Agosto/Settembre 2013
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Agosto/Settembre 2013
Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Centro Studi Padre Flaminio Rocchi 89 EEKys///ͮE͘ Ͳ 'K^dKͲ^ddDZϮϬϭϯͮWK^d/d>/E^Ɖͮ^W//KE/EKEDEdKWK^d>ͮ͘>͘ϯϱϯͬϮϬϬϯ;ĐŽŶǀ͘ŝŶ>͘ϮϳͬϬϮͬϮϬϬϰŶ͘ϰϲͿZd͘ϭKDDϮͲZKD Una storica nella storia Intervista a Clara Castelli mitteleuropea anche se sono nata e cresciuta in periodo fascista. E questo grazie ai nostri genitori che ci hanno insegnato a guardare ai mondi dei larghi orizzonti che stavano alle spalle e all’est della città, con il rispetto, la tolleranza e la consapevolezza dell’incommensurabile valore degli apporti o avuto la fortuna di dei “diversi”. nascere in una famiglia Ci è rimasta del tutto estranea particolarmente radicata nella la brutale violenza nazionalistica “fiumanità” quel complesso di va- e antislava del fascismo. Del relori di civiltà e cultura forgiati dal- sto l’ho avuto incollata addosso la la storia secolare di una città così coscienza molto precoce del mio particolare come Fiume attraverso sangue “meticcio”, che non ho mai la sua appartenenza al crogiolo di sentito come una macchia estrapopoli della monarchia asburgica niante, ma come un privilegio che in generale e all’Ungheria in par- mi proiettava nel mondo. Un segno ticolare. Una città che nel corso di distintivo che condividevo con la tutta la sua esistenza, fino - e oltre maggioranza dei miei concittadini, - la caduta della monarchia, alla “Fiumani di Fiume”, i miei genitori fine della prima guerra mondia- avevano entrambi origini miste. La le è stata veicolo di penetrazione famiglia di papà era slovena e quella di mamma aveva le radici in Austria, e precisamente in Stiria. Papà, che avendo studiato alla scuola ungherese, parlava l’ungherese meglio dell’italiano e durante la prima guerra mondiale aveva servito il “mio imperatore” come allievo ufficiale nell’esercito austroungarico, ci aveva inculcato il mito dell’Ungheria, che W&ŝƵŵĞ͕ĚŝĐĞŵďƌĞϭϵϮϲ͕ů͛ŝŶĂƵŐƵƌĂnjŝŽŶĞĚĞů da bambina percepiŶƵŽǀŽƉŽŶƚĞƐƵůů͛ŶĞŽ͕ŝůĐŽŶĮŶĞƚƌĂZĞŐŶŽ vo come un lontano Ě͛/ƚĂůŝĂĞZĞŐŶŽĚŝ:ƵŐŽƐůĂǀŝĂ mondo magico, senza e trasmissione di una pluralità di geografia né storia. Tra le tante lingue che si parlaculture, pur avendo fatto della difesa della sua autonomia il vessillo vano in famiglia - italiano, croato, della sua identità. È stata proprio ungherese, tedesco - era il dialetto Fiume a fornire all’Italia, soprat- istro-quarnerino la lingua precipua tutto in periodo fascista, i miglio- di comunicazione, la nostra lingua ri traduttori dall’ungherese e dal universale, quella che definiva la tedesco, come Silvino Gigante, nostra “fiumanità”. È il dialetto ad Enrico Burich, Gino Sirola, Pao- essere sempre stato il tramite della lo Santarcangeli. Per non parlare nostra intimità, lo strumento della del fondatore della scuola della nostra solidarietà familiare e amicamoderna germanistica in Italia, il le, del nostro sentirsi comunità. E prestigioso studioso di letteratura la scomparsa di mia sorella Luisa, tedesca, Ladislao Mittner.. L’edu- quattro mesi fa, mi ha lasciato un cazione mia e di mia sorella Luisa insostenibile e angosciato vuoto di è stata una formazione culturale comunicazione. Così l’italiano è per Per Lei, che è stata docente di Storia dell’Europa orientale all’Istituto Orientale di Napoli e alla“Sapienza” di Roma’ ed è studiosa dei problemi dell’Est europeo, che cosa ha significato essere nata a Fiume, città cerniera tra le due parti dell’Europa? , >Z/KEZ/^WKE Calcolo della pensione, norme e sentenze contrastanti ĐƵƌĂĚĞůů͛ǀǀ͘sŝƉƐĂŶŝĂŶĚƌĞŝĐŝĐŚ ϰ me soprattutto la lingua della scrittura, l’espressione della traduzione mentale dalla popolare “lingua madre” con il derivato della sensibilità del traduttore per la ricerca dell’armonia e della purezza lessicali Quale è stato da bambina il suo rapporto con la città? Nei miei undici anni di permanenza nella città natale - quelli dell’infanzia e della prima adolescenza - ho conosciuto la città in guerra e non la città in pace. La visione della città in pace mi è stata trasmessa dai suggestivi racconti di nonna Albina e della mamma. Ed erano storie di felici volteggi di walzer di speranzose giovinette in fiore, di assidue frequentazioni di spettacoli in prosa e di opere ancora oggi ne posseggo I libretti d’epoca -, di carnevalesche «cavalchine» al Teatro Verdi. Una piccola Vienna in miniatura. Ma anche racconti di faticose vite al femminile. Il coraggio della nonna che, dopo la scomparsa di nonno Luigi trascinato in mare nel golfo di Biscaglia dalla tolda della nave, rimasta sola con quattro piccole bocche da sfamare, ha aperto un negozio di alimentari. O quella di zia Virginia, che vedova anch’essa senza risorse, si è acconciata a vendere legna e carbone per riscaldare i freddi inverni fiumani. Quanto a me non ho praticamente conosciuto la vita della città se non attraverso i bagliori della guerra. Il lontano divampare degli incendi innescati dalle bombe incendiarie lanciate dagli aerei nemici sugli obiettivi strategici del porto, la raffineria Romsa o il silurificio. Sono vissuta entro il ƐĞŐƵĞĂƉĂŐŝŶĂ ϲ A Roma la «Casa del Ricordo» un’istanza di civiltà Il comunicato del Presidente A Ballarin La «Casa del Ricordo» dell’esodo degli istriani fiumani e dalmati, la prima d’Italia, ha la sua sede in Via di San Teodoro a Roma, nei pressi dei Fori Imperiali: «Mantenere una promessa per tenere viva la memoria storica», questo l’obiettivo dell’Amministrazione cittadina che il 6 giugno ha consegnato all’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e alla Società di Studi Fiumani le chiavi della nuova sede in via di San Teodoro. Erano presenti Antonio Ballarin, presidente nazionale dell’ANVGD, Donatella Schürzel, presidente del Comitato provinciale romano ANVGD, Amleto Ballarini, presiden- ƐĞŐƵĞĂƉĂŐŝŶĂ ϳ Miur-AssoEsuli, il quinto Seminario nazionale e il Concorso per le scuole 2014 La volontà di rendere itinerante l’iniziativa di formazione sulla storia giuliano-dalmata ome da calendario, il Gruppo di lavoro sul confine orientale si è riunito il 3 luglio presso il Ministero della Pubblica Istruzione per definire nei dettagli l’organizzazione del quinto Seminario nazionale previsto per il mese di marzo 2014. Nel corso della precedente riunione, del 24 aprile, da gran parte dei presenti era stata espressa soddisfazione per la qualità degli interventi, per l’organizzazione e per il numero dei partecipanti al Seminario svoltosi a Trieste nel mese di marzo di quest’anno, e al contempo sono stati rilevati alcuni aspetti sui quali si dovrà avere maggiore cura nelle prossime edizioni, ovvero una migliore divulgazione dell’evenƐĞŐƵĞĂƉĂŐŝŶĂ Ϯ to sulla stampa nazionale e locale. Padre Flaminio Rocchi, ricordi a dieci anni dalla scomparsa A dieci anni dalla sua scomparsa, avvenuta a Roma, la figura di Padre Flaminio Rocchi è stata ricordata il 6 giugno scorso con un’iniziativa voluta dalla famiglia, alla quale hanno aderito Adriana Martinoli, Marino Micich e Patrizia C. Hansen, i cui interventi hanno rievocato, nella Biblioteca della Chiesa di San Marco al Quartiere Giuliano-Dalmato, la te Società di Studi Fiumani e Marino Micich, direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume. All’inaugurazione si è giunti dunque attraverso un lungo ma proficuo impegno che ha visto coinvolta l’amministrazione capitolina e personalità e l’impegno del frate francescano dedicatosi interamente per circa cinquant’anni all’assistenza dei profughi. A diverso titolo e con diverso “taglio” i tre relatori hanno condiviso con il pubblico intervenuto le rispettive esperienze e memorie, riuscendo a dare di padre Flaminio un ritratto ben articolato e integrale. ƐĞŐƵĞĂůůĞƉĂŐŝŶĞ ϭϬĞϭϭ The “House of Remembrance” in Rome, an example of civilization President Ballarin’s statement /ŶĞŶŐůŝƐŚůĂŶŐƵĂŐĞƚŽƉĂŐĞ ϭϰ La «Casa del Recuerdo» en Roma, una instancia de civilización La comunicación del Presidente ANVGD Ballarin ŶůĞŶŐƵĂĞƐƉĂŹŽůĂĞŶůĂƉĄŐŝŶĂ ϭϱ 2 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ FATTI e COMMENTI Il “CorSera” sulla Dalmazia “dimentica” la civiltà italiana Sullo Speciale Viaggi di “Sette”, supplemento settimanale del “Corriere della Sera” del 17 maggio scorso Francesco Battistini firma un servizio dedicato alla Dalmazia dal titolo La costa selvaggia che conquistò Sissi e diede riposo a Dio, nel quale si sofferma sulla bellezza del suo paesaggio e su alcuni dei suoi straordinari beni culturali. Nessun accenno alla storia di quel territorio e alle sue molteplici e plurisecolari relazioni con la Penisola italiana: una “disattenzione” come tante in casi analoghi, alla quale ha fatto riferimento il Presidente ANVGD Ballarin inviando al giornalista la lettera che riproduciamo. all’intero servizio un lettore ignaro della realtà storica di quel territorio oggi a sovranità croata (e in più piccola parte slovena) è indotto a dedurre, sia pure in maniera molto generica, l’esistenza di un patrimonio artistico generato dal popolo croato, quando l’Istria, il Quarnero e la Dalmazia devono il loro volto architettonico e urbanistico e il linguaggio figurativo dei loro grandi tesori artistici all’appartenenza, da almeno il X secolo e sino alla questo modo, seppure inconsapevolmente, Lei dà pienamente atto ad un genocidio culturale oggi in essere e ad una alla politica di denazionalizzazione ben postulata da Andre Jutrovic, storico della letteratura croata, fin dal 1969, secondo cui: «i personaggi della cultura di Istria e Dalmazia che nel passato scrissero le loro opere in lingua italiana devono essere inseriti nella nostra [croata n.d.r.] letteratura e nella nostra [croata n.d.r.] storia nazionale» poiché essi sono «scrittori croati di lingua italiana». Lei definisce la Croazia «antica nazione e giovane Stato» che non ha «ereditato tesori inestimabili» ma ciononostante l’Unesco «l’ha messa sotto tutela con una quantità di beni culturali che, in rapporto alla popolazione, non ha eguali al mondo»: ecco, è proprio in quel «rapporto alla popolazione» che sta il grande equivoco. Lo ha già ben chiarito Gian Antonio Stella sul “Corriere” del 15 settembre 2010 nel suo articolo «Si scrive Juraj si legge Giorgio», con il quale stigmatizzava l’ostinato e annoso éscamotage di “tradurre” in croato i nomi italiani, ad iniziare dai grandi artisti istriani e dalmati che nei secoli hanno edificato, scolpito e dipinto tanti tra i più grandi capolavori dell’arte occidentale, quelli per i quali la Croazia può oggi vantare diversi siti tutelati dall’Unesco. Basti ricordare, per brevità, le affinità tra l’arte ravennate e la Basilica Eufrasiana di Parenzo, tra la piccola Chiesa di Santa Maria Formosa di Pola con il mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; e le pure linee rinascimentali della Cattedrale di S. Giacomo a Sebenico, opera del dalmata Giorgio Orsini e portata a compimento da Niccolò Fiorentino, risultante delle proficue relazioni tra l’Italia centro-settentrionale, la Dalmazia e la Toscana nei secoli dell’Umanesimo e del Rinascimento e ben oltre. Alle giovani Repubbliche di Slovenia e di Croazia, sotto la cui sovranità quei territori oggi ricadono dopo il dissolvimento della Jugoslavia, l’onere di custodirne e trasmetterne il patrimonio d’arte ereditato rispettandone l’autentica matrice culturale. ŶƚŽŶŝŽĂůůĂƌŝŶ ŻĚĂůůĂƉƌŝŵĂƉĂŐŝŶĂ D/hZͲ^^K^h>/͕/>Yh/EdK^D/EZ/K E/KE>/>KEKZ^KWZ>^hK>ϮϬϭϰ WdƌĂƶ͕ĂƩĞĚƌĂůĞĚŝ^ĂŶ>ŽƌĞŶnjŽ;y/Ͳ ysƐĞĐ͘Ϳ͕ƉĂƌƟĐŽůĂƌĞĚĞůĐĂŵƉĂŶŝůĞ͘ ůůĂĂƩĞĚƌĂůĞůĂǀŽƌĂƌŽŶŽŶĞůůĂ ŵĞƚăĚĞůYƵĂƩƌŽĐĞŶƚŽŶĚƌĞĂůĞƐƐŝ ĞEŝĐĐŽůžĚŝ'ŝŽǀĂŶŶŝ&ŝŽƌĞŶƟŶŽ caduta della Repubblica nel XVIII, alla civiltà veneziana, con la quale l’Adriatico orientale ha condiviso costumi, lingua, economia, cultura. È sufficiente guardare le città dell’Istria e della Dalmazia per rendersene conto, così come ascoltare il dialetto istro-veneto della Comunità italiana autoctona, che conserva in loco la memoria dell’italianità storica di quei territori: che non fu “importata” dal fascismo, come purtroppo ancora molti credono, ma ha radici plurisecolari, una storia di straordinaria ricchezza che la stragrande maggioranza degli italiani ignora. Spiace che, nonostante le località da Lei citate abbiano una denominazione italiana antica, utilizzata per secoli nei portolani e nelle carte di tutta Europa e finanche nelle guide austriache del XIX secolo, certo non sospette di sciovinismo, Lei adoperi esclusivamente toponimi croati: Korcula omettendo Curzola, Hvar omettendo Lesina, etc.). In Apprezzamento condiviso anche per la partecipazione dell’Associazione Italiana Editori grazie al contributo della prof.ssa Edith Serravalle, dimostratasi particolarmente sensibile alla questione della trattazione, nei libri di testo, della storia delle regioni adriatiche. La rappresentante dell’Aie ha anche richiamato l’attenzione sui nuovi supporti informatici previsti per l’editoria scolastica, che subirà notevoli cambiamenti con la normativa sul testo digitale a partire dall’anno scolastico 2014-2015. Sempre nel corso dell’incontro del 24 aprile il Gruppo ha riflettuto sull’opportunità di una pubblicazione a carattere storico, dedicata al confine orientale ma in un’ottica nazionale ed europea, alla cui realizzazione potrebbe essere nominato un Comitato scientifico-didattico-editoriale. Per quanto riguarda il quinto Seminario e il Concorso nazionale riservato alle scuole, il Gruppo di lavoro ne ha sostanzialmente confermato il format, avendo espresso la volontà di apportare alcune modifiche in base all’esperienza maturata con le precedenti edizioni. Per il Concorso, in particolare, si è ritenuto di introdurre due distinte sezioni: Scuola primaria e scuola secondaria di I grado; Scuola secondaria di II grado, con differenziazione delle tematiche. Per il Primo ciclo la fiaba, il mito, la favola; per il Secondo ciclo, la letteratura. E per incrementare la partecipazione delle istituzioni scolastiche sarà inserita la clausola che essa sarà considerata criterio di preferenza per l’ammissione al Seminario nazionale. Quest’ultimo – che si è previsto per i giorni 13-15 marzo 2014 – sarà rivolto quasi esclusivamente ai docenti (due per istituzione scolastica), prevedendo la partecipazione di un numero minimo di Dirigenti scolastici (fino a 10) e di criteri di ammissione tra cui, in primis, partecipazione al concorso e prima adesione. LA RIUNIONE DEL 3 LUGLIO h na riunione no-stop quella svoltasi presso il Ministero della Pubblica Istruzione il 3 luglio con le associazioni giuliano-dalmate rappresentate nel Gruppo di lavoro sul confine orientale, convocata per definire il programma e i contenuti del prossimo Seminario nazionale, il Ziberna (PdL): “Serracchiani faccia revocare l’onorificenza a Tito” ͨ^ apere se la presidente della Regione, Debora Serracchiani, intende farsi parte attiva nei confronti del Capo dello Stato per sollecitare la revoca dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana conferita a Tito (Josip Broz) con decreto del 2 ottobre 1969». L’interrogazione è di Rodolfo Ziberna, consigliere regionale del PdL e vicepresidente nazionale A, che motiva la richiesta rilevando come al dittatore jugoslavo sia stata riconosciuta la responsabilità delle deportazioni, delle uccisioni e della violazione dei diritti umani fondamentali a danno della popolazione italiana in Venezia Giulia, Quarnaro e Dalmazia. «Gli storici, nei cosiddetti 40 giorni di terrore titino che hanno anticipato l’arrivo degli anglo-americani, considerano determinante la responsabilità politica di Tito per tutte le esecuzioni civili e militari ricorda il vicecapogruppo del PdL -. Si tratta di atrocità inenarrabili e indimenticabili, che fortunatamente la storia, dopo cinquant’anni di silenzio, ha deciso di non cancellare grazie alla Giornata del Ricordo che si celebra ogni anno il 10 Febbraio, e rese ancora più crudeli dalla circostanza che si verificarono anche a guerra finita. Tito è responsabile di una serie di azioni di pulizia etnica destinata ad allontanare dalle terre d’Istria, Fiume e Dalmazia la popolazione autoctona italiana. Con violenze, intimidazioni, processi farsa, foibe, impiccagioni e annegamenti, l’ex presidente della Repubblica di Jugoslavia riuscì a provocare un esodo di 350mila italiani che temevano per la propria incolumità». «In forza di ciò - conclude Ziberna -, non si può non ritenere contraddittorio, ma anche indecoroso, che lo Stato italiano da un lato riconosca il dramma delle foibe con il Giorno del Ricordo il 10 Febbraio e, dall’altro, annoveri tra i suoi più illustri insigniti proprio chi ordinò i massacri e la pulizia etnica degli italiani d’Istria e dell’Adriatico orientale. Una barbarie - commenta Ziberna - che ancora oggi pesa sul passato, ma soprattutto sul presente e sul futuro di molti italiani che hanno vissuto direttamente o indirettamente il dramma di quegli anni delle foibe e dell’esodo». ;ĨŽŶƚĞǁǁǁ͘ďŽƌĂ͘ůĂͿ quinto, e le modalità del Concorso riservato alle scuole italiane di ogni ordine e grado, in Italia e nei territori oggi a sovranità slovena e croata, nonché la prossima cerimonia di premiazione dei vincitori del Concorso 2013 Tci-Anvgd prevista a Trieste dal 17 al 19 ottobre. Concorde il Tavolo di lavoro sulla ristretta rosa di località tra le quali si dovrà scegliere a breve la sede del Seminario 2013, Trento, Brindisi, Ancona, ciascuna individuata per le rispettive attinenze con l’esodo giulianodalmato. Espletate le procedure previste dalla normativa relativa alle gare, il Gruppo di lavoro procederà alla scelta definitiva delle strutture recettive entro il mese di settembre. Da più parti è stata comunque rimarcata la rilevanza storica dell’afflusso di esuli nella Regione Puglia, nel cui territorio vennero allestiti campi profughi (come Altamura e Bari) e si istituì a Brindisi il Convitto “Niccolò Tommaseo” per i ragazzi profughi, che da sé meritano un racconto ancora in buona parte da scrivere. Un ampio e approfondito confronto, al quale ha contribuito per molti aspetti anche organizzativi la delegata Anvgd per la Scuola, Maria Elena Depetroni, si è sviluppato intorno all’individuazione dei temi del Seminario e dei relativi docenti universitari ai quali affidare le relazioni previste nella sessione mattutina del primo giorno. In linea di massima, e tenuto conto di una traccia fornita dall’on. Lucio Toth, si è stabilito di dedicare la prima parte alla storia dell’Adriatico orientale dalla prima alla seconda guerra mondiale, un arco temporale nel quale rientrano naturalmente le Foibe e l’esodo degli italiani nonché l’argomento dell’accoglienza in Italia. Mentre per la sessione pomeridiana si perfezioneranno a breve termine i contenuti, per i workshop previsti nel secondo giorno del Seminario il Gruppo di lavoro ha individuato quali principali i temi dell’educazione alla cittadinanza e dell’approccio interculturale all’esodo. Per quanto riguarda il Concorso riservato alle scuole, le delegazioni delle associazioni giuliano-dalmate e i rappresentanti del Miur hanno fissato le linee guida che saranno precisate nel Bando, la cui uscita è prevista nella prima decade del prossimo settembre a cura dello stesso Dicastero e la cui scadenza per la conferma di adesione sarà fissata al mese di ottobre. Un calendario molto intenso dunque e dai tempi ristretti: il Gruppo di lavoro è infatti convocato già il 5 settembre per licenziare il bando di concorso Miur-AssoEsuli e procedere nella pianificazione di luogo, contenuti e relatori del prossimo Seminario nazionale. Erano presenti per l’Anvgd la delegata per la Scuola Maria Elena Depetroni e la delegata per la Stampa Patrizia C. Hansen. Ɖ͘Đ͘Ś͘ 3 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ CULTURA e LIBRI Ruggero Boscovich negli «Atti e Memorie» della Società Dalmata di Storia Patria on il numero doppio 12-13 del 2010-2011 gli «Atti e Memorie» della Società Dalmata di Storia Patria dismettono la veste di collana monografica e riprendono quindi dal successivo anno 2012 l’antica e consolidata formula della rivista annuale, adottando tra l’altro, come si precisa nella Nota al numero doppio, i nuovi e rigorosi criteri proposti dall’agenzia deputata alla valutazione della ricerca. Questo fascicolo pubblica le relazioni del Convegno storico svoltosi a Pescia nel 2011 sulla figura di Ruggero Boscovich e sulle sue relazioni con ambienti e personalità italiane, particolarmente in quel di Lucca e con Francesco Puccinelli, suo allievo prediletto, presso il quale, proprio a Pescia, avrebbe dimorato dal settembre 1782 al marzo 1783. I percorsi di Boscovich e del suo confratello gesuita Puccinelli - conosciuto a Roma nel 1758, entrambi ospiti del Collegio Romano - si sarebbero ripetutamente intersecati, avendo lo studioso raguseo particolare interesse per i lavori di bonifica della malsana Maremma intrapresi dall’illuminato granduca Pietro Leopoldo, estensore, per inciso, di puntuali relazioni sullo stato del territorio, sulle opere necessarie e su quelle da migliorare e conservare. Dalle lettere di Boscovich a Puccinelli, studiate da Rita Tolomeo, si evince la sua generosità nel fornire all’allievo, che lavorava appunto al servizio del granduca, suggerimenti e nozioni relative a interventi di risanamento e alla realizzazione di nuovi tracciati viari e la costante attenzione, anche in tarda età, per la ricerca scientifica, anche quando, come la ricercatrice evidenzia, l’avanzare dell’età e la progressiva insofferenza caratteriale di Boscovich gli avrebbero reso difficile lo studio e i calcoli. Tra i diversi interventi editi in questo fascicolo doppio si segnalano, di Renzo Sabbatini, Boscovich e la Repubblica di Lucca, sui servigi prestati dallo scienziato raguseo alla piccola Repubblica toscana e culminati con la concessione da parte del suo Consiglio generale della patente di nobiltà personale: così gradita dal raguseo che avrebbe considerato Lucca «seconda sua patria». Gli altri saggi sono di Antonio Romiti, che firma l’Introduzione; di Carlo Vivaldi-Ferti, Cultura e politica in Europa nel secolo XVIII; di Pucci Cipriani, Chiesa e scienza in Europa nel secolo XVIII; di Giovanni Cipriani, La città di Pescia nella seconda metà del ’700; di Rita Tolomeo, La figura e le opere di Boscovich nel carteggio di Puccinelli; di Lorenzo Puccinelli-Sannini, Boscovich-Puccinelli: un’amicizia in nome della scienza; di Renzo Sabbatini, Boscovich e la Repubblica di Lucca. Seguono gli interventi di Inoslav Bešker, Radoslav Tomić, Nenad Veselić. Completano il numero recensioni e schede di novità editoriali. Il fascicolo è pubblicato per i tipi de La Musa Talìa, Venezia 2012, pp. 161, s.i.p. spettive di un possibile futuro. Un’attenzione particolare, pur nella necessaria sintesi, l’autrice dedica anche alle usanze e alle tradizioni e ad alcune figure letterarie di spicco, quali Fulvio Tomizza, Guido Miglia, Marisa Madieri, Nelida Milani, Anna Maria Mori ed Enzo Bettiza. «Oggi - scrive Michaela Conrad - il particolare patrimonio di quelle terre va perdendosi all’interno di un contesto socioeconomico […] e un’organizzazione politica profondamente cambiati […]: è reale il rischio che il problema teorico dell’esistenza di un’identità istriana venga superato dai fatti. […]». Ad un progetto integrale di formazione, che educhi alla conoscenza e al rispetto del pluralismo culturale e che coinvolga tutti i diversi centri di cultura confinari, può - a giudizio dell’autrice - essere affidato il compito di preservare il passato attribuendo ad esso un valore costitutivo dell’identità di quella regione e delle sue popolazioni: «così da indicare che L’ESODO ISTRIANO FIUMANO DALMATA DI MICHAELA CONRAD alla tesi di laurea Michaela Conrad, nipote di esuli da Visinada, ha tratto una pubblicazione edita dall’Associazione delle Comunità Istriane con prefazione di Lorenzo Rovis, L’esodo Istriano Fiumano Dalmata (pp. 112, s.i.p.), nel quale trovano sintetica trattazione le fasi salienti della storia dei territori orientali, dall’epoca romana agli sconvolgimenti del Novecento, senza tralasciare argomenti direttamente correlati come l’accoglienza in Italia, l’assistenza fornita dalle autorità e dalle amministrazioni ai profughi giuliano-dalmati, la questione dei beni abbandonati, le pro- le azioni per l’identità non passano solo attraverso la memoria e la nostalgia per un tempo lontano, ma intendono concretizzarsi in operazioni reali», sia sul piano della formazione delle nuove generazioni di qua e di là dei confini sia della promozione sociale ed economica delle comunità degli esuli e dei connazionali «rimasti», per fornire loro strumenti concreti di intervento e di affermazione in una realtà europea che si pone nuovi obiettivi, esprime nuove esigenze e tensioni e richiede competenze forti, una nuova concezione della trasmissione della memoria oltre la pur essenziale fase della sua conservazione. LE MEMORIE FLUTTUANTI DI RITA PARODI PIZZORNO / l mare come emblema e scenario dell’esistenza umana, perigliosa come la navigazione, liquida come le sue onde: al mare fanno riferimento quasi tutti i brevi racconti di Rita Parodi Pizzorno raccolti in questo volumetto pubblicato da Fratelli Frilli Editori (pp. 120, euro 9,00), dei quali due rievocano vicende dell’esodo giuliano-dalmato, La nave solca l’oceano dei ricordi e L’insegue il ricordo del passato: nel primo viene narrata l’emigrazione negli Stati Uniti di un profugo zaratino, nel secondo la reale storia di un fiumano ufficiale dell’Esercito, fatto prigioniero e deportato a Buchenvald, lager dal quale riuscì a fuggire con due compagni francesi, avendo avuto modo di incontrarvi Mafalda di Savoia. Vicissitudini diverse, incarnazioni degli odi del Novecento che solo la memoria pacificata dal tempo riesce a rendere un poco meno tormentosi, un poco narrabili. Ɖ͘Đ͘Ś͘ Quando l’arte interpreta la storia. Graziella Andreani, un talento maturato nell’esodo ell’origine istriana, polesana per l’esattezza, Graziella Andreani ha conservato l’educazione dei modi, la gentilezza veneta del parlare, sempre pacato anche quando intimamente s’infervora nel commentare il proprio lavoro; mentre la dimensione internazionale nella quale si è trovata a forgiare la sua vocazione all’arte le ha conferito un’ampiezza di vedute e di intuizioni che rende la creatività forse ancora più libera, perché alimentata da una sensibilità più acuta, più complessa. La sua relazione con i luoghi natali non si è mai affievolita nonostante l’esodo e l’approdo nel nuovo mondo, in Brasile, anni luce distante geograficamente e culturalmente, una realtà apodittica rispetto ai canoni europei e italiani del dopoguerra, una immensa, inedita dimensione fisica e mentale con la quale doversi d’improvviso relazionare, forse da ammansire per poterla vivere. In Brasile vive dal 1952, nell’arte si cimenta dalla prima metà degli anni Ottanta dopo la laurea in Lettere nella Universidade Federal Fluminense e gli studi di pittura, disegno e scultura presso il Museu de Arte Moderna di Rio de Janeiro. Lungo l’elenco delle sue mostre collettive e personali in Brasile, negli Stati Uniti, in Spagna e numerosi i relativi cataloghi che documentano l’evoluzione nel tempo della sua arte, ma intatto rimane il ricordo delle origini, la mestizia dell’esilio sia pure riscattata dal fermento dell’arte: tant’è che nelle sue pubblicazioni non ha mancato di rendere omaggio al Giorno del Ricordo e alla sua regione, l’Istria, alle sue città veneziane dall’antico nome italiano. E proprio dalla seconda metà degli anni Novanta, rivela nel suo recente passaggio per Roma e nel corso della sua visita alla sede dell’Associazione alla quale è molto legata, risale l’inizio di una sua riflessione inedita sulla storia più drammatica della sua terra natale, gli eccidi delle foibe, che la sua sensibilità creativa da allora ha iniziato progressivamente a saggiare, a testare, ad ela- ĐŽŶƚŝŶƵĂŹ 4 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ borare, fino a dare una forma visibile e al contempo depurata all’orrore di quei massacri: perché l’arte vera ha il pregio esclusivo di narrare la tragedia avendola de- in contesti aperti la memoria dei ferri che tagliavano i polsi ai condannati. Se le sagome ritagliate e tutte eguali evocano la natura indifferenziata e irriconoscibile carvi una via di fuga mentre simulano un labirinto mobile e occluso. Ma l’anima arcana dell’uomo non perde la sua speranza connaturata né la memoria della bellezza. È così che nascono alcuni bellissime sculture, rigorose come la linea che il metallo permette di plasmare a immagine dei ricordi: ecco il trittico «Quarnero», una vela, una barca, un molo, che pare citare di lontano le creazioni delicate e fiabesche di Fausto Melotti in una comune tensione alla leggerezza e all’essenzialità del racconto. Nella relazione ricreata tra i simboli eterni del paesaggio natale sta tutta la WͨWŚŽŝďĂƐΘWŚŽƐƚŽƉŚŽƐͩ RͨWŚŽŝďĂƐͩ͘>͛ŽƉĞƌĂǀĞĚƵƚĂĚĂů ďĂƐƐŽĞĂůů͛ŝŶƚĞƌŶŽ cantata, resa essenziale nel linguaggio allusivo e definitivo dell’opera. Sono nate così le sue prime realizzazioni con semplice carta di giornale ritagliata a mano, sagomata sulla figura umana e impilata a creare un abisso, un baratro che conserva l’impronta fisica delle vittime. Quasi un assillo che si manifesta per anni in tante sue composizioni al punto da divenire un sigillo della sua arte, il segno immediatamente riconoscibile della sua ispirazione. Ma l’evoluzione del >Z/KEZ/^WKE Calcolo della pensione, norme e sentenze contrastanti ĐƵƌĂĚĞůů͛ǀǀ͘sŝƉƐĂŶŝĂŶĚƌĞŝĐŝĐŚ Desideravo avere delle informazioni in relazione all’applicazione dell’art. 2 della Legge 24 maggio 1970 n. 336. È legittimo da parte dell’amministrazione non riconoscere l’applicazione dei benefici previsti dal comma 2, dell’art. 2 della Legge 336/70, riguardanti il conferimento della qualifica o classe di stipendio superiore a quella posseduta, ai fini del calcolo della pensione? >ĞƩĞƌĂĮƌŵĂƚĂ > a legge 24 maggio 1970 n. 336 sancisce due diversi benefici ai soggetti in essa contemplati, uno di tipo salariale e un secondo che si applica nel momento di cessazione del rapporto di lavoro. Per quanto attiene alle agevolazioni da applicarsi nel momento di cessazione del rapporto di lavoro l’art. 2 così testualmente dispone: «Art. 2. Ai dipendenti indicati nell’art. 1, all’atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa, sono attribuiti, ai soli fini della liquidazione della pensione e della indennità di buonuscita e di previdenza, tre aumenti periodici di stipendio, paga o retribuzione o se più favorevole, un aumento periodico per ogni anno o frazione superiore a sei mesi di servizio militare prestato in territorio dichiarato in stato di guerra, trascorso in prigionia e in internamento, in luoghi di cura e in licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti combattenti, in prigionia e in internamento. Ai dipendenti indicati nel precedente comma, a loro richiesta o a richiesta degli eredi aventi diritto a pensione di riversibilità, anziché l’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, previsti dallo stesso precedente comma, va conferita la qualifica o classe di stipendio paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta». UNA VECCHIA SENTENZA DEL TAR MARCHE / n relazione alla seconda parte dell’art. 2 della legge in questione una vecchia sentenza del Tar Marche aveva stabilito che, dopo il passaggio dal sistema articolato per carriere a quello fondato sulle qualifiche funzionali, non era più conferibile il beneficio dell’attribuzione del trattamento economico del livello o della qualifica superiore a quello di appartenenza, in luogo dei tre aumenti periodici, atteso che l’accesso alle diverse qualifiche deve avvenire per concorso. In seguito a tale sentenza (la quale richiama la decisione del Consiglio di Stato del 1° dicembre 1995) si ritenne, quindi, non più applicabile l’art. 2, comma 2 della L. 336/70 relativo all’alternativa di chiedere il passaggio alla qualifica superiore se più favorevole. LE SENTENZE FAVOREVOLI > WͨYƵĂƌŶĞƌŽ͕ͩĂĐĐŝĂŝŽ R ͨƵďƵůƵƐͩ͘DƵƐĞƵĚƵ/ŶŐă͕ EŝƚĞƌſŝ͕ϮϬϭϮ linguaggio astratto matura nuovi segni, e Graziella Andreani si cimenta più recentemente con i metalli, la cui fusione in innumerevoli cerchi di varie dimensioni ricrea in ambienti chiusi e delle morti, i cerchi di varia dimensione che ingombrano un’intera sala espositiva sino a renderla una selva inquietante obbligano il visitatore a passarvi nel mezzo, a cer- grazia della memoria, purificata dalla storia funesta e melanconica come lo sguardo rivolto ad un orizzonte smarrito. WĂƚƌŝnjŝĂ͘,ĂŶƐĞŶ a predetta sentenza nell’individuare l’orientamento giurisprudenziale sulla questione controversa, si era conformata al remoto orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria con la nota decisione n. 33 del 1995, che, nell’assunto della equiparazione tra qualifiche funzionali e pregresse carriere, era pervenuta alla conclusione della non spettanza del trattamento economico della qualifica funzionale superiore ex art. 2, comma 2, L. 24 maggio 1970, n. 336. Essa non aveva tenuto in alcun conto il mutato orientamento del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV 20 aprile 2004 n. 2171), secondo cui, al contrario, ai fini dell’applicazione del beneficio in parola, l’espressione «qualifica superiore» deve essere intesa come riferentesi a qualsiasi posizione professionale che, in ambiti ordinamentali implicanti distinzioni non per carriere o per qualifiche, risulti immediatamente sovraordinata a quella posseduta dall’impiegato e possa essere comunque da lui conseguita a prescindere dal sistema di avanzamento previsto (cfr. Cons. Giust. Amm. R.S. 4 luglio 2000, n. 333 e Cons. Stato VI Sez., 26 gennaio 2000, n. 356). La più recente giurisprudenza (Cons. Stato, 24 agosto 2006 n. 4973) ha affermato l’applicabilità del beneficio anche nel vigente ordinamento articolato in qualifiche funzionali (VI Sez., 15 settembre 1999, n. 1204; Cons. Stato, Sez. VI, 19 dicembre 2005, n. 7166). Sono ritenuti irrilevanti, per i fini che interessano la vicenda in esame, i mutamenti intervenuti nell’assetto della dirigenza statale, per effetto delle innovazioni introdotte dal decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni. Alla luce di quanto sopra si ritiene illegittimo il comportamento dell’amministrazione a seguito della mancata applicazione dei benefici di cui all’art. 2, comma 2 della legge 336/70. 5 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ ELARGIZIONI PRO ANVGD E “DIFESA ADRIATICA” Questa rubrica riporta: - le elargizioni dei sostenitori di “Difesa Adriatica”; - le elargizioni dirette alla Sede nazionale ANVGD; - le offerte pro “Difesa Adriatica”; All’interno di ogni gruppo, i nominativi sono elencati in ordine alfabetico. Ringraziamo da queste pagine tutti coloro che, con il loro riconoscimento, ci inviano il segno del loro apprezzamento e del loro sostegno. Le offerte qui indicate non comprendono le elargizioni ricevute dai singoli Comitati provinciali dell’ANVGD. ELARGIZIONI ALLA SEDE NAZIONALE ANVGD (ccp 52691003) ELARGIZIONI DAI SOSTENITORI DI “DIFESA ADRIATICA” (conto corrente postale 32888000 intestato Difesa Adriatica-Roma o Iban IT34 N076 0103 2000 0003 2888 000). L’elenco comprende le elargizioni superiori a 30 euro. L’elenco prosegue dal numero di Luglio. APRILE 2013 Alacevich Antonio (To) € 50, Biasi Tuscano Nora (Ge) € 50, Bolognani Giorgio (Tn) € 60, Caruz Leonardo (Mb) € 50, Castoldi Filippo (Rm) € 60, Cellinese Antonio (Mc) € 50, Codecasa Maria Silvia (Gr) € 50, Harzarich Giuseppina (Va) € 60 in memoria di papà mamma e fratelli, Laszloczky Giuliana (Ud) € 50, Ottomaniello Riccardo (Ud) € 60, Pentericci Giorgio (Ud) € 80, Perinovich Anna (Ms) € 60, Raccamarich M. Chiara e Silvia (Bo) € 50 in ricordo del babbo Bruno deceduto il 18 marzo 2013, Ricciardi Elio (Pd) € 50, Sepich Angelina (Ts) € 50, Tomissich Odette (Ud) € 50, Tosti Maria ed Eufemia (Ve) € 50, Vidoli Ratti Paola (Ve) € 60. OFFERTE PRO “DIFESA ADRIATICA” (ccp 32888000) L’elenco comprende coloro che hanno versato un offerta a sostegno di "Difesa Adriatica" fino a 30 euro. FEBBRAIO 2013 ABRUZZO Dolenz Erica, Pollice Rocco. CAMPANIA Associazione Combattenti e Reduci Avellino, Brakus Vincenzo, Capuano Marcello, Cardin Padre Andrea Davide, Cattich Gigliola, Cattich Marlene, Della Porta Antonino, Nappa Giuseppe. EMILIA ROMAGNA Bernobic Giuditta, Cherubini Emanuela, Deotto Annamaria, La Grasta Giovanni, Musini Giovanbattista, Palmich Maria, Petrani Edda, Silz Lia Nella. FRIULI-VENEZIA GIULIA Apollonio Steffè Giuliana, Bernardon Loretta, Canova Giulio, Climi Silvana, Costiera Sergio, Culino Mariano, Fischer Erica, Formentini Michele, Fornasier Alessandra, Grossi Enrica, Lizzi Renata, Pallavicini Antonio, Penso Paolo, Politi Giuseppe, Puzzer Patrizia, Raze Raldi Stellia, Scatton Manlio, Smillovich Alessandra, Tecovich Antonio, Valente Santo. LAZIO Beltrame Dario, Bertossa Rosanna, Bonaparte Maria, Cattaro Maria, Cherin Anna Almerigogna, Divari Greco Maria, Garcovich Giorgio, Guidoni Silva, Liubicich Arno, Mangaziol Licia, Manzini Bruna, Marinzuli Giovanni, Marocchi M. Antonietta, Marpicati Nyla, Martinoli Livia, Mattossovich Nives, Menesini Di Cesari Famiglia, Palaoro Narciso, Pizzuti Elio, Richard Vittoria, Rosa Cesarina, Rotelli Romeo Manfredi, Sandorfi Amerigo, Sansa Livia, Spinelli Franco, Turrisi Stossich Famiglia, Vallini Bruno, Vodopia Marzia, Zozzoli Ivonne. LIGURIA Amorino Armenio, Biasi Guido, Bonan Giuseppina, Bonich, Nives, Bontempo Fabio, Colavalle Luigi, Copetti Annamaria, Dirce David, Locatelli Cesare, Perich Eligio, Poso Armanda, Spadavecchia Giovanni, Zanelli Riccarda, Zustovich Mariuccia. LOMBARDIA Barbieri Antonio, Barcellesi Piero, Basilisco Mirella, Battara Giovanni, Cambruzzi Giacomo, Delise Franco, Durin Alberto, Filipas Annamaria, Genzo Paolo, Germanis Famiglia, Gherghetta Matteo, Lucich Claudio Giuseppe, Martinis Marchi Famiglia, Milanovich Aldo, Niero Marco, Paulovich M. Cristina, Perich Fiorella, Pinz Trombetta Luciana, Prodan Giovanni, Puz Miriam, Ramella Sonia, Rangan Silvia, Sarti Giuseppe, Seguini Glauco, Sepich A. Lisa, Simonetti Anita, Veggian Giorgio, Zaccai M. Grazia. MARCHE Defranza Margherita, Piccini Giuliano, Rubinich Marino, Santin Falco, Vidulich Gianni. PIEMONTE Benedetti Paola, Biasiol Aprà Maria, Boico Mary, Cehic Mario, Cerboncini Alessandro, Cerlenizza Maria Batticich, Chervatin M. Pia, Coceverin Antonia, Cursi Claudio, Del Sarto Umberto, Depicolzuane Claudia, Drandi Beatrice, Giorgini Ireneo, Giovannini Carlo, Gnesda Lucia, Grabelli Fioranti Maria, Martini Clemente, Mori Anita, Pillepich Franco, Poretti Michele, Rinaldi Mariano, Sandri Giovanni, Sbrizzai Giorio Gemma, Sepich Aurelia, Tarantini Paolo, Tomasich Ala, Zuccheri Argeo. PUGLIA Cozza Antonia, Labianca Antonia, Piutti Antonino. SARDEGNA Chighine Liliana. SICILIA Sani Nevia, Tomasich Miro. TOSCANA Anvgd Livorno, Augenti Silvio, Bianchi Plinio, Calochira Luciana, Cervino Mario, Crisman Mons. Egidio,Marini Tarabella Beatrice, Pasquali Sergio, Pazzagli Magni Annarosa, Russi Marisa, Sabadin Emilio, Sabatti Casalino Nadia, Sudulich Mario, Tesi Mario, Travas Bruna, Trentini Elvira, Vatta Alida. TRENTINO-ALTO ADIGE Cielo Gianna Maria, D'Ancona Livia, Giacca Bruno, Maino Mario, Soppa Alvaro. VENETO Anvgd Belluno, Associazione Madrinato Dalmatico, Baudisch Marchese M. Regina, Beaco Bruno, Bossi Bruna, Budicin Giuseppe, Brussi Alma, Cesari Zuccon Maria, Colombo Silvano, Dapretto Leonella. Dellino Rezzi Ondina, Dobrich Bruno, Dragagna Michele, Filippi Maria, Fontanini Silvio, Giacaz Clelia, Gigante Dino, Giorgini Anna, Matassi Roccabella M. Rosa, Marzola Mario, Maso Roberto, Mauri Marina, Mikulich Serenella, Millevoi Elda, Mottica Polato Corinna, Perruccio Gianfranco, Petronio Guido, Piccoli Gentile Margherita, Prelez Edoardo, Prosperi Diana, Rolando Adriana, Sivieri Arnaldo, Smaila Roberto, Sorge Giuseppe, Trevisan Cesare. Valdini Massimo, Varlyen Lokey Maria, Vollman Edoardo, Zambolin Piergiorgio. UMBRIA Sandrini Annamaria. MARZO 2013 CAMPANIA Schlegl Aurea. EMILIA ROMAGNA Balestri Giovanni, Marchese Melini Edda, Stipcevich Bruno. FRIULIVENEZIA GIULIA Coslovich Cristina, Iurzolla Viviana, Marani Francesco, Mattossovich Adele, Merviz Bari Amalia, Rauni Andrea. LAZIO Bencich Luciano, Capriz Anna Rosa, Copettari Vladimiro, Coronica Pierina, Cortese Gino, De Vergottini Raffaella, Fiorespina Selmi Nirvana, Gatti Rosa, Gherbaz Giulia, Ivanov Franca, Martini Gianfranco, Ossoinack Bianca, Papo Antonio, Tornari Tito, Vidulich Nicoletta. LIGURIA Casulli Pietro, Celli Ennio, Damiani Luciano, Pibernik Elena, Treveri Laura. LOMBARDIA Borsatti Gabriella, Duiella Aldo, Duiella Guida, Duiella Matteo, Fedel Graziella, Ive Mario, Melli Corva Maria, Notaris Cappellani Graziella, Pintar Nada, Raico Giorgio, Rota Antonia, Sceusa Gioacchino, Segnan Giancarlo. MARCHE Kresina Zlatka, Zuppin Lucchese Rita. PIEMONTE Boniciolli Brunilde, Cesarello Giuliana, Kucich Arnaldo, Malesi Gianotti Marisa, Malusà Gigliola, Sorgarello Maria Lucia, Suffi Guido. SICILIA Ferro Stefano, Piazzese Carmelo, Zambiasi Gino. TOSCANA Svori- nich Anna, Svorinich Loretta. TRENTINO-ALTO ADIGE Marangoni Gemma Falcioni. VENETO Bisiach Luigi, Cecconi Melina, Covacev Aldo, De Stefano Annamaria, Fiorentin Graziella, Hervatin Edda Martini, Ivanov Adriana, Garbo Annamaria Fornasiero, Kiswarday Lelia, Mihalich Annamaria, Moscheni Claudio, Petrich Giuliana, Petterin Nives, Plank Annamaria, Ratissa Graziano, Scarpa Giancarlo, Vesnaver Franco, Zelco Giuliana. APRILE 2013 ABRUZZO Aniceti M. Luisa, Gobbo Livio. CALABRIA Scherl Silvano. CAMPANIA Carrano Francesca. EMILIA ROMAGNA Cenci Annamaria, Lombardi Bruno, Mazzanovich Ivo, Pellizzola Giusberto, Ranzato Alceo, Ricci Luciana, Saggini Bruno, Stipcevich Sergio. FRIULI VENEZIA GIULIA Copetti Vittoria, Delise Lucia, Depetroni Fulvio, Fonda Nerina ved. Trisolini, Gardina Bruno, Gardossi Aldo, Gherbaz Roberto, Gortan Anita, Lollis Roberto, Musco Mara, Stefani Don Cornelio, Suppan Dario, Zanini Marcella. LAZIO Ostrogovich Flavia Maria, Ricci Francesco Giovanni, Sergi Sonia. LIGURIA Battaglia Eugenio, Kalebich Annamaria, Peretti Dario, Stagni Graziano, Steffè Alda. LOMBARDIA Bussi Thea, Capudi Eugenio, Caucci Paolo, Coslovich Armido, Fabretto Mario, Geiletti Flavia, Marussich Bruno, Momi Giovanni, Movimento I.F.D, Smolcich Rita. MARCHE Adrario Amato Riccardo, Cagner Elsa, Cenci Luigina, Dietrich Ezio, Quagliano cenci Vittoria. PIEMONTE Gorlato Giorgio, Host Paolo Antonio, Peteani Luigi, Prever Giampiero, Rihar Arnaldo, Visintin Renato. SARDEGNA Franzi SIlvia. TOSCANA Anvgd Pisa, Battestin Paolo, Giovannelli Francesca, Jurinovich Antonio, Moriconi Santin M. Antonietta, Pogliani Mauro. TRENTINO ALTO ADIGE Bernardi Teodoro. VENETO Addario Giovanni, Blasina Anna Maria, Casalino Corrado, Flori Iva, Gazzari Piero, Marampon Licia, Marinzuli Elda, Massalin Gigliola, Massi Giovanni, Miss Degan Nella, Nerini Fiammetta, Nicolich Federica, Randich Anita Antonio Ubaldo, Redovnicovich Gabriella, Saule Fiore, Sterzi Angiolo, Tuchtan Bassi Doralba, Zett Antonio. Il Comune di Trieste esce dall’Irci / l Comune esce da 10 dei 17 enti, associazioni e organismi dei quali fa parte. Una scelta dettata per un lato dall’opportunità di risparmiare, in tempi di casse vuote, i soldi pubblici - sebbene non molti - versati per le quote associative; e per l’altro dalla volontà di giocare un ruolo equo e «super partes rispetto alla promozione delle attività di soggetti terzi sul territorio». Così Paola Bolis su “Il Piccolo” del 13 giugno a proposito della delibera che la Giunta ha approvato su proposta del sindaco Roberto Cosolini. «Fuori il Comune anche dall’I, l’Istituto Regionale per la Cultura istriana: una realtà su cui la delibera si sofferma precisando che, scaduta il 31 dicembre scorso la convenzione che impegnava il Municipio a versare un contributo annuo di 70mila euro per la gestione dell’immobile in comodato di via Torino e per le attività organizzate nel Museo della Civiltà Istriana, si prevede una “nuova convenzione con l’I per la prosecuzione delle attività dell’Istituto e del museo stesso” (al cui allestimento “stiamo lavorando”, dice la presidente dell’Irci Chiara WEĞůů͛ŝŵŵĂŐŝŶĞĚŝƌĞƉĞƌƚŽƌŝŽƵŶĂĚĞůůĞ Vigini). «”Continuare a soĞƐƉŽƐŝnjŝŽŶŝŽƐƉŝƚĂƚĞƚƌĂŝůϮϬϬϵĞŝů stenere l’I con una conϮϬϭϬŶĞůŝǀŝĐŽDƵƐĞŽĚĞůůĂŝǀŝůƚă venzione è la cosa più logiŝƐƚƌŝĂŶĂĮƵŵĂŶĂĞĚĂůŵĂƚĂ ca”, rimarca Cosolini». ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ƚƌŝĞƐƚĞ͘ĐŝƚLJƐĞĞŬƌ͘ŝƚͿ «Ma Cosolini vuole precisare: “L’uscita dalle compagini, che peraltro in successive valutazioni nulla ci vieta di poter rivedere, non significa affatto che cesseremo di sostenerne le attività”, dice ribadendo quanto scritto nel documento, laddove si parla di possibili patrocini, convenzioni o altre forme di intervento contributivo su progetti specifici con “obiettivi di interesse collettivo e di pertinenza delle funzioni comunali”». 6 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ ŻĚĂůůĂƉƌŝŵĂƉĂŐŝŶĂ hE^dKZ/E>>^dKZ/ protettivo riquadro del giardino pieno di fiori e di amatissimi animali e la permanenza nei rifugi antiaerei scavati nella roccia in solidale condivisione con altri consimili perseguitati dalla storia. Tra la dolcezza delle stellate notti d’estate trascorse con la mamma sul terrazzo della nostra casa e il terrore delle bombe che cadevano a grappolo su noi bambine rimaste sole distese lungo la via. E paura, permanente paura. L’angoscia notturna di fronte al rumore di ogni automobile che passava per la strada nel timore che fosse venuta a portar via il mio papà per ordine delle autorità di turno - fasciste, naziste o comuniste - per il solo fatto di aver nascosto una famiglia ebrea, o aver rivestito di abiti civili quei poveri cristi di militari italiani in fuga dal fronte balcanico dopo l’8 settembre, abbandonati a se stessi dalla viltà delle autorità militari italiane. La paura nel celare dietro agli arbusti del giardino pubblico, mentre mi recavo a scuola, le uova sode preparate dalla mamma o la mia merenda per lenire la fame dei giovanissimi - miei maggiori di pochi anni - soldati tedeschi della Wermacht, prigionieri condannati a scavare fossati dai vincitori titini. Non dimenticherò mai l’innocente gratitudine del loro sguardo. È in queste atmosfere che ho maturato la coscienza delle gigantesche ingiustizie del mondo. Tra gli sfarinati quadri della mia memoria si stagliano esausti episodi che formano il rosario di perle della mia infanzia fiumana. L’ammasso di rovine fumanti del bellissimo Tempio ebraico incendiato dai nazisti che mamma mi portò a vedere come silente insegnamento della storia; l’arrivo dei cenciosi partigiani slavi titini che scendevano disordinati per Via del Carso; l’addio al mio papà che cercava di sfuggire alla caccia al «nemico»; la riunione delle tre sorelle Oberstar - mamma, e zie Neva e Nerina - nel maggio del 1945, in cui si decise il definitivo abbandono; il trasferimento forzato dalla scuola elementare del giardino pubblico a quella media di Piazza Cambieri; il dolce sorriso della giovane professoressa Franca Danelon - più tardi profuga a Roma - che mi introdusse alle glorie della letteratura italiana e la signorilità della zagabrese insegnante di croato, lingua allora imposta, ma che ho amato moltissimo. E soprattutto la mia prima comunione, che mamma ha voluto farmi impartire prima della partenza da don Janni, nella chiesa del SS. Redentore, fatta erigere dai fiumani grati a Dio per aver protetto la città nel 1941 nel momento dell’invasione italiana della Jugoslavia; chiesa in seguito fatta saltare in aria dall’aggressivo e torvo vincitore slavo. Con questo fardello di ricordi, sensazioni, angosce, molte paure e poche speranze, dinanzi a un futuro ignoto, mamma, Luisa ed io, in compagnia del micio Momi, attraversammo definitivamente la frontiera il 13 maggio 1947. Qual è il Suo rapporto con l’esodo? Nella dedica al suo libro L’Istria, una quercia il polesano Guido Miglio, noto giornalista e scrittore, annotava: «A Clara Castelli che ha le mie stesse radici spezzate». Ecco: «radici», «frontiera/frontiere», «esilio», «profuga»: parole che mi avrebbero accompagnato nel seguito dell’esistenza né mai si sono esaurite. Nel varcare definitivamente la frontiera sapevo di dire addio alle cose più care. Subivo l’onta della sottrazione e dell’ingiustizia le cui ragioni mi erano ignote. Ero satura di domande senza risposta. Da allora in poi la frontiera si sarebbe incuneata nell’anima, trasformata in categoria permanente della coscienza. Frontiera: nell’estraneità rispetto alle società di accoglienza con una storia diversa dalla mia; nell’indifferenza verso le asettiche conoscenza impartite da pur dotti insegnanti senza comprensione; nelle dissonanze da compagni di scuola dalla vivacità, serenità e vitalità che non sapevo condividere. Non l’orgoglio della diversa, ma l’umiliazione dell’ospite indesiderata. La mia cifra esistenziale diventava: «profuga». Non italiana, ma «profuga», per sempre. Profuga di dentro, profuga di fuori. Nella mente e nei certificati. «Scusi, ma Fiume dov’è?» - la domanda usuale di imbecilli burocrati. Fiume non risulta negli elenchi ufficiali inseriti nel computer. E tanto vale per non esistere. Mi prendono per jugoslava, croata, tedesca, senza identità. Sono soltanto: un’«italiana sbagliata» secondo la felice espressione di Pier Antonio Quarantotti Gambini. All’inizio dell’esodo anche la lingua italiana presenta il conto. A Mestre, dove ci siamo fortunosamente insediati in una camera ammobiliata, le scuole si rifiutano di iscrivermi per il mio stentato balbettio di italiano misto a dialetto, croato, con qualche parola tedesca. Ai professori che m’interrogavano sulle mie origini risposi: ‘Sono un misch-masch’. Si vive di dignità e pochi soldi. Vestitini ben lavati e stirati, grembiulini inamidati. Anche se mamma d’inverno indossa sandali estivi e noi andiamo a scuola con le suole bucate. Ma tanto non vede nessuno. È nel 1949 che conquistiamo una casa tutta nostra, in pietra, mattoni, ascensore. Il trasferimento di papà a Roma ci rioffre una vita normale: il calore della famiglia riunita, la frequenza del prestigioso liceo classico Tasso, così algido e distante, l’accesso alla ‘Sapienza’, alla facoltà di Scienze Politiche. Roma, la capitale. Fiume il confine estremo. La seconda per- WhŶĂĐĂƌƚĂƵŶŐŚĞƌĞƐĞĚŝ&ŝƵŵĞĞĚĞŝƐƵŽŝĚŝŶƚŽƌŶŝ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ůĂnjĂƌƵƐ͘ĞůƚĞ͘ŚƵͿ X&ŝƵŵĞ͕ĨĞďďƌĂŝŽϭϵϰϱ͕ ƵŶ͛ŝŵŵĂŐŝŶĞĚĞůůĂĚŝƐƚƌƵnjŝŽŶĞ ĚĞůƉŽŶƚĞĚŝĐŽŶĮŶĞĚŽƉŽŝ ďŽŵďĂƌĚĂŵĞŶƟ sa, la prima offertami dal destino. Roma la città dove vivo, ma che non amo. Ma ho mai amato una città? Quale è stata, per così dire, la Sua via alla storia? Visto il fardello di domande che le mie origini fiumane mi ponevano, la mia strada verso la storia era in qualche modo pre-segnata. Anche se non ne avevo l’immediata percezione. Certo non sentivo di nutrire né la passione per I polverosi archivi né la vocazione all’insegnamento. In compenso fin da bambina ho avuto una curiosità assai precoce per il mondo esterno, per la politica e le sue premesse storiche. La domanda che mi perseguitava era: perché? Il turbinio di eventi che avevano coinvolto la mia piccola città, assediata da tutte le parti da fascisti, nazisti, comunisti, la guerra e le sue dolorose conseguenze suscitarono in me fin dall’adolescenza l’esigenza di una risposta che desse loro un ordine logico. E poi l’esodo forzato e l’approdo in una nuova patria così estranea e indifferente hanno impresso un ritmo spasmodico alla mia volontà di capire. Scienze politiche mi offrirono un ideale terreno di coltura. Ma dovendo anche guadagnare il più presto possibile affiancai gli studi all’università alla frequenza alla «Scuola Interpreti» dove mi dedicai per cinque anni allo studio dell’inglese e del russo. Ne uscii con una conoscenza quasi perfetta. Con la conoscenza pregressa del francese, croato, un discreto tedesco, potevo aprirmi una strada. Approdai subito all’Accademia Americana per poi essere trasferita alla fototeca diretta dall’archeologo Ernest Nash, che, sfuggito al nazismo dalla nativa Postdam, portava come me il peso dell’esilioe fu la mia fortuna. In quella favolosa raccolta di fotografie di Roma antica e d’arte di tutta Europa, che dovevo catalogare e descrivere, fui il pesciolino nell’ac- qua perfetta. Con il mio capo viaggiai a scattare fotografie in reconditi siti archeologici, conobbi studiosi di fama internazionale tradussi manoscritti di saggi e libri. Un’entusiasmante e vitale - anche se faticosa - scuola d’ intelligenza e cultura. Il successivo lavoro come segretaria generale all’Istituto di Norvegia per l’archeologia classica e storia dell’arte - avevo 27 anni - e la direzione della biblioteca dell’Istituto di Finlandia di Studi classici integrarono in maniera sostanziale il mio percorso verso la storia. Passi formidabili alla conoscenza anche del mondo nordico europeo. L’Europa mi appariva ora un conglomerato di popoli e culture diversi e talvolta molto distanti, ma unificato da un comune destino storico. Era, insomma, la storia della mia famiglia e della mia città riversata nel grande calderone europeo. Nella inquieta ricerca delle mie radici avevo trovato finalmente una patria. Ma mancava l’altra parte dell’Europa. Era l’Europa comunista che mi lanciava le domande più pressanti e dolorose. Era il comunismo realizzato che aveva ingoiato la mia terra e mi aveva fatto quella che ero. Riprendendo gli studi interrotti all’Università, orientai gli esami e la ricerca in senso mirato. Per l’esame di lingua e letteratura russa tradussi integralmente l’Evgenij Onegin di Puskin, il poema nazionale russo, il testo dell’anima russa. Povera tapina, ignoravo che era l’opera tradotta dal professor Lo Gatto, il fondatore della russistica in Italia, il quale mi guardò sbalordito… Con Giuliano Amato analizzai e discussi il testo della costituzione staliniana per l’esame di Storia del Diritto costituzionale italiano e comparato.La mia tesi di laurea in Storia moderna venne incentrata su La penetrazione della Russia nel Mediterraneo nel XVIII secolo. Così iniziava la seconda parte della mia vita, quella istituzionale, con un taglio netto rispetto alla prima; guardandomi indietro posso constatare che tutta la mia vita è stata quella della profuga alla ricerca convulsa di una qualche forma di riposo. Non raggiunto neanche oggi. Consigliata da Gian Paolo Nitti - il nipote dello statista così legato alla storia fiumana -, che aveva seguito la mia tesi, entrai, dopo varie vicende, come assistente all’Università. Lavorai con due grandi studiosi, Armando Saitta e Rosario Romeo. Mai dimenticherò la straordinaria capacità di Saitta di far ‘vivere’ un documento storico. Grandi ‘baroni’, ma anche grandi maestri. Da qui avanti fino all’approdo come docente alla cattedra di Storia dell’Europa Orientale, prima all’“Orientale” di Napoli e poi a “La Sapienza” di Roma. La Russia-Unione SovieticaRussia è stata l’asse privilegiata dei miei studi e la mia passione intellettuale. La Russia dalla storia selvaggia e barbarica, contraddittoria e invadente, ma anche fertile di intensa spiritualità, di ataviche pulsioni popolari, fermento di un’intelligencija creativa inquieta che non trova pari nell’occidente europeo. La Russia che ha modificato nel bene e nel male il volto dell’Europa. La Russia che ho conosciuto da vicino nella sua interiorità, dalla slava Mosca all’occidentale Leningrado, dai suoi antichi monasteri alle case della cultura comunista. Nei miei frequenti soggiorni - anche come segretaria del Comitato italiano per i rapporti tra storici italiani e sovietici del Ministero degli Esteri - ho incontrato umili contadini dei kolkozy asserviti alla terra, alti funzionari del partito comunista sovietico, esponenti eminenti della Chiesa ortodossa, storici di regime e emarginati storici eterodossi, scrittori e artisti, celati membri della dissidenza nelle cui cucine, sotto lo scroscio dell’acqua del rubinetto aperto per confondere le orecchie in agguato della polizia segreta, per notti intere ho discusso di persecuzioni e libertà. La Russia europea, la Russia slava, la Russia asiatica. Questa è stata ed è la mia Russia, specchio delle irrisolte contraddizioni della mia esistenza. Nell’orizzonte dei miei studi non si nota traccia di un qualsiasi approfondimento storico delle tragiche vicende vissute dall’area istro-quarnerina-dalmata con le suo complicato passato, i suoi dolorosi conflitti etnici, il suo esodo epocale. Le mie sono e hanno voluto essere solo testimonianze di vita. Da storica i miei giudizi sarebbero sempre stati inquinati dai pregiudizi del vissuto; avrei visto sempre il tronco dell’albero, mai il folto della foresta. La nostra storia è e deve essere il campo di aratura del futuro, un futuro che garantisca una dovuta e impersonale distanza a chi indaga. Il mio impegno di protagonista, testimone dell’ultima generazione di un mondo perduto, è solo quello del dovere morale della memoria. Non posso fare di più. È il più prezioso lascito a quelli che verranno. BIBLIOGRAFIA E on intendo tediare il già stanco lettore con inutili elenchi di titoli sulla storia della Russia e dell’Unione Sovietica. Voglia essere questa la testimonianza di una storica Fiumana che ha studiato la storia per capire la propria storia. 7 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ DAI COMITATI ŻĚĂůůĂƉƌŝŵĂƉĂŐŝŶĂ ZKD>ͨ^>Z/KZKͩ hE͛/^dE//s/>d le associazioni degli esuli. L’ultimo atto per perseguire questo obiettivo si è svolto a febbraio, quando si è celebrato in Campidoglio, nell’aula di Giulio Cesare, il nono Giorno del Ricordo dei Martiri delle Foibe istriane e dell’Esodo delle popolazioni giuliano-dalmate. Nell’occasione infatti fu firmato il protocollo d’intesa cui faceva riferimento il sindaco, tra Roma Capitale - nella persona del sindaco Alemanno -, l’ANVGD e la Società di Studi Fiumani, per la nascita della Casa del Ricordo. Di seguito il comunicato stampa emesso il 7 giugno dal presidente ANVGD Ballarin > a Casa del Ricordo promessa dal Sindaco Alemanno all’inizio del suo mandato durante la visita al Villaggio GiulianoDalmata di Roma, avvenuta il 7 novembre 2008, è diventata una realtà. L’istituzione e la realizzazione della Casa del Ricordo, prima in Italia, è un’istanza di civiltà e non è un caso che tale opera sia stata realizzata nella città di Roma, che fonda proprio sulla civiltà la sua storia, mentre, allo stesso tempo, pone sul rispetto della persona umana, sull’accoglienza del diverso, sulla tolleranza, sull’integrazione, le ragioni di un possibile ed umano progresso. Entrando nel decimo anno dall’approvazione della legge 92 del 2004 sul Giorno del Ricordo, quest’opera rende omaggio all’immane sofferenza di un popolo che nel tempo trovò ospitalità in un luogo fisicamente distante da dove prese corpo quell’esodo epocale, un luogo dal cuore grande che ha saputo ridare speranza a tanti ed ha permesso la ricostruzione della dignità umana, offesa ed umiliata da una pulizia etnica. La neo-costituita Casa del Ricordo è un esempio di come il ‘Ricordo’ non debba essere semplicemente un vago sentimento, ma qualcosa di concreto, in grado di segnare direttrici di sviluppo dell’essere umano, dove eventi terribili del passato non abbiano cittadinanza nel futuro. È per questo che tale opera assume una connotazione non locale o regionale, ma globale. È per questo che la storia dell’esodo, delle foibe e della persecuzione di un popolo intero, durata ben al di là della fine della guerra, non è una storia che riguarda ‘alcuni’, ma un’intera nazione. Ed è per tutto questo, che ringraziamo sentitamente il Sindaco Alemanno e l’intera Amministrazione Comunale. Li ringraziamo per essere stati vicini alla vicenda giuliano-dalmata con il desiderio di elevarla a Storia che riguarda tutta l’Italia, come è giusto che sia, ogni sua provincia ed ogni suo comune a cominciare dalla sua splendida Capitale. Abbracciando una storia condivisa, acquisendo nel profondo gli insegnamenti che essa ci indica, trasferendo tale conoscenza alle nuove generazioni, saremo in grado di costruire permanentemente una civiltà forte, libera, giusta, in cui verità ed armonia potranno consolare i cuori di chi ha patito, ricordare le anime di coloro che sono morti nell’oblio trafitti dalla nostalgia e, senza rancore, guardare con prospettiva la storia di un popolo che ritrova, passo dopo passo, la sua identità. ŶƚŽŶŝŽĂůůĂƌŝŶ COMITATO DI BOLOGNA Restaurata e ricollocata la storica lapide che ricorda l’esodo Z ecuperata, restaurata e ricollocata lo scorso 16 febbraio 2013 a cura del Comitato provinciale bolognese in collaborazione con il Comune di Bologna e la Presidenza del Quartiere San Donato, la lapide che era posta su un edificio dell’ex Villaggio Giuliano in via dell’Artigiano, demolito e preso in carico dall’Acer ne WŽůŽŐŶĂ͕ĚƵĞŵŽŵĞŶƟĚĞůůĂ ĐĞƌŝŵŽŶŝĂĚŝƌŝĐŽůůŽĐĂŵĞŶƚŽĚĞůůĂ ůĂƉŝĚĞŶĞůů͛ĞdžsŝůůĂŐŐŝŽ'ŝƵůŝĂŶŽ ha costruito un nuovo stabile multifunzione (servizio Poste, poliambulatorio, sede del locale Comando Vigili Urbani). Questa Lapide dopo moltissime ricerche è stata ritrovata dopo oltre venti anni in un magazzino della Provincia e riconsegnata dalla presidente della Provincia stessa. Per alcuni anni è stata conservata presso la sede Anvgd di via Andrea Costa dopo essere stata restaurata. La lapide di pietra d’Istria con ai quattro angoli i nostri simboli riporta incisa la seguente frase: La Nazione ai Giuliani e Dalmati fedeli nel dolore delle memorie alla Patria immortale. Il Comitato di Bologna ha inoltre fatto affiggere una targa che descrive la motivazione della stessa. A questa manifestazione, che rientrava nell’ambito delle organizzazioni in occasione del Giorno del Ricordo, oltre al Presidente Anvgd Marino Segnan erano presenti la presidente del Consiglio Comunale Simona Lembi e il presidente del Quartiere San Donato Simone Borsari, esuli ed ex abitanti del Villaggio, l’assistente spirituale del Comitato, mons. Lini Goriup, che ha impartito la benedizione e la scuola media “Besta” che essendo nel suo programma scolastico la musica di fiati ha suonato l’inno di Mameli e altri brani. A Bologna presenta D’Annunzio a Fiume di Cavassini e Franzinelli s enerdì 7 giugno 2013, a cura del Comitato provinciale, presso il Centro Baraccano di Via S. Stefano 119 ha avuto luogo la presentazione del volume Fiume. L’ultima impresa di D’Annunzio, di Paolo Cavassini e Mimmo Franzinelli, Mondadori editore. Presenti gli Autori e Marino Micich, direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume. Ha introdotto Marino Segnan mentre gli interventi sono stati accompagnati dalla visione di numerose immagini d’epoca. L’intrepida avventura militare rievocata nel corso della presentazione aumentò, come noto, il prestigio internazionale del Vate e gli conferì uno straordinario credito politico presso le masse di reduci e arditi, studenti e futuristi. Ma il «sogno» sarebbe durato poco. Nel dicembre 1920, il presidente del Consiglio Giovanni Giolitti ordinò lo sgombero della città e con l’uso della forza, dopo cinque giorni di scontri sanguinosi, decretò la fine dell’impresa. Osannato dalla folla, d’Annunzio abbandonò a malincuore Fiume per ritirarsi nel Vittoriale, ma l’avventura appena conclusa avrebbe finito per imprimersi come evento-simbolo nella tormentata ridefinizione dell’Europa postbellica. A novant’anni da quegli eventi, Mimmo Franzinelli e Paolo Cavassini rievocano le tappe essenziali dell’impresa fiumana con una selezione di oltre trecento fotografie, introdotte da un interessante saggio che attinge a fonti in gran parte inedite. Fiume è il racconto per immagini, storicamente rigoroso e suggestivo, dell’avventura politica che, prima ancora dell’avvento del fascismo, segnò la crisi dello Stato liberale italiano. ;ĨŽŶƚĞŽŵŝƚĂƚŽÄò¦ŽůŽŐŶĂ ϯϭŵĂŐŐŝŽϮϬϭϯͿ *** COMITATO DI GORIZIA Maria Grazia Ziberna nuovo presidente, succede a Rodolfo Ziberna gliere regionale, per evitare che in futuro possano nascere conflitti di interesse. La nuova presidente, espressa all’unanimità, è la prof. ssa Maria Grazia Ziberna, insegnante di materie storiche e letterarie presso l’Istituto “N. Pacassi” di Gorizia. Figlia di istriani è da molti anni dirigente dell’Associazione, per cui ha scritto e pubblicato diversi libri su temi legati alla storia del confine orientale. Tra questi, particolarmente apprezzati, quello su Gabriele D’Annunzio nell’Isontino, sulla storia della Venezia Giulia e sulla storia dei giuliano dalmati nella nostra provincia. Molto intensa è la sua attività di divulgatrice nelle scuole, attività che ha assicurato di voler incrementare nel solco delle iniziative adottate dal Comitato nel corso degli ultimi anni. Rodolfo Ziberna, che rimane vice presidente nazionale, è stato eletto Presidente onorario del Comitato, alla luce della mole di iniziative promosse ogni anno sotto la sua presidenza. Il prossimo appuntamento è il soggiorno estivo a Pola con visite guidate. Il resto del Direttivo sarà composto da Luigia (Didi) Pasquali Magnani, Maria Rita Cosliani, Guido Rumici, Marisa Bernardis, Gaetano Valenti, Giorgio Noselli, Tullio Svettini, Alda Devescovi, Spartaco Ghersi, Claudio Rosolin e Ruggero Botterini. Inaugurata la nuova sede del Comitato provinciale. E ell’occasione, alla presenza di quasi un centinaio di iscritti e simpatizzanti, è stata inaugurata la nuova sede, W'ŽƌŝnjŝĂ͕ŶĞůůĂŶƵŽǀĂƐĞĚĞĚĞů ŽŵŝƚĂƚŽ͕ĂůĐĞŶƚƌŽĚĞůůĂĨŽƚŽ͕ ůĂŶƵŽǀĂƉƌĞƐŝĚĞŶƚĞ͕DĂƌŝĂ 'ƌĂnjŝĂŝďĞƌŶĂ͕ů͛ĞdžƉƌĞƐŝĚĞŶƚĞ ZŽĚŽůĨŽŝďĞƌŶĂĞŝůƐŝŶĚĂĐŽĚĞů ĐĂƉŽůƵŽŐŽŝƐŽŶƟŶŽƩŽƌĞZŽŵŽůŝ X>͛ŝŶĂƵŐƵƌĂnjŝŽŶĞĚĞůůĂƐĞĚĞ / l Direttivo provinciale Anvgd di Gorizia ha eletto il nuovo presidente, dopo che Rodolfo Ziberna, presidente negli ultimi undici anni e vice presidente nei venti anni precedenti, aveva rassegnato le dimissioni all’indomani della sue elezione a Consi- ĐŽŶƚŝŶƵĂŹ 8 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ che ha luogo in Palazzo Alvarez, con ingresso da Passaggio Alvarez. All’inaugurazione hanno partecipato il prefetto Maria Augusta Marrosu, il sindaco Ettore Romoli, il segretario generale della Provincia Ossi, in rappresentanza del presidente Gherghetta e diversi assessori e consiglieri comunali. «Mosaico dalmata» a Spalato e Zara ͨD osaico dalmata» torna nella sua patria d’origine. Il volume di Guido Rumici, pubblicato nel 2011 dal Comitato provinciale di Gorizia, è stato presentato il 6 giugno alla Comunità degli Italiani di Spalato e il giorno seguente alla Ci di Zara. Gli incontri sono sttai organizzati in collaborazione con l’Università Popolare di Trieste e l’Unione Italiana. Quello proposto da Rumici è in effetti un excursus che abbraccia due secoli, l’Ottocento e il Novecento, età di spaccature e di grandi mutamenti per la Dalmazia. Infatti, la regione, caduta la Repubblica di San Marco […] passerà dal dominio veneziano a quello austroungarico, quindi al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi una parte di essa verrà inglobata nel Regno d’Italia, che dopo la Seconda guerra mondiale cederà (anche) queste terre alla Jugoslavia di Tito; oggi fa parte della Repubblica di Croazia. «Le tematiche del confine orientale d’Italia e in particolare delle terre di frontiera, quale è stata la Dalmazia, sono tornate negli ultimi anni alla ribalta dell’opinione pubblica nazionale sia per la guerra che negli anni Novanta del secolo scorso ha insanguinato l’ormai ex Jugoslavia, sia per la più recente istituzione del Giorno del Ricordo - scrive l’autore -. Restano in verità ancora diverse zone d’ombra legate soprattutto a determinati aspetti delle vicende dalmate del Novecento e, in particolare, ad alcuni specifici temi analizzati finora in maniera non del tutto esaustiva come, solo per citare un esempio, l’esodo dei dalmati italiani avvenuto già dopo la fine della Prima guerra mondiale, dopo l’annessione della gran parte della regione al nuovo Stato dei Serbi, Croati e Sloveni nel 1921». «La scarsa documentazione esistente e l’esiguo numero di testimonianze rilasciate all’epoca o in tempi più recenti hanno così rappresentato un ostacolo alla ricerca storiografica», rileva lo storico. Lui è comunque riuscito a ricostruire i molteplici aspetti della vicenda dalmata, anche grazie all’apporto di altri autori. «Questo lavoro, nella sua brevità, non pretende affatto di affrontare né la complessa storia della Dalmazia negli ultimi due secoli - dice Rumici -, né il contesto storico in cui tali vicende andrebbero inserite, ma si limita a presentare un insieme di testimonianze che vorrebbe poter contribuire, sebbene in piccola parte, alla ricostruzione di quel grande mosaico che è la storia della componente dalmata italiana nel periodo considerato». *** COMITATO DI IMPERIA La conferenza Dal Montenegro al sacro suolo della nostra Patria ^ i è svolta nella bella sala Conferenze del Museo civico Palazzo Borea d’Olmo, la conferenza Dalle balze nevose del Montenegro al sacro suolo della nostra Patria, nella circostanza del sessantesimo anniversario della scomparsa della Regina Elena di Savoia. Numerose le persone che hanno partecipato all’interessante ma sopratutto commovente ed emozionante storia della Regina Elena di Savoia. Una conferenza patrocinata dal Comune di Sanremo, in collaborazione con l’Associazione Gruppo Savoia, l’Associazione Amici del Montenegro, l’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon e l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Dopo i saluti alle autorità e a tutti i presenti da parte di Pietro Tommaso Cheorsola (presidente provinciale Anvgd), ha iniziato la conferenza Omar Davico sul tema: Il Montenegro tra passato e storia. Dopo le interessanti relazioni di Davico e Chersola (quest’ultimo ha trattato il tema I territori veneziani nel Montenegro ed i Gonfalonieri di Perasto) ha concluso la conferenza organizzata in occasione della scomparsa della Regina Elena di Savoia (Cettigne 8 gennaio 1873- Montpellier 28 novembre 1952), la prof.ssa Raffaella Saponaro Monti Bragadin. ;ĨŽŶƚĞǁǁǁ͘ƐĂŶƌĞŵŽŶĞǁƐ͘ŝƚϮϳ ŵĂŐŐŝŽϮϬϭϯͿ *** COMITATO DI PISA Viaggio in Istria, bellezza e commozione ' iovedì 16 maggio un folto gruppo di esuli e simpatizzanti (più numerosi dei primi) è partito per una gita organizzata dal Comitato Anvgd pisano con meta Trieste e l’Istria. Metà maggio: sarà bel tempo. No, Giove Pluvio sembrava esser proprio scatenà:acqua a catinelle, tuoni e saette. Ormai ierimo in balo X/ůŽŵŝƚĂƚŽĚŝWŝƐĂĂWŽůĂ e no podevimo far niente tranne sperar che l’ira del dio se placassi. A Trieste un po’ de tregua anche perché se iera levà un po’ de borin e in P.zza Unità se svolava. Giro per la città, sosta inevitabile al Caffè degli Specchi e sbirciadina al Tommaseo e al S. Marco sensa trascurar le ciese e i resti romani. Tanti no i gaveva mai visto Trieste e i xe restai incantai. Venerdì 17, mattinata a Parenzo con visita alla Basilica Eufrasiana (5 euro a testa, niente sconti per i gruppi: dovemo imparar anche noi), pranzo tipico istrian, bon, da Rina,breve sosta a Orsera per far pianser le Marangoni e poi a Rovigno finalmente col sol. I giovani gitanti (giovani de spirito, no de età) se ga rampigà fin a S. Eufemia per goderse el panorama che de lassù xe veramente splendido. In serata arrivo a Pola. Sabato 18, giornata splendida. El Signor gavarà dito: «Demoghe un poco de sol a ’sta gente che torna sul patrio suol e ai regnicoli che no se rendi conto de quel che gli Istriani ga dovù abandonar». Durante la mattina giro per Pola, per mi sempre squallida e triste salvo la zona del mercato, foto ricordo davanti ai maestosi monumenti romani, pranzo a Fasana e poi visita de quel paradiso che xe Brioni. Domenica 19, acqua fin quasi a Fiume che però gavemo podù visitar sensa verser l’ombrel, salida al Santuario col sol, due preghiere ala Madonna e rientro in Italia. Sosta a Trieste per el pranzo ala birreria Forst e via per Pisa tutti contenti e soddisfatti per quel che i gaveva visto nonostante i capricci del tempo. Tornar nella nostra terra provoca sempre forti emozioni e profonda commozione anche perché il pensiero va inevitabilmente ai nostri cari che lì hanno trascorso momenti gioiosi e drammatici della loro vita, alla tragedia dell’esodo che ci ha dispersi nel mondo. Sentimenti che spero di aver trasmesso agli amici pisani e non che erano con noi. mati, collocata in Corso Cincinnato angolo Via Pirano, che ignoti vandali avevano distrutto poche ore prima della ricorrenza del 10 Febbraio per la seconda volta, sollevando unanime lo sdegno delle autorità e dell’amministrazione torinesi. Una corona è stata deposta il 15 febbraio ai piedi della targa nel corso di una cerimonia commemorativa svoltasi a cura del Comitato Anvgd e del Municipio. «Si colpiscono i simboli quando si vuole cancellare la verità - aveva dichiarato a caldo il sindaco Piero Fassino -. La distruzione della targa dedicata alle vittime delle foibe avvenuta a Torino, nel quartiere Lucento, è un atto di vigliacche- del Giorno del Ricordo, nel corso delle quali sono intervenuti il vicepresidente dell’Assemblea delegato al Comitato Resistenza e Costituzione e dell’assessore regionale alla Cultura, Fulvio Aquilante, presidente del Comitato Anvgd, Claudio Dellavalle dell’Istoreto, Marcella Filippa della Fondazione Vera Nocentini. In particolare, Aquilante e Dellavalle hanno sottolineato gli aspetti storici del Giorno del Ricordo: il primo rievocando il tragico destino vissuto dagli italiani che vissero sulla propria pelle gli eccessi e le conseguenze delle tre dittature che sconvolsero il Novecento in Europa: il fascismo italiano, il nazismo tedesco e il WdŽƌŝŶŽ͕ůĂĐŽŶĨĞƌĞŶnjĂƐƚĂŵƉĂĂůŝƌĐŽůŽĚĞŝ>ĞƩŽƌŝĚĞůŽŵŝƚĂƚŽÄò¦ ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ĂŶǀŐĚ͘ĐŽŵͿ XhŶĚĞƩĂŐůŝŽĚĞůůĂĐĞƌŝŵŽŶŝĂƉƌĞƐƐŽůĂůĂƉŝĚĞĐŚĞƌŝĐŽƌĚĂĞƐŽĚŽĞ&ŽŝďĞ ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ĂŶǀŐĚ͘ĐŽŵͿ ZŽƐƐĞůůĂĂƌŝ *** COMITATO DI TORINO Altre iniziative per il Giorno del Ricordo d ra le iniziative assunte quest’anno dal Comitato torinese va enumerato il restauro della targa dedicata dal Comune agli Esuli Istriani, Fiumani e Dal- ria, un’azione inaccettabile che condanniamo con estrema fermezza, tanto più perché offende sia la memoria storica della città e del Paese sia quella personale e intima di molte famiglie». Ed aveva aggiunto: «la Città, nel rispetto del loro ricordo, provvederà immediatamente al ripristino». Ricordiamo che diversi consiglieri regionali hanno preso parte alle iniziative svoltesi nel capoluogo piemontese in occasione W/ů'ŝŽƌŶŽĚĞůZŝĐŽƌĚŽĂ>ĞŝŶŝ͕ŝŶ ƉƌŽǀŝŶĐŝĂĚŝdŽƌŝŶŽ ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ĂŶǀŐĚ͘ĐŽŵͿ comunismo jugoslavo; il secondo evidenziando l’importante funzione di ricerca e di approfondimento svolto dagli Istituti storici per comprendere sempre più a fondo la storia del paese. Distribuito il volume Senza più tornare, che contiene gli atti del seminario di studi «Noi e l'altro. L'esodo istriano, fiumano,dalmata e gli esodi 9 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ nell'Europa del Nocecento», curato dal Comitato Anvgd. *** COMITATO DI TREVISO > a Provincia e la Città di Treviso, in collaborazione con il Comitato Anvgd, hanno celebrato il Giorno del Ricordo nel corso di un incontro di approfondimento dedicato al tema, svoltosi sabato 9 febbraio 2013, nella Sala Consiglio della Provincia di Treviso, presenti Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso, il sindaco Gian Paolo Gobbo, il prefetto Aldo Adinolfi, e con gli interventi di Floriano Zambon, vicepresidente della Provincia, Luigi Costanzo, presidente del Comitato Anvgd trevigiano, e Guido Rumici, docente e scrittore. Se m p re il 9 febbraio, presso il Museo di Santa Caterina, presentata ed inaugurata la mostra «Il Giorno del Ricordo. Una nazione che non ha memoria non ha futuro», rimasta aperta sino al 3 marzo. Altre iniziative a Ponzano Veneto e Conegliano. La Società Dante Alighieri - Comitato di Conegliano ha ospitato nella sala delle conferenze di Piazza San Martino la conferenza di Alberto Fratantaro, profugo istriano e scrittore, su La storia dell’Istria dalle origini all’esodo. *** COMITATO DI TRIESTE Concorso “Vivere nella Storia”, premiati i vincitori e inaugurata la mostra > a mattina di venerdì 7 giugno hanno avuto luogo, nell’affollata sala “Beato Francesco Bonifacio” dell’Associazione delle Comunità Istriane in via Belpoggio 29/1 a Trieste, la premiazione della prima edizione del concorso “Vivere nella Storia” e l’inaugurazione della mostra delle opere in gara. La duplice iniziativa è stata promossa dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e DalmaziaComitato provinciale di Trieste in collaborazione con l’Associazione delle Comunità Istriane. Il concorso “Vivere nella Storia”, indetto lo scorso aprile dall’Anvgd - Comitato provinciale di Trieste, è volto a sensibilizzare docenti e studenti triestini sul Giorno del Ricordo anche in riferimento alla commedia dialettale Quando tornaremo, rappresentata dalla compagnia “La Barcaccia” del manufatto, l’originalità della tecnica e la profondità della motivazione». Il Comitato triestino dell’ Anvgd ha assegnato una menzione speciale a Margherita Paoletti (II E del “Nordio”), la cui opera «con il linguaggio dell’arte astratta esprime, senza descriverlo, il momento angoscioso e disarticolante della “fuga” dalla propria terra». Il Circolo buiese “Donato Ragosa” ha conferito una menzione speciale a Sara Lugli (II E del “Nordio”), capace di «rappresentare con pochi tratti simbolici, gli eventi che hanno caratterizzato l’esodo delle genti Giuliano Dalmate dalle terre dell’adriatico orientale». La giuria del profilo Facebook “Anvgd Trieste area fan” ha infine dato una menzione a Nicolò Relli (I A del “Nordio”) per il suo lavoro «molto rappresentativo, emotivamente superbo», e una ad Elia >ĂĐƌĞĂnjŝŽŶĞͨ&ŽŝďĞ͕ͩŽƉĞƌĂĚŝƚƌĞƐƚƵĚĞŶƚĞƐƐĞ W Grigolon (I A del ĚĞůůĂƐĞnjŝŽŶĞDŽĚĂĞŽƐƚƵŵĞĚĞů>ŝĐĞŽ “Nordio”) per esĂƌƟƐƟĐŽ͞EŽƌĚŝŽ͗͟ƵŶĂƚƌĂŵĂůĂĐĞƌĂƚĂ͕ĐŽŵĞůĞ sersi dimostrato ǀŽƌĂŐŝŶŝĐĂƌƐŝĐŚĞ͕ƌŽƐƐĂĐŽŵĞůĂƚĞƌƌĂĚĞůů͛/ƐƚƌŝĂ «avanti rispetto ĞŝůƐĂŶŐƵĞĚĞŝƐƵŽŝŵĂƌƟƌŝ͕ďŝĂŶĐĂĐŽŵĞůĞƐƵĞ alle ideologie e ƉŝĞƚƌĞ͘>ĂŐŝƵƌŝĂŚĂĂƐƐĞŐŶĂƚŽƵŶƉƌĞŵŝŽƐƉĞĐŝĂůĞ͕ alle faziosità». ĐŽŶƐĞŐŶĂƚŽĚĂůWƌĞƐŝĚĞŶƚĞĚĞůů͛ƐƐŽĐŝĂnjŝŽŶĞ A tutti gli ŽŵƵŶŝƚă/ƐƚƌŝĂŶĞ͕DĂŶƵĞůĞƌĂŝĐŽ altri partecipanti dell’Esodo con una significativa sono stati offerti buoni acquisto. conclusione che dà ai giovani il Sono stati inoltre ringraziati gli incompito di ricordare il passato segnanti Marianna Staiano, Renzo per costruire il futuro». Una men- Grigolon, Luigi Leaci, Manuela zione è andata al testo di Matteo Cerebuch e Robert Starc. Nella consegna dei premi si Maver (I A del “Brunner”) per aver espresso le vicende dell’Esodo sono alternati il vice-presidente «in maniera breve ma esauriente della Provincia Igor Dolenc, l’asattraverso la lettura della legge per sessore comunale all’educazione, il Giorno del Ricordo pubblicata scuola, università e ricerca Antonella Grim, il presidente del sulla Gazzetta Ufficiale». Per la sezione “disegni” la giu- Comitato triestino dell’Anvgd ria ha attribuito il primo premio a Renzo Codarin, il presidente Sara Zamparo, della V B del Liceo dell’Associazione delle Comunità Artistico e Istituto Statale d’Arte Istriane Manuele Braico e il pre“Enrico e Umberto Nordio” di sidente della giuria Paolo Sardos Trieste, il cui elaborato «si conno- Albertini, i quali hanno rivolto alta per la raffinatezza sia nell’indi- cune parole di saluto iniziali. viduazione del soggetto inerente WĂŽůŽZĂĚŝǀŽ l’Esodo, sia nella raffigurazione dello stesso». Il secondo premio *** è stato assegnato a Davide Turilli, Greta Sila e Axel Mazzelli (I E del COMITATO DI UDINE “Nordio”) poiché «la particolarità A Udine presenta Il della tecnica adoperata esprime Campo profughi istriani e con efficacia gli sconvolgimendalmati, 1945-1960 ti storici connessi alla tragedia dell’Esodo». ell’ambito di «ClauiaL’Associazione delle Comunino Mosaics & More», tà Istriane ha assegnato una men- iniziative d’arte previste a Clauiazione speciale ad Alice Cottignoli no di Trivignano Udinese dal 26 (III C del “Nordio”) per il suo maggio all’8 giugno, era in prodipinto che «allude alle affinità tra gramma un incontro per presenla memoria dell’albero con radici tare il doloroso capitolo di storia tenacemente piantate nella terra legata al campo profughi di Udidi origine e quella dell’uomo che ne: il professor Elio Varutti, aurimane fino alla fine dei suoi gior- tore del libro Il campo profughi di ni», a Claudia Valentini (II E del Via Pradamano e l’associazionismo “Nordio”), dal cui disegno emerge giuliano dalmata a Udine: ricerca un senso di rinascita, nonché ad storico sociologica tra la gente del Irina Obersnel ed Elisa Bazec (V quartiere e degli adriatici dell’esoA del “Nordio”) per «la modernità do 1945-2007 ha trattato de «Il il 2 marzo al Teatro dei Salesiani su iniziativa dello stesso Comitato triestino dell’ Anvgd e dal Cdm. La giuria era composta da Paolo Sardos Albertini (presidente), Renzo Codarin, Manuele Braico, Luigi Pitacco, Paolo Radivo e Annamaria Fabbri Bologna, con la consulenza di Federica Cocolo Relli. Per la sezione “compiti scritti” la giuria ha assegnato il primo premio ad Alessia Piazza e Francesco Parenzan, della I A della Scuola secondaria di primo grado “Guido Brunner” di Trieste, perché «attraverso domande e risposte riguardanti lo spettacolo “Quando tornaremo” hanno espresso in maniera esauriente le vicende E Campo profughi istriani e dalmati di Udine 1945-1960». L’appuntamento sabato 1° giugno presso lo spazio espositivo di Via Della Filanda 1 a Clauiano di Trivignano Udinese. Oltre all’autore, era presente l’ing. Sergio Satti, in qualità di vice presidente del Comitato Anvgd. *** COMITATO DI VENEZIA Miur, A, Usr Veneto, Seminario a Rovigno su Venezia e Istria ^ i intitola Venezia e l’Istria, storia, cultura, appartenenza il Seminario di studi tenutosi a Buie e Rovigno il 21 e 22 maggio, promosso da Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Unione Italiana, Ufficio Scolastico Regionale del Veneto-Ufficio Scolastico di Venezia in collaborazione con Regione Veneto, Provincia di Venezia, Unpli Veneto, Comunità degli Italiani di Buie, Centro di ricerche storiche di Rovigno, Comunità degli Italiani di Rovigno, Università popolare di Trieste. Destinatari: 40 Docenti delle scuole del Veneto, 40 docenti delle scuole italiane d’Istria e Fiume. Al seminario hanno preso parte le delegazioni dell’Unpli Veneto e dell’Anvgd Veneto. Martedì, 21 maggio, partenza da Mestre e visita alla Scuola media superiore italiana “Leonardo da Vinci” ed alla Scuola elementare italiana “Edmondo de Amicis”, a seguire alla Comunità degli Italiani di Buie, nella cui sede hanno portato i saluti Lionella Pausin Acquavita, presidente della Comunità degli Italiani di Buie, Edi Andreašić, sindaco di Buie, Alessandro Cuk, vicepresidente nazionale Anvgd; Maurizio Tremul, presidente Giunta esecutiva Unione Italiana, l’on. Furio Radin, presidente dell’Unione Italiana, Giovanni Follador, presidente Unpli Veneto, Claudio Tessari, assessore Pubblica Istruzione Provincia di Venezia, Daniele Stival, assessore all’Identità veneta Regione Veneto e Ivan Nino Jakovčić, presidente della Regione istriana. Sono seguite le lezioni: Ulderico Bernardi su Istria veneziana; Gianfranco Pontini su La Serenissima e Rovigno: un lungo e talvolta difficile rapporto storico; Kristjan Knez, su San Marco a Buie. Il dominio veneziano e la podesteria istriana; Lorella Limoncin Toth, su Il patrimonio artistico-culturale di origine veneta a Buie. A Rovigno il programma per la delegazione dell’ Unpli Veneto, a cura della Comunità degli Italiani di Buie, prevedeva visite ad imprese di produttori Italiani insieme a rappresentanti degli enti turistici del Buiese ed a rappresentanti delle Comunità degli Italiani del territorio. Mercoledì, 22 maggio visita al Centro di ricerche storiche di Rovigno, Saluti del direttore, Giovanni Radossi e presentazione del Crs, quindi gli interventi W^ĞŵŝŶĂƌŝŽsĞŶĞnjŝĂĞů͛/ƐƚƌŝĂ͕ ƐƚŽƌŝĂ͕ĐƵůƚƵƌĂ͕ĂƉƉĂƌƚĞŶĞŶnjĂ͕ ŝƉĂƌƚĞĐŝƉĂŶƟŝŶ/ƐƚƌŝĂ ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ǀĞƌŽŶĂĞĐŽŶŽŵŝĂ͘ŝƚͿ di Egidio Ivetić e Marino Budicin, Istria nel tempo: manuale di storia regionale dell’Istria con riferimenti a Fiume; di Alessandra Argenti Tremul Istria nel tempo, progetto multimediale del Programma italiano di TV Koper-Capodistria e del Centro di Ricerche Storiche - Rovigno, in collaborazione con l’Unione Italiana e l’Università Popolare di Trieste; di Paolo Scapinello e Stefano Antonini, Gli scambi culturali tra Veneto e Istria. Progetto Le due Rive e il concorso Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale Veneto. Successivamente Insegnare ed apprendere la cultura veneta attraverso lo studio del territorio, la lingua e l’espressività, esperienze a confronto realizzate da scuole venete e istriane inerenti alla valorizzazione della cultura e della lingua veneta e istroveneta. Le conclusioni affidate a Stefano Antonini e Norma Zani. Anche per Rovigno il programma per la delegazione dell’ Unpli Veneto, a cura della Comunità degli Italiani di Rovigno, ha previsto visite ad imprese di produttori italiani insieme a rappresentanti degli enti turistici ed a rappresentanti della Comunità degli Italiani, mentre la visita alle scuole italiane e ai monumenti storici più significativi è stata affidata alla cura degli studenti della scuola superiore di Rovigno. ;ĨŽŶƚĞǁǁǁ͘ŝƐƚƌƵnjŝŽŶĞǀĞŶĞnjŝĂ͘ŝƚ ϭϳŵĂŐŐŝŽϮϬϭϯͿ 10 ŻĚĂůůĂƉƌŝŵĂƉĂŐŝŶĂ WZ&>D/E/KZK,/͕Z/KZ/// EE/>>^KDWZ^ Adriana Martinoli, coadiuvata dalla proiezione di alcune immagini, ha tratto dai ricordi di famiglia significativi tasselli di una storia di amicizia e di speranza, comuni certo ad altri sacerdoti di quei territori, esuli anch’essi, ma che in Padre Flaminio si sono concentrate in un unico fine, il servizio ai “suoi” profughi. Marino Micich ha sapientemente ricordato gli aspetti storico-politici nella Lucia il compito di dare lettura scenica ad alcuni interventi, istituzionali e letterari, su Padre Rocchi, come il ricordo scritto da Lucio Toth nel 2003 all’indomani della scomparsa, il racconto del suo ritorno a Neresine narrato dalla scrittrice istriana Graziella Fiorentin e un testo dello stesso sacerdote che descrive con rara efficacia l’immagine dell’anziano esule confinato allora nei campi profughi. EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ dell’Istria, della Dalmazia, della Venezia Giulia gli sono stati familiari sia per i contatti che intratteneva con i religiosi e i fedeli sia per cultura storica maturata durante gli anni di studio al Seminario di Zara e poi a Bologna […] Intendo ricordare anche alcune figure pastorali di alto profilo spirituale e morale che Padre Rocchi ha conosciuto e con i quali ha condiviso il percorso sacerdotale e la fraterna vicinanza ai profughi. Nelle isole del Quarnero, come in Istria e nella Dalmazia la Fede religiosa era radicata, trovava espressione anche nei piccoli gesti e nelle corrispondenze, per l’Assistenza ai profughi giuliano-dalmati affiancando personalità come il primo presidente dell’Opera Profughi, Oscar Sinigalia e sua moglie Marcella Mayer, Aldo Clemente, segretario generale, poi presidente, promotore della creazione di istituzioni e centri di assistenza e tanti altri personaggi illustri ancora. […] Egli comunica con i profughi anche attraverso le pagine di “Difesa Adriatica” e dell’“Arena di Pola” e attraverso altri scritti spaziando da articoli riguardanti la storia dei luoghi adriatici a comunicati e notizie utili agli esuli, nonché ai resoconti e che tanto si è prodigato per noi esuli. E di questo gliene saremo sempre grati e lo ricordiamo con affetto e riconoscenza.....Anche l’Associazione delle Comunità Istriane è partecipe a questa commemorazione”». alle sintesi delle attività delle comunità istriano-dalmate» […]. Rimane toccante l’episodio dei suoi due ritorni a Neresine nel 1975, anno nel quale ebbe inaspettatamente il grande dolore dell’incomprensione delle persone rimaste a vivere lì che non lo accolsero calorosamente, e nel 1987 quando volle intimamente rivedere il luogo, ovvero il Convento di S. Francesco dove celebrò la sua prima S. Messa nel 1937 e fu ordinato sacerdote nell’Ordine dei Frati Minori. […] Padre Rocchi è stato molto più di una guida spirituale per gli esuli sparsi nel mondo» ha concluso Adriana Martinoli «[…] La sua figura è stata apprezzata da tutti, anche per questo sarà ricordato per sempre, come testimonia questo messaggio che ho ricevuto pochi giorni fa da Trieste da Licia Giadrossi a nome della Comunità di Lussinpiccolo: “[…] ti prego di portare i nostri saluti e la nostra partecipazione morale a queste cerimonie in onore del nostro presidente onorario quale egli è stato per la Comunità di Lussinpiccolo, e progressiste - ha ricordato nel suo intervento Marino Micich riferendosi all’immediato dopoguerra -. Molte menzogne venivano dette allora sul conto di un popolo incolpevole. Padre Flaminio, come la stragrande maggioranza degli esuli della prima generazione, non ha potuto salutare la legge del Giorno del Ricordo varata solo nel 2004 con una larghissima maggioranza di voti dal Parlamento italiano; bisogna però dire che Padre Rocchi ha assistito al crollo simbolico del Muro di Berlino nel 1989 e alla dissoluzione violenta della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia, uno Stato che tante sofferenze ha inferto alle popolazioni civili della Venezia Giulia, di Fiume e della Dalmazia a guerra finita. In quegli anni, non troppo lontani, in cui si sono gettate le basi per una rivalutazione e quindi per una riscoperta degli italiani dell’Adriatico orientale, Padre Rocchi, c’era ed era ben pronto ad attivarsi di nuovo per la Causa della sua gente». «Solo dopo il 1948 ci fu un intervento più deciso e articolato da parte dalle autori- L’INTERVENTO DI MARINO MICICH ͨ ra un periodo in cui le stesse associazioni degli esuli erano viste con circospezione e sospetto da diverse parti politiche, soprattutto quelle che si definivano democratiche QZŽŵĂ͕ŝďůŝŽƚĞĐĂĚĞůůĂ ŚŝĞƐĂĚŝ^͘DĂƌĐŽ͕ůĂ ƉƌŝŵĂůĞƩƵƌĂƐĐĞŶŝĐĂĚŝ ŶƚŽŶŝŽĚĞ>ƵĐŝĂ R>͛ŝŶƚĞƌǀĞŶƚŽĚŝĚƌŝĂŶĂ DĂƌƟŶŽůŝ cui cornice si è mossa nei decenni l’opera del francescano di Neresine e le oggettive difficoltà ch’egli ha saputo affrontare e superare nel nome di una giustizia quasi mai generosa verso la comunità giuliano-dalmata. Un “ricordo” di carattere giornalistico, quello di Patrizia C. Hansen che ha rievocato del frate di Lussino l’impegno quotidiano nell’assistenza fornita ai profughi e il costante dialogo con comunità e singoli, sia nell’ambito dell’Ufficio Assistenza dell’ANVGD, da lui stesso creato, sia dalle colonne di “Difesa Adriatica”. Alla voce di Antonio de Lucia il compito di dare lettura scenica ad alcuni interventi, istituzionali e letterari, su Padre Rocchi, come il ricordo scritto da Lucio Toth nel 2003 all’indomani della scomparsa, il racconto del suo ritorno a Neresine narrato dalla scrittrice istriana Graziella Fiorentin e un testo dello stesso sacerdote che descrive con rara efficacia l’immagine dell’anziano esule confinato allora nei campi profughi. Alla voce di Antonio de L’INTERVENTO DI ADRIANA MARTINOLI ͙ͨ Per oltre 50 anni è stato il punto di riferimento dei profughi italiani dell’Istria, di Fiume, del Quarnero, della Dalmazia tutta, non solo per gli incontri che intratteneva con personalità politiche e istituzionali, per la promozione di innumerevoli emendamenti legislativi, per i consigli sul da farsi, ma anche in quanto reale sostegno per i delicati problemi personali, privati. Ed è in questa sfera che emergevano la sua forza, la sua tenacia, le sue doti di grande umanità, vicinanza, partecipazione, serenità. Padre Rocchi comunicava con il cuore prima che con le parole. Ha avuto l’intelligenza di saper organizzare e coordinare assieme ad altri personaggi illustri le risorse concrete risollevando lo spirito dei profughi e facendo intravvedere loro la speranza nel futuro» ha esordito Martinoli. Ed ha proseguito: «[…] Padre Rocchi conosceva bene la storia delle chiese e dei conventi adriatici. Tutti questi luoghi e altri ancora come ad esempio nelle cartoline postali: una cartolina di Don Guido Budinich, zio di mia madre e un’altra di Don Emerico Ceci nato a Làgosta ma lussignano d’adozione. […] Padre Rocchi ha grande cultura che si estende alla storia delle terre dell’Adriatico, alla sociologia, alla filosofia, alle lettere, all’etica e agli studi prettamente religiosi. Porge particolare attenzione ai rifugiati (fa infatti parte, in qualità di presidente del Comitato di Cultura dell’Associazione per lo Studio del problema mondiale dei rifugiati con sede nel Liechtenstein, organo Consultivo dell’O e del Consiglio d’Europa). Attinge alle fonti documentali, ai testi, agli studi storici cercando di divulgarli con parole semplici e chiare. […] Padre Rocchi ha partecipato ai lavori di ben tre Commissioni interministeriali, ha promosso e sollecitato l’approvazione delle leggi a favore dei profughi dei quali ha esaminato 104 mila fascicoli, ha visto la nascita dei campi profughi e poi dei villaggi giulianodalmati costruiti dall’Opera 11 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ tà governative italiane. Padre Rocchi era presente anche in quel triste periodo pronto a spendersi per la Causa! Successivamente, con la stipula dei vari trattati tra Italia e Jugoslavia, padre Rocchi perfezionò il suo impegno passando dall’emergenza sociale a occuparsi dei problemi di carattere legislativo, ottenendo importanti risultati e lasciandoci il suo famoso libro dedicato alla storia dell’esodo dei 350.000 istriani, fiumani e dalmati, opera che per moltissimi anni rimase ineguagliata per la grande mole di dati e informazioni in essa raccolte». ti, vittime di una politica ingiusta e antidemocratica da parte del regime comunista jugoslavo di Tito, da una condizione di povertà generica e a farli dichiarare, con decreto prefettizio, una “comunità giuridicamente protetta» attraverso il riconoscimento della qualifica di «profughi di guerra”». Non meno impegnato fu Padre Flaminio nella conservazione della memoria delle Foibe. «Accanto a questo grande lavoro legislativo - ha rimarcato il segretario generale della Società di Studi Fiumani - Padre Rocchi ha portato sempre avanti con sti non sta a me continuare a ricordarlo nel dettaglio, poiché andrebbe ben oltre i fini di questa giornata commemorativa voluta dalla famiglia Rocchi […]. Le opere svolte in tantissimi anni parlano da sole». L’INTERVENTO DI PATRIZIA C. HANSEN ^ ul rilancio della storica “Difesa Adriatica” si è soffermata Hansen, quando «[…] uscita costantemente sin dal 1947, nel 1991 interruppe le sue pubblicazioni per decisione della presidenza numero della nuova “Difesa”, del maggio 1994 - ha proseguito Hansen - a proposito dei tre anni di silenzio del giornale, così scriveva: “[…] L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia diventò muta e perse gran parte del suo peso politico presso le autorità centrali e periferiche. […] «”Difesa” è stata uno strumento indispensabile per il mio lavoro per quasi cinquant’anni. Ho riportato tutti i provvedimenti legislativi, ne ho precisato i termini di scadenza ed ho fornito le relative istruzioni. […]. “Per queste ragioni - spiegava nella sua nota - mi sentito di donare all’Associazione la Sede di Via Leopoldo Serra, la prima di proprietà, acquistata grazie alle risorse messe da parte per anni proprio nell’intento di darle una ubicazione certa e una riserva patrimoniale per ogni evenienza nel futuro». «Mi sorprese […] la sua capacità di correlarsi con le diverse funzioni del Ministero, di muoversi per i corridoi, le stanze, le segreterie, le direzioni, con intelligenza ed un opportuno mix di diplomazia e di fermezza. […] Quanti già lo conoscevano avevano imparato come quel rispettoso e felpato frate era sono addossato l’onere della sede, dell’organizzazione del giornale, e, con l’aiuto di amici e della mia famiglia, l’onere finanziario dei primi numeri”». […] Già su quel primo numero Padre Rocchi pubblicava un primo lungo elenco di indennizzi non riscossi per irreperibilità dei titolari o dei loro eredi, e tutte le istruzioni per presentare le domande in base alla recente (allora) legge promulgata, la n. 98 di quello stesso anno, il ‘94, che riapriva i termini per la presentazione delle domande di indennizzo. Dal numero successivo, di giugno, Padre Flaminio iniziò la pubblicazione degli elenchi delle pratiche discusse nel corso delle sedute della Commissione interministeriale che avrebbe continuato a seguire sino a poco prima della suo ricovero e della sua scomparsa. E dal numero di ottobre aprì la sua rubrica «Padre Rocchi risponde» […]. Per tutti ha avuto una risposta, pubblica se consentito dall’argomento, privata altrimenti […] ». «[…]. Quel lavoro che, non dimentichiamo, gli ha con- in realtà un combattente nato, un interlocutore tosto e autorevole, inamovibile nella tutela delle istanze degli esuli e pieno di risorse nelle argomentazioni a supporto delle ragioni dei profughi. […] Non esitava, quando la diversità di opinioni era forte e un irrisorio indennizzo veniva posto in discussione, ad alzare la voce pur sapendo di doversi mantenere all’interno delle norme che disciplinano la materia e che egli stesso, tra l’altro, per decenni ha promosso e seguito […]. Non si lasciava intimidire e per questo si era guadagnato da sempre la stima dei funzionari e dei dirigenti più intelligenti […]. Fu invece pienamente con i “suoi” profughi il 10 febbraio 1997, quando a Roma, nella basilica di Santa Maria degli Angeli celebrò la funzione liturgica nel cinquantenario dell’esodo in una chiesa gremita, avendo alle sue spalle tutti i labari delle associazioni e dei liberi Comuni in esilio. Un Giorno del Ricordo ante litteram». Q>͛ŝŶƚĞƌǀĞŶƚŽĚŝ DĂƌŝŶŽDŝĐŝĐŚ RůĐƵŶŝƉĂŶŶĞůůŝ ĚĞůůĂŵŽƐƚƌĂ ĂůůĞƐƟƚĂŶĞůůĂ ŚŝĞƐĂĚĞŝ^ĂŶƟ YƵĂƌĂŶƚĂŝŶ dƌĂƐƚĞǀĞƌĞĂ ZŽŵ͕ĚŽǀĞWĂĚƌĞ &ůĂŵŝŶŝŽǀŝƐƐĞƉĞƌ ŽůƚƌĞƋƵĂƌĂŶƚΖĂŶŶŝ «Nei primi anni del secondo dopoguerra - ha proseguito Micich -, terminato il suo compito di cappellano militare, Padre Rocchi insieme ad altri esponenti giuliano-dalmati si batté presso politici e nelle sedi ministeriali competenti affinché si attivassero tavoli di lavoro adeguati per la soluzione delle gravi questioni che pendevano, come la spada di Damocle, sulla testa delle popolazioni civili della Venezia Giulia. Padre Rocchi, pur avendo contatti frequenti con i primi Comitati giuliani sorti sin dal 1944, iniziò a dedicarsi dalla seconda metà del 1947 in poi, con l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e con l’apporto di altre realtà associative dell’epoca tra cui il Comitato di Liberazione Nazionale Istriano (C), alla causa dei profughi giuliani e dalmati. Egli contribuì, non senza difficoltà, a tirar fuori i profughi giuliane e dalma- cristiana pietà e argomentazioni storiche, la battaglia per denunciare i crimini delle foibe, fornendo più documentazione possibile a riguardo e battendosi affinché le foibe in territorio italiano di Monrupino e di Basovizza fossero dichiarate monumento nazionale». E sempre «Padre Rocchi d’intesa con l’A si è battuto affinché nei documenti personali dei profughi non apparisse la scritta nato in Jugoslavia oppure favorendo la comunicazione dell’I del 1999, che conferiva un codice a ogni Comune allora italiano della parte di Venezia Giulia ceduta agli jugoslavi per togliere la sigla JU. Quanto poi è stato fatto per la collocazione al lavoro di oltre 62.000 esuli, per facilitare l’assegnazione di alloggi e l’estenuante opera svolta per la soluzione della questione degli indennizzi per i beni abbandonati e per la loro restituzione nei casi previ- di allora e in considerazione di una sfavorevole congiuntura economica. […] Era per lui, questa sospensione sine die della pubblicazione […], un cruccio fortissimo: sapeva bene che se si fosse spezzato quel filo connettivo con gli esuli la sopravvivenza stessa dell’Associazione sarebbe stata messa in serio rischio. Ed aveva perfettamente ragione […]. La sua iniziativa di rilanciare il giornale a sue spese ebbe subito ottimi e incoraggianti riscontri: l’investimento nella stampa e nella spedizione del giornale si rivelò un successo, anzitutto perché tramite “Difesa” egli poteva nuovamente raggiungere un ampio numero di esuli in Italia, informarli e sollecitarli […]». «Teneva molto alla “Difesa”, alla quale aveva affidato tutta la sua speranza di recuperare all’Associazione quelle migliaia di esuli rimasti senza uno strumento di informazione e di connessione tra comunità, e a quel tempo l’unica fonte di risorse per l’Associazione stessa e per molta parte della sua attività assistenziale. […] Sul primo 'ůŝŝŶƚĞƌǀĞŶƟŝŶƚĞŐƌĂůŝƐƵ ǁǁǁ͘ĂŶǀŐĚ͘ŝƚ 12 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ RASSEGNA STAMPA STORIA Due giorni a Gorizia in compagnia dei banditi “la Voce del Popolo”/25 maggio 2013 > e rivolte del Cinquecento in Friuli, Carinzia e Istria hanno aperto ieri a Gorizia il Festival èStoria, quest’anno dedicato ai “Banditi”. Nel contesto dello scontro tra Austria e Venezia nel XIV secolo, alcuni ospiti sono stati chiamati ad individuare […] cause, percorsi e risultati delle sommosse contadine. […] Il fenomeno riguardava una vastissima area, per quanto i fatti più importanti avvenissero […] nella zona Alto-Adriatica, nella Carniola, nelle terre croate e istriane e in Friuli. Quanto alle cause delle sommosse, erano principalmente di carattere socio-economico, ma vertenti in particolare sulle questioni della giustizia e dei diritti dei contadini. […] L’intervento militare era l’ultima ratio. In questo processo c’era una collaborazione tra Austria e Venezia, sul fronte degli arresti e delle carceri. Darko Darovec ci porta invece nello specifico sulla sponda orientale dell’Adriatico ed esordisce ritrovando nelle identità nazionali slovena e croata le tracce dei movimenti politici contadini. Lo storico trova poi nello strumento della lotta di classe, tirata in ballo spesso negli studi storici del dopoguerra, un parallelismo, anche forzato, con l’epoca del banditismo e delle rivolte contadine. Insomma, un mix di marxismo e nazionalismo. […] I veneziani tentarono in vari modi di ostacolare il diffondersi del banditismo; negli ultimi decenni del XVII secolo i contrabbandieri erano spesso condannati a prestare servizio come rematori sulle galee o a lavorare nell’edilizia. Inoltre, la Serenissima introdusse la cosiddetta cerna, o černida: un esercito contadino arruolato a forza per proteggere il Paese. […] ŵĂŶƵĞůĂDĂƐƐĞƌŝĂ *** Tito, personaggio tra Scilla e Cariddi “la Voce del Popolo”/29 maggio 2013 risultato essere poco il tempo trascorso lunedì sera con i professori Mario Mikolić e William Klinger, autore quest’ultimo del volume Il terrore del popolo: storia dell’Ozna, la polizia di Tito (Italo Svevo Editore, Trieste 2012), presentato a docenti e studenti del Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi “Juraj Dobrila” di Pola. […] L’Ozna, come si è trovato a dire anche Mario Mikolić, ex diplomatico, docente, autore di saggi sulla nuova storia dell’Istria e grande intenditore presenza veneziana e austriaca è la pacifica convivenza tra etnie diverse: gli italiani, prevalentemente concentrati nelle città della costa, e gli slavi, numericamente più consistenti nell’entroterra, convivono senza tensioni. Ci sono matrimoni misti, scambi commerciali, tanti momenti comuni. I problemi sorgono sul finire dell’Ottocento, quando la nascita di una borghesia slovena e croata porta ai primi contrasti con la borghesia italiana irredentista, e si aggravano negli anni Venti del Novecento, quando l’Istria e la Dalmazia diventano Italia e, contemporaneamente, la marcia su Roma porta al potere il fascismo. Le esasperazioni nazionaliste del regime negano i diritti delle minoranze e le autonomie linguistiche e culturali rispettate da Venezia e da Vienna sono sostituite dall’italianizzazione forzata; nel 1941, l’invasione del regno di Jugoslavia da parte delle truppe italo-germaniche infligge un colpo ulteriore, creando divisioni, sospetti e guerra là dove c’era stata collaborazione. L’ultima parte del volume di Scandaletti è dedicata al momento più drammatico della storia istriano-dalmata, il 1945. Nel momento in cui termina il conflitto mondiale, il movimento di liberazione del maresciallo Tito, ispirato all’ideologia nazionalcomunista, occupa il confine nordoZŽƐĂŶŶĂDĂŶĚŽƐƐŝĞŶēŝđ rientale dell’Italia e inizia una pulizia etnico-politica tanto rapida quanto drammatica. L’obiettivo è *** preciso: eliminare quanti possono Istria e Dalmazia, dall’antica difendere l’italianità dell’Istria e della Dalmazia e assicurarne l’anRoma fino all’esodo nel nessione alla nuova Jugoslavia cosaggio di Scandaletti munista. Di qui i “desaparecidos” www.ilpiccolo.it / 8 giugno 2013 uccisi e gettati nelle foibe, i giorstria e Dalmazia sono ter- ni di terrore di Trieste diventata re antiche, […] sono terre “Trst”, le stragi a Pisino, a Fiume, di confine, frontiera fra i mon- a Buie, la paura che attraversa la di latino, germanico e slavo, tra comunità italiana nei villaggi e l’Oriente musulmano e l’Occi- nelle cittadine. Scandaletti ricostruisce le vidente cristiano, tra la Mitteleuropa danubiana e il bacino adriatico cende con un’intensità emotiva di Venezia. E se “confine” signifi- che introduce all’esito finale: i ca spesso lotta politica e tensione 346.440 italiani che tra la primamilitare, altrettanto spesso rap- vera 1945 e la metà degli anni ’50 presenta un’opportunità di scam- lasciano la Venezia Giulia, l’Istria bio, di reciproche influenze, tal- e la Dalmazia e si disperdono nei volta di virtuosa osmosi culturale. 109 campi profughi allestiti nella Storia complessa, dunque, che penisola; non emigranti che fanattraversa i secoli ricca di eventi e no un investimento sul futuro, ma profughi che abbandonano di contraddizioni. Paolo Scandaletti affronta ciò che hanno perché lì, oltre l’argomento con padronanza del- confine, non vedono più futula tematica e ne propone un esau- ro. E così l’Istria e la Dalmazia si riente affresco nel libro è “Storia svuotano di una presenza che ne dell’Istria e della Dalmazia” (Edi- ha caratterizzato secoli di storia. zioni Biblioteca dell’Immagine, 'ŝĂŶŶŝKůŝǀĂ pagg. 234, euro 14). […] Nel 1797, con il trattato di CampoISTRIA, QUARNERO, formio, tutto il territorio che era DALMAZIA stato la libera repubblica di Venezia viene ceduto da Napoleone Esuli e rimasti insieme all’Austria. Al di là delle alternan- impegnati a costruire ze di poteri statali, il denomina- l’Europa adriatica tore comune dei lunghi secoli di “la Voce del Popolo”/29 maggio 2013 di rapporti internazionali, venne fondata nel maggio 1944 e fu un apparato informativo e di sicurezza jugoslavo, caposaldo del sistema di potere di Tito. Il quale perseguì, attraverso questo organismo in ultima analisi repressivo, il suo progetto politico. […] «Il vero nodo del problema» è quanto aveva detto Klinger sulla strategia e tattica dello statista all’epoca dell’Ozna, in un’intervista rilasciata al nostro giornale, «era l’opposizione di Tito nei confronti della tattica dei fronti popolari di Stalin. Dalla mia ricerca ho appurato che in effetti solo i comunisti sloveni vi si attennero, fondando un fronte popolare, l’Osvobodilna Fronta. Avendo un’organizzazione di fatto indipendente dal comando di Tito provvista anche di un apparato proprio di sicurezza e repressione (il “Vos”), Tito dovette faticare non poco per subordinare la dirigenza slovena al suo comando» […]. «La situazione si risolse solo dopo che nel febbraio 1944 Stalin riconobbe la supremazia di Tito su tutto il teatro operativo jugoslavo» […]. Alfine, c’è da dire che a Belgrado c’è il Fondo archivistico segretato, dal quale potrebbero scaturire altre informazioni, anche se «in realtà» aveva ancora dichiarato l’intervistato «moltissima documentazione di Tito e degli organi centrali del partito durante la guerra partigiana è stata già pubblicata». […] / h n commovente ricordo del compianto Roberto Starec e un’occasione per riflettere su come riprendere un rapporto di collaborazione avviato quasi vent’anni fa dal Centro di Ricerche storiche di Rovigno e dall’Istituto regionale per la Cultura istriano-fiumano-dalmata di Trieste, ma poi non sviluppato, non sfociato in ulteriori iniziative comuni. Si era cominciato con la coedizione di un volume (il “Dizionario storico fraseologico del dialetto di Capodistria” del 1995, di Giulio Manzini e Luciano Rocchi) e si riparte simbolicamente con un altro libro, o meglio con la copresentazione dell’opera postuma di un autore scomparso prematuramente nel maggio di un anno fa, che ha lavorato con e per conto di entrambi gli istituti. Grande partecipazione di pubblico al Civico Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata, per la corposa monografia “Pietra su pietra. L’architettura tradizionale in Istria” (n. 34 della Collana degli Atti del C, 2012), di Roberto Starec; in sala pure la vedova Silva e la figlioletta Flora, tanti amici e compagni di studi e di lavoro. […] A illustrare la pubblicazione a Trieste, a distanza di sei mesi dalla serata di promozione in Istria, a Pisino, sono stati il direttore del CRS, Giovanni Radossi, lo storico Rino Cigui e Gian Paolo Gri, antropologo e studioso di storia e cultura friulana. Alla presidente dell’IRCI, Chiara Vigini, il compito di aprire l’incontro. […] Commosso, Piero Delbello, direttore dell’I, amico di Starec […]. Il direttore dell’I e vicepresidente dell’Università Popolare di Trieste ha accennato agli esordi della cooperazione I - C, sempre supportata dall’U (in sala, tra il pubblico, pure il direttore generale Alessandro Rossit, e l’ex presidente dell’ente morale triestino, Luciano Lago) […]. Giovanni Radossi si è soffermato sul valore di “Pietra su pietra”, saggio che ci regala il quadro di un’Istria in cui il patrimonio della cultura tradizionale, elaborato da generazioni di contadini, pescatori e artigiani nel corso di una vicenda secolare, è stato progressivamente intaccato e messo in crisi dalle trasformazioni socio-economiche prodotte dall’incalzare degli eventi politici che hanno trasformato il volto etnico e linguistico della regione. Esodo, modelli successivamente imposti, sviluppo tecnologico non sono tuttavia riusciti a cancellare l’eredità. […] Partendo dalla consapevolezza del loro ruolo fondamentale nella salvaguardia e conservazione del patrimonio di queste terre, Paolo Radivo ha invitato le associazioni degli esuli a impegnarsi su un fronte comune, mentre per Walter Macovaz, chiedendosi perché figli e nipoti “non ci seguano” sulle orme di questa grande tradizione e civiltà, ha concluso che sarebbe fondamentale cambiare “la nostra percezione e i nostri modi di agire”, arrivare nelle scuole, a tutti i ragazzi, a prescindere dalle loro origini, e non solo a quelli di “pura razza profuga”. Solo così avremo un domani. /ůĂƌŝĂZŽĐĐŚŝ *** Un albergo “diffuso” ricavato a Dignano nelle case degli esuli “Il Piccolo” / 3 giugno 2013 h n albergo diffuso ricavato dalla ristrutturazione delle vecchie case pericolanti nel centro storico, un tempo appartenute agli esuli e poi nazionalizzate. L’idea è del sindaco Klaudio Vitasovic che vorrebbe trasferire in questa cittadina istriana quanto visto in Italia dove, sostiene, gli alberghi diffusi stanno facendo tendenza nell’offerta turistica. Vitasovic proporrà questa sua iniziativa al nuovo Consiglio municipale, quello scaturito dalle elezioni locali del 19 maggio scorso. Però tra il dire e il fare ci sono delle famiglie Rom insediatesi abusivamente nelle case in parola. Erano gli anni 60 - 70 dello scorso secolo quando il regime comunista vedeva di buon occhio e addirittura favoriva l’immigrazione di famiglie di etnia bosniaca, musulmana e anche Rom, pur di modificare il quadro demografico che all’epoca era in massima parte italiano. Alcune famiglie se ne sono andate dopo l’ingiunzione di sfratto, altre invece oppongono forte resistenza accusando di crudeltà il sindaco e tentando di sensibilizzare l’opinione pubblica verso il loro problema. […] Dignano ha avviato il procedimento di sfratto nei confronti di 14 famiglie, due delle quali se ne sono andate subito di propria volontà. Per altre 8 il tribunale ha sentenziato lo sfratto definitivo, 2 casi sono oggetto di ricorso e altri 2 attendono la sentenza di primo grado. […]Alla linea dura del sindaco Vitasovic ha reagito Ibrahim Punuskovic, il presidente del Centro culturale dei Rom dell’Istria. «I fondi europei - ha detto - stanziano notevoli mezzi per i Rom per cui invito le istituzioni dello stato a fare il loro dovere per fermare gli sfratti». Ɖ͘ƌ͘ 13 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ «Caro Napolitano, lavoriamo per l’Adriatico riunificato» “Il Piccolo” / 5 giugno 2013 ͨ aro Presidente, si aprono nuove prospettive per questa parte d’Europa: l’imminente entrata della Croazia nell’Unione Europea sollecita, da parte nostra, una riflessione e una prospettiva di lavoro diversa dal passato perché l’Adriatico fra pochi mesi sarà riunificato. Se pensiamo alla storia del ’900, ciascuno di noi si rende immediatamente conto di quello che ciò significa: per gli Stati e per le popolazioni». Lo scrivono, rivolgendosi direttamente al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, Renzo Codarin Chiara Vigini e Manuele Braico, rispettivamente presidente della Federazione Esuli, dell’Irci e dell’associazione Comunità Istriane. «Ci rivolgiamo a Lei - si legge nel testo - perché conosciamo bene l’impegno e la passione civile che ha accompagnato il suo lavoro anche per queste regioni e lo ha fatto in nome di un patriottismo repubblicano, intimamente europeista, che è una tradizione ben radicata in queste terre». «Gli istriani, fiumani e dalmati - continuano i tre esponenti - intendono essere in questo processo di “costruzione” europea parte attiva, per storia, conoscenza, amore, per il legame profondo che continuiamo ad avere con queste contrade che le vicende storiche hanno così drammaticamente segnato: non un peso dunque per l’Italia, né un rimorso degli italiani nei confronti di popolazioni che hanno pagato con i loro beni e i loro ideali le follie dei totalitarismi». «Gli incontri che ci sono stati e i documenti sottoscritti in quelle occasioni dai Presidenti di Croazia, Slovenia e Italia concludono Codarin, Vigini e Braico - testimoniano i progressi che gli Stati e le popolazioni di queste regioni hanno saputo realizzare». Di qui i finali «auguri di buon lavoro con riconoscenza per ciò che ha fatto e per ciò che sta facendo». CULTURA Tasselli di dialogo tra due città «imperiali» “la Voce del Popolo”/24 maggio 2013 Z avenna è un’antica città sulla costa settentrionale dell’Adriatico che millecinquecento anni fa è stata capitale dell’Impero romano d’occidente, poi di Teodorico, primo re dei Goti, e quindi anche di Bisanzio in Europa. Spalato è un’antica città sulla costa orientale dello stesso mare, che più di millesettecento anni fa un imperatore romano l’illirico Diocleziano, nato in Dalmazia, forse a Salona - scelse come suo luogo di ritiro dopo l’abdicazione (e dove si è spento alla fine del 311) e che successivamente è divenuta la capitale formale del Regno di Croazia e Dalmazia in età altomedievale. Ora, dalla sponda ovest a quella est giungono magnifici tasselli di un inestimabile patrimonio, […] approdano ora anche nel capoluogo dalmata i mosaici antichi di Ravenna, protagonisti di una mostra che, per celebrare la Festa della Repubblica Italiana e l’imminente ingresso della Croazia nell’Unione europea, viene organizzata dal Consolato d’Italia a Spalato, in collaborazione con il Comune di Ravenna, il Museo dei Monumenti archeologici croati e la Città di Spalato. […] Va detto che si tratta delle copie dei mosaici antichi, oggi di proprietà del Comune di Ravenna. […] Gli esposti riproducono le decorazioni musive dei sette monumenti ravennati sotto tutela dell’Unesco: San Vitale, Galla Placidia, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, Sant’Apollinare Nuovo e in Classe, la Cappella Arcivescovile, patrimonio dell’umanità dal 1996 (di cui fa parte anche il Mausoleo di Teodorico, unico monumento privo di decorazione musiva). […]Infatti, i mosaici di Ravenna sono la prova di relazioni e contatti artistici e religiosi instaurati in un periodo importante della storia della cultura europea, e proseguiti nei secoli. Oggi Ravenna ha intenzione di riproporsi in un ruolo centrale con la candidatura a capitale europea della cultura 2019 […]. sfrontalieri, una zona industriale ecosostenibile. Idee, tante belle idee: purtroppo, in tempi di crisi pesantissima, tutte queste proposte sono rimaste pure e semplici esercitazioni di stile. […] Abbiamo fatto un nuovo sopralluogo e abbiamo constatato che quell’area sta invecchiando precocemente. Il colpo d’occhio è di una tristezza assoluta […]: due volte al mese, poi, è la sede del mercato degli ambulanti e occasionalmente ospita una parte del luna park della fiera di Sant’Andrea, i tendoni del circo, concerti e manifestazioni motoristiche come gimkane e altre competizioni di abilità più che di velocità. L’ultimo exploit fu il Festivalshow che vivacizzò quell’area. Inoltre, «le iniziative edilizie - si legge in una vecchia relazione del Comune di Gorizia - si sono affiancate e sovrapposte in maniera disordinata, in particolare per quanto riguarda i due piccoli condomini costruiti nella seconda metà del Novecento ed eretti nel bel mezzo del piazzale senza riguardo alcuno del suo utilizzo». Non bastasse ciò, il vecchio negozio di abbigliamento è diventato un rifugio per i barboni. […] Bragagnolo, presidente di Pasta Zara, sorprende ancora. Forte di numeri che proiettano la sua impresa come la prima per esportazione e la seconda per produzione dopo la Barilla, il numero uno di Pasta Zara vuol partire proprio dal territorio provinciale triestino per raggiungere il suo sogno: passare dalle 250 mila tonnellate prodotte nel 2012, a quota 400 mila, entro il 2018. […] In termini pratici significa che Pasta Zara offrirà 50 nuovi posti di lavoro. Agli investimenti per l’aumento della produzione si affiancheranno quelli per aumentare gli spazi di stoccaggio e per rafforzare l’export, già oggi punto di forza di un gruppo che vende il 92% del prodotto fuori confine, in 101 paesi. L’azienda punta a conquistare nuovi mercati, specie ai Paesi dell’ex Unione sovietica, quali Uzbekistan, Tagikistan e Kazakistan. Per fare ciò il primo esportatore di pasta del nostro Paese intende investire complessivamente 60 milioni di euro. […]. ZŝĐĐĂƌĚŽdŽƐƋƵĞƐ &ƌĂŶĐĞƐĐŽ&ĂŝŶ *** ATTUALITÀ Meno eletti e pochi soldi. Anche la Croazia affondata Roma chiude la sede PdL dai titoloni a Trieste www.balcanicaucaso.org 29 maggio 2013 h na campagna stampa contro la Croazia? È quello che si chiede il portale in bosniaco della Deutsche Welle. Nel testo vengono riportati alcuni dei titoli cubitali e allarman/ůĂƌŝĂZŽĐĐŚŝ ti della stampa tedesca, primo fra tutti il tabloid Bild. Ad un mese dall’ingresso della Croazia nell’Ue, il quotidiano tedesco tiNORD EST D’ITALIA tola: “L’ Ue affonderà qui i nostri Gorizia, troppi progetti, prossimi miliardi?”, sullo sfondo Casa Rossa abbandonata una baia color turchese della costa croata. Quasi tutta la stampa te“Il Piccolo”/ 27 maggio 2013 desca - continua la Deutsche Weln anfiteatro immerso le - riporta dati allarmanti sulle nel verde che sarà col- condizioni economiche in cui legato, attraverso un ponte in versa Zagabria. […] Il presentare legno, al parco dell’ex seminario. la Croazia come la futura “tomE poi parcheggi, tracciati ciclabi- ba” d’Europa non fa che cavalcali da mettere in connessione con re un euroscetticismo crescente e quelli già realizzati a Nova Gori- ricalcare i titoloni sulla Grecia di ca, diverse aree attrezzate. Questo qualche tempo fa e Bild lo espliciprevedeva, in soldoni, uno dei ta chiedendosi se la Croazia sarà progetti di “Spazio giovani alla la prossima Grecia o la prossima frontiera” […]. Si parlò di un Cipro. […] impegno economico dai 700mila agli 800mila euro che dovevano *** essere scovati attraverso il Gect, il Gruppo europeo di cooperazione Pasta Zara si allarga, 50 territoriale. […] Ecco Casa rossa assunzioni a Trieste diventare un centro sportivo e “Il Piccolo” / 30 maggio 2013 commerciale, un parco con tanti alberi, la stazione della metropoliogliamo crescere tana leggera, un centro culturale e ancora, questa è crocevia di impianti sportivi tran- la mia ricetta alla crisi». Furio h ͨs “Il Piccolo” / 3 giugno 2013 Y uando si dice piove sul bagnato. Come se non bastasse l’ultima batosta elettorale dello scorso aprile, che ha ridotto da quattro a uno il numero dei consiglieri regionali nostrani, per il Pdl triestino arriva un’altra doccia fredda. I vertici romani del partito hanno deciso di chiudere la sede triestina dei berlusconiani situata in piazza Sant’Antonio 6. Una decisione presa nell’ambito del contenimento dei costi della politica attuato su scala nazionale. In regione saranno obbligate a chiudere i battenti nei prossimi mesi anche le roccaforti Pdl di Gorizia e Pordenone. Si salva dunque dalla mannaia taglia-costi solo la sede di Udine. […]. La sede Pdl di piazza Sant’Antonio (i locali sono di proprietà della comunità serbo-ortodossa) conta 161 metri quadri ed era stata inaugurata poco più di due anni fa, nell’aprile del 2011 […]. La mette su un piano più squisitamente filosofico Bruno Marini, unico superstite Pdl in consiglio regionale. «L’attuale sede era sovradimensionata rispetto alle reali esigenze del partito e poi si era venuta a creare una situazione insostenibile economicamente dopo la disfatta della tornata elettorale - chiosa Marini -. Siamo tutti d’accordo con i tagli della politica, ma qui si rischia davvero di esagerare e di uccidere la stessa democrazia che senza i partiti non può sopravvivere». […]. WŝĞƌƉĂŽůŽWŝƟĐŚ *** La Croazia europea a rischio sanzioni “Il Piccolo”/ 5 giugno 2013 roazia, appena entrata nell’U e subito “bocciata” da Bruxelles. Potrebbe essere questo il destino di Zagabria, il prossimo primo luglio. Un destino, ha rivelato ieri l’agenzia di stampa Reuters, provocato dalle pessime condizioni di salute del prossimo 28esimo membro dell’Unione. Unione che, ha specificato Reuters, potrebbe - quasi contemporaneamente all’adesione di Zagabria - aprire «misure disciplinari» contro la Croazia a causa del deficit e del debito pubblico in crescita costante. La previsione è corroborata dai contenuti di un documento di lavoro della Commissione europea, pubblicato a fine maggio, che mette a nudo i punti deboli dell’economia croata. Economia che «continua a dibattersi in una recessione» che proseguirà almeno fino al 2014 e che dura ormai da cinque anni. […].E leggendo tra le righe si comprende che Zagabria potrebbe […] entrare nell’U e al contempo venire iscritta tra i Paesi sotto osservazione a causa del deficit superiore ai parametri europei, ossia «il 3% di rapporto deficit/Pil e il 60% di rapporto debito pubblico/Pil». Nel caso in cui uno Stato membro sfori la soglia prevista per il disavanzo, dall’Unione scatta la procedura per disavanzo eccessivo», ricorda la Commissione. […]. E potrebbe essere questo il di verdetto per Zagabria. Difficile infatti che in poche settimane la Croazia riesca a tornare a essere virtuosa, evitando l’onta della procedura d’infrazione. E per Zagabria si prospettano anche anni di scelte lacrime e sangue, come suggerito dalla Commissione. Zagabria che dovrà aumentare le tasse, si legge nel rapporto, «combattere evasioni e frodi fiscali», abbandonare ogni velleità di sostegno alle grandi imprese pubbliche, «altamente indebitate e a rischio per le finanze statali», leggi nuove privatizzazioni, migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione e agire contro «la rigidità del mercato del lavoro». ^ƚĞĨĂŶŽ'ŝĂŶƟŶ dƵƩĞůĞEĞǁƐĞůĂZĂƐƐĞŐŶĂ ŝŶƚĞŐƌĂůŝĞĂŐŐŝŽƌŶĂƚĞƐƵ ǁǁǁ͘ĂŶǀŐĚ͘ŝƚ 14 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ ENGLISH The “House of Remembrance” in Rome, an example of civilization President Ballarin’s statement The “House of Remembrance” of the Exodus from Istria, Fiume and Dalmatia, the first of its kind in Italy, has its headquarters in Via San Teodoro in Rome, near the Roman Forum, “Maintaining a promise to keep our historical memory alive”: this is the goal of the Roman city Administration which, on June 6th, presented the ANVGD and the Fiume Studies Society with the keys to the new headquarters in via di San Teodoro, in the historic of Remembrance, the first of its kind in Italy, is an example of civilization, and it is no coincidence that this work was created in the city of Rome, which founded its own civilization while maintaining respect for the human person, and the welcoming of diversity, tolerance, and integration, as the basis for possible human progress. Entering the tenth year since the adoption of Law 92 of 2004 for the Day of Remembrance, this House pays tribute to the immense suffering of a people that in time found a home physically distant from the first centers of the epoch-making exodus; this city, with its big heart, was able to give hope to many, and allowed for the reconstruction of human dignity, which had been offended and humiliated by ethnic cleansing. The newly-established House of Remembrance is an example of how Memory should not be just a vague sentiment, but something concrete, capable of establishing guidelines for the full development of human potential, where the terrible events of the past have no place in the future. That is why this House assumes a status that was neither local nor regional, but global. This is why the story of the exodus, the foibe, and the persecution of an entire populus, all of which lasted well beyond the end of the War, is not a story about ‘some’, but rather it involves our entire nation. And for all this, we thank our Mayor Alemanno and the entire City Council. We thank them for being close to the JulianDalmatians, and for having the desire to elevate a story that concerns the whole of Italy, as it should be, every province and every town, beginning with its splendid capital. Embracing a shared history, learning the profound lessons it teaches us, transferring that knowledge to the new generations, we will be able to build a civilization permanently strong, free and fair, in which truth and harmony will console the hearts of those who have suffered, remembering the souls of those who died in oblivion and who suffered through their losses and to look to the future without rancor and with the right perspective, so that this people can find its identity, step by step. ŶƚŽŶŝŽĂůůĂƌŝŶ Remembering Father Flaminio Rocchi, ten years after his passing d WZŽŵĞ͕ƚŚĞƉůĂƋƵĞĂƚƚŚĞĞŶƚƌĂŶĐĞ ŽĨƚŚĞ,ŽƵƐĞŽĨDĞŵŽƌLJ center of Rome. Among those present were Antonio Ballarin, national president of the ANVGD, Donatella Schürzel, ANVGD Chair for the Province of Rome, Amleto Ballarini, president of the Fiume Studies Society, and Marino Micich, director of the Historical Museum of Fiume. The inauguration was reached, therefore, through a long but fruitful commitment that involved the administration of the city of Rome and the associations of the exiles. The last act in pursuit of this goal took place in February, when there was celebrated in the Capital, in the Julius Caesar Hall, the ninth annual Day of Remembrance of the Martyrs of the Foibe and the Julian-Dalmatian Exodus. On this occasion, an agreement of understanding was signed, by Rome mayor Alemanno, the ANVGD and the Fiume Studies Society for the establishment of the House of Remembrance. Below is the press release issued on June 7 by ANVGD President Ballarin. d he House of Remembrance promised by Mayor Alemanno at the beginning of his mandate during his visit to the Julian-Dalmatian Quarter of Rome, on November 7, 2008, has become reality. The establishment and implementation of the House en years after his death in Rome, the figure of Father Flaminio Rocchi was recalled on June 6 with an initiative launched by his family, together with Adriana Martinoli, Patrizia C. Hansen and Marino Micich. In the Library of the Church of San Marco in the Julian-Dalmatian Quarter of Rome, this group evoked the Franciscan friar’s personality and commitment: for fifty years he devoted himself entirely to the care of refugees. With different “takes”, the three speakers shared with the public their experiences and memories, being able to give a well-articulated and integral portrait of Father Flaminio. Adriana Martinoli, assisted by the projection of some images, drew from family memories significant moments of friendship and hope, some common to other Julian-Dalmatian priests as well, refugees themselves, but certain qualities were concentrated in Father Flaminio in one goal: service to “his” refugees. Marino Micich recalled the historical and political aspects in the framework of which has moved in the decades the work of the Franciscan from the town of Neresine, and the objective difficulties he faced and overcame in the name of justice that was rarely generous to the community of Julian and Dalmatian refugees. “Memory” from a journalist’s point of view was provided by Patrizia C. Hansen, who recalled that the friar from the island of Lussino had a daily commitment to refugee assistance, and the continuing dialogue with communities and individuals, both within the Support Office of the A, which he created, as well as in the pages of the “Difesa Adriatica” newspaper. Antonio De Lucia had the task of reading out some speeches, both institutional and literary, on Father Rocchi, such as the memoir written by Lucio Toth in 2003 after Father Rocchi died, the story of his return to Neresine narrated by Istrian writer Graziella Fiorentin, and a text of his own which describes with rare efficiency the image of the elderly exile confined in refugee camps. “[...] For more than 50 years he has been the benchmark of Italian refugees from Istria, Fiume, the Quarner Gulf and all of Dalmatia, not just because of the meetings he had with political and institutional leaders and for the promotion of countless amendments and legislation, for advice on what to do, but also as a real support for delicate personal problems” said, among other comments, Adriana Martinoli. “And it is in this sphere that his strength, his tenacity, his qualities of great humanity, closeness, sharing and serenity all emerged. Father Rocchi communicated more with his heart than with the words. He had the intelligence to know how to organize and coordinate practical resources together with important people, lifting up the spirit of the refugees and giving them a glimpse of hope for the future”. W&ĂƚŚĞƌ&ůĂŵŝŶŝŽZŽĐĐŚŝĚƵƌŝŶŐĂŶŝŶƚĞƌǀŝĞǁ Father Rocchi’s proposals for laws regarding refugees and his decisive contribution to Julian-Dalmatian associations, particularly the A, were discussed by Marino Micich. “Only after 1948 there was a more decisive and organized by the Italian government authorities - said Micich -. Father Rocchi was also present in that sad period, ready to give himself totally to the Cause! Subsequently, with the signing of various agreements between Italy and Yugoslavia, Father Rocchi perfected his social commitment, shifting from dealing with the emergency situation, towards dealing with problems of legislative nature, and he obtained important results [...]. In his book on the Istrian Exodus, Father Rocchi discussed all his actions and legislative plans for refugees; here I will cite only Ministerial Decree number 556 of 1948 which granted recognition to refugees, Law number 137 of 1952, which confirmed that first decree and allowed, justifiably, the possibility of gentering the workforce more completely. Many other laws were enacted for the granting of subsidies of various kinds and other forms of assistance, including the admission of needy elderly refugees to nursing homes”. “He had an answer for everybody: a public one, if the situation consented, or else a private one [...],” Hansen remarked. “I was surprised [...] by his ability to coordinate with the different branches of administration of the State [...].Those who already knew him, knew that this respectful and softspoken friar was actually a born fighter, a tough and authoritative interlocutor, immovable in the protection of the exiles, and full of resources in his support for the refugees. [...] He never let himself be intimidated, and for this he always earned the esteem of leaders, officials and the most intelligent executives [...]”. ^ƚĂī ;ƚƌĂĚƵnjŝŽŶŝĚŝ>ŽƌŝĞ^ŝŵŝĐŝĐŚĂůůĂƌŝŶͿ 15 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ ESPAÑOL La «Casa del Recuerdo» en Roma, una instancia de civilización La comunicación del Presidente A Ballarin La «Casa del Recuerdo» del éxodo de los istrianos fiumanos y dalmatas, la primera de Italia, tiene su sede en la Via de San Teodoro en Roma, cerca de los Foros Imperiales: «Mantener una promesa para tener viva la memoria histórica”, éste es el objetivo de la Administración ciudadana que el 6 de junio pasado ha conferido a la Asociación Nacional Venezia Giulia e Dalmazia y a la Sociedad de Estudios Fiumanos las llaves de la nueva sede en via de San Teodoro. Estaban presentes Antonio Ballarin, presidente nacional de la ANVGD, Donatella Schürzel, presi- dente de Comité provincial romano ANVGD, Amleto Ballarini, presidente de la Sociedad de Estudios Fiumanos y Marino Micich, director del Archivo Museo Histórico de Fiume. A la inauguración se ha llegado a través de un largo aunque provechoso trabajo que ha visto implicada a la administración capitolina y a las asociaciones de los desterrados. El último acto para perseguir este objetivo se ha mantenido en febrero, cuando se ha celebrado en el Campidoglio, en el aula de Giulio Cesare, el noveno Día del Recuerdo de los Mártires de las Padre Flaminio Rocchi, recuerdos diez años después de su fallecimiento iez años después de su fallecimiento en Roma, la figura del Padre Flaminio Rocchi ha sido recordada el pasado 6 de junio con una iniciativa querida por la familia, a la que han adherido Adriana Martinoli, Marino Micich y Patrizia C. Hansen, sus intervenciones han evocado, en la Biblioteca de la Iglesia de San Marco en el Barrio Giuliano-Dalmata, la personalidad y el compromiso del fraile franciscano dedicado enteramente durante casi cincuenta años a la asistencia de los prófugos. Por distintas razones y de distintas maneras los tres relatores han compartido con el público participante las respectivas experiencias y memorias, llegando a dar un retrato bien articulado e integral del padre Flaminio. Adriana Martinoli, ayudada por la proyección de algunas imágenes, ha tomado de los recuerdos de familia fragmentos significativos de una historia de amistad y de esperanza, comunes a otros sacerdotes de aquellos territorios, desterrados también ellos, pero que en el Padre Flaminio se han concentrado en un único fin, el servicio a “sus” prófugos. Marino Micich ha recordado sabiamente el marco de los aspectos histórico-políticos en el que se ha desarrollado la obra del franciscano de Neresine y las objetivas dificultades que él ha sabido afrontar y superar en el nombre de una justicia casi nunca generosa hacia la comunidad giuliano-dalmata. Ha sido un “recuerdo” de carácter periodístico el de Patrizia C. Hansen que ha revocado del fraile de Lussino el trabajo cotidiano de la asistencia dada a los prófugos y el constante dialogo con comunidades y particulares, tanto en el ámbito de la Oficina de Asistencia de la Anvgd, creada por él mismo, como en el de las columnas de XůWĂĚƌĞ&ůĂŵŝŶŝŽZŽĐĐŚŝĞŶƵŶĂƉĞůşĐƵůĂĚĞůĂÄò¦ Foibe istrianas y del Éxodo de las poblaciones giuliano-dalmatas. En la ocasión fue firmado el protocolo de entendimiento al que se refería el alcalde, entre Roma Capital - en la persona del alcalde Alemanno -, la ANVGD Y la Sociedad de Estudios Fiumanos, para el nacimiento de la Casa del Recuerdo. A continuación el comunicado de prensa emitido el 7 de junio por el presidente ANVGD Ballarin > a Casa del Recuerdo prometida por el Alcalde Alemanno al inicio de su mandato durante la visita a la Villa Giuliano-Dalmata de Roma, el 7 de noviembre 2008, se ha hecho realidad. La institución y la realización de la Casa del Recuerdo, primero en Italia, es una instancia de civilización y no es casualidad que haya sido realizada en la ciudad de Roma, que funda sobre la civilización su historia, mientras, al mismo tiempo, pone las razones de un progreso posible y humano en el respeto de la persona humana, en la acogida del diverso, en la tolerancia, en la integración. Entrando en el décimo año “Difesa Adriatica”. A la voz de Antonio De Lucia se le ha encargado la tarea de dar lectura escénica a algunas intervenciones, institucionales y literarias, sobre el Padre Rocchi, como el recuerdo escrito por Lucio Toth en el 2003 tras su fallecimiento, la historia de su regreso a Neresine narrado por la escritora istriana Graziella Fiorentin y un texto del sacerdote que describe con rara eficacia la imagen del anciano desterrado confinado entonces en los campos de refugiados. «[…] Durante más de 50 años ha sido el punto de referencia de los prófugos italianos de Istria, de Fiume, del Quarnero, de toda Dalmazia, no solo por las reuniones que mantenía con personalidades políticas e institucionales, por la promoción de innumerables enmiendas legislativas, por los consejos sobre lo que hacer, sino también como un apoyo real para los delicados problemas personales privados» ha dicho entre otras cosas Adriana Martinoli. «Y es en esta esfera donde emergían su fuerza, su tenacidad, sus dotes de grande humanidad, cercanía, participación, serenidad. El Padre Rocchi comunicaba con el corazón antes que con las palabras. Ha tenido la inteligencia para saber organizar y coordinar junto a otros personajes ilustres los recursos concretos aliviando el espíritu de los prófugos y haciéndoles ver la esperanza en el futuro». El Padre Rocchi, sus proveimientos de ley en favor de los prófugos, su determinante contribución al asociacionismo giuliano-dalmata, en particular a la Anvgd: de estos argumentos ha tratado Marino Micich en su documentada intervención. «Solo después de 1948 hubo una intervención más decidida y articulada por parte de las autoridades gobernativas italianas - ha recordado Micich -. ¡El Padre Rocchi también estaba presente en aquel triste periodo preparado para gastarse por la Causa! Sucesivamente, con la estipulación de los distintos tratados entre Italia y Yugoslavia, el Padre Rocchi perfeccionó su trabajo pasando de la emergencia social a ocuparse de los problemas de carácter legislativo, obteniendo importantes resultados […]. En su libro L’Istria dell’Esodo el Padre Rocchi apelaba a todas las intervenciones y a los dispositivos legislativos en favor de los prófugos, entre los que recordaré solo el decreto ministerial n. 556 del 1948 con el que fue reconocida la calificación de prófugo, la Ley n. 137 del 1952, que confirmó aquel primer decreto y las facilidades, más que justificadas, para obtener beneficios en las convocatorias de trabajo. Muchas otras leyes se pusieron en marcha para la concesión de subsidios de todo tipo y otras formas asistenciales, entre las cuales la recuperación de prófugos ancianos necesitados en Casas de Reposo». «A todos ha dado una respuesta, publica si lo consentía el argumento, si no privada […]», ha remarcado Hansen. «Me sorprendió […] su capacidad de relacionarse con las diversas administraciones del Estado […]. Los que lo conocían ya sabían que aquel respetuoso y sosegado fraile era en realidad un combatiente, un interlocutor tenaz y con autoridad, inamovible en la tutela de las instancias de los desterrados y lleno de recursos en las argumentaciones en soporte de los fines de los prófugos. […] No se dejaba intimidar y por esto se había ganado desde siempre la estima de los funcionarios y de los dirigentes más inteligentes […]». ZĞĚ͘ WZŽŵĂ͕ůĂŝŶƐĐƌŝƉĐŝſŶĞŶĞůŝŶŐƌĞƐŽ ĚĞůĂĂƐĂĚĞůZĞĐƵĞƌĚŽ de la aprobación de la ley 92 del 2004 sobre el Día del Recuerdo, ésta obra rinde homenaje al inmenso sufrimiento de un pueblo que en el tiempo encontró hospitalidad en un lugar físicamente distante desde donde tomó cuerpo aquel éxodo histórico, un lugar de corazón grande que ha sabido dar esperanza a tantos y ha permitido la reconstrucción de la dignidad humana, ofendida y humillada por una limpieza étnica. La neo-constituida Casa del Recuerdo es un ejemplo de como el ‘Recuerdo’ no tiene que ser simplemente un vago sentimiento, sino algo más concreto, en grado de marcar directrices de desarrollo del ser humano, donde eventos terribles del pasado no tengan lugar en el futuro. Por esta razón la obra toma una connotación no local o regional, sino global. Es por esto que la historia del éxodo, de las foibe y de la persecución de un pueblo entero, que ha durado más allá del final de la guerra, no es una historia que tiene relación con ‘algunos’, sino con una nación entera. Y es por todo esto que damos las gracias al Alcalde Alemanno y a toda la Administración Municipal. Les estamos agradecidos por haber estado cerca de la vicisitud giulianodalmata con el deseo de elevarla a Historia que afecta a toda Italia, como tiene que ser, a cada provincia y a cada municipio empezando por su espléndida Capital. Abrazando una historia compartida, asumiendo en lo profundo las enseñanzas que nos indica, trasfiriendo este conocimiento a las nuevas generaciones, estaremos en grado de construir permanentemente una civilización fuerte, libre, justa, en la que verdad y armonía puedan consolar a los corazones de quienes han sufrido, recordar las almas de aquellos que han muerto en el olvido penetrados por la nostalgia y, sin rencor, mirar con perspectiva la historia de un pueblo que encuentra, paso tras paso, su identidad. ŶƚŽŶŝŽĂůůĂƌŝŶ 16 EƵŵĞƌŽϴͲϵͮŐŽƐƚŽͲ^ĞƚƚĞŵďƌĞϮϬϭϯ Palatucci, tutte le ombre sulla vita dello «Schindler italiano» h n lungo articolo sul “Corriere della Sera” del 25 maggio 2013 a firma di Alessandra Farkas, Palatucci, tutte le ombre sulla vita dello «Schindler italiano» (l’articolo integrale sulla pagina del nostro sito http://www.anvgd.it/ rassegna-stampa/15283-palatucci-tutte-le-ombre-sulla-vitadello-lschindler-italianor-corsera-25mag13.html), che riporta le riserve e le perplessità di alcuni storici sull’effettivo ruolo del questore reggente di Fiume tra il 1943 e il 1944 nel soccorso agli ebrei fiumani e non, ha aperto tutta una serie di interventi su diversi quotidiani italiani ed esteri e siti d’informazione. W>͛ŽƩŽĐĞŶƚĞƐĐĂƐŝŶĂŐŽŐĂĚŝ&ŝƵŵĞ͕ ĚŝƐƚƌƵƩĂŶĞůŐĞŶŶĂŝŽϭϵϰϰĚĂ ƵŶŝŶĐĞŶĚŝŽĚĞůƋƵĂůĞĨƵƌŽŶŽ ĨŽƌƚĞŵĞŶƚĞƐŽƐƉĞƩĂƚĞůĞĂƵƚŽƌŝƚă ŶĂnjŝƐƚĞ ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ŵĂŐLJĂƌnjƐŝĚŽ͘ŚƵͿ «A dar retta al crescente coro di storici e ricercatori che da anni studiano il più celebrato tra i «giusti» italiani - scrive Farkas -, il mito di Palatucci non sarebbe altro che una truffa clamorosa orchestrata da amici e parenti del presunto eroe che si dice abbia salvato oltre 5.000 ebrei in una regione dove non ve n’erano neanche la metà. L’ipotesi di un salvataggio di massa da parte di Palatucci era già stata categoricamente esclusa dal Ministero degli Interni in un memorandum del luglio 1952 e successivamente dalla commissione dell’Istituto dei Giusti di Yad Vashem [il Museo della Shoah di Gerusalemme, anche centro di studi, ndr] nel 1990. In una tavola rotonda organizzata dal Centro Primo Levi alla Casa Italiana Zerilli Merimò di New York, l’ex direttore di Yad Vashem Mordecai Paldiel ha spiegato che sotto la sua supervisione, nel 1990 Palatucci fu riconosciuto “giusto fra le nazioni” per aver aiutato “una sola donna”, Elena Aschkenasy, nel 1940, e che la commissione “non ha rinvenuto alcuna prova né testimonianza che avesse prestato assistenza al di là di questo caso”». «Eppure - prosegue l’articolo del “Corriere della Sera” - nel 1955 l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane gli conferisce una decorazione e nel 1995 lo Stato italiano la Medaglia d’oro al merito civile. Durante la cerimonia ecumenica Giubilare del 7 maggio 2000, papa Giovanni Paolo II lo annovera tra i martiri del XX Secolo. Nel 2004 si conclude la fase diocesana del processo di canonizzazione con la proclamazione a Servo di Dio dell’eroe morto a Dachau nel ’45, all’età di 35 anni. Ma chi ha condotto la ricerca storica sulla quale si sono basati questi riconoscimenti? Come nasce il mito del “Schindler italiano”? Le biografie ufficiali - di cui l’ultima, Giovanni Palatucci: un giusto e martire cristiano di Antonio De Simone e Michele Bianco con la prefazione del Cardinale Camillo Ruini - parlano di migliaia di ebrei da lui inviati nel campo di internamento di Campagna dove sarebbero stati protetti dal Vescovo Giuseppe Maria Palatucci, zio di Giovanni. Il famigerato campo che proprio il vescovo, nel 1953, definì un “luogo di villeggiatura”. “Impossibile”, replica Anna Pizzuti, curatrice del database degli ebrei stranieri internati in Italia (www.annapizzuti.it) “quaranta in tutto sono i fiumani internati a Campagna. Un terzo del gruppo finì ad Auschwitz”». Le biografie ricordano poi gli 800 reduci ebrei che nel 1939 si sarebbero clandestinamente imbarcati sul battello greco Agia Zoni che salpò da Fiume il 17 marzo 1939 diretto in Palestina e sarebbe stato alle- stito personalmente dall’eroico commissario. Ma dal diario della guida del gruppo conservato a Yad Vashem e dai documenti della capitaneria di porto raccolti presso l’Archivio di Stato, si scopre che fu un’operazione dell’Agenzia Ebraica di Zurigo, avvenuta sotto lo stretto controllo dei superiori di Palatucci che non solo innescarono un penoso processo di estorsione ma fecero respingere al confine i più bisognosi dei rifugiati, gli apolidi e i fuoriusciti da Dachau. Dagli archivi si scopre che Palatucci fu funzionario di pubblica sicurezza presso la Questura di Fiume dal 1937 al 1944, dove era addetto all’ufficio stranieri e si occupò dei censimenti dei cittadini ebrei sulla cui base la Prefettura applicava le leggi razziali. Proprio a Fiume i censimenti furono condotti con una capillarità ineguagliabile e le leggi applicate con un accanimento che provocò proteste internazionali e la reazione dello stesso Ministero degli Interni. Secondo la monografia di Silva Bon Le Comunità ebraiche della Provincia italiana del Carnaro Fiume e Abbazia (1924-1945) e i dati raccolti nel Libro della Memoria di Liliana Picciotto, durante la breve reggenza di Palatucci la percentuale di ebrei deportati da Fiume fu tra le più alte d’Italia. L’affresco familiare recentemente pubblicato da Silvia Cuttin Ci sarebbe bastato mostra con lucidità e accuratezza l’esperienza tragica degli ebrei fiumani. […] Anche lo storico Michele Sarfatti nel programma tv La storia siamo noi dedicato a Palatucci, nel 2008 ha espresso dubbi sulla plausibilità di numeri sproporzionati rispetto a una comunità di poco più di un migliaio di persone che tra emigrazione e internamento era ridotta a poco più di 500 persone nell’ottobre del 1943. […] Aveva invece conosciuto Palatucci il Barone Niel Sachs de Gric, anch’egli ebreo fiumano di origine ungherese, avvocato della curia e rappresentante della Santa Sede per il Concordato con la Jugoslavia. Nel 1952 il vescovo gli invia un articolo da pubblicare sull’Osservatore Romano con «l’invito» a firmarlo al suo posto. I documenti attribuiti a Grani e Sachs, la cui autenticità è tutta da verificare e nessuno dei quali ricevette l’aiuto del commissario, sono all’origine dell’epica palatucciana. L’ultimo tassello della leggenda a cadere è quello relativo alle circostanze della sua mor- WĞƌŝŽĚŝĐŽŵĞŶƐŝůĞĚĞůů͛ƐƐŽĐŝĂnjŝŽŶĞEĂnjŝŽŶĂůĞsĞŶĞnjŝĂ 'ŝƵůŝĂĞĂůŵĂnjŝĂ ĞŶƚƌŽ^ƚƵĚŝWĂĚƌĞ&ůĂŵŝŶŝŽZŽĐĐŚŝ ŝƌĞƩŽƌĞƌĞƐƉŽŶƐĂďŝůĞ WĂƚƌŝnjŝĂ͘,ĂŶƐĞŶ ĚŝƚŽƌĞ͗ ƐƐŽĐŝĂnjŝŽŶĞEĂnjŝŽŶĂůĞsĞŶĞnjŝĂ'ŝƵůŝĂĞĂůŵĂnjŝĂ ĞŶƚƌŽ^ƚƵĚŝWĂĚƌĞ&ůĂŵŝŶŝŽZŽĐĐŚŝ sŝĂ>ĞŽƉŽůĚŽ^ĞƌƌĂ͕ϯϮͮϬϬϭϱϯZŽŵĂ ƚĞů͗͘Ϭϲ͘ϱϴϭϲϴϱϮͮĨĂdž͗Ϭϲ͘ϲϮϮϬϳϵϴϱͮŝŶĨŽΛĂŶǀŐĚ͘ŝƚͮǁǁǁ͘ĂŶǀŐĚ͘ŝƚ /ƐĐƌŝƩĂŶĞůZĞŐŝƐƚƌŽĚĞŐůŝKƉĞƌĂƚŽƌŝĚŝŽŵƵŶŝĐĂnjŝŽŶĞŶ͘ϮϬϭϱϰͬϮϱ͘ϭϬ͘ϮϬϭϬ ƵƚŽƌŝnjnjĂnjŝŽŶĞĚĞůdƌŝďƵŶĂůĞĚŝZŽŵĂŶ͘ϵϭͬϵϰĚĞůů͛ϭϭŵĂƌnjŽϭϵϵϰ ŽŶŝůĐŽŶƚƌŝďƵƚŽĚĞůůĂ>͘ϳϮͬϮϬϬϭĞƐƵĐĐĞƐƐŝǀĞŵŽĚŝĮĐĂnjŝŽŶŝĞŝŶƚĞŐƌĂnjŝŽŶŝ 'ƌĂĮĐĂĞƐƚĂŵƉĂ͗ ƵƌŽůŝƚ^ƌů Progetto grafico e impaginazione Massimo Stasi sŝĂŝƚĞƩŽ͕ϯϵͮϬϬϭϯϯZŽŵĂ ƚĞů͘Ϭϲ͘ϮϬϭϱϭϯϳͲĨĂdžϬϲ͘ϮϬϬϱϮϱϭͮĞƵƌŽůŝƚΛĞƵƌŽůŝƚ͘ŝƚ ďďŽŶĂŵĞŶƟ͗ ŶŶƵŽΦϯϬͮ^ŽƐƚĞŶŝƚŽƌĞΦϱϬͮ^ŽůŝĚĂƌŝĞƚăĂƉŝĂĐĞƌĞͮƐƚĞƌŽŽŵĂŐŐŝŽ ͬĐƉŽƐƚĂůĞŶ͘ϯϮϴϴϴϬϬϬŝŶƚĞƐƚĂƚŽĂ͞ŝĨĞƐĂĚƌŝĂƟĐĂ͟ /ÄWÊÝã/ã½®Ä͗/dϯϰEϬϳϲϬϭϬϯϮϬϬϬϬϬϬϯϮϴϴϴϬϬϬ hŶĂĐŽƉŝĂΦϮͮƌƌĞƚƌĂƟΦϯ ^ƉĞĚŝnjŝŽŶĞŝŶĂďďŽŶĂŵĞŶƚŽƉŽƐƚĂůĞĚŝZŽŵĂ &ŝŶŝƚŽĚŝƐƚĂŵƉĂƌĞŝůϭϳůƵŐůŝŽϮϬϭϯ te. La motivazione dell’arresto firmata da Herbert Kappler e depositata all’Archivio Centrale dello Stato non lascia dubbi: Palatucci fu accusato di tradimento dai tedeschi per aver trasmesso al nemico (gli inglesi), documenti della Repubblica Sociale di Salò che chiedevano di trattare l’indipendenza di Fiume, non per aver protetto gli ebrei di quella città», conclude Alessandra Farkas. SU PALATUCCI L’INTERVENTO DELLA SOCIETÀ DI STUDI FIUMANI / nterviene in merito il 5 giugno con una nota Marino Micich (Società di Studi Fiumani), che precisa: «[…] A nostro avviso, esistono ancora molte ombre, non sull’onorabilità di Palatucci e sulla sua azione svolta in favore degli ebrei del fiumano o dei territori del più distante retroterra quarnerino, ma sul numero di persone che egli ha contribuito a porre in salvo dalla deportazione nei lager tedeschi». «Noi sappiamo - prosegue il direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume in Roma - che anche Riccardo Gigante si adoperò per agevolare alcuni ebrei presenti a Fiume sin dal 1939 perché potessero espatriare (possediamo nel nostro archivio due lettere del senatore fiumano al Ministero competente del Regno d’Italia, che abbiamo anche pubblicato tempo fa). Ma su Gigante (che aveva la moglie ebrea) nessuno, a parte noi, ha mai speso ricerche in tal senso o messo in risalto le qualità morali), anzi sono oltre 13 anni che attendiamo il disseppellimento dei suoi resti unitamente a quelli di altri dieci italiani sepolti a Castua, dopo essere stati trucidati senza processo dai partigiani titini il 4 maggio 1945. Noi sappiamo anche che i fedeli aiutanti di Palatucci, gli agenti di P.S. Maione, Iacovella e qualche altro vennero stranamente risparmiati dall’OZNA il 4 maggio 1945, mentre gli altri 90 agenti della Questura di Fiume furono tutti infoibati nei pressi di Grobnico e di Costrena». «Per Gigante e gli altri agenti di polizia nessun ricordo né riconoscimenti postumi. Per Palatucci (che riteniamo senz’altro meritevole) si è messo in moto un meccanismo tale che non deve però gettare ombra sulle altre tragedie vissute e purtroppo continuamente ignorate accadute a Fiume in quel triste periodo. A Fiume dal 3 maggio 1945 al dicembre del 1945 in soli otto mesi furono uccise 33 donne e 362 uomini su ordine dell’OZNA jugoslava e nel 1946 scomparvero altri 19 uomini e 2 donne (dati tratti dalla ricerca bilingue Le Vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni. 1939-1947) a cura Società di Studi Fiumani e Istituto Croato per la Storia di Zagabria, Roma 2002). Sul numero di Ottobre un’ampia rassegna stampa sul caso aperto dal “Corriere della Sera” ZĞĚ͘