Gruppo culturale
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Gruppo culturale
G CR ottobre 2008 ruppo ulturale icreativo Il g iorn ali Il PARLACI Ospedale Civile di Vigevano Supplemento al n. 9 - ottobre 2008 di Lomellina in Comune L’EDITORIALE C IL COMITATO DI REDAZIONE menu di questo numero DI TE... ari amici, in questo numero troverete alcune novità. Abbiamo intenzione di trasformare in fatti le idee e le anticipazioni di cui vi avevamo accennato nel primo giornalino edito da questo gruppo di donne, e cioè vorremmo farvi partecipi delle iniziative in cui ci piacerebbe veder emergere anche le vostre “specialità”. Siamo in attesa che vi facciate conoscere per le vostre peculiarità sinora inespresse al grosso pubblico: hobby particolari, passioni, collezionismi, arti misteriose, pittura, fotografia, bricolage, danza, musica ecc. con tutto quello che vorrete mandarci. Saremo lieti di costruire con voi delle occasioni un po’ speciali per far conoscere tutte le arti sommerse. Siamo o non siamo in fondo tutti un po’ “artisti”? Altra novità sarà la rubrica dal titolo Come eravamo…, che avviamo da questo numero e riguarda l’archivio storico/affettivo di tutti quelli che sono passati dalle nostre aziende (ASL e ospedale) e vi hanno dedicato parte della vita. Vi potranno contribuire tutti coloro che, con fotografie o ricordi personali, ci faranno pervenire notizie di avvenimenti di cui sono stati protagonisti essi stessi e i colleghi conosciuti, che ora si godono il meritato congedo dal lavoro. Aspettiamo perciò le vostre considerazioni e le vostre collaborazioni al fine di far diventare “IL GIORNALINO” uno strumento interattivo tra mondo del lavoro, vita quotidiana e, ogni tanto, anche gioia e tempo libero in compagnia. no 2 Lisbona? “Molto bellissima” 7 Pronti… via… destinazione Venaria! 10 Un itinerario d’acqua (parte prima) 13 15 16 Stralugano: un sogno divenuto realtà! 18 20 22 24 26 « Non è mai troppo tardi… » Navigando… sotto la pioggia Lourdes: una realtà tutta da scoprire Come eravamo… Questo è un uomo! Buona pensione a… La Riunione 27 31 Ecco ora a voi… la provincia di Pavia Meditazioni sanitarie G CR A spasso per l’Europa Lisbona? “Molto bellissima!” I Settanta pellegrini in Portogallo 2 n qualità di inviata... normale, vi fornisco poche e brevi notizie sul viaggio effettuato dalla troupe del G.C.R. nella capitale portoghese. I settanta viandanti sono partiti per il loro pellegrinaggio la mattina di buon’ora godendo di un tranquillo viaggio aereo. Sbarcati nella capitale, dove erano attesi da una coppia di pullman denominati Pullman 1 e Pullman 2 che li ha divisi in due gruppi distinti, hanno avuto l’immediato incontro con le guide per la prima esplorazione ricognitiva alla città, tanto per intuirne le possibilità, con una temperatura non proprio da ridente località marina (ma noi che ci vestiamo a “cipolla” non ci troviamo mai impreparati). Dopo la prima svista ai luoghi d’interesse del centro, eccoci in hotel per l’assalto al ristorante, passeggiata serale per favorire la digestione e quindi a letto per essere in forma il giorno dopo. L’indomani, nel corso di un tour più approfondito della city con le due pimpanti guide Quelli del pullman1 locali, scopriamo monumenti e palazzi di notevole pregio artistico e cominciamo a respirare quell’atmosfera di romantica decadenza che ci accompagnerà in ogni dove. Pranzetto a base di polenta e “baccalau”, che i portoghesi cucinano in circa trecento modi diversi, e poi continuazione delle visite fissate dal nostro programma, tutti allineati in un bel biscione di settanta anime, tagliato a metà per ragioni logistiche. Difficile raccontare di tutto quello che abbiamo visto in quei cinque giorni di permanenza in suolo portoghese, a partire dalle meraviglie della città di Lisbona con il Monastero dos Jeronimos, la torre di Belem, il quartiere del Barrio Alto, le magnifiche chiese di Sao Roche e del Carmo, sino ad arrivare poi a emozionarci sul punto più estremo del continente europeo: capo de Rocha, un lembo di terra sull’Oceano Atlantico, battuto dai venti, con lunghe e ampie spiagge coronate da una vegetazione molto generosa e verdeggiante. Bellissimo anche il borgo medievale di Obidos con il suo castello e le case rimaste intatte nel tempo, che ci hanno regalato la sensazione di passeggiare come fossimo dame e cavalieri nell’anno di grazia duemilaotto. E poi ancora Nazarè, Batalha, Sintra, Estoril, Cascais e chi più ne ha più ne metta. Che dire di Fatima, luogo in cui si percepisce in modo tangibile la fede che la gente prova per quella piccola e semplice Madonnina, con quelle file di candele accese che riflettono il bisogno di un aiuto divino anelato soprattutto da chi soffre? Devo dire che, sarà stato magari perché era un qualunque lunedì matti- A spasso per l’Europa G CR Quelli del pullman 2 na, poca era la gente sul grande piazzale che unisce le due chiese, quella costruita all’inizio del secolo scorso e quella invece moderna e con grande capacità ricettiva, per cui non è stato difficile cogliere il senso di grande rispetto che ogni visitatore, credente e non, esprimeva nei confronti di questo luogo sacro. Molto più legata al gusto personale, pur nel suo folclore intrinseco, è stata l’esibizione di “fado” (dal latino fatum, ossia destino), un genere di musica popolare tipicamente portoghese, eseguita sul palchetto di piccoli e caratteristici locali nei quartieri della città vecchia, che narra di temi legati alla lontananza, all’emigrazione, al dolore, alla separazione. Mario Merola portugueso… du palle… Scherzo, in realtà l’ho apprezzata, ma solo perché all’estero sono propensa ad accettare e cercare di capire tutto quello che non fa parte della mia cultura, anche se di risultanza personal/pallosa. L’esperienza più divertente in assoluto, per me, è stato il tour attraverso l’antico quartiere dell’Alfama, fatiscente ma molto pittoresco, da vedersi assolutamente usando l’incredibile tram numero ventotto. Un gruppo di noi è salito infatti su questa specie di carrozza ferruginosa, in un continuo saliscendi tra le vie della città alta, tra scrolloni e odori, tra viste su improbabili carrugi dall’aspetto poco raccomandabile, e panni stesi, e motorini smarmittati e rumori, salti e risate incontenibili di noi borghesucci italiani del nord, che finalmente abbiamo capito le espressioni “attaccati al tram” e “viaggiare da portoghese”. Fatto sta che a un certo punto mi sono ritrovata davanti agli occhi, ma aldilà del vetro, una specie di “superman” attaccato come una cozza alla porta del ventotto, che dava spettacolo con la sua performance di equilibrista scalatore, tra scossoni terribili e urletti divertiti provenienti dall’interno tram, terribilmente sbalordito dalla situazione. Ah, queste sono le cose per cui vale la pena fare duemila chilometri... Dieci ragazze per me posson bastare..... 3 G CR A spasso per l’Europa Al limite di un continente Contenti di esserci! Comunque, come sempre, tutto è andato per il meglio; se proprio proprio si volesse trovar da dire, come si suole in ogni situazione in cui si supera il numero di due partecipanti, potrei affermare personalmente che forse avrei gradito qualche Signori, Lisbona! 4 I runner conquistadores portugueisi pronti ad attaccare… mezz’ora libera in più per lo shopping, visto che non ho nemmeno avuto il tempo di comperarmi la consueta maglietta come d’usanza. Non si fa, questo davvero non si fa! Rosy Fabbro Il presidente perde il pelo ma non il vizio… Il famigerato 28! A spasso per l’Europa G CR Tutte le donne del presidente… Tutti gli uomini del presidente… A proposito di 626… La maestosa torre di Belem 5 G CR Gruppo culturale « Un giorno senza un sorriso è un giorno perso »(Charlie Chaplin) Alziamo gli occhi e lasciamoci contagiare dalla bellezza della natura che ci circonda, è più facile avere un sorriso, l’allegria. Abbiamo la possibilità di raggiungere uno stato di contentezza e di serenità se percepiamo il meccanismo che ci causa difficoltà e sofferenza. L’allegria ci può aiutare, è uno stato di libertà che ci rende forti e senza paura. Non neghiamoci alla vita ma affrontiamola con allegria ed esprimiamola nelle azioni e nei sentimenti. Passiamo del tempo con noi stessi: una connessione profonda con il proprio essere, in sintonia con gli elementi, permette di ritrovare l’energia, la carica, la serenità della nostra anima. Costruendo giorno per giorno con la mente aperta e allegra, sempre pronti a migliorare, ma comunque soddisfatti di ciò che siamo e di ciò che abbiamo, possiamo rendere concreti i nostri sogni. Articolo tratto dalla rivista “Lifegate” Siamo tutti artisti? M a siamo veramente artisti? Oppure è un pretesto per cercare di creare qualcosa che possa, nel tempo, parlare di noi? Forse… Per questo ecco un’occasione da prendere al volo, per raccontare le proprie esperienze, ciò che siamo riusciti a creare, quel che ci fa dire con orgoglio: « Questo l’ho fatto io! ». Vorremmo, quindi, con il vostro aiuto, CREARE UNA RUBRICA CHE DIA SPAZIO E VOCE AI TANTI “TALENTI NASCOSTI”, che possa essere motivo di esperienza da voler condividere con altri, insomma uno scambio vicendevole di capacità e… non poniamo limiti alla fantasia, gli sviluppi potrebbero essere imprevedibili! Ecco, per esempio, l’esperienza di una di noi: 6 « Mi piacciono i fiori, ma vederli recisi… non lo sopporto. Ho cercato allora di imparare a farli essiccare: all’inizio qualcosa è successo, ma poi la mia poca costanza… Mi sono quindi iscritta (quasi per caso) a un corso dove ti insegnavano a creare fiori di carta (dieci lezioni all’Università della terza età), mi è a tal punto piaciuto che ho voluto condividere le mie conoscenze con un piccolo gruppo di persone; da qui è nata una bella amicizia e insieme abbiamo trascorso momenti di sana allegria e piacevoli esperienze che hanno consolidato la nostra amicizia sempre più ». Giuly ’08 A spasso per l’Italia G CR Pronti… via… destinazione Venaria! 6 settembre 2008, ore 7.30, tutti pronti per la partenza, destinazione la Reggia di Venaria Reale, residenza di piacere e di caccia voluta da Carlo Emanuele II di Savoia. Dopo un giro turistico per Vigevano, giusto per entrare nello spirito della gita (in realtà per incompatibilità di carattere tra il navigatore satellitare e l’autista del nostro pullman) riusciamo a “far rotta” verso Torino (qualcuno preoccupato pensava già di aver letto male il programma o di aver sbagliato gita!). Quattro chiacchiere per raccontarsi le ultime novità e arriviamo alla meta. Grandioso! Quello che vediamo è giusto giusto la casa di campagna che tutti noi vorremmo, ma, pensando ai costi di manutenzione, riscaldamento ecc., decidiamo che anche qualcosa di più contenuto può fare al caso nostro. La visita comincia dai giardini (passando dalla Corte d’Onore con la nuova Fontana del Cervo) dove ci avviamo a piccoli gruppi, che sparsi qua e là, quando si incontrano, “si fanno ciao” tra una siepe (vera) e un tronco realizzato in bronzo (che sembra vero): meno male che c’erano le descrizioni (giusto per non fare la figura dei “campagnoli”!!!). Anche i giardini, come il palazzo, subirono varie trasformazioni nel corso degli anni; da giardini “all’italiana” a giardini “alla francese”, a piazza d’armi per le esercitazioni militari (epoca che vai… moda che trovi) e ora stanno recuperando parte del loro splendore con il Giardino a Fiori, il Giardino delle Pergole, la Peschiera Grande; purtroppo della Fontana d’Ercole possiamo solo immaginarne la bellezza e accontentarci di quanto rimasto e che ha resistito a tante vicissi- Foto di famiglia in un castello... tudini (soprattutto speriamo che resista a qualche artista contemporaneo…!). Hanno destato qualche perplessità (per chi si è spinto “così lontano”) i Labirinti estivi realizzati con piante di girasole, forse un po’ troppo “alternativi” per chi pensava di perdersi tra alte siepi con la speranza che qualche principe (o principessa) accorresse in aiuto!! Nel pomeriggio visita alla Reggia, cominciando dal piano seminterrato dove incontriamo i Savoia… i loro ritratti ovviamente!, se no, non li avremmo certo trovati nel seminterrato, vi pare?! I quadri esposti (ritratti, scene di caccia o di battaglia) ricchi di particolari, dai colori intensi e talmente vivi da renderli quasi reali (scusate il gioco di parole!), ci hanno fatto conoscere una dinastia, i Savoia, che ha fatto la storia d’Italia e non importa se ci siamo dimenticati qualche nome che la nostra preziosa guida ci ha detto, raccontandoci anche qualche piccante pettegolezzo dell’epoca (il gossip non è certo un’invenzione dei giorni no- Una giornata tra cultura e divertimento 7 G CR A spasso per l’Italia Passeggiando in compagnia stri!), senz’altro ci è rimasta “dentro” qualche immagine che ci ha particolarmente colpito per la sua bellezza o il suo significato, come l’urna che conteneva la Sacra Sindone quando fu ceduta ai Savoia da Margherita de Charny o il Collare dell’Annunziata realizzato in oro e finemente cesellato, del “modesto” peso di 3 kg (praticamente una collanina da mettere per andare a far la spesa!). La mostra, ben organizzata, si avvaleva anche di suoni e vibrazioni (spari di cannoni, grida di battaglia) per rendere più reale quanto stavamo vedendo. Successivamente siamo saliti al piano nobile, dove abbiamo potuto ammirare affreschi e stucchi ricchi di dettagli e simbologie come la Sala di Diana e la Sala dei Sa- « ORDUNQUE, ALLA REGGIA DI VENARIA, PRESTO! » (ovvero una favola moderna raccontata con parole antiche ) P 8 er condurci alla regal meta quel mattino fu chiamato un cocchiere della Bergamasca che di buon passo giunse alle porte del ritrovo convenuto con grande anticipo e, non trovandovi alcunché, invaso dai dubbi, si accinse a perlustrare tutt’attorno esclamando tra sé: « Oibò! Ma qual paese è mai questo? Mi ordinano di esser qui e poi non v’è alcuno! ». Ma ecco scorgere da lontano e dirigersi verso la carrozza un fanciullo di nome Andrea che, con la madre, sembravan proprio dirigersi in quel posto: « Scusate, gentile donzella – disse il nostro cocchiere – è questo il luogo convenuto? », e la donzella: « Avete detto bene, mio buon vetturino ma è l’ora che vi trasse in inganno, l’appuntamento è per le sette e non per le sei! ». Al suono di tali parole il buon uomo si rincuorò, ignaro che di lì a poco un’altra disavventura l’avrebbe colpito. Ed ecco che, poco dopo, ci si accorse che la mappa su cui avrebbe dovuto essere tracciato il giusto cammino, per un fatal errore, recava la traccia di una via che non c’è. Ma, come in ogni buon caso, la provvidenza ci venne in soccorso vestendo gli abiti di quella donzella di cui nominammo prima il dialogo che, in men che non si dica, ritrovò il giusto cammino e felicemente si arrivò alla meta. In tal luogo giunti provammo grande stupore davanti allo spettacolo che si parò innanzi ai nostri occhi: « Questo a un genio guerrier gradito hostello delle caccie regali fondò il secondo Carlo Emanuello per avezzar gli strali della dea delle caccie a quei di morte che la caccia e la guerra è un’istess’arte » E. Tesauro - Torino, Zapatta, 1674 Questo leggemmo con nostra maraviglia sul frontone! Che dimora leggendaria, qual meravigliosa eredità quel casato ci donò! La giornata passò così ad ammirar giardini, laghetti, flora d’ogni genere e la sontuosa abitazione che, a suo vanto, fu d’ispirazione per edificar un’altra e più maestosa reggia per la corona di Francia. Sul far della sera riprendemmo la via del ritorno; ed aveam ancora la mente volta a tali fasti quando giungemmo nella nostra terra natia. Così si conclude il mio racconto che il posto mi ispirò di narrar in modo desueto quasi illudendomi così di viver anch’io per breve tempo in compagnia di Signori in tutto dire “Regali”. Anna Maria Leva A spasso per l’Italia voia, e vedere anche alcuni pezzi di arredamento realizzati dall’ebanista Pietro Piffetti (sec. XVIII), con intarsi in avorio. La Galleria Grande ci ha colpiti per la sua bellezza e maestosità: faceva da solenne cornice alla mostra di Manti Regali a Corte dal Corredo della Regina Maria Josè di Savoia. Gli abiti, molto ben conservati, erano stati realizzati con preziosi tessuti e raffinati ricami dalle più importanti sartorie italiane su richiesta del principe Umberto di Savoia (quello sì che era un uomo! A noi oggi fanno tante storie se ci fermiamo a guardare qualche vestitino di Valentino o Armani!); tra gli abiti esposti anche quello indossato dalla regina in occasione dell’ostensione della Santa Sindone nel 1931, di raso di seta nero con cappa dello stesso colore, e il mantello indossato per il battesimo dei figli Maria Pia e Vittorio Emanuele e per la proclamazione di papa Pio XII in Vaticano nel 1939, realizzato con rose in rilievo in lamé d’oro e argento (qualcuna tra noi ha soprattutto invidiato il fisico della Regina: taglia 38!). Nelle sale Corte di carta erano esposti abiti dell’epoca interamente realizzati in La Reggia G CR carta: i pizzi fatti con carta di riso erano talmente delicati da sembrare veri pizzi di Bruges! Ultima tappa, la cappella di sant’Uberto dedicata al santo protettore dei cacciatori (mai nessuno che pensi alle prede…), dove abbiamo scattato le uniche foto permesse all’interno della reggia, con tutti noi e facilmente riconoscibili dai visi ormai “stravolti”! Dopo un po’ di shopping e la foto di gruppo siamo pronti per ripartire. Per il ritorno (molto previdenti) avevamo ingaggiato due altri navigatori satellitari: Francesca e Giuliana, che hanno svolto egregiamente il loro compito. Peccato che, nonostante le loro insistenze, l’autista (detto anche “Son de coccio” ) abbia preso l’uscita sbagliata (errare è umano ma perseverare è… !) e siamo tornati passando da Mortara (chi abitava a Mortara ha ringraziato). È stata una bella giornata, ricca di storia, arte, cultura, e poi una gita è un modo diverso per rilassarsi (i piedi un po’ meno) e per stare insieme… quindi… arrivederci alla prossima! Donatella Moraschi 9 G CR A spasso per il Ticino Un itinerario d’acqua (PARTE Coccolati dal Fiume Azzurro 10 S i è svolto domenica 14 settembre il 23° raduno canoistico nel Parco del Ticino, organizzato dal Touring Club Italiano e con il patrocinio dei Parchi della Valle del Ticino. Il percorso da Vigevano a Pavia è di circa 42 km; il fiume non presenta difficoltà tecniche di rilievo. Da parecchi anni vi partecipo, non certo perché mi permette di discendere il fiume (che ormai ho più volte frequentato in gite da solo o con gli amici) ma perché questo è il giorno dell’incontro, della sagra, della festa delle imbarcazioni senza motore, nel parco fluviale più grande d’Europa e su un fiume che offre molte soddisfazioni a chi lo frequenta. Arriviamo verso le nove del mattino e prima del ponte per Abbiategrasso svoltiamo a destra in via Lungo Ticino per girare quindi attorno al ristorante Conca Azzurra e arrivare al Parco Robinson. Il colpo d’occhio è già entusiasmante; lo spiazzo è interamente occupato da mezzi di ogni tipo, che arrivano da ogni parte d’Italia, automobili con le canoe sul tettuccio, furgoni da cui fuoriescono parti di natanti, rimorchi opportunamente attrezzati per portare dieci o più imbarcazioni. Scarichiamo anche noi i nostri giocattoli d’acqua, ci prepariamo e ci avviciniamo al punto di PRIMA) partenza; dove vi sono, tutti allineati in attesa della partenza, centinaia di imbarcazioni di ogni tipo e di ogni colore; kayak singoli, doppi, da fiume, da mare, canoe canadesi, canoe costruite artigianalmente con apposita postazione per il cane, gommoni da rafting, canotti in gomma, colorati di rosso, giallo, blu, violetto, arancione, e tutti i partecipanti che indossano giubbetti salvagente con identica varietà di colori. Nelle edizioni degli anni Novanta si è arrivati a 600 imbarcazioni e più di 1000 partecipanti. Si entra in acqua: la lanca che ci ospita diventa un’isola umana rilucente di puntini coloratissimi, circondati dal verde della vegetazione del bosco e sotto dall’acqua azzurra del Ticino. Partenza, le nostre macchie di colori si allungano in un corteo di centinaia di metri. Verso la fine la lanca si apre formando un laghetto largo e profondo, al cui limite si vede passare, veloce e impetuosa, la corrente del ramo principale: mi fermo un attimo, so che dove si incontrano le acque sono sempre punti critici; prendo la decisione e parto: la corrente principale mi “ruba” la punta, ma io con un “appoggio” preciso della pagaia mantengo il mio kayak nella posizione migliore e l’acqua mi porta più a valle in uno slargo di acqua tranquilla; mi accosto alla riva a osservare gli altri. « Ce l’ho fatta appena appena, » mi dice una signora che si avvicina traballando sul suo kayak. « Certo signora – rispondo io – questo è già un punto impegnativo! Ha seguito qualche corso di canoa?. » « No – mi risponde; – peccato – rispondo io, – è molto utile: insegnano a usare l’imbarcazione, le pagaie, le tecniche giuste A spasso per il Ticino per ogni occasione e soprattutto a “leggere l’acqua!” ». Si prosegue e già si notano le divagazioni del corso del fiume che qui si divide in molti rami secondari, segnati da rive bianchissime di sabbia e sassi arrotondati dal lavorio continuo della corrente. Arriviamo dove la lanca dell’Aiala sbocca nel corso principale: è uno dei posti più frequentati dalle imbarcazioni dei vigevanesi, perché è molto lunga, con acque abbastanza profonde, ma chiarissime, perché mantenute pulite da piccoli immissari e dalle acque risorgive del fondale. Dopo avere superato con attenzione l’incontro delle acque della lanca e del fiume, scruto con attenzione più avanti, affinché non vi siano ostacoli a valle (alberi trascinati dalle piene precedenti e incagliati nel fondo), giro l’imbarcazione, per farmi portare in posizione contraria dalla corrente e così approfittarne per un breve riposo; in questa comoda e rilassante posizione guardo verso monte, seguo con lo sguardo il rosario di macchie di colore delle nostre imbarcazioni incanalate nel nastro azzurro e sinuoso dell’acqua, il biancore delle rive e più oltre il verde dei boschi e poi, all’improvviso, sopra gli alberi, appare la corona innevata della montagna. « Che monte l’è quello? » mi chiede una ragazza con chiara cadenza toscana. « È il Monte Rosa, » rispondo io e in un attimo sono già là a riconoscerne le cime: Piramide Vincent, Punta Parrot, l’incisura del colle Sesia, punta Gnifetti, dove è il Rifugio Capanna Regina Margherita ecc… Sembra, dalla direzione, che il Ticino derivi direttamente dal Monte Rosa, e l’impressione non è tanto lontana dalla realtà: infatti il fiume nasce lì vicino, dal ghiacciaio del San Gottardo, e dopo un’ottantina di chilometri entra nel Lago Maggiore, ne esce a Sesto Calende e dopo 115 km sfocia nel Po, appena dopo Pavia. Mi sento rilassato, rigiro la barca con la prua a valle e già devo prepararmi, perché poco avanti il fiume gira a destra, con una curva brusca: osservo la corrente, che in parte scorre alla mia destra sui sassi, ma in maggiore quantità viene convogliata a si- nistra, formando multiformi e discontinue onde, seguo la parte più impetuosa; il kayak perfora e sobbalza nelle onde, qualche spruzzo arriva a rinfrescarmi, poi viene trascinato dalla cresta di corrente verso la sponda, dove la curva raccoglie la maggiore quantità di acqua, ma sapevo che i flutti di rimbalzo contro la scarpata avrebbero attutito l’impatto e la corrente stessa, con l’aiuto della mia pagaia ben ancorata in acqua, mi portano oltre, dove il fiume si allarga e ora scorre tranquillo. Accanto alla riva destra, fra la ghiaia e la sabbia di un’isoletta e l’acqua bassa, vedo un airone bianco (o è una garzetta?) immerso con metà delle sue lunghe zampe, che, immobile, puntando il lungo becco grigio e nero verso il centro del fiume, guarda il nostro inconsueto susseguirsi di pennellate di colori: chissà che cosa penserà. Mi avvicino: lui mi scruta guardingo, poi inizia a camminare lungo la sponda, più incuriosito che spaventato; io l’osservo, lui mi controlla, con il collo di traverso, ma la corrente è più veloce e ormai mi ha portato lontano. Più avanti, in mezzo all’isolotto, su una pianta di salice, vedo il resto della famiglia, appollaiato sui rami: chiazze di colore bianco, come i batuffoli di cotone che si mettono sulle piantine spoglie del presepe di Natale. Siamo in territorio di Besate e so, dalle gite precedenti, che qui c’è una lanca bellissima; durante le discese organizzate dal Touring, è vietato allontanarsi dal gruppo, per ovvi motivi organizzativi, ma io, che conosco la zona, voglio fare una digressione al percorso: cerco di riconoscere dei punti di riferimento e, quando la corrente principale gira a destra, ricono- G CR 11 G CR 12 Gruppo culturale sco, dalla differenza delle acque, l’imbocco del mio obiettivo: sulla sinistra una lunga lingua di sabbia finissima penetra per pochi metri nel corso principale e fa da spartiacque e confine fra la lanca e il fiume, permettendo all’acqua della lanca di essere leggermente più alta di quella della corrente principale. Pagaio velocemente in quella direzione e mi preparo a entrare in un’acqua più ferma di quella che sto percorrendo, che sicuramente mi “ruberà” la prua del kayak; entro in velocità e d’improvviso mi ritrovo in un altro mondo. L’acqua è calma e purissima, le rive circondate da una parte da vegetazione pioniera (quella più resistente) di piccoli salici d’acqua e dall’altra da una spiaggia completamente bianca e oro di sabbia finissima, il fondo perfettamente visibile, con al centro sabbia bianca e alcuni sassi, qualche ramo bianco, perché ormai senza corteccia e, vicino ai bordi, della tenue vegetazione verde, immobile, rilucente, che in superficie diventa più folta, trasformandosi poi in canneto. Il mio kayak, sotto la spinta della corrente precedente, procede ancora speditamente, fendendo l’acqua silenziosamente, e solo un leggero sciabordio del fianco e le linee che disegna la prua che solca l’acqua mi rendono ancora cosciente che non sto scivolando in aria come un aliante silenzioso ma sono ancora immerso nel mondo acquatico; osservo il fondo purissimo, alcuni pesci scansano l’ombra della mia imbarcazione; arrivo verso il limite del laghetto, dove inizia il canneto e una famigliola di gallinelle d’acqua, papà con il becco colorato di rosso, mamma un po’ più piccola e i piccoli come batuffoli, senza paura, mi guardano appena e scompaiono nella vegetazione. Torno indietro piano piano, per proseguire e sto attento affinché la pagaia che fende l’acqua provochi il minor rumore possibile quindi; proseguo lentamente, quasi volessi assaporare e terminare un’opera di purifica- zione interiore in questo piccolo angolo incontaminato. Ormai sono al limite fra le due acque, devo fare attenzione, la corrente principale è più veloce e mi “ruberà” la punta e darà un forte colpo al fianco destro inclinandomi a sinistra; esco, appoggiandomi alla pagaia di sinistra e scivolo veloce verso il centro del corso principale. Ecco che devo prestare ancora attenzione: il fiume subisce un brusco dislivello, forma una rapida e al centro vi sono molti alberi incagliati; però la corrente è uniforme anche se veloce, si può viaggiare sicuri e alcuni di noi ne approfittano per assaporare un po’ di slalom d’acqua. Ci avviciniamo al lido di Motta Visconti: so che da lì vi è l’ultima occasione per ammirare il Monte Rosa dal fiume; giro la prua a monte, vedo gli innumerevoli coriandoli colorati in acqua, sorvolo il verde del bosco e già sono là, sul castello rilucente di ghiaccio; sfruttando le differenze di colore del ghiaccio e della roccia cerco i miei punti di riferimento; ecco lo sperone scuro della parete dove arriva la funivia di Alagna, vado a sinistra, attraverso il ghiacciaio dell’Indren, mi arrampico sulle boccette, ancora un piccolo ghiacciaio e sono al Rifugio Gnifetti: dal suo balcone rivolto a sud, distesi al sole, si gode un immenso panorama sulla pianura, ma appena dietro, a nord, si è presi dallo sgomento alla vista del ghiacciaio che scendendo si contorce su sé stesso aprendosi in enormi crepacci. Sento ”toc”, un colpo del mio kayak contro un altro. « Mi scusi » mi dice un ragazzo; scuoto la testa, come a dirgli: « Non è niente ». Ero immerso nel ricordo delle scalate su quei monti (ma questa è un’altra storia). Mi riprendo piano piano da questa fantastica scappatella, rivedo le macchie di colore in movimento, il lungo nastro azzurro, le sponde di sabbia, di ghiaia, di alberi e mi sento come rinfrescato dalla permanenza fra i ghiacci; ma subito mi devo controllare, sento la corrente che trascina velocemente la mia imbarcazione; la rigiro verso valle e vedo che si presenta una nuova curva con scontri d’acqua, onde e saltelli spumeggianti. (Continua…) Luigi Baratti A s… passo di corsa G CR Stralugano: un sogno divenuto realtà! T anto impegno che ci ha regalato due grandi soddisfazioni: la coppa premio per il gruppo più numeroso (aggregazione!) e la coppa conquistata per il gruppo con la somma tempi dei cinque migliori classificati (aspirazione!). Avevamo già anticipato su queste pagine il desiderio di partecipare a una grande manifestazione podistica autunnale: dato che a Venezia e a Padova si corrono le maratone, le abbiamo abilmente evitate. Allora, coraggiosi, abbiamo preso n. 2 pullman, n. 54 “atleti” iscritti alla gara e n. 40 necessari gitanti tifosi al seguito (mamme, papà, mariti, mogli, figli, nonni) e siamo andati in Svizzera, a Lugano, con una voglia matta di correre e così il sobrio Canton Ticino ci ha accolti nel “primo fresco giorno d’autunno” rassegnandosi alla nostra incontenibile euforia! Dopo un viaggio senza sosta alcuna, all’arrivo a Lugano, ci siamo catapultati dai pullman con borsoni enormi alla ricerca degli spogliatoi e del deposito bagagli. Velocissimi e con le solite frasi « è di qua, è di là, ma dov’è, mi scappa la p…. » abbiamo, incredibilmente, raggiunto la nostra prima meta: il Liceo 1 di Villa Ciani, sede degli spogliatoi e del deposito bagagli! L’ovvia divisione tra maschi e femmine e dopo qualche minuto tutti all’aperto, muniti delle nostre favolose divise che evidenziano i nostri stupendi, straordinari e talora sbalorditivi fisici atletici (qualche eccezione c’è sempre: due, tre, forse otto… beh, lasciamo stare le eccezioni). Tenute in serbo le contromarche, fissati i pettorali numerati alle magliette, collega- CI PUOI TROVARE IN INTERNET AL SITO www.gcrvigevano.it PER COMUNICARE CON IL G.C.R. E-MAIL: [email protected] TELEFONO, SEGRETERIA TELEFONICA E FAX G.C.R.: TEL. 0381 333 722 PRESIDENTE: LUIGI PIRRO (CELL. 333 23 32 891) E-MAIL: [email protected] SEGRETARIO: [email protected] 13 G CR A s… passo di corsa ti i microchips alle scarpe… eccoci tutti pronti per l’ardita impresa, però mancano ancora venti minuti all’ora della partenza, tutti da trascorrere nel suddetto “primo fresco giorno d’autunno”. E noi lì, sul lago svizzero in canottiera… una favola! Alla partenza l’adrenalina sale… uno sparo, si parte, tutti a manetta per non restare indietro e poi, come al solito, ognuno al proprio destino… ma poi, di nuovo, insieme! Ora, volti accaldati, piedi fumanti, ginocchia scricchiolanti, pieni di sete ma con cuori soddisfatti per aver fatto dieci o trenta chilometri di corsa. E dopo: la doccia (pulitissima in quanto svizzera), il pasta-party, il costoso cambio in franchi svizzeri per un caffè italia- 14 no, le premiazioni, la foto con Nadia (organizzatrice che abbiamo tempestato di telefonate durante l’organizzazione della gita e quindi per un bel mesetto). E per finire, la cosa più bella che tutti abbiamo fatto e che nessuno voleva far sapere agli altri è quella di essere andati alla spicciolata (quindi di nascosto) a vedere i propri risultati e, in particolare, quelli degli altri del GCR Runner… perché la gara è gara (competizione?). Nel pomeriggio, in virtù del motto “programma libero”, ci siamo dispersi tra le vie di Lugano passeggiando e pensando già al prossimo anno, altro che la canzone Lugano addio! Grazie a tutti e alla prossima. Ambrogio Cottino Gruppo culturale G CR « Non è mai troppo tardi per diventare ciò che si sarebbe potuto essere » (G. Eliot) C ome è difficile trovare la forza per sorridere quando tutto va a rotoli. La televisione informa o terrorizza, fa opera di abbassamento dell’allerta o a seconda dei casi ci fa sentire tutti sotto controllo. Ma non dovrebbero essere i furbacchioni a preoccuparsi? No, si spaventano i poveracci, che temono di vedersi portar via quel poco che hanno. Ci propinano visioni da sballo: aperitivi sulle coste romagnole come un rituale a cui dovremmo aderire semplicemente perché va di moda e ci fa sentire spensierati, poco importa se per andare sulle coste romagnole abbiamo dovuto accendere il secondo prestito. C’è dalle nostre parti un detto: pagà e murì a ghè sempar temp!, e forse sarebbe meglio avere questa filosofia piuttosto che non poter dormire la notte per i pensieri del giorno, ma, si sa, noi italiani diamo il meglio di noi quando abbiamo l’acqua alla gola e perciò chissà ancora che cosa inventeremo per sopravvivere nonostante i panorami mozzafiato della nostra bella Italia e gli sciatori che se non vanno sul K2 sentono che manca loro qualcosa. Sono una meraviglia questo mare e queste montagne e queste città d’arte che abbiamo, però non sbagliatevi a scendere su una spiaggia che non sia libera, sennò vi fanno inseguire dai mastini di turno: popolo ospitale soprattutto con i suoi stessi concittadini, oltre che con i turisti. Vi serve una stanzetta per una settimana al mare? Che problema c’è? Basta avere 1000 o 2000 eurini e per una o due settimane, se siete fortunati, potrete sognare le palme e gli aperitivi al tramonto. Con un esercito di imbonitori alle calcagna, che offrono prestiti anche a quei pensionati non autosufficienti, che per restituire i soldi avuti dovrebbero vivere fino a 150 anni, è possibile avere ogni tipo di comfort e di agevolazioni. Eppure il mare non è di nessuno o è di tutti e perciò si dovrebbe poterlo toccare e non solo vedere in cartolina. Non passa giorno che ci venga ricordato quanto è importante la prudenza in strada, ma come sia da fighi avere macchine e abiti lussuosi da sfoggiare. Il mito della fatica, che ci rende orgogliosi del nostro lavoro, è una barzelletta, e la società ci rimanda costantemente che la filosofia delle formiche è ridicola e superata: che cosa insegnare allora ai nostri ragazzi? Comportarsi bene è da sfigati: essere onesti è da ingenui; dire la verità è sempre pericoloso, fare finta di niente e fare i propri comodi, anche di fronte all’evidenza, negare sempre; cercare strade facili per avere veloci guadagni; pensare prima per sé sempre; dedicarsi alla cura del corpo come se fosse la parte di noi più importante; e intanto non accorgersi del vuoto che abbiamo dentro e che lasciamo fuori da noi. Maria Grazia Franzoso 15 G CR A spasso per l’Italia Navigando... sotto la pioggia R Gita da brivido o brividi da gita? 16 icordate il famoso attore Gene Kelly nel film Cantando sotto la pioggia? Ricordate la filastrocca per bambini L’uccellino in gabbia che canta dalla rabbia? Ecco, noi sabato 13 settembre abbiamo cantato tutto il giorno! Partenza alle ore 8.15 da Vigevano con pullman privato verso Arona, con un cielo incerto tendente già al brutto, e imbarco sul battello navigazione Lago Maggiore con una fastidiosa pioggerellina autunnale. Poco male, tanto la navigazione durava quattro ore e il pranzo a bordo è stato quantomeno piacevole e appetitoso. L’arrivo a Locarno è stato travagliato da una pioggia che il paragone “come le mele” non rendeva giustizia alla dimensione delle gocce. L’attracco è stato preceduto da scambi pietosi di ombrellini pieghevoli e k-way che non vedevano la luce del giorno da almeno tre anni. La puzza di muffa stan- tia di conseguenza ha subito impregnato il locale, ma se si deve sbarcare si deve subire. Lo sciame di partecipanti bagnati ha quindi invaso i pochi portici a ridosso dei negozi e subito ci sono stati i primi acquisti. Una piacevole sorpresa: dieci franchi equivalgono a sei euro… ma allora l’Europa Unita è servita a qualcosa! La nostra accompagnatrice Isabella (sempre lei dell’agenzia Air blu) ha tentato di abbreviare la nostra sofferenza provando ad anticipare la partenza ma le troppe prenotazioni non lo hanno consentito. Quindi alle ore 17.56, come nelle migliori tradizioni svizzere — né un minuto di meno né uno di più — il gruppo del G.C.R. era riunito all’asciutto sul trenino Centovalli in direzione Domodossola. A Vigevano diciamo: quand al sû al svolta indré, gh’uma l’acqua ai pee. Non che avessimo bisogno di altra pioggia nei piedi, ma il sole al tramonto si è A spasso per l’Italia G CR finalmente girato permettendoci di godere del panorama. Le Alpi con finanche un po’ di cielo azzurro erano proprio un bel vedere: viadotti a strapiombo sulle cascate, vedute di orridi profondi e vorticosi e già gli alberi con colori caldi autunnali… Anche le castagne erano quasi pronte per le caldarroste! Alle ore 20 il pullman granturismo della STAV ci stava aspettando proprio fuori dalla stazione. Questa volta il temporale ha aspettato che fossimo tutti a bordo prima di dare il meglio di sé. Il viaggio di ritorno è stato contornato da lampi, saette e telefonate da casa che davano notizie di grandine all’arrivo… Se si dice: sposa bagnata sposa fortunata, si può anche dire gita bagnata gita … mah… Giovanna Rattegni Convenzioni news Centro estetico Il segreto del benessere Via Buonarroti, n. 5 - Vigevano 10% di sconto sui trattamenti estetici I nuovi esercizi che hanno aderito alla nostra proposta New Hardware & Software solutions (tel. 0385 246744) Via Martiri Partigiani n. 31 - Stradella dal 5% al 10% di sconto 17 G CR Gruppo culturale Lourdes: una realtà tutta da scoprire S « Un mondo nel mondo » che scatena emozioni difficili da raccontare 18 entii parlare la prima volta di Lourdes quando avevo solo quattordici anni; mia madre, donna di fede e dedita praticante, mi raccontava, data la sua esperienza come volontaria in quel luogo, quanto amore, quanta dolcezza, quanta devozione si respirasse. Ricordo ancora la sua espressione quando me ne parlava: gli occhi le brillavano, il cuore le batteva forte e l’emozione che faceva trasparire era elettrizzante. Mi sembrò strano che un posto potesse ”causare” tutta quella felicità… Quando partii per Lourdes la prima volta avevo solo quindici anni; ero ancora una bambina ma ciò che vidi, ciò che provai lo ricordo ancora adesso come se fosse ieri e lo rivivo in ogni pellegrinaggio. Se mi venisse chiesto di descrivere che cos’è Lourdes in tre aggettivi direi… IMPEGNO, quello che ogni individuo si prende con il prossimo, aiutandolo e diventando parte di un’unica storia; FEDE, fiducia e credo in Dio e nel compito che stiamo svolgendo, qualunque esso sia; infine Lourdes è AMORE, quello stesso amore che la Madonna ci dona giornalmente e che noi dobbiamo donare al prossimo. In questo luogo, dove accorrono ogni anno milioni di persone da diverse parti d’Europa e del mondo per cercare nello sguardo materno della Vergine sollievo e consolazione alle proprie pene, le parole di Maria, « Que soy era Immaculada Concepcion » rivolte a Bernadette il 25 marzo 1858, risuonano ancora con intensità. Il cammino verso Lourdes inizia dal viaggio in treno che non può essere paragonato con alcuna traversata: ammalati provati dalla sofferenza, ma capaci Gruppo culturale di comunicare serenità e gioia; volontari di ogni età che si dedicano per chi ha bisogno; pellegrini carichi di fede o alla ricerca di qualcosa in cui credere e sperare. La commozione davanti alla Grotta delle apparizioni; l’emozione di far parte di una folla innumerevole proveniente da ogni parte della Terra; il bisogno di stare in disparte in silenzio e nella preghiera interiore; la sorpresa di ricevere in dono molto più di quanto si è dato agli altri; questo è Lourdes, ed è per questo che molti la amano così tanto. Ogni luogo di culto ha la sua storia, quella di Lourdes vede come protagonista una bambina, Bernardetta Soubirous, figlia di un mugnaio ridotto in miseria, G CR che l’11 febbraio 1858, mentre si recava con la sorella minore e una loro compagna a raccogliere legna nei boschi comunali, ebbe la prima di sedici apparizioni. La giovane non ebbe una vita facile, sia perché visse in assoluta miseria, sia perché inizialmente nessuno voleva credere alla storia delle apparizioni, ma a inchiesta conclusa venne ufficialmente dichiarata l’autenticità di quelle visioni. Lourdes è una realtà tutta da scoprire, mi piace dire « Un mondo nel mondo ». È facile descriverla a parole ma non è possibile provare quelle emozioni se non le si vive; Lourdes ti dona ciò che tu sei disposto ad accogliere. Sonia Rava GAMBOLÒ: LA “CORSA DEI SETTE CORTILI” I nostri podisti ancora … in azione È inutil e, siamo im igliori! Atleti si nasce… 19 G CR Gruppo culturale Come eravamo… Cercate nella scatola dei ricordi le vecchie foto scattate in ospedale e le farete rivivere nel nostro giornale Vogliamo provare a farvi aprire le scatole dei ricordi, farvi cercare le fotografie scattate qui in ospedale, magari per una festicciola tra colleghi, magari per fotografare un collega che va in pensione, magari solo per provare la macchina fotografica nuova. Se le trovate – e certo qualcosa troverete – fatecele avere presso la sede del Gruppo, noi penseremo a trasferirle sul computer e ve le restituiremo all’istante. Queste immagini contribuiranno a realizzare il grande album dei ricordi del nostro ospedale, e, a ogni numero del nostro giornale, pubblicheremo le foto di quando eravamo, sigh, più giovani e di quando l’ospedale era molto diverso da ora. Accetteremo di buon grado anche pic- coli aneddoti legati a persone e avvenimenti sempre relativi al nostro tempo qui in ospedale, che hanno fatto la nostra storia e che quindi tutti leggeremo con interesse e, perché no?, nostalgia. Vi chiediamo quindi, ancora una volta, di aderire a questa iniziativa e a tutte quelle che stanno nascendo, per sostenere questa pubblicazione e soprattutto questo nostro Gruppo, che sta lavorando bene e lo dimostra attraverso i fatti. La vostra gratificazione, la vostra partecipazione, il vostro sostegno, sono però il carburante indispensabile per far girare il motore dell’entusiasmo. E tenete presente che per fare il pieno… qui il costo è uguale a zero! Il comitato di redazione In questo numero Vi proponiamo vecchie fotografie che riguardano la storia dell’Ospedale di Vigevano. Le didascalie potrebbero avere imprecisioni, tenuto conto che non disponiamo di coloro che “c’erano”. Chi è in grado di correggere e/o precisare quanto da noi scritto, può farlo, anzi, deve farlo. Grazie in anticipo. Radiografia della mano del principe Umberto di Savoia, nel giorno dell’inaugurazione della Radiologia. Anno 1927 20 Ristrutturazione reparto di Ortopedia, anno 1966. In primo piano, le infermiere Anna Ghidini e Elsa Corallini Gruppo culturale ✥ G CR ✥ ✥ ✥ ✥ ✥ ✥ 21 G CR Gruppo culturale Questo è un uomo! «V Primo Levi e, sotto, la copertina del libro Se questo è un uomo, edito da Einaudi 22 oi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì e per un no… » Queste parole sono parte della poesia che introduce il libro Se questo è un uomo, un testo autobiografico che molti di voi conosceranno, scritto da Primo Levi dopo il suo ritorno dai campi di sterminio nazisti, dove fu prigioniero per un intero anno. Un libro straordinario, che avevo già letto chissà quanto tempo fa, ma di cui non avevo preciso ricordo e sono andata a ripescare una sera dalla libreria domestica, con l’urgente bisogno di leggere parole di qualità. Ho preso dunque tra le mani questo volume e ho cominciato a scorrerlo, per essere sicura di voler affrontare il gravoso argomento trattato. Poi è stata una folgorazione! Le prime trenta pagine le ho lette in piedi davanti ai fornelli, mentre preparavo un sano minestrone, con il risultato che insieme alla canna di sedano mi sono tagliata una rondella di dito, per non aver distolto gli occhi dalla lettura come era invece auspicabile facessi. Come certamente tutti voi, ho letto e visto molto sulla Shoa, ma mai mi era capitata davanti una testimonianza scritta con l’intensità e la lucidità pari a quelle contenute nel libro di Levi. Egli, all’epoca dei fatti ventiquattrenne, laureato in chimica, di famiglia ebrea benestante, viene strappato alla sua vita e alla famiglia per andare a conoscere l’orrore del lager nazista, dove lo aspetta il martirio destinato ai deportati ebrei. Ci sono passi del libro che sconcertano, oltre che per gli episodi raccapriccianti in sé, per l’inspiegabile neutralità con cui Levi li racconta. La sua scrittura limpida e anti- retorica, intrisa spesso da un’amara ironia, riesce a portare il lettore a condividere, a parte il dramma in sé, un punto di osservazione dei comportamenti umani in un frangente dove l’uomo è costretto a inventarsi ogni sorta di espediente per sopravvivere. Il primo passo del racconto ad avermi impressionato è stato il terribile viaggio della deportazione dall’Italia verso il campo di concentramento di Auschwitz, avvenuto sui convogli ferroviari destinati al bestiame (solo l’inizio di un’umiliazione infinita), durante il quale Levi si è trovato per giorni rinchiuso con altre quarantacinque persone, uomini, donne, bambini, compressi senza pietà, in una delle famigerate tradotte tedesche. Durante i giorni dell’allucinante viaggio verso gli inferi, lo scrittore sente soprattutto l’urgente necessità del negato silenzio attorno a sé, indispensabile per fronteggiare il grande dolore che lo sta travolgendo « … pochi sono coloro che sanno morire con dignità, e spesso non quelli che ti aspetteresti. Pochi sanno tacere, e rispettare il silenzio altrui… ». Levi racconta poi come una feroce quanto tacita legge naturale pareva dividere i prigionieri dei lager in due distinte categorie di predestinati: i salvati, ossia « coloro che avevano conservato un insensato pazzo residuo di speranza inconfessabile, » e i sommersi, rappresentati invece da quella moltitudine di corpi vaganti e indifesi, con l’espressione spenta, impressa con anticipo dalla morte. « La loro vita è breve ma il loro numero sterminato; sono loro, i sommersi, loro, la massa anonima, continuamente rinnovata e sempre identica dei non uomini… essi popolano la mia memoria della loro presenza senza volto, e se potessi racchiudere in un’immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei questa che mi è familiare: un uomo scarno, dal- Gruppo culturale la fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto e nei suoi occhi non si possa leggere traccia di pensiero. » Oggi non credo sia pensabile nemmeno immaginare che cosa significasse vivere una sventura simile, ma leggere di queste atroci vicende ci dà la misura di come sia sciocco praticare l’esercizio del lamento, mentre ce ne stiamo tranquillamente e liberamente circondati dagli agi e dal superfluo… « Con tutte le nostre forze abbiamo lottato perché l’inverno non venisse. Ci siamo aggrappati a tutte le ore tiepide, a ogni tramonto abbiamo cercato di trattenere il sole in cielo ancora un poco, ma tutto è stato inutile. Ieri sera il sole si è coricato irrevocabilmente in un intrico di nebbia sporca, di ciminiere e di fili, e stamattina è inverno… » La pacatezza della narrazione, ricolma di forte incisività, mi ha dato la sensazione di accompagnare l’autore dentro al suo sconsiderato inferno, naturalmente con la differenza che io ero protetta dalla mia placida realtà, ma non nell’animo però, e se non ho sofferto le sue pene fisiche e psicologiche, ho condiviso con lui lo sdegno e la non comprensione. Ma Levi ha anche scritto: « Quando non si riesce a dimenticare, si prova a perdo- G CR nare ». È difficile, tanto difficile, ma sembra non esista alternativa e dunque bisogna farlo, come farebbe un genitore davanti al crimine commesso dal figlio. Perdoniamo nella speranza che tutto questo non avvenga più, mai mai più. In ogni pagina di questo libro si legge dignità, si respira dignità, si impara dignità… per questo consiglio caldamente di leggerlo e di rileggerlo. Anzi, già che ci sono, vi suggerisco di proseguire l’odissea di Levi leggendo anche La tregua, che narra l’avventura del suo ritorno a casa e la riconquista dell’agognata libertà, avvenuti affrontando stenti e pericoli attraverso paesi stranieri dagli spazi infiniti, devastati dalla guerra e dalla fame, ma dove il seme della speranza inizia a germogliare nelle anime dei superstiti. Tra l’altro, da quest’ultimo libro, è stato tratto un film, girato nel 1997, che ho visto solo recentemente e mi è davvero piaciuto moltissimo. Prima della sua morte, avvenuta per suicidio nel 1987, Levi lancia un ultimo appello dove non dice non dimenticatemi, bensì « non dimenticate », e questo è quello che noi tutti dovremmo fare di dovere nei confronti di “questi uomini”. Grazie per l’attenzione. Rosy Fabbro Il cancello di ingresso del campo di sterminio di Auschwitz 23 G CR Gruppo culturale Buona pensione a… S Il grande Franz nel giorno della sua prima pensione icuramente, per troppo entusiasmo, abbiamo “lasciato nella penna” alcune istruzioni per coloro che volessero usufruire del giornalino per testimoniare il percorso lavorativo di chi (fortuna sua) abbia raggiunto il “mitico” traguardo della pensione. Siamo alle prime esperienze (si vede), concedeteci qualche piccolo errore… Questa è una rubrica a cui teniamo particolarmente e quindi capite che la vostra partecipazione è… fondamentale! I colleghi del reparto, servizio, ufficio che vogliano dedicare parole, versi, sonetti, canzoni, foto… al neo pensionato possono inviare i loro scritti tramite email alla redazione del giornalino, indicando oppure accordandosi sul periodo in cui dovrà avvenire la pubblicazione. La semplice segnalazione con nome e cognome non potrà bastare (noi del Comitato non conosciamo tutti) e poi… pensate al piacere del festeggiato nel leggere come i propri colleghi lo abbiano visto e apprezzato in tanti anni. Ecco, da qui vogliamo partire, con queste dediche che ci sono giunte e, associandoci a esse, salutare tutti coloro che hanno raggiunto la pensione prima che nascesse questo spazio. Ti aspettiamo per il caffé! U Mitttica Giane... 24 na volta, molti anni fa…, giungeva nel Civico Ospedale una caposala (fra le prime) a occuparsi di un nuovo reparto di Cardiologia (situato in un vecchio padiglione nella pensilina centrale), appena aperto a Vigevano. La giovane Clelia fu subito assorbita dal nuovo assetto e con competenza e dedizione (e questo suo modo di essere ha improntato tutta la sua carriera) si impegnava per organizzare il servizio. Passava ore in reparto a lavorare con il resto del personale per allestire al meglio il reparto, formava gli infermieri nelle nuove tecniche di rianimazione cardiologica, manteneva un atteggiamento aperto con il personale dipendente, rapportandosi in modo comprensivo ma fermo, quando necessitava. Quanto lavoro hai svolto, cara Clelia, in tutti questi anni senza mai risparmiarti.., pronta a ritornare in reparto (anche se eri appena andata a casa) senza essere reperibile. Sei davvero una grande, tollerante e comprensiva, e sempre pronta a sostituirti alle infermiere quando era necessario! Per noi che ti abbiamo conosciuta in tutti questi anni, lasciarti andare ci provoca un’enorme tristezza, anche se ti auguriamo con tutto il cuore di goderti con serenità la tua famiglia e di occuparti a tempo pieno di tutto ciò che più ti piace e in particolare della pittura, la tua passione. Ma naturalmente ti aspettiamo sempre per bere insieme il nostro immancabile… caffè. A presto, cara Clelia! Le tue colleghe vecchie e nuove Gruppo culturale « basta, vado in pensione… » L a incontravi in corridoio e ti diceva: « Basta, vado in pensione… », ma non ci credeva nessuno, perché alla Mari (Maria Elena Marsilio) piaceva il suo lavoro. Poi un bel giorno dice: « Ho firmato… », ma che cosa ha firmato? Increduli abbiamo capito. È andata in pensione un’altra “colonna” dell’ospedale, una infermiera che conosceva bene il suo ruolo e contribuiva “sul campo” a dare dignità, visibilità positiva alla professione infermieristica. Determinata nel proprio lavoro, guidava il personale assegnato alla Ortopedia - Traumatologia dell’Ospedale di Vigevano con quella autorevolezza necessaria a una caposala. Scherzando definiva a volte il reparto “il collegio svizzero”, quando le venivano assegnati (guarda caso) dipendenti con… qualche difficoltà, ma la nostra Mari sapeva usare le sue doti di comprensione e determinatezza per formare al meglio il personale. Ci mancheranno la tua innata simpatia, il tuo sorriso, le tue risate e, perché no?, anche le tue “incazzature” con chi non aveva il coraggio delle proprie azioni, perché anche questo delinea il professionista… e tu ci credevi sino in fondo e ti sei impegnata sempre per il rispetto della professione. Brava! Ora tocca a noi continuare. Ci auguriamo però che i tuoi mille impegni non ti allontanino definitivamente dalle tue colleghe e, se vorrai qualche volta farci assaporare l’abilità della tua cucina… che dire?… siamo qui. Un grosso abbraccio! Le tue colleghe vecchie e nuove G CR ruppo G CRulturale icreativo Supplemento a Lomellina in Comune anno 10 n. 9 - ottobre 2008 Iscrizione presso il Tribunale di Vigevano n° 299 del 5/6/1999 Direzione, copyright Clematis viale dei Mille n. 13/B - Vigevano tel. 0381 32 69 54 Editing Punto & Virgola viale dei Mille n. 13/B - Vigevano tel. 0381 32 66 94 - fax 0381 32 82 45 e-mail [email protected] Direttore responsabile Umberto De Agostino Direttore editoriale Luigi Pirro Comitato di redazione Stefania Cafè, Rosy Fabbro, Maria Grazia Franzoso, Anna Maria Leva, Franca Petullo, Giuliana Toso, Alessandra Vallarin Ospedale Civile Vigevano corso Milano n. 19 - tel. 0381 333 1 e-mail: [email protected] Hanno inoltre collaborato Luigi Baratti, Ambrogio Cottino, Franco Fava, Franco Mancin, Donatella Moraschi, Giovanna Rattegni, Sonia Rava Grafica Simona Villa Stampa Romagna Grafica, Cusano Milanino (MI) Copyright Clematis, Vigevano Testi, fotografie e disegni inviati saranno restituiti solo su esplicita richiesta dell’autore Anche i santi… Durante la bagnatissima gita sul lago Maggiore del 13 settembre, l’obiettivo della mia digitale si è soffermato su questa statua posta sulla facciata di un’antica chiesa del centro storico di Locarno, raffigurante un pellegrino o un … santo? Non è stato possibile risalire al suo nome, però tutti i santi che io conosco hanno qualcosa tra le mani: chiavi, gigli, la graticola, una vanga, una cesta di pane, addirittura un barile di sale. Oppure hanno accanto un animale: un cane, un cervo, un gallo bianco o un maiale! Hanno sempre gesti benedicenti e spesso sguardi rapiti. Però qui l’iconografia conosciuta non m’aiuta, e questo gesto, spesso ripetuto dai mortali, mai avrei immaginato di vederlo riprodotto sulla facciata di un luogo santo! Conoscendo la precisione degli svizzeri, se l’hanno messo lì non sarà per caso. Onde evitare che un giorno di vacanza sia tormentato da ogni tipo di calamità: per le prossime gite il G.C.R. si raccomandi a san Biagio che protegge dagli uragani o a san Zeno che tiene lontane le inondazioni, oppure, contro ogni tipo di scalogna, si affidi a questo santo che si tocca… il manto! Emiliana Cecchettin 25 G CR Gruppo culturale La Riunione Un importante momento di confronto e di crescita Perchè ci riuniamo? Qual è lo scopo della riunione? E poi… che cos’è la riunione? Tenterò come sono capace di rispondere, in breve, a queste tre domande, partendo dall’ultima. La Riunione è il convenire, attraverso la partecipazione, dei singoli operatori (nel nostro caso, operatori della salute), affinché si possano confrontare e abbiano la possibilità di enucleare, dirigere e osservare il muoversi di dinamiche interne. Pertanto, la Riunione consiste in un sistema complesso che conduce a coinvolgere le persone, i lavoratori, che serve ad attivare l’interazione intorno a una specifica questione professionale e lavorativa. Attraverso il “ri-unirsi”, il gruppo ha l’occasione e l’opportunità di prendere coscienza, consapevolezza del proprio esserci, come singoli individui e come gruppo, e di conseguenza, il “ri-unirsi” permette al team di funzionare meglio. Riunione quindi significa anche potenziare, costruire, realizzare nuovi orizzonti personali e professionali. La riunione, quindi, è un’opportunità, un’esperienza professionale che completa e indirizza sul perché, sul come e sul dove muoversi, essa, se ben condotta, trasforma e potenzia l’agire dei professionisti. Lo scopo della riunione ha tre aspetti: ➊ motivazionale, ➋ decisionale, ➌ problem solving. Ovvero: ➊ attraverso la riunione, è possibile auto-motivarsi, crescere e migliorare l’interazione, la cultura, prendere coscienza della professione in seno alla società che cambia rapidamente necessità e obiettivi; 26 ➋ lo svolgersi della riunione permette l’espandersi di dinamiche che possia- mo denominare sociali. Tali dinamiche riguardano l’accettazione, l’andamento, e l’instaurazione di specifiche decisioni (macro-decisioni, microdecisioni); ➌ l’occasione di incontrarsi per discutere su “affari di lavoro” aiuta l’intero gruppo di lavoro a muoversi e a dirigere meglio le energie. Ad esempio, l’analisi attenta e precisa dell’agito, in un contesto specifico, può diventare motivo di crescita individuale e di gruppo. L’uso del problem solving, applicato alla realtà, quindi all’operatore e alla situazione (persona assistita), dona una prospettiva più ampia e arricchente, favorendo il gruppo nel suo insieme (coordinatore e collaboratori). Il problem solving può incrementare le strategie operative ad hoc per quel gruppo, per quella unità operativa, costruendo adeguate e nuove competenze per quella specifica difficoltà operativa emersa e analizzata, durante le riunioni. Pertanto, riconsiderare il ruolo della riunione è salutare per ciascuno di noi. Le paure, i dubbi, le incertezze possono e soprattutto devono snocciolarsi all’interno di quello spazio che chiamiamo riunione, uno spazio che deve innanzi tutto dare maggior sicurezza a ciascuno di noi… Ritengo sia utile incrementare la qualità della riunione a scapito della quantità… Resta inteso che riunirsi, solo per le ferie, sia decisamente insufficiente… Per concludere, ritengo però che aumentare sensibilmente il numero delle riunioni, serva proprio… a conoscerci meglio per funzionare meglio… Parlare, discutere, ascoltare un problema da varie angolazioni, in sede di riunione, val forse di più di tante letture...? Lascio al lettore la risposta. Franco Mancin Gruppo culturale G CR Ecco ora a voi… la provincia di Pavia “L a Provincia Pavese” ha avviato, in queste settimane, una importante iniziativa editoriale: dal 27 settembre ogni sabato è in vendita in edicola, in esclusivo abbinamento con il quotidiano, un volume della nuova collana Pavia e la sua provincia – la sua gente, i suoi luoghi. L’opera è articolata in nove volumi; ciascuno dei primi tre è dedicato alla storia di una delle zone in cui è suddiviso il territorio della provincia di Pavia (Pavese, Lomellina, Oltrepò Pavese, in ordine di uscita), mentre i successivi sei sono di contenuto prevalentemente fotografico e ognuno di essi è riservato a uno specifico argomento. I titoli sono: IL VOLTO DELLE CITTÀ: Pavia Vigevano e Voghera nelle vecchie foto e nelle mutazioni urbanistiche – IL VOLTO DEI PAESI: realtà antiche e moderne dei comuni della provincia – DENTRO E FUORI LA STORIA: un secolo di eventi, vicende e cronache – IL LAVORO: mestieri, professioni, attività e tradizioni produttive – LA CULTURA: scuola, istruzione, educazione, fede e arte – IL TEMPO LIBERO: sport, spettacoli, passatempi e passioni degli abitanti dei territori pavesi. Di pregevole livello lo “staff” degli operatori che “firmano” la collana. Spicca, su tutti, il nome di Francesco Ogliari. Milanese, autore di innumerevoli volumi di storia — un centinaio circa dedicati ai Trasporti — e di varia umanità, candidato al Premio Nobel per la Letteratura, già per un venticinquennio presidente del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, fondatore e direttore del Museo Europeo Ogliari dei Trasporti di Ranco (VA), da qualche tempo ha iniziato a dedicarsi con successo anche alla stesura di testi riguardanti Pa- I primi tre volumi, usciti il 27 settembre, 4 e 11 ottobre ma ancora disponibili in edicola su richiesta Francesco Ogliari, autore dei volumi in vendita con “La Provincia Pavese” 27 G CR Gruppo culturale I volumi della serie Pavia e la sua provincia in uscita il 18, 25 ottobre e 1° novembre via e i suoi territori. In questa nuova fatica è affiancato da due ormai “storici” collaboratori: i vigevanesi Rolando Di Bari, noto autore di libri di storia locale Nella foto a fianco: un mercatino di frutta e verdura nella piazza antistante la basilica di San Lorenzo, a Mortara, negli anni Venti del secolo scorso Sotto: Vigevano, anni Cinquanta del secolo scorso, piazza Lavezzari, a metà di corso della Repubblica 28 (in senso molto lato; numerosi sono i titoli, da lui firmati o cofirmati, di argomento milanese e lombardo), e l’eterno, onnipresente Franco Fava, fondatore del nostro Gruppo Culturale Ricreativo, autore, editore, scrittore, commediografo, giornalista, poeta, organizzatore, ideatore, fondatore e direttore del Museo della vita quotidiana Le tracce di ieri… E ci scusi l’amico Franco se abbiamo dimenticato qualche cosa… A latere, ma senza sottovalutarne il valore, la presenza di Roberto Bagnera in veste di prefatore. Vigevanese vissuto per quarant’anni a Milano e poi tornato a risiedere a Vigevano, è una figura eclettica di operatore culturale, storico, esperto di enogastronomia, già coautore con Ogliari di alcuni pregevoli testi di storia milanese. Il lavoro degli “scrittori” è poi efficamente integrato e completato dalla esperta équipe tecnica, coordinata da Paolo Comolli dello Studio editoriale Punto & Virgola di Vigevano, che ha curato l’intera edizione per conto delle Edizioni Selecta di Pavia. Date simili premesse, non è difficile presumere un risultato di prim’ordine. La collana proposta da “La Provincia Pavese” rappresenta, in effetti, un compendio Gruppo culturale di storia, etnografia, folclore e molto altro ancora (leggende, personaggi, monumenti, curiosità, cronache spicciole…) del territorio della provincia di Pavia quale mai prima d’ora era stato messo insieme e dato alle stampe. Il quotidiano pavese, in passato, aveva pubblicato altre raccolte fotografiche — Come eravamo, Fotostoria pavese 1840 - 1919 eccetera — ma la realizazione di un lavoro così completo e organico, e nel contempo gradevole e accessibile a ogni tipo di pubblico, mai era stata tentata. Pavia e la sua provincia – le sue genti, i suoi luoghi è un’opera che indaga in profondità sulla esistenza dei territori di competenza pavese (Lomellina, Oltrepò, Pavese), partendo dalla preistoria, per giungere ai giorni nostri; configura — in particolare con i primi tre volumi — un valido strumento didattico. Ma, grazie alle scelte grafico-editoriali, che includono un ampio repertorio iconografico, con molto interessante materiale d’epoca e una ugualmente vasta raccolta di notizie, informazioni e curiosità, può, contemporaneamente, essere considerata un piacevole veicolo divulgativo, sfogliabile con piacere anche da tutti coloro che, pur non avendo necessità di studio e ricerca, amamo interessarsi di “cose” locali. I successivi sei volumi, prettamente fotografici, offrono poi una collezione, veramente unica per quantità e qualità, di immagini provenienti da archivi pubblici e privati attraverso le quali è possibile ricostruire con fedeltà e puntualità il cammino dello sviluppo delle popolazioni nelle terre pavesi dalla seconda metà dell’Ottocento all’età contemporanea. Nulla è dimenticato: si va dall’indagine fisica e strutturale dei centri abitati (Il volto delle città, Il volto dei paesi) I volumi della serie Pavia e la sua provincia in uscita il 8,15 e 22 novembre G CR Mortara, il famoso caffépasticceria Guglielmone negli anni Venti del secolo scorso 29 G CR Gruppo culturale Il Bottonificio Galessi di Mede negli anni Trenta del secolo scorso a un esame dell’universo del Lavoro, alle diverse tematiche culturali — riunite appunto sotto il titolo La cultura, — a una panoramica sui numerosi modi di impiegare Il tempo libero. Ed è di nuovo presa in considerazione la storia, qui (volume Dentro e fuori la storia) illustrata attraverso l’immagine. Non solo la storia ufficiale, paludata (i “soliti” Risorgimento, lotte sociali, Prima guerra mondiale, fascismo eccetera), ma anche e soprattutto la storia spicciola, individuale, personale (matrimoni, battesimi, comunioni, riunioni familiari e così via) che, molto più della prima, rappresenta la “vera storia” delle popolazioni. In tutti i volumi le fotografie sono integrate da un corredo didascalico vasto e esauriente, che permette di meglio interpretare le immagini e dare a esse la giusta collocazione spazio-temporale, anche là ove non siano note datazioni e situazioni logistiche. In sostanza, un’opera ampiamente degna dell’aggettivo “importante” che le abbiamo attribuito e che merita pertanto di avere la massima diffusione in tutti i territori della provincia di Pavia, si chiamino Lomellina, Oltrepò o Pavese. CALENDARIO DI USCITA DEI VOLUMI Sabato 27 settembre PAVESE Storia, culture, colture, leggende, tradizioni e personaggi Sabato 1 novembre DENTRO E FUORI LA STORIA Un secolo di eventi, vicende e cronache Sabato 4 ottobre LOMELLINA Storia, culture, colture, leggende, tradizioni e personaggi Sabato 8 novembre IL TEMPO LIBERO Sport, spettacoli, passatempi e passioni degli abitanti dei territori pavesi Sabato 11 ottobre OLTREPÒ PAVESE Storia, culture, colture, leggende, tradizioni e personaggi Sabato 15 novembre IL LAVORO Mestieri, professioni, attività e tradizioni produttive Sabato 18 ottobre IL VOLTO DELLE CITTÀ Pavia, Vigevano e Voghera nelle vecchie foto e nelle mutazioni urbanistiche Sabato 22 novembre LA CULTURA Scuola, istruzione, educazione, fede e arte Sabato 25 ottobre IL VOLTO DEI PAESI Realtà antiche e moderne dei comuni della provincia 30 Prezzo di ciascun volume € 9,90 più il prezzo del quotidiano TUTTI I VOLUMI SONO PRENOTABILI PRESSO LE EDICOLE INDIPENDENTEMENTE DALLA DATA DI PUBBLICAZIONE Gruppo culturale G CR Meditazioni sanitarie infermiere Di questi soldati tutti ridono. È logico: essi lavorano a dar la vita invece di lavorare a dar la morte. P. VÉRON malattia Che bel comodo è l’essere ammalato! Non si pensa che a starsene con pace sul letto o sul sofà: non si lavora: si fa passare in camera chi piace: si prende il miglior brodo: si divora la roba più gustosa e più squisita: l’esser malati è una gran bella vita! A. GUADAGNOLI medicina La medicina è un’arte che viene esercitata in attesa d’esser scoperta. Di fare il contadin Pietro ha lasciato e allo studio si die’ di medicina; il perché facilmente s’indovina: riempire vuol fosse ch’ha scavato. Lezione di anatomia del dottor Tulp, dipinto a olio su tela realizzato nel 1632 da Rembrandt G. GIRAUD E. DESCHAMPS Curarsi per certe malattie è come imparare a nuotare. In caso di naufragio non serve che a prolungare l’agonia. PITIGRILLI La medicina consiste nell’introdurre droghe che non si conoscono in un corpo che si conosce ancor meno. VOLTAIRE medico Confessione di un medico: « Io non vado mai ai funerali dei miei clienti. Non so, mi parrebbe d’essere un povero operaio che, alla fine della giornata, riporta il proprio lavoro… ». ANONIMO Quando il medico accosta l’orecchio al petto di un malato, sembra voler ascoltare una conversazione attraverso a una porta chiusa. Vuole ascoltare, con una certa discrezione, le confidenze che si fanno tra loro i polmoni. R. GÓMEZ DE LA SERNA A un medico diceva un beccamorti: « Signor dottor, mi raccomando a lei ». Ed ei rispose, a quelle voci mosso: « Figliuol mio caro, faccio quel che posso ». A. GUADAGNOLI Duolsi il medico Albin che biasimato io l’abbia senz’averlo ancor provato. Se provato l’avessi, o sommi dèi, come mai biasimare ora il potrei? Z. RE Il medico esercita su di me un doppio effetto dal quale non so difendermi: mi spaventa e non mi rassicura. Se mi dice « lei ha tal malattia », gli credo. Se mi dice « la guarirò », non gli credo più. G. COURTELINE Vantasi ovunque il medico Frontone che toglie tutti i mali; ed ha ragione: sparir vedi, se mostra egli il sembiante, e mali ed ammalati ad un istante. Z. RE 31 “IL VITO DI VIGEVANO” IL VOLUME, che sarà in vendita nelle librerie di Vigevano dal mese di novembre, SARÀ UFFICIALMENTE PRESENTATO AL TEATRO CAGNONI VIGEVANO 13 novembre 2008 ore 21 presenta NICOLETTA SIMEONE (Rai Radio Due) con la partecipazione di NICK NIGHTFLY & MONTECARLO NIGHTS ORCHESTRA THE con SIMONA BENCINI direzione artistica FABIO COPPINI INTERVERRANNO PERSONAGGI ED ESPONENTI DEL MONDO DELLO SPETTACOLO, DELLA CULTURA E DELLO SPORT AMICI DI VITO PALLAVICINI « Nel mondo della musica leggera chi scrive i testi si sente un po’ trascurato. Da un certo punto di vista, però, è una situazione legittima dato che, ad esempio, se poi una canzone viene venduta all’estero, magari viene reinterpretata e riscritta cambiandone totalmente il senso. Quindi quel che conta di più in una canzone è la musica. Ma da questo, che comporta ovviamente anche tutta una logica anche commerciale, a dire che chi scrive i testi è, dispregiativamente, un “paroliere” se non proprio un “canzonettaro”, ce ne passa. Perché personaggi come Pallavicini dimostrano che, invece, alla base del loro lavoro c’è vera ispirazione e quindi autentica poesia. Basterebbe solo Azzurro per dare a Vito Pallavicini la patente di poeta. Ma Vito aveva una marcia in più. Sentendo la musica — la prassi è nota: nascono prima le note, sulle quali poi si inseriscono le parole — lui, al di là della costruzione della plausibilità di una sorta di “racconto”, di “storia”, riusciva a fabbricarne un equivalente letterario, se non addirittura fonetico. » PINO DONAGGIO