Gruppo culturale

Transcription

Gruppo culturale
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CR
ottobre 2008
ruppo
ulturale
icreativo
Il g
iorn
ali
Il
PARLACI
Ospedale
Civile
di Vigevano
Supplemento al n. 9 - ottobre 2008 di Lomellina in Comune
L’EDITORIALE
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IL COMITATO DI REDAZIONE
menu
di questo numero
DI TE...
ari amici, in questo
numero troverete alcune novità. Abbiamo intenzione di trasformare in fatti le idee e le anticipazioni di cui vi avevamo
accennato nel primo giornalino edito da questo gruppo
di donne, e cioè vorremmo
farvi partecipi delle iniziative in cui ci piacerebbe veder emergere anche le vostre “specialità”.
Siamo in attesa che vi facciate conoscere per le vostre
peculiarità sinora inespresse al grosso pubblico:
hobby particolari, passioni, collezionismi, arti misteriose, pittura, fotografia, bricolage, danza, musica ecc.
con tutto quello che vorrete mandarci. Saremo lieti di
costruire con voi delle occasioni un po’ speciali per
far conoscere tutte le arti sommerse. Siamo o non siamo in fondo tutti un po’ “artisti”?
Altra novità sarà la rubrica dal titolo Come eravamo…, che avviamo da questo numero e riguarda l’archivio storico/affettivo di tutti quelli che sono passati
dalle nostre aziende (ASL e ospedale) e vi hanno dedicato parte della vita. Vi potranno contribuire tutti coloro che, con fotografie o ricordi personali, ci faranno
pervenire notizie di avvenimenti di cui sono stati protagonisti essi stessi e i colleghi conosciuti, che ora si
godono il meritato congedo dal lavoro.
Aspettiamo perciò le vostre considerazioni e le vostre
collaborazioni al fine di far diventare “IL GIORNALINO”
uno strumento interattivo tra mondo del lavoro, vita
quotidiana e, ogni tanto, anche gioia e tempo libero in
compagnia.
no
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Lisbona?
“Molto bellissima”
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Pronti… via…
destinazione Venaria!
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Un itinerario
d’acqua (parte prima)
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Stralugano: un sogno
divenuto realtà!
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« Non è mai troppo tardi… »
Navigando…
sotto la pioggia
Lourdes: una realtà
tutta da scoprire
Come eravamo…
Questo è un uomo!
Buona pensione a…
La Riunione
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Ecco ora a voi…
la provincia di Pavia
Meditazioni sanitarie
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A spasso per l’Europa
Lisbona?
“Molto bellissima!”
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Settanta pellegrini
in Portogallo
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n qualità di inviata... normale, vi fornisco poche e brevi notizie sul viaggio
effettuato dalla troupe del G.C.R. nella
capitale portoghese.
I settanta viandanti sono partiti per il loro pellegrinaggio la mattina di buon’ora
godendo di un tranquillo viaggio aereo.
Sbarcati nella capitale, dove erano attesi
da una coppia di pullman denominati
Pullman 1 e Pullman 2 che li ha divisi in
due gruppi distinti, hanno avuto l’immediato incontro con le guide per la prima
esplorazione ricognitiva alla città, tanto
per intuirne le possibilità, con una temperatura non proprio da ridente località
marina (ma noi che ci vestiamo a “cipolla” non ci troviamo mai impreparati).
Dopo la prima svista ai luoghi d’interesse del centro, eccoci in hotel per l’assalto al ristorante, passeggiata serale per favorire la digestione e quindi a letto per
essere in forma il giorno dopo. L’indomani, nel corso di un tour più approfondito della city con le due pimpanti guide
Quelli del pullman1
locali, scopriamo monumenti e palazzi
di notevole pregio artistico e cominciamo a respirare quell’atmosfera di romantica decadenza che ci accompagnerà in ogni dove. Pranzetto a base di
polenta e “baccalau”, che i portoghesi
cucinano in circa trecento modi diversi,
e poi continuazione delle visite fissate
dal nostro programma, tutti allineati in
un bel biscione di settanta anime, tagliato a metà per ragioni logistiche.
Difficile raccontare di tutto quello che
abbiamo visto in quei cinque giorni di
permanenza in suolo portoghese, a partire dalle meraviglie della città di Lisbona con il Monastero dos Jeronimos, la
torre di Belem, il quartiere del Barrio
Alto, le magnifiche chiese di Sao Roche
e del Carmo, sino ad arrivare poi a emozionarci sul punto più estremo del continente europeo: capo de Rocha, un
lembo di terra sull’Oceano Atlantico,
battuto dai venti, con lunghe e ampie
spiagge coronate da una vegetazione
molto generosa e verdeggiante.
Bellissimo anche il borgo medievale di
Obidos con il suo castello e le case rimaste intatte nel tempo, che ci hanno
regalato la sensazione di passeggiare come fossimo dame e cavalieri nell’anno
di grazia duemilaotto. E poi ancora Nazarè, Batalha, Sintra, Estoril, Cascais e
chi più ne ha più ne metta.
Che dire di Fatima, luogo in cui si percepisce in modo tangibile la fede che la
gente prova per quella piccola e semplice Madonnina, con quelle file di candele accese che riflettono il bisogno di un
aiuto divino anelato soprattutto da chi
soffre? Devo dire che, sarà stato magari
perché era un qualunque lunedì matti-
A spasso per l’Europa
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Quelli del pullman 2
na, poca era la gente sul grande piazzale che unisce le due chiese, quella costruita all’inizio del secolo scorso e
quella invece moderna e con grande capacità ricettiva, per cui non è stato difficile cogliere il senso di grande rispetto
che ogni visitatore, credente e non,
esprimeva nei confronti di questo luogo
sacro.
Molto più legata al gusto personale, pur
nel suo folclore intrinseco, è stata l’esibizione di “fado” (dal latino fatum, ossia
destino), un genere di musica popolare
tipicamente portoghese, eseguita sul palchetto di piccoli e caratteristici locali nei
quartieri della città vecchia, che narra di
temi legati alla lontananza, all’emigrazione, al dolore, alla separazione. Mario
Merola portugueso… du palle…
Scherzo, in realtà l’ho apprezzata, ma
solo perché all’estero sono propensa ad
accettare e cercare di capire tutto quello
che non fa parte della mia cultura, anche
se di risultanza personal/pallosa.
L’esperienza più divertente in assoluto,
per me, è stato il tour attraverso l’antico
quartiere dell’Alfama, fatiscente ma molto pittoresco, da vedersi assolutamente
usando l’incredibile tram numero ventotto. Un gruppo di noi è salito infatti su
questa specie di carrozza ferruginosa, in
un continuo saliscendi tra le vie della
città alta, tra scrolloni e odori, tra viste su
improbabili carrugi dall’aspetto poco
raccomandabile, e panni stesi, e motorini smarmittati e rumori, salti e risate incontenibili di noi borghesucci italiani
del nord, che finalmente abbiamo capito
le espressioni “attaccati al tram” e “viaggiare da portoghese”. Fatto sta che a un
certo punto mi sono ritrovata davanti
agli occhi, ma aldilà del vetro, una specie di “superman” attaccato come una
cozza alla porta del ventotto, che dava
spettacolo con la sua performance di
equilibrista scalatore, tra scossoni terribili e urletti divertiti provenienti dall’interno tram, terribilmente sbalordito dalla situazione. Ah, queste sono le cose per cui
vale la pena fare duemila chilometri...
Dieci ragazze per me
posson bastare.....
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A spasso per l’Europa
Al limite di un continente
Contenti di esserci!
Comunque, come sempre, tutto è andato
per il meglio; se proprio proprio si volesse trovar da dire, come si suole in ogni situazione in cui si supera il numero di
due partecipanti, potrei affermare personalmente che forse avrei gradito qualche
Signori, Lisbona!
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I runner conquistadores portugueisi pronti
ad attaccare…
mezz’ora libera in più per lo shopping,
visto che non ho nemmeno avuto il tempo di comperarmi la consueta maglietta
come d’usanza. Non si fa, questo davvero non si fa!
Rosy Fabbro
Il presidente perde il pelo ma non il vizio…
Il famigerato 28!
A spasso per l’Europa
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Tutte le donne del presidente…
Tutti gli uomini del presidente…
A proposito di 626…
La maestosa torre di Belem
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Gruppo culturale
« Un giorno senza un sorriso
è un giorno perso »(Charlie Chaplin)
Alziamo gli occhi e lasciamoci contagiare dalla bellezza della natura che
ci circonda, è più facile avere un sorriso, l’allegria. Abbiamo la possibilità di raggiungere uno stato di contentezza e di serenità se percepiamo il
meccanismo che ci causa difficoltà e sofferenza.
L’allegria ci può aiutare, è uno stato di libertà che ci rende forti e senza
paura.
Non neghiamoci alla vita ma affrontiamola con allegria ed esprimiamola
nelle azioni e nei sentimenti.
Passiamo del tempo con noi stessi: una connessione profonda con il proprio essere, in sintonia con gli elementi, permette di ritrovare l’energia, la
carica, la serenità della nostra anima.
Costruendo giorno per giorno con la mente aperta e allegra, sempre pronti a migliorare, ma comunque soddisfatti di ciò che siamo e di ciò che abbiamo, possiamo rendere concreti i nostri sogni.
Articolo tratto dalla rivista “Lifegate”
Siamo tutti artisti?
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a siamo veramente artisti? Oppure è un pretesto per cercare di creare qualcosa che possa,
nel tempo, parlare di noi? Forse…
Per questo ecco un’occasione da prendere al volo,
per raccontare le proprie esperienze, ciò che siamo
riusciti a creare, quel che ci fa dire con orgoglio:
« Questo l’ho fatto io! ».
Vorremmo, quindi, con il vostro aiuto, CREARE UNA
RUBRICA CHE DIA SPAZIO E VOCE AI TANTI “TALENTI NASCOSTI”, che possa essere motivo di esperienza da voler condividere
con altri, insomma uno scambio vicendevole di capacità
e… non poniamo limiti alla
fantasia, gli sviluppi potrebbero essere imprevedibili!
Ecco, per esempio, l’esperienza di una di noi:
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« Mi piacciono i fiori, ma
vederli recisi… non lo sopporto. Ho cercato allora di
imparare a farli essiccare: all’inizio qualcosa è successo, ma poi la mia poca costanza…
Mi sono quindi iscritta (quasi per caso) a un corso dove ti insegnavano a creare fiori di carta (dieci lezioni
all’Università della terza età), mi è a tal punto piaciuto che ho voluto condividere le mie conoscenze con
un piccolo gruppo di persone; da qui è nata una bella amicizia e insieme abbiamo trascorso momenti
di sana allegria e piacevoli esperienze che hanno
consolidato la nostra amicizia sempre più ».
Giuly ’08
A spasso per l’Italia
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Pronti… via…
destinazione
Venaria!
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settembre 2008, ore 7.30, tutti
pronti per la partenza, destinazione la Reggia di Venaria Reale, residenza di piacere e di caccia voluta da
Carlo Emanuele II di Savoia. Dopo un
giro turistico per Vigevano, giusto per
entrare nello spirito della gita (in realtà
per incompatibilità di carattere tra il navigatore satellitare e l’autista del nostro
pullman) riusciamo a “far rotta” verso
Torino (qualcuno preoccupato pensava
già di aver letto male il programma o di
aver sbagliato gita!). Quattro chiacchiere per raccontarsi le ultime novità e arriviamo alla meta. Grandioso! Quello
che vediamo è giusto giusto la casa di
campagna che tutti noi vorremmo, ma,
pensando ai costi di manutenzione, riscaldamento ecc., decidiamo che anche qualcosa di più contenuto può fare
al caso nostro.
La visita comincia dai giardini (passando
dalla Corte d’Onore con la nuova Fontana del Cervo) dove ci avviamo a piccoli gruppi, che sparsi qua e là, quando
si incontrano, “si fanno ciao” tra una siepe (vera) e un tronco realizzato in bronzo (che sembra vero): meno male che
c’erano le descrizioni (giusto per non fare la figura dei “campagnoli”!!!).
Anche i giardini, come il palazzo, subirono varie trasformazioni nel corso degli
anni; da giardini “all’italiana” a giardini
“alla francese”, a piazza d’armi per le
esercitazioni militari (epoca che vai…
moda che trovi) e ora stanno recuperando parte del loro splendore con il Giardino a Fiori, il Giardino delle Pergole, la
Peschiera Grande; purtroppo della Fontana d’Ercole possiamo solo immaginarne la bellezza e accontentarci di quanto
rimasto e che ha resistito a tante vicissi-
Foto di famiglia in un castello...
tudini (soprattutto speriamo che resista a
qualche artista contemporaneo…!).
Hanno destato qualche perplessità (per
chi si è spinto “così lontano”) i Labirinti
estivi realizzati con piante di girasole,
forse un po’ troppo “alternativi” per chi
pensava di perdersi tra alte siepi con la
speranza che qualche principe (o principessa) accorresse in aiuto!!
Nel pomeriggio visita alla Reggia, cominciando dal piano seminterrato dove
incontriamo i Savoia… i loro ritratti ovviamente!, se no, non li avremmo certo
trovati nel seminterrato, vi pare?! I quadri esposti (ritratti, scene di caccia o di
battaglia) ricchi di particolari, dai colori
intensi e talmente vivi da renderli quasi
reali (scusate il gioco di parole!), ci hanno fatto conoscere una dinastia, i Savoia, che ha fatto la storia d’Italia e non
importa se ci siamo dimenticati qualche
nome che la nostra preziosa guida ci ha
detto, raccontandoci anche qualche piccante pettegolezzo dell’epoca (il gossip
non è certo un’invenzione dei giorni no-
Una giornata
tra cultura
e divertimento
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A spasso per l’Italia
Passeggiando in compagnia
stri!), senz’altro ci è rimasta “dentro”
qualche immagine che ci ha particolarmente colpito per la sua bellezza o il
suo significato, come l’urna che conteneva la Sacra Sindone quando fu ceduta
ai Savoia da Margherita de Charny o il
Collare dell’Annunziata realizzato in
oro e finemente cesellato, del “modesto”
peso di 3 kg (praticamente una collanina da mettere per andare a far la spesa!).
La mostra, ben organizzata, si avvaleva
anche di suoni e vibrazioni (spari di cannoni, grida di battaglia) per rendere più
reale quanto stavamo vedendo. Successivamente siamo saliti al piano nobile,
dove abbiamo potuto ammirare affreschi
e stucchi ricchi di dettagli e simbologie
come la Sala di Diana e la Sala dei Sa-
« ORDUNQUE, ALLA REGGIA DI VENARIA, PRESTO! »
(ovvero una favola moderna raccontata con parole antiche )
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er condurci alla regal meta quel mattino fu chiamato un cocchiere della Bergamasca che di buon
passo giunse alle porte del ritrovo convenuto con
grande anticipo e, non trovandovi alcunché, invaso dai
dubbi, si accinse a perlustrare tutt’attorno esclamando
tra sé: « Oibò! Ma qual paese è mai questo? Mi ordinano di esser qui e poi non v’è alcuno! ».
Ma ecco scorgere da lontano e dirigersi verso la carrozza
un fanciullo di nome Andrea che, con la madre, sembravan proprio dirigersi in quel posto: « Scusate, gentile
donzella – disse il nostro cocchiere – è questo il luogo
convenuto? », e la donzella: « Avete detto bene, mio
buon vetturino ma è l’ora che vi trasse in inganno, l’appuntamento è per le sette e non per le sei! ». Al suono di
tali parole il buon uomo si rincuorò, ignaro che di lì a poco un’altra disavventura l’avrebbe colpito.
Ed ecco che, poco dopo, ci si accorse che la mappa su cui
avrebbe dovuto essere tracciato il giusto cammino, per
un fatal errore, recava la traccia di una via che non c’è.
Ma, come in ogni buon caso, la provvidenza ci venne in
soccorso vestendo gli abiti di quella donzella di cui nominammo prima il dialogo che, in men che non si dica,
ritrovò il giusto cammino e felicemente si arrivò alla meta.
In tal luogo giunti provammo grande stupore davanti allo spettacolo che si parò innanzi ai nostri occhi:
« Questo a un genio
guerrier gradito hostello
delle caccie regali
fondò il secondo Carlo Emanuello
per avezzar gli strali
della dea delle caccie
a quei di morte
che la caccia e la guerra è
un’istess’arte »
E. Tesauro - Torino, Zapatta, 1674
Questo leggemmo con nostra maraviglia sul frontone!
Che dimora leggendaria, qual meravigliosa eredità quel
casato ci donò!
La giornata passò così ad ammirar giardini, laghetti, flora d’ogni genere e la sontuosa abitazione che, a suo vanto, fu d’ispirazione per edificar un’altra e più maestosa
reggia per la corona di Francia.
Sul far della sera riprendemmo la via del ritorno; ed
aveam ancora la mente volta a tali fasti quando giungemmo nella nostra terra natia.
Così si conclude il mio racconto che il posto mi ispirò di
narrar in modo desueto quasi illudendomi così di viver
anch’io per breve tempo in compagnia di Signori in tutto dire “Regali”.
Anna Maria Leva
A spasso per l’Italia
voia, e vedere anche alcuni pezzi di arredamento realizzati dall’ebanista Pietro
Piffetti (sec. XVIII), con intarsi in avorio.
La Galleria Grande ci ha colpiti per la
sua bellezza e maestosità: faceva da solenne cornice alla mostra di Manti Regali a Corte dal Corredo della Regina Maria Josè di Savoia. Gli abiti, molto ben
conservati, erano stati realizzati con preziosi tessuti e raffinati ricami dalle più
importanti sartorie italiane su richiesta
del principe Umberto di Savoia (quello
sì che era un uomo! A noi oggi fanno
tante storie se ci fermiamo a guardare
qualche vestitino di Valentino o Armani!); tra gli abiti esposti anche quello indossato dalla regina in occasione dell’ostensione della Santa Sindone nel 1931,
di raso di seta nero con cappa dello stesso colore, e il mantello indossato per il
battesimo dei figli Maria Pia e Vittorio
Emanuele e per la proclamazione di papa Pio XII in Vaticano nel 1939, realizzato con rose in rilievo in lamé d’oro e argento (qualcuna tra noi ha soprattutto invidiato il fisico della Regina: taglia 38!).
Nelle sale Corte di carta erano esposti
abiti dell’epoca interamente realizzati in
La Reggia
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carta: i pizzi fatti con carta di riso erano
talmente delicati da sembrare veri pizzi
di Bruges!
Ultima tappa, la cappella di sant’Uberto
dedicata al santo protettore dei cacciatori (mai nessuno che pensi alle prede…), dove abbiamo scattato le uniche
foto permesse all’interno della reggia,
con tutti noi e facilmente riconoscibili
dai visi ormai “stravolti”!
Dopo un po’ di shopping e la foto di
gruppo siamo pronti per ripartire. Per il
ritorno (molto previdenti) avevamo ingaggiato due altri navigatori satellitari:
Francesca e Giuliana, che hanno svolto
egregiamente il loro compito. Peccato
che, nonostante le loro insistenze, l’autista (detto anche “Son de coccio” ) abbia
preso l’uscita sbagliata (errare è umano
ma perseverare è… !) e siamo tornati
passando da Mortara (chi abitava a Mortara ha ringraziato).
È stata una bella giornata, ricca di storia,
arte, cultura, e poi una gita è un modo
diverso per rilassarsi (i piedi un po’ meno) e per stare insieme… quindi… arrivederci alla prossima!
Donatella Moraschi
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A spasso per il Ticino
Un itinerario
d’acqua
(PARTE
Coccolati
dal Fiume
Azzurro
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i è svolto domenica 14 settembre il
23° raduno canoistico nel Parco del
Ticino, organizzato dal Touring Club
Italiano e con il patrocinio dei Parchi della Valle del Ticino.
Il percorso da Vigevano a Pavia è di circa
42 km; il fiume non presenta difficoltà tecniche di rilievo. Da parecchi anni vi partecipo, non certo perché mi permette di discendere il fiume (che ormai ho più volte
frequentato in gite da solo o con gli amici)
ma perché questo è il giorno dell’incontro,
della sagra, della festa delle imbarcazioni
senza motore, nel parco fluviale più grande
d’Europa e su un fiume che offre molte soddisfazioni a chi lo frequenta.
Arriviamo verso le nove del mattino e prima del ponte per Abbiategrasso svoltiamo
a destra in via Lungo Ticino per girare
quindi attorno al ristorante Conca Azzurra
e arrivare al Parco Robinson.
Il colpo d’occhio è già entusiasmante; lo
spiazzo è interamente occupato da mezzi
di ogni tipo, che arrivano da ogni parte d’Italia, automobili con le canoe sul tettuccio,
furgoni da cui fuoriescono parti di natanti,
rimorchi opportunamente attrezzati per
portare dieci o più imbarcazioni. Scarichiamo anche noi i nostri giocattoli d’acqua, ci
prepariamo e ci avviciniamo al punto di
PRIMA)
partenza; dove vi sono, tutti allineati in attesa della partenza, centinaia di imbarcazioni di ogni tipo e di ogni colore; kayak
singoli, doppi, da fiume, da mare, canoe
canadesi, canoe costruite artigianalmente
con apposita postazione per il cane, gommoni da rafting, canotti in gomma, colorati
di rosso, giallo, blu, violetto, arancione, e
tutti i partecipanti che indossano giubbetti
salvagente con identica varietà di colori.
Nelle edizioni degli anni Novanta si è arrivati a 600 imbarcazioni e più di 1000
partecipanti.
Si entra in acqua: la lanca che ci ospita diventa un’isola umana rilucente di puntini
coloratissimi, circondati dal verde della
vegetazione del bosco e sotto dall’acqua
azzurra del Ticino.
Partenza, le nostre macchie di colori si allungano in un corteo di centinaia di metri.
Verso la fine la lanca si apre formando un
laghetto largo e profondo, al cui limite si
vede passare, veloce e impetuosa, la corrente del ramo principale: mi fermo un attimo, so che dove si incontrano le acque
sono sempre punti critici; prendo la decisione e parto: la corrente principale mi
“ruba” la punta, ma io con un “appoggio”
preciso della pagaia mantengo il mio
kayak nella posizione migliore e l’acqua
mi porta più a valle in uno slargo di acqua
tranquilla; mi accosto alla riva a osservare
gli altri.
« Ce l’ho fatta appena appena, » mi dice
una signora che si avvicina traballando sul
suo kayak.
« Certo signora – rispondo io – questo è
già un punto impegnativo! Ha seguito
qualche corso di canoa?. »
« No – mi risponde; – peccato – rispondo
io, – è molto utile: insegnano a usare l’imbarcazione, le pagaie, le tecniche giuste
A spasso per il Ticino
per ogni occasione e soprattutto a “leggere l’acqua!” ».
Si prosegue e già si notano le divagazioni
del corso del fiume che qui si divide in
molti rami secondari, segnati da rive bianchissime di sabbia e sassi arrotondati dal
lavorio continuo della corrente. Arriviamo
dove la lanca dell’Aiala sbocca nel corso
principale: è uno dei posti più frequentati
dalle imbarcazioni dei vigevanesi, perché
è molto lunga, con acque abbastanza profonde, ma chiarissime, perché mantenute
pulite da piccoli immissari e dalle acque
risorgive del fondale.
Dopo avere superato con attenzione l’incontro delle acque della lanca e del fiume,
scruto con attenzione più avanti, affinché
non vi siano ostacoli a valle (alberi trascinati dalle piene precedenti e incagliati nel
fondo), giro l’imbarcazione, per farmi portare in posizione contraria dalla corrente e
così approfittarne per un breve riposo; in
questa comoda e rilassante posizione
guardo verso monte, seguo con lo sguardo
il rosario di macchie di colore delle nostre
imbarcazioni incanalate nel nastro azzurro e sinuoso dell’acqua, il biancore delle
rive e più oltre il verde dei boschi e poi, all’improvviso, sopra gli alberi, appare la
corona innevata della montagna.
« Che monte l’è quello? » mi chiede una
ragazza con chiara cadenza toscana.
« È il Monte Rosa, » rispondo io e in un
attimo sono già là a riconoscerne le cime:
Piramide Vincent, Punta Parrot, l’incisura
del colle Sesia, punta Gnifetti, dove è il Rifugio Capanna Regina Margherita ecc…
Sembra, dalla direzione, che il Ticino derivi direttamente dal Monte Rosa, e l’impressione non è tanto lontana dalla realtà:
infatti il fiume nasce lì vicino, dal ghiacciaio del San Gottardo, e dopo un’ottantina di chilometri entra nel Lago Maggiore,
ne esce a Sesto Calende e dopo 115 km
sfocia nel Po, appena dopo Pavia.
Mi sento rilassato, rigiro la barca con la
prua a valle e già devo prepararmi, perché
poco avanti il fiume gira a destra, con una
curva brusca: osservo la corrente, che in
parte scorre alla mia destra sui sassi, ma in
maggiore quantità viene convogliata a si-
nistra, formando multiformi e discontinue
onde, seguo la parte più impetuosa; il
kayak perfora e sobbalza nelle onde, qualche spruzzo arriva a rinfrescarmi, poi viene trascinato dalla cresta di corrente verso
la sponda, dove la curva raccoglie la maggiore quantità di acqua, ma sapevo che i
flutti di rimbalzo contro la scarpata avrebbero attutito l’impatto e la corrente stessa,
con l’aiuto della mia pagaia ben ancorata
in acqua, mi portano oltre, dove il fiume si
allarga e ora scorre tranquillo.
Accanto alla riva destra, fra la ghiaia e la
sabbia di un’isoletta e l’acqua bassa, vedo
un airone bianco (o è una garzetta?) immerso con metà delle sue lunghe zampe,
che, immobile, puntando il lungo becco
grigio e nero verso il centro del fiume,
guarda il nostro inconsueto susseguirsi di
pennellate di colori: chissà che cosa penserà. Mi avvicino: lui mi scruta guardingo,
poi inizia a camminare lungo la sponda,
più incuriosito che spaventato; io l’osservo, lui mi controlla, con il collo di traverso, ma la corrente è più veloce e ormai mi
ha portato lontano.
Più avanti, in mezzo all’isolotto, su una
pianta di salice, vedo il resto della famiglia, appollaiato sui rami: chiazze di colore bianco, come i batuffoli di cotone che si
mettono sulle piantine spoglie del presepe
di Natale. Siamo in territorio di Besate e
so, dalle gite precedenti, che qui c’è una
lanca bellissima; durante le discese organizzate dal Touring, è vietato allontanarsi
dal gruppo, per ovvi motivi organizzativi,
ma io, che conosco la zona, voglio fare
una digressione al percorso: cerco di riconoscere dei punti di riferimento e, quando
la corrente principale gira a destra, ricono-
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sco, dalla differenza delle
acque, l’imbocco del mio
obiettivo: sulla sinistra una
lunga lingua di sabbia finissima penetra per pochi metri
nel corso principale e fa da
spartiacque e confine fra la
lanca e il fiume, permettendo all’acqua della lanca di
essere leggermente più alta
di quella della corrente principale. Pagaio velocemente
in quella direzione e mi preparo a entrare in un’acqua più ferma di
quella che sto percorrendo, che sicuramente mi “ruberà” la prua del kayak; entro
in velocità e d’improvviso mi ritrovo in un
altro mondo. L’acqua è calma e purissima,
le rive circondate da una parte da vegetazione pioniera (quella più resistente) di
piccoli salici d’acqua e dall’altra da una
spiaggia completamente bianca e oro di
sabbia finissima, il fondo perfettamente visibile, con al centro sabbia bianca e alcuni sassi, qualche ramo bianco, perché ormai senza corteccia e, vicino ai bordi, della tenue vegetazione verde, immobile, rilucente, che in superficie diventa più folta,
trasformandosi poi in canneto.
Il mio kayak, sotto la spinta della corrente
precedente, procede ancora speditamente,
fendendo l’acqua silenziosamente, e solo
un leggero sciabordio del fianco e le linee
che disegna la prua che solca l’acqua mi
rendono ancora cosciente che non sto scivolando in aria come un aliante silenzioso
ma sono ancora immerso nel mondo acquatico; osservo il fondo purissimo, alcuni
pesci scansano l’ombra della mia imbarcazione; arrivo verso il limite del laghetto,
dove inizia il canneto e una famigliola di
gallinelle d’acqua, papà con il becco colorato di rosso, mamma un po’ più piccola e i piccoli come batuffoli, senza paura,
mi guardano appena e scompaiono nella
vegetazione.
Torno indietro piano piano, per proseguire
e sto attento affinché la pagaia che fende
l’acqua provochi il minor rumore possibile
quindi; proseguo lentamente, quasi volessi
assaporare e terminare un’opera di purifica-
zione interiore in questo piccolo angolo incontaminato. Ormai sono al limite fra le
due acque, devo fare attenzione, la corrente principale è più veloce e mi “ruberà” la
punta e darà un forte colpo al fianco destro
inclinandomi a sinistra; esco, appoggiandomi alla pagaia di sinistra e scivolo veloce
verso il centro del corso principale.
Ecco che devo prestare ancora attenzione:
il fiume subisce un brusco dislivello, forma una rapida e al centro vi sono molti alberi incagliati; però la corrente è uniforme
anche se veloce, si può viaggiare sicuri e
alcuni di noi ne approfittano per assaporare un po’ di slalom d’acqua.
Ci avviciniamo al lido di Motta Visconti: so
che da lì vi è l’ultima occasione per ammirare il Monte Rosa dal fiume; giro la prua a
monte, vedo gli innumerevoli coriandoli
colorati in acqua, sorvolo il verde del bosco
e già sono là, sul castello rilucente di ghiaccio; sfruttando le differenze di colore del
ghiaccio e della roccia cerco i miei punti di
riferimento; ecco lo sperone scuro della parete dove arriva la funivia di Alagna, vado a
sinistra, attraverso il ghiacciaio dell’Indren,
mi arrampico sulle boccette, ancora un piccolo ghiacciaio e sono al Rifugio Gnifetti:
dal suo balcone rivolto a sud, distesi al sole, si gode un immenso panorama sulla pianura, ma appena dietro, a nord, si è presi
dallo sgomento alla vista del ghiacciaio che
scendendo si contorce su sé stesso aprendosi in enormi crepacci.
Sento ”toc”, un colpo del mio kayak contro
un altro. « Mi scusi » mi dice un ragazzo;
scuoto la testa, come a dirgli: « Non è niente ». Ero immerso nel ricordo delle scalate
su quei monti (ma questa è un’altra storia).
Mi riprendo piano piano da questa fantastica scappatella, rivedo le macchie di colore in movimento, il lungo nastro azzurro, le sponde di sabbia, di ghiaia, di alberi e mi sento come rinfrescato dalla permanenza fra i ghiacci; ma subito mi devo
controllare, sento la corrente che trascina
velocemente la mia imbarcazione; la rigiro verso valle e vedo che si presenta una
nuova curva con scontri d’acqua, onde e
saltelli spumeggianti. (Continua…)
Luigi Baratti
A s… passo di corsa
G
CR
Stralugano: un sogno
divenuto realtà!
T
anto impegno che ci ha regalato
due grandi soddisfazioni: la coppa
premio per il gruppo più numeroso
(aggregazione!) e la coppa conquistata
per il gruppo con la somma tempi dei
cinque migliori classificati (aspirazione!).
Avevamo già anticipato su queste pagine
il desiderio di partecipare a una grande
manifestazione podistica autunnale: dato
che a Venezia e a Padova si corrono le
maratone, le abbiamo abilmente evitate.
Allora, coraggiosi, abbiamo preso n. 2
pullman, n. 54 “atleti” iscritti alla gara e
n. 40 necessari gitanti tifosi al seguito
(mamme, papà, mariti, mogli, figli, nonni)
e siamo andati in Svizzera, a Lugano, con
una voglia matta di correre e così il sobrio
Canton Ticino ci ha accolti nel “primo
fresco giorno d’autunno” rassegnandosi
alla nostra incontenibile euforia!
Dopo un viaggio senza sosta alcuna, all’arrivo a Lugano, ci siamo catapultati dai
pullman con borsoni enormi alla ricerca
degli spogliatoi e del deposito bagagli.
Velocissimi e con le solite frasi « è di
qua, è di là, ma dov’è, mi scappa la
p…. » abbiamo, incredibilmente, raggiunto la nostra prima meta: il Liceo 1 di
Villa Ciani, sede degli spogliatoi e del
deposito bagagli! L’ovvia divisione tra
maschi e femmine e dopo qualche minuto tutti all’aperto, muniti delle nostre
favolose divise che evidenziano i nostri
stupendi, straordinari e talora sbalorditivi fisici atletici (qualche eccezione c’è
sempre: due, tre, forse otto… beh, lasciamo stare le eccezioni).
Tenute in serbo le contromarche, fissati i
pettorali numerati alle magliette, collega-
CI PUOI TROVARE IN INTERNET AL SITO
www.gcrvigevano.it
PER COMUNICARE CON IL G.C.R.
E-MAIL: [email protected]
TELEFONO, SEGRETERIA TELEFONICA E FAX G.C.R.: TEL. 0381 333 722
PRESIDENTE: LUIGI PIRRO (CELL. 333 23 32 891) E-MAIL: [email protected]
SEGRETARIO: [email protected]
13
G
CR
A s… passo di corsa
ti i microchips alle scarpe… eccoci tutti
pronti per l’ardita impresa, però mancano
ancora venti minuti all’ora della partenza, tutti da trascorrere nel suddetto “primo fresco giorno d’autunno”. E noi lì, sul
lago svizzero in canottiera… una favola!
Alla partenza l’adrenalina sale… uno
sparo, si parte, tutti a manetta per non
restare indietro e poi, come al solito,
ognuno al proprio destino… ma poi, di
nuovo, insieme!
Ora, volti accaldati, piedi fumanti, ginocchia scricchiolanti, pieni di sete ma
con cuori soddisfatti per aver fatto dieci
o trenta chilometri di corsa.
E dopo: la doccia (pulitissima in quanto
svizzera), il pasta-party, il costoso cambio in franchi svizzeri per un caffè italia-
14
no, le premiazioni, la foto con Nadia
(organizzatrice che abbiamo tempestato
di telefonate durante l’organizzazione
della gita e quindi per un bel mesetto).
E per finire, la cosa più bella che tutti abbiamo fatto e che nessuno voleva far sapere agli altri è quella di essere andati
alla spicciolata (quindi di nascosto) a
vedere i propri risultati e, in particolare,
quelli degli altri del GCR Runner… perché la gara è gara (competizione?).
Nel pomeriggio, in virtù del motto “programma libero”, ci siamo dispersi tra le
vie di Lugano passeggiando e pensando
già al prossimo anno, altro che la canzone Lugano addio!
Grazie a tutti e alla prossima.
Ambrogio Cottino
Gruppo culturale
G
CR
« Non è mai troppo tardi
per diventare ciò
che si sarebbe potuto essere » (G. Eliot)
C
ome è difficile trovare la forza per
sorridere quando
tutto va a rotoli.
La televisione informa o
terrorizza, fa opera di abbassamento dell’allerta o a
seconda dei casi ci fa sentire tutti sotto controllo.
Ma non dovrebbero essere
i furbacchioni a preoccuparsi?
No, si spaventano i poveracci, che temono di vedersi portar via quel poco che hanno.
Ci propinano visioni da sballo: aperitivi
sulle coste romagnole come un rituale a
cui dovremmo aderire semplicemente
perché va di moda e ci fa sentire spensierati, poco importa se per andare sulle
coste romagnole abbiamo dovuto accendere il secondo prestito. C’è dalle
nostre parti un detto: pagà e murì a ghè
sempar temp!, e forse sarebbe meglio
avere questa filosofia piuttosto che non
poter dormire la notte per i pensieri del
giorno, ma, si sa, noi italiani diamo il
meglio di noi quando abbiamo l’acqua
alla gola e perciò chissà ancora che cosa inventeremo per sopravvivere nonostante i panorami mozzafiato della nostra bella Italia e gli sciatori che se non
vanno sul K2 sentono che manca loro
qualcosa.
Sono una meraviglia questo mare e queste montagne e queste città d’arte che
abbiamo, però non sbagliatevi a scendere su una spiaggia che non sia libera,
sennò vi fanno inseguire dai mastini di
turno: popolo ospitale soprattutto con i
suoi stessi concittadini, oltre che con i
turisti.
Vi serve una stanzetta per
una settimana al mare?
Che problema c’è? Basta
avere 1000 o 2000 eurini
e per una o due settimane,
se siete fortunati, potrete
sognare le palme e gli
aperitivi al tramonto.
Con un esercito di imbonitori alle calcagna, che
offrono prestiti anche a
quei pensionati non autosufficienti, che per restituire i soldi avuti dovrebbero vivere fino a 150 anni, è possibile
avere ogni tipo di comfort e di agevolazioni.
Eppure il mare non è di nessuno o è di
tutti e perciò si dovrebbe poterlo toccare e non solo vedere in cartolina.
Non passa giorno che ci venga ricordato quanto è importante la prudenza in
strada, ma come sia da fighi avere macchine e abiti lussuosi da sfoggiare. Il mito della fatica, che ci rende orgogliosi
del nostro lavoro, è una barzelletta, e la
società ci rimanda costantemente che la
filosofia delle formiche è ridicola e superata: che cosa insegnare allora ai nostri ragazzi?
Comportarsi bene è da sfigati: essere
onesti è da ingenui; dire la verità è sempre pericoloso, fare finta di niente e fare
i propri comodi, anche di fronte all’evidenza, negare sempre; cercare strade facili per avere veloci guadagni; pensare
prima per sé sempre; dedicarsi alla cura
del corpo come se fosse la parte di noi
più importante; e intanto non accorgersi
del vuoto che abbiamo dentro e che lasciamo fuori da noi.
Maria Grazia Franzoso
15
G
CR
A spasso per l’Italia
Navigando...
sotto la pioggia
R
Gita da brivido o
brividi da gita?
16
icordate il famoso attore Gene
Kelly nel film Cantando sotto la
pioggia?
Ricordate la filastrocca per bambini
L’uccellino in gabbia che canta dalla
rabbia?
Ecco, noi sabato 13 settembre abbiamo
cantato tutto il giorno!
Partenza alle ore 8.15 da Vigevano con
pullman privato verso Arona, con un
cielo incerto tendente già al brutto, e imbarco sul battello navigazione Lago
Maggiore con una fastidiosa pioggerellina autunnale. Poco male, tanto la navigazione durava quattro ore e il pranzo a
bordo è stato quantomeno piacevole e
appetitoso.
L’arrivo a Locarno è stato travagliato da
una pioggia che il paragone “come le
mele” non rendeva giustizia alla dimensione delle gocce.
L’attracco è stato preceduto da scambi
pietosi di ombrellini pieghevoli e k-way
che non vedevano la luce del giorno da
almeno tre anni. La puzza di muffa stan-
tia di conseguenza ha subito impregnato
il locale, ma se si deve sbarcare si deve
subire.
Lo sciame di partecipanti bagnati ha
quindi invaso i pochi portici a ridosso
dei negozi e subito ci sono stati i primi
acquisti.
Una piacevole sorpresa: dieci franchi
equivalgono a sei euro… ma allora l’Europa Unita è servita a qualcosa!
La nostra accompagnatrice Isabella
(sempre lei dell’agenzia Air blu) ha tentato di abbreviare la nostra sofferenza
provando ad anticipare la partenza ma
le troppe prenotazioni non lo hanno
consentito.
Quindi alle ore 17.56, come nelle migliori tradizioni svizzere — né un minuto di meno né uno di più — il gruppo del
G.C.R. era riunito all’asciutto sul trenino
Centovalli in direzione Domodossola.
A Vigevano diciamo: quand al sû al svolta indré, gh’uma l’acqua ai pee.
Non che avessimo bisogno di altra pioggia nei piedi, ma il sole al tramonto si è
A spasso per l’Italia
G
CR
finalmente girato permettendoci di godere del panorama.
Le Alpi con finanche un po’ di cielo azzurro erano proprio un bel vedere: viadotti a strapiombo sulle cascate, vedute
di orridi profondi e vorticosi e già gli alberi con colori caldi autunnali…
Anche le castagne erano quasi pronte
per le caldarroste!
Alle ore 20 il pullman granturismo della
STAV ci stava aspettando proprio fuori
dalla stazione.
Questa volta il temporale ha aspettato
che fossimo tutti a bordo prima di dare il
meglio di sé.
Il viaggio di ritorno è stato contornato da
lampi, saette e telefonate da casa che
davano notizie di grandine all’arrivo…
Se si dice: sposa bagnata sposa fortunata, si può anche dire gita bagnata gita …
mah…
Giovanna Rattegni
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17
G
CR
Gruppo culturale
Lourdes: una realtà
tutta da scoprire
S
« Un mondo
nel mondo » che
scatena emozioni
difficili da raccontare
18
entii parlare la prima volta di Lourdes quando avevo solo quattordici
anni; mia madre, donna di fede e
dedita praticante, mi raccontava, data la
sua esperienza come volontaria in quel
luogo, quanto amore, quanta dolcezza,
quanta devozione si respirasse. Ricordo
ancora la sua espressione quando me ne
parlava: gli occhi le brillavano, il cuore
le batteva forte e l’emozione che faceva
trasparire era elettrizzante. Mi sembrò
strano che un posto potesse ”causare”
tutta quella felicità…
Quando partii per Lourdes la prima volta avevo solo quindici anni; ero ancora
una bambina ma ciò che vidi, ciò che
provai lo ricordo ancora adesso come se
fosse ieri e lo rivivo in ogni pellegrinaggio. Se mi venisse chiesto di descrivere
che cos’è Lourdes in tre aggettivi direi…
IMPEGNO, quello che ogni individuo si
prende con il prossimo, aiutandolo e diventando parte di un’unica storia; FEDE,
fiducia e credo in Dio e nel compito che
stiamo svolgendo, qualunque esso sia;
infine Lourdes è AMORE, quello stesso
amore che la Madonna ci dona giornalmente e che noi dobbiamo donare al
prossimo.
In questo luogo, dove accorrono ogni
anno milioni di persone da diverse parti
d’Europa e del mondo per cercare nello
sguardo materno della Vergine sollievo e
consolazione alle proprie pene, le parole di Maria, « Que soy era Immaculada
Concepcion » rivolte a Bernadette il 25
marzo 1858, risuonano ancora con intensità.
Il cammino verso Lourdes inizia dal
viaggio in treno che non può essere paragonato con alcuna traversata: ammalati provati dalla sofferenza, ma capaci
Gruppo culturale
di comunicare serenità e gioia; volontari di ogni età che si dedicano per chi ha
bisogno; pellegrini carichi di fede o alla
ricerca di qualcosa in cui credere e sperare. La commozione davanti alla Grotta delle apparizioni; l’emozione di far
parte di una folla innumerevole proveniente da ogni parte della Terra; il bisogno di stare in disparte in silenzio e nella preghiera interiore; la sorpresa di ricevere in dono molto più di quanto si è dato agli altri; questo è Lourdes, ed è per
questo che molti la amano così tanto.
Ogni luogo di culto ha la sua storia,
quella di Lourdes vede come protagonista una bambina, Bernardetta Soubirous,
figlia di un mugnaio ridotto in miseria,
G
CR
che l’11 febbraio 1858, mentre si recava
con la sorella minore e una loro compagna a raccogliere legna nei boschi comunali, ebbe la prima di sedici apparizioni. La giovane non ebbe una vita facile, sia perché visse in assoluta miseria,
sia perché inizialmente nessuno voleva
credere alla storia delle apparizioni, ma
a inchiesta conclusa venne ufficialmente
dichiarata l’autenticità di quelle visioni.
Lourdes è una realtà tutta da scoprire, mi
piace dire « Un mondo nel mondo ». È
facile descriverla a parole ma non è possibile provare quelle emozioni se non le
si vive; Lourdes ti dona ciò che tu sei disposto ad accogliere.
Sonia Rava
GAMBOLÒ: LA “CORSA DEI SETTE CORTILI”
I nostri podisti
ancora …
in azione
È inutil
e,
siamo
im
igliori!
Atleti si nasce…
19
G
CR
Gruppo culturale
Come eravamo…
Cercate nella scatola
dei ricordi le vecchie
foto scattate in
ospedale e le farete
rivivere nel nostro
giornale
Vogliamo provare a farvi aprire le scatole dei ricordi, farvi cercare le fotografie scattate qui in ospedale, magari per
una festicciola tra colleghi, magari per
fotografare un collega che va in pensione, magari solo per provare la macchina fotografica nuova. Se le trovate – e
certo qualcosa troverete – fatecele avere
presso la sede del Gruppo, noi penseremo a trasferirle sul computer e ve le restituiremo all’istante. Queste immagini
contribuiranno a realizzare il grande album dei ricordi del nostro ospedale, e,
a ogni numero del nostro giornale,
pubblicheremo le foto di quando eravamo, sigh, più giovani e di quando l’ospedale era molto diverso da ora.
Accetteremo di buon grado anche pic-
coli aneddoti legati a persone e avvenimenti sempre relativi al nostro tempo
qui in ospedale, che hanno fatto la nostra storia e che quindi tutti leggeremo
con interesse e, perché no?, nostalgia.
Vi chiediamo quindi, ancora una volta,
di aderire a questa iniziativa e a tutte
quelle che stanno nascendo, per sostenere questa pubblicazione e soprattutto
questo nostro Gruppo, che sta lavorando bene e lo dimostra attraverso i fatti.
La vostra gratificazione, la vostra partecipazione, il vostro sostegno, sono
però il carburante indispensabile per
far girare il motore dell’entusiasmo. E
tenete presente che per fare il pieno…
qui il costo è uguale a zero!
Il comitato di redazione
In questo numero Vi proponiamo vecchie fotografie che riguardano la storia dell’Ospedale di Vigevano. Le didascalie potrebbero avere imprecisioni, tenuto conto che non disponiamo di coloro che “c’erano”. Chi è in grado di correggere e/o precisare quanto da noi scritto, può farlo, anzi, deve
farlo. Grazie in anticipo.
Radiografia della mano del principe
Umberto di Savoia, nel giorno
dell’inaugurazione della Radiologia.
Anno 1927
20
Ristrutturazione reparto di Ortopedia,
anno 1966. In primo piano, le
infermiere Anna Ghidini
e Elsa Corallini
Gruppo culturale
✥
G
CR
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21
G
CR
Gruppo culturale
Questo è un uomo!
«V
Primo Levi e, sotto, la
copertina del libro Se
questo è un uomo,
edito da Einaudi
22
oi che vivete sicuri nelle
vostre tiepide case, voi che
trovate tornando a sera il
cibo caldo e visi amici: considerate se
questo è un uomo, che lavora nel fango,
che non conosce pace, che lotta per
mezzo pane, che muore per un sì e per
un no… »
Queste parole sono parte della poesia
che introduce il libro Se questo è un uomo, un testo autobiografico che molti di
voi conosceranno, scritto da Primo Levi
dopo il suo ritorno dai campi di sterminio nazisti, dove fu prigioniero per un
intero anno. Un libro straordinario, che
avevo già letto chissà quanto tempo fa,
ma di cui non avevo preciso ricordo e
sono andata a ripescare una sera dalla libreria domestica, con l’urgente bisogno
di leggere parole di qualità. Ho preso
dunque tra le mani questo volume e ho
cominciato a scorrerlo, per essere sicura
di voler affrontare il gravoso argomento
trattato. Poi è stata una folgorazione! Le
prime trenta pagine le ho lette in piedi
davanti ai fornelli, mentre preparavo un
sano minestrone, con il risultato che insieme alla canna di sedano mi sono tagliata una rondella di dito, per non aver
distolto gli occhi dalla lettura come era
invece auspicabile facessi.
Come certamente tutti voi, ho letto e visto molto sulla Shoa, ma mai mi era capitata davanti una testimonianza scritta
con l’intensità e la lucidità pari a quelle
contenute nel libro di Levi. Egli, all’epoca dei fatti ventiquattrenne, laureato in
chimica, di famiglia ebrea benestante,
viene strappato alla sua vita e alla famiglia per andare a conoscere l’orrore del
lager nazista, dove lo aspetta il martirio
destinato ai deportati ebrei. Ci sono passi del libro che sconcertano, oltre che
per gli episodi raccapriccianti in sé, per
l’inspiegabile neutralità con cui Levi li
racconta. La sua scrittura limpida e anti-
retorica, intrisa spesso da un’amara ironia, riesce a portare il lettore a condividere, a parte il dramma in sé, un punto
di osservazione dei comportamenti
umani in un frangente dove l’uomo è
costretto a inventarsi ogni sorta di espediente per sopravvivere.
Il primo passo del racconto ad avermi
impressionato è stato il terribile viaggio
della deportazione dall’Italia verso il
campo di concentramento di Auschwitz,
avvenuto sui convogli ferroviari destinati al bestiame (solo l’inizio di un’umiliazione infinita), durante il quale Levi si è
trovato per giorni rinchiuso con altre
quarantacinque persone, uomini, donne, bambini, compressi senza pietà, in
una delle famigerate tradotte tedesche.
Durante i giorni dell’allucinante viaggio
verso gli inferi, lo scrittore sente soprattutto l’urgente necessità del negato silenzio attorno a sé, indispensabile per fronteggiare il grande dolore che lo sta travolgendo « … pochi sono coloro che
sanno morire con dignità, e spesso non
quelli che ti aspetteresti. Pochi sanno tacere, e rispettare il silenzio altrui… ».
Levi racconta poi come una feroce quanto tacita legge naturale pareva dividere i
prigionieri dei lager in due distinte categorie di predestinati: i salvati, ossia « coloro che avevano conservato un insensato pazzo residuo di speranza inconfessabile, » e i sommersi, rappresentati invece
da quella moltitudine di corpi vaganti e
indifesi, con l’espressione spenta, impressa con anticipo dalla morte.
« La loro vita è breve ma il loro numero
sterminato; sono loro, i sommersi, loro,
la massa anonima, continuamente rinnovata e sempre identica dei non uomini… essi popolano la mia memoria della loro presenza senza volto, e se potessi racchiudere in un’immagine tutto il
male del nostro tempo, sceglierei questa
che mi è familiare: un uomo scarno, dal-
Gruppo culturale
la fronte china e dalle spalle curve, sul
cui volto e nei suoi occhi non si possa
leggere traccia di pensiero. »
Oggi non credo sia pensabile nemmeno
immaginare che cosa significasse vivere
una sventura simile, ma leggere di queste atroci vicende ci dà la misura di come sia sciocco praticare l’esercizio del
lamento, mentre ce ne stiamo tranquillamente e liberamente circondati dagli
agi e dal superfluo… « Con tutte le nostre forze abbiamo lottato perché l’inverno non venisse. Ci siamo aggrappati
a tutte le ore tiepide, a ogni tramonto
abbiamo cercato di trattenere il sole in
cielo ancora un poco, ma tutto è stato
inutile. Ieri sera il sole si è coricato irrevocabilmente in un intrico di nebbia
sporca, di ciminiere e di fili, e stamattina è inverno… »
La pacatezza della narrazione, ricolma
di forte incisività, mi ha dato la sensazione di accompagnare l’autore dentro al
suo sconsiderato inferno, naturalmente
con la differenza che io ero protetta dalla mia placida realtà, ma non nell’animo
però, e se non ho sofferto le sue pene fisiche e psicologiche, ho condiviso con
lui lo sdegno e la non comprensione.
Ma Levi ha anche scritto: « Quando non
si riesce a dimenticare, si prova a perdo-
G
CR
nare ». È difficile, tanto difficile, ma
sembra non esista alternativa e dunque
bisogna farlo, come farebbe un genitore
davanti al crimine commesso dal figlio.
Perdoniamo nella speranza che tutto
questo non avvenga più, mai mai più.
In ogni pagina di questo libro si legge dignità, si respira dignità, si impara dignità… per questo consiglio caldamente
di leggerlo e di rileggerlo. Anzi, già che
ci sono, vi suggerisco di proseguire l’odissea di Levi leggendo anche La tregua,
che narra l’avventura del suo ritorno a
casa e la riconquista dell’agognata libertà, avvenuti affrontando stenti e pericoli attraverso paesi stranieri dagli spazi
infiniti, devastati dalla guerra e dalla fame, ma dove il seme della speranza inizia a germogliare nelle anime dei superstiti. Tra l’altro, da quest’ultimo libro, è
stato tratto un film, girato nel 1997, che
ho visto solo recentemente e mi è davvero piaciuto moltissimo.
Prima della sua morte, avvenuta per suicidio nel 1987, Levi lancia un ultimo appello dove non dice non dimenticatemi,
bensì « non dimenticate », e questo è
quello che noi tutti dovremmo fare di
dovere nei confronti di “questi uomini”.
Grazie per l’attenzione.
Rosy Fabbro
Il cancello di ingresso
del campo di sterminio
di Auschwitz
23
G
CR
Gruppo culturale
Buona
pensione a…
S
Il grande Franz nel giorno
della sua prima pensione
icuramente, per troppo entusiasmo,
abbiamo “lasciato nella penna” alcune istruzioni per coloro che volessero usufruire del giornalino per testimoniare il percorso lavorativo di chi
(fortuna sua) abbia raggiunto il “mitico”
traguardo della pensione. Siamo alle prime esperienze (si vede), concedeteci
qualche piccolo errore…
Questa è una rubrica a cui teniamo particolarmente e quindi capite che la vostra partecipazione è… fondamentale!
I colleghi del reparto, servizio, ufficio
che vogliano dedicare parole, versi, sonetti, canzoni, foto… al neo pensionato
possono inviare i loro scritti tramite email alla redazione del giornalino, indicando oppure accordandosi sul periodo
in cui dovrà avvenire la pubblicazione.
La semplice segnalazione con nome e
cognome non potrà bastare (noi del Comitato non conosciamo tutti) e poi…
pensate al piacere del festeggiato nel
leggere come i propri colleghi lo abbiano visto e apprezzato in tanti anni.
Ecco, da qui vogliamo partire, con queste dediche che ci sono giunte e, associandoci a esse, salutare tutti coloro che
hanno raggiunto la pensione prima che
nascesse questo spazio.
Ti aspettiamo per il caffé!
U
Mitttica Giane...
24
na volta, molti anni fa…, giungeva nel Civico Ospedale una
caposala (fra le prime) a occuparsi di un nuovo reparto di
Cardiologia (situato in un vecchio padiglione nella pensilina centrale), appena aperto a Vigevano.
La giovane Clelia fu subito assorbita dal nuovo assetto e con competenza e dedizione (e questo suo modo di essere ha improntato tutta la sua carriera) si impegnava per organizzare il servizio.
Passava ore in reparto a lavorare con il resto del personale per allestire al meglio il reparto, formava gli infermieri nelle nuove tecniche di rianimazione cardiologica, manteneva un atteggiamento aperto con il personale dipendente, rapportandosi in
modo comprensivo ma fermo, quando necessitava.
Quanto lavoro hai svolto, cara Clelia, in tutti questi anni senza mai risparmiarti.., pronta a
ritornare in reparto (anche se eri appena andata a casa) senza essere reperibile.
Sei davvero una grande, tollerante e comprensiva, e sempre pronta a sostituirti alle infermiere quando era necessario!
Per noi che ti abbiamo conosciuta in tutti questi anni, lasciarti andare ci provoca un’enorme
tristezza, anche se ti auguriamo con tutto il cuore di goderti con serenità la tua famiglia e di
occuparti a tempo pieno di tutto ciò che più ti piace e in particolare della pittura, la tua passione.
Ma naturalmente ti aspettiamo sempre per bere insieme il nostro immancabile… caffè.
A presto, cara Clelia!
Le tue colleghe vecchie e nuove
Gruppo culturale
« basta, vado in pensione… »
L
a incontravi in corridoio e ti diceva: « Basta, vado in pensione… », ma non ci credeva nessuno, perché alla Mari
(Maria Elena Marsilio) piaceva il suo lavoro.
Poi un bel giorno dice: « Ho firmato… », ma che cosa ha firmato? Increduli abbiamo capito.
È andata in pensione un’altra “colonna” dell’ospedale, una
infermiera che conosceva bene il suo ruolo e contribuiva “sul
campo” a dare dignità, visibilità positiva alla professione infermieristica.
Determinata nel proprio lavoro, guidava il personale assegnato alla Ortopedia - Traumatologia dell’Ospedale di Vigevano con quella autorevolezza necessaria a una caposala.
Scherzando definiva a volte il reparto “il collegio svizzero”, quando le venivano assegnati (guarda caso) dipendenti con… qualche difficoltà, ma la nostra Mari sapeva usare le sue doti di comprensione e determinatezza per formare al meglio il personale.
Ci mancheranno la tua innata simpatia, il tuo sorriso, le tue risate e, perché no?, anche le tue “incazzature” con chi non aveva il coraggio delle proprie azioni, perché anche questo delinea il professionista… e tu ci credevi sino in fondo e ti sei impegnata
sempre per il rispetto della professione. Brava!
Ora tocca a noi continuare.
Ci auguriamo però che i tuoi mille impegni non ti allontanino definitivamente dalle tue
colleghe e, se vorrai qualche volta farci assaporare l’abilità della tua cucina… che dire?…
siamo qui.
Un grosso abbraccio!
Le tue colleghe vecchie e nuove
G
CR
ruppo
G
CRulturale
icreativo
Supplemento a Lomellina in Comune
anno 10 n. 9 - ottobre 2008
Iscrizione presso il Tribunale
di Vigevano n° 299 del 5/6/1999
Direzione, copyright
Clematis
viale dei Mille n. 13/B - Vigevano
tel. 0381 32 69 54
Editing
Punto & Virgola
viale dei Mille n. 13/B - Vigevano
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Direttore responsabile
Umberto De Agostino
Direttore editoriale
Luigi Pirro
Comitato di redazione
Stefania Cafè, Rosy Fabbro,
Maria Grazia Franzoso,
Anna Maria Leva, Franca Petullo,
Giuliana Toso, Alessandra Vallarin
Ospedale Civile Vigevano
corso Milano n. 19 - tel. 0381 333 1
e-mail: [email protected]
Hanno inoltre collaborato
Luigi Baratti, Ambrogio Cottino,
Franco Fava, Franco Mancin,
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Romagna Grafica, Cusano Milanino (MI)
Copyright
Clematis, Vigevano
Testi, fotografie e disegni inviati saranno restituiti
solo su esplicita richiesta dell’autore
Anche i santi…
Durante la bagnatissima gita sul lago Maggiore del 13 settembre, l’obiettivo
della mia digitale si è soffermato su questa statua posta sulla facciata di
un’antica chiesa del centro storico di Locarno, raffigurante un pellegrino o un
… santo?
Non è stato possibile risalire al suo nome, però tutti i santi che io conosco
hanno qualcosa tra le mani: chiavi, gigli, la graticola, una vanga, una cesta di
pane, addirittura un barile di sale.
Oppure hanno accanto un animale: un cane, un cervo, un gallo bianco o un
maiale!
Hanno sempre gesti benedicenti e spesso sguardi rapiti.
Però qui l’iconografia conosciuta non m’aiuta, e questo gesto, spesso ripetuto
dai mortali, mai avrei immaginato di vederlo riprodotto sulla facciata di un
luogo santo!
Conoscendo la precisione degli svizzeri, se l’hanno messo lì non sarà per caso.
Onde evitare che un giorno di vacanza sia tormentato da ogni tipo di calamità: per le prossime gite il G.C.R. si raccomandi a san Biagio che protegge dagli uragani o a san Zeno che tiene lontane le inondazioni, oppure, contro ogni
tipo di scalogna, si affidi a questo santo che si tocca… il manto!
Emiliana Cecchettin
25
G
CR
Gruppo culturale
La Riunione
Un importante
momento
di confronto e
di crescita
Perchè ci riuniamo?
Qual è lo scopo della riunione?
E poi… che cos’è la riunione?
Tenterò come sono capace di rispondere, in breve, a queste tre domande, partendo dall’ultima.
La Riunione è il convenire, attraverso la
partecipazione, dei singoli operatori (nel
nostro caso, operatori della salute), affinché si possano confrontare e abbiano la
possibilità di enucleare, dirigere e osservare il muoversi di dinamiche interne.
Pertanto, la Riunione consiste in un sistema complesso che conduce a coinvolgere le persone, i lavoratori, che serve ad attivare l’interazione intorno a una specifica questione professionale e lavorativa.
Attraverso il “ri-unirsi”, il gruppo ha
l’occasione e l’opportunità di prendere
coscienza, consapevolezza del proprio
esserci, come singoli individui e come
gruppo, e di conseguenza, il “ri-unirsi”
permette al team di funzionare meglio.
Riunione quindi significa anche potenziare, costruire, realizzare nuovi orizzonti personali e professionali.
La riunione, quindi, è un’opportunità,
un’esperienza professionale che completa e indirizza sul perché, sul come e
sul dove muoversi, essa, se ben condotta, trasforma e potenzia l’agire dei professionisti.
Lo scopo della riunione ha tre aspetti:
➊ motivazionale,
➋ decisionale,
➌ problem solving.
Ovvero:
➊ attraverso la riunione, è possibile auto-motivarsi, crescere e migliorare
l’interazione, la cultura, prendere coscienza della professione in seno alla
società che cambia rapidamente necessità e obiettivi;
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➋ lo svolgersi della riunione permette
l’espandersi di dinamiche che possia-
mo denominare sociali. Tali dinamiche riguardano l’accettazione, l’andamento, e l’instaurazione di specifiche decisioni (macro-decisioni, microdecisioni);
➌ l’occasione di incontrarsi per discutere su “affari di lavoro” aiuta l’intero
gruppo di lavoro a muoversi e a dirigere meglio le energie.
Ad esempio, l’analisi attenta e precisa
dell’agito, in un contesto specifico, può
diventare motivo di crescita individuale
e di gruppo.
L’uso del problem solving, applicato alla realtà, quindi all’operatore e alla situazione (persona assistita), dona una
prospettiva più ampia e arricchente, favorendo il gruppo nel suo insieme (coordinatore e collaboratori).
Il problem solving può incrementare le
strategie operative ad hoc per quel gruppo, per quella unità operativa, costruendo adeguate e nuove competenze per
quella specifica difficoltà operativa
emersa e analizzata, durante le riunioni.
Pertanto, riconsiderare il ruolo della riunione è salutare per ciascuno di noi.
Le paure, i dubbi, le incertezze possono e
soprattutto devono snocciolarsi all’interno
di quello spazio che chiamiamo riunione,
uno spazio che deve innanzi tutto dare
maggior sicurezza a ciascuno di noi…
Ritengo sia utile incrementare la qualità
della riunione a scapito della quantità…
Resta inteso che riunirsi, solo per le ferie, sia decisamente insufficiente…
Per concludere, ritengo però che aumentare sensibilmente il numero delle
riunioni, serva proprio… a conoscerci
meglio per funzionare meglio…
Parlare, discutere, ascoltare un problema da varie angolazioni, in sede di riunione, val forse di più di tante letture...?
Lascio al lettore la risposta.
Franco Mancin
Gruppo culturale
G
CR
Ecco ora a voi…
la provincia di Pavia
“L
a Provincia Pavese” ha avviato, in queste settimane, una
importante iniziativa editoriale: dal 27 settembre ogni sabato è in
vendita in edicola, in esclusivo abbinamento con il quotidiano, un volume della nuova collana Pavia e la sua provincia – la sua gente, i suoi luoghi.
L’opera è articolata in nove volumi; ciascuno dei primi tre è dedicato alla storia
di una delle zone in cui è suddiviso il territorio della provincia di Pavia (Pavese,
Lomellina, Oltrepò Pavese, in ordine di
uscita), mentre i successivi sei sono di
contenuto prevalentemente fotografico e
ognuno di essi è riservato a uno specifico argomento. I titoli sono: IL VOLTO DELLE CITTÀ: Pavia Vigevano e Voghera nelle
vecchie foto e nelle mutazioni urbanistiche – IL VOLTO DEI PAESI: realtà antiche e
moderne dei comuni della provincia –
DENTRO E FUORI LA STORIA: un secolo di
eventi, vicende e cronache – IL LAVORO:
mestieri, professioni, attività e tradizioni
produttive – LA CULTURA: scuola, istruzione, educazione, fede e arte – IL TEMPO LIBERO: sport, spettacoli, passatempi e passioni degli abitanti dei territori pavesi.
Di pregevole livello lo “staff” degli operatori che “firmano” la collana. Spicca,
su tutti, il nome di Francesco Ogliari. Milanese, autore di innumerevoli volumi di
storia — un centinaio circa dedicati ai
Trasporti — e di varia umanità, candidato al Premio Nobel per la Letteratura, già
per un venticinquennio presidente del
Museo della Scienza e della Tecnologia
Leonardo da Vinci di Milano, fondatore e
direttore del Museo Europeo Ogliari dei
Trasporti di Ranco (VA), da qualche tempo ha iniziato a dedicarsi con successo
anche alla stesura di testi riguardanti Pa-
I primi tre volumi, usciti il 27 settembre, 4 e 11 ottobre
ma ancora disponibili in edicola su richiesta
Francesco Ogliari, autore
dei volumi in vendita con
“La Provincia Pavese”
27
G
CR
Gruppo culturale
I volumi della serie Pavia e la sua provincia
in uscita il 18, 25 ottobre e 1° novembre
via e i suoi territori. In questa nuova fatica è affiancato da due ormai “storici”
collaboratori: i vigevanesi Rolando Di
Bari, noto autore di libri di storia locale
Nella foto a fianco:
un mercatino di frutta e
verdura nella piazza
antistante la basilica di San
Lorenzo, a Mortara, negli
anni Venti del secolo
scorso
Sotto: Vigevano, anni
Cinquanta del secolo
scorso, piazza Lavezzari, a
metà di corso della
Repubblica
28
(in senso molto lato; numerosi sono i titoli, da lui firmati o cofirmati, di argomento milanese e lombardo), e l’eterno,
onnipresente Franco Fava, fondatore del
nostro Gruppo Culturale Ricreativo, autore, editore, scrittore, commediografo,
giornalista, poeta, organizzatore, ideatore, fondatore e direttore del Museo della
vita quotidiana Le tracce di ieri… E ci
scusi l’amico Franco se abbiamo dimenticato qualche cosa…
A latere, ma senza sottovalutarne il valore, la presenza di Roberto Bagnera in veste di prefatore. Vigevanese vissuto per
quarant’anni a Milano e poi tornato a risiedere a Vigevano, è una figura eclettica di operatore culturale, storico, esperto di enogastronomia, già coautore con
Ogliari di alcuni pregevoli testi di storia
milanese.
Il lavoro degli “scrittori” è poi efficamente integrato e completato dalla
esperta équipe tecnica, coordinata da
Paolo Comolli dello Studio editoriale
Punto & Virgola di Vigevano, che ha curato l’intera edizione per conto delle
Edizioni Selecta di Pavia.
Date simili premesse, non è difficile presumere un risultato di prim’ordine. La
collana proposta da “La Provincia Pavese” rappresenta, in effetti, un compendio
Gruppo culturale
di storia, etnografia, folclore e molto altro ancora (leggende, personaggi, monumenti, curiosità, cronache spicciole…)
del territorio della provincia di Pavia
quale mai prima d’ora era stato messo
insieme e dato alle stampe. Il quotidiano
pavese, in passato, aveva pubblicato altre raccolte fotografiche — Come eravamo, Fotostoria pavese 1840 - 1919 eccetera — ma la realizazione di un lavoro così completo e organico, e nel contempo gradevole e accessibile a ogni tipo di pubblico, mai era stata tentata.
Pavia e la sua provincia – le sue genti, i
suoi luoghi è un’opera che indaga in
profondità sulla esistenza dei territori di
competenza pavese (Lomellina, Oltrepò, Pavese), partendo dalla preistoria,
per giungere ai giorni nostri; configura
— in particolare con i primi tre volumi
— un valido strumento didattico. Ma,
grazie alle scelte grafico-editoriali, che
includono un ampio repertorio iconografico, con molto interessante materiale d’epoca e una ugualmente vasta raccolta di notizie, informazioni e curiosità,
può, contemporaneamente, essere considerata un piacevole veicolo divulgativo, sfogliabile con piacere anche da tutti coloro che, pur non avendo necessità
di studio e ricerca, amamo interessarsi di
“cose” locali.
I successivi sei volumi, prettamente fotografici, offrono poi una collezione, veramente unica per quantità e qualità, di
immagini provenienti da archivi pubblici e privati attraverso le quali è possibile
ricostruire con fedeltà e puntualità il
cammino dello sviluppo delle popolazioni nelle terre pavesi dalla seconda
metà dell’Ottocento all’età contemporanea. Nulla è dimenticato: si va dall’indagine fisica e strutturale dei centri abitati (Il volto delle città, Il volto dei paesi)
I volumi della serie Pavia e la sua provincia
in uscita il 8,15 e 22 novembre
G
CR
Mortara, il famoso caffépasticceria Guglielmone
negli anni Venti
del secolo scorso
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G
CR
Gruppo culturale
Il Bottonificio Galessi di
Mede negli anni Trenta
del secolo scorso
a un esame dell’universo del Lavoro, alle diverse tematiche culturali — riunite
appunto sotto il titolo La cultura, — a
una panoramica sui numerosi modi di
impiegare Il tempo libero.
Ed è di nuovo presa in considerazione la
storia, qui (volume Dentro e fuori la storia) illustrata attraverso l’immagine. Non
solo la storia ufficiale, paludata (i “soliti”
Risorgimento, lotte sociali, Prima guerra
mondiale, fascismo eccetera), ma anche
e soprattutto la storia spicciola, individuale, personale (matrimoni, battesimi,
comunioni, riunioni familiari e così via)
che, molto più della prima, rappresenta
la “vera storia” delle popolazioni.
In tutti i volumi le fotografie sono integrate da un corredo didascalico vasto e
esauriente, che permette di meglio interpretare le immagini e dare a esse la giusta collocazione spazio-temporale, anche là ove non siano note datazioni e situazioni logistiche.
In sostanza, un’opera ampiamente degna dell’aggettivo “importante” che le
abbiamo attribuito e che merita pertanto
di avere la massima diffusione in tutti i
territori della provincia di Pavia, si chiamino Lomellina, Oltrepò o Pavese.
CALENDARIO DI USCITA DEI VOLUMI
Sabato 27 settembre
PAVESE
Storia, culture, colture, leggende, tradizioni e
personaggi
Sabato 1 novembre
DENTRO E FUORI LA STORIA
Un secolo di eventi, vicende e cronache
Sabato 4 ottobre
LOMELLINA
Storia, culture, colture, leggende, tradizioni e
personaggi
Sabato 8 novembre
IL TEMPO LIBERO
Sport, spettacoli, passatempi e passioni degli
abitanti dei territori pavesi
Sabato 11 ottobre
OLTREPÒ PAVESE
Storia, culture, colture, leggende, tradizioni e
personaggi
Sabato 15 novembre
IL LAVORO
Mestieri, professioni, attività e tradizioni
produttive
Sabato 18 ottobre
IL VOLTO DELLE CITTÀ
Pavia, Vigevano e Voghera nelle vecchie foto
e nelle mutazioni urbanistiche
Sabato 22 novembre
LA CULTURA
Scuola, istruzione, educazione, fede e arte
Sabato 25 ottobre
IL VOLTO DEI PAESI
Realtà antiche e moderne dei comuni della
provincia
30
Prezzo di ciascun volume € 9,90
più il prezzo del quotidiano
TUTTI I VOLUMI SONO PRENOTABILI PRESSO LE EDICOLE
INDIPENDENTEMENTE DALLA DATA DI PUBBLICAZIONE
Gruppo culturale
G
CR
Meditazioni sanitarie
infermiere
Di questi soldati tutti ridono. È logico: essi
lavorano a dar la vita invece di lavorare a
dar la morte.
P. VÉRON
malattia
Che bel comodo è l’essere ammalato!
Non si pensa che a starsene con pace
sul letto o sul sofà: non si lavora:
si fa passare in camera chi piace:
si prende il miglior brodo: si divora
la roba più gustosa e più squisita:
l’esser malati è una gran bella vita!
A. GUADAGNOLI
medicina
La medicina è un’arte che viene esercitata
in attesa d’esser scoperta.
Di fare il contadin Pietro ha lasciato
e allo studio si die’ di medicina;
il perché facilmente s’indovina:
riempire vuol fosse ch’ha scavato.
Lezione di anatomia del
dottor Tulp, dipinto a olio
su tela realizzato nel 1632
da Rembrandt
G. GIRAUD
E. DESCHAMPS
Curarsi per certe malattie è come imparare
a nuotare. In caso di naufragio non serve
che a prolungare l’agonia.
PITIGRILLI
La medicina consiste nell’introdurre droghe che non si conoscono in un corpo che si
conosce ancor meno.
VOLTAIRE
medico
Confessione di un medico: « Io non vado
mai ai funerali dei miei clienti. Non so, mi
parrebbe d’essere un povero operaio che, alla fine della giornata, riporta il proprio lavoro… ».
ANONIMO
Quando il medico accosta l’orecchio al petto di un malato, sembra voler ascoltare una
conversazione attraverso a una porta chiusa. Vuole ascoltare, con una certa discrezione, le confidenze che si fanno tra loro i
polmoni.
R. GÓMEZ DE LA SERNA
A un medico diceva un beccamorti:
« Signor dottor, mi raccomando a lei ».
Ed ei rispose, a quelle voci mosso:
« Figliuol mio caro, faccio quel che posso ».
A. GUADAGNOLI
Duolsi il medico Albin che biasimato
io l’abbia senz’averlo ancor provato.
Se provato l’avessi, o sommi dèi,
come mai biasimare ora il potrei?
Z. RE
Il medico esercita su di me un doppio effetto dal quale non so difendermi: mi spaventa e non mi rassicura. Se mi dice « lei ha
tal malattia », gli credo. Se mi dice « la
guarirò », non gli credo più.
G. COURTELINE
Vantasi ovunque il medico Frontone
che toglie tutti i mali; ed ha ragione:
sparir vedi, se mostra egli il sembiante,
e mali ed ammalati ad un istante.
Z. RE
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“IL VITO
DI VIGEVANO”
IL VOLUME,
che sarà in vendita nelle librerie di
Vigevano dal mese di novembre,
SARÀ UFFICIALMENTE
PRESENTATO AL
TEATRO CAGNONI
VIGEVANO
13 novembre 2008
ore 21
presenta
NICOLETTA SIMEONE
(Rai Radio Due)
con la partecipazione di
NICK
NIGHTFLY
&
MONTECARLO NIGHTS ORCHESTRA
THE
con
SIMONA BENCINI
direzione artistica
FABIO COPPINI
INTERVERRANNO PERSONAGGI
ED ESPONENTI DEL MONDO
DELLO SPETTACOLO, DELLA CULTURA
E DELLO SPORT AMICI DI VITO PALLAVICINI
« Nel mondo della musica leggera chi scrive i testi si sente
un po’ trascurato. Da un certo punto di vista, però,
è una situazione legittima dato che, ad esempio,
se poi una canzone viene venduta all’estero, magari viene
reinterpretata e riscritta cambiandone totalmente il senso.
Quindi quel che conta di più in una canzone è la musica.
Ma da questo, che comporta ovviamente anche tutta una
logica anche commerciale, a dire che chi scrive i testi è,
dispregiativamente, un “paroliere” se non proprio
un “canzonettaro”, ce ne passa.
Perché personaggi come Pallavicini dimostrano che, invece,
alla base del loro lavoro c’è vera ispirazione e quindi
autentica poesia. Basterebbe solo Azzurro per dare a Vito
Pallavicini la patente di poeta. Ma Vito aveva una marcia
in più. Sentendo la musica — la prassi è nota: nascono
prima le note, sulle quali poi si inseriscono le parole — lui,
al di là della costruzione della plausibilità di una sorta
di “racconto”, di “storia”, riusciva a fabbricarne
un equivalente letterario,
se non addirittura fonetico. »
PINO DONAGGIO