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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLV n. 4 (46.842) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015 . Dodici persone uccise a Parigi in un attacco al settimanale satirico «Charlie Hebdo» All’udienza generale Papa Francesco parla della famiglia Strategia della barbarie Inno alle madri Misure di sicurezza innalzate nella capitale e in tutta l’Île-de-France PARIGI, 7. Un sanguinoso attacco terroristico a Parigi ripropone tragicamente la strategia della barbarie che quasi ogni giorno da tempo domina le cronache internazionali. Uomini armati di kalashnikov e di un lanciarazzi, incappucciati e vestiti di nero, hanno fatto irruzione questa mattina nella sede del giornale satirico «Charlie Hebdo», uccidendo almeno dodici persone, tra cui due agenti. Ci sono anche venti feriti, di cui quattro molto gravi. Tra le vittime, il direttore e vignettista Stéphane Charbonnier. Il bilancio è stato confermato dalla Prefettura di Parigi. Quindici minuti prima dell’attacco, il settimanale aveva pubblicato sul suo profilo Twitter una vignetta su Abu Bakr al-Baghdadi, leader del cosiddetto Stato islamico. E proprio nel quadro di un’orrida rappresaglia verso le pubblicazioni del periodico pare inserirsi l’attentato. Stando alle ultime ricostruzioni dei fatti, due uomini armati autori dell’assalto sono fuggiti aggredendo un automobilista e impossessandosi della sua auto. Posti di blocco sono organizzati in tutta Parigi. Secondo il sito di «Le Parisien», gli assalitori sarebbero stati tre. Altre fonti dicono che ci sarebbe un ostaggio. Durante la fuga gli assalitori avrebbero anche investito un pedone. L’auto, abbandonata, è stata ritrovata poco dopo. Al momento, è in corso la caccia agli attentatori. Un vetro infranto da un proiettile nella sede della rivista (Reuters) Gustav Klimt, «Madre e figlia» (particolare del dipinto «Le tre età della donna», 1905) Poco ascoltate, poco aiutate, spesso sfruttate anche «per risparmiare sulle spese sociali», le madri sono oggi l’unico vero antidoto all’individualismo egoistico che disumanizza la società. A loro Papa Francesco ha dedicato la catechesi all’udienza generale di mercoledì 7 gennaio, la prima del nuovo anno, sottolineando che «una società senza madri sarebbe una società disumana, perché le madri sanno testi- Almeno 160 bambini uccisi in Siria nel 2014 in assalti contro scuole Annuncio del Segretario generale delle Nazioni Unite Guerra che non risparmia nessuno Palestinesi accolti dalla Corte dell’Aja DAMASCO, 7. Sono sempre più drammatiche le notizie che provengono dalla Siria: l’ultima riferisce che sono stati almeno centosessanta i bambini morti in attacchi compiuti contro scuole nel corso del 2014. La denuncia è stata fatta dall’Unicef, che informa anche che oltre un milione e mezzo di giovani non riceve più un’istruzione. Nell’anno appena trascorso — ha spiegato in una nota il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia — ci sono stati almeno sessantotto attacchi contro edifici scolastici in Siria, che hanno ucciso non meno di centosessanta bambini e ne hanno feriti altri 343. Alcune scuole sono finite sotto il fuoco incrociato delle forze del regime e dei ribelli. Altre sono invece state prese deliberatamente di mira. «Gli attacchi alle scuole, agli insegnanti, agli studenti — si legge nella nota — sono un altro orribile modo per ricordare l’enorme prezzo che i bambini siriani pagano in questa crisi, che si avvicina al suo quinto anno». Secondo l’Unicef, il numero altissimo di studenti a cui non è più garantita un’istruzione potrebbe essere ancora più alto di quello stimato, visto che gli jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is) hanno chiuso molte scuole nelle zone che controllano, in particolare nelle province di Raqqa, Deir Ezzor e Aleppo. A ciò si devono aggiungere le disastrose condizioni sanitarie. Lo hanno denunciato a Parigi alcuni medici siriani, secondo i quali nel Paese sono ricomparse molte malattie che si credevano eradicate e mancano i farmaci. «La situazione è insopportabile, catastrofica e in numerosi luoghi della Siria non c’è alcuna presenza y(7HA3J1*QSSKKM( +\!"!#!z!:! Il presidente francese, François Hollande, si è subito recato sul luogo dell’attentato, in pieno centro di Parigi: «È terrorismo, non c’è dubbio» ha dichiarato il capo dell’Eliseo, che ha espresso «cordoglio per le vittime», sia giornalisti che poliziotti. «Dobbiamo reagire con fermezza — ha aggiunto Hollande — ma con uno spirito di unità nazionale. Dobbiamo essere compatti, mostrare che siamo un Paese unito. Siamo in un momento difficile: molti attentati erano stati evitati, sapevamo di essere minacciati perché siamo un Paese libero». L’Eliseo ha convocato una riunione d’emergenza del Governo in corso mentre andiamo in stampa. Deciso l’immediato aumento del livello di allerta contro attentati terroristici in tutta l’Île-de-France. Polizia e gendarmi sono stati schierati davanti a scuole, edifici pubblici e redazioni di giornali. Immediata la reazione internazionale. Una condanna è stata espressa dalla Casa Bianca. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, in visita a Londra, ha definito l’attentato «non solo un attacco ai francesi, ma anche alla libertà di stampa e di parola». Gli omicidi «sono orrendi» ha detto il premier britannico David Cameron. «Siamo a fianco del popolo francese». Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha parlato di «un atto intollerabile, una barbarie che ci interpella tutti». Per contenere le tensioni greche L’Europa guarda a Draghi PAGINA 2 medica», ha reso noto l’Unione delle organizzazioni siriane di soccorso medico (Uossm), che conta sull’appoggio del ministero degli Esteri francese. Ad Aleppo, la seconda città del Paese, funzionano solo cinque ospedali, tre dei quali in forma parziale. In questa zona, controllata dall’opposizione, vivono 360.000 persone circondate dalle forze governative. «Sono rimasti solo trenta medici che, oltre a curare i feriti di guerra, devono far fronte alla ricomparsa di malattie come la poliomielite, la tubercolosi, la scabbia o il tifo», hanno dichiarato alcuni medici di Aleppo. A Guta orientale, un quartiere di Damasco asse- diato dalle forze governative, «non esiste alcuna possibilità di far entrare aiuti umanitari», ha denunciato un altro professionista. E nelle zone sotto il controllo dei miliziani dello Stato Islamico, i medici possono lavorare, senza però contare sull’appoggio di alcuna organizzazione umanitaria. Inoltre, a Raqqa, roccaforte dell’Is, nel nord della Siria, dove vivono oltre un milione e mezzo di persone, non c’è alcun servizio di ostetricia, di ginecologia o pediatria e l’assistenza è molto limitata. Secondo fonti locali riprese dall’Ap, al momento, l’80 per cento dei parti in Siria avvengono in casa e sempre più bambini non vengono vaccinati. L’AJA, 7. I palestinesi potranno accedere ufficialmente alla Corte penale internazionale (Cpi) a partire dal prossimo primo aprile. L’annuncio è stato dato ieri sera a New York dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Kimoon. Secondo quanto risulta da una nota del Palazzo di Vetro, i documenti presentati dal presidente palestinese, Mahmoud Abbas, sono stati accettati e aprono la strada all’entrata di Ramallah nell’organismo con sede all’Aja. L’Autorità palestinese (Ap) aveva depositato venerdì scorso i documenti per accedere a quattordici Lo Hubble compie un quarto di secolo e la Nasa ripubblica una delle sue immagini migliori Dove nascono le stelle WASHINGTON, 7. Un appuntamento importante, festeggiato nel migliore dei modi. Il telescopio Hubble, in orbita dal 1990, compie un quarto di secolo, e la Nasa (l’agenzia statunitense dei programmi spaziali) ha deciso di festeggiare ripubblicando in una versione migliorata una delle immagini più famose e importanti fornite dal telescopio nella sua lunga attività. La foto, intitolata «I pilastri della creazione», è stata scattata nell’aprile del 1995 e ritrae colonne di gas interstellare e polveri visibili nella nebulosa Aquila. In queste nubi si troverebbero — secondo gli studi — stelle appena nate: la materia diventa così densa e calda da scatenare reazioni nucleari e «accendere» le stelle neonate. E, accanto a esse, nuovi sistemi di pianeti. La foto dei «pilastri della creazione» nella nebulosa Aquila scattata dal telescopio Hubble (Reuters) convenzioni e trattati internazionali, tra i quali lo statuto di Roma, che appunto consente l’accesso alla Cpi. In una dichiarazione pubblicata sul sito dell’Onu, Ban Kimoon ha reso noto che «lo statuto per la Palestina entrerà in vigore il 1° aprile 2015». Nel novembre 2012 l’Onu ha riconosciuto la Palestina quale Stato osservatore non membro. La competenza del Cpi è limitata ai crimini che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme, cioè il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra. L’iniziativa è stata molto criticata dagli israeliani: c’è infatti la possibilità che i palestinesi — come peraltro già annunciato — denuncino Israele per crimini di guerra. Pochi giorni fa il ministro degli esteri, Avigdor Lieberman, ha parlato esplicitamente della «fine degli accordi di Oslo». In particolare, per prevenire ogni ulteriore mossa, il Governo di Benjamin Netanyahu ha deciso di congelare il trasferimento ai palestinesi di circa cento milioni di euro di dazi doganali, fondi che spettano, in base agli accordi di Oslo, all’Ap del presidente Abbas. Netanyahu stesso, impegnato nella campagna elettorale per le elezioni di marzo, ha dichiarato che i palestinesi «hanno scelto la strada dello scontro» e che Israele non resterà con le mani in mano «ad assistere al linciaggio dei suoi soldati davanti alla Corte internazionale dell’Aja». La decisione di congelare il trasferimento dei fondi è stata contestata dall’Unione europea. Essa infatti «contrasta con gli obblighi a cui Israele» si è impegnato, ha dichiarato l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini. «Un’autorità impegnata in un processo non violento e di pacifica soluzione dei conflitti è un elemento chiave per una soluzione che preveda due Stati» ha detto Mogherini. moniare sempre, anche nei momenti peggiori, la tenerezza, la dedizione, la forza morale». Il Pontefice ha osservato che anche nella comunità cristiana il ruolo centrale delle madri non è tenuto sempre in considerazione. E spesso passano sotto silenzio i «tanti sacrifici» compiuti per i propri figli — «io ricordo a casa, eravamo cinque figli e mentre uno ne faceva una, l’altro pensava di farne un’altra, e la povera mamma andava da una parte all’altra, ma era felice» ha raccontato — mentre resta incompresa «la lotta quotidiana per essere efficienti al lavoro e attente e affettuose in famiglia» e non vengono valorizzate le aspirazioni «per esprimere i frutti migliori e autentici della loro emancipazione». In realtà sono proprio le madri a testimoniare «la bellezza della vita» e «il senso più profondo» della fede attraverso quello che l’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero definiva un «martirio materno». Perché — ha spiegato Francesco — «essere madre non significa solo mettere al mondo un figlio, ma è anche una scelta di vita» E questo, ha rimarcato, «è grande» e «bello». PAGINA 8 Il documento «Potenziare l’impegno della Chiesa cattolica nella risposta all’emergenza ebola» Cosa bisogna concretamente fare PAGINA 4 NOSTRE INFORMAZIONI Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo di Curitiba (Brasile) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor José Antônio Peruzzo, finora Vescovo di Palmas Francisco Beltrão. Nomina di Vescovo Ausiliare Il Santo Padre ha nominato Ausiliare dell’Arcidiocesi di Porto Alegre (Brasile) il Reverendo Leomar Antônio Brustolin, del clero della Diocesi di Caxias do Sul, finora Parroco della Cattedrale, assegnandogli la Sede titolare di Tigava. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015 Le bandiere greca e dell’Unione europea sventolano nel cielo sopra Atene (Reuters) Oltre cinque milioni di persone nel mondo costrette a fuggire dalla guerra e dalla miseria Allarme rifugiati I siriani sono i più numerosi superando per la prima volta gli afghani NEW YORK, 7. Con la guerra che infuria in ampie aree del Medio oriente, dell’Asia e dell’Africa, si stima che oltre cinque milioni di persone siano state costrette a lasciare le proprie case nei primi sei mesi del 2014, segnalando un ulteriore aumento delle persone in fuga. Il nuovo rapporto Mid-Year Trends 2014 dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) mostra che di questi cinque milioni, 1,4 milioni sono fuggiti attraverso i confini internazionali dive- Il Messico sostiene le iniziative di Obama sull’immigrazione WASHINGTON, 7. Una mossa «particolarmente intelligente ed audace». Così il presidente del Messico, Enrique Peña Nieto, nello studio Ovale dove è stato ricevuto ieri da Barack Obama, ha commentato l’ordine esecutivo volto a regolarizzare circa cinque milioni di immigrati clandestini, in prevalenza provenienti dal Messico. Peña Nieto ha assicurato a Obama pieno sostegno sul fronte della documentazione necessaria agli immigrati messicani per dimostrare di essere residenti negli Stati Uniti da prima del 2010, requisito indispensabile per rientrare nella sanatoria. Peña Nieto ha dunque precisato che i cittadini messicani residenti negli Stati Uniti potranno ottenere il certificato di nascita senza dover tornare nel loro Paese d’origine. Obama ha detto di «apprezzare molto» il sostegno offerto da Peña Nieto così come l’impegno dimostrato nel contrastare l’immigrazione illegale negli Stati Uniti, in particolare dei minori non accompagnati. Entrambi, inoltre, hanno detto di augurarsi che il nuovo Congresso statunitense approvi il nuovo trattato sul commercio che potrebbe coinvolgere altri Paesi, dal Cile al Giappone. Obama ha detto che l’Amministrazione statunitense cercherà di collaborare con il Messico nella lotta ai cartelli della droga che hanno scatenato una spirale di violenza e morte nel Paese. «Il nostro impegno è di essere un Paese amico e sostenitore del Messico», ha dichiarato il capo della Casa Bianca, che ha parlato esplicitamente di contribuire agli sforzi per eliminare le gang della droga «responsabili di tragedie nel Paese». L’allusione è al rapimento e alla probabile uccisione di 43 studenti universitari da parte del narcotraffico che ha scatenato proteste anche davanti alla Casa Bianca in occasione della visita di Peña Nieto. Nel corso dei colloqui i due presidenti hanno anche parlato della recente svolta nelle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba, elogiata dal Messico contrario da anni all’embargo. Sempre ieri gli Stati Uniti hanno annunciato che il Governo cubano ha rilasciato alcuni dei 53 detenuti politici sull’isola, come previsto dagli accordi per il disgelo, il 17 dicembre scorso. Washington ha inoltre auspicato un pronto rilascio degli altri prigionieri ancora detenuti e considerati dagli Stati Uniti prigionieri politici. «Hanno già rilasciato alcuni prigionieri, ci piacerebbe vedere presto questa operazione completata», ha affermato un portavoce del dipartimento di Stato. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va nendo rifugiati, mentre il resto è sfollato all’interno dei propri Paesi. Prendendo in considerazione l’insieme delle persone in fuga, la revisione dei dati, i rimpatri volontari e i reinsediamenti, il numero di persone che sono state assistite dall’Unhcr — menzionate nel rapporto come People of Concern — si è attestato a 5,5 milioni nella metà del 2014, circa 3,4 milioni in più rispetto alla fine del 2013. Il totale degli sfollati interni protetti o assistiti dall’Agenzia ha raggiunto il nuovo record di 26 milioni. Dal momento che l’Unhcr assiste gli sfollati interni solo nei Paesi dove il Governo richiede l’intervento dell’agenzia, la cifra non include tutte le persone che subiscono questa tragica situazione a livello mondiale. Tra i principali elementi del rapporto emerge che quella di nazionalità siriana, per la prima volta, è diventata la più grande popolazione di rifugiati sotto il mandato dell’Unhcr (i palestinesi nel Medio Oriente sono infatti sotto il mandato dell’Unrwa), superando gli afghani, che hanno mantenuto il triste primato per più di tre decenni. I rifugiati siriani, oltre tre milioni a giugno 2014, rappresentano ora il 23 per cento di tutti i rifugiati che sono assistiti dall’Unhcr in tutto il mondo. Nonostante siano scesi in seconda posizione, i 2,7 milioni di rifugiati afghani rimangono la più grande popolazione di rifugiati di lunga data di cui si occupa l’agenzia delle Nazioni Unite (si parla di “situazione di rifugiato di lunga data”, quando sussiste da almeno cinque anni, ndr). Dopo Siria e Afghanistan, i principali Paesi di origine dei rifugiati sono Somalia (1,1 milioni), Sudan (670.000), Sud Sudan (509.000), Repubblica Democratica del Congo (493.000), Myanmar (480.000) e Iraq (426.000). Il Pakistan, che ospita 1,6 milioni di rifugiati afghani, rimane il maggiore Paese ospitante in termini assoluti. Altri Paesi con una popolazione di rifugiati numerosa sono il Libano (1,1 milioni), l’Iran (982.000), la Turchia (824.000), la Giordania (737.000), l’Etiopia I leader dei due schieramenti invitati alla Casa Bianca Negli Stati Uniti insediato il Congresso WASHINGTON, 7. Il nuovo Congresso degli Stati Uniti si è insediato ieri con i repubblicani che controllano sia il Senato (52 seggi contro i 44 dei repubblicani) che la Camera dei rappresentanti (243 seggi contro 146). Il presidente statunitense, Barack Obama, ha invitato i leader democratici e repubblicani nei due rami del Congresso a un incontro martedì prossimo alla Casa Bianca per discutere dell’agenda dell’anno. I parlamentari invitati riceveranno un aggiornamento su una serie di situazioni di politica estera, ha riferito il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest. Obama userà l’incontro per discutere alcune delle sue priorità in campo legislativo. Ma c’è il rischio di uno scontro dopo che l’Amministrazione americana ha fatto sapere che il presidente porrà il veto al controverso oleodotto Keystone se i repubblicani approveranno il progetto. La votazione sulla legge è attesa a breve, anche perché i repubblicani, dopo la vittoria alle elezioni di midterm, avevano detto che il dossier energia, oltre alla riforma sanitaria e all’immigrazione, sarebbe stato in cima all’agenda del Congresso una volta iniziati i lavori. (588.000), il Kenya (537.000) e il Ciad (455.000). Facendo un confronto tra il numero di rifugiati e la popolazione di un Paese o la sua economia, il rapporto dell’Unhcr si sofferma anche sul contributo dei Paesi ospitanti: in proporzione alla propria popolazione ad esempio, il Libano e la Giordania ospitano il maggior numero di rifugiati, mentre in proporzione all’economia gli oneri sostenuti dall’Etiopia e dal Pakistan sono i maggiori. «Nel 2014 abbiamo visto crescere senza precedenti il numero di persone sotto la nostra protezione» ha detto l’Alto Commissario dell’O nu per i Rifugiati, António Guterres. «Fino a quando la comunità internazionale continuerà a fallire i tentativi di trovare soluzioni politiche ai conflitti esistenti e di prevenirne di nuovi, noi ci troveremo ad avere a che fare con le drammatiche conseguenze umanitarie» ha affermato Guterres. «I costi economici, sociali e umani di assistenza ai rifugiati e agli sfollati interni sono sostenuti soprattutto dalle comunità povere, coloro che possono permetterselo di meno. È un dovere incrementare la solidarietà internazionale se vogliamo evitare il rischio che sempre più persone vulnerabili vengano lasciate senza un adeguato sostegno». Un altro importante risultato che emerge dal rapporto è «lo spostamento della distribuzione regionale della popolazione di rifugiati. Fino all’anno scorso, la regione che ospitava il maggior numero di rifugiati era l’Asia e il Pacifico. Come conseguenza della crisi in Siria, il Medio oriente e il Nord Africa sono diventate le regioni che accolgono il maggior numero di rifugiati». Per contenere le tensioni greche L’Europa guarda a Draghi prudente mostrare le proprie carte migliori se poi un possibile Governo greco decidesse misure unilaterali di cancellazione del debito? Domande che escono rafforzate anche dalle indiscrezioni del settimanale «Der Spiegel», secondo le quali la Germania ora considera ipotizzabile un’uscita della Grecia dall’euro. Il settimanale, che cita fonti governative, sostiene che Merkel e il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, avrebbero cambiato idea al riguardo e non temerebbero ripercussioni gravi dall’uscita di Atene dalla moneta unica, visti i progressi del mercato unico rispetto al picco della crisi del 2012. Portogallo e Irlanda sono infatti usciti dai programmi di salvataggio e possono accedere direttamente al mercato dei capitali, spiega il settimanale, con l’Esm (il fondo salva-Stati) e l’unione bancaria ormai in funzione. Le tensioni politiche in Grecia dopo il fallimento del voto per il presidente hanno intanto provocato gravi ripercussioni sulle Borse. L’euro ha aperto il 2015 precipitando ai minimi da oltre quattro anni contro il dollaro e la fase ribassista dovrebbe continuare anche nei prossimi mesi. Il timore è che un Governo guidato da Syriza, il partito del laeder Alexis Tsipras, possa decidere misure unilaterali per la riduzione o cancellazione del debito, in contrasto con quanto pattuito nei colloqui con la troika (la squadra di esperti di Ue, Fmi e Bce). Da parte sua, Tsipras, in un’intervista, ha detto che un suo eventuale futuro Governo non danneggerà la Grecia né l’euro. Atene — ha assicurato il leader ellenico — rispetterà gli impegni con l’Europa. Dimitrios Papadimoulis, braccio destro di Tsipras, ha dichiarato che «Syriza non è contro l’Unione europea. Siamo una forza politica di sinistra europeista. Se andremo al Governo l’ipotesi di un nostro addio all’eurozona è pari a zero». FRANCOFORTE, 7. I mercati si attendono misure forti per contrastare il clima di incertezza che domina la scena europea. Una pressione che di certo si sente a Francoforte, dove oggi è in programma un vertice del Consiglio direttivo della Banca centrale europea (Bce). Sarà Mario Draghi, il presidente della stessa Bce, a dover cercare di dettare i tempi per riportare la situazione alla calma, mentre a Londra è in programma l’incontro tra il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il premier britannico, David Cameron. La questione di fronte alla quale si trova Draghi è la seguente: si può varare il Quantitative Easing (il piano di incentivi fiscali attraverso l’acquisto di titoli di Stato) prima delle elezioni greche del 25 gennaio senza interferire nel voto? Ed è Ai nastri di partenza il semestre lettone dell’Ue RIGA, 7. Dal primo gennaio, la Lettonia ha ricevuto dall’Italia il testimone della presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea: nei prossimi sei mesi, per la prima volta dal suo ingresso nell’Ue, nel 2004, il piccolo Paese baltico (due milioni di abitanti) presiederà le riunioni dei ministri europei. Come sempre all’inizio di ogni semestre, la Commissione al gran completo si riunisce nella capitale del Paese presidente di turno e per il collegio guidato da Jean-Claude Juncker quello di domani e venerdì a Riga sarà il primo viaggio dal suo insediamento, avvenuto due mesi fa. «Discuteremo su come tradurre rapidamente l’ambizione in azione», ha spiegato il presidente della commissione Ue alla vigilia del viaggio. Giovedì sono previsti incontri collegiali e bilaterali con il Governo di Riga, guidato dal primo ministro, Laimdota Straujuma, mentre in serata è previsto un concerto al teatro nazionale dell’Opera, che inaugurerà formalmente il semestre lettone. Venerdì, il premier incontrerà il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, mentre l’Alto rappresentante dell'Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Federica Mogherini, presenterà assieme al ministro egli Esteri, Edgar Rinkevics, l’anno europeo dello Sviluppo. Gli obiettivi del semestre lettone sono stati ricordati dallo stesso Juncker: «Promuovere la competitività europea migliorando il contesto per gli investimenti e realizzare un’Europa digitale senza confini e un’Ue dell’energia forte». Il 2014 l’anno più caldo degli ultimi due secoli La cerimonia di insediamento a Washington (LaPresse/Ap) GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va TOKYO, 7. L’anno da poco trascorso è stato il più caldo dal 1891, da quando, cioè, si registrano le temperature. Il 2014 ha così superato il 1998 (ora secondo), il 2013 e il 2010 (relegati alla pari in terza posizione). Lo ha rivelato ieri la Japan Meteorological Agency (Jma). I grafici dimostrano che non c’è stata nessuna pausa o rallentamento nel global warming, e — dato preoccupante — senza l’effetto di El Niño la temperatura globale superficiale è stata di 0,63 gradi oltre la media del ventesimo secolo, la più alta in assoluto. Su Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale un periodo più lungo, il balzo è stato di circa 0,70 gradi per secolo. La Jma è una delle quattro grandi agenzie meteorologiche mondiali a rilasciare l’elaborazione dei dati sul riscaldamento globale relativo allo scorso anno. Nelle prossime settimane è atteso il verdetto delle statunitensi Nasa e National Oceanic and Atmospheric Administration e del centro britannico di Hadley. Dai dati gli esperti aspettano una conferma generale sulla preoccupante tendenza verso l’alto delle temperature nel corso dell’ultimo secolo. Un fenome- Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 no in aumento dal 1891, con il 2014 che è solo l’ultima tappa: tutti i dieci anni più caldi sono stati registrati dal 1998. Sempre secondo la Jma, il 2014 è risultato più caldo di 0,27 gradi sui valori medi del periodo 1981-2010. E alcuni scienziati temono un ulteriore aumento a breve. I forti alisei nel Pacifico hanno infatti avuto un forte effetto frenante sulle temperature medie globali, consentendo all’oceano di immagazzinare più calore del previsto. Il loro indebolimento naturale porterà al rilascio del calore più rapidamente. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015 pagina 3 Gli islamici di Ennhadha disposti a collaborare Habib Essid nuovo premier tunisino Sanguinoso attentato nella capitale yemenita SAN’A, 7. È di almeno 50 morti e 20 feriti il bilancio di un’autobomba esplosa verso le sette di questa mattina davanti all’accademia della polizia yemenita a San’a. Lo rendono noto fonti mediche e della sicurezza, spiegando che l’esplosione è avvenuta mentre centinaia di diplomati e cadetti erano radunati per far domanda di accesso all’istituto. Testimoni citati dall’agenzia di stampa Xinhua hanno raccontato che un minibus correva a tutta velocità lungo le mura dell’accademia di polizia, che si trova nel centro della capitale yemenita, prima dell’esplosione davanti all’ingresso principale dell’edificio. Dopo la deflagrazione sono stati avvertiti anche colpi d’arma da fuoco. Secondo fonti della sicurezza e della stampa internazionale, la bomba collocata sul minibus sarebbe stata fatta esplodere con un congegno a distanza. Ma risulta ancora difficile dare un’esatta ricostruzione dei fatti. Quello odierno è il peggior attentato a San’a dal 9 ottobre del 2014, quando un attentatore suicida di Al Qaeda si era fatto esplodere nel mezzo di una riunione dei ribelli sciiti huthi causando la morte di almeno 47 persone. All’11 giugno 2012, invece, risale l’attacco di un terrorista di Al Qaeda contro la stessa accademia di polizia colpita oggi. Allora il bilancio fu di 21 morti. Lunedì scorso sei miliziani sciiti erano rimasti feriti nel corso di un altro attacco, mentre domenica un reporter e altre tre persone sono state uccise a Dhamar. Lo Yemen è segnato da una forte instabilità dal 2012, quando una serie di manifestazioni dell’opposizione costrinse il presidente Ali Abdullah Saleh a cedere i potere che deteneva da decenni. La sua uscita ha lasciato spazio al confronto militare tra i ribelli huthi e frange legate ad Al Qaeda nella penisola arabica. I miliziani huthi che hanno la loro roccaforte a Saad’a, nel nord dello Yemen, hanno lanciato l’anno scorso una rapida offensiva che ha loro permesso — il 21 settembre — di prendere il controllo della capitale San’a, per allargare progressivamente la loro influenza verso l’ovest e il centro del Paese. TUNISI, 7. Il movimento islamista tunisino Ennhadha è disposto a collaborare con il nuovo premier incaricato Habib Essid, designato dal presidente Béji Caïd Essebsi per formare il prossimo Governo. Ennhadha, ha affermato il portavoce Ziad Laadhari, ha accolto favorevolmente la nomina di Essid, in considerazione delle «qualità personali e del patriottismo» del premier designato. Inoltre, Laadhari ha annunciato che il movimento islamico moderato renderà chiara la propria posizione nei confronti del futuro Esecutivo dopo il completamento delle consultazioni del premier incaricato e alla luce del programma delineato da Essid. Sospesi tutti i collegamenti aerei Non si fermano i combattimenti in Libia TRIPOLI, 7. La Turkish Airlines, l’ultimo vettore straniero a offrire collegamenti aerei con la Libia, ha sospeso tutti i voli per il Paese, in considerazione della sempre più precaria situazione della sicurezza. Le linee aeree turche avevano sospeso lunedì scorso tutti i voli per Misurata, Ma ieri hanno annunciato che non collegheranno più le altre destinazioni libiche, cioè Bengasi, Tripoli e Sebha. A tre anni di distanza dalla caduta di Muammar Gheddafi, il Paese è piombato nel caos più totale. Il Governo libico riconosciuto a livello internazionale ha chiesto lunedì, nel corso di una riunione del- Ghani in Afghanistan fatica a formare un Governo KABUL, 7. Il presidente afghano, Ashraf Ghani, ha raggiunto ieri i 100 giorni dal suo insediamento ufficiale ai vertici dello Stato senza però essere riuscito a formare quel Governo di unità nazionale che era stato promesso agli elettori. Il problema, secondo gli analisti, risiede nel fatto che il capo dello Stato è impegnato in un braccio di ferro con il suo sfidante sconfitto nelle elezioni presidenziali, Abdullah Abdullah, che, al termine di una mediazione condotta dal segretario di Stato americano, John Kerry, ha ottenuto l’incarico di coordinatore del Governo. Durante la campagna elettorale Ghani aveva promesso di raggiungere “100 obiettivi in 100 giorni”, ma la paralisi nella scelta dei ministri ha fatto fallire il proposito. Le uniche iniziative messe a segno dal successore di Hamid Karzai sono Il presidente del Parlamento, Mohammed Ennaceur, ha definito Essid una «personalità indipendente e competente in materia di economia e sicurezza». Ennaceur ha anche rivelato che la nomina del nuovo premier è stata concertata da Nidaa Tounes, prima forza politica del Paese, con i partner dell’Unione patriottica libera (Upl), di Afek Tounes e dell’Iniziativa. Al contrario, non vi sono state consultazioni con Ennhadha e con il Fronte popolare. Essid, che lavorò per il Governo dell’ex presidente Zine El Abidine Ben Ali, fuggito all’estero durante la rivoluzione dei gelsomini, ha ricoperto il ruolo di ministro della Giustizia nel 2011. Originario di Sousse, state la ratifica dell’Accordo di sicurezza con Stati Uniti e Nato, la revoca dell’espulsione di un giornalista del quotidiano «The New York Times» e l’approvazione di una legge sul diritto all’informazione. Ma molte delle promesse — dicono gli analisti — di Ghani non sono state ancora mantenute. Fra queste: i progetti edilizi per le famiglie degli ufficiali, l’inizio del dialogo con i talebani, l’incriminazione dei responsabili di violazioni dei diritti umani e la creazione di un nuovo Consiglio militare. Nel frattempo, i talebani hanno intensificato gli attacchi: lunedì un attentatore si è schiantato a Kabul con un’auto carica di esplosivo contro un veicolo della Missione della polizia europea (Eupol). Oggi un attacco all’Accademia di polizia di Khost City si è concluso con l’uccisione di tre attentatori. la Lega araba al Cairo, armi per combattere le milizie islamiste. Intanto, la situazione sul terreno rimane caotica: domenica tra l’altro, i jet delle forze libiche del generale Khalifa Haftar, fedeli al Governo di Tobruk riconosciuto dalla comunità internazionale, hanno colpito una petroliera greca ormeggiata al porto di Derna, controllato dagli islamisti, causando la morte di due marinai e il ferimento di altri due. E ieri il ministro dell’Interno, Omar Al Sank, ha disposto il «divieto di ingresso per palestinesi, siriani e sudanesi dopo che l’intelligence e la polizia hanno accertato che minacciano la sicurezza e la sovranità del Paese». 140 chilometri a sud di Tunisi, Essid, 65 anni, è stato anche ministro dell’Interno sotto il Governo di transizione di Essebsi. In precedenza aveva ricoperto anche diversi incarichi nel ministero dell’Agricoltura. Il presidente statunitense, Barack Obama, ha chiamato ieri il presidente tunisino Essebsi e lo ha invitato alla Casa Bianca. Obama si è congratulato con Essebsi per la vittoria e ha lodato i tunisini per lo «spirito di compromesso» di cui hanno dato prova nella transizione democratica. La visita a Washington non è stata comunque fissata. Il ministro della Difesa tunisino, Ghazi Jeribi, ha invece incontrato ieri l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti a Tunisi, Aissa Al Qattam Al Zaabi, per studiare i modi per rafforzare la cooperazione inter-araba al fine di affrontare le sfide economiche e quelle della sicurezza. Jeribi ha ribadito la «determinazione della Tunisia a combattere il terrorismo, nel quadro di un approccio globale, comprese le dimensioni economiche, sociali, culturali ed educative». Nonostante gli accordi di pace tra Frelimo e Renamo Tensione in Mozambico MAPUTO, 7. Nonostante la firma degli accordi di pace, torna pesantemente a salire la tensione in Mozambico. Dopo l’intesa di settembre — che molti analisti non hanno esitato a definire storica — tra Governo e il partito Resistência Nacional Moçambicana (Renamo, all’opposizione), che ha posto fine a sanguinosi anni di guerra civile nel Paese africano, le elezioni presidenziali dell’ottobre scorso sembrano avere riportato alla luce le antiche incomprensioni. Ieri, a Matola, località a circa venti chilometri dalla capitale Maputo, la polizia ha arrestato Antonio Muchaga, portavoce del leader di Renamo, Afonso Dhlakama, accusato di avere incitato alla violenza nella protesta contro i risultati del voto annunciati solo lo scorso 30 dicembre. Elezioni che hanno assegnato la vittoria a Filipe Nyussi, candidato alla presidenza del governativo Frente de Libertaçao de Moçambique (Frelimo). L’arresto sembra essere l’ultimo segnale di un deterioramento del dialogo, dopo la firma dell’accordo di cessate il fuoco raggiunto il 5 settembre scorso. Agli inizi degli anni Ottanta, le tensioni fra le due formazioni politiche si tradussero in una furiosa guerra, che costò oltre un milione di morti, il 95 per cento dei quali civili. Uno degli elementi di discordia è il mancato inserimento nelle file dell’esercito dei miliziani della Renamo, un punto previsto dagli ac- Lo Sri Lanka si avvia alle elezioni COLOMBO, 7. Lo Sri Lanka si reca domani, giovedì, alle urne per le elezioni anticipate. In tutti i sondaggi, l’attuale capo dello Stato, Mahinda Rajapaksa, è dato in netto vantaggio per ottenere un terzo mandato, ma dovrà confrontarsi con una agguerrita fronda interna al suo partito, guidata dall’ex ministro Maithripala Sirisena. Nei giorni scorsi, circa venti parlamentari hanno abbandonato la formazione politica del presidente. È così nato un vasto fronte rivale a cui si sono uniti tutti i partiti dell’opposizione, compresi quelli che rappresentano le minoranze tamil e musulmana. Ieri sera è terminata la campagna elettorale e già stamane sono arrivati gli oltre cinquanta osservatori internazionali che avranno il compito di vigilare sulle regolarità delle operazioni di voto e di scrutinio. Schierati anche centinaia di agenti di polizia. Il nuovo premier tunisino Habib Essid (Afp) Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha lanciato un appello affinché il Governo assicuri elezioni pacifiche, tenendo conto anche dei diritti delle minoranze etniche. Rajapaksa — che ha vinto le elezioni presidenziali del 2005 e del 2010 — ha promesso, se premiato dalle urne, un Paese e una società «più disciplinati, rispettosi della legge e più sviluppati». Nel suo ultimo comizio il capo dello Stato ha detto che continuerà a sviluppare anche i territori tamil nel nord e del nordest, controllati fino al 2009 dalla guerriglia separatista delle Tigri per la liberazione dell’Eelam tamil. In una nota, la conferenza episcopale srilankese ha esortato tutti i candidati al voto a non politicizzare l’imminente visita di Papa Francesco, che si recherà nell’isola dal 13 al 15 gennaio prossimi. cordi di quattro mesi fa, come pure il fatto che, stando a quanto denuncia la Renamo, Maputo starebbe ammassando truppe nel centro del Paese e in particolare nei pressi di Mangunde, il villaggio dove risiede Dhlakama (alle elezioni 526.984 voti, pari al 30,89 per cento). La Renamo ha già fatto sapere che se il Frelimo — di cui Nyusi (1.051.921 voti, pari all’61,67 per cento) è esponente di spicco — non riuscirà a formare un Governo di coalizione che lo comprenda, provvederà a crearne uno parallelo. Nyusi suc- cederà al presidente uscente Armando Guebuza, il quale ha ricoperto l’incarico di capo di Stato per due mandati consecutivi, della durata complessiva di dieci anni. Nell’ottobre del 2013 la Resistência Nacional Moçambicana ha denunciato il mancato rispetto degli accordi da parte del Frente de Libertaçao de Moçambique e dell’esercito, espressione del partito al potere. I colloqui di pace sono ripresi in extremis, quando ormai sembrava scontato il ritorno alla sanguinosa guerra civile. Transizione centroafricana prolungata fino ad agosto BANGUI, 7. Agosto del 2015: è questa la nuova data ufficiale in cui si dovrebbe concludere la transizione nella Repubblica Centroafricana, Nazione di oltre cinque milioni di abitanti, incastrata tra Ciad, Sudan e Camerun e attraversata da oltre due anni da un sanguinoso conflitto civile, che ha provocato almeno cinquemila vittime, tra cui molti bambini. La decisione è stata confermata ieri da Denis Sassou Nguesso, il presidente della Repubblica del Congo, che svolge anche la funzione di mediatore nella crisi, in una lettera alle autorità di Bangui. La precedente scadenza per lo svolgimento di elezioni, il prossimo febbraio, «non era più sostenibile» ha precisato Nguesso. Già nel novembre scorso era stato dato l’annuncio di un rinvio certo, ma allora le date indicate dal gruppo internazionale di contatto per la Repubblica Centroafricana e dall’organismo locale incaricato di orga- nizzare il voto erano state quelle di giugno o luglio del 2015. La guerra civile della Repubblica Centroafricana inizia nel dicembre 2012, quando un gruppo di ribelli (Séleka), formato in prevalenza da musulmani, occupa le città del nord del Paese, opponendosi al presidente, Francoise Bozizé, eletto l’anno prima e accusato di non rispettare i termini del trattato di pace che aveva messo fine a un’altra guerra civile, quella del 2007. A inizio 2013 i ribelli conquistano la capitale, Bangui, e a marzo costringono Bozizé alla fuga in Camerun. A seguito del colpo di Stato, il leader dei ribelli, Michel Djotodia, si dichiara presidente. Potrebbe sembrare la fine delle ostilità, ma Djotodia non riesce a pacificare il Paese e a tenere sotto controllo la sua stessa fazione. Il tutto mentre le organizzazioni umanitarie parlano di centinaia di migliaia di profughi e dell’uso massiccio dei bambini soldato. Cadute le basi dei ribelli nel Sud Kivu KINSHASA, 7. Reparti dell’esercito della Repubblica Democratica del Congo e unità speciali inquadrati nella missione dell’Onu Monusco hanno conquistato ieri alcune basi dei ribelli burundesi delle Forze di liberazione nazionale nella provincia orientale del Sud Kivu. Lo ha riferito un portavoce dei caschi blu autorizzati a partecipare a operazioni offensive nel Paese africano, precisando che le basi si trovano nella zona di Ruhoha, nei pressi della città di Uvira, in riva al Lago Tanganica. L’esercito ha negato che l’offensiva sia legata a scontri che si erano verificati la settimana scorsa al di là della frontiera, nel Burundi occidentale. Un episodio, questo, che secondo l’esercito di Bujumbura è parte di un tentativo di destabilizzazione in vista delle elezioni in programma tra maggio e giugno. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015 INTRODUZIONE L’ebola è un’epidemia senza precedenti che sta causando atroci sofferenze e sta seminando morte nella popolazione dell’Africa occidentale costiera. Associata a questa grave epidemia, vi è anche una grande paura provata dalle persone infette, dai loro cari contagiati e dalla popolazione in generale. Nell’Africa occidentale costiera, casi di ebola sono riscontrati dal dicembre del 2013, ma la situazione non è stata riconosciuta come un focolaio dell’epidemia se non alcuni mesi dopo. A tutto novembre 2014, sono stati registrati circa 15.000 casi d’infezione, con 5.000 decessi. In precedenza, nel corso degli ultimi trentacinque anni dall’identificazione del primo caso di ebola, solo 2.500 persone avevano contratto il virus. I leader mondiali, i loro rispettivi governi, gli esperti di sanità pubblica, l’intera società e la Chiesa stanno tutti lottando per trovare una risposta appropriata sia alla dimensione sia alla rapida diffusione di questa epidemia. Sebbene le statistiche pubblicate dall’O rganizzazione mondiale della sanità (Oms) segnalino un qualche decremento del tasso di nuove infezioni in Liberia, si sono registrati anche incrementi di nuovi casi di infezioni in alcune zone della Sierra Leone. Ciò dimostra che la diffusione della malattia cambia molto rapidamente. Tuttavia, è importante notare che l’impatto dell’ebola continuerà a rappresentare ancora a lungo una grave sfida per la zona più colpita e, quindi, saranno sempre più necessari la solidarietà ed il sostegno internazionali. IL RUOLO DELLA CHIESA IN RISPOSTA A QUESTA CRISI La Chiesa è presente nelle comunità locali, rimane sul posto e non va via. Le persone si rivolgono al Signore nei momenti di paura e di bisogno. La Chiesa è sempre in mezzo a loro, testimone visibile della presenza di Gesù Cristo. Lo è particolarmente nei momenti di avversità. Nel corso dei secoli, la Chiesa ha lavorato per consolidare le comunità locali, in modo tale che uomini e donne di ogni cultura possano godere della dignità che Dio ha dato ad ogni persona ed abbiano vita in pienezza. In tal senso, la Chiesa appare un’istituzione affidabile. La Chiesa è grata alla comunità internazionale per gli sforzi profusi. Governi e società hanno mobilitato ingenti risorse che si sono aggiunte a quelle dei paesi pesantemente colpiti dall’epidemia. Grazie a questi sforzi, sono stati forniti strumenti diagnostici, unità specializzate nel trattamento dell’ebola per chi è già stato contagiato dalla malattia, ricerca di farmaci efficaci e di un vaccino per prevenire una futura esplosione di questa epidemia. INTERVENTO SANITARIO Per decenni la Chiesa ha fornito assistenza sanitaria in questa regione divenendo una componente essenziale dell’intera infrastruttura. Il sistema sanitario è stato travolto da questa epidemia dopo che era già stato sottoposto a serie sfide a causa di anni di conflitti armati, disordini sociali e miseria degradante. Poiché gli operatori sanitari nel corso dell’assistenza ai pazienti sono particolarmente vulnerabili al contagio dell’ebola, abbiamo assistito al tragico impatto di questa epidemia all’interno di tali istituzioni ecclesiastiche. Gli ospedali dei Fratelli di San Giovanni di Dio, per esempio, hanno sperimentato la trasmissione del virus nella prestazione di cure ai pazienti e la morte di medici, infermieri ed altri professionisti tra i quali sacerdoti, religiosi e religiose, nonché personale laico. Varie altre strutture sanitarie cattoliche sono state costrette a chiudere o a limitare rigorosamente le cure necessarie all’interno delle comunità in cui operano. Mentre i governi, le agenzie intergovernative e le agenzie umanitarie internazionali stanno sostenendo specificatamente il trattamento dell’ebola nei paesi colpiti, le strutture sanitarie della Chiesa stanno rispondendo alle esigenze di assistenza sanitaria della popolazione civile. A tale scopo, vi è la necessità di rafforzare gli ambulatori, i centri e gli ospedali della Chiesa cattolica. Si ha soprattutto bisogno di dispositivi di Protezione individuale (Dpi), farmaci di prima necessità, formazione, personale, altri mezzi di assistenza finanziaria e tecnica. Tali sforzi contribuiranno a supportare i vari programmi di assistenza sanitaria, anche dopo che l’attuale epidemia verrà debellata. RISPOSTA PASTORALE La Chiesa ha una capacità unica e il mandato di provvedere ai bisogni fisici, emotivi e spirituali di coloro che sono malati e sofferenti. Alcuni nella Chiesa sono chiamati a servire come «medici del corpo», altri invece ricevono la chiamata a servire come «medici dell’anima». «La condivisione fraterna con i malati ci apre alla vera bellezza della vita umana, che comprende anche la sua fragilità, così che possiamo riconoscere la dignità e il valore di ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi, dal concepimento fino alla morte»1. Questa condivisione comprende la preghiera, l’orientamento spirituale e Il documento «Potenziare l’impegno della Chiesa cattolica nella risposta all’emergenza ebola» Cosa bisogna concretamente fare l’amministrazione dei sacramenti. Mentre le norme di sanità pubblica possono impedire che il ministro abbia un contatto diretto con i pazienti affetti da ebola, non dovremmo evitare il contatto con tali persone e dovremmo offrire ad essi e ai membri della loro famiglia la nostra vicinanza spirituale come forma di conforto e di speranza. Sia i ministri pastorali che i laici possono contribuire in vasta misura alla prevenzione della stimmatizzazione e della discriminazione nelle famiglie, nei quartieri, e nelle comunità locali. Gli ammalati, soprattutto quelli contagiati dal virus dell’ebola, i loro familiari, i loro cari e coloro che li assistono, ma anche coloro che sono guariti, possono facilmente diventare vittime di rifiuto, biasimo e abbandono. È compito del sacerdote e dell’operatore sanitario pastorale sconfiggere tale comportamento e ricordare gli insegnamenti religiosi di base al riguardo. In risposta alla sfida dell’ebola, il ruolo della Chiesa è quello di preservare e promuovere la speranza in mezzo alla paura e all’abbandono. LA RISPOSTA COMUNITARIA Come ha affermato Papa Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est: «Secondo il modello offerto dalla parabola del buon Samaritano, la carità cristiana è dapprima semplicemente la risposta a ciò che, in una de- terminata situazione, costituisce la necessità immediata: gli affamati devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati in vista della guarigione». Ha, inoltre, affermato: «Le organizzazioni caritative della Chiesa devono fare il possibile, affinché siano disponibili i relativi mezzi e soprattutto gli uomini e le donne che assumano tali compiti»2. La Chiesa è già presente in molte parti del mondo, prima ancora dell’insorgere delle emergenze. Essa opera attraverso le sue conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, Caritas, congregazioni religiose di suore, sacerdoti e fratelli, così come attraverso organizzazioni e movimenti del laicato cattolico che portano conforto, sollievo e una vasta gamma di servizi sanitari e sociali alle popolazioni che affrontano emergenze su vasta scala. La Chiesa locale nella regione, sostenuta dagli sforzi di solidarietà della Chiesa universale, si è già impegnata al massimo delle sue capacità. Ha contribuito a fornire servizi nelle strutture sanitarie cattoliche, ha chiesto un maggiore sostegno da parte dei governi nazionali e locali e della comunità internazionale, ha avviato programmi di formazione e di volontariato, ha fornito materiale e assistenza pastorale ai bisognosi, ha accompagnato le famiglie ed i loro vicini di casa quando hanno pianto i loro morti e ha contribuito a reinserire chi è guarito dalla malat- Migliorare l’assistenza e rinnovare le strutture Devastate intere famiglie e comunità «La Santa Sede intende esprimere il suo vivo apprezzamento alle Chiese cattoliche locali di Guinea, Liberia e Sierra Leone per la loro tempestiva risposta alla crisi causata dall’ebola. Per potenziare maggiormente i loro sforzi, e come risposta concreta all’emergenza, la Santa Sede offre un contributo finanziario. I fondi saranno a disposizione di strutture sostenute dalla Chiesa per migliorare l’assistenza che esse offrono attraverso istituzioni sanitarie, iniziative comunitarie e la cura pastorale dei malati e del personale sanitario». Così si legge nel comunicato stampa che accompagna il documento Potenziare l’impegno della Chiesa cattolica nella risposta all’emergenza Ebola del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace che pubblichiamo in questa pagina. Documento che descrive per la prima volta — spiega sempre il comunicato — «una risposta pastorale a una malattia relativamente nuova che ha devastato individui, intere famiglie e anche comunità, specialmente nei Paesi dell’Africa occidentale di Guinea, Sierra Leone e Liberia». La Santa Sede, prosegue la nota, «incoraggia anche altri benefattori, privati o pubblici, a contribuire ad accrescere tali fondi in segno di solidarietà con i nostri fratelli e sorelle che soffrono grandemente in queste regioni colpite dalla malattia. Le somme offerte dalla Santa Sede saranno utilizzate, tra l’altro, per l’acquisto di forniture sanitarie di prima necessità, per il trasporto dei malati e per il rinnovamento delle strutture. Parte del contributo della Santa Sede sarà destinato ai residenti di aree circoscritte al fine di sviluppare e potenziare strategie tese a fermare l’espansione dell’ebola. Vi saranno anche fondi destinati ad aiutare le famiglie colpite dal virus e i minori rimasti orfani. Nella sua risposta pastorale, la Santa Sede contribuirà all’assistenza delle persone in aree colpite dal virus attraverso la formazione e l’aiuto fornito ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose e ai laici impegnati in attività pastorali, affinché siano meglio preparati ad affrontare i bisogni di ordine fisico, psichico e spirituale dei malati e di quanti soffrono. La Santa Sede concentrerà i suoi interventi sulle parrocchie, in quanto gran parte dell’attività della Chiesa si svolge a livello della parrocchia, che è un’importante istituzione, basilare nella lotta alle conseguenze causate dall’ebola, che stanno emergendo come un problema serio, particolarmente per i sopravvissuti. La Chiesa cattolica è impegnata da molti decenni a fornire aiuto umanitario e di sviluppo nell’Africa occidentale. La Chiesa quindi conosce bene come le istituzioni sanitarie di ogni tipo — che già stanno affrontando pesanti sfide derivanti dalla povertà e da annose difficoltà sociali e politiche — sono grandemente impegnate dalla presente crisi. Oltre all’attività della Chiesa nella regione, il documento presenta gli sforzi compiuti da numerosi dicasteri della Curia romana, tra cui il Pontificio Consiglio Cor Unum, il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute), Propaganda Fide, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, come pure l’attività di Caritas Internationalis e le organizzazioni a essa collegate. Questo si somma agli sforzi delle Agenzie Cattoliche presenti in molti altri Paesi, quali Catholic Relief Services (Stati Uniti), Missio (Austria), Misereor e Medical Mission Institute (Germania). Gli intensificati sforzi della Chiesa permettono una maggiore risposta a livello parrocchiale e di conseguenza rafforzano le misure atte a contenere la malattia». tia. L’opera della Chiesa a livello comunitario è incentrata nella parrocchia, perché «La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione»3. Con specifico riferimento alla situazione dell’ebola, la sensibilizzazione della comunità, in gran parte centrata nelle parrocchie locali, è uno dei mezzi più importanti per fornire un’educazione adeguata con l’obiettivo di prevenire l’ulteriore diffusione del virus. Tale formazione educativa si estende al livello familiare per aiutare le persone a capire che sono necessari dei cambiamenti essenziali nei comportamenti, al fine di evitare il contatto con i fluidi corporei di parenti malati e anche con i corpi di coloro che sono già morti. In molti luoghi le misure di prevenzione sono state determinanti per un mutamento del corso dell’epidemia. Un altro aspetto fondamentale del contributo della parrocchia alla risposta dell’emergenza ebola è il fatto che questa è vista tra le comunità locali come un’istituzione affidabile, un luogo dove si trasmettono ai parrocchiani informazioni dirette, obiettive e credibili. Le scuole cattoliche forniscono istruzione e sostegno alle famiglie e alle comunità nelle tante diocesi della Liberia, della Sierra Leone e della Guinea; «la scuola cattolica, nonostante difficoltà, ha continuato a voler essere corresponsabile dello sviluppo sociale e culturale delle varie comunità e popoli, di cui è parte, condividendone le gioie e le speranze, le sofferenze, le difficoltà e l’impegno per un autentico progresso umano e comunitario»4. In Liberia e Sierra Leone, le scuole sono state chiuse per molti mesi. La loro riapertura è una priorità assoluta per le comunità più colpite dall’epidemia. Tali decisioni devono essere prese di concerto con i ministeri competenti e con la dovuta attenzione alle esigenze della sanità pubblica. Prima, però, che le scuole cattoliche possano essere riaperte, saranno necessari una formazione ed un sostegno adeguati per gli insegnanti e gli altri dipendenti. LA CHIESA UNIVERSALE SI IMPEGNA PER UNA MIGLIORE RISPOSTA ALL’EBOLA L’impegno della Chiesa cattolica in risposta alla crisi sanitaria causata dal virus ebola è stato notevole. L’azione della Chiesa locale è stata immediata ed instancabile, come detto sopra. Le risorse locali, in termini di investimenti finanziari, beni e servizi alla persona, così come la risposta dei volontari, sono state messe subito a disposizione e continuano ad esserlo. La solidarietà della Chiesa universale con le nostre sorelle e i nostri fratelli, nei paesi fortemente colpiti e in quelli limitrofi, è stata dimostrata da questi impegni, come di seguito indicato, e da tanti altri: Caritas Internationalis ha coordinato gli appelli di emergenza in: Caritas Guinea: 2 programmi; Caritas Sierra Leone: un primo programma ed un secondo programma in preparazione; Caritas Liberia: un programma. Questi appelli sono concentrati principalmente sull’educazione sociale e sulla mobilitazione attraverso strutture comunitarie parrocchiali e locali, ma comprendono anche la formazione degli ecclesiastici e degli altri operatori pastorali. Inoltre, alcune organizzazioni della Caritas, tra cui il Catholic Relief Services degli Stati Uniti, stanno sostenendo programmi di salute nei Paesi più colpiti. Formazione predisposta e pianificazione strategica sono state intraprese dalle organizzazioni Caritas nei seguenti Paesi: Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Mali, Nigeria, Ciad, Togo, Senegal. Le congregazioni religiose e le loro organizzazioni laiche, così come i movimenti di laici cattolici hanno raccolto fondi ed inviato volontari per rispondere alle esigenze delle strutture sanitarie da loro sostenute, nonché alle esigenze speciali quali l’assistenza agli orfani, la mobilitazione della comunità e l’educazio- ne. Altre organizzazioni ispirate alla Chiesa cattolica, tra cui Misereor (Germania), Medical Mission Institute (Germania), e Missio Austria, sono alla ricerca di finanziamenti governativi e non governativi per soddisfare le esigenze delle strutture sanitarie organizzate dalla Chiesa nei Paesi più colpiti ed in quelli vicini. Sensibile alle crescenti esigenze derivanti dalla epidemia di ebola, la Chiesa cattolica, conformemente alla sua missione di servizio, si impegna a promuovere e a mettere in atto una risposta migliore a questa crisi sanitaria urgente. Questo richiederà maggiori risorse finanziarie ed umane. In armonia con i principi di solidarietà e sussidiarietà, l’assistenza sarà fornita alle chiese locali e alle loro istituzioni in modo che questo aiuto possa raggiungere efficacemente coloro che ne hanno più bisogno. Pur riaffermando l’impegno già dimostrato attraverso una vasta gamma di attività ispirate dalla Chiesa ed incoraggiando ulteriori iniziative in tal senso, la Santa Sede desidera mettere a disposizione il proprio impegno, sostenendolo con un contributo finanziario, e offrire suggerimenti per una migliore risposta all’ebola. IL SOSTEGNO FINANZIARIO RAFFORZERÀ I SEGUENTI SETTORI5 Strutture sanitarie legate alla Chiesa — Questo finanziamento sosterrà, tra l’altro, quanto serve per migliorare l’assistenza sanitaria, così come la prevenzione della trasmissione del virus ebola tra il personale e gli altri pazienti: dispositivi di protezione; farmaci; modifiche edilizie; personale; mezzi di trasporto per i pazienti. Risposta comunitaria — Questo finanziamento sarà utilizzato per: addestrare parrocchiani e abitanti delle comunità locali sui cambiamenti comportamentali necessari ad arrestare la diffusione dell’ebola; fornire kit alimentari ed igienici a livello familiare; dare sostegno alle famiglie sotto osservazione in merito alle possibili infezioni da ebola per accedere ad un’alimentazione adeguata e ad altri bisogni essenziali; dare sostegno agli orfani e agli altri bambini e alle famiglie con bisogni speciali; sostenere la riapertura delle scuole cattoliche. Risposta pastorale — Questo finanziamento sarà utilizzato per: addestrare e dare sostegno agli ecclesiastici, ai religiosi, agli operatori pastorali laici ed ai catechisti in modo che possano formare a loro volta parrocchiani e residenti della comunità locale; pubblicare materiale per la formazione. VOLONTARIATO MEDICO, PSICO-SO CIALE ED ALTRA ASSISTENZA TECNICA La Santa Sede riconosce l’urgente necessità per gli ecclesiastici, i religiosi ed i laici di tutto il mondo di assistere la Chiesa locale nella sua risposta a questa crisi, offrendo il loro tempo e le loro competenze nei paesi interessati dall’epidemia o nei loro paesi d’origine. FORMAZIONE DI RETI CATTOLICHE DI SOLIDARIETÀ PER L’EMERGENZA EBOLA Le azioni finora intraprese hanno prodotto insegnamenti positivi e hanno identificato le sfide in atto nella nostra risposta all’emergenza ebola. In questo modo, le organizzazioni legate alla Chiesa possono trarre enorme vantaggio nel condividere risposte efficaci e nel discernere soluzioni per le difficoltà incontrate. Questo tipo di rete è molto importante a livello locale, nei paesi più colpiti e nell’intera regione. Tale condivisione potrebbe anche essere utile alle Conferenze episcopali nazionali e ai consigli episcopali regionali, in quanto condividono le politiche e le riflessioni su come affrontare questa epidemia. A livello mondiale, incoraggiamo discussioni interattive e la pianificazione tra i superiori generali delle congregazioni religiose, le organizzazioni internazionali di ispirazione cattolica ed i movimenti laicali, al fine di garantire il miglior utilizzo delle risorse e delle competenze, nel rispondere alle esigenze mutevoli ed alla natura dinamica di questa epidemia6. Roma, 27 novembre 2014 1 Papa Francesco, Discorso al Congresso di Chirurgia Oncologica, 12 aprile 2014. 2 Papa Benedetto XVI, Deus caritas est, 31a, Libreria Editrice Vaticana, 2005. 3 Papa Francesco, Evangelii gaudium, 28. 4 Congregazione per l’Educazione Cattolica, The Catholic School at the Threshold of the Third Millennium, Città del Vaticano, 1997, 5 (La scuola cattolica alle soglie del terzo millennio). 5 Questo finanziamento sarà gestito da Caritas Internationalis, ma sarà disponibile, su richiesta di progetto per strutture nazionali e diocesane, nonché per Congregazioni religiose ed altre organizzazioni e movimenti ispirati alla Chiesa. 6 A livello globale, è stato chiesto alla Caritas Internationalis di agevolare questo collegamento in rete. A livello nazionale, le Conferenze episcopali possono facilitare questo scambio, e a livello diocesano il vescovo potrebbe fornire tale facilitazione. L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015 pagina 5 Il Patriarca Cirillo durante la divina liturgia del Natale (LaPresse/Ap) In Sicilia un centro di accoglienza per immigrati intitolato a madre Cabrini Una donna contro l’indifferenza di MARIA BARBAGALLO Sono stata fortemente colpita dal messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale della pace 2015. Il Pontefice mette a fuoco la triste condizione della schiavitù di oggi e invita a non “chiudere un occhio” per indifferenza di fronte a questo dramma che tocca da vicino ciascuno di noi, a non voltare lo sguardo di fronte alle sofferenze di tanti fratelli e sorelle. Per questo ho deciso di raccontare la storia di una di queste persone che non “voltano lo sguardo”. Si chiama Antonietta. Antonietta è una donna sposata, madre di due figli, ambedue laureati e in cerca di lavoro. La sua situazione familiare è buona quanto all’affetto che regna nella famiglia, ma modesta dal punto di vista economico. Da oltre vent’anni, Antonietta ha deciso di rendersi utile nell’ambiente in cui vive, Palma di Montechiaro, un paese siciliano in provincia di Agrigento, molto bello, situato su una collina che domina il vicinissimo mare, dal quale approdano migliaia di emigranti. Ha iniziato in parrocchia per aiutare nella catechesi e nei bisogni largo il paese cercando piccole offerte. Poi madre Cabrini l’ha “aiutata” in altri modi. Improvvisamente, Antonietta si trova poi coinvolta nell’arrivo di centinaia di emigranti proprio là, dove lei ha fatto nascere la devozione alla santa degli emigranti, e da circa dieci anni inizia un’attività per aiutarli. Si accorge che c’è qualcosa che non va quando risorse economiche governative finiscono non nelle mani dei migranti, ma in quelle delle famiglie che li accolgono, e non vuole entrare in situazioni poco chiare. Con l’aiuto dei membri della sua associazione, s’impegna in un lavoro di assistenza creando piccole e grandi attività di sostegno a giovani e ragazzi emigranti. Mette a disposizione il garage della sua casa, raccoglie vestiario, coperte, generi alimentari e cerca di dare soccorsi di prima necessità. Poi, con l’aiuto di altre persone, apre un doposcuola per l’insegnamento della lingua italiana, coinvolge l’amministrazione comunale e altri enti, ma non riceve che buone parole e nessun aiuto concreto. missionarie di madre Cabrini, con il quale lei si mantiene in contatto. La congregazione non ha immediate possibilità di intervenire, ma può aiutare. Così, una settimana prima di Natale Antonietta si mette in cerca di una casa. Non può vivere il Natale di Gesù, pensando che quei giovani saranno buttati sulla strada. Trova una casa, l’affitta accollandosi la responsabilità di quello che farà, si consulta con le missionarie del Sacro Cuore, fa il contratto a suo nome, si accerta che i giovani che vuole ospitare saranno rispettati dai vicini e il proprietario della casa sia d’accordo. Prepara la casa, compra letti e coperte decenti e pulite («sapesse — mi dice — come vivono questi ragazzi!»), fa mettere lo scaldabagno per avere acqua calda, fa ripulire i servizi, farà un progetto di integrazione culturale, nominerà un piccolo comitato degli stessi immigrati, cercherà aiuti e sostegno. Infine, il 4 gennaio scorso inaugura il Centro interculturale madre Cabrini. Il motto di Antonietta è: «Ero forestiero e mi avete ospitato». Così termina il messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale della pace 2015: «La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mai». Appello del patriarca di Mosca per il Natale ortodosso Tutti al lavoro per la pace MOSCA, 7. La preghiera per la pace, in particolare per l’Ucraina, è stata la nota dominante contenuta nel tradizionale messaggio natalizio del patriarca di Mosca, Cirillo. Il capo spirituale ortodosso, nella notte tra il 6 e il 7 gennaio, ha celebrato la divina liturgia del Natale — che ricorre oggi per le Chiese che seguono il calendario giuliano — presso la cattedrale di Cristo Salvatore, alla presenza del premier della Federazione russa, Dmitri Medvedev. La celebrazione, trasmessa in diretta da alcuni canali televisivi, è stata preceduta da un saluto che Cirillo ha rivolto ai telespettatori, nel quale ha ribadito l’invito a «lavorare per la pace». Parallelamente, il patriarcato ha diffuso un appello indirizzato al popolo ucraino al quale Cirillo ha espresso vicinanza. «In questi giorni luminosi per tutti i cristiani», l’annuncio di Gesù bambino «raggiunge i nostri cuori» e mette «al bando per sempre la rabbia e l’odio per il vicino e il lontano». In questo senso, ha assicurato il patriarca di Mosca, «il mio cuore va alla gente dell’Ucraina. Il Signore riconcili la gente in Ucraina e in tutto il mondo. Bontà, pace e prosperità auguro a tutti voi». Anche il presidente El Sissi alla messa celebrata da Tawadros II Il peccato che divide gli egiziani la gente più povera, nelle associazioni cattoliche del luogo per diffondere la preghiera, la devozione al Sacro Cuore e, venuta in contatto con la congregazione delle missionarie del Sacro Cuore di Gesù, si è innamorata della fondatrice, santa Francesca Saverio Cabrini, e ha deciso di imitarla. Cosciente che i suoi studi non la rendevano abbastanza colta per divulgare la fede cristiana, Antonietta decide di iscriversi a un corso di teologia; ma per frequentarlo scopre che è necessario un titolo di studio superiore, che lei non ha. Allora si iscrive a una scuola serale per ottenere un titolo di studio superiore che le permetta di accedere alla teologia e allo studio della Sacra Scrittura. Di giorno lavora, fa la madre di famiglia, di sera è a scuola fuori dal suo paese, ritornando a casa a notte inoltrata. Ottenuto il titolo di studio, si è iscritta a un corso regolare di Scienze religiose che ha frequentato per quattro anni, ottenendo il titolo che la abilita all’insegnamento della religione nelle scuole e nella parrocchia. Non riesce però a trovare un posto nella scuola, ma nel frattempo fonda un’associazione di laici che intitola a santa Francesca Cabrini e si prodiga perché venga dedicata una piazza alla “madre degli emigranti” nel suo paese, un luogo dove la maggior parte della popolazione è emigrata verso gli Stati Uniti e poi, negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, si è spopolato per l’emigrazione verso il nord dell’Europa e dell’Italia. Lei stessa ha fatto parte di questa seconda ondata di migranti. Alla fine è riuscita a far scolpire una statua di madre Cabrini con gli emigranti, che fa collocare nella piazza dedicata alla Santa. Per pagare la statua, Antonietta per mesi e mesi ha percorso in lungo e in Antonietta non si scoraggia: instancabile, fonda un piccolo centro per i bambini romeni che vengono inviati a mendicare, per toglierli dalla strada, favorisce cerimonie religiose per ortodossi e cattolici aiutata da uno zelante e anziano sacerdote, riunisce immigrati di ogni etnia per celebrare insieme il Natale, la Pasqua, i compleanni, e passa le settimane cercando di raccogliere con il Banco alimentare quanto più possibile per preparare pacchi che poi distribuisce. Riesce perfino a ricondurre alla fede alcuni cattolici stranieri celebrando battesimi e altri sacramenti. Ma si preoccupa anche di far ottenere il soggiorno ai giovani immigrati, dell’assistenza sanitaria, di far trovare casa e lavoro, di far accettare la loro presenza dialogando e parlando con la gente. I giornali ogni tanto le dedicano qualche trafiletto di encomio. Verso la fine del 2014, si rende conto del pericolo che stanno correndo un gruppo di giovani africani, ospitati nel vecchio macello della città. Un luogo freddo, senza servizi, senza porte e finestre dove, in condizioni drammatiche, si trovano a vivere una trentina di giovani che lei con l’associazione ha cercato di aiutare in vari modi. Inizia l’inverno più rigido e Antonietta non può dormire di notte perché non sa come aiutare questi ragazzi. Ma si sta preparando il peggio: il proprietario di questo stabile ha deciso di venderlo e manderà via i giovani immigrati. Antonietta inizia un viavai presso le sedi ecclesiali, amministrative, per trovare una casa a questi ragazzi. Sembra che qualcosa si trovi, una casa che sarebbe adatta. Ma i vicini quando vengono a sapere che sarebbero andati a vivere là dei giovani africani si ribellano e tutto crolla. Antonietta ne parla con tutti, soprattutto con l’istituto delle IL CAIRO, 7. «Quando Dio creò l’uomo, Egli volle che questo essere vivente fosse in continua comunicazione con Lui; e volle che l’uomo fosse la corona del creato. L’uomo fu la grande creazione del Signore. Ma poi avvenne il peccato, che lo gettò a terra e lo scacciò lontano da ciò che Dio aveva stabilito per lui. Fin dal peccato di Adamo ed Eva, nella sua vita l’uomo divenne soggetto a tutti i peccati in tutte le loro dimensioni». Al significato del peccato e della debolezza dell’uomo il patriarca Tawadros II ha voluto dedicare il messaggio rivolto, come è tradizione, a tutti gli «amati figli» della comunità copta ortodossa sparsi nel mondo in occasione del Natale che — come le Chiese orientali e la maggior parte di quelle ortodosse che seguono il calendario giuliano — è stato festeggiato martedì 6. Il patriarca, che ha celebrato la messa di mezzanotte nella cattedrale di San Marco al Cairo, ha ricordato in particolare che «il peccato si è diffuso insieme alle sue tre debolezze: l’ego dominante, la violenza diffusa e la paura che riempie la vita dell’uomo». E ha sottolineato che «quando operi la pace nel tuo ambito familiare, nel tuo ambito di servizio, nel tuo ambito di lavoro, nella tua Chiesa e nella società, tu puoi eliminare qualsiasi violenza. E quando ti riempi dello spirito della vera gioia interiore questa gioia di cuore può sconfiggere tutte queste debo- lezze, e, attraverso la tua conversione, può scacciare ogni peccato dalla tua vita. Ci auguriamo che il 2015 sia un anno pieno di benedizioni, di bene e di amore, gioia e pace». Alla liturgia della veglia del Natale nella cattedrale di San Marco è intervenuto il presidente egiziano, Abdel Fattah El Sissi. Secondo monsignor Antonios Aziz Mina, vescovo di Guizeh dei Copti, la partecipazione personale del presidente costituisce un evento nuovo nella storia dell’Egitto. «In passato — ha spiegato il presule all’agenzia Fides — i presidenti si limitavano semplicemente ad inviare dei loro rappresentanti. Nel suo intervento, il presidente ha insistito su due concetti molto importanti: ha detto che l’Egitto per millenni è stato un faro di civiltà per tutta l’umanità, e che il mondo di oggi attende ancora che l’Egitto torni a riappropriarsi della sua storia e a esercitare un ruolo rilevante nella comunità internazionale. El Sissi — ha proseguito monsignor Mina — ha ribadito che quando si parla del popolo egiziano, bisogna sempre evitare ulteriori specificazioni di divisione e non bisogna mai chiedere: “Che tipo di egiziano sei?”. Un modo per dire che quello che conta — ha concluso il vescovo di Guizeh dei Copti — è la comune e condivisa cittadinanza, al di là delle differenze culturali e religiose». La celebrazione nella cattedrale di San Marco (Epa) L’impegno per la pace, come accennato, è stato anche il passaggio centrale del messaggio natalizio indirizzato ai membri dell’episcopato, del clero, ai monaci e alle monache e a tutti i fedeli figli e figlie della Chiesa ortodossa russa. «In questi santi giorni natalizi — afferma Cirillo — le preghiere della nostra Chiesa e quelle mie personali sono per la pace nella terra ucraina. Indipendentemente dal luogo di residenza e dalle idee e preferenze politiche dei suoi figli, la Chiesa ortodossa russa compie la missione che lo stesso Cristo le ha affidato. Essa ha fatto e fa quanto può per riappacificare la popolazione e aiutare tutti a superare le conseguenze del conflitto». Anche perché, ha ricordato, «alla base di ogni conflitto, dell’odio e della divisione c’è il peccato» e oggi «vediamo chiaramente in che situazione infernale si ritrova l’uomo quando perde la dignità donatagli da Dio». Da parte sua, ha aggiunto, «la Chiesa, che non smette di annunciare a tutti la grande gioia della nascita del Salvatore, esorta ognuno, in nome di Dio, a credere e tendere al bene: essa propone un cammino che è un’ascesa: dalla ricerca di Dio, alla sua conoscenza, dalla conoscenza di Dio, alla relazione con lui, dalla relazione con Dio, al divenire simili a lui». Infatti, «chiunque viva secondo la fede sa bene che solo la fedeltà a Dio lo tiene lontano dalle opere e dai pensieri malvagi, che solo la fede gli ispira opere a lode di Dio e a vantaggio del prossimo». Anche per questo, «dobbiamo sforzarci di essere ortodossi non solo per le inchieste sociologiche, ma secondo le nostre convinzioni più profonde e il nostro stile di vita». Infatti, «la festa del Natale di Cristo ci ripete l’essenziale: siamo chiamati a imparare ad amare Dio e a servire il nostro Salvatore, che ha donato questa salvezza a tutti i popoli». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015 Il segretario di Stato al Pontificio collegio americano del nord Strumenti per portare gioia Presentato il viaggio del Papa in Sri Lanka e Filippine In Asia nel segno del dialogo Undici discorsi, quattro in Sri Lanka e sette nelle Filippine, tutti pronunciati in inglese; due giornate fitte di appuntamenti nel primo Paese e tre nel secondo; oltre a numerosi spostamenti a cominciare dai lunghi voli della partenza, del trasferimento da Colombo a Manila e del rientro. A pochi giorni dal settimo viaggio internazionale di Papa Francesco, che si svolgerà in Asia dal 12 al 19 gennaio, il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ne ha presentato mercoledì 7 il programma dettagliato. La seconda visita di Papa Bergoglio nel continente asiatico avviene a soli pochi mesi di distanza da quella compiuta in Corea nell’agosto scorso e si inserisce in una consolidata tradizione di viaggi pontifici nei due Paesi. Sia lo Sri Lanka, sia le Filippine, infatti erano già stati meta di pellegrinaggi da parte di Paolo VI e di Giovanni Paolo II. Montini vi si recò alla fine del 1970 e Wojtyła nel gennaio 1995, dopo esser già stato solo nelle Filippine nel febbraio 1981. Quello di Papa Bergoglio sarà un viaggio «nel segno del dialogo e della riconciliazione», ha spiegato il gesuita, sottolineando che in particolare quello in Sri Lanka sarà caratterizzato dalla canonizzazione del primo santo del Paese, l’oratoriano Giuseppe Vaz; da un incontro con i leader del buddismo (professato dal 70 per cento degli abitanti), dell’induismo (12/13 per cento) dell’islam (poco meno del 10 per cento) e del cristianesimo (appena il 7 per cento); e da una visita nel nord abitato dalla minoranza Tamil. Nelle Filippine, unica nazione asiatica a maggioranza cattolica, la visita sarà all’insegna dei temi della misercordia e della compassione, con particolare riferimento alle vittime del tifone Yolanda. Nel contempo il direttore della Sala stampa ha fatto anche notare come la Chiesa locale si appresti a celebrare il quinto centenario dell’evangelizzazione. Scorrendo poi l’agenda degli impegni pontifici, padre Lombardi ha ricordato che la partenza in aereo avverrà alle 18.50 di lunedì 12 dall’aeroporto di Roma-Fiumicino e che l’arrivo allo scalo internazionale di Colombo è previsto alle 9 di martedì 13. Qui ci sarà anche la cerimonia di benvenuto, con il primo discorso sul suolo dello Sri Lanka. Quindi, verso le 13.15, è in programma l’incontro con la Conferenza episcopale nell’arcivescovado di Colombo. Nel pomeriggio Francesco compirà una visita di cortesia al presidente della Repubblica. Chiuderà la giornata l’appuntamento con i capi religiosi nella sala delle conferenze del Bandaranaike memorial. Mercoledì 14 sarà il giorno della canonizzazione del beato Vaz. Il Pa- Evoluzione e prospettive della costituzione apostolica «Pastor bonus» Una storia di riforme Pubblichiamo la prefazione, scritta dal vescovo segretario aggiunto del Supremo tribunale della Segnatura Apostolica, al volume di Stefano Rossano «La costituzione apostolica “Pastor bonus”. Evoluzione storico-giuridica e possibili prospettive future» (Aracne, Ariccia, 2014, pagine 286, euro 16). di GIUSEPPE SCIACCA Quella della Curia Romana — è stato intelligentemente scritto — è la storia delle sue riforme. E, in effetti, quest’organo ministeriale, di natura squisitamente ecclesiale ma purtuttavia di diritto positivo e quindi perfettibile perché fallibile, e viceversa attraverso il quale il Romano Pontefice suole esercitare il suo primato di giurisdizione, che invece appartiene all’irrinunciabile costituzione divina della Chiesa, sin dal suo aurorale apparire, che può identificarsi col presbyte- † Nella luce dell’Epifania dopo una vita di religiosa e apostola tutta a servizio della Chiesa ha raggiunto la casa del Padre ANNA MARIA BALDUCCI già Superiora generale delle Missionarie della Scuola. Le sue consorelle l’affidano con gratitudine a Maria Santissima. Funerali giovedì 8 gennaio alle ore 10 nella basilica di S. Maria sopra Minerva in Roma. † Il Superiore Provinciale e i Religiosi della Provincia Lombardo-Veneta dei Fatebenefratelli annunciano la morte del confratello sacerdote Fra IRENEO CISERANI di anni 97, dei quali 79 vissuti con dedizione e fedeltà al servizio delle persone ammalate e bisognose come Cappellano Ospedaliero e formatore di numerosi Religiosi. Liturgia esequiale: venerdì, 9 gennaio, ore 11 presso la chiesa dell’ospedale «Sacra Famiglia», Erba (Como). rium Apostolicae Sedis, non ha mai cessato, malgrado periodi di più lunga, ma in realtà apparente, stasi, di rigenerarsi attraverso un divenire normativo che ha avuto i suoi momenti salienti in Sisto V (1588), San Pio X (1908), Paolo VI (1967), San Giovanni Paolo II (1988). Tale sviluppo storico ha corrisposto a formidabili snodi nella vita della Chiesa. Il che è avvenuto, come conseguenza, con la costituzione sistina Immensa Aeterni Dei nei confronti del Concilio di Trento, con la Regimini Ecclesiae universae di Papa Montini rispetto al Concilio Vaticano II, con la Pastor bonus di Giovanni Paolo II nei confronti della promulgazione del Codice del 1983, o, per così dire, giocando d’anticipo, come avvenne con il coraggioso intervento di Papa Sarto, che anticipò e sollecitò di quasi un decennio la promulgazione del Codice del 1917. Dal presbyterium alla Cancelleria, al Concistoro alle prime Commissioni Cardinalizie, alle Congregazioni Romane, nelle quali, già nel 1920 un prestigioso canonista quale D. Prümmer scorgeva un significati- vo esempio di «originaria sinodalità permanente», è un complesso cammino nel quale è possibile cogliere la ratio genetica dei vari istituti che compongono la Curia Romana, ed, eventualmente, individuarne il mutamento o addirittura l’eterogenesi. Una storia nella quale non sono nemmeno mancati tentativi e audacie, quali il generoso, e forse qua e là ingenuo, Piano di riforma umiliato a Pio VII di mons. G. A. Sala, poi cardinale, fatto lestamente ritirare per ragioni di opportunità politica dal card. Segretario di Stato Ercole Consalvi, all’epoca plenipotenziario a Vienna per il Congresso, e in seguito ripubblicato nel 1907 da G. Cugnoni, pronipote del Sala. La presente pubblicazione del don Stefano Rossano è il risultato della sua tesi di laurea in diritto canonico e offre la possibilità di ripercorrere le tappe principali di questo iter, il che, nel presente momento in cui — per decisione di S. S. Papa Francesco — si discute di una nuova riforma della Curia e se ne attendono gli esiti, non è certo privo di interesse e di utilità. pa presiederà il rito nel Galle Face Green di Colombo, lo stesso luogo in cui Giovanni Paolo II celebrò la beatificazione vent’anni fa. Quindi, in elicottero, raggiungerà il santuario mariano di Nostra Signora del Rosario a Madhu, nella diocesi settentrionale di Mannar. Al termine rientrerà nella capitale. Nelle prime ore di giovedì 15, prima di congedarsi, il Papa si recherà nell’Istituto culturale Benedetto XVI, una realtà che si occupa di dialogo, ricostruzione e sviluppo in una nazione devastata da trent’anni di conflitto interno. Da lì si trasferirà all’aeroporto di Colombo, dove il decollo alla volta di Manila è previsto per le 9 e l’arrivo intorno alle 17.45. Alla Villamor air base della capitale filippina non sono in programma discorsi. Venerdì 16 il primo atto ufficiale della presenza del Pontefice sarà la cerimonia di benvenuto nel palazzo presidenziale, con la visita al presidente. Successivamente il Papa incontrerà le autorità e il corpo diplomatico sempre nel palazzo presidenziale. Infine nella cattedrale dell’Immacolata Concezione, Francesco celebrerà la messa con vescovi, sacerdoti, religiose, religiosi e seminaristi di Manila. Il pomeriggio sarà caratterizzato da un grande incontro con le famiglie, nell’arena Mall of Asia della capitale. Sabato 17 il Papa si trasferirà nell’isola di Leyte per celebrare la messa a Tacloban. Successivamente, nella residenza dell’arcivescovo di Palo, pranzerà con alcuni superstiti del tifone. Nel pomeriggio di sabato è prevista la benedizione del Pope Francis center for the poor, realizzato con il sostegno del Pontificio Consiglio Cor Unum. Subito dopo, nella cattedrale di Palo, Francesco incontrerà sacerdoti, religiose, religiosi, seminaristi e famiglie dei superstiti, prima di fare rientro a Manila. Domenica 18 sono tre gli appuntamenti in programma. Anzitutto, nell’Università Santo Tomas, ci sarà un breve incontro con i leader religiosi del Paese. Poi, è in agenda la festa con i giovani nel campo sportivo dello stesso ateneo. Infine, nel pomeriggio, il Papa celebrerà la messa nel Rizal park, dove è attesa una folla immensa di fedeli. Lunedì mattina, giornata conclusiva del viaggio, Francesco si congederà dalle Filippine: la cerimonia si svolgerà in mattinata nel padiglione presidenziale della base aerea Villamor. L’arrivo è previsto alle 17.40 all’aeroporto di Roma-Ciampino. Nomine episcopali in Brasile Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Brasile. José Antônio Peruzzo arcivescovo di Curitiba Nato il 19 aprile 1960, a Cascavel, ha compiuto gli studi di primo grado nel collegio marista e quelli di secondo grado nel seminario minore São José di Curitiba. Ha ricevuto la formazione filosofica a Curitiba nella Pontificia università cattolica del Paraná (1979-1981) e quelli teologici nello Studium theologicum (1982-1985). A Roma ha conseguito la licenza in Sacra scrittura presso il Pontificio istituto biblico (1988-1992) e il dottorato in teologia biblica presso la Pontificia università San Tommaso d’Aquino (2002-2004). È stato ordinato sacerdote il 22 dicembre 1985, per l’arcidiocesi di Cascavel, ed è stato coordinatore diocesano della catechesi; professore del centro diocesano di teologia; direttore della scuola catechetica; rettore del seminario di teologia Nossa Senhora de Guadalupe e parroco della cattedrale metropolitana dell’arcidiocesi. Il 24 agosto 2005 è stato nominato vescovo di Palmas - Francisco Beltrão e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 23 novembre. Leomar Antônio Brustolin ausiliare di Porto Alegre Nato il 15 agosto 1967 a Caxias do Sul, ha compiuto gli studi di filosofia presso l’università locale (1984-1986) e quelli di teologia presso la Pontificia università del Rio Grande do Sul (1987-1990). Ha conseguito la licenza in teologia sistematica presso la facoltà dei gesuiti (Faje) a Belo Horizonte (1991-1993) e il dottorato in teologia presso la Pontificia università San Tommaso d’Aquino, a Roma (1997-2000). Ordinato sacerdote il 20 dicembre 1992, è stato vicario parrocchiale della cattedrale di Caxias do Sul, professore di teologia presso la Pontificia università cattolica del Rio Grande do Sul, con sede a Porto Alegre, coordinatore del corso di licenza in teologia presso la medesima università, direttore del corso di teologia per laici e del centro di teologia di Caxias do Sul e, dal 2001, parroco della cattedrale. Il saluto e la benedizione di Papa Francesco sono stati trasmessi dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, ai presenti all’inaugurazione della nuova ala del Pontificio collegio americano del nord a Roma, che ha avuto luogo martedì mattina, 6 gennaio. Nel sottolineare come il Pontefice sia «consapevole dei vincoli tra questa casa di formazione sacerdotale, cioè il Pontificio collegio americano del nord e il successore di Pietro» il porporato ha messo in evidenza come questo legame sia «reso presente in modo speciale in questo nuovo ampliamento del collegio: attraverso l’inclusione di un mattone della porta santa della basilica di San Pietro». Rivolgendosi ai presenti, il segretario di Stato ha detto che a quanti vivono, pregano e lavorano in questo luogo «verrà ricordato questo vincolo con il principe degli apostoli, chiamato a testimoniare la risurrezione e a prendersi cura del gregge di Cristo». Per questo, il nelle nostre comunità». Realtà spesso dolorose, che sollecitano la preghiera, l’azione, la solidarietà, sull’esempio dei magi che «hanno seguito la stella e poi sono tornati alle loro case “per un’altra via”». Ogni cristiano, all’inizio del nuovo anno, deve domandarsi: «Permetterò a Gesù di trasformarmi in un vero strumento della sua luce e della sua pace?». Dal cardinale Parolin poi un invito ai seminaristi, ai formatori e a quanti gravitano intorno alla comunità del Pontificio collegio. «Cari amici nella fede — ha detto — tanti giovani uomini hanno riconosciuto con la guida materna e la saggezza della Chiesa, la chiamata radicale a partecipare al sacerdozio di Gesù: a servire Dio come presbiteri nella sua Chiesa. Conoscete bene il lungo processo di preparazione per poter diventare sacerdoti». A tal fine, ha aggiunto, questo «collegio — come ogni altro seminario nel mondo — cerca di formare e preparare il cuore e l’anima di cardinale ha chiesto di pregare in modo speciale per il Papa e per «coloro che sono chiamati ad assisterlo nel suo ministero di pastore della Chiesa universale». Il cardinale ha richiamato il significato dell’Epifania per sottolineare come i magi abbiano trovato in Gesù «la luce alla quale li ha guidati la stella»: così «la vera meta della loro vita è stata raggiunta». Essi, ha aggiunto, hanno scoperto colui che «è bontà, verità e bellezza» e quindi sono ritornati «al loro Paese cambiati per sempre, viaggiando per un’altra via, affinché i piani malvagi di Erode fossero sventati e per condividere la luce del Salvatore con tutti coloro che incontravano». Alla luce dell’esperienza dei magi, il porporato ha ricordato che tutti i cristiani sono chiamati a un esame di coscienza «dinanzi a Cristo bambino». E ha suggerito alcuni spunti di riflessione: «Stiamo facendo la stessa cosa? Avendo trovato il Salvatore che può salvarci dal buio del nostro peccato stiamo camminando nella sua luce?». Il rischio è quello di dimenticare che «le ricchezze della terra e del mare appartengono a lui; le cose più preziose che possediamo e creiamo sono sue: il nostro oro e il nostro incenso, e perfino la mirra della nostra tristezza sono un’offerta a Cristo, nostra luce». Il segretario di Stato ha quindi invitato a chiedersi se «stiamo rendendo a Dio ciò che gli appartiene, permettendogli di usarci per portare il mondo a lui». Da qui l’assicurazione: «Desideriamo offrire a Dio il meglio di ciò che abbiamo, noi stessi; desideriamo offrire la nostra vita, con Cristo nostro Signore per alleviare la sofferenza nel mondo». Il cardinale ha fatto presente i grandi bisogni della gente: «Tante lacrime in un tempo di grandi perdite; tante tragedie per tante famiglie; grande povertà materiale; e vera povertà spirituale uomini per servire la Chiesa di Cristo». Proprio a questo risponde il nuovo edificio che, grazie alla generosità di benefattori, potrà «facilitare l’ulteriore sviluppo del cuore di uomini nel loro cammino verso il sacerdozio». Per tale motivo, ha proseguito il porporato, «vogliamo permettere al Signore di usarci come suoi strumenti e di usare il materiale con il quale avete costruito per l’edificazione del regno in modo da raggiungere più anime per portare la gioia del Vangelo a un mondo che ha fame di esso». È questa la strada per permettere che «la volontà del Signore venga plasmata attraverso le mani e i cuori dei suoi sacerdoti disposti al servizio, formati qui e in ogni seminario per questo compito». Infine, il cardinale ha affidato alla protezione di Maria, madre della Chiesa e madre di Dio, il nuovo edificio, «chiedendole di modellare ciascuno di noi secondo il modello di suo Figlio», affinché «tutti noi cooperiamo con lei nell’opera di salvezza». Il segretario di Stato ha auspicato che attraverso «la sua fedeltà e il suo amore, e per mezzo della testimonianza degli apostoli in questa città e nel mondo intero, possiamo offrirci sempre più come dolce sacrificio a Cristo nostra luce per la salvezza del mondo». All’inaugurazione erano presenti, tra gli altri, i cardinali Pell, presidente della Segreteria per l’economia, Wuerl, arcivescovo di Washington, Harvey, arciprete della basilica papale di San Paolo fuori le Mura, O’Brien, gran maestro dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, e Cacciavillan, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America; l’arcivescovo Myers di Newark, e i vescovi Vann, di Orange in California, e Murphy di Rockville Centre; monsignor James Francis Checchio, rettore del Pontificio collegio; i benefattori, i signori Mulva. L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015 pagina 7 «L’adorazione dei magi» (basilica di Sant’Apollinare nuovo, Ravenna) L’invito a chiedere al Signore «di vivere lo stesso cammino di conversione vissuto dai magi» per trovare il coraggio «di liberarci dalle nostre illusioni, dalle nostre presunzioni, dalle nostre “luci”», è stato rivolto da Papa Francesco ai fedeli che martedì mattina, 6 gennaio, hanno partecipato alla messa della solennità dell’Epifania, nella basilica di San Pietro. Con il Pontefice hanno concelebrato venticinque cardinali — tra i quali il decano del collegio cardinalizio Angelo Sodano, Francis Arinze, Jozef Tomko e José Saraiva Martins, che sono saliti all’altare al momento della consacrazione — e oltre duecento tra presuli e prelati della Curia romana: fra questi l’arcivescovo Dominique Mamberti e i monsignori Peter Bryan Wells e Antoine Camilleri. Alla messa hanno partecipato, tra gli altri, i cardinali Raffaele Farina, Giovanni Coppa e William Joseph Levada, e l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia. Il servizio liturgico è stato svolto dai ministranti di Propaganda Fide. I canti sono stati eseguiti dalla Cappella Sistina, diretta dal maestro Massimo Palombella, con il coro guida Mater Ecclesiae. Le offerte all’altare sono state portate da due famiglie: Gianni Messe e Manuela Vecchio, con i tre figli, e Rocco e Patrizia Papalia, con le due figlie. Alle intenzioni dei fedeli si è pregato in francese per la Chiesa, in cinese per quanti cercano la verità, in swahili per tutti i popoli della terra, in filippino per i poveri, in russo per le vocazioni. Durante il rito è stato dato il tradizionale annuncio del giorno di Pasqua, che quest’anno cadrà il 5 aprile, e delle altre ricorrenze liturgiche legate alla solennità della risurrezione di Cristo: la Quaresima inizierà il 18 febbraio, mercoledì delle Ceneri; il 14 maggio sarà l’Ascensione, il 24 maggio la Pentecoste e il 4 giugno il Corpus Domini; il 29 novembre, la prima domenica di Avvento. Quel Bambino, nato a Betlemme dalla Vergine Maria, è venuto non soltanto per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità, rappresentata oggi dai Magi, provenienti dall’Oriente. Ed è proprio sui Magi e sul loro cammino alla ricerca del Messia che la Chiesa ci invita oggi a meditare e pregare. Questi Magi venuti dall’O riente sono i primi di quella grande processione di cui ci ha parlato il profeta Isaia nella prima Lettura (cfr. 60 ,1-6): una processione che da allora non si interrompe più, e che attra- verso tutte le epoche riconosce il messaggio della stella e trova il Bambino che ci indica la tenerezza di Dio. Ci sono sempre nuove persone che vengono illuminate dalla luce della stella, che trovano la strada e giungono fino a Lui. I Magi, secondo la tradizione, erano uomini sapienti: studiosi degli astri, scrutatori del cielo, in un contesto culturale e di credenze che attribuiva alle stelle significati e influssi sulle vicende umane. I Magi rappresentano gli uomini e le donne in ricerca di Dio nelle religioni e nelle filosofie del mondo intero: una ricerca Alla messa dell’Epifania il Papa parla della ricerca dei magi La stella e il cammino che non ha mai fine. Uomini e donne in ricerca. I Magi ci indicano la strada sulla quale camminare nella nostra vita. Essi cercavano la vera Luce: «Lumen requirunt lumine», dice un inno liturgico dell’Epifania, riferendosi proprio all’esperienza dei Magi; «Lumen requirunt lumine». Seguendo una luce essi ricercano la luce. Andavano alla ricerca di Dio. Visto il segno della stella, lo hanno interpretato e si sono messi in cammino, hanno fatto un lungo viaggio. È lo Spirito Santo che li ha chiamati e li ha spinti a mettersi in cam- mino; e in questo cammino avverrà anche il loro personale incontro con il vero Dio. Nel loro cammino i Magi incontrano tante difficoltà. Quando arrivano a Gerusalemme loro vanno al palazzo del re, perché considerano ovvio che il nuovo re sarebbe nato nel palazzo reale. Là perdono la vista della stella. Quante volte si perde la vista della stella! E incontrano una tentazione, messa lì dal diavolo: è l’inganno di Erode. Il re Erode si mostra interessato al bambino, ma non per adorarlo, bensì per eliminarlo. Erode è l’uomo di potere, che L’Angelus in piazza San Pietro Un viaggio dell’anima nell’altro riesce a vedere soltanto il rivale. E in fondo egli considera anche Dio come un rivale, anzi come il rivale più pericoloso. Nel palazzo i Magi attraversano un momento di oscurità, di desolazione, che riescono a superare grazie ai suggerimenti dello Spirito Santo, che parla mediante le profezie della Sacra Scrittura. Queste indicano che il Messia nascerà a Betlemme, la città di Davide. A quel punto riprendono il cammino e rivedono la stella: l’evangelista annota che provarono «una gioia grandissima» (Mt 2, 10), una vera consolazione. Giunti a Betlemme, trovarono «il bambino con Maria sua madre» (Mt 2, 11). Dopo quella di Gerusalemme, questa per loro fu la seconda, grande tentazione: rifiutare questa piccolezza. E invece: «Si prostrarono e lo adorarono», offrendogli i loro doni preziosi e simbolici. È sempre la grazia dello Spirito Santo che li aiuta: quella grazia che, mediante la stella, li aveva chiamati e guidati lungo il cammino, ora li fa entrare nel mistero. Quella stella che ha accompagnato il cammino li fa entrare nel mistero. Guidati dallo Spirito, arrivano a riconoscere che i criteri di Dio sono molto diversi da quelli degli uomini, che Dio non si manifesta nella potenza di questo mondo, ma si rivolge a noi nell’umiltà del suo amore. L’amore di Dio è grande, sì. L’amore di Dio è potente, sì. Ma l’amore di Dio è umile, tanto umile! I Magi sono così modelli di conversione alla vera fede perché hanno creduto più nella bontà di Dio che non nell’apparente splendore del potere. E allora ci possiamo chiedere: qual è il mistero in cui Dio si nasconde? Dove posso incontrarlo? Vediamo attorno a noi guerre, sfruttamento di bambini, torture, traffici di armi, tratta di persone... In tutte queste realtà, in tutti questi fratelli e sorelle più piccoli che soffrono per tali situazioni, c’è Gesù (cfr. Mt 25, 40.45). Il presepe ci prospetta una strada diversa da quella vagheggiata dalla mentalità mondana: è la strada dell’abbassamento di Dio, quell’umiltà dell’amore di Dio si abbassa, si annienta, la sua gloria nascosta nella mangiatoia di Betlemme, nella croce sul calvario, nel fratello e nella sorella che soffre. I Magi sono entrati nel mistero. Sono passati dai calcoli umani al mistero: e questa è stata la loro conversione. E la nostra? Chiediamo al Signore che ci conceda di vivere lo stesso cammino di conversione vissuto dai Magi. Che ci difenda e ci liberi dalle tentazioni che nascondono la stella. Che abbiamo sempre l’inquietudine di domandarci: dov’è la stella?, quando — in mezzo agli inganni mondani — l’abbiamo persa di vista. Che impariamo a conoscere in modo sempre nuovo il mistero di Dio, che non ci scandalizziamo del “segno”, dell’indicazione, quel segno detto dagli Angeli: «Un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2, 12), e che abbiamo l’umiltà di chiedere alla Madre, alla nostra Madre, che ce lo mostri. Che troviamo il coraggio di liberarci dalle nostre illusioni, dalle nostre presunzioni, dalle nostre “luci”, e che cerchiamo questo coraggio nell’umiltà della fede e possiamo incontrare la Luce, Lumen, come hanno fatto i santi Magi. Che possiamo entrare nel mistero. Così sia. Gruppi di fedeli all’udienza generale All’udienza generale di mercoledì 7 gennaio, nell’Aula Paolo VI, erano presenti i seguenti gruppi. Da diversi Paesi: Partecipanti al Capi- L’itinerario dei magi come «viaggio dell’anima» e «cammino verso l’incontro con Cristo» è stato riproposto dal Papa ai fedeli presenti in piazza San Pietro per l’Angelus di martedì 6 gennaio, solennità dell’Epifania. Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Buona festa! Nella notte di Natale abbiamo meditato l’accorrere alla grotta di Betlemme di alcuni pastori appartenenti al popolo d’Israele; oggi, solennità dell’Epifania, facciamo memoria dell’arrivo dei Magi, che giunsero dall’Oriente per adorare il neonato Re dei Giudei e Salvatore universale e offrirgli doni simbolici. Con il loro gesto di adorazione, i Magi testimoniano che Gesù è venuto sulla terra per salvare non un solo popolo, ma tutte le genti. Pertanto, nella festa odierna il nostro sguardo si allarga all’orizzonte del mondo intero per celebrare la “manifestazione” del Signore a tutti i popoli, cioè la manifestazione dell’amore e della salvezza universale di Dio. Egli non riserva il suo amore ad alcuni privilegiati, ma lo offre a tutti. Come di tutti è il Creatore e il Padre, così di tutti vuole essere il Salvatore. Per questo, siamo chiamati a nutrire sempre grande fiducia e speranza nei confronti di ogni persona e della sua salvezza: anche coloro che ci sembrano lontani dal Signore sono seguiti — o meglio “inseguiti” — dal suo amore appassionato, dal suo amore fedele e anche umile. Perché l’amore di Dio è umile, tanto umile! Il racconto evangelico dei Magi descrive il loro viaggio dall’Oriente come un viaggio dell’anima, come un cammino verso l’incontro con Cristo. Essi sono attenti ai segni che ne indicano la presenza; sono instancabili nell’affrontare le difficoltà della ricerca; sono coraggiosi nel trarre le conseguenze di vita derivanti dall’incontro con il Signore. La vita è questa: la vita cristiana è camminare, ma essendo attenti, instancabili e coraggio- si. Così cammina un cristiano. Camminare attento, instancabile e coraggioso. L’esperienza dei Magi evoca il cammino di ogni uomo verso Cristo. Come per i Magi, anche per noi cercare Dio vuol dire camminare — e come dicevo: attento, instancabile e coraggioso — fissando il cielo e scorgendo nel segno visibile della stella il Dio invisibile che parla al nostro cuore. La stella che è in grado di guidare ogni uomo a Gesù è la Parola di Dio, Parola che è nella Bibbia, nei Vangeli. La Parola di Dio è luce che orienta il nostro cammino, nutre la nostra fede e la rigenera. È la Parola di Dio che rinnova continuamente i nostri cuori, e le nostre comunità. Pertanto non dimentichiamo di leggerla e meditarla ogni giorno, affinché diventi per ciascuno come una fiamma che portiamo dentro di noi per rischiarare i nostri passi, e anche quelli di chi cammina accanto a noi, che forse stenta a trovare la strada verso Cristo. Sempre con la Parola di Dio! La Parola di Dio a portata di mano: un piccolo Vangelo in tasca, nella borsa, sempre, per leggerlo. Non dimenticatevi di questo: sempre con me la Parola di D io! In questo giorno dell’Epifania, il nostro pensiero va anche ai fratelli e alle sorelle dell’Oriente cristiano, cattolici e ortodossi, molti dei quali celebrano domani il Natale del Signore. Ad essi giunga il nostro affettuoso augurio. Mi piace poi ricordare che oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Infanzia Missionaria. È la festa dei bambini che vivono con gioia il dono della fede e pregano perché la luce di Gesù arrivi a tutti i fanciulli del mondo. Incoraggio gli educatori a coltivare nei piccoli lo spirito missionario. Che non siano bambini e ragazzi chiusi, ma aperti; che vedano un grande orizzonte, che il loro cuore vada avanti verso l’orizzonte, affinché nascano tra loro testimoni della tenerezza di Dio e annunciatori del Vangelo. Ci rivolgiamo ora alla Vergine Maria e invochiamo la sua protezione sulla Chiesa universale, affinché diffonda nel mondo intero il Vangelo di Cristo, la luce delle genti, luce di tutti i popoli. E che Lei ci faccia essere sempre più in cammino; ci faccia camminare e nel cammino essere attenti, instancabili e coraggiosi. Dopo la preghiera mariana il Pontefice ha salutato con queste parole i gruppi di fedeli presenti in piazza. Cari fratelli e sorelle, saluto tutti voi, romani e pellegrini, rinnovando l’augurio di pace e di ogni bene nel Signore. Saluto i fedeli venuti da Aachen (Germania), da Kilbeggan (Irlanda), e gli studenti di Northfield - Minnesota (Stati Uniti d’America); i cresimandi di Romano di Lombardia e i loro genitori; i fedeli di Biassono, Verona, Arzignano, Acerra e di alcune Diocesi della Puglia; e i giovani dell’Opera Don Orione. Un saluto speciale a quanti danno vita al Corteo storico-folcloristico, che quest’anno è dedicato al territorio dei Comuni di Segni, Artena, Carpineto Romano, Gorga e Montelanico. E ricordatevi bene: la vita è un camminare, camminare sempre, cercando Dio. Camminare attenti, instancabili e coraggiosi. E manca una cosa, manca una cosa: attenti, instancabili, coraggiosi... e che cosa manca? Camminare con la luce! E cos’è è la luce? Il Vangelo, la Parola di Dio. Sempre col Vangelo: in tasca, nella borsa, per leggerlo, sempre con noi. Camminare, attenti, instancabili, coraggiosi e con la luce della Parola di Dio. A tutti auguro una buona festa. Non dimenticatevi di pregare per me e buon pranzo. Arrivederci! tolo Generale delle Sorelle Misericordiose; Partecipanti al Festival Internazionale di Roma Capitale-Golden Circus. Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Natività di Maria Vergine, in Rudiano; Sacro Cuore e San Giorgio, in Cizzago; Cristo Divino Lavoratore, in Ancona; Madonna della Neve, in Fragnete. Soci dei Lions Clubs, di Mistretta; Soci Unindustria, di Bologna. Gruppi di fedeli da: Castiglione delle Stiviere, Grottaminarda, Terlizzi. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Croazia. I polacchi: Grupa byłych więźniów obozu koncentracyjnego Auschwitz; pielgrzymi indywidualni. De France: Etablissement scolaire Saint-Michel de Picpus, de Saint-Mandé; groupe Une foi Medias de France. From Ireland: Pilgrims from the Céilí Catholic Community for Evangelisation. From Australia: Students and Faculty from Somerset College. From the Finland: An Ecumenical Group of Lutherans. From Indonesia: A Group of Pilgrims. From the United States of America: Pilgrims from: The Archdiocese of Galveston-Houston; The Diocese of Steubenville; Saint John the Baptist Parish, Mankato, Minnesota. Students and Faculty from: The University of Delaware, Newark, Delaware; The University of Saint Thomas, Saint Paul, Minnesota; Saint John’s University, Rome Campus; Salisbury University, Salisbury, Maryland; Rider University Lawrenceville, New Jersey; The University of Stony Brook, New York. Members of the Honors Choir of the Ursuline School, New York. Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde St. Martinus, Borsum; Internationales Auschwitz Komitee. De España: grupos de peregrinos. De Argentina: grupos de peregrinos. Lutti nell’episcopato Monsignor Joseph Djida, vescovo di Ngaoundéré, in Camerun, è morto improvvisamente nella sera di martedì 6 gennaio. Il compianto presule era nato in Mayo-Darlé, diocesi di Ngaoundéré, l’8 aprile 1945, ed era stato ordinato sacerdote degli oblati di Maria Immacolata il 5 dicembre 1976. Eletto alla sede residenziale di Ngaoundéré il 23 ottobre 2000, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 febbraio 2001. Monsignor Bernard Joseph McLaughlin, vescovo titolare di Mottola, già ausiliare di Buffalo, negli Stati Uniti d’America, è morto lunedì 5 gennaio all’età di 102 anni. Il compianto presule era infatti nato il 19 novembre 1912 ed era stato ordinato il 21 dicembre 1935. Eletto alla sede titolare di Mottola e nel contempo nominato ausiliare di Buffalo il 28 dicembre 1968, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 6 gennaio 1969. Aveva rinunciato all’ufficio pastorale il 5 gennaio 1988. Le esequie saranno celebrate il 10 gennaio nella cattedrale di Saint Joseph a Buffalo. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 mercoledì-giovedì 7-8 gennaio 2015 Pablo Picasso «Madre e figlio» (1902) All’udienza generale Papa Francesco prosegue il ciclo di riflessioni sulla famiglia Inno alle madri Sono l’antidoto all’individualismo e senza di loro la società sarebbe disumana Il «ruolo centrale» delle mamme nella società è stato sottolineato dal Papa all’udienza generale di mercoledì 7 gennaio, nell’Aula Paolo VI. «Sono l’antidoto più forte all’individualismo» ha ricordato il Pontefice, rimarcando che spesso la loro disponibilità viene sfruttata «per risparmiare sulle spese sociali». Cari fratelli e sorelle, buongiorno. Oggi continuiamo con le catechesi sulla Chiesa e faremo una riflessione sulla Chiesa madre. La Chiesa è madre. La nostra Santa madre Chiesa. In questi giorni la liturgia della Chiesa ha posto dinanzi ai nostri occhi l’icona della Vergine Maria Madre di Dio. Il primo giorno dell’anno è la festa della Madre di Dio, a cui segue l’Epifania, con il ricordo della visita dei Magi. Scrive l’evangelista Matteo: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2, 11). È la Madre che, dopo averlo generato, presenta il Figlio al mondo. Lei ci dà Gesù, lei ci mostra Gesù, lei ci fa vedere Gesù. Continuiamo con le catechesi sulla famiglia e nella famiglia c’è la madre. Ogni persona umana deve la vita a una madre, e quasi sempre deve a lei molto della propria esistenza successiva, della formazione umana e spirituale. La madre, però, pur essendo molto esaltata dal punto di vista simbolico, — tante poesie, tante cose belle che si dicono poeticamente della madre — viene poco ascoltata e poco aiutata nella vita quotidiana, poco considerata nel suo ruolo centrale nella società. Anzi, spesso si approfitta della disponibilità delle madri a sacrificarsi per i figli per “risparmiare” sulle spese sociali. Accade che anche nella comunità cristiana la madre non sia sempre tenuta nel giusto conto, che sia poco ascoltata. Eppure al centro della vita della Chiesa c’è la Madre di Gesù. Forse le madri, pronte a tanti sacrifici per i propri figli, e non di rado anche per quelli altrui, dovrebbero trovare più ascolto. Bisognerebbe comprendere di più la loro lotta quotidiana per essere efficienti al lavoro e attente e affettuose in famiglia; bisognerebbe capire meglio a che cosa esse aspirano per esprimere i frutti migliori e autentici della loro emancipazione. Una madre con i figli ha sempre problemi, sempre lavoro. Io ricordo a casa, eravamo cinque figli e mentre uno ne faceva una, l’altro pensava di farne un’altra, e la povera mamma andava da una parte all’altra, ma era felice. Ci ha dato tanto. Le madri sono l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico. “Individuo” vuol dire “che non si può dividere”. Le madri invece si “dividono”, a partire da quando ospitano un figlio per darlo al mondo e farlo crescere. Sono esse, le madri, a odiare maggiormente la guerra, che uccide i loro figli. Tante volte ho pensato a quelle mamme quando hanno ricevuto la lettera: «Le dico che suo figlio è caduto in difesa della patria...». Povere donne! Come soffre una madre! Sono esse a testimoniare la bellezza della vita. L’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero diceva che le mamme vivono un “martirio materno”. Nell’omelia per il funerale di un prete assassinato dagli squadroni della morte, egli disse, riecheggiando il Concilio Vaticano II: «Tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore... Dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio, è dare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nel compimento onesto del dovere; in quel silenzio della vita quotidiana; dare la vita a poco a poco? Sì, come la dà una madre, che senza timore, con la semplicità del martirio materno, concepisce nel suo seno un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo fa crescere e accudisce con affetto. È dare la vita. È martirio». Fino a qui la citazione. Sì, essere madre non significa solo mettere al mondo un figlio, ma è anche una scelta di vita. Cosa sceglie una madre, qual è la scelta di vita di una madre? La scelta di vita di una madre è la scelta di dare la vita. E questo è grande, questo è bello. Una società senza madri sarebbe una società disumana, perché le madri sanno testimoniare sempre, anche nei momenti peggiori, la tenerezza, la dedizione, la forza morale. Le madri trasmettono spesso anche il senso più profondo della pratica religiosa: nelle prime preghiere, nei primi gesti di devozione che un bambino impara, è inscritto il valore della fede nella vita di un essere umano. È un messaggio che le madri credenti sanno trasmettere senza tante spiegazioni: queste arriveranno dopo, ma il germe della fede sta in quei primi, preziosissimi momenti. Senza le madri, non solo non ci sarebbero nuovi fedeli, ma la fede perderebbe buona parte del suo calore semplice e profondo. E la Chiesa è madre, con tutto questo, è nostra madre! Noi non siamo orfani, abbiamo una madre! La Madonna, la madre Chiesa, e la nostra mamma. Non siamo orfani, siamo figli della Chiesa, siamo figli della Madonna, e siamo figli delle nostre madri. Carissime mamme, grazie, grazie per ciò che siete nella famiglia e per ciò che date alla Chiesa e al mondo. E a te, amata Chiesa, grazie, grazie per essere madre. E a te, Maria, madre di Dio, grazie per farci vedere Gesù. E grazie a tutte le mamme qui presenti: le salutiamo con un applauso! Nei saluti ai fedeli il Pontefice ringrazia la gente del circo L’umanità ha bisogno di bellezza L’umanità oggi «ha tanto bisogno di bellezza». Lo ha ricordato Francesco al termine della catechesi, rivolgendo parole di gratitudine e di apprezzamento agli artisti del circo esibitisi davanti a lui. Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese, in particolare la delegazione degli “imam” francesi impegnata nelle relazioni cristiano-musulmane, come pure il gruppo proveniente da diversi mass-media francesi. In questo tempo di Natale, auguro a tutti di proseguire con coraggio il vostro impegno al servizio della pace, della fraternità e della verità. Che Dio vi benedica. Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, ascoltiamo le nostre mamme! Una mamma sa sempre che cosa è importante perché un figlio cammini bene nella vita ed è sempre pronta a sacrificare la vita per i propri figli! Il Signore vi benedica e custodisca le vostre madri! Saluto cordialmente i pellegrini polacchi e, in particolare, la delegazione dei superstiti del campo di concentramento di Auschwitz, liberati settant’anni fa. gente che fa lo spettacolo nel circo crea bellezza, sono creatori di bellezza. E questo fa bene all’anima. Quanto bisogno noi abbiamo di bellezza! È vero, la nostra vita è molto pratica, fare le cose, portare avanti il lavoro, questo si deve fare: il fare, il linguaggio delle mani, il fare. Ma la nostra vita è anche il pensare, la ragione. E quello è importante perché noi siamo animali che pensano; no che pensano come animali! Noi siamo animali che pensano. Il pensare, il linguaggio della mente, è importante. Siamo anche persone che amano, che hanno questa capacità di amare: il linguaggio del cuore. C’è il brava nell’equilibrio, nello spettacolo, ma soprattuto brava nel fare bellezza. Grazie tante a tutti voi. A tutti i pellegrini di lingua italiana presenti a questa prima Udienza Generale del 2015 porgo un cordiale augurio di speranza e di pace per il nuovo anno. Saluto le Sorelle Misericordiose e le Orsoline della Sacra Famiglia, qui convenute in occasione dei rispettivi Capitoli Generali, e le esorto a trasmettere con la testimonianza della loro vita la gioia della corrispondenza fedele alla divina chiamata. Saluto voi componenti del Golden Circus di Liana Orfei e vi incoraggio non solo ad essere porta- linguaggio della mente, pensare; il linguaggio del cuore, amare; il linguaggio delle mani, fare. E tutti questi tre linguaggi si uniscono per fare l’armonia della persona. E lì è la bellezza; e queste persone che oggi hanno fatto questo spettacolo, sono creatori di armonia, creatori di bellezza, che insegnano la strada superiore della bellezza. Dio certamente è vero, Dio certamente è buono, Dio certamente sa fare le cose, ha creato il mondo, ma soprattutto Dio è bello! La bellezza di Dio. Tante volte noi ci dimentichiamo della bellezza! L’umanità pensa, sente, fa, ma oggi ha tanto bisogno di bellezza. Non dimentichiamo questo e ringraziamo questa gente brava nel fare, tori del sorriso e messaggeri di solidarietà fra i popoli e le nazioni, ma soprattutto creatori di bellezza, ne abbiamo bisogno! Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Gli sposi novelli io li chiamo i coraggiosi perché oggi ci vuole coraggio per sposarsi! Sono bravi. Dopo la Solennità dell’Epifania, continuiamo anche noi a guardare quella stella che i Magi inseguirono. Cari giovani, siate testimoni entusiasti della luce di Cristo tra i vostri coetanei; cari malati, attingete a questa luce il coraggio nel dolore; e voi, cari sposi novelli, siate segno della presenza luminosa di Dio col vostro amore fedele. Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Irlanda, Finlandia, Indonesia, Australia e Stati Uniti d’America. Ringrazio il coro per la sua lode a Dio attraverso il canto. Nella gioia di questo tempo natalizio, invoco su voi e sulle vostre famiglie la grazia e la pace del Signore Gesù, figlio di Dio e figlio di Maria, nostra Madre. Dio vi benedica! Sono lieto di accogliere i fedeli di lingua tedesca presenti a quest’Udienza. In particolare saluto il gruppo del Comitato internazionale di Auschwitz e le squadre giovanili del FC Südtirol. Ringraziamo le madri per ciò che sono nella famiglia e per ciò che danno alla Chiesa e al mondo. A tutti voi auguro un buon soggiorno a Roma. Dio vi benedica. Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, México, Argentina y otros países. Encomendamos a la Santísima Virgen María a todas las madres, agradeciéndoles lo que son y lo que ofrecen a la familia y la Iglesia. Dios os bendiga. Cari pellegrini di lingua portoghese, riconoscente per gli auguri e per le preghiere a Dio rivolte per me durante queste festività di Natale, vi auguro di tutto cuore un Buon Anno, chiedendo alla Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, che sia la stella che protegge la vita delle vostre famiglie. Dio vi benedica. Cari fedeli, in questo periodo natalizio, guardando Maria, Madre di Dio, voglio rivolgermi a tutte le madri: carissime mamme, grazie, grazie, per ciò che siete nella famiglia e per ciò che date alla Chiesa e al mondo. La benedizione di Dio vi accompagni sempre. Sia lodato Gesù Cristo! Prima di tutto vorrei ringraziare le persone del circo che sono venute qui. Uno pensa: «Andiamo al circo, ci divertiamo un po’...». Sì, quello è vero, il circo è uno spettacolo e passiamo un buon tempo lì. Vediamo anche uomini e donne che fanno cose strane, che sono bravi nell’equilibrio: sì, questo è vero, lo abbiamo visto. Eccoli lì, salutiamoli tutti! Ma ci insegna anche una cosa in più. La Dagli imam francesi un gesto di dialogo e amicizia Sei sopravvissuti al lager di Auschwitz e quattro imam francesi hanno partecipato stamani alla prima udienza generale del 2015, testimoniando al Papa, gli uni accanto agli altri, «l’urgenza della pace e l’impegno contro ogni violenza». La prima, forte testimonianza di pace è quella dei quattro imam francesi che da anni lavorano insieme ai cattolici per promuovere un dialogo concreto. «Quando ci si conosce e si creano rapporti di amicizia è poi più facile anche affrontare le questioni più complesse» spiega monsignor Michel Dubost, vescovo di EvryCorbeil-Essonnes, presidente del consiglio della Conferenza episcopale francese per le relazioni interreligiose. «Questa visita non è un fatto episodico, isolato. Siamo qui per dare un segnale comune del nostro impegno per la pace» dice, rimarcando «come questo sia il primo incontro di una così alta rappresentanza di musulmani francesi con il Papa». Del resto, aggiunge, «il nostro lavoro ci sta portando ad affrontare alla radice la questione del fondamentalismo e dell’intolleranza, per provare a dare una risposta alle preoccupanti tensioni che si avvertono in tante parti dell’Europa, ma anche alla delicata questione del Medio oriente». Presentando gli imam al Pontefice, monsignor Dubost ha rimarcato i loro «profili di profonda spiritualità». Azzedine Gaci è rettore della moschea di Orhman a Villeurbanne, Tareq Oubrou è rettore della grande moschea di Bordeaux, Mohammed Moussaoui è presidente dell’Unione delle moschee francesi e Djelloul Seddiki è direttore dell’istituto Al Ghazali della grande moschea di Parigi. Con loro c’era anche il sacerdote Christophe Roucou, direttore del servizio della Conferenza episcopale per le relazioni con l’islam. A Roma la delegazione islamica avrà una serie di incontri di alto livello che culmineranno, giovedì 8, con il colloquio con il cardinale Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso A settant’anni dalla loro liberazione, gli ex deportati del più famigerato lager nazista — con al collo una sciarpa tagliata dalla divisa indossata nel lager — hanno raccontato a Francesco le loro storie. Kazimierz Albin, 93 anni, polacco, aveva appena sedici anni quando arrivò ad Auschwitz «con il primo carico di detenuti». Riuscì a fuggire ma, racconta, «quegli aguzzini si vendicarono deportando e uccidendo mia mamma e mia sorella». Marian Turski, 89 anni, ha dedicato tutto se stesso «per non far perdere la memoria di quanto è accaduto, con la forza di chi è sopravvissuto alle “marce della morte” tra Buchenwald e Auschwitz». Zofya Posmysz, 91 anni, porta al collo una medaglietta con il volto di Cristo coronato di spine, «fatta da un prigioniero poco prima di essere ucciso». E a Francesco ha donato Christus von Auschwitz, il libro in cui ha raccontato la sua esperienza. Esther Bejarano, 91 anni, ha avuto salva la vita grazie «alla grande passione per la musica: i nazisti mi misero nell’orchestra del campo facendomi suonare notte e giorno». Raphael Esrail, 90 anni, francese, ha invece salvato «tante persone truccando documenti», a rischio della propria vita. «Sono ebreo — racconta — ma i miei migliori amici nel lager erano cattolici e ho anche sposato una donna cattolica». Infine Felix Kolmer, 93 anni, originario di Praga, ricorda «ogni istante vissuto vicino alle persone destinate alla morte nella camera a gas». Accanto a loro c’erano anche tre giovani tedeschi che oggi prestano servizio nel lager come volontari. «Abbiamo appena rimesso a posto la staccionata e risistemato la sezione dove sono conservate le scarpe appartenute ai prigionieri» dicono. «Proprio i giovani sono un segno di speranza» spiega Christoph Heubner, vice presidente dell’Internationales Auschwitz Komitee, e «confermano l’obiettivo per cui il comitato è stato fondato nel 1952 dagli stessi sopravvissuti: fare il possibile perché non si ripetano mai più gli orrori dei lager». Al Papa è stata donata una piccola scultura: la “b” rovesciata della scritta, tragicamente nota, Arbeit macht frei, provocatoriamente posta all’ingresso di Auschwitz. Essa simboleggia, spiega Heubner, «uno scatto di dignità che capovolge, appunto, l’ignobile significato di una menzogna». Un esemplare della scultura è già stato consegnato, tra gli altri, a Ban Kimoon, Shimon Peres e Angela Merkel. Al termine dell’udienza, cinque cuochi ungheresi, che nel giorno dell’Epifania hanno preparato duecento pasti per i poveri assistiti a Roma dalla comunità di Sant’Egidio, hanno presentato al Papa motivazioni e contenuti della loro esperienza, «nata dopo aver ascoltato gli appelli di Francesco per i poveri». Con il sostegno del comune di Kapuvár, in diocesi di Győr, si sono rivolti all’elemosiniere pontificio monsignor Krajewski per realizzare il loro progetto di solidarietà. Non è mancato, infine, l’originale e colorato augurio del mondo del circo. Secondo una consolidata consuetudine, gli artisti e il personale del Golden circus, diretto da Liana Orfei, hanno voluto presentare alcuni numeri spettacolari del loro repertorio al Papa, che li ha salutati con parole di gratitudine e apprezzamento. Prima dell’udienza, all’esterno dell’Aula, il cavallo Imperator, di razza lusitana, aveva accolto Francesco con un inchino, accompagnato dalla sua addestratrice Laura.