tirata grazianesca contro le donne
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tirata grazianesca contro le donne
154 DOCUMENTI Torna, fio mio, en ti, e recordate che la cale che ti tien va a spuntar a canal Orfano; ché, se mi moro, restando senza bezi e senza vertù, ti sarà una bestiaza, dilezao da tuti, befao da i puteli, scazao da i amizi, aborio da i parenti e tegnuo in tel chitarin da quei stesi che adeso te lica. Alontanate, fio mio, da i cativi compagni, che pezo de i impestai i te toca el mal; da le donne, che pezo de i basilischi t'avelena con quei ochieti, e dal ziogo, che pezo del fuogo manda per agere le case. Và al studio, torna a casa toa un uom, e cosi ti sarà el bastoncelo de la mia cadente etae, el reparo de la fameggia e el sollievo de la casa Bisognosi ». {da A. PERRUCCI, cit., pp. 196·197). Documento@ Persuasiva UNA ((TIRATA al figlio, in Dell'arte v rappresentativa ..., GRAZIANESCA )1 Che cosa sia la donnq] La donna l'è il zeppo dell'incostanza, l'è il specchi dell'infedeltà, l'è la maistra delle malizie, l'è la ministra delle frodi, l'è amiga delli inganni, l'è l'inventriz delle simulazion. Ora, el dis ben colui che non gh'è mal che non vegni dalla femmina, e quell'alter disse che l'è mejo-abitar in una tierra desertache star con una femina sl'ro a e un altro disea che la femmina l'è più dura della morte, e per questo sta scritt che de mill'ommi se ne triova uno bon, ma fra tutte le femine non gli è n'è una, e per questo se dise che tutte le malizie del mondo son corte a ris ett della malizia de l donna. E che sippia el ver, sta scritt che l'è miglior l'ini uità dell'om che una bona azzion d'una femina, e per questo el disse un, che avea sal in suca, che la femina l'ha il velen di un aspide, la lingua d'un serpent, il fiad d'un basìlìsch, e quell'alter la chiama l!!,8anum diab i, e un alter la ciamò porta diaboli, 'e Platon de tre cose ringraziava Ziove: d'averlo fatto nascere greco e non barbaro, d'averlo fatto nascere uomo e non bestia, d'averlo fatto uomo e non femina. Orizene dise che la femina è l'arma del QJ:l.io,e Caton che la femina è senza iudizio e razon, perèhéiWii' ha altro che ambizion in tal cao; e Carandella dise che la femina è un pavon in strada, un papagalL in finestra, un scimig nel etto e un diavo o ~r la casa; el filosofi Simonide dise che la femina è la confusion dell'uomo, una bestia incostante, un naufragio della vita; Marziale dise non aver mai trova da una femina bona; Tit Livi al dise che la donna è il p'rinci io e l'inventrice delle malizie, ~upe~stizioni e. iniquità; Pittagora, interrogat da un amigo perché avesse data la so fiola al suo nemigo, el rispose subito: « Nihil illi poteram dare deterius »; Plaut dise aver trovate sempre donne ciarliere, ma non mai mutej, Valer i Massim dise, scrivend a Rufin, che la donna ha il furor e la rabbia del lion, la seno sualità della c'!Pra e i! ve en d~lla- vipera; il prenzipe de'-peripatetizi, Aristoael, dise che la femina è un animaI ciarliero, volubile e stizzoso; Ziovenal dise che la donna l'è il fonte di tutte le ciarle; Fervillo .filosofo DOCUMENTI 155 dise. ~he I~ fe~ina èun camaleonte che si pasce d'aria e si muta in ogrn istanti: Diosene Cinico, quando usciva di ca' e trovava una fcmina l'avea .per pessimo augurio; e un poeta, finalmente, dise: « Foemin~ demonibus, tribus aspibus est mala peior » (sic). . E c~e el sippia la ,verità, dovi saver che la donna è l'inventriz della sirnulazion, la. donna .e fiacca nella voze, l'è volubil nel zervel, presta nel parl,ar,. tarda In .cammar: sollecita i~ far fioli, fasil nelle bugie, tenase nel~ odiar, longa m far praser, presta 1Il far dispett. La donna l'è un finto ~COIO ~,ascost f~'a picciole onde, l'è una punzente spina nascosta tra le rose, Ie una, vl?era nascos~a fra l'erbe. La donna l'è la più imperfett creadura dell umvers, la schiuma della natura, la feccia del mondo semi. nari.o di .m~la~ni, origine di querele, il trastullo degli insensati, il 'staffile delli savr, 11 tizzon d'inferno, l'incentiva del vizio, la sentina d'ogni lordura,. un mostro della nadura, un mal necessario, una difforme chimera, un piacer dannoso, l'eccidio dell'uomo. La don~a in casa comparisce da diavolo, in strada ha faccia di angelo; la don~a ~ ~n mostro d! menzogne, un naufragio dell'uomo; la l'è un barbagiannì 1Il finestra, una gaza alla porta, un fetore intollerabile nel lett~. La donna è una nieve che langue, una fiamma che si smorza, una gloria che cade, un sol che s'ecclissa, una luna che si muda una stella che svanisce, un ziei che s'oscura. La donna è un anirnal indomit e che eI sippia la veridà, ecco Ipocrat che vei conferma disendo: « Hab~t ~nim [oemina quod natura indomat », De piii senti ancor Tit Livi che scriss: « lndomitum animal [oemina ». ' .Inson:ma, chi disse donna disse danno; e per quest non v'è pezor anirnal 1Il sto mond de la donna, e l'istesse liettere dell'alfabet ve lo faranno veder chiarament, e però mi voio corninzar dalla prima littera che l'è l'A: ' · P Q R S T V tv<:>...ol'r- nimal a ido. · lì stiale inferno. · c ncupiscenza della c me. · cl, elio nnoso. tinzion d'ogni bene. f de f llace. n'ula g ra. ipocrita iena. · . vidioso fuoco. · k os calunnioso. · 1 e pestilenziale. · mostruosa cabala. · n trice di n ufragi. · operatrice d'odi. · prima peccatrice. · querula bestia. rovina de' regni. · stolta superba. · turbolenta tiranna. · vanità delle vanità. ~'-Ovt:L~ 156 DOCUMENTI x - xenocrata finta. - ypsilon di bugie. - zizania pestilenziale; Y Z Etna voraginosa di fiamme, radize d'ogni male. alfa e omega di tutte le disgrazie che el sortiscon all'om, Ora. per ultimo senti cos'el dise Pittagora, confirrnand il mi pensier: « Mulier est bellum quotidianum, humanum mancipium, insatiabilis belua, quotidianum turmentum »; e Aristotil dise: « Consilium mulieris est invalidum ac imperjectum »; e Senega il moral, conoscendo la mala qualidà della femìna, al dise: « Cruenta belua [oemina est », e Zizeron al dis: « Foemina nulla bona, quod si bona contingit una, nescio quo fato res mala bona [acta sit». Avivu mo' senta. cospettonar che dindirindona, che delle donne non ghe n'è una bona. (da Selva overo Zibaldone di concetti comici. in E. La Commedia dell'Arte, cit., pp. 258-261). P. ADRIANI. CaNE, Documento 22: BRAVURE Capitano Spavento PETRAC- DEL CAPITANO e Trappola Cap.: - Avend'io una mattina grandissima volontà di far colazione. me n'andai alla casa del Sole. mio grandissimo amico per camerata di molti e molt'anni, là dove giunto, trovai che il Sole s'era levato molto per tempo ed aveva ordinato alle Ore. sue serve di casa. che ponessero al fuoco le quattro pigna te solite per cucinar la vivanda ai mortali. Trap.: - Se il Sole ogni mattina fa bollire quattro pignatte piene di robba per dar da mangiare ad ognuno, vorrei da qua innanzi andar ancor io a far colazione a casa del Sole. ma ho paura che mi toccherà la colazione de' furfanti. cioè lo spidocchiarsi alla sfera del gran pianeta che distingue l'ore. Cap.: - Erano quattro pignatte al fuoco che bollivano nella cucina del Sole: la prima era di ferro, la seconda d'argento, la terza di piombo e la quarta di chiaro e trasparente vetro. Trap.: - Pignatte fuora dell'uso umano e pignatte straordinarie. Ma che bolliva in quelle stravaganti pignatte? Cap.: - Nella pignatta di ferro bolliva il capo di Vulcano. nella pignatta d'argento bolliva il riso di Giove. nella pignatta di piombo bolliva la morte di Sa turno e nella pignatta di vetro bollivano le mammelle di Giunone. Trap.: - Strane vivande! Mi comincia a fuggir la volontà d'andare a far colazione alla casa del Sole. ma potrebb'essere che quelle mammelle di Giunone mi vi tirassero. essendo le poppe delle donne piacevoli da maneggiare e dolcissime nel gustarle. Cap.: - Cucinate e cotte che furono le delicate vivande. posta la mensa DOCUMENTI 157 e portate in tavola dall'Aurora, fantesca del Sole. cominciammo a mangiare, essendoc.i noi d.a. principio lavate le mani con la rugiada, che suo~ cad~re dal matutìnì albori, e rasciugate allo sciugatoio dei giorni caniculari, Il Sole se ne pigliò quattro bocconi in fretta in fretta montando da poi sopra il dorato suo carro per fare il suo viaggio ed' io me ne rimasi solo soletto alla mensa solare. Trap.: - Perché non mi chiamare allora, o padrone a desinar con voi ch'io averei spiccato un salto nel cielo, come fate voi alle volte e averei anch'io gustato di quelle stravaganti vivande? Voi volesti esser solo per meglio empirvi la pancia! Cap.: - Rimanendo solo alla dorata mensa. mi posi subito a mangiare il riso di Giove, il quale era ancor tutto bollente. Tr~p.: - ?uello doveva esser altro riso che quello che sogliono mangiare I turchi. fatto con latte, con mele. con zucchero e con botiro da loro nominato pilao. • Cap.: - Gustato ch'io ebbi il riso di Giove, vivanda veramente delicata, dolce e soave, diedi di mano alle mammelle di Giunone •... Trap.: - Anch'io averei dato di mano alle poppe di Giunone! Cap.: - ... Ie quali furono gustosissime alla bocca. Gustate ch'io ebbi le due prime vivande. mi feci portar da bere; bevuto ch'io m'ebbi una gran tazza di nettare, pigliai quattro bocconi della morte di Saturno e dapoi mi posi a rodere la testa di Vulcano. Trap.: - E forsi a buona usanza di testa di vitella da latte, e alla prima doveste da.r nelle ce~'vella, la seconda negli occhi e la terza nella lingua. come sogliono far I buoni mangiatori. Cap.: - M~nt~e ch'i~ me n~ stava rodendo e scotennando il capo di Vulcano, mi SI fece innanzi Venereo la quale, vedendo ch'io ne divorava il capo di Vulcano suo marito, cominciò a chiamarmi fierissimo Ciclope, crudelissimo lestrigone e inumanissimo antropofago minacciandomi e giurandomi di farmi uccider da Marte, suo drudo 'e suo bertone. Trap.: - lo mi n:eravigliava che il mangiare vi facesse pro': sempre si ~rova qualche intoppo, ed il più delle volte. dapoi il mangiare e dapoi li bere, sogliono succeder de' pazzi avvenimenti. Cap.: - Sentendomi io minacciare da quella potta sfacciata di Venere subito m'accesi d'ira edi furore e quivi, pigliandola per le treccie la slanciai n.el.bord~llo ?i Cipro, là dove pervenuta fu fatta regina di ~tte l~ me~etr.lci. e dì qui .~asce che le meretrici sono molto più calde nei piacen di Venere e piu scaltrite che non sono le altre donne. Trap.: - Talmente che Venere è la regina delle meretrici io per me credo ch'ella sia la priora di tutti i bordelli del mondo. Padrone mio. la vostra fu una pazza colazione: ora guardatevi dal desinare, della merenda e della cena, perché v'intervenìranno de' pazzi scherzi e de' stranissimi accidenti. Cap.: - Trappola. va' alla posta e vedi se vi sono mie lettere. Trap.: - Da chi l'aspettate voi? Cap.: - Dal Cielo. dal Mare e dall'Inferno. Trap.: - .So che i corrieri stanno freschi con voi; ma. ora ch'io mi ricordo. mi trovo accanto una lettera datami da un certo Barbacci, il quale