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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLV n. 4 (46.842)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015
.
Dodici persone uccise a Parigi in un attacco al settimanale satirico «Charlie Hebdo»
All’udienza generale Papa Francesco parla della famiglia
Strategia della barbarie
Inno
alle madri
Misure di sicurezza innalzate nella capitale e in tutta l’Île-de-France
PARIGI, 7. Un sanguinoso attacco
terroristico a Parigi ripropone tragicamente la strategia della barbarie
che quasi ogni giorno da tempo domina le cronache internazionali. Uomini armati di kalashnikov e di un
lanciarazzi, incappucciati e vestiti di
nero, hanno fatto irruzione questa
mattina nella sede del giornale satirico «Charlie Hebdo», uccidendo almeno dodici persone, tra cui due
agenti. Ci sono anche venti feriti, di
cui quattro molto gravi. Tra le vittime, il direttore e vignettista Stéphane Charbonnier. Il bilancio è stato
confermato dalla Prefettura di Parigi. Quindici minuti prima dell’attacco, il settimanale aveva pubblicato
sul suo profilo Twitter una vignetta
su Abu Bakr al-Baghdadi, leader del
cosiddetto Stato islamico. E proprio
nel quadro di un’orrida rappresaglia
verso le pubblicazioni del periodico
pare inserirsi l’attentato.
Stando alle ultime ricostruzioni
dei fatti, due uomini armati autori
dell’assalto sono fuggiti aggredendo
un automobilista e impossessandosi
della sua auto. Posti di blocco sono
organizzati in tutta Parigi. Secondo
il sito di «Le Parisien», gli assalitori
sarebbero stati tre. Altre fonti dicono
che ci sarebbe un ostaggio. Durante
la fuga gli assalitori avrebbero anche
investito un pedone. L’auto, abbandonata, è stata ritrovata poco dopo.
Al momento, è in corso la caccia agli
attentatori.
Un vetro infranto da un proiettile nella sede della rivista (Reuters)
Gustav Klimt, «Madre e figlia» (particolare del dipinto «Le tre età della donna», 1905)
Poco ascoltate, poco aiutate, spesso sfruttate anche «per risparmiare
sulle spese sociali», le madri sono
oggi l’unico vero antidoto all’individualismo egoistico che disumanizza la società. A loro Papa Francesco ha dedicato la catechesi
all’udienza generale di mercoledì 7
gennaio, la prima del nuovo anno,
sottolineando che «una società senza madri sarebbe una società disumana, perché le madri sanno testi-
Almeno 160 bambini uccisi in Siria nel 2014 in assalti contro scuole
Annuncio del Segretario generale delle Nazioni Unite
Guerra che non risparmia nessuno
Palestinesi accolti
dalla Corte dell’Aja
DAMASCO, 7. Sono sempre più drammatiche le notizie che provengono
dalla Siria: l’ultima riferisce che sono stati almeno centosessanta i bambini morti in attacchi compiuti contro scuole nel corso del 2014. La denuncia è stata fatta dall’Unicef, che
informa anche che oltre un milione e
mezzo di giovani non riceve più
un’istruzione.
Nell’anno appena trascorso — ha
spiegato in una nota il fondo delle
Nazioni Unite per l’infanzia — ci sono stati almeno sessantotto attacchi
contro edifici scolastici in Siria, che
hanno ucciso non meno di centosessanta bambini e ne hanno feriti altri
343. Alcune scuole sono finite sotto
il fuoco incrociato delle forze del regime e dei ribelli. Altre sono invece
state prese deliberatamente di mira.
«Gli attacchi alle scuole, agli insegnanti, agli studenti — si legge nella
nota — sono un altro orribile modo
per ricordare l’enorme prezzo che i
bambini siriani pagano in questa crisi, che si avvicina al suo quinto
anno».
Secondo l’Unicef, il numero altissimo di studenti a cui non è più garantita un’istruzione potrebbe essere
ancora più alto di quello stimato, visto che gli jihadisti del cosiddetto
Stato islamico (Is) hanno chiuso
molte scuole nelle zone che controllano, in particolare nelle province di
Raqqa, Deir Ezzor e Aleppo.
A ciò si devono aggiungere le disastrose condizioni sanitarie. Lo hanno denunciato a Parigi alcuni medici
siriani, secondo i quali nel Paese sono ricomparse molte malattie che si
credevano eradicate e mancano i farmaci. «La situazione è insopportabile, catastrofica e in numerosi luoghi
della Siria non c’è alcuna presenza
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Il presidente francese, François
Hollande, si è subito recato sul luogo dell’attentato, in pieno centro di
Parigi: «È terrorismo, non c’è dubbio» ha dichiarato il capo dell’Eliseo, che ha espresso «cordoglio per
le vittime», sia giornalisti che poliziotti. «Dobbiamo reagire con fermezza — ha aggiunto Hollande —
ma con uno spirito di unità nazionale. Dobbiamo essere compatti, mostrare che siamo un Paese unito. Siamo in un momento difficile: molti
attentati erano stati evitati, sapevamo di essere minacciati perché siamo
un Paese libero».
L’Eliseo ha convocato una riunione d’emergenza del Governo in corso mentre andiamo in stampa. Deciso l’immediato aumento del livello
di allerta contro attentati terroristici
in tutta l’Île-de-France. Polizia e
gendarmi sono stati schierati davanti
a scuole, edifici pubblici e redazioni
di giornali.
Immediata la reazione internazionale. Una condanna è stata espressa
dalla Casa Bianca. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, in visita a
Londra, ha definito l’attentato «non
solo un attacco ai francesi, ma anche
alla libertà di stampa e di parola».
Gli omicidi «sono orrendi» ha detto
il premier britannico David Cameron. «Siamo a fianco del popolo
francese». Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker,
ha parlato di «un atto intollerabile,
una barbarie che ci interpella tutti».
Per contenere le tensioni greche
L’Europa guarda
a Draghi
PAGINA 2
medica», ha reso noto l’Unione delle
organizzazioni siriane di soccorso
medico (Uossm), che conta sull’appoggio del ministero degli Esteri
francese.
Ad Aleppo, la seconda città del
Paese, funzionano solo cinque ospedali, tre dei quali in forma parziale.
In
questa
zona,
controllata
dall’opposizione, vivono 360.000
persone circondate dalle forze
governative. «Sono rimasti solo trenta medici che, oltre a curare i feriti
di guerra, devono far fronte alla
ricomparsa di malattie come la
poliomielite, la tubercolosi, la scabbia o il tifo», hanno dichiarato alcuni medici di Aleppo. A Guta orientale, un quartiere di Damasco asse-
diato dalle forze governative, «non
esiste alcuna possibilità di far entrare
aiuti umanitari», ha denunciato un
altro professionista. E nelle zone sotto il controllo dei miliziani dello
Stato Islamico, i medici possono lavorare, senza però contare sull’appoggio di alcuna organizzazione
umanitaria.
Inoltre, a Raqqa, roccaforte
dell’Is, nel nord della Siria, dove
vivono oltre un milione e mezzo di
persone, non c’è alcun servizio di
ostetricia, di ginecologia o pediatria
e l’assistenza è molto limitata.
Secondo fonti locali riprese dall’Ap,
al momento, l’80 per cento dei parti
in Siria avvengono in casa e sempre
più bambini non vengono vaccinati.
L’AJA, 7. I palestinesi potranno accedere ufficialmente alla Corte penale internazionale (Cpi) a partire
dal prossimo primo aprile. L’annuncio è stato dato ieri sera a
New York dal segretario generale
delle Nazioni Unite, Ban Kimoon. Secondo quanto risulta da
una nota del Palazzo di Vetro, i
documenti presentati dal presidente palestinese, Mahmoud Abbas,
sono stati accettati e aprono la
strada all’entrata di Ramallah
nell’organismo con sede all’Aja.
L’Autorità palestinese (Ap) aveva depositato venerdì scorso i documenti per accedere a quattordici
Lo Hubble compie un quarto di secolo e la Nasa ripubblica una delle sue immagini migliori
Dove nascono le stelle
WASHINGTON, 7. Un appuntamento importante, festeggiato
nel migliore dei modi. Il telescopio Hubble, in orbita dal
1990, compie un quarto di secolo, e la Nasa (l’agenzia statunitense dei programmi spaziali) ha deciso di festeggiare
ripubblicando in una versione
migliorata una delle immagini
più famose e importanti fornite
dal telescopio nella sua lunga
attività.
La foto, intitolata «I pilastri
della creazione», è stata scattata nell’aprile del 1995 e ritrae
colonne di gas interstellare e
polveri visibili nella nebulosa
Aquila. In queste nubi si troverebbero — secondo gli studi —
stelle appena nate: la materia
diventa così densa e calda da
scatenare reazioni nucleari e
«accendere» le stelle neonate.
E, accanto a esse, nuovi sistemi
di pianeti.
La foto dei «pilastri della creazione» nella nebulosa Aquila scattata dal telescopio Hubble (Reuters)
convenzioni e trattati internazionali, tra i quali lo statuto di Roma,
che appunto consente l’accesso alla Cpi. In una dichiarazione pubblicata sul sito dell’Onu, Ban Kimoon ha reso noto che «lo statuto
per la Palestina entrerà in vigore il
1° aprile 2015». Nel novembre 2012
l’Onu ha riconosciuto la Palestina
quale Stato osservatore non membro. La competenza del Cpi è limitata ai crimini che riguardano la
comunità internazionale nel suo
insieme, cioè il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di
guerra.
L’iniziativa è stata molto criticata dagli israeliani: c’è infatti la
possibilità che i palestinesi — come
peraltro già annunciato — denuncino Israele per crimini di guerra.
Pochi giorni fa il ministro degli
esteri, Avigdor Lieberman, ha parlato esplicitamente della «fine degli accordi di Oslo». In particolare, per prevenire ogni ulteriore
mossa, il Governo di Benjamin
Netanyahu ha deciso di congelare
il trasferimento ai palestinesi di
circa cento milioni di euro di dazi
doganali, fondi che spettano, in
base agli accordi di Oslo, all’Ap
del presidente Abbas. Netanyahu
stesso, impegnato nella campagna
elettorale per le elezioni di marzo,
ha dichiarato che i palestinesi
«hanno scelto la strada dello scontro» e che Israele non resterà con
le mani in mano «ad assistere al
linciaggio dei suoi soldati davanti
alla Corte internazionale dell’Aja».
La decisione di congelare il trasferimento dei fondi è stata contestata dall’Unione europea. Essa
infatti «contrasta con gli obblighi
a cui Israele» si è impegnato, ha
dichiarato l’Alto rappresentante
per la Politica estera e di sicurezza
comune,
Federica
Mogherini.
«Un’autorità impegnata in un
processo non violento e di pacifica
soluzione dei conflitti è un elemento chiave per una soluzione
che preveda due Stati» ha detto
Mogherini.
moniare sempre, anche nei momenti peggiori, la tenerezza, la dedizione, la forza morale».
Il Pontefice ha osservato che anche nella comunità cristiana il ruolo centrale delle madri non è tenuto sempre in considerazione. E
spesso passano sotto silenzio i
«tanti sacrifici» compiuti per i propri figli — «io ricordo a casa, eravamo cinque figli e mentre uno ne faceva una, l’altro pensava di farne
un’altra, e la povera mamma andava da una parte all’altra, ma era felice» ha raccontato — mentre resta
incompresa «la lotta quotidiana
per essere efficienti al lavoro e attente e affettuose in famiglia» e
non vengono valorizzate le aspirazioni «per esprimere i frutti migliori e autentici della loro emancipazione».
In realtà sono proprio le madri a
testimoniare «la bellezza della vita» e «il senso più profondo» della
fede attraverso quello che l’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero definiva un «martirio materno». Perché — ha spiegato Francesco — «essere madre non significa solo mettere al mondo un figlio, ma è anche una scelta di vita» E questo,
ha rimarcato, «è grande» e
«bello».
PAGINA 8
Il documento «Potenziare l’impegno
della Chiesa cattolica
nella risposta all’emergenza ebola»
Cosa bisogna
concretamente fare
PAGINA 4
NOSTRE
INFORMAZIONI
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo di Curitiba (Brasile)
Sua Eccellenza Reverendissima
Monsignor José Antônio Peruzzo, finora Vescovo di Palmas Francisco Beltrão.
Nomina di Vescovo
Ausiliare
Il Santo Padre ha nominato
Ausiliare dell’Arcidiocesi di
Porto Alegre (Brasile) il Reverendo Leomar Antônio Brustolin, del clero della Diocesi di
Caxias do Sul, finora Parroco
della Cattedrale, assegnandogli
la Sede titolare di Tigava.
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mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015
Le bandiere greca e dell’Unione europea
sventolano nel cielo sopra Atene (Reuters)
Oltre cinque milioni di persone nel mondo costrette a fuggire dalla guerra e dalla miseria
Allarme rifugiati
I siriani sono i più numerosi superando per la prima volta gli afghani
NEW YORK, 7. Con la guerra che infuria in ampie aree del Medio oriente, dell’Asia e dell’Africa, si stima
che oltre cinque milioni di persone
siano state costrette a lasciare le proprie case nei primi sei mesi del 2014,
segnalando un ulteriore aumento
delle persone in fuga.
Il nuovo rapporto Mid-Year Trends
2014 dell’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati
(Unhcr) mostra che di questi cinque
milioni, 1,4 milioni sono fuggiti attraverso i confini internazionali dive-
Il Messico
sostiene le iniziative
di Obama
sull’immigrazione
WASHINGTON, 7. Una mossa
«particolarmente intelligente ed
audace». Così il presidente del
Messico, Enrique Peña Nieto,
nello studio Ovale dove è stato
ricevuto ieri da Barack Obama,
ha commentato l’ordine esecutivo
volto a regolarizzare circa cinque
milioni di immigrati clandestini,
in prevalenza provenienti dal
Messico. Peña Nieto ha assicurato
a Obama pieno sostegno sul fronte della documentazione necessaria agli immigrati messicani per
dimostrare di essere residenti negli Stati Uniti da prima del 2010,
requisito indispensabile per rientrare nella sanatoria.
Peña Nieto ha dunque precisato che i cittadini messicani residenti negli Stati Uniti potranno
ottenere il certificato di nascita
senza dover tornare nel loro Paese
d’origine. Obama ha detto di
«apprezzare molto» il sostegno
offerto da Peña Nieto così come
l’impegno dimostrato nel contrastare l’immigrazione illegale negli
Stati Uniti, in particolare dei minori non accompagnati.
Entrambi, inoltre, hanno detto
di augurarsi che il nuovo Congresso statunitense approvi il
nuovo trattato sul commercio che
potrebbe coinvolgere altri Paesi,
dal Cile al Giappone. Obama ha
detto che l’Amministrazione statunitense cercherà di collaborare
con il Messico nella lotta ai cartelli della droga che hanno scatenato una spirale di violenza e
morte nel Paese. «Il nostro impegno è di essere un Paese amico e
sostenitore del Messico», ha dichiarato il capo della Casa Bianca, che ha parlato esplicitamente
di contribuire agli sforzi per eliminare le gang della droga «responsabili di tragedie nel Paese».
L’allusione è al rapimento e alla
probabile uccisione di 43 studenti
universitari da parte del narcotraffico che ha scatenato proteste anche davanti alla Casa Bianca in
occasione della visita di Peña
Nieto. Nel corso dei colloqui i
due presidenti hanno anche parlato della recente svolta nelle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba,
elogiata dal Messico contrario da
anni all’embargo.
Sempre ieri gli Stati Uniti hanno annunciato che il Governo cubano ha rilasciato alcuni dei 53
detenuti politici sull’isola, come
previsto dagli accordi per il disgelo, il 17 dicembre scorso.
Washington ha inoltre auspicato
un pronto rilascio degli altri prigionieri ancora detenuti e considerati dagli Stati Uniti prigionieri
politici. «Hanno già rilasciato alcuni prigionieri, ci piacerebbe vedere presto questa operazione
completata», ha affermato un
portavoce del dipartimento di
Stato.
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nendo rifugiati, mentre il resto è
sfollato all’interno dei propri Paesi.
Prendendo in considerazione l’insieme delle persone in fuga, la revisione dei dati, i rimpatri volontari e i
reinsediamenti, il numero di persone
che sono state assistite dall’Unhcr —
menzionate nel rapporto come People of Concern — si è attestato a 5,5
milioni nella metà del 2014, circa 3,4
milioni in più rispetto alla fine del
2013. Il totale degli sfollati interni
protetti o assistiti dall’Agenzia ha
raggiunto il nuovo record di 26 milioni. Dal momento che l’Unhcr assiste gli sfollati interni solo nei Paesi
dove il Governo richiede l’intervento
dell’agenzia, la cifra non include tutte le persone che subiscono questa
tragica situazione a livello mondiale.
Tra i principali elementi del rapporto emerge che quella di nazionalità siriana, per la prima volta, è diventata la più grande popolazione di
rifugiati sotto il mandato dell’Unhcr
(i palestinesi nel Medio Oriente sono infatti sotto il mandato dell’Unrwa), superando gli afghani, che hanno mantenuto il triste primato per
più di tre decenni. I rifugiati siriani,
oltre tre milioni a giugno 2014, rappresentano ora il 23 per cento di tutti i rifugiati che sono assistiti
dall’Unhcr in tutto il mondo.
Nonostante siano scesi in seconda
posizione, i 2,7 milioni di rifugiati
afghani rimangono la più grande
popolazione di rifugiati di lunga data di cui si occupa l’agenzia delle
Nazioni Unite (si parla di “situazione di rifugiato di lunga data”, quando sussiste da almeno cinque anni,
ndr). Dopo Siria e Afghanistan, i
principali Paesi di origine dei rifugiati sono Somalia (1,1 milioni), Sudan
(670.000),
Sud
Sudan
(509.000), Repubblica Democratica
del Congo (493.000), Myanmar
(480.000) e Iraq (426.000).
Il Pakistan, che ospita 1,6 milioni
di rifugiati afghani, rimane il maggiore Paese ospitante in termini assoluti. Altri Paesi con una popolazione di rifugiati numerosa sono il
Libano
(1,1
milioni),
l’Iran
(982.000), la Turchia (824.000), la
Giordania
(737.000),
l’Etiopia
I leader dei due schieramenti invitati alla Casa Bianca
Negli Stati Uniti
insediato il Congresso
WASHINGTON, 7. Il nuovo Congresso degli Stati Uniti si è insediato ieri con i repubblicani che
controllano sia il Senato (52 seggi
contro i 44 dei repubblicani) che la
Camera dei rappresentanti (243
seggi contro 146).
Il presidente statunitense, Barack
Obama, ha invitato i leader democratici e repubblicani nei due rami
del Congresso a un incontro martedì prossimo alla Casa Bianca per
discutere dell’agenda dell’anno. I
parlamentari invitati riceveranno
un aggiornamento su una serie di
situazioni di politica estera, ha riferito il portavoce della Casa Bianca,
Josh Earnest. Obama userà l’incontro per discutere alcune delle sue
priorità in campo legislativo.
Ma c’è il rischio di uno scontro
dopo che l’Amministrazione americana ha fatto sapere che il presidente porrà il veto al controverso
oleodotto Keystone se i repubblicani approveranno il progetto. La votazione sulla legge è attesa a breve,
anche perché i repubblicani, dopo
la vittoria alle elezioni di midterm,
avevano detto che il dossier energia, oltre alla riforma sanitaria e
all’immigrazione, sarebbe stato in
cima all’agenda del Congresso una
volta iniziati i lavori.
(588.000), il Kenya (537.000) e il
Ciad (455.000).
Facendo un confronto tra il numero di rifugiati e la popolazione di un
Paese o la sua economia, il rapporto
dell’Unhcr si sofferma anche sul
contributo dei Paesi ospitanti: in
proporzione alla propria popolazione ad esempio, il Libano e la Giordania ospitano il maggior numero di
rifugiati, mentre in proporzione
all’economia gli oneri sostenuti
dall’Etiopia e dal Pakistan sono i
maggiori.
«Nel 2014 abbiamo visto crescere
senza precedenti il numero di persone sotto la nostra protezione» ha
detto l’Alto Commissario dell’O nu
per i Rifugiati, António Guterres.
«Fino a quando la comunità internazionale continuerà a fallire i tentativi
di trovare soluzioni politiche ai conflitti esistenti e di prevenirne di nuovi, noi ci troveremo ad avere a che
fare con le drammatiche conseguenze umanitarie» ha affermato Guterres. «I costi economici, sociali e
umani di assistenza ai rifugiati e agli
sfollati interni sono sostenuti soprattutto dalle comunità povere, coloro
che possono permetterselo di meno.
È un dovere incrementare la solidarietà internazionale se vogliamo evitare il rischio che sempre più persone vulnerabili vengano lasciate senza
un adeguato sostegno». Un altro
importante risultato che emerge dal
rapporto è «lo spostamento della distribuzione regionale della popolazione di rifugiati. Fino all’anno scorso, la regione che ospitava il maggior numero di rifugiati era l’Asia e
il Pacifico. Come conseguenza della
crisi in Siria, il Medio oriente e il
Nord Africa sono diventate le regioni che accolgono il maggior numero
di rifugiati».
Per contenere le tensioni greche
L’Europa guarda
a Draghi
prudente mostrare le proprie carte
migliori se poi un possibile Governo greco decidesse misure unilaterali di cancellazione del debito?
Domande che escono rafforzate anche dalle indiscrezioni del settimanale «Der Spiegel», secondo le
quali la Germania ora considera
ipotizzabile un’uscita della Grecia
dall’euro. Il settimanale, che cita
fonti governative, sostiene che
Merkel e il ministro delle Finanze,
Wolfgang Schäuble, avrebbero
cambiato idea al riguardo e non temerebbero
ripercussioni
gravi
dall’uscita di Atene dalla moneta
unica, visti i progressi del mercato
unico rispetto al picco della crisi
del 2012. Portogallo e Irlanda sono
infatti usciti dai programmi di salvataggio e possono accedere direttamente al mercato dei capitali,
spiega il settimanale, con l’Esm (il
fondo salva-Stati) e l’unione bancaria ormai in funzione.
Le tensioni politiche in Grecia
dopo il fallimento del voto per il
presidente hanno intanto provocato
gravi ripercussioni sulle Borse.
L’euro ha aperto il 2015 precipitando ai minimi da oltre quattro anni
contro il dollaro e la fase ribassista
dovrebbe continuare anche nei
prossimi mesi. Il timore è che un
Governo guidato da Syriza, il partito del laeder Alexis Tsipras, possa
decidere misure unilaterali per la
riduzione o cancellazione del debito, in contrasto con quanto pattuito nei colloqui con la troika (la
squadra di esperti di Ue, Fmi e
Bce).
Da parte sua, Tsipras, in un’intervista, ha detto che un suo eventuale futuro Governo non danneggerà la Grecia né l’euro. Atene —
ha assicurato il leader ellenico — rispetterà gli impegni con l’Europa.
Dimitrios Papadimoulis, braccio
destro di Tsipras, ha dichiarato che
«Syriza non è contro l’Unione europea. Siamo una forza politica di
sinistra europeista. Se andremo al
Governo l’ipotesi di un nostro addio all’eurozona è pari a zero».
FRANCOFORTE, 7. I mercati si attendono misure forti per contrastare il clima di incertezza che domina la scena europea. Una pressione
che di certo si sente a Francoforte,
dove oggi è in programma un vertice del Consiglio direttivo della
Banca centrale europea (Bce). Sarà
Mario Draghi, il presidente della
stessa Bce, a dover cercare di dettare i tempi per riportare la situazione alla calma, mentre a Londra è
in programma l’incontro tra il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il
premier britannico, David Cameron.
La questione di fronte alla quale
si trova Draghi è la seguente: si
può varare il Quantitative Easing (il
piano di incentivi fiscali attraverso
l’acquisto di titoli di Stato) prima
delle elezioni greche del 25 gennaio
senza interferire nel voto? Ed è
Ai nastri di partenza
il semestre lettone dell’Ue
RIGA, 7. Dal primo gennaio, la Lettonia ha ricevuto dall’Italia il testimone della presidenza di turno del
Consiglio dell’Unione europea: nei
prossimi sei mesi, per la prima volta
dal suo ingresso nell’Ue, nel 2004,
il piccolo Paese baltico (due milioni
di abitanti) presiederà le riunioni
dei ministri europei.
Come sempre all’inizio di ogni
semestre, la Commissione al gran
completo si riunisce nella capitale
del Paese presidente di turno e per
il collegio guidato da Jean-Claude
Juncker quello di domani e venerdì
a Riga sarà il primo viaggio dal suo
insediamento, avvenuto due mesi fa.
«Discuteremo su come tradurre rapidamente l’ambizione in azione»,
ha spiegato il presidente della commissione Ue alla vigilia del viaggio.
Giovedì sono previsti incontri
collegiali e bilaterali con il Governo
di Riga, guidato dal primo ministro, Laimdota Straujuma, mentre
in serata è previsto un concerto al
teatro nazionale dell’Opera, che
inaugurerà formalmente il semestre
lettone. Venerdì, il premier incontrerà il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, mentre l’Alto
rappresentante dell'Ue per gli Affari
esteri e la Politica di sicurezza, Federica Mogherini, presenterà assieme al ministro egli Esteri, Edgar
Rinkevics, l’anno europeo dello Sviluppo. Gli obiettivi del semestre lettone sono stati ricordati dallo stesso
Juncker: «Promuovere la competitività europea migliorando il contesto
per gli investimenti e realizzare
un’Europa digitale senza confini e
un’Ue dell’energia forte».
Il 2014 l’anno più caldo
degli ultimi due secoli
La cerimonia di insediamento a Washington (LaPresse/Ap)
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
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caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
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TOKYO, 7. L’anno da poco trascorso
è stato il più caldo dal 1891, da
quando, cioè, si registrano le temperature. Il 2014 ha così superato il
1998 (ora secondo), il 2013 e il 2010
(relegati alla pari in terza posizione).
Lo ha rivelato ieri la Japan Meteorological Agency (Jma). I grafici dimostrano che non c’è stata nessuna
pausa o rallentamento nel global
warming, e — dato preoccupante —
senza l’effetto di El Niño la temperatura globale superficiale è stata di
0,63 gradi oltre la media del ventesimo secolo, la più alta in assoluto. Su
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
un periodo più lungo, il balzo è stato di circa 0,70 gradi per secolo.
La Jma è una delle quattro grandi
agenzie meteorologiche mondiali a
rilasciare l’elaborazione dei dati sul
riscaldamento globale relativo allo
scorso anno. Nelle prossime settimane è atteso il verdetto delle statunitensi Nasa e National Oceanic and
Atmospheric Administration e del
centro britannico di Hadley. Dai dati
gli esperti aspettano una conferma
generale sulla preoccupante tendenza verso l’alto delle temperature nel
corso dell’ultimo secolo. Un fenome-
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
no in aumento dal 1891, con il 2014
che è solo l’ultima tappa: tutti i dieci
anni più caldi sono stati registrati
dal 1998. Sempre secondo la Jma, il
2014 è risultato più caldo di 0,27
gradi sui valori medi del periodo
1981-2010. E alcuni scienziati temono
un ulteriore aumento a breve. I forti
alisei nel Pacifico hanno infatti avuto un forte effetto frenante sulle
temperature medie globali, consentendo all’oceano di immagazzinare
più calore del previsto. Il loro indebolimento naturale porterà al rilascio del calore più rapidamente.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
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Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Banca Carige
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
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pagina 3
Gli islamici di Ennhadha disposti a collaborare
Habib Essid
nuovo premier tunisino
Sanguinoso
attentato
nella capitale
yemenita
SAN’A, 7. È di almeno 50 morti e
20 feriti il bilancio di un’autobomba esplosa verso le sette di
questa mattina davanti all’accademia della polizia yemenita a
San’a. Lo rendono noto fonti mediche e della sicurezza, spiegando
che l’esplosione è avvenuta mentre
centinaia di diplomati e cadetti
erano radunati per far domanda
di accesso all’istituto.
Testimoni citati dall’agenzia di
stampa Xinhua hanno raccontato
che un minibus correva a tutta velocità lungo le mura dell’accademia di polizia, che si trova nel
centro della capitale yemenita, prima dell’esplosione davanti all’ingresso principale dell’edificio. Dopo la deflagrazione sono stati avvertiti anche colpi d’arma da fuoco. Secondo fonti della sicurezza e
della stampa internazionale, la
bomba collocata sul minibus sarebbe stata fatta esplodere con un
congegno a distanza. Ma risulta
ancora difficile dare un’esatta ricostruzione dei fatti.
Quello odierno è il peggior attentato a San’a dal 9 ottobre del
2014, quando un attentatore suicida di Al Qaeda si era fatto esplodere nel mezzo di una riunione
dei ribelli sciiti huthi causando la
morte di almeno 47 persone. All’11
giugno 2012, invece, risale l’attacco di un terrorista di Al Qaeda
contro la stessa accademia di polizia colpita oggi. Allora il bilancio
fu di 21 morti. Lunedì scorso sei
miliziani sciiti erano rimasti feriti
nel corso di un altro attacco, mentre domenica un reporter e altre
tre persone sono state uccise a
Dhamar.
Lo Yemen è segnato da una forte instabilità dal 2012, quando una
serie di manifestazioni dell’opposizione costrinse il presidente Ali
Abdullah Saleh a cedere i potere
che deteneva da decenni. La sua
uscita ha lasciato spazio al confronto militare tra i ribelli huthi e
frange legate ad Al Qaeda nella
penisola arabica. I miliziani huthi
che hanno la loro roccaforte a
Saad’a, nel nord dello Yemen,
hanno lanciato l’anno scorso una
rapida offensiva che ha loro permesso — il 21 settembre — di prendere il controllo della capitale
San’a, per allargare progressivamente la loro influenza verso
l’ovest e il centro del Paese.
TUNISI, 7. Il movimento islamista tunisino Ennhadha è disposto a collaborare con il nuovo premier incaricato Habib Essid, designato dal presidente Béji Caïd Essebsi per formare il prossimo Governo. Ennhadha,
ha affermato il portavoce Ziad Laadhari, ha accolto favorevolmente la
nomina di Essid, in considerazione
delle «qualità personali e del patriottismo» del premier designato.
Inoltre, Laadhari ha annunciato che
il movimento islamico moderato renderà chiara la propria posizione nei
confronti del futuro Esecutivo dopo
il completamento delle consultazioni
del premier incaricato e alla luce del
programma delineato da Essid.
Sospesi tutti i collegamenti aerei
Non si fermano
i combattimenti in Libia
TRIPOLI, 7. La Turkish Airlines,
l’ultimo vettore straniero a offrire
collegamenti aerei con la Libia, ha
sospeso tutti i voli per il Paese, in
considerazione della sempre più
precaria situazione della sicurezza.
Le linee aeree turche avevano sospeso lunedì scorso tutti i voli per
Misurata, Ma ieri hanno annunciato che non collegheranno più le altre destinazioni libiche, cioè Bengasi, Tripoli e Sebha.
A tre anni di distanza dalla caduta di Muammar Gheddafi, il
Paese è piombato nel caos più totale.
Il Governo libico riconosciuto a
livello internazionale ha chiesto lunedì, nel corso di una riunione del-
Ghani in Afghanistan
fatica a formare un Governo
KABUL, 7. Il presidente afghano,
Ashraf Ghani, ha raggiunto ieri i
100 giorni dal suo insediamento ufficiale ai vertici dello Stato senza
però essere riuscito a formare quel
Governo di unità nazionale che era
stato promesso agli elettori. Il problema, secondo gli analisti, risiede
nel fatto che il capo dello Stato è
impegnato in un braccio di ferro
con il suo sfidante sconfitto nelle
elezioni presidenziali, Abdullah Abdullah, che, al termine di una mediazione condotta dal segretario di
Stato americano, John Kerry, ha ottenuto l’incarico di coordinatore del
Governo.
Durante la campagna elettorale
Ghani aveva promesso di raggiungere “100 obiettivi in 100 giorni”,
ma la paralisi nella scelta dei ministri ha fatto fallire il proposito. Le
uniche iniziative messe a segno dal
successore di Hamid Karzai sono
Il presidente del Parlamento,
Mohammed Ennaceur, ha definito
Essid una «personalità indipendente
e competente in materia di economia
e sicurezza». Ennaceur ha anche rivelato che la nomina del nuovo premier è stata concertata da Nidaa
Tounes, prima forza politica del Paese, con i partner dell’Unione patriottica libera (Upl), di Afek Tounes e
dell’Iniziativa. Al contrario, non vi
sono state consultazioni con Ennhadha e con il Fronte popolare.
Essid, che lavorò per il Governo
dell’ex presidente Zine El Abidine
Ben Ali, fuggito all’estero durante la
rivoluzione dei gelsomini, ha ricoperto il ruolo di ministro della Giustizia nel 2011. Originario di Sousse,
state la ratifica dell’Accordo di sicurezza con Stati Uniti e Nato, la revoca dell’espulsione di un giornalista del quotidiano «The New York
Times» e l’approvazione di una legge sul diritto all’informazione. Ma
molte delle promesse — dicono gli
analisti — di Ghani non sono state
ancora mantenute. Fra queste: i
progetti edilizi per le famiglie degli
ufficiali, l’inizio del dialogo con i
talebani, l’incriminazione dei responsabili di violazioni dei diritti
umani e la creazione di un nuovo
Consiglio militare.
Nel frattempo, i talebani hanno
intensificato gli attacchi: lunedì un
attentatore si è schiantato a Kabul
con un’auto carica di esplosivo contro un veicolo della Missione della
polizia europea (Eupol). Oggi un
attacco all’Accademia di polizia di
Khost City si è concluso con l’uccisione di tre attentatori.
la Lega araba al Cairo, armi per
combattere le milizie islamiste.
Intanto, la situazione sul terreno
rimane caotica: domenica tra l’altro,
i jet delle forze libiche del generale
Khalifa Haftar, fedeli al Governo di
Tobruk riconosciuto dalla comunità
internazionale, hanno colpito una
petroliera greca ormeggiata al porto
di Derna, controllato dagli islamisti, causando la morte di due marinai e il ferimento di altri due. E ieri
il ministro dell’Interno, Omar Al
Sank, ha disposto il «divieto di ingresso per palestinesi, siriani e sudanesi dopo che l’intelligence e la
polizia hanno accertato che minacciano la sicurezza e la sovranità del
Paese».
140 chilometri a sud di Tunisi, Essid,
65 anni, è stato anche ministro
dell’Interno sotto il Governo di transizione di Essebsi. In precedenza
aveva ricoperto anche diversi incarichi nel ministero dell’Agricoltura.
Il presidente statunitense, Barack
Obama, ha chiamato ieri il presidente tunisino Essebsi e lo ha invitato
alla Casa Bianca. Obama si è congratulato con Essebsi per la vittoria
e ha lodato i tunisini per lo «spirito
di compromesso» di cui hanno dato
prova nella transizione democratica.
La visita a Washington non è stata
comunque fissata.
Il ministro della Difesa tunisino,
Ghazi Jeribi, ha invece incontrato ieri l’ambasciatore degli Emirati Arabi
Uniti a Tunisi, Aissa Al Qattam Al
Zaabi, per studiare i modi per rafforzare la cooperazione inter-araba
al fine di affrontare le sfide economiche e quelle della sicurezza. Jeribi
ha ribadito la «determinazione della
Tunisia a combattere il terrorismo,
nel quadro di un approccio globale,
comprese le dimensioni economiche,
sociali, culturali ed educative».
Nonostante gli accordi di pace tra Frelimo e Renamo
Tensione in Mozambico
MAPUTO, 7. Nonostante la firma degli accordi di pace, torna pesantemente a salire la tensione in Mozambico. Dopo l’intesa di settembre
— che molti analisti non hanno esitato a definire storica — tra Governo
e il partito Resistência Nacional
Moçambicana (Renamo, all’opposizione), che ha posto fine a sanguinosi anni di guerra civile nel Paese
africano, le elezioni presidenziali
dell’ottobre scorso sembrano avere
riportato alla luce le antiche incomprensioni.
Ieri, a Matola, località a circa venti chilometri dalla capitale Maputo,
la polizia ha arrestato Antonio Muchaga, portavoce del leader di Renamo, Afonso Dhlakama, accusato di
avere incitato alla violenza nella protesta contro i risultati del voto annunciati solo lo scorso 30 dicembre.
Elezioni che hanno assegnato la vittoria a Filipe Nyussi, candidato alla
presidenza del governativo Frente de
Libertaçao de Moçambique (Frelimo). L’arresto sembra essere l’ultimo
segnale di un deterioramento del
dialogo, dopo la firma dell’accordo
di cessate il fuoco raggiunto il 5 settembre scorso.
Agli inizi degli anni Ottanta, le
tensioni fra le due formazioni politiche si tradussero in una furiosa
guerra, che costò oltre un milione di
morti, il 95 per cento dei quali civili.
Uno degli elementi di discordia è
il mancato inserimento nelle file
dell’esercito dei miliziani della Renamo, un punto previsto dagli ac-
Lo Sri Lanka si avvia
alle elezioni
COLOMBO, 7. Lo Sri Lanka si reca
domani, giovedì, alle urne per le
elezioni anticipate. In tutti i sondaggi, l’attuale capo dello Stato,
Mahinda Rajapaksa, è dato in netto
vantaggio per ottenere un terzo
mandato, ma dovrà confrontarsi con
una agguerrita fronda interna al suo
partito, guidata dall’ex ministro
Maithripala Sirisena. Nei giorni
scorsi, circa venti parlamentari hanno abbandonato la formazione politica del presidente. È così nato un
vasto fronte rivale a cui si sono uniti
tutti i partiti dell’opposizione, compresi quelli che rappresentano le minoranze tamil e musulmana.
Ieri sera è terminata la campagna
elettorale e già stamane sono arrivati
gli oltre cinquanta osservatori internazionali che avranno il compito di
vigilare sulle regolarità delle operazioni di voto e di scrutinio. Schierati
anche centinaia di agenti di polizia.
Il nuovo premier tunisino Habib Essid (Afp)
Il segretario generale delle Nazioni
Unite, Ban Ki-moon, ha lanciato un
appello affinché il Governo assicuri
elezioni pacifiche, tenendo conto
anche dei diritti delle minoranze etniche.
Rajapaksa — che ha vinto le elezioni presidenziali del 2005 e del
2010 — ha promesso, se premiato
dalle urne, un Paese e una società
«più disciplinati, rispettosi della legge e più sviluppati». Nel suo ultimo
comizio il capo dello Stato ha detto
che continuerà a sviluppare anche i
territori tamil nel nord e del nordest, controllati fino al 2009 dalla
guerriglia separatista delle Tigri per
la liberazione dell’Eelam tamil.
In una nota, la conferenza episcopale srilankese ha esortato tutti i
candidati al voto a non politicizzare
l’imminente visita di Papa Francesco, che si recherà nell’isola dal 13 al
15 gennaio prossimi.
cordi di quattro mesi fa, come pure
il fatto che, stando a quanto denuncia la Renamo, Maputo starebbe
ammassando truppe nel centro del
Paese e in particolare nei pressi di
Mangunde, il villaggio dove risiede
Dhlakama (alle elezioni 526.984 voti, pari al 30,89 per cento).
La Renamo ha già fatto sapere
che se il Frelimo — di cui Nyusi
(1.051.921 voti, pari all’61,67 per cento) è esponente di spicco — non riuscirà a formare un Governo di coalizione che lo comprenda, provvederà
a crearne uno parallelo. Nyusi suc-
cederà al presidente uscente Armando Guebuza, il quale ha ricoperto
l’incarico di capo di Stato per due
mandati consecutivi, della durata
complessiva di dieci anni.
Nell’ottobre del 2013 la Resistência Nacional Moçambicana ha denunciato il mancato rispetto degli
accordi da parte del Frente de Libertaçao de Moçambique e dell’esercito, espressione del partito al potere. I colloqui di pace sono ripresi in
extremis, quando ormai sembrava
scontato il ritorno alla sanguinosa
guerra civile.
Transizione centroafricana
prolungata fino ad agosto
BANGUI, 7. Agosto del 2015: è questa la nuova data ufficiale in cui si
dovrebbe concludere la transizione
nella Repubblica Centroafricana,
Nazione di oltre cinque milioni di
abitanti, incastrata tra Ciad, Sudan
e Camerun e attraversata da oltre
due anni da un sanguinoso conflitto civile, che ha provocato almeno
cinquemila vittime, tra cui molti
bambini.
La decisione è stata confermata
ieri da Denis Sassou Nguesso, il
presidente della Repubblica del
Congo, che svolge anche la funzione di mediatore nella crisi, in una
lettera alle autorità di Bangui.
La precedente scadenza per lo
svolgimento di elezioni, il prossimo
febbraio, «non era più sostenibile»
ha precisato Nguesso. Già nel novembre scorso era stato dato l’annuncio di un rinvio certo, ma allora le date indicate dal gruppo internazionale di contatto per la Repubblica Centroafricana e dall’organismo locale incaricato di orga-
nizzare il voto erano state quelle di
giugno o luglio del 2015.
La guerra civile della Repubblica Centroafricana inizia nel dicembre 2012, quando un gruppo di ribelli (Séleka), formato in prevalenza da musulmani, occupa le città
del nord del Paese, opponendosi al
presidente, Francoise Bozizé, eletto
l’anno prima e accusato di non rispettare i termini del trattato di pace che aveva messo fine a un’altra
guerra civile, quella del 2007. A
inizio 2013 i ribelli conquistano la
capitale, Bangui, e a marzo costringono Bozizé alla fuga in Camerun.
A seguito del colpo di Stato, il leader dei ribelli, Michel Djotodia, si
dichiara presidente. Potrebbe sembrare la fine delle ostilità, ma
Djotodia non riesce a pacificare il
Paese e a tenere sotto controllo la
sua stessa fazione. Il tutto mentre
le organizzazioni umanitarie parlano di centinaia di migliaia di profughi e dell’uso massiccio dei bambini soldato.
Cadute le basi dei ribelli
nel Sud Kivu
KINSHASA, 7. Reparti dell’esercito
della Repubblica Democratica del
Congo e unità speciali inquadrati
nella missione dell’Onu Monusco
hanno conquistato ieri alcune basi
dei ribelli burundesi delle Forze di
liberazione nazionale nella provincia orientale del Sud Kivu. Lo ha
riferito un portavoce dei caschi blu
autorizzati a partecipare a operazioni offensive nel Paese africano,
precisando che le basi si trovano
nella zona di Ruhoha, nei pressi
della città di Uvira, in riva al Lago
Tanganica. L’esercito ha negato
che l’offensiva sia legata a scontri
che si erano verificati la settimana
scorsa al di là della frontiera, nel
Burundi occidentale. Un episodio,
questo, che secondo l’esercito di
Bujumbura è parte di un tentativo
di destabilizzazione in vista delle
elezioni in programma tra maggio
e giugno.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015
INTRODUZIONE
L’ebola è un’epidemia senza precedenti che
sta causando atroci sofferenze e sta seminando morte nella popolazione dell’Africa occidentale costiera. Associata a questa grave
epidemia, vi è anche una grande paura provata dalle persone infette, dai loro cari contagiati e dalla popolazione in generale.
Nell’Africa occidentale costiera, casi di
ebola sono riscontrati dal dicembre del 2013,
ma la situazione non è stata riconosciuta come un focolaio dell’epidemia se non alcuni
mesi dopo. A tutto novembre 2014, sono stati registrati circa 15.000 casi d’infezione, con
5.000 decessi. In precedenza, nel corso degli
ultimi trentacinque anni dall’identificazione
del primo caso di ebola, solo 2.500 persone
avevano contratto il virus. I leader mondiali,
i loro rispettivi governi, gli esperti di sanità
pubblica, l’intera società e la Chiesa stanno
tutti lottando per trovare una risposta appropriata sia alla dimensione sia alla rapida
diffusione di questa epidemia.
Sebbene le statistiche pubblicate dall’O rganizzazione mondiale della sanità (Oms)
segnalino un qualche decremento del tasso
di nuove infezioni in Liberia, si sono registrati anche incrementi di nuovi casi di infezioni in alcune zone della Sierra Leone. Ciò
dimostra che la diffusione della malattia
cambia molto rapidamente. Tuttavia, è importante notare che l’impatto dell’ebola continuerà a rappresentare ancora a lungo una
grave sfida per la zona più colpita e, quindi,
saranno sempre più necessari la solidarietà
ed il sostegno internazionali.
IL
RUOLO DELLA
CHIESA
IN RISPOSTA A QUESTA CRISI
La Chiesa è presente nelle comunità locali, rimane sul posto e non va via. Le persone
si rivolgono al Signore nei momenti di paura e di bisogno. La Chiesa è sempre in mezzo a loro, testimone visibile della presenza di
Gesù Cristo. Lo è particolarmente nei momenti di avversità.
Nel corso dei secoli, la Chiesa ha lavorato
per consolidare le comunità locali, in modo
tale che uomini e donne di ogni cultura possano godere della dignità che Dio ha dato
ad ogni persona ed abbiano vita in pienezza.
In tal senso, la Chiesa appare un’istituzione
affidabile.
La Chiesa è grata alla comunità internazionale per gli sforzi profusi. Governi e società hanno mobilitato ingenti risorse che si
sono aggiunte a quelle dei paesi pesantemente colpiti dall’epidemia. Grazie a questi
sforzi, sono stati forniti strumenti diagnostici, unità specializzate nel trattamento
dell’ebola per chi è già stato contagiato dalla
malattia, ricerca di farmaci efficaci e di un
vaccino per prevenire una futura esplosione
di questa epidemia.
INTERVENTO SANITARIO
Per decenni la Chiesa ha fornito assistenza
sanitaria in questa regione divenendo una
componente essenziale dell’intera infrastruttura. Il sistema sanitario è stato travolto da
questa epidemia dopo che era già stato sottoposto a serie sfide a causa di anni di conflitti armati, disordini sociali e miseria degradante.
Poiché gli operatori sanitari nel corso
dell’assistenza ai pazienti sono particolarmente vulnerabili al contagio dell’ebola, abbiamo assistito al tragico impatto di questa
epidemia all’interno di tali istituzioni ecclesiastiche. Gli ospedali dei Fratelli di San
Giovanni di Dio, per esempio, hanno sperimentato la trasmissione del virus nella prestazione di cure ai pazienti e la morte di medici, infermieri ed altri professionisti tra i
quali sacerdoti, religiosi e religiose, nonché
personale laico. Varie altre strutture sanitarie
cattoliche sono state costrette a chiudere o a
limitare rigorosamente le cure necessarie
all’interno delle comunità in cui operano.
Mentre i governi, le agenzie intergovernative e le agenzie umanitarie internazionali
stanno sostenendo specificatamente il trattamento dell’ebola nei paesi colpiti, le strutture sanitarie della Chiesa stanno rispondendo
alle esigenze di assistenza sanitaria della popolazione civile. A tale scopo, vi è la necessità di rafforzare gli ambulatori, i centri e gli
ospedali della Chiesa cattolica. Si ha soprattutto bisogno di dispositivi di Protezione individuale (Dpi), farmaci di prima necessità,
formazione, personale, altri mezzi di assistenza finanziaria e tecnica. Tali sforzi contribuiranno a supportare i vari programmi di
assistenza sanitaria, anche dopo che l’attuale
epidemia verrà debellata.
RISPOSTA PASTORALE
La Chiesa ha una capacità unica e il mandato di provvedere ai bisogni fisici, emotivi
e spirituali di coloro che sono malati e sofferenti. Alcuni nella Chiesa sono chiamati a
servire come «medici del corpo», altri invece
ricevono la chiamata a servire come «medici
dell’anima». «La condivisione fraterna con i
malati ci apre alla vera bellezza della vita
umana, che comprende anche la sua fragilità, così che possiamo riconoscere la dignità e
il valore di ogni essere umano, in qualunque
condizione si trovi, dal concepimento fino
alla morte»1. Questa condivisione comprende la preghiera, l’orientamento spirituale e
Il documento «Potenziare l’impegno della Chiesa cattolica nella risposta all’emergenza ebola»
Cosa bisogna
concretamente fare
l’amministrazione dei sacramenti. Mentre le
norme di sanità pubblica possono impedire
che il ministro abbia un contatto diretto con
i pazienti affetti da ebola, non dovremmo
evitare il contatto con tali persone e dovremmo offrire ad essi e ai membri della loro famiglia la nostra vicinanza spirituale come
forma di conforto e di speranza.
Sia i ministri pastorali che i laici possono
contribuire in vasta misura alla prevenzione
della stimmatizzazione e della discriminazione nelle famiglie, nei quartieri, e nelle comunità locali. Gli ammalati, soprattutto quelli
contagiati dal virus dell’ebola, i loro familiari, i loro cari e coloro che li assistono, ma
anche coloro che sono guariti, possono facilmente diventare vittime di rifiuto, biasimo e
abbandono. È compito del sacerdote e
dell’operatore sanitario pastorale sconfiggere
tale comportamento e ricordare gli insegnamenti religiosi di base al riguardo. In risposta alla sfida dell’ebola, il ruolo della Chiesa
è quello di preservare e promuovere la speranza in mezzo alla paura e all’abbandono.
LA RISPOSTA COMUNITARIA
Come ha affermato Papa Benedetto XVI
nell’enciclica Deus caritas est: «Secondo il
modello offerto dalla parabola del buon Samaritano, la carità cristiana è dapprima semplicemente la risposta a ciò che, in una de-
terminata situazione, costituisce la necessità
immediata: gli affamati devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati in vista della
guarigione». Ha, inoltre, affermato: «Le organizzazioni caritative della Chiesa devono
fare il possibile, affinché siano disponibili i
relativi mezzi e soprattutto gli uomini e le
donne che assumano tali compiti»2.
La Chiesa è già presente in molte parti
del mondo, prima ancora dell’insorgere delle
emergenze. Essa opera attraverso le sue conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, Caritas, congregazioni religiose di suore, sacerdoti e fratelli, così come attraverso organizzazioni e movimenti del laicato cattolico che
portano conforto, sollievo e una vasta gamma di servizi sanitari e sociali alle popolazioni che affrontano emergenze su vasta
scala.
La Chiesa locale nella regione, sostenuta
dagli sforzi di solidarietà della Chiesa universale, si è già impegnata al massimo delle
sue capacità. Ha contribuito a fornire servizi
nelle strutture sanitarie cattoliche, ha chiesto
un maggiore sostegno da parte dei governi
nazionali e locali e della comunità internazionale, ha avviato programmi di formazione
e di volontariato, ha fornito materiale e assistenza pastorale ai bisognosi, ha accompagnato le famiglie ed i loro vicini di casa
quando hanno pianto i loro morti e ha contribuito a reinserire chi è guarito dalla malat-
Migliorare l’assistenza e rinnovare le strutture
Devastate intere famiglie e comunità
«La Santa Sede intende esprimere il suo
vivo apprezzamento alle Chiese cattoliche
locali di Guinea, Liberia e Sierra Leone
per la loro tempestiva risposta alla crisi
causata dall’ebola. Per potenziare
maggiormente i loro sforzi, e come
risposta concreta all’emergenza, la Santa
Sede offre un contributo finanziario. I
fondi saranno a disposizione di strutture
sostenute dalla Chiesa per migliorare
l’assistenza che esse offrono attraverso
istituzioni sanitarie, iniziative comunitarie
e la cura pastorale dei malati e del
personale sanitario». Così si legge nel
comunicato stampa che accompagna il
documento Potenziare l’impegno della
Chiesa cattolica nella risposta all’emergenza
Ebola del Pontificio Consiglio della
giustizia e della pace che pubblichiamo
in questa pagina. Documento che
descrive per la prima volta — spiega
sempre il comunicato — «una risposta
pastorale a una malattia relativamente
nuova che ha devastato individui, intere
famiglie e anche comunità, specialmente
nei Paesi dell’Africa occidentale di
Guinea, Sierra Leone e Liberia». La
Santa Sede, prosegue la nota, «incoraggia
anche altri benefattori, privati o pubblici,
a contribuire ad accrescere tali fondi in
segno di solidarietà con i nostri fratelli e
sorelle che soffrono grandemente in
queste regioni colpite dalla malattia. Le
somme offerte dalla Santa Sede saranno
utilizzate, tra l’altro, per l’acquisto di
forniture sanitarie di prima necessità, per
il trasporto dei malati e per il
rinnovamento delle strutture. Parte del
contributo della Santa Sede sarà
destinato ai residenti di aree circoscritte al
fine di sviluppare e potenziare strategie
tese a fermare l’espansione dell’ebola. Vi
saranno anche fondi destinati ad aiutare
le famiglie colpite dal virus e i minori
rimasti orfani. Nella sua risposta
pastorale, la Santa Sede contribuirà
all’assistenza delle persone in aree colpite
dal virus attraverso la formazione e
l’aiuto fornito ai sacerdoti, ai religiosi e
alle religiose e ai laici impegnati in
attività pastorali, affinché siano meglio
preparati ad affrontare i bisogni di ordine
fisico, psichico e spirituale dei malati e di
quanti soffrono. La Santa Sede
concentrerà i suoi interventi sulle
parrocchie, in quanto gran parte
dell’attività della Chiesa si svolge a livello
della parrocchia, che è un’importante
istituzione, basilare nella lotta alle
conseguenze causate dall’ebola, che
stanno emergendo come un problema
serio, particolarmente per i sopravvissuti.
La Chiesa cattolica è impegnata da molti
decenni a fornire aiuto umanitario e di
sviluppo nell’Africa occidentale. La
Chiesa quindi conosce bene come le
istituzioni sanitarie di ogni tipo — che già
stanno affrontando pesanti sfide derivanti
dalla povertà e da annose difficoltà
sociali e politiche — sono grandemente
impegnate dalla presente crisi. Oltre
all’attività della Chiesa nella regione, il
documento presenta gli sforzi compiuti
da numerosi dicasteri della Curia romana,
tra cui il Pontificio Consiglio Cor Unum,
il Pontificio Consiglio per gli Operatori
Sanitari (per la Pastorale della Salute),
Propaganda Fide, il Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace, come pure
l’attività di Caritas Internationalis e le
organizzazioni a essa collegate. Questo si
somma agli sforzi delle Agenzie
Cattoliche presenti in molti altri Paesi,
quali Catholic Relief Services (Stati
Uniti), Missio (Austria), Misereor e
Medical Mission Institute (Germania).
Gli intensificati sforzi della Chiesa
permettono una maggiore risposta a
livello parrocchiale e di conseguenza
rafforzano le misure atte a contenere la
malattia».
tia. L’opera della Chiesa a livello comunitario è incentrata nella parrocchia, perché «La
parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della
crescita della vita cristiana, del dialogo,
dell’annuncio,
della
carità
generosa,
dell’adorazione e della celebrazione»3.
Con specifico riferimento alla situazione
dell’ebola, la sensibilizzazione della comunità, in gran parte centrata nelle parrocchie locali, è uno dei mezzi più importanti per fornire un’educazione adeguata con l’obiettivo
di prevenire l’ulteriore diffusione del virus.
Tale formazione educativa si estende al livello familiare per aiutare le persone a capire
che sono necessari dei cambiamenti essenziali nei comportamenti, al fine di evitare il
contatto con i fluidi corporei di parenti malati e anche con i corpi di coloro che sono
già morti. In molti luoghi le misure di prevenzione sono state determinanti per un mutamento del corso dell’epidemia.
Un altro aspetto fondamentale del contributo della parrocchia alla risposta dell’emergenza ebola è il fatto che questa è vista tra
le comunità locali come un’istituzione affidabile, un luogo dove si trasmettono ai parrocchiani informazioni dirette, obiettive e
credibili. Le scuole cattoliche forniscono
istruzione e sostegno alle famiglie e alle comunità nelle tante diocesi della Liberia, della Sierra Leone e della Guinea; «la scuola
cattolica, nonostante difficoltà, ha continuato a voler essere corresponsabile dello sviluppo sociale e culturale delle varie comunità e popoli, di cui è parte, condividendone
le gioie e le speranze, le sofferenze, le difficoltà e l’impegno per un autentico progresso
umano e comunitario»4. In Liberia e Sierra
Leone, le scuole sono state chiuse per molti
mesi. La loro riapertura è una priorità assoluta per le comunità più colpite dall’epidemia. Tali decisioni devono essere prese di
concerto con i ministeri competenti e con la
dovuta attenzione alle esigenze della sanità
pubblica. Prima, però, che le scuole cattoliche possano essere riaperte, saranno necessari una formazione ed un sostegno adeguati
per gli insegnanti e gli altri dipendenti.
LA CHIESA
UNIVERSALE SI IMPEGNA
PER UNA MIGLIORE RISPOSTA ALL’EBOLA
L’impegno della Chiesa cattolica in risposta alla crisi sanitaria causata dal virus ebola
è stato notevole. L’azione della Chiesa locale
è stata immediata ed instancabile, come detto sopra. Le risorse locali, in
termini di investimenti finanziari, beni e servizi alla persona, così come la risposta dei
volontari, sono state messe subito a disposizione e continuano ad esserlo.
La solidarietà della Chiesa
universale con le nostre sorelle
e i nostri fratelli, nei paesi fortemente colpiti e in quelli limitrofi, è stata dimostrata da
questi impegni, come di seguito indicato, e da tanti altri:
Caritas
Internationalis
ha
coordinato gli appelli di emergenza in: Caritas Guinea: 2
programmi; Caritas Sierra
Leone: un primo programma
ed un secondo programma in preparazione;
Caritas Liberia: un programma. Questi appelli
sono
concentrati
principalmente
sull’educazione sociale e sulla mobilitazione
attraverso strutture comunitarie parrocchiali
e locali, ma comprendono anche la formazione degli ecclesiastici e degli altri operatori
pastorali. Inoltre, alcune organizzazioni della Caritas, tra cui il Catholic Relief Services
degli Stati Uniti, stanno sostenendo programmi di salute nei Paesi più colpiti. Formazione predisposta e pianificazione strategica sono state intraprese dalle organizzazioni Caritas nei seguenti Paesi: Benin, Burkina
Faso, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Mali,
Nigeria, Ciad, Togo, Senegal. Le congregazioni religiose e le loro organizzazioni laiche, così come i movimenti di laici cattolici
hanno raccolto fondi ed inviato volontari
per rispondere alle esigenze delle strutture
sanitarie da loro sostenute, nonché alle esigenze speciali quali l’assistenza agli orfani,
la mobilitazione della comunità e l’educazio-
ne. Altre organizzazioni ispirate alla Chiesa
cattolica, tra cui Misereor (Germania), Medical Mission Institute (Germania), e Missio
Austria, sono alla ricerca di finanziamenti
governativi e non governativi per soddisfare
le esigenze delle strutture sanitarie organizzate dalla Chiesa nei Paesi più colpiti ed in
quelli vicini.
Sensibile alle crescenti esigenze derivanti
dalla epidemia di ebola, la Chiesa cattolica,
conformemente alla sua missione di servizio,
si impegna a promuovere e a mettere in atto
una risposta migliore a questa crisi sanitaria
urgente. Questo richiederà maggiori risorse
finanziarie ed umane. In armonia con i principi di solidarietà e sussidiarietà, l’assistenza
sarà fornita alle chiese locali e alle loro istituzioni in modo che questo aiuto possa raggiungere efficacemente coloro che ne hanno
più bisogno.
Pur riaffermando l’impegno già dimostrato attraverso una vasta gamma di attività
ispirate dalla Chiesa ed incoraggiando ulteriori iniziative in tal senso, la Santa Sede desidera mettere a disposizione il proprio impegno, sostenendolo con un contributo finanziario, e offrire suggerimenti per una migliore risposta all’ebola.
IL
SOSTEGNO FINANZIARIO RAFFORZERÀ
I SEGUENTI SETTORI5
Strutture sanitarie legate alla Chiesa —
Questo finanziamento sosterrà, tra l’altro,
quanto serve per migliorare l’assistenza sanitaria, così come la prevenzione della trasmissione del virus ebola tra il personale e gli altri pazienti: dispositivi di protezione; farmaci; modifiche edilizie; personale; mezzi di
trasporto per i pazienti.
Risposta comunitaria — Questo finanziamento sarà utilizzato per: addestrare parrocchiani e abitanti delle comunità locali sui
cambiamenti comportamentali necessari ad
arrestare la diffusione dell’ebola; fornire kit
alimentari ed igienici a livello familiare; dare
sostegno alle famiglie sotto osservazione in
merito alle possibili infezioni da ebola per
accedere ad un’alimentazione adeguata e ad
altri bisogni essenziali; dare sostegno agli orfani e agli altri bambini e alle famiglie con
bisogni speciali; sostenere la riapertura delle
scuole cattoliche.
Risposta pastorale — Questo finanziamento sarà utilizzato per: addestrare e dare sostegno agli ecclesiastici, ai religiosi, agli operatori pastorali laici ed ai catechisti in modo
che possano formare a loro volta parrocchiani e residenti della comunità locale; pubblicare materiale per la formazione.
VOLONTARIATO MEDICO, PSICO-SO CIALE ED
ALTRA ASSISTENZA TECNICA
La Santa Sede riconosce l’urgente necessità per gli ecclesiastici, i religiosi ed i laici di
tutto il mondo di assistere la Chiesa locale
nella sua risposta a questa crisi, offrendo il
loro tempo e le loro competenze nei paesi
interessati dall’epidemia o nei loro paesi
d’origine.
FORMAZIONE
DI RETI CATTOLICHE DI
SOLIDARIETÀ PER L’EMERGENZA EBOLA
Le azioni finora intraprese hanno prodotto insegnamenti positivi e hanno identificato
le sfide in atto nella nostra risposta all’emergenza ebola. In questo modo, le organizzazioni legate alla Chiesa possono trarre enorme vantaggio nel condividere risposte efficaci e nel discernere soluzioni per le difficoltà
incontrate. Questo tipo di rete è molto importante a livello locale, nei paesi più colpiti
e nell’intera regione. Tale condivisione potrebbe anche essere utile alle Conferenze
episcopali nazionali e ai consigli episcopali
regionali, in quanto condividono le politiche
e le riflessioni su come affrontare questa epidemia. A livello mondiale, incoraggiamo discussioni interattive e la pianificazione tra i
superiori generali delle congregazioni religiose, le organizzazioni internazionali di
ispirazione cattolica ed i movimenti laicali,
al fine di garantire il miglior utilizzo delle
risorse e delle competenze, nel rispondere alle esigenze mutevoli ed alla natura dinamica
di questa epidemia6.
Roma, 27 novembre 2014
1 Papa Francesco, Discorso al Congresso di
Chirurgia Oncologica, 12 aprile 2014.
2 Papa Benedetto XVI, Deus caritas est, 31a,
Libreria Editrice Vaticana, 2005.
3 Papa Francesco, Evangelii gaudium, 28.
4 Congregazione per l’Educazione Cattolica,
The Catholic School at the Threshold of the
Third Millennium, Città del Vaticano, 1997,
5 (La scuola cattolica alle soglie del terzo
millennio).
5 Questo finanziamento sarà gestito da Caritas Internationalis, ma sarà disponibile, su
richiesta di progetto per strutture nazionali e
diocesane, nonché per Congregazioni religiose ed altre organizzazioni e movimenti
ispirati alla Chiesa.
6 A livello globale, è stato chiesto alla Caritas Internationalis di agevolare questo collegamento in rete. A livello nazionale, le Conferenze episcopali possono facilitare questo
scambio, e a livello diocesano il vescovo potrebbe fornire tale facilitazione.
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015
pagina 5
Il Patriarca Cirillo durante la divina liturgia
del Natale (LaPresse/Ap)
In Sicilia un centro di accoglienza per immigrati intitolato a madre Cabrini
Una donna
contro l’indifferenza
di MARIA BARBAGALLO
Sono stata fortemente colpita dal
messaggio di Papa Francesco per la
giornata mondiale della pace 2015.
Il Pontefice mette a fuoco la triste
condizione della schiavitù di oggi e
invita a non “chiudere un occhio”
per indifferenza di fronte a questo
dramma che tocca da vicino ciascuno di noi, a non voltare lo sguardo
di fronte alle sofferenze di tanti
fratelli e sorelle. Per questo ho deciso di raccontare la storia di una
di queste persone che non “voltano
lo sguardo”. Si chiama Antonietta.
Antonietta è una donna sposata,
madre di due figli, ambedue laureati e in cerca di lavoro. La sua situazione familiare è buona quanto
all’affetto che regna nella famiglia,
ma modesta dal punto di vista economico. Da oltre vent’anni, Antonietta ha deciso di rendersi utile
nell’ambiente in cui vive, Palma di
Montechiaro, un paese siciliano in
provincia di Agrigento, molto bello, situato su una collina che domina il vicinissimo mare, dal quale
approdano migliaia di emigranti.
Ha iniziato in parrocchia per
aiutare nella catechesi e nei bisogni
largo il paese cercando piccole offerte. Poi madre Cabrini l’ha “aiutata” in altri modi.
Improvvisamente, Antonietta si
trova poi coinvolta nell’arrivo di
centinaia di emigranti proprio là,
dove lei ha fatto nascere la devozione alla santa degli emigranti, e
da circa dieci anni inizia un’attività
per aiutarli. Si accorge che c’è
qualcosa che non va quando risorse
economiche governative finiscono
non nelle mani dei migranti, ma in
quelle delle famiglie che li accolgono, e non vuole entrare in situazioni poco chiare. Con l’aiuto dei
membri della sua associazione,
s’impegna in un lavoro di assistenza creando piccole e grandi attività
di sostegno a giovani e ragazzi
emigranti. Mette a disposizione il
garage della sua casa, raccoglie vestiario, coperte, generi alimentari e
cerca di dare soccorsi di prima necessità. Poi, con l’aiuto di altre persone, apre un doposcuola per l’insegnamento della lingua italiana,
coinvolge l’amministrazione comunale e altri enti, ma non riceve che
buone parole e nessun aiuto concreto.
missionarie di madre Cabrini, con
il quale lei si mantiene in contatto.
La congregazione non ha immediate possibilità di intervenire, ma può
aiutare. Così, una settimana prima
di Natale Antonietta si mette in
cerca di una casa. Non può vivere
il Natale di Gesù, pensando che
quei giovani saranno buttati sulla
strada. Trova una casa, l’affitta accollandosi la responsabilità di quello che farà, si consulta con le missionarie del Sacro Cuore, fa il contratto a suo nome, si accerta che i
giovani che vuole ospitare saranno
rispettati dai vicini e il proprietario
della casa sia d’accordo. Prepara la
casa, compra letti e coperte decenti
e pulite («sapesse — mi dice — come vivono questi ragazzi!»), fa
mettere lo scaldabagno per avere
acqua calda, fa ripulire i servizi, farà un progetto di integrazione culturale, nominerà un piccolo comitato degli stessi immigrati, cercherà
aiuti e sostegno. Infine, il 4 gennaio scorso inaugura il Centro interculturale madre Cabrini. Il motto di Antonietta è: «Ero forestiero
e mi avete ospitato».
Così termina il messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale della pace 2015: «La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi
pesa sulle vite di tante sorelle e
tanti fratelli, chiede a tutti noi di
farci artefici di una globalizzazione
della solidarietà e della fraternità,
che possa ridare loro speranza e far
loro riprendere con coraggio il
cammino attraverso i problemi del
nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio
pone nelle nostre mai».
Appello del patriarca di Mosca per il Natale ortodosso
Tutti
al lavoro per la pace
MOSCA, 7. La preghiera per la pace,
in particolare per l’Ucraina, è stata
la nota dominante contenuta nel
tradizionale messaggio natalizio del
patriarca di Mosca, Cirillo. Il capo
spirituale ortodosso, nella notte tra
il 6 e il 7 gennaio, ha celebrato la
divina liturgia del Natale — che ricorre oggi per le Chiese che seguono il calendario giuliano — presso la
cattedrale di Cristo Salvatore, alla
presenza del premier della Federazione russa, Dmitri Medvedev. La
celebrazione, trasmessa in diretta da
alcuni canali televisivi, è stata preceduta da un saluto che Cirillo ha rivolto ai telespettatori, nel quale ha
ribadito l’invito a «lavorare per la
pace».
Parallelamente, il patriarcato ha
diffuso un appello indirizzato al popolo ucraino al quale Cirillo ha
espresso vicinanza. «In questi giorni
luminosi per tutti i cristiani», l’annuncio di Gesù bambino «raggiunge i nostri cuori» e mette «al bando
per sempre la rabbia e l’odio per il
vicino e il lontano». In questo senso, ha assicurato il patriarca di Mosca, «il mio cuore va alla gente
dell’Ucraina. Il Signore riconcili la
gente in Ucraina e in tutto il mondo. Bontà, pace e prosperità auguro
a tutti voi».
Anche il presidente El Sissi alla messa celebrata da Tawadros II
Il peccato che divide gli egiziani
la gente più povera, nelle associazioni cattoliche del luogo per diffondere la preghiera, la devozione
al Sacro Cuore e, venuta in contatto con la congregazione delle missionarie del Sacro Cuore di Gesù,
si è innamorata della fondatrice,
santa Francesca Saverio Cabrini, e
ha deciso di imitarla.
Cosciente che i suoi studi non la
rendevano abbastanza colta per divulgare la fede cristiana, Antonietta
decide di iscriversi a un corso di
teologia; ma per frequentarlo scopre che è necessario un titolo di
studio superiore, che lei non ha.
Allora si iscrive a una scuola serale
per ottenere un titolo di studio superiore che le permetta di accedere
alla teologia e allo studio della Sacra Scrittura. Di giorno lavora, fa
la madre di famiglia, di sera è a
scuola fuori dal suo paese, ritornando a casa a notte inoltrata.
Ottenuto il titolo di studio, si è
iscritta a un corso regolare di
Scienze religiose che ha frequentato per quattro anni, ottenendo il titolo che la abilita all’insegnamento
della religione nelle scuole e nella
parrocchia. Non riesce però a trovare un posto nella scuola, ma nel
frattempo fonda un’associazione di
laici che intitola a santa Francesca
Cabrini e si prodiga perché venga
dedicata una piazza alla “madre
degli emigranti” nel suo paese, un
luogo dove la maggior parte della
popolazione è emigrata verso gli
Stati Uniti e poi, negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso,
si è spopolato per l’emigrazione
verso il nord dell’Europa e dell’Italia. Lei stessa ha fatto parte di questa seconda ondata di migranti.
Alla fine è riuscita a far scolpire
una statua di madre Cabrini con
gli emigranti, che fa collocare nella
piazza dedicata alla Santa. Per pagare la statua, Antonietta per mesi
e mesi ha percorso in lungo e in
Antonietta non si scoraggia: instancabile, fonda un piccolo centro
per i bambini romeni che vengono
inviati a mendicare, per toglierli
dalla strada, favorisce cerimonie religiose per ortodossi e cattolici aiutata da uno zelante e anziano sacerdote, riunisce immigrati di ogni
etnia per celebrare insieme il Natale, la Pasqua, i compleanni, e passa
le settimane cercando di raccogliere
con il Banco alimentare quanto più
possibile per preparare pacchi che
poi distribuisce. Riesce perfino a
ricondurre alla fede alcuni cattolici
stranieri celebrando battesimi e altri sacramenti. Ma si preoccupa anche di far ottenere il soggiorno ai
giovani immigrati, dell’assistenza
sanitaria, di far trovare casa e lavoro, di far accettare la loro presenza
dialogando e parlando con la gente. I giornali ogni tanto le dedicano qualche trafiletto di encomio.
Verso la fine del 2014, si rende
conto del pericolo che stanno correndo un gruppo di giovani africani, ospitati nel vecchio macello della città. Un luogo freddo, senza
servizi, senza porte e finestre dove,
in condizioni drammatiche, si trovano a vivere una trentina di giovani che lei con l’associazione ha cercato di aiutare in vari modi. Inizia
l’inverno più rigido e Antonietta
non può dormire di notte perché
non sa come aiutare questi ragazzi.
Ma si sta preparando il peggio: il
proprietario di questo stabile ha
deciso di venderlo e manderà via i
giovani immigrati.
Antonietta inizia un viavai presso le sedi ecclesiali, amministrative,
per trovare una casa a questi ragazzi. Sembra che qualcosa si trovi,
una casa che sarebbe adatta. Ma i
vicini quando vengono a sapere
che sarebbero andati a vivere là dei
giovani africani si ribellano e tutto
crolla. Antonietta ne parla con tutti, soprattutto con l’istituto delle
IL CAIRO, 7. «Quando Dio creò l’uomo, Egli volle
che questo essere vivente fosse in continua comunicazione con Lui; e volle che l’uomo fosse la corona
del creato. L’uomo fu la grande creazione del Signore. Ma poi avvenne il peccato, che lo gettò a terra e
lo scacciò lontano da ciò che Dio aveva stabilito per
lui. Fin dal peccato di Adamo ed Eva, nella sua vita
l’uomo divenne soggetto a tutti i peccati in tutte le
loro dimensioni». Al significato del peccato e della
debolezza dell’uomo il patriarca Tawadros II ha voluto dedicare il messaggio rivolto, come è tradizione,
a tutti gli «amati figli» della comunità copta ortodossa sparsi nel mondo in occasione del Natale che
— come le Chiese orientali e la maggior parte di
quelle ortodosse che seguono il calendario giuliano
— è stato festeggiato martedì 6.
Il patriarca, che ha celebrato la messa di mezzanotte nella cattedrale di San Marco al Cairo, ha ricordato in particolare che «il peccato si è diffuso insieme alle sue tre debolezze: l’ego dominante, la violenza diffusa e la paura che riempie la vita dell’uomo». E ha sottolineato che «quando operi la pace
nel tuo ambito familiare, nel tuo ambito di servizio,
nel tuo ambito di lavoro, nella tua Chiesa e nella società, tu puoi eliminare qualsiasi violenza. E quando
ti riempi dello spirito della vera gioia interiore questa gioia di cuore può sconfiggere tutte queste debo-
lezze, e, attraverso la tua conversione, può scacciare
ogni peccato dalla tua vita. Ci auguriamo che il 2015
sia un anno pieno di benedizioni, di bene e di amore, gioia e pace».
Alla liturgia della veglia del Natale nella cattedrale di San Marco è intervenuto il presidente egiziano,
Abdel Fattah El Sissi. Secondo monsignor Antonios
Aziz Mina, vescovo di Guizeh dei Copti, la partecipazione personale del presidente costituisce un evento nuovo nella storia dell’Egitto. «In passato — ha
spiegato il presule all’agenzia Fides — i presidenti si
limitavano semplicemente ad inviare dei loro rappresentanti. Nel suo intervento, il presidente ha insistito
su due concetti molto importanti: ha detto che
l’Egitto per millenni è stato un faro di civiltà per
tutta l’umanità, e che il mondo di oggi attende ancora che l’Egitto torni a riappropriarsi della sua storia e a esercitare un ruolo rilevante nella comunità
internazionale. El Sissi — ha proseguito monsignor
Mina — ha ribadito che quando si parla del popolo
egiziano, bisogna sempre evitare ulteriori specificazioni di divisione e non bisogna mai chiedere: “Che
tipo di egiziano sei?”. Un modo per dire che quello
che conta — ha concluso il vescovo di Guizeh dei
Copti — è la comune e condivisa cittadinanza, al di
là delle differenze culturali e religiose».
La celebrazione nella cattedrale di San Marco (Epa)
L’impegno per la pace, come accennato, è stato anche il passaggio
centrale del messaggio natalizio indirizzato ai membri dell’episcopato,
del clero, ai monaci e alle monache
e a tutti i fedeli figli e figlie della
Chiesa ortodossa russa. «In questi
santi giorni natalizi — afferma Cirillo — le preghiere della nostra Chiesa
e quelle mie personali sono per la
pace nella terra ucraina. Indipendentemente dal luogo di residenza e
dalle idee e preferenze politiche dei
suoi figli, la Chiesa ortodossa russa
compie la missione che lo stesso
Cristo le ha affidato. Essa ha fatto e
fa quanto può per riappacificare la
popolazione e aiutare tutti a superare le conseguenze del conflitto».
Anche perché, ha ricordato, «alla
base di ogni conflitto, dell’odio e
della divisione c’è il peccato» e oggi
«vediamo chiaramente in che situazione infernale si ritrova l’uomo
quando perde la dignità donatagli
da Dio».
Da parte sua, ha aggiunto, «la
Chiesa, che non smette di annunciare a tutti la grande gioia della nascita del Salvatore, esorta ognuno, in
nome di Dio, a credere e tendere al
bene: essa propone un cammino che
è un’ascesa: dalla ricerca di Dio, alla
sua conoscenza, dalla conoscenza di
Dio, alla relazione con lui, dalla relazione con Dio, al divenire simili a
lui». Infatti, «chiunque viva secondo la fede sa bene che solo la fedeltà a Dio lo tiene lontano dalle opere
e dai pensieri malvagi, che solo la
fede gli ispira opere a lode di Dio e
a vantaggio del prossimo». Anche
per questo, «dobbiamo sforzarci di
essere ortodossi non solo per le inchieste sociologiche, ma secondo le
nostre convinzioni più profonde e il
nostro stile di vita». Infatti, «la festa del Natale di Cristo ci ripete
l’essenziale: siamo chiamati a imparare ad amare Dio e a servire il nostro Salvatore, che ha donato questa
salvezza a tutti i popoli».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015
Il segretario di Stato al Pontificio collegio americano del nord
Strumenti
per portare gioia
Presentato il viaggio del Papa in Sri Lanka e Filippine
In Asia nel segno del dialogo
Undici discorsi, quattro in Sri Lanka
e sette nelle Filippine, tutti pronunciati in inglese; due giornate fitte di
appuntamenti nel primo Paese e tre
nel secondo; oltre a numerosi spostamenti a cominciare dai lunghi voli
della partenza, del trasferimento da
Colombo a Manila e del rientro. A
pochi giorni dal settimo viaggio internazionale di Papa Francesco, che
si svolgerà in Asia dal 12 al 19 gennaio, il direttore della Sala stampa
della Santa Sede, padre Federico
Lombardi, ne ha presentato mercoledì 7 il programma dettagliato.
La seconda visita di Papa Bergoglio nel continente asiatico avviene a
soli pochi mesi di distanza da quella
compiuta in Corea nell’agosto scorso
e si inserisce in una consolidata tradizione di viaggi pontifici nei due
Paesi. Sia lo Sri Lanka, sia le Filippine, infatti erano già stati meta di
pellegrinaggi da parte di Paolo VI e
di Giovanni Paolo II. Montini vi si
recò alla fine del 1970 e Wojtyła nel
gennaio 1995, dopo esser già stato
solo nelle Filippine nel febbraio
1981.
Quello di Papa Bergoglio sarà un
viaggio «nel segno del dialogo e della riconciliazione», ha spiegato il gesuita, sottolineando che in particolare quello in Sri Lanka sarà caratterizzato dalla canonizzazione del primo santo del Paese, l’oratoriano
Giuseppe Vaz; da un incontro con i
leader del buddismo (professato dal
70 per cento degli abitanti), dell’induismo (12/13 per cento) dell’islam
(poco meno del 10 per cento) e del
cristianesimo (appena il 7 per cento); e da una visita nel nord abitato
dalla minoranza Tamil. Nelle Filippine, unica nazione asiatica a maggioranza cattolica, la visita sarà
all’insegna dei temi della misercordia
e della compassione, con particolare
riferimento alle vittime del tifone
Yolanda. Nel contempo il direttore
della Sala stampa ha fatto anche notare come la Chiesa locale si appresti
a celebrare il quinto centenario
dell’evangelizzazione.
Scorrendo poi l’agenda degli impegni pontifici, padre Lombardi ha
ricordato che la partenza in aereo
avverrà alle 18.50 di lunedì 12
dall’aeroporto di Roma-Fiumicino e
che l’arrivo allo scalo internazionale
di Colombo è previsto alle 9 di martedì 13. Qui ci sarà anche la cerimonia di benvenuto, con il primo discorso sul suolo dello Sri Lanka.
Quindi, verso le 13.15, è in programma l’incontro con la Conferenza episcopale nell’arcivescovado di Colombo. Nel pomeriggio Francesco compirà una visita di cortesia al presidente della Repubblica. Chiuderà la
giornata l’appuntamento con i capi
religiosi nella sala delle conferenze
del Bandaranaike memorial.
Mercoledì 14 sarà il giorno della
canonizzazione del beato Vaz. Il Pa-
Evoluzione e prospettive della costituzione apostolica «Pastor bonus»
Una storia di riforme
Pubblichiamo la prefazione, scritta dal
vescovo segretario aggiunto del Supremo tribunale della Segnatura Apostolica, al volume di Stefano Rossano
«La costituzione apostolica “Pastor
bonus”. Evoluzione storico-giuridica e
possibili prospettive future» (Aracne,
Ariccia, 2014, pagine 286, euro 16).
di GIUSEPPE SCIACCA
Quella della Curia Romana — è stato intelligentemente scritto — è la
storia delle sue riforme.
E, in effetti, quest’organo ministeriale, di natura squisitamente ecclesiale ma purtuttavia di diritto
positivo e quindi perfettibile perché
fallibile, e viceversa attraverso il
quale il Romano Pontefice suole
esercitare il suo primato di giurisdizione, che invece appartiene all’irrinunciabile costituzione divina della
Chiesa, sin dal suo aurorale apparire, che può identificarsi col presbyte-
†
Nella luce dell’Epifania dopo una vita
di religiosa e apostola tutta a servizio
della Chiesa ha raggiunto la casa del
Padre
ANNA MARIA BALDUCCI
già Superiora generale delle Missionarie della Scuola. Le sue consorelle l’affidano con gratitudine a Maria Santissima. Funerali giovedì 8 gennaio alle
ore 10 nella basilica di S. Maria sopra
Minerva in Roma.
†
Il Superiore Provinciale e i Religiosi
della Provincia Lombardo-Veneta dei
Fatebenefratelli annunciano la morte
del confratello sacerdote
Fra IRENEO CISERANI
di anni 97, dei quali 79 vissuti con dedizione e fedeltà al servizio delle persone ammalate e bisognose come
Cappellano Ospedaliero e formatore
di numerosi Religiosi.
Liturgia esequiale: venerdì, 9 gennaio, ore 11 presso la chiesa dell’ospedale «Sacra Famiglia», Erba (Como).
rium Apostolicae Sedis, non ha mai
cessato, malgrado periodi di più
lunga, ma in realtà apparente, stasi,
di rigenerarsi attraverso un divenire
normativo che ha avuto i suoi momenti salienti in Sisto V (1588), San
Pio X (1908), Paolo VI (1967), San
Giovanni Paolo II (1988). Tale sviluppo storico ha corrisposto a formidabili snodi nella vita della Chiesa. Il che è avvenuto, come conseguenza, con la costituzione sistina
Immensa Aeterni Dei nei confronti
del Concilio di Trento, con la Regimini Ecclesiae universae di Papa
Montini rispetto al Concilio Vaticano II, con la Pastor bonus di Giovanni Paolo II nei confronti della
promulgazione del Codice del 1983,
o, per così dire, giocando d’anticipo, come avvenne con il coraggioso
intervento di Papa Sarto, che anticipò e sollecitò di quasi un decennio
la promulgazione del Codice del
1917.
Dal presbyterium alla Cancelleria,
al Concistoro alle prime Commissioni Cardinalizie, alle Congregazioni Romane, nelle quali, già nel
1920 un prestigioso canonista quale
D. Prümmer scorgeva un significati-
vo esempio di «originaria sinodalità
permanente», è un complesso cammino nel quale è possibile cogliere
la ratio genetica dei vari istituti che
compongono la Curia Romana, ed,
eventualmente, individuarne il mutamento o addirittura l’eterogenesi.
Una storia nella quale non sono
nemmeno mancati tentativi e audacie, quali il generoso, e forse qua e
là ingenuo, Piano di riforma umiliato a Pio VII di mons. G. A. Sala,
poi cardinale, fatto lestamente ritirare per ragioni di opportunità politica dal card. Segretario di Stato
Ercole Consalvi, all’epoca plenipotenziario a Vienna per il Congresso,
e in seguito ripubblicato nel 1907
da G. Cugnoni, pronipote del Sala.
La presente pubblicazione del
don Stefano Rossano è il risultato
della sua tesi di laurea in diritto canonico e offre la possibilità di ripercorrere le tappe principali di
questo iter, il che, nel presente momento in cui — per decisione di S.
S. Papa Francesco — si discute di
una nuova riforma della Curia e se
ne attendono gli esiti, non è certo
privo di interesse e di utilità.
pa presiederà il rito nel Galle Face
Green di Colombo, lo stesso luogo
in cui Giovanni Paolo II celebrò la
beatificazione vent’anni fa. Quindi,
in elicottero, raggiungerà il santuario
mariano di Nostra Signora del Rosario a Madhu, nella diocesi settentrionale di Mannar. Al termine rientrerà
nella capitale. Nelle prime ore di
giovedì 15, prima di congedarsi, il
Papa si recherà nell’Istituto culturale
Benedetto XVI, una realtà che si occupa di dialogo, ricostruzione e sviluppo in una nazione devastata da
trent’anni di conflitto interno. Da lì
si trasferirà all’aeroporto di Colombo, dove il decollo alla volta di Manila è previsto per le 9 e l’arrivo intorno alle 17.45. Alla Villamor air base della capitale filippina non sono
in programma discorsi.
Venerdì 16 il primo atto ufficiale
della presenza del Pontefice sarà la
cerimonia di benvenuto nel palazzo
presidenziale, con la visita al presidente. Successivamente il Papa incontrerà le autorità e il corpo diplomatico sempre nel palazzo presidenziale. Infine nella cattedrale dell’Immacolata Concezione, Francesco celebrerà la messa con vescovi, sacerdoti, religiose, religiosi e seminaristi
di Manila. Il pomeriggio sarà caratterizzato da un grande incontro con
le famiglie, nell’arena Mall of Asia
della capitale.
Sabato 17 il Papa si trasferirà
nell’isola di Leyte per celebrare la
messa a Tacloban. Successivamente,
nella residenza dell’arcivescovo di
Palo, pranzerà con alcuni superstiti
del tifone. Nel pomeriggio di sabato
è prevista la benedizione del Pope
Francis center for the poor, realizzato con il sostegno del Pontificio
Consiglio Cor Unum. Subito dopo,
nella cattedrale di Palo, Francesco
incontrerà sacerdoti, religiose, religiosi, seminaristi e famiglie dei superstiti, prima di fare rientro a Manila.
Domenica 18 sono tre gli appuntamenti in programma. Anzitutto,
nell’Università Santo Tomas, ci sarà
un breve incontro con i leader religiosi del Paese. Poi, è in agenda la
festa con i giovani nel campo sportivo dello stesso ateneo. Infine, nel
pomeriggio, il Papa celebrerà la
messa nel Rizal park, dove è attesa
una folla immensa di fedeli.
Lunedì mattina, giornata conclusiva del viaggio, Francesco si congederà dalle Filippine: la cerimonia si
svolgerà in mattinata nel padiglione
presidenziale della base aerea Villamor. L’arrivo è previsto alle 17.40
all’aeroporto di Roma-Ciampino.
Nomine episcopali in Brasile
Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Brasile.
José Antônio Peruzzo
arcivescovo di Curitiba
Nato il 19 aprile 1960, a Cascavel, ha compiuto gli studi di primo grado nel collegio marista e quelli di secondo grado nel seminario minore São José di Curitiba. Ha
ricevuto la formazione filosofica a Curitiba nella Pontificia università cattolica del Paraná (1979-1981) e quelli teologici nello Studium theologicum (1982-1985). A Roma
ha conseguito la licenza in Sacra scrittura presso il Pontificio istituto biblico (1988-1992) e il dottorato in teologia biblica presso la Pontificia università San Tommaso
d’Aquino (2002-2004).
È stato ordinato sacerdote il 22 dicembre 1985, per
l’arcidiocesi di Cascavel, ed è stato coordinatore diocesano della catechesi; professore del centro diocesano di
teologia; direttore della scuola catechetica; rettore del seminario di teologia Nossa Senhora de Guadalupe e parroco della cattedrale metropolitana dell’arcidiocesi. Il 24
agosto 2005 è stato nominato vescovo di Palmas - Francisco Beltrão e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 23 novembre.
Leomar Antônio Brustolin
ausiliare di Porto Alegre
Nato il 15 agosto 1967 a Caxias do Sul, ha compiuto
gli studi di filosofia presso l’università locale (1984-1986)
e quelli di teologia presso la Pontificia università del Rio
Grande do Sul (1987-1990). Ha conseguito la licenza in
teologia sistematica presso la facoltà dei gesuiti (Faje) a
Belo Horizonte (1991-1993) e il dottorato in teologia presso la Pontificia università San Tommaso d’Aquino, a Roma (1997-2000). Ordinato sacerdote il 20 dicembre 1992,
è stato vicario parrocchiale della cattedrale di Caxias do
Sul, professore di teologia presso la Pontificia università
cattolica del Rio Grande do Sul, con sede a Porto Alegre, coordinatore del corso di licenza in teologia presso
la medesima università, direttore del corso di teologia
per laici e del centro di teologia di Caxias do Sul e, dal
2001, parroco della cattedrale.
Il saluto e la benedizione di Papa
Francesco sono stati trasmessi dal
cardinale Pietro Parolin, segretario
di Stato, ai presenti all’inaugurazione della nuova ala del Pontificio
collegio americano del nord a Roma, che ha avuto luogo martedì
mattina, 6 gennaio.
Nel sottolineare come il Pontefice sia «consapevole dei vincoli tra
questa casa di formazione sacerdotale, cioè il Pontificio collegio americano del nord e il successore di
Pietro» il porporato ha messo in
evidenza come questo legame sia
«reso presente in modo speciale in
questo nuovo ampliamento del collegio: attraverso l’inclusione di un
mattone della porta santa della basilica di San Pietro».
Rivolgendosi ai presenti, il segretario di Stato ha detto che a quanti
vivono, pregano e lavorano in questo luogo «verrà ricordato questo
vincolo con il principe degli apostoli, chiamato a testimoniare la risurrezione e a prendersi cura del
gregge di Cristo». Per questo, il
nelle nostre comunità». Realtà
spesso dolorose, che sollecitano la
preghiera, l’azione, la solidarietà,
sull’esempio dei magi che «hanno
seguito la stella e poi sono tornati
alle loro case “per un’altra via”».
Ogni cristiano, all’inizio del nuovo
anno, deve domandarsi: «Permetterò a Gesù di trasformarmi in un
vero strumento della sua luce e della sua pace?».
Dal cardinale Parolin poi un invito ai seminaristi, ai formatori e a
quanti gravitano intorno alla comunità del Pontificio collegio.
«Cari amici nella fede — ha detto
— tanti giovani uomini hanno riconosciuto con la guida materna e la
saggezza della Chiesa, la chiamata
radicale a partecipare al sacerdozio
di Gesù: a servire Dio come presbiteri nella sua Chiesa. Conoscete
bene il lungo processo di preparazione per poter diventare sacerdoti». A tal fine, ha aggiunto, questo
«collegio — come ogni altro seminario nel mondo — cerca di formare e preparare il cuore e l’anima di
cardinale ha chiesto di pregare in
modo speciale per il Papa e per
«coloro che sono chiamati ad assisterlo nel suo ministero di pastore
della Chiesa universale».
Il cardinale ha richiamato il significato dell’Epifania per sottolineare come i magi abbiano trovato
in Gesù «la luce alla quale li ha
guidati la stella»: così «la vera meta della loro vita è stata raggiunta». Essi, ha aggiunto, hanno scoperto colui che «è bontà, verità e
bellezza» e quindi sono ritornati
«al loro Paese cambiati per sempre,
viaggiando per un’altra via, affinché i piani malvagi di Erode fossero sventati e per condividere la luce del Salvatore con tutti coloro
che incontravano».
Alla luce dell’esperienza dei magi, il porporato ha ricordato che
tutti i cristiani sono chiamati a un
esame di coscienza «dinanzi a Cristo bambino». E ha suggerito alcuni spunti di riflessione: «Stiamo facendo la stessa cosa? Avendo trovato il Salvatore che può salvarci
dal buio del nostro peccato stiamo
camminando nella sua luce?». Il rischio è quello di dimenticare che
«le ricchezze della terra e del mare
appartengono a lui; le cose più
preziose che possediamo e creiamo
sono sue: il nostro oro e il nostro
incenso, e perfino la mirra della
nostra tristezza sono un’offerta a
Cristo, nostra luce».
Il segretario di Stato ha quindi
invitato a chiedersi se «stiamo rendendo a Dio ciò che gli appartiene,
permettendogli di usarci per portare il mondo a lui». Da qui l’assicurazione: «Desideriamo offrire a
Dio il meglio di ciò che abbiamo,
noi stessi; desideriamo offrire la
nostra vita, con Cristo nostro Signore per alleviare la sofferenza nel
mondo». Il cardinale ha fatto presente i grandi bisogni della gente:
«Tante lacrime in un tempo di
grandi perdite; tante tragedie per
tante famiglie; grande povertà materiale; e vera povertà spirituale
uomini per servire la Chiesa di Cristo». Proprio a questo risponde il
nuovo edificio che, grazie alla generosità di benefattori, potrà «facilitare l’ulteriore sviluppo del cuore
di uomini nel loro cammino verso
il sacerdozio».
Per tale motivo, ha proseguito il
porporato, «vogliamo permettere al
Signore di usarci come suoi strumenti e di usare il materiale con il
quale avete costruito per l’edificazione del regno in modo da raggiungere più anime per portare la
gioia del Vangelo a un mondo che
ha fame di esso». È questa la strada per permettere che «la volontà
del Signore venga plasmata attraverso le mani e i cuori dei suoi sacerdoti disposti al servizio, formati
qui e in ogni seminario per questo
compito».
Infine, il cardinale ha affidato alla protezione di Maria, madre della
Chiesa e madre di Dio, il nuovo
edificio, «chiedendole di modellare
ciascuno di noi secondo il modello
di suo Figlio», affinché «tutti noi
cooperiamo con lei nell’opera di
salvezza». Il segretario di Stato ha
auspicato che attraverso «la sua fedeltà e il suo amore, e per mezzo
della testimonianza degli apostoli
in questa città e nel mondo intero,
possiamo offrirci sempre più come
dolce sacrificio a Cristo nostra luce
per la salvezza del mondo».
All’inaugurazione erano presenti,
tra gli altri, i cardinali Pell, presidente della Segreteria per l’economia, Wuerl, arcivescovo di Washington, Harvey, arciprete della basilica papale di San Paolo fuori le
Mura, O’Brien, gran maestro
dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, e Cacciavillan, già nunzio apostolico negli
Stati Uniti d’America; l’arcivescovo
Myers di Newark, e i vescovi Vann,
di Orange in California, e Murphy
di Rockville Centre; monsignor James Francis Checchio, rettore del
Pontificio collegio; i benefattori, i
signori Mulva.
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015
pagina 7
«L’adorazione dei magi»
(basilica di Sant’Apollinare nuovo, Ravenna)
L’invito a chiedere al Signore «di vivere lo stesso cammino di conversione
vissuto dai magi» per trovare il coraggio «di liberarci dalle nostre
illusioni, dalle nostre presunzioni, dalle nostre “luci”», è stato rivolto da
Papa Francesco ai fedeli che martedì mattina, 6 gennaio, hanno
partecipato alla messa della solennità dell’Epifania, nella basilica
di San Pietro. Con il Pontefice hanno concelebrato venticinque cardinali —
tra i quali il decano del collegio cardinalizio Angelo Sodano, Francis Arinze,
Jozef Tomko e José Saraiva Martins, che sono saliti all’altare
al momento della consacrazione — e oltre duecento tra presuli e prelati
della Curia romana: fra questi l’arcivescovo Dominique Mamberti e i
monsignori Peter Bryan Wells e Antoine Camilleri. Alla messa hanno
partecipato, tra gli altri, i cardinali Raffaele Farina, Giovanni Coppa e
William Joseph Levada, e l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della
Casa Pontificia. Il servizio liturgico è stato svolto dai ministranti di
Propaganda Fide. I canti sono stati eseguiti dalla Cappella Sistina, diretta
dal maestro Massimo Palombella, con il coro guida Mater Ecclesiae. Le
offerte all’altare sono state portate da due famiglie: Gianni Messe e
Manuela Vecchio, con i tre figli, e Rocco e Patrizia Papalia, con le due
figlie. Alle intenzioni dei fedeli si è pregato in francese per la Chiesa, in
cinese per quanti cercano la verità, in swahili per tutti i popoli della terra,
in filippino per i poveri, in russo per le vocazioni. Durante il rito è stato
dato il tradizionale annuncio del giorno di Pasqua, che quest’anno cadrà il
5 aprile, e delle altre ricorrenze liturgiche legate alla solennità della
risurrezione di Cristo: la Quaresima inizierà il 18 febbraio, mercoledì delle
Ceneri; il 14 maggio sarà l’Ascensione, il 24 maggio la Pentecoste e il 4
giugno il Corpus Domini; il 29 novembre, la prima domenica di Avvento.
Quel Bambino, nato a Betlemme
dalla Vergine Maria, è venuto non
soltanto per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme,
ma anche per l’intera umanità, rappresentata oggi dai Magi, provenienti dall’Oriente. Ed è proprio sui Magi e sul loro cammino alla ricerca del
Messia che la Chiesa ci invita oggi a
meditare e pregare.
Questi Magi venuti dall’O riente
sono i primi di quella grande processione di cui ci ha parlato il profeta Isaia nella prima Lettura (cfr. 60
,1-6): una processione che da allora
non si interrompe più, e che attra-
verso tutte le epoche riconosce il
messaggio della stella e trova il
Bambino che ci indica la tenerezza
di Dio. Ci sono sempre nuove persone che vengono illuminate dalla
luce della stella, che trovano la strada e giungono fino a Lui.
I Magi, secondo la tradizione,
erano uomini sapienti: studiosi degli
astri, scrutatori del cielo, in un contesto culturale e di credenze che attribuiva alle stelle significati e influssi sulle vicende umane. I Magi rappresentano gli uomini e le donne in
ricerca di Dio nelle religioni e nelle filosofie del mondo intero: una ricerca
Alla messa dell’Epifania il Papa parla della ricerca dei magi
La stella e il cammino
che non ha mai fine. Uomini e donne in ricerca.
I Magi ci indicano la strada sulla
quale camminare nella nostra vita.
Essi cercavano la vera Luce: «Lumen
requirunt lumine», dice un inno liturgico dell’Epifania, riferendosi proprio all’esperienza dei Magi; «Lumen
requirunt lumine». Seguendo una luce essi ricercano la luce. Andavano
alla ricerca di Dio. Visto il segno
della stella, lo hanno interpretato e
si sono messi in cammino, hanno
fatto un lungo viaggio.
È lo Spirito Santo che li ha chiamati e li ha spinti a mettersi in cam-
mino; e in questo cammino avverrà
anche il loro personale incontro con il
vero Dio.
Nel loro cammino i Magi incontrano tante difficoltà. Quando arrivano a Gerusalemme loro vanno al palazzo del re, perché considerano ovvio che il nuovo re sarebbe nato nel
palazzo reale. Là perdono la vista
della stella. Quante volte si perde la
vista della stella! E incontrano una
tentazione, messa lì dal diavolo: è
l’inganno di Erode. Il re Erode si
mostra interessato al bambino, ma
non per adorarlo, bensì per eliminarlo. Erode è l’uomo di potere, che
L’Angelus in piazza San Pietro
Un viaggio dell’anima
nell’altro riesce a vedere soltanto il
rivale. E in fondo egli considera anche Dio come un rivale, anzi come il
rivale più pericoloso. Nel palazzo i
Magi attraversano un momento di
oscurità, di desolazione, che riescono
a superare grazie ai suggerimenti
dello Spirito Santo, che parla mediante le profezie della Sacra Scrittura. Queste indicano che il Messia
nascerà a Betlemme, la città di Davide.
A quel punto riprendono il cammino e rivedono la stella: l’evangelista annota che provarono «una gioia
grandissima» (Mt 2, 10), una vera
consolazione. Giunti a Betlemme,
trovarono «il bambino con Maria
sua madre» (Mt 2, 11). Dopo quella
di Gerusalemme, questa per loro fu
la seconda, grande tentazione: rifiutare
questa piccolezza. E invece: «Si prostrarono e lo adorarono», offrendogli i loro doni preziosi e simbolici. È
sempre la grazia dello Spirito Santo
che li aiuta: quella grazia che, mediante la stella, li aveva chiamati e
guidati lungo il cammino, ora li fa
entrare nel mistero. Quella stella che
ha accompagnato il cammino li fa
entrare nel mistero. Guidati dallo
Spirito, arrivano a riconoscere che i
criteri di Dio sono molto diversi da
quelli degli uomini, che Dio non si
manifesta nella potenza di questo
mondo, ma si rivolge a noi
nell’umiltà del suo amore. L’amore
di Dio è grande, sì. L’amore di Dio
è potente, sì. Ma l’amore di Dio è
umile, tanto umile! I Magi sono così
modelli di conversione alla vera fede
perché hanno creduto più nella bontà di Dio che non nell’apparente
splendore del potere.
E allora ci possiamo chiedere:
qual è il mistero in cui Dio si nasconde? Dove posso incontrarlo? Vediamo attorno a noi guerre, sfruttamento di bambini, torture, traffici di armi, tratta di persone... In tutte queste realtà, in tutti questi fratelli e sorelle più piccoli che soffrono per tali
situazioni, c’è Gesù (cfr. Mt 25,
40.45). Il presepe ci prospetta una
strada diversa da quella vagheggiata
dalla mentalità mondana: è la strada
dell’abbassamento di Dio, quell’umiltà
dell’amore di Dio si abbassa, si annienta, la sua gloria nascosta nella
mangiatoia di Betlemme, nella croce
sul calvario, nel fratello e nella sorella che soffre.
I Magi sono entrati nel mistero. Sono passati dai calcoli umani al mistero: e questa è stata la loro conversione. E la nostra? Chiediamo al Signore che ci conceda di vivere lo
stesso cammino di conversione vissuto dai Magi. Che ci difenda e ci liberi dalle tentazioni che nascondono
la stella. Che abbiamo sempre l’inquietudine di domandarci: dov’è la
stella?, quando — in mezzo agli inganni mondani — l’abbiamo persa di
vista. Che impariamo a conoscere in
modo sempre nuovo il mistero di
Dio, che non ci scandalizziamo del
“segno”, dell’indicazione, quel segno
detto dagli Angeli: «Un bambino
avvolto in fasce, adagiato in una
mangiatoia» (Lc 2, 12), e che abbiamo l’umiltà di chiedere alla Madre,
alla nostra Madre, che ce lo mostri.
Che troviamo il coraggio di liberarci
dalle nostre illusioni, dalle nostre
presunzioni, dalle nostre “luci”, e
che cerchiamo questo coraggio
nell’umiltà della fede e possiamo incontrare la Luce, Lumen, come hanno fatto i santi Magi. Che possiamo
entrare nel mistero. Così sia.
Gruppi di fedeli
all’udienza generale
All’udienza generale di mercoledì 7 gennaio,
nell’Aula Paolo VI, erano presenti i seguenti
gruppi.
Da diversi Paesi: Partecipanti al Capi-
L’itinerario dei magi come «viaggio dell’anima»
e «cammino verso l’incontro con Cristo» è stato
riproposto dal Papa ai fedeli presenti in piazza
San Pietro per l’Angelus di martedì 6 gennaio,
solennità dell’Epifania.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Buona festa!
Nella notte di Natale abbiamo meditato l’accorrere alla grotta di Betlemme di alcuni pastori appartenenti al popolo d’Israele; oggi, solennità
dell’Epifania, facciamo memoria dell’arrivo dei
Magi, che giunsero dall’Oriente per adorare il
neonato Re dei Giudei e Salvatore universale e
offrirgli doni simbolici. Con il loro gesto di adorazione, i Magi testimoniano che Gesù è venuto
sulla terra per salvare non un solo popolo, ma
tutte le genti. Pertanto, nella festa odierna il nostro sguardo si allarga all’orizzonte del mondo
intero per celebrare la “manifestazione” del Signore a tutti i popoli, cioè la manifestazione
dell’amore e della salvezza universale di Dio. Egli
non riserva il suo amore ad alcuni privilegiati,
ma lo offre a tutti. Come di tutti è il Creatore e
il Padre, così di tutti vuole essere il Salvatore.
Per questo, siamo chiamati a nutrire sempre
grande fiducia e speranza nei confronti di ogni
persona e della sua salvezza: anche coloro che ci
sembrano lontani dal Signore sono seguiti — o
meglio “inseguiti” — dal suo amore appassionato,
dal suo amore fedele e anche umile. Perché
l’amore di Dio è umile, tanto umile!
Il racconto evangelico dei Magi descrive il loro viaggio dall’Oriente come un viaggio dell’anima, come un cammino verso l’incontro con Cristo.
Essi sono attenti ai segni che ne indicano la presenza; sono instancabili nell’affrontare le difficoltà
della ricerca; sono coraggiosi nel trarre le conseguenze di vita derivanti dall’incontro con il Signore. La vita è questa: la vita cristiana è camminare, ma essendo attenti, instancabili e coraggio-
si. Così cammina un cristiano. Camminare attento, instancabile e coraggioso. L’esperienza dei
Magi evoca il cammino di ogni uomo verso Cristo. Come per i Magi, anche per noi cercare Dio
vuol dire camminare — e come dicevo: attento, instancabile e coraggioso — fissando il cielo e scorgendo nel segno visibile della stella il Dio invisibile che parla al nostro cuore. La stella che è in
grado di guidare ogni uomo a Gesù è la Parola
di Dio, Parola che è nella Bibbia, nei Vangeli. La
Parola di Dio è luce che orienta il nostro cammino, nutre la nostra fede e la rigenera. È la Parola
di Dio che rinnova continuamente i nostri cuori,
e le nostre comunità. Pertanto non dimentichiamo di leggerla e meditarla ogni giorno, affinché
diventi per ciascuno come una fiamma che portiamo dentro di noi per rischiarare i nostri passi,
e anche quelli di chi cammina accanto a noi, che
forse stenta a trovare la strada verso Cristo. Sempre con la Parola di Dio! La Parola di Dio a
portata di mano: un piccolo Vangelo in tasca,
nella borsa, sempre, per leggerlo. Non dimenticatevi di questo: sempre con me la Parola di
D io!
In questo giorno dell’Epifania, il nostro pensiero va anche ai fratelli e alle sorelle dell’Oriente
cristiano, cattolici e ortodossi, molti dei quali celebrano domani il Natale del Signore. Ad essi
giunga il nostro affettuoso augurio.
Mi piace poi ricordare che oggi si celebra la
Giornata Mondiale dell’Infanzia Missionaria. È la
festa dei bambini che vivono con gioia il dono
della fede e pregano perché la luce di Gesù arrivi a tutti i fanciulli del mondo. Incoraggio gli
educatori a coltivare nei piccoli lo spirito missionario. Che non siano bambini e ragazzi chiusi,
ma aperti; che vedano un grande orizzonte, che
il loro cuore vada avanti verso l’orizzonte, affinché nascano tra loro testimoni della tenerezza di
Dio e annunciatori del Vangelo.
Ci rivolgiamo ora alla Vergine Maria e invochiamo la sua protezione sulla Chiesa universale,
affinché diffonda nel mondo intero il Vangelo di
Cristo, la luce delle genti, luce di tutti i popoli.
E che Lei ci faccia essere sempre più in cammino; ci faccia camminare e nel cammino essere attenti, instancabili e coraggiosi.
Dopo la preghiera mariana il Pontefice
ha salutato con queste parole i gruppi di fedeli
presenti in piazza.
Cari fratelli e sorelle,
saluto tutti voi, romani e pellegrini, rinnovando
l’augurio di pace e di ogni bene nel Signore.
Saluto i fedeli venuti da Aachen (Germania),
da Kilbeggan (Irlanda), e gli studenti di Northfield - Minnesota (Stati Uniti d’America); i cresimandi di Romano di Lombardia e i loro genitori; i fedeli di Biassono, Verona, Arzignano, Acerra e di alcune Diocesi della Puglia; e i giovani
dell’Opera Don Orione.
Un saluto speciale a quanti danno vita al Corteo storico-folcloristico, che quest’anno è dedicato al territorio dei Comuni di Segni, Artena,
Carpineto Romano, Gorga e Montelanico.
E ricordatevi bene: la vita è un camminare,
camminare sempre, cercando Dio. Camminare
attenti, instancabili e coraggiosi. E manca una
cosa, manca una cosa: attenti, instancabili, coraggiosi... e che cosa manca? Camminare con la luce! E cos’è è la luce? Il Vangelo, la Parola di
Dio. Sempre col Vangelo: in tasca, nella borsa,
per leggerlo, sempre con noi. Camminare, attenti, instancabili, coraggiosi e con la luce della Parola di Dio.
A tutti auguro una buona festa. Non dimenticatevi di pregare per me e buon pranzo. Arrivederci!
tolo Generale delle Sorelle Misericordiose; Partecipanti al Festival Internazionale di Roma Capitale-Golden Circus.
Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle
Parrocchie: Natività di Maria Vergine,
in Rudiano; Sacro Cuore e San Giorgio,
in Cizzago; Cristo Divino Lavoratore,
in Ancona; Madonna della Neve, in
Fragnete. Soci dei Lions Clubs, di Mistretta; Soci Unindustria, di Bologna.
Gruppi di fedeli da: Castiglione delle
Stiviere, Grottaminarda, Terlizzi.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da: Croazia.
I polacchi: Grupa byłych więźniów
obozu koncentracyjnego Auschwitz;
pielgrzymi indywidualni.
De France: Etablissement scolaire
Saint-Michel de Picpus, de Saint-Mandé; groupe Une foi Medias de France.
From Ireland: Pilgrims from the Céilí
Catholic Community for Evangelisation.
From Australia: Students and Faculty
from Somerset College.
From the Finland: An Ecumenical
Group of Lutherans.
From Indonesia: A Group of Pilgrims.
From the United States of America:
Pilgrims from: The Archdiocese of
Galveston-Houston; The Diocese of
Steubenville; Saint John the Baptist
Parish, Mankato, Minnesota. Students
and Faculty from: The University of
Delaware, Newark, Delaware; The University of Saint Thomas, Saint Paul,
Minnesota; Saint John’s University,
Rome Campus; Salisbury University,
Salisbury, Maryland; Rider University
Lawrenceville, New Jersey; The University of Stony Brook, New York.
Members of the Honors Choir of the
Ursuline School, New York.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde St. Martinus, Borsum; Internationales Auschwitz Komitee.
De España: grupos de peregrinos.
De Argentina: grupos de peregrinos.
Lutti nell’episcopato
Monsignor Joseph Djida, vescovo
di Ngaoundéré, in Camerun, è
morto improvvisamente nella sera
di martedì 6 gennaio. Il compianto presule era nato in Mayo-Darlé, diocesi di Ngaoundéré, l’8
aprile 1945, ed era stato ordinato
sacerdote degli oblati di Maria
Immacolata il 5 dicembre 1976.
Eletto alla sede residenziale di
Ngaoundéré il 23 ottobre 2000,
aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 febbraio 2001.
Monsignor Bernard Joseph
McLaughlin, vescovo titolare di
Mottola, già ausiliare di Buffalo,
negli Stati Uniti d’America, è
morto lunedì 5 gennaio all’età di
102 anni. Il compianto presule era
infatti nato il 19 novembre 1912 ed
era stato ordinato il 21 dicembre
1935. Eletto alla sede titolare di
Mottola e nel contempo nominato ausiliare di Buffalo il 28 dicembre 1968, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 6 gennaio
1969. Aveva rinunciato all’ufficio
pastorale il 5 gennaio 1988. Le
esequie saranno celebrate il 10
gennaio nella cattedrale di Saint
Joseph a Buffalo.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015
Pablo Picasso
«Madre e figlio» (1902)
All’udienza generale Papa Francesco prosegue il ciclo di riflessioni sulla famiglia
Inno alle madri
Sono l’antidoto all’individualismo e senza di loro la società sarebbe disumana
Il «ruolo centrale» delle mamme nella
società è stato sottolineato dal Papa
all’udienza generale di mercoledì 7
gennaio, nell’Aula Paolo VI. «Sono
l’antidoto più forte all’individualismo»
ha ricordato il Pontefice, rimarcando
che spesso la loro disponibilità viene
sfruttata «per risparmiare sulle spese
sociali».
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Oggi continuiamo con le catechesi
sulla Chiesa e faremo una riflessione
sulla Chiesa madre. La Chiesa è madre. La nostra Santa madre Chiesa.
In questi giorni la liturgia della
Chiesa ha posto dinanzi ai nostri occhi l’icona della Vergine Maria Madre di Dio. Il primo giorno dell’anno è la festa della Madre di Dio, a
cui segue l’Epifania, con il ricordo
della visita dei Magi. Scrive l’evangelista Matteo: «Entrati nella casa,
videro il bambino con Maria sua
madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2, 11). È la Madre che, dopo averlo generato, presenta il Figlio
al mondo. Lei ci dà Gesù, lei ci mostra Gesù, lei ci fa vedere Gesù.
Continuiamo con le catechesi sulla famiglia e nella famiglia c’è la
madre. Ogni persona umana deve la
vita a una madre, e quasi sempre deve a lei molto della propria esistenza
successiva, della formazione umana
e spirituale. La madre, però, pur essendo molto esaltata dal punto di vista simbolico, — tante poesie, tante
cose belle che si dicono poeticamente della madre — viene poco ascoltata e poco aiutata nella vita quotidiana, poco considerata nel suo ruolo
centrale nella società. Anzi, spesso si
approfitta della disponibilità delle
madri a sacrificarsi per i figli per “risparmiare” sulle spese sociali.
Accade che anche nella comunità
cristiana la madre non sia sempre tenuta nel giusto conto, che sia poco
ascoltata. Eppure al centro della vita
della Chiesa c’è la Madre di Gesù.
Forse le madri, pronte a tanti sacrifici per i propri figli, e non di rado
anche per quelli altrui, dovrebbero
trovare più ascolto. Bisognerebbe
comprendere di più la loro lotta
quotidiana per essere efficienti al lavoro e attente e affettuose in famiglia; bisognerebbe capire meglio a
che cosa esse aspirano per esprimere
i frutti migliori e autentici della loro
emancipazione. Una madre con i figli ha sempre problemi, sempre lavoro. Io ricordo a casa, eravamo cinque figli e mentre uno ne faceva
una, l’altro pensava di farne un’altra,
e la povera mamma andava da una
parte all’altra, ma era felice. Ci ha
dato tanto.
Le madri sono l’antidoto più forte
al dilagare dell’individualismo egoistico. “Individuo” vuol dire “che
non si può dividere”. Le madri invece si “dividono”, a partire da quando ospitano un figlio per darlo al
mondo e farlo crescere. Sono esse, le
madri, a odiare maggiormente la
guerra, che uccide i loro figli. Tante
volte ho pensato a quelle mamme
quando hanno ricevuto la lettera:
«Le dico che suo figlio è caduto in
difesa della patria...». Povere donne!
Come soffre una madre! Sono esse a
testimoniare la bellezza della vita.
L’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero
diceva che le mamme vivono un
“martirio materno”. Nell’omelia per
il funerale di un prete assassinato
dagli squadroni della morte, egli disse, riecheggiando il Concilio Vaticano II: «Tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche
se il Signore non ci concede questo
onore... Dare la vita non significa
solo essere uccisi; dare la vita, avere
spirito di martirio, è dare nel dovere,
nel silenzio, nella preghiera, nel
compimento onesto del dovere; in
quel silenzio della vita quotidiana;
dare la vita a poco a poco? Sì, come
la dà una madre, che senza timore,
con la semplicità del martirio materno, concepisce nel suo seno un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo fa
crescere e accudisce con affetto. È
dare la vita. È martirio». Fino a qui
la citazione. Sì, essere madre non significa solo mettere al mondo un figlio, ma è anche una scelta di vita.
Cosa sceglie una madre, qual è la
scelta di vita di una madre? La scelta di vita di una madre è la scelta di
dare la vita. E questo è grande, questo è bello.
Una società senza madri sarebbe
una società disumana, perché le madri sanno testimoniare sempre, anche nei momenti peggiori, la tenerezza, la dedizione, la forza morale.
Le madri trasmettono spesso anche
il senso più profondo della pratica
religiosa: nelle prime preghiere, nei
primi gesti di devozione che un
bambino impara, è inscritto il valore
della fede nella vita di un essere
umano. È un messaggio che le madri credenti sanno trasmettere senza
tante spiegazioni: queste arriveranno
dopo, ma il germe della fede sta in
quei primi, preziosissimi momenti.
Senza le madri, non solo non ci sarebbero nuovi fedeli, ma la fede perderebbe buona parte del suo calore
semplice e profondo. E la Chiesa è
madre, con tutto questo, è nostra
madre! Noi non siamo orfani, abbiamo una madre! La Madonna, la madre Chiesa, e la nostra mamma. Non
siamo orfani, siamo figli della Chiesa, siamo figli della Madonna, e siamo figli delle nostre madri.
Carissime mamme, grazie, grazie
per ciò che siete nella famiglia e per
ciò che date alla Chiesa e al mondo.
E a te, amata Chiesa, grazie, grazie
per essere madre. E a te, Maria, madre di Dio, grazie per farci vedere
Gesù. E grazie a tutte le mamme qui
presenti: le salutiamo con un applauso!
Nei saluti ai fedeli il Pontefice ringrazia la gente del circo
L’umanità ha bisogno di bellezza
L’umanità oggi «ha tanto bisogno di
bellezza». Lo ha ricordato Francesco al
termine della catechesi, rivolgendo
parole di gratitudine e di
apprezzamento agli artisti del circo
esibitisi davanti a lui.
Saluto cordialmente i pellegrini di
lingua francese, in particolare la delegazione degli “imam” francesi impegnata nelle relazioni cristiano-musulmane, come pure il gruppo proveniente da diversi mass-media francesi. In questo tempo di Natale, auguro a tutti di proseguire con coraggio il vostro impegno al servizio della pace, della fraternità e della verità. Che Dio vi benedica.
Rivolgo un cordiale benvenuto ai
pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio
Oriente! Cari fratelli e sorelle, ascoltiamo le nostre mamme! Una mamma sa sempre che cosa è importante
perché un figlio cammini bene nella
vita ed è sempre pronta a sacrificare
la vita per i propri figli! Il Signore
vi benedica e custodisca le vostre
madri!
Saluto cordialmente i pellegrini
polacchi e, in particolare, la delegazione dei superstiti del campo di
concentramento di Auschwitz, liberati settant’anni fa.
gente che fa lo spettacolo nel circo
crea bellezza, sono creatori di bellezza. E questo fa bene all’anima.
Quanto bisogno noi abbiamo di bellezza! È vero, la nostra vita è molto
pratica, fare le cose, portare avanti il
lavoro, questo si deve fare: il fare, il
linguaggio delle mani, il fare. Ma la
nostra vita è anche il pensare, la ragione. E quello è importante perché
noi siamo animali che pensano; no
che pensano come animali! Noi siamo animali che pensano. Il pensare,
il linguaggio della mente, è importante. Siamo anche persone che
amano, che hanno questa capacità di
amare: il linguaggio del cuore. C’è il
brava nell’equilibrio, nello spettacolo, ma soprattuto brava nel fare bellezza. Grazie tante a tutti voi.
A tutti i pellegrini di lingua italiana presenti a questa prima Udienza
Generale del 2015 porgo un cordiale
augurio di speranza e di pace per il
nuovo anno. Saluto le Sorelle Misericordiose e le Orsoline della Sacra
Famiglia, qui convenute in occasione
dei rispettivi Capitoli Generali, e le
esorto a trasmettere con la testimonianza della loro vita la gioia della
corrispondenza fedele alla divina
chiamata. Saluto voi componenti del
Golden Circus di Liana Orfei e vi
incoraggio non solo ad essere porta-
linguaggio della mente, pensare; il
linguaggio del cuore, amare; il linguaggio delle mani, fare. E tutti
questi tre linguaggi si uniscono per
fare l’armonia della persona. E lì è
la bellezza; e queste persone che oggi hanno fatto questo spettacolo, sono creatori di armonia, creatori di
bellezza, che insegnano la strada superiore della bellezza. Dio certamente è vero, Dio certamente è buono,
Dio certamente sa fare le cose, ha
creato il mondo, ma soprattutto Dio
è bello! La bellezza di Dio. Tante
volte noi ci dimentichiamo della bellezza! L’umanità pensa, sente, fa, ma
oggi ha tanto bisogno di bellezza.
Non dimentichiamo questo e ringraziamo questa gente brava nel fare,
tori del sorriso e messaggeri di solidarietà fra i popoli e le nazioni, ma
soprattutto creatori di bellezza, ne
abbiamo bisogno!
Un pensiero speciale rivolgo ai
giovani, ai malati e agli sposi novelli.
Gli sposi novelli io li chiamo i coraggiosi perché oggi ci vuole coraggio per sposarsi! Sono bravi. Dopo
la Solennità dell’Epifania, continuiamo anche noi a guardare quella stella che i Magi inseguirono. Cari giovani, siate testimoni entusiasti della
luce di Cristo tra i vostri coetanei;
cari malati, attingete a questa luce il
coraggio nel dolore; e voi, cari sposi
novelli, siate segno della presenza luminosa di Dio col vostro amore fedele.
Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Irlanda, Finlandia, Indonesia, Australia e Stati Uniti d’America. Ringrazio il coro per la sua lode a Dio attraverso il canto. Nella gioia di questo tempo natalizio, invoco su voi e
sulle vostre famiglie la grazia e la
pace del Signore Gesù, figlio di Dio
e figlio di Maria, nostra Madre. Dio
vi benedica!
Sono lieto di accogliere i fedeli di
lingua tedesca presenti a quest’Udienza. In particolare saluto il
gruppo del Comitato internazionale
di Auschwitz e le squadre giovanili
del FC Südtirol. Ringraziamo le madri per ciò che sono nella famiglia e
per ciò che danno alla Chiesa e al
mondo. A tutti voi auguro un buon
soggiorno a Roma. Dio vi benedica.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de
España, México, Argentina y otros
países. Encomendamos a la Santísima Virgen María a todas las madres,
agradeciéndoles lo que son y lo que
ofrecen a la familia y la Iglesia. Dios
os bendiga.
Cari pellegrini di lingua portoghese, riconoscente per gli auguri e per
le preghiere a Dio rivolte per me durante queste festività di Natale, vi
auguro di tutto cuore un Buon Anno, chiedendo alla Vergine Maria,
Madre di Dio e della Chiesa, che sia
la stella che protegge la vita delle
vostre famiglie. Dio vi benedica.
Cari fedeli, in questo periodo natalizio, guardando Maria, Madre di
Dio, voglio rivolgermi a tutte le madri: carissime mamme, grazie, grazie,
per ciò che siete nella famiglia e per
ciò che date alla Chiesa e al mondo.
La benedizione di Dio vi accompagni sempre. Sia lodato Gesù Cristo!
Prima di tutto vorrei ringraziare le
persone del circo che sono venute
qui. Uno pensa: «Andiamo al circo,
ci divertiamo un po’...». Sì, quello è
vero, il circo è uno spettacolo e passiamo un buon tempo lì. Vediamo
anche uomini e donne che fanno cose strane, che sono bravi nell’equilibrio: sì, questo è vero, lo abbiamo
visto. Eccoli lì, salutiamoli tutti! Ma
ci insegna anche una cosa in più. La
Dagli imam francesi
un gesto di dialogo e amicizia
Sei sopravvissuti al lager di
Auschwitz e quattro imam francesi
hanno partecipato stamani alla
prima udienza generale del 2015,
testimoniando al Papa, gli uni
accanto agli altri, «l’urgenza della
pace e l’impegno contro ogni
violenza».
La prima, forte testimonianza di
pace è quella dei quattro imam
francesi che da anni lavorano
insieme ai cattolici per promuovere
un dialogo concreto. «Quando ci
si conosce e si creano rapporti di
amicizia è poi più facile anche
affrontare le questioni più
complesse» spiega monsignor
Michel Dubost, vescovo di EvryCorbeil-Essonnes, presidente del
consiglio della Conferenza
episcopale francese per le relazioni
interreligiose. «Questa visita non è
un fatto episodico, isolato. Siamo
qui per dare un segnale comune
del nostro impegno per la pace»
dice, rimarcando «come questo sia
il primo incontro di una così alta
rappresentanza di musulmani
francesi con il Papa». Del resto,
aggiunge, «il nostro lavoro ci sta
portando ad affrontare alla radice
la questione del fondamentalismo e
dell’intolleranza, per provare a dare
una risposta alle preoccupanti
tensioni che si avvertono in tante
parti dell’Europa, ma anche alla
delicata questione del Medio
oriente». Presentando gli imam al
Pontefice, monsignor Dubost ha
rimarcato i loro «profili di
profonda spiritualità». Azzedine
Gaci è rettore della moschea di
Orhman a Villeurbanne, Tareq
Oubrou è rettore della
grande moschea di
Bordeaux,
Mohammed
Moussaoui è
presidente dell’Unione
delle moschee francesi
e Djelloul Seddiki è
direttore dell’istituto
Al Ghazali della
grande moschea di
Parigi. Con loro c’era
anche il sacerdote
Christophe Roucou,
direttore del servizio
della Conferenza
episcopale per le
relazioni con l’islam.
A Roma la
delegazione islamica
avrà una serie di
incontri di alto livello
che culmineranno,
giovedì 8, con il
colloquio con il cardinale Tauran,
presidente del Pontificio Consiglio
per il dialogo interreligioso
A settant’anni dalla loro
liberazione, gli ex deportati del più
famigerato lager nazista — con al
collo una sciarpa tagliata dalla
divisa indossata nel lager — hanno
raccontato a Francesco le loro
storie. Kazimierz Albin, 93 anni,
polacco, aveva appena sedici anni
quando arrivò ad Auschwitz «con
il primo carico di detenuti». Riuscì
a fuggire ma, racconta, «quegli
aguzzini si vendicarono
deportando e uccidendo mia
mamma e mia sorella». Marian
Turski, 89 anni, ha dedicato tutto
se stesso «per non far perdere la
memoria di quanto è accaduto, con
la forza di chi è sopravvissuto alle
“marce della morte” tra
Buchenwald e Auschwitz». Zofya
Posmysz, 91 anni, porta al collo
una medaglietta con il volto di
Cristo coronato di spine, «fatta da
un prigioniero poco prima di
essere ucciso». E a Francesco ha
donato Christus von Auschwitz, il
libro in cui ha raccontato la sua
esperienza. Esther Bejarano, 91
anni, ha avuto salva la vita grazie
«alla grande passione per la
musica: i nazisti mi misero
nell’orchestra del campo facendomi
suonare notte e giorno». Raphael
Esrail, 90 anni, francese, ha invece
salvato «tante persone truccando
documenti», a rischio della propria
vita. «Sono ebreo — racconta — ma
i miei migliori amici nel lager
erano cattolici e ho anche sposato
una donna cattolica». Infine Felix
Kolmer, 93 anni, originario di
Praga, ricorda «ogni istante vissuto
vicino alle persone destinate alla
morte nella camera a gas».
Accanto a loro c’erano anche tre
giovani tedeschi che oggi prestano
servizio nel lager come volontari.
«Abbiamo appena rimesso a posto
la staccionata e risistemato la
sezione dove sono conservate le
scarpe appartenute ai prigionieri»
dicono. «Proprio i giovani sono un
segno di speranza» spiega
Christoph Heubner, vice presidente
dell’Internationales Auschwitz
Komitee, e «confermano l’obiettivo
per cui il comitato è stato fondato
nel 1952 dagli stessi sopravvissuti:
fare il possibile perché non si
ripetano mai più gli orrori dei
lager». Al Papa è stata donata una
piccola scultura: la “b” rovesciata
della scritta, tragicamente nota,
Arbeit macht frei, provocatoriamente
posta all’ingresso di Auschwitz.
Essa simboleggia, spiega Heubner,
«uno scatto di dignità che
capovolge, appunto, l’ignobile
significato di una menzogna». Un
esemplare della scultura è già stato
consegnato, tra gli altri, a Ban Kimoon, Shimon Peres e Angela
Merkel.
Al termine dell’udienza, cinque
cuochi ungheresi, che nel giorno
dell’Epifania hanno preparato
duecento pasti per i poveri assistiti
a Roma dalla comunità di
Sant’Egidio, hanno presentato al
Papa motivazioni e contenuti della
loro esperienza, «nata dopo aver
ascoltato gli appelli di Francesco
per i poveri». Con il sostegno del
comune di Kapuvár, in diocesi di
Győr, si sono rivolti
all’elemosiniere pontificio
monsignor Krajewski per realizzare
il loro progetto di solidarietà.
Non è mancato, infine, l’originale e
colorato augurio del mondo del
circo. Secondo una consolidata
consuetudine, gli artisti e il
personale del Golden circus,
diretto da Liana Orfei, hanno
voluto presentare alcuni numeri
spettacolari del loro repertorio al
Papa, che li ha salutati con parole
di gratitudine e apprezzamento.
Prima dell’udienza, all’esterno
dell’Aula, il cavallo Imperator, di
razza lusitana, aveva accolto
Francesco con un inchino,
accompagnato dalla sua
addestratrice Laura.