il tempo liturgico delle manifestazioni del signore

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il tempo liturgico delle manifestazioni del signore
Chiesa di Bologna
IL TEMPO LITURGICO
DELLE MANIFESTAZIONI DEL SIGNORE
Chiesa di Bologna
La formazione liturgica
SUSSIDIO PER LA CELEBRAZIONE
DELLE MANIFESTAZIONI DEL SIGNORE
Il Tempo di Avvento e di Natale
Bologna, Seminario Arcivescovile
6 novembre 2010
2
INDICE
Indice
p. 3
Introduzione generale
p. 4
Presentazione della nuova edizione dei Lezionari
p. 6
Il ciclo liturgico di Avvento – Natale – Epifania e il suo Lezionario
p. 9
Lezionario festivo: Tempo di Avvento
p. 25
Lezionario festivo: Tempo di Natale
p. 27
Per la celebrazione eucaristica
p. 28
Per dilatare la celebrazione eucaristica nella famiglia
p. 31
Note liturgiche
p. 31
Canti per Avvento e Natale
p. 33
3
INTRODUZIONE GENERALE
1. Parola e Sacramento
Il nesso profondo che esiste tra la proclamazione liturgica della Parola di Dio e la celebrazione
sacramentale è uno dei principi ricorrenti espressi dall’Ordinamento delle Letture della Messa1 e
costituisce forse la principale chiave di comprensione del mistero liturgico: “Nella parola di Dio si
annunzia la divina alleanza, mentre nell'Eucaristia si ripropone l'alleanza stessa, nuova ed eterna. Lì
la storia della salvezza viene rievocata nel suono delle parole, qui la stessa storia viene ripresentata
nei segni sacramentali della liturgia. Si deve quindi sempre tener presente che la parola di Dio, dalla
Chiesa letta e annunziata nella liturgia, porta in qualche modo, come al suo stesso fine, al sacrificio
dell'alleanza e al convito della grazia, cioè all'Eucaristia. Pertanto la celebrazione della Messa, nella
quale si ascolta la Parola e si offre e si riceve l'Eucaristia, costituisce un unico atto del culto divino,
con il quale si offre a Dio il sacrificio di lode e si comunica all'uomo la pienezza della redenzione”.
(OLM 10)2
Se è evidente il valore didattico della proclamazione e della spiegazione delle Sacre Scritture, la
forza del contesto liturgico conferisce a questa stessa proclamazione, il valore ancor più pregnante
di servizio divino, di attuazione della grazia di Dio, manifestata negli eventi mirabili della storia
della salvezza.
Lo aveva già sottolineato con chiarezza la Costituzione conciliare sulla Liturgia, affermando l’unità
inscindibile delle due parti della messa e promuovendo la catechesi, evidentemente distinta dalla
celebrazione e propedeutica ad essa3.
Anche l’omelia, parte integrante della Liturgia della Parola, rientra in questa dinamica: “ha lo scopo
di far sì che la proclamazione della parola di Dio diventi, insieme con la liturgia eucaristica, quasi
un annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia nel mistero di Cristo”
(OLM 24).
2. La domenica e l’anno liturgico
Il Concilio riafferma il valore primordiale della domenica, memoria settimanale della risurrezione
del Signore e insieme ad essa la celebrazione del mistero di Cristo, in tutto lo sviluppo dell’anno
liturgico4, che comprende – è bene ricordarlo – tanto il proprio del tempo quanto il proprio dei santi.
L’antica denominazione dei giorni della settimana5 (ancora in uso in alcune lingue neo-latine) era
l’espressione della coscienza che la Chiesa ha dello sviluppo del tempo: la parola latina feria
significa infatti “festa”. A partire dalla risurrezione di Cristo infatti, tutto il tempo si è riempito di
lui e della sua presenza salvifica, e ogni giorno diventa una vera “festa”, occasione cioè di incontro
con lui. Così, tralasciando i nomi degli elementi naturali e delle divinità pagane, il giorno dopo la
domenica divenne semplicemente la “seconda festa”, poi la terza, la quarta, eccetera. Al sabato
veniva conservato il nome biblico, riconosciuto da sempre come propedeutico al giorno del Signore.
Lo sviluppo della settimana attorno alla domenica e dell’anno liturgico attorno alla Pasqua annuale,
non ha dunque solo un valore di memoria del passato, ma possiede una forza ed efficacia
sacramentale: “le azioni salvifiche e i meriti del Signore sono come resi presenti a tutti i tempi,
perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza” (SC 102).
1
L’Ordinamento delle Letture della Messa è il documento che precede e accompagna il Lezionario. La seconda
edizione tipica è stata approvata nel gennaio 1981. Il testo completo si trova all’inizio di ogni volume del lezionario.
Qui viene citato OLM.
2
Vedi anche OLM 46.
3
“Le due parti che costituiscono in certo modo la messa, cioè la liturgia della parola e la liturgia eucaristica, sono
congiunte tra di loro così strettamente da formare un solo atto di culto. Perciò il sacro Concilio esorta caldamente i
pastori d'anime ad istruire con cura i fedeli nella catechesi, perché partecipino a tutta la messa, specialmente la
domenica e le feste di precetto” (SC 56).
4
SC 102, 103, 104.
5
Domenica, Feria seconda, Feria terza, (…), sabato.
4
3. I cosiddetti “tempi forti”
Da qualche tempo è invalsa la denominazione di “tempi forti” per alcuni periodi dell’anno liturgico,
ma con un malinteso che ingenera spesso non poche contraddizioni nella celebrazione e nella prassi
pastorale. Il primo rischio è quello di misconoscere il valore unitario dell’anno liturgico, che è un
unico percorso celebrativo del mistero della salvezza. In secondo luogo, questa espressione rischia
di emarginare il tempo “per annum”, come meno rilevante, quando invece esso è tutto strutturato
attorno alla festa primordiale della fede cristiana che è la domenica.
C’è un altro equivoco: quello di identificare i cosiddetti “tempi forti”, con la quaresima e l’avvento.
La nostra pastorale vive di itinerari di preparazione: quanto più una ricorrenza (ad esempio una
festa parrocchiale, una celebrazione sacramentale) è importante per la comunità, per un gruppo o
per una persona, tanto più si strutturano lodevolmente degli iter formativi. L’anno liturgico possiede
certo il valore di itinerario propedeutico, ma in realtà l’attenzione e l’enfasi è posta sulla
celebrazione del mistero della salvezza e sulla relativa mistagogia6. In effetti, se vogliamo parlare di
“tempi forti” li dobbiamo identificare, nell’ordine, con il Triduo Pasquale e con il Natale del
Signore: questi sono a loro volta preparati dalla quaresima e dall’avvento, e celebrati con ampiezza
e solennità nel tempo che ne segue. La cinquantina pasquale e il tempo natalizio hanno un rilievo
liturgico e una solennità maggiore, rispetto alla quaresima e all’avvento7.
4. Il Proprio dei Santi
Le memorie della Madre di Dio e dei Santi, rientrano in modo armonico e complementare nella
celebrazione dell’unico mistero pasquale. Il Concilio insegna che “nel giorno natalizio dei santi la
Chiesa proclama il mistero pasquale realizzato in essi, che hanno sofferto con Cristo e con lui sono
glorificati” (SC 104). È importante recuperare questa consapevolezza, perché le memorie della
Madre di Dio e dei Santi, così care alla tradizione cattolica, celebrano la potenza in atto del mistero
pasquale nella vita della Chiesa. La oggettiva priorità sorgiva delle celebrazioni del proprio del
tempo è garantita concretamente dalle regole sulle precedenze liturgiche (SC 108. 111), ed è
compito della intelligenza pastorale saper armonizzare i vari elementi. Uno degli esempi più
evidenti di questa interrelazione profonda tra Proprio del Tempo e Proprio dei Santi è dato
dall’Ottava di Natale8.
6
Mistagogia: introduzione liturgica ed esistenziale al mistero celebrato.
Su questo punto sarebbe necessario riflettere. Il tempo pasquale nei fatti è completamente soverchiato da altre
ricorrenze, come il mese di maggio. Non esiste più la consapevolezza che la consuetudine di celebrare i sacramenti
(prime comunioni, cresime, matrimoni) in questa stagione ha il suo fondamento proprio nella attualizzazione del
mistero della Pasqua, che si realizza in questi grandi segni della fede. Per quanto riguarda il tempo di Natale, esso è
diventato nei fatti un “tempo di vacanza”, mentre il rilievo delle solennità celebrate, dovrebbe paradossalmente farne
uno dei tempi più intensi dell’anno.
8
Una malintesa priorità del mistero di Cristo, induce talvolta a ritenere che le celebrazioni del Proprio dei Santi
costituiscano una sorta di “incidente di percorso” nello sviluppo lineare dell’anno liturgico. Lo ricorda Paolo VI, nel
Motu Proprio Mysterii Paschalis, nel quale approva le norme generali per l’Anno liturgico e il calendario romano: “A
questo mistero di Cristo non si oppongono le feste della beata Vergine Maria, la quale è congiunta con l'opera della
salvezza del Figlio suo (Ibid. n. 103), e le memorie dei Santi, tra cui bisogna segnalare il natale dei nostri signori i
Martiri e i Vincitori (Cf Breviarium Syriacum (sec. V), ed. B. Mariani, Roma, 1956, p. 27), feste che brillano di uno
splendore particolare. Le feste dei Santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli
opportuni esempi da imitare (Cf Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 111: AAS 56 (1964), pp. 127).
In verità, la Chiesa cattolica ha sempre ritenuto che il mistero pasquale di Cristo viene proclamato e rinnovato nelle
feste dei Santi (Cf ibid. n. 104; pp. 125ss.)” (Paolo VI, Mysterii Paschalis, II).
7
5
PRESENTAZIONE DELLA NUOVA EDIZIONE DEI LEZIONARI
1. Il popolo davanti alla Parola
Con la prima domenica d’Avvento 2010 entrano in vigore i nuovi lezionari. Si tratta di un
fatto rilevante che esprime la tensione sempre viva nella comunità cristiana di comprendere e
annunciare fedelmente la Parola.
Il rinnovo dei libri liturgici dell’ambone offre l’occasione per fermarsi a fare il punto sullo stile
celebrativo e sulla consapevolezza che abbiamo dei gesti e delle parole che compongono le azioni
liturgiche. Ciò è di fondamentale importanza in quanto nella proclamazione liturgica la Bibbia
esprime in modo più evidente e immediato la sua vera natura e finalità di Parola di Dio annunciata
agli uomini per la loro salvezza.
Allo stesso tempo rivela il suo rapporto con il credente. Di questo rapporto tra Scrittura e il popolo
di Dio ne dà testimonianza anche la stessa Bibbia. Nel libro di Neemia è scritto infatti che:
«Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea
degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere….tutto il popolo porgeva
l’orecchio a sentire il libro della legge» (8, 2-3)
Il popolo è quindi “davanti” al libro in atteggiamento di ascolto. Per la comunità cristiana questo
atteggiamento di ascolto assume un significato ancora più profondo nella liturgia, come ricorda la
Sacrosantum Concilium (=SC)quando afferma che Cristo: «è presente nella sua parola giacché è lui
che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura» (SC 7). Già Origene all’inizio del III
secolo, spiegava ai suoi uditori: «Quando leggi che Gesù insegnava nelle sinagoghe, onorato da
tutti, sta attento a non considerare fortunate soltanto le persone che potevano ascoltarlo, ritenendoti
escluso dal suo insegnamento. Se la Scrittura è verità, allora Dio non ha parlato soltanto una volta
nelle riunioni degli ebrei, ma parla ancora oggi nella nostra assemblea» (Omelia 32). Anche le
Premesse all’Ordinamento delle letture della Messa (=OLM) affermano che «l’economia della
salvezza, che la parola di Dio continuamente richiama e comunica, nell’azione liturgica raggiunge
la pienezza del suo significato; così la celebrazione liturgica diventa un continuo, pieno ed efficace
annuncio della Parola di Dio» (OLM 4).
Queste considerazioni testimoniano e confermano il significato particolare che la Chiesa ha
sempre attribuito alla Scrittura proclamata nella celebrazione liturgica. L’Ordinamento delle letture
della Messa dice chiaramente che «la stessa celebrazione liturgica, che poggia fondamentalmente
sulla parola di Dio e da essa prende forza, diventa un nuovo evento e arricchisce la parola stessa di
una nuova efficace interpretazione» (OLM 3).
Dall’importanza della Parola di Dio nella celebrazione, nasce il significato e l’importanza
del Lezionario che custodisce questa Parola. Esso richiama il “modo” in cui la Chiesa legge la
Scrittura: «la Chiesa segue fedelmente nella liturgia quel modo di leggere e di interpretare le sacre
Scritture, a cui ricorse Cristo stesso, che a partire dall’«oggi» del suo evento esorta a scrutare tutte
le Scritture» (OLM 3).
2. Il Lezionario dalla riforma liturgica ad oggi
La storia della liturgia, per quanto offre notizie frammentarie riguardo ai Lezionari tuttavia
testimonia una lunga tradizione che vede la comunità raccolta per la “frazione del pane” mettersi
sempre in ascolto delle Scritture. Un’indicazione preziosa è quella, per esempio, di san Giustino
che, già 150 anni dopo Cristo, nella sua Prima Apologia, scrivendo della comunità che si raccoglie
nel giorno domenicale, testimonia che «nel giorno chiamato “del sole” ci si raduna tutti insieme….
E si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente» (Giustino,
Prima Apologia, 67, 3).
6
Tuttavia, per quanto riguarda la nostra storia, l’attuale Lezionario è uno dei frutti più preziosi del
Vaticano II e la testimonianza della premura della Chiesa perché: «vengano aperti più largamente i
tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior
parte della sacra Scrittura» (SC 51). Vale la pena ricordate a tal proposito, che nel Messale di Pio V
l’Antico Testamento era quasi assente, ed il Nuovo limitato a poche pericopi. Inoltre, nello stesso
Messale tridentino non esisteva un vero e proprio Lezionario feriale, per cui si era costretti a leggere
ogni giorno le pericopi della domenica precedente.
La pubblicazione di un Lezionario risponde ad un altro invito della riforma liturgica, quello
di abbandonare la forma “plenaria” del libro liturgico per ritornare all’antica tradizione dei singoli
libri legati ai vari ministri della celebrazione.
Avviata la riforma liturgica voluta dal Vaticano II, la Chiesa Italiana cercò di rispondere
prontamente. Riguardo al Lezionario, già nel 1964 l’assemblea plenaria dell’episcopato italiano,
deliberò di utilizzare per tutta l’Italia il Lezionario preparato dal Centro di Azione Liturgica di
Bologna e reso obbligatorio per la Diocesi di Bologna. In realtà si trattava di un Lezionario che
copriva solo alcuni tempi dell’anno liturgico.
Nel 1966 l’episcopato italiano, sempre per rispondere alle istanze di SC 51, decide
l’adozione di un Lezionario feriale. Si trattava di un primo fascicolo che comprendeva il Tempo di
Avvento-Natale. Non era obbligatorio, ma vivamente raccomandato (ECEI, I/776-779).
Finalmente nel 1972 iniziava la pubblicazione dei Lezionari, partendo da quello domenicale
festivo. Nello stesso anno furono pubblicati anche quello feriale e quello per le celebrazioni dei
Santi.
Riguardo ai nuovi Lezionari, la novità fondamentale è la nuova traduzione della sacra
Scrittura resasi necessaria dopo la nuova traduzione della Bibbia latina, e in ottemperanza alle
indicazioni dell’Istruzione Liturgiam authenticam che invita a rivedere i testi biblici utilizzati nella
liturgia , in base ai testi originali presupposti dalla Nova Vulgata.
Il desiderio e l’impegno di far coincidere la pubblicazione della nuova traduzione della
Bibbia per le celebrazioni liturgiche con quella dei nuovi Lezionari, conferma quanto espresso dalla
Costituzione conciliare Dei Verbum (=DV): «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come
ha fatto per il Corpo stesso del Signore, non mancando mai, soprattutto nella santa Liturgia, di
nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della Parola di Dio sia del Corpo di Cristo» (DV 21).
La nuova pubblicazione dei Lezionari segue l’elenco delle pericopi offerto dalla editio
typica altera dell’Ordinamento delle letture della Messa del 1981. La Congregazione per il Culto
Divino e i Sacramenti, il 17 settembre 2007 approvava l’intera opera. Allo stesso tempo, su invito
del Santo Padre Benedetto XVI, alla Congregazione furono inviati anche i testi non contemplati dai
libri liturgici, in vista di un loro eventuale utilizzo.
La pubblicazione dei nuovi Lezionari, continuando l’antica tradizione dei libri destinati alla
proclamazione della Parola di Dio nelle celebrazioni, testimonia la fedeltà al rinnovamento voluto
dal Vaticano II, soprattutto riguardo all’abbondanza di Scrittura da offrire al popolo di Dio.
L’opera si compone di 9 volumi: tre per il Lezionario domenicale festivo; tre per quello
feriale e gli ultimi tre per le celebrazioni dei Santi, per le Messe Rituali e votive e ad diversa.
Certamente la novità più importante è costituita dalla nuova traduzione della Bibbia.
Possiamo citare solo qualche esempio:
Citazione
Vecchia CEI
Nuova CEI
1 Re 19, 12 Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma Dopo il terremoto, un fuoco, ma il
il Signore non era nel fuoco, Dopo il Signore non era nel fuoco. Dopo il
fuoco ci fu un mormorio di vento
fuoco, il sussurro di una brezza leggera
leggero
7
Salmo 8, 5-6 che cosa è l'uomo perché te ne
ricordi e il figlio dell'uomo perché te
ne curi?
Eppure l'hai fatto poco meno degli
angeli di gloria e di onore lo hai
coronato
che cosa è mai l'uomo perché di lui ti
ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne
curi?
Davvero l'hai fatto poco meno di un dio
di gloria e di onore lo hai coronato
Am 6, 7
Perciò andranno in esilio in testa ai
deportati e cesserà l'orgia dei dissoluti
Perciò andranno in esilio in testa ai
deportati e cesserà l'orgia dei
bontemponi
Mt 6, 12-13 e rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione, ma
liberaci dal male
e rimetti a noi i nostri debiti come anche
noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione
ma liberaci dal male
Mt 28, 19
Andate dunque e ammaestrate tutte Andate dunque e fate discepoli tutti i
le nazioni, battezzandole nel nome popoli, battezzandoli nel nome del Padre
del Padre e del Figlio e dello Spirito e del Figlio e dello Spirito Santo
Santo
Lc 1, 8
Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o
piena di grazia, il Signore è con te"
Ef 4, 13
finchè arriviamo tutti all'unità della
finchè arriviamo tutti all'unità della fede
fede e della conoscenza del Figlio di e della conoscenza del Figlio di Dio, fino
Dio, allo stato di uomo perfetto, nella all'uomo perfetto, fino a raggiungere la
misura che conviene alla piena
misura della pienezza di Cristo.
maturità di Cristo.
Entrando da lei, disse: "Rallegrati, piena
di grazia: il Signore è con te"
8
IL CICLO LITURGICO DI AVVENTO-NATALE-EPIFANIA
E IL SUO LEZIONARIO
1. La celebrazione della manifestazione del Figlio di Dio fatto uomo
“Quando celebriamo il Mistero della Nascita di Cristo e la sua manifestazione nel mondo, gli
chiediamo di essere rinnovati nello spirito per mezzo di lui che esteriormente riconosciamo simile a
noi”9 (Paolo VI, Mysterii Paschalis, I). L’attenzione della Chiesa, sempre illuminata dalla luce
pasquale del Signore risorto, è attratta dal mistero della persona divino-umana del Figlio di Dio.
Ogni singolo elemento della storia della redenzione, così come ogni singolo mistero celebrato nel
corso dell’anno liturgico richiama e, in qualche modo, contiene tutti gli altri.
L’orizzonte pasquale delle celebrazioni della manifestazione di Cristo è evidente: nel Natale e
nell’Epifania, la Chiesa riconosce che colui che è morto e risorto per noi, è il Verbo eterno del
Padre, fatto uomo. La separazione del mistero dell’Incarnazione dalla globalità del mistero della
Redenzione, ha effetti devastanti sulla vita cristiana10.
Proprio per questa analogia con la celebrazione pasquale, anche il ciclo liturgico natalizio, si è
costituito storicamente sul modello di quello pasquale (quaresima, solennità, ottava, cinquantina,
pentecoste), per cui abbiamo:
-
un tempo propedeutico: l’Avvento. È innegabile che la sua origine storica sia legata al
parallelismo con la quaresima. Curiosamente oggi si tende a sminuirne il valore ascetico11.
Ne è rimasto un segno evidente nel colore liturgico violaceo.
-
la celebrazione della solennità: la festa di Natale, con la sua straordinaria ricchezza
liturgica (4 messe proprie per un unico giorno liturgico!)
-
l’ottava: è l’anello di congiunzione tra il mistero celebrato e il tempo che passa. Dilatando
negli otto giorni successivi l’Oggi liturgico, la Chiesa impara che il Natale, come la Pasqua,
non è una semplice ricorrenza del calendario, ma un evento di salvezza, che è reso sempre
attuale nella celebrazione sacramentale.
-
il tempo della celebrazione: l’evento entra nella vita. Il mistero a cui ci siamo preparati e
che celebriamo deve plasmare la nostra esistenza in una vita nuova, attraverso la
partecipazione fruttuosa alla celebrazione, la sempre più consapevole professione di fede, la
testimonianza della carità fraterna.
-
la conclusione solenne: la festa della Epifania (che comprende il Battesimo del Signore), è
in evidente parallelo con l’Ascensione e la Pentecoste. Se la festa principale riguarda la
9
SAN LEONE MAGNO, Sermo XXVII in Nativitate Domini, 7,1: PL 54,216.
Ad esempio, una certa predicazione enfatizza la cosiddetta “logica dell’Incarnazione”, indicando nella prospettiva
della Incarnazione del Figlio di Dio, l’orizzonte della vita e della missione della Chiesa. Abbondano esortazioni a farsi
carne (una vera assurdità tranne che per Dio e per gli angeli!), assumere un atteggiamento solidale, compassionevole, e
conseguentemente a rifuggire la deriva spiritualistica, per sua natura “disincarnata”… Una simile prospettiva è
semplicemente una caricatura del Cristianesimo, ridotto ad un puro messaggio etico. Il Verbo di Dio, infatti, si è fatto
carne per comunicare agli uomini la sua vita divina. Nella autentica “logica dell’Incarnazione”, hanno senso tanto la
nascita del Verbo divino nella carne umana, quanto la sua glorificazione pasquale e ascensione al cielo: questo è il
percorso completo compiuto da Cristo, a cui ogni uomo è chiamato per grazia. La carenza cronica della prospettiva
escatologica nella predicazione e nella catechesi è un segnale evidente di questa deriva.
11
Il carattere ascetico dell’Avvento (astinenza, preghiera vigilante, sobrietà), sul modello di quello più marcato della
Quaresima, dovrebbe invece essere proposto con maggiore forza. Nessun documento liturgico ha mai inteso eliminare
questo aspetto, come invece viene continuamente ripetuto, come se si dovesse estirpare un difetto nella prassi ecclesiale.
Oltretutto, questo tempo liturgico, con i richiami fortissimi alla conversione espressa in concrete scelte di vita, viene a
coincidere con il periodo più sfacciatamente commerciale dell’anno.
10
9
persona di Cristo, la festa conclusiva celebra il dilatarsi della grazia a tutta la Chiesa e
potenzialmente a tutta l’umanità. Se il Natale celebra la nascita di Gesù Cristo, Figlio di Dio
e Figlio di Maria, l’Epifania mostra come la grazia di questa Nascita raggiunge e illumina
ogni popolo e ogni uomo12.
2. Il Lezionario domenicale del tempo di Avvento
In generale, la distribuzione dei brani biblici nel lezionario domenicale e festivo segue due criteri
fondamentali:
- la concordanza tematica: i brani sono scelti sulla base di un tema comune che caratterizza
particolarmente una determinata ricorrenza
- la lettura semicontinua: tipica delle domeniche “per annum” nel quale un testo (soprattutto il
Vangelo), viene letto in modo continuativo, mentre le altre letture ne sviluppano (o meno) il
tema.
Per le quattro domeniche di Avvento, vale il primo criterio, secondo uno schema che è comune a
tutti e tre agli anni liturgici (A, B e C):
È dunque il VANGELO il testo chiave, verso il quale sono orientati anche gli altri brani biblici.
In particolare in Avvento si pone in evidenza il particolare rapporto tra l’Antico e il Nuovo
Testamento: “la Chiesa annunzia l’unico e identico mistero di Cristo ogni qual volta nella
celebrazione liturgica proclama sia l’Antico che il Nuovo Testamento. Nell’Antico Testamento è
adombrato il Nuovo, e nel Nuovo si disvela l'Antico” (OLM 5).
Lo schema che segue mostra il percorso biblico dell’Avvento13:
Domeniche
1. La Parusia
A
Is 2,1-5: Il Signore
unisce tutti i popoli
nella pace eterna del
suo Regno.
Rm 13,11-14: La
nostra salvezza è più
vicina.
Mt
24,
37-44:
Vegliate, per essere
pronti al suo arrivo
2. La persona di
Giovanni Battista
Is 11,1-10: Giudicherà
con giustizia i miseri
Rm 15,4-9: Gesù
Cristo salva tutti gli
uomini
Mt
3,1-12:
Convertitevi: il regno
dei cieli è vicino!
B
Is 63, 16b-17.19b; 64,
2-7: Se tu squarciassi i
cieli e scendessi.
1Cor
1,3-9:
Aspettiamo
la
manifestazione
del
Signore nostro Gesù
Cristo.
Mc
13,33-37:
Vegliate: non sapete
quando il padrone di
casa ritornerà
Is
40,
1-5.9-11:
Preparate la via al
Signore.
2Pt
3,
8-14:
Aspettiamo nuovi cieli
e una terra nuova.
Mc 1,1-8: Raddrizzate
le vie del Signore.
12
C
Ger 33,14-16: Farò
germogliare
per
Davide un germoglio
giusto.
1Ts
3,12-4,2:
Il
Signore renda saldi i
vostri
cuori
al
momento della venuta
di Cristo.
Lc 21,25-28.34-36: La
vostra liberazione è
vicina.
Bar
5,1-9:
Dio
mostrerà
il
tuo
splendore
a
ogni
creatura.
Fil 1,4-6.8-11: Siate
integri e irreprensibili
per il giorno di Cristo.
Lc 3,1-6: Ogni uomo
vedrà la salvezza di
Dio!
Così l’Ascensione e la Pentecoste, in relazione alla Pasqua: lo Spirito di Dio che risvegliò dalla morte il Corpo di
Cristo che giaceva nel sepolcro e lo ha portato alla vita risorta, viene donato a tutti i membri della Chiesa, perché
risorgano in Cristo alla vita nuova, e diventino essi stessi strumenti di salvezza per tutti i popoli.
13
Ogni brano evangelico viene qui identificato dal titolo liturgico riportato nello stesso Lezionario. Questo titolo è
riportato nel libro liturgico dell’ambone, in corsivo con un carattere in corpo più piccolo rispetto al brano biblico. Non è
destinato alla lettura, ma offre una autorevole chiave di interpretazione che aiuta a cogliere il nesso tematico tra le
letture e la collocazione del brano nel contesto del giorno liturgico.
10
3. Il ministero di
Giovanni Battista
4. Le Annunciazioni
Is 35, 1-6a.8a.10:
Ecco il vostro Dio,
egli viene a salvarvi.
Gc
5,7-10:
Rinfrancate i vostri
cuori, perché la venuta
del Signore è vicina.
Mt 11,2-11: Sei tu
colui che deve venire o
dobbiamo aspettare un
altro?
Is 7,10-14: Ecco, la
vergine concepirà e
partorirà un figlio.
Rm
1,1-7:
Gesù
Cristo, dal seme di
Davide, Figlio di Dio.
Mt 1,18-24: Gesù
nascerà da Maria,
sposa di Giuseppe,
della stirpe di Davide
Is
61, 1-2.10-11:
Gioisco
pienamente
nel Signore.
1Ts 5,16-24: Spirito,
anima e corpo si
conservino
irreprensibili per la
venuta del Signore
Gv 1,6-8.19-28: In
mezzo a voi sta uno
che voi non conoscete
2Sam
7,
1-5.8b12.14a.16: Il regno di
Davide sarà saldo per
sempre davanti al
Signore.
Rm
16,25-27:
Il
mistero avvolto nel
silenzio per secoli, ora
è manifestato.
Lc 1,26-38: Ecco
concepirai un figlio e
lo darai alla luce.
Sof 3,14-17: Il Signore
esulterà per te con
grida di gioia.
Fil 4,4-7: Il Signore è
vicino!
Lc 3,10-18: E noi che
cosa dobbiamo fare?
Mic 5,1-4: Da te
uscirà per me colui
che deve essere il
dominatore in Israele
Ebr 10,5-10: Ecco, io
vengo per fare, o Dio,
la tua volontà.
Lc 1,39-45: A che
cosa devo che la
madre del mio Signore
venga da me?
La prima domenica offre l’opportunità di riconoscere soprattutto il profondo legame tra l’Antico e
il Nuovo Testamento. L’accostamento dei Vangeli in cui si annuncia la manifestazione definitiva
del Signore alla fine dei tempi, con testi dell’Antico Testamento che annunciano i tempi messianici,
pone le attese e le speranze della Chiesa in continuità con quelle dell’antico Israele: la novità è data
dal fatto che la Chiesa attende colui che già conosce ed è già venuto in mezzo a noi, come
Redentore di tutti gli uomini.
La seconda e la terza domenica mettono in risalto la figura austera di Giovanni il Precursore.
Come avremo modo di constatare anche nel ciclo feriale dell’Avvento, la liturgia cristiana dedica
un grande rilievo alla persona del Battista14. Il ministero e la predicazione del Precursore, oltre a
precedere storicamente quello del Signore Gesù Cristo, ne costituiscono una premessa
indispensabile. Non si può accogliere con frutto la grazia di Cristo Redentore, se prima non si passa
attraverso l’appello forte ed esigente di Giovanni alla conversione: un passaggio sostanziale
dunque, in vista di quella gioia, posta in rilievo nei testi profetici e apostolici della domenica
Gaudete, ed evidenziati dagli altri elementi della celebrazione.
La quarta domenica: l’abbiamo intitolata delle “Annunciazioni”, perché nel ciclo A e nel ciclo B,
riporta l’annuncio angelico a Giuseppe e a Maria. Nel ciclo C è lo stesso Spirito Santo ad
annunciare la gioia della presenza del Dio fatto uomo nella Visitazione. La liturgia di questa
domenica evidenzia come le antiche promesse riportate dai profeti (prima lettura), trovano il loro
compimento concreto in un punto preciso del tempo e della storia (seconda lettura e Vangelo). È
uno dei passaggi di capitale importanza nella professione di fede cattolica: ciò che accadde in una
remota provincia dell’Impero, venti secoli fa, ha un valore permanente e universale di salvezza.
Ogni punto del tempo e dello spazio, compresa la nostra vicenda personale e comunitaria, è posto in
14
Oltre alle due domeniche di Avvento, vi è un riferimento al Precursore, anche in numerosi giorni feriali di Avvento.
Giovanni ritorna poi varie volte nel tempo di Natale, fino alla festa del Battesimo del Signore. Da non dimenticare le
due feste liturgiche a lui dedicate nel Santorale. La solennità del 24 giugno poi è in diretto collegamento con la festa del
Natale, da cui si distanzia, secondo la cronologia di Luca, di sei mesi. Inoltre possiamo aggiungere la festa della
Visitazione.
11
relazione diretta con quegli avvenimenti, in forza della risurrezione di Cristo e dell’effusione dello
Spirito Santo.
4. Il ciclo feriale dell’Avvento. Prima parte: Isaia e il Battista
Per una corretta comprensione dei singoli brani biblici nel ciclo feriale è necessario conoscere i
criteri della distribuzione degli stessi.
Come è noto, il ciclo feriale è distinto in due parti: prima e dopo il 17 dicembre, quando inizia la
preparazione diretta al Natale.
Meno nota la caratterizzazione della prima parte delle ferie di Avvento, che conosce una ulteriore
distinzione: dal lunedì della prima settimana, al mercoledì della seconda, la Liturgia della Parola
è costruita attorno ai brani più significativi del Profeta Isaia: il brano evangelico infatti è scelto
sulla base di una concordanza tematica con il testo profetico15.
A partire dal giovedì della seconda settimana, è invece il Vangelo il testo chiave della
celebrazione e la sua disposizione segue un criterio assolutamente originale: vengono proposti
infatti brani tratti indistintamente dai 4 vangeli, accomunati dall’unico criterio di avere un
riferimento più o meno diretto a san Giovanni Battista.
Mettendo al centro due persone concrete, la celebrazione della prima parte dell’Avvento introduce
un importante criterio di comprensione: il mistero cristiano, prima di essere enunciazione di principi
teologici e valori etici, è vita, vita vissuta. È il principio del realismo cristiano, che trova nel
sacramento della Carne e del Sangue del Redentore, la sua massima espressione.
I due profeti, l’uno dell’Antico l’altro del Nuovo Testamento offrono una ulteriore possibilità di
riflessione sulla storia della salvezza: la continuità con l’Antica e la radicale irriducibilità della
Nuova ed eterna Alleanza.
SCHEDA 1: Il profeta Isaia
Fin dalle origini del cristianesimo, il libro del profeta Isaia, tra tutti gli scritti biblici, gode di
una considerazione straordinaria, perché le sue profezie messianiche sono di una tale
chiarezza da sembrare a volte la cronaca di un fatto accaduto, non predizioni.
Gesù stesso, secondo l’evangelista Luca, inaugurò la sua predicazione partendo dalla lettura
di un testo di Isaia, di cui annunciava il compimento (Lc 4,16-30). Ma Isaia sta anche
all’inizio della predicazione della Chiesa: come riferiscono gli Atti degli Apostoli (8,26ss),
fu a partire da un brano del profeta, che il diacono Filippo annunciò il Vangelo di Gesù
all’eunuco della regina Candace.
“Leggendo Isaia, scrive Girolamo nel suo commento al testo profetico, io non vi parlerò di
un profeta, ma piuttosto di un evangelista o di un apostolo”: “questo libro della Scrittura
che contiene universa Domini sacramenta, tutti i misteri del Signore. Effettivamente nel libro
di Isaia troviamo che il Signore viene predetto come l'Emmanuele nato dalla Vergine, come
autore di miracoli e di segni grandiosi, come morto e sepolto, risorto dagli inferi e salvatore
di tutte le genti”16.
Già il libro del Siracide sottolinea l’orizzonte messianico del profeta: “(…) il profeta Isaia,
grande e verace nella visione. Nei suoi giorni retrocedette il sole, egli prolungò la vita del re.
Con grande ispirazione vide gli ultimi tempi, e consolò gli afflitti di Sion. Egli manifestò il
futuro sino alla fine dei tempi, le cose nascoste prima che avvenissero”17.
In effetti Isaia è il testo più citato dal Nuovo Testamento.
La consuetudine di leggere in Avvento prevalentemente i testi di Isaia è antichissima e
comune a tutte le tradizioni liturgiche.
15
Si tratta di un unicum nell’anno liturgico, poiché è in genere quello evangelico il brano dominante nella Liturgia della
Parola. Questo aspetto caratteristico evidenzia l’interdipendenza dei due Testamenti.
16
Girolamo, Commento del Profeta Isaia, Prologo
17
Sir 48, 22b-25
12
Il libro del profeta Isaia si è formato in più di duecento anni, dal 740 momento della
vocazione di Isaia a dopo il 550, tempo della predicazione profetica nell’esilio di Babilonia,
sotto il re Ciro. È chiaro, dunque, che parlare di “Isaia” non significa parlare di un solo
uomo, ma di una vicenda storica che coinvolge un intero popolo per almeno due secoli. Alla
stesura del libro hanno contribuito, infatti, almeno tre mani o meglio tre scuole, che vengono
identificate dagli studiosi con i nomi: proto-Isaia, deutero-Isaia, e talvolta trito-Isaia.
Si aggiungono, poi, i quattro canti del servo del Signore che si collocano dentro la tradizione
del secondo Isaia, ma che hanno uno stile distinto dal resto, e vengono proclamati nella
liturgia della quaresima e della settimana santa.
SCHEDA 2: San Giovanni Battista
Giovanni Battista è il santo più raffigurato nell’arte di tutti i secoli; sono innumerevoli le
opere che lo rappresentano, praticamente in tutte le Chiese. Solo nella diocesi di Bologna, si
contano 32 parrocchie che lo venerano come patrono. Gesù stesso lo ha definito: “il più
grande tra i nati di donna”, come dire il megliore fra tutta l’umanità che cerca la volontà di
Dio.
La Chiesa lo ricorda con due feste liturgiche a lui dedicate, la Nascita e il martirio, e in due
domeniche del tempo di Avvento, in numerose ferie di Avvento e Natale e nella festa del
Battesimo di Gesù: questa presenza ampia nella liturgia sembra rammentare che il vangelo,
la buona notizia di Cristo Salvatore non è efficace nella nostra vita, se prima non si passa dal
forte appello di Giovanni alla conversione.
La sua nascita prodigiosa, dagli anziani genitori Zaccaria ed Elisabetta, si intreccia a quella
del Salvatore e l’incontro dei due bambini nel grembo delle rispettive madri annuncia che è
giunta la pienezza dei tempi.
Per accogliere con frutto la salvezza portata da Cristo è necessario convertirsi, cioè ricoscere
nella nostra vita il primato di Dio e la santità della sua legge, ed è proprio il severo appello
alla conversione che costituisce il cuore della missione del Battista nel deserto di Giuda,
dove folle enormi andavano ad ascoltare e a chiedere perdono dei loro peccati,
immergendosi nell’acqua del Giordano.
Giovanni precede il Messia anche nella sua morte: venne decapitato in carcere per non aver
anteposto la verità di Dio alle regole della convenienza e così insegna ad ogni discepolo che
la salvezza è inseparabile dal mistero della croce.
Giovanni Battista è stato e resta per sempre nella coscienza della Chiesa, il “Precursore”,
potremmo dire l’apripista del Signore, il dito puntato su Cristo che egli indica come la
vittima pasquale per il perdono e la salvezza, l’Agnello di Dio che prende su di sé il peccato
del mondo.
5. Le ferie maggiori
Con il 17 dicembre, si entra nelle cosidette ferie maggiori, in cui vengono meno le celebrazioni dei
santi18 e la liturgia si arricchisce di canti, antifone e inni caratteristici. La disposizione dei testi
biblici è legata ai racconti evangelici che narrano gli eventi che precedono la Nascita del Redentore,
accompagnate dalle più significative profezie messianiche, contenute dell’Antico Testamento19. In
questo contesto è bene ricordare che le fonti della predicazione omiletica non sono solo i testi
biblici proclamati, ma anche i testi eucologici20. Le orazioni e le antifone (particolarmente le
18
divengono delle semplici commemorazioni. Eventualmente i nomi dei Santi possono essere commemorati
nell’anafora.
19
Le ferie maggiori dell’Avvento, spesso caratterizzate da una più intensa vita liturgica in occasione della Novena di
Natale, hanno un contenuto teologico e spirituale di grande rilevanza: esse sono costruite attorno a pagine del Vangelo
che potremmo paradossalmente definire “anticotestamentarie”, pur essendo parte del Nuovo, perché in esse Cristo è
presente solo come colui che è atteso e annunciato. Questo elemento consente di riflettere, quasi per contrasto, sulla
grazia straordinaria di vivere nella nuova ed eterna Alleanza, il tempo del compimento delle promesse divine, il tempo
della grazia e della misericordia.
20
OLM 24.
13
antifone maggiori, contenute nel Vespro e riprese nel canto al Vangelo) di questi giorni prenatalizi,
costituiscono il contesto ricchissimo per una più profonda comprensione dei brani biblici.
6. Il Santorale dell’Avvento
Abbiamo già ricordato che il Proprio dei Santi non deve essere visto come un ostacolo alla
celebrazione del Mistero di Cristo nella sua purezza: il Santorale è la celebrazione della “potenza in
atto” del mistero pasquale.
Le memorie dei santi, celebrate con l’opportuna sobrietà anche nella prima parte del tempo di
Avvento21, offrono la possibilità di sottolineare aspetti rilevanti della spiritualità di questa stagione
liturgica, con la forza viva che viene dalla testimonianza di questi fratelli maggiori e dalla loro
intercessione.
Si propone qui una possibile chiave di lettura delle celebrazioni del proprio dei Santi, in armonia
con le tematiche richiamate dai testi biblici ed eucologici dell’Avvento.
LA BEATA VERGINE MARIA, AURORA DEL SOLE CHE SORGE
o Immacolata Concezione della B.V. Maria (8.12)22
o Beata Vergine di Loreto (in calendari particolari, 10.12)
o San Juan Diego Cuauhtlotatzin (9.12)
o Beata Vergine di Guadalupe (12.12)
L’UNIVERSALITÀ DELLA SALVEZZA E DELLA MISSIONE DELLA CHIESA
o Sant’Andrea Apostolo (30.11)
o San Francesco Saverio (3.12)
LA PAROLA DI DIO ANNUNCIATA E VISSUTA NELLA CHIESA
o San Giovanni Damasceno (4.12)
o Sant’Ambrogio (7.12)
o San Damaso (11.12)
-
IL DESIDERIO PROFONDO DI CRISTO
o San Giovanni della Croce (14.12)
I DONI NATALIZI
o San Nicola (6.12)
o Santa Lucia (13.12)
7. La celebrazione “pasquale” del Natale del Signore
Dopo l’annuale rievocazione del mistero pasquale, la Chiesa non ha nulla di più sacro della
celebrazione del Natale del Signore e delle sue prime manifestazioni: ciò che essa compie con il
Tempo di Natale (CR, 32). Come abbiamo più volte mostrato, la solennità della Natività del Signore
è celebrata e vissuta dalla Chiesa in fortissima connessione con la Pasqua: tra i segni più evidenti, lo
strutturarsi di un itinerario propedeutico e di uno sviluppo successivo parallelo (Avvento con
21
Di fatto, solo la festa di Sant’Andrea e la solennità dell’Immacolata Concezione hanno letture proprie. Nelle memorie
prosegue il ciclo feriale del tempo. Per quanto riguarda le orazioni e le antifone, in mancanza di testi propri, è bene
utilizzare quelle della feria corrente. Nulla impedisce poi di recuperare la colletta della feria corrente, al termine della
preghiera dei fedeli, o nel caso di una memoria facoltativa, di utilizzare in questo modo la colletta del Santo.
22
Giova ricordare che, nell’anno B, la solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine offre la medesima pagina
del Vangelo che nella quarta domenica di Avvento: il racconto dell’Annunciazione, secondo Luca. La prospettiva però
è diversa: mentre nell’Immacolata Concezione l’attenzione è posta sul saluto angelico “piena di grazia”, che costituisce
il fondamento biblico del dogma mariano, nella domenica prenatalizia, l’accento è posto sull’annuncio della divina
Maternità della Vergine, dalla quale nascerà il Salvatore.
14
Quaresima, Natale con Pasqua, Epifania con Pentecoste), il carattere notturno della celebrazione
culminante, ma soprattutto la dinamica tipicamente pasquale del “passaggio”: dall’Antica alla
Nuova Alleanza, dall’attesa al compimento, dall’ignoranza alla rivelazione, dalla notte alla luce: per
questo in molti paesi di lingua ispanica il Natale viene chiamato “Pascua de Navidad”.
La relazione tra Natale e Pasqua riguarda anzitutto il contenuto della fede che viene professata e
celebrata nel sacramento: colui che è morto ed è risorto per noi è il Dio fatto uomo; l’identità del
Figlio di Dio e Figlio di Maria è fondamentale per comprendere la portata universale e
autenticamente umana della redenzione.
Si può notare che, mentre le celebrazioni del ciclo pasquale ruotano attorno al calendario lunare
variabile, quelle del ciclo natalizio sono costruite attorno alle date fisse del calendario solare. Nel
Natale prevale infatti la DIMENSIONE STORICA, quasi anniversaria, mentre nella Pasqua, con la
centralità della grande Domenica di Risurrezione, prevale la dimensione misterica e sacramentale.
Si tratta di due aspetti complementari: da una parte la cronologia umana che diviene storia della
salvezza; dall’altra, la forza del sacramento che elimina la barriera del tempo e ci rende come
contemporanei di Cristo.
La consapevolezza della centralità del mistero natalizio è espressa anzitutto dalla ricchezza che ne
caratterizza la solennità: ben quattro messe per un solo giorno liturgico, un unicum assoluto.
8. La Liturgia e il Lezionario della solennità del Natale
La MESSA VESPERTINA DELLA VIGILIA riassume in se stessa tutta l’attesa di Israele e dell’umanità; il
senso della celebrazione (nella sua dimensione allo stesso tempo storica e pasquale) è bene
riassunto dal versetto del Canto al Vangelo: “Domani sarà distrutto il peccato della terra e regnerà
su di noi il Salvatore del mondo”.
Is 62, 1-5
Il Signore troverà in te la sua delizia.
Sal 88 (89)
Canterò per sempre l’amore del Signore.
At 13, 16-17.22-25 Testimonianza di Paolo a Cristo, figlio di Davide.
Mt 1, 1-25
Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide.
La MESSA DELLA NOTTE SANTA ha la sua origine storica nella basilica romana di Santa Maria
Maggiore, nella cui confessione per volontà dell’Imperatrice Sant’Elena, vennero collocate le
reliquie della mangiatoia di Betlemme (presepio). Entrò così anche a Roma l’usanza betlemmita
(testimoniata da Egeria) di celebrare l’Eucaristia durante la notte, a diretto contatto con la
testimonianza concreta del fatto che viene rivissuto nel mistero. Questa celebrazione mette in
evidenza l’evento in se stesso della Nascita di Gesù, in un momento ben preciso della storia e della
geografia: aspetto molto marcato nelle prime parole del Vangelo23. Attraverso il canto del Gloria in
excelsis Deo si crea una continuità tra la Chiesa che celebra e l’evento storico.
Is 9, 1-6
Ci è stato dato un figlio.
Sal 95 (96) Oggi è nato per noi il Salvatore.
Tt 2, 11-14 È apparsa la grazia di Dio per tutti gli uomini.
Lc 2, 1-14
Oggi è nato per voi il Salvatore.
23
Il carattere storico e insieme pasquale del Natale è ben espresso anche dal Martirologio romano. Questo è l’annuncio
della solennità del 25 dicembre: “Trascorsi molti secoli dalla creazione del mondo, quando in principio Dio creò il cielo
e la terra e plasmò l’uomo a sua immagine; e molti secoli da quando, dopo il diluvio, l’Altissimo aveva fatto risplendere
tra le nubi l’arcobaleno, segno di alleanza e di pace; ventuno secoli dopo che Abramo, nostro Padre nella fede, migrò
dalla terra di Ur dei Caldei; tredici secoli dopo l’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè; circa
mille anni dopo l’unzione regale di Davide; nella sessantacinquesima settimana secondo la profezia di Daniele;
all’epoca della centonovantaquattresima Olimpiade; nell’anno settecentocinquantadue dalla fondazione di Roma; nel
quarantaduesimo anno dell’impero di Cesare Ottaviano Augusto, mentre su tutta la terra regnava la pace, Gesù Cristo,
Dio eterno e Figlio dell’eterno Padre, volendo santificare il mondo con la sua piissima venuta, concepito per opera dello
Spirito Santo, trascorsi nove mesi, nasce in Betlemme di Giuda dalla Vergine Maria, fatto uomo: Natale di nostro
Signore Gesù Cristo secondo la carne”.
15
La MESSA DELL’AURORA ha una origine storica curiosa: nella città eterna vi era una numerosa e
vivace comunità greca, che seguiva le tradizioni liturgiche orientali e che aveva sede nella Chiesa di
Sant’Anastasia al Palatino. La festa della martire Anastasia (citata anche nel Canone Romano)
cadeva proprio il 25 dicembre: si deve inoltre notare che la solennità del Natale nello stesso giorno
è stata introdotta tra gli Orientali in modo graduale, verso la fine del IV secolo, mentre a Roma pare
risalga già all’inizio dello stesso secolo. I Pontefici Romani, dunque, per onorare la comunità greca,
salivano al mattino presto al Palatino per celebrare la Liturgia solenne, con testi liturgici comunque
natalizi. In maniera casuale (se casualità esiste), ne nacque una impressionante sintesi: il mistero
dell’Incarnazione, il mistero pasquale (richiamato dal nome della martire che significa letteralmente
“risurrezione”) e la testimonianza dei santi, che è il frutto della Redenzione!
I testi biblici, soprattutto il Vangelo, in continuità con la celebrazione notturna, evidenziano la
figura dei Pastori, che ricevono l’annuncio e si mettono in cammino verso Betlemme, il cui nome
tradotto significa “Casa del pane”.
Is 62, 11-12
Ecco, arriva il tuo Salvatore.
Sal 96 (97)
Oggi la luce risplende su di noi.
Tt 3, 4-7
Ci ha salvati per la sua misericordia.
Lc 2, 15-20
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino.
La MESSA DEL GIORNO è la celebrazione solare del mistero e dello scambio dei doni: Dio si è fatto
uomo, per donare all’uomo di essere Dio. Storicamente è, possiamo dire, la vera Messa della festa,
celebrata dai Pontefici nella Cattedrale Lateranense. La Liturgia della Parola è dominata dalla
lettura del Prologo di Giovanni, ulteriore sottolineatura pasquale: nella logica giovannea infatti, il
prologo introduce tutto il Vangelo e il “farsi carne” del Verbo di Dio è certamente riferito alla
nascita di Gesù, ma anche alla sua solidarietà con l’uomo nella sua vita e nella sua morte. Lungo i
secoli la Chiesa ha manifestato questa coscienza in vari modi: nel rito bizantino, ad esempio, il
prologo di Giovanni è la lettura propria della Liturgia del giorno di Pasqua; nel rito romano, lo
stesso prologo veniva letto un tempo al termine di ogni Messa, quasi come chiave di lettura per
poter interpretare ciò che accade nella stessa celebrazione: “noi vedemmo la sua gloria”.
Is 52, 7-10
Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.
Sal 97 (98) Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio.
Ebr 1, 1-6
Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio.
Gv 1, 1-18
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
9. L’Ottava di Natale
Come la solennità della domenica di Risurrezione, anche quella della Natività ha una “ottava”, un
prolungamento festivo per otto giorni. La simbologia dell’ottavo giorno è tipicamente pasquale e
nasce dal racconto evangelico di Giovanni: la domenica successiva a quella della risurrezione
(l’ottavo giorno secondo il computo biblico, per il quale si conta anche il primo) è ancora per i
discepoli giorno di riunione, di annuncio e di incontro con il Signore risorto. Da quel momento la
Chiesa mai trascurerà di riunirsi nel giorno ottavo.
L’elemento che caratterizza tanto l’ottava di Pasqua che quella di Natale è l’Hodie, l’Oggi della
risurrezione e della nascita di Cristo che viene ripetutamente cantato in ogni antifona e orazione.
L’ottava riveste quindi molti significati:
- gli otto giorni celebrati con uguale solennità, enfatizzano il rilievo del mistero celebrato (il tempo
forte): affermata l’importanza del catecumenato, cioè dell’itinerario di preparazione rivissuto
nell’avvento e nella quaresima, nella vita cristiana ciò che conta maggiormente è la mistagogia,
l’introduzione nel mistero. Se l’espressione “già e non ancora” è una felice sintesi teologica della
vita cristiana, la Liturgia ci invita ora a prendere coscienza soprattutto del “già”: “fin da ora siamo
Figli di Dio!...” (1Gv 3,2).
- una nuova dimensione del tempo (kronos), che in Cristo diviene grazia (chairos): la festa celebrata
ha certamente un valore di anniversario, di ricordo storico, ma la forza del sacramento rende
possibile in ogni tempo e in ogni luogo (prefazio) una connessione reale e diretta con l’evento
16
rievocato e la comunione con Cristo. La dilatazione della festa esprime la necessità che il mistero
celebrato entri nella vita e riempia della sua grazia tutto il tempo dell’esistenza. In una visione
autenticamente cristiana, il Natale non è solo una ricorrenza, una circostanza del calendario, ma è la
grazia di un incontro sempre nuovo e sempre possibile.
Tra le caratteristiche rituali dell’ottava di Natale, balza agli occhi l’intreccio del tutto peculiare con
il Proprio dei Santi. È noto come le feste di Santo Stefano, di San Giovanni e dei Santi Innocenti si
intersecano in modo speciale con l’ottava, fino a diventarne inseparabili. Approfondiremo questo
aspetto nel capitolo dedicato al Santorale del Tempo Natalizio, ma possiamo già rilevare la
rilevanza teologica di questo elemento: facendosi uomo (Incarnazione) il Verbo di Dio trasforma la
vita dell’uomo e la divinizza (santità).
Nella domenica che intercorre durante l’ottava (o il 30 dicembre se il giorno stesso di Natale
cadesse di domenica) si celebra la festa della SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE24.
Anche questa ricorrenza conferma la linea dell’incrocio strutturale tra Proprio del Tempo e Proprio
dei Santi ed evidenzia in modo particolare la prima realtà umana incontrata e assunta dal Verbo di
Dio che entra nel mondo: la famiglia. Il fatto che la festa sia assegnata ordinariamente alla
domenica conferma l’indole pasquale di questa celebrazione, con una forte valenza antropologica:
se Pasqua è “passaggio”, la prima realtà umana segnata da questo passaggio è appunto la famiglia,
che toccata dalla grazia del sacramento, diviene luogo della presenza di Dio, perché egli stesso la
abita, e riflesso umano della Trinità divina: inizia la trasfigurazione dell’umano, attraverso la forza
della Parola di Dio e dei Sacramenti.
* Anno A
Sir 3, 3-7.14-17a (NV) Chi teme il Signore onora i genitori.
Sal 127 (128)
Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.
Col 3, 12-21
Vita familiare cristiana, secondo il comandamento dell’amore.
Mt 2, 13-15.19-23 Prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto.
* Anno B
Gen 15, 1-6; 21, 1-3 Uno nato da te sarà tuo erede.
Sal 104 (105)
Il Signore è fedele al suo patto.
Ebr 11, 8.11-12.17-19 La fede di Abramo, di Sara e di Isacco
Lc 2, 22-40
Il bambino cresceva pieno di sapienza.
* Anno C
1Sam 1, 20-22.24-28 Samuele per tutti i giorni della sua vita è richiesto per il Signore.
Sal 83 (84)
Beato chi abita nella tua casa, Signore.
1Gv 3, 1-2.21-24
Siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!
Lc 2, 41-52
Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.
Al compimento dell’Ottava, il 1 gennaio, si celebra la solennità di SANTA MARIA MADRE DI DIO.
Si deve anzitutto notare che, come anche per l’ottava di Pasqua, così anche in quella di Natale
troviamo un fondamento biblico: otto giorni dopo la nascita infatti avviene, secondo il precetto
biblico, la circoncisione del bambino25 e la imposizione del nome. Il titolo però della solennità è
dedicato alla Madre di Dio, recuperando così una antica consuetudine, presente anche nei calendari
24
La festa venne introdotta da Leone XIII (1895) ed estesa a tutta la Chiesa latina da Benedetto XV (1921), nella
domenica successiva all’Epifania. Con la riforma liturgica, venne trasferita nell’ottava di Natale. Senza motivi
apparenti, l’aggettivo “sacra” è stato modificato in “santa”: in realtà si tratta di un impoverimento. “Sacro”, infatti
designa per lo più la presenza misteriosa ma reale di Dio stesso (santità oggettiva); nell’aggettivo “santo” prevale la
dimensione soggettiva: la virtù della santità. In effetti, la Famiglia di Nazaret deve essere qualificata anzitutto “Sacra”,
perché in essa è presente in modo arcano, ma reale, Dio stesso, nella persona del Figlio Gesù. Inoltre questa
denominazione potrebbe aprire delle importanti prospettive di lettura sacramentale della famiglia cristiana, fondata sul
Matrimonio.
25
Il motivo per cui questo rito di appartenenza al Popolo dell’Alleanza era eseguito nell’ottavo giorno dalla nascita
(contanto quest’ultimo come primo) (Gen 17, 12; Lv 12, 3) era per assicurare al neonato la possibilità di trascorrere
almeno un Sabato, giorno del compimento dell’opera della creazione.
17
orientali, di commemorare in uno dei giorni successivi alla festa principale la memoria di un
protagonista secondario26. Il titolo con cui la Chiesa onora la Vergine Maria “Madre di Dio” (in
greco Θεοτόκος27, Theotokos) esprime da solo e compiutamente tutto il senso della devozione
mariana: è un titolo paradossale28, comprensibile solo alla luce del mistero dell’Incarnazione: colui
che è nato da Maria è il Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, una sola Persona; anche se Maria lo ha
generato solo secondo la carne e non secondo la divinità, Ella può essere chiamata Madre di Dio,
perché in Cristo l’umano e il divino sono inseparabili: è il principio teologico della communicatio
idiomatum (scambio delle proprietà) per il quale, essendo unica la persona del Verbo, le
caratteristiche del divino possono essere trasferite all’umano, e viceversa. Onorare la Vergine
significa dunque riconoscere il mistero della salvezza in Cristo, Dio fatto uomo.
Anche il tema della circoncisione e della imposizione del nome sono ben presenti nel Lezionario.
La prima lettura offre il testo della benedizione rituale del Sommo Sacerdote: essa consiste nel
pronunciare per tre volte sul popolo radunato il nome stesso di Dio (Signore). Il nome stesso di Dio
è dunque la benedizione del popolo.
Nella pagina evangelica, che riporta, come si può vedere un doppo titolo, viene ricordata la
circoncisione, rito di appartenenza al Popolo eletto, e l’imposizione del nome “Gesù” (Dio-salva),
con la sottolineatura che si tratta di un “nome rivelato”, ad indicare che il neonato Bambino non
solo è l’ultimo frutto della lunga catena delle generazioni umane, ma di un intervento diretto di Dio
nella vicenda umana.
Ma il Vangelo evidenzia un ruolo speciale di Maria: se il Bambino è il protagonista assoluto, anche
Maria è parte del segno riconosciuto dai Pastori, tanto da avere il primo posto: “… trovarono
Maria…”. Luca sottolinea che la Madre fu anche la prima custode del mistero, evidenziando il
carattere profondamente spirituale della sua divina Maternità29.
Il breve passo della seconda lettura riunisce entrambi gli elementi della solennità (“Nato da donna,
nato sotto la legge”).
Ecco come il Martirologio Romano sintetizza il senso della festa: Nell’ottava del Natale del Signore
e nel giorno della sua Circoncisione, solennità della santa Madre di Dio, Maria: i Padri del
Concilio di Efeso l’acclamarono Theotókos, perché da lei il Verbo prese la carne e il Figlio di Dio
abitò in mezzo agli uomini, principe della pace, a cui fu dato il Nome che è al di sopra di ogni
nome.
In questo contesto, si può ricordare che per volontà di Giovanni Paolo II, è stata recentemente
ripristinata al 3 gennaio una memoria liturgica che sottolinea ancora il tema biblico della
imposizione del Nome. Questo l’annuncio del Martirologio: Santissimo Nome di Gesù, il solo in
cui, nei cieli, sulla terra e sotto terra, si pieghi ogni ginocchio a gloria della maestà divina.
Nm 6, 22-27 Porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò.
Sal 66 (67)
Dio abbia pietà di noi e ci benedica.
Gal 4, 4-7
Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.
Lc 2, 16-21
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino.
Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
SCHEDA 3: La fine e l’inizio dell’anno civile
È bene non dimenticare che il passaggio civile dall’anno vecchio all’anno nuovo è del tutto
estraneo alla liturgia cattolica! Come tutti sanno, l’anno liturgico ha un significato del
tutto diverso rispetto all’anno civile. Inoltre i padri della Chiesa hanno combattutto in modo
frontale tutto ciò che riguardava il capodanno civile, poiché rappresentava (ieri come oggi,
per la verità) l’occasione di comportamenti licenziosi e immorali, oltretutto conditi da riti e
26
Così, ad esempio, nel rito bizantino, dopo l’Annunciazione si festeggia l’Arcangelo Gabriele; dopo il Battesimo al
Giordano, San Giovanni Battista, ecc.. In questo rito, la festa della Madre di Dio è il 26 dicembre.
27
Secondo la definizione dogmatica del Concilio di Efeso (431).
28
A rigor di logica infatti, se Dio ha una madre, questa viene prima di lui ed è più grande di lui.
29
Certamente “beata”, perché Madre, ma soprattutto “beata perché ha creduto”.
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credenze superstiziose (come auspici, auguri, oroscopi), assolutamente incompatibili con la
fede cristiana30.
È senza dubbio una forzatura indebita cercare di vedere nelle liturgie del 31 dicembre e del
1° gennaio elementi che si riferiscano al passaggio dell’anno, oppure enfatizzare questo
tema al punto di perdere di vista il significato pregnante delle ricorrenza liturgiche, come
accade spesso purtroppo nella solennità della Madre di Dio. Anche la Giornata per la Pace,
voluta da Paolo VI in occasione del 1° gennaio, non è in senso proprio una ricorrenza
liturgica, ma una giornata di sensibilizzazione, come quella missionaria o quella delle
comunicazioni sociali. Una preghiera dei fedeli e un cenno nell’omelia o prima della
benedizione finale, può essere il modo per sottolineare questo passaggio.
Il BENEDIZIONALE offre a pag. 45 il rito per Ringraziare Dio dei suoi doni, che prevede il
canto del TE DEUM, o del MAGNIFICAT o del cantico BENEDICITE.
In un momento opportuno (dopo la celebrazione del Vespro del 1° gennaio, ad esempio, si
può cantare il VENI CREATOR, aggiungendo l’orazione del Messale, all’inizio del nuovo
anno).
10. Il lezionario delle ferie dell’ottava di Natale e delle ferie successive.
A partire dal 27 dicembre (festa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista), inizia la lettura continua
della prima lettera di Giovanni, fino al sabato prima del Battesimo del Signore. Possiamo intanto
notare che entrambi i brani biblici della Messa provengono dal Nuovo Testamento: il Natale segna
infatti il passaggio alla Nuova Alleanza. Tra i molti temi richiamati dalla lettera (non sempre di
facile comprensione), possiamo ricordare la rassicurazione della comunione sempre possibile con
Cristo, il Verbo che si è manifestato nella carne: “quello che abbiamo veduto e udito, noi lo
annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1Gv 1,3). La lettera mette
poi in guardia da due eresie che serpeggiavano pericolosamente nelle comunità cristiane, che
mettevano in questione l’identità stessa della fede cristiana: la prima negava che “Cristo è venuto
nella carne”, la seconda, per certi aspetti complementare, affermava che il peccato non esiste e
comunque non influisce sul rapporto con Dio: è la stretegia del nemico (Anticristo) che tenta di
boicottare il vangelo falsificandolo e rendendolo inefficace, come un’illusione.
Le pagine del Vangelo, oltre ai giorni delle feste dei santi, sono quelle lucane della Presentazione al
Tempio di Gesù (29 e 30 dicembre) e il prologo di Giovanni, brani in cui è forte la dimensione
pasquale.
Quanto alle ferie successive, fino al 5 gennaio, si legge in modo continuo il capitolo primo del
Vangelo di Giovanni, con la testimonianza del Battista e l’incontro con i primi discepoli. Dopo
l’Epifania ci sono brani di tutti e quattro gli evangelisti che sembrano delineare quasi un identikit di
Gesù Cristo, con gli esordi della sua missione pubblica, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, la
traversata a piedi del mare, la lettura di Isaia nella sinagoga di Nazaret, la guarigione del lebbroso,
l’ultima testimonianza del Battista: in modi diversi questi brani riprendono il tema della Epifania: il
vangelo rende manifesto il mistero di Cristo Salvatore.
30
Ecco, a questo proposito, alcuni passi del discorso 198 di Sant’Agostino, pronunciato il 1° gennaio: “Cantavate
questo versetto del Salmo: Salvaci, Signore Dio nostro radunaci di mezzo alle genti, affinché esaltiamo il tuo santo
nome (Sal 105). Ora sarete veramente radunati di mezzo alle genti se non vi fate attrarre dalla festa che i pagani
celebrano oggi con gioia mondana e carnale, con strepito di futili e osceni canti, con conviti e danze turpi, con la
celebrazione stessa di una festa che non ha motivo di essere; se non provate interesse insomma per quello che fanno i
pagani. (…) Per seguire il tuo Redentore, che ti ha riscattato con il suo sangue, non mescolarti ai pagani con l'avere lo
stesso comportamento e il fare le stesse cose. Essi si scambiano le strenne, voi fate le elemosine; essi si divertono con
canti lascivi, voi ricreatevi con l'ascolto delle Scritture; essi corrono al teatro, voi correte alla chiesa; essi si ubriacano,
voi digiunate. Se oggi non potete digiunare, per lo meno consumate un pasto sobrio. Se farete così, sarete coerenti con
quanto avete cantato: Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci di mezzo alle genti”.
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11. La II domenica di Natale
Le numerose festività del tempo natalizio e il clima delle vacanze producono in molti l’effetto
psicologico di spezzare il ritmo settimanale, fino a perdere il senso dei giorni. Questa domenica ha
dunque la sua importanza: è festa solo perché è domenica, giorno memoriale della morte e della
risurrezione del Signore. È occasione privilegiata per rileggere l’Incarnazione del Verbo alla luce di
tutto il mistero della redenzione e per ricordare come l’Eucaristia, specialmente quella domenicale,
ci pone in comunione reale con colui che è nato e ha dato per noi la vita. Uno sguardo sintetico,
contemplativo sulla storia, come storia di salvezza: “il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre
della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui;
illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale
tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi” (II lettura).
Sir 24, 1-4.12-16
La sapienza di Dio è venuta ad abitare nel popolo eletto.
Sal 147
Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi.
Ef 1, 3-6.15-18
Mediante Gesù, Dio ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi.
Gv 1, 1-18
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
12. L’Epifania del Signore
La parola greca επιφάνεια (epifàneia) che traduciamo con manifestazione, veniva utilizzata nella
cultura ellenistica per indicare l’azione o la manifestazione di una divinità, mediante miracoli,
segni, visioni, eccetera. Con l’organizzarsi dell’anno liturgico (dal secolo III), i cristiani iniziarono a
commemorare con questo titolo i segni attraverso i quali Gesù manifesta la sua divinità. Tra i
misteri più significativi della manifestazione di Cristo emerge con particolare forza, soprattutto in
oriente, il Battesimo al fiume Giordano: in esso Gesù Cristo viene presentato come Figlio di Dio
fatto uomo, Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo, e si rivela la prima
glorificazione manifesta della Trinità santissima di Dio che squarcia i cieli. Anche altri episodi
evangelici vengono letti in questa prospettiva, in particolare quello delle nozze di Cana: qui infatti
Gesù “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui” (Gv 2,11). In occidente,
l’attenzione è maggiormente focalizzata sull’episodio dell’adorazione dei magi: essi completano il
pellegrinaggio verso Cristo iniziato da Maria e Giuseppe e dai pastori di Betlemme; si manifesta
anche il pellegrinaggio di Dio verso l’umanità, mostrando la dimensione universale della salvezza
(tutti gli uomini e tutto ciò che è umano è chiamato ad essere in Cristo)31.
Nel parallelismo che abbiamo più volte mostrato con il ciclo pasquale, l’Epifania corrisponde alla
Pentecoste: dopo il fatto cristologico celebrato (Pasqua e Natale) giungiamo alla dilatazione
ecclesiologica del fatto.
Nella solennità della Risurrezione celebriamo la potenza dello Spirito Santo che risuscita dai morti
il Cristo crocifisso e sepolto; nella Pentecoste, lo stesso Spirito viene effuso sui credenti,
purificandoli dal male e dalla morte, li unisce a Cristo nella Chiesa e li rende, con Cristo, strumenti
di salvezza per il mondo intero.
Analogamente, nella solennità natalizia, noi celebriamo la Nascita nella carne del Dio fatto uomo;
mentre nell’Epifania ricordiamo come questo mistero di salvezza giunge alla Chiesa e per mezzo di
essa, ad ogni uomo32.
L’amore di Dio si manifesta non solo nella salvezza dell’uomo (Pasqua e Natale), ma nel rendere
l’uomo consapevole di questa salvezza, attraverso la chiamata alla fede e la testimonianza
(Pentecoste ed Epifania)33.
31
È soprattutto la Liturgia delle Ore che sviluppa il tema della Epifania nei suoi misteri, elencati dall’antifona al
Magnificat dei Secondi Vespri, nel quale ritorna l’Hodie (oggi) della attualizzazione sacramentale: Tre prodigi
celebriamo in questo santo giorno: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l'acqua è cambiata in vino alle
nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia.
32
Lo mostra anche la straordinaria sintesi offerta dall’antifona al Benedictus delle Lodi mattutine: Oggi la Chiesa,
lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo suo sposo, accorrono i magi con doni alle nozze regali e
l'acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia.
20
Il ciclo liturgico dell’Incarnazione dunque rimanda a quello pasquale: il farsi uomo del Verbo di
Dio si completa solo quando egli assume l’atto umano estremo che è la morte; nella risurrezione e
nella sua celeste esaltazione, il Cristo eleva alla dignità divina quell’umanità che ha assunto e fatto
sua, nascendo dalla Vergine.
L’ANNUNCIO DEL GIORNO DI PASQUA34, che viene proclamato dopo il Vangelo, non ha quindi solo
un valore di praticità, a causa del carattere mobile delle feste pasquali.
Is 60, 1-6
La gloria del Signore brilla sopra di te.
Sal 71 (72) Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
Ef 3, 2-3a.5-6 Ora è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la
stessa eredità.
Mt 2, 1-12
Siamo venuti dall’oriente per adorare il re.
La riforma liturgica, trasferendo alla domenica dopo Natale la festa della Santa Famiglia, ha
dedicato quella successiva all’Epifania al BATTESIMO DEL SIGNORE.
* Anno A
Is 42, 1-4.6-7 Ecco il mio servo di cui mi compiaccio.
Sal 28 (29) Il Signore benedirà il suo popolo con la pace.
At 10, 34-38 Dio consacrò in Spirito Santo Gesù di Nazaret.
Mt 3, 13-17 Appena battezzato, Gesù vide lo Spirito di Dio venire su di lui.
* Anno B
Is 55, 1-11
Venite all’acqua: ascoltate e vivrete.
Da Is 12, 1-6 Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.
1Gv 5, 1-9
Lo Spirito, l’acqua e il sangue.
Mc 1, 7-11 Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento.
* Anno C
Is 40, 1-5.9-11 Si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini la vedranno.
Sal 103 (104) Benedici il Signore, anima mia.
Tt 2, 11-14; 3, 4-7 Il Signore ci ha salvato con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito
Santo.
Lc 3, 15-16.21-22 Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.
Il Vangelo delle nozze di Cana viene letto nella SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
dell’anno C, ma anche negli altri anni questa stessa domenica, che possiamo considerare quasi una
appendice dell’Epifania, riprende il tema della manifestazione del Signore.
* Anno A
Gv 1,29-34 Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie i peccati del mondo!
* Anno B
Gv 1,35-42 Videro dove dimorava e rimasero con lui.
* Anno C
Gv 2,1-11
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.
33
Benedetto XVI, nell’Omelia per l’Epifania 2008, lo sintetizza in modo mirabile: “Scorgiamo un legame tra l’Epifania
e la Pentecoste: se il Natale di Cristo, che è il Capo, è anche il Natale della Chiesa, suo corpo, noi vediamo nei Magi i
popoli che si aggregano al resto d’Israele, preannunciando il grande segno della “Chiesa poliglotta”, attuato dallo
Spirito Santo cinquanta giorni dopo la Pasqua”.
34
“Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza. Centro di tutto l'anno liturgico è il
Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il …. In ogni domenica, Pasqua
della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.
Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi: Le Ceneri, inizio della Quaresima, il …. L'Ascensione del Signore, …. La
Pentecoste, il …. La prima domenica di Avvento, il ….
Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli Apostoli, dei Santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la
Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.
A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen”.
21
13. Il santorale del Tempo di Natale
Abbiamo più volte ricordato che le celebrazioni del Proprio dei Santi non sono in concorrenza con
quelle del Proprio del Tempo, ma vi si innestano in maniera complementare. Celebrare un Santo
non è altro dal celebrare la Pasqua del Signore: il mistero della salvezza accade in Cristo e si
compie nella vita, nella morte e nella gloria dei suoi Santi. Lo ricorda anche il testo dell’annuncio
del Giorno di Pasqua, proclamato nel giorno dell’Epifania: “Anche nelle feste della santa Madre di
Dio, degli Apostoli, dei Santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla
terra proclama la Pasqua del suo Signore”.
In particolare, la struttura liturgica dell’Ottava di Natale, nella quale si intrecciano in modo
inscindibile le feste dei Santi, ha un importante significato teologico. Celebrando la memoria di
Santo Stefano, la Chiesa non fa una cosa diversa dal celebrare il Natale del Signore: sono infatti
momenti complementari dell’unico culto divino.
Nel secondo, terzo e quarto giorno dell’Ottava (26, 27 e 28 dicembre), si celebrano le feste
rispettivamente di SANTO STEFANO PRIMO MARTIRE, di SAN GIOVANNI APOSTOLO ED EVANGELISTA
e dei SANTI INNOCENTI MARTIRI. Gli autori spirituali, soprattutto nel Medioevo, amavano
immaginare questi Santi come i componenti del corteo regale di Cristo, che fa il suo ingresso nel
mondo: in essi infatti possiamo vedere il prototipo della santità cristiana, in tutte le sue espressioni.
Ecco, ad esempio, quanto disse San Bernardo abate, in una omelia per i Santi Innocenti: “Le tre
feste che accompagnano la natività del Signore ci dispongono a perseverare nell'amore, grazie ad
una celebrazione continua, e ci rendono più attenti ai frutti di questa natività. Notiamo infatti tre tipi
di santità in queste tre feste, e non penso se ne possa trovare fra gli uomini un quarto, oltre a quei
tre. In santo Stefano ammiriamo un martirio desiderato e consumato; in san Giovanni il martirio è
solo desiderato, e per i santi Innocenti è soltanto consumato. Tutti bevvero al calice della salvezza,
ma in maniera diversificata: spiritualmente, corporalmente oppure in ambedue i modi”35.
Due citazioni dalle omelie di Sant’Agostino per la festa di Santo Stefano, da sempre celebrata il
giorno dopo Natale, illuminano non solo la connessione tra le due ricorrenze, ma offrono un
esempio mirabile di come la memoria dei Santi sia sempre nella Chiesa, celebrazione del mistero di
Cristo:
Come Cristo, per la nascita, si unì a Stefano, così Stefano, con la morte, si unì a Cristo
(Omelia 314).
Celebriamo dunque il Natale di santo Stefano e rendiamogli il culto con la dovuta
venerazione. Abbiamo celebrato il Natale del Signore; celebriamo anche il Natale del
Servo. Siamo intervenuti numerosi per il Natale dei Salvatore, prendiamo parte pure in
molti alla celebrazione del Natale del Martire. L'intemerata Vergine Maria dette alla luce
nostro Signore, e la santa madre Chiesa condusse Stefano glorioso alla palma del martirio
(Omelia 317).
Il 29 dicembre si commemora SAN TOMMASO BECKET, che si lasciò uccidere nella sua cattedrale dai
sicari del re Enrico II (un tempo suo amico) e rivestito dei paramenti sacri, per difendere la libertà
della Chiesa dalle ingerenze della politica.
Il 31 dicembre è proverbiale la commemorazione di SAN SILVESTRO I: fu durante il suo lungo
pontificato che si svolse il Concilio di Nicea, nel quale venne affermata la fede nella divinità di
Cristo. Fu l’epoca, non poco travagliata, in cui la Chiesa uscita dalle catacombe, si preparò ad
affrontare la storia.
35
PL 183,129-132. Prosegue Bernardo: “Stefano è martire agli occhi degli uomini perché la sua passione si presenta
come volontaria, soprattutto nell'ultima ora, quando i suoi carnefici gli stanno più a cuore della propria vita. Egli supera
la sofferenza fisica con un'affettuosa compassione, giacché prova maggior dolore per il delitto dei suoi persecutori che
per lo strazio delle proprie ferite. Giovanni è martire agli occhi degli angeli, perche quei puri spiriti scorsero più
chiaramente di noi le connotazioni spirituali della dedizione dell'apostolo. Ma questi bambini, o mio Dio, sono i tuoi
martiri, giacché né gli uomini né gli Angeli trovano in essi un qualche merito. In loro brilla soltanto l'opera della tua
grazia divina”.
22
Fuori dall’Ottava di Natale, si celebra il 2 gennaio la memoria obbligatoria di due grandi padri della
Chiesa orientale, i SANTI BASILIO MAGNO E GREGORIO NAZIANZENO, così commemorati dal
Martirologio: Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza,
insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità
fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e
rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico,
vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la
divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo.
Il 3 gennaio, si celebra la memoria facoltativa del SANTISSIMO NOME DI GESÙ, che, come abbiamo
ricordato, riprende temi presenti nella Liturgia del primo gennaio. Unica commemorazione del
Signore ad avere il grado di memoria, si sposa saldamente con la liturgia natalizia.
L’ultima memoria che ricorre nel tempo di Natale è quella di SAN RAIMONDO DE PEÑAFORT, che
visse molti anni a Bologna, prima come studente e poi come docente. Fu maestro generale dei
domenicani, lavorò per il riscatto degli schiavi, riorganizzò tutto il corpus delle leggi canoniche e
scrisse molto sul sacramento della riconciliazione.
Fuori dal tempo di Natale, ma profondamente connessi con il mistero dell’Incarnazione, abbiamo
altre due ricorrenze importanti.
Il 2 febbraio, 40 giorni dopo la Natività, si celebra la festa della PRESENTAZIONE DEL SIGNORE:
con l’offerta della Vergine e la profezia di Simeone, apre il cammino verso la Pasqua.
Il 25 marzo, 9 mesi prima della Natività, si celebra l’ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE: l’eccomi del
Dio fatto uomo, che si compirà sulla croce. Calcoli eruditi medievali collocavano nello stesso
giorno l’anniversario del concepimento e quello della morte del Signore.
“Anche noi, riconoscendo Cristo nostro re e sacerdote morto per
noi, lo abbiamo onorato come se avessimo offerto oro, incenso e
mirra; ci manca soltanto di testimoniarlo, prendendo una via diversa
da quella per la quale siamo venuti”36.
36
Agostino, Omelia 202, sull’Epifania.
23
APPENDICE: I misteri liturgici dell’Incarnazione
nella celebrazione della Messa
La Messa, nelle sue varie parti, è un’unica azione liturgica, nella quale si celebra il mistero di Cristo
salvatore. Lo schema che segue, percorrendo i riti della celebrazione eucaristica, offre una possibile
rilettura del mistero dell’Incarnazione.
RITI DI INGRESSO
I discepoli si riuniscono nel nome del Signore ed entrano nel tempo sacramentale della liturgia.
Il ciclo liturgico dell’Avvento ci ricorda il duplice ingresso: Dio entra nel mondo e l’uomo è
ammesso nel mistero di Dio.
LITURGIA DELLA PAROLA
Nella proclamazione e nell’ascolto delle Sacre Scritture, riconosciamo la parola e la presenza del
Verbo eterno di Dio.
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Ebr 1,1-2).
LITURGIA EUCARISTICA
Per la potenza dello Spirito Santo, si compie qui e ora, il mistero accaduto due millenni fa per la
nostra redenzione.
Lo Spirito Santo scese nel grembo della Vergine e rese presente il Corpo umano del Verbo divino.
Lo Spirito Santo viene invocato sul pane e sul vino, che diventano la Carne e il Sangue del Signore.
Lo Spirito Santo viene effuso su quanti comunicano ai santi sacramenti, per diventare un solo
corpo, il Corpo del Signore.
RITI CONCLUSIVI
Compiuto il tempo sacramentale, il culto in spirito e verità prosegue nella vita nuova e nella
testimonianza della fede e della carità.
Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in
comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo (1Gv 1,3)
24
LEZIONARIO FESTIVO: TEMPO Dl AVVENTO
Riportiamo innanzitutto le linee orientative per la scelta delle letture: «Le letture del
Vangelo hanno nelle singole Domeniche una loro caratteristica propria: la venuta del Signore alla
fine dei tempi (I domenica), Giovanni Battista (II e III domenica), gli antefatti immediati della
nascita del Signore (IV domenica). Le letture dell‘Antico Testamento sono profezie sui Messia e sul
tempo messianico, tratte soprattutto dal libro di Isaia. Le letture dell‘Apostolo contengono
esortazioni e annunzi, in armonia con le caratteristiche di questo tempo» (OLM 93).
Appare evidente che il criterio scelto é quello della concordanza tematica tra le letture,
concordanza offerta più che dai brani scelti, dall’armonizzazione dei medesimi con le caratteristiche
del tempo di Avvento così come sono enunciate dalle Norme generali sull‘anno liturgico e il
calendario (= NGAL): «II tempo di Avvento ha un doppio carattere: é infatti tempo di preparazione
alle solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta tra gli uomini del Figlio di Dio, e insieme
tempo in cui, per mezzo di questo ricordo, gli spiriti vengono rivolti all‘attesa della seconda venuta
di Cristo alla fine dei tempi. Per questi due motivi il tempo di Avvento si presenta come tempo di
devota e gioconda attesa» (NGAL 39). Le tre letture perseguono obiettivi diversi: le prime letture
sono profezie sul Messia (quasi tutte dal profeta Isaia escluso l’anno C e l’ultima domenica
dell’anno B), le seconde letture costituiscono annunci ed esortazioni in consonanza con le
caratteristiche di questo tempo; i Vangeli delineano un itinerario proprio. Possiamo quindi
affermare che prima e seconda lettura stanno sullo sfondo, costituiscono il contesto generale in cui
leggere la pagina evangelica e nello stesso tempo acquistano il loro senso pieno alla luce della
pericope evangelica.
L‘itinerario biblico delineato per il tempo di Avvento é quindi segnato dalle tappe scandite
dai Vangeli.
Vegliate!
É significativo che il cammino di un nuovo anno si apra proiettando il fedele verso la venuta
improvvisa del Figlio dell‘uomo, il Signore che viene con potenza, il padrone di casa. Se nel ciclo
annuale la Chiesa presenta tutto il mistero di Cristo (cfr. SC 102), tale presentazione é fatta a partire
dal Cristo vivente e glorioso che ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare
vigilanti nell’attesa (prefazio dell’Avvento I). L‘Avvento, dunque, si presenta subito come
celebrazione della manifestazione del Signore: quella nell’umiltà della nostra natura umana e quella
futura nello splendore della gloria. Fin dall‘inizio di un itinerario alla sequela del Signore ci é
presentata la meta finale che sostiene e orienta il nostro cammino nella storia.
Preparate la via del Signore!
Se l’apertura é di natura escatologica che orienta alla speranza, la seconda tappa presenta un
annunciatore forte e coerente dell’imminente venuta del Signore: Giovanni Battista. La venuta del
Signore esige un’adeguata preparazione, che si concretizza nella conversione, espressa nella
confessione dei peccati e nel rito del battesimo di penitenza che prelude al battesimo in Spirito
Santo e fuoco del Messia per mezzo del quale «ogni uomo vedrà la salvezza del Signore».
In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete!
La terza domenica ripropone la figura di Giovanni Battista, riprendendo alcuni temi della sua
predicazione, ma soprattutto concentrando l’attenzione su Cristo e sulla sua imminente
manifestazione.
La Vergine partorirà un figlio!
La quarta domenica é dedicata agli annunci della nascita di Gesù: a Giuseppe, simbolo
dell’accoglienza nella fede (ciclo A); a Maria, che si rende disponibile all’iniziativa divina (ciclo
B); ad Elisabetta, che gioisce, piena di Spirito Santo e sa riconoscere, attraverso il figlio che porta in
25
seno, la presenza misteriosa di colui che sta per venire a colmare l’attesa di tutto un popolo (ciclo
C).
Le altre letture
Le prime letture sono profezie sul Messia e sul tempo messianico, così abbiamo letto in OLM 93.
Per quanto riguarda le pericopi dell’Antico Testamento il Lezionario domenicale può essere diviso
in tre blocchi. Le prime due domeniche riportano temi legati alla figura del Messia promesso: su di
lui si poserà lo Spirito del Signore e sarà giusto giudice, ricco di misericordia e giustizia, soprattutto
nei confronti dei poveri e dei sofferenti che saluteranno in lui il Salvatore atteso. I tempi nuovi
inaugurati dal Messia saranno pervasi da una pace universale, in cui la salvezza sarà offerta a tutti i
popoli. Proprio per questo risuona anche negli annunci profetici l’invito a preparare la sua via.
In posizione centrale e interpretativa di tutte queste profezie che incarnano le attese del popolo di
Israele, dell’umanità e, oggi, di ogni fedele che celebra il tempo di Avvento, si colloca il grido di Is
63, 19: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti» (1 domenica B).
Questa invocazione a Dio, questo desiderio di vedere colmata la distanza tra lui e noi, espressa
dall’immagine dei cieli aperti é tipica di questo tempo in cui si invoca e si vive nell’attesa della
venuta del Signore: colui che ha aperto i cieli.
Nella terza domenica, più in sintonia con le seconde letture che con i vangeli, é in primo piano il
tema della gioia perché il consacrato del Signore porta il lieto messaggio ai poveri, perché Dio
viene come Salvatore, é in mezzo al suo popolo come Salvatore potente.
Infine, nella quarta domenica é evidente l’armonizzazione con le pagine evangeliche degli
annunci. Le profezie sul Messia divengono più direttamente applicabili all’evento della nascita di
Gesù: la Vergine concepirà e partorirà un Figlio, l’Emmanuele, il Dio con noi; il dominatore di
Israele uscirà da Betlemme e sarà la risposta di Dio alla promessa fatta alla casa di Davide.
Le seconde letture contengono annunci ed esortazioni in consonanza con questo tempo liturgico
(Nove letture sono tratte dalle lettere di san Paolo, una dalla seconda lettera di Pietro, una dalla
lettera di san Giacomo e una da quella agli Ebrei). Infatti l’Apostolo riprende gli annunci tipici dei
Vangeli sulla vicinanza della salvezza, sulla realizzazione delle promesse antiche in Gesù, sul
giorno del Signore che verrà come un ladro: ormai il mistero nascosto nei secoli é annunciato e
rivelato, é manifestato ai popoli. Di conseguenza vengono le esortazioni, che possono costituire una
traccia di impegno spirituale nel cammino dell’ Avvento: l’anelito alla santità (cercate di essere
senza macchia e irreprensibili; comportatevi onestamente; non seguite la carne nei suoi desideri;
comportatevi in modo da piacere a Dio; non spegnete lo spirito; tenete ciò che e buono; astenetevi
da ogni specie di male...), il richiamo alla preghiera (pregate incessantemente; esponete a Dio le
vostre richieste...), l’invito alla carità vicendevole (accoglietevi gli uni gli altri; siate pazienti;
abbiate gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù...).
26
LEZIONARIO FESTIVO: TEMPO Dl NATALE
Anche per il tempo di Natale riportiamo integralmente i principi in base ai quali sono state
scelte le letture:«Per la Messa vigiliare e per le tre Messe di Natale, le letture profetiche e le altre
letture sono state scelte dalla tradizione romana. Nella domenica tra l‘ottava di Natale, che coincide
con la festa della santa Famiglia, il Vangelo é riferito all‘infanzia di Gesù, le altre letture alle virtù
della vita familiare. Nell’ottava di Natale e solennità di Maria SS. Madre di Dio, le letture si
riferiscono sia alla Vergine Madre di Dio, sia all’imposizione del santissimo Nome di Gesù. Nella
1^ domenica dopo Natale, le letture trattano del mistero dell’Incarnazione. Nell’Epifania del
Signore, la lettura dell‘Antico Testamento e quella del Vangelo conservano la tradizione romana;
per la lettura dell‘Apostolo si usa un testo sulla vocazione delle genti alla salvezza. Nella festa del
Battesimo del Signore, i testi si riferiscono a questo mistero» (OLM 95).
Come si può capire dal testo sopra citato, del resto confermato dall’esperienza di ciascuno, il
tempo di Natale non ha struttura unitaria, é frammentato in tante festività. Possiamo però
considerare le letture di questo periodo in una triplice prospettiva:
• continuano le profezie sul Messia, in cui si sottolinea la gioia che contrassegna la sua
venuta, la salvezza offerta a tutti i popoli, il tema della luce (prime letture );
• sono predominanti i Vangeli che narrano l’ evento della nascita di Gesù e i fatti legati alla
sua infanzia;
• accanto a questi, troviamo testi che invitano a riflettere sul “senso” di questo evento: in
modo particolare il prologo di Giovanni letto nella Messa del giorno di Natale e ripetuto
nella domenica II dopo Natale in associazione con Sir 24, 1-4.8-12 e le seconde letture.
Ricorrente infine è il richiamo all’ «oggi» della celebrazione liturgica, ripetuto non solo dai
testi eucologici, ma anche da quelli della Liturgia della Parola a sottolineare la reale presenza nel
rito sacramentale del Mistero celebrato. In questo senso dobbiamo leggere i ritornelli di alcuni salmi
responsoriali: Oggi è nato per noi il Salvatore (Messa della notte ); Oggi la luce risplende su di noi
(Messa dell’aurora); e alcune espressioni delle lettere apostoliche: «E’ apparsa la grazia di Dio,
apportatrice di salvezza per tutti gli uomini» (Tt 2, 11 -Messa della notte ); «Tu sei mio figlio; oggi
ti ho generato» (Eb 1, 5 -Messa del giorno ).
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PER LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
«Ciò che era in
principio, ciò che noi
abbiamo visto, ciò che
noi abbiamo veduto con i
nostri occhi, ciò che
noi abbiamo contemplato
e ciò che le nostre mani
hanno toccato, ossia il
Verbo della Vita di ciò
rendiamo testimonianza e
vi annunziamo la vita,
quello che abbiamo
veduto ed udito, noi
l'annunziano a voi
perché anche voi siate
in comunione con noi. La
nostra comunione è con
Con l'Avvento la Chiesa tutta, guidata e illuminata dallo
Spirito, entra nell'itinerario di un nuovo anno liturgico,
cioè nel ritmo del tempo scandito dalla presenza e
dall'azione di Dio che sempre si fa vicino ad ogni uomo e
ad ogni donna. Egli, ponendo la sua tenda in mezzo a noi,
nei segni sacramentali della sua Chiesa continua a
rendersi presente facendo rifiorire continuamente nei
solchi dell'umanità la speranza generatrice di giustizia, di
pace, di gioia. La comunità dei discepoli di Gesù vive nel
«già e non ancora»: il Signore, incarnato, morto e risorto è
già venuto, continuamente viene, ma verrà un giorno nella
pienezza della sua gloria e manifestazione. La
celebrazione del tempo di Natale è preparata da un tempo
di quattro settimane, una preparazione che porta ad
assumere nella pienezza di significato il rendimento di
grazie per il dono grande ricevuto dal Padre: Cristo Gesù,
il “Figlio amato”. Un dono preparato fin dall'eternità
come vertice della comunicazione di Dio, che ha voluto
far entrare le sue creature nel vortice della comunione della Trinità, in quell'abisso di amore che è la
stessa relazione tra il Padre ed il Figlio. Iniziare l'Avvento sarà allora per la Chiesa lasciarsi
condurre dallo Spirito nel deserto per fare rinnovata esperienza dell'amore di Dio. Il dono ricevuto,
e che ci si prepara a ricevere, possa risplendere nel cuore e nei volti di coloro che nel Figlio sono
diventati figli e fratelli, chiamati ad essere con la propria vita testimoni di quel Dio che «ha tanto
amato il mondo da dare suo Figlio» (Gv 3, 16). Il dinamismo dell’evento dell’Incarnazione trova la
sua pienezza nell’accoglienza di quanti “vicini o lontani” si apriranno, in questo anno, alla
dimensione della fede che passa attraverso le vie inedite dell’azione dello Spirito nel cuore di ogni
uomo: dall’irruzione dell’evento alla ricerca attenta e fiduciosa, dall’abbandono senza condizioni
alle tormentate e fallimentari esperienze. Solo così la nostra gioia potrà essere perfetta! Il Cristo
vivente non è solo una persona ma un EVENTO: nella liturgia della Chiesa viene reso visibile il
mistero dell'evento Cristo. La liturgia è la celebrazione nella quale il popolo di Dio vive la
manifestazione di ciò che è avvenuto realmente nella storia umana cioè Cristo che viene e che nasce
in noi; vive, soffre, muore e risorge in noi; Egli manda il suo Spirito mettendoci in comunione degli
uni con gli altri. Le celebrazioni del Natale, di Pasqua, di Pentecoste, i periodi della loro
preparazione e meditazione, manifestano la pienezza dell'evento Cristo di cui siamo diventati
partecipi e nel quale veniamo di anno in anno sempre più immedesimati.
Le DOMENICHE DEL TEMPO DI AVVENTO potranno essere scandite dalla presenza della tradizionale
corona di Avvento con i quattro ceri accesi che evidenziano momenti particolari della Celebrazione
Eucaristica, illuminati dalla Liturgia della Parola.
I DOMENICA DI AVVENTO: Camminiamo nella luce del Signore
Con il Battesimo siamo stati rivestiti di Cristo. Siamo divenuti figli della luce ma la fragilità di
creature ci fa sperimentare la suggestione delle tenebre. Vogliamo valorizzare in questa
celebrazione eucaristica L'ATTO PENITENZIALE che sottolinea un'esigenza di fondo: per accostarsi al
Dio tre volte santo è necessaria la purificazione interiore del cuore, ci vuole il sacrificio del cuore
contrito, che scava nell'intimo lo spazio vitale per la grazia di Cristo. Solo questo ci rende atti a
celebrare i santi misteri. Ci fa sentire più acuto il bisogno di essere salvati mediante l'innesto nel
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sacrificio di Cristo e manifesta il desiderio di “risvegliare lo spirito di vigilanza” nell'impegno di
“camminare sulle stesse orme di libertà e di amore di Cristo Gesù” (Colletta).
Prima dell'atto penitenziale viene acceso il primo dei quattro ceri.
SOLENNITÀ DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE: Benedetti nel Figlio.
In Maria Madre di Dio, la Chiesa contempla il capolavoro dello Spirito e si unisce al suo stesso
canto di lode per il dono della salvezza ricevuta: «Abbiamo contemplato Dio le meraviglie del tuo
amore»! La gratitudine del dono ricevuto si fa consapevolezza di impegno: oggi siamo chiamati a
rinnovare il nostro “si” e la nostra offerta, in unione a Maria nostra Madre, nel grande “si” del
figlio. Lo facciamo valorizzando L’AMEN DELLA DOSSOLOGIA che potrà essere cantato con
maggiore solennità coinvolgendo pienamente l’assemblea liturgica. Nella preghiera eucaristica, al
momento dell’ostensione del pane consacrato e del calice con il vino consacrato sarebbe opportuno
incensarli.
II DOMENICA DI AVVENTO: Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria
Celebrare l'Eucaristia è fare memoria delle «grandi cose che Dio ha fatto per noi», certi che Dio
completerà in noi la sua opera, iniziata fin dal giorno del nostro battesimo. Oggi siamo invitati ad
accogliere con gioiosa e festosa esultanza LA PAROLA DI DIO perché possa posarsi su di noi,
produrre in noi frutti di opere buone affinché ogni uomo veda la sua salvezza. Si suggerisce di dare
particolare risalto alla proclamazione del Vangelo utilizzando i candelieri e l’incenso, fare la
processione con il Libro dei Vangeli e, al termine della proclamazione del Vangelo ripetere il canto
dell'Alleluia e fare l’ostensione del Libro dei Vangeli.
Dopo la Colletta, rimanendo in piedi si accende il secondo cero della corona d’Avvento.
III DOMENICA DI AVVENTO: Alleluia! Viene in mezzo a noi il Dio della gioia
In questa terza domenica di Avvento il cammino verso la celebrazione del Natale si fa più intenso
ed impegnativo. «Che cosa dobbiamo fare?» è la domanda che sgorga in forma più che naturale dal
cuore di ciascuno di noi. Gesù può risponderci: «compiere l'opera di Dio! Credere nel Figlio suo»
(Gv 6, 29). Oggi il ministro che presiede potrebbe sottolineare maggiormente le due invocazioni
dello Spirito Santo o EPICLESI durante la preghiera eucaristica. È lo Spirito che ci trasforma in
Cristo Gesù facendoci aderire a Lui.
Prima della Colletta si potrà accendere il terzo cero.
IV DOMENICA DI AVVENTO: Ecco io vengo per fare la tua volontà!
I riflessi della luce del Natale presenti in questa quarta domenica ci presentano l'evento Cristo nella
sua totalità: Cristo è entrato nel mondo per compiere la volontà del Padre, che lo condurrà fino al
dono di sé sulla croce. Anche noi in Lui, con Lui e per Lui, in comunione con Maria diciamo:
«eccomi, avvenga di me quello che hai detto». Oggi è possibile evidenziare la PROCESSIONE DEI
DONI ed insieme al pane ed al vino, doni di Dio e frutti del lavoro dell'uomo, invitare i membri della
comunità ad offrire nel proprio cuore la situazione particolare e personale che sono chiamati a
vivere, nella loro esistenza, perché diventi strumento di grazia per sé e per altri.
Prima della processione con i doni si può accendere il quarto cero.
Il TEMPO DI NATALE inizia con i Primi Vespri della Vigilia e si conclude con l'Epifania. È un arco
breve di circa due settimane appena ma intenso nella prospettiva di fede. Al centro c'è il mistero
dell'Incarnazione del Verbo, quel Dio che aveva parlato in molti modi ora parla a noi per mezzo del
Figlio (Ebr 1, 1–2), facendosi talmente vicino agli uomini da essere uno di loro. Lo “scandalo”
dell'Incarnazione non è meno forte dello “scandalo” della croce di cui ci parla l'apostolo Paolo. Non
è così facile o semplice accettare il totalmente “Altro” della tradizione biblica d'Israele, il Signore
degli eserciti, Colui che nessuno può vedere senza morire, nasce nella totale povertà da una Vergine
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Madre. Gli atteggiamenti di fronte a questo evento sono o l'accoglienza e l'adorazione o il rifiuto e
la persecuzione. La stessa cultura attuale ha mascherato l'imbarazzo di quest'avvenimento
svuotandolo sempre più del suo autentico significato e riempiendolo di tutto il contrario di ciò che
esso significa. Il cammino che la liturgia ci fa compiere dalla solennità del Natale alla solennità
dell’ Epifania è l'itinerario del discepolo di Gesù: l'accoglienza, l'annuncio e la testimonianza di
Cristo Signore, luce e salvezza del mondo. Il discepolo del Signore risorto è chiamato ad accogliere
in modo sempre nuovo ed inaudito l'evento dell'Incarnazione che si fa spazio nella vita degli uomini
irrompendo nelle tenebre, come, luce fino a raggiungere il suo massimo splendore nell'annuncio
pasquale: “quello che abbiamo udito, quello che abbiamo toccato quello che abbiamo visto, noi lo
annunciamo a voi” (1Gv 1, 1-3). L'annuncio gioioso passa attraverso l'esperienza della martyria,
della testimonianza così che la liturgia collegando il martirio di S. Stefano protomartire con quello
dei Santi Innocenti mette insieme gli avvenimenti dell'infanzia di Gesù con gli avvenimenti della
Chiesa nascente.
La persona di Maria è imprescindibile da quella del Verbo fatto carne; con il suo
atteggiamento di profonda accoglienza e disponibilità, partecipa a pieno titolo al disegno salvifico
di Dio a favore di tutta l'umanità. Ed infine al culmine del Tempo di Natale, come vertice di tutto il
cammino, la solennità dell’Epifania, nella quale s'intreccia profondamente la dimensione ecclesiale
e missionaria della manifestazione e dell'annuncio di Cristo a tutte le genti.
MESSA NELLA NOTTE SANTA: sarebbe opportuno valorizzare la celebrazione comunitaria
dell’Ufficio delle letture prima dell’inizio della Messa della Notte Santa.
SOLENNITA’ DEL NATALE
Il Natale è la festa della gloria di Dio. Con le parole stesse dell'angelo di Betlemme, la Chiesa
proclama gioiosamente: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli» (Lc 2,14). Ma la gloria di Dio, segno
della sua presenza, è ormai sulla terra: il Natale è la manifestazione della gloria di Dio. L'antifona
d'ingresso della Messa della vigilia annuncia: «Oggi sapete che il Signore viene a salvarci: domani
vedrete la sua gloria». Quasi allo stesso modo si esprime l'antifona alla comunione della stessa
Messa. Questa gloria del Signore la contempliamo nel Verbo incarnato. La gloria però che il Padre
ha dato al Figlio, e che si manifesta già nel mistero dell'Incarnazione, viene data alla Chiesa
affinché diventi una sola cosa con il Padre per opera dello Spirito. Il dono dello Spirito, dunque, è la
presenza nei discepoli della gloria del Signore che li trasforma a sua immagine.
Nelle tre Messe di Natale si potrebbe evidenziare questo itinerario:
-
Messa della vigilia: “Cristo presente nella Parola”, con il segno della Bibbia.
-
Messa della notte: “ Cristo nella Carne”, con il segno del Bambinello.
-
Messa del giorno: “Cristo Risorto”, con il segno di una pianta fiorita.
Lasciare per tutto il tempo di Natale questi tre segni, collocati insieme nel presbiterio.
DOMENICA DOPO NATALE
Questa domenica sottolinea il valore della famiglia come luogo per eccellenza per crescere nella
dimensione umana e cristiana. Si potrebbe in questa celebrazione invitare le famiglie alla
celebrazione eucaristica ove inserire la “Benedizione delle famiglie per la festa della santa
Famiglia” (cfr. Benedizionale, pp. 200-202) ed, eventualmente, organizzare un momento conviviale
al termine della celebrazione.
SOLENNITA’ DI MARIA, MADRE DI DIO
Celebrare Maria nella Solennità del suo essere Madre di Dio, è accogliere il mistero della divina
maternità mediante il quale viene rivelato che realmente Dio è l’Emmanuel. Il bambino che lei ha
generato per opera dello Spirito è realmente il Figlio di Dio. Con la luce che viene dalla fede la
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Chiesa l’ha proclamata Madre di Dio, pur sottolineando che Maria non ha generato Dio ma la
natura umana del Verbo. La maternità divina di Maria continua nella maternità della Chiesa che
genera nella fede “figli di Dio” mediante l'azione dello Spirito con il Sacramento del Battesimo. È
possibile collocare l'icona di Maria, Madre di Dio, accanto al fonte battesimale, ornato di piante
verdi per sottolinearne la fecondità spirituale. I padri della Chiesa infatti paragonano il grembo
fecondo della Beata Vergine Maria al fonte battesimale, evidenziando così tutta la grandezza della
mediazione della Chiesa a cui il Cristo ha affidato il compito di continuare la sua missione.
SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA
Tale Solennità ha come significato caratteristico la manifestazione di Cristo, luce del mondo ed il
tono viene dato dalla proclamazione del Vangelo di Matteo sull’adorazione dei Magi (Mt 2, 1-12).
La manifestazione del Signore è gloriosa perché la gloria, di cui è segno la stella che guida i Magi,
si posa là dove Cristo è presente ed è adorato. La gloria di Dio, che nella profezia avvolge
Gerusalemme come in una nube, ora si posa nella grotta dove giace il Bambino con la Madre. La
luce e la gloria evocano la fede, ciò viene espresso dai Magi, che hanno cercato e trovato. Ora è lo
Spirito che agisce e permette di riconoscere nel pane e nel vino la presenza del Cristo Risorto. Nella
preghiera eucaristica, al momento dell’ostensione del pane consacrato e del calice con il vino
consacrato sarebbe opportuno incensarli.
Sarebbe bene prevedere l’annuncio della data della Pasqua, dopo la proclamazione del Vangelo.
Inoltre è possibile valorizzare la preghiera universale o dei fedeli come apertura ed intercessione a
favore di tutti gli uomini ed il saluto finale del presidente con l’invito ad essere testimoni di quanto
vissuto nella celebrazione eucaristica.
SOLENNITA’ DEL BATTESIMO DI GESU’
Questa solennità sembrerebbe un po’ “fuori tono” con il clima natalizio, ma è importante ricordarsi
che nel Tempo di Natale noi celebriamo le manifestazioni del Signore e, oggi, è il Padre che
manifesta Gesù come il «Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (Mt 3, 17).
Nella Notte Santa l’annuncio è stato dato dall’angelo, oggi viene dato dal Padre stesso. Anche noi,
in forza del Battesimo e della Cresima siamo costituiti come figli adottivi e abbiamo la certezza che
Dio è sempre al nostro fianco per sostenerci nella missione affidataci.
Nella celebrazione eucaristica si potrebbe prevedere al posto dell’atto penitenziale il Rito per
l’aspersione domenicale dell’acqua benedetta (cfr. Messale Romano pp. 1031-1036) e come
Professione di fede il formulario delle Rinnovazione delle promesse battesimali (cfr. Messale
Romano pp. 180-181).
PER DILATARE LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA FAMIGLIA
Sarebbe opportuno facendo riferimento a quanto indicato alle pp. 105-116 di La famiglia in
preghiera (Ed. Conferenza Episcopale Italiana, Roma 1994) predisporre sussidi appropriati da
distribuire alle famiglie per aiutarle a vivere nelle proprie case come “chiesa domestica” il cammino
del Tempo di Avvento e di Natale.
NOTE LITURGICHE
Con il presente sussidio iniziamo una rubrica che ci aiuti a comprendere alcuni elementi che fanno
parte della celebrazione stessa, non come accessori più o meno indispensabili, ma come parti di un
codice comunicativo appartenente in modo intrinseco alla liturgia ed al suo linguaggio. La loro poca
comprensione e valorizzazione può anche andare a discapito della stessa azione liturgica: «i luoghi
sacri e le cose che servono al culto devono essere «davvero degni, belli, segni e simboli delle realtà
celesti» (Ordinamento generale del Messale Romano, citato con OGMR, 288).
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LA CASULA. Con la loro bellezza le vesti sono chiamate a conferire “decoro” alla celebrazione, la
cui dimensione estetica non è da trascurare. Le vesti fanno parte dell’universo articolato dei “segni”,
senza i quali la liturgia non può in concreto esprimersi. L’uso di paramenti diversi nella stessa
celebrazione indica la diversità dei ministeri, poiché «nella Chiesa, corpo mistico di Cristo, non
tutte le membra svolgono lo stesso compito» (OGMR 335). Fra questi, la veste propria del
presidente nella celebrazione eucaristica è la casula. Il termine deriverebbe, secondo Isidoro di
Siviglia, dal diminutivo del sostantivo “cosa” o “casa”, poiché copriva interamente chi l’indossava.
Simbolo di carità, secondo Rabano Mauro, l’indumento trova il suo corrispettivo nel phelonion o
nella paenula, mantello da viaggio molto avvolgente, di forma ellittica o circolare, con o senza
cappuccio. A partire dal IV secolo, in epoca costantiniana, la paenula da veste comune diventa
sempre più veste liturgica, come si può vedere negli affreschi della cripta di Aquileia (IV secolo),
fino a scomparire dall’uso profano. In epoca medievale i molteplici elementi del vestiario liturgico
si caricano di simbolismi gratuiti e di allegorie, man mano che l’attenzione passa dal mistero
celebrato alla materialità della celebrazione, infatti, ogni componente riceve un suo significato non
più in funzione del tutto, ma per sé stesso, iniziando così un processo di sacralizzazione che durerà
fino alla riforma liturgica voluta dal Vaticano II. La casula che, in origine, aveva un taglio elegante,
ampio e a semicerchio; col tempo subì delle modifiche: venne sempre più accorciata, soprattutto sui
lati per lasciare libero il movimento, fino ad assumere la forma di “chitarra” ricevendo la
denominazione di “pianeta”; fu arricchita di ricami, anche in filo d’oro, e in epoca barocca di pietre
colorate. Il ritorno al taglio originale avvenne dopo il Vaticano II. Oggi la casula circolare o ellittica
è la veste propria del vescovo e del presbitero, che la indossano nella Messa e nelle azioni liturgiche
ad essa collegate (cfr. OGMR 337). Il suo uso indica un riferimento all’unico sacerdote e mediatore,
Gesù Cristo, e al suo popolo sacerdotale, la Chiesa.
Le direttive che hanno guidato la riforma liturgica anche nel settore delle vesti sacre non sono state
sempre presenti nella vasta produzione dell’epoca del dopo concilio dei paramenti confezionati
ancora spesso in serie, così che oggi sono spesso privi di quella "nobile semplicità" di cui parla
l’Ordinamento (cfr. OGMR 292) e purtroppo con colori e ornamenti non sempre rispondenti e
adatti. Per questo è importante fare un’accurata riflessione sulle diverse situazioni "pastorali" che
distinguono una celebrazione feriale da una festiva, una celebrazione con assemblee particolari da
una festa solenne. La comprensione teologica della celebrazione liturgica deve saper valorizzare
tutti i linguaggi che possono far entrare nel mistero di salvezza celebrato “qui ed ora”, in questo
luogo, per questa specifica comunità.
La QUALITÀ DEI SEGNI incide sulla qualità della celebrazione stessa, sulla sua capacità significativa e
pedagogica: ciò giustifica l’attenzione specifica verso tutti i segni che, in quanto tali, devono aiutare
l’assemblea a vivere una celebrazione ordinata e festosa. La decorazione della casula, inoltre, esige
che si rispetti innanzitutto che è una veste, non uno spazio da decorare né tanto meno da riempire
per narrare qualcosa. Sono lo stesso taglio della veste e la stoffa gli elementi di preziosità
decorativa.
Per quanto riguarda i colori, va sottolineato che anticamente la casula era bianca, proprio per il
simbolismo intrinseco del colore bianco che richiama la luce, la vita nuova. Dall’iniziale colore
bianco si è passati all’uso di stoffe dai colori e disegni più vari, riportati attorno al 1400 ai cinque
colori: bianco, rosso, verde, viola e nero, ai quali si aggiunse il rosaceo per due celebrazioni
particolari. Attualmente si ribadisce, riguardo al colore delle vesti liturgiche, di mantenere l'uso
tradizionale tenendo conto che «la differenza dei colori nelle vesti sacre ha lo scopo di esprimere,
anche con mezzi esterni, la caratteristica particolare dei misteri della fede che vengono celebrati e il
senso della vita cristiana in cammino lungo il corso dell’anno liturgico» (OGMR 345). Alle
Conferenze Episcopali, per quanto riguarda i colori liturgici, è demandato “il compito di stabilire e
proporre alla Sede Apostolica adattamenti conformi alle necessità e alla cultura dei singoli popoli”
(OGMR 346).
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