98 - Centro Studi Cinematografici

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98 - Centro Studi Cinematografici
SOMMARIO
n. 98
Anno XV (nuova serie)
n. 98 marzo-aprile 2009
Bimestrale di cultura cinematografica
Aspettando il sole ..............................................................................
23
Ballare per un sogno .........................................................................
6
Edito
dal Centro Studi Cinematografici
Beket .................................................................................................
50
Bride Wars – La mia migliore nemica ................................................
4
00165 ROMA - Via Gregorio VII, 6
tel. (06) 63.82.605
Sito Internet: www.cscinema.org
E-mail: [email protected]
Aut. Tribunale di Roma n. 271/93
Che la fine abbia inizio ......................................................................
53
Come un’uragano ..............................................................................
25
Cosmo sul comò (Il) ...........................................................................
45
Dall’altra parte del mare ....................................................................
28
Abbonamento annuale:
euro 26,00 (estero $50)
Versamenti sul c.c.p. n. 26862003
intestato a Centro Studi Cinematografici
Defiance – I giorni del coraggio .........................................................
35
Denti ..................................................................................................
38
Due partite .........................................................................................
40
Spedizione in abb. post.
(comma 20, lettera C,
Legge 23 dicembre 96, N. 662
Filiale di Roma)
Ember – Il mistero della città di luce ..................................................
27
Fronzen River ....................................................................................
48
Frost/Nixon – Il duello ........................................................................
20
Si collabora solo dietro
invito della redazione
Giardino dei limoni (Il) ........................................................................
44
Gran Torino ........................................................................................
2
Direttore Responsabile: Flavio Vergerio
Direttore Editoriale: Baldo Vallero
Cast e credit a cura di: Simone Emiliani
Segreteria: Cesare Frioni
Iago ....................................................................................................
58
I Love Shopping .................................................................................
14
International (The) .............................................................................
16
Indice dell’annata ...............................................................................
31
Katyn .................................................................................................
36
Legami di sangue ..............................................................................
10
Madagascar 2 ....................................................................................
29
Matassa (La) ......................................................................................
56
Pantera rosa 2 (La) ............................................................................
22
Passato è una terra straniera (Il) .......................................................
54
Pride and Glory – Il prezzo dell’onore ...............................................
57
Quell’estate felice ..............................................................................
39
Questo piccolo grande amore ...........................................................
42
Respiro del diavolo (Il) – Whisper ......................................................
9
Siciliana ribelle (La) ...........................................................................
41
Sol dell’avenire (Il) .............................................................................
46
Spirit (The) .........................................................................................
13
Tutta colpa di Giuda ...........................................................................
11
Tutti insieme inevitabilmente ..............................................................
19
Tutto festival Venezia .........................................................................
60
Two Lovers .........................................................................................
52
Underworld – La ribellione dei Lycan ................................................
49
Verità è che non gli piaci abbastanza (La) .........................................
5
Verso l’Eden ......................................................................................
24
Watchmen .........................................................................................
8
Wrestler (The) ....................................................................................
17
Redazione:
Marco Lombardi
Alessandro Paesano
Carlo Tagliabue
Giancarlo Zappoli
Hanno collaborato a questo numero:
Veronica Barteri
Elena Bartoni
Gianluigi Ceccarelli
Chiara Cecchini
Davide Di Giorgio
Silvio Grasselli
Elena Mandolini
Fabrizio Moresco
Danila Petacco
Francesca Piano
Manuela Pinetti
Valerio Sammarco
Stampa: Tipostampa s.r.l.
Via dei Tipografi, n. 6
Sangiustino (PG)
Nella seguente filmografia vengono
considerati tutti i film usciti a Roma e
Milano, ad eccezione delle riedizioni.
Le date tra parentesi si riferiscono alle
“prime” nelle città considerate.
Film
Tutti i film della stagione
GRAN TORINO
(Gran Torino)
Stati Uniti, 2009
Supervisori effetti visivi: Mark Freund (Pacific Title), Kelly Port
Supervisore effetti digitali: Darren Poe
Operatori: Stephen S. Campanelli, Bill Coe, Liz Radley
Supervisore costumi: Cheryl Scarano
Canzone/Musica estratta: “Gran Torino” di Clint Eastwood,
Jamie Cullum, Kyle Eastwood, Michael Stevens (Jamie Cullum,
Don Runner)
Interpreti: Clint Eastwood (Walt Kowalski), Christopher Carley (padre Janovich), Bee Vang (Thao Vang Lor), Ahney Her (Sue Lor),
Brian Haley (Mitch Kowalski), Geraldine Hughes (Karen Kowalski), Dreama Walker (Ashley Kowalski), Brian Howe (Steve Kowalski), John Carroll Lynch (barbiere Martin), William Hill (Tim Kennedy), Brooke Chia Thao (Vu), Chee Thao (nonna), Choua Kue
(Youa), Scott Eastwood (Trey), Xia Soua Chang (Kor Khue), Sonny Vue (Smokie), Arthur Cartwright (Prez), Michael E. Kurowski
(Josh Kowalski), Conor Liam Callaghan (David Kowalski), Thomas D. Mahard (Mel), Doua Moua (Spider), Davis Gloff (Darrell),
Nana Gbewonyo (Monk), Cory Hardrict (Duke), John Johns (Al),
Austin Douglas Smith (Daniel Kowalski), Julia Ho (dott.ssa Chang),
Maykao K. Lytongpao (Gee), Greg Trzaskoma (barista), Marty
Bufalini (avvocato), Clint Ward (agente), Stephen Kue (agente
Chang), Rochelle Winter (ameriera), Vincent Bonasso (sarto)
Durata: 116’
Metri: 3000
Regia: Clint Eastwood
Produzione: Clint Eastwood, Bill Gerber, Robert Lorenz per
Malpaso Productions/Warner Bros./Double Nickel Entertainment/Gerber Pictures/Media Magik Entertainment/Village
Roadshow
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Prima: (Roma 13-3-2009; Milano 13-3-2009)
Soggetto: Dave Johannson, Nick Schenk
Sceneggiatura: Nick Schenk
Direttore della fotografia: Tom Stern
Montaggio: Joel Cox, Gary Roach
Musiche: Kyle Eastwood, Michael Stevens
Scenografia: James M. Murakami
Costumi: Deborah Hopper
Produttori esecutivi: Jenette Kahn, Tim Moore, Adam Richman
Direttore di produzione: Tim Moore
Casting: Ellen Chenowerth
Aiuti regista: Donald Murphy, Peter Dress, Michael Judd
Art director: John Warnke
Arredatore: Gary Fettis
Trucco: Tania McComas, Louise Holoday, Kimberly Jones, Kimberley Kirkpatrick
Supervisore effetti speciali: Steve Riley
A
lla morte della moglie Dorothy,
Walt Kowalski si scopre orgogliosamente solo, con i due figli grandi e ormai estranei e pochissimi amici ancora in vita. Uomo scostante, perennemente sul chi vive, presenzia quasi sull’attenti
alla funzione funebre dell’amata consorte, mal tollerando le intemperanze adolescenziali dei nipoti e gli sguardi di compassione dei conoscenti, nonché del giovane officiante cattolico, padre Janovich.
Comprensibilmente controverso il rapporto
con il figlio Mitch, interessato probabilmente più ai suoi beni personali che alla
persona, e con la nipote più grande – e
figlia di Mitch –, che, durante il rinfresco,
avvicina il burbero nonno soltanto per domandargli un vecchio divano e l’auto che
non usa più da tempo come regalo per il
venturo primo anno di college, ottenendo
in risposta null’altro che un risentito ringhio. Non ha maggior fortuna neanche
2
padre Janovich, che invano tenta di confessare l’uomo, sì da realizzare un desiderio espresso in vita dalla moglie.
L’unico vanto di Walt Kowalski è proprio la sua vecchia auto, una Ford Gran
Torino del ’72, vero gioiello perfettamente
funzionante che l’uomo tira fuori dal garage soltanto per lucidare e poi ammirare,
dal portico di casa sua, bevendo birre in
lattina e fumando troppe sigarette, come
unica compagnia l’anziana cagna Daisy.
Nella periferia di Detroit, in cui vive
in una classica villetta unifamiliare, è ormai uno degli ultimi veri americani rimasti; curiosamente, il migliore (l’unico?)
amico di Kowalski è un barbiere di chiara
origine italiana, mentre il cognome di Walt
rivela un’altrettanto evidente matrice polacca. Eppure l’odio per il diverso è una
componente fondamentale dell’uomo e il
suo essere reduce della Guerra in Corea
lo porta a una grandissima intolleranza
verso i numerosi asiatici che risiedono in
quantità nel quartiere popolare in cui vive.
Anche i suoi vicini di casa lo sono, ma
Kowalski ha sempre mantenuto le distanze da loro; tuttavia, una sera, dal portico
assiste a una lite così chiassosa, e soprattutto che sconfina nella sua proprietà, da
vedersi costretto a intervenire, fucile alla
mano. Accade infatti che Thao, timido adolescente, sia stato da tempo preso di mira
da una banda di teppisti, della quale fa
Film
parte anche un suo cugino, che vuole invischiarlo in attività poco oneste. La famiglia del giovane, composta da mamma,
nonna e una sorella poco più grande di lui,
è infatti considerata debole dai connazionali perché priva di un vero capofamiglia,
dunque esposta, vulnerabile. L’intervento
di Kowalski salva Thao e trasforma l’uomo in eroe agli occhi della comunità
Hmong di cui fa parte: fin dalle prime ore
del mattino successivo, una processione
continua di cesti di fiori e offerte di cibo
vengono depositate davanti alla sua porta, ma lui è infastidito e caccia tutti in malo
modo. Giorni dopo, è in giro per il quartiere alla guida del suo pick up, e nuovamente compie un intervento provvidenziale: stavolta a beneficiarne è Sue, la sorella
maggiore di Thao, salvata da Walt dalle
pesante attenzioni di un gruppo di bulli.
Sulla strada verso casa, la giovane racconta all’uomo la storia degli Hmong, popolazione originaria di una zona montana
tra Laos, Cina e Thailandia emigrata in
massa negli Stati Uniti a causa dell’appoggio dato a questi durante la guerra del Vietnam. Kowalski pare incuriosito e benevolmente impressionato da Sue, ma il tentativo di furto della Gran Torino – commissionato dal solito losco cugino – da parte
di un imbranato Thao mette nuovamente
tutto in discussione.
Per lavare l’onta, il ragazzo viene mandato da Walt: sarà al suo servizio per una
settimana. L’uomo prova a opporsi, infine
accetta, e invece di tenere i servigi del giovane per sé lo mette a disposizione del
quartiere, facendogli fare piccole riparazioni nelle case e pulizie nei giardini, in
nome del decoro urbano. Scopre un ragazzo sensibile, volenteroso, buono e intelligente; decide di trovargli un lavoro e aiutarlo anche a conquistare la ragazza dei
suoi sogni. Intanto una tosse sempre più
violenta e altri malesseri spingono Walt a
una serie di controlli medici, che in seguito riveleranno un esito per niente positivo.
Per il compleanno riceve la visita del figlio e della nuora, che sostanzialmente lo
spingono ad “accettare la vecchiaia” e trasferirsi in una casa di riposo. Walt sbatte
entrambi fuori casa senza troppe cerimonie, e in serata accetta, un po’ riluttante,
l’invito di Sue e famiglia a una festa a casa
loro. Dopo un inizio imbarazzante, dovrà
riconoscere con amarezza di avere più cose
in comune con dei perfetti estranei di cui
non conosce né lingua né regole sociali che
con la sua stessa famiglia.
Thao inizia a lavorare nell’impresa
edile di un amico di Walt, ma il cugino e i
suoi compari non possono accettarlo e
aggrediscono il ragazzo. Non appena
Tutti i film della stagione
Kowalski lo viene a sapere, scopre dove
vivono i delinquenti, ne picchia uno e lo
lascia con l’avvertimento di restare alla
larga da quella famiglia. Per tutta risposta, quelli nella stessa sera sparano raffiche di colpi d’arma da fuoco contro la villetta di Thao, ferendolo superficialmente,
e abusano selvaggiamente della sorella
Sue. Padre Janovich, che non ha mai smesso di frequentare casa Kowalski, cerca di
impedire la prevedibile, imminente, tragedia; quando si trova di fronte Walt nel confessionale, pronto a realizzare l’antico desiderio della moglie, capisce che è troppo
tardi per fermarlo.
Thao, ovviamente sconvolto e in cerca
di vendetta, sprona l’anziano amico, ma
non sa che l’uomo ha già deciso per lui.
Con una scusa attira il ragazzo nella cantina di casa sua e lo chiude dentro a chiave; poi lascia la cagna Daisy alle cure della
nonna di Thao, informa Sue su dove si trovi il fratello – e le chiavi per liberarlo – e,
nel suo vestito nuovo e cucito su misura, si
reca risoluto verso la casa dei teppisti. In
strada, ad alta voce, attira l’attenzione loro
e degli altri abitanti della zona, che sbirciano con timore la scena dalle proprie finestre. I delinquenti sono armati fino ai
denti e pronti a sparare; quando Walt fa
per mettere la mano sotto la giacca, viene
colpito mortalmente da tantissimi colpi; in
tasca aveva solo un accendino. Thao e Sue
arrivano sul posto in tempo per vedere il
corpo dell’amico portato via dai medici
legali, e gli assassini giustamente arrestati dalla polizia. Alla lettura del testamento, scritto con il linguaggio diretto tipico
di Walt, la famiglia scopre con sorpresa e
una buona dose di livore che l’uomo ha
lasciato la propria casa alla Chiesa, e la
splendida Ford a Thao. Nel finale vediamo, il ragazzo, finalmente padrone della
propria vita e fiducioso verso il futuro, alla
guida della Gran Torino, con la cagna
Daisy al proprio fianco.
“N
on avevo in programma molti
altri film come attore, in realtà”, ha dichiarato con semplicità il regista e interprete a quanti, sorpresi,
si erano posti l’interrogativo. Eppure è bastata la semplice lettura di una sceneggiatura – opera di Nick Schenk, un esordiente
– per riportare sulle scene Clint Eastwood
(si vocifera che sarà la sua ultima interpretazione) a cinque anni dall’ultima prova, il
Premio Oscar Million Dollar Baby. Ad attrarre Clint è stata la storia, ma soprattutto il
suo protagonista, un personaggio complesso e crepuscolare che, nelle abili mani del
regista/interprete si è trasformato in una
sorta di summa di buona parte della galle-
3
ria eastwoodiana, dall’Ispettore Callaghan
in su, e che ben si inserisce anche nel percorso registico, tra lo sguardo nostalgico
degli ultimi film che cercano nel passato le
radici dell’oggi (Flags of Our Fathers, Letters from Iwo Jima, The Changeling) e la
luce buona e calda di un’irraggiungibile
espiazione (Mystic River).
Walt Kowalski nella sua vita è stato
molte cose. Di quel che è stato e di ciò che
ha fatto, adesso, gli restano impigliate addosso soltanto una catena di definizioni, e
una pesantezza d’animo dura da sopportare, soprattutto in solitudine. Il passato accumulato in una vita intera riempie – a parole - anche la sua statica attualità: operaio-meccanico della Ford in pensione, reduce dalla Guerra di Corea, vedovo, padre e
nonno soltanto sulla carta, cattolico non
praticante, vicino di casa amato senza averlo richiesto. Uomo scorbutico, spavaldo, tutto d’un pezzo, resta quasi muto se la domanda riguarda il presente: Chi sei? Cosa
fai? Imbarazzato balbetta dei vaghi “Aggiusto cose...ho appena riparato questo, la settimana scorsa quell’altro...”, ed è meglio che
il discorso cada in fretta. Un segreto terribile e mai confessato gli impedisce di vivere
con serenità, e il – non voluto – rapporto
con i vicini di casa immigrati dal sudest asiatico finirà col dare un nuovo senso alla sua
vita; anche loro, d’altronde, convivono con
un una pesante ombra che si allunga dal
recente passato e il termine rifugiato si veste per l’uomo di uno struggente e inedito
significato. Gli viene da chiedersi, con tutta
probabilità, se esista davvero un americano senza macchia. I suoi dubbi esistenziali
arriveranno a toccare perfino un uomo di
fede – ma indubbiamente, e per sua stessa
ammissione, con poca esperienza di vita
vissuta – come padre Janovich, che durante l’omelia funebre di Kowalski ammetterà
che aveva ragione Walt, quando lo definiva
un seminarista capace soltanto di “tenere
la mano ad anziane signore promettendo
loro l’eternità”. Adesso che ha toccato con
mano il sacrificio, l’altruismo, la bontà e la
morte, ne sa di più anche della vita vera,
anche lui.
Il mondo d’oggi va veloce, a Walt non
piace affatto e certo non fa nulla per nasconderlo: con il cuore fermo agli anni Cinquanta, ringhia – letteralmente – a ciò che
disturba la composizione del proprio mondo ideale, dall’ombelico scoperto della nipote adolescente, alla presenza di “topi di
fogna” dal “muso giallo” nelle vicinanze.
Perché il razzismo è una componente ben
presente nella sua persona, un odio feroce maturato con cura sin dai tempi della
Guerra di Corea che gli fa dimenticare, tra
un insulto e l’altro, le origini non america-
Film
ne – vedi il cognome polacco – proprie e
dei suoi amici, tra cui un barbiere italiano.
Ma sarà l’irruzione dello stra-ordinario – il
tentativo di furto della Gran Torino – a rompere l’immobilismo e persino a donare una
nuova e inimmaginabile funzione sociale
all’uomo-cimelio Walt, attraverso l’affettuosa amicizia con Sue e soprattutto con
Thao, vicini di casa adolescenti di etnia
Hmong, una semisconosciuta comunità
che da Laos, Thailandia e altre zone dell’Asia si è trasferita negli States all’indo-
Tutti i film della stagione
mani dell’alleanza ai tempi della Guerra del
Vietnam. Il sogno americano, per loro, non
è stato scontato, né facile.
Gran Torino, a dispetto della manciata
di mesi che lo separa da The Changeling
e i suoi clamori, non è assolutamente un
Eastwood “minore”, né ha bisogno della
luce riflessa di una labbruta Jolie per farsi
notare. È un film solido, forte, che sa cogliere da una storia che si potrebbe riassumere in tre frasi un universo intero, già
a partire dall’ambientazione di una Detroit
quasi decadente, la “Motor City” del Michigan, con le sue fabbriche di automobili ormai chiuse, al posto dell’originale – in sceneggiatura – Minneapolis. Il resto lo fanno
l’impianto classico – ormai quasi una firma del regista –, la scelta di inquadrature,
talvolta davvero sorprendenti, e un’inedita
quanto fortemente voluta empatia che cerca – e trova – lo spettatore, con esiti piacevolissimi. E infine, su tutto e tutti, Clint.
Manuela Pinetti
BRIDE WARS-LA MIA MIGLIORE NEMICA
(Bride Wars)
Stati Uniti, 2009
Trucco: Liz Bernstrom, Trish Seeney, Jean Carney, Jeri La Shay,
Tina LaSpina, Sherryn Smith
Acconciature: Frank Barbosa, Cheryl Daniels, Paula Dion
Supervisore effetti visivi: Mark Dornfeld
Coordinatore effetti visivi: Paulina Kuszta
Supervisori musiche: Linda Cohen, Norman Durance
Coreografie: John Carrafa
Interpreti: Kate Hudson (Liv), Anne Hathaway (Emma), Bryan Greenberg (Nate), Chris Pratt (Fletcher), Steve Howey
(Daniel), Candice Bergen (Marion St. Claire), Kristen Johnston (Deb), Michael Arden (Kevin), Victor Slezak (Consol), kelly
Coffield (Kathy), John Pankow (John), Zoe O’Grady (Liv da
piccola), Shannon Ferber (Emma da piccola), June Diane
Raphael (Amanda), Charles Bernard (DJ), Emily Sarah Stikeman, Robert Capron, Kallie Mariah Tabor (studenti), Bruce
Altman (Simmons), Hettienne Park (Marissa), Lauren Bittner
(Amie), Jeremy Brothers (Nerdy, il collega), Rena Maliszweski (altra collega), Casey Wilson (Stacy), Sarah Kate Jackson
(commessa), Jason Kolotouros (addetto alle consegne), Paul
Sheer (Ricky Coo), Andre Holland (DJ Jazzles), Kristofer L.
Stock (Agente ‘Non tuo marito’), Anna Madigan (Tanorexic),
Manuel Lopes (Miguel), Pamela Figueiredo (Pamela), Rob
Wilson (Rob)
Durata: 89’
Metri: 2260
Regia: Gary Winick
Produzione: Kate Hudson, Alan Riche, Peter Riche, Julie Yorn
per Firm Films/New Regency Pictures/Regency Enterprises/
Sunrise Entertainment (II)
Distribuzione: 20th Century Fox Italia
Prima: (Roma 20-2-2009; Milano 20-2-2009)
Soggetto: Greg De Paul
Sceneggiatura: Greg De Paul, Casey Wilson, June Diane
Raphael
Direttore della fotografia: Frederick Elmes
Montaggio: Susan Littenberg
Musiche: Ed Shearmur
Scenografia: Dan Leigh
Costumi: Karen Patch
Produttori esecutivi: Jay Cohen, Jonathan Filley, Matt Luber
Co-produttore: Devon Wilson
Direttore di produzione: John A. Machione
Casting: Marcia DeBonis, Jennifer Euston
Aiuti regista: Glen Trotiner, Eddie Micallef, Jason Graham,
Jeremy Marks
Operatore: Lukasz Jogalla
Operatore steadicam: Ralph Watson
Art director: James Donahue
Arredatore: Ron von Blomberg
L
iv ed Emma, inseparabili amiche,
sognano sin da bambine un matrimonio sfarzoso al Plaza. Ricevuto quasi in contemporanea l’anello iniziano a organizzare i rispettivi matrimoni
con crescente entusiasmo. La fortuna vuole che riescano a trovare anche posto al
Plaza. Tutto sembra perfetto fino a quando l’organizzatrice di matrimoni non comunica loro un errore: la data di prenotazione nell’esclusivo albergo è la stessa e
non ce ne sono altre disponibili per i prossimi 3 anni.
Le due ragazze sono in preda allo
sconforto. Entrambe vogliono partecipare al matrimonio dell’altra, ma allo stesso tempo non sono pronte a rinunciare al
Plaza.
Cercano una soluzione, ma non la trovano.
Prese dall’egoismo, ognuna inizia a organizzare il suo ”giorno speciale” cercando di sabotare quello dell’amica. E così,
tra scherzi più o meno pesanti, si arriva a
una settimana dal matrimonio.
Liv ed Emma, però, si sentono strane,
non sono felici come speravano e sentono la mancanza l’una dell’altra. Per questo, cercano di riavvicinarsi, ma ogni tentativo è irrimediabilmente distrutto da un
destino beffardo. Neanche con i rispettivi
fidanzati le cose vanno meglio. Lo stress,
infatti, fa aumentare le litigate, ma, se
queste per Liv diventano motivo di unione, per Emma sono causa di un ripensamento.
4
Il fatidico giorno arriva. Le due spose
si incrociano in albergo e si sorridono teneramente. Liv, allora, si ricorda di un ultimo tiro mancino organizzato mesi prima:
un dvd di Emma ubriaca che verrà proiettato durante la cerimonia. La donna, pentita, chiede disperatamente al suo assistente di sostituire il dvd con quello scelto dalla sposa, ma lui convinto dell’ennesima ripicca non lo fa.
Inizia la cerimonia di Emma e sullo
schermo appaiono le immagini di lei ubriaca che balla la lap-dance. La futura sposa
ha una crisi isterica, corre nell’altra sala
e inizia a picchiare Liv. Gli invitati cercano di dividerle e alla finte fra lacrime e
graffi si chiedono scusa. Emma poi va a
parlare col fidanzato e insieme decidono
Film
che non è il caso di sposarsi e si uniscono
agli invitati di Liv.
Passa un anno, Emma si è sposata col
fratello di Liv, e come lei aspetta un bambino che nascerà a marzo.
Q
uanto in basso può scendere
una donna che vede il suo “giorno speciale” offuscato da un particolare imprevisto? Senza avere dati alla
mano una cosa è certa: più in basso di
quanto lei creda.
A volte basta una sfumatura troppo
dorata nei capelli o un bouquet mal riuscito per trasformare una signorina “bon ton”
nella più feroce delle amazzoni, se il danno, poi, è causato dalla migliore amica, non
ci sono dubbi è guerra.
È guerra, perché, l’amica, più di ogni
altra persona, è partecipe alla preparazione di un matrimonio ancor prima che ci
sia un “lui” da sposare. È la confidente e
complice di un sogno che silenziosamente si comincia ad accarezzare in tenera età
e che, con tutte le sue metamorfosi, sfocerà in un giorno che tutte considerano indimenticabile.
Tutti i film della stagione
Partendo da questo è facile comprendere come l’amicizia fra Emma e Liv possa esser naufragata nella deliziosa commedia di Gary Winik chiamata non a caso
Bride Wars.
Le due ragazze, interpretate dalle frizzanti Anne Hathaway e Kate Hudson, desiderano dire “sì” all’uomo che amano nei
fastosi saloni del Plaza facendo l’una la
damigella dell’altra. Purtroppo, il destino
vuole che la data disponibile sia solo una.
Chi cederà il passo all’altra?.
Come da copione, Emma e Liv sono
così prese a distruggersi l’una con l’altra
da dimenticarsi tutto il resto. Inclusi i rispettivi partner relegati in un angoletto ad assistere allo spettacolo circense che viene
loro offerto.
Gary Winik, dopo aver tessuto La tela
di Carlotta, continua a parlare di amicizia
e questa volta lo fa usando i codici metropolitani di due giovani apprendista-sposine.
Gli scenari, infatti, non sono più quelli
dolci e pacati di una fattoria del midwest,
ma quelli schizofrenici di una New York
“che non dorme mai”. L’elemento fiabesco,
però, rimane inalterato e scandito da una
voce fuoricampo che narra le “zingarate”
prematrimoniali delle giovani protagoniste.
La Hathaway e la Hudson, rispettivamente, la remissiva maestrina e l’avvocatessa rampante, sono buffissime nelle loro
scenate tanto che si può perdonar loro
anche l’eccessiva mimica facciale e qualche urletto di troppo.
Dopotutto possono permettersi questa
leggerezza, visto che hanno già dimostrato, in particolare la Hathaway, di saper recitare in ruoli più robusti.
Per il resto, niente di nuovo, tutto rigorosamente simile agli altri pink movie
con cui le major stanno rimpinguendo la
programmazione cinematografica. Dialoghi brillanti, dunque, e comicità al femminile “cotta e mangiata”, o meglio “shakerata e bevuta”, destinata a un pubblico
esteso, ma selezionato che farebbe pazzie per Manolo. A proposito, pensate che
quest’ultimo sia un ballerino sudamericano? Allora decisamente questo film non
fa per voi.
Francesca Piano
LA VERITÀ È CHE NON GLI PIACI ABBASTANZA
(He’s Just Not That Into You)
Stati Uniti/Germania/Olanda, 2009
Regia: Ken Kwapis
Produzione: Nancy Juvonen per Flower Films/Internationale
Filmproduktion Blackswan/Sessions Payroll Management
Distribuzione: 01 Distribution
Prima: (Roma 20-3-2009; Milano 20-3-2009)
Soggetto: dal libro He’s Just Not That Into You: The No-Excuses
Truth to Understanding Guys di Greg Behrendt & Liz Tuccillo
Sceneggiatura: Abby Kohn, Marc Silverstein
Direttore della fotografia: John Bailey
Montaggio: Cara Silverman
Musiche: Cliff Eidelman
Scenografia: Gae S. Buckley
Costumi: Shay Cunliffe
Produttori esecutivi: Drew Barrymore, Michael Beugg, Toby
Emmerich, Michele Weiss
Co-produttori: Michael Disco, Gwenn Stroman
Casting: Justine Baddeley, Kim Davis
Aiuti regista: Stephen P. Dunn, Ken Twohy, Anderson Vilien,
Paul Byrne Prenderville, E. Langston Craig, Xanthus Valan
Operatori: David Golia, Matthew Moriarty
Operatore steadicam: Matthew Moriarty
Art director: Andrew Max Cahn
Arredatore: K. C. Fox
Trucco: Tina Roesler Kerwin, Jamie Leigh DeVilla, Jorjee Dou-
G
iGi non viene richiamata da Connor, ragazzo con cui è uscita diverse volte. In cerca di spiegazioni, va nel bar da lui frequentato e incontra
glas, Silvina Knight, Sandra Linn Koepper, Angela Levin, Kate
Shorter, Heba Thorisdottir
Acconciature: Bunny Parker, Germicka Barclay, Miia Kovero,
Anne Morgan, Rhonda O’Neal, Kim Urgel
Coordinatore effetti speciali: Larry Fioritto
Supervisore musiche: Danny Bramson
Supervisore costumi: Katie Saunders
Interpreti: Ben Affleck (Neil), Jennifer Aniston (Beth), Drew
Barrymore (Mary), Jennifer Connolly (Janine), Kevin Connolly (Connor), Bradley Cooper (Ben), Ginnifer Goodwin (GiGi),
Scarlett Johansson (Anna), Kris Kristofferson (Ken), Justin
Long (Alex), Wilson Cruz (Nathan), Leonardo Nam (Joshua),
Cory Hardrict (Tyrone), Corey Pearson (Jude), Rod Keller (Bruce), Morgan Lily (Bambina di 5 anni), Michelle Carmichael
(Mamma), Trenton Rogers (Bambino di 6 anni), Kristen Faye
Hunter (Ragazza che piange), Sabrina Revelle (Amica consolatrice), Chihiro Fujii (Ragazza di Tokyo #1), Sachiko Ishida
(Ragazza di Tokyo #2), Claudia DiMartino (Jogger), Carmen
Perez (Recluta dell’esercito #1), Traycee King (Recluta dell’esercito #2), Délé (Donna Africana #1), Eunice Nyarazdo
(Donna Africana #2), Anita Yombo (Donna Africana #3), Natasha Leggero (Amber), Anna Bugarin (Insegnante di Yoga)
Durata: 129’
Metri: 3385
un suo amico, Alex, che le spiega che lui
non è interessato a lei. Dopo la chiacchierata iniziale, i due diventano amici. Alex è
per la ragazza una sorta di maestro nel
5
farle scoprire il linguaggio maschile e non
viene più raggirata dagli uomini. Un giorno i due scoprono di amarsi e si mettono
insieme.
Film
Anna, un’aspirante cantante ha una
relazione con Ben, sposato con Janine. Un
giorno la loro tresca viene scoperta, ma la
moglie comprensiva lo perdona e cerca di
sedurlo nuovamente. Anna, che si trova suo
malgrado ad assistere alla scena, si arrabbia e lascia Ben. Tutto sembra tornato alla
normalità, ma Janine scopre che il marito
le aveva mentito sullo smettere di fumare e
chiede il divorzio.
Beth è fidanzata da sette anni con Neil,
ma non riesce a farsi sposare. All’ennesimo rifiuto di portarla all’altare, allora, lo
lascia. Passa del tempo e si accorge che la
sua vita sentimentale era sicuramente meglio di quella di tante coppie sposate, così
chiede a Neil di tornare insieme senza pensare più alle nozze. Lui, però, le fa una
sorpresa: le fa trovare un anello e le chiede di diventare sua moglie.
Connor, intanto, è riuscito a convincere Anna a mettersi con lui dopo la rottura
con Ben, ma, al momento di andare a vivere insieme, lei ci ripensa e parte per un
viaggio spirituale in India. Connor allora
si consola con Mary, la pubblicitaria che
lo aiuta a sponsorizzare la sua attività.
C
omplimenti ai geniacci che hanno montato il trailer! È raro trovare un promo pubblicitario così
Tutti i film della stagione
ingannevole, così lontano dalla realtà come
quello di La verità è che non gli piaci abbastanza.
Battute caustiche, dialoghi brillanti e
la firma degli sceneggiatori Behrendt e
Tuccillo avrebbero convinto anche i più
scettici a correre al cinema per godersi
due ore di spensierate risate sulle disgrazie amorose della generazione dell’happy hour.
Eppure, dopo dieci minuti dall’inizio
della pellicola, si intuisce il bluff.
Il film è di una lentezza micidiale. Le
battute, le trovate comiche sono solo quelle
presenti nel sopraccitato trailer. Il resto è
un continuo e inutile scorrere d’immagini,
di personaggi che si intrecciano e di cui
francamente si fa fatica a ricordare anche
solo i nomi.
E questo per ben oltre due ore!
Il leitmotiv che guida l’impresa è l’invito ai giovani con problemi sentimentali
a “scendere dal pero” e comprendere che
se non si è richiamati, sposati, amati è
perché dall’altra parte non c’è interesse.
Esorta a dire basta a quelle leggende
metropolitane che raccontano di una a
cui è successo di incontrare un ranocchio e trasformarlo in un principe, o a
quelle teorie sulla paura delle “donne
troppo in gamba”.
“Fantastico” verrebbe da pensare,
“qualcosa di nuovo all’orizzonte”, e invece no.
Questa “rivoluzione” d’intenti rispetto al
trend classico della commedia romantica
è sviluppata in maniera così maldestra da
risultare non solo poco originale, ma terribilmente vicina a ciò che si vuole evitare.
Sì, perché, La verità è che non gli piaci abbastanza, pur palesandosi come il
trionfo del cinismo non è altro che una commedia romantica, anzi una brutta commedia romantica, di quelle che non vedi l’ora
che finisca, di quelle che farebbero addormentare anche chi non si è perso una puntata di Friends.
Forse, la carne a cuocere, era un po’
troppa per il regista Ken Wapis che non
ha saputo valorizzare nemmeno un cast
all stars (Jennifer Aniston, Ben Affleck,
Scarlett Johansson, Drew Barrymore...),
che nel suo piccolo ce l’ha messa tutta per
far funzionare la commedia.
O forse, ormai, siamo stanchi dell’ennesima declinazione cinematografica della “singletudine”. Comunque, l’unica verità è questa: “questo film non ci piace abbastanza”. O meglio, non ci piace per
niente.
Francesca Piano
BALLARE PER UN SOGNO
(Make It Happen)
Stati Uniti, 2008
Regia: Darren Grant
Produzione: Brad Luff, Anthony Mosawi per The Mayhem
Project
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 3-4-2009; Milano 3-4-2009)
Soggetto: Duane Adler
Sceneggiatura: Nicole Avril, Duane Adler
Direttore della fotografia: David Claessen
Montaggio: Scott Richter
Musiche: Paul Haslinger
Scenografia: Ray Kluga
Produttori esecutivi: Robert Benjamin, Darren Grant, Andreas Rialas
Co-produttori: Duane Adler, Jennifer Rogers
Produttore associato: Erix Arocha
Direttore di produzione: Ellen Rutter
Casting: Kim Coleman, Jim Heber
Aiuti regista: Aiman A. Humaideh, Dianne Domaratzki, Martin Ellis
Operatore: Chris Hayes
Art director: Réjean Labrie
L
auryn è una ventenne che vive in
una piccola cittadina dell’Indiana con il fratello Joel. Ereditata
Arredatore: Stephen Arndt
Trucco: Sylvain Cournoyer, Nina Kvaternik
Supervisore costumi: Karen Kristalovich
Supervisore musiche: Dana Sano
Coreografie: Tracy Phillips
Canzoni/Musiche estratte: “Teach Me How to Dance”
(Che’Nelle); “Shawty Get Loose” (Lil Mama, Chris Brown); “Love
Ya” (Unkle Jam); “Bottoms Up” (Keke Palmer); “Beware of the
Dog” (Jamelia); “Push It” (Salt ‘n Pepa); “Just Dance” (Lady GaGa)
Interpreti: Mary Elizabeth Winstead (Lauryn), Tessa Thompson (Dana), Riley Smith (Russ), John Reardon (Joel), Julissa
Bermudez (Carmen), Ashley Roberts (Brooke), Karen LeBlanc
(Brenda), Matt Kippen (Wayne), Erik Fjelsted (Marty), Aaron
Merke (Clay), Gordon Tanner (David Lancer, coreografo), Kyle
Nobess (Charlie), Michael Xavier (Marcus), Sara Thompson
(Lauryn piccola), Tara Birtwhistle (madre di Lauryn), Dan Skene
(barista), Debbie Patterson (receptionist audizione), Sofia
Costantini (assistente coreografo), Terry Ray (tipo al compleanno), Alexandra Herzog (ragazza)
Durata: 90’
Metri: 2910
dalla madre la passione per la danza, la
ragazza dopo la prematura morte di entrambi i genitori, aveva dovuto mettere
6
da parte le sue aspirazioni per aiutare il
fratello come contabile nell’officina di
famiglia. Nonostante tutto, Lauryn tro-
Film
va il modo per allenarsi ogni giorno da
autodidatta, con un unico obiettivo: l’audizione presso la prestigiosa Scuola di
Danza di Chicago. Joel non appoggia
affatto la sorella, anzi la fa sentire in
colpa per gli obblighi verso i genitori
defunti.
Finalmente arriva l’atteso giorno
della prova di ammissione. La ragazza
esegue la coreografia senza sbagliare;
tuttavia la commissione non le lascia neanche terminare, non reputandola all’altezza e poco sensuale. Lauryn è distrutta, non vuole tornare a casa, anche per
non dover ammettere davanti al fratello
la sconfitta. Per caso conosce in un bar
Dana, una ragazza gentile e disponibile, anche lei ballerina con alle spalle lo
stesso insuccesso, che le offre di stare a
casa sua. Così fa credere a Joel di essere stata presa alla Scuola e di aver iniziato a frequentare i corsi. Dana le propone un lavoro come contabile al club
Ruby, un night club molto alla moda,
dove ogni sera c’è uno spettacolo. Insieme a lei altre due ragazze si esibiscono
in uno stile di danza chiamato “burlesque”, simile a una sfilata di alta moda,
ma coreografata con balli elaborati e
molto sexy e appariscenti. Ogni serata è
un successo, il pubblico è in delirio e fa
la fila per entrare. A curare la parte
musicale, ci pensa Russ, il deejay del
locale, che mixa i brani, pur covando
segretamente l’aspirazione di scrivere e
produrre la sua musica. Lauryn inizia a
fare con zelo il suo lavoro di contabilità,
ma dentro di sé sente crescere una forte
attrazione per il modo in cui Dana, Carmen e Brooke si muovono e sono orgogliose per ciò che fanno. Una notte, dopo
la chiusura del locale, Lauryn, pensando di essere sola, fa partire la musica e
sale sul palco, dando libero sfogo al suo
corpo. È completamente immersa nel suo
mondo, tanto da estraniarsi da ciò che
la circonda e non si accorge che Russ la
osserva in silenzio, rapito dalla sua bellezza e dalla fluidità dei suoi movimenti.
I due iniziano a frequentarsi e Russ fa
ascoltare a Lauryn un cd con della musica composta da lui e, nello stesso tempo, invita la ragazza a coltivare il suo
sogno. Una sera, Brooke, una delle ballerine, decide improvvisamente di lasciare il suo posto da Ruby. Brenda, la proprietaria del locale, è disperata; Russ
coglie l’occasione per proporre Lauryn
come valida sostituta. Inizialmente Lauryn s’infuria ma, dopo averci riflettuto,
Tutti i film della stagione
trova il coraggio di affrontare la situazione. La proprietaria è scettica, ma corre il rischio di farla provare. La ragazza
come previsto non delude le attese. Dopo
aver entusiasmato il pubblico con la sua
prima esibizione, Brenda le offre il posto di ballerina fissa. Un’iniezione di fiducia in se stessa che dà la forza a Lauryn per sperare di nuovo e mettersi alla
prova una seconda volta. Giusto in tempo per ripresentarsi alla seconda audizione della Scuola di Danza. Tutto sembra procedere per il verso giusto. Le serate che registrano il sold out e il rapporto con Russ che cresce di giorno in
giorno. Fino a quando, durante un’esibizione, Lauryn si trova davanti agli occhi il fratello Joel arrivato a Chicago per
farle una sorpresa. Appresa la verità,
Joel attacca duramente la sorella, attribuendole anche la responsabilità del fallimento dell’officina. La ragazza sconvolta dai sensi di colpa lascia tutto e tutti e torna nell’Indiana per cercare di aiutare il fratello a non chiudere l’attività.
Il giorno prima della prova, Joel vede la
sorella ballare e commosso dalla sua tenacia la costringe a partire subito per
Chicago. Lauryn arriva giusto in tempo
per esibirsi e lasciare senza fiato tutta
la commissione della Scuola. Questa volta non ci sono dubbi, finalmente ha realizzato il suo sogno.
D
allo stesso autore di Step up e
Save the last dance, ma una delusione rispetto ai precedenti,
Ballare per un sogno è l’ultima pellicola
di Darren Grant sul ballo. La prima considerazione che viene da fare è che di
sicuro il regista, esperto di videoclip, se
ne intenda di musica e danza. Peccato
che ne capisca così tanto che, avendo
esaurito le idee, le vada a prendere altrove.
Gli appassionati del genere infatti ricorderanno Le ragazze del Coyote Ugly
di David McNally, di sicuro non un capolavoro da iscrivere negli annali, ma con
qualche pregio da riconoscere. Ebbene,
Ballare per un sogno ne rappresenta più
o meno la fotocopia molto stinta. Senza
avere alle spalle una storia convincente
infatti il film, che fa acqua da tutte le parti ed è intriso di luoghi comuni, non può
che piacere soltanto ai teenager patiti
della categoria. Anche se, probabilmente, persino gli spettatori accaniti del programma Amici della De Filippi avranno
a che ridire. Per non parlare poi dei dia-
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loghi scontati e all’insegna della banalità. Passando alla coreografia, che dovrebbe essere uno dei punti forti del film,
non si rimane certo a bocca aperta. La
tipica ragazzotta provinciale che arriva
nella grande città alla ricerca del proprio
sogno, incontra il giovane cittadino carino di cui si innamora, mentre l’amica le
offre ospitalità e lavoro senza chiedere
nulla in cambio. A questo si aggiungano
drammi familiari più o meno risolvibili e,
per finire, il classico e prevedibilissimo
happy ending. Con il messaggio buonista che anche se tutto va a rotoli i sogni
restano, bisogna crederci e continuare a
perseguirli fortemente, senza darsi per
vinti alla prima sconfitta. Forse questo
l’unico pregio del film. Un’atmosfera
meno metropolitana e più intimista, che
guarda in maniera un po’ più approfondita all’animo della ragazza e alle sue
paure e si sofferma meno sulle luci e
sullo stile forzatamente glamour che hanno caratterizzato le produzioni precedenti. Perché tutto quello che Lauryn riuscirà a conquistare nella sua vita lo avrà
davvero meritato grazie alla fatica, alla
sveglia all’alba per gli allenamenti da autodidatta, al lavoro da contabile al fianco
del fratello, ai balletti improvvisati nel night club, incontrato per caso sul proprio
percorso. Una visione, quindi, meno semplicistica e forse più reale dello sforzo che
richiede, nella vita quotidiana, la coltivazione di un sogno e la faticosa corsa sulla
strada che porta alla sua realizzazione.
La colonna sonora, in particolare gli stacchetti all’interno del locale, non sono
malvagi; peccato per il provino finale,
dove ci aspetteremmo come minimo
un’esibizione alla Flashdance e invece
si rimane a bocca asciutta. Più che altro
la protagonista arriva all’audizione senza un pezzo preparato. A venirgli incontro il simpatico dj che dichiara di aver
composto un pezzo per lei. A questo punto, lo spettatore attento si ricorderà di
aver sentito durante il film un brano ancora inedito e non finito, che il ragazzo
fece ascoltare proprio a Lauryn. Dunque
ci si aspetterebbe che partisse quel brano durante l’audizione finale. E invece no,
parte Lady Gaga con “Just Dance”! La
curiosità del film è che Mary Elizabeth
Winstead, la giovane attrice protagonista, ha debuttato con Quentin Tarantino
in Grind House- A prova di morte in cui,
guarda caso, ballava anche lì.
Veronica Barteri
Film
Tutti i film della stagione
WATCHMEN
(Watchmen)
Stati Uniti, 2009
Supervisori effetti visivi: Lon Molnar (Intelligent Creatures), Bryan Hirota (CIS Hollywood), Dennis Jones, Peter G.
Travers
Coordinatori effetti visivi: Alicia Johnson, Tyler Kehl, Shandy Lashley, Michelle Ledesma, Ian McIntosh
Interpreti: Malin Akerman (Laurie Jupiter/Spettro di Seta II),
Billy Crudup (Dr. Manhattan/Jon Osterman), Matthew Goode
(Adrian Veidt/Ozymandias), Jackie Earle Haley (Walter Kovacs/
Rorschach), Jeffrey Dean Morgan (Edward Blake/Il comico),
Patrick Wilson (Dan Dreiberg/Gufo Notturno II), Carla Gugino
(Sally Jupiter/Spettro di Seta), Matt Frewer (Edgar Jacobi/Moloch), Stephen McHattie (Hollis Mason/Gufo Notturno), Laura
Mennell (Janey Slater), Rob LaBelle (Wally Weaver), Gary Houston (John McLaughlin), James M. Connor (Pat Buchanan),
Mary Ann Burger (Eleanor Clift), John Shaw (Doug Roth), Robert Wisden (Richard Nixon), Jerry Wasserman (detective Fine),
Don Thompson (detective Gallagher), Frank Novak (Henry Kissinger), Sean Allan (Generale Norad), Ron Fassler (Ted Koppel), Stephanie Belding (Janet Black), Nhi Do (ragazza vietnamita), Walter Addison (Lee Iacocca), Tony Ali, Alison Araya,
Katie Bennison (giornalista stranieri), Greg Armstrong-Morris
(Truman Capote), Tony Bardach (John con la madre di Rorschach), Carly Bentall (ragazza di Wally), Clint Carleton (Hollis
Mason giovane), Mike Carpenter (Moloch giovane), Frank Cassini (marito di Sally), Fulvio Cecere (agente Forbes), Carrie
Genzeol (Jackie Kennedy), Jaryd Haidrick (Jon giovane), J. R.
Killigrew (David Bowie), John Kobylka (Fidel Castro), Martin
Reiss (Breznev), Eli Snyder (Rorschack giovane), Brett Stimely
(John F. Kennedy), Steven Stojkovic (Mick Jagger), Greg Travis
(Andy Warhol) Chris Burns
Durata: 162’
Metri: 4350
Regia: Zack Snyder
Produzione: Lawrence Gordon, Lloyd Levin, Deborah Snyder
per Warner Bros. Pictures/Paramount Pictures/Legendary Pictures/Lawrence Gordon Productions/DC Comics
Distribuzione: Universal
Prima: (Roma 6-3-2009; Milano 6-3-2009) V.M.: 14
Soggetto: dal fumetto omonimo di Alan Moore e Dave Gibbons
Sceneggiatura: David Hayter, Alex Tse
Direttore della fotografia: Larry Fong
Montaggio: William Hoy
Musiche: Tyler Bates
Scenografia: Alex McDowell
Costumi: Michael Wilkinson
Produttori esecutivi: Herb Gains, Thomas Tull
Co-produttore: Wesley Coller
Direttore di produzione: Jim Rowe
Casting: Kristy Carlson
Aiuti regista: Martin Walters, Misha Bukowski, Eddy Santos,
Ashley Bell, Rhonda Taylor
Operatori: John Clothier, Trig Singer
Operatore steadicam: John Clothier
Supervisore art direction: François Audouy
Art directors: Helen Jarvis, James Steuart
Arredatore: Jim Erickson
Trucco: Rita Ciccozzi, Rosalina Da Silva, Emanuela Daus, Miles Teves
Acconciature: Anji Bemben
Effetti speciali trucco: Greg Cannom, Will Huff, Geoff Redknap, Steve Winsett
Supervisore trucco: Carrie LeGrand (Drac Studios)
Supervisore effetti speciali: Chris Hampton
Coordinatore effetti speciali: Joel Whist
N
ew York, 1985. In un appartamento di Manhattan viene brutalmente assassinato Il Comico, “vigilante mascherato” ormai messo al bando
– come altri suoi colleghi – dal decreto
Keene. Chi l’ha ucciso? E perché? Sull’omicidio inizia a indagare Rorschach, altro Watchmen convinto del fatto che qualcuno abbia deciso di sterminare i guardiani
“in pensione”, esseri umani che un tempo
indossavano una maschera per combattere il crimine e che oggi nascondono la propria identità.
In un mondo oscurato dalla paura e
regolato dalla paranoia, in bilico costante
sull’orlo della guerra nucleare e tenuto in
sospensione dall’arma finale, il Dr.
Manhattan, essere sovrumano dai poteri
illimitati, in grado di plasmare la materia
solo con il pensiero, il baratro di una “mezzanotte nucleare” sembra sempre più vicino. L’unico che ancora, silenziosamente e
nel buio, continua a esercitare il suo ruolo
da Watchmen, a sfidare il decreto Keene e
a dare la caccia alla feccia nei bassifondi
della città, è proprio Rorschach, deciso a
riunire la vecchia squadra per controbattere la minaccia portata da chi – ancora
ignoto e per un motivo ignoto – ha deciso
di eliminare i suoi vecchi “colleghi”. Tra
questi, l’unico ad aver svelato al mondo la
sua identità è stato Ozymandias, all’anagrafe Adrian Veidt, ora ricco imprenditore
e a capo di un impero commerciale. Gli
altri, Spettro di Seta II (figlia di Sally Jupiter) e Gufo Notturno II, eredi dei Miliziani (primo gruppo di eroi mascherati, di
cui faceva già parte anche Il Comico), conducono una vita normale e non hanno mai
rivelato ciò che sono stati. Messi in allerta, dapprima ritengono le parole di Rorschach frutto della sua celebre paranoia,
ma, poco a poco – spinti anche dalla voglia di ritornare ai precedenti fasti – decideranno di indossare nuovamente le vecchie uniformi. Nel frattempo, sempre più
distante da ciò che era prima (un fisico
nucleare, innamorato e umano), Dr.
Manhattan – dopo la fine della precedente
relazione, compagno di Spettro di Seta II
8
– scopre che alcune persone avute accanto nel corso della sua esistenza si sono
ammalate di cancro e per questo emigra
su Marte. Continuando a indagare, invece, Rorschach viene incastrato e portato
in galera, dove trova ad aspettarlo un gruppo di delinquenti mandati proprio da lui
in prigione anni prima. Lo liberano Spettro di Seta II e il Gufo Notturno II, ora compagni anche nella vita: portata poi su Marte dal Dr. Manhattan, Laurie (questo il suo
vero nome), comprende finalmente di essere la figlia del Comico, mentre Rorschach e Daniel (il Gufo), si introducono nella villa di Adrian in cerca di prove dopo
il tentato assassinio subito da quest’ultimo. Ma ogni prova conduce proprio al
loro ex-compagno, artefice di tutti gli avvenimenti accaduti fino a quel momento.
Decidono di affrontarlo, si dirigono quindi nella sua fortezza in Antartide ma non
riescono a evitare che il piano finale di
Veidt si compia: un’esplosione nucleare e
qualche milione di vittime, per salvare il
mondo da se stesso. Facendo comparire
Film
Tutti i film della stagione
un unico nemico comune, questa la teoria
di Veidt, il pianeta si sarebbe coalizzato e
le varie superpotenze, soprattutto USA e
URSS, avrebbero abbandonato le ostilità
per schierarsi insieme a difesa del mondo.
Giunti anche Laurie e il Dr. Manhattan, i
quattro testimoni di quanto accaduto rimangono disgustati, ma – a parte Rorschach – decidono di mantenere il silenzio per
evitare un altro olocausto nucleare. Incapace di scendere a compromessi, Rorschach fa per dirigersi verso l’astronave e svelare la verità, ma viene disintegrato da Dr.
Manhattan.
G
raphic novel tra i più celebri mai
realizzati, Watchmen di Alan
Moore (che, come consuetudine,
non ha consentito venisse usato il suo
nome per i credits) e Dave Gibbons arriva
sullo schermo al termine di una storia
molto travagliata (negli ultimi quindici anni
il progetto è passato per diversi studi, fino
alla 20th Century Fox per poi arrivare alla
Warner Bros.) grazie a Zack Snyder, autore - dopo il remake di L’alba dei morti viventi - anche del ben più modesto 300, tratto dalle tavole di Frank Miller.
Fedele nell’impianto, ma per forza di
cose ancora distante dall’enorme portata
dell’originale, Watchmen (il film) riesce a
ben rappresentare il senso di cupezza e
la valenza metaforica della miniserie a fumetti cui fa riferimento, uscita nel 1986 in
12 albi e ambientata in un contesto di realtà contemporanea ma, al tempo stesso,
alternativa (Richard Nixon è ancora presi-
dente degli Stati Uniti, che anni prima uscirono vittoriosi in Vietnam grazie all’impiego del Dr. Manhattan): pur soffrendo per
alcuni “marchi di fabbrica” riconducibili allo
“Snyder touch” (ralenti insistiti, movimenti
di macchina esteticamente accattivanti ma
abbastanza ridondanti, o pleonastici), il film
segue con devota dedizione le linee guida
del testo d’origine, puntando molto sulla
decostruzione dell’archetipo del supereroe
convenzionale, mettendo in luce gli aspetti umani, a volte insistendo sull’aberrazione degli stessi (in tal senso, le “maschere”
più riuscite sono proprio quelle del Comico e di Rorschach, solitario e violento, quasi sempre con il volto coperto e chiamato
così in virtù delle macchie dell’omonimo
test psicologico), amalgamando personaggi e racconto (intelligente, a tal proposito,
la scelta di fare affidamento a un cast di
attori non divi) e sfruttando notevolmente i
differenti piani di spazio e tempo dell’intera storia. Che in alcuni frangenti potrebbe
apparire ostica, ma era il rischio inevitabile da correre una volta deciso di ridurre
per lo schermo il lavoro di Moore e Gibbons, a oggi unico graphic novel inserito
nella lista dei “100 migliori romanzi in lingua inglese dal 1923”, stilata dal Time
Magazine.
Valerio Sammarco
IL RESPIRO DEL DIAVOLO
(Whisper)
Stati Uniti, 2007
Arredatore: Penny A. Chalmers
Effetti speciali trucco: Julie Beaton, Toby Lindala, Geoff
Redknap, Kyla-Rose Tremblay
Coordinatore effetti speciali: Jak Osmond
Supervisori effetti visivi: Mark Freund (Pacific Title)
Supervisore musiche:Randy Gerston
Interpreti: Josh Holloway (Max Truemont), Sarah Wayne Callies
(Roxanne), Blake Woodruff (David Sandborn), Michael Rooker
(Sydney Braverman), Joel Edgerton (Vince Delayo), John Kapelos (Whitley), Julian Christopher (signor Haper), Teryl Rothery
(Catherine Sandborn), Dulé Hill (detective Miles), Tara Wilson
(Chloe), Rod Boss (prestigiatore), Roman Sodermans (ragazzo
eccitato al party), Trevor Woodruff (ragazzo calmo al party), Brad
Sihvon (conducente del carro attrezzi), Claire Riley (conduttrice
del notiziario francese), Aidan Williamson (giocatore di Hockey),
Rekha Sharma (Mora), Cory Monteith, Brandy Kopp (teenagers),
Kevin MacKenzie (uomo misterioso), Cainan Wiebe (ragazzo al
ristorante), Mark McConchie (padre del ragazzo)
Durata: 95’
Metri: 2600
Regia: Stewart Hendler
Produzione: Paul Brooks, Walter Hamada, Damon Lee per Deacon Entertainment/Gold Circle Films/H2F Management
Distribuzione: Eagle Pictures
Prima: (Roma 23-1-2009; Milano 23-1-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Christopher Borrelli
Direttore della fotografia: Dean Cundey
Montaggio: Armen Minasian
Musiche: Jeff Rona
Scenografia: Michael Joy
Costumi: Maya Mani
Produttori esecutivi: Chris Fenton, Scott Niemeyer, Norm
Waitt
Produttore associato: Jonathan Shore
Co-produttori: Zak Kadison, Jeff Levine,
Direttore di produzione: Sherry Gorval
Casting: Eyde Belasco, Maureen Webb
Aiuti regista: Richard Coleman, Jason Furukawa, Bryant Marshall, Glenn Bottomley, Dan Miller
Art director: Paolo G. Venturi
9
Film
D
opo aver scontato un periodo in
prigione, Max Truemont cerca
di rifarsi una vita insieme alla
fidanzata Roxanne, con cui vorrebbe aprire una tavola calda. A causa dei suoi trascorsi criminali, però, nessuna banca sembra volergli prestare il denaro necessario
ad avviare l’attività. Così Max accetta di
partecipare a un rapimento, organizzato
dal vecchio amico Sidney. La vittima è
David, un bambino di dieci anni, rampollo della famiglia Sandborn, che viene portato nel Maine, in un capanno abbandonato dove, oltre a Max, Roxanne e Sidney,
si trova anche il loro complice Vince.
Fin dall’inizio, è però evidente come
David sia un ragazzo diverso dal solito:
scaltro e freddo nell’agire, il piccolo sembra infatti conoscere i pensieri e i trascorsi dei suoi carcerieri, al punto che la situazione si rovescia in poco tempo. David
diventa quindi il carnefice e i rapitori assumono i ruoli delle vittime, con un bodycount che viene scandito dai disegni che il
bambino imprime sulle pareti della stanza
dove è imprigionato.
Il primo a cadere è proprio Sidney, colpito da un infarto fulminante quando David dimostra di conoscere i segreti nascosti
nel suo passato; rimasti senza il loro leader, gli altri membri del gruppo cercano
ugualmente di portare a termine la loro
impresa con il beneplacito della persona che
ha organizzato il rapimento e che finora è
rimasta nascosta dietro lo pseudonimo di
“Jones”, delegando a loro il lavoro sporco.
Il tentativo di contattare i genitori del bambino per concordare il pagamento di un riscatto, però, si risolve in un nulla di fatto
quando David riesce a fare in modo che i
rapitori rivelino i loro nomi, costringendoli
così a troncare la comunicazione.
Subito dopo tocca a Vince, che David
elimina lasciandolo annegare in un lago
ghiacciato. Mentre gli eventi seguono inesorabilmente il loro corso, Roxanne inizia
a sviluppare un profondo legame con il
bambino, nel quale vede espresso il suo
desiderio di maternità mai realmente appagato e si rinchiude progressivamente in
questa ossessione, complice il fatto che
Max l’abbandona, dopo aver scoperto il
tradimento che la ragazza ha consumato
nei suoi confronti quando era in prigione.
Quindi tocca al Detective Miles, che
intende risolvere autonomamente il caso per
ottenere un successo personale che lo metta in buona luce rispetto ai superiori; raggiunge la baita e David riesce a fare in modo
che Roxanne lo elimini con una fucilata.
Infine Max riesce a incontrare direttamente Jones, che si scopre essere nientemeno che la madre di David! La donna,
infatti, consapevole della natura demoniaca che alberga nel bambino, cercava un
Tutti i film della stagione
pretesto per liberarsene e così ha messo in
piedi il suo piano. Ora vuole che tutto vada
fino in fondo e che David sia finalmente
eliminato. Così, tornato alla baita, Max
tenta di salvare Roxanne, ma, nel trambusto generale, finisce accidentalmente per
ucciderla. Fiaccato dal triste evolversi
degli eventi, l’uomo rischia ora di soccombere dinanzi al potere di David, che palesa la sua natura demoniaca presentandosi
come un cacciatore di anime che riesce,
sussurrando nelle orecchie, a piegare il
volere delle sue vittime, spingendole ad atti
di violenza contro se stessi o il prossimo.
Così intende fare anche con Max, che però
ha la sagacia di usare la sua pistola per
stordire il suo apparato uditivo, liberandosi in questo modo dall’influenza del
maligno. Il confronto definitivo avviene nel
bosco, dove Max riesce finalmente a eliminare il giovane carnefice.
Il finale vede un ristabilito ma provato
Max consegnare a un figurante vestito da
Babbo Natale i soldi ricevuti dalla madre
di David.
R
ealizzato nel 2007 e ambientato
in un cupo scenario che rievoca
le atmosfere dei racconti di Stephen King, Il respiro del diavolo è l’opera d’esordio del giovane Steward Hendler, che dimostra di conoscere i canoni fondanti del genere
fantastico e sa sfruttare i riferimenti a suo vantaggio, componendo una curiosa miscela di
thriller alla Ransom e di horror demoniaco,
con evidenti debiti dal classico Il presagio.
L’idea della mescolanza di generi non è
nuova nel fantasy contemporaneo (pensiamo
anche al bizzarro legal-horror di The Exorcism of Emily Rose) e sembra cercare il possibile punto d’incontro fra istanze divergenti,
che riescano a mettere d’accordo gli amanti
dell’horror tradizionale con gli spettatori attuali, che hanno con il genere un rapporto più
smaliziato e sono poco propensi ad accettare una discesa nell’immaginazione più sfrenata. Ne consegue che il rapporto, posto in
essere tra fantasia e realtà, è conflittuale e
impedisce al film di avere uno svolgimento
realmente innovativo: le scene orrorifiche, infatti, si adeguano a quanto già proposto dai
modelli più noti, con iconografie riciclate (i lupi
che proteggono e aiutano David) e una progressione priva di reali guizzi.
Nulla di nuovo, insomma, per un progetto di maniera, dai ritmi un po’ televisivi,
complice anche il cast che vede insieme
Josh Holloway (fra gli attori di Lost) e Sarah Wayne Callies (vista in Prison Break).
Gli appassionati potranno comunque trovare motivi d’interesse nella presenza carismatica di Michael Rooker, indimenticato interprete di Harry pioggia di sangue,
peraltro in una apparizione molto breve.
Su tutto svettano i giochi di luce che
vedono protagonista il grande Dean Cundey, storico direttore della fotografia dei
primi film di John Carpenter, che riesce in
questo modo a creare un’atmosfera a metà
strada fra l’onirico e il tattile, attraverso un
accorto lavoro di illuminazione degli spazi. A funzionare, in questo caso, è il contrasto che si instaura fra la componente
visionaria favorita dai poteri demoniaci di
David e la concretezza degli ambienti, dei
muri, della foresta e degli umanissimi problemi che affliggono i rapitori (difficoltà
economiche, desiderio di maternità, colpe
per le responsabilità nelle imprese andate
male). Ciò che non riesce a fare la storia,
insomma, tenta di realizzarlo il buon mestiere dei veterani del cinema.
Davide Di Giorgio
LEGAMI DI SANGUE
Italia, 2008
Regia: Paola Columba
Produzione: Fabio Segatori per Baby Films
Distribuzione: Baby Films
Prima: (Roma 27-3-2009; Milano 27-3-2009)
Soggetto: Paola Columba
Sceneggiatura: Paola Columba, Fabio Segatori
Direttore della fotografia: Gianni Mastrovito
Montaggio: Ugo De Rossi
Musiche: Haim Frank Ilfman, Eleonor Firman
Suono: Daniele Formillo
Interpreti: Giovanni Capalbo (Giovanni), Cristina Cellini (Luana), Andrea Dugoni
(Andrea), Arnoldo Foà (padre), Cristina Mantis (Rosy), Pino Rugiano (Peppe), Fulvio Cauteruccio (notaio), Alberto Cracco (padre Alberto), Vanessa Galipoli (dottoressa), Aldo Gioia (negoziante)
Durata: 92’
Metri: 2500
10
Film
G
iovanni, dopo quasi quattro anni
di carcere ritorna a casa, in campagna, dove niente è cambiato:
la miseria regna sovrana, il fratello Peppe
continua a fare il padrone e la sorella Luana la serva di casa. L’unico ad accoglierlo
con un sincero abbraccio è il quarto fratello della famiglia: Andrea, affetto da sindrome di down e da una grave malattia respiratoria. Giovanni vorrebbe la sua parte di
eredità a seguito della morte del padre, per
rifarsi una vita. Peppe non vuole; vorrebbe
invece, grazie all’aiuto dell’amico e notaio
Pietro, richiedere una sovvenzione alla comunità europea, per sanare la fattoria. Per
farlo ha bisogno delle firme di Luana e Andrea. Giovanni convince Andrea a non firmare nulla, promettendogli che quando avrà
i soldi lo porterà con sé in città. Giovanni,
reo di bancarotta fraudolenta, ritrova anche Rosy, suo vecchio amore, nonché sorella di Pietro. Dopo qualche titubanza, la
donna intreccia di nuovo la relazione con
Giovanni, confidandogli il suo passato milanese di prostituta. Intanto Luana, continua a occuparsi sia della casa che di Don
Alberto, che le chiede sempre di diventare
la sua perpetua; rifiuta pensando ad Andrea. Giovanni, nel mentre, scopre che il
padre lo ha tolto dal testamento. Peppe,
pur di raggiungere il suo scopo e sotto consiglio di Pietro, porta Andrea dalla nuova
dottoressa locale per farsi firmare le carte
per l’interdizione. Giovanni giunge in tempo. Ormai esausto, Peppe confida a Pietro
di meditare l’omicidio del fratello. Giovanni lo ascolta; la sera stessa, col fucile in
mano e Luana ed Andrea alle sue spalle,
attende Peppe. In seguito, dopo un forte
litigio, Peppe non lo uccide, ma anzi gli
getta i soldi in faccia. Giovanni, li prende
e, nonostante le lacrime di Luana e Andrea, decide di andarsene. Durante la notte, Luana va da Don Alberto, che memore
delle minacce di Peppe per lasciarla in
pace, la manda via; Luana riesce a strappargli un piccolo bacio. Il giorno dopo Giovanni tenta di convincere Rosy ad andarsene insieme: lei rifiuta. Ormai è troppo
tardi; Rosy continua infatti a prostituirsi e
drogarsi. Mentre si trova sul pullman, Giovanni riceve una telefonata di Luana: Andrea è morto, ucciso da Peppe. Tornato di
corsa a casa, tenta di uccidere il fratello,
nonostante la crudele rivelazione: Andrea
si è suicidato. Luana, per fermare Giovanni gli spara; Peppe lo finisce con un forcone da fieno. Infine lo seppelliscono.
Un anno dopo, Luana ha sempre lo
sguardo perso nel vuoto mentre ricorda di
quando erano bambini; Peppe sembra essere diventato premuroso come lo era un
tempo Luana.
Tutti i film della stagione
U
n racconto che parla di tensione,
attriti e rancori. Legami di sangue,
non è un film sull’affetto familiare. Tutti i componenti della famiglia qui rappresentata, sono costretti alla convivenza
per il legame di sangue, appunto, che li
lega e vincola l’uno all’altra.
Peppe, il padre padrone, ha bisogno dei
suoi fratelli per mandare avanti la fattoria e
per sentirsi potente, nonché sovrano della
sua stessa casa; Luana costretta a far da
schiava, non ha il coraggio di abbandonare
Andrea; Giovanni, il parassita, torna a casa
dopo la galera e arraffa quello che può;
Andrea, in apparenza l’unico ignaro, deve,
per necessità, dipendere dai suoi fratelli.
Tutti tentano la fuga dalla famiglia, ma
nessuno vi riesce. Come una maledizione
da sconfiggere, l’unico modo per liberarsene è la morte. Il primo a capirlo è proprio
Andrea. La macchia indelebile, che Luana e
Peppe si porteranno dentro dopo l’assassinio di Giuseppe, produce uno strano cambiamento; quasi sembrano prendere il posto degli altri fratelli: Luana di Andrea, con lo
sguardo perso nel vuoto e Peppe di Luana
stessa assumendo il carattere servizievole
e sottomesso della donna all’inizio del film.
Una bella sceneggiatura, con dialoghi
brevi e sinceri. Se non fosse per la colonna sonora, semplice ma efficace, sembrerebbe uno spaccato di vita reale. Ben realizzata la tensione fra i due fratelli, in spe-
cialmodo nella scena della prima cena
dopo il ritorno di Giovanni: poche parole,
solo sguardi che dicono molto più dello
scarno dialogo. Un’altra scena resa con
intensità è il modo in cui l’ex galeotto assapora la ritrovata libertà: gusta con estremo piacere una vera granita di caffè con
panna, che non mangiava da quasi quattro anni, davanti al suo adorato mare.
La campagna, una casa alla deriva,
sono il giusto sfondo che porta i vari personaggi a compiere, a turno, esasperati
gesti estremi.
Bravi tutti gli attori, dal grande Arnoldo
Foà (il padre), all’incisiva e commovente
prova dell’attore Andrea Dugoni interprete
di Andrea. Resa impeccabile anche di Giovanni Capalbo (Giovanni) e Pino Rugiano
(Peppe). Intensa Cristina Cellini (Luana),
vincitrice non a caso del Premio Flaiano.
Peccato per il finale: proprio qui, gli attori sembrano non crederci fino in fondo.
Molto buona quindi la prima prova della regista Paola Columba, che nei flashback
più recenti usa il bianco e nero; mentre i
ricordi di infanzia, ci vengono mostrati come
fossero vecchi filmini girati in famiglia.
Il film si è aggiudicato, meritatamente,
il Premio Flaiano come miglior opera prima e un’ottima accoglienza anche a Festival internazionali.
Elena Mandolini
TUTTA COLPA DI GIUDA
Italia, 2009
Regia: Davide Ferrario
Produzione: Davide Ferrario per Rossofuoco
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Prima: (Roma 10-4-2009; Milano 10-4-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Davide Ferrario
Direttore della fotografia: Dante Cecchin
Montaggio: Claudio Cormio
Musiche: Fabio Barovero
Scenografia: Francesca Bocca
Costumi: Paola Ronco
Produttore esecutivo: Ladis Zanini per FARGOfilm
Direttore di produzione: Federico Mazzola
Aiuto regista: Barbara Daniele
Suono: Vito Martinelli
Coreografie: Laura Mazza
Interpreti: Kasia Smutniak (Irena Mirkovic), Fabio Troiano (Libero Tarsitano), Gianluca
Gobbi (Don Iridio), Luciana Littizzetto (Suor Bonaria), Cristiano Godano (Cristiano),
Francesco Signa (Cecco), Paolo Ciarchi (zingaro), Linda Messerklinger (script girl),
Angela Vuolo (commessa), Christian Konabité (lavorante), Valentina Taricco (Pezzi), Kaas (cantante presidio), Ladis Zanini (funzionario PS), Dante Cecchin (organista), Compagnia “Gap” (danzatori a teatro), Marlene Kuntz (gruppo musicale), detenuti e personale del carcere di Torino (sezione VI, blocco A)
Durata: 102’
Metri: 2700
11
Film
T
orino, carcere di Le Vallette. Il
cappellano don Iridio invita una
giovane regista teatrale d’avanguardia serba, Irena Mirkovic, a realizzare un laboratorio (“qualcosa di salvifico”),
in una sezione del carcere che sviluppa
attività creative. Il rapporto iniziale con i
carcerati è faticoso: dopo brevi autoritratti
realizzati in digitale, Irene cerca di educarli all’uso della voce e del corpo, fa loro
recitare Shakespeare o Pascoli, ma non
trova una chiara linea estetica, indecisa
fra messe in scena accademiche o “sperimentali”. La sua vita privata è segnata da
un rapporto ormai logoro con il fidanzato,
a sua volta attore, freddo e distaccato. I
carcerati, ironici e disincantati, rifiutano
inizialmente i vari “esercizi”. Ma, durante l’ora d’”aria”, sono essi stessi che suggeriscono in modo spontaneo e informale
una performance musicale creata con percussioni e con l’armonica a bocca di uno
di loro, Cecco, già componente di un gruppo rock. Il gruppo finisce altrettanto spontaneamente per improvvisare movimenti
coreografici cui partecipa la stessa Irene.
Il direttore del carcere, Libero, scettico e
ironico, pur apprezzando il suo lavoro, la
invita a “non far sentire troppo vivi” i carcerati. Anche suor Bonaria, che cerca di
far opera di proselitismo, guarda agli sforzi
di Irene con scetticismo.
Don Iridio propone di mettere in scena
una “Passione” che sottolinei l’aspetto
umano di Cristo.
Dopo un iniziale rifiuto, Irene si butta
nel progetto e cerca diverse soluzioni stilistiche, da quelle tradizionali popolarescoieratiche a quelle più colte, di stampo “pasoliniano”. Legge i Vangeli e viene colpita
dalla parabola del fico, destinato a rinsec-
Tutti i film della stagione
chire perché non aveva prodotto frutti e
quindi maledetto da Cristo. Discute, poi,
con il prete sulla presunta natura di giudice inflessibile di Gesù. Ottenuta la fiducia
dai carcerati Irene li invita a scegliersi il
ruolo, ma nessuno accetta di recitare nella parte di Giuda, simbolo ai loro occhi
dell’”infame”, del delatore, colpevole della morte di Cristo e quindi dei mali dell’umanità. Irene approfondisce l’amicizia
con il direttore del carcere e, dopo aver
lasciato il fidanzato, si installa nel suo
appartamento. Discute con i carcerati sul
senso della Passione: alcuni di loro affermano pessimisticamente che il sacrificio e
l’espiazione non servono a salvare il mondo, “il mondo non lo salva nemmeno il
Padreterno”. “Facciamo che Gesù il processo non lo fa e esce di prigione per scadenza termini”, dice ironicamente un altro. Il fisarmonicista del gruppo canta poi
il refrain della rappresentazione, in cui
contesta la condanna dell’umanità “per
colpa di Giuda”, l’inutilità del carcere e
l’assurdità di dividere l’umanità in “buoni” e “cattivi”. Anche il direttore, durante
una visita alla galleria Sabauda, critica la
visione pessimistica della vicenda umana
e invita Irene al sorriso e all’ottimismo.
Dopo una manifestazione di centri sociali
davanti al carcere, che si conclude con un
concerto rock e il lancio dei fuochi d’artificio per la notte di san Giovanni, Irene
finisce a letto col direttore. Ma subisce
anche le attenzioni di un carcerato, che
viene poi picchiato dai compagni. La stessa Suor Bonaria critica il lavoro di Irene
attribuendo l’interesse dei carcerati all’attrazione sessuale per lei. Irene si sfoga con
don Iridio affermando che, chiuso nel suo
mondo perfetto, “a Dio non gliene frega
12
nulla” del mondo. Infatti, dopo la Resurrezione, lui torna in cielo, “mentre noi rimaniamo qui…” Supera tuttavia tutti i
dubbi trovando in una sorta di gioioso
“ballo di accoglienza”, inventato dai carcerati, la chiave simbolica della rappresentazione sacra. Essa sarà senza croce,
senza dolore, rappresenterà un mondo felice in cui anche Cristo sarà liberato, in
un’aula bunker di tribunale. Per la figura
di Cristo viene scelto Beppe, l’unico ergastolano, che scendendo dalla croce canta
un testo dedicato alla libertà e all’amore
da condividere con altri esseri umani. Ma
don Iridio, dopo un’aspra discussione con
Irene, proibisce lo spettacolo. A complicare le cose, i carcerati scoprono la relazione di Irene con il direttore e si rifiutano di
partecipare alla messa in scena. Convinta
dal direttore che ora vuole che lo spettacolo abbia luogo, Irene rinuncia al rapporto con lui per ottenere la partecipazione dei carcerati. Ma proprio nell’imminenza dello spettacolo arriva la notizia dell’indulto che manda tutti liberi. Tuttavia, i
carcerati-attori si accomiatano da Irene in
una sorta di “ultima cena” durante la quale Beppe, l’ ergastolano che interpreta
Cristo canta una canzone malinconica
d’addio. Irene si ritrova con il direttore,
nel carcere tristemente vuoto. Finita la finzione i carcerati si rivedono su un monitor, fra lazzi e ironie reciproche.
“E
della Croce, che vogliamo
fare?”, è l’ultima battuta problematica del film, sulla scena ormai vuota dei carcerati che ritornano nelle
loro celle. Il film pone domande, come dice
all’inizio don Iridio: “la fede non nasce dalla luce, ma da mille dubbi”.
Tutto il film esprime il tentativo di trovare il corrispondente nei codici narrativi
e rappresentativi alla domande teologiche
e umane che coraggiosamente l’autore si
pone. Ferrario sceglie il metodo dell’assemblaggio e della contrapposizione fra
generi, come se si mescolassero dolce e
amaro, sacro e profano. Metodo evidentemente colmo di insidie, il kitsch sta continuamente dietro l’angolo, la farsa viene
sfiorata, ma mai raggiunta. Denuncia sociale, storia d’amore, Vangelo e condizione umana affrontate con il taglio del documentario antropologico, la commedia di
costume e il dramma sentimentale e, soprattutto, le canzoni che interrompono e
commentano brechtianamente l’azione,
l’alternanza fra realismo e fantasia (godibili i riferimenti - sognati da Irene - al cattivo gusto di certe “Passioni” del cinema di
genere). Paradossale, eppure funzionale
allo scopo, l’addio di Gesù ai discepoli
Film
nell’Ultima Cena per mezzo di una canzone “napoletana” simil-Fierro, che celebra
malinconicamente un amore finito. Riuscito soprattutto il rapporto fra la recitazione
di finzione della Smutniak, sufficientemente mobile e spontanea, del nevrotico Fabio Troiano e degli autoironici Gianluca
Gobbi e Luciana Littizzetto e quella impacciata e però terribilmente “vera” e consapevole dei carcerati coinvolti nell’impresa.
Molte le battute significative del dialogo che danno spessore e distanza ironica
alla riflessione. In uno dei “ritratti” iniziali,
un carcerato risponde alla domanda “Sei
Tutti i film della stagione
innocente?””Sì, abbastanza”. Un altro afferma che la sua colpa sociale è quella
della “sfiga”. Il direttore del carcere critica
l’istituzione come il frutto di un equivoco:
“il carcere serve per tirare una linea, separare la monnezza dal resto e metterla
sotto un tappeto. Il problema non è la monnezza, ma il tappeto”.
Secondo Irene, a partire, dal sacrificio
di Isacco, Dio certe volte “ci ripensa” ed evita
il sacrificio. “Misericordia, non sacrificio” ricorda ancora Irene, citando l’evangelista
Matteo. Replica il sacerdote che, se non ci
fosse il mistero cristologico, basterebbe vi-
vere da uomini per salvarsi, mentre per il
cristiano la salvezza deriva dalla Fede e
dalla morte in Croce di Cristo, capro espiatorio e Salvatore, secondo l’interpretazione e il magistero della Chiesa. Questo il dilemma centrale del film, su cui ciascuno di
noi è chiamato a interrogarsi. Ma forse la
risposta sta nell’immagine più emozionante del film, quella in cui il Cristo-ergastolano si slancia dalla Croce abbandonandosi
all’abbraccio dei compagni che gli evitano
la caduta al suolo e la solitudine.
Flavio Vergerio
THE SPIRIT
(The Spirit)
Stati Uniti, 2008
Coordinatore effetti speciali: Donald Frazee
Supervisori effetti visivi: John Grower (Cinesoup), Brian
Harding (Entity FX), Charlie Iturriaga (Ollin Studio), David Jones (Riot), Dave Morley (FUEL International), Thomas Proctor
(Rising Sun Pictures), Mat Beck, Kevin Lingenfelser, Stuart T.
Maschwitz, Richard McBride
Coordinatori effetti visivi: Dustin Foster, Danny Huerta,
Armando Kirwin, Krista Maryanski, Jonathan O’Brien, Jenny
Basen, Cyntia Navarro (Ollin Studio)
Supervisori musiche: Jay Faires, Daniel Hubbert
Supervisori costumi: Richard Schoen, Lynda Foote
Coreografie: JoAnn Fregalette Jansen
Interpreti: Gabriel Macht (The Spirit/Denny Colt), Eva Mendes (Sand Saref), Sarah Paulson (Ellen Dolan), Dan Lauria
(Dolan), Paz Vega (‘Plaster of Paris’), Eric Balfour (Mahmoud),
Jaime King (Lorelei Rox), Scarlett Johansson (Silken Floss),
Samuel L. Jackson (Octopus), Louis Lombardi (Phobos), Stana Katic (Morgenstern), Richard Portnow (Donenfeld), Meeghan Holaway (reporter), Johnny Simmons (Denny Colt ragazzo), Seychelle Gabriel (Sand ragazza), Dan Gerrity (detective Sussman), Arthur the Cat (se stesso), Kimberly Cox
(signorina in difficoltà), Brian Lucero, David B. Martin (delinquenti), Larry Reinhardt-Meyer (agente MacReady), Frank
Miller (Liebowitz), Daniel Hubbert (medico), Michael Milhoan
(zio Pete), John Cade (mafioso), David Wiegand (agente Saref), Chad Brummett (reporter), Mark Delgallo (Seth), Aaron
Toney (ladro di borsette), Al Goto (giocatore di Poker), Roman Tissera (portiere)
Durata: 103’
Metri: 2650
Regia: Frank Miller
Produzione: Deborah Del Prete, Gigi Pritzker, Michael E. Uslan
per lionsgate/Odd Lot Entertainment/Continental Entertainment Group (CEG)/Media Magik Entertainment
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Prima: (Roma 25-12-2009; Milano 25-12-2009
Soggetto: dalla serie a fumetti di Will Eisner
Sceneggiatura: Frank Miller
Direttore della fotografia: Bill Pope
Montaggio: Gregory Nussbaum
Musiche: David Newman
Scenografia: Rosario Provenza
Costumi: Michael Dennison
Produttori esecutivi: Michael Burns, Bill Lischak, Steven Maier, Benjamin Melniker
Produttore associato: Marc Sadeghi
Co-produttori: F. J. DeSanto, Linda McDonough
Direttore di produzione: Alton Walpole
Casting: Deborah Aquila, Jennifer L. Smith, Mary Tricia Wood
Aiuti regista: Benita Allen, Dennis Crow, Brad Arnold, Frederic Roth, Marcia Woske
Operatore steadicam: Gregory Lundsgaard
Art director: Rosario Provenza
Arredatore: Gabrielle Petrissans
Trucco: Isabel Harkins, Allan A. Apone, Elaine L. Offers, Heba
Thorisdottir
Acconciature: Camille Friend, Barbara Olvera, Robert L. Stevenson
Effetti speciali trucco: Alan Tuskes
Supervisore trucco: Meliane Tooker
D
enny Colt è un poliziotto che, tornato dalla morte, è noto come The
Spirit e vigila sulla sua amata
città Central City, difendendola da ladri,
criminali comuni, e dalla sua nemesi, Octopus, ossessionato da Spirit poichè in qualche modo uguali. A complicare il tutto, arriva la femme fatale Sand Saref, con il chiodo fisso dall’oro e di qualsiasi cosa luccichi. La splendida ladra ha un tragico passato: amata da Colt/Spirit durante l’adolescenza, lascia la città dopo che suo pa-
dre viene ucciso da un mafioso durante una
colluttazione, il quale gli spara con la pistola dello zio di Denny che cerca di aiutarlo, ma vedendolo morto si suicida.
Sand scopre due casse nascoste in uno
stagno e prova ad appropriarsene, ma l’intervento di Octopus la mette in fuga con
una sola cassa. Entrambi sono in possesso di quella sbagliata: Octopus vuole entrare in possesso del mistico sangue di
Eracle, in grado di donare l’immortalità,
che è nella cassa di Sand, la quale invece
13
vuole il contenuto della cassa di Octopus:
il tesoro degli Argonauti.
Spirit, eroe e spudorato donnaiolo (alla
storia con Sand si alternano i flirt con la figlia del detective Dolan e qualche altra tresca fugace), ossessionato dall’angelo della
morte Lorelei che attende di prenderlo con
sé, si troverà a dover affrontare la sua vecchia fiamma e la follia dilagante di Octopus,
coadiuvato dalla temibile Silken Floss, vero
responsabile del ritorno in vita di Spirit grazie ai suoi esperimenti, che con la fiamma di
Film
Eracle potrebbero portare il mad doctor alla
conquista dell’immortalità.
I
nutile indugiare più di tanto sull’esile trama di The Spirit, deludente approdo solista di Frank Miller in cabina di regia, forte del successo di pubblico
toccato a Sin City che aveva co-diretto
assieme a Rodriguez. Ma questa volta, il
graphic novelist più innovativo degli ultimi
40 anni (evidentemente incoraggiato, più
che dalla precedente regia a quattro mani,
dal successo planetario di 300 di Snyder)
non traspone una sua serie, bensì un eroe,
Spirit, che dal 1940 al 1952 ha contraddistinto la produzione di un grande del fumetto mondiale quale Will Eisner. Ovviamente riproponendo in chiave pressoché
inalterata la fotografia monocromatica e
antinaturalistica del film precedente, che
poco altro conteneva in termini di novità.
E questo The Spirit non fa purtroppo eccezione: se cura e ricercatezza maniacale
sono riservati alla sperimentazione sui
colori fino a un’astrazione quasi totale di
Tutti i film della stagione
sfondi e contesti, la bidimensionalità dell’intera operazione rivela, una volta per
tutte, la totale inadeguatezza di simili progetti allo schermo cinematografico, cui
un’atmosfera costantemente tetra non può
bastare per far emergere lo spessore dei
personaggi (a differenza delle tavole, in cui
la descrizione del paesaggio sottolinea in
modo definitivo psicologie e registro narrativo). Passi per Spirit, smitizzato nella
descrizione di un corpo vuoto e agente
solo in base al puro istinto (carnale o, in
senso lato, etico), ma gli altri personaggi
sono poco meno che macchiette lasciate
libere di sfogarsi in smorfie e tirate stucchevoli in barba a ogni idea di ritmo, dialoghi e regia: su tutte, la ridicola pantomima
pseudonazista inscenata da Jackson e da
una Scarlett Johansson che per l’ennesima volta si rivela inadeguata allo status di
diva frettolosamente affibbiatale dalla moderna critica modaiola in cerca di bei volti
da mettere sulla graticola. Dopo Sin City,
la violenza viene annacquata ed edulcorata da un umorismo onnipresente e di ma-
niera, che impedisce allo spettatore di empatizzare il (presunto) dramma interiore di
Spirit, o di comprendere il legame verso la
sua città, una Central City dove se sei fortunato prima o poi finisci ammazzato (perché non andarsene via con l’amata Sand
Saref a suo tempo, vien da chiedersi?).
Tutto, in The Spirit, cerca di giustificarsi in nome del rimando alle tavole illustrate, della citazione cinefila (Per un pugno
di dollari, accipicchia), dell’ammiccamento estetico; ma vedere Gabriel Macht, nelle scene iniziali, imitare l’eroe delle vignette
contorcendosi in varie pose come un divo
espressionista in preda alla gastrite, dovrebbe dare immediatamente idea al pubblico dello scatolone vuoto che di lì in poi,
per 108 lunghi minuti, saranno chiamati a
sorbirsi.
Le mode, si sa, battono il ferro finchè
è caldo. Ora che quella della graphic novel è arrivata al cinema, non resta che
augurarsi un rapido cambio di gusti.
Gianluigi Ceccarelli
I LOVE SHOPPING
(Confessions of a Shopaholic)
Stati Uniti, 2009
Coordinatore effetti speciali: Jeremy S. Brock
Supervisori effetti visivi: John Knoll, Marc Varisco
Supervisore musiche: Kathy Nelson
Supervisore costumi: Marcia Patten
Supervisore musiche: Kathy Nelson
Coreografie: Fatima Robinson
Interpreti: Isla Fisher (Rebecca Bloomwood), Hugh Dancy
(Luke Brandon), Krysten Ritter (Suze), Joan Cusack (Jane
Bloomwood), John Goodman (Graham Bloomwood), John
Lithgow (Edgar West), Kristin Scott Thyomas (Alette Naylor),
Fred Armisen (Ryan Koening), Leslie Bibb (Alicia Billington),
Lynn Redgrave (donna ubriuaca), Robert Stanton (Derek
Smeath), Julie Hagerty (Hayley), Nick Cornish (Tarquin), Wendie Malick (Miss Korch), Clea Lewis (Miss Ptaszinski), Stephen Guarino (Allon), Tuomans Hiltunen (Jan Virtanen), Yoshiro Kono (Ryuichi), John Salley (D. Freak), Lennon Parham
(Joyce), Christine Ebersole (conduttrice televisiva), Michael
Panes (Russell), Kaitlin Hopkins (organizzatrice di eventi),
Katherine Sigismund (Claire), Alexandra Balahoutis (manager di Prada), Elisabeth Riley (cliente del negozio di Prada),
Madeleine Rockwitz (Rebecca a otto anni), Tommy Davis (collega di Jan), Andy Serwer (Mr. Lewis), Kelli Barrett (ragazza
in nero)
Durata: 104’
Metri: 2715
Regia: P. J. Hogan
Produzione: Jerry Bruckheimer per Touchstore Pictures/Jerry
Bruckheimer Films
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures
Prima: (Roma 27-2-2009; Milano 27-2-2009)
Soggetto: dai romanzi Confessions of a Shopaholic e Shopaholic Takes Manhattan di Sophie Kinsella
Sceneggiatura: Tracey Jackson, Tim Firth, Kayla Alpert
Direttore della fotografia: Jo Willems
Montaggio: William Goldenberg
Musiche: James Newton Howard
Scenografia: Kristi Zea
Costumi: Patricia Filed
Produttori esecutivi: Roland M. Bozman, Chad Oman, Mike
Stenson
Direttore di produzione: Harvey Waldman
Casting: Denise Chamian, Julie Shubert
Aiuti regista: H. H. Cooper, Peter Thorell, Matthew Mason,
Nate Grubb
Operatore steadicam: David J. Thompson
Art directors: Paul D. Kelly, Rosa Palomo
Arredatore: Alyssa Winter
Trucco: Sandra Linn Koepper, Souraya Hamdi, Pamela May,
Amanda Miller, Elaine L. Offers
Acconciature: Pamela May, Amanda Miller
N
ew York, Rebecca Bloomwood è
una giovane che ama in modo
maniacale lo shopping, fermamente convinta del potere terapeutico degli acquisti. Lavora in una piccolo giornale, ma il suo sogno più grande è scrive-
re per la prestigiosa rivista diretta dalla
guru della moda Alette Naylor. Dopo aver
ottenuto un colloquio di lavoro presso la
rivista, Becky non riesce a resistere alla
tentazione dello shopping, acquistando una
costosa sciarpa nonostante abbia già un
14
cospicuo debito con le sue carte di credito. Arrivata in ritardo al colloquio, la giovane resta delusa nell’apprendere che il
posto è già stato assegnato alla bellissima
Alicia Billington. Becky viene a sapere che
nello stesso gruppo editoriale si stanno
Film
svolgendo selezioni per la rivista “Successful Saving” (“Far fortuna risparmiando”). La ragazza affronta un colloquio con
il giovane direttore della testata, Luke
Brandon, rimediando solo gaffes. Dopo
aver saputo che il suo giornale sta chiudendo e sempre più piena di debiti, la ragazza si sfoga con l’amica Suze che le consiglia di scrivere un articolo per far colpo
su Alette. Becky ne scrive due: uno per Alette e uno per “Far fortuna risparmiando”.
Pochi giorni dopo, Luke Brandon la convoca per un nuovo colloquio. La ragazza
si accorge di aver scambiato le buste mandando a Luke l’articolo destinato ad Alette. L’ironia vuole che Becky venga assunta a “Far fortuna risparmiando”. In crisi
già al primo articolo, la ragazza si limita
a scopiazzare. Luke la porta a una conferenza cercando di istruirla e le chiede un
articolo pronto in poche ore. Mentre sta
tornando al lavoro, Becky viene distratta
dalla pubblicità di una svendita e cade di
nuovo in tentazione. A casa, osservando il
cappotto appena acquistato, si accorge di
aver preso una bufala da cui prende spunto per scrivere un articolo sulla capacità
di risparmiare. Il giorno dopo, colpito dal
pezzo, Luke le propone di firmarlo con uno
pseudonimo: “la ragazza dalla sciarpa
verde”. Ma i guai non sono finiti per la
giovane redattrice che è perseguitata da
Derek Smeath, un impiegato dell’ufficio
recupero crediti. Pedinata fin nel suo ufficio, Becky racconta a Luke che quell’uomo è un suo ex fidanzato che la perseguita
fingendo di essere un impiegato del recupero crediti. Poco dopo, Luke invita la ragazza a Miami per una convention. In Florida, il giovane le confessa di essere l’erede di un grande patrimonio di famiglia, ma
di aver scelto di avere successo a modo
suo. Tornata a casa, Becky si iscrive alle
riunioni dei “compratori compulsivi”. Ma
già dopo la prima seduta, le si risveglia
l’appetito dello shopping. Il giorno dopo,
Alette porta Becky a scegliere l’abito con
cui apparirà in uno show televisivo. Subito dopo, la ragazza va a ritirare il vestito
con cui farà da damigella a Suze. Per non
entrare alla seduta con le buste dello shopping, Becky chiede a una donna di nasconderle nella propria auto. Ma la donna è la
nuova psicologa del gruppo che, subito
dopo, costringe Becky a impegnare i nuovi vestiti. Becky va allo show televisivo con
Luke, ma Derek Smeath, tra il pubblico, la
smaschera davanti a tutti rivelando tutte
le bugie che ha raccontato per sfuggire ai
suoi debiti. Convinto di essere stato usato,
Luke se ne va deluso. Anche Suze, scoperto che Becky ha impegnato l’abito da damigella, tronca con l’amica. Intanto Alet-
Tutti i film della stagione
te offre a Becky una rubrica nella sua rivista, ma la ragazza rifiuta. Becky mette in
atto il suo piano e bandisce un’asta di tutti
i suoi abiti, compresa la sua sciarpa portafortuna. Con il ricavato, Becky salda i
suoi debiti. Poco dopo, la ragazza va al
matrimonio di Suze che la perdona. Becky
cammina felice ormai capace di resistere
alle tentazioni delle vetrine, quando le si
para davanti Luke con la sua sciarpa verde. Becky è una ragazza nuova: cura una
rubrica per il nuovo giornale di Luke e ha
una relazione con lui invece che con la
carta di credito.
L
a ‘crisi dei debiti’ impazza ormai
in tutto il mondo. Ciò che colpisce di più è la notizia che negli
ultimi tempi sia cresciuto in maniera esponenziale il numero dei cosiddetti “giovani
a credito”, ragazzi che collezionano carte
di credito e che finiscono per rivolgersi alle
banche per chiedere prestiti con cui far
fronte ai pagamenti arretrati delle loro carte. Dalle stime di tanti mediatori di debiti
(una figura dalle quotazioni in rialzo, manco a dirlo), i giovani sembrano sempre di
più prendere a prestito più denaro di quanto possano permettersi. Un vero esercito
che continua a ingrossare le proprie file
insomma, quello dei “debitori a vita”. Un
costume pericolosissimo che potrà avere
ulteriori effetti catastrofici sul già provato
sistema bancario. Proprio a questa nuova
categoria di “giovani a credito” appartiene
l’eroina del film, prigioniera della sua “bolla del debito”.
“Shopping and the City” (si perché i
produttori hanno ritenuto opportuno spostare l’ambientazione del romanzo da cui
è tratto il film da Londra a New York, capi-
15
tale mondiale della moda): potremmo ribattezzare così la vita frenetica e sempre
sull’orlo del totale collasso finanziario di
Rebecca Bloomwood. Rebecca è una giovane donna erede delle due celebri ‘icone’
modaiole del grande schermo: un po’ versione professionalmente ‘sfigata’ della brillante giornalista e scrittrice Carrie Bradshaw di Sex and the City e un po’ versione più scafata della timida apprendista
neolaureata Andy Sachs di Il diavolo veste Prada. Se è vero che la nostra Becky
con la prima ha in comune la mania dello
shopping e una rubrica che scrive prendendo spunto dalle sue esperienze di vita
e con la seconda il sogno di scrivere per
una prestigiosa rivista di moda, a onor del
vero l’attrice Isla Fisher, chiamata a vestire i panni della ‘fashionista’ dalla fulva chioma Becky Bloomwood, non ha né lo charme frizzante dell’”icona” mondiale SarahJessica Parker né quel fascino misto a timidezza della lanciatissima Anne Hathaway.
Il best-seller “I Love Shopping” di
Sophie Kinsella che, dato il successo del
libro di esordio, ha sfornato ben quattro
sequel dallo stesso sapore (“I Love Shopping a New York”, “I Love Shopping in bianco”, “I Love Shopping con mia sorella”, “I
love shopping per il baby”), ha offerto lo
spunto per questa operazione commerciale che è soprattutto una vetrina per celebri
marchi del lusso (la stessa scrittrice ha
accettato di essere co-produttrice, tanto
per incrementare ancora di più i suoi guadagni). Ma la commedia ha poco di ironico e poco di romantico ( fin dal primo incontro della protagonista con l’affascinante ‘lui’ si capisce subito come va a finire),
sfociando in una farsa dai toni troppo sgua-
Film
iati e certamente molto meno frizzante dei
suoi stretti parenti modaiol-cinematografici. La nostra ‘shopaholic’ è spesso descritta con atteggiamento indulgente, è sempre nei guai per via del suo impulso irrefrenabile ad acquistare, ma è molto affascinante e perennemente ottimista. Sta per
essere colpita da uno ‘tsunami’ di debiti che
ha accumulato, ma poi si salva miracolosamente e l’unica vera ‘onda anomala’ che
la colpisce è quella dei suoi abiti compressi
a dovere in sacchi sottovuoto che finiscono per esplodere spalancando le ante del
suo armadio e trasformandosi in un’arma
quasi letale. Tante sono le occasioni perdute del film: in primis, si sarebbe potuto
Tutti i film della stagione
sfruttare meglio il paradosso che si trova
a vivere una ragazza shopping-dipendente costretta a scrivere per un giornale che
dispensa saggi consigli sulla parsimonia.
Un’operazione molto furba (ripagata in
termini di incassi al botteghino, com’era
ovvio aspettarsi) capitanata dal ‘re mida’
dei produttori Jerry Bruckheimer (artefice
dei più rutilanti blockbuster degli ultimi anni)
che ha affidato la regia all’australiano trapiantato negli Stati Uniti P.J. Hogan (di cui
ricordiamo un successo su tutti, Il matrimonio del mio migliore amico). E se la protagonista condisce la sua interpretazione
soprattutto di gridolini e mossette degne
di un cartoon, nei ruoli di contorno non
possiamo non notare un triade di comprimari di lusso: Kristin Scott Thomas nei
panni di una specie di versione ammorbidita e ‘made in France’ della severa direttrice di una rivista di moda Meryl Streep di
Il diavolo veste Prada, Joan Cusack e John
Goodman nei panni dei parsimoniosissimi genitori dell’eroina spendacciona. Loro
si che di stoffa ne hanno. Per il resto il film
è evanescente come un abito di chiffon e
lo scivolone nella macchietta è sempre dietro l’angolo: d’altronde quando si barcolla
su altissime decolleté griffate Manolo Blahnik o Jimmy Choo il rischio va calcolato.
Elena Bartoni
THE INTERNATIONAL
Stati Uniti/Germania/Gran Bretagna, 2009
Regia: Tom Tykwer
Produzione: Lloyd Phillips, Charles Roven, Richard Suckle per
Relativity Media/Atlas Entertainment/Mosaic Media Group/Papillon Productions/Rose Line Productions/Siebte Babelsberg
Film/Studio Babelsberg/X-Filme Creative Pool
Distribuzione: Sony Pictures Realising Italia
Prima: (Roma 20-3-2009; Milano 20-3-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Eric Singer
Direttore della fotografia: Frank Griebe
Montaggio: Mathilde Bonnefoy
Musiche: Rein hold Heil, Johnny Klimek, Tom Tykwer
Scenografia: Uli Haniosch
Costumi: Ngila Dickson
Produttori esecutivi: Alan Glazer, Ryan Kavanaugh
Co-produttori: Gloria Fan, Christoph Fisser, Henning Molfenter, Charlie Woebcken
Direttori di produzione: Lilia Cioccarelli, Diloy Gulun, David
Nichols, Daniel Mattig, Erik Paoletti, Lloyd Phillips, Michael
Scheel, Pamela Thur, Gregor Wilson
Casting: Michelle Guish, Kimberly Hope, Beatrice Kruger, Francine Maisler
Aiuti regista: Sebastian Fahr-Brix, Miguel Lombardi, , Chris
Surgent, Ahmet T. Uygun, Tobias Asam, Enrico Clerico Nasino, Tanja Daberitz, Takahide Kawakami, Melisa Kurtay, Corinne Le Hong, Verena Rahmig
Operatore: Frank Griebe
Operatori steadicam: Marcus Pohlus, Kyle Rudolph
Supervisore art direction: Kai Koch
Art directors: Sarah Horton, Luca Tranchino
Arredatore: Simon-Julien Boucherie
Trucco: Björn Rehbein, Mediha Safak, Nuria Sitja, Fulvia Bartoli, Anita Brolly, Arabel Decker, Rebecca Lafford, Paula Leupold, Dorka Nieradzik
L
ouis Salinger, agente dell’Interpol e un suo collega sono a Berlino su una traccia internazionale: la IBBC, Banca d’affari tedesca che sta
trattando con l’imprenditore italiano Calvini una partita di sistemi missilistici del
valore di centinaia di miliardi, è sospettata di alimentare con i suoi traffici il terro-
Acconciature: Jeffery Rebelo, Sahin Gul, Björn Rehbein, Arabel Decker, Dorka Nieradzik, Ryan Trygstad
Supervisori effetti speciali: Gerd Feuchter, Bernd Rautenberg, Murat Sengul,
Coordinatore effetti speciali: Klaus Mielich
Supervisore effetti visivi: Viktor Muller
Coordinatore effetti visivi: Jaroslav Matys
Supervisori costumi: Libby Dempster, Virginia D. Patton, Mergim Atakoglu, Joanna Brett, Gabriella Loria
Interpreti: Clive Owen (Louis Salinger), Naomi Watts (Eleanor Whitman), Armin Mueller-Stahl (Wilhelm Wexler), Ulrich
Thomsen (Jonas Skarssen), Brian F. O’Byrne (The Consultant), Michael Voletti (Viktor Haas), Patrick Baladi (Martin
White), Jay Villiers (Francis Ehames), Fabrice Scott (Nicholai Yeshinski), Haluk Bilginer (Ahmet Sunay), Luca Barbareschi (Umberto Calvini), Alessandro Fabrizi (ispettore Alberto Cerutti), Felix Solis (detective Iggy Ornelas), Jack McGree
(detective Bernie Ward), Nilaja Sun (detective Gloria Hubbard), Steven Randazzo (Al Moody), Tibor Feldman (Dr.
Isaacson), James Rebhorn (Procuratore distrettuale di New
York), Remy Auberjonois (Sam Purvitz), Ty Jones (Eli Cassel), Ian Burfield (Thomas Schumer), Peter Jordan (dottore
berlinese), Axel Milberg (Klaus Diemer), Thomas Morris
(ispettore capo Reinhard Schmidt), Oliver Trautwein (Dietmar Berghoff), Luigi Di Fiore (capitano dei carabinieri), Verena Schonlau (segretaria dell’I.B.B.C.), Laurent Spielvogel
(commissario Villon), Marita Hueber (donna), Giorgio Lupano (cecchino di Milano), Loris Loddi (capo staff di Calvini),
Natalia Magni (speaker/politico), Marco Gambini (avvocato
di Calvini)
Durata: 118’
Metri: 3400
rismo islamico. Un dirigente della banca
disposto a parlare è ucciso il giorno dopo
il colloquio avuto con il poliziotto dell’Interpol, che è invece abbattuto subito
con un “infarto” simulato sotto gli occhi
allibiti di Salinger. Questi e Eleanor Whitman, assistente Procuratore Distrettuale di
New York, con la quale gestisce l’indagi16
ne, decidono di parlare con Calvini a Milano, nel frattempo impegnato nella campagna elettorale per le elezioni politiche
in Italia. Calvini, nel breve colloquio preliminare con i due investigatori, effettivamente accenna ad alcuni elementi interessanti per l’indagine, che si dice disponibile ad approfondire in un colloquio succes-
Film
sivo di maggior durata. Cosa che non avviene perché l’imprenditore al culmine del
suo discorso in piazza è ucciso dal colpo
di un fucile telescopico; in realtà i colpi
sono due, come mostrano i proiettili conficcati nel palco, ma partiti da due piani
differenti del palazzo di fronte. La situazione è messa subito sotto controllo da chi
sa e può: un capitano dei carabinieri uccide il falso killer seminando sul posto i bossoli adatti a provare l’assassinio e rispedisce in America i due indesiderati investigatori.
Salinger è adesso sulle tracce del killer del suo amico, ora a New York proprio
per lui. Il killer si incontra al Museo Guggenheim con Wexler, ex dirigente della Stasi (la polizia politica della vecchia DDR),
ora consulente finanziario della IBBC. I
due non fanno in tempo a finire il colloquio che scoppia l’inferno: il conflitto a
fuoco tra il gruppo di Salinger e quello del
killer, che deve essere presto ucciso perché non parli, è terribile e semina morti e
feriti in tutti i piani del museo. Salinger
riesce a mettersi in salvo con Wexler, da
cui ha delle informazioni che lo mettono
sulla strada giusta. L’affare dei missili in-
Tutti i film della stagione
fatti sta avendo dei nuovi protagonisti dopo
la morte di Calvini e il rifiuto dei figli di
continuare a trattare: Skarsen, Presidente
della IBBC e un ricco trafficante turco.
Istanbul è il nuovo crocevia del contratto,
la Moschea Blu il luogo dove convergono
tutti e che vede l’epilogo della storia. L’affare sembra concludersi, ma Salinger è
scoperto, Skarsen fugge ed è ucciso subito
da una mano misteriosa che fa fuori anche
il vecchio Wexler. Salinger pare così aver
compiuto la sua missione, i dirigenti corrotti sono stati eliminati, la banca è al disastro finanziario: questo significa che il
traffico di missili è stato sventato e tutto è
finito?
I
l film si propone nella grande tradizione del thriller politico ma si perde nel mettere ordine alla grande varietà di temi di cui è infarcito e che lo
appesantiscono in più punti intralciando
quell’agilità (pur complicata) che caratterizza proprio un thriller politico: un terrorismo di tutti i colori stereotipato e infantile,
le brigate rosse, i carabinieri attivi e corrotti come non mai, la politica e la finanza,
la tirannide africana, il mercato delle armi,
le spie DDR diventate consulenti di banca, gli avvocati al soldo del crimine, gli
snodi spionistici in una Istanbul che va
sempre bene, il tutto in un cocktail shakerato dal crepitio delle sparatorie d’obbligo
e dai volti, anche questi d’obbligo, di Clive
Owen e Naomi Watts, sempre con la barba di tre giorni il primo, sempre solidamente apprensiva la seconda.
Il regista tedesco Tom Tykwer non riesce a sciogliere l’ingorgo, l’incomprensione di così tante strade che si affastellano,
ma ci permette una non spiacevole visione grazie alla costruzione di un’atmosfera
rarefatta, in quietante, spietata: i banchieri
e gli uomini d’affari di oggi nella parte dei
nuovi rappresentanti del crimine (una vendetta per i tanti disastri finanziari degli ultimi periodi?) sembrano giocare con le persone e gli avvenimenti proprio per il trionfo del male in se stesso, più che per raggiungere un arricchimento veloce e disonesto; a loro si contrappone l’umana professionalità dei due investigatori coraggiosi
e intuitivi, a dimostrazione che il mondo
“normale” può, forse, farcela ancora.
Fabrizio Moresco
THE WRESTLER
(The Wrestler)
Stati Uniti, 2008
Effetti visivi: Niko Tavernise
Supervisore costumi: Steffany Bernstein
Supervisori musiche: Jim Black, Gabe Hilfer
Canzone/Musica estratta: “The Wrestler” composta ed eseguita da Bruce Springsteen
Interpreti: Mickey Rourke (Randy ‘The Ram’ Robinson), Marisa Tomei (Cassidy), Evan Rachel Wood (Stephanie), Mark
Margolis (Lenny), Judah Friedlander (Scott Brumberg), Todd
Barry (Wayne), Ernest Miller (l’Ayatollah), Gregg Bello (Larry
Cohen), Ron Killings (Ozzie D.), Wass Stevens (Nick Volpe),
Elizabeth Wood (Melissa), Dylan Keith Summers (‘Necro Butcher’), Mike Miller (Lex Lethal), Tommy Farra (Tommy Rotton), Andrea Langi (Alyssa), John D’Leo (Adam), Vernon Campbell (Big Chris), Ajay Naidu (medico), Maurizio Ferrigno (Spotter), Donnetta Lavinia Grays (Jen), Armin Amiri (dr. Moayedizadeh), Vale Anoai (farmacista), Vernon Campbell (‘Big Chris’),
Johnny Valiant (‘The Legend Johnny Valiant’), Ron Killings (Ron
‘The Truth’ Killings) Giovanni Roselli (Romeo Roselli), T. J.
Kedzierski (Jameson), Maven Bentley (speaker WXV), Douglas Crosby (arbitro WXW)
Durata: 105’
Metri: 2980
Regia: Darren Aronofsky
Produzione: Darren Aronofsky, Scott Franklin per Wild Bunch/
Protozoa Pictures/Saturn Films/Session Payroll Management
Distribuzione: Lucky Red
Prima: (Roma 6-3-2009; Milano 6-3-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Robert D. Siegel
Direttore della fotografia: Maryse Alberti
Montaggio: Andrew Weisblum
Musiche: Clint Mansell
Scenografia: Tim Grimes
Costumi: Amy Westcott
Produttori esecutivo: Vincent Maraval, Agnès Mentre, Jennifer Roth
Produttori associati: Evan Ginzburg, Ari Handel
Co-produttore: Mark Heyman
Casting: Suzanne Smith, Mary Vernieu
Aiuti regista: Richard Graves, Matt Lake
Art director: Matthew Munn
Arredatore: Theo Sena
Trucco: Judy Chin, Marjorie Durand, E. Morrow
Acconciature: Mandy Lyons
Effetti speciali: Drew Jiritano
V
erso la fine degli anni ’80, Randy “The Ram” Robinson era un
wrestler professionista al culmine della carriera. Circa 20 anni dopo, invece, deve accontentarsi di esibirsi in spet-
tacoli pilotati per i fan che si svolgono nelle
palestre dei licei e nelle comunità del New
Jersey. Per Randy, il senso di adrenalina
che gli procurano i combattimenti e l’adorazione dei fans che gli rimangono, è tut17
to. Nella vita di tutti i giorni, è costretto a
dormire nel suo furgoncino, dove viene
svegliato dai bambini del posto dopo che è
stato sfrattato. Inoltre, cerca di tirare avanti facendo qualche lavoretto. Una volta,
Film
però, ha un infarto dopo un combattimento. Il dottore che lo visita gli dice che ha
rischiato di morire e che da questo momento deve eliminare gli steroidi e sospendere
gli incontri.
Lontano dal ring, Randy cerca di cominciare un’esistenza normale. Trova innanzitutto lavoro come commesso nel reparto alimentari. Poi prova ad allacciare
una relazione duratura con Cassidy, una
spogliarellista non più giovanissima. La
donna, che ha un figlio di 9 anni, prova
affetto per lui, però cerca momentaneamente di sfuggirgli, dopo che si sono baciati in un bar. Al tempo stesso, cerca di
riallacciare i rapporti con la figlia Stephanie, ma la ragazza inizialmente non ne vuole sapere niente di lui. Randy non si da per
vinto. Si presenta da lei con un regalo e la
convince a fare una passeggiata insieme,
nei pressi di un lungomare dove lei non
veniva da tempo. Stephanie sembra gradualmente sciogliersi. Alla fine della giornata, il padre le propone di rivedersi un
altro giorno per cena e lei accetta.
Le cose però precipitano. Dopo una
serata di alcol, droga e sesso con una ragazza conosciuta in un bar, si risveglia a
casa stordito e si accorge di essersi dimenticato dell’appuntamento con Stephanie. Va
da lei cercando, ancora una volta, di recuperare questa ennesima mancanza, ma stavolta la ragazza gli sbatte definitivamente
la porta in faccia. Anche Cassidy rifiuta i
suoi affettuosi tentativi di approccio e i due
finiscono per litigare violentemente. Infine, nel corso di una giornata di lavoro, sta
per spazientirsi con un’anziana cliente pignola e perde definitivamente la testa dopo
che un cliente ha riconosciuto in lui il popolare wrestler ‘The Ram’. Da un pugno
Tutti i film della stagione
alla lama dell’affettatrice, la mano gli sanguina e se ne va spaventando la gente che
si trova lì in quel momento. A questo punto, realizza che l’unico luogo dove può vivere è il ring. Accetta la rivincita contro
un suo leggendario avversario, l’Ayatollah, pur essendo consapevole che con questo match rischia seriamente la vita. Intanto Cassidy, dopo aver ripensato alla
possibilità di iniziare una relazione con lui,
cerca di dissuaderlo a riprendere la sua
attività. Lo raggiunge addirittura sul posto prima dell’incontro, ma stavolta Randy è irremovibile e gli dice che quello è
l’unico posto in cui non si fa del male. Lei
disperata se ne va mentre ‘The Ram’, acclamato dai suoi fans, combatte pur avvertendo delle forti fitte al cuore e alla fine si
esibisce nella sua mossa distintiva, il ‘Ram
Jam’, una sorta di volo dell’angelo.
C
opertine dei magazine e ritagli
dei giornali, locandine, biglietti
degli incontri e una voce fuoricampo dello speaker. In apertura del film
The Wrestler già segna un profondo solco
tra presente e passato, tra leggenda e fallimento. Quelle immagini iniziali, dove gli
anni ’80 riprendono improvvisamente colore, sono simili a quei documentari su
delle celebrità sportive del passato che
oggi sono cadute nel dimenticatoio. E, da
questo punto di vista, il film di Aronofsky
potrebbe essere visto come un ‘falso documentario’, una sorta di ‘mockumentary’
su Randy ‘The Ram Robinson’. Al limite,
mancherebbe solo un elemento: il protagonista che si descrive davanti la macchina da presa e gli altri personaggi (familiari, amici, manager, avversari) che parlano
di lui. Ma se in questo caso non ci sono le
18
parole a descrivere lo stato d’animo del
protagonista, ci sono comunque le immagini. The Wrestler è infatti un film di una
potenza e una densità visiva impressionante, sicuramente la migliore del regista
statunitense che ha finalmente abbandonato quel narcisismo sperimentale di Requiem for a Dream, le traiettorie cerebrali
di ð o l’incontrollato delirio di L’albero della
vita. Stavolta il suo sguardo fortemente riconoscibile ha trovato un perfetto equilibrio con la storia da portare sullo schermo. Forse per gli ammiratori più estremi
del regista, The Wrestler potrebbe paradossalmente considerarsi come un passo
indietro in quanto meno personale di altre
opere. Invece si ha l’impressione che stavolta si è materializzato finalmente quel
talento che nei film precedenti si vedeva a
intervalli molto irregolari.
La macchina da presa di Aronofsky
segue il corpo di ‘The Ram’. La camera a
spalla lo segue da dietro in ogni spostamento. Gli sta attaccata addosso durante
gli incontri e lo pedina mentre cammina
da solo, o quando incontra Cassidy, o la
figlia Stephanie. Può essere anche un’idea
di cinema molto elementare e semplicistica, però in questo caso funziona perfettamente, perché si entra prima gradualmente, poi completamente, nel pubblico e nel
privato del protagonista.
L’altra faccia del film è un grandioso,
immenso Mickey Rourke, forse uno dei più
grandi e autodistruttivi attori del recente cinema americano. The Wrestler è anche lui.
O soprattutto lui. Con la chioma ossigenata
e il volto segnato dalle botte che Rourke ha
preso durante la sua carriera professionista da pugile, l’attore sembra catapultarsi
in questo film con tutta ‘l’anima e il corpo’.
Innanzitutto con The Wrestler disegna quel
prototipo di loser che aveva caratterizzato
il grande cinema americano degli anni ’70:
le immagini delle palestre scalcinate, dove
si va a esibire per i fan nostalgici riportano
alla mente quelle che avevano caratterizzato lo straordinario Fat City –Città amara
di John Huston. Inoltre, come in quel film,
appare un personaggio senza meta, che
vaga per la città, alla ricerca di un riscatto
esistenziale che appare sempre come momentaneo, come provvisorio. Dopo essere
stato colpito da infarto, ‘The Ram’ cerca una
vita normale. Ma fuori dal ring, lui è come
un marziano. I momenti con la figlia, soprattutto quello dell’intima passeggiata sul lungomare e del ballo, appaiono come i residui di un melodramma purissimo, tanto attraente ed emozionante, perché quegli
istanti sono solo dei lampi di un’armonia che
poi sarà per sempre perduta. In questo senso i movimenti di macchina nervosi di Aro-
Film
nofsky è come se volessero catturare quei
frangenti di felicità, come se lo sguardo del
regista avesse paura di perderli.
Per certi aspetti, nel personaggio di
‘The Ram’ si può vedere la vicenda di Mickey Rourke stesso. Come il suo personaggio, anche l’attore era in auge negli
anni ’80 diventando una specie di nuovo
sex-symbol con film cone 9 settimane e ½
ma mettendosi in mostra anche come uno
dei più degni rappresentanti di quella nuova generazioni di ‘ribelli senza causa’
(Rusty il selvaggio di Coppola e L’anno del
dragone di Cimino). Poi dal decennio successivo è invece cominciato per lui un rapido declino. Oggi in The Wrestler, sia l’at-
Tutti i film della stagione
tore sia il personaggio sono come dei grandiosi sopravvissuti. Ed è proprio da queste macerie biografiche che Aronofsky regala un film di rara intensità, la cui struggente malinconia è scandita anche dalle
note della canzone di Bruce Springsteen
sui titoli di coda. Premiato con il Leone
d’Oro al Festival di Venezia del 2008, The
Wrestler appare una specie di riaggiornamento del chapliniano Luci della ribalta, in
cui la vita e le emozioni vere fanno parte
del passato. Acceso negli incontri di wrestling, istintivamente rabbioso (il pugno
all’affettatrice di ‘The Ram’) e recitato alla
grande anche da Marisa Tomei nei panni
della spogliarellista e da Evan Rachel
Wood in quello della figlia, il film materializza la totale mancanza di futuro proprio
nel finale. Randy decide di tornare a combattere e di sfidare il suo avversario storico, l’Ayatollah malgrado il dottore gli abbia
detto, dopo l’attacco di cuore, di non gareggiare più. Cassidy cerca di dissuaderlo, ma invano. Lui sta già sfidando il suo
avversario. La donna lo guarda con le lacrime agli occhi e poi se ne va. Dopo aver
steso l’Ayatollah, guarda nel punto dove si
trovava Cassidy. Lei non c’è più. Un gran
finale, sui residui di illusione definitivamente tramontati.
Simone Emiliani
TUTTI INSIEME INEVITABILMENTE
(Four Christmases)
Stati Uniti, 2008
Arredatore: Jan Pascale
Trucco: Simone Almekias-Siegl, Steve Artmont, Jill Cady, Morag Ross, Molly Stern-Schlussel
Acconciature: David Danon, Janine Rath, Morag Ross
Supervisore effetti speciali: Josh Hakian
Coordinatore effetti speciali: David Waine
Supervisori effetti visivi: Paul Graff (Crazy Horse Effects),
Richard Malzahn
Supervisore musiche: Bob Bowen
Supervisore costumi: Virginia Burton
Coreografie: JoAnn Fregalette Jansen
Interpreti: Vince Vaughn (Brad), Reese Witherspoon (Kate),
Robert Duvall (Howard), Sissy Spacek (Paula), Jon Voight (Creighton), Jon Favreau (Denver), Mary Steenburgen (Marilyn),
Dwight Yoakam (Pastore Phil), Tim McGraw (Dallas), Kristin
Chenoweth (Courtney), Katy Mixon (Susan), Colleen Camp (zia
Donna), Jeanette Miller (‘Gram-Gram’), Jack Donner (nonno),
Steve Wiebe (Jim), Zak Boggan (Cody), Skyler Gisondo (Connor McVie), True Beella Pinci (Kasi), Patrick Van Horn (Darryl),
Marissa Tejada Benekos (giornalista), Cedric Yarbrough (Stan),
Brian Baumgartner (Eric), Peter Billingsley (addetto alla biglietteria), Laura Johnson (Cheryl), Collette Wolfe (Cindy) Kayla
Blake (infermiera), Lora McLaughlin (reporter news), Sterling
Beaumon, Ty Brown, Ryder Bucaro, Callie Croughwell, Taylor
Geare, Zachary Gordon, Reef Graham (ragazzini)
Durata: 88’
Metri: 2300
Regia: Seth Gordon
Produzione: Gary Barber, Roger Birnbaum, Jonathan Glickman, Vince Vaughn, Reese Witherspoon per Birnbaum/Barber/New Line Cinema/Ott Medien/Spyglass Entertainment/
Type A Films/Wild West Picture Show Productions
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Prima: (Roma 23-1-2009; Milano 23-1-2009)
Soggetto: Caleb Wilson, Matt R. Allen
Sceneggiatura: Jon Lucas, Matt R. Allen, Caleb Wilson, Scott
Moore
Direttore della fotografia: Jeffrey L. Kimball
Montaggio: Melissa Kent, Mark Helfrich
Musiche: Alex Wurman
Scenografia: Shepherd Frankel
Costumi: Sophie Carbonell
Produttori esecutivi: Peter Billingsley, Derek Evans, Guy Riedel
Produttore associato:Mary Rohlich
Co-produttore: Udi Nedivi
Direttore di produzione: Udi nedivi
Casting: Seth Yanklewitz
Aiuti regista: Rip Murray, Christina Fong, Katie Carroll, Clark
Credle, Michael Jordan, Grace Liu
Operatori: Robert Barcelona, Daniel C. Gold, Geoffrey Haley,
David J. White II
Operatore steadicam: Geoffrey Haley
Art directors: Michael Atwell, Oana Bogdan
K
ate e Brad sono un’affiatata giovane coppia californiana. Mentre tutti i loro amici e colleghi
sono terrorizzati all’idea dell’approssimarsi del Natale e delle tradizionali rimpatriate familiari, i due si preparano come tutti
gli anni a passare le vacanze fuori in qualche splendida località esotica. Per evitare
conflitti con i propri genitori, Kate e Brad
inventano di volta in volta fantasiose scuse per mancare al rituale pranzo, ad esempio vantando visite umanitarie in sfortu-
nati paesi del terzo mondo. Purtroppo, il
volo che avrebbe dovuto condurli alle Fiji
viene cancellato e la coppia si ritrova improvvisamente costretta a far visita ai propri parenti. Il problema è che ognuno di
loro ha i genitori divorziati che, a loro volta, si sono risposati; quindi devono passare il Natale con quattro famiglie diverse.
Il giro inizia con il padre di Brad, un pranzo
allucinante con i fratelli e la cognata, durante il quale emergeranno inquietanti
quanto imbarazzanti dettagli sull’adole19
scenza di Brad. Poi è la volta della madre
di Kate, simpatizzante di una setta religiosa fuori dagli schemi, che coinvolge i due
giovani in uno spettacolo allestito in chiesa per la messa di Natale. Segue la madre
di Brad, balzana psicoterapeuta che convive ormai da anni con un amico d’infanzia di Brad, per finire con il padre di Kate,
forse la figura più normale fra i vari familiari. Questa folle giornata porta Kate e
Brad a conoscersi meglio e mettere in discussione il loro rapporto e le loro aspet-
Film
tative per il futuro. Nonostante tutto, alla
fine, i due rimangono insieme e decidono
di impegnarsi seriamente per formare una
loro famiglia.
T
utti insieme inevitabilmente (tralasciamo ogni commento sulla
banalizzazione italiana del titolo
originale, Four Christmases) prende quello
che per molti è un vero e proprio incubo,
l’obbligo di passare il Natale con l’intero parentado, e lo moltiplica per quattro, costruendo la sua storia a partire dalla classica famiglia allargata del Duemila. Il regista
Seth Gordon, dopo una serie di spot televisivi, video musicale e cortometraggi, fa il
suo esordio al cinema e si fa aiutare da
quattro sceneggiatori per portare sullo
schermo una commedia che sulla carta
sembrava promettere molto, ma che nei ri-
Tutti i film della stagione
sultati si rivela piuttosto deludente. La differenza di mani nella sceneggiatura si sente,
e molto; purtroppo Gordon non riesce a
dare unità al suo film. Tutti insieme inevitabilmente risulta, alla fine, solo un modesto
collage di sketch moderatamente divertenti,
più da programma televisivo che non da sala
cinematografica. L’inizio è brillante, con un
buon ritmo e il primo “episodio” a casa del
padre di Brad diverte. Poi il film perde di tono,
la comicità si fa di grana grossa e in qualche
momento gratuitamente volgare. È palese
l’intento satireggiante sulla moderna famiglia
media americana ma gli strali non colpiscono quasi mai il bersaglio, persi come sono in
una sceneggiatura piena di clichès così abusati da essere ormai troppo smaccatamente prevedibile. La satira, o meglio la presa in
giro, del Natale secondo la tradizione americana sa di già visto, anche se cerca a onor
del vero di farsi più pungente di tante altre
pellicole simili. Un pizzico di sana cattiveria
in più non avrebbe guastato (un situazione
come quella della messa natalizia trasformata in mega show si prestava a ben maggiori possibilità di critica, come pure altri episodi del film). Risulta più apprezzabile il lavoro sui due personaggi principali, sull’evoluzione del loro rapporto. Menzione speciale
al cast (cinque premi Oscar su sei interpreti principali), anche se da attori come Robert Duvall, Sissy Spacek, Mary Steenburger, Jon Voight e la stessa Resee Witherspoon era lecito aspettarsi qualcosa di meglio. Convince a tratti l’alchimia tra la minuta Witherspoon e la sua controparte maschile, il gigante buono Vince Vaughn, una
strana coppia davvero.
Chiara Cecchini
FROST/NIXON-IL DUELLO
(Frost/Nixon)
Stati Uniti, 2009
Trucco: Edouard F. Henriques, Elizabeth Hoel, Sabine Roller,
Patrick Baxter
Acconciature: Karyn Huston, Lori McCoy-Bell
Supervisore effetti speciali: Jeff Miller
Supervisore effetti visivi: Eric J. Robertson
Interpreti: Frank Langella (Richard Nixon), Michael Sheen (David
Frost), Sam Rockwell (James Reston Jr), Kevin Bacon (Jack Brennan), Mattherw Macfadyen (John Birt), Oliver Platt (Bob Zelnick),
Rebecca Hall (Caroline Cushing), Toby Jones (Swifty Lazar), Andy
Milder (Frank Gannon), Kate Jennings Grant (Diane Sawyer),
Gabriel Jarret (Ken Khachigian), Jim Meskimen (Ray Price), Patty McCornack (Pat Nixon), Geoffrey Blake (conduttore dell’intervista), Clint Howard (Lloyd Davis), Rance Howard (Ollie), Gavin
Grazer (responsabile della Casa Bianca), Simon James (regista
dello show di Frost), Eloy Casados (Manolo Sanchez), Jay White
(Neil Diamond), Wil Albert (Sammy Cahn), Keith MacKechnie
(Marv Minoff), Penny L. Moore (signora con bassotto), Janneke
Arent (assistente di Frost), David Ross Paterson (presentatore
televisivo), Jennifer Hanley (truccatrice), Robert Pastoriza, Louie
Mejia (cameraman), Kevin P. Kearns (Fan all’aereoporto), David
Kelsey, James Ritz, Pete Rockwell (reporter)
Durata: 122’
Metri: 3360
Regia: Ron Howard
Produzione: Tim Bevan, Eric Fellner, Brian Grazer, Ron Howard
per Imagine Rntertainment/Papillon Productions/Relativity
Media/Studio Canal/Working Title Films
Distribuzione: Universal
Prima: (Roma 6-2-2009; Milano 6-2-2009)
Soggetto: dall’opera teatrale omonima di Peter Morgan
Sceneggiatura: Peter Morgan
Direttore della fotografia: Salvatore Totino
Montaggio: Mike Hill
Musiche: Hans Zimmer
Scenografia: Michael Corenblith
Costumi: Daniel Orlandi
Produttori esecutivi: Todd Hallowell, Peter Morgan
Produttori associati: William M. Connor, Kathleen McGill,
Louisa Velis
Direttore di produzione: Kathleen McGill
Casting: Janet Hirshenson, Jane Jenkins
Aiuti regista: William M. Connor, Kristen Ploucha, Scott R.
Meyers
Operatore: Andrew Rowlands
Art directors: Brian O’Hara, Gregory Van Horn
Arredatore: Susan Benjamin
S
tati Uniti, anni Settanta. Il Presidente degli Stati Uniti Richard
Nixon si dimette dalla carica in
seguito all’inchiesta sullo spionaggio
condotto ai danni del partito democratico in campagna elettorale, il cosiddetto
scandalo Watergate. Interessato alla questione, David Frost, un giornalista britannico, decide di offrire un lauto compenso all’ex presidente per una intervista.
Solo nel 1977, Nixon accetta di farsi
intervistare da Frost, per riottenere la fama
e la gloria perduta. Per l’uomo politico e
per il suo staff l’occasione è quindi straordinaria. Frost ha fama di abile intervistatore, ma è considerato più affine al mondo dell’entertainment che non a quello di
cui Nixon ha fatto parte.
Il 23 marzo 1977, Frost parte per
Washington, a casa del presidente per
sborsare una quota di 200 mila dollari,
20
giocandosi l’intera carriera. Durante il
viaggio, incontra l’affascinante Caroline.
Frost sceglie per l’intervista, tre suoi stimati colleghi: John Birt, Bob Zelnick e
Jim Reston, quest’ultimo in grado di incastrare Nixon e di inchiodarlo sulla questione Watergate.
Frost e Nixon si preparano al primo
giorno di intervista. L’ex presidente, dal
primo momento quasi esterrefatto dalla
stravaganza formale e dalle curiose scar-
Film
pe del giornalista, si dimostra un uomo
furbo e ingegnoso. Il lungo faccia a faccia
fra i due avversari diventa l’occasione per
“dare a Nixon il processo che non ha mai
avuto”; il tribunale, in questo caso, è costituito da un salotto adibito a studio televisivo, in cui l’occhio freddo e implacabile della telecamera è al tempo stesso giudice e giuria.
All’analisi di un periodo che, con i
suoi disastri (il Vietnam, la Cambogia),
ha segnato la fine dell’innocenza di un
intero paese, si aggiunge così un’acuta riflessione sul mezzo televisivo, nuovo micidiale strumento di indagine della verità. Per Frost, l’avversario è un vero osso
duro: il giornalista britannico è criticato
dai suoi stessi collaboratori, che lo accusano di non saper tener testa all’ex presidente.
Il 28 marzo il duello prosegue e ancora Nixon ha la meglio, tanto che questa
volta, Frost ammette la dura sconfitta. La
stessa notte, Frost lavora per l’ultima intervista, utilizzando l’ultima possibilità per
inchiodare Nixon.
Quattro giorni prima, Frost riceve nella
sua stanza d’albergo la telefonata di un
Nixon ubriaco e senza veli. I due si affrontano pacati, come mai era successo prima. È evidente che uno solo dei due vincerà, mentre la carriera del perdente subirà
una definitiva battuta di arresto.
Il 22 aprile comincia l’ultima sfida:
l’intervista riguardo il ruolo del presidente nello scandalo Watergate. Poco prima
di cominciare, Frost menziona la loro ultima telefonata, ma ottiene solo stupore
da Nixon che non sembra ricordare l’accaduto.
Frost riesce questa volta a mettere in
difficoltà il presidente, sotto lo sguardo
incredulo dei presenti e dei suoi collaboratori. Proprio quando Nixon sembra ammettere la colpa, l’intervista viene interrotta, sotto ordine di Jack Brennan, collaboratore fidato del presidente.
Jack si confida con Nixon, ma questi
decide di proseguire l’intervista, ammettendo davanti alla telecamera i suoi errori
e il suo tradimento nei confronti del popolo americano. David Frost ha vinto la sua
battaglia.
Il giornalista e l’ex presidente, ormai ritiratosi a vita privata nella sua faraonica villa, si incontrano un’ultima
volta prima della partenza di Frost.
Nixon gli chiede di cosa mai abbiamo
parlato quella sera al telefono. “Chee-
Tutti i film della stagione
seburgers”, è la laconica risposta di
Frost. Che prima di andarsene, gli consegna un regalo: un paio di scarpe identiche alle sue.
D
a un Ron Howard quasi impercettibile in cabina di regia (ma
sempre molto attento a fornire
quell’intrattenimento per masse da cui non
prescinde) assistiamo a un’impietosa analisi della realtà mutuata dal tubo catodico
della televisione. Quella televisione “occhio
del mondo” da cui col tempo saremo sempre più abituati a guardare la realtà, sempre più tentati (o condizionati) a trovarvi la
realtà, la spiegazione del mondo. Si tratta,
invece, e a freddo tutti sappiamo dirlo, di
una verità sempre parziale, filtrata, come
tale, incompleta. Ma quella verità parziale, nel momento in cui viene circoscritta,
appare davvero l’unica possibile, la più
completa, quella che il giorno dopo sarà
sulla bocca di tutti. Qualcosa che i due
contendenti di un duello “verbale” all’ultimo sangue sanno bene: un giornalista, David Frost, e un ex presidente travolto dallo
scandalo, Richard Nixon, entrambi all’ultima spiaggia, sanno di sfruttare scientemente un medium di portata mondiale,
capace di infierire come di far assurgere a
nuova vita.
Quello del film, che porta su grande
schermo una fortunata piéce di Peter
Morgan, è uno spettacolo quasi nostalgico: la sfida mediatica tra i due appare
come un punto di non ritorno, il primo
grande Evento Televisivo fuori dall’ordinario, unicum, intorno al quale soldi e
21
audience la fanno da padrone: qualcosa
di familiare, oggi. Un contesto che rende
secondaria, quasi facoltativa, l’importanza oggettiva della verità: come in un processo, infatti, conta la verità imposta dai
fatti, dalle parole, dai gesti. Ma un’incontrovertibile verità finirà per inchiodare
Richard Nixon (Frank Langella, semplicemente in stato di grazia): ciò che per
lui è lecito, inquinare prove nel nome
dello Stato, è qualcosa che una collettività democratica non può accettare a
nessun costo. Ben presto, all’abilità verbale e alla soggettività degli argomenti
in esame, si sovrappone un giudizio
morale che invade tanto l’attenzione del
fittizio uditorio televisivo, quanto quella
del pubblico in sala, ben in grado di individuare il cuore del problema in virtù dei
tempi in cui vive.
Potenza del tubo catodico: spenti i riflettori, i protagonisti del duello sembrano già diventati più impalpabili. Frost, celebre conduttore satirico, non tornerà a
questi livelli; per Nixon la via è già segnata. Il loro incontro finale non ha più
molto da dire, tutto sembra sia già stato
scritto. Ed il dubbio su quanto i due abbiano realmente capito l’uno dell’altro (e
quanto, invece, non si siano prestati a
un gioco delle parti), si palesa in un finale beffardo, che afferma una volta in
più quanto l’analisi più impietosa e minuziosa dei fatti non porti necessariamente alla conoscenza della persona
che li ha commessi.
Gianluigi Ceccarelli
Film
Tutti i film della stagione
LA PANTERA ROSA 2
(The Pink Panther 2)
Stati Uniti, 2009
Trucco: Marleen Alter, Douglas Noe
Acconciature: Jerry De Carlo, Emma C. Rotondi, Cheryl Daniels, Elizabeth Cecchini, Paula Dion
Coordinatore effetti speciali: Ray Bivins
Supervisore effetti visivi: Bill Kent
Supervisore effetti digitali: Dan Levitan
Supervisore costumi: Kevin Draves
Interpreti: Steve Martin (ispettore Jacques Clouseau), Jean
Reno (Gilbert Ponton), Emily Mortimer (Nicole Nuveau-Clouseau), Andy Garcia (Vicenzo), Alfred Molina (ispettore capo
Randall Pepperidge), Yuki Matsuzaki (Kenji Mazuto), Aishwarya
Rai (Sonia Solandres), John Cleese (ispettore capo Dreyfus),
Lily Tomlin (signora Berenger), Jeremy Irons (Avellaneda),
Johnny Hallyday (Milliken), Geoffrey Palmer (Joubert), Philip
Goodwin (Renard), Armel Bellec (Louis), Jack Metzger (Antoine), Yevgeni Lazarev (il Papa), Richard LaFrance (installatore del sistema di sicurezza), Simon Green (bibliotecario Inglese), Federico Castelluccio (guida), Abe Lee Tsunenori (poliziotto giapponese), Harold Chin (direttore giapponese), Michael Allosso (Maitre D’), Zofia Moreno, Alexis Furic, Rena
Kano, Jonathan Dino (giornalisti), Sharon Tay (cronista), Josha R. Roberts (cameraman), Lia Ochoa (ballerina di flamenco), Harry Van Gorkum
Durata: 92’
Metri: 2380
Regia: Harald Zwart
Produzione: Robert Simonds per Metro-Goldwyn-Mayer
(MGM)/Columbia Pictures/Robert Simonds Productions
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Prima: (Roma 6-3-2009; Milano 6-3-2009)
Soggetto: dai personaggi creati da Maurice Richlin e Blake Edwards
Sceneggiatura: Scott Neustadter, Michael H. Weber, Stefe Martin
Direttore della fotografia: Denis Crossan
Montaggio: Julia Wong
Musiche: Christophe Beck
Scenografia: Rusty Smith
Costumi: Joseph G. Aulisi
Produttori esecutivi: Shawn Levy, Ira Shuman
Direttore di produzione: Dustin Bernard
Casting: Ilene Starger
Aiuti regista: Matthieu Charter, Marty Eli Shwartz, Laurent Brégeat, Cedric Dosne, Louis Guerra, Matt Power, Celine Rossi,
Chris Ryan, Ana Morales, Sébastien Marziniak, Delphine Bertrand, Emmanuel Gomes de Araujo, Yannick Fauchier
Operatori: Faires Anderson, Patrick de Ranter
Operatore Steadicam: Patrick de Ranter
Art directors: Matthieu Beutter, Rick Butler
Arredatore: Carla Curry
T
ornado ruba la Magna Charta,
la Sacra Sindone, la spada imperiale giapponese: si forma un
super team anglo-italo-nipponico e si richiede la consulenza del famoso Clouseau, che il suo capo Dreyfus ha assegnato
alla vigilanza urbana. Già appena convocato nell’ufficio del capo, riesce a far distruggere tutto individuando il sistema di
allarme appena inserito con una penna decodificatrice presa a dodici dollari su una
bancarella cinese. Nel salutare l’amata
Nicole prima di partire per Tokyo, ricordano quando provocarono l’incendio del
ristorante “La plata de nada” e quasi riescono finalmente e baciarsi. Ma Clouseau
ha appena messo piede in aeroporto che
viene richiamato, perché è stata rubata la
Pantera Rosa, quella gemma che lui ha già
salvato una volta. Il gruppo dei quattro si
riunisce quindi a Parigi e poco dopo giunge anche Sonia, una bella donna che ha
come titolo il fatto di essere riuscita a scrivere una biografia di Tornado, grande
esperto in gemmologia. Vincenzo, il detective italiano, viene affascinato da Nicole e
Clouseau si pone subito sul “chi va là?”;
a lui si aggiunge poi il problema che il fido
Ponton, buttato fuori di casa dalla moglie,
stufa del suo lavoro di poliziotto, viene a
chiedergli ospitalità, portando però con sé
un cane e due figli, due ragazzini scatena-
ti, campioni di karate e che considerano
Clouseau un mito, al punto di aver dato il
suo nome al cane; naturalmente, passano
subito a dimostrargli l’ammirazione scatenando si con lui in un combattimento
impari... per lui.
Le indagini portano il team a Roma,
nella villa di Avellaneda, che Clouseau
esplora a suo modo, finendo per precipitare nella canna fumaria. Lui e Ponton
devono tenere d’occhio Avellaneda a cena
a “La Plata de nada”, ma quando vede
che c’è anche Nicole con Vincenzo, per
entrare e togliere dal tavolo di Avellaneda
la cimice che Ponton vi aveva messo per
metterla dai due riesce a incendiare di
nuovo il locale. Tornado ruba di notte
l’anello al Papa, il gruppo entra in Vaticano a investigare e Clouseau riesce a cadere dal balcone papale, salvandosi a stento. Ma proprio nella stanza del Papa Vincenzo trova una chiave, individua la provenienza e risale alla casa di Tornado, dove
trovano tutto ma non la Pantera Rosa che
lui, nella lettera in cui dice che si uccide
perché ormai ha rubato tutto, afferma di
avere distrutto perché troppo al di sopra
di ogni proprietario. Ma alla festa in onore del team, Clouseau, non invitato, accusa Sonia di avere lei il diamante: si scatena un inseguimento per tutto l’albergo e
la gemma, che Sonia ha davvero, finisce
22
in briciole. Però Clouseau mostra quella
vera, che lui aveva in casa perché di notte,
complice l’amico guardiano, aveva sostituito l’originale con una copia che aveva
in casa. Così, l’apoteosi mediatica stavolta è per Clouseau, che impalma la sua Nicole.
I
l personaggio di Clouseau è quello
che passa indenne attraverso i disastri che provoca, di cui rimane
inconsapevole, oppure, accorgendosene, li valuta riduttivamente e con una
sorta di giovialità;. è il personaggio perfettamente sincero nel credersi capace
in attività importanti. È graniticamente
sicuro di sé quando esprime il suo metodo d’indagine, quello di “ mettersi nei
panni dell’indagato “, in questo caso il
Papa (che secondo lui ha nascosto
l’anello per guadagnarci) e per questo
ne riveste i paramenti. L’ inconsapevolezza e la sincerità di credersi capace di
tutto (e non per vanagloria) sono le molle di una sequenza di catastrofi nello stile delle slapstick del muto, del quale erano tipiche, come l’invulnerabilità del protagonista e la vulnerabilità totale di tutti
gli altri. Lo svolgersi del film ha seguito
dunque questa strada, creando una progressiva accumulazione di disastri uno
maggiore dell’altro, uno più assurdo del-
Film
l’altro. Si ride, senza dubbio, ma la sequenza ha una certa forzatura, è una
carrellata di scenette. Sono gustose, ironiche alcune battute di Clouseau, alcune degli altri investigatori del team, ma
non si tratta certo di comicità di parola.
Le battute sono del tutto assoggettate
Tutti i film della stagione
alle situazioni, mentre avrebbero potuto
dargli ulteriore spessore; alcune sono
delle occasioni perdute per poter accentuare una carica dissacrante che questo
Clouseau superenergetico perde un po’di
vista. Dopo i titoli di testa che recuperano
molto bene lo stile classico della Pantera
Rosa, che forse sarebbe stato persino un
delitto cambiare, abbiamo una trama comica realizzata con minore mordente,
semplicemente più giocosa, dove i bambini tritatutto stanno perfettamente.
Danila Petacco
ASPETTANDO IL SOLE
Italia, 2007
Direttore di produzione: Ivana Kastratovic
Casting: Francesco Vedovati
Aiuto regista: Barbara Pastrovich
Suono: Alessandro Boscolo, Davide D’Onofrio
Interpreti: Raoul Bova (Enea Chersi), Vanessa Incontrada (Kytty Galore), Gabriel Garko (Samuel), Claudia Gerini (Giulia),
Rolando Ravello (sig. Bonetti), Sergio Albelli (l’operatore), Thomas Trabacchi (Raul Verani), Claudio Santamaria (Toni), Raiz
(Moreno), Giuseppe Cederna (Santino), Bebo Storti (Bibi, il
regista), Massimo De Lorenzo (Michele Magnifico), Michele
Venitucci (Vicio), Alessandro Tiberi (il Piccolo), Corrado Fortuna (Coco, l’Attore)
Durata: 96’
Metri: 2770
Regia: Ago Panini
Produzione: Roberto Cicutto, Luca Fanfani, Cecilia Mazzà,
Francesco Melzi d’Eril, Luigi Musini, Francesco Pistorio, Alessandro Usai per laCasa Film/Mikado Film
Distribuzione: Mikado
Prima: (Roma 20-2-2009; Milano 20-2-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Ago Panini, Enrico Remmert,
gero Giglio
Direttore della fotografia: Paolo Caimi
Montaggio: Antonio Di Peppo
Musiche: Nicola Tescari
Scenografia: Luca Merlini
Costumi: Roberto Chiocchi
Produttori esecutivi: Alexia Gamba, Cecilia Mazzà
A
nno 1982. Una qualunque provincia in Italia. Tre sbandati, durante la notte, raggiungono un hotel
isolato in cui trovare temporaneo ristoro,
in cerca di sigarette e donne con cui passare la serata. Si tratta dell’hotel Bellevue. Ad accogliere due di loro, un portiere
abbastanza singolare. I ragazzi cominciano a prendersi gioco di lui e a metterlo in
difficoltà. L’albergo è quasi al completo;
è il periodo della fiera del bestiame. Ma a
prendere alloggio però sono una decina di
inquilini fuori della norma. C’è un regista
di film hard con il suo operatore e la troupe: una ragazza molto appariscente, ma
in realtà ingenua e romantica e un giovane attore alle prime armi. In un’altra stanza, la 219, c’è il rifugio di un uomo sposato e della sua perversa amante. A fianco a
loro, un uomo che soffre per amore, consumato da una storia impossibile con una
donna molto più giovane di lui, con cui
intrattiene una telefonata che dura tutta la
notte. La stanza 221 è invece occupata da
due rapinatori che sono in attesa del complice con il bottino. Nella 214 c’è un uomo
misterioso con il suo amato cagnolino, che
si esercita con corsi di tedesco in audiocassette. La situazione comincia presto a
degenerare. Mentre i due sbandati si appostano nella sala d’aspetto dell’albergo,
seguiamo parallelamente la storia di ogni
inquilino. Il portiere in realtà ha costruito
la sua vita in perenne lotta con le termiti,
che alleva gelosamente in una teca nascosta dietro la reception. L’amante focosa in
un momento di euforia casualmente uccide l’uomo sposato e poi scopre che proprio quell’uomo probabilmente sarebbe
stato il suo assassino. I due attori porno,
dopo essersi confidati alcuni tra i segreti
più intimi, si innamorano l’uno dell’altra.
Uno dei due rapinatori inizia a parlare in
diretta con uno show man di una televendita confessando la rapina, mentre l’uomo disperato della 216 viene abbandonato telefonicamente dalla donna amata. La
rottura della teca di vetro che contiene le
termiti rappresenta la catastrofe finale. Un
improvviso terremoto fa crollare l’intero
edificio, mentre la polizia irrompe alla ricerca dei rapinatore disadattato della 221
e trova invece il trafficante di armi della
214. Tutti coloro che si trovano all’interno
dell’albergo vengono inghiottiti tragicamente.
P
resentato all’ultimo Festival di
Roma Aspettando il sole è il lungometraggio di esordio di Ago
Panini, regista già noto nel mondo della
pubblicità e dei videoclip. A metà strada
tra la commedia grottesca e il noir, il film
ha una dimensione corale ed è interpretato da un cast eterogeneo e convincente. Storia coraggiosa e originale, dal sa23
pore a tratti tarantiniano (basti citare Four
Rooms), l’opera di Panini sembra dettata
dal desiderio di novità. Senza pretese sociologiche, il regista in un’unica unità spazio temporale mette in scena le tragiche
esistenze di quindici personaggi, tutti con
un segreto da custodire. Essi prendono
vita in un posto qualsiasi ai confini del
mondo, nella provincia italiana degli anni
Ottanta, all’interno di un microcosmo, l’albergo Bellevue (ironico perché non c’è
nessun panorama da vedere). Chiara metafora di una prigione, la struttura vecchia
e simile a un casermone, è il rifugio di
diverse nevrosi e solitudini. In un’atmosfera claustrofobica e angosciante, fatta
di luci al neon, immagini e voci provenienti
dalla televisione, la macchina da presa si
sposta da una stanza all’altra comunicando un senso di vuoto interiore, dovuto alla
coscienza di trovarsi in una notte eterna,
dove si aspetta un sole che non sorgerà
mai. Ogni personaggio, mai onesto e trasparente fino in fondo, sarà vittima della
propria ossessione. Il rapporto tra la realtà e la finzione viene esasperato: in ogni
stanza c’è sempre un televisore acceso,
un registratore, un telefono o comunque
un mezzo che media e raddoppia fatti e
dialoghi, fungendo da commento su ciò
che accade. I protagonisti guardano film
che anticipano alle volte ciò che accadrà
in quella stanza, o i mezzi di comunicazio-
Film
ne intervengono nelle vite dei protagonisti
(è il caso di Gabriel Garko e la televendita), alle volte infine il racconto si fa mentre
la storia procede (con le menzogne telefoniche di Raul Bova) oppure viene esplicitato a parole (la vita sognata dagli attori
porno). I personaggi si sfiorano senza mai
toccarsi, in un collage di frammenti tra loro
distinti, legati solo attraverso un montaggio convulso, tra telefoni che squillano,
pianti disperati, guaiti di cane, sussurri e
grida che si mescolano tra loro come lo
zapping frenetico da un canale all’altro.
In un contesto surreale, il regista sembra
giocare a scacchi con i generi, contaminando e contaminandosi con immagini
bizzarre tipiche degli spot. E infine tutto
si autodistrugge. La rottura della teca che
contiene le termiti, “tra gli insetti più pericolosi”, rappresenta l’elemento devastan-
Tutti i film della stagione
te, causa della catastrofe a catena che
“inghiottirà” dalle fondamenta l’intero hotel. Nonostante ci siano idee già viste
come la coltivazione selvaggia e maniacale di elementi sterminatori come le termiti, l’idea del “tutto in una notte” seguito
dell’alba come catarsi purificatrice, Aspettando il sole è una piacevole sorpresa,
niente affatto scontata. C’è un’estrema
cura nella scrittura dei dialoghi, un ritmo
scorrevole nella sceneggiatura, nel disegno dei personaggi e nella composizione
del cast, con l’idea di utilizzare alcuni interpreti, anche molto popolari, in maniera imprevedibile. Gabriel Garko, finalmente liberatosi dall’etichetta di sex simbol, si
cala nei panni del siciliano disadattato,
mentre Raoul Bova nel convincente ruolo
drammatico dell’uomo disperato per amore, recita con grande generosità improvvi-
sando un dialetto umbro. A fianco a loro,
una stralunata Claudia Gerini in una sexy
lingerie in una parte molto scura e noir e
Vanessa Incontrada in un ruolo insolitamente casto, nonostante il personaggio
della pornostar interpretato. Si è capito che
Claudio Santamaria ben si adatta ai ruoli
da duro e Bebo Storti diverte nella parte
di uno strano regista che non si comprende se sia cinico o idealista. Un discorso a
parte merita Giuseppe Cederna, davvero
straordinario, che non a caso ha vinto il
premio per la migliore interpretazione maschile al XVI Festival del cinema italiano
di Annecy. Il suo portiere di notte frustrato
e apparentemente tranquillo, ma animato
da un mondo parallelo dai tratti nazisti, è
esilarante.
Veronica Barteri
VERSO L’EDEN
(Eden à l’Ouest)
Francia/Grecia/Italia, 2009
Suono: Thanassis Arvanitis
Effetti visivi: César Chiffre
Interpreti: Riccardo Scamarcio (Elias), Juliane Köhler (Christina Lisner), Ulrich Tukur (Nick Nickleby, il mago), Antoine
Monot Jr. (Karl), Eric Caravaca (Jack, vicedirettore Eden Club),
Konstandinos Markoulakis (Yvan), Florian Martens (Günther),
Odysseas Papaspiliopoulos (amico di Elias), Léa Wiazemsky
(Nina), Kristen Ross, Tess (amiche di Nina), Stella-Melina
Vasilaki (hostess), Gil Alma (Bob), Marissa Triandafyllidou (direttrice dell’Eden Club), Mona Achace (Mari-Lou), Alexandre
Bancel (Bernard), Igor Raspopov (Leonid), Ina Tsolakis (moglie di Leonid), Vitalyk Field (figlio di Leonid), David Lowe (Fred,
turista americano), Ana Paula Aurijo (Elena), Dylan Talleux
(assistente del mago), Arto Arpatian (commerciante del bazar), Tasos Kostis (autista ladro), Dina Mihailidou (Sofia),
Manolis Psychogioudakis, Konstantina Hamalaki (figli si Sofia), Antoine Monot je. (Karl), Ahmed Elkourachi (operaio), JianZhang (Kim), Jean-Pierre Gos (Franz), Jean-Christophe Folly
(cantante/musicista), Alain Aithnard (l’Africano), Costel Mirol
(capo degli zingari), Justin Blanckaert (Basile), François Criqui (Salem), Anny Duperey (signora che da un vestito a Elias),
Michel Robin (portiere del Lido)
Durata: 110’
Metri: 2950
Regia: Costa-Gravas
Produzione: Costa-Gravas, Manos Krezias, Jérôme Seydoux
per Odeon, Pathé Renn Productions/Nova/Novo RPI/K.G./
Greek Television ET-1/Greek Film Center/France 3 Cinéma/
East Media Services
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 6-3-2009; Milano 6-3-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Costa-Gavras, Jean-Claude
Grumberg
Direttore della fotografia: Patrick Blossier
Montaggio: Yannick Kergoat
Musiche: Armand Amar
Scenografia: Alexandre Bancel
Costumi: Mathé Pontanier, Ioulia Stavridou
Produttori esecutivi: Nikos Doukas, Kostas Lambropoulos
Co-produttori: Salem Brahimi, Léomard Glowinski, Dionyssis Samiotis
Direttori di produzione: Nikos Doukas, Laurence Lafiteau,
Florence Masset
Casting: Sotiria Marini, Marie-France Michael, Sabine Schroth
Aiuti regista: Joseph Rapp, Victor Holl, Dylan Talleux, Véronique Bréchot
Operatore/Operatore Steadicam: Michael Tsimperopoulos
Art director: Kostas Papageorgiou
E
lias, in fuga dal suo Paese insieme con altri centinaia di disperati su una carretta del mare, raggiunge a nuoto la riva eludendo il fermo dei
guardacoste in prossimità dell’arrivo. L’approdo è rappresentato da un villaggio vacanze (che si chiama, guarda caso, Eden Village), dove il giovane, sveglio e abituato a
darsi da fare e con una faccia da scugnizzo
e due begli occhi che non guastano, se la
cava senza perdersi d’animo: rubacchia qua
e là indumenti dimenticati dai ricchi, si sfa-
ma apprezzando la formula all-inclusive, si
spaccia per dipendente del villaggio rendendosi anche utile come idraulico e si copre di
gloria nel letto di una ricca tedesca, in quei
giorni senza il proprio compagno, trattenuto in patria per affari. Elias riesce ad abbandonare il posto con un piccolo catamarano e prende terra sulla costa greca, dove,
è aiutato da una commerciante di polli, vedova e con una bambina. Il giovane dura
poco anche lì perché il suo scopo, oltre che
sfuggire alle voglie della pollarola, è arri24
vare a Parigi, al mitico Lidò, per contattare
un prestigiatore che aveva conosciuto al villaggio vacanze. L’attraversamento della
Grecia non è facile: prima in autostop, in
macchina con una coppia di isterici che lo
scarica presto, poi su un TIR di due camionisti tedeschi gay che lo portano fino in
Germania. Qui Elias sosta qualche giorno
lavorando come schiavo in un’impresa di
materiali ferrosi che sfrutta il lavoro clandestino; poi fugge anche da lì e, un po’ rubando, un po’ con l’aiuto di qualcuno meno
Film
Tutti i film della stagione
abietto incontrato per strada, raggiunge
Parigi: al Lidò l’incontro con il mago è sterile e lo lascia ancora una volta solo. Elias
rientra in città, pronto a cavarsela, come
sempre, in qualche modo.
C
i chiediamo che film sarebbe stato se al posto dello sguardo assassino di Riccardo Scamarcio
avesse avuto come centralità d’interprete
il volto segnato dagli stenti e dagli orrori
del Paese di provenienza dei tanti clandestini che vediamo girovagare per le nostre
città. Costa-Gavras ha detto nelle interviste che se avesse scelto un clandestino
brutto sarebbe stato tacciato di razzismo
e capiamo questa risposta fino a un certo
punto; comunque si tratta di un film e quindi
è giusto così. Doppiamente giusto perché
il regista utilizza il suo attore fingendo di
dimenticarne l’aspetto seduttivo e la sua
vincente fisicità, per ricrearlo protagonista
di un moderno slapstick, facendolo correre inseguito da donne e poliziotti, in bilico
su automobili, immerso nell’acqua con in
bocca un panino afferrato chissà come,
con addosso abiti sempre diversi, rubati e
ancora regalati, perché nessuno gli resiste. Lui pare non rendersi conto della forza mostruosa della sua seduzione e vola
verso Parigi, pronunciando quattro parole
di un gramelot incomprensibile e lasciandosi ai lati e alle spalle l’umanità abietta,
onnivora e meschina dei nostri tempi, con
la dovuta eccezione delle donne (e non
solo) sciolte al sole per quel paio d’occhi.
Favola? Certo, ma non solo; il viaggio
del suo attore, mezzo Charlot, mezzo Alice
nel Paese delle Meraviglie, per Costa-Gavras non è solo una favola, perché il vecchio
cineasta ci tiene a graffiarla e macchiarla con
qualcosa che ricorda la denuncia politica e
morale dei suoi grandi lavori del passato; ma
non basta a farne un film forte, duro che ci
faccia guardare il forte, il violento, lo spietato
che c’è intorno a noi, cosa sia il problema
dell’immigrazione clandestina, la vita dei tantissimi, senza speranza né umanità, per i
pochi che riescono a salvarsi.
Chapliniano anche il finale: uno del Lidò
dice che solo un mago potrebbe oggi salvare il mondo; il mago finalmente trovato
se ne va lasciando Elias senza soluzioni;
questi si allontana di spalle, senza drammi;
ma sì, ci sarà pure ancora una donna da
qualche parte vogliosa di averlo vicino.
Fabrizio Moresco
COME UN URAGANO
(Nights in Rodanthe)
Stati Uniti, 2008
Regia: George C. Wolfe
Produzione: Denise Di Novi per DiNovi Pictures/Village Roadshow Pictures/Warner Bros. Pictures
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia
Prima: (Roma 19-12-2008; Milano 19-12-2008)
Soggetto: dal romanzo di Nicholas Sparks
Sceneggiatura: Ann Peacock, John Romano
Direttore della fotografia: Affonso Beato
Montaggio: Brian A. Kates
Musiche: Jeanine Tesori
Scenografia: Patrizia von Brandenstein
Costumi: Victoria Farrell
Produttori esecutivi: Bruce Berman, Doug Claybourne, Dana
Goldberg, Alison Greenspan
Casting: Lisa Mae Fincannon, Lynn Kressel
Aiuti regista: Van Hayden, Michael G. Jefferson, Traci M. Lewis,
Brian Niemczyk, Nancy L. Ventura, Thomas Parris, Brian Avery Galligan
Operatori: Chris Jones, Paul Varrieur,
Art director: William G. Davis
Arredatore: James Edward Ferrell Jr.
Trucco: Sandra S. Orsolyak, Vivian Baker
Acconciature: Kari Delaney, Peter Tothpal
Effetti speciali trucco: Robert Hall (Almost Human Inc.)
Coordinatori effetti speciali: Robert Calvert, Geoffrey C.
Martin
Supervisori effetti visivi: Eric Durst, Ray McIntyre Jr.
Coreografie: Aakomon Jones
Interpreti: Diane Lane (Adrienne Willis), Richard Gere (dr. Paul
Flanner), Christopher Meloni (Jack Willis), Viola Davis (Jean),
Becky Ann Baker (Dot), Scott Glenn (Robert Torrelson), Linda
Molloy (Jill Torrelson), Pablo Schreiber (Charlie Torrelson), Mae
Whitman (Amanda Willis), Carolyn McCormick (Jenny Flanner),
Ted Manson (vecchio Gus), Ato Essandoh (amante di Jean), Terri
Denise Johnson, John Lewis (medici), Jessica Lucas, Huyen Thi
(infermiera), Marisela Ramirez (paziente), Kimberly Sauls (donna incinta), Irene Ziegler (donna dell’agenzia immobiliare), Dihedry Aguilar (passeggero del bus), William D. Hooper (pescatore),
hal Scarborough (Capitano del traghetto), Candy Dennis, Gail
Lane, Chookie Ramsey (donna sul traghetto), Patryk Andrzejczak (ragazzo sulla barca), Mia Clarke (Adrienne Willis da bambina), James Franco (Mark Flanner), John H. Peebles (chirurgo)
Durata: 97’
Metri: 2700
25
Film
A
drienne è una donna che si sta riprendendo dalla rottura con il
marito e che cerca di andare avanti con la sua vita occupandosi con amore
dei suoi due figli. Combattuta da sentimenti
contrastanti dopo la richiesta del marito
di tornare con lei, la donna accetta l’invito dell’amica Jean che le chiede di badare
al suo albergo a Rodanthe sulla costa del
North Carolina per un fine settimana. La
stagione è finita e l’albergo per quel
weekend ha un solo ospite, Paul, un medico che ha sacrificato la famiglia alla carriera e che arriva nella cittadina sull’oceano per affrontare una profonda crisi di
coscienza. Nella zona è previsto l’arrivo
di un uragano. La prima sera, Paul chiede
ad Adrienne di cenare con lui: l’uomo racconta di avere un figlio medico e confessa
di essere lì per parlare con una persona.
Paul ha avuto un grave problema sul lavoro: durante un’operazione di routine,
una paziente è morta sotto i suoi ferri. Paul
è a Rodanthe per parlare con il marito,
Robert Torrelson. Recatosi a casa dell’uomo, Paul viene cacciato in malo modo dal
figlio. Tornato in albergo, il dottore si sfoga con Adrienne raccontando della morte
improvvisa della donna. A cena, i due approfondiscono la loro conoscenza: il medico racconta che suo figlio Mark era in
ospedale quando morì la signora Torrelson e non approvò il fatto che Paul non sia
andato a comunicare di persona al marito
la morte della paziente. Poco dopo, il giovane decise di partire per l’Ecuador. Il
giorno seguente, il medico riceve la visita
del signor Torrelson, al quale cerca di spiegare che il caso di sua moglie è una rarissima reazione all’anestesia. Dopo aver ribadito le sue accuse, Torrelson va via distrutto dal dolore. Quella notte, l’uragano
si scatena con tutta la sua forza devastatrice. Paul e Adrienne si rintanano dentro
casa, la corrente salta e i due finiscono per
baciarsi. Il mattino dopo, Adrienne viene
a sapere che suo figlio è in ospedale per
un attacco d’asma e si sente in colpa per
non essere al suo fianco. Paul confessa di
invidiarla per il suo rapporto con i figli.
Adrienne accompagna Paul da Torrelson.
L’uomo fa un commovente discorso su sua
moglie, alla fine del quale Paul riesce a
chiedergli scusa. Passato l’uragano, in
paese c’è una festa e quella stessa notte
Paul e Adrienne fanno l’amore. Il mattino
dopo, il medico parte per l’Ecuador. Pochi giorni dopo, Adrienne comunica ai figli che non tornerà con il loro padre; la
figlia Amanda non accetta quella decisione. Nel frattempo, riceve molte lettere da
Tutti i film della stagione
Paul: è felice e innamorata e finalmente
arriva il weekend in cui Paul verrà a trovarla. Adrienne lo attende invano per tutta una notte. Il mattino dopo, la donna riceve la visita di Mark che le annuncia che
suo padre è morto in Ecuador sommerso
da una frana provocata da un temporale.
Sola con il suo dolore, Adrienne apre la
scatola degli effetti personali di Paul e trova una lettera che non aveva ancora spedito. I figli tornano a casa e trovano la
madre distrutta. Nei giorni seguenti, Amanda si occupa amorevolmente della madre
che trova il coraggio di aprire il cuore a
sua figlia parlandole di Paul. Tempo dopo,
Adrienne torna a Rodanthe dove la assalgono i ricordi. Scesa in spiaggia, la donna
vede arrivare al galoppo un leggendario
gruppo di cavalli di cui le aveva parlato
Paul.
N
egli ultimi tempi da più parti si è
lanciato un vero SOS in materia
di sentimenti. Si è fatto un gran
parlare di “anoressia relazionale”, “analfabetismo sentimentale”, “consumismo
sessuale”, come se l’amore, quello vero,
quello forte, quello passionale, sia sparito dall’orizzonte delle nostre vite. Assente, latitante, sempre più spesso inghiottito da altre priorità o semplicemente confuso con altri surrogati. Insomma, sembra che non siamo più capaci di provare
un autentico abbandono, è come se ci
fossimo tutti “rinsecchiti dentro” a dispetto di una libertà di costumi solo ingannevole. Tra le molte voci, si è distinta quella
della scrittrice Elettra Aldani in un libro il
cui titolo è un tutto un programma “La passione. Prima, durante, dopo”. È proprio sul
terreno dei rapporti umani, suggerisce la
scrittrice, più che su quello della crisi
economica, che dovremmo giocare la
partita futura. Ed è proprio sul bisogno
di recuperare “l’alfabeto del cuore” che
fa leva il film Come un uragano, dove a
farla da padrone è proprio lei, l’autentica passione, quella passione che vuol
dure innanzitutto coraggio, ostinazione,
forza di credere nei sogni e di abbandonarsi all’amore.
La forza della natura e la forza dell’amore. Un forte binomio non c’è che dire.
La forza di un uragano che diventa ovvia
metafora della potenza dell’amore. È come
se un flusso ininterrotto collegasse la turbolenza esterna e quella interna.
I due protagonisti sono “catalizzatori
dell’auto-realizzazione uno dell’altra” ha
sottolineato la sceneggiatrice del film Anne
Peacock. Lui permette a lei di fare ciò che è
26
giusto per lei e non quello che si sente condizionata a fare, mentre lei permette a lui di
abbassare la guardia e aprirsi all’idea dell’amore e dell’indulgenza. Due persone in
crisi che possono abbassare le loro difese
e riuscire a mettersi in contatto. Morale: un
materiale per una perfetta love story destinata soprattutto al pubblico femminile desideroso di sospiri e lacrime. Nulla di cui stupirsi se si pensa che il film è tratto da un
libro di Nicholas Sparks, autore di romanzi
di successo divenuti film di altrettanto successo come “Le parole che non ti ho detto”,
“I passi dell’amore”, “The Notebook – Le
pagine della nostra vita”. I due ‘belloni’, che
il passare del tempo ha reso ancora più affascinanti, si ritrovano a recitare insieme per
la terza volta dopo Cotton Club di Francis
Ford Coppola del 1983 (la bella Diane aveva solo diciotto anni e Gere era il nuovo sex
symbol delle platee femminili esploso grazie a successi come American Gigolo e
Ufficiale e gentiluomo) e dopo il dramma
d’amore e morte Unfaithful – L’amore infedele di Adrian Lyne del 2001. E l’intesa
fra i due è, dobbiamo ammetterlo, davvero forte, una specie di “magia sentimentale”. Ma ora iniziano le dolenti note. La
regia è di George C. Wolfe, una prestigiosa carriera di regista, produttore e autore
teatrale alle spalle che, al suo esordio sul
grande schermo cade sul terreno scivoloso delle più comuni retoriche del caso:
fotografia ai toni pastello che illumina ad
arte i volti dei due protagonisti, musica
nei punti nodali, effetti sonori ‘ad hoc’ nelle scene dell’uragano che fa scoccare la
passione e poi atteggiamenti ritrosi e slanci passionali, lettere d’amore che grondano banalità, scatole che custodiscono
gelosamente gli “oggetti dell’amore”; infine, apparizioni improvvise di cavalli selvatici al galoppo su spiagge deserte!
Se il panorama sentimentale non convince, affascina molto di più quello naturale. La zona di Outer Banks, dove si trova
la piccola città di Rodanthe, è una sottile
striscia di terra lunga circa 160 chilometri
sulla costa del North Carolina, separa
l’oceano dalla baia di Albemarle (a nord)
e dalla baia di Pamlico (a sud) ed è conosciuta anche come “il cimitero dell’Atlantico”. È una regione bellissima ma, ahimè,
con un triste primato, se è vero che vanta
la più alta densità di naufragi al mondo.
Che il nostro regista sia naufragato con
tutta la macchina da presa nelle gelide
acque dell’Atlantico? Peggio di un Titanic,
insomma.
Elena Bartoni
Film
Tutti i film della stagione
EMBER-IL MISTERO DELLA CITTÀ DI LUCE
(City of Ember)
Stati Uniti, 2008
Regia: Gil Kenan
Produzione: Gary Goetzman, Tom Hanks, Steve Shareshian
per Playtone/Walden Media
Distribuzione: Eagle Pictures
Prima: (Roma 19-12-2008; Milano 19-12-2008)
Soggetto: dal romanzo La città di Ember di Jeanne DuPrau
Sceneggiatura: Caroline Thompson
Direttore della fotografia: Xavier Pérez Grobet
Montaggio: Zach Staen
Musiche: Andrew Lockington
Scenografia: Martin Laing
Costumi: Ruth Myers
Produttori esecutivi: Diana Choi, John D. Schofield
Direttori di produzione: Terry Bamber, David Cain, John D.
Schofield
Casting: Richard Hicks, David Rubin, Gail Stevens
Aiuti regista: Patrick Clayton, Aron Clayton, Paul Butterworth,
Michael Stevenson, Leon Coole, Samantha Ross
Operatore: Peter Field
Operatore steadicam: Alastair Rae
Supervisore art direction: Jon Billington
Art directors: James Foster, Ashleigh Jeffers
Arredatore: Celia Brobak
Trucco: Liz Boston, Sally Jaye, Niamh O’Loan,
Supervisore effetti speciali: Kit West
A
l compimento dei dodici anni a
Lina Mayfleet e Doon Harrow,
come al resto degli abitanti della
città sotterranea di Ember, viene assegnato
un lavoro. Ember cade letteralmente in pezzi
e, nonostante la potenziale inutilità delle
loro mansioni (messaggera lei, addetto alle
tubature lui), i due coraggiosi ragazzini vogliono a ogni costo venire a capo del mistero che sovrasta da più di due secoli la città
di luce. I blackout energetici sono sempre
più frequenti, la città è quasi preda dell’oscurità, l’enorme generatore che la alimenta si sta deteriorando, le sue luci abbaglianti sono sempre più flebili. Ma non è
sempre stato così, come narrano le cronache di Ember, che ogni buon cittadino ben
conosce. Per generazioni, la popolazione
della città di luce ha prosperato nel sottosuolo, senza tuttavia sapere di esserci. Costruita due secoli prima da non meglio identificati – ma molto adorati – Padri Fondatori, Ember è stata sicuro rifugio per uomini e donne, ma è ormai chiaro per tutti che
non lo sarà ancora a lungo. Intorno alla
città si estendono soltanto buie terre desolate, popolate da animali mortali, e il generatore è l’unica fonte di vita: quando si estinguerà sarà morte certa per tutti.
Nonostante la fondata preoccupazione
per l’avvenire, gli studenti di Ember, tra cui
Lina e Doon, affrontano con trepidante entusiasmo il rito di passaggio per tutti i diplo-
Supervisori effetti visivi: Olivier Cauwet (BUF), Vincent
Cirelli (Luma Pictures), Eric Durst
Coordinatori effetti visivi: Carole Coeley, Francisco Ramirez
Supervisore musiche: Lindsay Fellows
Supervisore animazione: Pimentel A. Raphael (Luma Pictures)
Supervisore costumi: William McPhail
Interpreti: Saoirse Ronan (Lina Mayfleet), Harry Treadaway
(Doon Harrow), Tim Robbins (Loris Harrow), Bill Murray (Sindaco Cole), Marianne Jean-Baptiste (Clary), Martin Landau
(Sul), David Ryall (capitano Builder), B.J. Hogg (guardia del
Maggiore), Toby Jones (Barton Snode), Lucinda Dryzek (Lizzie
Bisco), Matt Jessup (Joss), Lara Jessup (Roner), Myles Thompson (Smat), Eoin McAndrew, Rachel Morton, Conor MacNeill
(studenti), Lorraine Hilton (Miss Thorn), Liam Burke (Mr. Boaz),
Mary Kay Place (Mrs. Murdo), Liz Smith (nonna), Simon Kunz
(capitano Fleery), Frankie McCafferty (Arbin Swinn), Heathcote Williams (Sadge Merrall), Mackenzie Crook (Looper), Maureen Dow (Mrs. Sample), Becky Stark (Insegnante di canto),
Brid Ni Chionaola (Seely Schnap), Mark Mulholland (pittore),
Ian McElhinney (costruttore), B.J. Hogg (guardia del sindaco),
Ann Queensberry (dott. Tower), Amy Quinn, Catherine Quinn
Durata: 95’
Metri: 2400
mati: il Giorno delle Assegnazioni. Il giorno, cioè, in cui il sindaco in persona presenzia di fronte ai diplomandi, mentre essi scelgono, tramite una lotteria, il modo in cui trascorreranno le loro vite, lavorando per la loro
società. Lina sogna da sempre di sfrecciare
per le strade con la divisa da messaggero,
ma è stata assegnata alla rete delle tubazioni. Doon, che più di qualsiasi altra cosa vorrebbe lavorare al Generatore, e magari ripararlo, estrae l’incarico di messaggero. Uno
scambio degli incarichi tra i due renderà
estremamente felice lei, accontenterà lui (le
tubazioni sono vicine al generatore) e cementificherà la nascente amicizia.
Lina svolge con destrezza l’incarico di
messaggero: si tratta di girare a piedi –
correndo - per la città per recapitare, a
voce, messaggi tra gli abitanti; dal semplice agricoltore al sindaco, tutti usano
questo mezzo di comunicazione, anche perché è l’unico e tutti i messaggi sono ugualmente importanti. Doon svolge invece il suo
lavoro nelle buie viscere di Ember, tra tubi
che perdono, talvolta non riparabili e scopre che la città cade a pezzi ancora di più
di quanto avesse mai potuto immaginare.
Intanto la vita quotidiana si ripete uguale
a sempre, con le riserve di cibo – in scatola – che scarseggiano sempre di più e gli
abiti che, dopo generazioni di rammendi e
toppe, non hanno più un colore definibile.
Un giorno, nell’armadio di casa, Lina
27
trova una vecchia scatola di metallo. La
malandata nonna, con cui la ragazzina
divide la casa insieme alla sorella minore
Poppy, sembra molto felice: è assolutamente certa che il contenuto della scatola sia
molto importante, solo che ne ha dimenticato la ragione. Lina riesce ad aprire il
lucchetto della scatola e all’interno trova
alcuni documenti il cui significato le appare incomprensibile. Incapace di decifrarli, Lina prova a chiedere aiuto al sindaco,
ma una volta giunta al suo cospetto capisce di aver commesso un errore. L’uomo è
chiaramente corrotto, egoista e spregevole; un black out le offre l’opportunità di
fuggire nel buio. Lina si rivolge allora a
Doon. Inizialmente scettico, il ragazzo apprende poi con sorpresa, insieme all’amica, che le informazioni all’interno della
scatola potrebbero aiutarli a salvare la
Città. Tutto ciò non può essere un caso: la
famiglia di Lina discende da uno dei primi
sindaci di Ember. Mentre i blackout diventano sempre più frequenti, gettando nel
panico e nello sconforto la popolazione, i
due ragazzi iniziano a seguire gli indizi,
destreggiandosi tra politici corrotti e personaggi deplorevoli, tra cui anche una cara
amica di Lina, che, assegnata ai magazzini, non si fa scrupoli nel rubare le esigue
risorse alimentari, complice del suo nuovo fidanzato, lo spregevole Looper, scagnozzo di fiducia del sindaco.
Film
Alla morte della nonna, Lina e Poppy
vengono accolte in casa di una vicina e la
ragazza ha ora più tempo per dedicarsi alla
ricerca della via d’uscita da Ember. Durante le esplorazioni sotterranee, Doon e
Lina si imbattono in un magazzino segreto
stracolmo di cibo, scoprendo anche che il
sindaco non ha alcuno scrupolo ad avvalersene di nascosto, mentre la città non ha
più nulla da mangiare. Rischiando il tutto
per tutto, mentre i cittadini sono riuniti
nella piazza principale a intonare inni patriottici, Lina, Doon e la piccola Poppy
risalgono verso la superficie grazie a una
piccola imbarcazione studiata appositamente per la fuga, ripercorrendo all’inverno la strada dei Padri Fondatori. L’amara sorpresa è che il nuovo mondo che si
trovano di fronte è avvolto nelle tenebre.
Dopo un sonno ristoratore, i tre si svegliano alla luce di qualcosa per loro sconosciuta: il sole, che mostra loro la bellezza
del mondo e la ricchezza in frutti della terra dall’inaudita bontà. Da una spaccatura del terreno scoprono, a chilometri di
profondità, le luci della città di Ember, e
lanciano un messaggio scritto nelle viscere della terra, con le istruzioni per fuggire. Il biglietto verrà raccolto e una vita
migliore si prospetta così per tutti gli abitanti della città di luce.
E
rano gli anni Ottanta quando
Jeanne DuPrau decideva di raccontare in un romanzo le sue angosce di bambina; il timore di una catastrofe nucleare l’accompagnava fin dall’infanzia, vissuta in quegli anni Cinquanta in
cui scavare nella terra per costruire rifugi
era una consuetudine che nel mondo occidentale – ma non solo – donava sicurezza. La genesi di Ember – Il mistero della
città di luce – (che si svilupperà, in seguito, per un totale di quattro libri, tutti di enorme successo negli States) prende dunque
il via dalla fantasia di una ragazzina spaventata che, attraverso le pagine di un romanzo, riesce a sdoppiarsi in due giovanissimi salvatori della patria. Caparbi e mai
domi, Lina e Doon si completano a vicenda e soltanto l’unione delle loro acerbe forze consentirà la sconfitta di politici corrotti
e cittadini disonesti che, a quanto pare, si
trovano a proprio agio anche sottoterra.
La visione della città di Ember non si
dimentica: illuminata soltanto da un cielo
di lampadine, che la immergono in un’atmosfera giallastra che quasi cancella ogni
altro colore, è composta da casette addossate l’una all’altra come in un presepe, che
si affacciano su un dedalo di vicoli e poche strade principali, che confluiscono tutte
in una piazza centrale, il classico fulcro
Tutti i film della stagione
della vita sociale e politica. La realizzazione cinematografica è curatissima, molto
vicina a quel che il lettore del romanzo può
immaginare, conservando intatto quel tocco di magia che soltanto i luoghi inesistenti
nella realtà possono avere.
Tuttavia la situazione è al collasso. Da
qualche tempo il generatore di energia perde i colpi, i blackout si susseguono a un ritmo sempre più serrato, le derrate alimentari
scarseggiano, e ogni abito, pezzo di carta o
filo di tessuto è stato riutilizzato più e più volte.
Perché, e questo piacerà molto agli ambientalisti – e dovrebbe far riflettere un po’ tutti –
a Ember nulla viene gettato, ogni cosa viene accomodata, trasformata, reinventata e,
per quanto logora, passata alla generazione successiva. In risposta alla crisi, il viscido
sindaco Cole (interpretato da Bill Murray, che
panciuto così non s’è mai visto prima) adotta l’antica formula del panem (per sé, alla
faccia della carestia) et circenses (il popolino va in brodo di giuggiole, con la giornata
annuale dei canti), e medita altruisticamente la salvezza della sua sola persona. Ovviamente le cose prenderanno una piega diversa, ma non confluirà in un epico scontro
tra bene e male, perché le due parti si limiteranno a guardarsi in cagnesco per lo più a
distanza. Ma va bene così.
La sceneggiatura, firmata da Caroline
Thompson (Edward Mani di forbice), è piuttosto fedele al testo originale e il giovane
regista Gil Kenan (il suo esordio? Il pluripremiato e nominato all’Oscar film d’animazione Monster House) è riuscito nell’intento di realizzare un action movie avventuroso quanto fantastico, dal ritmo serratissimo,
eppure mai angosciante, il che lo rende un
prodotto adatto anche ai più piccoli.
Nel film, come del resto nel romanzo, non
vengono fornite spiegazioni sul perché l’umanità, nella figura quasi mitologica dei Costruttori, abbia deciso di (ovvero, sia stata costretta a) vivere a centinaia di metri sottoterra,
dandosi addirittura una scadenza prefissata di due secoli: una catastrofe incombente,
o forse una sciagura in atto, chissà. Come
nessuna giustificazione viene data riguardo
le ragguardevoli dimensioni raggiunte dagli
animali delle oscure terre che circondano
Ember (talpe e coleotteri) che occasionalmente i nostri eroi incontrano sul loro cammino. Questo forse può dare un po’ fastidio,
o quantomeno lasciare una sensazione di
incompletezza narrativa (nulla di insuperabile, a ogni modo). Inutile aggiungere che il
romanzo fornisce delucidazioni maggiori,
anche riguardo la genesi stessa di Ember.
La città è la vera protagonista del film, e
non potrebbe essere altrimenti, mentre il cast
eterogeneo affianca stelle nascenti – Saoirse Ronan è la ragazzina di Atonement – e
attori navigati divisi tra piccoli e grandi ruoli
(c’è anche Toby Jones), tutti accomunati di
tanto in tanto, da uno sguardo perplesso di
troppo. Realmente altisonanti le dichiarazioni di Padri Fondatori e Costruttori, in cui si
imbattono i giovani eroi tra targhette murali,
testi e inni. Eccone un esempio: “Benvenuto
nella Città di Ember. Come onorevole membro della società, sei stato scelto per mantenere viva la fiamma dell’umanità. Grazie a
te, la razza umana può sperare in un futuro
lungo e prosperoso”.
Manuela Pinetti
DALL’ALTRA PARTE DEL MARE
Italia, 2009
Regia: Jean Sarto
Produzione: Rean Mazzone per Dream Film Ila Palma/Caro Film
Distribuzione: Caro Film
Prima: (Roma 27-3-2009; Milano 27-3-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Monica Rapetti
Direttore della fotografia: Aldo Di Marcantonio
Montaggio: Patrizia Ceresani
Musiche: Alessandro Molinari
Scenografia e costumi: Erminia Palmieri
Organizzatore: Barbara Spina
Supervisione alla regia: Veronica Bilbao La Vieja
Suono: Michele Tarantola
Interpreti: Galatea Ranzi (Clara), Vitaliano Trevisan (Abele), Fulvio Falzarano (Claudio), Tony Allotta (Filippo), Viviana Di Bert (Gigliola), Alessandra Battisti (Franca),
Paolo Summaria (Fabrizio), Gordana De Santis (Tosca), Dino Castelli (padre di
Clara)
Durata: 80’
Metri: 2214
28
Film
P
arigi, 1979. La documentarista
Clara intervista la pianista Tosca
Marmor, maestra di musica sopravvissuta alla Shoah. Roma, giorni nostri: Clara viene chiamata dal regista teatrale Abele per collaborare alla messa in
scena tratta dal libro, scritto da un altro
sopravvissuto ad Auschwitz, Ka-Tzetnik
135633, che dopo 30 anni ha accettato di
rivivere la devastante esperienza del campo di concentramento sottoponendosi a una
terapia a base di LSF, in 5 sedute denominate “Cancelli della memoria”. La compagnia di Abele inizia a studiare la rappresentazione – termine che lo stesso regista disprezza paragonandolo alla “prostituzione sentimentale”, con cui troppo spesso il mondo dello spettacolo ha cercato di
riportare in vita orrori come quello dell’Olocausto di per sé irrappresentabile –
che prevede la continua sovrapposizione
delle due esperienze, da una parte Ka-Tzetnik, dall’altra Tosca. Ma i conflitti tra Clara e Abele, la prima decisa a entrare più
direttamente nel soggettivo delle singole testimonianze, il secondo fermo sulle sue posizioni di “letture neutre” e impostazione
oggettiva, ben presto arrivano a coinvolgere tutti gli altri attori, che iniziano a
dubitare della bontà del progetto.
Durante i sopralluoghi a Trieste (città
Tutti i film della stagione
che ha commissionato ad Abele il lavoro
in occasione della Giornata della Memoria), poi, Clara inizia a fare delle ricerche
su suo padre, scomparso quando lei aveva
appena 8 anni, mentre Abele si convince
sempre più dell’impossibilità di esprimere
l’inesprimibile, desistendo dall’impresa di
mettere in piedi il suo teatro itinerante. Il
passato irrompe con forza, e una foto trovata negli archivi della città svela a Clara
una realtà indicibile: il padre prese parte
al movimento dei collaborazionisti sloveni nel ’43; la donna decide di incontrarlo,
dopo aver scoperto che l’uomo vive ancora in città. Impiegato alle ferrovie, il padre finge di non sapere chi sia, pur lasciando trasparire un male di vivere irrisolvibile. Clara lo percepisce e riesce così a lasciarsi alle spalle i suoi fantasmi; dal molo
potrà guardare dall’altra parte del mare.
M
emoria e rappresentazione. Archivio, teatro e cinema. Ambizioso per contenuti e forma, Dall’altra parte del mare segna l’esordio in regia
di Jean Sarto (all’anagrafe Giancarlo Sartoretto), produttore, sceneggiatore e autore di qualche cortometraggio; attraverso la
commistione dei vari linguaggi riporta in
superficie orrori comunque impossibili da
dimenticare, riflettendo sulla “spettacola-
rizzazione” quale elemento per antonomasia in conflitto con la materia da rendere
nuovamente “viva” attraverso il ricordo. Il
discorso teorico è manifesto, portato avanti
con insistenza, rischiando di sfiorare in più
di qualche occasione la didascalia: come
l’abuso di inserti (come quelli ai tavolini del
bar, dove i personaggi si ritrovano dopo le
prove teatrali a dibattere sul senso di quanto stanno facendo), o la virata sulla “questione personale”, quella che accompagna
l’evoluzione di Clara, ulteriore strumento
per sottolineare il punto di vista della donna, convinta, a differenza di Abele, che il
compito di un attore preveda anche la possibilità di rimettere in scena l’orrore. Ed è
proprio il contrasto con il regista, interpretato da un Vitaliano Trevisan comunque
troppo compassato, a tenere in vita l’interesse di un film che si accartoccia su se
stesso, senza riuscire a scrollarsi di dosso la pesantezza di dialoghi e monologhi
che da teatrali non sanno farsi cinematografici: che fosse proprio questa la tesi metalinguistica, nascosta e da dimostrare in
Dall’altra parte del mare? Potrebbe darsi,
ma il cammino per arrivarci è sin troppo
faticoso, a tratti estenuante, in una parola:
irrappresentabile.
Valerio Sammarco
MADAGASCAR 2
(Madagascar: Escape 2 Africa)
Stati Uniti, 2008
di Paul Jabara, Paul Shaffer; “Prologo” da “West Side Story” di
Regia: Tom McGrath, Eric Darnell
Leonard Bernstein, Stephen Sondheim; “Copacabana (At the
Produzione: Mireille Soria, Mark Swift per DreamWorks AniCopa)” di Jack Feldman, Bruce Sussman, Barry Manilow (Barry
mation/Pacific Data Images (PDI)
Manilow); “New York, New York” (John Kander, Fred Ebb)
Distribuzione: Universal
Voci originali: Ben Stiller (Alex, il leone), Chris Rock (Marty, la
Prima: (Roma 19-12-2008; Milano 19-12-2008)
zebra), David Schwimmer (Melman, la giraffa), Jada Pinkett
Soggetto e sceneggiatura: Etan Cohen, Eric Darnell, Tom
Smith (Gloria, l’ippopotamo), Sacha Baron Cohen (Re Julien),
McGrath
Cedric the Entertainer (Maurice, il lemure), Andy Richter (Mort,
Montaggio: Mark A. Hester, H. Lee Peterson
il lemure), Bernie Mac (Zuba), Alec Baldwin (Makunga), Sherri
Musiche: Hans Zimmer
Shepherd (Florrie), Will.i.am (Moto Moto), Elisa Gabrielli
Scenografia: Kendal Cronkhite
(Nana), Tom McGrath (Skipper), Chris Miller (Kowalski), ConSupervisori effetti visivi: Philippe Gluckman, Scott Sinrad Vernon (Mason), Quinn Dempsey Stiller, Declan Swift (Alex
ger, Jason Schleifer, Jason Spencer Galsworthy
bambino), Willow Smith (Gloria bambina), Thomas Stanley
Coordinatori effetti visivi: Max Rodriguez, Lindsay Ca(Marty bambino), Zachary Gordon (Melman bambino), Eric
plan
Darnell (Joe), Stephen Kearin (Stephen/turista con la telecaSupervisori animazione: Denis Couchon, Cassidy Curtis,
mera), Phil LaMarr (guida), Fred Tatascione, Christopher KniSean Mahoney
ghts
Storyboard: Kelly Asbury, Gary Graham, Tim Heitz
Doppiatori italiani: Alessandro Besentini (Alex, il leone), FranCanzoni/Musiche estratte: “The Traveling Song”, “Big and
cesco Villa (Franz) (Marty, la zebra), Roberto Gammino (MelChunky”, “She Loves Me”, “Best Friends” di Hans Zimmer,
man, la giraffa), Chiara Colizzi (Gloria, l’ippopotamo), Oreste
Willi i Am (Will i Am); “More Than a Feeling” di Tom Scholz
Baldini (Re Julien), Roberto Draghetti (Maurice, il lemure),
(Boston); “Born Free” (John Barry); “I Like To Move It” di Erck
Massimiliano Alto (Mort, il lemure), Marco Mete (Zuba), SteMorillo, Mark Quashie (Reel 2 Real, Mark Quashie); “I Like To
fano De Sando (Makunga), Roberto Pedicini (Moto Moto)
Move It” di Erick Morillo, Mark Quashie (Will i Am); “Le quattro
Durata: 92’
stagioni” (Antonio Vivaldi); “Il buono, il brutto, il cattivo” (Ennio
Morricone); “Private Dancer” (Mark Knopfler); “It’s Raining Men” Metri: 2220
29
Film
U
n flashback introduce l’infanzia
di Alex il leone. Nato in Africa e
figlio del maschio alfa del branco, Zuba, il cucciolo Alekey è più portato
verso la danza che non per la caccia. Mentre
Makunga, un altro leone, cerca di usurpare
il ruolo di Zuba, Alekey viene catturato dai
bracconieri. La cassa di legno in cui è rinchiuso finisce in un fiume e da lì poi nell’Atlantico; una volta ripescato, Alekey viene
consegnato allo Zoo New York, di cui diventa l’attrazione principale: Alex, il primo leone ballerino. Dopo essere fuggito dallo Zoo
insieme ai suoi amici, la zebra Marty, la giraffa Melman e l’ippopotamo Gloria, ora
Alex si ritrova sull’isola di Madascar. I nevrotici pinguini, che li avevano accompagnati
nell’avventura raccontata nel precedente
film, sono riusciti a rimettere in sesto un vecchio aeroplano ritrovato sull’isola e ora tutti
insieme progettano di ritornare a New York,
alla vita facile e coccolata dello Zoo. Purtroppo, il piano fallisce e l’aereo è costretto
a un atterraggio di fortuna in Africa. Alex
ritrova la sua famiglia, Marty è felice con di
ritrovarsi insieme a un branco di zebre esattamente identiche a lui, l’ipocondriaco Melman diventa lo ‘stregone’ della zona e Gloria sembra aver trovato l’amore nel prestante Moto Moto. Ma le cose non vanno per il
verso giusto. Il malvagio e invidioso Makunga cerca ancora di prendere il potere e costringe Alex a sostenere una prova di coraggio, dalla quale il giovane leone esce però
sconfitto. Makunga riesce alla fine, nel suo
intento e diventa il capo del branco al posto
di Zuba, che viene espulso insieme alla sua
famiglia. Melman si convince di essere gravemente e mortalmente ammalato e non riesce a confessare il proprio amore per Gloria, che però nel frattempo si è accorta della
vacuità e della idiozia di Moto Moto. Anche
per Marty le cose non vanno bene: stufo ormai di essere considerato una zebra fra le
tante, al punto che lo stesso suo amico Alex
Tutti i film della stagione
fa fatica a distinguerlo. In tutto questo, i pinguini non si arrendono, cercano di riparare
il guasto all’aeroplano assaltando le jeep dei
turisti della Riserva per trafugarne i pezzi.
Un gruppo di turisti newyorkesi, guidati dalla
terribile vecchietta Nana, decide di vendicarsi e di costruire una diga che prosciughi l’unico fiume della Riserva. Alex scopre l’inganno e per riscattarsi decide di affrontare i turisti ma viene catturato. Re Julien, il lemure
dell’isola di Madagascar che era partito con
il gruppo alla volta di New York, si spaccia
per santone e propone di sacrificare uno di
loro agli dei per riavere l’acqua. Convinto
di essere ormai condannato dalla malattia,
Melman si offre volontario ma Gloria lo ferma giusto in tempo quando Marty rivela l’inganno e propone di andare a salvare Alex.
Guidati dai pinguini, che sono riusciti a rimettere in sesto l’aeroplano, il gruppo riesce a liberare Alex e a distruggere la diga.
Dopo aver restituito il potere a Zuba, Alex,
Marty, Melman e Gloria rimangono a vivere
nella Riserva, rimandando il viaggio di ritorno a New York.
O
rmai non c’è successo della Dreamworks Animation del quale
non si corra al sequel (nel caso
di Madagascar, è addirittura già in cantiere un terzo film, come per altro si sta lavorando a Shrek 4). Di solito è raro che il seguito sia all’altezza del film precedente e il
pubblico si divide sempre tra la voglia di
tornare a godere delle avventure e della
simpatia dei personaggi che ha amato e che
lo hanno precedentemente divertito e l’ansia di ritrovarsi di fronte a un prodotto mediocre, che il più delle volte lascia l’amaro
in bocca perché non è riuscito a sviluppare
una storia interessante senza riproporre
cose già viste, magari banalizzandole per
mancanza di fantasia. Nel caso di Madagascar 2, le attese erano altissime, visto il
grande successo del primo film. Bene, stra-
no a dirsi, queste attese non sono andate
deluse. Come sequel, il livello di Madagascar 2 si avvicina a quello di Shrek 2, un
film se possibile ancora più divertente e ben
fatto del primo. Lo spunto dell’originale,
l’idea di un gruppo di animali nati e cresciuti in cattività (si fa per dire, ovviamente, viste le condizioni di vita extra lusso di cui
usufruivano nello Zoo di New York), che decide di scappare e di ritornare alla Natura,
era carino e indovinato e la sceneggiatura
divertente e ben fatta. La resa grafica non
poteva certo competere con il livello di
Shrek, tanto per restare in casa Dreamworks, o con altri film del momento della Disney o della Pixar, però risultavano intriganti le atmosfere dalle linee squadrate
che ricordavano un po’ la classica Warner
Bros. Madagascar 2 fa quello che un buon
sequel deve fare: riprendere i personaggi,
svilupparli, inventare una storia nuova e
convincente, che abbia sì legami con l’originale, ma che riesca ad avere autonomia
e coerenza a prescindere dal primo film. La
trama è notevolmente più sviluppata, complessa nel suo dividersi tra le vicende principali legate ad Alex e quelle degli altri personaggi, che hanno comunque ciascuno il
loro spazio e le loro dinamiche di sviluppo
(pinguini e scimmie comprese). Dalle pieghe del racconto emergono discretamente, senza essere troppo invadenti, temi fondamentali come la famiglia, l’appartenenza al gruppo, il desiderio di essere accettati
per quello che si è in realtà, i legami affettivi tra specie diverse; il tutto senza falsi sentimentalismi o zuccherosità. Rimane sempre il problema del target: in quanto film
d’animazione, Madagascar 2 è il classico
prodotto indirizzato al pubblico infantile,
strizzando però l’occhio a quello adulto, grazie soprattutto al citazionismo. Se nel primo film questo indirizzo era un po’ troppo
sbilanciato verso la soddisfazione del gusto del pubblico adulto, in Madagascar 2 è
stato raggiunto un felice equilibrio, fra citazioni “adulte”, ma comunque adatte ai bambini, e un tipo di comicità più slapstick. La
caratterizzazione animata dei personaggi,
modellata sulle sembianze dei doppiatori,
è ottima e non si risolve nella mera “caricatura” dell’attore che presta la voce, rendendo poi nullo il piacere per chi vede in film
non in lingua originale, o comunque non ha
presente la sua fisicità o le sue caratteristiche. In originale prestano le voci attori come
Ben Stiller, Chris Rock, David Schwimmer,
Jada Pinkett Smith e Alec Baldwin, mentre
nella versione italiana, a parte Ale e Franz,
il cast è composto da doppiatori professionisti, indubbio valore aggiunto al film.
Chiara Cecchini
30
Film
Tutti i film della stagione
2008
INDICE
DELL’ANNATA
INDICE
DEI FILM
A
Agente Smart – Casino
totale
32/95-96
Air I Breath (The)
25/95-96
Alexandra
54/95-96
Alla ricerca dell’isola di
Nim
55/92
Alla scoperta di Charlie
61/92
Altra donna del Re (L’)
52/92
Altra giovinezza (Un’)
49/91
American Gangster
11/91
Amore di testimone (Un) 18/93
Amore non basta (L’)
53/93
Amore secondo Dan (L’) 10/93
Amore, bugie & calcetto 11/92
Animanera
8/94
Anno in cui i miei genitori andarono in vacanza (L’)
47/93
Anno mille (L’)
19/92
Assassino di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (L’) 22/91
Asterix alle olimpiadi
9/92
B
Babylon A.D.
18/95-96
Be Kid Reading – Gli
Acchiappafantasmi 21/95-96
Bentornato Pinocchio
26/91
Bianco e nero
25/91
Biutuful Cauntri
42/91
Black House
12/94
Boogeyman 2 – Il ritorno dell’uomo nero 35/95-96
Bratz
59/93
Burn After Reading – A
prova di spia
20/94
C
Cacciatore di Aquiloni (Il)
6/92
Cambio di gioco
43/95-96
Caos calmo
58/91
Caravaggio
46/93
Cargo 200
27/93
Carnera – The Walking
Mountain
38/92
Caso Thomas Crawford (Il)
9/91
Cavaliere oscuro (Il)
6/94
Certamente, forse
28/93
Changeling
41/95-96
Charlie Bartlett
40/93
Chi nasce tondo
6/93
Chiamami Salomè
52/93
Chiamata senza risposta 54/93
Ci sta un francese, un inglese e un napoletano 20/93
Classe (La) – Entre les
murs
2/95-96
Colpo d’occhio
5/93
Come tu mi vuoi
24/91
Corazones de mujer
58/93
Cous Cous
43/91
Cover-Boy
4/93
Cronache di Narnia (Le)
– Il Principe Caspian
9/94
Gomorra
2/92
Gone Baby Gone
15/93
Grace is Gone
50/95-96
Grande grosso e... Verdone
54/91
Guardiani del giorno (I)
53/91
Guerra di Charlie Wilson (La)
4/91
H
Hancock
Hellboy: The Golden
Army
Hitcher (The)
Hotel Meina
Hunting Party (The)
Hurt Locker (The)
D
10 cose di noi
Divo (Il)
12
Doomsday – Il giorno
del giudizio
Dr. Plonk
-2- Livello del terrore
2061: un anno eccezionale
42/92
2/93
56/93
Improvvisamente l’inverno scorso
22/93
In amore niente regole
18/92
In viaggio per il College 40/95-96
Incredibile Hulk (L’)
30/95-96
Indiana Jones e il regno
del teschio di cristallo 21/92
Innocenza del peccato (L’)
14/91
Interview
24/93
Into the Wild – Nelle Terre selvagge
31/91
Invincibile
23/95-96
Io vi troverò
19/94
Iron Man
54/92
44/95-96
23/91
E
12/93
11/93
F
Fabbrica dei tedeschi
(La)
40/94
Falsario (Il) – Operazione Benhard
52/91
Family Game
57/93
Feel the Noise – A tutto
volume
55/93
Fidanzata di papà (La) 14/95-96
Fine pena mai
48/91
Forse Dio è malato
35/91
J
Jimmy della collina
John Rambo
Joshua
Juno
26/92
45/91
52/95-96
35/92
Ken il guerriero – La leggenda di Hokuto
13/95-96
Kun Fu Panda
8/95-96
L
44/93
45/92
5/91
36/94
Leoni per agnelli
Lezione Ventuno
Lontano da lei
31
4/94
20/91
M
Machan – La vera storia di una falsa squadra
34/94
Mamma mia!
33/95-96
Maradona
34/93
Matrimonio di Lorna (Il)
2/94
Matrimonio è un affare
di famiglia (Il)
15/92
Mio sogno più grande (Il) 17/95-96
Miracolo a Sant’Anna 4/95-96
Mist (The)
39/95-96
Mongol
60/92
Morti di Ian Stone (Le) 47/95-96
N
Nella rete del Serial Killer 27/94
Nelle tue mani
3/92
Nessuna qualità agli eroi 45/93
Next
63/92
No problem
51/95-96
Noi due sconosciuti
42/93
Non è mai troppo tardi
6/91
Non è un paese per
vecchi
47/91
Nostro messia (Il)
35/93
Notte (Una)
37/92
Notte brava a Las Vegas 26/93
Notte dei girasoli (La) 55/95-96
Notte non aspetta (La)
14/93
O
K
G
Gardener of Eden –
Il giustiziere senza
legge
Germe del melograno (Il)
Giorni e nuvole
Giorno perfetto (Un)
28/95-96
60/93
24/92
21/93
45/95-96
I
39/94
57/95-96
Estate al mare (Un)
Eye (The)
12/95-96
Love Guru (The)
Lussuria – Seduzione e
tradimento
17/91
5/95-96
10/92
Ombre dal passato
Once
Onora il padre e la madre
Ortone e la guerra dei
Chi
Oxford Murders – Teorema di un delitto
17/94
34/93
46/92
56/92
50/92
P
Padroni della notte (I)
15/94
Papà di Giovanna (Il)
45/94
Pa-ra-da
31/94
Parigi
15/95-96
Parlami d’amore
46/91
Film
Parole sante
Paura primordiale
Per uno solo dei miei
occhi
Persépolis
Petroliere (Il)
Piacere Dave
Postal
Pranzo di Ferragosto
Prospettive di un delitto
41/91
40/91
10/94
27/91
2/91
16/94
47/94
13/94
51/91
Q
Quando tutto cambia
41/93
Quantum of Solace
20/95-96
14 anni vergine
31/93
Questa notte è ancora
nostra
3/93
R
Rabbia (La)
49/93
Racconti da Stoccolma
16/93
Rec
17/92
Redbelt
48/95-96
Reservation Road
62/93
Resident Evil: Extinction 19/91
Resto della notte (Il) 10/95-96
Riflessi di paura
34/95-96
Riparo
3/92
Riprendimi
36/93
Rocker (The) – Il batterista nudo
23/94
Rogue il solitario
43/94
Rolling Stones’ Shine a
Light
39/93
Rovine
38/93
Rush Hour – Missione
Parigi
16/91
S
Sangue pazzo
25/94
Savage Grace
53/95-96
Scafandro e la farfalla
(Lo)
34/91
Scusa ma ti chiamo
amore
32/91
Seconda volta non si
scorda mai (La)
44/92
Segreto tra di noi (Un) 9/95-96
Seme della discordia (Il) 41/94
Serenity
30/94
Setta delle tenebre (La) 33/94
Sex and the City
29/93
Sex List – Omicidio a tre
44/94
Sfiorarsi
36/95-96
Shorooms – Trip senza
ritorno
24/94
Shortbus
21/94
Signorinaeffe
13/91
Slipstream – Nella mente oscura di H.
49/92
Sogni e delitti
56/91
Solo un bacio per favore
5/94
Sonetàula
Sopravvivere coi lupi
Sotto le bombe
Spaccacuori (Lo)
Speed Racer
Sposa fantasma (La)
Step Up 2 – La strada
per il successo
Superhero – Il più dotato fra i supereroi
Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di
Fleet Street
Tutti i film della stagione
TITOLI
ORIGINALI
50/93
32/93
27/92
8/91
29/92
8/92
(P2)
44/95-96
Air I Breathe (The)
25/95-96
Aleksandra
54/95-96
American Gangster
11/91
Ano em que Meus Pais
Sairam de Férias (O) 47/93
Assassination of Jesse
James by the Coward
Robert Ford (The)
22/91
Astérix aux jeux olympiques
9/92
Away from her
10/92
40/92
58/92
29/91
Tadpole – Un giovane
seduttore a New
York
24/95-96
Terra degli uomini rossi
(La) – Birdwatchers
28/94
Tre scimmie (Le)
11/94
3perciento che l’ha
duro la vince
62/92
30 giorni di buoi
39/91
Tropa de elite
8/93
Tu, io e Dupree
35/94
Tutta la vita davanti
37/91
Tutti frutti
12/92
Tutti i numeri del sesso
7/93
Tutti pazzi per l’oro
63/93
Tutto torna
51/93
B
Babylon A.D.
18/95-96
Baiser s’il vous plait (Un)
5/94
Be Kind Rewind
21/95-96
Before the Devil Knows
You’re Dead
46/92
Boogeyman 2
35/95-96
Bratz
59/93
Bucket List (The)
6/91
Burn After Reading
20/94
C
Cassandra’s Dream
56/91
Changeling
41/95-96
Charlie Bartlett
40/93
Charlie Wilson’s War
4/91
Chronicles of Narnia
(The): Prince Caspian
9/94
Clubland
15/92
College Road Trip
40/95-96
U
16/92
19/93
23/93
36/92
D
Dan in Real Life
Dark Knight (The)
Deaths of Ian Stone
(The)
Deception
Definitely, Maybe
Dnevnoy dozor
Doomsday
Dr. Plonk
Dve) 12
V
Velocità della luce (La)
4/92
27 volte in
bianco
48/92
21
57/92
Vicky Cristina Barcelona
37/95-96
Vogliamo anche le rose
48/93
Volpe e la bambina (La)
25/92
10/93
6/94
47/95-96
44/94
28/93
53/91
39/94
57/95-96
56/93
E
W
Entre les Murs
Evening
Eye (The)
Walk Hard – La storia
di Dewey Cox
23/92
Wall-E
26/95-96
Wanted – Scegli il tuo
destino
7/95-96
2/95-96
43/92
11/93
F
Fälscher (Die)
52/91
Feel the Noise
55/93
Fille coupée en deux (La) 14/91
Firefilies in the Garden 9/95-96
Z
Zona (La)
63/93
9/91
31/93
A
T
Ultima missione (L’)
Ultimi della classe
Underdog – Storia di
un vero supereroe
Uomo qualunque (Un)
Fool’s Gold
Fracture
Full of It
36/92
32
G
Game Plan (The)
Gardener of Eden
Geomeun jip
Get Smart
Gone Baby Gone
Grace
Grace is Gone
Graine et le mulet (La)
Gruz 200
43/95-96
44/93
12/94
32/95-96
15/93
17/95-96
50/95-96
43/91
27/93
H
Hancock
12/95-96
He Was a Quiet Man
36/91
Heartbreak Kid (The)
8/91
Hellboy II: The Golden
Army
28/95-96
Hitcher (The)
60/93
Horton Hears a Who!
56/92
Hunting Party (The)
21/93
Hurt Locker (The)
45/95-96
I
Incredible Hulk (The) 30/95-96
Indiana Jones and the
Kingdom of the Crystal Skull
21/92
Interview
24/93
Into the Wild
31/91
Invincibile
23/95-96
Iron Man
54/92
J
Joshua
Juno
52/95-96
35/92
K
King of California
Kite Runner (The)
Kung Fu Panda
61/92
6/92
8/95-96
L
Leatherheads
Lions for Lambs
Love Guru (The)
18/92
17/91
4/94
M
Made of Honor
Mamma Mia!
Meet Dave
Meet the Spartans
Miracle at St. Anna
Mirrors
Mist (The)
18/93
33/95-96
16/94
62/92
4/95-96
34/95-96
39/95-96
Film
Mongol
Mr 73
60/92
16/92
N
När mörkret faller
16/93
Nekam achat mishtey
eynay
10/94
Next
63/92
Nim’s Island
55/92
No Country for Old Men
47/91
Noche de los girasols
(La)
55/95-96
O
Once
One Missed Call
Other Beleyn Girl (The)
Over Her Dead Body
Oxford Murders (The)
34/93
54/93
52/92
8/92
50/92
P
Paris
Persépolis
Postal
Primeval
15/95-96
27/91
47/94
40/91
Q
Quantum of Solace
20/95-96
R
Rambo
45/91
Rec
17/92
Redbelt
48/95-96
Renard et l’enfant (Le)
25/92
Reservation Road
62/93
Resident Evil: Exinction 19/91
Rise
33/94
Rocker (The)
23/94
Ruins (The)
38/93
Rush Hour 3
16/91
S
Savage Grace
53/95-96
Scaphandre et le papillon (Le)
34/91
Se jie
20/91
Serenity
30/94
Sex and Death 101
7/93
Sex and the City: the
Movie
29/93
Shin Kyuseishu densetsu Hokuto no Ken:
Rao den Jun’ai no
sho
13/95-96
Shine a Light
39/93
Shortbus
21/94
Shrooms
24/94
Shutter
17/94
Silence de Lorna (Le)
2/94
Slipstream
49/92
Sous les bombes
Speed Racer
Step Up 2: the Streets
Street Kings
Superhero Movie
Survivre avec les loups
Sweeney Todd: the Demon Barber of Fleet
Street
Tutti i film della stagione
Anderson Paul Thomas
Aractingi Philippe
Arciero Alfredo
Atwell Philip G.
Avati Pupi
Ayer David
27/92
29/92
40/92
14/93
58/92
32/93
B
29/91
Balabanov Aleksei
27/93
Balagueró Jaume
17/92
Baricco Alessandro
5/95-96
Bechis Marco
28/94
Bekmambetov
Timur
53/91, 7/95-96
Belmont Véra
32/93
Benedetti Pablo
58/93
Berg Peter
12/95-96
Betancourt Jeff
35/95-96
Bier Susanne
42/93
Bigelow Kathryn
45/95-96
Biglione Luca
19/93
Bilge Ceylan Nuri
11/94
Bodrov Sergei
60/92
Boll Uwe
47/94
Breathnach Paddy
24/94
Brogi Taviani Franco
35/91
Brooks Adam
28/93
Burton Tim
29/91
Buscemi Steve
24/93
T
Tadpole
24/95-96
Taken
19/94
Ten) 10 Items or Less
42/92
Then She Found Me
41/93
There Will Be Blood
2/91
Things We Lost in the
Fire
42/93
Thirty) 30 Days of Night 39/91
Tropa de elite
8/93
Twenty-one) 21
57/92
Twenty-seven) 27 Dressen
48/92
U
Üç maymum
Underdog
Untraceable
2/91
27/92
57/93
43/94
45/94
14/93
11/94
23/93
27/94
C
V
Cahill Mike
61/92
Calabria Esmeralda
42/91
Calopresti Mimmo
40/94
Cameron Mitchell John
21/94
Cantet Laurent
2/95-96
Cappello Frank A.
36/91
Carney John
34/93
Cattaneo Peter
23/94
Celestini Ascanio
41/91
Chabrol Claude
14/91
Chadwick Justin
52/92
Charles Christian
31/93
Chiantini Stefano
53/93
Chomski Alejandro
55/93
Chu John
40/92
Clooney George
18/92
Coen Ethan
47/91, 20/94
Coen Joel
47/91, 20/94
Comencini Cristina
25/91
Connolly Kevin
44/93
Conte Lorenzo
48/91
Corradi Orlando
26/91
Corsicato Pappi
41/94
Vantage Point
51/91
Vicky Cristina Barcelona
37/95-96
W
Walk Hard
23/92
Wall-E
26/95-96
Wanted
7/95-96
War
43/94
We Own the Night
15/94
What Happens in Vegas 26/93
Y
You, Me and Cupree
Youth Without Youth
34/94
49/91
Z
Zona (La)
36/92
INDICE
DEI REGISTI
D
A
D’Ambrosio Andrea
42/91
D’Angelo Toni
37/92
Darabont Frank
39/95-96
Dardenne Jean-Pierre
2/94
Dardenne Luc
2/94
De Biasi Volfango
24/91
de Heer Rolf
57/95-96
Adamson Andrew
9/94
Affleck Ben
15/93
Aja Alexandre
34/95-96
Alberti Alessandra
12/92
Allen Woody
56/91, 37/95-96
Amoroso Carmine
4/93
33
de la Iglesia Álex
Del Monte Peter
del Toro Guillermo
Di Gregorio Gianni
Dominik Andrew
Du Chau Frederik
50/92
13/92
28/95-96
13/94
22/91
23/93
E
Eastwood Clint
41/95-96
F
Farrelly Bobby
8/91
Farrelly Peter
8/91
Favreau Jon
54/92
Febbraro Diego
19/92
Fickman Andy
43/95-96
Flackett Jennifer
55/92
Fletcher Anne
48/92
Ford Coppola Francis
49/91
Forestier Frédéric
9/92
Forster Marc 6/92,
20/95-96
Franchi Paolo
45/93
Friedberg Jason
62/92
G
Garrone Matteo
2/92
Genovese Paolo
3/93
George Terry
62/93
Giordana Marco Tullio
25/94
Gondry Michel
21/95-96
Gray James
15/94
Grimaldi Antonello
58/91
Guggenheim Davis
17/95-96
Gutierrez Sebastian
33/94
H
Hamburger Cao
Hayward Jimmy
Hedges Peter
Herzog Werner
Hoblit Gregory
Hofer Gustav
Hopkins Anthony
Hunt Helen
47/93
56/92
10/93
23/95-96
9/91, 27/94
22/93
49/92
41/93
I
Imamura Takahiro
13/95-96
J
Jacquet Luc
25/92
K
Kaleman Michael
Kalin Tom
Kasdan Jake
Kassovitz Mathieu
Kechiche Abdellatif
Khalfoun Franck
King Michael Patrick
40/91
53/95-96
23/92
18/95-96
43/91
44/95-96
29/93
Film
Klapisch Cédric
Koltai Lajos
Kumble Roger
Kusturica Emir
15/95-96
43/92
40/95-96
34/93
L
Labate Wilma
Langenegger Marcel
Langmann Thomas
Lee Ang
Lee Dennis
Lee Jieho
Lee Spike
Leternier Louis
Levin Mark
Lizzani Carlo
Lloyd Phyllida
Longoni Angelo
Lowell Jeff
Lucini Luca
Luketic Robert
Lumet Sidney
13/91
44/94
9/92
20/91
9/95-96
25/95-96
4/95-96
30/95-96
55/92
24/92
33/95-96
46/93
8/92
11/92
57/92
46/92
M
Mamet David
Marazzi Alina
Marchall Olivier
Marshall Neil
Martinelli Renzo
Mazin Craig
McNamara Sean
Mereu Salvatore
Meyers Dave
Mikhalkov Nikita
Miniero Luca
Moccia Federico
Mograbi Avi
Moreau David
Morel Pierre
Mouret Emmanuel
Muccino Silvio
Mulcahy Russell
Munzi Francesco
48/95-96
48/93
16/92
39/94
38/92
58/92
59/93
50/93
60/93
56/93
3/93
32/91
10/94
11/93
19/94
5/94
46/91
19/91
10/95-96
N
Negri Anna
Nero Louis
Nichols Mike
Nilsson Anders
Nolan Christopher
Nowlan Cherrie
36/93
49/93
4/91
16/93
6/94
15/92
O
Ochiai Masayuki
Oldoini Enrico
Orlando Angelo
Osborne Mark
Ozpetek Ferzan
17/94
14/95-96
36/95-96
8/95-96
36/94
Tutti i film della stagione
Palud Xavier
11/93
Papini Andrea
4/92
Paronnaud Vincent
27/91
Pasolini Umberto
34/94
Pau Enrico
26/92
Penn Sean
31/91
Piana Dario
47/95-96
Pitzianti Enrico
51/93
Plà Rodrigo
36/92
Plaza Paco
17/92
Poll Jon
40/93
Polley Sarah
10/92
Pontecorvo Marco
31/94
Puccioni Marco Simon
3/92
Tennant Andy
Travis Pete
V
Valette Eric
Valori Alessandro
Vanzina Carlo 23/91,
Vaughan Tom
Verdone Carlo
Verzillo Raffaele
Virzì Paolo
Padilha José
8/93
54/93
6/93
12/93
26/93
54/91
8/94
37/91
W
R
Wachowski Andy
Wachowski Larry
Waters Daniel
Welland Paul
Whedon Joss
Winick Gary
Ragazzi Luca
22/93
Ranieri Martinotti Francesco 44/
92
Ratliff George
52/95-96
Ratner Brett
16/91
Redford Robert
17/91
Reiner Rob
6/91
Reitman Jason
35/92
Robbins Brian
16/94
Rubini Sergio
5/93
Ruggiero Giuseppe
42/91
Russo Anthony
35/94
Russo Joe
35/94
Ruzowitzky Stefan
52/91
29/92
29/92
7/93
18/93
30/94
24/95-96
INDICE
DEGLI AUTORI
B
Barteri Veronica 5/91, 6/91, 14/
91, 24/91, 25/91,27/91, 54/91,
12/92, 18/92, 63/92, 14/93, 21/
93, 31/93, 41/93, 11/94, 25/94,
41/95-96
Bartoni Elena 36/91, 40/91, 41/
91, 10/92, 13/92, 36/92, 48/92,
24/93, 42/93, 48/93, 53/92, 63/
93, 4/94, 6/94, 8/94, 10/94, 18/
94, 43/94, 15/95-96, 30/95-96,
43/95-96, 48/95-96
Bortolotti Riccardo 27/92
Braccini Loredana 26/92, 44/92,
26/93, 50/93, 51/93
S
Salemme Vincenzo
51/95-96
Sánchez-Cabezudo Jorge 55/
95-96
Satrapi Marjane
27/91
Schnabel Julian
34/91
Schnabel Marco
4/94
Scorsese Martin
39/93
Scott Ridley
11/91
Segal Peter
32/95-96
Seltzer Aaron
62/92
Serughetti Claudio
35/93
Sestieri Claudio
52/93
Shepard Richard
21/93
Shin Terra
12/94
Silberling Brad
42/92
Slade David
39/91
Smith Carter
38/93
Sokurov Aleksandr
54/95-96
Soldini Silvio
5/91
Sordella Davide
58/93
Sorrentino Paolo
2/93
Spielberg Steven
21/92
Stallone Sylvester
45/91
Stanton Andrew
26/95-96
Stevenson John
8/95-96
Strocchi Silvana
45/92
Strouse James C.
50/95-96
C
Ceccarelli Gianluigi 4/92, 38/92,
50/92, 45/93, 60/93, 20/94, 28/
94, 18/95-96, 51/95-96
Cecchini Chiara 26/91, 9/92, 25/
92, 55/92, 18/92, 9/94, 16/94,
8/95-96, 13/95-96, 40/95-96,
53/95-96
D
De Girolamo Marini Fabio 16/92,
26/95-96, 55/95-96
Di Giorgio Davide 19/91, 39/91,
29/92, 21/95-96, 28/95-96
E
T
P
63/93
51/91
Tamahori Lee
Tartaglia Eduardo
Emiliani Simone 11/91, 20/91, 29/
91, 34/91, 56/91, 6/92, 8/93,
15/94, 40/94
63/92
20/93
34
G
Granato Alessio 8/91
Grasselli Silvio 31/91, 37/91, 42/
91, 43/91, 53/91, 2/92, 3/92,
37/92, 45/92, 35/93, 49/93, 57/
93, 12/94, 15/94, 27/94, 34/94,
36/95-96
M
Mandolini Elena 42/92, 43/92, 49/
92, 23/93, 38/93, 40/93, 44/93,
47/93, 58/93, 19/94, 24/94, 31/
94, 47/94, 14/95-96, 25/95-96,
35/95-96, 47/95-96, 50/95-96
Molinari Maria Luisa 48/91, 56/
92, 62/92, 15/93, 22/93, 28/93,
44/94, 32/95-96
Mondella Diego 2/91, 16/91, 17/
91, 49/91, 58/91, 35,92
Moresco Fabrizio 51/91, 16/92,
24/92, 52/92, 4/93, 11/93, 20/
95-96, 34/95-96
P
Paesano Alessandro 21/94, 30/
94, 35/94, 36/94, 24/95-96
Petacco Danila 32/91, 46/92
Piano Francesca 5/91, 9/91, 13/
91, 23/91, 35/91, 45/91, 8/92,
11/92, 15/92, 3/93, 7/93, 10/93,
12/93, 19/93, 20/93, 29/93, 32/
93, 46/93, 55/93, 59/93, 62/93,
5/94, 7/95-96, 9/95-96, 12/9596, 17/95-96
Pinetti Manuela 19/92, 40/92, 27/
93, 36/93, 41/94, 45/94, 5/9596, 10/95-96, 37/95-96, 45/9596, 54/95-96
Polidoro Ivan 22/91, 52/91, 23/
92, 5/93, 6/93, 34/93, 52/93,
23/94
S
Sammarco Valerio 46/91, 47/91,
17/92, 21/92, 54/92, 57/92, 60/
92, 61/92, 34/93, 39/93, 56/93,
4/95-96, 39/95-96, 52/95-96
T
Tagliabue Carlo 2/93
Tomassacci Giuliano 59/92, 54/
93, 33/94, 39/94, 23/95-96, 44/
95-96, 57/95-96
V
Vergerio Flavio 2/94, 2/95-96
Vox Tiziana 33/95-96
Film
Tutti i film della stagione
DEFIANCE - I GIORNI DEL CORAGGIO
(Defiance)
Stati Uniti, 2008
Regia: Edward Zwick
Produzione: Alex Boden, Pieter Jan Brugge, Edward Zwick
per The Bedford Falls Company/Grosvenor Park Productions/
Pistachio Pictures
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 23-1-2009; Milano 23-1-2009)
Soggetto: dal libro Defiance: the Bielski Partisans di Nechama
Tec
Sceneggiatura: Clayton Frohman, Edward Zwick
Direttore della fotografia: Eduardo Serra
Montaggio: Steven Rosenblum
Musiche: James Newton Howard
Scenografia: Dan Weil
Costumi: Jenny Beavan
Produttori associati: Alisa Katz, Troy Putney
Co-produttore: Roland Tec
Direttori di produzione: Elena Zokas, Clive Miles, Vladas
Lyndo
Casting: Gail Stevens, Arturas Zukauskas
Aiuti regista: Andrius Brazas, Agne Januskyte, Monika Sakalauskaite, Alex Kaye-Besley, Darin Rivetti, Laura Akstinaite,
Emereta Balciunaite, Julius Gaizauskas, Mikey Eberle, Mark
Layton, Carolyn Milner, Viktorija Ogureckaja, Monika Sakalauskaite
Operatore: Klemens Becker
Supervisore art direction: Daran Fulham
Art director: Yann Biquand
Arredatore: Veronique Melery
1
941: la Russia bianca, l’odierna
Bielorussia, terra a ridosso della
Polonia, è facile oggetto dell’oppressione nazista, particolarmente spietata nei confronti della comunità ebraica,
grazie anche al collaborazionismo delle
forze di sicurezza locali. Sono in pochi a
opporsi a tutto questo e a dare una mano
agli ebrei, nascondendoli, aiutandoli, favorendone la fuga, perché chi è scoperto è
massacrato senza pietà. La famiglia Bielski è decimata, si salvano i quattro fratelli
maschi, Tuvia, Zus, Asael e Aron prendendo la via della foresta, dove si rifugiano
conoscendone benissimo ogni luogo: il
quarto è poco più di un bambino e rimarrà traumatizzato per sempre dalle stragi
della sua famiglia; Asael, pur giovanissimo, imparerà presto il sacrificio della lotta di resistenza, forgiandosi come uomo e
come combattente; Tuvia e Zus, i più grandi, diventano subito i leader della loro comunità. La foresta, infatti, diviene luogo
di rifugio per tutti gli ebrei dei borghi vicini dove infuria la decimazione nazista; tutti
sono accolti e tutti si danno da fare rendendosi utili in base alle proprie occupazioni della vita civile; il massimo di rifugiati è toccato quando la popolazione del
Trucco e acconciature: Trefor Proud
Supervisore effetti speciali: Neil Corbould
Supervisori effetti visivi: Mark Freund (Pacific Title), William Mesa
Coordinatori effetti visivi: Andrea Goodson, Dan Smith
(Flash Film Works)
Supervisore costumi: Mark Ferguson
Interpreti: Daniel Craig (Tuvia Bielski), Liev Schreiber (Zus
Bielski), Jamie Bell (Asael Bielski), Alexa Davalos (Lilka Ticktin), George MacKay (Aron Bielski), Allan Corduner (Shamon Haretz), Mark Feuerstein (Isaac Malbin), Tomas Arana
(Ben Zion Gulkowitz), Jodhi May (Tamara Skidelsky), Kate
Fahy (Riva Reich), Iddo Goldberg (Yitzchak Shulman), Iben
Hjejle (Bella), Martin Hancock (Peretz Shorshaty), Ravil Isyanov (Viktor Panchenko), Jacek Koman (Konstanty ‘Koscik’
Kozlowski), Jonjo O’Neill (Lazar), Sam Spruell (Arkady Lubczanski), Mia Wasikowska (Chaya Dziencielsky), Mark Margolis (Jewish Elder), Markus von Lingen (scout delle SS),
Rolandas Boravskis (Gramov), Algirdas Dainavicius (Motl
Lubczanski), Aurelija Prashuntaite (Rachel), Vidas Petkevicius (Avram Rubinski), Ina Frismanaite (figlia di Avram), Ana
Goldberg (Lila), Rimante Valiukaite (Miriam), Leonardas Pobedonoscevas (Jacov), Kristina Bertasiute (donna dai capelli scuri), Kristina Skokova (donna dai capelli rossi), Aleksandr Zila (padre di Chaya), Iveta Nadzeikiene (madre di
Chaya)
Durata: 137’
Metri: 3450
ghetto è fatta fuggire in massa da Tuvia e
Zus. Il gran numero di scampati, i problemi di approvvigionamento, le malattie, gli
scontri con i nazisti fanno anche affiorare
le diversità di idee e di conduzione tra i
due fratelli, Tuvia più riflessivo e coscienzioso, Zus più irruento e propenso sempre
a soluzioni più estreme e dure. Così i due
si separano: Zus e pochi altri seguono l’armata rossa nel combattimento regolare con
l’esercito tedesco, Tuvia, con non poche
problematiche intorno alla sua figura di
comandante, continua a essere la guida
della comunità ebraica. I due fratelli si
incontrano dopo anni di stenti e sacrifici e
la morte di tanti compagni: la comunità è
stata costretta ad abbandonare la foresta
sotto l’attacco di aerei e truppe di terra;
Tuvia riesce a condurre tutti in fuga con
l’attraversamento di una palude che li separa dalla salvezza; Zus arriva provvidenzialmente a salvare gli scampati dall’ultimo attacco nazista.
N
on solo Olocausto quindi, non
solo lo sterminio con le file di
ebrei a subire l’orrore e il sacrificio di un popolo intero: una storia vera e
mai raccontata ribalta l’opposizione ebrai35
ca al nazismo conferendole gli onori del
combattimento a viso aperto, a cui, in quella particolare congiuntura storica e territoriale, parteciparono tutti, uomini e donne
di ogni età che contemporaneamente non
persero di vista i modi per restare esseri
umani, quali il senso di civiltà, l’altruismo,
l’amore. A un tema di così profondo e ampio respiro corrisponde un film che risulta
in più punti non omogeneo e che sconta,
probabilmente, i problemi storici e realizzativi che gli autori si sono trovati ad affrontare, restando a metà del guado: non
un documentario, impersonale e spietato,
non un trattamento hollywooddiano, ma un
lavoro che, pur professionalmente e concettualmente onesto e che merita credito,
deve tener conto di tutti e due gli aspetti;
finisce così per mostrarsi ripetitivo e pesante in più parti, per di più legate da un
approssimativo montaggio, che fanno toccare alla lunghezza del tutto una misura
eccessiva.
Il film resta comunque godibile in più
di un’occasione, a cominciare dalla vita
quotidiana di questa anomala comunità,
talvolta persa dietro beghe personali pur
di fronte al nemico incombente; notevole
poi l’ambientazione nella foresta tipo She-
Film
rwood e i numerosi episodi di guerriglia
nei quali gli attori grandi e piccoli si disegnano tutti un personale momento di gloria. In particolare, abbiamo apprezzato la
differenza di caratterizzazione tra i due
fratelli comandanti che, anche se a prez-
Tutti i film della stagione
zo di qualche stereotipo e alle prese con
personaggi meno vicini alle loro corde
abituali (soprattutto nel caso di Zus/
Schreiber) si sono messi al servizio della
storia con grande disciplina attoriale; anzi,
proprio qui Daniel Craig, sporco, malato
e ferito, tocca quell’eleganza e una non
poca finezza espressiva mai mostrate con
lo smoking di 007. Davvero magia del cinema!
Fabrizio Moresco
KATYN
(Katyn)
Polonia, 2007
Regia: Andrzej Wajda
Produzione: Michal Kwiecinski per Akson Studio/TVP S.A./Polski Instytut Sztuki Filmowej/Telekomunikacja Polska. Con il sostegno del Polski Film Institute
Distribuzione: Movimento Film
Prima: (Roma 13-2-2009; Milano 13-2-2009)
Soggetto: basato sul libro Post Mortem di Andrzej Mularczyk
Sceneggiatura: Andrzej Wajda, Przemyslaw Nowakowski, Wladyslaw Pasikowski
Direttore della fotografia: Pawel Edelman
Montaggio: Milenia Fiedler, Rafal Listopad
Musiche: Krzysztof Penderecki
Scenografia: Magdalena Dipont
Costumi: Magdalena Biedrzycka
Produttori esecutivi: Katarzyna Fukacz-Cebula, Michal Kwiecinski
Co-produttori: Dominique Lesage, Dariusz Wieromiejczyk
Direttori di produzione: Dagmara Bonczyk, Aleksandra Frosztega, Jerzy Mizak, Kamil Przelecki
Casting: Ewa Brodzka
Aiuto regista: Agnieszka Glinska
Operatore: Jeremiasz Prokopowicz
I
n Katyn si raccontano le tante storie degli ufficiali polacchi, trucidati nell’omonima foresta del titolo dalla NKVD durante la Seconda
guerra mondiale, e delle loro famiglie che,
inconsapevoli di quanto accaduto, aspetteranno il ritorno dei propri mariti, padri, figli, fratelli. Protagoniste del film
sono le donne in attesa: Anna, Róza,
Agnieszka.
Dopo l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista scoppia la Seconda guerra mondiale. Il 17 settembre
1939, grazie agli accordi inclusi nel Patto
Ribbentrop-Molotov (firmato a Mosca il 23
agosto 1939, dal Ministro degli Esteri sovietico Vyacheslav Molotov e dal suo omologo tedesco Joachim von Ribbentrop),
anche l’Armata Rossa - su ordine di Stalin
- sconfina sul suolo polacco (attraverso il
confine orientale). Gli ufficiali polacchi
vengono fatti prigionieri dai Russi. Il film
si apre con il tragico incontro dei civili
polacchi in fuga: da una parte invasi dai
russi e dall’altra dai tedeschi, un ponte
segna il loro disperato incontro. Sostanzialmente, la popolazione abbandona le
Operatore steadicam: Andrzej Glacel
Art directors: Marek Kukawski, Ryszard Melliwa
Arredamento: Wieslawa Chojkowska
Trucco: Aneta Brzozowska, Alicja Kozlowska, Tomasz Matraszek, Waldemar Pokromski
Suono: Jacek Hamela
Supervisore effetti visivi: Jarek Sawko
Interpreti: Maja Ostaszewska (Anna), Artur Zmijewski (Andrzej, marito di Anna), Andrzej Chyra (Jerzy, ufficiale suicida),
Jan Englert (Generale), Danuta Stenka (Róza, moglie del
Generale), Pawel Malaszynski (Piotr, il pilota), Magdalena Cielecka (Agnieszka, sorella del pilota), Agnieszka Glinska (Irena, direttrice dell’Università), Maja Komorowska (Maria, madre di Andrzej), Wladyslaw Kowalski (Jan, padre di Andrzej),
Antoni Pawlicki (Tadeusz, nipote di Anna), Agnieszka Kawiorska (Ewa, figlia del Generale e Róza), Sergei Garmash (Maggiore Popov), Krzysztof Kolberger (Padre Jasinski), Wiktoria
Gasiewska (Nika, figlia di Anna e Andrzej), Stanislawa Celinska (Stasia, cognata di Róza), Anna Radwan (Elzbieta, sorella di Anna), Joachim Paul Assböck (Mueller)
Durata: 117’
Metri: 3310
proprie case e così anziani, bambini, intere famiglie si scambiano di posto e d’invasore, certi e speranzosi di andare incontro
a un miglior destino. Tra loro, Anna, la
giovane moglie di Andrzej, capitano dell’8°
reggimento dell’esercito, con lei la figlia
di cinque anni, Nika e il cane di casa. Anna
è in fuga da Cracovia e sta cercando di
raggiungere suo marito, catturato dai sovietici e prigioniero in una zona di confine
insieme a migliaia di ufficiali. Proprio sul
ponte, Anna incontra Róza, moglie del generale dell’8° reggimento, e sua figlia Ewa:
stanno tornando a Cracovia, consapevoli
che l’uomo non verrà rilasciato. Invano
Róza tenterà di convincere l’amica a seguirla. Giunta nel luogo dov’è tenuto prigioniero, Anna vede suo marito e Jerzy, un
suo subalterno: la donna cerca di convincere il marito a fuggire, a togliersi la divisa e a tornare a casa con lei, ma un ufficiale polacco non macchia in questo modo
il proprio onore. Lui promette che le scriverà ogni giorno e che annoterà tutto in
un taccuino. Un treno lo porta via.
Dopo un breve periodo trascorso nel
campo di Kozielsk (zona di occupazione
36
sovietica) in cui un ufficiale dell’Armata
Rossa si innamora sinceramente di lei e le
chiede di sposarlo per risparmiarla dalla
deportazione, Anna a novembre torna a
Cracovia, a casa dei genitori di Andrzej.
Jan, il padre, è professore all’Università
ed è stato convocato dalle SS insieme ad
altri docenti; con l’inganno sono stati deportati tutti nei campi di concentramento.
Nella grande casa, restano dunque tre donne sole, in paziente attesa del ritorno dei
loro uomini: mariti, figlio e padre. Passano i mesi - siamo ad aprile del ’40 - eppure l’inverno, nella zona orientale, non sembra ancora finito e la sorte dei sedicimila
ufficiali polacchi resta incerta. Andrzej tiene alto come può il morale dei suoi uomini, tra loro notiamo anche un giovanissimo pilota; in ogni momento libero scrive
le sue giornate sul taccuino che ha sempre
con sé, proprio come ha promesso ad Anna.
La sua uniforme è ormai logora e il freddo
lo fa ammalare continuamente; il suo amico Jerzy gli regala il suo maglione, ha
un’etichetta con su scritto il proprio nome.
Sempre più frequentemente i russi deportano gruppi di ufficiali, ma non si sa anco-
Film
ra dove. Andrzej, il pilota e il generale vengono caricati su un treno merci. L’unico a
restare è Jerzy. Il 10 aprile 1940 gli ufficiali polacchi portati fino a Gniezdovo vengono trucidati freddamente uno per uno e
gettati nelle fosse comuni scavate nella
foresta di Katyn. A casa di Anna arriva un
pacco dalla Germania e la notizia che Jan
è morto nel campo di concentramento; per
Andrzej, invece, si continua a sperare.
I tre anni successivi trascorrono ancora all’insegna dell’incertezza sulla sorte
degli ufficiali polacchi, finché il 13 aprile
1943 Radio Berlino annuncia il ritrovamento di tremila corpi in fosse comuni nella
foresta di Katyn. L’identificazione delle
vittime appare facile: i bolscevichi hanno
lasciato sui corpi i documenti di identità,
in altri casi si ricorre agli effetti personali
dei soldati. Per le strade di Cracovia gli
altoparlanti diffondono l’elenco degli ufficiali uccisi, poi pubblicati anche su tutti
i quotidiani: la moglie del generale viene
a sapere così della scomparsa del marito.
Il nome di Andrzej non risulta in alcun elenco. Agnieszka, la sorella del giovane pilota che era con Andrzej, ha invece il cuore
spezzato dal muro di silenzio e di omertà
che circonda l’assassinio del fratello. Jerzy, amico del capitano, è l’unico sopravvissuto.
La moglie del generale e sua figlia vengono convocate dal comando delle SS: riceveranno una medaglia al valore conferita al marito dallo stesso Hitler se testimonieranno che il massacro è avvenuto per
mano dei sovietici. La vedova è costretta a
guardare un filmato girato dai tedeschi,
prova che la strage è opera dei sovietici,
ma la donna non ci crede e rifiuta di confermare la loro versione. Nel filmato compare anche padre Jasinski, il sacerdote
chiamato dall’esercito tedesco per celebrare il funerale della strage.
Nel 1945 gli Alleati entrano in Polonia e l’esercito russo prende il controllo di
tutto il paese. Jerzy è stato risparmiato
perché ha accettato di confermare la falsa
versione sovietica, che attribuisce la responsabilità del massacro ai tedeschi. Si è
arruolato nell’Armata Rossa. Torna a Cracovia e va a fare visita ad Anna, Nika e la
madre di Andrzej. Lo stupore delle tre donne, nel vederlo vivo, è enorme: il suo nome
compariva nelle liste di Katyn. Jerzy racconta loro l’inganno del maglione ritrovato con il suo nome e le informa della morte
di Andrzej, distruggendo per sempre le
speranze della sua famiglia. Lascia le tre
donne in preda al dolore e si rivolge a un
professore che gestisce l‘archivio degli
oggetti personali degli ufficiali uccisi a
Katyn, lasciandogli l’indirizzo di Anna.
Tutti i film della stagione
Una sera, nella piazza principale di
Cracovia, i sovietici proiettano un documentario di propaganda sulle fosse di Katyn, nel quale danno la colpa del massacro ai tedeschi. La moglie del generale riconosce il medesimo filmato visto al comando delle SS tempo prima; incontrandosi con Jerzy lo accusa di tradimento, e
di essere responsabile della diffusione di
una menzogna. In preda al rimorso, Jerzy
si uccide, sparandosi alla nuca: la stessa
terribile morte dei suoi compagni trucidati a Katyn.
Padre Jasinski, l’officiante del filmato, convoca nella sua parrocchia Agnieszka, sorella del pilota ucciso a Katyn. La
ragazza ha perso la fede e non entra in
chiesa da anni. Il sacerdote le consegna
una foto che la ritrae col fratello e con l’altra sorella: Agnieszka si reca immediatamente in un negozio di foto - gestito da
Anna – per duplicare la fotografia per la
sorella.
Tadeusz, nipote di Anna, torna a Cracovia dopo quattro anni, vuole frequentare l’università. Nella scheda di iscrizione
il ragazzo deve inserire le generalità del
padre e non esita a scrivere che è morto a
Katyn nel 1940, ucciso dai sovietici. La
direttrice dell’università (in lei riconosciamo la donna della fotografia, sorella di
Agnieszka e del pilota) lo invita a modificare i dati: il ragazzo deve scrivere come
data il 1941, come prevede la versione sovietica. In caso contrario, la richiesta non
verrà accolta. Il ragazzo si rifiuta e uscito
in strada danneggia dei manifesti di propaganda sovietica, ma viene visto dai militari, inseguito e investito nella fuga da
una jeep.
Agnieszka ha deciso di far realizzare
una lapide per il fratello. Per ottenere il
37
denaro necessario vende i suoi lunghi capelli biondi per farne una parrucca: i teatri ebraici hanno difficoltà a portare in
scena ruoli femminili perché la maggior
parte delle loro attrici è stata nei campi di
concentramento. Agnieszka sulla lapide fa
incidere come data della morte “Aprile
1940”, sua sorella è contraria. Nonostante sia iniziata la dittatura comunista – che
governerà la Polonia per decenni – la giovane non cede e porta la lapide in parrocchia, ma al posto di padre Jasinski (portato via dai militari) trova un nuovo parroco, che le vieta di esporre quella lapide.
Lei decide ugualmente di metterla in un
cimitero pubblico e viene arrestata dai
militari, mentre la lapide viene distrutta.
Ad Anna viene recapitato un pacco con
gli effetti del marito, erroneamente conservati fino a quel momento a nome di Jerzy.
All’interno Anna trova anche il diario del
marito in cui sono descritti gli ultimi giorni di prigionia. L’indomita battaglia per
preservare la memoria e affermare la verità non può dirsi tuttora conclusa.
«H
o cercato di raccontare alle
nuove generazioni la sofferenza di chi, come mia madre, ha vissuto senza certezze, anche
dopo la riesumazione dei corpi: perché
ancora oggi non sappiamo tutto». In
questa breve dichiarazione di Andrzej
Wajda, maestro del cinema polacco, c’è
tutta la forza di un film meditato per anni,
non teso – o, meglio, non soltanto – a narrare dell’uccisione, da parte dell’NKVD (la
polizia politica di Stalin), di 15.000 soldati
(dei quali circa 8.400 ufficiali) dell’esercito
polacco nell’aprile-maggio del 1940. Perché la verità del fatto storico è ormai stata
acquisita, dopo le iniziali e reciproche ac-
Film
cuse tra l’esercito russo e l’esercito tedesco sulla paternità della terribile strage. Le
menzogne, spinte oltre ogni evidenza per
troppo tempo, hanno lasciato alla Polonia
una profonda cicatrice, tuttora ben visibile
e dolente per chi ha vissuto di persona il
momento storico, ma pericolosamente sul
baratro dell’oblio per la nuova generazione, definita dallo stesso regista «cosciente ed entusiasta», ma anche «impegnata
in questioni banali, in allontanamento dal
passato». Realizzare questo film è stato,
dunque, quasi un dovere.
Eppure c’è dell’altro, oltre al brutale
resoconto della strage avvenuta nella silenziosa foresta di Katyn: la riconduzione
di una tragedia nazionale nell’intimità familiare, con un chiaro e sentitissimo omaggio alle donne. Gli ufficiali, i soldati e i loro
carnefici – veri e presunti tali – sono quasi
personaggi secondari; la storia – le storie
– narrata nel film è declinata tutta al femminile: madri, sorelle, mogli e figlie sono
le vere protagoniste, mostrate nella sofferenza quotidiana che deriva dall’incertezza sulla sorte dei propri cari, mentre si
consumano misurandosi con un’attesa che
Tutti i film della stagione
si rivelerà – quasi – senza fine. Neanche
la lista dei nomi dei caduti di Katyn darà
certezze su morti e sopravvissuti. I poveri
corpi, ammassati in fosse comuni, sono riconoscibili quasi esclusivamente dagli effetti personali – una fotografia, un documento, un rosario stretto tra le dita – dando luogo a fatali errori. Wajda, che nella
strage di Katyn perse il padre, per anni
sperò insieme alla madre in un ritorno dell’uomo, per un banale errore di trascrizione nella lista. Ciononostante, il regista è
riuscito a non dare al film un taglio personale, separando l’ispirazione e il ricordo
dalla materia filmica. Proprio come aveva
già fatto, anni fa, Roman Polanski, raccontando in Il pianista le vicissitudini di un
ebreo polacco sopravvissuto agli anni della
guerra e alla persecuzione nazista. Un
episodio realmente vissuto in gioventù dal
grande regista, che però al cinema ha preferito raccontare “epurato” da ogni riferimento personale, per onestà intellettuale
e minor rischio di pericolose devianze
emotive. Ciò che conta, per Polanski come
per Wajda, è tener fede all’implicito giuramento di fedeltà nei confronti della propria
gente, per non permettere che nulla di
quanto è accaduto sia dimenticato, e si
continui a dare voce a chi non ne ha.
Echi di tragedia greca (vedi i riferimenti
ad Antigone, soprattutto nell’episodio di
Agnieszka) si rincorrono tra una storia e
l’altra, permettendo una volta di più l’universalizzazione di vicende private, intime.
Agghiacciante, invece, il lungo momento
finale, che mostra, senza alcun tipo di filtro, la macchina della morte sovietica. Ciò
che era soltanto immaginato dallo spettatore, evocato dalle parole dei personaggi,
si concretizza con immediata brutalità nella
carne, nel sangue, negli occhi pieni di paura – o di cristiana speranza – degli ufficiali polacchi uccisi a sangue freddo, con
un colpo di pistola alla nuca, dai soldati
sovietici. Il lirismo non trova posto, e neanche l’odio, c’è solo spazio per l’orrore e,
si spera, dopo la visione e a sangue freddo, per riflettere.
Katyn ha partecipato Fuori Concorso
alla 58° Berlinale, ed è stato nominato all’Oscar 2008 come Miglior Film Straniero.
Manuela Pinetti
DENTI
(Teeth)
Stati Uniti, 2007
Supervisori effetti visivi: Mark O. Forker (DIVE), Gary
Walker
Supervisore musiche: Beth Rosenblatt
Supervisore costumi: Leeann Radeka
Interpreti: Jess Weixler (Dawn O’Keefe), John Hensley
(Brad), Josh Pais (dr. Godfrey), Hale Appleman (Tobey), Lenny von Dohlen (Bill), Vivienne Benesch (Kim), Ashley Springer (Ryan), Julia Garro (Gwen), Nicole Swahn (Melanie),
Adam Wagner (Phil), Hunter Ulvog (Brad da piccolo), Ava
Ryen Plumb (Dawn da piccola), Trent Moore (signor Vincent),
Mike Yager (Elliot), Nathan Parsons (Soda Spritzer), Paul
Galvan (ragazzo che insulta), Kasey Kitzmiller (ragazza che
insulta), Taylor Sheppard (insegnante di educazione sessuale), Denia Ridley (insegnante di biologia), Kiri Weatherby (studente curioso), Michael Swanner (detective), Tom Byrne (chirurgo), Andra Millian (infermiera), Frank G. Curcio (medico
legale), Lana Dieterich (infermiera alla reception), Doyle
Carter (uomo anziano)
Durata: 94’
Metri: 2410
Regia: Mitchell Lichtenstein
Produzione: Mitchell Lichtenstein, Joyce M. Pierpoline per Teeth
Distribuzione: Mediafilm
Prima: (Roma 22-8-2008; Milano 22-8-2008) V.M.: 14
Soggetto e sceneggiatura: Mitchell Lichtenstein
Direttore della fotografia: Wolfgang Held
Montaggio: Joe Landauer
Musiche: Robert Miller
Scenografia: Paul Avery
Costumi: Rita Ryack
Produttore associato: Richard Lormand
Direttore di produzione: Richard E. Chapla Jr.
Casting: Kerry Barden, Billy Hopkins, Paul Schnee, Suzanne
Smith
Aiuti regista: Katie Tull, Cleta Elaine Ellington, Doug Carter
Operatore: Ian Ellis
Art director: Tom Cole
Arredatore: Sally Nicholaou Hamilton
Trucco e acconciature: Marlene D. Whiton, Meredith Johns
B
rad e Dawn sono fratello e sorella, ma non potrebbero essere più
differenti: lui è insofferente nei
onfronti della famiglia, ribelle nel carattere e nell’aspetto, lei invece è di modi gentili, impegnata in un’associazione religiosa
che inneggia all’astinenza sessuale e veste
in modo parecchio castigato, nonostante la
sua avvenenza susciti l’attenzione di molti
compagni di scuola. Un giorno, durante una
riunione della sua associazione, Dawn conosce Tobey, anch’egli di modi gentili e convinto assertore dell’astinenza e fra i due
nasce un sentimento che entrambi faticano
a contenere, oscillando quindi fra il desiderio di vedersi e il timore di cedere alle ten38
tazioni della carne. A ogni modo, un giorno, durante una gita presso un fiume, i due
finalmente superano ogni remora e soprattutto Tobey preme per andare fino in fondo
(dimostrando quindi di essere tutt’altro che
soddisfatto della propria astinenza), ma il
tentativo ha un esito tragico: il ragazzo finisce infatti evirato dal corpo di Dawn!
Film
Sconvolta e spaventata dall’accaduto,
la giovane deve quindi destreggiarsi fra il
timore per il proprio corpo e i problemi
familiari, con una madre gravemente malata e un fratello sempre più insofferente,
che sembra addirittura dimostrare per lei
un’attenzione morbosa. La vita nell’associazione religiosa, conseguentemente, inizia ad accusare delle crepe e i discorsi della
ragazza, da convinta assertrice dell’astinenza, si fanno ora confusi, lasciano trasparire il disagio di una adolescente che
non capisce quale sia la condotta più giusta. Il corpo di Tobey, morto nel fiume, viene intanto ritrovato dalle autorità, ma nulla
può ricondurre a Dawn.
La ragazza, intanto, decide di affrontare una visita ginecologica per comprendere
i segreti del suo corpo, ma con suo grande
orrore, quando il dottore tenta di esplorare
le sue parti intime si ritrova con le dita mozzate! È la prova che dentro il corpo della
ragazza si nasconde qualcosa di mostruoso e l’origine di tutto, attraverso una ricerca, viene ricondotta al mito della Vagina
Dentata, che, sempre secondo quanto codificato dalla tradizione, dovrà essere “sconfitta” da un “eroe” destinato a fare ben presto capolino nella vita della sventurata toccata da questo flagello.
E ben presto Dawn crede di aver trovato quell’eroe, si tratta di Phil, un suo
compagno di scuola che con abilità e savoir faire riesce a superare le ritrosie della protagonista e a coinvolgerla in un gioco di seduzione che culmina finalmente in
un rapporto sessuale sereno e appagante
per entrambi. Per Dawn sembra che il peggio sia passato, ma quando Phil le rivela
Tutti i film della stagione
di averla sedotta per vincere una scommessa con le amici, il suo corpo reagisce evirandolo. A questo punto Dawn capisce che
quanto credeva essere una maledizione è
invece qualcosa che può controllare e usare
come un dono e un potere.
Intanto Brad e suo padre hanno un violento litigio, durante il quale il ragazzo gli
rinfaccia di averlo privato della felicità:
Dawn infatti non è sua sorella naturale,
ma anzi è la bambina di cui Brad era innamorato sin da piccolo, diventata sua
sorella quando il padre ne aveva spostato
la madre. La visione del padre ferito suscita però in Dawn un proposito di vendetta, e perciò la ragazza sfrutta ancora
una volta il suo potere per evirare il fratellastro. Dopodiché abbandona la casa
paterna per esplorare il mondo, forte del
dono che le permetterà di vincere sugli
uomini che vorranno avere ragione di lei.
G
iunto in Italia sulla scorta degli
entusiasmi raccolti al Sundance
Film Festival, il film di Mitchell
Lichtenstein evoca sin dal titolo paure ataviche (tipicamente maschili) che, congiuntamente alla dimensione produttiva indipendente, fanno pensare a una possibile
opera exploitation, sulla stregua di lavori
quali Killer Condom, distribuito dalla Troma Film. Invece, sorprendentemente, siamo di fronte a tutt’altro tipo di pellicola, diretta con un certo garbo e capace di alternare a momenti più squisitamente grafici,
una ironia di fondo che non rinuncia mai a
un sottotesto intelligente.
In questo senso la regia tende a porre
in essere un universo che sembra aver in-
troiettato nelle sue forme l’idea della sessualità, attraverso cavità vaginali e stalattiti falliche che, nel loro insieme, evocano
l’idea di un mondo dove il sesso, non contaminato da pensieri di astinenza o da ruoli
codificati in maniera castrante, è parte
naturale dell’essere. Questo è il quadro nel
quale la vicenda di Dawn si inserisce e
prospera, attraverso un percorso che vede
la ragazza passare da morigerata seguace dell’astinenza (con evidenti intenti dissacratori da parte del regista) a donna
consapevole della propria sessualità.
Quello che la protagonista deve compiere è dunque un percorso che le permetta di prendere coscienza del proprio corpo
e del potere che questo le conferisce sul
prossimo, imparando il piacere del sesso
come momento appagante per sé, in contrasto con la brutalità di un maschilismo che
vede la donna come mero strumento di piacere per le proprie voglie particolari.
Ecco dunque che la presa di coscienza di Dawn si rivela in perfetta opposizione a una realtà dove ogni forma di convivenza sociale denuncia il suo fallimento:
amore filiale, amore fraterno o primo amore
di coppia ne escono con le ossa rotte, e
mostrano soltanto la fragilità dell’agire
umano mentre l’unica eroina è la ragazza
che ha imparato a gestire il proprio dono e
a contestualizzarlo nel mondo: la prospettiva diventa pertanto femminile e solo nell’ultima parte emerge un tono sopra le righe che sembra pagare dazio al genere e
ai suoi fruitori, senza inficiare peraltro la
buona resa generale dell’insieme.
Davide Di Giorgio
QUELL’ESTATE FELICE
Italia, 2007
Regia: Beppe Cino
Produzione: Mariano Arditi per M. Cinematografica
Distribuzione: M. Cinematografica
Prima: (Roma 20-2-2009; Milano 20-2-2009)
Soggetto: liberamente tratto dal romanzo Argo il cieco di Gesualdo Bufalino
Sceneggiatura: Beppe Cino
Direttore della fotografia: Antonello Emidi, Alessandro
Ojetti
Montaggio: Roberto Siciliano
Musiche: Fabrizio Siciliano
Scenografia: Nello Giorgetti
Costumi: Eloisa Cino
Suono: Remo Ugolinelli, Alessandro Bianchi
Interpreti: Olivia Magnani (Maria Venera), Dario Costa (An-
gelo Amato), Djoko Rossich (Don Alvise Salibba), Giovanni
Argante (professor Iaccarino), Sergio Friscia (professor Licausi), Aldo Puglisi (ragioniere Ficicchia), Sara Emmolo
(Amalia), Pierluigi Misani (Don Nitto Barreca), Alessandro
Schiavo (Sasà Trubia), Giuseppe Moschella (Liborio Galfo), Valentina Graziano (Isolina), Elena Presti (Cecilia),
Barbara Capucci (Teresa Virgadauro), Costantino Carrozza (Onorevole Scillieri), Danilo Badalamenti (John Silver),
Rosario Guerrieri (Noè), Nuzio Firrincieli (Angelo Amato),
Angelo Zaffarana (Ciccio Patò), Maxime Motte (Michel),
Barbara Graziosi (Juana), Daniela Ragonese (bidella), Assia Douglas Scotti (Esterina), Massimiliano Costantino (cantante)
Durata: 113’
Metri: 3050
39
Film
S
icilia anni ’50. Angelo Amato,
professore di un liceo locale, è innamorato della bella Maria Venera. Vive, presso la pensione della procace Amalia, con i colleghi Iaccarino e Licausi, invaghito dell’alunna Isolina. Una
sera, il nobile Don Alvise, chiede il loro
aiuto per scovare la nipote Maria Venera,
fuggita con il ballerino Liborio. Li trovano in un albergo, seminudi, dal quale Liborio riesce a fuggire. Il giorno dopo lo
scandalo è già scoppiato. Angelo inizia a
ricevere lettere d’amore anonime, che ritiene siano uno scherzo del collega Iaccarino. Don Alvise, chiede ad Angelo di diventare il precettore di Maria Venera, per
poterle così far conseguire il diploma magistrale: accetta e subito le confessa di
amarla. La ragazza, rifiutandolo, gli chiede di consegnare una lettera al cugino
Sasà. A sua volta, dopo aver ricevuto la
lettera, Sasà chiede ad Angelo di portare
un assegno a Don Nitto, boss locale, con
un intento non chiaro. Don Nitto, accetta
in cambio di un altro favore: che il professore scriva i discorsi per far rieleggere un
onorevole del luogo. Maria Venera, rivela
ad Angelo che è rimasta incinta del cugino Sasà, il quale non vuole né lei né il figlio in arrivo; la scappatella con Liborio,
serviva a dare un padre legittimo al nascituro e dissipare malignità sull’omosessualità del ballerino. Decisa ad abortire in
clandestinità, si fa accompagnare dall’amico a Catania, da dove la donna riporterà
via le bende macchiate del suo sangue. Maria Venera, continua a rifiutarlo più e più
volte, nonostante Angelo le chieda di sposarlo. Angelo continua a ricevere lettere
d’amore; secondo Amalia sono di Isolina,
che lo fissa dalla finestra attigua, ma lui
continua ad essere dubbioso. Alla festa
annuale di Don Nitto, giunge quasi tutto il
paese. Angelo prova a chiedere aiuto a
Sasà per conquistare Maria Venera: gli
consiglia di lasciarla perdere e chiede di
far nuovamente da intermediario con Don
Nitto sempre per un assegno. Giungono
Don Alvise e la nipote, che approfittando
di una distrazione del nonno, si vendica
del cugino: lo umilia dicendo che si sposerà con una ricca donna (presente alla serata) solo per sanare i suoi debiti di gioco,
poi gli getta addosso le bende che aveva
conservato dall’aborto. Angelo, cerca di
farla calmare e continua a chiederle di
sposarla inutilmente. Deluso, il ragazzo
ritorna alla festa dove Don Alvise è colto
da malore e muore. Angelo trova Maria
Venera in procinto di sedurre un ospite del
cugino, aiuto regista di Jean Renoir. È passato del tempo. Isolina, ormai diplomata,
si è sposata con Licausi. Durante il ricevi-
Tutti i film della stagione
mento di nozze, gli confessa di essere lei
l’autrice delle lettere d’amore. Maria Venera ha seguito l’aiuto regista in Francia,
dove probabilmente diventerà attrice. Angelo è ancora innamorato di lei. Passano
diversi anni. Angelo è ormai anziano. Passa di fronte la chiesa dove si è sposata Isolina. Ricorda quel giorno e i suoi amici di
gioventù salutandoli con la mano.
U
n film dignitoso che meriterebbe
maggiore attenzione. I pochi difetti di sceneggiatura, riscontrati
in alcuni momenti di confusione o di scene che potevano essere omesse, sono
comunque surclassati da una regia senza
sbavature. Ottimi i costumi e le scenografie dell’epoca, così come anche il cast perfettamente scelto. In primis Olivia Magnani, nipote della grande Anna, fra l’altro citata implicitamente grazie al film La carrozza d’oro di Renoir, dove era stata magistrale protagonista. Bravi anche Dario
Costa (Angelo) e Giovanni Argante, nei
panni del collega filosofo Iaccarino.
Beppe Cino, che nasce come documentarista e assistente di registi come Vittorio
De Sica e Roberto Rossellini, comincia a raccontare questa storia come fosse una commedia di macchiette (come i proprietari dell’albergo dove viene trovata Maria Venera),
per poi sfociare nel dramma e nella nostalgia dei ricordi di gioventù. Girato nella Modica dei primi anni Cinquanta, il film ne ha il
sapore anche nella regia che ricorda a tratti
lo stile dell’epoca, ripercorrendo lo spaccato di quella che era la Sicilia di un tempo:
dalle sue usanze, alla sua filosofia, alla condizione femminile. Come un flash ci viene
raccontata la vita di pescatori che lavorano
di notte e preparano il banco del pesce, donne che cucinano arancini e pizza per le feste, ragazze costrette a salvare il proprio
onore aiutate dagli uomini della famiglia. Tutto
quello che Maria Venera compie si potrebbe
collocare in una sorta di emancipazione:
dalla libertà sessuale al trasferirsi in un altro
continente. Bellissima, quanto forte, la scena dell’aborto clandestino, seguita dalla donna che accarezza la borsa, dove ha messo
le bende insanguinate, come se fosse il
grembo materno. L’intero pensiero può essere raccolto nel monologo finale di Iaccarino, dove racconta la vera natura dei siciliani:
non ci sono vie di mezzo; onore o disonore,
sgualdrine o sante.
Questa estate felice, che in realtà molto felice per Angelo non si rivela, è il tempo dei ricordi di gioventù. Nostalgia ben
rimarcata nel finale, dove l’ormai anziano
Angelo, vede nelle piazze della città, non
più serate di ballo liscio e canzoni popolari, ma band di rock’n roll che suonano a
tutto volume. Un finale commovente, anche per chi è ancora giovane e non ha tutti
i ricordi di una vita da assaporare con
malinconia. Tratto dal romanzo di Gesualdo Bufalino “Argo il cieco”.
Elena Mandolini
DUE PARTITE
Italia, 2008
Regia: Enzo Monteleone
Produzione: Marco Chimenz, Giovanni Stabilini, Riccardo Tozzi per Cattleya/Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Prima: (Roma 6-3-2009; Milano 6-3-2009)
Soggetto: dalla commedia teatrale omonima di Cristina Comencini
Sceneggiatura: Enzo Monteleone, Cristina Comencini
Direttore della fotografia: Daniele Nannuzzi
Montaggio: Cecilia Zanuso
Musiche: Giuliano Taviani
Scenografia: Paola Comencini
Costumi: Marina Roberti
Direttore di produzione: Raffaella Ridolfi
Produttori esecutivi: Bruno Ridolfi, Matteo De Laurentiis (Cattleya)
Produttore delegato: Gina Gardini
Aiuto regista: Matteo Albano
Suono: Andrea Giorgio Moser
Interpreti: Margherita Buy (Gabriella), Isabella Ferrari (Beatrice), Marina Massironi
(Claudia), Paola Cortellesi (Sofia), Carolina Crescentini (Sara), Valeria Milillo (Cecilia), Claudia Pandolfi (Rossana), Alba Rohrwacher (Giulia)
Durata: 94’
Metri: 2360
40
Film
Tutti i film della stagione
A
nni Sessanta. Claudia, Gabriella
e Sofia sono a casa della loro
amica Beatrice come ogni giovedì a giocare a carte, mentre nella stanza
accanto le loro figlie ritagliano le foto di
Grace di Monaco e giocano alle “signore”.
Durante la partita le donne si confessano frustrazioni e sogni.
Claudia è completamente presa dal suo
ruolo di madre tanto da perdonare le numerose scappatelle del marito, Gabriella
rimpiange la sua carriera da pianista che
ha abbandonato per accudire la figlia,
Sofia tradisce un compagno che non ama
e spera un futuro di emancipazione per le
donne e Beatrice, la padrona di casa,
aspetta ansiosa il suo primo bambino guardando alla vita in maniera estremamente
romantica.
Trent’anni dopo le loro figlie Sara,
Cecilia, Rossana e Giulia si ritrovano in
quella stessa casa per la morte di Beatrice
e insieme discutono di quanto sia difficile
essere donne, professioniste e mamme negli anni Novanta.
C
apelli cotonati, smalto rosa
shocking e la continua speranza
di una “carta giusta”. Mentre dalle finestre echeggia il suono di un giradischi che racconta di un uomo perfetto che
sa “dire parole d’amor”.
Inizia così la pellicola, tratta dall’omonima pièce teatrale di Cristina Commencini, Due Partite.
A differenza dell’opera originaria, per
il grande schermo la regia è stata affidata
a un uomo, Enzo Monteleone, che è riuscito nella difficile impresa di non insinuarsi
troppo, di non dare un taglio “maschile” alla
commedia. Il palco è tutto delle donne! E
Monteleone lo sa bene, preferendo una
regia asciutta e quasi teatrale rispetto a
una più “virtuosistica”, ma forse, penalizzante per le emozioni delle protagoniste.
Perché la pellicola vuole solo raccontare questo: il vissuto, la normalità e le
speranze di due generazioni di donne a
confronto, ponendo silenziosamente la
domanda “Sono più felici ora le donne?”.
Rispondere non è facile. I due spaccati
che ci vengono proposti mostrano, da un lato,
donne castrate nel ruolo di “angelo del focolare” alla continua ricerca di una realizzazione impossibile, dall’altro, invece donne dall’identità costruita, ricercata, però vacillante.
Se, infatti, Gabriella, Claudia, Sofia e
l’ingenua Beatrice negli anni Sessanta combattono, ciascuna con la sua arma, contro
un sistema che non le permette di parlare
che di abnegazione, sacrificio e prole,
trent’anni dopo le loro figlie Sara, Cecilia,
Giulia e Rossana ripetono la scena con pro-
blemi diametralmente opposti, ma allo stesso tempo uguali. Uguali perché per una
sorta di contrappasso dantesco loro sono
riuscite a ottenere ciò che difettava nella vita
delle loro mamme. Eppure non sono felici.
Che l’insoddisfazione sia donna? No,
non è così e neanche la pellicola suggerisce questo, piuttosto è la voglia, tutta femminile, di essere “interezza” e di esserlo
“bene” che spinge le protagoniste a non
accontentarsi di una parziale realizzazione della propria immagine.
Questa “interezza”, inoltre, è resa molto
bene dalle otto attrici protagoniste (Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Valeria Milillo, Claudia Pandolfi, Alba
Rohrwacher) che, pur muovendosi sulle
traballanti assi teatrali, riescono a dare
genuinità ad un racconto, o meglio, a una
chiacchierata di per sé godibilissima, impreziosita dai versi di Rilke.
Francesca Piano
LA SICILIANA RIBELLE
Italia/Francia, 2008
Regia: Marco Amenta
Produzione: Simonetta Amenta, Tilde Corsi, Gianni Romoli, Raphael Berdugo, Marco Amenta per R&C Produzioni/Eurofilm/Roissy Films in collaborazione con Rai
Cinema
Distribuzione: Istituto Luce
Prima: (Roma 27-2-2009; Milano 27-2-2009)
Soggetto: Marco Amenta
Sceneggiatura: Marco Amenta, Sergio Donati
Direttore della fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Mirco Garrone
Musiche: Pasquale Catalano I
Scenografia: Marcello Di Carlo
Costumi: Cristina Francioni
Organizzazione generale: Alessandro Mattei
Casting: Pino Pellegrino, Chiara Agnello
Aiuto regista: Davide Bertoni
Suono: Mario Iaquone
Interpreti: Veronica D’Agostino (Rita Mancuso), Gérard Jugnot (procuratore antimafia),
Marcello Mazzarella (Don Vito Mancuso), Lucia Sardo (Rosa Mancuso), Paolo Briguglia (maresciallo Bruni), Primo Reggiani (Lorenzo), Francesco Casisa (Vito), Carmelo
Galati (Carmelo Mancuso), Mario Pupella (Don Salvo Rimi), Miriana Fajia (Rita da bambina), Lorenzo Rosone (Vito da Bambino), Lollo Franco (Maresciallo Campisi)
Durata: 110’
Metri: 3160
41
Film
A
nni 80: in un paesino della provincia siciliana la piccola Rita
Mancuso assiste all’omicidio del
padre, uno dei capi delle cosche mafiose del
territorio; pochi anni dopo è il suo amatissimo fratello maggiore a cadere sotto il piombo dei sicari. A organizzare i delitti è stato
proprio lo zio, don Salvo, deciso a gestire
tutto il traffico di droga che transita per la
Sicilia e quindi pronto a eliminare qualsiasi
concorrente o testimone che possa compromettere la sua salita al potere. Per Rita, ora
diciassettenne, la misura è colma: nonostante
le perplessità di Vito, il suo fidanzato di sempre fin da quando erano bambini e ora alle
dipendenze di don Salvo, lei si rivolge al Procuratore antimafia e comincia a raccontargli quello che sa, con lo scopo di vendicare
l’uccisione dei suoi familiari. Sono effettuati
i primi arresti, il traffico di droga subisce
degli intoppi, è chiaro che qualcuno sta parlando; altrettanto facile capire che si tratta
di Rita; così lei fugge con l’aiuto del Procuratore che la mette in salvo con un elicottero
dei Carabinieri. Non si tratta ormai più di
vendetta ma di giustizia. Il Procuratore, deciso a utilizzare Rita per istruire un processo
che dia alla mafia un colpo mortale, riesce a
farsi strada nel cuore della ragazza conquistandone completamente la fiducia. Rita diviene collaboratrice di giustizia, è trasferita
a Roma in un appartamento sicuro; dovrà
dimenticare la propria identità e collaborare con il Procuratore per la preparazione del
processo. Così avviene: Rita è un torrente di
rivelazioni, provate e suffragate dai diari che
lei ha scritto per anni; a decine sono le persone arrestate; il processo più importante di
tutta la lotta alla mafia sta per realizzarsi
anche se i problemi e gli ostacoli sono enormi, a cominciare dall’assassinio del Maresciallo Bruni, vicino a Rita fin dall’inizio della
vicenda, senza contare le minacce di morte
sempre più pressanti giunte al Procuratore.
Il processo ha inizio ma si interrompe
presto perché Rita sembra non reggere le
deposizioni preparate ad arte per diffamarla e la pressione degli avvocati dei mafiosi;
la ragazza riesce però a riprendere la consapevolezza della sua missione proprio dopo
un incontro con la madre che la insulta disconoscendone il valore. Con il sostegno del
Procuratore Rita ricomincia a testimoniare
in un processo che diventa così esemplare.
La tragedia è però in agguato: il Procuratore e la sua scorta sono distrutti dal tritolo, Rita è sconvolta e viene messa in salvo
in un altro appartamento più sicuro ; lì riceve Vito che le prospetta la possibilità di
un rientro in Sicilia e di un matrimonio pacificatore nel caso lei ritrattasse al processo. Rita comprende che non ci può essere
salvezza da tutto questo e che per lasciare
Tutti i film della stagione
integra la sua testimonianza già espressa
in tribunale e chiudere il dolore per la morte del giudice deve farla finita: si uccide
lanciandosi dal terrazzo.
È
un film civile di grande impegno
morale e di un valore umano e
sociale assoluto e si pone nella
linea espressa dal nostro cinema quando era
capace di mostrarci la realtà più difficile e
dolorosa del nostro Paese, senza dimenticare le esigenze spettacolari di una storia
raccontata per immagini. Marco Amenta, ora
regista, viene dal documentario, dal fotogiornalismo e dal suo passato professionale e
non solo, parte per darci questa storia universale ispirata ad avvenimenti veri, quelli
che portarono alla presa di coscienza della
collaboratrice di giustizia Rita Atria, del suo
rapporto con il giudice Borsellino e della nota
fine di entrambi. Il lavoro che ne risulta non
è una biografia, né una storia di mafia (finalmente siamo lontani dai mafiosi “buoni, simpatici, e giustizieri”), ma la rappresentazione di ciò che è possibile fare, pur nell’orrore,
nell’indifferenza e nell’omertà ambientale, se
si vuole realizzare il proprio forte senso di
giustizia e se si aspira a vivere in un equilibrio sociale migliore: i processi possono
essere istruiti e condotti a termine, la mafia può essere battuta. Al servizio di tutto
questo, Amenta mette un modo di raccon-
tare scarno e sontuoso insieme: da un lato
toglie ogni belletto al mare, alle pianure,
agli ambienti esterni, tutti uniformati a una
grigia, inattaccabile aridità; dall’altro “paga”
il tributo allo spettacolo nell’approfondire
una cromatura più densa in occasione
delle scene della processione, degli inseguimenti, delle raffiche, degli omicidi.
Gérard Jugnot, attore francese sconosciuto in Italia, si fa forte proprio di questo
(come lui stesso ha dichiarato nelle interviste) per delineare la figura del Procuratore, lontano da stereotipi e da somiglianze forzate che potevano distrarre e che
appare così solida della sua forza di eroe
borghese che serve lo Stato, responsabile, determinato, incrollabile.
La scelta di Veronica D’Agostino per
la ragazza ribelle è stata molto coraggiosa: la sua rivolta contro il fatalismo preconcetto e la gestione accidiosa, mafiosa dell’ambiente è un vulcano di passione e testardaggine antica; la sua irruenza senza
mezze misure fa piazza pulita di ogni possibile sosta, di ogni intimo smarrimento;
certo, la scelta sarà stata registica ma fare
un personaggio così “più realista del re” ci
trova d’accordo fino a un certo punto;
aspettiamo di apprezzarla ancora in situazioni di più consapevole “recita”.
Fabrizio Moresco
QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE
Italia, 2009
Regia: Riccardo Donna
Produzione: Matteo Levi, Giannandrea Pecorelli per 11 Marzo Film/Aurora Film/Medusa Film con la collaborazione di Sky e il sostegno di Film Commission TorinoPiemonte
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 11-2-2009; Milano 11-2-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Claudio Baglioni, Ivan Cotroneo
Direttore della fotografia: Federico Schlatter
Montaggio: Fabrizio Rossetti
Musiche: Claudio Baglioni
Scenografia e arredamento: Alessandra Panconi, Leonardo Conte
Costumi: Maria Luisa Montalto
Direttore di produzione: Tomaso Tyler
Casting: Francesco Vedovati, Claudia Marotti
Operatore: Bruno Di Virgilio
Supervisore effetti visivi: Stefano Marinoni
Suono: Alessandro Rolla
Coreografie: Luca Tommasini
Interpreti: Emanuele Bosi (Andrea), Mary Petruolo (Giulia), Daniela Giordano (Anna),
Mariella Valentini (Vittoria), Federico Galante (Leo), Claudio Cotugno (Vincio), Valentino Campitelli (Secco), Giulia Amato (Irene), Veronica Corsi (Cinzia), Matteo Urzia
(Nico), Stefano Masciolini (Marco), Veronica Bruni (professoressa Greco), Giancarlo
Previati (Sergio), Piero Cardano (Sasà), Andrea Gherpelli (Lubrano), Antonio Gerardi
(Reggiani), Ivano Marescotti (prete), Federico Costantini (ragazzo finale)
Durata: 110’
Metri: 3210
42
Film
Q
oma, settembre 1971. A Piazza
del Popolo i giovani manifestano per un mondo migliore, ma
alla carica della polizia i ragazzi si disperdono. Andrea, studente diciannovenne al primo anno di architettura, si rifugia in un bar dove conosce Giulia. E’ il
colpo di fulmine. Tornato a casa, nella
zona periferica di Centocelle, il giovane
racconta agli amici di essere stato stregato da una splendida ragazza. Anche
Giulia parla di Andrea con la sua amica
del cuore Irene. Andrea si presenta davanti al liceo della ragazza e i due vanno a fare una passeggiata in un parco. Il
giovane la invita a una festa, ma la ragazza non gli dà una risposta. A sorpresa, Giulia si presenta alla festa insieme
a Irene. Dopo poco, l’amica trascina via
Giulia convinta che quell’ambiente sia
troppo distante dal loro mondo della
Roma borghese. Anche gli amici di Andrea cercano di convincere il giovane che
Giulia è troppo diversa da lui. Ma l’attrazione è troppo forte e, durante una
passeggiata sulle rive del Tevere, i due
si baciano. Una sera, Andrea dice a Giulia che preferisce stare a casa a studiare
ma poi viene convinto dagli amici a uscire. Intanto Giulia decide di fargli una
sorpresa presentandosi a casa sua con
una torta: ferita e delusa, la ragazza gli
scrive addio sul muro sotto casa. Andrea
non si dà pace e chiede al suo migliore
amico di aiutarlo. Qualche giorno dopo,
il giovane si presenta a scuola di Giulia
con una macchina con la scritta “Vieni
via con me”: al settimo cielo, la ragazza
scappa da scuola. I due vanno al mare:
dopo un temporale improvviso, si rifugiano in una cabina e fanno l’amore.
Sempre più innamorati, i due sognano un
lungo futuro insieme. Ma il giovane trascura gli studi e immancabile arriva la
cartolina di convocazione al servizio militare. Andrea parte per Saluzzo, mentre
Giulia gli promette che lo aspetterà, forte
del suo immenso amore. Col morale a
terra, il giovane si sfoga dipingendo nella caserma un affresco dedicato alla sua
ragazza rimediando una punizione che
gli nega la prima licenza. Giulia gli fa
una sorpresa raggiungendolo a Saluzzo.
La ragazza lo attende per tutta una notte in una pensione, ma Andrea non ottiene il permesso di uscire dalla caserma.
All’alba, Giulia riparte per Roma. Dopo
qualche giorno Andrea viene sospeso di
nuovo e non ottiene ancora la licenza.
Giulia, triste e delusa, viene convinta da
Irene a uscire con alcuni amici tra cui
c’è anche il suo ex, Marco. Intanto Andrea riesce a partire per Roma sostituen-
Tutti i film della stagione
dosi all’amico commilitone Sasà. Quella domenica mattina, al mercato di Porta Portese, Andrea vede Giulia a spasso
per le bancarelle sorridente accanto a
Marco. Distrutto, il giovane riparte immediatamente. Intanto Giulia dice a
Marco che tra loro può esserci solo amicizia. Alla stazione di Saluzzo, Sasà trova Andrea che passeggia di notte, disperato, tra i binari. Al telefono Andrea dice
alla ragazza che non ce la fa a continuare così e che è meglio chiudere. Passano
diversi mesi, Giulia passa brillantemente l’esame di fine anno e Andrea torna a
Roma. I due si rivedono nel luogo del
loro primo bacio e si chiedono perché
non ce l’hanno fatta, Andrea pensa con
amarezza che forse tra loro doveva davvero finire. Giulia sta per partire per una
vacanza, promette a Andrea di chiamarlo anche se entrambi sanno che non lo
farà. I due si salutano sorridendo. Della
loro bella storia resteranno indelebili i
ricordi.
I
l primo amore. Quello forte, quello emozionante, quello che fa sognare. Quello che capita una volta, una sola volta, e la certezza è una sola,
non tornerà mai più.
Tra “magliette fine” e “baci a labbra
salate”, assaliti dalla “paura e la voglia
di essere nudi”, in giro tra “piazza del Popolo” e “Porta Portese”, i due protagonisti si muovono, ridono, piangono, amano, al suono delle canzoni di Claudio
Baglioni e del suo album del 1972 “Questo piccolo grande amore”, vera testimonianza autobiografica di una stagione
della vita del cantautore romano. Nel film
le canzoni entrano infatti con la valenza
di un vero “io narrante”, di una vera e
propria voce fuori campo del protagonista sottolineandone di continuo gli stati
d’animo. Il film rappresenta un genere a
sé nel panorama italiano: non è un “musicarello” inteso in senso stretto (anche
se in molti lo hanno letto così, come una
versione aggiornata dei vari “filmettini” di
Ettore Maria Fizzarotti con Gianni Morandi in divisa intento a cantare successi come In ginocchio da te e Non son degno di te alla sua Laura Efrikian) e neanche un musical vero e proprio (con i
protagonisti “canterini”), ma un film che
usa la musica e le parole di Baglioni
come voce narrante per le immagini,
mantenendosi fedele al soggetto sviluppato dal cantautore nel suo album del
quale viene rispettato l’intero percorso
narrativo.
L’amore e il sogno. L’amore che sboccia improvviso (“E lungo il Tevere che an-
43
dava lento lento noi ci perdemmo dentro il
rosso del tramonto”) e il sogno di un mondo migliore, dove ci sono solo prati verdi e
cieli azzurri, dove ci sono città in cui tutti
possano vivere bene (è questo che sogna
di progettare il nostro studente di architettura) e dove è bello fuggire al mare a bordo di una mitica “Due cavalli” tutta dipinta
a colori. Di questo amore, troppo acerbo,
resta il ricordo di una scritta sul muro nella
struggente scena dell’addio finale. Il tempo cancellerà le scritte sui muri ma non
certo la memoria di quei primi e irripetibili
forti battiti del cuore.
Romantico quanto basta per giustificare l’uscita nelle sale nel week-end di
San Valentino e a tratti davvero struggente, il film coglie nel segno, se si guardano le intenzioni del regista Riccardo Donna (una lunga carriera nella fiction televisiva) e dei produttori Matteo Levi (ideatore del progetto) e Giannandrea Pecorelli (già produttore del successone
Notte prima degli esami), coadiuvati dalla
coppia di sceneggiatori Claudio Baglioni e Ivan Cotroneo. Non è un film “generazionale”, anzi forse è un’opera transgenerazionale come lo è l’amore, un
amore che vola leggiadro sulle sue ali,
come solo l’amore a vent’anni può fare.
E poi è da lodare la scelta di evitare lo
scontato “happy end” da favoletta optando per quel finale malinconico e tristemente vero.
È vero, si tratta dell’ennesima pellicola
sentimental-adolescenziale di questi anni
e come altre infarcita di banali battute
sul’amore e interpretata da visi forse troppo belli e puliti, ma alla fine dei conti, quel
sapore amarognolo e malinconico delle
cose perdute può non dispiacere se quello che si cerca è levità e evasione. D’altronde, l’essenza stessa dell’amore non
sta nella sua semplicità? Sarà per il sapore ingenuo di questi baci a labbra salate, sarà per i pantaloni a zampa e le due
cavalli dipinte a colori, sarà per il sapore
perduto di una “gassosa” consumata in
un bar e pagata poche vecchie lire, o per
il sorriso malinconico che ci ha strappato
vedere la lunga fila per un telefono a gettoni, ma sicuramente ci ha comunicato di
più l’interminabile bacio romantico sul
Lungotevere con l’accompagnamento
sognante di coppie che danzano leggiadre sul Ponte degli Angeli piuttosto che il
bacio suggellato da un lucchetto a Ponte
Milvio. Insomma meglio questo “come eravamo” dei tanti “come siamo”. E nella sfida tra acronimi, QPGA batte 3MSC & Co.
due a zero. Palla al centro.
Elena Bartoni
Film
Tutti i film della stagione
IL GIARDINO DEI LIMONI
(Etz Limon)
Germania/Francia/Israele, 2008
Direttori di produzione: Ayelet Imberman, Uzi Karin, Ghad
Haijut
Casting: Yael Aviv
Aiuto regista: Michael Engel
Suono: As Milo
Effetti speciali: Sassi Franco
Interpreti: Hiam Abbass (Salma Zidane), Doron Tavory (Ministro della difesa israeliano Navon), Ali Suliman (Ziad Daud),
Rona Lipaz-Michael (Mira Navon), Tarik Kopty (Abu Hussam),
Amos Lavi (comandante Jacob), Amnon Wolf (Leibowitz), Smadar Jaaron (Tamar Gera), Hili Yalon (Sigi Navon), Danny Leshman (soldato Quickie), Linon Banares (Gilad), Jamil Khoury (genero), Makram Khoury (Abu Kamal), Yair Lapid (se stesso, presentatore tv), Loai Nofi (Nasser Zidane), Ayelet Robinson (Shelly), Michael Warshaviak (avvocato)
Durata: 106’
Metri: 2790
Regia: Eran Riklis
Produzione: Eran Riklis per Eran Riklis Productions in coproduzione con Heimatfilm/MACT Productions/Riva Filmproduktion
Distribuzione: Teodora Film
Prima: (Roma 12-12-2008; Milano 12-12-2008)
Soggetto e sceneggiatura: Suha Arraf, Eran Riklis
Direttore della fotografia: Rainer Klausmann
Montaggio: Tova Asher
Musiche: Habib Shadah
Scenografia: Miguel Markin
Costumi: Rona Doron
Produttori esecutivi: Leon Edery, Moshe Edery, David Silber
Co-produttori: Bettina Brokemper, Antoine de Clermont-Tonnerre, Michael Eckelt, Ira Riklis
S
alma Zidane è una vedova palestinese che vive in un villaggio
della Cisgiordania, il Ministro
della Difesa israeliano è il suo nuovo vicino di casa. Per ragioni di sicurezza, alla
donna viene intimato di abbattere il suo
giardino di limoni. Salma fa causa al ministro: il frutteto rappresenta il suo unico
sostentamento e le sue stesse radici, ma
riuscire a vincere appare una sfida impossibile. La donna è infatti completamente
sola nel sostenere l’inattesa battaglia, che
si prefigura, a detta di chiunque, come sicuro fallimento. Il figlio maschio vive lontano, negli Stati Uniti, e non può abbandonare il modesto impiego nel più classico dei diner per soccorrere la madre, mentre la figlia ha fin troppi problemi a mandare avanti la famiglia, con i bambini ancora piccoli e poche risorse economiche.
Inoltre, Salma deve sottostare a tutte quelle regole che una donna sola deve necessariamente osservare, se vuole essere ancora rispettata in società; anche per questo il suo aspetto è sempre dimesso e umile. Ma non è certo la grinta a mancarle, se
si tratta di distruggere il frutteto di famiglia, e il legale consigliatole dal genero, il
giovane avvocato Ziad Daud, accoglie il
suo caso. Ziad è agguerrito quanto basta,
ma è difficile averla vinta sul nutrito team
di avvocati dell’esercito, che hanno il supporto del governo israeliano.
A complicare la situazione, irrompe la
passione amorosa: Ziad, separato da una
moglie conosciuta in Russia ai tempi dell’università, finisce per innamorarsi di
Salma, il cui fascino maturo emerge anche
attraverso gli abiti più castigati. Anche lei
non è indifferente, d’altronde il vuoto sen-
timentale in cui vive non può certo impedirle di amare. Il loro è un rapporto complicato e pericoloso: una vedova palestinese non è libera di fare quello che vuole,
soprattutto con uomo molto più giovane di
lei, e la pressione di familiari e amici si fa
via via più insistente. Salma si prende cura
di Ziad e della sua disordinata casa, lui
cerca di sbrogliare l’incredibile matassa
di leggi che autorizza il ministro in ogni
prepotente azione.
La causa procede e aumentano le pressioni da ogni parte, Salma capisce di aver
scelto la strada più difficile, ma vuole
ugualmente andare avanti: quegli alberi,
piantati dal padre più di cinquant’anni
prima, rappresentano tutta la sua storia,
la sua vita, il suo futuro. Intanto la vicenda fa il giro del mondo, perfino il figlio ne
viene a conoscenza, attraverso la televisione.
Il giardino, nel frattempo, viene recintato da reti metalliche e filo spinato, con
tanto di torretta di guardia pronta a impedire a chiunque di accedervi. Salma protesta, per un po’ si limita a osservare gli alberi seccarsi per la mancanza d’acqua e i
limoni marcire sui rami, poi decide di passare al contrattacco. Entra attraverso un
varco, si aggira nella sua stessa proprietà
come una ladra, i soldati la scoprono e la
cacciano a malincuore, mentre la stessa
rete non impedisce agli uomini del ministro di depredare i limoni per l’esclusivo
party nella lussuosa villa.
Al di là del giardino, tuttavia, Salma
ha un’alleata. È Mira Navon, moglie del
ministro. Nella sua nuova, bellissima casa,
con un marito dal lavoro prestigioso al
proprio fianco, è costretta a vivere in una
44
dorata solitudine. I due non hanno avuto
figli, e il rapporto con la figlia di lui, che
studia all’estero e comunica con la donna
attraverso il freddo schermo di un computer, non è certo appagante. Dopo l’iniziale
diffidenza, Mira prende coscienza della
situazione di Salma, ne parla apertamente
col marito, che seguita però a trincerarsi
dietro le vaghe motivazioni di sicurezza
nazionale addotte dai sui esperti militari.
Tuttavia, la prepotenza usata contro la vedova palestinese la scuote al punto di cercare un contatto diretto con la donna, con
il risultato di essere letteralmente rinchiusa in casa senza possibilità d’appello. Tra
Mira e Salma si crea comunque un invisibile legame di solidarietà, che svela a entrambe la possibilità di un nuovo futuro.
La sentenza, in ogni caso, scontenterà
tutti: metà degli alberi verranno rasi al
suolo, e Salma, abbandonata anche dal bel
Ziad, si aggira nel cimitero del suo giardino di limoni. Il ministro, dalla sua bella
casa, osserva la costruzione dell’alto e
massiccio muro di confine in costruzione,
e non sembra esserne contento del tutto.
P
ossono degli alberi di limoni, vecchi di cinquant’anni, trasformarsi
all’improvviso in una minaccia
alla sicurezza nazionale? La possibilità che
i terroristi attraversino il giardino per attentare alla vita del ministro e della sua famiglia è però reale, quindi i servizi segreti
optano per la più semplice delle soluzioni,
ovvero abbattere tutti gli alberi. Anche se
nulla di ciò è mai accaduto in più di cinquant’anni di esistenza del frutteto, ma è
una replica fin troppo debole. Il muro contro muro tra le due parti, l’israeliana e la
Film
palestinese, è destinato a protrarsi all’infinito, perché si ascoltano le proprie motivazioni e si continuano a ignorare quelle
degli altri.
Come regista (e cittadino) israeliano,
Eran Riklis ha avvertito ancora una volta
l’esigenza di raccontare, dalla sua privilegiatissima posizione “interna”, un conflitto
che va avanti da più di duemila anni. Come
nell’appassionato film precedente, La sposa siriana, il quotidiano si erge a riflesso
di una situazione – umana, prima che politica – ai limiti della follia. Là era il matrimonio, qui la bega tra vicini di casa: entrambi non sono altro che pretesti che si
caricano fin troppo facilmente del peso
secolare della Storia.
Dramma e commedia si fondono e si
confondono da una parte all’altra di questo conflitto in miniatura tra Israele e Palestina: separati da un reticolato sottile ma
invalicabile, i due contendenti non tentano
la mediazione, ma neanche una semplice
comunicazione. Asserragliati nei territori
propri, continuano la vita di sempre: Salma sfida i soldati pur di raccogliere i frutti
della sua terra e intanto si concede una
libertà di troppo, innamorandosi di un uomo
più giovane di lei; il ministro dà sfarzosi ricevimenti e nelle interviste dichiara di considerare gli alberi come esseri umani, ma
poi non esita a condannare un intero frutteto all’abbattimento. Il messaggio di speranza il regista lo affida all’incredibile affinità – ai limiti dell’empatia – tra Salma,
umile vedova di un paesino della Cisgior-
Tutti i film della stagione
dania, e Mira, moglie del Ministro della
Difesa israeliano. Entrambe prive di libertà ma supportate dal coraggio e dalla volontà di cambiare, le due donne saranno
capaci di abbattere, almeno in parte, almeno per quanto le riguarda personalmente, la barriera che le separa.
Vibrante (come sempre) l’interpretazione della splendida Hiam Abbass, nello
stesso periodo nelle sale italiane anche
con L’ospite inatteso; in forma il resto del
cast. Qualche schematismo di troppo costringe la storia in binari talvolta rigidi e
risvolti prevedibili, portando la narrazione
verso vicoli ciechi: si ha la sensazione, per
esempio, che la delicata love story con il
giovane avvocato serva a mostrare soltanto dove risiedano i limiti – sociali, per lo
più – di Salma, costretta dal rigido codice
comportamentale a vestire i panni della
vedova infelice per sempre. Ma non è che
l’emancipata Mira, dall’altra parte, se la
passi meglio.
La versione italiana non permette di
cogliere le sfumature di incomunicabilità
tra israeliani e palestinesi, che esistono
anche a livello linguistico e che l’uniformità del doppiaggio azzera inesorabilmente.
Manuela Pinetti
IL COSMO SUL COMÒ
Italia, 2008
Interpreti: Aldo (Pin/Aldo/menestrello ribelle/Beniamino), Giovanni (Tsu’Nam/Giovanni/Peppino Caravaggio/Mario), Giacomo (Puk/Giacomo/falso Van Dyck/Padre Bruno), Sergio Bustric (Napoleone in “Falsi prigionieri”), Victoria Cabello (dama
con l’ermellino in “Falsi prigionieri”), Raul Cremona (dentista
in “Temperatura basale”), Sara D’Amario (moglie di Giacomo
in “Temperatura basale”), Silvana Fallisi (moglie di Aldo in
“Milano Beach”/Madame in “Falsi prigionieri”), Angela Finocchiaro (dott.ssa Gastani Frinzi in “Temperatura basale”), Elena Giusti (dott.ssa Magnani Ciurli in “Temperatura basale”),
Cinzia Massironi (moglie di Giacomo in “Milano Beach”), Isabella Ragonese (commessa in “L’autobus del peccato”), Debora Villa (moglie di Giovanni in “Milano Beach”), Luciana Turina (suocera di Aldo in “Milano Beach”), Alfredo Colina (il penitente in “L’autobus del peccato”), Federica Cifola (vigilessa
in “Temperatura basale”), Lucianna De Falco (zingara in “Temperatura basale”)
Durata: 100’
Metri: 2750
Regia: Marcello Cesena
Produzione: Paolo Guerra per Medusa Film/Agidi SRL
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 19-12-2008; Milano 19-12-2008)
Soggetto: Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Valerio Bariletti
Sceneggiatura: Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Valerio Bariletti. Con la collaborazione di Marcello Cesena
Direttore della fotografia: Agostino Castiglioni
Montaggio: Danilo Torchia
Musiche: Paolo Silvestri. Con la collaborazione di Stefano Bollani (pianoforte) e Gino Marcelli per l’episodio “Milano Beach”)
Scenografia: Paolo Monzeglio
Costumi: Valeria Campo
Direttore di produzione: Simona Batistelli
Aiuto regista: Miguel Lombardi
Operatore: Steven Desbrow
Operatore steadicam: Luca Dell’Oro
Suono: Mario Iaquone
45
Film
T
su’Nam, un sedicente maestro
orientale, è seguito dai suoi fedelissimi discepoli Pin e Puk. Il
maestro è solito esprimere continuamente
“pillole di saggezza” all’ombra di un Ginko
Biloba, una pianta leggendaria. La storia
di questi tre personaggi fa da cornice ai
quattro episodi del film: in Milano beach,
ambientato in una Milano deserta nei primi giorni di agosto, i tre amici devono partire assieme per le vacanze con le rispettive
famiglie. Aldo è costretto a subire le continue spese della moglie e deve sopportare
anche la bisbetica suocera. Giovanni è un
uomo perfezionista e estremamente noioso
e costringe tutta la sua famiglia a seguirlo
in vacanza. Giacomo invece cerca di convincere la moglie, senza successo, a seguirlo in vacanza. Alla fine il gruppo di amici
decide di non partire e trascorre le vacanze
all’interno dello stadio di S. Siro.
In L’autobus del peccato, il parroco di
una piccola chiesa di provincia che cade a
pezzi e il sagrestano sono alle prese con
diversi problemi di bilancio, causati in
parte dal fatto che il sagrestano ruba gran
parte delle offerte destinate alla parrocchia. Amico dei due uomini è un ragazzo
perdutamente innamorato della commessa di un negozio di animali, a cui non riesce mai a dichiararsi. Un giorno Aldo trova per caso una valigia piena di banconote da 500 euro e si confessa con il prete e
con l’avido sagrestano. Alla fine, il parroco riesce a utilizzare parte del denaro per
rimettere a posto la chiesa, Giovanni scappa con i pochi soldi che aveva precedentemente rubato dalle offerte e Aldo riesce a
essere meno “imbranato” con la ragazza.
In Falsi prigionieri, alcuni quadri famosi si ritrovano a parlare tra di loro nella stanza di un castello. A un certo punto,
uno dei quadri vuole andare a trovare il
quadro della regina Maria Antonietta.
Anche Giovanni riesce a raggiungere La
Dama con l’ermellino, mentre a Giacomo
andrà meno bene...
Temperatura basale comincia con le scene delle nascite dei 3 figli di Aldo e dei 2 di
Giovanni; Giacomo e la moglie desiderano
disperatamente avere un figlio, purtroppo
Giacomo è quasi sterile e per riuscire a concepire c’è bisogno di consumare i rapporti
mentre la temperatura basale della moglie è
a 38 gradi. Questo causerà diversi inconvenienti e porterà Giacomo a visitare diversi
specialisti nel vano tentativo di riuscire a
concepire. La provvidenza è in agguato, con
due bebè abbandonati nel cassonetto...
C
on molta umiltà, forse consci di
non rappresentare più quel punto forte al botteghino che seppe-
Tutti i film della stagione
ro essere durante la seconda metà degli
anni ’90, il trio Aldo - Giovanni – Giacomo
accetta la “sfida di Natale” altresì consapevoli che un piazzamento, in un simile
contesto, rappresenti di per sé un successo. E così è stato; terzi negli incassi, dietro
solo a Natale a Rio e al sorprendente Madagascar 2, il trio comico può contare sullo zoccolo duro degli aficionados, che mai
hanno dimenticato i picchi della loro comicità, purtroppo al cinema mai allo stesso
livello di quella televisiva per ovvie differenze di tempi e modalità narrative. L’apice del successo di Aldo, Giovanni e Giacomo seppe cogliere il momento di un secondo sdoganamento dell’attore comico
da cabaret e TV al cinema, in un periodo
di riflusso dopo il decennio d’oro della generazione precedente i cui cognomi erano Benigni, Troisi, Verdone, Nuti, veri eredi dei numi della commedia all’italiana. La
differenza con questi ultimi, non trascurabile, va rintracciata nella centralità che il
mezzo televisivo aveva ormai acquisito
negli anni 90 a scapito del cinema: di fatto,
l’idea vincente (e unica, visti i modesti risultati) era quella di garantire al pubblico
delle sale lo stesso spettacolo, né più né
meno, di quello che vedevano comodamente seduti alla TV, in barba se non a
scapito della storia (a quel punto di secondaria importanza), o della qualità, visto che
la suddetta massa era legittimata a ridere
di quel che si trovava in sorte o poco più.
Nell’aurea mediocritas, battuta in quegli anni da molti, in prima istanza da Cecchi Gori e la sua scuderia di comici toscani, Aldo Giovanni e Giacomo seppero risaltare presentando la propria esilarante
produzione televisiva come marchio di
garanzia a prova dei palati più schizzinosi;
i loro precedenti, altalenanti film avevano
senz’altro il pregio di un intreccio quanto
mai cercato, voluto, a tratti ambizioso al di
là del loro esito.
Ora che la loro innata simpatia, col tempo, ha dovuto fare i conti con l’inevitabile
approssimazione dei loro intrecci, il recupero della struttura a episodi in questo Il
cosmo sul comò sembrava poter essere la
veste perfetta per il trio milanese: che non
rinuncia a un tocco di ambizione, affidando
all’episodio portante una morale che attraversa tutti gli sketch per farsi invito alla vita
e alla presa d’atto che tutto è a portata di
mano; basta prenderlo. Ma la sorpresa è
un’altra, purtroppo: gli episodi hanno davvero il fiato corto. Malgrado la bravura dei
tre e la divertita partecipazione di cast e
guest star (su tutti una spettacolare Angela
Finocchiaro, troppo poco valorizzata dal
nostro cinema), l’ambizione di fondo mai è
supportata da un convincente lavoro di scrittura e regia (nonostante il discreto budget
e l’ausilio di effetti speciali), le storie spesso buttate lì (Milano Beach) quando non
meri sketch paratelevisivi (i quadri viventi
di “falsi prigionieri” sono, a conti fatti, uno
scherzo tirato per le lunghe). Un macchiettismo cui non giova il passaggio di regia,
da Massimo Venier a Marcello Cesena (meglio noto come “baronetto Jean-Claude”, qui
presente in un cameo); ma forse è solo il
tempo a metter maggiormente in risalto quei
limiti che i precedenti, ridondanti incassi facevano passare in secondo piano.
Gianluigi Ceccarelli
IL SOL DELL’AVVENIRE
Italia, 2008
Regia: Gianfranco Pannone
Produzione: Alessandro Bonifazi, Bruno Tribbioli per Blue Film
Distribuzione:
Prima: (Roma 6-2-2009; Milano 6-2-2009)
Soggetto: Giancarlo Pannone, liberamente tratto da Che cosa sono le Br di Giovanni
Fasanella e Alberto Franceschini
Sceneggiatura: Gianfranco Pannone, Giovanni Fasanella
Direttore della fotografia: Marco Carosi
Montaggio: Erika Manoni
Musiche: Rudy Gnutti, Offlaga Disco Pax
Aiuto regista: Tommaso Valente
Suono: Angelo Bonanni, Fabio Cerretti, Gabriele Gubbini
Interpreti: Alberto Franceschini, Paolo Rozzi, Tonino Loris Paroli, Annibale Viappiani, Roberto Ognibene, Adelmo Cervi, Corrado Corghi, Peppino Catellani, Max Collini, Enrico Fontanelli, Daniele Carretti
Durata: 78’
Metri: 2160
46
Film
D
opo le – ingiustificate – polemiche, dopo un rapido e travagliato passaggio alla Festa del Cinema di Roma (e anche su questo le polemiche, le dichiarazioni e le conseguenti –
attese – smentite non sono mancate), uno
degli ultimi lungometraggi documentari di
Gianfranco Pannone è riuscito a ottenere
la sala.
Scritto da Pannone insieme a Giovanni Fasanella, a partire da Che cosa sono
le BR, volume firmato dallo stesso Fasanella insieme ad Alberto Franceschini –
ex brigatista compreso tra i protagonisti
del documentario –, il film prende l’avvio
con una serie di didascalie sull’inizio della storia delle Brigate Rosse e sul ruolo
che in essa svolse la cittadina di Reggio
Emilia. Pannone organizza, così, una riunione, un incontro tra tutti quelli che tra
la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei
Settanta entrarono nel così detto “gruppo
dell’appartamento”, il nucleo d’attivisti
politici dal quale originò poi un’importante
costola delle Brigate Rosse.
Alcuni di questi protagonisti sono stati
direttamente coinvolti nelle azioni armate, altri hanno scelto di dissociarsi dagli
sviluppi più radicali del gruppo, altri ancora non son stati che testimoni solidali
ma staccati; tutti ci vengon presentati come
in una foto segnaletica, con il nome, la
descrizione della posizione rispetto al
“gruppo dell’appartamento”, le eventuali
vicende giudiziarie, le occupazioni al momento presente.
I diversi materiali iniziano a mescolarsi: le immagini di repertorio sugli anni
di quei fermenti, le riprese dedicate alla
performance musicali del gruppo rock
“militante” Offlaga Disco Pax, l’osservazione del presente tra interviste e “registrazioni”.
Il gruppo di vecchi amici e compagni
di lotta torna a riunirsi nello stesso ristorante dove, decenni prima, si celebravano
le riunioni, si accendevano i confronti, si
progettavano le azioni.
Poi due dei fondatori ritrovano l’appartamento dove, nel 1969, iniziarono a conoscersi e lavorare molti di quei “compagni” che, anni più tardi, avrebbero scelto
la via della lotta armata. I ricordi però si
concentrano sui primi volantinaggi, sui
manifesti attaccati fuori dalle fabbriche e,
furtivamente, sulle pareti della città. Come
detentore d’uno sguardo esterno, è chiamato a testimoniare l’ex membro della
Democrazia Cristiana locale Corrado
Corghi, il quale racconta i primi passi del
gruppo di Reggio. Le voci degli attuali rap-
Tutti i film della stagione
presentanti istituzionali della città, poi, si
allineano sul rifiuto a partecipare a quest’indagine del passato e sull’invito a centrare il film intorno ai più gradevoli aspetti del presente.
Al gruppo si aggiunge poi anche Adelmo Cervi, membro della leggendaria famiglia fondatrice di uno tra i primi gruppi
partigiani della zona: sette dei suoi fratelli morirono da resistenti per mano dei nazifascisti. S’inizia così a chiarire il percorso della ricognizione che Pannone e Fasanella cercano di portare a compimento,
da una parte per dar conto delle effettive
istanze politiche che portarono alcuni degli ormai attempati protagonisti alle tragiche estreme derive della violenza e dell’assassinio; dall’altra per ricollegare
quell’esperienza alle sue origini culturali,
storiche, sociali e geografiche più autentiche e concrete.
Il vecchio Cervi gira in bicicletta ripercorrendo tutti i piccoli santuari della
storia della resistenza sull’Appennino: le
tombe, le targhe commemorative, i piccoli
monumenti dello Stato, i commossi e fieri
tributi istituiti dalla gente. Il vecchio racconta i giorni dei combattimenti, ma anche quelli, altrettanto duri e spietati, dei
regolamenti di conti, e torna a parlare anche Corghi. È il passaggio dalla lotta armata della resistenza ai fascisti, alla rappresaglia sparsa, fino alla delusione e all’incertezza della via moderata della riconciliazione.
Si giunge così fino agli anni Sessanta
di Tambroni, dei morti in piazza, del tramonto dell’ipotesi d’una rivoluzione democratica. È il momento in cui gli ex compagni, seduti intorno al tavolo del pranzo, ricordano la loro militanza più attiva,
alcuni rimotivando la propria presa di distanza, altri tornando a definire il brigatismo come lotta armata e non come azione terroristica. Alle notazioni ridanciane,
alle narrazioni goliardiche succedono,
d’improvviso, le lacrime: più dolorose
degli assassini politici, le morti “necessarie” dei compagni uccisi in cella per
evitare confessioni pericolose per il gruppo. Una breve didascalia chiude il film:
dal 1971 le BR hanno provocato centinaia di morti e feriti, ma questa è un’altra
storia.
M
entre scriviamo queste righe non
solo il lungometraggio di Pannone ha intrapreso il suo non breve tour nelle sale cinematografiche italiane, ma è ormai approdato a una interessante uscita home video che, accan-
47
to al dvd del film, offre un libro-diario sulla
non facile vicenda produttiva della pellicola.
Sembra confermarsi quella certa tendenza del cinema italiano che, pur sentendo l’urgenza di dire sul presente, sceglie il passato come lente retrospettiva attraverso la quale interrogare, rincorrere,
a volte cogliere, l’hic et nunc d’un paese
vecchio e intristito. Così pure il film di
Pannone non si limita a tentare di ricucire i brandelli svolazzanti d’un passato
misconosciuto, poco e male studiato, pochissimo divulgato; cerca allo stesso tempo di ricollegare l’oggi, così inconsistente e inerte – apparentemente privo d’un
prima e d’un dopo – alla Storia patria che
lo ha preceduto, ricostituendone una leggibilità.
L’inizio è lento, vago e macchinoso. Il
filo del discorso non è chiaro. Poi il regista sembra far pulizia e impugnare il timone. Allora le interviste, le testimonianze, le canzoni e le immagini di repertorio s’incastrano l’una sull’ultra, si accumulano e, alla fine, si riordinano tutte disegnando una linea: al centro l’esperienza delle BR; a un capo, il tormentato paese del secondo dopoguerra, all’altro il
disarticolato orizzonte d’un’inerzia oscura. Del confuso avvio però non tutto si
rimedia. Dall’inizio alla fine resta chiara
l’incapacità di Pannone d’usare i luoghi,
di farli risuonare, di attivarne la forza memoriale, emotiva, concreta, visiva. Quello che conta, gli elementi grazie ai quali
il film si anima e respira, sono i volti e le
parole. Seppur apparentemente convinto della necessità di mettere in relazione i suoi protagonisti con quegli spazi,
Pannone non riesce a produrre “l’evento
cinematografabile”; si ferma invece sempre un passo indietro, raccogliendo e ritagliando i pezzi dei discorsi un po’ aridi, quasi inerti anch’essi, dei vecchi militanti – brigatisti e non –, chiamati a riunirsi per l’arbitrario progetto d’una coppia d’autori. Tranne che in rari precisi momenti, ancora una volta, come già in passato, a Pannone sembra mancare il coraggio e la pazienza di stare con i suoi
protagonisti; di accettare l’idea che il suo
progetto venga inquinato e dirottato dall’oggetto della sua ricerca, dalla materia
viva che passa davanti e intorno all’obiettivo, che, infine, si possa rinunciare a una
progettata correttezza un po’ esigua in
favore d’una meno definitiva e appagante intuizione.
Silvio Grasselli
Film
Tutti i film della stagione
FROZEN RIVER – FIUME DI GHIACCIO
(Frozen River)
Stati Uniti, 2008
Trucco e acconciature: Lindsey Novotny, Crystal Shade
Supervisore effetti visivi: Leonardo Quiles (Leonardo Quiles Studios)
Interpreti: Melissa Leo (Ray Eddy), Misty Upham (Lila Littlewolf),
Charlie McDermott (T.J), Michael O’Keefe (Trooper Finnerty),
Mark Boone Junior (Jacques Bruno), Jay Klaitz (Guy Versailles), John Canoe (Bernie Littlewolf), Dylan Carusona (Jimmy),
Michael Sky (‘Billy Three Rivers’), Gargi Shinde (madre pakistana), Rajesh Bose (padre pakistano), Azin Jahanbakhsh (pakistano), Jack Phillips, James Phillips (bambino pakistani), Madelyn Cross (Velma), Donna Jacobs (Evelyn Littlewoof), Trudy
Rice (Rosalie), Craig Shilowich (Matt), Brittany Lenborgne (Pat),
Justin Kotyk (Mick), Betty Ouyang (Li Wei), Nancy Wu (Chen
Li), Adam Lukens (Mitch), Betty Deer (Mrs. ‘Three Rivers), Pun
Bandhu, Scott Chan, Joey Chanlin, Kenneth Fung (uomini cinesi), Brian Lashway, Paul Borst, Trisha M. Sky, Angus Curotte,
Angelina Kent, Thahnhahténhyha Gilber
Durata: 97’
Metri: 2680
Regia: Courtney Hunt
Produzione: Chip Hourihan, Heather Rae per Cohen Media
Group/Frozen River Pictures/Harwood Hunt Productions/Off
Hollywood Pictures
Distribuzione: Archibald Enterprise Film
Prima: (Roma 13-3-2009; Milano 13-3-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Courtney Hunt
Direttore della fotografia: Reed Morano
Montaggio: Kate Williams (II)
Musiche: Shahzad Ismaily, Peter Golub
Scenografia: Inbal Weinberg
Costumi: Abby O’Sullivan
Produttori esecutivi: Charles S. Cohen, Donald Harwood
Produttori associati: Jenny R. Evans, Alfonso Trinidad
Co-produttore: Molly Conners
Direttore di produzione: Anne Marie Dentici
Aiuti regista: Kevin Pazmino, Vadim Epstein
Art director: Brian Rzepka
Arredatore: Jasmine E. Ballou
R
ay vive in un logoro prefabbricato vicino a una riserva Mohawk
assieme ai figli Ricky e T.J. La
donna deve affrontare gravi problemi economici, acuiti dalla recente fuga del marito,
sparito con gli ultimi soldi, che sarebbero dovuti servire per un più moderno prefabbricato. Decisa a ritrovare il marito, giocatore
d’azzardo, parte alla volta della riserva: vi
trova solo la macchina parcheggiata davanti al bingo in cui lavora la Mohawk Lila. Ray
segue la donna, che fugge con la macchina
del marito, fino alla roulotte dove vive. Dopo
un primo scontro, Lila le dice l’uomo è scappato su di un autobus per New York e che ha
preso la macchina credendola abbandonata. Lila la porta poi dal contrabbandiere Jimmy per venderla e guadagnare entrambe dei
soldi. Per andarci, attraversano il fiume San
Lorenzo, ghiacciato, al confine fra Canada
e Usa, in quel punto territorio Mohawk perciò privo di polizia di confine. Ray, sotto minaccia, è costretta a riportare dall’altra parte
due cinesi da vendere, nascondendoli nel portabagagli; nel viaggio Lila racconta della
morte del marito. Dopo uno scontro violento
fra le due, Lila fugge con tutti i soldi ricavati
dal contrabbando umano. Ray affronta le
reticenze del figlio maggiore, mentre Lila
osserva da lontano una famiglia, alla quale
lascia di nascosto tutti i soldi guadagnati.
Per riprendersi la sua macchina rimasta da
Lila, Ray pretende la metà dei soldi pattuita,
che la donna ormai non ha più: decidono di
continuare il contrabbando di cinesi assieme attraverso il fiume. Si scopre che Lila ha
un figlio di quasi un anno, che la suocera le
ha rubato dall’ospedale; purtroppo la polizia non interviene essendo una questione dei
soli Mohawk. Si avvicina sempre più il Natale e Ray promette a T.J di regalargli la tanto sperata casa. Bernie, fratello di Lila, giunge una mattina per darle lavoro in un call
center; dopo solo mezza giornata e le prime
difficoltà decide di rinunciare. La vigilia di
Natale, le due donne si ritrovano così a lavorare nuovamente insieme: questa volta
devono portare una coppia di pakistani con
una borsa sospetta, che Ray getta a metà del
fiume. A destinazione si scopre che dentro la
borsa c’era il bambino dei pakistani. Lila e
Ray tornano indietro, per ritrovarla: nonostante il bimbo sembri morto, lo riportano
con loro. Intanto, nell’aggiustare i tubi congelati della casa con la fiamma ossidrica,
dono del padre, T.J brucia una piccola parte
esterna del prefabbricato. Intanto, le due
donne vengono fermate dalla polizia per via
di un fanalino mal funzionante; Ray fa passare Lila per sua babysitter. Grazie al calore
del corpo di Lila, il bambino riprende vita.
Lila, tornata a casa, ritrova i soldi che aveva
lasciato per suo figlio. Il giorno di Natale,
giunge il poliziotto ad avvertire Ray che la
sua babysitter è in realtà una contrabbandiera di stranieri: le consiglia di non vederla più. La donna ha uno scontro duro con T.J
che l’accusa di aver sparato al piede del padre, causa ultima della sua fuga. Alla fine,
quando T.J confessa a suo modo d’odiare il
padre, si riavvicinano.
Ray propone a Lila l’ultima corsa: accetta. Jimmy, non avendo lavoro per loro, le
manda a Montreal, dove però hanno un con-
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trattempo per via dei soldi; Ray resta ferita
da uno sparo e, inseguite dalla polizia, si rifugiano nella riserva. Costrette a passare nei
punti più fragili del fiume, il ghiaccio si rompe costringendole a fuggire a piedi con le
due cinesi. Jimmy le aiuta a trovare rifugio
presso un’altra Mohawk. Mentre Ray sta per
andarsene con la sua metà dei soldi, Bernie
giunge dicendo che il consiglio ha votato
l’espulsione di Lila dalla riserva per cinque
anni; se Ray se ne andrà, i poliziotti, che vogliono un capo espiatorio si prenderanno
Lila, che, avendo già precedenti penali, passerebbe la vita in carcere. Lila le dice comunque di andarsene. Alla fine, Ray dà i soldi
a Lila per prendersi cura dei suoi figli, mentre lei, incensurata, passerà circa quattro
mesi in prigione. Lila, ripresasi suo figlio,
giunge da Ricky e T.J.
U
n film indipendente costato solo
un milione di dollari e che è persino giunto alla corsa per ben due
Oscar (miglior sceneggiatura originale e
Melissa Leo come miglior attrice); anche se
entrambe le statuette sono andate ad altri
film, Frozen River ha comunque ottenuto
premi in altre manifestazioni, fra cui il Sundance Festival. Guardandolo è facilmente intuibile il perché. Una storia raccontata con
delicatezza, con personaggi forti e delineati
che trascinano lo spettatore fino al colpo di
scena finale. Contrariamente a quanto si
possa pensare, pur essendo un film sull’amicizia, essa si palesa solo negli ultimi minuti
della storia. Ray e Lila, hanno infatti lo stesso obbiettivo: fare soldi ognuna per i propri
Film
problemi personali (la prima per pagarsi una
nuova casa, la seconda per darli alla suocera che ha rapito suo figlio). Trovato questo
punto d’incontro, l’una ha ciò che manca all’altra per raggiungere lo scopo; Ray ha la
macchina e Lila è l’unica a poter utilizzare i
contatti per il contrabbando. Inizialmente, è
quindi un rapporto di convenienza. Poi accade qualcosa. L’una all’insaputa dell’altra,
le due donne iniziano a osservarsi, a capire,
proprio in quanto madri, il bisogno di denaro
per proteggere la propria famiglia. Due i
momenti più significativi: Ray osserva Lila
guardare suo figlio mangiare senza potersi
avvicinare e Lila che ascolta la telefonata di
Ray ai figli. Senza mai essersi scambiate
parole di cortesia o affetto, le due protagoniste rivelano l’amicizia che le lega proprio nel
momento in cui l’altra ne ha il bisogno. Entrambe sono infatti pronte a sacrificare la propria libertà per concedere all’amica tempo
da dedicare alla propria famiglia. Non a caso,
in una delle ultime scene, quando Ray viene portata via dal poliziotto che gli chiede
chi chiamare per affidare i suoi figli, lei risponde semplicemente che ha già un’amica. Un racconto delicato, quindi, sulla forza
della donna e la sua caparbietà.
Il fiume San Lorenzo, è facilmente intuibile simbolo, non solo delle avversità che
le due donne devono superare e, guarda
caso, superano insieme, ma del confine fra
Tutti i film della stagione
stati e culture. Grazie alle temperature invernali, il fiume si ghiaccia consentendo il
totale abbattimento del confine geografico
e territoriale fra Stati Uniti e Canada; toccherà a Ray e Lila, portare a compimento
la demolizione della barriera fra le rispettive etnie di appartenenza; interessante notare che proprio Lila, continuerà a chiamare Ray “donna bianca”, in molti momenti
della storia. Un film interessante e coinvolgente, grazie anche agli immensi e sugge-
stivi scenari innevati e la brava Melissa Leo
(Ray). Una regia semplice che punta sui
primissimi piani delle attrici conferendole
maggiore importanza e sulla totale assenza di colonna sonora, donandole quel sapore di reale che qui contribuisce a un maggior coinvolgimento emotivo. Brava, quindi,
la regista Courtney Hunt. E pensare che
questo è il suo primo lungometraggio.
Elena Mandolini
UNDERWORLD: LA RIBELLIONE DEI LYCANS
(Underworld: Rise Of the Lycans
Stati Uniti, 2008
Regia: Patrick Tatopoulos
Produzione: Gary Lucchesi, Tom Rosenberg, Skip Williamson,
Len Wiseman, Richard S. Wright, Richard Wright per Sketch
Films/Intelligent Creatures/Lakeshore Entertainment/Screen
Gems/UW3 Film Productions
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Prima: (Roma 20-2-2009; Milano 20-2-2009)
Soggetto: Len Wiseman, Danny McBride, Robert Orr dai personaggi creati da Kevin Grevioux, Len Wiseman, Danny McBride
Sceneggiatura: Danny McBride, Dirk Blackman, Howard McCain
Direttore della fotografia: Ross Emery
Montaggio: Peter Amundson, Eric Potter
Musiche: Paul Haslinger
Scenografia: Dan Hennah
Costumi: Jane Holland
Produttori esecutivi: Beth DePatie, James McQuaide, Eric Reid
Co-produttori: Kevin Grevioux, David Kern
Aiuti regista: Paul Grinder, Nick McKinnon
Operatori: Michael Frediani, Peter McCaffrey
Art directors: Brendan Heffernan, Gary Mackay
Trucco: Deb Watson, Marjory Hamlin
Effetti speciali trucco: Jeff Flitton, Richard Redlefsen
Supervisore effetti speciali: Jason Durey
Supervisori effetti visivi: Vincent Cirelli (Luma Pictures),
Alexandre Ethier (elementFX), Michael Hatton (Intelligent Creatures Inc.), Michael Landgrebe (Celluloid VFX), Charlie McClellan, James McQuaide, Thomas Duval
Coordinatori effetti visivi: Erika Abrams (Furious FX), Amy
Benham, Lee Ann Cotton, Michelle Ledesma (Intelligent Creatures Inc.), Kyle Ware (Luma Pictures), Heather A. Yarbrough (elementFX), James Notari
Supervisori musiche: Eric Craig, Brian McNelis
Supervisore animazione: Pimentel A. Raphael
Supervisore costumi: Sian Evans
Interpreti: Michael Sheen (Lucian), Bill Nighy (Viktor), Rhona
Mitra (Sonja), Steven Mackintosh (Tannis), Kevin Grevioux
(Raze), David Ashton (Coloman), Geraldine Brophy (moglie
di un nobile), Leighton Cardno (Lican spaventato), Alex Carroll (Lucian da giovane), Elizabeth Hawthorne (Orsova), Jared Turner (Xristo), Jason Hood (provocatore di morte), Mark
Mitchinson (nobile), Tania Nolan (Luka), Craig parker (Sabas),
Timothy Raby (Janosh), Larry Rew (Kosta), Peter Tait (Gyorg),
Olivia Taylforth (Sonja da giovane), Eleanor Williams (ragazza adolescente), Edwin Wright (capo dei provocatori di morte), Brian Steele (Il Grande lican), Kate Beckinsale (Selene),
Shane Brolly (Kraven), Kurt Carley, Richard Knowles
Durata: 92’
Metri: 2410
49
Film
S
iamo all’origine di tutto, quando
i lupi mannari non hanno ancora raggiunto la consapevolezza
necessaria a reclamare il proprio ruolo e i
vampiri sono la razza dominante nelle tenebre. Desideroso di sperimentare nuove
possibilità per i lupi e la loro condizione
bestiale, il patriarca Viktor Corvinus decide di creare una nuova razza e così favorisce l’avvento di Lucien, primo esemplare
dei Lycan, in grado di assumere aspetto
umano. Il giovane cresce come schiavo e
guardia del castello di Viktor e, senza che
nessuno se ne avveda, si innamora ricambiato della di lui figlia Sonja, guerriera indomita e testarda, nonché membro del Consiglio che decide le azioni dei vampiri.
I signori delle tenebre peraltro sono
tollerati nella regione, i loro servigi sono
anzi richiesti dagli umani che non riescono a tenere a bada le incursioni dei lupi
che scorazzano nella foresta circostante e
così, quando Sonja si ritrova a combattere
per la vita di un drappello di umani che
hanno chiesto e ottenuto la fiducia del consiglio, Lucien l’aiuta, ma si vede costretto
a togliersi la catena che porta al collo e
che gli impedisce di trasformarsi, assumendo infine l’aspetto di una belva con la quale
mette in fuga i nemici.
Ma questo gesto viene interpretato come
ribellione al volere di Viktor, che per questo
punisce il suo pupillo e lo imprigiona. Mentre è rinchiuso, Lucien riflette su quanto è
accaduto e inizia a maturare propositi di
fuga per vivere una vita insieme a Sonja,
cosciente com’è del fatto che i lupi lo temono e ubbidiscono ai suoi ordini. In cella,
Lucien lega con alcuni detenuti, fra i quali
svetta il gigantesco umano Raze. Insieme,
il gruppo porta a compimento il suo tentativo di fuga e, una volta fuori, Raze viene
morso da un lupo diventando così anche lui
un Lycan e legando ormai indissolubilmente il suo destino a quello di Lucien.
Ma non è finita: Sonja è nel castello e
Viktor ha scoperto la sua relazione clandestina con Lucien, che non può in alcun
modo avallare. Anzi, la scoperta che la
ragazza è in attesa di un erede, che potrebbe davvero sancire l’inizio di una nuova specie e compromettere definitivamente l’equilibrio fra vampiri e lupi, spinge il
padre a una decisione drammatica e spietata: Sonja viene perciò condannata a
morte e lasciata esporre alla luce del sole
fino a incenerirsi.
Quando Lucien scopre l’accaduto,
mobilita tutte le sue forze per una battaglia finale che veda finalmente cadere il
castello del tiranno. Lo scontro è feroce e
vede infine Viktor sconfitto e rinchiuso in
un sarcofago, nell’attesa di un risveglio che
Tutti i film della stagione
avverrà molti secoli dopo, mentre Lucien
continuerà la sua battaglia per la supremazia dei Lycan.
L’ultima scena funge da legame con i
film precedenti e vede l’eroica Selene, icona dei precedenti capitoli, apprendere di
essere la prediletta di Viktor a causa della
sua somiglianza con la figlia perduta Sonja.
S
i conclude con un prequel la saga
di Underworld, che per l’occasione sfoggia un nuovo regista (il
tecnico degli effetti speciali Patrick Tatopoulos, al suo esordio dietro la macchina
da presa), una nuova eroina (l’affascinante Rhona Mitra, che sostituisce Kate Beckinsale), mentre sono riconfermati il cattivo Bill Nighy (Viktor), l’antagonista Michael Sheen (Lucien) e il gigantesco Kevin
Grevioux (Raze). Il pretesto di raccontare
l’antefatto della guerra tra vampiri e Lycan
si inserisce perfettamente nella moderna
tendenza che non intende lasciare vuoti
narrativi in nessuna storia: d’altra parte,
siamo di fronte a un cinema basato sull’accumulo e sull’esplicazione di ogni possibile spunto, in modo da appagare la sete
di conoscenza di un pubblico pigro, che
evidentemente non sente il bisogno di delegare al non detto la capacità mitopoietica. I Lycan come il Michael Myers di Halloween: the Beginning o il Leatherface dei
nuovi Non aprite quella porta, insomma,
anche se pare evidente che le ambizioni
sono ben alt(r)e e si punti a un prodotto
che nella ricerca di continui spunti trovi la
chiave di volta per soluzioni narrative nuove, sebbene sempre derivative.
Ecco dunque che, dal tono action-horror dei precedenti capitoli, si passa più
agevolmente al fantasy, complice la location neozelandese che rievoca naturalmente i fasti del Signore degli anelli: il tono tenta
pertanto di mediare fra le esigenze epiche
tipiche dei racconti tolkieniani e la necessità spettacolare e estetizzante propria dei
prodotti Sony. Ne viene fuori un curioso
ibrido, viziato da un eccesso di fast-motion nelle scene d’azione ma comunque
capace di non disperdere una certa fisicità brutale, recuperando in parte quello
slancio positivo che possedeva il primo
film, poi negato dal pessimo capitolo due.
In questo modo, riescono a ritagliarsi
un loro spazio anche gli attori, dal mefistofelico Bill Nighy alla lunare Rhona Mitra,
mentre lo scontro fra vampiri, simbolo di una
aristocrazia decadente, e lupi, emblema di
un ipotetico “terzo stato” in cerca di riscossa, riverbera l’ideale della lotta di classe tipico dell’idea originale. Nel complesso non
si sfugge a una certa sensazione di artificiosità, ma l’amalgama di elementi mantiene una sua funzionalità e permette alla visione di scorrere senza particolari scossoni. Certo, una necessaria disposizione d’animo è opportuna, d’altronde chi si accosta a
questo prequel dovrebbe quantomeno avere presenti gli scopi e i limiti che la saga
congenitamente si porta appresso.
Davide Di Giorgio
BEKET
Italia, 2008
Regia: Davide Manuli
Produzione: Davide Manuli, Alessandro Bonifazi, Bruno Tribbioli per Blue Film/Shooting Hope Productions
Distribuzione: Blue Film
Prima: (Roma 23-1-2009; Milano 23-1-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Davide Manuli
Direttore della fotografia: Tarek Ben Abdallah
Montaggio: Rosella Mocci
Musiche: Miss Kittin’ & The Hacker, Freak Antoni, Alessandra Mostacci, Stefano Ianne, Massimiliano Cigala, Marco Saveriano
Scenografia: Mario Courrier
Costumi: Valentina Stefani
Supervisore effetti visivi: Fulvio Sturniolo per Automa Studio
Suono: Marco Fiumara
Interpreti: Fabrizio Gifuti (Agente Zero Sei), Paolo Rossi (Agente Zero Otto), Roberto “Freak” Antoni (Mariachi/Oracolo), Luciano Curreli (Freak), Jérome Duranteau
(Jaja’), Simona Caramelli (Eva), Letizia Filippi (la Grande Madre), Simone Maludrottu (se stesso)
Durata: 80’
Metri: 2290
50
Film
P
roviamo a dar conto del procedere d’un film onestamente sperimentale e antinarrativo per sta-
tuto.
Bianco e nero. Il film affida l’apertura
a un pugile che sferra colpi nell’aria con
lo sguardo rivolto in macchina. Dietro di
lui, nel restante terzo d’inquadratura, le
enormi pale d’un mulino per la produzione d’energia eolica. Il titolo compare a
pieno schermo, lampeggiando freneticamente. La colonna sonora è un’ipnotica
musica elettronica.
In un tempo e in luogo, in un mondo
non meglio identificati, solo nel deserto,
Jajà siede su una roccia. Il primo incontro è con El Mariachi, cantastorie a cavallo che dopo una folle litania scompare di nuovo all’orizzonte. Poi Freak e
Jajà corrono insieme nel tentativo di
prendere l’autobus che li porterà da
Godot. Il bus non solo non si ferma, ma
li supera sollevandosi da terra e prendendo il volo. Freak e Jajà allora si ritrovano insieme, presso una fermata
d’autobus. Jajà propone di raccontare la
storia dei due ladroni a Freak, ma quello rifiuta. La cosa si ripete più volte, in
modo vistosamente meccanico. Poi ricomincia la musica elettronica: i due iniziano a ballare, poi si dirigono verso dei
monti, dietro i quali son convinti di trovare Godot.. I due ricominciano la loro
lunga marcia attraversando ora un deserto. In mezzo al deserto, Freak e Jajà
si fermano per un momento a guardare
la lite meccanica e ripetitiva di un Adamo e un’Eva accompagnata da una terza figura, una giovane donna. Quello che
poi scopriremo essere l’oracolo, interrompe le vicende della coppia: in una
delle due metà dello schermo – rotto da
uno split screen – l’oracolo canta, nell’altra si agitano i protagonisti. In riva
a un fiume, Freak e Jajà cercano l’oro
interrotti dall’arrivo dell’agente 06, un
losco figuro nerovestito, giunto da lontano al volante d’una Panda. Senza rivelare per intero la sua identità, l’uomo
fa salire in macchina i due e riparte.
Dopo un breve viaggio, accompagnato
dalla voce misteriosa d’un malato di
mente che in una registrazione racconta
il suo tormento, l’agente ferma la macchina, sveglia Freak e Jajà, abbandonandoli, mentre danzano sul ciglio d’un canale. I due uomini riprendono il loro
viaggio sulle tracce di Godot, scambiandosi, durante le soste continue, idee alla
rinfusa, commenti e racconti: il passato,
la memoria, i dubbi sulla propria identi-
Tutti i film della stagione
tà, il tributo che ogni giorno ciascuno
rende a Dio. Poi ricompare Adamo perso nel deserto. A prenderlo, arriva uno
sconosciuto vestito in abito da sera. Un
angelo? Dio? L’agente 06, seduto con le
spalle alla battigia, dialoga con il suo
collega 08, che gli compare su uno schermo televisivo. Freak gioca con una palla
sgonfia, cercando di centrare lo specchio
d’una porta da calcio, ridotta allo scheletro. Freak e Jajà, in camino nel bosco,
incontrano un bambino, il messaggero di
Godot: per arrivare a Godot (che “non
verrà oggi, ma domani”), i due dovranno
prima visitare l’oracolo. Freak e Jajà fanno un falò e s’accampano all’ombra d’una
fabbrica dismessa. Jajà si mette a raccontare il suo doloroso passato di tossicodipendente, alcolizzato, padre e compagno
inadempiente e quindi abbandonato. La
voce dell’oracolo giunge dall’alto a guidare il cammino dei due. Il volto dell’oracolo è lo stesso di El Mariachi e l’ometto
rivela d’essere in realtà niente più che il
pastore al servizio di Godot. Dall’oracolo viene una nuova indicazione: per raggiungere Godot i due devono prima trovare la Grande Madre. Freak e Jajà salgono su un furgoncino che li porta su una
spiaggia tra le rocce. Un’avvenente ragazza danza e passeggia mentre i due protagonisti giocano a carte. Poi la giovane
si spoglia e si tuffa, invitandoli a seguirla
in acqua. Mentre la ragazza svanisce, gli
uomini si spogliano. Nero. Il suono di due
spari. Un’inquadratura a colori: i due,
cadaveri, stesi sulla riva, mentre il rosso
sangue scorre dalle loro teste colorando
l’acqua.
Da capo.
Bianco e Nero. Il pugile con lo sguardo in macchina il titolo lampeggiante.
L’agente 06 sta riportando i due nello stesso punto in cui si trovavano all’inizio. Soli
in mezzo alla strada, Freak e Jajà sono
vestiti l’uno con gli abiti dell’altro e di
quello che gli è accaduto sembrano non
avere che vaghe impressioni. Di nuovo la
corsa dietro all’autobus volante. Di nuovo l’inutile attesa alla fermata e il racconto meccanico dell’apologo sui due ladroni, ma stavolta a parti invertite. Quando i
due si voltano per incamminarsi sulle tracce di Godot però, uno, improvvisamente,
cambia direzione uscendo dall’inquadratura. Una citazione da Bertold Brecht chiude il film.
L
a biografia di Davide Manuli, regista, attore, scrittore, fotografo,
irregolare per scelta e forse per
51
vocazione, dice d’un autore eclettico, magari troppo incline all’eccentricità, ma anche solido abbastanza da prendersi la
responsabilità d’imprese non facili, vistosamente fuori dal coro. Il film è il terzo
lungometraggio dopo il noto esordio Girotondo giro intorno al mondo (Italia,
1998) – più citato e discusso che realmente visto – e dopo Inauditi. Inuit!
(2006), documentario girato nel nord del
Canada.
L’ispirazione a Samuel Becket e al suo
mondo apocalittico e disperato non sembra facile citazione, comodo riferimento
d’un eccentrico in vena di sperimentalismi vaghi, ma identificazione d’una via al
lavoro d’autore, scelta d’un percorso radicale e difficile per progetto. A cominciare dalla prima inquadratura, il film dimostra la vera capacità del suo regista di fare
immagini, di comporre quadri dinamici,
azioni messe in quadro nelle quali il figurale sia carico d’una forza primigenia e
debordante, di un ritmo grafico e d’una
dinamica delle azioni (micro o macroazioni che siano) che, disinteressandosi alla
narrazione naturalistica, all’attrazione
della comunicazione, costituiscano di per
sé spettacolo. Ma il film non è poi coerente dispiegamento di questa capacità, di
questo indirizzo estetico. Lunghi tratti,
anzi, sono segnati dall’understatement
registico, sospesi in un’antinarrazione che
sovverte le forme canoniche appropriandosene e riproducendole come vuoti simulacri.
Le performance degli attori scelti da
Manuli, volti noti e meno noti, professionisti della scena o del set e non, sono uno
degli elementi sui quali poggia la forza del
film; diretti, ispirati o condotti sulla giusta
via, formano un coro non stonato ma dissonante, disordinatamente unito in una litania tra il grottesco e l’estatico.
Il film, girato in pellicola quasi completamente in un rigoroso e magnifico
bianco e nero, espone una sperimentazione anacronistica, quasi indifferente al
tempo presente, al flusso audiovisivo.
Un’antinarrazione disperata e disperante, una ricerca senza meta, una visione
assurda ma viva.
Girato in appena 13 giorni, con un budget bassissimo e una troupe ridotta all’osso, Beket è il grido d’un regista libero
che sceglie di rivolgere la sua opera di
piccole risorse ma di grandi aspirazioni
(e ispirazioni) a un pubblico piccolo e attento.
Silvio Grasselli
Film
Tutti i film della stagione
TWO LOVERS
(Two Lovers)
Stati Uniti, 2008
Arredatore: Carol Silverman
Trucco: LuAnn Claps, Jorjee Douglas
Supervisore costumi: Laura Steinman
Supervisore musiche: Dana Sano
Interpreti: Joaquin Phoenix (Leonard Kraditor), Gwyneth Paltrow (Michelle Rausch), Vinessa Shaw (Sandra Cohen), Moni
Moshonov (Reuben Kraditor), Isabella Rossellini (Ruth Kraditor), John Ortiz (Jose Cordero), Bob Ari (Michael Cohen), Julie Budd (Carol Cohen), Elias Koteas (Ronald Blatt), David
Cale (gioielliere), Kathryn Gerhardt (Ospite della festa), Nick
Gillie (autista in uniforme), Samantha Ivers (Stephanie), Anne
Joyce (ex-fidanzata di Leonard), RJ Konner (sofisticato cliente dell’Opera), Evan Lewis (zio), Marion McCorry (infermiera), David Ross (cameriere), Jeanine Serralles (Dayna), Uzimann (tassista), Mark Vincent (autista di Ronald), Carmen M.
Herlihy, Jose Edwin Soto, Craig Walker
Durata: 110’
Metri: 2990
Regia: James Gray
Produzione: Donna Gigliotti, James Gray, Anthony Katagas
per 2929 Productions/Tempesta Films
Distribuzione: BIM
Prima: (Roma 27-3-2009; Milano 27-3-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Richard Menello, James Gray
Direttore della fotografia: Joaquin Baca-Asay
Montaggio: John Axelrad
Scenografia: Happy Massee
Costumi: Michael Clancy
Produttori esecutivi: Marc Butan, Mark Cuban, Agnès Mentre, Todd Wagner
Co-produttori: Couper Samuelson, Mike Upton
Direttore di produzione: Anthony Katagas
Casting: Douglas Aibel
Aiuti regista: Doug Torres, Francisco Ortiz, Lauren Guilmartin
Operatore: Craig Haagensen
Art directors: Marc Benacerraf, Peter Zumba
B
righton Beach, Brooklyn. Leonard è un uomo sui quaranta che
tenta il suicidio gettandosi da un
ponte. Salvato dai passanti, torna a casa dei
genitori, persone oneste, di origine ebrea che
gestiscono una tintoria. L’uomo si trascina
dietro un’esistenza grigia, prevedibile e desolante. Abbandonato a un passo dal matrimonio ed entrato in depressione, aveva già
provato a compiere il tragico gesto di togliersi
la vita. Riaccolto nella casa di famiglia, Leonard prova a condurre una vita normale.
Lavora senza entusiasmo nella tintoria del
padre e, appena può, si dedica alla fotografia, la sua vera passione. I genitori cercano
di spingerlo ad avere una relazione con Sandra, la figlia dell’uomo che vorrebbe acquistare la tintoria. I due si conoscono durante
una cena organizzata appositamente e Sandra si dimostra subito una persona dolce e
rassicurante. Poco dopo, Leonard conosce
per caso Michelle, una vicina di casa bella e
misteriosa e non può che rimanerne stregato. Mentre si fa strada la storia con Sandra,
Leonard si inventa di tutto pur di rivedere
Michelle. Un giorno la segue e scopre che
lavora in lussuoso studio legale a Manhattan. La ragazza lo prende subito in simpatia
e lo invita a uscire con le sue amiche. L’affascinante bionda è l’antitesi di Sandra; è infatti pericolosa imprevedibile, fa uso di droghe e sembra nascondere una vita non semplice. Leonard infatti scopre che Michelle
intrattiene una storia con un uomo sposato
con figli, che da tempo la illude di lasciare la
famiglia per lei. Nonostante la situazione,
Leonard si innamora perdutamente della fragilità di Michelle e le chiede di troncare quel-
la relazione adulterina. Parallelamente comincia a frequentare la dolce Sandra e la
sua famiglia, con il vivo consenso dei genitori che vedono realizzarsi in quella unione
il sogno di mettere in comune le rispettive
tintorie e dare un futuro ai due ragazzi. Tuttavia, l’apparente situazione di equilibrio con
Sandra finisce per essere turbata dall’aborto spontaneo di Michelle che chiede aiuto a
Leonard. Uscita dall’ospedale, Michelle trova finalmente il coraggio di abbandonare il
suo amante e accetta la proposta di Leonard
di andare a San Francisco. L’uomo finalmente sembra felice. Ha conquistato la donna
che da tempo desiderava e per lei è pronto
ad abbandonare tutto e tutti e a rimettere in
gioco la propria vita. Con i soldi messi da
parte, compra un anello di fidanzamento e
due biglietti per il viaggio. Come un ladro
esce da casa per non farsi vedere dai genitori durante una festa, in cui sono presenti anche Sandra e la famiglia e va all’appuntamento con Michelle. L’unica a sapere è la
madre, che, impotente, lascia andare il figlio.
Michelle si presenta in ritardo e dice di non
poter più partire. Il suo uomo finalmente ha
lasciato la famiglia per lei. Leonard è disperato, fugge al mare e sta di nuovo per immergersi nelle acque gelide dell’Oceano,
quando un guanto che cade dalla tasca gli
ricorda Sandra. Così riprende l’anello gettato sulla sabbia e decide di tornare a casa.
Davanti agli invitati, come se niente fosse, tira
fuori l’anello e propone a Sandra di sposarlo.
D
allo sfondo poliziesco-criminale
che ha caratterizzato i suoi ultimi
film, James Gray trae ispirazio-
52
ne da un racconto di Dostoevskij “Le notti
bianche”, per descrivere le dinamiche di un
sentimento sempre più difficile da portare
sullo schermo, perché ormai ampiamente
analizzato e riletto in diversi modi. Tornando
alla New York dei crepuscolari quartieri russi, questa volta infatti con Two Lovers Gray
racconta un triangolo amoroso giocato nei
meandri retrò di un vecchio condominio vicino al mare, evocando nostalgicamente gli
anni’40. Muovendosi quasi interamente in
una dimensione onirica il film, entrato nella
selezione ufficiale a Cannes, è una storia
d’amore raccontata come un noir. Ricordando le atmosfere di Sliding doors e Match
point, la storia ha inizio con un tentativo di
suicidio e si chiude allo stesso modo. Un
uomo, instabile e ferito nei sentimenti, viene
riportato alla vita da un amore a due facce.
Una rappresenta la sicurezza, la comunità
e la vita adulta, l’altra è il suo doppio, sofisticata e nevrotica, ma anche bisognosa di protezione. Il protagonista insegue fino in fondo
la sua illusione, rinunciando a ogni orgoglio
e poi a ogni speranza di vita felice. Fino al
tragico finale. L’amarezza di scegliere la vita,
ma di accontentarsi di una “parvenza” di felicità, portando però la morte dentro. Siamo
di fronte a uno scontro tra due archetipi:
l’amore travolgente e totalmente irragionevole e quello che segue la morale sociale,
rassicurante, ma sempre confinante con
l’ipocrisia. Una dicotomia da sempre in essere, ma spesso analizzata in maniera superficiale. Quello che fa il regista invece è
una vera e propria immersione nelle zone
più oscure dei suoi personaggi, nell’intimità
delle coscienze, ricercando in maniera osti-
Film
nata, ma senza mai giudicare, segni e osservando dettagli. Da notare con attenzione
le sequenze di raccordo, dove i momenti di
imbarazzo e le routine comportamentali vengono tratteggiate con disarmante semplicità e tocchi di verità neorealista. Leonard, che
ha la passione per la fotografia, ha infatti la
funzione dello sguardo. Il suo scrutare le due
donne e l’intermittente intrecciarsi con loro,
è contemplare la sua vita futura, indecisa tra
l’incognita dell’avventura romantica e senza
garanzie e il calore di un sentimento più discreto, ancorato a una zona franca. Two Lovers sembra quindi descrivere un disagio
diffuso, quel bisogno d’amore che pare essere destinato a rimanere un’illusione, se non
al prezzo di inquietanti compromessi interiori ed esteriori. Il dramma del protagonista
non è soltanto quello di chi è diviso tra l’amore rassicurante e stabilizzante e quello istintuale, selvaggio e pericoloso, è anche quello di chi non ha il coraggio di affrontare la
verità su se stesso e sul mondo. Two Lovers
è insomma un film devastante, che parla di
straniamento e di male di vivere, che lascia
traccia e obbliga lo spettatore a fare i conti
con i propri fantasmi. Si è costretti a mettersi
a nudo davanti alla natura del sentimento
amoroso e a interrogarsi sulla imprescindibile necessità, ma anche e soprattutto sulla
Tutti i film della stagione
sostanziale emergenza di una maturità sentimentale. E non c’è nulla di più sbagliato che
leggere il finale in maniera accondiscendente e consolatoria. Non potrebbe essere più
raggelante, nella spietatezza del messaggio che trasmette, tutto affidato allo sguardo di Joaquin Phoenix dritto in macchina
da presa. Ancora una volta, infatti, viene
scelto come protagonista il carismatico Pho-
enix, attore feticcio di Gray e ancora una volta
non delude. Al suo fianco un binomio di grandi attrici Gwyneth Paltrow e Vinessa Shaw,
in due opposte e sofisticate “identificazioni
di donna” e un’Isabella Rossellini nel ruolo
di una madre silenziosa, ma visceralmente
complice.
Veronica Barteri
CHE LA FINE ABBIA INIZIO
(Prom Night)
Stati Uniti, 2008
Regia: Nelson McCormick
Produzione: Neal H. Moritz per Alliance Films/Newmarket Films/Original Film
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Prima: (Roma 11-7-2008; Milano 11-7-2008) V.M.: 14
Soggetto e sceneggiatura: J. S. Cardone
Direttore della fotografia: Checco Varese
Montaggio: Jason Ballantine
Musiche: Paul Haslinger
Scenografia: Jon Gary Steele
Costumi: Lyn Paolo
Produttori esecutivi: Christopher Ball, J. S. Cardone, Marc
Forby, Glenn S. Gairon, Bruce Mellon, William Tyrer
Casting: Lindsey Hayes Kroeger, David Rapaport
Aiuti regista: Adam Druxman, James Moran, Marc Newland,
Ingrid K. Behrens
Operatori: Patrick B. O’Brien, Nick Paige, Kristy Tully
Operatore steadicam: Chad Persons
Trucco: Eryn Krueger Mekash, Jay Wejebe, Bernardette Beauvais, Jennifer Greenberg, Zoe Hay, Mike Mekash
Acconciature: Larry Waggoner
Effetti speciali trucco: Erik Porn
Supervisori effetti visivi: Edson Williams (Lola Visual Effects), Rocco Passionino
L
a giovanissima Donna Keppel
attende la notte del ballo dell’ultimo anno di liceo con grande
Coordinatori effetti visivi: Marissa L. Fraering (Lola Visual Effects), Sean Tompkins
Supervisori musiche: Gerry Cueller, Greg Danylyshyn
Supervisore costumi: Philip Hayman
Interpreti: Brittany Snow (Donna Keppel), Scott Porter (Bobby), Jessica Stroup (Claire), Dana Davis (Lisa Hines), Collins
Pennie (Ronnie Heflin), Kelly Blatz (Michael), James Ransone (detective Nash), Brianne Davis (Crissy Lynn), Kellan Lutz
(Rick Leland), Mary Mara (Signora Waters), Ming-Na (dottoressa Elisha Crowe), Johnathon Schaech (Richard Fenton),
Idris Elba (detective Winn), Jessalyn Gilsig (zia Karen Turner), Linden Ashby (zio Jack Turner), Jana Kramer (April),
Rachel Specter (Taylor), Valeri Ross (signorina Hines), Lori
Heuring (signorina Keppel), Jennie Vaughn (sarta di Donna),
Jay Phillips (DJ Tyler), Kevin Gould (fotografo di Prom), Tom
Tarantini (carcerato), Charles Hirsch (Clerk), Brian Oblak, David Kaufman, Ross Partridge (uomini d’affari), Jacqueline
Herrera (cameriera), Nicholas James (Denny Harper), Marcuis Harris, Troy Blendell, Gina St. John (reporter), Andrew
Fiscella, David Lowe, Shawn Driscoll (agenti), Craig Susser
(agente Hicks)
Durata: 88’
Metri: 2480
eccitazione. Mentre si prepara per la grande
serata, la ragazza non sa che lo psicopatico
che ha ucciso tutta la sua famiglia è scappa53
to dal manicomio e ha tutta l’intenzione di
completare la sua opera. Tre anni prima,
Donna è stata l’unica sopravvissuta alla stra-
Film
ge compiuta da Richard Fenton, un insegnante ossessionato dalla sua bellezza. I genitori
della ragazza ottennero un ordine restrittivo
dal tribunale per proteggere la loro figlia.
Nonostante ciò, Fenton si introdusse nella
loro casa e massacrò i genitori e il fratello
minore di Donna che riuscì a salvarsi nascondendosi. La testimonianza della ragazza fece sì che l’uomo venisse rinchiuso in un
manicomio di massima sicurezza. Donna si
era ripresa da quella notte orribile, anche
grazie all’aiuto degli zii con cui ora vive. La
notte del ballo, Donna si prepara a vivere
una serata emozionante insieme al suo ragazzo, Bobby, e alle sue amiche Lisa e Claire. Insieme ai loro accompagnatori, le tre ragazze hanno noleggiato una suite nel lussuoso albergo dove si svolge il ballo e hanno
programmato di passare lì la nottata. Sono
serene, la loro unica preoccupazione è se sarà
Lisa o la loro nemica Crissy, a ottenere l’ambito titolo di reginetta del ballo. Durante la
festa, al distretto di polizia della cittadina di
Bridgeport, il detective Winn riceve la notizia che Fenton è evaso da tre giorni dal manicomio in cui era rinchiuso. Mentre il detective va a dare la notizia agli zii di Donna,
Fenton si introduce nell’hotel dove si svolge
il ballo prendendo una stanza allo stesso piano della suite della ragazza e dei suoi amici.
Dopo aver ucciso una cameriera, il criminale si appropria della chiave passepartout.
Poco dopo, nella suite, Donna consola l’amica Claire che ha litigato col ragazzo Michael. Rimasta sola, Claire viene massacrata a
coltellate da Fenton. Intanto il detective Winn
e i suoi uomini arrivano all’hotel e allarmano la sicurezza diramando la foto del pericoloso criminale, che, nel frattempo, uccide
anche Michael che era salito nella suite a
cercare Claire. Non vedendo i loro amici, Lisa
e il suo ragazzo Ronnie decidono di andare
a cercarli nella suite. In ascensore Lisa incrocia lo sguardo di Fenton e poco dopo ha
un’illuminazione. Mentre si precipita di sotto ad avvisare Donna che Fenton è lì, Lisa
viene rincorsa per le scale dal criminale. Intanto Ronnie torna alla festa in cerca di Lisa.
Dopo aver trovato la cameriera morta, Winn
fa evacuare l’hotel interrompendo la festa,
ma Donna sale nella suite a cercare Lisa e
Claire. Fenton appare davanti agli occhi
della ragazza che riesce a scappare. Il vice
detective Nash porta Donna a casa degli zii
insieme a Bobby. Intanto Winn resta a cercare Fenton nell’hotel imbattendosi nel cadavere di Lisa. Bobby resta con Donna per tutta la notte. Accortosi che Fenton è scappato
dall’hotel, il detective Winn si precipita a casa
di Donna trovando Nash morto nell’auto lì
fuori. Nel frattempo, allontanatasi per pochi
minuti, Donna torna in camera da letto trovando Bobby morto e Fenton che le si para
Tutti i film della stagione
davanti minacciandola. Mentre sta per sferrare il colpo finale alla sua vittima, Fenton
viene ucciso dal detective Winn. Per Donna
ora l’incubo è davvero finito.
C
ollege e sangue, un binomio frequentatissimo soprattutto nell’ultimo decennio, soprattutto negli
States. Studenti belli e fusti, studentesse
carine e alla moda e poi lezioni, feste di
fine anno, aspiranti reginette di ballo, e poi
lui, il serial killer di turno che irrompe a seminare terrore. Ma questa volta si fa di più,
non ci si limita a scopiazzare, si fa praticamente un quasi-remake non dichiarato.
La storia della studentessa che, nell’attesissima notte del ballo di fine anno (negli
Stati Uniti questo ballo di chiama Prom Night
che è anche il titolo originale) viene perseguitata da un ex professore ossessionato dalla
sua acerba bellezza e che pochi anni prima
aveva sterminato la sua famiglia, è presa da
Non entrate in quella casa (titolo originale
appunto Prom Night) teen movie targato
1980 diretto da Paul Lynch e interpretato da
Jamie Lee Curtis nei panni di un’aspirante
reginetta della scuola che si trovava nel mezzo di una strage di liceali compiuta da un
killer di nero vestito. Al film seguirono tre mediocri sequel che ruotavano tutti attorno al
ballo di fine anno: Prom Night II – Il ritorno
(1987) di Bruce Pittman, Prom Night III – L’ultimo bacio (1988) di Ron Oliver e Peter Simpson e Discesa all’inferno (1991) di Clay Boris.
Non entrate in quella casa, un titolo italiano sciagurato quanto questo Che la fine abbia inizio. Ordini perentori e minacciosi, imperativi categorici da brivido, ma la paura vera
dov’è? Il regista Nelson McCormick (che ha
maturato una lunga esperienza alla regia di
serie televisive di successo come C.S.I. - Scena del crimine, Prison Break, Alias, Nip/Tuck,
E.R. - Medici in prima linea, Cold Case) indugia volentieri sui liceali bellocci (in primis sulla
bionda protagonista Brittany Snow), sui loro
sorrisi bianchissimi, sui loro sogni, sui loro
amori, ma si applica ben poco per far salire la
suspense. Oltretutto non ci si sforza neanche
un po’ di approfondire la psicologia del killer
cercando le ragioni che muovono il suo comportamento criminale, e non si tenta neanche di giocare la carta dello ‘splatter’ nelle scene degli omicidi. Insomma la tensione è degna di un qualsiasi thriller giovanilistico all’acqua di rose da mediocre serata televisiva.
Siamo lontanissimi da Carrie e dal suo
sguardo di Satana, ma lì dietro la macchina da presa c’era un certo Brian De Palma,
uno che seppe fare dell’innesto tra horror e
commedia di ambiente studentesco una
vera “poesia del sangue e del voyeurismo”.
Qui la sola cosa che può far paura è il
grande coltello in primo piano sulla locandina del film, davvero un po’ poco per mantenere le promesse del titolo. Quale fine?
Qui non si inizia neanche.
Elena Bartoni
IL PASSATO È UNA TERRA STRANIERA
Italia, 2008
Regia: Daniele Vicari
Produzione: Domenico Procacci, Tilde Corsi, Gianni Romoli per Fandango/R&C Produzioni in collaborazione con Rai cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Prima: (Roma 31-10-2008; Milano 31-10-2008) V.M.: 14
Soggetto: dal romanzo omonimo di Gianrico Carofiglio
Sceneggiatura: Daniele Vicari, Massimo Gaudioso, Francesco Carofiglio, Gianrico
Carofiglio
Direttore della fotografia: Gherardo Gossi
Montaggio: Marco Spoletini
Musiche: Teho Teardo
Scenografia: Beatrice Scarpato
Costumi: Francesca Vecchi, Roberta Vecchi
Organizzatore: Ivan Fiorini
Casting: Laura Muccino
Direttore di produzione: Elia Mazzoni
Aiuti regista: Saverio Di Biagio
Operatore Steadicam: Sascia Ippoliti
Suono: Remo Ugolinelli, Benni Atria
Interpreti: Elio Germano (Giorgio), Michele Riondino (Francesco), Chiara Caselli
(Maria), Daniela Poggi (Anna), Romina jr Carrisi (Giulia), Marco Baliani (Franco),
Lorenza Indovina (Alessandra), Valentina Lodovini (Antonia), Maria Jurado (Angela), Federico Pacifici (Avvocato), Antonio Gerardi (tenente)
Durata: 122’
Metri: 3300
54
Film
U
n giovane avvocato, elegante e
compassato, esce dall’aula dove
si è appena conclusa un’udienza.
Una ragazza con un occhio nero, gli si
avvicina e lo ringrazia.
Il passato. Giorgio è un giovane borghese prossimo alla laurea in legge, fidanzato, di bell’aspetto e brillante, rampollo d’una facoltosa famiglia ben posizionata ai piani alti della Bari bene. A
una delle tante feste passate in compagnia della fidanzata però, accade qualcosa d’inaspettato: a uno dei tavoli dove
si gioca, c’è Francesco, abile manipolatore di carte e di menti. Quando tre
loschi figuri irrompono nella villa minacciando Francesco, Giorgio scatena
una rissa, uscendo vincitore dalla lotta
coi farabutti. I due ragazzi diventano in
breve amici e soci: Francesco è un baro
di professione e propone a Giorgio di
diventare il suo compare. La prima partita è fissata per la notte dell’ultimo dell’anno. Dopo le prime prove, iniziano
per il nuovo duo le sfide più impegnative, le visite alle bische clandestine, i
tornei, le grosse vincite, le torbide relazioni. In una delle tante sere passate nel
ventre d’una nave che nasconde una bisca, Giorgio incontra e conosce Maria,
matura e facoltosa giocatrice incallita.
Le notti di Giorgio diventano i suoi giorni: lo studio si dirada, la relazione con
la fidanzata finisce e il tavolo verde occupa ormai il centro dei suoi pensieri.
Dopo averla sfidata e vinta in un grande torneo di poker, Giorgio riesce a conquistarsi il letto di Maria, divenendo il
suo amante segreto. Le notti passate fuori casa, i visibili cambiamenti nel carattere e, per ultimo, la nuova macchina
sportiva acquistata grazie alle grosse
vincite insospettiscono i genitori di
Giorgio, che alla fine scoprono i pacchetti di banconote nascosti nella biblioteca. La reprimenda del padre e l’apprensione della madre fanno esplodere
l’esasperazione del ragazzo, che, dopo
una lite furibonda, torna alle sue occupazioni dissolute. La fortuna dura poco:
allontanato da Maria, in rotta con Francesco, Giorgio si trova solo e stordito.
Francesco però torna e lo coinvolge
ancora nei suoi affari: l’occasione è il
recupero d’un credito di gioco che Giorgio viene invitato a ottenere da un av-
Tutti i film della stagione
vocato insolvente a forza di calci e pugni. Francesco, convinto dalla prova,
propone all’amico il colpo della vita. Un
viaggio per due fino in Spagna a riempire la macchina di cocaina. Il viaggio
sembra una facile e felice avventura. A
Barcellona, i due aspettano in giro per
locali che il meccanico trafficante imbottisca la macchina con la droga. L’attesa trascorre in un tempo sospeso; al
giorno succede la notte e poi di nuovo
l’alba. Francesco sparisce con una cameriera. Quando Giorgio inizia a temere d’esser caduto in un tranello però ritrova l’amico in compagnia della ragazza. Francesco tenta di prenderla con la
forza, ma Giorgio lo ferma; poi è lui a
stuprarla senza esitazione.
Di nuovo a Bari, Giorgio sembra tentare un difficile riaffioramento. Una sera,
davanti al solito bar, in cerca di Francesco, Giorgio incontra la bella cameriera
che torna a casa da sola. In breve s’accorge che la ragazza è seguita dall’amico; pochi isolati più avanti Francesco
l’aggredisce nel tentativo di stuprarla.
Giorgio interviene e di nuovo lo ferma,
poi arriva la polizia. Fino a che la giovane non rende la sua versione, Giorgio tace
mentre gli agenti, convinti della sua colpevolezza, lo malmenano e lo torturano.
Poi Giorgio viene liberato con le scuse di
tutti.
Di nuovo il presente. Giorgio, in
giacca e cravatta, volto rasato e modi
gentili, guarda per un momento appena
la giovane che gli ha rivolto il saluto
poco prima; è la cameriera dell’aggressione; negatole il riconoscimento, si volta e s’allontana.
U
na delle sfide più grandi per il cinema di fiction prodotto nel nostro paese è, da decenni, trovare una via d’accesso al presente; riuscire a dar conto di quel che avviene nel
paese, intercettare passioni e patimenti,
affetti e affezioni di un popolo vario e
sempre meno leggibile, in un tempo particolarmente opaco. Daniele Vicari, fin
dagli inizi della sua carriera cinematografica, sembra nutrire la forte aspirazione
di riuscire in una missione difficile e ingrata come questa. Se forse non sono in
molti a conoscere e ricordare i suoi primi documentari (alcuni dei quali davve-
55
ro convincenti, come il quasi ascetico
Uomini e lupi, dal quale derivò poi più o
meno direttamente quel L’orizzonte degli eventi così poco visto e compreso),
l’esperienza di Il mio paese, film saggio
di non-fiction, è sufficientemente noto per
costituire chiara testimonianza di quest’attitudine. Il terzo lungometraggio di
finzione diretto da Vicari prende le mosse, sparigliando le carte, da un’origine
letteraria, il romanzo omonimo di Gianrico Carofiglio.
Tralasciamo qui l’indagine sulle relazioni tra testo originario e sua scaturigine cinematografica. Coerentemente
con il titolo, il film usa largamente la narrazione in flash back, facendo del presente non solo e non tanto cornice funzionale, ma luogo di approdo di tutti gli
esiti, momento di condensazione e scioglimento, elemento definitivo che (ri)
orienta e ricolloca tutto quanto gli sta
prima. Vicari sceglie un tono asciutto,
essenziale, duro; un racconto che procede per accumulo di sguardi, di atti violenti, di gesti inconsulti. Uno dei pregi
del film è dunque proprio il suo sottrarsi
a ogni possibile didascalismo, a ogni
esplicitezza molesta (pur rischiando una
certa schematica meccanicità). I due
protagonisti, circondati da bravi professionisti, riescono a stare nel gioco di
equilibri ambigui e d’incerti profili. L’invito del delinquentello non spinge nel
baratro il buon borghese, non è la causa di una sua pur temporanea perdizione: solo ne suscita la nera identità, ne
stimola l’oscura violenza, la forza distruttrice sua propria. Poi i due – persi per
vie e in misure assai differenti – sono
insieme nella gara che tende all’autoannullamento.
Vicari dirige con mano ferma, con
senso della misura: ma forse non gli riesce fino in fondo di mettere in rima tutti
gli elementi, la cui efficienza complessiva coraggiosamente non affida né alla
parola, né al facile affresco. Così le belle intuizioni – quelle sulla relazione con
l’altro sesso, con il denaro, con la concezione del tempo – si accumulano senza trovare il giusto innesco che ne faccia esplodere/emergere il forte senso,
rischiando di rimanere materia inerte.
Silvio Grasselli
Film
Tutti i film della stagione
LA MATASSA
Italia, 2009
Regia: Gianbattista Avellino, Salvatore Ficarra, Valentino Picone
Produzione: Attilio De Razza per Tramp LTP. In collaborazione
con Meduda Film e Sky
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 13-3-2009; Milano 13-3-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Gianbattista Avellino, Francesco Bruni, Salvo Ficarra, Valentino Picone, Fabrizio Testini
Direttore della fotografia: Roberto Forza
Montaggio: Claudio Di Mauro
Musiche: Paolo Buonvino
Scenografia: Paola Bizzarri
Costumi: Cristina Francioni
Arredatore: Paola Bizzarri
Suono: Mario Iaquone
Interpreti: Salvo Ficarra (Gaetano), Valentino Picone (Paolo), Anna Safroncik (Olga), Pino Caruso (Don Gino), Claudio
Gioè (Antonio), Tuccio Musumeci (vecchio sposo), Domenico Centamore (esattore), Rosa Pianeta (mamma di Gaetano), Mario Pulella (Don Mimì), Mariella Lo Giudice (mamma
di Paolo), Francesca Agate, Plinio Milazzo (infermieri ambulanza), Antonia Ambra (mamma vecchietto), Turi Amore (portiere albergo), Gino Astorina (commissario), Gino Bonanno
(dottore capezzale), Totò Borgese, Rosita Ferraro, Pippo Marchese, Sergio Seminara, Benito Placenti, Francesca Plata-
C
’è un uomo seduto sul parapetto
della finestra dell’albergo Geraci che minaccia il suicidio. Si
tratta di Paolo, il proprietario dell’albergo. Le parole dei pompieri e dell’amico
prete Don Gino, sopraggiunti sul luogo per
evitare il tragico gesto, sembrano non sortire alcun effetto. Finché arriva un giovane con delle carte in mano; solo alla vista
di quei fogli il suicida sembra avere una
reazione. Nel frattempo arriva Gaetano,
che scopriamo essere il cugino di Paolo,
nonché l’altro proprietario dell’albergo.
Abbandonati i suoi infelici propositi, Paolo inizia a litigare animatamente con il parente, mentre Don Gino inizia a raccontarci l’antefatto della vicenda. I due cugini, molto uniti da bambini, a causa di una
lite familiare tra i rispettivi padri, riguardante l’eredità e la gestione dell’albergo,
non si parlano da anni. Paolo si occupa
dell’hotel di famiglia, mentre l’altro gestisce un’agenzia matrimoniale per extracomunitarie in cerca di permessi di soggiorno. Tanto è insicuro, ipocondriaco e timido l’uno, tanto è loquace, furbo e imbroglione l’altro. I due si incontrano ormai
trentenni per una circostanza fortuita al funerale del padre di Paolo. In questo momento difficile, i due ragazzi si trovano inaspettatamente vicini a dormire sotto lo stesso tetto: Gaetano, per sfuggire dalle grinfie dei terribili fratelli russi che vogliono
nia (parenti), Tiziana Buldini, Cinzia Molena (amiche samba), Giuseppe Butera (pizza boy), Gigi Borruso (padre di
Paolo), Alessia Cardella (receptionist), Giuseppe Catalano
(autista furgone), Marzia Cavallo (cameriera), Mary Cipolla
(zia Concetta), Giovanni Ciranna, Alfio De Franco (vecchietti
barattoli), Salvatore Coppola (assistente Bungee Jumping),
Giancarlo Cori, Antonello Puglisi (mafiosi), Gabriele Davì
(Gaetano bambino), Maria Di Biase (Svetlana), Carmelo Florio (psicanalista), Tomasz Gimte (russo smilzo), Lidya Giordano (mamma Paolo 25 anni), Angela Sciuto (mamma Gaetano 25 anni), Turi Giuffrida (dottore luminare), Vincenzo Ina,
Angelo Scalia (ceffi), Paolo La Bruna (notaio Mascellaro),
Enrico La Delfa (passante), Marco Li Vigni, Giuseppe Li Vigni (conoscenti giovane), Giovanni Lo Faro (gestore Bungee
Jumping), Tu Loss (ristoratore cinese), Filippo Luna (padre
Gaetano), Marcello Maniscalco (sindaco), Giovanni Martorana (Pietro), Roberto Nanfa (pompiere), Nuccio Morabito
(bellimbusto), Gaetano Pappalardo (poliziotto), Emanuele
Pavano (poliziotto pizza boy), Angelo Pellegrino (amministratore albergo), Dmitry Smirnov, Vadm Smirnov (fratelli Karamazov), Salvatore Sottile (parente grasso), Luca Spina (Paolo bambino), Yulia Zhiveynova (donna russa)
Durata: 98’
Metri: 2770
rivendicare il matrimonio fallito della sorella minore con un ricco anziano, Paolo,
impaurito anche da una semplice influenza, felice di sentire una persona della famiglia accanto. Grazie all’aiuto dell’accorto cugino infatti Paolo riesce a smascherare il direttore dell’albergo che si rivendeva da tempo parte dei viveri e della
fornitura. Gaetano, conquistata la fiducia
dell’altro si vede promettere anche in eredità l’albergo. Così l’uomo, con l’aiuto di
un amico medico, grazie a uno scambio di
analisi cliniche, fa credere a Paolo di essere in fin di vita. Il povero ragazzo allora
cerca di viversi al meglio possibile i giorni che gli restano e scrive l’atto di donazione dell’albergo. Gaetano, raggiunto il
suo scopo, prova a vendere subito l’albergo a un ricco cinese, proprietario di un ristorante limitrofo, ma, venuti al dunque,
non ce la fa. Intanto però scopre che il
padre di Paolo ha lasciato dei conti in sospeso con un boss mafioso che, stufo di
aspettare, è venuto a riscuotere il pizzo.
Ora si trovano entrambi nei guai. Paolo
tenta il suicidio, ma alla vista delle analisi
corrette chiede spiegazioni a Gaetano. I
due, dopo una lite furibonda in cui riemergono tutti gli antichi rancori, si riappacificano e organizzano con l’aiuto della polizia un piano per incastrare i mafiosi.
Dopo innumerevoli inseguimenti e peripezie, i malviventi cadono nella trappola.
56
Gaetano è costretto a sposare la giovane
russa per placare l’ira dei due fratelli e si
organizza una grande festa nell’albergo
Geraci, durante la quale finalmente le due
famiglie si riabbracciano.
S
alvo Ficarra e Valentino Picone
filmano la terza regia cinematografica confermando un ennesimo successo. A differenza di altre coppie
comiche di matrice televisiva, i due siciliani doc al cinema riescono a diversificare
lo stile e il linguaggio tipico degli sketch
cabarettistici. La matassa, diretto come il
precedente Il 7 e l’8 con Giambattista Avellino, è nuovamente ambientato in Sicilia,
ma questa volta a Catania. Via di mezzo
tra la commedia di costume, la satira e il
paradosso, il film non è mai volgare, ma
anzi è caratterizzato da una comicità pulita e intelligente. Il tutto ruota intorno ai
conflitti irrisolti e radicati nel tempo tra due
cugini, uniti quasi come fratelli, che si trovano loro malgrado a dover sciogliere una
matassa ormai troppo aggrovigliata. I due
comici televisivi sono presi nelle loro solite dinamiche, uno più ingenuo l’altro più
furbo, costantemente contrapposti da argomentazioni e accapigliamenti, ma in più
si articola intorno a loro una varia umanità
di mafiosi, preti, albergatori, medici venduti, che tiene viva l’attenzione e diverte
con trovate originali.
Film
Come nella commedia dell’arte la vicenda parte da una “sciarra”, un’annosa lite familiare, che macchia la successiva generazione dei figli, costretti a risolvere i problemi
dei padri. I moderni Franco e Ciccio della
situazione finiscono per rimanere loro stessi ingarbugliati in un’avventura all’insegna di
folli inseguimenti, fughe in auto e scontri con
la polizia. Con leggerezza e umorismo, una
sceneggiatura ben orchestrata solletica il
palato dello spettatore, strizzando l’occhio
all’action movie americano. E non solo. Spassosissima è la scena in cui i due protagonisti si fronteggiano con il clan mafioso, che
evoca atmosfere tipiche dei western di Sergio Leone. Ficarra e Picone scelgono infatti
di affrontare il tema della mafia in chiave grottesca, con l’intento di capovolgere i classici
luoghi comuni. Gli stereotipi della sicilianità
come le donne sottomesse, i mafiosi dominatori, l’omertà, i pizzini, o un certo modo di
parlare in siciliano vengono rappresentati
con disinvoltura e ironia come caricature e
macchiette al limite del ridicolo. Non viene
risparmiata neanche la stessa polizia, di cui
viene data un’immagine autocelebrativa e
pressappochista.
Ulteriore passo avanti anche rispetto
alle precedenti pellicole, La matassa vuole
anche toccare la sensibilità dello spettatore con immagini legate al passato dei protagonisti e alle tradizioni familiari. Significa-
Tutti i film della stagione
U
tivi i piani sequenza che i registi inseriscono per passare da un’epoca all’altra, facendo rivivere le emozioni dell’adolescenza di
Paolo e Gaetano. Il film è arricchito dalla
presenza del patrimonio attoriale siciliano.
In primis Pino Caruso, grande attore teatrale, strepitoso nella parte di Don Gino,
Claudio Gioè e Tuccio Musumeci nei ruoli
minori, il caratterista Domenico Centamore, per la prima volta impegnato in una commedia, straordinario e incapace esattore
mafioso con esilarante risatina stridula.
Veronica Barteri
PRIDE AND GLORY-IL PREZZO DELL’ONORE
(Pride and Glory)
Stati Uniti, 2008
Coordinatore effetti speciali: John Stifanich
Supervisore effetti visivi: Randall Balsmeyer
Supervisori costumi: Kevin Draves, Cheryl Kilbourne-Kimpton
Supervisore musiche: Nic Harcourt
Interpreti: Colin Farrell (Jimmy Eagan), Edward Norton (Ray
Tierney), Jon Voight (Francis Tierney Sr.), Noah Emmerich (Francis Tierney Jr.), Jennifer Ehle (Abby Tierney), John Ortiz (Sandy), Frank Grillo (Eddie Carbone), Shea Whigham (Kenny Dugan), Lake Bell (Megan Egan), Carmen Ejogo (Tasha), Manny
Perez (Coco Dominguez), Wayne Duvall (Bill Avery), Ramn
Rodriguez (Angel Tezo), Rick Gonzalez (Eladio Casado), Maximiliano Hernàndez (Carlos Bragon), Leslie Denniston (Maureen Tierney), Hannah Riggins (Caitlin Tierney), Carmen LoPorto (Francis Tierney), Lucy Grace Ellis (Bailey Tierney), Ryan
Simpkins (Shannon Egan), Ty Simpkins (Matthew Egan), Flaco
Navaja (Tookie Brackett), Raquel Jordan (Lisette Madera), José
Ramon Rosario (Maggiore Arthur Caffey), Christopher Michael
Holley (detective Miller), Jason Rodriguez (proprietario del negozio all’angolo), Jessica Pimentel (Angelique Domenguez),
Popa Wu (Reverendo Farraud), Nikkole Salter (Trish Mercer),
David Pinon (proprietario), Lissetta Espaillat (moglie del proprietario), Sekhar Chandra (dr. Khomar), Bill McHugh (Gabriel
Lopez Chaplin), Robert P. Alongi (capitano Lavier)
Durata: 130’
Metri: 3350???
Regia: Gavin O’Connor
Produzione: Greg O’Connor per New Line Cinema/Solaris/
O’Connor Brothers/Avery Pix
Distribuzione: Eagle Pictures
Prima: (Roma 31-10-2008; Milano 31-10-2008)
Soggetto: Gavin O’Connor, Greg O’Connor, Robert Hopes
Sceneggiatura: Gavin O’Connor, Joe Carnahan
Direttore della fotografia: Declan Quinn
Montaggio: Lisa Zeno Churgin, John Gilroy
Musiche: Mark Isham
Scenografia: Dan Leigh
Costumi: Abigail Murray
Produttori esecutivi: Cale Boyter, Toby Emmerich, Marcus
Viscidi
Co-produttore: Josh Fagin
Direttore di produzione: Meredith Zamsky
Casting: Sarah Finn, Randi Hiller
Aiuti regista: Todd Pfeiffer, Colin MacLellan, Sarah Rae Garrett, David Catalano, Andrew T. Wood
Operatori: Petr Hlinomaz, Gerard Sava
Art director: James Donahue
Arredatore: Ron von Blomberg
Trucco: Don Kozma, Bernadette Mazur, Tina LaSpina, Randy
Westgate
Acconciature: Michelle Johnson, Suzy Mazzarese-Allison
57
Film
Q
uattro agenti della polizia di New
York sono rimasti uccisi in un
agguato. Il tragico evento scuote
l’intero Dipartimento di Polizia, mettendo
tutti in allerta. Con un assassino a piede
libero e così tanto in gioco, il Capo dei
Detective di Manhattan, Francis Tierney
Senior, chiede a suo figlio, il Detective Ray
Tierney, di condurre le indagini. Ray accetta il caso anche se con riluttanza, consapevole del fatto che i poliziotti uccisi
prestavano servizio sotto il comando di suo
fratello, Francis Tierney Jr. e al fianco di
suo cognato, Jimmy Eagan.
Apparentemente sembrerebbe trattarsi del solito sequestro di droga finito tragicamente, ma col procedere delle indagini Ray comincia a rendersi conto che qualcuno deve aver informato gli spacciatori
dell’imminente arrivo della polizia. Probabilmente si tratta di qualcuno dall’interno. Le prove sembrerebbero condurre
verso persone di cui non dubiterebbe mai:
suo fratello e suo cognato.
Col trascorrere del tempo, il caso mette sempre più a dura prova i membri della
famiglia, obbligandoli a scegliere tra la
Tutti i film della stagione
lealtà che li lega e la fedeltà verso il Dipartimento di Polizia...
P
resentato in anteprima alla terza
edizione del Festival Internazionale del Film di Roma (sezione
Premiére), Pride and Glory fa assurgere
l’archetipo della “polizia corrotta” ad autentico sottofilone del genere noir, visto come
il cinema degli ultimi anni ha saputo abusarne con regolarità, dopo averne constatato il crescente interesse da parte di un
pubblico disabituato dal mainstream alle
mezzetinte in favore del più rassicurante
manicheismo e della “scelta di campo”. Viene difficile da pensare che una scelta del
genere possa giungere su grande schermo in modo scolastico e convenzionale, ma
è ciò che succede col passare dei minuti al
film di Gavin O’Connor, a cui in realtà non è
attribuibile nessuna grave colpa se non
quella di riproporre un cliché senza troppe
varianti o spunti interessanti rispetto a ciò
che la succitata inversione di tendenza verso il noir ha portato di recente al cinema e
in TV (si pensi solo alla portata abissale, in
termini di amoralità dell’io narrante, di un
serial come Dexter). Non che il regista non
provi a mischiare le carte: l’idea di scatenare un conflitto familiare è qualcosa che attinge alla tragedia classica greca, al dilemma tra giustizia e legame di sangue, archetipi narrativi secolari mai privi di forza dinamica. Ma quella del film è un’amoralità forzata, spesso condotta nei “giusti” binari del
giusto e dello sbagliato, dove si ha sempre
la sensazione che qualcuno (leggi Edward
Norton) possa essere migliore di un altro
(leggi Colin Farrell), laddove prerogativa del
noir è quella di mostrare senza veli un’umanità contrapposta solo in apparenza, ma
speculare nella propria negatività e nel perseguimento del proprio interesse individuale. Ma, nonostante manchi il coraggio di
calcare fino in fondo il pedale della ferocia
senza compiacimento, il film scorre fino alla
fine, nonostante evidenti carenze di ritmo
nella parte centrale, grazie soprattutto a un
cast in stato di grazia. Norton, in particolare, sa sempre bucare lo schermo e avrebbe meritato un ritratto introspettivo maggiormente delineato.
Gianluigi Ceccarelli
IAGO
Italia, 2009
Regia: Volfango De Biasi
Produzione: Claudio Saraceni per Medusa Film/Cattleya/Ideacinema in collaborazione con Sky Cinema
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 27-2-2009; Milano 27-2-2009)
Soggetto: Volfango De Biasi, Felice Di Basilio liberamente ispirati all’Otello di William Shakespeare
Sceneggiatura: Volfango De Biasi, Felice Di Basilio, Tiziana
Martini (collaborazione)
Direttore della fotografia: Enrico Lucidi
Montaggio: Stefano Chierchiè
Musiche: Michele Braga
Scenografia: Giuliano Pannuti
I
ago è un laureando in architettura a Venezia e presenta a un professore un suo progetto di città
ideale, che è il tema proposto in concorso
per la prossima Biennale d’arte; lo fa anche Desdemona, figlia del rettore della facoltà, Brabanzio, il quale ha in Iago un pupillo e, avendo ascoltato entrambi, per Iago
propone anche la lode. Uscendo di facoltà,
i due giovani incontrano il farfallone Cassio, che sta fotografando ragazze e si fa scattare una foto anche con Desdemona. Mentre passeggiano nel padiglione vuoto che
dovrà contenere il progetto vincitore realizzato, e parlano di sé (lei parla della pos-
Costumi: Monica Celeste
Organizzatore generale: Paolo Vandini
Effetti: Stefano Marinoni
Suono: Andrea Fiorentini
Coreografie: Luca Tommassini
Interpreti: Laura Chiatti (Desdemona), Nicolas Vaporidis (Iago),
Aurelien Gaya (Otello), Lorenzo Gleijeses (Roderigo), Fabio Ghidoni (Cassio), Giulia Steigerwalt (Emilia), Luana Rossetti (Bianca), Dioume Mamadou (Philippe Moreau), Dina Braschi (Maria),
Cristina Liberati (madre di Otello), Pietro De Silva (professor Cheli), Gabriele Lavia (Brabanzio)
Durata: 100’
Metri: 2650
sessività del padre, che si preoccupa anche
della sua reputazione e dei propri contatti
influenti; lui dice che suo padre, muratore,
non gli ha perdonato neppure un punto di
morte di aver voluto studiare; arriva Brabanzio con un architetto nero, Moreau e suo
figlio Otello, che era amico d’infanzia con
Desdemona e Cassio, prima che il padre andasse all’estero portandolo con sé. Ma ora
Otello vuol finire l’università a Venezia. In
una grande e assordante festa, Otello inizia
a corteggiare Desdemona, suscitando la gelosia di Iago. Davanti alla commissione presieduta da Brabanzio abbiamo Otello, Iago,
Desdemona, Cassio: il Senato accademico
58
ha scelto il progetto presentato da Otello,
che ha “uno straordinario curriculum” e
lui indica come assistente Cassio mentre il
rettore indica Iago come secondo assistente; Desdemona si occuperà del design. Iago
studia un piano di vendetta, con l’aiuto di
Roderigo ed Emilia: anzitutto, rivela al padre che Desdemona ha già una storia con
Otello; due giorni prima della scadenza per
presentare il lavoro collettivo, Otello dà a
Cassio un CD che contiene le parti degli
altri che devono essere integrate con la sua,
ma in una rissa creata ad arte da Roderigo
e Iago, contro Cassio ubriaco, il CD, che
Cassio ha infine completato, si rompe. Otel-
Film
lo caccia Cassio dal progetto e fa intervenire Iago a salvare la situazione. Desdemona calma Otello e cerca anche di riconciliarlo con Cassio; per scusarsi con lei, Otello le regala un antico e prezioso fazzoletto,
che Emilia riesce a prendere. Iago, facendo
visita a Cassio, finge di trovarlo lì, in casa
di lui e gli suggerisce di chiamare Bianca,
la sua ragazza con la quale ha litigato, per
restituirglielo, perché è certo suo. Grazie all’intesa nata con Otello, Iago fa in modo
che veda Desdemona parlare con Cassio
quando invece a lui ha detto di doversi incontrare con il padre; fa trovare a Otello la
foto di Desdemona con Cassio; fa in modo
che Otello veda Cassio dare il fazzoletto a
Bianca, che ovviamente non lo riconosce:
ne viene un litigio che richiama il rettore e
Iago così può svelare quanto del progetto
sia opera propria, non di Cassio né di Otello. Infine, Roderigo e Emilia svelano a Desdemona la loro parte nel trucco di Iago ed
è infine lei che va da Iago e gli dice che
accetta lui perché è lui un vincente. Cassio
sopravvive andando a donne come sempre
e Otello trova una inaspettata attrattiva con
Roderigo, che è un gay.
L
a prima sequenza crea diverse
aspettative: vediamo Iago, Roderigo ed Emilia, grandi amici, analizzare il progetto di Iago, il quale afferma:
noi abbiamo il dovere di proporre mondi
migliori, perché sappiamo sognarli; afferma anche che l’unica cosa che conta, che
Tutti i film della stagione
spinge a creare, è l’amore.Gli amici vogliono dissuaderlo da amare Desdemona, la
figlia del rettore, ma lui è certo che è come
una principessa triste, troppo controllata
dal padre, però quando il padre sarà stupefatto del progetto non ostacolerà il loro
amore. Uscendo di facoltà all’alba, Iago in
casa riceve i rimbrotti della zia, che gli dice
di smettere di frequentare i ricchi, perché
non basta una camicia inamidata per essere dei loro; e Iago: “Alla gente non importa quello che sei veramente, importa
quello che sembri. Devi confonderti con
loro”.
Viene posto dunque il tema del rapporto padre-figlio; quello del rapporto tra
figli dei ricchi e figli dei poveri; quello del
rapporto giovane di genio e autorità accademica: ma nel corso della vicenda li vediamo di sottofondo tutti, sfilacciati in brevi e spesso casuali battute di dialogo. Iago
è il giovane geniale che ha alcune illusioni: la genialità del suo progetto sarà riconosciuta, Desdemona saprà accorgersi
dell’innamorato e saprà accettarlo proprio
perché lo vedrà capace di tenerla in quella alta reputazione che il padre le ha costruito intorno. La trama si costruisce allora sul pro gressivo infrangersi di queste illusioni e sul progressivo vendicarsi del giovane. Ci pare che proprio l’aver suggerito
troppi motivi di interesse abbia impedito
uno svolgersi coerente e approfondito di
almeno uno di essi; forse l’errore di partenza dell’intera operazione è stato il non
voler staccarsi troppo dall’originale. Ma
voler attualizzare un testo di questa portata o volervi leggere spunti modernistici o
persino scherzare con esso sono tutte
decisioni da ponderare settanta volte sette. L’idea di modernizzare il dialogo è possibile accettarla, ma non la si può realizzare tenendo un lessico medio-alto con
aggiunta di parole in parlato volgare; non
la si affida ad interpreti che sembrano leggere le loro battute pensando a tutt’altro
(cosa riuscita perfettamente alla Chiatti).
L’idea di fare di tutti i personaggi delle figure o negative (Cassio, ad esempio), o
non prive di facce nascoste (Desdemona
non è affatto une principessa prigioniera,
ad esempio; Brabanzio porta avanti intrallazzi lucrosi) poteva essere persino interessante, ma richiedeva il coraggio di approfondirla, di fare almeno una critica precisa a un qualcosa, non a tante cose di
per sé, purtroppo, ormai banali.
Il novanta per cento della storia è accompagnato da una musica tenuta di sottofondo, a volte molto di sottofondo, una
sottolineatura mai serena, come se si volesse così dare una tensione drammatica
più nobile a tutta l’operazione: non ci è dispiaciuta, ma ci è parsa non sufficiente per
salvare l’impresa, così come le accurate
ed eleganti scenografie e la preziosa fotografia non hanno dato alla storia una qualunque simbolicità.
Danila Petacco
VALUTAZIONI PASTORALI
Aspettando il sole – complesso / grossolanità
Ballare per un sogno – consigliabile /
semplice
Beket – n.c.
Bride Wars – La mia migliore nemica
– consigliabile / semplice
Che la fine abbia inizio – n.c.
Come un’uragano – n.c.
Cosmo sul comò (Il) – accettabile / semplicistico
Dall’altra parte del mare – n.c.
Defiance – I giorni del coraggio – consigliabile / problematico
Denti – inaccettabile / negativo
Due partite – complesso-problematico /
dibattiti
Ember – Il mistero della città di luce –
accettabile / semplice
Fronzen River – n.c.
Frost/Nixon – Il duello – raccomandabile-problematico / dibattiti
Giardino dei limoni (Il) – accettabileproblematico / dibattiti
Gran Torino – raccomandabile-problematico / dibattiti
Iago – Futile / superficialità
I Love Shopping – consigliabile / semplice
International (The) – consigliabile / semplice
Katyn – raccomandabile-problematico /
dibattiti
Legami di sangue – inconsistente / superficialità
Madagascar 2 – accettabile / brillante
Matassa (La) – consigliabile / semplice
Pantera rosa 2 (La) – futile / superficialità
Passato è una terra straniera (Il) – discutibile / scabrosità
Pride and Glory – Il prezzo dell’onore
– discutibile / violenze
Quell’estate felice – n.c.
Questo piccolo grande amore – futile /
semplice
59
Respiro del diavolo (Il) – Whisper –
consigliabile / semplice
Siciliana ribelle (La) – consigliabile-problematico / dibattiti
Sol dell’avenire (Il) – discutibile-problematico / dibattiti
Spirit (The) – discutibile / crudezze
Tutta colpa di Giuda – complesso-problematico / dibattiti
Tutti insieme inevitabilmente – futile /
grossolanità
Two Lovers – consigliabile / problematico
Underworld – La ribellione dei Lycan
– futile / violento
Verità è che non gli piaci abbastanza
(La) – consigliabile / brillante
Verso l’Eden – consigliabile-problematico / dibattiti
Watchmen – consigliabile / problematico
Wrestler (The) – complesso-problematico / dibattiti
Film
Tutti i film della stagione
TUTTO FESTIVAL
VENEZIA 2008
MOSTRA ALLA RICERCA DI IDENTITÀ
A cura di Flavio Vergerio
con il contributo di Silvio Grasselli, Luisa Ceretto, Marzia
Gandolfi
Al ritorno da Venezia ogni anno molti conoscenti mi ripetono la domanda-tormentone:
“com’era la Mostra quest’anno, hai visto dei
bei film?”. E ogni volta io mi affanno a segnalare i tre-quattro film significativi che
entreranno nella programmazione commerciale, precisando con tono professorale che
in una grande vetrina internazionale qualcosa di interessante c’è sempre... La 65.a Mostra presentava ancora una volta un programma zeppo di titoli: ben 166! 21 in Concorso,
12 nel Fuori Concorso, 10 in Fuori Concorso-Eventi, 18 nella sezione più misteriosa e
indefinibile, Orizzonti, 7 in Orizzonti-Eventi, 18 in Corto-Cortissimo, 6 in Corto-Cortissimo Eventi, 20 nella retrospettiva dedicata al Leone d’Oro alla Carriera Ermanno
Olmi, ben 32 nella retrospettiva “Questi fantasmi: cinema italiano ritrovato (1946-1975).
Troppi, comunque impossibile vederli tutti,
difficile talvolta fare delle scelte, soprattutto
fra le opere prime, di cui non si conoscono i
registi esordienti. Per fortuna le due retrospettive (Olmi e “Cinema italiano ritrovato”) presentavano molte opere ben note ai cinefili
stagionati come me, lasciando spazio alla ricerca di altre possibili scoperte e sorprese.
Per giudicare la Mostra di quest’anno debbo
tornare a tentare una definizione della sua
funzione, che non può che essere quella culturale. Fare cultura, a mio avviso, per un grande festival significa andare alla ricerca di
nuovi modi di narrare e di comunicare, verificare lo stato della sperimentazione linguistica, scoprire quindi nuovi talenti in giro per
il mondo, anche e soprattutto fuori del circuito Holly-Bolly-wood e dintorni europei,
documentare e studiare il cinema e non adattarsi al ruolo di cinghia di trasmissione delle
case di produzione più potenti. La modesta
selezione degli italiani ha indotto qualche
sospetto in merito, soprattutto se si pensa all’esclusione della nuova opera rigorosa di
Paolo Benvenuti Puccini e la fanciulla e della piccola sorpresa Pranzo di Ferragosto,
ceduta alla “Settimana della critica” e molto
amato poi dal pubblico delle sale. È vero che
sparsi qua e là nelle diverse sezioni c’erano
opere di grande originalità (ad esempio il filippino Lav Diaz e il brasiliano Julio Bressane a Orizzonti), ma la sensazione è stata quella della mancanza di un disegno complessivo, quasi che quelle opere fossero state selezionate per giustificare la presenza di molte
altre inutili o inguardabili.
Nell’introduzione al Catalogo della Mostra,
il Direttore Marco Müller motiva le sue scelte in modo che mi sembra utile discutere. Egli
nega innanzitutto un approccio al cinema
come a “una bussola infallibile”. A suo avviso, il cinema della modernità che pretendeva
di costituirsi come “ lezione assoluta, profondità, essenza” non esiste più. Il post-moderno ci sottopone al rischio del contagio e
dell’ibridazione, ha fatto esplodere forme e
linguaggi. Il cinema contemporaneo ha perso poi, secondo Müller, capacità di fascinazione nei confronti del grande pubblico e sta
forse cercando nuove formule comunicative.
La consacrazione dell’Arte sarebbe oggi uno
strumento inutile e bisognerebbe “fornire
nuove piste, contribuire a rinnovare i sistemi
di mappatura”. Sorprendente la prospettiva:
“Purezza, omogeneità, assolutezza ci sono
apparse impraticabili (perché improduttive),
abbiamo dunque perseguito l’autenticità attraverso il suo contrario. La qualità ha contato, ma ancor più la non-identità dei fenomeni
espressivi: la libertà narrativa; lo splendore
delle forme; il piacere schermico, la sfida al
comune senso del reale – la continua messa
in discussione dell’idea di fiction (o di non
fiction...) e dei limiti del punto di vista consentito allo spettatore. Mischiare le carte ha
voluto dire: prendere rischi inattesi, provare
soluzioni non sperimentate, ricapitolare le fasi
recenti del nuovo al cinema per rivalutarle,
risituarle nei territori a cui appartengono...”.
Le affermazioni teorico-metodologiche di
Müller hanno però trovato una clamorosa
60
sconfessione nelle scelte concrete delle selezioni, ove ci siamo trovati in non pochi casi a
confrontarci con opere né moderne, né postmoderne, ma semplicemente vecchie e accademiche, o semplicemente deboli nell’impianto narrativo.
Per andare contro corrente direi qualcosa delle due retrospettive, di cui non si occupa mai
nessuno. Se l’omaggio a Ermanno Olmi era
un doveroso atto d’amore, meno motivata mi
è parsa quella curata dal buon Tatti Sanguineti e da Sergio Toffetti, dedicata al cinema
italiano poco visto ma significativo per le sue
posizioni controcorrente sul piano estetico o
politicamente (troppo) coraggiose (da Luigi
Zampa a Carmelo Bene). Ma noi, vecchi cineforisti, molti di quei film li abbiamo fatti
conoscere a partire dagli anni ‘60 ai nostri
pubblici di “periferia” e non costituivano certo delle grandi scoperte (e comunque molti
di essi si possono recuperare in DVD). L’utilità della retrospettiva si è ridotta al recupero
di alcune opere scomparse da tempo anche
dagli elenchi delle cineteche (Giorgio Bianchi, Claudio Gora, Duilio Coletti) e che hanno confermato l’esistenza di una storia segreta del cinema italiano, sinora studiato quasi
esclusivamente come storia del Neorealismo
e dei Grandi Autori. La retrospettiva mancava poi di un catalogo che offrisse nuovi materiali critici e la tradizionale tavola rotonda
finale si è svolta praticamente senza pubblico. Intendiamoci, sempre meglio della stracultiana celebrazione dell’epopea degli spaghetti western dell’anno scorso, con la sorprendente celebrazione del “genio” di Sergio Corbucci et co., ma ricordo che Müller
aveva esordito nel 2005 con ben altro piglio,
proponendo una illuminante retrospettiva
dedicata ai “Cento anni di cinema cinese
(1905-2005)”. Sarò in posizione minoritaria,
triturato dalle necessità del quotidiano e del
mondano, celebrati dalla straripante genia dei
quotidianisti di “colore”, ma io credo fermamente che lo spessore culturale di una gran-
Film
de istituzione quale è la Biennale si debba
misurare proprio dalle occasioni di conoscenza e di studio dei grandi autori e delle grandi
cinematografie del passato. Penso con rimpianto ad alcune grandi retrospettive degli
anni ’70 e ’80, quali quelle dedicate a Kenji
Mizoguchi, King Vidor, Luis Buñuel (a Venezia si sono visti forse per la prima volta i
suoi film messicani). Quale istituzione se non
Venezia (e pochissime altre) hanno il prestigio e la forza per proporre tali retrospettive?
Perché cedere questa fondamentale funzione
di documentazione e di studio a Torino, Pordenone e Bologna? (f.v.)
IL CONCORSO
Ventuno i film selezionati, alcuni imbarazzanti (che non citerò per pudore), altri ovvi
o inutili, una diecina quelli degni di attenzione.
Su tutti il “radicale” The Hurt Locker (lett. Il
bauletto del dolore) della rediviva Kathryn
Bigelow (si ricordi il suo bellissimo Strange
Days del ’95), ambigua e salutare descrizione di come la guerra possa diventare una droga per uomini privi di altri orizzonti esistenziali di senso. Ritratto atroce di un “eroe senza qualità” che supera e dà significato alla
sua vita “inutile” a casa (malgrado una moglie e un figlio neonato), eccellendo sul fronte iracheno come “ranger” sminatore di bombe antiuomo e di cariche esplosive disseminate dai terroristi. Il sergente James vive la
sua pericolosa specializzazione come occasione per conquistare la propria identità, da
manifestare agli altri, nella adrenalinica lotta
contro un male misterioso, nell’illusione ossessivamente di vincere la morte, privo di una
qualsiasi altra motivazione politica o sociale. La guerra non è lo strumento, ma il fine
della vita. Quasi didascalicamente la regista
ci mostra lo smarrimento di James durante
una licenza a casa, indeciso su quali corn
flakes acquistare in un supermercato deserto
o nella cura del giardino. Il vuoto e l’assenza
di senso si manifestano nell’inquietante rappresentazione della Bigelow come ripetitività delle azioni, attesa frustrante delle esplosioni e della catastrofe, sospensione di una
qualsiasi progressione drammaturgica. Grande lezione morale: la paura non può essere
dominata, nemmeno con l’illusione narrativa, si può solo mostrare e compatire l’uomo
che vi si immerge dolorosamente.
L’altro bel film americano (vincitore di compromesso del Leone d’Oro), The Wrestler di
Darren Aronofsky, imprevedibile giravolta
dopo la fiaba morale de L’albero della vita,
lavora invece su una struttura codificata di
genere, diciamo il cinema di pugilato alla
Rocky, modificandone profondamente la direzione narrativa e l’ideologia consolatoria.
Randy Robinson detto l’“Ariete” (un inatteso bravissimo Mickey Rourke, che esibisce
Tutti i film della stagione
spudoratamente il proprio declino fisico) rifiuta la sua emarginazione di vecchio pugile
tentando un’impossibile resurrezione sportiva e morale. Aronofsky nasconde la sua messa in scena dietro l’esibizione dolorosa del
corpo e dell’anima martoriati di Randy-Rourke che, poco alla volta, si manifestano come
metafora complessa dell’America. Randy,
con il suo nome polacco, rappresenta la storia di un’integrazione mancata e di una solitudine (ha un matrimonio mancato alle spalle e una figlia che lo rifiuta) che cerca nell’eccesso e nella esibizione sportiva una illusoria compensazione.
Più radicale e privo di concessioni narrative
un terzo film americano, Vegas: based on a
true Story di un Amir Naderi che abbandona
stavolta la sua vena sperimentale per raccontare una vicenda kafkiana di una modesta famiglia proletaria che si distrugge inseguendo il sogno dell’arricchimento facile. All’ombra di una città (invisibile), che rappresenta
la quintessenza dei valori dell’apparenza,
dell’azzardo e del danaro, i tre componenti
della famigliola scavano nel giardino di casa
alla ricerca di un tesoro improbabile, La famiglia rompe la propria unità, rinuncia alla
vita sociale, vive sino alle conseguenze ultime la sua ossessione. Della casa e del giardino rimarrà solo una distesa di crateri, come
in una terra di nessuno piagata dalle bombe.
Completavano la corposa pattuglia americana l’esordio piuttosto prevedibile dello sceneggiatore del messicano Iñarritu, Guillermo
Arriaga, che in The Burning Plain racconta,
con la formula ormai collaudata di storie che
si incastrano l’un l’altra e con salti spaziotemporali che qui diventano vuoto manierismo la vicenda di tradimenti sentimentali e
di sensi di colpa che si tramandano di madre
in figlia, percorsi dalla coazione a ripetere e
dal cupio dissolvi. Abbastanza convenzionale e memore della lezione altmaniana anche
il ritratto di una ribelle all’interno di una famiglia infelice e autodistruttiva, offerta da
Rachel Getting Married di Jonathan Demme.
Ben più originale e coinvolgente Soldatini di
carta del russo Aleksei German jr., confermatosi alla sua terza prova autore capace di
reinventare la classicità con dolorosi umori
personali. Come in Gaspartum (2005), in cui
un gruppo di studenti sogna di fondare una
squadra di football mentre incombe la Rivoluzione, anche qui il regista descrive lo spaesamento di un gruppo di scienziati e di astronauti impegnati nel progetto del lancio del
primo uomo nello spazio (1961). In particolare, il protagonista, un medico idealista, vive
una profonda crisi d’identità e di valori, diviso fra l’amore per la Patria, profondamente
scettico nei confronti del regime stalinista
sottoposto alla revisione critica di Kruscev e
angosciato per i sacrifici umani che l’ambizioso progetto provocherà. L’uomo vive anche l’ambivalenza dei rapporti sentimentali,
combattuto fra la moglie e una giovane aman61
te passionale. Quando l’uomo morirà, le due
donne vivranno assieme accomunate nel ricordo di lui, rinunciando a ogni futuro progetto esistenziale. Il film descrive l’eterna
lacerazione dell’animo russo, sospeso fra utopia e fallimento, con la significativa citazione cechoviana: “Vivremo, moriremo...”. German immerge il racconto in un paesaggio (la
steppa kazaka ove si trovava il centro aerospaziale) desolato, gelato e nebbioso, metafora di una Russia che assorbe e annulla esistenze e movimenti della Storia.
Fra gli altri film commendevoli, bisogna segnalare il nuovo delizioso tour de force (il
regista-pittore usa ancora un metodo artigianale, rifiutando l’omologazione digitale) di
Hayao Miyazaki, Ponyo sullo scoglio in riva
al mare, favola ecologica dell’amicizia fra un
bambino e un pesciolino che ambisce a essere umano. L’aspetto straordinario del film risiede nella capacità dell’artista di dar vita a
mondi possibili, giustificati solo da ragioni
estetiche e da un suo totale rifiuto della mimesi realistica.
Teza (Rugiada) dell’etiope Haile Gerima narra il ritorno (autobiografico) nella patria africana di un intellettuale formatosi in Europa
nel momento in cui il regime filosovietico di
Mengistu si scontra con nuovi movimenti di
ribellione. L’uomo sceglie di ritirarsi in campagna nella terra dei suoi avi, alla ricerca delle
sue radici culturali profonde, sola possibile
ancora di salvezza per ricostruire la dignità
di un popolo.
Più astratto ed ellittico, Gabbla (Inland) dell’algerino Tariq Teguia, percorso a ritroso di
un cartografo chiamato a fare dei rilievi topografici in una regione interna, dove il fondamentalismo ha creato vuoto e terrore. L’uomo incontra in una baracca nel desero una
ragazza in fuga dal Ciad verso il Marocco,
verso una sorte incerta. Ma la ragazza cambia idea e tenta un viaggio di ritorno verso il
suo luogo d’origine, accompagnata dall’uomo. Road movie antinarrativo, profondamente innervato di ragioni metaforiche, messaggio disperato sull’impasse che sta vivendo
l’Africa.
Flavio Vergerio
EVENTI SPECIALI
L’ultima edizione del Festival di Venezia è
stata – come di rado negli ultimi anni – per i
grandi maestri. Il Leone d’Oro alla carriera
di Ermanno Olmi non è che il picco più evidente d’un articolato insieme d’autori che
hanno costellato – alcuni accompagnando con
la loro vivida presenza il proprio film, altri
proiettando il proprio solo “fantasma filmico” sugli schermi del Lido – la mostra veneziana 2008.
Per di più le opere di tanti e tali maestri si
son trovate – per una coincidenza forse non
esclusivamente dovuta al caso – a riflettere
Film
Tutti i film della stagione
TEZA di Haile Gerima
sul mezzo cinematografico, operando tutti
una dislocazione dello sguardo in un altrove
ogni volta diverso. Iniziamo allora dal centenario Manoel de Oliveira, che, con un piccolo cortometraggio – lungo appena sette minuti – pensato scritto e realizzato nel breve
volger di poche ore, tenta una riflessione ironica sul mondo contemporaneo, sull’alienazione e il paradosso dell’iper-comunicabilità
che finisce con l’ostacolare la relazione, l’incontro, la comunicazione dell’hinc et nunc.
Do visivel ao invisivel è un leggero piccolo
apologo – prodotto per essere inserito nel film
collettivo Invisibile world, progettato e promosso dal Sao Paolo International Film Festival – che mette in scena i paradossi dell’iper-mediazione, suggerendo fin dal titolo
di spostare l’occhio e la mente un po’ oltre
l’esigua messa in scena d’uno sketch.
È stato poi l’anno del ritorno di Abbas Kiarostami, che a Venezia ha portato – inspiegabilmente escluso dal concorso – il suo nuovo lungometraggio. Shirin compone un radicale e
coraggioso inno alla condizione e allo statuto
dello spettatore; un “documentario sui volti”
si potrebbe dire citando Bazin, un articolato
testo audiovisivo che sceglie la via dell’infrazione della regola, lasciando che la narrazione (un poema della tradizione iraniana che racconta l’amore tormentato e funesto tra la principessa Shirin e il Re Khosrow) sfili fuori dello schermo, affidata alle suggestioni del sonoro e centrando invece il fuoco dell’inquadratura sul paesaggio dei volti di centotredici attrici, sui loro sguardi, sulle microfibrillazioni
dei loro occhi che seguono rapiti le immagini
invisibili del fuori campo. Un capovolgimento dello sguardo che sembra alludere alla crisi
delle immagini spettacolari, alla necessità di
tornare incessantemente a interrogare il mezzo cinematografico e di non dimenticare mai
il senso e il valore del ruolo dello spettatore
all’interno del sempre più evanescente dispositivo cinematografico.
Altro grande ritorno quello della donna regista forse più celebre e celebrata di tutte,
Agnès Varda. Ventitré anni dopo il Leone
d’Oro ottenuto a Venezia con Senza tetto né
legge, Varda torna con un eclettico documentario, un lungo autoritratto eccentrico e
ispirato che mostra, con discrezione, la grande vivacità artistica dell’ottantenne francese. Les Plages d’Agnès mette in serie, tenendo come unico vincolo e regola la linea
del tempo cronologico dell’esistenza, tutte
le spiagge che hanno costellato la sua vita,
che hanno fatto da scena alle avventure, ai
dolori, agli incontri e alle gioie più grandi.
Dal Belgio alla Francia del sud, dagli Stati
Uniti al centro di Parigi - dove la Varda ricrea una piccola spiaggia artificiale – la regista ricostruisce e rivisita l’orizzontalità
infinita del confine tra mare e terra, andando via via costruendo un percorso di riconsiderazione esistenziale fatto di colto citazionismo, raffinata affabulazione, irripetibile
libertà linguistica.
Youssef Chahine invece al festival non c’era.
Dopo aver portato in concorso all’ultima edizione il suo vivo e sottovalutato Chaos, il
regista egiziano è scomparso l’estate scorsa
a ottantadue anni, al termine d’una vita spesa sul set, per gli spettatori. La Mostra gli
ha voluto dedicare un omaggio, riproponendo uno dei lungometraggi degli anni ’50.
Bab el hadid (Cairo station, 1958) – che nell’anno dell’uscita guadagnò l’Orso d’Oro a
Berlino – è un perfetto esempio della sapienza narrativa di Chahine, della sua attenzione alle figure femminili, della capacità di
mettere insieme uno stile nitido da consapevole autore con i toni e i ritmi del miglior
cinema popolare. Nel ritrarre il personaggio della protagonista Hanuma, giovane venditrice ambulante bella e irrequieta, Chahine dimostra tutta la modernità dell’Egitto di
quegli anni, tessendo insieme i bozzetti d’un
lieto romanzo rosa con l’azione e la suspence d’un giallo.
Coerentemente con “l’onda anomala” che
sembra stia facendo risalire agli onori delle
cronache il cinema documentario un po’
62
ovunque, questa mostra ha accolto anche il
compimento d’un progetto di grande interesse. Giuseppe Bertolucci, prendendo spunto “da un’idea di Tatti Sanguineti”, ha lavorato alla formulazione di un’”ipotesi di ricostruzione della versione originale” di La
rabbia di P.P.Pasolini, il lungometraggio che
l’intellettuale friulano compose, su richiesta del produttore dei cinegiornali Mondo
Libero, Gastone Ferranti, tra il 1962 e il
1963. Lungometraggio che poi lo stesso
Pasolini fu costretto a rivedere, tagliandone
una parte, a motivo dei timori della produzione che volle farlo affiancare da un omologo mediometraggio a firma di G. Guareschi, all’interno d’un dittico per il quale si
scelse il discutibile nome di “cinematch”.
Bertolucci, dopo lunghe e accurate ricerche, ricompone un’ipotesi dei sedici minuti espunti all’origine dal film di Pasolini,
fa seguire il film effettivamente uscito in
sala – della durata di 53 minuti – e chiude
il suo nuovo testo con una inconsueta selezione di alcuni materiali tratti da notiziari
e programmi televisivi per lo più dedicati
alla figura di Pasolini, regista e intellettuale. Un’operazione critica importante non
solo per i valori della ricerca storico-filologica, e nemmeno soltanto per i meriti di
rendere di nuovo fruibile al pubblico un
film-saggio-poema tanto inconsueto e prezioso, ma ancora per la direzione che questo lavoro indica e suggerisce: la necessità
d’iniziare una nuova imponente attività di
studio e riconsiderazione degli archivi cinematografici, di pensare al film come a un
testo da frequentare, da conservare nella sua
integrità, da mostrare al pubblico non più
come un prodotto di (fugace) consumo, ma
pure come oggetto testuale da percorrere e
ripercorrere.
Silvio Grasselli
ORIZZONTI
Anche quest’anno la proposta della sezione
Orizzonti ha confermato la vitalità di una
produzione cinematografica a livello internazionale che conduce la propria ricerca, in
un ambito tra la documentazione della realtà e la fiction, che contamina i linguaggi,
sperimentando formati differenti, dal 35mm
al digitale.
Distribuita in tre sezioni, due competitive
(Orizzonti per i film di fiction e Orizzonti
Doc per i documentari) e una fuori concorso (Orizzonti Eventi), è prevalso sul piano
tematico uno sguardo verso la marginalità,
verso l’essere umano alla ricerca di se stesso in una società sofferente, alienante, dove
le condizioni esistenziali sono sempre più
precarie.
Melancholia di Lav Diaz, esponente di spicco del nuovo cinema filippino, è il film vin-
Film
citore, un’impresa coraggiosa fuori dagli
standard commerciali distributivi, della durata di 540 minuti. A partire da tre protagonisti alla ricerca della felicità e in fuga da
esperienze dolorose, l’opera riflette sull’esistenza umana, sulla necessità di inseguire i
propri sogni nel tentativo in ogni modo di
realizzarli.
Come miglior documentario, la giuria, composta da Chantal Akerman, Nicole Brenez,
Barbara Cupisti, José Luis Guerin, Veiko
Ôunpuu, ha premiato una co-produzione italo-americana, Below sea level di Gianfranco
Rosi. A quaranta metri sotto il livello del mare
in una no man’s land a sud-est di Los Angeles, vive un gruppo di persone ai confini del
mondo, senza nessun confort; sono i nuovi
poveri che, per un motivo o per l’altro, si sono
trovati “fuori” dal sistema sociale e dalle sue
convenzioni. La camera di Rosi si avvicina
rispettosamente ai protagonisti, li segue nella loro quotidianità.
Una menzione speciale è stata assegnata ex
aequo al francese Un Lac e al cinese Wo
Men. Firmato da Philippe Grandieux, l’originalità di Un lac, che racconta di una famiglia del Nord della Francia isolata dal resto
del mondo, in particolare di Alexi, il figlio
epilettico che vive con la sorella un rapporto amoroso ai limiti dell’incestuoso, poggia
principalmente su una scrittura sperimentale, sull’uso “in soggettiva” della camera, che
restituisce il punto di vista e il modo di sentire del protagonista. Wo Men (We) del giornalista, scrittore e produttore Huang Wenhai,
racconta un’altra Cina, dà voce alle inquietudini e alla coscienza di quelle “creature
politiche”, di cittadini impegnati nella lotta
e nella denuncia della violazione dei diritti
umani. Girato in digitale con una videocamera a mano, Wo Men costituisce un documento unico, un atto d’accusa all’indomani
delle Olimpiadi, che mina quell’immagine
televisiva di un Paese moderno, trionfante e
tollerante che per settimane ha raggiunto il
mondo intero.
Proveniente dall’Iran, Kasthegi (Tedium) di
Bahman Motamedian segue le vicende di un
gruppo di transessuali iraniani, alle prese con
le difficoltà di farsi accettare dentro e fuori
le mura domestiche. Un film il cui valore risiede, più che sul piano cinematografico, su
quello della documentazione di una società
che fatica ad accettare l’alterità.
Sul filone dell’attualità, giunge da Israele,
Z32, firmato dal regista Avi Mograbi, noto al
pubblico italiano per il suo film precedente,
Per uno solo dei miei occhi. Z32 è il codice
di riferimento della testimonianza di un exsoldato israeliano rilasciata per il progetto
“Shovrim Shtika” che prevede la creazione
di un archivio di memorie sui conflitti nella
West Bank.
Tre i documentari provenienti dall’America
Latina che focalizzano l’attenzione sull’universo infantile diretto dal messicano Euge-
Tutti i film della stagione
nio Polgosky, Les Herederos riprende le difficili giornate di bambini, trascorse a lavorare duramente: sono gli eredi di una generazione senza diritti e senza terra.
Con Puisque nous sommes nés, Jean-Pierre
Duret e Andrea Santana documentano in uno
stile docu-fiction le condizioni di estrema povertà di una favela dove vive Nego, un ragazzino che, dopo il lavoro ai campi, sogna,
insieme a un suo amico, di fuggire da quei
luoghi. In Paraguay, firmato dallo statunitense Ross Mc Elwee descrive, in uno stile da
home movies, le difficoltà burocratiche per
adottare una bambina paraguaiana, riflettendo più generalmente sulla situazione politica
di quel paese e sulla politica estera statunitense.
Iraniano di origine, nato e vissuto in America, Ramin Bahrani fa ritorno sugli schermi
veneziani, dove nel 2005 aveva presentato
il suo film di esordio, Man Push Cart, col
suo ultimo, Goodbye Solo. Amicizia, solitudine, senso di estraneità, sono i temi che
il regista affronta con consapevolezza linguistica in questa ballata dal sapore amaro
e dai colori autunnali. Spostandosi in Europa, e più precisamente in Romania, Marco
Pontecorvo con Pa-ra-da, testimonia l’opera del clown Miloud Oukili, un francese di
origine algerina, che giunge a Bucarest poco
dopo la caduta di Ceausescu e scopre che
centinaia di bambini vivono di accattonaggio, furti, prostituzione, nel sottosuolo della capitale.
Tra le proposte di Orizzonti Eventi, ricordiamo il bel documentario firmato da Carlo
Di Carlo, Antonioni su Antonioni, un ritratto pubblico e privato del maestro del cinema, a un anno dalla sua scomparsa. Due i
lavori sulla tragedia della ThyssenKrupp
Acciai Speciali Terni di Torino dove, nella
notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 sette operai persero la vita: il meno convincente, La
fabbrica dei tedeschi di Mimmo Calopresti,
la cui struttura narrativa è costituita da un
prologo “recitato” e da un documentario che
segue il filo delle dichiarazioni dei testimoni. E ThyssenKrupp Blues, firmato da Pietro Balla e Monica Repetto, che nel seguire
il percorso di un operaio, senza pretese di
oggettività, ricostruisce un anno di storia
della fabbrica.
Luisa Ceretto
SETTIMANA DELLA CRITICA
EFFETTI COLLATERALI
Accade a Venezia 65 (come in altri lidi) di
vedere nelle sezioni collaterali film che non
avrebbero sfigurato al posto di quelli inseriti in concorso. Ma da sempre la spartizione e la logica delle attribuzioni alle varie sezioni resta la questione più opinabile
e misteriosa dell’intero apparato Mostra.
63
Così, mentre lo spessore del cinema presentato “in” è risultato medio, senza scoperte, onestamente autoriale, decentemente consumistico e con rarissimi picchi di
urgenza o di scardinamento, la Ventitreesima Settimana della Critica ha presentato un
programma di opere prime rilevanti, a partire da quella vincitrice, L’apprendista di
Samuel Collardey. Dentro un mondo rurale ancora intatto, l’autore ambienta la storia di un bambino che cresce educato da un
allevatore di mucche e maiali, confidente
discreto degli affanni e delle tribolazioni
dei suoi pochi anni. Esposto con rigore
documentario, per riprodurre la cadenza
della vita reale, il romanzo formazione di
Collardey registra ad altezza di ragazzo la
miseria del vuoto attorno a lui: vuoto di sensibilità, di intelligenza, di attenzione. Ignorato e “rimosso” dal padre, Mathieu matura attraverso la relazione con Paul e dentro
un paradiso bucolico, dove si gioca da soli
o in compagnia. L’uscita dall’aula scolastica e l’incontro con la realtà delle cose
costituiscono gli elementi rilevanti del film.
La campagna diventa il campo didattico e i
mestieri le tappe della costruzione di un
metodo, che impone l’incontro con la verità della propria vocazione. Samuel Collardey è un autore sincero, legato appassionatamente alla sua opera e al principio pedagogico di Paulo Freire, quello per cui
“nessuno educa nessuno, ma gli uomini si
educano in comunione, attraverso la mediazione del mondo”.
Di relazioni umane parla pure il Cetriolo di
Zhou Yaowu, che ha l’indubbio merito di
puntare l’obiettivo su quella zona di frontiera che è il rapporto tra cultura e mentalità diverse: cinese - americana (cucina tradizionale e fast-food) e giovanile – adulta (padri e
figli). L’ortaggio del titolo definisce i piatti e
le storie di cui si compone il film ambientato
nella Pechino contemporanea, dove i giovani preferiscono gli hamburger di McDonald’s
alle striscioline di carne al profumo di pesce.
Il giovane autore mette a confronto due mondi
diversi sul terreno antropologico del rito-culinario: il pragmatismo americano che esige
rapidità ed efficacia contro una tradizione che
nel simbolismo perpetua i suoi valori fondamentali. Il contrasto tra una civiltà recente e
una millenaria non è che una riedizione dell’eterno conflitto generazionale tra genitori e
figli, i primi depositari e custodi di secolari
memorie, i secondi smaniosi di raggiungere
l’autonomia e “affamati” di una modernità
senza ricordo. Su questa già complessa relazione di conflitti, pesa imponente il dramma
personale dei protagonisti (la precarietà, la
disoccupazione, l’impotenza sessuale e intellettuale) dentro una città dove le infinite felicità convivono con le incalcolabili miserie.
Composto attraverso inquadrature fisse, modificate e “mosse” soltanto dall’alterazione
dell’angolazione e dunque del punto di vista,
Film
Cetriolo registra il quotidiano, svelando il lato
tragico di Pechino e della nazione. Accordato e appagato il sogno delle Olimpiadi, la Cina
di Zhou Yaowu fa i conti con l’ingresso in
una dimensione internazionale e globalizzante in cui smarrisce i valori preesistenti e rischia la dismissione degli affetti. Gli imperativi della modernizzazione distruggono il
vecchio mondo e il modello di sviluppo capitalistico vince dentro “il” fast-food, in cui
si recano i protagonisti prima di consumare
la loro tragedia annunciata, prima di morire
fuori campo. Le relazioni umane e le architetture in cui si sviluppano diventano l’emblema delle contraddizioni della Cina di oggi
e un lucido atto di accusa verso una crescita
disordinata e sproporzionata. L’altra faccia
della medaglia è una Pechino brulicante di
degrado e di disperazione, in cui si concorre
e si lotta soltanto per sopravvivere.
Si cucina anche nel Pranzo di Ferragosto
Gianni Di Gregorio, trasteverino, classe
1949, aiuto regista di Matteo Garrone, sceneggiatore di Sembra morto ma è solo svenuto e co-sceneggiatore di Gomorra. Gianni Di Gregorio è, sul set e fuori dal set, marito “ripudiato” e padre incompreso perché
nella vita ha fatto quello che nessuno fa o sa
fare: sacrificare la propria esistenza per
provvedere con sollecitudine a quella della
madre, una nobildonna decaduta di cui sod-
Tutti i film della stagione
disfa diligentemente capricci e desideri e a
cui affianca, nella realizzazione del film, tre
gentili signore non professioniste. Mescolando realtà e finzione, mette in scena la seconda infanzia e obbliga il cinema a ripensare una società che includa l’anziano. Cercando di catturare la spontaneità e l’immediatezza delle (com)passate signore, la macchina da presa le segue nei loro disordinati
movimenti, rubando i loro discorsi, i loro
slanci e i loro umori. Sguardo pienamente
oggettivo che cerca di far coincidere il cinema con la propria originaria purezza. Le
protagoniste del film non appaiono mai costruite e spontaneo è pure il Di Gregorio attore, compreso a dirigere e ad accudire quattro donne sull’orlo di una crisi di terza (e
quarta) età. Le nonne e le zie di Pranzo di
Ferragosto sono creature vere, ben definite
e decise nel loro porsi nei confronti del mondo, dei figli e degli altri. Alla vigilia di Ferragosto, Gianni deve occuparsi di un gruppo di signore in un interno con pretese gastronomiche e affettive e naturalmente organizzare un pranzo conveniente ma appropriato all’occasione. Al suo tavolo invita
quindi una vecchiaia iper-numerosa, dominante per presenza (nella società), ma, allo
stesso tempo, insicura, senza ruolo e sempre più emarginata. Capovolgendo la retorica dell’anziano debole, il regista romano
al suo debutto celebra l’anzianità e la limpidezza dei suoi sentimenti dentro un film e
con un pranzo che ha il dono della lievità e
della straordinarietà. Straordinarietà radicata
nel quotidiano, nella grazia dell’arte praticata dalle commensali (la chiromanzia, il
ricamo, la cucina), nel tempo scandito dalla
preparazione culinaria e in tutto quello che
c’è di più profondamente umano. Ne risulta
una commedia gentile che suggerisce la pienezza operativa degli anziani che non smettono di cercare la felicità edonistica e di abbandonarsi all’inconfessato piacere del cibo
e del vino.
Tra le “prime mondiali” selezionate dalla
Settimana della Critica si fanno notare anche il malese Sell Out! di Yeo Joon Han, esilarante musical satirico sulla globalizzazione e il degrado dei media, il Sogno di una
morte di mezza estate di un becchino pugliese e precario del giovane Pippo Mezzapesa e i Guardiani di notte di Namik Kabil,
regista emergente della Bosnia Herzegovina. Distante dall’energia e dal ritmo forsennato del cinema di Kusturica, il cinema introverso e in divenire di Kabil attige al grande rimosso del dopoguerra, interrogandosi
sulla paura e sui traumi dentro una notte intesa come “orizzonte d’attesa”.
Marzia Gandolfi
IL RAGAZZO SELVAGGIO è l’unica rivista in Italia che si occupa di
educazione all’immagine e agli strumenti audiovisivi nella scuola. Il suo
spazio d’intervento copre ogni esperienza e ogni realtà che va dalla scuola
materna alla scuola media superiore. È un sussidio validissimo per insegnanti e alunni interessati all’uso pedagogico degli strumenti della comunicazione di massa: cinema, fotografia, televisione, computer. In ogni
numero saggi, esperienze didattiche, schede analitiche dei film particolarmente significativi per i diversi gradi di istruzione, recensioni librarie
e corrispondenze dell’estero.
Il costo dell’abbonamento annuale è di euro 25,00 - periodicità bimestrale.
SCRI
VERE
di Cinema
direttore Carlo Tagliabue
SCRIVERE DI CINEMA
Ogni anno nel nostro paese escono più libri riguardanti il cinema che
film. È un dato curioso che rivela l’esistenza di un mercato potenziale di
lettori particolarmente interessati alla cultura cinematografica.
ScriverediCinema, rivista trimestrale di informazione sull’editoria cinematografica, offre la possibilità di essere informati e aggiornati in
questo importante settore, segnalando in maniera esaustiva tutti i libri di
argomento cinematografico che escono nel corso dell’anno.
La rivista viene inviata gratuitamente a chiunque ne faccia richiesta al
Centro Studi Cinematografici, Via Gregorio VII, 6 - 00165 Roma Telefono e Fax: 06.6382605. e-mail: [email protected]
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