Agosto/Settembre 2013

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Agosto/Settembre 2013
Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Centro Studi Padre Flaminio Rocchi
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Una storica nella storia
Intervista a Clara Castelli
mitteleuropea anche se sono nata
e cresciuta in periodo fascista. E
questo grazie ai nostri genitori
che ci hanno insegnato a guardare
ai mondi dei larghi orizzonti che
stavano alle spalle e all’est della
città, con il rispetto, la tolleranza
e la consapevolezza dell’incommensurabile valore degli apporti
o avuto la fortuna di dei “diversi”.
nascere in una famiglia
Ci è rimasta del tutto estranea
particolarmente radicata nella la brutale violenza nazionalistica
“fiumanità” quel complesso di va- e antislava del fascismo. Del relori di civiltà e cultura forgiati dal- sto l’ho avuto incollata addosso la
la storia secolare di una città così coscienza molto precoce del mio
particolare come Fiume attraverso sangue “meticcio”, che non ho mai
la sua appartenenza al crogiolo di sentito come una macchia estrapopoli della monarchia asburgica niante, ma come un privilegio che
in generale e all’Ungheria in par- mi proiettava nel mondo. Un segno
ticolare. Una città che nel corso di distintivo che condividevo con la
tutta la sua esistenza, fino - e oltre maggioranza dei miei concittadini,
- la caduta della monarchia, alla “Fiumani di Fiume”, i miei genitori
fine della prima guerra mondia- avevano entrambi origini miste. La
le è stata veicolo di penetrazione famiglia di papà era slovena e quella di mamma aveva
le radici in Austria, e
precisamente in Stiria. Papà, che avendo
studiato alla scuola
ungherese, parlava
l’ungherese meglio
dell’italiano e durante
la prima guerra mondiale aveva servito
il “mio imperatore”
come allievo ufficiale
nell’esercito austroungarico, ci aveva
inculcato il mito
dell’Ungheria, che
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da bambina percepiŶƵŽǀŽƉŽŶƚĞƐƵůů͛ŶĞŽ͕ŝůĐŽŶĮŶĞƚƌĂZĞŐŶŽ
vo come un lontano
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mondo magico, senza
e trasmissione di una pluralità di geografia né storia.
Tra le tante lingue che si parlaculture, pur avendo fatto della difesa della sua autonomia il vessillo vano in famiglia - italiano, croato,
della sua identità. È stata proprio ungherese, tedesco - era il dialetto
Fiume a fornire all’Italia, soprat- istro-quarnerino la lingua precipua
tutto in periodo fascista, i miglio- di comunicazione, la nostra lingua
ri traduttori dall’ungherese e dal universale, quella che definiva la
tedesco, come Silvino Gigante, nostra “fiumanità”. È il dialetto ad
Enrico Burich, Gino Sirola, Pao- essere sempre stato il tramite della
lo Santarcangeli. Per non parlare nostra intimità, lo strumento della
del fondatore della scuola della nostra solidarietà familiare e amicamoderna germanistica in Italia, il le, del nostro sentirsi comunità. E
prestigioso studioso di letteratura la scomparsa di mia sorella Luisa,
tedesca, Ladislao Mittner.. L’edu- quattro mesi fa, mi ha lasciato un
cazione mia e di mia sorella Luisa insostenibile e angosciato vuoto di
è stata una formazione culturale comunicazione. Così l’italiano è per
Per Lei, che è stata docente di Storia dell’Europa orientale
all’Istituto Orientale di Napoli e
alla“Sapienza” di Roma’ ed è studiosa dei problemi dell’Est europeo,
che cosa ha significato essere nata
a Fiume, città cerniera tra le due
parti dell’Europa?
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Calcolo della pensione, norme e sentenze contrastanti
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me soprattutto la lingua della scrittura, l’espressione della traduzione
mentale dalla popolare “lingua madre” con il derivato della sensibilità
del traduttore per la ricerca dell’armonia e della purezza lessicali
Quale è stato da bambina il
suo rapporto con la città?
Nei miei undici anni di permanenza nella città natale - quelli
dell’infanzia e della prima adolescenza - ho conosciuto la città in
guerra e non la città in pace. La visione della città in pace mi è stata
trasmessa dai suggestivi racconti
di nonna Albina e della mamma.
Ed erano storie di felici volteggi
di walzer di speranzose giovinette
in fiore, di assidue frequentazioni
di spettacoli in prosa e di opere ancora oggi ne posseggo I libretti
d’epoca -, di carnevalesche «cavalchine» al Teatro Verdi. Una piccola Vienna in miniatura. Ma anche
racconti di faticose vite al femminile. Il coraggio della nonna
che, dopo la scomparsa di nonno
Luigi trascinato in mare nel golfo
di Biscaglia dalla tolda della nave,
rimasta sola con quattro piccole
bocche da sfamare, ha aperto un
negozio di alimentari. O quella di
zia Virginia, che vedova anch’essa
senza risorse, si è acconciata a vendere legna e carbone per riscaldare
i freddi inverni fiumani.
Quanto a me non ho praticamente conosciuto la vita della
città se non attraverso i bagliori
della guerra. Il lontano divampare degli incendi innescati dalle
bombe incendiarie lanciate dagli
aerei nemici sugli obiettivi strategici del porto, la raffineria Romsa
o il silurificio. Sono vissuta entro il
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A Roma la «Casa del
Ricordo» un’istanza di civiltà
Il comunicato del Presidente A Ballarin
La «Casa del Ricordo»
dell’esodo degli istriani fiumani e dalmati, la prima d’Italia,
ha la sua sede in Via di San
Teodoro a Roma, nei pressi dei
Fori Imperiali: «Mantenere
una promessa per tenere viva
la memoria storica», questo
l’obiettivo dell’Amministrazione cittadina che il 6 giugno
ha consegnato all’Associazione Nazionale Venezia Giulia
e Dalmazia e alla Società di
Studi Fiumani le chiavi della
nuova sede in via di San Teodoro. Erano presenti Antonio
Ballarin, presidente nazionale
dell’ANVGD, Donatella Schürzel, presidente del Comitato
provinciale romano ANVGD,
Amleto Ballarini, presiden-
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Miur-AssoEsuli, il quinto
Seminario nazionale e il
Concorso per le scuole 2014
La volontà di rendere itinerante l’iniziativa di formazione
sulla storia giuliano-dalmata
ome da calendario, il Gruppo di lavoro sul confine orientale si
è riunito il 3 luglio presso il Ministero della Pubblica Istruzione
per definire nei dettagli l’organizzazione del quinto Seminario nazionale
previsto per il mese di marzo 2014.
Nel corso della precedente riunione, del 24 aprile, da gran parte dei
presenti era stata espressa soddisfazione per la qualità degli interventi, per
l’organizzazione e per il numero dei partecipanti al Seminario svoltosi a Trieste nel mese di marzo di quest’anno, e al contempo sono stati rilevati alcuni
aspetti sui quali si dovrà avere maggiore cura nelle prossime edizioni, ovvero
una migliore divulgazione dell’evenƐĞŐƵĞĂƉĂŐŝŶĂ Ϯ
to sulla stampa nazionale e locale.
Padre Flaminio Rocchi, ricordi
a dieci anni dalla scomparsa
A dieci anni dalla sua scomparsa, avvenuta a Roma, la figura di Padre Flaminio Rocchi
è stata ricordata il 6 giugno
scorso con un’iniziativa voluta
dalla famiglia, alla quale hanno aderito Adriana Martinoli,
Marino Micich e Patrizia C.
Hansen, i cui interventi hanno
rievocato, nella Biblioteca della
Chiesa di San Marco al Quartiere Giuliano-Dalmato, la
te Società di Studi Fiumani
e Marino Micich, direttore
dell’Archivio Museo Storico di
Fiume.
All’inaugurazione si è
giunti dunque attraverso un
lungo ma proficuo impegno
che ha visto coinvolta l’amministrazione capitolina e
personalità e l’impegno del frate francescano dedicatosi interamente per circa cinquant’anni all’assistenza dei profughi.
A diverso titolo e con diverso
“taglio” i tre relatori hanno
condiviso con il pubblico intervenuto le rispettive esperienze e
memorie, riuscendo a dare di
padre Flaminio un ritratto ben
articolato e integrale.
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The “House of Remembrance” in Rome, an example of civilization
President Ballarin’s statement
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La «Casa del Recuerdo» en Roma, una instancia de civilización
La comunicación del Presidente ANVGD Ballarin
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FATTI e COMMENTI
Il “CorSera” sulla Dalmazia
“dimentica” la civiltà italiana
Sullo Speciale Viaggi di “Sette”,
supplemento settimanale del “Corriere della Sera” del 17 maggio scorso
Francesco Battistini firma un servizio
dedicato alla Dalmazia dal titolo La
costa selvaggia che conquistò Sissi e
diede riposo a Dio, nel quale si sofferma sulla bellezza del suo paesaggio
e su alcuni dei suoi straordinari beni
culturali. Nessun accenno alla storia
di quel territorio e alle sue molteplici
e plurisecolari relazioni con la Penisola italiana: una “disattenzione” come
tante in casi analoghi, alla quale ha
fatto riferimento il Presidente ANVGD
Ballarin inviando al giornalista la
lettera che riproduciamo.
all’intero servizio un lettore ignaro della realtà storica di quel territorio oggi a sovranità
croata (e in più piccola parte slovena) è indotto a dedurre, sia pure in
maniera molto generica, l’esistenza
di un patrimonio artistico generato
dal popolo croato, quando l’Istria, il
Quarnero e la Dalmazia devono il
loro volto architettonico e urbanistico e il linguaggio figurativo dei loro
grandi tesori artistici all’appartenenza, da almeno il X secolo e sino alla
questo modo, seppure inconsapevolmente, Lei dà pienamente atto
ad un genocidio culturale oggi in
essere e ad una alla politica di denazionalizzazione ben postulata da
Andre Jutrovic, storico della letteratura croata, fin dal 1969, secondo
cui: «i personaggi della cultura di
Istria e Dalmazia che nel passato
scrissero le loro opere in lingua italiana devono essere inseriti nella nostra [croata n.d.r.] letteratura e nella
nostra [croata n.d.r.] storia nazionale» poiché essi sono «scrittori croati
di lingua italiana».
Lei definisce la Croazia «antica
nazione e giovane Stato» che non
ha «ereditato tesori inestimabili»
ma ciononostante l’Unesco «l’ha
messa sotto tutela con una quantità di beni culturali che, in rapporto alla popolazione, non ha eguali
al mondo»: ecco, è proprio in quel
«rapporto alla popolazione» che sta
il grande equivoco. Lo ha già ben
chiarito Gian Antonio Stella sul
“Corriere” del 15 settembre 2010
nel suo articolo «Si scrive Juraj si
legge Giorgio», con il quale stigmatizzava l’ostinato e annoso éscamotage di “tradurre” in croato i nomi
italiani, ad iniziare dai grandi artisti
istriani e dalmati che nei secoli hanno edificato, scolpito e dipinto tanti
tra i più grandi capolavori dell’arte occidentale, quelli per i quali la
Croazia può oggi vantare diversi siti
tutelati dall’Unesco.
Basti ricordare, per brevità,
le affinità tra l’arte ravennate e la
Basilica Eufrasiana di Parenzo, tra
la piccola Chiesa di Santa Maria
Formosa di Pola con il mausoleo di
Galla Placidia a Ravenna; e le pure
linee rinascimentali della Cattedrale
di S. Giacomo a Sebenico, opera del
dalmata Giorgio Orsini e portata a
compimento da Niccolò Fiorentino, risultante delle proficue relazioni tra l’Italia centro-settentrionale,
la Dalmazia e la Toscana nei secoli
dell’Umanesimo e del Rinascimento e ben oltre.
Alle giovani Repubbliche di
Slovenia e di Croazia, sotto la cui
sovranità quei territori oggi ricadono dopo il dissolvimento della
Jugoslavia, l’onere di custodirne e
trasmetterne il patrimonio d’arte
ereditato rispettandone l’autentica
matrice culturale.
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caduta della Repubblica nel XVIII,
alla civiltà veneziana, con la quale
l’Adriatico orientale ha condiviso
costumi, lingua, economia, cultura. È sufficiente guardare le città
dell’Istria e della Dalmazia per rendersene conto, così come ascoltare il
dialetto istro-veneto della Comunità
italiana autoctona, che conserva in
loco la memoria dell’italianità storica
di quei territori: che non fu “importata” dal fascismo, come purtroppo
ancora molti credono, ma ha radici
plurisecolari, una storia di straordinaria ricchezza che la stragrande
maggioranza degli italiani ignora.
Spiace che, nonostante le località da Lei citate abbiano una denominazione italiana antica, utilizzata
per secoli nei portolani e nelle carte
di tutta Europa e finanche nelle guide austriache del XIX secolo, certo
non sospette di sciovinismo, Lei
adoperi esclusivamente toponimi
croati: Korcula omettendo Curzola,
Hvar omettendo Lesina, etc.). In
Apprezzamento condiviso anche per la partecipazione dell’Associazione Italiana Editori grazie al contributo della prof.ssa Edith Serravalle, dimostratasi particolarmente sensibile alla questione della trattazione,
nei libri di testo, della storia delle regioni adriatiche. La rappresentante
dell’Aie ha anche richiamato l’attenzione sui nuovi supporti informatici
previsti per l’editoria scolastica, che subirà notevoli cambiamenti con la
normativa sul testo digitale a partire dall’anno scolastico 2014-2015.
Sempre nel corso dell’incontro del 24 aprile il Gruppo ha riflettuto
sull’opportunità di una pubblicazione a carattere storico, dedicata al confine orientale ma in un’ottica nazionale ed europea, alla cui realizzazione
potrebbe essere nominato un Comitato scientifico-didattico-editoriale.
Per quanto riguarda il quinto Seminario e il Concorso nazionale riservato
alle scuole, il Gruppo di lavoro ne ha sostanzialmente confermato il format,
avendo espresso la volontà di apportare alcune modifiche in base all’esperienza
maturata con le precedenti edizioni. Per il Concorso, in particolare, si è ritenuto di introdurre due distinte sezioni: Scuola primaria e scuola secondaria di
I grado; Scuola secondaria di II grado, con differenziazione delle tematiche.
Per il Primo ciclo la fiaba, il mito, la favola; per il Secondo ciclo, la letteratura.
E per incrementare la partecipazione delle istituzioni scolastiche sarà
inserita la clausola che essa sarà considerata criterio di preferenza per l’ammissione al Seminario nazionale. Quest’ultimo – che si è previsto per i
giorni 13-15 marzo 2014 – sarà rivolto quasi esclusivamente ai docenti
(due per istituzione scolastica), prevedendo la partecipazione di un numero minimo di Dirigenti scolastici (fino a 10) e di criteri di ammissione tra
cui, in primis, partecipazione al concorso e prima adesione.
LA RIUNIONE DEL 3 LUGLIO
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na riunione no-stop quella svoltasi presso il Ministero della Pubblica Istruzione il 3 luglio con le associazioni giuliano-dalmate
rappresentate nel Gruppo di lavoro sul confine orientale, convocata per
definire il programma e i contenuti del prossimo Seminario nazionale, il
Ziberna (PdL): “Serracchiani faccia
revocare l’onorificenza a Tito”
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apere se la presidente della Regione, Debora Serracchiani,
intende farsi parte attiva nei confronti del Capo dello Stato
per sollecitare la revoca dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce
dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana conferita a Tito (Josip
Broz) con decreto del 2 ottobre 1969». L’interrogazione è di Rodolfo
Ziberna, consigliere regionale del PdL e vicepresidente nazionale A, che motiva la richiesta rilevando come al dittatore jugoslavo sia
stata riconosciuta la responsabilità delle deportazioni, delle uccisioni e
della violazione dei diritti umani fondamentali a danno della popolazione italiana in Venezia Giulia, Quarnaro e Dalmazia.
«Gli storici, nei cosiddetti 40 giorni di terrore titino che hanno
anticipato l’arrivo degli anglo-americani, considerano determinante la
responsabilità politica di Tito per tutte le esecuzioni civili e militari ricorda il vicecapogruppo del PdL -. Si tratta di atrocità inenarrabili e
indimenticabili, che fortunatamente la storia, dopo cinquant’anni di
silenzio, ha deciso di non cancellare grazie alla Giornata del Ricordo
che si celebra ogni anno il 10 Febbraio, e rese ancora più crudeli dalla
circostanza che si verificarono anche a guerra finita. Tito è responsabile
di una serie di azioni di pulizia etnica destinata ad allontanare dalle terre d’Istria, Fiume e Dalmazia la popolazione autoctona italiana. Con
violenze, intimidazioni, processi farsa, foibe, impiccagioni e annegamenti, l’ex presidente della Repubblica di Jugoslavia riuscì a provocare
un esodo di 350mila italiani che temevano per la propria incolumità».
«In forza di ciò - conclude Ziberna -, non si può non ritenere contraddittorio, ma anche indecoroso, che lo Stato italiano da un lato riconosca il dramma delle foibe con il Giorno del Ricordo il 10 Febbraio
e, dall’altro, annoveri tra i suoi più illustri insigniti proprio chi ordinò i massacri e la pulizia etnica degli italiani d’Istria e dell’Adriatico
orientale. Una barbarie - commenta Ziberna - che ancora oggi pesa sul
passato, ma soprattutto sul presente e sul futuro di molti italiani che
hanno vissuto direttamente o indirettamente il dramma di quegli anni
delle foibe e dell’esodo».
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quinto, e le modalità del Concorso riservato alle scuole italiane di ogni
ordine e grado, in Italia e nei territori oggi a sovranità slovena e croata,
nonché la prossima cerimonia di premiazione dei vincitori del Concorso
2013 Tci-Anvgd prevista a Trieste dal 17 al 19 ottobre.
Concorde il Tavolo di lavoro sulla ristretta rosa di località tra le quali
si dovrà scegliere a breve la sede del Seminario 2013, Trento, Brindisi, Ancona, ciascuna individuata per le rispettive attinenze con l’esodo giulianodalmato. Espletate le procedure previste dalla normativa relativa alle gare,
il Gruppo di lavoro procederà alla scelta definitiva delle strutture recettive
entro il mese di settembre. Da più parti è stata comunque rimarcata la
rilevanza storica dell’afflusso di esuli nella Regione Puglia, nel cui territorio vennero allestiti campi profughi (come Altamura e Bari) e si istituì a
Brindisi il Convitto “Niccolò Tommaseo” per i ragazzi profughi, che da sé
meritano un racconto ancora in buona parte da scrivere.
Un ampio e approfondito confronto, al quale ha contribuito per molti aspetti anche organizzativi la delegata Anvgd per la Scuola, Maria Elena
Depetroni, si è sviluppato intorno all’individuazione dei temi del Seminario e dei relativi docenti universitari ai quali affidare le relazioni previste
nella sessione mattutina del primo giorno. In linea di massima, e tenuto
conto di una traccia fornita dall’on. Lucio Toth, si è stabilito di dedicare
la prima parte alla storia dell’Adriatico orientale dalla prima alla seconda
guerra mondiale, un arco temporale nel quale rientrano naturalmente le
Foibe e l’esodo degli italiani nonché l’argomento dell’accoglienza in Italia.
Mentre per la sessione pomeridiana si perfezioneranno a breve termine
i contenuti, per i workshop previsti nel secondo giorno del Seminario il
Gruppo di lavoro ha individuato quali principali i temi dell’educazione
alla cittadinanza e dell’approccio interculturale all’esodo. Per quanto riguarda il Concorso riservato alle scuole, le delegazioni delle associazioni
giuliano-dalmate e i rappresentanti del Miur hanno fissato le linee guida
che saranno precisate nel Bando, la cui uscita è prevista nella prima decade
del prossimo settembre a cura dello stesso Dicastero e la cui scadenza per
la conferma di adesione sarà fissata al mese di ottobre.
Un calendario molto intenso dunque e dai tempi ristretti: il Gruppo di
lavoro è infatti convocato già il 5 settembre per licenziare il bando di concorso
Miur-AssoEsuli e procedere nella pianificazione di luogo, contenuti e relatori
del prossimo Seminario nazionale. Erano presenti per l’Anvgd la delegata per la
Scuola Maria Elena Depetroni e la delegata per la Stampa Patrizia C. Hansen.
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CULTURA e LIBRI
Ruggero Boscovich negli «Atti e Memorie»
della Società Dalmata di Storia Patria
on il numero doppio
12-13 del 2010-2011
gli «Atti e Memorie» della Società Dalmata di Storia Patria
dismettono la veste di collana monografica e riprendono
quindi dal successivo anno
2012 l’antica e consolidata formula della rivista annuale, adottando tra l’altro, come si precisa
nella Nota al numero doppio, i
nuovi e rigorosi criteri proposti
dall’agenzia deputata alla valutazione della ricerca.
Questo fascicolo pubblica
le relazioni del Convegno storico svoltosi a Pescia nel 2011 sulla figura di Ruggero Boscovich e
sulle sue relazioni con ambienti
e personalità italiane, particolarmente in quel di Lucca e con
Francesco Puccinelli, suo allievo
prediletto, presso il quale, proprio a Pescia, avrebbe dimorato
dal settembre 1782 al marzo
1783. I percorsi di Boscovich e
del suo confratello gesuita Puccinelli - conosciuto a Roma nel
1758, entrambi ospiti del Collegio Romano - si sarebbero ripetutamente intersecati, avendo
lo studioso raguseo particolare
interesse per i lavori di bonifica
della malsana Maremma intrapresi dall’illuminato granduca
Pietro Leopoldo, estensore, per
inciso, di puntuali relazioni
sullo stato del territorio, sulle
opere necessarie e su quelle da
migliorare e conservare. Dalle
lettere di Boscovich a Puccinelli, studiate da Rita Tolomeo, si
evince la sua generosità nel fornire all’allievo, che lavorava appunto al servizio del granduca,
suggerimenti e nozioni relative
a interventi di risanamento e
alla realizzazione di nuovi tracciati viari e la costante attenzione, anche in tarda età, per la ricerca scientifica, anche quando,
come la ricercatrice evidenzia,
l’avanzare dell’età e la progressiva insofferenza caratteriale di
Boscovich gli avrebbero reso
difficile lo studio e i calcoli.
Tra i diversi interventi editi in questo fascicolo doppio si
segnalano, di Renzo Sabbatini, Boscovich e la Repubblica di
Lucca, sui servigi prestati dallo
scienziato raguseo alla piccola
Repubblica toscana e culminati con la concessione da parte
del suo Consiglio generale della
patente di nobiltà personale: così gradita dal
raguseo che avrebbe considerato Lucca «seconda
sua patria».
Gli altri saggi sono
di Antonio Romiti, che
firma
l’Introduzione;
di Carlo Vivaldi-Ferti,
Cultura e politica in Europa nel secolo XVIII; di
Pucci Cipriani, Chiesa
e scienza in Europa nel
secolo XVIII; di Giovanni Cipriani, La città di
Pescia nella seconda metà
del ’700; di Rita Tolomeo, La figura e le opere
di Boscovich nel carteggio
di Puccinelli; di Lorenzo Puccinelli-Sannini,
Boscovich-Puccinelli:
un’amicizia in nome della scienza; di
Renzo Sabbatini, Boscovich e la
Repubblica di Lucca. Seguono
gli interventi di Inoslav Bešker,
Radoslav Tomić, Nenad Veselić.
Completano il numero recensioni e schede di novità editoriali. Il fascicolo è pubblicato per i
tipi de La Musa Talìa, Venezia
2012, pp. 161, s.i.p.
spettive di un possibile futuro.
Un’attenzione particolare, pur
nella necessaria sintesi, l’autrice
dedica anche alle usanze e alle
tradizioni e ad alcune figure letterarie di spicco, quali Fulvio
Tomizza, Guido Miglia, Marisa
Madieri, Nelida Milani, Anna
Maria Mori ed Enzo Bettiza.
«Oggi - scrive Michaela
Conrad - il particolare patrimonio di quelle terre va perdendosi all’interno di un contesto
socioeconomico […] e un’organizzazione politica profondamente cambiati […]: è reale il
rischio che il problema teorico
dell’esistenza di un’identità
istriana venga superato dai fatti. […]». Ad un progetto integrale di formazione, che educhi
alla conoscenza e al rispetto
del pluralismo culturale e che
coinvolga tutti i diversi centri
di cultura confinari, può - a
giudizio dell’autrice - essere affidato il compito di preservare il
passato attribuendo ad esso un
valore costitutivo dell’identità
di quella regione e delle sue popolazioni: «così da indicare che
L’ESODO ISTRIANO
FIUMANO DALMATA DI
MICHAELA CONRAD
alla tesi di laurea Michaela Conrad, nipote di esuli da Visinada, ha
tratto una pubblicazione edita
dall’Associazione delle Comunità Istriane con prefazione di
Lorenzo Rovis, L’esodo Istriano
Fiumano Dalmata (pp. 112,
s.i.p.), nel quale trovano sintetica trattazione le fasi salienti
della storia dei territori orientali, dall’epoca romana agli
sconvolgimenti del Novecento,
senza tralasciare argomenti direttamente correlati come l’accoglienza in Italia, l’assistenza
fornita dalle autorità e dalle
amministrazioni ai profughi
giuliano-dalmati, la questione
dei beni abbandonati, le pro-
le azioni per l’identità non passano solo attraverso la memoria e la nostalgia per un tempo
lontano, ma intendono concretizzarsi in operazioni reali», sia
sul piano della formazione delle
nuove generazioni di qua e di là
dei confini sia della promozione sociale ed economica delle
comunità degli esuli e dei connazionali «rimasti», per fornire
loro strumenti concreti di intervento e di affermazione in una
realtà europea che si pone nuovi
obiettivi, esprime nuove esigenze e tensioni e richiede competenze forti, una nuova concezione della trasmissione della
memoria oltre la pur essenziale
fase della sua conservazione.
LE MEMORIE
FLUTTUANTI DI RITA
PARODI PIZZORNO
/
l mare come emblema
e scenario dell’esistenza
umana, perigliosa come la navigazione, liquida come le sue
onde: al mare fanno riferimento
quasi tutti i brevi racconti di Rita
Parodi Pizzorno raccolti in questo volumetto pubblicato da Fratelli Frilli Editori (pp. 120, euro
9,00), dei quali due rievocano
vicende dell’esodo giuliano-dalmato, La nave solca l’oceano dei ricordi e L’insegue
il ricordo del passato:
nel primo viene narrata
l’emigrazione negli Stati Uniti di un profugo
zaratino, nel secondo la
reale storia di un fiumano ufficiale dell’Esercito,
fatto prigioniero e deportato a Buchenvald,
lager dal quale riuscì a
fuggire con due compagni francesi, avendo
avuto modo di incontrarvi Mafalda di Savoia.
Vicissitudini diverse, incarnazioni degli
odi del Novecento che
solo la memoria pacificata dal tempo riesce a
rendere un poco meno tormentosi, un poco narrabili.
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Quando l’arte
interpreta la storia.
Graziella Andreani,
un talento maturato
nell’esodo
ell’origine istriana,
polesana per l’esattezza, Graziella Andreani ha
conservato l’educazione dei
modi, la gentilezza veneta
del parlare, sempre pacato
anche quando intimamente
s’infervora nel commentare il proprio lavoro; mentre
la dimensione internazionale nella quale si è trovata
a forgiare la sua vocazione
all’arte le ha conferito un’ampiezza di
vedute e di intuizioni che rende la creatività forse ancora
più libera, perché
alimentata da una
sensibilità più acuta, più complessa.
La sua relazione
con i luoghi natali
non si è mai affievolita
nonostante
l’esodo e l’approdo
nel nuovo mondo,
in Brasile, anni luce
distante geograficamente e culturalmente, una realtà
apodittica rispetto
ai canoni europei e
italiani del dopoguerra, una
immensa, inedita dimensione fisica e mentale con la
quale doversi d’improvviso
relazionare, forse da ammansire per poterla vivere.
In Brasile vive dal 1952,
nell’arte si cimenta dalla prima metà degli anni Ottanta
dopo la laurea in Lettere nella Universidade Federal Fluminense e gli studi di pittura, disegno e scultura presso
il Museu de Arte Moderna di
Rio de Janeiro. Lungo l’elenco delle sue mostre collettive
e personali in Brasile, negli
Stati Uniti, in Spagna e numerosi i relativi cataloghi
che documentano l’evoluzione nel tempo della sua arte,
ma intatto rimane il ricordo delle origini, la mestizia
dell’esilio sia pure riscattata
dal fermento dell’arte: tant’è
che nelle sue pubblicazioni
non ha mancato di rendere omaggio al Giorno del
Ricordo e alla sua regione,
l’Istria, alle sue città veneziane dall’antico nome italiano.
E proprio dalla seconda
metà degli anni Novanta,
rivela nel suo recente passaggio per Roma e nel corso della sua visita alla sede
dell’Associazione alla quale
è molto legata, risale l’inizio
di una sua riflessione inedita
sulla storia più drammatica della sua terra natale, gli
eccidi delle foibe, che la sua
sensibilità creativa da allora
ha iniziato progressivamente
a saggiare, a testare, ad ela-
ĐŽŶƚŝŶƵĂŹ
4
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
borare, fino a dare una forma visibile e al contempo
depurata all’orrore di quei
massacri: perché l’arte vera
ha il pregio esclusivo di narrare la tragedia avendola de-
in contesti aperti la memoria dei ferri che tagliavano i
polsi ai condannati. Se le sagome ritagliate e tutte eguali evocano la natura indifferenziata e irriconoscibile
carvi una via di fuga mentre
simulano un labirinto mobile e occluso.
Ma
l’anima
arcana
dell’uomo non perde la sua
speranza connaturata né
la memoria della bellezza.
È così che nascono alcuni
bellissime sculture, rigorose come la linea che il metallo permette di plasmare a
immagine dei ricordi: ecco
il trittico «Quarnero», una
vela, una barca, un molo,
che pare citare di lontano
le creazioni delicate e fiabesche di Fausto Melotti in
una comune tensione alla
leggerezza e all’essenzialità
del racconto.
Nella relazione ricreata
tra i simboli eterni del paesaggio natale sta tutta la
WͨWŚŽŝďĂƐΘWŚŽƐƚŽƉŚŽƐͩ
RͨWŚŽŝďĂƐͩ͘>͛ŽƉĞƌĂǀĞĚƵƚĂĚĂů
ďĂƐƐŽĞĂůů͛ŝŶƚĞƌŶŽ
cantata, resa essenziale nel
linguaggio allusivo e definitivo dell’opera.
Sono nate così le sue prime realizzazioni con semplice carta di giornale ritagliata a mano, sagomata sulla
figura umana e impilata a
creare un abisso, un baratro
che conserva l’impronta fisica delle vittime. Quasi un
assillo che si manifesta per
anni in tante sue composizioni al punto da divenire
un sigillo della sua arte, il
segno immediatamente riconoscibile della sua ispirazione. Ma l’evoluzione del
>Z/KEZ/^WKE
Calcolo della pensione,
norme e sentenze contrastanti
ĐƵƌĂĚĞůů͛ǀǀ͘sŝƉƐĂŶŝĂŶĚƌĞŝĐŝĐŚ
Desideravo avere delle informazioni in relazione all’applicazione dell’art.
2 della Legge 24 maggio 1970 n. 336. È legittimo da parte dell’amministrazione non riconoscere l’applicazione dei benefici previsti dal comma 2, dell’art.
2 della Legge 336/70, riguardanti il conferimento della qualifica o classe di
stipendio superiore a quella posseduta, ai fini del calcolo della pensione?
>ĞƩĞƌĂĮƌŵĂƚĂ
>
a legge 24 maggio 1970 n. 336 sancisce due diversi benefici ai
soggetti in essa contemplati, uno di tipo salariale e un secondo
che si applica nel momento di cessazione del rapporto di lavoro.
Per quanto attiene alle agevolazioni da applicarsi nel momento di
cessazione del rapporto di lavoro l’art. 2 così testualmente dispone:
«Art. 2. Ai dipendenti indicati nell’art. 1, all’atto della cessazione
dal servizio per qualsiasi causa, sono attribuiti, ai soli fini della liquidazione della pensione e della indennità di buonuscita e di previdenza,
tre aumenti periodici di stipendio, paga o retribuzione o se più favorevole, un aumento periodico per ogni anno o frazione superiore a sei
mesi di servizio militare prestato in territorio dichiarato in stato di
guerra, trascorso in prigionia e in internamento, in luoghi di cura e in
licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti
combattenti, in prigionia e in internamento.
Ai dipendenti indicati nel precedente comma, a loro richiesta o a
richiesta degli eredi aventi diritto a pensione di riversibilità, anziché
l’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, previsti dallo stesso
precedente comma, va conferita la qualifica o classe di stipendio paga
o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta».
UNA VECCHIA SENTENZA DEL TAR MARCHE
/
n relazione alla seconda parte dell’art. 2 della legge in questione
una vecchia sentenza del Tar Marche aveva stabilito che, dopo
il passaggio dal sistema articolato per carriere a quello fondato sulle
qualifiche funzionali, non era più conferibile il beneficio dell’attribuzione del trattamento economico del livello o della qualifica superiore
a quello di appartenenza, in luogo dei tre aumenti periodici, atteso che
l’accesso alle diverse qualifiche deve avvenire per concorso. In seguito
a tale sentenza (la quale richiama la decisione del Consiglio di Stato
del 1° dicembre 1995) si ritenne, quindi, non più applicabile l’art. 2,
comma 2 della L. 336/70 relativo all’alternativa di chiedere il passaggio alla qualifica superiore se più favorevole.
LE SENTENZE FAVOREVOLI
>
WͨYƵĂƌŶĞƌŽ͕ͩĂĐĐŝĂŝŽ
R ͨƵďƵůƵƐͩ͘DƵƐĞƵĚƵ/ŶŐă͕
EŝƚĞƌſŝ͕ϮϬϭϮ
linguaggio astratto matura nuovi segni, e Graziella
Andreani si cimenta più recentemente con i metalli, la
cui fusione in innumerevoli
cerchi di varie dimensioni
ricrea in ambienti chiusi e
delle morti, i cerchi di varia
dimensione che ingombrano
un’intera sala espositiva sino
a renderla una selva inquietante obbligano il visitatore
a passarvi nel mezzo, a cer-
grazia della memoria, purificata dalla storia funesta e
melanconica come lo sguardo rivolto ad un orizzonte
smarrito.
WĂƚƌŝnjŝĂ͘,ĂŶƐĞŶ
a predetta sentenza nell’individuare l’orientamento giurisprudenziale sulla questione controversa, si era conformata al remoto orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria con la nota decisione n. 33 del 1995, che, nell’assunto della equiparazione tra qualifiche
funzionali e pregresse carriere, era pervenuta alla conclusione della non
spettanza del trattamento economico della qualifica funzionale superiore ex art. 2, comma 2, L. 24 maggio 1970, n. 336.
Essa non aveva tenuto in alcun conto il mutato orientamento del
Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV 20 aprile 2004 n. 2171), secondo cui, al contrario, ai fini dell’applicazione del beneficio in parola,
l’espressione «qualifica superiore» deve essere intesa come riferentesi a
qualsiasi posizione professionale che, in ambiti ordinamentali implicanti distinzioni non per carriere o per qualifiche, risulti immediatamente sovraordinata a quella posseduta dall’impiegato e possa essere
comunque da lui conseguita a prescindere dal sistema di avanzamento
previsto (cfr. Cons. Giust. Amm. R.S. 4 luglio 2000, n. 333 e Cons.
Stato VI Sez., 26 gennaio 2000, n. 356).
La più recente giurisprudenza (Cons. Stato, 24 agosto 2006 n.
4973) ha affermato l’applicabilità del beneficio anche nel vigente ordinamento articolato in qualifiche funzionali (VI Sez., 15 settembre
1999, n. 1204; Cons. Stato, Sez. VI, 19 dicembre 2005, n. 7166).
Sono ritenuti irrilevanti, per i fini che interessano la vicenda in esame, i mutamenti intervenuti nell’assetto della dirigenza statale, per effetto
delle innovazioni introdotte dal decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni.
Alla luce di quanto sopra si ritiene illegittimo il comportamento
dell’amministrazione a seguito della mancata applicazione dei benefici di
cui all’art. 2, comma 2 della legge 336/70.
5
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
ELARGIZIONI PRO ANVGD
E “DIFESA ADRIATICA”
Questa rubrica riporta:
- le elargizioni dei sostenitori di
“Difesa Adriatica”;
- le elargizioni dirette alla Sede
nazionale ANVGD;
- le offerte pro “Difesa Adriatica”;
All’interno di ogni gruppo,
i nominativi sono elencati in
ordine alfabetico. Ringraziamo
da queste pagine tutti coloro
che, con il loro riconoscimento,
ci inviano il segno del loro apprezzamento e del loro sostegno.
Le offerte qui indicate non comprendono le elargizioni ricevute
dai singoli Comitati provinciali
dell’ANVGD.
ELARGIZIONI ALLA SEDE
NAZIONALE ANVGD
(ccp 52691003)
ELARGIZIONI DAI
SOSTENITORI DI
“DIFESA
ADRIATICA” (conto corrente
postale 32888000 intestato
Difesa Adriatica-Roma o Iban
IT34 N076 0103 2000 0003
2888 000). L’elenco comprende
le elargizioni superiori a 30
euro. L’elenco prosegue dal
numero di Luglio.
APRILE 2013 Alacevich
Antonio (To) € 50, Biasi Tuscano Nora (Ge) € 50, Bolognani Giorgio (Tn) € 60,
Caruz Leonardo (Mb) € 50,
Castoldi Filippo (Rm) € 60,
Cellinese Antonio (Mc) € 50,
Codecasa Maria Silvia (Gr) €
50, Harzarich Giuseppina (Va)
€ 60 in memoria di papà mamma e fratelli, Laszloczky Giuliana (Ud) € 50, Ottomaniello
Riccardo (Ud) € 60, Pentericci
Giorgio (Ud) € 80, Perinovich
Anna (Ms) € 60, Raccamarich
M. Chiara e Silvia (Bo) € 50
in ricordo del babbo Bruno deceduto il 18 marzo 2013, Ricciardi Elio (Pd) € 50, Sepich
Angelina (Ts) € 50, Tomissich
Odette (Ud) € 50, Tosti Maria
ed Eufemia (Ve) € 50, Vidoli
Ratti Paola (Ve) € 60.
OFFERTE PRO “DIFESA ADRIATICA” (ccp
32888000) L’elenco comprende
coloro che hanno versato un
offerta a sostegno di "Difesa
Adriatica" fino a 30 euro.
FEBBRAIO
2013
ABRUZZO Dolenz Erica, Pollice Rocco. CAMPANIA Associazione Combattenti e Reduci
Avellino, Brakus Vincenzo, Capuano Marcello, Cardin Padre
Andrea Davide, Cattich Gigliola, Cattich Marlene, Della
Porta Antonino, Nappa Giuseppe. EMILIA ROMAGNA
Bernobic Giuditta, Cherubini
Emanuela, Deotto Annamaria,
La Grasta Giovanni, Musini
Giovanbattista, Palmich Maria,
Petrani Edda, Silz Lia Nella.
FRIULI-VENEZIA GIULIA
Apollonio Steffè Giuliana, Bernardon Loretta, Canova Giulio,
Climi Silvana, Costiera Sergio,
Culino Mariano, Fischer Erica,
Formentini Michele, Fornasier
Alessandra, Grossi Enrica, Lizzi Renata, Pallavicini Antonio,
Penso Paolo, Politi Giuseppe,
Puzzer Patrizia, Raze Raldi Stellia, Scatton Manlio, Smillovich
Alessandra, Tecovich Antonio,
Valente Santo. LAZIO Beltrame Dario, Bertossa Rosanna,
Bonaparte Maria, Cattaro Maria, Cherin Anna Almerigogna,
Divari Greco Maria, Garcovich
Giorgio, Guidoni Silva, Liubicich Arno, Mangaziol Licia,
Manzini Bruna, Marinzuli
Giovanni, Marocchi M. Antonietta, Marpicati Nyla, Martinoli Livia, Mattossovich Nives,
Menesini Di Cesari Famiglia,
Palaoro Narciso, Pizzuti Elio,
Richard Vittoria, Rosa Cesarina, Rotelli Romeo Manfredi, Sandorfi Amerigo, Sansa
Livia, Spinelli Franco, Turrisi
Stossich Famiglia, Vallini Bruno, Vodopia Marzia, Zozzoli
Ivonne. LIGURIA Amorino
Armenio, Biasi Guido, Bonan
Giuseppina, Bonich, Nives,
Bontempo Fabio, Colavalle Luigi, Copetti Annamaria,
Dirce David, Locatelli Cesare,
Perich Eligio, Poso Armanda,
Spadavecchia Giovanni, Zanelli Riccarda, Zustovich Mariuccia. LOMBARDIA Barbieri
Antonio, Barcellesi Piero, Basilisco Mirella, Battara Giovanni,
Cambruzzi Giacomo, Delise
Franco, Durin Alberto, Filipas
Annamaria, Genzo Paolo, Germanis Famiglia, Gherghetta
Matteo, Lucich Claudio Giuseppe, Martinis Marchi Famiglia, Milanovich Aldo, Niero
Marco, Paulovich M. Cristina,
Perich Fiorella, Pinz Trombetta Luciana, Prodan Giovanni,
Puz Miriam, Ramella Sonia,
Rangan Silvia, Sarti Giuseppe,
Seguini Glauco, Sepich A. Lisa,
Simonetti Anita, Veggian Giorgio, Zaccai M. Grazia. MARCHE Defranza Margherita,
Piccini Giuliano, Rubinich
Marino, Santin Falco, Vidulich
Gianni. PIEMONTE Benedetti Paola, Biasiol Aprà Maria,
Boico Mary, Cehic Mario, Cerboncini Alessandro, Cerlenizza
Maria Batticich, Chervatin M.
Pia, Coceverin Antonia, Cursi
Claudio, Del Sarto Umberto,
Depicolzuane Claudia, Drandi
Beatrice, Giorgini Ireneo, Giovannini Carlo, Gnesda Lucia,
Grabelli Fioranti Maria, Martini Clemente, Mori Anita, Pillepich Franco, Poretti Michele,
Rinaldi Mariano, Sandri Giovanni, Sbrizzai Giorio Gemma,
Sepich Aurelia, Tarantini Paolo, Tomasich Ala, Zuccheri Argeo. PUGLIA Cozza Antonia,
Labianca Antonia, Piutti Antonino. SARDEGNA Chighine
Liliana. SICILIA Sani Nevia,
Tomasich Miro. TOSCANA
Anvgd Livorno, Augenti Silvio,
Bianchi Plinio, Calochira Luciana, Cervino Mario, Crisman
Mons. Egidio,Marini Tarabella
Beatrice, Pasquali Sergio, Pazzagli Magni Annarosa, Russi
Marisa, Sabadin Emilio, Sabatti Casalino Nadia, Sudulich
Mario, Tesi Mario, Travas Bruna, Trentini Elvira, Vatta Alida.
TRENTINO-ALTO ADIGE
Cielo Gianna Maria, D'Ancona Livia, Giacca Bruno, Maino
Mario, Soppa Alvaro. VENETO Anvgd Belluno, Associazione Madrinato Dalmatico,
Baudisch Marchese M. Regina,
Beaco Bruno, Bossi Bruna, Budicin Giuseppe, Brussi Alma,
Cesari Zuccon Maria, Colombo Silvano, Dapretto Leonella.
Dellino Rezzi Ondina,
Dobrich Bruno, Dragagna Michele, Filippi Maria, Fontanini
Silvio, Giacaz Clelia, Gigante
Dino, Giorgini Anna, Matassi
Roccabella M. Rosa, Marzola
Mario, Maso Roberto, Mauri
Marina, Mikulich Serenella,
Millevoi Elda, Mottica Polato
Corinna, Perruccio Gianfranco, Petronio Guido, Piccoli Gentile Margherita, Prelez
Edoardo, Prosperi Diana, Rolando Adriana, Sivieri Arnaldo,
Smaila Roberto, Sorge Giuseppe, Trevisan Cesare. Valdini
Massimo, Varlyen Lokey Maria, Vollman Edoardo, Zambolin Piergiorgio. UMBRIA Sandrini Annamaria.
MARZO 2013 CAMPANIA Schlegl Aurea. EMILIA
ROMAGNA Balestri Giovanni, Marchese Melini Edda,
Stipcevich Bruno. FRIULIVENEZIA GIULIA Coslovich
Cristina, Iurzolla Viviana, Marani Francesco, Mattossovich
Adele, Merviz Bari Amalia,
Rauni Andrea. LAZIO Bencich
Luciano, Capriz Anna Rosa,
Copettari Vladimiro, Coronica Pierina, Cortese Gino, De
Vergottini Raffaella, Fiorespina Selmi Nirvana, Gatti Rosa,
Gherbaz Giulia, Ivanov Franca,
Martini Gianfranco, Ossoinack
Bianca, Papo Antonio, Tornari
Tito, Vidulich Nicoletta. LIGURIA Casulli Pietro, Celli
Ennio, Damiani Luciano, Pibernik Elena, Treveri Laura.
LOMBARDIA Borsatti Gabriella, Duiella Aldo, Duiella
Guida, Duiella Matteo, Fedel
Graziella, Ive Mario, Melli
Corva Maria, Notaris Cappellani Graziella, Pintar Nada,
Raico Giorgio, Rota Antonia,
Sceusa Gioacchino, Segnan
Giancarlo. MARCHE Kresina Zlatka, Zuppin Lucchese
Rita. PIEMONTE Boniciolli
Brunilde, Cesarello Giuliana,
Kucich Arnaldo, Malesi Gianotti Marisa, Malusà Gigliola,
Sorgarello Maria Lucia, Suffi
Guido. SICILIA Ferro Stefano, Piazzese Carmelo, Zambiasi Gino. TOSCANA Svori-
nich Anna, Svorinich Loretta.
TRENTINO-ALTO ADIGE
Marangoni Gemma Falcioni.
VENETO Bisiach Luigi, Cecconi Melina, Covacev Aldo, De
Stefano Annamaria, Fiorentin
Graziella, Hervatin Edda Martini, Ivanov Adriana, Garbo
Annamaria Fornasiero, Kiswarday Lelia, Mihalich Annamaria, Moscheni Claudio, Petrich
Giuliana, Petterin Nives, Plank
Annamaria, Ratissa Graziano,
Scarpa Giancarlo, Vesnaver
Franco, Zelco Giuliana.
APRILE 2013 ABRUZZO Aniceti M. Luisa, Gobbo
Livio. CALABRIA Scherl Silvano. CAMPANIA Carrano
Francesca. EMILIA ROMAGNA Cenci Annamaria, Lombardi Bruno, Mazzanovich Ivo,
Pellizzola Giusberto, Ranzato
Alceo, Ricci Luciana, Saggini Bruno, Stipcevich Sergio.
FRIULI VENEZIA GIULIA
Copetti Vittoria, Delise Lucia,
Depetroni Fulvio, Fonda Nerina ved. Trisolini, Gardina Bruno, Gardossi Aldo, Gherbaz
Roberto, Gortan Anita, Lollis
Roberto, Musco Mara, Stefani
Don Cornelio, Suppan Dario, Zanini Marcella. LAZIO
Ostrogovich Flavia Maria, Ricci Francesco Giovanni, Sergi
Sonia. LIGURIA Battaglia
Eugenio, Kalebich Annamaria,
Peretti Dario, Stagni Graziano,
Steffè Alda. LOMBARDIA
Bussi Thea, Capudi Eugenio,
Caucci Paolo, Coslovich Armido, Fabretto Mario, Geiletti Flavia, Marussich Bruno,
Momi Giovanni, Movimento
I.F.D, Smolcich Rita. MARCHE Adrario Amato Riccardo, Cagner Elsa, Cenci Luigina, Dietrich Ezio, Quagliano
cenci Vittoria. PIEMONTE
Gorlato Giorgio, Host Paolo
Antonio, Peteani Luigi, Prever Giampiero, Rihar Arnaldo,
Visintin Renato. SARDEGNA
Franzi SIlvia. TOSCANA Anvgd Pisa, Battestin Paolo, Giovannelli Francesca, Jurinovich
Antonio, Moriconi Santin M.
Antonietta, Pogliani Mauro.
TRENTINO ALTO ADIGE
Bernardi Teodoro. VENETO
Addario Giovanni, Blasina
Anna Maria, Casalino Corrado, Flori Iva, Gazzari Piero,
Marampon Licia, Marinzuli
Elda, Massalin Gigliola, Massi
Giovanni, Miss Degan Nella,
Nerini Fiammetta, Nicolich
Federica, Randich Anita Antonio Ubaldo, Redovnicovich
Gabriella, Saule Fiore, Sterzi
Angiolo, Tuchtan Bassi Doralba, Zett Antonio.
Il Comune di Trieste esce dall’Irci
/
l Comune esce da 10 dei 17 enti, associazioni e organismi dei quali fa parte. Una scelta dettata per un lato
dall’opportunità di risparmiare, in tempi di casse vuote, i soldi pubblici - sebbene non molti - versati per le quote associative; e per l’altro dalla volontà di giocare un ruolo equo e «super
partes rispetto alla promozione delle attività di soggetti terzi
sul territorio». Così Paola Bolis su “Il Piccolo” del 13 giugno
a proposito della delibera che la Giunta ha approvato su proposta del sindaco Roberto Cosolini.
«Fuori il Comune anche dall’I, l’Istituto Regionale per
la Cultura istriana: una realtà su cui la delibera si sofferma precisando che, scaduta il 31 dicembre scorso
la convenzione che impegnava il Municipio a versare un contributo annuo di
70mila euro per la gestione
dell’immobile in comodato
di via Torino e per le attività organizzate nel Museo
della Civiltà Istriana, si
prevede una “nuova convenzione con l’I per la
prosecuzione delle attività
dell’Istituto e del museo
stesso” (al cui allestimento
“stiamo lavorando”, dice la
presidente dell’Irci Chiara WEĞůů͛ŝŵŵĂŐŝŶĞĚŝƌĞƉĞƌƚŽƌŝŽƵŶĂĚĞůůĞ
Vigini). «”Continuare a soĞƐƉŽƐŝnjŝŽŶŝŽƐƉŝƚĂƚĞƚƌĂŝůϮϬϬϵĞŝů
stenere l’I con una conϮϬϭϬŶĞůŝǀŝĐŽDƵƐĞŽĚĞůůĂŝǀŝůƚă
venzione è la cosa più logiŝƐƚƌŝĂŶĂĮƵŵĂŶĂĞĚĂůŵĂƚĂ
ca”, rimarca Cosolini».
;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ƚƌŝĞƐƚĞ͘ĐŝƚLJƐĞĞŬƌ͘ŝƚͿ
«Ma Cosolini vuole precisare: “L’uscita dalle compagini, che peraltro in successive
valutazioni nulla ci vieta di poter rivedere, non significa affatto che cesseremo di sostenerne le attività”, dice ribadendo
quanto scritto nel documento, laddove si parla di possibili patrocini, convenzioni o altre forme di intervento contributivo
su progetti specifici con “obiettivi di interesse collettivo e di
pertinenza delle funzioni comunali”».
6
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
ŻĚĂůůĂƉƌŝŵĂƉĂŐŝŶĂ
hE^dKZ/E>>^dKZ/
protettivo riquadro del giardino
pieno di fiori e di amatissimi animali e la permanenza nei rifugi
antiaerei scavati nella roccia in solidale condivisione con altri consimili perseguitati dalla storia. Tra la
dolcezza delle stellate notti d’estate
trascorse con la mamma sul terrazzo della nostra casa e il terrore delle
bombe che cadevano a grappolo su
noi bambine rimaste sole distese
lungo la via. E paura, permanente paura. L’angoscia notturna di
fronte al rumore di ogni automobile che passava per la strada nel
timore che fosse venuta a portar
via il mio papà per ordine delle
autorità di turno - fasciste, naziste
o comuniste - per il solo fatto di
aver nascosto una famiglia ebrea,
o aver rivestito di abiti civili quei
poveri cristi di militari italiani in
fuga dal fronte balcanico dopo l’8
settembre, abbandonati a se stessi
dalla viltà delle autorità militari
italiane. La paura nel celare dietro
agli arbusti del giardino pubblico,
mentre mi recavo a scuola, le uova
sode preparate dalla mamma o la
mia merenda per lenire la fame
dei giovanissimi - miei maggiori di
pochi anni - soldati tedeschi della
Wermacht, prigionieri condannati
a scavare fossati dai vincitori titini.
Non dimenticherò mai l’innocente
gratitudine del loro sguardo. È in
queste atmosfere che ho maturato
la coscienza delle gigantesche ingiustizie del mondo.
Tra gli sfarinati quadri della
mia memoria si stagliano esausti
episodi che formano il rosario di
perle della mia infanzia fiumana.
L’ammasso di rovine fumanti del
bellissimo Tempio ebraico incendiato dai nazisti che mamma mi
portò a vedere come silente insegnamento della storia; l’arrivo dei
cenciosi partigiani slavi titini che
scendevano disordinati per Via del
Carso; l’addio al mio papà che cercava di sfuggire alla caccia al «nemico»; la riunione delle tre sorelle
Oberstar - mamma, e zie Neva e
Nerina - nel maggio del 1945, in
cui si decise il definitivo abbandono; il trasferimento forzato dalla
scuola elementare del giardino
pubblico a quella media di Piazza
Cambieri; il dolce sorriso della giovane professoressa Franca Danelon
- più tardi profuga a Roma - che
mi introdusse alle glorie della letteratura italiana e la signorilità della
zagabrese insegnante di croato, lingua allora imposta, ma che ho amato moltissimo. E soprattutto la mia
prima comunione, che mamma ha
voluto farmi impartire prima della
partenza da don Janni, nella chiesa
del SS. Redentore, fatta erigere dai
fiumani grati a Dio per aver protetto la città nel 1941 nel momento
dell’invasione italiana della Jugoslavia; chiesa in seguito fatta saltare
in aria dall’aggressivo e torvo vincitore slavo. Con questo fardello di
ricordi, sensazioni, angosce, molte
paure e poche speranze, dinanzi
a un futuro ignoto, mamma, Luisa ed io, in compagnia del micio
Momi, attraversammo definitivamente la frontiera il 13 maggio
1947.
Qual è il Suo rapporto con
l’esodo?
Nella dedica al suo libro
L’Istria, una quercia il polesano
Guido Miglio, noto giornalista e
scrittore, annotava: «A Clara Castelli che ha le mie stesse radici
spezzate». Ecco: «radici», «frontiera/frontiere», «esilio», «profuga»:
parole che mi avrebbero accompagnato nel seguito dell’esistenza
né mai si sono esaurite. Nel varcare definitivamente la frontiera
sapevo di dire addio alle cose più
care. Subivo l’onta della sottrazione e dell’ingiustizia le cui ragioni mi erano ignote. Ero satura di
domande senza risposta. Da allora
in poi la frontiera si sarebbe incuneata nell’anima, trasformata
in categoria permanente della coscienza. Frontiera: nell’estraneità
rispetto alle società di accoglienza
con una storia diversa dalla mia;
nell’indifferenza verso le asettiche
conoscenza impartite da pur dotti insegnanti senza comprensione;
nelle dissonanze da compagni di
scuola dalla vivacità, serenità e vitalità che non sapevo condividere.
Non l’orgoglio della diversa, ma
l’umiliazione dell’ospite indesiderata. La mia cifra esistenziale diventava: «profuga». Non italiana,
ma «profuga», per sempre. Profuga
di dentro, profuga di fuori. Nella
mente e nei certificati. «Scusi, ma
Fiume dov’è?» - la domanda usuale
di imbecilli burocrati. Fiume non
risulta negli elenchi ufficiali inseriti
nel computer. E tanto vale per non
esistere. Mi prendono per jugoslava, croata, tedesca, senza identità.
Sono soltanto: un’«italiana sbagliata» secondo la felice espressione di
Pier Antonio Quarantotti Gambini.
All’inizio dell’esodo anche la
lingua italiana presenta il conto. A
Mestre, dove ci siamo fortunosamente insediati in una camera ammobiliata, le scuole si rifiutano di
iscrivermi per il mio stentato balbettio di italiano misto a dialetto,
croato, con qualche parola tedesca.
Ai professori che m’interrogavano
sulle mie origini risposi: ‘Sono un
misch-masch’. Si vive di dignità e
pochi soldi. Vestitini ben lavati e
stirati, grembiulini inamidati. Anche se mamma d’inverno indossa sandali estivi e noi andiamo a
scuola con le suole bucate. Ma tanto non vede nessuno. È nel 1949
che conquistiamo una casa tutta
nostra, in pietra, mattoni, ascensore. Il trasferimento di papà a Roma
ci rioffre una vita normale: il calore
della famiglia riunita, la frequenza
del prestigioso liceo classico Tasso,
così algido e distante, l’accesso alla
‘Sapienza’, alla facoltà di Scienze
Politiche. Roma, la capitale. Fiume
il confine estremo. La seconda per-
WhŶĂĐĂƌƚĂƵŶŐŚĞƌĞƐĞĚŝ&ŝƵŵĞĞĚĞŝƐƵŽŝĚŝŶƚŽƌŶŝ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ůĂnjĂƌƵƐ͘ĞůƚĞ͘ŚƵͿ
X&ŝƵŵĞ͕ĨĞďďƌĂŝŽϭϵϰϱ͕
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ĚĞůƉŽŶƚĞĚŝĐŽŶĮŶĞĚŽƉŽŝ
ďŽŵďĂƌĚĂŵĞŶƟ
sa, la prima offertami dal destino.
Roma la città dove vivo, ma che
non amo. Ma ho mai amato una
città?
Quale è stata, per così dire, la
Sua via alla storia?
Visto il fardello di domande
che le mie origini fiumane mi ponevano, la mia strada verso la storia
era in qualche modo pre-segnata.
Anche se non ne avevo l’immediata percezione. Certo non sentivo di nutrire né la passione per
I polverosi archivi né la vocazione
all’insegnamento. In compenso fin
da bambina ho avuto una curiosità
assai precoce per il mondo esterno,
per la politica e le sue premesse
storiche. La domanda che mi perseguitava era: perché? Il turbinio
di eventi che avevano coinvolto
la mia piccola città, assediata da
tutte le parti da fascisti, nazisti,
comunisti, la guerra e le sue dolorose conseguenze suscitarono in
me fin dall’adolescenza l’esigenza
di una risposta che desse loro un
ordine logico. E poi l’esodo forzato e l’approdo in una nuova patria
così estranea e indifferente hanno
impresso un ritmo spasmodico alla
mia volontà di capire. Scienze politiche mi offrirono un ideale terreno di coltura. Ma dovendo anche
guadagnare il più presto possibile
affiancai gli studi all’università alla
frequenza alla «Scuola Interpreti»
dove mi dedicai per cinque anni
allo studio dell’inglese e del russo. Ne uscii con una conoscenza
quasi perfetta. Con la conoscenza
pregressa del francese, croato, un
discreto tedesco, potevo aprirmi una strada. Approdai subito
all’Accademia Americana per poi
essere trasferita alla fototeca diretta
dall’archeologo Ernest Nash, che,
sfuggito al nazismo dalla nativa
Postdam, portava come me il peso
dell’esilioe fu la mia fortuna. In
quella favolosa raccolta di fotografie di Roma antica e d’arte di tutta
Europa, che dovevo catalogare e
descrivere, fui il pesciolino nell’ac-
qua perfetta. Con il mio capo
viaggiai a scattare fotografie in reconditi siti archeologici, conobbi
studiosi di fama internazionale
tradussi manoscritti di saggi e libri.
Un’entusiasmante e vitale - anche
se faticosa - scuola d’ intelligenza e
cultura. Il successivo lavoro come
segretaria generale all’Istituto di
Norvegia per l’archeologia classica
e storia dell’arte - avevo 27 anni
- e la direzione della biblioteca
dell’Istituto di Finlandia di Studi classici integrarono in maniera
sostanziale il mio percorso verso la
storia. Passi formidabili alla conoscenza anche del mondo nordico
europeo. L’Europa mi appariva ora
un conglomerato di popoli e culture diversi e talvolta molto distanti,
ma unificato da un comune destino storico. Era, insomma, la storia
della mia famiglia e della mia città
riversata nel grande calderone europeo. Nella inquieta ricerca delle
mie radici avevo trovato finalmente una patria.
Ma mancava l’altra parte
dell’Europa. Era l’Europa comunista che mi lanciava le domande più
pressanti e dolorose. Era il comunismo realizzato che aveva ingoiato
la mia terra e mi aveva fatto quella
che ero. Riprendendo gli studi interrotti all’Università, orientai gli
esami e la ricerca in senso mirato.
Per l’esame di lingua e letteratura
russa tradussi integralmente l’Evgenij Onegin di Puskin, il poema
nazionale russo, il testo dell’anima
russa. Povera tapina, ignoravo che
era l’opera tradotta dal professor
Lo Gatto, il fondatore della russistica in Italia, il quale mi guardò
sbalordito… Con Giuliano Amato analizzai e discussi il testo della
costituzione staliniana per l’esame
di Storia del Diritto costituzionale italiano e comparato.La mia tesi
di laurea in Storia moderna venne
incentrata su La penetrazione della
Russia nel Mediterraneo nel XVIII
secolo. Così iniziava la seconda parte della mia vita, quella istituzionale, con un taglio netto rispetto
alla prima; guardandomi indietro
posso constatare che tutta la mia
vita è stata quella della profuga alla
ricerca convulsa di una qualche
forma di riposo. Non raggiunto
neanche oggi. Consigliata da Gian
Paolo Nitti - il nipote dello statista così legato alla storia fiumana -,
che aveva seguito la mia tesi, entrai,
dopo varie vicende, come assistente all’Università. Lavorai con due
grandi studiosi, Armando Saitta e
Rosario Romeo. Mai dimenticherò
la straordinaria capacità di Saitta di
far ‘vivere’ un documento storico.
Grandi ‘baroni’, ma anche grandi
maestri. Da qui avanti fino all’approdo come docente alla cattedra
di Storia dell’Europa Orientale,
prima all’“Orientale” di Napoli e
poi a “La Sapienza” di Roma.
La Russia-Unione SovieticaRussia è stata l’asse privilegiata dei
miei studi e la mia passione intellettuale. La Russia dalla storia selvaggia e barbarica, contraddittoria
e invadente, ma anche fertile di
intensa spiritualità, di ataviche pulsioni popolari, fermento di un’intelligencija creativa inquieta che
non trova pari nell’occidente europeo. La Russia che ha modificato
nel bene e nel male il volto dell’Europa. La Russia che ho conosciuto
da vicino nella sua interiorità, dalla
slava Mosca all’occidentale Leningrado, dai suoi antichi monasteri
alle case della cultura comunista.
Nei miei frequenti soggiorni - anche come segretaria del Comitato
italiano per i rapporti tra storici italiani e sovietici del Ministero degli
Esteri - ho incontrato umili contadini dei kolkozy asserviti alla terra,
alti funzionari del partito comunista sovietico, esponenti eminenti
della Chiesa ortodossa, storici di
regime e emarginati storici eterodossi, scrittori e artisti, celati membri della dissidenza nelle cui cucine, sotto lo scroscio dell’acqua del
rubinetto aperto per confondere le
orecchie in agguato della polizia
segreta, per notti intere ho discusso
di persecuzioni e libertà. La Russia
europea, la Russia slava, la Russia
asiatica. Questa è stata ed è la mia
Russia, specchio delle irrisolte contraddizioni della mia esistenza.
Nell’orizzonte dei miei studi
non si nota traccia di un qualsiasi approfondimento storico delle
tragiche vicende vissute dall’area
istro-quarnerina-dalmata con le
suo complicato passato, i suoi dolorosi conflitti etnici, il suo esodo
epocale. Le mie sono e hanno voluto essere solo testimonianze di vita.
Da storica i miei giudizi sarebbero
sempre stati inquinati dai pregiudizi del vissuto; avrei visto sempre
il tronco dell’albero, mai il folto
della foresta. La nostra storia è e
deve essere il campo di aratura del
futuro, un futuro che garantisca
una dovuta e impersonale distanza a chi indaga. Il mio impegno di
protagonista, testimone dell’ultima
generazione di un mondo perduto,
è solo quello del dovere morale della memoria. Non posso fare di più.
È il più prezioso lascito a quelli che
verranno.
BIBLIOGRAFIA
E
on intendo tediare il già
stanco lettore con inutili elenchi di titoli sulla storia della
Russia e dell’Unione Sovietica. Voglia essere questa la testimonianza di
una storica Fiumana che ha studiato
la storia per capire la propria storia.
7
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
DAI COMITATI
ŻĚĂůůĂƉƌŝŵĂƉĂŐŝŶĂ
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le associazioni degli esuli.
L’ultimo atto per perseguire
questo obiettivo si è svolto a febbraio, quando si è
celebrato in Campidoglio,
nell’aula di Giulio Cesare,
il nono Giorno del Ricordo dei Martiri delle Foibe
istriane e dell’Esodo delle
popolazioni giuliano-dalmate. Nell’occasione infatti fu firmato il protocollo
d’intesa cui faceva riferimento il sindaco, tra Roma
Capitale - nella persona del
sindaco Alemanno -, l’ANVGD e la Società di Studi
Fiumani, per la nascita della Casa del Ricordo.
Di seguito il comunicato stampa emesso il 7 giugno dal presidente ANVGD
Ballarin
>
a Casa del Ricordo
promessa dal Sindaco Alemanno all’inizio del
suo mandato durante la visita al Villaggio GiulianoDalmata di Roma, avvenuta il 7 novembre 2008, è
diventata una realtà.
L’istituzione e la realizzazione della Casa del
Ricordo, prima in Italia, è
un’istanza di civiltà e non
è un caso che tale opera
sia stata realizzata nella
città di Roma, che fonda proprio sulla civiltà la
sua storia, mentre, allo
stesso tempo, pone sul rispetto della persona umana, sull’accoglienza del
diverso, sulla tolleranza,
sull’integrazione, le ragioni di un possibile ed umano progresso.
Entrando nel decimo
anno
dall’approvazione
della legge 92 del 2004
sul Giorno del Ricordo,
quest’opera rende omaggio
all’immane sofferenza di
un popolo che nel tempo
trovò ospitalità in un luogo fisicamente distante da
dove prese corpo quell’esodo epocale, un luogo dal
cuore grande che ha saputo
ridare speranza a tanti ed
ha permesso la ricostruzione della dignità umana,
offesa ed umiliata da una
pulizia etnica.
La neo-costituita
Casa del Ricordo è un
esempio di come il ‘Ricordo’ non debba essere semplicemente
un
vago sentimento, ma qualcosa
di concreto, in
grado di segnare
direttrici di sviluppo dell’essere umano, dove
eventi
terribili
del passato non
abbiano cittadinanza nel futuro. È per questo
che tale opera
assume una connotazione
non
locale o regionale, ma globale. È
per questo che la
storia dell’esodo,
delle foibe e della persecuzione di un popolo intero,
durata ben al di là della
fine della guerra, non è una
storia che riguarda ‘alcuni’,
ma un’intera nazione.
Ed è per tutto questo,
che ringraziamo sentitamente il Sindaco Alemanno
e l’intera Amministrazione
Comunale. Li ringraziamo
per essere stati vicini alla
vicenda giuliano-dalmata
con il desiderio di elevarla
a Storia che riguarda tutta
l’Italia, come è giusto che
sia, ogni sua provincia ed
ogni suo comune a cominciare dalla sua splendida
Capitale.
Abbracciando una storia condivisa, acquisendo
nel profondo gli insegnamenti che essa ci indica,
trasferendo tale conoscenza alle nuove generazioni,
saremo in grado di costruire permanentemente
una civiltà forte, libera,
giusta, in cui verità ed armonia potranno consolare
i cuori di chi ha patito, ricordare le anime di coloro
che sono morti nell’oblio
trafitti dalla nostalgia e,
senza rancore, guardare
con prospettiva la storia
di un popolo che ritrova,
passo dopo passo, la sua
identità.
ŶƚŽŶŝŽĂůůĂƌŝŶ
COMITATO
DI BOLOGNA
Restaurata e ricollocata
la storica lapide
che ricorda l’esodo
Z
ecuperata, restaurata e
ricollocata lo scorso 16
febbraio 2013 a cura del Comitato
provinciale bolognese in collaborazione con il Comune di Bologna
e la Presidenza del Quartiere San
Donato, la lapide che era posta su
un edificio dell’ex Villaggio Giuliano in via dell’Artigiano, demolito e preso in carico dall’Acer ne
WŽůŽŐŶĂ͕ĚƵĞŵŽŵĞŶƟĚĞůůĂ
ĐĞƌŝŵŽŶŝĂĚŝƌŝĐŽůůŽĐĂŵĞŶƚŽĚĞůůĂ
ůĂƉŝĚĞŶĞůů͛ĞdžsŝůůĂŐŐŝŽ'ŝƵůŝĂŶŽ
ha costruito un nuovo stabile multifunzione (servizio Poste, poliambulatorio, sede del locale Comando Vigili Urbani). Questa Lapide
dopo moltissime ricerche è stata
ritrovata dopo oltre venti anni in
un magazzino della Provincia e
riconsegnata dalla presidente della Provincia stessa. Per alcuni anni
è stata conservata presso la sede
Anvgd di via Andrea Costa dopo
essere stata restaurata.
La lapide di pietra d’Istria con
ai quattro angoli i nostri simboli
riporta incisa la seguente frase:
La Nazione ai Giuliani e Dalmati
fedeli nel dolore delle memorie alla
Patria immortale.
Il Comitato di Bologna ha
inoltre fatto affiggere una targa
che descrive la motivazione della
stessa. A questa manifestazione,
che rientrava nell’ambito delle
organizzazioni in occasione del
Giorno del Ricordo, oltre al Presidente Anvgd Marino Segnan erano presenti la presidente del Consiglio Comunale Simona Lembi
e il presidente del Quartiere San
Donato Simone Borsari, esuli ed
ex abitanti del Villaggio, l’assistente spirituale del Comitato, mons.
Lini Goriup, che ha impartito la
benedizione e la scuola media “Besta” che essendo nel suo programma scolastico la musica di fiati ha
suonato l’inno di Mameli e altri
brani.
A Bologna presenta
D’Annunzio a Fiume di
Cavassini e Franzinelli
s
enerdì 7 giugno 2013,
a cura del Comitato
provinciale, presso il Centro Baraccano di Via S. Stefano 119 ha
avuto luogo la presentazione del
volume Fiume. L’ultima impresa di
D’Annunzio, di Paolo Cavassini e
Mimmo Franzinelli, Mondadori
editore. Presenti gli Autori e Marino Micich, direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume. Ha
introdotto Marino Segnan mentre
gli interventi sono stati accompagnati dalla visione di
numerose immagini
d’epoca.
L’intrepida avventura militare rievocata
nel corso della presentazione aumentò,
come noto, il prestigio
internazionale del Vate
e gli conferì uno straordinario credito politico presso le masse
di reduci e arditi, studenti e futuristi. Ma il
«sogno» sarebbe durato poco. Nel dicembre
1920, il presidente del
Consiglio
Giovanni Giolitti ordinò lo
sgombero della città e
con l’uso della forza,
dopo cinque giorni
di scontri sanguinosi, decretò la
fine dell’impresa. Osannato dalla
folla, d’Annunzio abbandonò a
malincuore Fiume per ritirarsi nel
Vittoriale, ma l’avventura appena
conclusa avrebbe finito per imprimersi come evento-simbolo nella
tormentata ridefinizione dell’Europa postbellica.
A novant’anni da quegli eventi, Mimmo Franzinelli e Paolo Cavassini rievocano le tappe essenziali dell’impresa fiumana con una
selezione di oltre trecento fotografie, introdotte da un interessante
saggio che attinge a fonti in gran
parte inedite. Fiume è il racconto
per immagini, storicamente rigoroso e suggestivo, dell’avventura
politica che, prima ancora dell’avvento del fascismo, segnò la crisi
dello Stato liberale italiano.
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ϯϭŵĂŐŐŝŽϮϬϭϯͿ
***
COMITATO
DI GORIZIA
Maria Grazia Ziberna
nuovo presidente, succede a
Rodolfo Ziberna
gliere regionale, per evitare che in
futuro possano nascere conflitti
di interesse. La nuova presidente,
espressa all’unanimità, è la prof.
ssa Maria Grazia Ziberna, insegnante di materie storiche e letterarie presso l’Istituto “N. Pacassi”
di Gorizia. Figlia di istriani è da
molti anni dirigente dell’Associazione, per cui ha scritto e pubblicato diversi libri su temi legati
alla storia del confine orientale.
Tra questi, particolarmente apprezzati, quello su Gabriele D’Annunzio nell’Isontino, sulla storia
della Venezia Giulia e sulla storia
dei giuliano dalmati nella nostra
provincia. Molto intensa è la sua
attività di divulgatrice nelle scuole,
attività che ha assicurato di voler
incrementare nel solco delle iniziative adottate dal Comitato nel
corso degli ultimi anni.
Rodolfo Ziberna, che rimane
vice presidente nazionale, è stato
eletto Presidente onorario del Comitato, alla luce della mole di iniziative promosse ogni anno sotto
la sua presidenza. Il prossimo appuntamento è il soggiorno estivo a
Pola con visite guidate.
Il resto del Direttivo sarà composto da Luigia (Didi) Pasquali
Magnani, Maria Rita Cosliani,
Guido Rumici, Marisa Bernardis,
Gaetano Valenti, Giorgio Noselli,
Tullio Svettini, Alda Devescovi,
Spartaco Ghersi, Claudio Rosolin
e Ruggero Botterini.
Inaugurata la nuova sede
del Comitato provinciale.
E
ell’occasione, alla presenza di quasi un centinaio di iscritti e simpatizzanti,
è stata inaugurata la nuova sede,
W'ŽƌŝnjŝĂ͕ŶĞůůĂŶƵŽǀĂƐĞĚĞĚĞů
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X>͛ŝŶĂƵŐƵƌĂnjŝŽŶĞĚĞůůĂƐĞĚĞ
/
l Direttivo provinciale Anvgd di Gorizia ha eletto il
nuovo presidente, dopo che Rodolfo Ziberna, presidente negli ultimi undici anni e vice presidente
nei venti anni precedenti, aveva
rassegnato le dimissioni all’indomani della sue elezione a Consi-
ĐŽŶƚŝŶƵĂŹ
8
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
che ha luogo in Palazzo Alvarez,
con ingresso da Passaggio Alvarez.
All’inaugurazione hanno partecipato il prefetto Maria Augusta
Marrosu, il sindaco Ettore Romoli, il segretario generale della
Provincia Ossi, in rappresentanza
del presidente Gherghetta e diversi
assessori e consiglieri comunali.
«Mosaico dalmata» a
Spalato e Zara
ͨD
osaico
dalmata»
torna nella sua patria d’origine. Il volume di Guido
Rumici, pubblicato nel 2011 dal
Comitato provinciale di Gorizia,
è stato presentato il 6 giugno alla
Comunità degli Italiani di Spalato e il giorno seguente alla Ci di
Zara. Gli incontri sono sttai organizzati in collaborazione con
l’Università Popolare di Trieste e
l’Unione Italiana.
Quello proposto da Rumici
è in effetti un excursus che abbraccia due secoli, l’Ottocento e
il Novecento, età di spaccature e
di grandi mutamenti per la Dalmazia. Infatti, la regione, caduta
la Repubblica di San Marco […]
passerà dal dominio veneziano a
quello austroungarico, quindi al
Regno dei Serbi, Croati e Sloveni,
poi una parte di essa verrà inglobata nel Regno d’Italia, che dopo la
Seconda guerra mondiale cederà
(anche) queste terre alla Jugoslavia
di Tito; oggi fa parte della Repubblica di Croazia.
«Le tematiche del confine
orientale d’Italia e in particolare
delle terre di frontiera, quale è stata la Dalmazia, sono tornate negli
ultimi anni alla ribalta dell’opinione pubblica nazionale sia per
la guerra che negli anni Novanta
del secolo scorso ha insanguinato
l’ormai ex Jugoslavia, sia per la
più recente istituzione del Giorno del Ricordo - scrive l’autore -.
Restano in verità ancora diverse
zone d’ombra legate soprattutto a
determinati aspetti delle vicende
dalmate del Novecento e, in particolare, ad alcuni specifici temi
analizzati finora in maniera non
del tutto esaustiva come, solo per
citare un esempio, l’esodo dei dalmati italiani avvenuto già dopo la
fine della Prima guerra mondiale,
dopo l’annessione della gran parte
della regione al nuovo Stato dei
Serbi, Croati e Sloveni nel 1921».
«La scarsa documentazione
esistente e l’esiguo numero di testimonianze rilasciate all’epoca o
in tempi più recenti hanno così
rappresentato un ostacolo alla ricerca storiografica», rileva lo storico. Lui è comunque riuscito a
ricostruire i molteplici aspetti della vicenda dalmata, anche grazie
all’apporto di altri autori. «Questo lavoro, nella sua brevità, non
pretende affatto di affrontare né
la complessa storia della Dalmazia
negli ultimi due secoli - dice Rumici -, né il contesto storico in cui
tali vicende andrebbero inserite,
ma si limita a presentare un insieme di testimonianze che vorrebbe poter contribuire, sebbene in
piccola parte, alla ricostruzione di
quel grande mosaico che è la storia
della componente dalmata italiana
nel periodo considerato».
***
COMITATO DI IMPERIA
La conferenza Dal
Montenegro al sacro suolo
della nostra Patria
^
i è svolta nella bella sala
Conferenze del Museo
civico Palazzo Borea d’Olmo, la
conferenza Dalle balze nevose del
Montenegro al sacro suolo della nostra Patria, nella circostanza del
sessantesimo anniversario della
scomparsa della Regina Elena di
Savoia. Numerose le persone che
hanno partecipato all’interessante
ma sopratutto commovente ed
emozionante storia della Regina
Elena di Savoia. Una conferenza
patrocinata dal Comune di Sanremo, in collaborazione con l’Associazione Gruppo Savoia, l’Associazione Amici del Montenegro,
l’Istituto Nazionale per la Guardia
d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon e l’Associazione Nazionale
Venezia Giulia e Dalmazia.
Dopo i saluti alle autorità e a
tutti i presenti da parte di Pietro
Tommaso Cheorsola (presidente
provinciale Anvgd), ha iniziato la conferenza Omar Davico
sul tema: Il Montenegro tra passato e storia. Dopo le interessanti
relazioni di Davico e Chersola
(quest’ultimo ha trattato il tema
I territori veneziani nel Montenegro ed i Gonfalonieri di Perasto) ha
concluso la conferenza organizzata
in occasione della scomparsa della
Regina Elena di Savoia (Cettigne
8 gennaio 1873- Montpellier 28
novembre 1952), la prof.ssa Raffaella Saponaro Monti Bragadin.
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ŵĂŐŐŝŽϮϬϭϯͿ
***
COMITATO DI PISA
Viaggio in Istria, bellezza e
commozione
'
iovedì 16 maggio un
folto gruppo di esuli e
simpatizzanti (più numerosi dei
primi) è partito per una gita organizzata dal Comitato Anvgd
pisano con meta Trieste e l’Istria.
Metà maggio: sarà bel tempo. No,
Giove Pluvio sembrava esser proprio scatenà:acqua a catinelle, tuoni e saette. Ormai ierimo in balo
X/ůŽŵŝƚĂƚŽĚŝWŝƐĂĂWŽůĂ
e no podevimo far niente tranne
sperar che l’ira del dio se placassi. A Trieste un po’ de tregua anche perché se iera levà un po’ de
borin e in P.zza Unità se svolava.
Giro per la città, sosta inevitabile
al Caffè degli Specchi e sbirciadina
al Tommaseo e al S. Marco sensa
trascurar le ciese e i resti romani.
Tanti no i gaveva mai visto Trieste
e i xe restai incantai.
Venerdì 17, mattinata a Parenzo con visita alla Basilica Eufrasiana (5 euro a testa, niente sconti
per i gruppi: dovemo imparar
anche noi), pranzo tipico istrian,
bon, da Rina,breve sosta a Orsera per far pianser le Marangoni e
poi a Rovigno finalmente col sol. I
giovani gitanti (giovani de spirito,
no de età) se ga rampigà fin a S.
Eufemia per goderse el panorama
che de lassù xe veramente splendido. In serata arrivo a Pola.
Sabato 18, giornata splendida. El Signor gavarà dito: «Demoghe un poco de sol a ’sta gente che
torna sul patrio suol e ai regnicoli
che no se rendi conto de quel che
gli Istriani ga dovù abandonar».
Durante la mattina giro per Pola,
per mi sempre squallida e triste
salvo la zona del mercato, foto ricordo davanti ai maestosi monumenti romani, pranzo a Fasana e
poi visita de quel paradiso che xe
Brioni.
Domenica 19, acqua fin quasi a Fiume che però gavemo podù
visitar sensa verser l’ombrel, salida
al Santuario col sol, due preghiere
ala Madonna e rientro in Italia.
Sosta a Trieste per el pranzo ala
birreria Forst e via per Pisa tutti
contenti e soddisfatti per quel che
i gaveva visto nonostante i capricci
del tempo. Tornar nella nostra terra provoca sempre forti emozioni
e profonda commozione anche
perché il pensiero va inevitabilmente ai nostri cari che lì hanno
trascorso momenti gioiosi e drammatici della loro vita, alla tragedia
dell’esodo che ci ha dispersi nel
mondo. Sentimenti che spero di
aver trasmesso agli amici pisani e
non che erano con noi.
mati, collocata in Corso Cincinnato angolo Via Pirano, che ignoti
vandali avevano distrutto poche
ore prima della ricorrenza del 10
Febbraio per la seconda volta, sollevando unanime lo sdegno delle
autorità e dell’amministrazione
torinesi.
Una corona è stata deposta
il 15 febbraio ai piedi della targa
nel corso di una cerimonia commemorativa svoltasi a cura del Comitato Anvgd e del Municipio.
«Si colpiscono i simboli quando
si vuole cancellare la verità - aveva
dichiarato a caldo il sindaco Piero
Fassino -. La distruzione della targa dedicata alle vittime delle foibe
avvenuta a Torino, nel quartiere
Lucento, è un atto di vigliacche-
del Giorno del Ricordo, nel corso
delle quali sono intervenuti il vicepresidente dell’Assemblea delegato
al Comitato Resistenza e Costituzione e dell’assessore regionale alla
Cultura, Fulvio Aquilante, presidente del Comitato Anvgd,
Claudio Dellavalle dell’Istoreto,
Marcella Filippa della Fondazione
Vera Nocentini.
In particolare, Aquilante e
Dellavalle hanno sottolineato gli
aspetti storici del Giorno del Ricordo: il primo rievocando il tragico destino vissuto dagli italiani
che vissero sulla propria pelle gli
eccessi e le conseguenze delle tre
dittature che sconvolsero il Novecento in Europa: il fascismo
italiano, il nazismo tedesco e il
WdŽƌŝŶŽ͕ůĂĐŽŶĨĞƌĞŶnjĂƐƚĂŵƉĂĂůŝƌĐŽůŽĚĞŝ>ĞƩŽƌŝĚĞůŽŵŝƚĂƚŽÄò¦—
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XhŶĚĞƩĂŐůŝŽĚĞůůĂĐĞƌŝŵŽŶŝĂƉƌĞƐƐŽůĂůĂƉŝĚĞĐŚĞƌŝĐŽƌĚĂĞƐŽĚŽĞ&ŽŝďĞ
;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ĂŶǀŐĚ͘ĐŽŵͿ
ZŽƐƐĞůůĂĂƌŝ
***
COMITATO DI TORINO
Altre iniziative per il
Giorno del Ricordo
d
ra le iniziative assunte
quest’anno dal Comitato
torinese va enumerato il restauro
della targa dedicata dal Comune
agli Esuli Istriani, Fiumani e Dal-
ria, un’azione inaccettabile che
condanniamo con estrema fermezza, tanto più perché offende
sia la memoria storica della città e
del Paese sia quella personale e intima di molte famiglie». Ed aveva
aggiunto: «la Città, nel rispetto del
loro ricordo, provvederà immediatamente al ripristino».
Ricordiamo che diversi consiglieri regionali hanno preso parte
alle iniziative svoltesi nel capoluogo piemontese in occasione
W/ů'ŝŽƌŶŽĚĞůZŝĐŽƌĚŽĂ>ĞŝŶŝ͕ŝŶ
ƉƌŽǀŝŶĐŝĂĚŝdŽƌŝŶŽ
;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ĂŶǀŐĚ͘ĐŽŵͿ
comunismo jugoslavo; il secondo
evidenziando l’importante funzione di ricerca e di approfondimento svolto dagli Istituti storici per
comprendere sempre più a fondo
la storia del paese. Distribuito
il volume Senza più tornare, che
contiene gli atti del seminario di
studi «Noi e l'altro. L'esodo istriano, fiumano,dalmata e gli esodi
9
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
nell'Europa del Nocecento», curato dal Comitato Anvgd.
***
COMITATO
DI TREVISO
>
a Provincia e la Città di
Treviso, in collaborazione
con il Comitato Anvgd, hanno
celebrato il Giorno del Ricordo nel
corso di un incontro di approfondimento dedicato al tema, svoltosi
sabato 9 febbraio 2013, nella Sala
Consiglio della Provincia di Treviso, presenti Leonardo Muraro,
presidente della Provincia di Treviso, il sindaco Gian Paolo Gobbo, il prefetto Aldo Adinolfi, e con
gli interventi
di Floriano
Zambon, vicepresidente
della
Provincia, Luigi
Costanzo,
presidente
del Comitato Anvgd
trevigiano, e
Guido Rumici, docente
e scrittore.
Se m p re
il 9 febbraio,
presso il Museo di Santa Caterina, presentata
ed inaugurata la mostra «Il Giorno del Ricordo. Una nazione che
non ha memoria non ha futuro»,
rimasta aperta sino al 3 marzo.
Altre iniziative a Ponzano
Veneto e Conegliano. La Società Dante Alighieri - Comitato di
Conegliano ha ospitato nella sala
delle conferenze di Piazza San
Martino la conferenza di Alberto Fratantaro, profugo istriano e
scrittore, su La storia dell’Istria dalle origini all’esodo.
***
COMITATO DI TRIESTE
Concorso “Vivere nella
Storia”, premiati i vincitori
e inaugurata la mostra
>
a mattina di venerdì 7 giugno hanno avuto luogo,
nell’affollata sala “Beato Francesco
Bonifacio” dell’Associazione delle
Comunità Istriane in via Belpoggio 29/1 a Trieste, la premiazione
della prima edizione del concorso
“Vivere nella Storia” e l’inaugurazione della mostra delle opere in
gara. La duplice iniziativa è stata
promossa dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e DalmaziaComitato provinciale di Trieste in
collaborazione con l’Associazione
delle Comunità Istriane.
Il concorso “Vivere nella
Storia”, indetto lo scorso aprile
dall’Anvgd - Comitato provinciale di Trieste, è volto a sensibilizzare docenti e studenti triestini sul
Giorno del Ricordo anche in riferimento alla commedia dialettale
Quando tornaremo, rappresentata
dalla compagnia “La Barcaccia”
del manufatto, l’originalità della
tecnica e la profondità della motivazione».
Il Comitato triestino dell’ Anvgd ha assegnato una menzione
speciale a Margherita Paoletti (II E
del “Nordio”), la cui opera «con il
linguaggio dell’arte astratta esprime, senza descriverlo, il momento
angoscioso e disarticolante della
“fuga” dalla propria terra».
Il Circolo buiese “Donato
Ragosa” ha conferito una menzione speciale a Sara Lugli (II E
del “Nordio”), capace di «rappresentare con pochi tratti simbolici,
gli eventi che hanno caratterizzato l’esodo delle genti Giuliano
Dalmate dalle terre dell’adriatico
orientale».
La
giuria
del profilo Facebook “Anvgd
Trieste area fan”
ha infine dato
una menzione a
Nicolò Relli (I
A del “Nordio”)
per il suo lavoro
«molto rappresentativo, emotivamente superbo», e una ad Elia
>ĂĐƌĞĂnjŝŽŶĞͨ&ŽŝďĞ͕ͩŽƉĞƌĂĚŝƚƌĞƐƚƵĚĞŶƚĞƐƐĞ
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«avanti rispetto
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alle ideologie e
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alle faziosità».
ĐŽŶƐĞŐŶĂƚŽĚĂůWƌĞƐŝĚĞŶƚĞĚĞůů͛ƐƐŽĐŝĂnjŝŽŶĞ
A tutti gli
ŽŵƵŶŝƚă/ƐƚƌŝĂŶĞ͕DĂŶƵĞůĞƌĂŝĐŽ
altri partecipanti
dell’Esodo con una significativa sono stati offerti buoni acquisto.
conclusione che dà ai giovani il Sono stati inoltre ringraziati gli incompito di ricordare il passato segnanti Marianna Staiano, Renzo
per costruire il futuro». Una men- Grigolon, Luigi Leaci, Manuela
zione è andata al testo di Matteo Cerebuch e Robert Starc.
Nella consegna dei premi si
Maver (I A del “Brunner”) per
aver espresso le vicende dell’Esodo sono alternati il vice-presidente
«in maniera breve ma esauriente della Provincia Igor Dolenc, l’asattraverso la lettura della legge per sessore comunale all’educazione,
il Giorno del Ricordo pubblicata scuola, università e ricerca Antonella Grim, il presidente del
sulla Gazzetta Ufficiale».
Per la sezione “disegni” la giu- Comitato triestino dell’Anvgd
ria ha attribuito il primo premio a Renzo Codarin, il presidente
Sara Zamparo, della V B del Liceo dell’Associazione delle Comunità
Artistico e Istituto Statale d’Arte Istriane Manuele Braico e il pre“Enrico e Umberto Nordio” di sidente della giuria Paolo Sardos
Trieste, il cui elaborato «si conno- Albertini, i quali hanno rivolto alta per la raffinatezza sia nell’indi- cune parole di saluto iniziali.
viduazione del soggetto inerente
WĂŽůŽZĂĚŝǀŽ
l’Esodo, sia nella raffigurazione
dello stesso». Il secondo premio
***
è stato assegnato a Davide Turilli,
Greta Sila e Axel Mazzelli (I E del
COMITATO DI UDINE
“Nordio”) poiché «la particolarità
A Udine presenta Il
della tecnica adoperata esprime
Campo profughi istriani e
con efficacia gli sconvolgimendalmati, 1945-1960
ti storici connessi alla tragedia
dell’Esodo».
ell’ambito di «ClauiaL’Associazione delle Comunino Mosaics & More»,
tà Istriane ha assegnato una men- iniziative d’arte previste a Clauiazione speciale ad Alice Cottignoli no di Trivignano Udinese dal 26
(III C del “Nordio”) per il suo maggio all’8 giugno, era in prodipinto che «allude alle affinità tra gramma un incontro per presenla memoria dell’albero con radici tare il doloroso capitolo di storia
tenacemente piantate nella terra legata al campo profughi di Udidi origine e quella dell’uomo che ne: il professor Elio Varutti, aurimane fino alla fine dei suoi gior- tore del libro Il campo profughi di
ni», a Claudia Valentini (II E del Via Pradamano e l’associazionismo
“Nordio”), dal cui disegno emerge giuliano dalmata a Udine: ricerca
un senso di rinascita, nonché ad storico sociologica tra la gente del
Irina Obersnel ed Elisa Bazec (V quartiere e degli adriatici dell’esoA del “Nordio”) per «la modernità do 1945-2007 ha trattato de «Il
il 2 marzo al Teatro dei Salesiani
su iniziativa dello stesso Comitato
triestino dell’ Anvgd e dal Cdm.
La giuria era composta da Paolo Sardos Albertini (presidente),
Renzo Codarin, Manuele Braico, Luigi Pitacco, Paolo Radivo e
Annamaria Fabbri Bologna, con
la consulenza di Federica Cocolo
Relli.
Per la sezione “compiti scritti”
la giuria ha assegnato il primo premio ad Alessia Piazza e Francesco
Parenzan, della I A della Scuola
secondaria di primo grado “Guido Brunner” di Trieste, perché
«attraverso domande e risposte
riguardanti lo spettacolo “Quando tornaremo” hanno espresso
in maniera esauriente le vicende
E
Campo profughi istriani e dalmati
di Udine 1945-1960».
L’appuntamento sabato 1°
giugno presso lo spazio espositivo
di Via Della Filanda 1 a Clauiano di Trivignano Udinese. Oltre
all’autore, era presente l’ing. Sergio Satti, in qualità di vice presidente del Comitato Anvgd.
***
COMITATO
DI VENEZIA
Miur, A, Usr Veneto,
Seminario a Rovigno su
Venezia e Istria
^
i intitola Venezia e l’Istria,
storia, cultura, appartenenza il Seminario di studi
tenutosi a Buie
e Rovigno il 21
e 22 maggio,
promosso da
Associazione
Nazionale Venezia Giulia
e Dalmazia,
Unione Italiana, Ufficio
Scolastico Regionale
del
Veneto-Ufficio
Scolastico di
Venezia
in
collaborazione con Regione Veneto,
Provincia di
Venezia, Unpli
Veneto,
Comunità degli Italiani di
Buie, Centro
di ricerche storiche di Rovigno,
Comunità degli Italiani di Rovigno, Università popolare di Trieste. Destinatari: 40 Docenti delle
scuole del Veneto, 40 docenti delle scuole italiane d’Istria e Fiume.
Al seminario hanno preso parte le
delegazioni dell’Unpli Veneto e
dell’Anvgd Veneto.
Martedì, 21 maggio, partenza da Mestre e visita alla Scuola
media superiore italiana “Leonardo da Vinci” ed alla Scuola
elementare italiana “Edmondo
de Amicis”, a seguire alla Comunità degli Italiani di Buie, nella
cui sede hanno portato i saluti
Lionella Pausin Acquavita, presidente della Comunità degli
Italiani di Buie, Edi Andreašić,
sindaco di Buie, Alessandro Cuk,
vicepresidente nazionale Anvgd;
Maurizio Tremul, presidente
Giunta esecutiva Unione Italiana, l’on. Furio Radin, presidente
dell’Unione Italiana, Giovanni
Follador, presidente Unpli Veneto, Claudio Tessari, assessore
Pubblica Istruzione Provincia di
Venezia, Daniele Stival, assessore
all’Identità veneta Regione Veneto e Ivan Nino Jakovčić, presidente della Regione istriana.
Sono seguite le lezioni: Ulderico Bernardi su Istria veneziana;
Gianfranco Pontini su La Serenissima e Rovigno: un lungo e talvolta
difficile rapporto storico; Kristjan
Knez, su San Marco a Buie. Il
dominio veneziano e la podesteria
istriana; Lorella Limoncin Toth,
su Il patrimonio artistico-culturale
di origine veneta a Buie.
A Rovigno il programma per
la delegazione dell’ Unpli Veneto, a cura della Comunità degli
Italiani di Buie, prevedeva visite
ad imprese di produttori Italiani insieme a rappresentanti degli
enti turistici del Buiese ed a rappresentanti delle Comunità degli
Italiani del territorio.
Mercoledì, 22 maggio visita al Centro di ricerche storiche
di Rovigno, Saluti del direttore,
Giovanni Radossi e presentazione del Crs, quindi gli interventi
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di Egidio Ivetić e Marino
Budicin, Istria nel tempo:
manuale di storia regionale
dell’Istria con riferimenti a Fiume; di Alessandra
Argenti Tremul Istria nel
tempo, progetto multimediale
del Programma italiano di TV
Koper-Capodistria e del Centro
di Ricerche Storiche - Rovigno,
in collaborazione con l’Unione
Italiana e l’Università Popolare
di Trieste; di Paolo Scapinello e
Stefano Antonini, Gli scambi culturali tra Veneto e Istria. Progetto
Le due Rive e il concorso Tutela,
valorizzazione e promozione del
patrimonio linguistico e culturale
Veneto. Successivamente Insegnare ed apprendere la cultura veneta
attraverso lo studio del territorio,
la lingua e l’espressività, esperienze a confronto realizzate da
scuole venete e istriane inerenti
alla valorizzazione della cultura e
della lingua veneta e istroveneta.
Le conclusioni affidate a Stefano
Antonini e Norma Zani.
Anche per Rovigno il programma per la delegazione dell’
Unpli Veneto, a cura della Comunità degli Italiani di Rovigno,
ha previsto visite ad imprese di
produttori italiani insieme a rappresentanti degli enti turistici ed
a rappresentanti della Comunità
degli Italiani, mentre la visita alle
scuole italiane e ai monumenti
storici più significativi è stata affidata alla cura degli studenti della
scuola superiore di Rovigno.
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10
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Adriana Martinoli, coadiuvata dalla proiezione di
alcune immagini, ha tratto
dai ricordi di famiglia significativi tasselli di una storia
di amicizia e di speranza,
comuni certo ad altri sacerdoti di quei territori, esuli
anch’essi, ma che in Padre
Flaminio si sono concentrate
in un unico fine, il servizio ai
“suoi” profughi.
Marino Micich ha sapientemente ricordato gli
aspetti storico-politici nella
Lucia il compito di dare lettura scenica ad alcuni interventi, istituzionali e letterari, su Padre Rocchi, come il
ricordo scritto da Lucio Toth
nel 2003 all’indomani della scomparsa, il racconto del
suo ritorno a Neresine narrato dalla scrittrice istriana
Graziella Fiorentin e un testo dello stesso sacerdote che
descrive con rara efficacia
l’immagine dell’anziano esule confinato allora nei campi
profughi.
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
dell’Istria, della Dalmazia,
della Venezia Giulia gli sono
stati familiari sia per i contatti che intratteneva con i religiosi e i fedeli sia per cultura
storica maturata durante gli
anni di studio al Seminario di
Zara e poi a Bologna […] Intendo ricordare anche alcune
figure pastorali di alto profilo
spirituale e morale che Padre
Rocchi ha conosciuto e con i
quali ha condiviso il percorso
sacerdotale e la fraterna vicinanza ai profughi. Nelle isole
del Quarnero, come in Istria
e nella Dalmazia la Fede religiosa era radicata, trovava
espressione anche nei piccoli
gesti e nelle corrispondenze,
per l’Assistenza ai profughi
giuliano-dalmati affiancando
personalità come il primo
presidente dell’Opera Profughi, Oscar Sinigalia e sua
moglie Marcella Mayer, Aldo
Clemente, segretario generale, poi presidente, promotore
della creazione di istituzioni
e centri di assistenza e tanti
altri personaggi illustri ancora. […] Egli comunica con i
profughi anche attraverso le
pagine di “Difesa Adriatica”
e dell’“Arena di Pola” e attraverso altri scritti spaziando da articoli riguardanti la
storia dei luoghi adriatici a
comunicati e notizie utili agli
esuli, nonché ai resoconti e
che tanto si è prodigato per
noi esuli. E di questo gliene saremo sempre grati e
lo ricordiamo con affetto e
riconoscenza.....Anche l’Associazione delle Comunità
Istriane è partecipe a questa
commemorazione”».
alle sintesi delle attività delle
comunità istriano-dalmate»
[…].
Rimane toccante l’episodio dei suoi due ritorni a
Neresine nel 1975, anno nel
quale ebbe inaspettatamente il grande dolore dell’incomprensione delle persone
rimaste a vivere lì che non
lo accolsero calorosamente, e nel 1987 quando volle
intimamente rivedere il luogo, ovvero il Convento di S.
Francesco dove celebrò la sua
prima S. Messa nel 1937 e fu
ordinato sacerdote nell’Ordine dei Frati Minori. […]
Padre Rocchi è stato molto
più di una guida spirituale
per gli esuli sparsi nel mondo» ha concluso Adriana
Martinoli «[…] La sua figura è stata apprezzata da tutti,
anche per questo sarà ricordato per sempre, come testimonia questo messaggio che
ho ricevuto pochi giorni fa
da Trieste da Licia Giadrossi a nome della Comunità di
Lussinpiccolo: “[…] ti prego
di portare i nostri saluti e la
nostra partecipazione morale
a queste cerimonie in onore
del nostro presidente onorario quale egli è stato per la
Comunità di Lussinpiccolo,
e progressiste - ha ricordato
nel suo intervento Marino
Micich riferendosi all’immediato dopoguerra -. Molte
menzogne venivano dette allora sul conto di un popolo
incolpevole. Padre Flaminio,
come la stragrande maggioranza degli esuli della prima
generazione, non ha potuto
salutare la legge del Giorno
del Ricordo varata solo nel
2004 con una larghissima
maggioranza di voti dal Parlamento italiano; bisogna
però dire che Padre Rocchi
ha assistito al crollo simbolico del Muro di Berlino nel
1989 e alla dissoluzione violenta della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia,
uno Stato che tante sofferenze ha inferto alle popolazioni civili della Venezia Giulia,
di Fiume e della Dalmazia a
guerra finita. In quegli anni,
non troppo lontani, in cui si
sono gettate le basi per una
rivalutazione e quindi per
una riscoperta degli italiani
dell’Adriatico orientale, Padre Rocchi, c’era ed era ben
pronto ad attivarsi di nuovo
per la Causa della sua gente».
«Solo dopo il 1948 ci fu
un intervento più deciso e articolato da parte dalle autori-
L’INTERVENTO
DI MARINO MICICH
ͨ
ra un periodo in
cui le stesse associazioni degli esuli erano
viste con circospezione e sospetto da diverse parti politiche, soprattutto quelle che
si definivano democratiche
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DĂƌƟŶŽůŝ
cui cornice si è mossa nei decenni l’opera del francescano
di Neresine e le oggettive difficoltà ch’egli ha saputo affrontare e superare nel nome
di una giustizia quasi mai
generosa verso la comunità
giuliano-dalmata.
Un “ricordo” di carattere giornalistico, quello di
Patrizia C. Hansen che ha
rievocato del frate di Lussino
l’impegno quotidiano nell’assistenza fornita ai profughi
e il costante dialogo con comunità e singoli, sia nell’ambito dell’Ufficio Assistenza
dell’ANVGD, da lui stesso creato, sia dalle colonne di “Difesa Adriatica”.
Alla voce di Antonio de
Lucia il compito di dare lettura scenica ad alcuni interventi, istituzionali e letterari, su Padre Rocchi, come il
ricordo scritto da Lucio Toth
nel 2003 all’indomani della scomparsa, il racconto del
suo ritorno a Neresine narrato dalla scrittrice istriana
Graziella Fiorentin e un testo dello stesso sacerdote che
descrive con rara efficacia
l’immagine dell’anziano esule confinato allora nei campi
profughi.
Alla voce di Antonio de
L’INTERVENTO DI
ADRIANA MARTINOLI
ͨ΀͙΁
Per oltre 50
anni è stato il
punto di riferimento dei profughi italiani dell’Istria, di
Fiume, del Quarnero, della
Dalmazia tutta, non solo per
gli incontri che intratteneva
con personalità politiche e
istituzionali, per la promozione di innumerevoli emendamenti legislativi, per i consigli sul da farsi, ma anche in
quanto reale sostegno per i
delicati problemi personali,
privati. Ed è in questa sfera
che emergevano la sua forza,
la sua tenacia, le sue doti di
grande umanità, vicinanza,
partecipazione, serenità. Padre Rocchi comunicava con il
cuore prima che con le parole. Ha avuto l’intelligenza di
saper organizzare e coordinare assieme ad altri personaggi
illustri le risorse concrete risollevando lo spirito dei profughi e facendo intravvedere
loro la speranza nel futuro»
ha esordito Martinoli.
Ed ha proseguito: «[…]
Padre Rocchi conosceva
bene la storia delle chiese e
dei conventi adriatici. Tutti
questi luoghi e altri ancora
come ad esempio nelle cartoline postali: una cartolina di
Don Guido Budinich, zio di
mia madre e un’altra di Don
Emerico Ceci nato a Làgosta
ma lussignano d’adozione.
[…]
Padre Rocchi ha grande
cultura che si estende alla
storia delle terre dell’Adriatico, alla sociologia, alla filosofia, alle lettere, all’etica e agli
studi prettamente religiosi.
Porge particolare attenzione
ai rifugiati (fa infatti parte,
in qualità di presidente del
Comitato di Cultura dell’Associazione per lo Studio del
problema mondiale dei rifugiati con sede nel Liechtenstein, organo Consultivo
dell’O e del Consiglio
d’Europa). Attinge alle fonti documentali, ai testi, agli
studi storici cercando di divulgarli con parole semplici
e chiare. […] Padre Rocchi
ha partecipato ai lavori di
ben tre Commissioni interministeriali, ha promosso
e sollecitato l’approvazione
delle leggi a favore dei profughi dei quali ha esaminato
104 mila fascicoli, ha visto la
nascita dei campi profughi
e poi dei villaggi giulianodalmati costruiti dall’Opera
11
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
tà governative italiane. Padre
Rocchi era presente anche in
quel triste periodo pronto a
spendersi per la Causa! Successivamente, con la stipula
dei vari trattati tra Italia e
Jugoslavia, padre Rocchi perfezionò il suo impegno passando dall’emergenza sociale
a occuparsi dei problemi di
carattere legislativo, ottenendo importanti risultati e lasciandoci il suo famoso libro
dedicato alla storia dell’esodo
dei 350.000 istriani, fiumani e dalmati, opera che per
moltissimi anni rimase ineguagliata per la grande mole
di dati e informazioni in essa
raccolte».
ti, vittime di una politica
ingiusta e antidemocratica
da parte del regime comunista jugoslavo di Tito, da una
condizione di povertà generica e a farli dichiarare, con decreto prefettizio, una “comunità giuridicamente protetta»
attraverso il riconoscimento
della qualifica di «profughi di
guerra”».
Non meno impegnato fu
Padre Flaminio nella conservazione della memoria delle Foibe. «Accanto a questo
grande lavoro legislativo - ha
rimarcato il segretario generale della Società di Studi
Fiumani - Padre Rocchi ha
portato sempre avanti con
sti non sta a me continuare
a ricordarlo nel dettaglio,
poiché andrebbe ben oltre i
fini di questa giornata commemorativa voluta dalla famiglia Rocchi […]. Le opere
svolte in tantissimi anni parlano da sole».
L’INTERVENTO
DI PATRIZIA C. HANSEN
^
ul rilancio della storica “Difesa Adriatica”
si è soffermata Hansen, quando «[…] uscita costantemente sin dal 1947, nel 1991 interruppe le sue pubblicazioni
per decisione della presidenza
numero della nuova “Difesa”, del maggio 1994 - ha
proseguito Hansen - a proposito dei tre anni di silenzio
del giornale, così scriveva:
“[…] L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia diventò muta e perse gran
parte del suo peso politico
presso le autorità centrali e
periferiche. […] «”Difesa”
è stata uno strumento indispensabile per il mio lavoro
per quasi cinquant’anni. Ho
riportato tutti i provvedimenti legislativi, ne ho precisato i termini di scadenza ed
ho fornito le relative istruzioni. […]. “Per queste ragioni
- spiegava nella sua nota - mi
sentito di donare all’Associazione la Sede di Via Leopoldo
Serra, la prima di proprietà,
acquistata grazie alle risorse
messe da parte per anni proprio nell’intento di darle una
ubicazione certa e una riserva
patrimoniale per ogni evenienza nel futuro».
«Mi sorprese […] la sua
capacità di correlarsi con le
diverse funzioni del Ministero, di muoversi per i corridoi, le stanze, le segreterie,
le direzioni, con intelligenza
ed un opportuno mix di diplomazia e di fermezza. […]
Quanti già lo conoscevano
avevano imparato come quel
rispettoso e felpato frate era
sono addossato l’onere della sede, dell’organizzazione
del giornale, e, con l’aiuto di
amici e della mia famiglia,
l’onere finanziario dei primi
numeri”».
[…] Già su quel primo
numero Padre Rocchi pubblicava un primo lungo elenco
di indennizzi non riscossi per
irreperibilità dei titolari o dei
loro eredi, e tutte le istruzioni per presentare le domande
in base alla recente (allora)
legge promulgata, la n. 98
di quello stesso anno, il ‘94,
che riapriva i termini per la
presentazione delle domande
di indennizzo. Dal numero
successivo, di giugno, Padre
Flaminio iniziò la pubblicazione degli elenchi delle pratiche discusse nel corso delle
sedute della Commissione
interministeriale che avrebbe continuato a seguire sino
a poco prima della suo ricovero e della sua scomparsa.
E dal numero di ottobre aprì
la sua rubrica «Padre Rocchi
risponde» […]. Per tutti ha
avuto una risposta, pubblica
se consentito dall’argomento, privata altrimenti […] ».
«[…]. Quel lavoro che, non
dimentichiamo, gli ha con-
in realtà un combattente
nato, un interlocutore tosto e
autorevole, inamovibile nella tutela delle istanze degli
esuli e pieno di risorse nelle
argomentazioni a supporto
delle ragioni dei profughi.
[…] Non esitava, quando la
diversità di opinioni era forte
e un irrisorio indennizzo veniva posto in discussione, ad
alzare la voce pur sapendo di
doversi mantenere all’interno
delle norme che disciplinano
la materia e che egli stesso,
tra l’altro, per decenni ha
promosso e seguito […]. Non
si lasciava intimidire e per
questo si era guadagnato da
sempre la stima dei funzionari e dei dirigenti più intelligenti […]. Fu invece pienamente con i “suoi” profughi
il 10 febbraio 1997, quando
a Roma, nella basilica di Santa Maria degli Angeli celebrò la funzione liturgica nel
cinquantenario dell’esodo in
una chiesa gremita, avendo
alle sue spalle tutti i labari
delle associazioni e dei liberi
Comuni in esilio. Un Giorno
del Ricordo ante litteram».
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«Nei primi anni del secondo dopoguerra - ha proseguito Micich -, terminato
il suo compito di cappellano
militare, Padre Rocchi insieme ad altri esponenti giuliano-dalmati si batté presso
politici e nelle sedi ministeriali competenti affinché si
attivassero tavoli di lavoro adeguati per la soluzione delle gravi questioni che
pendevano, come la spada
di Damocle, sulla testa delle
popolazioni civili della Venezia Giulia. Padre Rocchi, pur
avendo contatti frequenti
con i primi Comitati giuliani sorti sin dal 1944, iniziò a
dedicarsi dalla seconda metà
del 1947 in poi, con l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e con
l’apporto di altre realtà associative dell’epoca tra cui il
Comitato di Liberazione Nazionale Istriano (C), alla
causa dei profughi giuliani e
dalmati. Egli contribuì, non
senza difficoltà, a tirar fuori
i profughi giuliane e dalma-
cristiana pietà e argomentazioni storiche, la battaglia
per denunciare i crimini delle foibe, fornendo più documentazione possibile a riguardo e battendosi affinché
le foibe in territorio italiano
di Monrupino e di Basovizza fossero dichiarate monumento nazionale». E sempre
«Padre Rocchi d’intesa con
l’A si è battuto affinché
nei documenti personali dei
profughi non apparisse la
scritta nato in Jugoslavia oppure favorendo la comunicazione dell’I del 1999,
che conferiva un codice a
ogni Comune allora italiano
della parte di Venezia Giulia ceduta agli jugoslavi per
togliere la sigla JU. Quanto
poi è stato fatto per la collocazione al lavoro di oltre
62.000 esuli, per facilitare
l’assegnazione di alloggi e
l’estenuante opera svolta per
la soluzione della questione
degli indennizzi per i beni
abbandonati e per la loro
restituzione nei casi previ-
di allora e in considerazione
di una sfavorevole congiuntura economica. […] Era per
lui, questa sospensione sine
die della pubblicazione […],
un cruccio fortissimo: sapeva
bene che se si fosse spezzato
quel filo connettivo con gli
esuli la sopravvivenza stessa dell’Associazione sarebbe
stata messa in serio rischio.
Ed aveva perfettamente ragione […]. La sua iniziativa
di rilanciare il giornale a sue
spese ebbe subito ottimi e
incoraggianti riscontri: l’investimento nella stampa e
nella spedizione del giornale
si rivelò un successo, anzitutto perché tramite “Difesa”
egli poteva nuovamente raggiungere un ampio numero
di esuli in Italia, informarli e
sollecitarli […]».
«Teneva molto alla “Difesa”, alla quale aveva affidato tutta la sua speranza di
recuperare all’Associazione
quelle migliaia di esuli rimasti senza uno strumento
di informazione e di connessione tra comunità, e a quel
tempo l’unica fonte di risorse
per l’Associazione stessa e per
molta parte della sua attività
assistenziale. […] Sul primo
'ůŝŝŶƚĞƌǀĞŶƟŝŶƚĞŐƌĂůŝƐƵ
ǁǁǁ͘ĂŶǀŐĚ͘ŝƚ
12
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
RASSEGNA STAMPA
STORIA
Due giorni a Gorizia in
compagnia dei banditi
“la Voce del Popolo”/25 maggio 2013
>
e rivolte del Cinquecento in Friuli, Carinzia e
Istria hanno aperto ieri a Gorizia
il Festival èStoria, quest’anno dedicato ai “Banditi”. Nel contesto
dello scontro tra Austria e Venezia nel XIV secolo, alcuni ospiti
sono stati chiamati ad individuare […] cause, percorsi e risultati
delle sommosse contadine. […] Il
fenomeno riguardava una vastissima area, per quanto i fatti più
importanti avvenissero […] nella
zona Alto-Adriatica, nella Carniola, nelle terre croate e istriane
e in Friuli. Quanto alle cause delle
sommosse, erano principalmente
di carattere socio-economico, ma
vertenti in particolare sulle questioni della giustizia e dei diritti
dei contadini. […] L’intervento
militare era l’ultima ratio. In questo processo c’era una collaborazione tra Austria e Venezia, sul
fronte degli arresti e delle carceri.
Darko Darovec ci porta invece nello specifico sulla sponda
orientale dell’Adriatico ed esordisce ritrovando nelle identità nazionali slovena e croata le tracce
dei movimenti politici contadini.
Lo storico trova poi nello strumento della lotta di classe, tirata
in ballo spesso negli studi storici
del dopoguerra, un parallelismo,
anche forzato, con l’epoca del
banditismo e delle rivolte contadine. Insomma, un mix di marxismo e nazionalismo. […]
I veneziani tentarono in vari
modi di ostacolare il diffondersi
del banditismo; negli ultimi decenni del XVII secolo i contrabbandieri erano spesso condannati
a prestare servizio come rematori
sulle galee o a lavorare nell’edilizia.
Inoltre, la Serenissima introdusse
la cosiddetta cerna, o černida: un
esercito contadino arruolato a forza per proteggere il Paese. […]
ŵĂŶƵĞůĂDĂƐƐĞƌŝĂ
***
Tito, personaggio tra
Scilla e Cariddi
“la Voce del Popolo”/29 maggio 2013
risultato essere poco il
tempo trascorso lunedì sera con i professori Mario
Mikolić e William Klinger, autore quest’ultimo del volume Il
terrore del popolo: storia dell’Ozna, la polizia di Tito (Italo Svevo
Editore, Trieste 2012), presentato a docenti e studenti del Dipartimento di Storia dell’Università
degli Studi “Juraj Dobrila” di
Pola. […] L’Ozna, come si è trovato a dire anche Mario Mikolić,
ex diplomatico, docente, autore di saggi sulla nuova storia
dell’Istria e grande intenditore
presenza veneziana e austriaca è la
pacifica convivenza tra etnie diverse: gli italiani, prevalentemente concentrati nelle città della costa, e gli slavi, numericamente più
consistenti nell’entroterra, convivono senza tensioni. Ci sono matrimoni misti, scambi commerciali, tanti momenti comuni.
I problemi sorgono sul finire
dell’Ottocento, quando la nascita
di una borghesia slovena e croata porta ai primi contrasti con
la borghesia italiana irredentista,
e si aggravano negli anni Venti
del Novecento, quando l’Istria e
la Dalmazia diventano Italia e,
contemporaneamente, la marcia
su Roma porta al potere il fascismo. Le esasperazioni nazionaliste del regime negano i diritti
delle minoranze e le autonomie
linguistiche e culturali rispettate
da Venezia e da Vienna sono sostituite dall’italianizzazione forzata; nel 1941, l’invasione del regno
di Jugoslavia da parte delle truppe
italo-germaniche infligge un colpo ulteriore, creando divisioni,
sospetti e guerra là dove c’era stata
collaborazione.
L’ultima parte del volume di
Scandaletti è dedicata al momento più drammatico della storia
istriano-dalmata, il 1945. Nel
momento in cui termina il conflitto mondiale, il movimento di
liberazione del maresciallo Tito,
ispirato all’ideologia nazionalcomunista, occupa il confine nordoZŽƐĂŶŶĂDĂŶĚŽƐƐŝĞŶēŝđ rientale dell’Italia e inizia una pulizia etnico-politica tanto rapida
quanto drammatica. L’obiettivo è
***
preciso: eliminare quanti possono
Istria e Dalmazia, dall’antica difendere l’italianità dell’Istria e
della Dalmazia e assicurarne l’anRoma fino all’esodo nel
nessione alla nuova Jugoslavia cosaggio di Scandaletti
munista. Di qui i “desaparecidos”
www.ilpiccolo.it / 8 giugno 2013
uccisi e gettati nelle foibe, i giorstria e Dalmazia sono ter- ni di terrore di Trieste diventata
re antiche, […] sono terre “Trst”, le stragi a Pisino, a Fiume,
di confine, frontiera fra i mon- a Buie, la paura che attraversa la
di latino, germanico e slavo, tra comunità italiana nei villaggi e
l’Oriente musulmano e l’Occi- nelle cittadine.
Scandaletti ricostruisce le vidente cristiano, tra la Mitteleuropa danubiana e il bacino adriatico cende con un’intensità emotiva
di Venezia. E se “confine” signifi- che introduce all’esito finale: i
ca spesso lotta politica e tensione 346.440 italiani che tra la primamilitare, altrettanto spesso rap- vera 1945 e la metà degli anni ’50
presenta un’opportunità di scam- lasciano la Venezia Giulia, l’Istria
bio, di reciproche influenze, tal- e la Dalmazia e si disperdono nei
volta di virtuosa osmosi culturale. 109 campi profughi allestiti nella
Storia complessa, dunque, che penisola; non emigranti che fanattraversa i secoli ricca di eventi e no un investimento sul futuro,
ma profughi che abbandonano
di contraddizioni.
Paolo Scandaletti affronta ciò che hanno perché lì, oltre
l’argomento con padronanza del- confine, non vedono più futula tematica e ne propone un esau- ro. E così l’Istria e la Dalmazia si
riente affresco nel libro è “Storia svuotano di una presenza che ne
dell’Istria e della Dalmazia” (Edi- ha caratterizzato secoli di storia.
zioni Biblioteca dell’Immagine,
'ŝĂŶŶŝKůŝǀĂ
pagg. 234, euro 14). […] Nel
1797, con il trattato di CampoISTRIA, QUARNERO,
formio, tutto il territorio che era
DALMAZIA
stato la libera repubblica di Venezia viene ceduto da Napoleone Esuli e rimasti insieme
all’Austria. Al di là delle alternan- impegnati a costruire
ze di poteri statali, il denomina- l’Europa adriatica
tore comune dei lunghi secoli di “la Voce del Popolo”/29 maggio 2013
di rapporti internazionali, venne fondata nel maggio 1944 e fu
un apparato informativo e di sicurezza jugoslavo, caposaldo del
sistema di potere di Tito. Il quale
perseguì, attraverso questo organismo in ultima analisi repressivo, il suo progetto politico. […]
«Il vero nodo del problema»
è quanto aveva detto Klinger sulla strategia e tattica dello statista
all’epoca dell’Ozna, in un’intervista
rilasciata al nostro giornale, «era
l’opposizione di Tito nei confronti
della tattica dei fronti popolari di
Stalin. Dalla mia ricerca ho appurato che in effetti solo i comunisti
sloveni vi si attennero, fondando
un fronte popolare, l’Osvobodilna
Fronta. Avendo un’organizzazione
di fatto indipendente dal comando
di Tito provvista anche di un apparato proprio di sicurezza e repressione (il “Vos”), Tito dovette faticare
non poco per subordinare la dirigenza slovena al suo comando» […].
«La situazione si risolse solo
dopo che nel febbraio 1944 Stalin riconobbe la supremazia di
Tito su tutto il teatro operativo
jugoslavo» […]. Alfine, c’è da
dire che a Belgrado c’è il Fondo
archivistico segretato, dal quale
potrebbero scaturire altre informazioni, anche se «in realtà» aveva ancora dichiarato l’intervistato
«moltissima documentazione di
Tito e degli organi centrali del
partito durante la guerra partigiana è stata già pubblicata». […]
/
h
n commovente ricordo
del compianto Roberto
Starec e un’occasione per riflettere su come riprendere un rapporto di collaborazione avviato
quasi vent’anni fa dal Centro di
Ricerche storiche di Rovigno e
dall’Istituto regionale per la Cultura istriano-fiumano-dalmata di
Trieste, ma poi non sviluppato,
non sfociato in ulteriori iniziative comuni. Si era cominciato
con la coedizione di un volume
(il “Dizionario storico fraseologico del dialetto di Capodistria”
del 1995, di Giulio Manzini e
Luciano Rocchi) e si riparte simbolicamente con un altro libro,
o meglio con la copresentazione
dell’opera postuma di un autore
scomparso prematuramente nel
maggio di un anno fa, che ha
lavorato con e per conto di entrambi gli istituti.
Grande partecipazione di
pubblico al Civico Museo della
Civiltà istriana, fiumana e dalmata, per la corposa monografia
“Pietra su pietra. L’architettura tradizionale in Istria” (n. 34
della Collana degli Atti del C,
2012), di Roberto Starec; in sala
pure la vedova Silva e la figlioletta Flora, tanti amici e compagni
di studi e di lavoro. […] A illustrare la pubblicazione a Trieste, a distanza di sei mesi dalla
serata di promozione in Istria,
a Pisino, sono stati il direttore
del CRS, Giovanni Radossi, lo
storico Rino Cigui e Gian Paolo Gri, antropologo e studioso di
storia e cultura friulana. Alla presidente dell’IRCI, Chiara Vigini,
il compito di aprire l’incontro.
[…] Commosso, Piero Delbello, direttore dell’I, amico di
Starec […]. Il direttore dell’I
e vicepresidente dell’Università
Popolare di Trieste ha accennato agli esordi della cooperazione
I - C, sempre supportata
dall’U (in sala, tra il pubblico,
pure il direttore generale Alessandro Rossit, e l’ex presidente
dell’ente morale triestino, Luciano Lago) […].
Giovanni Radossi si è soffermato sul valore di “Pietra su
pietra”, saggio che ci regala il
quadro di un’Istria in cui il patrimonio della cultura tradizionale, elaborato da generazioni
di contadini, pescatori e artigiani nel corso di una vicenda secolare, è stato progressivamente
intaccato e messo in crisi dalle
trasformazioni
socio-economiche prodotte dall’incalzare
degli eventi politici che hanno
trasformato il volto etnico e linguistico della regione. Esodo,
modelli successivamente imposti, sviluppo tecnologico non
sono tuttavia riusciti a cancellare l’eredità. […]
Partendo dalla consapevolezza del loro ruolo fondamentale nella salvaguardia e
conservazione del patrimonio
di queste terre, Paolo Radivo
ha invitato le associazioni degli
esuli a impegnarsi su un fronte comune, mentre per Walter
Macovaz, chiedendosi perché
figli e nipoti “non ci seguano”
sulle orme di questa grande tradizione e civiltà, ha concluso
che sarebbe fondamentale cambiare “la nostra percezione e i
nostri modi di agire”, arrivare
nelle scuole, a tutti i ragazzi, a
prescindere dalle loro origini, e
non solo a quelli di “pura razza
profuga”. Solo così avremo un
domani.
/ůĂƌŝĂZŽĐĐŚŝ
***
Un albergo “diffuso”
ricavato a Dignano nelle
case degli esuli
“Il Piccolo” / 3 giugno 2013
h
n albergo diffuso ricavato dalla ristrutturazione delle vecchie case pericolanti nel centro storico, un
tempo appartenute agli esuli e
poi nazionalizzate. L’idea è del
sindaco Klaudio Vitasovic che
vorrebbe trasferire in questa cittadina istriana quanto visto in
Italia dove, sostiene, gli alberghi
diffusi stanno facendo tendenza
nell’offerta turistica.
Vitasovic proporrà questa
sua iniziativa al nuovo Consiglio municipale, quello scaturito
dalle elezioni locali del 19 maggio scorso. Però tra il dire e il
fare ci sono delle famiglie Rom
insediatesi abusivamente nelle
case in parola. Erano gli anni 60
- 70 dello scorso secolo quando
il regime comunista vedeva di
buon occhio e addirittura favoriva l’immigrazione di famiglie
di etnia bosniaca, musulmana e
anche Rom, pur di modificare il
quadro demografico che all’epoca era in massima parte italiano.
Alcune famiglie se ne sono
andate dopo l’ingiunzione di
sfratto, altre invece oppongono
forte resistenza accusando di
crudeltà il sindaco e tentando di
sensibilizzare l’opinione pubblica verso il loro problema. […]
Dignano ha avviato il procedimento di sfratto nei confronti
di 14 famiglie, due delle quali se
ne sono andate subito di propria
volontà. Per altre 8 il tribunale
ha sentenziato lo sfratto definitivo, 2 casi sono oggetto di ricorso
e altri 2 attendono la sentenza di
primo grado. […]Alla linea dura
del sindaco Vitasovic ha reagito
Ibrahim Punuskovic, il presidente del Centro culturale dei Rom
dell’Istria. «I fondi europei - ha
detto - stanziano notevoli mezzi
per i Rom per cui invito le istituzioni dello stato a fare il loro
dovere per fermare gli sfratti».
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13
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
«Caro Napolitano,
lavoriamo per l’Adriatico
riunificato»
“Il Piccolo” / 5 giugno 2013
ͨ
aro Presidente, si
aprono nuove prospettive per questa parte d’Europa: l’imminente entrata della
Croazia nell’Unione Europea
sollecita, da parte nostra, una
riflessione e una prospettiva di
lavoro diversa dal passato perché
l’Adriatico fra pochi mesi sarà riunificato. Se pensiamo alla storia
del ’900, ciascuno di noi si rende
immediatamente conto di quello
che ciò significa: per gli Stati e
per le popolazioni».
Lo scrivono, rivolgendosi
direttamente al presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano,
Renzo Codarin Chiara Vigini e
Manuele Braico, rispettivamente presidente della Federazione
Esuli, dell’Irci e dell’associazione
Comunità Istriane.
«Ci rivolgiamo a Lei - si legge nel testo - perché conosciamo
bene l’impegno e la passione civile che ha accompagnato il suo
lavoro anche per queste regioni e
lo ha fatto in nome di un patriottismo repubblicano, intimamente europeista, che è una tradizione ben radicata in queste terre».
«Gli istriani, fiumani e dalmati
- continuano i tre esponenti - intendono essere in questo processo di “costruzione” europea parte attiva, per storia, conoscenza,
amore, per il legame profondo
che continuiamo ad avere con
queste contrade che le vicende
storiche hanno così drammaticamente segnato: non un peso
dunque per l’Italia, né un rimorso degli italiani nei confronti di
popolazioni che hanno pagato
con i loro beni e i loro ideali le
follie dei totalitarismi».
«Gli incontri che ci sono
stati e i documenti sottoscritti
in quelle occasioni dai Presidenti di Croazia, Slovenia e Italia concludono Codarin, Vigini e
Braico - testimoniano i progressi
che gli Stati e le popolazioni di
queste regioni hanno saputo realizzare». Di qui i finali «auguri
di buon lavoro con riconoscenza
per ciò che ha fatto e per ciò che
sta facendo».
CULTURA
Tasselli di dialogo tra due
città «imperiali»
“la Voce del Popolo”/24 maggio 2013
Z
avenna è un’antica città
sulla costa settentrionale dell’Adriatico che millecinquecento anni fa è stata capitale
dell’Impero romano d’occidente,
poi di Teodorico, primo re dei
Goti, e quindi anche di Bisanzio
in Europa. Spalato è un’antica città sulla costa orientale dello stesso
mare, che più di millesettecento
anni fa un imperatore romano l’illirico Diocleziano, nato in Dalmazia, forse a Salona - scelse come
suo luogo di ritiro dopo l’abdicazione (e dove si è spento alla fine
del 311) e che successivamente è
divenuta la capitale formale del
Regno di Croazia e Dalmazia in
età altomedievale.
Ora, dalla sponda ovest a
quella est giungono magnifici
tasselli di un inestimabile patrimonio, […] approdano ora anche
nel capoluogo dalmata i mosaici
antichi di Ravenna, protagonisti
di una mostra che, per celebrare
la Festa della Repubblica Italiana
e l’imminente ingresso della Croazia nell’Unione europea, viene
organizzata dal Consolato d’Italia
a Spalato, in collaborazione con
il Comune di Ravenna, il Museo
dei Monumenti archeologici croati e la Città di Spalato. […] Va
detto che si tratta delle copie dei
mosaici antichi, oggi di proprietà
del Comune di Ravenna. […] Gli
esposti riproducono le decorazioni musive dei sette monumenti
ravennati sotto tutela dell’Unesco:
San Vitale, Galla Placidia, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, Sant’Apollinare Nuovo e in
Classe, la Cappella Arcivescovile,
patrimonio dell’umanità dal 1996
(di cui fa parte anche il Mausoleo
di Teodorico, unico monumento
privo di decorazione musiva).
[…]Infatti, i mosaici di Ravenna sono la prova di relazioni
e contatti artistici e religiosi instaurati in un periodo importante
della storia della cultura europea,
e proseguiti nei secoli. Oggi Ravenna ha intenzione di riproporsi
in un ruolo centrale con la candidatura a capitale europea della
cultura 2019 […].
sfrontalieri, una zona industriale
ecosostenibile. Idee, tante belle
idee: purtroppo, in tempi di crisi
pesantissima, tutte queste proposte sono rimaste pure e semplici
esercitazioni di stile. […]
Abbiamo fatto un nuovo sopralluogo e abbiamo constatato
che quell’area sta invecchiando
precocemente. Il colpo d’occhio è
di una tristezza assoluta […]: due
volte al mese, poi, è la sede del
mercato degli ambulanti e occasionalmente ospita una parte del
luna park della fiera di Sant’Andrea, i tendoni del circo, concerti
e manifestazioni motoristiche
come gimkane e altre competizioni di abilità più che di velocità.
L’ultimo exploit fu il Festivalshow che vivacizzò quell’area.
Inoltre, «le iniziative edilizie - si
legge in una vecchia relazione
del Comune di Gorizia - si sono
affiancate e sovrapposte in maniera disordinata, in particolare
per quanto riguarda i due piccoli
condomini costruiti nella seconda metà del Novecento ed eretti
nel bel mezzo del piazzale senza
riguardo alcuno del suo utilizzo».
Non bastasse ciò, il vecchio negozio di abbigliamento è diventato
un rifugio per i barboni. […]
Bragagnolo, presidente di Pasta
Zara, sorprende ancora. Forte di numeri che proiettano la
sua impresa come la prima per
esportazione e la seconda per
produzione dopo la Barilla, il
numero uno di Pasta Zara vuol
partire proprio dal territorio
provinciale triestino per raggiungere il suo sogno: passare
dalle 250 mila tonnellate prodotte nel 2012, a quota 400
mila, entro il 2018.
[…] In termini pratici significa che Pasta Zara offrirà
50 nuovi posti di lavoro. Agli
investimenti per l’aumento della produzione si affiancheranno
quelli per aumentare gli spazi di
stoccaggio e per rafforzare l’export, già oggi punto di forza di
un gruppo che vende il 92% del
prodotto fuori confine, in 101
paesi. L’azienda punta a conquistare nuovi mercati, specie ai
Paesi dell’ex Unione sovietica,
quali Uzbekistan, Tagikistan e
Kazakistan. Per fare ciò il primo
esportatore di pasta del nostro
Paese intende investire complessivamente 60 milioni di
euro. […].
ZŝĐĐĂƌĚŽdŽƐƋƵĞƐ
&ƌĂŶĐĞƐĐŽ&ĂŝŶ
***
ATTUALITÀ
Meno eletti e pochi soldi.
Anche la Croazia affondata Roma chiude la sede PdL
dai titoloni
a Trieste
www.balcanicaucaso.org
29 maggio 2013
h
na campagna stampa
contro la Croazia? È
quello che si chiede il portale in
bosniaco della Deutsche Welle.
Nel testo vengono riportati alcuni dei titoli cubitali e allarman/ůĂƌŝĂZŽĐĐŚŝ ti della stampa tedesca, primo
fra tutti il tabloid Bild. Ad un
mese dall’ingresso della Croazia
nell’Ue, il quotidiano tedesco tiNORD EST D’ITALIA
tola: “L’ Ue affonderà qui i nostri
Gorizia, troppi progetti, prossimi miliardi?”, sullo sfondo
Casa Rossa abbandonata una baia color turchese della costa
croata. Quasi tutta la stampa te“Il Piccolo”/ 27 maggio 2013
desca - continua la Deutsche Weln anfiteatro immerso le - riporta dati allarmanti sulle
nel verde che sarà col- condizioni economiche in cui
legato, attraverso un ponte in versa Zagabria. […] Il presentare
legno, al parco dell’ex seminario. la Croazia come la futura “tomE poi parcheggi, tracciati ciclabi- ba” d’Europa non fa che cavalcali da mettere in connessione con re un euroscetticismo crescente e
quelli già realizzati a Nova Gori- ricalcare i titoloni sulla Grecia di
ca, diverse aree attrezzate. Questo qualche tempo fa e Bild lo espliciprevedeva, in soldoni, uno dei ta chiedendosi se la Croazia sarà
progetti di “Spazio giovani alla la prossima Grecia o la prossima
frontiera” […]. Si parlò di un Cipro. […]
impegno economico dai 700mila
agli 800mila euro che dovevano
***
essere scovati attraverso il Gect, il
Gruppo europeo di cooperazione Pasta Zara si allarga, 50
territoriale. […] Ecco Casa rossa assunzioni a Trieste
diventare un centro sportivo e “Il Piccolo” / 30 maggio 2013
commerciale, un parco con tanti
alberi, la stazione della metropoliogliamo
crescere
tana leggera, un centro culturale e
ancora, questa è
crocevia di impianti sportivi tran- la mia ricetta alla crisi». Furio
h
ͨs
“Il Piccolo” / 3 giugno 2013
Y
uando si dice piove sul
bagnato. Come se non
bastasse l’ultima batosta elettorale
dello scorso aprile, che ha ridotto da quattro a uno il numero
dei consiglieri regionali nostrani,
per il Pdl triestino arriva un’altra
doccia fredda. I vertici romani del
partito hanno deciso di chiudere
la sede triestina dei berlusconiani
situata in piazza Sant’Antonio 6.
Una decisione presa nell’ambito
del contenimento dei costi della
politica attuato su scala nazionale. In regione saranno obbligate
a chiudere i battenti nei prossimi mesi anche le roccaforti Pdl
di Gorizia e Pordenone. Si salva
dunque dalla mannaia taglia-costi
solo la sede di Udine. […].
La sede Pdl di piazza Sant’Antonio (i locali sono di proprietà
della comunità serbo-ortodossa)
conta 161 metri quadri ed era
stata inaugurata poco più di due
anni fa, nell’aprile del 2011 […].
La mette su un piano più squisitamente filosofico Bruno Marini,
unico superstite Pdl in consiglio
regionale. «L’attuale sede era sovradimensionata rispetto alle
reali esigenze del partito e poi si
era venuta a creare una situazione insostenibile economicamente
dopo la disfatta della tornata elettorale - chiosa Marini -. Siamo
tutti d’accordo con i tagli della
politica, ma qui si rischia davvero
di esagerare e di uccidere la stessa
democrazia che senza i partiti non
può sopravvivere». […].
WŝĞƌƉĂŽůŽWŝƟĐŚ
***
La Croazia europea a
rischio sanzioni
“Il Piccolo”/ 5 giugno 2013
roazia, appena entrata
nell’U e subito “bocciata” da Bruxelles. Potrebbe
essere questo il destino di Zagabria, il prossimo primo luglio. Un destino, ha rivelato ieri
l’agenzia di stampa Reuters, provocato dalle pessime condizioni
di salute del prossimo 28esimo
membro dell’Unione. Unione
che, ha specificato Reuters, potrebbe - quasi contemporaneamente all’adesione di Zagabria
- aprire «misure disciplinari»
contro la Croazia a causa del
deficit e del debito pubblico in
crescita costante. La previsione è
corroborata dai contenuti di un
documento di lavoro della Commissione europea, pubblicato a
fine maggio, che mette a nudo
i punti deboli dell’economia
croata. Economia che «continua
a dibattersi in una recessione»
che proseguirà almeno fino al
2014 e che dura ormai da cinque anni. […].E leggendo tra le
righe si comprende che Zagabria
potrebbe […] entrare nell’U e
al contempo venire iscritta tra i
Paesi sotto osservazione a causa
del deficit superiore ai parametri
europei, ossia «il 3% di rapporto
deficit/Pil e il 60% di rapporto
debito pubblico/Pil». Nel caso
in cui uno Stato membro sfori la
soglia prevista per il disavanzo,
dall’Unione scatta la procedura
per disavanzo eccessivo», ricorda
la Commissione. […]. E potrebbe essere questo il di verdetto per
Zagabria.
Difficile infatti che in poche settimane la Croazia riesca a tornare a essere virtuosa,
evitando l’onta della procedura
d’infrazione. E per Zagabria si
prospettano anche anni di scelte
lacrime e sangue, come suggerito dalla Commissione. Zagabria
che dovrà aumentare le tasse, si
legge nel rapporto, «combattere
evasioni e frodi fiscali», abbandonare ogni velleità di sostegno
alle grandi imprese pubbliche,
«altamente indebitate e a rischio per le finanze statali»,
leggi nuove privatizzazioni, migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione e agire
contro «la rigidità del mercato
del lavoro».
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14
EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ
ENGLISH
The “House of Remembrance”
in Rome, an example of civilization
President Ballarin’s statement
The “House of Remembrance”
of the Exodus from Istria, Fiume
and Dalmatia, the first of its kind
in Italy, has its headquarters in
Via San Teodoro in Rome, near
the Roman Forum, “Maintaining
a promise to keep our historical
memory alive”: this is the goal of
the Roman city Administration
which, on June 6th, presented
the ANVGD and the Fiume
Studies Society with the keys
to the new headquarters in via
di San Teodoro, in the historic
of Remembrance, the first of
its kind in Italy, is an example
of civilization, and it is no
coincidence that this work was
created in the city of Rome, which
founded its own civilization
while maintaining respect for
the human person, and the
welcoming of diversity, tolerance,
and integration, as the basis for
possible human progress.
Entering the tenth year since
the adoption of Law 92 of 2004
for the Day of Remembrance,
this House pays tribute to the
immense suffering of a people
that in time found a home
physically distant from the first
centers of the epoch-making
exodus; this city, with its big
heart, was able to give hope
to many, and allowed for the
reconstruction of human dignity,
which had been offended and
humiliated by ethnic cleansing.
The newly-established House
of Remembrance is an example
of how Memory should not
be just a vague sentiment, but
something concrete, capable of
establishing guidelines for the full
development of human potential,
where the terrible events of the
past have no place in the future.
That is why this House assumes a
status that was neither local nor
regional, but global. This is why
the story of the exodus, the foibe,
and the persecution of an entire
populus, all of which lasted well
beyond the end of the War, is not
a story about ‘some’, but rather it
involves our entire nation.
And for all this, we thank our
Mayor Alemanno and the entire
City Council. We thank them
for being close to the JulianDalmatians, and for having the
desire to elevate a story that
concerns the whole of Italy, as
it should be, every province and
every town, beginning with its
splendid capital.
Embracing a shared history,
learning the profound lessons
it teaches us, transferring
that knowledge to the new
generations, we will be able to
build a civilization permanently
strong, free and fair, in which
truth and harmony will console
the hearts of those who have
suffered, remembering the souls
of those who died in oblivion
and who suffered through their
losses and to look to the future
without rancor and with the right
perspective, so that this people
can find its identity, step by step.
ŶƚŽŶŝŽĂůůĂƌŝŶ
Remembering Father
Flaminio Rocchi, ten years
after his passing
d
WZŽŵĞ͕ƚŚĞƉůĂƋƵĞĂƚƚŚĞĞŶƚƌĂŶĐĞ
ŽĨƚŚĞ,ŽƵƐĞŽĨDĞŵŽƌLJ
center of Rome. Among those
present were Antonio Ballarin,
national president of the ANVGD,
Donatella Schürzel, ANVGD Chair
for the Province of Rome, Amleto
Ballarini, president of the Fiume
Studies Society, and Marino
Micich, director of the Historical
Museum of Fiume.
The
inauguration
was
reached, therefore, through a
long but fruitful commitment
that involved the administration
of the city of Rome and the
associations of the exiles. The last
act in pursuit of this goal took
place in February, when there
was celebrated in the Capital, in
the Julius Caesar Hall, the ninth
annual Day of Remembrance
of the Martyrs of the Foibe and
the Julian-Dalmatian Exodus.
On this occasion, an agreement
of understanding was signed,
by Rome mayor Alemanno, the
ANVGD and the Fiume Studies
Society for the establishment of the
House of Remembrance. Below is
the press release issued on June 7
by ANVGD President Ballarin.
d
he
House
of
Remembrance promised
by Mayor Alemanno at the
beginning of his mandate during
his visit to the Julian-Dalmatian
Quarter of Rome, on November
7, 2008, has become reality.
The establishment and
implementation of the House
en years after his death in Rome, the figure of Father
Flaminio Rocchi was recalled on June 6 with an initiative
launched by his family, together with Adriana Martinoli, Patrizia
C. Hansen and Marino Micich. In the Library of the Church of San
Marco in the Julian-Dalmatian Quarter of Rome, this group evoked
the Franciscan friar’s personality and commitment: for fifty years
he devoted himself entirely to the care of refugees. With different
“takes”, the three speakers shared with the public their experiences
and memories, being able to give a well-articulated and integral
portrait of Father Flaminio.
Adriana Martinoli, assisted by the projection of some images,
drew from family memories significant moments of friendship and
hope, some common to other Julian-Dalmatian priests as well,
refugees themselves, but certain qualities were concentrated in
Father Flaminio in one goal: service to “his” refugees.
Marino Micich recalled the historical and political aspects in
the framework of which has moved in the decades the work of the
Franciscan from the town of Neresine, and the objective difficulties
he faced and overcame in the name of justice that was rarely
generous to the community of Julian and Dalmatian refugees.
“Memory” from a journalist’s point of view was provided by
Patrizia C. Hansen, who recalled that the friar from the island of
Lussino had a daily commitment to refugee assistance, and the
continuing dialogue with communities and individuals, both
within the Support Office of the A, which he created, as well
as in the pages of the “Difesa Adriatica” newspaper.
Antonio De Lucia had the task of reading out some speeches,
both institutional and literary, on Father Rocchi, such as the memoir
written by Lucio Toth in 2003 after Father Rocchi died, the story of
his return to Neresine narrated by Istrian writer Graziella Fiorentin,
and a text of his own which describes with rare efficiency the image
of the elderly exile confined in refugee camps.
“[...] For more than 50 years he has been the benchmark of
Italian refugees from Istria, Fiume, the Quarner Gulf and all of
Dalmatia, not just because of the meetings he had with political
and institutional leaders and for the promotion of countless
amendments and legislation, for advice on what to do, but also as
a real support for delicate personal problems” said, among other
comments, Adriana Martinoli. “And it is in this sphere that his
strength, his tenacity, his qualities of great humanity, closeness,
sharing and serenity all emerged. Father Rocchi communicated
more with his heart than with the words. He had the intelligence to
know how to organize and coordinate practical resources together
with important people, lifting up the spirit of the refugees and
giving them a glimpse of hope for the future”.
W&ĂƚŚĞƌ&ůĂŵŝŶŝŽZŽĐĐŚŝĚƵƌŝŶŐĂŶŝŶƚĞƌǀŝĞǁ
Father Rocchi’s proposals for laws regarding refugees and
his decisive contribution to Julian-Dalmatian associations,
particularly the A, were discussed by Marino Micich.
“Only after 1948 there was a more decisive and organized by the
Italian government authorities - said Micich -. Father Rocchi was
also present in that sad period, ready to give himself totally to
the Cause! Subsequently, with the signing of various agreements
between Italy and Yugoslavia, Father Rocchi perfected his
social commitment, shifting from dealing with the emergency
situation, towards dealing with problems of legislative nature,
and he obtained important results [...]. In his book on the
Istrian Exodus, Father Rocchi discussed all his actions and
legislative plans for refugees; here I will cite only Ministerial
Decree number 556 of 1948 which granted recognition to
refugees, Law number 137 of 1952, which confirmed that first
decree and allowed, justifiably, the possibility of gentering the
workforce more completely. Many other laws were enacted for
the granting of subsidies of various kinds and other forms of
assistance, including the admission of needy elderly refugees to
nursing homes”.
“He had an answer for everybody: a public one, if the
situation consented, or else a private one [...],” Hansen remarked.
“I was surprised [...] by his ability to coordinate with the different
branches of administration of the State [...].Those who already
knew him, knew that this respectful and softspoken friar was
actually a born fighter, a tough and authoritative interlocutor,
immovable in the protection of the exiles, and full of resources
in his support for the refugees. [...] He never let himself be
intimidated, and for this he always earned the esteem of leaders,
officials and the most intelligent executives [...]”.
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ESPAÑOL
La «Casa del Recuerdo» en Roma, una instancia de civilización
La comunicación del Presidente A Ballarin
La «Casa del Recuerdo» del
éxodo de los istrianos fiumanos y
dalmatas, la primera de Italia,
tiene su sede en la Via de San Teodoro en Roma, cerca de los Foros
Imperiales: «Mantener una promesa para tener viva la memoria
histórica”, éste es el objetivo de la
Administración ciudadana que
el 6 de junio pasado ha conferido
a la Asociación Nacional Venezia
Giulia e Dalmazia y a la Sociedad
de Estudios Fiumanos las llaves de
la nueva sede en via de San Teodoro. Estaban presentes Antonio
Ballarin, presidente nacional de la
ANVGD, Donatella Schürzel, presi-
dente de Comité provincial romano ANVGD, Amleto Ballarini, presidente de la Sociedad de Estudios
Fiumanos y Marino Micich, director del Archivo Museo Histórico de
Fiume.
A la inauguración se ha llegado a través de un largo aunque
provechoso trabajo que ha visto
implicada a la administración capitolina y a las asociaciones de los
desterrados. El último acto para
perseguir este objetivo se ha mantenido en febrero, cuando se ha celebrado en el Campidoglio, en el aula
de Giulio Cesare, el noveno Día
del Recuerdo de los Mártires de las
Padre Flaminio Rocchi,
recuerdos diez años después
de su fallecimiento
iez años después de su fallecimiento en Roma, la figura del
Padre Flaminio Rocchi ha sido recordada el pasado 6 de
junio con una iniciativa querida por la familia, a la que han adherido
Adriana Martinoli, Marino Micich y Patrizia C. Hansen, sus intervenciones han evocado, en la Biblioteca de la Iglesia de San Marco
en el Barrio Giuliano-Dalmata, la personalidad y el compromiso del
fraile franciscano dedicado enteramente durante casi cincuenta años
a la asistencia de los prófugos. Por distintas razones y de distintas
maneras los tres relatores han compartido con el público participante
las respectivas experiencias y memorias, llegando a dar un retrato bien
articulado e integral del padre Flaminio.
Adriana Martinoli, ayudada por la proyección de algunas imágenes, ha tomado de los recuerdos de familia fragmentos significativos de
una historia de amistad y de esperanza, comunes a otros sacerdotes de
aquellos territorios, desterrados también ellos, pero que en el Padre Flaminio se han concentrado en un único fin, el servicio a “sus” prófugos.
Marino Micich ha recordado sabiamente el marco de los aspectos
histórico-políticos en el que se ha desarrollado la obra del franciscano de Neresine y las objetivas dificultades que él ha sabido afrontar
y superar en el nombre de una justicia casi nunca generosa hacia la
comunidad giuliano-dalmata.
Ha sido un “recuerdo” de carácter periodístico el de Patrizia C.
Hansen que ha revocado del fraile de Lussino el trabajo cotidiano de
la asistencia dada a los prófugos y el constante dialogo con comunidades y particulares, tanto en el ámbito de la Oficina de Asistencia
de la Anvgd, creada por él mismo, como en el de las columnas de
XůWĂĚƌĞ&ůĂŵŝŶŝŽZŽĐĐŚŝĞŶƵŶĂƉĞůşĐƵůĂĚĞůĂÄò¦—
Foibe istrianas y del Éxodo de las
poblaciones giuliano-dalmatas. En
la ocasión fue firmado el protocolo
de entendimiento al que se refería
el alcalde, entre Roma Capital - en
la persona del alcalde Alemanno -,
la ANVGD Y la Sociedad de Estudios
Fiumanos, para el nacimiento de
la Casa del Recuerdo.
A continuación el comunicado
de prensa emitido el 7 de junio por
el presidente ANVGD Ballarin
>
a Casa del Recuerdo
prometida por el Alcalde Alemanno al inicio de
su mandato durante la visita a
la Villa Giuliano-Dalmata de
Roma, el 7 de noviembre 2008,
se ha hecho realidad.
La institución y la realización de la Casa del Recuerdo,
primero en Italia, es una instancia de civilización y no es casualidad que haya sido realizada en
la ciudad de Roma, que funda
sobre la civilización su historia, mientras, al mismo tiempo,
pone las razones de un progreso
posible y humano en el respeto de la persona humana, en la
acogida del diverso, en la tolerancia, en la integración.
Entrando en el décimo año
“Difesa Adriatica”.
A la voz de Antonio De Lucia se le ha encargado la tarea de dar
lectura escénica a algunas intervenciones, institucionales y literarias,
sobre el Padre Rocchi, como el recuerdo escrito por Lucio Toth en el
2003 tras su fallecimiento, la historia de su regreso a Neresine narrado por la escritora istriana Graziella Fiorentin y un texto del sacerdote
que describe con rara eficacia la imagen del anciano desterrado confinado entonces en los campos de refugiados.
«[…] Durante más de 50 años ha sido el punto de referencia
de los prófugos italianos de Istria, de Fiume, del Quarnero, de toda
Dalmazia, no solo por las reuniones que mantenía con personalidades políticas e institucionales, por la promoción de innumerables enmiendas legislativas, por los consejos sobre lo que hacer, sino también
como un apoyo real para los delicados problemas personales privados» ha dicho entre otras cosas Adriana Martinoli. «Y es en esta esfera
donde emergían su fuerza, su tenacidad, sus dotes de grande humanidad, cercanía, participación, serenidad. El Padre Rocchi comunicaba
con el corazón antes que con las palabras. Ha tenido la inteligencia
para saber organizar y coordinar junto a otros personajes ilustres los
recursos concretos aliviando el espíritu de los prófugos y haciéndoles
ver la esperanza en el futuro».
El Padre Rocchi, sus proveimientos de ley en favor de los prófugos,
su determinante contribución al asociacionismo giuliano-dalmata, en
particular a la Anvgd: de estos argumentos ha tratado Marino Micich
en su documentada intervención. «Solo después de 1948 hubo una
intervención más decidida y articulada por parte de las autoridades
gobernativas italianas - ha recordado Micich -. ¡El Padre Rocchi también estaba presente en aquel triste periodo preparado para gastarse
por la Causa! Sucesivamente, con la estipulación de los distintos tratados entre Italia y Yugoslavia, el Padre Rocchi perfeccionó su trabajo
pasando de la emergencia social a ocuparse de los problemas de carácter legislativo, obteniendo importantes resultados […]. En su libro
L’Istria dell’Esodo el Padre Rocchi apelaba a todas las intervenciones
y a los dispositivos legislativos en favor de los prófugos, entre los que
recordaré solo el decreto ministerial n. 556 del 1948 con el que fue
reconocida la calificación de prófugo, la Ley n. 137 del 1952, que
confirmó aquel primer decreto y las facilidades, más que justificadas,
para obtener beneficios en las convocatorias de trabajo. Muchas otras
leyes se pusieron en marcha para la concesión de subsidios de todo
tipo y otras formas asistenciales, entre las cuales la recuperación de
prófugos ancianos necesitados en Casas de Reposo».
«A todos ha dado una respuesta, publica si lo consentía el argumento, si no privada […]», ha remarcado Hansen. «Me sorprendió
[…] su capacidad de relacionarse con las diversas administraciones
del Estado […]. Los que lo conocían ya sabían que aquel respetuoso y
sosegado fraile era en realidad un combatiente, un interlocutor tenaz
y con autoridad, inamovible en la tutela de las instancias de los desterrados y lleno de recursos en las argumentaciones en soporte de los
fines de los prófugos. […] No se dejaba intimidar y por esto se había
ganado desde siempre la estima de los funcionarios y de los dirigentes
más inteligentes […]».
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de la aprobación de la ley 92 del
2004 sobre el Día del Recuerdo, ésta obra rinde homenaje
al inmenso sufrimiento de un
pueblo que en el tiempo encontró hospitalidad en un lugar
físicamente distante desde donde tomó cuerpo aquel éxodo
histórico, un lugar de corazón
grande que ha sabido dar esperanza a tantos y ha permitido la
reconstrucción de la dignidad
humana, ofendida y humillada
por una limpieza étnica.
La neo-constituida Casa
del Recuerdo es un ejemplo de
como el ‘Recuerdo’ no tiene
que ser simplemente un vago
sentimiento, sino algo más concreto, en grado de marcar directrices de desarrollo del ser humano, donde eventos terribles
del pasado no tengan lugar en
el futuro. Por esta razón la obra
toma una connotación no local
o regional, sino global. Es por
esto que la historia del éxodo,
de las foibe y de la persecución
de un pueblo entero, que ha
durado más allá del final de la
guerra, no es una historia que
tiene relación con ‘algunos’,
sino con una nación entera.
Y es por todo esto que damos las gracias al Alcalde Alemanno y a toda la Administración Municipal. Les estamos
agradecidos por haber estado
cerca de la vicisitud giulianodalmata con el deseo de elevarla
a Historia que afecta a toda Italia, como tiene que ser, a cada
provincia y a cada municipio
empezando por su espléndida
Capital.
Abrazando una historia
compartida, asumiendo en lo
profundo las enseñanzas que
nos indica, trasfiriendo este
conocimiento a las nuevas generaciones, estaremos en grado
de construir permanentemente
una civilización fuerte, libre,
justa, en la que verdad y armonía puedan consolar a los
corazones de quienes han sufrido, recordar las almas de aquellos que han muerto en el olvido
penetrados por la nostalgia y,
sin rencor, mirar con perspectiva la historia de un pueblo que
encuentra, paso tras paso, su
identidad.
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16
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Palatucci, tutte le ombre sulla vita
dello «Schindler italiano»
h
n lungo articolo sul
“Corriere della Sera”
del 25 maggio 2013 a firma
di Alessandra Farkas, Palatucci, tutte le ombre sulla vita dello
«Schindler italiano» (l’articolo
integrale sulla pagina del nostro sito http://www.anvgd.it/
rassegna-stampa/15283-palatucci-tutte-le-ombre-sulla-vitadello-lschindler-italianor-corsera-25mag13.html), che riporta
le riserve e le perplessità di alcuni storici sull’effettivo ruolo
del questore reggente di Fiume
tra il 1943 e il 1944 nel soccorso agli ebrei fiumani e non, ha
aperto tutta una serie di interventi su diversi quotidiani italiani ed esteri e siti d’informazione.
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«A dar retta al crescente
coro di storici e ricercatori che
da anni studiano il più celebrato tra i «giusti» italiani - scrive
Farkas -, il mito di Palatucci
non sarebbe altro che una truffa
clamorosa orchestrata da amici
e parenti del presunto eroe che
si dice abbia salvato oltre 5.000
ebrei in una regione dove non
ve n’erano neanche la metà.
L’ipotesi di un salvataggio di
massa da parte di Palatucci era
già stata categoricamente esclusa dal Ministero degli Interni
in un memorandum del luglio
1952 e successivamente dalla
commissione dell’Istituto dei
Giusti di Yad Vashem [il Museo
della Shoah di Gerusalemme,
anche centro di studi, ndr] nel
1990. In una tavola rotonda
organizzata dal Centro Primo
Levi alla Casa Italiana Zerilli Merimò di New York, l’ex
direttore di Yad Vashem Mordecai Paldiel ha spiegato che
sotto la sua supervisione, nel
1990 Palatucci fu riconosciuto
“giusto fra le nazioni” per aver
aiutato “una sola donna”, Elena
Aschkenasy, nel 1940, e che la
commissione “non ha rinvenuto alcuna prova né testimonianza che avesse prestato assistenza
al di là di questo caso”».
«Eppure - prosegue l’articolo del “Corriere della Sera” - nel
1955 l’Unione delle Comunità
Israelitiche Italiane gli conferisce una decorazione e nel 1995
lo Stato italiano la Medaglia
d’oro al merito civile. Durante la cerimonia
ecumenica Giubilare del 7 maggio 2000, papa
Giovanni Paolo
II lo annovera
tra i martiri del
XX Secolo. Nel
2004 si conclude
la fase diocesana
del processo di
canonizzazione
con la proclamazione a Servo
di Dio dell’eroe
morto a Dachau
nel ’45, all’età
di 35 anni. Ma
chi ha condotto
la ricerca storica sulla quale
si sono basati
questi
riconoscimenti? Come
nasce il mito del
“Schindler italiano”? Le biografie
ufficiali - di cui
l’ultima, Giovanni Palatucci:
un giusto e martire cristiano di
Antonio De Simone e Michele Bianco con la prefazione del
Cardinale Camillo Ruini - parlano di migliaia di ebrei da lui
inviati nel campo di internamento di Campagna dove sarebbero stati protetti dal Vescovo Giuseppe Maria Palatucci,
zio di Giovanni. Il famigerato
campo che proprio il vescovo,
nel 1953, definì un “luogo di
villeggiatura”. “Impossibile”,
replica Anna Pizzuti, curatrice
del database degli ebrei stranieri internati in Italia (www.annapizzuti.it) “quaranta in tutto
sono i fiumani internati a Campagna. Un terzo del gruppo finì
ad Auschwitz”».
Le biografie ricordano poi
gli 800 reduci ebrei che nel
1939 si sarebbero clandestinamente imbarcati sul battello
greco Agia Zoni che salpò da
Fiume il 17 marzo 1939 diretto
in Palestina e sarebbe stato alle-
stito personalmente dall’eroico
commissario. Ma dal diario della guida del gruppo conservato
a Yad Vashem e dai documenti
della capitaneria di porto raccolti presso l’Archivio di Stato,
si scopre che fu un’operazione
dell’Agenzia Ebraica di Zurigo,
avvenuta sotto lo stretto controllo dei superiori di Palatucci
che non solo innescarono un
penoso processo di estorsione
ma fecero respingere al confine
i più bisognosi dei rifugiati, gli
apolidi e i fuoriusciti da Dachau.
Dagli archivi si scopre che
Palatucci fu funzionario di pubblica sicurezza presso la Questura di Fiume dal 1937 al 1944,
dove era addetto all’ufficio stranieri e si occupò dei censimenti
dei cittadini ebrei sulla cui base
la Prefettura applicava le leggi
razziali. Proprio a Fiume i censimenti furono condotti con
una capillarità ineguagliabile e
le leggi applicate con un accanimento che provocò proteste internazionali e la reazione dello
stesso Ministero degli Interni.
Secondo la monografia di Silva
Bon Le Comunità ebraiche della
Provincia italiana del Carnaro
Fiume e Abbazia (1924-1945) e
i dati raccolti nel Libro della
Memoria di Liliana Picciotto,
durante la breve reggenza di
Palatucci la percentuale di ebrei
deportati da Fiume fu tra le più
alte d’Italia. L’affresco familiare recentemente pubblicato da
Silvia Cuttin Ci sarebbe bastato
mostra con lucidità e accuratezza l’esperienza tragica degli
ebrei fiumani.
[…] Anche lo storico Michele Sarfatti nel programma
tv La storia siamo noi dedicato
a Palatucci, nel 2008 ha espresso dubbi sulla plausibilità di
numeri sproporzionati rispetto
a una comunità di poco più di
un migliaio di persone che tra
emigrazione e internamento era
ridotta a poco più di 500 persone nell’ottobre del 1943. […]
Aveva invece conosciuto
Palatucci il Barone Niel Sachs
de Gric, anch’egli ebreo fiumano di origine ungherese,
avvocato della curia e rappresentante della Santa Sede per il
Concordato con la Jugoslavia.
Nel 1952 il vescovo gli invia un
articolo da pubblicare sull’Osservatore Romano con «l’invito» a firmarlo al suo posto. I
documenti attribuiti a Grani e
Sachs, la cui autenticità è tutta
da verificare e nessuno dei quali
ricevette l’aiuto del commissario, sono all’origine dell’epica
palatucciana.
L’ultimo tassello della leggenda a cadere è quello relativo
alle circostanze della sua mor-
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te. La motivazione dell’arresto
firmata da Herbert Kappler e
depositata all’Archivio Centrale dello Stato non lascia dubbi:
Palatucci fu accusato di tradimento dai tedeschi per aver trasmesso al nemico (gli inglesi),
documenti della Repubblica
Sociale di Salò che chiedevano
di trattare l’indipendenza di
Fiume, non per aver protetto gli
ebrei di quella città», conclude
Alessandra Farkas.
SU PALATUCCI
L’INTERVENTO DELLA
SOCIETÀ DI STUDI
FIUMANI
/
nterviene in merito il
5 giugno con una nota
Marino Micich (Società di Studi Fiumani), che precisa: «[…]
A nostro avviso, esistono ancora molte ombre, non sull’onorabilità di Palatucci e sulla sua
azione svolta in favore degli
ebrei del fiumano o dei territori del più distante retroterra
quarnerino, ma sul numero di
persone che egli ha contribuito
a porre in salvo dalla deportazione nei lager tedeschi». «Noi
sappiamo - prosegue il direttore dell’Archivio Museo Storico
di Fiume in Roma - che anche
Riccardo Gigante si adoperò
per agevolare alcuni ebrei presenti a Fiume sin dal 1939 perché potessero espatriare (possediamo nel nostro archivio due
lettere del senatore fiumano
al Ministero competente del
Regno d’Italia, che abbiamo
anche pubblicato tempo fa).
Ma su Gigante (che aveva la
moglie ebrea) nessuno, a parte
noi, ha mai speso ricerche in
tal senso o messo in risalto le
qualità morali), anzi sono oltre 13 anni che attendiamo il
disseppellimento dei suoi resti unitamente a quelli di altri
dieci italiani sepolti a Castua,
dopo essere stati trucidati senza
processo dai partigiani titini il
4 maggio 1945. Noi sappiamo
anche che i fedeli aiutanti di
Palatucci, gli agenti di P.S. Maione, Iacovella e qualche altro
vennero stranamente risparmiati dall’OZNA il 4 maggio 1945,
mentre gli altri 90 agenti della
Questura di Fiume furono tutti
infoibati nei pressi di Grobnico
e di Costrena».
«Per Gigante e gli altri
agenti di polizia nessun ricordo
né riconoscimenti postumi.
Per Palatucci (che riteniamo
senz’altro meritevole) si è messo in moto un meccanismo tale
che non deve però gettare ombra sulle altre tragedie vissute
e purtroppo continuamente
ignorate accadute a Fiume in
quel triste periodo. A Fiume
dal 3 maggio 1945 al dicembre del 1945 in soli otto mesi
furono uccise 33 donne e 362
uomini su ordine dell’OZNA
jugoslava e nel 1946 scomparvero altri 19 uomini e 2 donne
(dati tratti dalla ricerca bilingue Le Vittime di nazionalità
italiana a Fiume e dintorni.
1939-1947) a cura Società di
Studi Fiumani e Istituto Croato per la Storia di Zagabria,
Roma 2002).
Sul numero di Ottobre
un’ampia rassegna stampa sul
caso aperto dal “Corriere della
Sera”
ZĞĚ͘