonostante siano
numericamente
predominanti le femmine?
Mi sembrava infatti una
stupidaggine e un’ingiustizia.
Nel ’94, fino al ’95, in Italia e
nel resto del mondo
spopolava il cartoon
giapponese Sailor Moon,
ennesima variazione del
genere Candy Candy, Heidi.
C’era quindi spazio, anzi una
voragine, per un bel cartone
rivolto al pubblico
femminile. Ho
sviluppato il soggetto
che si è evoluto in
aspiranti fate e
potenziali streghe, ed
ecco l’analogia con
Harry Potter: le Winx
vanno a scuola di magia,
anzi al College, per
diventare più brave, per
sviluppare i loro talenti.
Abbiamo inventato anche una
scuola maschile, quella per maghi,
che qui si chiamano Specialisti.
Iginio Straffi nasce come autore
di fumetti: oltre a ideare la
storia, ha donato alle
protagoniste delle Winx anche
corpo e volto?
Anche se non ho più la mano di
quindici anni fa, di solito mi occupo
dello sviluppo grafico dei personaggi.
Ho un team di 30 disegnatori che
realizzano le varie pose e lo sviluppo,
partendo dai miei bozzetti e comunque
spesso ci rimetto mano per cambiare
acconciatura o magari uno sguardo.
L’asso nella manica infatti è il look.
Talmente curato da far pensare a mani
e occhi femminili…
Ha centrato il punto. Le dirò di più:
dopo aver sviluppato per un anno una
serie di personaggi delle Winx e un
episodio pilota ho smontato tutto,
nonostante la Rai e il coproduttore
tedesco fossero entusiasti. I miei
collaboratori sono quasi
svenuti, avevamo già migliaia
di disegni con tutte le
attitudini e animazioni. Non
vedevo l’innovazione rispetto
agli altri prodotti, continuavo
a pensare al target: un
pubblico di bambine, per
definizione attente all’aspetto e gli
accessori. Poi ho pensato che il
segreto potesse essere nei vestiti e
Novembre 2007 RdC 39
SPECIALE MADE IN ITALY
nelle acconciature, dettagli costosissimi
perché significa che ogni puntata devi
rifare i disegni. La nostra responsabile del
licencing mi ha consigliato di chiamare
delle stiliste di moda per migliorare il
look delle Winx e così abbiamo fatto.
Adesso abbiamo due disegnatrici che
vengono da Dolce & Gabbana e Gucci.
E’ stata una mossa azzardata ma vincente,
come dicono gli americani cerchiamo di
pensare “out of the
box”, ossia fuori dagli
schemi.
Torniamo alla storia delle
Winx, non ci sono solo
fate ma anche streghe da
generazioni…
Le Antenate sono le trisavole
delle Trix, le streghe rivali
delle Winx. La distinzione
tra Bene e Male è
volutamente netta, come il
messaggio che diventa più chiaro
di puntata in puntata: le Winx scelgono
sempre la via dell’onestà, l’unione, sono
una per l’altra o per chi è più debole,
hanno un’attenzione particolare
all’ambiente. Le Trix, pur essendo un
gruppo, si tradiscono e approfittano una
dell’altra.
Il creatore delle
Winx Iginio Straffi
con la fatina
Bloom
40 RdC Novembre 2007
Una metafora dell’individualismo
moderno?
Del male moderno. Di come ci si può
arricchire ai danni degli altri, modus
vivendi che alla lunga non paga. Le Trix
discendono da antenate terribili, che
hanno semidistrutto la dimensione
magica tra cui Domino, il mondo di
provenienza di Bloom, la protagonista.
Chi è Bloom?
E’ la Fata del Fuoco, di lei sappiamo
poche cose oltre al fatto che è stata
cresciuta da genitori adottivi. Ora ha
finito i tre anni di corso ad Alfea e decide
di partire alla ricerca della vera madre e
del vero padre, e le Winx e gli Specialisti
la seguono in questa grande avventura.
Le Winx non hanno una dinastia come
le Trix?
I genitori hanno dei poteri ma non sono
sviluppati come quelli delle figlie, che sono
andate a Magix, la scuola delle fate. Nel
film si scopre che le sei ragazze sono legate
“NEL FILM
BLOOM PARTE
ALLA RICERCA
DEI SUO VERI
GENITORI”
Bambole, borse, ciondoli, prodotti hitech e fumetti Winx. Avete lasciato
qualcosa di intentato?
L’automobile per le mamme. Non è detto
che non la faremo.
IL GUARDAROBA DELLE
MERAVIGLIE
Campanellini, zucche e monili: il corredo cinematografico
delle professioniste di scopa e bacchetta
a una profezia e sono loro le guardiane
della dimensione magica, le predestinate.
Di solito si passa al film quando la
serie è finita. Invece lei ha seminato
indizi in tv per svelare la trama
centrale al cinema?
E’ piuttosto un prequel in cui si capisce
ciò che è successo prima. Ci pensavo già
dalla prima serie, alla Rai mi avevano
detto che era ancora presto. Ho aspettato
fino alla seconda e due anni e
mezzo fa siamo partiti col
progetto. Gli episodi
televisivi continueranno
con altri sviluppi,
parallelamente ai film per
il cinema.
E’ un fenomeno nuovo?
Ci sono dei precedenti, ad
esempio Spider-Man, anche se
non è animazione pura. La
serie televisiva non si
sovrappone ai film.
“Quando il primo bambino
rise, la sua risata si infranse
in mille e mille piccoli pezzi,
che si dispersero scintillando
per tutto il mondo: così
nacquero le fate”. E’ il 1904
e James Barrie, nel suo
Peter Pan, ci spiega la
nascita delle fate,
regalandoci un prototipo di
fatina civettuola, dispettosa,
e tintinnante: Campanellino.
La “femme jelouse” per
antonomasia, distributrice di
polverina magica che ti aiuta
a volare, al cinema assume
diverse sembianze (tra cui,
quella deliziosa di Julia
Roberts). Vista la statura,
come abito le basta una
foglia secca con scollatura
quadrata, abbinato a un paio
di deliziose pantofoline con
pon pon. Look simile viene
sfoderato nel 2001 in Moulin
Rouge! da Kylie Minogue, la
fatina verde dell’assenzio,
che rincuora gli animi
provati da amori destinati a
finire a colpi di tisi. Le fate
cinematografiche a volte
possono permettersi qualche
chilo in più e i capelli bianchi,
come nel caso della Fata
Smemorina di Cenerentola
(Walt Disney, 1950). Basta un
“bibbidi bobbidi boo” per
trasformare una zucca in
carrozza e un vestito da
quattro soldi in un abito
capace di far crollare il
principe azzurro d’ordinanza.
Anche David Lynch, sotto
sotto, è un romanticone, e nel
suo Cuore selvaggio (1990)
decide un happy ending per
Lula e Sailor, facendo
scendere dal cielo Sheryl Lee,
che prima di diventare una
torbida Laura Palmer qui è
in versione fatina buona e
sfodera un abito simile
a una gigantesca
meringa. A colpi di
bacchetta magica a
forma di stella farà
tornare Sailor da
Lula, e noi tutti
vivremo più felici e
contenti. (C.T.)
SPECIALE GRIMILDE & CO.
PIU’ CHE FATE
STREGHE
Difficile riconoscerle se hanno le sembianze di Kim Novak, Tilda Swinton o Sarah
E’
facile dire “strega”. Più
difficile capire che cosa
c’è nascosto, in questa
parola per sua natura
aggrovigliata, con quell’accrocchio di
consonanti sovrapposte che sembra
spalancare porte sull’inquietudine e
sull’ambiguità. Su un doppiofondo. Su
qualcosa che sta al di là. Che in quel luogo
strano che è l’identità femminile sta oltre
l’apparenza. Ci sono streghe che partono
bene: torbide, rancorose e vendicative, ma
poi si perdono per strada. Altre che
arrivano a imbruttirsi, lottare e morire per
coronare i loro loschi intenti, e altre
ancora che fanno principalmente pasticci.
Ma le più temibili sono quelle che
neanche lo sanno, di essere streghe… E se
è vero che la possibilità di essere anche un
po’ strega è di tutte le donne (come di
essere fata), che ognuna scelga il suo
gruppo d’appartenenza, almeno
cinematografico.
MANTELLO NERO E
MANICHE A PIPISTRELLO
Ad aprire le danze delle cattivissime sono
due “megere animate” Disney. La prima,
Grimilde, che fedele al ruolo di
matrigna/strega, sceglie amorevolmente lo
scrigno dove riporre il cuore della sua
figlioccia Biancaneve, colpevole di troppa
bellezza. I suoi colori preferiti sono il viola
e il nero, che ben s’intonano con la sua
perfida eleganza lunare. Ma la più chic è
sicuramente Malefica. Capigliatura
mefistofelica, mantello nero con maniche
a pipistrello che gli anni ’80 copieranno
senza ritegno, si fa accompagnare da un
corvo e le basta un mancato invito a un
LA BELLA KIM
UTILIZZA FILTRI
D’AMORE PER
CONQUISTARE
JAMES
STEWART
CAPPA AL CHIODO
Streghe che appendono la cappa al chiodo
e rinunciano alle loro arti magiche per
amore, diventando tristemente umane.
Pare infatti che anche la più crudele delle
streghe venga facilmente disinnescata
dall’innamoramento. Capita a Veronica
Lake, una strega con sembianze molto
sofisticate e una chioma platinata passata
alla storia, che in Ho sposato una strega di
Renè Clair parte con terribili propositi
vendicativi per poi rinunciare al suo
cappello a punta a causa di un umanissimo
amore. Abdicando al suo stato streghesco,
non rinuncerà però allo stile sexy, optando
per lunghi abiti da sera e pigiami di seta.
Stessa sorte tocca a una sua più vicina
parente: Finnicella/Eleonora Giorgi che,
tornata sulla terra dopo parecchi secoli,
decide come prima magia di sostituire il
suo straccetto fuori moda con un abito
preso da una vetrina di lusso. C’è da
stupirsi che fatichi sette incantesimi per far
suo Renato Pozzetto, ma pare che gli
uomini, a volte, siano parecchio stupidi.
Anche Kim Novak, stanca di trascorrere le
serate con il suo gatto Cagliostro, utilizza
filtri e pozioni per far innamorare un
distratto James Stewart in Una strega in
Paradiso, visto che il suo vestito con la
schiena totalmente nuda – scandaloso per
l’epoca – non basta.
Jessica Parker. Ecco qualche consiglio per non perdere la testa
di Chiara Tagliaferri
Novembre 2007 RdC 43
SPECIALE GRIMILDE & CO.
battesimo per scatenare il delirio e
trasformarsi in drago alla bisogna.
Portatrice di sana cattiveria streghesca in
carne e soprattutto ossa è Tilda Swinton,
la perfida Strega Bianca di Le cronache di
Narnia, che congela animali e vestiti
strizzati nel guardaroba: al loro posto
predilige abiti rigidi come armature,
pellicce bianche e ghiaccioli in testa. A
David Lynch va il merito della
rivisitazione della strega dell’ovest de Il
mago di Oz. Diane Ladd, in Cuore
selvaggio insegue a cavallo di una scopa la
figlia a cui ha tentato prima di rubare, e
poi di ammazzare il fidanzato. Le sue
unghie sono laccatissime e lunghissime, e i
suoi gusti in fatto di vestiario degni del
peggior grande magazzino specializzato in
stampe maculate.
RIPETENTI E CONFUSE
Le streghe un po’confuse, né buone né
cattive, che avrebbero sicuramente bisogno
di qualche corso di ripetizione vantano
una Sarah Jessica Parker riesumata da
Salem, che anche per danzare su una scopa
volante, in Hocus Pocus non rinuncia a un
profondo dècolletè e incanta i bambini del
villaggio cantando Come Little Children.
Ma la più bella è Nicole Kidman che, in
Amori & incantesimi risulta finalmente
umana proprio ora che fa la strega: pesta
petali di fiori nel mortaio, sfoggia trecce
rosse e un’aria fricchettona, seppellisce
uomini con cui preferisce non avere più a
che fare, e si lancia con la sorella Sandra
Bullock dai tetti con calze a righe e
ombrellino.
CADUTE DAL PERO
Per finire, le temibilissime streghe ignare di
esserlo. Si comincia con un trittico di tutto
rispetto: Susan Sarandon, Michelle
Pfeiffer e Cher, meglio conosciute come
Le streghe di Eastwick. Più simili a tre
casalinghe disperate con una pessima messa
in piega e degli abiti da Signorina Felicita
di gozzaniana memoria, le tre parche
evocano l’uomo perfetto che poi è, guarda
caso, quel diavolo di Jack Nicholson. La
cura Jack migliorerà visibilmente il volume
delle capigliature e il make-up delle tre. La
palma della strega senza scopa, ma non per
questo meno temibile, va d’ufficio a Meryl
Streep. In nome della moda vende l’anima
a un diavolo griffato Prada: scaglia abiti
come fossero incantesimi sulle scrivanie di
povere assistenti, al posto di formule
magiche pronuncia nomi come Manolo
Blahnik e fulmina inarcando
semplicemente un sopracciglio o
sistemando un foulard di Hermès. Questa
sì che è classe.
PER SAPERNE DI PIU’ Fattucchiere di ieri e di oggi. Come si chiamano e che
1937
Grimilde, in Biancaneve
di Walt Disney
1942
Veronica Lake, in
Ho sposato una strega
di Renè Clair
1958
Kim Novak, in Una
44 RdC Novembre 2007
strega in paradiso
di Richard Avine
1959
Malefica, in La bella
addormentata nel bosco
di Walt Disney
1977
Mater Suspiriorum, in
Suspiria
di Dario Argento
1980
Mater Tenebrarum, in
Pfeiffer, Cher, in
Le streghe di Eastwick
di George Miller
Inferno di Dario Argento
1990
Diane Ladd, in Cuore
1980
Eleonora Giorgi, in
Mia moglie è una strega
di Castellano e Pipolo
1987
Susan Sarandon, Michelle
selvaggio di David Lynch
1992
Meryl Streep, Goldie
Hawn, Isabella Rossellini
in La morte ti fa bella
Meryl Streep in
Il diavolo veste Prada,
accanto Tilda Swinton
in Le cronache di
Narnia. Sotto Michelle
Pfeiffer in Stardust
film abitano, a cominciare dalla Grimilde di Biancaneve
di Robert Zemeckis
1993
Sarah Jessica Parker, in
Hocus Pocus
di Kenny Ortega
1993
Nicole Kidman e
Sandra Bullock, in
Amori & incantesimi
di Griffin Dunne
2003
Helena Bonham Carter, in
Big Fish di Tim Burton
2005
Tilda Swinton, in
Le cronache di Narnia
di Andrew Adamson
2005
Nicole Kidman, in
Vita da strega
di Nora Ephron
2005
Monica Bellucci, in
I fratelli Grimm e
l’incantevole strega
di Terry Gilliam
2006
Meryl Streep, in
di David Frankel
2007
Michelle Pfeiffer, in
Stardust
di Matthew Vaughn
2007
Mater Lacrimarum, in
La terza madre
di Dario Argento
Il diavolo veste Prada
Novembre 2007 RdC 45
SPECIALE PARERI DOC
MAGICHE ME
“Oggi la strega è un’eroina”, dice il semiologo Ugo
Volli. Da Biancaneve alle fate di Straffi,
l’evoluzione della specie passa dal gender
di Federico Pontiggia
46 RdC Novembre 2007
TAMORFOSI
La bella e la bestia:
Michelle Pfeiffer
strega per Stardust
e Nicole Kidman
l’incantatrice
‘‘
uali sono le streghe oggi? Da
semiologo, non ho una
risposta”. Non in positivo,
almeno. Per Ugo Volli, professore di
Semiotica del testo all’Università di
Torino e noto pubblicista culturale, è
impossibile individuare nella società e
cultura contemporanea persone e
personaggi stregoneschi a denominazione
d’origine controllata. Innanzitutto,
Q
streghe non sono le dark girls, stile
Christina Ricci, Rose McGowan o
l’italica Asia Argento: “Sono personaggi
molto diversi: in queste donne non c’è il
magico che è componente fondamentale
delle streghe. Si possono definire tali, se
proprio vogliamo, solo per metafora”. E
la bacchetta magica del terzo millennio
non è neppure la chirurgia plastica:
“Sono allegre metafore e vaghe analogie,
Novembre 2007 RdC 47
SPECIALE PARERI DOC
del tutto inconsistenti sul piano
dell’analisi testuale. La chirurgia plastica
è qualcosa che uno subisce, e non fa”.
Nondimeno, la strega è figura radicata
profondamente nel nostro immaginario
collettivo, come già rilevò il progenitore
della moderna semiologia, Vladimir
Propp (autore della fondamentale
Morfologia della fiaba, in cui rintracciava
le figure ricorrenti nella produzione
fiabesca russa): “C’è una tradizione
folklorica molto diffusa in varie culture,
in cui sono rappresentate figure
femminili dotate di poteri straordinari e
vissute come non benevole: questa è la
differenza fondamentale con le fate”.
Propria delle streghe è “una certa
intuizione del femminile: la donna
pericolosa ha a che fare con quello che
oggi si chiama gender”. “E’ l’idea –
prosegue Volli - che le donne non
‘addomesticate’, ovvero non inserite nella
normale situazione familiare, siano
pericolose. Teorie antropologiche,
prospettive femministe su un’epoca
arcaica in cui il femminile era
dominante, facili interpretazioni
psicanalitiche (la madre, etc.), sono tutte
letture possibili, ma nei testi è difficile
trovarle”. Qualunque sia l’approccio
interpretativo, la strega è configurazione
POZIONI
CATODICHE
La classica ricetta di commedia e buonismo e le moderne riletture a base di
suspense: la dipendenza a puntate di Vita da strega e le sue figlie
Basta muovere la punta del naso e la
magia è fatta! Almeno per la bionda
protagonista di Vita da strega (Bewitched ).
Samantha (Elizabeth Montgomery) e Darrin
Stephens (Dick York) vivono una serie di
avventure ben condite di un caustico humour
di stampo anglosassone. Lei è una strega che
fa di tutto per integrarsi nel mondo degli
umani, lui un pubblicitario che accetta gli
straordinari poteri della mogliettina (e della
figlia Tabatha) ma farebbe di tutto pur di non
avere nulla a che fare con Endora (Agnes
Moorehead), suocera antipatica e
onnipresente, che interferisce fin troppo nel
tranquillo mènage familiare. Creata da Sol
Saks e prodotta dalla ABC dal 1964 al 1972, la
sit-com supera le 250 puntate: un successo
che darà il via a un vero e proprio filone
televisivo. Per contrastarne lo strapotere, il
network NBC decide di opporle Strega per
amore (I Dream of Jeannie), affidandone la
creazione a Sidney Sheldon. La struttura è
simile ma cambia il contesto. Dalla famiglia si
passa all’universo dei single: Jeannie
(Barbara Eden) è un genio della lampada
disposta a tutto pur di soddisfare il padrone,
l’astronauta Anthony Nelson (Larry Hagman).
48 RdC Novembre 2007
Tratta dal film The Brass Bottle e prodotta
dal 1965 al 1970, la serie non raggiunge il
successo della capostipite, ma mantiene
intatta la dose di buonismo tipica delle
commedie dell’epoca. Bisogna infatti
aspettare gli anni 90 per imbattersi in
streghe e maghe, pronte a lanciare un nuovo
genere di incantesimi. Nel 1996 approda in tv
il telefilm Sabrina (The Teenage Witch),
basato sul fumetto Archie. Sabrina Spellman
(Melissa Joan Hart) è una normale
adolescente fino a quando le zie non le
comunicano che per metà è strega. Per la
ragazza inizia così un lungo periodo di
formazione e di studio della stregoneria.
Sorta di Harry Potter al femminile, riscuote
un tale successo da indurre la DIC
Entertainment a commissionarne a Josh
Stolberg e Sean Abley una versione in
cartoon. Anche qui la morale non manca: i
problemi è meglio superarli con la forza del
proprio carattere piuttosto che con la magia.
Nel 1998, infine, negli Stati Uniti esce Streghe
(Charmed). La serie, creata da Constance M.
Burge diventa subito un cult. Abbandonate le
pozioni “morali”, il genere raggiunge così un
climax ben più drammatico e ricco di
Le moderne
Streghe televisive:
Holly Mary Combs,
Rose McGowan e
Alyssa Milano
ispirazioni fantasy. Le sorelle Halliwell (Prue,
Piper e Phoebe), per ben otto stagioni
combattono demoni e stregoni. In Italia, si
classifica al quinto posto tra le serie più
seguite degli ultimi anni.
(S.R.)
IN PRINCIPIO ERA BIA
Le antenate delle Winx: L’incantevole
Creamy, Lalabel, la Magica, magica
Emi e Sailor Moon
frequente, e tradizionalmente distinta
dalla fata: “C’è una fondamentale
attribuzione di valore: positivo /
negativo, benevolenza / malevolenza,
ovvero, con linguaggio semiotico duro e
puro, euforia / disforia. Da qui
l’attribuzione di distinti caratteri
figurativi: colori e forme antitetiche, la
fatina può essere azzurra, una strega no,
la fatina è bionda, la strega nera”.
A tracciare la linea di demarcazione è
anche l’eros: “Ci sono donne sole e
potenti che aiutano e quelle che
danneggiano, magari, come in Omero e
a differenza dei fratelli Grimm, attraverso
meccanismi di seduzione. La strega
incute una paura di carattere sessuale,
mentre la fata solitamente non è
sessualizzata: il sesso extraconiugale è
inteso in connessione alla seduzione
stregonesca, mentre la procreazione è
prerogativa delle fate”.
Ma oggi, puntualizza il semiologo, si
richiede una necessaria avvertenza: “Dire
fata può essere anche formula
apotropaica, ovvero tentativo di
rabbonimento per quella che in realtà è
una strega”. E’ proprio in questo
serbatoio di ambiguità che la cultura e lo
showbiz contemporanei vanno a pescare:
“IL TENTATIVO
DEL NOSTRO
TEMPO E’
RIVALUTARE IL
MALE COME
FEMMINILE”
“Fumetti, cinema e letteratura
riformulano in termini volutamente
elusivi lo stregonesco, in sintonia con la
nostra società fortemente sessualizzata: si
pensi ai manga, alla Kidman di Vita da
strega, alla regina di Biancaneve, alle
saghe di Harry Potter e del Signore degli
Anelli, o alle Winx”. Una mutazione
“genetica” per cui, come nell’omonima
serie televisiva, le streghe “da cattive
diventano buone, anche se tough, toste.
Di solito restano more, pungenti e poco
tolleranti nei confronti del maschile,
soprattutto il maschile un po’ idiota”.
“L’elemento interessante - conclude Volli
- è il tentativo proprio del nostro tempo
di rivalutare il male come femminile: si
conservano i tratti testuali e la
dimensione sessuale delle streghe, senza
farne delle fate angelicate, ma si tende a
mostrarle quali eroine. Invariati gli
aspetti figurativi, ma il ruolo assiologico
(valoriale, NdR) è completamente
mutato”. E’ questa, forse, la vera magia
di inizio terzo millennio…
Un genere originale degli anime
giapponesi è quello della magia. L’industria
del cartone animato sviluppa un ricco filone
già a partire dal 1966 con Sally la maga. A
metà fra il prodotto per bambini e quello
per adolescenti, il cartoon nipponico ha
come protagoniste soprattutto le ragazze
(shôjo anime). Streghe e maghe sono
inserite in un contesto di normale routine
quotidiana (famiglia, scuola, amicizia), per
poi stupire tutti quando la puntata
raggiunge il suo apice e la protagonista
ricorre alla magia per risolvere i piccoli
guai di tutti i giorni. La vera rivoluzione
arriva nel 1974 con Bia, la sfida della magia.
Il ruolo delle donne è cambiato nella
società e le streghette della TV sono
chiamate a mostrarsi più decise,
competitive e creative. Cambiano i costumi
e i trucchi, i personaggi diventano più
colorati e ogni volta che prendono in mano
la bacchetta i colori sembrano esplodere
dal piccolo schermo. Negli anni ‘80 dal
Giappone arrivano alcune delle serie di
maggior successo: L’incantevole Creamy
(1983), Evelyn e la magia di un sogno
d’amore (1984), Magica, magica Emy (1985)
e Sandy dai mille colori (1986). Gli effetti
speciali si moltiplicano e la fantasia delle
giovani telespettatrici si proietta in un
mondo in cui le avventure delle eroine sono
un preludio all’età adulta. Ancora più
determinate sono poi le ragazze degli anni
’90 e con loro i nuovi anime, che si ispirano
dichiaratamente al fantasy. Il caso più
eclatante è Sailor Moon, creato da Naoko
Takeuchi, in cui le ragazze abbandonano le
bacchette e si trasformano in guerriere
pronte a sconfiggere i nemici della Terra
con i loro poteri.
(S.R.)
Novembre 2007 RdC 49
SPECIALE TENEBRE E SOSPIRI
MATRIGNE DI
CASA NOSTRA
Dario Argento e la sua trilogia delle streghe: retroscena
di un’antica ossessione, costellata di segni e misteri
di Alessandro Boschi
proposito di streghe
contemporanee, la trilogia delle
streghe che Dario Argento ha
concluso alla Festa di Roma con La terza
madre è ispirata al celeberrimo De
profundis di Thomas De Quincey, lo stesso
autore di Confessioni di un mangiatore
d’oppio. Allora si narravano le vicende di
tre streghe che non si sono mai
conosciute: si chiamavano Mater
Suspiriorum (da cui Suspiria), Mater
Tenebrarum (da cui Inferno e non
Tenebre…) e la Mater Lacrimarum, che ci
porta alla Terza Madre. Ciascuna è poi
abbinata a una città: nel primo caso
Friburgo, nel secondo New York e nel
terzo Roma. In tutti e tre tornano poi
abitazioni progettate dall’architetto Varelli:
case inquietanti e minacciose, che invece
di proteggere uccidono. È poi curioso, in
quest’ultimo film, che Argento abbia
affidato alla figlia Asia un ruolo catartico,
liberatorio. Curioso ma condivisibile,
perché riporta ed esorcizza le paure nel
luogo in cui sono nate: in casa. I ventisette
anni trascorsi da Suspiria e Inferno devono
avere fatto fermentare a puntino le
ossessioni del regista, prima di condurlo al
A
sospirato epilogo della trilogia. Pare che a
convincerlo sia stato un misterioso
episodio accadutogli durante un autunno
solitario al mare: “Sto spesso da solo,
perché mi piace stare con le mie paure, mi
cibo di loro. So di avere una macchia scura
dentro di me, ma ne sono consapevole fin
da quando leggevo Edgar Allan Poe. Anzi,
proprio le sue letture mi hanno insegnato
ad affrontarla. Molti invece non lo fanno”.
In cosa consistesse il misterioso episodio
non è dato sapere, ma mentre raccontava
queste cose, Dario Argento se ne stava con
lo sguardo fisso verso il pavimento. Pur
svelando alcuni aspetti di questa terza
strega, impersonata dalla bellissima
Moran Atias, Argento ha ottenuto il
risultato di attirare una grande
attenzione. Non fosse altro perché la
Mater Lacrimarum gira nuda per
tutto il film. La terza madre
rappresenta il secondo “ritorno” di
Dario Argento, dopo quello del
giallo tradizionale. Questa
atmosfera, da lui stesso definita
“delirante e sanguinaria” e che
apparteneva al suo primo periodo,
in verità non lo ha mai
abbandonato: basti pensare ai
due episodi dei Masters of
Horror, Jenifer e Plents. Ciò che
però davvero intriga è il suo fare
ammaliante, quell’aura di
mistero che emana e riesce a
stregare in eguale misura
adulti e bambini, che
continuano a circondarlo e
a chiedergli l’autografo.
“E’ vero - ha detto -,
perché loro capiscono
che il mio è un
orrore che
esorcizza l’orrore
vero, sanno che è
solo un gioco”.
Diavolo di un Argento, ne
sa una più delle sue streghe.
LA TERZA MADRE E’ ISPIRATA AL
CELEBRE DE PROFUNDIS
50 RdC Novembre 2007
Moran Atias è la
strega de La terza
madre. In alto una
scena del film e
Dario con Asia
Argento
ENZO PORCELLI
PRESENTA
UN FILM DI
EMIDIO GRECO
L’UOMO
PRIVATO
TOMMASO RAGNO
MYRIAM CATANIA GIULIO PAMPIGLIONE
con la partecipazione di MIA BENEDETTA ENNIO COLTORTI
MARIANGELA D’ABBRACCIO VANESSA GRAVINA
VANNI MATERASSI CATHERINE SPAAK
soggetto e sceneggiatura EMIDIO GRECO con la collaborazione di PAOLO BRECCIA e LORENZO GRECO musica LUIS BACALOV
fotografia GHERARDO GOSSI montaggio BRUNO SARANDREA supervisione alla scenografia ANDREA CRISANTI scenografo MARCELLO DI CARLO
supervisione ai costumi PIERO TOSI costumista ELENA DEL GUERRA suono FULGENZIO CECCON casting RITA FORZANO
organizzazione generale STEFANO BENAPPI prodotto da ENZO PORCELLI regia di EMIDIO GRECO
una produzione ACHAB Film con il contributo del MINISTERO per i BENI e le ATTIVITÀ CULTURALI Direzione Generale per il Cinema
con la collaborazione di RAI CINEMA FILM COMMISSION TORINO PIEMONTE e RIPLEY’S FILM
DA NOVEMBRE AL CINEMA
www.luce.it
Punto critico: manuale per
DA NON in
PERDERE
☺☺☺☺☺ CAPOLAVORO
☺☺☺☺
sopravvivere
alle uscite
sala ☺☺☺ BUONO ☺☺ DISCRETO ☺ DELUDENTE
NELLA VALLE
DI ELAH
ANTEPRIMA
Gli Stati Uniti d’America messi a nudo da Paul Haggis. Cast
ispirato con un magnifico Tommy Lee Jones
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
PAUL HAGGIS
Tommy Lee Jones, Charlize Theron
Drammatico, colore
Mikado
120’
Il Crash dell’America si chiama Iraq. E
non è un “contatto fisico” che si risolve
semplicemente nell’immanenza di un
conflitto sul campo. Basta rimanere
convinti che “everything’s all right”,
che attraverso il sacrificio di qualche (!)
valoroso caduto possa trovare
conferma quel senso di appartenenza
da contrabbandare in terre altre, da
condurre a utopiche e forzate
“democrazie”, per perdere di vista il
dramma di una guerra urbana che non
ha, e non avrà, vincitori né vinti, ma
solamente fantocci di sopravvissuti. È
nella consapevolezza di un desolante e
aberrante “dopo”, anche conseguenza
di un inferno presente mai raccontato
dai media statunitensi, sempre più
ostaggio delle istituzioni e cooptati
dall’esercito stesso, che si muove Nella
valle di Elah, secondo lungometraggio
diretto da Paul Haggis, regista premio
Oscar per il Miglior Film nel 2006 e
sceneggiatore prediletto da Clint
Eastwood (suoi, oltre a Million Dollar
Baby, gli script di Flags of Our Fathers e
Lettere da Iwo Jima).
Ispirato contemporaneamente a due
storie vere, una raccontata da quella
foto che ritraeva la morte del bambino
travolto da un convoglio militare
(visibile alla fine dei titoli di coda del
film), l’altra pubblicata sulle pagine di
“Playboy” e firmata da Mark Boal
(Morte e disonore, articolo dove viene
portato alla luce l’omicidio di un giovane
soldato appena rientrato dall’Iraq, sul
quale indagò in prima persona il padre
della vittima), Nella valle di Elah assume
i connotati di una nuova, “piccola”
pietra: la stessa con cui, migliaia di anni
fa, il giovane David affrontò Golia. Il
gigante da affrontare si chiama stavolta
“senso di responsabilità”, biblicamente
assente nella decisione di re Saul,
messo pesantemente in discussione
oggi, laddove un’intera nazione si
ritrova a fare i conti con la scelta di aver
spedito tanti giovani, uomini e donne, in
quel tremendo malinteso conosciuto
come “guerra in Iraq”. Mantenendo tale
contesto dapprima sullo sfondo e
chiamando immediatamente a sé
l’attenzione dello spettatore nella
BANDIERA CAPOVOLTA PER IL DOLORE DI UNA SUPERPOTENZA IN CERCA D’AIUTO
52 RdC Novembre 2007
iFilmDelMese
Novembre 2007 RdC 53
iFilmDelMese
Il regista Paul
Haggis. Sopra
Susan
Sarandon
54 RdC Novembre 2007
ricerca che Hank, padre risoluto e
silente, patriottico e militare in
pensione (un immenso Tommy Lee
Jones, nel film marito di Susan
Sarandon), porta avanti per ritrovare il
figlio, scomparso appena una
settimana dopo esser rientrato in New
Mexico dala missione irachena, Paul
Haggis utilizza le dinamiche del giallo –
puntando su atmosfere e suggestioni
notturne che in alcuni casi fanno
addirittura pensare all’Hardcore di Paul
Schrader – per costruire e incanalare la
suspense in un vicolo cieco, dall’uscita
a ritroso dolorosamente lancinante:
scoprire la verità, per quel padre già
afflitto dalla morte di un figlio pilota
d’elicotteri, sarà più semplice che
poterla accettare. Quarantadue
coltellate, il corpo fatto a pezzi e un
rogo per farne sparire i resti: questo è
ciò che rimane di Mike, ucciso, si
scoprirà poi – grazie alla tenacia dello
stesso Hank (messo sulla pista giusta
anche dalle foto e dai video estrapolati
dal telefono cellulare del figlio) e alla
collaborazione di una detective di
polizia interpretata da una convincente
e sommessa Charlize Theron – senza
un motivo, dalla banalità e l’orrore di
un male partorito dall’inebetimento di
una generazione condannata a
distruggere. O all’autodistruzione. “È
successa una cosa, papà. Devi tirarmi
fuori di qui”: Hank non poteva sapere,
immaginare che quella sarebbe stata
l’ultima volta che avrebbe sentito la
voce del figlio, distrutto da uno
scenario d’indicibile orrore, spronato
dal padre a resistere perché l’orgoglio
di essere lì per la patria lo avrebbe
aiutato a superare qualsiasi difficoltà.
Inopinatamente snobbato nel recente
palmares del Festival di Venezia, Paul
Haggis lascia dietro di sé le fredde
dinamiche che lo guidarono alla
confezione di quel “capolavoro”
studiato a tavolino che fu Crash e
riporta il cinema a misurarsi con i
drammi rappresentati dalla guerra e
dalle sue conseguenze, sperando “che
la gente, dopo la visione, possa
interrogarsi sull’utilità di un conflitto
come questo, che costringe la società a
subire il peso di perdite irrecuperabili
sia in termini umani che di credibilità”.
Perché è una nazione non solo
sconfitta, ma in cerca d’aiuto, l’America
che capovolge la sua bandiera in uno
dei finali simbolicamente più struggenti
degli ultimi anni: una superpotenza che
piange i propri figli, morti o
sopravvissuti, costretti ad un destino
che li vuole di ritorno dall’Iraq in stato
confusionale, spingendoli a scomparire
in un male di vivere senza soluzione.
VALERIO SAMMARCO
☺☺☺☺
iFilmDelMese
AI CONFINI DEL PARADISO
Scontro di civiltà, libertà negate, rapporto fra Oriente e Occidente: Fatih Akin mette d’accordo tutti
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
FATIH AKIN
Nurgül Yesilçay, Baki Davrak
Drammatico, colore
Bim
122’
Un telegramma sul secondo film del
turco-tedesco Fatih Akin, che in due
passi di fiction (il primo era La sposa
turca, Orso d’oro a Berlino) è già un
cineasta considerevole, sarebbe:
preoccupazione sociale dei terrorismi e
delle libertà negate ai popoli, nello
sfondo dell’attrazione/repulsione tra
Europa occidentale e Medio Oriente
musulmano. A Cannes ha guadagnato
un premio alla componente più
discutibile del film, la sceneggiatura a
incastri di destini. Ad Amburgo il
professore universitario Nejat rinnega
l’anziano padre, assassino involontario
di una prostituta che, dalla Germania,
mantiene all’università di Istanbul la
figlia Ayten, attivista politica in un
gruppo terroristico, a sua volta
fuggiasca in Germania a cercare la
madre. Lì Ayten incomincia un amore
saffico con Lotte che, coinvolta fino a
Istanbul, viene uccisa. Le strade si
sfiorano per lasciare allo spettatore un
IN USCITA
L’AUTORE
DELLA SPOSA
TURCA SI
CONFERMA
TRA I PIU’
PROMETTENTI
DEL NUOVO
MILLENNIO
quadro chiaro, toccante, di un
confronto generazionale
sull’involuzione politica dei nostri
tempi. Melodramma sull’idealistica,
tragica convinzione giovanile che le
cose si cambiano con una pistola, è
anche un invito all’esperienza e una
zona della vita. Akin è un ottimo
soggettista e sceneggiatore di anime. Il
successo del racconto parte dalla storia
e dai personaggi. Un occhio attento
all’evoluzione dei fatti e alle passioni
individuali forgia un film che metterà
d’accordo tutti, come successo, per
esempio, con Le vite degli altri.
SILVIO DANESE
☺☺☺
1408
ANTEPRIMA
John Cusack intrappolato in un Kammerspiel
degli orrori. Evanescente
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
MIKAEL HÅFSTRÖM
John Cusack, Samuel L. Jackson
Horror, colore
Keyfilms
104’
Basato su un racconto di Stephen
King, 1408 è il terzo lungometraggio
del regista danese Mikael Håfström,
dopo il debutto hollywoodiano
Derailed e il patrio Evil, candidato agli
Oscar nel 2006. Protagonista è lo
scrittore di libri horror Mike Enslin
(John Cusack), scettico convinto di
fronte a supposti fenomeni
paranormali. Fino a quando,
nonostante l’opposizione del direttore
dell’albergo (Samuel L. Jackson),
entrerà nella famigerata stanza 1408
del Dolphin Hotel di New York. Thriller
ad alto voltaggio fantasmatico, horror
morale formato famiglia, 1408 si pone
sulla scia di Hostel, Vacancy e altri
analoghi stagionali ambientati in
hotel-motel-ostelli. Ma è solo affinità
56 RdC Novembre 2007
L’ORIGINALE
DI STEPHEN
KING SI
PERDE IN
DIDASCALISMI
E AMBIZIONI
AUTORIALI
d’habitat: lontano dalla politica del
porno-horror, poco attratto dagli
eccessi ematici del genere, 1408
riporta lo spettatore alla claustrofobia
psicologica di Shining, privilegiando lo
strazio introspettivo alla centrifuga
della violenza esibita. Pur sovraccarico
di effetti speciali, il film si guadagna
una dimensione non pletorica di
Kammerspiel degli orrori, grazie
all’interpretazione di Cusack, misurato
e credibile nei panni del romanziere
ghostbuster. Ma non basta: dilatato su
104’, farraginoso nei cortocircuiti
temporali, didascalico e prevedibile nel
background familiare di Eslin, 1408
paga dazio alle sue stesse ambizioni
autoriali. E finisce per essere ancor più
evanescente dei fantasmi che insegue.
FEDERICO PONTIGGIA
☺☺
ANTEPRIMA
THE KINGDOM
Terrorismo in salsa spettacolare, tra impegno e intrattenimento
The Kingdom nasce dal punto di
contatto tra il cinema impegnato e
dalla vocazione esplicitamente politica
come Syriana e lo stile narrativo di
serie investigative (chiamate in gergo
forensic) come C.S.I. Un film
lungimirante e non consolatorio,
diretto da Peter Berg (Friday Night
Lights) e prodotto da quel genio
creativo che è Michael Mann. Il regno
cui fa riferimento il titolo è quello
dell’Arabia Saudita, in cui un attentato
in una zona residenziale dove abitano
cittadini americani miete centinaia di
morti e feriti. L’FBI, che ha la titolarità
di queste inchieste anche all’estero, si
vede negare il permesso di inviare una
squadra sul posto per ragioni di
ALTA TENSIONE E FORZA VISIVA PER
RIFLETTERE SULLE RADICI DEL FANATISMO
carattere politico. I buoni uffici di un
alto dignitario saudita però fanno in
modo che quattro persone possano
partire per Ryhad, pure contro il
parere del dipartimento di Stato. Sul
luogo la cosa più difficile è instaurare
un dialogo con la polizia locale e
applicare un metodo investigativo
scientifico valido, anziché norme da
regime feudale. Sarà solo l’istinto di un
poliziotto arabo e l’intelligenza del
capo degli agenti FBI interpretato da
Jamie Foxx a consentire che le
indagini prendano una direzione
costruttiva. Spettacolare, ma non
scontato, The Kingdom è un grande
thriller, e insieme un’addolorata
parabola sul mondo in cui viviamo.
L’Arabia Saudita, le sue contraddizioni,
il rischio del fanatismo, lo scontro tra
Oriente e Occidente vengono
brillantemente raccontati in una
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
PETER BERG
Jamie Foxx, Jennifer Garner
Drammatico, colore
Universal
110’
miscela visiva ad alta tensione che,
pur ancorata all’intrattenimento di
genere, ci porta nel cuore del
“terrorismo”: violenza, morte, genitori
che perdono i propri figli, orfani
disperati, dolore, lacrime. Un
approccio emotivo, ma anche
“meditato” per un capolavoro di stile,
un po’action movie, un po’ perfino
western, che conquista lo spettatore in
maniera brillante e problematica. Una
pellicola sulla mancanza di dialogo e
collaborazione come fertile base per il
fanatismo, la sopraffazione e la
violenza senza fine. Un apologo
coinvolgente sul non dividere il mondo
tra buoni e cattivi, ma tra persone di
buona volontà e gente che non vuole
provare a comprendere gli altri.
MARCO SPAGNOLI
☺☺☺☺
Novembre 2007 RdC 57
iFilmDelMese
IN SALA
IL CASO THOMAS CRAWFORD
L’uomo prima della Legge: Hopkins in un legal thriller atipico ed elegante
Old style, sangue esiguo, rovelli
interiori e scacchiere psicologiche: per
un crime-thriller è molto, e
contemporaneamente poco. E’ forse
proprio una frattura col genere di
appartenenza quella a cui fa
riferimento il titolo originale, Fracture,
personalizzato per il pubblico italiano
in Il caso Thomas Crawford. Thomas
Crawford, ovvero Anthony Hopkins
(che qui e là fa un po’ Hannibal
Lecter…), uxoricida o forse no per una
questione di corna. Toccherà indagare
prima all’amante (Billy Burke) della
moglie (Embeth Davidtz), il detective
Rob Nunally, poi al rampante
assistente alla Procura Distrettuale
POCO SANGUE E TANTI ROVELLI:
HOBLIT FRANTUMA IL GENERE
58 RdC Novembre 2007
Willy Beachun (Ryan Gosling, ottimo),
sulla lama sottile di ascesa
professionale e caduta etica. Per
entrambi il confine realtà-apparenza
andrà in frantumi. A differenza del
film, che tiene solido, grazie a un cast
di alto livello – menzione anche per
David Strathairn – e a una costruzione
avvolgente ed elegante, merito del
regista Gregory Hoblit, avvezzo al legal
thriller da Schegge di paura e
ulteriormente allenato dai televisivi
NYPD Blue and L.A. Law, e degli
sceneggiatori Daniel Pyne e Glenn
Gers. Che cosa manca dunque? Il
centro, ovvero la parte legal-thriller
tout court, a partire dall’ambientazione
“a corte”: il film predilige la via extragiudiziale, anteponendo l’uomo al
codice, nefandezze e talenti particolari
all’asettica universalità della Legge. Più
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
GREGORY HOBLIT
Anthony Hopkins, Ryan Gosling
Thriller, colore
Eagle Pictures
113’
che un difetto, una virtù. Chi lo saprà
apprezzare? Innanzitutto, gli spettatori
“all’antica”, ghiotti di film d’attori
piuttosto che action, seppur giudiziale.
Ma non solo, Il caso Thomas Crawford
potrebbe essere letteralmente tale per
i sempre più numerosi adepti dei serial
legali, a cui deve e dà molto. Lontano
dall’estetica televisiva, Hoblit qui cerca
nuove angolazioni per la camera,
frammenta lo spazio (una Los Angeles
notturna che non dispiacerebbe a
Michael Mann), ma non si sottrae mai
all’understatement, poetico e visivo.
Per questo, nonostante l’ottima
fattura, al box office prevedibilmente
piangerà miseria.
FEDERICO PONTIGGIA
☺☺☺☺
IN SALA
THE
BOURNE
ULTIMATUM
Adrenalina, ritmo, politica: terzo e migliore capitolo della saga
IN SALA
SETA
Emozioni e atmosfere fedeli a Baricco
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
PAUL GREENGRASS
Matt Damon, Julia Stiles
Thriller, colore
Universal
120’
Come giustificare legalmente
nefandezze come il Patriot Act e i suoi
fratelli? A dircelo è Jason Bourne (Matt
Damon), agente segreto ribelle e
smemorato, alla ricerca della sua
identità perduta. Scopre che il paese
che serve (gli Stati Uniti, guarda un pò)
è pronto a tutto per sopravvivere e
dominare il mondo e che forse un
tempo pure lui era un fanatico
imperialista guerrafondaio. The Bourne
Ultimatum (ma rischia d’essere
“penultimatum” visto il finale un po’
troppo aperto), è il terzo capitolo della
saga, il secondo di Paul Greengrass,
ottimo regista di United 93. E’ il
migliore: con ritmo e adrenalina spara
a zero su CIA e affini, ricordandoci le
estradizioni illegali, i servizi deviati –
ma soprattutto i deviati dei servizi -, la
politica estera spregiudicata e
assassina. Per dire questo, per
mostrarlo, cede su una serie di
immagini e sequenze necessarie al box
office: il controfinale didascalico e
improbabile, gli inseguimenti in cui il
nostro esce ammaccato e sanguinante
ma sempre atletico e brillante, gli
ammiccamenti amorosi che servono da
scorciatoia. Cosceneggiatore è Tony
Gilroy, sempre più abile nello script che
nella regia (il suo esordio Michael
Clayton ha suscitato reazioni
tiepidissime), dimostra il solito intuito
per grandi storie nascoste, alla ricerca
dei meccanismi occulti della realtà. Il
protagonista è sempre Matt Damon,
perfetto con il suo faccione nella parte
dell’ignaro ma infallibile killer. In fondo
è un moderno cowboy: prima sparare,
poi chiedere chi è, ecco la regola aurea.
La buona notizia è che finalmente
sapremo come si chiama il giovane
perseguitato, anche se come al solito
questa notizia farà più vittime della
peste. Piacevole, non solo
esteticamente, la comparsa di Julia
Stiles, una chicca è l’interpretazione di
David Strathairn a dimostrazione
dell’eclettismo di uno dei più talentuosi
e sottovalutati attori di Hollywood. La
colonna sonora ritrova Moby (unica
buona eredità del primo capitolo della
saga), il cui Extreme Ways viene rivisto
e corretto per diventare per il buon
Jason quello che Gonna Fly Now è
stato per Rocky Balboa. Insomma,
Greengrass, sempre più un outsider del
mainstream, ha compiuto il delitto
perfetto: come un cuoco esperto ha
saputo dosare gli ingredienti perché la
pietanza potesse piacere a tutti. La
ciliegina sulla torta è l’attacco politico,
coraggioso e organico alla trama. A
dimostrazione che ormai Bush al
cinema non può andare neanche più ai
multiplex.
GREENGRASS
E DAMON
CORAGGIOSI.
ATTACCANO IL
POTERE, CON
QUALCHE
PERDONABILE
SBAVATURA
FRANÇOIS GIRARD
Michael Pitt, Keira Knightley
Drammatico, colore
Medusa
112’
Un lago, la luce rarefatta, una
donna di spalle che si gira
lentamente e lascia scorgere il volto.
Si apre e si chiude con questa
sequenza Seta di François Girard,
tratto dall’omonimo bestseller di
Alessandro Baricco, pubblicato nel
‘96. Ma dietro quei vapori, dietro il
viso dell’affascinante ragazza - che
con la stessa grazia con cui si palesa,
scompare nelle calde acque - si
celano nostalgia, tristezza,
inquietudine. È il preludio e la
conclusione di una storia che agita e
fa palpitare nonostante l’apparente
quiete. È la vicenda di Hervé Joncour
(Michael Pitt), commerciante di bachi
da seta che ogni anno si reca verso il
paese del Sol Levante per acquistare
i bachi che producono la seta più
preziosa. È il 1861. Joncour è sposato
con Hélène (Keira Knightley), il loro è
un rapporto sereno. Ma un giorno
durante uno dei suoi viaggi, Hervé
rimane intrappolato dal candore di
una fanciulla, geisha di un nobile del
luogo. L’uomo non confesserà mai la
sua passione, né mai la vivrà, se non
attraverso il pensiero e
l’immaginazione, con la memoria di
una storia vissuta sola attraverso le
parole impresse su una pergamena
di riso. Ma chi le ha scritte
veramente? Quella di François Girard
è una trasposizione fedele della
storia di Baricco. Riesce a rievocare
sul grande schermo le stesse
emozioni delle pagine del libro, con
una grande forza visiva, con delle
inquadrature molto vicine all’arte
pittorica più che a quella
cinematografica.
BORIS SOLLAZZO
CRISTINA SCOGNAMILLO
☺☺☺
☺☺
Novembre 2007 RdC 59
iFilmDelMese
IL PASSATO
IN USCITA
Gael Garcìa Bernal inebetito da un copione che
grida vendetta. Babenco da dimenticare
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
HECTOR BABENCO
Gael Garcìa Bernal, Analia Couceyro
Drammatico, colore
Mikado
114’
“Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto:
chi ha dato, ha dato, ha dato,
scurdammoce ‘o passato”. Non resta
da dire altro, molto altro: Il passato
delude, oltre ogni ragionevole dubbio.
Diretto dal regista argentino Hector
Babenco, implora di scordarne i
gloriosi trascorsi: Pixote, la legge del
più debole (1980) e, soprattutto, Il
bacio della donna ragno (1984, Oscar
e Palma d’Oro a William Hurt). Sorte
analoga, su scala minore, per Gael
Garcia Bernal, scelto da Babenco “a
sua immagine e somiglianza” e
inebetito da un copione che grida
vendetta a cospetto di qualsiasi dio
della sceneggiatura. Calato in una love
story fastidiosa e noiosa, il Rimini di
Bernal se la deve vedere con Sofia
IL REGISTA
ARGENTINO AI
MINIMI
STORICI. LA
SUA LOVE
STORY E’ AL
LIMITE DEL
FASTIDIO
(Analia Couceyro), uno dei più
rivoltanti personaggi femminili apparsi
di recente sul grande schermo. Non
aiutata da un aspetto gradevole,
mono-ciglio, occhi vacui e sorriso
stolido, è lei “l’arpia” che torturerà il
povero (e altrettanto irritante) Rimini
per i 114 minuti del film alla ricerca
dell’Amore. Lui finirà trapassato, lo
spettatore pure. Gratificato al festival
di Toronto da giudizi quali “akin to
someone jamming a chateaubriand
into a champagne glass” (Variety), ha
trovato in Concorso alla Festa di
Roma, le corrispettive traduzioni
italiane, letterali. Spinto da ambizioni
palesi e raramente così frustrate, Il
passato merita di rimanere tale, e
remoto.
FEDERICO PONTIGGIA
☺
GIORNI E NUVOLE
Da Soldini una parabola verosimile sugli effetti collaterali del precariato
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
SILVIO SOLDINI
Antonio Albanese, Margherita Buy
Drammatico, colore
Warner Bros.
116’
Estromesso dall’azienda che lui
stesso ha fondato, Michele aspetta due
mesi prima di confessare alla moglie,
Elsa, la novità. La loro agiatezza, del
resto, le aveva consentito di mollare il
lavoro per dedicarsi alla sua passione,
la storia dell’arte. Messa al corrente
della situazione, abbandona il suo
impegno e inizia a lavorare in un call
center, al quale poco più tardi
aggiunge un impiego serale da
segretaria. E Michele? Sballottato da
colloqui inneggianti flessibilità e ruoli
non all’altezza, si reinventa come
operaio, ma l’euforia del momento si
trasforma ben presto in anemica
depressione. Dopo la leggerezza e i
colori di Agata e la tempesta, Soldini
abbandona il realismo magico con cui
conquistò critica e pubblico per Pane e
tulipani e si confronta con il grigiore e
l’oscurità per raccontare il dramma di
una famiglia benestante che, dall’oggi
al domani, si deve riorganizzare per
60 RdC Novembre 2007
IN SALA
TUTTO SI
REGGE SULLA
RECITAZIONE
DI ALBANESE
E BUY. MANCA
PERO’
L’IMPETO
non far crollare i propri standard di
vita. Ritratto verosimile ma
prevedibile, ingiustificato nella durata
e affidato agli equilibri della coppia
Albanese-Buy, per la prima volta
insieme sullo schermo: sviluppo
radical chic (“dovremo vendere la
barca”) e mancanza d’impeto per un
film che alla Festa di Roma ha convinto
un po’ tutti. Del resto, si sa, inquadrare
l’umiltà e la forza di volontà di
personaggi femminili al cinema paga
sempre. E bene.
VALERIO SAMMARCO
☺☺
IN USCITA
SLEUTH
Pinter serve, Branagh realizza: risultato diabolico e dialoghi impeccabili
Protagonista, prima di tutto, è la
casa. Che non parla, come fanno in
modo incontenibile i due personaggi
maschili, ma si “muove” ed ha occhi
nascosti ovunque, per spiare ambienti,
corpi e anche anime. Fuori è barocca e
austera, dentro è spietatamente
moderna, fredda, inquietante, dark.
Come il giovane playboy e
parrucchiere (o attore?) Milo Tindle,
ossia Jude Law e il suo attempato
antagonista Andrew Wyke, ossia
Michael Caine, scrittore vizioso e
ambiguo, cui non mancano i soldi e la
perversa, morbosa gioia di giocare con
le sue prede e vittime (ma lui, davvero,
che ruolo occupa?), quando entra in
JUDE LAW NEL RUOLO CHE FU DI
MICHAEL CAINE, ORA ANTAGONISTA
gioco il fattore gelosia. C’è uno sfizio
cinematografico in più nel gioco di
Sleuth, sceneggiatura di Harold Pinter
- un piacere del linguaggio eccelso e
dialoghi di rara perfezione teatrale pur
se talvolta segnati da qualche caduta
di stile -, gioco del quale Kenneth
Branagh e gli attori si sono innamorati:
il fatto che il lavoro teatrale di Antony
Shaffer all’origine del film è già stato
portato sugli schermi da Joseph
Mankiewicz nel 1972 e che in quella
memorabile trasposizione (in Italia Gli
insospettabili) l’allora giovane Caine
interpretava il ruolo oggi di Law e il
suo rivale era niente meno che
Laurence Olivier. Questo rende l’idea
della verticistica tecnica recitativa di
cui il film si nutre: i dialoghi, ieri come
oggi - anche se in film di natura assai
diversa - sono l’anima e condensano
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
KENNETH BRANAGH
Jude Law, Michael Caine
Thriller, colore
Sony Pictures
86’
l’esperienza quasi sensoriale dello
spettatore. Lo scrittore incontra il
giovane e l’iniziale stretta di mano,
vista dall’alto nella mobile e attenta
regia di Branagh, è presaga di non
troppi pacifici colloqui e di molti
silenzi intimidatori: il secondo ha
sottratto la moglie al primo, barattano
un possibile accordo che li renda
equivocamente liberi, si divertono ad
occupare ruoli agli antipodi, ma la
verità si annida altrove. Mentre le
vibrazioni degli archi e le ripetitive
note del pianoforte (perfetta, intima
musica da camera di Patrick Doyle),
danno subito l’idea di quale tipo di
sonata accompagnerà le serate e le
bevute dei due: diabolica.
LUCA PELLEGRINI
☺☺☺
Novembre 2007 RdC 61
iFilmDelMese
IN SALA
LA GIUSTA DISTANZA
Il bene e il male in un’Italia immaginaria e sospesa nel tempo. Bravo Mazzacurati
A Concadalbero, il paese
immaginario del nuovo film di Carlo
Mazzacurati nei dintorni maestosi e
piatti che si srotolano lungo le rive del
delta del placido Po, le distanze tra le
case e i mondi (portati dai vari
caratteri) sembrano e sono più lontane
di quelle tra i personaggi. E’ una
questione di prossemica, di culture, di
ambizioni, di rapporti economici. E
soprattutto è un problema di racconto
di quelle distanze che scorrono, come
le acque quiete e pericolose del fiume,
sull’incontro tra il meccanico tunisino
Hassan (Hafiene), ormai integrato in
una società parzialmente multirazziale
e distrattamente tollerante, e Mara
LA MAESTRIA E’ NELL’ANIMARE DI
ATTUALITÀ QUESTO LIMBO ANONIMO
62 RdC Novembre 2007
(Lodovini) la graziosa ed estroversa
maestra scesa con la sua valigia da
una corriera per una supplenza in
attesa di partire per il Brasile. Hassan
comincia a spiare la giovane donna, a
desiderarla, e lei si fa corteggiare e lo
ama per quella che vorrebbe essere la
storia di una notte. In quell’angolo di
un’Italia piccola, ferma in un intervallo
sfumato tra il passato prossimo e il
presente, tra civiltà contadina e
violazione degli accessi a internet
fanno notizia l’uccisione seriale di
alcuni cani, un incendio, la pazzia della
vecchia insegnante che interrompe
una festa paesana navigando solitaria
verso il mare (una scena che rimane
negli occhi), i pettegolezzi, l’astrologo
che blatera in una tv locale, una festa
di compleanno delle dipendenti di un
call-center. Osservare e descrivere, con
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
CARLO MAZZACURATI
Giovanni Capovilla, Ahmed Hafiene
Drammatico, colore
01 Distribution
110’
la “giusta distanza”, non troppo
distaccati da apparire indifferenti né
troppo vicini da esserne risucchiati,
questo territorio anonimo, la sua
tipizzata umanità (non tutti i
comprimari sono inappuntabili) e “il
giallo” che ne scaturisce, è il compito,
attraverso le pagine del quotidiano
locale, del giovane protagonista,
l’aspirante cronista Giovanni (Giovanni
Capovilla) e, attraverso la messa in
scena e le inquadrature, del regista. Il
cronista fa un buon giornalismo
d’inchiesta e svela la verità (qualche
ambiguità non chiarita non avrebbe
penalizzato il film). Il regista è bravo
nel prendere le misure del male
quotidiano e qualunque.
ENRICO MAGRELLI
☺☺☺
IFinalmente
VICERE’
sullo schermo il romanzo di De Roberto: grazie a Faenza, meno al film
ANTEPRIMA
IN USCITA
IL DIARIO DI
UNA TATA
Romanzetto rosa. Leggero e con brio
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
ROBERTO FAENZA
Alessandro Preziosi, Lando Buzzanca
Storico, colore
01 Distribution
120’
Nella mole esorbitante delle patrie
trasposizioni ancora nessuno aveva
pensato a I vicerè di Federico De
Roberto: è un punto pesante da
segnare sul tabellino di Roberto
Faenza. A lui va il nostro sincero
grazie, per aver adattato il capolavoro
dello scrittore partenopeo a oltre un
secolo dalla sua edizione, datata 1894.
Faenza ce l’ha fatta, laddove in molti
avevano fallito, tra cui Roberto
Rossellini, come recentemente rivelato
dal figlio Renzo. Innumerevoli le
difficoltà che avevano fino a oggi
sconfessato i tentativi di riduzione:
accanto alla svalutazione coeva
dell’opera di De Roberto, che in
Benedetto Croce trovò un feroce
stroncatore, pesano fattori intrinseci,
di forma (densità narrativa, struttura
corale a incastro, peculiarità stilistiche
difficilmente traducibili su schermo) e
contenuto: anticonformismo, triplice
attacco istituzionale a Stato, Chiesa e
Famiglia, e, paradossalmente,
l’irrefutabile modernità delle pagine
derobertiane. Faenza esegue uno
slalom quasi impeccabile tra queste
insidie, maneggiando
contemporaneamente mannaia, per
rendere commestibile sullo schermo la
tranche de vie del romanzo, e fioretto,
annacquando in parodia, grottesco e
divertissement il potente j’accuse
socio-politico di De Roberto.
Inevitabile escamotage per tradurre in
audio-visivo la prosa sulfurea dello
scrittore catanese d’adozione? Non
crediamo, il regista dichiara l’assoluta
estraneità tra la versione
cinematografica e quella estesa per la
televisione dei suoi Vicerè, ma il
confine è in realtà molto labile. Punti
d’appoggio del cine-ritratto della
famiglia Uzeda in interno siculo
ottocentesco sono costantemente
drammaturgia ed estetica televisive,
ovvero personaggi in bassorilievo
psicologico, carta bianca alle scene
madri, recitazione impersonale e
molteplici deroghe stilistiche:
montaggio paratattico, abbondanza di
primi piani, macchina da presa
scolastica. Non tutto è perduto: la
costumista Milena Canonero non ha
vinto tre Oscar per caso, Paolo
Buonvino non lesina sullo spartito, e il
pater familias Lando Buzzanca
(Principe Giacomo) si mette in spalla il
resto del cast, cercando – invano – di
trasmettere il mestiere all’insipido
Alessandro Preziosi (Consalvo), la
svanita Cristiana Capotondi (Teresa) e
Guido Caprino (Giovannino, non
pervenuto). Non basta alla riuscita del
film, ma è sufficiente per non gettare
ulteriore fango sugli sciagurati Vicerè.
ALL’OTTIMO
BUZZANCA
L’INGRATO
COMPITO DI
GUIDARE GLI
INSIPIDI
PREZIOSI E
CAPOTONDI
SHARI SPRINGER, ROBERT PULCINI
Scarlett Johansson, Laura Linney
Commedia, colore
01 Distribution
107’
Il futuro del mondo è nelle mani
delle donne, e non parliamo di Hillary
e Condoleeza, ma dei demoni che
vestono Prada e delle mamme
dell’Upper West Side. Merito senza
dubbio del grande successo dei molti
Chick Flick (tradotto letteralmente
“romanzetti per pollastrelle”) che
negli ultimi anni hanno preso
d’assalto gli scaffali delle librerie. Il
fatto è che sono tutt’altro che
romanzetti, ma veri e propri trattati
di sociologia, neanche tanto spicciola,
che mostrano chiaramente la china
sempre più nevrotico-esistenziale che
le donne desiderose di diventare
importanti stanno prendendo.
Il diario di una tata rientra
perfettamente in questo nuovo
genere del cinema americano e il
fatto che sia diretto, con mano
divertita ma ancora un po’ acerba,
dalla coppia Shari Springer e Robert
Pulcini, già autori del geniale
American Splendor e cineasti
underground di vaglia, fa capire
ulteriormente quanto questo
fenomeno non sia da prendere
sottogamba. Scarlett Johansson è
una tata perfetta e Laura Linney è
sempre una delle migliori attrici
americane di questo scorcio di secolo,
nei panni della ricca mamma
insoddisfatta. Insieme raccontano i
drammi di due ceti sociali a confronto,
ma soprattutto la confusione che la
frenetica vita moderna crea a grandi e
piccini. Insomma, se Mary Poppins
vivesse ai nostri giorni, chiederebbe
un piano previdenziale e l’assistenza
medica prima di entrare in casa.
FEDERICO PONTIGGIA
ALESSANDRO DE SIMONE
☺☺
☺☺☺
Novembre 2007 RdC 63
iFilmDelMese
ANTEPRIMA
UN CUORE GRANDE
Rapito e assassinato in Afghanistan. La Jolie rende giustizia al cronista Daniel Pearl
Sarajevo - Guantanamo - Karachi.
Un viaggio temerario di “Avventure nel
mondo”? No, l’itinerario di Michael
Winterbottom, cineasta di razza e
intellettuale coraggioso. Emozioni,
dolore, ingiustizie le sue specialità. Le
guerre sporche e scomode di un
Occidente sempre più corrotto e
amorale il suo campo di battaglia, non
solo cinematografico. Prima era l’ex
Jugoslavia, ora è l’Afghanistan, il post
11 settembre. In Road to Guantanamo,
ha raccontato la storia vera di quattro
giovani la cui unica colpa fu sconfinare
dal Pakistan e il non confessare,
neanche sotto tortura, le bugie
necessarie al Sistema. In Un cuore
SOBRIETA’ E PUDORE NELLA
DENUNCIA DI WINTERBOTTOM
64 RdC Novembre 2007
grande racconta i giorni in cui la
guerra di civiltà, forse, è arrivata al
suo punto di non ritorno. Nel gennaio
2002 Daniel Pearl, inviato per il Wall
Street Journal in Pakistan e
Afghanistan, viene sequestrato da Al
Qaeda. Sarà il primo giornalista ucciso
con un’atroce decapitazione, tragica
moda del terrorismo di questi ultimi
anni. Dopo le estradizioni illegali della
Cia e il dramma delle detenzioni
(spesso ingiustificate) di Guantanamo,
Winterbottom, prodotto da Brad Pitt e
con Angelina Jolie come protagonista,
mostra l’altra faccia della guerra
infinita, della libertà duratura,
partendo dal libro di memorie della
giovane e caparbia vedova. Con una
narrazione classica e la solita grande
capacità tecnica, il regista inglese ci
porta all’interno di un dramma
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
MICHAEL WINTERBOTTOM
Angelina Jolie, Dan Futterman
Drammatico, colore
Universal
100’
familiare e mondiale con una sobrietà
e un pudore per lui inusuali. Daniel
(Dan Futterman) lo vediamo quasi
esclusivamente nei momenti di felicità
e lavoro, viviamo la tragedia con la
moglie Mariane (Jolie), incinta di sei
mesi, e di tutto il suo entourage di
colleghi, amici e diplomatici. Di
sbagliato e fuori posto c’è solo
l’improbabile parrucca di Angelina. Ci
si commuove, ci si indigna, si vorrebbe
urlare insieme all’ottima Jolie, in uno
dei pianti più scomposti ma veri della
storia del cinema. Pearl cercava e
raccontava la verità, ripugnava dogmi
e ipocrisie. Una colpa troppo grande in
un mondo fanatico e fondamentalista
come il nostro.
BORIS SOLLAZZO
☺☺☺☺
IN SALA
IN SALA
QUEL TRENO PER
YUMA
Western ultima frontiera: super Crowe
Remake dell’originale di Delmer
Daves del ’57, Quel treno per Yuma
traccia la nuova frontiera del western
del terzo millennio. Robustamente
diretto da James Mangold (Quando
l’amore brucia l’anima), ha nel
bandito Russell Crowe e nel contadino
Christian Bale due cavalli di razza,
capaci di condurre la diligenza del
neo-western in territori poco esplorati
dal genere: humour a piacere,
manicheismo al lumicino e
allargamento prospettico senza
dimenticare la tradizione. 117’ a briglia
sciolta, che superano l’antenato,
consacrando la burbera versatilità di
Crowe, la coscienziosità di Bale e il
fascino perv di Ben Foster. Un treno
da non perdere.
FEDERICO PONTIGGIA
☺☺☺☺
IN SALA
L’ABBUFFATA
Il “cinema nel cinema” di Calopresti è puro esercizio
MEDUSE
Piccolo gioiello su un Israele atipico
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
MIMMO CALOPRESTI
Paolo Briguglia, Stefano Della Casa
Grottesco, colore
Istituto Luce
100’
“Questa è la bellezza del cinema: le
persone riescono a dirsi quello che
non si dicono nella vita”. Un buon
punto di vista per giustificare le
numerose e didascaliche
sceneggiature che affliggono tanto
cinema contemporaneo. L’abbuffata
di Calopresti non è un film. È un
esercizio di cinema nel cinema che
coinvolge, in maniera ipercalorica
come da titolo, molti volti noti – alcuni
fedelissimi del regista, vedi Valeria
Bruni Tedeschi – nell’avventura di tre
ragazzi calabresi (Briguglia, Nucera,
Di Ciaccia) decisi a realizzare un
lungometraggio con la partecipazione
degli abitanti della piccola Diamante.
Che si mobilitano con gioia quando,
contro ogni previsione, Gérard
Depardieu decide di prendere parte al
progetto. L’indigestione sarà
fulminante. Così come la sensazione
che il bersaglio mirato da Calopresti,
anche attore nella parte di un attore,
perda di significato dopo qualche
minuto di visione. Non bastano
Abatantuono (regista senza più
ispirazione), Donatella Finocchiaro,
Frassica, più le apparizioni del già
“Flaminio Maphia” G-Max e del critico
Stefano Della Casa: l’ipotetico
omaggio a 8 e 1/2 è pura teoria, la
(grande) e letale abbuffata per il
ferreriano Depardieu meccanico
coupe de theatre.
VALERIO SAMMARCO
☺
Se Babel fosse Tel Aviv. Etgar Keret
e Shira Geffen, Camera d’Or all’ultima
Cannes, ci regalano con Meduse lo
spaccato di un Israele diverso. Senza
violenza, ideologie e sospetti ma con
un mare conciliante, sfondo di dolci
storie di solitudini. Due sposi e una
bella scrittrice triste. Una cameriera
dagli affetti bizzarri alla ricerca di una
bimba e una fotografa “schiava” di
immagini che non interessano
nessuno. Una domestica immigrata
dalle Filippine e un’anziana mal
sopportata. Una splendida Vie en rose
cantata in ebraico da Corinne Allal. Un
gioiello di regia, recitazione e
sceneggiatura. Un film bello, atipico e
diverso, come le sue attrici.
NON BASTANO
I VOLTI NOTI DI
DEPARDIEU E
FINOCCHIARO.
L’OMAGGIO A BORIS SOLLAZZO
FELLINI RESTA
SOLO TEORIA ☺☺☺☺
Novembre 2007 RdC 65
iFilmDelMese
DIE HARD - VIVERE O MORIRE
Invecchia bene e si prende in giro da solo. Scoppiettante il ritorno dell’agente Willis
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
LEN WISEMAN
Bruce Willis, Timothy Olyphant
Azione, colore
20th Century Fox
130’
Buon vecchio John McClane, quanto
ci sei mancato. Tu, Rocky Balboa, John
Rambo, voi sì che sapete come farci
sentire vecchi. Il vostro sguardo
spaesato in un mondo che non è più il
vostro è adorabile al pari della tenera
ostinazione con cui cercate di salvarlo.
John, poi, è il migliore. Ultimo dei
cowboy-boyscout, Bruce Willis gli deve
tutto, a partire dal famoso “Hippy-yaye” che lo ha reso immortale.
Grattacieli, aeroporti, persino la
camera di un hacker adolescente, per
lui diventano sempre il posto sbagliato
al momento sbagliato. Il giovanissimo
regista Len Wiseman, videoclipparo di
razza e genio del reparto tecnicoartistico di diversi kolossal
(Independence Day, Godzilla, Men in
Black), lo mette di fronte a un attacco
globale cyber-terrorista. Infame, JohnBruce non sa neanche accendere la
lavatrice. All’antieroe “figo”, insultato
perennemente dalle sue donne, tocca
IN SALA
RIUSCITO MIX
DI VIOLENZA
E UMORISMO:
L’AZIONE
VINCE PERCHÉ
DEL TUTTO
IMPROBABILE
combattere con nerd bombaroli
rifiutati dalle agenzie governative
perché troppo intelligenti. Si sa, al
colosso America mai far notare i piedi
d’argilla. McClane non si scoraggia e
affronta tutto come sa: con i computer
condivide il cervello. L’uno elettronico,
l’altro umano, ma entrambi mossi da
un codice binario. Fortuna che
l’abbinamento di Willis è violenzaumorismo. Le sue battute sono perle
divertenti e improbabili quanto le
scene d’azione. E tanto basta per
acclamare il ritorno del nostro
sgangherato eroe.
BORIS SOLLAZZO
☺☺☺
L’UOMO PRIVATO
IN SALA
Occasione sprecata per Emidio Greco. Annoia il
suo ritratto dell’alta società
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
EMIDIO GRECO
Tommaso Ragno, Myriam Catania
Drammatico, colore
Istituto Luce
100’
Quarantenne affascinante,
professore universitario di Diritto,
l’uomo privato (Ragno) che dà il titolo
all’ultimo film di Emidio Greco (in
concorso alla recente Festa di Roma) è
socialmente e professionalmente
affermato. Individualista, donnaiolo
ma fondamentalmente solo, frappone
davanti a sé un muro per difendersi
dalla “volgarità e insensatezza della
realtà”. Anche per questo, forse,
decide di troncare la relazione con la
giovane Silvia (Myriam Catania),
perdutamente innamorata di lui. Ma
quando sul corpo senza vita di uno
studente viene trovato un foglietto
con il suo nome e numero di telefono,
l’uomo privato deve fare i conti con
una realtà che, per forza di cose, non
LA VIRATA
IN GIALLO
NON AIUTA LA
MONOLITICA
CATHERINE
SPAAK
può più tenere a distanza. Non è un’idea
sbagliata, quella di Greco: raccontare
attraverso la stucchevolezza di
monologhi e dialoghi volutamente (?)
aberranti l’(ipotetica) alta società
contemporanea, mondo con cui il
protagonista è ogni giorno in contatto,
mantenendo con essa rapporti di
favore, al limite della “corruzione”
ideologica. A non funzionare, e
parecchio, oltre ad interpretazioni
monolitiche (vedi Catherine Spaak), è
purtroppo la volontà di tenere
invariate le coordinate ritmiche del
racconto, anche in seguito alla virata
verso il giallo: immobile masso che il
presunto, nuovo atteggiamento
dell’uomo privato non sposta di un
millimetro.
VALERIO SAMMARCO
☺
Novembre 2007 RdC 67
ISTITUTO LUCE, COOPERATIVA GAGÉ E DANIA FILM PRESENTANO
UN FILM
DI MIMMO
CALOPRESTI
PAOLO BRIGUGLIA ELENA BOURYKA LORENZO DI CIACCIA LELE NUCERA
DIEGO ABATANTUONO DONATELLA FINOCCHIARO NINO FRASSICA VALERIA BRUNI TEDESCHI
e con la partecipazione straordinaria di GÉRARD DEPARDIEU
una produzione ISTITUTO LUCE, COOPERATIVA GAGE’, DANIA FILM in collaborazione con RAI CINEMA con il sostegno della REGIONE CALABRIA, FILM COMMISSION CALABRIA, FILM COMMISSION TORINO PIEMONTE produttore esecutivo MARISA GRIECO - HEAT PRODUCTION
soggetto e sceneggiatura di MONICA ZAPELLI, MIMMO CALOPRESTI da “L’INVITO” di MAHMOUD IDEN musiche originali di SERGIO CAMMARIERE
ORIGINAL SOUNDTRACKS – EDIZIONI GRANDEANGELO
fotografia PASQUALE MARI (a.i.c.) montaggio RAIMONDO AIELLO scenografia ALESSANDRO MARRAZZO costumi CAROLINA OLCESE trucco LUIGI CIMINELLI suono presa diretta PIERRE YVES LAVOUE sound designer LILIO ROSATO, MARCO GIACOMELLI
aiuto regia BERENICE VIGNOLI casting LAURA MUCCINO (u.i.c.) organizzatore PAOLO VENDITTI sviluppo progetto ALESSANDRO RUSSO, LAURENCE HOFFMAN (WILD SIDE MEDIA)
regia di MIMMO CALOPRESTI
Opera finanziata da Arcus S.p.A. con mutuo concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. a valere sui fondi del risparmio postale
DAL 16 NOVEMBRE AL CINEMA
gagé
produzioni
SKY ch 807
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Telecomando
Homevideo, musica, industria e letteratura: novità e bilanci dal cinema
DVD
Inside Cinema
Libri
Colonne sonore
80 anni di musica
da film in tre Cd
NOTE DI
MERITO
Da ascoltare e
collezionare
Novembre 2007 RdC 69
telecomando
DVD
Inside Cinema
Libri
Colonne sonore
di Alessandro Scotti
Regina del
piccolo schermo
Con Elizabeth I la televisione si fa cinema: un cofanetto di 2 dischi
per lo splendido ritratto a cui dà vita Helen Mirren
Regia Tom Hooper
Con Helen Mirren,
Jeremy Irons, Hugh
Dancy, Patrick
Malahide, Ian
McDiarmind, Toby
Jones
Genere Storico
Cofanetto con 2
Dischi
Distr. Dolmen
70 RdC Novembre 2007
Quando il cinema si fa per la
televisione: la miniserie
dedicata alla figura della regina
Elisabetta I d’Inghilterra, premiata
con una pioggia di riconoscimenti,
è un degno esempio di una
televisione fatta con le logiche e la
qualità del vero cinema. Lo
sguardo del regista Tom Hooper va
al di là delle cronache con cui
storici e biografi hanno riempito le
pagine dei libri di storia, per
scavare nell’intimità di Elisabetta,
rendendo al mito un aspetto di
intensa umanità. Fin dall’apertura,
nel primo episodio, la
dichiarazione del taglio intimista è
esplicita: proprio nella prima scena
Sua Maestà viene sottoposta ad
una umiliante visita ginecologica.
Scopo, render conto alla corte che
la regina sia ancora in grado di
avere eredi. Fin da subito la vita
privata si sottopone alle ragioni di
Stato. Ogni scelta personale della
regina diviene qui una scelta
politica, di un’abile stratega e
un’incredibile diplomatica:
dall’eventuale matrimonio, e
soprattutto dalla nascita di un
futuro re, dipende la stabilità e la
sopravvivenza della monarchia
protestante d’Inghilterra. Molte
sono le minacce che insidiano
l’appetibile trono, la cattolica
Spagna fa la parte del leone, ma
c’è un pericolo ancora più vicino,
che viene dalla cugina Maria,
confinata in Scozia per aver
sposato la causa cattolica. Per
quaranticinque anni Elisabetta I
difese il trono inglese contro le
superpotenze dell’epoca, ebbe la
meglio contro la temibile e potente
Armada Spagnola, e immolò ai
suoi doveri i sentimenti più forti,
rinunciando al matrimonio con
l’uomo amato, sottomettendo la
sua vita a quella dell’Inghilterra.
Donna di Stato, combattiva e
decisa, capace di decisioni
drastiche (la fine dell’insidiosa
cugina sarà opera sua) pur di
difendere corona e religione, ma
anche capace di salvaguardare con
decisione la zona più intima della
sua femminilità nell’intricato
dedalo dei giochi di potere della
sua stessa corte. La regina di
Hooper non è più giovanissima, ha
passato già da diversi anni la
quarantina e regna sull’Inghilterra
ormai da quasi un ventennio. Sono
fra gli anni più turbolenti della
storia inglese, ma anche fra i più
stimolanti per il proliferare di
poeti, scrittori e pittori che la
ritrassero e la immortalarono alla
storia come la Regina vergine.
Nella fastosità severa delle
opulente sale del palazzo di
Whitehall, l’erede di Enrico VIII
continua con determinazione
l’opera scismatica del padre. Nelle
immagini di Hooper, lo splendido
ritratto di una delle figure storiche
femminili più complesse della
storia.
MINISERIE CHE SCAVA
NELL’INTIMITA’ DELLA
SOVRANA PER DONARE
UMANITA’ AL MITO
Novembre 2007 RdC 71
telecomando
DVD
Inside Cinema
Libri
Colonne sonore
La classe dei classici A CURA DI BRUNO FORNARA
NEW
PARTITA D’AZZARDO
DI GEORGE MARSHALL CON JAMES STEWART, MARLENE DIETRICH
George Marshall impersona bene la figura
dell’artigiano hollywoodiano. Carriera infinita,
film su film di medio livello. E un piccolo
grande capolavoro: Destry Rides Again,
Partita d’azzardo (1939), western parodistico
con risvolti drammatici. Trama da western
classico: la cittadina è dominata dal padrone
del saloon che, barando a poker, porta via le
terre ai coloni. Nessuno crede che il nuovo e
gentile vicesceriffo Tom Destry potrà averla
vinta. Figuriamoci: non porta le pistole e non
crede alla violenza. E invece. La partita più
entusiasmante, James Stewart non la gioca,
però, con i cattivi, ma con Marlene Dietrich,
donna di saloon e del boss. Lui entra nel film
scendendo dalla diligenza con canarino e
parasole (non suoi!): e mostra subito un dolce
e imprevisto lato femminile. Lei, maschile e
dominatrice, ama bersagliare chi le sta intorno
con qualsiasi oggetto le capiti sottomano. Tra i
due scoppierà una delle più celebri bagarre
della storia del cinema. Magnifica la Dietrich
quando canta See What the Boys in the
Backroom Will Have. Indimenticabile quando,
morente, si passa la mano sulle labbra per
togliersi il rossetto. Grandi caratteristi. Regia
abile e invisibile: cioè meravigliosa.
DISTR. UNIVERSAL
Supereroi
a volontà
L’Uomo Ragno in tutte le salse. Con Batman e
Superman, fra Blu-Ray e Limited Edition
SPIDER-MAN 3
BATMAN BEGINS
SUPERMAN RETURNS
Distr. Warner Home
Video
Natale: tempo di superoi. Che abbiano barba bianca,
tuta blu o aureola in testa, il mercato se ne frega e
fa di tutta l’erba un fascio: un fascio infestante, nato per
avvinghiarsi e strangolare gli abeti che adorneranno i
salotti degli italiani. Un fascio di pacchetti rigogliosi, tanto
gravidi da pesare sulle radici. Il primo contiene il terzo
Uomo Ragno targato Raimi. Il film, preceduto dalla
grancassa promozionale, si risolve nell’annunciato
tripudio di effetti speciali. Spider-Man 3 può incassare
ancora e l’occasione natalizia è ghiotta: disco singolo (per
chi non può fare di più), due dischi e Limited Edition (per
chi non si accontenta). Ma non c’è limite al tanto:
cofanetto “Trilogia”, doppio disco Blu-ray, Trilogia in
quattro dischi alta definizione Blu-Ray... La parte del leone
la fanno gli extra: uno tsunami di interviste, commenti,
gallerie, errori e video, rigirati in tutte le plausibili
possibilità. La vera novità è nella Limited Edition: fra gli
extra la campagna realizzata per il lancio del film. Rivende
cioè, a pagamento, i filmati realizzati per convincerci della
bontà del prodotto. Geniale. Autofago. Perverso. Alla
Warner sono dilettanti: si sono limitati a riunire Batman e
Superman in un un unico cofanetto.
72 RdC Novembre 2007
Freschi di sala
IL DESTINO NEL NOME
La fatica di crescere in USA col sangue indiano.
Mira Nair porta a New York le difficoltà di
adattamento degli emigrati bengalesi. Scene
tagliate, commento del regista e dibattito di una
classe della Columbia University sul film.
DISTR. 20TH CENTURY FOX
IL GRANDE MATCH
La finale dei Campionati del Mondo di Corea e
Giappone attrae l’attenzione ai quattro angoli del
pianeta. Olivares racconta i viaggi di Tuareg,
nomadi mongoli e Indios dell’Amazzonia per
raggiungere un televisore.
DISTR. DOLMEN
LE VITE DEGLI ALTRI
Esordio fulminante di Florian Henckel von
Donnersmarck. Parabola drammatica del
rapporto fra un drammaturgo sospettato dal
regime e del funzionario della Stasi a lui affidato
in una incredibile Berlino Est del 1984.
DISTR. 01 DISTRIBUTION
Istituto di Studi Teologici e Storico Sociali
Terni Narni Amelia
Maria Grazia Cucinotta
Raz Degan
Claudio Malaponti
Krzysztof Zanussi
Franco Battiato
Pasquale Scimeca
Vittorio Moroni
Francesco Salvi
Enrico Brizzi
Paolo Bianchini
filmfestival
popoliereligioni
Terni,
terza edizione
dal 4 all’11
novembre ‘07
per informazioni:WHOZZZÀOPIHVWLYDOSRSROLHUHOLJLRQLLWLQIR#ÀOPIHVWLYDOSRSROLHUHOLJLRQLLW
come raggiungerci da Roma:GLUH]LRQH)LUHQ]HXVFLWDD2UWHGLUH]LRQH7HUQL6SROHWRXVFLWD7HUQL2YHVW
Ministero
per i Beni e le
Attività Culturali
Fondazione
Diocesi
di Terni Narni Amelia
Comune di Terni
Università di Perugia
3ROR6FLHQWLÀFR
Didattico di Terni
Cassa di Risparmio di Terni e Narni
www.studioimago.it - foto Alberto Bravini
Enrico Lo Verso
Alvaro Buela
telecomando
DVD
Inside Cinema
Libri
Colonne sonore
SE MI LASCI TI CANCELLO
Commedia agrodolce di Michel
Gondry. Il sempre fecondo
sceneggiatore Charlie Kaufman è
una fucina di idee. Sembrano fatti
l’uno per l’altro. Come Joel e
Clementine: felici e innamorati,
finchè lei non decide di dare un
taglio alla relazione e si rivolge alla
clinica Lacuna Inc. per cancellare
Joel dai suoi ricordi. Edizione in
doppio disco ricca di extra:
commenti di regista e
sceneggiatore, scene tagliate,
backstage, interviste e clip. Il titolo
originale è meraviglioso: Eternal
Sunshine of the Spotless Mind,
peccato per quello italiano.
DISTR. EAGLE PICTURES
Musica, maestri!
Franklin, Gershwin & Co: quattro grandi del jazz, come non li abbiamo mai visti
ARETHA FRANKLIN
LA REGINA DEL SOUL
GEORGE GERSHWIN
REMEMBERED
GLENN MILLER:
L’EROE DELLA
MUSICA AMERICANA
SASS’N’BRASS:
SARAH VAUGHAN &
FRIENDS
Cofanetto in 4 dischi
Distr. Dolmen
Fra aneddoti, interviste,
ricostruzioni storiche e
filmati originali, si raccontano
quattro miti immortali della
musica. Aretha Franklin, la regina
del soul, George Gershwin,
compositore stimolante e
contradditorio, Glenn Miller,
direttore d’orchestra e fecondo
arrangiatore di alcuni fra i pezzi
jazz più famosi al mondo, e Sarah
Vaughan, “la divina”: le loro storie,
fra mito e realtà sono – un po’
pretestuosamente - riunite in un
cofanetto intitolato I maestri del
jazz. Quattro dvd ricchi di elementi
noti e inediti, dai grandi concerti
dal vivo, alle testimonianze di chi li
ha conosciuti, dall’immagine
pubblica a quella privata. Il
documentario di Cathe Neukem su
Aretha Franklin riporta alla sua
infanzia, quando cantava nella
chiesa del padre, a Detroit. Parlano
di lei altre star della musica, da
Eric Clapton a Ray Charles.
Attraverso conoscenti e amici
Peter Adan costruisce il mosaico
della vita di Gershwin, delle sue
collaborazioni con Ginger Roger,
Fred Astaire, Judi Garland e Grace
Kelly. Don McGlynn firma il
documentario su Alton Glenn
Miller, ricorrendo a documenti
d’epoca, notiziari e riprese
amatoriali. Interessanti anche le
voci di James Stewart e Henry
Mancini sui retroscena di The
Glenn Miller Story. Voce elegante,
profonda e melodiosa, Sarah
Vaughan si racconta nel
documentario di Len Dell’Amico.
FILM IN ORBITA SUGGERIMENTI TV DALLA GALASSIA SATELLITARE
74 RdC Novembre 2007
ROMANZO CRIMINALE
VERSIONE INTEGRALE
Edizione integrale in doppio disco
con intervista a Giancarlo De
Cataldo e a Pier Francesco Favino
per la ballata tragica di quelli de La
Magliana. A partire dal libro del
giudice-scrittore (che lavora anche
alla sceneggiatura), Michele Placido
racconta l’Italia degli anni Settanta
attraverso le vicende del Libanese,
del Freddo e del Dandy; nomi alla
Sergio Leone in un cinema che
vorrebbe essere quello di Rosi. Si fa
notare la fotografia di Luca Bigazzi,
che ormai sembra essere il vero
animatore del cinema italiano.
DISTR. WARNER HOME VIDEO
A CURA DI FEDERICO PONTIGGIA
SVALVOLATI ON THE ROAD
LA VOLTAPAGINE
SPIELBERG ON SPIELBERG
(Mediaset Premium)
Sulla scia di Easy Rider,
40 anni dopo. Travolta &
co., pancetta e bandana
d’ordinanza, scorrazzano
on the road, accelerando
sulle risate. Per bikers
nostalgici e buontemponi
in gita fuori porta.
(Mediaset Premium)
Vendetta a suon di
musica. Da Denis
Dercourt, dramma da
camera con splendide
interpreti: Catherine Frot
e Deborah François.
Chiave minore al
femminile, senza pietà.
(Sky)
Un documentario, di
Richard Schickel, per
celebrare Spielberg. In
attesa del nuovo Indiana
Jones, l’occasione per
rivederlo in Salvate il
soldato Ryan, La guerra
dei mondi e Munich.
telecomando
DVD
Inside Cinema
Libri
Colonne sonore
ECONOMIA DEI MEDIA DI FRANCO MONTINI
L’istinto del gregge
Il mercato cresce ma diminuiscono i film di successo. Paradosso
dovuto ai titoli “fenomeno” che cancellano il resto dell’offerta
Cresce il mercato,
diminuisce il numero dei
film di successo. Può sembrare
un paradosso, ma è la realtà
che emerge analizzando le più
recenti tendenze dell’esercizio
cinematografico italiano. Il
2007 sembra destinato a
chiudersi con una crescita di
presenze non solo rispetto al
2006, ma anche nei confronti
dei due anni precedenti.
Dall’inizio dell’anno alla data del
7 ottobre, nelle sale monitorate
da Cinetel si erano staccati
oltre 73 milioni di biglietti,
contro i 66,7 dell’analogo
periodo 2006. In termini
percentuali, la crescita è del
9,8%. Ancora migliore è il
raffronto con il 2005, che, per
ciò che riguarda le presenze, fa
registrare un incremento del
17,9%. E’ positivo, infine, anche
76 RdC Novembre 2007
il raffronto con l’anno di grazia
2004, con una crescita di
biglietti venduti pari al 3,4%.
Tuttavia a determinare il
positivo risultato 2007 sembra
essere un numero assai esiguo
di film. Se si conteggiano i
biglietti staccati per i primi dieci
titoli del box office 2007, si
arriva alla cifra di 26,6 milioni,
quasi il 40% del totale.
Conteggiando i primi venti della
classifica, i biglietti venduti
sono oltre 39 milioni. Di
conseguenza se ne ricava che
per gli altri 723 film
programmati in sala fra gennaio
e ottobre si sono staccati 32
milioni di biglietti.
L’andamento a forbice del
mercato italiano, caratterizzato
da un esiguo numero di film di
successo ed una pletora di titoli
che passano quasi del tutto
inosservati, non è una novità di
quest’anno, ma il fenomeno
sembra destinato a svilupparsi
ulteriormente. Quanto accaduto
nei due mesi compresi fra metà
agosto e metà ottobre comincia
a sollevare qualche
preoccupazione. Anche in
questo periodo il mercato 2007
è cresciuto rispetto all’analogo
periodo 2006, ma
esclusivamente in conseguenza
del successo stratosferico di
due soli film: Shrek Terzo e I
Simpson. Il primo con oltre 20
milioni di euro si è imposto
come il maggior successo
dell’anno. I Simpson, approdato
in sala il 14 settembre, solo
nelle prime quattro settimane
di programmazione, non
avendo ancora esaurito il
proprio sfruttamento, ha
raggiunto quota 15,6 milioni di
euro. Ma nel periodo indicato,
alle spalle di questi due film
fenomeno, salvo rarissime
eccezioni, si è registrato il
vuoto. Il terzo film in classifica
nel periodo considerato,
Un’impresa da Dio, ha incassato
2,6 milioni di euro. A parte la
bella sorpresa de La ragazza
del lago, capace di rastrellare 2
milioni di euro, anche
quest’anno tutti i film di
Venezia, italiani e non, lanciati
in concorso o nelle sezioni
parallele, indipendentemente
dal sostegno della critica, si
sono rivelati economicamente
deludenti. Insomma i film che
incontrano i favori del pubblico
sono in grado di ottenere
singoli risultati di livello
FRA AGOSTO E OTTOBRE INCASSI D’ORO
SOLO PER SHREK TERZO E I SIMPSON.
DIETRO DI LORO IL VUOTO
eccezionale, ma il rischio è che
proprio le dimensioni del
successo di questi titoli
cancellino ogni attenzione su
tutto il resto. La spiegazione di
quanto sta accadendo non può
essere attribuita ad una sola
causa; non c’è dubbio, ad
esempio, che qualche
responsabilità sia da attribuire
al sistema dell’informazione e
dei media, progressivamente
teso a segnalare solo tutto ciò
che è già noto e celebrato, e
disinteressato alle novità e a
segnalare il diverso e
l’emergente.
Ma una riflessione va fatta
anche sulla struttura del
mercato italiano. La
proliferazione di multiplex, per
altro auspicabile in aree
cinematograficamente
desertificate, ha favorito la
diffusione del cinema
commerciale, ma ha
penalizzato la varietà
dell’offerta. Nelle grandi
strutture, in relazione al
numero degli schermi, i titoli
proposti sono generalmente
pochi e sempre gli stessi. In
questi ultimi anni, in
conseguenza alla crescita dei
multiplex e all’inevitabile
chiusura di qualche sala
tradizionale, le occasioni,
ovvero spazio e visibilità, per il
cinema di qualità sono
diminuite anziché aumentate.
Forse c’è anche un altro luogo
comune da sfatare: quando si
sono iniziati a costruire i
multiplex, si è pensato che tutto
il cinema ne avrebbe
guadagnato, poiché gli
spettatori che si recavano in
una determinata struttura,
trovando esauriti i posti per il
film scelto in prima battuta,
sarebbero andati a vederne un
altro. Questo non è successo,
proprio per quanto accennato
prima: i film di maggior
richiamo occupano anche
tre/quattro/cinque sale di una
stessa struttura e lo spettatore
interessato trova (quasi)
sempre posto. In compenso è
accaduto il contrario, è scattato
l’effetto emulazione: anche chi
ha scelto in prima battuta un
certo film, quando si reca in
una grande struttura e constata
che la maggior parte del
pubblico si indirizza verso un
altro titolo, è spinto anche lui a
fare la stessa scelta. Spiace
dirlo, ma l’istinto del gregge
colpisce molti spettatori.
CAST & CREW DI MARCO SPAGNOLI
Perdersi nella visione
John August
Il segreto dello sceneggiatore? Far sprofondare il pubblico nell’adattamento
Sceneggiatore fra i più apprezzati
di Hollywood, avendo scritto gli
ultimi tre film di Tim Burton, John
August ha sempre puntato a
innovazione e contaminazioni con il
nostro immaginario collettivo.
Che cosa significa scrivere un film?
Impegno: in America si crede che tutti
possano scrivere per il cinema e vendere
il proprio lavoro a Hollywood. Non è
vero. Realizzare una sceneggiatura non
è facile. Non ci sono formule e nessuno
crede a quelle regole contrabbandate
come “necessarie” a uno script di livello.
Il segreto di una buona sceneggiatura?
Si deve puntare alla qualità e al
coinvolgimento: il pubblico non può
reagire a ciò che vede se non con una
risposta emotiva. Lo guidiamo in una
storia e facciamo sì che si perda nel
nostro adattamento.
La differenza nello scegliere di scrivere
un copione o essere chiamato a
realizzarne uno?
Alle volte sono un artista, altre un
ISTRUZIONI PER L’USO
artigiano. L’importante è avere una
visione chiara di quello che il regista farà
con la storia che stai raccontando.
Quale qualità ammira di più in Tim
Burton?
La capacità di riporre sempre grande
fiducia nelle persone con cui lavora.
Cosa vi accomuna?
Il fatto che entrambi ci siamo sentiti a
lungo degli outsider.
Un consiglio per chi vuole fare lo
sceneggiatore?
Diventare prima uno scrittore. Essere
“Devi saper raccontare una storia e
insieme ascoltare ciò che accade”
capace di raccontare una storia, ma
anche ascoltare ciò che accade. Lasciare
liberi i personaggi sulla pagina,
permettendo loro di scegliere di agire.
Bisognerebbe nutrire le aspettative del
pubblico, evitando che l’azione risulti
scontata.
Indirizzi e raccomandazioni, per provarci senza fare una brutta fine
AMANDO BIG FISH
“È un libro che ho sempre
amato. Quando l’ho adattato,
sentivo che parlava anche del
rapporto con mio padre. Alla
fine, ci siamo accorti che era
una storia universale con molti
elementi autobiografici”.
IN REGIA
Presentato con successo alla
SIC di Venezia, The Nines
porta August alla regia. “Era
uno script che non potevo
dare a nessun altro. Dovevo
dirigerlo io, perché parla
della mia vita”.
L’ARTE DI SCRIVERE
www.johnaugust.com:
“Una sceneggiatura è una
combinazione di tanti
elementi che provengono
dalla scrittura tradizionale di
fiction. E’ come sfidare una
bestia strana”.
Novembre 2007 RdC 77
telecomando
DVD
Inside Cinema
Libri
Colonne sonore
Letture in movimento
Regole e modelli riflessi dai serial tv e il ritorno alla narrativa
dell’eclettico Allen. Per appassionati, con il cinismo dell’ironia
Da non perdere a cura di Giorgia Priolo
IL DOPPIO SOGNO DI STANLEY KUBRICK
Luigi Cimmino, Daniele Dottorini, Giorgio Pangaro
(a cura di), ed. Il Castoro - € 18,00
Mentre il Palazzo delle Esposizioni di Roma inaugura la
riapertura con una mostra dedicata agli archivi di Stanley
Kubrick, questa raccolta di saggi riprende il dibattito
sull’ultimo Eyes Wide Shut, spesso liquidato come opera
incompiuta di un genio alla fine del suo percorso creativo. Gli autori
offrono un’appassionante rilettura del film a partire dal suo rapporto con il
Doppio Sogno di Schnitzler, evidenziando come nel gioco di scambi tra
letteratura e cinema sia nascosto il senso profondo dell’opera. Ma ancora
più affascinante, nella sua complessità da iniziati, è l’analisi del rapporto
tra musica e struttura filmica nel saggio finale di Luigi Ciccarelli.
78 RdC Novembre 2007
MICHAEL MANN
F.X.Feeney, Paul Duncan, ed. Taschen - € 19,99
Una splendida monografia illustrata per i fan di uno degli
autori più significativi e all’avanguardia del cinema
americano contemporaneo. Pur avendo diretto grandi
opere classiche come L’ultimo dei mohicani, Michael Mann
è soprattutto un grande autore di genere. Fin dagli esordi
con Manhunter, attraverso film come Heat, Insider, Collateral e Miami Vice
ha contribuito a formulare il linguaggio, le atmosfere e l’impianto visivo del
neo-noir americano, utilizzando tra i primi le tecniche di ripresa digitale con
risultati di una poeticità sorprendente. Il volume analizza, seguendo il filo
biografico, l’opera completa del regista, ma, ricco di foto di scena e di set, di
bozzetti e story-board, è soprattutto una vera gioia per gli occhi.
Lo specchio
a puntate
Giancarlo
Zappoli,
Elena Galeotto,
ed. Effatà
€ 12,50
LEZIONI DI FICTION
POLIEDRICO WOODY
Fa parte ormai da anni delle
abitudini televisive degli
spettatori in ogni angolo del mondo.
E gli italiani di certo non sono da
meno: parliamo di quella che
genericamente viene chiamata
fiction tv. Con essa si è sviluppata
una serie di studi e studiosi che ne
analizza linguaggio, regole e modelli
sociali. L’originalità dell’analisi
condotta dal critico cinematografico
Giancarlo Zappoli e dalla
psicanalista Elena Galeotto nel libro
Lo specchio a puntate, sta nell’aver
messo sotto la lente
d’ingrandimento il rapporto tra i
sessi. Le dinamiche tra uomo e
donna, la differenza tra
l’innamoramento ed una relazione
d’amore. Lo studio si è fondato su
nove serial di successo, tra cui due
prodotti italiani: Elisa di Rivombrosa
e Incantesimo. Una sorta di gioco di
specchi, come recita il libro. Sì,
perché le storie delle fiction
ricalcano quelle vissute nella realtà
da molti degli spettatori che, a loro
volta (ri)vivono alcune situazioni,
facendo propri certi messaggi e
scansandone degli altri. Le opere
sono divise per appartenenza
tematica. I luoghi definiti: la New
York di Sex and the City, Wisteria
Lane di Desperate Housewives,
l’isola di Lost. La professione più
rappresentata, il medico (E.R.,
Grey’s Anatomy, Nip/Tuck), i
giovani (Dawson’s Creek, The O.C.).
Il successo di questi prodotti nasce
dall’identificazione degli spettatori
con i protagonisti. Ma è possibile un
arricchimento personale solamente
seguendo un serial tv? Gli autori
rispondono di sì. Se noi, come i
personaggi del piccolo schermo,
sappiamo distinguere una passione
superficiale da una profonda ed
autentica.
L’eclettico e irrequieto
cineasta di Brooklyn, Woody
Allen, è tornato alla narrativa dopo
ben venticinque anni di assenza
(Saperla lunga - 1971, Citarsi
addosso - 1975, Effetti collaterali 1981, La lampadina galleggiante 1982) con Pura anarchia, edito in
Italia da Bompiani con una
copertina davvero indovinata. Si
tratta di una raccolta di brevi
racconti, diciotto in tutto, ricchi di
ironia e sarcasmo. Scoppiettanti e
fantasiosi dialoghi, assurdi
siparietti (ma non troppo) di vita
quotidiana, dove il protagonista è
l’uomo semplice, sconfitto, comico
e cinico al tempo stesso.
Allen si fa narratore di manie, di
debolezze e di simpatiche
ossessioni; è questo il caso ad
esempio di Vacanze d’essai, Il
rifiuto. Non mancano poi
personaggi insoliti, situazioni al
limite tra lo sberleffo e l’assurdo
come in Colpo di scena al processo
Disney oppure in Così mangiò
Zarathustra. Le figure dei racconti
sono tutte delineate secondo
l’inconfondibile stile Allen;
personaggi su carta che molto
spesso sembrano usciti dalle
pellicola del regista. Questo
renderà felici gli appassionati, ma
probabilmente non solo loro. Si
ride, a volte con piacere, altre però
anche in maniera forzata, per via
di storie dalla struttura e dalla
comicità più fragili. Pura anarchia
conferma ad ogni modo
l’agitazione artistica del regista
americano, che prosegue in
maniera prolifica la sua carriera;
ha da poco infatti presentato fuori
concorso al Festival di Venezia il
suo ultimo film Cassandra’s
Dream, in uscita nelle sale italiane
a gennaio.
Pura anarchia
Woody Allen,
ed. Bompiani
€ 16,00
PAOLO TRAVISI
STANLEY KUBRICK – BARRY LYNDON
Philippe Pilard, ed. Lindau - € 14,50
Ancora un saggio su Stanley Kubrick, sempre attuale
anche nel suo film più “inattuale”, quel Barry Lyndon che
il regista volle girare come “una specie di documentario
del XVIII secolo”, ricostruendo con maniacalità filologica
scene, costumi e illuminazione dell’epoca, salvo poi
fotografare il tutto con gli obiettivi creati dalla NASA per immortalare gli
spazi astrali. Barry Lyndon, sospeso tra Storia e Avanguardia, è il film degli
eccessi creativi e ogni libro che lo analizza e ne racconta la genesi ci parla
di una tappa fondamentale nella storia del cinema. Questo saggio di Pilard,
pur non raccontando nulla di nuovo agli amanti di Kubrick, è un buon inizio
per avvicinarsi a un film imprescindibile.
SERGIO PERUGINI
TIM BURTON
Antoine De Beacque, ed. Lindau - € 18,50
Da autore di culto per gli amanti delle atmosfere goticodark contaminate dall’estetica “B movie” a giovane
classico omaggiato quest’anno dal Leone d’oro alla
carriera, Tim Burton è uno dei pochi registi che mette
d’accordo grandi e piccini, cinefili e studios hollywoodiani.
Questo godibilissimo saggio biografico-critico ci porta a conoscere il
bambino solitario autore di Charlie e la fabbrica del cioccolato,
l’adolescente goffo creatore di Edward mani di forbice e ricostruisce,
grazie alle interviste, l’intera vicenda esistenziale e artistica di un cineasta
che ha esorcizzato i demoni natalizi della sua e della nostra infanzia
attraverso la stop motion bellissima di Nightmare Before Christmas.
Novembre 2007 RdC 79
telecomando
DVD
Inside Cinema
Libri
Colonne sonore
di Paolo Prato
United Colors
of Music
Jazz, pop, swing, Oscar: insieme per ricordare 80 anni di
storia cinematografica in un prezioso cofanetto
Sarà ancora una volta il cinema a
risollevare le sorti di un’industria
discografica in caduta libera da qualche
anno? E’ l’augurio di molti di fronte
all’uscita di Io non sono qui, l’innovativa
biografia di Bob Dylan, che Todd
Haynes ha affidato a più interpreti.
D’altronde quello del biopic è uno dei
generi cinematografici più frequentati,
da sempre, anche se le pop star degli
esordi provenivano da tutt’altro
ambiente e si chiamavano Schubert,
Strauss Jr., Chopin o Liszt. I fecondi
rapporti fra il cinema italiano e la
musica sono argomento di Schermi
sonori – Canzoni e musiche del cinema
italiano (1930-2006), un cofanetto di
tre CD che l’Ente dello Spettacolo ha
prodotto in occasione degli 80 anni
della Rivista del Cinematografo. Il
percorso si divide in tre tappe. Gli
esordi (1930-53) sono rappresentati
Schermi sonori – Canzoni e musiche
del cinema italiano (1930-2006)
Cofanetto in tre CD
Ente dello Spettacolo
80 RdC Novembre 2007
dalle canzoni e dalle voci che si
dividevano fra grande schermo, radio e
palcoscenico: da star del bel canto
come Beniamino Gigli, Tito Schipa e
Giuseppe Lugo a personalità
poliedriche come Vittorio De Sica e
Alberto Rabagliati, fino a dilettanti
eccellenti come Totò, Anna Magnani o
Alberto Sordi. Questo primo CD è
anche un omaggio al talento di Cesare
Andrea Bixio, che firma la metà delle
canzoni - da Parlami d’amore Mariù a
Mamma – e pubblica, con le sue
edizioni musicali, una fetta importante
della colonna sonora Made in Italy. Con
il secondo CD (1945-70) entriamo nello
specifico della musica per film, che
diventa adulta a partire dal
dopoguerra, con l’esperienza del
neorealismo. Attraversa quindi la
commedia e il western all’italiana, il
cinema e il cartoon d’autore, il
documentario e le parodie di serie B.
Tra motivi blasonati e altri ripescati
dagli archivi CAM – i più ricchi degli
ultimi cinquant’anni - figurano anche il
tema di Mondo cane (Grammy nel 1963,
quattro milioni di dischi venduti, ottavo
posto nelle classifiche USA) e due
inediti: il primo da Satiricosissimo, il
secondo da L’occhio selvaggio. Il terzo
CD (1970-2006) si apre con uno dei rari
motivi da film che sono riusciti a
scalare le classifiche di vendita,
Anonimo veneziano, quarto nel 1970.
Una sorte toccata anche a Profondo
rosso, primo nel 1975 sia fra i singoli
che tra gli album, e a Ennio Morricone
con il dodicesimo posto di Giù la testa e
Il buono, il brutto e il cattivo, quarto
nelle classifiche USA. Nel cofanetto
sfilano tutti i premi Oscar della musica
da film italiana: Luis Bacalov (insieme a
Il postino si ascolta La città delle
donne), Nicola Piovani (rappresentato
con La notte di San Lorenzo) e Nino
Rota (La dolce vita, 8 e 1/2, I clowns e
Il Gattopardo). Nell’antologia sono
inclusi anche Rossellini, Cicognini,
Nascimbene, Rustichelli, Ortolani,
Trovaioli, Fusco, Cipriani, Piccioni e
Carpi, i maestri della prima
generazione che hanno saputo fondere
il respiro sinfonico e il colore locale, il
jazz e i ritmi moderni, lasciando
un’impronta indelebile su cinquant’anni
di cinema. Le nuove generazioni sono
rappresentate da Pivio e Aldo De
Scalzi, Buonvino, Bosso e Taviani, nei
quali convivono lo spirito e la
professionalità dei classici con il gusto
per sonorità estese al mondo intero.
Per tutti i gusti
LA GIUSTA DISTANZA
San Francisco bagnata dal Po: se si trova
La giusta distanza, tutto è possibile. E’ la
musica da camera del gruppo cult
americano Tin Hat ad accompagnare il
film di Mazzacurati. Tra folk, bluegrass e
jazz, uno score che si fa personaggio.
di Federico Pontiggia
SETA
Per l’adattamento del romanzo di
Baricco, si è scomodato Ryuichi
Sakamoto. Fatica sprecata: se lo score è
di classe, la tela visiva di François Girard
non tiene. E le note struggenti e
malinconiche si perdono nell’aria.
THE BOURNE ULTIMATUM
John Powell ritorna con lo Sciacallo per
il terzo capitolo della saga. Nel primo era
supportato da Moby, qui fa da solo, ma
se la cava benissimo. Ritmo, martelli e
adrenalina, un Ultimatum che non lascia
scampo, nemmeno sullo spartito.
Novembre 2007 RdC 81
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