La redazione di Campo de` fiori si associa agli auguri
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La redazione di Campo de` fiori si associa agli auguri
Campo de’ fiori 2 SOMMARIO Editoriale: Foglie d’autunno................................... 3 Collezionismo: Il Presepe fra religiosità, artigianato e collezionismo..................................... 6-7 Roma che se n’è andata: C’era una volta il ghetto.................... 8-9 Suonare Suonare: Roberto Ciotti............................10-11-12 Cinema News: Funeral Party...................................... 14 Monumenti: vita, vicende, restauri: Il Tempio di Venere..............................19 Vita Cittadina.................................... 60 Fabrica di Roma Teatro d’Autunno .....54 Attualità: Festival della canzone romana..........4-5 Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Trocchi”....................................16 CAP in memoria di Ivan Rossi..............21 Motoclub Arditi Racing...........................52 Marcia per la pace.................................53 Salviamo l’Andosilla...............................56 I Girasoli ..............................................17 La Rubrica dei Perchè.........................61 Ecologia e ambiente: La politica, l’economia e un ambiente dimenticato............................................50 Neuropsichiatria, Psicologia, Logopedia, Psicopedagogia: Di dislessia non se ne parla mai abbastanza....................................................30 Le guide di Campo de’ fiori: Filacciano.........................................22-23 Come eravamo: Quando il bullo si chiamava “Giggi”......28 Civitonici illustri: Il Preside Alfredo Crestoni..............32-33 Arte: Ercole Ercoli.........................................18 Miniature in legno di Mariangeli...........49 Ugo Levita e Civita Castellana............51 Messaggi:............................34-35-36-37 Una “Fabrica” di ricordi: Cinema Smeraldo................................27 Il Fumetto: Pinocchio ............................................42 L’angolo CIN CIN: La conservazione ...............................45 Album dei ricordi..........................46-47 Le storie di Max: Mina.......................40 Noel.....................................................48 Annunci Gratuiti...........................58-59 Selezione offerte immobiliari............62 Nel cuore............................................63 In copertina: Veduta autunnale del Lago di Vico. Foto M. Topini Le pagine di Campo de’ fiori sono sempre più al servizio del sociale e sono la voce di moltissime associazioni che, attraverso esse, comunicano il loro impegno e le loro iniziative. La scelta non è solo dovuta alla nostra indiscussa disponibilità, ma anche al fatto che Campo de’ fiori, arrivato ormai al suo quinto anno, ha saputo restare libero da vincoli politici e fuori da qualsiasi schieramento. Le associazioni amiche sono aumentate con il tempo. Vanno ricordate quelle di volontariato, quali, ad esempio, l’Anffas, la Croce Rossa Italiana, l’Unicef, l’Avis, l’Atamo, l’Unitalsi, Una mano al tuo ospedale, Semi di pace, il Pungiglione, Viterbo con Amore, gli Scouts…; le associazioni artistiche, come Iuna, Omniarts, I nunseponnoguardà, Teatro Bianconi, Teatro Tenda Palarte, ’Associazione Musicale Muzio Clementi, le bande musicali…; le varie associazioni sportive, quali Treja cup, Club Moto ed Auto d’epoca, Civita Cavalli, Forre del Treja, Forti e Veloci, Motoclub Arditi Racing Quality Life, le diverse squadre di calcio…; le Pro-loco e molte altre ancora. Tutto questo è stato possibile grazie al prezioso contributo dei nostri sponsors, che hanno creduto e credono nei contenuti di queste pagine. Da qui nasce lo slogan “Campo de’ fiori arriva e porta bene”. www.campodefiori.biz [email protected] Campo de’ fiori Foglie d’Autunno di Sandro Anselmi S ono arrivate le prime piogge a salutare l’estate appena finita ed un sole, ora più pallido, dipinge dolcemente i nuovi giorni. Lontano dai rumori, lontano da tutto, ripenso alle cose passate, specialmente a quelle più belle. Vorrei che i miei occhi guardassero dentro di me, giù in fondo all’anima e vorrei re-imparare, riappropriarmi del mio destino e raccogliere il pianto intenso, mai disperato, dentro una lacrima, per aspettare un sorriso. Anche adesso, nonostante, la speranza mi chiama sempre e mi accompagna, giorno dopo giorno, passando sopra il tempo e le distanze, per dare un senso alla mia vita. Vorrei che questa mia personale riflessione potesse divenire una riflessione comune per poter dire a noi stessi che dopo la notte c’è sempre il giorno. Perciò il male imperante, il malcostume, il malcontento, che tanto tediano e fanno star male, andrebbero forse esorcizzati, minimizzati, per poter dire…domani. 3 Campo de’ fiori 4 Una serata indimenticabile al Teatro Olimpico di Roma, in platea tutto esaurito per assistere alla 17° edizione del Festival della Canzone Romana ideato ed organizzato da Lidi Sandro Alessi no Fabrizi, presidente dell’associazione culturale Roman Millennium e patrocinato dal Comune di Roma, dalla Provincia di Roma, dalla Regione Lazio e dall’ I.M.A.I.E.. Un’occasione per riascoltare nuove e vecchie canzoni romane e soprattutto nata dalla voglia di rivedersi ogni anno, dopo tanti successi passati insieme a cantare le storie di Roma e , soprattutto, quest’anno dal desiderio di dedicare la serata ad un amico scomparso prematuramente: il grande Gigi Sabani. In prima fila la sorella Isabella e tanti amici… Il Festival, nato nel 1991 nella suggestiva cornice di S. Maria in Trastevere, ripercorre la tradizione musicale romana, attraverso interpreti famosi e giovani con tanta voglia di interpretare canzoni inedite, scritte da grandi autori romani. Quando l’Italia si misurava ancora a piedi, la canzone popolare, in quanto concepita sotto l’inevi- tabile influenza del vernacolo, oltre che una missione evasiva, svolgeva soprattutto una funzione sociale. Dalla canzone del “Pellegrino”, scritta intorno al Trecento, ai tempi di Gabriella Ferri, dei Vianella e di Califano, passando per “La cena della sposa” del Cinquecento, la canzone romana ha subito l’evoluzione sociale della città, divenuta crocevia di diverse forme di comunicazione artistica. Saranno proprio i cantautori, in un periodo politicamente particolare, a ridare l’ossigeno a una città storicamente ignorata. Da Roma capoccia di Antonello Venditti, a Lella dellla Schola Chantorum, a Ninna nanna nanna ninna di Claudio Baglioni, Roma torna ad imporsi grazie al fascino esercitato nei confronti di molti artisti a livello nazionale. Durante la serata sono stati premiati i due finalisti di questa edizione: Francesca Pani, con il brano C’era una volta Roma, di Silvestro Longo, ed il gruppo Radioclockmania, con il brano Roma Bella, di Ivano Michetti, attorniati da un cast di interpreti d’eccezione. Lando Fiorini, popolare attore e cantante romano, ci ha deliziato con il meglio del suo repertorio, fra gag e pezzi dell’antica tradizione romana e ricordando, con una canzone la grande, Gabriella Ferri. La Schola Cantorum, capeggiata da Aldo Donati ed Alberto Cheli, ci ha regalato emozioni con Lella e Le tre campane, ed insieme a loro Luciano Rossi, autore Consegna della targa in memoria di Gigi Sabani, alla sorella Isabella della celebre Ammazzate oh, Edoardo Vianello e Wilma Goich, che, riunitisi per questa fantastica serata, hanno riproposto alcuni dei loro cavalli di battaglia di anni passati. Per l’occasione abbiamo incontrato di nuovo I Cugini di Campagna, i quali hanno proposto Villa Borghese, bellissima canzone dedicata a Roma, e la loro richiestissima Anima Mia, ormai facente parte della storia della musica italiana. La serata, presentata da Francesco Vergovich, nota voce radiofonica, e da Pamela Prati, che si è esibita in un balletto insieme alla Crazy Gang, ha visto la partecipazione di una voce storica di Roma, Giorgio Onorato, che, nonostante l’età, ancora riesce ad emozionarci con la sua inconfondibile bellissima voce ed i suoi stornelli. Un capitolo a parte merita Alberto Laurenti, cantante e chitarrista studioso della musica mediterranea, autore di alcune delle più belle canzoni di Franco Califano, Gabriella Ferri, Renato Zero, che ha presentato Le Serenate, il primo cd di un opera divisa in dieci temi frutto di una ricerca storica interamente dedicata alla città eterna. Con la Piccola Orchestra Romana, vuole cercare di ricollocare Roma al centro del Mediterraneo e restituirle quella dignità culturale già in atto per la musica napoletana. E questo è anche l’intento di Lino Fabrizi, dichiarato in diretta ai microfoni di Radio Roma, augurandosi che la prossima edizione, la 18°, con la maggiore età del Festival, possa collocare in Italia e nel mondo la canzone romana al posto che giustamente merita. Isabella mostra la targa Campo de’ fiori 5 Alberto Laurenti e la Piccola Orchestra Romana I Cugini di Campagna Lando Fiorini I Vianella FM 103.900 Luciano Rossi Angelo Blasetti, narratore di Giuseppe Gioachino Belli Giogio Onorato Campo de’ fiori 6 Il Presepe fra religiosità, A Capaccio-Paestum Con l’approssimarsi delle festività natalizie è inevitabile per i cattolici che il pensiero vada al presepe intorno al quale la tradizione vuole raccolta la famiglia per qualche attimo di riflessione e di preghiera. di Alfonso Tozzi Ancora oggi, pur nella convulsa civiltà della fretta, sono moltissimi coloro che si dedicano con fervore all’allestimento scenico dell’avvenimento, nelle case e nelle chiese, ma forse non tutti sanno che il presepe è anche oggetto di appassionato lavoro artigianale e di grande collezionismo. Il presepe o presepio (dal latino prae, davanti e saepire, chiudere con una siepe, quindi per traslato: stalla, mangiatoia, greppia) ricorda al mondo cristiano la nascita di Gesù Cristo e rende attuale e reale l’avvenimento, remoto nel tempo e nello spazio, mediante una finzione di natura spettacolare: l’enciclopedia dello spettacolo lo definisce, infatti, come la “rappresentazione plastica, tridimensionale dell’evento, realizzata con figure mobili spostabili secondo il senso artistico del costruttore”. L’origine storica del presepe va ricercata nelle narrazioni della natività di Gesù contenute nel vangelo di S. Matteo e di S. Luca, con riferimento al testo di Isaia e Abacuc dell’Antico Testamento. Le prime notizie risalirebbero a Papa La collezione Grippo Liberio, il quale, durante un Natale del suo breve pontificato (352-355), realizzò, davanti all’altare dell’attuale basilica romana di Santa Maria Maggiore, una tettoia retta da tronchi di albero, costituenti quasi l’immagine di una grotta. Negli anni successivi altre “tettoie” furono erette in chiese di diverse città: a Roma Gregorio II, nel periodo del suo papato (731-734), arIl collezionista-artigiano Pasquale Grippo nel suo “Laboratorio” ricchì la “tettoia” di Santa Maria Maggiore facendovi collocare una statua d’oro Onorio, ricordato anche per aver diffuso in della Madonna col Bambino. Una versione, tutto il mondo l’osservanza delle Leggi comunemente accettata, anche dalla chieDivine, era figlio del senatore Luca Savelli sa, attribuisce la nascita del presepe a San cui apparteneva il territorio di Civita Francesco d’Assis, il quale celebrò il Natale Castellana. del 1223 allestendo nel piccolo centro di La consuetudine di allestire presepi nelle Greccio (RI), dove si era ritirato, una rapchiese d’Italia si sviluppò nel 1400, ma presentazione vivente della notte ebbe un decisivo impulso un secolo dopo, dell’Avvento: l’episodio destò grande scala Napoli, dove il vicentino San Gaetano da pore e può aver certamente stimolato in Thiene realizzò il primo presepe con permolti il desiderio di solennizzare in qualche sonaggi di legno, abbigliati secondo la fogmodo il Natale. gia del tempo. Il primo presepe con personaggi, consideL’evento riscosse ampia risonanza e di rato il più antico d’Italia, si ebbe comunfatto creò una tradizione diventata famosa que col Natale del 1283, scolpito da nel mondo anche per merito degli artigiaArnolfo di Cambio su commissione di Papa ni campani, i quali riuscirono a produrre Onorio IV e collocato, anche questo, in delle opere di notevole fattura. Diversi Santa Maria Maggiore; per incidens Papa materiali vennero via via impiegati nella Campo de’ fiori 7 artigianato e collezionismo un geniale creatore fabbricazione delle figure del presepio, oltre al legno, stucco, terracotta, cera e, in tempi più recenti, cartone, materie plastiche, lana, stoppa e filo di ferro. L’impianto scenico presepiale, che documenta spesso l’evolversi e talvolta anche il decadere del gusto e delle tecniche degli artigiani nelle varie epoche, è in genere costituito da montagne, speroni di roccia con al centro la grotta sormontata da angeli, castello di Erode, pozzo, fontana, ponte, mulino, osteria, lavandaia, zingara, pescatore, cacciatore, pastore con pecore ed una folla di: popolani, mendicanti, suonatori, venditori ambulanti, contadini, bottai, negozianti e gli immancabili Re Magi. La realizzazione della scenografia presepiale è affidata, ovviamente, al gusto dell’artista e nel nostro Paese esistono tradizioni artigianali di alto livello legate alla natività: in questa foltissima schiera di presepisti va sicuramente collocato Pasquale Grippo da Capaccio Paestum (SA), virtuoso e collezionista del presepe con creazioni originali, degno dei progenitori partenopei. Il Grippo, nonostante l’evidente difficoltà che incontra per costruire i suoi presepi, a causa di un ictus da cui fu colpito anni or sono, dedica quasi tutta la sua giornata alla creazione di veri e propri gioielli servendosi di sughero, truciolato, cannucce, pietra, muschio, cartongesso, legno. Il Nostro si dedica a quest’hobby da molti anni, da quando cioè, giovanissimo, si recò a Salerno per acquistare un presepe che lo affascinò tanto da indurlo a costruirne lui stesso, cosa che fece, e continua a fare, con tenacia, gusto ed intelligenza. Da quel momento molte sono state le creazioni del Grippo. Lo scorso anno, volle donarne una alla parrocchia della sua città, Santa Rita al Rettifilo: era un presepe dalle dimensioni notevoli 2,20 x 1,80 x 1,10, che fu ammirato da numerosi visitatori e segnalato con enfasi dalla stampa locale, la quale non esitò a definire l’elaborato una vera e propria opera d’arte, uno stupendo spettacolo da vedere. Il Grippo, in questa sua attività, si giova della fattiva collaborazione della figlia Francesca, degna erede del papà e deliziosa interprete della canzone italo-napoletana conosciuta come “Fenny Griff”. L’idea di collezionare presepi si perde nel tempo ed è certamente da mettersi in relazione alle possibilità ed allo spazio di cui il cultore può disporre; a parte quindi i musei, le gallerie d’arte, le chiese, i palazzi nobiliari, esiste in Italia e nel mondo un collezionismo di notevole importanza, molto variegato, perché la collezione deve tenere anzitutto conto del materiale con cui viene allestito il presepe : carta, legno, gesso, sughero, plastica, pittura su tela, su legno, graffiti, metallo e via dicendo. In questo policromo ed affascinante mondo presepiale, destano tanto interesse, stupore, curiosità e sono molto richiesti i piccoli presepi in terracotta dipinti a mano e quelli ancora più piccoli o piccolissimi, come è possibile ammirare ad Osnago (Lecco), presso il museo del presepe sito nel Santuario della Beata Vergine di Loreto, costruiti addirittura all’interno di un uovo! E per finire, ultimi arrivati, i presepi kinder, prodotti dalla nota fabbrica di cioccolata verso la fine degli anni Novanta, collezionati e scambiati da ragazzi di tutto il mondo e regolarmente “quotati”. E’ appena il caso di segnalare che un posto notevole nel collezionismo presepiale è occupato da quelli di carta, di carta fustellata, tridimensionale, grandi, in miniatura, diorami e anche su film e diapositive d’epoca. Molti sono i musei del presepe esistenti in Italia e nel mondo, ma quello creato trent’anni fa a Brembo di Dalmine (BG) è fra i più grandi; si estende, infatti, per 1200 mq. e mostra oltre 800 presepi di ogni materiale, dimensione e provenienza: il più grande si estende per 80 mq., mentre il più piccolo è contenuto in un seme di pistacchio ed ha soppiantato quello inserito dentro mezzo guscio di noce, opera di una religiosa francese, la “piccola sorella” Annette de Jesus, che fino a qualche anno fa deteneva il “titolo”. Collezionano presepi: Massimiliano Balestri di Milano (di carta), Orazio Di Mauro di Torino (di plastica), Mauro Fruggeri di Castelfranco Emilia (piccoli), Gianni Salomoni di Bologna (gesso, terracotta, cartapesta) e tanti, tantissimi altri. E’ opportuno chiudere queste note segnalando che, come in tutti i paesi del mondo, si sono costituite associazioni per la difesa e la valorizzazione della tradizione del presepe. Anche in Italia esiste da tempo, con sede a Roma, l’ Associazione Italiana Amici del Presepe (A.I.A.P.), sodalizio con oltre tremila iscritti. L’A.I.A.P., oltre ad una intensa, specifica e meritoria attività, pubblica, con cadenza trimestrale, la rivista Il Presepe, destinata ai soci. La collezione Grippo La collezione Grippo Campo de’ fiori 8 Roma che se n’è andata: luoghi C’era una volta La comunità ebraica di Roma è considerata la più antica al mondo. Se ne conosce l’esistenza fin dal II secolo a.C., quando giungevano dalla Palestina, allora sotto il dominio romano, in condizioni di schiavitù. In tempi lontani gli ebrei di Roma si erano attestati sulla sponda destra del Tevere, in prossimità del luogo dove sarebbe sorto il Porto di Ripa Grande e qui erano vissuti per più di un millennio, luogo questo abbandonato all’inizio del XV secolo allorquando, a causa della decadenza del commercio fluviale, si trasferirono sulla sponda sinistra del fiume, prevalentemente in Sant’Angelo, dove convissero, del tutto serenamente, con gli altri abitanti, scambiandosi, con questi, prodotti, idee e cultura. A riprova di ciò il cronista annotava che nel XII secolo, quando il viaggiatore spagnolo Beniamino da Tudela passa per Roma vi trova circa duecento famiglie di ebrei, che vivono in buoni rapporti con il papato, senza che fossero assoggettati ad alcuna particolare imposizione fiscale. Il Rinascimento arrivò in Sant’Angelo a metà del XV secolo e molte nobili famiglie romane fecero qui costruire le loro lussuose dimore, tra queste i Manili, i Savelli, gli Orsini, i Mattei, dei quali ci occuperemo in altra sede. Ma mentre il vento del Rinascimento iniziava a soffiare per Roma, un altro evento cambiò profondamente il destino del Rione: la creazione del Ghetto di Roma. Correva il 14 giugno dell’anno 1555 quando Paolo IV, Gian Pietro Carafa, 1555 1559, seguendo l’esempio di Venezia, con la Bolla “cum nimis absurdum” - quando il troppo è inopportuno, stabilì che gli ebrei dovessero vivere in un luogo ristretto e chiuso a loro, riservato, il Ghetto appunto, termine derivato dal caldeo “geth”, il cui significato letterale era “segregazione”. I lavori di costruzione ebbero inizio il 13 settembre di quello stesso anno e a dirigerli fu chiamato tale Silvestro de’ Petruzzis “architetto pro fabbrica praeclaudendo Judaeus”, molte le case abbattute “per sarare li Giudei” . Alla fine il “serraglio” fu ultimato e i circa tremila ebrei che vivevano a Roma in quel periodo dovettero andare ad abitarvi. Un alto muro circondava la zona loro riservata ed era interrotto soltanto da due porte che, tra novembre e Pasqua, venivano chiuse ogni sera un’ora dopo il tramonto, due ore dopo negli altri periodi dell’anno. L’area di forma trapezoidale non comprendeva alcun edificio degno di nota, la sola piazza importante, Piazza Giudea, era divisa dal muro in due parti; le tre chiese esistenti all’interno furono sconsacrate e demolite. Numerose le restrizioni imposte a carico della comunità: potevano uscire di casa soltanto in determinate ore del giorno e, fuori dal Ghetto, per poter essere facilmente identificati, gli ebrei maschi erano costretti ad indossare un panno giallo, il cosiddetto “sciamanno”, le donne dovevano portare uno scialle dello stesso colore, era loro consentito di giocare al “lotto”, ma puntando solamente sui numeri bassi e tutti compresi nella medesima diecina, allo scopo, sembrerebbe, di evitare presunte cabale e, conseguentemente, cospicue vincite dovevano sottostare ad ogni sorta di umiliazioni ogni qual volta si celebrava una festa cristiana, potevano però esercitare prestiti “a pegno”, ma questa redditizia attività non fece che incrementare l’odio dei romani verso di loro. Ogni anno, in Campidoglio, il Rabbino capo doveva rendere omaggio al Caporione - il capo dei Conservatori - ricevendone in cambio un calcio nel sedere e, con questa particolare “cerimonia”, la comunità ebraica riceveva il permesso di rimanere un altro anno nella città eterna mentre Gregorio XIII, Ugo Boncompagni, 1572 - 1585, ordinava per gli ebrei le cosiddetto “prediche coatte” settimanali da tenersi il sabato, il cui scopo precipuo era quello di convincerli a convertirsi al cristianesimo. Sede delle prediche la chiesa di S. Angelo in Pescheria, eretta fra le colonne del Portico di Ottavia, innalzato nel 146 a.C. da Quinto Cecilio Metello e fatto restaurare da Augusto nel 23 a.C. in nome della sorella. Nell’anno 203 d.C. il Portico venne ricostruito dagli imperatori Settimio Severo e Caracalla, ma in tale circostanza l’originaria funzione di contenitore di opere d’arte fu sostituita con quella di mercato del pesce, attività protrattasi dal medioevo fino all’abbattimento delle mura del Ghetto. Le suddette “prediche” si tenevano pure nella piccola chiesa di San Gregorio a Ponte Quattro Capi, ubicata appena fuori dal “recinto”, dedicata a San Gregorio I Magno, 590 – 604, poichè nella zona sorgevano le case della famiglia degli Anici, che diede i natali a quel pontefice. Nell’anno 1858 sulla facciata di questa chiesa fu posto il cosiddetto “cartiglio”, precedentemente ubicato in altro luogo del Ghetto, una lapide con scritte in ebraico e latino che ripropone i versetti 65, 2 - 4 del profeta Isaia: “ … distesi le mie mani tutto il giorno verso un popolo ribelle, che procede su una via non buona, dietro i suoi disegni, / un popolo che mi provoca in faccia, costantemente, sacrificando nei giardini e offrendo incenso sui mattoni, / abitando nei sepolcri, passando la notte nei luoghi nascosti, mangiando carne di porco e cibi immondi nei loro piatti. … “. Solo all’interno del “recinto” agli ebrei era consentito di professare la loro religione, perciò era presente un edificio che ospitava cinque scuole, una per ciascuna confessione. Agli ebrei non era permesso possedere beni immobili, le case da loro abitate venivano prese in affitto da proprietari non ebrei, che le concedevano in uso ai membri della comunità a prezzi calmierati in forza di contratti di affitto che passavano in eredità, questo il motivo per cui molte di quelle case furono occupate dalle medesime famiglie per diverse generazioni; ciò malgrado la popolazione ebraica continuava a crescere, anche perché gli ebrei di altre città dello Stato pontificio venivano costretti a emigrare a Roma. Così, nella seconda metà del XVII secolo, gli abitanti del Ghetto erano divenuti circa novemila, con la conseguenza che l’originario “recinto” dovette essere allargato con l’aggiunta di nuove porte. Molte le leggi speciali emanate, che cambiavano con il succedersi dei pontefici e che limitavano le attività che i membri della Campo de’ fiori 9 i, figure, personaggi il Ghetto comunità potevano ufficialmente svolgere, in alcuni periodi l’unico lavoro loro permesso era la vendita degli stracci. La verità storica impone, però, di precisare che non tutti i papi e i maggiori esponenti del potere pontificio si mostrarono duri con gli ebrei, oltre al già ricordato San Gregorio I Magno, il Vescovo Governatore Generale di Roma Annibale Rucellai, con un bando del 15 gennaio 1595, proibì qualsiasi maltrattamento nei confronti i componenti la comunità: “ … per ordine espresso de la Santità di N:S. per il presente Bando ordina, proibisce et commanda, che nessuna persona, di qualsivoglia stato, grado, conditione et preminentia, ardisca, ne presuma in modo alcuno diretto, o indiretto, dar fastidio o impedimento di nessuna sorte ad alcun’hebreo, maschio, o femina, putti, o putte, ne schernirli, toccarli, o offenderli in qual si sia modo, in parole, o fatti di giorno ne di notte, occultamente, ne palesemente, sotto pena a gl’huomini cristiani di tre tratti di corda, et alle donne, e putti della frusta, et di più alla pena, alle quali sarebbero tenuti, se havessero offeso un cristiano … “. Ma vediamo di capire meglio quella che era la conformazione fisica del Ghetto. Il centro era costituito da Piazza Giudea, nella quale operava e “faceva giustizia” il Tribunale di Campidoglio, ovviamente nei confronti dei reati commessi dagli israeliti, a tale scopo qui risiedeva permanentemente una “guardia di birri” e, quale suprema ammonizione, restava permanentemente eretto il cosiddetto “palo”, destinato al supplizio della corda onde “castigar prontamente ogni insolenza degli ebrei” ; nel medesimo luogo era ubicata una fontana, unica risorsa di acqua potabile del Ghetto, le cui condizioni igieniche erano spaventose; il Tevere poi costituiva una ulteriore costante minaccia, a causa del continuo pericolo di straripamento. Dal Portico di Ottavia è agevole costatare quanto fosse limitato lo spazio del Ghetto di Roma; esso si estendeva per appena tre ettari e aveva, grosso modo, forma trapezoidale, come detto, con uno dei lati maggiori disposto in linea con le case prospicienti il Tevere, lungo la “Riva Giudea. Da questo “recinto”, menzionato nei testi dell’epoca come “recinto degli ebrei”, i membri della comunità potevano uscire solo di giorno; infatti, dal tramonto all’alba successiva, gli accessi al quartiere venivano serrati a mezzo di grosse porte e, per chi si attardava e rimaneva al di fuori del recinto, la giustizia papalina non aveva davvero riguardi. Le strade del Ghetto, o meglio i suoi meandri, erano caratterizzate da segmenti articolati dall’andamento del tutto irregolare; in corrispondenza degli incroci, piccole piazzette di forma non ben definita, voglio qui citare, una per tutte, Via delle Azimelle (nome derivato dalle “azimelle”, ossia le piccole focacce di pane non lievitato in forma di gallette rotonde pane azimo - usate dagli ebrei durante l’Ottavario pasquale), con il suo caratteristico arco, e la omonima piazzetta, oggi scomparse; questa strada venne chiamata anche “forno delle azimelle” per l’esistenza di un forno dove si cuocevano quelle speciali gallette che, fin dall’anno 1598, fu gestito in esclusiva dall’Istituto Ebraico Ghemillud Hasadim. Nel Seicento Giuseppe Berneri, nel suo “Meo Patacca”, così descriveva il Ghetto di Roma con la sua cinta di mura, le sue porte, le sue schiere di case: “ … il Ghetto è un loco al Tevere vicino da una parte, e dall’altra a Pescaria; è un recinto di strade assai meschino, ch’è ombroso, e renne ancor malinconia, ... ha quattro gran portoni, e un portoncino, il di s’apre, acciò el traffico ce sia, ma dalla sera, inzino a giorno ciaro, lo tiè inserrato un sbirro portinaio … “. Questa la vita nel Ghetto, un quartiere dove si sviluppò e si diffuse anche un particolare dialetto, il “giudaico - romanesco” parlato dall’intera comunità, non molto dissimile da quello classico romanesco per la verità, ma arricchito con molte parole di origine ebraica. Nel 1798 la Marsigliese aveva acceso le speranze di veder cessare la reclusione degli ebrei ma, nuovamente insediato, Pio VII, Barnaba Chiaramonti, 1800 - 1923, fece in modo che tutto ritornasse come prima; soltanto nel 1825 si avvertì un piccolo segno di cambiamento, allorquando Leone XII, Annibale della Genga, 1823 1829, fece includere nel perimetro recintato altre strade, portando a otto le porte d’ingresso, talchè Pasquino poteva commentare: “ … fiore daglietto, papa Leone è di Riccardo Consoli diventato matto, chè restringe i cristiani e allarga il ghetto … “. Tutto rimase così fino al 1870, anno in cui cadde il Governo papale. In quell’occasione le porte dell’odioso “recinto” vennero definitivamente abbattute, solo allora gli ebrei romani furono liberi di lasciare quel luogo ottenendo gli stessi diritti della popolazione cristiana. Dopo l’unificazione italiana grandi trasformazioni alterarono Sant’Angelo, enormi muraglioni, i lungotevere, furono costruiti in modo da evitare gli effetti rovinosi delle piene, ma tutto ciò causò la demolizione della pittoresca quinta di case che si specchiavano nel Tevere. Nel 1885, poi, esattamente 330 anni dopo l’editto di Papa Paolo IV, la Giunta Comunale di Roma prese la storica decisione di radere al suolo quell’insalubre quartiere, pur tuttavia i vicoli superstiti conservano ancora oggi un’atmosfera magica, una miscela molto particolare, forse unica, di storia, architettura e tradizioni per quanto la sola parte di Sant’Angelo che possa ancora dare un’idea esatta di quello che fu il Ghetto di Roma è quella lungo Via della Reginella. Oggi sono molti i membri della comunità che non vivono più in questo luogo, ma sono ancora molti quelli che qui risiedono, tutti però considerano il Ghetto e non poteva essere diversamente, il comune punto d’incontro nelle occasioni speciali oltre che per celebrare le festività religiose, peraltro, la memoria dell’ebraismo romano resta strettamente legata a questo luogo fisico, il luogo dove gli ebrei romani hanno vissuto dal 1555 al 1870, ammassati nello spazio ristrettissimo di pochi isolati; un luogo piuttosto ristretto il Ghetto di Roma, ma raramente riuscirai a trovare in uno spazio così piccolo tanta memoria, tanto dolore, tanta speranza. 10 Campo de’ fiori ROBERTO CIOTTI vestito di blues….…si in un libro/cd, Roberto Ciotti, musicista d’ Se fosse stato un quadro avrei detto:< autoritratto “a nudo e con chitarra” dell’autore > …. ma ciò che da qualche giorno sfoglio e risfoglio…ed ascolto, è un libro ed un cd, “unplugged – una vita senza fili”, l’autobiografia del “ChitarrAutore in blues” Roberto Ciotti, recentemente pubblicata per l’editore Castelvecchi. “Il più antico e testardo dei bluesman italiani”, così Renzo Arbore, estensore della sintetica quanto profonda prefazione a questo libro, definisce Roberto Ciotti, riconoscendo al musicista romano, veterano di gran spessore della scena blues italiana, coerenza, passione, creatività … ed Arbore è persona attendibilissima, direi…“D.O.C.” per rilasciare tali giudizi, tanto da volerlo più e più volte in suoi diversi programmi di successo per il giusto “soundtrack”! Forzando il titolo di un brano di Roberto dal 2° album del 1979 “BLUES MAN”, potremmo “tagliare” tutti i discorsi legati alla sua filosofia di vita: “Nobody can change my face”…che, dal racconto di una vita, quella di Roberto Ciotti, può prestarsi ad una traduzione “larga” del tipo “nessuno mi cambia”! Ecco ciò che risulta da questa appassionata, “sudata”, coinvolgente autobiografia: un personaggio che, nella vita come nell’arte, va, non senza problemi, “dove lo porta il cuore”! Il libro ripercorre, nella narrazione in otto capitoli, momenti cardine della vita di Ciotti, nato nel 1953 nel quartiere della Garbatella a Roma; un racconto a cuore aperto, senza schemi, che si legge di getto, quasi fosse la chiacchiera confidenziale di un amico, con slanci e malinconie a contrappuntare gli andamenti dei momenti di “vita vita” e di vita artistica rievocati. Una carriera ultratrentennale, caratterizzata da tanta attività dal vivo in Italia e all’estero, continente americano e Russia compresi, ripetute collaborazioni di studio e dal vivo, tra le quali spiccano quelle con Edoardo Bennato per la realizzazione di album storici della musica italiana, quali La Torre di Babele/1976 e Burattino senza fili/1977; presente con la sua chitarra anche nel progetto acustico di Bennato Edo rinnegato/1990 e con Francesco De Gregori per il brano Saigon, dall’ lp Alice non lo sa/1974; realizza undici dischi a proprio nome (includendo il cd acustico di rivisitazione di alcuni “classici” di Ciotti allegato al libro) e pone la sua firma autorale per sei colonne sonore cinematografiche, su tutte quella del cult movie Marrakech Express/1989 e di Turnè/1990 opere del regista Gabriele Salvatores. Da quanto apprendiamo leggendo questo volumetto, piacevole anche per la sua generale veste grafica ed iconografica (molte foto “vintage”), la vita “on the road” di Roberto inizia precocissima, intorno ai 15 anni: <nel ’68…investito dalla passione per la chitarra e la voglia di fare esperienze di vita concreta..sapevo che non sarebbe stata una strada facile ma quello era il mio obiettivo>…con “mille lire al mese”, Ciotti inizia il suo lungo viaggio nella musica, dandosi da fare, inizialmente, su e giù per la tastiera di una chitarra Ariston, acquistata a rate dal papà “impiegato del gas”, coinvolgendo nei suoi primi esperimenti musicali i ragazzetti residenti nel condominio di edilizia popolare sulle, sponde del Tevere a Porta Portese, che, ancora oggi, è la sua “home sweet home”…un fiume, una sponda…in un’altra parte del mondo erano state la culla del blues cosiddetto “rurale”: il Mississipi…noi, in Italia, a Roma, stavamo “cullando” il nostro “BLUESMAN”, Roberto Ciotti! I ricordi di Roberto si rincorrono tra “palchi e realtà”, ritornando sui tanti viaggi e i prolungati soggiorni in quel di Patmos (Grecia), di Ketama (Marocco), di New York, non risparmiando considera- Campo de’ fiori 11 di Carlo Cattani sfoglia! “unplugged”: eccellenza del blues italiano, si racconta! zioni sugli incontri “angolari” della sua lunga carriera artistica e di quelli della sua vita sentimentale…di breve e lunga durata. L’esordio discografico avviene nel 1973 con il progetto “fondamentalmente jazz” dei BLUE MORNING accanto a validissimi compagni di avventura, tra i quali cito Maurizio Giammarco, sassofonista-compositore di rilievo della scena jazz internazionale. Ma non sarebbe stato il jazz “l’alimento musicale” di Roberto, così come non lo era stato la musica pop italiana imperante alla fine degli anni ‘60 <…così piccolo ero già piuttosto strano: non riuscivo a fare quello che facevano gli altri…non mi divertivo per niente a rifare le canzoni dei Giganti, o dei Rokes,…fui cacciato dal mio gruppo…tanto meglio abituarmi subito a non essere compreso>. I suoi “fondamentali” si chiamano Jimi Hendrix, Rolling Stones, Led Zeppelin, Cream, John Mayall, Peter Green, Canned Heat, Ten Years After, Rory Gallagher e i grandi “neri” del blues. <…Sapevo di essere soltanto in cerca delle mie note>: ecco, con questo preciso intendimento Roberto continua ad illuminare la sua attività artistica sempre tesa alla ricerca della sua “onda blues perfetta”! Fra le sonorità di una chitarra acustica MARTIN D41 <…tanti armonici dovuti all’età che come le rughe sono il segno tangibile di tutto il suo vissuto…> e quelle di una elettrica Fender Stratocaster del ‘62 <strumento straordinario, con un suono illimita- to> scorre il “fiume blues” di Roberto Ciotti, agli esordi degli anni ‘70 fluente nell’alveo della tradizione del “DELTA BLUES” per poi svilupparsi e personalizzarsi sotto il segno della contaminazione mediterranea e della melodia in quello che più autorevoli critici musicali definiscono il “Blues Mediterraneo di Roberto Ciotti”. Il coinvolgimento suscitatomi dalla lettura di questa autobiografia mi porterebbe a parlarvene a josa, ma mi fermo qui, lasciandovi al piacere di sfogliare “tutto il blues, pagina per pagina, di Ciotti…Roberto”! Roberto Ciotti sarà apprezzabile dal vivo con la sua band ( Elio Buselli/Basso - Andrea Pagani/Piano e Organo - Walter Detond/Batteria Flavinho Vargas/Percussioni) venerdi 7 dicembre a Stazione Birra (Morena), nell’ambito della seconda edizione della rassegna internazionale “Kind of blues festival”; il concerto sarà filmato per la realizzazione di un dvd. Lunga vita al “KING OF NOTHING… ....T H E T H R I L L I S S T I L L HERE!” Visitate il sito ufficiale: www.robertociotti.com Per prenotazione concerto visitate: www.stazionebirra.it continua a pag 12... 12 “12 domande per…12 battute: breve intervista a Roberto Ciotti” 1) Carlo: Avendo notizia della tua riservatezza, ti chiedo come hai superato l’ostacolo di questo elemento caratteriale, per la scrittura di UNPLUGGED, un racconto davvero intimo della tua vita/carriera artistica? Roberto: E’ stato come scrivere una lettera ad un amico e penso che i pochi che mi ascoltano diventano miei amici. 2) Carlo: Quanto tempo ci hai lavorato? Roberto: Un anno e mezzo. 3) Carlo: Hai avuto facilità nel ricordare tutto quello che “hai combinato“? Roberto: No, per questo ci ho messo tanto. 4) Carlo: Quello che sfogliamo è quello che hai scritto o il manoscritto originale era più corposo (un più ampio numero di eventi, viagg, episodi, incontri...)? Roberto: No, l’originale comprendeva più materiale, poi è stato selezionato incontrando la mia piena soddisfazione. 5) Carlo: ....qualcosa rimasto fuori che ti sta a cuore ? Roberto: Niente di particolare: le cose riportate sono efficaci per il ritmo, i tempi del narrato. 6) Carlo: Mi puoi dare un breve ricordo del tuo approdo alla CRAMPS e dell’incontro (immagino ci sia stato ) con il direttore artistico, il grande Demetrio Stratos? Roberto: Demetrio è quello che approvò il contratto e Gianni Sassi era il capo della Cramps; con loro mi sono trovato bene perchè volevano fare cose di qualità. 7) Carlo: Torneresti in campo con Edoardo Bennato per un “progetto fuori del tempo” dal sapore vintage, con i “ragazzi della Torre e di Burattino senza fili”? Roberto: Penso che erano altri tempi… anche la mia musica è molto cambiata. 8) Carlo: Il ogetto “MARRAKECH Campo de’ fiori EXPRESS”: il tuo vissuto on the road degli anni ‘70 e ‘80 si è meravigliosamente incontrato con la sceneggiatura del film ...qualche battuta in relazione ad un incontro con Salvatores ... Roberto: Con Gabriele Salvatores è andato tutto facile, c’era la giusta atmosfera tra la mia musica e il suo film. 9) Carlo: Chi è/sono gli artisti italiani od esteri che apprezzi, al di là del genere musicale e chi, in Italia, consideri possa nel futuro costruire una carriera “valorosa” come la tua? Roberto: Io seguo i grandi che hanno suonato fino alla morte come B B King e riguardo alla mia carriera non è stata molto gloriosa perchè sto ai margini del mondo musicale …i giovani non seguono il mio esempio perchè vogliono sfondare subito... 10) Carlo: Ti piacerebbe esprimerti in altre forme artistiche, eventualmente, quali? Roberto: Mi piace contaminare la musica con elementi che hanno lo stesso significato. 11) Carlo: Dopo “UNPLUGGED”, a cosa stai lavorando, che tempi di realizzazione prevedi,quali musicisti coinvolgi, con chi pubblicherai? Roberto: Sto preparando le nuove canzoni con la mia band per cd nel 2008…per il resto non so niente. 12) Carlo: Il tuo sogno nel cassetto: con chi desidereresti suonare e/o collaborare in Italia e all’estero? Roberto: Non ci ho mai pensato…scrivo da solo a casa e ascolto quello che mi esce per migliorarlo. Un contributo dal tastierista “in BLUES” L u c k y L e s l i e G a r g i u lo * (www.myspace.com/luckygargiulo) ) Ciao Carlo, io ho seguito Roberto Ciotti dal 1989 al 2005 ed è stata per me un’ottima scuola di blues, oltre che di vita…penso che sia stato il periodo PIU’ BELLO, più produttivo dal punto di vista dei concerti live, abbiamo suonato veramente tanto in tutta Italia. E comunque “convivere” con un personaggio come Roberto non era e non è facile, con il suo carattere riservato, specialmente con gli altri musicisti famosi e non...ricordo un bellissimo concerto in Svizzera: in quell’occasione si apriva il concerto di Zucchero...noi eravamo molto emozionati, avere il camerino vicino a quello di Zucchero e dividere lo stesso palco non capita tutti i giorni e quella sera, prima del concerto, eravamo tutti dietro le quinte del tendone e dicevamo a Roberto <a Robe’ vai a saluta’ Zucchero, vacci a parlare e poi ci facciamo una foto...> e lui invece abbastanza scocciato della nostra richiesta: <macchè…nun me rompete...se viene lui va bene…a me nun me va...>. E comunque fu un concerto grandioso, con Zucchero di lato al palco che saltava e cantava, e infatti al termine del concerto si avvicinò a noi per farci i complimenti e così ci facemmo anche delle foto...e Roberto ci parlò... Ma in ogni concerto di Roberto succedeva sempre qualcosa di strano, anche perchè il popolo del blues non è fatto di gente tanto normale...a Verona stavamo cenando prima del concerto ed eravamo tutti seduti intorno al tavolo a mangiare...si presentò un giornalista locale che insisteva per avere un’intervista e per fare delle foto e Roberto: <ahò...nun me rompe li….....non vedi che stamo a magnà?? >. “…come al solito mi disinteressavo al business…una vera fregatura ma io sono fatto così” (da UNPLUGGED-una vita senza fili- di Roberto Ciotti). * con Alex Britti Band ed incide il cd: “3”. con Blues Machine , versione Europea della band del grande Louisiana Red con Roberto Ciotti dal vivo e per le incisioni di 3 suoi cd: “King of nothing” , “Road’n’rail” , “Changes” . con Noel Redding , fu bassista di Jimi Hendrix Experience con la cantante / chitarrista Francesca De Fazi Lucky Leslie Gargiulo 14 Campo de’ fiori FUNERAL PARTY Death at a funeral. Germania, Gran Bre-tagna, USA 2007. Genere: commedia; regia:Frank Oz; interpreti: Matthew MacFadyen, Rupert Gra-ves, Peter Dinklage, Daisy Donovan, Alan Tudyk, Kris Marshall, Andy Nyman, Ewen Bremner, Keeley Ha-wes, Jane Asher, Peter Egan, Peter Vaughan; sceneggiatura: Daniel Craig; fotografia: Oliver Curtis; montaggio: Beverley Mills; musica: Murray Gold; scenografia: Judy Farrell; costumi: Natalie Ward; distribuzione: Mikado; durata: 90 minuti. Funeral Party ovvero come le esequie possono farvi morire…dal ridere! E per ridacchiare di gusto non è necessario attendere molto; sin dai buffi titoli di testa, aventi come soggetto una bara (citazione colta del surrealistico Entr’acte di René Clair?), si comprende qualcosa del carnevale cinico ed silarante che, di lì a poco, seguirà. Una black comedy, incentrata sulle onoranze funebri, poteva venire in mente solo ad un regista come Frank Oz (classe 1944), da sempre affine al genere farsa-pochade. Da un artista come Oz, in grado sia di doppiare il maestro Yoda di Star Wars e Miss Piggy dei Muppets, sia di realizzare film come La piccola bottega degli orrori o In & Out, possiamo veramente aspettarci di tutto. E così avviene puntualmente con Funeral Party. Per rendere omaggio al tocco di sana follia che aleggia in quest’opera, il festival svizzero di Locarno ha pensato bene, lo scorso agosto, di tributare al regista l’autorevole Prix du Public. Ma, in cosa consiste, Funeral di fatto, Party? Tale testo filmico è tratto dal copione Death at a funeral, sapientemente reimbastito per trasporlo sul grande schermo, il giovane e promettente Dean di Craig. Nella seguente M. Cristina Caponi pellicola si avvicendano a rotta di collo un caleindoscopio di situazioni borderline, aventi come unico set il salotto borghese di una famiglia della upper class britannica. E, di fronte alla cassa da morto del patriarca ne avvengono, è proprio il caso di dirlo, di tutti i colori; come se la dipartita di un familiare avesse avuto il ruolo di detonatore di conflitti psicologici e passate acredini. Si aprono gli armadi e vi si trovano solo vecchi scheletri ammuffiti da tempo immemore. La fauna di grotteschi personaggi che si raccolgono intorno all’amato defunto comprende: fratelli invidiosi l’uno dell’altro, ipocondriaci seccanti ed inopportuni, mogli invadenti, ex corteggiatori con spirito di rivalsa, anziani collerici e con impellenti bisogni fisiologici, avvocati in carriera che si ergono nudi sui tetti a causa di cocktail allucinogeni e, soprattutto, nani omosessuali e ricattatori. Ce n’è per tutti i gusti! Ma il classico (moralistico nei toni) happy end è in agguato, subito dietro l’angolo. L’ultima opera dell’autore di Tutte le manie di Bob, ha goduto in fase di produzione di una gran libertà, dovuta al piccolo budget a disposizione e dall’aver potuto disporre dei set britannici degli studi Ealing. Una piccola organizzazione produttiva, ma con un cast di tutto rispetto con grandi artisti (seppur poco o nulla conosciuti in Italia), fra cui spicca il piccolo di statura, ma dotato di grande talento, Peter Dinklage; unico yankee in un una compagnia di attori all british. Sicuramente, è da apprezzare come questi interpreti abbiano lavorato in gruppo, al pari di una jam session musicale, evitando di avere l’obbiettivo della macchina da presa tutta per sé. Tuttavia, è da ammettere che in questo film all’insegna del paradosso e del nonsenso, oltre ad uno humor tipicamente inglese e allo spirito della slapstick comedy americana, vi è una dose eccessiva di volgarità. Ideale, comunque, per chi voglia passare un weekend al cinema…con il morto. Campo de’ fiori 16 DIOCESI DI CIVITA CASTELLANA L’ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE “ALBERTO TROCCHI” APRE L’ANNO ACCADEMICO di Sandro Anselmi Il 22 ottobre, presso la Sala Trocchi di Civita Castellana, si è aperto l’anno accademico dell’Istituto Faleritano di Cultura “Alberto Trocchi”, alla presenza di S. E. Mons. Divo Zadi, S. E. Mons. Lorenzo Chiarinelli e S. E. Mons. Lino Fumagalli. L’Istituto, nato nel 1978, ha diplomato 256 allievi in Scienze Religiose, con 106 insegnanti, di cui 71 di ruolo. La Congregazione per l’Educazione Cattolica, con decreto del 6 ottobre scorso, lo ha eretto ad Istituto Superiore di Scienze religiose, l’unico del Lazio, dopo quello di Roma, collegandolo accademicamente alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense. Si potrà perciò conseguire, presso l’Istituto, la laurea triennale in Scienze religiose, per una formazione teologica di base, oppure la laurea specialistica, con il corso quinquennale, negli indirizzi pedagogico-didattico e pastorale-ministeriale, che dà accesso all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. “L’Istituto si configura come finalizzato alla formazione teologica accademica di religiosi e laici, per una loro più cosciente e attiva partecipazione ai compiti di evangelizzazione, favorendo l’assunzione di compiti professionali nella vita ecclesiale e nella animazione cristiana della società. Propone l’approfondimento e la trattazione sistematica, con metodo scientifico, della dottrina cattolica, attinta dalla divina Rivelazione, e promuove la ricerca delle risposte agli interrogativi umani, alla luce della stessa Rivelazione, con l’ausilio delle scienze filosofiche, delle scienze umane e delle scienze delle religioni. foto Mauro Topini Da sx Don Carlo Crucianelli, S.E. Mons. Lino Fumagalli, S.E. Mons.Lorenzo Chiarinelli, S.E. Mons. Divo Zadi e il Prof. Erasmo di Giuseppe S.E. Mons. Divi Zadi, il Prof. Erasmo di Giuseppe e il Dr Augusto Borzone In particolare, l’Istituto cura la preparazione dei ministeri ecclesiali, fino al diaconato permanente, la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti di religione cattolica, la formazione di religiosi non sacerdoti e di religiose.” Alla cerimonia di inaugurazione Mons. Chiarinelli, Vescovo di Viterbo e Mons. Fumagalli, Vescovo di Sabina e Poggio Mirteto, hanno evidenziato l’importanza interprovinciale dell’ISSR, che, per questo, sarà aperto a Autorità e pubblico presenti alla conferenza tutti gli studenti dell’Alto Lazio, e non solo. Il professor Erasmo Di Giuseppe, Direttore dell’Ufficio Scuola Diocesano e Responsabile Generale dell’ISSR, ha espresso grande soddisfazione per lo scopo raggiunto, al quale ha lavorato con forte convinzione fin dall’inizio, sostenendone la validità con ogni mezzo a sua disposizione. Ha voluto, inoltre, ringraziare il nostro Vescovo Mons. Divo Zadi, anche lui fermo sostenitore di questo disegno, per il costante impegno profuso durante tutti questi anni. Un ringraziamento particolare è stato rivolto a Monsignor Carlo Crucianelli, che non ha mai distratto energie alla realizzazione di questo progetto. Le lezioni hanno avuto inizio lunedì 5 novembre . Campo de’ fiori il diario dei Giras questa pagina è dei ragazzi speciali CENTRO ANCHE IO! Walter Toschi Si è svolto, con questo titolo, il 19 ottobre, un giorno di festa al C.S.E. di Civita Castellana, sito in via Palmiro Togliatti, che abbiamo condiviso con amici e parenti, colleghi e cittadini tutti. Ognuna di queste persone è vicina a ciò che il Centro socio-educativo rappresenta, con le proprie modalità e nel rispetto del ruolo specifico. La manifestazione ha celebrato i dieci anni di gestione del servizio da parte della cooperativa “Il Pungiglione”. Naturalmente le persone che hanno animato questa festa 17 li Daniela Pelosi I ragazzi speciali Isabella Bonetti D.ssa Giovanna Chiarini e Claudia Bonfini Gruppo musicale “Palco Aperto” di Tarquinia Pubblico presente alla manifestazione Claudia Bonfini e la D.ssa Gilda Rush sono state: Nico, Roberta, Giuliana, Giuseppe, Nazzareno, Daniele, Marco, Arianna, Giampiero, Federico, Loredana D., Giancarlo, Giuseppina, Loredana B., Francesca, Fabio e Sergio, che attualmente frequentano il Centro, i loro genitori, e tutte le persone che hanno dato il loro contributo nel passato e che rappresentano il significato e il frutto del nostro lavoro a Civita Castellana. Le differenti testimonianze, che sono state riportate durante la giornata, spero abbiano offerto a tutti la possibilità di prendere coscienza del lavoro che ogni gior- Alessia Lazzari e Claudia Bonfini no si svolge al C.S.E., con l’auspicio che qualcuno si lasci coinvolgere e che le opportunità sul territorio aumentino. Ma in particolare abbiamo voluto testimoniare la ricchezza di accogliere la diversità come momento di crescita umana e sociale, di andare al di là delle apparenze, scoprendo così che l’apparenza, spesso, nasconde persone profondamente ferite, ma ancor più profondamente capaci di amare e di farsi amare. Riccardo Cardini - Centro socio-educativo “Rosa Merlini Frezza” 18 Campo de’ fiori Associazione Artistica Ivna Artisti di Vignanello, Vallerano, Corchiano, Civita Castellana condividono l’arte IL VERDE DEI BOSCHI, IL MOVIMENTO ONDULATO NEI DIPINTI DI ERCOLE ERCOLI La prima scintilla della pittura intimistica di Ercole Ercoli, nativo di Vallerano, si è accesa fin dai tempi delle scuole medie. “Un giorno”, ci racconta lo stesso artista, “facendo uno studio dal vero,con della Proff.ssa il prof. Ammannato, M. Cristina dipinsi un viale alberaBigarelli to di Vignanello in pochissimi minuti e fui gratificato dal mio insegnante che mi incoraggiò a coltivare questa mia dote”. Si susseguirono ulteriori riconoscimenti ed incoraggiamenti: “la mia spontaneità e la mia abilità furono evidenziate e guidate.” Da quel momento in poi Ercole Ercoli non ha più potuto fare a meno di seguire la sua Musa ispiratrice che lo consigliava e che sentiva come vigoroso impulso irrefrenabile nel percorrere la sua via artistica. Ercole Ercoli, non si forma nelle scuole d’arte o in ambiti accademici propriamente detti, ha, però, l’opportunità di incontrare abili maestri dell’arte che lo formano e lo aiutano ad assumere la sua identità di pittore d’eccellenza. I tentativi, peraltro geniali, nell’uso di varie tecniche pittoriche lo inducono a prediligere l’olio su tela e su carta, dando soddisfazione all’idea, gratificandola. Il sistema antico dell’abbozzo permette a Ercole Ercoli di iniziare la sua composizione con un disegno istintivo, quasi violento, cogliendo l’essenziale dell’ immagine che vuole dipingere. Violento, poco definito, linee che conducono a uno scarno disegno: la base per l’abbozzo. Dopo alcuni giorni che il colore si è “riposato”, va a riprendere le parti che interessano, ad evidenziarle, a definirle, a creare le linee direzionali dove lo spettatore possa vedere quello che vuole che egli veda. Un sistema la cui fase embrionale sono i segni della matita, per poi procedere all’ abbozzo. L’uso dei colori è unicamente riconducibile ai primari, perché i suoi dipinti sono, prevalentemente, di colori puri, poche “mescole”, essenziali. Ercoli ci rivela che i derivati li trova nei verdi, nei viola, ed i colori secondari li ritrova con i colori primari. Quella dell’artista valleranese è una tavolozza molto ristretta con colori primari, pochi secondari, poche terre perché la sua intenzione pittorica é quella di creare l’ effetto della purezza, in particolare la purezza nella vegetazione che ancora oggi esiste nella natura mite ed aggraziata dei Monti Cimini. Tratta la materia alla maniera degli impressionisti francesi. “Un contatto veloce,” ci spiega l’artista Ercoli, “quasi violento specialmente negli abbozzi, in sintonia con la realtà circostante”. I nostri colloqui con lui ci confermano che la fonte artistica è quella di alcuni pittori impressionisti francesi. Courbet è la sua guida nell’uso dei verdi; Sisley per quanto riguarda i paesaggi e Pissarro per le vedute più aperte. Le vedute di Ercoli sono paesaggi in primo piano, con sfondi più ampi, alla Pissarro, ingentilite e aggraziate alla Sisley. E’ così che appaiono i suoi dipinti: veri, vissuti intimamente, dal tocco impressionista marcato, con cenni a sfumature infarcite di colori, che scaturiscono dalla volontà dell’artista di rivestirle di verde e derivati. Boschi e sottoboschi ricoperti di verde, quindi identità rigogliosa e orgogliosa della materia proposta, soffice e nel contempo pastosa, intrisa di luce sfumata, solo apparentemente malleabile! I suoi boschi con i felci, i rami e le foglie verdi sembrano uscir fuori dalla tela per dirci quanto indocile, nel contempo accogliente, sia tutto quel folto verde che avanza e che sembra parlarci del tepore esistente e possibile, che, però, va conquistato e assaporato. Ci parla di un mondo visibile come i boschi, che esteriorizzano la forza, la bellezza e l’equilibrio del creato, e di un mondo nascosto, come il sottobosco, che interiorizza, che nutre tutto, che va, però, protetto poi- ché un solo passo scomposto comprometterebbe quel vaporoso equilibrio che attraverso l’occhio proiettiamo fino all’intimo, lasciando tutto informe e ammassato sotto il peso di chi “cammina Ercole Ercoli indifferente” su quel tappeto ondulato, alla Turner, senza essere, però, ostile, anzi disponibile e ricco di nutrimento… Ritrae i felci, i castagneti, la natura dei Cimini perché li conosce bene, e perché vorrebbe che chi li guarda potesse riconoscere in essi degli esseri viventi come noi, esseri che nascono, crescono, muoiono. Le nature morte di Ercoli si ispirano a Cezanne: “i piani in diagonale e i volumi, la pesantezza delle cose, i pesi, i contrappesi, la sensazione del movimento, dello scendere dei panni di lino, la gentilezza e la grazia dei panneggi, oggetti del passato, come brocche vecchie, elementi umili semplici, non arricchiti, non elaborati al fine di far risaltare i valori passati, la semplicità, l’umiltà: valori importanti che vanno tramandati nel tempo! Mi piace”, dice Ercoli, “nelle nature morte e nel paesaggio creare questo equilibrio, in maniera evidente affinché chi guarda possa riflettere sul fatto che noi siamo il risultato di quello che eravamo”. La pittura di Ercoli evidenzia un equilibrio della natura, perché crede fermamente nella simbiosi tra uomo-natura in un ecosistema dove l’equilibrio è essenziale, in una danza ritmica di suoni, di flebili rumori, di impercettibili fruscii, di profumi, di odori che essa emana con un movimento ondulato vivo, che produce nell’animo il crescente tepore dello spirito nella potenza generatrice eterna! Campo de’ fiori 19 IL TEMPIO DI VENERE E ROMA Sulle alture della Velia, verso la valle del Colosseo e ad est della Basilica di Massenzio, in fondo al Foro Romano, l’imperatore Adriano fece innalzare, tra il 121 ed il 135 d.C., secondo un progetto da lui di stesso redatto, il più granCristina de edificio di culto di Roma Collettini antica. Il tempio di Venere e Roma (templum Veneris et Romae) è un doppio santuario, dedicato a Venus Felix, ovvero Venere portatrice di buona sorte, dea dell’amore e genitrice di Enea e della Gente Giulia, e Roma Aeterna, la dea che personificava lo stato romano. Inaugurato nel 135, non ancora completo, venne ultimato nel 140-141 da Antonino Pio, sulle cui monete è rappresentato, e, danneggiato dall’incendio del 283, fu fatto ricostruire nel 307 da Massenzio. Il “doppio tempio” di dimensioni colossali, sul modello di quelli greci, fu costruito su una terrazza parzialmente artificiale, alta circa 9 metri, per bilanciare il dislivello tra il Foro e la parte più bassa del Colosseo, su un’area precedentemente occupata dal vestibolo della Domus Aurea neroniana, al centro del quale era collocato il colosso del Sole, una statua bronzea di 36 metri che ritraeva Nerone con i raggi solari attorno al capo. Su ordine di Adriano, la statua fu spostata verso la valle dell’anfiteatro e l’architetto Decriano, che ne eseguì la rimozione, si servì di ben ventiquattro elefanti!! La terrazza rettangolare, su cui insisteva il tempio (100x145 m), presentava, su ognuno dei lati lunghi, un portico con un propileo centrale, 44 colonne di granito grigio, che delimitavano lo spazio sacro sui lati settentrionale e meridionale. Il luogo di culto vero e proprio sorgeva su uno stilobate a gradini (lo stilobate nel tempio greco è il piano su cui poggia il colonnato del tempio) ed era circondato da una peristasi di colonne (portico) in marmo bianco con capitelli corinzi, 20 sui lati maggiori e 10 sui minori. Caratteristica principale di questo tempio è la disposizione perfettamente simmetrica delle due celle di culto, orientate in senso Ricostruzione a cura di G. Cariou e J. Pesnel (2002) opposto e con le pareti di fondo adiacenti, precedute da portici con quattro colonne. L’accesso principale al tempio era quello ovest, verso il Foro, con la cella dedicata alla dea Roma, rivolta verso il Campidoglio, che è quella meglio conservata e che è stata poi inglobata nella chiesa dei santi Pietro e Paolo, rinominata Santa Maria Nuova e in seguito convento di Santa Francesca Romana, e che, oggi, è l’Antiquarium del Foro. Del tempio originario rimangono solo la platea e i portici laterali, mentre le absidi in fondo alle celle e le coperture voltate a botte, ornate con cassettoni romboidali a stucco, ancora visibili, risalgono al restauro di Massenzio. In epoca adrianea le celle erano molto ampie, con due ambulacri laterali chiusi da un colonnato a tre ordini di colonne sovrapposti. Si presume che originariamente il tempio avesse un’altezza di circa 30 metri, per avere un’idea delle immense proporzioni, si pensi che le calotte rifatte da Massenzio, i cui resti sono oggi visibili, sono alte 19 metri!! In realtà nelle strutture adrianee superstiti, perlopiù di fondazione, non sono state trovate tracce di incendi, ma interessante è il fatto che molti dei materiali di epoca adrianea, che costituivano la decorazione marmorea, sono stati riutilizzati da Massenzio non solo per questo edificio di culto, ma anche per la sua omonima basilica, come dire, da un monumento ne sono stati decorati due!! I paramenti esterni originari delle celle erano spessi circa 180 cm, uno spessore minimo per una struttura in muratura di simili dimensioni, ed erano costituite di blocchi di travertino nella parte fondale e di blocchi di peperino ricoperti di lastre marmoree nell’alzato. Sotto Massezio, le pareti furono rinforzate con “fodere” di calcestruzzo e cortina, addossate direttamente alle strutture originali, restringendo in tal modo lo spazio delle celle. Come si evince da un rilievo conservato al museo delle Terme che lo rappresenta, il timpano della facciata della cella occidentale, dedicato alla dea Roma, rappresentava Marte e la Rea Silvia, la lupa con i gemelli, Romolo e Remo, a raffigurare probabilmente la fondazione della città. All’interno, le pareti laterali delle celle erano scandite da colonne in porfido e da nicchie per statue, inquadrate da colonnine, anch’esse in porfido, poste su mensole di marmo bianco; nell’abside sul fondo della cella, preceduta da due colonne di porfido, era situata la grande statua di culto: di quella, raffigurante la dea Roma, rimane il basamento in mattoni. Il pavimento in lastre di marmi policromi doveva presentare bellissimi disegni geometrici. Il progetto, concepito dall’imperatore Adriano ,risente fortemente dei modelli e della cultura greca, da cui l’imperatore traeva le fondamenta del suo progetto politico e religioso e della sua stessa immagine di sovrano. Fiero della sua opera, l’imperatorearchitetto mostrò i disegni del possente edificio di culto all‘architetto Apollodoro di Damasco, ideatore sotto Traiano dei Mercati Traianei, il quale però criticò il progetto innovativo sostenendo la sproporzione delle statue di culto che, se si fossero alzate, avrebbero rotto la copertura. Osservazione che offese l’imperatore e costò la vita al famoso architetto, esiliato prima e messo a morte poi dallo stesso Adriano!! L’area del tempio venne scavata durante il periodo dell’ Amministrazione Francese (18101814), ma solo negli anni 1827-1829 fu sistemata con reinterri e con il rialzamento di alcune colonne. Antonio Munoz curò, invece ,(1934-1935) la sistemazione a giardino che ripropone in pianta l’assetto originario del tempio, con essenze diversificate ad indicare i gradini e la peristasi di colonne. Intorno agli anni 80, venne curata dalla Soprintendenza la pulizia di tutte le superfici, ma la sistemazione attuale si deve ad una grande restauro realizzato in occasione del Giubileo, sempre ad opera della Soprintendenza. Le piante disposte da Munoz, che dovevano simulare i colonnati, crescendo erano venute meno al loro scopo; per segnalare la caduta del colonnato, senza cancellare le tracce del precedente restauro, la basi delle colonne sono state riproposte in negativo, scavandone a terra le relative “impronte”. Viterbo - Roma - Civita Castellana Vallerano - Porto D’Ascoli - Teramo www.lisi-bartolomei.com Campo de’ fiori 21 Centro Provinciale di Formazione Professionale Civita in memoria di Ivan Rossi ana Castell L’ amministrazione provinciale, su proposta del consigliere Massimo Miccini (PRC), ha intitolato alla memoria di Ivan Rossi il Centro Provinciale di Formazione Professionale. La cerimonia si è svolta il 29 ottobre scorso, durante una mattinata insolitamente calda quale testimonianza che il buon Dio ha voluto dare all’ avvenimento, con la partecipazione dei genitori del giovane, del presidente della provincia Mazzoli e l’ assessore alle politiche sociali, Picchiarelli, che hanno fatto gli onori di casa. Sono intervenuti il presidente della regione Lazio, Marrazzo, i senatori Allegrini e Marini, il prefetto di Viterbo, Giacchetti, il vescovo della Diocesi, mons. Zadi, il sindaco Giampieri, i consiglieri regionali Parroncini e Peduzzi, autorità militari, alcuni consiglieri provinciali, assessori e consiglieri comunali, e numerose altre personalità, oltre ad alcuni parenti del giovane, semplici cittadini e studenti del CAP accompagnati dai loro docenti. Nei vari interventi, ad iniziare da quello di Picchiarelli, a cui hanno fatto seguito Giampieri, Mazzoli e quindi Marrazzo, è stata messa in evidenza la figura ed il valore civile e morale del gesto compiuto dal giovane Ivan Rossi, animatore di un villaggio turistico, che si è sacrificato sulla spiaggia di Noto (SR) da sx il Presidente Piero Marrazzo, il Sindaco di Civita Castellana Massimo Giampieri nel tentativo di e i genitori di Ivan Rossi portare in salvo alcuni giovani che si erano trovati in diffiessere un luogo di crescita per i giovani e coltà, tra i flutti la figura di Ivan deve rimanere un esemdel mare mosso. pio che rappresenta la speranza per un Un atto eroico futuro migliore. Marrazzo ha evidenziato che ha indotto il come in quel dolore c’è la volontà del sen. Marini a riscatto che ha trovato tutti uniti in una chiedere al Capo filiera comune. Una targa, quella affissa dello Stato l’ all’ ingresso dell’ istituto scolastico, che assegnazione di non deve rimanere anonima ma essere di una medaglia d’ esempio ai giovani per superare le loro diforo, sostenuto ficoltà. Picchiarelli ha anche annunciato da tutti gli altri che presso il CAP di Civita Castellana verrà colleghi senatoavviato il 1° Corso per Operatori Turistici. ri. La targa, scoIl vescovo, mons. Divo Zadi, durante l’ perta dai genitoincontro avuto dai genitori con le autorità, ri di Ivan, deve in cui la sig.ra Rita, madre di Ivan, ha rimanere a testiricordato momenti particolari del proprio monianza di un figlio, ha detto che nelle omelie rivolte ai eroe, è stato ragazzi unisce sempre il nome di Ivan, un detto, che ha eroe che con il suo gesto ha fatto onore compiuto un alla vita. Mario Sardi gesto di grande foto M. Topini solidarietà. La Le autorità e i genitori davanti alla targa commemorativa scuola deve 22 Campo de’ fiori o n a i c c a l i F Questo mese ci spostiamo in provincia di Roma, precisamente a Filacciano, un piccolo paese di 5,7 km quadrati, con 543 abitanti, che si erge sopra un colle, a 197 m, di Ermelinda Benedetti circa, sul livello del foto Mauro Topini mare, da cui è possibile godere di un bellissimo panorama, che ha come sfondo la valle del Tevere e i monti sabini. Partendo da Roma, si può raggiungere percorrendo l’autostrada A1 in direzione Firenze, fino al casello di Fiano Romano, da dove proseguire per Nazzano Romano, che dista tre chilometri da Filacciano, attraverso la Via Tiberina. In alternativa, si può arrivare a Prima Porta percorrendo la SS Flaminia e poi proseguire per Nazzano Romano, tramite la Via Tiberina; oppure è possibile prendere la strada statale Salaria fino al Ponte del Grillo a Monterotondo e immettersi sulla Tiberina, nei pressi di Capena. STORIA L’origine di Filacciano è da far risalire al periodo romano, tanto che il nome stesso sembra possa essere una derivazione di Faliscanum o Faliscianum, dalla popolazione dei Falisci, stanziatisi prima nell’attuale zona di Civita Castellana Oratorio Le guide di C Il Borgo e confinata, poi, dai Romani, in questo territorio, poco distante. Secondo un’altra teoria il nome potrebbe essere ricollegato a quello dell’imperatore Felicianus, che ne sarebbe stato il fondatore. Ma l’ipotesi più plausibile sembra quella per la quale la denominazione attuale del paese deriverebbe dal possidente Flacco, il cui fondo fu detto, per l’appunto, Flaccianus, tanto più che, in un documento dell’VIII secolo, è riportata la donazione all’Abbazia di Farfa del fondo cosiddetto Flacciano, da parte di un certo Zaro. Per di più, solo qualche decennio dopo, nell’817, Papa Stefano IV attesta la presenza dei Monaci di Farfa, con una bolla, nella quale ribadisce il pieno possesso del Casalis Flacciano a tale ordine monastico. A partire dal XIV secolo il fondo passa nelle mani della famiglia Orsini, che lo governò per circa due secoli, fino al 1544, quando Giovanni Francesco Orsini lo cedette ad Antimo Savelli. Dagli inizi del secolo successivo, invece, si susseguirono diverse nobili famiglie: i Baroni Naldi della Bordissiera, Muti Papazzurri, monsignor Carlo Mauri e i suoi eredi, i Franci, il Marchese Ferraioli e nel 1853 i Principi Del Drago, fino a che non divenne comune, ma che rimangono comunque gli attua- li proprietari dell’omonimo palazzo. ITINERARIO TURISTICO Per le sue dimensioni ridotte, visitare Filacciano è “semplice e veloce”, ma ne vale senz’altro la pena, non solo per la singolarità del borgo medievale, ma anche per la bellezza delle vedute e la tranquillità. Due sono gli edifici monumentali di maggior rilievo, sui quali soffermarsi mentre si ammira la particolare struttura urbana e la solennità medievale e rinascimentale dei palazzi tutt’ora abitati. L’attuale Palazzo Del Drago Santa Maria Assunta Campo de’ fiori Campo de ’ fiori fu eretto nella seconda metà dell’Ottocento dall’omonima famiglia, sulle fondamenta del più antico castello feudale. La chiesa di Sant’Egidio Abate, patrono di Filacciano, risale probabilmente alla fine del X secolo, mentre il suo campanile venne innalzato nel secolo successivo. In stile romanico, fu costruita dai monaci Benedettini di Farfa. Pregevoli sono i suoi affreschi risalenti al XIII secolo, ma danneggiati dall’incuria. TRADIZIONI E FESTE Carnevale a Filacciano Sfilata di carri allegorici per le vie del centro. Corpus Domini Infiorata in occasione della solennità del Corpo di Cristo. Festa di Sant’Egidio Abate Festeggiamenti in onore del Santo patrono del paese, il Primo di Settembre. CURIOSITA’: Ma lo sapevate che… Filacciano è ed è stato il set cinematografico di moltissimi film. Tra gli ultimi Grande, grosso e Verdone, del noto attore e regista italiano Carlo Verdone, che uscirà nelle sale cinematografiche il 7 marzo 2008, e Orgoglio, la fortunata fiction di Raiuno, nella quale la Banca di proprietà della famiglia Obrofari era il Palazzo Del Drago di Filacciano. Carlo Verdone sul set del suo film “Grande, gorsso e Verdone” I protagonisti di Orgoglio Daniele Pecci, Elena Sofia Ricci e con Paolo Ferroni Palazzo del Drago 23 Campo de’ fiori 27 Una “Fabrica” di ricordi Personaggi, storie e immagini di Fabrica di Roma Cinema Smeraldo Il cinema portava un netto cambiamento in un paese agricolo, chiuso nelle sue vecchie abitudini che, fino a quel momento, aveva assistito soltanto a qualche proiezione all’aperto, durante le di Sandro Anselmi feste patronali, o nella piccola sala di Romoletto, che era nel locale sottostante l’attuale Carivit. Arrivavano, con esso, nuovi modi di esprimersi, di comportarsi e tutto un mondo nuovo veniva catapultato su una comunità fino allora assonnata, ferma. L’assimilazione di tutto ciò avveniva gradualmente ed allora le acconciature dei capelli, il modo di vestirsi, perfino di parlare, di atteggiarsi e di camminare, ricalcavano fedelmente questo o quel protagonista del film del momento. Prima della proiezione del film venivano trasmessi i successi discografici più in voga. Poi le luci, già fioche, si spegnevano e sullo schermo apparivano le immagini delle notizie della settimana Incom, che raccontavano gli avvenimenti nazionali. Quella era l’unica fonte di informazione, poiché nessuno, o quasi, leggeva i giornali, pochi avevano la radio, e la tv, tra l’altro appena nata, si trovava, a malapena, in due o tre case del paese. Si arrivava finalmente alla tanto attesa proiezione del film e ci si predisponeva a goderselo tutto. Ricordo ancora le immagini forti e tenebrose del più classico dei film dell’horror: Dracula il vampiro. L’insuperabile interpretazione di Cristopher Lee, nei panni del protagonista, traumatizzò letteralmente il pubblico di ogni età che, ancor oggi, resta scosso al ricordo della sua faccia pallida, emaciata, mentre succhia il sangue delle vittime. Fu l’epoca poi del western all’italiana del maestro Sergio Leone, come Per un pugno di dollari, con le musiche indimenticabili di Ennio Morricone. La fortunata serie dei film di Angelica, come Angelica alla corte del re o Angelica alla corte dei miracoli, con Michele Mercier, Robert Houssein e Giuliano Gemma, fece sognare l’amore romantico a tutti gli adolescenti, che avrebbero desiderato una ragazza come la protagonista. Le azioni incredibili, quasi paradossali, della infinita serie di 007, con il superbo Sean Connery in Licenza di uccidere, Dalla Russia con amore, Goldfinger… rappresentavano quel modello più evoluto, americano, che i ragazzi del momento avrebbero voluto imitare. Spesso si restava al cinema anche per il secondo spettacolo per arrivare a rivedere la scena che ci aveva più colpito e, poi, a malincuore, si lasciava la sala per tornare a casa. All’uscita, quand’era ormai notte, visto che al cinema ci si andava prevalentemente le domeniche d’inverno, mi voltavo a guardare un’ultima volta il manifesto del film, che era stato affisso fuori per tutta la settimana, per imprimere nella mia mente l’immagine più rappresentativa. Alla fine degli anni ’60, vennero organizzati dei grandi veglioni nei locali del cinema, ed allora tutte le poltrone venivano rimosse e, mentre in platea si ballava, nella galleria veniva allestito un buffet e ci si poteva sedere attorno a dei tavoli. Io partecipai col mio gruppo Max e i Grandi Naufraghi alla prima stagione carnevalesca, e vivo ancora l’emozione di essere salito sul palco, a ridosso del grande Cristopher Lee in Dracula il Vampiro Michele Mercier in Angelic schermo. Ci avvicendavamo all’Orchestra Brazil e ricordo che Romolo Malatesta, che amava collaborare con la tipografia di Memmo Ceccarelli, aveva scritto di noi, sui manifesti, Grandi serate con gli astri nascenti Max e i Grandi Naufraghi. Quando, successivamente, tornai a vedere i film, era come se avessi scoperto il mistero di quello schermo per averlo visto così da vicino, la sua magia era stata svelata, violata, ed aveva perduto, oramai, irreparabilmente, quel suo fascino irraggiungibile. 28 Campo de’ fiori Come eravamo Quando il bullo si chiamava “Giggi” Prendo spunto dagli avvenimenti che hanno riempito recentemente le prime pagine dei giornali, e hanno messo la nostra società di fronte ad un fenomeno ormai dilagante, per parlare del cosiddetto “bullismo”. di Può sembrare una Alessandro Soli parola nuova, in effetti lo è, ma se ci pensiamo bene, è l’erede diretta o indiretta, di “bullo”, termine che ha ben altro significato. Ogni generazione ha avuto i suoi bulli. Basta ricordare quelle figure così caratteristiche, descritte dai poeti romaneschi di fine ottocento, e magistralmente dipinte dal Pinelli, per convincersi che tutto ruotava intorno a una singola persona: allo spaccone arrogante del quartiere (allora borgo), prepotente e vendicativo, che se ne infischiava della legge, insomma era “er più”, era “Giggi”, (con due G) era “Giggi er Bullo”. Vestiva elegantemente, si credeva un Adone, ma era sempre lui, e solo lui, il “re” incontrastato della zona; e come per gli antichi cavalieri, la sua successione era decisa dal classico duello. Se penso alla mia generazione, quella post bellica: anche noi avevamo il “bullo”, così etichettato per le sue piccole spacconate. Quando si vantava di amori impossibili, quando vestiva alla moda con gli stivaletti e i capelli alla “Beatles” e i pantaloni a “zampa d’elefante”. Il tutto condito da una sana voglia di vivere, lontana dalla noia, respirando l’aria dell’imminente rivoluzione dei costumi, figlia degli anni ’60. Provo perciò un senso di nausea e di rabbia nello stesso tempo, quando vedo scene registrate (a bella posta per emergere sul gruppo di amici e coetanei) dal bullo di turno, che sale sulla cattedra col professore presente in classe, o quando si permette di palpeggiare la giovane insegnante. Cosa vuol dimostrare il bullo di oggi? Che è forte? Che è libero di fare ciò che vuole? Che è lui il prototipo dell’uomo tutto sesso? Penso che se interpellati, questi fautori del “bullismo a tutti i costi”, che si fanno scudo del cosiddetto “branco”, spalleggiati a volte anche dalle istituzioni, non saprebbero darmi una risposta valida o convincente. A loro voglio solo ricordare una cosa: “Giggi er bullo”, quello di cui sopra, era figlio di una società povera, che lo costringeva ad emergere, mettendo a frutto la sua inventiva e il suo carattere forte, mentre purtroppo il bullo di oggi, è figlio di una società minata dal consumismo, che gli ha tolto il gusto di una vita fatta di conquiste di valori e di speranze. Non è certo chiudendo in bagno un compagno di classe (semplice ragazzata) e poi immettere le immagini su internet (grande cavolata), che si creano i presupposti per avere una valida classe dirigente per il nostro domani. Campo de’ fiori 30 CENTRO DI CONSULENZA Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica Via T. Tasso 6/A - Civita Castellana (VT) Tel. 0761.517522 Cell. 335.6984281-284 www.centroceral.com [email protected] Di dislessia non se ne parla mai abbastanza E’ sicuramente aumentata la sensibilità sul tema della dislessia e degli altri disturbi specifici di apprendimento (disgrafia, discalculia e disortoDott.ssa grafia) tuttavia anFalzone Sandra cora troppo spesso arrivano presso di noi bambini e ragazzi non diagnosticati le cui difficoltà sono state ignorate da insegnanti, genitori, pediatri. Il comportamento del bambino con dislessia assomiglia infatti a quello del bambino svogliato, pigro, capriccioso, riluttante all’impegno e questa sua somiglianza fa sì che per il suo problema si scelgano le spiegazioni più semplici e banali. Il fatto che sia intelligente e che al di fuori della scuola sia un bambino allegro, vivace, “senza problemi”, sembra costituire per il bambino dislessico uno svantaggio anziché un vantaggio perché al contrario di altre disabilità il suo problema si evidenzia solo a scuola o al momento del compito a casa. Di fronte al compito scritto, il bambino dimostra tutte le sue difficoltà che invece di essere considerate un campanello d’allarme, un indicatore che accende un’ipotesi, vengono valutate come una conferma del suo disimpegno e rinfacciate ripetutamente al bambino. E’ cosi che da una difficoltà ne nasceranno altre che andranno ad influire sullo stato emotivo del bambino. PROBLEMI SOCIALI ED EMOTIVI COLLEGATI AD ALUNNI CON DISTURBO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO (Vademecum Dislessia) Frustrazione: è determinata dall’incapacità di tali alunni (che sottolineiamo hanno un’intelligenza nella norma) a soddisfare le aspettative. I loro genitori e gli insegnanti vedono un bambino intelligente ed entusiasta che non riesce ad imparare a leggere e a scrivere. Sempre più spesso i dislessici e i loro genitori si sentono ripetere: “eppure è così intelligente, se solo si impegnasse di più”. Ironicamente nessuno sa quanto duramente i bambini dislessici ci provino. Ansia: spesso la costante frustrazione e confusione a scuola rende questi bambini ansiosi. L’ansia è esacerbata dalla disomogeneità che caratterizza il quadro della dislessia. L’ansia fa sì che i bambini evitano tutto ciò che li spaventa e spesso insegnanti e genitori interpretano questo comportamento come pigrizia. Rabbia: la frustrazione può provocare rabbia. Il bersaglio della rabbia può essere costituito dalla scuola, dagli insegnanti, ma anche dai genitori e dalla madre in particolare. Mentre per un genitore può essere difficile gestire queste situazioni, spesso, il tutoraggio da parte di coetanei o di ragazzi poco più grandi può rivelarsi uno strumento efficace di intervento e di aiuto. Immagine di sé: durante i primi anni di scuola ogni bambino deve risolvere i conflitti tra un’immagine di sé positiva e i sentimenti di inferiorità, provocati dalle diffi- coltà nell’apprendimento. I bambini dislessici, infatti, andando incontro ad insuccessi e frustrazioni, si fanno l’idea di essere inferiori agli altri bambini e che i loro sforzi facciano poca differenza; spesso si sentono inadeguati ed incompetenti. Depressione: i bambini dislessici sono ad alto rischio di provare intensi sentimenti di dolore e sofferenza. Forse a causa della loro bassa autostima, i dislessici temono di sfogare la loro rabbia verso l’esterno e quindi la rivolgono verso se stessi. Il bambino depresso può diventare più attivo e comportarsi male per mascherare i sentimenti di dolore. L angolo Misterioso Nella foto a fianco è riportata una Via di Civita Castellana. Sapreste dirci di quale via si tratta? I primi tre che, telefonando in redazione, daranno la risposta esatta, riceveranno un simpatico omaggio offerto da: Civita Bevande. Campo de’ fiori 31 Campo de’ fiori 32 Civitonici Illustri Il preside Alfredo Crestoni di Enea Cisbanii Civita Castellana 1947 - I° Biaennale Arte Ceramica - da sinistra: Il Preside Alfredo Crestoni, il Ministro Alberto Folchi, il sig. Ottorino Zenoni e ultimo a destra il Prof. Nello Nelli Roma. 3 Ottobre 1947. Il Ministro della Pubblica Istruzione Gonella, così scrive al Preside Crestoni: “in occasione dell’avvenuta inaugurazione della Mostra Annuale dell’Arte della Ceramica, questo Ministero tiene ad esprimere il più vivo compiacimento alla S.V. per aver assicurato, dopo gli ultimi eventi bellici, una pronta ripresa di codesta scuola nei rinnovati locali, e per aver saputo riportare la produzione della Scuola stessa alle sue migliori tradizioni. Il plauso di questo ministero si rivolge anche a quanti insegnanti ed allievi hanno contribuito alla riuscita della mostra. Il Ministro Gonella.”. Città del Vaticano. 12 Giugno 1959. “Al Preside Crestoni. Ho il piacere di riferirmi alla sua pregiata lettera dell’8 corrente mese circa l’omaggio presentato al Santo Padre dagli allievi ed insegnanti della Scuola d’Arte Ceramica di Civita Castellana. Al riguardo posso assicurare che l’artistica ceramica è già stata collocata in una sala dello stesso appartamento privato del Santo Padre. Mons. Angelo Dell’Acqua Segretario di Stato”. Civita Castellana. 18 Luglio 1960. Il Preside Crestoni così scrive al Ministro della Pubblica Istruzione: “Gentile Eccellenza, ho appreso con piacere della sua cortese comunicazione che è stato assegnato alla nostra scuola il piatto d’argento messo in palio dal C.O.N.I. quale riconoscimento alle opere in ceramica presentate dai nostri alunni al concorso dell’ E.n.a.l.. Con altrettanto piacere la informo che il C.O.N.I. ha assegnato alla scuola un contributo di £.150.000 per i due esemplari della Targa Olimpica eseguita dalla scuola. Con l’occasione mi pregio di farle presente che ho fatto eseguire n.40 esemplari di dette targhe olimpiche che la scuola mette a sua disposizione per disporne come meglio V.E. crederà. Le targhe sono già pronte e non resta che mandarle a ritirare. La prego gradire i migliori saluti da parte di tutto il personale. Mi creda suo devotissimo Alfredo Crestoni Direttore.”. Il nome e la figura di Alfredo CRESTONI, sono indissolubilmente legati all’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica di Civita Castellana, quale artefice unico ed instancabile della rinascita fisica e morale dell’istituto dopo i disastri della Seconda Guerra Mondiale. Alfredo Crestoni, pittore e ceramista di rara abilità, appartiene ad una delle fami- glie più importanti del nostro centro: il Padre Girolamo, agli inizi del ‘900, è sindaco di Civita Castellana e il fratello Leonida un valente pittore, di cui troviamo alcuni riferimenti critici nelle riviste d’arte del tempo. Il Preside Crestoni è dapprima allievo della scuola; tra il 1930 e ’40 decoratore presso alcune manifatture locali e successivamente, nel 1940, nominato dal Preside Renzo Dazzi docente di decorazione ceramica nel Regio Istituto d’Arte per la Ceramica. Alfredo Crestoni non fu soltanto un celebrato docente, ma anche un pregevole pittore nonché un ceramista di rara abilità: la sua opera più conosciuta le Tre Grazie del 1946, fonde la materia ceramica dorata con il vetro lavorato e cesellato secondo antiche tecniche vetraie. Alfredo Crestoni diventa Direttore dell’Istituto nel 1945 e resterà in carica per diciotto anni. La guerra aveva profondamente devastato la scuola, provocando la distruzione di macchinari, mura, oggetti e documenti. Le vecchie immagini del tempo mostrano i locali distrutti dai bombardamenti e i momenti, laboriosi e pazienti, della ricostruzione e creazione delle nuove aule per Campo de’ fiori 33 la didattica e di più moderni laboratori per la ceramica. Nei diciotto anni della gestione Crestoni, la scuola modifica profondamente il proprio aspetto esterno e organizzativo: il giardino esterno viene restaurato, realizzato il blocco a due piani con nuove aule per la didattica, gli uffici di direzione e segreteria e il laboratorio ceramico dotato di nuove strumentazioni. Nella scuola chiama ad operare tre valenti Ceramisti locali: Alfio De Angelis, Fernando Piergentili e Olindo Percossi. I forni per la cottura dei pezzi ceramici prodotti dagli studenti furono rinnovati e il vecchio forno a muffola funzionante con la legna sostituito da quello elettrico, meno affascinante, ma certamente più preciso e all’avanguardia. Il paziente lavoro di ricostruzione del Preside Crestoni è supportato da quello non meno instancabile dei diretti collaboratori: i professori Civita Castellana 1955 - III°Biennale Arte Ceramica - da sinistra Avvocato Scola, il Conte Carosi,il Preside Alfredo Plinio Zenoni, Nello Nelli e Crestoni, la Contessa Carosi e il Prof. Antonio Dottorini Provveditore agli studi della Provincia di Viterbo Remo Crestoni. meglio, sotto ogni aspetto, questa iniziativita civitonica, la storia della laborioIl Preside Crestoni inaugura nel 1947 la va, sintesi dello spirito, delle idee, dei carsa, millenaria gente Falisca, il lavoro “Biennale d’Arte Ceramica”, che con dini programmatici dell’insegnamento. che ha determinato l’appellativo di cadenza biennale espone le migliori opere Nelle varia aule ove brillano gli città delle ceramiche; ove in essa si in ceramica prodotte dagli studenti: un oggetti….s’innalza il mito falisco del “gran aggrovigliano le fitte complessità dei successo formativo e didattico senza prefuoco” che accende il rogo del genio e pervalori artistici e culturali dei suoi figli cedenti che fino al 1963 segnerà la vita petua l’orgoglio di Civita Castellana induche attraverso i banchi della valorosa della scuola attraverso delle esposizioni striale, artistica e dinamica”. Scuola Statale d’Arte Ceramica illuche saranno recensite anche a livello Nel 1956 è l’artefice di una profonda traminano il faro che addice la specifica nazionale. sformazione didattica: viene incorporata tendenza dell’attività locale”. Un noto giornale del tempo così descrive nell’Istituto la scuola media, tuttora esila biennale del 1947: “nell’assillo che alegstente, attivando un iter didattico comgia intorno al Direttore, il mago della cenplessivo di cinque anni con il rilascio del tenaria scuola, vi è quella tormentosa diploma di licenza media inferiore e nei amorevole aspirazione di vedere sempre in due anni successivi del diploma di media superiore. Nel 1962, grazie al suo intuito didattico e formativo, la scuola viene definitivamente trasformata in Istituto Statale d’Arte per la Ceramica e istituito il corso di tre anni di specializzazione al termine del quale viene rilasciato il diploma di maestro d’arte della ceramica. Nel 1963, il Preside Crestoni lascia l’insegnamento. Un giornale del tempo così descrive l’Istituto d’Arte: “nella scuola vi Civita Castellana 1955 - III° Biennale Arte Ceramica - il Conte Carosi a colloquio Civita Castellana 1947 - I° Biennale Arte Ceramica il Ministro Alberto Folchi visita la mostra con il è il cortomecon il Prof. Remo Crestoni Preside Alfredo Crestoni traggio della 34 Campo de’ fiori Tanti auguri a Simona che il 23 Ottobre ha compiuto 18 anni, auguri da mamma e papà. Tantissimi auguri alla piccola Valentina Paggi che il 28 Novembre compirà 1 anno. Auguri da mamma Natascia, papà Andrea, dai bisnonni, dai nonni e dagli zii. Ti vogliamo tanto bene!!! Tanti auguri a Marco e Daniela che compiono 29 anni rispettivamente il 1° e il 3 Dicembre, da mamma Anna Maria, papà Sandro, Laura, Massimo e il nipotino Riccardo. Abbracci e baci da zia Marilena e zio Bruno, a Manuel di Menfi. Tanti auguri a Mezzanotte Roberta che il 18 Ottobre ha compiuto 42 anni. Auguri da papà, Mariella, Marina e da tutto lo staff del “Gusto”. …Che quel giorno per te sia … IL MASSIMO!!! Tua sorella Ale! 3.12.2007. A Nicole e Massimo, per il vostro anniversario vi auguriamo un lungo cammino insieme. Gli amici. Tanti auguri a Mario Sardi che ha compiuto 70 anni il 3 Novembre, dalla moglie, le figlie Caterina e Monica, i nipotini Edoardo e Elettra e da tutta la redazione di Campo de’ fiori. Daniele Migliorati, ti facciamo le nostre congratulazioni per la tua laurea in economia aziendale… è solo il primo dei traguardi che ti porteranno alla tua realizzazione professionale. Gli amici dell’università. La redazione di Campo de’ Campo de’ fiori 35 A Giulia, il nostro tesoro, che il 30 Novembre compie 2 anni. Gli auguri più cari da nonna ‘Etta, zio Andrea, zia Stefania e Luca. Tanti Auguri a Giulia Di Niccola per la sua nascita, da mamma, papà e la sorellina Aurora. Buon compleanno a Chiara Dell’Isola di Roma che il Tanti auguri 27 novembre compie a Biancamaria 23 anni. Tanti auguri da parte di Maria Vaselli Cristina e che compie il Massimiliano suo primo anno di vita il 20 Tanti auguri a Luca Fallini Novembre, che il 2 Novembre ha dai nonni, compiuto 2 anni. Auguri da gli zii e i mamma e papà. cuginetti. Tanti Auguri a Cristian Mechelli che il 10 Novembre ha compiuto 1 anno. Buon Compleanno da mamma Giusy, papà Diego e i tuoi nonni. Tanti auguri a Beatrice per il suo decimo compleanno. I più sinceri auguri da mamma, papà, Luigi e tutti i tuoi parenti. fiori si associa agli auguri Tanti auguri a Alessandro Pulcinelli che il 4 Novembre ha compiuto tre anni. Auguri da mamma Manuela, papà Angelo e dai nonni. 36 Campo de’ fiori Tanti auguri ai “ragazzi” della classe del 1937 di Corchiano. Tanti auguri a Loredana di Corchiano che il 13 Novembre compie gli anni, dalla mamma, il papà e il fidanzato Moreno. Congratulazioni alla dottoressa Silvia Roscioli che si è laureata in giurisprudenza con 110 e lode! Auguri da papà, mamma, sorella e cognato. Tantissimi auguri a Irene Roschini per i suoi splendidi 18 anni festeggiati il 4 Novembre da tutti noi: mamma, Lella, Francesca, i Buon Compleanno a Gaia nonni, gli zii e Biancini che il 16 la piccola Ottobre ha compiuto Beatrice. gli anni. Tanti auguri da Martina Tantissimi auguri a Matteo Paduano che il 30 Novembre compie 1 anno, da zia Patrizia, zio Mauro, Serena e Riccardo Tanti auguri a Simone Caporossi che compie 2 anni il 24 Novembre, dalla mamma Faustina, il papà Giorgio, i nonni Carlo e Ivana, Pia e Umberto, i bisnonni Ettora e Giustino, Fiora e Aldo e da tutti gli zii. La redazione di Campo de’ fiori si associa agli auguri Campo de’ fiori Tanti auguri a Beatrice Spitoni che compie 3 anni il 15 Novembre, dalla mamma Vanessa e il papà Nico. Ti vogliamo tanto bene. Tanti auguri a Daniele Francola di Fabrica di Roma che il 23 Novembre compie 13 anni. Auguri da mamma Giorgia, papà Alessandro, il fratellino Alessio, i nonni e la zia Lele. Tanti auguri a Jessica Baldassarre che il 4 Novembre ha compiuto 11 anni. Auguri da papà Alessandro e mamma Lucy. Congratulazioni fatte in rima alla neo laureata in medicina da parte di mamma e papà, zio Amedeo, zia Lucia, Irene, Pierpaolo. Congratulazioni con orgoglio fatti valere Dottoressa e riempi il portafoglio. Tuo fratello Giorgio 37 Tanti auguri a Sara Filippi che il 23 Novembre compie 7 anni. Auguri piccolina da mamma e papà. Tanti Auguri a Andrea e Luna che hanno compiuto gli anni. Auguri da tutti i famigliari e i nipotini Alessio e Nicole. Tantissimi auguri a Simone Papini che il 30 Novembre compie 2 anni, dalla mamma, il papà, i nonni, gli zii e la cuginetta Asia. Tanti auguri a Alessia Russo che l’ 11 Dicembre compie 6 anni. Auguri da mamma, papà, il fratellino Federico, i nonni e gli zii. 38 Campo de’ fiori . Associazione Artistica Ivna IL PETROLIO, QUALE FUTURO? L'Associazione Artistica IVNA di Vignanello ha il piacere di annunciare che il giorno 24 novembre 2007 alle ore 09.30 si terrà, presso l'ex-cinema comunale di Vignanello (Vt), la Conferenza dal titolo "IL PETROLIO,QUALE FUTURO ?" nella quale interverranno il dott. Mattia SELLA, il dott. Bruno VELANI e il dott. Rosario D'AGATA. Cocktail-party di chiusura. Verranno esposte foto storiche e proiettati filmati forniti dall'Archivio Storico ENI. La Mostra potrà essere visitata anche nei giorni 25 - 26 - 27 - 28 novembre dalle ore 10.00 alle ore 12.30. Campo de’ fiori 39 e n o i l g i onc R Domenica 28 ottobre, presso il Teatro Comunale “Ettore Petrolini” di Ronciglione, si è tenuta la presentazione del libro di Bruno Fiato, una raccolta di 45 poesie, con la prefazione del Prof. Francesco Pelegi, intitolato Lo Sguardo dell’Animo. Durante la cerimonia, patrocinata dalla Regione Lazio, dalla Provincia di Viterbo, dal Centro Ricerche e Studi-Ronciò d’oro Città di Ronciglione e dal Comune di Ronciglione, sono intervenuti il Prof. Quirino Galli, l’Assessore provinciale alla Cultura Dott. Renzo Trappolini, Silvano Boldrini e Maria Cangani. Alcune delle poesie, accompagnate da inframezzi musicali dei Professori Fernando De Santis, Cristina Maci e Luca Billoni, sono state lette dai ragazzi del Collegio e da Mario Palazzi. Ha presentato Francesco Laurenti. La manifestazione inserita all’interno di “Ottobre piovono libri”, evento culturale organizzato dalla Provincia di Viterbo, ha riscosso grande successo e grande è stata la commozione dell’autore del libro. Sempre al Teatro Petrolini di Ronciglione l’11 novembre, in occasione dell’inaugurazione della Cineteca Comunale “Gillo Pontecorvo”, è stato proiettato il film L’armata Brancaleone, di Monicelli. Orari treni CO.TRA.L. Orari autobus CO.TRA.L. Civita Castellana - Viterbo 6:33 - 7:00 - 8:30 - 14:53 - 15:50 - 17:40 - 18:58 - 20:28 Civita Castellana - Viterbo 6:35 - 7:10 - 10:45 - 12:20 - 14:05 Viterbo - Civita Castellana 6:40 - 8:50 - 13:45 - 18:00 Civita Castellana - Roma Lepanto 4:10 - 4:40 - 4:55* - 5:20 - 5:35* - 5:50 - 6:00 - 6:05* - 6:25 - 7:40 9:05 - 10:30 - 14:45 - 16:10 - 17:40 - 18:45 Civita Castellana - Roma Saxa Rubra 4:55 - 5:10* - 5:45 - 6:20 - 6:30 - 8:00 - 9:25 - 10:35 - 13:30 - 13:45 14:20 - 14:25 - 16:35 Roma Lepanto - Civita Castellana 6:00 - 6:45* - 7:05 - 7:25 - 8:10 - 9:00 - 9:15* - 9:45 - 11:00 - 13:00 13:15 - 13:50 - 14:10* - 14:30* - 14:45 - 17:05* - 17:35 - 17:50* 18:55 - 20:30 - 21:45 Roma Saxa Rubra - Civita Castellana 6:45 - 7:50 - 9:35 - 10:40 - 11:25 - 12:15 - 14:25 - 15:20 - 20:30 - 21:35 Viterbo - Civita Castellana 5:00 - 6:00 - 11:20 - 13:45 - 14:20 - 16:30 - 19:20 - 20:25 Civita Castellana - Roma 4:50 - 5:15 - 5:40 - 6:07 - 6:40 - 7:07 - 7:35 - 12:28 - 14:53 - 16:20 - 17:40 - 20:28 Roma - Civita Castellana 12:25 - 12:55 - 13:25 - 13:50 - 14:18 - 16:10 - 17:30 - 18:12 - 19:00 - 19:55 - 20:30 Orari autobus VITERTUR Linea 1 Borghetto - P.za Liberazione - P.za Matteotti - Fabbrece - Via Masci - P.za Liberazione - Borghetto Borghetto 6:00 - 6:15 - 7:05 - 7:50 - 9:15 10:05 - 11:10 - 11:55 - 12:55 - 13:50 - 14:10 15:00 - 16:10 - 17:00 - 17:55 - 19:10 - 20:00 P.za Liberazione 6:05 - 6:25 - 7:15 - 8:00 - 9:25 - 10:15 . 11:20 - 12:05 - 13:05 - 14:00 - 14:20 - 15:10 - 16:20 - 17:10 - 18:05 - 19:20 - 20:05 P.za Matteotti 6:30 - 7:20 . 8:05 - 9:30 - 10:20 - 11:25 - 12:10 - 13:10 - 14:25 - 15:15 - 16:25 - 17:15 - 18:10 - 19:25 Fabbrece 6:35 - 7:25 - 8:20 - 9:40 - 10:30 11:30 - 12:25 - 13:25 - 14:35 - 15:25 - 16:35 17:30 - 18:20 - 19:35 Via Masci 6:40 - 7:30 - 8:25 - 9:45 - 10:35 11:35 - 12:30 - 13:30 - 14:40 - 15:30 - 16:45 17:35 - 18:45 - 19:40 P.za Liberazione 6:05 - 6:45 - 7:35 - 8:30 - 9:50 - 10:40 - 11:40 - 12:35 - 13:35 - 14:45 - 15:35 - 16:50 - 17:40 - 18:50 - 19:45 Borghetto 6:15 - 7:05 - 7:45 - 8:45 - 10:05 10:55 - 11:55 - 12:55 - 13:50 - 15:00 - 15:45 17:00 - 17:55 - 19:10 - 20:00 Linea 2 Capati - P.za Liberazione - P.za Matteotti - Fontana Quaiola - Via Masci P.za Liberazione - Capati Capati 7:25 - 8:15 - 9:05 - 9:50 - 10:20 - 11:10 - 12:10 - 13:05 - 13:50 - 14:40 - 15:20 - 16:00 - 17:00 - 17:50 - 18:55 - 19:45 P.za Liberazione 7:30 - 8:20 - 9:10 - 9:55 10:25 - 11:15 - 12:15 - 13:10 - 14:10 - 14:45 - 15:25 - 16:10 - 17:05 - 17:55 - 19:00 - 19:50 P.za Matteotti 7:35 - 8:25 - 9:15 - 10:30 - 11:20 - 12:25 - 13:15 - 14:05 - 14:50 - 15:30 - 16:15 - 17:10 - 18:00 - 19:05 - 19:55 Fontana Quaiola 7:55 - 8:40 - 9:30 - 10:45 11:30 - 12:40 - 13:30 - 14:10 - 15:00 - 15:40 16:25 - 17:25 - 18:15 - 19:20 - 20:05 Via Masci 7:55 - 8:45 - 9:35 - 10:50 - 11:40 12:45 - 13:35 - 14:15 - 15:05 - 15:45 - 16:30 17:30 - 18:35 - 19:25 - 20:10 P.za Liberazione 8:00 - 8:50 - 9:40 - 10:15 10:55 - 11:45 - 12:50 - 13:45 - 14:20 - 15:10 10:50 - 16:35 - 17:35 - 18:40 - 19:30 - 20:15 Capati 8:15 - 9:05 - 9:50 - 10:20 - 11:10 12:00 - 13:05 - 13:50 - 14:40 - 15:20 - 16:00 16:50 - 17:50 - 18:55 - 19:45 - 20:30 Linea 3 Quartaccio - Via Mazzini Ospedale - Via Mazzini - Quartaccio Quartaccio 8:05 - 8:55 - 9:40 - 12:25 -13:05 13:50 - 16:00 - 18:10 - 18:50 Via Mazzini 8:15 - 9:05 - 9:50 - 12:35 - 13.15 14:00 - 16:10 - 18:20 - 19:00 Ospedale 8:25 - 9:20 - 10:00 - 12:40 - 13:30 14:10 - 16:20 -18:30 -19:10 Via Mazzini 8:40 - 9:30 - 10:10 - 12:50 - 13:40 - 14:20 -16:30 - 18:40 - 19:20 Quartaccio 8:55 - 9:40 - 10:20 - 13:05 -13:50 14:30 - 16:45 - 18:50 - 19:30 40 Mina Campo de’ fiori di e i stor e x L Ma Origini artistiche dei nostri cantautori e cantanti più famosi (terza parte) Molti dubitano che Mina possa continuare sulla scia di questo successo, perché, oltre all’abbandono della Italdisc, un altro fatto sconvolge la sua immagine: aspetta un figlio dal compadi gno, l’attore CorSandro Anselmi rado Pani, sposato e separato. Questo le costa l’allontanamento dagli schermi da parte della Rai e le prime pagine delle riviste scandalistiche descrivono dettagliatamente la vicenda, non risparmiando commenti a volte anche pesanti. Il pubblico tuttavia non si lascia condizionare e aspetta impaziente il ritorno dell’artista, che segna anche un grande passo avanti per l’emancipazione femminile. In questo momento, però, non sono le grandi case discografiche a volerla, così la Ri-Fi Record, nata nel 1959 per opera dell’industriale Giovanni Battista Ansoldi, i cui artisti migliori sono Cocki Mazzetti e Fred Buongusto, decide di puntare tutto su Mina. Nel dicembre del ‘63, debutta con la sua nuova casa discografica, con la quale rimane fino al ‘67, pubblicando un 45 giri-tris, che comprende la versione italiana di It’s a Lonely Twon di Gene McDaniel, intitolato Città vuota, un twist di Ricky Gianco e Gian Pieretti, E’ inutile, e un ironico tango di Vittorio Buffoni e Vito Pallavicini, Valentino Vale. Il disco entra subito nella classifica dei più venduti, guadagnandosi un buon terzo posto. Neanche i 45 giri del Festival di Sanremo del ‘64, con brani come Una lacrima sul viso, di Bobby Solo, Non ho l’età, di Gigliola Cinquetti, Ogni volta, di Paul Anka e Quando vedrai la mia ragazza di Little Tony, che fanno registrare il record storico di vendite, riescono a smuoverlo. Solo un nuovo successo della stessa Mina, E’ l’uomo per me, subito al primo posto nelle vendite, per ben sei settimane, scalza Città vuota. Il sodalizio con la Ri-Fi Record è molto fruttuoso e i successi sono ininterrotti: Un anno d’amore contiene anche E se domani, ultima classificata nel Sanremo ‘64, Ora o mai più, sigla della trasmissione di Corrado La prova del nove, Ta-ra-ta-tà e Se telefonando, lanciate nel ‘64, nello show televisivo Studio Uno e, quest’ultima, composta da Ennio Morricone, con il testo di Maurizio Costanzo e Ghigo De Chiara, Sono come tu mi vuoi, sigla della trasmissione radiofonica Gran varietà e la cover di un successo brasiliano, La banda. Mina torna anche sugli schermi televisivi, guadagnando altrettanto successo, con una puntata unica intitolata Alla ribalta 2Speciale per Mina, a cui seguono poi tanti show televisivi in prima serata, da Studio Uno nel ‘65 e ‘66, a Sabato sera nel ‘67, a Canzonissima nel ‘68, a Teatro 10 nel ‘72 e Milleluci, al fianco di Raffaella Carrà, nel ‘74. Tra tutti i dischi da lei incisi ce n’è uno del tutto singolare e introvabile, visto che la Ri-Fi ne stampò in una tiratura limitatissima, del 1964, Cappuccetto rosso/ Cenerentola, dove l’artista, per l’appunto, racconta le due celebri fiabe, con l’accompagnamento orchestrale di Bruno Martelli e sulla copertina del quale scrive e firma questa dedica: “Cari bambini, questo disco è solo per voi. Cappuccetto rosso e Cenerentola sono le fiabe che più mi piacevano quando ero piccolina. Eccovele, spero che piacciano anche a voi”. Mina poi, pian piano, si ritira dalla scena musicale e televisiva, rimanendo sempre la “la tigre di Cremona”. 42 Campo de’ fiori Il Fumetto LETTERATURA PER IMMAGINI CHE EMOZIONA PINOCCHIO – STORIA DI UN BAMBINO di Ausonia Questo fumetto non leggetelo, fa paura, a partire dalla copertina. Una piccola perla cattiva, che ti prende dentro e fa male, perché ti insegna a crescere in un modo spietato e crudi dele. Qui non ci Daniele Vessella sono genitori pronti ad addolcire una scena, né eroi pronti a salvare il protagonista. Nessun zuccherino, quindi… e ausonia (non ho dimenticato la maiuscola, è lui che non la vuole) non fa sconti per nessuno, rivisitando la favola di Collodi in maniera cupa e angosciante, facendola diventare nera come la notte. Un’opera poetica, disturbante senza voler essere provocante o spregiudicata ad ogni costo. Un fumetto capace di farti fermare e riflettere, in una società frenetica che non ti concede nemmeno il tempo per pensare. L’autore si chiede, nel suo sito, perché Geppetto abbia dato proprio un nome come Pinocchio al suo figlio/fantoccio, invece di Fabio o Alessio. La risposta, secondo ausonia, è semplice: i nomi propri sono come degli auspici, dei portafortuna che i genitori regalano ai figli... esiste il nome Gioia, non tristezza. Speranza, non vanasperanza. Esiste Vittorio, non sconfitto… E se Geppetto ha battezzato Pinocchio suo figlio significa che sa che niente lo potrà salvare dal suo essere schiavo, appeso per i fili. Secondo ausonia, non c’è un personaggio positivo. Neanche i bambini che vanno a scuola e studiano sodo sono dei bravi ragazzi. Sono dei disgraziati che in un caso (poco conosciuto) uccidono un compagno di classe. E allora perché Geppetto vuole che il figlio vada a scuola se neanche la cultura ti può salvare dalle bassezze umane? Le bugie di Pinocchio sono niente rispetto agli orrori commessi dalle persone che popolano il suo mondo. E allora perché la Fata Turchina si accanisce tanto contro di lui? Perché non usa i suoi poteri per mettere ordine nella sua società di assassini? Perché sono tutti di carne quando sono loro i veri burattini di legno incapaci di essere umani? Pinocchio è una vittima del mondo in cui vive. Con questi pensieri (ripresi dal sito dell’autore), il mondo di Collodi viene completamente ribaltato: in questo fumetto, Pinocchio è fatto di carne e tutti gli altri sono dei burattini che non sopportano le verità dette da Pinocchio e sono manovrati dall’alto, dai fili invisibili della corruzione, della menzogna e della violenza. Ogni aspetto del libro, qui viene analizzato, inglobato e trasformato in una chiave rivolta alla nostra quotidianità, dopo essere passato attraverso il pianto surreale di urla agghiaccianti. Per questo fa paura e vi consiglio di non leggerlo, perché l’attenzione di ausonia verso i personaggi con la sporcizia e il marciume che li circonda, verso le loro espressioni tese e nervose, verso un Pinocchio “vivo” ma decadente, verso la Fata Turchina dominata dalla lussuria in un corpo sciupato dalla mezza età, verso un Lucignolo che vuole tagliare i suoi fili per sentirsi libero, rendono i dialoghi che si instaurano tra le parti davvero tormentati. Non leggetelo. L’atmosfera fiabesca, ma senza illusioni e immobile, diventa lo sfondo per un teatro dove gli attori intrecciano relazioni distaccate e fredde, fatte di sole menzogne. E il tutto sembra portare a un finale davvero poco confortante, come la parabola della vita in cui alla fine della curva tutto si spezza e si frantuma… 44 Campo de’ fiori Album dei ricordi Civita Castellana anni ‘40 da sx: Vilma Valeriani, Bruna Rossi, Elvira Leprini, Luisa De Angelis foto di Luisa De Angelis Fabrica di Roma 17.08.1952 Carro allegorico in occasione della Sagra delle Pesche foto della signora Verena Baldassi 45 Campo de’ fiori L’angolo ... cin cin di Letizia Chilelli La conservazione Come abbiamo visto negli scorsi numeri, la conservazione del vino in bottiglia in ambiente adatto, non crea problemi. Spesso mi capita che molti cantinieri per hobby, mi chiedano il perché è necessario tener le bottiglie conservate in posizione orizzontale, e spesso mi dicono, hanno paura che questa potrebbe essere la causa del vino che “sa di tappo”. A questo proposito, senza addentrarmi in spiegazioni tecniche e troppo noiose, rispondo che il sughero di prima qualità, per sua stessa natura è inodore e insapore, quindi non può cedere al vino “sapori” supplementari. Solo se il sughero è di bassa o pessima qualità o ha assunto gusti estranei li cede a sua volta al vino. In questo caso avremo il “sapore di tappo” sia nelle bottiglie coricate, sia in quelle in piedi!!! E qui non ci resta purtroppo che gettare tutto, anche perché questo difetto è irreversibile. Alcune volte, però, può capitare che questo fastidioso problema, sia solo all’inizio, e quindi il “sentore di tappo” si avverta solo al naso e pochissimo o per nulla al gusto, in questo caso, lo si può eliminare lasciando il vino a contatto con l’ossigeno per il tempo sufficiente a liberarlo dall’inconveniente. L’operazione da compiere è molto semplice, basta travasare il vino in una caraffa. C’è un’ ultima cosa da dire riguardo questo argomento. La posizione orizzontale delle bottiglie è il sistema più adatto per limitare il “sentore di tappo”, poiché l’alcol etilico contenuto nella bottiglia ha il potere di “bruciare”, nel vero senso del termine, le eventuali muffe che potrebbero trovarsi all’interno del sughero e che potrebbero rovinare per sempre la nostra bottiglia. Occupiamoci ora della conservazione del vino “sfuso”. Molto spesso a livello famigliare, il vino si acquista in damigiane, damigianette o addirittura nelle ghirbe! Fate attenzione, in questi recipienti il vino può resistere per un periodo di tempo che va da una settimana fino ad un massimo di un mese. Le damigiane devono essere chiuse con un buon turacciolo, ben pressato, per evitare processi di acetificazione o l’insorgere della “fioretta”( malattia che si sviluppa al contatto del vino con l’aria e che forma la caratteristica membrana bianca che poi si sbriciola) che si forma molto spesso a causa della quantità di aria che entra dal collo della damigiana e che è maggiore rispetto a quella che entra dal collo di una normale bottiglia. Il mio consiglio, è quello di utilizzare tappi di plastica anche se però la soluzione migliore è quella di imbottigliare al più presto il vino. Se, però, per qualsiasi motivo, si decidesse di rimandare questa operazione avanti nel tempo, è consigliabile versare sulla superficie del vino un leggero strato di olio enologico, per poterlo isolare dal contatto con l’aria, all’occorrenza si può asportare l’olio usando una cannula o anche un “succhiarolo”, attrezzo che si vende nei negozi specializzati. Lo so a cosa state pensando! Ma come, non si usa l’olio di oliva? Si, ma fino a qualche anno fa! A dire il vero, qualcuno lo usa ancora oggi, ma l’olio di oliva presenta un inconveniente, si irrancidisce facilmente al contatto con l’aria e la luce e spesso è veicolo di muffe e batteri; inoltre si asporta in maniera molto meno agevole dalla superficie del vino. Quando si decide di effettuare il travaso, bisogna farlo in maniera completa, evitando di lasciare la damigiana scolma o del vino all’interno di essa. È sconsigliato spillare dalla damigiana il vino all’occorrenza perché come ho già detto si favorisce la formazione della “fioretta”, di cui ho già parlato. Il travaso è un’ operazione complessa e credo sia il caso di suggerirla a coloro che hanno una certa preparazione e sono dotati di pazienza e costanza! I recipienti che dovranno “accogliere” il vino, siano essi bottiglie, bottiglioni o fiaschi, vanno lavati accuratamente e lasciati ben scolare, fino alla loro completa e perfetta asciugatura (l’acqua presente all’interno può favorire la fioretta). Dopo di ciò vanno “avvinati”, sciacquati cioè con piccole quantità di vino, infine si da inizio all’imbottigliamento vero e proprio. È chiaro, a questo punto, che le bottiglie, i fiaschi o i bottiglioni appena riempiti, vanno a loro volta sigillati con tappi di ottima qualità, preferibilmente paraffinati e sterili. Protegge i tuoi valori Silvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25 01033 Civita Castellana (VT) Tel.0761.599444 Fax 0761.599369 [email protected] 46 Campo de’ fiori Albu Fabrica di Roma 31.5.1955 Processione del Corpus Domini Anno 1960 - ‘61 Fabrica di Roma Nascita della scuola media. Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere Campo de’ fiori um dei ricordi Civita Castellana 5 Maggio 1936 Prima Comunione - foto della Sig.ra Doriana Gai Civita Castellana anni ‘60 Serata danzante alla Sala Cicuti e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite. 47 48 Campo de’ fiori 49 Campo de’ fiori Miniature in legno di Quinto Mariangeli Non potevano essere che di un esperto falegname le mani che hanno realizzato queste splendide miniature, perfettamente identiche alla realtà. Appartengono infatti al signor Quindi Ermelinda Benedetti to Mariangeli di Caprarola, falegname da quando aveva sette anni, e che, nonostante sia oramai in pensione, non ha completamente abbandonato il legno, suo grande compagno di tutta una vita. L’idea di riprodurre importanti opere d’arte in miniatura nasce in lui circa un anno fa, in seguito ad una gita a Greccio, dove, dopo aver visto dei manufatti simili, decide di cimentarsi e sperimentare questo tipo di lavori, mettendo a frutto le sue conoscenze e capacità di forgiare il legno. Ora è diventata non solo una passione ma un vero e proprio passatempo. Tra i suoi lavori migliori si distinguono il Palazzo Farnese (foto a dx), simbolo del suo paese d’origine, e la Palazzina del Piacere (foto a sx), che fa parte del complesso fatto costruire dalla nobile famiglia, come residenza estiva, utilizzata anche dall’ex presidente della Repubblica Einauidi e che recentemente ha ospitato per ben due volte il Principe Carlo d’Inghilterra. Volendo riprodurli fedelissimamente, si è recato più volte a visitarli, per coglierne e fotografarne tutti gli innumerevoli particolari decorativi, che ammettono di diritto queste opere architettoniche nel patrimonio artistico e culturale italiano. Per la realizzazione del Palazzo Farnese ha impiegato ben otto mesi, lavorandovi a tempo pieno, come se fosse veramente il suo mestiere. Il signor Quinto non si limita a tagliare e mettere insieme i pezzettini di legno e compensato, ma si diletta anche a colorarli, tutto con la massima precisione, tanto che nella Palazzina del piacere sono stati riprodotti anche gli affreschi che decorano i porticati dell’edificio originale. Un vero e proprio artista, che, però, a differenza della maggior parte degli artisti, non vende le sue meravigliose creazioni, perché ne è molto geloso, e si limita ad accettare i complimenti, ininterrotti e meritati, dei visitatori che hanno l’opportunità di apprezzarli durante le esposizioni, in occasione di festività locali. Per chi non avesse la possibilità di ammirare quei monumenti dal vero, questi modellini rendono assolutamente l’idea, per il loro realismo. Sono veramente perfetti in tutto e incredibili da vedere. Lasciano davvero a bocca aperta. 50 Campo de’ fiori Ecologia e Ambiente La politica, l’economia e un ambiente dimenticato di Giovanni Francola Non c’è dubbio che se in Italia c’è un clima antipolitica, è altrettanto vero il proverbio: “quello che si semina si raccoglie”, ma questo concetto spesso e volentieri sfugge ai nostri politici. Comprendo che le difficoltà per amministrare un’ intera società sono enormi, come enormi sono le responsabili- tà di chi ha il potere di decidere. Tra il malessere diffuso nel tessuto sociale e chi fa politica occorre che si ripristini il dialogo, prendere ogniuno le proprie responsabilità e affrontare i veri problemi della gente, per avvicinarsi sempre più al valore del “bene comune”. Certamente la politica deve dare un chiaro messaggio, trasformando il dire nel fare, ma chi la rappresenta deve avere un’etica delle cose e della gente al di sopra dei propri interessi, se questo rinnovamento o cambiamento non accadrà, la politica si ritroverà ad affrontare un periodo buio e privo di profitti. Anche l’economia che si vede non rappresentata da scelte politiche coraggiose e soprattutto direzionali, ha tutto da perdere. Il lavoro che è fondamentale per la Nazione, quando l’economia e i mercati di altri Stati fanno forza, assieme all’immobilismo politico danno origine a situazioni precarie e instabili non certo utili e vicini a valori morali. Così prevalgono i propri profitti calpestando le più banali leggi naturali che appartengono all’uomo. In questo caos di cose chi ne fa le spese è, non solo la povera gente che giorno dopo giorno si ritrova sempre più immersa in un consumismo sfrenato, ma anche il nostro ambiente che non fa altro che subire perdite in termini di risorse, manifestando continui cambiamenti climatici. Se da una parte c’è l’accordo di rispettare trattati importanti come quello di Kyoto, dagli Stati Uniti vengono messaggi assurdi come quello di pochi giorni fa, dopo una conferenza sul clima, si apprende che la chiave migliore è che ogni singola Nazione attui dei piani senza un impegno unitario. Se la crescita economica è il solo indice di ricchezza per una Nazione, sicuramente occorre immaginare quali scenari futuri dovrà affrontare l’uomo, in un ambiente sempre più inquinato e insostituibile. Siamo lieti di presentare il nuovo libro scritto dal nostro collaboratore Giovanni Francola, Sunny un pieno di sole, edito dalla Ennepilibri, dove, nel suo piccolo, tenta di gettare le basi per una nuova coscienza planetaria, che utilizzi la natura rispettandola, già dalle più piccole azioni quotidiane, magari anche grazie al Sunny, un veicolo solare, ideato proprio nel rispetto di quanto ci circonda. “In fondo il libro più bello sull’ambiente l’ha scritto proprio Madre Natura, ma l’uomo in tutti questi anni non ha fatto altro che sfogliarlo”, afferma Francola …e sfruttarlo, aggiungo io. Giovanni, oltre che grande sostenitore dell’ambiente, come del resto dovremmo essere tutti, è anche dotato di grande fantasia ed inventiva, tanto che nel corso della sua vita ha sviluppato e depositato diversi brevetti. Nel 1987, per esempio, ha realizzato Quo vadis, una piccola guida turistica con la particolare forma di cappellino. Si è dedicato, inoltre, per qualche tempo, alla progettazione di giochi, che ha presentato a varie aziende del settore, fino a quando non sono stati soppiantati dai videogiochi. Nel 2005, poi, dopo tanto impegno, è riuscito ad organizzare un gruppo di ricerca per la realizzazione del prototipo del Sunny, che sta riscuotendo successo e che ci auguriamo di vedere presto in circolazione. Il libro sarà presente alla manifestazione nazionale Più libri più liberi, che si terrà al Palazzo dei Congressi, all’Eur (Roma), dal 6 al 9 dicembre. Intanto è possibile acquistarlo direttamente sul sito www.ennepilibri.it o tramite e-mail all’indirizzo [email protected], al costo di 13,00 Euro. Ermelinda Benedetti Campo de’ fiori 51 Ugo Levita e Civita Castellana di Enea Cisbani L’Istituto d’Arte per la Ceramica in via Gramsci, dalla sua fondazione nel 1893 ad oggi è stato la meta indiscussa di importanti artisti italiani: Luigi MONTANARINI, Giuseppe SBRANA, Renato GUTTUSO e Luciano VINARDI, in tempi recenti, per citare i nomi certamente più illustri. Per tutti questi grandi artisti la scuola civitonica ha rappresentato un importante tassello nella loro formazione artistica e culturale, nonché il trampolino di lancio per la loro affermazione nel mondo dell’arte e della cultura in genere. Ugo LEVITA, importante pittore italiano ed esponente celebrato in numerose rassegne della pittura surrealista, dal 2000 al 2002 è, infatti, prestigioso docente di discipline pittoriche nella scuola d’arte. Una presenza fondamentale per la stessa istituzione scolastica e per la vita artistica, in genere, di Civita Castellana, da sempre meta prediletta di artisti ingiustamente dimenticati, ma che invece sono parte integrante e attiva del suo bagaglio culturale e storico. Un patrimonio da analizzare e rivalutare. Ugo Antonio Levita, nasce ad Acerra, in provincia di Napoli, il 1 Aprile del 1958. Frequenta gli studi artistici prima a Napoli e all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Agli inizi degli anni ’70 resta impressiona- to da un libro sugli artisti surrealisti in tal misura che così ci racconta egli stesso: “avevo quattordici anni e le prime idee elaborate dalle intuizioni che quel libro offriva, suscitarono un forte interessamento del Professore Carlo Alfano, allora mio insegnante al Liceo Artistico di Napoli, il quale intuì che stavo maturando un diverso grado di coscienza”. I surrealisti lo portano in un mondo pittorico diverso dagli usuali e attraverso il De Chirico delle piazze italiane approda ad una visione mitteleuropea, pervasa di continui condizionamenti dell’arte visionaria e simbolista in genere, ma con un accento tipicamente partenopeo. Nel 1980 a Napoli in una situazione artistica dominata dalle tendenze, insieme con altri pittori dà vita ad un gruppo denominato “Ascendente e Discendente”, un nuovo e concreto tributo alla pittura dell’immaginario. Segue un lungo periodo formativo dedicato alla pittura murale, alla grafica, insieme alla pittura ad olio altro suo campo di ricerca e all’insegnamento. Realizza numerose opere per enti pubblici e privati. Nel 1996 lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi ha modo di visionare le sue opere per poi presentarlo al critico d’arte Renzo Margonari, da sempre figura eclettica e studioso delle tematiche artistiche legate alla pittura surrealista. Così il pittore napoletano, descrive la sua pittura: “ non immagino futuri perché il mio viaggio fantastico è percorso sopra un muro di cielo nero illuminato da una luce al neon. Percorso chiuso verso il centro di un presistente mondo bambino, oltre anche il sogno, dove le acque si calmano, dove logico e illogico, ragione e fantasia smettono di contrapporsi, dove smarrita la parola il linguaggio si nutre degli impulsi che attraverso i corridoi della memoria indagano l’esistenza. Neanche il mondo di Breton e neanche il mondo ovattato delle belle immagini, ma il viaggio nella sofferenza senza dimenticare che l’artista può creare mondi inattesi e fantastici”. Numerose le sue esposizioni: 1977 Napoli, 1990 Milano, 1993 Sorrento, 1998 Carpi e 2000 Padova e Mantova. Ugo Levita è, dunque, il celebrato artista che tanto ha dato a Civita Castellana e al suo cammino artistico e culturale. 52 Campo de’ fiori Il Motoclub Arditi Racingaccendeimotori di Ermelinda Benedetti Nato per volontà di alcuni appassionati di Civita Castellana e Fabrica di Roma, nel giugno 2007, il Motoclub Arditi Racing Quality Life è già primatista regionale in tutte le categorie nel campionato laziale enduro 2007. L’Associazione, affiliata all’U.I.S.T. (Unione Italiana Sport per Tutti), un ente di promozione sportiva riconosciuta dal CONI, si propone di promuovere e sviluppare attività sportive dilettantistiche, gestire impianti sportivi propri o di terzi, preparare squadre sportive per la partecipazione a campionati, gare, concorsi, manifestazioni ed iniziative in diverse discipline sportive e, in particolar modo, di organizzare gare regionali e/o nazionali nei settori dell’enduro, del motocross, del trial e dei quad. Si impegna, inoltre, attraverso attività creative e culturali, a migliorare l’utilizzo del tempo libero dei suoi soci, il cui numero è illimitato e costituito non solo da persone fisiche, ma anche da società e enti che ne vogliano condividere le finalità e si impegnino a realizzarle. Fanno già parte dell’Associazione diversi piloti attualmente impegnati in campionati regionali e nazionali di enduro, che già dopo i primi appuntamenti stagionali, veleggiano nelle posizioni di testa, nelle rispettive categorie di appartenenza e nelle classifiche assolute. L’Associazione dispone, per di più, di un proprio percorso di enduro, disegnato da piloti di levatura europea, per “prova speciale”, con un settore “extreme”, dove si possono allenare tutti gli iscritti e dove verranno svolte gare e test preliminari. Il Motoclub organizza corsi per l’ avviamento alla pratica della specialità di enduro, per i ragazzi al di sopra dei 14 anni, patrocinati ed autorizzati dalla U.I.S.T. e dalla F.I.M. (Federazione Italiana Motociclisti), tenuti da tecnici federali riconosciuti. Info pubblicità 0761.513117 Campo de’ fiori 53 Il mondo del Riccardo Consoli, firma storica di Campo de’ fiori, con la rubrica Roma che se n’è andata, ha in attivo diversi pregevoli lavori, che testimoniano la sua poliedrica cultura. Ho avuto il privilegio di essere stato fra i primi, insieme forse a qualche familiare, a “gustare” le sue opere e, così, conoscere meglio la sua innata dote di scrittore. La dovizia nella ricerca delle notizie storiche per la stesura dei due testi Ricordando Civita Castellana, l’amore per la sua città di adozione in Roma che se n’è andata, l’animo infuso nelle descrizioni in Sicilia, la Terra del mito, un Luogo dove è protagonista la Storia, nella quale si identifica, mi hanno fatto trascorrere delle piacevoli serate immerso nella loro lettura. Da ultimo, la volontà di lasciare una testimonianza della sua passione musicale con Il mondo del jazz, mi ha convinto ad aprire una rubrica su questo particolare genere, da lui curata, e che vorrebbe cedere in eredità al nipote Filippo Maria Fortuna, anche lui validissimo cultore di questa musica virtuosistica. Auguro buona fortuna a questa nuova rubrica e spero, attraverso essa, di fare cosa gradita a tutti i numerosi appassionati del Mondo del jazz. Il Direttore Sandro Anselmi LA MARCIA PER LA PACE PERUGIA-ASSISI DEGLI SCOUTS Tanti, tantissimi Scout alla Marcia per la Pace Perugia Assisi e, fra loro, anche quelli dei Gruppi Agesci Viterbo 4 – da anni tra le associazioni che aderiscono ufficialmente all’evento -, Civita Castellana e Tuscania. Partiti da Viterbo con l’autobus organizzato dall’ARCI – con la collaborazione di vari Enti ed Associazioni – il drappello dei viterbesi si è unito alle oltre duecentomila persone che hanno marciato sull’ormai tradizionale percorso francescano per rivendicare uguali diritti umani per tutti. È stata la marcia della gente comune, con pochissime – pressoché inesistenti – bandiere di partiti politici e pochi slogan; una marcia, tutto sommato, anche silenziosa e che ha avuto il suo momento di maggior commozione al passaggio dei Monaci Tibetani in preghiera, da tutti applauditi per solidarietà ai loro coraggiosi confratelli birmani. Tanti comuni cittadini, insomma, che – alla faccia del silenzio (o quasi) dei media nazionali – hanno voluto dimostrare il loro attaccamento a quello che è, probabilmente, il valore universale più importante di tutti: la Pace. Gruppo Scout AGESCI “Viterbo 4” Il Capo Gruppo Paolo Moricoli 54 Campo de’ fiori a m o iR d a c i r Fab A Fabrica di Roma, non scherzano. Al teatro Tenda Palarte, nell’ambito della rassegna Teatro d’autunno, vanno in scena 4 pièces teatrali a partire da Domenica 18 novembre, consecutivamente fino a Domenica 16 Dicembre p.v. Sono quattro commedie gradevoli, come evidenziato nella locandina, e precisamente “Uomo e Galantuomo” di E. De Filippo a cura della compagnia teatrale “ Le voci di dentro” di Assisi, “Questi fantasmi” di E. De Filippo, con la compagnia teatrale “ Luna Nuova” di Latina, “Due dozzine di rose scarlatte” di A. Benedetti con la compagnia “Teatro Tempo” di Fabrica di Roma, e il “Don Chisciotte” di G. Gherardi tratto dall’opera di Cervantes curato dalla compagnia “Il Castello”, di Città di Castello. L’appuntamento domenicale è per le ore 17,30. Siamo sicuri che gli amanti del teatro, memori del successo di pubblico e di critica riscosso nella I^ Edizione del premio Anchise Marcelli, affolleranno la splendida struttura del Palarte, per trascorrere un pomeriggio diverso e importante. Alessandro Soli na a l l e t s a C a t i Civ “Il Parco degli Angeli” Riscopriamo l’oratorio Nella Parrocchia S. Giuseppe Operaio di Civita Castellana, il parroco Don Mario Valeri sta riportando in auge, concretamente, il concetto di “oratorio parrocchiale”. In questi tempi, così difficili per la formazione dei nostri giovani, avere come riferimento una parrocchia, ricca di strutture che vanno dai campi di calcetto in erba sintetica, al campo in terra frequentato dalla Scuola Calcio Giovanile, significa porre le basi per plasmare il carattere di coloro che saranno gli uomini di domani. Don Mario ha pensato anche per i più piccoli: ecco perciò l’area giochi, antistante la chiesa, denominata “ Il parco degli Angeli “, dove mamme e bambini trascorrono sani pomeriggi tra altalene e scivoli, facendo amicizie e piacevoli aggregazioni. Alessandro Soli Campo de’ fiori 55 KARATE: “ Trofeo Delle Quattro Nazioni” Finite le vacanze, si riparte con la nuova stagione agonistica che si riaccende subito con un appuntamento di livello internazionale: Il “2° Trofeo Delle Quattro Nazioni”. Svoltosi il 22 settembre 2007.nella citta’ di Ostia, il torneo vedeva impegnato a difendere i colori azzurri,l’atleta civitonico FABIO MERCURI. Partecipavano alla gara le seguenti rappresentative: INGHILTERRA,IRLANDA,SERBIA e ITALIA La squadra italiana con una prestazione eccelente domina tutti gli incontri,aggiudicandosi l’ambito trofeo. Da evidenziare l’ottima prestazione dell’atleta cvitonico apparso in grande forma. Nella Foto da sx: Augusto Sambucioni, Fabio Mercuri, Ivan Gilardi e Andrea Grifoni. Info Pubb. 0761.513117 56 Campo de’ fiori a n a l l ste a C ita Civ Salviamo l’Andosilla Non si sfugge: arriva per tutti il giorno in cui si deve avere a che fare con un ospedale. Può capitare per una medicazione al pronto soccorso, e allora poco male. Oppure per qualcosa di serio, e allora la faccenda si fa più complicata, sopratdi Debora Attanasio tutto se il malato è una persona di famiglia. I telegiornali sono saturati dagli episodi di malasanità che infettano il paese da Nord a Sud, e quando senti storie di reni asportati sul paziente sbagliato, anidride somministrata al posto dell’ossigeno e aborti terapeutici sul gemello sbagliato, anche chi non è credente si mette a pregare che non capiti mai a lui. La mia famiglia è originaria di Roma, viviamo nella provincia di Viterbo per il piacere di vedere le stelle quando siamo in giardino e per sentire il garrire delle rondini fra i tetti. Spesso, chi è nato qui non si accorge più di cosa vuol dire vivere a misura d’uomo. La provincia che ci sta dando tanto, però, poteva essere in grado di salvare la vita di una persona cara e malata? Il consiglio di famiglia si è riunito in trasferta, nella faggeta di Soriano del Cimino, proprio per ragionare nell’atmosfera più quieta che si poteva ottenere nel giro di pochi chilometri. Operare qui, o a Roma? Era pieno agosto, c’è venuto in mente subito il fotogramma desolante di un ospedale caotico dove il primario in vacanza in Costa Smeralda era stato sostituito dal “dottorino” e i parenti degli altri malati si presentavano in visita preoccupati, sì, per le sorti dei loro parenti, ma anche un po’ incarogniti per le vacanze rovinate, biglietti di aerei e di traghetti buttati via, fiumi di soldi di prenotazioni in fumo perché lo stramaledetto male di un padre-madre-nonno-nonna- fratello-sorella aveva deciso di manifestarsi quando ci si dovrebbe solo preoccupare del fattore di protezione dei solari. E poi, i pazienti come numeri anonimi, gli infermieri divisi tra quantità di malati superiori alle loro possibilità... Non faceva per noi. Poi c’era l’alternativa con una passato non proprio convincente: il San Giovanni Decollato Andosilla di Civita Castellana, l’ospedale vicino casa. Di storie brutte se n’erano sentite tante, ma se nel frattempo fosse cambiato qualcosa? Ognuno dei membri di famiglia si è dato da fare per raccogliere più informazioni possibili ed aggiungerle ad un mosaico: “Il nuovo primario di chirurgia è scrupoloso e pignolo”, ci diceva uno. “Per me è come un secondo padre. Dopo una tragica battuta di caccia, mi ha ricostruito pezzo per pezzo quando mi avevo già dato l’estrema unzione”, ci diceva un altro. “Ha salvato la vita a mio padre”, mi rivelava la ragazza dell’agenzia di viaggi, “Ed ha salvato la mia”, confermava la parente di un amico. Si dice che bastano tre indizi per fare una certezza e noi ne stavamo raccogliendo molti di più. Decidemmo di ricoverarci (perché quando si ammala una persona, è come se si ricoverasse tutta la famiglia) proprio lì. Il confronto con le esperienze vissute a Roma, prima della nostra “emigrazione”, è stato evidente già dal primo giorno. Gli infermieri, qui, ti guardano negli occhi, quando ci parli. Dopo un giorno di ricovero sanno già il tuo nome di battesimo e tu ne impari subito il carattere, la personalità. C’è quello burbero che poi si rivela un pacioccone, c’è la rossa Barbara dal sorriso aperto, la tenera Silvia tanto premurosa, il laureato in filosofia che esamina interessato i libri che ti sei portato per ammazzare il tempo, il caposala Mauro sveglio e con la battuta pronta, e tutti gli altri, nessuno escluso. In un grande ospedale di città si sarebbero confusi anche loro nell’anonimato, si sarebbero sentiti dei numeri aridi, come i pazienti: forse è questo è il segreto che gli permette di conservare la loro umanità. E finalmente incontriamo il dottor Gino Pasquini, questo primario di chirurgia di cui abbiamo tracciato la storia prima ancora di vederlo in faccia, e tutta la sua validissima equipe medica . Che puoi dire a qualcuno che metterà le mani dentro il corpo di una persona cara per salvargli la vita? Ti chiedi solo se potrai fare un giorno qualcosa per rendergli il favore, ma tanto lui lo farà lo stesso senza aspet- tarsi nulla da te. È il suo lavoro, e intuisco per un momento il sottile piacere che prova un vero medico nel vedere in piedi e in salute qualcuno per merito suo, forse l’unico modo per avvicinarsi appena un po’ a quello che prova il Creatore. E così, accade quello che mai avrei pensato che potesse succedere: assistere un familiare malato riesce a diventare quasi piacevole. Piacevole perché ti fidi di chi si prende cura di lui, piacevole per l’unità fra i membri della famiglia intorno al capezzale, in una stanza che grazie al cielo è pulitissima, ben imbiancata di fresco, silenziosa. Piacevole per il buon vitto che passa a mezzogiorno, quella minestrina un po’ scotta che perdoni al cuoco appena assaggi l’ottimo secondo piatto (non dimenticherò mai la prima, prelibata trota al forno che ho spinato per il mio malato dopo un lungo digiuno). Piacevole per quel bel cappuccino caldo al latte di soia che il piccolo bar dell’Andosilla ti serve dopo una nottata di veglia e che io, intollerante al latte vaccino, non riesco ad avere nemmeno ai Parioli, dove c’è la mia redazione. E diventa piacevole perché scopri quanto sia bello quel punto dove è posato questo povero ospedale bistrattato, su un tronco di cono di tufo con una vista panoramica da 5 stelle e il sole tutto il giorno, i pini che ondeggiano davanti alle finestre dei malati che non sanno nemmeno quanta energia sono in grado di mandargli a loro insaputa. Tutto va bene, nel reparto di chirurgia, tutto è sereno; diventa un avvenimento atteso persino l’arrivo regolare del pacioso sacerdote polacco che dà la benedizione due volte al dì, e che ti prendi anche se non sei credente perché ti sembra che ti faccia bene. Si trova anche il tempo e il modo di creare una combriccola di pazienti per prendersi gioco di un malato immaginario, un noto antipatico di Civita che non vuole essere dimesso ed è diventato lo zimbello di tutti, sospettato di essere lì per spilorceria. Ma che vergogna che ho provato quando chiacchierando con il meticoloso dr. Savio l’ho sentito dire “Ce la stiamo mettendo tutta per tirare su l’ospedale intero, ma com’è frustrante quando fai la diagnosi e ti senti dire dai parenti ‘Allora, se è una cosa seria lo portiamo ad operare a Roma o a Viterbo’. Noi, qui, siamo perfettamente all’altezza!”. Ed ho pensato che anch’io aveva avuto lo stesso dubbio, e stavo per prendere la decisione sbagliata. Sbagliata perché nel modo meno traumatico che era possibile, quel familiare malato alla fine l’ho riportato a Campo de’ fiori casa tutto intero. Anzi, con un pezzetto in meno, ma era il pezzetto malato, ed è finito nella spazzatura, tanto facciamo anche senza. E quando ora ci torniamo, per le terapie nella piccola ed efficiente unità operativa di oncologia diretta dal dr. Khalil, coadiuvato dalla vispa dr.ssa Ceccarelli (e dalle infermiere Gianna e Roberta e l’ausiliaria Rita) il farmaco più importante che viene somministrato, oltre quelli di prassi, è il coraggio, elargito in un’atmosfera di solidarietà sincera. In un mese ho imparato ad accettare che le malattie capitano, ma che la differenza la fa il modo con cui le si affronta, noi stessi e chi ci circonda, e l’ambiente è l’elemento più importante dopo la bravura dei dottori. Per questo non mi sono intristita tanto nel dover stare in ospedale ad assistere un malato tra i malati, quanto di scoprire che molti dei bravi medici che ho conosciuto all’Andosilla provengono dall’ospedale di Montefiascone dove, qualche anno fa, avevano ricoverato mia madre che si era poi trovata altrettanto bene, come se fosse stata in beauty farm, ed è tornata a casa sana come un pesce. Quell’ospedale ora è chiuso, e la notizia mi ha dato la stessa brutta sensazione che proverei nell’apprendere - che so - l’estinzione totale 57 delle tigri bianche. Se vi ho raccontato tutto questo è perché anche l’ospedale Andosilla rischia di chiudere; la voce gira sempre più insistente e sarebbe un errore colossale. Ma buona parte della colpa è di noi abitanti della zona, che ce lo stiamo vedendo levare dalle mani senza reagire, senza pretendere ad alta voce che tutti i reparti funzionino. Non lasciate che un bene così grande vada perso: vorrei che chiunque si trovi nelle stessa mia situazione, nella stessa situazione del mio familiare malato, possa finire nelle stesse buone mani in cui siamo finiti noi. Perché esiste anche la buona sanità. S. Anna protettrice delle partorienti di Mario Sardi Il 31 ottobre scorso l’artista e restauratore Franco Cirioni ha donato al reparto di ginecologia dell’ ospedale Andosilla di Civita Castellana, una targa devozionale di S. Anna ( protettrice delle partorienti), ripresa dal modello in terracotta ingobbiata senese risalente al ‘400, portata come “culto” a Civita Castellana dal Cardinale Rodrìgo Borgia, podestà della città e futuro Papa Alessandro VI. Restaurata dallo stesso Cirioni e riportata alla sua origine, ora è esposta in una edicola situata in via di Corte. Alla seconda metà dell’ ‘800 la scultura venne restaurata dal pittore viterbese Pietro Vanni, dimenticando il significato dell’immagine della Santa e confondendolo con l’immagine della Madonna. Alla cerimonia erano presenti il primario del reparto, dott. Nicolanti, altri medici e ostetriche ed i rappresentanti dell’Associazione “Una mano al tuo ospedale”, che ne hanno curato l’ avvenimento. Sotto l’immagine è presente una targa esplicativa in cui vengono descritte le origini e la storia del ritrovamento su ricerche effettuate dallo stesso Franco Cirioni. Il supporto ligneo della scultura e la targa esplicativa in ceramica sono state donate da Ulisse Frezza. Da sx il Dott. Nicolanti, Franco Cirioni, Dott. Donato Di Donato, Gaspare Milazzo e due ostetriche L’agenzia delle Entrate ha reso noto, tramite il sito internet, l’elenco delle Associazioni Onlus che hanno beneficiato del 5 per mille nella denuncia dei redditti dell’anno 2006 (anno riferimento 2005). L’Associazione “Una mano al tuo ospedale” ha riscosso un lusinghiero successo, arrivando ad ottenere 885 adesioni, per un totale di oltre 19 mila euro, risultando una delle oiù gettonate della provincia di Viterbo. Con l’occasione ringraziamo i cittadini che hanno creduto nel nostro progetto, e che invitiamo a sostenerci anche per il prossimo anno, con l’auspicio di superare le adesioni fin qui ricevute. Associazione ONLUS Una mano al tuo Ospedale Martedi 6 Novembre u.s. si è svolta presso la sede dell’Ospedale Andosilla, la cerimonia di presentazione del nuovo apparecchio Ergometrico, donato al Reparto di Cardiologia dalla Ceramica Galassia. Erano presenti il Direttore Generale della ASL Dr. Aloisio, le autorità cittadine, i medici e il personale del nosocomio. Il Presidente Prof. Luciano Caregnato Farmacie Civita Castellana aperte nei giorni festivi di Novembre 2007 01/04 Novembre - Farmacia Municipale Via Ferretti 11 Novembre - Farmacia Municipale Via Santa Felicissima 18 Novembre - Farmacia Filizzola - Farmacia Versace Sassacci 25 Novembre - Farmacia Municipale Via Ferretti Farmacie Corchiano e Fabrica aperte nei giorni festivi di Novembre 2007 11 Novembre - Farmacia Liberati di Fabrica di Roma 18 Novembre - Farmacia Sangiorgi di Corchiano Benzinai Civita Castellana aperti nei giorni festivi di Novembre 2007 01 Novembre - Schell Via Flaminia - Api Via Belvedere Faleri 04 Novembre - Schell Via Flaminia - Api Via Terni 11 Novembre - Esso Via Flaminia - Erg Via Nepisina - Q8 Via Terni 18 Novembre - Esso Via Flaminia - Total Via Terni 25 Novembre - Api Via Flaminia Borghetto - Enerpetroli s.s. 311 Nepisina - Api Via Belvedere Faleri 58 Campo de’ fiori Annunci LAVORO CERCO -INSEGNANTE di lingue impartisce ripetizioni a Fabrica di Roma e paesi limitrofi. 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Città......................................................Tel...................................Firma................................................................ Repetita Iuvant Segnaliamo di nuovo, a chi di dovere, lo stato di abbandono e pericolosità in cui versa Via Giorgio La Pira a Civita Castellana. Vita Cittadina Tarquinia Inaugurato il nuovo parco giochi presso la “Cittadella dei Giovani” dell’Associazione Semi di Pace. INDOVINELLO Cosa fa la cassiera con due automobiline? Vignanello VIII Festa del Vino Novello 10-11 17-18 Novembre Avete risolto l’indovinello ?? Il primo che indovinerà e ne darà comunicazione in redazione, riceverà un simpatico omaggio offerto dalla GIOIELLERIA SPERANDIO Campo de’ fiori a m Ro 61 2° Conferenza Nazionale della Donazione: Comunicare la trasparenza. Oggi si può L’Istituto Nazionale della Donazione ha organizzato, per il secondo anno consecutivo, una Conferenza Nazionale della Donazione, che si è tenuta martedì 30 ottobre, presso la Sala delle Conferenze, in Piazza Montecitorio, a Roma. L’Istituto, nato per volontà del Forum Permanente del Terzo Settore, della Sodalitas e del Summit della Solidarietà, tre autorevoli enti del No profit, si ispira a valori quali la fiducia, la trasparenza, la correttezza, l’equità, l’affidabilità, l’indipendenza e l’imparzialità. Proprio il tema della trasparenza è quello che si è voluto approfondire quest’anno, perchè chi dona ha il diritto di sapere che la propria generosità è ben riposta, e chi riceve ha il dovere di confermare con una comunicazione puntuale la fiducia. Altro argomento affrontato è stato quello relativo a trasparenza e 5 per mille. L’Istituto Nazionale della Donazione si prefigge, inoltre, di contribuire a diffondere tra le organizzazioni no profit comportamenti d’eccellenza etica, di aiutarle a qualificare la propria attività e di rassicurare il donatore nelle sue scelte di destinazione delle risorse. La rubrica dei perchè Perchè si dice: essere al verde? Perché anticamente si usava delimitare la parte inferiore delle candele con il colore verde. Quando questa era quasi interamente consumata restava l’ultima parte verde che segnalava il momento di doverla sostituire. SOSTENETE CAMPO DE’ FIORI CON IL VOSTRO ABBONAMENTO CARTOLINA DI ABBONAMENTO ANNUALE SI desidero abbonarmi a : Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 I miei dati Nome___ ____ __________________________________ Cognome________________________________________________ data di nascita_______________ __________Città________________________________________________________Prov._______ Via_______________________________________________________________Telefono____________________________________ Desidero regalare l’abbonamento a: Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 Il regalo è per: Nome_______________________________Cognome_________________________________________________________________ data di nascita___________________________Città______________________________________________________Prov.________ Via_________________________________________________________________Telefono__________________________________ effettuerò il pagamento con c/c postale n. 42315580 intestato alla Associazione Accademia Internazionale D’Italia - P.za della Liberazione n. 2 - Civita Castellana Data______________Firma__________________________________ Autorizzo il trattamento dei miei dati personali secondo quanto disposto dalla legge n. 675 del 31.12.1996 in materia di “Tutela dei dati personali”. 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Campo de’ fiori Periodico Sociale di Arte, Cultura ed Attualità edito dall’Associazione Accademia Internazionale D’Italia (A.I.D.I.) senza fini di lucro Presidente Fondatore: Sandro Anselmi Il giorno 20 Dicembre, alle ore 17:30, nella Chiesa del Carmine a Civita Castellana, verrà celebrata una messa in suffraggio di Pietro Fasoli, del quale abbiamo parlato sul n. 33 di Campo de’ fiori Direttore Editoriale: Sandro Anselmi Direttore Responsabile: Stefano De Santis Con la morte di Enzo Biagi, scompare uno dei decani del giornalismo italiano. Abbiamo ammirato in lui l’innata signorilità e la sua singolare maniera di intraprendere questa meravigliosa professione. Dobbiamo ricordarlo con riconoscenza per aver tratto, anche se inconsciamente, profitto dalla sua figura. Campo de’ fiori seleziona ragazzi/e da inserire nel settore commerciale. Per informazioni 0761.513117 oppure [email protected] oppure Piazza della Liberazione 2 Civita Castellana Lo Studio Legale dell’ Avv. Aldo Piras Patrocinante in Cassazione, ha stipulato una convenzione con Campo de’fiori con la quale, tutti i lettori, avranno diritto a n. 3 consulenze gratuite. Per informazioni rivolgersi in redazione Campo de’ fiori è distribuito a Civita Castellana, Corchiano, Fabrica di Roma, Vignanello, Vallerano, Canepina, Vasanello, Soriano Nel Cimino, Vitorchiano, Bagnaia, Viterbo, Montefiascone, Carbognano, Caprarola, Ronciglione, Sutri, Capranica, Cura di Vetralla, Blera, Monte Romano, Tarquinia, Civitavecchia, Orte, Gallese, Magliano Sabina, Collevecchio, Tarano, Torri in Sabina, Calvi nell’Umbria, Stimigliano, Poggio Mirteto, Otricoli, Narni, Terni, Amelia, Nepi, Castel Sant’Elia, Monterosi, Anguillara, Trevignano, Bracciano, Canale Monterano, Mazzano, Campagnano, Sacrofano, Olgiata, Faleria, Calcata, S.Oreste, Nazzano, Civitella San Paolo, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Morlupo, Castelnuovo di Porto, Riano, Ostia, Nettuno, Anzio, Fregene e nei migliori locali di Roma, in tutte le stazioni MET.RO. Spedito a tutti gli abbonati in Italia e all’estero, inviato ad Istituzioni Culturali e sedi Universitarie italiane e straniere, a personaggi politici, della cultura, dello sport e dello spettacolo. Segretaria di Redazione e Coord: Cristina Evangelisti Impaginazione e Grafica: Cristina Evangelisti Consulente Editoriale: Enrico De Santis Reg.Trib. VT n. 351 del 2/6/89 Direzione Amministrazione Redazione Pubblicità ed Abbonamenti: Piazza della Liberazione, 2 01033 Civita Castellana (VT) c/c postale n.42315580 Tel. e Fax 0761.513117 e-mail: [email protected] Redazione di Roma: Viale G. Mazzini 140 Abbonamenti Rimborso spese spedizione Italia: 12 numeri € 25,00 Estero: 12 numeri € 60,00 Per il pagamento effettuare i versamenti sul c/c postale n. 42315580 intestato all’Associazione Accademia Internazionale D’Italia. L’abbonamento andrà in corso dal primo numero raggiungibile e può avere inizio in qualsiasi momento dell’anno ed avrà, comunque, validità per 12 numeri. 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