106 - Centro Studi Cinematografici
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SOMMARIO n. 106 Anno XVI (nuova serie) n. 106 luglio-agosto 2010 Bimestrale di cultura cinematografica Edito dal Centro Studi Cinematografici 00165 ROMA - Via Gregorio VII, 6 tel. (06) 63.82.605 Sito Internet: www.cscinema.org E-mail: [email protected] Aut. Tribunale di Roma n. 271/93 Abbonamento annuale: euro 26,00 (estero $50) Versamenti sul c.c.p. n. 26862003 intestato a Centro Studi Cinematografici Spedizione in abb. post. (comma 20, lettera C, Legge 23 dicembre 96, N. 662 Filiale di Roma) Si collabora solo dietro invito della redazione Direttore Responsabile: Flavio Vergerio Direttore Editoriale: Baldo Vallero Cast e credit a cura di: Simone Emiliani Segreteria: Cesare Frioni Redazione: Marco Lombardi Alessandro Paesano Carlo Tagliabue Giancarlo Zappoli Hanno collaborato a questo numero: Veronica Barteri Elena Bartoni Maria Cristina Caponi Luca Caruso Gianluigi Ceccarelli Chiara Cecchini Marianna Dell’Aquila Silvio Grasselli Elena Mandolini Diego Mondella Fabrizio Moresco Danila Petacco Francesca Piano Valerio Sammarco Stampa: Tipostampa s.r.l. Via dei Tipografi, n. 6 Sangiustino (PG) Nella seguente filmografia vengono considerati tutti i film usciti a Roma e Milano, ad eccezione delle riedizioni. Le date tra parentesi si riferiscono alle “prime” nelle città considerate. About Elly ........................................................................................... Amabili resti ....................................................................................... Appuntamento con l’amore ................................................................ A-Team (The) ..................................................................................... Bella ................................................................................................... Bella società (La) ............................................................................... Bright Star ......................................................................................... Brotherood ......................................................................................... Butterfly Zone – Il senso della farfalla ................................................ 5 appuntamenti per farla innamorare ................................................ City Island .......................................................................................... Compleanno (Il) ................................................................................. Copia conforme ................................................................................. Diamond 13 ....................................................................................... 18 anni dopo ...................................................................................... Due vite per caso ............................................................................... Era glaciale 3 (L’) – L’alba dei dinosauri ............................................. Fontana dell’amore (La) .................................................................... Generazione 1000 euro ..................................................................... Happy Family ..................................................................................... Hole in 3D (The) ................................................................................ Imbroglio del lenzuolo (L’) .................................................................. Iron Man 2 ......................................................................................... Matrimoni e altri disastri .................................................................... Mio vicino Totoro (Il) ........................................................................... Nel paese delle creature selvagge .................................................... Non è ancora domani (La Pivellina) .................................................. Nord ................................................................................................... Padre dei miei figli (Il) ........................................................................ Papessa (La) ..................................................................................... Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo – Il ladro di fulmini ..................... Perdona e dimentica .......................................................................... 14 kilòmetros ..................................................................................... Quattro volte (Le) ............................................................................... Racconti incantati .............................................................................. Ragazzi miei ...................................................................................... Regina dei cavalli di carta (La) .......................................................... Road (The) – La strada ..................................................................... Robin Hood ........................................................................................ Sex and the City 2 ............................................................................. Shadow .............................................................................................. Simon Konianski ................................................................................ Sono viva .......................................................................................... Tata Matilda e il grande botto ............................................................ Tempo che ci rimane (Il) .................................................................... U2 3D ................................................................................................ Ultima estate (L’) ................................................................................ Una soluzione razionale .................................................................... Valigia sul letto ................................................................................... 14 23 12 24 48 16 42 17 47 56 44 38 45 8 61 52 59 29 53 54 34 36 10 57 62 26 2 37 58 33 3 50 46 39 19 13 49 27 6 20 60 21 7 30 41 32 31 40 63 Film Tutti i film della stagione NON È ANCORA DOMANI (LA PIVELLINA) Italia/Austria, 2009 Montaggio: Tizza Covi Suono: Tizza Covi Interpreti: Patrizia Gerardi (Patty), Walter Saabel (Walter), Tairo Caroli (Tairo), Asia Crippa (Asia) Durata: 100’ Metri: 2750 Regia: Tizza Covi, Rainer Frimmel Produzione: Rainer Frimmel per Vento Film Distribuzione: Officine Ubu Prima: (Roma 14-5-2010; Milano 14-5-2010) Soggetto e sceneggiatura: Tizza Covi Direttore della fotografia: Rainer Frimmel a da poco smesso di piovere, in un parco della periferia romana. La cinquantenne Patty, capelli rosso fuoco, cerca il suo cagnolino Ercole. Trova invece, da sola su un’altalena, la piccola Asia (Aia, come dirà di chiamarsi lei e come, da quel momento, sarà chiamata dalla donna), bimba di due anni con in tasca un biglietto con scritto che la mamma tornerà, un giorno, a riprenderla. Patty non può lasciarla lì e, da quel giorno, “la pivellina” – come la ribattezzerà Walter, marito della donna – entrerà a far parte della vita di questo gruppo di artisti circensi, clown, giocolieri e animali addestrati, accampati in baracche o roulotte nel quartiere San Basilio di Roma. In attesa che qualcuno si faccia vivo per venirla a riprendere, con la paura che qualcun altro possa accusarli di sequestro di persona (“perché per il governo e l’opinione pubblica, nomadi e rom sono tutti uguali”), Patty e Walter saranno aiutati dal giovane Tairo, tredicenne figlio di un domatore in giro per lavoro, cresciuto dalla nonna e in qual- H che modo allevato anche dai due vicini di roulotte, con Patty che vigila sul suo impegno nello studio e Walter che lo istruisce su come risolvere i problemi “della strada”, insegnandogli come difendersi e come guadagnarsi il rispetto dei coetanei. Adottata senza riserve e con affetto infinito, Asia saprà contraccambiare l’intera “comunità”, divenendone ben presto mascotte e simbolo. Un bel giorno, però, un altro biglietto annuncia il ritorno della mamma: non c’è tempo per le lacrime, basteranno una torta e un brindisi a sancire l’arrivederci a una nuova, grande, piccola amica. remiato in moltissimi Festival internazionali (con il Label Europa Cinemas alla Quinzaine di Cannes 62, come Miglior Film alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro) Non è ancora domani – titolo “italiano” con cui arriva nelle sale La pivellina – di Tizza Covi e Rainer Frimmel è uno splendido esempio di quanto, ancora oggi, il cinema possa raccontare la realtà, traducen- P dola in poesia. Partendo da una sceneggiatura che prevedeva semplicemente “un inizio” e “una fine”, i due documentaristi per il loro primo lavoro di “finzione” ripartono idealmente dagli stessi luoghi e atmosfere di Babooska (doc su una famiglia di un piccolo circo destinato a sparire) e concedono ai vari personaggi carta bianca per continuare a portare sullo schermo la loro umanità prima, strumento con cui seguire solamente in secondo luogo le fila di un racconto dal flusso vitale straordinario: perché prima di tutto i vari Patty (Patrizia Gerardi), Walter (Saabel), Tairo (Caroli) e, ovviamente, la piccola Asia (Crippa), sono esseri umani chiamati a mostrarsi per quello che sono, al netto di qualsiasi influenza o strumentalizzazione. Ed è proprio questo il più grande miracolo del film, più grande persino dello splendido sorriso della bambina protagonista: inseguire la costruzione di un messaggio dalla morale altissima senza alcun tipo di calcolo, o facile retorica; sullo schermo rivive la vita, capace di illuminare il grigiore (non solo atmosferico) di marane e degrado in cui troppo frettolosamente l’opinione pubblica accomuna criminalità ed esistenze ai margini, raccontate da Covi e Frimmel attraverso macchina a mano e zero compassione. Non c’è lirismo; neanche il prevedibile calore con cui troppo spesso al cinema vengono raccontati gli umili e gli emarginati; in Non è ancora domani regnano vitalità e difficoltà, non sentimentalismi: per capirlo basterebbe la sequenza più triste dell’intero film, con Walter che si prepara per trasformarsi in clown, Patty che si allena a schivare i coltelli e a far roteare i piatti su esili bastoncini e tutto intorno il vuoto, nessuno. Al loro spettacolo di quartiere sarà presente solamente lo spettatore del film, con lui la piccola Asia. L’applauso di pochi basterà a rendere un successo quello che in molti avrebbero considerato un fallimento. Valerio Sammarco 2 Film Tutti i film della stagione PERCY JACKSON E GLI DEI DELL´OLIMPO - IL LADRO DI FULMINI (Percy Jackson & the Olympians: The Lightning Thief) Stati Uniti/Canada, 2010 Regia: Chris Columbus Produzione: Michael Barnathan, Mark Morgan, Guy Oseary, Mark Radcliffe, Karen Rosenfelt per Fox 2000 Pictures/ 1492 Pictures/ Imprint Entertainment/ Sunswept Entertainment/ TCF Vancouver Productions Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 12-3-2010; Milano 12-3-2010) Soggetto: tratto dalla serie di romanzi per ragazzi Percy Jackson and the Olympians di Rick Riordan Sceneggiatura: Craig Titley Direttore della fotografia: Stephen Goldblatt Montaggio: Peter Honess Musiche: Christophe Beck Scenografia: Howard Cummings Costumi: Renée April Produttore esecutivo: Thomas M. Hammel Produttore associato: Karen Swallow Direttore di produzione: Wendy Williams Casting: Heike Brandstatter, Janet Hirshenson, Jane Jenkins, Michelle Lewitt, Coreen Mayrs Aiuti regista: Misha Bukowski, Greg Hale, Rhonda Taylor, Lars P. Winther Operatori: Will Arnot, Scott MacDonald Operatore Steadicam: Will Arnot Art directors: Ross Dempster, Dan Hermansen, James Steuart, Greg Venturi Supervisore art director: Sandi Tanaka Arredatore: Peter Lando Effetti speciali trucco: Matthew Aebig, Tracy Lai Trucco: Beth Boxall, Linda Boykin-Williams, Emanuela Daus, Victoria Down, Vanessa Giles, Leslie Graham, Stephanie Pasicov Acconciature: Melinda Dunn, Sherry Linder-Gygli, Robert A. Pandini, Christopher Mark Pinhey, Debra Wiebe Coordinatore effetti speciali: Tony Lazarowich Supervisori effetti visivi: Alessandro Cioffi (Trixter Film), Vincent Cirelli (Luma Pictures), Sean Andrew Faden (Method), Florian Gellinger (RISE Visual Effects Berlin), Björn Mayer (Pixomondo), Guillaume Rocheron (MPC), Daniel P. Rosen (Evil Eye Pictures), Sean Schur (Slash FX), Edson Williams uriosi fulmini tra le nuvole, che cessano d’improvviso. New York: dal mare emerge, gigantesco, Poseidone, che assume fattezze umane, passeggia per la città e sale infine sull’Empire State Building, ove avviene un turbolento incontro con il fratello Zeus. V’è un temporale in arrivo, “ma senza fulmini” – nota Zeus. Qualcuno glieli ha trafugati. Di certo non Poseidone, perché agli dei è proibito rubarsi i poteri a vicenda. Tale divieto non vale tuttavia per i loro figli: Zeus è convinto che sia stato il nipote a sottrargli le saette. Pertanto ingiunge a Poseidone una scadenza per la restituzione: prima della mezzanotte del 21 giugno, solstizio d’estate. “Altrimenti scoppierà una guerra” – minaccia – e spe- F (Iola visual effects), John Heller, Kevin Scott Mack, Kelly Port, Christopher Townsend Coordinatori effetti visivi: Shad Davis (Digital Domain), Gracie Edscer, Sam Haines (MPC), Michael Hertstein (Trixter Film), Kerstin Kensy (RISE Visual Effects Berlin), Adam Chazen, Viktorija Ogureckaja (Pixomondo), Sean Stortroen (Rhythm & Hues), James Cochrane, Katie Godwin, Shandy Lashley, Michelle Ledesma, Lisa Marra, Mo Mohamoud, James Purdy, Ozen Sayidof Supervisore effetti digitali: Darren Hendler (Digital Domain) Supervisore costumi: Jana MacDonald Supervisore animazione: Simone Kraus (Trixter Film), Pimentel A. Raphael, Daryl Sawchuk, Danny Gordon Taylor Animazione personaggi: Jason Thielen (Luma-Pictures), Jeff Lew, P. Kevin Scott, Emil Simeonov, Christopher Walsh Animazione: Christopher Nagel, Daniel Sappa, Chris Stenner (Trixter Film), Ami DeLullo (Luma Pictures), John Vassallo, William R. Wright, Peta Bayley, Dan Blacker, Santiago Colomo, Frédéric Côté, Aaron Deerfield, Paul Lada, Christian Liliedahl, Michael Lum, Dave Mah, Thanh Nguyen, Kevin Quaid, Tim Ranck, Kimberly Sanchez, Ignacio Sastre, Julian Burt, Alex Hislop, Hyun Chul Jung Interpreti: Logan Lerman ( Percy Jackson ), Brandon T. Jackson ( Grover Underwood ), Alexandra Daddario (Annabeh), Jake Abel (Luke), Sean Bean (Zeus), Pierce Brosnan (Mr. Brunner / Chirone), Steve Coogan (Hades), Rosario Dawson (Persefone), Kyle Cornell (giocatore di casino), Melina Kanakaredes (Atena), Catherine Keener (Sally Jackson), Kevin McKidd (Poseidone), Joe Pantoliano (Gabe Ugliano), Uma Thurman (Medusa), Maria Olsen (signora Dodds/Furia ), Julian Richings ( traghettatore ), Bonita Friedericy (donna isterica), Serinda Swan (Afrodite), Annie Ilonzeh, Marie Avgeropoulos, Luisa D’Oliveira, Christie Laing, Marielle Jaffe, Elisa King, Tania Saulnier, Crystal Tisiga, Alexis Knapp(ragazze di Afrodite), Dimitri Lekkos (Apollo), Dylan Neal (Hermes), Luke Camilleri (Dioniso), Stefanie von Pfetten (Demetra) Durata: 118’ Metri: 3250 dirà il nipote nell’Ade. Poseidone si altera, non vede il figlio da quand’era piccolo e il ragazzo nemmeno sa che suo padre è un dio. Cambia la scena, Percy Jackson è in apnea, seduto sul fondo di una piscina. Riemerge dopo 7 minuti, ricevendo l’ammirazione dell’amico Grover, che cammina con le stampelle. A Percy piace stare in acqua e sostiene che è in grado di pensare solo là sotto. Nella vita reale non riesce a concentrarsi, è dislessico. A casa, la madre Sally è succube del compagno Gabe, un tipo sporco e volgare. Percy non si capacita del perché la madre stia ancora con lui, ma lei osserva che Gabe è stato loro utile in modi che Percy non può ancora capire: un giorno 3 tutto avrà un senso. Percy intanto avverte una voce, che sostiene: “Tutto sta per cambiare, Percy”. Terza sequenza: museo di archeologia, il prof. Brunner, in sedia a rotelle, tiene una lezione di mitologia, parla dei 12 dei più importanti, dei semidei, degli eroi, come Perseo, che ha lo stesso nome di Percy. Notandolo distratto, la sua insegnante di lettere lo prende in disparte. Ma si trasforma in una Furia, che rivuole la folgore olimpica. Lo salvano Grover e il prof. Brunner. Percy è in pericolo, deve fuggire. Il prof. lo invia al Campo, scortato da Grover, consegnandogli una penna, quale arma di difesa potentissima, da custodire con cura. Percy e Grover vanno a casa e con Sally lascia- Film no la città. Sally gli racconta del padre, che è dovuto andare via quando lui era molto piccolo, perché è stato costretto. La loro fuga in auto è ostacolata da un branco di mucche. Grover svela la sua natura di satiro e, mentre i tre scappano a piedi, vengono assaliti dal Minotauro. Percy e Grover riescono a entrare nel Campo Mezzosangue. Sally non può, viene catturata dal Minotauro e poi si dissolve. Quindi Percy uccide il mostro. Dopo tre giorni, il ragazzo si risveglia nell’infermeria del campo: crede sia un sogno, ma quanto ha vissuto è tutto vero, la madre è morta. Percy inizia a visitare il Campo Mezzosangue, metà divino e metà umano. I miti della Grecia sono veri, alcuni dei a volte scendono sulla terra e s’innamorano dei mortali ed hanno dei figli: Percy è uno di questi, un semidio, come centinaia di altri al mondo, alcuni dei quali conducono vite normali. Nel campo imparano a controllare i poteri e sono addestrati per diventare leader, guerrieri ed eroi. Percy è iperattivo e dislessico, ma Grover gli spiega che il suo cervello è impostato sul greco antico, e che lui è impulsivo per via dei suoi riflessi da combattimento: il suo sangue è speciale, perché è il sangue di un dio. Al campo Percy rimane incantato da Annabeth, figlia di Atena, dea della saggezza. Poi incontra il prof. Brunner, che è Chirone, un centauro. Percy scopre di essere figlio di Poseidone, il dio dei mari. La nascita di un figlio per i tre dei principali, Zeus, Poseidone e Ade, è estremamente rara, ed essendo i loro figli molto potenti, costituiscono una minaccia per gli altri fratelli. Per questo la madre ha sposato il patrigno: la sua puzza acre maschera l’odore del sangue di Percy, celandolo alla minaccia degli dei. Ora Sally è morta… La vita di Percy è in pericolo, tutti pensano che lui sia il ladro dei fulmini di Zeus, l’arma più potente che sia mai stata creata. Se non verrà restituita, scoppierà una guerra, che interesserà tutti i mondi. Gli dei saranno costretti a schierarsi, ci saranno eruzioni, terremoti, incendi, il mondo sarà sconvolto: la fine della vita. Chirone intende portare Percy sull’Olimpo, da Zeus, per convincerlo della sua innocenza: qualcuno sta usando il ragazzo per scatenare una guerra. Percy accetta, ma prima dev’essere addestrato. Indossa un’armatura e partecipa cogli altri eroi e guerrieri alla lotta per la conquista della bandiera della squadra avversaria. Luke, figlio di Ermes e capo del campo, arruola Percy nella squadra azzurra. Percy indossa l’elmo e la battaglia ha Tutti i film della stagione inizio. In riva a un corso d’acqua, Percy scorge la bandiera rossa, ma proprio mentre sta per afferrarla, viene sorpreso da Annabeth, che lo ferisce gravemente. Appena sfiorata l’acqua, tuttavia, le ferite di Percy sono sanate, ottiene il potere, sconfigge gli avversari e issa in aria il loro vessillo. La sera al campo si festeggia, ma dal fuoco si materializza Ade, in cerca di Percy. Vuole la folgore, e in cambio gli restituirà la madre, che, portata via dal Minotauro, è con lui negli inferi. Percy vuole andare a liberarla, ma la folgore non ce l’ha lui... Grover non riesce a fermarlo, pertanto deve accompagnarlo. Alla loro impresa si unisce Annabeth, offrendo l’esperienza delle centinaia di battaglie da lei vinte. Ma come si arriva agli inferi? Luke fornisce indicazioni e aiuto, suo padre Ermes entra ed esce dagli inferi e lui gli ha sottratto alcuni oggetti. Il problema non è entrarvi, ma riuscire a uscirne. Luke consegna loro un paio di scarpe volanti, e la mappa per trovare le perle di Persefone, la moglie di Ade, prigioniera laggiù, che riceve degli invitati segreti. Per loro nasconde delle perle in giro per il mondo, che permettono di fuggire in fretta dagli inferi. Loro potrebbero usarle per uscire: basta prenderle, buttarle per terra, schiacciarle e visualizzare il luogo in cui si vuole essere portati. Al momento ci sono tre perle negli Stati Uniti. La prima è nell’Emporio del Giardino della zia Em. Una volta recuperata la prima, la mappa indicherà il luogo della seconda e così via. Luke consegna loro anche uno scudo, come protezione speciale. I tre partono. Raggiungono la prima tappa, un emporio abbandonato, pieno di statue. In una fontana, Annabeth recupera delle dracme d’oro, ma la perla dov’è? In realtà sono capitati nel covo di Medusa: Annabeth incontra una donna il cui marito è stato da lei trasformato in pietra e Grover riconosce in una statua lo zio Ferdinand, ucciso da Medusa, che si serve delle statue quale unica compagnia. Medusa racconta che una volta era corteggiata e desiderata da molti spasimanti, ma poi, per colpa della maledizione di Atena, si è ritrovata il capo coperto di serpi. “Dicono che gli occhi siano una finestra sull’anima… Io spero che troviate i miei occhi attraenti...”. Percy si avvicina a Medusa senza guardarla, grazie all’immagine riflessa sul suo ipod. Medusa sta per sedurlo, ma lui riesce a tagliarle la testa, da dietro, in un momento di distrazione. I tre optano per portarsi dietro il capo di Medu4 sa: se le si aprono, gli occhi funzionano ancora, e potrebbero rivelarsi utili… La perla era nel suo bracciale. La seconda si trova a Neshville, nel Partenone, una copia perfetta dell’originale. Parlando con Annabeth, Percy scopre che, subito dopo la loro nascita, Zeus proibì che gli dei entrassero in contatto con la loro progenie mortale. Ma, nei momenti difficili, Annabeth sostiene di sentire la voce della madre Atena, che le da dei consigli. È successo anche a Percy, guidato dal padre. La perla si trova nella corona di una statua colossale della dea Atena, nel Partenone. I ragazzi attendono la chiusura nascondendosi nei bagni, narcotizzano la squadra delle pulizie e, grazie alle scarpe alate, Percy la recupera. Appare però l’Idra dalle 5 teste, che sputano fuoco. Percy riesce a tagliarle tutte, ma per ogni testa recisa ne spuntano altre due. Percy, grazie ai suoi poteri, riesce a fare esplodere delle condutture che arrestano la violenza dell’Idra, poi Grover, scoprendo gli occhi di Medusa, la trasforma in pietra. Un’immensa nube temporalesca si spande intanto dall’Europa all’Asia verso gli Stati Uniti: gli dei sono irritati. La terza perla si trova al casinò Lotus di Las Vegas, nel quale avvenenti ragazze offrono fiori di loto. Questi sono come una droga, che intorpidisce i loro sensi e li imprigiona lì dentro. Grazie alla voce del padre, Percy sfugge all’ipnosi, recupera la perla in una roulette e i tre riescono a fuggire. Nel covo dei mangiatori di loto sono rimasti 5 giorni, l’indomani scade l’ultimatum. L’entrata dell’Ade è a Hollywood, dietro l’H dell’enorme scritta. I tre corrompono il traghettatore infernale colle dracme d’oro, e lui li accompagna nel regno dei morti, fluttuando nella “discarica della miseria umana: sogni e speranze frustrati, desideri che non si sono mai avverati”. Caronte li lascia all’entrata della dimora di Ade, dove vengono accolti dai segugi infernali e da Persefone, che li introduce al marito Ade, confinato negli inferi dai fratelli Zeus e Poseidone. Anche lui è un dannato, per andarsene da lì ha bisogno di sconfiggere i fratelli e conquistare l’Olimpo, e perciò gli serve la folgore. Percy, parimenti, vuole riavere sua madre. Ma lo scambio non può avvenire, perché non ha la folgore. Tuttavia, appena la madre riappare e lui corre ad abbracciarla gettando a terra lo scudo consegnatogli da Luke, Ade scorge, occultata nella cavità dello scudo, la folgore, simbolo del comando di Zeus, e lo accusa di essere un ladro. I ragazzi, ignari, capiscono di es- Film sere caduti in un tranello di Luke. Ade sta per darli in pasto alle anime, ma Persefone lo fulmina, perché lui e crudele e prepotente. Lei attende con ansia il periodo in cui può uscire dagli inferi: una guerra tra dei la condannerebbe lì giù per sempre. Pertanto li libera, ma le perle per fuggire sono solo tre. Grover allora si sacrifica e rimane con Persefone. I tre arrivano sull’Empire, ingresso dell’Olimpo, mentre Zeus e Poseidone si preparano alla battaglia. Ma subentra Luke, il ladro di fulmini, che intende ostacolare Percy. Luke desiderava che Ade avesse la folgore, per fare in modo che l’Olimpo venisse distrutto. Luke intende impedire a Percy di restituire la folgore a Zeus, o almeno non prima di mezzanotte: vuole una guerra tra gli dei per sete di dominio. “Sono stati al potere fin troppo a lungo – dice, è il momento che la nostra generazione prenda il sopravvento”. Sogna un mondo di nuovi eroi. I due lottano furiosamente, ma Percy riesce a sconfiggerlo. Proprio mentre Luke sta per fulminarlo, infatti, negando inoltre che sia figlio di Poseidone, Percy ricorre ai suoi poteri e lo sommerge, scagliandolo poi in mare con il tridente del padre. Corre così all’Olimpo, dove gli dei stanno discutendo animatamente. L’ultimatum è scaduto, ma proprio in quell’istante spunta Percy, che riconsegna la folgore a Zeus e nel cielo riprende a fulminare. Quindi racconta la verità, del furto di Luke, che voleva che gli dei si distruggessero a vicenda. Zeus nota che Percy ha agito con saggezza, e ordina che sia fatta pace. Annabeth saluta la madre Atena, Zeus poi accondiscende alla liberazione di Grover dagli inferi. Zeus scioglie la riunione e accorda il permesso a Poseidone di parlare col figlio. Inizialmente Percy è duro, il padre lo ha abbandonato quando aveva 7 mesi. Poseidone spiega però che non è mai tornato per il divieto di Zeus che impediva agli dei di avere contatti con i loro figli, per il rischio che diventassero troppo umani e dimenticassero le loro responsabilità. “Ma ho sempre vegliato su di te. Solo perché non mi vedevi non vuol dire che io non ti fossi accanto”. Quando ha avuto e avrà bisogno, è stato e sarà sempre al suo fianco, nei suoi pensieri e nei suoi sogni. Così si lasciano. Percy saluta la madre, che ha cacciato Gabe, quindi torna al Campo. È l’eroe vincitore che ha salvato il mondo. Lì ritrova Grover, il suo custode, cui iniziano a spuntare le corna. Ed anche Chirone, che lo apprezza perché ha saputo seguire l’istinto, mantenendo il sangue freddo, e lo invia Tutti i film della stagione quindi ad allenarsi. Percy incontra infine Annabeth. Pare che i due stiano per baciarsi e invece iniziano a duellare con impeto, in riva al grande lago. na mitologia a portata di ragazzi, divulgativa ma abbastanza fedele alla tradizione classica, in un film nel complesso gradevole. L’azione di Percy muove dalla ricerca della madre rapita da Ade. Si affiancano al giovane eroe il satiro Grover, suo protettore, e la bella Annabeth. Gli si contrappongono invece lo zio Ade e, subdolamente, il perfido Luke, dopo essersi finto suo amico e aver offerto il suo aiuto. Fanno da contorno oggetti magici e poteri straordinari. Sullo sfondo, la minaccia di una devastante lotta fra gli dei dell’Olimpo, causata dalla scomparsa della folgore di Zeus, che Percy, ragazzo di buoni sentimenti, intende scongiurare. A ben vedere, mitologia e action movie si fondono perfettamente, con una declinazione squisitamente americana. Conclusa la saga di Harry Potter, s’inaugura quella di Percy Jackson. Anche le sue avventure sono tratte da una serie di libri (dell’americano Rick Riordan) e ripropongono la situazione di un ragazzo destinato a grandi cose, che prende coscienza del suo rango, trovandosi via via a fronteggiare prove iniziatiche che lo conducono addirittura alla salvezza dell’universo. Alla regia v’è Chris Columbus, già regista dei primi due film del Maghetto e produttore del terzo, mentre attori non noti interpretano i ruoli dei protagonisti, trovandosi al fianco dei grandi calibri (Pierce Brosnan e Uma Thurman su tutti), impegnati nelle parti complementari, in una pellicola che punta molto sull’azione. I fatti si svolgono nel mondo reale, radicatamente americano, e non solo per la scelta dei luoghi (il Partenone di Nashville, l’ingresso dell’Ade a Hollywood, quello dell’Olimpo sull’Empire, un casinò di Las Vegas), ma anche per le ossessioni che lo costellano: le belle donne, la musica pop (con un fulmineo omaggio a Michael Jackson, in quello che sembra tanto un paese dei balocchi di collodiana memoria, cioè il casinò Lotus), gli oggetti di consumo moderno, come l’ipod o le Converse, anche se alate... La trama è ben congegnata, ricca di dettagli significativi, che permettono lo svolgimento senza problemi del film, l’agile dipanarsi delle sequenze e delle azioni. Ogni frase, ogni particolare, ogni oggetto ha un suo ruolo, che spesso appare chiaro solo qualche scena più avanti la sua comparsa. È il caso della penna conse- U 5 gnata a Percy dal prof. Brunner, che si rivela una spada potentissima, delle scarpe alate di Ermes, che permetteranno di recuperare una perla a 10 metri d’altezza, dello scudo di Luke, nell’ambivalente funzione, per Percy, di schermo a difesa dalle fiamme dell’Idra, e di ricettacolo della saetta olimpica, la testa di Medusa che tramuta in roccia chi la guarda, le dracme d’oro che serviranno a corrompere il traghettatore infernale. Come in un grande videogioco, nulla viene trascurato, ma messo debitamente da parte, per giovarsene nel momento più opportuno. Ogni elemento funge da introduzione al seguente: così è l’apertura del film, con un cielo in tempesta, nel quale d’un tratto si placano i fulmini (sono stati rubati), o Percy che passa molto tempo in apnea (si scoprirà che è figlio di Poseidone), la puzza di Gabe, compagno di Sally, madre di Percy, che serve a celare l’odore del sangue semidivino del ragazzo, l’iniziale allusione di Sally, “un giorno tutto avrà un senso”… E, in effetti, una trama scorrevole, pur se in fondo semplicistica, procede spedita verso uno scioglimento felice, forte di una scenografia incantevole ed effetti speciali a profusione. Altra tecnica adottata è quella del ribaltamento delle condizioni di vita tra il mondo reale e l’universo leggendario, a metà tra l’ipermoderno e una dimensione altra, rarefatta e fuori dal tempo, dove Percy e i suoi sodali fanno la spola. Percy è dislessico e soffre di problemi d’attenzione, Grover zoppica e ha bisogno delle stampelle, il prof. Brunner si muove sulla sedia a rotelle. Eppure Percy assurge a supereroe, il coraggioso Grover saltella sulle sue possenti zampe da satiro, nell’aspetto da docente un po’ trasandato si nasconde il nerboruto centauro Chirone. Non mancano i risvolti sentimentali, come l’amore per la madre, che spinge Percy a scendere negli inferi e a sfidare Ade, il dolore per un padre da sempre assente, che però veglia costantemente su di lui, facendo avvertire talvolta la sua voce e la sua presenza, l’amicizia fraterna e vigile di Grover, custode di Percy, che per lui è pronto a dare la vita e si sacrifica, restando negli inferi, a sua volta ricambiato da Percy, che chiede a Zeus di liberarlo. E poi il debole per Annabeth, sul cui volto si posa lo sguardo di Percy appena giunto al campo e sul cui sorriso il film si conclude, mentre pare che i due accennino a un bacio, prima di intavolare un nuovo duello. Ma sono storie di dei. Luca Caruso Film Tutti i film della stagione ROBIN HOOD (Robin Hood) Stati Uniti/Gran Bretagna, 2010 Effetti speciali trucco: Robin Pritchard Trucco: Nicola Buck, Rita Fekete, Lesley Hamon, Suzanne Jansen, Melissa Lackersteen, Rebecca Lafford, Laura Lilley, Clare Ramsey, Claire Matthews Acconciature: Candice Banks, Amy Byrne, Sophia Knight, Nikita Rae, Sophie Slotover, Rachael Speke, Tracey Wells Supervisore effetti speciali: Trevor Wood Supervisori effetti visivi: Dick Edwards (Invisible Effects), Michael Kennedy (Hammerhead), John Lockwood, Steve Street (Prime Focus Features VFX), Edson Williams (Lola Visual Effects), Richard Stammers Coordinatori effetti visivi: Joe Carhart, Craig Skerry, Toby Langley (MPC), Edward Randolph (The Senate VFX), Bastian Hopfgarten, Paula Nederman, Supervisore costumi: Annie Crawford Interpreti: Russell Crowe (Robin Hood), Cate Blanchett (Marion Lowley), Max von Sydow (Sir Walter Loxley), William Hurt (William), Mark Strong (Godfrey), Oscar Isaac (principe Giovanni), Danny Huston (Re Riccardo Cuor di Leone), Eileen Atkins (Eleonora d’Aquitania), Mark Addy (Fra’ Tuck), Matthew Macfadyen (sceriffo di Nottingham), Kevin Durand (Little John), Scott Grimes (Will Scarlet), Alan Doyle (Allan A’Dayle), Douglas Hodge (Ser Robert Lowley), Léa Seydoux (principessa Isabella), Robert Pugh (barone Baldwin), Gerard McSorley (barone Fitzrobert), Velibor Topic (Belvedere), Ciaran Flynn (passante), Simon McBurney (Padre Tancred), John Nicholas (Paul), Thomas Arnold (capitano della nave reale), Bronson Webb (Jimoen), Denis Menochet (Adhemar), Jamie Beamish (diacono della chiesa), John Atterbury (tesoriere), Luke Evans (ladro), Mark Lewis Jones,Pip Carter,Denise Gough Durata: 131’ Metri: 3600 Regia: Ridley Scott Produzione: Russell Crowe, Brian Grazer, Ridley Scott per Universal Pictures/ Imagine Entertainment/ Relativity Media/ Scott Free Productions Distribuzione: Universal Prima: (Roma 12-5-2010; Milano 12-5-2010) Soggetto:Brian Helgeland, Ethan Reiff, Cyrus Voris Sceneggiatura: Brian Helgeland Direttore della fotografia: John Mathieson Montaggio: Pietro Scalia Musiche: Marc Streitenfeld Scenografia: Arthur Max Costumi: Janty Yates Produttori esecutivi: Michael Costigan, Ryan Kavanaugh, Charles J.D. Schlissel, James Whitaker Co-produttore: Nikolas Korda Direttori di produzione: Nikolas Korda, Hermione Ninnim, Lena Scanlan Casting: Jina Jay Aiuti regista: Matthew Baker, Clare Glass, Barney Hughes, Sid Karne, Max Keene, Danny McGrath, Roy Shaw, Alexander Witt Operatori: Roberto W. Contreras D., Paul Edwards, Graham Hall, Martin Hume, Clive Jackson, Peter Marsden, Julian Morson, Chris Plevin, Peter Taylor Operatori Steadicam: Paul Edwards, Julian Morson Supervisore art director:John King Art directors: David Allday, Alex Cameron, Anthony CaronDelion, Ray Chan, Marc Homes, Adam O’Neil, Matthew Robinson, Mike Stallion, Tom Still, Mark Swain, Remo Tozzi, Karen Wakefield Arredamento: Sonja Klaus lla fine della III Crociata (1193), Re Riccardo e i suoi soldati si apprestano a rientrare dalla Palestina in Inghilterra, dove lui ha “una madre che non vuole morire e un fratello che lo vuole morto”. Tra i cavalieri, vi è Robin Longstride, abilissimo nel combattere e nell’imbrogliare al gioco i suoi compagni; a lui il re chiede se pensa che Dio veda bene questa Crociata ed egli risponde che gli Inglesi sono stati senza Dio quando hanno ucciso donne e bambini. “Sincero, prode e ingenuo: così è un vero Inglese”, conclude il re. Ma, nelle foreste di Francia, Riccardo muore in un agguato dei Francesi, organizzato con l’aiuto di un traditore inglese, Godfrey; muore anche il nobile Robert Loxley, che affida all’amico Robin la sua spada perché la riporti al padre, sir Walter Loxley. Intanto, l’anziano nobile con la nuora Marian, sposata da Robert pochi giorni prima della sua partenza, sono oppressi, come tutto il paese, dalla carestia e dalle tasse che il reggente Giovanni, fratello di Riccardo, impone, interessato solo a divorziare per sposare la nipote del re di Francia, nonostante la regina madre cerchi di impedirlo. Marian è molto coraggiosa A e combattiva, è come una figlia per il vecchio Walter, ma non può ottenere nessuna pace. Dopo una traversata difficile, Robin e i pochi sopravvissuti si presentano alla regina portando l’annuncio della morte di Riccardo; al re Giovanni, Robin si presenta con il nome di Loxley: il vecchio Walter, quando Robin gli consegna la spada, decide che egli, figlio del tagliapietre Longstride, prenda il nome del suo figlio morto e sposi Marian, perché così ella potrà salvarsi meglio dai pericoli che incontrerà, alla morte del suocero. La donna accetta il matrimonio non troppo volentieri, ma conduce Robin in giro per la proprietà, per fargli conoscere gli abitanti, che dimostrano, un grande rispetto per i loro signori, mentre protestano contro gli esattori del re (in questo caso,lo sceriffo di Nottingham). Contro il re si sta preparando anche la rivolta dei nobili del Nord del paese; i Francesi, sempre guidati dal traditore Godfrey, sono ormai pronti a superare la Manica. Il re riesce ad assumere un atteggiamento combattivo e a prepararsi contro il pericolo maggiore, lo sbarco francese; in questo momento di tensione, il vecchio Walter parla a Robin della Carta dei diritti firmata poco prima dai no6 bili e dal re per ottenere da lui il rispetto di una serie di principi, su cui basare il rapporto re-nobiltà. Proprio su questo documento si accende un dibattito tra Giovanni e i rappresentanti dei nobili; intanto, i Francesi sbarcano e si incendia una battaglia, sulla spiaggia, con l’impegno di tutti, in particolare di Robin, un vero stratega. Dopo la vittoria, cerimonia di festa e onore per gli eroi: tra questi, Giovanni, che ribadisce di essere re per diritto divino, non mette Robin, che accusa di aver usurpato il titolo e che dichiara fuorilegge, perché legato ai nobili dissenzienti. Vediamo, così, che un nuovo gruppo d’uomini in arme si organizza una vita nella foresta: gli “allegri compagni” di Robin Hood, al cui fianco non manca Marian, che ha saputo anche lei prendere le armi nei momenti di maggiore pericolo. n venti film, Scott ha spaziato in diversi generi cinematografici, ma alcune costanti possono riconoscersi: un ottimo impiego di mezzi tecnici grandiosi, per ottenere il massimo di spettacolarità possibile anche in storie non di avventura o non fantascientifiche ( pensiamo a Thel- I Film ma e Louise o a Un’ottima annata); la preferenza per storie, dove i protagonisti hanno un rapporto di conflittualità con il mondo sociale intorno, che sia un chiarimento da fornire su di sé (Un’ottima annata), che sia un ruolo sociale subito da cui uscire (Thelma e Louise), un progetto che non viene capito nella sua correttezza e nello spirito che lo anima (quello di Colombo in 1492), l’essere costretto a riprendere un ruolo combattivo dal quale si era ormai felicemente usciti (Blade Runner) ...... Gli eroi che Scott preferisce non sono, di solito, perfetti e questo ce li rende un po’ più veri anche quando rischiano di essere “indistruttibili” persino nelle vicende più reali, come quelle ambientate in momenti storici precisi: stiamo pensando alle avventure del generale Massimo Decio Meridio o a quelle di Robin Longstride nella Crociata. Si direbbe che, quando Scott guarda a un altro evo, una certa volontà di rispettare la Storia ci sia; realizza sceneggiature che ricreano abbastanza correttamente l’epoca (come è stato detto da più parti a proposito di Il gladiatore), ma con la bella leggenda di Robin Hood, che è perfetta per un esercizio di analisi strutturale, di storico c’era solo, più o meno, il fatto di collegarsi all’Alto Medioevo inglese. Alla sceneggiatura è riuscito allora un colpo da maestro: far vedere come nasce, sul finire della Crociata (storica), un personaggio da fiaba che ha una possibile credibilità storica; ecco qua il bravo cavaliere che non ha l’investitura perché non è nobile, ma ha la cavalleria nell’animo; e tutti i più diversi momenti nella storia sottolineano questo: il suo coraggio e la sua capacità strategica in battaglia, il non risparmiarsi o proteggersi mai, l’essere fedele anche a un re di poco valore perché glielo impone la lealtà verso il principio di sovranità, il mantenere la promessa all’amico .... La carta su cui si scontrano re e nobili è la Magna Charta Libertatum che Giovanni dovette davvero concedere ai nobili per rispettare le loro libertà, anzitutto quella di non dover subire, da parte dei nobili, le decisioni di possesso e uso del territorio prese unilateralmente dal re, nonché quella di non accettare troppe tasse. C’è solo il fatto che quel documento è del 1215, vari anni dopo la fine della Terza Crociata. Occorre allora fare attenzione alle battute che nobili e re si scambiano prima della grande battaglia finale: in discussione è l’atteggiamento di “lealtà” al re che afferma: “Il re non mercanteggia per la lealtà che ogni suddito gli deve. Senza la lealtà non può esservi alcun regno”, i nobili rispondono che se il re rispetta la Carta, “allora quel re sarebbe grande, non solo riceverebbe la lealtà del suo popolo, ma anche il suo amore”. Il raccontarci come e perché Robin Hood diventa Robin Hood ha permesso a Scott di Tutti i film della stagione fare un racconto “storico” a modo suo, cioè prendendo di una situazione storica quel tanto che basta per non far etichettare il film come pura e semplice “avventura”, ma permettendosi di divertirsi e divertirci con film avventurosi, dove c’è ancora e sempre un “buono” che lotta contro un tiranno per il bene dei poveri sudditi (popolani e non). Un eroe che vediamo immerso in un universo di rumore, accanto al quale compare musica appropriata durante quasi tutta la vicenda; i dialoghi sono molto pochi e piuttosto brevi, contano le azioni dei personaggi e, naturalmente, la maestria degli interpreti Marian, unico vero personaggio femminile, è una figura “moderna”, capace di armarsi anche lei e di difendere quanto può i popolani del suo feudo; apprezziamo che non si lasci facilmente incantare da Robin. Scott ha dato il ruolo del protagonista per la quarta volta a Russell Crowe (Il gladiatore, American Gangsters, Nessuna verità e ora questo), ma Robin è quasi speculare al generale romano: entrambi sono uomini d’arme coraggiosi, abili e leali verso il re; sono scelti come eredi da un nobile importante, sono odiati da sovrani che li contrastano (Comodo, re Giovanni), i quali hanno spirito tirannico e scarseggiano di abilità militari. E per entrambi gli eroi, “lealtà” è la parola che governa la loro vita. Una buona solidità della trama, la bravura degli interpreti, lo spiegamento massiccio di forze tecniche e umane produce un sicuro gradimento, per cui questo film non è “l’ennesimo film su Robin Hood!” Danila Petacco SONO VIVA Italia, 2008 Regia: Dino Gentili, Filippo Gentili Produzione: Christian Lelli, Laura Cafiero per MetaFilm Distribuzione: Iris Film Prima: (Roma 28-5-2010; Milano 28-5-2010) Soggetto e sceneggiatura: Dino Gentili, Filippo Gentili Direttore della fotografia: Vittorio Omodei Zorini Montaggio: Paola Freddi Musiche: Giovanni Venosta Scenografia: Paola Bizzarri Costumi: Donatella Cianchetti Direttore di produzione: Antonella Viscardi Aiuti regista: Giulia Gianni Suono: Gianluigi Fulvio Interpreti: Massimo De Santis (Rocco), Guido Caprino (Adriano Resti), Giorgio Colangeli (Marco Resti), Marcello Mazzarella (Gianni), Vlad Alexandru Toma (Vlad), Giovanna Mezzogiorno (Stefania) Durata: 87’ Metri: 2400 7 Film occo si è da poco trasferito con la fidanzata Marta, che vorrebbe condurre una vita ben oltre le loro possibilità economiche. Rocco è quindi costretto a barcamenarsi fra più lavori per poter arrivare, comunque a stento, alla fine del mese; quando il suo più caro amico gli propone un lavoro di una notte come guardiano, il ragazzo si vede costretto ad accettare. Rocco si ritrova così a far da guardiano notturno della villa del ricco Marco Resti e del corpo della giovane figlia Silvia, morta prematuramente il giorno prima. Rocco resta subito affascinato dalla bellezza di Silvia. Durante il corso della notte, conoscerà sia Adriano, il fratellastro della ragazza, che il suo compagno rumeno Vlad, con cui ha avuto una figlia; i due fanno strane supposizioni sulla morte di Silvia: è stata forse uccisa dal padre, perché stanco delle sue irruenze giovanili? Costretto a portare Adriano in ospedale per colpa di un’overdose da eroina, Rocco decide di andare a trovare la barista Stefania, conosciuta precedentemente, con cui avrà anche un breve flirt. Arriva la mattina e Rocco vuole sapere la verità sulla morte di Silvia, di cui ormai è invaghito. Dopo la veglia funebre, Marco Resti decide di lasciare tutte le società nelle mani del figlio Adriano e, inoltre chiede a Vlad di lasciarle sua nipote in cambio di un mensile che verrà depositato direttamente nel suo conto. Rocco, non volendo che finisca in questo modo, porta via la neonata R Tutti i film della stagione per ridarla solo a Vlad, che decide di scappare portandola lontana dal nonno. Infine Rocco, tornato alla villa scopre finalmente la verità: Silvia si è suicidata. Rocco, come ultimo volere della defunta, la seppellisce in cima alla collina. ino e Filippo Gentili, già sceneggiatori di I Viceré, si sono posti per la prima volta dietro la macchina da presa. Sono viva doveva essere una rivalsa nel genere noir per il cinema italiano. La partecipazione amichevole, come ricordano i titoli di testa, di Giovanna Mezzogiorno contribuisce a ben sperare. Purtroppo il film si rivela un noir semplice, con pochi colpi di scena e ritmo lento che non tiene alta l’attenzione dello spettatore. Dopo un inizio ben scritto che ci descrive, con pochi dialoghi e molte immagini, le condizioni di vita del protagonista Rocco, man mano la sceneggiatura perde di fascino, nonostante il piccolo mistero di Silvia: chi era realmente e come è morta. Come controparte resta una buona prova registica dei Gentili. Un po’ dal sapore americano, la loro regia è fluida, ben orchestrata, con diverse dissolvenze in nero, e con un inizio accattivante: titoli di testa con l’ultima telefonata di una spaventata Silvia, in fuori campo. Bella la visione che si delinea del personaggio di Silvia. Quasi mai inquadrata direttamente, il volto della ragazza ci viene di solito mostrato attraverso specchi, D distorsioni di vasi trasparenti e quant’altro; soltanto nel finale, quando Rocco la seppellisce sulla collina possiamo vederla a lungo. Infatti, la sua fisionomia viene ricreata attraverso le descrizioni e i racconti degli uomini che l’hanno amata in vita: eterea, angelica per il padre, espansiva e intensa per il fratellastro, donna e amante per Vlad. A tale dimostrazione, ogni uomo trasforma il corpo di Silvia con piccoli o grandi gesti per meglio enfatizzare il ricordo di lei: il padre la veste per la veglia funebre come una bambina, il fratello le toglie il cerchietto e infine, Vlad che la trucca e le mette gli orecchini. Sono viva ha il pregio di delineare con delicatezza, ma anche chiarezza, un problema del nostro tempo: il precariato. Difficile arrivare alla fine del mese e crearsi una famiglia; bisogna arrangiarsi e cercare più lavori da fare contemporaneamente, mentre una società impone uno status di vita elevato, fatto di lettori dvd, macchine e discoteche. Rocco si incastra alla perfezione in questa visione di insieme; visione regalataci egregiamente nei primi minuti del film, per cui diventa probabile e accettabile la sua necessità di fare per una notte il guardiano notturno per un cadavere. Bravi Massimo De Santis, qui Rocco, Giorgio Colangeli, alias Marco Resti e, naturalmente Giovanna Mezzogiorno. Elena Mandolini DIAMOND 13 (Diamant 13) Francia/Belgio/Lussemburgo, 2009 Operatori: Chris Renson Operatore Steadicam:Jo Vermaercke Arredatore: François Dickes Effetti speciali trucco: Rob Hillenbrink, Floris Schuller, Saskia Verreycken Trucco: Turid Follvick, Claudine Moureaud, Katja ReinertAlexis Supervisore effetti visivi: Olivier Poujaud Supervisore costumi: Magdalena Labuze Interpreti: Gérard Depardieu (Mat), Olivier Marchal (Frank), Asia Argento (Calhoune), Anne Coesens (Léon), Aïssa Mäiga (Farida), Catherine Marchal (Z’yeux d’or), Erick Deshors (Spoke), Frederic Frenay (l’amico), Jean-François Wolff (Django), Aurélien Recoing (Ladje), Gérald Marti (Moll), Frédéric Lubansu (Cynthia), Marc Zinga (Ali Baba Mike), Corentin Lobet (Jesus), Jean-Michel Vovk (Moser) Durata: 98’ Metri: 2700 Regia: Gilles Béhat Produzione: Charles Gillibert, Marin Karmitz, Nathanaël Karmitz, Patrick Quinet, Claude Waringo per MK2 Productions/ Artémis/Samsa Film/ Liaison Cinématographique/ Radio Télévision Belge Francophone (RTBF) Distribuzione: Moviemax Prima: (Roma 5-3-2010; Milano 5-3-2010) Soggetto:tratto dal romanzo noir L’Etage des morts di Hugues Pagan Sceneggiatura: Gilles Behat, Olivier Marchal Direttore della fotografia: Bernard Malaisy Montaggio: Thierry Faber Musiche: Frédéric Vercheval Scenografia: Frédéric Astich-Barre Costumi: Nathalie Leborgne, Dominique Combelles Direttori di produzione: Vincent Canart, Claire Dornoy, Brigitte Kerger-Santos Aiuto regista: Frédéric Roullier-Gall È sera, la volante del comandante Mat e dell’agente Leon accorre sul luogo di uno spaventoso inci- dente stradale, con diversi cadaveri per terra. Più tardi, alla stazione di polizia dove i due lavorano, la 13ma divisione 8 notturna, telefona Frank, che s’identifica pronunciando in apertura “Diamante 13” e convocando immediatamente Mat. I due Film s’incontrano in un locale. Frank è molto malato, gli restano pochi mesi di vita. Propone a Mat un lavoro rapido, con in ballo molti soldi: un funzionario del Consiglio d’Europa trasporta droga e Frank, che appartiene all’antidroga, vuole incastrarlo dall’interno del sistema, prima di morire. Come ricompensa da parte della giustizia, v’è un milione di euro, da dividere a metà con Mat. Un lavoro pulito, insomma. I due parlano anche di Calhoune, ex di Mat, e non più innamorata di lui, che ha fatto carriera in un lampo. Poi Mat viene chiamato sul luogo di un omicidio e i due si danno appuntamento all’indomani sera. V’è stata una rapina in una farmacia e uno dei ladri tiene in ostaggio una donna, di fronte Notre Dame. Mat fa secco il delinquente. Una fotografa, intanto, pedina il comandante. Mat la incontra in un bar: forse lei ne è innamorata, ma – sostiene lui – merita più di uno sbirro. Mat è un bevitore abituale, che vive in un tugurio sporco e malandato. La mattina dopo, viene convocato da Calhoune, della disciplinare – i due si sono lasciati 5 anni prima. Calhoune gli mostra un filmato, in cui lui e Frank partecipano a una sparatoria con dei narcotrafficanti. Frank era sotto controllo da tempo, per la conduzione delle sue indagini in maniera troppo personale. Poi un altro filmato, in cui Frank abbraccia uno dei principali trafficanti di cocaina. Calhoune accusa Frank di essere da tempo in affari coi narcotrafficanti. Anche Mat sarebbe coinvolto nell’inchiesta, perché quel tale che ha ucciso nella sparatoria era, in realtà, uno che voleva uscire dal giro, uno scomodo, e Mat non poteva non saperlo. Se Mat rivela il piano di Frank, sarà salvo. Mat però non intende difendersi, ritenendo che la disciplinare agisca come vuole. Frank, intanto, si trova al rifornimento, ove avviene il passaggio della droga. Lì strangola nel bagno il corriere, poi sale sull’auto che attendeva quest’ultimo. Fa andare fuori strada il conducente, ma, quando questo tenta di ucciderlo, lo fredda. Rimane però gravemente ferito, ha dei proiettili nello stomaco. Mat, nel frattempo, salva una ragazza di colore, che vuole suicidarsi lanciandosi da un pilone. Lei si chiama Farida, ha una sentenza in sospeso per droga. Mat la tiene un po’ in stato di fermo, poi la lascia andare. Frank, invece, viene prelevato con violenza dalla sua auto e ucciso, in mezzo alla campagna. È Mat che ne ritrova il cadavere, in centro, a bordo della sua auto. Accorre la polizia per i controlli e i rilievi, Leon piange. Viene poi condotta l’autopsia. Mat è sospeso, mentre il caso viene Tutti i film della stagione tolto a Calhoune. Si rifà viva Farida e trascorre la notte con Mat. Qualcuno lo pedina; lui s’incontra con la fotografa, cui sono state recapitate le fotocopie di un diario scottante, che nasconde qualcosa di enorme. Una sera, Mat viene accerchiato e condotto dal boss della droga, Ladje, che vuole collabori con lui e gli impone un ultimatum di 48 ore. Rientrato a casa, trova Calhoune: Frank pare possedesse dei documenti che comprometterebbero molti pezzi importanti. Funerali di Frank, v’è tutta l’alta società. I suoi superiori ostacolano Mat, intimandogli di farsi da parte, che la questione è troppo grossa per lui. Mat si reca nella casa in campagna di Frank, trova degli indizi, mentre al pianoforte v’è uno spartito dal titolo “Diamant 13” e Mat accenna qualche nota. Grazie agli indizi, Mat si reca in aeroporto. Scassina un’auto lì parcheggiata, targata Corpo Diplomatico, e vi rinviene, insieme a un cadavere, una valigia piena di euro e una piena di droga. Convoca il boss e si danno appuntamento nella stazione di servizio. In cambio della refurtiva, Mat vuole il nome di chi ha ucciso Frank. Sfugge a un agguato, cambia auto dal carrozziere e infine torna a casa, dove trova Farida. Per sicurezza, la accompagna in stazione, per farla sparire e metterla al sicuro. Le da dei soldi, le raccomanda di fare attenzione, ma degli sgherri la rapiscono. Qualcuno, intanto, ha svaligiato la casa di Leon, rubando la pistola di ordinanza che Mat le aveva consegnato da custodire. Leon era amante di Frank. Gli sgherri consegnano a Mat un dito mozzato di Farida. Giunto nel quartiere del boss, la trova ferita. Per metterla al sicuro, la conduce e la affida a Django, l’amico dell’auto-demolizione. Va a ritirare un plico alla posta, che contiene un cd, la musica “Diamant 13”, che poi Mat va a suonare all’organo in chiesa. Spunta un sacerdote armato, che gli consegna il diario autentico, e aggiunge che ha confessato Frank qualche giorno prima che morisse. Assicura che non era affatto un uomo corrotto: “Aveva a che fare con la corruzione e ne era disgustato. Era un uomo onesto, confuso da un mondo troppo sporco e violento. Quanto ai metodi con cui lo combatteva, chi potrebbe giudicarli, a parte lui stesso?”. Mat lascia il diario al sacerdote, chiedendogli la cortesia di farlo pervenire alla persona e all’indirizzo indicato, ma non prima del giorno seguente. Il carrozziere Django e la ragazza vengono trovati morti. La fotografa consegna a Mat un video con un summit tra un senatore, i boss, Calhoune, che temono dell’esistenza del quaderno, dell’azione di Mat… Mat ora è ricercato, la ragazza è 9 stata uccisa con la sua pistola. Parla del quaderno al suo superiore, ma quello gli dice che non avrà successo, poi viene aggredito e arrestato. Contratta: il suo prezzo resta invariato, ma vuole uscire puro dalla vicenda. Così si accordano. “Ognuno ha il suo prezzo” sentenzia il senatore corrotto. Mat attende al porto per la consegna. Arriva Calhoune: è lei che ha ucciso Frank, e Django per legittima difesa e la ragazza per crimine passionale. “Per Ladje? Per i politici corrotti?” chiede Mat. Lei gli si offre ancora, ma lui rifiuta, lasciandole i soldi. Lei prende la rincorsa in auto, sta per investirlo, ma Leon la uccide. Arrivano quindi il boss e i suoi, mentre Mat da fuoco all’auto. Alla fotografa, in redazione, viene recapitato il quaderno originale. Mat e Leon si ritrovano sulla tomba di Frank. Mat le consegna una borsa piena di soldi, “da parte di Frank” – sostiene. Lui ha intenzione di andare lontano. Il film si conclude al porto, dove un suonatore di strada suona alla fisarmonica “Diamant 13” e Mat gli da un soldo, prima di andare via, di spalle. uro, crudele, eppure animato da un accento di poesia: Diamant 13, che è l’intestazione francese, la parola d’ordine per farsi riconoscere da un vecchio amico, ma soprattutto il titolo di un malinconico brano musicale, che fa da colonna sonora nei momenti topici del film e accompagna gli ultimi passi di Depardieu a conclusione dell’opera. Si tratta di un polar, un poliziesco alla francese, criptico, mediocre, nel quale sovrabbondano i particolari macabri, raccapriccianti, in parallelo con le nefandezze delle quali l’uomo può essere capace nella vita. Mat, protagonista solitario e tormentato, si agita in un’atmosfera cupa, notturna, tra bar ove ubriacarsi e locali fumosi, animata da tradimenti, incontri convulsi, inseguimenti, intrighi, intrecci loschi tra poliziotti corrotti e malaffare, pedinamenti, con i capi che ostacolano le sue indagini e lui stesso che le conduce con metodi violenti e ai limiti del consentito. È un vizio che hanno quelli della sua generazione… Come Frank, fraterno amico di gioventù e collega di Mat, che lo coinvolge per risolvere un affare di droga, riguardante eminenti autorità cittadine, con la seduzione di un ricco bottino da spartire tra i due. Frank non ha più nulla da perdere: un tumore lo sta devastando e pare smarrisca il limite, pronto a compiere tutto, divenendo arbitro della vita e della morte propria e altrui. Ma se la vita lo condanna, a una morte violenta e alla D Film damnatio memoriae, con l’accusa di essere in affari coi narcotrafficanti che avrebbe dovuto combattere, la morte e le indagini lo riabilitano. E, in un totale ribaltamento dei ruoli, si scopre poi che i tanto compassati superiori che indagano sono invece più d’ogni altro invischiati nel malaffare. È quanto emergerà da un quaderno di memorie infine recapitato alla bella fotoreporter, presenza labile nella scena, ma chiave di volta del film... È l’unica che si salva dalla generale mattanza e devastazione che investe Tutti i film della stagione tutti coloro che entrano in contatto con Mat: Frank, l’amico Django, Farida, amante di una notte, Calhoune, la donna fatale (Asia Argento), sua ex compagna nella vita diventata nemica fino alla morte, pur con qualche ripensamento... Lui sopravvive, ma, in fondo, è stato sconfitto, come loro ugualmente dannato. Gli appassionati impeti personali si spengono infatti nella rassegnazione innanzi a un sistema di potere e di corruzione enorme ed invincibile. I cliché di un film noir ci sono tutti, dai bassifondi cittadini, all’imperversante violenza, all’ambientazione fumosa, opprimente. Protagonisti bianchi e neri divengono testimonianza del multiculturalismo francese. Ma il film è lento, pesante, con una sceneggiatura a tratti oscura e ingarbugliata e, in vari momenti, perfino noioso. E forse non appare un caso che, nonostante nomi importanti come Depardieu o Asia Argento, la pellicola, in Italia, sia uscita in pochissime sale. Luca Caruso IRON MAN 2 (Iron Man 2) Stati Uniti, 2010 Regia: Jon Favreau Produzione: Kevin Feige per Paramount Pictures/ Marvel Entertainment/ Marvel Studios/ Fairview Entertainment Distribuzione: Universal Prima: (Roma 30-4-2010; Milano 30-4-2010) Soggetto: personaggio tratto dal fumetto creato da Jack Kirby, Stan Lee, Don Heck e Larry Lieber Sceneggiatura: Justin Theroux Direttore della fotografia: Matthew Libatique Montaggio: Richard Pearson, Dan Lebental Musiche: John Debney Scenografia: J. Michael Riva Costumi: Mary Zophres Produttori esecutivi: Louis D’Esposito, Susan Downey, Jon Favreau, Alan Fine, Stan Lee, David Maisel, Denis L. Stewart Produttore associato: Eric Heffron Co-produttori: Victoria Alonso, Jeremy Latcham Direttori di produzione: Gilles Castera, Basil Grillo, Thomas J. Whelan Casting: Sarah Finn, Randi Hiller Aiuti regista: Delphine Bertrand, Chris Castaldi, Vanessa Djian, Eric Heffron, Gil Kenny, Janek Sirrs, Jonathan Taylor, Jennifer Truelove Operatori: Colin Anderson, Peter Berglund, Glenn Brown, Joseph V. Cicio, Spencer Combs, Graham Hall, Gary Hatfield, John Joyce, Tommy Maddox-Upshaw, Roger McDonald, Tim Wooster Operatore Steadicam: Joseph Arena Supervisore art director: David F. Klassen Art directors: Page Buckner, Michael E. Goldman, Suzan Wexler Arredamento: Lauri Gaffin Effetti speciali trucco: Arjen Tuiten Trucco: David Abbott, Allan A. Apone, Kim Ayers, Kate Biscoe, John Blake, Jamie Leigh DeVilla, Amy L. Disarro, Silvina Knight, Mike Mekash, Viola Rock, Keith Sayer, Nicole Sortillon, Rocky Faulkner Acconciature: Thom Cammer, Kay Georgiou, Kelly Muldoon, Tijen Osman, Terrie Velasquez Coordinatore effetti speciali: Daniel Sudick Supervisori effetti visivi: Daniel P. Rosen (Evil Eye Pictures), Stephen Pepper (The Embassy), Alessandro Cioffi ony Stark, ricchissimo industriale e genio scientifico, ha dichiarato al mondo di essere Iron Man E, durante la cerimonia inaugurale del T (Trixter Film), Ian Dawson (Prologue), Scott Gordon (Pixomondo), Jake Morrison (GOAT), Edson Williams (Lola Visual Effects), Andrew Hellen, James Madigan, Janek Sirrs Coordinatori effetti visivi: Adam Chazen (Pixomondo), Kathryn Fowler, Darrell Hunt, Bryce Nielsen, Katrissa ‘Kat’ Peterson Supervisori costumi: Dawn Y. Line, James W. Tyson Supervisore musiche: Dave Jordan Supervisori animazione: Rick O’Connor, Marc Chu (ILM), Paul A. Davies (Double Negative), Simone Kraus (Trixter Film) Animazione personaggi: Tom Narey, Beth Sleven, Nicole Herr, David M. Breaux Jr. (Pixomondo), Makoto Koyama (ILM), Robert Kuczera, Marco La Torre, Daniel Sappa, Chris Stenner (Trixter Film) Animazione: Jean-Denis Haas, Marco Foglia, James Bennett, Joseph Kim, Alexander K. Lee, Stephen King, Chansoo Kim (ILM), Adam Marisett, Alex Gatsis (Embassy VFX), Aldo Gagliardi, Prothais Nicolas, Samy Fecih (Double Negative), Allen Holbrook, Stafford Lawrence, Virgil Manning, Jason McDonald, Colin McEvoy, Travis Tohill, Clare Williams, Wesley Mandell, Daniele Mieli, Jess Morris, Chris Olsen, Terence P. Reilly, Mike Safianoff, Beth Sleven, Michael Bomagat, Stephen Casey, Leslie Fulton, Suono: Keith Sasser, Christopher T. Silverman Interpreti: Robert Downey Jr. (Tony Stark), Don Cheadle (colonnello James/ ‘Rhodey’ Rhodes), Scarlett Johansson (Natalie Rushman/ Natasha Romanoff), Gwyneth Paltrow (Pepper Potts), Sam Rockwell (Justin Hammer), Mickey Rourke (Ivan Vanko), Samuel L. Jackson (Nick Fury), Clark Gregg (agente Coulson), John Slattery (Howard Stark), Jon Favreau (Hogan), Paul Bettany (voce di Jarvis), Kate Mara (Bethany Cabe), Leslie Bibb (Christine Everhart), Garry Shandling (senatore Stern), Christiane Amanpour, Larry Ellison, Adam Goldstein, Stan Lee (se stessi), Philippe Bergeron (detective Lemieux), James Bethea, Michael Bruno (addetti alla sicurezza), Luminita Docan (giornalista russa), François Duhamel (fotografo francese), Tim Guinee (maggiore Allen), Eric L. Haney (generale Meade), Yevgeni Lazarev (Anton Vanko), Isaiah Guyman Martin IV (operatore audiovisivo ), Helena Mattsson ( Rebecca ), Anya Monzikova (Rebeka), Kate Clark, Keith Middlebrook Durata: 124’ Metri: 3400 grandioso Stark Expo, fa un trionfale ingresso sul palco, accolto da una folla osannante, alla quale illustra i suoi piani e desideri: un mondo in cui regna la pace e in 10 cui, grazie alla tecnologia, tutti gli uomini possano vivere bene, in salute, godendosi il divertimento e i piaceri della vita. Dopo un’uscita da vera star, gli viene consegna- Film to un mandato di comparizione per la mattina successiva innanzi alla Commissione per i servizi armati del Senato a Washington. Lì, il senatore Stern vuole convincerlo a vendere l’arma Iron Man al governo degli Stati Uniti, ma Tony rifiuta, perché non può rendere schiavo se stesso. Tony sostiene di non poter cedere le proprie attrezzature, ma di aver tuttavia privatizzato la pace nel mondo con grande successo. Le sue armi, che nessuno potrà avere per i prossimi 5/10 anni, servono da deterrente nucleare e l’America può vivere e prosperare in pace. Intanto, qualcuno in Russia lo segue ininterrottamente in tv, lavorando a dei congegni elettronici in una oscura officina. Si tratta del fisico Ivan Vanko, figlio di Anton Vanko, dapprima collaboratore del padre di Tony, ma che poi venne fatto confinare in Siberia, per spionaggio. Ivan, che, a sua volta, ha contrabbandato armi in Pakistan, nutre pertanto un profondo odio per il successo ottenuto dagli Stark al costo della rovina della sua famiglia e cova desiderio di vendetta. Dopo un acceso diverbio con la sua segretaria, Virginia Pepper Potts, Tony la nomina presidente e amministratore delegato delle Stark Industries e quindi suo successore. Nel Principato di Monaco, Tony deve partecipare al Gran Premio di Formula 1. Poco prima, ha un breve incontro con il suo rivale Justin Hammer, un industriale specializzato in armamenti, che intende presentare una scoperta allo Stark Expo. Mentre le autovetture gareggiano al GP, appare il russo Ivan Vanko, che indossa un’armatura simile a quella di Iron Man, con reattore Arc, e con una frusta colpisce le auto in corsa. Pepper e l’autista irrompono nel circuito e raggiungono Tony mentre affronta Ivan. Tony si fa passare una valigetta, che si rivela l’armatura di Iron Man, e la indossa. Lotta contro Vanko, stacca la batteria della sua corazza e lo sconfigge. Vanko viene arrestato e i due s’incontrano in prigione. Tony si complimenta per la tecnologia del rivale, molto simile alla sua, notando che poteva venderla alla Cina, all’Iran, alla Corea del Nord, oppure al mercato nero. Quello replica che suo padre Anton Vanko è la ragione per cui Tony è vivo, che la famiglia Stark ha distrutto molte vite, gli predice la morte e frattanto sorride. Justin Hammer riesce quindi a far evadere di prigione Vanko (che, in seguito a un’esplosione e grazie a un sosia, viene ritenuto morto), proponendogli un affare: vuole essere il suo benefattore. Lo conduce pertanto nei suoi laboratori, per farlo lavorare a delle armature militari da presentare allo Stark Expo, battendo la tec- Tutti i film della stagione nologia di Tony e al fine di realizzare droni per il governo. Tony aveva assicurato che nessuno avrebbe posseduto quella tecnologia per i 20’anni successivi, invece Vanko ne dispone già. Ora il governo vuole mandare l’esercito da Tony a prelevargliela con la forza, ritenendo che Iron non lavori più a protezione del Paese, mentre le persone si domandano se, a causa del suo comportamento anomalo, sia ancora in grado di proteggere l’America. Intanto è il compleanno di Tony, forse l’ultimo, perché il palladio nel torace, che è la sua forza, lo sta consumando con la sua tossicità. Vestito da Iron Man, Tony si ubriaca. Durante la festa, mentre è completamente brillo, irrompe un altro robot, che gli ingiunge di svestire l’armatura, poiché non merita di portarla. I due lottano furiosamente, ma nessuno vince. L’aggressore, che si rivela il suo amico colonnello Rhodey, intervenuto per placare Iron e responsabilizzarlo, torna quindi alla base militare, dopo aver sottratto un’armatura a Tony. Questa viene consegnata dall’esercito ad Hammer, con la richiesta di potenziarla. Iron, allontanato dalla dirigenza della Stark da Pepper, che ora è coadiuvata dall’assistente Nathalie Rushman, s’incontra con l’agente segreto Nick Fury, (e la stessa Nathalie, che si rivela l’agente Natasha Romanoff). Iron confida di aver provato tutte le alternative al palladio, senza aver trovato quella giusta. Nick gli consegna una cassa con del materiale appartenuto al padre, Howard Stark, secondo il quale Tony sarebbe stata l’unica persona con i mezzi e la conoscenza per portare a compimento lo sviluppo di un’importantissima energia alternativa. Tony vi ritrova un video del genitore, anche lui geniale scienziato, ma con il 11 quale aveva avuto un rapporto tormentato. Howard, in un video rivolto al figlio, notava tuttavia che era proprio Tony la sua creazione più importante. Grazie a dei vecchi appunti del padre e a indicazioni da lui criptate, Tony riesce a creare un nuovo elemento come alimentatore, sostituendo così il velenoso palladio. Hammer intanto rimprovera Vanko perché, nonostante gli abbia salvato la vita, Ivan non gli ha fornito le armature promesse. Per fortuna però lui ha recuperato un prototipo della Stark. Ivan si rifà invece vivo con Tony, minacciandolo che adesso gli farà subire in 40 minuti quel che suo padre ha fatto a lui ed alla sua famiglia più di 40’anni fa, quando li segregò in Siberia, rivelando inoltre la vera storia della famiglia Stark. Stark Expo. Hammer vive il suo momento di gloria, riconoscendo l’innovazione sbalorditiva di Iron, ma accusando Tony di aver tenuto segreta quella tecnologia. Tocca quindi a lui svelare il nuovo volto dell’esercito degli Stati Uniti, il drone Hammer. Durante la sua spettacolare presentazione, irrompe Iron, che, dopo aver scambiato alcune battute con Rhodhey, assoldato nella milizia di Hammer per volere dell’esercito (inconsapevole che Hammer s’è alleato con Vanko), chiede a quest’ultimo dove sia il fisico russo. Ma è troppo tardi: l’intero sistema è stato compromesso e Rhodey e tutto l’esercito di droni è manipolato da Vanko. La situazione è fuori controllo: l’esercito insegue Iron, che riesce a fronteggiarlo, mentre i civili fuggono. Natasha s’insinua nel quartier generale di Hammer, dov’è all’opera Vanko, frattanto scomparso, e libera Rhodey dal controllo del russo. Spunta, però, un nuovo esercito di decine di droni. Iron e Rhodey li Film combattono, annientandoli. Hammer viene arrestato. Incombe infine un drone più potente: Ivan, che sembra imbattibile. Iron e Rhodey riescono però a distruggerlo. Tutti i droni, i cui rottami sono disseminati per l’intera area dell’Expo, erano dotati di esplosivo: tutta la zona sta per saltare in aria. Iron salva Pepper e i due volano via, destinati a ripristinare in azienda le cose com’erano e, infine, si baciano. Tony parla con Nick, che ritiene sarà meglio inserirlo nell’operazione ‘Vendicatori’ solo come consulente, mentre il film si conclude con la consegna di un’onorificenza a lui e Rhodey da parte del senatore Stern. temi forti di quest’ennesimo film tratto dal mondo Marvel sono il passato e il futuro. Un passato non limpido e irrisolto, che s’incarna nelle sembianze di Ivan Vanko, deciso a vendicare il padre Anton (che muore nelle prime scene) e in quelle di Howard Stark, padre di Tony, che compare in vari video e che, seppur morto, saprà riscattare il suo rapporto col figlio, con parole suadenti che gli accarezzano il cuore e con dei progetti che gli salvano la vita. I nomi di Anton e Howard figurano, poi, insieme a firma di vecchi progetti sul reattore Arc, in possesso di Ivan e Tony. Un futuro rutilante e ipertecnologico, dove gli uomini assumono fattezze di robot e nel quale si auspica che si possa vivere in I Tutti i film della stagione pace, anche se il punto di vista dal quale vengono considerati gli scenari geopolitici mondiali appare troppo statunitense. Denso di frasi patriottiche, il film ripropone infatti il trauma mai superato di una competizione con la Russia, ov’è stato confinato Anton Vanko e da dove riaffiora più agguerrito e furioso che mai suo figlio Ivan, e delle ‘potenze del male’, detentrici di armi micidiali da utilizzare contro gli States: Iran, Cina, Corea del Nord. Tony, il superuomo, il supereroe, si riconcilia quindi con suo padre e con il suo passato, assicurandosi così anche il futuro, grazie alla scoperta di un nuovo elemento. Per via della sua dichiarazione, che lui è Iron Man cioè, attrae, con non celata vanagloria, tutte le attenzioni del mondo su di sé, della gente, per la quale è un idolo, e del governo, che intende impossessarsi delle sue conquiste scientifiche. Tycoon che si compiace eccessivamente di se stesso, risultando però molto simpatico, con un sorriso e una gestualità da telecamera sempre fissa su di sé, robot al limite dell’onnipotenza, non regge tuttavia allo stress e si rivela pur sempre uomo, con le sue debolezze, la malattia, la sbornia e i sentimenti, che, alla fine, lo spingono a baciare la sua bella segretaria Virginia Pepper Potts. Pellicola di azione ed effetti speciali a profusione, si fonda su una trama articolata ma, in fondo, scorrevole: il protagonista, Tony, affiancato da amici fedeli e belle donne in carriera ma pronte ad aiutarlo, l’antagonista invidioso, Hammer, che si allea con colui che è raffigurato come forza del male, Vanko, per sconfiggere il rivale, e una serie di attori secondari che forniranno il loro aiuto per risolvere al meglio la storia. Il governo e le compagnie concorrenti, cui non garba che la pace nel mondo sia mantenuta da un deterrente che non gli appartiene, tentano di appropriarsi dell’armatura. Il problema, benché venga solo accennato, è tuttavia molto serio: può la pace essere delegata all’esclusivo monopolio delle armi? È possibile affidare tale monopolio alla volubile discrezionalità di un unico soggetto privato? Tony, l’eroe indiscusso, viene lentamente svuotato da due alter ego, altrettanto motivati, ma di lui meno brillanti e meno fortunati: Ivan Vanko, alter ego del Tony inventore, e Justin Hammer, alter ego del Tony imprenditore. Tony entra in crisi e sta per uscire definitivamente di scena, con il sangue intossicato dal palladio. Riemerge, però, dalla crisi ancor più smagliante di prima: riconciliato col padre, sbaraglia gli avversari, riconquista la fiducia degli amici e trova infine l’amore. Non privo di una certa, garbata ironia, il film scorre rapido e si lascia guardare con piacere: gradevole, pur non aggiungendo nulla alla storia del cinema. Luca Caruso APPUNTAMENTO CON LAMORE (Valentines Day) Stati Uniti, 2010 Acconciature: Alan D’Argento, David Danon, Kelly Muldoon, Janine Rath, Nicole Venables Supervisore effetti speciali: Jeremy Hays Supervisore effetti visivi: Dottie Starling (Wildfire VFX) Coordinatori effetti visivi: Elbert Irving IV, Katie Miller (Wildfire VFX) Supervisore musiche:Julianne Jordan Interpreti: Jessica Alba (Morley Clarkson), Kathy Bates (Susan ), Jessica Biel (Kara Monahan ), Bradley Cooper (Holden), Eric Dane (Sean Jackson), Patrick Dempsey (Dr. Harrison Copeland), Hector Elizondo (Edgar), Jamie Foxx (Kelvin Moore), Jennifer Garner (Julia Fitzpatrick), Topher Grace (Jason), Anne Hathaway (Liz), Carter Jenkins (Alex), Ashton Kutcher ( Reed Bennett ), Queen Latifah ( Paula Thomas), Taylor Lautner (Willy), George Lopez (Alphonso), Shirley MacLaine (Estelle), Emma Roberts (Grace), Julia Roberts (Kate Hazeltine), Bryce Robinson (Edison), Taylor Swift (Felicia ), Matthew Walker (Greg Gilkins), Larry Miller ( agente ), Beth Kennedy ( Claudia Smar t ), Katherine LaNasa (Pamela Copeland), Kristen Schaal ( Ms. Gilroy), Erin Matthews ( assistente di volo ), Christine Lakin (Heather), Lauren Reeder (impiegata dell’hotel), Joey Sorge (Amos) Durata: 117’ Metri: 3220 Regia: Garry Marshall Produzione: Mike Karz, Wayne Allan Rice, Josie Rosen per New Line Cinema/ Rice Films/ Karz Entertainment Distribuzione: Warner Bros. Pictures Prima: (Roma 12-3-2010; Milano 12-3-2010) Soggetto e sceneggiatura: Katherine Fugate, Abby Kohn, Marc Silverstein Direttore della fotografia: Charles Minsky Montaggio: Bruce Green Musiche: John Debney Scenografia: Albert Brenner Costumi: Gary Jones Produttori esecutivi: Samuel J. Brown, Michael Disco, Diana Pokorny Produttori associati: Russell Hollander, Mark Kaufman Direttore di produzione: Diana Pokorny Casting: Deborah Aquila, Mary Tricia Wood Aiuti regista: Gregory J. Pawlik Jr., Jeffrey Schwartz, David H. Venghaus Jr. Operatori: Michael A. Chavez, Colin Hudson, Georgia Packard Operatori Steadicam: Jason Ellson, Colin Hudson Art director:Adrian Gorton Arredatore: K.C. Fox Trucco: Nicki Ledermann, Tracey Levy, Tricia Sawyer, Janeen Schreyer 12 Film l giorno di San Valentino a Los Angeles si intrecciano le vite di varie persone in cerca d’amore. Un fioraio italoamericano chiede alla fidanzata di sposarlo. La ragazza accetta, ma poi lo lascia. A consolarlo ci pensa una sua amica che, proprio in quel giorno, scopre che il suo compagno è sposato da anni con un’altra donna. I due finiscono per mettersi insieme. Una soldatessa in licenza per vedere il figlio fa il viaggio in aereo con un uomo innamorato di un giocatore di football. Quest’ultimo proprio il giorno di San Valentino, fa outing a una conferenza stampa per vivere la relazione alla luce del sole. Intanto la sua press agent, single convinta, si lascia conquistare da un giornalista intervenuto all’evento. Una segretaria, per arrotondare lo stipendio, lavora come centralinista in una linea erotica. Il fidanzato saputolo la lascia, ma poi, dopo una discussione con un uomo anziano che ha perdonato il tradimento della moglie, ci ripensa e ritorna da lei. Un bambino è follemente innamorato della sua maestra e, dopo diverse peripezie, riesce a consegnarle un mazzo di fiori. La maestra gli fa capire che dovrebbe dedicare le sue attenzioni a qualcuno della sua età; allora il bambino regala i fiori alla sua compagna di giochi. I Tutti i film della stagione Due adolescenti pianificano la loro “prima volta” il giorno di San Valentino. Un imprevisto sconvolge i loro piani e i due comprendono di non essere pronti per il grande passo. a crisi è arrivata anche ad Hollywood. Questa è l’unica spiegazione plausibile per giustificare la presenza di attori di un certo spessore (Kathy Bates ad esempio) in una pellicola sciatta, monotona e, ammettiamolo, brutta come Appuntamento con l’amore. L’idea originale (se così si può definire) mirava a ricreare le atmosfere, il gioco a incastro del riuscitissimo Love Actually e ambientarlo negli Stati Uniti il giorno di San Valentino. Poi, siccome è meglio abbondare, inserire più attori possibili e un po’ per tutti i gusti: la star, il belloccio amato dalle teenagers, la diva, le vecchie glorie, le nuove leve. Peccato che la stessa premura nel coinvolgere gli interpreti sia venuta a mancare nella scelta degli sceneggiatori, o più semplicemente del soggetto iniziale, forse il risultato sarebbe stato differente. Il regista Garry Marshall, sfortunatamente, si è lasciato prendere un po’ troppo la mano e, nello sviluppare in pellicola, il concetto di “leggera evasione” ha dimenticato le basi della commedia stessa. L La trama, pur con tutti gli incroci del caso, è inconsistente, ci sono storie molto prolisse e altre risolte in poche battute, alla fine semplicemente funzionali alla quadratura del cerchio. Ma i conti non tornano e le forzature si vedono con troppa facilità. Operazioni di questo genere richiedono una parvenza di “giocosa armonia” che in Appuntamento con l’amore manca completamente. Si percepisce il lavoro a tavolino e la mancanza di mestiere in ogni fase di realizzazione. L’Amore, il tema che accomuna il girotondo dei protagonisti, è , ovviamente, stereotipato e inserito in scatolette preconfezionate da cui sbucano adolescenti con gli ormoni impazziti, ragazze single che hanno paura di rimanere sole, donne tradite, uomini che si innamorano dell’amica del cuore. E si potrebbe andare avanti con un carosello infinito di banalità. Probabilmente, il vero problema della pellicola è Pretty Woman, o meglio l’eccessivo peso cinematografico che viene dato a questa creatura di Marshall, che puntualmente svetta in cima alle classifiche dei migliori film romantici di tutti i tempi. Se milioni di persone ti confermano che hai girato un “capolavoro” è difficile rimanere con i piedi per terra e non girarne altri (magari con un decimo del dispiego energetico). E questi sono i risultati. Francesca Piano RAGAZZI MIEI (The Boys Are Back) Australia/Gran Bretagna, 2009 Art director: Janie Parker Arredatore: Glen W. Johnson Trucco e acconciature: Dorka Nieradzik Supervisore effetti speciali: Angelo Sahin Supervisore effetti visivi: Marty Pepper Supervisori costumi: Elly Kamal, Marco Scotti Supervisori musiche: Chris Gough, Ian Neil Suono: Adrian Rhodes Interpreti: Clive Owen (Joe Warr), Nicholas McAnulty (Artie Warr), George MacKay (Harry Warr), Emma Booth (Laura), Laura Fraser (Katy Warr), Julia Blake (Barbara), Chris Gaywood (Tom), Erik Thomson (Digby), Natasha Little (Flick), Lewis Fitz-Gerald (Tim Walker), Nakia Pires (Lucy), Emma Lung (Mia), Steven Robertson (direttore), Georgina Naidu (Paula), Daniel Carter, Adriana Conde, Chantal Dwarka, Connor Marinos, Elysia Markou, Briana Richards (bambini della Digby & Paula), Donna Lean (insegnante di Artie), Luke O’Loughlin (Bree), Kate Cullen Roberts (segretaria scuola), Johnny Frisina (ragazzo pesce9, Cody Faucett (ragazzo Kangaroo), Susie Collins (PA ufficio giornale), Michael Allen, Andy Ciencela (uomini sulla spiaggia), Eliza Lovell, Grace Soderman (donne sulla spiaggia), Anni Finsterer (giornalista tennis), Sanjaya Patterson (infermiera) Durata: 104’ Metri: 2850 Regia: Scott Hicks Produzione: Greg Brenman, Timothy White per Australian Film Finance Corporation (AFFC)/BBC Films/ Hopscotch Productions/ Screen Australia/The South Australian Film Corporation/ Southern Light Films/ Tiger Aspect Productions Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures Prima: (Roma 25-6-2010; Milano 25-6-2010) Soggetto: tratto dal romanzo autobiografico The Boys Are Back in Town di Simon Carr Sceneggiatura: Allan Cubitt Direttore della fotografia: Greig Fraser Montaggio: Scott Gray Musiche: Hal Lindes Scenografia: Melinda Doring Costumi: Emily Seresin Produttori esecutivi: Peter Bennett-Jones, Clive Owen, David M. Thompson, Jane Wright Produttore associato: Jessica Beiler Line producer: Paul Ranford Casting: Nikki Barrett, Nina Gold Aiuti regista: Danielle Blake, Toby Hosking, Scott Lovelock, Chris Webb Operatori: Andrew Johnson, Christopher TJ McGuire Operatore Steadicam: Andrew Johnson 13 Film oe è un giornalista sportivo di successo, che dopo essersi trasferito in Australia dall’Inghilterra, con le spalle un matrimonio fallito e un figlio abbandonato, Harry, di soli sei anni, si è risposato con Katy, una bellissima cavallerizza, da cui ha avuto un altro bambino, Artie. Katy, improvvisamente muore in pochi mesi di cancro e l’uomo si ritrova da solo a fare il padre a un figlio. Joe, ancora sconvolto dalla inaspettata perdita, deve far fronte alle quotidiane difficoltà familiari, cercando inoltre di aiutare il piccolo Artie, di otto anni, a superare il suo immenso dolore. Insieme partono per un viaggio senza meta, tra tuffi nella vasca idromassaggio, folli corse sul cofano della jeep e anche momenti di crisi. Dopo le iniziali difficoltà nell’organizzazione della casa, senza sapere bene come muoversi, padre e figlio decidono di lasciarsi alle spalle le convenzioni del mondo degli adulti, optando per una vita basata sulla massima libertà e sregolatezza. È così che la loro esistenza e la loro casa si trasformano in un vero e proprio “paradiso dei porci”, così come lo chiamano loro, in cui è possibile farsi i gavettoni in casa, correre all’impazzata tra i corridoi, scongelare polli nella vasca, non buttare mai la spazzatura, ma dove sono vietate le parolacce e la maleducazione. Ovviamente, presto in casa regna un vero e proprio caos e non mancano le critiche della premurosa suocera; per fortuna, di tanto in tanto, gli appare la cara moglie, che lo aiuta con i suoi consigli. Per Joe non è facile far fronte e gestire tante piccole incombenze quotidiane, a cui non è mai stato abituato, cercando, allo stesso tempo, di non perdere il proprio posto di lavoro. Ogni tanto gli offre il suo aiuto una donna separata, Laura, che spera inutilmente di conquistarlo. Ad aggravare la situazione arriva anche Harry, il figlio adolescente nato dal suo primo matrimonio, che si unisce, con il proprio bagaglio emotivo, per trascorrere insieme al padre le vacanze estive. Padre e figlio quasi non si conoscono e lo scontro è immediato. Harry cerca una risposta al suo abbandono e Joe è costretto a fare i conti con le sue responsabilità. La situazione si complica quando Joe per lavoro deve partire e i due ragazzi si trovano a rimanere soli per due giorni. Le cose non vanno come previsto e l’uomo deve ritornare di corsa a casa, ma non trova più Harry, che spaventato è tornato in Inghilterra. Così Joe si vede costretto a riprendere in mano le redini e a comportarsi finalmente da genitore. Con Artie va a riprendersi suo figlio per portarlo con sé una volta per tutte. J Tutti i film della stagione asandosi sul romanzo autobiografico del giornalista inglese Simon Carr, Scott Hicks regista premio Oscar per Shine, dirige The Boys are back in Town, ispirato alla toccante, simpatica e commovente storia vera di un uomo, che improvvisamente si ritrova a dover crescere i suoi due figli da solo. Distribuito dalla Walt Disney Ragazzi miei, oltre al tema del lutto, affronta il difficile rapporto padre-figlio, puntando i riflettori sulle difficoltà di un uomo nel rimettere insieme i pezzi della sua vita e nell’affrontare compiti che solitamente sono affidati alle donne. Il regista sceglie una chiave di lettura leggera per una storia che non lo è affatto. L’idea infatti è quella di elaborare il dolore, instaurando con il figlio un rapporto tra uomini, in una speciale isola esistenziale di disordine e fanciullesca anarchia. Il gioco e la complicità così hanno il compito di avvicinare Joe ai suoi figli. C’è anche una donna ad aiutarlo, con cui potrebbe scoppiare la passione, ma questa è una storia tutta al maschile, in cui uno dei tanti Peter Pan riesce a volare via dall’ “isola che non c’è”, per poi trovare, attraverso un viaggio fuori e dentro di sé, finalmente la sua dimensione. Le straordinarie musiche e i magnifici paesaggi australiani, incorniciati da una splendida fotografia, sono tra gli elementi che contribuiscono ad innalzare il livello della pellicola, sorretta tutta da un intenso e credibile Clive Owen e dal piccolo Nicholas McAnulty, nel ruolo non facile di Artie, bambino che, apparentemente, sembra indifferente alla morte della madre, ma che si ritrova invece a dover fare da spalla anche al padre. Il più grande Har- B ry, primo figlio di Joe, si ritroverà in un mondo sconosciuto e lontano anni luce dalla sua educazione, oltre che a contatto con un padre che l’ha abbandonato per la sua nuova vita. Sarà questo conflitto, oltre a quelli già accumulati dall’uomo, a dare una svolta allo stile di vita di Joe, ma, soprattutto, al suo modo di essere genitore. Esemplari al riguardo le speculari sequenze a inizio e a fine film entrambe a bordo di un auto, raffiguranti i vari protagonisti in un momento di immatura spericolatezza nell’incipit, e di consapevolezza e maturità nel finale. Che in alcuni frangenti il film possa essere discutibile a livello pedagogico è probabile, certamente alcune delle “regole non regole” imposte dal protagonista al figlio sono opinabili, ma quello che probabilmente interessa il regista è sottolineare invece come, a volte, l’amore filiale, in questo caso virato tutto al maschile, possa sopperire a fisiologiche mancanze e fare a volte di più di rigide norme comportamentali o punizioni. Di sicuro non mancano i luoghi comuni, incarnati soprattutto nella figura della nonna materna, che si oppone alla condotta del genero o della donna separata, che si interessa al giornalista, aiutandolo in casa con il figlio, nella speranza che tra loro nasca qualcosa. Nonostante questo la semplicità narrativa e la pacatezza dei toni del film ci riconcilia con la nostra parte più infantile e ci rasserena con dolcezza, accompagnandoci in un viaggio emozionante, fatto di momenti più dolorosi e commoventi e di altri più divertenti e spassosi. Veronica Barteri ABOUT ELLY (Darbareye Elly) Iran, 2009 Regia: Asghar Farhadi Produzione: Asghar Farhadi, Simaye Mehr, Mahmoud Razavi per Dreamlab Distribuzione: Mediaplex Prima: (Roma 18-6-2010; Milano 18-6-2010) Soggetto e sceneggiatura: Asghar Farhadi Direttore della fotografia: Hossein Jafarian Montaggio: Hayedeh Safiyari Musiche: Andrea Bauer Scenografia: Asghar Farhadi Costumi: Asghar Farhadi Direttore di produzione: Mohammad Sadegh Azin Trucco: Mehrdad Mirkiani Suono: Hassan Zahedi Interpreti: Golshifteh Farahani (Sepideh), Taraneh Alidoosti (Elly), Mani Haghighi (Amir), Shahab Hosseini (Ahmad), Merila Zarei (Shohreh), Peyman Moadi (Peyman), Rana Azadivar (Nassi), Ahmad Mehranfar (Manouchehr), Saber Abar (Alireza) Durata: 119’ Metri: 3260 14 Film na comitiva di amici iraniani si reca in gita al mare. Sono tutte coppie sposate con figli, ma tra loro v’è anche Elly, maestra d’asilo di una delle bambine, Morvarid, coinvolta dalla mamma di questa, Sepidè, per farla conoscere all’amico Ahmad, divorziato dalla moglie tedesca. Il gruppo intende fermarsi al mare per due, tre giorni, ma la casa che ha prenotato dev’essere liberata entro la sera successiva. Sepidè, pur sapendo di questo inconveniente, non ne ha fatto parola con gli amici, altrimenti non avrebbero intrapreso il viaggio. Alla vecchia signora che li ospita accampa la scusa che sarebbero pure disposti a dormire nelle auto, ad arrangiarsi, ma della comitiva fa parte una coppia di sposini in luna di miele... Vengono così destinati in una vecchia villa in riva al mare. I bambini corrono subito sulla spiaggia, suscitando l’apprensione dei genitori, che frattanto scaricano i bagagli, puliscono la casa e rattoppano danni e problemi. Elly, sempre sorridente, appare piuttosto taciturna e forse un po’ imbarazzata. Tutti parlano di lei, cercando di convincere Ahmad a restare solo con la ragazza, che, al telefono con la madre apprensiva, assicura che rientrerà a casa il giorno dopo. Quindi Elly va con Ahmad a fare la spesa, in automobile i due chiacchierano un po’. Frattanto le squilla il cellulare, ma lei non risponde, affermando: “Lo chiamerò più tardi con calma”. Nel momento in cui rientrano in casa, l’affittuaria sta consegnando materassi e coperte e, scorgendo quelli che le sono stati additati come i ‘novelli sposi’ (Elly e Ahmad), rivolge loro dei fragorosi auguri. Il gruppo si riunisce per cena. Quando Elly va a prendere il sale in cucina, gli amici proseguono con Ahmad nell’ironia sugli ‘sposi’. Lei li sente e si acciglia e quando rientra li trova tutti che ridono. Poi rimangono insieme a giocare. La mattina dopo, Elly insiste che deve partire e rientrare a casa. Sepidè s’impunta invece perché resti. Elly vorrebbe, ma afferma che non può proprio. Mentre le altre vanno a fare la spesa e Nazi a sbrigare delle faccende in casa, Elly rimane seduta fuori, con l’incarico di vigilare sui bambini, scoppiando di gioia nel far volare un aquilone, finalmente spensierata. Ma, dopo aver riso un po’, si rivolge a quest’ultimo così: “Scendi, avanti, io devo andare”. L’aquilone però rimane in cielo. Poco dopo le bambine vanno a chiamare disperate i genitori, che stanno giocando a pallavolo: Arash sta annegando. Gli uomini riescono a salvarlo e a rianimarlo. Solo dopo si accorgono che Elly, lasciata a vegliare sui bimbi, è in realtà scomparsa. Inutilmente la cercano a lungo per ogni dove. Intervengono anche i sommozzatori, ma in- Tutti i film della stagione U vano, sostenendo infine che, appena si calmerà, il mare restituirà il suo cadavere. Arriva quindi la polizia, meravigliandosi che il gruppo ignori le generalità della ragazza scomparsa. Nella comitiva insorge intanto il sospetto che Elly possa essersene andata via, dato che nessuno l’ha vista entrare in acqua. Sepidè aveva nascosto la sua borsa, per non lasciarla allontanare. Tutti, intanto, fissano ancora il mare e non si capacitano di cosa possa essere accaduto. La bambina Morvarid narra che aveva chiesto ad Elly di riparare il suo aquilone: lei lo ha fatto e glielo ha restituito. Quando questo è caduto in acqua, Morvarid ha scorto Arash che stava annegando, ma Elly era ancora con lei. Dopo le ricostruzioni, hanno inizio le supposizioni. Forse Elly si è offesa per qualcosa accaduto il giorno prima, o è stata rapita. Aumentano i malumori e i contrasti, tra gli uni e gli altri e all’interno delle varie coppie. Bisogna avvisare la famiglia di Elly: Amir trova il suo cellulare nella borsa della moglie Sepidè e la picchia. La madre di Elly neanche sapeva che la figlia era al mare e non riesce a fornire informazioni. Il gruppo decide così di provare a sentire il numero cui Elly non ha risposto quand’era in auto con Ahmad. Quest’ultimo telefona: l’uomo che risponde, sorpreso per la telefonata, dichiara di essere il fratello di Elly e che raggiungerà presto la comitiva. Sepidè ricorda però che Elly era figlia unica, rivelando ad Ahmad che in realtà era fidanzata. Colui che ha risposto al telefono potrebbe essere il suo uomo: Sepidè aveva nascosto il cellulare perché gli altri non gli telefonassero. Prima che questo arrivi, il gruppo discute sbalordendosi: se era fidanzata, perché ha accettato l’invito al mare? Decidono, pertanto, di far finta di credere che l’uomo sia il fratello e di dirgli, mentendo, che Elly è stata invitata al mare da Morvarid, per badare a lei, 15 non per conoscere Ahmad. Il gruppo riesce a fingere, ma il fidanzato, Alì, parlando con l’affittuaria che accenna alla triste morte della ‘sposa’ annegata e al povero ‘marito’ che era lì, scopre la verità. Il gruppo è ormai intenzionato a rivelargli come stanno le cose: che non erano a conoscenza del fatto che Elly fosse fidanzata, altrimenti non l’avrebbero invitata. Sepidè si oppone, svelando infine a tutti che lei sapeva che Elly era fidanzata, anche se voleva lasciare l’uomo, infastidita dalla sua gelosia, non intendeva sposarsi e non voleva conoscere altri uomini, almeno finché non avesse chiuso con lui. Sepidè però aveva insistito, con l’intento di presentarle il suo amico Ahmad, prima che questo tornasse in Germania. Elly aveva infine accettato, ma a condizione di rimanere una notte soltanto. Tutti decidono quindi di dire la loro verità, cioè che non sapevano fosse fidanzata, per non complicare ulteriormente la vicenda. Alì torna infuriato e sferra un pugno sul naso ad Ahmad. Poi chiede di restare da solo con chi ha invitato Elly, cioè Sepidè. Quel che vuole sapere è solo se quando lei l’ha invitata per conoscere Ahmad, Elly le abbia detto che era fidanzata, che non poteva andare. Per lui è molto importante. Sepidè nega. Qui la storia ha fine. Telefona la polizia: è stato trovato il cadavere di una donna sulla spiaggia e bisogna identificarlo. Questo compito spetta ad Alì: è Elly. Alì riparte domandandosi: “Ma perché mi hai fatto questo?”, mentre sullo specchietto retrovisore fissa la borsa di Elly. n trionfo d’angoscia: se dapprincipio il film sembra agile, vivace, ironico, perfino avventuroso, si blocca poi intorno a una tragedia che annichilisce tutti i personaggi, risucchiandoli in un vortice che nemmeno immaginano. Elly è, fin dal titolo, la protagonista sovrana del U Film film, benché compaia solo nella prima mezz’ora (su quasi due ore di pellicola), si veda pochissimo e parli ancor meno. Dopo la sua misteriosa scomparsa, permane però per tutto il film, ‘presente in absentia’, la sua ombra aleggia in ogni istante. Mentre riaffiorano alla mente la scomparsa nel nulla di Anna ne L’avventura di Antonioni, o quella di Olimpia in Le strelle nel fosso di Avati. Elly è bella, timida, imbarazzata dalla dinamica uno-molti, in quanto è lei l’unico elemento esogeno all’interno di un gruppo consolidato di mariti e mogli tra loro amici che, per quanto garbati e accoglienti, trattandosi di sentimenti (scopo dell’invito è far innamorare Elly e il divorziato Ahmad), non risparmiano battute e fastidiose risatine che escludono ancor più la ragazza. Lei appare tuttavia sempre sorridente, disponibile con tutti e desiderosa di rendersi utile, benché sia assalita da un’invincibile tristezza di fondo. Proprio nell’istante in cui sembra sciogliersi, e inizia a divertirsi spensieratamente facendo volare un aquilone, avviene la sciagura: Elly si distrae e Arash rischia di annegare, preludio a quel che sta per succedere o forse è già avvenuto anche a lei. Risolta infatti l’emergenza del bambino, il gruppo si accorge della sua scomparsa. Di qui in avanti, il film trasmette tutta l’angoscia della tragedia inevitabile: una cupa atmosfera in cui un cielo plumbeo si riflette su di un mare in tempesta, correlativo oggettivo dei sentimenti sempre più violenti che sconquassano il gruppo, in preda contemporaneamente a tristezza e agitazione. Di Elly sono rimaste solo alcune vestigia: il suo cellulare, la sua borsa, che alla fine il fidanzato fisserà attraverso lo specchietto retrovisore, mentre giace sul sedile posteriore della sua auto. Specchietto che in chiusura richiama la fessura di luce della prima scena (una cassetta per le offerte? Una buca della posta?), tramutatasi qualche istante dopo nella luminosa uscita di una galleria, sulla strada per il mare. Se prima però quella fessura è preludio a una gioia di breve durata, nella conclusione diviene definitivo epilogo della disgrazia incancellabile. A metà film il dolore diventa invece silenzio, fatto solo di sguardi, tremolii, respiri, camminate nervose tra corpi abbandonati con dolore alla notte. Quindi ha inizio l’anamnesi, alla scoperta della causa della scomparsa di Elly e, implicitamente, dell’identificazione dei colpevoli. Parola per parola, vengono setacciati tutti i discorsi e i gesti del giorno precedente, causando litigi intestini, mentre ciascuno accusa gli altri, fino alla violenza nervosa. La colpa non è però di nessuno, o forse è di tutti, per un motivo o per un altro: di chi ha invitato Elly, di chi voleva conoscerla, di chi può aver proferito una battuta che ha urtato la sua sensibilità, di chi le ha impedito di ripartire, Tutti i film della stagione di chi l’ha lasciata sola coi bambini. O è solo il dolore di una tragedia inspiegabile e senza senso, che esibisce le contraddizioni e le assurdità della vita senza tuttavia risolverle? Qual è la verità? Quella dei fatti, o quella che viene artatamente raccontata da ‘imbonitori’ maldestri, inconsapevolmente precipitati in un turbine che nessuno poteva prevedere, infinitamente più grande di loro? Dov’è la verità? Non bastano più spiegazioni per trovarla, dato che la sua fonte scompare e poi muore portandosi per sempre con sé la propria verità. Sepidè ha creduto che tutti i problemi si potessero superare con la furbizia, con delle piccole, innocue bugie… Ma, se la prima volta va bene (con l’inganno-malinteso della casa in affitto, sottacendo che doveva essere lasciata libera la sera dopo l’arrivo al mare del gruppo), alla seconda si schianterà con una realtà tragica, ove tutte le sue reticenze vengono una dopo l’altra scoperte, gettando la comitiva nello sconforto, costretta a mentire, arrampicandosi su scuse improbabili. “Io voglio sapere solo una cosa... Solo un sì o un no, così questa storia finirà per sempre. Quando l’ha invitata per venire a conoscere il vostro amico, non ha detto ‘Io sono fidanzata, non posso venire’? L’ha detto o non l’ha detto? È davvero importante per me: Elly era tutto ciò che avevo” chiede Alì con struggimento. “No, lei non l’ha detto”, replica Sepidè. È una bugia mortale, ma ci sono cose che lui non potrebbe comprendere e che trascinerebbero tutto il gruppo in guai irreparabili... Chissà quanto dev’esserle costato quel no, che infanga l’onore di un’amica che conosceva poco, ma che sti- mava e alla quale era affezionata. Chissà il dolore provato dal fidanzato, che aveva a lei consacrato tutta la sua vita. Un film con dialoghi informali e ben orchestrati, un montaggio rapido, una fotografia impeccabile e attori assai bravi, che presentano la tipica gestualità mediorientale, mentre i loro volti, i loro nomi, i suoni dei rari sottofondi, l’ambientazione globale ricreano l’atmosfera di un mondo simile al nostro eppure lontanissimo, emancipato ma ancora profondamente avvinto alla tradizione islamica, nella quale la donna è sottomessa all’uomo. Anche solo un pudico e ritroso assenso a conoscere un ragazzo non impegnato da parte di una donna in crisi di coppia è pertanto considerato una gravissima colpa. Nel corso del film, nel tentativo di spiegare un destino incomprensibile, riaffiorano presagi e presentimenti: qualcuno aveva sognato che Elly fosse morta. Giocando a decifrare frasi mimate, la sera prima del dramma, lei aveva indovinato i gladioli, simboli ferali. Ma forse il senso dell’opera risiede in un proverbio, citato da Ahmad nell’unico interscambio verbale avuto con Elly: “Un finale amaro è meglio di un’amarezza senza fine”. Sono le parole pronunciate dalla sua ex moglie quando lo ha lasciato. Attinte quindi dal suo passato sentimentale e proiettate su colei che suppone come il suo futuro d’amore... Elly ribatte: “Questo è vero”. E di certo parlava, con drammatica consapevolezza, della sua vita, che senza saperlo di già corteggiava la morte. Luca Caruso LA BELLA SOCIETÀ Italia, 2009 Regia: Gian Paolo Cugno Produzione: Pietro Innocenzi per Globe Film/GB Produzioni Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 21-5-2010; Milano 21-5-2010) Soggetto: Gian Paolo Cugno Sceneggiatura: Paolo Di Reda, Gian Paolo Cugno, Chiara Giordano Direttore della fotografia: Giancarlo Ferrando Montaggio: Ugo De Rossi Musiche: Paolo Vivaldi Scenografia: Paolo Innocenzi Costumi: Stefano Giovani Direttore di produzione: Angelo Frezza Aiuti regista: Alessandro Scuderi, Michele Scarpato Acconciature: Massimo Allinoro Interpreti: Raoul Bova (Romolo), Maria Grazia Cucinotta (Maria), Enrico Lo Verso (Nello), Giancarlo Giannini (Antonio Guarrasi), David Coco (Giuseppe), Marco Bocci (Giorgio), Franco Interlenghi (padre di Romolo), Antonella Lualdi (madre di Romolo), Anna Safroncik (Anna), Marina Pennafina (magistrato), Simona Borioni (Caterina), Maurizio Nicolosi (commissario) Durata: 120’ Metri: 3300 16 Film un racconto, che scorre dalla metà degli anni ’50 agli anni ’80 del secolo scorso, a comprende re eventi personali e della storia del nostro Paese presentati secondo l’alternanza dei ricordi, dei flash-back e dei salti in avanti. La esponiamo in maniera lineare per maggior scorrevolezza e comprensione. Giorgio e Giuseppe sono due bambini che crescono senza padre (presumibilmente prelevato e ucciso dalla mafia) nelle campagne siciliane, allevati solo dalla madre, Maria, di cui sono gelosissimi. Il destino porta in quelle zone riarse una troupe cinematografica guidata da Romolo, direttore di produzione di belle speranze, che resta affascinato da Maria; le fa sostenere un provino e poi una particina nel film in lavorazione e ne diviene l’amante, nonostante l’aperta avversione dei due ragazzini che, senza mezzi termini, vogliono cacciarlo via. L’opposizione di Giorgio e Giuseppe non diminuisce neppure quando Romolo, una volta finito il lavoro di postproduzione a Roma, torna da Maria per sposarla e portare tutti nella capitale per iniziare una nuova vita. La soluzione è tragica; mentre i ragazzi giocano con la polvere da sparo destinata alla preparazione delle cartucce da caccia, qualcosa prende fuoco ed esplode sul tavolo della cucina: Romolo muore, viene seppellito e, della sua scomparsa, tutti tacciono per sempre; Giorgio perde la vista e la sua crescita da questo momento sconta l’incubo della menomazione che coinvolge anche Giuseppe che si sente l’ultimo depositario delle ra- È Tutti i film della stagione dici della famiglia. La stessa Maria presto muore a causa dei disturbi cardiaci sopravvenuti per le fatiche e le responsabilità della sua vita. Altri due personaggi si collegano a questi: Antonio Guarrasi, il farmacista del paese, da sempre innamorato di Maria e mai dichiaratosi e suo figlio Nello, giocatore, biscazziere, nullafacente, capace solo di dare fondo ai soldi del padre. Anni dopo, i due fratelli decidono di partire per Torino per ritrovare l’amico Nello che da tempo è stato costretto a cambiare aria e tentare un’operazione per ridare, almeno in parte, la vista a Giorgio. L’intervento riesce, ma i due giovani restano coinvolti nell’assassinio di un dirigente della Fiat, in quanto la sua segretaria, Caterina, testimone involontaria del delitto, trova per caso rifugio a casa loro. Tutti decidono di ritornare di corsa in Sicilia per sfuggire alle Brigate Rosse e lì avviene ancora una svolta, perchè sono cominciate delle durissime rivendicazioni contadine e operaie per migliorare un’esistenza ormai invivibile: Nello resta ucciso fortuitamente da un poliziotto durante l’agitazione nelle campagne; Caterina e Giorgio, ormai innamorati, vogliono andar via per ricostruirsi una vita lontano da tutto il dolore dei rispettivi passati, mentre Giuseppe cerca di opporsi in nome di una fantomatica unità familiare, ma non ce la fa. Il suo indicare il luogo dove è sepolto Romolo ai suoi vecchi genitori, venuti da Roma per piangere il figlio così misteriosamente, scomparso è forse il segno di una generale pacificazione. olto cinema di Tornatore, conterraneo del regista Gian Paolo Cugno, è presente in questo la voro quasi in ogni inquadratura a fare da nume tutelare soprattutto a un desiderio: quello di presentare la Sicilia dell’entroterra, ripescando sentimenti, gusti e colori dimenticati nel tempo e considerati come gli unici capaci di mantenere l’essere umano più forte e migliore di quanto l’evoluzione della società moderna gli abbia permesso di diventare. La materia però è tanta, troppa; praticamente gli eventi del secondo Novecento italiano: dalla comunità arcaica alle crisi sociali, dai sogni in celluloide alle Brigate Rosse etc, non manca niente in un racconto ingolfato di temi e situazioni che, trattato senza alcun approfondimento ideologico né politico, assume presto l’andatura di una soap opera, dove tutto può accadere senza che lo spettatore si meravigli. L’ampiezza dell’immagine, volutamente o lontanamente ispirata allo sguardo del maestro Tornatore, qui si spezzetta senza respiro in un microclima affastellato, confuso, spesso convulso, a cui l’esposizione altalenante di passato e presente e un impreciso montaggio certo non giovano ma compromettono del tutto la forza di una linearità narrativa. Gli attori fanno quello che possono, privi, è evidente, di qualsiasi sostegno dietro le spalle; solo Raoul Bova dà una pennellata personale mettendo mano al bagaglio della propria professionalità e dando fondo a tutta la sua umana simpatia. M Fabrizio Moresco FRATELLANZA - BROTHERHOOD (Broderskab) Danimarca, 2009 Operatore Steadicam: Malte Udsen Effetti speciali trucco: Lauge Voigt Suono: Håkon Garpestad Interpreti: Thure Lindhardt (Lars), David Dencik (Jimmy), Nicolas Bro (Michael), Claus Flygare (Ebbe), Hanne Hedelund (madre), Lars Simonsen (padre), Morten Holst (Patrick), Signe Egholm Olsen (Karina), Jon Lange (Bo), Anders Heinrichsen (Lasse), Peter Plaugborg (sergente), Johannes Lassen (Kenneth), Martin Metz (Jonas), Sophie Louise Lauring (Sygeplejerske), Michael Grønnemose (Laust), Mads Rømer (Kim) Durata: 90’ Metri: 2470 Regia: Nicolo Donato Produzione: Per Holst per Asta Film Distribuzione: Lucky Red Prima: (Roma 2-7-2010; Milano 2-7-2010) V.M.: 14 Soggetto e sceneggiatura: Rasmus Birch, Nicolo Donato Direttore della fotografia: Laust Trier-Mørch Montaggio: Bodil Kjærhauge Musiche: Simon Brenting, Jesper Mechlenburg Scenografia: Thomas Ravn Costumi: Ole Kofoed Line producer: Barbara Crone Aiuto regista: Martin Hem I n seguito a uno spiacevole episodio che vede protagonisti alcuni suoi commilitoni, Lars si gio- ca la promozione a sergente. Deluso da questo mancato avanzamento professionale, abbandona la carriera militare. Tor- 17 nato nella casa di famiglia, si ritrova senza più un lavoro, mentre i suoi genitori cercano di persuaderlo a ritornare sui Film suoi passi. Nella speranza di far calare il silenzio sull’imbarazzante incidente e di farlo reintegrare nell’esercito, la madre si offre di andare a parlare con i suoi superiori. Ma, intanto, il figlio inizia a frequentare per caso una piccola formazione di stampo neo-nazista. Lars, pur non condividendo l’ideologia e i metodi del gruppo di estrema destra (uso gratuito della forza contro gli immigrati, colpiti mediante notturni attacchi squadristi), si conquista la fiducia del carismatico capo Michael, il quale intuisce subito le potenzialità del ragazzo. Al contrario del numero due della banda, Jimmy, che invece non vede di buon occhio il nuovo arrivato. Questo ultimo, grazie alla sua intelligenza e alle sue capacità oratorie, si fa strada diventando in breve tempo un membro di primo piano. La sua repentina ascesa al vertice della formazione viene salutata con ostilità anche dal fratello tossico di Jimmy, Patrick, che crede di meritare più di lui quel posto di rilievo. Per consentire a Lars di vivere secondo le regole stabilite dal gruppo e, allo stesso tempo, di apprendere la dottrina politica che inspira le loro azioni, Michael lo esorta a trasferirsi nel cottage di campagna di proprietà del boss Ebbe. Qui fa amicizia con l’altro inquilino, Jimmy, al quale si presta di dare una mano per completare i lavori di ristrutturazione della casa. Tra i due nasce improvvisamente una forte attrazione fisica che non riescono a controllare. Inizialmente sono combattuti tra il rispetto della fede nazista e la forza dei loro sentimenti, ma, alla fine, scelgono comunque di portare avanti la Tutti i film della stagione loro relazione, seppur in segreto. Un giorno, però, Patrick li scopre insieme e per gelosia decide di spifferare tutto al capo. Il prezzo del tradimento è altissimo per entrambi. Prima Michael, davanti al branco, costringe Jimmy a dare una lezione al suo amante, che per poco non si rivela letale. E, in seguito, lo stesso Jimmy finisce in coma in un letto di ospedale dopo essere stato accoltellato da un giovane gay che aveva precedentemente aggredito. rudo, teso e a tratti perfino straziante, Brotherhood – Fratellanza ha spiazzato platea e giuria del IV Festival Internazionale del Film di Roma come un autentico pugno nello stomaco, tanto da aggiudicarsi a sorpresa il Marco Aurelio d’Oro per il Miglior Film. Per mettere subito le cose in chiaro, diciamo, però, che il clamore suscitato dal tema “scottante” messo in scena (l’amore gay fra due nazi) lascia il tempo che trova. Soprattutto se se si considera che il contesto cameratesco in cui si trovano a operare i due protagonisti (e che è proprio dell’ideologia di cui sono adepti), ai tempi del Terzo Reich fu teatro di documentate relazioni omosessuali fra soldati ed ufficiali delle SS. Ciò detto, la rivelazione di questa piccola pellicola nordica, prodotta, tra l’altro, da quello stesso Per Holst che in passato ha realizzato film nientemeno con “maestri” come Lars Von Trier e Bille August, risiede piuttosto nel suo sconosciuto autore: Nicolo Donato. Il danese, ma di chiare origini italiane, è al suo debutto assoluto in un lungometraggio, dopo aver diretto alcuni corti interessanti, ma anche spot C pubblicitari e video musicali. Scritto dal giovane regista (classe 1974) con piglio deciso e maturo, questa storia fatta di passione, cieca e folle violenza, onore e voglia libertà, ha un sostanziale pregio da dover rimarcare. Ha infatti saputo intercettare con mirabile fiuto un fenomeno a rischio di pericolosa espansione un po’ in tutta Europa come quello dell’omofobia, di cui le cronache quotidiane ci riportano sempre più frequenti episodi di vergognosa inciviltà. Ma c’è un altro aspetto che colpisce. Ed è cioè la modalità con cui Donato sceglie di rivolgersi al pubblico (sempre in cerca di emozioni pruriginose...): senza patetismi o melensaggini inutili, si limita con estrema discrezione a fotografare l’inaspettabile nascere di una pulsione tanto prorompente da non poter essere nascosta. Ma che, anzi, viene vissuta con coraggio e determinazione dall’impavido Lars. Quell’attrazione, scoperta quasi per caso tra le squallide mura di una sperduta baracca di legno non lontana dal mare, rifugio-prigione di un sentimento proibito, si rivelerà invece (quasi) fatale per l’altro amante, il più debole fra i due. La punizione inflittagli da una delle sue vittime, nello scioccante epilogo, a qualcuno potrebbe sembrare un tragico quanto beffardo scherzo della sorte. In realtà, dimostra che vige sempre “la legge del più forte”. Secondo questa regola di vita, è infatti Jimmy a dover essere “sacrificato”. Mentre il suo compagno, che non a caso era stato nominato come “l’eletto” (cioè il più idoneo caratterialmente a portare avanti la causa neo-nazista), sopravvive al durissimo scontro fisico “fratricida”. Il successo di questa opera prima, oltre a essere dovuto alla sensibilità di sguardo dimostrata dall’esordiente regista e, allo stesso tempo, all’asprezza realistica delle immagini, deriva soprattutto dal notevole sforzo di recitazione degli interpreti. I nomi di Thure Lindhardt, David Dencik, oppure di Nicolas Bro o ancora di Morten Nikolaj Rasmus Holst forse non dicono niente ai più, eppure sono quelli di giovani promesse del cinema scandinavo e tutte quante provenienti da importanti esperienze teatrali. Sarà anche per questo se l’ambientazione spesso claustrofobica di alcune sequenze (per lo più girate in interni) e i contenuti movimenti di macchina danno allo spettatore di Brotherhood la sensazione di assistere a un vero e proprio dramma da camera. Diego Mondella 18 Film Tutti i film della stagione RACCONTI INCANTATI (Bedtime Stories) Stati Uniti, 2008 Regia: Adam Shankman Produzione: Jack Giarraputo, Andrew Gunn, Adam Sandler per Gunn Films/ Happy Madison Productions/ Offspring Entertainment/ Walt Disney Pictures Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures Prima: (Roma 27-3-2009; Milano 27-3-2009) Soggetto e sceneggiatura: Matt Lopez, Tim Herlihy Direttore della fotografia: Michael Barrett Montaggio: Michael Tronick, Tom Costain Musiche: Rupert Gregson-Williams Scenografia: Linda DeScenna Costumi: Rita Ryack Produttori esecutivi: Jennifer Gibgot, Garrett Grant, Ann Marie Sanderlin, Adam Shankman Produttori associati: Jimmy Badstibner, Daniel Silverberg Co-produttore: Kevin Grady Line producer: Brieann Rich Direttore di produzione: Garrett Grant Casting: Roger Mussenden Aiuti regista: Conte Matal, Daniel Silverberg Operatori: Frank Buono, David E. Diano, Michael FitzMaurice, Horace Jordan, David Luckenbach, Brian S. Osmond, David Richert Operatore Steadicam: Lawrence Karman Art director: Christopher Burian-Mohr Arredamento: Nancy Gilmore Effetti speciali trucco: Steve Prouty, Roxy D’Alonzo Trucco: Shutchai Tym Buacharern, Corrina Duran, Bonni Flowers, Kathleen Freeman, Laura Hill, Loretta James-Demasi, Katherine James, Tracy Manzo, Elisa Marsh, Bill Myer, Ann Pala, Thea Samuels, Tatiana Thorpe, Alexis Walker, Raqueli Dahan Acconciature: Richard De Alba, Robert Hallowell II, Jacklin Masteran, Lori McCoy-Bell, Rhonda O’Neal, Thomas Real, Kim Santantonio, Brad Scott, Tina Sims, Nancy Tong Supervisore effetti speciali: Casey Allen (Lola VFX) Coordinatore effetti speciali: Scott R. Fisher keeter Bronson lavora come tuttofare nell’ elegantissimo Sunny Vista Nottingham Hotel di Los Angeles, che era solo Sunny Vista , e molto più familiare, quando lui e sua sorella Wendy erano bambini e il proprietario era loro padre, ottimo genitore e ottimo albergatore ma pessimo affarista, tanto che dovette vendere a Barry Nottingham, il quale promise di dare la direzione a Skeeter maggiorenne. E invece egli è ancora operaio e trattato con alterigia dalla responsabile della reception e da Morgan Kendall, braccio destro del proprietario e fidanzato con Violet, figlia di lui. In un grande ricevimento, Nottingham annuncia che vuole chiudere questo albergo, anche se è il più amato dei suoi 23, per aprirne uno grandioso, che sarà diretto da Kendall (anche se Skeeter potrà continuarvi il suo lavoro). Wendy è preside di una scuola ele- S Supervisori effetti visivi: Thomas Schelesny (Tippett Studio), Simon Maddison (Fuel VFX), Chris Wells, Erik Liles (Hydraulx), Matt Johnson (Cinesite), Anthony ‘Max’ Ivins (Look Effects), Jonathan Harb (Whiskytree), John Andrew Berton Jr. Coordinatori effetti visivi: Andy Simonson (Look Effects), John Polyson (Hydraulx), Claudia Lecaros (Fuel VFX), Scott M. Adams (Tippett Studio), Lee Chidwick Clare, Johanna Downie, Jan Meade (Cinesite), Jean Huang, Jen Underdahl, Kyle Ware Supervisore effetti digitali: Nicholas Cerniglia (RotoFactory) Supervisori costumi: Nanrose Buchman, Jennifer Lax Supervisori musiche: Brooks Arthur, Michael Dilbeck Supervisore animazione: Pimentel A. Raphael Animazione personaggi: Kate Attwooll, Keith Wilson, Leonardo Martinez, Billy-Vu Lam, Josh Kent, Marco Capparelli (Hydraulx), Long-Hai Pham, Paul Lee, Rachel Ward, Peter Clayton, Graham Curtis, Kate Knott (Cinesite) Animazione: Hans Brekke, Robert Alves, Austin Eddy, Tom Gibbons (Tippett Studio), Joseph Kim Interpreti: Adam Sandler (Skeeter Bronson), Keri Russell (Jill), Guy Pearce (Kendall), Russell Brand (Mickey), Richard Griffiths (Barry Nottingham), Teresa Palmer (Violet Nottingham), Lucy Lawless (Aspen), Courtney Box (Wendy), Jonathan Morgan (Patrick), Laura Ann Kesling (Bobbi), Jonathan Pryce (Marty Bronson), Nick Swardson (ingegnere), Kathryn Joosten (signora Dixon), Allen Covert (tipo con la ferrari), Carmen Electra (ragazza attraente), Tim Herlihy (Barry Nottingham giovane), Thomas Hoffman (Skeeter giovane), Abigail Droeger (Wendy giovane), Melany Mitchell (signora Dixon giovane), Andrew Collins (signor Dixon giovane), Aisha Tyler (Donna Hynde), Blake Clark, Bill Romanowski (ciclisti), Paul Dooley (venditore di Hot Dog), Johntae Lipscomb (bambino alla festa di compleanno), Julia Lea Wolov, Dana Goodman, Sarah Buxton, Catherine Kwong, Lindsey Alley Durata: 100’ Metri: 2750 mentare che deve chiudere, quindi lascia la città per una settimana, per andare in cerca di lavoro e, dato che è divorziata, affida i suoi bambini Patrick e Bobby (è una bimba) all’amica Jill, che se ne occuperà di giorno, perché di sera lei frequenta una scuola serale; e a Skeeter, per la notte. I primi approcci di Skeeter con i nipoti non sono facili, anche perché essi sono abituati a una madre apprensiva e igienista; riescono quasi meglio gli approcci con Pallocchio, un porcellino d’ India. Al momento del racconto serale, Skeeter narra che in un grande castello il figlio del precedente proprietario è maltrattato a favore di un altro cavaliere senza merito che sta anche per sposare la figlia del castellano; i bambini creano un lieto fine che capovolge la situazione e in una grande festa fanno piovere palline di gomma da 19 masticare sulla gente. Il giorno dopo, sul furgone di Skeeter fermo in strada piovono palline di gomma da masticare dal rimorchio di un TIR nella strada sopraelevata. Poiché Nottingham scopre che l’idea di Kendall, accogliere gli ospiti con la musica dal vivo alla reception, non è nuova, egli decide che entrambi pensino qualche trovata e gliela propongano fra pochi giorni, per il suo compleanno: chi vince, sarà il direttore. A sera, nuova storia: nel Far West, un colono, con il suo cavallo rosso, Ferrari, sgomina un gruppo di bravacci che vogliono derubare una giovane ricca signora, la quale lo ringrazia con un bacio. Il giorno dopo, Skeeter salva Violet da una folla di paparazzi. Per la sera seguente, ecco Skitacus, che ottiene una vittoria spettacolare nella corsa delle bighe, guadagna l’interesse della figlia dell’imperatore e la porta a passeggiare sulla Film spiaggia. Il giorno dopo, Skeeter è sulla spiaggia e incontra inaspettatamente Jill. Infine, la sera prima del confronto finale, lui e i bimbi creano una storia spaziale, dove il solito cavaliere bistrattato ha la sua rivincita. E così, il giorno dopo, è l’idea di Skeeter, che l’albergo offra agli ospiti situazioni non quotidiane, a vincere. Però, l’idea della nuova sede, che deve essere dove ora è la scuola di Wendy, rimane; mentre Kendall sta per far partire la demolizione e Wendy, con i bambini e i loro genitori organizza una protesta lì davanti, Nottingham va nell’ufficio della responsabile del dipartimento territoriale, per ottenere la firma finale e non la ottiene; vi trova Skeeter, che ha convinto questa donna, sua vecchia compagna di scuola, a dargli piuttosto un tratto di costa. Con una folle corsa in moto, Skeeter e Jill vanno a fermare Kendall e tutto si risolve: l’impero alberghiero passa a Violet, che sposa non Kendall ma Mickey, simpatico cameriere amico di Skeeter; Kendall diventa cameriere nell’albergo ora di Skeeter, il quale si accorge che la donna per lui non è Violet, protagonista di tutte le sue storie, ma Jill. Tutti i film della stagione keeter ricorda, a un certo punto del film, le parole del padre: “La tua capacità di divertirti dipende solo dalla tua fantasia”: e questo uomobambino ha ancora questa dote. La decisione interessante a livello di sceneggiatura è stato alternare le “storie della buona notte” a momenti della realtà quotidiana, dai quali vengono tratti gli interpreti dei personaggi e sui quali rifluiscono momenti delle “storie”, creando situazioni anche divertenti. Il protagonista non è uno sbandato sognatore e ricorda ai bambini che “nella realtà non sempre c’è un lieto fine” e tanto più apprezziamo il suo lasciarsi coinvolgere nell’inventare storie; apprezziamo che, ancora una volta, lo “stile Disney” renda i bambini protagonisti non tanto delle singole storie, quanto del loro costruirle (Skeeter ammette che “le hanno intventate loro, le parti migliori”). È del tutto non originale ma molto ben usato il fatto che, nelle storie inventate, il protagonista faccia il madornale errore di fare interpretare la “dama” da Violet: è molto delicato l’istante in cui, in riva al mare, d’un tratto egli guarda bene in viso Jill e si accorge della verità: “Sei tu, S sei la fanciulla più fatale del reame...”. Jill e Skeeter si conoscono solo all’inizio della storia e così il film mostra anche il nascere di un amore spontaneo e inaspettato, con vari, piccoli e delicati “segnali”. Istanti come questo ci convincono a gradire questa operazione narrativa, che è anche ben dosata tra momenti Allegri, momenti avventurosi e momenti teneri. Scene d’azione ben costruite, anche se nel ritmo molto “accelerato” che ormai si ha in qualunque produzione che ne contenga anche solo poche; una colonna sonora che sostiene il 90% del film in modo equilibrato. Un animaletto realizzato secondo le più moderne tecniche di animazione non poteva certo mancare, per commentare con le sue espressioni simpaticissime i diversi sentimenti che si creano tra i personaggi: anche questo fa esattamente parte della “misura Disney”. Un film che ci ricordasse come è giusto non che i bambini vengano privati del tutto della tv, come fa Wendy con i suoi figli, ma che abbiano le “storie della buonanotte”, create in base agli spunti della loro fantasia. Danila Petacco SEX AND CITY 2 (Sex and the City 2) Stati Uniti, 2010 Supervisore art director: Marco Trentini Art director: Miguel López-Castillo Arredamento: Lydia Marks, Lee Sandales Trucco: Judy Chin, Nicki Ledermann, Kyra Panchenko, Kerrie R. Plant, Björn Rehbein, Nuria Sitja Acconciature: Frank Barbosa, Christine Fennell, Donna Marie Fischetto,Mandy Lyons, Silvie Salle, Ryan Trygstad Supervisore effetti speciali: Fred Buchholz, Coordinatore effetti speciali: Andy Williams Supervisore effetti visivi: Dick Edwards (Invisible Effects) Supervisore musiche: Julia Michels Interpreti: Sarah Jessica Parker (Carrie Preston), Kristin Davis ( Charlotte Goldenblatt ), Cynthia Nixon ( Miranda Hobbes), Kim Cattrall (Samantha Jones), David Eigenberg (Steve Brady), Evan Handler (Harry Goldenblatt), Jason Lewis (Jerry ‘Smith’ Jerrod), Willie Garson (Standford Blatch), Mario Cantone (Anthony Marantino), Alexandra Fong, Parker Fong (Lily York Goldenblatt), Liza Minelli (Se stessa), Max Ryan (Rikard), Lynn Cohen (Magda), Alice Eve (Erin), Noah Mills (Nicky), Omid Djalili (signor Safir) Billy Stritch (leader della Band), Art Malik (Shiekh Khalid), Raza Jaffrey (Butler Guarau), John Corbett (Aidan Shaw), Chris Noth (Big), David Alan Basche (David), Viola Harris (Gloria Blatch), Gerry Vichi (Leo Blatch ), Kamilah Marshall, Shayna Steele, Jordan Ballard (cantanti), Norm Lewis (Reginald), Manuel Herrera (Sergio) Durata: 146’ Metri: 4000 Regia: Michael Patrick King Produzione: Michael Patrick King, John P. Melfi, Sarah Jessica Parker, Darren Star per New Line Cinema/ Home Box Office (HBO)/ HBO Films/ Village Roadshow Pictures Distribuzione: Warner Bros. Pictures Prima: (Roma 28-5-2010; Milano 28-5-2010) Soggetto: personaggi tratti dalla serie tv omonima di Darren Star Sceneggiatura: Michael Patrick King Direttore della fotografia: John Thomas (II) Montaggio: Michael Berenbaum Musiche: Aaron Zigman Scenografia: Jeremy Conway Costumi: Patricia Field, Paolo Nieddu, Jacqueline Oknaian, Jessica Replansky, Molly Rogers, Danny Santiago Produttori esecutivi: Richard Brener, Toby Emmerich, Marcus Viscidi Produttori associati: Tiffany Hayzlett Parker, Melinda Relyea Co-produttore: Eric M. Cyphers Line producer: Zakaria Alaoui Direttori di produzione: Kathy Ciric, Nigel Marchant Casting: Bernard Telsey Aiuti regista: Mohamed Essaghir Aabach, Tarik Ait Ben Ali, Yann Mari Faget, Andrew Fiero, Bettiann Fishman, Ahmed Hatimi, Amine Louadni, Michael McCue, Mohammed Hamza Regragui, Mike Topoozian, Khalil Zghayou Operatori: Thomas Lappin, Phil Oetiker, Kyle Rudolph Operatore Steadicam: Kyle Rudolph 20 Film arrie, dopo soli due anni di matrimonio, è stanca della monotonia della vita coniugale. Suo marito Big, un tempo festaiolo, ora predilige il divano ai party esclusivi, rendendola insofferente. Charlotte ha finalmente coronato il sogno di avere dei figli, ma inaspettatamente il ruolo di madre si rivela più arduo e stressante di quanto immaginava. Le cose non vanno meglio a Miranda, continuamente azzittita dal suo capo solo perché è una donna, e a Samantha distrutta dalla menopausa. L’occasione per una breve fuga dai problemi quotidiani arriva con un viaggio. Samantha, infatti, ha accettato l’invito di uno sceicco di visionare un albergo a Abu Dhabi per promuoverlo negli Stati Uniti, facendosi accompagnare dalle inseparabili amiche. Le quattro ragazze arrivate a destinazione rimangono sbalordite dal lusso con cui vengono accolte. Ogni eccesso è consentito e tutto sembra loro un sogno, fino a quando non si accorgono che le donne girano in niqab e hanno scarsa libertà. Ovviamente cercano di adeguarsi ai costumi locali dando meno scandalo possibile, ma allo stesso tempo, godendosi le bellezze locali. Proprio durante una visita a un famoso mercato, Carrie rincontra Ayden, un suo vecchio fidanzato. La sorpresa è tale che i due decidono di andare a cena insieme. La serata scorre leggera, e fra chiacchiere e risate, scappa un bacio. Carrie si sente profondamente in colpa nei confronti di Big e lo chiama per confessargli tutto. Il marito, profondamente deluso, reagisce chiudendogli il telefono in faccia. Samantha, intanto, conosce un architetto europeo e inizia ad amoreggiare con lui in pubblico. In pochissimi minuti viene arrestata C Tutti i film della stagione e portata alla centrale di polizia locale. Dopo una ramanzina e grazie all’intercessione del proprietario dell’albergo viene rilasciata. Lo sceicco ospitante venuto a conoscenza dell’accaduto fa gentilmente sapere alle ragazze che non sono più le benvenute e che non pagherà più nulla per il loro soggiorno. Le quattro amiche, visti anche i prezzi proibitivi, sono costrette a tornare a New York. Carrie rientrata a casa affronta Big che inaspettatamente non solo la perdona, ma le regala un rarissimo diamante nero in pegno d’amore. Charlotte ritorna dalle sue bambine e decide di vivere con meno angoscia il suo ruolo di madre non-perfetta. Miranda si licenzia dal lavoro e ne trova subito uno dove il suo contributo viene apprezzato e Samantha rincontra l’architetto conosciuto a Dubai e passa una notte di follia senza venir arrestata, questa volta. ex & The City 2 ovvero, Hai voluto la bicicletta e ora pedali. La bicicletta in questione è Big, il “cialtrone sentimentale” per cui Carrie, la protagonista, si è consumata, umiliata fino all’inverosimile, per sei lunghe stagioni televisive e ben 140 minuti sul grande schermo, nel primo sequel cinematografico della fortunata serie. Ed ora? Ovviamente, come da copione, la vita matrimoniale tanto agognata le va stretta. Manca lo “scintillio”, ammette candidamente, che, tradotto, significa l’incertezza di perdere l’oggetto del desiderio o, volendo essere cattivi, la voluptas dolendi. Roba da far andare in un brodo di giuggiole i misogini. Sì, perché il povero marito, oltremodo affettuoso, ha il pessimo difetto di volersi mettere in ciabatte quando torna a S casa, mentre lei lo vorrebbe impeccabile in completo e scarpe di alta sartoria italiana. E, cosa ben più deprecabile, le propone di vedere vecchi classici come Accadde una notte, invece di folleggiare in party esclusivi. Gli sceneggiatori e il regista questa volta hanno esagerato. Sono riusciti a trasformare una serie televisiva intelligente, arguta e divertente nel tripudio della frivolezza. Una frivolezza, francamente, fastidiosa che fa sembrare le quattro protagoniste delle tardone esaltate. Poteva risultare interessante la trasferta ad Abu Dhabi e il confronto con il concetto di femminilità locale, invece diventa un mero pretesto per affermare la litania “in tutto il mondo le donne sono uguali”. Questo solo perché sotto il niquab alcune di esse portano l’ultimo capo di una griffe parigina. Tutto risolto, il problema non c’è. La Carrie, a cui il pubblico era abituato, avrebbe sicuramente protestato o, quantomeno, cercato di capire le motivazioni, le esigenze culturali di una scelta così forte. Invece in Sex & the City 2 preferisce flirtare con un improbabile ex come una novella Sherazade, mentre le tre amiche fanno incetta di luoghi comuni sull’oriente e sulle americane in vacanza. Veramente deprimente. Ma mai quanto le battute di Samantha, poverina, su cui il film investe per il lato “comico”. Non ci sono altre spiegazioni: siamo riusciti a esportare la cinepanettone factory ( perché, pur con un tocco di glamour, di questo si tratta) in America. Ne saranno felici per l’illustre paragone le quattro “ragazze”newyorkesi, dopotutto è sempre un prodotto made in Italy. Francesca Piano SIMON KONIANSKI (Simon Konianski) Francia/Belgio/Canada, 2009 Acconciature: Myriam Peirano Fuentes, Christian Geynst, Frank Van Wolleghem Supervisore effetti speciali: Jean-François Bachand Supervisore musiche: Clement Souchier, Jeanne Trellu Suono: Claude La Haye Interpreti: Jonathan Zaccaï (Simon), Nassim Ben Abdeloumen (Hadrien), Abraham Leber (Maurice), Irène Herz (Mala), Judka Herpstu (Ernest), Marta Domingo (Corazon), Popeck (Ernest), Ivan Fox (Jorge), David Bass (Tevie), Lise De Henau (Sonia), Michel Laubier (Dan Salik), Jean Lescot (Rabbi Berger), Stefan Liberski (Samy Rebenski), Gustavo Miranda (Karl), Mohamed Ouachen (signor Timour), Lise Roy (dottoressa Lalonde), Denyse Schwab (signora Hirschfeld), Stanislaw Kyryllov (musicista ucraino), Nicolas Fellner (poliziotto tedesco) Durata: 100’ Metri: 2750 Regia: Micha Wald Produzione: Jacques-Henri Bronckart, Olivier Bronckart per Versus Production/Haut et Court/Forum Films/ Radio Télévision Belge Francophone (RTBF) Distribuzione: Fandango Prima: (Roma 9-4-2010; Milano 9-4-2010) Soggetto e sceneggiatura: Micha Wald Direttore della fotografia: Jean-Paul de Zaetijd Montaggio: Susana Rossberg Scenografia: Anna Falguères Costumi: Nadia Chmilewski Co-produttori: Simon Arnal, Richard Lalonde, Carole Scotta, Arlette Zylberberg Direttori di produzione: Gwennaëlle Libert, Julie Pirard Aiuti regista: Fabrice Couchard, Laurent Scheid Trucco: Michelle Van Brussel 21 Film imon Konianski è un trentacinquenne di famiglia ebraica che vive nella provincia belga, è disoccupato e ha poca voglia di cercarsi un lavoro. Dopo essere stato lasciato dalla moglie, una danzatrice ‘goy’ (cioè non ebrea) con cui ha un figlio di sei anni, Hadrien, è costretto a chiedere ospitalità a casa del padre Ernest con cui ha un rapporto conflittuale. L’anziano, ex prigioniero nei campi di concentramento polacchi, non smette di spronare il figlio a scuotersi dall’apatia e cercarsi un lavoro, mentre intrattiene il nipotino con i racconti della sua esperienza di deportato. Il bambino segue appassionato i racconti del nonno come se si trattasse di una favola, ma la cosa innervosisce Simon. L’uomo non sopporta le posizioni intransigenti del padre contro i palestinesi e ha frequenti scontri con lui, assumendo comportamenti volutamente provocatori come la difesa dei diritti dei palestinesi sulla striscia di Gaza. A movimentare ancora di più il quadro familiare, c’è lo zio Maurice che ha combattuto nella guerra civile spagnola ed è ossessionato dai nazisti; crede di vedere ovunque spie della famigerata Stasi. Lo zio ha una moglie, Mala, una donna bizzarra e logorroica. A rendere ancora più nervoso Simon ci si mette anche la ex moglie, che ha allacciato una relazione con un prestante ballerino di colore. La vita di Simon viene, però, sconvolta dall’improvvisa morte del padre che aveva nascosto di essere affetto da un male incurabile. Il giovane resta di sasso nell’apprendere che il genitore ha lasciato disposizioni di essere seppellito nel suo paese ucraino d’origine accanto al mai dimenticato primo amore, Sara. Gli zii sono irremovibili: le ultime volontà di Ernest vanno rispettate. Dopo aver scartato S Tutti i film della stagione l’ipotesi troppo costosa di raggiungere l’Ucraina in aereo, Simon e gli zii decidono di fare il viaggio in macchina. Caricata sul suo vecchio fuoristrada la bara, Simon parte con gli zii e porta con sé Hadrien senza informare la madre. Durante il viaggio, ne succedono di tutti i colori. Tra una disavventura e l’altra, Simon e gli zii arrivano a Lublino, in Polonia, dove fanno visita ai vecchi amici di Ernest. Poi si recano in un cimitero e si appropriano di una lapide di una parente defunta per poterla riciclare. Intanto la ex moglie di Simon è su tutte le furie, accusa l’uomo di avere rapito il figlio e lo minaccia: deve riportalo subito a casa, altrimenti chiamerà la polizia. Simon ha un duro alterco con la donna al telefono, poi, in evidente stato di alterazione, litiga con gli zii finendo per scaricarli giù dall’auto in mezzo al nulla. Continuando il viaggio insieme al piccolo Hadrien, Simon finisce davanti ai cancelli del campo di concentramento di Majdanek. Incuriosito da quel posto inquietante, il bambino corre dentro e Simon è costretto a inseguirlo. La visita dei cupi caseggiati con le loro celle e le loro docce provocano un brivido lungo la schiena di Simon che continua a essere inseguito dal fantasma del padre. Il viaggio riprende. Dopo aver pagato una tassa d’ingresso piuttosto salata al confine ucraino, Simon si mette alla ricerca del paese natale del padre. Ma una notte, preso da un colpo di sonno, ha un incidente. Lui e suo figlio sono salvi ma l’auto è distrutta. Un gruppo di ebrei ubriachi gli offre un passaggio fino al paese di Ernest. Simon e Hadrien raggiungono il cimitero caricando la bara su un calesse. Simon seppellisce Ernest accanto a Sara. Ed ecco apparire di nuovo il fantasma dal padre, che confessa al figlio 22 che quella donna è sempre stata il suo unico vero grande amore anche dopo le nozze con sua madre. Al cimitero sopraggiungono gli zii che depositano la lapide. Dall’aeroporto di Leopoli, mentre sta per salire sul volo verso casa, Simon telefona alla ex moglie e fa la pace con lei, ma, mentre è in tenera conversazione, la scaletta viene allontanata dall’aereo che si prepara a decollare. ome non farsi prendere da un attacco di irrefrenabile simpatia per lui, il Simon del titolo. Occhialini spaccati a metà e tenuti insieme da un cerotto, felpa con stampato a grandi caratteri “Baghdad”, aria stralunata e insieme sveglissima, e poi un diluvio di polemiche. Con gli ebrei di vecchia generazione, le loro tradizioni e le loro idee, atteggiamenti provocatori, perfino rissosi innanzitutto. E giù a battibecchi: con il padre colpevole di ubriacare il nipotino con i racconti sui campi di concentramento, con lo zio ossessionato dalla Stasi e ebreo integralista, e perfino con la ex moglie alla vista del suo nuovo amante, un ballerino nero dal fisico statuario. Un umorismo fine ed esilarante. Garbo e simpatia. Ecco in due parole spiegate le ragioni del fascino di Simon Konianski-Jonathan Zaccai: eh si, ci sembrava giusto scriverlo così, come se fosse tutta una parola, perché gran parte del merito va proprio all’attore belga che ha saputo cucirsi addosso i panni non facili di questo buffo ebreo filopalestinese (ma accanto a lui, nei panni del padre, è doveroso ricordare il grande attore comico di origini rumeno-polacche Popeck, una vera celebrità in Francia). La comicità yiddish, con tutto il carico di sapido umorismo e brillante intelligenza che si porta dietro, questa volta fa centro. Un tipo di umorismo inconfondibile, tragicomico, leggero eppure ‘pesante’, cioè carico del ricco bagaglio della tradizione ebraica. Quest’anno già coniugato dai Coen nel loro A Seriuos Man. Ed ecco il giovane regista Micha Wald giocare la carta della provocazione, la ribellione verso le tradizioni, i costumi, il credo religioso e politico. La sua fertile vena umoristica investe con grazia anche il tema delle piaghe morali (e non) ancora aperte sulla pelle del popolo ebraico. Ma qui, accuratamente, si evitano i sentimentalismi ‘benignani’. E’ forse il punto più alto del film la scena della visita al campo di concentramento di Majdanek con il figlioletto che corre via fino farsi perdere di vista, costringendo il nostro Simon, sulle prime restio, a entrare e a trovarsi faccia a faccia con il luogo del dolore assoluto per il popolo ebraico. Un momento di grande cinema anzi, forse C Film grandissimo. Grazia, levità, capacità di tacere senza abusare delle parole, uno sguardo, una panoramica che vale più di mille parole in un film che vanta scene dai dialoghi serratissimi. Solo l’apparizione del fantasma del padre e nulla più, solo deserto, vuoto, silenzi agghiaccianti. Il viaggio di Simon assume dunque diversi aspetti: è istruttivo, catartico, iniziatico. In breve, lo aiuta a capire, molto di sé e degli altri, soprattutto di chi gli è (o era) vicino e a guardare con occhi diversi la tradizione familiare. E così ecco il ripensamento verso i ricordi della Shoah, cui aveva mostrato insofferenza. E per lui, nell’attonita atmosfera di memoria, ogni cosa verrà illuminata (il richiamo alla pellicola di Tutti i film della stagione Liev Schreiber è forte, dal tema del viaggio alla ricerca delle radici familiari culturali e religiose, al doppio registro tragico e comico della cultura yiddish). Al contatto con la ‘Storia’, Simon precipita in un vero abisso extrastorico, dove è avvolto da sentimenti confusi, un’attrazione e un terrore delle contraddizioni di fondo della sua cultura. E il suo viaggio verso la sepoltura diventa percorso fortemente simbolico. Micha Wald, classe 1974, regista belga di origini ebreo-polacche al suo secondo lungometraggio dopo Voleurs de chevaux, firma un road movie con cadavere che richiama in parte Little Miss Sunshine, in parte il suo cortometraggio Alice et moi (di cui riprende le disavventure del protagonista e i suoi rapporti conflittuali con la famiglia e l’ebraismo), il tutto condito da un tipo di comicità che paga il debito ai già ricordati Coen. Tante le trovate irresistibili, (una scena su tutte: Simon rincorso attorno alla tavola dallo zio armato di forchetta e coltello che gli urla “nazista” per aver inneggiato contro Israele e per aver difeso i diritti dei palestinesi su Gaza), accompagnate da una colonna sonora perfetta e briosa. Un piccolo gioiello che sa brillare di luce propria. Una cosa rara di questi tempi. Elena Bartoni AMABILI RESTI (The Lovely Bones) Stati Uniti/Nuova Zelanda/Gran Bretagna, 2009 Supervisore effetti speciali: Phil McLaren Coordinatore effetti speciali: Connie Brink Supervisori effetti visivi: Scott E. Anderson (Weta Digital), Joe Letteri, Christian Rivers Coordinatore effetti visivi: David Hampton Supervisori effetti digitali: Matt Aitken (Weta Digital), R. Christopher White Supervisore costumi: Kevin Ritter Supervisore musiche: Nigel Scott Supervisore animazione: Paul Story Animazione: Stephen Painter, Michael Aerni, Daniel Zettl Interpreti: Saoirse Ronan (Susie Salmon), Mark Wahlberg ( Jack Salmon), Rachel Weisz ( Abigail Salmon ), Susan Sarandon (nonna Lynn), Stanley Tucci (George Harvey), Michael Imperioli (Len Fenerman), Rose Mclver (Lindsey Salmon), Christian Thomas Ashdale (Buckley Salmon), Reece Ritchie (Ray Singh), Carolyn Dando (Ruth Connors), Nikki SooHoo (Holly), Andrew James Allen (Samuel Heckler), Jake Abel (Brian Nelson), Amanda Michalka (Clarissa), Thomas McCarthy (Caden), Stink Fisher (signor Connors), Elewlyn Lennon (Susie Salmon a 3 anni), Stefania Owen (Flora Hernandez), Ashley Brimfield (adolescente nel parcheggio), John Jezior (signor O’Dwyer), Anna George (signora Singh), Kirit Kapadia (signor Singh), Richard Lambeth, William Zielenski, Glen Drake (poliziotti), Dan Kern, Greg Wood (medici dell’ospedale), Freya Milner (Jackie Meyer), Katie Jackson (Leah Fox), Ruby Hudson (Lana Johnson) Durata: 139’ Metri: 3800 Regia: Peter Jackson Produzione: Carolynne Cunningham, Peter Jackson, Aimée Peyronnet, Fran Walsh per DreamWorks SKG/ Film4/ WingNut Films/ Key Creatives Distribuzione: Universal Prima: (Roma 12-2-2010; Milano 12-2-2010) V.M.: 14 Soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Alice Sebold Sceneggiatura: Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens Direttore della fotografia: Andrew Lesnie Montaggio: Jabez Olssen Musiche: Leo Abrahams, Brian Eno Scenografia: Naomi Shohan Costumi: Nancy Steiner Produttori esecutivi: Ken Kamins, Tessa Ross, Steven Spielberg, James Wilson Co-produttori: Marc Ashton, Philippa Boyens Line producer: Anne Bruning Direttori di produzione: Anne Bruning, Denise Pinckley Casting: Scot Boland, Victoria Burrows, Jina Jay, Liz Mullane Aiuti regista: Stephanie Weststrate, Kathleen E. Kearney Operatore: Kyle Rudolph Art directors: Jules Cook, Chris Shriver Arredatori: George DeTitta Jr., Meg Everist Trucco: Adrienne Bearden, Rick Findlater, Graham Johnston, Tina LaSpina, Georgia Lockhart-Adams, Catherine Maguire, Angela Mooar Acconciature: Diane Dixon, Rick Findlater, Kay Georgiou, Michelle Johnson, Graham Johnston, Georgia LockhartAdams, Catherine Maguire, Angela Mooar, Johnny Villanueva a quattordici anni, Susie Salmon. È appassionata di fotografia e, come tutte le ragazzine della sua età, attende con trepidazione il giorno del primo bacio. Lo stesso pomeriggio del suo primo approccio romantico con il coetaneo Ray Singh, il 6 dicembre 1973, Susie viene assassinata. Sulla strada di ritorno verso casa, incontra il signor Harvey, loro vicino, che la convince a entrare in un piccolo rifugio sotterraneo, costruito sotto i campi: la H ragazza viene prima violentata, poi uccisa. Ma la “vita” di Susie non finisce lì: sospesa tra cielo e terra, in un mondo cangiante e popolato alla stessa stregua dalle sue fantasie e incubi, incomincia a osservare il passare dei giorni di chi è rimasto sulla terra, piangendola. Il padre – collezionista di barche in bottiglia – non si dà pace, e continua imperterrito a sperare che sia ancora viva, da qualche parte, cercando contemporaneamente indizi e prove che lo possano ricondurre al col23 pevole. Così facendo, costringe la moglie ad allontanarsi, mentre, per dare una mano a casa con gli altri due figli, arriva la suocera, attempata e sopra le righe, amante dell’alcol e del fumo. L’esistenza del solitario signor Harvey, invece, prosegue come sempre, tra la cura delle rose in giardino e la costruzione di casette per bambole, fino a quando la sorella di Susie non inizia a sospettare di lui: con uno stratagemma la ragazzina si intrufola nella sua abitazione. Nella stanza da Film letto, sotto un listello del parquet, trova un quaderno pieno di annotazioni e schizzi per la costruzione del rifugio segreto: l’uomo però torna a casa e, per un pelo, non riesce a catturarla. Nel particolarissimo limbo di Susie, intanto, si alternano momenti estremamente luminosi ad altri terribilmente oscuri, contraddistinti dal continuo fluttuare di alcuni oggetti-simbolo che la tengono ancora legata alla Terra, come il gazebo dove avrebbe dovuto incontrare Ray, o gigantesche navi racchiuse in bottiglie come quelle che costruiva con il papà: ma soprattutto, oltre alla compagna di viaggio della prima ora, finirà per incontrare tutte le altre giovani vittime del signor Harvey. Che torneranno “libere”, e unite, solo dopo la sua morte. aso editoriale di qualche anno fa, Amabili resti di Alice Sebold arriva sullo schermo per mano di Peter Jackson il quale, dopo l’incredibile successo e i fasti raggiunti grazie alla trilogia del Signore degli Anelli e all’ambizioso King Kong, tenta di ricreare – con alterne fortune – sia l’universo onirico e fantasy in cui si ritrova imprigionata la C Tutti i film della stagione giovane protagonista (convincente Saoirse Ronan), sia la conseguente successione di eventi terreni che la sua sparizione comporta. In mezzo, la componente thrilling, affidata soprattutto alla straordinaria metamorfosi di Stanley Tucci – candidato agli Oscar come miglior attore non protagonista – e alla sequenza forse più riuscita dell’intero film (l’intrusione nella casa del killer da parte della sorella di Susie), apoteosi di tensione raggiunta grazie a un efficace utilizzo del sonoro e di particolari microcamere, altre volte sfruttate per inquadrare il volto di Mr. Harvey con inquietanti close-up. Pur mantenendo inalterata la struttura della narrazione post mortem che caratterizzava il testo di partenza, affidando in questo modo a una “visione dall’alto” la testimonianza di uno sviluppo terreno che, in più di un’occasione, viene utilizzato “esteticamente” per stemperare gli eccessi di una messa in scena di sicuro suggestiva, altre volte al limite del pacchiano e del kitsch, Jackson finisce per costruire il proprio “iperfilm”, costringendo progressivamente lo spettatore a per- dersi nelle vastità – coloratissime o di una cupezza disarmante – abitate dallo spirito di Susie. Anche per questo, forse volutamente per non eccedere nel dolore e nella disperazione, sentimenti ed emozioni finiscono per cedere il passo a inserti poco riusciti (in primis, la caratterizzazione del personaggio della nonna interpretata da Susan Sarandon), sovraccaricati in più di un’occasione da un commento sonoro (curato da Brian Eno) sempre più ingombrante. Dimenticato sia dai Golden Globe sia dagli Academy Awards (l’unica nomination ottenuta, come detto, è quella per Stanley Tucci), Amabili resti ha incassato poco più di 40 milioni di dollari negli USA e 1,5 milioni di euro in due settimane di programmazione in Italia: considerato quanto la Paramount puntasse su questo film (facendo slittare al 2010 l’uscita mondiale di Shutter Island per non avere concorrenti “interni” agli Oscar), è probabile che qualcuno abbia sbagliato un po’ di calcoli. Valerio Sammarco A-TEAM (The A-Team) Stati Uniti, 2010 Supervisore effetti speciali: Mike Vézina Coordinatore effetti speciali: Cam Waldbauer Supervisori effetti visivi: Bill Westenhofer (Rhythm & Hues), Chris Wells (Hydraulx), Erik Nordby (MPC), Allan Magled (Soho VFX), Gord Dunick, Chris Harvey, Bill Kent, Kelly Port, James E. Price, Guy Williams, Coordinatori effetti visivi: Eric A. Kohler (Hydraulx), Charlyn Go (Rhythm & Hues), Kim Doyle, Denise Gayle, Stephanie Greenquist, Dana Jurcic, Adam Lagattuta, Nick Ocean, Abbigail Ponek, Aashima Taneja Supervisore costumi: Dan Bronson Interpreti: Liam Neeson (colonello John “Hannibal” Smith), Bradley Cooper ( tenente Templeton Peck ), Jessica Biel (Charissa Sosa), Quinton ‘Rampage’ Jackson (Sergente Bosco ‘P.E.’ Baracus), Sharlto Copley (Murdock), Patrick Wilson (Lynch), Gerald McRaney (generale Russell Morrison), Henry Czerny (McCready), Yul Vazquez (generale Javier Tuco), Brian Bloom ( Pike ), Maury Sterling ( Gammons ), Terry Chen (Ravech), Omari Hardwickl (Chopshop Jay), David Hugghins (Oskar Shunt), Jacob Blair (agente Blair), Rad Daly (agente Daly), Kyle Riefsnyder (agente Kyle), Andrew Coghlan (guardia), James O’Sullivan (corriere), C. Ernst Harth (guardia del crematorio), Stefan Arngrim (Howard), William ‘Big Sleeps’ Stewart, Marc-Anthony Massiah (detenuti), Kwesi Ameyaw, Rob Conway (agenti alla dogana), Gardiner Millar (guardiano della prigione), Anita Brown (guardia attraente), Alex Madison (moglie del generale Tuco ), Benny Hernandez ( rapitore messicano), Christian Tessier Durata: 121’ Metri: 3300 Regia: Joe Carnahan Produzione: Stephen J. Cannell, Jules Daly, Tony Scott, Spike Seldin, Iain Smith, Alex Young per Twentieth Century Fox Film Corporation/ Stephen J. Cannell Productions/ Top Cow Productions/ Scott Free Productions; in associazione con Dune Enter tainment/ Ingenious Film Partners/ Big Screen Productions/ Phoenix Film Partners Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 18-6-2010; Milano 18-6-2010) Soggetto: personaggi tratti dall’omonima serie TV creati da Frank Lupo e Stephen J. Cannell Sceneggiatura: Joe Carnahan, Brian Bloom, Skip Woods Direttore della fotografia: Mauro Fiore Montaggio: Roger Barton, Jim May Musiche: Alan Silvestri Scenografia: Charles Wood II Costumi: Betsy Heimann Produttori esecutivi: Ross Fanger, Ridley Scott, Marc Silvestri Produttore associato: Lee Cleary Direttori di produzione: Stewart Bethune, Ross Fanger Aiuti regista: David Arnold, Chad Belair, Ashley Bell, Jim Bredner, Mark Bunting, Lee Cleary, chris Lamb, Phil Neilson, Michael Pohorly, Ian Robinson, Megan M. Shank Operatori: Klemens Becker, David Crone Supervisione art director: Helen Jarvis Art directors: Michael Diner, Dan Hermansen Arredatore: Elizabeth Wilcox Trucco: Noriko Watanabe Acconciature: Lori McCoy-Bell, Adina Shore, Noriko Watanabe 24 Film n un luogo non ben precisato del Messico, un uomo rischia di essere sbranato da una muta di cani affamati. A chilometri di distanza, un giovane attraente in punto di morte sbeffeggia il suo nemico. Il destino di questi due esseri umani sta per incrociarsi. Infatti, il primo riesce a non essere azzannato dalle belve e si precipita immediatamente in soccorso del secondo. Durante una corsa folle lungo il deserto, il fuggitivo s’imbatte in un gigante di colore e nel suo furgone metallizzato. Segue un breve dialogo, in cui i due uomini scoprono di appartenere allo stesso battaglione delle forze armate. La notizia sprona l’omaccione ad aiutare lo straniero e il suo amico in pericolo. Grazie agli sforzi congiunti dei due militari, il bel giovane evita così di essere bruciato sul rogo. Ma, gli avversari sono alle calcagne del trio e non danno alcun segno di cedere, anzi. A questo punto, entra in scena un quarto personaggio dall’aria a dir poco stralunata: un ufficiale in congedo, oltre che un grande pilota di aerei. È merito suo se i combattenti portano fino in fondo la loro missione, senza rimetterci la pelle. Da quel giorno memorabile, sono trascorsi circa otto anni e ottanta incarichi strettamente top-secret. Pertanto, quello che a prima vista poteva sembrare un gruppo mal assortito si è invece cementato alla grande e i nomi dei suoi membri sono diventati illustri. A capo di quest’unità speciale, denominata “A-Team”, vi è il colonnello John “Hannibal” Smith, esperto stratega di piani ben congegnati fin nei minimi particolari. Hannibal è direttamente spalleggiato dal tenente Templeton “Faceman” Peck, dal capitano “Howling Mad” Murdock e, per ultimo, dal sergente Bosco “P.E.” Baracus. Per quello che dovrebbe essere il loro ottantunesimo incarico, vengono assoldati direttamente dalla CIA, attraverso l’agente segreto nome in codice Lynch. Si tratta di un compito di altissima responsabilità, quale quello di recuperare delle matrici in grado di far stampare milioni e milioni di dollari americani. Sullo sfondo, il ritiro delle truppe statunitensi dal Medio Oriente. L’A-Team accetta su due piedi una funzione tanto importante, sebbene resti da convincere il generale Morrison che vorrebbe affidare la missione a Pike e alla sua “Black Forrest”. Hannibal, tuttavia, riesce, alla fine, a spuntarla sul vecchio generale Morrison, suo compagno di lunga data. L’unico a remare contro l’A-Team rimane il capitano Clarissa Sosa, che Faceman conosce molto bene, essendo stato legato a lei per un biennio. In fin dei conti, però, la donna non è assolutamente un problema per la I Tutti i film della stagione riuscita dell’operazione, la quale si risolve con una netta vittoria a vantaggio del quartetto. Eppure, proprio durante i festeggiamenti, la Black Forrest irrompe violentemente nella gloria dell’A-Team rubando le matrici e cagionando la morte del generale Morrison. Hannibal, Faceman, Murdock e P.E. Baracus vengono arrestati, in quanto giudicati colpevoli di associazione a delinquere insieme agli uomini di Pike e ognuno di loro è spedito in una prigione federale di massima sicurezza. Ma, la leggenda dell’A-Team non è ancora destinata a cadere nel più completo oblio. Ecco rispuntare l’agente Lynch, che aiuta il colonnello John Smith a evadere dal bagno penale; a sua volta, Hannibal escogita un disegno di fuga per gli altri militi alle sue dipendenze. Il patto stretto con la CIA prevede che, se l’A-Team riuscirà a riafferrare le matrici sottratte con l’inganno da Pike, tutti i membri di quella forza speciale avranno di nuovo la fedina penale linda e pinta. In seguito a un’accurata indagine, Pike viene scovato nella capitale dello stato tedesco in compagnia di un emiro arabo, con quale sta per concludere la vendita delle matrici. Per l’A-Team recuperare il maltolto si rivela un gioco da ragazzi con qualche conseguenza. Hannibal e i suoi ragazzi rimangono a bocca aperta allorché scoprono la vera identità dell’affarista orientale: l’emiro non è altri che il generale Morrison, fintosi morto pur di lucrare su quelle lastre talmente appetitose. In realtà, l’ufficiale superiore avrebbe dovuto spartirsi la torta anche con Pike e Lynch, in seguito estromesso dall’affare e per questo motivo desideroso di pareggiare finalmente i conti. Non appena l’incaricato della CIA viene a sapere che Morrison è in mano all’A-Team, invia un aereo da caccia a fare terra bruciata. Fortunatamente, i nostri eroi rimangono incolumi dopo quella scorreria alle loro spalle, mentre l’unico a soccombere è il generale. Il passo successivo dell’A-Team consiste nel mettere i bastoni fra le ruote all’ex capo della Black Forrest e nello sbugiardare Lynch di fronte all’opinione pubblica. Affinché ciò avvenga, Hannibal, Faceman, Murdock e P.E. necessitano dell’aiuto esterno di Clarissa Sosa, ora degradata a semplice tenente. Diversamente dal solito, questa volta tocca a Peck architettare uno schema senza precedenti a bordo di un mercantile. Il piano dell’ufficiale gentiluomo si articola in tre fasi: distrarre l’avversario, portarlo allo scoperto e colpirlo proprio dove è più vulnerabile. Pike muore per mano di P. E e Lynch viene bloccato e trattenuto dall’esercito: sarà la CIA a decidere come disporre di lui in futuro. Intanto 25 l’A-Team si accorge con inquietudine che le cose non vanno esattamente come dovrebbero andare, dal momento che tutti i membri sono incriminati per il reato di evasione dal carcere. Un attimo prima di salire sul blindato che li dovrebbe condurre di nuovo in gattabuia, Clarissa bacia appassionatamente il suo ex amante e, senza dare nell’occhio, gli consegna un piccolo passpartout. Basta gingillarsi un po’ con quell’arnese e i ragazzi riescono a sganciarsi le manette e a squagliarsela. Dichiarato fuorilegge, l’A-Team deciderà con cognizione di causa di schierarsi a favore di chiunque al mondo abbia bisogno di assistenza e protezione. cinefili risponderanno a The ATeam con violento disgusto, mentre gli accaniti fan della serie televisiva avranno due opzioni morali: stracciarsi le vesta e gridare alla profanazione, oppure accogliere con benevolenza l’adattamento cinematografico. Bisogna premettere che, al vecchio pregiudizio del rispetto per la lettera, gli sceneggiatori Skip Woods, Joe Carnahan e Brian Bloom hanno sostituito l’idea contraria del rispetto totale nei confronti dello spirito dell’opera. Quindi, a dispetto delle critiche mosse dagli estremisti, la pellicola di Carnahan è abbastanza fedele all’universo di A-Team, riprendendo il tono tra l’avventuroso e l’ironico tipico del telefilm. La lunga requisitoria contro alcune sequenze sfacciatamente violente cade rapidamente nel vuoto, altrimenti ciò vorrebbe dire concentrarsi su pressoché il 99% della massa della produzione commerciale hollywoodiana. E di sesso - a essere sinceri - non se ne vede mai molto, sebbene vi sia un’attrice come Jessica Biel, inserita nella classifica delle donne più belle dell’intero pianeta. Si sa poi quanto l’atto del disapprovare sia da sempre una mossa poco opportuna per far fuggire gli spettatori dal cinema. Nell’insieme, comunque, A-Team riesce con pochi sforzi a “infinocchiare” sia il grosso pubblico sia la critica, lasciando entrambe le schiere (estremamente lontane le une dalle altre) abbastanza soddisfatte. La regressione che colpisce di fronte a queste immagini sensazionali e al contempo prive di sottigliezze meriterebbe il nome di “alibi”, ma in fondo è l’esatta verità. Non lo si può affatto negare. Una riflessione ad ampio raggio potrebbe portare alla conclusione che la crisi del cinema è anche e soprattutto una crisi di coraggio. Sarebbe utile domandarsi dove mai sia finita la “virilità” della settima arte, se i produttori non fanno altro che scovare in soffitta qualche vecchia gloria da rispolverare e immettere sul mercato? I Film Questa volta si è trattato – senza alcun imbarazzo – di ripescare nei palinsesti della tv analogica dei mitici anni ’80. Ma, il fenomeno non sembra cessare, visto che gli studios si accingono a realizzare in Tutti i film della stagione grande quantità i remake di alcuni classici dell’horror. Un esempio: Predators di Nimród Antal, con tanto di guest star del calibro di Adrien Brody. Scommettere sui ricordi nostalgici del pubblico equivale a vin- cere facile, anche perché non c’è neanche la necessità di concepire una strategia promozionale chissà quanto efficace. Maria Cristina Caponi NEL PAESE DELLE CREATURE SELVAGGIE (Where the Wild Things Are) Stati Uniti/Germania, 2009 Supervisori effetti visivi: John Dietz (Rising Sun Pictures), Robert Duncan, Ben Gibbs, Daniel Jeannette, Marc Kolbe, Chris Watts, Timothy Webber (Framestore), Peter Webb (Iloura) Coordinatori effetti visivi: Eoin Hegan, Jon Keene (Framestore), Brent Armfield, Daniel Booty, Michael Currell, Cara Tallulha Davies, Lucinda Glenn, Richard Thwaites, Tom Wild, Eric Withee Supervisore costumi: Sarah Jameson Supervisore musiche: Ren Klyce Supervisore animazione: Mike Eames Animazione personaggi: Arslan Elver, James Farrington (Framestore), Laurent Laban Animazione: Sarath Madhavan, Nick Tripodi (Iloura), Andrew Myles Thompson, Samy Fecih, Brad Silby (Framestore), Eric Bates (Rising Sun Pictures), Nicolas Seck, Adam Trowse, Rosie Ashforth, Terence Bannon, David Beer, Dan Blacker, Ferran Casas, Andrea Castagnoli, Simon Clarke, Mike Ford, Stuart M. Ellis, Aldo Gagliardi, Daniel Gerhardt, Jordi Girones, Tim Kings-Lynne, Lina Kouznetsova, Laurent Laban, Jeremy Lazare, Michael Loek, Ambre Maurin, Mariano Mendiburu, Andres Puente, In-Ah Roediger, Liam Russell, Allison Rutland, Alfonso Sicilia, Ricardo Silva, Elwaleed Suliman, Jonathan Symmonds, Arda Uysal, Jardel Yvon Interpreti: Max Records (Max), Pepita Emmerichs (Claire), Max Pfeifer, Madeleine Greaves, Joshua Jay, Ryan Corr (amici di Claire), Catherine Keener (Connie, madre di Max), Steve Mouzakis (insegnante), Mark Ruffalo (RobVoci: James Gandolfini (Carol), Paul Dano (Alexander), Catherine O’Hara (Judith), Forest Whitaker (Ira), Michael Berry jr. (il toro), Chris Cooper (Douglas), Lauren Ambrose (KW), Spike Jonze (Bob/ Terry) Durata: 99’ Metri: 2760 Regia: Spike Jonze Produzione: John B. Carls, Gary Goetzman, Tom Hanks, Vincent Landay, Maurice Sendak per Warner Bros. Pictures/ Legendary Pictures/ Village Roadshow Pictures/ KLG Film Invest/ Playtone/ Wild Things Productions Distribuzione: Warner Bros. Pictures Prima: (Roma 30-10-2009; Milano 30-10-2009) Soggetto: tratto dal libro per ragazzi Nel paese dei mostri selvaggi di Maurice Sendak Sceneggiatura: Spike Jonze, Dave Eggers Direttore della fotografia: Lance Acord Montaggio: Eric Zumbrunnen, James Haygood Musiche: Carter Burwell, Karen O. Scenografia: K.K. Barrett Costumi: Casey Storm Produttori esecutivi: Bruce Berman, Jon Jashni, Thomas Tull Produttore associato:Natalie Farrey, Catherine Keener, Scott Mednick, Emma Wilcockson Direttore di produzione: Catherine Bishop Casting: Justine Baddeley, Kim Davis Aiuti regista: Debbie Antoniou, Miranda Colman, John Mahaffie, Thomas Patrick Smith, Joshua Watkins Operatori: Chris Blauvelt, Chris Child, Mark Goellnicht, Simon Harding, Andrew Jerram, Juan Gabriel Perez Arjona Operatori steadicam: Mark Goellnicht, Simon Harding, Jacques Jouffret Supervisione art director: Jeffrey Thorp, William Hawkins, Christopher Tandon, Lucinda Thomson Art directors: Sonny Gerasimowicz, Arredamento: Simon McCutcheon Effetti speciali trucco: Kellie Griffin Supervisore effetti speciali: Peter Stubbs Coordinatore effetti speciali: Laia Alomar l piccolo Max, solo e pieno di immaginazione, vive con la sorella più grande Claire e la madre Connie, sempre alla ricerca dell’uomo giusto. Una sera, Max si traveste da lupo e comincia a comportarsi da animaletto per attirare l’attenzione della madre, mentre questa è a cena con uno spasimante. Quando la madre, esasperata, lo redarguisce, Max scappa di casa e si allontana su una barchetta che trova sulla riva di un lago. Il viaggio lo conduce su un’isola che scopre essere abitata da sei gigantesche creature fantastiche, strane e litigiose, Carol, Ira, Judith, Alexander, Douglas, KK e il Toro. Per evitare di essere mangiato, Max racconta loro di essere un re potentissimo e di aver il potere di riappacificare le controversie, I diventando così la loro guida. Il ragazzino dà poi il via alla costruzione di un fortino, alla cui edificazione partecipano anche due amici di KK, Bob e Terry. L’arrivo dei due porta di nuovo nervosismo nel gruppo, cosicché Max propone ai due gruppo di combattere per scaricare la tensione. Ben presto, però, Carol, che guida il gruppo, capisce che Max non né un re e non ha nessun potere speciale. Rabbioso, Carol prima ferisce Douglas, poi insegue Max nella foresta per ucciderlo e mangiarlo. Con l’aiuto di KK, Max trova il coraggio di fronteggiare la collera distruttiva di Carol e gli rivela come questa stia minando la convivenza con le altre creature. Quando Max decide di far ritorno a casa, Carol farà in tempo solo a salutarlo da 26 lontano, dopo aver capito l’importanza della tranquillità e del volersi bene. Di nuovo con la madre e la sorella, Max è felice a casa sua. ei paese anglosassoni, Nel paese delle creature selvagge è un libro tanto famoso da essere diventato nel giro di pochi anni dalla sua pubblicazione già un vero e proprio classico. Pensato e illustrato dallo scrittore americano di origine polacca Maurice Sendak, racconta con pochissime parole e con l’ausilio di immagini straordinarie e complesse, il viaggio fantastico del piccolo Max. Dopo un cortometraggio animato negli anni ’70, l’idea di portare il racconto sullo schermo era stata accarezzata e poi accantonata dalla Disney. N Film Anni dopo, nel 2000, è lo stesso Sendak a proporre al regista Spike Jonze di realizzare il film, prodotto dalla Universal. Il progetto sembra naufragare di nuovo e la casa di produzione ritira il proprio appoggio, lasciando ai fan solo il ricordo di un brevissimo teaser. Finalmente, nel 2007, la Warner Bros. entra nella partita e lascia praticamente carta bianca a Jonze. Circondandosi di un cast tecnico di valore veramente eccelso, il regista di Essere John Malkovich e Adaptation – Il ladro di orchidee, riesce nell’impresa trasferire sullo schermo le immaginarie creature pensate da Sendak, adattando le poche pagine del libro per una durata standard di un’ora e mezza (anche se, nonostante il lavoro di sceneggiatura con il giovane ma estremamente promettente Dave Eggers, la durata risulta un po’ eccessiva e, in alcuni momenti, il ritmo ten- Tutti i film della stagione de a cedere. Più che un film per i bambini o con i bambini, Nel paese delle creature selvagge è il realtà un’opera sui bambini, sull’infanzia e sulle paure a esse collegate. Il bellissimo incipit ci mostra la frustrazione e il dolore di Max, nella scuola, nei giochi con i compagni, nell’indifferenze della sorella e della madre, fino al climax che porta al capriccio durante la cena con il nuovo compagno della madre e la fuga di Max verso la fantasia. Le gigantesche creature (che la computer graphics ha reso più accattivanti e simili alla tenerezza di un Totoro di Miyazaki che non alla brutalità del disegno originale) non sono altro che la proiezione spaventosa delle paure e della collera che Max, fragile e crudele come solo i bambini sanno essere, vede intorno a sé e che soprattutto sente montare dentro di sé senza riuscire a controllarla. L’ansia del controllo lo spinge a autoproclamarsi sovrano di tutte le cose di fronte al gruppo di creature selvagge, mentre Carol, pur con il suo carisma e con la sua autorità, non riesce a controllare la rabbia senza essere doloroso in ogni sua manifestazione, arrivando addirittura a ferire il suo amico Douglas. Il piccolo attore protagonista Max Records si guadagna il diritto di sedersi accanto a un altro bambino ribelle come l’Antoine Doinel di Jean Pierre Léaud: nel loro sguardo gli stessi lampi di ironia e disperazione. La regia personalissima di Spike Jonze fa il resto, cogliendo perfettamente lo spirito del libro e delle sue immagini. Ottima la scelta di affidare il doppiaggio italiano di Carol (in originale con la voce di James Gandolfini) a Pierfrancesco Favino. Chiara Cecchini THE ROAD (The Road) Stati Uniti, 2009 Acconciature: Enzo Angileri, Nancy Keslar, Geordie Sheffer Supervisore effetti speciali: Thomas Kittle, Coordinatore effetti speciali: David Fletcher Supervisori effetti visivi: Glenn Allen (Brainstorm Digital), Paul Graff (Crazy Horse Effects), Noel Hooper (Invisible Pictures), Mark O. Forker Coordinatori effetti visivi: Lily Kerrigan (Crazy Horse Effects), Brice Liesveld (brainstorm Digital), Adica Manis (DIVE) Supervisori effetti digitali: Joseph DiValerio (Space Monkey), Fred Pienkos (Eden FX) Supervisore costumi: Michele Dunn Interpreti: Viggo Mortensen (L’uomo), Kodi Smit-McPhee (il ragazzo), Robert Duvall (l’anziano), Guy Pearce (veterano), Molly Parker (moglie del veterano), Michael K (ladro), Garret Dillahunt (membro della gang), Charlize Theron (La donna), Bob Jennings, Jack Erdie (uomini barbuti), Agnes Herrman (donna dell’arciere), Buddy Sosthand (arciere), David August Lindauer ( uomo sul materasso ), Jeremy Ambler, Chaz Moneypenny (uomini in cella), Kacey Byrne-Houser (donna in cella), Aaron Bernard, Paul Hodge, Nick Pasqual (militanti), Brenna Roth ( membro della gang della strada ), Mark Tierno,Gina Preciado, Mary Rawson, Jarrod Di Giorgi,Kirk Brown Durata: 112’ Metri: 3050 Regia: John Hillcoat Produzione: Paula Mae Schwartz, Steve Schwartz, Nick Wechsler per Dimension Films/ 2929 Productions/ Nick Wechsler Productions/ Chockstone Pictures Distribuzione: VIDEA-CDE Prima: (Roma 28-5-2010; Milano 28-5-2010) V.M.: 14 Soggetto: tratto dal romanzo Premio Pulitzeer 2006 La strada di Cormac McCarthy Sceneggiatura: Joe Penhall Direttore della fotografia: Javier Aguirresarobe Montaggio: Jon Gregory Musiche: Nick Cave, Warren Ellis Scenografia: Chris Kennedy Costumi: Margot Wilson Produttori esecutivi: Marc Butan, Mark Cuban, Rudd Simmons, Todd Wagner Co-produttore: Mike Upton Direttori di produzione: Buddy Enright, Mike Upton Casting: Francine Maisler Aiuti regista: Vernon Davidson, John Nelson, Karen Radzikowski Operatori: Eric Alan Edwards, Dan Kneece, Matías Mesa Operatori Steadicam: Dan Kneece, Matías Mesa Art director: Gershon Ginsburg Arredatore: Robert Greenfield Trucco: Toni G, Deborah Patino, Justin, Stafford Rachel Geary, Sherri Simmons ull’America si è abbattuta un’immane catastrofe di cui non se ne conoscono le cause. Il risultato è che non c’è più da mangiare, manca l’elettricità, le piante e gli animali sono tutti morti e, infine, è sempre inverno perché il sole si è oscurato. Le città e i paesi sono rasi al suolo, deserti e i sopravvissuti va- S gano per le terre desolate in cerca di rifiuti, oppure sono costretti al cannibalismo. Un uomo, rimasto solo con il figlio (la moglie si è suicidata), si sposta a piedi in direzione dell’oceano, nella speranza di trovare la salvezza. Lui e il ragazzino si portano dietro in un carrello del super- 27 mercato tutto ciò che è rimasto loro: cibo, vestiti, coperte e utensili vari. Lungo il faticoso cammino verso il sud, si nascondono nei boschi e in qualsiasi posto possa metterli al riparo dalle insidie degli sciacalli che si aggirano indisturbati per le strade. Dopo averne incontrato e ucciso uno, Film padre e figlio fanno una terribile scoperta. Un enorme casa è infatti abitata da una banda di cannibali che tengono le loro vittime imprigionate in uno scantinato. I due riescono fortunatamente a scappare. Andando avanti, trovano un rifugio sotterraneo pieno di cibo in scatola, dove decidono di fermarsi. Ma la loro permanenza dura poco. L’uomo, che non lo ritiene abbastanza sicuro, decide di abbandonarlo. Non prima, però, di aver portato via con se una buona quantità di provviste. Sulla strada, grazie all’interessamento del bambino, soccorrono un anziano vagabondo di nome Ely che racconta loro la sua storia. Giunti finalmente sulla costa, vengono derubati da un ladro di colore, che il padre, per vendetta, costringe a spogliarsi. Durante, poi, la perlustrazione di un villaggio fantasma l’uomo viene ferito da una freccia lanciata da uno sconosciuto. Il colpo non fa che minare il suo già precario stato di salute: stremato dalla fatica, muore sulla spiaggia davanti al figlio. Questo ultimo viene avvicinato da un uomo misterioso che si dimostra pronto ad aiutarlo e ad accoglierlo nella sua famiglia (moglie, due bambini e un cane). Il ragazzino, inizialmente diffidente, sceglie alla fine di proseguire il viaggio assieme a loro. a nostra terra, avvelenata dalla mano assassina dell’uomo, ogni giorno di più è in uno stato agonizzante. Eppure nessuno sembra volersene accorgere. Dai governanti agli economisti, dai dirigenti delle multinazionali ai media, la parola d’ordine è “non parlar- L Tutti i film della stagione ne”. Se poi viviamo in tempi di crisi come questi, a maggior ragione, è preferibile non allarmare la gente con messaggi pessimistici sul destino del pianeta e del genere umano (già troppo preoccupato di far quadrare i conti alla fine del mese... ). Della serie: “non deprimere è meglio che curare”. Anche The Road è rimasto vittima di questo ipocrita processo di mistificazione della realtà, tanto da rischiare di non uscire nelle sale. Bisogna riconoscerlo, è senza dubbio cupa e scoraggiante la prospettiva immaginata dal romanzo omonimo di Cormac McCarthy (Premio Pulitzer nel 2007) e poi trasposta sul grande schermo da John Hillcoat: un mondo al buio, pieno di cenere e popolato da predatori senza scrupoli. Se pensassimo, però, con attenzione a quello che ci aspetta in un futuro non troppo lontano (se non proviamo tutti a salvare veramente la Terra), allora ci accorgeremmo che quella visione apocalittica non appartiene solo alla fantascienza, ma ha fondamenta possibili. Tuttavia il film – girato soprattutto in esterni e in condizioni climatiche proibitive da un australiano che ha alle spalle una fortunata carriera di regista e montatore di video musicali – non mostra solamente il lato peggiore dell’umanità. Malgrado la non meglio specificata calamità abbia trasformato gli individui in bestie pronte a cibarsi dei propri simili (una metafora estrema della rapacità non priva di ironia), esistono ancora un po’ di dignità e di integrità morale da dover difendere e per cui valga la pena di lottare. «Devi portare il fuoco» – ripete più volte il padre al figlio. È questo elemento il simbolo della forza interiore, della resi- stenza, ma anche della rinascita. Quello stesso fuoco che ha annientato ogni forma di vita può essere infatti il punto di partenza di una futura genia. Il racconto, apparentemente senza speranza dello scrittore americano, “grida” con voce straziante l’insopprimibile volontà di vivere, di restare uniti, di amare. The Road è soprattutto una storia d’amore tra un padre e un figlio, spiritualmente feconda e toccante quanto quella de Il Petroliere di P.T. Anderson. Mentre si trascinano come due sfollati di guerra in cerca di viveri tra l’immondizia, i due protagonisti riescono comunque ad apprezzare quel poco che il destino ha deciso di riservare loro: come una lattina di Coca Cola, rinvenuta in un centro commerciale abbandonato, oppure l’acqua sorgiva di una cascata. Piccoli momenti di sopravvivenza quotidiana che, aggiunti ai piacevoli flashback della moglie scomparsa (Charlize Theron), danno all’uomo la spinta per andare avanti nella sua missione di proteggere il bambino. Un compito che gli è stato affidato da Dio. Da parte sua, il ragazzino, con la sua ingenuità e bontà, la sua compassione e il suo senso di meraviglia, rappresenta l’alba di un ipotetico domani, l’apertura e la possibilità di un dialogo con gli altri, negata invece dal padre che vede tutti come nemici. Pur contro il volere paterno, il bambino si mostra solidale prima con un suo coetaneo apparsogli quasi fosse un fantasma in una casa in rovina, e poi con un vecchio moribondo (Robert Duvall), a cui offre anche da mangiare. Se di Viggo Mortensen, indurito nei tratti dalle asperità del tempo, non possiamo che confermare ancora una volta le ammirevoli doti di attore “a tutto tondo” (è uno dei pochi in possesso di una presenza scenica capace di “riscrivere” il proprio personaggio), c’è da rimanere impressionati dall’“eroica” interpretazione del tredicenne australiano Kodi Smit-McPhee. Il film di Hillcoat, come spesso accade negli adattamenti di opere letterarie, potrebbe deludere i fan del libro, un capolavoro di asciuttezza e potenza drammaturgica. Mancano infatti momenti di tensione da vero thriller e, forse, alcune lungaggini di troppo si potevano evitare. Rimane comunque un’eccellente lavoro compiuto sull’immagine dal direttore della fotografia Javier Aguirresarobe, a cui va il merito di averci restituito visivamente quei paesaggi grigi, funerei e privi di orizzonte scolpiti sulla pagina da McCarthy. Diego Mondella 28 Film Tutti i film della stagione LA FONTANA DELLAMORE (When in Rome) Stati Uniti, 2009 Regia: Mark Steven Johnson Produzione: Rikki Lea Bestall, Gary Foster, Mark Steven Johnson, Andrew Panay, Ezra Swerdlow per Touchstone Pictures/ Krasnoff Foster Productions Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures Prima: (Roma 11-6-2010; Milano 11-6-2010) Soggetto e sceneggiatura: David Diamond, David Weissman Direttore della fotografia: John Bailey Montaggio: Ryan Folsey, Andrew Marcus Musiche: Christopher Young Scenografia: Kirk M. Petruccelli Costumi: Sarah Edwards Produttore associato: Joseph E. Iberti Co-produttori: Enzo Sisti, Kim H. Winther Direttore di produzione: Joseph E. Iberti Casting: Kathleen Chopin Aiuti regista: Noreen R. Cheleden, Michael DeCasper, Mark Robert Ellis, Filippo Fassetta, Luca Padrini, Kim H. Winther, Heather Wusterbarth Operatori: Manuel Billeter, Jon Delgado, Peter Ramos, Roberto Ruzzolini, Michael Tsimperopoulos Operatori Steadicam: Stephen Consentino, Michael Tsimperopoulos Art directors: John Kasarda, Stefano Maria Ortolani Arredamento: Diane Lederman eth è una giovane e ambiziosa ragazza americana che lavora come curatrice del museo Guggenheim, ma è sfortunata in amore. Per lei il lavoro viene prima di ogni cosa e questo inevitabilmente influisce negativamente sulle sue relazioni sentimentali, destinate tutte a concludersi in breve tempo. Beth riceve l’invito per le nozze di sua sorella, che si sposerà con Umberto, un ragazzo italiano conosciuto da poco tempo, in una chiesa a Roma. Dopo una cerimonia disastrosa, durante la quale riesce suo malgrado ad attirare su di sé l’attenzione di tutti, conosce Nick, un ragazzo dall’aria simpatica e affascinante, con cui sembra scoccare una scintilla. Durante la serata, tuttavia, lo sorprende in atteggiamenti intimi con la cugina dello sposo. Sconsolata, la ragazza decide di annegare i propri dispiaceri nell’alcool e nella Fontana dell’Amore, dove i turisti, desiderosi di trovare l’anima gemelle lanciano una monetina, sperando in un incantesimo della dea dell’amore. Ingenuamente Beth decide di prendere alcune monete e una fiche da gioco dal fondo della fontana e le porta via con sé a New York. Al suo ritorno in città, si ritrova inseguita da una folla di corteggiatori. In realtà sono i rispettivi proprietari delle monete, che per una sorta di strano incantesimo si sono innamorati di lei. B Trucco: Lori Hicks, Paula Kelly, Sandra Linn Koepper, Stacey Panepinto, Nicole Wodowski Acconciature: Francesca Paris Supervisori effetti visivi: Eric J. Robertson, Glenn Allen (Brainstorm Digital), Thomas J. Smith Coordinatore effetti visivi: Bryan Wengroff (Brainstorm Digital) Supervisore effetti digitali: Joe Henke (CIS Hollywood) Supervisore costumi: Amy Andrews Supervisore musiche: Dave Jordan Interpreti: Kristen Bell (Beth), Josh Duhamel (Nick), Anjelica Huston (Celeste), Will Arnett (Antonio), Danny de Vito (Al), Jon Heder (Lance), Dax Shepard (Gale), Alexis Dziena (Joan), Kate Micucci (Stacy), Peggy Lipton (Priscilla), Luca Calvani (Umberto), Keir O’Donnell (prete), Bobby Moynihan (Puck), Kristen Schaal (Ilona), Judith Malina (nonna di Umberto), Lee Pace (Brady Sacks), Natalie Joy Johnson (segretaria), Brian Golub (segretario), Charlie Sanders, Eugene Cordero (giocatori di poker), Pasquale Esposito, Bob Dwyer (poliziotti), Francesco De Vito (tassista), Carlo Giuliano, Tommaso Matelli (invitati del matrimonio ), Ebony Jo-Ann ( cliente ), Quisha Saunders (Kim), Alexa Havins (Lacy), Erin Miller, Valentina Roma, Eric Zuckerman Durata: 91’ Metri: 2430 Ben cinque sono gli spasimanti, uno più tenace dell’altro: uno stravagante industriale titolare di una fabbrica di salsicce, un pittore costantemente in preda all’ispirazione amorosa, un modello superficiale tutto muscoli e niente cervello, un irresistibile prestigiatore e Nick, l’affascinante reporter che sembrava già aver conquistato il cuore della ragazza al matrimonio della sorella. Tuttavia Beth è consapevole che quell’amore non è reale, ma frutto solo di un incantesimo e decide di restituire le monete ai rispettivi proprietari, perché così possa tutto rientrare nella normalità. La sua presentazione al museo ottiene consensi e approvazioni, grazie soprattutto all’aiuto di Nick. L’amore tra i due, anche dopo la restituzione, sembra sincero e reale, tanto che decidono di sposarsi. Tuttavia, poco prima del fatidico “sì”, riesce ancora un’ultima fiche. Beth fugge disperata dalla chiesa, credendo che di nuovo la vita si stia prendendo gioco di lei. In realtà quella fiche non è mai stata lanciata da Nick e i due possono convolare finalmente a nozze. ark Steven Johnson, regista noto ai più per le sue trasposizioni cinematografiche di fumetti come Daredevil e Ghost Rider, si cimenta per la prima volta con una commedia “italoameri- M 29 cana” all’insegna del romanticismo, La fontana dell’amore (in originale When in Rome). Johnson infatti afferma che il suo desiderio era tornare alla commedia, con la quale aveva iniziato la sua carriera scrivendo Due irresistibili brontoloni e di essersi preoccupato, durante la realizzazione del film, più della comicità che non dell’aspetto romantico. In verità, nella pellicola romanticismo e comicità si fondono; tuttavia, nonostante alcune scene riescano a strappare qualche sorriso, soprattutto il corteggiamento di Danny DeVito, che cerca di sedurre la protagonista offrendole una confezione di wurstel in un prezioso pacchetto di Tiffany, il tutto è talmente superficiale da scivolare via senza lasciare nulla. Peccato che questo tipo di pellicole, per quanto possano essere un diversivo, difficilmente riescono a stupire per l’originalità, in particolare quando cercano di far leva su una trama di per sé esile. A questo si aggiunge uno scenario quasi inventato, una Roma ricostruita più artefatta che mai. La città eterna, una delle location più apprezzate per girare film, diventa qui più che altro un mero pretesto e a farne le spese non è tanto una città dalle fontane inventate (quella del titolo, con annessa superstizione, è davvero agghiacciante) o in generale un’Italia da barzelletta, ma l’idea stessa di commedia romantica. I romani, nel film, si muovono in vetture Film microscopiche, rompono vasi durante i ricevimenti di nozze per avere una previsione di quanto durerà il legame, ballano la tarantella e, soprattutto, fanno l’amore in cucina, mentre la sposa prepara gli gnocchi. Non si spiega l’esigenza di una rappresentazione così caricaturale, a tratti perfino grottesca, di un tradizionale matrimonio all’italiana. Per non parlare della protagonista che cerca di imitare la Ekberg di La dolce vita, che sa quasi di insulto. I personaggi che affollano il set, alcuni dei quali interpretati da attori di pregio, Tutti i film della stagione come la grande Anjelica Huston, qui nei panni di una gallerista e il già citato simpaticissimo DeVito, non hanno lo spazio adeguato per lasciare il segno, costretti come sono tra corse continue e folli inseguimenti. Né del resto, Kristen Bell e Josh Duhamell, rispettivamente nei ruoli di Beth e Nick, fanno poco e niente per conquistarsi la simpatia del pubblico, compromettendo la positiva riuscita della commedia. Il finale del film si chiude su un mistero da risolvere: se non è Nick l’uomo che ha lanciato la fiche nella fontana e quindi non è sotto l’influsso di un incantesimo, ma è davvero innamorato di Beth, chi sarà mai l’altro spasimante? Ecco che dal nulla spunta il prete, che finalmente, oltre che dal vizio del gioco d’azzardo viene liberato anche dalla sua magica tentazione amorosa. Quando l’enigma viene sciolto, l’amore trionfa su tutto e tutti. Per fortuna ai titoli di coda il balletto dei personaggi ci ricorda come il tutto non sia da prendere troppo sul serio. Veronica Barteri TATA MATILDA E IL GRANDE BOTTO (Nanny McPhee and the Big Bang) Gran Bretagna/Francia/Stati Uniti, 2010 Trucco: Peter King, Paula Price Acconciature: Paula Price, Luca Saccuman Supervisori effetti speciali: James David III, Mark Holt, Supervisori effetti visivi: Christian Manz (Framestore), Adam McInnes Coordinatori effetti visivi: Sukh Gill (Framestore), Claire Galpin, Pete Hartless Supervisore costumi: Jenny Hawkins Animazione personaggi: Alfonso Sicilia Animazione:Ricardo Silva, Viola Baier, Terence Bannon, Ferran Casas, Emma Ewing, Mike Ford, Aldo Gagliardi, Jordi Girones, Liam Russell, Jonathan Symmmonds Interpreti: Emma Thompson ( Tata Matilda ), Maggie Gyllenhaal ( signora Green ), Maggie Smith ( signora Docherty), Rhys Ifans (zio Phil), Asa Butterfield (Norman Green), Lil Woods (Megsie Green), Eros Vlahos (Cyril Gray), Oscar Steer (Vincent Green), Rosie Taylor-Ritson (Celia Gray), Bill Bailey (MacReadie), Daniel Mays (Blenkinsop), Nonso Anozie (sergente Jeffreys), Sinead Matthews (signorina Topsey), Katy Brand (signorina Turvey), Sam Kelly (signor Docherty) Ralph Fiennes (Lord Gray), Ewan McGregor (signor Green) Durata: 109’ Metri: 3000 Regia: Susanna White Produzione: Tim Bevan, Lindsay Doran, Eric Fellner per Universal Pictures/Studio Canal/Relativity Media/Working Title Films/Three Strange Angels Distribuzione: Universal Prima: (Roma 4-6-2010; Milano 4-6-2010) Soggetto: tratto dalla serie di libri per bambini Tata Matilda di Christianna Brand Sceneggiatura: Emma Thompson Direttore della fotografia: Mike Eley Montaggio: Sim Evan-Jones Musiche: James Newton Howard Scenografia: Simon Elliott Costumi: Jacqueline Durran Produttori esecutivi: Liza Chasin, Debra Hayward, Emma Thompson Co-produttore: David Brown Direttore di produzione: Simon Fraser Casting: Lucy Bevan Aiuti regista: Heidi Gower, Daniel Gill, Christian Rigg Operatori: Ian Adrian, Philip Sindall Operatori Steadicam: John Hembrough, Vince McGahon, Julian Morson, Roger Tooley Art directors: Suzanne Austin, Bill Crutcher, Nick Dent, Gary Jopling R ory Green è partito per la seconda guerra mondiale, lasciando sua moglie Isabel a badare alla fattoria di famiglia. Isabel ha ben chiara la sua mansione dI perfetta padrona di casa e, per svolgere in pieno il suo ruolo, si fa aiutare dai tre figli: Norman, Megsie e il piccolo Vincent. Ma, la vita in campagna è piuttosto complicata, soprattutto se bisogna pure tenere a bada quello scocciatore dello zio Phil, il quale vorrebbe a tutti i costi vendere la masseria per saldare i suoi debiti. Per la giovane donna, i guai non finiscono qui: ai suoi bambini si aggiungono i nipotini Cyril e Celia, ossia due eccentrici e altezzosi ragazzini di città. Tra i pargoli Green e i loro cuginetti forestieri è odio a prima vista. Senza contare che Isabel presta servizio ogni giorno nella bottega della vec- chia signora Docherty con qualche problemino di memoria, legato all’età avanzata. E, proprio quando meno se lo aspetterebbe, a Isabel giunge dal cielo la manna insperata sotto forma di Tata Matilda. Inizialmente, la bambinaia non sembra esser accettata dalla scatenata combriccola formata da quei cinque mocciosi e la motivazione più importante è dovuta al suo aspetto estetico decisamente poco gradevole. Del resto, come dargli torto dal momento che la governante presenta un dentone, a dir poco, sporgente, porri pelosi sul volto, un naso a patata e una corporatura non proprio degna di un physique du role. Fedele compagno di viaggio della nurse è una taccola con cui lei ha un rapporto di odio-amore, dovuto al fatto che l’uccello emette brutti rumori in fase digestiva. Eppure, poco a poco, i 30 bimbi accettano la sua presenza costante, meravigliati di come riesca a imporre la propria volontà per mezzo di un grande bastone magico che sprigiona scintille di magia. Nel frattempo, però, la situazione economica della famiglia Green non naviga in buone acque, tanto che è necessario vendere alcuni maialini da latte al buon fattore MacReadie al fine di trovare il denaro per saldare l’ultima rata del trattore. Altrimenti, senza simile veicolo sarà impossibile portare a termine il raccolto. Appena lo viene a sapere quell’uomo privo di scrupoli che è lo zio Phil, immediatamente escogita un piano per portare l’acqua al suo mulino; in altre parole, egli vorrebbe che Isabel dichiari bancarotta e si convinca a cedere la fattoria. Così, in piena notte, lo zio Phil apre un buco nella stalla in modo che i suini scap- Film pino, gettando l’intera famiglia nella disperazione. Dopo un iniziale sconforto, Norman, Megsie, Vincent si rimboccano le maniche, mettendosi sulle tracce dei maialini fuggiaschi. Dal canto loro, Cyril e Celia, per la prima volta nella loro vita, scendono dal loro piedistallo e aiutano i parenti contadini nella caccia. Grazie al lavoro di squadra, i cinque bambini riacciuffano gli animali, appena in tempo per l’arrivo di MacReadie. L’affare riesce pertanto ad andare a buon fine, sotto lo sguardo raggiante della nutrice e quello pieno d’ira dello zio Phil. Non passa molto tempo che un’altra nube squarcia in due la bella tranquillità dei Green. Infatti, giunge dall’esercito un telegramma in cui viene annunciata la morte in battaglia di Rory. Mentre Norman si dimostra piuttosto scettico riguardo alla notizia, la madre è in preda alla disperazione e medita di rinunciare alla tenuta agricola. Su consiglio di Cyril, Norman chiede a Tata Matilda di accompagnare lui e il cugino nella capitale britannica. Qui, entrambi potranno chiedere maggiori informazioni al padre di Cyril che – a quanto sembra – è un pezzo grosso all’interno del dipartimento della difesa. Peccato che oltre a essere una personalità di spicco, quest’ultimo abbia anche una fama di uomo freddo e insensibile. Eppure, lo zio londinese si lascia convincere e, durante la ricerca, fa ben due scoperte: la prima è che Rory è solo scomparso e non deceduto in guerra, la seconda ha a che fare con il telegramma. A quanto pare, nessuna missiva è mai partita da quell’ufficio e – quindi – il dispaccio è da ritenersi un falso. Non c’è ulteriore tempo da perdere allora per Norman: bisogna correre a casa e avvertire la madre del tranello prima che sia troppo tardi. Intanto, alla fattoria, l’atto di vendita non viene firmato da Isabel poiché la donna è improvvisamente distolta da una bomba nemica caduta a pochi metri da casa. Megsie da vero maschiaccio si arma di coraggio e riesce quasi a disinnescare la bomba, recidendo sia il filo rosso sia quello azzurro. Ma è impedita a tagliare pure il cavo verde, giacché questo si trova sepolto sotto una spessa pellicola di stucco. Sarà necessario l’intervento della taccola, che con il suo becco apre uno spiraglio e porta allo scoperto l’ultimo filo elettrico. Scampato il pericolo dell’ordigno, lo zio Phil si consegna di sua spontanea volontà alla giustizia. Ora che non c’è più bisogno di lei, Tata Matilda abbandona la famiglia Green senza dispensare ulteriori lacrime e addii. Per chi parte, c’è qualcuno che fa ritorno al focolare e quel qualcuno non è altro che Rory, lieto di poter abbracciare dopo tanto tempo l’amata moglie e gli adorati pargoli. Tutti i film della stagione ra la primavera del 2006 quando Tata Matilda “fece il gran botto” nelle sale cinematografiche internazionali e nazionali. A distanza di circa quattro anni dal suo esordio, quella sorta di parente alla lontana alla ben più graziosa Mary Poppins ritorna sul grande schermo. La formula è più o meno la stessa; d’altronde, come si dice, squadra che vince non si cambia. In verità le cose non stanno proprio così, in quanto in Tata Matilda e il grande botto – tranne i meccanismi di fondo – è proprio il cast tecnico a essere sostituito. Questa volta è Susanne White che dirige con ottimo mestiere le regole del gioco, una volta ricevuto il passaggio da testimone da parte del regista Kirk Jones. Mutamenti ai vertici pure per quanto riguarda il team artistico. Fatta eccezione per l’impareggiabile Emma Thompson negli scuri panni della bambinaia, Colin Firth e Angela Lansbury vengono rimpiazzati con Maggie Gyllenhaal, Maggie Smith e Ralph Fiennes. Piccola comparsata anche per l’irlandese Ewan McGregor nel ruolo dell’assente padre di famiglia. Tutti loro si dimostrano attori bravissimi, riuscendo con poco sforzo a caratterizzare i loro tipi-caratteri. Encomio a parte per i piccoli interpreti, che non sfigurerebbero di certo in uno di quei classici film disneyani per famiglie tanto in voga nel decennio ’60-’70. Per quanto riguarda la trama, i mutamenti sono stati influenzati innanzitutto dal E fattore tempo, poiché la nuova vicenda non è ambientata in epoca vittoriana, ma al tempo del secondo conflitto mondiale. Per il resto, valgono sempre le cinque lezioni di Tata Matilda: amicizia, fratellanza, fiducia nel prossimo, eroismo e via dicendo di questo passo. Anche l’armamentario assolutamente grottesco della governante non cambia di un millimetro. A ogni modo, qualora per la seconda volta lo spettatore provi un certo interesse per le avventure inspirate ai racconti di Christianna Brand, è più merito delle facezie che del tentativo degli autori di imbastire la solita storiella, facendola passare per qualcosa di nuovo. Nel complesso è possibile osservare l’assunzione di moduli trash o, comunque sia, politicamente scorretti (si veda, a tal proposito, un aprifila come Shrek), frutto di una divertente intuizione di fondo. Pertanto, c’è di che sgranare gli occhi e sganasciarsi dalle risate se in campo entrano dei maialini che si danno al nuoto sincronizzato e ad altre cose del genere, o se un uccellino non si limita a cinguettare, emettendo una specie di musica-rutto. Il massimo grado della stravaganza si raggiunge, tuttavia, nell’istante in cui quella gran dama del cinema hollywoodiano che è Maggie Smith si mette a proprio agio sullo sterco di vacca. Impossibile trattenersi per i piccini come per i grandi. Maria Cristina Caponi LULTIMA ESTATE Italia, 2009 Regia: Eleonora Giorgi Produzione: Eleonora Giorgi, Massimo Ciavarro per Dharma 3 Distribuzione: Dharma 3 Prima: (Roma 11-12-2009) Soggetto e sceneggiatura: Eleonora Giorgi Direttore della fotografia: Blasco Giurato Montaggio: Antonio Siciliano Musiche: Andrea Ambrogio, Tommaso Casigliani Scenografia: Massimo Galluzzi Costumi: Isabelle Caillaud Direttore di produzione: Mauro Sangiorgi Aiuto regista: Michele Banzato Operatore: Fabio Lanciotti Acconciature: Massimo Allinoro Suono: Gilberto Martinelli Interpreti: Francesca Ferrazza (Ilaria), Gabriele Penteriani (Paolo), Michela Carpente (Valentina), Roberto Farnesi (Massimo, padre di Paolo), Daniela Poggi (Ornella, madre di Ilaria), Francesca Ferrazzo (Nina), Simone Ascani (Cicciobombo), Alessandro D’Ambrosi (subwoofer), Manuele Pica (Er Campana), Daniele Formica (padre di Ilaria), Elisa Lisitano (Giada), Emanuele Aiello (Lollo), Emanuele Barresi (Christian), Lorena Miller (Piera), Alessandro Zappaterra (Trucco), Gianni Ansaldi (avvocato), Paolo Giommarelli (Marcello) Durata: 95’ Metri: 2500 31 Film oma. Tre uomini tentano di rapinare un bancomat, ma vengono sorpresi da una gazzella dei carabinieri. Dopo un inseguimento e una sparatoria, uno dei carabinieri perde la vita. Dopo qualche tempo, Massimo, uno dei tre rapinatori ingiustamente accusato dell’omicidio del carabiniere, è in carcere in attesa di giudizio e riceve le visite del figlio diciottenne Paolo. Il ragazzo è originario di Lampedusa dove vive la madre ma ha seguito il padre a Roma. Paolo gestisce un’officina abusiva insieme a due amici, Nina e Ciccio fratello e sorella. I tre si procurano pezzi di ricambio di motorini e miniauto con ripetuti furti. Una notte, dentro una miniauto rubata, trovano una ragazza, Ilaria, che si era addormentata all’interno del veicolo. La giovane si fa liberare promettendo di non denunciarli. Ilaria è una ragazza bella, ricca e viziata, abita in un quartiere elegante con la madre con cui ha un rapporto conflittuale e soffre per la recente morte del padre. Le sue amicizie sono del giro dei giovani, ricchi, arroganti, viziati, come il suo ragazzo Lallo. Colpito da Ilaria, Paolo la rintraccia e i due iniziano a frequentarsi. Ilaria lascia Lallo e, in breve, si innamora, ricambiata, di Paolo. Si forma così un’allegra compagnia composta dagli amici di Paolo e dall’amica del cuore di Ilaria, Valentina. Tra quest’ultima e Ciccio nasce un tenero sentimento. Tutti insieme partono per Lampedusa, dove si stabiliscono a casa della mamma di Paolo. Il ragazzo è felice insieme a Ilaria. Ma, nel frattempo, Massimo, in prigione, scopre che Ilaria, la ragazza di cui si è innamorato suo figlio, è figlia del colonnello dei carabinieri ucciso durante il tentativo di rapina. Massimo è in attesa dell’udienza in tribunale dove cercherà di ribadire la sua innocenza. A sparare al colonnello dei carabinieri è stato il suo compagno Marcello. Intanto a Lampedusa i ragazzi trascorrono giorni felici lavorando nel ristorante della madre di Paolo. Ma l’estate finisce e il gruppo torna a Roma. Il giorno del processo, in aula, Ilaria scopre che Paolo è figlio dell’uomo accusato dell’omicidio di suo padre. La ragazza va via sconvolta. Ma in tribunale improvvisamente la deposizione di un brigadiere inchioda il vero colpevole dell’uccisione del colonnello. Massimo viene scagionato. Subito dopo, l’avvocato informa la madre di Ilaria che però non dice nulla alla figlia. Ma, poco dopo, la ragazza viene a sapere la verità e dice alla madre di non volerla vedere più. Intanto Paolo, ignaro del fatto che il padre è stato scagionato, parte per Lampedusa. Sull’isola viene raggiunto dai suoi amici e da Ilaria e viene informato che il padre è libero. Ilaria e Paolo sono di nuovo insieme felici. R Tutti i film della stagione ioventù ‘mocciana’ senza gli abusati lucchetti tra Parioli e Lampedusa. Ecco L’ultima estate, seconda prova dietro la macchina da presa di Eleonora Giorgi dopo Uomini & donne, amori e bugie del 2003. Il film, presentato al Giffoni Film Festival 2009, è stato prodotto dalla “Dharma 3”, la casa di produzione di Eleonora Giorgi e Massimo Ciavarro. E proprio con Lampedusa la coppia ha un rapporto speciale. Sulla bellissima isola siciliana la coppia ha portato una rassegna cinematografica tutta particolare, “Vento del Nord”, un piccolo festival che ha l’obiettivo di portare il cinema del nord del mondo nel punto più a sud del continente Europa (nell’isola peraltro il cinema arriva ben poco essendo dotato di una sola sala funzionante molto poco negli ultimi anni). Il film è una favola sull’adolescenza, intesa come scoperta, età delle scelte e dei desideri spesso in contrasto, età del rapporto sofferto con i genitori, sospeso tra voglia di distacco e paura del nuovo. Peccato che il rapporto coi genitori sia semplificato e schematizzato a colpi di luoghi comuni. Ed ecco i nostri due giovani innamorati: Paolo, figlio del proletario Massimo, implicato in una rapina finita male e seguita da sparatoria e di una madre dolce, ma lontana e Ilaria, che incarna il cliché della ragazza bene dei quartieri alti, con un padre morto tragicamente e una madre snob che sogna ottusamente di imporre le pro- G prie scelte alla figlia. I Romeo e Giulietta di oggi vengono da mondi distanti ma non troppo: hanno le stesse abitudini, gli stessi sogni, gli stessi desideri. Una storia d’amore con finale al Sapore di mare più di venticinque anni dopo, con la ex coppia Giorgi-Ciavarro che, in veste rispettivamente di regista e produttore, non resiste alla tentazione di girare parte del film nell’amata Lampedusa. I volti? Freschi e piacevoli quelli dei due giovanissimi protagonisti Francesca Ferrazza e Gabriele Penteriani, noti e più o meno illustri quelli dei “grandi”, da Roberto Farnesi nei panni del padre incarcerato ingiustamente, più belloccio che credibile nei panni di un povero diavolo che cerca di sbarcare il lunario con colpi finiti male nei bancomat, all’algida Daniela Poggi nei panni della madre ‘pariolina’ con puzza sotto il naso, che sogna per la figlia un fidanzamento d’interesse con il vacuo, viziato e vizioso Lallo (e d’altronde con quel nome!). Certo, in questi ultimi anni, in cui i giovani al cinema hanno imperversato a colpi di Notti prima degli esami, Albekiare, Piccoli grandi amori (per non parlare del filone ‘mocciano’ degli Scusa ma...) questo film ha il merito di mettere in scena adolescenti più carini, più freschi e forse meno ‘mocciosi’ di altri, ma ... quelle ‘macchinette’ non gliele leva proprio nessuno? Elena Bartoni U2 3D (U2 3D) Stati Uniti, 2007 Regia: Catherine Owens, Mark Pellington Produzione: John Modell, Catherine Owens, Jon Shapiro, Peter Shapiro per 3ality Digital Entertainment Distribuzione: DIGIMA Prima: (Roma 28-5-2010; Milano 28-5-2010) Direttore della fotografia: Peter Anderson, Tom Krueger Montaggio: Olivier Wicki Musiche: U2 Produttori esecutivi: David Chipon, Sandy Climan, David Modell, Michael Peyser Line producer: Douglas Yellin Direttore di produzione: Jennifer Lynn Sireci, John Vidas Operatori: Davis Matthew, Joel Bilhartz, Brent Sponhaur, Rich Volp (Spyder Cam), John Brooks, Paul C. Babin, Leo J. Napolitano, D.J. Roller, Mehran Salamati, Reed Smoot, Jeff Zachary Operatori steadicam: Rusty Geller, Jeff Zachary Trucco e acconciature: Alexandra Carter Supervisori effetti visivi: Jeremy Nicolaides (Sassoon Film Design), Peter Anderson, Johnathan R. Banta, David E. Franks Coordinatori effetti visivi: Alexandra Gunter, Dawn Brooks Macleod Interpreti: Bono, Adam Clayton, Larry Mullen Jr., The Edge, U2 Durata: 85’ Metri: 2330 32 Film tralci dei concerti tenuti dal gruppo U2 a Città del Messico, San Paolo, Santiago e Buenos Aires durante il tour “Vertigo” del 2005 rivivono sul grande schermo grazie ai registi Catherine Ownes e Mark Pelligton. La band irlandese, capitanata dall’eclettico Bono Vox, esegue con grande maestria uno dopo l’altro alcuni dei suoi più grandi successi: brani che hanno fatto la storia della musica rock dagli anni ’80 fino ai giorni nostri. Si parte innanzitutto con il celeberrimo pezzo Beautiful day per poi gettarsi a capofitto nel passato, non appena i musicisti The Edge, Adam Clayton e Larry Mullan intonano le note di One oppure With or without you. Sotto il profilo dell’impegno attivo, Bono integra nella sua performance live un messaggio contro la guerra e le differenze razziali. La sua opinione pacifista si può manifestare in un gesto simbolico come indossare una bandana su cui sono dipinti i simboli delle tre S Tutti i film della stagione principali religioni monoteistiche o nelle parole di speranza impresse sui grandi monitor alle sue spalle. Quando si dice che l’arte avvicina i giovani a una presa di posizione all’interno della vita civile... ra dai tempi del documentario in bianco e nero Rattle and Hum che Bono e i suoi soci non si cimentavano con il dispositivo cinematografico. Quelli che si aspettavano un ritorno in grande stile saranno esauditi nelle loro preghiere: per circa un’ora e mezza si può assistere a uno spettacolo di ottima fattura. Ma, dietro a U2 3D c’è anche qualcos’altro. Infatti, la cartina tornasole di come ormai la settima arte si stia via via convertendo alle nuove tecnologie è rappresentata – persino – da questo film avente come protagonisti gli U2. Capace da sempre di elaborare un prodotto interessante e innovativo sul piano melodico, il gruppo rock nato a Dublino più di 20 anni fa è stato in grado di E battere sul tempo tutti i suoi possibili rivali musicisti nel fruire di un simile miglioramento rispetto alla qualità della percezione visiva. Peraltro, senza nulla togliere agli usuali standard legati all’impatto acustico, anzi. Appoggiando semplicemente la testa sullo schienale della poltrona di velluto rosso, lo spettatore nel buio della sala si lascia piacevolmente irretire dal ritmo travolgente e dal gioco screziato seppur enigmatico di luci e ombre, che trasforma lo scenario in uno scorrere di fondali. Per un momento, il 3D può aggirare la realtà, dando l’impressione che ognuno di noi sia tra quella folla che canta a squarciagola New Year’s day, Sunday Bloody Sunday, The fly, etc. Così non resta altra scelta se non quella di lasciarsi sedurre da Bono che, da grande animale da palcoscenico, conosce la vertigine del sentimento e sa molto bene come trasmettere il suo entusiasmo. Maria Cristina Caponi LA PAPESSA (Die Päpstin) Germania/Gran Bretagna/Italia/Spagna, 2009 Art directors: Hucky Hornberger, Uwe Szielasko Arredamento: Johannes Wild Trucco: Nezha Aouis, Karadag Canel, Abounouom Mariam Lee, Michele Orlia, Valeska Schitthelm, Hasso von Hugo Acconciature: Valeska Schitthelm Supervisori effetti speciali: Gerd Feuchter, Jens Schmiedel Supervisore effetti visivi: Dominik Trimborn (ARRI) Supervisore musiche: Pia Hoffmann Interpreti: Johanna Wokalek (Johanna), David Wenham (Gerold), John Goodman (Papa Sergio), Iain Glen (prete del villaggio), Edward Petherbridge (Esclulapio), Anatole Taubman (Anastasio), Lotte Flack (Johanna a 10-14 anni), Tigerlily Hutchinson (Johanna a 6-9 anni), Jördis Triebel (Gudrun), Gerald Alexander Held (Imperatore Lothar), Oliver Cotton (Arsenius), Nicholas Woodeson (Arighis), Claudia Michelsen (Richild), Oliver Nägele (vescovo Fulgenzio), Christian Redl (abate di Fulda), Marc Bischoff (Odo), Suzanne Bertish (vescovo Arnaldo), Tom Strauss (Banjamin), Ian Gelder (Ajo), Jan-Hendrik Kiefer (Johannes a 13-19 anni), Sandro Lohmann (Matthias a 12 anni) Durata: 148’ Metri: 4060 Regia: Sönke Wortmann Produzione: Oliver Berben, Martin Moszkowicz per Constantin Film/ ARD Degeto Film/ Dune Films/ Ikiru Films/Medusa Film/ UFA International Film & TV Production GmbH/ Universum Film (UFA) Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 4-6-2010; Milano 4-6-2010) Soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Donna Woolfolk Cross Sceneggiatura: Heinrich Hadding, Sönke Wortmann Direttore della fotografia: Tom Fährmann Montaggio: Hans Funck Musiche: Marcel Barsotti Scenografia: Bernd Lepel Costumi: Esther Walz Co-produttori: Faruk Alatan, Doris J. Heinze, Edmon Roch, Norbert Sauer, Herman Weigel Line producer: Silvia Tollmann Direttori di produzione: Ahmed Abounouom, Silvia Tollmann Casting: Anja Dihrberg, Toby Whale Aiuti regista: Tatjana Bartel, Frank Kusche Operatori Steadicam: Markus Eckert, Erwin Lanzensberger ranconia, 814 d.C.. Nella famiglia del prete di un villaggio nasce Johanna che dimostra presto una intelligenza straordinaria e un gran desiderio di apprendere. La bambina riesce a farsi notare dal vescovo della regione che decide di farle seguire la scuola presso la Cattedrale, peraltro vietata alla femmine e dove Johnanna trova l’ostilità e la maldicenza di allievi e maestri. Johanna è contemporaneamente accolta nel castello del Conte Gerold che le fa un po’ da tutore e quando lei F diventa più grande se ne scopre innamorato (e ricambiato), suscitando la gelosia e la riprovazione della moglie e della comunità. Intanto scoppia la guerra contro gli invasori normanni, Gerold è costretto a partire, Johanna si taglia i capelli, indossa abiti maschili, si finge frate e si rifugia nel monastero di Fulda: per lunghi anni si specializza negli studi delle erbe e degli antichi scritti di medicina, diventando uno stimato e brillante medico. La giovane è però costretta un giorno a fuggire di nuovo quando 33 la sua identità sta per essere scoperta e giunge a Roma quando il Papa Sergio è in fin di vita per la cattiva alimentazione dei tempi e la smodata passione per il vino. Johanna entra nelle attenzioni della corte di Roma, cura il papa con l’aiuto di pozioni e di una dieta ferrea, raccoglie l’ammirazione di tanti ma anche l’odio di coloro, Anastasio in testa, che tramano per costituire subito un nuovo pontificato. A questo punto, gli avvenimenti corrono più della storia stessa: l’erede di Carlo Ma- Film gno si avvicina a Roma con il suo esercito di Franchi tra le cui file c’è il Conte Gerold che, non appena giunto, riprende il suo amore con Johanna; il papa muore e la parte del clero più illuminata nomina Johanna come suo successore; lei accetta anche se presto si accorge di essere incinta di Gerold. Proprio quando la sua gravidanza non può più essere nascosta, la fazione di Anastasio prepara la congiura che attira Gerold in un’imboscata e lo uccide; Johanna per il dolore abortisce e muore durante una parata. La storia della papessa, in parte tenuta nascosta per la vergogna, in parte dissimulata e distrutta negli archivi è ripescata e Tutti i film della stagione divulgata da chi aveva conosciuto Johanna e da lei aveva avuto aiuto e comprensione. l film è tratto da un best-seller che racconta un episodio molto probabilmente leggendario, anche se i supporti veritieri presentati hanno sempre alimentato la fantasia dei cronachisti di allora e di tutti coloro che successivamente si sono interessati alla vicenda secondo un’ottica più o meno storiografica. Non poteva il cinema non occuparsi di una storia che adotta la soluzione del travestimento come via di fuga dal vero e, proprio il raggiungimento del vero, grazie all’uso di un’immagine travestita. Il primo tentativo di trasposizione cinematografica del 1971 con Liv Ullmann I scontentò un po’ tutti; questo secondo avvicinamento è sicuramente migliore nonostante le traversie organizzative che hanno visto il cambio in corsa di regia (da Schlondorff a Wortmann) e polemiche di ogni genere, alcune anche finite in tribunale come il contenzioso tra la produzione e Goodmann (il Papa Sergio). Tutto è trattato con grande onestà e credibilità cosicchè l’affresco che ne risulta non sfrutta i vari elementi “facili” a disposizione come un revanchismo femminista ante litteram, o un anticlericalismo che sembrerebbe servito su un piatto d’argento; la costruzione preferisce invece sottolineare soprattutto due cose: le possibilità prodigiosamente a disposizione di tutti di inserirsi nel cammino tracciato dalla macchina inarrestabile della storia e il fascino invincibile del sapere per la cui realizzazione il destino è capace di fornire le strade più assurde e lontane ma tutte confluenti poi in un’unica, umana, umanissima determinazione. La cura dell’ambientazione è notevole, ricca di genti, soluzione scenografiche, ricostruzioni in teatro e costumi. Un alveo di ottimo livello professionale capace di accogliere in pieno il percorso che Johanna Wokalek costruisce per la sua Johanna, dalle primitive campagne del medioevo centroeuropeo all’oro e alla porpora del trono di Pietro. Una bella prova d’attrice, negli slanci, nella passione, nella consapevolezza intellettuale con cui difende, oltre ogni limite, l’affermazione e il diritto non di un uomo né di una donna, ma di un essere umano. Fabrizio Moresco THE HOLE IN 3D (The Hole) Stati Uniti, 2009 Operatori: Norbert Kaluza, Eric Leach, Michael Wale Operatori Steadicam: Norbert Kaluza, BJ McDonnell Art director: Tyler Bishop Harron Arredatore: Victoria Söderholm Coordinatore effetti visivi: Karina Di Cunto Supervisore effetti digitali: Helena Packer (Whodoo Efx) Supervisore musiche: Richard Walters Suono: Daryl Powell Interpreti: Chris Massoglia (Dane Thompson), Teri Polo (Susan), Haley Bennett (Julie Campbell), Nathan Gamble (Lucas Thompson), Dick Miller (tipo che consegna le pizze), Jessica Just (ragazza della piscina), Chord Overstreet (adolescente), Chelsea Ricketts (Whitney), Merritt Patterson (giovane ragazza), Peter Shinkoda (giovane poliziotto), Ali Cobrin (Tiffany), Paul Hooson (Jester), Billy Hendrickson (fantasma), Misha Bugaev, Douglas Chapman, Stephanie Wilcox, Bruce Dern, Quinn Lord, John DeSantis, Dylan Garrett Durata: 98’ Metri: 2700 Regia: Joe Dante Produzione: Claudio Fäh, David Lancaster, Michel Litvak, Vicki Sotheran per Bold Films/BenderSpink/The Hole Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 11-6-2010; Milano 11-6-2010) Soggetto e sceneggiatura: Mark L. Smith Direttore della fotografia: Theo van de Sande Montaggio: Marshall Harvey Musiche: Javier Navarrete Scenografia: Brentan Harron Costumi: Kate Main Produttori esecutivi: Chris Bender, J.C. Spink, Gary Michael Walters Produttore associato:Garrick Dion Co-produttori: Neal Flaherty, Jonathan Oakes, Jon Silk Direttore di produzione: Donald Munro Casting: Sean Cossey, Sari Knight, Nancy Nayor Aiuti regista: Karin Behrenz, Warren Hanna, Marshall Harvey, Carl Mason 34 Film a telecamera zooma a uscire dalla ‘o’ del titolo e quindi dà spaventose e oscure voragini, poi esce dal tubo di scarico dell’auto con la quale Susan e i suoi due figli, Dane e Lucas Thompson, arrivano da Brooklyn nella loro nuova casa di Beanson Ville, nella provincia americana. Dane, il più grande dei due, appare ribelle e inquieto, tratta male il piccolo Lucas, ma la madre lo esorta: “Sii migliore delle cose brutte che hai visto. Adesso ci meritiamo un po’ di felicità”. I tre hanno cambiato diverse case, per fuggire a un uomo violento, il padre dei ragazzi, alcolista, in carcere ogniqualvolta che quest’ultimo scopre la nuova residenza della famiglia. Scorgendo però la bella vicina di casa, la coetanea Julie, Dane inizia ad apprezzare il trasloco e ritrae la ragazza nei suoi schizzi, scrutandola dalla finestra. Mentre arrabbiato insegue Lucas, che lo ha indicato a Julie nascosto dietro alla finestra, i due arrivano nello scantinato, ove trovano una botola, serrata con numerosi lucchetti. Cosa nasconderà? I tubi del gas, o un tesoro, un tunnel, una galleria senza fine, una catacomba? Trovano le chiavi in un barattolo e la aprono: si spalanca loro un buco enorme senza fondo. La notte iniziano i presagi: Lucas ha paura e va a dormire nella stanza di Dane; a casa di Julie manca la luce, la ragazza si spaventa e cade dal letto. La mattina successiva, Julie esce con Dane. Lucas, rimasto solo a casa, trova sdraiato sul suo letto il pupazzo di un clown, rimanendone terrorizzato. Julie va nel bagno del locale ove sta mangiando un hamburger con Dane e sente una bambina piangere. Le luci si spengono, la bambina avanza verso di lei, poi nel bagno entra un’amica e tutto torna normale. Lucas scende in cantina: v’è il clown che gli fa l’occhiolino, poi lo insegue e lo aggredisce, ma lui riesce a sfuggirgli. Rientrato a casa, Dane non gli crede. Così i due fratelli ridiscendono nello scantinato e trovano una bambina che piange sangue e dice: “Io non voglio morire”. La bambina gira per casa, poi rientra nella botola. Cosa cela quel buco? Un varco per i defunti? Un tunnel gravitazionale, cioè il passaggio tra due punti dell’universo? Frattanto i lucchetti sono scomparsi. Saliti in casa, i ragazzi trovano la madre con il collega dott. Trevis Newman; Dane appare particolarmente risentito, per via dei brutti ricordi legati al padre. La mattina dopo, la botola si presenta nuovamente aperta, benché la sera precedente i giovani vi avessero messo un armadio sopra, dal quale adesso cade un cin- L Tutti i film della stagione turone. I ragazzi decidono così di inchiodarla e di andare a far visita al vecchio proprietario della casa, Carl Crepacuore, uscito di testa, che vive ormai in solitudine in una vecchia fabbrica di guanti. Carl è seduto in una stanza con centinaia di lampadine accese. Appena sente che la botola è stata aperta, si dispera: “L’Oscurità vi ha visti, non dovevate farlo. Verrà a prendere tutti noi. Darà la caccia a tutti noi e ci ucciderà”. Susan deve assentarsi per due giorni. I chiodi della botola si schiodano. Mentre Carl dipinge con furia sul taccuino da disegno che Dane ha dimenticato da lui, le lampade esplodono tutte, e, dal buio, l’uomo si profonde in un urlo di orrore. Accortosi di averlo perso, Dane va da Carl a recuperare il blocco da disegno, lo ritrova e tenta di decifrare i nuovi schizzi che vi sono disegnati. Vedendolo molto accigliato, July invita lui e Lucas a fare una nuotata nella sua piscina. Mentre è sott’acqua, Dane scorge un’ombra inquietante all’esterno e delle orme per terra (è il padre). Lucas avverte il tintinnare dei sonagli del clown, che cerca poi di farlo annegare, ma Dane lo salva. Mentre il bambino dorme, Dane scorge sul suo braccio una mano rossa impressa, simile a quella che v’è disegnata sul suo blocchetto per mano di Carl… Dane sente qualcuno fischiare, sul tavolo in cucina c’è una lettera dal carcere: “Ciao ragazzo”… Il padre ha scoperto dove risiedono. Dane corre a svegliare Lucas: v’è qualcuno in casa. Lucas incontra un agente, con un’enorme ferita alla nuca, che gli consegna una Polaroid che ritrae due bambine, con al petto un ciondolo uguale a quello che porta Julie e che le è stato regalato dalla sua migliore amica… La bambina già apparsa prima (che è una delle due della foto) ricompare da Julie dicendo: “La mia collana si è rotta. Salvami Julie”. È Annie, la migliore amica di Julie, morta anni prima cadendo da una giostra, senza che Julie fosse riuscita ad aiutarla. Con la bimba era morto anche l’agente che la stava soccorrendo. Julie, che vive con questo senso di colpa, corre al parco giochi ormai abbandonato. Si arrampica su un’altissima giostra, dove trova Annie, che non è cresciuta, al contrario di lei. Annie si lancia, ma stavolta Julie l’afferra e la salva: adesso non ha più paura e può così riconciliarsi con il suo passato. Alla scena assiste anche Dane. Lucas è rimasto solo a casa. Sente Dane chiamarlo dallo scantinato, ma in realtà è il clown. Solo con lui, Lucas lo affronta e, dopo la lotta, fa in modo che si sfracelli contro le pale di una ventola. Arrivano Dane e Julie e comprendono che la 35 botola da’ vita alle loro paure, come se li conoscesse. Julie chiede a Dane che paure abbia. Lui risponde: “Nessuna”. Frattanto Dane cerca ancora di ricomporre come un puzzle gli schizzi del suo blocco. Alla fine ne ottiene il ritratto di un uomo pesante che trascina un bambino e capisce che Lucas è in pericolo. Il piccolo, infatti, è stato rapito dal padre nella botola. Dane si lancia in essa, notando a Julie: “Ora sappiamo di cosa ho paura”. Laggiù è tutto buio e il padre appare come un mostro gigantesco, un violento energumeno. Dane entra nella casa dove Lucas è prigioniero e tutto è enorme e deformato. I due fratelli s’imboscano dentro l’armadio, come facevano quando il padre li voleva picchiare. Adesso l’uomo ha rapito Lucas per far accorrere Dane, tormentato dal ricordo di quella volta in cui fece nascondere il fratellino nell’armadio al posto suo, non sapendo che il padre lo avrebbe aggredito, spezzandogli un braccio. Entra del fumo, quindi il padre spalanca l’armadio e minaccia Dane col suo cinturone. Dane si fa coraggio: “Non ho paura di te”. Ma il padre ribatte: “Non saremmo qui se fosse la verità”. Alla sua violenza cieca, il figlio contrappone la forza del ragionamento, riuscendo a smontare il genitore. “Le tue paure si sgretolano – osserva il padre. Cosa farai quando saranno sparite?”. “Io non sono come te” replica Dane e l’uomo precipita nel vuoto. Dane e Lucas riemergono, ritrovando Julie. Frattanto rincasa Susan che, scorgendo la botola, la apre, trovandovi un’intercapedine per le tubature del gas. I quattro se ne vanno felici a giocare una partita a basket, ma quando Susan accenna a una sua paura, la botola è di già pronta a riaprirsi. n viaggio nei recessi della coscienza, ove si annidano traumi, ricordi di morte e paure inconfessabili. Un film ad alta tensione, nel quale l’epopea delle avventure adolescenziali sconfina nell’horror psicoanalitico, con la lotta contro la parte buia e rimossa del sé, simbolizzata dalla più evidente contrapposizione tra luce e oscurità. Un tuffo nell’indistinto delle nebbie e della notte, dove affondano le azioni e le colpe che i protagonisti non hanno perdonato a se stessi e tutti quei timori che forniscono alla Paura un appiglio per risucchiarli dentro di sé. Il regista Joe Dante presenta da subito le sue carte: una casa nuova, dei ragazzi curiosi che la esplorano (il loro passato è oscuro e tormentato, mentre vivono un presente in fuga), una botola serrata con molti lucchetti, ma le cui chiavi U Film stanno lì nei pressi e che quindi dev’essere aperta. Immediatamente quella voragine inquieta: non ha fondo, qualsiasi cosa vi si lanci dentro è come se sparisse, senza tonfi e senza più tornare. E da lì si materializzano paure che tormentano: per Lucas è un clown dal ghigno beffardo, per Julie il fantasma della sua amichetta del cuore morta tragicamente sotto i suoi occhi. Dane mostra più resistenze ad ammettere le sue paure e, per questo, sarà trascinato fin nell’epicentro di quel mondo minaccioso dalla proiezione mostruosa di un padre violento, pronto a fustigarlo col suo cinturone. L’unico modo per superare le paure è affrontarle. Così Julie trova il coraggio di correre a salvare l’amica Annie, riconciliandosi con la sua memoria, mentre Lucas è costretto a lottare con il pupazzo. Dane, che del padre conserva un ricordo feroce e il timore di diventare come lui, trova la forza di fronteggiarlo e capendo che è solo una sua paura riesce a farlo svanire. Riassunta così, sembra una lieta storiella, la lotta per vincere i turbamenti infantili e diven- Tutti i film della stagione tare finalmente grandi. Ma il film riesce a trasmettere un’angoscia e un terrore veramente palpabili, per via dei presagi, delle intuizioni, dei suoi effetti speciali, della musica di sottofondo… Nei momenti in cui Julie è assalita dalle sue paure, ad esempio, in casa come nel bagno del locale, rimane al buio, un buio denso di presenze e di afflizioni. D’una fortissima rilevanza simbolica è poi la scena in cui Carl, che vive circondato di luce per paura dell’Oscurità, capisce che questa è irrefrenabile e le lampadine esplodono a una a una quando essa viene a prelevarlo. E poi il ghigno malefico del clown e il suo occhiolino e, al contrario, il volto mestissimo della bimba cadavere, con indosso un abitino bianco di purezza che si lorda del sangue che cola dai suoi occhi. Ma anche la presenza del padre violento, che Dane inizia a intuire dall’ombra e dagli oggetti che gli appartengono, come il cinturone o la lettera, o il segno della sua mano sul braccio di Lucas, arto che anni prima gli aveva spezzato quando, stanco delle sue punizioni violente, Dane lo fece nascondere nell’armadio al suo posto, non immaginando di certo che la furia cieca del genitore si sarebbe scatenata anche contro un bambino. I sentimenti sempre più forti dell’amore filiale di Susan per Dane e Lucas, una riscoperta profonda fratellanza tra i due ragazzi (Dane non esita a lanciarsi nella botola per salvare Lucas), la dolce amicizia con la bella Julie (che rende a Dane gradito il trasloco, lo fa apparire esitante innanzi all’idea di andarsene dalla nuova casa e quasi geloso del ciondolo a forma di cuore che la ragazza indossa) aiutano i protagonisti ad affrontare se stessi e il proprio passato, li sostengono nella lotta con le loro angosce, poiché facendosi vicendevolmente coraggio sono quasi costretti a ritrovare se stessi per non perdere quanto hanno di più caro, ossia gli altri. Ma il passato comunque riaffiora: da una botola che contiene ogni cosa e il suo contrario e simbolizza il lato oscuro di ciascuno di noi. Luca Caruso LIMBROGLIO NEL LENZUOLO Italia/Spagna, 2009 Art director: Marc’Antonio Brandolini Arredamento: Enzo Forletta Trucco: Lorella De Rossi, Virna Vento Acconciature: Mirella De Rossi, Anna De Santis, Virna Vento Supervisore effetti speciali: Renato Agostini Supervisore effetti visivi: Fabrizio Storaro Coordinatore effetti visivi: Giulio Cuomo Suono: Gilberto Martinelli Interpreti: Maria Grazia Cucinotta ( Marianna ), Anne Parillaud (Beatrice), Primo Reggiani (Federico), Geraldine Chaplin (Alma), Ernesto Mahieux (Gennarino Pecoraro), Giselda Volodi (Elena), Miguel Ángel Silvestre (Giocondo), Ralph Palka (console Burke), Nathalie Caldonazzo (Elisa de Valory), Mimosa Campironi (Virginia), Miriana Comiato (Celestina), Riccardo Floris (Marcello), Piero Cardano (Pietro), Modesta Maryam Aiello (Laura), Angélica Aragón (Teresa), Pietro Ragusa (Don Antonio), Maria Del Monte (madre di Giocondo) Durata: 100’ Metri: 2750 Regia: Alfonso Arau Produzione: Maria Grazia Cucinotta, Giulio Violati per Seven Dreams Production/ Aquelarre Servicios Cinematograficos/ Radiotelevisione Italiana (RAI) Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 18-6-2010; Milano 18-6-2010) Soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Francesco Costa Sceneggiatura: Giovanna Cucinotta, Chiara Clini, Romina Naedozi, Francesco Costa Direttore della fotografia: Vittorio Storaro Montaggio: Paolo Benassi Musiche: Maria Entraigues, Ruy Folguera Scenografia: Giantito Burchiellaro Costumi: Stefano De Nardis, Claudio Manzi Produttore esecutivo: Riccardo Neri Produttore associato: Luis Ángel Bellaba Direttore di produzione: Gianluca Passone Casting: Michela Forbicioni Aiuti regista: Luigi Spoletini, Marco Martelli Operatore: Roberto Gentili icilia, 1905. Federico studia controvoglia alla facoltà di medicina. La madre Alma cerca di fare di tutto per invogliarlo, ma senza risultati. Una volta, addirittura, sviene in aula mentre il professore sta praticando un’autopsia assieme ad altri studenti. La sua grande passione è invece il cinematografo. Ogni sera S infatti accorre assieme a molti altri spettatori per assistere agli spettacoli di questa nuova invenzione. Decide, così, di abbandonare gli studi con grande dolore di Alma che, per sbarcare il lunario, suona il pianoforte durante le proiezioni di pellicole mute che si svolgono nel teatro di Don Gennarino Pecoraro, libidinoso produttore di origine parte36 nopea. La donna deve riavere dei soldi dall’impresario, ma, malgrado le insistenti richieste, l’uomo ritarda il pagamento. Ed è così che Federico va da lui per riscuotere il denaro per conto della madre. In quell’occasione, Don Gennarino confida al ragazzo che è stanco di proiettare le pellicole degli altri e vorrebbe produrre il suo primo film. A Film quel punto Federico lo convince ad affidargli l’incarico di scrivere una nuova storia e dirigerla. Secondo le richieste del produttore, ci deve essere una bella donna con un seno enorme. Secondo Elena, la sorella puritana e bigotta di Don Gennarino, la vicenda deve essere invece edificante. Il giovane, nel frattempo, ha una relazione con Beatrice, una scrittrice e giornalista torinese che si è trasferita in Sicilia in una villa sulle rive di un piccolo lago, per scrivere una storia a puntate sul quotidiano locale “L’Osservatore del Sud”. Per lei lavora Marianna, una donna dalla bellezza selvaggia, povera e analfabeta che si guadagna da vivere togliendo il malocchio e curando i paesani con erbe e pozioni. Appena la vede, Federico ha l’idea per il suo film. La filma di nascosto mentre si sta facendo il bagno nel lago e poi ci costruisce attorno la storia intitolata La casta Susanna. Al cinema il film spopola. Il ragazzo è diventato celebre, mentre per Marianna cominciano i guai. Il pubblico del tempo non sa ancora distinguere la verità dalla finzione. Per tutto il paese il suo nome è associato a quello di Susanna ed è trattata come una svergognata. Inoltre, le viene tolto anche l’affidamento della figlia. Una sera però, durante una serata di gala, mentre si sta proiettando il film, Marianna arriva all’improvviso. embra essere tornato indietro nel tempo il cinema con L’imbroglio nel lenzuolo. Ciò sicuramente è evidente a livello puramente narrativo. La vicenda è infatti ambientata agli inizi del secolo, nel 1905, quando le prime proiezioni pubbliche cominciavano ad appassionare gli spettatori. Ma un’operazione del S Tutti i film della stagione genere è significativa anche a livello formale. Il film di Arau infatti non vuole discostarsi dalla sua origine letteraria (il romanzo di Francesco Costa da cui la pellicola è tratta) ma, anzi, esibirne il rapporto. Dalla parola allo schermo, quindi, dove Arau sembra quasi una reincarnazione di quel calligrafismo anni ’40. Soldati, Poggioli, Castellani e anche Visconti sono però lontanissimi anche perché L’imbroglio nel lenzuolo non oltrepassa mai la sua compiaciuta esteriorità, ovattata dalla ‘bella’ fotografia di Vittorio Storaro che costruisce delle immagini da ‘ammirarÈ autonomamente, dove emergono i décor degli interni (la villa della giornalista nei pressi del lago, la sala cinematografica, le tende) o degli esterni fotografate come cartoline (il mare), come per dare vigore ai paesaggi siciliani. Evidentemente l’intento di Maria Grazia Cucinotta produttrice, dopo Viola di mare di Donatella Maiorca, è quello di voler rappresentare il passato, la memoria della propria regione, mettendone in evidenza la componente arcaica e gli elementi tradizionali. Quasi uno spot per la Sicilia Film Commission. Ed è così forse che si spiega il suo personaggio della veggente analfabeta Marianna, che sembra uscire fuori dall’iconografia di un dipinto. Arau non gli riesce mai a darle consistenza fisica, neanche quando si va a fare il bagno nuda, s’incontra col fidanzato, oppure nel momento in cui, disperata, le viene sottratta la figlia. Il cineasta messicano si limita a una contemplazione di maniera, segno di un o sguardo che si alimenta della sua inconsistenza, che poteva andare parzialmente bene per Come l’acqua per il cioccolato, ma mostrava già la sua inutilità in Il profumo del mosto selvatico fino a sfiora- re il ridicolo in L’imbroglio nel lenzuolo. Nel modo in cui sono costruiti certi momenti (dallo svenimento di Federico, ai raptus sessuali di Don Gennarino), si potrebbe avere quasi il sospetto che lo scopo del cineasta è quello di ricreare quella dimensione di quei quadri filmati del cinema pionieristico. Il problema però è la durata. Lì avevano senso perché il tempo era limitatissimo. Qui vengono inseriti in un contesto dove il ‘cinema nel cinema’ diventa solo un’involontaria caricatura con la riproduzione della scena degli spettatori che scappano all’arrivo del treno, come era accaduto con il pubblico di fine ‘800 davanti a quello dei fratelli Lumière nella stazione di La Ciotat. La credenza popolare, incapace di distinguere il vero dal falso, la realtà dalla finzione in cui la figura di Marianna viene associata alla donna di facili costumi della casta Susanna, viene poi restituita in maniera quasi comica. Ciò andrebbe pure bene, ma non in un film che si prende maledettamente sul serio, che racconta una storia di passioni peggio di una telenovela sudamericana e dove fa rabbia vedere l’energia di Anne Parillaud di Nikita persa in questa figura così imbalsamata da non riuscire quasi a muoversi. Più che ‘l’imbroglio del lenzuolo’ questo è l’imbroglio del cinema. Ma non si tratta di quei seducenti inganni visivi che ipnotizzano. Questo è solo un bruttissimo film dove dietro lo schermo non resta nulla e sopra le immagini vengono consumate e dissolte all’istante, come quella della povera Geraldine Chaplin, che accompagna col pianoforte i film muti. Se è un omaggio al padre, c’è da rabbrividire ulteriormente. Simone Emiliani NORD (Nord) Norvegia, 2009 Regia: Rune Denstad Langlo Produzione: Sigve Endresen, Brede Hovland per Motlys Distribuzione: Sacher Film Prima: (Roma 26-2-2010; Milano 26-2-2010) Soggetto e sceneggiatura: Erlend Loe Direttore della fotografia: Philip Øgaard Montaggio: Zaklina Stojcevska Musiche: Ola Kvernberg Scenografia: Hege Pålsrud Costumi: Emina Mahmuljin Direttore di produzione: Gudrun Austli Casting: Celine Engebrigtsen Aiuti regista: Daniel Malmén Art director: Hege Pålsrud Supervisore effetti visivi: Martin Thorkildsen Effetti: Dan Erik Heggelund Suono: Oscar Lovnér Interpreti: Anders Baasmo Christiansen (Jomar Henriksen), Kyrre Hellum (Lasse), Marte Aunemo (Lotte), Mads Sjøgård Pettersen (Ulrik), Lars Olsen (Ailo), Astrid Solhaug (Mari), Even Vesterhus (Thomas), Ragnhild Vannebo (Rigmor), Celine Engebrigtsen (dottoressa), Ole Dalen (Sir Trøndelag) Durata: 78’ Metri: 2150 37 Film reddi monti della Norvegia. Il giovane e tormentato Jomar passa giorni tutti uguali rintanato nella capanna da custode di una stazione sciistica in quota. Tra alcol, sigarette e psicofarmaci, Jomar trascorre le sue ore nel rimpianto e nel rimorso. Lasciato dalla moglie, che ha iniziato un nuova vita altrove portando con sé il figlioletto, Jomar non ha saputo reagire allo shock, ha smesso la sua carriera di sciatore professionista e ha iniziato una disperata discesa nelle crisi di panico e nell’angoscia. Né i moniti perentori degli psichiatri, né le sollecitazioni dell’amico Lasse valgono a spingere il ragazzo fuori dalla sua patologica inerzia. Una sera come tante, però, mentre Jomar si prepara la cena con gli occhi ossessivamente fissi sul teleschermo, un banale incidente ai fornelli genera un incendio. Il ragazzo fa appena in tempo a uscire dalla baracca che in pochi minuti viene distrutta dalle fiamme. Con un sacco a pelo, una tanica d’alcol e una di benzina Jomar sale sulla motoslitta e parte apparentemente senza una meta. È l’inizio del viaggio che Jomar conduce da solo, verso Nord, deciso a riconquistare la compagna e riabbracciare il figlio. Dopo un intero giorno sulle nevi, Jomar, quasi completamente accecato dai riflessi solari sul ghiaccio, trova rifugio presso una casupola sperduta ai margini della foresta. Là vivono Lotte, la bambina che decide di offrirgli il suo aiuto, e la nonna di lei, sospettosa e restia a dare ospitalità a Jomar. Dopo una breve convalescenza passata con gli occhi bendati, chiuso in un ripostiglio, il ragazzo riprende il suo viaggio. Esaurite le poche provviste e finiti gli incontri fortunati, Jomar prosegue il viaggio dormendo in baracche deserte, rubando salumi e alcolici nelle case lungo il tragitto. Poi, in un salto più azzardato degli altri, Jomar rompe la motoslitta. Pochi minuti dopo incontra uno strano ragazzo che lo invita a fermarsi da lui. I due bevono, mangiano e scherzano insieme. Il mattino seguente, riposato e rifocillato, Jomar riparte sugli sci regalatigli dal nuovo amico. In pochi attimi, senza quasi avere il tempo di rendersene conto, Jomar si ritrova immobile davanti un tank che gli punta il suo grosso cannone contro: si tratta di un’esercitazione militare e Jomar ne approfitta per mangiare e bere ancora una volta. Vengono finalmente gli alti crinali, le lunghe discese, le vaste vallate imbiancate dalla neve. Nel bel mezzo d’un lago ghiacciato sta una capanna, dalla quale esce una corda legata a una motoslitta. Jomar entra. F Tutti i film della stagione Dentro è accampato un vecchio vestito del costume tradizionale. Il vecchio sembra scontroso, ma poi invita il ragazzo a restare e così Jomar si ferma per qualche giorno con lui, deciso a scoprire il mistero che si cela dietro quella corda che lega il vecchio alla motoslitta. Qualche giorno più tardi, all’alba, il ghiaccio cede inghiottendo il pesante mezzo cingolato, che, a sua volta, rapidamente e in silenzio, trascina giù con sé anche il vecchio, ancora addormentato. È l’ultimo tratto. Pochi chilometri più in là Jomar si avvicina a una casa abitata, si toglie gli sci, e si siede in silenzio accanto a un bambino. Il viaggio è finito. ome il protagonista Jomar, così il trentaduenne Rune Denstad Langlo – regista norvegese al suo terzo lungometraggio per il cinema – sembra compiere lungo il film un’ascesa, una risalita di senso attraverso il sentiero della sottrazione, dell’ascesi, della rinuncia. Jomar fa la sua prima comparsa sullo schermo oppresso e ammaliato da mille dipendenze: i farmaci, il fumo, l’alcol, la spaventosa, rassicurante ipnotica psichedelia televisiva. Il caso sembra consigliare una drastica rottura, l’ini- C zio di una rigenerazione. Alla sua meta Jomar arriva senza pastiglie, senza alcol, senza sigarette e sui suoi odiati, amati sci. In modo simile, il regista sceglie un inizio essenziale dal quale prende origine una narrazione scarna e tesa, forte del suo rigore quasi ingenuo. Poche parole, un tappeto musicale funzionale ed efficace, la messa in sequenza di azioni sintetiche ed elementari. Uno stile laconico che con perfetta coerenza produce un finale in levare, muto, icastico, discreto. Il film – passato con successo a Berlino a New York (Tribeca) e infine a Torino, ottenendo premi e applausi, e uscito infine in Italia grazie alla distribuzione di Nanni Moretti– allude molto più di quanto lo spettatore distratto riesca a cogliere; nasconde, rimanda, tace ed elide concentrandosi sul senso dell’attimo, riuscendo con grande leggerezza a toccare temi e concetti grandi e complessi, costruendo il pieno attraverso il vuoto, usando gli strumenti del cinema con saggia concretezza. Rune Denstad Langlo non è un esordiente, eppure unisce l’umiltà e la discrezione del grande autore alla fresca vitalità del neofita. Silvio Grasselli IL COMPLEANNO Italia, 2009 Regia: Marco Filiberti Produzione: Caroline Locardi, Agnes Trincal, Gianluca Leurini per Zen Zero Distribuzione: Zen Zero Prima: (Roma 28-5-2010; Milano 28-5-2010) Soggetto e sceneggiatura: Marco Filiberti Direttore della fotografia: Roberta Allegrini Montaggio: Valentina Girodo Musiche: Andrea Chenna Scenografia: Livia Borgognoni, Ezio Frigerio Costumi: Eva Coen, Isabelle Caillaud Direttore di produzione: Gianluca Leurini Casting: Michela Forbicioni Aiuti regista: Luigi Spoletini, Alessandra Fortuna Trucco: Ermanno Spera Supervisore effetti visivi: Stefano Marinoni Coordinatore effetti visivi: Federica Nisi Suono: Marco Grillo Interpreti: Massimo Poggio (Matteo), Michela Cescon (Shary), Hristo Jivkov (Leonard), Alessandro Gassman (Diego), Maria de Medeiros (Francesca), Piera Degli Esposti (Giuliana), Thyago Alves (David), Eleonora Mazzoni (Flaminia), Paolo Giovannucci (Massino), Maria Luisa De Crescenzo (Aurora), Federica Sbrenna (Vanessa), Marianna De Rossi (Chicca), Daniele De Angelis (Orazio), Marco Roscini (Lucio), Marco Casu (Fabio) Durata: 106’ Metri: 2900 38 Film ue coppie, Matteo e Francesca, Diego e Shary, assistono a una rappresentazione del Tristano e Isotta di Wagner. Qui incontrano Leonard, il fratello minore di Shary. Questa ultima, vedendo il ragazzo ancora provato per la morte della sua compagna, pensa di ospitarlo nella casa al mare che i quattro amici hanno affittato per l’estate. Matteo, quarantenne psicanalista, colto e dal carattere riflessivo, è sposato con Francesca, con la quale ha una bambina di 5 anni. Diego, invece, il suo migliore amico, è un eterno ragazzo immaturo e superficiale. È diventato avvocato soltanto per fare contento il padre e, nonostante abbia una relazione con l’americana Shary, dalla quale ha avuto anche un figlio, David, gioca a fare il dongiovanni. David, cresciuto negli Stati Uniti per studiare al college, è un bellissimo ragazzo e ha posato anche per alcuni servizi fotografici. Dopo 5 anni, torna in Italia per passare l’estate con la famiglia. Il suo arrivo provoca un profondo turbamento in Matteo, che presto scopre di essere attratto dal giovane. Inizia a comportarsi in modo strano mostrandosi nervoso e sfuggente. Per distrarsi da questa ossessione, prova a dedicarsi al lavoro, seguendo la paziente Giuliana. Soltanto Leonard sembra intuire ciò che sta accadendo. Dopo aver tentato invano di portare con sé il nipote, riparte. David, che ha fatto amicizia con un alcune ragazze sulla spiaggia, sceglie invece di rimanere. Tuttavia le attenzioni che gli dedicano le sue coetanee non sembrano interessarlo. Nel frattempo, i rapporti tra lo psicanalista e sua moglie peggiorano e anche tra Shary e Diego riaffiorano vecchie tensioni. Tutto è pronto per la festa del loro figlio. Mentre Francesca è assente, Matteo e David si lasciano andare al richiamo della passione. Quando la donna rientra a casa e li sorprende al letto insieme, fugge via sconvolta. Mentre esce viene investita da un auto e muore sul colpo. Di fronte a questa disgra- D Tutti i film della stagione zia, il gruppo di amici si chiude in un silenzio di dolore. opo aver partecipato con successo a numerosi festival internazionali, tra cui la Mostra del Cinema di Venezia 2009 (“Controcampo Italiano”) ed essere stato venduto in molti paesi, l’opera seconda di Marco Filiberti trova un esiguo spazio anche nel panorama distributivo italiano. Non ci stupiamo, però, se un’opera così piccola (soltanto perché firmata da un autore poco conosciuto), ma estremamente ambiziosa, finisca poi per rimanere inosservata. La colpa è di un calendario folle che, settimana dopo settimana, diventa sempre più fitto e sempre meno di qualità, inghiottendo spesso e volentieri i film più deboli, che sono anche quelli di maggior valore. Il Compleanno (girato tra le dune di Sabaudia e ottimamente fotografato da Roberta Allegrini) è un raffinato e coraggioso tentativo di mescolare melodramma e tragedia, sullo sfondo di un complicato intreccio familiare dal sapore viscontiano, fatto di verità inconfessabili, di sentimenti devastanti, di desideri implosi e forieri di sventura. Proprio come nel libretto dell’opera Tristano e Isotta, che uno dei quattro protagonisti, Matteo, commenta all’inizio, mentre è assorto ad ascoltare la musica rombante quasi come fosse preso da un rapimento mistico. Quell’emozione così forte provata a teatro, metafora di un amore assoluto e maledetto, non fa che presagire l’incontro altrettanto travolgente con la “bellezza pura” fatta persona, nel cui nome (David, interpretato dal modello brasiliano Thyago Alves), è già contenuto un’ideale di perfezione estetica. Quel corpo di scultorea armonia, che giunge come una tempesta, ha il potere di risvegliare impulsi fino ad allora sconosciuti o soltanto repressi nel subconscio? A questo punto, qualcuno potrebbe anche chiedersi con un po’ di scetticismo riguardo alla verosimiglianza della storia: come è possibile che tutto questo accada D a uno psicanalista, figura simbolo per antonomasia di rigore, razionalità e autocontrollo? Non è un caso che il regista abbia scelto appunto come protagonista uno studioso delle pulsioni umane, proprio per mostrare al pubblico come le variabili imperscrutabili della vita agiscono sul nostro sentire, rivelando a volte lati oscuri dell’identità. Filiberti dimostra in fase di sceneggiatura una cura meticolosa nella definizione psicologica di tutte le forze messe in campo, offrendo un variegato panorama di ritratti maschili e femminili. La scelta del cast si rivela poi molto brillante: da Massimo Poggio ad Alessandro Gassman, da Maria de Medeiros a Michela Cescon, ogni attore è capace di donare al suo personaggio fascino, sensibilità e spessore. Ed anche gli altri, con il loro vissuto doloroso, apportano senso e verità allo svolgimento della storia, fungendo così da elementi di raccordo. Le sofferenti parole, per esempio, di una delle pazienti dello psichiatra, Giuliana (una intensa e granitica Piera Degli Esposti, che nel film confessa il suo problematico rapporto con la figlia) hanno il sapore di una rivelazione. Ma anche i ricordi della cognata malata di depressione evocati da Leonard (Christo Jivkov aggiunge a questa figura un interessante margine di ambiguità) fanno breccia nel cuore e nella mente del medico, squarciando finalmente un velo di pudore, dietro cui forse non era più possibile nascondersi. Questi due episodi citati ci parlano di Il Compleanno come di un racconto corale, di una partitura musicale polifonica, in cui l’amore può avere innumerevoli declinazioni e non esclusivamente quella omosessuale - come si potrebbe erroneamente dedurre. E dove l’imprevedibilità del desiderio può avere un effetto disarmante. Del resto, lo diceva Jean Cocteau: «L’amore arriva di soppiatto, come un ladro». Diego Mondella LE QUATTRO VOLTE Italia/Svizzera/Germania, 2010 Regia: Michelangelo Frammartino Produzione: Giovanni Davide Maderna, Gabriella Manfrè, Gregorio Paonessa per Invisibile Film/Ventura Film/Vivo Film/ Essential Filmproduktion; in collaborazione con Caravan Pass/ Altamarea Film Distribuzione: Cinecittà Luce Prima: (Roma 28-5-2010; Milano 28-5-2010) Soggetto e sceneggiatura: Michelangelo Frammartino Direttore della fotografia: Andrea Locatelli Montaggio: Benni Atria, Maurizio Grillo Scenografia: Matthew Broussard Costumi: Gabriella Maiolo Organizzatore generale: Marco Serrecchia Suono: Paolo Benvenuti, Simone Olivero Interpreti: Giuseppe Fuda, Bruno Timpano, Nazareno Timpano Durata: 88’ Metri: 2460 39 Film n carbonaio batte ritmicamente sopra le pareti del camino di terra e paglia che cova la fiamma. Nero. Le capre al pascolo. Il pastore è vecchio e malato. Una tosse impietosa lo scuote fin quasi a soffocarlo. Ogni sera, prima del sonno, il vecchio tira fuori una bustina di lurida polvere, la versa in un bicchier d’acqua, mescola e beve. Ogni giorno, il vecchio porta una bottiglia di latte alla perpetua che, in cambio, gli consegna un pizzico della polvere raccolta dal pavimento della chiesa del paese, benedetta da un rito a metà tra pietà popolare e credenza pagana. Accanto alla stalla delle capre, intorno alla casetta del vecchio, un carretto a motore s’inerpica per gli scoscesi vicoli del paese: è la distribuzione del carbone. Una mattina, mentre pascola il gregge, il vecchio perde, senza accorgersene, la polvere benedetta. Giunta la sera, disperato per la scoperta, il pastore cerca la perpetua ma ormai la chiesa è deserta. Sono gli ultimi giorni della Quaresima. La mattina dopo, davanti alla povera abitazione del vecchio sfila tutto il paese, riunito per la processione in costume della Passione di Cristo. Il carretto dei carbonai è fermo in pendenza davanti alla stalla. Dopo aver spaventato e rincorso donne e bambini, il cane del vecchio sfila il fermo di sotto alle ruote del furgoncino che finisce per schiantarsi contro il recinto della stalla del pastore. Le capre sono libere. Invadono i vicoli all’intorno, entrano in casa del vecchio e si sparpagliano ovunque, fin quasi a salire sul letto dell’uomo, misteriosamente addormentato. Alla fine delle celebrazioni liturgiche, la scoperta del cadavere. Il becchino batte sulle pareti del loculo dove il vecchio pastore è appena stato sepolto. Nero. Al vecchio sopravvivono le capre e alla morte succede la nascita. I capretti giocano, riparati, nella stalla. Ma, alla fine dell’estate, è tempo per le prime uscite al pascolo. Uno dei piccoli si attarda in esplorazioni solitarie perdendo il gregge. La notte e la pioggia lo sorprendono da solo sotto la chioma d’un albero imponente. L’obiettivo fermo sulla gigantesca pianta attende impassibile il passare delle stagioni. Alla pioggia segue la neve, poi di nuovo i colori si accendono e si rischiarano fino a che l’albero non viene abbattuto. Ridotto a liscio palo, il tronco viene issato nella piazza del paese dove sarà il centro della festa accogliendo sulla sua cima gli addobbi della “cuccagna”. Dopo essere stato scalato e conquistato, il tronco ricade a terra. Ricompaiono i carbonai col loro motocarro. In pochi, rapidi colpi i due fanno a pezzi i resti della pianta e li portano di nuovo verso la fore- U Tutti i film della stagione sta. Per la seconda volta la macchina torna nel recinto dove si fa il carbone. Sulla terra brulla gli uomini dispongono la legna in cerchio, ammonticchiandola con sapiente esattezza. Coprono la legna con la paglia e poi col terriccio umido. In cima, resta aperto un camino. Dopo giorni di combustione, dal cumulo smontato esce nero carbone. Il legno trasmutato torna sul motocarro che sale da principio le scoscese vie del paese. ichelangelo Frammartino ha rappresentato i patri colori a Cannes (Quinzaine) con il suo secondo lungometraggio. Le quattro volte sono le quattro vite del mondo: la vita umana, quella animale, la vegetale e la minerale. Lo stile implicito ed ellittico, rigoroso fin quasi all’ascetismo delle forme, fa correre la mente al cinema di Vittorio De Seta. È lo stesso Frammartino a dichiarare la paternità d’elezione. Eppure dietro le sovrapponibilità apparenti, le somiglianze superficiali, si nascondono sostanziali differenze d’ispirazione. Frammartino dimostra, prima di tutto, d’esser mosso da un’ansia narrativa del tutto aliena, rispetto all’orizzonte cinematografico di De Seta: allo sguardo d’attesa e relazione del maestro si sostituisce nell’allievo l’urgenza di ordinare il mondo dentro uno schema prestabilito di racconto. A Frammartino non manca acume e ironia, sapienza tecnica e consapevolezza linguistica; più di tutto le sue immagini brilla- M no d’un ritmo cadenzato e musicalmente perfetto. Ma lo sguardo impersonale della m.d.p. evita di scegliersi un posto nel mondo che osserva, evitando così anche di stabilire ed esplicitare la sua relazione con gli oggetti che filma. Il regista scopre la vita segreta del piccolo villaggio con l’occhio ultraterreno e impersonale d’un Creatore astratto che segue da lontano e con ironico distacco le piccole vicende delle sue piccole creature. Anche quando la m. d. p. si avvicina ai corpi degli armenti, agli occhi degli animali, alle mani piagate del vecchio pastore o ai tronchi rugosi degli alberi del bosco, la prossimità non diventa mai intimità, movimento affettivo, ma segna piuttosto curiosità crudele e impersonale per il cerchio della vita che si rinnova consumandosi prima dentro la morte. Il montaggio necessario al racconto non è compiuto dentro, ma fuori dall’immagine, fuori dal film. Se anche le inquadrature “tagliate” da Frammartino mostrano e dimostrano la presenza del cinema, la sequenza dei singoli “pezzi” denuncia l’assenza del film. L’orrore e la meraviglia sono intorbiditi e rotti dalla tensione che punta alla chiusura del cerchio narrativo. Uun po’ come succede in viaggio, quando, invece di aprirsi allo stupore della scoperta ci si lascia distrarre dalla preoccupazione del ritorno a casa. Silvio Grasselli UNA SOLUZIONE RAZIONALE (Det enda rationella) Svezia, 2009 Regia: Jörgen Bergmark Produzione: Helena Danielsson per Hepp Film/ Blind Spot Pictures Oy/ARTE/Lucky Red/Pandora Filmproduktion/ Sveriges Television (SVT)/ Yleisradio (YLE)/ Zweites Deutsches Fernsehen (ZDF) Distribuzione: Lucky Red Prima: (Roma 9-9-2009; Milano 9-9-2009) Soggetto e sceneggiatura: Jens Jonsson Direttore della fotografia: Anders Bohman Montaggio: Mattias Morheden Musiche: Nathan Larson Scenografia: Peter Bävman Costumi: Paola Billberg Co-produttori: Karl Baumgartner, Jörgen Bergmark, Raimond Goebel, Jens Jonsson, Tero Kaukomaa Aiuto regista: Sofie Palage Trucco: Evalena Jönsson Suono: Andreas Hildebrandt Interpreti: Rolf Lassgård (Erland), Pernilla August (Karin), Stina Ekblad (May), Claes Ljungmark (Sven-Erik), Magnus Roosman (prete) Durata: 104’ Metri: 2850 40 Film n una cittadina scandinava, Erland, cinquantenne ancora prestante, lavora nella cartiera insieme all’amico Sven-Erik. Nel tempo libero, tiene con sua moglie May un gruppo di discussione serale sulle dinamiche matrimoniali presso la locale Chiesa Pentecostale. I due sembrano una coppia molto affiatata, che dispensa consigli e costituisce un modello per gli altri. Sven-Erik, al contrario, è depresso ed esce da un tentativo di suicidio, nonostante ami la moglie, che considera la sua unica fonte di felicità. Erland e May, per risollevare l’amico, organizzano per lui una festa di compleanno a sorpresa. Qui Erland conosce Karin, la moglie di SvenErik e tra i due nasce una forte attrazione. In un primo momento, cercano di resistere alla passione, ma ben presto i buoni propositi vengono meno. Tra i due nasce una relazione che è difficile riuscire a mantenere segreta per i principi in cui crede Erland. L’uomo, dunque, elabora una “soluzione razionale” per risolvere la questione: le coppie devono sedersi attorno a un tavolo per esaminare con calma la situazione. Decidono così di andare a vivere tutti insieme a casa di Erland e May, stabilendo un decalogo per la loro nuova vita in comune. I due coniugi traditi accettano l’esperimento che li metterà a dura prova, I Tutti i film della stagione nella speranza che tutto torni come prima, ma le difficoltà minacciano di farli sprofondare in un abisso, perché è impossibile sottomere i sentimenti alla ragione. May rivela la propria gelosia in un crescendo di manifestazioni e confessioni al marito e decide di abbandonare la casa. Sven-Erik, dopo aver tentato un vano suicidio nella cartiera, riscopre il gusto di vivere fuori dalla dipendenza affettiva degli altri e si allontana, sollevato, a bordo della sua barca nel lago. l suo primo lungometraggio, Jorgen Bergmark, di cui ricordiamo la collaborazione in Kitchen Stories di Bent Hamer, realizza una pellicola dai toni vagamente bergmaniani, analizzando i comportamenti umani e di coppia, osservandoli come cavie da laboratorio. Un film di recitazione, di stampo teatrale, in cui la scena è racchiusa tra quattro mura e claustrofobicamente i personaggi soffrono, amano, discutono, mettendo a nudo le proprie emozioni. Nonostante non manchino elementi surreali, il film che inizia con leggerezza, assume un crescendo tragico per poi sciogliersi in un finale agrodolce. Le domande che Bergmark pone non vengono soddisfatte; sappiamo che non è possibile trovare “una soluzione razionale” ai problemi A di cuore, ma che fine faranno i due adulteri che rimangono da soli sotto lo stesso tetto? In realtà, la leggerezza con cui si cerca razionalmente di trovare un’uscita da una situazione che coinvolge i sentimenti, non solo di due persone innamorate, ma di due coppie sposate, permette un andamento scorrevole di un dramma altrimenti insostenibile. La “soluzione razionale” perde di fronte alle ragioni del cuore, come dice Pascal, e la lotta tra ciò che è “giusto” e ciò che istintivamente non lo è risulta impari: anzi, la razionalità sembra in certi casi più crudele e destabilizzante di qualsiasi moto incontrollato dell’animo. L’aggressività dei personaggi sembra esprimersi solo attraverso le corse dei due uomini rivali sui go-kart, in cui non è chiaro se per caso, o per intenzione, è permesso di vincere sempre al perdente SvenErik. Il film si avvale di numerosi primi piani e le inquadrature di tipo introspettivo permettono ai personaggi di passare con veridicità da espressioni d’incredulità, all’infelicità e alla chiusura. Il tocco bergmaniano si avverte anche nella scelta delle due intense attrici Pernilla August e Stina Ekblad, entrambe interpreti del capolavoro del maestro svedese Fanny e Alexander. Veronica Barteri IL TEMPO CHE CI RIMANE (The Time That Remains) Francia/Palestina, 2009 Regia: Elia Suleiman Produzione: Michael Gentile, Elia Suleiman per The Film/Nazira Films/ France 3 Cinéma/ Artemis Films/ Radio Télévision Belge Francophone (RTBF)/ BIM Distribuzione/ Belgacom TV/ Corniche Pictures; con la partecipazione di MBC Group/ France 3 (FR 3)/ Canal+/TPS Star Distribuzione: BIM Prima: (Roma 4-6-2010; Milano 4-6-2010) Soggetto e sceneggiatura: Elia Suleiman Direttore della fotografia: Marc-André Batigne Montaggio: Véronique Lange Scenografia: Sharif Waked Costumi: Judy Shrewsbury Produttore esecutivo: Hani Farsi Produttori associati: Joslyn Barnes, Danny Glover, Maya Sanbar Co-produttore: Avi Kleinberger S ritorna a casa per rivedere la madre che sta per morire. All’aeroporto monta su un taxi israeliano. In lontananza nuvole nerissime gravide di pioggia si gonfiano minacciose. E.S. si abbandona al ricordo. E rivede l’occupazione di Nazareth da parte delle forze armate israeliane. E Direttori di produzione: Ehab Assal, Jacques Royer Casting: Juna Suleiman Aiuti regista: Kira Bik, Jerome Borenstein, Robyn Glaser, Avichai Henig, Enas I. Muthaffar Operatore: Ehab Assal Arredatore: Maha Assal Supervisore musiche: Matthieu Sibony Suono: Christian Monheim Interpreti: Elia Suleiman (E.S.), Saleh Bakri (Fuad), Samar Qudha Tanus (la madre 1970-80), Shafika Bajjali (la madre oggi), Tarek Qubti (vicino di casa), Zuhair Abu Hanna (E.S. bambino), Ayman Espanioli (E.S. adolescente), Bilal Zidani (Jubran), Leila Mouammar (Thuraya), Yasmine Haj (Nadia), Amer Hlehel (Anis), Nina Jarjoura (Rose), Georges Khlefi (sindaco), Ziyad Bakri (Jamal), Lotuf Neusser (Abu Elias), Ali Suliman (fidanzato di Eliza) Durata: 105’ Metri: 2880 Attraverso la storia di Fuad, membro della resistenza palestinese, dalla creazione dello stato d’Israele nel 1948 ai giorni nostri, si traccia la ricerca dell’identità di suo figlio. Quattro episodi, dal 1948 ad oggi, per raccontare, più che un’autobiografia, una serie di ricordi quotidiani, di situazioni e 41 momenti rimasti nella memoria di E.S. E proprio dal 1948, data in cui viene fondato Israele, la storia della famiglia del regista va di pari passo con quella di un popolo senza più una terra. L’esistenza stessa di questo sconvolgimento politico porta E.S. a chiedersi: è lui a portare la Palestina con sé o è la Palestina a estendersi al resto del mondo? Film I n Palestina la vita è qualcosa che fatica ad affermarsi, frammentata, continuamente negata. Un vero racconto – quello fluido e senza sussulti di una “banale” vita terrena” - fatica a dipanarsi, costellato da mille impedimenti e dalla prevaricazione. Una frammentazione ricorrente nel cinema di Elia Suleiman. Qui come in Intervento divino (dove il regista riprende il proprio simbolico nome E.S.) lo sguardo di insieme è dato dall’unione di tanti piccoli frammenti che richiamano inevitabilmente una vita ordinaria, andata inevitabilmente in frantumi. Una peculiarità stilistica che il regista incarna sullo schermo, facendo, ancora una volta, di se stesso il muto e attonito protagonista di un mondo senza logica né giustizia. Il merito (ormai acclarato) di Suleiman è tutto qui, e scusate se è poco: nella trasposizione e rilettura tragicomica del conflitto palestinese, tramite gli stilemi raggelati cari a Tati o a Keaton, numi tutelari frequentemente evocati dai critici, sia per elogiare il regista che Tutti i film della stagione per criticarlo al momento di stigmatizzare l’andatura lenta e ripetitiva dei suoi film. Una lentezza che in realtà – al di là dell’indubbia ripetitività di certe situazioni – è semplicemente il tributo da pagare a stilemi cinematografici non più attuali, per qualcuno vetusti, certo estranei ai tempi comici (e non) di oggi. Tralasciando simili punti di vista, che probabilmente non salverebbero nemmeno Hollywood Party di Edwards, la fusione tra comicità e tragedia resta qualcosa di molto arduo da realizzare, specie se l’intento è di mantenere una sostanziale leggerezza. Una scelta che Roberto Benigni ha finito per pagare a posteriori, autocondannandosi alla ripetizione meccanica di un tessuto narrativo dicotomico che ha finito per trascendere la natura di quanto stesse effettivamente raccontando (e che, al di là delle più nobili intenzioni, non gli è mai veramente appartenuto). Non è un appunto che si può muovere a Suleiman, che infatti non prescinde mai dalla propria persona e dalle proprie memorie al momento di costruire il proprio, personale film. Che finisce per assomigliargli in tutto, compresi gli eccessi (quelli antisionisti di Intervento divino sono famigerati…); ma, a tratti, diventa irresistibile, impossibile non parteggiare per lui. I suoi espedienti, dal lirismo che descrive il contesto familiare, al surrealismo anarcoide delle tragedie belliche, sono gli unici possibili per descrivere l’insensatezza di un contesto, dove chi ha scelto di restare, gli arabi palestinesi reali padroni della propria terra, ha firmato una sorta di condanna a vita anziché a morte: un inferno sceso in terra, popolato di creature devitalizzate, disposte registicamente nello spazio diegetico dell’inquadratura al pari di pedine affrante o arbusti seccati. E si tratta, che lo si voglia o no, di un’intuizione formidabile, vero cinema inteso come rappresentazione astratta di una tragedia più che mai concreta. Gianluigi Ceccarelli BRIGHT STAR (Bright Star) Gran Bretagna/Australia/Francia, 2009 Supervisore trucco: Emma Sheldrick Trucco: Fulvia Bartoli, Jane Logan, Laura Schiavo Supervisore effetti speciali: Mark Holt Supervisori effetti visivi: Phil Stuart-Jones (FSM), Paddy Eason, Hugh Macdonald (CIS London) Coordinatore effetti visivi: Naomi Mitchell Interpreti: Abbie Cornish (Fanny Brawne), Ben Whishaw (John Keats), Kerry Fox (signora Brawne), Paul Schneider ( Charles Armitage Brown ), Edie Mar tin ( Margaret ‘Toots’Brawne), Thomas Sangster (Samuel), Claudie Blakley ( Maria Dilke ), Gerard Monaco (Charles Dilke ), Antonia Campbell-Hughes (Abigail O’Donaghue), Samuel Roukin (John Reynolds), Samuel Barnett (Joseph Severn), Jonarthan Aris ( Leigh Hunt ), Olly Alexander ( Tom Keats ), Alfred Harmsworth (Charles Dilke Jr.), Theresa Watson (Charlotte), Vincent Franklin (dottor Bree), Sebastian Armesto (signor Haslam), Eileen Davies (signora Bentley), Adrian Schiller ( signor Taylor ), Amanda Hale, Lucinda Raikes ( sorelle Reynolds),Roger Ashton-Griffiths (negoziante), Sally Reeve (padrona di casa) Durata: 119’ Metri: 3300 Regia: Jane Campion Produzione: Jan Chapman, Caroline Hewitt, Mark L. Rosen per Pathé Renn Productions/Screen Australia/BBC Films/UK Film Council/New South Wales Film & Television Office/ Hopscotch Productions/Jan Chapman Pictures/Australian Film Finance Corporation (AFFC) Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 11-6-2010; Milano 11-6-2010) Soggetto e sceneggiatura: Jane Campion Direttore della fotografia: Greig Fraser Montaggio: Alexandre de Franceschi Musiche: Mark Bradshaw Scenografia: Janet Patterson Costumi: Janet Patterson Produttori esecutivi: François Ivernel, Christine Langan, Cameron McCracken, David M. Thompson Line producer: Emma Mager Casting: Nina Gold Aiuti regista: Michael Elliott, Zoe Liang, Candy Marlowe, Paola Morabito, Luca Padrini, Alessandro Trapani, Anthony Wilcox Art director: Christian Huband Arredamento: Charlotte Watts ampstead Village, Londra 1818. La giovane studentessa di moda Fanny Brawne è vicina di casa del poeta John Keats. I due giovani imparano gradualmente a conoscersi e ad apprezzarsi. Fanny lo aiuta a prendersi cura del giovanissimo fratello malato di tisi, John ricambia dandole lezioni di poesia. Rimasta profondamente addolorata per H l’improvvisa e prematura morte del fratello del giovane poeta, Fanny lo invita a trascorrere il Natale a casa sua. Keats vive in disagiate condizioni economiche, le sue poesie vendono poco e non conquistano la critica come accade al suo poemetto “Endimione”, apprezzato invece da Fanny. Quando la famiglia Brawne si trasferisce nella casa accanto al giovane poeta, il rap42 porto tra Fanny e John diviene sempre più stretto. Durante una passeggiata nei boschi, i due si scambiano il primo bacio. Charles Brown, l’amico con cui Keats condivide l’appartamento, lo mette il guardia da quella relazione. Ma il giovane poeta si sente rinato e sente rifiorire la sua vena creativa. Durante la forzata lontananza per l’estate, John e Fanny si scambiano un’in- Film tensa corrispondenza d’amore. Fanny è felice e innamorata. Ma, al ritorno del signor Brown, la giovane piomba nella disperazione nell’apprendere che Keats si è fermato a Londra. Il poeta ritorna dalla capitale inglese ammalato di tubercolosi e viene isolato in casa: la separazione forzata tra i due è un’altra dura prova da affrontare. Le condizioni del poeta non migliorano e gli viene consigliato di trasferirsi a Roma, dove forse il clima più favorevole lo aiuterà a ristabilirsi. Fanny sta malissimo e chiede alla madre il permesso di far vivere nella loro casa il poeta almeno fino alla sua partenza. Poi chiede alla madre di superare le sue ritrosie nei confronti del signor Keats considerato di condizioni economiche disagiate e non degno di sposare una signorina di una classe più agiata. Durante l’ultima cena del poeta in casa Brawne, la madre di Fanny a sorpresa chiede a John di sposare la figlia al suo ritorno dall’Italia. L’addio tra John e Fanny è struggente. Pochi mesi dopo, il 23 febbraio 1821, giunge la notizia che il poeta si è spento a Roma a soli 26 anni. Charles Brown legge una struggente lettera di John a una disperata Fanny. La ragazza, pur non essendo stata sposata con il poeta, indosserà il lutto per tre anni. erotismo sussurrato, suggerito, evocato, un erotismo fatto di parole quasi sospirate, gesti lenti e delicati, sguardi pieni di desiderio, senza esibizione di corpi, senza amplessi, senza gemiti e sudore, la passione esplode violenta tra due corpi abbigliati pesantemente: anche solo per il semplice sfiorarsi di due palmi di mano, o per l’atto di tendere l’orecchio vicino a un muro accarezzando una parete che separa due letti. L’erotismo nella sua forma più assoluta, quando si accompagna all’amore. Ancora una volta, Jane Campion compie la magia e racconta per immagini il sentimento più alto con grazia ineguagliabile. Le parole del suo film sono poesia, le immagini sono come quadri, tele impressioniste composte da inquadrature memorabili illuminate da perfetti equilibri cromatici (grandioso il lavoro del direttore della fotografia Greig Fraser). Una passione dal furore romantico, raccontata però in modo modernissimo come avviene sempre con i film dalla Campion. Il punto di vista è, ancora una volta, quello femminile, come è accaduto spesso nel cinema della regista neozelandese, dove il sentimento amoroso è letto in soggettiva dagli occhi delle sue eroine. Fanny Brawne è proprio come Isabel Archer di Ritratto di signora: un’eroina in lotta contro le convenzioni sociali, ’ L Tutti i film della stagione una giovane donna alla ricerca del vero sentimento. Fanny studia moda, ricama, cuce, taglia, con gusto e passione, John compone versi memorabili. Il ricamo e la poesia. Due estremi, due talenti opposti ma complementari che aprono e chiudono il film. La scena iniziale è un primo piano su un ago che ricama la stoffa, il finale del film è affidato alle sole parole incantatrici della poesia di Keats, mentre sullo schermo nero scorrono i titoli di coda. In mezzo, solo quell’amore, assoluto e totalizzante, breve e struggente. Fanny incontra Keats subito dopo la pubblicazione del poemetto “Endimione” e lo perde subito dopo avergli ispirato le liriche che lo faranno ammirare dal mondo, “Ode on a Grecian Urn”, “Ode on Melancholy”, “Ode to a Nightingale”. La Campion sceglie di raccontare proprio questo: l’immenso potenziale creativo del sentimento amoroso. Ed è proprio il punto di vista femminile ad aiutare la regista a tenersi lontana dalle insidie di un comune ‘biopic’. Questo “ritratto di giovane signora” è una “ballata” alla maniera del poeta inglese, di cui la regista sceglie di raccontare gli ultimi tre anni della brevissima e difficile vita. La ventata di aria fresca che, sollevando la bianca tenda della sua camera, investe Fanny stesa sul letto, nella sequenza immediatamente successiva al primo bacio con il poeta, è chiaramente rivelatrice. Le farfalle di cui Fanny riempie la sua stanza sono un’immagine forte, simbolo di anelito alla libertà ma anche simbolo della scoperta della follia segreta che abita ognuno di noi. Lontana dal suo amore, la giovane ne legge le lettere ispirate (“Vorrei quasi che fossimo farfalle e vivessimo appena tre giorni d’estate, tre giorni così 43 con te li colmerei di tali delizie che cinquant’anni comuni non potrebbero mai contenere”) e dà libero sfogo alla sua piccola follia: riempie la sua cameretta di farfalle e le tiene prigioniere per goderne la fugace bellezza e il fascino quasi impalpabile. È un’altra donna prigioniera dei suoi pesanti costumi (come già tante figure femminili del cinema della regista neozelandese, da Ada di Lezioni di piano a Isabel di Ritratto di signora: come dimenticare i loro strettissimi corpetti, le loro lunghe, pesanti e fruscianti vesti, i loro cappellini?) che sogna di essere libera come una farfalla. Ada era muta e l’impossibilità del linguaggio la rendeva sensibile alla scoperta del vero lessico amoroso, Isabel era metaforicamente cieca nei confronti di quel mondo che era tanto ansiosa di scoprire, ma finiva per restare prigioniera della sua stessa cecità, non vedendo i pericoli nascosti dietro i sussurri fatali di un uomo che diventerà un marito-mostro, Fanny, infine, è come sorda ai richiami del sentimento fino a che i versi di un giovane poeta non le insegneranno a ‘sentire’ il suono dell’amore. Tutte sentono qualcosa che è precluso all’‘Io razionale’. L’amore che non riguarda la parte razionale dell’Io, che spesso non sa fornire alcuna spiegazione delle sue scelte perché non conosce le forze che le determinano: questo è il terreno su cui la regista ha tessuto la trama dei suoi film più riusciti. È vero. L’amore è rivelatore, aiuta a svelare quello che possiamo definire ‘l’abisso folle’ che ci abita. L’abisso che desidera, che vuole ardentemente espressioni che sappiano raggiungere le nostre regioni più lontane, per assaporare come spesso il piacere si intrecci col dolore e la luce con Film il buio. Quando incontriamo qualcuno che nel suo volto riflette questi abissi e che, come in uno specchio, ce li rinvia, è la discesa negli abissi del cuore, dell’irrazionale. Amiamo l’altro perché tramite lui scopriamo noi stessi come l’altro tramite noi scopre sé stesso. Amiamo quindi solo chi riflette i nostri abissi, una verità che il cinema della Campion ha altrove tradotto in immagini vivide e potentissime. E così, John scopre i suoi abissi e riesce a tradurli in poesia mentre Fanny riconosce la parte più nascosta di sé, ben celata sotto le sue pesanti vesti e suoi improbabili cappellini. Tramite l’altro, ognuno dei due riconosce le proprie imperscrutabili profondità. E riesce a volare. Anche se per pochi attimi di una breve stagione. Tutti i film della stagione La vita del poeta è breve come quella della farfalla di cui scriveva a Fanny, la sua storia è quella di un poeta che ha avuto, per citare ancora l’universo della regista, un ‘angelo alla sua tavola’ per troppo poco tempo ed è morto senza aver visto riconosciuto il suo talento poetico. Il film è una partitura perfetta che traduce in immagini la profondità di un sentimento assoluto, mantenendo un equilibrio perfetto tra ricostruzione storica e suggestioni metaforiche e simboliche. La poesia, la musica, la natura, tutto sembra volersi armonizzare alla coppia, anche i volti dei due protagonisti, altra scelta azzeccata dalla Campion, Abbie Cornish e Ben Whishaw (già “cantore” dei versi di Bob Dylan in Io non sono qui di Todd Haynes). Un film che è come la “fulgida stella” del suo titolo (Bright Star è il titolo di un poema d’amore per la Brawne che Keats scrisse all’interno della sua copia delle opere di Shakespeare) e che sembra essere destinato a restare una stella scintillante nella non sempre luminosa galassia cinematografica degli ultimi anni. Raro, come l’amore che racconta. “Una cosa bella è una gioia per sempre”, scriveva Keats. Vale nella poesia, nella vita, e nel cinema. Teniamoci stretto un film così, soprattutto di questi tempi. Elena Bartoni CITY ISLAND (City Island) Stati Uniti, 2009 Arredatore: Kelley Burney Trucco: Jorjee Douglas, Joseph Farulla Acconciature: Pamela May Coordinatore effetti speciali: Phillip Beck Supervisore costumi: Sonja Cizmazia Interpreti: Andy Garcia (Vince Rizzo), Julianna Margulies (Joyce Rizzo), Steven Strait (Tony Nardella), Dominik GarcíaLorido (Vivian Rizzo), Ezra Miller (Vince Jr.), Emily Mortimer (Molly), Alan Arkin (Michael Malakov), Jee Young Han (assistente casting), Sharon Angela (Tanya), George Aloi (attore all’audizione), Vernon Campbell (voce del buttafuori), Lora Chio, Jennifer Larkin (giovani attrici), Joseph Cintron (guardia della prigione), Curtiss Cook (Matt Curniff), Yevgeniy Dekhtyar, Steven J. Klaszky, Benjamin Mathes ( attori ), Marshall Efron (uomo con il cane), Hope Glendon-Ross (Cheryl Plinoff), Adam (Goombah), Cerrone May (agente), Chris Miskiewicz (ubriaco), Louis Mustillo (proprietario dello strip club), Brad Naprixas (studente di recitazione), Carrie Baker Reynolds (Denise), Rocco Parente, Larrabee John Farrer, Paul Diomede Durata: 100’ Metri: 2750 Regia: Raymond De Felitta Produzione: Raymond De Felitta, Andy Garcia, Zachary Matz, Lauren Versel per CineSon Enter tainment/ Medici Entertainment/ Lucky Monkey Pictures/ Gremi Film Production/ Filmsmith Productions Distribuzione: Mikado Prima: (Roma 25-6-2010; Milano 25-6-2010) Soggetto e sceneggiatura: Raymond De Felitta Direttore della fotografia: Vanja Cernjul Montaggio: David Leonard Musiche: Jan A.P. Kaczmarek Scenografia: Franckie Diago Costumi: Tere Duncan Produttori esecutivi: Maria Teresa Arida, Milutin G. Gatsby, Grzegorz Hajdarowicz, Michael Roban, Lucia Seabra Line producer: Ged Dickerson Direttori di produzione: Ged Dickersin, Andrew Saxe Casting: Sheila Jaffe, Meredith Tucker Aiuti regista: John Greenway, Eric Henriquez Operatori: Petr Hlinomaz, Christopher LaVasseur Operatore Steadicam:Sandy Hays Art director:Sorangel Fersobe ince Rizzo di professione guardia carceraria vive con la sua famiglia in una piccola isola felice, City Island, a pochi passi da New York. Ma, la vita di Vince è tutt’altro che appagante. Sin da quando era giovane, l’uomo ha represso nel suo intimo la smania di calcare le assi del palcoscenico; sennonché, ora che ha spento cinquanta candeline sulla torta, ha deciso di seguire un corso di tecnica teatrale. Durante una lezione, il maestro Michael Malakov abbina Vince all’estroversa Molly, in modo che, per la prossima volta, entrambi inscenino - sotto gli occhi attenti dei loro colleghi di corso - un duetto sui loro più intimi segre- V ti. Vince non sembra granché convinto del compito assegnatoli e si mostra diffidente ad aprire il suo cuore a una sconosciuta. Sono sufficienti un paio di drink e il protagonista confida alla partner artistica di essersi imbattuto per caso in quello che crede essere suo figlio. Si tratta di Tony Nardella: un nuovo detenuto colto in flagrante dalla polizia mentre cercava di rubare un’autovettura. Così, Vince parla a Molly di una sua vecchia storia d’amore terminata venti anni prima a causa di una grave incompatibilità di carattere con la precedente compagna. Da questo rapporto, però, era nato un bambino che il secondino non aveva mai riconosciuto legal44 mente, pur passando alla madre ogni anno una quota in denaro per il mantenimento del fanciullo. Poi, Vince aveva conosciuto sua moglie Joyce e insieme avevano messo al mondo Vivian e il piccolo Vince Jr. In tutti quegli anni, trascorsi accanto a Joyce, l’uomo ha sempre cercato disperatamente di far tacere il grande rimorso provato nei confronti di un figlio mai conosciuto. Affinché il ricordo fosse totalmente cancellato, il signor Rizzo non ha mai fatto il benché minimo cenno dell’accaduto alla signora Rizzo, alla quale - peraltro - racconta di andare a giocare a poker ogni sera che si reca in teatro. Essendo divenuti molto intimi, Molly esorta il suo nuovo Film amico a entrare in contatto con il figlio ritrovato. La guardia carceraria accetta il consiglio della donna e fa esattamente quanto gli è stato appena detto: porta Tony nella sua abitazione, in mezzo ai membri della famiglia Rizzo, per tutto il tempo che ancora gli resta da scontare. Già a tavola, il carcerato riesce a farsi un pensiero delle tensioni e dei piccoli drammi quotidiani che animano l’esistenza di Vince, Joyce, Vivian e Vince Jr.. Nei giorni seguenti, il giovane ladruncolo scoprirà molto di più su quell’insolita famiglia fuori dagli schemi. A quanto pare, di ognuno di loro si potrebbe rilevare una notizia estremamente segreta, che nessuno conosce. Non c’è che l’imbarazzo della scelta: Vivian si paga la retta universitaria grazie alla mancia racimolata facendo la lap dance, per Vince Jr. vale il motto “grasso è bello” e, infine, Joyce fuma solo nei momenti in cui si accorge di non essere osservata. Anche Tony si lascia contagiare dalla voglia di omettere la realtà, nel momento esatto in cui prova a sedurre una Joyce oltremodo convinta che il suo matrimonio stia naufragando per via di (inesistenti) adulteri commessi dal marito. Il corteggiamento di Tony non va a buon fine, giacché, per devozione verso un essere umano che l’ha accolto a braccia aperte, il galeotto ci ripensa e si comporta da perfetto gentiluomo. Nel frattempo, Vince si è preso una giornata di vacanza dal lavoro per recarsi al provino di un nuovo film diretto da Martin. corsese con Robert De Niro come protagonista. Sulle prime l’improvvisato attore si dimostra alquanto goffo e impacciato, soprattutto quando, per far colpo sui produttori, imita il ghigno sardonico di Marlon Brando all’epoca di Il padrino. Licenziato dal colloquio con gli agenti, Vince viene di nuovo richiamato nella sala audizioni in modo che possa offrire un piccolo assaggio d’improvvisazione. La seconda prova cancella subito dalla mente dello staff la prima, pessima impressione, cosicché Rizzo è invitato a presentarsi il giorno dopo per discorrere direttamente con l’autore in persona. Appena uscito da lì, Vince invita Molly a festeggiare quanto gli è appena accaduto. Dopo aver profetizzato all’amico un futuro da star di Hollywood, la giovane svela all’uomo che le sta di fronte di aver abbandonato il suo sposo e i suoi tre figli alcuni mesi prima. Così, da un giorno all’altro, quella che era una brava massaia americana aveva deciso di inseguire un sogno per troppo tempo tenuto a marcire nel cassetto: impersonare ogni sera un nuovo ruolo. Una volta asciugatasi le lacrime, Molly propone al confidente di ac- S Tutti i film della stagione compagnarlo fino alla villa di lui per spiegare a Joyce quanto sia importante quell’opportunità che gli Studios stanno sventolando sotto il naso di Vince. Non appena Vince gira la chiave nella toppa della serratura ed entra in casa, però, si trova di fronte una moglie arciconvinta che Molly sia solo la squallida amante del suo compagno di vita. Sarà piuttosto difficile dissuaderla da quell’idea malsana. A quel punto ognuno dei familiari cerca di discolparsi davanti agli altri, ma più parlano, più si approfondiscono i fatti e più vengono a galla le responsabilità, comprese quelle di Vince nei confronti di Tony. L’aspetto da melodramma nazional-popolare sembra essere oramai indistinguibile dalla commedia, finché non viene decretato uno stato di pace generale e ciascuno ottiene il perdono delle colpe commesse con gran sollievo. Lo stesso vale anche per Molly che fa i bagagli e ritorna nel suo paese con il primo autobus disponibile. Il celebre incipit del romanzo Anna Karenina di Tolstoj recita più o meno così, a seconda delle traduzioni: “Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. In casa Rizzo sono molte le cose che vanno fuori posto: fattori irrinunciabili per la perfetta creazione di una commedia di successo, ha pensato bene lo sceneggiatore. Un tour de force di situazioni al limite del grottesco, con una leggera brezza drammatica solo vagamente avvertita nell’aria. Ma, il diavolo fa le pentole e non i coperchi, così come lo sceneggiatore di City Island non si esime dal combinare un tiro mancino al regista del film senza rifletterci troppo. E pensare che tra l’altro, sono la stessa persona! Infatti, questa raccolta di materiale aneddotico assemblata da Raymond De Felitta avanza come una linea retta fra idee standard e lo fa nel modo più beffardo che esista: ovvero esaurendo tutte le potenzialità in una trama che ammicca agli spettatori ben oltre il limite consentito. Non si può proprio dire che il lungometraggio presentato al Tribeca Film Festival del 2009 sia proprio un campione d’onestà, come il trailerbandiera invece vorrebbe promettere. Sacrosanta, comunque, la reazione di tutti coloro che vedranno soddisfatto il desiderio di divertirsi al cinema per circa due ore; ma, poi il film del regista americano ricadrà banalmente nel dimenticatoio non appena il pubblico uscirà dalla sala. Per questo motivo, la parola “fallimento” sembra adatta a comprendere la natura disastrosa di City Island, dove un nucleo inizialmente sul punto di sgretolarsi cambia fino a diventare una sorta di famiglia stile “Mulino bianco”. Senza il contributo di un buon cast di attori, inoltre, l’opera di De Felitta sarebbe andata ancor meno lontana. Il personaggio di Vince Rizzo è irreprensibilmente nelle corde di Andy Garcia e, per toccare con mano il suo istrionismo, basta gustarsi la scena del provino sostenuto dal protagonista. Se la cava egregiamente anche l’attore premio Oscar Alan Arkik, nel piccolo ruolo dell’insegnante di recitazione. Maria Cristina Caponi COPIA CONFORME (Copie conforme) Francia/Italia, 2008 Regia: Abbas Kiarostami Produzione: Angelo Barbagallo, Charles Gillibert, Marin Karmitz, Nathanaël Karmitz, Abbas Kiarostami per MK2 Productions/ BiBi Film/ Abbas Kiarostami Productions; in associazione con France 3/Canal+ Distribuzione: BIM Prima: (Roma 21-5-2010; Milano 21-5-2010) Soggetto e sceneggiatura: Abbas Kiarostami, Massoumeh Lahidji Direttore della fotografia: Luca Bigazzi Montaggio: Bahman Kiarostami Scenografia: Giancarlo Basili, Ludovica Ferrario Produttori esecutivi: Claire Dornoy, Marin Karmitz Line producer: Gaetano Daniele Direttore di produzione: Ivana Kastratovic Art director: Ludovica Ferrario Trucco: Fabienne Robineau Supervisore effetti visivi: Rodolfo Migliari Interpreti: Juliette Binoche (Elle, gallerista francese), William Shimell (James Miller), Jean-Claude Carrière (uomo in piazza), Agathe Natanson (donna in piazza), Gianna Giachetti (proprietaria del caffè), Adrian Moore (figlio), Angelo Barbagallo (interprete), Andrea Laurenzi (guida), Filippo Troiano (sposo), Manuela Balsimelli (sposa) Durata: 106’ Metri: 2900 45 Film o scrittore e critico d’arte inglese James Miller, in Toscana per la presentazione del suo ultimo volume dal titolo Copia Conforme, si interroga sul rapporto tra originale e copia e, durante il suo discorso, estremamente logico e filosofico, arriva a ipotizzare che gli esseri umani possano essere delle mere copie del Dna dei loro antenati. Nel mezzo della conferenza, arriva con suo figlio un’antiquaria francese residente ad Arezzo da cinque anni – dove ha messo in piedi un negozio di statue originali e non –, la quale resta affascinata dallo scrittore e decide di incontrarlo. I due, una volta conosciutisi, decidono di fare una gita insieme e partono la domenica per Lucignano, un paesino della toscana dove la donna ha intenzione di mostrare “una sorpresa” allo scrittore. Arrivati al paese, incontrano diverse coppie di novelli sposi e l’antiquaria spiega a James che sono in molti ad andarsi a sposare lì, perché c’è un albero d’oro e si dice che porti fortuna a chi si unisce in matrimonio. La sorpresa è un pezzo di affresco raffigurante una testa di donna, che per anni è stato creduto originale di epoca romana e, quando si è scoperto che era una copia, il museo ha deciso di conservarlo lo stesso per l’affetto che si era creato nei confronti di questa opera. James si domanda allora che differenza faccia se quella è una copia. Per anni, gli abitanti di Lucignano hanno guardato a quell’opera come fosse l’originale e, secondo lui, è proprio il modo in cui si guarda una cosa che le conferisce valore. Non tanto l’opera in sé. Inoltre, anche l’originale non lo è del tutto: in effetti, è una copia dell’essere umano che vi è raffigurato. La discussione continua in un bar, dove la barista crede che i due siano marito e moglie. Sembra che entrambi stiano al gioco e cominciano a comportarsi come tali. Parlano del passato trascorso insieme, di ciò che è successo a colazione tre mattine prima, dei giorni spesi proprio a Lucignano L Tutti i film della stagione quindici anni prima per la luna di miele. In breve, cominciano a comportarsi come una vera coppia che ha condiviso ricordi e amarezze, le cui strade hanno fatalmente finito per dividersi. In una progressiva ambiguità, la finzione della coppia si rivela così una copia conforme della vita coniugale, nella logica della filosofia di vita che fa da sfondo al libro e che essi accettano, secondo cui le cose sono come le facciamo apparire ai nostri occhi. Tuttavia, quando la giornata volge al termine e lo scrittore deve andare alla stazione per lasciare la Toscana, appare chiaro come di fronte alla realtà le persone sono comunque vincolate a dei dati di fatto. bbas Kiarostami torna al cinema. Quello “vero”, narrativo, di finzione dopo Dieci e il radicalismo sperimentale (a tratti indigeribile) di Shirin. Ed è, inevitabilmente, di finzione che il regista iraniano, esule volontario alla prima regia fuori dal suo paese, tratta in quest’ultimo Copia A conforme. O meglio, di come il realismo della finzione sia a tratti più reale della realtà stessa, parafrasando le parole dello scrittore protagonista (il tenore William Shimell, al suo convincente esordio). I paradossi di una simile affermazione, sublimati dalla “macchina di finzione” per eccellenza che è il mezzo cinematografico, permeano ancora il cinema di Kiarostami vent’anni dopo Close-up, pur non possedendone la stessa granitica forza espressiva. Molto, in Copia conforme, risente infatti di un calligrafismo e di un’aura estetizzante, dalla fotografia del pur bravo Luca Bigazzi, ai dialoghi venati di intellettualismo cui Kiarostami sembra spesso rifugiarsi, perennemente impegnato a costruire (fortunatamente, senza svelarlo) un teorema, conscio probabilmente della difficoltà di giocare in trasferta sul piano della pura emotività. Inevitabilmente, il gioco raffinatissimo di inganno, perpetrato ai danni dello spettatore consapevole, poggia interamente sul versante della recitazione, senza scomodare ulteriori aspetti della messa in scena, a tratti mostrandosi come una pura prova di attori davanti alla cinepresa, che, muta, sembra rievocare vaghe atmosfere di Viaggio in Italia nella crisi di una coppia che forse coppia non è: cosa essa sia non è dato sapere, perché è il mezzo stesso – il cinema – a non poter fornire risposte precise in questo senso, qui come in altri migliori film di Kiarostami. Che vincola le immagini all’intellettualismo e ai suoi bravi attori (mal doppiati in italiano), concede qualche cartolina di troppo alla Toscana Film Commission e diluisce, forse troppo, l’assunto di quanto vorrebbe narrare; ma a settant’anni splendidamente portati, si conferma una mente ancora viva e tutta’altro che paga di cose da dire. Gianluigi Ceccarelli 14 KILÓMETROS (14 Kilómetros) Spagna, 2007 Regia: Gerardo Olivares Produzione: José María Morales perExplora Films/Wanda Visión S.A. Distribuzione: Bolero Film Prima: (Roma 28-5-2010; Milano 28-5-2010) Soggetto e sceneggiatura: Gerardo Olivares Direttore della fotografia: Magoo Moro Montaggio: Raquel Torres Musiche: Santi Vega Co-produttore: Óscar Portillo Direttore di produzione: Miguel Morales Aiuti regista: Antonio Díaz, Javier Magdalena Effetti: Kinema Digital Suono: Carlos De Hita Interpreti: Mahamadou Alzouma (Mukela), Aminata Kanta (Violeta), Adoum Moussa (Buba) Durata: 95’ Metri: 2605 46 Film ioleta è una ragazza che vive in un villaggio del Mali, sul fiume Niger, dalle parti di Timboctou. Costretta dalla sua famiglia a sposare un vecchio che aveva abusato di lei già in passato in cambio di dieci mucche e cento chili di sale, la giovane decide di scappare dal suo paese alla ricerca di una vita migliore. Aiutata economicamente da un’amica, Violeta intraprende un viaggio molto difficile attraverso l’Africa, durante il quale conoscerà i due fratelli nigeriani, Buba e Mukela. Buba è un giovane meccanico che sogna di fare il calciatore, mentre Mukela è un ragazzo ambizioso convinto che in Europa nessuno “muore di fame”. I tre diventano, loro malgrado, compagni di viaggio e si ritrovano ad attraversare insieme il deserto del Sahara fino al Marocco con mezzi di fortuna. A un certo punto, si ritrovano però da soli, ancora nel deserto del Ténéré e, sbagliando direzione, incominciano a girare in tondo. Sfiniti all’ombra di un salice, vengono trovati da una tribù di Tuareg che riescono a soccorrere Buba e Violeta, ma non Mukela che verrà seppellito sotto la sabbia del Sahara. Ormai innamorati l’uno dell’altro, Buba e Violeta ricominciano il loro viaggio, ma ad un posto di blocco Violeta viene fermata e fatta scendere nonostante il tentativo di salvarla da parte del ragazzo. Da quel momento Buba riprende il viaggio a piedi e riesce ad arrivare tra Algeria e Marocco, dove però viene rimandato indietro, sbattuto dalle V Tutti i film della stagione guardie di frontiera da un posto all’altro. Ostinato e coraggioso, Buba riesce lo stesso ad arrivare a Tangeri, ma qui viene arrestato e un’altra volta espulso. Giunto al villaggio di mare di Asillah in Marocco qui ritrova Violeta in un bordello e con lei si imbarca su uno scafo che nel buio della notte attraverserà i quattordici chilometri di mare dello Stretto di Gibilterra. Ma, arrivati a Tarifa, nel Sud della Spagna, i due ragazzi vengono intercettati dalla polizia locale che però li lascia andare nonostante loro abbiano alzato le mani per arrendersi e farsi arrestare. al Mali al Marocco per attraversare quei quattordici chilometri che separano l’Africa dall’Europa e per lasciarsi alle spalle una vita fatta di povertà e miseria. Un viaggio della disperazione verso il continente dove “nessuno muore di fame”. È questo il senso di 14 Kilòmetros, il film del documentarista spagnolo Gerardo Olivares, già conosciuto per il lungometraggio di finzione Il grande match, da cui riprende alcuni spunti, come il tema del calcio e la location nigeriana. A metà tra il genere documentarista e quello naturalistico, 14 kilòmetros sembra più una sorta di diario di viaggio di tre ragazzi alla ricerca di un sogno che un vero e proprio film documentario sul dramma dell’immigrazione clandestina e dei viaggi della disperazione che ogni D giorno riempiono le cronache dei nostri giornali. Se, all’inizio, le storie di Buba e Violeta (interpretati da Mahamadou Alzouma e Aminata Kanta) si incrociano solo sullo schermo grazie nel montaggio alternato, il racconto del loro viaggio viene invece sviluppato (e in alcuni casi riempito) con una serie di splendide sequenze e inquadrature che dimostrano un certo gusto del regista per le riprese aeree e per i dettagli (come i primo piani degli attori). Al di là della storia, già molto spesso trattata e su cui, in questo film, manca lo sguardo duro della sua feroce attualità, 14 kilòmetros va quindi apprezzato per la capacità di valorizzare le location attraverso la fotografia: dai colori degli abiti tipici del Mali a quello della sabbia del Sahara, dal tramonto sul fiume Niger alle scene di vita quotidiana dei villaggi africani. Come nella sequenza dell’incontro con la tribù di Tuareg, ogni inquadratura sembra voler mostrare ciò da cui i due giovani protagonisti sono costretti a scappare: la poesia e la bellezza di una terra che però altro non può offrire. Ma è proprio la netta contraddizione tra la poesia racchiusa in ogni inquadratura e il dramma della storia (che comunque fa sperare nel lieto fine) a rendere 14 kilòmetros un film che può piacere forse di più agli amanti della natura e dei viaggi che non a quelli del cinema impegnato. Marianna Dell’Aquila BUTTERFLY ZONE-IL SENSO DELLA FARFALLA Italia, 2009 Regia: Luciano Capponi Produzione: Giuseppe Franco per Play Phoenix Production Distribuzione: Borgo dello spettacolo Prima: (Roma 2-7-2010; Milano 2-7-2010) Soggetto e sceneggiatura: Luciano Capponi Direttore della fotografia: Giulio Pietromarchi Montaggio: Maria Cristina Sansone Musiche: Luciano Capponi Scenografia: Elisa Zanola Costumi: Elisa Dina Produttore esecutivo: Marco Gallo Organizzatore generale: Fabrizio Prada Direttore di produzione: Antonello Palermo Casting: Michbela Forbicioni Aiuti regista: Ilaria Mancini Operatori: Stefano Salemme Trucco: Enrico Iacoponi Acconciature: Aurora Gambelli Effetti speciali: GHOST SFX S.r.l. Effetti digitali: ELM Italia, Mag Special Effects Supervisore effetti speciali: Franco Galiano Supervisore effetti visivi: Paolo Zeccara Coordinatore effetti visivi: Giulio Cuomo Suono: Umberto Montesanti, Roberto Sestito Interpreti: Pietro Ragusa (Vladimiro Chenier), Francesco Martino (Amilcare), Francesco Salvi (professor Chenier, padre di Vladimiro), Barbara Bouchet (signora con i baffi), Cosimo Fusco ( Erminio Zecca ), Giorgio Colangeli ( Eriberto di Monsaio), Vincent Riotta (accompagnatore Aldilà), Damir Todorovic (Nicolaj Savicevich), Armando De Razza (Arnaldo Confalonieri), Sergio Nicolaj (ubriaco), Patrizio Oliva (senatore), Alessandra Rambaldi (Lidia De Carolis), Melanie Gerren (Malika Sharif), Sara Armentano (Baby), Max Bertolani (servo del senatore), Daniele Aldrovandi (commercialista), Cristiano Callegaro (prete), Ivo Americo Sette (Ugo), Luciano Capponi (signor Carlo), Angela Mililli (Enrica) Durata: 115’ Metri: 2750 47 Film ladimiro ha perso di recente suo padre, il Prof. Chenier. Tornato nella tenuta di campagna per organizzare il funerale e decidere se vendere o meno la proprietà, Vladimiro scopre che il padre aveva realizzato una partita di vino con l’uva del proprio orto, contaminata anni prima da una strana luce aliena. Con il ritrovato amico d’infanzia Amilcare, inizia a bere quel delizioso vino con un esito inaspettato: chi lo beve può entrare nell’aldilà per un arco di tempo ben preciso. Le conseguenze non tarderanno ad arrivare; i due, infatti, riportano accidentalmente nell’aldiquà l’assassino Nicolaj. Per complicare ulteriormente la situazione, Erminio Zecca, Capo del Dipartimento di Sicurezza, decide di monitorare gli strani flussi di energia creati dai viaggi di Vladimiro e Amilcare; quando, nella stessa zona, iniziano anche strani omicidi con tanto di segni rituali, decide di inviare l’agente Lidia de Carolis sul posto. La donna, all’inizio incredula, infine inizia a credere allo strampalato racconto di Vladimiro e Amilcare, che rivelano anche l’identità dell’assassino. Per cercare di fermarlo, si ritrovano tutti e tre bloccati nell’aldilà; ma almeno con l’inganno sono riusciti a bloccare anche il killer dall’altra parte, impedendo ulteriori omicidi. I tre incappano in una Donna coi baffi e in un Uomo, suo compare in affari. I due portano i tre viventi in uno strano albergo, dove affrontano ognuno le proprie paure o debolezze: su tutti c’è Vladimiro che si riappacifica V Tutti i film della stagione col padre. Purtroppo, tornati nell’aldiquà, i tre affrontano la sensitiva e killer Malika, inviata da Zecca per terminare il lavoro. Nello scontro muoiono sia lei che Vladimiro. Mentre Amilcare ritorna alla sua vita e Lidia dal figlio, che ha appena superato un grave incidente d’auto, Vladimiro passerà la sua eternità accanto alla sorella maggiore, morta quando era piccolo. utterfly Zone – Il senso della farfalla è il primo lungometraggio del regista Luciano Capponi, con cui si è aggiudicato il Premio Méliès come miglior film fantasy nell’edizione del 2009. Nel film si mescolano i tipici elementi del genere: mistero, magia, lotta fra il bene e il male e irrealtà. Tanto di cappello al coraggio di affrontare un genere a totale appannaggio degli angloamericani, ma il film crolla proprio sul senso di irreale che pervade la storia. Scrivere un fantasy non significa mettere insieme più elementi magici e fantastici per creare situazioni assurde, tenendo a mente come giustificazione che tanto è il genere stesso che ci permette diverse licenze poetiche. Guardando Butterfly Zone, si ha l’idea che vi siano troppi elementi, che poi arrivano forzatamente alla conclusione. E cosa ancor più rilevante, manca una solida idea di base: il vino dell’aldilà può dare il giusto avvio, ma poi serve qualcosa di molto potente per mandare avanti un lungometraggio. Persino alcuni dialoghi risultano letteralmente assurdi, con sequen- B ze troppo surreali, ingiustificabili e personaggi che sembrano tanto caratteristi privi di logica. Come termine di paragone ci si potrebbe soffermare su Harry Potter o il Signore degli anelli, o ripensare a La storia Infinita: sceneggiature ben scritte, con dialoghi privi di hobbit, fate, o quant’altro, che parlano in maniera sconclusionata e senza logica, con sequenze concatenate da causa ed effetto. Un pò commedia, un po’ dramma, un po’ trhiller, Capponi gioca nei dialoghi per alternare momenti di suspence a quelli più satirici, senza mai amalgamarli alla perfezione. La regia, invece, punta sui giochi fra colori e sfumature in seppia: l’aldilà è sbiadito, quasi incolore, mentre l’aldiquà è saturo di sapori e sfumature. Apprezzabile metafora, che tanto ricorda le scelte stilistiche di Tim Burton. Gli attori giocano bene le loro carte. Pietro Ragusa e Francesco Martino, in alcune scene non riescono a entrare nel mood, ma comunque portano a casa una buona prova. La sorpresa è Francesco Salvi: bravo, decisamente. C’è persino la bella Barbara Bouchet qui in veste di cattiva baffuta. Per alcuni Butterfly zone sarà la conferma che gli italiani ancora non sono in grado di girare fantasy, per altri l’inizio di una strada da provare e riprovare a percorrere. Per curiosità, e perché no, con l’intento di aiutare chi vuole far altro nel cinema italiano, si potrebbe comunque vederlo. Elena Mandolini BELLA (Bella) Stati Uniti/Messico, 2006 Operatore Steadicam: George Bianchini Art director: Justin Kemler Arredamento: Susan Ogu Trucco: Carla Antonino, Toy Van Lierop Acconciature: Robert Chiu, Fabian Garcia Interpreti: Eduardo Verástegui (José), Tammy Blanchard (Nina), Manny Perez (Manny), Ali Landry (Celia), Angélica Aragón (madre), Jaime Tirelli (padre), Ramon Rodriguez (Eduardo), Lukas Behnken (Johannes), Peter Bucossi (automobilista arrabbiato), David Castro (David), Michael Chin (commesso), Dominic Colon (Pepito), Hudson Cooper (padre sulla spiaggia), Tawny Cypress (Frannie), Ewa Da Cruz (Veronica), Sara Dawson ( Helen ), Doug DeBeech (Pieter), Alexa Gerasimovich (Lucinda), Herb Lovelle (senzatetto), Michael Mosley (Kevin), Wade Mylius (J.J. Janze), Stan Newman (uomo d’affari al telefono), Sophie Nyweide (Bella), Melinda Peinado (infermiera), Alfondo Ramírez (Leonardo), Armando Riesco (Francisco), Jamie Schofield (presentatrice), James Stanek (Henri), Marilyn Torres (Carla), Kola Ogundiran Durata: 91’ Metri: 2500 Regia: Alejandro Gomez Monteverde Produzione: Alejandro Gomez Monteverde, Jason Jones, Denise Pinckley, Leo Severino, Eduardo Verástegui, Sean Wolfington per Metanoia Films/ Bella Production/ Burnside Entertainment/ Mpower Pictures/The One Media Distribuzione: Microcinema. In collaborazione con ACEC Prima: (Roma 26-1-2010; Milano 26-1-2010) Soggetto e sceneggiatura: Leo Severino, Patrick Million, Alejandro G. Monteverde Direttore della fotografia: Andrew Cadelago Montaggio: Joseph Gutowski, Fernando Villena Musiche: Stephan Altman Scenografia: Richard Lassalle Costumi: Eden Miller Produttori esecutivi: Fred Foote, Stephen McEveety, Ana Wolfington, J. Eustace Wolfington, Sean Wolfington Produttori associati: Dan Genetti, Matthew Malek, Glen Trotiner Casting: Beth Bowling, Kim Miscia Aiuti regista: Glen Trotiner, Eddie Micallef, Chris DeAngelis Operatore: Dennis A. Livesey 48 Film osé è giovane, bello e felice. In una ridente mattina di primavera, sale sulla sua cabriolet e mette in moto: pochi chilometri lo separano dalla consacrazione come calciatore di successo. Un imprevisto, però, interrompe la sua ascesa trionfale. New York. È passato del tempo, José è cambiato: barbuto e coi capelli lunghi, armeggia tra pentole e fornelli in mezzo a una cucina fumosa. Ora è il capo cuoco nel ristorante di Manny, suo fratello. In una mattina come tante al suo ristorante, arriva anche Nina, cameriera ritardataria incallita. Manny le fa una scenata, minaccia di licenziarla; José la difende, assicura al fratello che se caccia Nina lui la seguirà. Pochi attimi più tardi, Nina e José passeggiano insieme per le strade della città. Il cuoco cerca di consolare la ragazza, di conquistarne la fiducia, di farle accettare il suo aiuto. Nina è sola, incinta e adesso non ha neppure più un lavoro. José è calmo e rassicurante, ascolta la giovane, offre soluzioni ai suoi problemi; poi, sfruttando l’inattesa libertà, propone a Nina una gita al mare. In treno la ragazza confida la sua incertezza e la volontà di abortire. I due fanno sosta presso la casa dei genitori di José. La sua famiglia – ricchi migranti messicani accoglie con calore Nina, offrendole ogni attenzione e uno sfarzoso pranzo tradizionale. Nel garage della villetta è José a confessarsi: quella mattina di primavera la sua auto investì una bambina, uccidendola. Dopo il carcere, lui, giovane promessa del calcio internazionale, lasciò aspirazioni e velleità per condurre una vita di servizio. J Tutti i film della stagione Nina e José passano la notte in spiaggia senza che la vicinanza e l’intimità li faccia scivolare oltre una tenera amicizia. Su quella stessa spiaggia, i due si ritrovano anni più tardi. Insieme a loro c’è Bella, nata grazie alla presenza di José, da lui cresciuta fino a quel momento. lejandro G. Monteverde viene dal Messico. Ha studiato cinema in Texas e da lì ha costruito la sua carriera di filmmaker. Nel 2004, Monteverde incontra a Los Angeles un altro messicano, l’attore e musicista Eduardo Verástegui, una delle stelle dello show business latinoamericano. I due decidono un cambio di rotta esistenzial-professionale e, insieme ad altri tre produttori, fondano la Metanoia Films, una casa di produzioni cinematografiche votata alla realizzazione di progetti che promuovano “impegno, intrattenimento e ispirazione”. Bella è il primo esperimento di questa serie per il momento solo immaginata. Finito nel 2006, uscito sul mercato europeo due anni più tardi, il film ha raggiunto gli schermi patri solo nel 2010, approdando alle sale grazie all’intervento dell’Acec (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) che l’ha scelto come titolo apripista del nuovo accordo con Microcinema Digital Network per la distribuzione digitale nelle sale cinematografiche. Premiato e ignorato in egual misura nella vasta arena dei festival e dei mercati internazionali, una volta giunto in Italia, Bella ha originato una ricezione, una lettura e una presentazione scioccamente A ideologica, essendo stato ridotto a “film antiaborista”. Di aborto, in realtà, nel film si parla poco e niente; di cose come la “gravidanza responsabile”, la “scelta per la vita” e via enumerando, non si parla neppure per un attimo. Si racconta invece – e forse secondo una via più interessante - la dolorosa vicenda di un giovane colpevole “solo” della propria incoscienza, per questo, forse, sbattuto dal “destino” con brutalità davanti alla responsabilità di esistere. Meglio ancora. Invece di centrare la narrazione sul dramma esistenziale di un uomo immaturo, Monteverde mette in scena il peso della testimonianza di un uomo passato attraverso il deserto della propria pochezza e felicemente sopravvissuto, facendo germogliare nella vita altrui la propria esperienza. La regia è candida, quasi ingenua; i tratti stilistici assai discreti, il tono legiero, i dialoghi ridotti all’essenziale e volutamente elementari, in grado così di eludere lo stereotipo. La logica non è quella puritana e veterotestamentaria del medio cinema statunitense; la vita di Bella non è sfacciatamente o allusivamente “scambiata”, pesata accanto a quella della piccola uccisa dalla macchina del protagonista. La morte resta morte, le colpe si pagano, l’incontro di un uomo e di una donna in riva al mare non deve necessariamente concludersi con un amplesso. È la speranza invece a dominare i destini dei personaggi. Come dire che una scelta è sempre possibile, quel che conta è scegliere. Silvio Grasselli LA REGINA DEI CASTELLI DI CARTA (Luftslottet som sprängdes Svezia, 2009 Regia: Daniel Alfredson Produzione: Søren Stærmose per Nordisk Film/ Sveriges Television (SVT)/ Yellow Bird Films/ ZDF Enterprises Distribuzione: BIM Prima: (Roma 28-5-2010; Milano 28-5-2010) Soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Stieg Larsson Sceneggiatura: Ulf Rydberg Direttore della fotografia: Peter Mokrosinski Montaggio: Håkan Karlsson Musiche: Jacob Groth Scenografia: Jan Olof Ågren, Maria Håård Costumi: Cilla Rörby Produttori esecutivi: Klaus Bassiner, Gunnar Carlsson, Anni Faurbye Fernandez, Wolfgang Feindt, Lone Korslund, Peter Nadermann, Ole Søndberg, Mikael Wallen Produttore associato: Jenny Gilbertsson Line producer: Susann Billberg-Rydholm Direttore di produzione: Tobias Åström Casting: Tusse Lande Aiuti regista: Lisa Eriksdotter, Kerstin Sundberg Art directors: Jan Olof Ågren, Maria Håård Effetti speciali trucco: Love Larson Supervisore effetti speciali: Johan Harnesk Interpreti: Michael Nyqvist (Mikael Blomkvist), Noomi Rapace (Lisbeth Salander), Annika Hallin (Annika Gannini), Per Oscarsson (Holger Palmgren), Lena Endre (Erika Berger), Peter Andersson (Nils Bjurman), Jacob Ericksson (Christer Malm), Sofia Ledarp (Malin Eriksson), Johan Kylén (Jan Bublanski), Tanja Lorentzon (Sonja Modig), Mirja Turestedt ( Monica Figuerola ), Anders Ahlbom Rosendahl ( Peter Teleborian ), Magnus Krepper ( Hans Faste ), Michalis Koutsogiannakis ( Dragon Armanskij ), Niklas Hjulström (Richard Ekström), Hans Alfredson (Evert Gullberg), Tekla Granlund (Jenny) Durata: 148’ Metri: 4060 49 Film opravvissuti ma malandati, Lisbeth Salander e Zalachenko, suo padre, sono ricoverati nello stesso ospedale, in due stanze non troppo distanti. Scampata alla morte per un pelo e rimosso il proiettile che aveva nel cranio, la ragazza è immobile nel letto e trova nel dottore impegnato a seguirne il recupero un insperato alleato nel respingere quanti, soprattutto poliziotti, vorrebbero interrogarla su quanto è successo. Allo stesso tempo, ora che lei è stata trovata, rischia seriamente di saltare la copertura di Alexander Zalachenko: i media e la polizia potrebbero arrivare alla verità e scoprire il segreto che la Sezione Speciale di Analisi (il segretissimo reparto della Säpo) nasconde dagli anni ‘70, ovvero di come sia stata svenduta la libertà della dodicenne Lisbeth Salander per insabbiare le violenze commesse dal padre, agente segreto disertore dell’Unione Sovietica e preziosa miniera di informazioni. La Sezione comincia a muovere le sue pedine, fa uccidere Zalachenko per depistare gli agenti di polizia, inganna un procuratore e prepara, con la complicità del dottor Teleborian, lo stesso che ebbe in cura Lisbeth da giovanissima, un’altra falsa perizia psichiatrica sulla ragazza. Messa nuovamente a tacere lei, il segreto rimarrà sepolto. Lisbeth viene, però, messa in guardia dal solito Mikael Blomkvist, che sta preparando un S Tutti i film della stagione numero speciale di “Millennium” per portare all’attenzione dell’opinione pubblica l’innocenza della Salander che, a breve, sarà chiamata a sostenere un duro processo, dove sarà difesa dalla sorella avvocato di Mikael. Prima di allora, però, insieme a Blomkvist si muoverà anche una squadra per investigare su tutti i membri della Sezione, portando alla luce le varie connessioni tra tutte le mele marce della Säpo e la lunga vicenda di soprusi e violenze che hanno caratterizzato la vita di Lisbeth. Che saprà vendicarsi in tribunale, smascherando i metodi del viscido Teleborian, trovando finalmente l’agognata libertà. L’ultimo ostacolo da superare sarà l’arcigno fratellastro albino, che prima di arrivare a lei si è lasciato dietro una lunga scia di sangue e morte. Lisbeth saprà come immobilizzarlo, a finirlo ci penserà un gruppo di motociclisti in cerca di vendetta. erzo e ultimo adattamento della “Millennium Trilogy” di Stieg Larsson, La regina dei castelli di carta chiude in definitivo ribasso le gesta cinematografiche di Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist, ancora interpretati da Noomi Rapace e Michael Nyqvist, dopo il discreto Uomini che odiano le donne e il già “televisivo” La ragazza che giocava con il fuoco, diretto come quest’ultimo dal mediocre Daniel Alfredson, capace di far rimpiangere il dane- T se Niels Arden Oplev, regista del primo capitolo. In 148, interminabili minuti, a farla da padrone è una messa in scena sciatta e prevedibile, con insistiti primi piani e campo/controcampo degni di una qualsiasi puntata del peggior Derrick mai prodotto, con ingiustificati momenti morti a contrappuntare un impianto thriller già privo di qualsiasi suspense e appesantito da un intreccio che, dopo solo qualche sequenza, cede il passo alla noia, perdendo progressivamente qualsiasi tipo di interesse. Ad affossare definitivamente il prodotto – tra le altre cose lontanissimo dai numeri fatti registrare al box office dai due capitoli precedenti, incassando in due settimane solamente 500.000 euro – l’inadeguatezza di un cast fuori luogo e poco credibile, dove stentano visibilmente anche Noomi Rapace e Michael Nyqvist, priva di qualsiasi sex appeal e ancor più imbruttita lei, imbolsito e stanco lui: chissà se i vociferati Carey Mulligan e Daniel Craig riusciranno a rilanciare i due personaggi nell’annunciato remake a stelle e strisce di Uomini che odiano le donne firmato David Fincher… Quel che è certo, considerando anche la dipartita datata 2004 dell’autore Larsson, è che la storia di “Millenniun” finisce con La regina dei castelli di carta: visto questo adattamento, il primo a sorriderne è il cinema. Valerio Sammarco PERDONA E DIMENTICA (Life During Wartime) Stati Uniti, 2009 Regia: Todd Solondz Produzione: Derrick Tseng, Christine K. Walker per Werc Werk Works Distribuzione: Archibald Enterprise Prima: (Roma 16-4-2010; Milano 16-4-2010) Soggetto e sceneggiatura: Todd Solondz Direttore della fotografia: Edward Lachman Montaggio: Kevin Messman Musiche: Doug Bernheim Scenografia: Roshelle Berliner Costumi: Catherine George Produttori esecutivi: Elizabeth Redleaf, Mike S. Ryan Produttore associato: Mark Steele Co-produttori: Ken Bailey, Andrew Peterson Direttore di produzione: Rosi Acosta Aiuti regista: Dave Halls, Stuart Williams, Javier Enrique Perez opo aver trascorso gli ultimi undici anni della sua vita in una cella per reati di pedofilia, Bill Maplewood esce dal carcere. Nel frattempo, sono cambiate molte cosa: la sua fa- D Operatore: Carlos Zayas Art director: Matteo De Cosmo Trucco e acconciature: Maureen Landa Supervisore effetti visivi: Lucien Harriot (Mechanism Digital) Supervisore costumi: Ciara Brennan Supervisore musiche: Doug Bernheim Interpreti: Shirley Henderson (Joy), Allison Janney (Trish), Michael Lerner (Harvey), Ciarán Hinds (Bill), Paul Reubens (Andy) Chris Marquette (Billy), Charlotte Rampling (Jacqueline), Ally Sheedy (Helen), Rich Pecci (Mark), Gaby Hoffmann (Wanda), Carmen Marie Colon Mejia (Sarah), Fernando Samalot (Eddie), Meng Ai (Jesse), Michael K. Williams (Allen), Dylan Riley Snyder (Timmy), Emma Hinz (Chloe), Renée Taylor (Mona), Rebecca Chiles (presentatrice), Roslyn Ruff (cameriera), Durata: 96’ Metri: 2640 miglia si è trasferita dal New Jersey in Florida e il primogenito Billy è andato a studiare in un campus universitario in Oregon. La moglie, Trish Jordan, vive assieme agli altri due figli Timmy e Chloe e sta 50 tentando di rifarsi una nuova vita con Harvey Wiener, un uomo di mezza età, con alle spalle un matrimonio fallito e un figlio disadattato a carico di nome Mark. L’altra sorella della famiglia Jordan, Film Joy, scoperta la vera natura del marito Allen (un drogato, violento e maniaco sessuale), decide anche lei di partire per fare visita alla madre e poi all’altra sorella Helen. La prima, che attraversa una fase di profonda depressione dopo essere stata abbandonata dal marito, è piena di risentimento nei confronti del genere maschile, mentre la seconda, diventata una sceneggiatrice famosa, le sfoga addosso tutta la sua frustrazione di donna insoddisfatta. Joy viene intanto perseguitata dal fantasma del fidanzato Andy, che si era suicidato perché non sopportava di essere stato rifiutato. Stessa sorte tocca pure ad Allen, il quale si spara un colpo di pistola alla tempia. Anche Bill, che nel frattempo prova a riavvicinarsi alla sua famiglia (va a trovare il figlio maggiore ma viene rifiutato), non riesce a liberarsi del proprio ingombrante passato: è infatti tormentato da un sogno ricorrente, in cui compare il piccolo Timmy. Il ragazzo, che sta per compiere tredici anni, è convinto che il padre sia morto (così gli è stato raccontato) e, quando scopre invece la verità, non riesce a perdonare la madre per avergli mentito. Nel giorno del suo Bar Mitzvah, in occasione del quale ha preparato un discorso sul tema del “perdonare e dimenticare”, Timmy recita alcuni brani della Torah. Al termine della cerimonia, il ragazzo si scusa con Mark Wiener per aver pensato, a seguito di un equivoco, che il padre fosse un pedofilo. Dopo avergli raccontato la storia del padre, gli confessa il desiderio che lui torni a casa. on era facile confermarsi ai livelli di un capolavoro quale è stato Happiness , eppure Todd Solondz ci è riuscito. Ed in grande stile. Il suo ultimo e coraggioso lavoro Perdona e dimentica (l’originale Life During Wartime è rimasto come sottotitolo) infatti non ottiene soltanto la piena promozione ma anche la lode. Lo dimostra l’unanime consenso ricevuto dalla critica alla 66esima Mostra del Cinema di Venezia, dove avrebbe di sicuro meritato un riconoscimento ben più alto del “consolatorio” Premio Osella per la migliore sceneggiatura. Undici anni dopo quel pugno allo stomaco di Happiness (uno sgradevole e perverso ritratto dell’opulenta società americana schiava del falso mito della felicità), il regista del New Jersey riprende con estremo rigore e coerenza il suo studio psicoantropologico sulle famiglie disfunzionali Jordan e Maplewood. La scientificità del suo sguardo, per la prima volta coadiuvato dalla tecnologia del digitale, sembra non concedere scampo: come fossero cavie da la- N Tutti i film della stagione boratorio Solondz mette a reagire i suoi disgraziati personaggi in un micro-cosmo dai colori vivaci e irradiato da una luce abbagliante (è ambientato in Florida e la fotografia è curata dal “maestro” Ed Lachman). Li osserva attentamente, mentre scavano nella loro memoria ferita, cercando di rimuovere un trauma di proporzioni insopportabili (è il caso del padre pedofilo). Oppure, quando sono costretti a fare i conti con degli spettri molesti che fanno loro visita in sogno in cerca di vendetta (vedi Joy, la sorella più sfigata). Ognuno di questi ha qualcuno da perdonare, o qualcosa da farsi perdonare ed il tema del perdono, così fondante per tutta la cultura giudaico-cristiana e a cui neppure il laico Solondz può rinunciare, costituisce il fulcro semantico attorno a cui ruota l’intera vicenda. Mentre gli adulti provano con fatica a raccogliere i cocci di una vita spezzata, l’unico a interrogarsi senza remore sull’eterno dilemma del forgive o forget è il simpatico e lentigginoso protagonista Timmy, grazie al quale scopriamo il talento fenomenale di un ragazzino esordiente di nome Dylan Riley Snyder. È attraverso le sue parole che Solondz consegna, forse per la prima volta nella sua filmografia, uno sparuto messaggio di speranza: è come se delegasse a una nuova generazione un nuovo sentire, autentico e cristallino (come solo i giovanissimi sanno essere), e capace quindi di varcare qualsiasi tipo di steccato o barriera rappresentati dal pregiudizio, in questo caso, nei confronti della pedofilia. Perdona e dimentica attraversa e lambisce, quindi, diversi piani temporali: dal passato che ritorna con prepotenza a bussare alla porte della coscienza e che si 51 manifesta sotto forma di fantasma o incubo, al futuro affidato - come abbiamo appena visto - alla sensibilità, alla capacità di ascolto e comprensione dell’adolescente Timmy. Ma questo è soprattutto un film che rispecchia con spietato realismo il nostro presente, malato di schizofrenia. La nostra umanità oramai allo sbando e incapace di comunicare, in cui i bambini fanno merenda con gli psicofarmaci (vedi la piccola Chloe)! Sono molteplici i riferimenti ai fronti di guerra su cui l’America è ancora sanguinosamente impegnata, e ancora alla questione israelo-palestinese, oppure al paventato dominio economico della Cina. Eppure la guerra di cui parla il titolo non è altro che una metafora per esprimere i laceranti conflitti interpersonali che portiamo avanti ogni giorno e che ci segnano nel profondo. «Il mondo può essere molto crudele, ma il nemico spesso è dentro di noi» - dice la cacciatrice di uomini interpretata da Charlotte Rampling (impeccabile nel ruolo di “mostro” a cui è rimasto però ancora un briciolo di cuore). Dopo aver già dato prova con opere come Fuga dalla scuola media, Storytelling e Palindromi di un talento narrativo e di un linguaggio fuori dal comune, Todd Solondz compie l’ennesimo miracolo di scrittura. Tra fulminanti ed estemporanee battute sul contesto politico attuale, dialoghi surreali e spassosi equivoci, dà sfoggio di un umorismo di impareggiabile cattiveria (chiamarlo “black” ci sembrerebbe riduttivo), sempre e costantemente sospeso sul filo “spinato” del paradosso e dell’ambiguità. Ancora una volta, poi, tutti gli artisti si mettono generosamente al servizio del suo genio, mostrandosi in perfetta sintonia con Film l’atmosfera tragicomica e grottesca della storia. Ciarán Hinds (Bill), Shirley Henderson (Joy), Allison Janney (Trish), Ally Sheedy (Helen), senza dimenticare i caratteristi Michael Lerner (Harvey) e Paul Rubens (Andy), fanno a gara a chi è più nella parte, al punto che costituiscono la spina dorsale di tutto il film. Tutti i film della stagione Perdona e dimentica non avrà la vena dirompente di Happiness, ma rivela una consapevolezza registica e una compiutezza di stile che rasentano la perfezione. Consacra infine l’occhialuto folletto di Newark come uno dei più arguti film-maker contemporanei. Uno degli ultimi capace di far riflettere lo spettatore sull’insensatez- za e sull’assurdità del vivere quotidiano. E Dio solo sa quanto ne abbiamo bisogno noi tutti… . Perché, parafrasando una celebre frase dei fratelli Lumière, «senza riflessione, il cinema è un’invenzione senza futuro». Diego Mondella DUE VITE X CASO Italia, 2009 Operatore Steadicam: Sascia Ippoliti Trucco: Ilaria De Riso Acconciature: Samuele Miccoli Supervisore: Stefano Urbanetti Supervisore effetti visivi: Nicola Sganga (Vision) Interpreti: Lorenzo Balducci (Matteo Carli), Ivan Franek (Ivan Janacek), Isabella Ragonese (Sonia), Riccardo Cicogna ( Sandro Corvino ), Sarah Felberbaum ( Letizia ), Monica Scattini (Ilaria Carli), Teco Celio (Pietro Carli), Rocco Papaleo (Bertano ), Ivano De Matteo (Capranica), Niccolò Senni (Heinrich), Tatti Sanguineti (professore di filmologia), Roberta Fiorentini (zia Angela), Giuliano Ghiselli (proprietario del vivaio), Anna Ferzatti (infermiera), Antonio Gerardi (istruttore carabinieri), Giuseppe Pestillo (Roberto Macrì), Fabrizio Lombardo (Enzo), Cristina Rocchetti (Ester), Filippo Sandon (Luca ), Giovanni de Giorgi ( Brancato), Stefano Molinari (istruttore), Monica Rutelli (Alice Carli), Andrea Purgatori (avvocato), Laura Sampedro (collega di Sonia), Marina Ninchi (Elvira), Daniele Parisi (Lorenzo Pieroni), Diego Verdegiglio (comandante) Durata: 88’ Metri: 2440 Regia: Alessandro Aronadio Produzione: Anna Falchi, Sauro Falchi per A-Movie Productions Distribuzione: Lucky Red Prima: (Roma 7-5-2010; Milano 7-5-2010) Soggetto: liberamente ispirato ai fatti del G8 di Genova del 2001 e al libro Morte di un diciottenne perplesso di Marco Bosonetto Sceneggiatura: Alessandro Aronadio, Marco Bosonetto Direttore della fotografia: Mario Amura Montaggio: Claudio Di Mauro Musiche: Louis Siciliano Scenografia: Stefano Giambanco, Daniela Manzo Costumi: Nicoletta Ercole Organizzazione generale: Massimo Jacobis Segretaria di Edizione: Annarita Cocca Direttore di produzione: Remo Chiappa Coordinatrice di produzione: Costanza Coldagelli Ispettore di Produzione: Giovanni Iacobis Segretario di Produzione: Gabriele Elliott Parrini Casting: Costa & Loreti Aiuti regista: Antonio Silvestre, Lorenzo Corvino, Serena Filippone, Claudia Pecoraro atteo, un ragazzo di vent’anni, lavora con passione in un vivaio. Lo stipendio troppo basso e la scarsa umanità del titolare lo portano a fare domanda per entrare nelle forze dell’ordine. Una sera, mentre accompagna un suo amico al pronto soccorso, urta involontariamente la macchina di due poliziotti in borghese che reagiscono pestandoli furiosamente. I due ragazzi provano a chiedere giustizia, ma lo stesso avvocato fa loro presente che citare in tribunale la Polizia risulterebbe soltanto una perdita di tempo e denaro. Matteo è furibondo e, quando gli arriva la lettera di accettazione nell’arma dei carabinieri, decide di strapparla. Inizia così una nuova vita per il ragazzo fatta di sete di vendetta, pericolose amicizie e un nuovo amore, Sonia, che lo introdurrà nell’ambiente degli attivisti politici e lo convincerà ad andare a una importante manifestazione in piazza. M La pellicola torna indietro. Matteo, la sera dell’incidente, riesce a frenare e non urta la macchina dei poliziotti. Qualche giorno dopo riceve la lettera di idoneità per i carabinieri e inizia felice il corso. La vita di caserma, però, non è come la immaginava: la convivenza coatta con altri ragazzi fa crescere in lui frustrazione e violenza, tanto che un giorno, stremato, litiga pesantemente con un suo collega. I suoi superiori per punirlo, allora, lo mandano in servizio d’ordine a una manifestazione. Il ragazzo, impreparato alla missione, si ritrova spiazzato davanti a tanta gente e inizia a usare la forza. In un impeto di rabbia estrae la pistola e spara su un ragazzo, salvo poi accorgersi che questo ragazzo non è altri che se stesso. l caso o il destino. Una tematica troppo interessante per non essere oggetto di speculazione in un simpatico convivio fra amici come in un verboso dibattito filosofico e, perché no, anche al I 52 cinema. Sono quei “bivi” ripetuti all’infinito e la cervellotica prospettiva di poter cambiare il passato a renderla così affascinante. Consapevole di questo, Alessandro Aronadio sceglie proprio l’effetto “farfalla” come tema centrale per la sua pellicola d’esordio Due vite per caso. La storia inizia con un banalissimo tamponamento, il battito d’ali che sconvolgerà irrimediabilmente il futuro di Matteo, il giovane protagonista. Ma, se avesse frenato prima cosa sarebbe successo? La sua vita sarebbe stata migliore? Aronadio risponde con una visione in parallelo degli avvenimenti. Eppure, contro ogni logica matematica, fa incrociare le due esistenze in un unico punto: la zona franca della disperazione. Per Matteo sembra ci sia un destino già scritto fatto di rabbia, frustrazione e fallimenti. L’alternativa è solo illusoria, un trompe l’oeil che porta a un finale tragico che priva l’umano di ogni speranza. Film I buoni sono cattivi e i cattivi rimangono cattivi, sembra suggerire il regista, in una lucida descrizione dell’universo giovanile senza prospettive e con qualche ideale in più di quello che si vuole far credere. Matteo, in una vita o nell’altra, cerca giustizia, ma l’ambiente circostante, rappresentato in entrambi i casi da un uomo dietro una scrivania, gli ricorda che le sue pretese sono inutili, che deve sottostare a consuetudini malate di cui è pregna la società. Bisogna scegliere se essere vittima o carnefice. Aronadio non offre altre soluzioni, ma, con freddezza giornalistica, racconta le cronaca dei due percorsi evitando di Tutti i film della stagione schierarsi palesemente. Anche se, grazie a fugaci scorci di quotidianità, è facile intuire a chi si rivolgano le sue simpatie. Non gliene si può fare certo una colpa, ovviamente, anzi regala un tocco di personalità alla pellicola che in certi tratti soffre del “morbo dell’opera prima”. Ovvero quella voglia, da parte del regista, di mostrare di aver studiato, di saper fare acrobazie con la macchina da presa e di omaggiare i grandi che lo hanno preceduto. Un po’ come i bravi scolari che nel tema di italiano, per impressionare il professore, usano paroloni difficili e costrutti da romanzo epico. Viene da sorridere, ma è apprezzabile la volontà e la passione di Arona- dio nel fare bene il proprio mestiere senza facili improvvisazioni come (purtroppo) spesso accade. Giovanissimi, ma non sprovveduti, anche i protagonisti Lorenzo Balducci e Isabella Ragonese, due volti nuovi che, in breve tempo, sono riusciti a conquistare le luci della ribalta. In particolare la onnipresente Ragonese che, grazie a una recitazione “solare” e una bellezza fuori dagli stereotipi, è diventata ormai l’ oggetto del desiderio di molti registi italiani. E fortunatamente ( per noi) sa fare il suo mestiere. Francesca Piano GENERAZIONE 1000 EURO Italia, 2008 Regia: Massimo Venier Produzione: Andrea Leone, Raffaella Leone, Maurizio Tedesco per Trio International/ Andrea Leone Films/ Rai Cinema e il sostegno di Lombardia Film Commission/ Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC) Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 24-4-2009; Milano 24-4-2009) Soggetto: liberamente ispirato al libro omonimo di Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa Sceneggiatura: Massimo Venier, Federica Pontremoli, Fabio Di Iorio Direttore della fotografia: Italo Petriccione Montaggio: Carlotta Cristiani Musiche: Giuliano Taviani, Carmelo Travia Scenografia: Valentina Ferroni Costumi: Bettina Pontiggia Direttore di produzione: Attila Mancarella Casting: Laura Muccino Aiuti regista: Marcella Libonati, Irico Chiara, Francesco Menichini, Nicola Specchio atteo è un trentenne laureato brillantemente in matematica, che vive a Milano in un appartamento malconcio in affitto, in una vecchia casa di ringhiera, con due amici e lavora a tempo determinato per mille euro al mese nel reparto marketing e sviluppo di una grande azienda; cosa che non gli piace; tiene un seminario in università per il suo anziano professore, che decide di andare in pensione proprio adesso e non potrà più aiutarlo; ha una storia con Valentina, medico agli inizi, che fa tutti i turni che può in ospedale e, in una pausa pranzo, gli dice che lo trova spento, teme che non si amino più, vuole una pausa. Così, sta per perdere tutto; nell’appartamento il pavimento del salotto crolla, lasciando un bel buco; M Operatori: Gianni Aldi, Emanuele Chiari Operatore Steadicam: Gianni Aldi Arredamento: Monica Ferroni Supervisore effetti visivi: Gaia Bussolati Suono: Roberto Mozzarelli, Sabrina Quartullo, Gianni Pallotto Canzoni estratte: “Feeling Better”, “Moon” e “Soul Waver”di Malika Ayane; “Qualcosa che non c’è” di Elisa Toffoli Interpreti: Alessandro Tiberi (Matteo), Valentina Lodovini (Beatrice), Carolina Crescentini (Angelica), Francesco Mandelli (Francesco), Francesca Inaudi (Valentina), Paolo Villaggio (professore), Francesco Brandi (Faustino), Roberto Citran (taxista), Lucia Ocone (impiegata amministrazione), Natalino Balasso (Landolfi), Steffan Boje (Mark), Cecilia Brogini (donna Aula Magna), Franco Maino (bidello Università), Giorgia Senesi (commessa Duty Free), Attila Mancarella (Sandro), Francesco Rossini (voce di Sandro), Luciano Sborgi (uomo d’affari spagnolo), Gabriele Piu (bambino di 4 anni), Matteo Barban (bambino di 9 anni), Alberto Domina (ragazzino di 15 anni) Durata: 101’ Metri: 2780 ma l’affitto deve essere pagato e i nostri sono in ritardo anche perché rimangono in due. Per fortuna, Francesco, l’amico rimasto, che fa il proiezionista, riesce a tamponare la situazione. In azienda, la direzione decide che ognuno del settore di Matteo crei un progetto e i migliori resteranno in azienda; Matteo è depresso per questo e sale sul tetto del palazzo, a fumare e guardare fuori; così conosce Angelica, una bella bionda giovane, che lavora in un altro reparto ed è salita per fare una pausa. Appena rientra a casa, è coinvolto nell’arrivo un po’ caotico, armi e bagagli, di Beatrice, cugina di Alessio, che viene al suo posto; è una giovane insegnante di lettere, precaria. Non fanno in tempo a fare conoscenza, che lei cade nel buco, nasco- 53 sto dal tappeto e si ritrova subito al pronto soccorso, dove il medico è Valentina, alla quale spiega inopportunamente che è caduta nell’appartamento “dove vive con Matteo”. Ora Matteo e Francesco hanno in casa una ragazza con una gamba ingessata e la situazione non è certo facile; lei intanto dà lezioni private e perde il suo posto data la lunga assenza. Infine, viene scelto il progetto di Fausto, il collega che ha la scrivania accanto a Matteo ma a presentare il progetto a Barcellona viene inviato Matteo, che all’aeroporto trova il responsabile del progetto: Angelica, che in realtà è vice direttore marketing e così Matteo capisce che proprio lei l’ha fatto partire. La relazione di Matteo ha successo e i due non mancano di dividere la stes- Film sa camera in albergo, ma, al mattino, dopo Matteo trova che Angelica ha dovuto partire all’improvviso e quindi deve rientrare da solo, dopo aver pagato tutte le spese che hanno fatto in questo brevissimo tempo. Al rientro a Milano, Angelica non si fa trovare, mentre nasce una nuova sintonia tra Matteo e Beatrice: sono entrambi in tensione, perché la ragazza, che ha tolto il gesso, deve sperare di avere una nuova supplenza e afferma che questo lavoro le piace davvero; Matteo deve cercare di avere il rimborso delle spese, perché per pagarle aveva usato il denaro dell’affitto. Proprio lei lo aiuta a recuperare soldi, cercando oggetti vecchi e vendendoli via Internet; lui la presenta al vecchio professore ed ella si accorge di quanto affetto i due abbiano a vicenda. Angelica informa Matteo, in casa di lei, che nei giorni precedenti sembrava che fallisse l’accordo con Barcellona, poi la cosa è stata superata e ora lei va là; gli dice che è una buona occasione anche per lui, se la segue. Matteo è incerto; torna a casa propria e sa da Francesco che Beatrice sta andando a Viterbo, per una supplenza di quattro mesi; corre verso l’aereoporto, dove però dice: “Se l’unica alternativa che ho è vivere la vita di un altro, preferisco la mia”. Si ricorda che il professore sta tenendo l’ultima lezione, corre là e proprio il vecchio dice: “Cosa diavolo ci stai a fare qui mentre c’è un treno per Viterbo in partenza?” Ecco Matteo e Beatrice altrove e lui, allo svegliarsi, osserva: “Sono precario, non so niente di niente, guadagno 940 euro e sono felice”. I l film si aggiunge a quelli che da qualche tempo ci parlano dei problemi dei giovani ma si fa particolarmente Tutti i film della stagione apprezzare per diversi motivi: anzitutto, la storia segue un preciso percorso da una situazione iniziale a una finale, passando per un vertice preciso (il successo della relazione a Barcellona); nello svolgersi, non presenta scene o scenette che siano semplice riempitivo; usa in modo abbastanza corretto, ci sembra, i dettagli “ tecnici “ propri di ognuna delle situazioni di lavoro, di Matteo e Beatrice. Poi, il rapporto tra scene “comiche” e scene “serie”: le seconde sono di più e più lunghe, come è necessario in un film che ci presenta una realtà scottante, ma le prime riescono nello scopo di mitigare la tensione e a rappresentarci quegli incidenti quotidiani che ci paiono così stranbi da non essere neppure raccontabili (il continuo ripetersi dell’allagamento di casa per rottura tubi, il crollo del pavimento); sia le “serie” che le “comiche” riescono molto bene a fornirsi, le une con le altre, spunti che portano avanti la vicenda. E veniamo ai personaggi: sono bene caratterizzati quanto basta per far accadere le varie situazioni: Fausto e Francesco sono degli alter ego per Matteo, è persino sottolineato da elementi in apparenza secondari: il primo lavora alla scrivania che tocca la sua, sono moltissime le inquadrature che li riprendono insieme; e Fausto lo vediamo solo sul luogo di lavoro. Francesco lo vediamo in tutti i momenti di vita in casa e fuori, lui e Matteo giocano insieme in casa (al videogioco) e fuori (al pallone), a lui Matteo racconta le sue giornate e i suoi pensieri. Una delle scene più significative di questo rapporto e anche del film è all’inizio: Matteo rientra e vede Francesco che gioca la partita Brasile-Andorra, dove Andorra non vincerà mai “ perché è programmato così “, dice Matteo; Francesco gli dice che Alessio “ è tornato dai suoi, in Molise. Questa è l’unica epoca nella storia dell’umanità in cui c’è gente che torna in Molise “. Matteo dice che se ne vuole andare a casa anche lui, Francesco ribatte: “Se Andorra batte il Brasile rimani, se no vai. Ci stai? “ Prosegue il gioco mentre il pavimento si sbriciola: Andorra vince, Francesco esulta, un pezzo di pavimento crolla nella stanza da letto dell’anziano di sotto, e loro, dal buco: “ “Mica l’abbiamo svegliata, vero? “. Beatrice è ciò che Matteo all’inizio non ha il coraggio di essere: una che combatte per fare il lavoro che le piace, anche se è pagato male. Matteo, in un lungo fuori campo sulla sequenza iniziale che lo vede arrivare al lavoro in ritardo, come al solito, si presenta a fondo: “... sono uno di quei giovani non troppo giovani che parlano del futuro scuotendo la testa... guadagno mille euro al mese in una azienda che non mi piace e a cui non piaccio io... “ e altro. Il film diventa quindi una maturazione di Matteo, che trova la serenità nel fare ciò che fa meglio come già dimostrava in università. Francesco direbbe che una storia così l’ha vista mille volte nei film, ma è ben strutturata, con un dialogo ricco e simpatico, senza volgarità; sono state scelte poche ambientazioni significative in rapporto stretto con ognuna delle situazioni (basti notare che di Milano vediamo di solito, dall’alto, i punti moderni, mentre nella inquadratura finale fuori dalla finestra di Matteo abbiamo tetti molto più semplici e umani): è il giusto corredo per far emergere al meglio una recitazione di alto livello da parte di tutti, in particolare Paolo Villaggio nella piccola e basilare figura del professore paterno. Danila Petacco HAPPY FAMILY Italia, 2010 Aiuti regista: Alessandro Pascuzzo, Raphael Tobia Vogel, Chiara Della Longa Operatore: Fabrizio Vicari Art directors: Rita Rabassini, Monica Sironi Supervisore musiche: Giovanni Arcadu Suono: Mauro Lazzaro Interpreti: Fabrizio Bentivoglio (Vincenzo), Margherita Buy (Margherita), Valeria Bilello (Caterina), Fabio De Luigi (Ezio), Corinna Augustoni (nonna Anna), Gianmaria Biancuzzi (Filippo), Alice Croci (Marta), Diego Abatantuono (padre di Marta), Carla Signoris (madre di Marta), Sandra Milo (madre di Ezio) Durata: 90’ Metri: 2750 Regia: Gabriele Salvatores Produzione: Maurizio Totti per Colorado Film/Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 26-3-2010; Milano 26-3-2010) Soggetto: tratto dall’omonima commedia di Alessandro Genovesi prodotta dal Teatro dell’Elfo di Milano Sceneggiatura: Alessandro Genovesi, Gabriele Salvatores Direttore della fotografia: Italo Petriccione Montaggio: Massimo Fiocchi Musiche: Louis Siciliano Scenografia: Rita Rabassini Costumi: Patrizia Chericoni Direttore di produzione: Antonio Tacchia Casting: Francesco Vedovati 54 Film zio è uno sceneggiatore improvvisato quasi quarantenne che decide di scrivere un film, “un film d’autore” anche se manca l’idea. L’ispirazione la cerca in oggetti che ha a portata di mano: una cartolina di Panama, un disco di Simon e Garfunkel, la sua bicicletta. Nella convinzione che uscirà un capolavoro, assembla qualche scarto e dà vita a dei personaggi, o meglio due famiglie. L’unica cosa in comune è la città in cui vivono, Milano, per il resto sono completamente diverse. Una, ricca e borghese, è formata dall’avvocato Vincenzo, affetto da cancro e dalla sua seconda moglie Anna, dalla figlia Caterina, pianista affermata, dal figlio “particolare” Filippo e dall’anziana madre affetta da Alzhaimer, L’altra famiglia, alternativa e sempliciotta, è composta da un papà ex-sessantottino che fuma marijuana, che ha girato il mondo a portare navi e ora vegeta sul divano di casa, da una mamma frustrata in amore e nel lavoro, alle prese con una figlia adolescente ribelle, Marta, con cui non è mai d’accordo e che stenta a comprendere. Ezio a causa di un banale incidente stradale si ritrova catapultato nell’intreccio. Le due famiglie sono costrette a incontrarsi a causa del progetto dei due rispettivi figli sedicenni di sposarsi. Inaspettatamente quando Marta, durante la cena, annuncia di non voler più sposare Filippo, l’improbabile legame ormai instauratosi tra le loro famiglie resta in piedi. Ezio si innamora di Caterina, mentre i due padri decidono di andare insieme a fare un viaggio a Panama. Qui, Vincenzo trascorre felicemente i suoi ultimi giorni, mentre le due famiglie si stringono intorno a lui ancora più unite. E Tutti i film della stagione tutti l’ossessione per la traduzione in immagini di un testo scritto (quasi tutti i suoi film infatti sono tratti da romanzi o da commedie), la predilezione, poi, per uno stile non realistico che lascia affiorare in primo piano le componenti della messa in scena, ma, soprattutto, l’amore per i personaggi in fuga, sospesi tra più vite e più storie. Tema a lungo dibattuto in teatro e in letteratura, il rapporto tra finzione e realtà, tra vita e forma, proprio come in Sei personaggi in cerca d’autore, delle figure si ribellano al loro creatore, irrompono nel suo mondo, esigendo di avere il proprio spazio affinché non vengano lasciate in sospeso. Il film si apre e si chiude con un sipario e gli attori si rivolgono direttamente al pubblico, guardando in macchina, rompendo così l’illusione della “quarta parete”. L’aspirante autore dialoga con i suoi otto personaggi, tutti frutto della propria fantasia, attraverso e fuori il computer su cui sta scrivendo la sceneggiatura. Essi pretendono da lui una maggiore rifinitura dei caratteri e una trama ben definita, con un finale che non rimanga aperto. Così, quando la pellicola sembra terminata, l’artefice è costretto a costruire un finale per la propria opera. La messa in scena privilegia tutti i trucchi che servono a far risaltare il meccanismo di finzione della rappresentazione cinematografica e ogni dettaglio, compresa la scala cromatica, è valorizzato in modo da risultare stilizzato e innaturale. Da qui, il passaggio dalla persona al personaggio, dall’“avere forma” all’ “essere forma”. L’uomo, dunque, vive portando una maschera dietro la quale si agita una moltitudine di personalità diverse e igno- sei personaggi hanno trovato il loro autore, Gabriele Salvatores. Cimentatosi con i più diversi generi letterari, il regista napoletano milanese d’adozione, ritorna alle origini teatrali della sua carriera. Adattando per il cinema la commedia omonima di Alessandro Genovesi, messa in scena dal teatro da lui fondato, il Teatro dell’Elfo, Happy family rappresenta un testo meta-narrativo d’ispirazione pirandelliana, in cui a essere protagonisti sono personaggi in crisi d’identità. Baciato dall’Oscar con Mediterraneo, Salvatores non ha mai vissuto di rendita, ma anzi ha continuato a sperimentare, scegliendo spesso le strade più difficili e privilegiando anche sentieri poco battuti dal cinema nostrano. Eppure, al di là del suo eclettismo artistico, ci sono dei punti fermi che non lo abbandonano e a cui non sembra voler rinunciare. Prima tra I 55 te, essendo al tempo stesso uno, nessuno e centomila. Happy Family è una confessione e un diario intimo, una commedia che parla della paura di trovare la felicità, di cambiare la nostra vita per qualcosa che non conosciamo. È un personale ritratto di Milano d’estate, come mai si era vista, è un riassunto di tutti i desideri e tutte le paure, di essere troppo e di non essere nessuno. Inutile dire che come nella sceneggiatura, fulcro e anima di tutta l’operazione, voce narrante e autore è un sorprendente Fabio De Luigi, più volte sprecato in tristissimi ruoli da cinepanettone, che sfoggia qui tutta la sua pungente ironia. Il resto del cast orbita, peraltro, intorno alla sua performance, proprio come i personaggi del racconto, regalandoci qualche spassoso monologo, ma tutto impegnato a seguire alla lettera il ruolo ritagliato per se stesso. La Buy, per la prima volta, si allontana dalla solita parte di nevrotica esaurita, mentre ritroviamo un Bentivoglio distaccato e crudele, malato e invaso dal pensiero della morte. Per non dimenticare un Diego Abatantuono monumentale, capace di diffondere calore ed empatia. Un film che fa riflettere, ma che regala anche qualche risata, spontanea e mai volgare. Insomma, una commedia piacevole e delicata allo stesso tempo, capace di raccontare la vita come se fosse un film oppure un film che racconta la vita come se fosse una commedia, dipende dal punto di vista, con la differenza, come diceva Groucho Marx, che nella vita non c’è trama. Veronica Barteri Film Tutti i film della stagione 5 APPUNTAMENTI PER FARLA INNAMORARE (I Hate Valentines Day) Stati Uniti, 2009 Regia: Nia Vardalos Produzione: Madeleine Sherak, William Sherak, Jason Shuman per Blue Star Pictures/I Hate Vday Productions/ICB Entertainment Finance/My Bench Productions Distribuzione: Eagle Pictures Prima: (Roma 18-6-2010; Milano 18-6-2010) Soggetto: Nia Vardalos, Stephen David, Ben Zook Sceneggiatura: Nia Vardalos Direttore della fotografia: Brian Pryzpek Montaggio: Tony Lombardo, Steve Edwards Musiche: Keith Power Scenografia: Dara Wishingrad Costumi: Jenny Gering Produttore esecutivo: Dominic Ianno Produttore associato: Marianne E. Titiriga Casting: Todd M. Thaler Aiuti regista: Betsy Friedman, Louis Guerra Operatori: Dennis A. Livesey, Adam Putnam-Thomas, Donald Russell, Daniel D. Sariano Art director: Carl Baldasso enevieve è una giovane fioraia newyorkese. Ama molto il suo lavoro ed è sempre pronta a donare un sorriso sia agli amici, sia a semplici sconosciuti. Il segreto di tanta giovialità è una regola amorosa che la ragazza si è data: mai uscire per più di 5 appuntamenti con un uomo. Genevieve è convinta che così si prende solo il bello di una relazione senza incappare in tradimenti, ripicche o dolorosi abbandoni. Un giorno, vicino al suo negozio di fiori apre un tapas bar gestito da Greg, un ragazzo carino e un po’ ingenuo. I due fanno presto amicizia e iniziano a uscire insieme seguendo la regola del 5. Greg non è molto convinto di questa pianificazione amorosa, ma accetta ogni bizzarria di Genevieve. Ben presto, arriva l’ultimo appuntamento e la ragazza si trova per la prima volta a dubitare della sua teoria. Anche lui vorrebbe che gli incontri continuassero, ma, per mantenere fede alla promessa fatta, non le dice nulla. Passa del tempo e i due giovani sentono la mancanza l’uno dell’altra, però nessuno dei due vuole fare il primo passo. Ci pensano gli amici a combinare un incontro, ma diventa solo un occasione per rinfacciarsi i reciproci comportamenti. Geneviene non riesce più a ritornare alla sua solita vita, è scontrosa, irritabile. Questo la porta ad analizzare l’origi- G Arredamento: Shannon Robert Bowen Trucco: Cyndie Boehm, Stephanie Pasicov, Amy Spiegel Acconciature: Colleen Callaghan, Fabian Garcia Supervisore musiche: Tricia Holloway Interpreti: Nia Vardalos (Genevieve Gernier), John Corbett (Greg Gatlin), Stephen Guarino (Bill), Amir Arison (Bob), Zoe kazan (Tammy Greenwood), Gary Wilmes (Cal), Mike Starr (John), Jason Mantzoukas (Brian Blowdell), Judah Friedlander (Dan O’Finn), Rachel Dratch (Kathy Jeemy), Jay O. Sanders (Tim), Lynga Gravatt (Rose), Olive (cane di Rose), Suzanne Shepherd (Edie), Dan Finnerty (tizio brontolone), Ward Horton (Mark), Isiah Whitlock Jr. (percussionista), Salvador ‘Wally’ Corona (ragazzo dell’autobus), Howard Feller (senzatetto), Autumn Ready Potter (Barbie), Rose Abdoo (donna attraente), Ian Gomez (KJ Ken), Tracy Thorpe (donna con le vertigini), Wali Collins (cliente disperato), Rachel Hamilton (donna alla galleria), David Beach (marito alla galleria), Miriam Tolan, Kapil Bawa, Ben Schwartz, Gaetano Iacono Durata: 98’ Metri: 2700 ne delle sua filosofia amorosa e comprende che la sfiducia nelle relazioni durature è nata dai continui tradimenti del padre. Anche Greg è molto confuso su cosa fare, ma sa di amare Genevieve. Prova, allora, a giocarsi un’ultima chance: le canta una serenata jazz sotto la sua finestra, accompagnata da una romantica dichiarazione d’amore. La ragazza, commossa, corre da lui e accetta di diventare ufficialmente la sua fidanzata. hi fa da sé fa per tre. Non ha lasciato spazio per nessuno Nia Vardalos che, nella commedia 5 appuntamenti per farla innamorare, si è riservata il ruolo di regista, sceneggiatrice e protagonista. Piuttosto ambiziosa la ragazza, che il grande pubblico ricorderà certamente per il ruolo da protagonista in Il mio grosso grasso matrimonio greco, e forse anche un po’ ingenua. Un po’ come il personaggio che interpreta, Genevieve, convinta di risolvere tutti i suoi problemi amorosi con un semplice assioma: 5 appuntamenti ben strutturati con un uomo e poi via. Come da copione le va tutto bene fino all’ incontro con la persona che le fa battere il cuore. Da qui, il rituale classico dell’attesa femminile e dell’indecisione maschile, codificato da anni nel cinema. Vardalos parte sicuramente da un’idea originale, ma non riesce a gestirla in fase C 56 di scrittura, dove le manca irrimediabilmente la solidità necessaria per non scivolare nello scontato. La trama è facilmente intuibile ( in fondo è una commedia romantica) e proprio per questo avrebbe dovuto lavorare maggiormente sui dialoghi che appaiono spenti e privi di ogni vivacità, o sugli attori secondari. Questi ultimi, infatti, sembrano quasi relegati al ruolo di comparse con poche e inutili battute, atte solo a rafforzare la mediocrità della loro funzione. Le luci della ribalta sono tutte per Genevive- Nia Vardalos e per il suo sorriso stampato, che per l’ossessività ricorda molto la maledizione delle scarpette rosse, il celebre racconto che narra di una ragazza costretta a danzare continuamente, pur se stanchissima, fino al tragico epilogo. Ovviamente questa piccola parentesi non ha nulla a che vedere con il finale del film, piuttosto semplice da individuare, ma è un paragone che può rendere giustizia alla recitazione inespressiva e, va rimarcato, irriconoscibile dell’attrice ellenica. Gli inguaribili romantici, i maggiori fruitori di queste pellicole, potranno, però, sempre consolarsi con il ritorno sul grande schermo della coppia Vardalos/Corbett, dotata di una naturale alchimia che li rende quasi perfetti insieme. Un “contentino” piuttosto misero che, comunque, non giustifica novanta minuti di insensata pedanteria. Francesca Piano Film Tutti i film della stagione MATRIMONI E ALTRI DISASTRI Italia, 2009 Regia: Nina di Majo Produzione: Beppe Caschetto per ITC Movie/Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 23-4-2010; Milano 23-4-2010) Soggetto e sceneggiatura: Francesco Bruni, Antonio Leotti, nina di Majo Direttore della fotografia: Cesare Accetta Montaggio: Giogiò Franchini Musiche: Carlo Crivelli Scenografia: Giancarlo Basili Costumi: Grazia Colombini Direttore di produzione: Carlo Brocanelli Organizzatore generale: Luca Bitterlin Aiuti regista: Gilles Cannatella, Valentina De Amicis, Giovanni Vaccarelli anà, è la figlia primogenita di una benestante famiglia fiorentina. Lavora in una libreria e contemporaneamente fa ricerche per uno scrittore di cui è segretamente innamorata. La sua vita sentimentale non è delle più felici: una relazione importante conclusasi con la scelta di diventare prete del fidanzato e un letto condiviso solo con l’amato gatto. Un giorno, sua sorella Beatrice, impossibilitata a causa di una trasferta lavorativa, le chiede di organizzarle il matrimonio insieme al fidanzato Alessandro, un ragazzo esuberante dai modi non propriamente signorili. Nanà, pur non felicissima, accetta. Inizia così un tour matrimoniale fra bomboniere, chiese, liste nozze, che vede i due ragazzi in continuo disaccordo, ma, alla fine, per il ritorno di Beatrice è tutto pronto. A pochi giorni dalla nozze Nanà viene contattata dallo scrittore per cui lavora. La donna è emozionata come sempre a ogni incontro, ma la felicità si trasforma in rabbia quando l’uomo le racconta di avere una relazione proprio con sua sorella. Furiosa la donna si precipita da Beatrice e le chiede spiegazioni. La sorella ammette tutto e le confessa anche un segreto di famiglia: lei non è figlia di suo padre, ma dell’agente della madre che loro considerano uno zio. Nanà è senza parole dispiaciuta per il padre. Beatrice la consola dicendo che lui sa tutto e che da sempre ha N Operatori: Gianni Aldi, Vincenzo Carpineta Operatore Steadicam: Gianni Aldi Supervisore effetti speciali: Franco Galiano Suono: Pompeo Iaquone Interpreti: Fabio Volo (Alessandro), Margherita Buy (Nanà), Luciana Littizzetto (Benedetta), Francesca Inaudi (Beatrice), Marisa Berenson (Lucrezia), Mohammad Bakri (Bauer), Massimo De Francovich (Neri), Italo Dall’Orto (Don Italo), Gianna Giachetti (Milena), Elisabetta Piccolomini (Chiara), Stefano Abbati (Enzo), Jarkko Pajunen (Sven), Antonio Petrocelli (Renato Andreini), Sergio Forconi (Anselmo), Laura Pestellini (Zia Iolanda), Mehmet Gunsur (Andrea), Danilo Nigrelli (Enzo), Nicoletta Boris (commessa lista nozze), Lorenzo Caponnetto (Leonardo) Durata: 102’ Metri: 2800 accettato di dividere sua moglie con un altro uomo. Nanà è sconvolta e, delusa da tutti, si rifugia a casa. Alla sua porta, però, bussa Alessandro che, completamente ubriaco, le dice di amarla. I due passano la notte insieme. È il giorno delle nozze, Nanà, dopo qualche titubanza, riesce a mettere da parte i rancori e partecipa commossa al matrimonio della sorella. ’ è una sequenza particolare che racchiude in sé tutto il film. Nanà, la protagonista, stanca di tutto, si butta da una finestra bassa. È importante precisare l’altezza, perché non è un rifiuto verso la vita, ma voglia di scappare, di infrangere le regole. Nanà non lo ha mai fatto, castrata da una forte rigidità e da un’educazione borghese che l’ha sempre portata a chinare il capo e sorridere. Ospiti permanenti, familiari petulanti, nessuno ha ricevuto un “no” da lei, fino a quando la parvenza di normalità è crollata, lasciando al suo posto un quadro confuso e sbiadito ancora da interpretare. Il “salto dalla finestra” si trasforma, allora, nell’unica alternativa per non rimanere intrappolati, per vivere, pur con qualche graffio. Nina Di Majo, dopo Autunno e L’Inverno, torna a occuparsi dei sentimenti di una borghesia imperfetta, con Matrimoni ed altri disastri. A differenza dei primi due lavori, però, questa volta sceglie lo stile più semplice e diretto della C 57 commedia per raccontare le nevrosi dei suoi personaggi. La risata che si contrappone al dramma, verrebbe da pensare, ma non è così. La Majo usa una comicità sofisticata che non è preludio al riso. È talmente pungente (e alcune volte scorretta) da far biasimare chi approva divertito, salvo poi rimettersi in carreggiata con degli escamotage che accontentano tutti. Il vero merito della Majo è, forse, proprio il rifuggire garbatamente dai falsi moralismi, da quel bon-ton superato che la “vecchia guardia” esige ancora da una regista donna. E poi c’è Nanà, interpretata da una bravissima Margherita Buy capace di rendere brioso e mai eccessivo un personaggio che, se mal gestito, rischiava di travolgere tutta la pellicola, o peggio, trasformarla in un derivato sfatto della chick-lit. Sottotono, invece, Luciana Littizzetto che non ha ancora trovato nel cinema quella dimensione ideale che la rende strepitosa sul piccolo schermo. Ovviamente non si stanno mettendo in dubbio le sue qualità attoriali, più semplicemente la rigidità con cui si offre a un pubblico abituato a vederla più frizzante, ma, va detto, il film non ne risente eccessivamente. La vera nota dolente, invece, è il finale un po’ troppo scontato. Peccato, la Majo poteva osare di più, anche solo per il gusto di sentire il borbottio del pubblico in sala. Ne vale sempre la pena. Francesca Piano Film Tutti i film della stagione IL PADRE DEI MIEI FIGLI (Le père de mes enfants) Francia/Germania, 2009 Regia: Mia Hansen-Løve Produzione: Oliver Damian, Philippe Martin, David Thion per Les Films Pelléas/27 Films Productions/Arte France Cinéma Distribuzione: Teodora Film Prima: (Roma 11-6-2010; Milano 11-6-2010) Soggetto e sceneggiatura: Mia Hansen-Løve Direttore della fotografia: Pascal Auffray Montaggio: Marion Monnier Scenografia: Mathieu Menut Costumi: Bethsabée Dreyfus Casting: Elsa Pharaon Direttori di produzione: China Åhlander, Hélène Bastide Aiuti regista: Marie Doller, Juliette Maillard Arredatore: Mathieu Menut Trucco: Raphaële Thiercelin a piccola casa di produzione cinematografica Moon Film è in mano al carismatico Grégoire Cavel. Apparentemente sembra un uomo felice di vivere, ben disposto verso tutte le cose e le persone che lo circondano. Ama ed è a sua volta amato dalla moglie italiana Sylvia, alla quale dedica molto tempo nonostante i pressanti impegni di lavoro. Anche le tre figlie, Clémence, Valentine e Billie, sono profondamente attaccate a lui. In famiglia tutto fila liscio senza problemi né contrasti di sorta, fatta eccezione per alcuni diverbi di poco conto tra il genitore e l’adolescente Clémente. Invece, il microcosmo di Grégoire è destinato pian piano a sgretolarsi sotto i suoi piedi, giacché il produttore è oberato dai debiti, tanto che la sua impresa è ipotecata. Stando così la situazione, all’uomo d’affari L Supervisore costumi: Bethsabée Dreyfus Supervisore musiche: Pascal Mayer Suono: Vincent Vatoux Interpreti: Chiara Caselli (Sylvia), Louis-Do de Lencquesaing (Grégoire), Alice de Lencquesaing (Clémence), Alice Gautier (Valentine), Manelle Driss (Billie), Eric Elmosnino (Serge), Sandrine Dumas ( Valérie ), Dominique Frot ( Bérénice ), Djamshed Usmonov (Kova Asimov), Igor Hansen-Løve (Arthur Malkavian), Magne Håvard Brekke (Stig Janson), Eric Plouvier (avvocato), Mickaë Abiteboul (banchiere), André Marcon (amministratore), Philippe Paimblanc (direttore aggiunto di laboratorio), Patrick Mimoun, Elsa Pharaon, Valerie Lang, Olivia Ross Durata: 110’ Metri: 3050 non rimarrebbe altro che chiuder bottega e dichiarare bancarotta. Eppure Grégoire stringe la cinghia e tira avanti, facendo di tutto pur di terminare le riprese del film Saturno, diretto dall’eccentrico regista Stig Janson. Ma, la congiuntura economica stritola sempre più Grégoire in una morsa, cosicché neppure un breve soggiorno a Ravenna insieme alla compagnia dei suoi cari riesce a restituirgli il buon umore. A un certo punto, l’imprenditore pensa di chiedere un prestito persino al padre facoltoso, al quale la sua carriera nel mondo del cinema non è mai andata a genio. Poi però sceglie la via più facile. Approfittando della partenza della consorte per Londra, Grégoire si spara un colpo in testa in una via poco affollata di Parigi. Ad attendere Sylvia sulla banchina del treno per comunicargli la tragica notizia c’è Serge, l’amico di sempre. Dopo la dipartita dello stimato produttore, quasi tutto il peso dell’azienda ricade sulle spalle della moglie. Quest’ultima cerca di barcamenarsi come può tra la custodia delle figlie e i debiti della ditta, ma nessun risultato positivo depone a favore della donna. La speranza di trovare altri fondi per Saturno si spegne di giorno in giorno, con grande rammarico di Sylvia che era a conoscenza di quanto il suo uomo tenesse a quell’opera. Pure il tentativo di stringere un’alleanza finanziaria con una casa di produzione russa fallisce ancor prima di vedere la luce. In casa, nel frattempo, è Clémence quella che ne risente di più della mancanza paterna, soprattutto quando scopre l’esistenza di un fratellastro di cui finora era stata tenuta all’oscuro. A quanto pare, Grégoire prima di conoscere Sylvia aveva convissuto con una giovane, rimasta incinta quando ormai la loro storia era giunta al capolinea. Scioccata dalla notizia, Clémence trova conforto tra le braccia di un suo coetaneo: un certo Arthur Malkavian con il pallino della regia. Alla ragazza sarà chiesto l’ulteriore sforzo di partire per l’Italia, visto che la madre è costretta a consegnare la Moon Film nelle mani di un liquidatore. E proprio lì, nella terra natale di Sylvia, che le quattro donne sole sperano di poter imprimere una svolta alla loro vita. a regista con un passato da critica, Mia Hansen-Løve, usa il linguaggio della crisi per narrare la sua ultima fatica. Se amare è un po’ morire, lo sapeva bene il produttore francese Humbert Balsan a cui il protagonista di Il padre dei miei figli è ispirato. Nutrendo una grande passione per il cinema, Balsan si era impegnato nel corso del suo arco vita- L 58 Film le a valorizzare il rigore e la capacità professionale di giovani talenti, fino a quando un passivo in bilancio lo indusse al suicidio. L’atto di esorcizzare il dolore di tale lutto viene dalla Hansen-Løve accomunato all’intenzione di encomiare l’impegno sopra la media di alcuni valenti uomini d’affari nel campo della settima arte. L’autorevole Bernardo Bertolucci è stato letteralmente fulminato dalla visione del film contribuendo – grazie ai suoi commenti entusiastici – a richiamare il grande pubblico. L’azione di scavo nella psiche angariata e nel cuore di tenebra di Grégoire Ca- Tutti i film della stagione vel è arricchita dalla performance attoriale del validissimo Louis-Do de Lencquesaing. L’attore fa sua l’urgenza dell’autrice di caricare il personaggio di profondità, legandosi alla logica piuttosto che alla verità. Lo shock iniziale che segue il trapasso del personaggio maschile viene visto sotto un’angolatura poetica, diversa da quella pietistica di tanto cinema italiano attuale. Dopotutto, il decesso di Grégoire è come compresso in forma di parentesi dalla progressiva dilatazione e articolazione della storia personale di Clémence. Simile rinnovamento può privilegiare nello spetta- tore un tipo di messaggio che omaggia la forza e il temperamento femminile, tradendo, in qualche modo, l’incidenza del protagonista. A dispetto delle intenzioni di base, di fatto, il ricordo sia sul piano individuale che su quello professionale di un grande produttore è inesorabilmente condannato alla sparizione. Una conferma di ciò giunge al momento della sequenza finale, allorché il bisogno filiale di recarsi al cimitero è messo in discussione dalla partenza dell’aereo diretto in Italia. Maria Cristina Caponi LERA GLACIALE 3-LALBA DEI DINOSAURI (Ice Age: Dawn of the Dinosaurs) Stati Uniti, 2009 Regia: Carlos Saldanha, Mike Thurmeier Produzione: John C. Donkin, Lori Forte per Twentieth Century Fox Film Corporation/ Blue Sky Studios Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 28-8-2009; Milano 28-8-2009) Soggetto: Jason Carter Eaton Sceneggiatura: Mike Reiss, Yoni Brenner, Peter Ackerman, Michael Berg Montaggio: Harry Hitner, James Palumbo Musiche: John Powell Direttore di produzione: Michael J. Travers Art director: Mike Knapp Arredamento: Melanie Martini Supervisore effetti: Kirk Garfield Animazione personaggi: Wesley Mandell, Alexiss Dawn Memmott, Tyler Phillips, Amila Puhala, Patrik Puhala, Raymond Ross, Jessica Sances, Michael C. Walling, Tony Bonilla, Tab entre lo scoiattolo Scrat si trova a dover dividere la sua ghianda con Scrattina, il Mammut Manny e la sua compagnia Ellie sono in attesa del loro primo cucciolo. Nonostante l’affetto che li lega alla coppia, il bradipo Sid e la tigre dai denti a sciabola Diego sentono che è giunta l’ora di abbandora il branco e andare ognuno per la propria strada, consapevoli di essere di troppo nella famiglia. Sid prova però a costruirsene famiglia tutta sua quando incappa in quello che si scoprono essere poi tre uova di dinosauro, rinvenute in un angusto condotto ghiacciato, che sembra portare nelle viscere della terra. Quando la madre dei cuccioli torna a riprendersi i propri piccoli, Sid rifiuta di lasciarli andare e si lascia trascinare nella grotta. Il branco decide allora di andare a riprenderlo e salvarlo. Scoprono, così, che i dinosauri non sono estinti e vivono in un mondo sotterraneo. Nell’impresa di ritrovare Sid, il gruppo è aiutato da Buck, una squinternata donnola, di profes- M Burton, Bevin Carnes, Scott Farell, Tim Hatcher Animazione: Christopher Mullins (Blue Sky Studios), Brian Menz, Valerie Morrison, Mir Ural Noorata, Keith Paciello, Robyne Powell, Gregory Rizzi, Thom Roberts, Alan Rogers, Derek Rozmes, Michael Sabalvaro, Garrett Shikuma, David Sloss, Melvin Tan, David Torres, Van Phan, Justin Weg, Jeff Weidner, Abraham Aguilar, Jeff Almquist, Joseph Antonuccio, Dan Barker, Nick Bruno, Scott Carroll, Andrew Coats, Andy Conroy, Rylan Davies, Ryan Denniston, Paul Diaz, Matthew Doble, Paul Downs, Nathan Engelhardt, Sean Ermey, Gordana Fersini, Richard A. Fournier, Adam Green, Phillip Hall, Mark Curnell Harris, Ryan Hobbiebrunken, Robert Huth, Eric Johnson, Min Kang, Aaron Kirby, Sheldon Kruger, Scott Lemmer, Luis Llobera, Robin Luera, Venece Lyman, Jason Martinsen Durata: 91’ Metri: 2500 sione cacciatore di dinosauri. Il bradipo capisce da solo che è giusto lasciare i cuccioli con la propria madre e si convince a tornare sulla terra con il resto del suo gruppo, al quale si è aggiunta, nel frattempo, la piccola Pesca, figlia di Manny e Ellie. Mentre stanno per uscire dalla grotta sono attaccati da Rudy, il dinosauro più feroce di tutti e acerrimo nemico di Buck, il quale decide di restare nel mondo sotterraneo e continuare la sua caccia. inevitabile seguito di L’era glaciale arriva nelle sale con la simpatia di sempre e lo humour, al quale ci siamo piacevolmente abituati. Il risultato magari è un po’ inferiore alle aspettative, ma, tutto sommato, si tratta sempre di un buon prodotto, destinato ad avere successo e soldi. Il tanto pubblicizzato inserimento della tecnologia 3D non sembra però aggiungere niente di particolarmente esaltante al film, il che può, comunque, essere considerato un pregio, a ’ L 59 dimostrazione dell’onesta dei realizzatori, che non hanno voluto puntare l’intero film solo su questo ultimo prodigio della tecnica. Il film ha, comunque, dei limiti e comincia forse a mostrare un po’ la corda. La trama è molto più esile e sfilacciata rispetto ai due film precedenti e spesso la comicità tende a essere scontata e molto più volgare del solito. Fa comunque piacere ritrovare i personaggi “storici”, quelli del primo episodio e i nuovi aggiunti del secondo. Rimangono infatti i disastrosi intermezzi dello scoiattolo eternamente frustrato Scrat (i suoi sono come sempre i momenti migliori del film, pure gag slapstick), le follie e i guai del tenero ma imbranato Sid, l’apparente scontrosità della tigre Diego. Insieme ai temi fondamentali della trilogia (in particolare l’importanza della famiglia – branco, il valore dell’amicizia e della tolleranza), si sono aggiunti qualche piccolo approfondimento sui personaggi (la crisi di mezz’età di Diego, l’improbabile ma comprensibile voglia di famiglia di Sid, Film persino l’inserimento di Scrat in un contesto amoroso con la bella ma infida Scrattina). Se in L’era glaciale 2 non c’era stato l’inserimento di un personaggio nuovo interessante e capace di attirare veramente l’attenzione (la mammut convinta di essere un opossum e i suoi allucinati Tutti i film della stagione fratellastri sono tutto sommato, abbastanza convenzionali), stavolta c’è l’arrivo della donnola Buck (doppiato in originale dall’inglese Simon Pegg), curiosa e intelligentissima combinazione tra un reduce del Vietnam alla Rambo, con tanto di benda sull’occhio, il Quint di Lo squalo inter- pretato da Robert Shaw e soprattutto del capitano Achab all’eterna ricerca di Moby Dick (il baryonix walkeri Rudy, al quale Buck dà la caccia è un raro esemplare albino …) Chiara Cecchini SHADOW Italia, 2009 Regia: Federico Zampaglione Produzione: Massimo Ferrero per Blu Cinematografica Distribuzione: Ellemme Group Distribution Prima: (Roma 14-5-2010; Milano 14-5-2010) Soggetto e sceneggiatura: Federico Zampaglione, Domenico Zampaglione, Giacomo Gensini Direttore della fotografia: Marco Bassano Montaggio: Eric Strand Musiche: Francesco Zampaglione, The Alvarius Scenografia: Davide Bassan Costumi: Raffaella Fantasia Direttore di produzione: Tiziano Tomei Casting: Laylee Olfat Aiuto regista: Roy Bava avid, un ragazzo americano reduce dall’Iraq, è in vacanza in bicicletta tra le montagne dell’Europa. Una mattina, fermandosi a un locale, si imbatte in una ragazza e in due cacciatori che la stanno importunando. Si intromette, ma prima che la situazione degeneri, il gestore interviene cacciandoli. I cacciatori osservano David allontanarsi, ripromettendosi di fargliela pagare. La notte, David prova a montare la sua tenda, ma il vento gliela porta via. Si imbatte nella ragazza, che lo invita a stare in tenda con lei. Si chiama Angeline e sta girando anche lei in bicicletta. La mattina dopo, i due ripartono insieme, ma presto si imbattono nei due cacciatori che senza troppi indugi li puntano col loro fuoristrada cercando di investirli e sparandogli contro con il fucile. I ragazzi riescono a scappare malgrado David sia ferito. Si rifugiano ai bordi di un lago, dove Angeline cura la ferita di lui. Si baciano, quand’ecco i due cacciatori affrontarli corpo a corpo, stavolta con il cane da caccia al guinzaglio. Anche stavolta i ragazzi riescono a scappare, ma si dividono. David cerca ovunque Angeline. Il cane segue le orme di David, ma arrivato a un certo punto si ferma, come se avesse paura di andare avanti. David e i due cacciatori sono persi nella vegetazione. Il ragazzo procede a piedi, ferito: la bicicletta si è rotta. I due energumeni vengono sorpresi uno dietro l’altro D Operatori: Andrea Arnone Operatore Steadicam: Andrea Arnone Effetti speciali trucco: Federico Carretti Trucco: Federico Carretti Effetti: Giuseppe Squillaci, Francesco Cosatti, Giulia Infurna, Alessandro Salomone, Sara Paesani, Leonarco Cruciano Supervisore musiche: Francesco Zampaglione Suono: Andrea Caucci, Paolo Pucci Interpreti: Jake Muxworthy (David), Karina Testa (Angeline), Ottaviano Blitch (Fred), Chris Coppola (Buck), Nuot Arquint (Mortis), Emilio De Marchi (dottore) Durata: 80’ Metri: 2200 da qualcosa di misterioso alle loro spalle, poco dopo aver ritrovato il cane completamente arso. La notte, David raggiunge un casolare in campagna. Viene assalito da una macchina che lo insegue e, raggiunto, perde i sensi. Si risveglia legato a un tavolo e imbavagliato. Con lui i due cacciatori, nelle medesime condizioni. Li raggiunge un essere androgino, glabro e raccapricciante, che comincia a torturarli in varie fasi, incurante delle loro grida: uno dei cacciatori viene letteralmente abbrustolito (sotto ai tavoli sono applicate delle griglie da forno), a David viene invece tagliata una palpebra. Seguiamo la creatura misteriosa aggirarsi nei meandri del casale, tra foto di Hitler e autografi di Leni Riefenstahl. David riesce a liberarsi e, dopo una certa riluttanza, libera anche i cacciatori, che ovviamente decidono di abbandonare David lasciandoci le penne. David, ancora in cerca di Angeline (la sente chiamare il suo nome), si addentra a sua volta nel casale: tutto sembra sinonimo di morte, dalle foto dei peggiori dittatori della storia (da Stalin a Bush jr.) a intere pellicole proiettate in loop evocanti i peggiori conflitti della storia. La creatura, alle sue spalle, sta per ucciderlo, ma David la scorge grazie a un riflesso e riesce ad ammazzarla. Poi, cerca ancora, disperatamente, Angeline che invoca il suo nome. Si sveglia. È in un letto d’ospedale, mol60 to simile alla camera delle torture. David in realtà non è mai andato via dall’Iraq: ferito mortalmente, ha lottato tutto questo tempo contro la morte. I suoi due commilitoni, nel sogno i cacciatori, non ce l’hanno fatta. Il gestore del locale era il medico, mentre l’infermiera che lo ha accudito, chiamandolo per nome, era Angeline. Che stupita gli chiede: “Come fai a sapere il mio nome?” peana levatisi da più parti all’indomani del rilascio in sala del secondo film di Federico Zampaglione appaiono alquanto fuori misura. Se il primo film del leader dei Tiromancino, Nero bifamiliare, era una dark comedy assai edulcorata nei contenuti (anche a causa della cronaca nera – leggi Erba – che in quei giorni fu assai più cruda della fantasia), con Shadow il punto di riferimento è l’horror puro, senza filtri di sorta. L’horror da bmovie, come quello che andava di moda un tempo, ma che, a ben vedere, va molto di moda anche adesso, dopo mille remake dei capostipiti del genere (Hooper, Craven) e l’esplosione del porno-horror alla Eli Roth. Aggiungeteci un pizzico di Dario Argento, nume tutelare del genere dalla cui approvazione è impossibile prescindere, ed ecco Shadow: un’opera seconda rispettabile, ma ben lontana dall’originalità, dove tutto è già visto (e altrove è stato portato alle estreme conseguenze). Tra un omaggio a Tenebre e una colonna sonora che I Film ammicca a Suspiria, quel che appare fuori discussione è senza dubbio la cinefilia di Zampaglione: manca tuttavia ancora la propria personale cifra stilistica, in un film che appare meglio espresso nei suoi momenti più alogici e astratti (riuscita, in questo senso, l’ambientazione “boschiva” della prima parte e l’inquietante Nuot Arquint nei panni della morte), quanto maldestra e sfilacciata in altri (la suddetta prima parte risente di una sceneggiatura e di dialo- Tutti i film della stagione ghi sotto la soglia della decenza, mentre la seconda è troppo simile ad Hostel). I peana cui si accennava poc’anzi hanno trovato terreno fertile in una “politicizzazione” della trama (evidenziata dall’agnizione finale) che a molti è sembrato un colpo d’ala, ma è in realtà un colpo basso che permette agli autori di far quadrare molte falle narrative. Senza contare che si tratta dell’ennesima variazione dal racconto Owl Creek di Ambrose Bierce, per di più già coniugata in chiave antimilitaresca da Adrian Lyne nel suo film più riuscito, Allucinazione perversa. Di tutto un po’ insomma, ma ben poco nell’insieme. Shadow può trovare un senso e una giustificazione in se stesso e nel suo autore, come riepilogo di un personale bagaglio horror alla ricerca di un punto dove ripartire. Ma questo lo dirà solo il tempo. Gianluigi Ceccarelli DICIOTTO ANNI DOPO Italia, 2010 Regia: Edoardo Leo Produzione: Marco e Nicola De Angelis per D.A.P. Italy s.r.l. Distribuzione: Eagle Pictures Prima: (Roma 4-6-2010; Milano 4-6-2010) Soggetto: Edoardo Leo, Marco Bonini Sceneggiatura: Edoardo Leo, Marco Bonini, Lucilla Schiaffino Direttore della fotografia: Pietro Maria Tirabassi Montaggio: Roberto Siciliano Musiche: Gianluca Misiti Scenografia: Paki Meduri Costumi: Francesca Sartori Produttori esecutivi: Marco De Angelis, Nicola De Angelis Casting: Rossella Fusco irko e Genziano sono due fratelli sui trentacinque anni che non si vedono e non si parlano dal momento in cui la madre, di origini inglesi, morì tragicamente in un incidente stradale, dove furono coinvolti anche loro poco più che diciottenni. Nessuno sa bene cosa sia veramente successo quel giorno. Da allora Genziano è andato a vivere a Londra dal nonno Enrico e lavora come broker finanziario. È diventato un uomo di successo, egoista e completamente immerso nella sua attività, sterile ed “allergico” ad ogni genere di emozione e sentimento. Mirko, invece, è rimasto a Roma e lavora con il padre Marcello, nella stessa malridotta officina. È un uomo apatico, bloccato e leggermente balbuziente; vive senza entusiasmo in una modesta casa di periferia con il padre e la moglie Mirella, sua fidanzata storica e il loro bambino Davide di quattro anni. La morte del padre arriva improvvisa a scuotere gli animi e a rivoluzionare le loro esistenze. Genziano, suo malgrado, tra riunioni e meeting vari, riesce a ritagliarsi una mezza giornata per andare al funerale del padre. Nelle sue ultime volontà, l’uomo scrive che debbano essere i figli a portare le sue ceneri sulla tomba della moglie che riposa nel piccolo cimitero di Scilla, in Calabria, vicino alla loro casa al mare, M Trucco: Daniela Carloni Effetti: Sergio Cremasco, Christian Gazzi Suono: Angelo Bonanni Interpreti: Edoardo Leo (Mirko), Marco Bonini (Genziano), Eugenia Costantini (Cate), Sabrina Impacciatore (Mirella), Gabriele Ferzetti (Enrico), Vinicio Mrchioni (avvocato Camilli), Maximilian Mazzotta (portiere), Tommaso Olivieri (Davide), Carlotta Natoli (la “Logorroica”), Pasquale Anselmo (funzionario del cimitero), Valerio Aprea (operatore crematorio), Luisa De Santis (signora al funerale), Giancarlo Magalli (se stesso) Durata: 100’ Metri: 2750 dove la donna perse tragicamente la vita. I due fratelli, dopo diciotto anni di silenzio e di lontananza, si rincontrano al funerale. Nel testamento viene richiesto, inoltre, di fare il viaggio con la vecchia Morgan, andata distrutta dopo il terribile incidente e restaurata, a loro insaputa, dal padre. Mentre Mirella e il bambino rimangono a casa con, Enrico il nonno dei due fratelli arrivato da Londra, a malincuore Mirko e Genziano decidono di affrontare il viaggio. Mirko ruba dal cimitero un portacenere con le ceneri del padre e si mettono in viaggio, tra imbarazzanti silenzi e frasi di circostanza. Diversi gli inconvenienti: primo tra tutti la presenza di una donna, Cate, giovane e stravagante autostoppista, che gli chiede un passaggio per arrivare in un posto imprecisato. Tuttavia la macchina comincia a fare capricci. Intanto a Roma, Mirella ed, Enrico tramite alcune vecchie foto, cercano di ricostruire il puzzle dell’incidente. Genziano ha fretta di raggiungere l’obiettivo per poter tornare a Londra e portare a buon fine il suo incontro d’affari, mentre Mirko è motivato ad arrivare fino in fondo. I due si ritrovano improvvisamente senza macchina, prima di rinvenirla in una rimessa di barche. Cate, presenza misteriosa e riconciliante, improvvisamente li lascia e i due si ritrova61 no nuovamente soli. Dopo aver aggiustato la macchina, ormai Genziano rinuncia a tornare a Londra e accompagna il fratello a depositare le ceneri sulla tomba della madre. Enrico e Mirella capiscono che il giorno funesto, a causare l’incidente fu Mirko, guidando la macchina con dentro la madre e il fratello a forte velocità, in preda a un raptus di gelosia nei confronti di Genziano. I due fratelli si fermano proprio sulla curva dove avvenne l’incidente e lì riescono finalmente a tirare fuori tutto il dolore e la rabbia repressi durante quegli anni. Dopo essersi sfidati in acqua come da ragazzi, si riabbracciano e decidono insieme di rimettere a nuovo l’officina. Intanto Enrico mostra a Mirella una foto di sua figlia da giovane. La madre di Mirko e Genziano era tale e quale a Cate. ue fratelli agli antipodi, un lutto irrisolto che riemerge dal passato e il viaggio come catarsi e rinascita. Questi gli ingredienti dell’esordio dietro la macchina da presa dell’attore romano Edoardo Leo, che con 18 anni dopo realizza un film ben orchestrato, diretto in modo semplice e lineare. Nonostante la storia non sia proprio il massimo dell’originalità, l’alchimia è riuscita probabilmente per l’impegno con cui il regista ha curato i det- D Film tagli, la sceneggiatura e la direzione degli attori. Il tema del “viaggio”, geografico e non solo, serve a sviluppare il rapporto tra due fratelli tormentati dai sensi di colpa. Imprigionati da anni in gabbia i loro sentimenti Mirko e Genziano, trentenni anaffettivi, rappresentano l’immagine di una famiglia frammentata in mononuclei, che ha in comune solo il cognome. Sul vuoto generato dalla mancanza della madre, entrambi hanno, in quasi vent’anni di lontananza, costruito la loro vita, il primo facendo della casa, unico elemento rimasto della vita familiare, il centro e la tomba della propria esistenza; il secondo fuggendo lontano da quella stessa casa, come anestetizzato, per nascondersi e, al tempo stesso, essere ingoiato dalla frenesia del mondo. La balbuzie di Mirko e i silenzi di Genziano sono il sintomo chiaro di un disagio dovuto ad una ri- Tutti i film della stagione mozione non ancora elaborata e a una profonda sofferenza non metabolizzata completamente. Il loro unico affetto in comune è il padre che viene a mancare all’inizio del film, privandoli di un rifugio e obbligandoli a esporsi senza riserbo, a venire fuori e mettersi in gioco. La sfida che li attende non dovranno più affrontarla da soli, ma insieme, appunto, trovando quella dimensione per cui dal dolore e dagli errori può maturare la voglia di rinascere, assaporando la vita nelle sue sfumature. Davanti al mare e poi immersi nell’acqua (liquido amniotico) ritroveranno in un abbraccio il loro equilibrio e la loro origine. “Road movie”, a metà strada tra commedia e dramma, 18 anni dopo attenua il dolore della morte e la pesante eredità del passato con l’umorismo e la delicata ironia con cui vengono tratteggiati i personaggi, resi verosimili grazie an- che alla buona interpretazione degli attori. Il cast infatti vanta numerose e simpatiche “incursioni”; Edoardo Leo recita al fianco di un efficace Marco Bonini e un’ottima Sabrina Impacciatore. A lei spetta il compito invece di duettare con Gabriele Ferzetti, l’unico detentore della verità su tutta la vicenda. A tal proposito, uno dei momenti più divertenti del film è il gioco che fa con il figlio di Mirko, Davide, un bambino sveglio che rielabora la morte del nonno Marcello, discutendone sempre e solo con il bisnonno, costretto per amore a fingere di essere morto. Così come il monologo del personaggio al cimitero, che fa a Mirko una dettagliata “radiocronaca” di una cremazione tipo. Sequenza straniante e bizzarra, ma che inevitabilmente strappa un sorriso. Veronica Barteri IL MIO VICINO TOTORO (Tonari No Totoro) Giappone, 1988 Regia: Hayao Miyazaki Produzione: Tohru Hara, Ned Lott per Tokuma Japan Communications Co. Ltd./ Studio Ghibli/ Nibariki Distribuzione: Lucky Red Prima: (Roma 18-9-2009; Milano 18-9-2009) Soggetto: tratto dal Libro omonimo di Hayao Miyazaki e Kubo Tsugiko Sceneggiatura: Hayao Miyazaki Direttore della fotografia: Mark Henley Montaggio: Takeshi Seyama Musiche: Joe Hisaishi Scenografia: Kazuo Oga e sorelline Satsuki e Mei arrivano nelle campagne vicino Tokio insieme al padre, ricercatore all’università, per poter stare più vicine alla madre, ricoverata in un ospedale della zona. Le bambine scoprono subito il piacere di vivere all’aria aperta, esplorando sia i dintorni sia la vecchia casa dove sono andate a vivere. Proprio in questa casa, la piccola Mei nota per la prima volta l’esistenza di una bizzarra creatura, che la condurrà da Totoro, mitico e gigantesco incrocio tra un orso e un grosso gatto. Totoro è visibile solo ai bambini, quindi ben presto anche Satsuki ne viene a conoscenza. Una sera, le due bambine aspettano sotto la pioggia il ritorno del padre dalla città: sole e spaventate, si rassicurano quando Totoro viene ad attendere insieme a loro l’arrivo del pullman, per poi sparire insieme al suo Gattobus. Il giorno dopo, le due bambine piantano dei semi magici regalatigli da Totoro che le raggiunge durante la notte: la sua magia li farà sbocciare e crescere un in- L Produttori esecutivi: Rick Dempsey, Yasuyoshi Tokuma Line producer: Eiko Tanaka Casting: Ned Lott Aiuti regista: Tetsuya Endo Art director: Kazuo Oga Effetti: Kaoru Tanifuji Animazione: Masaaki Endo, Makiko Futaki, Yoshinori Kanada, Toshio Kawaguchi, Katsuya Kondô, Shinji Otsuka, Yoshiharu Sato, Masako Shinohara, Hideko Tagawa, Makoto Tanaka, Tsukasa Tannai, Hirômi Yamakawa Durata: 86’ Metri: 2360 tero bosco davanti alla loro casa, sul quale le due bambine voleranno insieme a lui. La mattina il bosco sparisce ma Satsuki e Mei hanno altro a cui pensare: la mamma si è improvvisamente aggravata. Durante un litigio, Mei scappa di casa per raggiungere la madre ma si perde. Satsuki la cerca affannosamente e alla fine saranno proprio Totoro e il suo Gattobus a aiutarla a ritrovare la bambina e a portarle poi fino all’ospedale, per poter osservare dalla finestra le condizioni migliorate della mamma. a Lucky Red di Andrea Occhipinti distribuisce finalmente nelle sale i capolavori di quello che è considerato il Walt Disney del Giappone, rispondendo anche alla domanda del pubblico italiano vista la crescente fama nel nostro paese di Miyazaki. Ecco quindi Tonari no Totoro del lontano 1988, uno dei film più famosi e apprezzati – per molti un capolavoro insuperato – che gli appassionati italiani aveva- L 62 no potuto vedere soltanto in originale e con varie sottotitolature più o meno filologiche. Il mio vicino Totoro è un film di pure poesia, pressoché privo di trama e di azione (a parte la lunga e spasmodica ricerca della piccola Mei, alla quale si aggiunge anche un’ipotesi di morte che rende il tutto ancora più drammatico e adulto). Il tutto sembra avvolto in una dimensione quasi atemporale. La poesia del film risiede nella semplicità delle immagini del vivere quotidiano e familiare che scorrono sullo schermo in un susseguirsi di stupore e meraviglia, entrando a contatto con la magia silenziosa del gigantesco e leggiadro Totoro, capace di librarsi in volo e far crescere un intero bosco in una sola notte davanti alla finestra illuminata del padre delle due bambine. La capacità di immaginazione di Miyazaki sembra davvero non conoscere limiti aprendo le porte a un universo di semplicità e fantasia come difficilmente se ne vedono al cinema, capace di lasciare a bocca aperta i bambini come gli adulti. Toto- Film ro è diventato il simbolo e il logo dello Studio Ghibli di Miyazaki sia per il suo successo e la sua popolarità, sia perché racchiude tutti i temi principali della filosofia del suo regista: l’innocenza dei bambini e il loro essere dav- Tutti i film della stagione vero speciali e privilegiati per comprendere il mondo e la magia, il rapporto di derivazione scintoista tra uomo e natura (il nome Totoro è infatti una storpiatura di Mei di toruro, il guardiano della natura secondo la tradi- zione giapponese), il contrasto tra campagna e città, privilegiando i ritmi e la semplicità della vita. Chiara Cecchini LA VALIGIA SUL LETTO Italia, 2010 Regia: Eduardo Tartaglia Produzione: Eduardo SR. Tartaglia, Alessandro Tartaglia per Mitar Group Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 12-3-2010; Milano 12-3-2010) Soggetto: Eduardo Tartaglia Sceneggiatura: Eduardo Tartaglia, Elvio Porta Direttore della fotografia: Marco Pieroni Montaggio: Antonio Siciliano Musiche: Daniele Falangone Scenografia: Tommaso Bordone Costumi: Sabrina Chiocchio apoli. Achille Lo Chiummo vive di espedienti lavorando in nero all’anagrafe; mentre la compagna e convivente Brigida è costretta a travestirsi da polpetta per pubblicizzare i prodotti di una macelleria locale. Quando la camorra gli toglie la casa e viene cacciato dall’impiego abusivo, i due si ritrovano costretti a vivere nei cantieri della metropolitana, dove Achille, grazie all’amico Agostino, trova un lavoro come guardiano notturno. Intanto l’Ispettore pedina giorno e notte, a discapito della sua vita matrimoniale che ormai sta naufragando, il malavitoso Antimo Lo Ciummo, che, per salvarsi da ripetuti attentati, decide di pentirsi e andare sotto copertura. Per un caso fortuito, Brigida si ritrova coinvolta in uno degli ultimi attentati, facendo incontrare l’Ispettore e Achille, che ha un lampo di genio: falsifica dei dati all’anagrafe togliendo quell’acca che lo rende così cugino del pentito. Achille, Brigida, Antimo e Annarosa, sorella bigotta di Achille, che non sopporta la bella cognata, si ritrovano a convivere forzatamente e sotto copertura presso un cimitero. Intanto il braccio destro di Antimo, stanco delle angherie del suo capo, continua a organizzare ripetuti attentati alla sua vita con l’aiuto dell’affascinante Ippolita, in realtà spietato killer. Antimo, ignaro del tradimento del suo fidato amico, si concede alcune notti di passione con Annarosa. Purtroppo il rapporto fra Achille e Brigida, già precario da tempo, risente N Produttore esecutivo e direttore di produzione: Alessandro Tartaglia Aiuto regista: Giovanni Arcangeli Effetti: Sergio Cremasco Interpreti: Eduardo Tartaglia ( Achille ), Veronica Mazza (Brigida), Biagio Izzo (Antimo), Maurizio Casagrande (ispettore ), Nunzia Schiano ( Annarosa ), Alena Seredova (Ippolita), Marjo Berasategui (Susanna), Ernesto Mahiex (Don Nicola), Peppe Miale (Agostino), Francesco Procopio (Alfredo) Durata: 103’ Metri: 2830 enormemente della situazione. Durante una notte rocambolesca, Brigida ferma involontariamente il killer, facendo così arrestare tutti i cospiratori. L’Ispettore decide infine di prendersi due settimane di meritate ferie per ritrovare la giusta serenità con la moglie. Vengono decise le destinazioni finali per mettere i Lo Ciummo sotto copertura: per gioia di Brigida, stanca della sua vita, verrà trasferita con Achille a lavorare in un grande centro commerciale. Purtroppo Achille viene scovato da Agostino che innamorato di Brigida da sempre e avendo capito il suo raggiro, lo ricatta: dirà tutto all’Ispettore, a meno che non gli lasci Brigida. Achille e Brigida decidono di chiedere aiuto ad Antimo per far spaventare Agostino, che, affezionatosi alla coppia, gli promette che troverà lui stesso lavoro in uno dei suoi centri commerciali. La coppia sta per dire la verità all’Ispettore, liberandosi così di tutto e tutti, quando sopraggiunge Annarosa: è incinta di Antimo. Ora i Lo Chiummo sono davvero parenti di Antimo Lo Ciummo. oppia di vita e coppia nel lavoro, Eduardo Tartaglia e Veronica Mazza tornano con il lungometraggio La valigia sul letto. Visto il successo del precedente film Ci sta un francese, un inglese e un napoletano, questa volta si decide di puntare in alto, distribuendo in tutto lo stivale, ma con una storia già rodata e collaudata. Infatti il film si basa sull’omonima com- C 63 media teatrale sempre firmata da Tartaglia. Di questo si tratta: teatro al cinema. Sicuramente è molto più ripulito e riuscito rispetto ad altri tentativi, come il film dei fratelli Insegno, ma resta evidente l’impronta teatrale sia per determinati tempi comici, che nella gestualità e nella mimica facciale. Il film è di per sé una storia piacevole, non entusiasmante, che rallegra senza volgarità. Vero momento comico, che realmente riesce a far ridere di cuore, è la forte lite fra Brigida e Annarosa, con risultati alquanto stravaganti; altre sequenze risultano invece eccessive e troppo inverosimili. Comicità a parte, La valigia sul letto è un film sull’oro di Napoli e sull’ingegno dei napoletani. Speranze, desideri, delusioni e stratagemmi si intrecciano in una trama ben scritta, ma che già dal suo inizio si intuisce come potrà concludersi. C’è il disagio per la disoccupazione, l’arrabattarsi lavori in nero all’anagrafe che tanto omaggia i film di Totò e che gli attori ricordano esplicitamente recitando ‘A livella mentre sono al cimitero; c’è anche la Camorra, come sottofondo e pretesto sempre in chiave comica, così pure l’omertà dei cittadini che, per non rischiare maggiori disagi, decidono di non parlare. Bravi tutti gli attori sia quelli principali da Tartaglia e la Mazza, Maurizio Casagrande e Biaggio Izzo e quelli secondari come Ernesto Mahieux e Nunzia Schiano. Un film gradevole. Elena Mandolini Film Tutti i film della stagione VALUTAZIONI PASTORALI About Elly – consigliabile / problematico Amabili resti – consigliabile / problematico Appuntamento con l’amore – consigliabile / seplice A-Team (The) – n.c. Bella – consigliabile / poetico Bella società (La) – consigliabile / problematico Bright Star – n.c. Brotherood – n.c. Butterfly Zone – Il senso della farfalla – consigliabile / velleitario 5 appuntamenti per farla innamorare – n.c. City Island – consigliabile / brillante Compleanno (Il) – complesso / problematico Copia conforme – consigliabile-problematico / dibattiti Diamond 13 – n.c. 18 anni dopo – n.c. Due vite per caso – consigliabile / problematico Era glaciale 3 (L’) – L’alba dei dinosauri – raccomandabile / poetico Fontana dell’amore (La) – n.c. Generazione 1000 euro – consigliabile / brillante Happy Family – consigliabile / problematico Hole in 3D (The) – n.c. Imbroglio del lenzuolo (L’) – n.c. Iron Man 2 – consigliabile / semplice Matrimoni e altri disastri – futile / superficialità Mio vicino Totoro (Il) – consigliabile / semplice Nel paese delle creature selvagge – consigliabile / poetico Non è ancora domani (La Pivellina) – consigliabile / poetico Nord – consigliabile-problematico / dibattiti Padre dei miei figli (Il) – consigliabile / problematico Papessa (La) – futile / superficiale Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo – Il ladro di fulmini – consigliabile / semplice Perdona e dimentica – complesso-problematico / dibattiti 14 kilòmetros – consigliabile / superficialità Quattro volte (Le) – consigliabile / poetico Racconti incantati – consigliabile / semplice Ragazzi miei – n.c. Regina dei cavalli di carta (La) – n.c. Road (The) – La strada – consigliabile-problematico / dibattiti Robin Hood – consigliabile / semplice Sex and the City 2 – futile / grossolanità Shadow – complesso / violento Simon Konianski – consigliabile / brillante Sono viva – complesso / problematico Tata Matilda e il grande botto – n.c. Tempo che ci rimane (Il) – consigliabile-problematico / dibattiti U2 3D – n.c. Ultima estate (L’) – n.c. Una soluzione razionale – n.c. Valigia sul letto – consigliabile / semplice IL RAGAZZO SELVAGGIO è l’unica rivista in Italia che si occupa di educazione all’immagine e agli strumenti audiovisivi nella scuola. Il suo spazio d’intervento copre ogni esperienza e ogni realtà che va dalla scuola materna alla scuola media superiore. È un sussidio validissimo per insegnanti e alunni interessati all’uso pedagogico degli strumenti della comunicazione di massa: cinema, fotografia, televisione, computer. In ogni numero saggi, esperienze didattiche, schede analitiche dei film particolarmente significativi per i diversi gradi di istruzione, recensioni librarie e corrispondenze dell’estero. Il costo dell’abbonamento annuale è di euro 30,00 - periodicità bimestrale. SCRI VERE di Cinema direttore Carlo Tagliabue SCRIVERE DI CINEMA Ogni anno nel nostro paese escono più libri riguardanti il cinema che film. È un dato curioso che rivela l’esistenza di un mercato potenziale di lettori particolarmente interessati alla cultura cinematografica. ScriverediCinema, rivista trimestrale di informazione sull’editoria cinematografica, offre la possibilità di essere informati e aggiornati in questo importante settore, segnalando in maniera esaustiva tutti i libri di argomento cinematografico che escono nel corso dell’anno. La rivista viene inviata gratuitamente a chiunque ne faccia richiesta al Centro Studi Cinematografici, Via Gregorio VII, 6 - 00165 Roma Telefono e Fax: 06.6382605. e-mail: [email protected] 64
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