Alpin 61 - ANA Gruppo Alpini Milano Centro
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Alpin 61 - ANA Gruppo Alpini Milano Centro
Numero 61 - Anno XI/3 - Giugno 2010 Fotocopiato in proprio da: Associazione Nazionale Alpini - Sezione di Milano - Gruppo Milano Centro “Giulio Bedeschi” Redazione: Via Vincenzo Monti 36 - 20123 Milano - tel. 02 48519720 - Responsabile: Alessandro Vincenti - Inviato gratis ai Soci sito internet www.alpinimilanocentro.it e-mail [email protected] VISIBILIO VISIBILE Mi è venuto in mente l’articolo del nostro CG intitolato “Il Rumore del silenzio” che scrisse nel luglio 2007 dopo l’adunata di Cuneo, dove esprimeva con forte rammarico il silenzio della stampa nazionale di fronte a quell’evento. Mi è venuto in mente una prima volta quando ho letto il Corriere della Sera di martedì 11 maggio u.s., dove c’era mezza pagina sulle cronache lombarde riservato al “day after” bergamasco. Lo scritto di quel giorno chiudeva una serie di articoli comparsi fin dal venerdì 7! Il cronista riportava la sorpresa nel constatare come la città fosse ritornata “normale” e senza strascichi negativi dopo il passaggio di 500 mila presenze. Embé? … dove sta la sorpresa? È sempre stato così ad ogni adunata, anzi noi alpini di solito - lasciamo la città ospitante con qualcosa di materiale in più come segno di ringraziamento per l’accoglienza ricevuta. L’articolo “Il Rumore del silenzio” mi è anche venuto in mente quando il mio dentista, che stava togliendomi i punti dalla gengiva (prima di partire per Bergamo mi ero fatto togliere un dente del giudizio, con tutte le conseguenze del caso, oltre alla perdita di … giudizio!), mi ha raccontato delle abbondanti letture che ha fatto sui quotidiani, descrivendomi con meraviglia l’Adunata che lui ha letto e visto in televisione, constatando che ne sapeva più del sottoscritto (che all’Adunata, nonostante tutto, c’era!). Credo di essere stato l’unico dei suoi pazienti che, sotto i ferri, abbia riso di gusto. Così è la prima volta che persone estranee al nostro mondo, hanno parlato stupefatti di Alpini, adunate, feste e Tricolore evidenziando anche una delle nostre caratteristiche: lo spirito di corpo … Per noi alpini, tutto ciò è sempre stato così! Nessuna sorpresa, nessuna meraviglia; è nella nostra normalità. stranee alla nostra realtà, è compito grave e delicato. Sicuramente nelle alte sfere della nostra Associazione ci si muoverà con un “Ufficio di pubbliche relazioni” ancora più professionale e preparato, adatto ad “istruire” i giornalisti non alpini, cui spetta l’altissimo e delicatissimo compito di comunicare con i loro potenti mezzi i nostri valori fondamentali; il Presidente Perona e il Direttore de “L’Alpino”, mi pare che – velatamente – abbiano previsto la cosa al recente convegno della Stampa Alpina. Spiegare – ad esempio – che il nostro spirito di corpo è cosa nata sulle Dolomiti o sui ghiacciai durante la Grande Guerra dove gli alpini, rientrando dalla battaglia, constatavano che i migliori erano andati avanti; che questo spirito di corpo non è sprofondato nel fango della Grecia; che questo spirito è stato caricato sulle slitte portanti nella gelida steppa russa i corpi raggomitolati di sconosciuti; che lo spirito di corpo è stato plasmato in una pala e in un piccone che ha rotto le macerie delle case distrutte dai terremoti; che il medesimo spirito è diventato un’arma potente data in mano ai “bocia” che dovranno combattere la guerra contro le calamità naturali, che questo spirito di corpo si manifesta come una Grande Famiglia che fa ala alle bare di chi cade mantenendo il Giuramento al Popolo italiano e si stringe ai Famigliari che non possono essere mai più lasciati nella solitudine, … ecco, spiegare tutto ciò in poche righe a disposizione dei giornalisti, è certamente impresa ardua! Ora, dunque, che abbiamo gli occhi puntati e – probabilmente – anche le speranze della gente comune riposte su di noi, non ci resta che darci da fare più di prima e meglio! Allora sì che sarà un vero … visibilio visiA volte lo scrivere e' difficile e la bravura non e' bile! tutto: altre armi occorrono per far breccia a un Abbì Bergamo, riflettendo bene invece, ha aperto ulteriormente gli occhi a noi: il popolo non alpino ha incontrato il popolo alpino attraverso un’abbondante informazione proveniente da organi di stampa non “di parte”! I mass media non alpini, a portata nazionale, hanno evidenziato come non mai l’evento Adunata, narrando del nostro strano modo d’aggregazione, parlando di Valori condivisi, di solidarietà, di amor di Patria … I giornalisti quasi avevano dimenticato come si scrivono queste cose, mentre la gente comune non sapeva che potessero essere rievocate sulla carta stampata e nei telegiornali. Come e perché è successo ora, non è il caso d’indagare: ognuno di noi può trovare tutte le giustificazioni del caso che saranno sicuramente veritiere. Comunque sia, essendo ora stata Bergamo “la Breccia di Porta Pia” per sfondare nel campo della visibilità dell’informazione e nella mente dei non alpini, approfittiamo – dico io – di questa breccia per il futuro! Non è per immodestia che lo dico, ma perché sia cosciente anche in noi che questo “essere in cronaca” è giusto ed equo! Orgoglio e soddisfazione, dunque, ma … cautela, anche! Mettere in bocca i concetti che esprimono i nostri valori a persone e- vasto pubblico! Alpin del Domm – 1 Gli alpini come il jazz: Variazioni sul tema L’emozionante epopea degli Alpini raccontata senza parole Riportiamo di seguito la presentazione offerta da Gianluca Marchesi quale introduzione per il Concerto “La tradizione in movimento” tenuto il 22 maggio 2010 presso la Sala Puccini del Conservatorio di Milano. L’Associazione Nazionale Alpini venne fondata nel 1919 da un gruppo di reduci della prima guerra mondiale. Una guerra che,secondo la strategia dell’epoca, fu prevalentemente di posizione e quindi particolarmente idonea a creare lunghi periodi di vita insieme fra i combattenti. In questo contesto il soldato ha vissuto un “lungo momento della verità”, perché la guerra è il momento della verità: nessuno può presentarsi diversamente da come é. Perciò le amicizie nate in guerra continuano e durano, anche se la frequentazione delle persone è modesta. Il naturale sentimento di solidarietà, nel miglior significato della parola, cosí spontaneo tra i combattenti, lo era in modo particolarmente intenso tra gli alpini, proprio per il magico filo che unisce la gente legata alla montagna. C’é inoltre da considerare che la struttura stessa dei reparti alpini, costituiti su base territoriale e valligiana, e la spontanea naturale solidarietà della gente di montagna, contribuivano a rinsaldare i legami personali fra i vecchi commilitoni tornati alla vita civile. Dunque, al termine della grande guerra, fra i reduci alpini non venne meno lo spirito di solidarietà e di cameratismo che li aveva contraddistinti durante il conflitto. Uno spirito ancora in stato embrionale fortemente dominato dalla inevitabile dimensione reducistica della giovane Associazione Nazionale Alpini e dall’avvento di un regime teso a militarizzare tutto e tutti. La tragica esperienza della seconda guerra mondiale, ripropone la figura dei cappellani Militari tra i quali risplende la figura di Don Gnocchi al quale è toccato in sorte di farsi tradizione presso gli alpini di ogni generazione. In una sua lettera dal fronte greco-albanese dichiarava: “Vi assicuro che questi alpini sono la mia meditazione giornaliera ed ho imparato ed imparo molte cose da loro. Attuarle però è un’altra cosa”. Invece imparerà così bene che assumerà la stessa mentalità e metterà in atto i medesimi comportamenti anche dopo la guerra, nella vita civile, quando, alle prese con l’immensa Opera che stava fondando, userà l’identica tenacia e una straordinaria capacità di concretezza da2 – Alpin del Domm vanti alle innumerevoli difficoltà che man mano gli si pareranno davanti come picchi da scalare. .L’associazione si riconosce nell’opera di don Gnocchi e nel corso degli anni, traendo esempio sia dalla vicenda del Beato, sia dal ripetuto utilizzo degli alpini in armi per alleviare le sofferenze delle popolazioni colpite da calamità naturali, utilizza le sue competenze e la sua diffusione sul territorio per trasformare in realtà operativa i propri ideali. Dopo la seconda guerra mondiale, alle generazioni di ex combattenti si affiancano i giovani di leva verso i quali sono riposte le aspettative e la continuità dei valori. L’esperienza di una nuova coscienza civica vissuta nel periodo del servizio militare dalle generazioni più giovani, che li ha visti operare in varie occasioni d’emergenza in soccorso alle popolazioni colpite da calamità, diventa patrimonio di nuovi concetti che può sintetizzarsi nel motto di un nuovo indi- rizzo “Onorare i morti aiutando i vivi”. Gli alpini in congedo e la loro associazione assumono via,via un ruolo sempre più incisivo nella realtà sociale che li circonda, privilegiando la dimensione del “fare” rispetto a quella dell’ “apparire”. Questa caratteristica accompagnerà l’ANA fino ai giorni nostri: pensate che quest’anno, ai fini della pubblicazione del libro verde della solidarietà, la sede nazionale è riuscita a fatica a farsi inviare dalle sezioni il 64% delle opere solidali svolte. Il terremoto del Friuli rappresenta un momento importante per l’associazione. Durante questo tragico evento, l’ANA mobilita tutte le sue forze alle quali si affianca un nutrito numero di simpatizzanti, persone non alpine ma da sempre vicine ai nostri valori ai quali con riconoscenza e lungimiranza, viene concessa l’iscrizione con la qualifica di amici degli alpini. Questi ultimi insieme a moltissimi dei soci alpini , concorreranno a formare la protezione civile dell’ANA, gioiello dell’associazione. Quanta strada è stata percorsa da quel lontano 1919, quando pochi reduci decisero, in una birreria di Milano di fondare l’ANA! Quante cose sono cambiate ma ... attenzione: qui sta il vero segreto dei nostri alpini! Essere figli del proprio tempo, vivere la realtà nel territorio, saper cambiare in funzione delle esigenze della società in cui viviamo senza tradire, ma anzi rendendo testimonianza degli ideali dei nostri veci, essere fautori di quella “tradizione in movimento” che fedele al motto scolpito sulla colonna dell’ Ortigara, “per non dimenticare”, si fa tramite tra le generazioni. A questo scopo si deve la nascita del gruppo Milano Centro, che propone, da sempre, la promozione di avvenimenti culturali, spesso anche attraverso moduli innovativi nella forma ma inalterati nella sostanza, tesi a sottolineare quella “tradizione in movimento” che è anche musica e canto popolare, A questo proposito ci è parso interessante proporvi la novità di una trasposizione in jazz delle più note cante alpine, Un operazione che se in apparenza può sembrarvi azzardata,a un approfondito esame rivela,invece, l’insospettabile analogia della dinamica musicale del jazz, caratterizzata da chiari e definiti motivi iniziali che via,via sembrano perdersi in infinite variabili virtuosistiche che però ritrovano sempre la strada di casa terminando di nuovo col motivo guida, un’ analogia, dicevamo, con lo spirito, il modo di essere degli alpini, determinato nel fare riferimento ai propri valori ma allo stesso tempo un po’ anarcoide, riluttante alla gerarchia eccessiva, alla forma esagerata, popolare e disinvolto nel mettersi in gioco riguardo le novità o la solidarietà verso gli altri, a volte un po’ eccessivo nei raduni conviviali e popolari, ma pronto a scattare sull’attenti quando il dovere istituzionale e civile lo chiama. Ma … bando alle ciance, veniamo al dunque. La serata che vi vogliamo offrire, è strutturata in maniera molto semplice: sull'introduzione musicale di ogni brano verrà recitato il testo rivisto in chiave poetica, così da permettervi di riconoscerlo sin dalle prime note. La musica è interpretata dal trio DAVIDE CALVI..composto da Davide Calvi pianoforte, Cesare Pizzetti contrabbasso e Marco Caputo batteria. Le letture saranno effettuate dall’attrice Paola Caramel MOTTI DEGLI ALPINI E DELL’ARTIGLIERIA DA MONTAGNA MOTTI RINTRACCIATI SULLE CARTOLINE STORICHE. Da: I motti araldici dei Corpi del R.° Esercito, serie A, vol. I - 1936 ALPINI Reggimenti: I rgt (1882) Nec descendere nec morari II rgt (1882) Vigilantes III rgt (1882) Altius Tendo IV rgt (-) In alto vigilando V rgt (1882) Mai tardi al V°! V rgt (1917) A noi le porte delle Alpi VI rgt (1882) Più salgo, più valgo VII rgt (1887) Ad excelsa tendo VIII rgt (1909) O là o rompi IX rgt (1919) Ad ardua super Alpes Patria vocat. I Rgt. Alpini: ACRITER PUGNARE (Combattere audacemente); II Rgt Alpini: ALPINUM CUSTOS (Custode delle Alpi); III Rgt. Alpini: ALTIUS TENDO (Tendo più in alto); IV Rgt Alpini: IN ADVERSA, ULTRA ADVERSA (contro la sventura e oltre la sventura); V Rgt. Alpini: NEC VIDEAR DUM SIM (che io non sia veduto, purché io ci sia); VI Rgt. Alpini: PIU’ SALGO, PIU’ VALGO; VII Rgt. Alpini: NEC SPE, NEC METU (né colla speranza, né col timore); VIII Rgt. Alpini: PER CULMINA ESTREMA, ESTREMA AUDENTES (osiamo cose estreme attraverso estreme altezze); IX Rgt Alpini: AD ARDUA SUPER ALPES PATRIA VOCAT ( la Patria ci invita a cose ardue sopra le Alpi); Battaglioni: AOSTA (II) – 1931: Ch’a cousta lon ch’a cousta, viva l’Aousta. BASSANO (VI e IX) – 1916: Che trionfano del nemico e della Montagna. G. D’Annunzio. CADORE (VII) – 1934: In puritate robur CIVIDALE (VIII) – 1917: Vincere bisogna. DRONERO (II) – 1932: I l’oma fait polissia EDOLO (V) – 1932: Oltre la meta EXILLES (III) – 1929: Sali come il camoscio, piomba come l’aquila, resisti come il macigno. GEMONA (VIII) – 1933: O là o rompi IVREA (IV) – 1918: Tucc un (grido di guerra del Canavese, 1386-91 ad indicare la forza del Tuchinagio, associazione di popolani canavesi stretti in lega contro i loro feudatari). *-*-* MONDOVI’ (I) – 1932: i nostri silenzi e le cime. MORBEGNO (V) – 1918: saldi sulle Alpi ARTIGLIERIA DA MONTAGNA PIEVE DI TECO (VII) – 1918: in puritate robur I Rgt Art. Mont.: AD CULMINA FERRE IGNEM (portare il fuo- PINEROLO, 27^ cp Alpina (III) – 1917: Nihil alpinis arduum est co alle supreme altezze); II Rgt. Art. Mont.: PER ARDUA ARDENS (Ardente attraverso le SALUZZO (II) – 1932: droit quoi qu’ il soit TRENTO (VI) – 1924: audacemente ascendere difficoltà); III Rgt. Art. Mont.: NOBIS INCENDENTIBUS RUPES RUUNT TRENTO (VI) – 1930: circola o fiamma del sacrificio ARVENIS (VIII) – 1918: Et nunc et semper (Cadano le rupi alla nostra avanzata). ASSIETTA (III) – 1917: Si come falchi a meditar la caccia PELMO (VII) – 1916: fortiter per aspera abbì MONTE TONALE, 286^ cp Alpina (V) – 1917: Ad libertatem VAL BRENTA (VI) – 1916: fino alle ultime vette d’Italia VOLONTARI ALPINI DEL CADORE – 1917: Cade il camoscio a colpi sicuri e il nemico quando la Patria chiama, cade. G. Carducci – Ode al Cadore. 558^ cp Mitraglieri Alpini – 1917: celerrimo ictu – impavida fide. LII° reparto d’assalto alpino - 1918: I^ cp: fatti e non parole; II^ cp: come la valanga; III^ cp: vita e vittoria. abbì Alpin del Domm – 3 4 – Alpin del Domm Alpin del Domm – 5 Bozzetto originale a matita: Paul Wilcke TITOLI DI CODA Alle pagine 4 e 5 la visione dell’Adunata Fotografie: Luca Geronutti di Bergamo secondo noi, Alpin del Domm. Realizzazione della prima versione, discosta dall’originale: Renzo Giusto Idea originale: Paul Wilcke e Luca Gero- Progetto Grafico: Andrea Bianchi Realizzazione effettiva: Andrea Bianchi nutti Varianti: Luca Geronutti Analisi della versione in bianco e nero: Paul Wilcke Autocongratulazioni: tutti e quattro (Per la nuova legge sull’evidenza dei compensi: costo della puntata e retribuzione dei sunnominati € 0,00 pagati dal Capogruppo) LA CITTADELLA miniMILITARE A BERGAMO Oramai è uno degli appuntamenti fissi di ogni alpino durante le ultime edizioni dell’Adunata, fare un giro alla cd. Cittadella Militare. Allestita dal Comando Truppe Alpine di Bolzano, il luogo è interessante per andare a vedere quelle novità in armamenti, in tecnologie, in mezzi e strumentazione militare che durante la naia non abbiamo potuto vedere (sfido io … alcuni nostri veci erano sotto la naia con degli schioppi ancora a pietra focaia … cosa volete che sapessero di telemetria al laser, visori infrarossi, ecc …) Dicevo dunque che è ormai tradizione gironzolare fra le tende militari illustranti tutte le novità offerte per la nostra difesa, le varie specialità del Corpo degli Alpini, i mezzi dell’Esercito. I commenti di chi fece la naia “all’epoca”, denotavano lo stato di sbalordimento mista a malinconica perplessità, constatando in un minuto secondo che “dalla naia è passato davvero un bel po’ di tempo” L’installazione della Cittadella a Bergamo era collocata in un ampio parco cittadino in mezzo a prati ed alberi; simile nell’esposizione a quella di Bassano e di Latina, tuttavia quella di Bergamo, per chi ha avuto occhio attento, ha riserbato una ulteriore novità … In mezzo alla tendopoli, spiccava un’area stranamente recintata: staccionata in legno dai vivi colori gialli e rossi, lucine steroscopiche sbarluscenti e suoni extraterresti. Perplesso, mi son fermato a vedere quel popo’ di nuova area recintata, pensando a quali terribili armamenti celasse il tutto; purtroppo nessun cartello esplicativo, nessun alpino in divisa che potesse dare esauriente spiegazione alla mia curiosità ed ignoranza. L’area in quel momento si presentava pressoché deserta, quasi a rimarcare che la zona era “strictly reserved”. Senza varcare la suddetta staccionata, il mio occhio ha constatato che l’area conteneva tutte le attrezzature per preparare i soldati ad ogni tipologia d’addestramento. Subito ho notato il tracciato dei binari di un trenino tutto colorato, struttura predisposta certamente per addestrare gli artificieri a qualche operazione di sabotaggio contro i treni veri che avrebbero potuto trasportare materiale e personale nemico. Le ridotte dimensioni del 6 – Alpin del Domm trenino che vidi erano dovute certamente al risultato della soluzione di un problema logistico, cioè di trasporto e di costi: anziché usare un treno vero da sabotare, i soldati potevano impratichirsi con un simulacro. I vagoncini colorati potevano indicare che alcuni portavano armi, altri uomini ed altri ancora – supponevo – prigionieri, quindi da non colpire. Giustissimo! Poco lungi, collocate in circolo sul prato, c’erano sette statuette nane in gesso, anch’esse sgargiatamente colorate: certamente sagome per il tiro di precisione, create per addestrare invisibili e precisissimi tiratori scelti. Le sagome-statuine erano state studiate – dicevo io – di piccole dimensioni proprio per rendere l’addestramento più “tosto”; tuttavia le sagome avevano una faccia paffuta e sorridente, tutte! Ho pensato che forse gli psicologi militari avranno voluto sdrammatizzare lo stress mentale degli alpini tiratori scelti, rendendo così l’ addestramento più sopportabile. Molto bene! Oltre a queste sette sagome-statuine, ecco dei mezzi meccanici di varie forme: camioncini, jeep, motociclette ecc. I camioncini e le jeep avevano pure delle luci colorate giroscopiche; ho letto su delle riviste scientifiche che durante le esercitazioni – dato l’alto costo dovuto dall’usare vere munizioni – si usano ormai armi con raggi laser; quando il raggio colpisce il bersaglio, le luci poste sull’obiettivo s’accendono e un segnale acustico avverte il tiratore che ha fatto centro. Ebbene quel che ho visto e udito, era certamente uno di quei sistemi che le avveniristiche riviste hanno descritto. In più – pensate un po’ – i mezzi si potevano muovere: non proprio andare in giro, ma potevano oscillare a destra e a sinistra, avanti e in dietro. Insomma, dopo un po’ fui dell’idea che mi trovavo di fronte a dei veri e propri simulatori di ultima generazione per addestrare i conducenti a tutte le accidentalità di terreno; anche qui, qualche illuminato manager con le stellette, prendendo a cuore il fatto che durante le esercitazioni si sprecava troppo gasolio, ha deciso di utilizzare i simulatori. Risparmio di carburante, sicurezza per le reclute, maggiore professionalità. Ottimo! Mentre stavo osservando tutto ciò, capii a quale scelto reparto alpino era destinata l’area: era il C. A. M., Centro Addestramento Minireclute, destinato appunto ai ragazzi della cd. Mininaia! Logico! E il mio ragionamento era a prova di “bomba” … Di fronte a questa novità non ho esitato ad infrangere una delle regole più sacrosante che s’impongono in un area militare “top secret”: tirare fuori la mia digitale e … fotografare! Feci in tempo a farne una che, subito subito, il mio Capogruppo mi apostrofò severamente: “Ma che fai? Lascia perdere il parco giochi e vieni di qua che c’è la palestra di roccia; è divertentissssssimaaaa ahaha !!!”. Per lo spavento (avevo pensato che essendo stato beccato in flagranza di reato, mi avrebbero fucilato), misi via la macchina fotografica e corsi a vedere la palestra, dove i papà, ringalluzziti dal gesto fisicoatletico, potevano dimostrare ai figli quanto ancora erano “ganzi, tosti, duri e puri come …anta anni fa”; le mogli guardavano fra il perplesso e il preoccupato il loro “bel ciccino” pronto a fare … una di quelle figure da sprofondare per il resto della vita! Lì si che era severamente proibito far foto. Parco giochi? Eh ,no caro Capogruppo … ancora oggi non mi hai mica convinto che quello che ho descritto prima era un parco giochi e non il nuovo Centro Addestramento Minireclute per quelli della mininaia; la palestra di roccia, invece, quella sì, era un parco giochi per i vecianaia … Abbì la BIBLIOTHECA di Marco Dalla Torre L’Iraq dalla A alla Z Vale sempre la pena di leggere un libro del generale Marizza; anche quando ha quasi cinquecento pagine. Perché all’alta competenza (laureato in Scienze Strategiche, assegnato dopo lunga esperienza operativa al Centro Alti Studi della Difesa, coordinatore del master in Geopolitica presso l’Università di Roma “La Sapienza”) e all’esperienza sul campo, Marizza coniuga la capacità di rendere accessibile e stimolante la lettura dei suoi testi. E ci riesce adottando una struttura fortemente originale. La parte maggiore del testo è impostata – lo enuncia il titolo – come un manuale-vocabolario, con diverse voci per lettera alfabetica, connesse tra loro (ogni voce termina con il vocabolo di quella successiva). Il lettore viene così condotto per un percorso solo apparentemente disordinato: un andirivieni tra attualità e storia, geografia e cultura, cronaca e precisa analisi tecnico-militare, che alla fine costruisce un quadro netto e informatissimo. Dopo lunga militanza nella “Tridentina” e nella “Taurinense” e dopo aver comandato la gloriosa Brigata “Julia”, Marizza è stato Vicecomandante del Corpo d’Armata Multinazionale in Iraq, costituito da 160.000 soldati di ventisette Paesi della Coalizione, tra l’estate 2005 e la primavera 2006. Con modestia definisce queste pagine «un semplice blocco-note messo in bella copia» (p. 10). Mi sento di dire piuttosto che il notevole spessore informativo e interpretativo è reso accessibile a tutti da uno stile sornione, al tempo stesso preciso e aneddotico, bonariamente ironico quando si tratta di colmare le lacune della disinformazione, graffiante quando riscontra l’abuso e la distorsione delle notizie ad uso di meschine beghe politiche italiane. Tanto informato e lucidamente intelligente da non risultare “politically correct”. Non vengono risparmiate critiche all’alleato statunitense (talvolta carente in visione geopolitica, come denota la triste storia della CPA), ma riconosce la grande capacità di lavoro dei suoi soldati e stigmatizza l’antiamericanismo di matrice criptosovietica. Così come ne riconosce la linearità di intervento, a fronte della mentalità a volte poco chiara dei Paesi della vecchia Europa. Regge questa libertà di giudizio, la grande professionalità e lealtà del generale Marizza, non a caso insignito della “Legion d’Onore” francese e della “Legione di Merito” degli Stati Uniti d’America. Il saggio aiuta a districarsi nel quadro irakeno, della sua complessa identità (ingredienti fondamentali ne sono l’arabismo, l’Islam e il tribalismo), certamente non rispettata quando esso fu creato come Stato autonomo, sulle ceneri dell’Impero ottomano, tracciando a tavolino confini ampiamente irrispettosi della situazione reale della popolazione. Un limite – del resto inevitabile in un saggio su una situazione di scottante attualità e in velocissima evoluzione – è il venire subito superato dallo scorrere degli avvenimenti. Ma la cronaca quotidiana affonda radici e moventi nella storia recente. Per questo L’Iraq dalla A alla Z resta un’utile chiave di lettura degli avvenimenti odierni (si veda, ad esempio, l’interessantissima voce “AlQaeda”). Alle analisi e ai giudizi soggiace un’opinione di più vasta portata: «Più che una guerra, dunque, il caso irakeno potrebbe essere solo una battaglia di una più vasta guerra che è appena all’inizio del suo imprevedibile, inquietante sviluppo» (p. 279). E ancora: «Chi vincerà questa guerra? Nessuno lo sa, ma la risposta più plausibile è “nessuno”. Gli USA non potranno mai avere ragione, militarmente parlando, di un’organizzazione diffusa a livello globale, che muta in continuazione, che non si materializza e che gode le simpatie di una vasta fetta di popolazione islamica. AlQaeda, dal canto suo, non potrà mai sconfiggere l’iperpotenza americana […]» (p. 203). Di certo le motivazioni all’intervento dell’Amministrazione Bush non si sono dimostrate convincenti. Dapprima fu dichiarato che l’Iraq era un altro episodio della “Global War on Terrorism”; ma è fin troppo evidente che Saddam non solo non aveva legami con Al-Qaeda, ma anzi era uno spietato avversario del fondamentalismo islamico (che invece oggi è presente in Iraq). Poi fu detto che l’obiettivo era l’eliminazione delle armi di distruzione di massa, di cui però non è stata trovata traccia. Infine fu affermato che la giustificazione della guerra era l’eliminazione stessa di Saddam Hussein e del suo regime per consolidare la democrazia in Medio Oriente (cfr. p. 283). La persistenza dell’insorgenza, amplificata dai media, sembra dare torto anche a quest’ultima speranza; ma con obiettività Marizza sottolinea gli indubbi passi in avanti. E chiude con una nota di realismo ottimista: «viene da chiedersi: ce la farà l’Iraq a diventare una moderna, efficiente democrazia? Penso che, in fondo, la risposta debba essere affermativa. Ma ci vuole tempo. L’Europa non ha forse dovuto attraversare secoli di guerre di religione e di guerre mondiali prima di arrivare ad essere quella che oggi chiamiamo democrazia? […] Perché mai l’Iraq dovrebbe diventare un paese normale all’improvviso, poche settimane dopo la ratifica della costituzione? […]. Non bisogna cedere al pessimismo» (pp. 290-291). P.S.: E cosa c’entrano gli Alpini in tutto questo? Presenti quasi senza interruzione in Afghanistan, nessuna delle brigate alpine si è recata sul territorio irakeno. Ma Marizza (che, tra l’altro, cita più volte il nostro Giovanni Parigi) è alpino da sempre. E «a Bagdad mi ritrovo con un team di stretti collaboratori provenienti dagli alpini. Anche gli alpini della scorta sono ranger del battaglione alpini paracadutisti del 4° reggimento alpini di Bolzano. Ecco allora che può capitare che negli austeri corridoi del palazzo “Al-Fau” di Bagdad si diffondano talvolta le note del “Trentatré” e di “Stelutis alpinis”, provenienti dal personal computer di Franco Prozzo. E non solo il 15 ottobre, giorno della ricorrenza della fondazione del Corpo» (pp. 19-20). NOTE 1. Si veda, ad esempio, il bellissimo volume Il volo di Albatros (Tipografia Valdostana, 2000, pp. 272), sull’operazione ONUMOZ in Mozambico, della quale Marizza fu Capo di Stato Maggiore. Da un paio di mesi il sito www.alpinisusa.it mette in vendita copie del libro per un progetto di beneficenza in Mozambico (si veda http:// alpinialbatros.blogspot.com/2009/11/solidarieta-invendita-copie-del-libro.html). 2 . “C oal iti on Pro vi si onal Aut ho rit y” , l’Amministrazione provvisoria del Paese, affidata al discusso Paul Bremer. Creata il 9 aprile 2003, ha cessato di esistere il 30 giugno 2004, quando si è insediato il governo locale provvisorio. Si legga, al proposito la voce appositamente dedicata (“CAP”) alle pp. 44-47. GIOVANNI MARIZZA, L’Iraq dalla A alla Z, Roma : Editrice Albatros, 2009, pp. 484, € 22,50 Alpin del Domm – 7 decennale del gruppo milano centro Caro Sandro, caro Capogruppo, quando il Gruppo Milano Centro, dieci anni fa, venne costituito, i suoi fondatori avevano ben presente che sul loro cammino avrebbero trovate molte difficoltà, e di vario tipo e calibro. Un Gruppo cittadino? In una Sezione storica come quella di Milano? In una Sezione che faceva anche Gruppo, con centinaia di soci però solo sulla carta? Una Sezione la cui Sede era “abitata” soprattutto dalla Corvée, aggregazione dall’importante passato e dalle tradizioni ben radicate? Le scelte prese furono di puntare soprattutto sulla comunicazione e sulla coniugazione delle tradizioni e dei valori alpini con la vita della città. Scelte elitarie, forse. Ma in fin dei conti, da alpini, volevamo scalare delle vette, non fare una scampagnata. Sono state certamente vette conquistate le serate fatte a Palazzo Marino su Giulio Bedeschi, al Teatro dal Verme con Bepi de Marzi ed i Crodaioli e tante altre manifestazioni: tutte di qualità. Alcune classificabili come un 8.000, altre invece più europee come altitudine, come le serate in lingua milanese o, in Sede, le cosiddette serate culturali con ospiti e argomenti di rilievo (gli alpini Mörlin sul Duomo di Milano, e Galli sul sottomarino Toti e sul Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia). Quante volte abbiamo parlato e cantato di montagne e di musica: recondite armonie di bellezze diverse. Un’altra vetta, se me lo consenti, è il caleidoscopico “Alpin del Domm”, che più premi ha conseguito e cui sempre pervengono complimenti. Nella varietà dei temi che affronta, desta l’interesse di lettori sempre diversi. Questi progetti, queste tappe della nostra scalata, sono sempre stati dichiarati e hanno comunque sempre come tema di fondo il motto della Associazione: Onorare i morti aiutando i vivi. Non è mancata occasione che alla fine dei nostri eventi chiedessimo un contributo da devolvere ad una causa. Quindi si, un Gruppo cittadino! perchè bella è la sfida di essere e fare gli Alpini a Milano, città dalle mille alternative, ove promuovere i nostri eventi senza chiasso ma con forza e stile. Saluti e ringraziamenti Pubblichiamo di seguito i ringraziamenti del Capogruppo che non hanno trovato spazio nel numero precedente Carissimi Soci, Carissimi Amici, quante volte avete dovuto sopportare i miei mugugni, le mie lamentele, quando ero costretto a constatare che scarsa, troppo scarsa era la partecipazione alle iniziative del Gruppo. L’anno scorso, quelli che erano presenti avevano dovuto constatare, con tristezza che la Chiesa era mezza vuota. Quest’anno, non so se è stato palese, quando, all’inizio della cerimonia sono salito sul pulpito, mi sono commosso, nel vedere come la Chiesa fosse piena. Desidero ringraziare tutti voi che avete accolto il mio invito e avete scelto di festeggiare insieme questo nostro primo importante anniversario. 8 – Alpin del Domm Questa sfida è stata raccolta da sempre più soci, specie dagli amici della Corvée. Molti di essi hanno scorto la possibilità di trovare uno sviluppo alla loro storia ricca di esperienza, fatiche e benemerenze. Uno sviluppo necessario perché il ricordo di questa stretta condivisione nel lavoro attorno a quello che fu il Rancio a Ponte Selva rischiava di tenerli catturati come una morsa, chiusi in se stessi. Ed infatti grande è stato l’aiuto che la Corvée ha dato al neonato Gruppo, un aiuto sia pratico, manuale, sia nel tramandare tradizioni e sensibilità, a partire dall’amore per il canto alpino. Sono passati ormai dieci anni dagli inizi. La scalata continua ed il passare del tempo si fa sentire, le stanchezze affiorano. Nessuno si sorprende di ciò. Alcuni soci si sono fermati, sono usciti dal Gruppo, altri li ha fermati l’anagrafe o la sfortuna. Altri invece hanno deciso di continuare o di iniziare il cammino con noi, e sono tanti! La nostra scalata non è però un percorso fisico, per cui si può – e alcune volte si deve – rinunciare a dei compagni di avventura se si vuole proseguire. È invece un percorso dello spirito. Il lavorare insieme per tenere giovani i valori che chiamiamo “alpinità”, in maniere sempre nuove, ci obbliga alla creatività, all’elasticità, allo stare dietro all’evoluzione della società che ci circonda: insomma tiene giovani anche noi. È un’occasione da non sprecare. Una grande occasione invece è stata sprecata da molti dei soci: il concerto di musica jazz su temi di cante alpine tenuto il 22 maggio 2010 al Conservatorio. Come descriverlo? Come parlare di musica, perfetta astrazione dello spirito (è forse per questo che gli Alpini cantano così tanto)? Con delle metafore visive, forse. Ecco, la singola canta veniva presentata come il bagliore lontano di un uccello che si librava nell’aria (un’aquila, ovviamente!) e che fluttuava verso gli spettatori e diveniva via via più nitido e più riconoscibile. Poi si tuffava in valli, scompariva alla vista per tornare alla luce con i suoi colori e poi disperderli, in un turbine ove ogni colore si espande e si adagia negli altri colori, e poi torna se stesso, improvvisamente. Così è spesso per il canto degli Alpini: lo stesso canto, ma sempre nuovo, ora mesto, ora vigoroIl Gruppo ha bisogno di Voi, del Vostro costante sostegno, che ci aiuti nel nostro impegno a creare sempre qualcosa di meglio, nel cercare sempre nuovi traguardi. La Messa è stata quindi resa più solenne dalla presenza del neo Presidente Sezionale Luigi Boffi che si è sobbarcato viaggi per mezza Italia per essere con noi, gratificandoci ulteriormente portandoci il Vessillo Sezionale, che dall’altare faceva bella mostra di sé circondato dai tre Gagliardetti. Con l’occasione abbiamo voluto, oltre che ringraziare il “giovane” (per la carica) Presidente, che è entrato così nella Storia del Gruppo, anche confermargli che il Gruppo risponderà sempre “Presente” tutte le volte che la Sezione chiamerà. La Messa è stato solamente il primo appuntamento, importante, di questo nostro rotondo anniversario. Ve ne riferiremo certamente per tempo Per il momento, tanti carissimi auguri a tutti. Il Vostro Capogruppo felice note e commenti so. Ne ha detto qualcosa Bedeschi, come ci ha insegnato il professor Cantamessa nella serata sopra ricordata. Al Conservatorio quanti saremo stati? Una quarantina? Quaranta fortunati. Ci sarà stata pure la concomitanza – per noi improvvida – della partita di Champions League, ci sarà stata anche la concomitanza – da noi voluta – della Festa Sezionale in Piazza del Cannone, ma l’orario e l’organizzazione erano stati calibrati in modo tale da permettere al più sfegatato interista ed al più affamato Alpino di godere di tutte le gioie date in quella serata. Ripeto: quaranta fortunati, gli altri sfortunati. Caro Sandro, te l’ho detto anche l’altra sera in Consiglio di Gruppo. Si ripresentasse l’occasione, rifarei il concerto allo stesso modo. Perché in fin dei conti bisogna anche scegliere e saper scegliere. Fare parte del Gruppo Milano Centro, per chi è iscritto, non deve essere semplicemente la passiva certezza di venire informati sulle iniziative del Gruppo, talvolta di altri Gruppi, della Sezione, della Sede Nazionale, e non parteciparvi. Essere iscritti al Gruppo non è una cosa ordinata dal medico! È una scelta personale. Molti Soci (nota la maiuscola!) hanno messo la firma sul foglio di iscrizione con consapevolezza. Altri Soci hanno capita col tempo la consapevolezza di far parte di una associazione bella e vitale, e si sono affiatati. Altri invece non hanno ancora capito. Mi dispiace però per quelli che l’entusiasmo lo hanno perso. Fossi al tuo posto (ma non voglio esserlo) non trarrei motivi di scoramento dall’accaduto. Il concerto è stata la più alta vetta finora raggiunta. Adesso i pochi esploratori che l’hanno scalata scenderanno dalla montagna e racconteranno il panorama che si vede di lassù, dove si dilatano le montagne in sorsi d’ombra lilla e vogano col cielo, dove il canto che intesse di cristallina eco col cuore le stelle si è levato all’infinito. Vedrai che la prossima volta saremo di più. Tu non proporci però il Monte Stella, per timore di non fare numero. Ci piace l’aria rarefatta! Paul La nuova possente Aquila che orna i nostri Gagliardetti